Ricordo di un primo amore di lightoftheday (/viewuser.php?uid=632)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una mamma sa sempre come fare (prologo) ***
Capitolo 2: *** Il primo impatto ***
Capitolo 3: *** Nubi all'orizzonte ***
Capitolo 4: *** Strani presagi ***
Capitolo 5: *** Inizio di una nuova vita ***
Capitolo 6: *** Contrattempi fortuiti ***
Capitolo 7: *** Ringraziando una bestiolina gialla ***
Capitolo 8: *** Indiscrezioni ***
Capitolo 9: *** Dubbi irrisolti ***
Capitolo 10: *** Il perfetto regolamento per una serata tutta sbagliata ***
Capitolo 11: *** Nuove prese di coscienza ***
Capitolo 12: *** La mente di un bambino ***
Capitolo 13: *** Organizzare una festa di compleanno ***
Capitolo 14: *** Ricordi ***
Capitolo 15: *** Visite annunciate ***
Capitolo 16: *** Cadute ***
Capitolo 17: *** Profumi d'oriente ***
Capitolo 18: *** Inganni della mente ***
Capitolo 19: *** Giornate tristi ***
Capitolo 20: *** L'altra faccia della medaglia ***
Capitolo 21: *** Questione d'orgoglio ***
Capitolo 22: *** Salvataggi in extremis! ***
Capitolo 23: *** Paure ***
Capitolo 24: *** Quel diverso che non c'è ***
Capitolo 25: *** Punti di vista ***
Capitolo 26: *** Una pulce nell'orecchio ***
Capitolo 27: *** Semplici contatti ***
Capitolo 28: *** Non tutto è ciò che appare (o quasi...) ***
Capitolo 29: *** Altri ricordi ***
Capitolo 30: *** Errori passati ***
Capitolo 31: *** decisioni difficili ***
Capitolo 32: *** Giochi d'acqua ***
Capitolo 33: *** La malinconia su di noi ***
Capitolo 34: *** A presto ***
Capitolo 35: *** Quello che ho sempre sognato ***
Capitolo 1 *** Una mamma sa sempre come fare (prologo) ***
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Disclaimer:
Leggete Dominic Monaghan e pensate che sia un nome qualsiasi. Una pura
convenzione. Ovviamente non lo conosco affatto e non voglio offendere né lui né
nessun altro con le mie divagazioni.
Nota del 23-5-2005: Se volete
inserire questo racconto in forum, blog e quant’altro potete farlo. Ma non con
il copia/incolla… Credo sia più opportuno, e soprattutto gradito per me,
riportare il link di questo sito! Grazie!
v
Prologo - Una mamma sa sempre come fare
- Mamma! Per una buona volta mi staresti a sentire per
cortesia? Bada che sei veramente prepotente!- aveva sbottato Dominic dopo un po’
che sua madre gli elencava tutti i motivi per cui quel favore che gli stava
chiedendo di farle avrebbe giovato anche a lui.
- Sì, ti sto a sentire, parla!- aveva detto la donna
rimanendo in silenzio per un momento.
- Oh, finalmente!- aveva risposto Dominic ironicamente, per
poi continuare ed esporre le sue ragioni.
- Quanto tempo è che non vedo Irene? Dieci anni più o
meno?-
- Ora non esagerare, non saranno più di sei… non sei venuto
al suo matrimonio?- aveva chiesto sua madre convinta che il figlio avesse
partecipato a quell’occasione.
- No mamma, ero in Nuova Zelanda!-
- Ah, allora ci sta che tu non la veda da dieci anni.-
- Se te lo dico sarà così, non sono mica rincretinito! Non
la vedo dall’estate dopo il mio primo anno di università, mi pare che Melanie
abbia passato un paio di settimane da noi e c’era anche lei.-
Sua madre era rimasta per qualche secondo in silenzio.
- Sì, può darsi che tu abbia ragione. Nemmeno al battesimo
di Owen sei venuto?-
- Non l’ho nemmeno mai visto Owen, nemmeno in foto, ero già
fisso a Los Angeles quando c’è stato il battesimo ed ero impegnatissimo con il
lavoro.-
- Comunque sia è una buona occasione per rivederla, no? Mi
sembra che Irene ti è sempre stata simpatica! Via, fallo per me, non sarà per
molto.- gli aveva detto la donna con un tono quasi implorante.
- Rivederla va bene, se viene a Los Angeles sicuramente
quanto meno la inviterò a cena qualche volta, sarò a sua completa disposizione
se avrà bisogno di qualsiasi cosa, ma prendermela in casa mi sembra un po’
esagerato, non ti pare? E’ praticamente una sconosciuta! Che per di più si porta
appresso un bimbetto di quattro anni! - aveva ribattuto Dominic convinto.
- Sei pessimo!- sbottò sua madre che non sapeva più che
cosa fare per convincerlo, le aveva provate tutte, anche a fare leva sul fatto
che, quando era un adolescente, Irene un po’ gli era sempre piaciuta, ormai non
faceva effetto nemmeno più quello.
- Senti, Dom,- aveva cominciato a dire con la solita voce
dolce che usava sempre quando voleva convincere il figlio a fare qualcosa per
lei, - me lo fai almeno il favore di pensarci su per un momentino? In fondo non
sarebbe per molto, tre settimane, un mese al massimo, finché non si può
sistemare nel suo appartamento. Non puoi proprio farlo questo sforzo, per me,
eh?-
- Sei sleale…- le aveva risposto lui che aveva capito
perfettamente il suo gioco. Sua madre per tutta risposta aveva ridacchiato.
- Va bene, ci penso un po’ su ma non ti garantisco niente,
capito?- aveva concluso Dominic.
- Va bene, va bene, ora però devo scappare. Ci sentiamo fra
qualche giorno, mi raccomando fai il ragazzino a modo.- si era raccomandata.
- Sì, sì, come no. Ciao mamma.- l’aveva salutata, quindi
aveva rimesso il cordless sul comodino, si era girato dall’altra parte e si era
rimesso a dormire.
Quante volte aveva spiegato a sua madre che non doveva
chiamarlo in pausa pranzo? Quando a Manchester erano le tredici da lui le cinque
di mattina, insomma, non era proprio l’orario adatto per fare due chiacchiere.
Sua madre, una distratta cronica da sempre, dopo tutti quegli anni che lui
abitava a Los Angeles ancora non si era fatta una ragione del fuso orario che li
separava. Del resto sua madre era fatta così, prendere o lasciare, per altro
Dominic aveva preso parecchio da lei, quindi non si lamentava più di tanto.
Anche quel favore che le stava chiedendo era del tutto in linea con il fatto che
sua madre avesse una personalità quantomeno peculiare.
Pensare ad Irene gli faceva sempre tornare alla memoria una
gran moltitudine di ricordi. Si era ritrovato ad immergersi in tutti quei fatti
e aneddoti divertenti, più o meno lontani, del resto Irene praticamente la
conosceva da una vita. Era figlia di Melanie, una vecchia amica di sua madre,
era per questo che si conoscevano fin da quando erano bambini e che avevano
familiarizzato nonostante la differenza d’età. Irene aveva otto anni più di
Dominic, forse per via di questo da piccoli non si erano mai veramente compresi,
complice anche il fatto che fossero di due sessi diversi: poi gli anni erano
passati e le cose erano radicalmente cambiate, almeno nell’ottica di Dominic.
Se si ritrovava a pensare che erano dieci anni che non la
vedeva, si stupiva largamente della cosa, gli sembrava ieri che si erano
salutati sulla porta di casa sua a Manchester, prima che lei e sua madre
ripartissero per tornare a Birmingham. Lui quell’anno avrebbe compiuto
diciannove anni, a quei tempi aveva una ragazza e per altro, nonostante il fatto
che fossero piuttosto giovani entrambi, l’avevano presa davvero molto
seriamente, tanto che a volte Dominic in quel periodo aveva dei dubbi su molte
cose. Aveva ottenuto quella parte nel serial “Hetty Waintrop Investigates”, era
stato notato da qualcuno durante una delle rappresentazioni teatrali extra
scolastiche alle quali partecipava attivamente. Era una grossa occasione per lui
e ne era entusiasta, ma questo avrebbe comportato il dover passare diverso tempo
a Londra per via di quel lavoro. Significava lasciare la sua città, gli amici e,
soprattutto, lei. Non era il doversi spostare che lo spaventava, era abituato a
queste situazioni dato che la sua famiglia, quando era piccolo, l’aveva fatto
spesso e volentieri di spostarsi a vivere in posti differenti. Era lo staccarsi
dal suo ambiente che gli dispiaceva.
Effettivamente poi il legame tra lui e quella ragazza, che
entrambi credevano solidissimo, si era dimostrato per quel che era, ovvero una
delle tante storielline adolescenziali di cui poi rimane solo il ricordo; per
quanto poi piacevole esso fosse, questa non rappresentava certo una delle tappe
fondamentali nella vita di una persona.
Pensandoci gli era presa come una specie di nostalgia di
quei tempi, ma non una di quelle nostalgie che si provano quando si sta passando
un brutto periodo e si pensa a tempi più felici. Dominic non stava affatto male,
dato che alla fine aveva avuto tutto ciò che dalla vita aveva sempre desiderato:
la sua carriera andava bene, là a Los Angeles si era ambientato senza troppi
problemi anche se la città all’inizio non gli piaceva da impazzire, dato che era
decisamente troppo caotica e piena di brutta gente; in quel periodo si vedeva
anche con una donna: anche se non era cominciata per essere una cosa seria
quella relazione continuava, e Dominic stava cominciando a pensare che forse
quella poteva essere la volta buona che una delle sue relazioni potessero durare
almeno un po’ più a lungo del solito, dato che fino a quel momento non era mai
stato capace di tenersi una donna.
Quella nostalgia che stava provando piuttosto poteva
considerarsi come una specie di attaccarsi ad un ricordo, al ricordo delle prime
volte che provi cose certi sentimenti. Irene gli ricordava quel periodo
dell’adolescenza di un ragazzo in cui si comincia a capire che le ragazze ti
piacciono, e ti piacciono sul serio: le tue coetanee e compagne di scuola da un
giorno all’altro cambiano sotto i tuoi occhi senza che tu capisca il perché.
L’unica cosa che sai è che le hai sempre viste come delle femminucce
rompiscatole, e tutt’un tratto invece diventano gli esseri più intriganti e
desiderabili del tuo universo. Diventano una fonte continua di curiosità, un
enigma che nella poca esperienza dell’inizio dell’adolescenza non sembra
risolvibile. Per la verità spesso e volentieri quell’alone di mistero continua
ad avvolgere l’universo femminile anche con l’avanzare degli anni, ma con il
tempo riesci a fartene una ragione e non ti fai più troppe domande. In quel
periodo della vita di ogni ragazzo però non puoi fare a meno di soffrirne un
po’, soprattutto perché le ragazze, come del resto è comprensibile che sia con
il senno di poi, nemmeno ti guardano dato che sono tutte impegnate a guardare
quelli più grandi di te.
Poi all’improvviso arriva una come Irene, che fino a quel
momento lui non aveva mai notato sotto certi punti di vista, una ragazza di
ventitré anni che non ti tratta come un bambino deficiente come normalmente
succedeva con le sue coetanee, era ovvio che ci si poteva prendere una di quelle
cotte spaventose che ci si possono prendere solo a quell’età. Era esattamente
quello che era successo a lui, per altro Irene era sempre stata piuttosto
carina, il che aveva facilitato la cosa.
Com’era normale che fosse, quella cosa era nata e cresciuta
ovviamente da una sola parte e poi era finita, perché poi si cresce e le cose si
evolvono.
Ma di fatto per Dominic pensare ad Irene sarebbe stato
sempre come ripensare ai suoi quindici anni e alla prima volta che si era
innamorato. Non era una nostalgia nociva, era solo un po’ di tristezza per uno
di quei momenti che lì per lì mentre li vivi non sembrano grandi cose, per lo
meno non appaiono come grandi tappe della vita, ma poi lo sono, eccome.
Mentre si stava per riaddormentare gli si era increspato un
sorriso sulle labbra: sua madre aveva usato quel tono, quello che usava sempre
per convincerlo a fare qualcosa per lei.
Prima di ricadere tra le braccia di Morfeo si era ritrovato
a pensare che, come sempre, anche quella volta sarebbe riuscita a fargli fare
quello che voleva lei.
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Capitolo 2 *** Il primo impatto ***
Nuova pagina 1
Buona sera a tutti!
Grazie mille per il commento Claudietta! In effetti da come
caratterizzo il personaggio di Dominic solitamente è vero che potreste
aspettarvi di tutto, stavolta però ho provato a fare qualcosa di un po’ diverso
(del resto, sempre uno stronzo incurabile non posso farlo e non è nemmeno
bello…) quindi spero di centrare l’obiettivo, quello sarete poi voi con i vostri
commenti a confermarlo o a smentirlo clamorosamente!
Buona lettura e grazie a chiunque si sia soffermato a
leggere, Mandy
v
Capitolo Primo - Il primo impatto
Quanto poteva essere cambiata Irene in dieci anni?
Se pensava a com’era cambiato lui stesso in quel lasso di
tempo si poteva aspettare di trovarsi una persona davanti che era tutto
l’opposto di quello che lui si ricordava. Tuttavia Dominic immaginava che era
ben probabile che lui fosse cambiato più di lei per diversi motivi.
Innanzi tutto passare dai diciannove ai ventinove era
decisamente diverso che passare dai ventisette ai trentasette, per di più lui in
quei dieci anni si era trovato ad essere da perfetto sconosciuto ad una faccia
vista praticamente in tutto il mondo, cosa che certamente non faceva parte del
bagaglio di crescita di molti. Dall’altra parte c’era anche da considerare che
Irene nel frattempo si era sposata, aveva avuto un figlio e si era anche
affermata in campo lavorativo, come avvocato. Era decisamente incuriosito, era
impaziente di vederla, anche di conoscere suo figlio Owen.
La stava aspettando da un po’, il suo volo avrebbe dovuto
essere arrivato alle tre del pomeriggio, ma evidentemente doveva aver avuto un
ritardo dato che erano già le quattro passate e lei ancora non era arrivata. Sua
madre gli aveva chiesto di andare lui a prenderla all’aeroporto, ma Dominic non
aveva potuto proprio accontentarla in quella richiesta: la sua notorietà non gli
permetteva di scorrazzare a suo piacimento in luogo affollati come un aeroporto
senza creare situazioni spiacevoli e imbarazzanti, rischiava di creare disagi e
di vedersi assalito, seppur bonariamente, da qualcuno. Irene inoltre si era
raccomandata che lui non si disturbasse più del dovuto per tutta quella
situazione, già abbastanza era imbarazzante per lei, non voleva assolutamente
creare ulteriori fastidi e aveva subito detto che avrebbe preso un taxi.
Quando Dominic aveva accettato di fare quel favore a sua
madre, Irene era stata subito informata della cosa e l’aveva rintracciato al
telefono.
- Dominic, ma sei sicuro che non sia stata tua madre ad
obbligarti? No, perché io non vorrei che lo facessi contro voglia, insomma, non
ti devi sentire affatto obbligato e assolutamente se tu non sei convinto di
questa cosa non ti preoccupare, puoi sempre ripensarci, io me la cavo in qualche
altro modo - gli aveva detto, facendogli capire che un po’ era anche imbarazzata
di accettare quella proposta.
Effettivamente Irene aveva pensato di aver agito con poca
furbizia a dire a Maureen, la madre di Dominic, del fatto che per lavoro avrebbe
dovuto trasferirsi a Los Angeles e che aveva quel problema della casa.
Le avevano offerto di diventare socia dello studio legale
per cui lavorava, solo a condizione però che avesse lavorato per almeno un
periodo di due anni nella filiale della costa californiana degli Stati Uniti,
poi avrebbe potuto ritornare ad esercitare in Inghilterra. Ovviamente, quando
aveva accettato la proposta, era stato lo studio stesso che si era mosso per
trovarle un alloggio, tuttavia c’erano stati dei problemi: i lavori di
ristrutturazione dell’appartamento erano stati più lunghi del previsto, si
sarebbero protratti per almeno un altro mese rispetto ai tempi previsti; Irene
aveva immaginato che allora anche la sua partenza per Los Angeles avrebbe dovuto
essere rimandata. Così invece non era stato.
In fretta e furia si era ritrovata a dover cercare un’altra
sistemazione temporanea per se e per Owen, fino a che non ci si era messa di
mezzo Maureen che come se niente fosse gli aveva detto che poteva stare da
Dominic. E lei che gliel’aveva detto perché voleva solo un consiglio da Dominic,
dato che lui abitava lì!
- Ma sì, dai, sono convinta che non ci sarà nessun
problema!- le aveva detto sorridente Maureen.
Però lei mica ci credeva tanto.
Per prima cosa erano anni che non vedeva Dominic, le
sembrava veramente da opportunisti contattarlo per un bisogno simile, per non
dire poi quanto le sembrava scorretto invadergli casa e imporgli anche la
presenza di Owen. Per carità, suo figlio era un bambino educato e anche
abbastanza silenzioso, però per uno come Dominic magari poteva essere un
impiccio, o poteva metterlo a disagio.
Qualche pensiero poi le veniva anche per quel che
riguardava Dominic. Cosa doveva aspettarsi? Che tipo era diventato in tutti
quegli anni? Sin da quando lo conosceva era stato il classico furbetto stile
simpatica canaglia che una ne fa e cento ne pensa, un tipo simpatico da morire
alle volte, ma altre poteva risultare anche molto pesante. Di certo carino da
morire, con lei lo era sempre stato parecchio almeno. Considerando che aveva
avuto anche tutto quel successo come attore chissà come si era evoluta la sua
personalità già di per se decisamente esuberante: le storie che circolavano
sulla superbia e sul modo di essere di certa gente le aveva sentite anche lei,
aveva paura di trovarsi davanti ad un pallone gonfiato e magari di dividere lo
stesso tetto con uno che si portava una diversa a casa ogni sera.
Quest’eventualità non era affatto rincuorante, specialmente se rapportata ad
Owen e all’impatto che una cosa simile avrebbe potuto avere su di lui.
Si erano sentiti spesso per telefono in quelle due
settimane che precedevano la partenza di Irene, sicuramente già parlandoci la
donna aveva intuito che Dominic non era diventato né un pallone gonfiato ne uno
sciupa femmine incallito; cercando di mantenere una certa indifferenza, durante
una di quelle telefonate, gli aveva detto una cosa del tipo spero che tu non
abbia una ragazza, altrimenti immagino che io e il bambino ti daremo davvero
fastidio, sperando che lui così le fornisse qualche particolare che le
avrebbe fatto capire qualcosa in più.
Dominic non si era affatto scomposto:- Una ragazza ci
sarebbe, e ti dico subito che non penso proprio che la tua presenza o quella di
Owen potrebbero disturbarci in alcun modo, anche perché ancora non è una cosa
seria… mettiamola così, il problema non sono io, o forse sì, non lo so in
verità… è che non ho idea di quanto la cosa sia a lungo termine per lei, non mi
rimane che aspettare, non so se rendo - le aveva risposto, forse in modo un po’
confuso, ma esprimendo un concetto fin troppo chiaro.
Irene aveva sorriso, sia per la buona riuscita del suo
stratagemma, sia per quello che le aveva rivelato Dominic. A dirla tutta quella
rivelazione sincera e spontanea le aveva fatto anche una certa tenerezza, era
come se avesse colto una sorta di bisogno di esternare quel particolare.
- Sì, rendi perfettamente - gli aveva detto, sorridendo in
modo che si era riflettuto nella sua voce.
Poi quelle due settimane erano passate in fretta tra i
mille preparativi per la partenza, Irene era stata impegnatissima e per dire la
verità aveva avuto anche poco tempo per fermarsi a riflettere sulle perplessità
che ancora le viaggiavano per la testa.
Quando era salita sull’aereo, il giorno stabilito per la
partenza, era in preda al panico di essersi dimenticata di fare un milione di
cose. Non si era caricata di valige, aveva stipato molte cose in alcuni
scatoloni che aveva spedito direttamente all’indirizzo di Dominic, viaggiava con
lo stretto indispensabile che poteva servire a lei e ad Owen.
Il volo era andato bene, il difficile era stato far passare
il viaggio al bambino. Otto ore di aereo non erano certo poche per lui,
fortunatamente si era addormentato e aveva dormito per una buona parte del
tempo. Il suo primo viaggio in aereo gli era piaciuto, si era divertito molto
alla partenza mentre il velivolo velocemente si staccava dalla pista e prendeva
quota, la gravità lo teneva schiacciato con la schiena al sedile dove stava
decisamente comodo, aveva ridacchiato fino a che non avevano preso quota, poi si
era messo a guardare le ali dell’aereo che toccavano le nuvole e il paesaggio
sottostante.
Mentre era sveglio Irene aveva chiacchierato con lui di
cosa si aspettava di trovare in quella nuova città.
- Mamma, ma devo andarci per forza all’asilo?- le aveva
chiesto il piccolo.
- Perché, non ci vuoi andare?- gli aveva a sua volta
chiesto preoccupata Irene, dato che sapeva che Owen non aveva appreso la notizia
di cambiare casa con un enorme entusiasmo.
Il bambino aveva inclinato un po’ la testa da un lato. -
Non lo so se mi va di andare all’asilo.- aveva asserito serio. - Se poi non mi
piace ci devo andare per forza?-
Irene gli aveva sorriso:- Come sei pessimista! Perché non
dovrebbe piacerti?-
Il bambino non le aveva risposto, aveva cominciato a
parlare di altro e lei non aveva voluto insistere sull’argomento, probabilmente
era solo il capriccio di un momento e non voleva vederlo come un problema serio.
Arrivati a Los Angeles tuttavia avevano avuto un problema
in aeroporto che poteva invece risultare serio veramente: sembrava che una delle
loro valige fosse andata perduta, particolare che aveva mandato Irene ancora più
in ansia di quanto già non fosse: fortunatamente tutto si era risolto con un
semplice contrattempo che l’aveva costretta a stare solo un’ora in più
all’aeroporto, nella sfortuna poteva dirsi ben fortunata dato che certi problemi
alle volte non sono di così semplice e rapida risoluzione.
Era riuscita finalmente a prendere un taxi e a dare
all’autista l’indirizzo di Dominic, dopo circa una mezz’ora di viaggio il taxi
aveva imboccato il vialetto e si era fermato davanti ad un cancello. Irene era
scesa e aveva aspettato che l’autista scaricasse le sue valige, l’aveva pagato
quindi e l’auto subito dopo si era allontanata.
Per un momento, prima di suonare al campanello, aveva
sbirciato dalle inferiate del cancello il vialetto di ciottoli delimitato da dei
cipressi, non vedeva molto oltre il vialetto dato che appena pochi metri più
avanti la strada curvava verso sinistra e le delimitava la visuale. Alzando gli
occhi riusciva a scorgere il tetto della casa nascosta dietro un filare di
alberi, nient’altro. Si era accinta a suonare al campanello, Dominic le aveva
subito risposto al citofono, le aveva aperto ed era uscito per raggiungerla.
Si era quasi spaventato Dominic quando aveva sentito il
suono del campanello tanto era soprappensiero, si era alzato in fretta dal
divano e altrettanto in fretta era uscito per fare quei pochi metri che lo
distanziavano dal cancello all’entrata. Appena percorsa la curva che gli
impediva la visuale lungo il viale, aveva distinto la figura di Irene e una più
piccola accanto a lei, dedusse che si trattava di Owen. Senza fermarsi l’aveva
osservata, lei non l’aveva visto arrivare dato che era girata verso la strada.
A vederla così non sembrava cambiata affatto: indossava un
paio di jeans, una maglietta blu e un paio di normalissime scarpe da ginnastica,
i capelli castani leggermente mossi le ricadevano sulle spalle, erano della
stessa lunghezza in cui li teneva l’ultima volta che si erano visti.
- Irene!- l’aveva chiamata ad un metro di distanza dal
cancello. Lei si era girata di scatto, così come il bambino che teneva per la
mano. Gli aveva sorriso.
- Dominic!- l’aveva chiamato Irene, sempre sorridendogli,
fermandosi per un momento a guardarlo. Le era capitato più di una volta di
vederlo in tutti quegli anni, aveva già avuto modo di notare che era cresciuto
da qualche foto suoi giornali, direttamente vedendolo in qualche film,
decisamente però vederlo così l’aveva lasciata quantomeno sorpresa. Dominic era
diventato un uomo, era stupido pensare che fosse rimasto lo stesso sbarbatello
che era a diciott’anni, ma Irene non aveva potuto fare a meno di rimanere
stupita per un momento.
Si erano abbracciati e dati un bacio prima che Irene, che
teneva ancora la mano di Owen, gli indicasse il bambino e glielo presentasse.
- Questo è Owen - gli aveva detto.
- Ciao Owen!- gli aveva detto Dominic, che nel frattempo si
era abbassato un po’ anche per vederlo meglio e gli aveva fatto un cenno di
saluto con la mano.
Owen leggermente intimidito si era nascosto dietro del
gambe della mamma, tuttavia si era sporto con la testa per spiare Dominic, dopo
qualche secondo si era deciso ad agitare la manina restituendo il saluto.
Era un bambino normale, con i capelli del colore di quelli
della mamma e gli occhi grandi e abbastanza vispi, color nocciola, il visetto
tondo e alto più o meno un metro ad occhio e croce. Sembrava timido, Irene aveva
subito spiegato il motivo a Dominic:- All’inizio fa così, poi gli passa!-
Dominic aveva preso tra le valige di Irene quella che gli
sembrava più grossa e aveva fatto strada alla donna e al bambino verso casa sua.
Per Owen la sorpresa più gradita era arrivata non appena i
tre erano arrivati davanti al portico. Dominic aveva lasciato la porta
dell’ingresso aperta uscendo, il piccolo aveva alzato gli occhi sopra i pochi
gradini che separavano il viale dalla porta e gli si era illuminato lo sguardo
vedendo che sulla soglia, quasi come se si fosse affacciato per vedere cosa
stesse succedendo, c’era un cane piuttosto grande, con il pelo lungo color
miele. Appena erano arrivati il cane, pur senza muoversi, aveva cominciato a
scodinzolare.
Irene si era accorta della reazione del bambino come del
resto se n’era accorto anche Dominic, la mamma aveva sorriso al piccolo - Owen,
hai visto che bello?- gli aveva detto, lui che non le aveva risposto, era
rimasto invece incantato a guardare l’animale.
- Quella è Lilly- aveva detto Dominic presentando il suo
cane, una bella femmina di Golden Retriver. Aveva appoggiato la valigia che
stava portando sul prato e si era battuto una mano su una coscia, per richiamare
la cagna, che sempre scodinzolando si era avvicinata.
Dominic le aveva fatto una carezza sulla testa e le aveva
detto di mettersi seduta, diligentemente Lilly aveva obbedito al comando, quindi
si era rivolto ad Irene:- E’ buonissima, non hai da preoccuparti per il bambino
- aveva tenuto a specificare.
Irene gli aveva sorriso, mentre teneva per la mano Owen che
ancora era fisso e incantato a guardare Lilly. - Si vede che è buona. Non hai
idea di che sorpresa gli hai fatto, - gli aveva detto indicando con lo sguardo
il bambino, - vorrebbe tanto un cagnolino, ma non possiamo prenderglielo dato
che abitiamo in un appartamento in centro a Birmingham, starebbe sacrificato un
cane là -. Si era voltata verso Owen quindi.
- Ti piace Lilly?- gli aveva chiesto. Il bambino aveva
annuito.
Anche il cane guardava il bambino con un certo interesse,
il padrone le aveva detto di stare seduta quindi non aveva accennato a muoversi,
l’aveva un po’ annusato solo quando Dominic aveva invitato Owen ad accarezzarla
e il piccolo si era avvicinato timidamente a lei. Dopo qualche secondo che la
stava accarezzando, Lilly aveva leccato il bambino su una guancia, Owen aveva
riso e si era passato una manina sulla faccia, come per asciugarsi.
Anche i due adulti avevano riso nel vedere la scena. -
Direi che si piacciono!- aveva commentato Dominic.
Erano entrati in casa quindi, Dominic aveva aiutato Irene a
portare i suoi bagagli nella stanza che gli aveva fatto preparare. Erano rimasti
d’accordo che Owen avrebbe dormito con lei nel letto a due piazze dato che era
inutile per quel poco tempo che avrebbero passato a casa sua stare a portare il
lettino da lui.
Mentre il piccolo giocava con Lilly, Dominic aveva fatto
fare un giro per la casa ad Irene per fargli vedere l’ambiente, almeno finché
Owen correndo non l’aveva raggiunta e aveva attirato la sua attenzione
prendendola per la maglietta e tirando l’indumento per l’orlo.
- Mamma, devo fare la pipì!- le aveva detto con sul viso
un’espressione un po’ sofferente.
- Sì, andiamo subito.- gli aveva risposto Irene
sorridendogli, voltandosi poi verso Dominic, il quale senza bisogno alcuno che
lei chiedesse le aveva indicato dove fosse il bagno più vicino.
- Grazie…- gli aveva detto Irene avviandosi tenendo per la
mano Owen.
Mentre li guardava allontanarsi, Dominic aveva pensato che,
nonostante tutte le sue perplessità, in fondo non era poi così male averli
entrambi lì.
Molto probabilmente quelle settimane che dovevano
trascorrere insieme sarebbero state molto più piacevoli ed interessanti di
quello che avrebbe mai potuto immaginare.
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Capitolo 3 *** Nubi all'orizzonte ***
Nuova pagina 1
Buon venerdì sera a tutti!
Grazie per il tuo commento Claudietta, spero che la storia
ti piaccia anche con un personaggio leggermente diverso… buon fine settimana e
buona lettura.
Mandy
v
Capitolo Secondo - Nubi all’orizzonte
Dominic aveva dato appuntamento a Shannyn per le otto di
quella sera, per paura di arrivare in ritardo alle sette e un quarto era già
pronto per uscire. Rendendosi conto che andando via da casa sua in quel momento
sarebbe arrivato con troppo anticipo, si era seduto in soggiorno e aveva acceso
la televisione, con l’intento di aspettare almeno altri venti minuti.
Lilly l’aveva raggiunto, dopo aver ottenuto qualche carezza
si era sdraiata ai piedi del divano, alzandosi di scatto come se fosse stata
attirata da qualcosa solo qualche minuto dopo. Si era diretta all’entrata e
aveva guaito, per poi cominciare a raspare contro la porta.
In genere se faceva così era perché aveva bisogno di andare
a fare la pipì, Dominic si era alzato e aveva fatto per aprirle la porta per
permetterle di uscire in giardino.
Si era trovato invece davanti Irene ed Owen che erano
evidentemente appena rientrati. Lilly doveva averli sentiti. Mentre li salutava
entrambi e li faceva entrare, Dominic sorrise tra sé e sé, riflettendo su quanto
era cambiato il comportamento di Lilly da quando in casa non viveva più soltanto
lui.
Irene dopo essere entrata l’aveva osservato bene e gli
aveva sorriso.
- Che carino che sei stasera, esci?- gli aveva chiesto
mentre Owen invece stava accarezzando il cane.
- Dici?- aveva chiesto scettico Dominic abbassando
leggermente lo sguardo quasi come se volesse controllarsi. - Sì, esco a cena con
Shannyn, poi non lo so.- aveva aggiunto.
- Dico, sì, sei molto carino!- gli aveva risposto
prontamente Irene, indugiando ancora un po’ con lo sguardo su di lui, quindi
aveva ricominciato a parlare: - Bene, allora buona serata, divertiti! Invece io
e Owen oggi siamo stati all’asilo.-
Dominic aveva sgranato gli occhi sorpreso, sebbene Irene
gli avesse parlato di quel delicato compito che le si prospettava davanti quel
giorno, lui l’aveva completamente dimenticato.
- Già, è vero!- le aveva risposto, poi aveva continuato
diretto al bambino:- E ti è piaciuto Owen?-
Il piccolo aveva alzato la testa da Lilly e l’aveva
guardato, con aria un po’ scettica.
- Un po’.- aveva risposto semplicemente, per poi tornare ad
occuparsi del cane.
Irene aveva sorriso, quindi aveva guardato Dominic alzando
le sopracciglia, come a voler tacitamente commentare con uno speriamo bene,
che l’altro aveva perfettamente intuito.
Si era fatta l’ora di uscire di casa per lui, aveva
salutato Owen e Irene e si era diretto al viale dove parcheggiava sempre l’auto.
Era arrivato ugualmente in anticipo all’appuntamento, si
era messo ad aspettare Shannyn sotto casa sua, attendendo che uscisse si era
sentito preoccupato, come ogni singola volta da quando si era reso conto che
forse per lei provava qualcosa di più che una semplice attrazione fisica.
Si erano conosciuti in modo molto normale, una sera in un
locale: amica di amici, non stava a Los Angeles che da un anno e faceva la
modella. Inizialmente Dominic aveva pensato che fosse una delle tante donne che
popolavano il suo ambiente, certamente belle ma decisamente poco interessanti,
almeno fino a che non l’aveva conosciuta un po’ meglio. Era diplomata al
conservatorio come violoncellista, ma aveva deciso presto che la vita della
musicista le piaceva così così, mentre invece quella dell’indossatrice, almeno
finché avrebbe avuto voglia di farla, era sicuramente più semplice e lucrosa.
La musica era rimasta sicuramente la sua grande passione e non l’aveva certo
mollata: impartiva lezioni private in una prestigiosa scuola di musica della
città, ogni tanto le capitava anche di suonare a dei concerti organizzati sempre
da quella scuola e dedicava molte ore della giornata a studiare, come del resto
fa qualsiasi musicista. Il lavoro dell’indossatrice del resto, non avendo orari
fissi e vincolanti, le lasciava abbastanza tempo libero per farlo.
Dominic si era ritrovato a pensare che probabilmente di
Shannyn era proprio quell’aspetto che l’aveva colpito: era sicuramente bella, ma
in pratica riuscire a parlare con una persona, farci un discorso interessante e
che svegliasse l’attenzione dell’interlocutore, non era così facile come
sembrava. Aveva trovato subito degno di attenzione quel particolare aspetto che
caratterizzava Shannyn: lei gli aveva raccontato di alcuni concerti che aveva
fatto fino a due anni prima, quando ancora suonava in una delle orchestre di
Bridgeport, città affacciata sulla costa atlantica degli Stati Uniti non molto
più a nord di New York, dove era nata e cresciuta prima di stabilirsi sulla
costa pacifica e cambiare vita.
Aveva cominciato a pensare a Shannyn come ad una possibile
storia importante proprio quando, un giorno, dopo circa un paio di mesi che la
loro relazione andava avanti, le aveva chiesto di suonare per lui.
Definire quello che aveva provato quella volta era stato
difficile, si era emozionato molto. Tutte le discipline artistiche, di qualsiasi
natura fossero, riuscivano sempre a colpirlo, ma quella volta era stato diverso.
Era stato come se il suono grave di quello strumento a corde, con il quale
Shannyn sembrava essere un tutt’uno, gli fosse entrato dentro prepotentemente e
ci fosse rimasto.
Dopo quell’episodio che ormai risaliva a circa sei
settimane prima, Dominic aveva cominciato a porsi delle domande, a fare bilanci
e a sperare in bene. Le domande riguardavano soprattutto l’interesse che Shannyn
provava per lui: non era difficile per Dominic trovare donne interessate, il
problema era che spesso non era un vero e proprio interesse per la sua persona,
piuttosto lo era per quello che lui rappresentava. Shannyn non gli era mai parsa
così, soprattutto per il fatto che non sembrava minimamente importarle chi lui
fosse, almeno di facciata. Sicuramente non era nemmeno interessata alla sua
posizione sociale o, ancor meno, ai suoi soldi: era di famiglia più che
benestante e aveva un tenore di vita piuttosto alto grazie ai lavori che
svolgeva e che aveva svolto. Oltre a questo gli era sempre sembrata incline ad
ascoltarlo e a condividere i suoi pensieri con lui, per la verità più a sentirlo
mentre lui condivideva i suoi con lei, ma questo non era certo qualcosa di cui
Dominic si preoccupava.
I bilanci fatti dopo essersi risposto a certe domande poi
erano stati semplici. Con Shannyn si sarebbe trovato bene? La risposta era
sicuramente affermativa, Shannyn era davvero una donna interessante, divertente,
intelligente, bella; una di cui avrebbe potuto innamorarsi con il tempo.
Quindi non era rimasto che sperare, e questo si era
rivelato più difficile: di fatto durante quelle sei settimane Dominic aveva
cambiato notevolmente atteggiamento con lei, cercando di farle capire che teneva
molto a quel legame, Shannyn per tutta risposta sembrava non si fosse
minimamente accorta della cosa e si era comportata come aveva sempre fatto, a
volte fingendo palesemente di non rendersi conto del suo cambiamento.
Ovviamente Dominic non aveva potuto esserne granché
contento, del resto non era certo la prima volta che gli capitava una situazione
simile, ma si era impedito di pensare il peggio, ovvero che a Shannyn non
importasse assolutamente approfondire il loro rapporto. Aveva immaginato che lei
avesse semplicemente bisogno di un po’ più di tempo per esserne sicura, e aveva
tutta l’intenzione di non metterle alcuna fretta, anche se per dire la verità
gli sarebbe piaciuto avere qualche conferma da parte sua.
Quando era arrivata e aveva interrotto il filo dei suoi
pensieri, Dominic non aveva potuto che pensare che era veramente molto bella:
portava un vestito rosso che le stava d’incanto, i capelli neri che le
ricadevano sulle spalle le incorniciavano il viso regolare e mentre gli
sorrideva i suoi occhi scuri avevano una luce particolare, che forse, doveva
ammetterlo, era solo lui a scorgere nello stato in cui era.
La loro serata era stata tranquilla, avevano cenato e
avevano passato la serata in un locale, terminandola poi a casa di lei.
Erano rimasti per un momento allacciati, Shannyn quindi si
era sciolta da quell’abbraccio e aveva dato le spalle a Dominic, appoggiandosi
contro il suo petto e lasciando che lui la circondasse in un abbraccio. Erano
rimasti fermi così, in genere si addormentavano, quella volta però Dominic aveva
sentito Shannyn tesa sotto il braccio che le teneva intorno alla vita.
- Non dormi?- le aveva chiesto dopo un po’, sentendola
muoversi.
- Ancora no.- aveva risposto lei. Si era girata e gli aveva
sorriso in un modo che credeva sarebbe stato rassicurante per lui. Era
leggermente agitata anche se non aveva nessun motivo plausibile per esserlo,
doveva averlo intuito anche lui e la cosa la infastidiva.
- Ma va tutto bene?- le aveva chiesto Dominic non appena
Shannyn si era girata completamente verso di lui.
- Sì, perché non dovrebbe?- gli aveva risposto quasi
volesse stare sulla difensiva.
- Così, niente di che.- le aveva risposto mentre le passava
il braccio destro sotto il collo. Aveva stretto con gentilezza la presa
avvicinandola contro di lui, Shannyn gli aveva passato un braccio attorno alle
spalle e aveva appoggiato la testa contro il suo petto.
Che ci fosse qualcosa che non le tornava a Dominic sembrava
palese, l’aveva sentita distante per tutta la sera, sperava solo che non fosse
qualcosa di irreparabile o che, ancora peggio, il disagio dipendesse da lui.
Avrebbe preferito che gliene parlasse, ma Shannyn non aveva accennato
minimamente a volerlo fare. Dominic non avrebbe preteso certamente che lo
facesse in modo spontaneo, ma insomma, dato che le aveva chiesto, sperava che le
rispondesse, c’era rimasto male. Quasi come se avesse intuito la sua delusione,
Shannyn fece in modo di far parlare lui, come se volesse distrarlo.
