Glimpses of life

di Tinkerbell92
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Blight/Laura - Come un castello di carte ***
Capitolo 2: *** Cato e Clove - Il Segreto. ***
Capitolo 3: *** Beetee/Wiress - La Promessa ***
Capitolo 4: *** Haymitch e Arya - Alcol ***
Capitolo 5: *** Ash/Aly - Quando viene Dicembre ***



Capitolo 1
*** Blight/Laura - Come un castello di carte ***


“Nel settantacinquesimo anniversario, affinché i ribelli ricordino che anche il più forte tra loro non può prevalere sulla potenza di Capitol City, i tributi maschio e femmina saranno scelti tra i vincitori ancora in vita.”

Per un attimo, il mondo di Blight si congelò in un terrificante oblio di silenzio.
Per un attimo, gli sembrò quasi di trovarsi nel ruolo di un ignaro spettatore, piuttosto che nei panni di un vincitore condannato a morte. Non stava succedendo a lui, non era possibile...
Fu una specie di singhiozzo a riportarlo alla realtà, o forse era un sussulto, quello di sua suocera.
Seguì un rumore sordo, probabilmente quello di un vassoio caduto sul pavimento, poi la voce di Laura giunse alle sue orecchie in un sibilo strozzato.
- No…
Blight si voltò verso la propria moglie con un movimento del capo leggermente meccanico: Laura tremava dalla testa ai piedi, gli occhi obliqui spalancati in una vitrea espressione di terrore.
Lo shock non durò molto, infatti, nel giro di poco tempo, il vincitore si ritrovò costretto a bloccare la traiettoria del portamatite lanciato contro il televisore e a serrare il corpo di Laura nella morsa delle proprie braccia. Le grida di lei erano più dolorose di una stilettata ai timpani.
Blight non riuscì ad afferrare il senso di ogni frase urlata, e non ci provò nemmeno. Si limitò a stringere ulteriormente la presa, mentre Laura si dimenava come un animale ferito, e a sussurrarle qualche parola per calmarla. La situazione sembrava parecchio assurda, visto che, in teoria, sarebbe dovuto essere lui a dare i numeri. Ma da quella maledetta esperienza, da quell’incubo vissuto quattordici anni prima, Blight non era più riuscito a perdere la calma o ad infuriarsi.
Claudine provò ad avvicinarsi alla figlia, ormai priva del lume della ragione, ma si bloccò non appena udì un flebile pianto provenire dalla culletta posta accanto al divano.
- Laura – disse il ragazzo a voce alta, per sovrastare le grida della moglie – Per favore, stai facendo piangere Ash!
La ragazza ebbe un sussulto, poi smise di divincolarsi, sospirando e voltandosi verso la propria madre, che aveva preso in braccio il neonato piangente per calmarlo.
Da fuori, una sequela intensa di bestemmie fece capire che Johanna aveva appena spento – e probabilmente distrutto – il teelvisore. Non c’erano vincitrici donne, oltre a lei, al Distretto Sette: la prima, Leslie Turner, era scomparsa misteriosamente anni prima, mentre Cortez, la Matta del Villaggio, era morta suicida poco prima della Sessantacinquesima Edizione.
Blight sospirò, allentando la presa sul corpo della moglie, che si voltò poggiando il viso sulla sua spalla robusta.
- Vuoi che chiami tuo padre?- domandò il vincitore, sapendo che, oltre a sé stesso, l’unico uomo in grado di calmare Laura era proprio il signor Blaze.
La ragazza scosse la testa, tirando su col naso: - Tanto sarà qui a momenti…
Claudine si sedette sul divano, senza smettere di cullare il nipotino ormai tranquillo, e per alcuni istanti il silenzio regnò sovrano nel grande salotto.

