Heart of Ice

di erik3090
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Caccia al Tesoro ***
Capitolo 2: *** Sogni e Speranze ***
Capitolo 3: *** Ritrovamento ***
Capitolo 4: *** Niente Sentimenti ***
Capitolo 5: *** Ribellione ***
Capitolo 6: *** Persona Inattesa ***
Capitolo 7: *** La Ragazza Dai Capelli Bianchi ***
Capitolo 8: *** Scontro Al Chiaro Di Luna ***
Capitolo 9: *** Rivelazioni ***
Capitolo 10: *** Partenza ***
Capitolo 11: *** Il Gran Consiglio ***
Capitolo 12: *** Io, padawan! ***
Capitolo 13: *** Allenamento ***
Capitolo 14: *** Allenamento 2.0 ***
Capitolo 15: *** Il Governatore di Mallors ***
Capitolo 16: *** Complotto ***
Capitolo 17: *** Caduta Libera ***
Capitolo 18: *** Effetti Collaterali ***
Capitolo 19: *** Impresa Disperata ***
Capitolo 20: *** La Miglior Difesa ***
Capitolo 21: *** Meditazione di Guarigione ***
Capitolo 22: *** La Stazione Spaziale ***
Capitolo 23: *** Datitth ***
Capitolo 24: *** Gran Gala ***
Capitolo 25: *** Indizi ***
Capitolo 26: *** Rapimento ***
Capitolo 27: *** Il Covo dei Droidi ***
Capitolo 28: *** Oltre Le Capacità Umane ***
Capitolo 29: *** Gabbia ***
Capitolo 30: *** Sith ***



Capitolo 1
*** Caccia al Tesoro ***


Vi faccio tre domande: Credete in Dio? Credete nel Destino? Credete nella Casualità Degli Eventi?

Bene, allora state sbagliando tutto.

Forse non crederete a nulla di ciò che vi racconterò ma di sicuro vi farò aprire gli occhi su voi stessi e, forse, riuscirete a comprendere il vostro reale potenziale.

Mi chiamo Aaron O'Neal, quando iniziò tutto avevo ventisei anni ed ero uno studioso di storia antica e un tipo piuttosto solitario, anzi diciamo completamente asociale. Facevo fatica a fare amicizia, soprattutto per via del mio comportamento aggressivo.

La causa fu la perdita di una persona a me molto cara per overdose, fu uno shock.

Un anno dopo questo evento traumatico ricevetti una richiesta per uno scavo a sud del sito di Uruk per dare un parere su un reperto importante. Partii immediatamente, non potevo di certo farmi sfuggire un'occasione così ghiotta. 

Appena atterrato a Bagdad fui prelevato da un tassista che mi accompagnò al sito. Quindici ore di viaggio compresi scali e viaggio soffocante in taxi, caldo estivo e niente aria condizionata.

Arrivati al sito di scavi un uomo sulla cinquantina tarchiato e sudato mi porse la mano. 

- Salve, sono il professor Kurush, il direttore degli scavi! - esordì in lingua inglese l'uomo.

- Salve! Quindi è questo il villaggio che avete rinvenuto. - avevo poco entusiasmo.

Era un sito archeologico relativamente piccolo, un buco quadrangolare circondato da quattro trincee rettangolari e strette.

"Che cosa puoi trovare di tanto rilevante in un piccolo villaggio." pensai deluso.

- Si, è stato un colpo di mortaio a far riaffiorare alcune costruzioni. Sembra risalente a circa ventimila anni fa, il che lo colloca tra i primi insediamenti della civiltà! - spiegò Kurush col fiatone.

Sbuffai, ero stanco, assonnato e pure irrequieto.

- Non me ne frega niente della datazione storica, voglio solo vedere questo cazzo di manufatto! - sbottai.

- Oh... si certo, di qua prego! -

Kurush mi accompagnò al capanno dei reperti dove alcune ragazze stavano pulendo dei cocci, continuammo a camminare fino ad arrivare alla sua scrivania. Era un disastro, coperta di cartacce scarabocchiate e cartine geografiche della zona. Aprì uno dei cassetti e mi porse una tavoletta coperta da un panno nero.

- Ecco qua, questa è forse la scoperta più importante dal ritrovamento della stele di rosetta! - fece lui tutto eccitato.

"Sì, come no! Dicono tutti così!"  ne avevo conosciuti tanti di archeologi e tutti loro pensavano di aver scoperto chissà cosa, e invece...

Presi la tavoletta, era pesante, grande quanto un quaderno. Aprii delicatamente il panno.

La guardai attentamente in ogni suo dettaglio. "Non è possibile!" 

- Mi avete fatto fare un viaggio di quindici ore, spendendo i pochi risparmi che avevo, per una cosa del genere? Mi prendete per il culo? Sembro forse uno a cui piacciono gli scherzi? - urlai.

- Assolutamente no, le assicuro che è autentica... e c'è di più, lo strato di terreno in cui è stata rinvenuta è databile a trentamila anni fa, prima della comparsa dell'homo sapiens. - spiegò il professore ancora turbato.

- Mi sta dicendo che questa tavola è autentica? Anche se sembra venuta fuori da un film di fantascienza? - ero furente.

"Sapevo che gli archeologi erano fuori di testa ma questo è troppo!"

Posai sulla scrivania la tavola di pietra, mi girai e feci per andarmene.

- Se quella tavola dice il vero allora sotto a queste rovine c'è la prova che cambierà il mondo come lo conosciamo, so che è stanco per il viaggio ma le chiedo solo di pensarci a mente lucida prima di andarsene, noi abbiamo bisogno di lei e delle sue competenze! - supplicò Kurush.

Mi fermai di colpo. Avevo esagerato, era la stanchezza a parlare.

- Va bene, avrete il mio aiuto per una settimana a partire da domani mattina alle otto. Scaduto il tempo segnalerò la cosa a chi di dovere! Chiaro? - lo fissai, volevo una risposta.

- Cristallino, col suo aiuto ,signor O'Neal, una settimana è anche troppa! - sorrise il professore.

Andai in un camper preparato a posta per me. Ero stanco, mi sdraiai sul letto e chiusi gli occhi.

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Capitolo 2
*** Sogni e Speranze ***


Era buio nella sala, nessun rumore, nulla.

Una lampadina dalla debole luce si accese mostrando il volto di una ragazza dai capelli bianchi e dagli occhi con l'iride rossa, dai lineamenti eleganti e perfetti, bellissima.

Mi guardò impassibile finché un ghigno malevolo non cambiò l'espressione sul suo volto, era lo sguardo di un omicida, una luce verde apparve accanto a lei.

 

Mi svegliai di colpo, avevo i brividi quindi mi toccai la maglia, era madida di sudore.

- Cazzo, di nuovo quel sogno! - era un gesto automatico toccarmi per capire se avevo sudato o no la notte prima.

Mi alzai e andai al bagno per cambiarmi e vidi il riflesso del mio viso, un ragazzo cupo dai capelli castani e bagnati di sudore, occhi marroni e stanchi, naso normale non troppo pronunciato e nemmeno piccolo, labbra carnose e screpolate. L'altezza era sempre stato il mio difetto più grande, centosettantatré centimetri che non aiutavano per sembrare serio con le persone di successo.

"Sono un disastro!"

Mi lavai e mi cambiai, uscii dal camper per andare al capanno dei reperti per cominciare a tradurre la tavoletta, anche se mi sembrava una perdita di tempo.

Provai a tradurre le incisioni sulla parte destra che sembravano simili al cuneiforme arcaico, ma tutto ciò che riusci a tradurre furono due frasi.

"Ma che vuol dire? Ora anche le pietre di trentamila anni fa mi sfottono?" ero demotivato.

Kurush mi guardò pensieroso - Hai trovato qualcosa? -

- Nulla di sensato! "Tutto è scelta" e "il cristallo è il cuore"! Ma se non conosco il contesto non hanno alcun senso! - buttai la penna sul tavolo.

- Beh è un inizio, ora è tutta in salita! - sorrise.

Continuai a tradurre le incisioni ma rifacevano solo a una dea che diede alla luce due gemelli per combattere l'oscurità. Un classico trito e ritrito. La giornata finì con un nulla di fatto.

I due giorni che seguirono furono ancora peggio, il caldo era insopportabile e alcuni addetti agli scavi cominciarono a guardarmi in maniera strana come se sapessero qualcosa che io non sapevo. Per non parlare dell'incubo che era ogni giorno più intenso.

Il quarto giorno uno degli scavatori in prova straniero mi si avvicinò. Era di origine giapponese e più giovane di me - Hey, amico, sei un fenomeno! Non ho mai visto nessuno muoversi in quella maniera, eppure io sono stato campione nazionale a Tokio, ma tu batteresti tutti a occhi chiusi! -

- Di che cosa stai parlando? - chiesi perplesso.

- Ma si, tutte le notti quando ti alleni nelle arti marziali, ti hanno visto tutti. - spiegò eccitato.

- Senti, io non sono tuo amico e non ho mai fatto arti marziali in vita mia! Se pensi di fare colpo su un tuo superiore lodandolo allora hai sbagliato persona! - sbottai.

Il ragazzo sembrava turbato - Okay, ma se volevi tenerlo segreto era meglio non esercitarti sopra gli scavi, è una fortuna che nulla si sia rotto, superiore! - disse irritato. Si girò e se ne tornò agli scavi.

"Ma che gli è preso a sto tipo!" pensai.

Andai finalmente a lavorare sulla tavoletta cercando di tradurre i simboli nel centro, speravo di trovare un qualcosa che spiegasse tutto.

Quella notte fu la più strana. Mi misi a letto come tutte le sere nulla di strano, fuori il temporale era particolarmente violento, ma non ci feci caso dopotutto vivo a Londra.

La cosa strana è che mi risvegliai sotto al temporale in uno piccolo buco con in mano un pezzo di calcare dalla forma vagamente ovale grande trenta centimetri e una collanina con una singola pietruzza nera a fare da pendaglio.

Alzai la testa e vidi tutti i partecipanti allo scavo attorno a me con la faccia sbalordita.

- Che cosa stai facendo? - chiese il professore.

"Che cosa sto facendo? Perché sono qui? Che mi succede?" andai nel panico e cominciai a respirare a fatica. Kurush con un po' di fatica entrò nella buca ormai coperta da dieci centimetri di fango e detriti vari e mi mise una mano sulla spalla - Che cosa stai facendo? -

Mi calmai e gli mostrai i due reperti che avevo in mano.

- Io... io non lo so! - risposi.

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Capitolo 3
*** Ritrovamento ***


Non dormii nemmeno un'ora quella notte, dopo avermi tirato fuori da quella pozza di fango il professor Kurush mi accompagnò al camper. Mi feci una doccia, mi cambiai e mi buttai a letto.

Non riuscii a pensare a nulla fino alla mattina dopo.

Era nuvoloso e faceva freddo, la pozza di fango era diventata una vera e propria trincea di scavo.

"Ma che succede?" mi avvicinai incuriosito.

- Hey, guarda chi c'è? Lo stronzo che fa il pazzo ma che non è pazzo! - salutò il ragazzo giapponese.

- Invidioso? - replicai.

Lui sorrise e mi arrivò accanto - Tu non ne hai idea, amico! -

- Che vuoi dire? -

- Voglio dire che là sotto c'è uno scheletro perfettamente conservato, con ancora gli indumenti che indossava quando è stato sepolto, anch'essi come nuovi. E la cosa più eccitante è che si tratta di un archetipo di kimono da battaglia giapponese. - spiegò tutto in un fiato.

- Un samurai è arrivato fino a qui ed è stato seppellito, che cosa c'è di così eccitante? - ridacchiai.

- Il fatto che il test al carbonio che abbiamo fatto fare per scrupolo ha datato il tessuto a trentatre mila anni fa. E lo abbiamo fatto fare tre volte, non c'è errore! - concluse eccitato.

"Stesso periodo della tavoletta!" pensai, anche se non ero stupito dopo l'ultima notte.

- Come ti chiami? - chiesi.

- Takashi Minato, piacere! - chinò la testa

- Aaron, Aaron O'Neal! - chinai la testa.

Rimasi a guardare per un po', poi andai al capanno dei reperti per sapere se avevano scoperto qualcosa sulla collanina e sullo strano pezzo di calcare che avevo trovato poche ore prima.

Avevano analizzato la collana ed era risultato che sia la corda metallica sia la pietra nera erano di materiali sconosciuti. Ma la cosa più sorprendente fu il pezzo di calcare, che non era calcare ma sale.

- Oh, Aaron, eccoti! Hai dormito? - chiese Kurush.

- No! Che cosa avete scoperto su quel sasso di sale? -

Una delle ragazze si fece avanti - Abbiamo scoperto qualcosa all'interno con la tac! -

- Avete anche una tac portatile, chi cazzo finanzia questo posto? - ero sbalordito, l'attrezzatura per l'esame al carbono e la tac da campo soccorso militare costavano un occhio della testa.

- Basta avere le conoscenze giuste! - sorrise il professore.

"Conoscenze giuste? Il Presidente Obama, Bruce Wayne?"

Controllai la tac e quello che ne emerse era scioccante. Guardai e ricontrollai l'immagine della tac eppure il risultato fu lo stesso.

- Vediamo se è quel che sembra? A te gli onori, dopotutto sei tu che hai fatto tutto il lavoro di scavo. - era una battuta pessima in certe circostanze, ma apprezzai l'impegno che il professore ci mise.

Cominciai a scavare col trapano abrasivo cercando di togliere più pezzi grossi possibili.

Alla fine ci riuscii, otto ore di lavoro intensivo e finalmente avevo quel oggetto tra le mie mani.

Era cilindrico, pesante mezzo chilogrammo non di più, lungo sui venti centimetri e con una fessura ondulata al centro, come se fossero due pezzi uniti.

Feci un po' di forza per provare ad aprirlo. Quando guardai al suo interno non credevo a ciò che vedevo, fili elettrici, strane bobine e due scompartimenti metallici: in uno di essi c'era un cristallo bianco irregolare l'altro invece aveva la forma romboidale e molto regolare.

- Ma che fai, rompi i reperti ora? - chiese un'altro dei ragazzi dello scavo.

"Rompere? Aspetta, e se..." non finii nemmeno la frase che avevo in testa, presi la catenina con il cristallo nero e lo misi all'interno del scompartimento romboidale, ci stava alla perfezione, i fili della catenina si collegarono automaticamente in mezzo alle bobine. Di scatto e da solo il cilindro di richiuse. - Non l'ho rotto, l'ho aggiustato! - esclamai confuso.

Ero assorto nei miei ragionamenti quando all'improvviso sentii qualcuno urlare, alzai lo sguardo dal cilindro, era Takashi che correva verso di noi.

- Hey, stanno arrivando dei tizi armati fino ai denti! -

- Ci penso io, voi state calmi! - ordino il professore - O'Neal, nascondi il cilindro! - mi disse.

La voce era quella di un capo, ma gli occhi erano nervosi, il fiato era corto.

- Non è un cilindro, è... - lui mi fermò con un gesto della mano - Nascondilo! - ordinò urlando.

"Questo è terrore puro!" pensai.

Le macchine si fermarono davanti al capanno, erano sei furgoncini con quattro uomini ciascuno e uno con tanto di mitragliatrice antiaereo. Gli altri addetti agli scavi fermarono quello che stavano facendo e rimasero a guardare attoniti.

Uno degli uomini scese dalla macchina. Disse qualcosa in arabo, poi in inglese - Chi è a capo qui? - il tono era autoritario.

Stavo per alzarmi e propormi quando Kurush mi passò davanti - Sono il professor Kurush a capo degli scavi!-

L'uomo prese la pistola dalla fondina - Quindi tu sei l'artefice di questa eresia? -

- No, sono solo uno studioso di storia! - rispose il professore.

- Studioso di storia? L'unica storia che conosco è quella che ci insegna il corano, sbaglio forse? - il tono era minaccioso.

Il professore si guardò attorno, tutti gli occhi erano su di lui.

- Sì, la storia è -

Il colpo rimbombò in tutta la vallata, gli occhi di Kurush erano rivolti all'insù, la bocca spalancata. Rimase immobile finché le gambe non lo ressero più e si accasciò a terra. Un colpo in fronte a bruciapelo.

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Capitolo 4
*** Niente Sentimenti ***


Gli addetti agli scavi e gli esaminatori di reperti erano rimasti immobili per qualche secondo, increduli.

Poi si scatenò il panico. Alcuni cercavano di scappare invano mentre altri crollavano a terra rassegnati.

Io invece rimasi immobile appoggiato alla scrivania, non provavo nulla.

Mi era già successo tre mesi prima. Assistetti a un incidente dove un bambino fu investito e morì sul colpo, non sentivo nulla. Niente rabbia, niente disgusto, niente orrore, insomma niente di niente.

Anche questa volta, nonostante vedessi il corpo morto di un uomo, che era stato gentile con me fino a pochi istanti prima, non provavo niente.

Dopo alcuni minuti di trambusto i guerriglieri riportarono tutto alla calma, anche se molti prigionieri cominciarono a piangere o a gemere per il dolore inferto durante la cattura.

