7 ways to love - Rumbelle week

di Chrystal_93
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Doccia - Una cascata d'amore ***
Capitolo 2: *** Alcohol - Gold drink ***
Capitolo 3: *** Voce - La magia delle piccole cose ***
Capitolo 4: *** Bambini/figli - Una bella giornata ***
Capitolo 5: *** Lenzuola - Sick ***
Capitolo 6: *** Modi impliciti di dire ti amo - Ways to love ***
Capitolo 7: *** Gelosia - Ciò che gli occhi non vedono ***



Capitolo 1
*** Doccia - Una cascata d'amore ***


7 ways to love 
Rumbelle Week

 
Autore: Chrystal_93
Titolo: Una cascata d'amore
Prompt: Doccia
Rating: Verde. Giallo verso la fine
Pairing: RumplestiltskinxBelle, GoldxBelle
Note: partecipa alla Rumbelle Week



Una cascata d'amore


RumplestiltskinxBelle

“Allora, dearie, non dovrei metterci molto.” Rumplestiltskin si era avvicinato a lei.

Dopo un lungo viaggio in carrozza si erano fermati in mezzo a un bosco ed erano scesi nei pressi di una casetta molto strana, e soprattutto molto sinistra.

Belle annuì, prendendosi le mani in grembo. Dalla casa uscì un uomo molto grasso, con la barba mal fatta e vestito con stracci sporchi.

La ragazza lo guardò, e un brivido le serpeggiò lungo la schiena.

Rumplestiltskin lo notò e si girò. L'uomo si era fermato e stava osservando la ragazza, toccandosi i luridi baffi.

“E' meglio se mi aspetti qui.” Belle però si morse il labbro.

“Non potrei venire con voi?”

Il folletto intercettò lo sguardo malizioso che l'uomo le stava rivolgendo e, spazientito, aggiunse: “No, stai ferma in carrozza. Farò ritorno presto.”

Detto questo, le mise una mano sulla schiena, e, dolcemente, la condusse verso la carrozza. La aiutò con una mano a salire.

“E non mi disobbedire, dearie.” Poi, smettendo di ghignare, si voltò verso l'uomo che continuava a mangiare con gli occhi Belle. “Questa foresta è già piena di lumache. Non vorrei doverne aggiungere una.”

Belle sussultò. Non capiva se si riferisse a lei o a qualcun altro. Tuttavia non poté dire niente per dissolvere i suoi dubbi, dal momento che il folletto si era già allontanato, dirigendosi verso la casa.

Sporgendosi un po' dalla carrozza, vide che quello strano uomo si era fatto più indietro al passaggio di Rumplestiltskin e, con un inchino molto viscido, l'aveva condotto all'interno della casa, precedendolo.

I minuti passarono, e Belle aveva ormai memorizzato ogni singolo particolare di vegetazione che poteva osservare dalla carrozza.

Guardò verso la casetta e, a parte del fumo che usciva dal camino, non sembrava esserci nessun altro intorno.

Così decise di scendere. Senza Rumple a tenerle la mano era più difficile, ma con un balzo non troppo agile riuscì a poggiare i piedi a terra.

Inspirò a fondo l'odore della natura. Sembrò rinvigorirla. Fece alcuni passi e si trovò ben presto a molti metri di distanza dalla carrozza, intenta ad osservare alcune singolari erbe selvatiche dal profumo invitante e indescrivibile.

Continuò a gironzolare, catturata dai disegni delle cortecce, dalle mille sfumature di marrone e verde che popolavano la foresta.

Si stava chinando ad annusare un fiore giallo, quando sentì il rumore di rami spezzati farsi sempre più vicino.

Si voltò di scatto e la bocca le si spalancò automaticamente. L'uomo grasso, che aveva intravisto alle spalle di Rumple tempo prima, si stava avvicinando.

“Oh no...” mormorò. Cercò con gli occhi la carrozza ma, a quella distanza, faceva fatica a vederne persino il profilo di legno scuro. Si era allontanata troppo, e raggiungerla avrebbe voluto dire andare incontro all'uomo, cosa che il suo istinto le urlava imperiosamente di non fare.

Si guardò intorno e decise che, se voleva mettersi al sicuro, doveva per forza andare avanti e magari trovari un'altra strada per aggirare l'uomo.

Prese la gonna con le mani, la tirò su e cominciò a camminare velocemente. Più andava avanti e più notava che l'uomo la seguiva, aumentando il passo. Si mise a correre, zigzagando tra gli alberi. A un certo punto svoltò a sinistra, abbandonando il sentiero, e attraversò cespugli e fitti grovigli di rami. Si sentiva lacerare le guance e sapeva che, probabilmente, il suo vestito non solo era tutto sporco di fango ma era anche tutto lacerato.

Nonostante queste difficoltà corse ancora di più; le sembrava di sentire il respiro caldo e fetido dell'uomo sul collo.

All'improvviso, davanti ai suoi occhi, si aprì uno squarcio. Una cascata scendeva da altissime pareti rocciose, riversandosi su un torrente vivace che rumoreggiava.

Si voltò, sapendo che preso l'uomo l'avrebbe raggiunta e... nemmeno voleva immaginarlo.

Corse verso la cascata, chiedendosi se avrebbe potuto attraversare il torrente. Con la sua fortuna e la sua agilità però sapeva che avrebbe solo peggiorato le cose.

Dietro le spalle sentì forti rumori e, senza pensarci troppo, si tuffò sotto la cascata, cercando di aderire alla roccia il più possibile.

Rimase in quella piccola nicchia sicura, coi pugni stretti, pronta a lottare.

Lo sguardo di quell'uomo su di sé le faceva gelare il sangue. Era peggiore di quello dei tanti principi che erano accorsi a corte, quando ancora era la principessa di Avonlea, per corteggiarla e ottenere la sua mano. Ricordava ancora il loro modo di squadrarla, di toccarsi il mento, quasi fosse della carne da macello da acquistare la mercato.

Nonostante il forte rumore della cascata riusciva a sentire che ormai l'uomo era uscito dalla vegetazione fitta. Presto l'avrebbe trovata.

Chiuse gli occhi e contò mentalmente. Sarebbe stata in grado di difendersi da un uomo che era sicuramente il doppio di lei?

Si maledì mentalmente per aver dato più tempo ai libri che alle lezioni di spada che il comandante di suo padre le aveva offerto in segreto.

Ecco, era a pochi passi da lei, presto avrebbe visto l'oro attraverso l'acqua limpida e tumultuosa che scendeva a terra.

“Belle!”

Come faceva quell'uomo a sapere il suo nome? Il suo nome rieccheggiò di nuovo. Conosceva quella voce, eccome se la conosceva!

“Rumple?” chiese, sporgendosi dalla nicchia per vedere.

Rumplestiltskin era a pochi passi da lei, lo sguardo preoccupato e le mani un po' tremanti, protese verso di lei.

“Belle!” Spalancò gli occhi quando la vide, ma non fece in tempo a raggiungerla che la giovane era scivolata sulla roccia ed era finita sotto la cascata.

Prima che potesse venir trasportata via dalla corrente il folletto si era precipitato verso di lei ed, entrato nel torrente, l'aveva presa per la vita, facendola uscire dall'acqua.

Belle si aggrappò all'uomo, sputacchiando acqua. Rumple tentò di sorreggerla ma fu travolto da lei, dopo aver inciampato su un ramo.

Finirono tutti e due a gambe all'aria, per terra. “Io... io...”

“Ma non ti avevo detto di rimanere in carrozza?” esclamò lui, steso sotto di lei.

Belle notò che era completamente addosso al folletto e che i loro corpi erano appiccicati. Arrossì e si alzò a fatica.

Rumple fu in piedi in un attimo.

“Lui... ho visto l'uomo inseguirmi e...”

“Se fossi rimasta seduta nella carrozza non avrebbe potuto mai avvicinarsi. Ma devi sempre fare di testa tua, dearie.” Si tolse la terra dai pantaloni con un solo gesto.

Belle abbassò lo sguardo, dispiaciuta.

“Perdonatemi. Vi ho fatto bagnare tutti i vestiti.”

“Non importa, sono solo vestiti.” disse lui, osservandola. Sembrava davvero dispiaciuta. “I tuoi piuttosto, sono messi molto male.” Era verso, il vestito oro della giovane era tutto bagnato, strappato e sporco di fango.

“Oh...” fece lei, guardandosi. Era completamente zuppa e, anche se non si poteva osservare, era sicura di avere un aspetto orribile.

Tremò involontariamente, non sapendo se era più per il freddo o per la paura di una punizione.

“Andiamo” disse lui avvicinandosi a lei e, toccandola con una mano. Con il consueto gesto, fece avvolgere tutti e due da una nube blu scura e di colpo riapparvero di fronte alla carrozza.

L'aiutò a salire e, accomodandosi, agitando le dita, fece partire la carrozza.

“Mi dispiace. Non volevo disobbedirvi.” disse lei, tra un tremito e l'altro.

“Non è vero, dearie.” ghignò. “Sapeva che la natura ti piaceva ma non tanto da attraversare una cascata.”

Belle si strinse, imbarazzata.

“Volete... punirmi?” chiese, alzando gli occhi.

Rumple però non sembrava per niente in collera.

“E perchè mai?”

Belle si morse il labbro. Lui sorrise, lievemente, e scosse le testa. Agitò la mano e Belle, dopo pochi attimi, si trovò addosso un vestito blu, più semplice ma meno d'impaccio.

“Così dovresti essere più comoda. E meno bagnata.”

Belle si toccò il vestito, accarezzando la morbida stoffa. “E' molto bello, grazie.”

Rumple alzò le spalle, noncurante. Belle si chiese il perchè della scelta di quel colore, ma non volle chiedergli niente, per non farlo arrabbiare.

“Hai ancora freddo.” disse lui, senza staccarle mai gli occhi di dosso. “Tieni.” le disse porgendogli il proprio mantello.

“Ma voi... anche voi siete bagnato. Non avrete freddo?”

“Ho una pelle molto dura.” disse lui.

“Vi ringrazio.” disse lei, avvolgendosi addosso il mantello. Uno strano calore la avvolse, un tepore molto più forte di quello che un mantello del genere avrebbe potuto darle.

Si sentì invadere da un'onda di calore, quasi una cascata di emozioni che non aveva mai provato prima.

Poco prima di arrivare al castello Belle decise di spezzare il silenzio.

“Se mi avete dato il vostro mantello, devo supporre che non mi trasformerete in una lumaca.”

Rumple ghignò. “Sei già abbastanza lenta come cameriera.”

Belle rise. “Meglio così.” aggiunse e tornò a crogiolarsi nel calore del mantello.

Quando l'oscuritò stava scendendo, avvolgendo ogni cosa, arrivarono al castello.

Il folletto scese per primo e l'aiutò, prendendola però per ii fianchi.

“Non vorrei che tu ripetessi l'esperienza della cascata.” disse, lasciandola subito.

Belle sorrise e lo seguì all'interno del castello.

“Vi preparo...”
Rumplestiltskin però non la lasciò finire. “Un bagno caldo, no. Oggi ho già dato.” Ghignò lui.

Belle alzò gli occhi al cielo. “Intendevo una minestra calda. Mi avete dato il mantello e non vorrei che domani vi ammalaste.”

Lui la guardò di traverso. Poi si ricompose e le disse: “Come ti ho già detto, dearie, ho la pelle molto dura.” Si voltò e la congedò. “E' meglio invece che tu vada subito a riposarti. Non saprei che farmene di una cameriera malata.” lo disse un po' troppo bruscamente. Infatti Belle abbassò la testa e, mormorando un saluto, si allontanò nelle segrete.

Il folletto si mise a filare, ma non riuscì a concludere molto visto che un pensiero continuava a tormentarlo.

Aveva visto i brividi sulla pelle d'avorio della giovane e, dal tono di voce, era sicuro che avesse preso freddo.

Strinse la ruota tra le mani, Avrebbe voluto strozzare quell'uomo; se non fosse stato per lui Belle ora non rischierebbe una polmonite. E poi, il modo in cui l'aveva guardata, gli faceva venir voglia di stappargli gli occhi dalle orbite. Si rilassò, pensando che Belle aveva creduto che lui volesse trasformare lei -e non quel viscido essere- in una lumaca.

Si alzò, fece apparire con un gesto del tè caldo, e, reggendo il vassoio, si incamminò verso la stanza della ragazza.

Bussò ma nessuno rispose.

Aprì piano la pesante porta di legno e vide la giovane stesa a terra, avvinghiata al suo mantello.

Si accucciò e posò il vassoio a terra. La guardò e non poté trattenersi dal far scorrere le sue dita sulla guancia di lei.

Questa volta fu lui a sentire un brivido. La potenza con cui gli attraversò il corpo era infinitamente più forte della potenza della cascata che li aveva fatti cadere in acqua alcune ore prima.

“Rumple?” disse lei, con la voce impastata dal sonno.

“Si” disse soltanto lui, portando indietro la mano. I polpastrelli, che l'avevano sfiorata, ora scottavano.

Belle si girò verso di lui. “Avete bisogno di me? Siete venuto a riprendervi il mantello?”

Rumple sorrise. “No, lo puoi tenere. Ero venuto a vedere come stavi, e a portarti del tè caldo.”

Belle si mise a sedere, mentre lui versava del tè in una tazzina.

“Ecco bevi, ti sentirai meglio.” Belle obbedì, senza fiatare.

“Grazie.” disse. “Voi non ne volete?” Il folletto fu colta alla sprovvista. Era ipnotizzato dai limpidi occhi azzurri della ragazza, che sembravano brillare e illuminare anche quell'umida cella.

“Si.” disse e si servì.

Belle finì di bere e, mettendo giù la tazzina, Rumple poté osservare che la ragazza tremava ancora.

“Ma tu tremi ancora.” disse, preoccupato.

Belle sorrise. “Si, ma mi passerà, vedrete.”

Rumple scosse la testa. “Vieni.” disse, porgendole la mano per alzarsi.

Lei l'afferrò subito. “Dove andiamo?”

“Questa stanza non va bene per te.” Poi, arrivando davanti a una porta, la aprì battendo le mani.

“Puoi rimanere nella mia stanza, per questa sera.” la lasciò sulla soglia e, con un gesto, accese il fuoco nel caminetto. “Così non rischierai di prendere ancora freddo.”

Belle si avvicinò al folletto. “E voi dove dormirete?”

“Io non dormo mai, dearie.” disse, ghignando.

“E' vero. Voi filate la notte.” anche Belle stava sorridendo. “Mi dispiace solo darvi tutto questo disturbo.”

Rumple scostò alcune coperte e le fece segno di andare subito a letto.

“Me ne hai dati di peggiori.” disse, guardandola mentre di infilava a letto, tenendo stretto il suo mantello.

Gli fece una strana sensazione vedere che la ragazza teneva qualcosa di suo, a letto, accanto a lei.

Una sensazione molto piacevole e molto sorprendente.

“Se domani non starai bene potrai rimanere a letto. Ma non ti ci abituare, dearie.” disse, dirigendosi verso la porta.

“Rumple?” lo chiamò lei, prima che il folletto potesse andarsene.

Lui si girò. La vide stringere le coperte pesanti. “Grazie. E mi dispiace davvero per avervi fatto perdere tempo. Non avrei dovuto allontanarmi così. E quando ormai me ne sono accorta, quell'uomo mi stava seguendo. Forse ho solo immaginato che volesse farmi del male e vi ho dato tanti pensieri. Spero di non avervi rovinato gli affari.”

Rumple si aggrappò alla porta di legno, stringendola. Non era lei che doveva chiedere scusa. E se non fosse stato preoccupato della sua salute, di sicuro avrebbe fatto tacere quel grassone per il resto della sua vita.

“Perdonatemi.” disse solo Belle, abbassando gli occhi.

Rumple non riflettè e, avvicinatosi a lei, le fu accanto. Allungò la mano per toccarla, ma rimase a mezz'aria.

Poi la ritirò, riluttante. “Non avrei mai permesso che ti toccasse, Belle. Nemmeno con un dito.” La mano cadde sulla coperte, le stesse coperte che avevano l'onore di avvolgerla e sfiorarle la pelle perfetta.

Belle lo guardò, sorpresa, con le labbra un po' schiuse.

Il cuore cominciò a battergli a mille e, senza dire un'altra parola, il folletto si allontanò. Nelle orecchie le rimbombava ancora lo scroscio della cascata e la pelle non sembrava più così fredda e squamosa, al ricordo del contatto con Belle.

 


GoldxBelle

Gold era in salotto, seduto su un divano, intendo ad esaminare alcune carte. Stava aspettando Belle da più di mezz'ora ormai. Alzò la testa, stranito. L'acqua della doccia continuava a scorrere da ormai molto tempo e la cosa era strana.

Si alzò e salì le scale, preoccupato che Belle potesse aver avuto qualche problema. Erano ormai alcuni giorni che viveva con lui, eppure era ancora spaventata (in realtà incuriosita) da tutta quella tecnologia.

Quando finalmente fu davanti alla porta del bagno, vide fuoriscire da sotto la porta, del vapore.

Bussò. “Belle, va tutto bene?” Belle però non rispose.

Gold strinse il bastone. La preoccupazione lo stava catturando sempre più.

“Belle? Belle, sto entrando.”

Aprì la porta, piano.

Il vapore invadeva tutta la stanza. Gold cercò di avanzare, anche se non scorgeva niente.

Di colpo però andò a sbattere contro qualcosa e, dopo un urlo, si ritrovò per terra.

“Belle! Sono io!” urlò lui.

La doccia era ancora accesa e l'acqua li stava inzuppando.

“Rumple...” mormorò lei. “Ahia! È gelida” Bella era nuda, per terra, di fronte a lui, che si contorceva dal dolore che l'acqua fredda le stava procurando.

Gold si alzò in un battibaleno ed, entrando tutto vestito nella doccia, la spense, non prima di inzupparsi tutto.

Poi si voltò verso la ragazza, ancora a terra, con le ginocchia strette al petto.

Si fermò per un attimo a fissarla. Spalancò gli occhi dalla sorpresa. Era davvero nuda.

Scosse la testa e cercò in giro un'asciugamani, ma vide che anche quello era zuppo d'acqua.

“Tieni” le disse, prendendo il proprio accappatoio da un fermaglio appeso al muro. Almeno quello si era salvato dalla furia della doccia impazzita.

Belle era tutta rossa in volto, e, tremante, lo prese, coprendosi.

Quando capì come si metteva, Gold si girò e l'aiutò ad alzarsi.

“Scusami.” disse lei. “Ma non ho ancora capito come funzionano queste cose.”

Gold sorrise, senza guardarla negli occhi.

“Mi ero preoccupato, non sentendo più scendere.”

“Si, sono rimasta un po' ad osservarlo, cercando di capire come questa... cascata funzionasse. Non riuscivo a far venire l'acqua della giusta temperatura.”

“Domani farò controllare la pressione da un idraulico.” mormorò Gold, ancora -piacevolmente- imbarazzato.

“No, non serve. Penso di essere io il problema.” Gold finalmente la guardò.

“Ma tu sei tutto bagnato, Rumple.”

Lui si guardò, vedendo la propria immagine allo specchio. Era vero, era proprio zuppo. “Forse servirebbe più a te l'accappatoio.”

“No” disse lui, in fretta. “Avrai già preso molto freddo.”

“In effetti...” mormorò lei.

Lui le si avvicinò e, sorridendo, le mise una mano sul braccio, facendo su e giù per scaldarla.

“Giù c'è del tè caldo per scaldarti, se vuoi.”

Belle sorrise, conservando ancora un po' del rossore che le tingeva le gote. “Grazie.”

Lui la lasciò e si allontanò verso la porta.

“Rumple?” lo chiamò lei.

Lui si girò. La sua Belle era in piedi, avvolta nel suo accappatoio blu scuro, e sembrava combattuta.

“Tutto bene? Hai freddo?” chiese lui, facendo un passo avanti.

“Si, ho freddo, ma va tutto bene. È solo che... mi dispiace.” disse guardando in basso. Il pavimento era semi allagato e molti asciugami erano sparsi qua e là.

Gold si mise a ridere.

Belle sembrò sorpresa. “Non sei arrabbiato?”

Gold la raggiunge e l'abbracciò. “Ma no, tesoro. L'importante è che tu stia bene e che non prenda freddo.” Si staccò da lei, sorridendole. “E poi, amore mio, tu e le cascate -vere o finte che siano- non siete mai andate troppo d'accordo.”

A quel punto anche Belle rise, ricordando l'episodio della cascata avvenuto molti anni prima, in un altro mondo.

Gli cinse le spalle con le braccia e, alzandosi sulle punte, lo baciò.

Gold si abbandonò al bacio che, da lieve, si fece sempre più profondo. Mentre le loro labbra continuavano ad esplorarsi, l'uomo sentì le mani della ragazza sbottonargli la camicia.

“Che fai?” le sussurrò sulle labbra.

Sentì Belle sorridere, ancora immersa nel loro bacio. Gli tolse presto la cravatta e la camicia e le buttò per terra. Passò ai pantaloni, facendo scivolare le mani sull'addome dell'uomo.

“Visto che sei bagnato.” mormorò lei. “E poi non sono riuscita a fare la doccia. Non ci capisco niente di quella...cascata tecnlogica.” disse sorridendo maliziosamente. “Magari tu potresti mostrarmi come si fa.”

Gold si staccò da lei sorpreso, osservandolo per bene negli occhi.

Belle sembrava ancora imbarazzata ma c'era qualcos'altro nei suoi occhi. Una vena di amore e di desiderio.

Vedendo il dubbio sugli occhi dell'uomo, sorrise. Il suo Rumple era sempre un gentiluomo, non importava in che mondo fossero, quali vestiti indossassero o quanti guai lei combinasse.

“Prometto che stavolta non ti cadrò addosso.” disse, facendo scorrere le dita tra i capelli castani dell'uomo.

Gold sorrise e, libearatosi dei pantaloni e degli altri indumenti che gli rimanevano addosso, le sciolse il nodo dell'accappattoio. La prese per i fianchi e disse: “Non corriamo rischi, però, questa volta.” Sorrise e, sollevandola, la prese in braccio.

La baciò e, senza nemmeno guardare, tornò con lei in braccio dentro la doccia.

L'acqua avrebbe potuto anche essere gelida come quella della cascata del mondo delle favole ma nessuno dei due, stretti com'erano nel loro amore, se ne sarebbe accorto.

