Draco dormiens nunquam titillandus

di Gurubell
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Halloween a casa dei Grifoni ***
Capitolo 2: *** Segreto e Menzogna. ***
Capitolo 3: *** Una festa da non dimenticare ***
Capitolo 4: *** L'inizio e la fine ***



Capitolo 1
*** Halloween a casa dei Grifoni ***


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N.D. JD
Ecco a voi il prologo della storia a quattro mani delle Gurubell, qui è il Guru che parla e che non vuole tenervi troppo sulle spine, ma ha bisogno di fare un paio di premesse alla storia. Ci vorrà poco, promesso!
La prima nota è sulla storia in sé. È possibile che ci siano in giro per il mondo centinaia o migliaia di versioni su come i fondatori si sono conosciuti, su come è nata Hogwarts e su come tutto è iniziato in generale. Ognuno di noi ha le proprie ship riguardo i quattro eroi e anche i propri pv mentali... Bene ora arrivo al punto: le Gurubell sono state fortunata ad incontrare i medesimi gusti, ma sicuramente non saranno uguali a quelli di tutti, però ciò che non vogliamo (per nessuna ragione!) sono discussioni a questo proposito. Questa è la nostra storia, sono le nostre versioni dei fatti, perciò prendetele come tali e se vorrete continuare a leggere ci farà molto piacere, altrimenti saluti e baci <3
La seconda nota è sui personaggi. Questa storia non nasce semplicemente dalla collaborazione fra due scrittrici di Efp, ma fra molte teste diverse: alcuni personaggi, infatti, sono stati creati da alcuni lettori allo scopo di rendere ricca e interattiva la storia. È importante sottolineare che nessuna fase preparatoria della storia si svolgera su questo sito: tutti gli scambi di materiale, le discussioni e i commenti avvengono sul gruppo Facebook dedicato alla storia. Le recensioni sono dunque un “in più” totalmente facoltativo.
Grazie della cordiale attenzione e buona lettura,
JD




000 – HALLOWEEN A CASA DEI LEONI


Atto primo: aggiungi un posto a tavola
Lo studio di Lord Leon era in costante penombra, da quando i suoi occhi avevano iniziato a diventare sensibili. Maledetta vecchiaia!
Le poche candele illuminavano a malapena la grande scrivania di legno scuro, su cui eleganti piume e pergamene fitte di testi facevano bella mostra di sé. Alle sue spalle, su un grosso trespolo, stava appollaiato un enorme gufo grigio intento a pulirsi le piume dopo il lungo viaggio. Era appena tornato dalla Francia, portando nel becco affilato una lettera dal Primo Ministro, il quale confermava che il suo arrivo alla magione dei Gryffindor sarebbe avvenuto molto presto. Giusto il tempo di chiamare qualche aiutante...
Era un messaggio molto criptico, che lasciava spazio a scenari differenti e preoccupava non poco il capostipite dei Gryffindor. Quella per cui l’aveva allertata era un’operazione della massima segretezza dell’Ordine dei Grifoni, non una missione qualsiasi: meno persone ne erano a conoscenza, meglio sarebbe stato. Di che aiutanti stava parlando? Ma soprattutto, cosa intendeva con “molto presto”?
A Villa dei Leoni, la grande casa a Lion’s Hollow che da moltissimi anni apparteneva alla sua famiglia, era in programma proprio per quella sera la più importante festa di Halloween di tutti i tempi. Era stata sua moglie Lady Hellen Marchbanks ad organizzarla, e non era proprio il caso di negarle il piacere di disperarsi a destra e a sinistra per posizionare fiori, decorazioni e cibo per potersene vantare poi con le altre lady della contea: era il suo unico orgoglio, in quanto unica babbana d’alto rango in una comunità di maghi.
Dalla porta socchiusa dello studio entravano già gli invitanti profumi del banchetto, provenienti dalle laboriose cucine piene di Elfi Domestici sorridenti, che con le loro manine instancabili lavoravano da giorni per la buona riuscita dell’evento.
Il quarantottenne dai lunghi capelli rossi, rigati dai primi fili argentei, sospirò pensando alla faccia che la sua bella moglie avrebbe fatto se le si fossero presentati ospiti inattesi alla porta di casa. Non ne sarebbe uscito nulla di buono, perciò era meglio avvisarla del pericolo. In quel momento si trovava sicuramente al piano di sopra, nel grande salone delle feste, nella sua tipica modalità “ah se potessi avere anche io una bacchetta magica...”, circondata dalla servitù e impegnata a dare le ultime direttive alla schiera dei loro figli. Sapeva che mandarla a chiamare era una pessima idea, quindi era indeciso se mandarle un messaggio con il Patronus o andare di persona da lei.
Dopo qualche minuto di riflessione fece l’ennesimo sospiro e si alzò dalla comoda poltrona di pelle di drago, sfoderando la sua fedele bacchetta di nocciola e corda di cuore di drago.
«Expecto Patronum!» recitò con voce chiara e determinata, pensando al giorno della nascita del suo primogenito Godric, senza ombra di dubbio il momento più felice della sua vita. Dalla bacchetta eruppe un filo di fumo, che subito si tramutò in un possente leone d’argento.
«Comunicazio: “potremmo avere altri ospiti alla festa. Non so quanti, né chi saranno di preciso, ma sono persone di riguardo e dovremo accogliere con tutti gli onori del caso. Mandami i ragazzi, devo parlare con loro prima della festa”» un pigro gesto della bacchetta e l’animale svanì.
Una cosa era fatta. Rimaneva solo da istruire i suoi figli su come comportarsi, una cosa da normale padre di famiglia che esige disciplina dalla propria prole, soprattutto in una circostanza simile...

Atto secondo: mai camminare a testa bassa
«Mi auguro che, alla vostra età, le raccomandazioni sul comportamento da tenere in pubblico siano totalmente superflue» osservò Lord Alistair Slytherin, rivolgendosi ai figli in tono poco fiducioso.
Diede una meticolosa controllata alle pieghe del lungo mantello verde scuro, per accertarsi che il viaggio in carrozza non l’avesse sgualcito, dopodiché fece cenno ai tre ragazzi di seguirlo, avviandosi a passo spedito verso l’immenso cancello di Villa dei Leoni.
«Questo significa che dovrò tenere il mento alto e ricordare a tutti in continuazione delle nostre origini Purosangue, senza minimamente accennare alla nostra decaduta nobiltà?» commentò sarcastico Will, il figlio più giovane, scimmiottando la camminata di Lord Babbius, un personaggio alquanto snob e altezzoso di sua invenzione.
Salazar si lasciò sfuggire un sorriso alle buffonate del fratello minore, ma cambiò immediatamente espressione non appena avvertì il peso dello sguardo del padre su di sé.
«Mi auguro non reagirai allo stesso modo alle sciocchezze di un tuo compagno d’armi, quando entrerai nell’Esercito dell’Ordine, Salazar» osservò Lord Alistair, distogliendo presto l’attenzione dal secondogenito «Se non desideri essere rispedito a casa dovrai… oh, ma guarda, hanno ricoperto le grate del cancello con un’altra colata d’oro! Mi domando se sia il caso di fare lo stesso col nostro…»
«L’argento è più sofisticato a parer mio, padre.» s’intromise Christopherus, il figlio maggiore, gettando uno sguardo di sufficienza ai servitori di Lord Gryffindor che erano accorsi per scortarli lungo il viale che portava alla sontuosa abitazione.
 «Perché questa volta non siamo circondati dalla nostra servitù?» domandò Salazar, scostandosi, nel modo meno impacciato possibile, i ciuffi dei lunghi capelli scuri che gli ricadevano davanti agli occhi smeraldini «Ho come l’impressione che ci sia qualche questione segreta di mezzo…»
«La tua impressione è corretta» rispose Lord Alistair, volgendo, come al solito, lo sguardo altrove «Ma non è il luogo adatto per parlarne.»
Il ragazzo aprì la bocca per replicare, ma la richiuse immediatamente, sapendo che il padre avrebbe liquidato qualsiasi suo tentativo di conversazione con un semplice gesto della mano.
«A proposito, Fitzwilliam» disse Lord Slytherin, non appena giunsero innanzi alle porte spalancate della villa «Al ricevimento di stasera sarà presente anche la tua... prostituta?»
«Lei non è la mia prostituta» replicò il diciannovenne senza battere ciglio «Essendo, appunto, una prostituta, appartiene a tutti e a nessuno. E comunque, non preoccuparti» aggiunse in tono esageratamente affettato «Non farà nulla che possa compromettere la tua immagine.»
«Anche perché è piuttosto brava» ammise Christopherus con aria tronfia, come se stesse prendendo qualche merito per sé stesso.
Lord Slytherin lo fissò con aria severa: «Ecco, evita di fare discorsi del genere, quando, tra qualche ora, ti ritroverai dinnanzi alla tua promessa sposa.»
Christopherus rispose con una smorfia di sufficienza, poi, mentre varcavano l’immensa soglia d’ingresso, accolti da Lord Gryffindor in persona, approfittò della stretta di mano tra il padre e l’anfitrione per rivolgere un ghigno al fratello ventunenne: «Se vorrai entrare nell’Esercito, Sal… dovrai anche tagliarti quei ridicoli capelli da damigella discinta.»


Antro delle Gurubell:
Avete avuto il coraggio di addentrarvi anche nel nostro antro oscuro e trasudante di malvagità? Complimenti, avete fegato.
Ebbene, ecco qua il prologo della nostra storia, in cui abbiamo fatto anche accenno ad un paio dei personaggi creati dai lettori.
Nella prima parte, scritta da Guru-Jaden, avete avuto l'onore di conoscere Lord Gryffindor, l'uomo che sta al centro di mille diavolerie, intrighi e segreti, al quale probabilmente Alison Di Laurentis fa un baffo.
Nella seconda parte, scritta da Tinkerbell, alias me, invece, c'è stata la presentazione della Famiglia Slytherin. Nel caso non si fosse notato, a Lord Alistair importa poco o nulla dei figli, in particolare di Salazar (perchè sì, lui deve sempre venir bistrattato da tutti).
Come avrete sicuramente notato, abbiamo scelto di tenere i nomi ed i cognomi originali dei Fondatori, per il semplice fatto che ci piacevano di più così.
Un'altra cosa importante: i quattro protagonisti, prima di fondare Hogwarts, nella nostra mente erano molto giovani e, sicuramente, qualcuno di loro, almeno inizialmente, mostrerà un carattere diverso da quello che ci si aspetterebbe. Questo perchè vogliamo mostrare le varie possibili "evoluzioni" caratteriali dei personaggi e il modo in cui essi siano arrivati all'immagine di sè che il mondo magico moderno ha di loro.
Bene, termino il sermone.
Le Gurubelle sperano che il prologo vi sia piaciuto e vi ringraziano per aver letto.
Al prossimo capitolo!

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Capitolo 2
*** Segreto e Menzogna. ***


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N.D.T (che può essere letto come “Note di Testa” ma anche “Note di Tinkerbell").
Eccoci qua con il secondo prologo della storia, in cui mostreremo cosa accade nelle famiglie della componente femminile dei Fondatori e sveleremo il primo di tanti oscuri segreti.
Pubblichiamo questo capitolo anche come “festeggiamento” per la consegna delle schede dei personaggi (anche se non ci sono ancora arrivate tutte).
Buona lettura!




000 – PARTE 2. SEGRETO E MENZOGNA


Atto primo: la voce dell’infedele
«Daphne, tesoro, ti ringrazio di cuore e mi scuso per lo scarso preavviso, ma è stato deciso tutto all'ultimo momento. Il lord mio marito mi ha dato l'okay solo pochi giorni fa e ho subito pensato a te: era assolutamente necessario che le Salamandre Dorate si esibissero alla nostra festa di Halloween! Ovviamente tu e Lord Maxwell eravate già previsti nella lista degli invitati, ma non sarebbe stato lo stesso senza le dolci note delle vostre canzoni. E poi siete il gruppo preferito di Leon e... »
Hellen Marchbanks parlava a raffica da più di mezz'ora, tanto che Lady Daphne Goldstein non l'ascoltava quasi più. Era arrivata alla Villa dei Leoni in sconcertante anticipo a causa delle prove del coro e già questo la rendeva nervosa: non avrebbe potuto fare la sua entrata in scena al braccio di Maxwell Ravenclaw, suo marito, cosa che avrebbe anche potuto apparire fuori luogo, il che era molto pericoloso in un contesto tanto delicato come una festa a casa del proprio amante.
«Cara, ti dispiace? E' stato un lungo viaggio, in carrozza da Winchester fino a qui e ho davvero bisogno della toeletta» tentò la lady di Reggia dei Corvi, inutilmente.
«Oh, ma sei venuta in carrozza? Ti avrei fatto mandare un Passaporto, se avessi saputo...»
Un Passaporto.
Il tentativo della babbana di integrarsi nel mondo magico era adorabilmente triste, soprattutto perché una strega avrebbe capito che se Daphne non aveva usato la materializzazione o al limite la scopa doveva esserci un problema, cui nemmeno una Passaporta avrebbe sopperito...
«Sai, dovevamo portare il materiale per lo spettacolo Hellen, ma sei stata molto carina a preoccuparti, ora, se vuoi scusarmi, userò la latrina e poi raggiungerò le ragazze per le prove» concluse con il sorriso più lezioso che le riuscì, prima di sfuggire alla lady di Villa dei Leoni con una mossa da manuale, dirigendosi verso l'atrio attraverso la scala principale, un'immensa curva di scalini di marmo coi corrimani che terminavano a forma di testa di leone. Incontrò quindi il resto del gruppo e si mise a scaricare leggii e strumenti, decorazioni e abiti di ricambio. Tornando nella Sala Grande intravide la scia argentea di un patronus che svaniva nell'aria e si chiese se ci fossero problemi. L'ultima cosa che voleva era dover parlare di nuovo con la padrona di casa, quindi fu grata quando la vide lasciare la stanza, non s'impicciò ulteriormente e si limitò a raggiungere la balconata dell'orchestra per allestire la scena e cominciare le prove.
Qualche ora più tardi Lady Daphne si allontanò silenziosamente dalla enorme stanza dei ricevimenti.
Passando dal colonnato del giardino interno della villa, al piano terra, si intrufolò nel Corridoio del Titano, il nome che la servitù dava allo stretto salotto che precedeva lo studio di Lord Leon. Si nascose quindi dietro alla colossale statua raffigurante un guerriero armato di picca pronto all'assalto e attese silenziosa che il suo amato le facesse segno che poteva entrare. Non ci volle molto, pochi minuti più tardi i figli del padrone di casa uscirono dalla massiccia porta di legno scuro dell'ufficio, rigidi e composti, per poi guardarsi e sorridere di nascosto, facendosi sicuramente beffe di ciò che gli era appena stato detto. Ma a lei non importava nulla di loro, voleva solo che si sbrigassero ad andarsene...

Atto secondo: tra due fuochi
Un flebile raggio di sole pomeridiano entrò timidamente dalla finestra, sfiorando l’incantevole volto di Lady Freya Hufflepuff.
Con un’espressione corrucciata, la donna si avvolse uno scialle argentato attorno al collo e si lasciò sfuggire un sospiro.
«Qualcosa non va?»
Lord Artax cinse la vita della moglie, posando un bacio tra i suoi ricci color rame. Nonostante fosse un colosso di due metri, sapeva essere estremamente delicato.
«Stavo pensando ad Hellen Gryffindor» rispose Lady Freya, poggiando la nuca contro la spalla muscolosa del marito «Trovarsi faccia a faccia con l’amante del coniuge, ignara di tutto… ha già così tanti pensieri per la testa, quella povera donna!»
«E tu vorresti dirle tutto?» domandò Artax, carezzando le braccia della moglie con le sue enormi mani, sempre calde «Anche Daphne e Leon sono nostri amici, Amore. Secondo me dovremmo perlomeno rifletterci su…»
«Hellen ha passato anni e anni della sua vita a lottare per sentirsi alla nostra altezza!» il tono di Lady Freya s’indurì leggermente «Questa storia va avanti da troppo tempo. Non lo merita, Artax, non dopo tutto quello che ha dovuto e che continua a sopportare! Leon e Daphne sono due grandissimi stronzi egoisti!»
A sentire la risata del marito come risposta, Freya si lasciò sfuggire un sorriso: «Ti diverte tanto quando dico parole volgari, eh?»
«Non immagini neanche quanto» disse lui, girandola delicatamente dalla propria parte e baciandole le labbra «Comunque, anche io sono stato un grandissimo stronzo egoista, una volta…»
«Però hai avuto il coraggio di dirmelo» sussurrò lei, ormai incapace di provare rancore pensando all’unico tradimento coniugale che aveva subito molti anni prima «Leon è coraggioso quando si tratta di combattere o di proteggere gli altri, ma di fronte a sua moglie si trasforma nel peggiore dei vigliacchi.»
«Quindi dirai tutto ad Hellen?»
Lady Hufflepuff sospirò, specchiando gli occhi turchini in quelli verdi del marito: «Vedrò come si evolve la situazione.»
L’uomo annuì e, proprio mentre stava per baciare la moglie una seconda volta, fu interrotto dalla voce gentile della figlia minore: «Madre, padre… non è ora di partire?»
Lord Artax sorrise: «Sì, Helga, hai ragione. Noi siamo pronti, và pure a chiamare tua sorella. Vi aspettiamo all’ingresso.»
La diciassettenne annuì, girando i tacchi e addentrandosi nel corridoio che portava ad una lunga scalinata.
Sollevò un lembo dell’abito con la mano, mentre con l’altra si scostò un ciuffo dei lunghi capelli biondi dal volto. Salì quindi le scale, sperando, come sempre, che il piccolo sforzo l’aiutasse a perdere quel paio di chili in più che arrotondava la sua figura, e, giunta in cima, si diresse verso una sinistra porta in legno scuro.
Come di consueto, gettò un’occhiata alla propria scollatura, cercando di renderla meno appariscente possibile. Si pentì all’istante di aver indossato un corsetto più stretto del solito, che le metteva ancora più in evidenza il seno voluminoso.
Con un sospiro, Helga decise di lasciar perdere e, un po’ titubante, bussò alla porta, facendo all’istante un passo indietro: «Hanna… è ora di andare…»
Dopo un attimo di silenzio, una cupa voce femminile rispose semplicemente: «Arrivo.»