***

- Non dovrei essere io a crollare.
Laura si lasciò cadere sul letto, nascondendo il volto tra le mani: - Io dovrei sostenerti. Dovrei proteggerti dalle tempeste, farti da scudo contro il dolore… ho giurato che avrei cercato di mettere a posto qualsiasi parte di te fosse spezzata. E invece quella spezzata sono io. Sei tu che stai aggiustando me…
Blight si sedette accanto a lei, abbracciandola: - Questa promessa non è mai stata a senso unico, Amore mio. Non sono l’unico ad avere bisogno di aiuto…
- Ti hanno buttato in quello schifo di Arena quand’eri poco più che un bambino! – lo interruppe lei con veemenza, stringendo i pugni per contenere la collera crescente – E dopo quattordici anni non sei ancora riuscito a scrollartela di dosso! Nessuno di voi si è mai liberato dagli incubi! E adesso ti vogliono far tornare?
Il vincitore poggiò le labbra sulla chioma castana della moglie, stringendola più forte a sé: - Johanna è l’unica vincitrice femmina del nostro Distretto. Lei, Cecelia, Jason e la ragazzina del Dodici che ha vinto l’anno scorso non hanno scelta. Invece, per me, la questione è diversa. Forse non sarò io a partecipare…
- Oh, e tu pensi che io creda che abbandonerai quel vecchio rimbambito di Rackham al suo destino? Che avresti la forza di non offrirti per lui?
Laura cercò di asciugarsi in fretta le lacrime che le rigavano il viso: - Non ci voleva questo colpo basso, maledizione, non ci voleva! Non adesso!
Blight sospirò, cercando inutilmente di alleviare il peso che gli opprimeva il petto.
Non avevano passato momenti facili: prima il fratello di Laura estratto per i Sessantasettesimi Hunger Games, poi l’ingiustificato esilio di Poppy, una dei loro migliori amici, seguito dalla tremenda uccisione della famiglia Mason. E, solo l’anno prima, il nonno di Laura, il vecchio Woden, che aveva fatto da Mentore a Blight durante i Sessantunesimi Hunger Games, era scomparso misteriosamente, allo stesso modo di Leslie Turner. L’inaspettata gravidanza di Laura non aveva certo migliorato le cose: inizialmente, nessuno dei due coniugi aveva mai avuto la minima intenzione di diventare genitore.
Erano riusciti a trovare un po’ di serenità soltanto dopo aver udito il primo strillo del loro loro piccolo Ash.
Un soffio di vento spirò attraverso la finestra aperta, scompigliando appena i lunghi capelli di Laura.
Solitamente, la ragazza aveva l’abitudine di scostarli sempre dal viso, ma quella volta non fece nulla del genere. Si limitò ad appoggiare la testa contro il petto del marito, cercando in tutti i modi di trattenere le lacrime. Cercando di non pensare che, forse, quello sarebbe stato uno degli ultimi abbracci.

***

Dall’alto del palco in legno allestito per la Mietitura, mentre veniva portato via assieme a Johanna, Blight pregò che nessun Pacificatore facesse fuoco contro Laura, che si trovava in preda alla peggior crisi isterica che avesse mai avuto.
Quella ragazza, che era sempre stata precisa e razionale, era completamente crollata come un castello di carte non appena l'accompagnatrice capitolina aveva chiamato il nome del suo adorato marito.
Il Vecchio Woden aveva ragione, pensò Blight: l’Arena non tortura in eterno solo chi vi entra, ma anche le persone vicine.
- Mi dispiace, Amore mio – sussurrò il vincitore, voltandosi per un ultimo istante – Mi sa che non riusciremo ad aggiustarci, questa volta.


"…and if you're broke I'll mend ya and keep you sheltered from the storm that's raging on"

***

Angolo dell’Autrice: Come già accennato, questa storia partecipa all’iniziativa Drabble Meme del gruppo face book The Capitol.
Più che drabble questa è una OS, ma vabbè, io non sono granché a scrivere testi brevi, comunque ci proverò con le altre storie che scriverò per questa iniziativa.
Il prompt per questa era una frase (riportata a fine testo) della canzone “Lego House” di Ed Sheeran. Mi auguro di aver proposto qualcosa di coerente e di non aver deluso Alaska_, alias colei che me l’ha assegnato.
Ecco, forse ci si sarebbe aspettati che fosse Blight a crollare e aver bisogno di conforto, ma visto che penso sempre in modo strano, ho preferito far crollare Laura (che, per chi non la conoscesse, è un personaggio che fa parte di una delle mie long hungeriane). Non so perché, al momento ero più ispirata così ma magari ho cannato di brutto.
Ah, Jason è il nome che ho dato al tributo del Distretto Dieci che partecipa alla Terza Edizione della Memoria
Spero di non avervi annoiati o disgustati, grazie per aver letto.
Bao!