- Bene, ora che abbiamo l'attenzione di tutti, ditemi dov'è la pietra e cosa avete scoperto! - ordinò l'uomo che aveva ucciso Kurush.

Io presi il cilindro e lo nascosi dietro la schiena, e fissai il tizio. Aveva una barba folta, alto sul metro e ottanta, il viso segnato da varie cicatrici e dal tempo, vestito con una maglia nera a maniche corte che metteva in evidenza i muscoli e pantaloni beige chiaro.

"Il solito mercenario bimbominchia, che palle!" pensai annoiato.

- E tu chi cazzo saresti? - chiesi con una calma che mi stupì non poco.

L'uomo mi guardò con uno sguardo da psicopatico incazzato.

- Abbiamo un altro che vuole morire qui? - fece agitando la pistola.

- Sbagliato! Sono solo una persona curiosa di sapere perché un idiota come te è a capo di uno squadrone da venti uomini. - dissi ancora con molta calma.

Lui ridacchiò - Delle persone altolocate mi hanno espressamente chiesto di recuperare la pietra e ogni informazione utile. -

- Capisco, quindi venite qui armati come Rambo e ammazzate il capo degli scavi, l'unica persona che secondo logica avrebbe potuto dirvi tutto, ottimo piano! - ribadii con evidente sarcasmo.

- Ehi, adesso sei tu che stai facendo il Rambo qui! - mi premette la bocca della canna della pistola sulla tempia.

- Vuoi ammazzare anche me adesso? - chiesi sorridendo.

- Ci sto pensando, sì! - rispose.

- Non vuoi sapere cosa abbiamo scoperto qui? -

L'uomo allentò la pressione dalla mia fronte, sembrava incuriosito.

- Dimmelo, che cosa avete trovato? - chiese minaccioso.

Presi da dietro la schiena il cilindro e glielo mostrai.

- Cos'è? Una bomba? - continuò a chiedere.

- No! Questo è un congegno che consente l'emissione di plasma di notevole intensità, calibrato da emettitori in carbonio e stabilizzato da un fascio elettromagnetico di intensità superiore a settemila gigovat. - spiegai.

L'uomo rimase stordito dalla spiegazione, sembrava non aver capito niente.

Accesi il congegno che fece un un fischio sordo, un raggio di plasma nero trapassò l'uomo che rimase con gli occhi e la bocca spalancati.

- Davvero non avevi capito? Nessuno ha mai visto quel film? Questa è una spada laser, idiota! - conclusi annoiato.

L'uomo cadde all'indietro sotto lo sguardo incredulo dei suoi uomini che puntarono le armi verso di me. "Oh, cazzo!" fu l'unica cosa che pensai in quel momento.

Saltai all'indietro rovesciando di proposito la scrivania così da avere un riparo dalla raffica di proiettili che mi spararono.

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Capitolo 5
*** Ribellione ***


Aprii gli occhi, vidi il pavimento, avevo ancora le mani a coprirmi la testa, i guerriglieri stavano ancora sparando. Alzai leggermente lo sguardo e vidi Takashi rannicchiato accanto a me che stringeva qualcosa che non riconobbi.

- E tu che cazzo fai qui? - chiesi sorpreso.

Lui mi guardò terrorizzato - M-ma... che cazzo dici? Sei tu che mi hai spinto qui dietro! - per poco non si metteva a piangere.

- Cosa? Io? - strabuzzai gli occhi.

- Sì, tu! Io stavo cercando di prendergli l'altra pistola e tu l'hai trafitto con quella cosa, poi mi hai spinto dietro il tavolo. Alla fine ho preso solo questa! - disse lui tutto d'un fiato mostrandomi l'oggetto.

Era tondo, verde e con una linguetta sulla sommità.

"Ma fai sul serio?" pensai a bocca aperta fissando la granata.

In quel momento mi accorsi che avevano smesso di sparare. Presi senza pensarci la granata, levai la sicura, e la lanciai verso il furgone che usavano come palcoscenico i guerriglieri.

"Centro! Il corso di baseball che ho seguito nel Queens è servito a qualcosa." esclamai tra me e me.

Aspettammo qualche istante nascosti, ma nulla.

Takashi mi guardò perplesso - Perché non esp - il botto assordante fu seguito da urla, rottami e altre cose che cadevano.

Alzammo di nuovo la testa per guardare, c'erano corpi ovunque, la carcassa del veicolo stava bruciando e alcuni pezzi erano sparpagliati a terra. Takashi era a bocca aperta.

- D'accordo, ora tu aiuti gli altri a prendere a calci in culo quelli che li tengono sotto tiro! - gli dissi dopo averlo ridestato con uno scappellotto.

- E tu che farai? -

- Prendo a calci in culo il resto del gruppo! - risposi risoluto.

Ci dividemmo, Takashi andò a destra nascondendosi dietro ogni posto possibile, io invece corsi avanti verso il furgone distrutto, lo saltai con una acrobazia, atterrai rotolando a terra per poi rialzarmi e ricominciare a correre, mi stupii di riuscire in certi movimenti con molta disinvoltura.

Alcuni guerriglieri puntarono le armi verso di me, decisi di usare i camper come riparo, e corsi verso l'ultimo quando mi accorsi di un problema più grosso.

"Cazzo, mitragliatrice antiaerea!" imprecai.

I camper non servirono a nulla, i proiettili li trapassavano come se fossero fatti di burro. Corsi più veloce che potevo fino all'ultimo camper, usai la ruota anteriore per darmi lo slancio e salire agevolmente sul tetto, accesi la spada laser e saltai verso l'uomo che usava la mitragliatrice, che si era surriscaldata. Gli tagliai la testa di netto lasciando ustioni sul collo.

Con un calcio feci scendere il corpo decapitato, puntai la mitragliatrice verso gli altri furgoni e sparai, uno a uno esplosero portando con se il resto dei guerriglieri, una quindicina in tutto.

Scesi dal furgone, presi una granata dal corpo decapitato, la gettai senza sicura sotto il serbatoio che esplose dietro di me.

Tornai dagli addetti agli scavi per dare una mano, ma gli aggressori erano stati neutralizzati, quattro a terra morti e uno vivo, tra gli archeologi invece tre erano crivellati di colpi.

Takashi inizialmente era euforico come sempre poi mi guardò sconvolto come tutti i presenti.

- Che cosa avete adesso? - chiesi sbuffando.

- Aaron, i tuoi occhi! - rispose.

- Cosa hanno? - mi spazientii.

- Sono rossi! - disse.

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Capitolo 6
*** Persona Inattesa ***


Ero ancora confuso. Non capivo che era successo.

Avevo decimato un contingente di venti uomini armati che aveva sequestrato me e gli altri archeologi, da solo. Fino a li c'ero arrivato, poi Takashi, in preda al terrore, mi disse che avevo gli occhi rossi. Il mal di testa che ne seguì fu molto doloroso, i miei occhi tornarono del colore marrone di sempre. Gli americani arrivarono tre ore dopo, presero quasi tutto: gli appunti di Kurush, la tavola ti pietra, il corpo di trentamila anni fa, e tutto ciò che gli apparteneva. Tutto tranne la spada.

Mentii, dissi di averla gettata nel fuoco di una delle macchine esplose. Mi rimproverarono pesantemente, non che me ne fregasse qualcosa di quello che mi dicevano, ma non volevo dare altre soddisfazioni agli americani, e poi ero curioso.

Volevo sapere perché a me. Perché ora. E soprattutto cos'era tutta questa storia delle persone "altolocate" di qui parlava il tizio.

Portai la spada a Londra all'Università di Cambridge per farne degli esami, ma non trovai nulla più del fatto che l'involucro è di un materiale metallico estraneo agli elementi conosciuti.

Due settimane a fare ricerche in un laboratorio al pianterreno e non ho trovato nulla.

Nei miei appunti c'era il calco della pietra, mostrava i simboli che avevo tradotto e il disegno sulla parte superiore: un uomo che con una spada deviava i raggi del sole.

- Ehi, amico, senza tutti i dati non possiamo andare molto avanti con la ricerca. - si lamentò Takashi.

Nonostante fosse terrorizzato da me, aveva deciso di aiutarmi comunque con questa storia.

- Non sono tuo amico, non lamentarti abbiamo trovato qualcosa di interessante, adesso è tutta in salita. - dissi stiracchiandomi sulla sedia.

- Lo diceva spesso anche il professore... - sussurrò triste.

"Già, era un amico di suo padre me ne ero dimenticato!" pensai.

- Scusa. - in realtà non me ne fregava niente.

- Ok... però è due settimane che ci spremiamo il cervello e non abbiamo nulla. Mi sembra di essere un ufologo a caccia di extraterrestri, sapendo che non esistono. - disse sfinito.

Era sempre rimasto a lavorare per tutto il tempo. Si riposava a malapena e il suo lavoro cominciava a risentirne.

- Senti, perché non vai a casa? Dormi, e domani riprendiamo. - continuai.

- Cos'è, un ordine? - chiese sarcastico.

- Sì. - risposi secco. Non potevo permettergli di rallentarmi.

Avevamo le ore contate per quella ricerca, presto sarebbero venuti per la spada.

"Avanti tornatene a casa! In quello stato non mi servi a nulla!" imprecai.

- Se la metti così allora torno a casa, signore! - disse con un saluto militare, era visibilmente irritato.

Prese il giubbotto e se ne andò senza salutare "Ho di nuovo esagerato, che palle!".

Rimasi a fissare la spada e la copia della tavola per molto tempo. Dopo quel giorno non sono più riuscito ad accenderla, ho provato varie volte, ma nulla.

Non aveva ne tasti di accensione e nemmeno meccanismi strani per attivarla.

Era anche diventato impossibile riaprirla.

"Forse si è rotta davvero!" pensai sconsolato, ma qualcosa mi diceva che non era cosi.

Feci altre analisi sulla composizione, e poi lo vidi.

- Ma che cazzo...? - sbottai.

C'era qualcosa che circondava le particelle che stavo esaminando, qualcosa di sottile, qualcosa che non avevo mai visto prima. Usai gli infrarossi per avere una visione più chiara: non era sottile, era intangibile.

In quel momento sentii aprire la porta e rumore di passi leggeri ed eleganti al suono.

"Una donna senza dubbio!" pensai senza alzare lo sguardo dal microscopio.

Volevo un vantaggio in caso fosse del governo, o dei servizi segreti.

- Scusi se la disturbo, avrei bisogno di una informazione! - esordì la donna.

Era una voce molto bella anche se aveva un qualcosa che mi fece gelare il sangue.

Alzai lo sguardo, rimasi senza fiato.

Era una ragazza di pochi anni più giovane di me, con un vestito elegante nero che sembrava venuto da un gioco di final fantasy, la pelle bianca e candida, i lineamenti perfetti, e anche le curve lo erano. Quello che mi scioccò furono i capelli bianchi lunghi e gli occhi rossi.

Lei mi sorrise - Dov'è la spada al plasma? - chiese.

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Capitolo 7
*** La Ragazza Dai Capelli Bianchi ***


Rimasi imbambolato.

Non pensavo esistesse davvero. Nei miei sogni provavo terrore per questa ragazza, ero così impaurito che mi feci vedere da uno psicologo professionista. Avevo già seguito una terapia di recupero dallo shock subito un anno prima, il risultato fu il mio carattere menefreghista e assenza quasi assoluta di sentimenti. Poi arrivarono i sogni, ogni notte per sei mesi sempre lo stesso sogno, cambiavano i dettagli ma il copione era sempre quello.

Quella che avevo davanti a me invece non mi terrorizzava, era composta, con lo sguardo severo, ma aveva una strana tendenza alla gentilezza.

Quello che mi stupì fu quello che pensai in quel momento "Voglio stare con lei!" poi mi parlò e mi ridestai col mio solito atteggiamento "Ma che sto dicendo! Questa vuole fregarmi la scoperta!".

Presi la spada, girai la sedia a rotelline, misi il piede sul bordo della scrivania, e diedi una spinta abbastanza forte da farmi arrivare al lato opposto della stanza. Avevo un piano dovevo solo distrarla.

- Intendi questa? Io la chiamo spada laser, in onore a un film che ha fatto la storia. - sorrisi giocherellando con la spada.

- Perché chiamarla spada laser se non produce laser ma plasma? - sembrava confusa, ma con una strana furbizia negli occhi.

- E io che ne so, chiedilo al regista! - feci io sprezzante.

Lei fece un passo verso di me - Lo farò, per dirgli quanto ignorante sia. - disse.

Io girai la sedia, mi alzai e feci un passo verso la postazione di Takashi - Non credo cambierebbe molto. -

- Forse hai ragione, dopotutto l'essere umano è una razza cosi "bassa"! - fece altri due passi verso di me.

- Cos'era quella, un'offesa ? - chiesi avanzando di altri due passi.

- La peggiore di tutte! - rispose.

- Non mi sento molto offeso. - continuai.

- Forse sei così ignorante che non capisci quando qualcuno ti insulta. - replicò lei.

- Sbagliato! So che questo oggetto non è umano e so che molte persone lo vorrebbero, governi compresi ovviamente. Ma la domanda più importante qual'è? - chiesi facendo altri quattro passi.

Avanzò anche lei quattro passi - Chi sono io? - eravamo al centro della stanza divisi dalla scrivania e dai monitor dei computer.

- Sbagliato di nuovo, di te non me ne frega niente! La domanda è: cos'è la strana sostanza che avvolge le particelle di questa spada? - chiesi.

La ragazza rimase in silenzio.

- La mia teoria: forse è un tipo di energia ancora sconosciuta agli uomini! Forse una cosa simile alla Forza! - scherzai continuando a camminare. Lei non si mosse di un passo ma non parlò.

- Oh, aspetta, è proprio come la Forza? Sul serio? - chiesi stupefatto - Bé, non posso dire che non me l'aspettavo, dopo la spada laser la Forza, ora non mi stupirebbe se ci fosse un tempio jedi. - continuai a schernirla.

- Non la chiamiamo più "Forza" ma bensì Aura, e no non esiste nessun tempio ma un Ordine di Cavalieri. Tutto ciò che hai detto risale a molto tempo fa. - spiegò lei, sembrava malinconica anche se era difficile percepirlo.

"Questa è pazza, sciroccata, completamente fuori di testa!" pensai.

- Cambiano i nomi, non la sostanza! - ironizzai.

- Dammi la spada al plasma, ora! - ordinò lei.

- Sai, sei una ragazza simpatica ma tra noi non può funzionare, quindi... ciao! - feci un piccolo inchino, mi girai aprii la porta e cominciai a correre a perdifiato.

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Capitolo 8
*** Scontro Al Chiaro Di Luna ***


Corsi per i corridoi più veloce che potevo, sembrava impossibile eppure aveva funzionato.

"Dopotutto non era poi cosi furba!"  ci credetti per un istante ma qualcosa mi diceva che era tutto previsto.

Girai l'angolo, ero quasi arrivato all'uscita quando intravvidi una sinistra luce verde attraverso il vetro della porta.

Era un'imboscata bella e buona.

"Dai non scherziamo!" 

Ragionai velocemente, oltre la porta alla mia destra c'era un laboratorio con una vetrata.

Provai ad aprirla, nulla. Tentare di sfondarla era fuori questione, il vetro era spesso tre centimetri per evitare che gli studenti li rompessero facilmente.

- Porca troia! - feci un gesto con la spada la quale emise stesso fischio sordo quando si accese la prima volta "Quindi sono le emozioni a farti accendere, eh?"

Sorrisi, provai a menare due fendenti al vetro che si sciolse formando una X, poi presi una sedia e la scagliai proprio in mezzo al segno. Il vetro fece molto rumore quando si frantumò e subito dopo scattò l'allarme. Mi gettai fuori, rotolai sulle schegge di vetro sparpagliate sull'erba e mi rialzai subito.

Corsi verso l'uscita dell'università ma una voce maschile, bassa,  e aggressiva mi urlò.

- Fermati immediatamente, o le taglio la testa! -

Mi voltai, per poco non mi prese un colpo. Era un uomo alto due metri, vestito come la ragazza dai capelli bianchi, molto muscoloso, la faccia era quella di un leone, in una mano aveva una spada verde mentre l'altra teneva per la gola una ragazza mora che implorava aiuto.

- Okay, ci vediamo! - dissi, e continuai a correre per raggiungere il cancello.

Non capii esattamente cosa fece ma so per certo che lasciò andare la ragazza e poi lo vidi atterrare davanti a me. Era parecchio arrabbiato.

- Quindi, tu che hai una nobile arma, avresti lasciato morire quella femmina umana solo per scappare? - la sua voce era piena di disprezzo.

Rimasi impietrito per qualche secondo.

 - Tu l'hai lasciata andare per seguire me no? Mai cominciare con la peggior minaccia, finisci sempre per perdere dal principio. - lo schernii.

La sua rabbia aumentò, fece un gesto con la mano, mi ritrovai trascinato da qualcosa di invisibile fino alla panchina di legno. Mi misi seduto e mi rilassai, lui allentò la presa invisibile che mi schiacciava.

Si avvicinò camminando - Esseri umani. La razza peggiore nell'universo, non mi stupisce che siate banditi dal resto della federazione! - Alzò la spada e menò un fendente.

