In Vegeta's Mind

di MV_Raven
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Elucubrazioni Notturne ***
Capitolo 2: *** Cicatrice ***
Capitolo 3: *** Il Passato ***
Capitolo 4: *** Dolce Tentazione ***



Capitolo 1
*** Elucubrazioni Notturne ***


In Vegeta’s Mind
Elucubrazioni Notturne

Perché ho accettato?
Perché non prendo su quel poco che ho e non me ne vado seduta stante?
Perché non riesco a resistere a quegli occhi azzurri senza riuscire a farmi valere?
Queste cose me le domando spesso, ma inevitabilmente le risposte sono sempre le stesse.
Sono seduto sul davanzale della Capsule Corporation, un edificio giallo a cupola che, da qualche giorno a questa parte, è divenuta la mia casa.
Insieme a me sono stati ospitati i namecciani che si sono salvati grazie alle sfere del drago; quelle stesse sfere che mi hanno permesso di ritornare in vita.
Certe volte penso che sarebbe stato meglio se fossi morto sul pianeta Nameck. Il mio orgoglio non è di certo rimasto illeso dal fatto che una terza classe si sia sacrificata per me, uccidendo il mio peggior nemico e senza darmi la possibilità di batterla sul campo di battaglia.
Non mi sono mai piaciute le sfide facili ed è per questo motivo che, qualche giorno fa, quando siamo stati trasportati sulla terra, ho dato il suggerimento alla gallina di far portare l’entità di Kakaroth sulla terra e di resuscitarlo.
Non l’ho certo fatto perché mi sento in debito! Figuriamoci! L’ho fatto semplicemente perché devo essere IO a battere quella terza classe e dimostrare così che IO ed io soltanto sono il più forte guerriero dell’universo. Ma prima… devo diventare anche io un super saiyan.
Per quanto riguarda il mio soggiorno sulla terra, beh la cosa è piuttosto semplice.
Con la caduta di Freezer ormai fra i suoi soldati sarà scattato il putiferio, pertanto alloggiare in una delle basi mi sarebbe stato impossibile! Certo, avrei comunque potuto far fuori tutti, oppure ottenere il potere prendendo il posto di Freezer, ma, se devo essere sincero con me stesso, non è il potere che mi interessa realmente e nemmeno conquistare una o due galassie.
La vita di imperatore universale non fa proprio per me. In fondo non sono mai stato come mio padre. Sono stato e sarò sempre un crudo mercenario che ama distruggere per guadagnarsi da vivere. Ormai ho perso il conto delle mie vittime e del sangue che ho riversato sul campo di battaglia, ma poco importa. L’unica cosa che mi interessa davvero è diventare il più forte di tutti, semplicemente questo…
Tornando al motivo del mio soggiorno terrestre, la cosa che mi trattiene qui è una sola… beh… forse sono due ma la seconda la lascio perdere per restare fedele ai miei principi e, soprattutto, sano di mente.
Il fatto è che io voglio vedere il ritorno in vita di Kakaroth e, nel frattempo, allenarmi duramente!
Se lui è morto, allora ho qualche possibilità di raggiungerlo e di superarlo.
Tornando al secondo motivo che mi inchioda a questo posto è che, stranamente, mi sento attratto da quella rozza terrestre che ha avuto il fegato di ospitarmi in casa sua… avrei giurato che non sapeva con chi aveva a ché fare, ma sapevo bene di sbagliarmi, visto e considerato che lei era su Nameck e che una volta l’ho persino minacciata, insieme al nano pelato.
Quindi non riesco a spiegarmi il motivo per cui lei mi chiese -dandomi del bel fusto- se volevo alloggiare a casa sua.
La cosa che più mi stupì poi, è la frase che aggiunse…
“Ma tieni le tue mani lontano da me, anche se sono una ragazza affascinante, mi raccomando!”.
Che tipa rozza! Dire certe cose ad alta voce!
L’idea di toccarla non mi aveva nemmeno sfiorato di striscio! Di solito le donne le uccidevo brutalmente, senza mai pormi il problema del loro “altro scopo”, proprio quello che Nappa mi ricordò quando arrivammo sulla Terra: divertire e soddisfare i più degradanti istinti, oltre che procreare.
Ovviamente dovetti sviare il discorso sul fatto che la nascita di mocciosi mezzosangue avrebbe potuto rivelarsi una scelta sbagliata, ma il fatto che ci fossero delle umanoidi compatibili con noi saia -ed erano davvero pochissime in tutto l’universo conosciuto- mi aveva aperto verso questa nuova possibilità di godermi un po’ di più i piaceri carnali, senza contare sempre sul fedele appoggio della mia mano destra.
Eppure adesso non riesco a fare nulla.
Ho guardato le tante terrestri che girano qui e sono davvero degli esemplari buoni, con un corpo niente male e le curve nei punti giusti, ma non posso cedere così alla mia rigida morale!
E non posso nemmeno usarle ed ucciderle a mio piacimento: troppa gentaccia mi guarda in malo modo e non approva il mio momentaneo soggiorno a casa della terrestre, anche se non è questo ciò che mi preoccupa. Aizzare casini è l’ultima cosa che voglio.
La Terra è di per sé un pianeta bellissimo. Piccolo, ma davvero gradevole, anche se non lo ammetterò mai apertamente ai terrestri ed anche questa casa è davvero confortevole.
Il cibo non manca mai e la madre della donna è molto premurosa con me - anche se asfissiante, per certi versi -, ho un tetto sopra la testa e una camera tutta mia, quindi non mi lamento.
Tuttavia ci sono giorni in cui la voglia di scappare via di qui è tanta.
Purtroppo sono quasi trentenne e la voglia di avere un rapporto con una femmina si fa sentire sempre più spesso. Almeno a zonzo per la galassia c’erano le battaglie a tenere lontano questo bisogno, ma qui, ora, non c’è nulla che lo freni. Anzi, ogni cosa sembra alimentare la mia “fame”.
Avendo la camera accanto a quella della donna, spesso mi capita di vederla uscire dal bagno in fondo al corridoio semi nuda, con i capelli tutti bagnati e coperta alla bene e meglio da un telo di spugna che vorrei soltanto che cadesse… oppure quando io sono sul balcone, la sera, e lei esce con quella camicetta da notte rosa, che non lascia vedere nulla, ma intendere tutto.
Ed è per tutti questi motivi che mi tocca sempre sopprimere il mio desiderio almeno una volta ogni due, tre giorni, quando proprio raggiungo il limite di sopportazione.
Questo non va affatto bene!
Non mi riconosco più!
Non riconosco più i miei sogni! In cui si mescolano momenti di gloria da super saiyan a momenti di erotico svago con quella terrestre… in cui io si che le metto le mani addosso e la faccio urlare di piacere.
Mi metto una mano davanti alla faccia… sospirando.
Mi sento un maniaco.
Mi sento uno stupido.
Mi sento un debole!
Ma il mio orgoglio è ancora forte ed io so che non cederò. Né ora né mai, perché io sono Vegeta!
Le donne sono solo una mera distrazione e le distrazioni non vanno bene per la via di un guerriero.
Guardo di sotto, nel giardino dove c’è un’astronave pronta per il decollo…
Un’altra tentazione a cui, forse, non saprò resistere.
Sono le due di notte ormai, e anche io ho bisogno di dormire.
Lascio finalmente queste mie elucubrazioni che mi dannano l’anima, ma che sono fondamentali per tenere bene a mento ciò che sono, ciò che rischio, ciò che faccio o meno, ma, soprattutto, chi sono!

