Una nuova generazione

di Miss Loki_Riddle Gold
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo e regole ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 - Il binario 9 3/4 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 - In treno ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 - Le quattro Case: Serpeverde... ***
Capitolo 5: *** Attenzione ***



Capitolo 1
*** Prologo e regole ***


Avevo già scritto questa storia, ma l'ho dovuta chiudere... (nel frattempo mi sono dimenticata di copiare tutto, per cui lo dovrò riscrivere.) Iniziamo con le promesse:

- Prometto che pubblicherò entro questi termini fra una volta ogni tre giorni e una voita al mese (con un bonus di un mese e con una pena a scelta di uno di voi)

- Prometto, infine, di leggere/vedere tutti i film/serie tv/libri che mi proporrete (niente anime/manga/Cartoni animati/fumetti/persone realmente esistiti perchè non verranno presi in considerazione) nel caso non lo conosca bene.

Ora le regole per i lettori (seguite bene le regole, altre recensioni non saranno prese in considerazione) :

1. Scegliete un fandom che vorreste vedere ad Hogwarts che NON siano dei seguenti fandom se già ci sono:

Spero di non essermi dimenticata nulla, nel caso per favore avvertitemi.

Harry Potter (I Malandrini (James, Sirius, Remus, Peter), Lily, Severus, Lucius, Regulus, Bellatrix, Narcissa) + Nuovo Personaggio + Ambientazione
Star Trek (Kirk, Spock, McCoy, Scott) + Nuovo Personaggio
Beatles (John, George, Ringo, Paul) + Nuovo Personaggio
Avengers (i Vendicatori (Hulk, Capitan America, Thor, Occhio di Falco, Vedova Nera, Iron-Man), Loki, Darcy, Nick) + Nuovo Personaggio
Once Upon a Time (Rumpelstiltskin, Belle, Regina, Mary Margareth, Ruby, Zelena, Frankestain, Emma, Bealfire, Hood, Uncino, Cora, Ariel, Il Fante di Cuori) + Nuovo Personaggio
Sherlock BBC (Sherlock, Watson, James "Jim") + Nuovo Personaggio
Doctor Who (Clara, Amy, Donna, Il Dottore 10-11, Jack) + Nuovo Personaggio
Io sono Quattro (Sei, Nove) + Nuovo Personaggio
Multiversum (Alex, Jenny, Marco) + Nuovo Personaggio
Pirati dei Carabi (Will, Elisabeth, Jack, Ciurma) + Nuovo Personaggio
Shadowhunters (Alec, Magnus, William "Will", James "Jem", Jonathan, Simon) + Nuovo Personaggio
Percy Jackson (Connor,Will,Drew, Thalia, Nico, Percy, Annabeth) + 2 Nuovi Personaggi (l'unico di cui ne accetterò due)
Hunger Games (Finnick, Peeta, Joanna) + Nuovo Personaggio
Supernaturalist (Francis, Lucien "Idem", Stefan) + Nuovo Personaggio
Il Signore degli Anelli (Faramir, Eowyn, Eomer, Legolas) + Nuovo Personaggio
Glee (Kurt, Santana, Rachel) + Nuovo Personaggio
The Vampires Diares (Katherine, Elijah, Damon)
The Maze Runner (Gally, Thomas, Newt)
The games of Thrones (John)
Le cronache di Narnia (Fratelli Pevensie (Lucy, Susan, Edmund, Peter) )
Una mamma per amica (Jess)
Orgoglio e Pregiudizio (Mr. Darcy)
Agents of S.H.I.E.L.D.S (Leo, Jemma, Skye, Phil)
Dr.House M.D. (Cuddy, Chase, Wilson, Dr. House, Allison, Hamber)
The Big Bang Theory (Penny, Cooper, Leonard, Rajesh, Howard, Stuart)
Scrubs (J.D., Turk, Elliott, Carla, Ted, Todd, Cox, Kelso)

2. Per il fandom (scelto nel numero 1.) scegliete almeno tre personaggi a vostra scelta

3. (facoltativo) se volete potete crearvi un (e uno solo) nuovo personaggio che sia imparentato con almeno uno dei personaggi (scelti nel numero 2.) poi compilate il modulo sotto indicato:

Nome:
Cognome: 
Fandom di provenienza: 
Aspetto fisico (non ragazze/i perfette/i): 
Caratteristiche fisiche/poteri: 
Carattere (non ragazze/i perfette/i): 
Casa
ta di appartenenza (che sia giusto per il carattere, niente super coraggioso e per niente furbo a Serpeverde):
Età (facoltativo): 
Anno che frequenta: 
O
rientamebto sessuale (eterosessuale/omosessuale/bisex): 
Cosa ama: 
Cosa odia: 
Parentele/amicizie: 
Con chi vorreste che stesse ( facoltativo, in più non significa per forza ci starà, ma così mi regolo per le amicizie e le cotte varie): 
Ruoli all'interno di Hogwarts (facoltativo):


 
Prologo




Era successo tutto in un attimo, probabilmente nessuno se n’era manco davvero accorto. Era stato considerato una piccola onda di sistemazione di un probabile terremoto, peccato che questo probabile terremoto di cui tanto si andava parlando non si era effettuato. Era stato un terremoto, per così dire, che aveva preso l’intero universo. Tutto era partito da una stanza particolare di un palazzo particolare in un pianeta particolare. Tutto era partito dalla stanza da letto di Loki su ad Asgard, il Regno degli dei. Il proprietario della stanza era da poco stato lasciato libero di tornare nella sua stanza mentre veniva controllato a vista da suo padre, suo fratello ed Heimdall - dopo aver combinato uno dei suoi enormi disastri nel tentativo di prendere un trono che non spettava a lui -. Il ragazzo – perché il dio in quel momento sarebbe potuto sembrare solo quello – non sembrava stare bene, considerato che teneva la testa fra le mani e gridava come se stesse tentando con tutto se stesso di avvertire qualcuno che era in pericolo. Il dio degli inganni era in un abito notturno, seduto ai piedi di quello che si sarebbe potuto immaginare come un letto, se solo gli dei avessero dormito, probabilmente era caduto dalla posizione in cui si trovava prima. Il volto solitamente così beffardo da riuscire a fare irritare chiunque al solo essere visto era una maschera di terrore. I capelli, solitamente ordinati sembravano fare a gare a chi puntasse nella direzione più strana e, per finire, le mani sembravano voler strappare via l’intera faccia per come erano artigliate. Probabilmente un medico avrebbe detto come unico verdetto che aveva mal di testa, o più correttamente che aveva subito uno shock, - cosa piuttosto improbabile dato di chi si trattava -. Eppure pareva che si trattasse proprio di questo e se ne sarebbe potuto avere una conferma se qualcuno fosse riuscito a leggergli nella mente dove rimbombavano e martellavano vanamente domande come “Chi sono?”, “Dove sono?”, “Perché sono qui?”, “Come mai sono qui?”, esse si ripetevano all’infinito senza mai trovare una risposta.


***


La Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts era da sempre stata considerata incredibilmente piccola per il potere che aveva sempre esercitato. Le altre due maggiori scuole di Magia, infatti, erano frequentate da studenti di mezzo continente, mentre Hogwarts era la scuola solo per studenti inglesi. Almeno era sempre stata questa l’idea che aveva dato... fino a qualche anno prima, quando era divenuta la scuola maggiormente espansa dell’intero pianeta, manteneva, ormai, persino studenti ed insegnanti alieni per quanto questo potesse essere concepibile. Non era strano, quindi, trovare il vecchio e saggio Professor Albus Silente cercare come minimo di scoprire l’identità dei suoi nuovi studenti, diversamente da come era sempre stato. Anche quel giorno, quindi, si trovava nella solita situazione con in mano la foto di alcuni studenti incredibilmente particolari. Quell’anno sarebbero, persino, stati la maggior parte della studentesca. Un ragazzo in particolare attirava la sua attenzione, con i suoi occhi e capelli neri, la strana pettinatura perfettamente a caschetto, le orecchie a punta e le sopracciglia oblique che gli davano un aria incredibilmente seria. Sotto la foto il nome “Spock” faceva la sua bella mostra. Non aveva ancora finito di fissare quello strano studente quando comparve, dentro al suo studio, un uomo a cavallo. L’uomo, non era fra le creature più comuni, con la benda dorata che gli copriva l’occhio destro – senza per questo che ci fosse un qualche tipo di fascia a trattenerlo -, i capelli, la barba e i baffi bianchi come la neve, ma soprattutto quello che più avrebbe potuto sconvolgere chiunque era l’abito che indossava formato da un armatura medievale dorata e argentata, con tanto di mantello rosso. Il cavallo non era sicuramente da meno, dato che aveva otto zampe quasi fosse stato un ragno. Il Preside sollevò la testa sussultando più come riflesso incondizionata all’improvvisa comparsa che per paura per ciò che vedeva. Il cavaliere, se così si poteva chiamare, non scese nemmeno da cavallo per iniziare a parlare, quasi fosse di fretta.
- Vedo che come sempre ti interessi più del dovuto dei tuoi studenti.- Disse, come se non avesse mai smesso di trovarsi in quella stessa stanza.
- Eh, sì… sono il preside, ormai e per quanto stia invecchiando, mentre la scuola sembra ringiovanirsi ogni giorno che passa, non posso che interessarmi per la salute e lo stile di vita dei miei ragazzi. Comunque scommetto che non siate qui per questo, mio caro vecchio Odino!- Silente sorrise bonario come se conoscesse da una vita il suo interlocutore, che da parte sua non fece una piega a quel tono confidenziale usato dall’altro.
- Esattamente come ti sei accorto ho bisogno di un favore. Mio  figlio deve essere ammesso in questa scuola.- Si spiegò la divinità norrena, osservando il preside, come se fosse un confidente, che si corrucciò perplesso.
- Non capisco… credevo di averlo fatto ammettere da due anni a questa parte!-
- Non lui, l’altro.-
- Loki?- Chiese sorpreso il mago. Come mai il dio della magia aveva bisogno di una scuola di magia che sicuramente avrebbe potuto insegnare a lui meno di quanto lui avrebbe potuto insegnare alla scuola?
- Sì e dovrebbe anche trovare qualcuno che gli faccia tornare i ricordi di chi era.- Gli spiegò il Padre degli dei tranquillamente, come se fosse stata una cosa normale ritrovarsi un figlio, sia pure adottivo e con un carattere piuttosto anormale, con un amnesia totale.
- Forse ho quello che fa per voi.- Dichiarò il mago, prendendo da un cassetto una pergamena e vergandoci sopra delle parole da far spedire attraverso Fanny, mentre la divinità spariva.
 
 
***
 
 
Stava saltellando per l’intera stanza con solo il pensiero della pozione che si trovava nel mezzo della stanza stessa. Probabilmente se qualcuno lo avesse visto in quel momento si sarebbe chiesto se per caso non si fosse bruciato, ma la verità era che gli piaceva muoversi in quella maniera alla ricerca degli ingredienti messi un po’ ovunque lungo le pareti. Quella pozione era piuttosto complicata e gli mancava solo una lacrima di fenice ed un cuore stritolato per completarla. Per quanto riguardava il cuore non se ne preoccupava data l’enorme vastità di cuori in suo possesso. Per la lacrima era tutt’altro discorso, ma l’avrebbe trovata perché quella pozione l’avrebbe aiutato a ritrovare suo figlio, da tanto tempo perduto, o meglio da quando era divenuto il potente mago che era in quel momento. Sapeva, però, che l’anno futuro suo figlio sarebbe entrato nella scuola di magia e stregoneria di Hogwarts. Era stato questo a spingerlo a tentare il tutto per tutto. Aveva scritto al preside di quella scuola e gli aveva chiesto se lo avesse preso come insegnante di pozioni. Per sfortuna, però, non aveva ricevuto risposta il che significava più un no che un sì, così si era messo a preparare quella pozione, che gli avrebbe riportato il figlio tanto amato. Ora gli mancava un solo ingrediente, dato che aveva appena stritolato il cuore richiesto. Come se qualcuno lo avesse ascoltato fu proprio in quel momento che bussò al vetro della finestra una fenice dalle piume dorate e rosso fuoco, o per meglio dire Fanny, la fenice del Preside di Hogwarts. Il pozionista saltellò ad aprire la finestra, accorgendosi solo in un secondo momento che alla zampa di quella creatura si trovava una lettera. Praticamente la strappò dalla zampa dell’uccello che con un verso indignato e sguardo arrabbiato si innalzò per volarsene via, ma per un riflesso incondizionato preso ormai come un abitudine dato ciò che era sempre significato per lui, il mago aveva chiuso la finestra. Così la fenice fu costretta ad osservare quella strana creatura dalla pelle dorata, l’abito che sembrava ricordare la pelle di un coccodrillo, gli occhi sgranati di un marrone inconfondibile, i lunghi capelli castani sparati praticamente in ogni direzione, i denti giallognoli e le unghie acuminate leggere con avidità la lettera appena giunta. Doveva essere una lettera che gli faceva piacere, perché il suo volto si illuminò sempre di più. La povera Fanny si accorse di ogni cosa, ma non seppe cosa fare o come andarsene via da quella scomoda situazione così gracchiò il più forte che poteva e finalmente il mago si accorse della sua presenza, andandole ad aprire la finestra dalla quale la fenice se ne potè andare.
 