Antro delle Gurubell:
Eccoci qui di nuovo, con questo altro mini capitolo. Qui parla il Guru Jaden, quindi tutti zitti! (Seeh buonanotte).
Speriamo davvero che la storia vi stia piacendo e giuriamo solennemente di non avere buone intenz... no, non è vero, giuriamo di entrare presto nel vivo e di allungare i prossimi capitoli xD Purtroppo come detto prima non ci sono ancora arrivate tutte le schede dei personaggi, per cui ci vorrà ancora un po' di pazienza, ma per ora accontentatevi di questo piccolo capitolo, come una sorta di biscottino che vi premia per l'attesa.
Spero a presto,
Guru e Trilly

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Capitolo 3
*** Una festa da non dimenticare ***


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N.D. JD
Squillino le trombe signore e signori, perché il nuovo capitolo è arrivato!
Sì, proprio così... finalmente ce l'abbiamo fatta. Amateci *inchini, inchini, inchini*
Solo poche parole perché sono certa che siete impazienti di leggere. Speriamo davvero che i personaggi vi piacciano, che siano come ve li eravate immaginati eccetera eccetera e che abbiano tutti il giusto spazio... ogni personaggio compare in più atti, quindi non siate frettolosi e godetevi tutto con calma, perché tutti saranno in parte protagonisti.
Fateci sapere com'è ora che si entra nel vivo. Buona lettura,
JD




001 – CAPITOLO 1. UNA FESTA DA NON DIMENTICARE


Atto primo: nervosismi e presagi infausti

Elaine Rose Lancaster era ben consapevole del motivo per cui era stata invitata alla Villa dei Gryffindor. Non era certo per la su influenza o importanza all'interno della società, dal momento che non era altro che una donna con la fortuna di aver ottenuto una discreta carica all'interno del Concilio dei Maghi. Non era per la sua indiscutibile bellezza, per i suoi occhioni azzurro ghiaccio, per il suo innegabile charme, per gli splendidi capelli castani, lunghi e ondulati o per i suoi modi decisamente raffinati e appropriati, poiché nemmeno quelli, prima d'ora, erano riusciti a farla entrare nelle grazie di Lord Leon. Era invece per la sua notevole astuzia, per la furbizia che aveva dimostrato nel suo lavoro. Per l'idea geniale che aveva avuto...
Elaine era il Capo del Dipartimento di Controllo e Uso Locale di Orchi e Giganti, un piccolo dipartimento dalla sigla tutt'altro che invitante, fra i primi nati all'interno del Concilio, ed era merito suo se fino ad ora le ingombranti creature erano rimasti al servizio dei maghi, impresa tutt'altro che semplice. Da qualche mese, però, i Giganti avevano creato problemi, sfuggendo al controllo del Dipartimento e compiendo sporadici attacchi alle comunità di maghi e streghe e anche a qualche babbano.
Per questo motivo, il capostipite dell'importantissima famiglia Griffindor l'aveva invitata alla sua festa di Halloween. Per questo motivo, la bellissima ed elegantissima ventottenne, si trovava ai piedi della scalinata di marmo rosso che portava all'ingresso di Villa dei Leoni. Per l'occasione aveva sfoggiato un abito bordeaux ricco di ricami dorati con ampie maniche lunghe che sfioravano il suolo, solo parzialmente coperto da un mantello leggero color oro pallido. La mise era chiaramente un omaggio al padrone di casa, secondo l'antica usanza delle Prime Streghe, che poche dame ricordavano ancora. Era certa che ai piani alti l'avrebbero notata, che qualcuno avrebbe apprezzato.
Assieme a lei c'erano i suoi sottoposti, Meredyth Penshaw e Levhai O'Gallagher, entrambi tanto alti da spuntare come due colonne alle sue spalle. Tanto diversi nell'aspetto, occhi e lisci capelli castano scuro lei, ricci biondi e occhi grigio-verde lui, i due erano accomunati principalmente dal loro essere di poche parole, ma ambiziosi almeno quanto Elaine.
La ragazza indossava un lungo abito color cenere, semplice ed elegante, e un mantello verde acqua intessuto d'argento. Era un abbigliamento poco costoso, ma d'effetto, che la faceva sembrare più slanciata e contribuiva a farla sentire meno a disagio, nonostante la pressione di quel momento. La sua scarsa autostima certo non aiutava, eppure riusciva perfettamente nell'intento di non mostrare al mondo il suo nervosismo crescente.
L'unica altra occasione in cui era stata all'interno della Villa era stato quando aveva conosciuto Charles, quel meraviglioso giorno in cui aveva trovato il suo migliore amico. Mentre saliva la scalinata si ritrovò a pensare al suo passato difficile, ma anche a come ogni doloroso passo della sua esistenza l'avesse portata a quel delicato momento, in cui avrebbe però avuto a sostenerla, le sue due persone preferite: Charles e Levhai. Non era stato affatto facile superare il continuo abbandono di coloro che amava, quindi il solo fatto che loro due fossero sempre accanto a lei, senza secondi fini né l'intenzione di lasciarla ancora sola, bastava a renderla felice, a farla sentire più forte e amata. Anche per questo, pensando a ciò che aveva accettato di fare, si sentiva terribilmente in colpa!
Lev avanzava a poca distanza dalla sorella adottiva Meredyth, sfoggiando il suo miglior sorriso inquietante e la sua andatura rigida e composta, all'interno del completo da cerimonia color fondo di bottiglia. Era soddisfatto dall'idea della serata, che immaginava come un piacevole modo per sfogare le frustrazioni della vita. Questo perché non era minimamente a conoscenza del vero motivo per cui loro tre erano proprio in quella casa, in quel momento...
Giunto sulla soglia della Villa un'ombra gli passò accanto, lieve come un sospiro.
"Corri, scappa, va' via; stai lontano da questa dimora; non ti fidare di nessuno; non bere, parla poco", gli sussurrò una voce fredda e dal tono vagamente femminile.
Altre parole cercarono di risalirgli nel cervello, assieme a confuse immagini di uomini che corrono, ma con un gesto infastidito le scacciò. Istantaneamente il mal di testa fece capolino, come succedeva ogni volta che si allontanava dalle sue visioni. Ma non era quello il momento di cedere alle ombre che lo seguivano fin da bambino. Quella serata di svago con l'amata sorellastra e l'amico Charles non se la sarebbe fatta rovinare.
Varcò la soglia con solo un paio di passi di ritardo dalle sue compagne di viaggio, massaggiandosi le tempie per alleviare il dolore. I tre furono quindi accolti dalla famiglia Gryffindor al completo: lady Hellen era radiosa, nel suo abito ampio e dorato con sottili ricami scarlatti, completato a meraviglia da un sorriso spontaneo che metteva subito di buon umore; lord Leon emanava un aura di regalità che ispirava rispetto, pur avendo adottato un abbigliamento dal registro quasi informale, col gilet color borgogna sbottonato e le maniche della camicia arrotolate al gomito. I cinque figli erano incredibilmente simili fra loro, tutti con gli stessi occhi azzurri chiazzati di marrone e le espressioni serie, alcuni con i capelli più biondi e altri più rossicci, ma sempre a boccoli. I lineamenti del viso non mentivano: quelli erano senza alcuna ombra di dubbio i figli dei coniugi Gryffindor.
Rimanevano composti alla loro destra, in ordine d'età, sfoggiando sorrisi visibilmente falsi e forzatamente tirati, racchiusi in abiti troppo eleganti e pomposi.
«Benvenuti cari, accomodatevi pure, la festa è al piano di sopra. Siete leggermente in anticipo, ma non importa, il buffet è già in tavola e il concerto inizierà tra pochi minuti» li salutò calorosamente Hellen, regalando sorrisi e abbracci sinceri, pur non essendo in gran confidenza con gli ospiti invitati dal marito.
«Signori, forse non tutti li conoscete, quindi ho il piacere di presentarvi i miei figli» aggiunse quindi Leon «il ragazzone è Godric, il mio primogenito, poi ci sono Amande, Johany, Henric e infine la nostra bambina prodigio Elenore».
«E' un vero piacere conoscervi» disse la più piccola esibendosi in un inchino particolarmente accentuato, accompagnato da un gesto elegante con la mano.
«Seguite pure Godric, che vi accompagnerà nel salone dei banchetti» disse quindi Leon, dopo una distaccata stretta di mano ai tre ospiti.
Gli altri figli accennarono un inchino col capo e non appena gli ospiti ebbero superato la curva delle scale, rilassarono le spalle e tirarono un piccolo sospiro di sollievo.
Da dietro la colossale statua di Andros l’Invincibile, – primo mago a creare un patronus a forma di gigante – situata al centro della curva delle scale, nell'atrio, stava nascosta Raye Pendragon, la servetta di Elenore nonché paggio non ufficiale di Godric. Ella amava nascondersi da qualche parte nell'immessa tenuta dei Gryffindor ad ascoltare discorsi e seguire le vicende dei suoi abitanti, forse proprio per via della sua indole tutt'altro che da ragazza del Medioevo...
In quel momento era proprio curiosa di osservare l'arrivo degli ospiti, cui non era ovviaente autorizzata a partecipare. All'ingresso della delegazione del Concilio, riuscì quindi a notare molto bene la strana reazione del ragazzo, Levhai. Non era la prima volta che lo vedeva, ma non aveva mai avuto gran che a che fare con lui, che era principalmente un amico del suo "bro" Charles. Per questo motivo le sembrò davvero curioso il modo in cui aveva esitato, ad un passo dal portone della Villa. Lo vide chiaramente scacciare un qualcosa di invisibile, con l'espressione concentrata di chi è fermamente intenzionato a pensare ad altro. Ma non ebbe il tempo di pensare troppo a quella piccola stranezza, poiché dopo una breve presentazione, gli ospiti seguirono Godric su per la scalinata.
«Pst! Pst! Dric!» bisbigliò guardando verso l'alto, nel punto da cui dalla scala il ragazzo avrebbe potuto vederla, semplicemente con un'occhiata verso il basso. Ma il primogenito Gryffindor la ignorò bellamente, limitandosi ad un gesto spazientito oltre il parapetto.
"Questa me la paghi, brutto scimmione idiota!" pensò quindi la ragazza, irritata dall'affronto del venire ignorata. Cominciò quindi a pensare ai mille e uno scherzi da poter macchinare ai danni del ragazzo, con le braccia incrociate al petto, seduta a gambe incrociate dietro alla sua statua. Probabilmente avrebbe dovuto coinvolgere Charlie, ma non sarebbe stato un grosso problema. Più difficile sarebbe stato passare inosservata in mezzo agli eleganti ospiti della festa, visti i suoi abiti tutt'altro che da lady.
"Devo cercare in uno dei bauli di roba vecchia di Amande. So già cosa fare!" pensò mentre faceva scattare il passaggio segreto sotto le scale, ora del tutto disinteressata agli altri ospiti dei suoi padroni.
 

Atto secondo: di manici di scopa e utilizzi scorretti

«No.»
Lord Artax cercò di sorridere nel modo meno forzato possibile mentre i padroni di casa si avvicinavano per accogliere la famiglia Hufflepuff, appena giunta all’interno dell’immenso salone da ballo.
«Oh, andiamo!» protestò Lady Freya a bassa voce «Una fattura sui supporti del palcoscenico? Una fatturina piccola piccola… solo nel punto dove canta Daphne…»
«Amore, no» rispose l’altro, sempre sussurrando a denti stretti «niente fatture, niente polvere urticante, niente incantesimi della calvizie e niente ceffoni in pieno viso. A nessuno dei due.»
Tese rapidamente la mano verso Lord Leon che li aveva appena raggiunti: « E niente umiliazioni pubbliche di nessun genere.»
«Chi ha parlato di umiliazioni?» domandò con un sorriso il capofamiglia dei Gryffindor, non accorgendosi dell’insistente sguardo omicida che gli stava rivolgendo Lady Hufflepuff «Alistair si è sentito offeso da qualcuno ancora prima di giungere alla nostra meravigliosa festa?»
Artax pregò i propri avi affinché la moglie non ne combinasse una delle sue e strinse il padrone di casa in un vigoroso abbraccio. Adesso che si trovava serrato nella presa dell’enorme ospite, il fiero Lord Leon ricordava molto un gracile adolescente.
«E’ un piacere rivederti, amico mio» rispose il gigante, irrigidendosi non appena il rosso si inchinò di fronte alla sua signora.
«Buonasera, Lady Freya»
«Buonasera» sibilò freddamente l’altra, per nulla intenzionata ad abbattere il muro del distacco «trovo deliziosi gli addobbi del salone. Immagino sia opera della tua consorte…»
«In parte sì» rispose cautamente Lady Ellen «naturalmente è stato necessario l’aiuto della servitù e…»
«Oh, suvvia, non essere modesta » la interruppe Freya, abbracciandola «è tutto assolutamente perfetto. Certo, forse avrei scelto un altro genere musicale per accompagnare l’evento, ma…»
«Miei signori!» s’intromise immediatamente Lord Artax con un tono di voce eccessivamente alto, facendo voltare diversi invitati «E’ da un po’ di tempo che non vedete le mie figlie!»
Con un cenno dell’enorme mano indicò le due ragazze che erano rimaste in piedi e in silenzio dietro i genitori.
Helga fece un passo avanti, arrossendo leggermente e tenendo lo sguardo rivolto verso terra.
« Buonasera, Lord e Lady Gryffindor.»
Aveva sistemato i lunghi capelli biondi in modo che le ricadessero davanti al petto generoso, coprendo la scollatura.
Dietro di lei, invece, Hanna, la medium, restò perfettamente immobile: a differenza del resto della famiglia, abbigliata con abiti in cui i colori dello stemma degli Hufflepuff, nero e oro, erano distribuiti molto equamente, indossava un lungo abito quasi interamente nero - smorzato giusto da qualche piccola decorazione dorata - che seguiva la linea delle sue curve poco accentuate e creava un forte contrasto con la sua carnagione pallida.
Aveva solo cinque anni in più della sorella, ma sembrava molto più vecchia. I capelli biondo platino erano raccolti ordinatamente in una treccia, mentre i suoi occhi di ghiaccio scrutavano impassibili i padroni della villa. Non si tolse i guanti quando Lord Leon le baciò la mano e rispose con un monosillabo accennato ai saluti che le vennero rivolti.
«Volevo anche presentarti un’altra persona» disse poi Lord Artax, rivolto all’amico «l’ho invitato alla festa apposta, è un ragazzo incredibilmente sveglio che sarebbe molto utile per riparare il manico della tua vecchia scopa, ma a quanto pare ha preferito defilarsi…»
«Oh, la tua vecchia scopa ha problemi, Leon?» domandò Freya con finta innocenza «Forse dovresti cominciare ad abusarne di meno…»
«L’ultima volta che ho visto Ignis» s’intromise timidamente Helga, notando lo sguardo allarmato del padre «si stava dirigendo verso il banchetto, se vuoi vado a cercarlo. Anche Lilah è sparita.» aggiunse, riferendosi all’amica prostituta che aveva l’abitudine di seguire la famiglia Hufflepuff ad ogni ricevimento - i clienti, a detta sua, erano sempre più attivi e bendisposti alle feste.
Ricevuta una risposta affermativa, Helga salutò i Gryffindor con un inchino e cominciò ad aggirarsi tra la folla. Non riusciva a fare a meno di sentirsi esageratamente ingombrante.
Non ci volle molto prima che trovasse uno dei due oggetti della sua ricerca: adagiato scompostamente su una sedia, con un boccale di vino stretto nella mano, i folti ricci castani ed il sorrisino di circostanza della servetta con cui ci stava provando, Ignis Derrk non era certamente difficile da individuare.
Helga sospirò, si avvicinò al giovane e gli batté delicatamente la mano sulla spalla.
«Quando avrai finito di importunare questa ragazza, per cortesia, seguimi: mio padre chiede di te.»
Ignis si voltò lentamente, con aria quasi annoiata. Abbozzò un sorrisetto, mostrando un oggettino di forma sferica che teneva in equilibrio sul palmo della mano.
«Sei una guastafeste, Helga. Stavo soltanto mostrando a questa deliziosa signorina la mia ultima invenzione…»
«E sono sicura che lei l’ha trovata meravigliosa, pensa che tu sia un genio e non vede l’ora di sposarti» rispose ironica la figlia di Lord Artax «ora, però, lasciale fare il suo lavoro e vieni con me.»
Il ragazzo sospirò: posò con flemma il boccale di vino sul tavolo, si alzò e, scompigliandosi i capelli, lanciò un’occhiata astuta alla cameriera.
«Spiacente, devo abbandonarvi, dolce fanciulla. Il dovere mi chiama.»
«Non Vi preoccupate, mio signore» rispose spiccia quella, afferrando un vassoio e dirigendosi a falcate in direzione dell’uscita più vicina.
Ignis scosse la testa con un sorrisetto, mise in tasca l’ultima delle sue innumerevoli invenzioni e rispose con una risata allo sguardo severo che gli stava lanciando Helga.
«Oh, andiamo! Mi stavo solo divertendo un po’, siamo ad una festa!»
«Non so che divertimento ci sia nel provarci con qualsiasi essere umano di sesso femminile» borbottò la bionda, mentre si avviavano verso il punto del salone dove Lord Artax e Lord Leon stavano ancora amabilmente disquisendo «comunque, non importa. Ognuno ha le proprie debolezze. Spero soltanto di non vederti fare il cascamorto anche con Lady Gryffindor…»
«Credo che tu abbia una visione un tantino esagerata e distorta della mia personalità» sorrise il ragazzo, per nulla offeso «anche se devo ammettere che Lady Gryffindor è una gran bella pollastra, chissà se… dai, sto scherzando, Helga» aggiunse, ridendo allo sguardo indispettito della Hufflepuff.
Gli sfuggì un sussulto quando una mano grossa e pesante gli piombò sulla spalla, rischiando di fargli perdere l’equilibrio.
«Ignis! Eccoti qua, ragazzo!»
Il ventenne abbozzò un sorriso, drizzando la schiena ed ignorando il fastidioso pulsare che aveva cominciato a tormentargli la spalla offesa. Lord Artax era una persona dal cuore d’oro, ma spesso scordava di possedere una forza sovrumana.
«Avete chiesto di me, mio signore?» domandò il fabbricante di scope, scambiando un fulmineo sguardo con Hanna Hufflepuff.
«Ignis, ti presento i padroni di casa, Lord Leon e Lady Hellen» sorrise il gigantesco padrone di Rocca del Tasso, per poi rivolgersi ai coniugi Gryffindor «Miei signori, lui è Ignis Derrk, gestore della migliore fabbrica di scope del mio territorio, nonché provetto inventore.»
«Siete troppo magnanimo, mio signore» rispose Ignis, non senza una punta d’orgoglio «Lord Gryffindor ha forse bisogno dei miei servigi?»
«Sarebbe splendido se riuscissi a dare una controllatina al suo vecchio manico di scopa» spiegò Artax, assestando una micidiale pacca amichevole sulla schiena dell’amico.
«Da qualche giorno fa un po’ i capricci» spiegò dolorante Lord Leon, senza far caso alla tossetta finta di Lady Hufflepuff «Temo sia il caso di ripararla.»
«Non c’è problema, posso dare un’occhiata anche adesso» sorrise Ignis.
«Sei molto gentile, ragazzo» disse Lord Leon, con un sorriso di rimando «te la mostro subito, allora. Mia cara, ti dispiace se mi allontano per qualche minuto?» domandò poi, rivolto alla moglie.
«No, certamente» rispose Lady Hellen «non c’è problema, so gestire un salone da ballo affollato.»
«Ti aiuto io a gestirlo» s’intromise Lady Freya, prendendo la donna più vecchia sottobraccio e incamminandosi verso le lunghe tavolate imbandite «beviamoci qualcosa. Oh, è una mia impressione o la cantante ha appena stonato?»
Lord Artax osservò le due allontanarsi, non senza una certa apprensione, dopodiché circondò le spalle di Ignis con il braccio muscoloso e fece un cenno al padrone di casa: «Ebbene, mostraci la scopa ribelle. Ragazze, voi restate qui?»
«Sì, padre» rispose Helga, mentre Hanna si limitava ad annuire un paio di volte.
«Non vi preoccupate» disse Ignis, rivolgendosi a entrambe ma tenendo gli occhi grigioverdi fissi su Hanna «Tornerò giusto in tempo per un ballo.»
«Sì, d’accordo» disse la maggiore quasi soprappensiero, mordendosi all’istante la lingua non appena si rese conto della propria risposta. Distolse immediatamente lo sguardo quando lui le strizzò l’occhio e, senza aspettare commenti o reazioni da parte della sorella, si avviò impettita verso l’angolo opposto del salone, cercando una sedia libera nel punto più solitario del luogo, intimo ed oscurato dalla penombra delle grandi tende oro e cremisi.
Helga osservò la sorella allontanarsi, dopodiché sospirò. Avrebbe voluto distogliere la mente dal pensiero del cibo, magari mettendosi a cercare Lilah, ma la vista dei piatti d’oro colmi di prelibatezze, ben stretti tra le mani degli ospiti, annullò ogni sua difesa.
Senza nemmeno cercare di opprimere il fastidioso senso di colpa, si avviò spedita verso i tavoli del sontuoso banchetto.  

