Due anime opposte, ma fortemente legate.

di mychemicalromance96
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** ~Prologo.~ ***
Capitolo 2: *** •Capitolo 1: Occhi vivi. ***
Capitolo 3: *** •Capitolo 2: Animo tormentato. ***
Capitolo 4: *** •Capitolo 3: L'invito. ***
Capitolo 5: *** •Capitolo 4: Strana sensazione. ***
Capitolo 6: *** •Capitolo 5: Ti odio. ***
Capitolo 7: *** •Capitoo 6: Freddo, caldo. ***
Capitolo 8: *** •Capitolo 7: La svolta. ***
Capitolo 9: *** •Capitolo 8: Io, lui uniti per caso? ***
Capitolo 10: *** ~~•Alt!•~~ ***
Capitolo 11: *** Capitolo 9: Confessione. ***
Capitolo 12: *** •Capitolo 10: Lasciarsi andare. ***
Capitolo 13: *** •Capitolo 11: Il potere del suo abbraccio. ***
Capitolo 14: *** •Capitolo 12: Le sue parole ***
Capitolo 15: *** •Capitolo 13: Il nostro amore. ***
Capitolo 16: *** •Capitolo 14: La promessa d'amore che nascondeva un altra verità. ***
Capitolo 17: *** •Capitolo 15: Dolore. ***
Capitolo 18: *** •Capitolo 16: Il vero amore non muore. ***
Capitolo 19: *** •Capitolo 17: L'orizzonte. ***
Capitolo 20: *** •Capitolo 18: Imparare a vivere. ***
Capitolo 21: *** •Capitolo 19: L'amore degli amici. ***
Capitolo 22: *** •Capitolo 20: L'amore più forte di ogni altro sentimento. ***
Capitolo 23: *** •Capitolo 21: Verso ciò che si chiama VITA. ***
Capitolo 24: *** Nota autrice.~ ***



Capitolo 1
*** ~Prologo.~ ***


Non so cosa ci sia di strano nella vita, tante sono le cose che ci si aspetta ma che non arrivano mai, tanti sono i sogni da voler realizzare ma spesso vengono distrutti.
Tante sono le felicità desiderate, ma molte volte finiscono per essere sostituite da tanto dolore e profonde delusioni.
Ci si fida molte volte di persone che hanno sempre rappresentato la nostra vita, e che abbiamo amato con tutto noi stessi, ma improvvisamente e senza neppure aspettarselo, ci pungnalano alle spalle con una dolorosa arma... La parola.
C'è chi è sempre stato buono e deve soffrire e subire tante ingiustizie, mentre chi è bastardo finisce per essere lodato e stimato da tutti.
E poi, quando il buono si ribella contro qualcosa o qualcuno viene anche criticato e la colpa finisce per ricadere su di lui.
Non so perché la vita debba andare in questo modo, non so perché l'uomo è così predisposto al male piuttosto che al bene collettivo.
Forse alla gente piace far soffrire una povera anima che cerca sempre di fare del bene a tutti?
Prova piacere nel vedere sofferenze altrui?
Il male sembra attirare sempre più persone, e il bene diventa sempre più raro..
Già, sempre più raro.
Come l'amore vero, difficilmente lo si può trovare in una società meschina come questa.
Parlando personalmente, dopo tutte le ingiustizie che avevo subito, dopo le delusioni che mi avevano spezzato tante volte il cuore, perché io a differenza di molti lo davo veramente, finì per essere fredda con il mondo circostante, fino ad arrivare al punto di chiudermi quasi in me stessa e di dare affetto solo a chi se lo meritava.
Non ero diventata una bastarda come tanti, no, ma le esperienze negative portano ad un certo punto ad avere più fermezza nei confronti degli altri, a non affezionarsi subito, a non dare subito affetto, e sopratutto fanno capire cos'è che si cerca davvero nella propria vita, imparando a conoscere meglio se stessi. Avevo chiuso il mio cuore, e tutto questo solo per difendermi dal dolore, solo per non soffrire più.
Ma nonostante ciò portavo sempre dentro me la speranza che un giorno avrei potuto trovare la mia felicità.
Certo, la felicità eterna non esiste, e di questo ne sono sempre stata convinta.
Ma speravo che un giorno avrei potuto sentirmi davvero felice, e smetterla di vivere di soli brevi istanti di felicità, i quali lasciano sempre un profondo vuoto interiore, e il fatto di non saper come colmarli definitivamente, mi faceva soffrire molto.
Il mio cuore era diventato di ghiaccio, davanti agli altri apparivo cupa e triste, tanto che ero molto schernita a scuola e poche volte riuscivo a nascondere il mio vuoto interiore, fingere su tutto con falsi sorrisi solo per non far vedere a chiunque come mi sentivo.
Ma vi erano dei momenti in cui la tristezza prendeva in me il sopravvento, e mi perdevo con il corpo e l'animo doloranti in lunghi pianti, per la mia insoddisfazione, per la sofferenza che il mondo stesso procurava su di me, per il mio non sentirmi libera e felice davvero.
Mi faceva rabbia nel sentire da persone di mia conoscenza che la loro vita faceva schifo, e invece avevano per esempio al loro fianco persone d'oro che le amavano nonostante la loro pazzità e i loro far bruschi.
Pensavo bene sul fatto che l'uomo più ha nella sua vita e più si lamenta.
Perché è questa la verità.
Non ero gelosa di queste persone, perché in fondo avevo imparato a convivere con la mia tristezza e durezza, anche se dentro me il forte desiderio di amare e di vivere era molto forte, ma lo reprimevo ogni volta che prendeva il sopravvento, solo per difendermi, solo per non soffrire..
Tutto mi faceva rabbia, mi sentivo come un vulcano pronta ad esplodere ogni volta che non ne potevo più.
Solo con le persone che sapevo che mi volevano davvero bene, ovvero i miei amici ero diversa.
Mostravo loro la mia vera me, il mio vero carattere, il bene che c'era in me.
Perché con loro mi sentivo al sicuro dalle grinfie del mondo, mi sentivo libera, ma sopratutto viva.

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Capitolo 2
*** •Capitolo 1: Occhi vivi. ***


''Non ti vedo molto contenta per il ritorno a scuola, Valentina.''
Alessia, la mia migliore amica mi guardava con aria un po preoccupata mentre ci dirigevamo verso la nostra scuola.
''L'ultimo anno di liceo classico fa un certo effetto.''
Le dissi con aria un po triste, mentre con lo sguardo intravidi da lontano gli alberi del cortile di scuola.
''Già, questo è l'ultimo anno e poi ci diplomeremo.
Ancora non riesco a credere che questi anni di liceo siano volati così in fretta.
Mi sembra sia successo ieri quando ci sedemmo nello stesso banco al primo anno.''

Il suo sorriso mostrò perfettamente una nota di malinconia.
''Dai che resteremo sempre insieme, sbaglio o faremo anche la stessa facoltà?"

Le chiesi incoraggiandola.
''Si, lettere classiche ci aspettano.''
Disse lei finalmente con un sorriso gioioso sulle labbra.
Appena giungemmo nel cortile dell'Istituto, subito una strana sensazione pervase il mio animo.
Non ero tanto triste per il fatto che quello era l'ultimo anno e poi ci sarebbe stato l'esame di stato, ma perché tutto sarebbe ricominciato li dentro, e mi riferivo al fatto che in quella scuola molti mi prendevano in giro per la mia aurea cupa.
Spesso erano stati i miei amici a difendermi da lingue troppo pungenti, ma alla fine del quarto anno avevo iniziato a saper essere totalmente indifferente, al tal punto da non sentir neppure parlare tanti che nel vedermi si divertivano a insultarmi.
Tutto ciò che potesse farmi male, mi era totalmente indifferente, ogni cosa negativa non mi faceva più nulla, dato che il mio passato era stato molto più doloroso in confronto a quelle sciocchezze.
Un passato che mi aveva segnata troppo presto per la mia giovane età, e che mai mi avrebbe lasciata, lasciando dentro me una profonda ferita che non riusciva mai a rimarginare, ma era sempre aperta pronta a farmi soffrire, al tal punto che la stessa città nella quale vivevo, Roma, mi faceva soffrire perché troppo piena di ricordi di un passato ormai impossibile da recuperare.
Promettevo sempre a me stessa che avrei dovuto sfidare qualsiasi cosa, andare avanti senza pensare a tutto ciò che mi era accaduto, e lottare contro le ingiustizie della vita, contro il male.
Anche quella mattina lo feci, ma sapevo che non vi sarei riuscita al massimo, la ferita era ancora troppo fresca per essere pronta ad essere forte.
Proprio nel momento in cui mi ero persa in quei pensieri, sentì una voce lontana riportarmi alla realtà, familiare e calda.
Era la voce di Alessia.

''Vale, ti sei persa di nuovo nei tuoi pensieri?'' Mi chiese un po preoccupata.
Sapeva a cosa stavo pensando quando facevo così, ma non mi abbracciava mai oppure consolava, perché l'aveva fatto già fin troppe volte, e ad un certo punto non ne avevo neppure più bisogno.
Ciò che faceva in quel caso era cambiare argomento, e questo era la cosa migliore.
Pestare troppo lo stesso terreno per me faceva male.
''Sulla solita panchina sotto gli alberi ci sono gli altri, vieni.''

Così dicendo mi prese per mano e mi condusse dagli altri amici.
La mia unica vera famiglia.
Perché unica?
Perché non avevo più una famiglia fatta di genitori, un maledetto incidente me li aveva portati via quando avevo solo 8 anni.
Ecco cos'era quella ferita e quel passato che non si chiudevano definitivamente, e mi avevano tormentata fino a quel momento per 10 anni.
Aver perso i genitori in una notte di inverno per colpa di un uomo ubriaco alla guida, mentre loro tornavano a casa dopo il lavoro e io li aspettavo a casa in compagnia dei miei nonni, fu per me uno shock, dal quale mi ero un po ripresa, ma aveva lasciato in me un profondo vuoto interiore, un dolore che non andava via e che nessuno avrebbe mai potuto cancellare.
Per questo ero diventata fredda nei confronti di tutto, chiudendo il mio cuore non solo per la perdita dei miei genitori che tanto mi avevano amata, ed io continuavo ad amare, ma per tutte le delusioni avute da parte di persone che avevo considerato importanti e invece per loro non lo ero stata neppure un po. Tutto questo si era accumulato dentro me, e mi procurava un dolore fortissimo nel cuore e nell'animo, che quando prendeva il sopravvento non potevo non piangere.
Avevo dato importanza a tutto, all'affetto, all'amore, alla gioia, ma tutto mi era stato portato via, o meglio tutto il lato positivo mi era stato portato via.
Sapevo di dover andare avanti ma non ci riuscivo per quanto mi sforzassi, non riuscivo a lottare, perché avevo paura, una terribile paura di perdere ancora quel poco di buono che mi circondava, e per questo vivevo nella totale freddezza, all'inizio fu per me come indossare una maschera, ma pian piano aveva finito per rappresentarmi davvero e diventare parte di me.
Dentro me sapevo bene che nel profondo era nascosto il desiderio di amare e di vivere davvero felice, ma non potevo farlo fuoriuscire per paura di venir delusa nuovamente e risoffrire.
Ma cacciai dalla testa tutti quei pensieri e mi concentrai sulla realtà nella quale mi trovavo con tutto il mio corpo, con i piedi sull'asfalto pulito calpestato continuamente da tanti altri piedi tutti in comune fra loro.
''Vale!''

Gridò il mio amico Luca, il quale nel vedermi si alzò rapidamente, felice come sempre. Insieme a lui anche Paolo, un altro mio caro amico, e fidanzato di Alessia. Nel vedermi mi abbracciarono forte.
Per tutta l'estate non li avevo visti, poiché erano partiti in vacanza.
All'inizio li invidiavo, perché loro avevano tutto, una famiglia felice, e anche se spesso litigavano con i loro genitori ritornavano al solito rapporto armonioso.
Ma scoprendo che a me tenevano davvero, avevo scacciato dentro me l'invidia dando posto all'affetto.
Per me erano davvero tutto, rappresentavano il pezzo di mondo nel quale stavo bene.

''Ragazzi.''
Dissi felice di rivederli e ricambiando il caloroso abbraccio.
Con loro non avevo timore di nulla e riuscivo ad essere solare e aperta.

''Che bello rivederti.''
Mi disse Paolo con un caloroso sorriso.
''Anche per me. Sono contenta che siamo di nuovo tutti riuniti.''

Dissi senza smettere di sorridere.
Ai miei amici piaceva molto vedermi sorridente, e lo ero grazie loro.

''Quest'anno dobbiamo impegnarci moltissimo ragazzi.'' Disse per tutti Alessia.
''Si, all'ultimo anno non si scherza.''
Ripose Luca.
Al suono della campanella tutti i ragazzi nel cortile si diressero verso le loro aule.
Per fortuna io e i miei amici eravamo nella stessa aula da cinque anni.
Nel momento in cui entrai nel corridoio al fianco di Alessia, ricevetti da dietro una spinta da qualcuno.
Fu così forte che mi fece quasi cadere a terra, se non fu per una mano che mi sorresse in tempo.
Rivolsi lo sguardo verso l'alto e i miei occhi verdi incrociarono quelli scuri di un ragazzo.
I suoi capelli lunghi di un nero come la notte, gli coprivano un po gli occhi, ma riuscivo lo stesso a vederli bene.
''Ti chiedo scusa, ma è davvero difficile poter camminare in questa folla.''

Il suo sguardo che mi apparve davvero dispiaciuto non mi fece ne caldo e ne freddo.
Mi liberai dalla sua mano e con totale indifferenza senza dire nulla mi diressi nella mia aula.
''Almeno un grazie.''
Disse lui ancor più dispiaciuto.
Mi voltai verso lui.
In quel momento soltanto mi accorsi che nel corridoio eravamo rimasti solo noi due e ciò mi fece capire subito che la prima ora di lezione era già iniziata.
''Non ringrazio gli sconosciuti.''

Dissi e dopo avergli rivolto un ultimo sguardo duro, mi diressi in classe.
L'unica cosa alla quale pensai dopo -senza trovare un motivo valido- fu l'immagine degli occhi scuri di quel ragazzo, impressa stranamente nella mia mente. Erano così diversi dai miei, sembravano trasmettere calore vero nonostante il loro colore scuro, quasi nero.
Sembravano davvero vivi e felici a differenza dei miei, di un verde limpido e carichi di rabbia.

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Capitolo 3
*** •Capitolo 2: Animo tormentato. ***


A fine giornata scolastica, io e i miei amici ci dirigemmo nel cortile subito riempitosi di ragazzi.
Il lento fruscio del vento iniziò a soffiare tra i miei lunghi capelli scuri, e, subito in quel momento sentì il mio animo graffiarmi con i suoi artigli pungenti.
Proprio li, in quel cortile, ebbi il bisogno di piangere.
Davanti agli occhi ogni singola cosa mi appariva sfocata, ogni parte del mio corpo voleva esplodere.
Quel senso di vuoto che mi apparteneva da 10 anni, prevalse in me.
Ma fu il tocco di una mano calda a risvegli armi da quell'incubo.
Rivolsi gli occhi alla realtà a me circostante e vidi lo sguardo preoccupato dei miei amici.
''Stai bene Vale?"
Mi chiese Paolo.
''Si sto bene, tranquilli.''
Risposi cercando di sforzare un sorriso.
Per fortuna quella conversazione terminò li, e una volata salutataci fuori il cortile, mi diressi a casa.
Dopo la morte dei miei genitori iniziai a vivere con i miei nonni paterni.
Quelli materni li persi quando avevo 4 anni, e non avevo di loro che pochi ricordi, succedendosi fra loro in brevi immagini di momenti condivisi assieme.
La casa dei miei genitori, e quindi la mia casa, non fu venduta.
I miei nonni mi dicevano spesso che sarebbe rimasta casa mia, ma non sapevo se avrei deciso di andarci a vivere un giorno, dopotutto rappresentava il nucleo principale del mio passato, e piede non vi avevo più messo dopo la scomparsa dei miei.
Non ce la facevo e forse non ce l'avreei mai fatta.
I miei nonni mi amavano esattamente come i miei genitori.
Erano molto comprensivi nei miei riguardi e facevano di tutto nelle loro condizioni per rendermi felice, per questo davanti loro - per tutto ciò che facevano per me- mi mostra o mi mostrando serena e non triste.
Non volevo rattristarli o far loro pensare che tutto ciò che mi dimostravano fosse vano.
La loro casa si trovava al centrro di Piazza di Spagna in un palazzo molto raffinato nello stile, all'ultimo piano.
Da li durante giornate soleggiate, il panorama appariva sempre molto affascinante, ma preferivo molto più le giornate di pioggia.
Quando pioveva sembrava che la città stesse piangendo insieme a me.
Le giornate soleggiate mi capitava di apprezzarle quando in me prevaleva la speranza che un giorno tutto sarebbe cambiato, e sarei stata davvero felice.
Ma in fondo era solo una grande utopia..
Questo era ciò che il vuoto interiore mi ripeteva ogni volta che vi pensavo.
Del resto, vivevo in un bel palazzo.
I miei genitori erano professori universitari di lettere classiche alla Sapienza e, i miei nonni invece insegnavano medicina.
Dopo la fine del liceo avevo intenzione di studiare lettere classiche, proprio come i miei genitori.
Da una parte perché amavo molto lettere, e dall'altra perché volevo seguire le stesse loro orme, sentirli anche in questo modo sempre con me, camminare sullo stesso terreno da loro calpestato in passato, quindi fare lo stesso loro cammino.
Era una promessa che avevo fatto tempo prima a me stessa, e che avrei mantenuto.
Questa era l'unica cosa nella quale credevo davvero e nella quale avrei lottato per raggiungerla.
Appena giunsi nell'appartamento salutai con un caldo abbraccio i miei nonni, i quali erano intenti a seguire il telegiornale in soggiorno.

''Com'è andato il primo giorno di scuola?" Chiese nonna Giulia con il suoi solito sorriso dolce sulle labbra.
Quel sorriso mi scaldò per un istante il cuore e per un istante pensai che non avrei voluto perdere quel poco di calore che restava nella mia vita.
''Tutto bene grazie, quest'anno dovrò impegnarmi più del solito. Farò del mio meglio.''
Promisi loro con un sorriso.
''Bene, mi raccomando impegnati come hai sempre fatto tesoro.''

Disse mio nonno Franco con il suo solito portamento da professore universitario che non aveva lasciato.