 




Note dell'Autrice
Che bellissima iniziativa, questa della Rumbelle Week! Quando l'ho vista quasi non credevo di poter parteciparvi. Non solo avrei potuto scrivere su di loro ma avrei anche potuto leggere un sacco di roba sui Rumbelle! E visto che la quarta stagione, finchè non mi rimetto in pari e nonostante tutti gli spoiler che riesco a spararmi, mi è preclusa, devo darmi qualche zuccherino come questo. Come molti altri che stanno scrivendo per questo evento, sono stata anche io assorbita nel preparare le varie storie per i vari prompt. Ecco dunque spiegata la mia assenza in questo fandom.
Allora spero vi piaccia Ho voluto, come vedrete anche nei capitoli successivi, dare spazio sia al mondo delle favole che a Storybrooke per poter soddisfare tutti i gusti, cercando di migliorare la mia grammatica e soprattutto tenere i caratteri coerenti con quelli della seria. Ditemi pure se ci sono riuscita o se ho fatto un grandissimo buco nell'acqua.
Mi rendo conto sia un po' lunga, ma non mi sono potuta trattenere. Che altro dire? Se avrete la pazienza di seguirmi riuscirò a infilare qua e là non solo del fluff ma anche dell'angst.  Ok, sto scadendo nel banale. Un grazie grandissimo al Rumbelle Remilie che hanno indotto questa settimana favolosa. E un grazie a tutti voi che siete arrivati fin qua a leggere e che magari avete lasciate un commento.
Alla prossima cascata... d'alcool.

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Capitolo 2
*** Alcohol - Gold drink ***


7 ways to love 
Rumbelle Week

 
Autore: Chrystal_93
Titolo: Gold drink
Prompt: Alcohol
Rating: Verde. 
Pairing: RumplestiltskinxBelle, GoldxBelle, GoldxLacey
Avvertimenti: l'ultima parte, la Goldcey, è angst a differenza delle altre due decisamente fluff.
Note: partecipa alla Rumbelle Week



Gold drink

 

Castello del Signore Oscuro

Belle stava lucidando dell'argenteria nel grande salone del castello quando, di colpo, il grande portone si aprì e Rumplestiltskin entrò.

Si tolse il mantello e lo appoggiò ad una sedia, poi agitò una mano e fece apparire una grande botte di legno.

Belle si avvicinò, con ancora in mano lo straccio.

Lui si sfregò le mani. “La cena?”

“Sarà pronta tra mezz'ora” disse lei, distratta dai nuovi oggetti.

Lui vide la curiosità della ragazza e, ghignando, le disse: “Non ti entusiasmare troppo dearie, è solo una bevanda

“Una bevanda?”

“Un pagamento. Il prezzo di un patto. E ora, va a controllare che la cena non si bruci.” disse in un tono molto acido.

Dopo mezz'ora la cena fu pronta e i due mangiarono in silenzio, ai due poli apposti del lungo tavolo di legno.

Alla fine della cena, Belle si alzò per portare via i piatti in cucina. Quando tornò, trovò Rumplestiltskin che stava armeggiando con la botte. Ne estrasse alcune gocce giallo oro e le mise in una boccetta.

Si avvicinò, affascinata dal colore insolito della bevanda.
“Che cos'è?”

“Una bevanda molto, molto antica. Portami un bicchiere.” disse lui, osservando in controluce la boccetta.

Belle ritornò in fretta con ciò che le aveva chiesto. Riempì il bicchiere del liquido dorato e lo posò sul tavolo, sedendosi. “E' una bevanda alcolica. Hai mai assaggiato del vino, dearie?”

Belle annuì. “Si, mio padre ne beveva sempre qualche bicchiere durante i pasti. Ma non mi è mai piaciuto. Aveva un sapore così... pungente.”

“Poco gentile per il palato di una principessa.” ghignò lui.

Belle non lo badò.

“Perchè l'avete messa lì?” chiese, indicando la boccetta. “A cosa vi serve?”

Lui ghignò ancora. “Magia, dearie, magia.” Fece per andarsene, quando Belle lo fermò.

“E questa?” disse, indicando la botte.

“Quella non mi serve. Domani me ne sbarazzerò.” Se ne andò, lasciando la giovane sola nella stanza.

Quando ebbe finito di pulire il tavolo, girò intorno alla botte. Il bicchiere, pieno di birra, era ancora sul tavolo, immacolato.

Le sembrava uno spreco buttare via l'intera botte per averne usato solo poche gocce. Il colore della bevanda continuava ad attirarla. Era ancor più oro del vestito che indossava quando se ne era andata via con Rumplestiltskin.

Si guardò in giro. Il folletto probabilmente non sarebbe tornato tanto presto. Che male c'era se ne assaggiava un po? Poi avrebbe potuto benissimo sostituire ciò che aveva bevuto, tanto di birra la botte ne era piena. Nessuno se ne sarebbe accorto.

Si morse il labbro. E se si fosse arrabbiato? Poggiò il peso prima su un piede e poi sull'altro.

Perchè si sarebbe dovuto arrabbiare? Non le aveva vietato di prenderlo, e se ne sarebbe comunque sbarazzato. Tanto valeva berne un sorso.

Prese il bicchiere in mano e lo avvicinò alle labbra. Chiuse gli occhi e andò giù. Il sapore della birra le invase il palato. Dapprima ebbe voglia di sputare tutto ma poi, quando cominciò a scendere, cominciò ad apprezzarlo.

Senza accorgersene ingollò tutto il bicchiere.

“Davvero buona.” mormorò. Ne prese un altro bicchiere e, come un'assetata, lo bevve tutto.

Si sedette sul tavolo, dondolando le gambe come una bambina.

Non aveva mai assaggiato niente di simile e, anche se non era buona come il tè, doveva ammettere che la birra le piaceva molto.

Guardò la stanza, c'era solo lei. Prese il mantello di Rumplestiltskin e andò a metterlo nel suo posto. Quando tornò la luce era alta in cielo, segno che era ora che andasse a dormire.

Spense alcune candele e l'occhio le finì di nuovo alla botte.

Un altro bicchiere non avrebbe potuto nuocerle. Ne bevve altre due e mezzo prima di sentirsi strana, confusa e un po' vivace.

Vedeva un po' sfocato, così dovette appoggiarsi al tavolo. Riuscì ad arrivare fino al divanetto dove soleva leggere, e cadde, stremata.

Dopo un'ora Rumple tornò nel salone, pronta a filare per alcune ore notturne.

Non ci fece subito caso ma, prima di sedersi all'arcolaio, vide un'ombra scura sul divanetto di Belle.

Si avvicinò, con gli occhi semi chiusi.

“Belle” disse, quando si accorse che l'ombra era la ragazza.

Si avvicinò e vide che stava dormendo. Alzò gli occhi al cielo, era tipico della sua domestica addormentarsi lì. Magari era rimasta alzata per leggere qualche libro.

Le tolse una ciocca di capelli dalla faccia e rimase a osservarla per alcuni minuti. Si avvicinò di più per alzarle le gambe e appoggiarle sul divanetto e, facendolo, sentì un forte odore di birra.

“Belle!” esclamò. Ma la ragazza si limitò a un grugnito.

Sospirò. “Forza, dearie, è meglio che tu vada a letto, visto che domani non ti sveglierai molto bene.” disse tirandola su.

Belle fece una smorfia. “No...” mormorò quando lui la prese sotto braccio, alzandola.

“Rumple...” sussurrò.

“Questo odore non si addice a una principessa.” la motteggiò lui. “E quando ti ho detto che me ne sarei sbarazzato, non intendevo che dovevi farla sparire bevendola.”

Belle ridacchiò, mentre camminavano a fatica.

“Siete divertente.” osservò, biascicando.

Lui sorrise, al buio. “Perchè non lo siete più spesso?”

“Perchè altrimenti rideresti tutto il giorno dearie. E non puliresti più niente.”

Belle rise ancora.

“Inoltre i mostri non sono divertenti.” aggiunse lui, avanzando al buio, col peso della ragazza addosso.

“Non siete un mostro, sapete. Credete di esserlo.”* disse lei, quasi più seria.

Erano giunti alla sua stanza. Entrò e la adagiò piano al letto. Le alzò le gambe e si avvicinò al volto per aiutarla a distendersi bene.

“E sentiamo, dearie, che cosa sono, allora?”

Belle si agitò un po', ma non rispose.

Lui sospirò. “Domani pulirai ancora meno di quanto fai di solito.” Poi la coprì con la coperta e si rimise dritto. “Ora dormi. Non combinarmi altri guai.”

Si girò e si diresse fuori dalla stanza. Quando fu sulla soglia della porta, la voce biascicante di Belle lo fermò. “Anche se non fate battute, mi piacete comunque. Rumple.” poi scoppiò in una risatina.

Lui si girò, con la bocca mezza aperta. “Che cos'hai detto, Belle?” ma la risata ormai si era esaurita.

Si avvicinò di più e si accorse che ora la ragazza era veramente nel mondo dei sogni.

“Belle.” disse soltanto, abbozzando un sorriso.

Allungò la mano per accarezzarla, ma non ne ebbe il coraggio.

Si limitò a coprirla un po' di più con la coperta, prima di uscire e tornare a filare. Forse non si sarebbe sbarazzato subito della birra.

 

 

 

Storybrooke – casa di Gold

“Rumple?”

Belle fece capolino in cucina. Lui si girò e le sorrise. Poggiò il sacchetto della spesa sul tavolo.

“Sei tornato prima.” disse lei, andandogli incontro. Si sporse, osservando i prodotti che Gold stava tirando fuori.

“I supermercati di questo mondo sono molto più comodi per prendere ciò di cui si ha bisogno.”

Belle sorrise e prese tra le mani parecchi pacchetti.

“Mangiamo questo per cena?” chiese, osservando curiosa un pacchetto di cartone.

“Si, facciamo la pasta.”

“La pasta? Che cos'è?”

Gold sorrise. “Aspetta e vedrai.”

Bella era seduta al tavolo, con le mani in grembo, aspettando che il suo Rumple arrivasse con la cena.

“Ecco, spero ti piaccia.” disse, servendole un piatto di pasta fumante, col sugo al pomodoro.

“Assaggiala, dai.” Belle sorrise e si portò alle labbra il cibo.

“E'... è buonissima! Come hai detto che si chiama?”

“Pasta.” sorrise lui, notando con piacere che la ragazza era tutta presa dal piatto che aveva cucinato.

“Ah, quasi dimenticavo.” disse, alzandosi.

Belle alzò gli occhi su di lui, e mise giù la forchetta.

“Non serve che mi aspetti, torno subito.” Belle però non volle mangiare senza di lui.

Quando tornò, Rumple mise sul tavolo una bottiglia verde di vetro.

“Si sposa bene con la pasta.” disse lui con uno strano sorriso prima di sedersi.

Lei la prese, osservandola.

“Che cos'è?”

“Una cosa che ti era piaciuta molto.” Le sorrise sornione. “Birra.”

Belle diventò tutta rossa. “Oh.” disse, soltanto, rimettendola sul tavolo.

Lui la prese, la stappò, e gliene versò un po' in un bicchiere.

“Un po' non ti farà star male, stai tranquilla. E comunque in questo mondo ci sono medicine... sostanze che, anche in caso tu non ti sentissi bene, ti aiuterebbero.”

Belle guardò il bicchiere, indecisa.

“Guarda, non è il mio genere, ma la bevo anche io per farti compagnia.” La portò alla bocca e ne bevve un sorso.

Belle lo guardò e, dopo un attimo di indugio, imitò il compagno.

“E' molto buona.” disse, passandosi la lingua sul labbro.

Gold sorrise, vedendo lo sguardo colpevole della giovane. “Non voglio farti ubriacare, Belle. Volevo solo darti qualcosa che conoscevi, che avevi già provato. So che è difficile per te, sei sommersa da un sacco di novità e così ho pensato che qualcosa di sicuro poteva farti piacere.”

Belle si sciolse in un dolce sorriso. “Oh Rumple.” disse e si alzò. Quando gli fu vicina, gli accarezzò il volto e lo baciò, prima teneramente e poi sempre più profondamente.

“Belle” mormorò lui sulle sue labbra, indicando con gli occhi la pasta e la birra.

“La cena può aspettare” sussurrò lei, senza staccarsi troppo dalla bocca dell'uomo. “E poi, per quanto sia buona la birra, tu lo sei di più.” aggiunse, stringendolo ancora più a sé.

 

 

 

Storybrooke – Rabbit Hole

Gold stava sorseggiando un whiskey, al bancone del Rabbit Hole. Lacey arrivò poco dopo, col suo sorriso ebbro di aria di sfida.

“Vedo che hai già iniziato senza di me.”

Lui fece un cenno al barista che portò subito un boccale di birra.

“Birra?” chiese lei. Scoppiò a ridere sonoramente. “Ehi.” disse al barista. “Portami qualcosa di più forte.”

Ormai il barista conosceva bene i suoi gusti, e parecchi centimetri della pelle che lei adorava esporre attraverso i suoi abitini succinti e scollati.

Gold mise giù il bicchiere, guardandola.

Lei prese il bicchiere che il barista le stava porgendo. “Non sono mai stata un tipo da birra.”** disse, prima di bere.

Gold sorrise amaramente, sentendo un grande vuoto dentro al cuore. Quella non era la sua Belle. Era identica a lei ma sembrava la sua antitesi. Eppure non poteva fare altrimenti, se non starle vicino alle sue condizioni e ad ogni costo.

Anche ora, mentre lei esplorava il suo petto sotto la camicia, i baci sembravano diversi. Il suo sapore sembrava diverso. La sua Belle odiava il vino e l'unico tipo di alcol che beveva era la birra, a piccole dosi. Ma nella bocca non c'era traccia del sapore di quel liquido oro. C'era solo fame, desiderio e sfida. E lui doveva accontentarsi di quello per poterla tenere vicino a sé.


 

*citazione dalla puntata “Belle”, 1x12

** citazione della puntata “Lacey”, 2x19




Note dell'Autrice
Eccoci al secondo giorno! Ho già paura che questa rumbelle week finisca prima di quanto io voglia. 
Comunque! Con questo prompt ho deciso di dar voce a tutte le sfumature possibili dei nostri personaggi. Avevo paura di cadere sul banale con Lacey, ma come potevo non metterla? Lei e l'alcohol sono Hook e le battutine, non stanno separati tanto a lungo. Inoltre ho voluto mettere anche uno spazio angst, per chi è amante di questo genere. E ho messo anche delle note relative ai riferimenti, nonotante la mia colossale pigrizia (le avevo messe mentre la scrivevo, altrimenti mi sarei lasciata prendere dal mio vizio capitale).
Il secondo è un missing moment, spero vi piaccia. Vorrei dire lo stesso del primo ma non ha niente del missing moment, è solo un momento dettato dalla mia fantasia per sottolineare quanto Belle sia innocente e curiosa, e divertente quando, ovviamente non sotto le  spoglie di Lacey, è un po' brilla. Mi piaceva l'idea di vedere la reazione di Rumplestiltskin di fronte a una Belle resa più vivace dall'alcool. In fin dei conti, se non voleva vederla così, non doveva lasciare quel bicchiere sul tavolo. C'è da chiedersi se l'abbia fatto apposta. Ma non lo sapremo mai.
Vorrei aggiungere un'altra nota, che non c'entra molto con questo capitolo, quanto con tutta la storia in generale. L'uso del 7 nel titolo, al posto di seven, non è stato dettata dal fatto che sono una sorta di (me lo permettete?) bimbaminc*** -quanto sarebbe più semplice la vita se lo fossi-, piuttosto dal non creare copioni con altri possibli titoli di altre raccolte per la rumbelle week.
Bene, ora che mi sono spiegata, passiamo ai ringraziamenti.
Un grande, grande, grande, grazie a Euridice100, seasonsoflove, Rusty 93, Lady Clopette, Rumple_bumple e Stria93 per aver recensito il primo capitolo. Pensavo fosse una schifezza ma i  vostri commenti mi hanno fatto tornare il sorriso.
Un grazie a elly_didyme_volturi per aver inserito questa raccolta tra le preferite. Ne sono sinceramente onorata.
Un grazie a Emyscarano per averla messa tra le ricordate, spero che anche questo secondo capitolo ti piaccia.
Un grazie a Rusty 93, padme83, Emyscarano e Dearly_Beloved per averla aggiunta alle seguite. Spero di non avervi deluso con questo prompt.
E un grazie a tutti i lettori silenziosi e a tutti coloro che hanno scritto per la rumbelle week.


 

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Capitolo 3
*** Voce - La magia delle piccole cose ***


7 ways to love 
Rumbelle Week

 
Autore: Chrystal_93
Titolo: La magia delle piccole cose
Prompt: Voce
Rating: Verde. 
Pairing: RumplestiltskinxBelle, GoldxBelle
Note: partecipa alla Rumbelle Week



La magia delle piccole cose



Castello del Signore Oscuro

La luce della luna filtrava attraverso le vetrate della sala del castello. Rumplestiltskin stava filando all'arcolaio, come faceva di consueto quasi ogni sera. Osservava la ruota girare e ne rimaneva incantato. Le sue dite ormai conoscevano a memoria quello strumento, il tocco della ruota di legno era quasi rassicurante. Per quanti patti avrebbe fatto nei giorni a venire, e per quanto il futuro sarebbe cambiato, sapeva che il movimento di quella ruota sarebbe rimasto costante, nonostante tutto.

L'oro si stava ammonticchiando in un cesto fatto di paglia, ma il folletto non sembrava intenzionato a smettere. Probabilmente avrebbe continuato tutta la notte.

Sentì alle spalle un rumore di passi, ma non vi badò. Era sicuramente Belle, la sua governante, che aveva finito di lavare le stoviglia e stava gironzolando prima di andare a dormire.

Sentiva gli occhi di lei attraversargli le vesti, come se volesse leggergli dentro. Nessuno lo aveva mai guardato così, con curiosità e senza paura. Pensava che una cosa del genere potesse generargli solo fastidio, e invece la cosa lo incuriosiva e -anche se non lo avrebbe mai ammesso- gli faceva piacere. Lo faceva sentire meno bestiale.

Diede una forte spinta alla ruota e, potendo sfruttare quel momento di libertà dallo strumento, si girò a guardarla. Si era sbagliato, la ragazza non lo stava per niente guardando.

Anzi, gli dava le spalle e aveva la testa alzata, con lo guardo su alcuni scaffali.

“Cerchi qualcosa, dearie?”

Belle si voltò con la testa, sorridendo.

“Mi stavo solo chiedendo cosa ve ne fate di tanti scaffali, se poi nessuno di essi contiene libri.”

La ruota intanto si era bloccata.

“Che cosa dovrei farmene dei libri?”

Belle sorrise e, prendendosi le mani in grembo, si avvicinò sorridente.

“Per esempio, potreste viaggiare.”

Il folletto la guardò interrogativo, mentre lei si avvicinava sempre più.

“Coi libri possiamo essere in ogni angolo della terra.”

Rumple sorrise, per la prima volta, senza un ghigno a deformargli le labbra.

“Be', come avrai notato, se volessi viaggiare mi basterebbe la magia.”

Belle ormai era a un passo da Rumplestiltskin.

“Anche nei libri c'è magia. Una magia che nemmeno immaginate.”

Il viso del folletto si contorse in un ghigno.

“Forse, dearie, sei tu quella che non riesce a immaginare la magia. Io la possiedo.”

Belle sbuffò, sapeva che la discussione era a un punto morto.

“Dite quello che volete, per me la vera magia è nelle piccole cose. Nei libri, nei gesti, negli sguardi, nelle parole...” I suoi occhi azzurri erano ora sognanti e persi.

Rumple rimase a osservarla rapito e, quando lei si destò e i loro sguardi si incontrarono, lui guardò da un'altra parte e si rimise al lavoro.

“E' tardi, e se non vuoi sperimentare la mia magia dovrai pulire tutto per bene, domani. Quindi va' a dormire.”

Belle strinse le labbra e, con un saluto sbrigativo, si congedò.

 

Molte sere dopo

Rumplestiltskin stava lavorando all'arcolaio, come faceva sempre. Eppure quella sera era diversa dalle altre. Ormai era da un paio di giorni che si sentiva così.

Il silenzio pervadeva ogni angolo del castello. Di solito Belle camminava un po' per le stanze e poi, in cerca di compagnia, lo raggiungeva e lo riempiva di domande o di inutili chiacchiere.

Avrebbe pagato oro -più di quanto sarebbe riuscito a fabbricarne- per avere un po' di pace e filare e ora, che finalmente aveva ottenuto ciò, si sentiva strano.

La voce di Belle gli mancava.

Scosse la testa e cercò di concentrarsi di nuovo sul suo lavoro. Ma non ci riuscì.

Da quando le aveva donato la biblioteca, la ragazza si rifugiava lì ogni sera e vi rimaneva fino a notte fonda. Alcune volte addirittura si addormentava, con la testa china sul piccolo tavolo di legno traballante a cause del peso delle pile di libri che lo sovrastavano.

Si alzò spazientito dalla piccola panca di legno e, a grandi passi, si diresse nella torre dove aveva fatto apparire la biblioteca.

Belle sembrava assorta in un libro, illuminato solo da un mozzicone di candela.

La stanza in compenso era in ombra, e alcuni spifferi si infiltravano maligni dalle finestre.

Il folletto si avvicinò ma Belle sembrò non badarlo, continuando a preferire il libro.

Quando fu a un passo da lei si accorse che la ragazza non lo stava ignorando, semplicemente si era addormentata.

Le girò intorno, osservandola per capire cosa fare. Ricordava ancora il suo tocco di quando le aveva regalato la biblioteca e, sebbene volesse sentire di nuovo su di sé il calore, non riuscì nemmeno a sfiorarla.

Lui era una bestia e prima ancora un semplice filatore. Agitò la mano e fece apparire una coperta, con cui la coprì. Poi, chinandosi tanto da sfiorarle la guancia, spense con un soffio la candela e, sedutosi su una sedia, rimase a osservarla fino alle prime ore dell'alba.

Quando vide che stava per svegliarsi, nonostante il sole fosse sorto giù da un bel po', scomparve.

La ragazza aprì gli occhi e sbadigliò. Dalle finestre il sole si faceva sentire, prepotente.

“Oh no... sono in ritardo!” strillò lei, mandando all'aria la sedia e la coperta e precipitandosi giù.

Aveva ancora il fiatone quando una voce la paralizzò.

“Dormito bene, dearie?”

