Inflame - Il mondo si infiamma di nuovo.

di xJames
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** La scomparsa ***
Capitolo 3: *** Gelo nel sangue ***
Capitolo 4: *** Lenta e inesorabile ***
Capitolo 5: *** Mi fido di te ***
Capitolo 6: *** Galeoni falsi e occhi spalancati ***
Capitolo 7: *** Assaggio - La tua famiglia ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Hermione Granger era seduta in giardino e pensava. C'erano tante cose che non sapeva, si stava dicendo: non sapeva ancora delle cose riguardo la magia (ma su questo era troppo critica: ne sapeva più del novanta percento della popolazione magica!), non sapeva come comportarsi in alcune situazioni. Non sapeva ancora lavorare a maglia. E non sapeva come continuare l'ultimo capitolo del libro che stava scrivendo.

Ma c'era una cosa che lei non sapeva perfino di non sapere: Hermione Granger non immaginava che sua figlia stava rischiando di morire.
 


Ciao a tutti! Questa è davvero una piccola introduzione che fa da prologo alla storia per stimolare un po' di curiosità... fatemi un po' sapere, in caso ho già pronto il primo capitolo!

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Capitolo 2
*** La scomparsa ***


Rose Weasley era stesa supina in un luogo che non riconosceva. Aveva la vista annebbiata e si sentiva molto debole. Le ci vollero tutte le sue forze per mettersi sui gomiti, e appena ci riuscì, cadde di nuovo supina. Tutto ciò che poté fare fu aprire gli occhi e cercare di capire dove si trovava: anche se la vista era annebbiata riuscì a distinguere degli alberi e ad udire lo scricchiolio delle foglie che si spezzettavano sotto di lei, quindi capì di essere in una foresta, o qualcosa del genere. Già, ma come ci era finita?
Poichè non riusciva a fare altro, cercò di mettere in moto la mente: l'ultima cosa che ricordava era di essere ad Hogwarts, nella sala comune Grifondoro. Poi buio totale. Non ricordava null'altro. Improvvisamente, sentì che le forze la stavano abbandonando di nuovo; l'unica cosa che captò prima di ricadere nuovamente nel vuoto fu un suono di passi sicuri e pesanti, poi più niente.

L'uomo guardò il corpo incosciente di Rose Weasley. “Per sicurezza...” pensò, prima di iniettarle della pozione nuovamente, e finire il tutto con uno Stupeficium. Poi si smaterializzò.

*

«Cosa succede?» Ron uscì in giardino e si sedette accanto a Hermione.
«Niente, stavo pensando.»
«Oh, per le mutande di Merlino, smettila un po' di pensare! Piuttosto... è arrivata una lettera da Hogwarts.» la informò, mostrandola. «È da parte di Rosie... ho pensato di aprirla insieme!»
Hermione sfoggiò un enorme sorriso. Aprirono la lettera, e cominciarono a leggere:

Cari Hermione e Ron,
non è la vostra Rose che vi scrive. Sono la professoressa McGranitt. Mi scuso di non essermi fatta sentire prima, ma qui a scuola ci sono dei problemi ed io non posso muovermi. Vi prego di raggiungermi a Hogsmeade al più presto o potrebbe essere troppo tardi. Vi spiegherò anche perchè vi ho scritto da parte di Rose.

Saluti,
Minerva McGranitt.

Hermione e Ron si guardarono negli occhi preoccupatissimi. Si alzarono subito ed andarono in cucina, si misero un cappotto e senza neanche spiccicare una parola, si guardarono nuovamente negli occhi, si presero per mano e si smaterializzarono.           

*

La professoressa McGranitt aveva appena incontrato i suoi due ex-studenti e, seduti in un piccolo locale, si stava apprestando a cominciare a parlare.
«Allora?» incalzò Ron. «Cosa è successo?»
«Mi dispiace incontrarvi in questa situazione, ma devo informarvi. Vostra figlia Rose Weasley è scomparsa da Hogwarts.»
Hermione credette di svenire. Si aggrappò a Ron, il cui cuore stava battendo a mille. 
«Co-come è potuto su-succedere? Insomma, è impossibile scomparire da Hogwarts!» esclamò con enfasi, balbettando qua e là.
«A quanto pare no, signor Weasley. Neanche io mi spiego come sia potuto accadere, ma stamattina ce ne siamo accorti, e non sappiamo neanche quando sia scomparsa esattamente. Ciò che è sicuro è che ieri sera era qui.»
«Per... per favore... professoressa McGranitt... ci dica tutto quello che sa... » pregò Hermione singhiozzando e tenendosi la testa con le mani.
«Naturalmente.» cominciò la McGranitt, la quale appariva come nessuno l'aveva mai vista: preoccupata e scossa. «Come ho detto, non so come possa essere accaduto. Non credevo fosse possibile. Sicuramente non si è smaterializzata. Non poteva nemmeno andare ad Hogsmeade per poi smaterializzarsi... sarebbe poco possibile anche quello... tutti i professori della scuola stanno indagando, vi faremo sapere al più presto. Hugo sta bene... il suo primo anno procede senza intoppi. Per ora... mi dispiace dirlo... ma è tutto ciò che so.»
«Resteremo qui.» affermò Ron, sull'orlo di una crisi.
«Certo. Sarebbe stato più felice ospitarvi in altre occasioni, ma è inutile dire che Hogwarts è sempre la vostra casa.»
 


Questo è il primo capitolo! Anche se già siamo dentro la storia, è ancora tutto molto introduttivo, credo che gli altri capitoli saranno un po' più lunghetti... ad ogni modo, fatemi sapere cosa ne pensate con una recensione!
A presto!