Fine.

 

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Capitolo 2
*** Cicatrice ***


In Vegeta’s Mind
Cicatrice

Guardo le gocce che, lentamente, percorrono il mio corpo fino a dissolversi giunte in prossimità dell’asciugamano che ho legato in vita.

Con una sferzata di aura, le faccio evaporare, asciugandomi nel giro di un istante. Giusto il tempo di intravedere un piccolo alone azzurro e bianco, attorno ai miei muscoli.

Ormai è un anno che risiedo qui, sulla terra. Fra questa bizzarra famiglia ho condotto allenamenti estenuanti e stressanti, ma l’oro di cui mi voglio ricoprire, il livello che voglio raggiungere, è ancora lontano da me.

Anche oggi ho passato la maggior parte delle ore diurne chiuso nella navicella che funge da trainer room, laddove il vecchio scienziato ha installato un dispositivo che permette alla gravità di raggiungere livelli inimmaginabili, persino trecento volte superiori a quella della terra. Il principio è semplice e molto efficace, direi.

Mi osservo, con una punta di orgoglio, riflesso nell’enorme specchio del bagno. Fra le varie robacce che la donna appoggia sul mobile e sulle mensole, i cui usi e costumi mi sono sconosciuti, riesco a scorgere buona parte del mio fisico scolpito.

