In Vegeta's Mind di MV_Raven (/viewuser.php?uid=744816)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Elucubrazioni Notturne ***
Capitolo 2: *** Cicatrice ***
Capitolo 3: *** Il Passato ***
Capitolo 4: *** Dolce Tentazione ***
Capitolo 1 *** Elucubrazioni Notturne ***
In Vegeta’s
Mind
Elucubrazioni Notturne
Perché ho
accettato?
Perché non prendo su quel poco che ho e non me ne vado
seduta stante?
Perché non riesco a resistere a quegli occhi azzurri senza
riuscire a farmi valere?
Queste cose me le domando spesso, ma inevitabilmente le risposte sono
sempre le stesse.
Sono seduto sul davanzale della Capsule Corporation, un edificio giallo
a cupola che, da qualche giorno a questa parte, è divenuta
la mia casa.
Insieme a me sono stati ospitati i namecciani che si sono salvati
grazie alle sfere del drago; quelle stesse sfere che mi hanno permesso
di ritornare in vita.
Certe volte penso che sarebbe stato meglio se fossi morto sul pianeta
Nameck. Il mio orgoglio non è di certo rimasto illeso dal
fatto che una terza classe si sia sacrificata per me, uccidendo il mio
peggior nemico e senza darmi la possibilità di batterla sul
campo di battaglia.
Non mi sono mai piaciute le sfide facili ed è per questo
motivo che, qualche giorno fa, quando siamo stati trasportati sulla
terra, ho dato il suggerimento alla gallina di far portare
l’entità di Kakaroth sulla terra e di resuscitarlo.
Non l’ho certo fatto perché mi sento in debito!
Figuriamoci! L’ho fatto semplicemente perché devo
essere IO a battere quella terza classe e dimostrare così
che IO ed io soltanto sono il più forte guerriero
dell’universo. Ma prima… devo diventare anche io
un super saiyan.
Per quanto riguarda il mio soggiorno sulla terra, beh la cosa
è piuttosto semplice.
Con la caduta di Freezer ormai fra i suoi soldati sarà
scattato il putiferio, pertanto alloggiare in una delle basi mi sarebbe
stato impossibile! Certo, avrei comunque potuto far fuori tutti, oppure
ottenere il potere prendendo il posto di Freezer, ma, se devo essere
sincero con me stesso, non è il potere che mi interessa
realmente e nemmeno conquistare una o due galassie.
La vita di imperatore universale non fa proprio per me. In fondo non
sono mai stato come mio padre. Sono stato e sarò sempre un
crudo mercenario che ama distruggere per guadagnarsi da vivere. Ormai
ho perso il conto delle mie vittime e del sangue che ho riversato sul
campo di battaglia, ma poco importa. L’unica cosa che mi
interessa davvero è diventare il più forte di
tutti, semplicemente questo…
Tornando al motivo del mio soggiorno terrestre, la cosa che mi
trattiene qui è una sola… beh… forse
sono due ma la seconda la lascio perdere per restare fedele ai miei
principi e, soprattutto, sano di mente.
Il fatto è che io voglio vedere il ritorno in vita di
Kakaroth e, nel frattempo, allenarmi duramente!
Se lui è morto, allora ho qualche possibilità di
raggiungerlo e di superarlo.
Tornando al secondo motivo che mi inchioda a questo posto è
che, stranamente, mi sento attratto da quella rozza terrestre che ha
avuto il fegato di ospitarmi in casa sua… avrei giurato che
non sapeva con chi aveva a ché fare, ma sapevo bene di
sbagliarmi, visto e considerato che lei era su Nameck e che una volta
l’ho persino minacciata, insieme al nano pelato.
Quindi non riesco a spiegarmi il motivo per cui lei mi chiese -dandomi
del bel fusto- se volevo alloggiare a casa sua.
La cosa che più mi stupì poi, è la
frase che aggiunse…
“Ma tieni le tue mani lontano da me, anche se sono una
ragazza affascinante, mi raccomando!”.
Che tipa rozza! Dire certe cose ad alta voce!
L’idea di toccarla non mi aveva nemmeno sfiorato di striscio!
Di solito le donne le uccidevo brutalmente, senza mai pormi il problema
del loro “altro scopo”, proprio quello che Nappa mi
ricordò quando arrivammo sulla Terra: divertire e soddisfare
i più degradanti istinti, oltre che procreare.