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Capitolo 3
*** Gelo nel sangue ***


Neville stava preparando una lezione di Erbologia sulle Mandragole per i Grifondoro e i Tassorosso del secondo anno. Ricordava molto bene la sua: i paraorecchi erano ancora dello stesso tipo. Da allora le cose erano cambiate: era meno distratto, buffo e goffo. Per quanto riguarda l'erbologia, era sempre stato il suo forte.
Adesso anche a casa aveva delle Mandragole; in quel momento se ne stava prendendo cura la sua Hannah, che aveva ospitato a casa sua una vecchia amica per qualche tempo; era una fortuna, in quanto il suo bambino, Ronan (anche se, ormai ventunenne, non era più un bambino, lui continuava a pensarlo così), era partito per un viaggio con un suo amico a Madrid. Lo avevano adottato circa nel 2006, perchè Hannah non riusciva ad avere figli, e ne desideravano tanto uno. In quel tempo, nell'orfanotrofio dove si erano recati, Ronan, piccolo di otto anni, li aveva subito colpiti: era gracile, con i capelli scuri, le palpebre pesanti, e alla sua mano sinistra mancavano due dita. Due donne, che lavoravano in quel posto, avevano spiegato che era una malformazione congenita, e che loro lo ospitavano da poco dopo la sua nascita. Era stato trovato da un signore in un stretto vicolo di Londra, e lui lo aveva portato subito all'ospedale; da lì, una volta rimesso miracolosamente in sesto, il neonato di pochi mesi era passato nelle mani della struttura.
Neville si destò dai suoi pensieri e si accorse che era l'ora di far entrare i suoi studenti; aprì la porta della serra e li invitò dentro. I piccoli si mossero svelti, ma Neville si accorse che parlottavano con molto fervore e con ansia tra di loro mentre prendevano posto. Egli richiamò la loro attenzione e disse: «Hey, hey! Cosa succede?».
Un piccolo Grifondoro si fece avanti: «Ma come, non lo sa?» spiegò con una tenera vocina. «Una Grifondoro del terzo anno è scomparsa».
Neville impallidì. «Come si chiama?»
«Rose Weasley.»
Il professore credette di svenire. Si appoggiò con tutto il peso sul tavolo davanti a lui.

*

Ginny aprì la porta di casa ed entrò indaffarata. Posò il cappotto sull'appendiabiti all'ingresso, e si fece strada nel salotto, trascinandosi la valigetta.
«Harry» salutò, entrando.
«Hey» rispose lui, mettendosi ritto sul divano. «Novità?»
«Sì» affermò lei, aprendo la valigetta su un tavolino. «Ecco i documenti del divorzio.»
«Ah.. e così, eccoli qui.»
«Già.»
Calò un silenzio imbarazzato tra i due. «Non pensavo sarebbe mai successo.» disse Harry, rompendo il ghiaccio, dopo un po'.
«Neanche io.» disse Ginny, sedendosi accanto a lui. «Sai... ho sempre sognato di stare con te, da quando ti ho visto la prima volta... ho sempre pensato che fosse una buona idea, l'idea migliore del mondo... ma in quest'ultimo periodo è sembrato che non fossimo compatibili, e lo sai anche tu. Questo non vuol dire che non ti voglia ancora bene.»
«Vale anche per me. Anche io ti voglio ancora bene» proseguì Harry, alzandosi e prendendo un bicchiere d'acqua. Si dissetò, e ricominciò a parlare. «Abbiamo dei figli, dopotutto. E poi, anche se stiamo per lasciarci, non abbiamo mica litigato. Chissà... magari lì fuori c'è qualcun'altro per noi.»
«Lo penso anche io» concluse la donna. Rimise i documenti nella valigetta, e prese ad apparecchiare la tavola.
Fu quando erano seduti sul divano a guardare assenti un po' di televisione che un gufo entrò inaspettatamente dalla finestra.
«Che... » Ginny prese la lettera, e il gufo volò via. Harry si alzò e cercò di fermarlo, ma invano. Quando il gufo fu andato, egli si riavvicinò al divano.
«Be'» disse «che dice?»
«Guarda un po' tu.» disse Ginny pallida, porgendogli il biglietto.
Harry lo guardò.

Siamo ad Hogwarts. Abbiamo un problema, ci farebbe piacere che ci raggiungiate al più presto.
Ron ed Hermione

Chiuse il biglietto, fissò nel vuoto.

*

Hermione e Ron, dopo aver spedito una lettera ad Harry e Ginny, si avviavano in una stanza, guidati dalla McGranitt, che ella aveva riservato a loro.
«A proposito, professoressa McGranitt» chiese Ron, con la voce sempre un po' tremante. «Come mai ci ha scritto da parte di Rose?»
La McGranitt si fermò davanti ad una porta. «Perchè non sappiamo cosa sia successo, se c'entri un esterno, ed in caso, con chi abbiamo a che fare. Quindi meglio prendere precauzioni.»
Mise la mano sulla maniglia e la girò, introducendo gli altri due in un'ampia stanza con le pareti di pietra, due grosse finestre, un letto matrimoniale al centro e un armadio dall'altra parte.
«Bene. Qui siete vicino al mio ufficio, per qualunque cosa ci teniamo in contatto.» si liquidò la donna, uscendo dalla stanza.
Hermione e Ron si sedettero sul letto, stonati e incredibilmente affaticati. Si sentivano come se avessero scalato senza sosta, giorno e notte, su e giù, una montagna esageratamente alta per mesi e mesi. Si abbracciarono e così rimasero per molti minuti.
A molti chilometri di distanza, un uomo stava drogando nuovamente la loro figlia, stendendola su un giaciglio di fortuna. Lo hanno saputo, si disse. Molto bene. La stanno cercando, proprio come mi aspettavo. Forse, però, devo dare una piccola spinta. Guardò la ragazza, incosciente. Mi dispiace, Rose... in ogni caso, passerà poco tempo prima che facciano un passo falso. Ed è allora che la mia vera missione avrà inizio.

*

La mattina dopo, a colazione, Neville adocchiò Hermione e Ron e corse da loro.
«Ho saputo» disse, come se si fossero salutati tempo prima.
«Neville!» esclamò Hermione, abbracciandolo. «Che bello rivederti!»
Ron lo salutò a sua volta. «E' un piacere anche per me» rispose Neville, «ma sarebbe più piacevole in circostanze diverse.»
«Già.» si accodarono i due, quasi in coro, incupendosi.
«Hermione! Ron!» qualcuno li chiamava da lontano. Due figure indistinte si fecero sempre più nitide, e i tre identificarono Harry e Ginny. «Abbiamo fatto più presto che potevamo.»
Si salutarono, e poi Ginny riprese la parola. «Be', cos'è successo?»
«Rose è scomparsa...» informò Hermione, riprendendo a piangere.
«Che cosa?!»
«Già.» Ron spiegò la situazione ai nuovi arrivati, compreso Neville, che non conosceva i particolari.
«Vi daremo una mano a cercarla. Vedrete andrà tutto per il meglio.» li rassicurò Harry.
«Anche io ci sono!» disse Neville.
Dopo qualche minuto di sguardi comprensivi, promesse e piccoli scambi di battute, i vecchi amici furono interrotti dalla McGranitt.
«Una reunion, a quanto pare» si inserì la donna. «Hermione, Ron, ho qualcosa... qualcosa... da mostrarvi...» disse titubante. I due, accompagnati da Harry, Ginny e Neville, seguirono la McGranitt fino al suo ufficio.
«Io... non so come farvelo vedere... ma non ho altra scelta...» si schiarì la voce, e prese un scatola. La aprì e ne mostrò cautamente il contenuto.
L'urlo di Hermione raggelava il sangue.  
 