Atto terzo: luci e ombre della vendetta

L'affascinante cinquantenne Lord Maxwell Ravenclaw, arrivò dunque senza la moglie, salvando però l'immagine con la sua tipica ed intellettuale puntualità. Indossava i colori della propria casata, blu scuro, nero e argento, in un completo elegante e raffinato che esaltava ulteriormente la sua bellezza senza tempo. Ad accompagnarlo c'erano la figlia venticinquenne, Rowena, in un inconsueto abito nero ricamato a fiori blu; il figlio ventenne Cormac, graziosamente imbronciato da una crisi dovuta al completo elegante che aveva dovuto indossare al posto dell'amata cotta di maglia; e il suo servitore, Ethan Blake Clainwords.
Quest'ultimo non sapeva più come contenere l'emozione di essere stato scelto per l'uscita a Villa dei Leoni. Certo, si sentiva un po' in colpa per aver lasciato suo fratello Aaron a Reggia dei Corvi da solo, ma il Lord aveva chiesto solo di lui per questa occasione. E che occasione, visto che quella era la casa in cui vivevano il suo amico Charles e la piccola palla al piede, ma pur sempre simpatica, Raye. Contava proprio di incontrarli e passare una piacevole serata assieme a loro. Era consapevole di dover anche adempiere al suo lavoro, certo, ma in fondo si trattava di una festa e c'erano già molti servitori nell'immensa dimora dei Gryffindor! Ovviamente questa sua agitazione interiore somigliava più all'euforia che alla gioia e di certo non intaccava la sua espressione severa, che solo ad uno sguardo più attento appariva quasi triste.
All'arrivo alla Villa furono accolti solamente dai figli dei padroni di casa, impettiti e dall'inchino facile, che si limitarono a saluti di circostanza piuttosto imbarazzati. Una delle graziose fanciulle, Amande, si offrì volontaria per accompagnarli lungo la scalinata di marmo rosso, verso la sala dei banchetti. Aveva l'espressione emozionata di chi sta vivendo un sogno ad occhi aperti... e quel sogno pareva proprio essere il ragazzo Ravenclaw.
La ragazza faceva loro strada, voltandosi di volta in volta per sorridere al gruppo di ospiti, tanto che verso la fine inciampò nell'ampio abito di seta dorato rischiando di finire con la faccia sugli scalini, se non fosse stato per l'immediato intervento di Cormac, che la sorresse all'ultimo secondo.
«Fai attenzione, mia signora, non vorrai farti del male ad una festa? Reggiti al mio braccio» le disse con un sorriso smagliante stampato sul volto.
E così percorsero gli ultimi gradini, entrambi rossi in volto e sorridenti più che mai.
Raggiunta la sala Lord Maxwell richiamò il figlio alla realtà con una stretta alla spalla e dopo un piccolo inchino, i due ragazzi si separarono.
«Spero che tu non ti sia preso una cotta per la figlia di Lord Leon, Cormac. Lo sai che tua madre non ti permetterebbe mai di stare con una maganò» disse l'uomo guardando con espressione triste il suo unico figlio maschio.
«Ma papà, a me non importa che sappia o meno fare magie! Lei è così bella e intelligente... mi piace proprio un sacco» replicò quello ancora più imbronciato di quando era partito da casa senza armatura.
«Sono certo che troveremo la ragazza giusta per un matrimonio combinato per te molto presto, figliolo. Ma adesso andiamo dalla mamma».
Cormac sapeva che era inutile insistere a parole, quindi si incamminò verso il palchetto dove stavano le Salamandre Dorate, pur continuando a pensare agli occhi di zaffiro della sua Amande...
«Ethan, ragazzo, portaci qualcosa da bere e degli stuzzichini dal buffet, poi sarai libero di goderti la festa. Rimani all'interno del salone e non combinare guai; se avremo bisogno di te ti chiameremo. Non sono disposto ad aspettare a lungo, lo sai, quindi non sparire!» disse Maxwell al suo servitore, prima di congedarlo. Egli si mise quindi all'opera per obbedire, con l'euforia che montava sempre più potente in lui.
Nel frattempo, i Ravenclaw si erano riuniti sotto il palchetto sospeso. Lord Maxwell baciò lievemente le labbra della moglie.
«Buona fortuna mia signora, sono certo che sarai splendida come sempre» le disse «e porgo i miei omaggi anche a te, lady Bianca» proseguì rivolto alla cugina di lady Daphne, una ragazza tanto pallida quanto il suo nome, con capelli talmente chiari da sembrare bianchi anch'essi e occhi di un azzurro quasi slavato.
Bianca Greengrass era da poco rimasta orfana e nascondeva un terribile segreto, in proposito. Prima di scomparire misteriosamente, i genitori le avevano trovato però un promesso sposo e quella serata avrebbe dovuto essere l'occasione del loro incontro ufficiale, oltre che del suo debutto nelle Salamandre Dorate, come corista. A lei importava davvero poco del ragazzo, uno dei figli di lord Slytherin, e per quanto la riguardava poteva anche morire. Non aveva chiesto lei di sposarsi, non aveva chiesto lei di venire rinchiusa in quella stanza in attesa di questo giorno! Ma ora era libera di fare ciò che più preferiva e anche partecipare alla festa di Halloween dei Gryffindor era stata una sua scelta. Avrebbe incontrato comunque quel Christopherus, se fosse capitata l'occasione, ma nulla di ufficiale e artificioso come avrebbero voluto i suoi stupidi genitori morti.
«Grazie, Maxwell. Sei sempre molto gentile» rispose quindi con la sua vocina delicata, da brava ragazza, perfettamente abbinata al suo aspetto etereo e buono, quasi ingenuo, in una sorta di macabro ossimoro della sua personalità «sono molto agitata, ma abbiamo provato molto e sono certa che sarà tutto... meraviglioso» concluse con un sorriso che sarebbe parso sinistro, a chiunque l'avesse conosciuta davvero. Però nessuno conosceva a fondo Bianca, il suo passato, la sua seconda vita...
Ethan tornò con un vassoio più grande di lui, contenente panini al burro con paté di cinghiale e prosciutto salato, crocchette di riso al miele e noci, spiedini di anatra al limone e calici di Vino Elfico. Conosceva bene i gusti dei suoi padroni e sapeva che così li avrebbe accontentati – e tenuti buoni per un bel po'. Posò il vassoio su un elegante tavolino intarsiato, lì accanto, fece un inchino e attese il cenno del lord, dopo di che si allontanò mescolandosi tra la folla. Non amava affatto essere circondato da tante persone, perciò pensò di cercare un angolo appartato da cui vedere tutto e tutti e trovare i suoi amici.
Giunto nei pressi della scalinata da cui erano venuti si imbatté però in Raye, curiosamente elegante, con un abito giallo e azzurro, pieno di ricami, pizzi e cose da ragazza.
«Hey rompiscatole, cosa ti ha spinta a conciarti in quel modo? Sembri quasi... femminile» le comunicò guadagnandosi la peggior occhiataccia del secolo.
«Molto spiritoso Clainwords, ma non faresti ridere nemmeno una iena! Piuttosto, sarebbe utile che mi aiutassi a trovare Charlie. Ho in mente uno scherzo mica da poco da fare a quel barboso di Godric e questa volta non se lo scorderà facilmente...» rispose la rossa tirandolo poi per una manica e guidandolo verso il centro della sala.
Non riuscivano a trovare l'amico da nessuna parte, ma in compenso trovarono Meredyth e Levhai, anch'essi intenti a cercare Charles, nei pressi del buffet.
«Ciao Raye, hai per caso visto...» iniziò la ragazza, ma i due non la fecero nemmeno finire. Afferrarono una tartina al formaggio e corsero via, senza nemmeno fare caso a ciò che li circondava.
Durante la ricerca, Ethan era venuto a conoscenza del piano di Raye e sapeva perfettamente come metterlo in pratica: aveva bisogno di Bianca, prima che ricominciasse a cantare, quindi i due si separarono. Lei proseguì nella sua ricerca, mentre lui tornava dai suoi padroni pensando ad un modo per convincere la Greengrass a prestargli un po' di Pozione Polisucco, senza cui la ragazza non usciva mai di casa.
Non avrebbe dovuto saperlo, ne era consapevole, ma gli era capitato moltissime volte di vederla giocherellare con una boccetta all'interno della sua borsa e l'aveva vista fabbricarla nei sotterranei di Reggia dei Corvi. Non era sua intenzione spiarla, però era nella sua natura, era più forte di lui a volte, ficcanasare.
La trovò ai piedi della scala secondaria che portava al retro palco. Se ne stava a braccia conserte, appoggiata ad una colonna, ad osservare movimenti nella sala in attesa dell'inizio del secondo tempo.
«Signorina Bianca, la prego lo so che è sconveniente da parte mia, ma non è che potrebbe prestarmi la sua Pozione Polisucco?» chiese con la voce tremante e lo sguardo basso.
«Cosa ti fa credere che io ne possegga? E per che cosa dovrebbe servirti?» indagò la bionda, incuriosita più che adirata. Non aveva alcuna intenzione di donare anche solo una goccia della sua preziosissima scorta, anche perché non avrebbe mai ammesso di possederla.
«Una piccolissima vendetta, mia signora».

Atto quarto: vergogna e brividi, da smuovere le budella

Godric Gryffindor, ai banchetti era solito perdersi nei suoi pensieri, estraniarsi dal contesto in cui si trovava e vagare sovrappensiero. Amava osservare le persone e cercare di farsene un'idea. Quella sera ad attrarre maggiormente il suo sguardo era la bella Rowena Ravenclaw, che se ne stava seduta su una poltroncina a leggere, sbocconcellando una crocchetta senza troppo entusiasmo, con un calice di vino accanto a sé su di un tavolino dall'aspetto delicato. Gli occhi celesti si muovevano ad incredibile velocità lungo i sottili caratteri del libro, i lunghi capelli corvini erano legati in una pratica crocchia, le labbra rosate erano incurvate in un sorriso enigmatico, difficile dire se dovuto a ciò che stava leggendo o ad altro. Difficile era anche dire se stesse leggendo davvero, o fosse solo un modo come un altro per non essere disturbata e potersi godere i propri pensieri in santa pace.
Il primogenito di Villa dei Leoni aveva pensato a tutte quelle cose e anche a molte altre, ma non gli importava granché: voleva presentarsi a quella bellezza tanto diversa dalle altre dame nella stanza, intente chiacchierare o ballare o mangiare o appartarsi... Rowena era perfettamente al centro dell'attenzione, ma nessuno osava avvicinarsi.
Nessuno tranne Godric, appunto. Il giovane dai capelli dorati prese coraggio e andò dritto verso la mora, sfoggiando il suo miglior sorriso e il suo passo più sicuro.
«Milady, vi hanno già informata che siete la più bella donna della stanza?» una frase d'effetto, si disse Godric. Era sua.
«E hanno mai informato voi, del fatto che non si disturba una persona che sta leggendo?» rispose però lei, senza distogliere lo sguardo dal proprio libro.
"Che stesse leggendo davvero?" pensò allora Godric, preoccupato "Ma quale folle leggerebbe durante una festa?".
«Le chiedo perdono, mia signora, ma la vostra bellezza mi ha confuso. Sono certo che sarete magnanima con un povero lord innamorato...» con quella frase era convinto di stenderla.
«Innamorato, dunque. E quando mi chiederete di sposarvi? Sono una ragazza all'antica, io. Se vi inginocchiate subito potrei anche darvi un primo, casto bacio...» la Ravenclaw lasciò il Gryffindor totalmente a bocca aperta. Faceva sul serio o si stava prendendo gioco di lui? Stava iniziando ad agitarsi, così quando un bitorzoluto elfo domestico gli porse una coppa di vino non ci pensò nemmeno per un istante, la afferrò e ne prosciugò il contenuto.
Stava per ripartire all'attacco quando si sentì mancare il fiato, la gola gli si era seccata terribilmente e ogni piccola parte del suo corpo era come in preda alle fiamme. Lasciò cadere la coppa e si afferrò la gola, crollando in ginocchio.
Quando riaprì gli occhi stava guardando Rowena da una prospettiva decisamente diversa, decisamente più bassa...
«Non credevo proprio di fare questo effetto, milord. Vi chiedo perdono, ma...» la ragazza non riusciva più a trattenere le risate «è inutile che vi inginocchiate, non credo di poter... accettare la vostra richiesta di matrimonio» proseguì ridendo «potete pure rialzarvi».
Godric guardò il proprio riflesso attraverso la superficie lucida del vassoio e quello che vide lo lasciò ancora più senza fiato: il suo aspetto era il medesimo di quello del guardiano delle stalle, un vecchio nano barbuto e ingrigito. L'incantesimo durò solo pochi minuti, ma anche quando tornò sé stesso l'imbarazzo non de ne andò.
«Col vostro permesso mia signora, credo che andrò ad uccidermi da qualche parte» fece quindi un inchino e corse lontano dalla lady di Reggia dei Corvi.
 
Non molto lontano da quella scena, Charles Marchbanks tratteneva a stento le risate, mentre Raye si spanciava senza ritegno e Ethan si limitava ad annuire soddisfatto anche se le sue abbra rimanevano ostinatamente incurvate nel verso sbagliato.
«Per le vacche di Apollo, ragazzi, siete stati proprio crudeli con Godric... in fondo non aveva fatto nulla di male e se non la smetterete con questa storia degli scherzi prima o poi vi farete del male sul serio!» a parlare era stata Alex, il fantasma dell'ordine, che nessuno aveva ancora capito se fosse maschio o femmina.
Anche dopo la morte, la ragazza un tempo chiamata Alexandra Neokleos, aveva infatti mantenuto l'aspetto mascolino che aveva prima, con i corti capelli ricci e gli abiti di taglio maschile. Attraverso il suo pallore si intravedevano ancora le centinaia di lentiggini che macchiavano la sua pelle candida.
«Alex, senti chi parla! Quando la smetterai di prenderci in giro sul tuo sesso allora potrai giudicare i nostri scherzi» le rispose Charles tornando serio per un attimo.
«Ma il mio è uno scherzo innocente, simpatico, non fa male a nessuno e rallegra le deprimenti giornate di un povero fantasma! Ma cosa volete capirne voi, della morte...» e detto quello attraversò il corpo del castano provocandogli un violento brivido di freddo.
«Ho mai detto che odio i fantasmi? Perché credo di odiarli sul serio!» disse quindi lui rivolto più a Ethan che a Raye, la quale non riusciva ancora a smettere di ridere.
Poco dopo li raggiunse anche Meredyth, la quale pareva avere occhi solo per il maggiore dei tre, ancora teneramente imbronciato.
«Finalmente ti ho trovato, Charles! Dove ti nascondevi? Anche Lev vuole vederti, sai? Dovresti proprio venire con noi al buffet così potrai raccontarci qualche novità» disse lei dopo un'occhiataccia agli altri due, ancora offesa per il trattamento ricevuto poco prima.
«Ehm, ora sono con loro. Cioè, ci vengo volentieri però mi dispiace andarmene così» per un attimo era rimasto confuso. Non capiva cosa volesse fare davvero e se ne stava imbambolato, spostando lo sguardo tra i due amici e la ragazza.
«Certo che vuole venire! Vero Charlie? Non vedi l'ora di passare del tempo con Mer...» si inserì allora Raye per indirizzare il suo migliore amico verso la "giusta via" «offrile il braccio e andate!» aggiunse sollevandogli addirittura il braccio.
«Oh, non chiamarmi così... però... va bene, se lo dite voi...» ancora stranamente confuso il ragazzo si incamminò al fianco di Meredyth, tenendola sottobraccio.
«Ci sei mancato molto in questi giorni, abbiamo ricevuto solo due lettere e ci stavamo preoccupando...» Meredyth parlava al plurale, inserendo anche il suo fratellastro, anche se la verità era che avrebbe tanto voluto sentirsi libera di ammettere di essere solo lei a preoccuparsi tanto, a sentire tanto la sua mancanza...
Raggiunsero la zona del buffet adibita ai dolci e alle birre e trovarono Levhai intento a scegliere un pasticcino fra i centinaia disposti sul tavolo, in ordine di colore. Ne prese uno alla panna, completamente ricoperto da fragoline di bosco e lo addentò, sempre cercando di non pensare al mal di testa che lo tormentava.
Quando i loro sguardi si incontrarono, i due ragazzi si strinsero in un poderoso abbraccio amichevole.
«Charles! Qual buon vento eh? Non c'era occasione migliore di una bella festa, per onorare la notte a noi dedicata» esordì il castano «credo proprio che andrò a fare due passi, ma voi dovete proprio assaggiare questi pasticcini con un sorso di birra ambrata!» e con questo si accomiatò da loro, lasciandoli soli.
In quel momento fecero il loro ingresso in sala gli Slytherin, attirando l'attenzione di tutti...

Atto quinto: quello che gli uomini vogliono

Alistair Slytherin si guardò attorno con fare flemmatico, mescolando distrattamente il vino contenuto nel calice dorato con movimenti circolari del polso.
Si impegnò non poco per evitare sgradevoli pensieri dovuti alla sensazione di essere perennemente osservato e giudicato, ma la verità era che ormai ogni vecchia abitudine sembrava ermeticamente radicata in lui.
“Guardatelo!” gli pareva di leggere negli sguardi dei presenti “Guardate il nobile decaduto! Guardate quell’uomo fallito!”
C’era stato un tempo in cui il padrone del Maniero delle Serpi sembrava essersi avviato sulla buona strada per vivere più serenamente, senza il timore del giudizio altrui: allora era un giovane nobile a tutti gli effetti, sua moglie era ancora viva ed il territorio da lui amministrato era una distesa rigogliosa e fertile.
Alistair aveva avuto l’impressione che tutto avesse cominciato a crollare dopo la morte di Evangeline, nonostante cercasse più e più volte di scacciare questo pensiero: lui non era un uomo superstizioso, la superstizione era affar della volgare plebaglia babbana.
Il salone era già bello affollato, ma il capofamiglia degli Slytherin era ormai abituato a presentarsi ai ricevimenti in pomposo ritardo. Bevve distrattamente un sorso dal proprio calice, dopodiché si rivolse al servetto magro e allampanato che stava sull’attenti a pochi passi da lui.
«Huck, vai a cercare quei tre squinternati dei miei figli, per favore. E cerca di tenerli d’occhio, non voglio che mettano in imbarazzo il nome della nostra famiglia… come al solito.»
«Sì, mio signore» rispose il ragazzino con un sussurro, poco prima di accomiatarsi con un breve inchino e strisciare silenziosamente tra la folla, facendo ben attenzione a non urtare nessuno.
Huckleberry Aelfgar era un quattordicenne taciturno e discreto, che sarebbe potuto passare facilmente inosservato se non fosse stato per l’indomabile zazzera bionda che si aggrovigliava sulla sua testa. I grandi occhioni neri dalle lunghe ciglia ed i lineamenti eterei gli facevano dimostrare diversi anni in meno rispetto a quanti ne avesse, tutto ciò che gli impediva di essere scambiato per un bambino di dieci anni erano i suo centosettantasette centimetri d’altezza.
Nonostante l’aspetto fisico poco maturo, Huck era un tipetto sveglio, nonché gran lavoratore: era giunto al Maniero delle Serpi in una piovosa notte d’Ottobre dell’anno precedente, scampando al massacro della propria nobile famiglia insieme all’amico River Madison.
River non ce l’aveva fatta a riprendersi dalle ferite subite durante la fuga, ma Huck era stato in grado di ottenere un posto di lavoro, arrivando, nel giro di qualche mese, a diventare il servitore personale del secondogenito di Lord Slytherin.
“Trovare quei tre non sarà difficile” pensò, evitando per un pelo di essere colpito dalla mano di una nobile invitata che gesticolava animatamente “Il vero problema sarà tenerli d’occhio”.
Conosceva abbastanza bene i tre ragazzi più grandi da poter restringere il campo di ricerca: Christopherus solitamente prendeva un singolo calice di vino rosso e si metteva a pavoneggiarsi in mezzo ad una cerchia di invitati sufficientemente illustri; Fitzwilliam si sarebbe imbucato in qualche stanza ridotta ad un bordello improvvisato o avrebbe attaccato bottone con gli ubriaconi di turno, dando fondo alle bevande alcoliche del banchetto - anche se Huck era più convinto della prima ipotesi quella sera, considerato che alla festa era presente la favorita del padroncino.
Salazar, invece, si sarebbe sistemato in una zona poco affollata, magari intrattenendo brevi conversazioni qua e là oppure leggendo un libro portato da casa, accomodato in disparte su una qualsiasi sedia, anche non imbottita.
Il quattordicenne accettò il piccolo boccale offertogli da un servitore - era convinto ne avrebbe avuto bisogno - e si scostò verso una zona un po’ isolata del salone, in prossimità di due grandi drappi color rosso porpora, accostati tra loro.
Rischiò di finire soffocato da una piccola sorsata di birra scura quando l’apertura in mezzo alle pesanti tende di seta si allargò all’improvviso, mentre Christopherus usciva con aria tronfia, rischiando di urtarlo.
«Pronto per incontrare la promessa sposa!» esclamò ridendo tra se, controllando che la cintura dei pantaloni fosse ben serrata «Devo dire che adesso sono proprio di ottimo umore… e tu cosa ci fai qui?» domandò poi, accorgendosi finalmente della presenza di Huck.
«Vostro padre…» rispose sinteticamente il servetto, facendo intendere la propria missione al primogenito degli Slytherin.
«Il vecchio ha paura che infanghiamo il suo onore» s’intromise Will alle spalle di Huck, facendolo sussultare «come se non si rendesse già abbastanza ridicolo da solo con quell’aria da eremita pomposo. E poi ha anche il coraggio di prendersela, quando gli dico che Lord Babbius sarebbe il suo migliore amico ideale!»
«Sì, d’accordo, approvo tutte le tue scemenze, Fitzwilliam» tagliò corto il maggiore «ma adesso ho il dovere di incontrare la mia promessa sposa. Divertiti.» aggiunse mentre si allontanava, gettando un’occhiata al drappo rosso dal quale era sbucato.
Huck aggrottò la fronte, ma non si sorprese quando vide una testa rossa fare capolino dalla fessura tra le due tende. La morbida tunica verde era leggermente discinta sul davanti, allargando la scollatura che metteva in risalto la curva tra i due seni floridi.
«Hai intenzione di entrare, Will, o ti serve l’ invito ufficiale?»
Il terzogenito di Lord Alistair strizzò l’occhio ad Huck e si schiarì la voce, assumendo un tono altezzoso.
«A dir l’onesta verità, Milady, credevo foste ormai avvezza alla mentalità di Lord Babbius. Lui desidera ben due inviti ufficiali, due come i Vostri bei tuberi frontali. Fitzwilliam può entrare anche senza permes…»
«Dacci un taglio» lo zittì la rossa, senza mostrarsi né scocciata né divertita «potrei farti perdere il turno. E tu, ragazzino, cosa pensi di fare?» domandò rivolgendosi ad Huck «Hai intenzione di entrare? In caso contrario ti consiglio di girare i tacchi.»
Il biondino scosse rapidamente la testa e, alzando gli occhi al cielo, si inoltrò tra la folla alla ricerca di Salazar.
Will lo osservò allontanarsi, dopodiché abbozzò un sorrisino furbo.
«A che turno sei arrivata?»
«Ha importanza?» domandò impassibile Lilah, sistemandosi senza troppa convinzione la scollatura «Sono una donna, posso andare avanti quanto voglio. Mica come voi maschietti che avete sempre bisogno di una pausa, povere anime.»
Sporse il labbro inferiore, facendo una smorfia di finto dispiacere. Alla penombra delle gigantesche tende di seta, gli occhi verdi di Lilah avevano assunto una sfumatura quasi grigiastra.
«Cosa credi, tuo fratello fa tanto lo spavaldo ma l’ho appena sfiancato. Beh, in realtà non se n’è ancora reso conto» aggiunse con fare furbo, arricciando una ciocca rossa attorno al dito indice «ha voluto farlo con il nuovo rituale. L’avevo avvertito che certi effetti potrebbero manifestarsi a distanza di qualche ora… se non minuto. Deve solo sperare che non gli venga il fiatone quando si troverà davanti alla futura sposa.»
«Oh, io invece spero proprio che accada» rispose Will, con un sorriso a trentadue denti «farebbe bene sia a lui sia a mio padre qualche piccola figura di merda. Magari, col tempo, comincerebbero a prendere le cose meno sul serio, con un filo di ilarità.»
«Cosa che a te di sicuro non manca» replicò la prostituta, poggiando poi le mani ai fianchi con un sospiro «allora, cos’hai deciso? Hai intenzione di stare qui a chiacchierare per tutta la notte o vuoi venire dietro il drappo con me? C’è parecchio spazio, sono piuttosto sicura che qualcuno ha già avuto la mia idea molto prima. Magari il padrone di casa, o il suo figlio più grande.»
«Ti dirò, Godric mi ha dato l’impressione di essere poco incline ai piaceri della lussuria» osservò il diciannovenne, sfiorando poi distrattamente gli orli della propria camicia con il dito indice «Comunque, vorrei sapere se hai altri clienti dopo di me.»
«E perché mai?» domandò Lilah, leggermente sospettosa «Vuoi fare turno doppio? Non c’è problema per me, sei tu che devi pagare di più, poi…»
«In realtà volevo chiederti se ti andava di ballare un po’» la interruppe il giovane Slytherin, piegando leggermente il lato sinistro delle labbra verso l’alto «Fare un paio di giri a ritmo di musica, bere qualcosa di forte. E poi tornare qui.»
Lilah lo fissò in silenzio per qualche secondo. Socchiuse leggermente le palpebre, come se cercasse di focalizzare un punto lontano, un puntino all’orizzonte dell’anima del coetaneo.
«Vuoi ballare e poi ubriacarti, quindi?» ripeté infine, incrociando le braccia «Sesso da sbronzo?»
«Per me è divertente» disse Will, avvicinando poi le labbra all’orecchio della rossa «certo, se vuoi tirarti indietro non c’è problema.»
Lilah gli lanciò un’occhiata severa, dopodiché si sistemo rapidamente le vesti ed uscì completamente dal proprio nascondiglio, afferrando la mano dell’amico.
«Io sono una professionista. Non ho problemi di alcun tipo se vengo adeguatamente pagata.»
Cominciarono a volteggiare elegantemente per la sala, sulle note della canzone di Lady Daphne. Di tanto in tanto, qualche nobile lanciava uno sguardo ammiccante alla bella prostituta dai capelli rossi, che commentava la loro prestazione all’orecchio del partner di ballo.
«Lo vedi quello con il mantello blu?» disse in tono quasi circospetto «Il tipo con il nasone e la pancia da bevitore di birra…»
«Quello che sembra il cugino scemo di Lord Babbius?» domandò Will, sorridendo sotto i baffi.
La rossa soffocò un ghigno «Sì, quello. Ha la parrucca. E la lava decisamente poco.»
«Dev’essere stato uno spasso scopare con lui» commentò il ragazzo, trattenendo a stento le risate.
Lilah diede un’alzata di spalle.
«E’ il mio lavoro. Tu pensi forse di essere il più grande maestro del sesso della Gran Bretagna? Sciocchezze. Anche perché c’è soltanto un grande maestro qui, e sono io.»
Will fermò la danza, aggrottando la fronte confuso.
«Stai forse cercando di dirmi che non sono bravo?»
Lilah restò in silenzio per qualche istante, dopodiché gli volse le spalle e si incamminò in direzione delle bevande.
«Non te lo dirò mai.»
«Lilah!»
Ignorando gli sguardi degli invitati, Will raggiunse la ragazza, il volto teso.
«Voglio sapere.»
La rossa afferrò un piccolo calice dorato, colmo di un liquido scuro, dopodiché si appoggiò con noncuranza al tavolo, fissando l’amico dritto negli occhi. Il suo sguardo lasciava trasparire una nota di divertimento.
«Perché voi maschi siete tanto fissati con le prestazioni?»
Will afferrò un calice a sua volta, anche se più grande, e vuotò il contenuto tutto d’un sorso.
«Non mi piace quando ti metti a tiranneggiarmi in questo modo.»
Lilah fece per replicare, quando la sua attenzione venne catturata da due donne appena entrate nel grande salone addobbato.
«Ma guarda» mormorò con fare interessato «sono arrivati i francesi.»