Si voltò e vide Rumple, seduto al tavolo, con le mani che combaciavano.

“Spero di si, visto il tuo mostruoso ritardo.”

“Scusate... vado subito a preparare il tè.”

Quando tornò, servì tremante una tazza al suo padrone, tanto che ne rovesciò un po' sul tavolo.

“Sta attenta!” strillò lui.

“Perdonatemi, pulisco subito.”

Rumple si portò alle labbra la bevanda. “Dearie, che cosa devo fare con te?” sospirò, lasciando il tè.

“Non è buono?” chiese lei, agitata.

Lui scosse la testa. “Ho fatto un errore a darti la biblioteca. Quei libri ti stanno distraendo.”

“Volete... volete togliermela?”

“Non vedo cos'altro potrei fare. Ti addormenti lassù, tralasci i tuoi doveri e, sono sicuro, ti prenderai un malanno.”

“Vi assicuro che starò più attenta...”

Lui alzò una mano per zittirla. Si alzò e fece qualche passo per la stanza.

“Facciamo un patto. Io ti lascerò la biblioteca se tu leggerai qui.” Agitò la mano e fece apparire un divano di velluto rosso, con tanto di cuscini e coperte. “Inoltre dovrai leggere ad alta voce, così non ti addormenterai.”

Belle aveva la bocca spalancata per la sorpresa. “Davvero?” sussurrò.

“Ho mai scherzato sui patti, dearie?”

Lei si riscosse e sorrise.

“Allora d'accordo.”

Lui ghignò, soddisfatto. “Bene, ora che abbiamo finito, torna ai tuoi doveri.”

Belle si girò ma, prima di uscire, si voltò verso di lui, sorridendogli. “Grazie.” disse e saltellò via.

Lui socchiuse gli occhi e questa volta un sorriso prese il posto del solito ghigno.

 

Alcune sere dopo

Belle era accoccolata sul divanetto, con gli occhi fissi sulle parole di un libro d'avventura.

“Be', perchè ti sei fermata?”

Rumple stava filando e, sebbene sembrasse completamente distratto, in realtà non aveva perso nemmeno una parola della giovane.

“Perchè avete fatto questo patto?”

“Perchè non voglio una cameriera distratta e malata.”

“Non è che vi sentivate solo?” quante volte gliel'aveva chiesto ormai?

“No, certo che no.”

Belle lo guardò di traverso e, per un attimo, il folletto fu certo che lei avesse capito che stava mentendo.

“Volete che continui a leggere ad alta voce?”

Lui tornò a darle le spalle, concentrandosi sulla ruota e sul filo d'oro che si allungava sempre più.

“Fai come vuoi.” disse noncurante.

Belle sorrise e, dopo aver alzato gli occhi al cielo, riaprì il libro.

Con suo grande sollievo, Rumple tornò ad ascoltare per altre ore la melodiosa voce di Belle e, con sua grande soddisfazione -sebbene non l'avrebbe mai ammesso apertamente nemmeno con se stesso-, riuscì ad ascoltarla per molte altre sere.



 

Storybrooke

“Belle?” Gold si girò dal lato della ragazza, tirandosi a sedere.

La ragazza aveva la luce del comodino ancora accesa, ed era appoggiata all'imponente testiera di legno del letto, completamente immersa tra le pagine di un romanzo.

Belle rivolse i suoi occhi azzurro cielo sul compagno.

“Si?” pigolò. Era stata completamente rapita da quella storia che, ritrovare il suo Rumple accanto a lei, le era sembrato quasi surreale.

Gold sorrise. “Ti piace quel libro?” Gliel'aveva regalato lui, subito dopo averle procurato dei vestiti diversi dal camice da ospedale che era stata costretta a portare per ventotto anni.

“Si, è davvero avvincente.”

“Lo vedo.” disse lui, continuando a sorridere.

Lei spalancò gli occhi e le sue labbra presero la forma di una o. “Ti da fastidio la luce? Vuoi che la spenga?”

“No, no, tesoro.” si alzò un po' di più e si strinse a lei, cingendola con un braccio e baciandole una tempia. “Perchè non mi leggi qualche riga? Se ti prende così, deve sicuramente essere un libro straordinario.”

Belle sorrise, sorpresa. “Davvero?”

Gold annuì e, mentre lei cominciava a leggere, le appoggiò il mento su una spalla, riempiendola di baci di tanto in tanto.

A un certo punto Belle scoppiò a ridere. “Mi fai il solletico così.”

Lui, con le labbra ancora appoggiate sulla sua pelle, alzò gli occhi, divertito. “Se vuoi smetto.”

Belle arrossì e scosse la testa. Lui si issò su di lei e la trascinò sotto le coperte, coprendola sia col suo peso che coi suoi baci.

Quando si staccarono Belle gli mise una mano sul petto. “Non hai seguito una parola del libro vero, Rumple?”

Lui sorrise, colpevole. “Volevo solo sentire la tua voce. Mi sei mancata così tanto, amore mio.”

Lei gli cinse le spalle con le braccia. “Anche tu mi sei mancato molto, Rumple. Persino quando mi sgridavi al castello.”

Questa volta fu lui ad alzare gli occhi al cielo.

“A proposito del castello. Ti ricordi quando mi hai chiesto perchè non tenessi libri sugli scaffali?”

Belle rimase un po' a pensarci e poi annuì.

“Avevi ragione.”

“Su che cosa?”

“C'è magia nelle piccole cose. Una magia molto potente.” Belle lo guardò sorpresa, piacevolmente sorpresa.

“Ah si? Nei libri ad esempio?”

Lui ondeggiò la testa. “Forse. Io pensavo di più alla tua voce. Ha il potere di stregarmi.”

Belle sorrise e, prima di baciarlo e stringersi a lui, disse: “Forse non è magia, Rumple. Forse è amore.”

 





Note dell'Autrice
Eccoci al terzo giorno! Che prompt questo, impegnativo ma capace di tirar fuori i particolari più romantici.
Anche qui ho deciso di dare spazio ai due mondi, sperando di non esser stata troppo sfrontata. Spero di aver reso Rumplestiltskin IC, sempre un po' scostante, ma col desiderio celato di sentire ancora la voce di Belle leggere i suoi preziosissimi libri.
Non mi dilungherò troppo. Solo una piccola curiosità.Voi conoscete la sere "Being Erica?". Nell'episodio dodici Erica, la protagonista, rivive un piccolo momento della sua vita in cui, per poco settimane (o forse per pochi giorni), esce con il suo capo, un invasato di un gdr in cui è il capo di un gruppo di vampiri. Ecco, la doppiatrice di Erica è la stessa di Belle, mentre il doppiatore di questo simpatico pseudovampiro -perdonatemi, non ricordo il nome- è quello di Rumple. 
Una coincidenza? Rumple direbbe di no. In ogni caso, per quanto sia una cosa insulsa, mi ha divertito comunque scoprirlo.
Bene, ora passiamo ai ringraziamenti.
Un grazie a padme83 e a Euridice100 per aver commentato il capitolo precedente. Grazie di cuore, pensavo fosse terribile.
Un grazie a Beabizz per averla aggiunta alle preferite e un grazie anche ad Ariki e licet per averla inserita tra le seguite.
E un grazie a tutti i lettori silenziosi, spero che anche questo capitolo vi piaccia.

 

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Capitolo 4
*** Bambini/figli - Una bella giornata ***


7 ways to love 
Rumbelle Week

 
Autore: Chrystal_93
Titolo: Una bella giornata
Prompt: Bambini/figli
Rating: Verde. 
Pairing: RumplestiltskinxBelle, GoldxBelle
Note: partecipa alla Rumbelle Week



Una bella giornata


 

Mondo delle favole

“Prendi la mantella, dearie, oggi verrai con me.”

Belle aveva ancora in mano una scopa per pulire il pavimento del salone, quando si fermò a fissare Rumplestiltskin.

“Volete che venga con voi?”

Lui agitò la mano, fece apparire il mantello verde acqua e lo gettò alla ragazza.

“Ho degli affari urgenti, sbrigati a vestirti.”

Poi si incamminò oltre il portone, seguito da Belle che armeggiava, saltellando, col mantello.

Quando salì in carrozza, sentì il vento sferzare i tessuti degli indumenti e fu grata a Rumple per averle donato quel caldo mantello.

“Dove siamo diretti?” chiese lei, guardando la vegetazione.

“Al villaggio, non dista molto da qua.”

Belle sorrise, immaginando decine di bancarelle da vedere. Stava sempre chiusa al caste e, sebbene ora avesse una biblioteca zeppa di libri a farle compagnia, le mancava uscire di tanto in tanto.

La cosa che più la entusiasmava era il poter uscire senza scorta, come una persona qualsiasi. Quand'era principessa, nonostante tutte le comodità, persino una passeggiata nel cortile del castello richiedeva tre guardie.

Persa nei suoi pensieri, la ragazza non si accorse che la vegetazione ora era meno fitta e che alcune case si stavano ergendo alla vista.

La carrozza si fermò nel centro del villaggio.

Il folletto scese, noncurante degli sguardi e dei sussurri degli abitanti, e porse la mano a Belle per aiutarla a scendere.

“Bene, tu fai pure un giro qua intorno, io me la sbrigherò in un'ora.”

Belle annuì, con le gambe già in movimenti.

“Belle!” la richiamò lui. “Non ti allontanare da qui. Non perdere mai di vista la carrozza. Oppure partirò senza di te.”

La ragazza, ora più seria, aspettò che il folletto le desse le spalle prima di inoltrarsi nella vita del villaggio.

Si avvicinò ad alcune bancarelle sbilenche, dal legno marcio, piene di verdura, farina, frumento, paglia e oggetti artigianali.

Osservava tutto con estrema curiosità e con gli occhi azzurri spalancati come quella di una bambina.

La luce cominciava a scarseggiare e il freddo si faceva sempre più pungente.

Erano sono le quattro di pomeriggio ma, essendo autunno inoltrato, non c'era da stupirsi se il sole era già in procinto di calare.

Belle continuò la sua avventura tra i prodotti in vendita e la vita tranquilla del villaggio, senza accorgersi né delle tenebre che avanzavano né di essersi allontanata di molto dalla piazza dove c'era la carrozza.

Quando arrivò all'ultimo negozietto artigianale si accorse di essersi spinta troppo in là. Le strade cominciava a dividersi in viuzze strette e oscure. Un brivido le corse lungo la schiena dal momento che in giro non sembrava esserci nessuno e lo squallore del posto rendeva il tutto più sinistro.

Belle si strinse le mantello guardandosi intorno. Doveva assolutamente tornare indietro.

Fece un passo ma vide uscire da un locale degli uomini poco raccomandibili e, probabilmente, ubriachi.

Si voltò, sperando di non essere vista, ma, dalle parole oscene degli uomini, capì che l'avevano notata.

Avanzò nella periferia del villaggio, sentendo i passi seguirla. Camminò più veloce ed era quasi pronta a correre quando una voce la fece fermare.

“Belle!”

La ragazza si voltò; gli uomini erano scomparsi e l'unico ad avanzare verso di lei era Rumplestiltskin.

“Rumple!” disse lei, mettendosi una mano sul cuore che, da quando aveva visto quegli uomini, aveva continuato a batterle furiosamente in petto.

Gli andò incontro e, senza pensarci due volte, l'abbracciò.

Lui s'irriggidì, ma lasciò che la ragazza lo stringesse. Quando lei si staccò, la guardò ghignante. “Volevi scappare, dearie?”

Belle guardò alle spalle del folletto. “In un certo senso si. Credevo che alcuni uomini mi stessero seguendo.”

Rumple serrò le labbra. Eccome se quegli uomini la stavano seguendo, e, per di più, senza le migliori intenzioni. Alla fine però era bastato solo agitare la mano per renderli innocui, completamente innocui.

“Non ti avevo detto di rimanere nelle vicinanze della carrozza?”

Belle si morse il labbro, con l'aria di un bambino sorpreso a rubare la marmellata.

“Ecco, ho visto tutte quelle bancarelle ed era la prima volta che...e così...”

Lui scosse il capo, spazientito.

“D'accordo dearie, ora però torniamo al castello, si sta facendo buio.”

Si girarono e cominciarono a camminare, l'uno vicino all'altra, ma fecero solo alcuni passi prima di fermarsi di nuovo, a causa di un rumore alle loro spalle.

“Avete sentito?”

“Sarà stato un gatto.” disse avanzando.

“No!” disse lei, fermandolo per un braccio.

“Belle...” fece lui ma Belle lo strattonò indietro, costringendolo a seguirla.

Svoltarono in una stradina stretta e di fronte a loro videro che, a urlare, non era stato un gatto.

Una bambina giaceva a terra, dolorante.

Belle si precipitò verso di lei.

“Tutto bene?” la bambina alzò la faccia, tutta sporca. Si alzò piano, grazie alla presa della ragazza, ma non riuscì a mettersi in piedi.

“Rumple, venite, è incastrata.”

La bambina infatti aveva un piede incastrato sotto un cumulo di immondizia che aveva fatto cadere.

Rumple si avvicinò e, prontamente, liberò la bambina.

Belle l'aiutò a tenersi in piedi, ma si vedeva che la caviglia le doleva incredibilmente.

“Che ci facevi lassù?” chiese Belle, preoccupata.

La bambina però non rispose. Si divincolò ma inciampò subito. Seduta a terra, si rannicchiò, tenendo le manine strette alla caviglia.

Belle si riavvicinò, ma si bloccò subito quando vide che la paura negli occhi della piccola.

Rumple le toccò un braccio e, superandola, si inginocchiò a pochi passi dalla ragazzina.

“Come ti chiami?” ma non ricevette alcuna risposta.

“Facciamo un patto.” Belle aprì la bocca, indignata. Un patto con una bambina ferita? “Se tu ci dici come ti chiami e cosa stavi facendo arrampicata lassù, io ti prometto che non ti faremo del male. Anzi, ti guarirò la caviglia.”

La bambina lo guardò, diffidente.

“Dearie, io mantengo sempre la parola data.”

Belle le sorrise, reggendogli il gioco. “Puoi fidarti.” disse, in un sussurro.

La bambina rimase ancora un po' a fissarli, poi annuì e tolse le mani dal piedino.

“Ora stai ferma.” disse il folletto passando sopra la caviglia con la mano.

In un attimo la bambina smise di sentire dolore. “Ti puoi alzare, se vuoi.” disse.

La bambina premette le manine sul terreno e riuscì a mettersi in piedi.

Belle sorrise, trionfante. “L'hai guarita!”

“Ne dubitavi, forse?” disse lui, tirandosi in piedi.

La bambina fece un passo avanti, riuscendo ad appoggiare tranquillamente il piede prima ferito.

“Tutto bene?” chiese Belle.

La bambina annuì. “Allora, io ho mantenuto la mia parola, ora tocca a te. Come ti chiami?”

“Diana, signore.” rispose con la voce tremante.

“E che cosa ci facevi lassù, Diana?”

La bambina guardò in basso e si torse le mani. “Lo so che non era giusto, non volevo rubare. Non denunciatemi, vi prego.”

Belle si inginocchiò, prendendola per le spalle. “Puoi fidarti di noi.”

Diana si morse il labbro e alzò lo sguardo verso il suo salvatore. Rumple sorrise, sinceramente.

“Volevo solo prendere un po' di cibo per me e per i miei fratelli.”

“I tuoi fratelli?” chiese Belle, strofinando un dito sulla guancia sporca della bambina.

“Non abbiamo niente da mangiare da giorni e l'uomo per cui lavoro non mi ha pagato. Devo badare a loro.”

Rumple si avvicinò, chinandosi a sua volta.

“Dove abiti?”

“Non posso dirlo agli estranei, signore.”

Rumple sorrise. “Allora rimediamo. Io sono Rumplestiltskin e lei è Belle. Anche se dalla sbadataggine con cui inciampa non sembra, è una principessa.”

La piccola spalancò gli occhi. “Una principessa?”

Belle arrossì, sia per la reazione della bambina che per il commento del folletto.

Diana la squadrò e, quand'ebbe finito, fece per andarsene. “E' tardi, devo andare.”

Rumple alzò una mano con fare imperioso. “Non con questo buio, dearie. Facciamo un altro patto. Se lasci che ti accompagnamo, non diremo diremo niente al proprietario di questa casa.”

Belle lo guardò con rimprovero.

“Rumple!”

Lui però non la badò. “Che ne dici?” disse alzando un sopracciglio.

La bambina, messa alle strette, annuì.

Li scortò lungo viuzze sempre più strette finché non arrivarono di fronte a una piccola porta semi scardinata. Dall'interno si poteva facilmente scorgere una piccola luce che illuminava l'unica stanza di cui la casetta era composta.

La bimba aprì la porta e, voltandosi, disse. “Sono arrivata.”

Belle si sporse e, non appena vide altri due bambini rannicchiati sotto una coperta logora in un angolo, entrò senza chiedere il permesso.

Si avvicinò a loro, scorgendo nei loro occhi lo stesso sguardo spaventato della sorella.

“Ma siete magrissimi.” disse, in un sussurro inorridito, accarezzandoli dolcemente.

Poi si voltò verso Rumplestiltskin, col volto scuro. “Rumple, stanno tremando di freddo.”

Lui entrò in casa. “Dove sono i vostri genitori?”

La bimba guardò in basso. “Mia madre è morta di parto, dopo che Steven è nato. E mio padre viaggia per cercare lavoro. Qui al villaggio non c'era niente per lui.”

“Così sei tu che ti prendi cura di loro?” chiese lui, guardandosi in giro. Le pareti erano spoglie e sporche, corrose dall'umidità.

Diana annuì. “Si, ma non sempre mi pagano. Dicono che sono solo una ragazzina e che non capisco.”

Rumple serrò di nuovo di denti.

“Innanzitutto, accendiamo il camino.”

“Ma noi non abbiamo legna.” disse lei, tirando su col naso.

“Va' fuori e prendimi un rametto.”

La bimba obbedì e, non appena tornò, lo mise nella cenere del camino.

Rumple si avvicinò, pensieroso. “Direi che può bastare.” Agitò la mano e fece apparire un caldo e confortante fuoco che illuminò tutta la stanza.

Poi, con un altro movimento, fece apparire sul tavolo un vero e proprio banchetto, completo di dolci. I bambini, come Belle, lo osservarono con gli occhi sbarrati.

“Allora, che aspettate? Pensavo aveste fame.” I due bambini si precipitarono verso il cibo.

La bambina dondolò. “Davvero possiamo?”

“Ma certo, dearie!” esclamò lui, con una vocina acuta.

Mentre i bambini mangiavano a volontà, lui fece un cenno a Belle di avvicinarsi.

“Prendi la coperta” disse soltanto. Poi fece apparire tre giacigli con pesanti e soffici coperte.

Diana fu l'unica ad accorgersene e, mettendo giù un panino, lo guardò. “Grazie. Cosa devo darvi in cambio?”

Rumple ghignò. “Devi fare soltanto una cosa. Darmi questa coperta e non lavorare più per quell'uomo.”

Lei annuì. Il folletto allora si avviò verso la porta di casa, seguito da Belle, uscendo.

Quando furono fuori, Rumple, con la magia, fece apparire la carrozza. Si girò, tendendo la mano verso Belle, che era ancora ferma sulla soglia.

“Principessa!” disse la bambina, uscendo di corsa dalla casa.

Belle si voltò e si chinò, sorridente. “Ora starete al caldo.” disse, dandole una carezza.

“Grazie. Siete fortunata ad aver trovato un principe così buono. I vostri bambini sono fortunati.”

Bella aprì la bocca, sorpresa.

Prima di poterla correggere, Diana si alzò sulle punte e, dandole un bacio, trotterellò di nuovo verso casa.

“Belle? Forza, andiamo.”

Belle si rimise in piedi e, sorridendo, si voltò per salire in carrozza.

“Che cosa ti ha detto?” chiese, una volta partiti.

Belle arrossì ancora e sperò che l'oscurità celasse tutto ciò a Rumple.

“Niente. Ci ringraziava.”

Rumple la guardò in maniera strana per un attimo, poi, sorridendo, si riappoggiò allo schienale.

Dopo un po' fu Belle a spezzare il silenzio.

“Siete stato molto buono. Sapevo che c'era del buono in voi.” Rumple continuò a guardare fuori, tacendo.

“Non sapevo che vi piacessero i bambini, e che foste così dolce con loro.” ma lui ancora non le rispose.

Lui continuò a rimanere in silenzio e Belle decise di cambiare direzione col discorso.

“Che cosa ve ne fate della coperta?”.

Lui la guardò e poi accarezzò la coperta.

“L'accordo, non ti ricordi, dearie? I patti vanno mantenuti.”

Belle sbuffò, rinunciando a stuzzicarlo ancora.

Quella sera Belle andò a dormire con un sorriso, mentre Rumple rimaneva nella sala a filare. Non appena albeggiò, lui agitò la mano e scomparve, con un ghigno sulla faccia.

Belle non lo seppe mai, poiché al suo risveglio il folletto era seduto al lungo tavolto in attesa della colazione, ma quella mattina Rumple usò la coperta per ritrovare i tre bambini. Arrivato lì passò al villaggio dove si fece dare tutti i soldi che la bambina doveva ricevere, poi, entrando a casa dei bambini, entrò. Erano ancora addormentati nei loro lettini, con un sorriso sulle labbra.

Agitò una mano e la stanza, prima spoglia e umida, si trasformò. Toccò la porta e la rimise in sesto.

Quando ebbe finito tornò al castello, sorridendo al pensiero della piccola Diana che scopriva la trasformazione, oltre al sacco -ottenuto dalla coperta logora- di denaro che non finiva mai e ai nuovi vestiti.

Da quel momento non avrebbero più sofferto.

“Buongiorno, Rumple.” lo salutò Belle, portandogli il vassoio con il tè.

Lui annuì, prendendo una tazzina.

Lei guardò fuori e sorrise vedendo il sole fare capolino.

“E' proprio una bella giornata.” disse, sedendosi al suo posto.

Rumple sorrise di nascosto e mormorò. “Hai ragione, Belle. È proprio una bella giornata.”

 

 

Storybrooke

“Belle!” Gold stava praticamente strillando, correndo dietro alle moglie e cercando di fermarla, nonostante lei non lo curasse nemmeno di un'attenzione. Anzi, si chinava a terra e lanciava la palla ai bambini.

“Non potresti sederti?”

Belle sbuffò. “Rumple, sono incinta, non invalida.”

