La Stessa Medaglia

di PoisonLover
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Nascita ***
Capitolo 3: *** Metamorfosi ***
Capitolo 4: *** Il Sinners Pub ***
Capitolo 5: *** Un Altro Delitto ***
Capitolo 6: *** L'Incontro ***
Capitolo 7: *** Absinthe ***
Capitolo 8: *** L'Assenzio, il Diavolo e il Pistolero ***
Capitolo 9: *** Tensioni ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Il sole splendeva inesorabile sulla testa del cowboy solitario mentre, per l'ennesima volta, si trascinava dietro i quattro fratelli criminali che tutti conoscevano più che bene. Li aveva catturati ad un miglio circa da Cactus Gulch, e con la gola secca e la pelle disidratata, la voglia di limonata era salita alle stelle, se non oltre; si chiese se Bill fosse già arrivato in paese, con la sua solita tazza di camomilla bollente nonostante i quaranta gradi all'ombra, seduto a gambe divaricate su una sedia del saloon.

Erano ormai alcuni mesi che si frequentavano, ovviamente in segreto, e fino ad ora sembrava stesse andando a meraviglia: assieme andavano a caccia di ladri, truffatori e simili; la sera trovavano riparo in qualche capanno abbandonato, o semplicemente sotto le stelle, rimanendo abbracciati dopo un'intera notte d'amore. Non sapeva come l'avrebbero presa i cittadini del West se avessero scoperto la loro...inusuale relazione, ma poteva immaginarlo. Si ricordò di quel povero ragazzo che era stato beccato a baciare un suo amico nella stalla: dopo averlo pestato a sangue, venne legato per i piedi ad un cavallo che fecero imbizzarrire apposta, e poi lasciato in strada. Né i genitori, né il prete e neppure il medico lo aiutarono.

Rabbrividì al pensiero che una cosa del genere potesse accadere a Bill: di sicuro il bevitore di camomilla non si sarebbe arreso così, ma perchè rischiare? Forse erano nati semplicemente nell'epoca sbagliata...


Tornando con il pensiero al suo alto dovere, portò i Dalton alla prigione della cittadina, e si ritrovò deluso nel vedere che c'era solo un edificio in costruzione. “L'incendio ha bruciato praticamente tutto. Tranne me.” Gli spiegò lo sceriffo. “Per fortuna.” Rispose Luke.

Non aveva molta scelta: lasciarli soli nelle stalle non sembrava una buona idea; purtroppo Joe, nonostante le frequenti nevrosi accompagnate da colorati insulti, ogni tanto aveva qualche colpo di genio. Ogni tanto.
Quindi decise di portarseli al saloon, sperando perlomeno nella compagnia di Bill.

Il posto era affollato, caldo, e con poca luce: era un saloon piuttosto grande rispetto al solito, e nonostante la folla, riuscì a trovare un tavolo per cinque. Ordinando la sua limonata e dell'acqua per i galeotti, chiese ad una cameriera di Cocco: “Un tipo alto quasi come me, con il naso a melanzana, i guanti e il cappello marroni... Ordina sempre una camomilla...” La cameriera scosse la testa. “Scusa, ma non ho visto nessuno così. Credimi, mi ricorderei di qualcuno che ordina una tazza di camomilla.” Sorrise cordiale e tornò al suo lavoro.



Joe Dalton non se la stava passando bene. Per. Niente. Non solo la rapina in banca era stata un fallimento per colpa di quell'idiota di Averell, ma per di più quel dannato cowboy ficcanaso, li aveva ripigliati. Lo odiava: ogni suo piano, ogni sua idea, non faceva in tempo a prendere forma che LUI arrivava. “Dannato Lucky Luke...” Mugugnò mentre l'uomo parlava con la cameriera. In un gesto di bontà, Luke aveva slegato loro le mani, mano i piedi, incatenati tra quelli di tutti. Le catene erano gentilmente state concesse dalla prigione. Appoggiandosi allo schienale, notò con la coda dell'occhio, due tizi seduti al tavolo accanto, vestiti in maniera elegante. Che ci facevano due elegantoni in posto simile? Uno era magro, smunto, forse malato, che chiaramente aveva superato la cinquantina. L'altro, più giovane e robusto, annuiva ascoltando il discorso dell'amico:

“...E quindi, amico caro, comprenderai il motivo della mia visita fin da Londra. Ho bisogno di vedere il tuo laboratorio, poiché sono convinto che ci saranno ingredienti adatti ad ultimare il mio progetto, ingredienti che nel vecchio continente, aimè, non abbiamo...” “Credevo, dalla tua lettera, che intendessi un antidoto, Henry...” “E difatti è così...ti spiegherò tutto più tardi...”

“Antidoto?” Pensò Joe. “Per un veleno, magari...” I suoi occhi caddero sulla borsa in pelle scura dell'uomo più anziano, e un'idea spregevole nacque nella sua mente. Approfittando della distrazione del cowboy, si avvicinò a carponi alla borsa, aprendola con cautela, i due uomini troppi impegnati a blaterare di roba scientifica per accorgersi di lui. Dentro, a parte alcuni libri e fogli, notò una boccetta di vetro trasparente, con all'internò un liquido verdognolo. L'afferrò e si rimise buono buono al suo posto. Il galeotto ingenuamente credeva che quello fosse un potente veleno, ma non poteva sapere, quanto si sbagliasse... Intanto i due uomini si erano alzati ed erano usciti dal saloon.

Non restava altro da fare che distrarre nuovamente il cowboy. Quando arrivarono le bibite, la cameriera lasciò il vassoio sul tavolo e andò da altri clienti; prima che Luke potesse afferrare la sua limonata, Joe indicò un punto a caso dietro di lui.

“Ehi, cowboy, quello non è il tuo socio?”

Fu un attimo: Lucky si voltò del tutto, desideroso di vedere il volto del suo compagno spuntare tra la folla; Joe svuotò l'intera boccetta nella limonata di Luke, che cambiò appena colore.

“Ti sarai sbagliato, Joe...” Disse Luke deluso. “Eh, probabile...” Disse fingendo innocenza. “Ma Joe...” Cominciò Averell. “Taci Averell!!!!” Dissero in coro gli altri tre fratelli.

Forse fu la stanchezza, la delusione, il caldo...ma Luke non si chiese nemmeno cosa stessero architettando i quattro, e bevve la bibita d'un fiato.

Fece una piccola smorfia alla fine. “Un po' troppo amara la limonata, ne ordinerò un'alt.....”

La stanza cominciò a girare attorno a lui. I volti delle persone si deformavano e cambiavano colore.

“Che c'è cowboy? Non reggi la limonata?” Ghignò Joe, pregustandosi il funerale della sua nemesi.

Luke tentò di rispondergli a tono, ma un dolore terribile, inimmaginabile lo prese al ventre e al petto. Il suo respiro si fece sempre più faticoso, e cominciò a gridare aiuto, mentre i Dalton se la filavano nella confusione.

E tutto si fece buio.

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Capitolo 2
*** Nascita ***


L'oscurità l'avvolgeva, soffocandolo come un pesante mantello, e non vedeva nulla, nè sentiva nulla.

Era sul pavimento del saloon? Qualcuno l'avrà aiutato? I Dalton erano riusciti a scappare?

 

Era morto?

 

D'un tratto, a pochi passi da lui, un fuoco s'accese: un falò di intensa luce verde, spettrale, si stagliava al di sopra della sua testa;

le fiamme si alzavano e si calmavano ad un ritmo regolare, come se stesse respirando.

Desiderava avvicinarsi, ma si scoprì pietrificato.

Immobile nel buio, poteva solo guardare il fuoco alzarsi ed abbassarsi, con un movimento ipnotico e sempre uguale.

 

Attese.

 

Poi, dopo un attimo, o forse un'ora, il fuoco cominciò a strepitare, mandando zampilli ovunque, come un vulcano impazzito: il ritmo divenne più veloce, quasi frenetico, e le ombre che creava presero forme diverse, e si fermarono attorno al fuoco, pazienti.

 

Poteva percepire la solennità del momento, ma non capiva per che cosa.

 

I suoi occhi increduli incontrarono quelli di un altro essere che stava uscendo con le sue gambe dall'ormai enorme falò.

 

Era un uomo, nudo, il fisico simile al suo...sentì però un'aura maligna e perversa provenire dall'altro, e terrorizzato chiese:

 

“Chi sei tu?”

 

Non fece in tempo a vederne il volto; il fuoco si spense all'improvviso lasciandolo di nuovo nel buio.

Solo. Con quell'essere.

 

Il panico si fece strada nel suo cuore, che cominciò a battere all'impazzata:

Doveva scappare!

Ma le sue gambe non si mossero.

Lo sentiva respirare e girargli intorno, calmo come un predatore.

 

Dopo eterni minuti d'attesa, delle mani gli cinsero le spalle, e il sangue gli si gelò nelle vene.

“....Io. Sono. Te.”

 

 

 

Si svegliò di colpo, sudato e con un terribile mal di testa. Soprattutto per il fatto di aver sbattuto contro la testa di un'altra persona più che familiare.

 

“Mondopistolaecannone! Che male cane!” si lamentò questi massaggiandosi la fronte e il naso.

 

“Oow....Bill?...Cosa?...”

 

“Ti sei ripreso vedo, stavo morendo di preoccupazione,sai? Non ti posso lasciare da solo una giornata che....bah,non importa...”

Cocco Bill, pistolero esperto e forte bevitore di camomilla DOC, vide gli occhi stanchi e lievemente lucidi del suo partner, e non potè fare a meno di sedersi sul letto tenendogli una mano.