''Promesso.''
Così dicendo, corsi in camera mia, o meglio nel mio mondo.
La mia camera rappresentava un mondo nel quale mi sentivo libera di fare ciò che volevo, senza aver paura di nulla.
Solo la mia camera sapeva quanti pianti avevo fatto li dentro, quante urla silenziose nella mia mente mi avevano pervasa tutte le volte che sentivo la mancanza dei miei genitori, delle braccia calde e protettive di mia madre intorno al mio piccolo corpo quando la notte avevo paura di dormire da sola, della voce di mio padre che mi chiamava felice appena uscivo da scuola..
Tutto faceva parte di un passato che sembrava essere per me così lontano a volte, ma altre così terribilmente vicino da sentire ancora il mio primo pianto sul letto nella mia vera casa.
Proprio in quel momento sentì dal balcone aperto di camera mia delle voci che provenivano dal basso e che mi incuriosirono.
Mi diressi in compagnia del dolore interiore verso il balcone da dove si poteva osservare tutta Piazza di Spagna.
Rivolgendo lo sguardo verso il basso intravidi due figure intente a trascinare una bici evidentemente con una ruota sgonfia.
Ci misi un po per capire di chi si trattasse.
La prima figura era un ragazzo che non conoscevo mentre la seconda era lo stesso ragazzo di quella mattina.
Subito tornai in camera mia, ma dopo poco senza capire il perché, uscì di nuovo fuori e lo vidi sbucare quasi dietro l'angolo sempre in compagnia dell'amico.
Fu proprio nel momento in cui alzò la testa verso l'alto e i suoi occhi scuri sembrarono incrociare i miei per la seconda volta, che ebbi la sensazione che mi stesse guardando davvero.
Anche io restai a guardare in sua direzione nel tentativo di trovare una logica a tutto quello che stava accadendo.
Ma quando sentì pronunciare sulle sue labbra un
''hey'', filai subito in camera.
Stesa sul letto cercai di uscire da quel tunnel strano nel quale ero finita per poco.

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Capitolo 4
*** •Capitolo 3: L'invito. ***


Ero intenta ad aiutare mia nonna nelle faccende domestiche, quando squillò il mio cellulare. Era Alessia. ''Ale!" Risposi con tono un po distratto dato che stavo spazzando in salotto. ''Hey Vale, sei impegnata vero?" Mi chiese avendo notato il mio tono. ''Sto aiutando mia nonna nelle faccende di casa, come sempre.'' Le ricordai. ''Ah giusto! Comunque devo dirti una cosa..'' Esitò un istante prima di continuare, come se fosse incerta se dirmi o no ciò di cui mi doveva parlare, ma poi riprese. ''Questa sera Aurora del Gaudio della 5c terrà una festa nella sua villetta, vorresti venire con me, Luca e Paolo? Dimmi di si ti prego!" Dal suoi tono capì che desiderava molto che andassi con loro. ''Lo sai che non amo le feste.'' Le dissi un po irritata. ''Vale non puoi stare sempre in casa e uscire solo con noto, devi conoscere nuova gente, è un ottima occasione per stringere nuove amicizie e per sentirti meglio..'' Cercò evidentemente di farmi cambiare idea. ''Alé non mi va di venire, per di più è in casa questa festa, si starà dunque più intimi , molti beveranno, forse alcuni fumeranno come turchi, e si ballerà in continuazione.'' Tutto ciò che avevo detto si tramutò in una serie di immagini nella mia mente, e ciò mi spaventò quasi. ''Aurora è una ragazza seria seppur popolare nell'istituto..'' ''Ecco proprio perché è popolare, ci saranno persone di vario tipo, e se fosse seria come dici, non avrebbe invitato un intero istituto alla sua festa, ma avrebbe festeggiato con i suoi amici più stretti e i suoi parenti, e dubito che questi ci saranno questa sera.'' ''Quindi?" Mi chiese triste. ''Quindi non vengo.'' Mi sentivo male. ''Anche se ci siamo noi? Saresti stata con noi sempre durante la serata.'' Il suo tono dolce non mi fece cambiare idea. ''Andateci voi, a me non importa.'' Dissi di botto, e furono proprio quelle parole che mi fecero capire di aver esagerato. Sicuramente l'avevo ferita come del resto anche gli altri. Ciò mi spinse a richiamarla subito, all'istante. ''Vengo, ho deciso.'' Le dissi senza farle notare dal tono di voce quanto mi sentissi male dentro. ''D'accordo, hai fatto la scelta giusta per te. Passiamo a prenderti stasera alle 20:00. Aurora abita tra Piazza del Popolo e la villa comunale in salita.'' Così dicendo dopo la telefonata mi accorsi che erano già le 18:00 e dovevo iniziare a prepararmi. Non ero un tipo di ragazza che ci teneva nell'apparire bella o altro. Non amavo truccarmi come la classica bambolina perfetta. Il trucco che usavo era molto pesante e cupo, in netto contrasto con il colore chiaro dei miei occhi. Non avevo mai fatto un problema su come vestirmi. Il mio stile era in nero, proprio come il mio essere, cupo e triste. Ma quel giorno senza capirne il perché, di fronte all'armadio caddi nel dubbio più totale per la prima volta. Cosa si indossava per una festa in casa? Non ne avevo la più pallida idea. Per di più non ero mai stata ad una festa in presenza dei miei compagni di classe. Quelle dei miei amici erano sempre state feste tra noi quattro, dato che solo tra noi volevano festeggiare, sopratutto lo facevano per me, poiché non mi piaceva conoscere altra gente. Tutto ciò che mi era accaduto in passato mi aveva chiusa al tal punto di non voler frequentare la ''vita normale.'' Vivevo nel mio mondo da molti anni e solo poche persone vi erano al suo interno. Alla fine seppi cosa indossare, un abitino nero con le spalline, stretto un po sui fianchi, lungo fino alle ginocchia e un po gonfio verso il basso. Lasciai i miei capelli scuri lisci e dopo aver truccato di nero gli occhi scesi in salotto. Proprio in quel momento sentì citofonare. ''E' per me.'' dissi rivolta ai miei nonni. Alessia e gli altri mi stavano aspettando giù. Volevo essere sincera con i miei nonni e dissi loro che stavo per andare ad una festa in casa. Loro a senti ciò si stupirono, e, subito sorrisi radiosi comparvero sulle loro labbra. ''Qualcuno ti dirà che sei bellissima questa sera.'' Disse la nonna mentre davo loro un ultimo bacio sulla guancia. ''Non ho bisogno di complimenti nonna.'' Le dissi con una certa nota di tristezza. Le dissi così non perché mi credessi uno schianto ma perché non li apprezzavo. ''Invece si credimi, e poi vedrai.'' A senti quelle parole un leggero brivido pervase lungo la mia schiena, ma senza pensare ad altro uscì di casa. ''Eccoti finalmente.'' Disse Alessia appena mi videro. ''Hey Vale, finalmente ti sei decisa a scendere, la festa sta per iniziare.'' Così dicendo Luca si avviò per primo per strada, ed io presi a seguirlo insieme ad Alessia e Paolo. Avvolte mi capitava di pensare alla loro relazione, così felici insieme, e nonostante i vari litigi erano sempre insieme. Presto avrebbero festeggiato un anno e mezzo. Ero felice per loro. Tra loro c'era vero amore, sintonia, aiuto. Credevano davvero in quel sentimento da me mai provato verso un ragazzo. Quella sera, per strada non vi era molta gente, solo pochi passanti, e subito nella mia testa passò l'idea che tutta Roma fosse andata alla festa di quella Aurora, la quale di certo neppure mi conosceva. Ma rimossi immediatamente quell'idea assurda. Non avevo per niente voglia di andare a quella festa, e se vi ero andata ed solo per non far star male i miei amici, i quali sempre tanto avevano fatto per farmi stare bene al loro fianco.

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Capitolo 5
*** •Capitolo 4: Strana sensazione. ***


Giungemmo nella sua villetta nel pieno inizio della festa. Dall'esterno la casa era davvero molto bella, con un giardino curato. Sul lato esterno si intravedevano delle luci, segno che li doveva esserci la pista di ballo. Il cuore prese stranamente a battere forte e per questo mi strinsi al braccio di Alessia, ma lei non ci fece caso dato che era assorta in una conversazione con Paolo. Fu Luca a venire al mio fianco e a rassicurami che tutto sarebbe andato bene, e con il dito mi indicò che all'ingresso, Aurora stava ancora accogliendo gli invitati e non. Ci dirigemmo verso l'ingresso, e subito quella ragazza dall'aspetto elegante e con indosso un abito blu lungo, ci accolse con far socievole e caloroso. Non si presentò a me nonostante non mi conoscesse e neppure io la conoscessi, e ciò mi stupì. Potevano essere anche popolari alcuni ragazzi nella scuola come molti dicevano, ma questo non non voleva significare che tutti li conoscessero, tra cui io. Mi guardai intorno, e mi accorsi di trovarmi assieme agli altri in un piccolo salone ben arredato in stile moderno, i cui mobili variavano tra il bianco e il nero. Sul lato sinistro vi erano delle scale che conducevano al piano superiore sicuramente, invece in fondo, a fine soggiorno, vi erano due grandi porte di vetro scorrevoli che conducevano sul giardino, ovvero verso il cuore della festa. In compagnia dei miei amici, mi duressi li, e subito venimmo invasi da un chiasso assordante, chiacchiericci vari, la voce del DJ che animava la serata, e il tutto era accompagnato dalla musica disco. Molti ragazzi ballavano intorno al DJ, altri erano seduti ai tavolini più in fondo al guardino intenti a parlare, fumare o bere, ma non notavo nulla di strano o di pericoloso. Vi erano molte coppiette anche, ma tutto filava liscio. Dopo essermi resa bene conto di come era stata progettata la serata, i miei amici mi trascinarono con loro verso un gruppo di ragazzi sotto un albero, intenti a parlare fra loro. Da li, la musica era distante, era un posto silenzioso quasi, e ciò mi tranquillizzò da una parte. ''Hey ragazzi.'' Salutò Paolo rivolto a quel gruppetto di cinque ragazzi. Nel buio non riuscivo a capire di chi si trattasse, dato che la maggior parte delle luci erano state collocate intorno alla pista da ballo e tra i tavolini, ma notai che quel gruppo era formato da tre ragazze e due ragazzi. Sembravano persone tranquille. Nessuno di loro stava fumando o bevendo. ''Paolo, Alessia, Luca che bello rivedervi.'' Disse rivolto loro uno dei due ragazzi. Dopo una breve conversazione, Alessia mi presentò loro. ''Questa è Valentina.'' Disse e solo in quel momento capì chi era l'altro ragazzo. Era il ragazzo che mi aveva afferrato il polso dopo essermi venuto addosso nel corridoio della scuola e che poi vidi dal balcone di casa mia. Tutti mi si presentaromo con sorrisi radiosi, e ognuno mi strinse la mano. Quando arrivò quel ragazzo dagli occhi vivi - così l'avevo definito nella mia testa - mi rivolse anche lui un sorriso caloroso. ''Ci ritroviamo di nuovo noi due.'' Pronunciò quelle parole accompagnate da una breve risata. Prima che potessi dire qualcosa, Alessia prese parola. ''Già vi conoscete?" Chiese stupita. Anche Luca e Paolo lo erano. ''Io, beh... Cioè..'' Dissi subito assalita da uno strano panico. ''Ci siamo scontrati nel corridoio scolastico il primo giorno, a causa della troppa folla le ero finito addosso.'' Disse con tono sereno. Osservai il suo modo di parlare, di esprimersi, e mi convincevo sempre più che era diverso da me. Era proprio il mio opposto. A mia differenza mia, era allegro, spontaneo, sciolto, ma sopratutto vivo. Ma fui riportata sulla terra, lontana dalle mie considerazioni dalla voce della mia migliore amica. ''Ah, bene quindi già siete conoscenti, allora vi lasciamo un po soli, ci vediamo dopo ragazzi.'' Nel sentire quelle parole da lei pronunciate, la rabbia mi assalì dentro, e sul viso le rivolsi soltanto un espressione incerta, ma lei sorrise e mi rivolse un occhiolino. In quel momento avevo voglia di saltarle addosso e riempirla di calci per quello che aveva fatto. Che mi aveva fatto! Ma dall'esterno apparivo semplicemente neutra, quasi del tutto inerte. Quando tutti ci lasciarono soli, non sapevo cosa fare. ''Anche questa volta scapperai?" Mi chiese sorridendo. Quando entrò meglio nel mio campo visivo, potei osservarlo meglio. I suoi capelli neri lunghi gli arrivavano fin quasi alle orecchie, e alcuni gli riacedevano davanti agli occhi esattamente come quando lo vidi per la prima volta nel corridoio. Era giusto un po più alto di me, e indossava una camicia nera e dei jeans. Tutto sembrava far da contorno ai suoi occhi, i quali nel buio apparivano ancor più scuri. ''Hai perso la parola?" Rise divertito, ma sembrava una risata dolce, bonaria. ''Oppure è vero che non parli con gli sconosciuti?" Continuò mantenendo sempre quell'aria divertente. ''Già, non parlo con gli sconosciuti.'' Dissi con una certa nota di indifferenza. ''Ma adesso tanto sconosciuti non siamo, tu sai il mio nome ed io so il tuo.'' Mi fece notare. Già, il suo nome, Stefano. ''Questo non significa che siamo conoscenti, sappiamo solo il nome di entrambi.'' Gli feci notare io. ''Ma frequentiamo la stessa scuola, ci siamo scontrati nel corridoio, poi ti ho vista mentre passavo per Piazza di Spagna con un mio amico, e non mi avevi neppure risposto al mio ''Hey''...'' ''Tutto questo non fa di noi due conoscenti, è stato tutto un caso.'' ''Allora per te è un caso che ci siamo ritrovati a questa festa, oppure ci sarà un motivo?" In quel momento i nostri occhi restarono a fissarsi e subito una strana sensazione mi pervase interiormente. C'era qualcosa di strano in quegli occhi così scuri, qualcosa che sembrava risvegliarmi dentro. Ciò che feci fu guardarlo dritto negli occhi senza timore o altro. Fissa li, con determinazione, quasi con aria di sfida. ''Non ho mai conosciuto una ragazza come te.'' Disse improvvisamente. Le sue parole mi riportarono alla realtà. ''Come me in che senso?" Gli chiesi senza capire. ''Determinata.'' Pronunciò guardandomi fisso negli occhi. In quel momento un piccolo venticello scosse le foglie dell'albero sotto il quale ci trovavamo. ''E anche bellissima.'' Nel sentir quelle parole sgranai gli occhi, e subito mi tornò in mente le parole di mia nonna, nelle quali non avevo per niente creduto. Abbassai per un istante solo lo sguardo ma lo alzai nuovamente verso lui. ''Era un complimento, non una pugnalata.'' Disse ridendo. ''Non adoro i complimenti.'' Gli feci notare indifferente. ''Anche una ragazza che non apprezza i complimenti non l'ho mai conosciuta.'' Sorrise, e stranamente un breve sorriso comparve sulle mie labbra. Ma finì tutto in quell'istante, perché girai i tacchi e mi diressi in cerca dei miei amici senza neppure salutarlo. ''Hey, perché te ne vai?" Ma non lo risposi.

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Capitolo 6
*** •Capitolo 5: Ti odio. ***