- E tu invece, che mi dici di questa convivenza forzata?-
gli aveva chiesto Shannyn alzando appena la testa per incontrare il suo sguardo.
Dominic rimase un secondo in silenzio, quasi che stesse
raccogliendo i suoi pensieri, con un’espressione concentrata sul viso che fece
sorridere Shannyn.
- Per ora bene, Irene comunque sta a casa mia con il
bambino da solo tre giorni, è un po’ poco per dirti se è o non è una buona
situazione. Lei in questi giorni non ha lavorato, incomincia la settimana
prossima, ma in pratica a casa non c’è quasi mai. Ha avuto una serie d’impegni
di cui non è che mi abbia detto molto e comunque sono affari suoi, io non
m’intrometto.- aveva tagliato corto.
Shannyn gli aveva sorriso. - Certo dev’essere di una noia
trovarsi la casa invasa in questo modo… non t’invidio per niente! Poi con un
bambino di quattro anni in giro, mica semplice.-
- Veramente quest’aspetto non mi da nessun fastidio.- aveva
cominciato a spiegarle Dominic. - Sono abituato a stare da solo, però ogni tanto
ti confesso che sento un po’ la solitudine. Non che loro mi facciano molta
compagnia veramente. Owen per esempio passa tutto il tempo a giocare con Lilly,
così finisce che non mi caga il ragazzino e nemmeno il mio cane, pensa che
affare!-
Avevano riso insieme, Shannyn scherzosamente gli aveva
detto povero piccolo Dominic passandogli affettuosamente una mano sulla
testa facendogli una carezza, lui era stato al gioco.
- E’ stato amore a prima vista, non ho potuto impedirlo.
Appena si sono visti è scoccato il classico colpo di fulmine, e chi sono io per
distruggere una cosa simile? Me ne farò una ragione, ma per adesso sono triste
per il fatto che la mia cagnetta non mi considera più il bimbo di casa e non
gioca più con me!- aveva detto in tono enfatico, come se veramente stesse male
per una cosa del genere, Shannyn aveva continuato a ridere divertita.
- Strano, è facile considerarti un bambinone…- aveva
asserito scherzosamente lei.
- Però un bambino di nemmeno quattro anni mi batte, dai!
Sua mamma mi ha detto che li compie fra un po’, ma non so quando di preciso.-
- Oh mamma, quant’è piccolo!- aveva commentato Shannyn come
se fosse spaventata dalla cosa.
Avevano parlato ancora un po’ di quella faccenda, poi
Dominic aveva sentito finalmente Shannyn addormentarsi. Per lui c’era voluto
ancora un po’, si era messo a pensare a quanto erano stati diversi quei giorni:
erano stati belli per Dominic, anche se quella convivenza sulle prime era
sembrata un po’ strana.
In quel periodo non stava lavorando, era in trattative per
accettare un lavoro che non era sicuro di voler fare e nel frattempo si stava
preparando per quando avrebbe cominciato a girare, tra un paio di mesi circa,
ancora non erano decise esattamente le date. Stava studiando il copione, aveva
degli impegni saltuari tipo partecipare a degli show televisivi, qualche
premiere e qualche festa a cui si andava più che altro perché si doveva in
quell’ambiente. Era molto libero insomma, a parte quelle due, al massimo tre ore
al giorno in cui si metteva a ripassare il copione, per il resto disponeva della
sua giornata come meglio credeva. Per l’appunto era rimasto molto a casa e
sebbene Irene e Owen non ci fossero stati per molto la differenza si sentiva.
Diversi erano stati gli impegni che li avevano
intrattenuti: non che Irene avesse molto dettagliatamente detto a Dominic cosa
avrebbe fatto, lui sapeva solo che doveva andare a vedere a che punto fossero i
lavori della casa che avrebbe dovuto abitare, doveva passare dal suo nuovo
ufficio, ma soprattutto doveva passare all’agenzia che le avrebbe procurato una
baby sitter e doveva portare Owen a vedere l’asilo dove aveva intenzione di
iscriverlo.
Già semplicemente il fatto
stesso di non mettersi sempre a tavola da solo a mangiare, di avere modo di
sentire Lilly iniziare a guaire e a raspare contro la porta come se volesse
uscire per i suoi bisogni per andare ad accogliere chi stava arrivando, il fatto
di sentire rumore di voci di altre persone rendeva la sua vita molto diversa:
avvertire quella presenza rendeva la sua casa meno vuota e più umana.
Nonostante la bella sensazione che aveva provato in quei
giorni, quando si trovava faccia a faccia con Irene sopraggiungeva una specie di
imbarazzo che lo bloccava, con annesso il presentimento non molto incoraggiante
che per lei fosse esattamente lo stesso. Erano effettivamente diventati due
estranei in quei lunghi anni in cui non si erano mai sentiti e pensati
pochissimo, sempre che anche prima si fossero mai conosciuti veramente. Non che
volesse essere frainteso, il ricordo affettuoso che Dominic aveva di Irene non
si era affievolito così facilmente, era proprio facendo appello a quello che
aveva accettato di fare quel favore a sua madre, ma solo questo non era
abbastanza per farlo sentire a suo agio con lei.
Irene in effetti aveva proprio gli stessi problemi. Anche
per lei era stato fondamentale il ricordo affettuoso che aveva di lui, del
ragazzino un po’ pestifero ma carino che era fino a dieci anni prima. Ritrovarsi
davanti a quell’uomo era stato una specie di piccolo shock. Tornava spesso a
darsi della cretina, come aveva fatto la prima volta che gli aveva messo gli
occhi addosso quando era arrivata a casa sua, ma che pretendeva che fosse
rimasto uguale?
In un certo senso sì, era quasi come se se l’aspettasse.
Era decisamente stupido anche questo particolare, insomma,
cosa avrebbe dovuto importargliene di come l’aveva vista Dominic? Teoricamente
non avrebbe dovuto interessarla, ma si era messa ugualmente a pensare che se lei
si era ritrovata davanti un uomo, lui invece si era trovato davanti una donna
che aveva quasi quarant’anni, qualche rughetta in più in faccia e una silouette
non più perfetta come l’aveva a vent’anni. Era stupido sì, però anche molto
femminile pensare queste sciocchezze. Lo pensò mentre si guardava nello specchio
dell’armadio che stava in camera sua, con una camicia da notte leggera addosso
che metteva impietosamente in risalto quei particolari. Irene in verità
ingigantiva la cosa per una sua insicurezza personale, vedendo sulla sua figura
dei difetti che in verità solo lei sarebbe riuscita a vedere. In verità era
sempre stata carina da ragazza e lo era molto anche adesso.
Per quanto Dominic fosse gentile e assolutamente
disponibile, per Irene era come se si sentisse un’estranea in quella grande
casa. Sperava le sarebbe passata in fretta, se così non fosse stato si consolava
pensando che era stata a visitare l’appartamento e non le sembrava che ci
sarebbe voluto ancora molto tempo perché i lavori terminassero. Per farla breve
sperava in tre settimane al massimo di poter togliere il disturbo.
Dall’altra parte Irene doveva
affrontare problemi più grandi di quella sua specie di disagio. Ne aveva parlato
la sera precedente con Dominic del fatto che il piccolo sembrava avere qualche
riserva sull’asilo, una di quelle piccole ripicche che i bambini hanno spesso.
Owen si era ambientato abbastanza bene, per di più quella sorpresa del cane gli
era stata particolarmente gradita, ma ancora non sembrava molto incline all’idea
di andare all’asilo. La mattina dopo Irene sarebbe andata a vederlo, da
Birmingham aveva già visitato il sito internet di quella scuola materna e visto
l’ambiente dalle foto, aveva chiamato e parlato con il direttore, le piaceva di
già, ma ovviamente voleva visionare l’ambiente dal vivo e parlare nuovamente con
le insegnanti. Avrebbe portato Owen con se e sperava ardentemente che anche a
lui sarebbe piaciuto, o sarebbe stato un bel problema. Da parte sua Dominic
aveva cercato di rassicurarla, anche se gli sembrava di aver detto un sacco di
banalità.
- Vedrai che appena arriverà
lì gli passerà tutto. Starà con gli altri bambini, farà amicizia… forse è
perplesso solo perché ha cambiato città improvvisamente, deve soltanto abituarsi
al cambiamento, sicuramente stare con altri bambini della sua età gli farà
bene.-
- Speriamo sia così semplice.-
aveva ribattuto Irene, che sembrava scettica comunque.
Con lui Owen non era stato espansivo, Dominic aveva
immaginato che fosse perché era un estraneo per il piccolo e ancora non aveva
avuto il tempo di abituarsi alla sua presenza. Anche se un po’ ci era rimasto
male, dato che in genere lui risultava essere sempre simpatico ai bambini
piccoli proprio perché era a lui per primo che piacevano. Aveva capito che Owen
doveva essere uno di quei bambini la cui fiducia andava conquistata senza
fretta.
L’aveva osservato un po’ quando aveva potuto farlo: era un
bambino taciturno, se non giocava in giardino con Lilly, per la quale aveva una
vera e propria predilezione, cosa abbondantemente ricambiata dal lei che lo
seguiva come se fosse la sua ombra, Dominic in quei giorni l’aveva visto passare
parecchio tempo seduto al tavolo della cucina a disegnare, oppure si metteva in
salotto a guardare i cartoni animati. Non che non fosse vivace a momenti, era un
bambino normale e gli piaceva ogni tanto piantare qualche capriccio o fare un
po’ il noioso, ma Dominic davvero non avrebbe mai potuto immaginare che un
bambino di quell’età fosse tanto silenzioso. Aveva avuto come l’impressione che
forse si potesse sentire un po’ solo in quella casa, a meno che non ci fosse
Lilly in giro, ma probabilmente erano tutte sue supposizioni.
Vedere insieme il suo cane e quel bambino era una cosa
divertente e che trasmetteva tenerezza. Owen sembrava ancora più piccolo di
quanto non fosse al cospetto di Lilly, che era una Golden Retriver e quindi uno
di quei cani considerati di taglia grande. Owen avrebbe potuto sedercisi su di
lei e farsi portare a spasso. Lilly anche sembrava piuttosto soddisfatta di
avere un compagno di giochi: nonostante fosse già piuttosto grande come taglia,
era poco più che un cucciolo, aveva otto mesi soltanto. Fortunatamente Owen non
era uno di quei bambini che infastidiscono pesantemente gli animali di casa pur
non facendolo di proposito, quindi era sicuramente una convivenza felice la
loro, esattamente come pochi minuti prima aveva raccontato a Shannyn.
In tutta quella situazione c’era un’unica cosa che lo
rendeva perplesso, si era ritrovato a pensarci in coda a tutti quei pensieri che
gli erano passati per la testa prima di addormentarsi da Shannyn.
Non si era interrogato su quest’aspetto almeno fino a quel
momento, riteneva che non fossero affari di Irene, di fatto improvvisamente si
era chiesto com’è che una donna, sola, con un bambino di nemmeno quattro anni
decide di punto in bianco, per un semplice salto di carriera, di lasciare la sua
città e trasferirsi dall’altra parte del mondo con il figlio. Il marito di
Irene, di tutto questo, cosa pensava? E che posto aveva? Si era stupito di non
aver mai pensato prima di quel momento a quell’aspetto, ovviamente le cose che
gli erano venute in mente non erano state del tutto positive. Aveva aperto gli
occhi nel buio mentre prendeva sempre più spazio nella sua testa la
consapevolezza che molto probabilmente c’era qualcosa che non andava in quella
situazione, e non aveva potuto fare a meno di dispiacersene.
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Capitolo 4 *** Strani presagi ***
Nuova pagina 1
v
Capitolo Terzo - Strani presagi
Nel fine settimana Dominic non
aveva molto avvertito la presenza di Irene e Owen. Era stato anche per i suoi
diversi impegni che l’avevano tenuto lontano da casa, ma anche perché Irene
aveva approfittato di quegli ultimi giorni di vacanza che aveva prima di
cominciare a lavorare per andarsene un po’ a spasso con il piccolo e per fare un
giro nel centro di quella città, per lei nuova.
Non aveva idea di come i due
avevano passato il sabato, probabilmente in giro per il centro, per la domenica
era stato invitato a passare con loro una giornata al mare. Dominic aveva
pensato che sarebbe stato anche divertente, se poi al quadretto si fosse
aggiunta anche Shannyn sarebbe stato perfetto, ma per prima cosa aveva già degli
impegni, inoltre lui non era certo il tipo che poteva andarsene liberamente a
passare una giornata al mare come se niente fosse. Già sapeva che se per uno
sfortunato caso l’avesse beccato qualche paparazzo sarebbe stato un bello scoop,
già immaginava i titoloni sulle pagine di quegli odiosi giornaletti
scandalistici.
Dopo essere stato per quasi tutto
il giorno in giro, Dominic era tornato a casa di fretta in serata, giusto in
tempo per farsi una doccia e aspettare Shannyn, dato che sarebbe passata lei
quella sera a casa sua prima di uscire. Con altri suoi due colleghi musicisti
stava preparando un concerto organizzato proprio dalla prestigiosa scuola per
cui lei e gli altri lavoravano: si trattava di un concerto di musica da camera,
prevalentemente su musiche di Schubert, Shannyn era molto entusiasta che
avessero chiesto a lei di suonare proprio a quel concerto che sanciva la fine
dell’anno accademico. Era una questione di prestigio e lei era molto orgogliosa
che l’avessero ritenuta tra le migliori dell’anno, Dominic ovviamente era più
che felice per lei.
Quel giorno, proprio per il
repentino avvicinarsi dell’evento, Shannyn aveva avuto delle prove speciali;
quando Dominic le aveva chiesto di uscire quella sera non gli aveva detto di no,
ma non gli aveva dato il sicuro sull’ora in cui sarebbe riuscita a liberarsi.
- Passo da te appena abbiamo
finito, va bene?- gli aveva detto il sabato mattina, prima che Dominic tornasse
a casa sua. Ovviamente lui non aveva avuto niente in contrario.
La stava già aspettando da un
mezz’ora quando aveva visto Lilly andare verso la porta di casa e cominciare a
guaire debolmente, segno che qualcuno stava rientrando. Il sole era tramontato
da poco sancendo la fine di una tipica calda giornata californiana di fine
maggio, Irene ed Owen erano rientrati ridendo, accolti da Lilly che stava
facendo loro le feste. Dominic, seduto sul divano mentre stava distrattamente
leggendo il giornale del giorno prima, si era girato verso di loro e aveva
sorriso ad Irene, il bambino come al solito non l’aveva considerato molto.
- Ciao, non credevo che ti avrei
ancora trovato a casa!- gli aveva detto la donna. - Com’è andata la giornata?-
gli aveva chiesto poi.
- Non c’è male, piuttosto la
vostra? Si stava bene in spiaggia?-
- C’era vento, ma ci siamo
divertiti molto. Ci siamo fermati anche a guardare il tramonto, vero Owen?-
aveva detto rivolgendosi al bambino, che però non stava minimamente ascoltando i
discorsi dei due adulti, preso com’era ad carezzare la pancia a Lilly, che si
era sdraiata sulla schiena aspettandosi di ricevere più attenzioni possibili
dato che il suo nuovo compagno di giochi era stato via tutto il giorno.
- Owen?- aveva richiamato la
donna. I due adulti quindi si erano girati entrambi verso il bambino e il cane,
avevano sorriso nel vedere la scena.
- Credo proprio che adesso non ti
racconterà niente!- aveva detto leggermente imbarazzata Irene. - Lo farà in un
altro momento, di solito è un chiacchierone!-
Dominic le sorrise soltanto,
sapeva che Owen non gli avrebbe detto proprio niente dato che con lui non aveva
mai dato l’idea di voler parlare. Sorrise nuovamente ad Irene, poi, mentre la
donna e il bambino erano andati al piano di sopra, aveva guardato l’orologio
impaziente che Shannyn arrivasse.
Gli aveva detto di non essere
sicura di che ore avrebbe fatto, però Dominic aveva immaginato che probabilmente
non avrebbe tardato molto ancora, del resto erano quasi le nove di sera ed era
domenica, quanto ancora aveva intenzione di stare a lavorare?
Quando Irene ed Owen erano scesi
per mettersi a cena, dopo più di mezz’ora, Dominic era sempre lì ad aspettare
che Shannyn arrivasse, o che almeno gli facesse sapere quanto ancora ne avrebbe
avuto. Irene si meravigliò nuovamente di trovarlo sempre ad aspettare, stava per
chiedergli qualcosa, ma prima di farlo aveva notato l’espressione piuttosto
scocciata di lui, così non fece nulla.
Decise di chiamarla, Dominic non
ne poteva più di aspettare, per altro si sentiva un po’ idiota. Si era
allontanato dal soggiorno salendo per un attimo al piano superiore e
raggiungendo la sua stanza. Il cellulare di Shannyn aveva suonato per un po’,
poi finalmente lei aveva risposto, sembrava leggermente agitata, Dominic le
chiese se andava tutto bene.
- Sì, ma certo che va tutto bene,
perché, qualcosa dovrebbe andare storto?- gli aveva risposto tutto d’un fiato.
- Non lo so, hai un tono strano…
allora, quando vieni?-
- Ehm… senti…- aveva cominciato a
dire lei, sembrava indecisa su cosa avrebbe dovuto dire.- Ne ho ancora per un
po’, poi ho avuto un problema con la macchina, forse stasera faccio tardi. Se ci
vedessimo direttamente domani sera?-
- Non sarebbe la stessa cosa, lo
sai. – aveva detto deluso Dominic.
Cercando di farle capire a chiare
lettere che voleva davvero tanto passare del tempo con lei azzardò un commento:-
E poi mi sei mancata oggi, non ho aspettato altro che di vederti stasera.-
Shannyn aveva riso leggermente. -
Dai, ora non esagerare! E poi proprio non puoi aspettare domani? Sembri davvero
un bambino quando fai così.-
Dominic era rimasto qualche
secondo in silenzio, c’era rimasto piuttosto male nel sentire quella reazione al
concetto che lui aveva espresso. Non si aspettava niente di particolare, ma non
certo che lei ridesse e gli dicesse che era un testone, ecco.
- Va bene, fai come se non ti
avessi detto niente, - le aveva detto cambiando leggermente ma sensibilmente
tono, - passa una buona serata.- aveva concluso.
Come se avesse capito di aver
fatto un errore, Shannyn era corsa immediatamente ai ripari.
- Dai, ora non fare l’offeso, tra
mezz’ora sono da te. Devo prendere un taxi, mi ci vorrà un po’.-
Confortato dal fatto che Shannyn
avesse cambiato idea, Dominic aveva soprasseduto a quell’osservazione senza
nemmeno soffermarcisi un solo secondo in più, quindi le aveva fatto quella
proposta con un tono entusiastico:- Perché devi prendere un taxi, passo a
prenderti io. Che differenza fa? Il teatro è quello della scuola di musica no?-
- No, no, non venire qui…- aveva
detto lei in fretta, senza quasi farlo finire di parlare, - non voglio darti
fastidio, non preoccuparti per me. Ti raggiungo io. A fra poco.-
Aveva abbassato il telefono senza
nemmeno dare il tempo a Dominic né di dire che non era affatto un problema, né
di salutarla almeno. Lui aveva fatto spallucce, immaginò che Shannyn avesse i
minuti contati e che non potesse trattenersi un secondo di più al telefono.
Era sceso nuovamente al piano
inferiore, aveva trovato Irene e Owen in cucina che erano intenti a decidere
cosa prepararsi per cena, il bambino sembrava decisamente più propenso a giocare
con il cane che a pensare al cibo però.
- Fra una mezz’ora arriva Shannyn,
- aveva detto ad Irene, - che programmi avete per stasera voi invece?-
Aveva cominciato a chiacchierare
con Irene del più e del meno, dopo che la donna gli aveva detto che i suoi
programmi erano quelli di mangiare, mettere a letto Owen e forse di guardarsi un
film, avevano cominciato a discutere su quanto fosse caotico il traffico a Los
Angeles, di come fosse strana quella città agli occhi di Irene, talmente diversa
da Birmingham che stentava a credere potessero esistere realtà simili.
- Ci metterò un po’ ad
ambientarmi, ma cercherò di fare il possibile per metterci il minor…-
Mentre erano persi nel discorso,
Irene era stata interrotta dal campanello. Dominic si era girato in direzione
della porta, quindi si era scusato per averla interrotta ed era andato verso
l’entrata. Non avrebbe potuto essere che Shannyn, però era passato davvero poco
tempo da quando lei gli aveva staccato il telefono quasi in faccia, da casa sua
al teatro dove supponeva lei avesse le prove c’era almeno mezz’ora di auto con
un traffico medio, ma a quell’ora e di domenica c’era sempre caos per le strade.
Dominic però non aveva prestato molta attenzione a quel particolare, era
contento che finalmente fosse lì, era andato verso il citofono e le aveva aperto
il cancello, quindi si era messo ad aspettarla fuori dalla porta. Avrebbe colto
l’occasione per presentarla ad Irene, dato che ad entrambe aveva parlato all’una
dell’altra, anche se non molto approfonditamente.
Quando Shannyn era arrivata alla
porta, a Dominic era sembrata subito stanca. Portava un paio di jeans, era
vestita piuttosto semplicemente rispetto all’abbigliamento che teneva
solitamente, il trucco era leggerissimo e appena un po’ sbaffato e aveva i
capelli legati in una coda di cavallo alta sulla nuca.
- Certo almeno di domenica
potresti riposarti un po’, - le aveva detto Dominic leggermente preoccupato per
lei, - mi sembra che ultimamente tu stia dietro a troppe cose.-
- Fra due settimane ci sarà il
concerto e sarò meno occupata, comunque te l’avevo detto che ero stanca.- aveva
detto lei, facendogli un sorrisino tirato, come per dirgli che era stato lui a
pretendere che quella sera si vedessero a tutti i costi. Dominic c’era rimasto
un po’ male.
Le aveva detto di entrare, in modo
da poterle presentare Irene e Owen, che era stato il primo che aveva visto la
donna entrando, dato che il piccolo stava giocando con una macchinina sul
pavimento tra la sala e l’ingresso, sotto lo sguardo vigile di Lilly che non lo
perdeva mai di vista.
Shannyn, quando si era sentita lo
sguardo incuriosito del bambino addosso, lo aveva ricambiato sorridendogli.
Certo, avere figli suoi per il momento era un concetto che l’atterriva, ma
quegli degli altri le piacevano. Si era avvicinata al bambino e lo aveva
salutato, Owen, con somma sorpresa di Dominic, non si era dimostrato schivo come
lo era stato all’inizio con lui, e come aveva continuato anche ad essere. Aveva
risposto al saluto di Shannyn agitando una delle manine, la sinistra,
continuando a tenere nella destra la sua macchinina.
- Tu devi essere Owen. Io invece
mi chiamo Shannyn, e sono un’amica di Dominic.-
Owen l’aveva guardata per un
momento incuriosito. - Non sei la sua fidanzata? Perché la mia mamma mi ha detto
che lui ha la fidanzata.- aveva detto indicando Dominic con una manina.
Dominic aveva trattenuto a stento
una risata, Shannyn invece aveva cominciato a sentire che quel bambino non era
così simpatico come sembrava a prima vista.
- Se preferisci…- gli aveva
risposto, sorridendogli leggermente in modo forzato.
Dominic quindi, togliendola da
quella situazione che forse per lei era un po’ imbarazzante, era passato a
presentarle Irene, le due donne si erano strette la mano sorridendosi
vicendevolmente, Dominic aveva avuto come l’impressione che si stessero
studiando.
La proposta di Irene che si
fermassero a mangiare tutti insieme era venuta piuttosto spontanea. Alla donna
sembrò una buona idea farsi amica Shannyn, pensò che doveva instaurare un buon
rapporto con lei dato immaginava l’avrebbe vista spesso lì in casa. In verità
sperava anche di farsi qualche amicizia che andasse al di là delle
frequentazioni di lavoro in quella città, almeno avrebbe evitato di stare a
parlare di lavoro anche nel tempo libero.
- Non che potrò mettere su un
lauto banchetto stasera, ma potreste rimanere qui a cena, del resto è già
piuttosto tardi. Che ne dite?-
Dominic si era dimostrato subito
entusiasta della proposta, Shannyn aveva accettato, in fondo le sembrava una
buona idea, quell’Irene le sembrava simpatica e soprattutto non le sembrava una
minaccia, o una donna che avrebbe potuto metterla in secondo piano.
Durante la cena avevano parlato un
po’ di tutto, soprattutto avevano conversato le due donne tra loro, cercando di
conoscersi. Dominic le stava ad ascoltare ed era piuttosto felice che ci fosse
una buona intesa almeno apparentemente. Tuttavia si distraeva spesso, ogni tanto
posava lo sguardo su Owen osservando ciò che faceva. Come al solito il bambino
era abbastanza silenzioso, ogni tanto chiedeva qualcosa alla mamma, ma per il
resto si limitava a mangiucchiare quello che gli veniva messo nel piatto.
Chiedeva aiuto solo quando aveva bisogno di scendere dalla sedia su cui era
seduto, dato che era piccolo e non sarebbe arrivato al tavolo mangiava sempre
seduto su almeno tre cuscini che lo alzavano e gli permettevano di stare comodo,
ma dai quali non riusciva a scendere da solo. Ovviamente non era assolutamente
interessato a quello che succedeva a tavola o alla conversazione, anzi, il suo
unico interesse sembrava essere Lilly accoccolata sotto la sua sedia, alla quale
di tanto in tanto dava qualche bocconcino direttamente dal suo piatto. La
cagnolina, quando lo vedeva propenso a darle un contentino, si alzava e
cominciava allegra a sbattere la coda, aspettando che il bambino allungasse la
mano per darle qualcosa. Dominic aveva pensato che forse non avrebbe dovuto
farlo, ma quell’aspetto lo divertiva.
Un paio di volte era capitato che
Owen l’avesse sorpreso mentre lo guardava, Dominic allora gli sorrideva, ma il
piccolo non gli rispondeva in nessun modo, era sempre quasi completamente
disinteressato alla sua attenzione. Continuava a dispiacergli, ma non è che
potesse farci molto.
Quando Irene l’aveva portato a
letto dopo cena, Dominic era uscito con Shannyn per riportarla a casa sua, Irene
le aveva chiesto di rimanere, assicurandole che non ci avrebbe messo molto a far
addormentare il figlio, ma Shannyn si era congedata dicendo che era stanca.
Nemmeno il fatto che Irene le avesse chiesto di parlarle del concerto che stava
preparando l’aveva convinta a prolungare la sua permanenza, quando incominciava
a parlare di quella cosa in genere si sentiva lusingata e non avrebbe più
smesso, del resto a Shannyn piaceva molto essere al centro dell’attenzione, ma
quella sera era evidentemente davvero stanca.
Nel tragitto in macchina non
avevano parlato molto, Dominic si sentiva come se stesse sul filo di un rasoio:
era una sensazione strana, come se avesse paura di dire qualcosa di sbagliato;
dall’altra parte anche quel silenzio completo gli pesava un po’, tutto quello
che gli veniva in mente del resto gli sembrava stupido. Tra le tante cose aveva
pensato di chiederle c’era come stesse andando la preparazione di quel concerto,
a tavola lei ne aveva parlato a lungo, ma solo per caratteri generali. Lui non
era un gran conoscitore di musica classica, più di sapere il nome del
compositore di cui avrebbero svolto i componimenti non sapeva nulla, in ogni
loro conversazione cercava sempre di carpirle qualche notizia in più, pensando
che interessandosi sarebbe entrato nel suo mondo più facilmente, ma non otteneva
mai molti risultati.
- Sta andando tutto bene, intendo
con July e Malcolm?- le aveva chiesto, riferendosi ai due colleghi con cui
preparava il concerto, rispettivamente la violinista e il pianista.
- Sì, tutto apposto. Lavoriamo
sodo, quindi siamo un po’ presi, ma tu non te la devi prendere, davvero. Non è
che ti voglio ignorare perché lo voglio, credimi.-
Dominic in verità non voleva che
lei gli dicesse niente in proposito, ma il fatto che Shannyn spontaneamente
avesse espresso quel concetto lo rassicurò e gli fece anche piacere.
- Lo so - le aveva risposto. -
Anzi, scusami se sono stato insistente stasera, solo che…-
- Sì, lo so - lo aveva interrotto
Shannyn, mentre Dominic accostava l’auto al marciapiede davanti a casa di lei, -
Ti andava semplicemente di vedermi. Sei molto carino, ma adesso ti prego
lasciami andare a dormire perché non ce la faccio più!- gli aveva detto
sorridendogli.
Si erano scambiati un bacio,
quindi Shannyn era uscita non voltandosi indietro, mentre Dominic non l’aveva
persa di vista fino a che era entrata e non l’aveva avuta più nel suo campo
visivo. In verità avrebbe tanto voluto sapere se gi era piaciuta quella serata,
come aveva trovato Irene, avrebbe voluto anche sapere se gli era piaciuto aver
fatto qualcosa di diverso con lui, se l’aveva trovato un particolare importante.
In verità, più di ogni altra cosa, avrebbe voluto sapere cosa provava lei, se
quella mancanza di certi atteggiamenti e gesti che nel suo immaginario e nel suo
modo di fare era normali in una coppia dipendeva dal carattere di Shannyn, che
forse era per sua natura meno affettuosa di lui.
Si era perso in mille congetture,
comunque quello che gli sembrava ovvio era che quel rapporto adesso gli stava
stretto e che non voleva più aspettare per molto ancora che Shannyn gli desse un
segno qualsiasi di essersi accorta di ciò che provava per lei. Immaginò che era
arrivato il momento di esporsi, di dirle quello che provava direttamente e senza
alcuna possibilità di essere frainteso, ma non era di certo un progetto molto
facile. Alla fine s’impose di darle ancora tempo, di non essere impaziente e di
stare tranquillo. Avrebbe fatto passare quell’impegno di lavoro, poi forse si
sarebbe concesso di pensare a come dire a Shannyn che a lei ci teneva davvero
molto.
Quando era rientrato aveva trovato
Irene in soggiorno davanti alla televisione. Lilly gli era andata incontro
scodinzolando, l’aveva seguito mentre appendeva la sua giacca all’appendi abiti
vicino alla porta e quando si era avviato verso Irene, sedendosi sul divano
accanto a lei. La cagnetta si era seduta appoggiando la testa sul suo ginocchio
destro, quindi aveva alzato lo sguardo e l’aveva guardato con occhio implorante,
quasi lacrimoso. Aveva fatto sorridere entrambi.
- Ah sì, eh? Sono quattro giorni
che mi snobbi a favore del tuo nuovo amichetto e adesso vieni qui a farmi gli
occhi dolci per farti coccolare?- le aveva detto facendo il serio, Lilly aveva
leggermente mugolato in risposta. Dominic aveva sorriso quindi, cambiando
atteggiamento, aveva assunto un tono affettuoso e le aveva preso il muso tra le
mani, grattandola dietro le orecchie.
- Bella la mia cagnolina! Bella
che sei! Ma come sarai bella!-
Lilly aveva cominciato a
scodinzolare copiosamente e si era goduta le carezze, ma dopo pochissimo era
subito passata alla fase successiva: si era appoggiata con le zampe anteriori
sulle ginocchia di Dominic e gli era salita letteralmente addosso, cercando di
dargli delle copiose leccate.
- Lilly! Stai ferma! - le aveva
intimato ridacchiando mentre cercava di sfuggire alle affettuosità del suo cane
che, comunque, non sembrava avere nessuna intenzione di desistere dall’intento
di voler baciare il suo padrone. Irene intanto guardava la scenetta e sorrideva
divertita.
Solo quando aveva visto che era
inutile usare le buone maniere, Dominic aveva dato con tono deciso alla sua
cagnetta un comando ben preciso e lei, senza alcun indugio, si era messa seduta
obbedendogli.
- Caspita, come ti obbedisce!-
aveva commentato Irene.
- E’ addestrata, abbiamo fatto un
corso insieme per quasi cinque mesi. E’ vispa, a volte anche dispettosa e
decisamente troppo incline alle affettuosità, ma è molto obbediente ed educata.-
- Ma da quant’è che ce l’hai?-
aveva chiesto Irene.
- Lei ha otto mesi, ed è con me da
sette… è una storia molto carina in verità. Un po’ di tempo fa mi è venuta
voglia di prendermi una cane, così ho chiesto in giro. A me bastava anche un
meticcio qualsiasi, ero anche tentato di sentire un canile o cose simili. Finché
un produttore che conosco, un tipo molto e dico molto inserito nello star sistem,
mi ha detto che aveva fatto accoppiare la sua golden retriver e aveva due
cuccioli che non aveva ancora venduto. Sai, ultimamente è il cane che tra le
star molto glamour va più di moda a quanto pare…- aveva detto l’ultima frase
facendo la r moscia e smanettando, cosa che aveva fatto ridere Irene e
scodinzolare Lilly, che si era messa buona buona con la testa sul ginocchio del
padrone godendosi le carezze. Quindi Dominic aveva ripreso il suo racconto.
- Il tipo voleva circa duemila
dollari a cane, ovviamente cani di razza purissima e con tanto di pedigree, però
io non volevo spendere quella cifra per un cane, anche perché detto fra noi del
cane di razza non m’importa nulla, i bastardini mi stanno anche più simpatici.
Più per fare un favore al tipo quindi un giorno vado a casa sua a vedere questa
cucciolata, così è finita che mi sono innamorato di questa disgraziata, che
allora era un angelico batuffolino di pelo color miele, che mi si è avvicinata
per annusarmi e mi ha fatto un guaitino perché la coccolassi un po’, per poi
fare pipì per l’emozione sulla mia scarpa. Non ho potuto fare altro che sborsare
i duemila dollari richiesti per portarmela a casa, non potevo nemmeno immaginare
che l’avrei lasciata lì!- aveva detto sorridendo e guardando con tenerezza il
suo cane, che anche Irene stava accarezzando. - In verità penso che certi cani
siano peggio dei bambini: un sorrisetto, una moina e ti entrano dritti nel
cuore, non puoi più farne a meno! E siccome lo sanno ci marciano, vero birbante
che non sei altro? - aveva concluso diretto alla cagnolina.
- Eh sì, i bambini fanno così!-
aveva detto sorridente Irene. - Sai, quando abbiamo qualche problema con Owen,
pochi per la verità, Christopher mi dice sempre accidenti a quando mi ha
sorriso per la prima volta!- si era interrotta per un attimo quindi,
sorridendo e a guardando fissa davanti a sé.
- Lo dice scherzosamente, ovvio,
mi fa ridere quando lo fa. Lo prendo sempre in giro chiedendogli cosa farà
quando diventerà un adolescente e potrebbe darci davvero dei seri problemi…-
aveva riso un po’ dopo, sempre accarezzando Lilly.
Dominic non aveva voluto indagare,
ma infondo a quello sguardo di Irene aveva letto una certa malinconia.
Ovviamente, anche se lui non sapeva di preciso a chi appartenesse quel nome,
aveva intuito chiaramente che Irene stava parlando del marito. Si ritrovò
imbarazzato per un momento, ma si era imposto di non farlo trasparire, del resto
non era proprio la cosa più giusta da farsi in un momento simile, anche se pensò
che forse i suoi sospetti, ovvero quelli per cui quella faccenda aveva qualcosa
che non andava, erano fondati.
Cambiò immediatamente discorso,
chiese ad Irene cosa gliene pareva di Shannyn. La donna disse che l’aveva
trovata simpatica, e piuttosto interessante.
- Ma soprattutto, la cosa che si
nota di più è che è bella da morire… e bravo Dominic!- gli aveva detto
prendendolo un po’ in giro.
- Beh, sì, sarei un bugiardo se
dicessi il contrario!- aveva ammesso lui. - Anche se non è solo questo, davvero.
Shannyn mi piace, veramente molto.- aveva aggiunto
Irene invece aveva subito
ripensato a quel proposito di farsi amica Shannyn che aveva avuto in precedenza.
Non aveva mentito a Dominic, l’aveva trovata interessante, e a tratti piacevole,
ma aveva subito intuito che i loro caratteri erano del tutto incompatibili, e in
verità si era chiesta cosa avessero in comune Dominic e una come lei, che le
sembrava fin troppo piena di sé.
Erano dieci anni che non aveva più
a che fare con Dominic, anche se inizialmente aveva pensato che non lo fosse,
immaginò che lui in quel lungo lasso di tempo doveva essere necessariamente
cambiato, e non poco.
La cosa in verità, se all’inizio
aveva fatto fatica a mandarla giù, adesso non la stupiva nemmeno troppo.
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Capitolo 5 *** Inizio di una nuova vita ***
Nuova pagina 1
Salve a tutti!
Non ti preoccupare Lili,
l’ultima cosa a cui potrei pensare è a liberarmi di te!
Anzi, a dirla tutta non ne ho
nessuna intenzione…
Buona lettura, Mandy
v
Capitolo Quarto – Inizio di una nuova
vita
Per i primi tempi in cui avrebbe
cominciato a lavorare nel nuovo studio, Irene non sarebbe stata troppo
impegnata: sarebbe andata in ufficio per ambientarsi al meglio e per occuparsi
di alcune piccole cause per cui dava solo una mano, in attesa che si avvicinasse
la data dell’esame che doveva sostenere per prendere l’abilitazione per
esercitare la professione di avvocato nello stato della California. Aveva degli
orari molto flessibili quindi per il momento, entrava abbastanza tardi la
mattina e poteva uscire presto nel pomeriggio, cosa che era risultata molto
utile se rapportata a Owen: avere del tempo libero in più a disposizione le
avrebbe permesso di seguirlo con più attenzione almeno in quel primo periodo in
cui il bambino si stava ancora adattando alla nuova situazione.
Anche se Owen non sembrava
particolarmente turbato o spaesato, Irene sapeva che per lui non era facile aver
lasciato tutte le certezze che l’ambiente in cui era vissuto fino a quel momento
gli aveva dato. Quella mattina in special modo ci sarebbe stato il suo primo
vero impatto con l’asilo, e Irene sperava davvero con tutta se stessa che
andasse bene.
Era già passata in un paio
di agenzie che si occupavano di tali faccende, doveva assolutamente trovare nel
più breve tempo possibile una baby sitter che si occupasse di lui quando avrebbe
cominciato a lavorare più intensamente, tutto questo mentre ovviamente studiava
per il suo esame d’abilitazione, che in ogni modo non le creava problemi di
alcun genere: di fatto aveva già studiato molto, era da tempo che si preparava,
sin da quando quel progetto di trasferirsi per due anni negli Stati Uniti aveva
cominciato a prendere dei connotati effettivi in pratica.
Per tanto tempo, dopo che
le era stato proposto, era rimasto solo nella sua testa, e per un lungo periodo
in verità Irene aveva anche riflettuto sul fatto che se per un semplice salto di
carriera il prezzo da pagare era doversi allontanare per un biennio
dall’Inghilterra, dai suoi affetti più cari, dalla sua casa e, ovviamente, da
suo marito che non avrebbe di certo potuto e voluto lasciare il suo lavoro per
seguirla, il gioco non valeva assolutamente la candela.
E poi, tutto ad un tratto,
le cose erano cambiate radicalmente, da un momento all’altro.
Era sempre stata brava nel
suo lavoro, molto brava, era per questo che nello studio legale dove lavorava a
Birmingham
aveva fatto carriera velocemente. Tuttavia, nella sua scala di valori, c’erano
molte cose che venivano decisamente prima del successo nel lavoro, dei soldi e
del potere: tutto quello che Irene aveva sempre voluto era una famiglia, amare
ed essere amata da qualcuno, una stabilità, affetti sinceri, avere quel tanto
che le bastava per vivere dignitosamente e potersi togliere qualche sfizio ogni
tanto. Tutte cose, insomma, che pensava di aver raggiunto. Quella era la sua
idea di ciò che per lei significava quel concetto astratto che tutti definiamo
con il nome di felicità.