Atto sesto: tra incantesimi e isteria

«Benvenute, mie signore.»
Lady Gryffindor accolse le ultime arrivate con un inchino, al quale rispose soltanto la più giovane delle due, una ragazza bionda sui diciotto anni dal fisico slanciato e la postura elegante.
Aveva delle belle labbra carnose, grandi e profondi occhi blu ed un delizioso nasino all’insù puntellato di lentiggini. Scontato dire che l’apparenza fragile e posata della giovane creava un fortissimo contrasto con quella della donna dai capelli rossi che l’affiancava: imponente, sicura, quasi strafottente. Dimostrava circa una quarantina d’anni e si guardava attorno con fare imperioso, le mani sui fianchi ed i piedi ben piantati a terra.
Non appena cominciò a parlare, Freya Hufflepuff, che era rimasta al fianco della padrona di casa, soffocò a stento un risolino.
«Siamo in ritordo» brontolò scocciata la maestosa ospite, con un accento francese esageratamente marcato al punto da sembrare finto «Il Primo Ministro ha avuto la “brillonte” idea di recorsi qui in carrozza. Carrozza majica, sonsa cocchiere. Perché lui ha paura dei cavolli, pensote che fenomeno di uomo, quindi, ovviamonte, non potevomo usare un normale cocchio, no? »
«Mi domandavo, in effetti, come mai il Primo Ministro non fosse con Voi» rispose gentilmente Lady Hellen, allungando un calcetto sugli stinchi di Freya «Anche se non comprendo il senso del suo desiderio: una carrozza… senza cavalli? Capisco che la magia renda possibili le cose più impensabili, ma a questo punto perché non scegliere un mezzo di trasporto diverso?»
«E’ quello che ho detto!» sbottò la prorompente ospite, facendo voltare mezza sala «Un’idea assolutamonte idiota! Ma moi che quell’impiostro mi ascolti! Oi! Pour le caleçon de Merlin! Ces choses me font sortir de ma tête!»
Calò un silenzio imbarazzante tra le ospiti e la padrona di casa - un silenzio interrotto soltanto dalle risate soffocate di Lady Hufflepuff - tanto che, dopo aver terminato le imprecazioni, la rossa assunse immediatamente un tono più pacato: «Perdonotemi, in scerti momonti fascio fatica a controllormi. Ho dovuto scappore dal matrimonio di mio fratello pour quella sciocca idea del Ministro. Abbiomo dovuto partire in antiscipo e la carrozza si è guastota comunque.»
«Non Vi preoccupate. Voi siete Donna Beautemps-Noble, preside di Beauxbatons, giusto?» replicò Lady Gryffindor in tono gentile «E’ un piacere incontrarVi, mia signora.»
«Il piascere è mio, Madame» rispose Donna con un inchino «La vostra dimora è delisiosa. Permettotomi di presentorvi una dei miei alliovi migliori: Mademoiselle Michèle de Grandprè.»
Indicò con un cenno della mano la biondina che era rimasta in silenzio al suo fianco, la quale rivolse un dolce sorriso alla padrona di casa.
«Mio fratello Jerôme è rimosto a fare compagnia al Ministro» spiegò, sistemando una ciocca bionda dietro l’orecchio «Ci rajunsceranno non appena il guosto sarà riparato.»
«Naturalmente» disse Lady Gryffindor, sorridendo di rimando «Volete unirvi alle danze, mie signore? O preferite rifocillarvi al nostro ottimo banchetto?»
«Il vino è davvooooro ottimo» aggiunse Lady Freya, beccandosi un pestone sul piede da parte dell’amica.
Donna e Michèle si consultarono un attimo con lo sguardo, dopodiché la maggiore indicò con un cenno della testa i lunghi tavoli apparecchiati. Pareva decisamente più rilassata rispetto al momento dell’arrivo.
«Trés bien, credo che mi farà piasciore bere qualcosa» disse, attaccandosi al braccio che Lady Hellen le aveva appena offerto «Michèle, ma chére, vuoi fare un jiro qua attorno?»
«Oui, Madame» rispose la bionda, congedandosi con un inchino.
Anche Freya decise di congedarsi, sapendo che non avrebbe resistito ad ascoltare una singola frase in più da parte di quella buffa donnona, e si allontanò con la scusa di cercare il proprio marito.
Dentro di sé, Hellen tirò un sospiro di sollievo.
«Avete accennato ad un matrimonio, prima» s’interessò, offrendo un calice dorato all’imponente ospite «Vostro fratello?»
«Oh, oui, oui, Jean» un sorriso affiorò spontaneo sulle labbra della quarantenne, mettendo in mostra i segni delle prime rughe «E’ un Guoritore, uno dei migliori in tutta la Fronscia. Non per nionte, gli invitoti erano numerosi quasi quanto i vostri stasera.»
«Avete molti parenti?» continuò Lady Hellen, dando una rapida occhiata al lavoro dei servitori.
Donna afferrò un acino d’uva da un grosso cesto di frutta: «Di fratelli ho solo Jean. Ma oui, ho molti paronti, tra cugini, zii… tutti rigorosamonte fronscesi…»
«Tanti quanti i peli che ho sulle braccia» s’intromise una voce cupa alle loro spalle «Non chiederle di parlarti della sua famiglia, Hellen, sul serio. Potresti addormentarti e crollare sopra una delle brocche di vino.»
Donna si voltò indispettita, fulminando l’interlocutore: «Oi! Mi sembrova di aver sontito un verme strisciore da queste porti, Alistèr!»
Il Lord del Maniero delle Serpi vuotò il proprio calice e si avvicinò con flemma al tavolo: «Io avevo sentito le tue urla da gallina isterica nel preciso istante in cui hai messo piede qui dentro.»
«Voi due vi conoscete?» domandò stupita Ledy Hellen.
I due si lanciarono un’occhiata di sufficienza.
«E’ una lunga storia» rispose spiccio Alistair «Forse più lunga della lista dei suoi strani ed improbabili parenti. E comunque, per l’ennesima volta, Donna, il mio nome si pronuncia A-lister, non Alistèr.»
«Tais-toi!» sbottò la preside «Vuoi che mi metta a raccontore tutte le stronzote che hai combinato duronte il tuo primo viaggio in Fronscia, Monsieur Pronunscia?»
Lady Gryffindor osservò preoccupata l’ospite d’oltremare, ma sospirò di sollievo quando Lord Leon le fece un cenno dalla parte opposta della sala.
Si congedò più in fretta possibile, allontanandosi dai due che avevano cominciato a battibeccare.
Il senso di sollievo, tuttavia, svanì non appena raggiunse il marito: l’espressione allarmata sul suo volto non prometteva nulla di buono.
Nel frattempo, Michèle si aggirava per il salone da ballo con aria discreta, la schiena dritta e le mani giunte dietro: le dispiaceva che suo fratello non fosse con lei in quel momento, di sicuro Jerry avrebbe apprezzato un boccale di buon vino inglese.
«Speriamo non sci mettano molto ad arrivare» mormorò tra se, fermandosi all’improvviso nei pressi dell’enorme caminetto acceso. La sua attenzione era stata attirata da un ridotto gruppetto di ragazzine: una di loro, una sedicenne dai lunghi capelli bruni, sedeva su uno sgabello tenendo in grembo un grosso calice vuoto. Accanto a lei, una ragazza poco più grande, simile nei lineamenti ma bionda di chioma, sbirciava incuriosita da sopra la sua spalla, mentre una bimba di circa dieci anni le stava tendendo dei piccoli sacchetti chiusi posati sui palmi delle piccole mani.
«Devi mettere prima le bacche di vischio, ne sono sicura!» annuiva convinta la minore, permettendo ai capelli castani ribelli di scivolarle davanti agli occhi «Prima le bacche e poi il Bezoar tritato!»
«Lail, ti ripeto che non ha senso!» esclamò spazientita la bionda «Il Bezoar va messo per primo, poi il corno di unicorno e per ultime le bacche di vischio!»
«Sì, ma l’Ingrediente Base quando va messo?» domandò la mezzana, stringendo bene il calice tra le ginocchia.
Michéle si lasciò sfuggire un sorriso, dopodiché si avvicinò alle tre dame (probabilmente sorelle) con fare gentile: «Volete creore un antidoto contro i veloni?»
Le giovani la fissarono per un secondo, quasi intimorite, poi la maggiore prese parola: «Sì, ma non ricordiamo bene il procedimento.»
«Penso vi sarà difficile riuscire nella vostra impresa, senza una fonte di calore» s’intromise una voce cordiale e femminile alle spalle di Michèle «Comunque Phoebe ha ragione, il trito di Bezoar è il primo ingrediente.»
La bella francese si voltò con grazia, trovandosi di fronte ad un’affascinante fanciulla sui diciannove anni, dai lunghi capelli rossi e magnifici occhi color azzurro cielo. I tratti del suo volto erano a dir poco incantevoli, ma la cosa che colpì all’istante Michèle furono le labbra: carnose, ben disegnate, di un bel colore rosato…
Rosa come quelle di Jo” pensò, con una punta di nostalgia.
«Tu sei l’ospite d’oltremare, giusto? L’ho capito dall’accento» disse la rossa, compiendo un piccolo inchino «Piacere, io sono Susanne Frey, figlia di Lord Tywin Frey e nipote di Alistair Slytherin. Naturalmente preferirei che non mi chiamassi Susanne perché non lo sopporto, di solito tutti mi chiamano Missy o Susy. Loro invece sono Phoebe, Pimpernel - che tutti chiamiamo Nell - e Lail Blanchefleur, le ultime per età tra i sette figli del Conte Lawrence Blanchefleur, che è uno dei più potenti alleati di Lord Gryffindor. Sì, sette figli, più il nipote che è stato adottato dopo la morte dei genitori, praticamente abbiamo a che fare con un esercito! E sono tutte femmine eccetto il quartogenito, Odd, che è anche cavaliere dell’Ordine…»
«Missy, stai cominciando a parlare a raffica di nuovo» la interruppe Phoebe Blanchefleur, l’unica bionda tra le tre sorelle «Rischi di mandare in confusione la nuova arrivata.»
«Non preoccupotevi» sorrise Michèle, notando di sfuggita quanto fosse strana la tunica esageratamente larga che indossava Lady Phoebe «Ho capito quosi tutto quello che ha detto. Il vostro cognome sombra avere oriscini fransciosi…»
«In effetti è così» rispose Nell, giocherellando distrattamente con il pendaglio di smeraldi e ossidiana appeso alla propria catenina d’argento «I nostri antenati sono nati e cresciuti nella terra dei franchi. Giunsero in Bretagna a bordo di lunghe navi, con il simbolo del Fiore Bianco dipinto sul tessuto delle vele.»
«Blanchefleur, per l’appunto» continuò Missy Frey «Allora, vi serve aiuto per questa pozione o no?»
«Io non sono un asso in Pozioni» avvisò Michèle «Ansi, a dir la verità, fascio piuttosto schifo…»
«Nessun problema, all’antidoto ci penso io, mio cugino Sal mi ha insegnato diversi trucchetti, lui è bravissimo a preparare pozioni» la rassicurò la rossa, senza porre freno all’incessante parlantina «Allora, mi sarebbe utile se trasfigurassi questo calice e mi trovassi una fonte di calore che non sia il caminetto, perché penso che Lady Gryffindor non sarebbe contenta se ci vedesse fare esperimenti con il suo…»
«Con gli Incantosimi e la Trasfigurasione non ho problemi»
L’affascinante diciottenne francese sfoderò con eleganza la lunga bacchetta in legno d’acacia contenente il capello di una veela - alias la sua stessa madre - dopodiché la puntò in direzione del calice posato in grembo a Nell Blanchefleur, che assunse immediatamente la forma di un piccolo calderone dorato, decorato con zaffiri e disegni floreali.
«Posalo a terra, s'il vous plaît» disse poi, rivolta alla sestogenita Blanchefleur, la quale obbedì con un’espressione curiosa e affascinata. La piccola Lail si lasciò sfuggire un gridolino d’eccitazione non appena un piccolo fuoco prese vita ai lati del calderone, senza toccare il pavimento.
«Perfetto» commentò Missy, afferrando i sacchettini contenuti nelle manine dell’ultimogenita del Conte Lawrence «Allora, prima di tutto mettiamo il trito di Bezoar, poi aggiungiamo due misurini di Ingrediente Base e scaldiamo» tirò fuori la propria bacchetta, legno di acacia con nucleo di scaglia di sirena, la agitò una volta ed attese una decina di secondi «Adesso mettiamo un pizzico di corno di unicorno, mescoliamo in senso orario per due volte e poi aggiungiamo le bacche di vischio. Mescoliamo due volte ancora, però in senso antiorario. Adesso basta agitare una volta la bacchetta e…»
«Et voilà!» concluse Michèle, spegnendo il piccolo fuoco «Sono sicura che tra qualche secondo mi sarò scordata qualche passajo, ma bien fait, Mademoiselle.»
«Ecco qua il vostro antidoto» sorrise trionfante Missy, porgendo il piccolo calderone pieno alle tre sorelle che la fissavano con le bocche spalancate «Chiamatemi pure se avrete bisogno di qualche altra piccola lezione.»
Face un piccolo inchinò e si allontanò a testa alta, sotto gli sguardi quasi frastornati delle tre Blanchfleur e di Michèle. La bionda attese qualche secondo, dopodiché commentò in tono confidenziale: «Sono convinta che se le tagliossero la lingua la condannerebbero involontariamonte a morte…»
 
Silenzioso ed in disparte, Salazar aveva bevuto soltanto mezzo bicchiere di vino: la sua testa, troppo affollata da strani pensieri, gli aveva fatto passare qualsiasi tipo di appetito.
I lunghi capelli, solitamente disordinati e sottoposti a cure neanche lontanamente sufficienti per il rango di un - seppur decaduto - nobile, erano stati lavati a lungo e poi acconciati in modo che i soliti ciuffi ribelli non gli ricadessero davanti agli occhi: non poteva di certo fare la figura del trasandato di fronte al capo dell’Ordine dei Grifoni!
Gettò svogliatamente un’occhiata in direzione del banchetto, notando una ragazza bionda e formosa che si aggirava in quella zona, visibilmente a disagio. Aveva camminato avanti e indietro già diverse volte, come se avesse paura di avvicinarsi alle invitanti vivande.
Salazar fece per bere un altro sorso dal proprio calice, quando, alzando lo sguardo, vide Huck corrergli incontro con aria affannata.
«Vi… Vi ho cercato dappertutto» ansimò il ragazzino, piegandosi in avanti, le mani appoggiate alle ginocchia «I… i Vostri fratelli non ne vogliono sapere di… di lasciarsi sorvegliare…»
«Io non vado da nessuna parte» lo rassicurò il ventunenne, osservandolo poi con aria preoccupata «A parte questo, c’è qualcosa che non va, Huck?»
Le guance del quattordicenne si colorirono leggermente, come succedeva ogni volta che il padrone pronunciava il suo nome in tono apprensivo, ma lui fece di tutto per evitare che si notasse.
Raddrizzò finalmente la schiena e gettò un’occhiata alle proprie spalle: «Ho sentito strani discorsi mentre Vi cercavo… non ne ho afferrato il senso… ma comincia ad esserci un certo nervosismo in sala… »