 

“Il medico ha detto che è stata l'afa e il saloon affollato a provocarti il malore, e che hai solo bisogno di riposare. Ma da come ti svegliato immagino che non ci riesca, eh?”

 

Sorrise lievemente giocando con le dita.

 

Luke ricambiò il sorriso e annuì.

 

“Già...beh...solo un incubo.”

“Colpa della febbre alta.”

“Per quanto tempo sono rimasto svenuto?”

“Una ventina di ore.”

 

“Che??”

“Avevi le convulsioni e la temperatura era alle stelle. Ti abbiamo portato in una delle stanze del saloon e chiamato il medico.

“Oh...il saloon...i Dalton!”

“Ah, sì, di quello mi sono occupato io.” Disse Bill ammiccando. “sono già nel penitenziario.”

“Grazie...”

“E di che?”

 

Rimasero in silenzio per alcuni minuti, accarezzando le mani dell'altro teneramente.

 

“Sai...ora che le nostre questioni sono state sistemate...potremmo prenderci una vacanza.”

“Una vacanza?”

“Beh,sì.”

“Non credo che il nostro cosiddetto lavoro ci permetta di prenderci una vacanza.”

“Il West sopravviverà per una settimana senza te e me. Tra l'altro, il dottore ha detto che hai bisogno di riposo: c'è una cittadina verso nord, fondata da Inglesi, molto tranquilla, tempo fa c'ero andato e sono stato in una capanna che ho affittato da uno del posto. Vista lago, isolata e con un clima che non supera i venticinque gradi. Che dici?”

 

Non aveva molta voglia di muoversi adesso, ma non poteva rifiutare un'offerta simile; un po' di pace e tranquillità gli avrebbero fatto comodo.

 

“Va bene,sì. Lascia che prepari le mie valige.” Scherzò lui, facendo la faccia da snob.

Bill scoppiò a ridere e si alzò dal letto.

 

“Adesso riposati, vado a prendere qualcosa per cena. Partiremo domani, con calma.”

 

Chiuse la porta, lasciando Luke da solo.

 

Sdraiandosi nuovamente cominciò ad immaginare loro due, seduti in riva al lago o facendo passeggiate, senza che nessuno li disturbasse. Magari qualche nuotata al chiaro di luna, nudi...

Apparve un sorriso imbarazzato e pensò che la temperatura gli si fosse alzata di nuovo, perchè faceva davvero caldo là dentro.

 

 

 

Il giorno seguente, dopo una buona colazione e aver sellato i loro compagni quadrupedi, i due cowboys si misero in viaggio per Utter Town, una tranquilla cittadina di origini britanniche, decisamente più grande del classico paese del West, ma più piccola di una città.

Piena di vita (e pub), Utter Town si era sviluppata in fretta, tant'è che avevano l'elettricità, strade asfaltate e negozi d'ogni tipo, e tuttavia circondata da una natura selvaggia.

 

Arrivati ai confini del paese, Bill guidò Luke verso una casetta in legno circondata da un giardino; una casa in puro stile West che faceva in qualche modo a pugni con la cittadina accanto.

 

“Aspetta qui.” Disse Bill, che entrò nella proprietà senza problemi.

Luke sbuffò, guardandosi intorno, annoiato: il viaggio era stato lungo, ma erano riusciti ad arrivare poco prima del tramonto.

Tutto sommato, sembrava un luogo tranquillo, e poteva già da lì vedere il lago brillare sotto la luce rossa del sole.

 

Dopo qualche minuto, vide Bill uscire assieme ad un vecchietto che gli strinse la mano e gli consegnò un piccolo mazzo di chiavi.

 

“Grazie Jonah, avevamo proprio bisogno di rilassarci.”

“Ma grazie a te, ragazzo mio! Mi hai salvato da quei brutti ceffi un paio d'anni fa, il minimo che possa fare è prestarti la mia casa sul lago quando hai voglia di riposarti. Oh, e benvenuto anche a lei, signor Luke!” Disse sorridendo sdentato.

Luke fece un cenno di saluto e contraccambiò il sorriso.

 

“Vabbè, allora ci vediamo presto. Ora è meglio portare i cavalli al pascolo prima che divorino le tue carote.”

Di tutta risposta il vecchietto diede una risata rauca.

 

Jolly sembrò un poco indignato.

“Per tua informazione, ho gusti ben più raffinati.”

Trottalemme nitrì “Sempre meglio di quei cactus che abbiamo mangiato a colazione...”

 

Cocco roteò gli occhi e salì in groppa al suo destriero.

“Allora, la vogliamo finire? I cavalli non parlano.”

 

E così galopparono verso la capanna sul lago.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** Metamorfosi ***


Attenzione!!! Se non vi piacciono le OTP di questo genere, non leggete questo capitolo...anzi, non leggete l'intera storia, facciamo prima. Allusioni sessuali e scene violente presenti. 
            PoisonLover




La sera era oramai calata sull'intera valle, e mentre i bravi abitanti di Hutter Town si raccoglievano con la loro famiglia per la cena, c'era chi invece si risvegliava dal torpore del giorno per vivere appieno la notte; i pub si riempivano di persone d'ogni tipo, da giovani rampolli che buttavano i loro soldi a poker, a farabutti che li adocchiavano ghignanti, a sciantose da palcoscenico che spronavano gli uomini ad ubriacarsi e a spendere.

Ma lontano dal centro, le case avevano già le luci spente, e il silenzio regnava incontrastato.

Una piccola capanna sul lago, tuttavia, conservava ancora una luce vivida e accogliente:

davanti al camino acceso, due uomini abbracciati da una coperta di lana, osservavano il fuoco scoppiettare fra i pezzi di legno anneriti.

Contenti, dopo una spartana e gustosa cena, si erano diretti verso la camera padronale;

Si spogliarono in silenzio, lanciandosi occhiatine provocanti, e si misero sotto le coperte.

Un piccolo aperitivo di abbracci, seguito da un antipasto di baci, che precedette un primo di assaggi, poi un secondo di movimenti abbondanti e fluidi, con contorno di ansimi, per poi concludere con la venuta...del dessert.

Distrutti, si abbandonarono l'uno nell'abbraccio dell'altro, felici.


“.....Wow....”

“Tutto qui? Un wow?”

“Beh, un wow dice tutto, è come un riassunto di: mondo pistola e cannone, sei stato meraviglioso, è stato meraviglioso, sono stato meraviglioso.” Cocco ammiccò con le sopracciglia, mentre sulle sue labbra si disegnava un sorriso sbruffone.

Luke non si fece impressionare, e roteò gli occhi.

“Non esagerare...sei stato bravino,ecco...” Gli rivolse lo stesso ghigno, mentre Cocco metteva il broncio e incrociava le braccia al petto.

“Bravino,eh?”

“Ma dai, che scherzavo,lo sai.” Lo baciò sulla guancia, massaggiandogli un poco le spalle.

Bill si sciolse del tutto, mentre si rilassava al tocco esperto del suo compagno.

Dopo nemmeno dieci minuti, Cocco s'addormentò beato, mentre il cowboy solitario gli accarezzava la testa e i capelli. Carezza, dopo carezza, anche lui infine chiuse gli occhi, lasciandosi rapire da Morfeo.


A notte fonda, nella zona più buia e mal frequentata della cittadina, un uomo ben vestito, avanti con l'età e rigido nel volto e nei movimenti, attraversava le strade deserte e buie. I lampioni non erano ancora stati messi in quel quartiere, e spesso i ladri se ne approfittavano, ma a lui non importava, guardando con sdegno ogni metro del posto, come a volerlo distruggere.

“Maledetti, sudici perdigiorno! Parassiti della società! Se potessi annegare e lavare ogni viale in cui abitate...”

Mugugnò il vecchio.

Senza accorgersene, si scontrò con qualcuno, finendo quasi a terra.

“E guarda dove vai, lurido straccione!” Disse alzando il bastone per colpirlo, ma la figura scansò veloce il colpo e agguantò il vegliardo alla gola, sollevandolo da terra come nulla.

Sentendosi soffocare, l'uomo mollò il bastone, cercando disperatamente di scivolare via dalla presa dell'altro.

“Mi lasci...Mi. Lasci...!” La lamentela venne interrotta quando l'altro uomo sbatté con forza la testa del vecchio contro il muro, più e più volte, finché il cranio non si ruppe in due come un uovo.

Il sangue prese ad uscire a fiotti, schizzando sul muro, sulla strada e sui vestiti

dell'assassino che, deliziato,sorrise.

“Così....questa è la vita....vivere per uccidere....meraviglioso.”

 

La figura sparì nel buio, tra le ignare anime addormentate di Hutter Town.

 

“UUUUULTIME NOTIZIEEEEEEE!! BRUTALE ASSASSINIO DEL VICE-SINDACO CROMNEY! NESSUN TESTIMONE, L'OMICIDA ANCORA A PIEDE LIBERO! UUUULTIME NOTIZIEEE!!!”


Un insistente ed irritante bussare alla porta svegliò Bill, che insolitamente aveva finito per dormire fino a mezzogiorno. Si girò coprendosi il volto con il cuscino e mugugnò:

“Luke....và ad aprire, dai.......Luke?....” Con la mano cercò il corpo del suo compagno, ma non trovò nulla. Preoccupato, scattò giù dal letto, cercando già il revolver.

Le sue preoccupazioni svanirono nel vedere Lucky uscire dal bagno, asciugandosi la faccia.