Dopo la festa, nei giorni seguenti sembrava essere ritornato tutto alla normalità dentro me. Per un paio di ore ero entrata a contatto con un mondo nel quale non ero mai finita, con il quale non avevo mai condiviso nulla. Era un mondo completamente diverso dal mio. Per cominciare, le interazioni tra tutti quei ragazzi erano sciolte, spontanee, nessuno aveva paura, timore. La musica poi, diversa da quella che ascoltavo io. E Stefano, faceva parte di quel mondo, che seppur avevo vissuto per poco, mi era così estraneo. Nei giorni a venire, nella mia mente continuavano a fluttuare l'immagine dei suoi occhi scuri persi nei miei e il momento in cui troncai la nostra conversazione e me ne andai. In verità non sapevo esattamente perché avevo compiuto quell'atto, ma ero convinta che parlare con lui mi facesse sentire completamente diversa da tutti gli altri, come una specie di essere diverso dagli umani. Ero rigida, fredda. Non ero riuscita a creare nessun altra amicizia dopo i miei amici, come se qualcosa dentro mi bloccava verso l'esterno, verso la vita e mi faceva sentire morta. Odiavo persino me stessa per tutto questo ghiaccio, seppur da una parre mi piaceva essere diventata quella che ero. Ma sentivo che con Stefano, - anvhe se per me in fondo uno sconosciuto- non dovevo comportarmi come avevo fatto fino a quel momento. Non so perché pensavo ciò, non so perché la mia mente elaborava quello strano pensiero, ma seppur ci avessi provato a cambiare e a diventargli amica non ci sarei riuscita. Il mio cuore era diventato freddo e non mi interessava creare nuove relazioni. E poi ero certa che lui dopo il mio atteggiamento alla festa, mi stava odiando o altro. Ciò che feci dunque fu di continuare ad essere indifferente, dopotutto anche lui avrebbe fatto la stessa cosa. Tutti questi pensieri mi accompagnavano specialmente quando andavo a scuola. Era trascorso un bel po di tempo dall'inizio di questa, ottobre era da poco iniziato. Ogni cosa inizia a riprendere il suo solito corso, poi finisce e poi inizia nuovamente. Io mi sentivo l'esatto opposto di ciò, un punto fermo intorno ad un continuo cambiamento. Dopo la giornata scolastica e il trauma per aver avuto molti compiti già nel pieno inizio dell'anno scolastico, io e i miei amici ci dirigemmo subito verso l'uscita, e quindi nel cortile. Ma fu proprio in quel momento che nella corsa sfrenata nel corridoio assieme a tanti altri ragazzi, mi scontrai contro qualcuno. Chiusi istintivamente gli occhi all'impatto. ''Chiedo scusa.'' Dissi riaprendoli subito. Quando quella persona si voltò verso me, mi resi conto che era Stefano. Prima che potesse dire qualcosa, tutti i pensieri che avevano occupato la mia mente prevalsero. ''Mi odierà o altro. Sarà anche lui indifferente da questo momento in poi.'' Pensai. E invece... ''Questa volta sei stata te a scontrarti con me.'' Disse sorridendo. Indietreggai di qualche passo e voltandomi alle mie spalle notai che il corridoio era vuoto. Per la seconda volta ci ritrovavamo li dentro soli. Mi chiesi dove fossero i miei amici, se fossero già andati via oppure no. ''Non ci ho fatto caso alla tua presenza.'' Dissi e mi resi conto di aver detto una frase un po pungente. ''Fa parte proprio del tuo carattere essere così... strafottente?" In quel momento i suoi occhi si spensero di quella luce radiosa che vi avevo sempre visto. Per la prima volta qualcuno mi aveva detto che ero menefreghista. Nessuno mai me l'aveva detto. Ma fu la frase per intero ad avermi colpita. ''Questa sono io.'' Dissi fissandolo dritto negli occhi. ''Io penso che la tua è solo una maschera.'' Aveva ripreso il suo solito tono ma un po duro. Di nuovo venni colpita dalle sue parole. Come aveva fatto a percepire queste cose? ''Comunque se è come dici tu di essere indifferente, allora non potrò mai parlare con te.'' Mi guardò per un ultimo intenso e triste istante negli occhi, poi si diresse verso l'uscita. Ciò che accadde in me in quel momento fu un qualcosa che non mi sarei aspettata, non potevo stranamente sopportare l'immagine dei suoi occhi diventati improvvisamente tristi. Corsi verso lui e con una mano afferrai il suo braccio. Lui si fermò a quel tocco, mentre io dietro lui restai ad osservare per un po la mia mano stretta intorno al suo braccio. ''Mi dispiace.'' Quella parola uscì dalla mia bocca di getto, ma non era tagliente. ''Non volevo arrecarti tristezza.'' Continuai e in quel momento mi stupì di me stessa per aver pronunciato tutte quelle parole che neppure ai miei amici dicevo quasi. Stefano si voltò lentamente e restò a guardarmi negli occhi in silenzio. A poco a poco il solito bagliore gli ritornò negli occhi. La sua espressione seria ma serena stampata sul viso mi fece capire che aveva voluto darmi una lezione. A non essere tagliente nelle frasi, in modo da evitare di far soffrire gli altri. Quando capì, sentì le mie guance un po infiammate. Stranamente persi la determinazione in quel momento. Lo vidi sorridere e fu quel sorriso sebbene non volessi a farmi sentire rincuorata. ''Ti va di tornare insieme a casa?" Propose sempre sorridendomi. "Abito esattamente il palazzo dietro al tuo. Quella volta che mi vedesti in compagnia del mio amico, stavo tornando a casa.'' Aggiunse poi. ''D'accordo.'' Dissi senza aggiungere altro, ma dentro me mi sentivo stranamente risollevata, quasi felice. Durante il tragitto verso le rispettive case, il quale era abbastanza breve, lui non smetteva un secondo di parlare. Era nella sezione C, e iniziò a parlare di Aurora. Mi disse che non era affatto socievole come voleva dimostrare agli altri, ma era esattamente l'opposto. ''In classe fa la carina con tutti, ma in realtà non è così.'' Aggiunse poi. ''Perché?" Gli avevo chiesto ma sempre con una certa indifferenza. ''Non ha una bella storia dietro, i genitori veri l'abbandonarono in un orfanotrofio appena nata. Ma nonostante il suo sia un passato molto difficile, anche perché solo da tre anni ha saputo di essere stata adottata, -troppo tardi per i miei gusti-, lotta contro la realtà e cerca di essere sempre forte, sorridendo alla vita. Solo pochi della classe sappiamo ciò. Non è una ragazza che ama far sapere i suoi fatti personali a tutti, anche se apparentemente sembra voler avere tanti amici.'' Tutto ciò mi uccise quasi dentro al tal punto da non riuscire più a camminare. Intravidi il palazzo dei miei nonni a pochi metri di distanza e mi sembrava così lontano. ''Hey tutto bene?" Mi chiese subito Stefano, il quale assunse un aria preoccupata. Essere forte e sorridere lo stesso nei confronti della vita... No, non ci sarei mai riuscita. ''Si tutto bene.'' Risposi con aria un po assente ma comunque veritiera. Continuammo il breve tragitto senza dire alcuna parola, o meglio lui smise di parlare. Decise di accompagnarmi sotto il mio palazzo. Stavo per entrare quando sentì la sua mano afferrarmi un braccio. Mi voltai e restai a guardare sia lui che la sua mano stretta intorno al braccio. ''Ci rivedremo?" Mi chiese guardandomi serio negli occhi. Rimasi incerta nel cercare di capire cosa intendesse dire con quella domanda. ''Forse si, forse no.'' Dissi infine. Evidentemente la mia risposta lo fece irritare. ''Certo che sei davvero odiosa con questo tuo atteggiamento.'' Così dicendo se ne andò. Uscì anche io dal portone e gli gridai contro:" Se per questo ti odio anche io.'' "Bene allora, ci odiamo entrambi.'' Disse irritato voltandosi verso me, dopodiché sparì dietro il vicoletto. Come avevo pensato era reciproca la cosa. Ma era davvero odio il nostro?

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Capitolo 7
*** •Capitoo 6: Freddo, caldo. ***


Erano giorni che non vedevo Stefano nel corridoio della scuola, questo da una parte mi fece sentire tranquilla, ma dall'altra mi irritava. Il fatto che mi avesse voluto dare una lezione tempo addietro per me all'inizio fu quasi un gesto positivo, ma con il passare dei giorni mi irritava sempre più. In poco tempo senza neppure conoscerci bene, avevamo finito per ''odiarci.'' E se quell'odio poteva definirsi tale, tutto mi appariva strano, per quale motivo? Perché, c'era qualcosa in me che non smetteva di farmi pensare a lui. Il suo modo di guardarmi negli occhi era così intenso. Nessuno mi aveva mai guardata con tanta intensità come lui faceva. Sembrava quasi in grado di leggere dentro me.. Già! Leggere dentro me. Qualche giorno addietro mi aveva detto che il mio modo di essere fredda era solo una maschera. Da una parte aveva colto la verità. Certo la mia era una maschera, ma solo in parte, perché essere fredda era ormai parte di me. Di questo ero convinta, sebbene il calore che dominava nel fondo del mio essere a volte voleva sciogliere tutto quel ghiaccio. Ma in tutti i momenti durante i quali avevo potuto parlare con lui, mi ero sentita dentro me nel profondo tranquilla. Non mi aveva trasmesso paura, non mi aveva mai criticata per la mia aurea cupa, non mi aveva preso in giro. Forse aveva provato a voler diventare mio amico, ma io con il mio far brusco e come lui stesso aveva definito ''strafottente'', lo avevo allontanato da me, fino a sentirmi dire ''ti odio.'' Io poi, gli avevo risposto alla stessa maniera, ma in fondo odiavo davvero lui, oppure semplicemente odiavo me stessa? Tutto questo mi faceva star male dentro ancor di più di come già mi sentivo. Quando poi mi aveva parlato di Aurora, della sua storia conosciuta solo da pochi, fu per me un momento particolare. Aveva voluto confidarmi quasi un segreto. In fondo proprio perché era conosciuto a pochi il passato di quella ragazza, per di più agli amici di classe più stretti, io non dovevo saperne nulla. Ma ciò mi spinse a pensare da un altra parte ,che lui me ne avesse parlato perché aveva sentito dopo i suoi vari e intensi sguardi che in me qualcosa non andava, o meglio che anche io ero stata segnata da qualcosa di brutto nel mio passato. Ma era impossibile. Decisi dunque di lasciar perdere tutte quelle riflessioni continue, nonostante dentro me speravo di poterlo rivedere. La sua domanda:''Allora ci rivediamo?" stava dando significato anche me. Da una parte desideravo rivederlo, ma era già troppo tardi, lui mi odiava per mia colpa. Ma a tutto ciò non volli restare indifferente, ma decisi di reagire per la prima volta. Per la prima volta decisi di cambiare il corso delle cose. Mi primisi che non appena l'avrei rivisto gli avrei chiesto scusa. Dovevo cambiare, dovevo reagire, dovevo affrontare quella situazione, dovevo aprirmi con lui, almeno con lui. Non dovevo aver paura di nulla. Fu proprio quando un giorno dopo la solita giornata scolastica che, vedendolo nel cortile, decisi di riparare il tutto. Con il cuore stranamente calmo e una determinazione in me innaturale, mi diressi verso lui, il quale si stava avviando verso il marciapiede che conduceva a casa. ''Stefano!" Gridai alle sue spalle. Egli si voltò di scatto e rimase a guardarmi sempre con la sua solita intensità. "Valent...'' Disse a bassa voce ma io lo interruppi di scatto. ''Volevo semplicemente scusarmi per tutto quanto accaduto tra noi per colpa mia. Sono stata molto indelicata nei tuoi riguardi molte volte.'' Non smettevo di guardarlo negli occhi. Ero strana, ero sicura di ciò che dicevo, ero determinata davvero. ''Certo che tu sei davvero strana..'' La sua espressione era seria e ciò mi fece subito pensare che non aveva accettato le mie scuse. Avevo fatto davvero schifo. Ma stranamente e con mio grande stupore, sulle sue labbra poco dopo si disegnò il solito radioso sorriso. ''Stai tranquilla non devi scusarti con me, ma con te stessa, perché sono certo che tu nascondi dentro te il tuo vero essere.'' Nel dire quelle parole mi stupì ancor più di lui. Come faceva a leggere dentro di me e coglierne le verità? ''Come fai?" Gli chiesi stupita. ''A fare cosa?" Mi chiese incerto. ''A leggere nelle persone.'' Dissi tutto d'un fiato senza voler aggiungere altro. ''Studio psicologia, la nostra sezione fa parte delle scienze umane, sono infatti appassionato di questa disciplina.'' Il suo sorriso mi fece intuire che amava davvero la psicologia. ''La prima cosa che ho notato di te, è tanta tristezza nei tuoi occhi. Ti ho detto questo non perchè voglio che te me ne parli, ma semplicemente sono riuscito a leggere ciò dentro te fino a ora.'' Il suo sguardo mi fece capire che davvero se ne intendeva. Già ero triste. Triste. Arrivammo sotto casa mia. Con molta gentilezza aveva deciso di accompagnarmi, nonostante il mio essere stata fredda con lui. Ma in fondo aveva ragione, io avevo sbagliato con me stessa. Me ne stavo andando su per le scale, quando lui mi venne dietro e afferrandomi per il polso mi costrinse a guardarlo. ''Ti va se ci scambiamo i numeri di cellulare, così da sentirci più spesso?" Sorrideva e dentro me sorridevo anche io. ''D'accordo.'' Dissi e dopo essserceli scambiati, restò a guardarmi ancora per un istante. ''Ti registrerò freezer, d'accordo?" Scoppiò a ridere, e quella risata fu così contagiosa da scigliermi per un' istante. Dopodiché rientrata in casa e stesami sul letto di camera mia, mi lasciai andare ad un pianto liberatorio.

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Capitolo 8
*** •Capitolo 7: La svolta. ***


Nell'ultimo periodo stavo iniziando a convincermi sul fatto che se si vuole, si può cambiare il corso delle cose, non bisogna per forza essere schiavi di una situazione che fa male all'animo proprio, ma reagendo contro questa, la si può rendere gradevole.
Nonostante mi sentissi male, vuota, nel momento in cui pensavo a Stefano era come se riuscissi a sentirmi meglio.
Come se ci fosse qualcosa in lui in grado di smuovermi dentro, e di sciogliermi da tutto il ghiaccio che mi circondava, che io stessa avevo voluto mi circondasse!
Ero diventata indifferente a tutto, ogni cosa mi risultava inutile, e persino l'aria che respiravo sembrava raffreddare i miei polmoni.
Nonostante la poca reciproca conoscenza, aveva dato inizio a tutto ciò in parte, ma sembrava esserci lo stesso riuscito.
Come poteva essere possibile una cosa simile?
Era una domanda alla quale non seppi in grado di rispondermi, ma ero convinta che qualcosa in me stava cambiando.
Tutto questo non volevo ammetterlo a me stessa dato che, non volevo affezzionarmi per paura di soffrire, ma una voce interiore diceva che dovevo finalmente lasciarmi andare e iniziare a vivere, ad entrare in contatto con il mondo vivo.
Me stessa odiavo per l'essere in contrasto con la mia personalità, divisa tra caldo e freddo.
Ma come avevo creato un legame con i miei amici, potevo riuscirci anche con Stefano.
Da come si mostrava nei miei riguardi, avevo notato che sembrava essere interessato a creare un amicizia con me.
E fu questa convinzione a spingermi ad essere me stessa con lui, senza nascondere il calore che incombeva in me, senza fingere su nulla, dato che egli stesso aveva colto nei miei occhi quell'enorme tristezza che era da tempo diventata la mia seconda pelle, ma non mi aveva giudicata, non mi aveva offeso come tanti facevano a scuola.
Anche lui era parte dell'ambiente scolastico, ma era diverso, almeno come avevo potuto constatare fin a quel momento.
Alla base di tutte queste considerazioni, c'era il mio continuo vivere tra inerzia e desiderio di essere felice.
Sapevo che per poterlo essere, dovevo lottare per raggiungere il mio scopo, la mia felicita.
Niente ci viene dato senza aver lottato.
Fu la telefonata che ricevetti da lui a dare inizio alla svolta in me, nonostante odiassi da una parte il fatto che mi cercasse dato che finivo per trattarlo sempre male, e dall'altra che per essere felice dovevo stare a contatto con il mondo che mi aveva strappato la famiglia.
Per poter essere felice dovevo vivere con tutta me stessa in quel mondo, dovevo reagire, lottare, voltare pagina e andare avanti.
Tutte quelle ultime considerazioni mi fecero rabbrividire immediatamente, sapevo infatti che non ci sarei riuscita.
Mi telefonò proprio mentre ero assorta in quei pensieri.
Sembrò essere stato telepatico.
Quando risposi, mi concentrai sulla realtà, su quella telefonata.

''Hey freezer, ehm.. Valetina.''
La sua risata mi contagiò.
Il fatto che mi chiamasse con quel soprannome non mi dava alcun fastidio, anzi era divertente.
'
'Ti ho disturbato per caso?''
Mi chiese con tono preoccupato. '
'Non affatto.''
Risposi tranquilla.
''Bene, ti ho chiamata per chiederti in verità una cosa.''

A sentir quelle parole, il mio cuore ebbe un sussulto.
''Cosa?" Chiesi in attesa di una risposta.

''Ti andrebbe di uscire insieme questa sera? Se ti va, sai per una passeggiata, magari ci fermiamo anche in un pub.''
La sua era una proposta.
Voleva uscire con me, proprio con me.
''Uhm..Va bene.'' Risposi con il cuore a mille.

''Per te va bene se passo a prenderti alle 20:30 sotto casa?" Mi chiese poi.
''D'accordo.''
Risposi con una piccola nota di felicità, sebbene dentro me ero esattamente il doppio.
Conclutasi la telefonata, mi stesi sul letto con il cellulare ancora tra le dita.
Il mio sguardo era perso tra la realtà e la fantasia.
Ero ansiosa, forse anche un po timorosa, ma ero felice dentro me.
Era una felicità che non avevo mai provato.
Non ero mai uscita sola con un ragazzo, ma la felicità che nutrivo in me, non dipendeva da questo, ma da altro che non seppi decifrare.
Stavo iniziando a dare una svolta in me, stavo per iniziare a cambiare il corso delle cose.

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Capitolo 9
*** •Capitolo 8: Io, lui uniti per caso? ***


Alle 20:30 in punto Stefano venne a citofonarmi sotto casa.
Quella volta non riuscì ad essere sincera con i miei nonni.
Provavo un certo imbarazzo, e mi sarei sentita a disabili nel dire loro che stavo poter uscire con un ragazzo.
Non volevo essere falsa nei loro riguardi, ma dire la verità mi risultava difficile.
Per la prima volta mentì.
Dissi loro che sarei uscita con i miei amici, e mi sentì un po male per averli incentrati nella mia bugia.
Ma non era stata una cattiva azione la mia, l'avevo fatto solo per nascondere il mio disagio.
Appena scesi giù nel mio palazzo, mi immobilizzai all'istante nel vederlo appoggiato al muro con le mani nelle tasche dei jeans, immerso nei suoi pensieri.
Era ferma sulle scale e da li i suoi capelli gli coprivano parte del viso.
Dopo poco si accorse della mia presenza.
Per un attimo restò a guardarmi serio, senza battere ciglio.
Sembrava ipnotizzato.
Ma durò tutto una frazione di secondi volati via come lo scorrere di un torrente, perché sulle sue labbra si disegnò un sorriso, e si avvicinò a me per salutarmi. Io, da parte mia ero rimasta immobile, incapace improvvisamente di percepire quella realtà.
Non sapevo cosa mi stesse accadendo, ma quando Stefano mi parlò ritornai alla realtà.

''Hey freezer, come stai?"

Pronunciò quelle parole con una piccola nota di imbarazzo.
Le sue guancie si arrossarono lievemente.
Per la prima volta lo vidi in quello stato.
Non capivo se ero io a metterlo a disagio oppure altro.
''Bene.''
Risposi.
Cercai di essere calorosa ma non ci riuscì.
Lo sapevo, dentro me volevo cambiare, essere la vera me, uscire da quella prigione sofferente, ma all'esterno mi mostravo per l'esatto contrario.
Anche se avrei voluto e ci avrei provato, non sarei potuta cambiare.
L'unica cosa nella quale speravo veramente era in quella serata.

''E tu come stai?" Gli chiesi mentre ci incamminammo lungo la strada.
Gli camminavo di fianco e ciò mi sortì uno stato di più tranquillità, anche se non ne capivo il motivo.
''Bene, grazie.''

A mia differenza aveva aggiunto il ''grazie'', per di più era stato davvero caloroso nella risposta datami.
Per un po nessuno dei due parlò.
Entrambi ci sentivamo un po a disagio.
Sebbene avevamo parlato varie volte a scuola, e scontratoci anche, quella sera tutto sembrò diverso.
Persino lui, sempre spontaneo, era cambiato.
Cancellati tutti quei pensieri dalla mente e per non sentirmi sempre più a disagio, mi concentrai con lo sguardo sui passanti, il cielo stellato e i negozi aperti.
Ma quel silenzio venne improvvisamente rotto dalla sua voce.
''Ti va di andare alla villa comunale?"
Il suo sorriso tornò quello di sempre, caloroso e sincero.
Fu così bello per me vedere di nuovo doppio tanto silenzio quel sorriso, tanto da alleviare un po l'ansia che incombeva in me.
Annuì, poi aggiunsi un ''si'' più convinto.
Arrivammo alla piccola villa comunale situata sopra Piazza del Popolo, alla quale si arrivava salendo degli scalini di pietra sul lato sinistro della piazza.
Era molto bella seppur piccola, sopratutto per il panorama che da li si poteva ammirare.
Tutta Roma sembrava osservarci in quel momento in tutta la sua maestosità.
Nonostante conoscevo bene quello spettacolo mi trasmetteva sempre una forte emozione nel vederlo ogni volta, e stranamente a mio stupore, fu ancor più forte in compagnia di Stefano.
Mi appoggiai al grande parapetto di marmo con la mente e il cuore persi tra quelle case e il color scuro del cielo, in lontananza ancora un po chiaro.
''Bellissimo vero?" Mi chiese Stefano al mio fianco.
Nel voltarmi verso di lui, mi resi conto che era assorto esattamente come me tra tutte quelle meraviglie.
''Già, uno spettacolo che restsrei a guardare ore ed ore.''