Anni e anni di battaglie hanno portato ad un intenso sviluppo della massa muscolare, rendendomi più grosso di qualche anno fa. La cosa non mi dispiace, anzi, è per me moto di orgoglio mostrare i risultati delle mie giornate passate a combattere per sopravvivere e per vincere. Si, perché io ho sempre vinto sul campo di battaglia. Nessuno è mai riuscito a far sgorgare anche solo una goccia di sangue, dal mio corpo, tranne loro…

Ai tempi di Freezer, nessuno osava toccarmi. Nemmeno quella bestia di Dodoria o quell’effeminato di Zarbon e tutto perché io ero e sono stato il pupillo prediletto di quella lucertola albina che avrei tanto voluto far fuori con le mie mani.

Con i miei sottoposti, invece, non c’era storia. Semplicemente non si sarebbero mai permessi di toccarmi, nemmeno per scherzo o per complicità. Mi temevano e facevano bene, poiché al primo sgarro, io li facevo fuori senza troppe remore.

Eppure, guardandomi allo specchio, vedo un’unica, grande, viscida, cicatrice.

Non è da molto che c’è e il suo significato è la cosa che più mi ferisce a questo mondo.

È la cosa che mi spinge ad andare avanti, senza mai mollare.

È la cosa che non mi frena quando mi alleno e quando cerco di spingermi al di là dei miei limiti; seppur la ragione vuole mettere un freno alla mia follia, quella stupida cicatrice mi ricorda quei due peculiari momenti in cui hanno osato colpirmi… in cui hanno osato versare il mio sangue e, successivamente, nel momento in cui sono morto.

La cicatrice si estende per buona parte del petto, obliquamente, passando sopra il cuore. In origine era più centrale, causata da questi sciocchi terrestri, la prima volta che misi piede su questo sciocco, bellissimo, pianeta.

Ma chi poteva saperlo, allora che il mio tempo da mercenario stava per esaurirsi? Chi avrebbe mai solo pensato che, di lì a poco, la mia vita sarebbe cambiata radicalmente, che mi sarei stabilito per più di qualche mese su un pianeta e che avrei persino accettato di combattere al fianco di un’inetta terza classe? Ovviamente dopo i cyborg distruggerò anche lui, ma non mi ero mai schierato in vita mia dalla parte di qualcuno.

Nessuno poteva immaginare tutto questo. Tanto meno io! E che smacco! Battuto da un manipolo di terrestri e da colui che pensavo di far fuori in meno di trenta secondi. Eppure la batosta più grande, la ferita più profonda è stato quando non mi hanno finito…

Stavo battendo in ritirata, per la prima volta in vita mia! E per la prima volta ho avuto paura di restare un secondo di più sul terreno nemico… non provavo una simile sensazione da quando, da piccolo, ero succube di Freezer e delle sue minacce per tenermi buono nel suo esercito.

Dio! Io non volevo morire. Non senza potermi vendicare di quella lucertola. Non prima di aver appagato il mio orgoglio, cresciuto in anni di falsità e di sopportazione verso colui che aveva un potere più vasto del mio.

Ma no! Kakaroth mi ha risparmiato, lui e il suo cuore puro! Che schifezza! Che nausea! Avrei preferito morire se solo avessi saputo che di lì a qualche mese avrei perso la vita per colpa di Freezer! Quel bastardo l’aveva vinta di nuovo. Per sempre.

Kakaroth mi ha negato la vendetta, facendosi persino beffa di me, che sono il principe della razza più potente e più… morta… della galassia! Si è ricoperto dell’oro leggendario e ha vendicato tutti: i terrestri, i saiyan e persino me.

Che patetico sono stato! Chiedergli addirittura di ucciderlo anche per me e per il mio popolo ormai scomparso; di sicuro stavo delirando! Non ci credo di aver anche solo pensato una simile diavoleria; eppure l’ho chiesto, pensando di morire per sempre. Scalfendo ancora una volta il mio orgoglio, credendo di non rivedere mai più la luce della vita!

Tuttavia mi sono risvegliato dal mio sonno eterno. Sono risorto fra le macerie di una terra che veniva sventrata, distrutta e avrei presto scoperto che, ormai, non potevo più fare nulla, perché qualcuno mi aveva rubato il sogno e la ragione si un‘intera vita.