Non riuscii nemmeno a pensare agii solo d'istinto, scattai di lato, la spada tagliò in due la panca mentre cadevo a terra. Il leone mi guardò con lo sguardo assassino quindi diedi un calcio a una delle tavole che colpì in faccia il leone, speravo di intontirlo abbastanza da potergli sfuggire,

Si mise la mano sulla faccia - Tu sporco, inutile umano. - imprecò indietreggiando.

Io cercai di alzarmi ma lui si riprese subito e abbassò la mano rivelando una ferita grondante di sangue sulla parte sinistra dello zigomo.

- A quanto pare gli alieni hanno il sangue rosso! Interessante! - non so perché continuavo a prenderlo in giro però quello che so è che non gli piacque per niente, si scagliò contro di me con la sua spada laser verde. Chiusi gli occhi, stavolta non avevo scampo.

Passarono i secondi ma non successe nulla, l'unica cosa che sentii fu un fischio acuto poco prima che qualcosa di caldo mi colpisse.

- Maestro Kapa, noi non uccidiamo gli innocenti. - disse una voce femminile e familiare.

Aprii gli occhi, vidi la ragazza dai capelli bianchi sopra di me che mi faceva da scudo con una spada di colore giallo canarino.

- Loro non sono innocenti, non lo saranno mai! - ringhiò il leone.

Menò un secondo fendente che fu prontamente parato dalla ragazza.

- Invece lo sono. Controlla la tua rabbia. - fece la ragazza con un tono molto calmo.

Lui fece una risata inquietante - Controllarmi? Oh, mia giovane apprendista, non sono più calmo da molto tempo. - continuò con un altro fendente che fu parato per l'ennesima volta dalla ragazza.

Rimasero in quella posizione per un po' a scrutarsi a vicenda.

- Capisco, quindi tu sei già dall'altra parte! Speravo non fosse vero, Maestro Kapa! - disse malinconica la ragazza.

- Cosa vorresti fare adesso Sania, uccidermi? - chiese lui spavaldo.

- Sì! - rispose lei, il suo volto era determinato.

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Capitolo 9
*** Rivelazioni ***


Non ci capivo più nulla. Ero convinto che lavorassero assieme, ora invece sono uno contro l'altro.

- Muoviti di lì, mi dai fastidio! - mi intimò Sania.

Mi svegliai dai miei ragionamenti, lo facevo spesso. Pensavo a un milione di cose contemporaneamente per parecchio tempo e non arrivavo mai a nulla.

- E perché dovrei? Da qui si vede uno splendido primo piano del tuo sedere! - diedi un tono ironico alla frase ma aveva davvero un bel sedere.

Lei girò leggermente la testa, in quel momento percepii la rabbia che mi stava trasmettendo.

"Cazzo, questa mi fa fuori sul serio!" ero spaventato.

- Okay, come vuoi, mi dileguo... - le risposi strisciando indietro di qualche metro.

Kapa fece un gesto con la mano, una forza spinse Sania alla mia stessa distanza solo che lei era ancora in piedi.

- Stupidi apprendisti, pensate di essere i più forti solo perché avete imparato qualche mossa. - convenne Kapa.

- E i maestri pensano di essere i più forti solo perché hanno un po' più di esperienza, poi perdono il senno e uccidono quattordici bambini, ventiquattro passeggeri e altri cinquantasette membri dell'equipaggio, vero Maestro Kapa? - chiese Sania, la sua espressione era calma, ma non lo era affatto.

- Quelli non erano "bambini", erano razze inferiori che non meritavano il nostro sapere! - ruggì Kapa.

Mentre pronunciava quelle parole sentii il cuore battere velocemente, sentivo la rabbia che saliva.

- Come puoi dire una tale crudeltà? Tu non eri così Maestro, eri generoso, compassionevole, che cosa ti è successo? - continuò lei, adesso invece era triste.

Impugnai la spada e la accesi, la lama nera fischiò, ormai sapevo come funzionava, e mi alzai.

- Che cosa stai facendo? Non è un avversario per un apprendista improvvisato! - urlò Sania.

- Me ne frego! Anche se fosse Dio lo prenderei a calci in culo lo stesso. - ero determinato come mai prima di allora.

Scattai in avanti senza sentire ragioni, lasciai che l'istinto prendesse il sopravvento, un fendente da destra parato, un'acrobazia di lato, un altro fendente dal basso, parato anche quello. Continuai l'attacco, altro fendente da sinistra a vuoto con contrattacco di Kapa che parai agevolmente, roteai all'indietro in guardia bassa lasciando il leone attaccare, parai i primi tre fendenti e schivai gli altri due con un'altra acrobazia, e finalmente l'occasione per colpirlo con un pugno in faccia.

Kaba indietreggiò era sorpreso e confuso - Non ti stai battendo in modo onorevole, umano! Se vuoi combattere fallo lealme... -

Non gli lasciai finire la frase, lo attaccai ancora, un fendente, poi un'altro, tre, quattro non gli lasciavo tregua finché uno stallo a lame incrociate.

- Adesso che cosa credi di fare sporco umano? - chiese Kapa con la sua solita spavalderia.

- Hai ammazzato a sangue freddo quattordici bambini, ora io ammazzo te! - quando dissi quelle cose Kapa sembrò perdere la sua spavalderia.

Cambiai modo di impugnare la spada e spinsi in basso per poi andare in alto.

L'arto si staccò portandosi via un pezzo di spalla sinistra del leone che cadde a terra in ginocchio e agonizzante.

- Il resto lo lascio a te, dopotutto è il tuo maestro! - non la guardai nemmeno.

- No, non lo è, non lo è mai stato! - si avvicinò a passi lenti ma decisi.

Kapa cominciò a ridere - Da quando sapevi? -

- Da un po' di tempo ormai, dal tuo modo di agire. Mi hanno mandata sotto copertura per investigare su quel attentato al convoglio. Speravo di sbagliarmi, lo speravo proprio. Ma perché? - ribadì lei.

- Te l'ho detto, erano una razza inferiore, non potevo permettere che le forze dei cavalieri aumentasse... presto lui arriverà e spazzerà via ogni essere che si opporrà a lui. - continuò a ridere.

- Chi arriverà? Rispondi! - urlò Sania.

- L'essere supremo, colui che domina l'aura, colui che purificherà questo universo! - Kapa alzò la testa come se avesse quella figura davanti agli occhi.

Sania sembrava rabbrividire al sentire quelle parole.

"Come nei videogiochi, forse è il boss finale!" pensai svogliato "Dopotutto c'è sempre un boss finale nelle storie" 

- Quando lui arriverà nemmeno la vostra forza potrà aiutare! - continuò Kapa come se stesse delirando per il dolore. Aveva il fiato corto e sembrava soffrire in maniera indicibile.

Sania alzò la spada gialla - Che tu possa trovare la pace Maestro Kapa! - il taglio fu netto e preciso, la testa felina cadde sulle ginocchia del corpo ormai senza vita.

Sania rimase senza parlare per qualche minuto - Dovrai venire con me, lo sai vero? - disse infine.

- Sì, lo so! - la risposta arrivò netta.

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Capitolo 10
*** Partenza ***


Stavamo camminando da diversi minuti tra le vie più buie e nascoste di Londra e l'unica cosa che mi veniva in mente era "Stavolta non me la cavo con una sgridata, mi metteranno in galera per omicidio di extraterrestre!" Sania invece era molto silenziosa tranne che per informarmi dove girare.

Girammo per l'ennesima via stretta e ci ritrovammo all'entrata di un parco completamente buio.

- Vieni, è da questa parte! - fece lei con un cenno.

Senza parlare la seguii, anche perché molto probabilmente sarebbe stato inutile scappare.

Dopo qualche istante la vidi, era piccola, di colore giallo e blu, con una linea aerodinamica.

- Questa è davvero quello che sembra? - ero senza parole.

- E' una navetta leggera, cosa c'è di strano? - chiese entrando nell'abitacolo del pilota.

- Niente, solo che molti umani non sono abituati a vedere "navette leggere" parcheggiate al parco. - ironizzai.

- Fatti presto un'abitudine, dove andremo ce ne sono a migliaia! - si allacciò l'imbragatura.

- E il tuo amico, lo lasciamo a marcire lì? - chiesi un po' preoccupato.

- Non era mio amico, e si lo lasciamo lì. Ci penseranno i governi del tuo mondo a insabbiare tutto! - rispose seccata.

- Okay, capo. - dissi, poi mi venne in mente un dubbio che avevo da giorni - A proposito chi ha finanziato gli scavi in Iraq? - salii la scaletta riluttante.

- Un po' tutti! Alcuni hanno anche "gentilmente offerto" macchinari rudimentali per accelerare gli scavi. - rispose lei.

- Che intendi con "gentilmente offerto"? - ero molto curioso.

- Li ho influenzati tutti affinché finanziassero gli scavi. - spiegò lei.

- Influenzati? Con la Forza intendi? Tipo una cosa alla "Questi non sono i droidi che state cercando"? - continuai a chiedere ridacchiando.

Il sedile era subito dietro a quello di Sania, come i caccia della marina, solo che avevano comandi e aggeggi che non avevo mai visto.

- Te l'ho già detto non la chiamiamo più in quel modo e non so cosa tu stia blaterando. Comunque non è stato difficile, i vostri governatori sono tutti talmente idioti e lussuriosi che mi vergogno ad aver usato quella tecnica. - continuò lei.

- Finalmente hai detto qualcosa che condivido. Come si allaccia sto coso? - cercai di capirci qualcosa su come allacciare l'imbragatura, ma non ce la feci.

Lei sbuffò, sentii un bip, un vetro trasparente ricoprì entrambi gli abitacoli, altri due bip, il rombo di un motore a reazione si accese. Guardai giù ed eravamo già a più di mille metri d'altezza.

Mi rimisi a guardare avanti sconvolto "Cazzo, soffro di vertigini e di mal d'aria! Aspetta, c'è qualcosa che non mi quadra!" pensai.

- Ma non si sente la forza di gravità qui dentro? - le chiesi.

- Sublimatori inerziali! - mi rispose come se fosse una domanda stupida - Adesso ti conviene tenerti forte, si entra in iperspazio. - aveva un tono divertito.

- Ah, quella parola non è cambiata però. - lo strattone che ne seguì fu così forte da tenermi inchiodato al sedile. Luci di vario colore si susseguirono e curvarono come se fosse un tunnel.

- Per caso il vostro "iperspazio" è simile a un cunicolo spazio-temporale? - chiesi sbalordito.

- Praticamente si! Quindi siete arrivati così lontano voi umani? Perché non esplorate l'universo allora? - chiese a sua volta.

Uscimmo dall'iperspazio con un altro strattone in avanti, subito vidi lo spettacolo più incredibile che potessi immaginare. Un intero pianeta circondato da satelliti completamente ricoperti da palazzi, astronavi di ogni dimensione che partivano e tornavano, luci ovunque.

- Perché siamo degli idioti! - feci io con la bocca spalancata.

- Benvenuto a Coruscant!- disse lei con un sorriso.

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Capitolo 11
*** Il Gran Consiglio ***


Schivate alcune navette, deviammo verso il pianeta, anch'esso ricoperto da una immensa città. Rimasi inchiodato al sedile stringendo con tutte le mie forze le cinghie non allacciate e con gli occhi chiusi.

Dopo qualche minuto sentii uno scossone, di nuovo due bip seguiti da un'altro più acuto, il vetro si aprì e il motore aveva quasi smesso di funzionare.

- Scendi adesso! - fece Sania.

Ero ancora sconvolto, non mossi un muscolo. Mal d'aria e navette spaziali, bruttissima combinazione.

- Allora ti muovi o no? - continuò lei.

La guardai, lasciai lentamente andare le cinture e con lo stesso ritmo scesi la scaletta. Appena toccato terra mi accasciai e appoggiai la testa a terra.

"Terra ferma! Superficie solida!" pensai.

Quando alzai la testa vidi Sania con un'espressione irritata - Muovi il culo, mezza sega! - mi ordinò, poi si girò continuando a camminare.

Mi guardai attorno, in quel momento capii di essere osservato e deriso da un numero imprecisato di razze umanoidi. Sania stava già salendo le scale di un edificio enorme.

- Aspetta, non lasciarmi qui da solo! - mi alzai di scatto e corsi per raggiungerla.

L'edificio era semplice, una piramide troncata a metà posizionato sopra un basamento rettangolare dove si trovava l'enorme portone. Sopra la piramide si ergevano cinque enormi colonne.

Passammo il portone principale, poi un enorme giardino che stranamente mi rilassò, e infine una stanza piena di bambini di varie razze impegnati ad allenarsi.

- Bentornata senpai Sania! - fece una ragazzina, aveva la pelle rossa con due piccole corna bianche con strisce nere sulla testa e tre piccole code dello stesso colore delle corna che le scendevano come capelli dal capo, due davanti e una dietro.

- Salve Mahsimi! Ti ringrazio per il benvenuto, ma è irrispettoso conversare con qualcun'altro mentre il Maestro fa lezione. Per punizione dovrai meditare dopo le altre attività! -  le sue parole erano dure ma la sua voce era dolce, quasi materna. - Sì, capisco senpai! - Mahsimi fece un inchino e tornò al suo posto.

- Quindi anche tu sai essere dolce dopotutto! - sbottai.

- Piantala, e continua a seguirmi. - ordinò seccata.

- Aspetta, spiegami prima una cosa, come faccio a capire che stanno dicendo tutti? E non dirmi che parlano tutti l'inglese perché sarebbe una stronzata! - chiesi senza muovermi di un passo.

- Traduttore universale! Tu parli e gli altri ti capiscono come se parlassi la loro lingua. Ce l'abbiamo da sempre quindi non chiedermi dov'è o come funziona, perché non lo so. So solo che nel tuo sistema solare non c'è e che abbiamo dovuto usarne uno portatile installato sulla navetta. Altre domande stupide? - ritornò scontrosa come sempre.

- Una, dove stiamo andando esattamente? - chiesi ancora.

- Al Gran Consiglio! Adesso muoviti! - ordinò ancora.

Passammo attraverso quella che sembrava una biblioteca e arrivammo ad un ascensore. Salimmo fino all'ultimo piano, dove c'era un enorme sala completamente vuota tranne che per una finestra e una modesta porta. Guardai fuori dalla finestra, il paesaggio era impressionante: una città che ricopriva l'intero pianeta, l'orizzonte era grigio per via degli edifici.

- Di qua! - fece per l'ennesima volta Sania.

La porta si aprì rivelando un'altra stanza, più modesta con dodici poltrone sulla quale erano seduti altrettanti individui che cominciarono a scrutarmi.

"Ma che hanno da guardarmi in quel modo?" 

- Questo umano ha impugnato una lama nera, e a quanto pare la sa usare molto bene, anche se personalmente credo che sia stata solo fortuna. - spiegò lei.

- E il maestro Kapa? - chiese uno con l'aspetto simile a quello di Kapa.

- Caduto, aveva intrapreso la Via Oscura, Maestro Kirioth! - rispose lei con un inchino.

- Capisco, hai combattuto con onore, lui era molto forte! - fece un inchino.

- A dire il vero è stato l'umano a batterlo, io ho solo messo fine alle sue sofferenze! - convenne Sania.

Il leone mi guardò ancora, sembrava pieno di disprezzo.

- Quindi sei stato tu, bene! Ora decideremo se sei idoneo a far parte del nostro ordine. - fece un'altro, era un uomo vecchio con la pelle blu e i segni di mille battaglie sul volto, ma ancora sembrava scaltro, e qualcosa nei suoi occhi mi diceva che se avessi reagito con aggressività nessuna abilità mi avrebbe salvato.

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Capitolo 12
*** Io, padawan! ***


Avevano tutti e dodici lo stesso tipo di indumento, la maglia simile alla parte superiore di un kimono e un largo cappuccio sulle spalle, la parte inferiore invece erano semplici pantaloni larghi. Ognuno dei presenti aveva un completo dai colori diversi, tranne il nero.

- Prima di iniziare vorrei farti qualche domanda, umano. - fece l'uomo dalla carnagione blu.

- Okay! Spara! - risposi senza nemmeno pensare.

- Cosa pensi di Coruscant? - chiese.

- Che qualche idiota ha pensato "la deforestazione è la via!" e l'ha messo in atto! -

Sania mi tirò una gomitata alle costole, il suo sguardo confuso.

- Che cosa pensi dell'universo? - continuò l'uomo.

- Che è un posto enorme e pieno di idioti! -

- Che cosa pensi di noi Cavalieri? -

- Un clero che decide il destino di miliardi di persone? Già visto e so come andrà a finire! - dissi.

L'uomo mi fissò più intensamente - Pensi di essere superiore agli altri? -

Io sorrisi - No, penso di essere solo uno dei tanti idioti già citati! - stranamente sentivo che era la verità.

L'uomo chiuse gli occhi in meditazione, mosse la testa fino a incrinarla leggermente, infine riaprì gli occhi - Ho deciso, tu sarai un mio allievo! - sentenziò.

Lo sguardo fiero degli altri undici maestri si trasformò presto in stupore, per poi scatenarsi in indignazione. Alcuni sbraitavano, altri dicevano solo "no è uno sporco umano", altri invece chiedevano la pena capitale.