 
***
 
 
Un ragazzo di Liverpool stava suonando la chitarra, ogni tanto sorrideva immaginandosi su un palcoscenico, immaginava che un enorme pubblico lo ascoltasse incantato o, quando finiva una canzone, che questi scoppiassero in acclamazioni ed applausi. Si immaginava lontano di casa, immaginava di rendere fiera la sua numerosa famiglia. Era il terzo di quattro figli. Era uno dei due gemelli, era il penultimo nella sua famiglia e a quanto pareva era anche l’unico ad essere un babbano, ma gli andava bene così dato che aveva interessi babbani come suonare la chitarra. Non sapeva, infatti, se avrebbe potuto portarsi lo strumento nella scuola e a lasciarlo non ci pensava nemmeno. Era la sua vita suonare. Non si ricordava nemmeno più di un tempo in cui non c’era la musica nella sua esistenza. Sua sorella gemella era diversa. A lei piaceva lo studio. George non riusciva a comprenderla totalmente, cioè gli piaceva, ovvio conoscere ed imparare nuove cose, ma non avrebbe mai messo da parte la sua musica per lo studio. Quella era la loro più grande differenza. Fu, quindi, sorpreso quando il picchiettare di un becco contro il vetro della finestra interruppe una sua canzone. Si alzò ed andò a vedere. Un gufo planò davanti a lui e lasciò sulla sua chitarra una lettera con la sua bella scrittura verde. George non dovette nemmeno prenderla in mano per capire cosa significava. Lui, George Harrison era un mago! Corse al piano di sotto con la lettera stretta in pugno e gridando un evviva che avrebbe potuto svegliare l’intera città se non fosse stato mezzogiorno.
 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 - Il binario 9 3/4 ***


Vorrei iniziare augurandovi un buon Halloween, continuo chiedendovi scusa del ritardo con cui posto, ma sono rimasta entro i limiti mi pare.
Ora mi rivolgo ai nuovi, ma anche a tutti gli altri: se volete aggiungere un vostro persoaggio guardate che NON faccia parte della lista inserita nello scorso capitolo e di seguire le indicazioni dello scorso capitolo. Lì ci sono tutte le regole. Per coloro che l'hanno già fatto potete continuare a scrivere dei personaggi, se vi va. Oppure, cosa che assolutamente gradirei, ditemi cosa ne pensate di questo capitolo. Naturalmente siamo ancora all'inizio (non sono nemmeno entrati ad Hogwarts, per ora), ma spero vi piaccia. Naturalmente non ho potuto scrivere dal punto di vista di chiunque, ho solo presentato alcuni dei primini.
Ora vi auguro buona lettura, spero che sia di vostro gradimento e buon Halloween!





 

Capitolo 1 – Il binario 9 ¾

 
 
La lotta nella sua mente fra la parte magica di sua madre e quella logico-scientifica di suo padre non si era ancora calmata.
D’altro canto essere figlio di un vulcaniano e di una strega non era per niente facile. Suo padre, vulcaniano, era sceso sulla terra assieme ad un gruppo di esploratori del suo pianeta per scoprire i segreti che si celano su questo mondo confondendosi fra creature magiche chiamate “Folletti delle foreste” aveva così conosciuto sua madre, all’epoca una semplice studentessa che viveva nel castello affianco alla foresta. Si erano poi sposati, forse in quanto suo padre era stato catturato dalla gentilezza di sua madre. Non si poteva dire, però, che suo padre avesse un’idea di cosa significasse amare.
In quel momento era lì, a cercare un treno che non ci sarebbe dovuto essere in un binario che non sarebbe dovuto esistere.
Binario 9 ¾ , la sua testa gli gridava l’impossibilità dell’esistenza di un binario del genere, il cuore gli diceva, invece, che la lettera che aveva ricevuto poche settimane prima era reale, quindi anche il binario lo doveva essere.
Si guardò attorno notando il numero 9 e 10, ma niente in mezzo se non il muro di divisione. Sembrava tutto normale.
La sua mente lo stava già sgridando per l’assurdità a cui aveva creduto quando il gentile tocco sulla schiena della sua unica e migliore amica, assieme al fratello, Mary lo risvegliò dai suoi pensieri.
Lei era l’unica che lo potesse toccare.
 
 
***
 
 
Spock era immobile, semi pietrificato proprio come lo era la sua consapevolezza davanti all’inesistenza del binario che stavano cercando. Non riusciva a tenersi sulle gambe così si attaccava con tutto il corpo al suo carrello. In quel momento non era altro che un ragazzino insicuro e tremante seppur fosse la mente del gruppo formato da lei, Mary Kirk, il fratello di Mary e Spock stesso. Mentre Mary era lì ad osservarlo si perse nelle sue constatazioni. Lei, Mary Jane Kirk e lui, Spock avevano contratto una strana amicizia basata sulle reciproche differenze.
Ogni loro sfaccettatura caratteriale, infatti, si opponeva a quella dell’altro.
Lui, per esempio, era introverso, mentre lei era estroversa.
Lui era studioso, lei era svogliata.
Lui si fidava difficilmente del prossimo, lei si fidava praticamente subito - tanto che a volte si metteva in guai che toccava a lui sciogliere - .
Lui era logico, mentre lei istintiva.
Persino il loro aspetto fisico era l’opposto seppur fossero entrambi incredibilmente magri.
Spock aveva il volto ovale con gli occhi e i capelli neri, lei ce lo aveva a cuore con occhi grigi, che a volte le persone lo definivano “argento fuso”, ed i capelli castano chiari, come suo fratello.
Forse le uniche somiglianze fra loro era il luogo dove erano cresciuti, dato che la famiglia di Spock e la sua erano vicini praticamente da sempre; l’età e il luogo dove si stavano dirigendo per i loro studi: Hogwarts.
Secondo lei se la mente e la parte magica del suo amico si fossero messe d’accordo il ragazzo sarebbe divenuto facilmente il mago più potente ed intelligente mai esistito.
Solo allora si decise a risvegliarlo da quello stato catatonico posando una mano sulla sua schiena esercitando una minima pressione.
 
 
***
 
 
Non era la sua prima volta che vedeva quel treno, anche suo fratello aveva passato alcuni anni in quella scuola, ma era sicuramente la prima in cui ci sarebbe salito sopra, la prima in cui quel treno scarlatto rappresentava per lui qualcosa in più di un semplice mezzo di trasporto come tanti altri. Questo era strano, sicuramente, anche perché quell’anno diversamente da tutti gli altri che lo aveva visto suo fratello non sarebbe salito per andare a scuola. Per così dire si erano dati lo scambio.
Ma non era di questo che stava pensando in quel preciso momento, era infatti preso a fissare e studiare i suoi futuri compagni. Il suo sguardo correva da un particolare all’altro analizzandolo. C’era difatti quello strano studente che zoppicava un po’ e doveva avere avuto una certa dimestichezza con le armi di cui non conosceva l’origine. Era troppo giovane, dall’altezza ed il volto aveva certo un anno in più di lui, per essere stato un militare anche se dalla rigidezza del corpo e dallo sguardo severo del padre si poteva addire a lui lo status di militare, probabilmente un medico dati i calli. Stavano chiacchierando con tranquillità. Osservò attorno ai due alla ricerca di una donna che mancava, eppure poteva notare bene da come veniva portata che l’uomo era sposato da almeno una decina di anni dallo stato della fede che portava al dito. Probabilmente c’entrava una bambina. Una nipote, cugina o sorella minore. Era tentato a continuare a fissarli, anche solo per comprendere cosa si stessero dicendo i due, ma preferì scostare lo sguardo che venne immediatamente catapultati su una famiglia vicino al quale c’era un bambino dagli unti capelli ed occhi neri. Sembrava attendere impaziente che la ragazzina, dagli occhi verdi e i capelli rossi, sicuramente sua amica smettesse di parlare con i suoi genitori. Doveva avere un genitore violento, essere taciturno e non molto accettato, ma queste erano ovvietà ai suoi occhi. Era strano come i due potessero essere in chiara amicizia seppur fossero gli opposti.
“E’ proprio vero che gli opposti si attraggono” pensò.
Dopo un veloce sguardo ai due i suoi occhi vennero proiettato da qualcuno di infinitamente più interessante.
Una famiglia al gran completo, con tanto di cavalli al seguito faceva bella mostra di se. Questo sì che era strano. Cosa ci facevano dei cavalli in una stazione ferroviaria? In più il modo in cui erano abbigliati ricordava molto di più un esercito medievale che persone normal…
- Sherlock?- Fu chiamato da quello che non potè fare a meno di riconoscere per suo fratello, Mycroft.
Non si era nemmeno accorto che gli aveva appoggiato entrambe le mani sulle spalle, cosa strana nella sua famiglia.
Si voltò a guardarlo negli occhi. Chissà cosa voleva. Sicuramente dal suo comportamento poteva dedurre che non era nulla di positivo.
- Sherlock, voglio sperare che tu sappia come ti devi comportare ad Hogwarts e che non farai vergognare mamma non finendo a Corvonero.-
- Vorrai dire tu, sei tu che ne proveresti vergogna, non nostra madre.- Fu la sua unica risposta. Sapeva bene che Mycroft si preoccupava per lui, ma soprattutto che temeva in modo assurdo che le cose andassero a finire male. D’altro canto Mycroft con tutta probabilità non sarebbe divenuto Primo Ministro solo perché preferiva lavorare dietro a una scrivania, ma avrebbe comunque tirato le redini dell’intera Inghilterra, babbana o magica che fosse.
- Sai bene che mi preoccupo per te!- Sherlock in quel momento avrebbe voluto storcere le labbra e ribattere con qualcosa di incredibilmente saggio, ma preferì sorvolare per poter salire sull’Espresso il prima possibile.
 
 
***
 
 
In un angolo del binario una famiglia pareva discutere calorosamente. La ragazzina, Leslie, non pareva intenzionata a prendere il treno che si stagliava sopra le loro teste. Era da quando si era alzata quella mattina incredibilmente presto che si sentiva insofferente. Suo zio Jack ed il resto della famiglia avrebbe raggiunto come lei la scuola, solo per un’altra via e davvero non riusciva proprio a comprenderne il motivo. Perché non sarebbe dovuta restare qualche altra ora a letto, magari ad aiutare suo zio con la manutenzione ed il comando della loro nave? Perché si era dovuta a tutti i costi svegliare prima quando con la nave sarebbe potuta giungere in pochi minuti a destinazione? Non aveva proprio senso che dovesse a tutti i costi prendere quel treno scarlatto quando i suoi genitori si sarebbero trasferiti sul Lago Nero, che poi il motivo per il quale lo avrebbero fatto non sussisteva, sperava, nel controllarla. Loro erano pirati e come tali avrebbe dovuto poter avere maggiore libertà, non minore.
Lo zio Jack era, certo, fratello di un suo futuro insegnante di nome Killian e questo gli aveva permesso di portare la Perla sul Lago Nero per quell’anno scolastico con tanto di ciurma.
Ecco perché non riusciva proprio a comprendere per quale assurdo motivo non poteva andare a scuola anche lei con la Perla. C’era vissuta su quella nave, assieme ai suoi genitori, da quando era nata quindi non capiva proprio per quale assurdo motivo doveva andarsene proprio ora.
Era per questo che si stava lamentando con i suoi.
- Mamma, perché devo andare con questo treno? Non posso venire con voi?- Chiedeva, tirando la manica della madre a cui si era letteralmente aggrappata.
Sua madre la guardò per l’ennesima volta, quasi sperando che la figlia stesse capita. Poi scosse la testa disperata e, come tutte le altre volte ripetè: – Leslie, è per il tuo bene! Quante volte ti dovrò dire che il tuo primo viaggio in treno è importante? Non vorrai per caso che tutti si siano fatti degli amici tranne te, eh? Se sarai ancora dell’idea di venire con noi lo potrai fare in futuro, magari l’anno prossimo.-
Lì si creava un ennesimo problema: cosa significava “l’anno prossimo”? Leslie voleva proprio sperare che, no, i suoi genitori non intendessero dire per davvero che intendevano trasferirsi sul Lago Nero perennemente in quei sette lunghi anni. Perché, sì. A quel punto quegli anni si sarebbero rivelati davvero incredibilmente lunghi.
 
 
***
 
 
Erano appena tornati da Narnia, dopo aver conosciuto Caspian e si vedevano costretti a prendere l’Espresso che li avrebbe portati sicuramente in un luogo dove non avrebbero potuto andarsene molto spesso.
Narnia sarebbe loro mancata incredibilmente e lei già sentiva la mancanza dei suoi “cari piccoli amici” e per Aslan. Era la più piccola in famiglia, il che comportava che i suoi due fratelli e sua sorella, tutti e quattro maghi e streghe, l’adorassero con tutto loro stessi. Era sempre stata intelligente e quando vedeva qualcosa, come diceva spesso suo fratello Edmund, bisognava crederle perché era così.
Edmund aveva solo un anno in più di lei e, mentre a Narnia era considerata il Re Giusto ad Hogwarts era solo un Tassorosso come molti altri.
Il maggiore, Peter, era in tutto e per tutto un Grifondoro così come a Narnia era il Re dei Re finiva per essere sempre quello più importante nella loro famiglia.
Per finire, sua sorella Susan, che quell’anno avrebbe frequentato il quarto anno, invece, era finita a Serpeverde per la sorpresa dell’intera famiglia che la si sarebbe aspettata di vedere a Corvonero data l’intelligenza sempre consideratole ed il nome che per nulla sarebbe stato considerato poter appartenere a una Casa come quella. Lei era La Gentile, il che non sembrava concordare con il suo status ad Hogwarts.
D’altro canto, però, considerato che lei e i suoi fratelli sembravano essersi sparpagliati per l’intera scuola, Lucy poteva sperare di finire a Corvonero.
Era quella la Casa che Lucy aveva sempre preferito fin da quando il padre aveva iniziato a raccontar loro le storie riguardante quella antica scuola di Magia.
Eccola in quel momento, mentre si apprestava a seguire i fratelli nel treno con tante speranze infantili ed una grande consapevolezza nel cuore.
 