Quel giorno, in cui con un semplice dito, una piccola scarica di un colpo ben mirato, mi hanno dato la mazzata finale, la mia cicatrice si è ampliata, deformata, mutata.

Cambiata, così come lo sono io. Un principe che non è più quello di un tempo. Un sovrano che deve qualcosa ad un suo suddito, ma che non ripagherà mai il suo debito per l’ego smisurato di cui è ancora dotato. Un uomo che è stato privato della sua dignità. Del suo orgoglio.

Con la punta di un dito, ripercorro quella strana superficie deformata del mio petto; è lucida e leggermente più scura del resto della pelle. All’altezza del cuore, lo sento battere, forte, deciso.

Questi ricordi moriranno con me, per l’eternità. Nel mio inferno. Ma nel frattempo, saranno soltanto rinchiusi in questa cicatrice; marchiati a fuoco sulla mia pelle, per ricordarmi, ogni giorno, quello che ho passato.

La mia promessa, è ancora valida Kakaroth, e tu lo sai bene.

Un giorno, quando raggiungerò i miei sogni ed il mio orgoglio verrà risanato, tornerò a cercarti.

Per combattere.

Per vendicarmi.

Per ucciderti.

Per far fuori te e la tua misericordia che mi ha causato solamente nuove sofferenze.

Perché tu, terza classe, non hai vissuto sulla pelle l’inferno che ho patito in anni e anni di servizio al cospetto di colui che più di tutti odiavo. Tu non hai mai visto la morte in faccia, il sangue delle vittime e la dannazione eterna.

Non potrai mai capirmi.

Per questo ti sfiderò di nuovo. Perché sono cambiato. Perché ho racchiuso il dolore in questa cicatrice che porterò sul petto con risentimento e con orgoglio nuovo. Un ego che non morirà mai.

Almeno quello…

Fine.

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Capitolo 3
*** Il Passato ***


In Vegeta’s Mind
Il Passato

L’élite dei Saiyan.
I guerrieri con la migliore prestanza fisica e preparazione bellica.
Una categoria di alta classe, separata dal resto della feccia di infimo livello dalla nascita.
Se un neonato è forte, ha futuro. Un bel futuro a dirla tutta: ricchezze, popolarità e la possibilità di avere missioni degne di nota; di un certo livello, per intenderci.
Se la tua forza è minima sin dalla nascita, invece, vieni separato dalla tua genitrice ancora in fasce per essere spedito su qualche insulso pianeta della galassia, laddove un saiyajin preparato, perderebbe soltanto del tempo.
Io non sono solo un Saiyan d’élite, ma sono anche il figlio del Re della razza più potente dell’universo: io sono il Principe dei Saiyan ed il mio nome è Vegeta.
Mio padre era sempre stato austero e severo con me, anche se rare erano le volte in cui passavamo del tempo insieme in cui mi allenava duramente, complici i numerosi impegni e le missioni in giro per la galassia. Quando capitava, però, era sempre stimolante per me e mi impegnavo a fare del mio meglio per compiacerlo.
Ero il suo orgoglio più grande e lo capivo da come mi parlava, da ciò che mi diceva ed insegnava e, tutte quelle cose che mi ha detto, non le ho mai dimenticate. Mi raccontava spesso del nostro impero e di quanto, tutto quello, un giorno sarebbe stato mio.
Ancora oggi, appena posso sottolineare il mio rango sociale ricordando a tutti che sono il Principe dei Sayan -sebbene questo popolo non esista quasi più- lo faccio con orgoglio pari, se non superiore, a quello del mio genitore.
Ammiravo mio padre. Adoravo vedere come trattava i nostri sottoposti o come li uccideva con un semplice ki-blast quando fallivano un compito, ma adoravo ancor di più quando mi portava con sé in qualche missione e mi incitava a spargere quanto più sangue possibile!
Mi sentivo importante, al suo fianco. Ogni giorno mi ripeteva quanto da grande sarei divenuto forte, potente e mi ricordava che, un giorno, sarei persino divenuto un Super Saiyan!
Sebbene fossi solamente un bambino, i ricordi sul mio pianeta non mi hanno mai abbandonato; non che io amassi il mio popolo, sarebbero solo grandi stronzate da dire, ma a quel tempo ero… si, beh, felice.
Avevo tutto. Ogni cosa che desiderassi potevo averla al solo schiocco delle dita. Un Principe di una prestigiosa e potente razza guerriera che aveva davanti a sé un futuro glorioso e grandioso. Un bambino che era destinato a diventare il guerriero più forte dell’intero universo, ornandosi del dorato, leggendario manto del Super Saiyan.
Ricordo ancora l’enfasi adoperata da mio padre mentre mi parlava delle gesta del nostro popolo oppure quando narrava le gesta delle missioni che intraprendeva lui stesso. Non era un Re codardo, tutt’altro! Amava combattere ed insieme alla sua squadra partiva spesso alla conquista di pianeti lontani, abitati da creature forti e temerarie, ma che finivano sempre piegate dinnanzi alla ferocia della nostra razza.
Un giorno, tutto quell’impero sarebbe stato mio e sarei stato incoronato Re dopo aver preso in moglie la più potente e bella guerriera del pianeta, così come a suo tempo fece mio padre.