Risposi rivolgendo di nuovo lo sguardo verso il panorama.
Restammo per un po di nuovo in silenzio, entrambi come attirati da un qualcosa che si nascondeva tra tutti quegli edifici, il quale non aspettava altro che esser trovato.
Una domanda, una affermazione, una qualsiasi cosa, ma c'era, esisteva e noi la stavamo cercando.
Stranamente in quel momento non pensai al ghiaccio che incombeva su di me, ma con il cuore e la mente volevo a tutti costi proiettare il mio sguardo oltre quelle case, quelle strade, guardare oltre quel cielo in lontananza ancora illuminato dagli ultimi bagliori del tramonto.
In quel esatto momento iniziai a provare una sensazione che il mio essere non aveva più provato da tempo.
Libertà d'animo.
Mi bastò guardare un cielo meraviglioso e proiettare i miei pensieri oltre esso per poter sentirmi libera.
Assaporai ancora per un bel po quella meravigliosa sensazione, e sperai che quel momento non sarebbe volato via come tutti quelli che avevo vissuto nella mia vita. Emanai un lungo sospiro di liberazione.
Ci fu qualcosa in quel momento che mi fece sentire tranquilla, e guardare tutto ciò che mi circondava da una prospettiva differente, con occhi improvvisamente nuovi.
''Due opposti ma forse uniti.''

Uscì dalle nostre labbra, ancora assorti nei nostri pensieri.
''Cosa?"
Ci chiedemmo entrambi, l'uno rivolto all'altro stupiti.
''Abbiamo pensato alla stessa cosa?!" Stefano puntò i suoi occhi dritto nei miei.
''Non so perché.. Cioè.. Noi..''
Iniziai a balbettare mentre i miei occhi venivano catturati magneticamente dai suoi.
I nostri occhi si persero totalmente in quelli dell'altro. Scruro e chiaro in quel momento sembrarono fondersi.
Ma potevano mai fondersi per davvero due opposti?
La sua oscurità era l'esatto opposto della sua personalità armoniosa, e la mia limpidità l'esatto contrario del mio essere.
''Io e te due opposti.''
Pronunciò quelle parole con una tale determinazione da spaventarmi quasi.
Eppure dentro me sentivo che era la verità.
Eravamo l'esatto contrario dell'altro, ma forse c'era qualcosa che voleva unirci, qualcosa che voleva andare oltre tutto.
Restammo a fissarci ancora per un bel po senza dire nulla, senza sorridere, ma con sguardi seri come alla ricerca di un qualcosa non su di noi ma dentro noi.
Un qualcosa che forse ci avrebbe spinto all'odio e ai litigi dato i nostri caratteri diversi, oppure a innumerevoli tempeste e poi ad arcobaleni e gioie.
Ma la convinzione in entrambi che quel qualcosa ci avrebbe al contempo tenuti uniti, era davvero forte.
Come la forza della natura alla quale nessuno ha scampo, nessuno può sottrarsi ad essa, noi non potevamo sottrarci all'altro.

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Capitolo 10
*** ~~•Alt!•~~ ***


Salve lettori, prima di postare il prossimo capitolo, volevo sapere da noi se la storia fino ad adesso vi sta piacendo, se riuscite ad immegervi bene nella psicologia dei personaggi. Beh insomma vorrei tanto sapere dei vostri pareri. Fatemi sapere al più presto, attendo vostre risposte :3

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Capitolo 11
*** Capitolo 9: Confessione. ***


Erano trascorse due settimane dalla nostra uscita insieme.
Durante tutti quei giorni, non avevo smesso un secondo di pensare a Stefano.
Sembrava strano, ma dopo quell'uscita e dopo la strana frase pronunciata da entrambi sotto lo sguardo della notte, sentivo in me quel ''qualcosa'' che nutrivo per lui, crescere sempre più.
Perché definito come ''qualcosa"?
Perché non sapevo di cosa si trattasse per l'esattezza, ma avevo capito, anzi avevamo compreso entrambi che qualsiasi cosa fosse accaduta ad entrambi, il legame creatosi non si sarebbe spezzato.
Quel qualcosa evidentemente ci univa, ed era tutto una questione di tempo per poter meglio definirla e capire cosa incombeva in noi.
Fatto sta che, durante quelle settimane a scuola non avemmo occasione di poterci vedere molto.
I professori erano diventati nel corso dell'inizio dell'anno molto severi, privandoci quasi spesso anche dei cinque minuti di pausa tra un ora e un altra.
Ci capitava dunque di incontrarci per caso, vicino ai distributori sempre al primo piano, oppure nella palestra quando avevamo entrambi educazione fisica, ovvero il mercoledì.
Quel giorno la palestra era sempre occupata dalla mia classe e dalla sua, e dato che era molto grande poteva tranquillamente contenere entrambe.
Quando ci vedavamo in palestra, era il momento che preferivo di più, e nonostante gli sguardi stupiti dei vari ragazzi nel vederci parlare, mi sentivo a mio agio. Esteriormente ero sempre fredda dato che, non riuscivo ad essere calorosa come avrei voluto essere.
Forse era proprio una questione di tempo, magari avrei fatto rifiorire la vera me più in la, e nonostante continuavo ad odiarmi per il fatto che lo trattavo in modo distaccato, io volevo parlare con lui.
A volte sentivo nel profondo che lo ferivo con certe mie risposte.
Me ne rendevo conto dall'espressione che assumeva.
Triste, un po dolorante.
Avevo imparato ad osservare le sue espressioni di gioia, di dolore, i vari tratti, lineamenti, il suo modo di inarcare le sopracciglia quando non capiva cosa gli chiedevo o dicevo.
Stavo imparando a leggere dentro lui, ogni qualvolta che i suoi occhi si puntavano sui miei.
Riuscivo sebbene per poco, a cogliere molte cose di lui interiori.
Il suo spirito libero talvolta oppresso dai pensieri che gli affollavano la mente, dei quali avrei tanto voluto conoscerne il fondo, si proiettava attraverso i suoi occhi scuri.
A volte mi dava l'impressione che di me non ne poteva più, e in quei momenti avevo provato a respingerlo da me per evitare che continuassi a farlo soffrire.
Ma qualcosa dentro me voleva tenermi legata a lui.
Era un potere più forte a differenza di quel mio pensiero.
Al cellulare mi chiamava quasi sempre lui durante la giornata.
Quando lo chiamavo io, sentivo dal suo tono di voce che era davvero molto contento della mia chiamata.
Questo mi fece capire che gli faceva davvero piacere parlare con me.
Avrei voluto dirgli come mi sentivo davvero dentro nei suoi riguardi.
Avrei voluto dirgli che ero davvero molto felice, ma non ci riuscivo mai.
Eppure nonastante il mio essere fredda, lui non si allontanava da me, anche se a volte mi faceva capire che un mio atteggiamento lo aveva ferito, lui, era sempre pronto a parlarmi nuovamente.
E ciò mi fece capire che forse la maggior parte di quella situazione dipendeva da me.

                                                                                                                                    •••••••••••
''Davvero farai lettere classiche?'' Stefano e io un pomeriggio dopo lo studio decidemmo di prendere un caffè insieme in un bar.
Seduti accanto alla grande vetrata del bar, discutavamo sull'università, mentre con lo sguardo vagavamo tra i passanti e le auto che passavano.
''Adoro questa facoltà.'' Riposi sorseggiando il mio caffè caldo.
Ci voleva proprio per sciogliere un po il ghiaccio che mi circondava.
''C'è un motivo particolare per il quale vuoi intraprendere questa facoltà di studi?" Mi chiese dopo aver dato anche lui un bel sorso al suo caffè.
I suoi occhi sempre puntati nei miei, attendevano una risposta.
A sentir quella domanda ebbi un sussulto.
Il motivo c'era eccome se c'era, ma potevo davvero e di già parlarne con lui?
Potevo attraverso quell'argomento intrapreso per caso, dargli la vera motivazione la quale a sua volta si collegava al mio passato sofferente?
Decisi di non dire nulla a tal proposito e mi limitai col dire:" Mi piace e basta. Sono portata per le lettere in generale, il latino e il greco li amo, quindi ho deciso di voler intraprendere tale facoltà.''
Alla fine era pur sempre verità, ma il vero motivo era un altro..
''Il motivo è un altro ancora.''
Disse senza smettere di distogliere i suoi occhi dai miei.
Anzi in quel momento finì per osservarmi con ancor più maggiore intensità.
Non so come aveva fatto a capire che c'era un altro motivo di fondo, ma mi stupì per la seconda volta.
Di nuovo era stato in grado di leggere in me.
Appoggiai lentamente la tazzina oramai vuota sul piattino, dopodiché rivolsi nuovamente lo sguardo verso lui.

''Non c'è un altro motivo.'' Cercai di essere convincente.
Non volevo che gli altri sapessero il mio passato, eccetto naturalmente i miei amici.

''Perché mi dici una bugia Valentina? Lo leggo perfettamente nei tuoi occhi che c'è un altro motivo.''
Stava assumendo quel suo tono sofferente.
Ecco, ci risiamo, stavo sbagliando in quel momento.
''Stefano io..'' La mia voce divenne improvvisamente fioca.

''Lascia stare Valentina, lascia stare..''
Così dicendo si alzò e si diresse a pagare, dopodiché senza neppure salutarmi si diresse verso l'uscita del bar.
Quel suo gesto, la sua reazione mi fecero capire immediatamente quanto avessi sbagliato, e tutto accadde più velocemente dello scorrere dei miei stessi pensieri.
Corsi verso di lui per strada, tra la classica pomeridiana folla di gente, lo trovai.
Si stava dirigendo verso casa.
Lo seguì fino all'incrocio verso il suo vicoletto.
''Stefano!"
Gridai.
Non c'era nessuno in quel momento, ma anche se ci fosse stato qualcuno, avrei lo stesso gridato.
Non mi importava di nulla e di nessuno se non di lui.
Si voltò verso me, e io mi diressi verso lui.
La mia fu una vera e propria corsa.
Appena gli fui vicina, così vicina da sentire il suo profumo di acquamarina, restai a guardarlo negli occhi intensamente e senza perdere un minuto di più gli confessai apertamente tutte le sensazioni che realmente provavo per lui.
Perché lui doveva sapere, doveva conoscere le vere emozioni che sortiva su di me.
''Odiami pure se vuoi, non rivolgermi magari mai più la parola da questo momento in poi, ma sappi che la verità è ben altra, Stefano.
Ogni volta che parlo con te mi sento benissimo, finalmente felice, e non ti nascondo che quella sera mentre osservavamo il panorama dall'alto della villa comunale, mi sono sentita dopo tanto tempo libera, si libera.
La tua voce, i tuoi sguardi mi fanno stare meglio di quanto possa io stessa credere.
Forse non ti importano queste parole, forse per te non hanno valore, ma dovevi sapere la verità.
Il mio essere fredda nei tuoi riguardi, ma con tutti, sopratutto con me stessa, è frutto di un passato troppo doloroso.
Ma con tutto ciò voglio solo farti capire che non voglio farti soffrire e quando so che accade, dentro me sto malissimo, non voglio farti credere che di te non mi importa nulla.. perché Stefano, io.. io mi sono innamorata di te.''

Calde lacrime scivolarono lungo il mio viso, ma la determinazione in volto non andò via.
Ero sicura, decisa, ma sopratutto mi sentivo libera da un mucchio di sensazioni che avevo finalmente esternato alla persona a cui erano destinate.
Stefano restò immobile davanti a me, a pochi centimetri di distanza.
Non passò un secondo in più, che subito un fiume di imbarazzo mi travolse in piena sostituendo la determinazione.
Non ce la feci a reggere il suo sguardo sul mio.
Mi voltai e corsi via.
Ma proprio in quel momento, sentì la sua mano afferrarmi per il polso.
Mi girò di scatto verso se, e con tanto ardore posò le sue labbra sulle mie.
I miei occhi rimasero aperti, incapaci di cogliere appieno quanto stava accadendo, ma quel bacio era riuscito tranquillizzarmi, ad alleviare il mio dolore.
Quel bacio era esattamente il bacio che avevo desiderato fin da subito, e stretta tra le sue braccia mi lasciai trasportare da quel magico momento.

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Capitolo 12
*** •Capitolo 10: Lasciarsi andare. ***


Dopo la confessione che gli avevo fatto e dopo il suo bacio dal sapore dolce e caldo, mi ero convinta ancor di più che il legame tra noi stava a rappresentare l'intreccio delle nostre anime.
Mi risultava ancora così strana quella determinazione che avevo assunto nel momento in cui gli dissi chiaramente e in modo limpido ciò che nutrivo realmente per lui.
Io che per tanto tempo avevo vissuto nel ghiaccio e nella solitudine interiore, avevo confessato i miei sentimenti ad una persona, per di più ad un ragazzo senza il quale, mi sarei sentita malissimo.
Erano bastati quello scontro nel corridoio della scuola, e l'incrocio dei nostri occhi, per smuovere lentamente uno strano potere dentro me che non pensavo di possedere, tanta era la freddezza che mi aveva circondata.
L'energia di quegli sguardi intensi aveva cambiato lo scenario del mondo che mi circondava.
Ogni cosa sembrava essersi addolcita sotto il mio sguardo più sereno.
Per di più, quel bacio era stato in grado di travolgermi, e anziché respingerlo, l'avevo desiderato ancor più. Sentivo ancora la sua mano asciugare le lacrime sul mio viso, sentivo ancora il suo dolce e fresco profumo sul mio collo.
Tutto ciò aveva creato in me un altro mondo, piacevole e dolce.
Tutto stava cambiando.
                                                                                                                                           ••••••••••••
''Cosa? No davvero, cosa?"
Alessia non riusciva ancora a credere al fatto che avessi confessato ciò che sentivo a Stefano.
L'espressione che le leggevo in volto era davvero stupita.
Eravamo a casa sua, e sedute nel soggiorno le avevo voluto confidare ciò che mi era accaduto.
In quanto mia migliore amica doveva saperlo.
''E' davvero accaduto?"
Continuò a chiedermi sempre con aria sorpresa.

''Si, la verità è che ho sempre nutrito per lui qualcosa che andava oltre un semplice legame..''
Nel pronunciare quelle parole, sentì i miei occhi inumidirsi.
''Eppure quasi sempre litigavate, a volte lui sembrava proprio non sopportati per la tua freddezza, però l'avevo intuito fin da subito che a lui piacevi.''
Sul suo sorriso si disegnò una piccola nota maliziosa.
''Davvero?" Le chiesi quella volta io stupita.
''Dai Vale, ho avuto modo di constatarlo alla festa di Aurora.

Quando vi avevo lasciati soli per parlare, lessi nei suoi occhi un espressione di gratitudine nei miei riguardi, e il giorno dopo mi ringraziò per avervi fatto parlare, anche se in fondo non avete quasi per niente parlato e tu, te ne sei andata all'improvviso.'' 
In quel momento assunse un espressione triste.
''Non ne volevo sapere niente di lui...''
Dissi abbassando lo sguardo verso il parquet sotto i miei piedi.

''Perché?" Alessia si strinse al petto un cuscino e mostrò un aria ancor molto più interessata.
''Fin dall'inizio avevo capito che tra me e lui c'era qualcosa di forte, avevo subito iniziato a provare per lui forti sentimenti i quali, manifestavano le sue energie ogni volta che i miei occhi si perdevano nei suoi.
Lo respingevo perché da una parte non volevo legarmi a lui, e respingendolo non facevo altro che rifiutare da una parte quei sentimenti, i quali erano li, dentro me, e non volevano dissolversi tra i filamenti della mia anima.
Ma quando avevo capito che dovevano prevalere in me, e al cuore non si comanda, non ho potuto resistere.''

Sentivo il cuore battermi all'impazzata.
Sentivo l'animo muoversi dentro me con foga.
Quell'emozione dolce e piacevole che mi stava avvolgendo ultimamente, prevalse nuovamente.

''Siete così diversi entrambi, ci sono tante cose che vi rendono l'esatto opposto dell'altro, ma al contempo sono proprio quelle ad unirvi.
Molte sono già evidenti, altre sono tutte da scoprire.
Questo vale per entrambi.''

Aveva improvvisamente assunto un aria molto matura, e questo mi fece capire quanto era cresciuta nella sua relazione con Paolo.
Ne ero molto contenta, e desideravo tanto poter cambiare anche io, continuare a maturare, imparare a vivere la vita come se ogni giorno fosse l'ultimo, tutto al fianco di Stefano. 
Alessia si alzò un istante e tornò dopo poco dalla cucina con due tazze di cappuccino caldo.
"L'amore è un sentimento molto bello e nobile ma al contempo difficile da vivere.
Se si ama davvero una persona, si fa sempre di tutto per renderla felice e lottando insieme, si superano i numerosi ostacoli che la vita pone.
Quando si ama, si diventa folli, Valentina, la ragione non esiste, e l'unico a comandare e il cuore.
Quando l'amore è forte, capisci che senza quella persona non puoi vivere, senza lei sembra mancarti l'aria.
Lottare, sperare, vivere, amare, sono i verbi predominanti in un amore vero.
Non è vero che è questione di tempo per far nascere un amore.
Te ne accorgi fin da subito quando è amore vero.''
Tutte quelle sue idee circa l'amore, mi aprirono una grande porta nel cuore, la quale, le accolse con fervore.
Sorseggiai il mio cappuccino con gusto.
''Non posso rinunciare a lui, Alessia non posso.''
Dissi dominata da tanta gioia.
''Se è così, segui sempre il tuo cuore Vale.
Lasciati andare alla dolcezza dei sentimenti, alla delicatezza dei sussulti del tuo cuore.
Sentiti finalmente libera di amare, di dare di nuovo amore.''

La sua espressione determinata, trasmise quella sicurezza anche in me.
Dovevo sentirmi libera finalmente di amare di nuovo, di vivere davvero e di voltare pagina al passato, e, potevo riuscirci solo stando al suo fianco e amandolo.