 
***
 
 
Finalmente avrebbe frequentato il suo primo anno ad Hogwarts! I suoi fratelli sarebbero rimasti incredibilmente sorpresi quando quell’estate sarebbe tornato al Campo Mezzosangue! Ah, già li sentiva! Non più un figlio di Ade, ma anche un mago sei divenuto, ora? Sei sempre più simile a Percy e Annabeth. Oh, quanto avrebbe riso! Era stata sicuramente una bella sorpresa quando suo padre gli aveva comunicato dove avrebbe passato una buona parte dell’anno! Si sarebbe divertito, ma come avrebbe potuto fare a spiegare che lui non era cattivo perché Mezzosangue? Avevano un concetto così diverso di quella parola ad Hogwarts di come l’aveva sempre sentita! Percy ne parlava quella stessa estate “per loro essere Mezzosangue è una offesa bella grossa”. All’epoca ne avevano riso, ma ora?
Si osservò attorno, notando che a qualche metro di distanza si trovava quella che avrebbe riconosciuto in ogni modo come Thalia. Aveva imparato a riconoscerla, ma ogni volta che la vedeva un groppo alla gola gli serrava ogni possibilità di parola. Perché diamine Thalia era potuta tornare in vita e Bianca no? Bianca.. oh, quanto si sarebbe divertita lì. Avevano perduto ogni possibilità di passare qualche anno scolastico assieme. Ancora si chiedeva per quale assurdo motivo erano entrati in quel locale. Perché ci erano rimasti così tanto. Avrebbe tanto desiderato lasciarsi ogni cosa alle spalle e poter andare avanti con sua sorella, ma non poteva. Bianca era morta e non gli sembrava mai di averla pianta a sufficienza. Ora, però, si doveva dare un qualche tipo di forza per potersi godere al meglio quell’anno, poi da raccontare ai suoi compagni, amici e fratelli del Campo Mezzosangue.
 
***
 
 
Si avvicinò al treno scarlatto guardando tutti gli altri ragazzi con sguardo semi schifato. Probabilmente molti di loro erano schifosi Mezzosangue dato che non li conosceva e lei li conosceva tutti i Purosangue e le loro famiglie. Si voltò verso il suo parente più prossimo, suo padre, e gli strinse la mano, il quale le ricordò di non fare amicizia con traditori del proprio sangue, mezzosangue o nati babbani come se lei ne avesse avuto bisogno. Li odiava tutti, questo era certo. Finalmente suo padre la lasciò andare e lei poté salire su quel benedetto treno, cercando i suoi amici.
Non li trovò anche perché era arrivata fin troppo in anticipo, ma trovò uno scompartimento vuoto a metà treno e sperando che loro la trovassero si mise a sedere. Tirò fuori un libro che avrebbe letto nell’attesa, ma non fece in tempo ad aprirlo che lo sportello si aprì rivelando un ragazzo biondo con gli occhi azzurro ghiaccio che subito riconobbe per Lucius Malfoy. Era di qualche anno più grande di lei, per cui non si stupì quando, dopo averla squadrata altezzoso le chiese:- Cosa ci fai qui? Non lo sai che questo è lo scompartimento dei Serpeverde?-
La ragazzina alzò le spalle:- Allora sono nel posto giusto. Anche se non sono ancora una Serpeverde, Malfoy.- Gli sorrise fintamente, sperando che la riconoscesse. Come osava parlarle in quel modo, in ogni caso?
- Ma non sarai Margareth Riddle? – Annuì, ghignando nella sua direzione.
-Avrei dovuto capirlo subito, eh? E’ un piacere averti rivisto.- Si sedette al suo fianco, attendendo a sua volta gli amici.
Margareth aprì il libro, attendendo che Lucius si decidesse a parlare, ma questo non successe.
Un rumore ruppe il silenzio che era calato. Qualcuno doveva essere entrato, ma Margareth fece finta di nulla.
- Ehi, Lucius! Ecco dov’eri!- Disse la voce di una ragazza che si richiuse lo sportello alle spalle come dimostrava il rumore della porta.
La primina alzò lo sguardo tentando di capire chi fosse. Non l’aveva mai vista, ma avrebbe scommesso qualsiasi cosa perché fosse una Black, probabilmente la maggiore, Bellatrix. La sua bellezza era giunta prima di lei alle orecchie della giovane Riddle, proprio come succede con qualsiasi persona di una certa fama. Così non si sorprese nel trovarla incredibilmente affascinante, con quei meravigliosi capelli neri sparati in tutte le direzioni e quegli occhi grigi che parevano un mare in tempesta. Per quanto riguardava i colori erano gli stessi che aveva lei, ma non c’era davvero storia. Bellatrix era la studentessa più bella, più ambita e più pericolosa che esistesse, almeno secondo quanto le era stato riportato dai suoi amici. Poteva, quindi ritenersi fortunata di essere una delle migliori amiche di Narcissa, la più piccola delle Black.
- Ciao, Bellatrix. Ogni anno più bella tu, eh?- Le sorrise Lucius, guardandola con espressione maliziosa.
La ragazza ridacchiò, ma poi si volse verso Margareth.
- Che hai da guardare, mocciosa e chi sei?- Le chiese, con una smorfia sul volto.
La primina alzò un sopracciglio, continuandola a guardare, prima di risponderle:- Di sicuro il mio nome non è mocciosa. Mi chiamo Margareth e sono l’ultima della nobile stirpe dei Gaunt, figlia di Tom Riddle Junior. Tu, invece, devi essere Bellatrix Black la più grande fra le tre sorelle, giusto?-
Bellatrix la fissò qualche secondo, quasi non credesse alle proprie orecchie, poi ghignò.
- Una Riddle. Molto piacere.- Detto questo si sedette.
 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 - In treno ***


Sì, mi rendo conto che sono passati quasi due mesi, ma come avevo detto potevo usare un bonus un'unica volta ed ecco che l'ho fatto. No, non mi sono dimenticata di questa storia, avevo solo bisogno di tempo per conoscere meglio alcuni personaggi. Così adesso ho conosciuto i personaggi di Agents of SHIELD, di Supernaturalist, ho finito di leggere Percy Jackson e, per concludere ho iniziato Glee (sono alla seconda stagione), The Maze Runner (ho visto solo il film), Il Signore degli Anelli (sono ancora alla Compagnia dell'Anello, ma ho visto tutti i film) e di Vampires Diares (sono al primo libro). Spero che questo capitolo vi piaccia e che abbiate tempo per recensire.
Buone Feste, Auguri di Buon Natale a tutti e Buona Lettura!

Capitolo 2 – In Treno
 
 
Salire su quel treno era sempre parso per lei una cosa impossibile. La sua intera famiglia era babbana, erano, anzi, degli scienziati. Per questi motivi da quando se lo ricordava non aveva mai creduto nella magia. (Ma dai…) e sicuramente avrebbe preferito molto di più essere una ragazza normale, come tante altre e con una vita assolutamente comune. Magari con una famiglia, un marito e dei figli. Come sempre, però, sembrava quasi che questo evento non potesse succedere. Conosceva ed aveva già sentito parlare di una scuola “speciale” di nome Hogwarts, alcuni sui cugini dal quale cognome lei prendeva il nome, avevano un figlio che la frequentava. Però nella sua famiglia era sempre passata la parola che questo ragazzo fosse strano e come tale assolutamente non da imitare. Fin da piccola, quindi, aveva tenuto nascosto le piccole magie che era in grado di svolgere, spaventata come si ritrovava dalla possibilità di finire in una scuola del genere. La sola idea di assomigliare tanto a quel ragazzo la terrorizzava così come terrorizza tutti ciò che non conosce né capisce. Non aveva avuto scelta, alla fine. La lettera le era arrivata e lei era stata costretta ad accettarlo. Era stato così che si era ritrovata su quel treno a cercare uno scompartimento vuoto cosa che pareva impossibile. Si stava avviando con aria flemmatica, brontolando fra se quanto tutto quello fosse terribile e quanto questo non le sarebbe proprio dovuto accadere quando andò a sbattere contro qualcosa, o per meglio dire qualcuno.
- Miss, dovrebbe stare più attenta a come si muove.- Disse la voce altezzosa di colui che aveva colpito.
La ragazzina fece un balzo indietro, per osservare chi diamine fosse il suo interlocutore.
- Ehm, mi scusi… Mr… - Iniziò a dire, mentre sollevava lo sguardo. Il ragazzo era vestito con abiti incredibilmente eleganti, eppure la giovane scoppiò a ridere nel vederli. La giacca, infatti, era fin troppo improbabile, di un colore nero acceso e con il taglio d’altri tempi mostrava al di sotto il panciotto beige e al di sopra quello che sembrava un foulaire a sbuffo bianco (che la ragazzina comprese essere solo l’orlo della camicia) sembrava coprire la camicia dello stesso colore. Una mano si trovava sul braccio della ragazza, quasi intendesse aiutarla a non cadere, mentre l’altro era dietro alla schiena. Solo quando riuscì a trattenersi dal ridere, si concentrò a riconoscere il ragazzo di qualche anno più di lei. Aveva dei lineamenti incredibilmente familiari, con le labbra sottili, il naso incredibilmente perfetto e quegli occhi scuri che sembravano studiarla sembrava un adone, senza parlare dei capelli ricci fra cui ti veniva voglia di infilare le dita per saggiarne la consistenza. La giovane comprese subito di chi si trattava, quindi concluse la frase: -… Darcy!
Il giovane alzò un sopracciglio, ma non rispose anzi piegò impercettibilmente la testa in un segno di saluto molto settecentesco.
- Vedo che avete mantenuto la vostra sbadataggine, cugina Lewis.- Rispose il giovane quando fu sicuro che la più giovane non potesse cadere, mentre la lasciava andare e si rimetteva apposto la giacca.
- E io posso notare che avete ancora l’abitudine ad utilizzare abiti settecenteschi, cugino.- Rispose la signorina Lewis, sorridendo. – Come sta vostra sorella Georgiana? Impaziente di partire anche lei?- Chiese, mantenendo il tono della conversazione altisonante.
- Sta bene, grazie per averlo chiesto. Avete ancora la valigia con voi. Se volete…- Fece un gesto con la mano quasi ad indicare di seguirlo e la ragazzina non se lo fece ripetere. Stranamente le faceva piacere avere qualcuno che conosceva in quella nuova scuola, per quanto questa persona potesse essere incredibilmente diversa da lei.
 