Sentendo tutto ciò cominciai ad innervosirmi - Adesso basta, branco di pecore! - urlai.

Non capivo come, ma nonostante la mia voce fosse più bassa di tutte le loro riuscii a far zittire tutti in un colpo solo.

L'uomo mi guardò ancora una volta - Nonostante provi una grande rabbia nel suo cuore, non ha mai abbandonato la retta via. Forse è solo grazie ad una enorme forza d'animo e a un pizzico di sarcasmo, che non guasta mai. - spiegò con molta calma sorridendo.

- Ma Maestro Thran, è un umano, non può allenarlo da solo senza protezione. - fece una donna dalla carnagione olivastra e con piccole corna che le sputavano dalla testa.

- Proprio per questo addestrerò due allievi! - spiegò ancora.

- Due allievi, questa si che è una giornata piena di sorprese. E chi si prenderà l'onere di spalleggiare un umano? - chiese un altro con il volto mezzo umano e mezzo rettile.

Thran guardò con insistenza Sania - Ovviamente qualcuno che già conosce e che non ha paura di rimproverarlo, l'ultima delle dranorin, Sania Tano. - concluse. Lei fece un inchino perplessa.

Tutti rimasero in silenzio, la tensione era alta, e sentivo in qualche modo che nessuno aveva il coraggio di parlare.

- Perché ce l'avete tanto con gli umani? - chiesi fregandomene altamente dell'atmosfera.

I dodici maestri e Sania mi guardarono attoniti.

- Non lo sai? Voi umani siete pericolosi perché avete un'Aura molto potente, ma non la sapete controllare per niente. Cedete spesso alla rabbia e all'odio, e soprattutto a vostri istinti primordiali. - spiegò Kirioth con disprezzo.

- Da che pulpito dopo la scenata di prima... - sbottai.

- Come ti permett... - cominciò il leone.

- Ora basta, Kirioth! - lo rimproverò Thran, poi si girò verso di me - Tu alloggerai assieme a Sania, così non ti perderà mai di vista. Da domani sarete entrambi miei allievi. Ora potete andare! - disse con un gesto cortese della mano.

Sania fece un inchino - Sì, Maestro Thran! - mi intimò di fare altrettanto.

Controvoglia mi inchinai, poi guardai Kirioth, mi misi la mano in tasca, la ritirai fuori col dito medio alzato. Mi girai per andarmene continuando a mostrare il dito medio mentre mi grattavo la testa.

Sania mi accompagnò nella sua stanza in silenzio, era molto spartana con pareti di colore bianco, due letti uno verde e uno rosso, un armadio grigio chiaro, molti cassetti anch'essi grigi e una postazione con vari e piccoli attrezzi da lavoro. Sulla sinistra un'altra porta che portava al bagno.

- Quello a destra è tuo, non provare a fare scherzi, chiaro? - disse Sania indicando il letto verde senza nemmeno guardarmi.

"Un letto, finalmente posso dormire!" pensai mentre mi buttavo di pancia.

Chiusi gli occhi "In che casino mi sono messo stavolta..." pensai prima di crollare dalla stanchezza.

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Capitolo 13
*** Allenamento ***


Non sapevo che ore fossero e nemmeno dove mi trovavo. Avevo ancora gli occhi chiusi, credevo di aver fatto un sogno assurdo: una ragazza dai capelli bianchi e occhi rossi mi si presentò in laboratorio, da bravo idiota scappai per poi ritrovarmi a combattere un duello mortale con spade laser contro un leone antropomorfo, fare un viaggio interstellare con la stessa ragazza dai capelli bianchi e, come ciliegina sulla torta, diventare un allievo di un alieno antropomorfo blu che per inciso è pure il Gran Maestro dei "Cavalieri".

Aprii gli occhi, vidi Sania seduta sul pavimento a gambe incrociale, occhi chiusi, e con vari oggetti che le fluttuavano davanti "Non era un sogno!" mi ero rassegnato all'idea.

- Ma che stai combinando? - mi stiracchiai.

- Ssshhh! - mi fece lei. Notai che non portava più i vestiti del giorno prima ma una specie di corsetto nero con sotto una maglia a maniche lunghe anch'essa nera, pantaloni neri che definivano la forma delle gambe, e scarponi neri e alti con cinghie in pelle per chiuderli.

"Carina!" pensai.

- Non provare nemmeno a pensare per un istante di trastullarti davanti a me! - disse con gli occhi chiusi.

- Come scusa? - chiesi perplesso.

- Sento attraverso l'Aura che sei eccitato, come succede per gli animali a malapena senzienti! - spiegò.

Guardai verso il basso - Oh, intendi l'alzabandiera? Bé, sono uno "sporco umano", quindi fattene una ragione! -  mi alzai e andai al bagno, poi mi fermai - Dovrei lavarmi i denti e rendermi decente, come faccio? - chiesi sottolineando l'ovvio.

- Stamattina il Maestro Thran ha portato tutto l'occorrente per voi umani. Ora lasciami meditare. - disse.

- Va bene, vi lascio in pace... principessina! - sbottai, prima che mi colpisse con un cubo dorato sulla nuca.

Feci finta di niente e entrai nel bagno, mi aspettavo strane cose tipo: docce automatiche agli ioni, strani congegni futuristici... invece era un bagno normalissimo, con doccia, lavandino con specchio, " l'urinatoio", e un armadio dove tenere asciugamani e altre cose.

Mi feci una doccia veloce e mi cambiai d'abiti, che avevano delle grosse macchie rosse, con i classici vestiti da Cavaliere che mi avevano dato "Almeno sono comodi!"

Uscii dal bagno, vidi Thran e Sania parlare, quando mi videro si fermarono.

- Eccoti finalmente, andiamo. - disse Thran con un sorriso.

- Dove? -

- In palestra, vediamo che sai fare. Poi cercheremo di migliorare le tue abilità. - rispose con un sorriso.

Percorremmo vari corridoi e incontrammo molti tra maestri e allievi. Arrivammo ad un ascensore che ci portò al primo piano, alla palestra. Era un locale enorme pieno di ragazzini di varie razze che provavano alcune mosse e maestri che insegnavano. Uno tra loro spiccava per la durezza con cui trattava dei ragazzi più grandi, era Kirioth, li stava massacrando.

- Ehi, ma che cazzo fai?- urlai senza rendermene conto.

Kirioth mi guardò storto come se avessi infranto una regola sacra o qualcosa i simile.

- Ancora tu? Sei qui da neanche un giorno e vorresti insegnarmi a fare il maestro? - ringhiò furioso.

- Insegnare è un conto, far del male gratuito ai propri allievi è un'altro! - presi una delle spade di quella che sembrava di plastica dura.

- Vorresti sfidarmi? - chiese scatenando l'ilarità della gente che guardava.

- L'idea era quella di insegnarti le buone maniere spaccandoti il culo, ma se proprio insisti... - lo attaccai, anche questa volta come con Kapa e i mercenari in Iraq ero sicuro di me stesso.

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Capitolo 14
*** Allenamento 2.0 ***


- Ma che stai facendo? - chiese Sania.

- Calma, calma, voglio vedere i suoi talenti in battaglia prima di addestrarlo come si deve! - spiegò Thran - Avanti cominciate! - ordinò.

Feci roteare la spada di plastica, mi lanciai in avanti, Kirioth parò due colpi, e ne schivò un'altro. Contrattaccò con due fendenti poderosi che parai con una certa difficoltà, mi fece indietreggiare di due passi. Mi ripresi e rincominciai ad avanzare attaccando di lato e subito dopo fare una acrobazia per allontanarmi e poi ricominciare ad attaccare.

- L'ataru, il soresu e lo djem-so, eh? Interessante. - fece Thran.

Attaccai ancora, stavolta con colpi mirati e che mi facevano spendere poche energie. Il leone antropomorfo non sapeva come parare e prese sei colpi ben piazzati. Kirioth perse la pazienza e cominciò ad attaccare con fendenti feroci da ogni direzione, usai quella stessa ferocia a mio vantaggio per eseguire acrobazie più difficili e di conseguenza menare fendenti ancora più precisi.

Lo colpii alla gamba sinistra, alla schiena, e alla base del collo.

Il mio avversario aveva il fiatone e mi guardava attonito.

- Ti arrendi? - chiesi anch'io col fiatone.

- S-sì, mi arrendo, mezzosangue! - rispose sprezzante.

Sembrava su tutte le furie e pronto ad attaccare, ma stranamente chiuse gli occhi fece un respiro profondo e si calmò.

- Mezzosangue? Che vuol dire? - chiesi ancora.

- Vuol dire che a quanto pare Sania non è più l'ultima della sua specie. - spiegò Thran.

Sapevo che c'era qualcosa di strano ma la conversazione era talmente veloce che all'inizio non capii.

- Lui fa parte della della mia specie? I dranorin sono stati sterminati dalla galassia millenni fa com'è possibile? - chiese Sania.

- Gli occhi rossi sono inconfondibili, mia cara. Per non parlare della sua straordinaria abilità nelle forme due, tre, quattro e cinque la tua specialità. Forse qualcuno dei tuoi antenati è sopravvissuto. - spiegò Thran. Sania rimase in silenzio.

In effetti aveva senso: il corpo di trentamila anni, la spada al plasma nera, la tavoletta "Cazzo... gli esseri umani sono tutti dranorin!" riflettei.

- Ehm, credo ci siano più di sette miliardi di esemplari di draconin mezzosangue! - mi intromisi nella discussione.

- Ma solo tu hai avuto il contatto con l'Aura. - continuò Thran - Molto probabilmente ha a che fare con la tua Meditazione Degli Eventi eseguita sul suo pianeta. -

Sania abbassò lo sguardo quasi in imbarazzo.

- Effetto osmosi, ora capisco perché ti sognavo sempre, che casino! Comunque sia non me ne frega niente! - sbottai fingendo poco interesse.

- Non lo metto in dubbio, Aaron, ma questo fa di te una risorsa importante per noi Cavalieri. Ho una missione da compiere ora, credo che possiate venire entrambi con me su Mallors, dopotutto è solo una questione diplomatica. - fece infine il maestro blu.

- Già in missione? Allenamento veloce... quasi non me ne sono accorto! - ironizzai.

- La pianti di essere così impertinente? - Sania era furiosa.

- Ma tu che vuoi? Mi hai rapito, mi hai portato in questo posto che sembra uscito da un set di fantascienza, ed ora mi toccherà vivere per sempre come un fottuto prete. E tutto per colpa tua, quindi che vuoi? - ero infuriato, deluso, spaventato e... mi mancava casa.

Già, casa mia, un buco di casa con dentro due genitori e una sorella che pensavano io fossi un imbecille nullafacente. La cosa peggiore che possa capitare ad una persona in lutto.

Sania sembrava ferita dal mio comportamento, anche se non lo dava molto a vedere.

"Ho esagerato di nuovo!" pensai dispiaciuto.

- Calmi voi due. Hai ragione, ti abbiamo costretto a far parte dei Cavalieri ma non potevamo fare altrimenti, o questo o la morte... e ho scelto questo! Ora seguimi, andiamo all'hangar e prendiamo una navetta. - Thran cominciò a camminare poi si fermò - E per la cronaca il mio metodo di allenamento prevede la pratica sul campo. - mi sorrise e continuò a camminare. 

Sania si inchinò a Kirioth, io non lo guardai nemmeno.

Dopo dieci minuti arrivammo all'hangar, un enorme magazzino pieno di navi spaziali di ogni tipo, prendemmo una nave piccola ma spaziosa e decollammo. Sania era rimasta per l'ennesima volta zitta per tutto il tempo. Coruscant era alle spalle e noi entrammo in iperspazio.

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Capitolo 15
*** Il Governatore di Mallors ***


L'astronave era grande quanto un camper da superstar e altrettanto spaziosa, aveva tutti gli optional: cabina pilotaggio, sala motore, reparto relax, quelli che sembravano computer alieni e anche altri accessori che non riuscivo a identificare.

Il tunnel dell'iperspazio era sempre colorato da varie tonalità, stavolta padroneggiava il blu. Io invece soffrivo ancora di mal d'aria.

- Posso sapere i dettagli... della missione! - chiesi cercando di distrarre la mente.

- Dobbiamo incontrare il governatore malloriano Ghelvir Teh-Las per avere notizie sulla loro decisione in merito agli attacchi che hanno subito da un gruppo di ribelle di Hete, normale amministrazione! - spiegò Thran.

- Le classiche ultime parole! Posso avere più dettagli sul pianeta Mallors? - chiesi.

Sania mi porse quello che sembrava un tablet alieno, un pezzo di un materiale trasparente blu con varie funzioni. 

"Pensa davvero che riuscirò a leg..." non riuscii a finire la frase, incredibilmente riuscivo a leggere come se fosse la cosa più naturale del mondo.

Guardai Sania - Traduttore universale, vero? - lei nemmeno mi rispose, si girò e torno in cabina pilotaggio con Thran.

Cominciai a leggere avidamente tutto ciò che riuscivo a trovare sul pianeta: capii che erano molto progrediti; che nella loro gerarchia il governatore aveva l'ultima parola; che la loro tecnologia era allo stesso livello di Coruscant; e che il pianeta era pieno di supercittà divise per livelli; e tante altre cose.

Uscimmo dall'iperspazio e come il giorno prima rimasi a bocca aperta.

Il pianeta era enorme e azzurroverde chiazzato in vari punti di grigio, erano quelle le supercittà. 

Poco dopo riuscimmo ad atterrare a quello che sembrava un aeroporto per navette spaziali, uscimmo dalla navetta e ci ritrovammo davanti un piccolo comitato di benvenuto: quattro soldati vestiti con corazze rosse e fucili neri in braccio che scortavano due persone vestite con tuniche bianche e blu, uno adulto e uno molto giovane. Il loro aspetto assomigliava a quello umano a parte la pelle azzurro chiaro e i capelli blu.

- Maestro Thran, allievi...? Benvenuti su Mallors, Cavalieri. - l'adulto aprì le braccia in segno di saluto.

- Saluti anche a te Ghelvir, è passato molto tempo dall'ultima volta che ci siamo incontrati. - salutò Thran. Si abbracciarono, anche se sembrava un gesto di convenienza che di cortesia.

- Lui te lo ricordi? - chiese indicando con la mano il melloriano accanto a lui.

- Come potrei non ricordare? Ziror, tuo figlio! Sei cresciuto a quanto pare. - rispose sorridendo.

- Sì, è molto intelligente, imprudente, e impulsivo, nonché un certo talento per l'Aura. - Ghelvir gli fece un cenno orgoglioso, ma sembrava che al ragazzo non piacesse per niente - Ma venite, vi mostro i vostri alloggi. - fece alla fine.

Seguimmo il governatore, passammo attraverso il porto spaziale, per poi trovarci davanti un enorme edificio pieno di marchingegni e luci, sospeso in aria attraverso un congegno antigravitazionale.

- A che serve questo palazzo? - chiesi, non capivo perché ma quell'edificio aveva qualcosa di strano.

- Oh, sì, questo... questo è un edificio adibito a creare energia per il porto spaziale, è completamente autonomo. - spiegò Ghelvir sorridendo.

- Capisco. - feci. In realtà non sapevo se credergli oppure no, ma tenni per me questo dubbio.

Proseguimmo con un veicolo volante fino ad un altro palazzo in mezzo alla città, entrammo e scoprimmo di avere l'attico, io e Sania salutammo Thran e il governatore, e entrammo.

Era la classica camera di lusso enorme, divani enormi, letti enormi, tavolo enorme, finestre enormi.

Mi gettai sul divano spaparanzato - Cosa facciamo adesso? - chiesi guardando Sania.

- Aspettiamo, e vediamo che succede. - disse lei.

- Si può sapere che ti prende? - chiesi ancora.

- Nulla. Sono solo concentrata. - rispose lei

Dopo un paio d'ore, passate nel silenzio e nella noia, Thran entrò nella stanza - Ho bisogno di un consiglio. - fece, la sua espressione era seria.

- Spara!- gli intimai.

- Cosa pensate di Ghelvir? Che impressione vi ha dato? - chiese lui.

- Lui è un buon amico e alleato, non c'è nulla che mi dia l'impressione di avere affari loschi! - si espresse poco convinta Sania.

- E tu Aaron? - voleva una risposta sincera.

- Secondo me quel leccaculo racconta un sacco di balle, e tutto si concentra da quella specie di palazzo autonomo. Insomma a che gli serve così tanta energia? Io punto sulle armi. - spiegai, buttai fuori tutto di getto senza accorgermene. 

Sania inizialmente fece una faccia indignata, poi però abbasso lo sguardo perplessa. Thran invece rifletté per un po' - Sì, credo tu abbia ragione Aaron! Ora dobbiamo smascherarlo, sapere esattamente cosa c'è dietro, e fermarlo. - ordinò infine.

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Capitolo 16
*** Complotto ***


Il piano era semplice: trovare le prove, smascherare il Governatore e tornare a casa.

Invece sbagliammo tutto. Io per primo.