Ciao a tutti! Scusate per il ritardo nel pubblicare il terzo capitolo, ma ho avuto dei problemi. Spero vi piaccia! Fatemi sapere con una recensione :3

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Capitolo 4
*** Lenta e inesorabile ***


Il dittamo aveva fatto effetto sul grosso taglio fasciato di Rose, svenuta per il dolore. Ci siamo quasi... pensò tra sé e sé l'uomo che l'aveva rapita. Ormai avranno già ricevuto il regalino...

Hermione aveva il viso rigato di lacrime, e continuava a singhiozzare. La McGranitt richiuse subito lo scatolo contenente l'orecchio della loro figlia, e prese il bigliettino che era contenuto all'interno, ma aspettò per leggerlo.
Harry e Ginny, presenti nella stanza, stavano pensando la stessa cosa in quel momento: non avevano mai visto Hermione in quel modo. E neanche Ron, che solo a guardarlo faceva spavento, seduto di fianco alla moglie, bianco come un lenzuolo e lo sguardo perso nel vuoto. Pareva non respirasse più.
«C'è... c'è altro?» azzardò la madre di Rose tra i singhiozzi. «Ci dica o-ogni cosa... do-dobbiamo fare tut... tutto ciò che possiamo per riprenderci la.. nost-nostra pi-piccola», e le lacrime triplicarono di portata.
La McGranitt tossì. «Ehm... sì... sì, c'è altro.». Aprì il bigliettino e lesse ad alta voce:

Vendetta. Lenta e inesorabile. Rose sarà a Grimmauld Place tra cinque giorni. Potete portare chi volete, ma tutti disarmati. Altrimenti invece di Rose ci troverete il suo cadavere.

«Vi accompagneremo» si introdusse Harry, con impeto. «Non sarete da soli».
«Assolutamente» si accodò Ginny.
«Ovvio che non ci andranno da soli» confermò la professoressa, rimettendo tutto a posto. «Ma non possiamo tollerare tutto questo. Dobbiamo scoprire chi è stato.»
«Avete fatto qualcosa a qualcuno, ultimamente?» tentò Neville, ancora sotto l'arco della porta. Harry aveva quasi dimenticato che l'amico era lì con loro.
«No...» tentò Hermione. «E poi... cosa avremmo potuto fare di così grave per provocare... tutto questo?», e riprese a singhiozzare.
«No, sicuramente no...» sussurò Ginny. «Eppure, la faccenda non ha senso...»

*

Qualche ora dopo, Harry e Ginny erano in una camera che era stata loro affidata dalla McGranitt per la loro permanenza al castello.
«Be'» disse la donna, mentre si sedeva sul letto, esausta. «Credo che il divorzio dovrà aspettare... abbiamo cose molto più importanti di cui occuparci adesso.»
Harry si cambiò la camicia, e ripose quella da lavare ai piedi del letto. «Assolutamente. Dovremmo anche aspettare a dirlo a loro. Non è il momento.»
«Questo è ovvio.»
Ci fu un attimo in cui Harry e Ginny si guardarono negli occhi e i loro sguardi si agganciarono. Si rividero ognuno negli occhi dell'altro nel loro sesto anno, poi nella battaglia di Hogwarts, la paura di perdersi per sempre che li aveva tormentati. I sentimenti puri che li avevano legati, il dolore di Ginny quando aveva creduto che Harry fosse morto, e il dolore di lui nel sentirla soffrire. Fu solo un attimo, però; dopodiché la porta si spalancò, e i loro sguardi si sganciarono e si rivolsero verso l'entrata. C'era un professore, che i due non conoscevano, alto e giovane.
«Scusate l'interruzione... sono il professor Gold.» si presentò l'uomo. «La professoressa McGranitt mi ha detto che volevate essere chiamati una volta iniziate le ricerche di Rose Weasley.»
«Sì» affermò Harry alzandosi, seguito a ruota da Ginny. «Sì, grazie mille. Scendiamo subito.»
Nell'ingresso si riunirono a Hermione e Ron, più distrutti che mai, e alla donna che una volta era stata la loro insegnante di Trasfigurazione. Neville non poteva essere presente, in quanto aveva lezione.
«Alcune persone dal Ministero della Magia sono sul posto per cercare qualche indizio» informò la donna, davanti al gruppo mentre si dirigevano verso il dormitorio Grifondoro. «Non possiamo interferire, ovviamente. Andremo solo a chiedere se c'è qualche novità.»
I quattro annuirono all'unisono.
Appena entrati nella sala comune, Ginny pensò che era magnifica come la ricordava. Le sarebbe piaciuto un sacco stare lì in altra occasione. Non con la nipote ferita, impaurita e chissà dove.
Un uomo con il viso preoccupato stava scrivendo una lettera a qualcuno. Appena la McGranitt varcò il quadro della Signora Grassa accompagnata da Harry, Ginny, Ron ed Hermione, alzò subito la testa prima di mettersi in piedi e stringere la mano all'insegnante.
«Professoressa McGranitt, sono Herpas Jones»disse salutando. «Abbiamo novità.»
Harry notò Hermione che spalancava gli occhi, mettendosi in ascolto, turbata.
«Abbiamo fatto delle indagini, alcuni incantesimi, ad ogni modo... il letto della signorina Rose Weasley non viene occupato da almeno tre giorni.»
«Come è possibile?» si inserì con fervore Ron. «La professoressa ci ha detto che Rose è andata a dormire due sere fa e ieri mattina non è stata più ritrovata.»
«Ed è effettivamente così» ribatté la McGranitt, un po' sulle difensive.
«Già. Sì, è effettivamente così. Non è quello il punto.» si intromise l'uomo. «Professoressa io le devo chiedere... tre giorni fa è successo qualcosa?»
«Assolutamente no, oltre la normale gita a Hogsmeade, nient'altro.»
«Ecco... è questo il punto» spiegò Jones, con l'illuminazione stampata sulla fronte. «Pensiamo che la vittima sia scomparsa proprio in quell'occasione.»
Le persone in quella stanza smisero di respirare contemporaneamente.
«Non è possibile!» protestò la donna. «Al ritorno da Hogsmeade Rose Weasley si era ammalata ed è andata a mettersi a letto!»
Herpas Jones prese fiato e si apprestò a raccontare. «E qui subentra ciò che non avreste creduto possibile...»