 
***
 
 
James Kirk aveva trovato uno scompartimento vuoto dove si erano poi seduti lui, sua sorella e il loro amico Spock. Quest’ultimo continuava inesorabilmente a guardarsi attorno, indeciso se credere o meno di avere delle allucinazioni visive, olfattive, tattili e uditive. Che i suoi sensi lo stessero ingannando? Si doveva star chiedendo il ragazzo per il divertimento di James. Mary, invece, sembrava sovraeccitata, quasi come se tutto quello che le stava succedendo fosse la più grande attrazione del mondo. James sorrise, osservando il volto della sorella più solare del solito sembrava quasi emanare una luce tutta sua dai suoi limpidi occhi castani. Passarono qualche minuto in completo silenzio soppesando mentalmente sulla cosa che erano diretti ad una scuola di Magia, loro che non avevano mai creduto in essa. James si divertiva solitamente a prendere in giro bonariamente Spock per le sue incredibili qualità da Vulcaniano, ma in quel momento il divertimento sembrava essere sfuggito ai suoi occhi. Erano maghi, tutti e tre! Si ripeteva James, sorridendo fra se e se.
Spock si chinò sulla propria valigia, ne tirò fuori qualcosa stando ben attento a non sfasciarla completamente e si rialzò, tenendo in mano il volume di Storia di Hogwarts ed iniziando a leggere.
James non si era mai capacitato di come una persona potesse amare leggere libri del genere. Li trovava noiosi. In effetti avrebbe trovato noioso qualsiasi libro non avesse parlato di volare, il che lo aveva subito avvicinato al Quidditch.
Mary, a differenza degli altri due, aveva alzato la bacchetta tentando per l’ennesima volta di fare un semplice incantesimo di pulizia. Ad un certo punto Spock si voltò dalla sua parte.
- Non si pronuncia in quel modo quell’incantesimo. - Disse, con quella pazienza che dimostrava solo quando parlava a Mary. – E’ Mùnda Totus, non Mundà Totus! Se no potresti cavare un occhio a qualcuno. – La osservò come se guardasse un cucciolo un po’ imbranato.
- Forse mi piacerebbe cavarti un occhio!- Brontolò Mary, seppur stesse sorridendo.
- Non sarebbe molto utile come cosa, soprattutto dato che se non ti riprendo io lo farà sicuramente qualcun altro. Senza levare il fatto che dovresti iniziare a studiare tu stessa senza poter copiare da me, come pare tu abbia sempre tanta voglia di fare. - rispose Spock tornando alla sua lettura.
James non avrebbe mai potuto comprendere come riuscissero quei due ad essere tanto uniti quando riuscivano a trovare da discutere anche sulla pronuncia di un incantesimo.
Accantonò il pensiero solo qualche minuto dopo, quando la porta dello scompartimento si aprì rilevando la figura snella di un ragazzino già in divisa scolastica. Indossava lo stemma di un tasso grigio in un campo diviso in quattro parti due delle quali gialle, mentre le altre anch’esse grigie.
Sotto la scritta “Hufflepuff” faceva la sua scena. La cravatta, inoltre, era gialla e nera.
- Tassorosso.- Sussurrò Mary, sorridendo.
Il ragazzino in questione doveva sicuramente avere qualche anno in più di loro, forse era di seconda. Portava lunghi capelli che gli giungevano fino alle spalle donandogli un aria più infantile, eppure furono anche quelli che attirarono l’attenzione sua e di sua sorella.
Mary, infatti, sembrava essersi incantata nel guardare il nuovo venuto. Spock, invece, la osservava con un sopracciglio sollevato. James avrebbe potuto giurare che l’amico si fosse ingelosito, se non fosse stato altro che un era un Vulcaniano. I Vulcaniani si sa, sanno controllare fin troppo bene i loro sentimenti, tanto da sembrare di non averne proprio.
- Ehm… mormorò il ragazzino. – C’è un posto libero? Ho guardato per tutto il treno, ma non ho trovato nessuno scompartimento vuoto…- Spiegò, scostandosi una ciocca di capelli che gli era finita davanti agli occhi. Mary per poco non emise una serie di sospiri molto equivocabili.
- Oh, certo!- Rispose, invece, alzandosi per avvicinarsi e sorridergli in quella che sembrava più una smorfia che altro. – Io sono Mary e tu?-
- Io… sono… Leonard.- Si passò una mano fra i capelli, quasi fosse in agitazione, prima di ripetere:- Leonard McCoy, piacere. -
James dovette ammetterlo McCoy iniziava già a stargli simpatico nel suo modo impacciato di comportarsi.
 
 
***
 
 
Erano quattro anni, ormai che si conoscevano. Non lo avrebbe mai detto a nessuno, probabilmente non lo avrebbe mai nemmeno ammesso con se stesso, ma di tutti quei quattro anni era quello il momento che preferiva. Adorava restare seduto di fronte a lei, osservando come si muoveva mentre discuteva con lui sulle ultime ricerche che aveva fatto, su quanto prospettava loro quell’anno di speciale, quando gli chiedeva consigli e gli parlava delle se speranze. Adorava aprirsi con lei, senza per questo doversi sforzare di apparire concentrato su un nuovo progetto, parlarle delle sue vacanze e di tutto quello che lo interessava. Adorava tutto questo, ecco perché ogni anno attendeva con trepidazione il primo settembre, unico giorno in cui lui e la sua migliore amica riuscivano a restare da soli a discutere senza impegni né distrazioni.
Lo adorava, così come adorava osservare la sua amica mentre si allenavano o progettavano qualcosa di nuovo. Poco importava il loro QI di tre cifre, cosa fra l’altro piuttosto comune a Corvonero, la loro Casa.
Non si era sorpreso di finire lì, né dell’accoglienza che aveva avuto quando ci era giunto. L’unica cosa che l’aveva reso altamente contento era stato di averla come compagnia di Casa.
Si diceva che le varie Case fossero tanto diverse l’un l’altra e lui avrebbe solamente potuto esserne d’accordo.
- Fitz!-
- Mmm..- Rispose, forse si era un po’ distratto. In effetti non ricordava neanche più di cosa stessero parlando.
- Mi stai ascoltando?-
- Sì, certo- “che no.” Avrebbe dovuto concludere, ma non lo fece. Continuò però a guardarsi attorno. Strano come ogni anno finissero nello stesso scompartimento. Forse lo sceglievano senza nemmeno rendersene conto, si disse. O almeno era così per lui.
- Ti ricordi il nostro primo incontro? Ci siamo conosciuti proprio qui!- Sorrise, voltandosi a guardare l’amica.
- Già! Eri un bambino così imbranato all’epoca che la prima cosa che pensai è stata che saresti stato un ottimo “Tassorosso”!- Rise.
Fitz non potè far a meno di seguirla nella risata. – La prima volta che ti ho visto non ti trovavo poi tanto simpatica, ma adesso sei… diversa, Simmons.-
Era strano come si fossero abituati bene a chiamarsi per cognome. Aveva sentito la sua amica chiamarlo per nome davvero poche volte.
- Già, hai ragione. A volte non ci si prende al primo momento. – Sorrise, prima di cambiare argomento. – Qualcuno ha iniziato a suonare.-
In effetti il suono di una chitarra giungeva persino alle loro orecchie. Era un suono meraviglioso, quasi angelico. Sembrava che l’intero treno avesse percepito una scossa da quella musica.
Fitz potè sentire il suono di altri strumenti unirsi al primo in una melodia incantevole. Avrebbe giurato che si trattava di un’altra chitarra, un basso, dei piatti, un tamburo e, infine, un violino. In un secondo momento udì la voce di donna unirsi alla musica. Quelle persone dovevano essere incredibilmente brave. Senza nemmeno rendersene conto si lasciò andare contro lo schienale e chiuse gli occhi, lasciandosi prendere da quella melodia. Non si accorse che Simmons stesse facendo esattamente la stessa cosa.
 
 
***
 
 
I suoi due padri erano super felici quando l’anno prima l’avevano accompagnata al suo futuro, erano entrambi maghi. Si erano incontrati nella stessa scuola dove era diretta in quel momento lei. Uno era finito a Grifondoro, mentre l’altro a Serpeverde. Per tutta la sua infanzia li aveva sentiti raccontare di quanti scontri avessero avuto prima di scoprirsi innamorati. Erano in due Case opposte e nessuno avrebbe mai dato un solo soldo per indicarli come possibili amanti.
L’unica cosa positiva che lei riconoscesse di quel periodo era che nessuno in quella scuola avesse mai parlato o agito in modo scortese con uno dei due solo perché erano omosessuali. Ad Hogwarts non si facevano distinzioni per certi argomenti. Le distinzioni erano sulla Casa in cui si finiva, le avevano spiegato più volte. I suoi genitori le avevano, però, promesso che loro non l’avrebbero trattata diversamente solo perché non sarebbe potuta finire in entrambe le loro Case e così era stato, per quanto lei fosse una Serpeverde. Adorava la sua Casa, per quanto fosse stato difficile sceglierla con tutti i pregiudizi che la circondavano, così come sarebbe stato difficile diventare la cantante che voleva essere, si ripeteva. Lei era sempre stata determinata per questo sarebbe riuscita a vincere la sua battaglia.
Ancora otto ore circa e sarebbero arrivati, poi sarebbe iniziato un nuovo anno.
In quel momento si trovava in uno scompartimento con un ragazzino di prima, Kurt, probabile futuro Tassorosso o Grifondoro, secondo lei e una ragazza di terza, Santana anche lei di Serpeverde. Non si erano mai trovate simpatiche, in modo particolare perché Santana le incuteva così tanto timore con la sua altezza, la pelle perfettamente abbronzata e i lunghi capelli mori. Era incredibilmente bella, sicuramente più di lei.
Era rimasta non poco stupita quando si era decisa a sedersi nello stesso scompartimento dove si trovava lei e si era ancora più stupita dato che non aveva smesso di fissarla un attimo con i suoi occhi accesi da quella luce vispa che non le davano pace.
Non ne comprendeva il motivo e per questo se ne preoccupava ancora di più.
Che fosse una ragazza eccezionale lo sapeva bene, ma che tutti quanti l’adorassero… beh, non lo avrebbe mai detto ad alta voce, ma lo avrebbe potuto ammettere anche lei che non era mai stato così.
Kurt, invece, era un ragazzo per bene, molto dolce e gentile. Probabilmente la sua famiglia era babbana, ma lui sembrava diverso con quel volto e quegli abiti perfettamente curati. Era castano e dagli occhi dello stesso colore.
Finalmente qualcosa parve rompere il silenzio che si era andato formandosi.
Una musica. Una chitarra suonava lontana, ma giungeva alle loro orecchie come se fosse stata pizzicata dalle mani di un angelo. Sembrava come se dio stesso stesse parlando per mezzo delle dita di colui che stava suonando in quel momento. Non era mai successo una cosa simile da quello che sapeva, ecco perché ne rimase tanto colpita.
Fu con quella musica come sottofondo che le venne voglia di cantare. Fu come se una scossa elettrica le avesse attraversato l’intero corpo da capo a piedi per poi sfociare dalle sue labbra in firma di parole cantate. Fu così che si ritrovò a fare ciò che amava maggiormente e per il quale, lei lo sapeva, era nata. Cantare. Per poco non si accorse che altre due voci si unirono a lei, qualche secondo dopo. I suoi compagni di viaggio stavano cantando con lei, come se si fossero messi d’accordo prima, cosa che non era avvenuta, le loro voci si incontravano, rincorrevano, avvicinavano in crescenti, scale ed intonazioni diverse.
 
 
***
 
 
Ogni volta era la stessa storia. Appena si presentava da qualche parte lo guardavano e gli ponevano sempre la stessa identica domanda, al quale onestamente ci restava anche un po’ male. Poi iniziavano a trattarlo sempre nel solito modo, poco importava che fosse o meno più grande di loro. Sembrava che tutti credessero che fosse un appestato, solo perché era diverso dal resto della gente non significava per forza che lui era maligno, no?
Il loro atteggiamento verso di lui lo feriva incredibilmente. Quando avrebbero compreso che non era uno sprovveduto? Era uno specialista nel suo lavoro, e santo cielo non era pazzo! Invece niente. C’era chi, per lo più donne, venivano colpite da lui e chi, invece, lo trattava come uno zerbino.
Avrebbe davvero voluto mostrar loro di cosa era capace. Sì, ok. Sembrava un bambino di cinque anni, ma questo non significava che lo fosse! Lui era Lucien anche chiamato Idem, non un bambino qualsiasi. Avrebbe voluto gridarlo e mostrare al mondo intero di cosa fosse capace, ma per ora doveva stare attento. Il mondo non era mai positivo come si credeva. Erano cinque anni che frequentava Hogwarts e il Professor Silente lo aveva nominato Prefetto di Corvonero. Ma, a quanto pareva, neanche quello gli aveva permesso di essere finalmente trattato in maniera adeguata.
Aveva davvero pochi amici, per lo più suoi coetanei. In pochi sembravano accettarlo così com’era, in più si aggiungeva anche il fatto che vedeva quelle creature blu per complicare il tutto. Insomma la sua vita era un disastro per non dire che era un inferno. Alcuni avrebbero detto che almeno le ragazze sembravano interessate a lui e che quel fatto fosse interessante. Certo, fino a quando non iniziavano a comportarsi come madri apprensive che aspettano il figlio indisciplinato. Erano poche quelle che non finivano a desiderare di fargli da madre. Non era facile spiegare loro che odiava essere trattato come un bambino. Anche in quel momento, mentre una delle tante ragazze di Grifondoro gli dava un bacio sulla guancia si chiese per quanto tempo sarebbe riuscito a resistere a quei trattamenti da parte di ragazze così belle. Dannazione. Le cose, poi, non potevano essere un inferno già di loro, no si doveva aggiungere anche quel chiacchierone del suo migliore amico Francis, chiamato Cerniera perché una volta una Corvonero gli aveva lanciato contro un incantesimo che gli aveva reso la bocca una cerniera, ma assolutamente non aveva compreso la lezione, tanto che quando fu liberato da quest’ultima iniziò a raccontarlo per tutta la scuola.
Idem era stato, forse, l’unico a sopportarlo e a capirlo. In qualche modo si bilanciavano l’uno chiacchierone in modo più che assoluto, mentre l’altro era incredibilmente silenzioso a parte quando non si parlava di qualcosa che lo interessava seriamente. In più era strano quando li si incontrava per strada. Cerniera sempre vestito con colori sgargianti, quasi infantili, mentre lui sempre con abiti bianchi o neri, nel tentativo di far comprendere che ormai era adulto.
- …Idem ha iniziato ad andare dalla psicologa della scuola!- Disse Cerniera, senza accorgersi che lo stava guardando decisamente male.
- Oh, ma perché, piccolo Lucien?- Gli chiese una di quelle oche di Grifondoro.
La guardò, sbattendo le palpebre non sapendo cosa dire. Sicuramente la risposta: “Vedo delle creature blu con una fascia di elettricità nelle vene che portano via il dolore” non era esattamente la risposta migliore per il momento. Si decise, quindi, per una risposta più semplice, così scosse le spalle:- La psicologa è una gran bella donna.- Quella risposta sì, che l’avrebbero compresa
- Oh, ma anche noi lo siamo!- Ribattè un’altra sbattendo le palpebre. La sua voce risultò essere incredibilmente stridula alle orecchie di Idem.
“Sì, certo, come no!” Pensò, storcendo le labbra. Aveva sempre detestato le ragazze che si comportavano con così poco ardore, soprattutto se si comportavano con lui come delle madri.
Se chiudeva gli occhi poteva sentire la musica che si espandeva per tutto il treno, ma con quelle due galline di Grifondoro ed il suo migliore amico non sarebbe stata un’impresa facile, così alla fine si era dovuto arrendere all’evidenza: non ce l’avrebbe mai fatta a farle tacere tutte.
Cerniera le guardò sorridendo:- Certo che lo siete, ragazze! Vero, Idem? Lo sapevate che Bashkir ha nuovamente fatto a pezzi la valigia di Malfoy? Come facciano ad essere amici io non lo capisco proprio…-
Idem scosse la testa. No, Cerniera non sarebbe mai cambiato, poco importava quanto sarebbe cresciuto. Era un chiacchierone e lo sarebbe stato sempre. L’unica cosa che gli restava da fare era ripensare alla bella psicologa che aveva incontrato qualche tempo prima a Diagon Alley.
 