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Capitolo 13
*** •Capitolo 11: Il potere del suo abbraccio. ***


Una sera, io e Stefano avevamo deciso di andare alla villa comunale per godere delle bellissime sensazioni che il panorama notturno ci trasmetteva, in compagnia dell'altro.
Già un paio di volte durante quel periodo, eravamo andati lì.
Stavamo così bene, ed io percependo il potere della natura, del blu notte del cielo, mi sentivo in pace, e al suo fianco, quel vuoto interiore non mi tormentava. Andare li era diventato una sorte di purificazione da ogni dolore, tormento.
Con lui tutto stava pian piano cambiando sotto i miei occhi, sopratutto dentro me.

''Sai, vorrei sapere una cosa che in verità avrei già voluto sapere fin dall'inizio che ti ho incontrata, ma sentivo dentro me che era troppo presto.''
Stefano ruppe il silenzio creatosi al nostro arrivo nella villa comunale con quelle parole.
Sebbene nutrivo per lui un sentimento forte, e con lui mi sentivo finalmente libera, non ero ancora in grado di essere sciolta nell'espormi, nel parlare con tranquillità.
Ma a quelle parole, il cuore prese subito a battermi forte in petto.
''Cosa?"
Gli chiesi rivolgendogli un aria un po preoccupata data la sua espressione seria.
Si avvicinò di più a me, e strindendomi forte a se, appoggiò la sua fronte sulla mia.
Quel gesto di tenerezza mostrava al contempo molta serietà e trasporto.

''Mi risponderai davvero a ciò che voglio sapere, senza diventare improvvisamente fredda?" Quella domanda accelerò i battiti del cuore.
Cosa voleva sapere con tanto interesse?
Cos'è che voleva sapere di me?
''D'accordo!"
Risposi accennando un sorriso.
Nonostante ero un po preoccupata per ciò che voleva sapere da me, ero al contempo curiosa di scoprire la sua domanda.
Mi strinse più forte a se, e quel gesto mi trasmise un senso di calore.
Lo guardai dritto negli occhi, e vi scorsi esattamente tutto ciò che sentivo per lui.
''Perché nei tuoi occhi, Valentina, leggo tanta tristezza e rabbia da quando ti ho incontrata?"

Pronunciò quella domanda lentamente, così lentamente da sembrar di avere rallentato qualsiasi cosa.
Persino il tempo in quel momento sembrò fermarsi.
''Vuoi sapere questo?" Gli chiesi assumendo un tono non rigido, ma quasi.
A sentir quelle parole, il dolore che stavo cercando di cacciar via risalì in superficie rapidamente.
La ferita dentro me, fece subito sentire la sua presenza, il suo dolore.
Mi strinsi immediatamente a lui, e Stefano, notando subito che c'era qualcosa che non andava in me, strinse il mio corpo ancor di più al suo.
Le sue braccia intorno ai miei fianchi mi stringevano così forte da farmi mancare quasi il respiro.
''Valentina cosa succede?"
Cercò immediatamente i miei occhi, e afferrando il mio viso tra le sue mani, mi baciò.
Chiusi gli occhi, e anche io afferrai il suo viso. Volevo amore, affetto, calore.
Ma le lacrime furono più forti, e presero a scivolar lungo per il viso fredde.
''Cosa ho fatto Valentina?
Perché stai piangendo?
Non dovevo farti questa domanda vero?"
La sua espressione divenne ancor più preoccupata.
''Stefano, la mia tristezza è legata ad una ferita che incombe in me da tanto tempo.
E' una ferita che provoca molto dolore in me, a volte mi ha fatto piangere, altre volte mi ha portato alla disperazione, altre volte ancora mi ha fatto desiderare persino la morte.
Questa ferita non si è mai marginata, mai.
La tristezza che hai notato nei miei occhi, Stefano, è legata al mio passato.''

Dissi tutto ciò con tanto dolore, e frustrazione, da sentirmi ormai sul punto di continuare a piangere.
Restammo a lungo abbracciati senza dire una parola.
Volevo dimenticare tutto il mio passato e finalmente non avere più quella maledetta ferita sul mio cuore.
Tra le sue braccia cercai di tranquillizzarmi, di placare il dolore interiore.
In quel momento desideravo che tutto venisse cancellato, spazzato via, restando nella mia vita solo Stefano.
In quel momento lo desideravo più che mai, perché quell'abbraccio e le sue continue carezze sui miei capelli erano diventati una sorta di calmante.
Il cuore pian piano rallentava, il mio respiro diventava meno affannoso, e sparirono dalla mia mente le ripetute immagini di bambina mentre piangevo sul letto, indifesa e lontana dai miei genitori, lontana dall'amore.
Chiusi gli occhi, e con un bel sospiro tutto ciò sparì.
Quando li riaprì, davanti ai miei occhi c'era Stefano che asciugava le mie lacrime con tanti baci sul mio viso.
Sorrisi dolcemente, con tanta tenerezza, e gli accarezzai il viso.
Lui nel vedermi sorridere in quel modo si intenerì nello sguardo, cancellando via la preoccupazione.
''E' giusto che tu sappia la verità della tristezza che incombe in me.''
Gli dissi rivolgendo lo sguardo verso la luna, la quale, da lassù sembrava stesse ascoltando e osservando tutto ciò che accadeva sulla terra.
Spettatrice di ogni litigio, risata, pianto, gioia... spettatrice della vita.
''No, non dirmelo..''
Mi disse sorridendo, poi dopo un attimo di silenzio riprese ''..Vedo nei tuoi così tanta dolcezza che non avevo mai visto, ti prego, sorridimi ancora, non smettere di avere questa tenerezza.''
Accarezzò con la mano il mio viso, ed io prendendola nella mia la ricoprì di baci.
''Stefano, presto dovrai saperlo, perché devi sapere ogni cosa di me, sopratutto il mio passato.''
Gli dissi stringendo con forza la sua mano.
''Me lo dirai si, ma adesso non spegnere la tua dolcezza nello sguardo, in questi occhioni meravigliosi.''

Così dicendo mi strinse forte a se.
Mi lasciai dondolare in quel tenero abbraccio, e tutto ciò che vi era di negativo in me si spense, lasciando posto libero alla dolcezza.
Con la testa appoggiata sulla sua spalla, stretta forte a lui, desideravo che quell'abbraccio sarebbe durato per sempre.

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Capitolo 14
*** •Capitolo 12: Le sue parole ***


Trovai la forza e il coraggio di parlargli del mio passato esattamente dopo due giorni dalla nostra uscita.
Lo avevo chiamato al cellulare nel pomeriggio, e gli avevo chiesto di vederci.
Venne a prendermi sotto casa, e ci dirigemmo verso un piccolo parco nei pressi del Parlamento.
Quel giorno non c’era tanta gente dato che la temperatura iniziava a calare.
Novembre era oramai alle porte.
Seduti su una panchina, restammo a guardare le case a noi di fronte per un po.
I nostri sguardi erano persi in ciò che ci circondava, e l’attenzione che tutto richiamava, sembrava essere più forte delle parole che sarebbero dovute uscire dalle mie labbra.
Avevo il cuore a mille perché stavo per parlare di una cosa che avrei voluto cancellare per sempre dalla mia vita.
Stavo per confessare al ragazzo a cui tenevo il mio doloroso passato.
E lui non sapeva neppure che volevo parlargliene, di certo non avrebbe voluto saperne dato che la prima volta piansi stretta a lui.
Ma lui doveva sapere, stavamo insieme, ed era giusto così.
Mi feci coraggio quel giorno e promisi a me stessa che non avrei pianto, perché sapevo che dovevo essere forte e finalmente dovevo mettere in atto ciò.
”Ti vedo assorta in qualche pensiero, qualcosa non va?”

Stefano rivoltosi verso me, fece scivolare la sua mano nella mia.
Prima di rispondergli, guardai le nostre mani intrecciate fra loro.
Il calore che emanavano era così forte da placare il ritmo accelerato del mio cuore.
“Devo parlarti di una cosa, Stefano!”
Con sguardo serio e per nulla rigido gli rivolsi quelle parole.
”Di cosa devi parlarmi?”
Anche lui aveva assunto un’espressione seria.
”Stefano, devi sapere che io non ho avuto un passato felice e per niente facile..”
Iniziai con quelle parole, e mi sarei aspettata che lui mi avesse interrotta perché sapeva quanto mi facesse male parlargli di ciò.
”Io, si insomma io ho perso i miei genitori quando avevo otto anni.” Dissi tutto d’un fiato.
Feci un lungo sospiro.
Nel dire ciò, tutto sembrò fermarsi all’istante, e le uniche cose che percepivo erano i battiti del cuore e la mano di Stefano accarezzare la mia.

”Sono morti in un incidente mentre tornavano da lavoro.”
Un altro sospiro.
Ad ogni sospiro sembrava che mi liberassi a poco a poco di tanti pesi.
”Adesso vivo con i miei nonni paterni in casa loro.
Nella mia non ci vado dalla morte dei miei, non posso mettere piede in quella casa.
Sebbene siano passati tanti anni dalla loro scomparsa, la ferita che hanno lasciato in me è così grande da essere ancora fresca, e sono certa che non si chiuderà mai.”

Gli occhi si fecero subito lucidi e un forte desiderio di piangere mi prevalse.
Ma respinsi tutto, e continuai.
”Dalla loro morte sono cambiata, sono diventata la ragazza fredda e indifferente a tutto.
Sono diventata una persona rigida, persino con me stessa.
Ogni cosa mi appariva oscuro, negativo e non sono mai riuscita a scorgere del buono negli altri.
Ho sempre vissuto nella mia oscurità perché essere felice per me significava fare un torto alla morte dei miei.
A volte ho desiderato di uccidermi, di farla finita, ma qualcosa in me diceva che dovevo continuare ad andare avanti, perché in fondo i miei genitori questo vogliono.
Non ho mai creduto nel paradiso e nell’Inferno come due veri mondi, anche prima che loro morissero.
Ho sempre pensato che i morti non ci lasciano sul serio ma vagano da qualche parte, e sono in un certo senso al nostro fianco.
A volte mi capita di sentire la loro presenza al mio fianco, la voce di mia madre e la mano di mio padre stringere la mia.
So di dover andare avanti, e mi sono resa conto di essere un po cambiata da quando sto con te, inizio a sentirmi felice al tuo fianco.”

Gli occhi di Stefano erano diventati lucidi come i miei, e la sua mano continuava ad accarezzare la mia, ma con più insistenza.
“So di aver sbagliato con te molte volte, so di averti trattato male e di averti ferito con certi miei modi di dire taglienti.
Ma sappi che tutto questo è accaduto solo perché il passato mi ha portata ad esserlo, ma dentro me al contempo sentivo che per te nutrivo qualcosa di forte, di potente, da desiderare di stare al tuo fianco.
Ogni volta penso a te, perché riesci ad alleviare quel dolore.
E quando questi prende il sopravvento mi concentro sul sapore dei tuoi baci, dei tuoi abbracci..”

Le lacrime scivolarono lungo il mio viso. Voltai lo sguardo all’indietro per non farmi vedere.
Ma Stefano mi strinse forte a se, e prese ad asciugarle con le sue labbra.

“Queste lacrime salate, un giorno diventeranno dolci.”
Disse con sguardo serio ma con un lieve sorriso sulle labbra.
Non capì con esattezza cosa voleva dire con quella frase, ma il calore del suo abbraccio mi tranquillizzò.
“Non aver paura di sorridere al mondo Valentina, sei circondata da persone che ti amano, non aver paura di essere felice, perché se ti privi di esserlo, soffrirai ancor di più. Si soffre maggiormente se ci si chiude in se stessi, credimi.
Se riesco a renderti felice ed alleviare quel dolore che c’è in te, allora lasciami entrare del tutto nel tuo cuore, Valentina..”

Quelle parole pronunciate con tanta dolcezza mi resero felice.
“Anche io ho da confessarti una cosa.” Disse dopo un attimo di silenzio.
Rivolsi il mio sguardo verso lui, con intensità aspettavo che continuasse.
“Valentina, io ti amo.”

La sua determinazione e la sua sicurezza nel pronunciare quelle parole, sembrarono renderlo più grande della sua stessa età.
Di nuovo, per la seconda volta, tutto sembrò fermarsi sotto i miei occhi persi del tutto nei suoi.

“E avrò cura di te.” Aggiunse poi sempre con quel tono maturo e determinante.
Restai come ipnotizzata sotto il suo sguardo, persa completamente nelle sue parole appena udite.
Mi amava, si sarebbe preso cura di me, furono le sue parole che non avrei mai potuto dimenticare.

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Capitolo 15
*** •Capitolo 13: Il nostro amore. ***


”Manca ancora molto?”
”No, ci siamo quasi.”

Stefano la domenica mattina dell’ 11 novembre, decise di farmi una sorpresa.
Fu un giorno che non avrei mai potuto dimenticare.
Era venuto sotto casa e aveva insistito nel volermi bendare a metà tragitto.
”Devo farti una sorpresa!”
Aveva detto sorridente e pieno di gioia.
Ero davvero felice per quel suo gesto, e tanto curiosa di sapere cosa fosse quella sorpresa.
Prima di essere bendata, vidi davanti me solo stradine e negozi.
Non c’era nulla che potesse suscitare stupore e meraviglia.
”Aspetta e vedrai.”
Sussurrò al mio orecchio quasi come se avesse intuito i miei pensieri.
Le sue mani avevano raccolto delicatamente i miei capelli in avanti, dopodiché strinse la benda intorno al mio capo.
Dopo un paio di minuti, almeno così mi era parso, giungemmo nel luogo.
Quando mi tolse la benda, la prima cosa che colpì i miei occhi, fu il bagliore accecante del sole.
Mi guardai subito intorno, e man mano la meraviglia cresceva in me.
Mi trovavo su una collina, dalla quale era possibile vedere in basso alcune case e stradine.
Sulla mia sinistra si estendeva un bellissimo lago, mentre sulla destra sembrava esservi una casa abbandonata intorno ad aiuole di fiori.
Rivolsi lo sguardo verso l’alto, il sole mi colpì nuovamente in pieno viso con i suoi raggi abbaglianti.
Ma la sensazione di calore fu così piacevole da farmi sorridere come non mai.
Mi sentivo il petto gonfio di gioia, l’animo al fresco e finalmente libero.
Rivolsi poi attenzione verso Stefano, il quale mi guardava sorridente.
”E’ davvero fantastico stare qui su, sembra trovarsi in un altro mondo.” Gridai con tutto il fiato che avevo in gola.
La mia voce si propagò nell’aria, nel vuoto in un forte eco.

”Come ti senti?” Mi chiese venendo verso me.
Con gli occhi persi nei suoi, gli mostrai tutto me stessa internamente.
”Mi sento finalmente libera.” Gli confessai con occhi lucidi e con tanta gratitudine.
Strinse le sue braccia intorno a me, e senza perdere un altro istante mi baciò.
Chiusi gli occhi e assaporai ogni secondo di quel bacio.
Le sue mani accarezzavano il mio viso delicatamente, mentre le mie si persero tra i suoi capelli.
Il richiamo della natura, la meraviglia di quel paesaggio mescolati con i sentimenti che nutrivo per lui resero il mio animo finalmente felice, e calmo da ogni tipo di timore.
Stare con lui, vivere i nostri giorni insieme mi rendeva esattamente la vera me che era sempre stata nascosta per paura di soffrire.
                                                                                                                                        •••••••
”Secondo te c’è qualcosa di bello di davvero importante che possa durare per sempre?”
Gli avevo chiesto mentre eravamo seduti sull’erba a guardare il sole che tramontava dietro il lago.
Sui nostri capi tanti alberi ci proteggevano dai deboli raggi del sole e rendevano l’aria piacevole.
”Per sempre?”
Ripeté lui lanciando un sassolino in acqua.
Mi sporsi in avanti per vedere il mio riflesso sul pelo d’acqua.
I miei occhi non erano più tristi, sembravano essersi accesi di una strana luce e intensità.

”Si, per sempre e non più finire ogni volta dopo essere durata pochissimo tempo.” Gli rivolsi un espressione seria ma comunque serena.
Stefano mi tirò a se, e appoggiando la testa sulla mia, prese a riempire di baci la mia fronte.
”Non tutto è destinato a finire, c’è qualcosa nella nostra vita che durerà per sempre.
Tutte le cose che finiscono lasciano un segno dentro molto profondo, ma ci sarà qualcosa nella vita di ognuno in grado di alleviare tutto quel dolore. E tra queste domina l’amore.”

Le sue parole risuonarono forti al dolce fruscio del vento.
”Io non voglio perderti Stefano.”
Rivolsi il mio sguardo verso lui e con gli occhi carichi di paura e di gioia messi insieme mi persi nei suoi.
”Non mi perderai Valentina, e se un giorno le nostre strade debbano dividersi, farei di tutto per riaverti sulla mia strada.
Sei molto importante per me, e lo resterai.”

La sua sincerità e la sua profondità negli occhi, mi colpirono dritte al cuore.
Era davvero innamorato di me, o meglio mi amava davvero tanto.
Mi gettai tra le sue braccia e scoppiai in un pianto di gioia.
“Ti amo.” Gli dissi e sopratutto per la prima volta.
Il cuore prese a battermi forte.
Chiusi subito gli occhi e poggiai la testa sul suo petto, mentre la sua mano accarezzava lentamente i miei capelli.

“Anche io piccola mia, anche io.
Niente ci separerà, niente potrà distruggere il nostro amore.” Disse.
“Vorrei che questo momento durasse per sempre.”
Dissi mentre mi facevo dondolare dal tepore del suo corpo e dalla delicatezza del tocco della sua mano.
“Lo ripeteremo tutte le volte che vorremo.
Ogni volta sarà sempre come adesso, le emozioni che proveremo tutte le volte che torneremo qui saranno sempre più accentuate.”

Il suo tono dolce mi fece desiderare un suo bacio.
Alzandomi sulle ginocchia mi rivolsi verso lui, e lentamente senza staccare gli occhi dalle sue labbra, lo baciai.
Fu il primo bacio che gli diedi di mia iniziativa, e fu così passionale da durare per molto tempo.
Cademmo sull’erba fresca, l’uno stretto nell’altro, le nostre labbra perse in una magica mescolanza, i nostri cuori battevano all’unisono.
Desideravo quelle labbra più che mai in quel momento.
Desideravo le sue braccia stringermi sempre con più forza.
Desideravo che quel momento sarebbe potuto durare davvero per sempre..