“Ma mondo pistola, Luke! Non senti la porta?! Vestiti che intanto vado a vedere chi sta cercando guai.” Si mise una camicia e un paio di jeans di fretta, e scese ancora scalzo.

“Sè, sèèè! Sono qua! Chi diamine?!....Oh, è lei sceriffo.”

L'uomo sull'uscio aveva un aspetto stanco. Aveva senz'altro passato i cinquant'anni, i capelli radi sul capo per il caldo s'erano incollati sulla fronte, rigata da anni di preoccupazioni e grattacapi.

I baffi erano grigi, spenti, proprio come il suo sguardo.

“Buongiorno signor Bill. Devo parlare a lei e al suo collega. Posso entrare?” Teneva il cappello stretto nelle mani, e con sorpresa di Cocco, i suoi modi di fare erano educati.

“Ma...certo, entri pure.”

Facendolo accomodare, chiuse la porta e si sedette al tavolo.

Luke, che nel frattempo cercava freneticamente dei vestiti puliti, stava pensando alla notte scorsa.

“Che strano...mi sento stanco morto, come se non avessi dormito...e perchè diamine ero nudo in soggiorno? Non alzerò mai più così tanto il gomito, dannato whisky...”

Non era più abituato a bere alcool. Anche se, a ripensarci, non ricordava nemmeno di aver bevuto.

Raggiunse di fretta i due nella cucina, dove Cocco aveva preparato caffè per tutti.

“Scusatemi, non trovavo i pant....la camicia! Non trovavo la camicia!” Si accorse dello strano sguardo dello sceriffo, e sorrise imbarazzato. Bill roteò gli occhi, ma stette zitto.

“Luke, lo sceriffo è qui per dirci qualcosa che è successo ieri notte.”

L'uomo annuì grave.

“Vedete....è successo un fatto tragico...il vice sindaco è stato assassinato ieri notte.”

Dopo un attimo di silenzio in cui fissò i due, continuò.

“Tra l'una e le tre, secondo il medico. Se fosse stato una semplice rapina, l'avrebbero accoltellato o sparato un colpo di revolver, invece.....”

“Invece?” Chiese Lucky.

“.......è stato ucciso i modo brutale: la sua testa è stata...ripetutamente sbattuta contro il muro. Stavo cercando testimoni, ma nessuno ha sentito niente...visto nulla...”

“Non è possibile! Qualcuno DEVE aver visto qualcosa!” Sbraitò Bill.

“La gente è terrorizzata. Quel quartiere è molto povero, attira quindi criminali di ogni sorta...ma fin'ora si trattava di scommesse clandestine, risse, furti...mai omicidi. Questo psicopatico è ancora a piede libero, e io e il mio vice brancoliamo nel buio...per di più, il vice sindaco era conosciuto per non essere di buon cuore...Quindi perchè quelle persone dovrebbero aiutarci nelle indagini?”

“Come ha saputo che noi eravamo qui?” Chiese Luke.

“Le persone parlano...ma è una fortuna sfacciata che i due migliori pistoleri del West siano qui. A proposito, come mai da queste parti?”

“Ehm...siamo qui per caso, e avevamo bisogno di un posto tranquillo dove dormire...”

“Ci sono tante belle locande in città.”

“Il vecchio Jonah ha insistito molto...”

“Uhm.” Lo sceriffo non era convinto della loro storia, ma non voleva insistere oltre.

“Ad ogni modo, ero qui per chiedervi se vi andrebbe di unirvi alle indagini.”

I due si guardarono: erano venuti qui per stare in pace, e si ritrovavano con un pazzo a piede libero.

Ma non potevano rifiutare.

“D'accordo, ci stiamo.”

“Magnifico! Allora venite nel mio ufficio appena sarete pronti, vi farò vedere la scena del delitto. A più tardi.” Si alzò ed uscì dalla casa.

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** Il Sinners Pub ***


 

Erano ormai al quinto giorno di investigazioni, e ancora nessun successo. Nessuna pista, nessun testimone. Zero.

Luke per qualche motivo era sempre più stanco; dormiva male, faceva incubi, aveva continui mal di testa.

Cocco pensò che tutto ciò fosse dovuto allo stress, e quindi non ci fece troppo caso; soprattutto perchè era deciso a trovare l'assassino ad ogni costo.

Ore e ore di indagini e inutili testimonianze più tardi, i due cowboy erano tornati stanchi e nervosi solo al tramonto. La leggendaria fortuna di Lucky Luke, e il grande fiuto di Cocco Bill, erano stati vani nel trovare qualsivoglia traccia.

“Ma mondopistola!!! Non è dannatamente possibile che non ci fosse uno straccio di indizio! Nessun testimone! Niente!! Ma porco mondo!!” Sbraitò Cocco buttando il cappello sul tavolo. Luke chiuse la porta di casa e sbuffò.

“Non credo che sbraitare in questo modo ci sarà utile...concentriamoci su quello che abbiamo.”

“Cioè nulla.” Disse sarcastico Bill.

Lucky lo guardò male: non aveva mai sopportato il sarcasmo di questo tipo.

“Ovvero il vice sindaco. Tra tutti è stato ucciso proprio lui, perchè?”

“Mah, non saprei...era una persona tanto amabile!” Un'altra battuta sarcastica.

Luke inspirò profondamente.

“Forse un rivale. Qualcuno che voleva il suo lavoro, o forse aveva qualche debito, oppure...”

“Gli alieni! Perchè no? Probabilmente sono stati loro!”

“Si può sapere che diavolo ti prende?!” Sbottò Lucky seccato.

“Nulla! Davvero! Forse mi secca il fatto che dopo giorni, ancora brancoliamo nel buio!”

“Ci vuole tempo per queste cose, non si può essere sempre fortunati.”

“Ecco, infatti la tua famosa fortuna non è servita a un tubo! Bella roba!”

“Adesso esageri...”

“Sul serio, la tua fortuna ti ha sempre dato manforte, e adesso ti molla così?? Ma checcavolo!” Un calcio alla sedia.

“BASTA!!” Luke mollò un pugno sul tavolo che riportò il silenzio immediato.

Innumerevoli istanti dopo, massaggiandosi gli occhi, sospirò.

“Sono stanco. Siamo stanchi e nervosi. Questa storia sta cominciando ad intromettersi persino nella nostra intimità...”

“Luke, io...”

“Io vado a dormire. Tu fai quel che vuoi.”

Nel vocabolario di Cocco quella frase voleva dire “l'hai fatta grossa, voglio stare solo”;

osservò Lucky salire lento le scale e chiudere la porta della camera.

Si lasciò cadere su una poltrona e si passò la mano sulla faccia.

“Bravo Cocco Bill, hai guadagnato appieno il diploma...di imbecille.” Si disse sottovoce.

Restare in quella casa, adesso, sembrava una tortura. Il solo rumore era il ticchettio dell'orologio. Era meglio uscire, magari andare in qualche pub.

Sellò Trottalemme, che si era intanto svegliato assieme a Jolly;

I due equini videro l'aspetto stanco e amareggiato di Bill, e capirono.

“Bipedi...tutti uguali.” Commentò Jolly sbadigliando.

“Già...e adesso a me tocca la passeggiata notturna.” Sbuffò Trottalemme.

“....I cavalli non parlano.”

Venti minuti dopo, aveva lasciato la sua cavalcatura in una stalla a pagamento, ed aveva proseguito a piedi per le vie quasi deserte. Con un po' di fortuna avrebbe trovato qualche indizio...se non addirittura il colpevole.

Un uomo del genere non poteva sparire così, nel nulla.

Un'ora più tardi, si dichiarò sconfitto, e prese la decisione di tornare a casa;

“Al massimo dormirò sul divano, meglio prendere Trottalemme e...uh?”

Uno speziato ritmo Blues lo attirò fino ad un locale nascosto dalle luci dei lampioni e lontano dalla strada principale. Era un vecchio edificio coloniale, fatto di mattoni e legno ormai scolorito; sull'insegna, c'era scritto in rosso “Sinners Pub”, e sembrava proprio che dentro ci si divertisse parecchio.

Cocco guardò l'orologio: le nove e un quarto.

“Massì, perchè no? Magari sono fortunato e trovo un informatore. Tutt'al più Luke potrebbe ancora essere sveglio...” Non aveva proprio voglia di un bis della discussione di prima.

Entrò, e non voleva o non poteva credere ai suoi occhi sgranati:

Il locale era spazioso, con un bancone, alcuni tavoli, un palco e una piccola pista da ballo; c'era gente ovunque...sulle scale, sugli sgabelli, in pista a ballare, attorno ai tavoli...e quasi tutti erano intenti a ubriacarsi, giocare d'azzardo, gettare soldi alle ballerine mezze nude... ma una cosa in particolare lo colpì. Alcune coppie, che si stavano baciando in fondo al locale poco illuminato, erano composte anche da due individui dello stesso sesso: donna con donna, uomo con uomo...a volte si scambiavano per poi tornare con il partner originale. E nessuno degli altri clienti diceva niente.

Si girò, coprendosi gli occhi imbarazzato.

“Uhm, forse ho sbagliato davvero locale...” Cercò con gli occhi coperti di aprire la porta, ma venne afferrato da un paio di ballerine.

“Ma dove vai, bello? Non ti piace qui?”

“Eh? Uh, no,no! E' che avrei un impegno...”

“E annullalo, l'impegno! Qua è meglio...”

“Sentite signorine,io...”

“Brenda, mi sa che il nostro amico è timido.”

“O forse è bigotto. Non ti piacciamo?”

“Non è questo, è che...”

“Ah, sei dell'altra sponda, e qual'è il problema?”