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Capitolo 2
*** Cato e Clove - Il Segreto. ***


La prima volta che vide quelle porte spalancarsi, Clove ebbe quasi l’impressione di mettere piede in Paradiso.
Solitamente, la massima aspirazione delle bambine di Capitol era quella di ottenere una Casa delle Bambole più grande rispetto a quella delle amiche. Non era certamente il caso delle bambine del Distretto Due: le loro bambole erano le armi, la loro Casetta sull’Albero era la prestigiosa Accademia che le avrebbe addestrate per diventare delle vere macchine da guerra.
Clove non faceva eccezione.
- Scordati di avere solo sei anni – cinguettò Ruby, sua sorella maggiore, atteggiandosi con fare saccente per via dei quattro anni d’esperienza che le separavano – Qui l’unica cosa che conta sono i progressi e le prestazioni.
- E io che pensavo mi avrebbero riempito i capelli di nastrini rosa! – ribatté sarcastica la minore, alzando gli occhi al soffitto.
Una donna attraente, con i capelli scuri e gli occhi azzurri, si avvicinò con fare cordiale alle due bambine. In una mano stringeva un quadernetto blu, nell’altra una semplice penna biro.
- Buongiorno, Ruby. Lei è tua sorella?
- Mi chiamo Clove – anticipò la bambina, incrociando le braccia e alzando il mento con fare altezzoso. La donna abbozzò un sorriso.
- Ciao, Clove, io mi chiamo Victory e sono una degli istruttori. Potresti dirmi quanti anni hai?
-Sei – rispose la piccola Litch –Ma qui l’età non conta, giusto?
Victory appuntò qualcosa sul quadernetto, dopodiché ampliò il sorriso: - Ci serve saperlo soltanto per questioni burocratiche. Bene, potete entrare, buon addestramento!
Clove osservò l’istruttrice allontanarsi, poi si guardò attorno, domandandosi con quale corso le sarebbe piaciuto iniziare. Ruby schioccò le dita con aria soddisfatta, dopodiché si avviò verso una delle scalinate laterali: - Io vado alla lezione di Pugilato, al Primo Piano. Ci vediamo più tardi!
La bambina annuì con fare spiccio, lesse rapidamente la grande cartina appesa al muro, che raffigurava i reparti della palestra, e si avviò a passo svelto verso il reparto delle Armi da Taglio.