Ecco il nuovo capitolo! Come sempre, se leggete la storia mi farebbe piacere una recensione :3 
Alla prossima!

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Capitolo 5
*** Mi fido di te ***


Molly Weasley era uscita a fare la spesa. Il peso degli anni si cominciava a far sentire, ma la donna era ancora piena di forze: con due buste per mano si apprestava a tornare alla Tana. Si fermò davanti ad un negozio di scherzi e si mise ad osservare le vetrine. Questo sarebbe piaciuto tanto a Fred... si disse, per poi girare la faccia e proseguire tra i suoi pensieri dritta dritta per la via che stava seguendo. D'improvviso si sentì pizzicare sulla nuca in modo fastidioso; la reazione immediata fu quella di lasciar cadere a terra tutte le buste senza accorgersene, dopodiché si mise una mano sul collo. Dev'essere stato qualcuno di quei fastidiosi insetti!
Controllò che nulla fosse rotto nelle buste, e poi le riprese, con un po' di fatica. Cercò un posto al riparo e si smaterializzò, riapparendo al limite della Tana.
Rientrò in casa. «Ciao Arthur» salutò.
«Ciao Lollymolly! Tutto bene?» Arthur si affacciò in cucina. «Sei uscita presto stamattina! Ti avrei accompagnata, perché non mi hai avvisato?»
«Non ci pensare!» gli disse la moglie, cominciando a preparare il pranzo. Si sentiva stranamente indolenzita.

*

Jones iniziò a spiegare. «Le tracce che abbiamo trovato non lasciano dubbio: ciò che ha occupato il letto di Rose Weasley in questi giorni è stato un MH.»
«MH? Cosa sarebbe?» chiese Ron, intenzionato a saperne di più.
«MH sta per Magic Hologram.» spiegò l'uomo. «”Ologramma Magico”.»
«Ne ho sentito parlare» si introdusse la McGranitt. «E' quella magia che permette di creare l'illusione di un'altra persona, molto reale, e che ha un tempo di scadenza tra l'uno e i tre giorni, giusto?»
«È esatto.» confermò Jones.
«Ma è impossibile! Quell'utopia di magia esiste da un bel po', ma non si era mai riuscita a produrne una per davvero!»
«È questo il punto! Professoressa McGranitt, qui ci troviamo di fronte all'inventore dell'MH.»
«Non è possibile...»
Quella notizia si abbatté sulla stanza come una bomba che spazza via tutto ciò che trova, e dopo provoca il più profondo silenzio. Hermione e Ron si stavano tenendo per mano, e le dita della donna erano diventate bianche per quanto le stringeva a quelle del marito.
Fu la McGranitt a rompere il silenzio, visibilmente scossa. «Signor Jones, la ringrazio.»
«Di nulla.»
Dopo qualche minuto, il gruppo era fuori dalla sala comune di Grifondoro. Ron si avviò davanti con Harry e Ginny per fare delle cose in Sala Grande (Hermione, frastornata, non aveva ancora capito bene cosa), mentre sua moglie rimase indietro a parlare con la sua vecchia insegnante.
«Mamma?» sentì all'improvviso Hermione da lontano. «MAMMA!»
Suo figlio Hugo corse all'impazzata e abbracciò Hermione. «Hugo!» esclamò la madre, calandosi e ricambiando l'abbraccio del figlio. «Che ci fai qui?» domandò lui, sempre stretto nell'abbraccio.
La donna alzò lo sguardo sulla professoressa, che, ricambiando l'occhiata, sussurrò molto molto piano, in modo che sentisse solo Hermione: «Abbiamo fatto in modo che non lo sapesse.» e si allontanò a grandi passi.
«Mamma?» ripeté il bambino, sciogliendosi dall'abbraccio.
«Hugo.» disse sua madre , apprestandosi a spiegare. «Sono venuta qui perché c'è stato un piccolo problema.»
«Che tipo di problema?»
«Ehm... tua sorella... è... sco-scomparsa.»
Le parole uscirono a forza dalla bocca di Hermione, come se qualcuno di buona volontà gliele avesse tirate con una canna da pesca molto robusta.
Il piccolo divenne pallido.
«Che significa, mamma?»
«Significa... che non sappiamo dov'è.»
Hermione fissò il bambino. «La ritroveremo!» si affrettò ad aggiungere.
Gli occhi di Hugo divennero lucidi. Sua madre scoppiò a piangere a sua volta e lo riabbracciò.
«La ritroveremo, lo prometto.» diceva tra un singhiozzio e l'altro, cercando di convincere anche se stessa. «La ritroveremo.»
Le piccole mani del figlio si strinsero attorno alle spalle della mamma. «Aiutala, mamma. Aiutala.»
«La aiuto.» disse Hermione, e il pianto triplicò ancora una volta di portata. Si asciugò le lacrime e si sciolse dall'abbraccio, cercando di apparire più forte possibile per lui.
«Vai, ora. Non preoccuparti, abbiamo tutto... sot-sotto controllo.»
Hugo piangeva. «Mi fido di te, mamma.» e corse via.
Hermione si alzò in piedi, ma il pianto non ricominciò. Qualcosa era cambiato in lei in quel preciso istante. Non poteva starsene con le mani in mano. Era di sua figlia che si parlava, dopotutto. Avrebbe risolto lei. Sarebbe andata in capo al mondo, ma l'avrebbe ritrovata, fosse l'ultima cosa che avrebbe fatto. Perché Hugo si fidava di lei.