Ovviamente dovetti sviare il discorso sul fatto che la nascita di
mocciosi mezzosangue avrebbe potuto rivelarsi una scelta sbagliata, ma
il fatto che ci fossero delle umanoidi compatibili con noi saia -ed
erano davvero pochissime in tutto l’universo conosciuto- mi
aveva aperto verso questa nuova possibilità di godermi un
po’ di più i piaceri carnali, senza contare sempre
sul fedele appoggio della mia mano destra.
Eppure adesso non riesco a fare nulla.
Ho guardato le tante terrestri che girano qui e sono davvero degli
esemplari buoni, con un corpo niente male e le curve nei punti giusti,
ma non posso cedere così alla mia rigida morale!
E non posso nemmeno usarle ed ucciderle a mio piacimento: troppa
gentaccia mi guarda in malo modo e non approva il mio momentaneo
soggiorno a casa della terrestre, anche se non è questo
ciò che mi preoccupa. Aizzare casini è
l’ultima cosa che voglio.
La Terra è di per sé un pianeta bellissimo.
Piccolo, ma davvero gradevole, anche se non lo ammetterò mai
apertamente ai terrestri ed anche questa casa è davvero
confortevole.
Il cibo non manca mai e la madre della donna è molto
premurosa con me - anche se asfissiante, per certi versi -, ho un tetto
sopra la testa e una camera tutta mia, quindi non mi lamento.
Tuttavia ci sono giorni in cui la voglia di scappare via di qui
è tanta.
Purtroppo sono quasi trentenne e la voglia di avere un rapporto con una
femmina si fa sentire sempre più spesso. Almeno a zonzo per
la galassia c’erano le battaglie a tenere lontano questo
bisogno, ma qui, ora, non c’è nulla che lo freni.
Anzi, ogni cosa sembra alimentare la mia “fame”.
Avendo la camera accanto a quella della donna, spesso mi capita di
vederla uscire dal bagno in fondo al corridoio semi nuda, con i capelli
tutti bagnati e coperta alla bene e meglio da un telo di spugna che
vorrei soltanto che cadesse… oppure quando io sono sul
balcone, la sera, e lei esce con quella camicetta da notte rosa, che
non lascia vedere nulla, ma intendere tutto.
Ed è per tutti questi motivi che mi tocca sempre sopprimere
il mio desiderio almeno una volta ogni due, tre giorni, quando proprio
raggiungo il limite di sopportazione.
Questo non va affatto bene!
Non mi riconosco più!
Non riconosco più i miei sogni! In cui si mescolano momenti
di gloria da super saiyan a momenti di erotico svago con quella
terrestre… in cui io si che le metto le mani addosso e la
faccio urlare di piacere.
Mi metto una mano davanti alla faccia… sospirando.
Mi sento un maniaco.
Mi sento uno stupido.
Mi sento un debole!
Ma il mio orgoglio è ancora forte ed io so che non
cederò. Né ora né mai,
perché io sono Vegeta!
Le donne sono solo una mera distrazione e le distrazioni non vanno bene
per la via di un guerriero.
Guardo di sotto, nel giardino dove c’è
un’astronave pronta per il decollo…
Un’altra tentazione a cui, forse, non saprò
resistere.
Sono le due di notte ormai, e anche io ho bisogno di dormire.
Lascio finalmente queste mie elucubrazioni che mi dannano
l’anima, ma che sono fondamentali per tenere bene a mento
ciò che sono, ciò che rischio, ciò che
faccio o meno, ma, soprattutto, chi sono!
Fine.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Cicatrice ***
In Vegeta’s
Mind
Cicatrice
Guardo
le gocce che, lentamente, percorrono il
mio corpo fino a dissolversi giunte in prossimità
dell’asciugamano che ho
legato in vita.
Con
una sferzata di aura, le faccio evaporare, asciugandomi
nel giro di un istante. Giusto il tempo di intravedere un piccolo alone
azzurro
e bianco, attorno ai miei muscoli.
Ormai
è un anno che risiedo qui, sulla terra. Fra
questa bizzarra famiglia ho condotto allenamenti estenuanti e
stressanti, ma l’oro
di cui mi voglio ricoprire, il livello che voglio raggiungere,
è ancora lontano
da me.
Anche
oggi ho passato la maggior parte delle ore
diurne chiuso nella navicella che funge da trainer room, laddove il
vecchio
scienziato ha installato un dispositivo che permette alla
gravità di
raggiungere livelli inimmaginabili, persino trecento volte superiori a
quella
della terra. Il principio è semplice e molto efficace, direi.
Mi
osservo, con una punta di orgoglio, riflesso
nell’enorme specchio del bagno. Fra le varie robacce che la
donna appoggia sul
mobile e sulle mensole, i cui usi e costumi mi sono sconosciuti, riesco
a
scorgere buona parte del mio fisico scolpito.