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Capitolo 16
*** •Capitolo 14: La promessa d'amore che nascondeva un altra verità. ***


Il tempo passava, scorreva così in fretta da non rendermene neppure conto.
Io e Stefano trascorrevano le nostre giornate tra risate, gioie, dolori e di nuovo risate.
Tutto in sua compagnia stava cambiando sotto i miei occhi e sopratutto dentro me.
Ogni cosa mi appariva di luce nuova e speciale, ogni singola parte del mio corpo voleva provare emozioni, e finalmente si lasciava andare alla vita, lottando per andare avanti e non più per difendersi dal mondo stesso.
Stefano mi stava insegnando a poco a poco tante cose sulla vita che io non avevo mai potuto concepire, dato che per tanto tempo mi ero chiusa in me stessa, con gli occhi chiusi sulla società, sulla realtà.
Stare con lui mi aiutava a crescere, maturare, e a rafforzare sopratutto il mio animo interiore, con la consapevolezza che la vita è una sola e deve essere vissuta come si deve, senza più nascondersi, senza più dover soffrire per un passato che non si poteva recuperare.
Mi aveva insegnato per prima cosa che la vita va avanti, qualsiasi siano le difficoltà, gli imprevisti e le sofferenze.
Il passato non si può recuperare, non si può rivivere.
Anche se la ferita che c’era dentro me era sempre li e a volte faceva sentire la sua presenza, avevo imparato ad andare avanti contando sulle mie stesse forze, su me stessa, a reprimere il dolore non più con altro dolore, ma pensando che le cose potevano sempre cambiare un giorno.
Mi aveva insegnato anche che non bisogna mai pensare neppure al futuro, perché non si sa cosa potrà accadere il giorno successivo ed è solo tempo sprecato ipotizzare cose delle quali non si ha certezza.
Bisogna vivere il presente in tutte le sue sfumature, accettare tutto quello che la vita ha da offrire, senza ricorrere dietro cose futili e vane, e saper apprezzare il buono che si ha intorno, perché c’è, basta solo saper aprire bene gli occhi senza timore di nulla e accoglierlo nel proprio cuore.
                                                                                                                         ••••••••••
“Vivi la tua vita come la desiseri davvero!” Mi aveva detto una sera mentre ero a casa sua.
Sotto il periodo natalizio aveva deciso di portarmi da lui.
In casa i suoi non c’erano quasi mai, erano sempre in viaggio con la loro impresa di design.
Durante quel periodo erano in Giappone per promuovere un nuovo progetto.
“Non permettere mai agli altri di prendere decisioni al posto tuo, fai sempre di testa tua, e accogli i consigli degli altri quando sono davvero rivolti a te a fin di bene.”
Stesi sul letto in camera sua, mi aveva detto tutto ciò con il suo solito perdersi con lo sguardo da qualche parte, su chissà quale pianeta, e ritornare quando i suoi occhi carici di amore si perdevano nei miei.
“Quando parli così sembri essere un saggio antico.”
Gli dissi con lo sguardo perso chissà in quale posto.
La luce che filtrava dalla finestra della camera illuminò i nostri capelli, i quali sembravano avere gli stessi riflessi color rame.
I suoi occhi scuri sotto i raggi del sole si schiarirono dolcemente, rendendoli più teneri di quanto lo fossero già.

“Non sono un saggio o quant’altro, quello che so e che ritengo giusto lo dico a te, perché ti amo e per te voglio sempre il bene.”
Guardai il suo profilo diventare serio e maturo nel pronunciare quelle parole.
Apprezzavo tutto quello che faceva e diceva per me, lo apprezzavo ogni giorno sempre più, perché lui rappresenta quel buono che c’era nella mia vita e non avrei mai voluto perderlo, non avrei mai voluto che un giorno sarebbe andato via.

“Stringimi forte a te!” Gli avevo detto.
Stefano mi strinse con più forza intorno al suo corpo e prese a coccolarmi.
Amavo sentirmi protetta tra le sue braccia, sentire la sua energia fondersi con la mia, il dolce sapore delle sue labbra sulle mie.
Mentre mi accarezzava le braccia, prese il mio viso tra le sue mani e mi spinse a guardarlo dritto negli occhi.
L’energia, la grinta, la forza, la determinazione, e sopratutto l’amore che emanavano erano così forti da trasmetterli nei miei, verdi, limpidi come l’oceano.
“Ti amo!”
Disse senza distogliere lo sguardo dal mio.
Piccole ciocche di capelli gli caddero davanti agli occhi, ma prima che potesse farlo lui, gliele portai dietro le orecchie.
Desideravo che le sue mani continuassero a toccarmi il viso.
“Voglio sempre averti con me Valentina, non voglio che un giorno le nostre strade si separino, non potrei affrontare la mia vita senza i tuoi occhi, senza il tuo corpo, la tua essenza, la tua voce.. Morirei senza averti con me.”

I suoi occhi diventarono subito tristi quasi lucidi.
All’inizio se avrei capito e sopratutto saputo da lui cosa intendeva dire davvero con quelle parole avrei fatto qualcosa per far si che le cose andassero come desideravamo.
Ma in quel momento furono le lacrime ad avere il controllo su tutto, calde ed ingenue presero a coprire il mio viso, incapaci di resistere a quelle parole bellissime.
“Anche io ti amo Stefano, e non voglio neppure io separarmi da te, sei tutto ciò che può rendere bellissimo questo mondo che ho sempre odiato.”

Sorrise dolcemente, e asciugando le lacrime sul mio viso con il pollice, chiusi gli occhi per impedire ad altre di fuoriuscire.
“La nostra vita è intrecciata, resteremo sempre legati io e te.
L’amore che ci lega è più forte di qualsiasi altra cosa, Valentina, perché lo sento dentro me, e tu lo senti dentro te, questa è una promessa che ti faccio e voglio che te mi fai..”

Prima di continuare volle su di se tutta la mia attenzione e quando la ebbe continuò:”Lotteremo per stare sempre uniti e per far vivere sempre il nostro amore!
Io lo prometto questo giorno, 22 dicembre!”

La sua determinazione si mescolò insieme all’amore, al desiderio, alla passione, all’energia che ci univa.
Promisi anche io quelle parole con la stessa determinazione, convinta che quelle parole stessero ad indicare la vera promessa di un amore eterno.
“Qualunque cosa accadrà, tu vai sempre avanti e lotta nella tua vita per affermare te stessa!”
Aveva aggiunto poi con un dolce sorriso.
Se solo avessi capito il vero messaggio celato dietro tutte quelle bellissime parole, avrei fatto qualsiasi cosa per impedire tutto quello che sarebbe accaduto di li a poco, qualsiasi per non sentirmi impotente e all’oscuro di una verità che non venni a sapere subito, una verità di cui lui non mi aveva mai voluto parlare, ma che comunque scoprì.
Una verità che avrebbe segnato le nostre vite, ma lui aveva preferito che continuasse a segnare la sua..
Ed io, nella gioia, nel dolore, nel mondo che avevo costruito grazie a lui, e nell’amore che provavo per lui, prima di sapere quella verità, ricaddi nel mio baratro, nel mio tunnel oscuro..
Tutto sembrò ritornare esattamente come lo era stato dopo la morte dei miei, come se non avessi mai avuto quello scontro tempo addietro con il ragazzo che aveva rappresentato la mia vita, nel corridoio di scuola all’inizio del quinto anno di liceo.
Come se lui..

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Capitolo 17
*** •Capitolo 15: Dolore. ***


Quando venni a sapere la verità su Stefano, una verità che cambiò nuovamente il corso delle cose, della mia stessa vita, era passata circa una settimana dal giorno in cui entrambi promettemmo all’altro che saremmo rimasti sempre uniti, dal giorno in cui credetti che il nostro amore sarebbe vissuto a lungo.
Fu esattamente al ritorno da scuola, dopo la solita crisi di pianto -che stavo avendo in quel periodo per la sua improvvisa scomparsa- stesa sul letto, che intravidi un foglio bianco sulla scrivania.
Alzandomi di scatto mi diressi verso esso. In realtà era una lettera.
Una sua lettera.
Mi chiesi come ci sia potuta finire li, su quella scrivania, per di più nella mia camera, e poi, perché una lettera?
Cosa stava accadendo?
La raccolsi tra le mani, per un istante esitai.
Sentivo dentro me che al suo interno era scritto qualcosa che mi avrebbe spezzato il cuore, ma dovevo leggere, capire il motivo per cui fosse improvvisamente scomparso.
Così, con mani tremanti aprì la busta e lessi: “Valentina, amore mio, immagino ti stia chiedendo cosa sta accadendo e che fine abbia fatto.
E’ passata quasi una settimana da quando ci siamo visti, da quando entrambi abbiamo promesso all’altro un amore eterno.
Devo proprio partire da quel giorno per farti capire cosa sta succedendo.
Quello, per me, è stato l’ultimo giorno in cui ho potuto viverti e averti tra le mie braccia.
Sono dovuto andare via! C’e un problema che mi ha spinto a lasciare tutto, così forte da dover lasciare anche te, di cui non ho mai avuto il coraggio di parlarti in tutto il tempo che siamo stati insieme. Io sono malato, soffro di un tumore alle gambe.
Da un paio di anni ho scoperto di avere questa malattia.
I miei genitori in crisi e in spavento, mi hanno sempre sottoposto a diverse cure ed interventi per cercare di guarirmi, ma non è mai stata trovata una cura in grado di poter fare ciò.
Appena hanno saputo che in America, un gruppo di medici specializzati nel settore del mio problema hanno scoperto un intervento in grado di potermi curare al 90%, hanno deciso di portarmi li, con la speranza di non perdere un giorno l’unico loro figlio.
Non te ne ho mai voluto parlare, perché sapevo quanto dolore ti avrei recato, e conoscendo il tuo passato altrettanto doloroso, per te sarebbe stata una notizia devastante.
Non so se continuerò a vivere, non so quanti giorni, mesi o anni mi restano, ma so solo che vivrò questo periodo con il ricordo che ho di te, di averti amato con tutta l’anima e di averti fatto rinascere interiormente.
Amore mio, spero solo di guarire e di ritornare al più presto da te.
Se invece ciò non mi sarà possibile, non ti dimenticherò mai, neppure sul punto di morte.
Non ritenere sbagliato il mio gesto di non avertene mai parlato da vicino, ma in questa lettera.
L’ho fatto solo per non arrecarti altra sofferenza.
Valentina, avresti sofferto ancora di più stando al mio fianco con le condizioni in cui mi ritrovo.
Mi fa rabbia atroce sapere di non averti più con me, di non poter continuare la mia vita insieme.
Mi odio per la mia stessa condizione, mio odio per non poter vivere con te come avevo tanto desiderato, e che continuo a desiderare.
Non odiarmi ti prego, non smettere di amarmi perché io non lo farò, amore mio.
Ti dico solo che per adesso, devi andare avanti per la tua strada e continuare a vivere anche senza me, sebbene so che sarà difficile, perché so quanto amore nutri per me.
Ma devi farlo, per il tuo bene, ti prego, fallo Valentina, vai avanti, e porta sempre dentro te il ricordo di entrambi, come io farò.
Non spegnere quel meraviglioso sorriso che finalmente era sbocciato sulle tue labbra, li, in quella lontana notte di ottobre alla villa comunale.
Fallo per me, per noi.
Ti ricorderò per sempre, mio dolce amore.
Perdonami per non avertene mai parlato, sei stata tanto sincera con me ed io no, ma ripeto solo per il tuo bene.
Spero che un giorno, qualsiasi sia la circostanza, la situazione, a dispetto del tempo e di tutto, ci rivedremo, se sarò ancora in vita e finalmente guarito.
Perchè un amore vero, continua, e di questo sono certo.
Ci rivedremo amore mio, Ti ho amato, ti amo e ti amerò.”

Rimasi come ipnotizzata dopo aver letto quella lettera.
Improvvisamente, il tempo sembrò fermarsi.
Sentivo il sangue scorrere con velocità innaturale nelle vene, il cuore battermi all’impazzata.
Il dolore prese lentamente a graffiarmi l’animo con artigli affilati, la disperazione prese in me il sopravvento, a tal punto da opacizzarmi la mente.
Gli occhi si fecero subito lucidi, e lacrime abbonandanti, presero a scivolare lungo il viso, cadendo poi sulla lettera.
Persi la cognizione della realtà, persino la coscienza stessa, e lasciai che il mio corpo venisse dominato dalla sofferenza atroce, lo stesso identico dolore che provai per la perdita dei miei genitori.
Scivolai con la schiena lungo la parete, priva di forze.
Mi sentivo risucchiare da quel tunnel oscuro e opprimente che tanto conoscevo, e dal quale credevo di essermi finalmente liberata.
Iniziai a gridare con quanto fiato avevo in gola.
Il dolore voleva uscire dal corpo con le sue grida atroci.
Tremavo, sentivo freddo, non riuscivo a controllare il corpo.
Desiderai in quel momento la morte più che mai.
Non potevo vivere senza lui, non potevo.
”Ti odio, ti odio, ti odio..”
Ripetei fino a perdere la voce.
Sentivo di odiarlo per ciò che aveva fatto, per essersene andato via da me, ma non era un odio provato per davvero, sentito al massimo.
Da un lato avrei voluto riempirlo di schiaffi se in quel momento fosse stato davanti me, dall’altra invece avrei voluto perdermi tra le sue braccia e riempirlo di baci.
Subito il calore dei suoi abbracci e il sapore delle sue labbra, tormentarono ancor più il mio povero cuore.
”Stefano!” Dissi in un filo di voce.
Il mio sguardo era perso nel vuoto davanti me, ma non vedevo nulla, solo oscurità.
Il mio corpo era completamente inerte, incapace di muoversi.
Le lacrime continuarono ad arrigare il mio viso, i battiti del cuore erano sempre accelerati.
Mi sentivo morta e viva al tempo stesso, sospesa tra ricordi e in un presente privo di un inizio e di una fine.
La mia vita sarebbe dovuta continuare senza lui, senza l’altra parte di me, e andare avanti.
Già, andare avanti..

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Capitolo 18
*** •Capitolo 16: Il vero amore non muore. ***


Capitolo 16: Il vero amore non muore.
Il tempo passava ed io non riuscivo ancora a convincermi che Stefano non fosse più al mio fianco.
Di lui mi erano rimasti solo la lettera che avevo nascosto sotto il letto, quasi come a voler reprimere il dolore che la sua scomparsa senza preavviso mi aveva causato.
E i ricordi che avevo di lui dei nostri tre mesi.
Pochi mesi, ma avevamo sentito entrambi fin da subito quanto era stato forte il legame che ci aveva unito, quanto amore avevamo nutrito per l’altro e che continuava a vivere in noi..
Ogni giorno mi recavo nel bosco dove Stefano mi aveva portato per la prima volta.
Restavo li ore ed ore esattamente nel punto in cui ci sedemmo a guardare il lago di fronte.
Tutte le volte che mi trovavo li, rievocavo in me quel giorno trascorso assieme, durante il quale capì quanto mi amasse e quanto l’amassi io.
Nonostante quel bosco mi procurasse un dolore incolmabile, riuscivo al contempo a sentirmi meglio, perchè stando li, in un posto nel quale entrambi avevamo vissuto un giorno della nostra relazione, era come sentire la sua voce risuonare tra gli alberi, viva, divertente, e la sua presenza al mio fianco.
Al contempo il vento faceva sentire sul mio viso le sue carezze, il calore della sua mano calda e delicata, portando con se il suo dolce profumo di acqua marina. C’era sempre il tramonto a farmi compagnia, a rievocare con me quel dolce ricordo, il quale, con i suoi raggi riscaldava il mio cuore triste..
In me, nonostante la rabbia, il dolore, la tristezza e il senso di vuoto causati per la sua non vicinanza, continuavo ad amarlo, a viverlo nel mio cuore.
Mi sembrava così strano che improvvisamente fosse andato via, e a volte finivo per pensare e credere che fosse morto.
Non una telefonata da parte sua, non un messaggio, ma subito scacciavo quel pensiero tanto orribile tutte le volte che assaliva la mia mente, sperando nella sua guarigione.
Volevo rivederlo, stare di nuovo tra le sue braccia, sentirmi protetta con lui come mai mi era accaduto prima.
Quando pensavo alla sua malattia, mi veniva subito in mente il suo carattere forte, i suoi occhi pieni di grinta.
Nonostante stesse vivendo da anni un problema che poteva costargli la vita, era sempre andato avanti con molta determinazione, mostrandosi sempre felice, sfidando in questo modo la sorte che tanto doveva odiare in cuor suo.
E a me, proprio a me aveva dato insegnamenti di vita, spingendomi a lottare nonostante portassi dentro un profondo dolore, ad apprezzare la vita per ciò che ha da offrire e a vivere il presente, ogni giorno come se fosse l’ultimo.
Proprio lui, il quale avrebbe sicuramente meritato la stessa cosa da parte mia -se solo mi avesse parlato in precedenza della sua malattia- aveva fatto fuoriuscire la vera me, liberata finalmente dalle catene del dolore e della disperazione.
Tutto ciò perché mi amava, perché l’amore che nutriva per me era qualcosa di speciale, un amore che aveva toccato i confini del dolore, fino ad approdare su esso e ad esplorarlo con la speranza di poter trovare presto un piccolo posto sicuro per stabilirci in pace e finalmente uniti da un destino burrascoso e difficile da vivere.
Quanta forza e coraggio aveva dentro se.
E sopratutto quanta ne aveva infusa in me, dato che, con il tempo, nonostante la mia disperazione e il dolore per tutte le cose che mi erano accadute, andavo avanti come lui stesso mi aveva detto di fare, per il mio bene.
Ma i pianti non mi abbandonavano, il senso di vuoto era sempre con me, mi sentivo comunque vuota nonostante continuassi a vivere.
Ciò che mi spingeva a continuare lungo la mia strada, da sola, era la speranza che lui sarebbe ritornato un giorno da me, riprendendo il cammino insieme.. Insieme.
Stefano, quel nome che tanto amavo, che tanto pronunciavo con dolore, tristezza, e affetto, sarebbe rimasto nel mio cuore per sempre..
Anche se la nostra storia era stata interrotta improvvisamente dal suo problema, -perché in fondo non era colpa sua-, io l’avrei mantenuta viva sempre dentro me.
E se non sarebbe ritornato, sentivo che non avrei mai amato nessun’altro come Stefano, non potevo costruire la mia vita assieme ad un altro uomo.
Nella mia vita volevo solo lui, desideravo il suo ritorno come l’unica cosa preziosa che mi restava, non avrei potuto offrire il mio cuore ad un uomo che non fosse stato Stefano.
No, non avrei potuto e voluto.
Il nostro amore qualsiasi sarebbe stata la circostanza, sarebbe vissuto in eterno.
Nella vita soltanto una volta si può amare davvero, una volta sola ci si può sentire completi al fianco di chi rappresenta l’altra parte di se.
Solo un amore è in grado di farci vivere, gioire, piangere, disperare.
Breve o duraturo che sia, comunque lascerà un segno nel proprio cuore che nessun’altro potrà lasciare.
Perchè lo senti, te ne accorgi quando è vero amore, non c’è bisogno di tempo, la molla scatta all’istante con un energia tale da sconvolgere l’animo fino al punto di dire:”Con lui tutto ha davvero senso!”
Avrei lottato, avrei sfidato la vita stessa per ottenere ciò che desideravo.
Avrei preso finalmente le redini in mano, superando ostacoli, mantenendo viva la ragazza forte che era nata in me, o meglio che era sempre stata presente in me, ma grazie all’amore era emersa.
Dopotutto è l’amore a rendere vive e felici le persone, anche se debba diventare parte del passato, un ricordo, lo stesso saranno felici, perché ogni volta che lo rievocheranno nel proprio cuore, spunterà sulle loro labbra un dolce sorriso.
Un amore forte, passionale, vivo, travolgente non potrà essere dimenticato.
Nonostante il dolore verrà sempre ricordato, a distanza di tempo..