Proprio in virtù di questa
natura che la contraddistingueva, quando aveva deciso di accettare quella
proposta di trasferirsi dall’altra parte del mondo per un semplice salto di
carriera, molte persone che la conoscevano bene erano rimaste del tutto sorprese
da questo cambiamento improvviso di rotta, tanto che stentavano a crederle
quando dava la notizia. Sicuramente la più sorpresa era stata sua madre Melanie,
con la quale Irene aveva sempre avuto un ottimo rapporto e che credeva di non
poter avere simili sorprese da lei. Quando le aveva chiesto spiegazioni
insinuando che quel cambiamento di vedute le sembrava davvero molto strano e che
secondo lei c’era qualcosa che non quadrava, Irene si era difesa dicendo che la
gente cambia, in continuazione, e non ci si può fare niente.
- Improvvisamente ho capito
che questa cosa può cambiarmi la vita in meglio, e non voglio privarmi di questa
esperienza.- aveva spiegato alla madre.
Ma quella scelta a Melanie
era risultata troppo strana, e aveva intuito benissimo che qualcosa non andava.
Si era chiesta cosa ne pensasse suo genero di poter vedere Owen una volta ogni
due mesi circa, come Irene le aveva raccontato che sarebbe stato: eccetto le
vacanze di Natale e le varie ferie infatti, che avrebbero passato come stabilito
tutti insieme in Inghilterra, aveva saputo che Christopher sarebbe andato
regolarmente a trovare la moglie e il figlio negli Stati Uniti per l’appunto con
quella cadenza. E poi, al di là di Owen, che comunque era la persona più debole
e che andava più tutelata in quel frangente, loro due non si sarebbero mancati?
Quando aveva posto questa
domanda ad Irene lei gli aveva risposto secca: - Io e Chris non siamo due
bambini mamma, ce la caveremo. Se non ci facciamo problemi noi perché devi
fartene tu?-
Ovvio che quella risposta
non l’aveva convinta, ma aveva evitato di indagare oltre, aveva intuito che era
del tutto inutile porre domande alle quali Irene non voleva rispondere.
La verità è che
improvvisamente per lei, accettare di andare via lontano era stata l’unica cosa
che le aveva dato respiro in un momento in cui nulla riusciva a darle un po’ di
pace in quell’inferno che era diventata la sua vita. Non ne aveva parlato con
nessuno di ciò che stava succedendo, se l’era tenuto stoicamente dentro
facendosi del male, perché non riusciva ad esternarlo per un motivo ben preciso:
se tutta quella situazione aveva avuto luogo, Irene pensava che la maggior parte
della responsabilità fosse da imputare a lei, e a lei soltanto, anche se
razionalmente sapeva di avere ben poche colpe.
Anche in quel momento, in
quella soleggiata mattina, aspettando che arrivasse l’ora di svegliare Owen per
prepararlo e portarlo all’asilo, si era messa a ripensare a tutte le faccende
che aveva lasciato in sospeso quando aveva lasciato l’Inghilterra e come spesso
accadeva preferiva scuotersi e pensare ad altro, per non soffrirne.
Senza fare rumore si era
avvicinata al letto che stava in camera sua, dove dormiva con suo figlio. Aveva
discostato leggermente le lenzuola scoprendo il bambino, quindi gli aveva
passato piano una mano sotto il pigiama, andando ad accarezzargli il pancino.
- Owen… dormiglione…
svegliati!- gli aveva detto piano.
Il bambino si era mosso un
po’, ma non aveva dato segno di essere particolarmente propenso ad alzarsi dal
letto. Irene quindi gli aveva fatto un po’ di solletico sulla pancia.
- Pigrone che non sei
altro!- gli aveva detto sorridendo mentre il bambino, svegliatosi del tutto,
aveva cominciato a ridacchiare divertito.
- Dai, svegliati, che
stamattina andiamo all’asilo. Non sei contento?-
Owen si era stiracchiato un
po’, mentre Irene lo abbracciava e lo baciava, ritardando il momento in cui lui
le avrebbe risposto.
- Ma se poi non mi piace?-
le aveva detto perplesso.
Irene gli aveva sorriso. -
Ci pensiamo dopo, va bene?-
Owen aveva annuito serio,
Irene non aveva potuto fare a meno di stringerlo un’altra volta e dargli una
serie di baci rumorosi su una guancia, mentre Owen un po’ rideva e un po’
cercava di allontanarla.
Gli aveva fatto fare
colazione, l’aveva vestito e preparato per uscire. Dominic ancora non si era
svegliato, Irene non voleva andarsene via quella mattina senza dirgli niente.
Mentre gli scriveva un biglietto che avrebbe lasciato sul tavolo della cucina
per augurargli buongiorno, Owen era andato a coccolare un po’ Lilly che, al
contrario del padrone, sentendo dei rumori in casa, si era svegliata andando
prontamente a partecipare a qualsiasi cosa stesse succedendo, accertandosi che
tutto andasse bene.
Dominic era stato chiaro:
per quel mese in cui lei avrebbe dovuto rimanere lì, quella era come fosse casa
sua. Poteva andare e venire come meglio credeva, poteva portare gente entro
certi limiti dettati dalla sua posizione sociale, che purtroppo, volente o
nolente, era una cosa che limitava fortemente chiunque avesse a che fare con
lui. Comunque Irene aveva carta bianca, nei limiti del possibile, Dominic aveva
particolarmente tenuto a farle presente quel fatto, cosa che la donna interpretò
come un modo carino di farla sentire a suo agio. Di fatto però quella non era
casa sua, quindi le sembrava carino quantomeno informarlo almeno dei suoi
spostamenti principali.
Sperando che quella prima
giornata, sia per lei che per Owen, andasse bene, era uscita salutando Lilly,
che scodinzolando aveva accompagnato lei e il piccolo fino alla porta.
***
L’inizio del lavoro per
Irene e dell’asilo per Owen avevano definitivamente sancito l’inizio di una
specie di nuova vita per i due, ma per ciò che riguardava Dominic quei giorni di
convivenza erano andati avanti più o meno nello stesso modo in cui erano
trascorsi i primi giorni dopo l’arrivo in casa di Irene e Owen. A dirla tutta
era anche un po’ rammaricato del fatto che Owen proprio non desse mai alcun
segno di voler fare amicizia con lui, nonostante i suoi vari e frequenti
tentativi di interagire con il bambino.
Dati i fitti impegni di
Shannyn, gli era capitato spesso durante quella settimana di trascorrere a casa
le sue serate, aveva passato lì tutte le sere tranne una, durante la quale
necessariamente aveva dovuto allontanarsi per lavoro. Certo, avrebbe potuto
uscire con gli amici, fare qualcosa senza dover necessariamente stare con quella
che considerava la sua donna, ma alla lunga preferiva stare a casa e condurre
una vita tranquilla, che gli permettesse di dare il meglio sul lavoro.
In verità tutto ciò era
anche per il fatto che gli piaceva stare in una casa dove non era solo: inutile
negarlo, quando tornava a casa verso l’ora di cena e trovava Owen in giardino
che giocava con Lilly e Irene seduta al tavolo di pietra sul quale in genere la
trovava a studiare per il suo esame mentre teneva d’occhio il bambino, si
sentiva meno solo e alla fine non gli veniva nemmeno in mente di organizzare
serate fuori. Cenava con loro chiacchierando su cosa avessero fatto durante la
giornata con Irene, continuando anche dopo cena, quando Owen andava a dormire.
Progressivamente si erano un po’ sciolti l’uno con l’altro, anche se in genere
quello che chiacchierava era Dominic, dato che lei gli chiedeva sempre di
raccontarle cose che riguardavano lui e il suo lavoro.
Non poteva affermarlo con
certezza, il dono di leggere nella mente delle persone non gli apparteneva, ma
aveva spesso come l’impressione che quella cosa si verificasse per un semplice
fatto, ossia che Irene preferiva far parlare lui piuttosto che rischiare di
dover parlare di sé stessa. Se lo faceva in genere era sempre per qualcosa che
riguardava il suo lavoro, ma soprattutto Owen, mai qualcosa di personale.
Dopo un po’ però Dominic si
era convinto che quelle supposizioni fossero dovute al fatto che faceva
viaggiare troppo la fantasia: siccome ormai si era auto convinto che ci fosse
qualcosa che Irene gli stava nascondendo, allora tutte le scuse erano buone per
avvalorare quella tesi. Per prima cosa, potevano essere solo scemenze che aveva
pensato lui, per seconda, se anche Irene gli stava nascondendo qualcosa, a lui
che gl’importava? Irene aveva tutto il diritto di tenersi i suoi segreti, se ne
aveva, e lui avrebbe fatto molto meglio a pensare per se e a non farsi strane
idee. Impicciarsi degli affari degli altri non l’aveva mai considerata una bella
cosa, tanto più che sapeva davvero di cosa stesse parlando e quanto fosse una
cosa che potesse infastidire, dato che dei suoi affari s’impicciavano
continuamente le persone più disparate… non poteva fare mai nulla che era sulla
bocca di tutti, quindi perché comportarsi in un modo che lui stesso trovava
tanto fastidioso?
Era decisamente meglio
concentrarsi sui problemi che aveva lui, il suo rapporto con Shannyn ad esempio,
che cominciava seriamente a preoccuparlo. Dopo la lunga serie di rifiuti che
aveva ricevuto da lei alle sue richieste di vedersi in quei giorni, cominciava a
vedere tutto davvero confuso. Non sapeva bene il motivo per cui aprirsi con
Irene su quanto riguardava quella storia gli era sembrato tanto semplice, forse
perché era più grande di lui, o forse perché era una donna e nel suo subconscio
sperava che lei avrebbe potuto rivelargli chissà quale verità sull’universo
femminile che, per la sua condizione di uomo, ovviamente ignorava.
Qualunque fosse stata la
causa scatenante, una di quelle sere in cui Shannyn si era rifiutata di uscire
con la scusa che era troppo stanca e di cattivo umore per farlo, Dominic aveva
vuotato il sacco con Irene.
La donna aveva appena messo
a letto Owen, dopo che il bambino si era addormentato era tornata al piano
inferiore della casa trovando Dominic seduto sul divano con i piedi nudi
appoggiati sul basso tavolino che gli stava davanti e con lo sguardo perso nel
vuoto. Ovviamente, accucciata sotto le sue gambe c’era l’immancabile e
onnipresente Lilly, pronta a scattare al minimo richiamo.
Quel suo atteggiamento per
Irene era solo una conferma, in verità aveva già intuito durante il resto della
serata che Dominic aveva dei pensieri strani in testa, se non aveva chiesto in
precedenza era solo per discrezione. Dopo essersi versata un bicchiere d’acqua
si era andata a sedere vicino a lui che, sentendola arrivare, aveva
momentaneamente distolto lo sguardo dal vuoto e le aveva sorriso.
Irene, tanto per rompere il
ghiaccio, si era sporta verso il tavolino e aveva cominciato a fissare i piedi
di Dominic, il quale, appena si era accorto della cosa, l’aveva guardata a metà
tra l’incuriosito e il preoccupato che qualcosa non andasse.
- Che c’è?- le aveva
chiesto.
Sempre mantenendo lo
sguardo sui suoi piedi Irene aveva risposto. - Stavo pensando alla reazione di
tua madre la prima volta che l’ha visto. Se non ti ricordi bene, c’eravamo
anch’io e mia madre.- aveva detto, per poi ridacchiare sommessamente, risata
alla quale si era unito anche Dominic ricordando quella particolare giornata di
dieci anni prima.
Irene parlava di uno dei
tatuaggi che aveva, il primo che aveva fatto, due stelline sul piede destro che
lui aveva tenuto nascosto fino a che aveva commesso l’errore di presentarsi a
piedi nudi in soggiorno mentre sua madre, con Irene e Melanie per l’appunto,
stava prendendo il the. Si ricordava che sua madre, come faceva sempre, gli
aveva intimato di non camminare scalzo per casa, poi le era caduto l’occhio sul
particolare, e lì era stata una bella scena per tutti. Allora non era stato
divertente, ma a ripensarci in quel momento gli veniva da ridere.
- Oddio, quanto s’è
incazzata!- aveva commentato. - Mica per il tatuaggio in sé per sé, perché non
gliel’avevo detto! Ti ricordi che storia ha tirato fuori, sul fatto che avevo
rischiato grosso perché avrei potuto capitare in mani sbagliate con il rischio
di infezioni e roba varia!-
- Beh, dai, non aveva tutti
i torti su quest’aspetto…- aveva osservato Irene.
- Sì, ma se gliel’avessi
detto che cambiava? Mi avrebbe accompagnato lei? Io non le dissi niente a quei
tempi perché avevo il fondato sospetto che me l’avrebbe impedito con tutte le
forze. Ha esagerato con tutte quelle storie, per semplice ripicca, ammettiamolo!
E poi dai, non ero mica un ragazzino scemo…- aveva pensato un po’ prima di
riparlare: - A dire il vero un po’ sì, non lo nego…-
Irene aveva riso, Dominic
con lei, quindi erano rimasti per qualche secondo in silenzio.
- E’ stata l’ultima volta
che ci siamo visti io e te, vero? Avevo appena finito il primo anno di
università.- aveva commentato lui dopo essere tornato serio.
Irene aveva annuito. - Io
lavoravo già da un anno abbondante a quei tempi, sarei dovuta andare in ferie
con delle mie amiche, ma al momento di partire ci fu un contrattempo per una di
loro e abbiamo dovuto annullare tutto. Non mi sono mai spiegata il perché, ma
non ho rimpianto affatto il viaggio mancato, mi fece piacere venire da voi con
mia madre, forse perché l’atmosfera che si respirava in casa vostra mi è sempre
piaciuta molto. Ho dei bellissimi ricordi di quell’estate.-
- Anch’io, davvero belli.
Se devo dirtela tutta anche a noi faceva piacere avervi, credo che facesse
piacere soprattutto a mia madre che altre due donne venissero a stare con noi.
E’ sempre stata in minoranza in quella casa di uomini, in quei periodi respirava
un po’, contando anche il fatto che in quel periodo anche Linda era di casa e
quindi si raggiungeva la maggioranza femminile! Quattro contro tre!-
Irene rise. - Linda, la tua
ragazza… eravate sempre appiccicati nemmeno vi foste spalmati di colla!-
- Vero, infatti dopo un
annetto non ci potevamo già più sopportare. Però bei tempi, erano belle
sensazioni. Io innamorato così di qualcuna non sono più stato, e soprattutto non
ho mai, e dico mai trovato nessuna che mi abbia dato l’idea di essere tanto
attaccata a me.-
Detto questo Dominic aveva
abbassato lo sguardo, e Irene aveva avvertito nuovamente l’atmosfera che si era
respirata prima che cominciassero a rivangare quei vecchi ricordi.
Si era sfilata i sandali e
aveva appoggiato i piedi sul tavolo, come aveva fatto Dominic, quindi aveva
fatto aderire la schiena alla spalliera del divano, accomodandosi un po’,
cercando le parole giuste.
- Oggi hai qualche
pensieraccio per la testa. Che c’è che non va, se è lecito chiedere?- gli aveva
chiesto nel modo più diretto possibile, conoscendolo un po’ sapeva che avrebbe
gradito.
- Shannyn.- aveva risposto
lui semplicemente.
Irene l’aveva immaginato.
Aveva appoggiato il braccio sinistro sulla spalliera, quindi si era voltata
verso Dominic appoggiando la testa sulla sua mano, facendogli tacitamente
intuire che era pronta ad ascoltarlo, se aveva voglia di parlarne. Dominic ebbe
la sensazione di non aver aspettato altro per tutta la sera.
- E’ che è tutto strano,
non riesco a capire come stanno le cose tra noi.- aveva detto.
- Senza pensarci troppo,
secondo te come stanno?- aveva chiesto lei.
Dominic aveva riso. - Vuoi
la versione ottimista o pessimista della faccenda?-
Anche Irene aveva riso. -
Le voglio entrambe.-
Dominic aveva fatto un
sospirone:- Bene, allora prima ti do la versione ottimista.-
Si era preso un’altra breve
pausa prima di cominciare. - Allora, la versione ottimista è quella per cui lei
in questo momento è troppo impegnata per pensare anche a me, anzi, a noi.
Passato il concerto e altri suoi impegni di lavoro fileremo d’amore e d’accordo
e tuberemo come piccioncini sui tralicci dell’elettricità. Con questo voglio
intendere che spero che lei smetta di essere tanto fredda con me. E’ sempre un
po’ distaccata, come se volesse tenere nascosto che tra noi c’è un legame che,
per quanto la natura di questo mi sia tutt’ora sconosciuta, comunque c’è e
questo non si può certo negare.-
Irene aveva annuito
comprendendo benissimo di cosa Dominic stesse parlando. Per quel poco che aveva
potuto osservarli, la sera che Shannyn era stata a cena lì, l’aveva vista
piuttosto freddina con lui.
- Allora posso passare
senza indugi ad illustrarti la parte pessimista della faccenda, ovvero quella
secondo la quale, detto in parole povere, a Shannyn di me non importa proprio un
cazzo!-
Irene aveva riso, Dominic
invece era rimasto abbastanza serio, anche se stava cercando di buttarla sul
comico usando quel lessico, prima ben costruito e poi molto meno.
- No, no, c’è poco da
ridere… ti spiego quella che potrebbe essere la visione di Shannyn della cosa,
del resto parlo per fondata esperienza dato che non sarebbe la prima volta
infatti che mi capita di affezionarmi ad una ragazza e questa invece si vuole
solo divertire.-
- Perché tu fai sempre sul
serio… ma dai, ma chi prendi in giro?- aveva commentato Irene scettica.
- No, non faccio sempre sul
serio, ma quando mi affeziono a qualcuna mi affeziono. A Shannyn mi sono
irrimediabilmente affezionato, non ti dico che sono innamorato perso, ma molto
coinvolto sì, e ho paura che invece lei ragioni in modo diverso, precisamente in
questo: esce con me perché magari gli piaccio, ma non ha assolutamente nessuna
intenzione di costruire qualcosa. E comunque, non credere che sia poi così
farfallone come pensano in tanti…-
- Vuoi dire che non ti sei
mai mai mai approfittato della tua celebrità?- aveva chiesto maliziosamente
Irene.
Dominic per tutta risposta
le aveva messo addosso uno sguardo che la diceva lunga sulla faccenda.
- Ho detto che non sono un
farfallone, non che sono un santo!- aveva chiarito quindi, se l’occhiata che le
aveva gettato addosso non fosse stata di per se abbastanza esauriente.
Avevano riso entrambi,
Irene in verità voleva solo punzecchiarlo un po’, che non era un farfallone
l’aveva già intuito da sola. Dopo che avevano smesso di ridacchiare gli aveva
fatto qualche domanda, Dominic era passato a raccontargli più nel particolare
della relazione che aveva e a lei si erano fatte chiare molte cose, e alcune di
esse, molte in verità, le aveva taciute perché sapeva che a lui sentirsele dire
non sarebbe piaciuto e di certo lei non era lì per dirgli come doveva vivere la
sua vita.
- Il mio consiglio è di
fare quello che avevi pensato. Aspetta che passi il periodo e poi dille tutto,
chiaro e tondo, come hai fatto con me stasera. Se deve durare durerà, se invece
è una cosa a breve termine finirà nel giro di cinque secondi e tu non ti sarai
perso poi molto. Per il momento porta pazienza e stringi i denti, altro non puoi
fare.-
- Eh sì, altro non posso
fare.- aveva commentato lui giù di corda.
Dopo tutte quelle
chiacchiere si era fatto tardi, Dominic aveva svegliato Lilly per permetterle di
uscire in giardino a fare la pipì prima di andare a dormire. Irene già prima di
lui si era congedata dandogli la buonanotte, Dominic sarebbe rimasto ancora a
chiacchierare con lei veramente, si sentiva molto a suo agio e quindi rispose al
suo saluto con un po’ di rammarico.
L’aria era fresca, mentre
aspettava che Lilly tornasse dl suo giro per i bisognini si era seduto sulle
scale del portico e si era messo a guardare in alto, pensando a tutta quella
discussione, non necessariamente alla parte strettamente riguardante Shannyn,
anche se in quel momento il desiderio più grande sarebbe stato di essere con
lei. Quell’occasione avrebbe potuto essere propizia per far chiacchierare un po’
Irene. Non voleva che lei gli raccontasse niente di particolare, niente di cui
lei non volesse parlargli in pratica, solo era curioso di sapere come fossero
andati per lei quei dieci anni, cosa aveva fatto, tutte le sue impressioni su
quello che le era capitato, cosa che lui in quelle serate casalinghe aveva
fatto.
Quando Lilly era tornata,
dopo averle fatto qualche carezza, Dominic aveva chiuso casa ed era andato verso
la sua stanza. Era abbastanza stanco e la giornata successiva, a pensarci bene,
sarebbe stata lunga.
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Capitolo 6 *** Contrattempi fortuiti ***
Nuova pagina 1
Buon inizio della settimana
a tutti.
Grazie per i bei commenti a
Lili, Bloody Mary e Claudietta che ha tutto il tempo che vuole per leggere,
sperando di non deludere le vostre aspettative future. Buona lettura, Mandy
v
Capitolo
Quinto - Contrattempi fortuiti
Svegliandosi quel venerdì
mattina, Dominic aveva trovato sul tavolo della cucina un biglietto scritto da
Irene. Aveva sorriso e l’aveva letto, era solo un semplice buongiorno che lei in
verità gli lasciava ogni mattina, a lui faceva sempre piacere trovarlo. Non ci
sarebbe stato alcun bisogno che lei lo facesse, però era il primo sorriso della
mattina per lui, o il secondo, dipendeva tutto da Lilly, che ovviamente come
ogni giorno gli correva incontro scodinzolando in cerca di coccole e attenzioni,
ma soprattutto della colazione.
Mentre faceva il caffè si
era messo a riflettere, e la prima cosa che gli era saltata per la testa quella
mattina era la conversazione avuta con la donna la sera prima. Lo sapeva
benissimo che Irene non voleva assolutamente offenderlo né accusarlo di
qualcosa, sapeva benissimo che la donna aveva scherzato la sera precedente. Però
il fatto che lei avesse alluso ad un suo possibile approfittarsi della sua
condizione di celebrità in certi frangenti, con le donne nella fattispecie, gli
aveva dato da pensare.
Quell’opinione, sul fatto
che lui potesse veramente avere qualsiasi donna volesse, era piuttosto diffusa
in verità, se si trovava a conoscere una persona era matematico che lo pensasse
di lui, ma per Dominic quello non era altro che un preconcetto assurdo, una
sorta di mettere in categorie le persone senza nemmeno dare loro il diritto di
dimostrare veramente chi sono.
Come aveva detto alla donna
la sera precedente, Dominic non era affatto un santo e di certo a volte
l’occasione l’aveva portato a fare cose che in momenti in cui la razionalità era
più vigile non avrebbe fatto, ma nemmeno uno di quelli che escono la sera solo a
caccia di qualcuna da portarsi a letto. Solo il fatto che la gente potesse
pensare questo di lui semplicemente perché era un attore abbastanza famoso lo
infastidiva, gli dava quasi la sensazione di non essere una persona apposto,
almeno nell’immaginario di chi gli stava intorno. Non avrebbe dovuto importargli
in verità di cosa la gente pensava di lui, ma in pratica questa è una cosa più
facile a dirsi che a farsi.
Sempre seguendo quel filo
di pensieri si era ricordato di un episodio particolare, avvenuto diversi anni
prima, e gli era venuto da ridacchiare. Era stato ad una festa dopo l’uscita del
primo film della trilogia, lì a Los Angeles, una festa della quale non si
ricordava che poco in verità.
Si era calato nuovamente in
quell’atmosfera strana, era gennaio, aveva compiuto venticinque anni da poco più
di un mese ed era quel periodo in cui La Compagnia dell’Anello era sulla bocca
di tutti. Era appena diventato una faccia conosciuta, ricordava la strana
sensazione che provava quando camminava per la strada ed era guardato da alcune
persone, che avevano decisamente su quell’espressione di chi si sta chiedendo
dove ti ha già visto prima. In quel periodo ancora nessuno lo conosceva così
bene da fermarlo per chiedergli se era veramente chi avevano pensato, anche
perché era certamente difficile che qualcuno lo riconoscesse precisamente dato
com’era conciato nel film. A dire il vero, dopo quel primo periodo, tanti lo
confondevano con Billy Boyd, il che gli causava anche un certo imbarazzo perché
gli dispiaceva a volte mortificare il suo interlocutore dicendo che in verità
lui non era chi credevano che fosse. Ma per arrivare a quel punto ci sarebbe
voluto ancora molto tempo, in quel momento lui era solo un ragazzo che
incominciava a capire davvero che la sua vita non sarebbe stata più la stessa e
che per certi versi era felicissimo e ansioso di sapere dove sarebbe potuto
arrivare, da un’altra, per dirla tutta, aveva anche dietro le sue paure, anche
se non rappresentavano che un minuscolo fardello a cui evitava di pensare.
A quella festa era stato
riconosciuto con un certa precisione per la prima volta, e di certo era una cosa
che si ricordava molto bene. Era nel bel mezzo di una serata divertente, in
mezzo a degli amici che in continuazione proponevano dei brindisi, il clima era
allegro e disteso. Era stato attirato da qualcuno che gli aveva messo
gentilmente una mano sulla spalla per avere la sua attenzione. Del viso di
quella ragazza si ricordava un bel sorriso, niente di più. Gli aveva chiesto se
era davvero lui Merry, Dominic le aveva detto di sì e le aveva stretto la mano
dicendole il suo nome. Anche lei gli aveva detto il suo, un nome che Dominic si
era sforzato tante volte di ricordare, ma non ci era mai riuscito, come del
resto non era riuscito a ricordarsi altro di lei, nemmeno con un minimo di
precisione i tratti del suo viso.
Come succedeva in certe
circostanze avevano chiacchierato un po’ insieme, allontanandosi
progressivamente dalla sua cerchia che poi quella sera non aveva più rivisto.
Non che serva spiegare
quello che era successo quella notte, l’unica cosa che l’aveva lasciato
quantomeno sorpreso era che la mattina dopo lei se n’era andata e lui non
l’aveva nemmeno sentita farlo. La prima cosa che aveva pensato quella volta era
che allora era proprio vero che anche le donne lo fanno, nelle sue convinzioni
forse un po’ grezze sul genere femminile non aveva mai preso in considerazione
un aspetto simile e quindi proprio non se l’aspettava. Si era alzato piuttosto
stordito ed era sceso al bar dell’albergo dove alloggiavano lui e tutto il resto
del cast che era presente a quell’occasione. Nella sala non troppo piena aveva
trovato Viggo Mortensen con una tazza di caffè davanti e intento a leggere il
giornale. L’aveva salutato e l’altro l’aveva invitato a sedersi, per poi
cominciare a fare battutine sul fatto che la sera prima fosse sparito. Dominic
l’aveva guardato con lo sguardo perso, tanto che l’altro gli aveva chiesto
spiegazioni, per poi piantargli una manata sulla schiena piuttosto pronunciata e
dirgli: benvenuto nello star sistem, vedrai che capiterà pure a te di farlo!
In effetti era successo
anche a lui di sgattaiolare fuori da una camera d’albergo o da un appartamento
all’occorrenza, non molte volte in verità, perché si sentiva sempre un verme
dopo. Era davvero una cosa stupida, ma quelle rare volte in cui gli era capitato
ci aveva pensato tardi. Non che si fosse mai pentito veramente, era pur vero che
qualche atto con poco senso compiuto andava pur fatto ogni tanto, e per dirla
tutta nemmeno gli dispiaceva fare un po’ di sesso tanto per fare, però non era
certo uno che se ne gloriava o che fatto una volta non vedeva l’ora ci fosse
un’altra occasione per farlo nuovamente.
Aveva la mattinata libera,
quindi se l’era presa comoda, voleva telefonare a Shannyn e chiederle di
vedersi, lo fece in tarda mattinata sperando di non disturbarla, anche se lei si
svegliava sempre presto la mattina. La donna gli aveva risposto con un tono di
voce basso, un po’ addormentato, Dominic ebbe immediatamente paura di averla
svegliata.
- No, non preoccuparti, era
anche l’ora che mi alzassi. Sai, ieri sera abbiamo fatto tardi alle prove.-
l’aveva tranquillizzato immediatamente quando lui le aveva chiesto se l’aveva
svegliata.
- Ah, ok… Come va con July
e Malcolm?- le aveva chiesto.
- Bene, molto bene.- aveva
ribattuto lei senza entrare in particolari.
- E il resto?- aveva
continuato a chiederle Dominic sperando che lei continuasse un po’ a parlare con
lui.
- Tutto bene.-
C’era stato un momento di
silenzio, durante il quale Dominic aspettava che lei continuasse a parlargli
mentre Shannyn, che non aveva nessuna voglia di farlo, aspettava invece che
fosse lui a dirle quello che doveva, dato che era completamente sicura che
voleva invitarla fuori. Alla fine era stato Dominic a decidere di rompere il
silenzio. Non le aveva detto più di una parola, ma poi si era interrotto dato
che aveva sentito un rumore strano che proveniva dalla cornetta del telefono e
sembrava una porta che sbatteva, o qualcosa che cadeva per terra facendo un bel
rumore.
- Che è successo? Tutto
bene?- aveva chiesto a Shannyn, lei aveva risposto di scatto.
- Niente, che vuoi che sia
successo!- aveva detto tutto d’un fiato.
- Ah, va bene, allora l’ho
sentito solo io.- aveva detto sorridendo, per sdrammatizzare, dato che aveva
avuto la netta impressione che Shannyn si fosse innervosita, anche se in fede
proprio non riusciva a capire il perché.
- Mi stavi dicendo?- aveva
chiesto lei riportandolo al discorso precedente.
- Niente, mi chiedevo se
domani sei libera. Per oggi purtroppo io ho un impegno che non posso rimandare,
sarò impegnato dal tardo pomeriggio fino a sera inoltrata, quindi non mi pare il
caso. Mi va davvero un sacco di vederti… possiamo andare a cena da qualche
parte, se ti va… se no dimmi tu.-
- Dominic, lo sai che è un
gran casino adesso. Dammi dieci giorni di tempo ancora, poi lo sai che finirà
questo periodaccio. Davvero, domani sera non ce la faccio proprio, lunedì poi ho
anche un servizio fotografico e ho un milione di cose da fare.-
- Si, lo so, ci mancherebbe
che non sapessi che sei impegnatissima, ma un paio d’ore per venire a cena con
me proprio non riesci a trovarle, in nessun modo?-
- Non lo so, non ti
prometto niente… però tu devi promettermi una cosa. Che sarai paziente e che non
sarai troppo arrabbiato con me. Per me è importante questo concerto, lo sai. E
poi ovviamente tu mi accompagnerai, non ti farà piacere essere l’uomo che
accompagna la prima violoncellista?-
Dominic aveva sorriso,
mantenendo il silenzio per qualche secondo. - Certo che mi farà piacere, non
vedo l’ora di sentirti suonare. Ma soprattutto non vedo l’ora di poterti riavere
un po’ di più per me!-
Shannyn aveva riso. - Sei
troppo buffo quando fai così! Sai che se fossi qui ti ricoprirei di bacetti?-
Dominic aveva nuovamente
taciuto per qualche secondo, pensando a cosa avrebbe potuto risponderle, optando
per la prima cosa che gli era venuta in mente. - Direi che come concetto è
abbastanza interessante…- aveva cominciato a dire cambiando sensibilmente tono
di voce, - Se magari mi dici cosa faresti dopo c’è anche il rischio che entro
cinque minuti mi presento a casa tua, lascio a te la decisione!-
- Allora sarà meglio che
non te lo dica. Ti lascio ad immaginare, adesso devo riattaccare.-
Riluttante all’idea,
Dominic l’aveva lasciata alle sue incombenze, rimanendo per diversi minuti con
un sorrisino sulla faccia che proprio non riusciva a mandare via. A volte
Shannyn sembrava distante, oppure scocciata, immersa completamente in altro; ma
poi capitava anche il momento in cui era assolutamente favolosa, e questo
ripagava del tutto il resto delle volte in cui lo era meno.
Mentre si occupava di
alcune cose, Dominic stava pensando che non vedeva l’ora che passasse il
concerto per dirle finalmente e senza possibilità di essere frainteso quanto ci
teneva a lei.
All’ora di pranzo, Dominic
era stato contattato e informato che gli impegni pomeridiani per quel giorno
erano saltati: avrebbe dovuto partecipare ad una mostra che avrebbe dovuto
essere inaugurata quel giorno, ma era successo qualcosa che ne aveva impedito
l’apertura. Nessuno sapeva con certezza cosa fosse avvenuto, ma c’erano stati
dei problemi organizzativi per cui all’ultimo momento era stato tutto rimandato
a data da destinarsi. Era una mostra organizzata da un pittore emergente di cui
per altro Dominic aveva sentito anche parlare bene, era anche curioso di vedere
se la fama che precedeva quell’artista era veritiera. Nonostante la curiosità
però, il fatto di essersi ritrovato ad avere la giornata tutta libera per sé non
gli era dispiaciuto affatto. Non appena i suoi pensieri erano stati liberi di
viaggiare aveva cominciato a pregustarsi l’ennesima serata casalinga in
compagnia di Irene e Owen, tanto era sicuro che di vedere Shannyn quella sera,
avvertendola poi così all’ultimo momento, proprio non aveva speranza. Anzi,
pensandoci bene, dopo la chiacchierata di quella mattina, rischiava anche di
innervosirla se di punto in bianco le chiedeva di vedersi con lui dato che si
era ritrovato inaspettatamente libero. Sapeva che in genere Irene ed Owen
rientravano verso le sei del pomeriggio, dopo che lei usciva dall’ufficio
infatti passava all’asilo a prendere il bambino e tornavano a casa. Un paio di
sere prima, sorridendo soddisfatta, gli aveva raccontato di come Owen, dapprima
recalcitrante all’idea dell’asilo, si fosse ambientato bene e avesse fatto le
prime amicizie. Dominic era stato contento di saperlo, ma tristemente aveva
anche pensato che il piccolo si dimostrava incline a fare amicizia con tutti
meno che con lui.
Dato che era una bella
giornata calda e che non aveva né altro di meglio da fare, né voglia di
immergersi nello studio del copione che stava preparando, Dominic si era messo a
giocare in giardino con Lilly.
Com’è che ogni tanto gli
venissero quelle strane idee in testa non lo sapeva bene nemmeno lui, gli
prendeva improvvisamente la voglia di sporcarsi da capo a piedi come fanno i
bambini quando giocano, cosa c’era di meglio per arrivare a quel risultato se
non mettersi a rotolarsi per terra con il suo cane?
Aveva preso una pallina di
gomma che teneva tra i giocattoli del cane, non appena Lilly aveva visto il
giocattolo aveva cominciato a saltellare e ad abbaiare, dirigendosi subito alla
porta e cominciando a raspare energicamente per uscire in giardino, quando
Dominic le aveva aperto si era precipitata fuori andando a cercare il suo
bastoncino preferito che aveva depositato ai piedi di Dominic.
- E questa? Non ci vuoi
giocare? - gli aveva chiesto indicando la pallina.
Lilly aveva abbaiato,
ovviamente nella scelta del giocattolo aveva vinto lei, solo Dominic si era
chiesto cosa le comprava a fare tante cose se poi lei preferiva giocare con un
bastoncino trovato chissà dove.
- Cagnolona!- l’aveva
chiamata dopo un po’ che giocavano - Ma dove s’è mai visto un cane che tira il
bastoncino al padrone! Bada che sei proprio dispettosa! - la stava prendendo il
giro, più che lei prendeva in giro se stesso. In effetti Lilly, invece di andare
a prendere il bastoncino di legno che Dominic le tirava perché andasse a
riprenderlo, una volta che lo aveva per se non lo riportava mai a lui, piuttosto
o si faceva rincorrere mentre scappava quando Dominic cercava di riprenderlo,
oppure, in un gesto di emulazione, buttava davanti a se il bastoncino e poi
abbaiava e scodinzolava contenta come per dire vedi che lo so fare anch’io?
Ora tocca a te!
Dopo un po’ che quel gioco
continuava, Dominic aveva deciso che ne aveva avuto abbastanza: per quel
pomeriggio si era sufficientemente rotolato per terra e aveva ricevuto
abbastanza leccate in faccia da Lilly. Fosse stato per la vitalità del suo cane
avrebbero continuato ancora per un bel pezzo, ma per lui era arrivato il momento
di rilassarsi un attimo, e soprattutto di darsi una sistemata, dato che si era
ridotto veramente in modo pessimo. Com’era nei piani, del resto.
Era appena uscito dalla
doccia quando il suo cellulare aveva trillato e aveva trovato dall’altra parte
Irene, che gli aveva parlato con un tono piuttosto allarmato.
- Dominic, sono mortificata
di doverlo chiedere proprio a te, ti giuro che se potessi fare diversamente non
ti avrei mai disturbato, ma non so che fare…- gli aveva detto tutto d’un fiato.
- Tranquilla, che c’è?-
aveva cercato di dirle.
- Abbiamo avuto un grosso
problema in ufficio, e temo che farò un po’ tardi, il bambino è all’asilo e…-
Dominic non le aveva dato
il tempo di finire. - Ci penso io, dammi solo l’indirizzo dell’asilo e lo vado a
prendere. Esce alle cinque, vero?- aveva chiesto.
Irene aveva risposto
affermativamente, poi aveva dato l’indirizzo preciso a Dominic. - Io… davvero,
non so come ringraziarti. Ti giuro che non succederà più una cosa del genere,
una persona l’ho trovata che si occupi di lui quando lavoro, solo che non è
disponibile al momento… grazie mille, sei davvero gentile.-
Dopo averla
tranquillizzata, dato che sembrava davvero agitata al pensiero di non poter
andare a prendere personalmente il figlio, Dominic aveva finito di asciugarsi in
fretta ed era uscito, mancava non molto alle cinque. L’asilo non era lontano da
lì, pensò che poteva anche farsi una passeggiata a piedi portandosi dietro anche
Lilly, era sicuro che Owen avrebbe gradito.
Altrettanto sicuro non
poteva essere su come il bambino avrebbe preso la sua presenza lì, e non quella
della mamma. Aveva preso in fretta il guinzaglio e chiamato Lilly che era
rimasta a scorrazzare in giardino con un fischio. Quando era stata lì Dominic le
aveva messo il collare dove aveva precedentemente fissato il manico del
guinzaglio. Lilly, abituata alla libertà più assoluta, si era dimostrata un po’
insofferente alla costrizione, ma dall’altra parte anche totalmente disposta a
seguire alla lettera le disposizioni del padrone.
- Accidenti alle ordinanze
comunali, vero Lilly?- le aveva chiesto Dominic; come se avesse intuito cosa le
stesse dicendo Lilly aveva quasi annuito con la testa, lui aveva riso
vedendoglielo fare.
A passo svelto, con il cane
che gli camminava diligentemente accanto come era stata addestrata a fare al
corso, Dominic si era avviato verso il cancello e poi era uscito, andando verso
l’asilo, al quale era arrivato dopo una decina di minuti.