*

Harry e Ginny stavano passeggiando tra i giardini di Hogwarts. Le luci soffuse e le lucciole creavano un'atmosfera surreale e fantastica. A lui faceva venire in mente quando andavano a trovare Hagrid (che in quel momento, per la prima parte dell'anno, si trovava fermo al San Mungo per problemi di salute) di tarda sera, o quando finivano per un motivo o per un altro nella Foresta Probita. Ogni posto della scuola era pregno di ricordi, belli o brutti che fossero, e ogni volta che Harry guardava qualcosa, essi lo inondavano come se fosse stato un isolotto hawaiano in mezzo al mare assalito da uno tsunami che non poteva essere fermato in nessun modo. Ma egli non voleva che si fermassero: si faceva invadere con piacere, e riassaporava ogni momento con grande gioia.
«A che pensi?» Ginny interruppe il flusso dei suoi pensieri.
«Oh, niente. Pensavo a quando ero ancora ad Hogwarts.»
La donna annuì, tenendo lo sguardo dritto davanti a sé.
«In realtà c'è un'altra cosa.» disse Harry, confermando i dubbi dell'altra.
«Cosa?»
Egli girò lo sguardo verso di lei. Si perdeva ancora nei suoi occhi, si perdeva come quando faceva anni prima. Ma perdendosi, le parole gli si bloccarono in gola.
«Harry?» domandò Ginny. «Ci sei?»
Lui scosse la testa, ritornando in sé. «Sì, ci sono. È solo che... credo che stiamo commettendo un errore.»
La donna si fermò, facendo fermare anche l'altro. «Che intendi?»
«Con la storia del divorzio.»
Ginny chiuse gli occhi. «Harry...» disse, strascicando leggermente le parole. «Ne avevamo già discusso... Io...»
«Lo so... lo so...» interruppe lui. «Ma non riesco a fare a meno di pensarci. Ne sono sempre più convinto, stiamo commettendo un errore, abbiamo sbagliato a valutare, sia io che te. Ginny, io ti amo ancora come facevo prima, ti voglio ancora accanto a me, ho bisogno di te. Tu sei la colonna che mi permette di restare in piedi, tu sei... sei tutto ciò che ho sempre voluto dalla vita. Tranquillità, persone a cui volevo bene, una famiglia. Non ho potuto essere in famiglia con i miei genitori, ma tu, tu, tu sei sempre stata la mia certezza che potessi essere in famiglia prima o poi. Ginny, stiamo sbagliando. Ginny, tu sei la mia famiglia.»
Harry non aveva mai creduto di poter dire tutte quelle cose; ciò che gli aveva permesso di farlo era che le aveva sputate fuori tutte d'un getto senza neanche pensarci.
Ginny era rimasta con gli occhi chiusi, i lineamenti addolciti, e in quel momento li riaprì.
«Harry... io credo che ti stia sbagliando. Eravamo d'accordo, anche tu avevi detto che era la cosa giusta...»
«Sì, ma ti ho detto che ci eravamo sbagliati, tutti e due...»
«No, Harry! Avevamo ragione, non ci eravamo sbagliati. Eravamo lucidi. Ora ti stai facendo prendere dalla situazione. Il fatto... il fatto che siamo ancora vicini è perché sarà così anche dopo il divorzio. È questo il rapporto che voglio mantenere con te, Harry... ma avevamo ragione... Scusa.»
Ginny si allontanò da lui a passo svelto, guardandosi le mani, dirigendosi all'entrata.
Harry rimase lì, con le sue parole che gli rimbombavano nella testa.
Ginny, stiamo sbagliando. Ginny, sei tu la mia famiglia.

*

Hermione aveva chiesto alla McGranitt di poter visionare di nuovo il messaggio lasciato dall'uomo misterioso, e l'insegnante aveva acconsentito senza alcun dubbio. Ora si trovava nella biblioteca da sola, dopo aver eluso tutte le domande di suo marito, ed esaminava il biglietto. Tutt'attorno il tavolo era imbandito di libri su libri, e la donna aveva appena letto su uno di questi qualcosa che le interessava:

Peto Locus*: incantesimo di localizzazione. Da usare su un oggetto per sapere il luogo di provenienza. Non c'è contro incantesimo, poiché è una formula molto poco conosciuta: questo è l'unico libro che ne riporta l'esistenza. Motivo sconosciuto.

*non si assicura il funzionamento.

Motivo sconosciuto, eh?
si disse Hermione. Ecco perché non lo conosce nessuno. Non se ne assicura il funzionamento. Ma ce la posso fare.
Puntò la bacchetta contro il biglietto. «Peto Locus» disse piano, scandendo bene le parole. Non accadde nulla. Riprovò, ma ci fu lo stesso risultato. Lo fece ancora una volta, ma invano.
«Maledetto stupido incantesimo!» disse fra sé e sé.
Si concentrò. Eliminò tutti i pensieri dalla testa, tranne uno: voglio che quest'incantesimo funzioni, voglio che quest'incantesimo funzioni, voglio che quest'incantesimo funzioni...
«Peto Locus» e il biglietto si accese improvvisamente di una luce propria, bluastra. Hermione fu pervasa dall'emozione, ma non sapeva cosa fare adesso. Nell'indecisione fece la prima cosa che le venne in mente: afferrò il messaggio e si smaterializzò.
Si materializzò in un luogo sconosciuto. C'era una fitta foresta, e l'unica cosa che sembrava fatta dall'uomo era una capanna di legno sulla sinistra; prima di rendersi conto di tutto questo, però, sentì un altro crack. Qualcuno si era smaterializzato.


E questo è il nuovo capitolo! E' il mio preferito fra quelli che ho scritto fino ad ora, e mi farebbe molto piacere se mi deste un parere :3 Alla prossima!

 

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Capitolo 6
*** Galeoni falsi e occhi spalancati ***