 
***
 
 
Era felice, finalmente stava per tornare ad Hogwarts. Lei amava la sua scuola, era la sua vita. Lì poteva essere qualcuno, separarsi alla monotonia della vita.
Quello sarebbe stato il suo sesto anno e questo le riempiva il cuore di speranza perché avrebbe potuto finalmente svolgere un lavoro che le piaceva, una volta finito lì.
Chissà, magari sarebbe riuscita a compiere delle imprese vere e proprie. Desiderava davvero riuscire a divenire qualcuno che aiutava gli altri, voleva salvarli, ma la maggior parte delle volte finiva per essere assente nei momenti più importanti.
Non era mai stata contenta di questo. Scosse la testa, probabilmente avrebbe potuto continuare a divertirsi con le sue amiche. Fare biscotti, tenere testa ai Serpeverde, lavorare con gli altri Tassorosso. Avrebbe potuto fare tutto questo se non di più. Sorrise al suo migliore amico, Montgomery Scott. Si erano conosciuti nella Sala Comune di Tassorosso e da lì in poi erano divenuti come fratelli.
- Allora, cosa stai pensando Donna?- Le chiese lui, quasi avesse letto nei suoi pensieri.
- Pensavo a cosa faremo finita Hogwarts. Tu ci pensi mai? Certo, è meraviglioso andare a scuola, in particolare a Tassorosso. Nessuno che ti giudichi, come fanno le altre Case… ma desidero davvero uscire, chissà, potrei divenire una medimaga e curare delle persone!-
Scott sorrise:- Io lo so cosa voglio fare. Immagina prendere una nave e farla volare con la magia. Oppure migliorare la forma e la fattura delle scope. Insomma qualcosa legato alla meccanica e… beh, lo sai, no? Vorrei far riunire i babbani e i maghi in un alleanza, fare capire agli uni di non avere paura degli altri! Sarebbe meraviglioso, un mondo aperto a tutto, persino agli alieni!-
- Come Thor?- Chiese Donna, riferendosi ad un ragazzo di Grifondoro che era loro amico da quando Steve, un loro compagno di Casa, lo aveva presentato loro.
- Esattamente, come Thor! Non sarebbe meraviglioso poter scoprire quali altre civiltà esistono oltre a noi? Quanti pianeti sono abitabili nell’universo?- Gli occhi di Scott brillavano di luce propria quando parlava di quegli argomenti. Donna, però, non lo aveva mai preso con molta serietà.
- Non saprei… Thor sarà pure buono, ma quanti altri lo sono? A cosa andremmo incontro nel fare un simile passo? Lo sai che la sola idea mi terrorizza.-
Scott la osservò, sorridendo. – Sei sempre stata così, Donna. La migliore persona che conosca per tutto ciò che riguarda le speranze, ma alla fine non riesci a condurle a termine perché te ne spaventi da sola.- Donna non sapeva come prendere quell’appunto, così alzò le spalle e si sedette più vicino al suo amico.
- Sai, Scott? Se non ti considerassi come un fratello gemello e tu non mi parlassi continuamente in questa maniera credo che mi sarei già presa una sbandata per te!- Dichiarò, ironicamente.
Scott ridacchiò a quelle parole.
 
 
***
 
 
Stava avanzando per il prato, presto sarebbe entrato nella Foresta Proibita. Doveva incontrare una persona e questo era tutto ciò che avrebbe dovuto fare quel giorno stesso per la sicurezza degli studenti. Affrettò il passo mentre si avvicinava alla capanna del Guardacaccia Rebeus Hagrid. Nemmeno lui avrebbe dovuto sapere dove si stava dirigendo.
Quell’anno sarebbe stato speciale, lo aveva capito da quando aveva parlato con Odino. Non era solito incontrare divinità norrene, per quanto poi non si scomponesse nel vedersele comparire davanti. Almeno non più di quanto si sarebbe scomposto se un mago non invitato gli fosse comparso di fronte. Era per quello che aveva bisogno dell’aiuto di quelle creature, seppur lui non aveva idea di quanto si sarebbe potuto fidare di loro.
Il suo passo, ormai, rimbombava nel silenzio della foresta. Le foglie scricchiolavano al suo passaggio, nell’aria c’era l’odore frizzante della notte e quello più acceso delle cortecce degli alberi e dell’erba bagnata dalla pioggia di quella stessa giornata.
Sì, quel giorno aveva piovuto per quanto fosse il primo settembre.
Lo sapeva di dover fare in fretta perché doveva tornare alla scuola il prima possibile. Presto sarebbero arrivati gli studenti. Il treno era nei paraggi.
- Silente.- Disse una voce profonda.
L’uomo si dovette fermare e guardarsi attorno per vedere chi lo avesse chiamato.
Infine, quando notò la chioma dorata dell’altro e il suo volto allungato trasse un sospiro di sollievo.
- Legolas, sei tu.- Disse, sorridendo bonario.
- Come mai sei entrato nel nostro territorio, Silente? E’ da un bel po’ che non ti si vede da queste parti.- Rispose l’Elfo, osservando l’anziano uomo. L’ultima volta che lo aveva visto era molto più giovane.
- Il dio degli Inganni ha perduto la memoria ed io ho bisogno del vostro aiuto.- Rispose il mago. L’ultima volta che si erano visti non era stato uno dei momenti migliori della sua vita. Era solamente un insegnante, all’epoca.
- In che modo ci dovrebbe interessare? Se ha perduto la memoria non farà sicuramente niente di male, per cui presumo che non sei qui per questo. In cosa ti serve il nostro aiuto?- Rispose l’Elfo, senza scomporsi.
- Lo sapete cosa significa. Il ragazzo… Il ragazzo sta per tornare.- Con quelle parole l’anziano Preside si voltò incamminandosi nella direzione di ritorno, lasciando dietro di se solo silenzio.






Spero di non aver sconvolto troppo il personaggio di Legolas, in caso contrario domando scusa, ma non lo conosco bene. L'ho descritto partendo dai film e non dai libri, per cui scusatemi. Per quanto riguarda gli altri personaggi, beh, spero che vi piacciano.




P.S. Se volete aggiungere dei personaggi nelle serie indicate, aggiungere delle nuove serie o indicarmi dei nuovi personaggi lì dove non ce ne sono siete liberissimi di farlo, anche se me ne avete già proposti altri o se non avete EFP (contattatemi sulla pagina https://www.facebook.com/MissRiddleStarkey in quel caso.) Io continuo a cercare personaggi. Infine chiedo venia a colei che mi ha mandato il nuovo personaggio su Glee, ma non sono sicura di averlo ancora. Temo di averlo perduto. In questi giorni lo cercherò, ma per sicurezza potresti rinviarmelo (giuro che non lo perderò nuovamente.)

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 - Le quattro Case: Serpeverde... ***


Capitolo 4 – Le quattro Case: Serpeverde…



 

Avvertenze: i fandom dei vari OC sono stati presi rispettivamente dalla prima-seconda stagione di Glee (sto continuando a vederlo, ma per ora sono giunta lì) e dai rispettivi film di Shadowhunter e Hunger Games (appena potrò ed avrò tempo leggerò i libri), quindi per eventuali difetti di tratti chiedo venia. Spero che il capitolo vi piacerà…

P.s. Prima di lasciarvi al capitolo (ma lo richiederò alla fine del capitolo…) qualcuno aveva scelto per il proprio OC Doctor Who o Il Signore degli anelli? Perché io non trovo più i personaggi.







Gli studenti erano stanchi quando si alzarono dalle proprie tavolate, ma nella mente di tutti c’era l’assoluta sicurezza che stava per iniziare la parte più interessante della giornata.
I primini erano curiosi di vedere le loro Case, magari le avrebbero poi confrontate con quelle degli amici, se loro erano finiti in Case diverse, o con i racconti dei propri parenti che erano già stati in quelle stesse Case.
Gli studenti più grandi non vedevano l’ora di rilassarsi nella Sala Comune e chiacchierare con gli amici certamente più liberamente di quanto avessero potuto fare in treno, senza temere di essere interrotti sul più bello. Altri, invece, in particolar modo i Serpeverde, non vedevano l’ora di bere un goccio, senza temere di essere beccati dagli insegnanti e di spiegare le regole delle rispettive Case ai primini. Perché sì, per ogni Casa c’erano delle regole che non si potevano trascurare se non si fosse voluto vivere i restanti anni in quella scuola nel peggiore dei modi. Ogni Casa aveva le proprie regole e per ogni Casa erano differenti, ma c’era una cosa che le riuniva tutte: la lealtà fra le persone della propria Casa. Questo, naturalmente, comportava ad un enorme fiducia fra i vari componenti e, conseguentemente, a considerare la propria Casa come la migliore.
Almeno questo era uno degli aspetti meglio conosciuti ed era proprio su questo punto che i Serpeverde avrebbero avuto qualcosa da ridire. La loro era la Casa più strana e più buia, non a caso la sua sede si trovava nei sotterranei, ma i Serpeverde ne erano felici perché possedevano un intero piano dove nessuno si sarebbe mai diretto se non fosse stato uno dei loro, era solamente in quei luoghi che si sentivano al sicuro.
Alcuni primini, però, iniziarono a tremare appena prima di posare piede sul primo gradino che li avrebbe condotti nei sotterranei, mentre alcuni, i più coraggiosi, li guardavano irritati.
Lei guardava i primini esprimere le loro prime emozioni, ghignando divertita. Per tutto il tempo in treno non aveva fatto altro che annoiarsi, dato che non era riuscita a ritrovarsi con la sua migliore alleata, ma pochi minuti dopo sarebbe potuta stare sdraiata a giocherellare con i suoi pugnali e ridere alle battute dell’alleta. Chissà come le aveva passate lei le vacanze, sicuramente non a caccia di demoni, questo ne era sicura così com’era sicura che non le avrebbe raccontato quel dettaglio delle sue giornate, era assolutamente meglio che nessuno sapesse cosa faceva fuori dalla scuola.
Si concentrò nell’osservare i volti dei più piccoli. Quanti di loro sarebbero riusciti a diventare dei veri Serpeverde? Chi avrebbe superato la Grande Prova, ma soprattutto quanti di loro si sarebbero dovuti lasciare alle spalle prima dell’anno? Essere un Serpeverde non era assolutamente facile e lei lo sapeva bene. La prima volta che aveva sentito della Prova era sbiancata non credendosi in grado di compiere un simile atto, poi all’ultimo c’era riuscita ed era sopravvissuta. Perché essere un Serpeverde significava anche che si poteva essere uccisi. La Casa di Serpeverde era diversa dalle altre era la più oscura, la più pericolosa… la più pura e solo i pochi meritevoli erano in grado di restare lì dentro. Alcuni, i più fortunati riuscivano a superare la Prova con una cosa facile, ma la maggior parte era fregata in partenza e se dimostravano di non avere abbastanza coraggio e forza d’animo, beh, semplicemente nei Serpeverde sopravvivevano solo i migliori, i più forti, che si dimostravano quindi meritevoli della propria Casata. Perché se no la Casa si purificava di te. Molti erano fuggiti via, ma tanti altri avevano preso la regola con molta più leggerezza di quanto avrebbero dovuto.
- Abigail!- La richiamò la voce cristallina della sua migliore alleata.
Si voltò con un ghigno stampato in faccia. – Bellatrix! – Piegò la testa in quello che sarebbe potuto essere definito un saluto, prima di continuare: - Credi che tua sorella sarà in grado di superare la prova?- Chiese, mentre teneva sott’occhio la chioma bionda della più piccola dei Black.
- Ovvio, è mia sorella.- Rispose con freddezza la sua alleata, ma potè notare il battito di ciglia aumentare per un secondo e comprese che no, non era sicura e sicuramente ne era terrorizzata, ma non lo avrebbe mai dato a vedere.
- Potremmo semplificarle il compito… se vuoi.- Propose, continuando a non guardarla se non con la coda dell’occhio.
- Oh, no. Se non sarà meritevole non sarà neanche adatta per restare ad essere mia sorella.- Fu la secca risposta. Abigail non riusciva a credere che Bellatrix potesse essere tanto fredda persino quando si trattava della sorella, ma sapeva bene che era meglio non contraddirla. L’unica cosa che le restava da fare, a quel punto era sperare che tutto si risolvesse al meglio.
 