Arrivando aveva notato un
gruppo di adulti in piedi in attesa davanti al cancello, si era messo ad
aspettare come il resto delle persone che erano lì, cominciando a guardarsi
intorno e osservando soprattutto il giardino dell’asilo che si scorgeva al di là
delle inferiate del cancello, almeno fino a che qualcos’altro non aveva attirato
la sua attenzione.
Un paio di tacchi a spillo,
ma soprattutto la visuale che si godeva se appena si alzava lo sguardo: la donna
in questione indossava un tailleur gonna molto elegante, scuro, si era tolta la
giacca che teneva appoggiata sul braccio sinistro piegato, era rimasta con una
semplice ed elegante camicetta bianca. Stava parlando al telefono che teneva
nella mano destra appoggiato all’orecchio e che le spostava i capelli molto
lisci e scuri un po’ di lato. Dominic non riusciva a scorgere il suo viso, era
leggermente voltata e guardava fissa davanti a lei, completamente presa in
quello che stava facendo. Solo che mentre lui non riusciva a staccarle gli occhi
di dosso la telefonata era finita e la donna, forse accortasi di essere
osservata, si era girata nella sua direzione incontrando il suo sguardo.
Per un momento era stato
imbarazzante essere beccato mentre la guardava, ma la donna gli aveva sorriso.
Era un’orientale, forse giapponese, Dominic non avrebbe saputo dirlo con
precisione, comunque era bellissima. Aveva fatto appena in tempo a rispondere al
suo sorriso, la donna, dopo aver indugiato con lo sguardo su Lilly per un
momento appena si era girata immediatamente verso il cancello, dove stava
guardando anche prima.
Aveva evitato di guardarla
un’altra volta, aveva paura di essere beccato nuovamente, comunque non avrebbe
avuto il tempo dato che dopo poco i bambini avevano cominciato ad uscire.
Dapprima non aveva scorto
Owen, alcuni erano usciti correndo verso i genitori, un paio, avevano ignorato i
genitori e si erano diretti verso di lui a guardare Lilly, che sentendosi al
centro dell’attenzione si stava pavoneggiando un po’. Owen era uscito insieme ad
una bambina con gli occhi a mandorla pochi secondi dopo, e quando aveva scorto
Dominic si era come bloccato, rimanendo fermo con un’espressione a metà tra lo
stupito e, forse, anche il deluso. Dominic gli aveva fatto un cenno di saluto
con la mano.
Mentre la bambina con gli
occhi a mandorla si dirigeva saltellando dalla bellissima donna che Dominic
aveva osservato fino a poco tempo prima, Owen aveva titubato un po’,
avvicinandosi lentamente a lui e guardandolo con aria interrogativa.
- Dov’è mamma?- aveva
chiesto senza nemmeno salutare.
- Ha fatto tardi, arriverà
tra un po’ a casa. Siamo venuti io e Lilly a prenderti. Andiamo?- gli aveva
chiesto.
Owen aveva annuito non
troppo convinto, aveva fatto un paio di carezze a Lilly che aveva scodinzolato e
si erano incamminati. Dominic aveva fatto semplicemente il gesto di porgergli la
mano, ma Owen aveva alzato la testa verso di lui, dicendo che non gli andava.
- Va bene, ma stammi
vicino.- si era raccomandato Dominic, che in un certo senso sentiva la
responsabilità di avere con se un bambino così piccolo.
Owen aveva annuito un’altra
volta, rassicurandolo, mentre Dominic pensava un po’ dispiaciuto che quel bimbo
di lui proprio non voleva saperne.
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Capitolo 7 *** Ringraziando una bestiolina gialla ***
Nuova pagina 1
Buona
serata a tutti!
Probabilmente ve ne sarete già accorti da soli, comunque lo ribadisco: ho
immaginato per questa storia un rapporto temporale che non è ovviamente il
presente: all’incirca dovrebbe trattarsi dell’inizio dell’estate del 2006,
questo mi è utile ai fini della storia ma rende ancora più inverosimile il fatto
che un bambino giochi con i Pokemon! Già adesso mi pare di aver capito che non
sono più così di moda, immagino che fra due anni saranno la preistoria del
giocattolo! In ogni modo passatemi l’utilizzo delle strane bestioline, alla fine
è solo un dettaglio.
Buona
lettura, Mandy
v
Capitolo Sesto
- Ringraziando una bestiolina gialla
Avevano percorso quasi
tutta la strada in completo silenzio, Dominic si era sentito leggermente a
disagio. Appena erano entrati in casa si era chiesto non senza una certa dose di
dubbio cosa avrebbe dovuto fare. Di certo doveva tenerlo d’occhio, aveva una
paura folle che potesse succedergli qualcosa. Sapeva che era irrazionale, ma
nonostante questo il bambino era comunque stato affidato a lui, e su di lui
gravava una certa responsabilità. Deglutì nervosamente pensandoci, mentre
sperava che Irene arrivasse prima possibile.
Owen, ostentando una certa
tranquillità, si era tolto lo zainetto giallo a forma di testa di strano animale
che aveva sulle spalle e lo aveva messo su una seggiola della cucina, quindi si
era guardato un po’ intorno, forse raccogliendo le idee per decidere cosa fare.
Per Dominic era imbarazzante, si stava chiedendo di cosa potesse aver bisogno e
interrogando su come avrebbe dovuto chiederglielo, ma non gli veniva bene
rapportarsi con quel bambino. Si era fermato nell’ingresso e aveva liberato
Lilly dal guinzaglio, quindi aveva appoggiato una mano sulla spalliera di una
sedia e si era messo a guardare nel vuoto, riflettendo su quella situazione. Per
fortuna era stato Owen stesso che l’aveva tolto da quell’impiccio. Mentre lui
ancora stava in quella specie di stato catatonico, il bambino gli era andato
davanti attirando la sua attenzione.
- Devo fare la pipì, mi
accompagni?- gli aveva chiesto.
Dapprima Dominic era
rimasto per un momento perplesso, poi gli aveva sorriso. - Sì, andiamo.-
A passi veloci Owen si era
diretto verso le scale, Lilly vedendo strani movimenti collettivi si era
uniformata alla massa prendendo le scale insieme agli altri, quando Dominic
dietro a Owen era entrato nella camera di Irene si era seduta davanti alla porta
con la lingua penzoloni, attendendo le prossime mosse.
Dominic si aspettava che
Owen gli avesse chiesto di accompagnarlo perché voleva aiuto, invece il bambino
aveva fatto tutto da solo. Era rimasto un po’ perplesso, ma non ci si era
soffermato più di tanto.
Quando Owen aveva finito
erano usciti dalla stanza e seguiti da Lilly erano scesi ancora una volta al
piano inferiore, dove il bambino si era diretto in cucina a riprendere il suo
zainetto che aveva aperto rovesciandone tutto il contenuto sul tappeto
all’entrata, dove si metteva spesso a giocare. Dominic si era seduto in
soggiorno e si era messo a sfogliare il copione che stava studiando posizionato
in modo da poter osservare bene gli spostamenti di Owen. Dopo poco aveva intuito
che sul copione non ci avrebbe messo gli occhi nemmeno per sbaglio, era molto
più divertente osservare lui, che sembrava piuttosto assorto in quello che
faceva. Da quella strana testa gialla aveva tirato fuori dei pastelli e si era
messo a disegnare su un album sdraiato sul tappeto.
Per un tempo considerevole
l’aveva semplicemente osservato, poi non era riuscito a trattenersi, così,
rischiando magari che il bambino non avrebbe gradito quel suo intromettersi, si
era avvicinato con cautela. - Che stai disegnando? Posso vedere anch’io?- gli
aveva chiesto.
Owen non aveva detto niente
ma si era fatto da parte in modo da lasciargli spazio per guardare, Dominic
quindi si era piegato sulle ginocchia.
- Assomiglia al tuo
zainetto.- gli aveva detto.
- E’ Pikachu.- aveva quindi
spiegato Owen, anche se quel nome non diceva poi molto a Dominic.
- Che bravo.- gli aveva
detto mentre si sedeva sul tappeto accanto a lui con le gambe incrociate.
Come se avesse capito la
sua perplessità, Owen aveva messo il pastello giallo sul tappeto insieme agli
altri e si era girato verso di lui. - I Pokemon.- aveva aggiunto.
- Come?- gli aveva chiesto
Dominic, non capendo proprio cosa gli stesse dicendo.
- I Pokemon, i cartoni
animati.-
- Ah, la bestiolina gialla
è un cartone!-
- Non è una bestiolina, è
Pikachu!- aveva ribattuto energicamente il bambino.
- Scusa!- gli aveva
risposto Dominic quasi come se avesse fatto una mossa falsa.
- Non l’hai mai visti?-
aveva chiesto Owen guardandolo bene. Dominic aveva scosso la testa.
Senza aggiungere altro si
era alzato e incamminato verso il piano superiore. Dominic lo aveva seguito, il
bambino era entrato nella sua stanza, arrivato in prossimità della scrivania
dove Irene lasciava tutti i suoi libri era salito in ginocchio su una seggiola
per arrivare a prendere una scatola, che era poi stata rovesciata quasi
interamente sul basso tavolino del soggiorno.
Dopo una mezz’oretta
Dominic si era ritrovato immerso in un mondo a dir poco strano: forse è che i
cartoni animati moderni erano un po’ troppo diversi da quelli che guardava lui
da piccolo, fatto sta che non è che ci stesse poi capendo molto. Quei cosi che
Owen chiamava genericamente Pokemon, ma che avevano ognuno dei nomi ben
precisi, assomigliavano ad animali veri e propri, ma erano colorati e facevano
dei versi strani. C’erano quelli buoni e quelli cattivi, potevano essere
raccolti in gruppi di specie e razze diverse e tutti avevano delle particolarità
ben precise, specialmente per il fatto che, da quel poco che aveva capito lui,
quelli buoni combattevano contro quelli cattivi con armi tutte diverse. Era una
cosa complessa per Dominic, Owen invece sembrava sguazzarci bene come un pesce
nell’acqua.
Irene, circa un’ora più
tardi era così che gli aveva trovati, entrambi davanti a tutti quei giochini che
ridacchiavano. Non che si stupisse molto, sapeva che quei giochi erano quelli
che Owen prediligeva al momento, ma l’atteggiamento di Dominic la fece
sorridere, era carino da parte sua far finta che gli interessasse davvero sapere
tutto sui Pokemon.
- Ciao ometto!- aveva
chiamato il figlio, distraendolo dalla dimostrazione. Owen si era messo in
ginocchio appoggiando la pancia contro la spalliera del divano e aveva risposto
al saluto, aspettando che la mamma, che si stava dirigendo verso di lui,
arrivasse. Appena era stata davanti a lui aveva appoggiato la borsa per terra e
quindi aveva stretto le braccia intorno a lui sollevandolo e prendendolo in
braccio, mentre gli dava una serie di baci rumorosi su una guancia.
- Fai vedere Pikachu a
Dominic?-
- Non l’aveva mai visto!-
aveva esclamato Owen.
- Davvero? Non l’avevi mai
visto?- aveva detto Irene diretta a Dominic, fingendo di essere stupita. - Beh,
non potevi rimanere nell’ignoranza, meno male che ci siamo noi!-
Dominic aveva riso. - Sì,
in effetti è stato educativo.- aveva commentato quindi.
Irene, dopo averlo messo a
terra, aveva chiesto ad Owen di rimettere apposto i colori che aveva sparso sul
tappeto all’entrata, quando il bambino sbuffando un po’ perché non voleva
lasciare la mamma, si era allontanato per fare quello che lei gli aveva chiesto,
si era seduta accanto a Dominic.
- Senti, io davvero non so
come ringraziarti… magari avevi anche da fare, scusami tanto, è che proprio non
sapevo a chi chiederlo…-
Dominic l’aveva interrotta.
- Non c’è alcun problema, ero liberissimo, i miei impegni di oggi sono saltati,
l’alternativa era rompermi le scatole sul copione e ti dirò, meglio questo
mostriciattolo giallo, almeno mi sono distratto un po’!- aveva detto indicando
l’album con le figurine che Owen gli aveva fatto vedere fino a pochi secondi
prima.
Avevano riso entrambi per
la battuta, quindi Irene aveva ricominciato a parlare:- La ragazza che mi ha
trovato l’agenzia comincia la prossima settimana. Si chiama Grace, è una
studentessa universitaria, credo che abbia sui ventitré anni, o giù di lì.
Ovviamente data la situazione ho chiesto soprattutto che ci sia discrezione da
parte sua, me l’hanno tanto raccomandata, siamo andate a prendere un caffè
insieme e mi è sembrata carina, è un tipo sorridente. Insomma, spero bene,
comunque ti assicuro che non succederà più una cosa del genere, tu sei stato già
così gentile ad ospitarci qui e io per compenso ti creo anche delle noie, sono
davvero una frana a volte.- gli aveva detto mortificata.
Quel discorso l’aveva reso
perplesso. A Dominic Irene, specialmente per ciò che concerneva Owen, non
sembrava affatto una frana, anzi, tutt’altro. Era come se stesse tentando di
giustificarsi per una sua mancanza che di fatto era nulla. Avrebbe voluto
dirglielo che per lui era fantastica come mamma, ma sul momento non aveva
trovato le parole adatte e, dato che gli sembrava una faccenda estremamente
delicata, non voleva rischiare di dire scemenze o cose banali che avrebbero
potuto peggiorare la situazione. Si era limitato a tranquillizzarla come meglio
aveva potuto.
- Irene, vuoi smetterla di
scusarti?- le aveva detto sorridendole. - Davvero, non è successo niente di
terribile, e non è assolutamente una cosa che mi è pesata. E poi siamo stati
bene insieme, tuo figlio quando chiacchiera è simpatico!- le aveva risposto.
- Ti avrà raccontato vita,
morte e miracoli dei Pokemon, sei stato davvero carino ad assecondarlo… credimi,
so quanto può essere noioso!-
- Ma no, dai, è stato
divertente! Dico davvero.- aveva ribattuto Dominic.
Irene gli aveva sorriso
dolcemente:- In ogni modo grazie mille, di tutto.-
Detto questo si era alzata,
aveva rivolto qualche parolina a Owen che aveva nel frattempo raccolto le matite
e tutto l’occorrente per disegnare dal tappeto, quindi aveva seguito la mamma al
piano di sopra.
Era la verità quello che le
aveva detto, anche se probabilmente Irene aveva le sue buone ragioni per non
credergli. Soprattutto era molto contento che Owen avesse chiacchierato un po’
con lui, era stato bene davvero, si era proprio divertito. Il bambino poi gli
aveva promesso che gli avrebbe fatto vedere il film sulle strane bestioline,
quindi Dominic aveva immaginato che anche lui si fosse divertito in sua
compagnia. Anche se poi per il resto della serata, a cena soprattutto, lo aveva
quasi completamente ignorato come faceva di solito, era stato comunque un primo
passo nell’istaurare un rapporto di amicizia che Dominic sperava davvero che
avrebbe potuto approfondirsi.
***
Anche quel fine settimana
era passato in fretta, Dominic aveva visto Irene ed Owen solo la domenica a cena
dato che il sabato era stato fuori per quasi tutto il giorno e la domenica era
stato via nel pomeriggio. Non era stato molto comunicativo comunque durante
quella cena, la sua giornata era cominciata davvero male e su quella linea era
continuata, rendendolo un po’ cupo.
In tarda mattinata aveva
sentito Shannyn per telefono e avevano discusso, la cosa lo aveva fatto rimanere
molto nervoso per tutto il pomeriggio, anche perché a suo parere non si poteva
litigare per una questione come quella, un piccolo e stupido fraintendimento.
Forse era dovuto al fatto che Shannyn stava accumulando troppo stress per via
dei suoi impegni di lavoro, o magari lui avrebbe dovuto pensare a richiamarla il
venerdì pomeriggio quando si era ritrovato libero, comunque non riusciva a
giustificare le sue reazioni. Il motivo della discordia era stato il fatto che
Dominic non l’aveva messa al corrente del fatto che il venerdì appena trascorso
i suoi impegni di lavoro erano saltati.
- Ero libera, perché non mi
hai chiamata?- aveva ribattuto Shannyn quando lui stava per raccontarle cos’era
successo quel giorno, quanto riguardava Owen soprattutto.
Era rimasto per un secondo
senza sapere cosa dire. - Beh, scusami se ho pensato che forse era meglio
lasciarti in pace. Da quello che mi avevi detto venerdì mattina ho pensato che
fossi impegnata anche quella sera e che comunque fosse molto meglio non
chiedertelo affatto!-
- Sì, certo, ora la colpa è
mia!- aveva detto la donna con un tono di voce aggressivo, fin troppo.
- Non sto affatto dicendo
che è colpa tua, ti sto dicendo che non ci siamo capiti!-
- No, tu mi stai accusando
di essere insofferente, è ben diverso!-
- Scusami se te lo dico, ma
un po’ lo sei ultimamente e lo dimostra il fatto che stiamo avendo quest’assurda
discussione che è basata sul nulla o quasi…-
- Bene, allora lo sai che
ti dico? Che dato che parliamo del niente faremmo bene a smettere di parlare.-
- Shannyn, e dai,
tranquillizzati, è mai possibile che dobbiamo discutere di simili stronzate?-
aveva cercato di dire Dominic con un tono di voce conciliante, per appianare
qualsiasi divergenza.
- Tanto per te sono tutte
stronzate quelle che faccio io, sentiamoci un altro giorno, sarà meglio.-
- Ma non è vero, lo sai che
non penso affatto che quello che fai tu siano stronzate! Shannyn per favore…-
Non aveva fatto in tempo a
finire la frase perché come la donna aveva detto aveva riattaccato,
probabilmente non aveva nemmeno sentito che ribatteva.
Lì per lì, data l’assurdità
della discussione, aveva sorriso pensando che non ci fosse nulla che non
andasse, poi però non aveva fatto che rimuginarci tutto il giorno. Se all’inizio
aveva deciso di richiamarla poi, con il passare delle ore, ci aveva decisamente
ripensato, dato che il danno l’aveva fatto lei non vedeva perché doveva essere
lui a fare il primo passo per la riconciliazione.
A cena il suo umore era un
po’ migliorato, ma aveva ancora pensato a quell’assurdo litigio e ne era stato
infastidito, aver chiacchierato un po’ con Irene dopo cena di quella cosa non
gli era servito a molto.
La donna, come l’ultima
volta che avevano parlato di Shannyn, gli aveva consigliato di non farsi
prendere dall’ansia e di stare tranquillo. - Sono convinta che è solo una
stupidaggine - gli aveva detto, ma Dominic era un po’ stufo di essere frainteso.
Quando si era ritrovato da
solo aveva riflettuto un po’, su diverse cose. Era più strano del solito
ultimamente, il suo umore poi era estremamente volubile, specialmente per ciò
che riguardava Shannyn: se avesse dovuto dire che provava in quel momento
avrebbe detto un bel po’ d’astio. Insomma, non era giusto quello che stava
succedendo ed era convinto di non meritarselo. Un paio di giorni prima, solo per
una brevissima conversazione telefonica, si era sentito in estasi, prima ancora
di quell’episodio invece aveva mille dubbi in testa su cosa significasse lui per
lei e gli mancava da morire.
Irene era andata a letto da
non più di venti minuti quando aveva sentito suonare il citofono. Dominic aveva
istintivamente guardato l’orologio, erano le undici e mezza. Chiedendosi chi
stava suonando alla sua porta a quell’ora era andato verso l’ingresso per
rispondere. Era Shannyn.
Dopo che aveva aperto il
cancello all’entrata era uscito per aspettarla sul portico, si erano salutati e
Dominic le aveva ceduto il passo facendola entrare in casa, dove Shannyn non
aveva aspettato nemmeno un secondo per parlargli.
- Mi dispiace per oggi,
sono davvero un’arpia quando mi ci metto. In effetti venerdì ero stata un po’
troppo categorica e quindi se hai pensato che fosse meglio non chiamarmi avevi
tutte le ragioni del mondo per pensarlo.- Detto questo si era avvicinata e aveva
appoggiato prima la testa contro la sua spalla, aderendo poi a lui del tutto.
- Sono stata insofferente,
non so se l’hai pensato davvero o me lo sono immaginata io che tu l’abbia fatto,
perché mi sento la coscienza sporca, se l’hai fatto non posso che darti ragione.
Davvero, mi dispiace tantissimo, tu sei sempre così carino e dolce e io non
faccio che tenerti lontano. Devo essere pazza, o forse questo concerto mi sta
facendo diventare così, non lo so.-
Dominic le aveva stretto le
braccia attorno alla schiena. Ecco che aveva cambiato nuovamente e
repentinamente umore, era stato più forte di lui, e comunque dopo quello che gli
aveva appena detto Shannyn proprio non avrebbe più potuto essere arrabbiato con
lei.
- Lo so, dai, non è
successo niente. E poi non sei affatto pazza e di certo non credo che lo
diventerai, sei solo stressata, e stanca. Dovresti fermarti un attimo a
respirare ogni tanto, ti farebbe bene.- le aveva detto conciliante,
stringendola.
Erano rimasti fermi per
qualche secondo, poi Shannyn si era discostata di poco, giusto quello che
bastava per dargli un bacio.
- C’è un’altra cosa che ti
ho detto venerdì al telefono, - aveva cominciato a dire mentre continuava a
dargli dei piccoli baci, intervallando ogni parola, - ti avevo lasciato a
riflettere su un certo passo successivo. L’hai fatto?-
Era stato quel discorso sul
fatto che lei aveva detto che avrebbe voluto ricoprirlo di bacetti, in un certo
senso quello che stava poi facendo in quel momento. Per tenerlo sulle spine gli
aveva detto che il proseguo l’avrebbe lasciato alla sua immaginazione.
- No, non l’ho fatto.-
aveva risposto lui, non smettendo di rispondere a quei baci.
- Male, malissimo direi.-
aveva commentato Shannyn, sorridendogli.
Dominic ormai sapeva
piuttosto bene che significava quel modo di porsi, così decise di assecondarla
in quel gioco, del resto in quel momento non avrebbe potuto desiderare di
meglio.
- Hai intenzione di punirmi
perché non ho fatto i compiti?- le aveva detto cominciando sensualmente ad
accarezzarle la schiena.
- No, le punizioni non
servono a niente, piuttosto temo che dovrò passare tutta la notte a rispiegarti
tutto. Con gli alunni che hanno qualche difficoltà a capire bisogna avere molta
pazienza e voglia di applicarsi.- aveva continuato anche lei, ricambiandogli le
carezze.
- Io ho un sacco di
difficoltà, lo sai? Ho paura che dovrai applicarti molto per seguirmi… e poi
sono un discolaccio, a volte faccio finta di non capire, perché mi piace molto
quando mi ripeti le cose.-
Shannyn gli aveva sorriso
nuovamente. - Anche tu dovrai applicarti molto… anche gli insegnanti hanno, come
dire, bisogno di essere gratificati.- Dicendo questo aveva fatto scorrere la sua
mano dalla spalla di lui verso il basso. In un gesto che sembrava assolutamente
spontaneo si era fermata appoggiando la mano praticamente di peso alla cintura
di Dominic.
Aveva sentito le dita di
lei sfiorargli la pelle lievemente, insinuandosi appena sotto la stoffa dei suoi
jeans. Era un gesto estremamente sensuale, Dominic aveva sentito dei brividi
corrergli lungo la schiena, prima delle reazioni che quella situazione gli stava
portando. Era rimasto un momento fermo e in silenzio a godersi ciò che sentiva,
prima di continuare quel gioco.
- Allora bisognerà che ci
mettiamo subito al lavoro, inutile che perdiamo tempo in chiacchiere, ti pare?-
Dicendo questo aveva fatto
scorrere una mano lungo la sua schiena lentamente, fino ad arrivare ad
accarezzarle il collo. Le aveva appoggiato il palmo della mano dietro la nuca,
quasi a sostenerle la testa leggermente, con delicatezza aveva fatto in modo di
farla avvicinare con il viso al suo e l’aveva baciata intensamente per qualche
secondo prima che entrambi decidessero di raggiungere il piano superiore.
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Capitolo 8 *** Indiscrezioni ***
Nuova pagina 1
Buona
serata a tutti!
Grazie
mille del commento Bloody, sono contenta che la storia ti prenda! Dei nomi non
preoccuparti, tanto capisco lo stesso. In bocca al lupo per la tesi, già che ci
sono… fai bene a prenderti le tue distrazioni, mica puoi stare tutto il giorno
con il capo chino sui libri, diventi scema! Il bello è che io non ci sono mai
stata troppo sui libri e grulla lo sono diventata lo stesso… ehm… vabbeh, lo
sanno tutti che sono un caso clinico, non badate a me!
Comunque, causa di forza maggiore esami universitari, anch’io non riesco a
postare frequentemente come ho sempre fatto, quindi spero di non risultare
troppo veloce stavolta. Dall’altra parte mi dispiace per tutti quelli che erano
abituati al mio precedente ritmo. Si fa quel che si può!
Buona
lettura e buon fine settimana, Mandy
v
Capitolo
Settimo – Indiscrezioni
Dominic si era rivestito
alla buona, giusto quello che bastava nell’eventualità che avesse incontrato
qualcuno in giro per la casa. Era stato strano aver pensato a chiudere la porta
quando lui e Shannyn erano entrati nella sua camera da letto, in genere non si
doveva mai preoccupare di certi particolari vivendo da solo. Si era stupito in
quel momento addirittura di aver potuto pensare ad una simile cosa.
Prima di alzarsi del tutto
si era girato per un momento verso Shannyn che gli aveva sorriso, si era
leggermente chinato su di lei per baciarla. A bassa voce le aveva detto che
avrebbe fatto in un attimo, prima di mettersi in piedi ed uscire dalla sua
stanza.
Per lo meno quello sarebbe
stato il suo intento, ma non appena era arrivato in cima alle scale aveva
sentito le ultime battute di una conversazione telefonica che avrebbe preferito
non sentire. In un certo senso quelle poche parole che era riuscito ad udire
mentre stava lì fermo senza osare muoversi gli avevano in parte chiarito alcuni
dei suoi dubbi, ma dall’altra parte avevano fatto sì che le domande crescessero
su altri fronti, senza che potesse evitarlo.
Non aveva udito le parole
che Irene stava pronunciando distintamente, aveva capito semplicemente che stava
parlando con il marito, Dominic inoltre si chiese come mai lo stesse facendo a
quell’ora tarda della notte, considerando anche il fuso orario che li separava
dall’Inghilterra. Aveva sentito porre una domanda, quando vieni, citare
poi Owen nel discorso successivo. Irene aveva detto, e questo l’aveva udito
distintamente, una frase del tipo ci pensi a lui, a quello che potrebbe
significare per nostro figlio?
Immediatamente dopo aver
detto quella cosa si era scusata, ammettendo che aveva tirato un colpo basso.
Poi aveva attaccato il telefono e aveva cominciato a singhiozzare.
Si era concessa solo pochi
secondi di quello sfogo, Dominic senza farsi scorgere l’aveva osservata mentre
cercava con tutte le forze di imporsi la calma ed era rimasto immobile, senza
riuscire a decidere cosa fare.
Aveva una voglia quasi
incontenibile di raggiungerla, avrebbe voluto che lei potesse trovare un
appoggio in lui, ma sapeva che poteva rischiare di essere indiscreto. Già non
avrebbe dovuto spiarla, sarebbe stato meglio se fosse tornato immediatamente in
camera sua non appena aveva visto quella scena, uscendo solo quando il campo
fosse stato libero.
Alla fine aveva vinto
l’irrazionalità però, su tutti i fronti: non era riuscito ad impedirsi di fare
quei pochi passi che lo separavano dalla cucina. Avvicinandosi ad Irene fece
finta di essere assolutamente all’oscuro di quello che aveva udito pochi secondi
prima.
- Ciao!- l’aveva salutata
cercando di usare un tono di voce gaio.
Irene era come trasalita,
si era passata il dorso della mano lungo la guancia destra, poi, probabilmente
contando sulla luce molto bassa che illuminava la stanza, si era girata cercando
di fare finta di niente.
Dominic le aveva sorriso,
Irene anche aveva ricambiato il gesto. Fingendo indifferenza si era avviato
verso il frigo prendendo una bottiglia d’acqua e quindi due bicchieri, che aveva
messo sul tavolo al quale Irene teneva appoggiati i gomiti.
- Non riesci a dormire?- le
aveva chiesto per rompere il ghiaccio.
- Già, è una nottataccia.-
mentì Irene, mentre guardava i due bicchieri che Dominic aveva appoggiato
momentaneamente sul tavolo chiedendosi cosa dovesse farci. - Anche tu non dormi
però…-
Lui le aveva sorriso. -
Pare che stavolta la fortuna voglia almeno un po’ girare dalla mia parte, così…-
- Che stai cercando di
dirmi, che il campanello che è suonato poco dopo che sono andata a dormire non
era qualcuno che aveva sbagliato?- aveva chiesto sorridendogli complice Irene,
che comunque immaginava di che natura potesse essere quello che la dea bendata
gli aveva portato.
Dominic aveva puntato gli
occhi sul tavolo, il fatto che Irene potesse immaginare benissimo cosa fosse
appena successo tra lui e Shannyn lo imbarazzava leggermente. Tuttavia erano due
adulti entrambi ormai, quindi s’impose di essere tale. - E’ venuta qui dopo le
prove in teatro, era solo un po’ nervosa stamattina, per questo ha reagito in
quel modo. Anzi scusami se ti ho assillato stasera, è che ogni tanto mi faccio
prendere da delle paranoie assurde e finisco per rompere le palle a tutti!-
aveva risposto sorridendole. - Mai una volta che pensassi che forse gli altri
potrebbero avere ben altri problemi e non aver voglia di sentire i miei, vero?-
aveva aggiunto.
Irene ovviamente capì che
Dominic, quanto meno, doveva aver intuito che non tirava una buona aria. Essendo
una persona gentile e discreta non le aveva chiesto direttamente cosa non
andasse, cosa che per sua fortuna le aveva lasciato la facoltà di tergiversare
sull’argomento. Di certo non poteva parlare con Dominic dei suoi problemi, non
per colpa sua ovviamente, Irene aveva l’idea che lui sarebbe stato un ottimo
interlocutore, era semplicemente per il fatto che proprio lei non voleva e non
poteva parlarne.
- Beh, sono contenta che è
finito tutto in una bolla di sapone… che aspetti, torna da lei o ti darà per
disperso!- gli aveva detto sorridendogli.
Non era rimasto molto
soddisfatto della riuscita del suo stratagemma, ma le ricambiò il sorriso come
se nulla fosse. L’unica cosa che si sentì di fare, era stato di darle nuovamente
la buonanotte, in modo più affettuoso del solito. Si era avvicinato e le aveva
dato un bacio su una guancia.
Irene aveva ricambiato il
saluto, quindi lo aveva guardato mentre spariva verso il piano superiore.
Anche se aveva cercato di
calmarsi era scoppiata a piangere nuovamente, forse proprio per via di quel
gesto affettuoso con cui Dominic aveva voluto tacitamente dirle che lui c’era.
Quella volta non riuscì a farsi forza per smettere, sperando che non ci fossero
altre visite a sorpresa si dette un po’ di tempo per sfogarsi prima di tornare
in camera a dormire.
***
Shannyn si era svegliata
prima di Dominic. Ormai non era certo una nuova arrivata in quella casa, sapeva
muoversi bene lì dentro e sapeva di poterlo fare, quindi era scesa dal letto per
recuperare i suoi vestiti, con l’intento di vestirsi e andare al piano inferiore
per preparare un caffè e andare a svegliare Dominic subito dopo.
Sapeva che effettivamente
aveva diverse cose da farsi perdonare, era per questo che non si era dimostrata
troppo infastidita del fatto che lui ci avesse impiegato tutto quel tempo solo
per prendere un bicchiere d’acqua la notte prima. Lì per lì si era chiesta
perché l’aveva lasciata da sola per tutto quel tempo, per poi sentirsi
rispondere niente quando gli aveva chiesto con il sorriso sulle labbra
cosa fosse successo. Non aveva ribattuto, optando per essere più
accondiscendente possibile.
Dominic era carino, era
gentile, era semplice stare con lui perché non era una persona complicata da
gestire, era questo che le piaceva. Poteva permettersi di tirare la corda con
lui ogni tanto, sapeva che poi le cose tornavano apposto con poco, senza che
dovesse sforzarsi troppo. Per lei era una fortuna aver trovato un uomo che fosse
caratterialmente in quella maniera e nel frattempo una personalità di spicco.
Era una rarità a cui non voleva rinunciare, per questo in quel momento stava
cercando di rimediare alle sue stranezze dell’ultimo periodo.
Appena era uscita dal bagno
per un momento si era fermata a guardare Dominic che dormiva tranquillamente
nella penombra, quindi, cercando di non fare troppo rumore era uscita, trovando
la cucina già precedentemente occupata. Si era ritrovata imbarazzata di essersi
imbattuta in Owen e Irene, non aveva fatto i conti con quell’eventualità.
- Buongiorno Shannyn come
va?- l’aveva salutata Irene, appena l’aveva vista arrivare.
- Bene, ti ringrazio, e
tu?-
- Non c’è male.- aveva
risposto Irene, rendendosi conto che quella conversazione stava uscendo fuori in
modo davvero troppo formale.
Owen era concentrato nella
sua tazza di cereali, aveva notato e salutato Shannyn solo quando se l’era
trovata davanti, accorgendosi del suo arrivo solo per il fatto che Lilly le era
andata incontro, ottenendo anche da lei una carezza e un complimento.
Tranquillamente aveva fatto
per prendere l’occorrente per fare il caffè, quando Irene le aveva fatto notare
di averlo già fatto. Shannyn le aveva sorriso quasi come se si stesse scusando.
- Ti dispiace se lo
finisco?- aveva detto mentre prendeva due tazze, - vorrei portarne uno a
Dominic.- aveva spiegato.
In verità Irene ne aveva
fatto di più proprio nell’eventualità che si verificasse una cosa simile, era
quasi come se se l’aspettasse. Ovviamente l’altra ignorava che sapesse della sua
presenza, quindi le disse semplicemente che non c’era alcun problema.
Mentre Shannyn tornava al
piano superiore, Irene si era soffermata un momento a riflettere. Era solo la
seconda volta che la vedeva, non la conosceva affatto, eppure provava
un’antipatia non fortissima, ma praticamente innata nei suoi confronti. Anche se
si era imposta di farsela piacere per il quieto vivere in quella casa non le
riusciva, stava usando tutta la sua diplomazia in quel momento per essere
gentile.
Francamente non le sembrava
un tipo di ragazza dolce e carina che porta il caffè a letto al fidanzato la
mattina, per dirla tutta non le sembrava nemmeno il tipo di ragazza adatta a
Dominic, quel gesto le puzzava e a ragione. Sapeva perfettamente che c’era
qualche problemino tra loro, lo sapeva anche meglio di Dominic probabilmente, e
quelli li vedeva davvero come gesti studiati ad arte.
In ogni modo si distolse
immediatamente da quei pensieri, dato che Owen si era alzato non senza una certa
difficoltà dalla sedia dopo aver finito di mangiare e le si era piazzato davanti
alzando la testa e guardandola preoccupato. Quando Irene aveva abbassato lo
sguardo e aveva notato il suo, quello con cui l’aveva guardata fin da quando si
era svegliato quella mattina, gli aveva immediatamente sorriso, cosa che fece
sorridere anche il bambino con suo sollievo.
- Hai finito? - gli aveva
chiesto più dolcemente che poteva. Owen aveva annuito.
- Allora andiamo a
prepararci ed usciamo, va bene?-
Dopo aver messo le
stoviglie sporche nel lavello gli aveva porto la mano, il bambino l’aveva presa
e insieme si erano diretti al piano superiore.
Poco più tardi l’aveva
lasciato all’asilo, quindi era andata verso la fermata dell’autobus con calma,
dato che non rischiava di fare tardi, mettendosi a pensare a tutta quella
situazione, soprattutto al fatto che Owen ne risentiva forse più di tutti. Era
ovvio che quella mattina suo figlio aveva subito percepito il suo cupo stato
d’animo, avrebbe potuto capirlo da ogni suo gesto nervoso, da ogni parola che
non gli aveva detto e da quelle che gli aveva detto in modo meno dolce del
solito. Era un bambino sensibile, che intuiva al volo certe cose, anche se non
riusciva a capirle fino in fondo per la distanza che avevano dal suo mondo.
Si sentiva una pessima
madre in quel momento, un’egoista e una donna stupida.
***
Dire che fosse imbarazzato
era usare un gentile eufemismo. Eppure avrebbe dovuto esserci abituato ormai,
non era certo la prima volta che gli capitava che una persona si ritrovasse
davanti a lui e si dimostrasse fin troppo emozionata. Poi pensava che Irene
avesse già detto alla baby sitter di Owen di chi era quella casa, evidentemente
non l’aveva fatto.
Era rientrato in casa
proprio mentre Irene stava parlando con Grace nel soggiorno, Owen invece era
seduto sul tappeto davanti all’entrata dove aveva sparpagliato tutte le sue
costruzioni. Da principio non si era minimamente accorto delle due donne, si era
prima avvicinato ad Owen mettendosi in ginocchio sul tappeto e sedendosi sui
talloni, il bambino gli aveva mostrato ciò che stava costruendo.
Era uno strano aggeggio con
le ruote, che Owen gli aveva presentato come una macchina, ma non è che Dominic
avesse poi molto capito cosa fosse.
- Mamma dov’è?- gli aveva
chiesto dopo poco.
Owen non aveva fatto che
puntare il dito vero il soggiorno, Dominic si era girato in quella direzione, ma
dalla sua prospettiva non aveva visto nessuno. Si era alzato per un momento e si
era avviato, scorgendo le due donne sedute intorno al tavolo che stava in un
angolo, Irene aveva dei fogli davanti.
- Ciao, mi chiedevo dove ti
eri cacciata.-
Irene si era voltata e
aveva risposto al saluto, ovviamente anche la ragazza che sedeva accanto a lei
si era voltata verso di lui ed era trasalita, non certo per la paura.
- Tutto bene Grace?- le
aveva chiesto l’altra donna lievemente allarmata, mentre la ragazza continuava a
guardare Dominic incredula.
Lui dal canto suo aveva
sorriso e aveva girato lo sguardo, lo metteva lievemente a disagio il modo in
cui lei lo stava guardando, si sentiva passato come sotto una lente
d’ingrandimento. Si era avvicinato e le aveva teso la mano per presentarsi, solo
a quel punto Grace si era scossa.
Era saltata in piedi di
scatto, Dominic ebbe l’impulso di spostarsi leggermente indietro, cosa che
definitivamente aveva fatto ridere Irene, che già da qualche secondo stava
stoicamente cercando di non scoppiare a ridere.
- Mi scusi, ehm… scusatemi,
volevo dire…- aveva detto la ragazza guardando anche Irene. Quindi si era decisa
a dare la mano a Dominic:- Grace - aveva detto, guardandolo aveva cominciato a
sorridere con l’aria leggermente sognante.
- Di che, scusa?- aveva
risposto Dominic alle sue scuse, cercando di metterla a suo agio.
- No, sa, è che non mi
aspettavo di trovare lei proprio lei qui…- aveva fatto un’altra pausa sempre con
il solito sorriso in faccia. - Mi scusi, le devo sembrare una stupida!- aveva
concluso mettendosi una mano davanti al viso in un gesto quasi pudico.
Dominic prima di
risponderle l’aveva osservata un momento nell’insieme: era una ragazza carina,
dal fisico longilineo. Aveva molto l’aria della classica ragazza per bene, cosa
che si evinceva da come si presentava: una gonna color grigio chiaro appena
sopra il ginocchio, portava dei sandali celesti in tinta con la maglia, sul viso
carino dai tratti regolari si poteva leggere una leggerissima traccia di trucco
e i capelli biondi che le arrivavano all’altezza delle spalle erano raccolti in
una mezza coda dietro la testa.