Come da programma ci dividemmo, Sania era diretta al palazzo automatizzato, Thran era andato a cercare indizi a casa di Ghelvir, e io invece nei suo ufficio.

Ci misi molto meno di quel credessi ad andare alla sede del governo di Mallors, avevo "preso in prestito" un veicolo simile a una moto, ma senza ruote. Subito le guardie mi riconobbero come un Cavaliere e mi fecero entrare.

- Sapete se il Governatore Ghelvir è qui? - chiesi.

- Ora è nella sala ovale, signore! Ci metterà un po' ad arrivare. - rispose una delle guardie.

- Bene, aspetterò qui. Voi potete pure andare a finire i compiti che vi sono stati assegnati. - li salutai, non ero abituato a parlare in quella maniera, ma Thran mi aveva consigliato di essere più garbato per non sembrare un novellino, aveva ragione.

Aspettai che le guardie girassero l'angolo per poi sgattaiolare al ventiseiesimo piano ed entrare nell'ufficio del Governatore: una stanza grande come un appartamento con una scrivania e uno dei computer dallo schermo trasparente, lo accesi, e guardai ovunque in cerca di prove compromettenti ma trovai solo un file protetto da una password. Provai varie combinazioni, nome, cognome, data di nascita sua e di suo figlio, nulla "Cazzo, che nervoso! Odio queste stronzate! Ci deve essere qualcosa che mi dia un indizio su..." notai una foto dove c'erano due ragazzi, uno più grande e uno più piccolo, il titolo della foto era Sarim. Digitai il nome sulla password, il file si aprì. Erano planimetrie e dati per costruire potenti navi da guerra, stazioni satellitari militari, e armi di vario tipo per le truppe, erano pronti per una guerra intergalattica. Feci una copia dei dati, e aspettai con le scarpe sopra la scrivania.

Passarono una trentina di minuti e finalmente Ghelvir entrò nella stanza.

- Tu, che ci fai nel mio ufficio? Dammi una buona spiegazione o chiamo le guardie. - mi intimò l'uomo infuriato.

- Mi dia lei una buona spiegazione per le armi che sta facendo costruire sotto al, com'è che si chiama, spazioporto? - chiesi di rigetto.

- Io non so di cosa stai parlando, ragazzo! - si avvicinò alla scrivania.

- Ah no? Va bene, allora farò vedere questi dati a Thran, poi deciderà lui cosa fare! - gli mostrai la copia. Lui fece una smorfia, girò la testa di lato, poi mi riguardò.

- Tu non hai idea di cosa sta per accadere, ho solo scelto da che parte stare, i vincenti! - mi urlò.

- Dimmelo tu allora? - ironizzai, cercai di stare il più calmo possibile non volevo creare un conflitto interplanetario.

- Una guerra su scala galattica, e voi Cavalieri non siete in grado di stare al passo. - fece il Governatore - E poi lui non me la farebbe passare liscia, ucciderà la mia famiglia se venisse a sapere che sono stato scoperto. - si rattristò infine.

- E questa persona chi è? - chiesi.

- Si fa chiamare Corwius, ma prima si chiamava Sarim, ed è mio figlio. - un brivido di terrore attraversò l'uomo, glielo lessi in faccia.

"Porca troia, questo si che è un colpo di scena!" pensai.

Cercai di ricompormi e mi alzai, per poi andare verso la porta.

- Fermo, non posso permetterti di farti scappare, sai troppe cose! - disse lui balbettando, sapevo che aveva qualcosa in mano, e sapevo che era una pistola.

Qualcosa dentro di me mi disse di girarmi e spingerlo, mi girai, stesi il braccio con la mano aperta e immaginai di spingerlo oltre la scrivania. Ghelvir volò letteralmente dietro la scrivania, frantumando il monitor di cristallo e atterrando di testa dove perse i sensi.

Corsi fuori il più in fretta possibile, presi l'ascensore e a ridosso dell'uscita mi calmai camminando.

Dovevo tornare al palazzo automatizzato il più in fretta possibile e spiegare cosa sta succedendo a Thran e Sania.

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Capitolo 17
*** Caduta Libera ***


Ci misi un po' più di tempo per arrivare per via dei blocchi stradali.

Sia Sania che Thran erano davanti al palazzo galleggiante appoggiati ad una ringhiera che aspettavano il mio ritorno, raccontai tutto quello che avevo scoperto, poi rimanemmo in silenzio a pensare.

- Quindi tu hai le planimetrie e schemi del database militare... hai cancellato i file originali? - chiese Thran.

- Davvero pensi che io sia in grado di farlo? Già è tanto se sono riuscito a farne una copia. - risposi. Era vero non avevo idea di come funzionassero quei computer, e distruggere tutto non sarebbe servito a nulla considerando che avranno avuto sicuramente delle copie.

- Io invece ho scoperto dove costruiscono le navi, trecento metri in quella direzione a quattromila metri di profondità. Tutto automatizzato, nessun essere vivente. - fece Sania indicando sotto al palazzo una ripida rampa di metallo liscio.

- Invece io a casa del governatore non ho trovato nulla. - Thran si fermò a pensare - Va bene, voi due pensate alle navi, io penserò al palazzo, distruggiamo tutto. - Ordinò.

Rimasi a fissare il palazzo, qualcosa non quadrava - Dove viene stoccata l'energia prodotta? - chiesi.

- In un nucleo di contenimento, molto probabilmente all'interno dell'edificio! - rispose Sania con sufficienza.

- Ma non è un azzardo costruire un palazzo che crea e immagazzina energia sopra un cantiere spaziale sospeso nel vuoto con sole tre colonne? - chiesi ironico.

- Che vuoi dire Aaron? - fece Thran prima che Sania provasse a replicare.

- Voglio dire che forse il nucleo è da un'altra parte per evitare che venga distrutto, abbastanza vicino da poter essere usato ma abbastanza lontano da qualsiasi pericolo. - spiegai ancora.

Le facce attonite dei miei due compagni erano quasi imbarazzanti "Ok facciamola più semplice!"

- Che cosa succederebbe se il palazzo cadesse di sotto? - chiesi ancora.

- Capisco, vuoi fare due cose in una. Ingegnoso! - fece il maestro, sembrava orgoglioso.

- Tu farai precipitare l'edificio, invece io e Sania cercheremo e distruggeremo il nucleo di contenimento. - sorrisi soddisfatto.

- Va bene, ritrovo all'hangar della nostra nave. - fece Thran, poi si diresse verso le colonne.

Passarono venti minuti e ancora non sapevamo dove potesse essere il nucleo, ma non avevamo indizi. Improvvisamente un individuo con un mantello e cappuccio neri ci si parò davanti. Una lama rossa e luminosa si accese con il classico suono di una spada al plasma.

- Avete oltrepassato ogni limite, voi inutili monaci! - esordì l'uomo con fare aggressivo.

- Salve anche a te Sarim, per caso sai dove possiamo trovare il nucleo di contenimento? - chiesi accendendo anche la mia di spada seguito da Sania.

- Non sono Sarim! - si levò il cappuccio e rivelò il volto di un ragazzino dai capelli blu e dal volto blu chiaro.

- Zarir, dovevo capirlo subito! - imprecò Sania, era ancora visibilmente scossa per qualcosa.

- Sì, ho scoperto questo immenso potere tempo fa, e mio fratello mi ha aiutato a padroneggiarlo. Ora con questo potere vi ucciderò. - detto questo si gettò verso di noi.

Io parai il primo colpo ma fui gettato a terra dalla sua telecinesi, il suo obbiettivo primario era Sania.

Quando l'attaccò, riusci a difendersi bene, nonostante la testa fra le nuvole, ma in un momento di stallo Zarir riuscì a spingerla oltre la ringhiera e farla cadere sulla rampa di metallo. Subito lui la seguì, voleva finire il suo lavoro.

Io mi alzai e andai verso il parapetto, soffrii subito di vertigini vedevo Sania combattere mentre lottava col ragazzo.

"Oh, cazzo... so già che me ne pentirò!" pensai.

Mi allontanai di qualche passo e presi la rincorsa e saltai oltre la ringhiera - Kawabonga! - urlai.

Scivolai, schivando tratti di metallo fusi e tubi che fuoriuscivano dalla rampa. Un boato di un'esplosione mi fece capire istintivamente che Thran era riuscito a far saltare le colonne, l'edificio ci stava per schiacciare. Guardai in avanti, una figura nera era in piedi con la spada alzata sul ciglio alla fine della rampa, nessun segno di Sania. Per un attimo il cuore mi si fermò, mi alzai in piedi e cominciai a correre sfruttando la velocità della scivolata per andare più veloce.

- Ehi, figlio di puttana! - urlai,

Lui girò la testa, non ebbe il tempo di reagire, lo spinsi oltre il bordo con la spalla. Guardai in basso, c'era Sania aggrappata al bordo con una sola mano, non feci in tempo a reagire che scivolò e cadde.

Il palazzo ormai era a pochi metri dalla mia testa, d'istinto mi gettai anch'io poco prima di essere schiacciato. Cercai di andare più veloce e raggiungere la ragazza mentre l'edificio ci cadeva ancora sopra la testa leggermente inclinato. Quando raggiunsi Sania l'unica cosa che volevo fare era stringerla a me, la seconda fu che non volevo che morisse in quel modo, mi lasciai andare.

Mi girai e urlai più forte che potevo, l'edificio cominciò a vibrare e a spostare il suo baricentro e tornare dritto. Feci una capriola all'indietro e atterrai in piedi con in braccio Sania su alcune paratie di metallo sulla facciata di un altro palazzo creando una conca profonda di lamiere.

Zarir era atterrato poco più in la e il suo volto era terrorizzato, il palazzo automatizzato cade a piombo finendo sul cantiere spaziale che esplose, duemila metri più in basso.

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Capitolo 18
*** Effetti Collaterali ***


Rimasi immobile al centro del cratere di lamiere. All'inizio non sentii nulla, poi cominciarono i dolori a entrambe le gambe attenuati dall'adrenalina che avevo ancora in corpo.

Una cosa era sicura, non avrei lasciato andare Sania per nessuna ragione al mondo, a meno che non lo chiedesse lei stessa.

Le guardai il viso, era parzialmente coperto dal braccio che usava per tenersi stretta ma notai il suo sorriso rilassato e sereno. Stranamente mi sentivo anch'io sereno, come non lo ero mai stato prima di allora.

Sania alzò la testa, l'espressione serena era sparita e aveva preso il sopravvento la solita smorfia strafottente - Toglimi le mani di dosso! Subito. - fece.

- Okay!- aprii le braccia senza complimenti e la lasciai cadere.

Lei non si fece cogliere alla sprovvista e atterrò in piedi.

- Dobbiamo inseguire quel ragazzino, non possiamo permettergli di creare altri... danni!- ordinò, indicando il mare infuocato che prima era il cantiere spaziale.

- Allora che aspettiamo? Andiamo. - feci scendendo verso un corridoio interno all'edificio.

Zarir si era diretto verso il porto, con non poche difficoltà riuscimmo a seguirlo all'hangar trentasette dove erano collocate centinaia di navette grigie da combattimento, armate e pronte alla guerra.

Verso il fondo dell'edificio un gruppo di tre persone, due vestite con mantelli e cappucci e un altro con una tunica bianca e blu, stavano discutendo. Io e Sania ci avvicinammo, lei voleva intervenire in puro stile Cavaliere, ma io la convinsi ad ascoltare la conversazione per avere più informazioni.

- Tu non hai visto quello che ha fatto, ha mosso l'intero palazzo di novanta piani solo con il potere dell'Aura. - disse Zarir sconvolto.

- Dopo aver attuato il mio piano una tale forza sarà nulla in confronto a me, il maestro mi ha insegnato questa tecnica ed ora sono pronto ad attuarla. - rispose sicuro l'alta figura incappucciata.

- L'importante è che abbiamo ancora i progetti e l'energia per ricostruire quello che quei due mocciosi hanno distrutto. - sorrise Ghelvir.

- Si, padre hai ragione, purtroppo il mio maestro non vuole fare più affari con te! - fece l'uomo incappucciato, Ghelvir sembrava terrorizzato.

L'uomo incappucciato alzò la mano e si avvicinò a Ghelvir, poi gli toccò la fronte e il Governatore cominciò ad avere spasmi involontari e bava alla bocca, si accasciò a terra con qualche altro spasmo e finì di muoversi, era morto.

- Ora che avete visto tutto potete anche uscire, Cavalieri! - urlò Corwius.

Io e Sania ci guardammo e uscimmo dal nostro nascondiglio.

- Siamo stati scoperti. - dissi.

- A quanto pare... - replicò lei poco convinta.

- Voi due mi avete seguito fin qui, ora morirete! - si inalberò Zarir.

- Calma fratello, voglio vedere come se la cava il ragazzo umano. - intimò Corwius.

Accesi la spada appena in tempo per parare i suoi colpi del ragazzo, ma non ero per niente in forma, il dolore alle gambe era troppo intenso per pensare al contrattacco e le evoluzioni erano fuori questione, per non parlare di Sania che sembrava imbambolata.

Le rubai la spada dalle mani e cominciai a difendermi ulteriormente e cercai anche di contrattaccare,invano. Se andava avanti così sarebbe finita male, per entrambi.

Ero arrabbiato, perché stavo per morire per colpa di una stupida, e perché era stata proprio lei a mettermi in quel casino - Allora stupida rincoglionita, ti svegli o no cazzo? - urlai con tutto il fiato che avevo in corpo subito dopo aver respinto un attacco di Zarir.

Il suono di un'altra spada che si accendeva era come una boccata d'aria fresca, anche se non ero completamente fuori pericolo.

- Aaron, dammi indietro la spada di Pardih, immediatamente! - mi urlò ancora più forte.

Io e Zarir trasalimmo, lo spinsi a terra e lanciai la spada gialla a Sania che la afferrò saldamente per il manico. Ora era un due contro due.

Notai anche un'altra cosa, la seconda spada di Sania era nera come la mia.

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Capitolo 19
*** Impresa Disperata ***


Non avevo mai visto Sania così determinata "Era ora cazzo!".

Mi avvicinai sfruttando il fatto che il mio avversario era a terra - Sei tornata finalmente! - dissi.

- Sì. - mi sorrise - Come stai? - mi chiese con lo sguardo fisso sulle mie gambe tremolanti.

- Bene, a parte un migliaio di microfratture alle gambe! - ironizzai.

- Riesci almeno a battere il pivellino? - mi chiese sarcastica.

- Ehi, guardami un po' in faccia, vaffanculo va! - dissi sorridendo, poi comincia a correre verso il mio avversario.

Il dolore era lancinante ma riuscii a effettuare uno o due colpi che il mio avversario riuscì a parare. Mi sbilanciai per il dolore e finii per rotolare a terra, il che fu una fortuna per me visto che il contrattacco di Zarir mi avrebbe staccato la testa. Mi rialzai con fatica sfruttando la rotazione del capitombolo, e cominciai a correre verso i caccia.

Zarir mi corse dietro infuriato - Osi scappare Cavaliere? Codardo. - mi urlò.

Io mi nascosi sotto i caccia in modo da spingere il ragazzo a colpirli e di conseguenza distruggerli. Funzionò. Un paio li tagliò a metà, altri due furono letteralmente schiacciati dalla telecinesi.

Io continuavo a spostarmi cercando di non farmi colpire, ma il dolore rallentava ogni mio movimento. Alla fine Zarir mi colse di sorpresa e lanciò scariche elettriche dalla mano sinistra, i caccia esplosero uno dopo l'altro, io mi mossi appena in tempo per evitare l'esplosione ma fui investito dall'onda d'urto e finii a terra.

"Merda, sa fare pure quello il pivello! Il fratello chissà cosa saprà fare!" pensai terrorizzato.

Mi girai e vidi Zarir uscire letteralmente dalle fiamme, come se le avesse attraversate indenne.

- Dopo essermi occupato di te, mi occuperò anche della tua piccola dranorin. - Fece con un sorriso.

Io rimasi zitto, anche se avevo voglia di sbraitargli qualunque cosa mi passasse per la testa.

- Oh si, l'ho capito sai, tu provi dei sentimenti per lei, altrimenti non si spiegherebbe come tu sia riuscito a muovere quel palazzo. - continuò a muoversi verso di me mentre io strisciavo all'indietro - Lo dovresti sapere che nell'ordine dei Cavalieri è proibito provare certe emozioni. - vece con un sorriso sadico.

- Io non provo proprio nulla per nessuno! - sbraitai.

- Davvero? Allora non ti dispiacerà se io e mio fratello ci divertiamo un po' con lei, vero? - fece ancora con quella smorfia.

"Sania!"

 Mi montò una rabbia che non avevo mai provato, chiusi gli occhi, riaccesi la spada, e mi rialzai.

Il dolore era pressoché intollerabile, ma non mi importava. Riaprii gli occhi, Zarir sgranò gli occhi terrorizzato.

Lo attaccai con fendenti di ogni sorta e poderosi, in pratica usai solo la forza bruta. Zarir parò con fatica ogni colpo tranne uno che gli fece aprire la guardia. Era la mia occasione, mollai un fendente preciso. Purtroppo lui fu rapido a schivare l'attacco e finii per colpirgli il braccio tranciandogli il polso.