- Con cosa vorresti iniziare, ragazzina?
Clove diede un’occhiata alle magnifiche lame esposte ordinatamente sui grandi scaffali, poi indicò l’arma prescelta: - Con i coltelli.
L’uomo alto e muscoloso che si occupava di quel reparto la condusse davanti allo scaffale dei coltelli, ne prese tre e glieli porse: - Sai già come si usano?
La bambina annuì, fremendo non appena le sue piccole mani si chiusero attorno a quelle tre meraviglie della metallurgia. Fredde, lisce e taglienti. Mai e poi mai l’Accademia del Distretto Due avrebbe permesso che gli allievi utilizzassero delle armi spuntate.
Clove si posizionò davanti ad uno dei bersagli, prese la mira e lanciò il primo coltello, che si conficcò ad una decina di centimetri dal centro.
- Molto bene, Novellina.
Clove si voltò di scatto, inviperita. Il ragazzino che aveva parlato era un biondino dall’aria arrogante, poco più vecchio di lei ma già molto alto. I suoi occhi, di un bell’azzurro cielo, erano identici a quelli della donna che l’aveva accolta all’entrata.
- Lasciami in pace, se non vuoi che ti spacchi la faccia!
Il biondino scoppiò di nuovo a ridere: - Ma se nemmeno ci arrivi alla mia…
Non finì mai la frase. Con un balzo, Clove gli si aggrappò alla spalla con una mano e con l’altra gli sferrò un pugno sul naso, che, sebbene non fosse molto potente, fece sì che il ragazzino inciampasse all’indietro per la sorpresa, finendo col sedere a terra.
L’istruttore li degnò appena di un’occhiata , dopodiché seguitò a mostrare la corretta impugnatura di una sciabola ad una novellina dalle trecce rosse.
Il biondino si alzò, asciugandosi un rivoletto di sangue che colava dalla narice sinistra: - Prendi a pugni tutti quelli che ti rivolgono la parola?
- Io prendo a pugni chi si comporta da stronzetto! – ribatté secca Clove, voltando le spalle e mirando nuovamente al bersaglio. Suo padre le aveva insegnato la migliore tecnica di lancio, anche se le serviva ancora parecchio esercizio per arrivare alla perfezione. Non voleva farsi distrarre da nessuno.
- Comunque io sono Cato.
La bambina alzò gli occhi al soffitto, sbuffando: - E perché me ne dovrebbe importare qualcosa?
Cato gonfiò il petto con fare strafottente: - Forse perché mia madre è un’Istruttrice e mio padre è il Capitano dell’esercito!
- Bene, mia madre invece lavora al bar qui vicino e mio padre è un semplice Sergente. Puoi pure continuare a vantarti, ora.
Lanciò nuovamente il coltello, che questa volta si conficcò più vicino al centro rispetto a quello precedente.
- Comunque, mi chiamo Clove. E faresti meglio a non chiamarmi più “novellina”.
Cato alzò le spalle, afferrò un coltello che si trovava lì vicino e lo scagliò con forza verso il bersaglio accanto a quello di Clove. La lama mancò il centro di diversi centimetri, anche se si conficcò nel legno fino quasi all’impugnatura.  
- Ho visto che sei entrata insieme a Ruby – disse poi, fingendo nonchalance – E’ tua sorella?
- Sì… - rispose Clove, venendo improvvisamente scossa da un brivido.
C’era una cosa che sapeva soltanto lei. O meglio, che sapevano solo lei, Ruby e la loro sorellina Myrtle.
C’era una ragazzina di nome Tyana, in Accademia, una fascinosa undicenne dalla carnagione scura e dagli occhi neri come la notte, sorella della giovanissima vincitrice Enobaria.
Da qualche anno, Clove aveva visto spessissimo Ruby in compagnia di Tyana, sia all’interno dell’Accademia sia all’esterno. E, qualche mese prima, le aveva viste scambiarsi un breve bacio sulle labbra, un bacio che andava sicuramente oltre la semplice amicizia. Da allora si era sentita in obbligo di mantenere il grande segreto della sorella.
In realtà, l’omosessualità – almeno, quella femminile – non era malvista al Distretto Due, anzi, ma questo Clove non lo sapeva. Nonostante il caratteraccio per cui andava famosa, non avrebbe mai voluto che qualcuno facesse del male a Ruby.
Con fare cauto, si schiarì la voce e domandò con finta ingenuità: - Perché? La conosci?
Cato si guardò attorno circospetto, poi abbassò lo sguardo. Per un attimo, a Clove sembrò quasi che fosse arrossito.
- Io… ecco, io vorrei chiederle di allenarsi con me, un giorno… e poi, magari… uscire insieme.
La bambina sgranò gli occhi verdi, leggermente incredula dalle parole del biondino. Ma presto il sollievo prese il sopravvento, scatenandole una risata quasi incontrollata.
- Hai una cotta per mia sorella?
Cato incrociò le braccia con aria offesa: - Che c’è di male?
Clove riprese fiato, dopodiché scosse la testa: - Non credo che tu possa piacere a Ruby. Sei… - esitò, rendendosi conto di essere sul punto di pronunciare le parole “un maschio”.
- Sei… sei troppo piccolo, ecco – concluse, preparandosi a lanciare il terzo coltello.
Cato aggrottò la fronte, così lei si affrettò ad aggiungere: - Se vuoi, al massimo puoi aspettare qualche anno e chiederlo a mia sorella Myrtle…
Il biondino si morse il labbro, dopodiché scosse la testa e se ne andò, le mani strette a pugno nelle tasche: - Io lo chiederò comunque a Ruby, per prima.
Clove abbozzò un sorrisetto, dopodiché si voltò di nuovo verso il bersaglio e tirò il coltello.
La lama si conficcò a pochi millimetri dal centro.
- Beh… buona fortuna, allora.