Insomma, sembrava proprio
la classica acquacheta…
- Se vuoi mi puoi dare del
tu, dato che ci vedremo spesso e volentieri penso che sia meglio per tutti, no?-
Grace aveva per l’ennesima
volta sorriso nel suo solito modo, portandosi la mano davanti alla bocca nemmeno
stesse facendo qualcosa di disdicevole.
- Va bene… Dominic…- nel
dire il suo nome aveva sorriso. Un’altra volta.
- Allora vi lascio in
pace.- aveva detto lui tagliando corto, non gli sembrava proprio il caso di
continuare a stare lì, era solo motivo di imbarazzo.
Aveva salutato entrambe ed
era andato in camera sua a cambiarsi, quando era sceso aveva degnato di un po’
di attenzioni il suo cane. Lilly infatti, sentendosi ignorata quel pomeriggio,
si era piazzata all’imboccatura delle scale aspettando che scendesse, non appena
l’aveva scorto aveva cominciato ad agitare la coda e a guardarlo speranzosa.
- Che vuoi tu adesso?- le
aveva chiesto lui poggiandosi le mani sui fianchi e guardandola fingendo di
essere minaccioso. Lilly aveva guaito come se volesse rispondergli, a quel punto
l’aria finta minacciosa era sparita lasciando spazio ad una risata che era
venuta spontanea.
Qualcun’altro aveva riso
nel vedere la scena, Dominic si era accorto che Owen li stava guardando. Era
sceso quindi andando incontro alla sua cagnolina, si era seduto sul secondo
gradino della rampa e si era messo a farle un po’ di coccole.
Owen aveva continuato a
guardarli per un po’, quasi circospetto, poi si era avvicinato e si era unito a
Dominic. Lilly nel sentire che tanta attenzione era rivolta verso di lei aveva
cominciato a pavoneggiarsi.
- Ma guarda che gran…-
paracula, avrebbe voluto dirle, fortunatamente, rendendosi conto che non
avrebbe potuto farlo davanti al bambino, si era fermato appena in tempo. -…bella
cagnolina che sei!- aveva concluso.
Owen si era messo a
ridacchiare, Dominic non capì il perché sul momento, poi guardò dove stava
guardando il bambino e vide che era perché il cane stava sbattendo la coda sul
suo piede ad intervalli regolari, così sorrise anche lui.
- Ti piace Grace? - gli
aveva chiesto Dominic quindi, tanto per chiacchierare un po’.
- Sì. - aveva risposto lui,
sempre accarezzando la testa di Lilly. - E’ carina.- aveva aggiunto.
Dominic pensò che era un
termine davvero adatto alla tipologia di ragazza che era.
- Già è carina.- aveva
ribattuto.
- Però Lilly è più carina.-
aveva osservato il bambino.
Dominic gli aveva sorriso.
- Ma Lilly è un cane! Come cane di certo è più carina di Grace… Grace è una
ragazza carina.-
- Però mi piace di più
Lilly.- aveva osservato serio l’altro. - Lo sai che l’ho disegnata?-
- Davvero?- aveva chiesto
Dominic, appena in tempo perché Owen scappasse correndo verso il piano di sopra
tornando poco dopo con il suo zainetto a forma di testa di Pikachu.
Dominic non l’aveva visto
tornare, aveva sentito che cercava di attirare la sua attenzione tirandogli una
manica della camicia. Si era girato verso il bambino e si era ritrovato davanti
alla faccia un foglio piegato a metà, aprendolo aveva visto che era il famoso
ritratto, con scritto in basso Owen a caratteri cubitali.
- Caspita ma sei bravo
davvero, hai scritto anche il tuo nome!- aveva esclamato.
- Me l’ha insegnato papà.-
aveva spiegato il bambino.
Ancora guardando il
ritratto del suo cane, che per quanto fosse evidentemente fatto dalla mano di un
bambino aveva in sé una somiglianza sconcertante, non aveva potuto non chiedersi
com’è che un bambino di nemmeno quattro anni fosse anche capace a scrivere.
Quando aveva fatto per
restituirgli il foglio Owen gliel’aveva ridato. - E’ per te.- aveva detto
- Lo posso tenere davvero?-
aveva chiesto Dominic, Owen aveva annuito.
- Grazie.- gli aveva detto
sinceramente.
Dopo un po’, quando Grace
se n’era andata, Irene aveva raggiunto lui e il bambino. Si era seduta sul
gradino accanto a Dominic, l’aveva guardato con fare sornione mentre faceva una
carezza a Owen che si era seduto tra le sue gambe sul gradino inferiore.
- Ma che gli fai alle
donne…- aveva scherzato, riferendosi alla reazione che aveva avuto Grace nel
trovarselo davanti.
- Non lo so mica… è che lo
faccio a quelle sbagliate. - aveva ribattuto Dominic mettendosi a ridere con
lei.
Quando erano stati da soli,
non molto tempo dopo, Dominic aveva mostrato orgoglioso alla donna il disegno,
dicendole quanto trovava bello sia il disegno stesso che il gesto del bambino.
Irene era stata contenta che suo figlio avesse dato un segno di essersi
affezionato almeno un po’ a Dominic.
- Ma poi sa scrivere, è
veramente bravo.- aveva commentato in fine.
- Beh, sa scrivere forse è
esagerato… sa scrivere il suo nome, scrive mamma, papà, nient’altro. Leggiucchia
anche qualcosina, ma non ci trovo niente di strano. E’ un bambino estremamente
intelligente e curioso, questo sì, ma è normalissimo, di certo non un genio!-
gli aveva spiegato la donna.
La loro serata era
continuata come erano state le altre precedenti, Owen poco dopo le nove era
stato portato a letto dalla mamma, anche se si era lamentato, come al solito,
che non aveva ancora sonno. Si era fatto aiutare per scendere dalla sedia,
quindi aveva dato la mano ad Irene, quasi come per farsi condurre.
Quella sera però aveva
fatto una cosa insolita: quando era stato vicino alle scale aveva lasciato la
mano della donna ed era tornato indietro trotterellando verso Dominic che lo
guardava incuriosito per il cambio di rotta. Appena era stato davanti a lui
aveva allungato le braccia verso l’alto, Dominic intuendo di che natura fosse
quella tacita richiesta si era abbassato arrivando alla sua altezza, quindi il
bambino aveva stretto le braccia intorno al suo collo e gli aveva dato un sonoro
bacio su una guancia.
- Buonanotte.- aveva
aggiunto, poi, sempre trotterellando, era tornato verso Irene che lo aspettava
davanti alle scale.
Dominic per un momento era
rimasto semplicemente a guardarlo sorridendo, aveva risposto al suo saluto
quando aveva già dato nuovamente la mano a Irene.
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Capitolo 9 *** Dubbi irrisolti ***
Nuova pagina 1
Buon
lunedì!
Grazie
del commento Crazy! Solo sono un po’ preoccupata… ma non ho reso bene il
personaggio oppure è solo una tua visione che non te lo rende credibile? Spero
sia la seconda, se non ho fatto un buco nell’acqua!
Buona
lettura, Mandy
v
Capitolo Ottavo - Dubbi irrisolti
Il trillo insistente del telefono aveva quasi fatto
trasalire Dominic, che aveva tirato fuori il braccio da sotto il lenzuolo
raggiungendo il cordless sul comodino accanto al letto
- Mamma…- disse senza dimostrare indecisione su chi fosse
dall’altra parte.
- Ciao tesoro, come sapevi che ero io?-
- Perché qui sono le cinque di mattina e l’unica persona
che mi chiama a quest’ora sei tu!- aveva detto Dominic con la voce sia un po’
impastata per il fatto che stava dormendo, sia leggermente accusatoria.
- Porca miseria, mai possibile non voglia entrarmi in
testa!- aveva commentato la donna un po’ dispiaciuta. - Dai, rimettiti a
dormire, ci sentiamo dopo il lavoro…-
Dominic l’aveva interrotta: - Ormai il danno è fatto,
quindi… come va a casa?-
Avevano chiacchierato per pochi minuti sulla famiglia e
dintorni e delle varie cose quotidiane riguardanti la vita di entrambi, poi sua
madre gli aveva chiesto come andasse con Irene ed Owen. - Per la verità ti avevo
chiamato soprattutto per questo, dato che tu sistematicamente non chiami mai!-
aveva chiarito scherzando la donna.
- Mamma, ma c’ho da fare!- aveva ribattuto energicamente
Dominic, anche se sapeva che effettivamente nelle ultime due settimane era stato
un po’ troppo assente.
Dopo che si erano becchettati un po’ su quell’argomento
avevano parlato di quello da cui erano partiti. Dominic si rese conto che era
veramente la prima volta dopo due settimane che aveva occasione di parlare
davvero di come fosse cambiata la sua vita da quando erano entrati a farne parte
Irene ed Owen, seppur in un modo non sicuramente totale e duraturo. Nessuno
gliel’aveva mai chiesto prima.
Aveva raccontato a sua madre che le cose andavano bene, che
se in un primo momento con Irene c’era stato un po’ d’imbarazzo il loro rapporto
stava diventando anche bello. Con il tempo, anche se se ne sarebbero andati da
casa sua, gli sarebbe piaciuto continuare a frequentarla spesso. Gli sembrava di
star instaurando proprio un bel rapporto di amicizia con lei.
- Se devo essere sincera me l’aspettavo, conoscendoti…-
aveva commentato sua madre.
- Conoscendomi cosa, scusa?- aveva ribattuto lui perplesso.
- No, sai, in genere tu sei sempre stato un tipo che tende
ad essere, come dire, più comunicativo di come sono in genere gli uomini nei
confronti delle donne? Insomma, dai, ti piace stare con le donne, la loro
compagnia, chiacchierarci di cose anche prettamente femminili, cose del genere.-
- Mamma, sono un uomo, sono eterosessuale, ho gli ormoni
tutti al loro posto, mi sembra più che normale che mi delizio in compagnia
dell’altro sesso!- aveva ribattuto, ancora una volta energicamente.
- Sì, ma lo sai che non intendevo in quel senso… a
proposito del fatto che hai gli ormoni tutti al loro posto, la super donna
modella, musicista e chissà quante altre cose ancora come sta? Uscite sempre?-
Dominic aveva riso, forse nelle loro conversazioni
precedenti aveva esagerato con il parlarle di Shannyn. - Shannyn sta bene, un
po’ stressata, ha un concerto fra pochi giorni ed è sotto pressione.-
- Ah, poverina…- aveva commentato non troppo convinta la
donna, per poi cambiare argomento ancora una volta repentinamente. - Senti, ma
con il bambino? Non mi hai detto niente di Owen, dì, non è un tesoro quel
bambino?-
- Da morire, mi piace un sacco.- aveva cominciato a
raccontarle Dominic. - All’inizio per la verità non è che gli ero tanto
simpatico, ma adesso le cose vanno molto meglio.-
Aveva preso a raccontarle qualche episodio, come quello del
disegno, che in quel preciso momento si era girato a guardare nella penombra
della sua stanza dato che lo aveva attaccato allo specchio dell’armadio.
- Ho capito una cosa essenzialmente. È un bambino
particolare Owen… non fraintendermi, non è che è strano, è che bisogna saper
conquistarsi la sua fiducia, tutto qui. Poi, se proprio devo essere sincero
mamma, alla fine di tutta questa faccenda non è lui che mi preoccupa.-
- Che stai cercando di dirmi scusa?- aveva chiesto la donna
cambiando sensibilmente tono di voce da allegro a preoccupato, in un certo senso
confacendosi anche al tono che aveva usato il figlio nel pronunciare l’ultima
frase espressa.
Dominic si rese conto di non aver fatto una cosa molto
intelligente a rendere partecipe sua madre del fatto che a suo parere ci fosse
qualcosa di oscuro in quella faccenda. Sapendo di quale entità fosse la
curiosità della donna era perfettamente cosciente del fatto che non se la
sarebbe tolta più di torno se prima non le diceva cosa gli stesse passando per
la testa, era per questo che, pur cercando di mantenersi sul vago, non tentò
nemmeno di fare finta di niente.
- Mah, niente d’importante in verità, solo che la vedo un
po’ stressata per l’esame che ha fatto, per prendere l’abilitazione per
esercitare qui. L’ha dato qualche giorno fa ma adesso c’è da aspettare il
risultato, non so se rendo… ma a parte questo, che poi è la cosa meno
importante, mi chiedevo come possa una coppia sposata e affiatata stare lontana
per circa due anni quando c’è anche un bambino di mezzo, tutto qui. E’ su Irene
che mi faccio delle domande, non su Owen insomma.-
Sua madre aveva taciuto per qualche secondo, come per
raccogliere le idee. - Se proprio devo essere sincera Dominic non sei l’unico a
farsele queste domande. Anche Melanie mi ha parlato di qualche suo dubbio, ma
adesso non è il momento e il luogo per dirtelo. Magari ne riparliamo in un altro
momento, mi richiami tu?-
- Va bene, almeno io mi so organizzare con il fuso orario!-
aveva scherzato.
- Ma quanto sei antipatico e pignolo… io sono vecchia è un
po’ suonata, tu sei giovane e hai più senso pratico, vorrei ben vedere che tu
sbagliassi fuso orario!-
- Avrei da obbiettare su un paio di punti, ovvero che se
sei suonata non è certo colpa dell’età e che io non ho poi tutto questo gran
senso pratico. Ah, e poi non sei così vecchia dai, se la vita comincia a
quarant’anni tu non ne dovresti avere più di… ehm… quanti anni hai mamma?-
- Devo ridere? Oppure posso farne a meno? Rimettiti a
dormire va, brutto disgraziato!-
Dominic intanto ridacchiava, se avesse potuto vedere in
faccia sua madre avrebbe visto che anche lei aveva un sorriso stampato sulla
faccia. Ogni tanto gli mancava il fatto di non poter aver vicina la sua
famiglia. - Mamma…-
- Che vuoi?- gli aveva risposto la donna fingendosi
scocciata.
- Lo sai che ti voglio bene, anche se ogni volta che mi
telefoni sistematicamente mi butti giù dal letto alle cinque di mattina?-
- Si lo so, lo faccio apposta per metterti alla prova e per
vedere se ti meriti il fatto che io ti adoro…-
- Addirittura…- aveva commentato Dominic scherzando.
- Debolezze, che vuoi farci, ognuno ha le sue!-
- Eh beh, ti capisco, come si fa a non adorarmi… allora ti
richiamo una di queste sere, così parliamo un po’, va bene?-
- Fingerò di non aver sentito il tuo simpatico commento,
ora fammi attaccare che ho da telefonare a tuo fratello, mica sei l’unico che
adoro, che ti credi!-
- Ci mancherebbe altro, ciao mamma!-
- Salutami Irene e il bambino, ciao.- gli aveva detto, poi
aveva riattaccato.
Dominic si era tenuto ancora per un secondo la cornetta
attaccata all’orecchio prima di rimetterla a posto, sorridendo divertito. Doveva
dire che spesso ne valeva la pena farsi buttare giù dal letto.
Anche se era prestissimo il sole cominciava a spuntare, lo
deduceva dai fasci di luce intensa che entravano da qualche spiraglio che
lasciava entrare la tapparella completamente abbassata. Decise di alzarsi, tanto
non sarebbe più riuscito a dormire, avrebbe potuto fare una passeggiata con
Lilly già che c’era. Era un bel po’, se si escludeva la volta in cui l’aveva
portata con se fino all’asilo di Owen, che non la portava a fare due passi
fuori. Mentre era in bagno preparandosi per uscire gli venne in mente il parco
vicino a casa di Shannyn, fu abbastanza facile sommare le due cose e pensare di
fare un saluto anche a lei. Pensò che poteva portare tranquillamente Lilly a
fare un po’ di corse e poi andare da lei dopo le otto, sapeva che Shannyn non si
alzava mai più tardi di quell’ora.
Cercando di fare piano era sceso in cucina per bere, Lilly
si era svegliata sentendo dei rumori e si era dimostrata abbastanza soddisfatta
del diversivo che le si prospettava davanti, nonostante il guinzaglio.
- Tanto al parco te lo tolgo.- le aveva detto Dominic
quando aveva fatto per metterglielo, quasi come per giustificarsi, cosa che in
verità sentiva di dover fare ogni volta che le imponeva quella costrizione.
Arrivati a destinazione ovviamente il parco era quasi
vuoto, Dominic aveva incontrato giusto un altro paio di persone che facevano
jogging e un’altra persona con cane al seguito, ma era davvero tutto tranquillo.
Dominic aveva lasciato che Lilly scorrazzasse libera per quasi un’ora mentre lui
si era seduto su una panchina ignorando gli inviti al gioco del suo cane.
- No! Non ci vengo a rotolarmi, non siamo mica a casa! Poi
mi riduci come l’altro giorno! Fai la brava che poi andiamo da Shannyn.-
Lilly l’aveva guardato come se volesse dirgli peggio per
te, non sai che ti perdi, Dominic quasi come se avesse recepito il messaggio
si era messo a tirargli la pallina giocattolo che si era portato, senza però
impegnarsi troppo, tanto che Lilly si era stufata presto del gioco e si era
messa ad annusare in giro.
Quando l’aveva richiamata erano tornati verso l’auto,
Dominic aveva parcheggiato pochi minuti dopo poco lontano a dove Shannyn
abitava.
Sembrava facile quella cosa, in effetti lo era anche in
termini pratici. Si trattava solo di entrare in un locale, prendere due
cappuccini d’asporto e qualche dolcino e andare verso casa sua, nient’altro.
Solo che lui si sentiva strano lo stesso, con una strana ansia addosso come se
stesse per fare qualcosa che non sapeva come sarebbe andata a finire. Era
abbastanza fastidiosa come sensazione, mentre faceva scendere Lilly dall’auto e
le rimetteva il guinzaglio aveva cercato di allontanarla.
Doveva ammettere che in quel momento era piuttosto
distratto e che non stava minimamente guardando dove mettesse i piedi, quindi
quando aveva urtato qualcuno, un uomo abbastanza più alto di lui che sembrava
avere una gran fretta, si era subito scusato. Non curandosi minimamente delle
sue scuse il tipo gli aveva detto un attento a dove metti i piedi poco
gentile e aveva continuato per la sua strada.
Lilly gli aveva abbaiato.
- Non ne vale la pena Lilly, gli stronzi meglio lasciarli
cuocere nel loro brodo…-
L’aveva visto per non più di un secondo in faccia, non ne
era sicuro, ma mentre si era avviato verso la caffetteria vicina a casa di
Shannyn aveva avuto il presentimento di aver già visto quella faccia da qualche
parte.
Si era distratto da quel pensiero solo quando era arrivato
alla porta di Shannyn, che lo aveva accolto dapprima perplessa, quasi agitata.
- Che ci fai qui?- gli aveva chiesto sorpresa.
Dominic aveva tirato su il sacchetto della caffetteria. -
Ti ho portato la colazione.-
Solo a quel punto Shannyn gli aveva sorriso, rassicurandolo
in un certo senso. Immediatamente però, non appena aveva notato che Dominic si
era portato dietro Lilly, si era chinata a fare delle carezze alla cagnolina.
- E io?- aveva esclamato lui fingendosi offeso.
Shannyn si era tirata su, gli aveva sorriso mentre gli
passava le braccia intorno al collo. - Entra in casa che una grattatina dietro
le orecchie la faccio anche a te, dai…-
Avevano riso entrambi prima di salutarsi con un bacio, dopo
il quale erano entrati in casa.
***
Dopo aver fatto diversi giri in centro Dominic era
rientrato a casa verso le cinque del pomeriggio. Per un po’ si era seduto sul
divano in soggiorno, aveva acceso la televisione guardandosi un po’ in giro. Era
rimasto lì finché non era rientrato Owen accompagnato da Grace.
La ragazza l’aveva salutato sorridendogli educatamente, ma
senza scomporsi troppo: non avevano mai avuto occasione di scambiare nemmeno due
parole e anche se lei era molto gentile e molto educata, alle volte era anche
troppo formale con lui. Dominic quell’atteggiamento l’aveva interpretato come un
voler a tutti i costi scacciare da davanti ai suoi occhi l’immagine che aveva
dato di se stessa la prima volta che l’aveva visto. Per la verità lui non aveva
avuto nessun problema e di certo non l’avrebbe mai mal giudicata solo per quella
volta, ma in un certo senso la capiva.
Owen invece, appena l’aveva visto gli era corso incontro. -
Lo sai che oggi io e Yume abbiamo fatto insieme un disegno grandissimo?- gli
aveva detto senza nemmeno salutarlo.
Dominic si era piegato sulle ginocchia in modo da arrivare
più o meno alla sua altezza.
- Che bravi, e che avete disegnato?-
- Una montagna con le case sopra, il sole e io davanti alla
casa più grossa ho fatto anche Lilly.-
- Ma disegni sempre Lilly? E a Pikachu non gli vuoi più
bene? Guarda che poi ci rimane male!-
- Ma l’ho già disegnato tante volte!- si era difeso Owen.
- Allora va bene! Ma quanto era grande il disegno che hai
fatto oggi?-
Owen sforzandosi aveva aperto le braccia il più possibile.
- Così?- gli aveva chiesto Dominic.
- No, più grosso.- aveva specificato il bambino.
- Caspita, ma allora ti ci sei sdraiato sopra per farlo!-
Avevano continuato a chiacchierare per un po’, Owen gli
aveva chiesto se voleva giocare un po’ in giardino con lui, ma Dominic non senza
un certo rammarico aveva dovuto dirgli di no.
Era leggermente in arretrato con lo studio, aveva un po’
trascurato il copione dietro alle mille cose che gli avevano movimentato la vita
in quell’ultima settimana. Constatandolo aveva deciso di essere più costante
perché assolutamente non voleva arrivare alle riprese con l’acqua alla gola.
Oltre che essere deleterio per lui era anche poco serio, quindi di mettersi a
giocare con Owen in quel momento proprio non era il caso. Era salito in camera
sua per cambiarsi e per prendere il copione, per poi mettersi da qualche parte
dove tranquillamente avrebbe potuto mettersi al lavoro.
Aveva telefonato nuovamente a sua madre subito nel primo
pomeriggio, in modo da non dimenticarsene, ma non è che lei gli avesse detto
cose che non sapeva, o cose nuove. Tuttavia era già qualcosa il fatto che anche
Melanie, la madre di Irene, avesse praticamente gli stessi suoi dubbi. Forse
qualcosa di fondato nei suoi sospetti c’era.
Non aveva potuto fare a meno di lambiccarsi almeno un po’
il cervello in proposito mentre si era già seduto in soggiorno con il fascicolo
sulle ginocchia, arrivando all’ovvia considerazione che lui proprio non poteva
fare niente, aveva le mani legate su tutti i fronti.
Non poteva chiederle cosa ci fosse che non andava, doveva
anche fingere per discrezione che tutto andasse bene e quindi non poteva
offrirle nessun aiuto. Niente.
Riprendendosi dai suoi vagheggiamenti aveva battuto la mano
su quelle pagine rilegate che aveva davanti agli occhi, come a voler attirare la
sua stessa attenzione, poi aveva detto ad alta voce:- Smettila di pensare ai
cazzi degli altri Dom! Studia!-
La sua concentrazione non era durata per più di un’ora,
fino a quando era rientrata Irene. Dominic aveva sentito prima la sua voce
provenire dal giardino dove Owen si era messo a giocare con Grace, quindi aveva
messo da parte il copione e si era alzato dal divano, appena in tempo perché
tutti rientrassero in casa. Dopo i vari convenevoli su come fossero andate le
giornate di entrambi Irene era andata a cambiarsi, Dominic stava per rimettersi
al lavoro sul copione quando Grace, che aveva ripreso la sua borsa e stava per
andarsene aveva attirato la sua attenzione.
- Scusami Dominic, posso farti una domanda?- gli aveva
detto, avvicinandosi a lui.
Lui era rimasto sulle prime un po’ perplesso, poi aveva
semplicemente sorriso e annuito.
Grace aveva sorriso di rimando. - No, so che sono un po’
indiscreta, però mi chiedevo se, ecco… insomma… ma tu sei il padre di Owen?-
- Ah…- aveva osservato lui prendendo atto della domanda,
rimanendo un momento in silenzio e pensando. - No, no, non è mio figlio - aveva
risposto.
- Scusami, sono stata indiscreta, solo che non riesco a
capire gli equilibri della vostra famiglia, poi scusami se mi permetto di dirlo,
tu sembri troppo giovane per essere suo padre.-
Dominic le aveva sorriso. - Per la verità non siamo una
famiglia, Irene è una mia amica, la ospito qui per un po’. Comunque potrei
tranquillamente essere il padre di Owen, non sono così giovane…-
Grace aveva sorriso nervosamente. - Scusami tanto Dominic,
sono stata davvero indiscreta, questi sono affari vostri e io forse ti ho
offeso, davvero, non era mia intenzione.-
Dominic in quel momento si era chiesto com’era che Grace si
prodigava sempre in mille scuse diverse con lui. Le cose erano due: o aveva la
fissa di sbagliare, o era lui ad essere burbero con lei, senza assolutamente
volerlo in ogni modo. Una cosa l’aveva colpito, pronunciava spessissimo il suo
nome mentre gli parlava, era un particolare che saltava all’attenzione.
- Tranquilla, davvero, non mi sono offeso e hai fatto bene
a chiedere.- le aveva detto per tranquillizzarla, poi aveva continuato, sempre
nell’intento di metterla a suo agio:- Per la verità pensavo che Irene ti avesse
messo al corrente di certe cose, anche di chi ero. Sai, non mi aspettavo che
rimanessi sorpresa.-
Grace si era messa una mano davanti al viso per sorridere,
nel solito modo che aveva di fare.
- Oh Cielo, non mi ricordare della pessima figura che ho
fatto… ti devo essere sembrata una stupida di prima categoria!-
Dominic si era preoccupato di aver peggiorato la
situazione, così aveva cercato di porre riparo:- Ma no, affatto, eri
semplicemente sorpresa. Ti preoccupi troppo, lo sai?-
- Può darsi.- aveva detto lei usando il suo solito tono di
voce, basso e carezzevole. - Allora io vado, ci vediamo domani… forse.- aveva
detto alludendo al fatto che non sempre lui era in casa quando rientrava con il
bambino.
- Penso di sì, nel pomeriggio non dovrei avere impegni.-
aveva chiarito lui
- Bene, mi fa piacere trovarti Dominic…- detto questo si
era bloccata per un momento, come se si fosse resa conto di aver detto qualcosa
di troppo. - Cioè, voglio dire che mi fa piacere se la casa non è vuota, sai, è
comunque un ambiente sconosciuto per me.-
- La casa non sarà vuota domani, promesso.- aveva risposto
Dominic, rendendosi conto che forse avrebbe potuto dare l’idea di star
flirtando.
Ma lui non stava affatto flirtando, anche se non ne era poi
così sicuro.
- A domani allora, ciao.-
Dominic aveva risposto al suo saluto, Grace andando verso
la porta accidentalmente l’aveva urtato. Si era voltata verso di lui pronta a
chiedere scusa, ma Dominic l’aveva guardata come a farla desistere dal farlo per
l’ennesima volta quel giorno.
- Ok… - aveva detto Grace, per poi sorridergli e avviarsi
una volta per tutte fuori di lì.
***
Quella domenica sera Irene stava guardando dei cartoni con
Owen sul divano quando Dominic era sceso pronto per uscire. Aveva richiamato la
sua attenzione per chiederle un parere sincero su come stava, la donna si era
girata a guardarlo. - Direi che stai davvero bene stasera!- aveva esclamato, per
poi alzarsi dal divano per raggiungerlo.
- Davvero? No, perché ho paura che magari potrei risultare…
che ne so… esagerato?-
Irene gli aveva appoggiato le mani sulle spalle come per
lisciare la stoffa della giacca che indossava, poi gli aveva aggiustato
leggermente il collo della camicia e la cravatta.
- Esagerato in che senso? A me sembra che tu stia davvero
bene, poi devi andare in teatro, quindi l’eleganza ci vuole! Su con la vita,
Shannyn non ha di che lamentarsi stasera!-
Dominic le aveva sorriso. - Grazie, si nota che sono
nervoso?-
- No…- aveva risposto incerta Irene. - Forse un po’ sì, ma
ti passa, non aver paura.-
- Mi dispiace che tu non possa venire.-
- Sarà per un’altra volta.- gli aveva detto Irene
sorridendogli. In verità aveva inventato la scusa che Grace non poteva badare ad
Owen quella sera, di fatto non ci teneva proprio a vedere Shannyn suonare. Per
di più riteneva che quell’occasione fosse solo per loro due, lei in quel
contesto non c’entrava assolutamente niente. Sapeva perfettamente che quel
concerto rappresentava una specie di traguardo, preferiva non intromettersi tra
Dominic e Shannyn, anche se non nutriva per forza di cose le stesse speranze per
la serata che lui aveva.
Anche Owen si era distratto dal cartone animato, si era
messo in ginocchio sul divano appoggiando la pancia allo schienale. - Dove vai?-
aveva chiesto a Dominic dopo averlo fissato per qualche secondo.
- A sentire Shannyn che suona. Stasera non ceno con voi, mi
dispiace.-
Il bambino si era alzato ed era andato verso di lui. - E
torni presto?-
- Non lo so, ma penso di no, credo che farò un po’ tardi.-
Gli aveva spiegato Dominic un po’ dispiaciuto.
- Va bene.- aveva risposto il piccolo senza esternare né un
particolare entusiasmo, né delusione. Quindi era tornato a sedersi in soggiorno.
Dominic aveva sorriso nel vederlo tornare da dove era venuto.
Poco dopo era uscito, dirigendosi verso la sua auto si era
reso conto di essere davvero nervoso.
Finalmente c’era quel concerto, e davvero Dominic sperava
che quello significasse la fine di quel periodo strano che lui e Shannyn avevano
vissuto.
E magari, perché no, l’inizio di uno completamente nuovo.
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Capitolo 10 *** Il perfetto regolamento per una serata tutta sbagliata ***
Nuova pagina 1
Buona
serata a tutti!
Grazie
mille a chi commenta e legge, buona lettura, Mandy
v
Capitolo Nono - Il perfetto regolamento per una serata tutta sbagliata
Erano quasi le due di notte quando era rientrato in casa.
Senza nemmeno accendere le luci era andato in soggiorno e si era seduto un
momento sul divano. Nemmeno Lilly l’aveva raggiunto, probabilmente si era messa
a dormire nella cuccia che lui le aveva lasciato nel corridoio al piano di sopra
e non l’aveva sentito.
Doveva ammettere con se stesso che se voleva essere davvero
pessimo la cosa gli riusciva molto bene, dopo quella sera Dominic non aveva più
nessun dubbio di quanto fosse alta la sua capacità di ingarbugliare situazioni
all’apparenza molto semplici da gestire.
Per dire la verità, sin dall’inizio della serata il suo
umore era stato estremamente volubile: era partito ansioso e pieno di
aspettative, per poi farsi leggermente infastidito per il fatto di aver ignorato
sino a quel momento il fatto che quella scuola di musica era talmente tanto
prestigiosa che c’era tutta la Los Angeles bene a quell’evento, politici
compresi, quindi anche la stampa locale, che ovviamente si era gettata a pesce
sulla sorpresa del tutto inaspettata che lui gli aveva fatto presentandosi per
di più a braccetto con una delle musiciste che si sarebbero esibite quella sera.
Una cosa che l’aveva favorevolmente colpito della faccenda era il fatto che
Shannyn aveva lasciato tranquillamente che li fotografassero insieme, gli sembrò
come se lei accettasse per la prima volta la loro relazione come dato di fatto.
Era già un piccolo passo, che in un certo senso lo aiutò a farsi passare il
fastidio e favorì notevolmente il suo stato d’animo successivo, ovvero
dall’estasiato al quasi commosso durante il concerto.
Aveva avuto già modo di sentirla suonare, ma
quell’occasione era diversa. Dato che le volte precedenti erano state quasi
tutte in ambito privato, Dominic non aveva mai potuto vederla a contatto con
l’ansia, con un pubblico che sicuramente era più esigente di quanto potesse
esserlo lui. L’atmosfera, sebbene poi fosse molto diversa, gli aveva ricordato
quando a Manchester faceva teatro. Conosceva bene la sensazione di ansia che ti
prende allo stomaco quando sei in attesa di fare la tua parte: comincia già
qualche ora prima che arrivi il momento di entrare in scena, il momento peggiore
però è dietro le quinte, quando è questione di minuti, o secondi. E’ quasi una
lenta agonia.
Magicamente sparisce tutto quando entri in scena, nel
preciso istante in cui passi dal preoccuparti di cosa la gente penserà di te a
concentrarti anima e corpo in quello che stai facendo. Sembra quasi di stare in
una dimensione parallela, dove nessun altro entra al di fuori del tuo
personaggio e di quelli che recitano interagendo con te.
Guardando per quanto poteva il viso di Shannyn, mentre
eseguiva il primo trio per pianoforte di Schubert per quella sera, ebbe la
sensazione di percepire quel particolare stato d’animo, e cercò di immedesimarsi
nei suoi pensieri. Era certo che in quel momento nel suo mondo non ci fosse
altro che la musica che suonavano i suoi colleghi al pianoforte e al violino e
il suono grave del suo violoncello. Shannyn non avrebbe potuto sentire
nient’altro, nemmeno se avesse voluto.
E’ in momenti del genere che si perde il contatto con la
realtà.
Se si possono descrivere le emozioni che si provano in
momenti come quello, si potrebbe dire che sono qualcosa di totale e
inarrivabile, solo poche cose superano quel tipo di sensazioni, e sono tutte da
ricercarsi in altri ambiti.
Immedesimandosi così come aveva fatto lui, era stato
inevitabile che anche Dominic, anche se per poco, avesse abbandonato sia la
realtà, sia di conseguenza quelle che erano state le sue riflessioni in
proposito al suo rapporto con Shannyn fatte nei giorni passati.
Era fermamente intenzionato a dirle quanto ci tenesse a lei
quella sera stessa, sentiva quel desiderio dentro vivo e pulsante, non sarebbe
riuscito a tenerselo dentro nemmeno un minuto di più rispetto a quanto sarebbe
durato quel concerto. C’era una festa dopo, sapeva che Shannyn avrebbe dovuto
andarci e che lui sarebbe stato con lei, ma era come se fosse convinto che le
cose quella sera sarebbero andate esattamente come voleva lui. Qualcosa di
addirittura romantico, una fuga lontano dopo nemmeno molto, per isolarsi da
tutta quella gente. Quando sarebbero stati solo lui e lei avrebbe parlato,
quant’era vero che si chiamava Dominic l’avrebbe fatto, e di certo non l’avrebbe
fermato nessuno.
Era stato dopo il concerto che era cominciata la lenta, ma
purtroppo inesorabile, parabola discendente.
Dominic non appena il secondo bis si era concluso e i
musicisti erano usciti dal palco, aveva cercato di raggiungere l’uscita dalla
platea, in modo da poter essere il primo a complimentarsi con lei. Non era stato
troppo difficile accedere al dietro le quinte, dopo aver fatto qualche rampa di
scale di corsa era arrivato leggermente trafelato dove gli avevano indicato, non
curandosi del fatto che Shannyn sembrava presa a festeggiare con i suoi
colleghi. La scena che si aspettava lui era una cosa molto diversa, tipo film:
lei che si girava casualmente nella sua direzione, lo notava e gli sorrideva,
poi gli andava incontro…
Aveva dovuto necessariamente farsi notare lui, dato che
Shannyn era del tutto presa a scambiarsi innocenti effusioni con il pianista,
Malcolm. Dominic comunque pensò che fosse molto bello il fatto che con i suoi
colleghi Shannyn avesse quel bel rapporto.
Le aveva toccato una spalla nella semi oscurità, Shannyn si
era girata, gli aveva sorriso, questo sì, ma nervosamente, staccandosi
immediatamente da Malcolm come se avesse fatto qualcosa che non doveva.
- E tu? Che ci fai qui?- gli aveva detto avvicinandosi e
dandogli poi un leggero bacino.
- Volevo essere il primo a…-
Shannyn gli aveva tappato la bocca con un bacino simile a
quello che gli aveva dato prima, un po’ affrettato forse, anche troppo rispetto
a quello che s’immaginava Dominic. - Sei veramente un tesoro… ma ho paura di non
poterti considerare molto adesso. Mi aspetti fuori? Solo per un po’, ok? -
Non che gli avesse dato molta scelta, Dominic comunque si
era imposto di non pensarci più del dovuto. Aveva fatto quello che lei gli aveva
chiesto, dicendosi che era più che giusto che lei si tenesse i suoi spazi, era
il suo momento ed era giusto che se lo godesse.
L’aveva aspettata per un po’, diversi minuti; poi dopo
erano andati a quella festa, dove erano stati molto, moltissimo tempo, tutto
questo mentre Shannyn s’intratteneva con le persone più disparate facendo
praticamente finta che lui quasi non esistesse. Addirittura, quando si era
staccato da lei per andarsi a prendere da bere, per Shannyn era stato come se
niente fosse.
Cominciava ad essere scocciato, tuttavia gli bastava
ricalarsi nello stato d’animo di prima, durante il concerto, o pensare a quanto
lei gli piaceva. Non gli stava affatto passando la voglia di esternarle quanto
fosse preso da lei.
Un po’ di entusiasmo gli era tornato quando finalmente
Shannyn aveva manifestato il desiderio di andare via da lì. Dominic dovette
aspettare che il suo lungo giro di saluti finisse, l’aveva anche scortata in
giro per la sala di quel locale. Lui aveva salutato solo i due colleghi che
conosceva, July e Malcolm. Non aveva potuto non notare che quest’ultimo l’aveva
guardato in modo strano, con un sorrisetto furbo accennato sulle labbra, che
Dominic non riuscì a decifrare. Del resto non gl’importava un accidenti di quel
Malcolm, era solo contento che finalmente avrebbe potuto rimanere solo con
Shannyn.
Nel tragitto in macchina, la parabola discendente aveva
toccato il suo apice più basso.
Dominic in quel momento, seduto sul divano di casa sua
imbronciato a riflettere, pensò che quella battuta sarà pure stata infelice, ma
altro non era se non una stupida e sciocca battuta, che avrebbe dovuto lasciare
il tempo che trovava. Shannyn se l’era presa a morte invece, questo aveva
scatenato una discussione che li aveva costretti a fermarsi a pochi metri dal
teatro.
- Stasera sei stata più carina e affettuosa con Malcolm che
con me, e se fossi geloso?- le aveva detto sorridendo.
- Scusami, con questo che vorresti dire?- gli aveva
risposto lei duramente.
- Niente, scusami, facevo solo dell’ironia. Forse un po’
idiota, lo ammetto.- aveva ribattuto lui.
- Dell’ironia? Non ne sono tanto convinta. Mi sa tanto che
invece tu lo dici per un motivo ben preciso, ovvero che stasera pretendevi che
io ti sarei stata appiccicata addosso. Beh, non potevo farlo, questo è il mio
ambiente di lavoro e devi renderti conto che ho delle relazioni sociali da
portare avanti, del resto tu dovresti sapere meglio di me come vanno queste
cose…-
Dominic aveva cercato di parlarle, ma lei non gliel’aveva
permesso. L’affermazione che lei fece dopo lo fece definitivamente e decisamente
arrabbiare. Era stato lì che aveva fermato l’auto.