Anni
e anni di battaglie hanno portato ad un
intenso sviluppo della massa muscolare, rendendomi più
grosso di qualche anno
fa. La cosa non mi dispiace, anzi, è per me moto di orgoglio
mostrare i
risultati delle mie giornate passate a combattere per sopravvivere e
per
vincere. Si, perché io ho sempre vinto sul campo di
battaglia. Nessuno è mai
riuscito a far sgorgare anche solo una goccia di sangue, dal mio corpo,
tranne
loro…
Ai
tempi di Freezer, nessuno osava toccarmi.
Nemmeno quella bestia di Dodoria o quell’effeminato di Zarbon
e tutto perché io
ero e sono stato il pupillo prediletto di quella lucertola albina che
avrei
tanto voluto far fuori con le mie mani.
Con
i miei sottoposti, invece, non c’era storia.
Semplicemente non si sarebbero mai permessi di toccarmi, nemmeno per
scherzo o
per complicità. Mi temevano e facevano bene,
poiché al primo sgarro, io li
facevo fuori senza troppe remore.
Eppure,
guardandomi allo specchio, vedo un’unica,
grande, viscida, cicatrice.
Non
è da molto che c’è e il suo significato
è la
cosa che più mi ferisce a questo mondo.
È
la cosa che mi spinge ad andare avanti, senza
mai mollare.
È
la cosa che non mi frena quando mi alleno e
quando cerco di spingermi al di là dei miei limiti; seppur
la ragione vuole
mettere un freno alla mia follia, quella stupida cicatrice mi ricorda
quei due
peculiari momenti in cui hanno osato colpirmi… in cui hanno
osato versare il
mio sangue e, successivamente, nel momento in cui sono morto.
La
cicatrice si estende per buona parte del
petto, obliquamente, passando sopra il cuore. In origine era
più centrale,
causata da questi sciocchi terrestri, la prima volta che misi piede su
questo
sciocco, bellissimo, pianeta.
Ma
chi poteva saperlo, allora che il mio tempo da
mercenario stava per esaurirsi? Chi avrebbe mai solo pensato che, di
lì a poco,
la mia vita sarebbe cambiata radicalmente, che mi sarei stabilito per
più di
qualche mese su un pianeta e che avrei persino accettato di combattere
al
fianco di un’inetta terza classe? Ovviamente dopo i cyborg
distruggerò anche
lui, ma non mi ero mai schierato in vita mia dalla parte di qualcuno.
Nessuno
poteva immaginare tutto questo. Tanto
meno io! E che smacco! Battuto da un manipolo di terrestri e da colui
che
pensavo di far fuori in meno di trenta secondi. Eppure la batosta
più grande,
la ferita più profonda è stato quando non mi
hanno finito…
Stavo
battendo in ritirata, per la prima volta in
vita mia! E per la prima volta ho avuto paura di restare un secondo di
più sul
terreno nemico… non provavo una simile sensazione da quando,
da piccolo, ero
succube di Freezer e delle sue minacce per tenermi buono nel suo
esercito.
Dio!
Io non volevo morire. Non senza potermi
vendicare di quella lucertola. Non prima di aver appagato il mio
orgoglio,
cresciuto in anni di falsità e di sopportazione verso colui
che aveva un potere
più vasto del mio.
Ma
no! Kakaroth mi ha risparmiato, lui e il suo
cuore puro! Che schifezza! Che nausea! Avrei preferito morire se solo
avessi
saputo che di lì a qualche mese avrei perso la vita per
colpa di Freezer! Quel
bastardo l’aveva vinta di nuovo. Per sempre.
Kakaroth
mi ha negato la vendetta, facendosi
persino beffa di me, che sono il principe della razza più
potente e più… morta…
della galassia! Si è ricoperto dell’oro
leggendario e ha vendicato tutti: i
terrestri, i saiyan e persino me.
Che
patetico sono stato! Chiedergli addirittura
di ucciderlo anche per me e per il mio popolo ormai scomparso; di
sicuro stavo
delirando! Non ci credo di aver anche solo pensato una simile
diavoleria;
eppure l’ho chiesto, pensando di morire per sempre. Scalfendo
ancora una volta
il mio orgoglio, credendo di non rivedere mai più la luce
della vita!
Tuttavia
mi sono risvegliato dal mio sonno
eterno. Sono risorto fra le macerie di una terra che veniva sventrata,
distrutta e avrei presto scoperto che, ormai, non potevo più
fare nulla, perché
qualcuno mi aveva rubato il sogno e la ragione si un‘intera
vita.