***
Angolo dell’autrice: Ecco la seconda storia. Ringrazio Giraffetta per avermi dato il prompt e spero di non averla delusa.
Nota: Myrtle appartiene all'autrice darkangel98.
Alla prossima con la mia OTP Beetee e Wiress!

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Capitolo 3
*** Beetee/Wiress - La Promessa ***


- Hai paura?
Wiress si scosse dai propri pensieri ed alzò la testa, senza smettere di passare le dita sul morbido velluto smeraldino del divano. Beetee si sedette accanto a lei, abbastanza vicino da percepire il calore del suo esile corpo.
- Ho talmente tanti pensieri per la testa – rispose la donna con un mezzo sorriso – Che non…
- C’è abbastanza spazio per la paura? – finì l’inventore, rispondendo al sorriso e sfiorandole una guancia col dorso della mano.
Wiress annuì, rigirando tra le dita una piccola vite argentata: - Non pensavo sarebbe successo di nuovo… almeno, fino a quando quei due ragazzini non hanno vinto insieme…
- Sei già uscita dall’Arena una volta – le ricordò Beetee, con fare incoraggiante – E non è successo per caso, Amore.
- Sì, ma lo stesso vale per te – sorrise amaramente la vincitrice – E per tutti gli altri. E l’obbiettivo non è far sopravvivere il ragazzino? Significa che noi…
- No, non per forza.
L’inventore si sistemò gli occhiali che erano scivolati sulla punta del naso, poi prese le mani di lei tra le proprie: - E’ vero, il ragazzo del Dodici deve vivere, ma questo non significa che siamo tutti quanti dei sacrifici obbligatori. Anche perché lui da solo non riuscirebbe a portare a termine tutto il piano. Ha bisogno di me… di noi…
Wiress restò in silenzio per qualche secondo, assorta nei propri pensieri, poi balbettò con un filo di voce: - Se io dovessi…
- No – la interruppe Beetee, poggiando i propri palmi sul viso della donna – No, io non permetterò che succeda. Dopo tutto quello che abbiamo passato non intendo separarmi da te. Se dovessi morire, amore mio, io ti seguirei. Una volta che mi sarò assicurato che il piano sia andato a buon fine, io ti raggiungerò.
Un debole sorriso si dipinse sulle labbra di Wiress, che però scosse la testa: - Temevo l’avresti detto.  Non capisci che non… non puoi morire – si sforzò per restare concentrata e finire da sola la frase – Cleo non può restare da sola. Lei… per lei sei tu suo padre… non quell’idiota di Jonathan…
La vite d’argento scivolò dalle mani della vincitrice, che si chinò tempestivamente a raccoglierla. Non poteva perderla, era tutto ciò che la legava a Clever, la sua figlioletta tredicenne, l’unica cosa buona derivata dal suo matrimonio fallito anni prima.
- Beetee – mormorò con voce incrinata – Se dovessi morire… ti prego… resta in vita e… prenditi cura di mia figlia. Promettimelo.
Beetee si morse il labbro nervosamente, poi strinse la donna amata in un abbraccio, posando un bacio tra i suoi capelli scuri: - D’accordo, Amore. Se dovessi uscirne solo io, hai la mia parola che mi occuperò di Cleo finché avrò vita. Lei non sarà mai sola.
Sorprendendo un po’ il compagno, Wiress alzò il volto e premette le labbra contro quelle di lui, per poi posare la testa sulla spalla del vincitore: - Va bene. In un certo senso mi sento più…
- Tranquilla – concluse Beetee, cercando di ignorare il fastidioso nodo in gola che aveva incominciato ad opprimerlo.
Il grande orologio a pendolo, che si trovava in un angolo remoto della sala, improvvisamente cessò di ticchettare.