“Già, l'importante è il piacere...”

“Bevi una birra.”

“Sì,sì, bevi qualcosa.” Lo fecero sedere ad un tavolino davanti al palco, e gli portarono da bere.

“Preferirei una camomilla.” Aspettò che le solite risate iniziarono, ma nessuno sembrò farci caso.

“Oh, okay, anche se non è così divertente come bere assenzio.” La ballerina fece spallucce e andò verso il bancone.

L'altra sorrise a Cocco.

“Che c'è? Credevi che ridessimo? Qui ognuno fa quel che vuole, nessuno viene giudicato. Siamo tutti peccatori.” Gli fece l'occhiolino e raggiunse un altro cliente.

Bill cominciava ad apprezzare il locale: l'atmosfera, la musica, la camomilla...Mondo pistola la camomilla! Era come se gli angeli fossero scesi e gliene avessero preparato una tazza!

“Scusi signorina, ma come la fate questa camomilla?” Si rivolse ad una cameriera vestita alla francese che stava ritirando alcuni bicchieri.

“Il nostro barista ha creato un infuso di erbe naturali tutto suo, ma la ricetta è segreta.”

“Ah, capisco. E' davvero ottima! Portamene un'altra per favore.”

La ragazza annuì, e scattò verso il bancone.

Passò una mezz'ora molto rilassante, ad ascoltare ottima musica country/blues e a sorseggiare camomilla. Ad un certo punto, alcune luci vennero spente, la gente cominciò a bisbigliare e a ridacchiare, e parecchi uomini si avvicinarono al palcoscenico.

La band cominciò a suonare un ritmo decisamente più accattivante di quello precedente, mentre un faretto dalla luce verde venne puntato al centro della scena, mentre il sipario rosso s'apriva...rivelando un uomo di spalle. Le gambe, lunghe, sottili come quelle di un cervo...il bacino che si muoveva al tempo della musica, le braccia alzate sopra la testa, che lentamente scendevano ad accarezzare quel corpo che...che gli era in effetti familiare.

“...Luke?”

Ogni suo dubbio scomparve quando notò che i capelli del cantante erano biondi, tirati indietro, e gli occhi erano verdi...un verde smeraldo, freddi, acidi, profondi...

Scosse la testa distogliendo lo sguardo, cercando di concentrarsi sulla camomilla.

L'uomo, nel frattempo, iniziò a cantare e a passeggiare a tempo per il palco.

Don't go by the river

If you love your wife
'Cause you'll make that girl a widow
And you'll cause her pain and strife
If you go by the river side...”

Fece un passo veloce verso il pubblico, facendo scivolare l'altra gamba.

You'll lose your la-la-la-la-life!...”

“People by the river,
They know who's the boss
They'll get at fancy city folks
No matter what the cost
And if you go by the river side...”

Saltò su uno dei tavoli e accarezzò il volto di una ragazza, che quasi svenne per l'eccitazione.

“You'll end up la-la-la-la-lost!”

Piroettò una volta su se stesso, prima di balzare su di un altro tavolo.

“There's a bat they call Lestat
Who will sink his teeth in you...”

Si leccò le labbra suadente.

“You might meet a creature from a swampy black lagoon
And if the moon is full,
You might meet the loup-garou!
Don't go by the river side,
You'll be sorry if you dooooo!”

E nel frattempo la gente aveva cominciato a danzare frenetica in mezzo alla pista.

“A young man met a lady
And she made this fellow swoon
So they went on down to New Orleans
To elope under the moon
He took her by the river side...”

Saltò su un altro tavolo, e mosse il bacino seducente.

“To give her the heir la-la-la-loom!”

Fischi e complimenti.

Well the next day he got outta bed and

She wasn't by his side
He searched the quarter high and low
And the bayou far and wide
The locals say she ran away...”

Si mise le mani sui fianchi, guardando con sfida il pubblico.

“But you know they la-la-la-la-lied!”

“There's a bat they call Lestat
Who will sink his teeth in you
You might meet a creature from a swampy black lagoon
And if the moon is full,
You might meet the loup-garou!
Don't go by the river side,
You'll be sorry if you dooooo!”

Scese e passeggiò tra i tavoli, accarezzando volti diversi.

“Who shivers when they hear about voo-doo?”

Si voltò di scattò verso Cocco, afferrandolo alle spalle.

Il cowboy quasi versò la camomilla, mentre veniva girato di forza dal cantante.

“Don't lie to me, boy, I know you do!
You better tremble when you hear me call...”

Lo guardò dritto negli occhi, e Bill ebbe un fremito: Quel verde non era naturale...non era umano. Venne rapito da quegli occhi velenosi, e stavolta non distolse lo sguardo.

Il cantante sorrise e avvicinò le labbra al viso di Cocco.

“ 'Cause you'd make a lovely shrunken head...”

Ma non lo baciò.

“You'll be my favorite voo-doo doooooooooll!”

Con agilità il biondo salì sul tavolo di Cocco, e di tavolo in tavolo raggiunse il palco.

Sting went by the river,

Now he slays on Bourbon Street
And there's that song by Concrete Blonde about where it's warm and green
And if you go by the river side,
You'll never la-la-la-la-leeeeeave!”

“There's a bat they call Lestat
Who will sink his teeth in you
You might meet a creature from a swampy black lagoon
And if the moon is full,
You might meet the loup-garou!
Don't go by the river side”

Don't go by the river side!” Ripetè il pubblico

“I said don't go by that river side!”

He said don't go by that river side!” Stavolta Cocco si unì al coro

“Don't go by the river side!”

Why's that?!”

'Cause you might meet me if you dooooooooo!”

Il ritmo indemoniato finì, e uno scroscio di applausi riempirono la sala e forse anche il quartiere.L'affascinante uomo fece un paio di inchini, raccolse qualche fiore, e sparì dietro il sipario.

Bill era rimasto stregato dai suoi occhi, oltre che dallo spettacolo, e rimase lì fino a chiusura senza rendersene conto.

Nella sala erano rimasti lui, il barista e un paio di cameriere che stavano riordinando.

“Accidenti...meglio tornare subito a casa.” Disse tra sé e sé, e fece per alzarsi, ma una mano s'appoggiò sulla sua spalla.

“Và via così presto?”

Cocco voltò la testa e vide il biondo cantante che gli sorrideva .

“Beh, è quasi mezzanotte...”

“Appunto: quasi. Mi farebbe compagnia per un ultimo drink? Offre la casa.”

Dannato sguardo...dannata voce sensuale...perché si faceva sempre convincere?

“...e va bene, d'accordo.” Ricambiò il sorriso e si risedette.

L'uomo si sedette con eleganza di fronte a lui e accavallò le gambe; indossava un vestaglia di seta nera con alcuni ghirigori verdi.

“Sono Absinthe. John Absinthe.” Tese la mano delicata.

“Un nome che le si addice...Bill, Cocco Bill.” Strinse piano la mano dell'altro.

“Oh? E come mai dice questo, signor Bill?”

“Preferisco che mi si dia del tu, non mi sento a mio agio a sentirmi chiamare signore.”

“Allora tu puoi chiamarmi John.” Lo disse con un tono leggermente lascivo, mettendosi le mani in grembo.

“Già, bene, ahem...dicevo, per via dei tuoi occhi. Verdi come l'assenzio.”

“Un modo fantasioso per abbordare qualcuno...”

“Eh?? No,no,no,no! Io sono rimasto perchè hai insistito, ma sono già fidanzato...”

Arrossì nel sentire la risatina di Absinthe, e si grattò la nuca.

“Stavo scherzando Bill, non mi permetterei mai di intromettermi nella vita di un uomo impegnato! Mi piace il fatto che tu abbia messo le mani avanti: fedele fino in fondo.”

Bill annuì, e rimase in silenzio.

“Allora, sei felicemente fidanzato...perchè sei al Sinners?”

“Uh? Oh....diciamo, così, per curiosità...”

“Avete litigato?”

Cocco sgranò gli occhi.

“Ma....tu...come?”

“Intuizione: si viene al Sinners solo per commettere peccato...specialmente quello della lussuria. Li vedevi quei due giovani che se la spassavano là in fondo, vero?”

“Già...immagino che ti abbiano disgustato...”

“Perché? Perchè erano due maschi?...e allora?”

Più John parlava più Cocco rimaneva incredulo.

“Sei al Sinners, bello, qui tutto è lecito...o quasi. Comunque, non ti preoccupare, le cose tra te e la tua ragazza si sistemeranno.”

“....è un uomo.” Non sapeva perchè gliel'aveva detto. Ma non ce la faceva più a tenerlo dentro, e lui poteva capirlo.

“Allora ci avevo azzeccato.”

“Sul serio?...”

“Si capiva da come mi guardavi.”

Un imbarazzante silenzio piombò sui due. O meglio, su Cocco, visto che invece il biondo continuava a sorridere tranquillo.

“Hey, non preoccuparti, uomini e donne vengono spesso apposta per guardarmi. Quando faccio il mio spettacolo, ho sempre il terrore di scivolare sulle pozze di bava che lasciano!”

Scoppiarono a ridere.

Chiacchierarono del più e del meno, fino all'arrivo della chiusura definitiva, che li costrinse a dividersi.

“Ascolta, una di queste sere mi farebbe piacere vederti ancora...vorrei farti assaggiare una cosa...” Disse malizioso.

“Uuuh....” Bill, visibilmente a disagio, cominciò a sudare un poco.

“Mai provato l'assenzio?”

“Aah..ehm, no, mai.”