Atto settimo: che il caos abbia inizio

Graham Prewett, vispi occhi azzurri e sorriso amichevole, era ormai da cinque anni un fedele membro delle Cappe Rosse, la guardia d'onore dell'Ordine dei Grifoni. In breve tempo era riuscito a scalare le graduatorie e diventarne il capo, ma anche questo non gli sarebbe mai bastato: il biondo cavaliere voleva primeggiare, passare alla storia.
Fu il primo ad avvistare il pericolo e correre all'interno della Villa ad avvisare il suo massimo superiore, lord Leon. Lo prese in disparte, cercando di limitare il panico, anche se una Cappa Rossa che entra in casa durante un banchetto non è mai di buon auspicio e inevitabilmente alcuni invitati lo videro. Prima fra tutti Elaine, che non gli tolse gli occhi di dosso per tutto il tempo.
«Mio signore, i giganti. Non li avevo mai visti tanto vicini alla città; si dirigono verso di noi. Col suo permesso, consiglio di attuare un piano di protezione per la Villa e per i vostri ospiti» comunicò al rosso capo e fondatore dell'Ordine dei Grifoni, il quale cercò di non scomporsi troppo.
«Ottimo lavoro Graham, sapevo che era una buona idea affidarti il comando. Riunisci gli altri cavalieri nel cortile anteriore e aspettatemi lì. Organizzerò una squadra per gli incantesimi di...» ma non riuscì mai a terminare la frase.
«Mio signore! Lord Gryffindor!»
Quella che all’inizio sembrava la carica di un bufalo spaventato nel bel mezzo del corridoio principale si rivelò nient’altro che la disperata corsa del giovane Ormond Devereux Darthmout Blanchefleur, neo Cappa Rossa nonché quartogenito del Conte Lawrence.
Odd - abituato a farsi chiamare così per via dell’odio profondo nei confronti del proprio nome - irruppe nella sala con la grazia di un troll zoppo, i lunghi capelli castani completamente spettinati.
Graham provò a farlo tacere con un cenno, ma non fu abbastanza svelto: il giovane Blanchefleur non si permise nemmeno di prendere fiato: «Giganti! Mio signore, giganti! Ovunque! Ero di guardai ai confini… si dirigono da questa parte! »
Lord Leon aprì la bocca per replicare qualcosa, mentre il diciannovenne cadeva in ginocchio stremato, ma quello che il signore di Villa dei Leoni e Graham temevano si realizzò nel giro di qualche secondo: il salone fu pervaso da un’ondata di panico generale.
Urla, spintoni, tentativi di fuga. A poco servì l’intervento dei cavalieri appena giunti sul posto, la folla pareva indomabile.
«Com’è possibile?» esclamò Lilah, uscendo da dietro le tende insieme a Will, rivestendosi alla velocità della luce «Giganti che prendono iniziative del genere?»
« Non dovrebbero essere sotto il controllo di quel comitato dal nome lunghissimo? » replicò il terzogenito di Lord Slytherin, abbottonandosi la camicia.
«Dov’è Lady Elaine?» strillò un’invitata, passando accanto a loro «Non dovrebbe fare qualcosa?»
«Signori…» provò ad intervenire Lord Leon «Vi prego, non fatevi prendere dal panico… vi assicuro che faremo il possibile per tenervi al sicuro!»
A nulla servirono le parole del padrone di casa: il caos regnava incontrastato, trasformando il sontuoso salone in una prigione di terrore e follia.
Fu allora che il colossale Lord Artax decise di intervenire, sovrastando il frastuono con la sua voce possente.
«SILENZIO!»
Incredibile ma vero, l’urlo del gigantesco lord bastò a riportare il silenzio e l’ordine all’interno della sala. Leon ne approfittò per riprendere la parola.
«Grazie, amico mio. Niente panico, risolveremo il problema. In questo salone siete al sicuro, possiede già alcuni incantesimi che lo proteggono da incursioni indesiderate, ma ora ne aggiungeremo della altre a tutta la casa. Artax, Maxwell e Alistar, vi pregherei di seguirmi all'esterno, lady Daphne e lady Freya, potete tranquillamente unirvi a noi, se vi compiace» il capostipite della famiglia Gryffindor parlò con un tono di voce rilassante e autoritaria allo stesso tempo, calmando definitivamente la folla.
Fortunatamente Graham si era già defilato ad eseguire gli ordini e di questo Leon gli fu grato. Era un bravo ragazzo, sveglio e intelligente. Avrebbe senza dubbio fatto strada...
«Se non vi dispiace vorrei partecipare anche io, dal momento che il mio dipartimento si occupa proprio di controllare questo tipo di... creature».
A parlare era stata Elaine, che aveva già sfoderato la sua bacchetta di biancospino con nucleo di piuma di Ippogrifo e pareva pronta a tutto per scongiurare l'attacco. ->
«Se pensote che starò qui con le mani in mano vi sbagliote di grosso!» esclamò Donna Beautemps-Noble con fare deciso, sfoderando imperiosa la propria bacchetta di agrifoglio «Oi, chargez! Andiomo a sistemore questi stupidi jigonti!»
«Io e mia moglie ci uniremo a voi» disse il Conte Blanchefleur, alto e dignitoso «Detesto quando la quiete viene turbata.»
«Non temiamo quei bestioni» aggiunse risoluta la bellissima Clarice Blanchefleur, gli occhi di ghiaccio puntati in quelli di Lord Leon con aria quasi di sfida, come se temesse di essere lasciata indietro.
«D'accordo» accordò il padrone di casa «venite pure anche voi. Muoviamoci» e detto ciò il gruppo si incamminò verso l'esterno della Villa.
Gli avventori della festa di Halloween, dapprima in preda al panico e poi pietrificati dal grido di Artax e dalle parole di Leon, iniziarono a sciogliersi, calmandosi un po', e un lieve brusio ricominciò a ravvivare il salone.
Quando il dramma era iniziato, Charles e Meredyth se ne stavano impalati l'uno di fronte all'altro, nei pressi del buffet dei dolci, dove Levhai li aveva lasciati. Non sapevano cosa dire e un silenzio imbarazzante si era fatto largo fra loro. Il trambusto provocato dalla giovane Cappa Rossa aveva come sbloccato qualcosa e i due si ritrovarono abbracciati e tremanti, senza capire bene come ciò fosse successo.
«Chiedo perdono mia lady, non volevo invadere il tuo spazio...» proclamò lui sciogliendo l'abbraccio.
Aveva le guance lievemente arrossate, ma non riusciva proprio a capirne il motivo. Mer era visibilmente scossa, sia per la paura che per l'emozione e tutto quel caos le stava facendo girare la testa. Afferrò un pasticcino alle mandorle e un largo boccale di birra scura, fece un mezzo inchino a Charles e si diresse verso una poltroncina senza aggiungere altre parole. Dentro di sé sperava che il ragazzo la seguisse, ma ciò non avvenne.
Nel frattempo, Helga Hufflepuff aveva raggiunto la sorella maggiore, cercando di nascondere goffamente il nervosismo. Avrebbe voluto afferrarle la mano, giusto per ottenere un po’ di conforto, ma desistette coraggiosamente: Hanna, come al solito, pareva distante anni luce, persa nel proprio cupo mondo personale, fatto di tenebre e spiriti sussurranti.
C’erano stati giorni - ormai lontani - in cui le figlie di Lord Artax passavano molto tempo insieme, giocando e divertendosi, ma da quando i poteri da medium della maggiore avevano cominciato ad intensificarsi, le loro strade si erano dolorosamente divise. Non per imposizione genitoriale, ovviamente, il signore di Rocca del Tasso non avrebbe mai obbligato le gioie della propria vita ad allontanarsi l’una dall’altra: era stata Hanna stessa a prendere la tormentata decisione.
Ogni negromante pagava il prezzo dei propri poteri con una maledizione e la ventiduenne non avrebbe mai voluto fare del male involontariamente ai propri cari a causa della propria.
«Roba da pazzi» brontolò Lilah, raggiungendo le amiche «adesso perfino i giganti si mettono a creare problemi. E sì che Lady Elaine mi era sembrata una persona competente.»
«Quelle creature sono imprevedibili» rispose freddamente Hanna, lottando silenziosamente contro una delle solite tremende emicranie «penso che persino il Capo del Concilio in persona avrebbe difficoltà a tenerle a bada.»
«Beh, lo credo bene» s’intromise ridendo Ignis Derrk, riferendosi alla statura del Ministro inglese «Probabilmente dovrebbe già impegnarsi molto per farsi vedere…»
«Ignis, smettila, non è carino quello che hai detto» lo rimproverò Helga, alzando gli occhi al cielo.
«E’ la verità!» replicò l’altro, senza nascondere un sorriso «Comunque, sono convinto che i giganti in realtà volessero usufruire dei servigi di Lilah.»
«Probabile» rispose la rossa, lanciando un’occhiata distratta alla famiglia Slytherin, che si era radunata a pochi metri da loro.
Will ricambiò rapidamente il suo sguardo, abbozzando un sorriso poco convinto, dopodiché incrociò le braccia, concentrandosi sui discorsi dei propri parenti.
«Secondo voi avranno bisogno d’aiuto là fuori?» domandava Missy, guardandosi attorno nervosa «Non mi piace affatto questa situazione, non riesco a trovarci un senso.»
«Perché, in effetti, il senso non c’è» borbottò in risposta Salazar, accarezzandosi distrattamente la barbetta scura con le lunghe dita «i giganti non avrebbero mai potuto marciare fin qui da soli. Qualcuno li sta aiutando.»
«E chi diamine potrebbe mai essere tanto squinternato?» esclamò Christopherus «Chi potrebbe mettersi in testa di gettarci addosso un esercito di quelle orride creature?»
«E oltre a chi, io mi domando il perchè» commentò Missy, cominciando a mordicchiarsi nevrotica l’unghia del pollice.
Il secondogenito di Lord Alistair diede un’alzata di spalle, dopodiché si rivolse al proprio servitore con aria stanca. 
«Huck, per favore, potresti portarmi qualcosa di forte da bere? Questa situazione mi sta facendo scoppiare la testa…»
Huckleberry si inchinò silenziosamente, per poi incamminarsi con passo deciso verso la tavolata rotonda su cui facevano bella mostra di sé i superalcolici. Salazar amava il Wiskey Incendiario ed era compito suo procurarglielo, in quel momento di agitazione temporanea.
Eppure, nonostante il panico generale, lui non riusciva a provare una vera paura. Ci stava giustappunto riflettendo, mentre versava il liquore ambrato in quattro bicchierini d'oro lavorato con piccoli rubini, quando si sentì sfiorare la spalla.
«Ti serve tutta, quella bottiglia? Ne servirebbe un bicchiere anche a me, il signorino Cormac ha voglia di bere un goccetto, per calmare i nervi...» un bel ragazzo dai capelli corvini gli si era parato davanti e lo fissava in attesa di una risposta.
«P-prendila pure, io ho finito...» balbettò leggermente Huck, confuso dalla sensazione che gli provocava la vista di quei misteriosi e penetranti occhi grigi. Gli porse la bottiglia e fece per andarsene col vassoio di bicchieri, quando la voce del ragazzo lo fece immobilizzare.
«Molto gentile, bel biondino. Io mi chiamo Ethan, tu?» chiese semplicemente. Il biondo avrebbe preferito ignorarlo e tornare dai suoi padroni, ma qualcosa lo spinse a rispondere alla domanda.
«Io sono Huck. Huckelberry, in realtà, ma chiamami pure Huck».
«E' un vero piacere, Huck. Da brivido la situazione in cui siamo, vero? Giganti alle porte della città... assurdo» proseguì quello.
«Io... io non ho affatto paura. Che vengano, gli stupidi giganti. Gli farò vedere chi è Huckelberry Aelfgar!» un secondo dopo l'aver pronunciato quelle parole, Huck si sentì un completo idiota. Era arrossito e provava un profondo imbarazzo: non era da lui, aprirsi tanto.
Va bene, le pensava davvero quelle cose, ma estraniarle così, con un perfetto sconosciuto...
«Sei proprio un tipo coraggioso, biondino. Beh allora ci si vede. Ti cercherò come guardia personale in caso di attacco» lo salutò quindi Ethan con una strizzatina d'occhio, prima di ritornare al tavolo dei Ravenclaw.
In tutto ciò Raye si era limitata a tenerli d'occhio da lontano, con un sorriso malizioso sulle labbra. Aveva già capito tutto, era anni luce avanti a loro. D'altronde non era quello, il suo periodo storico...
L’attenzione della rossa, però, fu quasi immediatamente attirata dalla camminata nervosa di Michéle de Granpré, avvolta nella sua elegante veste azzurrina.
La francese aveva il solito aspetto composto e curato, tuttavia, il modo in cui si contorceva le mani tra loro, mormorando rapide frasette nel proprio idioma, faceva intuire piuttosto bene lo stato d’animo in cui si trovasse quel momento.
«Jerry… Jerry… s'il vous plaît…ne touchez pas à mon Jerry… »
«Qualcosa Vi preoccupa, mia signora?»
La biondina alzò lo sguardo, battendo le ciglia rapidamente per nascondere gli occhi lucidi. Lo strano fantasma che aveva visto aggirarsi qua e la per la sala volteggiava sopra di lei, fissandola benevolmente con il suo grazioso volto androgino.
«Mon frère… il mio fratellino è là fuori… e fuori sci sono questi maledetti jigonti… temo gli sia suscesso qualcosa…»
«Mi sa che potrete avere sue notizie soltanto quando rientrerà la pattuglia di avanscoperta» commentò lo spirito, volgendo gli occhi trasparenti in un punto imprecisato alle spalle della diciottenne «E a quanto pare non siete l’unica in pena per qualcuno…»
Michèle si voltò, aggrottando la fronte: a pochi metri da lei, Phoebe Blanchefleur parlottava nervosamente con tre ragazze più grandi, due more ed una bionda. Non ci volle molto alla bella francese per identificarle come le figlie maggiori del Conte Lawrence.
Volse nuovamente lo sguardo in direzione dello spirito dal sesso indefinito, ma si accorse, non senza una punta di fastidio, che quello era già scomparso, abbandonando una conversazione iniziata da lui stesso - o lei stessa.
Quasi sovrappensiero, fece tornare la propria attenzione alle figlie del Conte Blanchefleur: la situazione era leggermente cambiata, poiché ora Phoebe non stava più parlando con le sorelle, ma si era gettata tra le braccia di un giovanissimo soldato dai capelli rasati, ancora privo del manto che contraddistingueva i vari gradi dei cavalieri.
Questi era incredibilmente alto e muscoloso, forse secondo per stazza soltanto a Lord Artax, ma non incuteva un minimo di soggezione: il suo sguardo era mite e gentile, quasi timido.
Michéle non voleva fare la figura dell’impicciona, ma c’era qualcosa di strano negli atteggiamenti delle sorelle Blanchefleur. Osservando il labiale, riuscì in qualche modo a percepire una breve frase sussurrata da Phoebe al giovane spilungone: “Quanto tempo, ancora?”
Lui mormorò qualcosa con movimenti impercettibili delle labbra, impedendo involontariamente a Michéle di scoprire la risposta.
Tuttavia, alla giovane francese non sfuggì il movimento quasi furtivo della gigantesca mano del ragazzo, che percorse con una carezza il ventre di Lady Phoebe...
In un altro angolo della sala, nel frattempo, se ne stava in solitudine la bella Bianca, con le braccia strette al petto e l'espressione imbronciata. Si detestava per l'aver ceduto, col ragazzino. Si detestava per aver accettato di cantare, per aver deciso di venire a quella stupida festa. E tutto solo per i suoi due punti deboli: l'amore per la vendetta e Salazar...
Nonostante il suo promesso sposo fosse il bel tenebroso Christopherus – e nonostante il fatto che in ogni caso lei cercasse costantemente di evitare i rapporti con chicchessia – il fascino del secondogenito degli Slytherin l'aveva colpita come un dardo al cuore. Aveva finito la sua pozione Antisentimenti, perciò sentiva che una punta di desiderio si faceva largo dentro di lei. Se solo avesse avuto ancora la polisucco avrebbe potuto trasformarsi in una cameriera, sgattaiolare fuori dalla Villa e tornare a farsi gli affari propri. Ma non poteva farlo e la cosa la rendeva ancora più nervosa...
Un'altra donna se ne rimaneva in disparte. Era appena rientrata nel salone, dopo aver dato il proprio contributo agli incantesimi di difesa contro i giganti e stava aspettando che anche gli altri rientrassero per discutere dell'accaduto.
Elaine si sedette su una poltroncina solitaria, con boccale di burrobirra in mano, pensierosa. Stava per arrivare la resa dei conti, se lo sentiva nelle ossa. Estrasse distrattamente dalla borsa il suo spegnino, avendo però ben cura di non farlo scattare, per non liberare Abraham davanti a tutti.
"Stai iniziando finalmente a vedere le lacune, nel tuo piano?" le disse la sua voce all'interno della testa.
«Stai zitto, tu. Cosa vuoi saperne? Sei solo un stupido proteiforme all'interno del mio spegnino. Dovresti fare quello che ti dico, non giudicarmi in continuazione» bisbigliò lei, come fra sé e sé, sperando che nessuno si accorgesse che stava praticamente parlando da sola.
Da una parte le dispiaceva trattarlo male, era l'essere cui volesse più bene al mondo, ormai. Forse l'unico ad esserle rimasto ancora vicino, e anche se non approvava i suoi piani, sapeva che in fondo le voleva bene anche lui.
"D'accordo, come preferisci, non insisterò. Ma sappi che io ti avevo avvertito!" concluse quindi lui, senza insistere troppo.
«Ssh! Staranno per tornare... vado a bermi un sorso di vino».
Levhai, che ne frattempo era rimasto appoggiato con la schiena contro il muro, poco distante dal caminetto, si accorse che il proprio capo si stava spostando verso i tavoli del banchetto: era da un po’ di tempo che Elaine si comportava in modo strano - o meglio, più strano del solito, visto che qualche volta l’aveva pure sorpresa a parlare da sola - e pensò che, forse, quella poteva essere una buona occasione per indagare.
Sussultò quando qualcuno lo salutò da dietro con un sussurro. In un primo momento pensò che si trattasse di uno spirito in vena di scherzi, ma gli ci volle poco per capire che, in realtà, lui aveva già sentito quella voce calda e maschile, più d’una volta. E che, cosa più importante, aveva sentito quella meravigliosa voce da cantante uscire dalle labbra di una persona viva. Si voltò, sorprendendosi a sorridere quando si ritrovò faccia a faccia con un giovane dai lunghi ricci biondi, le cui spalle erano celate dal manto delle Cappe Rosse.
«Come stai, Lev? Sei preoccupato?» gli occhi celesti del cavaliere riflettevano meravigliosamente la luce delle fiamme del caminetto acceso. Quasi furtivamente, Levhai gli sfiorò con le dita la barba bionda e curata.
«Preoccupato? Per i giganti no» si costrinse ad ignorare i bisbigli dei morti che avevano cominciato a farsi nuovamente insistenti «Per l’intera situazione, per il comportamento Lady Elaine… sì, per queste cose sono preoccupato.»
Si guardò attorno, assicurandosi di non avere attenzioni indesiderate su di se. 
«E tu, Hael, come stai?» Haelan Heathcliff, secondogenito di Lord Hammond, ex cantante costretto dal padre a prendere il posto di cavaliere del fratello deceduto, diede una piccola alzata di spalle «Non mi lamento. Almeno ho potuto farti un piccolo saluto, prima di tornare ai miei doveri…»
Quasi l’avesse udito, Graham entrò nuovamente in sala, chiamando i cavalieri rimasti a sorvegliare gli ospiti.
Hael afferrò rapidamente la mano di Lev, la tenne stretta nella propria per qualche secondo, dopodiché si allontanò, lasciando scivolare le dita lungo quelle del ventiseienne.
Quasi in contemporanea, una voce roca e spettrale bisbigliò una singola parola all’orecchio di Levhai O’Gallagher.
"Doppio".
Mentre Lord Leon rientrava nel salone, accompagnato da coloro che l’avevano aiutato con gli incantesimi di protezione, uno strano brusio cominciò a diffondersi tra gli invitati, uno strano brusio che terminò in un agghiacciante e collettivo silenzio.
Il signore di Villa dei Leoni volse lo sguardo in direzione del gruppo di cavalieri che aveva appena fatto il proprio ingresso nella grande stanza, giusto pochi secondi dopo di lui.
Lady Daphne gli lanciò un’occhiata nervosa.
«La pattuglia di avanscoperta!» esclamò Lord Maxwell, riconoscendo i nuovi arrivati «Siete già di ritorno, dunque… non è un buon segno…»
«Ci sono novità?» domandò Leon, rivolto al Comandante Hammond Heathcliff, padre di Sir Haelan, che precedeva l’ordinata fila di messaggeri in armatura.
L’uomo sfilò dalla testa l’elegante elmo dorato, rivelando un volto burbero ed una capigliatura ordinata e ingrigita.
«Mio signore» disse in tono grave «i giganti ribelli hanno già mietuto le prime vittime, questa sera. Abbiamo trovato una carrozza distrutta a poche miglia da qui: il Primo Ministro francese è morto.»




Antro delle Gurubell:

Ebbene eccoci qua con un nuovo capitolo! Sì, vi abbiamo fatto aspettare parecchio, ma speriamo ne sia valsa la pena.
Colgo l’occasione per spiegare ad eventuali lettori “esterni” (che cioè non hanno affidato un personaggio a noi dementi per questa storia) la questione dei Medium.
No, non sono creature della Rowling, almeno non che io, ossia Tinkerbell, sappia. Abbiamo semplicemente deciso di inventare un nuovo tipo di abilità speciale da affiancare a Veggenti, Animagus, Metemorphomaghi, ecc.
I medium, o negromanti, sono coloro che possiedono il potere di comunicare con gli spiriti dei morti e, all’occasione, controllarli. La loro influenza vale sia per i fantasmi veri e propri, sia per le anime che non hanno scelto di vagare sulla terra dopo la morte.
Il problema è che questi continui contatti con l’Oltretomba hanno un prezzo abbastanza alto da pagare: oltre a frequenti mal di testa (dovuti alle voci degli spiriti che spesso e volentieri si fanno sentire anche contro la volontà dei “padroni”), ogni medium è afflitto da una propria maledizione, che può riguardare qualsiasi cosa. Nei capitoli successivi scopriremo ovviamente quali sono le maledizioni di Levhai e Hanna (e si verrà anche a conoscenza di dettagli più precisi riguardo i negromanti).
Cogliamo inoltre l’occasione di fare gli auguri a Loony/Giudi/Purr, alla quale dedichiamo questo capitolo come regalo.
Spero che i creatori dei personaggi siano soddisfatti del nostro lavoro, in caso portate pazienza, cercheremo di rimediare il prima possibile.
Al prossimo capitolo!