Quel
giorno, in cui con un semplice dito, una
piccola scarica di un colpo ben mirato, mi hanno dato la mazzata
finale, la mia
cicatrice si è ampliata, deformata, mutata.
Cambiata,
così come lo sono io. Un principe che
non è più quello di un tempo. Un sovrano che deve
qualcosa ad un suo suddito,
ma che non ripagherà mai il suo debito per l’ego
smisurato di cui è ancora
dotato. Un uomo che è stato privato della sua
dignità. Del suo orgoglio.
Con
la punta di un dito, ripercorro quella strana
superficie deformata del mio petto; è lucida e leggermente
più scura del resto
della pelle. All’altezza del cuore, lo sento battere, forte,
deciso.
Questi
ricordi moriranno con me, per l’eternità.
Nel mio inferno. Ma nel frattempo, saranno soltanto rinchiusi in questa
cicatrice; marchiati a fuoco sulla mia pelle, per ricordarmi, ogni
giorno,
quello che ho passato.
La
mia promessa, è ancora valida Kakaroth, e tu
lo sai bene.
Un
giorno, quando raggiungerò i miei sogni ed il mio
orgoglio verrà risanato, tornerò a cercarti.
Per
combattere.
Per
vendicarmi.
Per
ucciderti.
Per
far fuori te e la tua misericordia che mi ha
causato solamente nuove sofferenze.
Perché
tu, terza classe, non hai vissuto sulla
pelle l’inferno che ho patito in anni e anni di servizio al
cospetto di colui
che più di tutti odiavo. Tu non hai mai visto la morte in
faccia, il sangue
delle vittime e la dannazione eterna.
Non
potrai mai capirmi.
Per
questo ti sfiderò di nuovo. Perché sono
cambiato. Perché ho racchiuso il dolore in questa cicatrice
che porterò sul
petto con risentimento e con orgoglio nuovo. Un ego che non morirà mai.
Almeno quello…
Fine.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Il Passato ***
In Vegeta’s
Mind
Il Passato
L’élite
dei Saiyan.
I guerrieri con la migliore prestanza fisica e preparazione bellica.
Una categoria di alta classe, separata dal resto della feccia di infimo
livello dalla nascita.
Se un neonato è forte, ha futuro. Un bel futuro a dirla
tutta: ricchezze, popolarità e la possibilità di
avere missioni degne di nota; di un certo livello, per intenderci.
Se la tua forza è minima sin dalla nascita, invece, vieni
separato dalla tua genitrice ancora in fasce per essere spedito su
qualche insulso pianeta della galassia, laddove un saiyajin preparato,
perderebbe soltanto del tempo.
Io non sono solo un Saiyan d’élite, ma sono anche
il figlio del Re della razza più potente
dell’universo: io sono il Principe dei Saiyan ed il mio nome
è Vegeta.
Mio padre era sempre stato austero e severo con me, anche se rare erano
le volte in cui passavamo del tempo insieme in cui mi allenava
duramente, complici i numerosi impegni e le missioni in giro per la
galassia. Quando capitava, però, era sempre stimolante per
me e mi impegnavo a fare del mio meglio per compiacerlo.
Ero il suo orgoglio più grande e lo capivo da come mi
parlava, da ciò che mi diceva ed insegnava e, tutte quelle
cose che mi ha detto, non le ho mai dimenticate. Mi raccontava spesso
del nostro impero e di quanto, tutto quello, un giorno sarebbe stato
mio.
Ancora oggi, appena posso sottolineare il mio rango sociale ricordando
a tutti che sono il Principe dei Sayan -sebbene questo popolo non
esista quasi più- lo faccio con orgoglio pari, se non
superiore, a quello del mio genitore.
Ammiravo mio padre. Adoravo vedere come trattava i nostri sottoposti o
come li uccideva con un semplice ki-blast quando fallivano un compito,
ma adoravo ancor di più quando mi portava con sé
in qualche missione e mi incitava a spargere quanto più
sangue possibile!
Mi sentivo importante, al suo fianco. Ogni giorno mi ripeteva quanto da
grande sarei divenuto forte, potente e mi ricordava che, un giorno,
sarei persino divenuto un Super Saiyan!
Sebbene fossi solamente un bambino, i ricordi sul mio pianeta non mi
hanno mai abbandonato; non che io amassi il mio popolo, sarebbero solo
grandi stronzate da dire, ma a quel tempo ero… si, beh,
felice.