- Se poi la tua battutina imbecille aveva dei sottintesi
anche più subdoli, tipo insinuare che potrei scoparmi Malcolm, allora sai che ti
dico? Che non vale nemmeno la pena di parlarne.-
Dominic aveva messo la freccia al volo e aveva frenato
bruscamente parcheggiando alla meglio in zona rimozione.
- Ma perché devi sempre trattarmi così?- aveva detto deciso
lui. Quando voleva sapeva far sentire pure lui le sue ragioni in modo fermo,
quella era una di quelle volte. - Prendi tutte le mie affermazioni come spunto
per gettarmi addosso un sacco di cattiverie, la mia era solo una battuta del
cazzo e tu ci devi tirare nel mezzo che ti sto accusando di scoparti Malcolm, ma
che diavolo di discorsi fai Shannyn!-
- Faccio i discorsi che tu mi offri su un piatto d’argento
Dominic, perché secondo te io non posso mai avere un momento per me per fare
quello che devo fare io, in queste ultime settimane non hai fatto che lamentarti
del fatto che ci vediamo poco, io ho cercato di spiegarti perché ma tu niente,
ostinato, sei arrivato a farlo anche stasera. Quando ragioni in questo modo sei
davvero egoista, proprio non te ne frega niente del fatto che per me è
importante, dovevi anche fare la battuta idiota su me e Malcolm, devo dire che
stasera hai superato te stesso.-
Dominic per un momento era rimasto in silenzio, in preda ad
una rabbia crescente.
- Di tutto puoi accusarmi meno che di non venirti incontro,
questo è davvero una colpo basso detto da una che si è venuta a scusare dopo una
piazzata simile non più di una settimana fa supportando il fatto che è stressata
ultimamente. Mi sa tanto che quella sera tu non avresti affatto dovuto scusarti,
e ti dirò che mi sta venendo anche il lecito dubbio che tu mi stia prendendo in
giro.-
- Ma vai al diavolo Dominic!- aveva esclamato lei, aprendo
lo sportello dell’auto e uscendo, Dominic l’aveva seguita.
- Che stai cercando di fare, di piantare la discussione?-
le aveva chiesto rimanendo in piedi con le mani appoggiate sullo sportello
dell’auto.
- Tanto non andiamo da nessuna parte se pensi che ti prendo
anche in giro e che magari mi faccio scopare da un altro! Non sarei mai capace
di farlo, il fatto che tu possa farci anche semplicemente una battuta sopra mi
ferisce, ma tanto non arriveresti a capirlo dato che l’unica cosa che
t’interessa è che io ti presti attenzione, sei peggio dei bambini, vuoi essere
sempre al centro dell’attenzione!-
- Senti da che pulpito!- aveva esclamato con un sorrisetto
sarcastico sulle labbra Dominic. - Ha parlato la donna che è capace di parlare
per serate intere solo di se stessa e di quello che fa!-
- Almeno io lo faccio quando è il momento, non sto
continuamente addosso alle persone!-
Dominic si era preso un attimo per pensare, aveva guardato
per terra. - Nemmeno un minimo dubbio sul perché io insisto tanto per vederci,
eh?-
Quando aveva alzato la testa aveva visto che Shannyn si
stava allontanando a passi veloci verso il teatro, probabilmente non aveva
nemmeno sentito la sua ultima frase.
- Si può sapere dove stai andando?- le aveva gridato.
Shannyn si era voltata. - Secondo te? Torno in teatro,
preferisco farmi dare un passaggio da qualcun altro piuttosto che passare altri
dieci minuti con te stasera.- aveva gridato anche lei, girandosi nuovamente e
dirigendosi verso l’entrata, non molto distante.
- Ma fai quello che ti pare…- aveva detto Dominic ad alta
voce, ma comunque tra sé e sé, cosciente che comunque lei non l’avrebbe sentito.
Era risalito in macchina ma non era partito, si era
limitato ad inserire le quattro frecce e ad aspettare che almeno una minima
parte di quella rabbia sbollisse.
Era in quello stato confusionale che era rientrato a casa,
quello stato confusionale in cui stava in quel momento, uno stato che non gli
permetteva minimamente di ragionare su alcun ché.
Dopo un tempo considerevole che stava lì fermo però
cominciò a sentire un disagio molto forte, che gli derivava da un’attenta
analisi su quello che si erano detti lui e Shannyn nella furiosa litigata di
prima. C’erano delle frasi che gli risuonavano in testa, che ripeteva
cadenzandole con la massima cura, riflettendoci sopra.
Non riusciva a credere che Shannyn lo considerasse un
egoista nel modo che lei gli aveva descritto, sapeva di non esserlo e non
riusciva a capacitarsi di come lei potesse vederlo così. Forse era colpa sua,
senza volerlo era ben probabile che le fosse davvero stato con il fiato sul
collo in un momento in cui lei avrebbe preferito una calma totale. Soprattutto
era dispiaciuto che Shannyn avesse pensato che lui voleva insinuare un suo
coinvolgimento sessuale con quel suo collega.
Quella davvero era fantascienza, ma era anche più che
convinto che poteva evitare quella battuta, anche se era fatta con le migliori
intenzioni. Il confine tra una semplice battuta e la volontà ben precisa di
offendere una persona troppo spesso può essere labile, in condizioni
psicologiche non proprio ottimali era facile fraintendere certe cose.
Era andato a dormire sull’onda di quelle riflessioni,
stranamente si era addormentato quasi subito, anche se di un sonno leggerissimo,
dal quale si era svegliato molto presto e con la certezza di cosa avrebbe fatto,
nell’immediato.
Non voleva propriamente chiederle scusa, sapeva di non
avere del tutto il torto dalla sua parte. Shannyn con lui non ci era andata
leggera, ma aveva la ferma volontà di ristabilire un contatto con lei, come un
punto di partenza per chiarire ogni loro incomprensione.
Si era alzato dal letto con questo preciso intento: erano
le sette del mattino, si era infilato nella doccia sapendo di poter riuscire a
prepararsi in tempo per essere a casa sua verso le otto. Magari l’avrebbe
buttata giù dal letto, dato che aveva fatto tardi la sera prima supponeva che
fosse possibile che dormisse un po’ di più. Quello che gli premeva di più però
era ristabilire un contatto quanto prima, quindi non si era fermato troppo a
rifletterci.
Il tragitto in macchina era sembrato lunghissimo, quando
aveva suonato il suo campanello gli era sembrato di essere partito da casa sua
da un secolo. Shannyn aveva impiegato un po’ ad andare ad aprirgli. Gli aveva
aperto la porta senza togliere la catenella, come se volesse prima vedere chi
c’era fuori. L’aveva guardato in modo che a Dominic non piacque, ma che poteva
comprendere, dato che era convinto che lei fosse ancora molto arrabbiata per la
loro discussione.
- Sono venuto in pace.- le aveva detto subito, sorridendole
appena, giusto quello che bastava per dare credito alle parole appena espresse.
Shannyn aveva addolcito un po’ lo sguardo, facendo sperare
Dominic in meglio. - Solo che adesso non mi sembra proprio il momento.- aveva
risposto lei.
Sembrava che le facesse piacere averlo lì, almeno Dominic
era questo che aveva percepito, dall’altra parte però, e non solo per quello che
gli aveva appena detto ma anche per qualcosa che lui poteva cogliere chiaramente
nell’aria, gli era sembrata anche imbarazzata e desiderosa che lui se ne andasse
il più presto possibile, cosa che Dominic s’impedì di considerare come un grosso
ostacolo.
- Sì, lo so, magari ti ho anche buttata giù dal letto, ma è
importante. Voglio solo parlare un minuto, vorrei ristabilire un contatto
civile. Ieri sera eravamo entrambi nervosi e abbiamo finito col dire un mare di
scemenze. Voglio solo parlarti… se magari mi fai entrare.-
- Sì hai ragione, sono perfettamente d’accordo con te e mi
dispiace quello che è successo, ma adesso è davvero un brutto momen…-
Shannyn era stata interrotta da qualcuno che aveva parlato
con una voce assonnata
- Com’è che oggi il postino passa così presto?- aveva detto
scherzando e concludendo la frase con uno sbadiglio, non rendendosi conto della
situazione finché non si era affacciato alla porta.
Era ovviamente sceso il gelo. Dominic aveva appena voltato
lo sguardo per guardare bene la persona che era spuntata alle spalle di Shannyn,
che poi altri non era che il famoso Malcolm.
Non disse niente, aveva fatto semplicemente un passo
indietro verso il marciapiede, quindi si era voltato e aveva cominciato ad
allontanarsi, con la ferma volontà di non preferire nemmeno una parola, o il
fiume di pensieri che aveva in testa si sarebbe riversato fuori con conseguenze
che anche lui ignorava.
Era più che stordito, era in uno stato di lucida freddezza
che voleva mantenere.
Il suono della voce di Shannyn che lo chiamava
accoratamente era giunto alle sue orecchie come ovattato, sembrava quasi che tra
loro non ci fossero quei pochi metri, distanza che progressivamente aumentava a
mano a mano che lui camminava verso la sua auto parcheggiata lì vicino, sembrava
venire da un universo parallelo quella voce. Se avesse chiuso gli occhi e scosso
un po’ la testa forse sarebbe scomparsa, era solo una specie di allucinazione
sonora.
E’ strano come determinati gesti vengano fatti anche quando
la mente proprio non può permettersi di ragionare. Spingere il bottone della
chiusura centralizzata, il clic delle cinture di sicurezza, la chiave inserita.
Premere con il piede sinistro la frizione, ingranare la marcia, partire.
Sono gesti così ovvii dopo un po’ che si possono fare in
automatico, come respirare.
Era a questo che stava pensando Dominic, mentre pensava
anche che non voleva tornare a casa in quello stato finché c’erano Irene ed
Owen, non voleva mostrarsi così a loro. Per la verità non voleva parlarne, e
sapeva che se si fosse trovato con Irene non avrebbe potuto evitare di farlo.
Non voleva nemmeno pensarci al fatto che l’avevano preso in
giro per l’ennesima volta.
Ecco che parte il commento a fine capitolo…
Bloody Mary, mi dici come avevi fatto a capirlo al quarto
capitolo?!!!
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Capitolo 11 *** Nuove prese di coscienza ***
Nuova pagina 1
Buon
venerdì sera a tutti!
Bloody,
mi sa che per la “consolazione” c’è una fila un po’ lunga, magari puoi vedere se
ti fanno scalare di qualche posto per esperienze comuni! Grazie mille per i
commenti!
Buon fine
settimana e buona lettura a tutti, Mandy
v
Capitolo Decimo - Nuove prese di coscienza
Per un paio di giorni Dominic si era totalmente chiuso in
se stesso. Irene aveva intuito che ci fosse qualcosa che non andava, soprattutto
per la risposta che lui aveva dato alla sua richiesta di come fossero andate le
cose la famosa sera del concerto.
- Molto bene. - aveva risposto lui conciso, fingendosi
troppo occupato per continuare a parlargliene.
Era evidente che le cose tanto bene non fossero andate, ma
ad Irene non sembrò nemmeno il caso di calcare la mano sulla faccenda. Quando
avrebbe voluto parlarne, se mai avesse voluto farlo, era sicura che Dominic
sapesse che poteva farlo con lei.
Dall’esterno, a parte delle piccole cose, Dominic non
sembrava troppo diverso: studiava il suo copione, usciva di casa per questioni
di lavoro e non, giocava con Owen quando aveva tempo. Irene era davvero contenta
che suo figlio trovasse un appoggio ulteriore in lui in quel periodo di
transizione che stava vivendo. Per quello che la riguardava, i suoi dubbi
iniziali su quella convivenza temporanea erano stati tutti spazzati via, di
meglio non avrebbe potuto capitarle.
Tutto ciò però non le aveva impedito di notare che Dominic
era distratto e assente, era strano a dirsi così, ma lo vedeva per come lui e
Lilly si rapportavano tra loro. Forse era solo una stupidaggine quella che aveva
notato, ma la cagnolina le era sembrata più appiccicosa del solito nei suoi
confronti, anche se lo faceva con meno invadenza del suo solito. Dove andava
Dominic si poteva trovare anche lei, non lo lasciava da solo un secondo quando
era in casa, nonostante il fatto che Dominic in quei giorni non avesse
dimostrato di essere particolarmente incline a considerarla più del dovuto lei
gli faceva praticamente da angelo custode. Irene aveva per altro assistito ad
una scena davvero dolce giusto la sera prima.
Owen si era addormentato da poco, mentre lei stava
rassettando la cucina dopo cena Dominic, dopo averle chiesto se voleva un aiuto
che aveva rifiutato, era appena uscito di casa lasciando la porta dell’ingresso
aperta e sedendosi sui gradini lì davanti. Per caso lei era andata a prendere un
bicchiere che aveva lasciato in soggiorno per metterlo nella lavastoviglie
insieme agli altri piatti sporchi, passando aveva potuto osservarlo mentre
guardava con un’espressione triste nel vuoto, verso l’orizzonte. Si era fermata
un momento, avrebbe davvero voluto avvicinarglisi e chiedergli cosa non andasse,
ma poi non l’aveva fatto, dirigendosi invece verso il divano.
Quando era tornata indietro facendo la stessa strada a
ritroso non aveva potuto fare a meno di fermarsi un’altra volta, giusto in tempo
per vedere che anche Lilly stava guardando il suo padrone. Si era seduta non
lontana da lui e lo fissava, fino a che non si era alzata e aveva fatto qualche
passo verso Dominic. Appena l’aveva avuto a portata di naso gli aveva dato un
leggero colpetto sul collo, che aveva sortito l’effetto di farlo girare verso di
lei, che così aveva potuto dargli un energica leccata in faccia. Dominic aveva
semplicemente fatto un pallido sorriso, si era asciugato con una mano e le aveva
fatto una carezza, nient’altro. Lilly si era accucciata vicino a lui quindi, poi
Irene era tornata ad occuparsi di quelle poche faccende che doveva sbrigare.
Quel pomeriggio era rientrata e aveva trovato Owen che
giocava sul solito tappeto dell’ingresso con Grace e Lilly, la ragazza l’aveva
riportato a casa dopo l’asilo quel giorno dato che Irene ormai usciva sempre un
po’ più tardi dall’ufficio.
Poco tempo dopo il suo arrivo Grace era andata via, aveva
aspettato giusto il tempo che Irene fosse tornata al piano inferiore dato che
era andata in camera sua a cambiarsi. Prima di uscire aveva informato Irene che
aveva trovato un biglietto di Dominic indirizzato a lei che diceva che stava
fuori per un’oretta circa per sbrigare alcune faccende e che sarebbe tornato per
di cena.
Si era messa a chiacchierare con Owen, stava con lui già da
un po’ quando era suonato il citofono. Dominic non poteva essere, Irene aveva
quasi pensato di non rispondere nemmeno dato che era più che certa che non
potesse essere nessuno che cercava lei. Alla fine però aveva vinto la curiosità,
aveva risposto trovando Shannyn dall’altra parte. Ovviamente lei, all’oscuro di
tutto, l’aveva fatta entrare.
Cercando di essere gentile l’aveva fatta accomodare in
casa, si erano sedute in cucina proprio davanti a dove Owen continuava
indisturbato a giocare con le sue costruzioni. Irene aveva avvertito Shannyn che
Dominic, come aveva scritto lui sul biglietto, sarebbe tornato tra non molto. Le
aveva offerto qualcosa da bere che l’altra aveva rifiutato, sembrava strana.
- Tutto bene Shannyn?- le aveva chiesto Irene, notando che
sembrava veramente tesa.
L’altra le aveva sorriso. - Sì, tutto bene, sono solo un
po’ stanca.-
- Meno male, comunque adesso avrai tempo per riposarti.
Sai, mi dispiace di non essere potuta venire, mi sarebbe piaciuto, davvero, ma
come puoi ben vedere ho delle altre priorità.- aveva detto guardando verso Owen.
- Spero che sarà per un’altra volta, comunque.-
- Credimi, lo spero anch’io.- aveva risposto Shannyn
cercando di sorridere.
A quel punto Irene aveva un po’ compreso che forse era a
causa sua che Dominic stava così, immediatamente si pentì di aver risposto al
citofono. Certo, non era mica un’indovina, lui non le aveva raccontato niente e
magari stava prendendo un’enorme svista, ma non le riusciva difficile immaginare
che Shannyn avesse potuto mandare a monte tutte le sue speranze sulla buona
riuscita della serata del concerto, avrebbe spiegato anche il fatto che lui non
le aveva parlato minimamente della serata. Si sforzò davvero molto di essere
gentile nel chiederle di raccontarle del concerto.
- Dominic in questi giorni è molto occupato e non ha avuto
il tempo di raccontarmi niente. - si era giustificata Irene un po’ malignamente
forse, Shannyn comunque aveva cercato di esaurire quella richiesta, ovviamente
parlando del suo successo. Le era tornato anche un po’ il sorriso sulle labbra
mentre tendeva a ricoprirsi da sola d’oro, Irene pensò che era proprio una di
quelle persone innamorate di se stesse fino all’inverosimile. Insopportabile.
Lilly, che fino a pochi secondi prima era rimasta
placidamente accoccolata sul tappeto con Owen si era alzata improvvisamente
andando verso l’entrata e cominciando a guaire e a raspare contro la porta.
Dopo pochi secondi era rientrato Dominic, anche Owen si era
alzato per andarlo a salutare.
Quando si era abbassato per arrivare circa all’altezza del
bambino e salutarlo Lilly aveva abbaiato.
- Ma la vuoi smettere di essere gelosa?- gli aveva detto
Dominic facendo una carezza anche a lei. Da quando il suo rapporto con Owen era
diventato più affettuoso Lilly si era fatta gelosissima, lui e il bambino si
divertivano a farla arrabbiare. Più di una volta era intervenuta Irene a farle
una carezza e per consolarla dicendole:- Vieni qui Lilly, te le faccio io le
coccole, lascia stare quei due dispettosi!-
Anche quella volta Dominic aveva preso in braccio Owen
dicendo, diretto al suo cane che lo guardava scodinzolando:- Ma guarda com’è
carino questo bambino, ora gli faccio le coccole!-
Aveva sortito l’effetto che Lilly si slanciasse e gli
salisse con le zampe anteriori addosso, cercando di partecipare, cosa che
entrambi le avevano permesso di fare.
Alzare gli occhi da Lilly e trovarsi davanti oltre ad Irene
anche Shannyn, che erano appena uscite dalla cucina, era stata una sgradita
sorpresa.
Proprio per via di quella sorpresa non si era controllato
molto e non aveva pensato al fatto che Irene e, ovviamente anche Owen, fossero
completamente all’oscuro di tutto.
Aveva detto a Lilly di stare giù, intanto aveva rimesso
Owen a terra.
- Che ci fai qui?- le aveva chiesto duramente, non
salutando nemmeno Irene prima.
- Non rispondi mai al telefono.- gli aveva risposto
pacatamente Shannyn.
Irene aveva intuito di aver visto giusto. Per un momento
era rimasta assolutamente sorpresa per il tono di Dominic, non l’aveva mai
sentito parlare in modo così freddo, mai nella vita. Poi prontamente si era
sbrigata a raggiungere Owen, a prenderlo per mano e a sgombrare il campo. Lilly,
come se avesse intuito tutto, li aveva seguiti in giardino.
Dominic aveva aspettato che Irene fosse fuori prima di
rispondere a Shannyn.
- Chissà come mai non ci tengo a parlare con te…- aveva
detto con un tono ironico e cinico allo stesso tempo.
- Ascoltami, non volevo che vedessi quello spettacolo
l’altra mattina…-
- Nemmeno io se è per questo avrei voluto vederlo.- l’aveva
interrotta perentorio Dominic. - Se penso a quanto ti sei incazzata, a quelle
cazzate che mi hai propinato su quanto ti avevo offesa soltanto nel fare quella
battuta, che era solo una battuta stupida Shannyn! La verità è che credo che tu
abbia davvero una gran coda di paglia.-
- Ero arrabbiata, sì, ho sbagliato e ho fatto una
stronzata, a te non è mai capitato?-
- Sì, ne ho fatte tante di stronzate, ma mai paragonabili a
questa. Almeno avresti potuto essere un po’ più furba, o dirmi sin dall’inizio
quale fosse la considerazione che avevi per me, non avrei perso tempo almeno!-
Shannyn aveva messo lo sguardo a terra, aveva aspettato
qualche secondo.
- E’ stata una volta Dominic, una notte accidenti! Mi sento
malissimo, se tornassi indietro non lo rifarei, perché ci tengo a te.-
- Ma non raccontarmi tante cazzate Shannyn, una notte!
Quando sono venuto a trovarti l’altra mattina non ci ho nemmeno pensato, ma poi
quella faccia me la sono ricordata bene. Che c’è, Malcolm abita nella tua stessa
strada? O passava di lì per caso?-
- Ma di che stai parlando?- aveva chiesto preoccupata
Shannyn.
- Sto parlando del fatto che secondo me è un bel pezzo che
ti fai sbattere da lui e a che a me racconti che sei troppo impegnata con le
prove e con il lavoro, del resto mi tornerebbe. Se ancora non ti è chiaro, te lo
rispiego con calma. Io come un coglione cerco di essere carino e ti porto la
colazione e lo stronzo in questione, praticamente sotto casa tua, mi viene a
sbattere contro e non pago del fatto che io gli abbia chiesto scusa anche se non
era del tutto mia la colpa mi manda poco cordialmente a cagare. Lo sapevo che
quella faccia l’avevo già vista, però mi è venuto in mente solo l’altra mattina
quando mi ha scambiato per un postino del cazzo!-
Shannyn avrebbe voluto controbattere, ma lui non
gliel’aveva permesso.
- Per cortesia non dirmi che non è vero perché offendi la
mia intelligenza, e siccome non sarebbe la prima volta che lo fai anche se ho
fatto finta di niente fino ad adesso ti consiglio di non farlo perché potrei
decidere di fartela scontare anche per le volte precedenti.-
In quei casi Shannyn avrebbe optato per negare anche
l’evidenza, ma lui proprio non la faceva parlare. Evidentemente si era
sbagliata, l’aveva considerato più malleabile di quello che effettivamente era.
Si poteva ben dire che quando voleva, Dominic sapesse essere tutto d’un pezzo.
Per un momento era rimasta in silenzio, pensando a cosa
poteva fare per mettere le cose apposto, non che le rimanessero molte carte da
giocare se non far leva sulla sua tenerezza. Del resto non era difficile farsi
uscire le lacrime, anche perché si era anche pentita un bel po’ di aver avuto
quella relazione di sesso con Malcolm. L’aveva chiusa perentoriamente pochi
giorni prima del concerto, certa di aver fatto una cosa sbagliata. Poi quella
sera, quando era tornata in teatro dopo aver litigato con Dominic, c’era
ricaduta.
Al di là di quello che si potesse pensare Dominic le
piaceva molto, e non solo perché era facilmente gestibile come persona. Era
anche davvero un gran bravo ragazzo, non se ne trovavano molti in giro.
Peccato che se n’era resa conto a danni fatti.
- Ti prego, non cominciare a fare scene drammatiche perché
non sei proprio nella posizione di poterle fare! Sei incredibile, Shannyn,
davvero incredibile!- aveva esclamato Dominic, vedendo la sua reazione.
Velocemente lei si era tolta la lacrima silenziosa che le
era scesa.
- E’ stata solo una cosa fisica, tra noi non c’era altro,
ho soltanto commesso…-
- Potresti evitarmi i particolari, per cortesia?- aveva
esclamato duramente Dominic interrompendola un’altra volta.
Francamente non gli interessava affatto quali fossero le
sue attenuanti, per lui quella storia era definitivamente conclusa e lì lì per
essere anche archiviata. Certo, con lei stava esternando una certa freddezza,
non si comportava come uno che l’aveva beccata con un altro proprio quando stava
per dirle che si stava innamorando di lei. E poi, anche fosse stata una cosa
senza senso quella tra lei e il suo collega, ma che presentazione è quella di
una che non è in grado di esserti fedele nemmeno all’inizio?
- Fammi il favore, vattene, mi da solo fastidio averti
davanti agli occhi. Con te ho veramente buttato il mio tempo, avrei dovuto
aprire gli occhi prima su quella che sei.- le aveva detto concludendo.
Shannyn aveva intuito che proprio non c’era nessuna
possibilità, aveva recuperato la sua borsa sul tavolo della cucina. Dominic
aveva aperto la porta intanto, aveva appoggiato una spalla contro questa mentre
aspettava che lei uscisse.
Forse non era il caso, ma Shannyn non aveva proprio
resistito a tentare un approccio prima di andarsene.
Si era fermata un momento davanti a lui. - Pensi che non ci
sia nemmeno un piccola speranza, per noi?-
Dominic aveva evitato di risponderle pensando che lei se ne
sarebbe andata, ma non l’aveva fatto.
- Mi sono comportata male, lo ammetto, ma posso anche
dimostrarti che so essere molto diversa.-
Dominic a quel punto, a quelle parole, aveva avuto un moto
di stizza che gli aveva fatto anche alzare la voce sensibilmente. - Smettila di
raccontarmi stronzate e levati di mezzo per piacere! Mi sembra che tu abbia già
fatto abbastanza!- le aveva detto poco gentilmente, ma non è che a suo parere
lei si meritasse poi una gran gentilezza.
Se non altro era stato efficace quel metodo, perché Shannyn
si era girata e si era incamminata senza indugiare oltre verso il vialetto che
portava all’uscita. Dominic aveva sbattuto la porta alle sue spalle.
In quei tre giorni aveva riflettuto molto, i suoi silenzi
erano dipesi proprio dal fatto che aveva avuto tantissimo da pensare in
proposito ai mesi che aveva passato con lei.
Ne era uscito per prima cosa un ritratto di se stesso che
non gli era piaciuto affatto, si era visto troppo accondiscendente, troppo
cieco.
Un po’ rincoglionito, un bel po’. Quella era sicuramente la
definizione più calzante.
Aveva evitato tutte le sue chiamate, alle volte aveva
tenuto il cellulare spento per qualche ora, cancellava senza ascoltare i
messaggi che Shannyn gli aveva lasciato in segreteria.
Si era fatto trattare come un cretino senza spina dorsale
da una che aveva colto la prima occasione disponibile per farsela con un altro.
Una storia di sesso gli aveva detto, forse avrebbe quasi preferito che si fosse
perdutamente e fulmineamente innamorata di quel Malcolm, sarebbe stato meno
triste, e meno umiliante sotto certi aspetti.
Tutto questo l’aveva sopportato perché? Perché Shannyn gli
era sembrata una giusta per lui… dire che era stato un abbaglio era dire poco.
Forse era solo che a tutti i costi voleva trovare una giusta per lui, così si
era imposto che fosse lei, incoscientemente doveva essere stato così.
Dopo aver aspettato un minuto ed essersi calmato a dovere
era uscito in giardino ed aveva raggiunto Irene, che vedendolo arrivare l’aveva
guardato allarmata, senza però chiedere niente.
- Scusami, non volevo che tu e Owen assisteste ad una cosa
del genere.- le aveva detto appena era arrivato vicino a lei.
- Non ti preoccupare, non è successo niente e non mi sembra
che Owen ci abbia fatto nemmeno caso. Come stai tu piuttosto?- gli aveva chiesto
vedendolo visibilmente provato. Anche se non aveva idea di quello che era
successo capiva che doveva essere finita tra lui e Shannyn.
- Di merda.- le aveva detto sorridendole Dominic, anche se
ovviamente quel sorriso non rifletteva affatto il suo stato d’animo. - Stasera
se ti va ti racconto, scusa se non l’ho fatto prima, ma non ne avevo proprio la
forza, capisci vero?.-
Owen era corso verso di loro con Lilly al seguito, si era
piazzato davanti a Dominic e aveva attirato la sua attenzione attaccandosi al
suo braccio destro, interrompendo di netto la conversazione dei due adulti.
- Facciamo arrabbiare Lilly?- gli aveva chiesto.
Dominic aveva riso e l’aveva preso in braccio. - Bada che
sei davvero un ragazzino sadico!-
- Che vuol dire sadico?- aveva chiesto il bambino.
- Vuol dire che ti diverti a far star male questa povera
cagnolina!- aveva risposto Irene.
***
Aver parlato con Irene quella sera non era servito poi a
molto. Anche la donna gli aveva chiaramente detto che Shannyn non gli era
sembrata sin da subito una ragazza adatta a lui e che non si era perso niente,
ma quelle parole non lo aiutavano.
Più che avercela con Shannyn ce l’aveva con se stesso e con
le sue debolezze, sempre sull’onda delle riflessioni che aveva fatto in quei
giorni.
Ormai però era davvero finita, quindi basta. Non doveva più
pensarci, doveva archiviare definitivamente e drasticamente quella storia e per
stare meglio si stava autoconvincendo che sbagliando s’impara. Ovviamente la
prossima volta avrebbe fatto tesoro di quello che quella storia gli aveva
insegnato e non si sarebbe fatto più fregare da una come lei. Era un ottimo
piano.
Era andato a letto già piuttosto tardi, per di più non
riusciva a dormire. Aveva lasciato la luce sul comodino accesa, era abbastanza
soffusa e quindi non gli avrebbe dato nessun fastidio. Stava sdraiato sulla
schiena e guardava il soffitto, almeno finché la sua porta accostata non si era
aperta ed era entrato Owen, con orsetto appresso.
- Ciao.- gli aveva detto il bambino.
Dominic gli aveva sorriso e aveva risposto al suo saluto,
voltandosi poi a guardare che ore fossero.
- Che c’è, tutto bene?- gli aveva chiesto Dominic, vedendo
che erano quasi le tre.
Owen non si era mosso da dove era. - Non mi riesce di
dormire.-
Dominic si era seduto sul letto. - Vieni qui, puoi entrare,
non ti mangio mica!-
Il bambino, che non aspettava altro che un invito, a
passetti veloci era andato verso di lui e si era seduto sul bordo del letto,
l’altro quindi l’aveva preso di peso per la vita e lo aveva fatto sedere vicino
a lui.
- Che c’è, sei agitato?- gli aveva chiesto.
- Io no, mamma un pochino. E tu perché non dormi? Sei
triste perché hai litigato con la tua fidanzata?- gli aveva chiesto
innocentemente.
Dominic sulle prime era rimasto un attimo perplesso. Non
credeva di certo che Owen avesse capito cosa fosse successo quel giorno, anche
Irene gli aveva detto che non ci aveva fatto caso. Evidentemente si erano
sbagliati entrambi. In effetti Dominic aveva pensato che quel bambino era troppo
sveglio per non capire certe situazioni.
- Sì, sono un po’ triste, ma poi mi passa.- gli aveva
detto.
- E poi ci fai pace e va tutto apposto. Mamma dice sempre
che se due persone che si vogliono bene litigano poi fanno sempre pace, quindi
non devi essere troppo triste.-
Dominic gli aveva sorriso, pensandoci sarebbe stato bello
se tutto fosse così semplice. Le prospettive dei bambini sono migliori di quelle
degli adulti.
- Non è cos’ semplice Owen.- gli aveva detto malinconico.
- E perché?- gli aveva chiesto il bambino guardandolo
incuriosito. Si era seduto sui talloni al suo fianco e lo guardava dritto in
faccia, pendeva dalle sue labbra, come se Dominic gli stesse per svelare chissà
quale verità.
Era difficile spiegare ad un bambino così piccolo certe
cose, si prese appena qualche secondo per riflettere. - Vedi, è che gli adulti
sono fatti davvero male Owen, a volte si fanno delle cose brutte l’uno con
l’altro e se anche riesci a perdonare una persona, non è detto che vuoi
continuare a stare con lei.-
- E che ti ha fatto la tua fidanzata di tanto brutto?-
aveva chiesto a bruciapelo.
- Mi ha detto tantissime bugie, e la più brutta è stata
quella di dirmi che mi voleva bene quando non me ne voleva poi così tanto.- gli
aveva risposto Dominic, cercando di essere più sincero che poteva.
- Non riesco a capire perché ti ha detto che ti vuole bene
se poi le stai antipatico. Non te lo poteva dire subito? E poi come ha fatto a
fare finta che ti voleva bene?-
- Queste cose me le chiedo anch’io sai?- gli aveva risposto
sorridendogli. - Però non è che a Shannyn le sto proprio antipatico, le piaccio,
ma non abbastanza.-
Owen lo stava guardando scettico. - O le piaci o non le
piaci!- aveva esclamato.
- Mica hai tutti i torti! Ma te l’ho detto, noi adulti
siamo complicati.-
- Mi sa che è vero, perché anche mamma mi fa questi
discorsi strani quando litiga con papà.-
Dominic l’aveva guardato incuriosito, gli era sembrato come
se Owen stesse per dirgli qualcosa di importante e particolare, quindi si era
messo all’ascolto.
- Loro si vogliono bene, però litigano e poi fanno pace.
Gliel’ho detto a mamma che non c’è bisogno di litigare così tanto, se poi fanno
sempre pace dopo è inutile che litigano.-
Si era sentito un po’ ingiusto a fare quella domanda a lui,
ma non aveva potuto evitarlo. - Ma perché, la tua mamma e il tuo papà litigano
spesso?- gli aveva chiesto.
Il bambino aveva annuito facendosi improvvisamente triste.
- Specialmente da quando papà non dorme più a casa, quando eravamo a casa
nostra. Mi ha detto che lui non ci poteva venire qui con noi ma che mi viene a
trovare presto, e da quando siamo partiti non hanno litigato più.-
Le cose si erano fatte chiare in un momento, del resto
quello che Owen gli aveva appena detto, sebbene fossero le parole semplici di un
bambino così piccolo, non lasciavano spazio a fraintendimenti.
Il marito di Irene era andato via di casa, probabilmente si
stavano lasciando anche se lui non poteva saperlo. E Owen, che viveva quella
crisi da spettatore ne soffriva più di quello che sembrava da fuori.
L’impulso era stato quello di abbracciarlo forte, quasi per
proteggerlo da quella difficoltà che la vita gli metteva davanti. L’aveva fatto
sedere sulle sue ginocchia e se l’era tenuto un po’ stretto.
Lui aveva vissuto un’infanzia confusa per via del fatto che
la sua famiglia si spostava in continuazione a vivere da un luogo all’altro, ma
felice. Erano sempre stati uniti, anche in quel momento in cui erano tutti in
paesi diversi continuavano ad esserlo, ma non ci voleva un grande sforzo per
immaginare di quale entità fosse la sofferenza di quando ti viene a mancare la
prima certezza che hai nella vita. La famiglia.
Dopo un po’ l’aveva guardato e gli aveva sorriso. - Che
facciamo, proviamo a dormire che è tardi?-
Owen aveva annuito.
- Ti porto di là?- gli aveva chiesto nuovamente, ma Owen
non sembrava molto d’accordo.
- Vuoi rimanere qui, eh?-. Il bambino gli aveva sorriso.
- Va bene, allora sistemiamo l’orsetto…-
- Charlie.- l’aveva interrotto Owen mentre Dominic metteva
il suo orsetto a posto sul cuscino.
- Va bene, sistemiamo Charlie, sistemiamo te - aveva detto
coprendolo con il lenzuolo, - e spegniamo la luce.-
Si erano dati la buonanotte e si erano addormentati
entrambi quasi subito.
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Capitolo 12 *** La mente di un bambino ***
Nuova pagina 1
Buona
lettura!
Mandy
v
Capitolo Undicesimo - La mente di un bambino
Irene aveva spento l’allarme della sveglia che era appena
suonato. Con gli occhi ancora chiusi si era girata verso l’altra parte del
letto, stiracchiandosi un po’. Dopo che li aveva aperti del tutto e aveva
guardato dalla parte dove dormiva sempre Owen, aveva visto che il bambino non
c’era e in fretta si era alzata, leggermente preoccupata. Aveva guardato in
bagno e non l’aveva trovato, quindi era uscita nel corridoio, andando a guardare
in cucina e in soggiorno. Era davvero allarmata, aveva girato tutte le stanze
della casa con un’ansia crescente addosso e di Owen non c’era nemmeno una
pallida traccia, da nessuna parte.
Era entrata nel panico in nemmeno troppi secondi, non
sapendo cos’altro fare era andata verso la porta della stanza di Dominic e
l’aveva aperta velocemente, senza nemmeno pensarci.
Quando gli aveva visti entrambi dormire tranquillamente,
oltre che a tirare un sospiro di sollievo, si era data della stupida,
razionalmente pensò che quella era la prima stanza dove avrebbe dovuto guardare.
Gli erano sembrati carini insieme mentre dormivano, ma forse sarebbe stato
meglio che Dominic l’avesse avvertita, si era davvero spaventata a morte.
Facendo più piano possibile era tornata in camera sua a mettersi qualcosa
addosso dato che stava girando per casa quasi nuda, poi era scesa a fare
colazione. Dopo essersi preparata per il lavoro, sempre facendo più piano
possibile, era andata a svegliare Owen.
Nel biglietto quella mattina, sebbene l’avesse messa sullo
scherzo, aveva esternato a Dominic il fatto che si era davvero spaventata:
Stamattina tu e mio figlio mi avete fatto prendere uno spavento terribile,
quando ho visto che non era a letto mi sono spaventata a morte! Però eravate
davvero carini mentre dormivate insieme! Ci vediamo stasera a cena, buona
giornata.
Dominic leggendolo, un paio d’ore più tardi, si era reso
conto che in effetti aveva fatto una cosa un po’ azzardata, ma era stato
piacevole.
Si sentiva stranamente pieno di energia e vitalità quella
mattina. Era come se la notte avesse portato quel benedetto consiglio che tanti
aspettano nei momenti difficili, e Dominic pensava che fosse anche per
quell’episodio con Owen.
Strano come chiacchierare con un bambino che avrebbe
compiuto quattro anni nel giro di dieci giorni potesse essere più utile che
parlare con certi adulti, che in teoria avrebbero dovuto essere ben più saggi di
lui. Forse il segreto stava proprio nella semplicità delle sue parole e in
quella che traspariva da ogni cosa che faceva. Con lui niente era complicato:
Dominic poteva vedere nella sua mente quasi come se potesse essere visualizzato
una specie di schema, in cui lui, l’adulto, complicava tutte le situazioni con
una serie di ragionamenti campati in aria, mentre Owen invece, il bambino,
arrivava subito alla risoluzione di un problema con una velocità d una
semplicità disarmante. Sembrava una visione stupida della cosa, data dal fatto
che i bambini non si complicano mai la vita più del dovuto e di certo qualcuno
avrebbe potuto credere che Owen fosse a ragione poco riflessivo e del tutto
incapace di fronte a determinate cose. Dominic doveva ammettere che molto
probabilmente era proprio così che era, eppure il bambino in quell’occasione,
con i suoi ragionamenti lineari gli aveva fatto capire che il problema che aveva
in quel momento era molto poco importante.
Shannyn? Soltanto una stronza e pure un po’ arrivista.
Dominic? Era stato uno stupido a non voler notare certi particolari,
ripensandoci avrebbe potuto cogliere in certe sfumature prove del fatto che a
quella poco importava di lui. Soluzione? Archiviare tutto in poco tempo, quella
faccenda non si meritava affatto che lui perdesse tempo a rifletterci, né tanto
meno che ci stesse male. Quello poi.
Mentre si gingillava girellando per la casa, seguito da
Lilly che incuriosita probabilmente stava cercando di capire cosa stesse
facendo, Dominic aveva cominciato a realizzare un po’ di cose: la prima
concerneva direttamente la sua relazione appena troncata, ovvero che era single.
Non che questo significava granché, non è che Dominic moriva dalla voglia di
rimettersi in piazza, ma se fosse capitato, magari qualcosa di non importante e
duraturo, perché non approfittarne?