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Capitolo 19
*** •Capitolo 17: L'orizzonte. ***


Maggio era oramai giunto, l’aria profumata di rose fresche e delicate, riusciva a infondere un po di pace nell’animo, anche se in cuor mio mi sentivo l’esatto opposto di tanta gioia e rinascita.
I pianti, il senso di vuoto non cessavano di sparire, non mi lasciavano mai.
Andavo avanti in questo modo, tra dolore e forza d’animo.
Mi sentivo in bilico, sospesa su un filo sottile dal quale prima o poi sentivo di cadere.
Ma quella strana forza d’animo che avevo sempre avuto dentro me, che per paura di tutto mai era riuscita a darmi quella spinta di continuare lungo la mia strada, riusciva in quel momento a guidarmi, infondendomi speranza.
Avevo fatto una promessa a me stessa e a Stefano sperando che sarebbe giunta al suo cuore, attraverso il profondo legame con lui.
Un legame così forte da sentirne sempre il potere.
A volte tanto che diventava forte e accentuato nel mio cuore, finivo per sentirmi davvero incompleta..
I ricordi di noi, i giorni passati insieme, i momenti di rabbia, di gioia, di passione..
Ogni singolo momento condiviso insieme era racchiuso nel mio cuore come uno scrigno prezioso.
Quanto desideravo che tutto ciò fosse finito al più presto, ed essere di nuovo stretta sul suo petto.
                                                                                                                              ••••••

‘‘Tesoro come ti senti?’’ Mia nonna entrò in camera mia con lo sguardo un po preoccupato.
Sapeva quanto stessi male, quanto dolore incombeva dentro il mio povero cuore.
‘‘Vado avanti..’’
Risposi con un piccolo sorriso.
Ogni volta che mi veniva chiesto dai miei nonni e dai miei amici ‘‘come stessi’’ non riuscivo più ad assumere una maschera per fingere.
Non riuscivo a nascondere il dolore, perché dentro me non c’era più tutto il ghiaccio che avevo generato.
Nascondere le emozioni mi risultava difficile.
‘‘Ah, tesoro mio.’’
Mia nonna si sedette al mio fianco sul letto, e restò a guardarmi per un po con occhi carichi di dispiacere e affetto.
Quanto mi dispiaceva farla stare male.
Quanto mi dispiaceva far stare male le persone che avevo intorno.
Ma stranamente non me ne feci una colpa, volevo affetto, amore, e tanto coraggio.
‘‘Posso farti una domanda?”
Le chiesi dopo un attimo di esitazione.
“Certo che puoi, dimmi pure.” Rispose lei con un dolce sorriso.
“E’ vero che tutto è destinato a finire?”
Nel fare quella domanda sentì improvvisamente le lacrime che volevano fuoriuscire.
Ma con forza le ricacciai indietro.
“Non è detto che tutto è destinato a finire.
Ci sono cose che finiscono ma in realtà non sono mai iniziate veramente, altre perché il destino purtroppo ha stabilito in quel modo.
E ci sono cose che invece possono riprendere il loro corso se è scritto.
Esistono riprese o nuovi inizi, e se le cose sembrano essere finite male, vuol dire che all’orizzonte si prospetta un bellissimo inizio, tutto tesoro mio sta nel vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo, saper accettare qualsiasi cosa anche la più dolorosa e difficile.
La vita è fatta di imprevisti specialmente, e questi non devono essere visti per ciò che sono realmente, ma come punti di forza, perché pian piano rafforzano la personalità.”

Le lacrime presero a scivolare lungo il mio viso.
Non ce la facevo a trattenere tutto il dolore interno.
“Mi manca da impazzire diamine, quanto mi manca.”
Dissi quasi gridando.
Chiusi gli occhi e mi sentì ancora peggio perchè stavo facendo soffrire anche mia nonna.
Le sue braccia mi strinsero intorno al suo petto e le lacrime per quel gesto divennero più insistenti e copiose.
“Quando lo vidi per la prima volta ciò che mi colpì di lui fu il suo sguardo, l’intensità dei suoi occhi.
Apparentamente risultava essere l’esatto tuo opposto, ma ebbi modo di costatare che in realtà dentro se ti somiglia.
Siete due anime tanto legate fra loro, me ne sono resa conto da come ha parlato di te poi la seconda volta che è stato qui.”
“Cosa? La seconda volta che è stato qui?”
Chiesi sbalordita.
“Un giorno eri a scuola e lui la mattina stessa era venuto qui perché perché doveva lasciarti una cosa..”
In quel momento capì.
Ecco come aveva fatto.
Era venuto a casa per lasciarmi sulla scrivania la lettera.
“Aveva però uno sguardo molto triste, direi sofferente, tanto che scoppiò anche a piangere.
Io mi preoccupai, gli chiesi cosa fosse accaduto, ma lui rispose che dovevi essere solo tu a sapere.
Mi aveva detto anche che ti amava alla follia e avrebbe fatto qualsiasi cosa un giorno per rendere felici entrambi.’’
Il suo sguardo si intristì.
Sapeva anche lei quanto teneva a me, quanto era forte l’amore che provava per me.
“Voglio solo che lui ritorni da me, tutto qui.
Non posso affrontare la mia vita senza di lui, senza il suo cuore, senza il suo amore per me.”
Le lacrime, il dolore e persino il senso di impotenza si erano impadroniti di me.
“Tesoro mio, l’amore è davvero un grande tormento.
Il vero amore è questo..
Saper provare sopratutto sofferenza con la consapevolezza che senza l’altro davvero non si può vivere.”

Strinse entrambe le sue mani nelle mie.
Quel gesto carico di affetto riuscì ad infondermi pace.

“Sono sicura che tutto andrà per il verso giusto.” I suoi occhi si accesero subito di speranza.
“Lo spero..”
Dissi rivolgendo lo sguardo verso il tramonto che si intravedeva dal balcone, con la speranza di scorgere all’orizzonte un futuro con lui.

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Capitolo 20
*** •Capitolo 18: Imparare a vivere. ***


Un giorno di fine maggio i miei amici avevano organizzato una mattinata in un parco un po distante dalle nostre zone.
Io in un primo momento non volevo andarci, non mi andata improvvisamente di uscire.
All’inizio sembrava che stessi andando avanti contando sulle mie stesse forze, poi, caddi in uno stato di totale abbattimento.
Non ce la facevo neppure a reggermi sulle gambe talvolta, la testa si riempiva di tanti ricordi e il cuore iniziava a sussultare nel petto dolorante.
Mi stupì di me stessa per quell’ improvviso cambiamento.
Ero sicura che all’inizio stessi superando quel maledetto dolore, ed ero stata abbastanza forte da non sentirlo molto.
Poi tutto prese un altro corso, e dovetti ricredermi su me stessa.
Non mi andava di fare nulla, non volevo vedere neppure i miei amici e molte furono le volte durante le quali li rifiutai in malo modo, ma loro nonostante questo mio fare brusco continuarono ad essermi vicini.
Capì che in quel momento dovevo contare su loro, i quali sarebbero stati in grado di alleviare il mio dolore interiore, esattamente come fecero con la scomparsa dei miei genitori. Da sola non avrei potuto fare tanto.
‘‘Vale, ti prego non avere quell’espressione triste e malinconica.’’
Mi disse Alessia con espressione preoccupata e altrettanto triste.
Eravamo tutti seduti sull’erba fresca, odorante di fiori, e da lontano sulla nostra destra osservavamo dei bambini giocare sotto un albero all’ombra.
Il sole con i suoi raggi caldi sfiorava il mio viso cercando di renderlo solare, ma senza alcun risultato particolare.
“Non ce la faccio..”
Dissi rivolgendo immediatamente lo sguardo verso la mia sinistra dove, una coppietta passeggiava lungo il parco sotto alcuni alberi.
Li osservai da lontano.
Erano così felici, mano nella mano ridevano con molta spontaneità.
Apparivano così sciolti nell’interazione fra loro, così solari, non c’era un briciolo di rigidità o di rifiuto da parte di uno dei due.
Questo mi spinse a pensare com’ero stata invece io con Stefano, sebbene fossi cambiata con lui nell’ultimo periodo della nostra relazione, quella spontaneità diretta non l’ebbi mai.
Subito una fitta di dolore mi colpì al cuore.
Volevo averlo con me, ed essere il più spontanea possibile, dare una vera svolta alla nostra relazione.
Ma sembrava essere troppo tardi..
“Non devi dire non ce la faccio. Ti stavi riprendendo così bene all’inizio Vale, perché adesso reagisci in questo modo?”

Paolo venne a sedersi subito al mio fianco.
“Capisco che stai male! Immagino il dolore che tu senti dentro ormai da molto, però Vale non puoi reagire in questo modo, devi andare avanti, non puoi, non puoi, non puoi.” Disse Alessia guardandomi con determinazione.
“Infatti questo tuo stato di abbattimento, di arresa non è il modo giusto per affrontare il dolore.
In questo modo non fai altro che arrecarti ancor più sofferenza. E’ come far scorrere la propria esistenza fra le dita senza fare nulla, senza agire.
Sei una ragazza forte, noi ti conosciamo, e non puoi farti dominare in questo modo dalle avversità, devi lottare come stavi facendo, perché Valentina, nella vita bisogna lottare.
Stefano ti manca, vorresti averlo al tuo fianco, lo capisco e lo capiamo, hai tenuto e continui a tenere a lui moltissimo, ma lui se ne è andato purtroppo, forse tornerà, ma tu intanto non puoi stare in questo stato, non puoi assolutamente.”

Le parole di Luca riuscirono a farmi spuntare un sorriso sulle labbra.
Aveva così tanta ragione e io lo apprezzai come apprezzai anche gli altri miei amici, però non riuscivo a mettere in atto quelle parole, non ci riuscivo più.
“Sono partita bene per poi ritrovarmi in questo stato.”
Dissi rivolgendo loro uno sguardo deluso di me stessa.
“Il dolore lo si sente dopo, con il passare dei giorni, nella quotidianità, si inizia a sentire pian piano la mancanza di chi è sempre stato al nostro fianco.. Purtroppo è così!”

Mi disse Paolo abbracciandomi.
Mi feci trascinare da quell’abbraccio che in quel momento desiderai molto.
“Io la devo dire una cosa però!” Alessia assunse un tono quasi arrabbiato.
Tutti le rivolgemmo la nostra attenzione.
Quando notò che ebbe sopratutto la mia continuò.
“Per me Stefano è stato ingiusto nei tuoi confronti!”
I suoi occhi si accesero quasi di rabbia.
“Perchè?”
Le chiesi quasi con paura di sapere la risposta.
“Perchè non ti hai mai parlato da vicino del suo problema, quando poi tu sei sempre stata sincera con lui.
Ti ha confessato il tutto con una lettera, promettendoti forse la sperzanza del suo ritorno.
Per di più non ti telefona, non ti manda un messaggio.
Che modo è questo?
Ti ha lasciato nel dolore e per di più con la paura che potesse morire, dato che non si fa sentire, almeno facendolo poteva alleviare questa paura.
Non ho capito questo suo modo di agire..”

Disse tutto con tanta rabbia e capì quanto le avesse dato fastidio il suo modo di agire nei miei riguardi.
“Aspetta, frena, una cosa la voglio dire pure io.”

Intervenne Luca.
Dopo un paio di secondi, riprese.
“Lui non è stato ingiusto con lei, ha fatto semplicemente ciò che doveva fare, o meglio che ha potuto fare in quella circostanza.
Credetemi non sarebbe stato bello confessare alla persona che si ama il proprio problema di salute per di più grave.
Immaginate come si sarebbe potuto sentire parlandole di ciò da vicino e guardandola dritto negli occhi.
Se non si fa sentire è perché ha voluto porre una pausa alla loro relazione in questo momento molto delicato.
Preferisce che lei vada avanti intanto per la sua strada senza lui, perché deve imparare a farlo, deve imparare a vivere senza lui ecco!
Lui vuole il suo bene, non vuole tenerla legata a se adesso, perché sa quanto avrebbe sofferto se l’avesse fatto.
Lui non ha sbagliato, ha fatto tutto questo per lei, perché non vuole il suo male e sa quanto lei lo ami, è un legame molto forte il loro, si sente ancora quanto li leghi, nonostante questa “pausa” continuano ad essere legati cuore e mente.”

Quelle parole accesero in me la speranza che tutto sarebbe potuto cambiare.
Ma nel frattempo, si, avrei dovuto lottare, andare avanti.
Imparare a vivere anche senza l’altra parte della mia anima..

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Capitolo 21
*** •Capitolo 19: L'amore degli amici. ***


Capitolo 19: L’amore degli amici.
Era davvero un periodo particolare quello che stavo vivendo, non solo perché faticavo ad andare avanti, ma sopratutto perché mi convincevo sempre più che la vita porta via ciò che si ritiene di prezioso, lasciando l’amaro nel cuore e tanti granelli di dolore che accumulandosi diventano davvero pesanti e insopportabili. Caddi nuovamente in quei pensieri negativi che dopo solo tre mesi di pace, erano ritornati predominanti più di prima.
Non riuscivo a capire nulla, trascorrevo i miei giorni pigra, senza alcuna voglia di vivere, e sebbene dovevo mantenere la promessa di essere felice e di andare avanti senza Stefano, ogni volta che ci provavo, perché ci provavo, ricadevo nel tunnel del mio dolore, e una forza ignota mi attirava a se impedendomi di lottare.
L’unica cosa che andò bene fu l’esame di stato che stranamente svolsi con molta diligenza.
Avevo preso il massimo e mi meravigliai di me stessa per aver avuto così tanta concentrazione in quel periodo davvero infernale.
I giorni scorrevano veloci, rapidi, ed io continuavo ad appendermi ai ricordi che avevo di lui, sospesa nel passato, senza vivere il presente e senza costruire il futuro.
Stavo provando in tutti i modi per cancellare quel dolore, per smettere di pensare a Stefano.
Ma non ci riuscivo, no, niente, ogni volta che cercavo di non pensarlo, lui entrava con violenza nella mia mente gridandomi la sua assenza e provocandomi un vuoto interiore più infernale dell’esistenza stessa.
Come si può andare avanti, come si può vivere senza la persona che si ama di più al mondo?
E’ mai possibile una simile cosa?
Quando stavo specialmente da sola, tutto quel caos si ripresentava nella mia mente senza bussare, pronto a percuotermi nel dolore.
La notte stringevo forte tra le mie braccia il cuscino immaginando che fosse lui.
Tra lacrime, singhiozzi e sussulti, lo immaginavo nel letto al mio fianco guardarmi con il suo sorriso dolce, e le sue mani accarezzare con passione il mio corpo. Quanto desideravo rivedere quel sorriso, quanto desideravo animare quella dolce passione che dominava triste in me.
Quanto desideravo la sua presenza fisica di nuovo a me vicina..
Gridavo, piangevo ancora, gridavo nuovamente a soli tali pensieri.
Stringevo le mani intorno al mio corpo come a volerlo proteggere da tutto quel dolore che mi stava consumando pian piano.
Ma dovevo andare avanti per la mia strada, stesso lui mi aveva detto di farlo, ma come potevo se era lontano da me, quasi come cancellato dalla mia vita?
Non potevo vivere di ricordi, non potevo andare avanti sospesa in un passato finito.
Ma in fondo quello non era un andare avanti per davvero..
Non lo era affatto!
Con il tempo mi convinsi che la vita va avanti lo stesso nonostante i problemi che affliggono l’essere umano.
Alla vita non importa se qualcuno perde i genitori, se una relazione d’amore va male, o altro ancora..
Essa continua a scorrere.
Esattamente come il pánta rêi.. Tutto scorre.
Dovevo fare lo stesso anche io, far scorrere il passato sulla mia pelle e vivere il solo presente.
Ma il solo pensiero mi faceva soffrire.
Lasciare quei ricordi significava per me abbandonare una parte del mio corpo, della mia stessa essenza.
Diamine, quanto mi sentivo persa..
                                                                                                                               •••••••
“Ragazzi ci pensate che a breve inizieremo l’università?”
Luca era davvero emozionato per l’inizio di un nuovo ciclo di studi.
Seduti in un caffè con i miei amici discutevamo sul nostro futuro.

“Certo che voi due siete stati davvero bravi a superare i test di medicina.” Alessia si rivolse felice a Paolo e Luca.
“Già, per fortuna ce l’abbiamo fatta ad entrare.
Beh mentre noi un giorno diventeremo dottori voi sarete professoresse.”
Il sorriso di Luca comparve come un divertente riflesso anche sulle nostre labbra. “Ragazzi, il tempo è davvero volato, sembra ieri aver iniziato il primo anno di classico e adesso ci ritroviamo già all’università.”
Disse Paolo con una certa nota di malinconia.
“Ahh, hai dimenticato “insieme” bello mio.”
Precisò Alessia con il suo solito modo attento ai dettagli.
Sorseggiai il mio caffè improvvisamente persa nei miei pensieri.
I miei amici parlavano fra loro ma io li sentivo come distanti nonostante a dividerci fossero pochi centimetri.
“Vale, Vale, Vale.”
Davanti ai miei occhi persi comparve Alessia richiamarmi sul pianeta Terra sventolando le braccia come un uccello.
Luca e Paolo presero a ridere come matti, mentre le persone circostanti guardavano nella nostra direzione con sguardi davvero preoccupati.
“La figura di merda proprio no..” Le feci notare con mezzo sorriso.