Avevo tutto. Ogni cosa che desiderassi potevo averla al solo schiocco
delle dita. Un Principe di una prestigiosa e potente razza guerriera
che aveva davanti a sé un futuro glorioso e grandioso. Un
bambino che era destinato a diventare il guerriero più forte
dell’intero universo, ornandosi del dorato, leggendario manto
del Super Saiyan.
Ricordo ancora l’enfasi adoperata da mio padre mentre mi
parlava delle gesta del nostro popolo oppure quando narrava le gesta
delle missioni che intraprendeva lui stesso. Non era un Re codardo,
tutt’altro! Amava combattere ed insieme alla sua squadra
partiva spesso alla conquista di pianeti lontani, abitati da creature
forti e temerarie, ma che finivano sempre piegate dinnanzi alla ferocia
della nostra razza.
Un giorno, tutto quell’impero sarebbe stato mio e sarei stato
incoronato Re dopo aver preso in moglie la più potente e
bella guerriera del pianeta, così come a suo tempo fece mio
padre.
Non andò così… non per me almeno, e
tutto ciò che mi aveva detto mio padre si rivelò,
all’età di cinque anni, una pura utopia.
Venni dato in custodia a Freezer, affinché facessi parte del
suo esercito e da lì a poco sarebbe iniziata la mia
lunga” era” da mercenario spaziale, in cui uccisi
migliaia di forme di vita, ma senza mai piegarmi veramente a quel
despota alieno grazie al mio smisurato orgoglio.
Contrariamente a quanto si pensi, non fui venduto a Freezer. In
realtà mio padre non ci guadagnò nulla nel
cedermi alle continue richieste di quella sottospecie di lucertola, ma
anzi!, fu per lui motivo di disonore permettere al suo primo figlio
maschio di diventare un guerriero qualunque, mescolato alle miriadi di
razze che componevano l‘esercito di Freezer, anche se,
comunque, non avrebbe potuto far nulla per impedirlo. Perché?
Perché Freezer era più forte e nemmeno lui, il Re
Veldock Vegeta, avrebbe potuto batterlo sul campo di battaglia.
Tuttavia… aveva un piano in mente.
Decise di cedermi, ma solo accompagnato dal mio maestro e
“guarda spalle” Nappa (sottoposto che avrei avuto
fra i piedi per molti anni), un Saiyan di élite dalla forza
combattiva molto alta.
A soli cinque anni ero in grado di stroncare la vita di quel colosso.
Il motivo per cui non lo feci subito, rimane un mistero
tutt‘ora.
Partimmo verso una delle tanti basi sparse per la galassia e subito ci
fu assegnato un pianeta da distruggere, anche se preferii partire da
solo, ordinando a Nappa di restare a debita distanza, su una delle
astronavi madri dell’esercito di Freezer.
Solo quando fui lontano dal pianeta Vegeta, mio padre si decise ad
agire: se un solo Saiyan non poteva fare nulla contro Freezer, in
gruppo forse avevano qualche chance!
Formò una squadra composta da una trentina di elementi,
tutti di prima classe e partì alla volta
dell’astronave del despota…
Fallì anche in quell’occasione, dove perse la vita
miseramente.
La notizia mi fu comunicata da Nappa: un folle gesto da parte di mio
padre che gli era costata la vita. Un grande Re che aveva osato sfidare
Freezer, ribellandosi alla sua tirannia conscio del suo azzardo, ma del
tutto deciso a tentare l’ultima carta, perdendo la vita.
La morte del Re avvenne qualche tempo prima che la lucertola si
decidesse di distruggere l’intero pianeta. Quando Nappa mi
disse che un meteorite aveva distrutto tutto, dalla voce metallica
dello scouter, risposi nel modo più cinico che conoscessi:
«Beh? C’è
dell’altro!?».
Mio padre era morto qualche mese prima dell’esplosione del
pianeta e la verità era che me lo aspettavo. Dopo la morte
del mio genitore, così come qualche tempo prima
morì mia madre, capii che per noi, quel bastardo di nome
Freezer, era più che una minaccia… era un vera e
propria piaga.
L’ultimo dei miei problemi, in quel momento, era un insulso
pianeta popolato perlopiù da terze classi. Ormai, le uniche
due persone a cui ero legato, non esistevano più.
Davvero avrei avuto motivo di preoccuparmi della sorte del mio pianeta?
Ormai l’unica priorità che avevo era quella di
diventare un Super Saiyan e battere Freezer.
Per il mio orgoglio, per i miei genitori, ma soprattutto per dimostrare
che Vegeta, il Principe dei Saiyan, era davvero il guerriero
più potente dell’universo!