“Bene, allora te lo farò provare. Buona notte, Cocco Bill...” Salì lieve le scale fino alla sua camera e chiuse la porta.

“ 'notte John...” Sospirò il cowboy, che ora che ci pensava doveva ancora riprendere Trottalemme.


Quando Bill se ne andò, Absinthe sorrise.

“Che attore che sono...dovrebbero darmi un premio.” Si cambiò velocemente nei suoi vecchi panni: un paio di jeans...una camicia gialla...un gilè in pelle nera...un bavero rosso...e un cappello bianco.

Veloce, sgattaiolò dalla finestra, per poi salire su un cavallo lasciato là da un cliente ubriaco; non c'era pericolo che il cowboy arrivasse prima di lui alla capanna.

Per riprendersi il suo ronzino, avrebbe dovuto farsi la strada a piedi fino al centro città, e ci volevano una trentina di minuti a piedi.

Galoppò di corsa fino al lago, dove diede una pacca al cavallo per farlo scappare via.

Entrò in casa, si cambiò e si lavò.

Guardandosi allo specchio sorrise nuovamente meschino.

“Prima l'orgoglio...poi l'amore...infine il tuo corpo, Luke. E' solo questione di tempo...”

Si sdraiò a letto, mentre già sentiva che la metamorfosi stava per avvenire, e la sua mente cadeva nel dolce oblìo.

(La canzone è "Don't Go By The River" di Aurelio Voltaire)

 

 

 

 

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Capitolo 5
*** Un Altro Delitto ***


Luke si svegliò di scatto, sudato e ansimante, come se qualcuno l'avesse spinto a forza via dal sonno.

Asciugandosi la fronte si guardò attorno, notando la mancanza di Bill nel letto.

Ricordò il litigio e si sentì in colpa.

“Poverino, avrà dormito sul divano o addirittura nella stalla...”

Scese seminudo le scale, con addosso solo un paio di mutande e una camicia azzurra vecchia di anni appartenuta a Bill, che usava come pigiama.

Andando a tentoni nel salotto buio, sussurrava il nome del suo compagno.

“Bill...Bill ci sei?...Ti prego, parlami...non tenermi il muso,voglio far pace...”

Riuscì finalmente a trovare una candela e un cerino, ma quando l'accese non vide nessuno.

Senza perdersi d'animo, decise di dare un'occhiata nella stalla, ed anche lì, non solo non trovò Cocco, ma nemmeno Trottalemme; ora stava cominciando a preoccuparsi sul serio: possibile che si fosse arrabbiato tanto da addirittura cercare un alloggio in città? Magari assieme a...qualcun altro.

Si lasciò scivolare sconsolato lungo la parete in legno della stalla, fino a sedersi sulla paglia; Jolly si avvicinò e cominciò a strofinare il suo muso contro la testa di Luke, in un gesto di affetto.

“Oh,Jolly...Temo di averla fatta grossa davvero...non mi sarei dovuto arrabbiare così.”

Prese ad accarezzare la criniera del cavallo lentamente, quasi fosse in trance.

Aspettò.

Dopo circa un'oretta, sentì un rumore di zoccoli che veniva verso la capanna, e si rimise in piedi. Notando quanto gli fu difficile alzarsi senza barcollare e sentirsi debole, non fu poi una grande idea attendere Bill in una stalla con addosso quasi nulla. Per quanto là dentro facesse caldo, l'aria fresca e umida della notte avevano beccato in pieno il suo corpo mentre usciva dalla casa ed entrava nella stalla, facendogli tornare la febbre.

Bill era sceso da Trottalemme non appena vide Luke in piedi, tremante come una foglia, che tentava inutilmente di coprirsi con la sua vecchia camicia piena di buchi mal ricuciti.

“Ma che ci fai qui fuori?? Ti beccherai un malanno!”

“Aspettavo te.”

“E non potevi farlo dentro casa?”

“Credevo che fossi andato a dormire nella stalla, ma...non c'eri. Ero preoccupato, a momenti saltavo su Jolly e venivo a cercarti. Ma dov'eri??”

Lo sguardo misto a rabbia e febbre di Luke non ebbe granché effetto su Bill, che sospirò.

“Volevo vedere se riuscivo a trovare qualche indizio o magari beccare il bastardo in flagrante. Ma non ho avuto fortuna.”

“E sei rimasto in città tutta la notte? Da solo?”

“Beh, ovvio, con chi dovev...” Bill si rese conto del senso della domanda, e guardò Luke con un sorrisetto.

“Bene,bene....e poi sarei io quello geloso,eh?”

“Non sono geloso.”

“Ma sicuro!” Lo tirò a sé e cominciò a coprirlo di baci.

“Ti ho detto che -ehi,smettila- che io – no,dai...” L'espressione seria di Lucky svanì in un attimo e cominciò a ridacchiare quando Bill prese a baciarlo sul collo, le guance e la bocca.

Con un ultimo, lungo bacio sulle labbra, Bill diede un pizzicotto alla guancia di Luke, scuotendolo lievemente.

“Il mio gelosone. Avanti, meglio tornare a letto, hop!”

Lo prese in braccio stile sposa, e lo riportò dentro.

Trottalemme rientrò nella stalla e con i denti richiuse le porte. I loro padroni erano stati abbastanza furbi da attaccare delle corde alle maniglie, in modo che se si fossero dimenticati di chiudere la stalla, i loro cavalli avrebbero potuto farlo da soli.

Jolly sollevò un sopracciglio inquisitore.

Trottalemme sospirò con le narici. “Guarda,lasciamo perdere...”


Dopo aver messo a letto Lucky, Cocco si spogliò velocemente, mettendosi a letto assieme al suo amore. Gli posò una mano senza guanto sulla fronte, e annuì compiaciuto nel sentire che per ora la temperatura era normale.

“Bene, forse ti salverai dalla febbre, se adesso te ne stai buono buono qui al caldo, hm?”
Luke arrossì un poco, e nascose il volto nel petto di Bill.
Quest'ultimo lo strinse a sé e lo baciò sui capelli. Non credette necessario parlargli del locale, nè di Absynthe.

“Buona notte. O quel che ne resta.”

 


Nemmeno tre giorni dopo, il sangue riprese a scorrere tra le strade di Hutter Town.

Lo sceriffo richiamò i due cowboys prima che la scena venisse ripulita e il cadavere seppellito.
“Grace era una giovane ragazza costretta a prostituirsi per vivere. Non aveva famiglia, e nessuno sapeva il suo cognome. Un testimone l'ha vista per l'ultima volta ieri notte, prima dell'una, che tentava di adescare qualche cliente. Oggi è stata ritrovata così da un abitante del quartiere.”

Lo sceriffo sollevò il velo scuro che nascondeva il corpo, e la scena che si presentò ai due fu orribile: la mandibola della donna era stata completamente separata dalla mascella, le cavità oculari vuote, il petto colpito più e più volte da forse un'ascia o un coltellaccio affilato. Il cuore e i polmoni si vedevano appena per via di tutto il sangue seccatosi sul petto.


Luke divenne completamente pallido e Bill si mise da parte per vomitare; nessuno dei due fino a quel momento aveva mai assistito ad uno spettacolo del genere.

Lawrence, ovvero lo sceriffo, riadagiò il pesante tessuto nero e si fece il segno della croce, prima che il medico e i suoi assistenti la portassero via seguiti dal becchino.

“Mai...mai nella vita ho assistito a qualcosa del genere...mai nessuno dovrebbe assistervi.”

Cocco si riprese dopo qualche minuto, fece un respiro profondo e si voltò verso Lucky, ancora bianco come un cencio. Non aveva parlato, non aveva reagito.

Non andava bene.

Lo tirò via dal pezzo di strada ancora macchiato di sangue e si avvicinò a Lawrence.

“Senta sceriffo: il mio collega è venuto qui su ordini del medico di Cactus Gulch per le sue condizioni di salute. Poteva anche avvertire PRIMA che ci facesse vedere quel cadavere!” Aveva sussurrato tra i denti con rabbia.

L'uomo si trovò sorpreso della reazione di Bill, e un poco scosso rispose:

“Mi dispiace, non ne ero al corrente...spero non sia nulla di grave.”

Cocco diede un'occhiata al suo partner completamente immobile, lo sguardo perso chissà dove.

“Non importa. Ma temo che dovrò proseguire le indagini da solo, d'ora in poi.”

“Ma...è davvero necessario?”

“Sì. Lo è. Lucky Luke ha bisogno di riposo, o non potrà essere granché d'aiuto.”

Una scusa qualunque, nonostante sembrasse egoistica, andava bene pur di allontanarlo da tutto questo.

Lo sceriffo sembrò rifletterci un istante, prima di annuire.

“D'accordo. Allora da ora in poi riferirò solo a lei ogni tipo di informazione.”

Bill annuì a sua volta. Era fatta. Adesso la parte più difficile era dirlo a Luke.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 6
*** L'Incontro ***


Beh. Non se l'era cavata poi male. A parte un livido sul grugno. Uno stivale tra le scapole. E qualche altro oggetto che gli era piovuto addosso.

Ultimamente Luke era parecchio isterico, ma una scenata del genere...mai successa.
Ciò lo divertiva e lo terrorizzava allo stesso tempo.
Alla fine, però, aveva recepito il messaggio: prima doveva riposare, riprendere le forze... altrimenti era tutto inutile.

Bill si convinse di essere nel giusto nell'aver messo da parte il suo compagno, il quale lo aveva sbattuto fuori di casa con modi poco gentili, quindi non provava sensi di colpa.
A questo punto, era da solo.