 
***
 
 
Era rimasta indietro, appena finita la cena, per poter così salutare i suoi amici appartenenti alle altre Case e potersi complimentare con il giovane che aveva iniziato a suonare durante il viaggio in treno. La sua preoccupazione era aumentata in quanto non lo aveva trovato. Non si trattava di nessuno che conoscesse per quanto avesse potuto chiedere in giro. Non era di Paul, rimasto ad aspettarla per le scale, né di quel Grifondoro di Lennon come si sarebbe aspettata. Se non si trattava di loro allora chi diamine poteva suonare in quella maniera divina? Scosse la testa, voltandosi verso il suo migliore amico. Paul le sorrise, senza rivolgerle la parola. Probabilmente aveva compreso che stava ancora pensando. Gli sorrise a sua volta. Paul era sempre stato un ragazzo dalle mille novità. All’inizio, quando ancora sperava che come minimo fosse bisex, aveva tentato di innamorarsene, ma nulla. Il suo cuore non sembrava essere attirato da quelle guance paffute come lo erano tante altre ragazze, né dai suoi occhi verdi che avrebbe colpito chiunque altro lo avesse guardato a lungo. A volte si chiedeva se per caso quel ragazzo non le fosse sempre piaciuto perché assomigliava incredibilmente a una donna. Aveva lunghe ciglia, labbra piene, guance che arrossivano come una verginetta. Sì, Paul le ricordava una donna e forse, proprio per questo aveva finito per divenire il suo migliore amico, così come un tempo aveva creduto che tutte queste sottigliezze l’avrebbero infine portata a provare qualcosa di più. Era stato uno shock per sua zia scoprire che oltre ai piercing, i capelli di colore assurdo, come diceva lei ed abiti alla babbana fosse anche lesbica. Era stato difficile dirglielo, ma quando c’era riuscita si era accorta che era il momento giusto.
Distolse la mente da quelle congetture solo quando Paul disse la parola d’ordine ed il muro che li divideva dalla Sala Comune si spostò.
Davanti a loro si mostrò in tutta la sua bellezza una delle stanze meglio attrezzate della scuola. C’erano oggetti oscuri che facevano bella mostra di se come se fossero stati dei semplici soprammobili appoggiate sulle varie scansie della libreria Serpeverde. I Corvonero non erano gli unici a possederne una, solo che la loro era intarsiata con migliaia se non di più immagini di serpenti e di vite naturali. Se qualcuno li avesse guardati attentamente avrebbe potuto leggerne l’intera Storia di Hogwarts dalle fondamenta a quel momento. Ogni anno lo studente più dotato faceva apparire un immagine rappresentativa per l’anno appena trascorso. Quello era, solitamente un compito ambito in particolare dagli studenti dell’ultimo anno.
In un altro angolo della Sala si trovavano le porte che dirigevano in vari altri luoghi. Lì c’era anche la Stanza della Prova. Nessuno, a parte i primini, i prefetti e i Caposcuola la prima sera poteva più entrare. Osservò la Punta con la quale ci si pungeva un dito appena si credeva di aver concluso la propria Prova. Se si era riusciti a farlo nel tempo limite allora si era salvi.
Lei aveva compiuto la sua prova solo qualche mese prima ed ancora tremava di terrore all’idea di quell’ago. Non le erano mai piaciute le punte. Non le piaceva il sangue, ma ancor meno quello che era stata costretta a fare. Non lo aveva accettato così bene all’inizio. La Prova colpiva sempre il punto debole della persona. Così se amavi mangiare la tua prova finiva per essere il non mangiare per un certo tempo e così via. La Prova l’aveva terrorizzata perché aveva colpito il suo passato. Si era dovuta aprire con qualcuno che non facesse parte della sua famiglia. Lei aveva scelto Paul.
Ricordava ancora quella sera, come si erano seduti sulle poltrone per chiacchierare. Si voltò a guardare il fuoco verde scoppiettare in quello che si poteva definire un camino magico. Quel fuoco aveva la capacità di riscaldare l’intero ambiente. Non c’erano altri focolai in tutta la Sala Comune e i dormitori di Serpeverde. Tutt’attorno c’erano le più confortanti poltrone che avesse mai conosciuto, c’erano i più grandi divani dell’intera Hogwarts e quant’altro. Sicuramente non si trattavano male. Solo che i divani erano per lo più di proprietà dei veri Serpeverde, coloro che erano riusciti a superare la Prova. Sorrise e fece per dirigersi ad uno qualsiasi di quei posto quando sentì qualcuno gridare.
- Come sarebbe a dire che devo fare una prova del genere quando a lui ne capita una molto più semplice?? Io sono una Purosangue e sono l’erede di Salazar Serpeverde… mentre lui è solo uno schifoso Mezzosangue!- c’era stato un attimo di silenzio. – Arghh!! Non la passerete così liscia.-
Vide Abigail sorridere a quelle urla e, probabilmente, avrebbe ridacchiato anche lei se non avesse parlato in quella maniera. Non sopportava chi si comportava così superficialmente da parlare male del sangue altrui, così diede uno sguardo alle altre e si diresse verso quella che temette essere la sua morte. Paul tentò di fermarla, prendendola per un braccio, ma lei se lo scrollò di dosso e con mano ferma aprì la porta che conduceva alla Prova.
Una ragazzina dagli occhi grigi e i capelli di un castano scuro tendente al moro. Guardava gli altri con sguardo schifato, mentre Lucius quell’anno Prefetto la guardava compiaciuto. Non ebbe difficoltà a riconoscere in lei la giovane Riddle. Davanti a lei, invece, si trovava un ragazzino molto più magro, con un vestito probabilmente di seconda mano che la guardava terrorizzato con quei suoi occhi neri come il petrolio. I capelli erano lisci e lunghi, gli coprivano parte del volto come una coperta, erano neri. La sua carnagione, invece, era olivastra. Sembrava malato ed affamato e la cosa non potè che produrre un senso materno in lei.
Fece un passo avanti, mentre tutti si voltavano a guardarla.
- Amilton! Immaginavo che fossi tu…- La ridicolizzò Lucius, prima di continuare: - Lei, ragazzi è una delle poche ragazze di Serpeverde che non segue mai le regole. E’ stata una pura sfortuna che abbia superato la Prova. Solitamente non ci riescono. Oh, quanto mi sarei divertito a Purificarla!-
- Simpatico come sempre, Lucius. Ho sentito delle urla. Chiunque le abbia gridate sappia che molti Purosangue non hanno superato la Prova perché si ritenevano superiori alla regola. E’ meglio per voi non prenderla sottogamba di qualsiasi cosa si tratti.-
I primini si guardarono fra di loro ed annuirono, così che lei potè voltarsi ed incamminarsi verso la porta, ma prima di chiuderla si voltò a guardarli. – A dimenticavo, i Purosangue non sono sicuramente migliori degli altri. Credo che tutti quello che lo sono avranno del filo da torcere quest’anno.- Il ragazzino le rivolse uno dei pochi sorrisi che gli aveva visto fare.
 
 
***
 
 
Quella… quella traditrice del suo sangue aveva osato parlare male di lei! Aveva osato rivolgerle quelle parole! Amolton… non poteva essere altri che Scarlet Violet. Gliela avrebbe fatta pagare, questo era certo! Come si era permessa di parlare con lei, Margareth Riddle come se fosse una mocciosa qualsiasi? La rabbia le annebbiava la ragione persino più di quanto non ci fosse riuscito la Prova. Avevano dovuto ricevere addosso lo stesso identico incantesimo, una specie di benvenuto e avevano dovuto toccato una sfera magica sulla quale era apparso cosa dovevano fare e in quanto tempo. Per alcuni, i più difficili, anche a chi. Beh, a lei era giunto che doveva uccidere suo padre entro sei anni. La sola idea di versare sangue magico e puro quanto quello paterno le aveva accapponato la pelle. Chissà cosa era fuoriuscito a suo padre, si chiedeva. Non sapeva se fosse in grado di superare la prova, ma l’essere Purificata non era un opzione accettabile. Poche altre persone avevano ricevuto una Prova tanto dura e solamente una persona aveva ricevuto qualcosa di più tosto. Doveva uccidere suo fratello che si trovava lì, affianco a lei. Si erano guardati terrorizzati. Poi c’erano quelli che dovevano solamente parlare. “rivela i tuoi sentimenti entro tre anni” ecco, questa l’aveva fatta davvero arrabbiare. Non era poi così difficile dire qualcosa a qualcuno in confronto all’uccidere il proprio padre e non era giusto che quel microbo, che a quanto pareva si chiamava Severus Snape, un sicuro nato babbano se non mezzosangue fosse preferito a lei che aveva tutte le carte in regola da sempre. Avrebbe solamente dovuto parlare, mentre lei sarebbe divenuta un assassina! Scosse la testa, per risvegliarsi dai propri pensieri. Uccidere era stata una pratica che le aveva insegnato suo padre, ma assassinare lei lo sapeva bene che cosa realmente significava: uccidere un Purosangue! La cena sembrava starle per tornare indietro. La sola idea di quello che comportava la nauseava. Fu così che si decise finalmente a spostare l’attenzione dai propri pensieri alle persone che la circondavano. Alcuni di loro li conosceva bene, ma una coppia in particolare la incuriosivano da un po’ di tempo e si trattava proprio di quella della ragazzina con la prova più difficile. Erano due fratelli identici fra loro con l’unica differenza che uno era un maschio mentre l’altra una femmina. Si diceva che fossero nati ermafroditi e che i loro genitori avessero deciso di renderli una ragazza e un ragazzo, ma lei non ci credeva. L’unica cosa che sapeva era che si muovevano per lo più in coppia, quasi fosse quegli uccellini che da soli stavano male. Gli inseparabili. Per lo più parlavano fra loro, ma un occhio attento si sarebbe accorto che i loro occhi avevano una luce d’intelligenza ben accesa. Non aveva mai avuto il coraggio di chiacchierare con uno dei due. Si chiese se fossero mai potuti diventare amici. Sicuramente dovevano essere incredibilmente sadici quando volevano. In quel momento si voltarono a guardarla e la ragazzina le lanciò un sorriso.
- Come avrete capito solo i meritevoli, cioè coloro che riusciranno a superare la loro paura più recondita potrà divenire un vero Serpeverde.- sentì Lucius iniziare a parlare, prima di continuare con un: - Un Vero Serpeverde è qualcuno che sappia controllare le proprie emozioni ed agire sempre di conseguenza. E’ qualcuno che non si lascia intimidire da nulla, ecco perché per divenirlo deve riuscire a vincere sulla propria più grande paura. A Serpeverde non troverete amicizie – a quel punto sbuffò. – Quello lasciamolo ai Grifondoro, ma alleanze. Dovrete stare per lo più attenti alle persone di cui vi circonderete. Imparerete la via della Grandezza, del Potere ed imparerete a non fidarvi mai troppo di nessuno, nemmeno dei vostri parenti. Diventerete autonomi, forti e sarete in grado di combattere e difendervi da voi.-
Guardò gli altri erano sbigottiti, confusi ed attratti dalle parole del Prefetto, così quanto lo era lei. Tornò a concentrare l’attenzione sul ragazzo davanti a loro. Quelle parole la convincevano sulla perfezione della sua Casa ogni secondo che passava. Non era importante per lei quanto sarebbe stata sola perché avrebbe certamente avuto degli alleati fidati al suo fianco.
Proprio in quel momento una ragazza rossa, con i capelli legati dietro in una complicata coda di cavallo, gli occhi verdi smeraldo, quell’atteggiamento tipico dei Serpeverde e per altro portava al collo una pietra che avrebbe riconosciuto per uno smeraldo a parallelepipedo, si avvicinò a Lucius Malfoy per potergli dire qualcosa a bassa voce. Margareth riconobbe in lei Zelena, una delle Serpeverdi più importanti per quanto si diceva che non avesse ancora portato a termine la sua prova, era persino la Prefetto della loro Casa.
- Ragazzi, credo che Lucius abbia dimenticato qualcosa. La nostra Casa è sicuramente la più difficile in cui vivere, ma sicuramente è proprio questo a renderla tanto perfetta. In più della prova non si parlerà mai, se non in questa stanza e vi assicuro che quanto è appena successo con la Amilton è un eccezione che non si ripeterà mai più. Spero che possiate comprendere per quale motivo nessuno entrerà mai in questa stanza se non autorizzato e con autorizzato intendo Prefetto o primino la prima sera del suo primo anno. Avete delle domande?- Sorrise, ma lasciava intendere che non le importava poi molto. Però la ragazza dei due inseparabili alzò la mano, lanciando uno sguardo tutto attorno.
- Sì, io. C’è una maniera per svicolarsi dalla Prova?- Chiese, guardando Zelena in trepidazione.
- Bella domanda, in pochi la fanno. – Si complimentò Lucius, prima di tornare serio: - Esiste, ma ve la sconsiglio. Bisogna uccidere uno studente che non ha superato la Prova entro il limite massimo. A volte, poche volte, chiudiamo un occhio e lo lasciamo andare in un’altra scuola. Ma se vuoi puoi farlo. Sarai in grado di uccidere qualcuno a sangue freddo?- Le chiese, guardandola severamente.
 