Zarir rimase per un attimo sconcertato, poi urlò dal dolore, mi scagliò di nuovo a terra con la telecinesi e scappò in direzione del fratello.

Io invece ero furente, mi rialzai con non poca fatica e mi affrettai a raggiungere Sania.

Quando arrivai vidi Sania col fiato corto con un ginocchio a terra, e l'avversario con una mano sulla fronte Zarir, stava prosciugando la sua forza vitale come col padre.

- Non sei riuscita a batterlo a quanto vedo. - le dissi sorridendole.

Lei mi guardò e mi sorrise con una gioia che non le avevo mai visto prima - Sei... sei vivo! -

- Certo che sono vivo, per il vegeto ne parliamo un altro giorno. Che è successo? - chiesi col fiatone.

- Siamo morti, ecco che succede! - fece lei di nuovo seria.

Corwius fece cadere il corpo esanime di Zarir, e poco prima che accasciasse gli tagliò la testa.

- Bene ora ho la forza per uccidere entrambi da solo! - sospirò.

- Aaron, ce la fai? - mi chiese lei.

Avevo ancora un po' di forza ma non sarebbe bastata per combattere.

- Non lo so! Se potessi riutilizzare la modalità dranorin forse potrei aiutarti, ma non so proprio come attivarla. - risposi.

- Ogni cellula del tuo corpo contiene l'Aura, ti basta solo essere in armonia con te stesso e rilasciarla. - mi spiegò.

- Ah si, robe semplici insomma. - replicai io.

- Tu provaci! - urlò lei disperata, poi si scagliò contro Corwius con tutta la forza e la tecnica che possedeva ma era in netto svantaggio ora.

Chiusi gli occhi e pensai a ripetizione "Espandi il tuo cosmo!" ma niente, come se davvero credessi possibile una cosa del genere. Riaprii gli occhi e vidi Sania sbalzata a pochi metri da me, ero infuriato. Sentii l'energia scorrere di nuovo in me. Mi avvicinai camminando.

Le porsi la mano e l'aiutai ad alzarsi - Sania, ho un piano! - le sorrisi.

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Capitolo 20
*** La Miglior Difesa ***


Corwius era in piedi con entrambe le spade al plasma rosse accese. Attendeva una nostra mossa sicuro di se e della sua nuova forza - Quindi siete due dranorin, questo non cambia nulla, io ora sono un dio! - disse.

Io sorrisi - Sbagliato, tu sei un bimbominchia! -

- Aaron, qual'è il piano? - chiese sottovoce Sania.

La guardai - Hai mai giocato al salto della cavallina? - lei sorrise come se avesse capito il piano all'istante - Fai strada! - fece.

Corwius spense una delle spade, e la agganciò alla cintura e protese la mano in avanti.

"Oh no, di nuovo!" pensai. Agii d'istinto un istante prima di essere colpito: spostai con la mente un pezzo di lamiera lì vicino e la posizionai davanti a me e a Sania come scudo. Il metallo cominciò a surriscaldarsi e a diventare rosso, guardai Sania e lei mi fece il cenno di aver capito. Entrambi spingemmo con la telepatia il pezzo di lamiera ardente verso Corwius che, preso alla sprovvista dalla sua velocità, fu colpito e ustionato al volto. L'uomo urlò dal dolore.

- Non sapevo che gli dei soffrissero di dolore. Ah giusto, tu non sei un dio! - lo schernii correndo verso di lui, i dolori alle gambe erano insopportabili ma non ci pensai.

Corwius riaccese la seconda spada rossa - Come osi, tu essere inferiore! - e attese i miei colpi.

Provai menare alcuni fendenti, ma non riuscii a creare problemi al mio avversario, la differenza di forza era palese. Attesi il momento giusto cercando di risparmiare più forze possibili, ma Corwius si era messo sulla difensiva. Dopo alcuni scambi di fendenti riuscii a provocarlo con una finta apertura, provò un fendente dall'alto che parai e subito dopo mi inginocchiai.

- Ora muori! - urlò Corwius alzando la spada.

Sapevo che dietro di me c'era Sania in attesa di agire. Speravo solo che arrivasse in tempo.

Un istante dopo sentii un piede salirmi sulla schiena, girai la testa e vidi il braccio del melloriano volare via assieme alla spada. Con uno sforzo immane mi girai, mi alzai e colpii l'altro braccio staccandoglielo, per poi rotolare a terra stremato, vomitai sangue.

Corwius cadde sulle inginocchia e si rannicchiò per il dolore. Sania si avvicinò a lui con la spada pronta per il colpo di grazia.

- No, non farlo! - urlai.

Lei si girò perplessa - Perché non dovrei? -

- Perché quel figlio di puttana non merita di morire così, abbiamo una missione da finire. - le risposi.

Rimase immobile qualche secondo, spense la spada e mi aiutò ad alzarmi.

- Dov'è... dov'è il nucleo di contenimento? - gli chiesi guardandolo attentamente.

Per un attimo lo sguardo di Corwius indicò il corridoio dietro di noi - E pensi che ti dirò qualcosa? rispose.

- L'hai appena fatto... idiota! - sorrisi io.

Chiesi a Sania di prendere le spade di Corwius e di Zarir, ed entrammo nel corridoio, camminammo per qualche decina di metri fino a una stanza piena di meccanismi e un enorme buco circolare nel mezzo.

- Il nucleo è la sotto! - fece Sania, controllò i computer - Ma non lo si può raggiungere o destabilizzare, servirebbe una grossa fonte di energia! - spiegò.

Guardai dentro al buco, quella che sembrava una palla infuocata grande come metà del buco galleggiava a circa duecento metri di profondità. Aveva a attorno dei riflessi blu, sicuramente uno scudo deflettore.

- Lo destabilizziamo con la forza bruta! - dissi.

- E come facciamo? - mi chiese perplessa.

- Prendi queste e inverti il polarizzatore! - le ordinai, ormai le mani cominciavano a tremare, non potevo farlo io.

Riluttante fece come avevo chiesto, io invece chiamai Thran e che ci aspettasse all'ingresso dell'hangar trentasette con il comunicatore di Sania.

- Adesso che facciamo? - chiese lei perplessa.

- Che domande, le accendiamo e le buttiamo giù! - le risposi io, e così feci.

Per qualche secondo non successe nulla, poi tre esplosioni fecero tremare tutto nella stanza.

Guardai di nuovo giù, scariche elettrostatiche si infrangevano sulle pareti, ed erano sempre più frequenti.

- Ce l'abbiamo fatta... solo che la quantità di energia accumulata è troppa, qui salta tutto! - rimbeccò Sania.

- Allora andiamocene! - risposi avviandomi nel corridoio.

Le forze cominciarono a mancarmi, non riuscivo a respirare, passammo Corwius rimasto ancora inginocchiato, dolorante e delirante, e sempre dritti verso l'uscita dell'hangar dove la navetta di Thran era posizionata pronta per partire. Dalle nostre spalle il boato delle esplosioni si facevano sempre più vicine, ci affrettammo, per quanto mi era possibile. Sania fu la prima a saltare sulla navetta, io con un ultimo sforzo disperato saltai sperando di non cadere di sotto, chiusi gli occhi.

Quello che sentii subito dopo erano le braccia di qualcuno che mi stringeva forte. Riaprii gli occhi, era Sania, era agitata ma non sentivo che stesse dicendo. Appoggiai la testa sul suo petto e chiusi gli occhi.

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Capitolo 21
*** Meditazione di Guarigione ***


Aprii gli occhi, una luce azzurro chiara mi diede fastidio.

Dopo poco riuscii a distinguere delle figure, vedevo ancora tutto annebbiato.

Alzai a fatica la mano per massaggiarmi gli occhi, e finalmente riuscii a vedere bene: era la stanza di Sania ed ero disteso sul mio letto.

"Cosa ci faccio qui? Mi avranno anestetizzato o qualcosa di simile." ipotizzai.

Provai ad alzarmi, ma non ci riuscii agilmente come speravo, era come se mi mancassero totalmente le forze. Ascoltai attentamente come ero abituato da quando mi ero trasferito nel Bronx per la specializzazione in storia antica all'università di New York, sentii qualcuno che si muoveva nel bagno. Attesi paziente che la persona uscisse.

La porta si aprì, una nuvola di vapore usci fuori assieme a una ragazza poco più bassa di me, dai capelli bianchi e dagli occhi rossi come tizzoni ardenti... con addosso solo un asciugamano.

"Come nei manga, ma dal vivo è molto meglio!" rimasi a guardarla con la bocca aperta.

Quasi istantaneamente lei si accorse di me e rimase in piedi immobile.

- Non prendi freddo così? - sbottai con voce rauca.

Le si mosse, e aggirò il letto senza mai staccarmi gli occhi di dosso.

"Oh no, questa vuole menarmi!" pensai.

- Se... senti io non vole - non riuscii a finire la frase, lei mi si gettò al collo.

Ero confuso, non mi aspettavo un atteggiamento del genere da una come lei - Ma che succede? - chiesi.

Lei si scostò da me e mi guardò negli occhi - Sei rimasto in coma per un mese intero! -

- Co.. come un mese? - ero ufficialmente sconvolto.

- I medici ti hanno rianimato per otto volte prima di stabilizzarti e poterti riportare in stanza. Per tutti questi giorni ho pensato di essere tornata di nuovo... sola. - scostò la testa per guardare il pavimento.

"Oh, solo questo?" pensai all'istante, poi mi ripresi "Ma che sto dicendo..." scrollai la testa.

- Mi dispiace! -

- Non scusarti, sono solo problemi miei. Tu ora riposa e riprendi le forze, ti serviranno per la riabilitazione! - mi fece una carezza e si alzò dal letto.

- E tu che farai? - le chiesi stranito dal gesto.

- Prima mi vestirò e poi andrò a informare il Maestro Thran del tuo risveglio e delle tue condizioni. - rispose spogliandosi dell'asciugamano e rivestendosi con un paio di pantaloni, scarponi e una tunica da Cavaliere neri. Era davvero una bella ragazza, ma non aveva per niente il senso del pudore, quasi quanto me.

"Ok, me lo merito." mi dissi mentre ricordavo un certo alzabandiera mattutino.

Quando Sania uscì dalla stanza provai a muovermi ma le gambe non mi reggevano per niente.

Provai sconforto e un senso di impotenza "Ora so che si prova a stare in coma per lungo tempo!"

Chiusi gli occhi per ad andare in modalità Dranorin, ma nulla.

Poi mi ricordai il metodo per assorbire energia dall'ambiente circostante che mi aveva insegnato Sania. Mi misi seduto sul letto, cercai di incrociare le gambe come meglio potevo e chiusi gli occhi. Cercai di percepire ogni cosa o perlomeno speravo non fosse la mia immaginazione. Sentii uno strano calore pervadermi e ricaricarmi, riaprii gli occhi e provai a muovere la mano, anche se di pochissimo ora riuscivo ad usarla meglio. Richiusi gli occhi e continuai a meditare.

Quando Sania e Thran tornarono ero ancora in meditazione, quindi decisero di lasciarmi da solo.

Da quel giorno meditai sedici ore al giorno, facendo alcune pause solo per mangiare quello che Sania mi portava in camera. Nella prima settimana riuscii a ristabilire la muscolatura, nella seconda cominciai a camminare con le stampelle e raggiungere il giardino. Lì durante la terza settimana risaldai le microfratture alle gambe e a riprendere a camminare senza stampelle, durante la quarta settimana presi ad allenarmi con Kirioth, scoprii che non era poi così stronzo, anzi era in pensiero durante il mio coma.

Durante un allenamento vidi Thran che si avvicinava - Vedo che ti sei rimesso in forze! - disse con un sorriso.

- Si, i dottori hanno detto che è un miracolo. Un paziente che dovrebbe stare sei mesi a letto e fare un anno di riabilitazione si rimette in un mese scarso. Sarei esterrefatto anch'io se fossi in loro! - ironizzai.

- E anche Sania ne è rimasta colpita! - fece Kirioth scapigliandomi i capelli.

- Che vuol dire, scusa? - gli chiesi.

Kirioth rise - Secondo te chi è rimasta sempre affianco al tuo letto per tutto il tempo? Nei primi giorni temevo di perdere entrambi visto che non mangiava nulla, quella ragazza mi è molto cara! - mi appoggiò una mano sulla spalla.

Rimasi assorto nei miei pensieri, ripensai a tutto quello che era successo.

- Vi sto creando un sacco di casini, eh? - guardai il pavimento.

- No, affatto! Anzi, hai creato una nuova tecnica a quanto pare. Per non parlare dell'enorme contributo per scongiurare una guerra intergalattica. Sei stato molto bravo, considerando che era la tua prima missione. - rispose Thran.

- Di nulla... ma spiegami una cosa, come hai fatto a intuire che il Governatore era un tizio sporco? - chiesi.

- Semplice! Mi sono fidato dell'intuito dei miei allievi! - rispose sorridendo - Comunque, abbiamo un'altra missione, una cosa semplice stavolta. Dobbiamo scortare una persona in un certo posto! - fece infine l'uomo blu.

"Se, una cosa semplice come a Mellors" pensai preoccupato.

- Bene mi preparo. - sbottai - Ah, a proposito, Kirioth a quanto siamo? - chiesi al leone.

- Duecentoquarantasette a due... per te! - rispose lui scocciato.

- Peccato, volevo fare due e cinquanta pieno! Ci vediamo! - gli sorrisi beffardo.

- Torna intero, così potrò romperti io stesso il culo! - mi urlò infuriato. Sorrisi.

Andammo di nuovo all'hangar per prendere la nostra solita nave, una Cargo SR 507. Sania mi stava aspettando, mi sorrise, io le feci un inchino con la testa. Salimmo tutti e tre sulla nave e partimmo verso Datitth.

Non sapevo ancora in cosa davvero mi ero cacciato.

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Capitolo 22
*** La Stazione Spaziale ***


La missione era la cosa più semplice da fare: prelevare una persona e scortarla al su Datitth, le ultime parole famose.

Atterrammo nel complesso stazionario orbitante di Doc, un bellissimo pianeta blu ormai morto da trentamila anni. La stazione era lungo quanto il pianeta stesso, lo circondava all'altezza dell'equatore e il contrasto del grigio chiaro col blu acceso era magnifico.

Una volta era un grande complesso militare adibito alla costruzione di navi da guerra interstellari ma una grande guerra rese questo posto un luogo pericoloso, ci fu una grande evacuazione e la stazione rimase vuota per millenni. Poco a poco divenne la base perfetta per i contrabbandieri di ogni sorta e la cosa si perpetua da generazioni fino a ora.

Io invece non riuscivo a nemmeno a camminare, ho sempre odiato volare.

- Aaron, ti muovi o no? - fece Sania spazientita.

- Scusa soffro di mal d'aria... - risposi quasi vomitando.

- E che sarebbe? Sei allergico all'aria? - mi schernì.

- Significa avere paura di volare con trappole mortali come quella! - risposi scontroso.

- Povero lui, ma non possiamo fermarci ogni cinque minuti perché ti senti male! - rimbeccò lei.

- Ora basta ragazzi, attireremo troppo l'attenzione se continuate! - ci riprese Thran - Abbiamo un intero settore da passare e perlustrare l'intero settore sei, significa molto lavoro!- spiegò.

Presi un profondo respiro e mi sforzai di andare avanti, passammo il settore cinque in due ore e perlustrammo il settore sei in poco più di quattro. Nessuno di sospetto, almeno nessuno rispetto agli standard della stazione. Entrammo in un bar e ci sedemmo ai divanetti, le razze di alieni in quel buco erano così tante che un ufologo avrebbe avuto un infarto dalla gioia.

Rimanemmo a sedere per un'ora buona finché due persone con mantelli e cappucci scuri si avvicinarono al tavolo, uno era basso e l'altro era più alto.

- Siete coi i cavalieri? - chiese quello alto.

- Sì! - rispose Thran.

L'uomo alto guardò il tizio basso che fece un cenno con la testa - Seguiteci sul retro, qui non è sicuro parlare. - disse infine. Mentre uscimmo notali che il tizio basso era intimorito dagli altri clienti.

- Eccoci qui, diteci tutto senza alcun timore. - fece Thran con voce calma.

I due uomini si levarono i cappucci,quello alto era un uomo sui vent'anni con capelli corti e castani, occhi neri, dal portamento militare. L'altra era una donna dai capelli rossi, occhi azzurri, lineamenti dolci. Ed erano umani. "Ma che cazzo?" rimasi impietrito.

- Io sono Fostha, questa donna invece è Anam-He principessa di Datitth. - si presentò.

- Piacere di conoscerla, sua maestà! - Thran fece un inchino alla ragazza.

- Piacere mio Maestro Cavaliere! - fece Aman-He.

- Mi spiace molto per tutti questi inconvenienti ma dobbiamo essere discreti. - fece Fostha

- Perché tutta questa segretezza? - chiesi all'improvviso.

- Durante il viaggio siamo stati attaccati da alcuni individui, tutti i miei uomini sono stati massacrati. Noi ci siamo salvati grazie alle capsule di salvataggio. Questo è successo due settimane fa, da allora teniamo un profilo basso. - spiegò il ragazzo.