Gold alzò gli occhi al cielo. “Ti prego, tesoro, non sono tranquillo. Potresti cadere e... potreste farvi male. E poi fa freddo. Perchè ti è venuta un'idea del genere proprio ora?”

Gold l'aveva raggiunta e con una mano la teneva dietro la schiena, mentre l'altra era stretta sul suo braccio.

Belle era eccitata dal giorno in cui Emma, Regina e Jefferson le avevano dato il permesso di tenere i bambini per mezza giornata. Cosa ancora più strana era riuscita a convincere anche Ashley a ceder loro la piccola Alexandra. Certo, la bionda non aveva voluto fino all'ultimo visto che tanto tempo prima Gold era stato molto vicino a portarle via la bambina, ma si era lasciata convincere da Sean a un raro pomeriggio da soli.

“Perchè stiamo per diventare genitori e volevo solo fare pratica.”

Gold sorrise. La strinse forte a sé e le diede un bacio sulla guancia.

Lei si voltò, pronta a ricambiare il bacio quando la voce di Grace la fermò: “La palla!”

Una palla gialla era rotolata fino a loro. Belle avanzò un poco ma Gold subito la fermò.

“No, faccio io.” disse lui, senza ammettere repliche.

“E come faresti con quella?” chiese lei, osservando la gamba claudicante di suo marito.

“Sono o non sono il Signore Oscuro? Pensi che un calcio al pallone possa essermi fatale?”

Belle sorrise e, alzando le mani, si diresse a sedersi su una panchina lì vicino.

Gold, anche se con un certo dolore, riuscì ad assestare un ottimo calcio.

“Wow.” dissero i bambini stupiti.

Per la mezz'ora successiva Gold, Henry e Paige si passarono la palla*, mentre Alexandra si era seduta vicina a Belle, agitando le manine sulle pagine di un libro per bambini che la donna si era messa a leggere.

Erano immerse nella lettura quando si ritrovarono i tre di fronte. Belle alzò gli occhi azzurri, perplessa.

“Belle, sta per piovere, è meglio se li riportiamo a casa.” Passò il bastone a Henry e aiutò la moglie ad alzarsi in piedi.

Si incamminarono verso casa di Grace ma non trovarono nessuno. Nemmeno a casa di Alexandra c'era qualcuno. La bimba mormorò un “mamma” disperato e si mise a piangere.

Belle si chinò verso di lei, tentando invano di calmarla.

La bimba strillava e chiamava la mamma sempre più forte. Grace aveva fatto due passi indietro ed Henry si era tappato le orecchie con le mani.

“Oh no, ti prego piccolina, la mamma torna presto vedrai...”

La piccola però non si calmò.

Gold allora si chinò e la guardò negli occhi. La bimba per un attimo fu sorpresa e smise di urlare.

Le avvicinò una mano e, da dietro l'orecchio, fece apparire una barretta di cioccolato.

Gliela porse e la bambina la afferrò subito, scartandola. “Va meglio, dearie?” disse.

La bimba annuì e morse il cioccolato.

Belle era rimasta esterrefatta.

“E ora che facciamo?” chiese Henry.

Belle si voltò di nuovo verso il marito. “Già, Rumple, dovremmo portarli a casa da noi. Non possiamo lasciarli soli e non possiamo stare fuori ancora per molto.” disse guardando il cielo pieno di nuvoloni scuri.

Tutti erano sulle spine; Gold, nonostante fosse molto cambiato grazie a Belle, non aveva mai invitato nessuno a casa propria. Di solito lo faceva Belle.

Anche la piccola Alexandra, dal basso, lo stava fissando.

Lui strinse il bastone, gonfiò il petto e, sorridendo, disse: “Allora tutti casa.”

Prese per mano la bambina e lasciò che sua moglie si appoggiasse all'altro braccio.

 

Arrivati a casa Gold, i tre bambini si piazzarono di fronte al televisore.

Belle intanto era andata in cucina per preparare della cioccolata calda.

“Vuoi una mano, amore?” chiese lui, cingendole i fianchi da dietro e accarezzandole il pancione.

“No, vedrai che stavolta mi riusciranno bene.”

Era da tempo che provava a fare della cioccolata calda ma nessuna volta le era mai uscito un risultato decente. Il marito ingollava sempre tutto senza fiatare ma Belle, sapendolo, la assaggiava e si deprimeva sempre di più.

“Vai di là.” ordinò.

Gold si sedette tra Grace e Alexandra, non volendo mettersi in mezzo alla ragazza e al nipote.

La piccola smise di guardare la televisione e cominciò a fissarlo con gli occhi e la bocca spalancati.

Lui le sorrise e si concentrò sul programma.

Belle arrivò con un vassoio traballante e lo poggiò sul tavolino, prima che il marito potesse alzarsi per toglierglielo dalle mani.

“Ecco” disse, sistemando le tazze grandi e colorate.

I bambini ci si tuffarono golosi, scoprendo presto lo strano sapore della cioccolata di Belle.

“Com'è? Mi ci sono impegnata tanto.” disse lei, sbattendo gli occhi piena di speranza.

Henry deglutì rumorosamente, Grace fissò la tazza e Alexandra fece una smorfia.

Gold portò alle labbra la bevanda della moglie. Come pensava, non era per nulla buona e per nulla somigliante al sapore della cioccolata. Ne bevve due sorsi, sorridendo.

“Si... è.... sì.” bofonchiò Henry, imitando Grace e rimettendo la tazza sul tavolino.

Belle aggrottò la fronte.

Gold vide che stava per capire e intervenne prontamente: “Belle, forse i bambini vorrebbero della panna e dei biscotti.”

Belle tornò a illuminarsi.

“Certo! Come ho potuto non pensarci? Torno subito.” disse, trotterellando veloce in cucina.

Tutti e tre lo osservarono stupiti mentre lui continuava tranquillamente a bere quella strana bevanda.

“Sapete” disse lui, poggiando la tazza sulle ginocchia. “A volte, il libro più bello è quello con la copertina più polverosa. Io proverei a dargli una seconda possibilità.” disse, indicando con gli occhi la cioccolata.

I tre guardarono riluttanti le tazze. Dare una seconda possibilità a una cosa del genere? Avrebbe funzionato solo se si fossero strappati dalla lingua le papille gustative.

Belle arrivò con la panna e la mise nella tazza dei tre ragazzini.

Grace fu la prima a riprovarci ed Henry la guardò come si guarda un gladiatore che sta per entrare nell'arena piena di leoni liberi, inferoci e affamati.

Con suo grande stupore Grace esclamò: “Ma è deliziosa!”

La ragazzina diede una gomitata ad Henry, obbligandolo a bere. Lui obbedì e rimase basito. Non sembrava la stessa brodaglia di prima, quella era la cioccolata calda più buona che avesse mai assaggiata. Persino migliore di quella di Biancaneve.

Alexandra, che aveva osservato la scene silenziosamente, aggrottò la fronte e, senza indugi, assaggiò la bevanda. Quando riemerse dalla tazza aveva tutto il naso sporco di panna, gli occhi sognanti e le labbra marroni.

Anche Belle l'assaggiò e quasi urlò di gioia, sentendo che per la prima volta la cioccolata le era riuscita benissimo.

Passarono il resto della serata piacevolmente finché i vari genitori non vennero a prendere i rispettivi figli.

I primi ad arrivare furono Ashley, un po' diffidente e Sean, con in volto un sorriso ebete. La bambina saltò in braccio alla madre e, dopo averli salutati per manina, continuò a controllare dietro le proprie orecchie e quelle dei genitori.

Quando anche Henry e Grace se ne andarono, Gold finì di lavare i piatti e, una volta finito, raggiunse la moglie che era già sotto le coperte.

Si distese vicino a lei, le diede un bacio sulle labbra e diede un bacio e una carezza al pancione.

Belle rise; il marito faceva quel gesto ogni volta che andavano a dormire, che si alzavano e che tornava a casa, eppure la faceva sempre sorridere, come se fosse la prima volta.

“Buonanotte, amore mio. Vi amo.” disse.

Lei si strinse ancora di più a lui e, dopo alcuni minuti di silenzio, gli disse: “Grazie.”

Gold aprì gli occhi. “E di cosa?”

“Per la bellissima giornata.”

“Non ti sei stancata troppo, vero?”

Belle scosse la testa sorridendo. “No, amore, sto benissimo. Stiamo benissimo.”

Gold sorrise. “Bene” e si riaccoccolò tra i capelli della moglie.

“Rumple?” fece, poco dopo, la donna.

“Si, amore mio? Vuoi che ti porti qualcosa?” chiese lui, alzandosi un po'.

“No, non ho voglie questa sera. Volevo...”

“Qualsiasi cosa, Belle, e corro a prenderla. In qualunque stato o mondo sia.”

Belle rise. “Volevo ringraziarti.”

“Lo hai già fatto.” sussurrò lui, posandole un bacio sulle testa.

“Volevo ringraziarti per come ti sei comportato. Sei stato splendido coi ragazzi. Se non fosse stato per te, Alexandra sarebbe stata inconsolabile.”

Gold sorrise. “L'ho solo corrotta”

“Li hai corrotti anche quando hai aggiustato la cioccolata con la magia?”

Gold spalancò gli occhi. “Cosa?”

Belle alzò gli occhi al cielo. “Pensi che non me ne sia accorta? La loro faccia iniziale... e poi la cioccolata era troppo buona perchè fosse farina del mio sacco.”

Gold rimase in silenzio. “Scusami, Belle.”

Lei allora gli diede un colpetto sul petto. “Ma che dici, Rumple. Hai fatto benissimo. Dalle loro facce doveva essere terribile. Dovresti farla sempre tu, la cioccolata. O il nostro bambino finirà per odiarmi.”

Gold ricominciò a respirare.

Lei si alzò un poco e riuscì a baciarlo. “Ti amo.” disse, strofinando il naso contro il suo.

“Ti amo anche io, Belle.”

La moglie sprofondò ben presto nel sonno. Lui le accarezzò il pancione e mormorò sotto voce.

“E amo la tua cioccolata. Solo perchè la fai tu.” Gold sorrise, pensando che la sua era l'unica cioccolata che non aveva corretto, nonostante il sapore. E anche in futuro non l'avrebbe mai corretta con la magia, per quanto pessima potesse essere.

 

*Omaggio al ruolo di allenatore di calcio, interpretato da Robert Carlyle, nel film “Jimmy Grimble”

 



Note dell'Autrice
Che prompt questo! Quando l'ho visto ero entusiasta e, piano piano che mi avvicinavo a scriverlo, ho cominciato ad avere una certa paura. Cadere nel banale -spero seriamente di non averlo fatto- era un grande rischio e, per semplice potesse sembrare, volevo davvero farlo bene questo prompt. Ho già su "Vita da genitori" di Belle e Gold e non volevo farne un doppione, così ho deciso di catturare un momento precedente alla nascita di Rose (ho chiamato così la loro bimba), in cui Belle cerca in tutti i modi di allenarsi per il suo futuro ruolo di madre.
Come al solito, anche per questo prompt, ho voluto dare spazio al mondo delle favole, sempre per i gusti dei lettori e per il mio piacere di scrivere di loro. Rumple forse sembrerà un po' OOC ma ho voluto correre il rischio e tener conto che lui adora i bambini e che non li lascerebbe mai nei guai, di fronte alle ingiustizie che lui stesso ha subito. Quindi, se davvero è OOC, non vogliatemene, l'ho fatto in buona fede.

Ah! Quasi dimenticavo. Ho lasciato delle piccole citazioni delle puntate, ma non ho messo le note. Come al solito, la mia pigrizia ha il sopravvento. Devo scusarmi anche di questo. L'unica che ho messo è quella sul riferimento a un ruolo interpretato da Roberto Carlyle in un film che ho adorato da piccola e che adoro tutt'ora. Mi è molto piaciuto il contest sui ruoli di Robert e non ho potuto parteciparvi, per mia ignoranza sulla sua filmografia. Così, per ringraziare chi l'ha ideato e chi vi ha partecipato, ho voluto inserire questo piccolo - forse un po' insulso- particolare.
Ora, prima di passare ai ringraziamenti, voglio augurarvi una buona lettura, anche se probabilmente è tardi, se siete arrivati a questo punto.
Un grazie a padme83, Lady Clopette (anche per aver recensito il secondo capitolo), Ariki e Stria93 per aver recensito il capitolo precedente.  I vostri commenti mi fanno sempre sorridere e mi risollevano ogni volta. Grazie di cuore, davvero.
Un grazie, infine, a tutti i lettori silenziosi. Spero che anche questo prompt vi sia piaciuto.

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Capitolo 5
*** Lenzuola - Sick ***


7 ways to love 
Rumbelle Week

 
Autore: Chrystal_93
Titolo: Sick
Prompt: Lenzuola
Rating: Verde. 
Pairing: RumplestiltskinxBelle, GoldxBelle
Note: partecipa alla Rumbelle Week



Sick

 

Castello del Signore Oscuro

Rumplestiltskin aprì con la magia il grande portone del castello, ed entrò nell'atrio di pietra con gli stivali ancora pieni di neve. Si diresse nel salone e, senza troppe cerimonie, gettò il mantello bagnato sul tavolo.

Belle, sentendo i passi del folletto, uscì dalle cucine e si precipitò a salutarlo.

Lui però non sembrava affatto di buon umore. Ormai aveva imparato a conoscerlo e, dal modo in cui aveva scagliato il mantello, aveva capito che non era in vena di chiacchiere.

“Siete tornato” disse piano, prima di prendere il mantello, zuppo di neve.

Lo portò in cucina, vicino al camino acceso, in modo che si asciugasse. Lo stese per bene, in modo che il calore potesse arrivare in ogni lembo di stoffa.

“Belle!” tuonò lui, dalla sala. Belle accorse per vedere cosa era successo.

“La mia paglia.” disse soltanto. La ragazza di avvicinò e notò che era un po' bagnata, probabilmente a causa delle gocce cadute dal mantello che aveva portato nelle cucine.

“Oh, mi dispiace.”

“Non me ne faccio niente delle tue scuse, dearie.”

Lei si prese le mani in grembo, mortificata. “Io non volevo...”

“Lo spero bene” la zittì acidamente. Poi, alzando lo sguardo sulla giovane, vide che aveva gli occhi bassi.

Mosse alcuni passi e si sedette. “La cena?”

Belle si riscosse e annuendo disse: “Arriva subito.”

Rumple sospirò. Odiava quando qualcuno cercava di venire meno ai patti. E, a causa di ciò, aveva perso tutto il pomeriggio in giro.

Belle arrivò l'istante dopo, con un vassoio pieno di piatti d'arrosto fumante.

“Questa volta sono stata attenta alla cottura.” mormorò lei.

Lui non disse niente e prese a mangiare. L'avrebbe mangiato comunque, come aveva fatto anche coi piatti più immangiabili che Belle gli aveva servito, ma doveva dire che era venuto bene. Tuttavia si sentiva ancora troppo infastidito per parlare.

Mangiarono in silenzio e, dopo che la giovane ebbe spreparato, Rumple gettò altri vestiti sul tavolo.

“Sono pieni di fango.” mormorò lei.

“Succede questo se devi inoltrarti nella foresta per far rispettare i patti.” disse lui, sbrigativo. “Voglio che siano puliti e asciutti per domani.” Rumplestiltskin si dileguò, lasciando la ragazza da sola.

Belle si mise subito al lavoro e, solo poco prima dell'alba, riuscì a finire il lavoro. Piegò i vestiti ancora caldi, e si diresse nella sua cella sotterranea. Si sentiva esausta e, nonostante il freddo delle segrete, sentiva ancora il calore del fuoco sulla pelle sudata.

“E' meglio che mi stenda un po'.” disse, abbandonandosi per terra, sul suo giaciglio.

Alcune ore dopo Rumple entrò nel salone. Vide i vestiti piegati e sorrise. Per una volta aveva fatto bene il suo dovere.

“Belle?” chiamò, ma nessuno gli rispose. Sbuffò, probabilmente quella smemorata stava ancora dormendo a causa di qualche libro che l'aveva distratta fino a notte tarda.

Rinunciò alla colazione e cominciò a filare, scordandosi del tempo che passava.

Verso mezzogiorno si accorse che Belle non si era fata viva, cosa molto strana, visto che di solito lo sommergeva di chiacchiere.

Andò nelle cucine ma l'unica cosa che animava la stanza era il fumo del fuoco appena spento.

“Dove ti sei cacciata, dearie.” mormorò, uscendo.

Non era nemmeno nelle altre stanze, così decise di recarsi nelle segrete.

Bussò, ma nessuno rispose. Aprì piano la porta e vide la ragazza ancora vestita, distesa a terra, sul materassino che le aveva dato come letto.

Alzò gli occhi al cielo. Lo sapeva, era rimasta a dormire. E fino a mezzogiorno per di più!

Si avvicinò di qualche passo. “Dearie, il pranzo non si cucinerà da solo.” disse, sarcastico.

Belle però non si mosse nemmeno.

“Belle?” la chiamò, chinandosi. Le toccò il braccio scoperto e sentì che la pelle scottava.

La girò e le mise una mano sulla fronte. La ragazza aveva le gote rosse e scottava incredibilmente.

“Belle!” urlò.

La ragazza aprì gli occhi. “Rumple... mi devo essere addormentata.” disse, alzandosi. Belle si sentì debole e ricadde a terra, presa però in tempo dal folletto.

“Scusate.” mormorò. “Vado subito a preparare la colazione.”

“No.” disse lui, tentando di tenerla ferma. “Tu scotti, Belle. Hai la febbre molto alta.”

Belle scosse la testa. “No, è solo il calore del fuoco. Ci hanno messo molto ad asciugare i vostri vestiti.”

“I miei vestiti?”

Belle annuì. “Si, ho dovuto stare in lavanderie ore per togliere tutto il fango.”

Rumple serrò i denti. “Sei rimasta alzata, al freddo, tutta la notte?”

“Sono asciutti, ho controllato.” disse lei, ignorando la domanda.

Rumple guardò la piccola cella. Era fredda e umida. Non si stupiva se Belle ora stava così male.

“Vieni.” disse, aiutandola ad alzarsi.

Belle fece una smorfia. “Che cos'hai?” chiese lui, preoccupato.

“Mi fanno male tutte le ossa. Dev'essere per la posizione in cui ho dormito.”

Lui rimase in silenzio. Ce l'aveva con se stesso, era colpa sua se Belle ora stava così male.

La prese in vita e la aiutò a salire le scale. Invece che dirigersi al salone, salirono altre scale.

“Non volete la colazione?” mormorò lei, prima di starnutire.

“No, Belle. È mezzogiorno passato.”

Belle aprì la bocca, sorpresa. “Oh. Ho dormito troppo.” sussurrò.

Rumple rimase in silenzio, divorato da un insistente senso di colpa.

Quando finalmente giunsero in corridoio, tra un colpo di tosse e l'altro, Belle mormorò. “Vi chiedo scusa.”

Rumple la guardò e sorrise. Aprì una porta ed entrò.

Si ritrovarono in una stanza molto grande, con un enorme letto a baldacchino, finemente lavorato, dalle coperte pesanti e dalla stoffa preziosa.

Lui L'adagiò sul letto, la fece infilare sotto le coperte e la coprì fino al mento. Poi, voltandosi, agitò la mano e un fuoco si accese nel camino.

Belle intanto si stava guardando intorno. Era la stanza più bella che avesse mai visto. C'erano mobili molto simili a quelli che ricordava del castello di Avonlea e una grandissima finestra separava la stanza da una terrazza tre volte più grande della sua cella.

Rumple si riavvicinò e, guardandola negli occhi, le disse: “Ora tu stai ferma qui, vado a prenderti una cosa.”

Belle obbedì e, mentre aspettava il suo ritorno, accarezzò le coperte e le lenzuola. Una cosa la colpì. Le coperte sembravano preziose, degne di un principe. Eppure le lenzuola erano semplici, di un materiale quasi grezzo, anche se molto soffici al tatto.

Rumple tornò poco dopo, con un vassoio che appoggiò su un mobile là vicino.

“Bevi questo.”
Belle ubbidò e, non appena il liquido le si riversò in bocca, fece una smorfia.

Lui sorrise. “Non ha un buon sapore ma ti farà star meglio.” Poi prese una ciotola piena di zuppa fumante e un bicchiere pieno d'acqua.

“Devi bere molto e questa ti scalderà.” Mentre lei mangiava, lui rimase seduto sul letto a tenerle il bicchiere in caso avesse sete.

“Grazie” mormorò lei. “Mi dispiace.”

“E di cosa?”

“Di... di stare male.”

Lui rimase in silenzio.

“Siete arrabbiato?” Rumple alzò gli occhi su di lei.

“Mi stai chiedendo se io sono arrabbiato?”

Belle annuì, tirando su col naso.
“Oh, Belle. Io ti ho fatto ammalare e tu mi chiedi una cosa del genere?”

Questa volta fu Belle a guardarlo sopresa. “Non avrei mai dovuto... trattarti così, ieri sera.” Le sfiorò una mano.

Un silenzio imbarazzato calò nella stanza. Lui ritirò la mano, guardando in basso.

“E' una bellissima stanza. È la vostra?”

Rumple la guardò. “Ogni stanza in questo castello è mia.” disse, placido.

Belle scosse la testa, doveva immaginarsi che avrebbe risposto così.

“Però c'è una cosa strana.” disse, finendo la zuppa.

“E che cosa?”

“Queste lenzuola.” disse, poggiando la ciotola in grembo e accarezzando le lenzuola bianche.

Rumple la guardò con uno sguardo indecifrabile.

“Non ti piacciono?”

“No, no.” si affrettò a dire lei. “Mi piacciono molto. Sono così semplici e così morbide. Sarà per questo che stonano con la coperta.”

Rumple sorrise, uno di quei sorrisi rari e sincersi che poche volte si dipingevano sul suo volto.

“E' meglio se ti riposi ora.”

Belle annuì e, dopo un ennesimo “scusate”, chiuse gli occhi, abbandonando la testa sul cuscino.

Rumplestiltskin rimase ancora un po' ad osservarla. Le sfiorò la mano e si alzò, mettendo a posto la ciotola e il bicchiere.

La coprì un po' di più e facendolo scoprì un particolare delle lenzuola. Una piccola B era ricamato in un angolo.

La accarezzò, sorridendo.

Non avrebbe mai immaginato che quelle lenzuola, cucite quand'ancora era un uomo, con l'iniziale di suo figlio, un giorno avrebbero coperto qualcuno.