 
***
 
 
Rimase a bocca aperta quando seppe cosa avrebbe dovuto fare per salvare suo fratello e lei stessa. Il problema restava se lei non voleva divenire un’assassina. Ne avrebbe potuto parlare con chiunque altro, magari con il Preside per sapere come comportarsi perché sicuramente non avrebbe fatto un fratricidio, ma non avrebbe neanche potuto uccidere un innocente… come avevano potuto anche solo chiederglielo? D’altra parte però… sapeva bene che lo avrebbe fatto se questo significava salvare il gemello. Jim era troppo importante per lei. C’erano davvero poche persone di cui si fidava e suo fratello era una di queste se non l’unico. Lui era di qualche secondo più piccolo di lei e da quando erano nati sentiva su di se la necessità ed il peso di proteggere il fratello. Era proprio per questo che la Sfera le aveva ordinato di ucciderlo e lo sapeva bene. Non tentò nemmeno ad abbassare gli occhi, nello stesso tempo, però, creò fra lei e il suo interlocutore una barriera invalicabile che le permettesse di proteggere i suoi pensieri da ogni tipo di attacco dall’altro. Lei e suo fratello avevano imparato a farlo quando erano piccoli, dato che i loro genitori li esercitava su ogni tipo di magia, ma questo non era una cosa poi tanto strana in una famiglia di Purosangue, men che meno se Serpeverde. Sapeva bene che la maggior parte delle loro famiglie aveva allenato loro in ogni genere di magia.
Ripensò a quanto tempo il Cappello Parlante avesse speso con lei. Non sembrava decidersi su quale Casa mandarla, dichiarando adatte al suo temperamento sia Corvonero che Serpeverde. Lei aveva ghignato divertita, sapeva bene di essere fin troppo geniale perché la Casa di Corvonero non venisse presa in considerazione, era una Moriarty in fondo! Però l’unica Casa che avrebbe voluto per se era Serpeverde, così senza parlare o emettere alcun genere di suono mentale aveva riportato a galla ogni immagine riconducibile a Serpeverde e a suo fratello ed il Cappello aveva agito di conseguenza. Non si era stupita del tempo impiegato, ma era rimasta perplessa solamente quando il Cappello le aveva augurato buona fortuna ed ora sapeva il motivo. Il Cappello Parlante era a conoscenza della Prova, così come sicuramente lo era il Preside, ma non avrebbero agito in alcun modo e per nessuno.
Qualcuno le sfiorò il gomito ed appena si voltò si accorse che tutti gli altri primini stavano uscendo dalla Stanza. Per quanto tempo era rimasta così? Sorrise a suo fratello che si trovava vicino a lei. Avrebbero ragionato sulla maniera per risolvere la loro situazione, si augurò.
Sapeva bene che persino il fratello avrebbe smesso di aiutarla prima o poi su quel concetto e l’avrebbe sempre più spinta ad uccidere un innocente. Aveva bisogno di un’alleata diversa da chiunque altro e credeva di sapere già chi fosse perfetta per quel ruolo.
Annuì al fratello e lo seguì fuori da quella Stanza. Le avrebbe parlato il prima possibile, ma adesso c’era altro su cui schiarirsi le idee per esempio dove accidenti li avevano condotti i Prefetto??
Zelena fece segno a tutti loro di avvicinarsi alla parete, apparentemente come tutte le altre, davanti alla quale li avevano condotti.
- Da qui, - disse – prenderete un’arma a vostra disposizione che vi aiuterà assieme alla bacchetta in caso di necessità. Sia ben chiaro un Serpeverde preferisce sempre la magia a qualsiasi altra maniera di attaccare, ma dopo molto tempo abbiamo finito per deciderci a non eliminare del tutto le maniere babbane di combattimento. Ci sono parse piuttosto interessanti.- Poi con un movimento fece apparire per tutta la grandezza della superficie una specie di libreria con appoggiate ogni genere di arma.
Ognuno di loro si avvicinò per guardare.
Lei notò subito qualcosa di incredibilmente interessante. Si trattava di un cubo azzurrognolo con alcuni riflessi beige. Fece per prenderlo in mano, ma a quanto pareva non era stata l’unica a prenderlo. Un ragazzino con gli occhi azzurri ghiaccio ed i capelli neri che gli giungevano alle spalle aveva allungato la mano per fare esattamente la stessa cosa. Subito, però, la allontanò nuovamente.
- Quello è mio. – Disse, senza spostare gli occhi dall’oggetto.
- Questo è impossibile dato che l’ho preso prima io e non era ancora di nessuno.-
 - No, quello era mio, non so perché, ma è così.- Ripetè immediatamente il ragazzino, prima di prendersi la testa fra le mani e piegarsi su se stesso. Urlò in una maniera che sarebbe stato strano se qualcuno nell’arco di chilometri non lo avesse sentito. Era un urlo di dolore e terrore.
Che diamine ci faceva un handicappato nella loro Casa? Credeva che tutti gli handicap finissero a Tassorosso o robe del genere.
Stranamente, però, gli dispiaceva di avergli fatto del male, così dopo avergli rivolto uno sguardo di compatimento gli allungò l’oggetto tanto dibattuto. Il ragazzino, però, appena lo sfiorò parve venire scosso da tremiti di maggior dolore, sembrava quasi che qualcuno lo stesse torturando.
Lucius si avvicinò al giovane. – Che c’è?- Le chiese, ma lei alzò le spalle.
- Non ne ho idea. All’inizio sembrava che volesse questo cubo, poi ha iniziato ad urlare.-
- Qualcuno chiami il Preside!- Disse un ragazzo di qualche anno più grande di loro, subito ripreso a male parole da Lucius.
- Cazzo dici, Bashkir? – Si guardarono male per qualche secondo, prima di venire nuovamente interrotti dal ragazzino che non aveva smesso di gridare. -Chiamate il CapoCasa, subito!-
Osservò un ragazzino praticamente pelle e ossa, con un volto estremamente tirato, gli occhi e i capelli scuri e delle inconfondibili occhiaie che gli cerchiavano gli occhi andare diretto dal ragazzino che stava male per poi posargli una mano sulla fronte. Se non si ricordava male quel ragazzino si chiamava Nico o in un modo piuttosto simile, era finito a Serpeverde in un attimo, qualche secondo dopo avergli appoggiato il Cappello in testa. Quel ragazzino teneva legato alla vita il pugnale che aveva appena scelto, così come facevano tanti altri ragazzi e ragazze. Alcune, infatti, li avevano tirati fuori dai posti più impensabili e ci giocherellavano.
Il ragazzino diafano si avvicinò, dunque, cautamente, poggiando una mano sulla fronte dell’altro che a quel tocco sembrò calmarsi un po’.
- Ditegli che Loki ha bisogno di lui.- Disse, quindi con voce ferma.
 
 
***
 
 
Era stato mandato a chiamare il Capocasa, ma non aveva idea di chi fosse. Quando lo avevano detto duramente il banchetto di quella sera lui era disattento. In effetti era buffo che proprio lui avesse notato per primo la nave pirata che era approdata sul Lago, i primini avevano dovuto fare uno strano giro per circumnavigarla, ma a lui non era interessato molto. Era più interessante comprendere per quale assurdo motivo un loro futuro insegnante avesse al posto di una mano un uncino, molto da pirata e nel loro Lago si trovasse una nave pirata. Quello sì che lo aveva colpito e non c’erano molte cose a colpirlo tanto. Anzi, lui si andava vantando che non ascoltasse e non gli importasse molto degli altri. Ma a quanto pare cose del genere non riuscivano a non colpirlo come un colpo secco. Lui ne sarebbe andato fiero… Chiuse gli occhi per tentare di scacciare quel pensiero. Lui l’aveva lasciato qualche mese prima della fine della scuola e non era sicuro del fatto che sarebbe riuscito a vederlo come se nulla fosse successo. Erano stati i mesi più belli che aveva vissuto e sapere di averli vissuti al suo fianco lo irritava non poco. Aveva tentato per tanti anni a stargli lontano, ma poi era successo qualcosa di strano che lo aveva spinto per accettarlo. Era stato deambulante quando alla fine era stato lasciato. Forse il problema stava proprio nella cosa che fosse sempre stato convinto che lui ci sarebbe sempre stato. Lo aveva considerato ovvio, quando le cose non andavano esattamente così.
La sua intenzione era di riconquistarlo perché tutti lo sanno: i Tassorosso sono una proprietà dei Serpeverde e questo non doveva cambiare, non con lui.
Strinse i pugni, mentre si dirigeva verso l’aula di Pozioni. Non conosceva l’insegnante, ma era convinto che chiunque fosse lo avrebbe aiutato. Nessuno sarebbe mai andato dal Preside, non a quell’ora, né tanto meno da lui. Albus Silente era conosciuto prima di tutto per il suo folle amore nei confronti dei Grifondoro e per secondo per l’odio che provava verso i Serpeverde. Non li avrebbe mai aiutati neanche se uno dei suoi preziosissimi studenti fosse stato in punto di morte, ma il professore di Pozioni l’avrebbe fatto in quanto come sempre era un Serpeverde e per quanto durante la Prova non si sarebbe mai detto fra i veri Serpeverde ci si proteggeva ed aiutava. Soprattutto, però, si complottava. Aveva già notato un fatto strano nel ragazzino che era svenuto: si chiamava come il Dio della Magia e questo non era un fatto di tutti i giorni, anzi. Conoscendo Thor non si sarebbe stupito che suo fratello Loki avesse preso il posto di un ragazzino qualunque. Con quella famiglia non c’era assolutamente nulla con cui scherzare.
Avrebbe vegliato su quel giovane e l’avrebbe incoraggiato nel caso ne avesse avuto bisogno, chiunque egli fosse stato. Socchiuse gli occhi, immaginando l’espressione che avrebbe fatto lui se avesse scoperto che c’era qualcun altro a cui teneva. Lui era sempre stato alla massima potenza geloso e quando aveva tentato di ingelosirlo durante il suo secondo anno c’era riuscito piuttosto bene. Avevano un anno di differenza e questo comportava che non sarebbe stato possibile mettersi insieme facilmente se non fosse stato per il suo amico. Turk lo aveva praticamente mandato addosso a lui l’anno prima. Beh, diventare amici di un Grifondoro non era mai una cosa intelligente, ma su certe cose ci sapevano fare. J.D. gli era praticamente finito addosso e poi le cose si erano semplificate quando aveva capito quanto in realtà lo desiderasse, ma non avrebbe mai ammesso una cosa simile, neanche sotto tortura.
Ricordava bene quanto lo infastidisse quando si avvicinava a qualcun altro o lo trattava con più rispetto di quanto ne riservasse a lui. Lo amava e proprio per quello lo faceva. I Serpeverde non erano in grado di dimostrare i propri sentimenti era vero.
Appena bussò alla porta dell’aula in questione, sentì qualcuno invitarlo ad entrare. La sua voce era tanto stridula che all’inizio credette si trattasse di una donna, ma poi si dovette ricredere. La creatura che stava preparando il calderone in quel preciso momento aveva la pelle dorata ed assomigliava più a un rettile che a un essere umano, non si sarebbe sorpreso se qualcuno lo avesse chiamato con un nome da rettile, né ancor meno che fosse un Serpeverde.
- Io, ehm… cercavo il Capocasa...- Iniziò, prima di presentarsi, ma non ne fece in tempo perché venne praticamente subito interrotto.
- Non m’interessa chi sei, daerie! Chi è che mi vuole? – Chiese con un ghigno e battendo le mani.
- Loki ha bisogno del suo aiuto.- Disse in automatico, guardando quella strana cretura.
Il volto della creatura cambiò in un attimo da festoso a preoccupata.
- Che gli è successo?- Chiese, immediatamente, senza cambiare espressione.
- Lui… io non lo so.-
- A cosa servi, allora? Torna nella Sala Comune prima che arrivi il guardiano. Stai attento quando passi l’angolo. Io sarò già là.- Detto questo richiuse la porta dietro di lui, lasciandolo nel corridoio vuoto.
 