“Ma tu all’improvviso cadi in un mondo dove non devi finire, ed io ti salvo in tempo.” Il suo sorriso divertente ma al contempo serio, fece ridere anche me. Scoppiai in una risata che da tempo non avevo più provato, quasi come se avessi ritrovato un qualcosa di prezioso e di lontano nel tempo.
Una risata che la sorte mi aveva proibito di gustare..
Una risata viva, accesa, riscaldò appieno il mio corpo per poi entrare nell’animo e sentirlo possente.
Le persone restarono a fissarmi anche quando finì di ridere, ma non m’importò, anzi rivolsi lo sguardo verso i miei amici, i quali invece mi guardavano felici. “Siete davvero matte.”
Disse Luca rivolto a me e ad Alessia.
“No, no, siamo matti tutti e quattro.”
Intervenne di nuovo Alessia con la sua correzione.
Scoppiammo a ridere insieme, divertiti e felici.
“Questo..” Iniziai a dire indicandoli. 
“Questo dovrà durare davvero per sempre, perché mi fa stare bene.” Continuai con aria serena.
“Vale, la vera amicizia, o meglio quando qualcosa è davvero vero, credimi, dura, si coltiva e cresce nel tempo.
Noi non ti lasceremo mai, non faremo mai una cosa simile, perché te non puoi essere abbandonata, lasciata, e ti vorremo sempre bene.”

Con quelle parole capì subito a cosa si riferiva, ma le apprezzai con affetto perché sapevo quanto loro tenessero a me.
Accompagnammo tutti insieme quelle parole con un caloroso abbraccio, e all’uscita dal bar, decidemmo per un giro, così senza un luogo preciso da raggiungere, un giro vago ma con i nostri cuori tutti uniti fra loro in un unico grande amore.

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Capitolo 22
*** •Capitolo 20: L'amore più forte di ogni altro sentimento. ***


Capitolo 20: L’amore più forte di ogni altro sentimento.
I giorni continuavano a trascorrere ed io come sempre, non riuscivo a sentirmi felice come desideravo.
Ma non passò più di tanto tempo che, in una notte di inizio luglio, accadde qualcosa che cambiò il corso delle cose.
Quella notte non riuscì a dormire per niente, sentivo la presenza di Stefano al mio fianco più che mai, e con lo sguardo fisso sulla scrivania dove c’era il mio cellulare speravo inutilmente l’arrivo di un suo messaggio o di una chiamata.
In verità l’avevo chiamato tante volte da quando se ne era andato, ma il suo cellulare era sempre stato spento.
Ma nonostante ciò diventò una sorte di speranza tutte le notti aspettare un suo segnale di vita coricata nel letto.
Mi sentì strana, improvvisamente una forte ed indefinibile emozione iniziò a scorrermi nel corpo fino a toccare l’animo, il quale da parte sua, iniziò a sentirsi stranamente leggero e quasi libero.
Non capì cosa mi stesse accadendo, e presi a rigirarmi nel letto.
Ma proprio in quel momento il display del cellulare si accese illuminando quasi l’intera stanza.
Il mio cuore come se avesse percepito qualcosa, spinse il mio corpo verso la scrivania.
Presi immediatamente il cellulare fra le mani e quando mi accorsi chi fosse, il mio cuore ebbe un sussulto.
Stefano!
Tante, tantissime emozioni presero a scorrermi nel petto unite tutte insieme da un’unica grande forza..
L’amore.
“Stefano!” Risposi immediatamente con il cuore tremante in petto per l’ansia e la gioia messi assieme.
“Valentina, amore mio!”
La sua voce, quella voce era esattamente la stessa che conoscevo.
L’intensità, il calore passionale che emanava erano gli stessi che avevo avuto modo di assaporare quando fu al mio fianco.
“Non so da dove iniziare, sento le lacrime scorrermi lungo il viso, giuro.”
Il suo tono diventò tremante per la gioia.
“Sono guarito Valentina. Sono guarito, i medici ce l’hanno fatta.”

Le lacrime presero a scivolare lungo il mio viso, e improvvisamente ciò che era accaduto in tutti quei mesi, il dolore e la disperazione provati, vennero cancellati e sostituiti da un’immensa gioia gratificante.
In quel momento sembrò che tra me e lui non si fosse mai spento quel legame che ci aveva tenuti uniti fisicamente.
In quel momento sembrò che tutto avesse ripreso il suo corso esattamente da dove era stato interrotto.

“Oh Dio Stefano..” Dissi tra singhiozzi e sussulti di gioia.
“Mi dispiace per come ho agito nei tuoi confronti, durante tutto questo periodo non ho fatto altro che convincermi di aver commesso un grande errore non averti parlato della mia malattia da vicino.
Ho desiderato ritornare indietro nel tempo, parlartene e ascoltare la tua opinione a riguardo, sopratutto la decisione che ti ho proibito, lasciandoti una stupida lettera da codardo.
Ho sbagliato per come ho agito e so quanto dolore ti ho provocato in questo modo. Perdonami..”
Lo sentì piangere.
Quel pianto di profondo dolore sembrò durare all’infinito, e, confondendosi con il mio, restammo in due nazioni diverse, a distanza di miglia, ma legati fortemente l’uno e l’altro dallo stesso destino a piangere ininterrottamente.
Perchè entrambi avevamo sofferto per tutto quel tempo, perché entrambi sapevamo quanto fosse stata forte la mancanza dell’altro.
Tutto il dolore che il mio cuore aveva accumulato in quei mesi venne sprigionato verso l’esterno, e in quel modo, pian piano iniziai a liberarmi di un peso diventato insostenibile.
Piangendo con lui iniziai a sentirmi libera, esattamente come lo fui stando al suo fianco.
“Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace.”
Continuò a ripetere perso in quel fiume di lacrime, nel quale stavamo nuotando insieme nonostante la distanza.
“Quanto mi sei mancato, quanto mi è mancata la tua voce dannazione.”
Gli dissi dopo un lungo respiro.
“Anche tu mi sei mancata tantissimo, piccola mia.”
Nell’udire quelle ultime parole finali che da tempo non avevo più udito, sorrisi dolcemente.
“Stai sorridendo, lo sento, ti prego continua a sorridere amore mio.”
La sua voce calda mi incitò a sorridere esattamente come avevo fatto solo con lui.
Sorrisi, sorrisi ancora, perché solo lui era in grado di farmi sorridere davvero, di farmi vivere e di risollevarmi da innumerevoli pesi di dolore.
“Devo dirti una cosa.”
In quel momento assunse un tono serio, e mi immaginai quella sua espressione davanti ai miei occhi.
“Cosa?”
Gli chiesi con ansia ed esitazione.
“Vieni qui in America da me, dato che devo restare ancora altro tempo qui, vieni, non ce la faccio ad aspettare altre due settimane senza vederti.
Ho aspettato tutti questi mesi lottando tra la vita e la morte con la speranza di rivederti dopo l’intervento.”
Tremava di gioia, lo sentivo.
“Partirei adesso per venire da te.” Gli dissi senza ancora credere a tutto quello che stava accadendo.
“Allora vieni, nella lettera ti specificai anche dove mi trovo con esattezza.
Sto alloggiando in un hotel a New York..”
“Al Bryant Park Hotel, non è lontano dall’aeroporto.”
Aggiunsi io con un sorriso.
“Allora verrai davvero?”
Era davvero felice.
“Si, verrò da te presto amore mio.”
Dissi lasciando che altre lacrime scivolassero lungo il viso.
“Non vedo l’ora di riabbracciarti, di biaciarti, continuare a viverti, Valentina quanto ti amo.”
Anche lui prese a piangere nuovamente.
Scoppiammo a ridere, e tra pianti e risate riprendemmo la nostra relazione in realtà mai interrotta, riprendemmo tutto da dove era stato interrotto, finalmente riassaporando il calore e l’intensità delle nostre voci, riempiendo di baci i nostri cellulari e continuando a ridere come matti.
Così continuammo per tutta la notte, e quando la mattina del giorno dopo mi svegliai, trovai il cellulare al mio fianco quasi scarico e un messaggio sul display. Era lui.

“Ad un certo punto ti sei addormenta, e quando ti ho chiesto quanto amore provassi per me mi hai risposto un “tanto” ormai prossima a crollare.
Ti aspetto dopodomani allora amore mio.
Ti amo.”

Si, sarei andata da lui presto, il tempo di fare il biglietto e volare da lui, seguendo solo i passi del mio cuore, dell’amore che univa entrambi.
Perchè lo amavo e l’avevo promesso a me stessa.
Avrei fatto qualsiasi cosa per riaverlo con me.
Lui aveva fatto tanto per me e io dovevo fare lo stesso per lui.
Perchè avrei ascolato solo i sentimenti che provavo per lui, avrei messo sempre la ragione da parte per ascoltare il mio cuore folle di lui.

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Capitolo 23
*** •Capitolo 21: Verso ciò che si chiama VITA. ***


~Premetto che per leggere quest'ultimo capitolo dovete ascoltare la canzone ''Birdy, Wings'' così da immergervi del tutto in esso e sentire le emozioni che sia la canzone che il capitolo vogliono trasmettere.
Buona lettura.. :)


Capitolo 21: Verso ciò che si chiama VITA.
27 luglio.
Quel giorno segnò definitivamente la mia esistenza..
                                                                                                                                     ••••••
Durante la prima mattinata mia nonna non aveva fatto altro che andare avanti e indietro per la casa in cerca di qualsiasi cosa che potesse risultarmi utile durante il viaggio.
Sia io che mio nonno restammo a guardarla stupiti per la sua grinta.
“Tesoro a che ora hai l’aereo?”
Mi chiese senza smettere di fermarsi un secondo.
Sembrava un razzo o qualcosa di simile.

“Alle undici.” Risposi dando un occhiata all’orologio sul tavolino di vetro in soggiorno.
Erano le 9:00. “Allora è giunto il momento che tu vada.” Disse mio nonno sorridendo.
“Mi mancherete tantissimo.” Dissi loro con le lacrime agli occhi.
Anche i miei nonni si rattristarono e subito mi abbracciarono.
Desiderai che il loro abbraccio sarebbe durato all’infinito..
“Salutaci Stefano appena lo vedrai, e digli che siamo davvero molto felici che sia guarito.” Disse mia nonna.

“Lo farò senz’altro.” Così dicendo mi diressi verso l’uscita dopo aver rivolto loro un ultimo sguardo.
Una volta fuori casa restai a guardare le scale e la porta alle mi spalle.
In quel momento mi sembrò di intraprendere un nuovo inizio.
La porta di casa indicò la fine di un vecchio ciclo e le scale l’inizio di uno nuovo.
Appena giunsi per strada ebbi di viso i miei amici, tutti con sguardi tristi.

“Ragazzi mi mancherete.” Dissi scoppiando in un lungo pianto.
Subito mi strinsero fra le loro braccia.
“Anche tu ci mancherai Vale.”
Dissero.
Anche sui loro visi scivolarono calde e tristi lacrime, ma nonostante ciò erano felici per me.
“Devo seguire il mio cuore ragazzi, devo rendere reale la felicità che desidero dal profondo del mio cuore.”
Dissi loro sorridendo.

“E’ giusto che sia così tesoro.” Disse Alessia con altrettanta felicita.
“Dai ti accompagnamo all’aeroporto.” Così dicendo Luca decise di portarmi la valigia.
Giungemmo all’aeroporto di Fiumicino intorno alle dieci.
Restai subito a guardare tutto ciò che mi circondava.
Tante erano le persone che andavano avanti e indietro, altre invece come me erano appena giunti, e altre ancora sedute attendevano l’arrivo del proprio aereo. Paolo ci indicò il tabellone digitale dei vari orari sulle nostre teste.
Roma,Fiumicino-New York 11:00.

“Manca poco.” Dissi in preda dall’euforia.
Rivolsi lo sguardo ai miei amici.
“Vi chiamerò appena sarò arrivata sana e salva.”

Dissi loro.
“Mi raccomando, mandaci tante foto, non vostre ma di New York.” Mi disse Alessia scoppiando a ridere.
Risi anche io divertita.
Ci abbracciano nuovamente, e li, nell’aeroporto, restammo fra le braccia dell’altro, tra le risate e i pianti degli altri, tra le tante emozioni che sembrarono confondersi con quell’abbraccio.
I miei amici restarono fino a quando non sparì alla loro vista.
Dopo aver fatto il check-in decisi di mandare un messaggio a Stefano.

“Sto per prendere l’aereo, non vedo l’ora di arrivare da te, ti amo amore mio.”
Proprio nel momento in cui stavo per salire sull’aereo, mi arrivò un suo messaggio.
“Non vedo l’ora che arrivi qui piccola mia.
Già mi immagino la scena, tu ch e scendi dall’aereo e corri verso me con le lacrime agli occhi.
Fra nove ore sarò all’aeroporto di qui ad aspettarti.
Fai buon viaggio, ti amo.”

Sorrisi, e quando salì a bordo spensi subito il cellulare.
Una volta sedutami, con lo sguardo perso tra dolci e soffici nuvole, mi lascai abbandonare ai ricordi di noi.
Ricordi che in quel momento non mi arrecarono alcun dolore, anzi resero il mio animo e me stessa felice.
Non c’era più dolore, non c’era più tristezza ma solo tanto desiderio di amore accentuatosi, e tanta adrenalina mista alla gioia.
                                                                                                                                         ••••••
Giunsi all’aeroporto di New York alle 20:00 in punto.
Scesi con una tale velocità da far cadere quasi le persone a me davanti.
Volevo vederlo, presto, subito!
Mi guardai subito intorno improvvisamente catapultata come in un altro mondo.
L’aeroporto era davvero grande, meraviglioso ma sopratutto strapieno di persone.
Proprio per quel motivo non mi risultò facile trovarlo, ma quando scorsi da lontano una figura a me familiare, il senso di ansia e di smarrimento sparirono lasciando posto di nuovo alle bellissime sensazioni che da quella mattina stavo provando.
Lo riconobbi fra mille, e sempre sarebbe stato così.
Mi avvicinai verso lui accelerando sempre più il passo, e come lui aveva immaginato, presi a correre fra le sue braccia.
La distanza fra noi si accorciava sempre più, il cuore batteva sempre più all’impazzata, l’adrenalina aumentava.
Quando fui fra le sue braccia, le nostre labbra si unirono in un bacio passionale, carico di amore.
Mi strinse forte a se senza mai separarci dal quel lunghissimo bacio.
Il pianto di gioia di entrambi diventò una vera e propria melodia d’amore, quasi come un dolce canto alle nostre orecchie..
Finalmente avevamo spezzato quella barriera creatasi per tanto tempo.
Finalmente eravamo di nuovo fra le braccia dell’altro, felici e non più sofferenti per l’assenza di entrambi.
Finalmente avevo raggiunto la mia felicità, la mia dolce felicità che era sempre riuscita a farmi sentire viva e partecipe di un mondo che, stando al fianco di Stefano non mi appariva oscuro e meschino.
“Amore mio.” Disse afferrando il mio viso fra le sue mani.
“Siamo finalmente di nuovo l’uno al fianco dell’altro.”

Dissi riempiendo di baci le sue mani candide e dolcissime.
“Tutto questo perché il nostro amore è più forte di ogni altra cosa, perché niente potrà mai separarci.” Disse stringendomi nuovamente a se.
Altre lacrime uscirono dai miei occhi..
“Ora posso dirtelo da vicino..” Iniziò a dire separandomi da lui e guardandomi dritto negli occhi.
Fissai con intensità i suoi occhi nei quali finalmente potei di nuovo perdermi e assaporarne la profondità.
“Perdonami per tutto il dolore che ti ho arrecato in tutti questi mesi, sono stato solo un codardo a non averti confessato tutto da vicino e proibendoti la facoltà di scegliere al riguardo.”
La sua determinazione in quel momento mi colpì moltissimo perché risultò più matura di quanto lo fosse stata in passato.
“Ho sbagliato ad..”
Ma non lo feci finire di parlare che subito lo baciai.
Sorridendogli poi, gli dissi: “Se proprio vuoi una risposta a ciò che ti avrei detto al riguardo eccola: Avrei lottato al tuo fianco senza mai abbandonati, sperando insieme nella tua guarnigione e senza mai smettere di amarti, perché al tuo fianco non avrei per niente sofferto, anzi avrei imparato ad amarti ogni giorno sempre più, Stefano.
Adesso è andato tutto per il verso giusto, e di questo sono davvero felicissima, e posso dirti che restero’ sempre al tuo fianco perché tu mi completi, tu rendi questo mondo esattamente come ho sempre desiderato che fosse, perché con te posso andare lontano..”

Scoppiai in un pianto che cancellò tutte le sensazioni che avevo provato per tutti i mesi vissuti senza lui al mio fianco.
Stefano nell’udire quelle parole mi baciò tirandomi a se con una delicata forza da farmi sentire in Paradiso.

“Se questo si può definire Paradiso allora vorrò restarci per sempre con te al mio fianco, se questa è la vera felicità allora vorrò assaporarla ogni giorno in tutte le sue sfumature, perché durerà per sempre..
Perchè anche io, Valentina ti amo alla follia e senza te non potrei affrontare più di un altro giorno, adesso dobbiamo vivere i nostri giorni sempre uniti.”

Il suo dolce sorriso si dilaniò davanti ai miei occhi e finalmente sorrisi come mi accadeva solo con lui.

“Non spegnere mai quel bellissimo sorriso, ti tiene in vita in modo stupendo.” Disse accarezzandomi il viso.
“Sei tu che mi tieni in vita anima a me opposta..” Dissi senza smettere di guardare i suoi meravigliosi occhi.

“Ma fortemente legate.” Aggiungemmo entrambi all’unisono con la stessa intensità, passione, emozione.
Tutto cambiò in quel momento sotto i nostri occhi, tutto prese una nuova piega, tutto si tramutò in quello che viene definito nuovo inizio..
Perchè al suo fianco sarebbe stato sempre così, un nuovo inizio senza mai una fine.
Esistono amori destinati ad iniziare senza mai spegnersi nel tempo, e a cantare la loro forza d’intesa e passione in eterno, amori troppo forti e sinceri per vivere nella realtà..
E tra quelli c’era il nostro, il quale in eterno avrebbe vissuto mantenendo sempre vivo il suo potere, la sua energia, la sua vitalità..
...Noi, due anime opposte ma fortemente legate.

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Capitolo 24
*** Nota autrice.~ ***


Spero che la storia vi sia piaciuta cadi lettori :) Vorrei tanto sapere cosa ne pensate del finale, se magari vi aspettate un continuo. Ditemi tutte le vostre impressioni. Le aspetto :)

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