Passeggiando nella zona dell'omicidio, non potè fare a meno di notare che al suo passaggio finestre e serramenti si chiudevano di botto e il suono di chiavi che giravano nelle serrature seguiva un ritmo preciso: passo, serratura, passo, finestra, passo, porta...

Lui ci aveva provato. Davvero tanto. Ma se c'era qualcosa che non riusciva a sopportare era la codardia. Fatta eccezione naturalmente per donne e bambini; sbatté lo stivale a terra creando un brusco eco tra le mura e a gran voce gridò rabbioso:

“MA INSOMMA!! MONDO PISTOLA E CANNONE! E' MAI POSSIBILE CHE NESSUNO DI VOI ABBIA VISTO NIENTE?? SERVONO INFORMAZIONI PER SBATTERE IN CELLA QUESTO PSICOPATICO! PENSATE ALLE DONNE E AI BAMBINI! TIRATE FUORI LE PA...”
“Buongiorno anche a te, viso pallido.”

Cocco rimase con le labbra semi aperte, mentre volgeva lo sguardo su chi l'aveva interrotto; era una donna anziana, pellerossa, con un grande scialle colorato che l'avvolgeva. Si teneva in piedi con un bastone pieno di amuleti, cristalli e strani segni incavati nel legno.

Lo scrutava scettica, il sopracciglio alzato e nemmeno l'ombra di un sorriso;

qualche secondo dopo, Cocco tossicchiò e tolse la polvere inesistente dalla camicia.

“Buongiorno, signora.”

“Il tuo è un modo strano di trovare informazioni, cowboy.”
“Ahem...è un metodo poco ortodosso, ma spesso efficace.”
“Non troverai niente così. Il male ha attraversato questo luogo, lasciando il segno del suo passaggio...trova la fonte.” Disse la vecchia in tono serio e solenne.

Mentre stava per ribattere con una delle sue solite battute sarcastiche, Bill incrociò lo sguardo di lei e rimase in silenzio. Sembrava sapesse molto più su questa faccenda di quanto volesse far credere.
“Ehi, tu non sarai coinvolta in tutto questo, vero?!” Disse puntando il dito accusatore.
L'indiana sorrise.
“Anche io come te, faccio indagini, seguo tracce...vi aiuterò a tempo debito.”

All'improvviso, s'alzò un vento molto forte, che trascinò molta sabbia con sé; Cocco ad un certo punto fu costretto a tapparsi bocca e naso e a chiudere gli occhi.

Quando li riaprì, la vecchia era sparita.

Lievemente scioccato dall'accaduto, si guardò intorno cercando la donna in ogni angolo di strada; finito ciò, si massaggiò il collo e sospirò:
“Decisamente, ho scelto il posto sbagliato per una vacanza.

Osservando divertita da un vicolo lo sguardo perso del viso pallido, la donna annuì convinta.
“Oh, Grande Spirito Wakan Tanka, sono molto vicina a trovare l'ombra maligna che vaga per questi luoghi...non ti deluderò.” E così, con una breve preghiera, si avviò lenta verso l'esterno della cittadina, nella prateria aperta, in un tipi un poco sbiadito dal tempo.

Aprì un piccolo scrigno di legno intagliato con sopra la figura di un gufo, e prese in mano una cordicella con attaccate una piuma candida e un cristallo azzurro.

Sussurrò qualcosa nella sua lingua natia, e il cristallo cominciò ad emettere un pallido bagliore; soddisfatta, lo rimise nello scrigno.

“E' quasi ora.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 7
*** Absinthe ***



Sensazionale come gli esseri umani potessero oscillare tra scatti d'ira e compassionevole pietà, tra azioni violente e atti di protezione.
Tutto ciò era davvero affascinante. E questa mancanza di freddezza e distacco, naturalmente, giocavano a suo favore.

Absinthe si risvegliò qualche ora dopo lo sfogo infantile di Luke, il quale era collassato sul letto per la stanchezza.

Più il suo moro gemello si indeboliva, più lui diventava forte: lentamente, stava divorando le sue energie dall'interno, ma doveva essere cauto, altrimenti il corpo che tanto bramava sarebbe crollato; la morte era ciò che più di tutto aborriva. Cessare di esistere non rientrava nei suoi piani.

Era rimasto troppo a lungo assopito nel buio e profondo subconscio della mente del cowboy, e di certo non intendeva tornarci; al contrario, avrebbero scambiato i loro posti, Luke nell'abisso e Absinthe cosciente e, finalmente, libero.
Non credeva nemmeno che si sarebbe mai svegliato dal suo torpore...ma qualcosa, un paio di settimane addietro, l'aveva spinto fuori dal suo letto di tenebra, incitandolo ad agire. Una gran fortuna.

Scivolò fuori dalle lenzuola e si tolse quei volgari abiti da Cowboy per indossare quelli che aveva rubato da un venditore ambulante, che aveva deciso di campeggiare nel bosco; questo accadde subito dopo il suo primo omicidio.

Ricordò con piacere il sangue sul suo corpo nudo, la passeggiata senza fretta fino al lago dove si lavò e poi prese le sue nuove vesti.

Doveva riflettere. Trovare un'identità tutta sua, un luogo in cui brillare per le sue abilità... di alibi non ne aveva bisogno: chi avrebbe mai sospettato di Lucky Luke?
Perciò un paio di notti più tardi, fece un giro in città, e scoprì il Sinners Pub.

A proposito...tra un'ora avrebbe iniziato il suo spettacolo.

“Meglio muoversi.” Finì di pettinare i suoi capelli di un biondo acceso e scese piano le scale.
Via libera, Bill non era ancora tornato. Senza accorgersene quell'idiota gli stava facilitando le cose: mettere Luke da parte significava dividerlo dal suo compagno e quindi lasciargli più libertà d'azione.

Pagando profumatamente un ragazzaccio di strada per osservare i movimenti di Cocco, poteva sapere in anticipo il suo ritorno alla capanna e precederlo, per non insospettirlo. Passò tramite un piccolo sentiero nascosto che passava dal boschetto fino alle prime case della cittadina: un viaggio un po' più lungo, ma sicuro.

Lo stesso che aveva fatto dopo il suo secondo omicidio.

Arrivò una decina di minuti in anticipo, e sorridente andò dal suo datore di lavoro, Roger, il barista e padrone del pub.

“Era ora! Dannazione, John, lo sai che i clienti aspettano te!”

“Oh avanti Roger, un artista ha bisogno di tempo per avere... l'ispirazione.”

“Certo, come no... ora muoviti. E meno male che ti pago a spettacolo e non a ore!”

“Ho i miei impegni.” Lo sguardo glaciale di Absinthe mise fine alle lamentele del barman, che si finse occupato a ripulire il bancone da macchie invisibili.

Era soddisfatto.

Salire sul palco gli faceva provare una sensazione simile all'orgasmo.

Le luci, gli occhi del pubblico...c'era solo lui. Cominciò il suo show e si ubriacò d'attenzione.

L'estasi assoluta.

Dopo la solita ondata di applausi e fiori, John si diresse nel suo camerino per rinfrescarsi un poco, quando un ticchettio alla finestra catturò la sua attenzione. Era Mike, il ragazzino che seguiva Bill; scaltro e agile come una volpe, girava saltando da un tetto all'altro di Hutter Town, avendo così un'ottima visuale dei vicoli.

“Sta passando da qui, capo.”
“Ottimo. Lascia fare a me.” Gli lanciò due bei dollari dalla finestra, e il marmocchio ghignò per poi sparire nella notte.

Absinthe scese di fretta le scale, indossando la sua solita vestaglia verde e nera, e si affacciò alla porta del locale giusto in tempo per veder passare Cocco Bill.
“Hey, cowboy, è da un pezzo che non ci si vede...”

Bill, che era con la testa altrove, si voltò in direzione della voce suadente che già conosceva.

“Ah, John, sei tu...stavo tornando a casa.”
“Oh...che peccato...” mise su un finto broncio “Speravo, sai, di farti assaggiare l'assenzio, come ti avevo promesso...”
“Scusa, ma non posso. Arrivederci.”

Eh no. Non poteva filarsela così.

“Avrai certamente sentito di quell'orrido omicidio di quella povera ragazza...una tragedia. E nel vicolo vicino poi...”

Questo fece fermare Cocco. Absinthe ghignò.

“Se hai bisogno di fare domande, io e il resto dello staff ti aiuteremo volentieri...la maggior parte dei clienti se n'è andata, qui ora è tranquillo.”

Passarono pochi istanti, ma alla fine ce l'aveva fatta: Bill scese da Trottalemme ed entrò nel locale.

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 8
*** L'Assenzio, il Diavolo e il Pistolero ***


Ciao a tutti! Qui è l'autrice, mi scuso per la lunga assenza (life is a bitch) e spero che questo nuovo capitolo vi piaccia perchè l'ho scritto con il c...uore. Sì. Certo.
Buona lettura!





Bill si appoggiò al bancone del locale, accanto ad Absinthe, affranto.
L'interrogatorio era durato un paio d'ore, e sebbene lo staff si fosse prodigato per rispondere nel modo più preciso possibile, le domande del cowboy rimanevano senza una risposta definitiva.
Absinthe gli mise una mano sulla spalla e sospirò.
"Sono desolato. Speravamo di poterti aiutare..." Scosse la testa e guardò fisso lo specchio dinanzi a sè.

Cocco non apprezzava troppo il contatto fisico, fatta eccezione per Luke.
Ma stranamente...quello di John non lo infastidiva. Non ne capiva il motivo, non riusciva ad afferrare il perchè.
Tuttavia era troppo stanco per riflettere. Voleva solo bere un po' di camomilla e andare a casa.