Sorrise, pensando che il destino aveva proprio il senso dell'umorismo.


 

Storybrooke

Belle uscì dal negozio, con l'umore a terra.

Gold la raggiunse, appoggiandosi sul bastone. “Mi dispiace, tesoro.”

Belle si morse il labbro. “Pensavo proprio di trovarle.”

Lui le cinse con un braccio la vita. “La casa è perfetta, amore mio. Non darti troppi pensieri.”

Belle però non sembrò convinta. “E' che volevo scegliere delle lenzuola insieme a e, una cosa che fosse nostra, di tutti e due. Ora che siamo sposati mi sembrava giusto.”

Gold le poggiò un bacio sulla tempia.

Belle aveva rivoluzionato tutta la casa e ora sembrava davvero l'abitazione per una coppia, dai caratteri molto femminili e delicati certo, ma lui non rimpiangeva affatto tutti i mobili, gli oggetti polverosi e l'oscurità che regnava nella sua casa prima che Belle ritornasse nella sua vita.

Era per questo che si era lasciato trascinare dalla moglie in giro per Storybrooke a fare acquisti, sotto lo sguardo sorpreso e intimorito dei negozianti.

Aveva trovato ogni cosa, dagli asciugamani alle tende -Belle aveva insistito perchè li scegliessero insieme ma Gold le avrebbe permesso di prendere ogni cosa, anche in contrasto coi suoi gusti-, a parte per le lenzuola. Ne avevano viste molto ma nessuna aveva convinto la moglie.

Belle sospirò. “Ci dovremo rassegnare.”

Lui la strinse ancora di più. “Cosa posso fare per tirarti su, amore mio?”

Belle sorrise. “Mi basta la tua presenza.”

Lui ghignò. “In realtà aveva in mente qualcos'altro.”

“Per esempio?” chiese lei.

“Per esempio una romantica passeggiata sul molo.”

Lei fece finta di pensarci, poi, ridendo, si strinse ancora di più a lui.

 

Belle entrò da Granny e si sedette, esausta, di fronte al bancone. Ruby la accolse con un caloroso sorriso.

“Del tè?”

Belle annuì. “Si, grazie.”

“Giornata pesante?”

“Oggi è venuta in biblioteca la terza elementare. Erano dei terremoti.”

Ruby le porse un bicchiere di tè freddo. “Non so come hai fatto con tutto quei bambini.”

“Non sono stanca per loro. E' da un paio di settimane che mi sento sempre distrutta.”

Ruby la guardò perplessa. “Be' stasera puoi rilassarti. Chissà cosa ti avrà preso Gold.”

Belle alzò gli occhi con un'espressione interrogativa.

“Perchè?”

“Perchè oggi è San Valentino”

Belle aprì la bocca, sorpresa.

“Non hai notato tutti i cuoricini appesi in giro e le rose?”

Belle tornò a guardare in basso. Il 14 febbraio, era il 14 febbraio.

“Devo andare.” mormorò, lasciando alcuni dollari sul bancone e scappando via.

 

Gold finì di preparare la tavola, approfittando del fatto che Belle non era ancora tornata.

Accese le candele e fece un passo indietro per osservare il frutto di un'ora buona di lavoro.

A Belle sarebbe sicuramente piaciuto. Sorrise, cercando di immaginare la faccia che la moglie avrebbe fatto. Non le aveva ancora fatto gli auguri, ma l'aveva fatto apposta per sorprenderla quella sera.

Sentì le chiavi di casa inserirsi nella serratura della porta e, un istante dopo, Belle comparve.

Lui le andò incontro e le diede un dolce bacio sulle labbra.

“Rumple...” disse lei, notando la cena a luna di candela che il marito le aveva preparato.

“Buon San Valentino, Belle.”

Belle fece cadere a terra la borsa, pesantemente.

“Siediti.” disse lui, spostandole la sedia, con fare galante.

“Io... non me lo aspettavo.”

“Allora sono riuscito nel mio piano.” ghignò lui, allontanandosi in cucina.

“Ecco.” disse, servendole un piatto di zuppa.

Lei lo guardò, stravolta e sorpresa allo stesso tempo. “Stai tranquilla, per secondo c'è anche l'hamburger.”

Lei sorrise e quello fu l'ultimo sorriso che gli rivolse per il resto della cena.

Rumple la guardava di tanto in tanto, cominciando a preoccuparsi. La moglie sembrava strana, molto strana, nonostasse chiacchierasse come al solito.

Quando ebbero finito anche la torta al gelato, Belle fece per alzarsi, per sparecchiare ma lui la fermò.

La prese per mano e la condusse sul divano. “Ho una sorpresa per te.”

Si sedette accanto a lei e le porse un pacchetto rosso. “E' il mio regalo di San Valentino. Spero ti piaccia.”

Lei lo guardò, ma lo mise giù.

“Rumple, dobbiamo parlare.”

Le prese le mani. “Non fa niente se non ti sei ricordata che era San Valentino. Sei stata molto impegnata col lavoro, è naturale che ti sia passato di mente. E poi mi regali ogni giorno l'onore di aprire gli occhi e trovarti al mio fianco. Non vorrei nulla di più.”

“Rumple...” fece ancora lei.

“Aprilo, ti prego.”

Belle serrò le labbra. Il suo sguardo era ancora preoccupato ma fece come lui diceva. Sciolse il nastro di stoffa e aprì il pacchetto.

Sollevò la carta velina, anch'essa rossa, e rimase spiazzata. Prese la stoffa tra le mani e si ritrovò di fronte delle lenzuola bianco candido, con i bordi rifiniti d'oro.

Agli angoli si ripetevano due lettere in corsivo, tra loro intrecciate, d'oro come i bordi. Erano una B e una R.

Rimase a bocca aperta. “Le hai fatte tu?”

Gold annuì, sorridente. “So quanto le volevi e così mi è venuta l'idea. Sono molto semplici ma... mi piacevano così.”

Gli occhi di Belle si riempirono di lacrime. “Oh, Rumple...”

“Non ti piacciono?” fece lui. Lei si coprì il volto con le mani.

“No, sono bellissime. Sono perfette.” disse, cominciando a piangere. Si alzò, girandosi in modo che l'uomo non potesse vederla.

Anche Gold si alzò e la cinse in un'abbraccio. “Allora sono lacrime di gioia?”

Belle si voltò e affondò il viso sul petto dell'uomo. Annuì, stringendosi al marito.

Gold la abbracciò ancora di più e rimase lì in piedi con lei.

“Se vuoi possiamo metterle anche ora.” disse, quando la moglie si staccò un po' da lei.

Le porse un fazzoletto e la osservò.

Lei annuì e salì le scale, seguita dal marito.

“Rumple?” disse, quasi arrivata in cima.

“Si?”

“Ci hai impiegato molto per farle?”

“No, non molto. Perchè?

Belle, con le lenzuola strette in petto, era ora in cima alle scale mentre l'uomo era qualche gradino più sotto.

Si voltò e, con gli occhi ancora rossi, sorrise.

“Perchè presto dovrai farne altre” Gold la guardò interrogativo e lei si portò una mano sul grembo.

“Per un letto più piccolo.” aggiunse, prima che il marito la raggiungesse e, baciandola, la sollevasse da terra, tenendola tra le sue braccia.

 


 

Note dell'Autrice.
No, non posso crederci che è già il quinto prompt. Vorrei metaforicamente urlare, ma infastidirei soltanto i vostri nervi ottici, per cui mi asterrò dal farlo.
Ora veniamo alla storia. Il titolo può sembrare che non c'entri niente col prompt. E' stata dura metterlo ma mi serviva come da collante per i due mondi e, diciamoceli, chi non ha voglia di mettersi sotto le lenzuola quando sta male? Io ne ho voglia anche quando sto benissimo per cui...
Sono andata molto sul fluff ma si vedeva che quel giorno ero in vena. Inoltre fare un episodio nel mondo delle favole con un prompt del genere non era per niente facile, o almeno così è stato per me. Potevo metterci più inventiva forse... meglio che non continui o i dubbi mi assaliranno. 
E anche questa volta a Rumple tocca portare la propria cameriera a letto. Prima perchè era sbronza, ora perchè sta male... siamo sicuri che sia lui il padrone tra i due?
Per quanto riguarda Storybrooke invece è stato più facile, mi piace sempre immaginare come Belle abbia trasformato -come ha fatto col castello- una casa polverosa, buia e piena di cianfrusaglie in una casa per una coppia. Ovviamente lui le lascia carta bianca anche se lei lo trascina dappertutto pur di prendere assieme le decisioni -e ci mancherebbe, dopo 28 anni separati!- e così far più "loro" l'abitazione. 
Che altro dire? Spero vi piaccia anche questo capitolo. 
Ora passiamo ai ringraziamenti. Un grande e  caloroso grazie a Stria93, Euridice100, Rumple_bumple e Lady Clopette per aver recensito i capitoli precedenti. Grazie mille per la vostra pazienza e per le bellissime cose che avete scritto. Scrivere sui Rumbelle è fantastico ma essere letta e recensita rende il lavoro ancora più piacevole.
Un grazie a Sermig4ever_green per aver inserito la raccolta tra le seguite. Spero che anche questo capitolo ti piaccia.
E un grazie anche a tutti i lettori silenziosi.
Al prossimo prompt!

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Capitolo 6
*** Modi impliciti di dire ti amo - Ways to love ***


7 ways to love 
Rumbelle Week

 
Autore: Chrystal_93
Titolo: Ways to love
Prompt: Modi impliciti di dire ti amo
Rating: Verde. Giallo solo il  GoldxLacey
Pairing: RumplestiltskinxBelle, GoldxLacey, GoldxBelle
Note: partecipa alla Rumbelle Week
Avvertenze: RumplestiltskinxBelle e GoldxLacey sono angst.



Ways to love


 

Castello del Signore Oscuro

L'amore rendeva deboli e lui non poteva permettersi di essere debole, non più. Non voleva più sentirsi vulnerabile e sapeva bene che erano proprio le persone che si amano quelle che posso causare maggior dolore*.

E lui si era sentito morire quando Regina, col suo sorriso beffardo, gli aveva raccontato la tragedia che aveva colpito Belle. Lei non sarebbe più tornata da lui, e tutto questo per colpa sua.

Subito dopo la notizia, era rimasto solo nel suo dolore. Poi aveva finto di non averla mai amata, di essersi solo infatuato al massimo. Ma, col passare dei giorni, dentro di sé, aveva smesso di negare che l'amava. Aveva accettato di averla persa -non che questo gli facesse meno male- ed era tornato alla sua vita, quella da Signore Oscuro, quella da Bestia.

Faceva patti, otteneva oggetti indispensabili per il piano che aveva in mente e, se gli riusciva, dava del filo da torcere a Regina, giusto per vederla in difficoltà.

Eppure ogni giorno si prendeva un breve momento. Un momento in cui nessuno, nemmeno Regina l'avrebbe disturbato. Apriva le tende per far illuminare la sala dalla luce, come piaceva a lei.

Guardava il cielo blu che tanto gli ricordava i suoi occhi. Poi, si avvicinava alla vetrinetta e si fermava di fronte a un poggiolo di legno, quello dove aveva sostituito al prezioso calice la tazzina scheggiata. Il segno del loro amore, il segno del suo passaggio nella sua vita.

La osservava per un po' e poi la prendeva in mano. Ne toccava la ceramica, seguendo con il dito il bordo, fino ad arrivare alla scheggiatura.

Ricordava ancora la sua espressione mortificata.

“Oh no, sono mortificata ma si è... si è scheggiato il bordo. Insomma, non si nota quasi in realtà.”** aveva detto.

E quando lui aveva detto che non gli importava, che era solo una tazza, lei aveva sorriso sollevata. Quanto si sbagliava. Non era più solo una tazza.

La teneva tra le mani e alla fine la puliva con delicatezza, come se stesse toccando la pelle d'avorio di Belle.

Dopodiché, con la tazzina ancora tra le mani, si dirigeva al suo arcolaio e la posava accanto a sé, sul posto dove lei si era seduta l'ultima volta in cui aveva parlato.

Nello stesso posto dove lei lo aveva baciato e lui aveva capito che l'amava sopra ogni cosa, e che avrebbe potuto anche dimenticarsi -magari solo per un attimo- del potere, per lei.

La guardava e sorrideva, immaginando il tocco della ragazza sulla spalla, la sua voce che lo interrompeva ogni volta che filava. Poi si metteva a filare, con la tazzina a fianco a sé, come se fosse stata la stessa Belle.

E in quel momento dimenticava tutto, fuorché lei e i momenti passati assieme.

Era un piccolo momento che prendeva per sé ma, per quanto banali quei gesti fossero sembrati ad occhi estranei, per lui erano gli attimi più preziosi della giornata. Gli attimi in cui riusciva a dirle implicitamente ciò che, per codardia, non era stato in grado di dirle quando lei era ancora in vita. Gli attimi in cui ammetteva che l'amava.
 

*riferimento alle parole pronunciate da Gold a Emma nella puntata “La regina è morta”, 2x15

**citazione della puntata “Belle”, 1x12




Storybrooke, vicolo nei pressi del Rabbit Hole 

Lacey era con le spalle al muro, in un vicolo oscuro e sudicio nei pressi del Rabbit Hole.

Le sue mani erano alzate sopra la testa, intrecciate a quelle dell'uomo che stava baciando appassionatamente.

Quando la bocca dell'uomo si spostò sul suo collo, Lacey si morse il labbro, invasa dal piacere che la lingua dell'altro le stava procurando sulla pelle.

Il respiro cominciò a farsi affannato, e sentiva sempre di più il corpo del suo amante premere contro il suo.

Gli morse il lobo di un orecchio per fermarlo e, quando riuscì a farlo staccare di pochi centimetri dalla sua pelle, disse: “Andiamo a casa tua?”. Il suo sguardo era malizioso, gli occhi le brillavano di quella luce pericolosa che riservava solo all'alcool o a certi momenti. Perchè di momenti come quelli ne avevano vissuti già un po'. Voleva avere il controllo ma adorava quando era lui a prendere l'iniziativa, a mostrare e far valere tutto il potere.

L'uomo non disse niente e, sorridendo altrettanto maliziosamente, la staccò dal muro e, poggiandole una mano sulla vita, tenendola stretta a sé, la spinse avanti, uscendo dall'oscurità del vicolo.

Lacey aspettò a malapena che lui aprisse la porta prima di avventarglisi di nuovo contro. Lo bacio quasi con aggressività e, prendendolo per la giacca, lo trascinò sulle scale, salendo gradino dopo grandino.

Aprì la stanza con la schiena, rimanendo ancora avvinghiata al suo amante. Si girò, lo spinse sul letto e, sbarazzatasi degli alti tacchi, gli saltò addosso.

Lui la lasciò armeggiare con la camicia, lasciandosela aprire quasi fino all'ultimo bottone. Prima che potesse togliergliela, la prese per la vita e ribaltò le posizioni.

Lacey sorrise dell'iniziativa e chiuse gli occhi, sentendo le mani dell'uomo farsi largo sulla sua coscia, sempre più lontano dal ginocchio.

Cominciò a respirare affannosamente, sentendo le labbra dell'uomo nell'incavo del collo.

Di colpo però lui si fermò e lei non fece in tempo ad aprire gli occhi prima che una nuvola scura l'avvolgesse.

Quando scomparì, Lacey aveva gli occhi chiusi e le labbra di poco aperte: era completamente e beatamente addormentata.

L'uomo sorrise, scostandole una ciocco di capelli dal volto. Si alzò da letto, le sollevò le ambe e gliele mise sotto le coperte.

Sospirò, guardando quella donna così simile a quella che avrebbe voluto accanto a lui ogni notte.

Si tolse i vestiti, mettendosi i pantaloni del pigiama e una canottiera. Li sparse sul pavimento, per creare l'illusione di ciò che in realtà non era successo.

Quando ebbe finito l'operazione, si mise sotto le coperte e si girò, osservando Lacey distesa al suo fianco.

“Oh Belle, quanto mi manchi.” sussurrò, accarezzandole una guancia.

Ormai faceva la stessa cosa da parecchie sere. La portava a casa sua e l'addormentava con la magia prima di arrivare in fondo. Era l'unico modo per tenerla buona, sotto controllo, quando l'alcool sembrava non bastarle.

Era pur sempre il corpo di Belle, ma non era lei. E lui non l'avrebbe mai toccata in quel modo, senza che lei, la vera lei, lo permettesse. Sarebbe stato come tradirla, e l'amava troppo per farlo.

In fin dei conti, questo metodo era proprio un modo implicito per dirle quanto l'amava, delle parole che avrebbe voluto averle detto di più quando ancora ne aveva la possibilità.

“Buonanotte, amore mio. Ti amo.” le dava un bacio sulla guancia e, come sempre, cercava di godersi ogni istante di quella notte, sapendo che, non appena Lacey avesse aperto gli occhi, avrebbe dovuto smettere di illudersi che quella era ancora la sua Belle.

 

 

Storybrooke

Belle stava riordinando alcuni libri in biblioteca. Quando ebbe svuotato il carrello dei “riconsegnati”, ponendo al suo posto ogni volume, sorrise e si pulì le mani sulla gonna. Tornò al bancone e si sedette, con le gambe penzolanti, come piaceva a lei.

Rumple avrebbe fatto la solito faccia se l'avesse vista, e lei sorrise a quel pensiero.

Si guardò intorno, accarezzando con lo sguardo i mille libri che animavano quel luogo a suo parere magico. Tutto ciò che la circondava le ricordava ogni giorno l'amore che suo marito nutriva per lei.

Quante cose aveva fatto per lei, cose che all'inizio lei non aveva capito. Solo ora, dopo essersi persi mille volte ed essersi ritrovati -faticosamente- altrettante volte, e soprattutto dopo quei bellissimi mesi di matrimonio, lei capiva che ogni singola cosa era il suo modo implicito per dirle “Ti amo”.

Non che non glielo dicesse. Ogni mattina, ogni sera, ogni volta che si salutavano al telefono, ogni volta che l'accompagnava in biblioteca o in cui lei cuoceva troppo la pasta o faceva andare a fuoco il grill, lui glielo diceva.

Persino quando aveva lasciato la piastra accesa vicino a una sua giacca in bagno e gliel'aveva bruciata.

Eppure, anche quei “Ti amo” non detti a parole erano altrettanto importanti.

La colazione a letto, aver conservato gelosamente per tanti anni la loro tazzina, permetterle di intrecciare i piedi freddi ai suoi sotto le coperte, partecipare alle riunioni cittadine e di famiglie senza lamentarsi troppo erano tutti modi per farle capire quanto l'amava.

Sorrise ma subito dopo s'incupì.

E lei? Lei che cos'aveva fatto per lui? Che cosa faceva per fargli capire che era l'amore della sua vita? Lui sosteneva che l'averlo perdonato e l'averlo sposato fossero abbastanza ma lei voleva fare qualcosa di più.

Arricciò le labbra, conscia che una fantastica idea si stava profilando nella sua mente.

“Si” disse soltanto,sorridendo. Quella sorpresa gli sarebbe sicuramente piaciuta.
 

Qualche giorno dopo

“Belle, ma è sabato. Non possiamo rimanere a letto un altro po'?” Gold cinse i fianchi della moglie seduta a letto.

“No, Rumple. Ho un appuntamento e farò tardi.”

Si alzò e aprì le tende. Gold si schermò gli occhi con una mano, colpito dai raggi del sole.

Con gli occhi mezzi chiusi osservò la moglie andare in bagno, uscire di fretta e lanciargli addosso il pigiama di flenella -la maglietta gli finì in faccia, facendo ridere Belle- e mettersi dei jeans, un top e una giacca.

“Jeans?”

Belle lo guardò, annuendo.

“Dove stai andando, Belle?”

Lei si voltò dall'altra parte, mettendosi delle scarpe da ginnastica.

“Perchè, non mi stanno bene?”

“No, stai benissimo.” Belle si avvicinò al marito e, appoggiandosi sulla trapunta, gli stampò un bacio sulle labbra.

“Sei bellissima.” mormorò lui, inebetito dal sapore della moglie.

“Fai il bravo, tornerò verso mezzogiorno.” lo guardò ammiccante.

Lui rimase ipnotizzato poi, prima che Belle uscisse, urlò. “Le scarpe da ginnastica? Tesoro, ma dove vai?”

Belle però corse giù e, prima di uscire dalla porta, urlò a sua volta. “Amore, prendo la cadillac!”

“La cadillac? Belle, non...” ma lei era già uscita. “Non ammaccarla, ti prego.” mormorò, sospirando.

Guardò l'orologio di fianco a sé e, notando che non erano nemmeno le otto, abbracciò il cuscino di sua moglie e vi affondò la faccia per sentire ancora il suo profumo.
 

Una settimana dopo

Era sabato mattina e Rumple sorrise al pensiero di poter rimanere ancora a letto con sua moglie. Allungò un braccio senza girarsi, sapendo che presto la sua mano si sarebbe scontrato con il soffice pigiama della moglie e, con sua fortuna, altrettanto presto, direttamente con la pelle.

Ma la mano non trovò niente di ciò. Solo il materasso freddo.

“Ma che...” si voltò e vide che la moglie non era distesa accanto a lui. Al suo posto c'era solo il pigiama di flanella.

Lo prese in mano e, sbuffando, mormorò: “Non lo avrei mai creduto ma devo riconsiderarti. A questo punto ho una relazione più con te che con mia moglie.”

Si alzò e si vestì in fretta.

Belle era stata strana da una settimana, per non parlare del fatto che usciva prima e rincasava dopo, senza voler mai che lui l'andasse a prendere e, soprattutto, senza dargli mai riferimenti precisi su dove si trovasse o su cosa stesse facendo.

Si sedette sul divano, cercando di leggere il giornale e ignorare il nodo allo stomaco che non gli permetteva di fare colazione.

 

Dopo quattro ore e mezza

Belle riuscì a malapena ad aprire la porta.

“Rumple?” urlò, per accertarsi che il marito fosse a casa. L'ultima volta che lo aveva visto lui dormiva ma era sicura che alle tre e mezza di pomeriggio lui fosse già in piedi.

Belle avanzò all'entrata. “Chiudi gli occhi!”

Gold era in salotto, in piedi, furente.

“Belle!” strillò lui.

“Ti avevo detto di chiudere gli occhi.” disse lei, appoggiando il carico per terra.

“E a me sembrava giusto che mia moglie mi avvisasse prima di partire il sabato mattina, lasciadomi solo a letto.”