Hermione imprecò. «Dannazione!»
Chiunque fosse lì l'aveva sentita arrivare e lei non si era mossa abbastanza in fretta da vederne l'identità. Pensò di non fare comunque in modo che quel viaggio fosse stato inutile, quindi si mosse verso la capanna che aveva visto poco prima. Fece un respiro profondo e aprì la porta, che era socchiusa. La stanza era pericolosamente senza alcun odore, neanche il più piccolo. Sulla destra c'era un giaciglio di fortuna, composto da un piccolo materasso ed un cuscino, ed affianco c'era un piccolo tavolo vuoto. A parte questo, la stanza era vuota.
La donna avanzò. I suoi passi sembravano rimbombare nel silenzio mentre si avvicinava al materasso dove con ogni probabilità era stata stesa sua figlia. Nella testa echeggiavano i pensieri... era stata così vicina a lei...
Sentì qualcosa scricchiolarle sotto il piede. Lo spostò e guardò in basso, e appena lo vide non credette ai suoi occhi. Lo prese con foga e se lo rigirò in mano.
Un galeone legato ad una catenina. No, non un galeone qualunque. Quello che lei stessa aveva fabbricato nel suo quinto anno ad Hogwarts per diffondere gli orari e i giorni in cui si sarebbero tenuti gli incontri dell'ES.
Come diavolo ci è finito qui questo?!” pensò.
Era sconvolta. Se lo mise in tasca e continuò a cercare nella capanna, ma nient'altro venne fuori. Decise di ritornare indietro, continuando a pensare a tante cose: la stranezza della situazione, il galeone falso, il fatto che probabilmente lì non sarebbe riapparso più nessuno ora che l'uomo misterioso sapeva che qualcuno conosceva quel posto.
Fece un ultimo respiro, non captando ancora alcun odore, e si smaterializzò ad Hogsmeade. In un primo momento si sentì spaesata, perché era partita dalla biblioteca di Hogwarts.
Aspetta un momento.” si disse, “Come ho fatto a smaterializzarmi da Hogwarts? Forse è il potere dell'incantesimo...”
Cominciò a camminare ed arrivò nuovamente presso la sua vecchia scuola. Con sua sorpresa, una volta riuscita ad entrare, trovò Ron nell'ingresso.
«Hermione!» esclamò, correndole incontro. «Dove diamine eri?!»
«Ho deciso di indagare sulla scomparsa di Rose.» informò secca, come se avesse detto “sono andata a prendere un caffé”.
«CHE COSA?! Da sola? E perché non me ne hai parlato?» disse Ron arrabbiandosi.
«Be', non lo so, ma ho deciso e ho iniziato!» ribattè infervorata Hermione.
«Sì ma...»
«Niente ma!» continuò lei, interrompendolo. «Non so perché non ti ho chiamato ma è inutile arrabbiarsi! Non ho bisogno del tuo aiuto, me la so cavare benissimo da sola, e dovevo fare qualcosa perché non riesco a starmene con le mani in mano!»
Si fermò e riprese fiato. Guardò Ron, che aveva assunto un'espressione colpevole.
«Adesso, se vuoi scusarmi» informò Hermione, scansandolo e dirigendosi verso le scale. «Ho da fare. Sempre se posso andare da sola.»
E scomparì a passo svelto, lasciando il marito da solo all'ingresso.
La donna corse per tutte le scale fino ad arrivare alla stanza assegnata loro dalla McGranitt giorni prima, e si mise subito alla scrivania, cacciando il galeone falso dalla tasca. Lo guardò da vicino.
La catenina a cui era legato era una di quelle che si usavano per metterselo al collo, per farne una collana, rendendo così il galeone un ciondolo. Per quanto riguarda l'oggetto in sé, Hermione notò che esso non aveva subito modifiche, e lei non poteva ricavarci assolutamente nulla. Per un attimo pensò anche di usare l'incantesimo peto locus, ma poi si rese conto che l'unica cosa che avrebbe ottenuto sarebbe stata essere trasportata nel dormitorio delle ragazze Grifondoro, che era il posto in cui l'aveva stregato per la prima volta.
Le effimere speranze che aveva accumulato in quel po' di tempo svanirono immediatamente, come polvere buttata via dal vento. Prese il galeone e lo strinse in mano, stendendosi sul letto e chiudendo gli occhi. Sembrava che fosse tutto impossibile da decifrare, eppure sua figlia era da qualche parte e dovevano ritrovarla... non potevano dargliela vinta e aspettare tranquillamente l'incontro a Grimmauld Place, come se avesse dovuto incontrarsi con un'amica...
Qualche ora dopo, Hermione era riuscita a rintracciare Herpas Jones e lo stava raggiungendo nella Sala Grande. Lo intravide seduto al tavolo dei Corvonero, da solo, che scriveva su di una pergamena qualcosa ancora una volta. «Signor Jones!» lo chiamò.
Lui alzò lo sguardo e fece segno con la testa di aver visto la donna. Si alzò e appena lei gli fu vicino ricambiò il saluto stringendole la mano. «Signora Weasley.»
Entrambi si sedettero. «Voleva dirmi qualcosa?» chiese Jones.
«In realtà sì.» Hermione estrasse dalla tasca il grosso galeone falso. «Ho trovato questo... volevo che lo avesse lei, per le indagini di Rose... magari può ricavarci qualcosa.» disse porgendoglielo.«È falso.» aggiunse.
L'uomo lo prese in mano. «Dove lo ha trovato?» domandò incuriosito, fissando e girando tra le mani l'oggetto che aveva appena ricevuto.
La donna titubò ma egli non se ne accorse, intento a guardare il galeone. «...sotto il letto di Rose.» improvvisò. «Dev'esservi sfuggito.»
«Strano... mi scuso per l'errore, di solito non accade mai.» disse l'uomo, poi si infilò l'oggetto in tasca. «La ringrazio.»
«Grazie a lei.»
I due si congedarono, ed Hermione riprese a salire le scale, domandandosi quando quella tortura sarebbe finita.

*

Ginny era seduta con Ron sulle sponde del lago nero. Era quasi sera: il sole stava per scomparire totalmente dietro l'orizzonte, lasciando una frescura nell'aria e un piacevole color rosato a colorare il cielo.
La donna aveva rintracciato suo fratello per parlargli, e insieme avevano deciso di farlo lì, indisturbati.
«...e quindi i miei capelli sono diventati stopposi.» stava dicendo lei.
Ron si girò e la guardò in viso. «Sul serio?» chiese con un espressione da “mi stai prendendo in giro?”
«Lo giuro, davvero, non so come domarli!»
«No» interruppe lui, «sul serio mi hai chiamato per parlarmi dei tuoi capelli stopposi?»
«In realtà no..» ammise Ginny, strappando qualche erbetta da terra.
«Per fortuna. Avanti, spara.»
«Bum.»
Ron si giro ancora una volta, esasperato. «Avanti, fai sul serio?!»
«Okay, okay, calma!» cominciò lei. «Volevo chiederti... non è forse meglio parlare a mamma e papà della situazione?»
Lui sospirò. «Non volevo farli preoccupare, ma lo verranno a sapere comunque, quindi... suppongo di sì.»
«Bene!» esclamò Ginny, alzandosi e scrollandosi di dosso l'erba. «Ti accompagno io.»
Il fratello la guardò dal basso. «Davvero?»
«Certo! Avanti, avverti Hermione e andiamo ad Hogsmeade.»
«Possiamo anche andare direttamente ad Hogsmeade.» informò lui, alzandosi da terra a sua volta.
Fissò la sorella. Era così strano paragonarla con la Ginny di quando erano ragazzi. La sua piccola sorellina Ginny...
«Perchè?» chiese lei, dubbiosa.
«Lunga storia. Piuttosto, tu non devi avvisare Harry?»
La sorella distolse lo sguardo e si avvio verso i cancelli di Hogwarts. «Nah, capirà.»
«Se lo dici tu.» ribattè Ron, e la seguì a passo svelto.