Dovevo dar veridicità alle parole di mio padre, anche se,
con gli anni, mi dimenticai di lui e l’unico motivo per cui
avevo ancora i medesimi ideali era per via dello smisurato orgoglio di
cui sono fatto tutt’oggi.
A distanza di anni non ho ancora raggiunto l’oro e sono stato
surclassato da un traditore di infimo livello… e da uno
strano tizio venuto dal futuro.
Mi tocca indossare abiti terrestri dai colori osceni e sono obbligato
ad adattarmi a questa vita, sebbene mi faccia decisamente schifo.
Vorrei essere altrove, a vivere quella vita che mi spettava…
e invece mi tocca vivere con questo popolo frivolo e debole.
L’incubo che ho appena fatto è la chiara prova di
quanto questo “sentirmi inferiore” non vada bene al
mio organismo, ma sono ferito e distrutto.
Non posso muovermi dal letto e mi tocca portare ancora
pazienza… l’incidente con la Gravity Room
s’è rivelato più pesante del previsto.
Lancio un’altra occhiata alla bizzarra terrestre che dorme
appoggiata al tavolo…
Quando, mezz’ora fa, ho ripreso i sensi lei era
già qui… e non ne comprendo il motivo. Forse
dovrei svegliarla, ma non mi va di aprire la bocca. Né
tantomeno mi va di sentire la sua voce starnazzante…
né quella dei suoi genitori. Voglio solo stare zitto ancora
per un po’.
Solo un altro poco, per ricordare quel passato che avevo dimenticato,
lavandolo con il sangue e l’odio.
Fine.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Dolce Tentazione ***
Eccomi con una nuova one-shot
ambientata dopo la prima storia di In Bulma's Mind (La prima
volta), che ho deciso di racchiudere in una Serie. La
scelta è stata duplice sia per chi, per l'appunto, narra le
vicende, sia perché non mi andava di alzare il reating di
questa raccolta a rosso. Lasciando quindi a Bulma la parte "erotica",
genere che ammetto adoro particolarmente scrivere, lascio a Vegeta la
parte più casta della situazione restando quindi col
"bollino" giallo, nella speranza che queste mie piccole one shot vi
possano piacere. Alla prossima dunque, buona lettura!
In Vegeta’s
Mind
Dolce Tentazione
La carne è debole.
Strana, sacrosanta verità.
Nemmeno il mio orgoglio può opporsi così tanto a
questa voglia malsana di un corpo femminile addosso per sfogare certi
bisogni viscerali.
E io ci ho provato!
Cazzo, se ci ho provato!
Ho resistito per quanti… tre, quattro anni senza fare
sesso?! Di cui due a stretto contatto con quel concentrato di ormoni
azzurri che mi ha ospitato qui sulla Terra. Dovrei essere fiero del mio
controllo, del mio orgoglio, perché resistere alle forme
invitanti di quella donna è una cosa pressoché
impossibile, ma io ci sono riuscito per mesi e mesi a tenere a bada la
voglia di saltarle addosso… O almeno avrei potuto esserlo,
fiero della mia resistenza, fino a ieri sera… [***vedi FF In
Bulma’s Mind]
Resisti per anni e poi… out! Fuori controllo. Partito.
Inarrestabile. Incontenibile. E dannatamente voglioso di averla tutta
per me per una sola notte.
Mi è bastato soltanto sentire nell’aria il suo
profumo e il mio organismo è completamente andato in tilt!
Diciamocela tutta però: era da un po’ di mesi
-precisamente da quando il mollusco non girava più per casa,
per grazia divina- che la Donna mi girava sempre intorno tutta
truccata, profumata e vestita con degli abitini che definire
“corti” è un eufemismo! Quindi, dopo
tutto, non è colpa mia se ho ceduto alla terrestre. Se lei
non ci avesse messo del suo, probabilmente io sarei ancora nella mia
fottuta astinenza.
E qui mi chiedo, da solo, come un’ebete: «E te ne
vanteresti pure?!».
Ebbene si.
Tutta colpa del mio guarda spalle, Nappa.
È stato lui che mi ha cresciuto e mi è sempre
stato accanto da quando avevo cinque anni, e posso dire con tutta
onestà che non è stato prettamente un buon
esempio di vita. Perché?
Il concetto è molto facile e può essere riassunto
in due parole: maniaco sessuale.
Un perverso, fottuto maiale, ecco che cos’era quel colosso!