“Ma Rumple...”

“E' da una settimana che te ne vai presto e ritorni tardi. Pensi che non me ne sia accorto? Che sta succedendo Belle?”

Lei però non rispose e si tolse la giacca.

“E perchè ti metti jeans e scarpe da ginnastica? Perchè non mi dici dove vai? Esigo una spiegazione!” la sua voce ormai era stridula, come ogni volta in cui era preoccupato e ansioso.

Belle sospirò, sorridendo sommessamente.

“Rumple, amore, siediti.”

“No, finché non mi dirai che succede.”

“Ti prego, siediti e ti spiegherò tutto.”

Lo prese per mano e lo fece sedere a fianco a sé. “Innanzitutto, non ti sto tradendo.”

Gold gonfiò il petto, guardandosi le mani. “Non ho detto questo.”

“Lo so ma dal tuo sguardo mi sembrava di essere andata con un altro uomo. Comunque, l'altro giorno mi è venuto in mente che tu mi dici ti amo ogni giorno e anche senza parole. Lo hai fatto conservando la nostra tazzina, regalandomi la biblioteca, facendo installare una vasca da bagno più larga del normale...”

Gold sorrise e strinse la mano alla moglie. “E così io volevo...”

Un rumore, una sorta di verso molto strano, interruppe la donna. Gold si alzò dal divano, avvicinandosi alla fonte di quel rumore.

“Fare lo stesso.” aggiunse Belle, prima di veder suo marito alzare la coperta che sovrastava uno scatolone.

“Ma...” non fece in tempo a dire Gold, quando un cucciolo di cane cominciò ad abbaiare, saltando per uscire dalla scatola.

“E lui chi è?” Belle si alzò, prese il cucciolo in braccio e cominciò ad accarezzarlo.

“E' il mio modo implicito per dirti che ti amo. So quanto ti piacciono i cani e così...” glielo porse e lui, con la bocca ancora aperta e gli occhi che brillavano, lo prese tra le braccia.

“Ciao, bello.” mormorò, lasciandosi leccare tutta la faccia e il collo.

“Ah, e gli avrei dato un nome. Non ho resistito.”

Gold si sedette di nuovo, continuando a coccolare il cucciolo. La guardò con aria interrogativa.

Belle si schiarì la voce tossendo e, rimettendosi seduta, disse: “Buttercup.”

Gold strinse le labbra, per non sorridere.

“Ti andrebbe bene?” mormorò lei.

Lui guardò il cucciolo che gli stava annusando il gilet: “E così è questo che hai fatto tutta la settimana?”

Belle annuì. “Ho girato molti canili per trovarlo. E alla fine lui ha trovato me. O meglio, sono caduta di fronte alla sua gabbia e lui mi ha leccato la faccia.”

Aspetto che l'uomo parlasse di nuovo. Lui alzò lo sguardo e avvicinandosi, la baciò, stringendola a sé.

“E' un nome perfetto e un regalo bellissimo. Grazie amore mio. Ti amo anche io.” mormorò sulle sue labbra.

Belle chiuse gli occhi si abbandonò il bacio. Ben presto però dovette staccarsi dal marito perchè Buttercup si intromise tra loro, reclamando le sua attenzioni.

“Credo di avere un rivale.” disse lei, sorridendo.
Gold sorrise. “Penso che stesse baciando te. Si è accorto di quanto mia moglie sia speciale e bellissima.”

Tentò di riavvicinarsi ma il piccolo Buttercup non aveva intenzione di lasciarli alle loro effusioni.

“Sono quasi le quattro, che ne dici di portarlo al parco?”

“Solo se vieni con noi.” Belle sorrise e, alzandosi, prese la giacca e le chiavi di casa.

 

Gold lanciò una palla da tennis e osservò divertito Buttercup corrergli dietro e prenderla tra i denti.

Trotterellò fino a loro ma, invece che lasciarla cadere ai piedi dei due, non appena protesero una mano, lui fece qualche passo indietro.

Gold gli zoppicò dietro per un po' ma si arrese, non riuscendo a saltellare sull'erba senza cadere.

“Aspetta, vado io.” Belle gli corse dietro e, per tre minuti buoni, corse intorno senza mai riuscire a prenderlo.

Alla fine Buttercup corse da Gold, seguito a ruota da Belle, sfinita e col fiatone.

Gold accarezzò il cane, sorridendo. Quando anche la moglie gli fu vicino la prese al volo, prima che cadesse sull'erba.

“Belle, tutto bene?”

Belle annuì. “Si...si. Mi sento solo un po'...” non finì la frase. Si rialzò immediatamente e, nonostante il forte giramento di testa dovuto al movimento repentino, prese la borsa.

“Scusami, devo andare. Tu stai pure qui un altro po', così Buttercup si stanca. Ci vediamo a casa, ok?”

Gold non riuscì a dirle niente che già Belle si era allontanata.

“Mi è più difficile stare dietro a lei che a te.” disse, prima di rilanciargli la palla.

 

 

Un'ora dopo

“Belle?” Gold mise le chiavi sul mobiletto d'ingresso. Buttercup corse in casa ancora pieno di energie.

Gold lasciò il cane a grattarsi la schiena sul tappeto e salì al piano di sopra, in cerca della moglie.

“Belle?”

“Sono... sono in bagno. Aspetta, arrivo subito.”

Gold si tolse la giacca e si sbottonò il gilet. “Tutto bene?”

“S..si. Arrivo subito.” mormorò Belle.

Gold si appoggiò allo stipite. “Buttercup è eccezionale. Non ho mai visto un cane saltare così in alto per prendere la palla. Sarà per il bastone ma non riesco a stargli proprio dietro. Temo che dovrò insegnargli a ridare la palla o suderò letteralmente sette camicie.”

Continuò a parlare anche quando Belle aprì la porta del bagno, con lo sguardo perso.

“Potresti fare leva sulla simpatia che Archie nutre per te, per far giocare Pongo con Buttercup. Magari vedendo come fa lui, non dovrò accucciarmi a terra per insegnarglielo.”

“Rumple...”

“E forse potremmo anche fargli una cuccia in giardino, magari Geppetto... se non vuoi che io usi la magia.”

“Rumple...”

“Sono sicura che, se glielo chiedi tu, non dirà niente. Ma non dirlo a Charming, non vorrei ritrovarmelo a casa con la sua consorte.”

“Rumple!” urlò Belle, spazientita.

Gold si zittì. “Non gli insegnerò a sbranarli a comando, se è questo che ti preoccupa.”

Belle scosse la testa. “E' positivo.”

Gold sorrise. “Lo so, è positivo che io non voglia più trasformare nessuno in lumache.” sorrise lui, avvicinandosi alla donna per baciarla.

Belle però indietreggiò. Alzò la mano, mostrando il test di gravidanza che stringeva. “No, Rumple. Questo è positivo.”

Gold rimase a bocca aperta, con le braccia ancora a mezz'aria, tese verso la vita della moglie.

“Temo che Buttercup non sia l'unica sorpresa.” sussurrò lei, abbassando gli occhi.

“Oh, Belle.” esclamò lui, abbracciando forte la moglie. “E' bellissimo, amore mio.” disse, baciandola dappertutto. Belle sorrise, toccando con una mano la schiena del marito e con l'altra la mano di Gold, posata sul suo ventre.

Poi, affondando il volto nei capelli della moglie, le sussurrò all'orecchio: “Ti amo anche io, Belle.”

 




Note dell'Autrice
Sta per finire e non lo voglio. Non si può allungare? In ogni caso, eccoci al penultimo prompt! Penso che molti lo abbiano adorato e persino io, all'inizio, ero della stessa idea. Man mano che procedevo però gli giravo intorno, senza capire il perchè. Non volevo cadere nel banale, non volevo essere scontata e, visto i loro tantissimi modi per dirsi "ti amo" senza usare le parole (conservare la tazzina, tornare a cercare l'ex carceriere che ti ha cacciato in malo modo, perdonarti continuamente, biblioteche in regalo, abbracci improvvisi e chi più ne ha più ne metta), non sapevo come fare. Così mi sono ritrovata a lasciare questo prompt per ultimo e ultimarlo solo alcuni giorni fa.
Spero che vi piaccia il mio sforzo. Ho voluto essere angst, non che mi fossi stufata del fluff -come potrei- ma volevo variare un po'. Che dite, ci sono riuscita con l'angst o sono pessima? Ho tanta strada da fare, lo so.
Come avrete notato, il primo episodio più che Rumbelle è solamente Rumple ma tenete conto che Belle aleggia sempre, è come se ci fosse, in qualche modo.
L'episodio con Lacey è nato così, per un'idea improvvisa, spero che l'idea non sia terribile. Mi si spezzava il cuore a immaginare Gold che quasi tradiva Belle. Inoltre lui è troppo gentiluomo, avrà pensato "Magari Belle, in un angolino, da qualche parte sotto questi vestitini coi lustrini, non lo vorrebbe così."
L'ultimo episodio inizialmente era posto al centro -solo perchè era l'ordine in cui li ho scritti- ma ho deciso di farvi fare un'indigestione di angst prima di passare al fluff. Questa volta ho voluto che fosse Belle a impegnarsi per trovare un modo implicito di dire "ti amo" e per questo ho introdotto un simpatico amico (non so ancora di che sesso sia il cane, perdonatemi, mi ero ripromessa di ripensarci ma... non l'ho fatto): Buttercup! Il nome non è farina del mio sacco, o per meglio dire lo è, ma l'ho tratto da un romanzo che ho letto. Il romanzo "Evermore" non mi è molto piaciuto, tuttavia, appena ho visto il nome del cane, ho subito pensato "Tazza di burro? Strano nome, eppure mi ricorda una  certa coppia, sarebbe perfetto!". Così ho cercato il significato, a causa della mia ignoranza linguistica, e ho trovato che significa tipo "ranuncolo", un simpatico aggettivo affettuoso che può voler dire anche caro/a. Be', quali altri segni mi ci volevano?
Prima ancora di cercare il vero significato glielo avrei messo. Mi sono ricordata le parole che Rumple dice a Belle, credendo di morire e volendole ricordare chi era. Lei crea il lato bello (o buono) quando questo non c'è e così ho deciso di fare io: creare (trarre nel mio caso) qualcosa di bello da un libro che non mi è piaciuto.
Sì, se ve lo state chiededo ormai sta diventando un'ossessione per me, ma una bellissima ossessione.
Infine volevo dire che il  titolo non l'ho pensato o tratto da questo capitolo. E' nato prima di esso, come già detto in precedenza, e, poco fa, mentre rileggevo a grandi linee cos'avessi scritto per questo prompt, mi è sembrato il più indicato per unire i tre momenti. Conservare e curarsi della tazzina è il modo di amare per Rumple, non "approfittare" di Lacey è il modo per Gold e, ancora, regalare un cane a Rumple è il modo di Belle per fargli capire che lo ama. Oltre al figlio ovviamente, spero di averlo fatto capire.
Che note chilometriche! E io che parto sempre con la paura di scrivere grazie a tutti e defilarmi.
In ultima, ma cosa più importante, vorrei ringraziare padme83, Euridice100 e Lady Clopette per aver recensito il capitolo precedente. Spero di non deludervi con l'angst.
E un grazie a tutti i lettori silenziosi.
Alla prossima!

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Capitolo 7
*** Gelosia - Ciò che gli occhi non vedono ***


7 ways to love 
Rumbelle Week

 
Autore: Chrystal_93
Titolo: Ciò che gli occhi non vedono
Prompt: Gelosia
Rating: Verde
Pairing: RumplestiltskinxBelle, GoldxBelle (presente), GoldxLacey, GoldxBelle (futuro)
Note: partecipa alla Rumbelle Week



Ciò che gli occhi non vedono


 

Castello del Signore Oscuro

Rumplestiltskin mischiò gli ultimi ingredienti nel grande recipiente di pietra. Una nuvola viola si alzò, segno che l'incantesimo era andato a segno.

Scoprire il passato e i ricordi dei nemici gli avrebbe dato un immenso vantaggio sui patti da stipulare. Ora potevano essere semplicemente ricatti, o patti solo a lui favorevoli. Non che la cosa gli servisse, ma il folletto dispettoso e sadico che albergava in lui da quando era diventato il signore oscuro, era molto, molto eccitato.

“Ecco.” disse, coprendo il recipiente con delle assi di legno.

Se ne andò dalla stanza, pronto a concludere la notte filando fino all'alba.

“Dove andate?” chiese Belle, la mattina seguente.

Lui fece un cenno con la mano, in tono sbrigativo. “Non starò via molto, o meglio, non vorrei. Vado a fare una visita ad un'amica, mi serve qualcosa di... suo.” rispose lui, ghignando.

Belle lo guardò, non capendo bene cosa volesse dire.

“Non guardarmi così, dearie, non sei una bel... una statuina.” si corresse. “Va a pulire, non voglio nemmeno un granello di polvere.” disse lui, prima di scomparire.

Belle sbuffò, prese una scopa e uno straccio, e si mise a pulire in giro nel castello.

Senza accorgersene arrivò nella stanza dove Rumple spariva di tanto in tanto. Aprì la porta e un forte odore nauseabondo la investì.

Aprì le tenda e la finestra e, non appena la luce illuminò il posto, a Belle venne voglia di mettersi le mani nei capelli. Quel posto brulicava di polvere e ragnetele in ogni angolo.

Senza perdersi troppo d'animo si mise a pulire. Quand'ebbe raggiunto un risultato decente per il pavimento passò ad alcune mensole, stando attenta a non far cadere gli oggetti o le boccette piene di liquidi curiosi.

Passò anche sopra alcune tavole di legno e, non riuscendo a pulirlo bene, fece più pressione.

Nel farlo, una tavola si spostò e lei finì con la faccia dentro il grande contenitore.

Riemerse tutta bagnata, sputacchiando quello strano liquido.

“Oh, no...”

Belle si sbrigò ad asciugare tutto e, vedendo che non aveva fatto danni apparenti, rimise a posto le tavole, chiuse la finestra e le tende e se ne andò a preparare la cena, sperando con tutta se stessa di non fare altri guai.

 

Rumple non guardò nemmeno le posate e i piatti pronti per la cena e si diresse dritto a testare la sua pozione. Ora che aveva un capello di Regina poteva scoprire ogni piccolo dettaglio, suo e della sua famiglia.

“Non volete la cena?” chiese Belle, mentre portava la zuppa fumante in tavola.

“Non ora, Belle, tra poco.”

Dopo veloci falcate aprì la porta senza preoccuparsi di chiuderla, tolse le tavole di legno facendole cadere rumorosamente sul pavimento e prese il capello di Regina. Lo guardò controluce, con un sorriso malvagio e soddisfatto sulle labbra.

Lo avvicinò alla superficie del liquido, quando si fermò. C'era qualcosa, era come se vorticasse.

“Ma cosa...” avvicinò il volto e una grossa nuvola lo inghiottì.

Vide una donna, una donna bellissima, a letto, sorridente, con un fagottino tra le braccia.

Si avvicinò e rimase stupito. Quella donna assomigliava tanto a una persona, ma non sapeva bene chi. Quando il suo sguardò si posò sulla bimba, l'azzurro profondo dei suoi occhi lo fulminò.

“Oh, è bellissima.” disse il re, avvicinandosi.

“Allora Belle le si addice benissimo.” disse la donna, con un sorriso.

Belle. Quella era Belle appena nata, la stessa Belle che aveva liquidato poco prima.

Il fumo lo riavvolse di nuovo e uno sciame di bambini urlanti per poco non lo investì.

Rimase inebetito, osservando intorno a sé un'ampio e ben curato giardino. Si girò non appena sentì un fruscio provenire da un cespuglio poco lontano da dove si trovava.

Una bambina dai capelli rossicci, gli occhi azzurri e le guanciotte, uscì dal nascondiglio, con un libro stretto al petto e parecchie foglioline tra i capelli.

Mordendosi le labbra la piccola guardò prima a destra e poi a sinistra e, quando si accorse che la via era libera, sgattaiolò via. Rumple la seguì e finì in una sorta di luogo nascosto. La struttura bianca era stata ricoperta di piante rampicanti, creando un perfetto nascondiglio tranquillo, lontano da occhi indiscreti e dal fracasso del castello.

La piccola si sedette su una panchina, anche'essa bianca, pur con la vernice scrostata e, dopo aver aperto il libro, si schiarì la voce. Poi si mise a leggere, fermandosi dopo poche righe.

Guardò a fianco a sé, come se ci fosse qualcuno seduto vicino. “Mi interrompo ancora un po' ma ora sono più veloce a leggere mamma” sorrise e ricominciò la lettura.

Rumple avrebbe voluto avvicinarsi, persino toccarla, ma non fece in tempo a prendere in considerazione una tale idea che il fumo lo avvolse di nuovo.

Ora era dentro al solone del castello, un salone molto ampio e pieno di luci e persone in ghingheri.

Tutti stavano ballando e lui fu costretto a spostarsi. La musica cessò e, dopo un motivetto di trombe, un uomo si alzò dal trono. Il re iniziò a parlare.
“Gentili amici, sono così contento che festeggiate con me un periodo così florido come questo.” fece qualche passo in avanti. “Gli orchi sono stati respinti oltre i confini e possiamo finalmente respirare di nuovo. E tutto questo grazie al servigio di un guerriero senza eguali. Il nostro Gaston!” disse, prima che un applauso esplodesse nella sala.

Rumple sogghignò, pensando che non era affatto al sicuro, gli orchi sarebbero presto tornati e solo lui li avrebbe salvati.

“Per questo oggi festeggiamo, tutti insieme. E voglio che a me, in questo momento di gioia, si unisca anche la mia adorata figlia, la principessa Belle.” Porse la mano alla figlia che lo raggiunse, con un dolce sorriso sulle labbra, mentre un applauso più educato la accoglieva.

“Da quando sua madre è morta, lei è stata l'unica mia gioia. È per i nostri cari che combiattiamo, contro i più grandi pericoli. Ed è per l'amore che provo per lei che sto per annunciarvi...”

Belle guardò il padre, confusa. “Il fidanzamento di mia figlia con Sir Gaston!”

Un boato di applausi e urla di gioia scoppiò.

“Ma papà...”

Lui la prese per le spalle. “Belle, Gaston ci ha fornito l'esercito, le armi e tutto il resto per fronteggiare quei mostri. Senza di lui saremmo tutti morti. É il miglior giovane che possa immaginare come regnante al tuo fianco. Fallo per me, Belle.”

Lo sguardo di Belle si rattristò. Sapeva che doveva cedere. Si girò piano verso Gaston che, intanto, si era avvicinato a loro.

Le prese una mano e la bacio, guardandola negli occhi. “E' un onore poter essere al vostro fianco, principessa.” disse lui, prima di cingerle la vita con un braccio.

Belle sorrise e lo lasciò fare.

Il re battè le mani, gonfio di gioia e alzò il calice. “Ai futuri sposi! Al futuro di Avonlea!” brindò.

Belle non accettò il calice portole da Gaston che lo bevve tutto d'un fiato.

Poi, si girò verso di lei e si avvicinò con le labbra.

Lei si voltò in tempo perchè le labbra dell'uomo toccasero non le sue, bensì la guancia.

Un altro boato scosse il castello; a quanto pareva, tutti coloro che erano presenti giudicavano più che benevolmente quell'unione.

Gaston la strinse ancora più a sé, come un trofeo da esibire, mentre Belle sorrideva, in apparenza felice.

Il cuore di Rumple aveva perso parecchi battiti. Provò una sensazione stranissima, come un qualcosa di strisciante che gli mozzava il respiro e gli infuocava i polmoni.

Più li guardava vicini e più quella sensazione si ingigantiva.

“Basta!” urlò, ma nessuno lo sentì.

Finalmente una nuvola lo avvolse e lo riportò alla realtà, al suo castello.

Strinse il bordo del recipiente con tutta la forza che aveva in corpo. Il respiro era ancora corto e quella sgradevole sensazione strisciante non si era dileguata dalle sue vene.

Scosse la testa e, con un gesto, si sbarazzò del liquido.

Poi sbattè la porta e si diresse nel salone.

Belle si alzò subito dal divanetto, su cui stava leggendo.

Lui andò a sedersi, strascicando la sedia, furente. Lei accorse presso di lui e sollevò un grossa ciotola di legno.

“L'ho coperto con questa così non si raffreddava.”

Lui non rispose.

“Perchè non hai mangiato?” chiese, secco.

“Vi ho aspettato.”
“Be, dearie, hai fatto male. Dovrai sorbirti questa... minestra fredda allora.”

“Si è raffreddata?” chiese lei.

Lui non rispose. Non era per niente fredda, ma la vista di lei con... l'altro uomo gli bruciava ancora.

Anche se non l'avrebbe mai ammesso.

“Mi spiace” disse lei, mortificata.

“Non me ne faccio nulla delle tue scuse, dearie. E non osare mai più entrare in quella stanza.”

Belle fermò il cucchiaio a mezz'aria.

“Pensavo... mi avevate detto di pulire.... e io...”

“Mangia.” disse lui, in tono perentorio.

La cena proseguì nel silenzio più assoluto. Quando finirono lei si alzò e andò a prendere anche il piatto e le posate del folletto.

Fece in fretta e si girò per sparire nelle cucine.

“Al tuo promesso sposo piaceva questa zuppa?”

“Non era buona?” chiese lei, girandosi piano.
“Non ti ho chiesto questo.”

Belle lo guardò arrabbiata. “Se siete arrabbiato con me perchè vi ho pulito la stanza, allora va bene, mi dispiace e vi chiedo scusa. Ma ho solo fatto ciò che voi stesso mi avevate chiesto! Se vi piacciono così tanto i posti sporchi allora non dovevate prendermi come cameriera!” si girò di scatto e se ne andò, rossa in volto e arrabbiata come non mai.

“E perchè lo sappiate, a Gaston non piaceva affatto la minestra! Mangiava soltanto carne.”

Rumple strinse le rabbia, consapevole di essere -non poteva negarlo ancora- geloso.

Fece per aprire la bocca ma Belle lo azzittì. “Sapete perchè non gli piaceva la minestra? Perchè non ho mai cucinato per lui! Ma forse l'avrebbe apprezzata più di quanto voi avete fatto stasera.”

Se ne andò inviperita. Rumplestiltskin invece rimase lì, immobile e fermo. La gelosia era scomparsa del tutto. Ora si sentiva ridicolo e vulnerabile, quasi come ai tempi in cui non era altro che un tessitore.