***
Angolo dell’Autrice: Questa è decisamente più breve delle altre. Il prompt era, naturalmente, “Serata Pre-Arena” e la coppia su cui scrivere era la mia OTP Beetee/Wiress.
Ringrazio Kary91 per il prompt e spero di non averla delusa.
Bao!

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Capitolo 4
*** Haymitch e Arya - Alcol ***


- Preferisci le uova col bacon o il pane con la marmellata?
Haymitch alzò pigramente lo sguardo, emettendo un sonoro sbadiglio: - Non lo so… scegli pure tu…
Arya alzò gli occhi al cielo con un mezzo sorriso, dopodiché si diresse trotterellando verso la cucina, fischiettando un orecchiabile motivetto.
Haymitch si abbandonò pigramente sulla poltrona più vicina, stiracchiandosi: - Non capisco come tu possa essere così pimpante di mattina presto.
- Forse perché non sono mai reduce da sbornie o nottate insonni, papà – rispose la quindicenne, tornando in salotto con un vassoio stretto tra le lunghe dita.
- Ti ricordo – biascicò Haymitch, trascinandosi svogliatamente fino al tavolo della colazione – Che proprio tu sei nata grazie ad una sbornia…  
- Sì, proprio come la mamma – rispose prontamente Arya, giocherellando con la lunga treccia bionda che le ricadeva davanti la spalla sinistra – A proposito, sai che giorno è oggi?
L’ex vincitore aggrottò la fronte, riempiendosi il piatto di uova e afferrando una fetta di pane spalmata di confettura di pesche – A momenti non ricordo nemmeno come mi chiamo, Arya.
- Tredici anni fa, la mamma morì durante la Rivolta. Tra poco trasmetteranno un servizio in memoria dei caduti di guerra e faranno anche il suo nome.
Haymitch restò per qualche istante in silenzio, riflettendo sulle parole della figlia, dopodiché si limitò ad annuire: - Capisco.
La ragazza abbassò lo sguardo, dando un’alzata di spalle, le labbra piegate in un sorriso amaro: - Avevo solo due anni quando mi lasciò. Avrei voluto avere un po’ più di tempo per conoscerla e imparare qualcosa da lei…  
L’uomo sospirò, afferrando distrattamente una tazza colma di tè: - Sì, conosco la sensazione. Arya… sai perché bevo tanto?
- Perché ti aiuta a dimenticare – rispose prontamente la biondina – E’ un modo per scappare dal dolore.
- Esattamente – annuì Haymitch, allungando la mano verso una bottiglietta di whisky – Penso che qualche volta dovresti provare anche tu, figlia mia. A bere sul serio, intendo…
- Sì, forse la sbornia può aiutarti a trovare un po’ di sollievo dalla realtà – gli occhi grigi di Arya si puntarono su di lui con fare benevolo – Però non può cambiare l’ordine delle cose. E inoltre, ti fa perdere momenti preziosi del Presente.
L’ex vincitore aprì la bocca per rispondere, ma si interruppe non appena l’orologio del salotto emise un ticchettio sordo per nove volte. Arya accese tempestivamente la televisione, permettendo al volto ormai arcinoto di Caesar Flickerman di occupare l’intero schermo.
- Buongiorno, Panem – salutò cordialmente il presentatore – Anche oggi dedicheremo qualche minuto alla memoria dei caduti di guerra. Esattamente tredici anni fa, queste persone persero la vita durante i violenti scontri…
Haymitch ormai conosceva quella lista a memoria e pensò che, probabilmente, anche per Arya doveva essere così. Un lieve sorriso si dipinse sulle labbra sottili di lei non appena Flickerman pronunciò il nome atteso.
 - Lyme Arden, quarantacinque anni, Ribelle. Caduta in battaglia durante uno scontro a fuoco.  