Trilly la Bitch

 

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Capitolo 4
*** L'inizio e la fine ***


DDNT
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N.D. Gurubell.
TANTI AUGURI MUFFIN!
Ecco qua, come regalo di compleanno per l'autrice Muffin98, creatrice di Lev, il nuovo capitolo di DDNT!
Lo sappiamo, ci abbiamo messo un sacco per aggiornare, speriamo che almeno sia valsa la pena aspettare.
Buona lettura!
Gurubell




002 – CAPITOLO 2. LA FINE E L'INIZIO


Atto primo: troppe voci dentro la testa

« Mer… »
La ragazza dai capelli castani sobbalzò, voltandosi di scatto verso il drappo a cui dava le spalle: Lev le fece cenno di raggiungerlo lì dietro, così, dopo aver controllato che nessuno la stesse osservando, scivolò furtiva oltre il pesante tendame di velluto rosso, facendo trasparire una certa preoccupazione.
« Cosa c’è? Che ti hanno detto? »
Levhai sospirò, facendo un cenno con la mano come per scacciare un insetto: « Mi stanno tormentando… continuano a ripetere la parola “doppio”, sembrano impazziti… »
« Sei riuscito a metterti in contatto con il ministro francese? »
« Ancora no… probabilmente il suo spirito non si sarà ancora reso conto della situazione… »
« E quel ragazzo, lo studente di Beauxbatons? Di lui sai qualcosa? »
Il ventiseienne affondò le mani nei propri capelli color sabbia, piegandosi in avanti con una smorfia di dolore: « No… non so niente… aiutami, mi stanno facendo impazzire… »
« Ssshhh, tranquillo, tranquillo, sono qui… »
La castana portò il cugino a inginocchiarsi lentamente, per poi permettergli di poggiare la fronte contro la propria spalla. « Stai tranquillo, Lev… respira a fondo… »
« Perché fanno così? Sono impazziti… fanno male… fanno troppo male… »
Il ragazzo represse a stento un gemito, singhiozzando, mentre le voci degli spettri si facevano sempre più insistenti, provocandogli fitte atroci: quando i fantasmi erano così irrequieti aveva quasi la sensazione che qualcuno gli stesse ficcando degli spuntoni roventi nel cranio.
Meredyth afferrò prontamente una fiala riposta nella tasca del biondo, stappandola con un colpetto di pollice:
« Respira questa… piano… »
Un flebile spiraglio di fumo violaceo fuoriuscì dall’imboccatura, entrando nelle narici del ragazzo. Il dolore scemò lentamente, fino a interrompersi, le voci si fecero sempre più flebili.
« Va meglio? »
Lev annuì appena, rialzandosi in piedi e riponendo la preziosa boccetta nella propria tasca: « Sì… spero che si saranno calmati quando finirà l’effetto… »
La venticinquenne sorrise e fece per aggiungere qualcosa, quando la voce di Lady Elaine li raggiunse, facendoli sobbalzare.
« Meredyth, Levhai, siete qui dietro, vero? »
I due cugini si scambiarono un’occhiata allarmata, uscendo allo scoperto.
« Lady Elaine… »
Gli occhi zaffirei della donna squadrarono entrambi con un’inquietante impassibilità, poi le sue labbra delicate si mossero, articolando un importante annuncio: « Lord Leon ci ha convocati nel suo ufficio. È appena arrivato anche il ministro. Ci stanno aspettando. »
« D'accordo… »
La glaciale ventottenne volse loro le spalle, incamminandosi imperiosa verso una delle uscite del salone. Lev sospirò, prendendo per mano la cugina e seguendo il loro capo con la rapidità e la leggerezza di un’ombra. Mentre varcavano la soglia, Meredyth incrociò per un istante lo sguardo di Charles, che sostava con la schiena poggiata al muro, bevendo da un piccolo boccale. Il Metamorphomagus le rivolse un’occhiata interrogativa, a cui lei rispose sillabando a filo di voce: « Ti dico tutto più tardi ».
Non ebbe tempo di controllare se avesse capito o meno: lo sfarzoso scenario del salone cedette il posto a un lungo corridoio scarsamente illuminato, attraverso il quale Lady Elaine procedeva spedita. Nello stesso istante, i giovani cugini O’Gallagher ebbero l’impressione di essere osservati ma, per una misteriosa ragione, nessuno dei due parlò all’altro dell’inquietate sensazione.

Atto secondo: inquietanti sospetti e occhi indiscreti

« Avanti, signori, Lord Leon ha appena chiesto di fare silenzio » fece eco Lord Artax, seduto accanto al padrone di casa, cercando di quietare il nervoso brusio che aveva pervaso la stanza dal momento in cui la riunione era iniziata. In quell’istante, qualcuno bussò sul legno scuro della porta e, senza aspettare la risposta, Lady Elaine entrò impettita con i due collaboratori al seguito. Seduto accanto a Lord Leon, un nano dai capelli color miele ed espressivi occhi celesti batté le mani un paio di volte, accogliendo i nuovi arrivati con un piccolo sorriso: « Bene, ecco qua il resto della mia ciurma. Perfino durante le feste ci tocca lavorare, vero? »
Era vestito elegantemente e la sua voce era limpida e piacevole. Elaine eseguì un piccolo inchino, imitata dagli altri due. « Buonasera, Ministro. Spero di non averVi fatto attendere troppo ».
« Levhai ha avuto… un piccolo problema» s’intromise Meredyth, posando una mano sulla spalla del cugino.
Il ministro del Concilio dei Maghi, Lord Rabastan Derwent, posò lo sguardo glauco sul ragazzo, abbozzando un’espressione comprensiva: « La solita emicrania? »
Lev annuì, cercando di celare il nervosismo: « Ora è passata… ci sono novità riguardo l’attacco alla carrozza del ministro Bonacieux? »
Quasi in concomitanza alle sue parole, la porta si spalancò nuovamente e, subito dopo, Lord Hammond e il conte Blanchefleur varcarono la soglia con passo cadenzato. I loro volti erano segnati da un’espressione grave. Leon si alzò in piedi, poggiando le mani sulla scrivania: « Amici miei, ditemi tutto… »
« Le Cappe Rosse hanno recuperato il corpo del ministro » annunciò il comandante, tenendo il proprio elmo sottobraccio. « Servirà inviare un gufo al ministero francese per informarli dell’accaduto… »
« Me ne occupo io » si offrì Clarice Blanchefleur, mentre il marito le rivolgeva un piccolo sorriso. Donna, battendo nervosamente il piede sul pavimento, incrociò le braccia con fare aggressivo: « Vi ricordo che il y a un mio studonte là fuori! Jerôme de Grandpré si trovova nella carrossa che è stata attaccota! Non avote trovato nulla? »
« Soltanto questo » rispose serio il conte Blanchefleur, porgendo alla rossa un prezioso pugnale dall’impugnatura d’argento, sulla quale era incastonato un grosso smeraldo. Donna lo afferrò, tradendo un fremito.
« Quosto è suo… » sibilò sconvolta. « Lui non se ne sepora mai… »
« Il ragazzo potrebbe essere vivo » tentò di rassicurarla Lord Artax. « Finché il corpo non si trova, aspetto sempre a decretare la morte di qualcuno... »
« Se non è morto, prosto lo sarà! » lo interruppe la preside di Beauxbatons. « Che motivo avrebbero degli stupidi jigonti di tenorlo in vita? Aspettore che orrivi sera per manjarlo come antipasto? Se non l’honno jà manjato, poi… »
« Credo che la signora, nonostante mi abbia fatto venire il mal di testa con le sue grida, abbia involontariamente centrato il punto » s’intromise Lord Alistair, che era rimasto in silenzio fino a quel momento. Freya, seduta sulle ginocchia del marito, socchiuse le palpebre con fare confuso: « Spiegati. »
Il proprietario del Maniero delle Serpi ricambiò uno a uno gli sguardi dei presenti fissi su di lui: « Stupidi giganti. Ecco il punto: i giganti non sono creature ottuse come i troll, ma non eguagliano in intelligenza noi maghi e streghe. Oltretutto, tendono a restare confinati nel proprio territorio e non amano impicciarsi nelle faccende del popolo magico senza un valido motivo. Correggetemi se sbaglio, Lady Elaine. »
« Non sbagliate » replicò la bella strega con fare diffidente. « Ma non sono sicura di dove vogliate arrivare… »
« Io sì » disse Freya, alzandosi in piedi. « Che interesse avrebbero i giganti nell’attaccare e uccidere il ministro francese? L’idea non può essere partita da loro… »
« Oh cielo… » esclamò Lady Daphne a fil di voce. « Non starai dicendo che… »
« Sì, c’è sicuramente qualcuno dietro tutto questo. » sentenziò Lord Maxwell con aria grave. « Qualcuno che li ha convinti a commettere il crimine e aiutati a pianificare l’attacco. E, mi duole ammetterlo, ma ho il sospetto che l’artefice si trovi in questa casa. Se non addirittura in questa stanza… »
« Questa è un’accusa molto grave, Lord Ravenclaw » osservò pensieroso il conte Lawrence. « Ma, purtroppo, sono propenso a credere alle vostre parole, ora che il quadro della situazione pare essere un po’ più delineato. Temo però che non potremmo rendere pubblica una simile dichiarazione senza l’ausilio di prove, rischieremmo di scatenare un putiferio. »
« Se volete delle prove, l’Ordine dei Grifoni condurrà ricerche anche in capo al mondo » assicurò Lord Hammond, battendo il pugno sul petto.
« Dovranno essere prove davvero concrete » disse Lord Artax. Nel suo sguardo aleggiava un velo di amara delusione. « Mi turba molto il pensiero che possa esserci un traditore tra noi… »
« Anche a me, amico mio » replicò Lord Leon, mentre Freya si schiariva la voce con noncuranza, lanciandogli occhiate velenose. « Maxwell, Alistair, Lawrence… siete davvero propensi a credere che… »
« Oui! E’ chioro! » tuonò Donna, battendo il pugno sul tavolo, facendo sussultare il signore di Villa dei Leoni. « I jigonti sopevano che il ministro si stova recondo alla vostra festa! »
« Beh, questo erano in molti a saperlo » spiegò Leon in tono calmo.
La donna gli rivolse uno sguardo scettico: « Accompagnoto solo da moi e due studonti di Beauxbatons? Avevomo fatto crodere che il ministro avesse una gronde scorta al seguito e che sarobbe junto fin qui seguondo la solita stroda. Non erano in molti a sapore che abbiamo proso un’oltra vie, obbiamo mondoto il messajio direttamonte in villa. Persciò, chi ha udito la notisia doveva trovorsi per forsa jà qui.»
Lady Daphne storse il naso, visibilmente indignata: « Uno o più vili traditori sotto questo stesso tetto! Bah! »
« Già, una vera sorpresa, eh? » replicò ironica Lady Hufflepuff, facendo sussultare il marito che cercò invano di coprire il suo commento con dei colpi di tosse.

Al sicuro dagli occhi dei presenti, dietro un grosso drappo, Alex Neokleos ascoltava con attenzione ogni singola parola.

Atto terzo: fame di conoscenza

La riunione durava da ormai una decina di minuti e, nonostante fosse chiaro che tutti gli invitati si sentissero sulle spine in attesa di un qualsiasi responso, la situazione in sala sembrava essersi quietata.
Helga passeggiò avanti e indietro un paio di volte davanti al tavolo dei dolci, gettandosi attorno occhiate nervose. In quel momento sentiva l’incontrollabile desiderio di prendere una fetta di torta con mandorle e noci, ma non riusciva a liberarsi del chiodo fisso che la faceva sentire in colpa ogni volta che cedeva alla tentazione. Era talmente assorta nei propri pensieri da non rendersi conto del ragazzo che camminava a testa bassa in direzione perpendicolare alla sua, sussultando e colpendo col dorso della mano la mascella di lui quando si scontrarono.
« Oh, per la gonna di Medea! Scusatemi, scusatemi, non Vi avevo proprio visto! »
« Se per quello, nemmeno io avevo visto Voi » replicò distrattamente il giovane, massaggiandosi la zona colpita. « Anche se, fortunatamente, non ho l’abitudine di prendere a schiaffi chi mi viene addosso. »
« Mi dispiace tantissimo, non avevo intenzione di colpirVi… »
« Non importa, mio fratello maggiore, quando è ubriaco, ha l’abitudine di lanciare oggetti sul soffitto, che spesso mi rimbalzano addosso… beh, questo non penso Vi interessi, in realtà ho solo cercato di rassicurarVi, ma non sono bravo in queste cose… »
Era un ragazzo strano, anche se in qualche modo attraente, i suoi capelli erano lunghi e tanto scuri da sembrar neri, mentre le iridi dei suoi occhi erano tinte di un bel verde chiaro.
« Voi siete figlio di Lord Slytherin, giusto? » domandò Helga, riconoscendolo. « O meglio, uno dei suoi figli… »
« Sì, sono Salazar » rispose lui. « Purtroppo non possiedo una grande abilità nel riconoscere le persone, quindi non ho idea di chi siate Voi, il che è leggermente imbarazzante. »
« Sono Helga Hufflepuff, figlia di Lord Artax. Ho capito chi siete perché Vi ho visto entrare in sala con Vostro padre, i Vostri fratelli e un giovane servo… quel giovane servo, dietro di Voi… »
Huck sussultò sentendosi chiamato in causa, arrossendo violentemente quando il padroncino si voltò verso di lui, sorridendogli.
« Ah, sei qui, Huck. »
«V-Vi ho portato il Whiskey Incendiario » balbettò il ragazzino, cercandosi all’istante di ricomporsi. Non l’aiutò il fatto che le sue dita e quelle del ventunenne si fossero sfiorate mentre gli passava il calice.
Salazar bevve un sorso, poi indicò la bionda accanto a sé: « Huck, lei è Lady Helga Hufflepuff, figlia di Lord Artax. »
« La conosco » farfugliò il ragazzino, passando i palmi delle mani sui pantaloni. « Cioè, a dire il vero Lilah mi ha chiesto di cercarla. Lei, Lady Hanna, Lady Missy e i Vostri fratelli stanno discutendo di qualcosa e… Vi chiedo perdono se il calice era pieno solo a metà, Padron Christopherus me l’ha preso dalle mani e ne ha bevuto un po’ prima che potessi fermarlo… »
« Spero non ci abbia sputato dentro » osservò Salazar, volgendosi poi verso Helga. « Beh, a quanto pare siamo richiesti dai nostri parenti… e abbiamo una conoscenza in comune. »
« Lilah è una mia cara amica » spiegò la giovane, mentre si avviavano verso uno dei portoni d’ingresso del salone con Huck al seguito. Proprio a pochi metri da lì, i componenti delle due famiglie stavano discutendo animatamente; quando si accorse del cugino appena arrivato, Missy afferrò il braccio di Will: « Eccolo! Huck ha trovato entrambi! »
« Hai dovuto girare per tutto il salone oppure li hai scovati assieme, piccolo? » domandò un giovane dai capelli ricci e castani, tendendo poi la mano verso Salazar. « Piacere, Ignis Derrk, inventore e fabbricante di scope. » « Il piacere è mio » replicò Sal, scambiando un’occhiata interrogativa con i propri parenti. « Che sta succedendo qui? »
« Stiamo provando a vederci più chiaro, Scimmietta » rispose Will con un sorrisino furbo. « L’intera faccenda non ci convince. »
« La riunione sta durando parecchio e… come sono scortese, quasi scordavo di salutarVi, Lady Helga » disse Christopherus, esibendosi in un perfetto baciamano. Hanna Hufflepuff, che era rimasta in silenzio fino ad allora, rivolse al primogenito Slytherin uno sguardo truce.
Missy si morse le labbra, osservando poi con fare pensieroso: « Quei giganti hanno creato un bello scompiglio. Ho sentito che il ragazzo che accompagnava il Primo Ministro francese è sparito nel nulla… »
« Probabilmente se lo saranno mangiato » tagliò corto Lilah, alzando gli occhi al soffitto. La veste verde che fasciava la sua bella figura era stata chiusa solo in parte sul davanti, creando un’ampia scollatura. « Ecco perché non l’hanno trovato. Mistero risolto. Parlando piuttosto di cose serie, è da qualche ora che non riesco a trovare Iago. Pensavo si fosse infilato sotto qualche tavolo, ma quando l’ho chiamato non si è fatto vivo, non è da lui… »
« Forse l’ha mangiato Lord Leon » scherzò Will, beccandosi un’occhiataccia da parte della rossa.
Una voce sopra le loro teste li costrinse a volgere lo sguardo verso l’alto. Alex Neokleos stava volteggiando con fare annoiato. « Non ho potuto fare a meno di ascoltare i vostri discorsi. » disse pigramente. « Chi è questo Iago di cui parlava Lady McLyvon? »
« Non sono una lady. Comunque Iago è il mio tasso, lo porto sempre in giro con me.»
Il fantasma serrò le labbra in una smorfia pensierosa: « Sapete, credo proprio di aver visto un tasso lasciare la sala almeno mezz’ora fa. Si è allontanato passando sotto i tavoli, fino a raggiungere il portone Est e sgusciare fuori. Penso sia stato attirato da qualcosa… »
« Maledizione! » imprecò Lilah, sollevando gli orli della gonna e preparandosi a correre. « Spero non si sia cacciato in qualche guaio. »
« Ti accompagno » si offrì Helga, a cui fece eco Ignis.
« Sì, vengo anch’io… tu, Hanna, che fai? »
La medium si morse il labbro inferiore, poi si limitò a mormorare: « Io resto qui. Devo controllare una cosa. » « Oh, ma come, ci separiamo già? » frignò Will, assumendo apposta un tono infantile. Lilah gli rivolse un’occhiata annoiata: « Vuoi cercare Iago anche tu? »
« Sì, dai, andiamo Will, vengo anch’io! » esclamò Missy, rivolgendosi poi ai due cugini maggiori. « Sentite, vi andrebbe di investigare un po’ sulla faccenda dei giganti? Potreste chiedere in giro o prendere per sfinimento una delle guardie… »
« Ehm… d’accordo, come vuoi… » replicò Salazar, scambiando un’occhiata poco convinta con Huck, mentre i cinque si allontanavano rapidamente.
« La riunione è stata breve… »
« Cielo, in cinque per scovare un tasso! » ridacchiò Chris, scuotendo la testa. « Io proverò a scambiare due parole con la mia futura sposa. Voi due divertitevi come vi pare. »
Sal aprì la bocca per replicare, ma il giovane servo dalla zazzera bionda richiamò timidamente la sua attenzione: « Forse c’è un modo per scoprire qualcosa su quanto è appena accaduto… »
Il secondogenito Slytherin gli rivolse uno sguardo perplesso, al che Huck indicò con un cenno della testa il fantasma che ancora volteggiava sopra di loro. Il ventunenne si illuminò.
« Ma certo, come ho fatto a non pensarci? Ehm… chiedo scusa… »
« Alex » sorrise lo spirito, ben felice del fatto di esser preso in considerazione. « Mi chiamo Alex. »
« Senti, Alex… potresti recarti nello studio di Lord Leon e ascoltare quello che sta succedendo? »
« Divertente » rispose l’anima lentigginosa. « Mi state chiedendo di origliare? »
« Beh, no… » il tono di Sal assunse una nota d’imbarazzo. « Non è origliare, è… è… »
« E’ origliare, padrone » concluse timidamente Huck, quasi un po’ pentito di avergli suggerito una simile idea. « Forse è meglio lasciar perdere, magari… »
« Oh, no, al contrario! » Alex allargò le labbra in un sorriso: « Mi stavo annoiando a morte, sarei felice di aiutarvi. »