Non andò così… non per me almeno, e tutto ciò che mi aveva detto mio padre si rivelò, all’età di cinque anni, una pura utopia.
Venni dato in custodia a Freezer, affinché facessi parte del suo esercito e da lì a poco sarebbe iniziata la mia lunga” era” da mercenario spaziale, in cui uccisi migliaia di forme di vita, ma senza mai piegarmi veramente a quel despota alieno grazie al mio smisurato orgoglio.
Contrariamente a quanto si pensi, non fui venduto a Freezer. In realtà mio padre non ci guadagnò nulla nel cedermi alle continue richieste di quella sottospecie di lucertola, ma anzi!, fu per lui motivo di disonore permettere al suo primo figlio maschio di diventare un guerriero qualunque, mescolato alle miriadi di razze che componevano l‘esercito di Freezer, anche se, comunque, non avrebbe potuto far nulla per impedirlo. Perché?
Perché Freezer era più forte e nemmeno lui, il Re Veldock Vegeta, avrebbe potuto batterlo sul campo di battaglia. Tuttavia… aveva un piano in mente.
Decise di cedermi, ma solo accompagnato dal mio maestro e “guarda spalle” Nappa (sottoposto che avrei avuto fra i piedi per molti anni), un Saiyan di élite dalla forza combattiva molto alta.
A soli cinque anni ero in grado di stroncare la vita di quel colosso. Il motivo per cui non lo feci subito, rimane un mistero tutt‘ora.
Partimmo verso una delle tanti basi sparse per la galassia e subito ci fu assegnato un pianeta da distruggere, anche se preferii partire da solo, ordinando a Nappa di restare a debita distanza, su una delle astronavi madri dell’esercito di Freezer.
Solo quando fui lontano dal pianeta Vegeta, mio padre si decise ad agire: se un solo Saiyan non poteva fare nulla contro Freezer, in gruppo forse avevano qualche chance!
Formò una squadra composta da una trentina di elementi, tutti di prima classe e partì alla volta dell’astronave del despota…

Fallì anche in quell’occasione, dove perse la vita miseramente.
La notizia mi fu comunicata da Nappa: un folle gesto da parte di mio padre che gli era costata la vita. Un grande Re che aveva osato sfidare Freezer, ribellandosi alla sua tirannia conscio del suo azzardo, ma del tutto deciso a tentare l’ultima carta, perdendo la vita.

La morte del Re avvenne qualche tempo prima che la lucertola si decidesse di distruggere l’intero pianeta. Quando Nappa mi disse che un meteorite aveva distrutto tutto, dalla voce metallica dello scouter, risposi nel modo più cinico che conoscessi: «Beh? C’è dell’altro!?».
Mio padre era morto qualche mese prima dell’esplosione del pianeta e la verità era che me lo aspettavo. Dopo la morte del mio genitore, così come qualche tempo prima morì mia madre, capii che per noi, quel bastardo di nome Freezer, era più che una minaccia… era un vera e propria piaga.
L’ultimo dei miei problemi, in quel momento, era un insulso pianeta popolato perlopiù da terze classi. Ormai, le uniche due persone a cui ero legato, non esistevano più.
Davvero avrei avuto motivo di preoccuparmi della sorte del mio pianeta?
Ormai l’unica priorità che avevo era quella di diventare un Super Saiyan e battere Freezer.
Per il mio orgoglio, per i miei genitori, ma soprattutto per dimostrare che Vegeta, il Principe dei Saiyan, era davvero il guerriero più potente dell’universo!
Dovevo dar veridicità alle parole di mio padre, anche se, con gli anni, mi dimenticai di lui e l’unico motivo per cui avevo ancora i medesimi ideali era per via dello smisurato orgoglio di cui sono fatto tutt’oggi.