La seconda di fatto era molto più seria, tanto che l’aveva
tenuto con la mente impegnata per il resto della sua mattinata, almeno fino a
che i suoi impegni di lavoro non l’avevano necessariamente distolto. Era ovvio
che si trattasse di Irene ed Owen e di tutta quella situazione che si era
ritrovato davanti agli occhi.
Non che dovesse rifletterci a lungo, era molto chiaro
quello che Owen gli aveva raccontato, tuttavia Dominic aveva avuto occasione per
riflettere su quella che doveva essere la vera natura di quel bambino.
Irene più di una volta gli aveva descritto Owen come un
bambino sensibile e molto intuitivo, questo Dominic aveva potuto comprenderlo
meglio che in qualunque altra situazione quella notte appena trascorsa, anzi,
poteva ben dire di essere andato anche oltre. Era una considerazione di Irene
che l’aveva fatto riflettere in proposito, una considerazione che Owen stesso
aveva smentito non appena gli aveva chiesto la notte precedente se fosse triste
per aver litigato con Shannyn: quando lui si era scusato per ciò che era
successo il pomeriggio prima con lei, Irene gli aveva risposto di non
preoccuparsi, che Owen non aveva affatto afferrato niente dell’accaduto,
sembrava addirittura che non ci avesse fatto nemmeno caso.
Invece aveva capito tutto perfettamente, e senza destare
sospetti in nessuno, nemmeno in sua madre.
Riflettendo su quello che gli aveva raccontato dei suoi
genitori che litigavano, Dominic si era ritrovato a pensare che probabilmente
Owen faceva sempre così. Lì per lì non dava segno di aver capito, ma di fatto
capiva tutto benissimo.
In effetti Dominic aveva intuito in modo corretto quale
dovesse essere la personalità del bambino, ma quello che aveva appreso o capito
con le sue sole forze non era che una punta dell’iceberg.
Dire solo che Owen fosse un bambino sensibile ed intuitivo
era certamente riduttivo, anche se queste erano sicuramente le qualità che più
saltavano all’attenzione di chiunque. Il commento più semplicistico che si
potesse fare su di lui era che fosse davvero speciale un bambino così sensibile,
quello che molti ignorano è che un’eccessiva sensibilità a volte si sviluppa a
scapito di una barriera difensiva contro la sofferenza. Capire troppo, per un
bambino di quell’età specialmente, poteva essere davvero deleterio.
Ovviamente Owen filtrava tutto quello che captava
dell’ambiente in cui si trovava a vivere, ma non poteva capirlo a pieno, si
limitava a prenderne atto elaborandolo le informazioni nella sua testolina di
bambino e cercando di darsi delle spiegazioni, a volte tutto questo lo portava a
fraintendere ciò che accadeva intorno a lui.
Come Dominic aveva potuto apprendere dalle parole stesse
del bambino, suo padre se n’era andato di casa, dopo un lungo periodo in cui
Owen, non visto e silenzioso, aveva assistito alla crisi che tra Irene e
Christoper si aggravava sempre di più. Era stato un periodo fatto di litigi, di
silenzi ed incomprensioni.
Se pure l’amore dei genitori non gli era certo mancato,
dato che entrambi non erano mai venuti meno al loro preciso dovere di farlo
sentire sempre amato e protetto, era ovvio che le loro frustrazioni e i loro
problemi si riflettessero in tutto ciò che facevano. Owen non mancava mai di
comprendere che l’umore della mamma o del papà in certe circostanze non era
tranquillo, non doveva necessariamente sentirli mentre discutevano come gli era
capitato sporadiche volte per capirlo, riusciva a captare perfettamente quello
che succedeva tra loro dai loro gesti e dai loro sguardi, dai loro silenzi e,
ovviamente, da come erano con lui. Quando suo padre era andato via di casa ad
esempio, era stato uno di quei momenti in cui lui, sebbene non si rendesse conto
pienamente della cosa, aveva intuito molti sottintesi.
Qui si poteva intuire chiaramente dove stesse la differenza
tra Owen ed un altro bambino qualsiasi della sua età: che sarebbe successo
qualcosa, qualcosa che lui non avrebbe voluto che accadesse ma che era
totalmente fuori del suo controllo, lui l’aveva già intuito. Aspettava quel
momento con paura, quasi come se si sentisse in colpa, addirittura sentendone
una certa responsabilità addosso. Quando aveva appreso quella notizia l’aveva
accettata con rassegnazione, perché era preparato a quell’evenienza. Non aveva
certo mai immaginato cosa sarebbe potuto succedere, ma sapeva che qualcosa
sarebbe successo.
Non aveva pianto, non si era lamentato, si era limitato a
chiudersi nel suo silenzio, un silenzio che come lui ben sapeva non era stato
notato più del dovuto dato che era sempre stato un bambino silenzioso, a lui
stava bene così. Preferiva non chiedere niente e non dire niente.
Di certo i litigi non erano finiti, Owen ogni volta che
vedeva i suoi genitori insieme non li coglieva mai sorridenti ed inclini al
dialogo. Poi quel cambiamento improvviso, trasferirsi molto lontano e lasciare
la loro casa e tutto quello a cui era abituato, trasferirsi in una casa diversa,
convivere con un estraneo che gli era a dire la verità anche simpatico. Dominic
infatti, doveva ammetterlo, gli era rimasto simpatico sin da subito, ma è
facilmente intuibile che non era lui come figura maschile che avrebbe voluto
accanto.
Era un bambino, non voleva altro che la sua stabilità e i
suoi genitori vicini. Poi però aveva deciso che in fondo, una certa stabilità
in quella casa ce l’aveva anche e gli piaceva aver trovato Lilly e un’altra
persona che lo coccolasse e lo facesse sentire amato e protetto. E poi era stato
facile accettare di far entrare Dominic nella sua vita, lo faceva divertire e
gli piaceva il modo che aveva di trattarlo, che non aveva niente a che fare né
con quello della mamma o del suo papà, ma nemmeno di altre persone che avevano
fatto parte della sua vita e che lo avevano fatto sentire a disagio perché
parlava poco.
Dominic aveva cercato di rispettare i suoi tempi, non
l’aveva forzato in alcun modo, e anche se Owen questo non lo capiva comunque
aveva apprezzato il fatto che non fosse stato insistente. Non era suo padre, ma
poteva tranquillamente essere un valido sostituto. Come tutti i bambini, Owen
aveva una grande capacità di adattarsi, trovarsi in un ambiente favorevole però
l’aveva molto aiutato.
Poi l’aveva sentito litigare quel pomeriggio, ed era stato
come se rivivesse cose già provate a casa sua, con i suoi genitori. Aveva fatto
finta di non sentire, poi, nel corso della serata non aveva potuto evitare di
notare dei chiari segni del malumore di Dominic e un po’ gli dispiaceva. Quella
notte, quando si era svegliato per fare pipì e aveva notato le luci accese che
filtravano dalla porta accostata della sua stanza, la prima cosa che aveva
pensato di fare era stata per l’appunto di andare a vedere cosa stesse
succedendo, non certo perché avesse nelle sue intenzioni quella di consolare
Dominic, la sua in fondo era solo curiosità. Eppure quella semplice curiosità
era stata decisamente utile affinché Dominic ritrovasse in tempi brevissimi una
sorta di serenità.
***
Dominic era stato piuttosto contento, un paio di giorni più
tardi, che Irene gli avesse chiesto ancora una volta un favore che riguardava
Owen. Il bambino era già a letto da un po’, lui ed Irene invece si erano messi
seduti sui gradini di cotto appena fuori le porte a vetri che davano sul
giardino, davanti al salotto. Era una bella serata, l’aria era fresca, così
avevano deciso di mettersi a chiacchierare all’aperto. Avevano stappato una
bottiglia di vino e stavano chiacchierando allegramente quando Irene aveva
esposto quel suo problema a Dominic. Dato che Grace per un paio di giorni non
poteva occuparsi di Owen e che lei, uno di quei due giorni, proprio non poteva
andare a prenderlo all’asilo, gli aveva chiesto se poteva farlo lui. Dominic per
quel giorno non aveva nessun impegno troppo importante che non potesse evitare a
quell’ora, così aveva accettato. Irene come al solito gli era sembrata piuttosto
poco incline a chiedergli una cosa del genere. Non si era meravigliato dello
stato d’animo della donna, però aveva colto l’occasione una volta per tutte per
dirle come la pensava sulla faccenda.
- L’unico problema per me è quando non sono libero, ma se
devo essere sincero, lo farei anche tutti i giorni se potessi. Giuro che non è
un problema, e poi mi piace stare con Owen. Ti fai sempre troppi problemi,
dovresti stare più tranquilla, da me avrai tutto l’aiuto e la comprensione che
posso darti, davvero. Di questo puoi essere tranquilla.- aveva azzardato,
facendo un chiaro riferimento al fatto che non parlava solo ed esclusivamente
per quelli che potevano essere i bisogni del bambino.
Irene gli aveva sorriso. - Sono un po’ apprensiva, ma non è
a causa tua. E’ che preferirei fare io tutto quello di cui mio figlio ha
bisogno, ma nessuno ha il dono dell’ubiquità e quindi…- si era interrotta per un
momento, per poi riprendere a parlare. - Lo sto pensando da un po’, e mi sembra
giusto dirtelo. Sei diventato una persona meravigliosa Dom, davvero. Non te lo
dico per compiacerti, è che quando eri piccolo eri carino, sì, dispettoso da
morire…-
Dominic aveva riso nervosamente cogliendo l’occasione per
farlo nella sua battuta, di fatto lo imbarazzava ricevere quel complimento,
chissà perché lo imbarazzava riceverlo proprio da parte di Irene.
-… già allora si capiva che saresti diventato una bella
persona. Ma hai superato le mie aspettative, forse perché ingenuamente pensavo
che il fatto che sei un attore famoso avesse influito negativamente su di te, lo
so è uno stupido preconcetto e scusami se solo l’ho temuto. Lo vedo soprattutto
per come sei con Owen, gli piaci tanto anche tu, sai? Me l’ha detto l’altra sera
mentre gli mettevo il pigiama, prima di dormire. Se me l’ha detto, lui che parla
tanto poco, vuol dire che ci sei davvero entrato in sintonia, e non saprò mai
come ringraziarti perché…-
Dominic aveva cercato d’interromperla, perché il suo
imbarazzo stava arrivando ad un livello che difficilmente sarebbe riuscito a
controllare. - Ma tu non devi assolutamente ringraziarmi, se mai sono io a dirti
di stare attenta a non sopravvalutarmi!- aveva scherzato, per smorzare i toni.
- No, invece lo faccio, perché se non ci fossi stato
accanto sarebbe stato tutto più difficile, e non solo a Owen anche se lui
ovviamente viene prima di me.- aveva fatto una pausa, e aveva respirato a fondo.
- Lo so che hai capito che c’è qualcosa di anomalo in tutta
questa faccenda, lo so che con i tuoi modi gentili vuoi solo cercare di
aiutarmi. Te ne sono molto grata anche se non sembra, e se non ti dico qual è il
mio problema non è per sfiducia nei tuoi confronti, è solo che per me è molto
difficile. Anzi, ti dico una cosa, non saprei trovare una persona migliore in
questo momento per aprirmi.-
Non aveva ritenuto di doverle dire niente, erano rimasti
per qualche secondo in silenzio. Irene stava guardando nel vuoto davanti a se,
Dominic invece guardava lei, pensando a cosa dovesse dirle, o fare. Irene si era
portata il bicchiere con il vino alle labbra e aveva bevuto una sorsata del
liquido rossastro lentamente, per poi riappoggiarlo alla sua destra, dalla parte
opposta a dove Dominic si era seduto. La tristezza che aveva negli occhi,
Dominic la poteva leggere tranquillamente nel suo sguardo posato sul nulla, uno
sguardo quasi inquieto, come se fosse sempre perennemente alla ricerca di
qualcosa. Uno sguardo che in lei non era certo la prima volta che notava,
intuendo chiaramente per la prima volta, con assoluta certezza, che ogni volta
che metteva su quell’espressione la sua mente stava facendo i conti con i suoi
fantasmi, con ciò che probabilmente aveva lasciato in Inghilterra.
Si era limitato a spostare con lentezza il suo bicchiere
che occupava lo spazio libero tra dove lui stava seduto ed Irene. Si era
avvicinato a lei fino a sfiorarla, quindi le aveva passato il braccio destro
attorno alle spalle, avvicinandosela contro con leggerezza. Irene non aveva
fatto che assecondare i suoi movimenti, si era appoggiata contro la sua spalla
mettendo il suo braccio sinistro attorno alla vita di lui.
Erano rimasti così per un po’ fino a che Irene non aveva
alzato la testa andando ad incontrare il suo sguardo, gli aveva sorriso e
Dominic aveva ricambiato.
- E comunque io non ti sopravvaluto, sei tu che ti
sottovaluti!-
Dominic aveva sorriso più marcatamente. - Sì, può darsi.
Comunque adesso mi è venuta un’idea geniale.-
Irene lo aveva guardato con un’aria interrogativa sul viso.
Dominic aveva dissipato subito il dubbio.
- Sabato è il compleanno di Owen, giusto?-
- Venerdì per la verità…-
- Ah, è uguale, fa lo stesso, tanto anche volendo non credo
che tu possa venerdì, e nemmeno io. Sabato pomeriggio possiamo organizzare una
festa, che ne pensi? Verrebbe bene una festa qui nel giardino, no, con tutti i
suoi compagni d’asilo s’intende. M’immagino già Lilly, con tutti quei bambini in
giro diventerà pazza!- aveva ridacchiato quindi.
Irene anche aveva riso, immaginandosi la reazione della
cagnetta di fronte a tanti bambini.
- Davvero vorresti fare una festa per lui? Penso che sia
un’ottima idea, ma ti avverto, ci sarà un gran caos, non so se ti è mai capitato
di dare una festa per bambini!- aveva osservato Irene.
- Davvero? Non vedo l’ora!- aveva esclamato Dominic
sgranando gli occhi e sfregandosi le mani, come se davvero non aspettasse altro.
Irene aveva riso di gusto, quindi gli aveva stampato un
sonoro bacio su una guancia.
- Te lo sei meritato, sei un coraggioso!-
Avevano riso entrambi, poi avevano deciso si entrare
nuovamente in casa, dato che si stava facendo tardi.
***
Quella volta a prendere Owen all’asilo Dominic era dovuto
andare necessariamente con la sua auto, dato che ci stava passando dopo essere
stato fuori. Aveva parcheggiato non lontano dall’entrata della scuola materna,
dall’altra parte della strada. Dopo che era sceso dall’auto si era avviato in
fretta verso il passaggio pedonale, dato che mancavano pochi minuti alle cinque.
Era la seconda volta appena che capitava in quella
situazione, subito il suo sguardo fu catturato dalla stessa donna che lo aveva
colpito l’altra volta. Era sempre nella stessa posizione in cui l’aveva vista
l’occasione precedente, lui riusciva a scorgere appena il suo profilo. Questa
volta il tailleur era grigio chiaro, sempre elegantissimo, su di lei poi era un
bellissimo colpo d’occhio.
Dominic pensò che doveva andare più spesso a prendere Owen,
valeva scomodarsi solo per godersi un minuto di quello spettacolo. Esattamente
come la volta precedente, era stato ignobilmente beccato sul fatto, quella
bellissima orientale si era girata nella sua direzione incrociando il suo
sguardo, anche quella volta gli aveva sorriso, ma non si era poi girata
nuovamente in avanti verso il cancello subito dopo.
Dominic era rimasto per un momento imbarazzato, cosa che
era peggiorata quando l’aveva vista girarsi del tutto e percorrere pochi
eleganti passi verso di lui, sempre sorridendogli.
- Tu devi essere Dominic.- affermò sicura, sempre
sorridendo.
Aveva aspettato qualche secondo prima di parlarle. - Io…
sì… sono Dominic… - aveva risposto leggermente perplesso.
- Irene mi ha parlato di te.- aveva spiegato la donna. - Io
sono Sakumi, mia figlia Yume è diventata amica di Owen.-
Dominic finalmente era riuscito a rispondere al suo
sorriso. Aveva allungato la mano verso di lei per stringergliela. - Piacere di
conoscerti, Sakumi.-
La donna gliel’aveva stretta a sua volta, decisamente. -
Non è la prima volta che vieni, vero? Ti ho visto con quel bel cane, saranno
stati… quindici giorni fa, non di più. O mi sbaglio?-
- No, no, ero venuto con la mia cagnetta, non ti sbagli…-
Dominic si accorse che non riusciva ad essere molto
sciolto, quella donna lo metteva in soggezione. Un po’ perché era bellissima, un
po’ perché dava l’idea di essere una molto sicura di se stessa, una dominatrice.
Gli capitava ogni tanto di pensare certe cose, erano connessioni mentali
velocissime e non del tutto controllabili, forse aiutate dal fatto che si
sentiva abbastanza attratto da lei. Immaginò subito che sessualmente parlando
dovesse essere una donna con le idee estremamente chiare. Cercò immediatamente
di togliersi quell’idea dalla testa, non era proprio il momento di pensare a
cose simili.
- Ci rivedremo dopodomani suppongo, a casa tua. Siamo state
invitate anche io e Yume alla festa di compleanno di Owen.-
Dominic aveva sorriso, cercando di darsi un tono. - Sì,
certo che ci vedremo, io sicuramente ci sarò.-
Fortunatamente i bambini avevano cominciato ad uscire e
avevano attirato la loro attenzione, Dominic, anche se solo con il pensiero,
tirò un sospiro di sollievo. Owen era uscito dalla porta insieme alla bambina
con gli occhi a mandorla con i capelli neri lunghi e mossi che Dominic aveva
visto anche la volta precedente. Finalmente aveva capito chi era la Yume che
ogni tanto citava Owen. I due bambini con una corsetta erano corsi loro
incontro, ognuno andando nella propria direzione.
Poco prima che Sakumi prendesse per mano Yume e si
allontanasse, la donna aveva guardato Dominic e gli aveva rivolto nuovamente la
parola. - Allora a sabato…-
Dominic le aveva sorriso mentre Owen si era aggrappato al
suo braccio destro e stava cercando di attirare del tutto la sua attenzione. -
Sì, a sabato.- le aveva risposto.
Sakumi era rimasta per un secondo a guardarlo. - Non vedo
l’ora.- aveva aggiunto, quindi si era avviata verso la parte opposta alla quale
lui sarebbe dovuto andare.
Si era distratto subito dalla visione dell’attraente figura
di Sakumi che si allontanava tenendo sua figlia per mano dato che Owen gli stava
ancora tirando il braccio. Si era voltato verso il bambino e gli aveva sorriso.
Si era leggermente chinato su di lui e l’aveva preso in braccio.
- Allora rospetto, ti sei divertito oggi?- gli aveva
chiesto.
Owen aveva annuito, ma non troppo convinto. Si erano
scambiati un bacino, quindi Dominic aveva messo il bambino a terra e si era
avviato verso la sua auto. Non aveva cercato di prendergli la mano perché
pensava non lo gradisse dato come erano andate le cose l’altra volta, ma quando
era stato sul passaggio pedonale era stato Owen ad allungare la mano verso la
sua, Dominic sorrise nel vederglielo fare.
Pochi secondi dopo l’aveva fatto salire in macchina e lo
aveva fatto sedere al posto del passeggero assicurandolo con la cintura di
sicurezza.
- Ma che bella bambina che è Yume, adesso capisco perché
giochi sempre con lei… mica me l’avevi detto che è così carina!- aveva detto
Dominic diretto ad Owen, dopo che si era immesso in strada.
Il bambino l’aveva guardato perplesso.
- Non ti sembra carina Yume?- gli aveva chiesto notando
quello sguardo.
Owen non parlò nemmeno questa volta, ma gli fece
chiaramente intuire che non stava proprio capendo perché Dominic gli stava
facendo notare quella cosa. Era uno sguardo che voleva dire una specie di non
ci ho mai nemmeno fatto caso e non ho nemmeno capito perché dovrebbe
interessarmi.
Dominic aveva sorriso, tornando con gli occhi fissi alla
strada aveva pensato che nemmeno fra troppo tempo anche Owen avrebbe cominciato
a fare fin troppo caso alle ragazze carine.
Intanto si stava interrogando anche su un’altra cosa: ma
Sakumi, con lui, stava cercando di flirtare?
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Capitolo 13 *** Organizzare una festa di compleanno ***
Nuova pagina 1
Buon
inizio di settimana!
Causa
esami universitari ho dovuto fare una pausa, ma adesso probabilmente ricomincerò
a postare tranquillamente ai ritmi a cui ero abituata prima.
Anche se,
devo dire la verità, ho come la netta impressione che non se ne sia accorto
nessuno della mia pausa, eccetto Claudietta che ringrazio per il commento!
Grazie mille.
Comprendo
che probabilmente questa storia sia meno interessante di altre da me scritte in
precedenza perché non solo il mio personaggio cambia radicalmente, ma anche la
tipologia della storia è diversa: innanzi tutto non parla di intrecci
sentimentali. Ci sono e ci saranno nel corso dello sviluppo della storia, ma non
ne sono certo il centro. Questa volta ho voluto concentrarmi su altre
problematiche che andassero al di là del sentimentale: mi sono concentrata sulle
paure delle persone, sulle debolezze, sui delicati equilibri familiari e su
problemi ad essi inerenti.
Mi
dispiace un po’ che questa storia sia meno apprezzata, lo ammetto e sarei
un’ipocrita se non lo ammettessi.
A voi non
interesserà, solo che pensavo fosse utile una spiegazione: mi sto ripetendo
sicuramente, ma ci tenevo a farvi presente che per me sarebbe inutile e anche
piuttosto noioso occuparmi sempre degli stessi temi, stereotipare i personaggi
sempre nello stesso modo, quindi è una necessità che sento quella di mettermi in
gioco cambiando sempre le carte in tavola. Siccome tanti di voi scrivono come
me, penso possano capire bene la mia linea di pensiero: innanzi tutto scriviamo
perché ci divertiamo a farlo, giusto? Se no, non avrebbe senso!
Intanto
ringrazio chiunque mi abbia seguita ultimamente, magari anche comprendendo i
miei sforzi di “esplorare” nuove psicologie e situazioni… senza prendermi troppo
sul serio, ovviamente!
Buona
lettura, Mandy
v
Capitolo Dodicesimo - Organizzare una festa di compleanno
La mattina seguente Dominic aveva messo la sveglia presto,
in modo da essere in piedi quando si sarebbero alzati anche Irene ed Owen. La
prima ad arrivare in cucina era stata Irene, che era rimasta sorpresa di vederlo
lì.
- Buongiorno.- gli aveva detto sorridendogli. - Tutto
bene?- aveva chiesto.
Dopo aver risposto al suo saluto e aver detto che andava
tutto bene, Dominic aveva aggiunto: - E’ solo che volevo vedere la reazione di
Owen quando vedrà quello…- quindi aveva indicando l’angolo della cucina che
Irene, dato che gli dava le spalle, non avrebbe potuto vedere.
Osservando quello che Dominic le aveva indicato Irene era
scoppiata a ridere, poi si era avvicinata e aveva guardato meglio quell’enorme
peluche.
- Oddio è… è… gigantesco!- detto questo aveva afferrato per
la testa quell’enorme orso. - Ed è anche pesante! E’ alto quasi quanto Owen!-
aveva esclamato divertita.
- A me è sembrato davvero bello, a te piace?- le aveva
chiesto.
- E’ bellissimo, credo che tu ti sia disturbato anche
troppo però, non dovevi. Già ci fai dare questa festa domani, non ce n’era alcun
bisogno!-
- Ma smettila, ma quale disturbo, solo non mi voglio
perdere la sua espressione quando lo vedrà… poi magari gli fa schifo, ma insomma
non me la voglio perdere lo stesso!-
Irene aveva riso. - Non credo proprio, mi sa che gli
piacerà molto, ai bambini più le cose sono grandi, più gli piacciono, è un dato
di fatto. Sai cosa, vado subito a svegliarlo, sono curiosa anch’io di vedere che
effetto gli farà!- aveva detto, per poi andare subito verso le scale.
L’espressione di Owen nel vedere appena sceso il gigantesco
pupazzo era stata di sorpresa più assoluta. Senza toccarlo gli aveva girato
intorno per guardarlo tutto e poi aveva fatto una cosa che aveva fatto ridere i
due adulti ed abbaiare Lilly, che prima del bambino si era trovata spaesata
davanti a quel grande orso di peluche. Aveva fatto un salto e ci si era buttato
sopra, appurando che avrebbe potuto usarlo tranquillamente come un materassino
per parare le sue cadute.
L’aveva rovesciato per farlo, quando era stato a terra con
il pupazzo si era messo a ridere insieme ad Irene e Dominic; la scena per loro
era stata davvero esilarante. Lilly nel frattempo continuava a girellare intorno
al bambino e all’orso scodinzolando ed annusando.
Dominic si era avvicinato, aveva aiutato Owen a rimettere
in piedi l’orso. - Allora ti piace?-
Owen aveva ridacchiato. - E’ grosso!- aveva esclamato
felice, cosa che aveva fatto ridere nuovamente i due adulti. Dominic si era
girato verso Irene, guardandola come per dirle avevi ragione.
- Allora, a quest’orsone come gli metti nome?- gli aveva
chiesto ancora.
Owen non ci aveva pensato nemmeno un secondo. - Charlie.-
Dominic l’aveva guardato perplesso. - Come Charlie? Ma
anche l’altro si chiama Charlie!-
- Tutti i tuoi orsetti si chiamano Charlie, diglielo Owen.-
aveva asserito Irene.
- Lui è Charlie quello grosso. - aveva aggiunto Owen, per
precisare.
***
Per ciò che concerneva l’organizzazione stessa della festa
di compleanno di Owen, Dominic e Irene si erano divisi i compiti. Irene aveva
già pensato a fare la spesa e di comprare e distribuire per la casa le
decorazioni. Intanto si era occupata anche di procurarsi degli ulteriori mobili
da giardino: ovviamente in una festa per bambini era quasi scontato che ci
sarebbero state anche tutte le loro mamme o quasi, quindi si trattava di
occuparsi di una festa per almeno quaranta persone tra bimbi e mamme.
Irene aveva evitato accuratamente che Dominic dovesse
scomodarsi troppo, l’unica cosa che aveva accettato che facesse per lei era
stata di occuparsi quella mattina di ritirare i dolci e la torta di compleanno
in pasticceria dato che lei non poteva fare tutto da sola.
Dominic era uscito in tarda mattinata, aveva fatto tutto
con calma dato che si era specificatamente tenuto tutta la giornata libera in
quell’occasione, quando era rientrato aveva visto Owen che giocava sempre con le
sue costruzioni sul tappeto dell’ingresso, gli aveva chiesto dove fosse Irene,
lui aveva puntato il dito verso il soggiorno.
Quando si era affacciato per dirle che aveva bisogno di
aiuto a scaricare dalla sua auto la torta che non poteva portare da solo, si era
ritrovato una bella sorpresa davanti, stentava a crederci.
Aveva letteralmente urlato quel nome, Irene si era
ritrovata davanti ad una scena che era anche dolce, ma tutto sommato aveva anche
un che di involontariamente comico.
- Madeleine!- aveva urlato quasi lui, mentre la donna che
lui aveva chiamato si era alzata dal divano e gli era andata incontro tanto in
fretta quanto i suoi tacchi a spillo lo permettevano.
- Dominic, piccino mio fatti abbracciare!- gli aveva detto
quella donna alta almeno dieci centimetri più di lui, anche aiutata dagli
imponenti tacchi, con un tono di voce un po’ stridulo.
Si erano abbracciati con slancio e si erano scambianti più
dei soliti due bacini di rito, sembrava che tra loro ci fosse davvero un’intesa
molto forte.
La donna dopo che si erano sciolti un po’ da
quell’abbraccio gli aveva preso il viso tra le mani e guardandolo gli aveva
detto:- Ma possibile che diventi sempre più carino ogni giorno che passa? E
anche la tua Lilly, ma guarda che bella che è, l’ultima volta che lo vista era
piccola piccola e faceva dei guaitini così striduli, che amore!-
- Tu pure sei uno schianto, fatti guardare un po’!- aveva
risposto lui staccandosi da lei e guardandola, mentre Madeleine si metteva in
posa. - Me-ra-vi-glio-sa!- le aveva detto scandendo ogni sillaba.
- Ronald come sta?- le aveva chiesto quindi, riferendosi al
suo compagno.
- Impegnato come al solito, siamo qui a Los Angeles per un
giorno e mi sono detta che se pure non ti avevo avvertito dovevo assolutamente
venire a trovarti perché, tesoro mio, non sai quanto mi manchi!-
- Amore, tu non hai nessun bisogno di avvertire, che non lo
sai che casa mia è sempre aperta per te?-
- Ma quanto sei caro!- gli aveva risposto la donna
abbracciandolo e baciandolo nuovamente.
Irene non aveva bisogno di spiegazioni, Madeleine da quando
era arrivata le aveva già di preciso spiegato chi fosse e che rapporto avesse
con Dominic. Era la compagna di un produttore che si occupava prettamente di
cinema indipendente, si erano conosciuti sul set di un film a cui Dominic aveva
lavorato quasi due anni prima e nonostante la grande differenza d’età, Madeleine
aveva detto ad Irene di avere quarantanove anni, era nata una forte amicizia,
anche molto affettuosa.
Ad Irene Madeleine era rimasta subito simpatica: i suoi
modi erano un po’ enfatici, ma era una persona di spirito e simpatica. Era
arrivata lì da mezz’ora e già le aveva raccontato un sacco di cose di lei, anche
Irene si era presentata mentre seduta sul divano gonfiava palloncini da
attaccare in giro. Gli aveva spiegato chi fosse e che cosa ci facesse lì dato
che Madeleine era rimasta leggermente perplessa.
Mentre Dominic era uscito nuovamente per andare verso la
sua auto con Irene, Madeleine aveva preteso di aiutarli. Non appena erano stati
fuori di casa e lontani dalle orecchie di Owen, Madeleine aveva guardato Dominic
con uno sguardo lievemente accusatorio:- Quando ho visto quello stupendo bambino
e questa stupenda ragazza ho pensato che tu mi avessi taciuto qualcosa e guarda,
mi sono anche impermalita! E poi tu non ti vedevi con una musicista… come si
chiama, aspetta, non me lo dire… Sheela? Shelly? Shelby? Una roba del genere
insomma…-
- Shannyn!- le aveva detto ridacchiando lui, - Ma non ci
vediamo più.-
- Come mai?- aveva chiesto la donna incuriosita.
- Perché è una gran vacca!- aveva risposto Dominic di botto
e senza mezzi termini.
Madeleine aveva sospirato, sembrava soddisfatta della
notizia appena appresa. - Oh mio Dio quanto sono felice di sentirtelo dire
tesoro mio, quando me l’hai presentata ti giuro che non l’ho sopportata da
subito! Oh cielo quante arie che si da, nemmeno fosse questo granché! Carina,
sei giovane, bellina e soda con le tettine che ti guardano belle dritte davanti,
ma amore, la mia classe tu non ce l’avrai nemmeno a novant’anni!-
- Questo lo puoi dire forte Madeleine! Ma possibile che il
fatto che era stronza e pure un po’ troia non me n’ero reso conto solo io?-
Madeleine aveva fatto una carezza a Dominic e si era
soffermata con la sua mano sul collo di lui, mentre lo guardava in modo un
comprensivo:- Tesoro mio, - aveva cominciato a dirgli con un tono di chi la
sapeva lunga, - lo so che a voi ragazzotti nel pieno dell’età davanti ad una
così l’afflusso di sangue al pene impoverisce fatalmente quello al cervello, e
tu lo sai che lo so benissimo!- aveva concluso ridacchiando, cosa che aveva
fatto anche Dominic, conoscendola bene.
- Ma guarda, ci succede anche davanti ad una della tua età
se è messa bene come te!- aveva ribattuto Dominic dopo aver riso della battuta
di Madeleine.
- Non dire queste cose tesoro che potrei essere quasi mamma
tua!- aveva detto fingendosi scandalizzata la donna, sempre ridacchiando.
Sempre in quel clima d’ilarità erano tornati in casa,
Dominic si era occupato dei pacchetti più piccoli, aveva preso i primi due e si
era affrettato a tornare in casa, posandoli velocemente in cucina, quindi era
andato ad aprire velocemente la porta alle due donne che stavano portando
insieme la torta che andava messa in frigo quanto più velocemente possibile. In
cucina, senza farsi vedere da Owen, i tre adulti avevano controllato che il
dolce durante il viaggio non si fosse sciupato.
- Ma che cos’è questo mostriciattolo giallo?- aveva
osservato Madeleine perplessa. Gli altri due l’avevano assalita con degli
shhh, dato che la torta fatta a forma di Pikachu era una delle sorprese
della festa.
- Scusatemi!- si era affrettata a dire l’altra pentita per
aver fatto quella gaffe, dopo tutti e tre erano scoppiati a ridere. Quindi,
appurato che il viaggio non aveva causato grandi danni alla torta, l’avevano
messa in frigo, prima che li causasse il caldo.
Madeleine, sotto forte richiesta di tutti era stata
invitata a trascorrere la giornata a casa di Dominic e a partecipare a quella
festa.
***
Come aveva detto Irene, che era una scelta coraggiosa?
Dominic aveva pensato che scherzasse, invece aveva davvero avuto modo di vedere
che avere circa venticinque bambini che andavano dai tre ai cinque anni che ti
scorrazzano per casa instancabili non era per niente una passeggiata. Lilly,
come sia Dominic che Irene avevano immaginato, stava per impazzire a stare
dietro a tutti, ovviamente il cane era stata la prima attrattiva che ogni
bambino aveva avuto davanti non appena era arrivato e se dapprima Lilly si era
pavoneggiata come al suo solito, lusingata da tante attenzioni, dopo un po’ non
sapeva più dove nascondersi per sfuggire a tutte quelle manine.
Dominic all’inizio invece, aveva scherzato sul fatto che
tra gli adulti presenti lui era l’unico uomo. Oltre ad Irene, Madeleine e Grace
che era venuta a dare una mano per tenere a bada la mandria sciolta di bambini
presenti, c’erano almeno altre venti donne, mamme dei bambini presenti, tra cui,
particolare non da sottovalutarsi, era presente anche Sakumi. A dirla tutta,
dopo averla salutata, Dominic non l’aveva poi molto considerata, si era perso a
giocare un po’ con i bambini presenti, a fare versi come il suo solito quando si
trovava con dei bimbi piccoli.
Inizialmente si era trovato spaesato, ma poi il fatto di
avere il giardino invaso gli era sembrato divertente, così si era buttato nel
mezzo della baraonda, causando le risate di Madeleine e di più di qualche mamma
presente. Si era distolto dal suo compito solo quando si era accorto del fatto
che non c’era traccia di Owen, da nessuna parte. Aveva raggiunto Irene e le
aveva chiesto spiegazioni in merito, la donna gli aveva spiegato che con la sua
inseparabile amichetta Yume era andato in camera sua per farle vedere il suo
enorme orso nuovo. Dominic aveva ridacchiato prima di commentare:- Tuo figlio ha
già capito come va il mondo, se le porta già in camera!-
Ma durante tutto il pomeriggio, il bambino non è che si
fosse poi molto inserito con tutti gli altri, e Dominic l’aveva notato,
chiedendosi come mai. Certo non che avesse mancato di divertirsi, anche lui
aveva fatto il diavolo a quattro con Yume, con cui aveva formato una vera e
propria associazione a delinquere volta al compito di spaventarlo. Il loro
divertimento maggiore per tutto il tempo era stato quello di scoppiare
palloncini nelle sue vicinanze mentre lui chiacchierava con qualcuno,
spalleggiati da Madeleine che li istruiva scrupolosamente sul da farsi.
Era successo una volta proprio mentre si era messo
finalmente a chiacchierare con Sakumi. Per tutto il pomeriggio si erano guardati
da lontano o, meglio, era stata lei a guardarlo, a volte lanciandogli delle
occhiate piuttosto profonde. Se ne aveva avuto solo l’impressione, quella
giornata era stata chiarificatrice per chiarirsi il dubbio che aveva avuto un
paio di giorni prima, quando gli era sembrato che lei volesse flirtare con lui.
Subito dopo che si era accorto della cosa, Dominic si era sentito un po’ in
imbarazzo che una donna come lei tenesse quell’atteggiamento, ma poi si era
seriamente chiesto se la cosa gli dispiaceva. E no, non gli dispiaceva affatto
alla fine dei conti.
Il suo tempo successivamente era stato speso proprio nel
ricambiare quelli sguardi da lontano, per poi trovare il modo finalmente per
avvicinarsi e fare due chiacchiere. Finalmente trovata la situazione adatta,
aveva versato in due bicchieri della sangria che Irene aveva preparato per la
componente adulta della festa e le era andato incontro, cominciando finalmente a
chiacchierare con lei.
Aveva appena scoperto che aveva trentacinque anni, che era
divorziata da quattro e che viveva negli Stati Uniti da dieci, quando si era
sposata lì con un suo ex collega da cui aveva avuto Yume. Gli disse anche che
faceva la mercante d’arte, mestiere che faceva praticamente tutta la sua
famiglia dato che suo padre era un antiquario e che aveva una casa d’aste a
Fukuoka, in Giappone. Parlandoci aveva capito subito che di cinema non era molto
ferrata, un po’ a lui faceva piacere che lei non gli avesse detto che l’aveva
visto in qualche film, gli dava come l’idea di essere più anonimo e la cosa era
rassicurante sotto certi punti di vista. La conversazione stava andando avanti
bene, tra sorrisini e qualche ammiccamento, si stava divertendo finalmente a
flirtare anche lui come si deve, almeno fino a che l’ennesimo scoppio appena
dietro di lui non l’aveva fatto letteralmente schizzare.
Sakumi aveva riso di gusto alla scena, Dominic non appena
si era ripreso le aveva fatto un sorrisino, aveva appoggiato il suo bicchiere
sul tavolo vicino e le aveva chiesto:- Mi scusi solo un momento?-
Dopo il ma certamente divertito di lei, Dominic, con
aria finto arrabbiata, si era girato alla ricerca delle due piccole pesti, ma
soprattutto di Owen. Dopo averlo individuato nascosto dietro a sua madre che lo
guardava ridacchiando, gli era andato incontro a passi veloci, il bambino aveva
visto bene di scappare.
Stava correndo sul prato antistante ai tavoli, ridacchiando
e girandosi indietro per vedere a che distanza rimaneva Dominic rispetto a lui,
fino a che non si era avvicinato abbastanza e Owen si era fatto prendere.
- T’ho acchiappato, eh, rospetto delinquente!- gli aveva
detto mentre lo sollevava da terra. Stava facendo finta di non farcela a
tenerlo, quindi lo stava facendo ciondolare a testa in giù mentre il bambino
rideva divertito, mentre gli diceva:- Ora ti butto giù!-
Quando l’aveva rimesso a terra Owen gli si era attaccato al
braccio destro come faceva sempre per attirare la sua attenzione, chiedendogli a
gran voce:- Ancora, fammelo rifare!-
Irene e Madeleine aveva assistito a tutta la scena, ne
stavano ridendo di gusto, quando Dominic aveva messo a terra il bambino si erano
avvicinate, Irene si era ripresa Owen e aveva lasciato l’uomo con Madeleine.
- Loro sono dei piccoli delinquenti, ma tu sei la loro
degna compare però!- l’aveva bonariamente apostrofata Dominic. La donna aveva
riso.
- Mi è sembrato che quella giapponese ti stesse un po’
troppo spogliando con gli occhi, così, sai, ho pensato che ti servisse una scusa
per sfuggirle!- aveva scherzato, centrando però il punto.