Quella notte si appisolò per pochi minuti alla ruota del suo filatoio e ritornò con la mente a ciò che aveva visto. Ma stavolta non notava i due insieme, le braccia di Gaston attorno alla ragazza.

Vedeva il sorriso tirato della ragazza, gli occhi pieni di tristezza e rassegnazione e quel gesto, quel bellissimo gesto. Belle si era girata, si era girata per non farsi baciare. Si era girata, e per un attimo gli era sembrato, per quanto impossibile fosse, che stesse guardando lui.




Storybrooke - casa Gold (presente)

Gold fece un passo in avanti, molto velocemente per aprire la porta a Belle.

Lei gli sorrise dolcemente e lui ricambiò, soffocando nel profondo il dolore alla gamba destra per aver effettuato quel passo troppo brusco.

Probabilmente non avrebbe dovuto nemmeno prendere Belle in braccio, quel pomeriggio, nell'euforia di un bacio non così casto.

Rimase a osservare la giovane che camminava verso un tavolo libero.
“Oh, grazie.” disse Emma, approfittando di Gold che teneva ancora una mano sulla porta.

“A quanto pare, anche i mostri sono gentiluomini, di tanto in tanto.” Le fece eco Regina, infilandosi dietro Emma.

Gold strinse le labbra, ma non disse niente.

Nessuno, proprio nessuno, avrebbe rovinato quella serata con Belle, non quando, per una volta, lei non aveva fatto le ore piccole in biblioteca per poi rintanarsi nel suo appartamento verso le undici di sera.

Entrò zoppicando nel locale e si avvicinò al tavolo dov'era seduta Belle. Ruby si era accomodata di fronte a lei e le due stavano già ridendo. Gold sorrise; anche se avrebbe voluto essere lui seduto di fronte a Belle -dal momento che era il loro appuntamento-, era sempre molto felice di vedere la ragazza, la sua fidanzata, ridere spensierata.

“Rumple” disse Belle, con un sorriso sulle labbra, quando si accorse che Gold era a pochi metri da lei, in piedi e in attesa.

“Oh. Signor Gold.” disse Ruby alzandosi subito.

“Signorina Lucas.” fece lui, rimanendo in piedi.

“Posso portarvi qualcosa?”

Belle lo guardò, con gli occhi che le brillavano.

Lui annuì, con fare pseudo seccato, sospirando e nascondendo un grosso sorriso.

“Due hamburger, le patatine e due tè freddi.”

Ruby non si premurò nemmeno di prendere nota, sapeva i gusti dell'amica a memoria ormai. Fece per girarsi quando Gold la fermò. “Signorina Lucas?”

Lei si voltò, automaticamente, ma senza troppa gioia. “Il mio con cetriolini, per favore.”

Ruby annuì e si girò di nuovo.

“Ah. Ancora una cosa, signorina Lucas.” disse lui.

Belle lo guardò tra la curiosità e il timore che lui potesse essere sgarbato. Lo amava, ma sapeva che a volte le sue maniera, con gli altri, non erano delle più garbate.

Ruby invece irrigidì le spalle e si voltò lentamente, con gli occhi socchiusi per il fastidio.

“Si?” chiese, più che seccata.

Gold strinse il bastone con le due mani, con fare molto compiaciuto. “Porti un hamburger di più.”

“E' affamato o pensa che Belle sia un pozzo senza fondo?” lo schernì lei.

Gold rise. “Io mi accontento di un hamburger, quello in più era per lei, in caso si volesse aggiungere a noi.”

“Davvero?” chiesero all'unisono le due donne.

“Ma certo. Non che Belle non sia un pozzo senza fondo quando si tratta di hamburger...”

“Rumple!” lo ammonì lei, senza troppa convinzione.

Lui scoprì i denti, in un sorriso divertito. “Allora? Offro io s'intende.” fece rivolto alla cameriera.

“Io...” guardò Belle che annuì. “Non vorrei rovinare il vostro appuntamento.” Belle la guardò torva.

“Ma per un hamburger non dovrei disturbare troppo. Quindi accetto.”

Gold si sedette di fronte a Belle che gli prese prontamente la mano.

“Sei stato molto gentile, Rumple. Soprattutto visto che ti ho trascurato parecchio da quando sto organizzando la biblioteca.”

Gold ricambiò la stretta. “Se tu sei felice, tesoro mio, lo sono anche io.”

“Oh.” fece lei, sporgendosi per baciarlo. I piatti però arrivarono proprio in quel momento e lei fu costretta a sedersi di nuovo.

Passarono un'ora buona a ridere, mentre Gold interveniva qualche volta, limitandosi a sorridere.

Verso le nove la tavola calda si era riempita e un gran vociare allegro rimbombava tra le pareti del Granny's.

“Mia nonna mi sta guardando male. È meglio che vada ad aiutarla.” Ruby si alzò e si voltò verso Gold. “Grazie per la cena” Era imbarazzata e lo sguardo vagava di qua e di là.

“Mi sono divertito anche io.” disse lui.

Ruby annuì e si dileguò.

“Finalmente soli.” disse Belle, riprendendogli la mano. “Ti va una passeggiata romantica lungo il molo?”

“Molto volentieri.” disse lui. “Vado a pagare.” disse, alzandosi e aiutandola a mettersi il cappotto.

“Faccio in un minuto.” aggiunse e andò alla cassa.

Belle si strinse nel cappotto, girandosi a osservare il suo uomo, con un sorriso sulle labbra.

“Belle.” La ragazza smise di sorridere. Possibile? Possibile che quella voce fosse sua?

Si girò, con il forte rombo del cuore nei timpani.

“Belle!” esclamò un uomo dai capelli corti e scuri, simili agli occhi, seduto in una carrozzina a rotelle.

“Gaston.” disse lei, in un sussurro.

L'uomo sorrise e spinse avanti la carrozzina. “Oh Belle, finalmente ti ho ritrovata.”

Le prese una mano e la baciò. “Non sai quanto ti ho cercata. Quando finalmente ho riconosciuto tuo padre mi ha mandato qui. Belle, possiamo ricominciare tutto.” La strattonò in giù e Belle per la sorpresa gli cadde tra le braccia.

Gold, che si era voltato non appena aveva sentito qualcuno chiamare Belle, era rimasto impietrito, con lo bocca leggermente aperta e l'incredulità negli occhi e il braccio ancora a mezz'aria.

Solo che ora, che lui l'aveva presa tra le sue braccia, una strana rabbia gli salì lungo le vene e un morso lo aggredì allo stomaco.

Belle, rinvenuta dallo shock, si tirò su ma lui la trattenne per le spalle.

“Gaston...”

“Ora possiamo sposarci Belle, ora siamo liberi.”

“Gaston, nella mia vita c'è un altro uomo.” mormorò lei.

Lui rimase immobile per un secondo. Poi la strinse ancora di più nella sua morsa. “No, non è possibile.”

“Ti prego, Gaston, lasciami. Così mi fai male” ma lui non le diede ascolto.

Anche Gold si riscosse e avanzò svelto. Afferrò una mano dell'uomo e la tolse dalla spalla di Belle.

“Lasciala.” digrignò tra i denti.

Gaston aprì la bocca, inorridito e lasciò subito Belle.

“Tu... bestia. Sei ancora vivo?”

“Già, vivo e vegeto.” disse lui, pieno di rabbia nella voce. “A differenza di te, se oserai ancora toccarla.”

Belle gli prese un braccio. “Andiamo via, Rumple.” mormorò, cercando di placare il fidanzato.

Gaston però li fermò. “Lui? Belle, davvero? Tu e...questa bestia?”

Gold strinse il bastone, tanto che le nocche diventarono bianche.

Belle abbassò gli occhi.

“Come hai potuto innamorarti del mostro che ti ha portata via dalla tua famiglia, da me, dalla tua vita?”

Belle inspirò a fondo. “Non è un mostro.”

Gaston agitò in aria le mani. “Non è un mostro?! Belle, ti rendi conto di cosa ci ha fatto? Di cosa mi

ha fatto?!” urlò, tanto che tutto il locale ora li stava fissando.

Rumple gli rivolse una sguardo pieno d'odio. “Non osare...” sibilò.

Gaston, di tutta risposta, rise. Poi indicò le proprie gambe. “Chi credi che mi abbia ridotto così, Belle?”

Belle rimase a bocca aperta.

“No, lui non farebbe mai una cosa del genere.” mormorò.

“E invece sì. Il tuo mostro mi ha fatto questo. Ero arrivato al castello per salvarti e lui... lui non si è battuto. Mi ha trasformato in una rosa e...”

Belle non lo ascoltò più.

Una rosa. La rosa che lui le aveva regalato. La rosa che lei credeva un segno di bontà, un scintilla di luce in un animo così oscuro. La rosa che lei aveva accettato e che aveva tagliato.

Si girò di scatto verso Gold. “Rumple, dimmi che non l'hai fatto.” Gold guardò di lato. “Dimmi che non lo hai fatto! Dimmi che la rosa che mi hai regalato, quella che io ho accorciato, non era Gaston.”

Gold guardò in basso. “Dimmelo!” urlò lei, tremante.

“Belle, io... non volevo...” alzò gli occhi e vide l'orrore e il dolore negli occhi della donna.

“Mi dispiace Belle, mi dispiace moltissimo. Non avrei dovuto...” allungò un braccio ma lei indietreggiò.

“Belle...” mormorò un'ultima volta.

“Vattene.” sibilò lei. “Vattene via.”

“Ma Belle, io...”

Lei a questo punto urlò: “Va via! Sei un mostro, Rumple. Non ti voglio vedere.” Poi, chiudendo gli occhi, aggiunse: “Mai più.”

Gold fece un passo verso di lei, ma lei indietreggiò ancora, strindendo le braccia attorno al corpo.

Lui si guardò intorno e vide che tutti li stavano fissando.

Con la testa bassa, oltrepassò la carrozzina e uscì dal locale.
“Belle.” disse Gaston, guardandola.

Lei si voltò, con le lacrime che minacciavano di riversarsi sul volto da un momento all'altro.

Lui si avvicinò e le prese una mano, facendola voltare. “Belle.” la chiamò ancora.

Lei si girò piano e, guardandolo, scoppiò a piangere, gettandosi in ginocchio.

“Oh, è tutta colpa mia. Perdonami.”

Gaston le accarezzò i capelli. “Non è colpa tua, non lo sapevi.”

Lei alzò gli occhi, rossi e pieni di lacrime. Le prese il mento e avvicinò le sue labbra a quelle della ragazza. Lei piangeva ancora e lui, sorridendo, la baciò, stringendola a sé, con fare possessivo.

Gold, dal marciapiede, osservò tutta la scena e, mentre il dolore lo dilaniava, sentì qualcos'altro divorarlo dentro, qualcosa che gli artigliava lo stomaco, togliendogli l'aria. Il dispiacere presto svanì, facendo posto alla gelosia.

 

“Rumple! Rumple!” Belle scosse l'uomo a fianco a sé.

Gold si agitava sotto le coperte, era madido di sudore e ferneticava nel sonno.

“Belle!” esclamò, balzando a sedere.

“Amore, sono qui.” disse lei, stringendolo in un dolce abbraccio.

“Belle.” mormorò lui, lasciando che la donna gli accarezzasse la schiena e i capelli.

“E' stato solo un incubo. Ora ci sono io, va tutto bene.”

Lui annuì, affondando la faccia nell'incavo dell collo della moglie.

Dopo vari minuti, finalmente l'uomo si calmò. Belle continuò a tenerlo stretto e ad accarezzarlo, anche quando si ridistesero.

Gli diede un bacio leggero sulle labbra e gli chiese: “Va meglio ora?”

“Si, scusa se ti ho svegliata.” mormorò lui.

Lei lo strinse ancora di più. “Un brutto sogno?”

“Definirlo brutto sarebbe riduttivo, amore mio.”

Belle rimase a fissare il soffitto. “Qualcuno cercava di farti del male?”

Lui sospirò. “No, ero solo...”

“Solo?” lo incalzò lei.

“Niente, ora che sei tra le mie braccia è tutto a posto.”

“Mi sognavi con un altro uomo, Rumple?”

Gold sussultò. “Cosa? E tu come...”

“Sesto senso femminile.” sogghignò lei. Poi, ridendo, si corresse. “No, hai mormorato qualcosa nel sonno.”

Rumple rimase in silenzio.

“Ma, come ho già detto, era solo un incubo. E ora che tu sei tra le mie braccia va tutto bene.”

Gold rise e appoggiò la testa sul seno della moglie. “Hai ragione, amore mio.” Poi, stringendosi a lei come un bambino le augurò la buonanotte.

“Buonanotte gelosone.” disse lei, dolcemente.

Lui alzò gli occhi al cielo, sapendo che probabilmente lei lo avrebbe chiamato così per un bel po' di tempo. In ogni occasione, persino in pubblico.

“E poi non hai motivo di essere geloso.” sussurrò lei al suo orecchio. “Gaston non è mai stato il mio tipo.” aggiunse, scoppiando a ridere.

Gold sussultò di nuovo. Quando si riprese cercò di essere il più tranquillo possibile. “E sentiamo, amore mio, chi sarebbe il tuo tipo?”

“Mmm” mormorò lei, facendo finta di pensare. “Un certo Rumple, lo conosci?”

“Temo di no. Tuo marito non rischierà di essere geloso?”

“Oh, no.” disse lei e, prima di iniziare a baciarlo appassionatamente, aggiunse: “Credo proprio di no. Vieni qui, gelosone.”  


Storybrooke - Negozio di Gold

Gold osservò Belle, o per meglio dire Lacey, entrare alle dieci di mattina al Rabbit Hole. Un uomo le stava al fianco ed era palese che ci stesse provando.

Per quanto gli sembrasse strano, non provava gelosia, solo tristezza. Sapeva che Lacey non sarebbe andata troppo oltre, sapeva metterli al suo posto gli uomini. Da quando ostentava cattiveria e alcol in sua presenza, lei aveva accettato di buon grado la sua compagnia e il fatto di essere... di uscire con lui.

In ogni caso quella non era la sua Belle, forse era per questa consapevolezza che non riusciva a provare gelosia, o almeno non tanta quanto se ne sarebbe aspettato.

Sospirò e si diresse al negozio. Forse, su qualche vecchio libro o attraverso qualche oggetto, avrebbe trovato la soluzione per farla tornare, anche se ormai cominciava a non crederci più.

 

“Andiamo, solo un drink.”

Lacey guardò l'uomo dall'alto in basso. “Tu lo sai che sto con il signor Gold.”

L'uomo deglutì. Lacey rise, crudelmente.

“Non sai nemmeno cosa potrebbe farti, se sapesse. Ma lui non è qui, e io ho sete. Te lo concedo, non farmene pentire però.”

L'uomo si raddrizzò un po' ma rimase fermo. Lacey si girò. “Allora è proprio vero. In questa città non c'è nemmeno un uomo. Vattene, prima che il mio uomo ti trovi.”

La ragazza ghignò e fece un passo avanti per dirigersi al pub. Non fece in tempo a girarsi che andò a sbattere contro qualcuno.

“Belle!” Lacey finì per terra.

“Hey!” le si era rotto un tacco. Ruby le porse una mano per aiutarla ad alzarsi ma lei glielò allontanò con un gesto sgarbato.

“Guarda dove metti i piedi la prossima volta!”

“Stai bene?”

“Sarei stata meglio senza cadere a terra. Mi hai quasi rovinato il vestito.” Ruby la guardò e non trovò niente di simile all'amica che conosceva.

“Ma come ti sei conciata?”

Lacey la guardò e rise. “E tu lo chiedi a me? Togliti dai piedi.”

La superò e avanzò verso il pub.

“Belle, ma dove hai intenzione di andare?”

Lacey si girò irritata. “Io non sono Belle! Possibile che ora che lui ha smesso, ti ci metta tu? E chi diavolo sei?”

“Belle, io sono Ruby, la tua amica.”

Lacey la squadrò. “Tu lavori alla tavola calda?”

Ruby si illuminò. “Allora ti ricordi!”
L'altra però ghignò. “No, ma il vino lì fa schifo. E dovreste smetterla di cercare di propinarmi gli hamburger ogni volta che ci metto piede.”

“Ma Belle tu adori gli...”

“Non hai capito bene. Voi tutte sembrate non aver capito bene. Io-non-sono-Belle! E mi sto stufando di questa storia. Ora fammi passare, il mio bicchiere mi aspetta.”

“No.” fece Ruby “Questa non sei tu.”

Lacey la guardò con rabbia. “Vattene. Ora.” le diede uno spintone, facendola arretrare. Ruby inciampò e finì per terra, ferendosi un gomito.

Si aspettava che Belle le chiedesse scusa, la aiutasse. Invece la ragazza che aveva di fronte sogghignò ed entrò al pub.

 

“Ti fa male il braccio?” chiese Granny, vedendo che la nipote faticava a portare i piatti ai tavoli.

“No.” bofonchiò lei, allontanando dallo sguardo indagatore di sua nonna.

Era l'una, lavorava da poche ore eppure non riusciva a non pensare alla sua amica Belle. O a quella sconosciuta identica a lei. Solo che portava vestiti troppo corti perfino per lei, era arrogante, cattiva e molesta. Per non parlare dei pub. Belle era assuefatta dal tè freddo e si concedeva un bicchiere di birra solo di tanto in tanto, senza mai esagerare. Chi era allora quella ragazza?

Quando si accorse che stava spolverando la mano di un cliente invece del bancone capì che non poteva andare avanti così, voleva delle risposte.

“Nonna, faccio una pausa.” Agguantò la giacca e uscì prima di poter essere fermata da Granny.

Si diresse a grandi passi verso l'unico posto in cui poteva sapere qualcosa: il negozio di Gold.

Per quanto lo detestasse, in passato aveva avuto prova del suo amore per Belle, e di sicuro non poteva essergli sfuggito lo strano comportamento della giovane.

Entrò e si diresse subito al bancone.

“Signor Gold!” urlò.

L'uomo uscì dal retrobottega, zoppicando molto più del solito.

“Signorina Lucas, cosa posso fare per lei?”

“Cos'è successo a Belle?”

Gold sospirò e guardò in basso. “Regina ha fatto in modo che ricordasse un'altra vita, le ha dato un'altra vita. Una volta molto più...”

“Dissoluto? Crudele? Alcolica?” fece Ruby, agitata.

Gold annuì. “L'aspetto è di Belle e mi sembrava da alcune frasi che ci fosse ancora, sotto quella corazza, eppure... eppure non c'è. Sto cercando un modo di farla ritornare ma non ho trovato nulla.”

“Ma non può lasciarla così.”

“Pensi che a me faccia piacere? Pensi che se potessi riavere Belle, sceglierei Lacey?”

“Lacey?”

Annuì di nuovo. “Si, è così che si chiama ora. E ti conviene chiamarla così se non vuoi...”

“Essere aggredita. Lo so.” Gold all'inizio non capì bene ma poi vide un rigonfiamento sul braccio della giovane.

Ruby si accorse dello sguardo. “L'ho vista questa mattina e... mi ha fatto capire bene com'è la nuova Lacey.”

Lui si avvicinò e indicò il gomito. “Te l'ha fatto lei?”

“Non volontariamente. Mi ha spinto, ho perso l'equilibrio e...”

Lui le tirò su la camicetta rossa e le tolse la benda, osservando la ferita. Ruby si stupì di vedere un enorme dispiacere e dolore far capolino nei suoi occhi. Non avrebbe mai pensato che potesse provare sentimenti del genere.

“Mi dispiace tanto.” disse e le passò sopra con la mano. La ferita si rimarginò e la pelle tornò come prima.

Ruby la toccò e non sentì alcuna fitta.

“Questa non è più Belle, non pensare che lei avrebbe mai...”

“Lo so.” lo interruppe lei. “Spero solo che possa tornare come prima.”

“Lo spero anche io.” disse, mestamente.

Ruby annuì e si allontanò per uscire. Prima di aprire la porta però si voltò e tornò verso di lui.

Gli posò una mano sulla spalla, togliendola quasi subito. Era pur sempre lo stesso uomo che aveva causato un sacco di guai e che ogni mese veniva a chiedere loro l'affitto.

“Grazie.” mormorò e uscì.

Gold strinse le labbra, appoggiandosi ancora di più sul bastone. Aveva parlato così a Ruby ma dentro di sé sapeva che non c'era rimedio per ciò che le era capitato. Belle se n'era andata e l'unico modo per tenerla vicino a sé era accettare Lacey, a qualsiasi costo.
 

 

Belle mandò in buca l'ultima palla. Sbadigliò, annoiata. Alzò lo sguardo e guardò la posizione delle lancette sull'orologio appeso alla parete del pub.

L'una meno cinque si faceva sentire sullo stomaco. Aveva fame e le olive non la saziavano.

Forse Gold le avrebbe offerto il pranzo. Anzi, sicuramente. E avrebbe potuto bere ottimo schotch, in buona compagnia.

Buttò via la stecca e uscì dal pub, lasciando che lo sguardo dei tanti avventori si posassero sulle sue gambe nude. Sorrise tra sé, compiaciuta. Nessuno di loro valeva quanto Gold ma era comunque piacevole essere desiderata così.

Uscì dal pub e camminò scelta. Quando svoltò l'angolo fece per attraversare la strada ma si fermò.

La ragazza che quella mattina l'aveva fatta cadere a terra ora si stava dirigendo, anzi stava entrando nel negozio di Gold. Del suo Gold.

Che cosa poteva volere da lui? Probabilmente una proroga per l'affitto, o un prestito per rinnovare quel pietoso guardaroba.

Dopo poco decise di avvicinarsi. Si alzò un poco sui tacchi e sbirchiò dal vetri della porta, restando nascosta.

Stavano parlando, lui sembrava triste e lei gesticolava agitata.

“Ma che sta...?”

Gold le si era avvicinato e le aveva tirato su la camicetta, sfiorandola con le mani.
Rimase impietrita e contrita dalla gelosia che di colpo la assalì. Pensava di essere lei e solo lei nei suoi pensieri e nei suoi desideri. Chi avrebbe voluto qualcun altro, avendo lei?

Non si accorse nemmeno che la ragazza stava per uscire e, allora, l'avrebbero scoperta. Trattenne il respiro, pronta a spararle contro qualche frase cattiva e, se necessario, dandole una lezione come aveva fatto quella mattina.

Lei però tornò indietro e mise una mano sulla spalla dell'uomo.

“Tu...” mormorò Lacey, nascondendosi dietro una macchina proprio prima che l'altra uscisse.