A distanza di anni non ho ancora raggiunto l’oro e sono stato surclassato da un traditore di infimo livello… e da uno strano tizio venuto dal futuro.
Mi tocca indossare abiti terrestri dai colori osceni e sono obbligato ad adattarmi a questa vita, sebbene mi faccia decisamente schifo. Vorrei essere altrove, a vivere quella vita che mi spettava… e invece mi tocca vivere con questo popolo frivolo e debole.

L’incubo che ho appena fatto è la chiara prova di quanto questo “sentirmi inferiore” non vada bene al mio organismo, ma sono ferito e distrutto.
Non posso muovermi dal letto e mi tocca portare ancora pazienza… l’incidente con la Gravity Room s’è rivelato più pesante del previsto.
Lancio un’altra occhiata alla bizzarra terrestre che dorme appoggiata al tavolo…
Quando, mezz’ora fa, ho ripreso i sensi lei era già qui… e non ne comprendo il motivo. Forse dovrei svegliarla, ma non mi va di aprire la bocca. Né tantomeno mi va di sentire la sua voce starnazzante… né quella dei suoi genitori. Voglio solo stare zitto ancora per un po’.
Solo un altro poco, per ricordare quel passato che avevo dimenticato, lavandolo con il sangue e l’odio.

Fine.






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Capitolo 4
*** Dolce Tentazione ***



Eccomi con una nuova one-shot ambientata dopo la prima storia di In Bulma's Mind (La prima volta), che ho deciso di racchiudere in una Serie. La scelta è stata duplice sia per chi, per l'appunto, narra le vicende, sia perché non mi andava di alzare il reating di questa raccolta a rosso. Lasciando quindi a Bulma la parte "erotica", genere che ammetto adoro particolarmente scrivere, lascio a Vegeta la parte più casta della situazione restando quindi col "bollino" giallo, nella speranza che queste mie piccole one shot vi possano piacere. Alla prossima dunque, buona lettura!