***
Angolo dell’Autrice: Dunque, il prompt (Haymitch/Arya – Alcol) mi è stato assegnato da Three Blind Mices.  Come al solito, spero di non aver deluso le sue aspettative.
Allora, questo pezzo ha come protagonista l’OC inventata insieme a Darkangel98, ossia Arya, la figlia di Haymitch e (sopresa!) Lyme, concepita durante una sbronza a Capitol dei due vincitori.
Ho scelto di proposito di rivelare alla fine il nome della madre di Arya perché… boh, in realtà mi ispirava così.
Come si è visto, Haymitch è senza subbio un padre mooolto educativo XD
Bene, al prossimo capitolo con due OC del Distretto Sette!

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Capitolo 5
*** Ash/Aly - Quando viene Dicembre ***


Erano più di otto mesi che Alyson Elm conviveva con la sua malattia. Ormai non ci faceva più caso se, dopo aver fatto qualche passo, si sentiva stanca e spossata, se un minuscolo taglietto ci metteva una settimana a guarire, o se gli attacchi di tosse la coglievano sempre più frequentemente.
Forse si era un po’ rassegnata, dopotutto, nemmeno i medici di Capitol City avevano ancora trovato una cura efficace contro quel tipo di morbo.
Qualche volta aveva pensato di farla finita, di gettarsi dalla finestra oppure di ingoiare un intero flacone di medicinali.
“Oggi o tra un anno, che differenza fa?”
Eppure, ogni volta, si era quasi immediatamente vergognata dei propri pensieri.
No, lei non poteva fare una cosa del genere, non sarebbe stato giusto nei confronti della sua unica vera ragione di vita, ossia il ragazzo dagli spettinati capelli castani che sedeva accanto a lei, godendosi il pallido sole autunnale al Parco Principale del Distretto.
- Guarda, è rimasta ancora qualche margherita!
La voce di Asher era limpida e gioiosa, i suoi occhi verdi brillavano pieni di vitalità e infantile stupore.
Aly sorrise, stringendo più forte la propria mano, pallida e fredda, in quella morbida e calda di lui: - Siamo ancora in Ottobre, Ash. Aspetta che arrivi Dicembre e saranno tutte scomparse.
- Magari no – rispose lui, senza perdere l’entusiasmo – Magari qualcuna di loro proverà a resistere, pensando che potrebbe valere la pena di aspettare Dicembre. O Gennaio, o Febbraio…
- Anche se volessero, non penso ce la farebbero – constatò amaramente Aly, sapendo che, in realtà, Ash non si stava riferendo ai fiori – Non sono fatte per resistere all’Inverno.
Il ragazzo restò in silenzio per un attimo, ma si scosse immediatamente. Non era mai stato tipo da perdersi d’animo o lasciarsi abbattere dai pensieri negativi.
- Io invece scommetto di sì. Almeno una di loro arriverà a Dicembre, perché ne varrà davvero la pena.


***


1 Gennaio 66 ADD.

“ Caro Ash,
perdonami se farai un po’ fatica a leggere, la mano tremante non mi è molto d’aiuto quando cerco di scrivere qualcosa. Forse avrei dovuto semplicemente dettarla a mia madre, ma non mi sembrava giusto. Questa lettera, che probabilmente sarà anche l’ultima che scriverò, dev’essere soltanto nostra. E voglio compiere quest’ultimo piccolo sforzo come debole tentativo di ringraziarti.
Non scuotere la testa, so che lo stai facendo! Non pensare che i ringraziamenti siano qualcosa di superfluo, che non servano perché hai sempre agito volentieri.
Ash, tu non capisci che io dovrei ringraziarti anche per il semplice fatto di essere venuto al mondo!
Smettila di scuotere quella testa e sorridere, perché tanto dovrai sorbirti lo stesso tutti i miei ringraziamenti.

Innanzitutto, ti dico “Grazie per aver fatto il primo passo!”
Se quel giorno, alla nostra Prima Mietitura, non mi fossi venuto a parlare, chiedendomi un appuntamento in caso non fossimo stati estratti, probabilmente gli ultimi tre anni della mia vita non sarebbero stati così meravigliosi.