Atto quarto: crisi di panico e gruppi loschi

« Non lo so… quest’idea non mi piace proprio… il solo pensiero che qualcuno degli invitati… se non addirittura uno di noi possa aver fatto una cosa del genere… »
Lord Artax si coprì il volto con le enormi mani, deluso e sconcertato. « Insomma, perché? Perché uccidere il ministro e far sparire un ragazzo? Perché metterci i giganti contro? »
« Tu credi troppo nella bontà altrui, Artax » replicò Alistair con aria severa. « Non tutti condividono il tuo senso di lealtà. Anzi, c’è chi la lealtà non sa nemmeno cosa sia. »
« Lo so, però… »
Freya sfiorò con una carezza la spalla del marito, mentre Leon apriva la bocca per rispondere qualcosa. All’improvviso, la porta della stanza si spalancò e, con gli occhi gonfi e le guance rigate dalle lacrime, Michèle de Grandpré si fiondò all’interno della stanza, piantando le mani sul tavolo che la separava dal padrone di casa. « Où est mon frère? » strillò con voce strozzata. « Dov’è mio fratello? Dov’è Jerry? »
« Suvvia, cara, calmati, ti assicuro che faremo il possibile per ritrovarlo » tentò di rassicurarla Lady Daphne. Michèle si voltò disperata verso la preside di Beauxbatons, per poi trasalire non appena vide il pugnale che la donna stringeva tra le dita.
« No… no, no, no, no, no… »
Incespicò in direzione della rossa, strappandole l’arma dalle mani. Donna non oppose resistenza, mentre la diciottenne osservava con fare ossessivo ogni dettaglio della raffinatissima lama.
« No, no, no… »
La sua voce si ridusse a un sibilo, mentre, tra lacrime e singulti, cadeva in ginocchio, stringendo il pugnale del fratello al petto. Lady Freya si inginocchiò accanto a lei, sollevandole il mento delicatamente: « Non vogliamo illuderti, Michèle, ma il corpo di tuo fratello non è stato trovato. Questo ci fa sperare che sia ancora vivo ».
« Vogliomo organizore delle squodre di riscerca » spiegò Donna, restando in piedi ma rilassando la solita espressione rigida. « Metteremo a soqquodro l’intera Bretogna per ritrovore Jerôme ».
« Il vostro dipendente non è un necromante, Ministro? » domandò Lord Maxwell, indicando Lev con un cenno della testa. Prima che Rabastan Derwent avesse il tempo di rispondere affermativamente, Michéle si alzò in piedi di scatto, gettandosi su Lev e afferrandogli con forza i lembi della camicia: « Monsieur, sapote qualcosa? Vi prego, ditemi se gli spiriti vi honno parlato del mio Jerry! »
« Io… » mormorò il ragazzo, scambiando un’occhiata allarmata con Meredyth. « Mi dispiace, non mi è stato riferito nulla a riguardo… »
« Ma se Vi arrivossero notisie… di qualunque tipo… Vi prego, Vi prego, venite a dirmele! »
« Mademoiselle, non stategli così addosso » la rimbrottò Lady Elaine, facendole cenno di scostarsi dal suo dipendente. Non appena fu libero da quella presa disperata e spasmodica, Lev cercò di assumere un’espressione rassicurante: « Prometto che Vi riferirò qualsiasi novità, Mademoiselle. »
Nonostante si sentisse in colpa, non ebbe cuore di rivelarle che per circa un’ora sarebbe stato completamente isolato da qualsiasi voce proveniente dal mondo ultraterreno.
La studentessa tirò su col naso e, dopo aver mormorato un breve saluto ai presenti, uscì dalla stanza con passi rapidi e silenziosi. Fu piuttosto sorpresa quando, chiudendosi la porta alle spalle, notò un movimento sospetto dietro due colonne. Un po’ esitante, si sporse appena in avanti, domandando con fare cauto: « Sc’è qualcuno? »
Uno starnuto, seguito da un’imprecazione, le provocò un sussulto, mentre una ragazza bassa dalla folta chioma color rame usciva allo scoperto, stringendo tra le braccia un tasso dalla pelliccia grigia e nera. Indossava una lunga veste verde che sottolineava le sue curve accentuate.
« Cazzo, Will, ci hai fatti scoprire! » tuonò minacciosa, rivolgendosi a un ragazzo dai capelli castani e ribelli.
« Sei un disastro come spia! »
« Non è colpa mia se mi è entrato un pelo di Iago nel naso! » protestò lui, mentre altre tre persone sbucavano da dietro colonne diverse. « E per tua informazione, io e Missy siamo campioni di spionaggio. Ci siamo esercitati per anni facendo scherzi a quello scemo di Christopherus! »
« È vero » sorrise un’altra giovane dai capelli rossi, che Michèle riconobbe come Susanne Frey, la maestra di pozioni. « Come una volta, quando… oh, ciao, Michy! Cosa ti hanno detto lì dentro? Sai, noi volevamo provare a entrare con qualche inganno, solo che poi abbiamo visto che tu sei entrata normalmente e senza preavviso, così ci stavamo domandando se… »
La biondina strinse le labbra tra loro, battendo le palpebre per asciugare gli occhi lucidi. Il ragazzo alto e riccio che si era nascosto con Missy le si avvicinò, osservando con interesse il pugnale che stringeva tra le esili dita.
« Ottima fattura! » commentò. « E’ Vostro, Mademoiselle? »
La diciottenne scosse la testa, reprimendo a stento le lacrime: « No… è di mio fratello Jerry… lui si trovova nella carrossa che è stota attaccota… e quosto è tutto sciò che sono riusciti a recuperore… non sc’è trascia di lui… »
L’ultima componente del gruppetto di spie, una ragazzina bionda e formosa, le posò i palmi delle morbide mani sulle guance bagnate: « Potrebbe essere ancora vivo. Mio padre dice sempre “mai dire morto finché il corpo non si trova”. Sicuramente si staranno organizzando per cercarlo. »
Michèle annuì debolmente, e, in contemporanea, il ventenne dalla zazzera riccia indicò un punto imprecisato alle spalle del gruppo: « Ehi, ma quelli non sono i figli del Conte Lawrence? »
Gli spioni e la francese osservarono sospettosi il giovane Odd che, attorniato da cinque ragazze di età compresa tra i ventitré e i sedici anni, usciva furtivamente dal salone principale, avviandosi in direzione del lungo corridoio che seguiva la stanza delle riunioni. Quasi in simultanea, il gruppetto si spostò dietro tre colonne, tendendo le orecchie per udire i discorsi dei fratelli Blanchefleur.
« Cerchiamo di sbrigarci » mormorò una di loro, che Michèle identificò come Phoebe. « Corrompere Lail perché se ne stesse buona e non facesse la spia è stata un’impresa. E onestamente non mi sorprenderei se tra qualche minuto cambiasse idea e ci tradisse. »
« Se accadrà, faremo in modo di essere già lontani » fece eco una seconda voce, più grave e matura. Appostata accanto alla francese, Missy sussurrò: « Questa è Pearl, la maggiore ».
« Finiremo nei guai, questo è certo. » osservò Pimpernel, ricevendo risposta da una seconda voce che Michèle non aveva mai udito.
« Grazie per il tuo solito ottimismo, Nell. D’accordo, forse infrangeremo qualche regola, ma non me la sento di stare con le mani in mano, sapendo di poter fare qualcosa di utile ».
« Rosemary » bisbigliò Missy. « La terzogenita ».
Un rumore sospetto, seguito da un “merda!” indicò che Odd era appena inciampato su un tappeto. Un’altra persona parlò e, per esclusione, Chèle capì che si trattava della secondogenita Blanchefleur, Lucretia, gemella di Rosemary.
« Sono sicura che funzionerà. Sempre che Odd non rovini tutto come al solito o Lail non faccia la vipera. »
« Avremmo dovuto portare Sean e lasciare a casa lei. » brontolò Phoebe, mentre, con i fratelli, si addentrava nelle tenebre del lungo corridoio. Lo scemare dei passi dei Blanchefleur fu seguito da un inquietante silenzio. Michèle dischiuse le labbra per domandare qualcosa, ma si interruppe non appena la ragazza che teneva il tasso in braccio non domandò stupita: « Iago, cos’hai in bocca? Fammi vedere… ehi! A chi hai rubato questo rubino? »

Atto quinto: salvataggio, conforto, dubbi

La situazione stava diventando parecchio noiosa. Gli invitati erano troppo preoccupati per poter riprendere a godersi la festa, mentre l’orchestra suonava ormai per inerzia, con poca convinzione.
« Raye? »
Se solo ci fosse stato un modo per movimentare un po’ le cose…
« Raye! »
La quindicenne rossa batté le palpebre un paio di volte, abbassando lo sguardo sulla piccola Eleanor Gryffindor, che in quel momento era aggrappata al suo polso sottile, scuotendolo con insistenza.
« Che c’è? »
« Perché papà ci mette tanto a parlare con gli altri grandi? »
Hellen Marchbanks accarezzò i capelli della figlia minore, mentre con la mano libera stringeva affettuosamente quella del piccolo Heric: « Stanno discutendo di una questione molto importante, ci vorrà del tempo… »
« Voglio sapere cosa dicono! »
La moglie di Lord Leon sorrise con fare benevolo: « Quando sarai più grande potrai partecipare anche tu alle riunioni. »
« Godric e Charles sono grandi » obbiettò Heric. « Perché loro sono rimasti qui? »
Charles, che aveva appena raggiunto la numerosa famigliola, abbozzò un sorrisetto: « Per partecipare bisogna avere almeno venticinque anni, oppure far parte del Concilio. »
« Tu non hai venticinque anni, Charles? » chiese Joany Gryffindor. « Voglio dire, li compi tra poco più di un mese… »
« Charles non può » replicò Eleanor con fare saccente. « È un figlio bastardo, me l’ha detto Lady Daphne. È una cosa brutta. Non può come non possono i babbani e quelli senza poteri. »
Lanciò un’occhiatina velenosa ad Amande, che la fulminò con lo sguardo, alzando una mano per colpirla: « Sei una piccola vipera! »
« Ehi, ehi, stiamo calmi, okay? » intervenne Raye, tirando la bambina dietro di sé con non troppa delicatezza, mentre Charles bloccava la traiettoria dello schiaffo afferrando la mano della secondogenita Gryffindor.
« Ame… non ne vale la pena… »
La diciannovenne si morse il labbro, battendo le palpebre per asciugare gli occhi lucidi, e, non appena il fratellastro lasciò la presa, si allontanò rapidamente, ignorando il richiamo della madre.
Lady Gryffindor sospirò: « Penso sarà meglio portare i bambini nelle loro stanze, l’atmosfera inizia a farsi pesante… poi parlerò con Amande… » si guardò attorno per qualche istante. « Dov’è Godric? »
« Ehm… » esitò Raye. « L’ultima volta che l’ho visto batteva ritirata dopo aver fatto fiasco con la figlia di Lord Ravenclaw, fiasco che non ha assolutamente nulla a che vedere con me e… »
« Vado a cercarlo » s’intromise Charles. « Non mi fido a lasciarlo solo, specialmente in situazioni come questa. Se tutto va bene, starà pensando a un modo per uscire e affrontare qualche gigante… »
« Temo sia così » sospirò la padrona di casa. « Raye, se vuoi puoi accompagnare Charles, mi occupo io dei bambini. »
« Come desiderate, mia signora » rispose la ragazzina, rivolgendo un’espressione furba al migliore amico non appena la donna si fu allontanata coi tre figli minori al seguito, rivolgendo un rimprovero alla più piccola.
« Allora, Charlie, hai qualche idea su dove possa trovarsi quel babbeo di Scemodric? »
« Per cominciare, pensiamo all’ultimo posto in cui dovrebbe stare… »
« Direi che è un’ottima pista ».
I due ragazzi si voltarono sorpresi, mentre Ethan Blake li fissava con un ghigno. Il sedicenne dai capelli scuri aveva approfittato del fatto che Lord Ravenclaw fosse impegnato con la riunione per curiosare un po’ in giro.
« Sai dove si trova quello zuccone? » sospirò il Metamorphomagus. « Se lo sai ti prego di parlare subito, Ethan ».
« Non so dove si trovi esattamente, ma l’ho visto uscire dal portone Sud poco fa… »
« Il portone Sud? »
« Oh, cacchio! » esclamò Raye, poggiando il volto contro il palmo aperto della mano. « Ho capito cos’ha in mente! »
« Che vuoi… oh. OH. » Charles imitò il gesto dell’amica, sbuffando: « È davvero un idiota ».
« E te ne sei accorto solo adesso, Charlie? »
« Cosa intendete? » domandò Ethan, un po’ confuso. Il venticinquenne aprì la bocca per rispondere, quando notò Amande seduta in un angolino in disparte: « Ehm… voi andate intanto, vi raggiungo tra poco. Fermate pure Godric con qualsiasi mezzo. »
« Qualsiasi mezzo? » ripeté Raye, illuminandosi.
« Qualsiasi mezzo. Eccetto i draghi. »
La quindicenne sbuffò, ma afferrò la mano di Ethan e lo trascinò in direzione del portone Sud. Non appena scomparvero dalla sua vista, Charlie avanzò verso la maganò con passo deciso, ma si fermò quando qualcuno lo anticipò di poco, raggiungendola e posandole una mano sulla spalla.
« Mia signora, cosa ti affligge? »
Capelli scuri, occhi azzurri, accompagnato da una giovane donna alta dalla lunga chioma corvina e da una ragazza più giovane con i capelli candidi come la neve. Egli era senza dubbio Cormac Ravenclaw, e con lui c’erano la sorella maggiore Rowena e la cugina Bianca.
Amande tirò su col naso, cercando di asciugare le lacrime alla bell’e meglio: « Non è nulla, davvero. Una sciocchezza. »
« Le sciocchezze non provocano lacrime e dolore » osservò Lady Rowena con fare comprensivo. « E non dovrebbe esserci vergogna nell’esprimere emozioni negative: siamo esseri umani, dopotutto ».
« Un semplice screzio famigliare » replicò allora la secondogenita di Lord Leon. « Anche i parenti sanno essere davvero crudeli… o stupidi… »
« Su questo mi trovate d’accordo » annuì Bianca Greengrass, volgendo poi uno sguardo sprezzante al venticinquenne che fissava un po’ in disparte. « Cerchi qualcosa? »
Charles aggrottò la fronte, un po’ sorpreso da tanta scortesia, ma Amande, non appena si accorse di lui, si alzò in piedi, mormorando il suo nome e gettandosi tra le sue braccia. Ricambiando delicatamente la stretta, il Metamorphomagus si schiarì la voce, salutando i tre che lo fissavano in silenzio.
« Lady Rowena… Lord Cormac… Lady… »
« Bianca Greengrass » lo anticipò la ragazzina dai capelli albini, alzando gli occhi al soffitto.
« E futura Lady Slytherin » sogghignò Cormac, allungandole una gomitata, alla quale Bianca rispose con un’occhiataccia. Rowena abbozzò un sorriso, ignorando i due che avevano iniziato a battibeccare: « Salve, Charles Marchbanks. Ne è passato di tempo… »
« Marchbanks? » ripeté Bianca, interrompendo il litigio con Cormac e volgendo uno sguardo inquisitore al ragazzo più grande. « Quel Charles Marchbanks? »
Seguì un istante di silenzio imbarazzato, durante il quale i due venticinquenni si scambiarono una breve occhiata, senza riuscire a mantenere il contatto visivo. Poi, il giovane mago diede un colpetto sulla spalla di Amande, ancora stretta a lui.
« Vuoi che andiamo da nonna Agnes, così ti prepara qualcosa da bere? » mormorò alludendo all’anziana tata che l’aveva cresciuto. La diciannovenne annuì, sciogliendo l’abbraccio e sospirando: « Vi chiedo scusa, miei signori, ho bisogno di assentarmi per qualche momento. »
« Ma certo » rispose Cormac, illuminandosi non appena incrociò lo sguardo con lei. « Noi non scappiamo… cioè… se avrai ancora voglia di tornare qui e parlare con noi e… »
« Ridicolo » sibilò Bianca, serrando il volto in una smorfia di disgusto non appena vide il proprio promesso sposo avanzare nella sua direzione. Fece per allontanarsi con una scusa, ma lui fu più svelto, raggiungendo il trio prima ancora che Charles e Amande avessero rivolto i loro saluti a Rowena.
« Ah, eccoVi, Lady Bianca. È una mia impressione o siete una persona molto sfuggente? »
“Tu in compenso sei maledettamente appiccicoso” pensò la ragazzina con rabbia, mettendo quanto più veleno possibile nel sorriso falso che rivolse al primogenito Slytherin.
« Bianca è una persona riservata. » intervenne Lady Ravenclaw, per poi riportare la propria attenzione sui figli di Hellen Gryffindor. « Riguardati, mia signora. Arrivederci… Charles ».
« Arrivederci… Lady Rowena ».
Christopherus osservò la scena con fare perplesso, ma non si perse comunque d’animo: « I miei famigliari si domandano quando abbiate intenzione di far nuovamente visita alla nostra bella dimora, Milady. Certo, ultimamente ha un po’ bisogno di riprendersi, così come il nostro status di nobili, ma conserva ancora un aspetto magnifico. Già soltanto il cancello d’argento merita di essere ammirato. Vi ricordate il nostro cancello d’argento? »
« Naturalmente » replicò Bianca a denti stretti, maledicendo mentalmente quel logorroico spilungone e i due cugini che sorridevano sotto i baffi.
« Trovo che l’argento sia molto più sofisticato dell’oro » rincarò la dose Cormac, trattenendo a stento le risate non appena la minore gli allungò un calcio sulla caviglia.
« Esattamente! » s’illuminò il ventiquattrenne. « Adoro incontrare qualcuno che la pensi come me! »
« Sono stato una volta al Maniero delle Serpi ed ero rimasto letteralmente affascinato. Argento di qua, argento di là… ricordo anche un magnifico specchio con la cornice in argento… »
« Ah, sì, quello specchio era di mia madre » rispose Chris Slytherin, assumendo un’espressone più pacata. « E, a proposito di questo, mi dispiace molto per quanto è accaduto ai Vostri genitori, mia signora. Una terribile disgrazia, davvero ».
« Oh… sì » mormorò Bianca, fingendosi addolorata ma dignitosa. « Una disgrazia tremenda… »
C’era un qualcosa di strano nel suo tono, qualcosa che fece scattare un campanello d’allarme nella testa di Rowena. Per un attimo le era addirittura parso di scorgere una scintilla di soddisfazione negli occhi della cugina diciannovenne. Ma prima che potesse elaborare una qualsiasi teoria, l’entrata in salone di Lord Gryffindor catalizzò la sua attenzione, oltre a quella di tutti gli invitati.

Atto sesto: gli eroi sabotati

Lev fu il primo a uscire dalla porta dell’ufficio di Lord Leon, aggrottando un po’ la fronte quando una specie di fuggi-fuggi generale si scatenò davanti ai suoi occhi. Quattro o cinque giovani, che avevano chiaramente origliato la conversazione privata, si allontanarono di corsa verso la sala dei ricevimenti. Tra questi gli parve di scorgere la figlia minore di Lord Artax.
« Oi, che suscede? » domandò Donna Beautemps-Noble, puntando le mani sui fianchi. « Sci sono ragasini impiscioni? Mademoiselle, ti vedo, viens ici, s’il vous plaît ».
Michéle de Granprè, unica rimasta tra il gruppetto di spie, uscì allo scoperto, lisciandosi nervosamente le pieghe dell’abito. Lev notò un fremito nelle sue labbra rosate e carnose.
« Pardonnez-moi, Madame… non volevo spiore… sono preoccupata per il mio Jerry… »
La preside di Beauxbatons rilassò l’espressione severa di poco prima, scostandosi dalla soglia per far passare coloro che avevano partecipato con lei alla riunione.
« Abbiomo organisato delle squodre di salvatajo, Michéle, stiomo ondando a riprendere tuo fratello ».
« Non ti preoccupare, vedrai che riporteremo qui il ragazzo sano e salvo » promise Lord Artax, uscendo dalla stanza con la moglie attaccata al suo possente braccio. « Andrà tutto bene ».
« Comunque ogni secondo è prezioso » intervenne Lord Maxwell. « Perciò non perdiamo tempo ».
Mentre gli adulti si avviavano svelti verso il salone da ballo, Lev scambiò una rapida occhiata con Meredyth, alla quale non servirono parole per capire cosa volesse comunicarle il cugino.
« Vai, io avverto Charles ».
Il giovane medium annuì, compiendo una deviazione e scivolando silenzioso in direzione di una grande scalinata. Elaine affiancò la propria sottoposta, inarcando un sopracciglio: « Dove sta andando? »
« Oh… deve sistemare una cosa, ma farà in fretta… »
« Beh, gli conviene, non possiamo partire senza di lui ».
Mer si limitò ad annuire, cercando subito Charles con lo sguardo non appena varcò la soglia della grande sala dove soltanto poche ore prima regnava un’atmosfera festaiola. Sussultò quando qualcuno le afferrò la mano da dietro, chiamandola con un sussurro. Si voltò, abbozzando un sorriso non appena si ritrovò faccia a faccia con il Metamorphomagus di casa Gryffindor.
« Ehi, Mer… »
« Charles »
La venticinquenne si guardò attorno, cercando di non dare nell’occhio: « A quanto pare ci sono delle spie tra noi… qualcuno ha spinto i giganti ad attaccare la carrozza del ministro… »
« Ma perché? »
« Ancora non lo sappiamo… c’è però la possibilità che lo studente di Beauxbatons sia vivo, quindi abbiamo organizzato delle squadre di salvataggio… »
« Immagino tu sia inclusa in una di queste squadre… »
Meredyth sospirò, cercando di mostrarsi tranquilla: « Non preoccuparti per me, me la caverò. Andrò con Lady Elaine. »
« Dov’è Lev? »
« Doveva fare una cosa… »
Entrambi si voltarono di scatto quando udirono delle voci famigliari alle proprie spalle, seguiti da un gemito rabbioso.
« Tienilo stretto, Ethan, non farlo scappare! »
« Tienilo stretto anche tu, continua a divincolarsi come una belva ferita! »
« Che esagerazione, gli abbiamo solo dato un colpo in testa! »
« Ragazzi, che state facendo? »
Raye alzò lo sguardo sul migliore amico, illuminandosi con un sorriso. Lei e Ethan stavano trascinando faticosamente un pesante drappo avvolto attorno a un qualcosa di decisamente vivo e arrabbiato.
« Abbiamo colto il micetto con le mani nel sacco » sogghignò il sedicenne di casa Ravenclaw. « Si stava già mettendo l’armatura ».
« Oh, per l’amor del cielo, Godric! » esclamò il ragazzo più grande, inginocchiandosi per liberare il fratellastro dalla trappola delle due pesti. « Perlomeno sai cosa significhi la parola “buonsenso”? »
Godric Gryffindor si divincolò ancor più furiosamente, emettendo un grugnito non appena fu privo del drappo che lo avvolgeva. Balzò in piedi, puntando un dito contro i ragazzini: « Voi… voi, stupidi mocciosi impiccioni! »
« Che razza di ingrato! » esclamò Raye, mentre Ethan scuoteva la testa con aria di disapprovazione. « Noi ti salviamo la vita impedendoti di fare cazzate e tu ci ripaghi insultandoci. Non si fa ».
« Io non stavo facendo una cazzata! Io stavo… » la sua boria scemò un po’ quando incrociò lo sguardo di Charles. « Beh, okay, forse stavo per fare una cazzata, ma voi non avreste dovuto intromettervi, né tantomeno rapirmi! »
« E permetterti di andare da solo ad affrontare un branco di giganti? Suvvia, Dric…»
« Anche tu pensi sia stupido voler affrontare delle creature pericolose per difendere i più deboli, Mer? » lo interruppe il primogenito di Lord Leon, rivolto verso la bella strega dai capelli castani. Meredyth aprì la bocca per rispondere, ma venne interrotta dalla voce del padrone di casa, che richiamò l’attenzione su di sé.
« Bene, miei cari ospiti, ecco la decisione che abbiamo preso durante l’assemblea straordinaria: abbiamo organizzato delle squadre di salvataggio per recuperare il giovane de Grandpré, nella speranza di trovarlo vivo e vegeto… » Poco distante da lui, Michéle si lasciò sfuggire un gemito, mentre Donna serrava le mani sulle sue spalle con fare protettivo. « I nostri valorosi combattenti dell’Ordine dei Grifoni daranno il loro contributo nelle indagini » continuò il signore di Villa dei Leoni. « Ci aiuteranno a capire cosa è appena successo, collaborando con il Concilio, e ci aiuteranno con le ricerche. Inoltre, una parte di loro resterà qui, per proteggere i nostri illustri ospiti. Dunque, ora comunicherò i membri delle squadre di salvataggio… »
Prima che potesse aggiungere altro, una voce giovane e maschile lo interruppe, seguita presto da altre, di vario genere. « Intendo far parte delle ricerche, padre » disse Godric Gryffindor, avanzando imperioso tra la folla.