Non che nella cultura della mia razza non fosse concesso farsi una sana
scopata violenta… che ci volete fare, i saiyan sono
guerrieri abituati al dolore e al sangue e, per un certo verso, questo
diviene molto eccitante in certi casi: un amplesso saiyan
può comunemente essere definito una vera e propria lotta fra
il maschio e la femmina, fatto di morsi, graffi, schiaffi…
insomma, tutto era concesso nella mia cultura.
Era anche vero che i saiyan si erano -quasi- estinti, per questo Nappa
aveva dovuto adattarsi e, con la vita da mercenari spaziali che
facevamo, per ogni pianeta cercava sempre qualcuna -o
qualcosa…- che assomigliasse anche solo vagamente ad una
femmina saiyan o, quantomeno, ad una femmina scopabile. E
così Nappa, nei momenti di relax post-conquista, laddove
solo pochi erano i superstiti del pianeta di turno raso quasi
completamente al suolo, si andava sempre a cercare questa
“compagnia”, lasciandomi solo o con Radish.
Questo succedeva fino a quando ebbi compiuto il mio sedicesimo anno di
età: solo allora ero diventato abbastanza grande per andare
con lui e per imparare il “mestiere”,
purtroppo…
Diciamoci la verità, io sono un Principe! Mai e poi mai
avrei mescolato il mio essere con qualcosa di inferiore, e a dirla
tutta mi faceva persino senso vedere quelle cose, anzi no! Mi faceva
proprio schifo la sola idea di copulare con qualcuna che non fosse una
saiyan.
Quella volta Nappa stava cozzando con un essere verdognolo, pieno di
aculei, mentre io non mi chiesi nemmeno dove lo stesse
“infilando” prima di vomitare direttamente tutto il
contenuto del mio stomaco.
Schifato, ecco quello che ero… ma con il passare del tempo
mi convinsi ad accettare una sola condizione: umanoidi.
Purtroppo il mio corpo che cresceva, aveva certi bisogni e alcune
necessità che erano difficili da tenere a bada
perché quella voglia faceva quasi male. O forse,
più semplicemente, non ero ancora preparato ad affrontare
quel tipo di problema; fatto sta che decisi che mi sarei
“fatto” solamente femmine dalle fattezze simili e
tipicamente “umane”… e
l’azzurra di umano ha ogni cosa tranne la coda.
Comunque sia, riuscii ad adattarmi lo stesso in passato: per chi ha
girato in lungo e in largo lo spazio, non era difficile seguire questo
piccolo compromesso riguardo le Umanoidi e fu così che, tre
o forse quattro anni dopo che Nappa aveva deciso di istruirmi, feci del
sesso.
Quando persi la mia verginità, mentre finalmente cedetti a
quei bassi istinti del cavolo, pensai che non era quello che mi ero da
sempre aspettato: insomma, niente di trascendentale per intenderci.
Non che non mi sia piaciuto, ma mi aspettavo forse di più o
forse qualcosa di diverso. Era piacevole ed appagava il corpo, ma i
sensi restavano sempre all’erta e non mi permettevano mai di
distrarmi da ciò che mi circondava.
Ed eccomi là, in giro per lo spazio a conquistare pianeti
per una lucertola albina, a scoparmi di tanto in tanto qualche povera
malcapitata che, una volta terminato il suo compito, finiva sempre
polverizzata. Mai nessuna era rimasta in vita: non avrei mai permesso
che il mio onore si macchiasse ancor di più,
perché si, non ero molto entusiasta di quello che facevo, ma
nemmeno potevo vivere senza o sarei impazzito.
E adesso?
Adesso arriva quella terrestre che non posso uccidere, quella stessa
che mi ha ospitato a casa sua, con la sua famiglia di svitati ed i suoi
amici odiosi, curandomi quando ero ferito, dandomi cibo e vestiti
puliti ogni giorno e costruendomi persino aggeggi per il mio
allenamento, in cambio solo del mio disprezzo e del mio disgusto, fatto
di risposte cattive e minacce alla sua persona, anche se sapevo bene
che lei era “intoccabile”, essendo amica di
Kakaroth.
Poi però era stata lei ad avvicinarsi a me,
tutt’altro che spaventata dalle mie minacce di morte, dai
miei scatti violenti, dalla mia lingua tagliente… lei si era
fatta notare, piano piano, giorno dopo giorno, dal mio cervello che
faceva di tutto per tenerla fuori dal corso dei miei pensieri. Ed il
problema era –ed è- che lei, al mio cervello,
piace e non poco: è caparbia, testarda, intelligente -anche
se spacca le palle all’ennesima potenza- e, cosa
più importante e strana al tempo stesso, io piaccio a lei.