“Grazie”, poi, “per avermi fatta innamorare con la tua vitalità e il tuo entusiasmo”.

“Grazie, per avermi sempre incoraggiata a non arrendermi, neanche dopo aver scoperto la mia malattia”.

“Grazie, per la tua positività e la tua forza, per non essere mai crollato.
Pensi che non mi sia mai accorta del tremendo sforzo che facevi, mentre soffocavi il dolore con il sorriso e l’ottimismo? Forse non lo sai, ma tu sei la persona più forte del mondo, Asher Blaze. Non dimenticarlo mai.”

“Grazie, per quella meravigliosa giornata natalizia passata a Capitol City. Avevi ragione, Ash, valeva davvero la pena di aspettare Dicembre. Mi sento quasi dispiaciuta per le margherite del parco, che, invece, non sono riuscite a resistere. Non sapranno mai cosa si sono perse.”

Per finire, anche se ci sarebbe molto altro da dire, “Grazie per aver reso la mia breve vita degna di essere vissuta.”

Oggi è il Primo Gennaio, Ash. E’ stato bello poter vedere l’alba di un nuovo anno, anche se per l’ultima volta.
Ormai non manca molto, lo so. Però, penso di essere stata brava a resistere così a lungo, non trovi?
Tu hai fatto davvero tanto per me, Ash, quindi voglio fare anch’io qualcosa per te: può darsi che, quando non ci sarò più, sarai tentato di crollare, di perdere la voglia di vivere.
Credimi, so che a volte la tentazione può essere davvero forte, però, ti prego, Ash, non cedere MAI!
Non perdere il tuo sorriso, il tuo entusiasmo, la tua solarità. Questo mondo bastardo ha un disperato bisogno di gente come te.
E, se proprio dovessi non farcela più, aspetta almeno Dicembre. Ne vale sempre la pena.
Grazie ancora, Ash, di tutto. Ti amo e ti amerò per sempre.
Aly”


***


15 Dicembre 66 ADD.

Asher aprì lentamente il cassetto della propria scrivania, sfiorando con le dita il tagliacarte affilato.
Erano passati esattamente undici mesi dalla scomparsa di Aly. Aveva aspettato Dicembre, esattamente come lei gli aveva chiesto.
Ciò significava che, forse, avrebbe potuto cedere finalmente alla tentazione e provare a raggiungerla?
- Ash, è pronta la cena!
La voce di sua madre giunse in un debole sibilo ovattato alle sue orecchie, nonostante ci fosse solo un piano di distanza tra la sua camera e la cucina.
“Potrei farlo” pensò, stringendo il manico del tagliacarte nella mano sinistra “Forse, io…”
Quasi senza motivo, il suo sguardo si posò sulla busta candida della lettera che teneva riposta con cura in un piccolo scrigno di vetro. Le lettere del suo nome, al centro esatto del retro, erano legate insieme da quella scrittura per lui inconfondibile, anche se un po’ tremula.
E, dal nulla, le labbra del ragazzo si piegarono in un sorriso.
“Va bene, Aly” pensò, pervaso da un’incredibile sensazione di serenità “Questa volta no. Al massimo ci ripenserò il prossimo Dicembre.”
Accarezzò lo scrigno, ripose il tagliacarte nel cassetto e si avviò sorridendo verso la cucina.

***


Angolo dell’Autrice: Credo che questa sia una delle storie più tristi che abbia mai scritto.
Ringrazio Ivola per il prompt “Quando viene Dicembre” e spero di non averla delusa.
Per chi non li conoscesse, Asher ed Aly sono due OC del Distretto Sette e lui è il nipote del vincitore Woden Blaze (ecco perché ha avuto la possibilità di portare la sua ragazza a Capitol per Natale).
In realtà non so nemmeno se a Panem si festeggi il Natale, ma vabbè, mi sentivo più ispirata così.
Al prossimo prompt con Cato e un altro personaggio!
Tinkerbell

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