"Vorrei una camomilla..."
"Oh." Absinthe si morse il labbro inferiore, quasi dispiaciuto.
"Non te ne va bene una, Bill. La camomilla è finita oggi...dopodomani Roger andrà a fare scorta."

Cocco alzò gli occhi al cielo prima di passarsi una mano sulla fronte.
"Ma mondo pistola e cannone..." Mugugnò.

"Ma se vuoi...potresti provare questo." Il biondo poggiò sul tavolo una bottiglia colma di liquido verde, un coltello piatto bucherellato, delle zollette di zucchero, una brocca d'acqua e due bicchieri dalle forme strane. Bill squadrò il tutto con aria sospetta.

"Io di solito non bevo alcolici..."

"Solo un bicchierino, Bill, per favore..."

"Non saprei..."

Absinthe si avvicinò al suo orecchio.
"Se lo bevi, ti prometto uno spettacolo...una canzone solo per te." 

La sua voce sensuale fece venire i brividi a Bill, che semplicemente annuì, ammutolito dall'audacità del biondo.

Absinthe, con mano esperta, cominciò una sorta di rituale: versò un poco di assenzio in uno dei bicchieri, poi mise il coltello sul bordo e una zolletta di zucchero al centro, sopra i fori. Infine, fece gocciolare l'acqua sopra alla zolletta, lentamente, finchè il bicchiere non si riempì fino a metà.

"Questo è un metodo creato in Francia per bere l'assenzio. Lo zucchero dà equilibrio al sapore."

"Perchè tante complicazioni? Non lo si può bere liscio?" Chiese Bill curioso.

"Potresti. Ma rischieresti la morte. Vedi...l'assenzio, se bevuto in grandi quantità, è letale più di un veleno."

"E tu lo bevi?"

"Mi piace rischiare. E a te?" 

Bill non rispose. Prese il bicchiere e sorseggiò piano l'alcolico. Per poco non lo sputò da quanto era forte, ma non voleva fare una figuraccia davanti all'altro, che se lo gustava senza problemi. 
Quando finì il bicchierino, Bill aveva un ghigno soddisfatto. Ce l'aveva fatta. Gliel'aveva fatta vedere lui, al biondo. A entrambi, i bondi. 

"Tutto bene?" Chiese Absinthe mentre finiva di preparare l'altro bicchiere.

"Benissshimo...State tranquilli, eh?" Si sentiva euforico, meglio delle rare volte in cui beveva Whiskey o Tequila. "Allora queshto spettacolooo?" Chiese tentando invano di alzarsi, ma l'altro lo fermò.

"Tu resta seduto qui, cowboy, che al resto penso io. Prenditi anche il mio bicchiere, se ti va." Ammiccò Absinthe prima di sparire dietro al palco.

"Ah, shì shì, voOOoolentierissimamente."

Pochi minuti dopo, si sentì il suono profondo di un contrabbasso, un ritmo provocante e piccante; il sipario si aprì, rivelando ai lati un uomo di colore che strimpellava il contrabbasso assieme ad altri due con delle trombe. E al centro lui: Absinthe. Beh, in realtà Cocco vedeva molti più Absinthe del revisto, ma questo non gli dispiaceva affatto. La voce, tuttavia, era solo una.

"Never know how much I love you, never know how much I care
When you put your arms around me, I get a fever that's so hard to bear
You give me fever - when you kiss me, fever when you hold me tight
Fever - in the the morning, fever all through the night."

Ogni movimento degli Absinthe che Bill vedeva, era pianificato, mai casuale, dei veri e propri passi di danza. Leggiadri, sensuali...Luke non sapeva ballare così.

"Sun lights up the daytime, moon lights up the night
I light up when you call my name, and you know I'm gonna treat you right
You give me fever - when you kiss me, fever when you hold me tight
Fever - in the the morning, fever all through the night.

Everybody's got the fever, that is something you all know
Fever isn't such a new thing, fever started long ago.
Romeo loved Juliet, Juliet she felt the same
When he put his arms around her, he said "Julie baby you're my flame"
Thou givest fever, when we kisseth, fever with thy flaming youth
Fever - I'm afire, fever yea I burn forsooth."

Absinthe scese dal palco e si avvicinò a Bill.

"Captain Smith and Pocahontas had a very mad affair!
When her Daddy tried to kill him, she said "Daddy-O don't you dare,"
He gives me fever - with his kisses, fever when he holds me tight
Fever - I'm his Missus! Oh daddy won't you treat him right."

All' improvviso, le labbra di Absinthe morderono fugaci il collo di Bill, succhiando vigorose la pelle. Cocco rimase intontito da mille sensazioni: piacere, senso di colpa, eccitazione, follia...ma non si mosse. L'alcol gli era entrato ormai nella testa. Quando dopo pochi istanti il biondo si staccò, lasciò un segno rossastro sul collo del pistolero. Sorrise soddisfatto e tornò sul palco.

"Now you've listened to my story, here's the point I have made:
Chicks were born to give you fever, be it Fahrenheit or Centigrade
They give you fever - when you kiss them, fever if you live and learn
Fever - till you sizzle, what a lovely way to burn.
What a lovely way to burn.
What a lovely way to burn."

Le luci abbagliarono Cocco per un istante, prima che il sipario si chiudesse di nuovo. 

"Bravoh! Magnifi -hic!- cooo!" Bill cominciò ad applaudire e fischiare rumorosamente. 

Absinthe lo accompagnò fuori. Ormai era mezzanotte passata e il pistolero non si era ancora ripreso dalla sbronza. Meglio per lui.

"Ce la fai a raggiungere la stalla?"

"Ma ceEEEerto! Non ti preoccu-hic!-pare!"

"Okay allora...notte notte." Disse Absinthe scoccandogli un bacio prima di tornare dentro al locale.

Bill barcollò per le strade della città fino ad arrivare alla stalla, dove un seccato Trottalemme lo attendeva.

"E meno male che saresti rimasto solo per breve tempo, e...sei ubriaco??"

"I cavalli non-hic!- non parlano! Quindi sssshhh!" Lo zittì Cocco tentando di montare in sella. Invece mancò del tutto il cavallo e cadde nella paglia. Nonostante la caduta, Bill si sentiva troppo comodo in mezzo alla paglia, nel calore della stalla e crollò secco dal sonno.

Trottalemme scosse solo la testa "Tutto ciò è davvero imbarazzante..." e decise di addormentarsi anche lui, vista la situazione.

"Fever" cantata da Michael Bublè la potete trovare qui: https://youtu.be/x6Fx4tkMpeo



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Capitolo 9
*** Tensioni ***



La luce dell'alba lentamente invase ogni strada, campo o prato della zona, spingendo con insistenza le persone a destarsi.

Luke si ritrovò inondato da una calda luce dorata e aprì gli occhi: l'alba era in assoluto il suo momento preferito, poichè infondeva coraggio e speranza ad andare avanti nella vita di tutti i giorni, nell'inferno quotidiano. 

Sapeva, fin da piccolo, che il mondo era freddo e crudele. A volte nemmeno il sole riusciva a scaldare una persona gelida, o a calmare e consolare le anime di coloro che questo gelo lo subivano. E tuttavia...il sole sorgeva tutti i giorni, pronto a fare il suo dovere. E Luke, nel profondo, è così che si sentiva. Giorno dopo giorno, anno dopo anno, lui aveva fatto il suo dovere, dunque perchè adesso se ne stava rintanato tra le lenzuola come un moribondo? Era ora di finirla.

Si alzò di slancio, ignorando il giramento di testa e si lavò e vestì in un lampo.
C'era così tanto da fare: lavare i piatti, spazzare il pavimento, lavare la biancheria, tagliare la legna...Non gliene fregava nulla se alcuni pensavano che fosse un lavoro da donnicciole. Bill lo aveva tagliato fuori dalle indagini, ma poteva ancora rendersi utile, e fare il suo dovere. Bill non era ancora rientrato, probabilmente con tutte quelle indagini e interrogatori si era stancato talmente tanto da restare in città a riposare. Ad ogni modo, lui sapeva cavarsela perfettamente da solo, non c'era motivo di preoccuparsi.

"Al lavoro." Disse tra sè e sè tirandosi su le maniche.

Il lavoro lo affaticò molto più del solito, ma ce l'aveva fatta. La capanna non era mai stata più splendente e Luke si sentì orgoglioso del suo operato. Uscì fuori, sotto il caldo sole delle nove e si avviò da Jolly Jumper, nella stalla.

"Ciao vecchio mio, ti sono mancato?" Il cowboy sorrise e accarezzò il muso del cavallo.

"Direi di sì, cowboy: che cos'è un cavallo senza il suo cavaliere, in fondo?"

Si tennero compagnia l'un l'altro per almeno un'ora, Luke che lo strigliava con cura e Jolly che mangiava di gusto le sue carote. Uscirono anche nel vasto prato di fronte alla capanna, per sgranchirsi gambe e zoccoli; era da parecchio che non passavano del tempo insieme. Certo, Luke si sentiva ancora debole e aveva l'asma dopo nemmeno pochi passi, ma restare a letto non era servito a nulla: quindi tanto valeva passare una bella mattinata all'aria aperta.

Dopo un po' di tempo, Luke vide un uomo avvicinarsi al punto in cui lui e Jolly stavano. Immediatamente pensò che fosse Bill, ma no...era il postino.