Si materializzarono al confine della Tana. Volevano trovare un modo per introdursi pacatamente e non far prendere un colpo ai loro genitori, ma non ne trovarono uno. Decisero di improvvisare.
Mentre si avvicinavano alla porta, per la testa dei due fratelli stava passando lo stesso pensiero in quel momento: casa.
Per Ginny e Ron, quella era casa molto più di qualsiasi altra cosa. Anche adesso che avevano una casa tutta loro, quella era sempre più calda, più accogliente, più bella. Ogni mattone, ogni filo d'erba era imbevuto nei ricordi della loro infanzia, la loro adolescenza... tutte le volte che avevano ripulito il giardino dagli gnomi, che avevano giocato a Quidditch nel giardino, che avevano solo pranzato e dormito in quell'abitazione. Ognuna di quelle volte, a distanza d'anni, assumeva una posizione importante nel loro passato... solo perché era avvenuta lì, a casa.
Arrivarono all'ingresso. Si guardarono, fecero un respiro profondo e Ron bussò.
«Sì?» chiese una voce dall'altra parte della porta. Era Molly.
Il figlio si schiarì la voce. «Siamo noi, mamma.»
La porta si aprì di scatto. «Cos...» iniziò la mamma, ma poi fu assalita dalla felicità e li abbraccio fortissimo entrambi. «Venite dentro, venite dentro! ARTHUR!» chiamò a gran voce.
Arthur fece capolino in cucina e urlando a intermittenza “RON! GINNY!” riservò loro lo stesso trattamento che aveva riservato loro la moglie.
Li fecero sedere sul divano. «Cosa vi porta qui?» domandò Molly con enfasi. Prima che uno dei suoi figli potesse aprire bocca, riprese a parlare. «No, no, no, aspettate! Cenate qui stasera! Vero? Preparo la cena!»
«Mamma...» iniziò Ginny, vedendo che Ron non ce la faceva a parlare. «Siamo qui per parlare a te e a papà.»
La donna notò l'espressione e il tono serio che aveva assunto sua figlia e si fermò di colpo, cancellando automaticamente il sorriso che aveva sul volto. Si sedette assieme al marito di fronte ai figli e chiese loro di cominciare a parlare, preoccupata.
Ginny vide che ancora una volta le parole non volevano uscire dalla bocca di Ron, e così cominciò lei. «Rose...»
Poi il fratello si schiarì la voce e si intromise improvvisamente. «Rose è scomparsa.»
Lo disse così, senza preavviso, né fronzoli, né giri di parole, con lo sguardo fisso nel vuoto. Molly stava per svenire. Arthur, un po' pallido a sua volta, ebbe comunque la forza di andare a prendere dell'acqua con lo zucchero per sua moglie e cercò di farla riprendere.
La figlia parlo, giocherellando nervosamente con i suoi capelli rosso fuoco. «È successo qualche giorno fa, e si stanno svolgendo le ricerche...». Raccontò loro tutto, per filo e per segno, dall'inizio alla fine.
Ripresasi, sua madre cominciò a parlare. «Perchè non ce lo avete detto prima?!»
«Già!» si accodò Arthur. «Abbiamo il diritto di sapere certe cose!»
«Non volevamo farvi preoccupare...» si scusò Ron.
Il padre indicò sua moglie, ancora debole. «Come vedi ha funzionato!», poi si addolcì. «Ron, Ginny, noi per voi ci siamo sempre. Non dubitate mai... quando succede qualcosa dobbiamo saperlo. Nascondercelo non servirà a niente, siamo i vostri genitori...»
«Avete ragione.» disse suo figlio, gli occhi bassi.
Ci volle un po' di tempo perché le cose si sistemassero in casa Weasley. La cena fu pronta molto dopo il solito, e dopo mangiato, i due fratelli, tempestati di richieste, decisero di rimanere a dormire nella loro vecchia casa. «Me lo dovete!» aveva detto Molly.
Si sistemarono nella stessa stanza, ma non riuscirono a chiudere occhio tutta la notte.

Erano circa le tre del mattino quando un rumore sordo provenne dal piano di sotto. Ron e Ginny scattarono all'insù contemporaneamente e si guardarono in faccia. Allarmati, uscirono correndo dalla loro stanza mentre un altro rumore batté contro le pareti, seguito dalle urla di Arthur.
«La camera di mamma e papà!» esclamarono all'unisono i due, prima di fiondarsi giù per le scale ad una velocità supersonica, spalancando la porta della camera da letto dei genitori.
La scena che si trovarono davanti fu surreale: Arthur era a terra in un angolo e Molly gli stava puntando contro la bacchetta.«Stupeficium!» gridò.
Il padre si scansò per un pelo. Ma fu solo qualche secondo di pausa, quando la moglie cominciò: «Avada Ked...».
Ron si scaraventò su di lei, facendole interrompere la frase e mettendola al tappeto. C'era uno strano sguardo negli occhi di sua madre quando si rialzò da terra. Poi quello sguardo si spense e lei svenne. Quando rinvenne, pochi secondi dopo, spalancò gli occhi per l'orrore.
 