Lo so, lo sento, lo vedo…
Il mio essere suscita in lei ciò che poche volte ho visto in
una femmina, poiché solitamente leggevo solo terrore e paura
sui loro volti, non attrazione. Eppure l’azzurra terrestre
mostra una luce nei suoi occhi blu che non avevo mai visto e so per
certo di piacerle: proprio per questo motivo ieri mi sono deciso ad
agire, in preda alla voglia di sesso che combatto da anni e lei era
perfetta per soddisfare questi miei bisogni fisici e mentali.
Umanoide e senza imperfezioni, se non l’assenza della coda e
–inoltre- è davvero un bell’esemplare di
Donna lo ammetto; formosa al punto giusto, ma senza essere troppo magra
e scarna.
Al ché mi sono detto, vedendola fuori sul balcone, con solo
la camicia da notte addosso, che non sarei riuscito a chiudere occhio
quella notte, finché non mi sarei svuotato
dall’astinenza: e lì presi la mia silenziosa
decisione.
Non avevo intenzione di chiederle nulla, tantomeno di violentarla
-evitando così di far arrabbiare la terza classe e gli altri
terrestri-. Se lo voleva davvero, così come i miei sensi
avevano captato, sarebbe stata lei stessa a concedersi a me,
lasciandomi il libero arbitrio sul suo corpo.
Così è stato, sorprendendomi persino della sua
disponibilità e della sua audacia, lasciandosi toccare dalle
mie mani in ogni modo possibile…
Dio se solo sapesse la verità su di me.
Se solo sapesse che grosso errore aveva fatto, facendosi notare da me.
Se solo si rendesse conto che era finita in pasto al lupo e dello
sbaglio che ha fatto ieri sera!
Perché? Perché ha dovuto essere così
disponibile, così… così dolce e
sensuale con me.
Perché non mi ha respinto?!
Sarebbe stato tutto più semplice.
Più facile.
Non l’avrei toccata se mi avesse negato il suo corpo.
Non avrei mai scatenato l’ira di Kakaroth per un futile
motivo come la violenza sessuale…
Ma lei, Bulma, si è lasciata andare a me, alla mia voglia
trattenuta solo dalla premura che riservavo per lei in quanto amica di
colui che qui chiamano Son Goku, unica e sola a cui avevo serbato
questo trattamento di favore.
Lei non era stata violata da me.
Lei non era stata uccisa dalle mie mani, dopo che l’avevano
esplorata ovunque, appagandosi di essa.
Lei era diversa.
Lei è diversa.
E questo mi spaventa.
Mi rimetto in piedi, dopo essere caduto a terra per
l’ennesima volta, abbattuto dai miei stessi attacchi. Sono
stanco, sfinito e pure affamato. Tuttavia l’idea di rientrare
in casa mi blocca.
Ho paura di vederla perché potrei ricadere nella tentazione.
Ma devo mangiare.
Devo affrontare il problema.
Devo fare fronte alla terrestre.
Solo questo devo fare e, con tutta la buona volontà del
mondo, mi riassetto e vado a farmi una doccia rigenerante prima di
scendere in cucina, laddove la stramba madre di lei è
già ai fornelli pronta a servirmi.
Faccio per sedermi al solito posto, pronto a gustarmi un lauto pasto
deciso ad ignorarla, ma basta uno scambio di sguardi con colei che sta
seduta a quel tavolo, per mandarmi in tilt.
Un solo contatto con quegli occhi blu come il mare… e io
vengo di nuovo imprigionato.
Perché deve farmi questo effetto?
Mi siedo di fronte a lei, che mi sorride dolcemente senza farsi notare
dai genitori e io già so che fra qualche ora sarò
di nuovo da lei, perché è una tentazione a cui
non posso più resistere. Un richiamo naturale e forte, che
se non avessi colmato sarebbe sfociato in masochismo.
Quindi… perché no?
E chi pensa questo è il mio orgoglio…
Mi ha dato tutto quello che mi serve per vivere bene -e anche di
più-, contando la gravity room e l’attrezzatura,
se lei mi offriva anche il suo corpo, il caldo piacere di un atto
fisico che va consumato in silenzio e con foga, che male
c’è nell’approfittarsene?!
Rispondo al sorriso di lei con un ghigno sghembo, una mezza via fra
furbizia e cattiveria tenendo gli occhi fissi su di lei, come se la
stessi mangiando.
Lei ha capito e sorride guardando di lato, probabilmente pregustandosi
ciò che sarebbe accaduto qualche ora più
tardi…
E per ora, va bene così.
Fine.
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=2792711
|