« Voglio dare il mio contributo e dimostrare il mio valore. »
« Anch’io vorrei poter dare una mano. Ho una grande affinità con le creature magiche… penso che potrei tornarvi utile… »
« Io posseggo sufficienti conoscenze per affrontare la situazione. Voglio partecipare. »
« Vorrei anch’io unirmi a voi. Sto per entrare nell’Ordine, dopotutto, e sono abile nel creare diversivi… se potessi darvi prova delle mie abilità… »
Si era formato uno spiazzo circolare in mezzo alla sala, al centro del quale Lord Leon osservava sorpreso i quattro ragazzi che si erano appena fatti avanti quasi all’unisono: due maschi, due femmine.
Godric diede una rapida occhiata alla propria destra dove, in ordine, stanziavano Helga Hufflepuff, Rowena Ravenclaw e Salazar Slytherin. Ci fu uno scambio di sguardi un po’ perplesso, otto pupille circondate da iridi di diversi colori, che, seppur per un breve istante, stabilirono una forte e inaspettata connessione tra i loro proprietari.
Il capofamiglia dei Gryffindor si schiarì la voce con fare un po’ imbarazzato: « Apprezzo il vostro entusiasmo, figlio mio e miei giovani ospiti, tuttavia… »
« Se la Scimmia parteciperà alla spedizione, allora parteciperò anch’io! » sì intromise Will Slytherin, seguito a ruota dal fratello maggiore, dalla cugina e dal giovane servo, che sapeva di non poter lasciare soli i padroncini irresponsabili.
« Potrei essere utile anch’io, con le mie invenzioni! » commentò Ignis Derrk, posando una mano sulla spalla di Helga.
« Beh, che diamine, contate pure me, Charlie e Ethan! » fece eco Raye con entusiasmo, mentre Charles la tirava da parte, chiedendole se fosse pazza, anzi, se fossero impazziti tutti.
« Cielo, adesso tutti vogliono giocare a fare gli eroi! » commentò acida Bianca, scuotendo la testa e allontanandosi dal siparietto che giudicava a dir poco patetico. « Io passo, ho di meglio da fare ».
Non le sarebbe affatto dispiaciuto se qualcuno, tipo il suo promesso sposo, fosse finito spiaccicato per bene sotto il sedere di un gigante.
Prima che la situazione degenerasse ulteriormente, Leon prese parola, avanzando di qualche passo: « Mi spiace, ragazzi, le squadre sono già state stabilite. Tra voi, soltanto Lady Rowena potrà partecipare alle ricerche, in quanto considerata idonea per questioni di età e abilità. »
« Verrai anche tu, Cormac » annunciò Lord Maxwell. « Ma farai squadra con tua madre. »
« Cosa? » tentò di protestare il ragazzo. « Padre, con tutto rispetto, penso di potermela cavare anche senza… »
« Di che ti lamenti, almeno non vogliono lasciarti qui ad ammuffire! » sbottò Godric, irritato. Rowena avanzò verso di lui, fulminandolo con lo sguardo: « Non osate parlare a mio fratello in questo modo! »
Un po’ intimidito da quegli occhi freddi e severi, il giovane grifone distolse lo sguardo, lanciando un’occhiata implorante al genitore: « Padre… »
Lord Leon abbozzò un sorriso di commiserazione: « Figlio mio, il tuo compito è restare qui a proteggere la nostra famiglia al mio posto. Tua madre, le tue sorelle e i tuoi fratelli hanno bisogno di te… »
Il ragazzo biondo strinse i pugni, mordendosi il labbro e dilatando le narici: « Questo non è giusto. » sibilò, prima di allontanarsi dalla sala con fare sdegnoso. Charles sospirò, provando a seguirlo, mentre Raye e Ethan si scambiavano un’occhiata furba, palesemente intenzionati a macchinare qualcosa.
Dopo aver osservato la spiacevole scena tra padre e figlio, Helga Hufflepuff prese parola con fare un po’ titubante: « Non avrete bisogno di nessuno di noi? Proprio nessuno? »
« Tesoro, non puoi chiederci di farti partecipare a una missione tanto rischiosa » rispose Artax con un sorriso benevolo.
« E per quanto riguarda voi » s’intromise Lord Slytherin, squadrando i propri parenti uno a uno. « Missy, tu sei sotto la mia responsabilità, visto che tuo padre non è qui, pertanto non posso darti il permesso di seguirmi. Voi tre: no, no e assolutamente no. E per quanto ti concerne, Huck, non posso rischiare di perdere la mia unica fonte di sostegno morale, pertanto resterai qui, al sicuro. »
« Padre… » cercò di protestare Sal, venendo zittito con un cenno della mano. Missy sbuffò contrariata, mentre Christopherus, dopo aver dato un’alzata di spalle, si allontanò dallo spiazzo vuoto, reintegrandosi alla folla. « Beh, pazienza, vorrà dire che mi godrò ancora queste deliziose bevande. »
Ci fu un mormorio carico di tensione quando Will Slytherin aprì la bocca per replicare qualcosa, un ghigno furbo stampato sul volto, ma Lilah lo tirò da parte prima che potesse fare danni.
« Oltre al vino ti sei bevuto anche il cervello? » lo rimbrottò, senza lasciare la presa sul suo braccio. « Che cosa penseresti di fare, tu, che sei sempre rimasto a farti servire nella tua lussuosa casetta, contro dei giganti assassini? »
« A dir la verità, non avevo davvero intenzione di andare, volevo solo far irritare mio padre » ridacchiò il diciannovenne, voltandosi non appena udì la voce del fratello dietro di sè.
« Will… »
L’espressione di Salazar faceva trasparire una certa ansia. Accanto a lui, Huck si guardava attorno con fare nervoso. « Sappiamo cosa si sono detti durante la riunione… »
« Ah, noi abbiamo afferrato qualcosa, eravamo fuori dalla porta. E Iago ha trovato anche un rubino. » replicò il più giovane, indicando il tasso dal pelo folto che si strusciava sulla gonna della padroncina.
« Beh, noi non abbiamo solo afferrato, qualcosa, sappiamo esattamente cosa è accaduto lì dentro. » Huck indicò il fantasma di Alex Neokleos, che volteggiava sopra di loro con un sorrisino complice. « Alex ci ha riportato tutto… »
« C’è una spia, Will. Una spia che probabilmente si trova nella villa. E qualcuno ha aizzato i giganti perché combinassero quel macello. Io credo… che dovremmo provare a indagare per conto nostro, se gli adulti non vogliono il nostro aiuto… »
Fitzwilliam Slytherin accettò la proposta di buon grado, mentre Lilah scuoteva la testa, visibilmente infastidita: « Vi metterete nei casini per una faccenda che non vi riguarda nemmeno ».
« No dai… saremo nei casini solo per qualche oretta, poi torneremo a fare i bravi, che ne dici? »
La rossa alzò un sopracciglio, preparandosi a rispondere, ma Will le alzò delicatamente il mento con le dita, le posò un rapido bacio sulle labbra e poi si allontanò con il fratello, il giovane servitore e il fantasma.
« Sapevo che avresti capito! »
« Ma che… » La ragazza sospirò, rigirando tra le dita il rubino trovato da Iago. Finse di non rendersi conto che Bianca Greengrass la stava fissando in disparte con aria sospettosa.
« Come stavo dicendo » riprese Lord Leon, quando il brusio in sala si fu un po’ quietato. « Ecco le coppie che guideranno le nostre sette squadre di soccorso: io e Lord Artax condurremo la prima; Lord Maxwell collaborerà con Lord Alistair; Lady Daphne sarà accompagnata dal proprio figlio, Cormac; Lady Freya e Madame Beautemps-Noble guideranno la quarta squadra… »
« Sempre che io e gli altri riusciremo a capire quello che dice… » mormorò tra sé la bella moglie di Artax.
« La quinta squadra sarà condotta dal Conte e dalla Contessa Blanchefleur; Lady Elaine farà coppia con Meredyth O’Gallagher e, per finire, Lady Rowena condurrà l’ultima squadra insieme a Levhai O’Gallagher. Bene, è tutto, miei signori e mie signore. »
« Dove accidenti è finito Levhai? » ringhiò Lady Elaine, rigirando nervosamente il proprio spegnino tra le mani, mentre si allontanava dal salone insieme agli altri soccorritori. « Se non si presenta qui entro due secondi io… »
« Eccolo, sta arrivando » rispose Meredyth, indicano il cugino con un cenno della testa. « Pensate sia stata una buona idea lasciare che il ministro tornasse già al Concilio? »
« Se conosco bene quel branco di idioti, di sicuro saranno già in preda alla confusione. Ci vuole la sua presenza per tenerli a bada. »
Si scostò appena, lasciando che Lady Freya la sorpassasse per raggiungere il marito. La bella lady di Rocca del Tasso posò una mano sulla gigantesca spalla di Lord Artax, gettando un’occhiata assassina al padrone di casa che camminava in testa al gruppo. « Cerca di non farti prendere troppo dal senso dell’onore e dell’amicizia. Se ti fai ammazzare per salvarlo, ti riporto in vita e ti uccido con le mie stesse mani. »
« Amore, ti prego, te lo chiedo per favore » sussurrò il possente e leale compagno. « Ci occuperemo della questione tra Leon e Daphne al momento più opportuno. Sono amico di Ellen quanto lo sono di Leon, lo sai che per me è una situazione difficile… »
« Almeno potresti evitare di mascherare le mie frecciatine con la tosse, come faceva Leon per mascherare altri rumori molesti quella sera, a casa Blanchefleur, quando mangiò troppi fagioli… »
Entrambi si lasciarono sfuggire una silenziosa risata, diventando rossi in volto e non accorgendosi che la loro figlia minore era sgattaiolata fuori dalla sala con Ignis e Missy Slytherin.
Poco più avanti, Levhai O’Gallagher si stava allontanando con fare discreto da Haelan Heatcliff, che marciava poco convinto insieme alle altre Cappe Rosse. Lev sapeva che Lord Hammond avrebbe evitato di riferire ai soldati che la spia (o le spie) si trovava sotto quello stesso tetto, dopotutto, il compito di un soldato era limitarsi a eseguire gli ordini, senza ricevere spiegazioni. Ancora riusciva a percepire tra le dita il calore della mano di Hael, che aveva stretto poco prima che il ventisettenne venisse richiamato dal padre per prendere il suo posto tra gli altri cavalieri.
« Ah, sei qui! Si può sapere che stavi facendo? » esclamò Lady Elaine con fare severo.
Il capitano Graham Prewett rivolse un sorriso interessato alla bella ventottenne quando passò accanto al trio, ma venne a malapena considerato.
« Io… perdonatemi, era una faccenda urgente… » si giustificò il necromante dai capelli color sabbia.
« Fila subito da Lady Rowena, non ha l’aria di essere una persona disposta a tollerare i ritardatari. Questo incontro è importante per noi, non dobbiamo far fare al Concilio brutte figure! »
« No, certo, lo capisco. Vado subito, Lady Elaine. » Il ventiseienne si scostò dal gruppo, camminando controcorrente in direzione della propria compagna di squadra. Per un attimo incrociò i magnetici occhi color ghiaccio della madre di lei, distogliendo immediatamente lo sguardo.
Aveva quasi raggiunto la venticinquenne che avanzava imperiosa, quando, passando accanto a una colonna, sentì qualcuno toccargli una mano.
Seminascosta nella penombra, Hanna Hufflepuff ritrasse immediatamente il braccio, fissando il giovane con fare allarmato. Non si era tolta i guanti e i suoi occhi grandi e un po’ tondeggianti erano l’unica flebile fonte di luce che proveniva dalla sua figura slanciata. Con voce bassa e un po’ roca, sibilò un’unica parola, un messaggio criptico da cui solo loro due sarebbero riusciti a ricavare un intero contesto: « Doppio. »
Irrigidendo la mandibola, Lev si limitò ad annuire: « Doppio. »

Atto settimo: incubo col sognatore

« Aidez-moi… »
La voce sembrava uscire da sola dalle sue labbra secche e screpolate. Un flebile sussurro strozzato.
« Est-ce que quelqu’un me sent? »
Udì dei passi pesanti. I suoi occhi faticavano ancora ad abituarsi all’oscurità dell’enorme cella in cui era stato rinchiuso. Quando agitava debolmente polsi e caviglie, subito gli rispondeva un cigolio di catene metalliche nel buio.
« Aiuto… »
Jerôme sospirò sconsolato, poggiando la schiena contro la fredda parete di pietra. La ferita alla testa, unita alla sete e alla fame, l’aveva indebolito parecchio, una grossa macchia di sangue rappreso e appiccicaticcio insudiciava i suoi bei ricci biondi.
Era successo tutto in fretta: lui e il ministro attendevano che la carrozza magica venisse riparata dai due folletti inventori che Michèle si era portata dietro, poi l’assordante barrito di un corno da guerra aveva risuonato da qualche parte, nel cuore della fitta foresta, e subito dopo, i giganti erano sbucati dal nulla, attaccandoli. I folletti erano fuggiti all’istante, giusto un secondo prima che un’enorme mano callosa afferrasse per la vita il giovane francese, mentre la diligenza magica, con il ministro ancora all’interno, veniva scagliata in un precipizio.
Jerry aveva tentato di difendersi piantando il proprio pugnale nella carne grigiastra che lo stringeva in una solida morsa, ma la lama aveva scalfito appena quello spesso strato di epidermide e il contraccolpo l’aveva portato a lasciare la presa sull’impugnatura. E, mentre cercava di riafferrare in tempo la propria arma, la noncuranza del bestione che lo stava trasportando lo portò a battere la testa contro il ramo di un gigantesco pino, perdendo i sensi. Si era risvegliato al buio in quella lurida cella, solo e angosciato.
Le guardie inglesi dovevano aver già trovato il suo pugnale e subito gli si strinse lo stomaco al pensiero della disperazione che avrebbe colto Michèle. Desiderò come non mai, in quel momento, possedere una qualsiasi abilità mentale per inviarle un messaggio a distanza, anche solo per rassicurarla, per dirle: “Sono vivo. Prigioniero, ma vivo.”
Un assordante frastuono di cardini arrugginiti lo fece trasalire, mentre un flebile spiraglio di luce si allargava sempre di più sul pavimento lurido della stanza. La porta della cella si stava aprendo!
Jerry scivolò in avanti, mettendosi carponi e provando a strisciare verso la sua unica via di fuga, pur sapendo che non sarebbe servito a nulla. In quel momento non riusciva a ragionare con lucidità e controllava a malapena il proprio corpo. Si aspettò di scorgere enormi sagome minacciose far capolino sulla gigantesca soglia, fatta su misura per esseri di dimensioni colossali, invece fu sorpreso dal leggero scalpiccio di piedi umani, che precedettero di poco la comparsa di due individui avvolti in lunghe cappe scure. Entrambi indossavano il cappuccio e i loro volti erano celati da maschere color argento cupo. Uno (o una, Jerry non riusciva a capire se fossero uomini o donne) si inginocchio all’istante accanto a lui, poggiandogli sulle labbra la pipetta di una borraccia. Il diciassettenne bevve avidamente senza esitazione.
Certo, per quanto ne sapeva quell’acqua poteva essere avvelenata, ma la sete bruciante che lo tormentava da almeno due ore ebbe la meglio. Inoltre il fatto che i suoi aguzzini l’avessero imprigionato invece che ucciderlo, lo portava a credere di esser loro utile per qualche misterioso scopo.
« Guarda come l’hanno ridotto! » esclamò quello che Jerry aveva identificato come l’Aguzzino Buono. « Non hai detto a quei bestioni di dargli da mangiare e da bere? »
« Sta respirando » commentò freddo l’Aguzzino Cattivo, che se ne stava in piedi e immobile come una statua. « E’ giovane e pare anche abbastanza forte. Di certo qualche ora di digiuno non basta per ucciderlo. »
« Avevi promesso che l’avrebbero trattato con riguardo! » ribatté l’altro con rabbia. « Già un innocente è stato ucciso per nulla! »
« La morte del ministro francese non è stata inutile, fidati. Comunque, del ragazzo mi importa poco, non mi servisse il suo sangue l’avrei già fatto fuori. Se a te sta tanto a cuore, potrai prendertene cura. »
« Puoi contarci. Non sopporterò altra violenza inutile. »
« Quando accettasti di collaborare con me, ti avevo spiegato che il nostro nobile scopo avrebbe avuto un costo e ci avrebbe portato a fare cose anche sgradevoli. Ti stai già facendo intenerire, Dreamer? »
Aguzzino Buono stavolta non rispose: tirò fuori la bacchetta e portò Jerry a poggiare la testa sulle sue ginocchia: « Stai fermo, ci vorrà un attimo ».
Il diciassettenne obbedì, mentre il dolore causato dalla ferita si spegneva lentamente, in concomitanza con la rapida guarigione provocata dall’incantesimo. Provò a cogliere un qualsiasi dettaglio sull’identità dei propri carcerieri, ma ogni tentativo fu vano: persino le voci, che filtravano attraverso le maschere magiche, avevano un suono assolutamente neutro e asessuato. Forse il tatto era l’unico modo per identificare almeno il sesso di quelle due persone, anche se l’idea non lo compiaceva affatto.
Dreamer, o Aguzzino Buono, raggiungeva senza problemi il metro e ottanta e aveva un fisico piuttosto forte, quindi Jerry era abbastanza sicuro si trattasse di un uomo. Cercando di farlo passare per lo spasmo di un prigioniero sofferente, si aggrappò con una mano alla sua gamba, tastando una muscolatura ferrea e ben modellata. Sì, era assai probabile che Dreamer fosse un uomo.
Aguzzino Cattivo gli si avvicinò, si inginocchiò accanto a lui e lo squadrò in silenzio per qualche secondo, mantenendo però una debita distanza. Forse, a differenza del collega, aveva intuito le sue intenzioni.
La sua altezza si aggirava approssimativamente attorno al metro e settanta, ma questo naturalmente non bastava per attribuirgli un genere. Il biondino trasalì quando il colpevole del suo rapimento gli afferrò il mento con la mano guantata. La sua voce si ridusse a un sibilo minaccioso. « Dreamer insiste per liberarti, quando avremo finito con te. Io preferirei ucciderti. Nulla di personale, solo questioni di sicurezza. Ti consiglio perciò di fare il bravo ed evitare giochetti o furberie, ti aiuterebbe a far prevalere il suo parere. Forse. » disse, indicando il collega con un cenno della testa.
Jerry aprì la bocca per rispondere qualcosa, ma, alla fine, il flusso intenso di emozioni ebbe la meglio su di lui, provocandogli un crollo. La testa gli girava, le immagini all’interno della cella semibuia si facevano sempre più indistinte. Perse i sensi, crollando a peso morto sulle ginocchia del Sognatore (così aveva deciso di identificare l’Aguzzino Buono). Un’ultima inquietante immagine si impresse nella sua mente confusa: ghiaccio. Glaciali iridi azzurre.
L’oblio lo avvolse.

Atto ottavo: al solitario manca una pietra

« Cerca di controllarti, la prossima volta. Il tuo cuore gentile ti tradirà se non fai attenzione. »
Dreamer si levò la maschera, senza però abbassare il cappuccio. Sedette su una scomoda seggiola di legno, poggiando i pugni chiusi sul tavolo.
« I patti erano chiari, Loner. Non c’è bisogno di ridurre il ragazzo in fin di vita, né di fare del male ad altri innocenti. »
« Non so se l’hai notato, ma prima stava cercando chiaramente di identificarti attraverso il tatto. »
« E allora? Non sa chi sono, al massimo può capire se sono maschio o femmina. Non ha alcun modo per risalire a noi, anche se Leon e gli altri dovessero trovarlo. A meno che magari non gli facciano tastare le gambe di tutti gli invitati alla festa… »
« Fossi in te eviterei il sarcasmo. Non dobbiamo tralasciare nemmeno il più insignificante dettaglio. »
C’era un grande specchio appeso alla parete dell’enorme stanza. Il Solitario scoprì i propri lineamenti, osservandosi a lungo nella superficie riflettente. A un certo punto, però, il suo volto assunse un’espressione allarmata e inorridita.
« Maledizione! »
« Cosa c’è? »
Gli occhi color ghiaccio dell’aguzzino malvagio si puntarono in quelli del Sognatore, che ricambiò l’occhiata con uno sguardo interrogativo.
« Questa non ci voleva, Dreamer. Ho perso uno dei miei rubini! »




Antro delle Gurubell:

Bene, sono successe un po’ di cose qui, abbiamo finalmente conosciuto Jerry che non era apparso nel capitolo precedente e c’è stata la primissima interazione tra i quattro fondatori, che si sono fatti avanti nello stesso momento per offrire il proprio aiuto nelle ricerche e nelle indagini.

Abbiamo incontrato anche Iago, il tasso di Lilah, che a quanto pare ha trovato senza volerlo un importante indizio (o forse ha fatto tutto di proposito?) Speriamo che il capitolo vi sia piaciuto, è stato un lungo e duro lavoro. Chissà se le squadre di salvataggio riusciranno a salvare Jerry? E chissà chi sono i due aguzzini, Loner e Dreamer, il Solitario e il Sognatore? Solo due, tra tanti enigmi e tante domande, che troveranno una risposta durante il corso della storia.
Ancora tanti auguri Muffin e, in ritardo, auguri anche a Marty, creatrice di Raye!
Al prossimo capitolo!

Gurubell

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