In Vegeta’s Mind
Dolce Tentazione

La carne è debole.
Strana, sacrosanta verità.
Nemmeno il mio orgoglio può opporsi così tanto a questa voglia malsana di un corpo femminile addosso per sfogare certi bisogni viscerali.
E io ci ho provato!
Cazzo, se ci ho provato!
Ho resistito per quanti… tre, quattro anni senza fare sesso?! Di cui due a stretto contatto con quel concentrato di ormoni azzurri che mi ha ospitato qui sulla Terra. Dovrei essere fiero del mio controllo, del mio orgoglio, perché resistere alle forme invitanti di quella donna è una cosa pressoché impossibile, ma io ci sono riuscito per mesi e mesi a tenere a bada la voglia di saltarle addosso… O almeno avrei potuto esserlo, fiero della mia resistenza, fino a ieri sera… [***vedi FF In Bulma’s Mind]
Resisti per anni e poi… out! Fuori controllo. Partito. Inarrestabile. Incontenibile. E dannatamente voglioso di averla tutta per me per una sola notte.
Mi è bastato soltanto sentire nell’aria il suo profumo e il mio organismo è completamente andato in tilt! Diciamocela tutta però: era da un po’ di mesi -precisamente da quando il mollusco non girava più per casa, per grazia divina- che la Donna mi girava sempre intorno tutta truccata, profumata e vestita con degli abitini che definire “corti” è un eufemismo! Quindi, dopo tutto, non è colpa mia se ho ceduto alla terrestre. Se lei non ci avesse messo del suo, probabilmente io sarei ancora nella mia fottuta astinenza.
E qui mi chiedo, da solo, come un’ebete: «E te ne vanteresti pure?!».
Ebbene si.
Tutta colpa del mio guarda spalle, Nappa.
È stato lui che mi ha cresciuto e mi è sempre stato accanto da quando avevo cinque anni, e posso dire con tutta onestà che non è stato prettamente un buon esempio di vita. Perché?
Il concetto è molto facile e può essere riassunto in due parole: maniaco sessuale.
Un perverso, fottuto maiale, ecco che cos’era quel colosso! Non che nella cultura della mia razza non fosse concesso farsi una sana scopata violenta… che ci volete fare, i saiyan sono guerrieri abituati al dolore e al sangue e, per un certo verso, questo diviene molto eccitante in certi casi: un amplesso saiyan può comunemente essere definito una vera e propria lotta fra il maschio e la femmina, fatto di morsi, graffi, schiaffi… insomma, tutto era concesso nella mia cultura.
Era anche vero che i saiyan si erano -quasi- estinti, per questo Nappa aveva dovuto adattarsi e, con la vita da mercenari spaziali che facevamo, per ogni pianeta cercava sempre qualcuna -o qualcosa…- che assomigliasse anche solo vagamente ad una femmina saiyan o, quantomeno,  ad una femmina scopabile. E così Nappa, nei momenti di relax post-conquista, laddove solo pochi erano i superstiti del pianeta di turno raso quasi completamente al suolo, si andava sempre a cercare questa “compagnia”, lasciandomi solo o con Radish.
Questo succedeva fino a quando ebbi compiuto il mio sedicesimo anno di età: solo allora ero diventato abbastanza grande per andare con lui e per imparare il “mestiere”, purtroppo…
Diciamoci la verità, io sono un Principe! Mai e poi mai avrei mescolato il mio essere con qualcosa di inferiore, e a dirla tutta mi faceva persino senso vedere quelle cose, anzi no! Mi faceva proprio schifo la sola idea di copulare con qualcuna che non fosse una saiyan.
Quella volta Nappa stava cozzando con un essere verdognolo, pieno di aculei, mentre io non mi chiesi nemmeno dove lo stesse “infilando” prima di vomitare direttamente tutto il contenuto del mio stomaco.
Schifato, ecco quello che ero… ma con il passare del tempo mi convinsi ad accettare una sola condizione: umanoidi.
Purtroppo il mio corpo che cresceva, aveva certi bisogni e alcune necessità che erano difficili da tenere a bada perché quella voglia faceva quasi male. O forse, più semplicemente, non ero ancora preparato ad affrontare quel tipo di problema; fatto sta che decisi che mi sarei “fatto” solamente femmine dalle fattezze simili e tipicamente “umane”… e l’azzurra di umano ha ogni cosa tranne la coda.
Comunque sia, riuscii ad adattarmi lo stesso in passato: per chi ha girato in lungo e in largo lo spazio, non era difficile seguire questo piccolo compromesso riguardo le Umanoidi e fu così che, tre o forse quattro anni dopo che Nappa aveva deciso di istruirmi, feci del sesso.
Quando persi la mia verginità, mentre finalmente cedetti a quei bassi istinti del cavolo, pensai che non era quello che mi ero da sempre aspettato: insomma, niente di trascendentale per intenderci.
Non che non mi sia piaciuto, ma mi aspettavo forse di più o forse qualcosa di diverso. Era piacevole ed appagava il corpo, ma i sensi restavano sempre all’erta e non mi permettevano mai di distrarmi da ciò che mi circondava.
Ed eccomi là, in giro per lo spazio a conquistare pianeti per una lucertola albina, a scoparmi di tanto in tanto qualche povera malcapitata che, una volta terminato il suo compito, finiva sempre polverizzata. Mai nessuna era rimasta in vita: non avrei mai permesso che il mio onore si macchiasse ancor di più, perché si, non ero molto entusiasta di quello che facevo, ma nemmeno potevo vivere senza o sarei impazzito.

E adesso?
Adesso arriva quella terrestre che non posso uccidere, quella stessa che mi ha ospitato a casa sua, con la sua famiglia di svitati ed i suoi amici odiosi, curandomi quando ero ferito, dandomi cibo e vestiti puliti ogni giorno e costruendomi persino aggeggi per il mio allenamento, in cambio solo del mio disprezzo e del mio disgusto, fatto di risposte cattive e minacce alla sua persona, anche se sapevo bene che lei era “intoccabile”, essendo amica di Kakaroth.
Poi però era stata lei ad avvicinarsi a me, tutt’altro che spaventata dalle mie minacce di morte, dai miei scatti violenti, dalla mia lingua tagliente… lei si era fatta notare, piano piano, giorno dopo giorno, dal mio cervello che faceva di tutto per tenerla fuori dal corso dei miei pensieri. Ed il problema era –ed è- che lei, al mio cervello, piace e non poco: è caparbia, testarda, intelligente -anche se spacca le palle all’ennesima potenza- e, cosa più importante e strana al tempo stesso, io piaccio a lei.
Lo so, lo sento, lo vedo…