- Sapete chi può aver ingaggiato questi uomini? - chiese Sania.

- Più di un migliaio, praticamente tutta l'alta aristocrazia di Datitth. Tutti sono contro il matrimonio... con il conte Von-Bes, visto che non gode di molta popolarità! - rispose guardando verso la principessa.

- Capisco, avviamoci verso la nostra nave, ci darete le informazioni durante il viaggio verso Datitth. - fece Thran.

Ci dirigemmo verso la nave, stando attenti a chi incrociavamo. A metà strada del distretto cinque un brusio attirò la nostra attenzione, quattro individui con cappuccio nero e maschere metalliche dagli occhi rossi stavano spingendo le persone che incontravano. Uno di loro guardò verso di noi, ci indicò e gli altri tre tirarono fuori le pistole e cominciarono a sparare.

Thran e Sania si misero davanti a Fostha e Aman-He e deviarono la maggior parte di colpi, io invece ero pietrificato. Girai la testa e ne vidi un quinto arrivare dal fianco con la pistola in mano.

Per un istante percepii dove sarebbe arrivato il colpo, accesi la spada e la alzai più velocemente che potevo in quel punto, funzionò deviai il colpo. Stessa cosa successe per tutti gli altri colpi, ormai mi ero abituato e corsi incontro al mio avversario deviando con acrobazie e movimenti veloci. Gli arrivai abbastanza vicino da colpire l'arma, ma lui fu più veloce di me e riuscì a schivare il colpo e di conseguenza scappare, stessa cosa per gli altri quattro.

"Ma che sta succedendo qui?" mi chiesi.

Tornammo di corsa alla nave e partimmo per Datitth.

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Capitolo 23
*** Datitth ***


Eravamo in iperspazio da un po' ormai, e tutti erano in silenzio.

- Quei tizi, non erano normali! - commentò Fostha tremante.

- No non lo erano per niente. Più veloci, più reattivi... più precisi. - riflettei.

- I nobili del tuo pianeta sono proprio contrari al matrimonio, eh? - fece Sania alla ragazza.

- Il nostro popolo è contrario a questo tipo di legami in generale, se poi ci mettiamo la reputazione del conte ecco il risultato. - spiegò lei.

Ritornò il silenzio. Io avevo un sacco di domande da fare ma solo una mi uscì - Cosa ci fate nello spazio? -

- Stiamo cercando di scappare da assalitori con maschere, quelli che ci hanno aggredito a Doc, ricordi? - rispose sarcastica Aman-He.

- No, non mi riferivo a quello... - feci un respiro profondo per controllarmi - che ci fanno degli esseri umani come voi e il vostro popolo nello spazio? - guardai in basso non avevo intenzione di guardarla negli occhi.

- Non capisco... - cominciò lei.

- Sono stato insultato, umiliato, e da quello che ho capito gli esseri umani nell'universo vengono evitati come la peste per la loro tendenza all'aggressività. Quindi ripeto, cosa ci fate voi nello spazio? - alzai lo sguardo, la ragazza era terrorizzata.

- Aaron, gli esseri umani e i Datitti sono due specie completamente diverse che provengono dallo stesso albero, i Dranorin. Ecco perché avete lo stesso aspetto, ma come potenzialità siete agli opposti. - spiegò Sania, si appoggiò sulle mie ginocchia e mi guardò finché non mi calmai.

- E ci sono altri rami di questo albero di cui devo venire a conoscenza? - continuai sprezzante.

- Un paio, non di più! - rispose lei con molta calma.

Non replicai, rimasi semplicemente in silenzio per tutto il viaggio.

Datitth era un pianeta blu e verde, un quarto di terra e il resto acqua, sembrava di essere tornato sulla Terra solo che le navi spaziali entravano e uscivano dall'atmosfera come se fossero le navi cargo di un porto internazionale. Atterrammo all'altezza dell'equatore del pianeta, il clima era piacevolmente caldo, e la pista di atterraggio era riservata a noi.

Stavolta uscii subito dalla nave, non avevo provato il solito mal d'aria per colpa dell'incazzatura di poche ore prima.

Come al solito ci accolsero in pompa magna, e come al solito tutti erano leccaculo nei confronti di Thran. Però notai che Aman-He non si lasciava toccare da nessuno "Sarà per colpa dello stress del viaggio." pensai.

- Oh, quasi dimenticavo, siete tutti invitati alla festa di fidanzamento del Conte Von-Bes, stasera. I tettagli sono nell'invito! - fece quello che sembrava ciambellano.

- Mi spiace molto ma non posso accettare l'invito, prima di arrivare qui mi hanno comunicato che devo ripartire immediatamente! - fece Thran con un inchino.

- Come sarebbe a dire? Non possiamo lasciare la principessa Aman-He senza protezione! - replicò Sania.

- E non lo farò. Tu e Aaron rimarrete qui a fare le guardie del corpo, dopotutto siete in due. - rispose lui.

- Come sarebbe a dire? - chiese lei.

- Lascia perdere, ormai ha già deciso. Ce ne occupiamo noi! - feci io impassibile.

Thran mi diede una pacca sulla spalla in segno di gratitudine se ne andò. Io, Sania e Aman-He andammo a palazzo reale, un edificio quadrato bianco pieno di guglie verdi. La stanza era lussuosa, aveva due stanze, una per la notte e un'altra come soggiorno, con tanto di divano, quella che sembrava uno scremo piatto, e una vista da mozzare il fiato: palazzi dai tetti verdi che risplendevano alla luce gialla del sole e talvolta parzialmente coperti da alberi rigogliosi.

Io mi sdraiai sul divano - Fai tu il primo turno di guardia? - chiesi a Sania.

- Quindi è così che te ne occupi, dormendo? - sbuffò sdegnata.

La guardai negli occhi - Senti, ho avuto una giornata pesante, ho solo bisogno di... hai capito no? -

- Sì ,ho capito! Ma quando ti rialzerai ti prego non fare come ho fatto io a Mellors. - rispose.

- Va bene... stronza! - le dissi.

- Coglione! - replicò lei.

- Idiota! - continuai, sentii la porta scorrevole aprirsi.

- Segaiolo! - rimbeccò lei.

- Cazzo... ha ragione! - sussurrai con un sorriso sulle labbra.

Chiusi gli occhi e ripensai a tutto quello che era successo, ogni cosa. Alla fine mi addormentai.

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Capitolo 24
*** Gran Gala ***


Ero ancora sdraiato e mi ero appena svegliato quando sentii la porta aprirsi, scattai con la spada accesa.

- Calmo, sono io! - mi fece Fostha.

Rimasi a fissarlo per qualche secondo - Che ci fai qui? -

- Devo accompagnare la principessa Aman-He alla festa... siamo anche in ritardo! - rispose.

Ripensai a tutto e mi ricordai - Ah, si giusto! - abbassai la spada ma non la spensi.

Sentii la porta dietro le mie spalle aprirsi, facendo apparire un'elegante donna un vestito attillato ma molto sobrio bianco e con un'acconciatura raccolta con tiara di perle bianche.

- Che succede? - chiese Aman-He notando la spada nella mia mano.

- Nulla, ero solo sovrappensiero e Fostha mi ha preso alla sprovvista. Tutto qui! - le sorrisi.

- Capisco... forse è meglio se mi accompagnate entrambi, per sicurezza. - più di una proposta era un vero e proprio ordine.

- E Sania non viene? - chiesi perplesso.

- Lei arriverà con un po' di ritardo. - rispose con uno strano sorriso, prese sottobraccio Fostha e si avviò verso l'uscita.

Ero ancora perplesso ma qualcosa mi diceva di fidarmi e accompagnai i due ragazzi al palazzo del conte Von-Bes poco distante dal palazzo reale, era enorme e pomposo e pieno di fronzoli ovunque, un pugno nell'occhio rispetto all'architettura degli edifici adiacenti. Entrammo e l'ingresso di pessimo gusto saltava agli occhi, statue grige di razze straziate dal dolore ovunque. Ci dirigemmo all'ascensore che ci avrebbe portato al salone dove si teneva la festa al quindicesimo piano. Il salone era tutta un'altra cosa rispetto all'ingresso: un ambiente luminoso, colorato con colori sgargianti, c'erano dei tavoli con sopra del cibo, al centro una pista da ballo, un palco con tanto di orchestra, metà del soffitto e la parete che dava all'esterno erano un'immensa finestra. Le persone erano divisi in gruppi a parlare tra di loro, tutti vestiti eleganti tranne me, avevo ancora la divisa da Cavaliere.

"Ehi, tutti hanno un vestito elegante, perché io non ho un vestito elegante?" pensai nervoso.

Uno di loro, dall'aspetto giovane e composto come un gentiluomo dell'ottocento si avvicinò - Ah, principessa, l'aspettavo con impazienza. - le prese la mano e la baciò.

- Sono onorata della vostra presenza conte Von-Bes... - sembrava riluttante.

- Spero che le piaccia la festa, dopotutto è in suo onore, e in onore al nostro fidanzamento. - per un attimo la maschera del brav'uomo sembrava svanita per poi ricomparire.

Lo sguardo di Fostha era un misto tra rabbia e disgusto, non lo biasimavo affatto.

L'orchestra cominciò a suonare quello che sembrava un lento - Principessa, vuole concedermi un ball - il conte si bloccò quando guardò in direzione dell'ascensore con la bocca aperta.

Mi voltai anch'io, vidi una ragazza vestita con un elegante vestito lungo blu scollato ma non troppo, capelli bianchi lisci che le accarezzavano le spalle, pelle bianca con un minimo di trucco per risaltare le linee dolci del viso, e occhi rossi come tizzoni ardenti. Mi sorrise, io rimasi immobile.

- Sì, balliamo! - fece frettolosa Aman-He portandosi via il conte.

Sania si avvicinò a me e Fostha - Levati quel sorriso dalla faccia O'Neil, stiamo ancora lavorando. -

- Credo ci sia un po' impossibile non sorridere, sei bellissima. - commentò Fostha.

- Grazie! Ho solo pensato che per proteggere la principessa sarebbe stato utile poter andare ovunque senza passare inosservati. - spiegò imbarazzata.

- Bel lavoro, a parte il fatto che sei la donna più bella della sala! - rimbeccai.

- Allora dovrò ridimensionarmi ballando con uno straccione. Fostha, tu rimani ai bordi della pista, se succede qualcosa non esitare. - ordinò mentre mi trascinava in pista.

- Io non so ballare, non ho mai ballato in vita mia! - le dissi terrorizzato.

- Nemmeno io, dobbiamo solo fare finta. - mi prese le mani e le appoggiò ai fianchi, poi mese le sue attorno alle mie spalle, e cominciammo a muoverci piano piano.

Ballammo in silenzio controllando ogni minimo movimento della principessa, o almeno all'inizio, dopo un po' cominciammo a stringerci più forte e a perdere di vista l'obbiettivo. La musica faceva schifo, ma in quel momento non credo le importasse, e sinceramente nemmeno a me.

Improvvisamente una strana sensazione mi fece innervosire - Lo senti? - le chiesi.

Lei alzò la testa dalla mia spalla - Certo... che lo... sento! - era arrossita.

- No, no, non intendevo quello, è come se stesse per succedere qualcosa... - feci io, lei si fece seria e cominciò a guardarsi intorno - Aspetta un attimo, "lo senti"? - le chiesi.

- Non è il momento, dobbiamo portar - non finì la frase che un rumore di vetri fece precipitare la gente nella sala nel panico.

Io e Sania non perdemmo tempo, raggiungemmo la finestra e ci trovammo davanti gli stessi tizi che ci avevano attaccato su Doc, li attaccammo ma non riuscimmo a fargli un graffio. Quello che sembrava il capo si diresse verso la principessa e il conte che erano impietriti. Deviai un colpo di blaster che finì per colpire uno dei tre che avevano assalito Sania. Menai un fendente per allontanare il mio avversario e corsi verso il capo. Saltai in avanti cercando di colpirlo, ma lui si girò di scatto e parò il colpo con una spada al plasma viola. Feci un'acrobazia di lato e mi misi tra lui e le sue vittime.

Mi attaccò, era veloce, molto veloce. Non sarei riuscito a tenergli testa a lungo e Sania stava facendo del suo meglio con gli altri tre. Dal nulla un colpo di pistola al plasma mi diede la possibilità di colpire, menai un fendente e colpii il fianco sinistro.

Rimasero tutti immobili, lentamente tutti e cinque indietreggiarono, si girarono, sfondarono il vetro e si gettarono dal balcone. Io e Sania ci guardammo, eravamo entrambi terrorizzati.

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Capitolo 25
*** Indizi ***


Mi ripresi, andai alla finestra e notai lo spessore del vetro, quindici centimetri.

Guardai in basso per controllare se erano appesi o attaccati ad una fune, erano spariti senza lasciar traccia. Tornammo nelle nostre stanze seguiti da Von-Bes.

- Si può sapere chi sono quei tizi? - chiese il conte.

- Qualcuno davvero bravo, su questo non c'è dubbio... - risposi.

- Ovviamente voi nuovi Jedi date sempre risposte vaghe. Ho rischiato la vita! - cominciò a sbraitare.

- Lo sappiamo, quello che non sappiamo è perché! - ragionai.

- Forse ha a che fare con il matrimonio. Chi ne trarrebbe maggior profitto? - chiesi.

- Entrambi i nostri popoli, il suo in fatto di manodopera e il mio in fatto di armi. - fece Aman-He.

- E nonostante tutto ci sono ancora persone contrarie? Perché? - chiesi.

- Perché sono contrari agli armamenti o perché reputano la principessa una debole da quando... - Fostha non continuò la frase ma avevo capito sin dall'inizio che qualcosa non quadrava, che Aman-He avesse qualche segreto e adesso ne ho la certezza.

- Quanti erano? - le chiesi. Lei non rispose.

- Quanti uomini erano quando l'hanno aggredita? - continuai.

Fostha e il conte stavano per scagliarsi su di me ma continuai a fissarla - Erano in sei... ma solo uno mi... Uccisero la mia scorta e poi uno di loro mi si avvicinò mi girò contro il muro e... - rispose.

- Interessante! - sbottai interrompendo la frase della ragazza.

Mi girai verso la finestra era tutto chiaro ora, o almeno una parte dell'enigma era chiara.

- Quei cinque sono gli stessi che hanno aggredito la principessa, è questo quello che stai pensando vero?  - esordì Sania.

- Sì, e più precisamente sono dei droidi. - risposi.

- Come fai a dirlo? - chiese arrogante il conte.

Era in quei momenti che ringraziavo le stagioni di C.S.I. - Primo, lei riuscirebbe a sfondare un vetro spesso quindici centimetri senza rompersi almeno qualche osso? Secondo, quando Fostha ha sparato a uno dei tizi, non lo ha deviato o schivato ma lo ha preso in pieno, e un essere organico per lo meno sarebbe caduto a terra sanguinante. Terzo erano più veloci e più reattivi di noi, il che significa che hanno una forza e una velocità superiori a quelle di un comune essere vivente. Quindi sono droidi! -

- Va bene, mettiamo che hai ragione, perché dei droidi vorrebbero la mia morte? - chiese Von-Bes.

- Forse perché il sesto uomo non vuole questo matrimonio o forse vuole la principessa tutta per sé! Chi lo sa! - risposi.

- E quindi, che facciamo, aspettiamo che colpiscano di nuovo e speriamo di catturarne uno? - chiese Sania.

Mi girai verso di lei e la guardai - Beh, se prima erano loro a cacciare noi, ora saremo noi a cacciare loro! - risposi.

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Capitolo 26
*** Rapimento ***


Ci dividemmo in due gruppi, Aman-He e Sania in camera da letto, mentre io, Fostha, e Von-Bes in salotto così da poter sorvegliare tutti senza creare imbarazzi. 

Mi misi con le gambe incrociate e in meditazione, durante il mese di convalescenza scoprii che la Meditazione di Guarigione aiutava il corpo a ricaricarsi come se dormisse anche se non dormi per niente. 

Von-Bes russava fastidiosamente, Fostha si agitava e tirava calci al conte per farlo smettere, e io faticavo a meditare, avevo la stessa sensazione della festa. Mi alzai e andai a vedere in camera ma non trovai nulla di strano.

Tornai in salotto dove trovai Fostha in piedi con la pistola in mano puntata verso di me.

- Cosa fai nella camera della principessa? - 

- Ho avuto una strana sensazione e sono andato a controllare. Sembra tutto a posto, anche se ho ancora quella sensazione. - risposi.

- Voi Jedi con la vostra magia, credete di essere superiori in tutto e di sapere tutto, ma voi non sapete cosa sia l'affetto e nemmeno... - invei sussurrando.

- L'amore? - finii la sua frase. 

Lui non rispose, era palese che provasse dei sentimenti per Aman-He.

- A dire il vero, ho amato una persona una volta, ma mi è stata portata via. - spiegai. 

Lui abbassò la pistola - Io farei qualsiasi cosa pur di non perderla! - guardò Von-Bes.

Era visibilmente frustrato da ciò che gli stava accadendo, da tutti i cambiamenti improvvisi che avrebbe dovuto affrontare.