 

 

Gold guardò l'ora. Erano le sette e mezza, fuori era buio e ormai era ora di chiudere. Andò nel retro a prendere la giacca. Mise a posto alcune boccette dentro un armadietto e, facendolo, posò lo sguardo su un sacchetto di seta blu. Lo accarezzò con le mani, sapendo che all'interno c'era l'ultima cosa che ancora gli ricordava Belle, la sua dolce e forte Belle.

Indugiò un po' fino a quando sentì la porta del negozio sbattere. Sbuffò, chiuse l'anta e tornò sul davanti.
“Siamo chiusi.” disse, ma si fermò non appena vide Lacey di fronte a lui.

“B... Lacey. Che ci fai qui?”

“Perchè? Ti rovino il gioco?”

Gold la guardò senza capire. Lei si avvicinò, barcollando. Era ubriaca e l'odore lo confermava.

“Ti ho visto questo pomeriggio, con quella lì. E così ti accontenti delle cameriere? Pensavo avessi un gusto migliore.”

Gold aprì la bocca, sorpreso. “Lacey, hai frainteso.”

“Pensavo mi volessi. Non sono abbastanza per te?” lei gli era vicina e ora sembrava più calma e più... sensuale.

“Certo che lo sei. Sei molto più che...”
“E allora perchè la stavi toccando?!” gli urlò in faccia. Lo spinse e lo fece indietreggiare. “Forse non ti piace questo?” disse, aprendo un paio di bottoni della camicetta che aveva addosso, mostrando una dose ancor più generosa di decoltè.

“Avanti, dimmelo.”

Lui indietreggiò ancora. “Hai frainteso. Io voglio te.”

Lacey sorrise, soddisfatta. Lo spinse ancora indietro, facendolo andare a sbattere contro una teca.

“E allora dimostramelo.”

Lui la guardò e la tirò verso di sé. Lei si impossessò subito della labbra dell'uomo, mordendole avida. Infilò una mano sotto la camicia dell'uomo divorando ogni centimetro della pelle dell'uomo.

Gliela strappò col gilet e gli morse il labbro, tanto da farlo sanguinare. Gli bloccò il polso con una mano, quella che si era staccata dal petto dell'uomo.

“Osa ancora fare una cosa del genere e te ne pentirai.”

Gold chiuse gli occhi, sentendo le labbra della giovane arrossargli il collo fino a scendere sul petto.

In un altra circostanza sarebbe stato piacevolmente catturato da quei baci famelici e dalle mani che stava scendendo ai pantaloni. Sentire la pelle di Belle sulla sua sarebbe stato paradisiaco ma lei non era Belle.

Aprì gli occhi guardando verso il retrobottega, attraversando con lo sguardo i muri e l'anta dell'armadietto, fino a raggiungere il sacchetto di seta blu e oltrepassare anche quello per posarsi sui resti di un ricordo preziosissimo: la sua Belle.

 



Storybrooke - scuola elementare, negozio di Gold, casa Gold (futuro)

“Rumple...” mormorò Belle, tenendo il telefono schiacciato tra le guancia e la spalla.

Gold rispose subito, contento di sentire la moglie e potersi prendere un piccolo minuto per loro.

“Non ce la faccio ad andare a prendere la bambina, devi andare tu.”

Era già pronta a controbattere dicendo che i libri battevano i suoi rari oggetto quando sentì la voce calma dell'uomo parlare: “D'accordo.” guardò l'orologio. Doveva sbrigarsi, la figlia sarebbe uscita da scuola entro pochi minuti. “La porto al negozio e poi torniamo a casa.”

“Si, ma falle fare tutti i compiti quando siete lì.”

“Ma certo, tesoro.”

“Rumple, sto parlando sul serio.”

Gold alzò gli occhi al cielo. “Si, d'accordo.”

“E non devi farglieli tu!”

Gold tentò di calmarla, invano.

Belle mise giù il telefono e sbuffò correndo per la città. Doveva ritirare un pacco di libri prima che la posta chiudesse. Ma il corriere doveva ammalarsi proprio il giorno in cui si era messa quei tassi?

Gold invece prese la giacca, chiuse il negozio e si incamminò verso la scuola elementare di Storybrooke.

Quando arrivò Rose stava saltellando con un bambino mentre una donna dai capelli biondi, corti fino alle spalle, rideva, guardandoli.

“Papà!” strillò la bambina non appena lo vide.

Lui sorrise e, chinandosi, aprì le braccia; la piccola gli corse incontro e gli saltò tra le braccia, facendosi sollevare, tutta contenta.

Tenendola in aria le diede un bacio sulla guancia. “E' tanto che aspetti?” chiese, rimettendola giù.

La bambina si morse il labbro, sorridendo.

“Non lo so.”

Gold sorrise. Non lo sapeva perchè si stava divertendo con il suo amico.

“Buongiorno.” la signora bionda gli venne incontro, sfoderando un sorriso e porgendogli una mano.

Lui la strinse, ricambiando il sorriso.

“Grazie per aver badato a mia figlia.” disse lui, tornando a osservare la piccola Rose che inseguiva l'altro bambino.

La donna rise. “Oh, ma è stato un piacere! Il mio Evan adora Rose così tanto che sarebbe stata una crudeltà dividerli. E poi Rose è così simpatica e bene educata che è difficile staccarsene.”

“Non lo dica a me.” disse lui.

Fece per congedarsi quando la signora bionda gli toccò per un braccio, continuando a fare conversazione. Molti anni addietro Rumple l'avrebbe liquidato subito, mentre ora si costrinse a mostrarsi interessato a ogni sua parola.

In fin dei conti poteva anche sopportare la voce stridula in cambio della gioia sugli occhi di sua figlia, che correva spensierata.

 

“Ruby, non è il momento.” Belle stava tornando dall'ufficio postale, tenendo un pesantissimo scatolone pieno di libri e, allo stesso tempo, anche il telefono.

“Ma ti devo raccontare com'è andato l'appuntamento!”

“Ruby, ti prego.”

“No, che ti costa per due minuti?”

“E va bene.” sbuffò Belle, col sudore che le imperlava la fronte.

Ascoltò l'amica pensando che, se si sarebbe sbrigata, avrebbe potuto intercettare il marito e la figlia.

L'avrebbe presa in braccio -adorava che sua figlia andasse a scuola, ma le mancava immensamento ogni istante che passava lontano da lei- e avrebbe approfittato di suo marito per aiutarla a trasportare quel peso.

“Non lo so davvero come interpretarlo. Tu che dici?”

“Io direi che...” la voce le morì in gola.

Davanti alla scuola c'era suo marito che stava sorridendo a una donna che si appoggiava, molto poco castamente, al suo braccio, avvicinandosi sempre più.

Rimase lì imbambolata, aspettando che il suo Rumple la allontanasse. Non successe nulla di ciò.

Anzi, le risate della donna aumentavano e anche le mani avviluppate su suo marito.

Lo scatolone quasi le cadde.

“Belle? Ma mi stai ascoltando?”

Belle si riscosse e strinse con rabbia e più forza lo scatolone.

“Si, scusa Ruby ma devo andare.” chiuse la chiamata e, fumante di gelosia, si diresse in biblioteca. Entrò sbattendo la porta e facendo cadere lo scatolone sul bancone.

 

“Ma papà! Ci sono così tante cose interessanti qui...”

Rosie osservava i vari oggetti nel negozio del padre.

“Lo so, la curiosità l'hai presa dalla mamma. Ma è stata proprio lei a dirmi che devi finire tutti i compiti. Dai, ti manca solo una riga.”

Rose fece il broncio, portando in avanti le labbra.

Gold allora si avvicinò alla bambina. “Non vorrai mica che mamma sgridi anche me?”

Rose guardò in giro. “No. Anche se...”

“Anche se?”

“Anche se è divertente.” La piccola scoppiò a ridere.

Gold aprì la bocca a o, falsamente stupito.

“E' così che la pensi?” si portò una mano al cuore. “Così mi ferisci...” recitò come se una freccia gli avesse oltrepassato il petto.

“Oh no, papà! Guarda.” disse lei. Con la lingua in fuori, tra le labbra, finì tutti i compiti in meno di cinque minuti.

“Ecco!”

“Bravissima, tesoro mio.” Lui si chinò e le baciò la nuda.

Lei rise di gioia. “Ora posso giocare?”

“E se invece di stare tra queste cianfrusaglie andassimo a prendere un gelato?”

“Un gelato?” La bimba si illuminò. Come il padre nutriva una passione spasmodica per il gelato.

“Sei stata brava a finire i compiti. Ti meriti un premio.”

Rose batté le mani tutta contenta. Gold le mise addosso la giacca e, prendendola per mano, uscirono dal negozio.

“E' davvero buono.”

Gold sorrise. “Lo vedo, ti sei sporcata tutta la faccia.”

Poco prima di arrivare alla porta della loro grande casa color rosa salmone si fermarono. Gold si chinò e con un fazzoletto le ripulì il volto.

“Pensi che la mamma si arrabbierà?” chiese lei, ora preoccupata.

“Per il gelato?” La bimba annuì.

“Facciamo che rimane un piccolo segreto tra di noi. Gliene parlerò io stasera.”

“Grazie.” disse lei, saltandogli al collo. Scese giù e trotterellò verso casa, spalancando la porta d'ingresso e correndo all'interno.

Sparse tutte le sue cose sul pavimento e, dopo aver dato un bacio alla madre, corse in camera sua a controllare il pesce rosso che le aveva regalato Ariel.

Gold entrò in casa e raccolse quasi tutte le cose della figlia.

Andò in cucina e trovò sua moglie di spalle, ai fornelli.

“Ciao, amore.” le cinse la vita con le mani e si avvicinò per darle un bacio.

Belle però si divincolò, facendo intendere che era troppo impegnata con i fornelli. “Ciao.” lo salutò secca.

Lui si sedette al tavolo, stanco.

“Com'è andata la giornata?”

“Piena di sorprese.” disse soltanto.

Gold osservò la moglie, c'era qualcosa di strano. Che si fosse accorta del gelato?

“Belle...” cominciò lui, ma lei lo interruppe.

“E' quasi pronto, vai a lavarti le mani. E controlla che anche Rose se le lavi.”

“Si, signora.” disse lui, cercando di farla ridere. Belle però rimase seria mentre mescolava l'insalata.

La cena fu animata solo dalle chiacchiere della bambina che, entusiasta, raccontava le mille cose che aveva imparato a scuola.

Mentre la piccola era sprofondata nel divano di fronte ai cartoni animati, Gold aiutò la moglie a spreparare.

Quando ebbero finito era già le nove di sera.

“Rose, devi andare a letto, è tardi.” disse Belle, avvicinandosi alla figlia.

“Mamma, ti prego, altri cinque minuti.”

“No, va' a lavarti i denti.” disse Belle, mettendo a posto alcuni cuscini.

“Ma la mamma di Evan lo lascia fino alle nove e un quarto!” protestò.

“Be', io non sono la mamma di Evan.” rispose Belle.

La bimba, imbronciata, balzò giù dal divano e salì di sopra.

“Vuoi che guardiamo un po' di tv prima di andare a letto?” chiese Gold, avvicinandosi.

“No, sono stanca. Io vado a letto.” Belle, senza nemmeno guardarlò, salì le scale e andò a controllare che la bambina si stesse lavando e cambiando per andare a dormire.

Quando l'uomo finì di lavare i piatti, si asciugò le mani sul grembiule e, toltolo, salì le scale, dirigendosi in camera da letto.

Belle era già sotto le coperte, girata sul fianco.

Dopo essersi messo il pigiama, raggiunse la moglie ma, non appena si infilò a letto, Belle si voltò, dandogli le spalle.

Gold la abbracciò da dietro e le baciò la spalla.

Lei si scostò.

“Belle, tutto bene?” chiese lui.

“E perchè non dovrebbe?” sputò acida lei.

“Perchè sei strana questa sera, sei così fredda.”

“L'hai già avuta la tua dose di calore oggi.”

Gold rimase zitto senza capire. “Ho fatto qualcosa che non va?”

“Oh! Ora mi chiedi se hai fatto qualcosa che non va?” sibilò lei.

“Belle, se è per il g...”

Belle si girò furente e gli assestò un pugno sulla spalla.

“Ahi! Belle! Ma era solo un...”

“Solo?! Ti devo ricordare come hai reagito quando Whale mi ha guardata per un secondo per strada?”

Gold corrugò la fronte. “Ma di cosa stiamo parlando?”

Belle sospirò, irritata. “Non fare finta di niente! Ti ho visto questo pomeriggio con quella che ti toccava e tu ridevi. Davanti a nostra figlia!” Belle ora era seduta a letta, quasi urlava.

Gold rimase a bocca aperta. Di colpo capì tutto.

“Ma Belle io...”

“Sei un verme.” disse lei, prima di aggiungere altri mille insulti.

“Sei gelosa, tesoro?” Gold non riuscì più a trattenersi e scoppiò a ridere.

Belle gli assestò un altro pugno. “E non chiamarmi tesoro!”

“Belle! Belle! Calmati, ti prego.” La bloccò per i polsi. La moglie si agitò tanto che per bloccarla le finì sopra.

I loro visi ora erano vicinissimi.

“Togliti!” strillò Belle.

“Amore mio, hai frainteso tutto.”

“Non mi pare proprio.”

Gold le raccontò com'erano andate le cose, senza muoversi da lei.

“Non ti tradirei mai, amore mio. Lo sai che amo solo te.”

Belle sembrò calmarsi.

“E così tu stavi solo aspettando Rose.”

“Ma si. E poi me lo hai detto tu che devo smetterla di essere scostante con la gente. Per una volta che faccio finta di essere gentile con un'oca del genere, tu mi prendi a pugni?”

Belle si morse il labbro.

“Sei più tranquilla ora?”

Belle annuì, senza proferire parola.

Lui la baciò dolcemente e lei ricambiò il bacio.

“Rumple, scusami...”

Lui rise. “ E io che pensavo fosse per il gelato! Be', in ogni caso, mi fa piacere che tu sia gelosa.”

Belle lo guardò. “E perchè?”

“Perchè significa che mi desideri ancora. Non che non sia un uomo ancora molto affascinate.” Gold ghignò e Belle alzò gli occhi al cielo.

“E poi sei così bella quando ti arrabbi.” mormorò lui, prima di chinarsi a baciarle il collo.

“Rumple, stai forse cercando di sedurmi?”

“Dipende, tesoro. Ci sto riuscendo?”

Lei fece finta di pensarci. “Un po' si. Nonostante l'età, sei pur sempre un uomo affascinante.”

Gold si alzò a fissarla sorpreso. Belle sorrise, compiaciuta del fatto di essersi presa una piccola rivincita con quella frase. Poi lo prese per la maglietta e lo baciò di nuovo.

“Vediamo se mi fai passare tutta la gelosia.” mormorò sulle sue labbra, sentendo le mani dell'uomo stringerle i fianchi.

Ben presto i pigiami volarono via, lasciando i loro corpi senza più barriere a separarli.

A un certo punto Belle, si staccò dalle labbra dell'uomo, e chiese: “Ma quale gelato, Rumple?”

Gold sorrise e la baciò di nuovo per non dover dare altre spiegazioni. Anche perché non osava pensare a cosa Belle avrebbe fatto, o meglio, colpito questa volta.






Note dell'Autrice
Mi sembra un incubo, è finita. Non mi pare vero, mi sembra ieri di aver postato il primo prompt, in ansia che fosse un fallimento. Confido però che la Rumbelle week (o comunque qualcosa del genere) possa ripetersi di nuovo, è stata davvero un'idea fantastica.
Questo è il prompt che ho affrontato per penultimo, con grandi dubbi in testa. Ma andiamo per ordine: come al solito ho voluto porre per primo il mondo delle favole, con un Rumple geloso -anche se lui non lo ammetterà- alla vista del passato di Belle con Gaston. Ho voluto inserire una sorta di pensatoio (avendo spulciato "Il Calice di fuoco" questa estate), anche se in realtà non è niente del genere. Mi serviva tuttavia qualcosa che mi permettesse di far leggere i ricordi di Belle a Rumple e ho preso in prestito l'idea dalla Rowling, che non me ne voglia.
Voglio precisare che lui non si è subito reso conto di essere geloso perchè ciò avrebbe voluto dire ammettere i propri sentimenti, anzi, ammettere di avere dei sentimenti del genere. 
Ho voluto inserire anche un espisodio con Belle più piccola perchè... be' perchè mi affascina un sacco come argomento e vorrei tanto vederlo nella serie, se un giorno mai riuscirò a mettermi in pari come tutte voi. 
Il secondo episodio invece, quello di Storybrooke presente, non è un gran che, forse può sembrare improbabile ma ci ho pensato spesso. Se molte cose del mondo delle favole sono state trasportate a Storybrooke, allora forse anche Gaston-rosa-mozzata può essere da qualche parte. Diciamocelo, sarebbe divertente vedere quanto scompiglio porterebbe, lasciando sempre inteso che non deve dare troppi -e lunghi- problemi alla nostra coppia preferita. Forse si metterebbe a corteggiare Ruby...
In ogni caso, se vi ho delusi con l'improbabile sogno, spero di essermi riscattata in parte -ma non ci spero molto- col finale fluff.
Per quanto riguarda l'episodio con Lacey, giudicate voi. Mi è dispiaciuto nella serie non vedere cosa Ruby avesse da dire sui vestiti dell'ex -ex non trattandosi  di Belle- amica. Peccato  che non ci sia stato. E' stato per questo che le ho fatte scontrare. Mi chiederete perchè Ruby parli e sia quasi buona con Gold; ebbene, l'ho preso da alcune scene. In primis dall'episodio 2x04, precisamente dallo sguardo di Ruby quando Gold dice che lo scialle -o quello che era-, che Belle aveva lasciato al bar, glielo aveva dato lui per proteggerla dal freddo. Poi dal fatto che Ruby ha trasportato per pochi metri il povero Gold ferito, di ritorno sulla nave di Hook da New York. Avendolo già toccato, non ha avuto paura di... bruciarsi (?) al contatto. Ora, perchè Lacey è gelosa? Perchè odia essere messa in ombra da qualcuno. E' un tratto che le ho aggiunto io ma se vi ricordate la faccia seccata di quand'è stata interrotta dagli Charming nella penultima puntata della seconda serie allora mi capirete. Gold è il suo cattivo, di nessun altra. E sotto sotto c'è sempre Belle che lo ama -molto sotto, ahime- per cui è naturale che lui le interessi. Spero abbiate compreso il mio sproloquio.
L'ultimo episodio l'ho voluto stanziare nel futuro, quel futuro allietato dalla piccola e pimpante Rosie. Mi sono immaginata Gold aspettare la figlia fuori da scuola, con un sorriso furbetto nonostante le occhiate degli altri genitori, e mi sono detta: "Il fascino ce l'ha, possibile che nessuna mamma lo noti?". Inoltre dovevo fare 50 e 50, rendendo Belle gelosa. E' stato troppo divertente, talmente tanto che spero che anche voi possiate provarlo leggendo.
Lo so, Belle non è tipo da essere gelosa e credere che Rumple la tradisca ma tenente conto che sono sposati già da un bel po' d'anni, può non essere la prima volta che qualche mamma lancia un'occhiata al marito e soprattutto era stressata fino all'inverosimile, per cui la si può scusare e comprendere.
Ho voluto concludere così, con un bel po' di fluff nel finale perchè adoro i lieto fine, quelli che purtroppo nella vita non ci sono. E ho voluto anche, ma l'avrete notato, descrivere in quest'ultimo capitolo tutti le situazioni e i mondi possibili, per poter dare a tutti l'opportunità di leggere ciò che preferisce. Forse sono riuscita un po' meno a legarli rispetto agli altri, ma la gelosia c'è sempre, che sia per Gaston, per Ruby o per... quella un-po'-troppo-allegra-mamma che è stata sullo stomaco anche a me.
Allora, vi è piaciuta questa raccolta? Spero proprio di si, ma spero soprattutto che l'iniziativa vi sia piaciuta. Io l'ho apprezzata tantissimo sia come autrice che come lettrice, pur non essendo ancora in pari con la letture delle altre storie, causa bruciore degli occhi (le luci dello schermo mi stanno uccidendo).
Il titolo vi apparirà criptico o addirittura  estraneo a ciò che ho scritto ma c'è una ragione se l'ho messo -sebbene moltissime cose da me fatte sia assurde e senza senso- per questo ultimo capitolo. Ciò che gli occhi non vedono si riferisce sia ai vari capitoli che alla loro storia in generale. Gli occhi sono riusciti a carpire solo gesti amorosi verso altre persone suscitando gelosia nei due, quando invece non c'era nulla di amoroso o passionale in essi. Inoltre, se Belle si fosse fermata a guardare solo con gli occhi Rumple, e quindi non col cuore, non avrebbe visto che sotto la Bestia c'era il suo Vero Amore. Così anche Rumple; solo quando ha smesso di osservare con gli occhi e ha dato un piccolo spazio al suo cuore -per non parlare degli altri sensi, ricordiamo la caduta, e quindi il tocco, galeotta- ha intravisto che Belle non era solo una domestica per lui, ma una vera e propria salvezza, oltre che l'amore della sua vita.
Vorrei dire di più ma finirei solo per essere molto malinconica a causa della fine della Rumbelle Week, così preferisco passare ai ringraziamenti.
Un grande grazie a tutti coloro che mi hanno fatto sapere cosa ne pensavano dei vari capitoli. Le vostre parole sono state più che preziose e neanche immaginate quanto io le abbia apprezzate. Un grazie in particolare a padme83, Ariki, Stria93 per aver commentato il capitolo precedente. Un grande abbraccio virtuale.
Un grazie a tutti i lettori silenziosi, spero che quest'ultimo capitolo vi sia piaciuto tanto quanto a me è piaciuto scriverlo.
Un grazie grosso come un camion a tutti coloro che hanno aggiunto la storia tra le preferite, seguite, ricordate.
Un grazie a tutti coloro che hanno scritto sui Rumbelle e a chi ha speso tempo per leggere le varie storie pubblicate questa settimana. Infine un grandissimo grazie a chi ha indetto la Rumbelle Week, penso che un bell'applauso ve lo meritiate per questa stupenda iniziativa che ha dato maggior spazio a questa bellissima coppia. Spero che l'esperienza si possa ripetere.
Che altro dire? Niente di sensato, ovviamente. Alla prossima Rumbelle, vostra o mia.

 

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