Il mio essere suscita in lei ciò che poche volte ho visto in una femmina, poiché solitamente leggevo solo terrore e paura sui loro volti, non attrazione. Eppure l’azzurra terrestre mostra una luce nei suoi occhi blu che non avevo mai visto e so per certo di piacerle: proprio per questo motivo ieri mi sono deciso ad agire, in preda alla voglia di sesso che combatto da anni e lei era perfetta per soddisfare questi miei bisogni fisici e mentali.
Umanoide e senza imperfezioni, se non l’assenza della coda e –inoltre- è davvero un bell’esemplare di Donna lo ammetto; formosa al punto giusto, ma senza essere troppo magra e scarna.
Al ché mi sono detto, vedendola fuori sul balcone, con solo la camicia da notte addosso, che non sarei riuscito a chiudere occhio quella notte, finché non mi sarei svuotato dall’astinenza: e lì presi la mia silenziosa decisione.
Non avevo intenzione di chiederle nulla, tantomeno di violentarla -evitando così di far arrabbiare la terza classe e gli altri terrestri-. Se lo voleva davvero, così come i miei sensi avevano captato, sarebbe stata lei stessa a concedersi a me, lasciandomi il libero arbitrio sul suo corpo.
Così è stato, sorprendendomi persino della sua disponibilità e della sua audacia, lasciandosi toccare dalle mie mani in ogni modo possibile…

Dio se solo sapesse la verità su di me.
Se solo sapesse che grosso errore aveva fatto, facendosi notare da me.
Se solo si rendesse conto che era finita in pasto al lupo e dello sbaglio che ha fatto ieri sera!
Perché? Perché ha dovuto essere così disponibile, così… così dolce e sensuale con me.
Perché non mi ha respinto?!
Sarebbe stato tutto più semplice.
Più facile.
Non l’avrei toccata se mi avesse negato il suo corpo.
Non avrei mai scatenato l’ira di Kakaroth per un futile motivo come la violenza sessuale…
Ma lei, Bulma, si è lasciata andare a me, alla mia voglia trattenuta solo dalla premura che riservavo per lei in quanto amica di colui che qui chiamano Son Goku, unica e sola a cui avevo serbato questo trattamento di favore.
Lei non era stata violata da me.
Lei non era stata uccisa dalle mie mani, dopo che l’avevano esplorata ovunque, appagandosi di essa.
Lei era diversa.
Lei è diversa.
E questo mi spaventa.

Mi rimetto in piedi, dopo essere caduto a terra per l’ennesima volta, abbattuto dai miei stessi attacchi. Sono stanco, sfinito e pure affamato. Tuttavia l’idea di rientrare in casa mi blocca.
Ho paura di vederla perché potrei ricadere nella tentazione.
Ma devo mangiare.
Devo affrontare il problema.
Devo fare fronte alla terrestre.
Solo questo devo fare e, con tutta la buona volontà del mondo, mi riassetto e vado a farmi una doccia rigenerante prima di scendere in cucina, laddove la stramba madre di lei è già ai fornelli pronta a servirmi.
Faccio per sedermi al solito posto, pronto a gustarmi un lauto pasto deciso ad ignorarla, ma basta uno scambio di sguardi con colei che sta seduta a quel tavolo, per mandarmi in tilt.
Un solo contatto con quegli occhi blu come il mare… e io vengo di nuovo imprigionato.
Perché deve farmi questo effetto?
Mi siedo di fronte a lei, che mi sorride dolcemente senza farsi notare dai genitori e io già so che fra qualche ora sarò di nuovo da lei, perché è una tentazione a cui non posso più resistere. Un richiamo naturale e forte, che se non avessi colmato sarebbe sfociato in masochismo.
Quindi… perché no?
E chi pensa questo è il mio orgoglio…
Mi ha dato tutto quello che mi serve per vivere bene -e anche di più-, contando la gravity room e l’attrezzatura, se lei mi offriva anche il suo corpo, il caldo piacere di un atto fisico che va consumato in silenzio e con foga, che male c’è nell’approfittarsene?!
Rispondo al sorriso di lei con un ghigno sghembo, una mezza via fra furbizia e cattiveria tenendo gli occhi fissi su di lei, come se la stessi mangiando.
Lei ha capito e sorride guardando di lato, probabilmente pregustandosi ciò che sarebbe accaduto qualche ora più tardi…
E per ora, va bene così.

Fine.

 

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