- Ricorda che "lei" è una persona, non una tua proprietà. Finché metterai in pratica questo non la perderai mai. Il problema è: riuscirai a portarne il peso per tutta la vita? - chiesi. 

Forse ero stato troppo duro, ma era quello che doveva sentire per poter decidere. 

"Cazzo, comincio a parlare come un vecchio saggio adesso?" pensai stupito di me stesso.

Lui non rispose, si sedette sul divano e basta.

- Ma che succede? - chiese Von-Bes

"Ci mancava solo lui..." mi misi le mani sulla faccia "almeno non russa più come un maiale!".

- Niente, non sono affari tuoi, torna a dormire. E per favore evita di russare! - dissi scocciato.

- Va bene, basta che non rompiate. - si sdraiò di nuovo.

Per un po' ci fu silenzio ma non durò a lungo.

- Ora che ci penso, ritenere la principessa una debole donna impura mi sembra un approccio alquanto inopportuno verso un altro regno e alquanto accademico come argomento. - borbottò tra se e se Von-Bes.

Per un attimo rimasi perplesso, poi mi venne l'illuminazione - Tutti giù! - urlai.

Un istante dopo le finestre esplosero in magliaia di frammenti seguiti da colpi di pistole al plasma. Mi buttai a terra, rotolai e accesi la spada per deviare i colpi, dopo qualche tentativo riuscii a colpire uno dei due droidi mascherati che cadde nel vuoto.

Guardai Fostha, era dietro il divano rovesciato impegnato a sparare al secondo droide. Mi precipitai nella stanza da letto, aprii la porta, la corrente d'aria era forte ma riuscii a vedere Sania letteralmente incatenata al muro con delle strane piastre metalliche. Aman-He era tenuta come un sacco di patete dal capo dei droidi che si stava per gettare nel vuoto. 

- Non dovevi proteggerla? - commentai sarcastico.

- Mi hanno presa alla sprovvista, sono furbi per essere dei droidi. - rispose cercando di attivare una delle sue spade.

I due droidi cominciarono a sparare, cercai di deviare più colpi possibili per dare a Sania il tempo di liberarsi. Dopo alcuni secondi Sania riuscì a liberarsi e accese anche la spada nera, sembrava davvero infuriata. Si gettò in avanti contro uno dei due droidi, era velocissima, evitò ogni proiettile al plasma e tagliò la mano al suo avversario. Lui con una maestria innaturale estrasse una spada, la accese e contrattaccò, Sania parò con la spada gialla e colpì il fianco la spada nera poi si allontanò con una acrobazia. Il droide sembrava non risentire dei danni e attaccò con velocità e tecnica che andavano oltre il normale limite biologico, ma Sania parò ogni colpo e contrattaccò con un'acrobazia così veloce che sembrava anche lei oltre il normale limite biologico e staccò la testa al droide che cadde a terra immobile.

Io ero ancora impegnato a deviare i colpi di pistola, uno dei quali colpì il droide che l'aveva sparato, senza subirne alcun effetto grave. Il mio avversario si girò e si gettò anch'esso giù dal palazzo. 

Guardai in salotto - A quanto pare si erano ritirati tutti! - dissi.

- E hanno preso Aman-He. Il piano procede come avevi previsto! - sorrise Sania.

- Anche troppo bene, ora basterà seguire il segnalatore che hai dato alla principessa e troveremo il loro vero capo. - continuai io.

- Spero funzioni! - commentò Fostha.

Controllai su uno dei monitor di Sania, avevamo il segnale, si dirigeva verso il deserto.

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Capitolo 27
*** Il Covo dei Droidi ***


Flashback: tre ore prima del rapimento.

- Quindi che hai in mente? - chiese Sania.

- Useremo Aman-He come esca, le metteremo un tracciatore sui vestiti e poi seguiremo il segnale! - risposi.

- E se al posto di rapirla, la uccidono? -

- Non credo vogliano ucciderla, piuttosto sembravano volessero morto il nostro caro conte. - lo guardai mentre si pavoneggiava con Fostha.

- Capisco, qualcuno vuole la principessa tutta per se. - rifletté lei.

- In ogni caso stalle vicina e proteggila in caso mi sbagliassi, non si sa mai. - le feci l'occhiolino.

Fine flashback: un'ora dopo il rapimento.

 

Il segnale ci aveva condotti in un deserto, tutt'attorno solo sabbia e stelle ma di Aman-He nessuna traccia. Gli speeder andavano a velocità massima e alzavano una gran quantità di sabbia al loro passaggio. Avevamo deciso di lasciare il conte Von-Bes alle sue guardie e proseguire per conto nostro.

- Siamo sicuri che stiamo seguendo la pista giusta? - chiese Fostha impaziente.

- Sì, tranquillo! Aman-He è a otto chilometri da qui. Fra poco la potrai rivedere! - risposi, anche se non ero molto convinto che sarebbe stato facile.

Lui non parlò ma sentivo che era preoccupato per la ragazza.

Cinque minuti dopo arrivammo alle coordinate segnate dal trasmettitore, ma non trovammo nulla, solo altra sabbia.

Sania si mise seduta a terra con le gambe incrociate e chiuse gli occhi per concentrarsi.

- Ma che sta facendo? Dovremmo chiedere aiuto, o dividerci per cercarla e lei si mette a dormire? - sbottò Fostha incredulo.

- Sta calmo, ti ho detto lei sa quello che fa! Fidati! - provai a calmarlo.

- Se, come no. - mi rispose secco.

- L'entrata è da quella parte, all'interno di una specie di grotta circondata da resti di animali. - Sania indicò col dito a nord-est.

- Visto? Che ti dicevo. - diedi una pacca sulla spalla a Fostha.

In realtà non ero per niente sicuro di ciò che stesse facendo Sania, ma una sensazione mi diceva di fidarmi.

Raggiungemmo la grotta, un singolo ammasso di roccia in mezzo alla sabba scavato, all'entrata c'erano carcasse mummificate e scarnificate di animali. Entrammo all'interno e scendemmo per alcuni metri fino ad un vicolo cieco dove si trovava una porta in metallo. Io e Sania ci mettemmo in posizione e con la telecinesi e scaraventammo la porta ai lati della grotta.

L'interno era tutto bianco, un corridoio con delle porte numerate ai lati si allungava per svariati metri, una porta verde alla fine del corridoio attirò la mia attenzione "Non è che ci ritroviamo migliaia di Smith a sbarrarci la strada, vero?" pensai perplesso.

Una delle porte si aprì uno dei droidi si mise davanti a noi con una spada rossa in mano.

Accesi la spada e Sania fece lo stesso - Round finale! Cominciamo? - sorrisi.

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Capitolo 28
*** Oltre Le Capacità Umane ***


Il droide non si muoveva, era in attesa. 

- Che tattica usiamo stavolta? - chiese Fostha nervoso.

Non risposi nemmeno e attaccai. I fendenti arrivarono un paio a segno ma non sortirono alcun effetto. Il droide era veloce, molto più di me, contrattaccò con un affondo. Riuscii a pararlo per un soffio, girai su me stesso e lo divisi a metà. Lui cadde a terra ma la parte superiore si muoveva ancora quindi con cura gli staccai la mano con l'arma e gli fusi la testa. Uno era andato, ne mancavano tre.

- Andiamo avanti e neutralizziamo chiunque ci si pari davanti! - risposi alla fine. 

Mi girai, non ebbi nemmeno il tempo di avvisare Sania e Fostha che fui attaccato dal secondo droide.

"E questo quando è sbucato fuori?" pensai.

Parai un paio di fendenti, ma non riuscii a fermare del tutto il fendente all'altezza della spalla. La ferita non era profonda come sembrava, ma mi faceva un male cane. Mi allontanai e guardai Sania.

- Turno tuo, tesoro! - le feci l'occhiolino sperando non si accorgesse del dolore che provavo.

- E ti pareva, lui comincia e io devo finire! - rispose sorridendo. 

- Ehi, uno a testa mi sembra equo no? - replicai.

Sbuffò e corse verso il secondo droide, menò alcuni fendenti e ne parò altri, un momento di stallo e infine la testa del droide volò verso di noi, Fostha infine gli sparò.

Altre due porte si aprirono e uscirono gli ultimi due droidi, uno con una spada e l'altro con una doppia lama, avevo una brutta sensazione su quello.

- Sania, stavolta lo facciamo assieme! - dissi serio, mi sentivo nel pieno delle mie forze.

- I tuoi occhi sono rossi, di nuovo. - arrossì lei, poi guardò verso i due avversari - Sì, cerca solo di non starmi tra i piedi! - continuò.

Ci lanciammo all'attacco, il droide con la spada si mise davanti a quello con la doppia lama, Sania arrivò prima di me e cominciò a menare fendenti poderosi, ma il droide resistette a tutti gli attacchi. Il droide con le doppie lame passò all'attacco con un fendente alle spalle di Sania ma io riuscii a bloccarlo appena in tempo, io e Sania eravamo schiena contro schiena. 

Non capii subito il perché ma quella posizione mi faceva rimanere calmo, con la mente completamente sgombra, nessuna paura, nessun pensiero, nessun calcolo di rischio, solo io e il mio istinto. Sentii la schiena di Sania muoversi e sapevo già cosa fare, menai un fendente e girai di centottanta gradi per ritrovarmi davanti il droide con la spada, lo attaccai al fianco sinistro che riuscì a parare ma non riuscì a parare l'attacco alla testa che feci prima di girarmi ancora. Il droide con la doppia lama era gravemente danneggiato, colpii l'arma e roteai la spada per poi colpirlo dall'alto. Il droide rimase immobile con una striscia di metallo fuso che lo divideva a meta perpendicolarmente, poi le due parti caddero a terra con un rumore di metallo inerte. Nello stesso istante sentii lo stesso rumore provenire da dietro. Io e Sania eravamo ancora schiena contro schiena.

Rimanemmo lì immobili, io non pensavo a nulla tranne che mi piaceva quella sensazione, finché Fostha non si avvicinò - Siete stati straordinari! Li avete battuti in un attimo. Non ho mai visto un combattimento di spada così bello. - disse euforico.

Sania si stacco da me e mi guardò perplessa, poi si rivolse a Fostha - Che intendi dire? Noi abbiamo combattuto come al nostro solito. - chiese. Io annuii, sapevo che c'era stato qualcosa di diverso ma non pensavo che si arrivasse a tanto.

- No, non avete capito, sembravate danzare in perfetta sincronia, come gli dei gemelli delle antiche leggende! - rispose.

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Capitolo 29
*** Gabbia ***


Rimasi perplesso da quello che disse Fostha, poi ricordai la tavoletta di pietra. Parlava di due gemelli nati da una potente dea che assieme sarebbero stati invincibili.

- Stai parlando di una strana storiella su due gemelli nati da una non definita dea? - chiesi, volevo essere sicuro stesse parlando di quello.

- Sì, esatto! Solo che non li partorisce una dea ma la Forza, o Aura come viene chiamata oggi. Fu un grande Maestro Cavaliere a profetizzarne l'avvento decine di migliaia d'anni fa. - spiegò lui eccitato.

Sospirai incredulo - E come diavolo ha fatto a sopravvivere una leggenda del genere per migliaia di anni? Insomma, nel mio mondo una leggenda cambia drasticamente in una decina d'anni. - chiesi incuriosito.

- Non so come funzioni nel tuo mondo ma nella galassia certe cose rimangono nel network galattico. - spiegò lui.

Guardai Sania facendo spallucce, lei alzò gli occhi impaziente - L'equivalente al vostro internet, anzi si può dire che è internet! - disse sbuffando e girandosi verso la porta in fondo al corridoio.

- Ah, allora è vero quello che dicono. - feci sorpreso.

- Su cosa? - chiese Fostha.

- Se carichi qualcosa su internet rimane per sempre! - risposi.

Ci avvicinammo alla porta, Sania la sfondò con un calcio. All'interno c'era uno studio con dei tavoli, alcuni fogli, una gabbia coperta da un telo verde e un vecchio ricurvo.

- Dov'è la principessa Aman-He? - urlò Fostha.

Il vecchio si girò, fece un sorriso che rivelò i denti marci e anneriti - Proprio la sotto! - rispose indicando con mano tremolante la gabbia.

Sania si avvicinò e scoprì il telo verde, Aman-He era priva di sensi e respirava a fatica.

- Cosa le hai fatto, bastardo? - Fostha puntò la pistola verso il vecchietto.

- Ora lei è mia, come dovrebbe essere, come lui aveva detto sarebbe stato! - rispose con voce rauca il vecchio.

- Quindi ci sei davvero tu dietro tutta questa storia... cavolo che delusione. - sbottai.

- Mio caro ragazzo, quello deluso sono io. Non pensavo che i Dranorin fossero così... deboli! - fece un gesto con la mano, io fui sbattuto al muro, Sania finì accanto a me, e Fostha accanto alla gabbia.

- Sapete, è davvero incredibile quanto voi Cavalieri siate stupidi. Il vostro Gran Maestro Thran per esempio, ha lasciato due ragazzini con pochissima esperienza a fare da balia a questa impura. - guardò la gabbia con disdegno - E anche lui è andato in missione da solo ed è caduto in trappola. - rise.

Io e Sania ci guardammo - Che vuoi dire che è caduto in trappola? - chiesi alzandomi in piedi.

- Semplice che... che il messaggio che gli arrivò appena atterrato su Datitth era una trappola ideata da noi per catturarlo, torturarlo, e molto probabilmente ucciderlo. - rispose.

- Noi? Noi chi? - chiese Sania con un briciolo di timore nella voce.

- Noi siamo Sith, mia cara bellissima Dranorin! Siamo stati sterminati trenta mila anni fa, ma ora siamo rinati, e conquisteremo l'intera galassia! - rispose esaltandosi.

Accesi di nuovo la mia spada nera - Ah, ecco! Beh di solito non picchio i vecchi ma per questa volta farò un'eccezione! - dissi, aiutai Sania ad alzarsi.

All'inizio il vecchietto sembrava stupito, poi si riprese, prese la spada dal tavolo e l'accese - Bene bene, i bambini vogliono giocare, giochiamo allora! - disse con la spada che gli illuminava il viso di rosso.

 
 

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Capitolo 30
*** Sith ***


La battaglia infuriava da diversi secondi, nessuno dei tre era riuscito a colpire gli altri il proprio avversario. Il vecchio Sith era davvero abile, molto più di Corwis. Riusciva a tenere testa a me e Sania con molta facilità. Notai anche che la posizione era difensiva, e che non faceva parte dei sette stili Jedi.

In un momento di stallo feci segno a Sania di allontanarci.

- Il vecchietto decrepito se la cava. - sbottai quasi incredulo.

- Ho notato, hai qualche brillante idea dell'ultimo secondo? - chiese lei.

- Forse, ma è rischiosa, e non so se funzionerà. - risposi.

- Ottimo. Che devo fare? -

In quell'istante mi resi conto che Sania cominciava a fidarsi di me, la cosa mi rendeva felice in qualche modo anche se cercavo di non darlo a vedere. Dopo tutto quello che avevamo passato mi ero abituato alle cose impossibili. Anche il mio carattere era cambiato, ero più espressivo e loquace.

- Cerca di distrarlo con la telecinesi, io intanto lo attacco con la spada. - le spiegai.

Sania fece un gesto con la mano per cercare di spingere col pensiero il vecchio ma lui controbatté con la sua telecinesi creando uno scudo difensivo.

Quello era il segnale di scattare in avanti, corsi verso di lui fissandolo negli occhi, lui preso alla sprovvista indietreggiò di un passo il che mi diede il tempo di fare la mia mossa. Approfittando di quell'istante mi spostai di lato, e sfruttando il punto cieco sparii dalla sua visuale e mi portai dietro di lui, poi con un colpo secco lo trafissi al cuore.

- Come... come hai fatto? - mi chiese con un filo di voce.

- Leggo molti manga! - risposi. Non aveva bisogno di risposte decenti.

Lui cadde a terra con un tonfo.

Cercai con cautela le chiavi della gabbia in cui era prigioniera Aman-He e aprii la porticina. La ragazza stava bene e Fostha l'abbracciò senza pensarci un attimo.

- Secondo te tra quei due...? - mi chiese in disparte.

- Da parecchio. - risposi senza nemmeno guardarla - Ho notato due cose dal nostro amico qui. Primo come Sith faceva schifo anche se in difesa era davvero bravo. Secondo era solo un diversivo per farci dividere. - ragionai.

- Dovremmo fare rapporto con il Gran Consiglio. Forse sanno dove era diretto il Maestro Thran. Comunque questa storia dei Sith non mi convince. - propose.

- Buona idea. Anche perché se facessimo da soli distruggeremo un intero sistema. - scherzai.

Sania mi fece il dito medio e provò a cercare degli indizi nella stanza ma non trovò nulla. Tornammo a palazzo e spiegammo la situazione, il matrimonio con Von-Bes fu annullato per poi annunciare, sotto mio consiglio ufficioso, di fidanzare Aman- He e Fostha. Il giorno dopo ci salutammo e tornammo a Coruscant con una navetta gentilmente offerta dai nobili di Dattith.   

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