Capitolo sei! Mi sorprendo per la velocità con cui è arrivato... :'3 Ad ogni modo, quando scrivo mi fa piacere sentire pareri altri, buoni o cattivi che siano, quindi una piccola recensione con scritto se avete apprezzato oppure no mi farebbe davvero piacere u.u 
Grazie per l'attenzione, al prossimo capitolo! :3

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Capitolo 7
*** Assaggio - La tua famiglia ***


AVVISO: domani partirò per l'Inghilterra per un mese, quindi non potrò pubblicare un nuovo capitolo! Nel frattempo, ho deciso di pubblicarne un assaggio, per poi pubblicare quello intero al mio ritorno! Fatemi sapere se vi incuriosisce! Ci vediamo tra un mese! :3

Erano circa le dieci del mattino. Hermione bussò alla porta della camera dove alloggiavano Harry e Ginny. Passò qualche secondo, e il suo migliore amico, in camicia bianca e pantaloni blu, scalzo, le aprì la porta. «Hey.»
«Hey» ribatté lei. Lui si spostò e le fece spazio per farla entrare in camera e la donna si sedette sul letto. «Come va?»
L'uomo aspettò un po' per rispondere. Mise in ordine le cose sul mobile a ridosso della parete destra e aprì e richiuse tutti i cassetti, controllando se fosse tutto in ordine. Poi si girò e si rese conto che Hermione lo stava fissando.
«Oh. Scusa» disse. «Sì, tutto a posto.»
Harry decise che sarebbe stato più cortese e carino se non le avesse ricambiato la domanda, e non lo fece. Si limitò a sedersi al suo fianco. «Dov'è Ron?»
«Non ne ho idea» fece lei, toccandosi i capelli distrattamente. «Volevo chiederlo a te».
«Mi dispiace, neanche io ne ho la minima idea.»
«E Ginny?».
«Stessa cosa».
«Magari sono insieme» azzardò la donna.
«Forse sì» annui lui, alzandosi dal letto e avvicinandosi al davanzale per guardare fuori dalla finestra. «In ogni caso, se la sanno cavare da soli».
«Be', certo, ovviamente» si accodò lei.
Passarono alcuni minuti di imbarazzante silenzio. Mentre la sua migliore amica continuava a starsene seduta sul letto, con lo sguardo fisso davanti a lei, Harry aveva i gomiti piegati sul davanzale e le mani a mantenersi la faccia come se fosse stata troppo pesante, guardando un punto imprecisato del paesaggio che gli si propinava davanti. Dalla finestra della sua camera riusciva a vedere i giardini di Hogwarts, gli studenti che passeggiavano, probabilmente pensando al tema di Pozioni che dovevano scrivere o alle esercitazioni di Trasfigurazione che dovevano fare prima della prossima lezione, il lago nero con le sue acque più calme che mai.
«Harry?».
Improvvisamente Hermione ruppe il silenzio.
«Sì?» chiese l'altro, girandosi.
La donna si alzò e si avvicinò all'amico. «Che hai?» disse con apprensione.
«Niente» ribatté lui, guardandola.
«Andiamo Harry! Ti conosco abbastanza ormai...» cominciò lei. «Sei assente. Siamo amici da tanto... davvero tanto... riesco a capirlo quando c'è qualcosa che non va.»
«È per Rose...» spiegò l'uomo.
«Certo, ma non solo... ne sono sicura...»
Lo guardò per qualche altro minuto, poi lo abbracciò e lo strinse fortissimo. «Ti voglio bene, Harry. Tanto. Grazie per esserci ora e per esserci sempre stato».
«Ti voglio bene tanto anche io» rispose lui.
Non gli andava di appesantire la sua amica con altri problemi, visto che aveva già cose a cui pensare; voleva esserle d'aiuto, non d'intralcio. «Sai che ti dico? Stasera ti faccio distrarre un po'».
«Ah sì?» domandò Hermione, sciogliendosi dall'abbraccio. «E come?». Sorrise.
«Stasera stiamo qui e mangiamo insieme, come facevamo prima. E ci distraiamo. E parliamo. Magari ricordando i vecchi tempi» propose Harry.
La donna accettò di buon grado, in quanto era più utile sicuramente che piangersi addosso nella sua camera da sola. Si fecero portare qualcosa in camera dalle cucine e mangiarono con gusto tutto quello che fu servito loro. Qualche tempo dopo stavano finendo di mangiare la loro fetta di torta alla melassa. Stavano ridendo tantissimo.
«E poi» stava dicendo lui, senza riuscire a smettere di ridere. «Tu... tu gli dicevi... di stare... zitto», e continuavano a ridere a crepapelle, e parlando a fatica.
«Già» si accodò Hermione, «era la verità!».
Ad un certo punto il piatto con la torta che la donna aveva in mano tremò in quanto lei non riusciva a stare ferma. Questo cadde a terra con un tonfo enorme e il dolce ora giaceva spappolato sul pavimento. Per la stanza si diffuse subito un forte odore di melassa.
«Oh mio Dio!» esclamò Hermione, che non poteva proprio smettere di ridere. «Scusami, ti aiuto a pulire!», quasi dimenticandosi di essere una strega.
L'amico eseguì un incantesimo Gratta e Netta. Dopo un po' di tempo, si erano calmati e sedevano a terra, vicini.
«Grazie, Harry».
«Non c'è di che».
Lei fece per alzarsi, ma sbatté sul mobile dietro di lei e dei fogli caddero a terra. «Uh, scusami! Non so che mi prenda stasera! Metto a posto io».
In quel momento, l'uomo si accorse che quelli erano i documenti del divorzio. “Perché diavolo Ginny li ha portati qui?! Non lo sapevo!”
Si avventò su di lei, e raccolse i fogli per primo. «Non preoccuparti!»
Hermione sorrise debolmente, e notò lo scatto fulmineo che l'amico aveva fatto e il modo in cui stringeva quelle carte. «Cosa sono?» chiese curiosa.
«Oh, niente, pubblicità» la buttò lì Harry. Ma non aveva rassicurato per nulla la donna che stava per strappargli i fogli da mano quando bussarono alla porta. Approfittò del suo momento di confusione per mettere tutto in un cassetto, e sperando che non gliene chiedesse più (sperandolo, ma non essendone convinto conoscendo l'amica) andò ad aprire la porta.
Ron e Ginny salutarono l'uomo. «Hey». Sembravano scossi. «C'è anche Hermione qui?» domandò l'amico, «perché nella nostra stanza non c'è».
Harry annuì e li lasciò entrare.
La donna dai capelli rossi entro prima e il fratello fece il suo ingresso subito dopo di lei, guardando subito sua moglie. «Hey».
«Ciao». Hermione volse subito lo sguardo verso quest'ultimo. «Dove sei stato? Perché non mi hai avvisato?» chiese pacata.
«Non ho bisogno del tuo aiuto, me la so cavare benissimo da solo» rispose Ron, ammicando a ciò che gli aveva detto sua moglie il giorno prima. Lei si rabbuiò e abbassò il viso. «Scusa».
«Cosa?» domandò sorpreso l'altro.
«Ho detto che mi dispiace».
Calò uno strano silenzio. 

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