 
***
 
 
Stava aspettando il ritorno di Cox che aveva mandato a chiamare il Capocasa. La sua speranza era che fosse stato abbastanza attento da sapere chi era. Aveva mandato lui perché sapeva quanto fosse capace a non rendersi ridicolo. Un po’ freddo lo avrebbero chiamato gli altri, ma per lui lo era quel tanto che bastasse per fidarsi di lui. Non era facile per un vampiro credere di poter fare affidamento su qualcuno. Qualcuno che non ti venisse voglia di mordere ogni volta che lo vedevi, beh per lui c’era solo Cox. Non lo avrebbe mai morso per niente al mondo, ma questo comportava restare da solo in mezzo a gente di ogni tipo e sicuramente loro erano ciò che più in assoluto avrebbe desiderato farne la sua cena. Si piegò a guardare il ragazzino che stava contorcendosi per terra. Guardarlo gli metteva appetito, ma in un certo senso sapeva che non avrebbe mai potuto morderlo. Era contro una qualche legge non scritta. Aveva riconosciuto chi fosse. Insomma solo un cieco non si sarebbe accorto che era il Dio della Magia, padre della Dea della Morte. Solo un cieco, soprattutto se lo aveva già incontrato una volta, anni prima. Era stato lui a riportarlo in vita, ridendo perché non c’era riuscito da solo. Gli era subito stato simpatico e poi, gli aveva suggerito di nascondersi fra i Serpeverde perché… “loro non hanno timore di uccidere e tu, avrai sangue fresco ogni volta che vorrai… ma a patto che non mordi coloro che si trovano che superano o che hanno ancora tempo per superare la Prova. Gli altri saranno tutti tuoi.” 
Così, ogni anno, aspettava che qualche studente non riuscisse a superare la prova per poterlo mordere ed uccidere. Da quando aveva accettato quanto riguardava i maghi non aveva più tentato di fare piazza pulita di tutti loro, ma solo di qualche babbano quando aveva davvero fame. 
Ogni anno ringraziava Loki per averlo riportato in vita. La sua nuova esistenza non era poi così malaccio. 
A volte si divertiva, in più non c’era suo fratello, lì ad infastidirlo. Non aveva problemi e a quanto pareva i cattivi avevano persino il loro fascino oscuro. In più la Casa dei Serpeverde erano dei combattenti e combattere era sempre stata una cosa che lo divertiva molto. 
Giocherellò con la propria spada, non che se ne servisse molto, ma alcune volte tornava utile. 
- Nessuno ha pensato a chiamarmi?- Chiese una voce stridula da una poltrona alla sua destra. Per poco non si prese un colpo quando notò appollaiato sulla poltrona la creatura più assurda che avesse mai visto. Pelle dorata, occhi sgranati ed un abito totalmente fatto a squaglia. Un rettile, ecco cosa gli ricordava. Sgranò gli occhi come a quanto pareva tutti gli altri suoi compagni. Beh, sicuramente la fame gli era passata nel solo momento in cui aveva posato gli occhi su di lui. 
- A quanto vedo, no.- Si alzò di scatto in piedi, prima di fare un inchino fin troppo profondo perché non fosse una presa in giro: - Rumpelstiltskin al vostro servizio. Ora fatemi vedere Loki.- 
Lucius balbettò quando chiese:- V-voi… si-siete il Ca-capocasa?- 
- Certo che sì, solo uno come me poteva esserlo non trovi?- A quel punto scoppiò a ridere con una risata ancora più stridula della sua voce. A Damon venne la pelle d’oca al solo udirla. 
- Lui è lì. – Si decise infine a parlare, indicando il ragazzino che si contorceva sul pavimento. 
Rumpelstiltskin puntò gli occhi su di lui, facendolo deglutire forzatamente. 
- Un vampiro che veglia su di lui. Che cosa strana.- Poi fece un gesto con la mano e si diresse verso il ragazzino. 
Per un attimo gli era parso di vedere quegli occhi accendersi di preoccupazione. 
Damon si guardò attorno alla ricerca di qualcuno e qualcosa che potesse aiutare i due, ma non trovò niente e tutte le persone si erano fatte indietro. 
- Dov’è Cox?- Chiese, qualche secondo dopo. 
La creatura non si voltò nemmeno mentre gli rispondeva:- Immagino che fra qualche minuto sarà qui.- 
Guardò verso la porta per un po’. Il suo rapporto con Cox era nato qualche anno prima quando Ulysses si trovava al primo anno. Lo aveva aiutato per un po’. La sua ironia lo aveva istigato a stringere con lui un buon rapporto, un rapporto d’amicizia niente male. Studiavano assieme e gli spiegava come erano andate davvero le cose, dato che la maggior parte di esse le aveva vissute, per poi prenderlo in giro quando si convinceva di qualcosa di sbagliato. Era andato avanti così. Non erano in molti quelli che si chiedevano come mai uno di quinta fosse amico di un primino, non interessava a nessuno per quanto la cosa fosse piuttosto strana. Al secondo anno si erano un po’ separati soprattutto quando aveva notato in che modo trattava le persone che, ne era convinto, avrebbe adorato senza di lui. L’aveva allontanato per salvarlo dalla sua pressante presenza. 
Infine, quando l’anno prima avevano ristretto i rapporti come un tempo era stato più che contento di scoprire quanto fosse andato avanti con la sua vita. Aveva un fidanzato, seppur fosse un Tassorosso mentre lui si era sempre figurato l’amico con un o una Serpeverde, un’ottima media nelle materie principali e, sopra ogni altra cosa, non aveva mai smesso di essere incredibilmente ironico. La sua ironia era come la corazza dietro alla quale si proteggeva dagli altri e lui lo sapeva bene e lo adorava per quello. Quando gli aveva rivelato chi era davvero, così come era scritto nella sua Prova, lui non se n’era andato come tanti altri, gli aveva invece chiesto se glielo aveva detto perché lo voleva mordere. Aveva riso, negando il tutto. 
Quello era sempre stato il rapporto più stretto che avesse all’interno delle mura di Hogwarts ecco perché tirò un sospiro di sollievo quando lo vide rientrare.
 
 
***
 
 
Quando era tornato dalla cena era ancora arrabbiato. Come cavolo aveva potuto il Preside metterlo a fianco di Uncino e di Cora conoscendo il loro passato?? Appena lo avesse visto da solo lo avrebbe sicuramente strozzato. Era andato nella sua stanza per calmarsi, ripensando a quante volte Uncino avesse tentato di farlo parlare, con modo tutt’altro che gentili. Avrebbe potuto scommettere che avesse agito per divertirsi alle sue spalle ben consapevole che presto avrebbe perso quella poca pazienza che gli restava. D’altro canto non era famoso per la pazienza, tutt’altro. Varie volte avrebbe voluto vendicarsi per il rapimento della ormai defunta ex moglie. In quella scuola dove si trovavano i suoi peggiori nemici, in particolare Uncino, non aveva però la possibilità di vendicarsi di tutti loro, non davanti a tutti quegli studenti, per lo meno. Così aveva passato ogni momento della cena a tentare di ignorare la presenza dei vicini. Aveva osservato gli studenti, per niente dispiaciuto della visuale che si aveva da quel tavolo e si era concentrato come non mai quando aveva sentito chiamare il nome di Loki.
Lo ricordava bene quando lo aveva conosciuto, seppur all’epoca le loro parti erano capovolte. All’epoca era lui il più debole e il più giovane fra i due, in quel momento invece Loki era un ragazzino spaventato a morte che tremava come una foglia e che lanciava sguardi terrorizzati al fratello Thor. Lo aveva guardato avvicinarsi al Cappello e per poco non si era inciampato sui propri piedi, al che lui aveva fatto uno scatto quasi a volergli correre in soccorso, subito fermato da Cora, che lo aveva guardato con sguardo di ghiaccio e dall’uncino del suo peggior nemico che si era posato sul suo petto e lo aveva sospinto a rimettersi seduto.
Scossè la testa, per scostarsi da tali pensieri e tornò con la mente a qualche minuto dopo la Cena, quando si era deciso per andare dal Preside.
All’inizio si era aspettato di trovarlo in camicia da notte o per lo meno in vestaglia, si era persino aspettato che gli dicesse che non era esattamente il momento giusto per fargli visita, data la tarda ora. Era da poco passate le dieci, in effetti. Poi si era accorto che questo non poteva essere dato che i gargoyle di pietra si erano spostati senza fare tante storie come, invece, succedeva quando il Preside non c’era. Aveva deciso di andare dal Preside a piedi per sgranchirsi le idee, oltre alle gambe. Non era mai stato un amante delle camminate, come ben si poteva comprendere dal bastone a cui si appoggiava ogni volta, ma in alcuni momenti preferiva camminare all’apparire alla presenza altrui.
In più era per rispetto della funzione Presidenziale occupata da quell’uomo che si sarebbe dovuto graziare se avesse voluto ritrovare suo figlio, per quanto non fosse mai stato molto propenso a volgere la sua simpatia per Silente in particolare.
Sicuramente, però non si era aspettato di trovarsi davanti alla scena che assistette. Il Preside era seduto dietro alla scrivania con un plico di documenti davanti ai propri occhi, e fino a lì tutto sembrava tranquillo. La fenice in un angolo risorgeva dalle proprie ceneri e, lì, fra tutte quelle carte e quegli oggetti dai molteplici utilizzi si trovava quello che aveva tutta l’aria di essere un bambino, se non avesse avuto quell’atteggiamento tanto femminile seduta su una sedia dall’alto schienale proprio di fianco al Preside. Il piccolo o la piccola qual dir si voglia non doveva avere più di sette anni ed era arzillo come non mai. Avrebbe scommesso che per essere sveglio quella sera avesse riposato per gran parte del pomeriggio.
- Oh, Rumpelstiltskin, ti stavamo aspettando!- Disse il Professor Silente, come gradiva essere chiamato, scostando lo sguardo da quello che aveva tutta l’aria di essere una trottola magica che stavano provando lui e il bambino per rivolgere l’attenzione su di lui.
- Professore.- Lo salutò, a quel punto, un ghigno in bella vista sul suo volto dorato ed un inchino fin troppo profondo per essere reale. – E lui è…?-
- Lui è il Professor Gold… lei, invece, è Christal Ribelle.- Rispose il Preside, osservando la piccola, a quanto pareva, sorridergli smagliante e facendo le presentazioni del caso.
La bambina si alzò dalla sedia e tentò di fare un inchino, prendendosi con entrambe le mani il lembo del vestitino che portava.
Aveva conosciuto davvero poche Christal Ribelle per non restarne sconvolto, ancor di più a causa della consapevolezza di chi un tempo fosse stato il nome, ma scosse il capo nel tentativo di non pensarci.
- Non credevo fossero ammessi bambini tanto giovani nella scuola.- Disse, ponderando le sue parole ed osservando con attenzione la piccola. All’inizio l’aveva scambiata per un maschietto a causa del abito che indossava che era dei più strani. Indossava una camicia bianca e pantaloni neri con l’orlo ricamato in oro. A un fianco pendeva uno spadino, di piccole dimensioni a causa dell’età, mentre sulla sedia era appoggiata la giacca rossa con altri ricami dorati e una fascia nera in parte anch’essa dorata.
In un angolo del tavolo un cappello a tricorno faceva la sua apparizione. Il cappello era in parte ricoperto di piume, ma non abbastanza per nascondere la sua ovvia appartenenza alla pirateria. Quella bambina era cresciuta con i Pirati, non serviva un esperto per notarlo.
- Oh,- sentì rispondere il Preside – Lei vivrà per un po’ qui vicino, sulla nave. Ho, quindi, trovato giusto farle vedere alcune delle meraviglie della scuola, dato che, come sospetto, passerà molto tempo in questa scuola.-
La bambina continuò a fissarlo, gli occhi castani così simili a… no, quello era impossibile.
- Tu sei… - S’interruppe, guardando il Preside come in conferma della propria ipotesi, per poi tornare a fissare lui, senza attendere una risposta a quella domanda silenziosa. – Il mio papà?-
Di tutto quello che si era aspettato di sentirsi dire quello non era esattamente ciò che avrebbe creduto possibile udire. Lui non aveva figli che fossero cresciuti con i pirati. A meno che… sbattè le palpebre risvegliandosi da quella domanda e dal quel momento.
- No, no. Questo è impossibile…- Si era voltato ed era praticamente scappato da là. Era sempre stato un vigliacco. Era conosciuto per la sua vigliaccheria ed anche in quel momento si era dimostrato come tale. Non si era accorto di aver lasciato una bambina in lacrime, né che avesse tentato di raggiungerlo. Non se n’era accorto, ma anche se lo avesse visto non l’avrebbe creduto possibile.

Si risvegliò totalmente dai suoi pensieri tornando a guardare lo studente che aveva di fronte.
Loki si era appena ripreso e stava aprendo gli occhi.

 




Dunque, che dire di questo capitolo? Non c'è molto da aggiungere, in effetti.

1. Per ogni Casa ci sarà un capitolo a sestante, quindi la prossima vi avverto già che sarà Corvonero. Ho voluto dedicare il capitolo principalmente ai Nuovi Personaggi (quella di Hunger Games l'ho riconosciuta meglio come una Corvo e non una Serpe, per via del carattere.).

2. Ho modificato la Casa, così come ho fatto con tutte quante. Non aspettatevi che segua troppo le indicazione della Rowling, anche perchè non tutte mi sembrano così affascinanti come potrebbero essere, almeno secondo me.

3. Cosa ne pensate di Cox? Io temo di averlo reso troppo dolce Cox, ma quando tratto sul suo personaggio do di matto ed il mio lato da incredibile romantico fuoriesce e si dimentica di portare con se tutto il resto del corpo.

4. Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Vi rigrazio tutti per seguire la storia in varie maniere (metterle fra le preferite/seguite/ricordate, recensirla o leggerla e basta).

5. Cosa aspettate a mandarmi altri fandom o personaggi vari di fandom vari (un OC per fandom). Le due che volevano inviarmi i nuovi  personaggi e i fandom, su fatelo il prima possibile. Ovviamente lo potete fare tutti, anche chi non è iscritto a EFP, mandandomi la proposta sulla mia Pagina Facebook ( http://www.facebook.com/MissRiddleStarkey
o scrivendomi per messaggio privato. 
6. Per quanto riguarda il vestito di Christal Ribelle, l'ho presa dal film Hook- Capitano Uncino con Robin Williams

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Capitolo 5
*** Attenzione ***


Salve, scusate del tempo trascorso

 

Ho deciso da poco di fare alcune modifiche a questa storia seppur incompiuta.

Per questo questa storia non verrá eliminata, ma i fandom che non conosco e i rispettivi OC verranno eliminati. (potrete comprendere quali sono dal primo capitolo) e, se vorrete, potrete aggiungere personaggi e fandom che già conosco. Li metter presto qui di seguito.

grazie per la pronta visione,

 

Miss Loki_Riddle Gold

 

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