Un signore smilzo dai baffi e i capelli rossicci arrivò davanti a Luke e gli pose una lettera. Dopodiché salutò e tornò indietro. Luke aprì la busta: chi diavolo poteva scrivergli una lettera? Non un penitenziario o l'ennesimo senatore in difficoltà, di solito usavano dei telegrammi urgenti.

Quando lesse il mittente si ricordò del medico che l'aveva curato a Cactus Gulch, dov'era svenuto. Immediatamente si mise a leggere.

"Egregio signor Lucky Luke,

Sono desolato di doverle dare una brutta notizia.
Si ricorderà di certo del malore che ha subito qui a Cactus Gulch, e dei prelievi di sangue e urina che lei mi diede il permesso di fare.
Ebbene, i suoi esami sono regolari. Nessuna anomalia di alcun genere. Mi sono persino preso la libertà di confrontarmi con alcuni miei illustri colleghi dell'università di Boston e Santa Fe. E tuttavia nemmeno loro riescono a comprendere quale sia il problema che l'affligge. Suppongo che abbia ancora le vertigini, il senso di spossatezza, l'asma e la nausea.

Se è così, la situazione potrebbe essere drammatica: una malattia sconosciuta, che nel tempo potrebbe portarla al decesso, qualcosa di mai visto da nessun uomo della nostra epoca. Non sappiamo se questo fenomeno possa addirittura essere contagioso per altri esseri umani, ma ne dubito poichè nè io nè la mia assistente abbiamo i suoi stessi sintomi. L'unica cosa che posso consigliarle è di raggiungere l'ospedale di New York il prima possibile e mostrare loro questa lettera; lì vi sono medici molto esperti, con macchinari e strumenti ben più avanzati di qualunque altra città nel nostro Paese. Prego Iddio che la possano aiutare.

Cordialmente,

il Dottor Abel E. Jenkins"


La lettera cadde dalle mani di Luke, e un senso di disperazione macchiò il suo cuore. Come poteva essere...no. No, no, no! 

"IO NON STO MORENDO! STO BENISSIMO!" Urlò gettando a terra il cappello.

Jolly sobbalzò alla reazione improvvisa del suo cowboy: Luke non alzava mai la voce in questo modo.

"Aspetta cowboy, che ti prende? Cosa vuol dire che non stai morendo? Certo che non stai morendo!"

"La lettera, Jolly! Me l'ha mandata il medico di Cactus Gulch! Dice che nessuno sa cos'è questa, questa...cosa che mi affligge!"

"Non è una novità che un medico del West non sappia nulla della sua stessa profesione."

"No, no Jolly, questo è diverso! Ha chiesto ad altri medici e ha detto che nemmeno loro sanno niente. Qui c'è scritto che devo andare a New York...e se..se fosse davvero una malattia nuova?"

Le sue gambe sembrarono fatte di gelatina, tutto a un tratto e dovette cercare il sostegno del suo cavallo.

"Calmati, cowboy. Sono certo che non sia nulla di grave. I dottori esagerano sempre. E poi basterà andare a New York e risolvere una volta per tutte la questione."

"Ma Bill...il caso degli omicidi...non posso andarmene da solo..."

"Cocco Bill lascerebbe il pianeta per seguirti. Ne sono certo. E ad ogni modo, tu non saresti da solo, cowboy. Ci sono io con te." Jolly affettuosamente strofinò il muso contro la testa di Luke. Il suo cowboy non aveva più voglia di parlare. 


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Cocco Bill si risvegliò attorno a mezzogiorno, con la bava alla bocca e fili di fieno nei capelli e nei vestiti. L'odore acre della stalla quasi lo uccise e a tentoni si alzò in piedi. La testa gli faceva male come non mai.

"Ma...che ore sono?...Trottalemme? Trottalemme, dove sei?..."

"Sono qui, capo."

"Perchè non sono a casa?"

"Perchè ti sei sbronzato e sei collassato nella paglia."

"Ah. Ehi, aspetta C O S A?!" Bill si fiondò fuori. Il sole era già alto e nelle strade non c'era quasi nessuno.

"Mapporc...Svelto! Dobbiamo tornare alla capanna!"

Balzò lesto sul cavallo e galoppò fuori dalla città.

Nella sua mentei ricordi di ieri notte turbinavano incessanti: L'assenzio, la canzone, John...poi nient'altro. Dev'essere uscito ubriaco dal locale e crollato nella stalla. 

"Odio l'alcol!" Grugnò a denti stretti. Non sarebbe MAI più entrato in quel locale. Mai più.
Oddio Luke l'avrebbe ammazzato...tanto valeva fermarsi dal becchino per dargli le misure.

"Mondopistolaecannone, mondopistolaecannone, mondopistolaecannone..."

Il mantra continuò fino a che non raggiunse la benedetta capanna vicino al lago.
Saltò giù da Trottalemme  e corse a perdifiato dentro casa.

"Luke! Luke mi dispiace! Non volevo! Io..."

"Bill? BILL! Oddio, ma che ti è successo? Cominciavo a preoccuparmi, sei...pieno di paglia e puzzi da morire."

"Anche io sono contento di rivederti..." Disse Cocco incrociando le braccia.

"Scusami, hai ragione...è che...ho alcune cose da dirti. Ma prima vai a farti un bagno, mh?"

"Ma l'ho già fatto il mese scorso, eddai!"

Luke rise "Vado a prepararti l'acqua."


Dopo un mezz'ora Bill si immerse nell'acqua calda pulita e si sentì rinato. Luke gli stava sfregando la schiena con una spazzola piena di sapone.

"Allora...cos'è che dovevi dirmi?"

"Ho...ricevuto una lettera dal medico di Cactus Gulch oggi. Dice che...che non ha idea di cosa mi stia succedendo."
 Bill si voltò subito, facendo fuoriuscire un po' d'acqua.

"Mi stai dicendo che è grave?"

"Lui non lo sa. Nè i suoi illustri colleghi. Dice che gli esami sono normali, ma...potrebbe essere una nuova malattia."

Ci fu silenzio per un istante.

"Che pensi di fare adesso?"

"Mi ha consigliato di andare a New York e farmi visitare là."

"Beh, che stiamo aspettando? Prendiamo e andiamo." Cocco si tirò su e uscì fuori dalla vasca.

Luke lo fissò. "Ma scusa, e il caso? E gli omicidi?"

"Al diavolo. Che se la sbrighino loro."

"Bill, ma che diamine dici?! Altre persone innocenti verranno uccise se non fermiamo questo pazzo!"

"Ma che cavolo ce l'hanno a fare uno sceriffo, scusa? E poi la tua salute è più importante." Disse il pistolero asciugandosi.

"Io NON sono più importante di queste persone."

"Lo sei per me. Facciamo i bagagli e andiamocene." Disse infilandosi le mutande. Luke si fece serio in volto.

"No."

"Come?..."

"Ho detto no, Bill. Non posso permettere che avvengano altre morti."

"Senti, abbiamo cercato ovunque, nessuna traccia, nessuna testimonianza, nulla. E se permetti io preferisco assicurarmi che il mio partner non tiri le cuoia per un malanno sconosciuto!"

"Sei il solito esagerato, io mi sento bene."

"Certo, lo vedo dalle tue occhiaie e dal tuo sanissimo pallore da fantasma!"

"Smettila! Io non ti ho fatto la predica quando ti sei fatto vivo dopo ore!"

"Qui non stiamo parlando di me! Ma di TE!"

Luke stava per ribattere, quando notò qualcosa sul collo di Cocco Bill. 

"Che cos'è quello?"

"Cosa?"

"Quella macchia sul collo." Luke si avvicinò per vedere meglio. Un segno rotondo, rossastro e con un lieve segno di denti. Gli occhi di Luke si sgranarono, scioccati. 

"Tu...lurido, schifoso playboy da strapazzo!" Il cowboy gli diede uno spintone tale da far cadere Bill all'indietro, il quale era talmente sconvolto che non riuscì a parlare quando Luke filò furioso fuori dal bagno. Si lanciò verso il piccolo specchio e vide la stessa cosa.

"Merda!" Corse fuori dal bagno e in mutande. Come diavolo se l'era fatto quel succhiotto? Non riusciva a ricordare. Probabilmente Absinthe, ma lui non gli aveva di certo dato il permesso!

"Aspetta! Posso spiegare!"

"Spiegare cosa?! Che eri in giro a folleggiare anzichè cercare indizi?? Che tornavi tardi tutte le sere perchè ti vedevi con qualcun altro??"

"Non è così, ascolta..."

"Quindi è per questo che mi hai lasciato fuori dalle indagini, per divertirti indisturbato!"

"No, Luke, ti prego, stammi a sentire..."

"Tu puoi fare tutto quello che ti pare e piace, Cocco Bill. Ma questi giochetti da quattro soldi con me NON li devi fare!" Luke aveva gli occhi lucidi, ma erano lacrime di rabbia le sue.

Cocco non sapeva cosa dire.

"Luke io non so cosa sia successo ieri notte...ero andato in un locale per cercare prove, ho assaggiato questa cosa chiamata assenzio e...e poi non ricordo più niente."

"Ti sei pure ubriacato, grandioso." Disse Luke sarcastico, mentre scendeva le scale.

"Non era mia intenzione! Non avevo la minima idea di quanto fosse forte quella roba! Senti, qualche scemo si deve essere divertito a farmi uno scherzo, io non potrei mai tradirti!"

Luke si voltò e guardò l'altro negli occhi.

"Non ne sono più sicuro ormai." 

Aprì la porta e la sbattè alle sue spalle.

Bill rimase mezzo nudo, sulle scale, con un peso nel cuore e il vuoto nella mente.



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