- E chi ti dice che mi dispiace la cosa?- aveva ribattuto
lui.
- Hai capito!- aveva esclamato Madeleine. - Ma sei
convinto? Non ti lasciare ingannare dalle apparenze, le giapponesi sembrano
tanto carine e delicatine, ma sono le peggiori ninfomani del pianeta, lo
sapevi?-
Dominic era scoppiato a ridere. - Potrebbe non dispiacermi
nemmeno quello!- aveva aggiunto.
- Allora vai, oppure cercherà un'altra preda!- aveva
scherzato ancora, per poi dire: - Va beh che caschi bene in quanto a
concorrenza, sopra i sei anni sono tutte donne qui, anche il cane femmina hai!-
Dominic dopo aver riso nuovamente e averla salutata era
davvero tornato alla sua occupazione di partenza, ma proprio mentre Sakumi gli
stava dicendo quanto l’aveva trovato carino con i bambini Irene l’aveva
avvertito che era il momento della torta con conseguente scartamento regali.
Ad Owen era piaciuta da morire la torta Pikachu, aveva
soffiato sulle sue quattro candeline e probabilmente aveva espresso un desiderio
come la mamma dietro di lui gli aveva consigliato di fare. Erano stati gli unici
dieci secondi tristi di Dominic durante quella giornata, aveva per un momento
immaginato che tipo di desiderio Owen avrebbe potuto esprimere, ma non era
durato di più.
Dopo che tutte queste faccende erano concluse e che quasi
tutti i bambini presenti avevano dato un po’ della loro torta a Lilly che
l’aveva leccata dai loro piattini di plastica o direttamente dalle loro manine,
la festa era praticamente finita e molti degli invitati avevano cominciato ad
andarsene. Del resto il sole stava tramontando, erano quasi le otto di sera ed
era dalle tre del pomeriggio che quella baraonda stava andando avanti.
Una delle ultime ad andarsene era stata proprio Sakumi, non
certo prima di aver chiesto a Dominic se gli andava di vederla una sera. Alla
risposta ovviamente affermativa di lui si era fatta dare il suo numero e gli
aveva detto che l’avrebbe chiamato, quindi era anche lei tornata a casa. Il
tutto ovviamente sotto lo sguardo vigile di Madeleine, che sotto sotto si stava
proprio divertendo.
Poco dopo anche lei aveva annunciato che avrebbe chiamato
un taxi e sarebbe tornata al suo albergo, Dominic non le aveva permesso di farlo
offrendosi di accompagnarla lui stesso.
Irene l’aveva assicurato che non aveva bisogno del suo
aiuto per mettere in ordine, Grace era ancora lì e aveva dato disponibilità
anche per quelle incombenze.
In macchina non avevano parlato molto, Madeleine aveva
semplicemente ringraziato Dominic per la bella giornata, si era divertita da
morire a fare combriccola con tutti quei bambini. Lui a dire la verità si era
sentito un po’ in colpa per il fatto che forse non era stato abbastanza con lei.
- La prossima volta che ci vediamo ti giuro che passiamo
una giornata insieme io e te, mi dispiace che oggi sia andata così.- le aveva
detto dopo aver parcheggiato l’auto ed averla accompagnata fino all’entrata
dell’albergo.
- Ma stai scherzando tesoro mio, sono io che ti sono
piombata a sorpresa e guarda, non poteva andarmi meglio. Ma quant’è carino quel
bambino, è davvero un amore!-
- Sì, lo è…- aveva detto Dominic sorridendo. - Lo era anche
di più prima che tu lo corrompessi!-
Avevano riso e si erano dati appuntamento alla prossima
volta.
Quando era tornato a casa Dominic aveva trovato Lilly
sdraiata sulla sua cuccia che dormiva della grossa. Gli venne da ridere, aveva
raggiunto Irene e Grace in cucina mentre mettevano in ordine le ultime cose, e
aveva indicato alle due donne la sua povera cagnolina:- Me l’hanno sfinita
veramente oggi!- aveva commentato, le altre due avevano riso. Quindi si era
messo a dare una mano, per quel poco che c’era rimasto ancora da fare.
Quando anche Grace se n’era andata Irene aveva messo a
letto un recalcitrante Owen, che per la giornata divertente che aveva appena
passato era ancora abbastanza eccitato e non aveva nessuna voglia di andare a
dormire, anche se poi aveva dovuto obbedire alla mamma dato che Dominic non lo
stava spalleggiando nella sua bizza.
Aspettando che Irene tornasse al piano inferiore si era
messo seduto sul divano, aveva acceso distrattamente la televisione si era messo
a guardarla, almeno finché la donna non era scesa e l’aveva raggiunto, sedendosi
accanto a lui. - Si è addormentato subito, doveva essere stanchissimo…-
Dominic le aveva sorriso. - Anche tu lo sembri.- aveva
osservato.
- Non lo sembro, lo sono!- aveva detto sorridendo anche
lei. - A proposito… grazie mille.-
Dicendo questo si era avvicinata a Dominic e gli aveva dato
un bacio su una guancia, in un gesto molto simile a quello che lei aveva fatto
qualche sera prima. - Per il coraggio, per la pazienza e per la bellissima
giornata che hai regalato ad Owen… e per Madeleine, è una donna fantastica, mi
dispiace che se ne sia andata così presto. Oltre che ad essere molto bella per
l’età che ha, che io non le avrei mai dato, è veramente una persona
simpaticissima.- aveva detto quindi Irene, continuando ad abbracciare Dominic.
- Di niente, davvero, una delle più belle giornate degli
ultimi tempi anche per me, giuro!-
Senza una ragione apparente, almeno per Irene, dopo averle
risposto Dominic si era messo a ridere, tanto che la donna si era sciolta
dall’abbraccio e l’aveva guardato incuriosita.
- Scusami…- aveva bofonchiato lui. Lo sguardo incuriosito
di Irene non andava via.
- E’ che… ti posso confidare un segreto?- aveva detto, non
troppo convinto.
- Se credi.- aveva detto Irene, - Stai pur certo che io non
andrò a dire niente a nessuno!-
Dominic aveva taciuto per qualche secondo. - Madeleine,
insomma… è un uomo…-
Anche Irene era rimasta completamente in silenzio come lui
pochi secondi prima, solo che aveva sul viso l’espressione più stupita che
Dominic avesse mai visto.
- Lo so, anche io ho fatto quella faccia quando me l’ha
detto! Fu un momento fantastico, perché io, assolutamente basito le dissi che
finché non la vedevo nuda non ci avrei mai creduto, e lei, con la sua solita
verve lo sai che mi ha risposto? Che una signora non va in giro a mostrare il
suo organo genitale a chiunque!-
Irene era scoppiata a ridere, con Dominic. Era facile farlo
mentre s’immaginava esattamente il tono di voce che Madeleine aveva usato per
dire una cosa simile.
- Oh cielo, è troppo bella per essere un… no, assolutamente
no, cazzo non è possibile che sia un uomo!- aveva detto.
Dominic era scoppiato a ridere, non l’aveva mai sentita
dire parolacce se non rarissime volte, doveva davvero essere incredula.
- Certo che non si finisce mai di stupirsi nella vita!-
aveva commentato Irene infine.
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Capitolo 14 *** Ricordi ***
Nuova pagina 1
Salve a
tutti!
Temo che
dopo queste note sarò ancora di più tacciata di essere una che se la tira, in
ogni modo andrò incontro ai miei rischi tranquilla come una mucca indù, tanto
chi è abbastanza sveglio da leggere tra le righe sa che non è così!
Grazie
mille del commento Lili, come al solito sei gentilissima! Non hai assolutamente
bisogno di scusarti, anzi. Non ti preoccupare perché quello che mi fa piacere
non è certo avere necessariamente una recensione a capitolo, me ne basta anche
solo una alla fine ma che sia fatta con cognizione di causa, insomma una di
quelle che in genere fai tu!
Per
quanto riguarda i pochi commenti non mi preoccupo, i numeri sono relativi e
francamente mi basta sapere che qualcuno di voi apprezza e mi comprende, cosa
che tutti i vostri commenti mi hanno trasmesso. Oltre a te quindi ne approfitto
per ringraziare nuovamente persone come Bloody, Claudietta, ma anche Crazy (a
proposito aspetto con curiosità il proseguo della tua storia!).
Per il
resto pazienza… questa dei commenti poi è una faccenda complicata, per chi non
li fa per pigrizia basta leggere quello che io e la sora Moon abbiamo scritto in
fondo a Cinycal Vision, concetti su cui non torno perché è inutile ribadirlo.
Alla fine ognuno vive come vuole e nessuno ha il diritto di insegnare niente a
nessun altro e io mi metto in cima alla lista di chi questo diritto non ce l’ha.
L’unica cosa che mi riservo sempre è il diritto di dire la mia perché sono una
chiacchierona!
Detto
questo, smetto di blaterare… delle mie congetture del resto non frega niente a
(quasi) nessuno, vi lascio alla storia che spero sia un po’ più interessante di
queste chiacchiere!
Buona
lettura a tutti, Mandy
v
Capitolo Tredicesimo - Ricordi
Dopo aver appreso quella sconvolgente notizia su Madeleine,
Irene non era rimasta per molto a parlare con Dominic. Avrebbe avuto ancora
qualcosa da mettere in ordine, ma era esausta dopo quella giornata passata
appresso a tutto quello che c’era stato da mettere a punto. Dominic l’aveva
spedita a letto anche un po’ con la forza. Il giorno dopo era domenica, la donna
delle pulizie la mattina dopo non ci sarebbe stata come invece succedeva ogni
mattina, così lui si era offerto di aiutarla.
- Vuoi mettere a posto i mobili da giardino a quest’ora?
Non se ne parla nemmeno, vai a dormire, ci pensiamo domattina insieme, dai!- le
aveva detto deciso.
A dirla tutta lei non aveva poi questo gran bisogno di
essere pregata.
In verità voleva rimanere sveglia perché aspettava una
telefonata importante, anzi, sperava che sarebbe stato Dominic ad andare a letto
prima di lei, quella di voler finire di riassettare era solo una scusa.
Christopher stava tardando, ma lei non se n’era stupita più del dovuto.
Era andata a dormire dopo aver fatto una doccia bollente,
Owen intanto riposava tranquillamente. Aveva messo il suo gigantesco orso ai
piedi del letto, nella parte che, essendo piccolo, non utilizzava. Irene l’aveva
guardato appena per un momento prima di entrare in bagno, illuminato dal fascio
di luce che filtrava da quella stanza.
Dopo aver tolto la suoneria al suo cellulare si era stesa
sul letto, appoggiandosi il piccolo apparecchio sul ventre, in modo da poter
sentire la vibrazione nel caso in cui l’uomo si fosse finalmente deciso a
chiamarla come le aveva detto che avrebbe fatto. Già qualche tempo prima le
aveva comunicato che voleva assolutamente prendere qualche giorno di ferie a
cavallo del compleanno di Owen: comprendere il giorno preciso proprio non era
stato possibile, ma forse, almeno così aveva comunicato ad Irene, sarebbe
riuscito ad andare negli Stati Uniti per quattro giorni a cavallo del fine
settimana successivo. Sarebbe stato pesante affrontare due lunghi voli
intercontinentali in pochi giorni, ma era una cosa a cui teneva, e anche ad
Irene faceva piacere che lui volesse farlo.
Aveva detto che l’avrebbe chiamata per avvertirla quella
sera degli sviluppi di quel progetto, ma poi non si era fatto sentire. Irene
aveva provato per un po’ a rimanere sveglia, ma poi si era addormentata.
La mattina seguente si era svegliata con il sole già alto,
aveva dedotto che fosse abbastanza tardi vedendo la luce intensa che filtrava
dalla tapparella. Si era messa qualcosa addosso ed era scesa, anche quella volta
non aveva trovato Owen a dormire, ma non si era preoccupata più del dovuto. Sul
cellulare c’erano due chiamate perse. L’aveva ritrovato per terra appena alzata,
doveva averlo fatto cadere girandosi, dopo che si era addormentata. Aveva
provato subito a richiamare, in Inghilterra doveva essere quasi sera, ma non
aveva ottenuto risposta, così aveva finito per darsi della stupida per essersi
addormentata. Era l’ultima cosa che razionalmente avrebbe dovuto fare.
Quando era stata al piano inferiore si era resa conto che
era quasi mezzogiorno. Di Dominic ed Owen non c’era alcuna traccia in casa, ma
le vetrate del soggiorno erano tutte aperte, così Irene si era affacciata fuori,
giusto in tempo per vedere Owen e Dominic che giocavano a pallone, con Lilly che
cercava di partecipare quando poteva, proprio sul prato dove lei avrebbe in
teoria dovuto ritrovare tutto ciò che la notte prima lui non le aveva permesso
di rimettere in ordine. Prima che i due la notassero era passato qualche
secondo, impegnati com’erano nel gioco.
Quando Dominic si era svegliato quella mattina, la prima
cosa che aveva avvertito era il caldo. Faceva anche troppo caldo per i suoi
gusti, erano appena le nove e si aspettava che almeno a quell’ora si stesse
bene. Aveva subito avuto voglia di bere, quindi si era alzato e si era messo
qualcosa addosso. Non appena era arrivato in cima alle scale si era trovato
davanti Owen sul solito tappeto che ormai era diventato la sua postazione di
gioco preferita, con i pastelli e i fogli davanti, Lilly lì vicina a fargli
compagnia e l’orso che lui gli aveva regalato. L’unica cosa anomala era che Owen
portava addosso solo le mutandine e una maglietta ed era scalzo, il che era
davvero strano anche se faceva caldo. L’aveva salutato e si era fermato a vedere
cosa stesse disegnando, prima di chiedere dove fosse Irene, dato che non la
vedeva.
- Mamma dorme. Stanotte era agitata.- aveva semplicemente
detto il bambino.
- Va bene, allora la facciamo dormire, ce la caviamo da
soli tanto, no? Siamo ometti in gamba!-
Owen aveva sorriso, quindi Dominic per un po’ si era
occupato di lui. Gli aveva dato la colazione dopo averla data a Lilly che
sembrava volerla più di lui, quindi l’aveva aiutato a vestirsi, cosa che non era
stata facilissima. Non tanto perché Owen avesse un gran bisogno d’aiuto,
piuttosto per il fatto che erano dovuti entrare di soppiatto nella stanza dove
Irene stava dormendo.
Per fortuna Owen sapeva perfettamente dove cercare le sue
cose, tirava fuori dai cassetti i suoi indumenti con una certa sicurezza almeno
apparente, se non che poi le puntava verso Dominic aspettando che lui gli
dicesse che andava bene. Dato che dovevano fare silenzio attirava la sua
attenzione sbracciandosi verso di lui, dato che l’altro, non appena era entrato
nella stanza poco illuminata, non era riuscito ad evitare di perdersi a guardare
il profilo di Irene che, girata da un lato e coperta per metà dalle lenzuola,
sembrava dormire piuttosto profondamente.
Doveva essere davvero stanca la notte precedente, Dominic
lo aveva pensato subito, ma anche un altro particolare l’aveva distratto, un
ricordo che gli era venuto prepotentemente alla memoria nel vederla dormire.
Lui aveva quindici anni, lei ventitré, era stato durante
una delle solite visite estive di Irene e di sua madre a casa sua a Manchester.
Avevano approfittato di una domenica soleggiata per fare una classica gita fuori
porta alla quale lui e suo fratello erano stati invitati, ma ovviamente, data la
loro età, nessuno si aspettava che ci sarebbero andati.
Matt infatti non aveva voluto rinunciare ad una domenica
con i suoi amici per seguire suo padre, sua madre e i loro amici; razionalmente
anche Dominic avrebbe speso volentieri quel giorno di sole a giocare a calcetto
con la sua compagnia.
Ma quell’occasione era più unica che rara, si sarebbe
trattato di passare una giornata intera con Irene. Sua madre, quando lui le
aveva detto, fingendo ben poco entusiasmo, che non aveva niente di meglio da
fare e che sarebbe andato con loro, l’aveva guardato proprio con l’aria di una
che aveva capito che c’era qualcosa sotto, ma di questo particolare lui si era
accorto ripensandoci solo qualche anno dopo.
La giornata era stata placida e tranquilla, avevano
passeggiato ed erano stati tutto sommato bene. Veramente Dominic si era sentito
benissimo, dato che Irene era stata con lui tutto il giorno, ma il momento più
bello era stato in macchina, la sera, quando si erano apprestati a tornare a
Manchester. Erano rimasti anche a cena fuori per concludere in bellezza la
giornata, era tardi quando avevano intrapreso la via del ritorno, sarebbero
stati a casa dopo la mezzanotte dato che il viaggio sarebbe durato circa un paio
d’ore.
Per un po’ lui ed Irene, seduti vicini sul sedile
posteriore, avevano chiacchierato almeno finché gli sbadigli di lei non si erano
fatti frequenti. Ad un certo punto era successo, Irene aveva ammesso di avere
sonno, si era stiracchiata appena e poi aveva fatto quella domanda: per uno come
lui, un ragazzino alla prima cotta, era stato un momento indimenticabile. Lei
aveva appoggiato la testa alla sua spalla e aveva semplicemente chiesto: - Ti do
fastidio se sto così?-
Definire la sensazione era difficilissimo, nella sua testa
era successo di tutto e di più, comunque era riuscito a dirle un semplice no e a
mantenere la sua dignità.
Era rimasta quasi immobile per tutto il viaggio, si era
semplicemente appisolata, Dominic era quasi sicuro che non stesse dormendo, ma
aveva mantenuto quella posizione per tutto il tempo, senza muoversi nemmeno di
un millimetro per non disturbarla. Riusciva a sentire le vibrazioni del suo
respiro contro di lui, ovviamente non era quasi mai riuscito a staccare gli
occhi dal suo profilo, che poteva scorgere dall’alto: il naso, una nasino fine,
dritto, molto carino, esattamente uguale a quello di sua madre; la sua bocca,
riusciva a scorgere il suo labbro superiore e si ricordava perfettamente che
aveva pensato che gli sarebbe piaciuto passarle una dito sulle labbra,
dolcemente, solo per sapere che sensazione si potesse provare a quel contatto;
le ciglia che ogni tanto si muovevano impercettibilmente, come mosse da tremito
nervoso.
Incredibile come dopo quasi quindici anni Dominic riuscisse
ancora a ricordare così vividamente certi particolari. Sapeva che se si fosse
potuto mettere a pensare, lì in quel preciso momento, avrebbe anche ricordato
l’odore dei suoi capelli e la sensazione strana di sentirla così vicina.
Owen aveva attirato la sua attenzione distogliendolo
dall’immagine di Irene quasi quindici anni prima e da quella attuale, che non
era affatto meno bella dell’altra in quel momento. Aveva in mano due calzette,
una diversa dall’altra. Lui aveva fatto segno di no con la testa, il bambino si
era un po’ imbronciato. Dominic gli aveva detto uguali, scandendolo bene con la
bocca, Owen aveva cercato ancora un po’ e ne aveva prese un’altra volta due
diverse, quindi era andato lui ad aiutarlo.
Dopo, mentre il bambino giocava con il cane in giardino e
lui si era messo a rimettere in ordine le sedie di plastica del giorno prima, si
era ritrovato a pensare a quel periodo: quei quindici anni passati, a vederli
così, sembravano una vita. Si era perso in congetture, pensando a come era stato
facile prendersi quella tremenda cotta per una come Irene a quell’epoca.
Proprio in quella giornata che gli era tornata alla memoria
c’era la risposta: Irene probabilmente doveva trovarlo carino, nel senso che in
genere si da alla parola quando si parla del carattere di qualcuno. Gli parlava
spesso, non lo trattava come un bambino e a lui piaceva perché non si sentiva
più così mentre tanti lo trattavano come tale, anche se Dominic doveva ammettere
che, nei confronti di Irene specialmente, a quei tempi un bambino lo era
davvero. Dopo quell’estate però, doveva ammettere di essere molto maturato,
questo probabilmente anche grazie a quell’esperienza passata, quel sentimento
che aveva provato per lei e che probabilmente, in quel modo, non avrebbe provato
mai più per nessun altra.
E poi erano trascorsi gli anni.
Dominic stava mettendo in ordine i mobili da giardino che
il giorno precedente erano stati usati per la festa di Owen, il figlio di Irene,
che aveva quattro anni. Erano dall’altra parte del mondo, lui era un attore.
Quindici anni prima ancora non era certo di volerlo essere. Aveva cominciato a
pensare seriamente a laurearsi in arte drammatica solo l’anno successivo,
l’estate prima del suo ultimo anno di liceo, dopo aver capito che il corso di
teatro era il suo preferito. Irene si era sposata, era una mamma, una
professionista affermata nel suo lavoro e aveva un grosso problema di cui non
riusciva a parlare, si tormentava continuamente.
Dominic avrebbe tanto voluto vederla sorridere come quando
era un ragazzino, quando la scorgeva al telefono con qualche sua amica rimasta a
Birmingham: quei sorrisi gli sembravano stupendi, forse perché dietro ad essi
chissà quali confidenze e segreti che a lui non era dato di sapere si
nascondevano.
Erano la cosa più bella al mondo; erano spensierati, di chi
non ha un solo grave problema al mondo.
Owen appena aveva visto sua mamma le era corso incontro,
Irene si era piegata per arrivare circa alla sua altezza, l’aveva stretto un
po’, dandogli dei baci. Dominic invece si era incamminato verso di lei con
lentezza.
- Buongiorno.- le aveva detto, per un attimo aveva sentito
il suo tono strano. Pensò che gli fosse uscito così per via del filo dei
pensieri che l’aveva accompagnato per tutta la mattina.
- Buon pomeriggio, vorrai dire. Scusa se…- aveva cominciato
a dire Irene un po’ in ansia.
Dominic l’aveva interrotta immediatamente. - Se stai per
cominciare a dirmi la solita sfilza di stupidaggini sul fatto che potresti
avermi infastidito, che forse avevo da fare e che hai fatto una cosa che non
dovevi fare, ti prego fermati!- aveva scherzato.
Irene aveva risposto al suo sorriso. - Va bene, allora sto
zitta! Grazie però te lo dico.-
Dominic non aveva potuto evitare di andarle ancora più
vicino, darle un bacio su una guancia e guardarla per un momento sempre
sorridendo:- Non c’è di che.- aveva risposto.
Ormai era subentrata una certa confidenza tra loro, quel
tipo di affetto non era più strano per nessuno, anzi, probabilmente completava
il loro rapporto.
***
Quel pomeriggio Dominic era stato fuori fino all’ora di
cena. Irene gli aveva telefonato proprio per sapere se sarebbe stato a mangiare
con lei ed Owen. Se all’inizio aveva pensato che, già che era in giro, poteva
sentirsi con qualcuno dei suoi amici e vedere di organizzare una serata con loro
cena inclusa, durante quella chiamata era stato naturale dirle che certo, dove
altro avrebbe dovuto essere se non con loro a casa?
Poi però, forse perché era destino, Dominic aveva ricevuto
una telefonata da uno dei suoi amici, che l’aveva rimproverato di aver saputo
del fatto della rottura con Shannyn da un giro di pettegolezzi.
- Certo che ogni tanto ti potresti anche far vedere, che ti
sei dato all’ascetismo e ti sei chiuso in casa a meditare sulla tua recente
rottura della quale sono venuto a conoscenza addirittura per caso, per inciso?-
gli aveva detto Thomas, fingendo di essere arrabbiato.
Quella sera quindi era uscito, tanto per apprendere un po’
di cose che avevano avuto il potere di farlo innervosire, niente di più. A
quanto pare le foto di quel concerto, quelle con Shannyn, erano state pubblicate
su qualche giornale e giravano su internet. Dominic, che proprio non ci aveva
fatto caso in quei giorni preso com’era in ben altre cose, aveva cominciato a
prepararsi mentalmente al fatto che la prossima volta che avrebbe avuto a che
fare con i giornalisti a qualche uscita pubblica avrebbe dovuto sorbirsi qualche
domanda sulla faccenda, e ciò lo rendeva davvero felicissimo… Tra quello e una
ginocchiata in mezzo alle gambe avrebbe avuto qualche dubbio di scelta, il che
era tutto dire.
Per il resto si era divertito, aveva visto gente, si era
distratto, ma non al punto di uscire da quello stato di torpore in cui era stato
praticamente tutto il giorno. Il suo pensiero, inspiegabilmente, era stato tutto
rivolto verso Irene ed Owen.
Per uno strano caso del destino, per un momento in cui si
era finalmente distratto, la sua attenzione era stata catturata da una biondina
niente male che si era fermata a chiacchierare con delle persone in piedi poco
distante dal suo tavolo. Non era vestita in modo molto provocante, Dominic
doveva ammettere che era vestita in modo intelligente: lasciava vedere che era
piuttosto carina, ma con classe. Quando si era alzato per andare a prendersi da
bere al bancone, tanto per fare un giretto, gli era venuto naturale passare
dalle sue parti, gli era anche venuto naturale, fingendo indifferenza, urtlarla
per passare e chiederle scusa per averlo fatto.
- Dominic, sei tu!- si era sentito dire, quando lui si era
già girato per andare oltre.
Si era voltato nella sua direzione e l’aveva guardata,
stupendosi di vederla lì dato che, per quello che aveva capito di lei, non si
aspettava di trovarla in un posto simile. Non sembrava il suo standard, tutto
qui, ma forse si sbagliava.
- Grace, ciao! Non ti avevo riconosciuta…- aveva detto dopo
averle sorriso.
- Mi fa piacere vederti… non che sia tanto che non ci
vediamo, ma così è diverso.- gli aveva detto lei girandosi nella sua direzione
del tutto e dando le spalle ad altre due ragazze e un ragazzo.
Le ragazze, Dominic aveva potuto notarlo con la coda
dell’occhio, si erano scambiate un commento e avevano sorriso, questo aveva
avuto il potere di metterlo in ansia.
- Eh sì, diverso davvero.- aveva commentato di rimando, non
sapendo che dire.
- Io sono qui con delle amiche.- aveva continuato Grace,
indicando le due ragazze che erano rimaste dietro di lei. Dominic aveva sorriso
loro e le aveva salutate con un cenno della mano.
Grace continuava a sorridergli, lui a sorridere a lei,
guardandola anche un po’ incuriosito: come aveva notato subito non è che avesse
qualcosa di volutamente provocante, però se si andava nel particolare c’era
qualcosa che lo stava attirando e molto, non riusciva a spiegarsi cosa. Non ci
aveva nemmeno pensato razionalmente, però, anche forse per togliersi
semplicemente da quel momento imbarazzante anche a causa delle altre due, le
aveva fatto quella proposta. - Bevi qualcosa con me?-
Grace aveva accettato, si era girata verso le sue amiche e
aveva detto loro che si allontanava per un attimo, poi l’aveva seguito verso il
bancone del bar. Una cosa che continuava a notare Dominic era che Grace ripeteva
il suo nome in continuazione. Insomma stava parlando con lui, non c’era bisogno
che quasi in ogni frase che pronunciava mettesse il suo nome, come per rimarcare
che a lui erano dirette le sue domande e i suoi commenti. Però gli piaceva, lo
faceva sentire considerato.
Certo lei continuava ad essere abbastanza tesa con lui,
stava sempre attenta a quello che diceva e continuava a mettersi la mano davanti
alla bocca quando rideva. Eppure, a dirla tutta, Dominic non l’aveva trovato
affatto spiacevole il suo atteggiamento, anzi. Era tutto un insieme di cose che
gli erano piaciute parecchio di lei quella sera, in quel momento in particolare
alcune le aveva trovate anche affascinanti.
Quando dopo aver bevuto erano tornati ognuno dalla propria
compagnia, si erano ripromessi di salutarsi a fine serata, poi dopo qualche
minuto che era tornato al suo tavolo Dominic si era perso a pensare ad una cosa
che di primo acchito poteva risultare curiosa in una serata partita in quel
modo: l’unica cosa che aveva attirato la sua attenzione quella sera era qualcosa
che con Irene ed Owen aveva a che fare, forse era un segno del destino, quella
giornata era andata così.
Era rimasto lì ancora per un po’ a scambiare due
chiacchiere, poi aveva deciso di tornare a casa. Proprio mentre pensava di
salutare tutti fra pochi minuti, Grace gli era andata incontro, evidentemente
lei l’aveva bruciato sul tempo di poco.
- Credo di essere io la prima ad andarmene Dominic…- gli
aveva detto, quasi a giustificarsi del fatto che forse lo aveva disturbato
andando al suo tavolo.
- Stavo pensando di andarmene anch’io per la verità.- gli
aveva risposto. Qualcuno che era al tavolo con lui, che ovviamente ignorava il
fatto che lui l’avesse effettivamente pensato, l’aveva guardato con
un’espressione in faccia che la diceva lunga.
- Ah…- aveva commentato Grace. - Io vado, mi stanno
aspettando.-
Non che Dominic volesse farlo davvero, ma si era limitato a
prendere la giacca che aveva appoggiato sulla sedia su cui era stato seduto fino
a quel momento e, dopo aver salutato la sua compagnia, aveva detto a Grace che
stava uscendo anche lui.
Come poi se l’era ritrovata in macchina non lo sapeva bene
nemmeno Dominic stesso. I soliti convenevoli supponeva: lei era in macchina con
le sue amiche, che però avevano un problema di distanze a quello che avevano
detto. Era venuto spontaneo chiederle se voleva un passaggio, dopo aver saputo
in che zona lei abitasse, che per lui era di strada, le aveva detto che non
c’era nessun problema. Aveva addirittura un po’ insistito, perché aveva avuto
come la sensazione che lei, come era solita fare, stesse rifiutando solo per
timidezza. Era bastato poco infatti per convincerla.
Erano stati per qualche secondo in silenzio durante il
tragitto, era un po’ imbarazzante la situazione, così Dominic le aveva fatto la
prima domanda che gli era venuta in mente. Forse avrebbe potuto tacciarlo di
banalità, ma non che in quel momento gli venisse in mente molto altro.
- Allora tu studi…- aveva cominciato.
- Scienze dell’infanzia, pedagogia, all’università della
California.-
- Quindi con Owen diciamo che giochi in casa.- aveva
commentato Dominic, sorridendo ma non staccando gli occhi dalla strada.
Anche lei aveva sorriso. - Beh, sì… mi sto per laureare, a
luglio.-
- Complimenti allora.-
- Grazie.-
A Dominic sembrava assurdo che ci fosse un clima così teso
tra loro, i suoi dubbi erano su per giù sempre gli stessi mentre facevano
silenzio e lui continuava a fingersi abbastanza occupato alla guida. Ma era lui
a sortire quest’effetto in lei? Credeva proprio di no, per questo il tutto gli
risultava piuttosto pesante.
Non aveva potuto fare a meno di chiederle qualcosa in
proposito quando si era fermato, accostando accanto al marciapiede della casa
che lei gli aveva indicato.
- Ma ti metto così tanto a disagio? No, perché volevo dirti
che se ho fatto o detto qualcosa che ti ha messa in imbarazzo, non era mia
intenzione davvero …-
- No, no, tu Dominic non hai mai fatto o detto
assolutamente niente di sbagliato, dico sul serio.- si era affrettata a
rispondergli Grace, interrompendolo. - Sei molto carino Dominic, sempre.-
C’era stato qualche secondo di silenzio prima che lui
riuscisse a parlare, sempre facendo caso al fatto che Grace ripeteva il suo nome
continuamente. - Meno male, sai pensavo il peggio. Anche perché, insomma, non ci
sono nemmeno tanti anni fra noi, io ne sto per compiere trenta, ma non credo ci
siano tanti anni…-
Anche stavolta Grace l’aveva interrotto. - Sei anni, otto
mesi e quattro giorni, tu sei nato l’otto dicembre del settantasei e io il
dodici luglio dell’ottantatre.-
Grace immediatamente si era resa conto di averlo detto a
voce alta ed era ammutolita, Dominic invece aveva trattenuto a stento una
risatina che gli era venuta spontanea.
- Precisamente.- aveva commentato. Quelle del resto erano
comunemente risapute, non troppo comune era che lei si fosse messa a contare
esattamente quanti anni, giorni e mesi li separassero.
- Allora grazie di tutto. Buonanotte.- aveva detto Grace
prima di uscire.
- Figurati, a presto.-
Dopo aver aspettato che fosse entrata in casa era
ripartito, non aveva potuto evitare a quel punto di ripensarci e ridacchiare da
solo dell’accaduto.
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Capitolo 15 *** Visite annunciate ***
Nuova pagina 1
Buona
sera!
Porca
miseria quanto sono pallosa.
Vi giuro
che non volevo scatenare nessuna polemica, anzi… quindi scusatemi tanto se vi ho
rotto le scatole inutilmente, ogni tanto divento logorroica: comprendetemi,
ognuno c’ha le sue!
Grazie
mille Bloody, mi fa piacere che la mia storia continui a piacerti. Vero che la
storia del ripetere tanto il nome del proprio interlocutore funziona? L’ho
notato personalmente, ma non aggiungo altro, se mai lo farò più in là perché se
no vi dovrei dire che succede fra qualche capitolo. Per i virus informatici
posso farci ben poco, intanto ti faccio un grande in bocca al lupo per la tesi,
sappi che capisco come devi essere tesa in questo momento: non so quando andrai
a laurearti, ma ti dico che mia sorella si è laureata il mese scorso e vedendo
come stava lei prima, che solitamente è una tipa tranquillissima… vabbè, bando
alle ciance, spero che quest’influenza stronzissima che gira quest’anno non ti
colga, o che ti passi presto.
Così
anche a Lili il raffreddore, ovvio! Mi fa piacere che tu abbia apprezzato
particolarmente la scena dei ricordi, è un episodio su cui mi sono soffermata
parecchio perché doveva trasmettere certi particolari che spero si cogliessero.
Grazie mille per avermi fatto sapere che ne pensate signorine!
Come al
solito, che logorroica…
Buona
lettura dalla sempre più rompiscatole Mandy!
v
Capitolo Quattordicesimo - Visite annunciate
Dominic quel lunedì era rientrato nel tardo pomeriggio.
Aveva appena aperto la porta di casa ed era entrato, stava togliendo la chiave
dalla toppa quando Owen era arrivato di soppiatto e gli si era abbarbicato alla
gamba destra sedendosi sul suo piede. In verità Dominic l’aveva scorto mentre
stava nascosto dietro alla pianta che era nell’ingresso, ma aveva fatto finta di
non vederlo in modo da non bloccare la sua evidente iniziativa di fargli un
dispetto spaventandolo.
- Aiuto, ho una scimmia attaccata alla gamba! Qualcuno mi
aiuti!- aveva gridato lui mentre chiudeva la porta, facendo finta di essere
spaventato. Owen se la rideva intanto e, soprattutto, non dava alcun segno di
voler lasciare la presa. Dominic aveva abbassato lo sguardo su di lui.
- Quali sono le tue intenzioni scimmietta? Pensi che mi
restituirai la gamba?-
Owen aveva fatto segno di no con la testa mentre Grace, che
evidentemente l’aveva riportato a casa dopo l’asilo, si era affacciata dal
soggiorno e aveva sorriso vedendo la scena.
- Non mi molli eh?- aveva aggiunto Dominic. - E allora
rimani lì!-
Non senza una certa difficoltà Dominic aveva cominciato a
camminare verso il soggiorno, così aveva scorto Grace che li guardava.
- Ciao,- le aveva detto, - visto, ho una scimmietta
appiccicata nemmeno fossi una banana gigante!-
Grace aveva sorriso, quindi aveva risposto al saluto,
mentre lui la sorpassava lentamente entrando nel soggiorno sempre con Owen
appiccicato alla sua gamba, che ridacchiava soddisfatto.
Dato che davvero non accennava a staccarsi, Dominic, fatti
ancora tre passi verso il divano, si era chinato e aveva tentato di staccarselo
di dosso prendendolo da sotto le ascelle, nell’intento di sollevarlo, ma Owen
gli stringeva con decisione la gamba con le braccia e le gambe. Dopo un po’
Dominic aveva capito che non sarebbe mai riuscito nell’intento, data quella
posizione scomoda che doveva tenere.
Il bambino continuava a sghignazzare furbetto.
- Ridi? Delinquente…- gli aveva detto guardandolo in modo
finto minaccioso. - Vuoi la guerra? E io t’accontento!- aveva aggiunto un
secondo prima di cominciare a fargli il solletico.
Owen per un po’ aveva cercato di resistere, ma alla fine si
era dovuto difendere: aveva lasciato la presa con le braccia e si era sdraiato
per terra cercando di evitare che Dominic gli facesse il solletico.
Quando si era staccato del tutto allora Dominic lo aveva
preso di peso sollevandolo da terra, se l’era messo in braccio, cominciando poi
a fargli le pernacchie sul collo, scatenando le sue risate.
Sempre tenendolo in braccio poi si era informato su come
fosse andata la sua giornata, Owen gli aveva parlato ovviamente di Yume e di ciò
che avevano fatto insieme, almeno finché non si era presentata Lilly che aveva
abbaiato decisa per far sentire la sua presenza e come per dire che anche lei
voleva qualche attenzione.
Per quella volta le avevano risparmiato il giochetto per
farla ingelosire, si erano messi entrambi ad accarezzarla, mentre la cagnetta
cercava di distribuire generose leccate ad entrambi.
Grace si era goduta tutta la scena, fortunatamente per lei
Dominic era troppo occupato nei passatempi suoi e di Owen per notare le sue
reazioni e le sue espressioni davanti a ciò che vedeva.
Non che Dominic non ci potesse arrivare già per quello che
era successo la sera prima, ma di certo non si aspettava minimamente che Grace
si fosse presa una vera e propria cotta: in verità pensava semplicemente che
fosse una sua ammiratrice, l’aveva pensato subito non appena l’aveva conosciuta,
ma la cosa non lo disturbava più del dovuto. Grace era una ragazza educata e
gentile, inoltre sapeva stare al posto suo, il che era una qualità estremamente
apprezzabile nell’ottica di Dominic.
Invece le cose erano sensibilmente diverse, anche se Grace
stava tentando di evitarlo non ne aveva proprio potuto fare a meno. E’ che a lei
un po’ era sempre piaciuto, anche quando lo conosceva solo come l’attore, poi si
era ritrovata a fare i conti con una persona reale, che le piaceva davvero.
Quello che le metteva del disappunto addosso era che non sapeva proprio come
comportarsi, ed era tutto un darsi della stupida. Insomma, non avrebbe dovuto
provarci, non era professionale da parte sua, anche se Dominic non era il padre
di Owen e non aveva niente a che fare con lui. Quando gliel’aveva chiesto
infatti, del rapporto che c’era tra lui e il bambino, era stato per un motivo
ben preciso. Dapprima era stata felice di apprendere che non c’era alcun legame,
ma poi la razionalità le aveva detto che era sbagliato, anche se non era
riuscita ad impedirsi di provare un’attrazione sia romantica che prettamente
fisica per lui. Ciò si era esplicato in varie situazioni in cui, senza volerlo e
in fondo molto blandamente, gli aveva fatto gli occhi dolci, e in occasioni come
per esempio il giorno del compleanno di Owen, quando aveva detto ad Irene che si
sarebbe occupata volentieri di far giocare i bambini presenti alla festa per
tutto il giorno. Aveva pensato che, anche se probabilmente Dominic non
l’avrebbe considerata per niente o quasi, era un’occasione per stare una
giornata nelle sue vicinanze. Intanto ne aveva fatta anche una peggiore volendo,
ovvero aveva obbligato le sue amiche nelle loro uscite serali ad andare sempre
in quel locale che sapeva che lui frequentava spesso. L’aveva appreso per caso,
una volta che aveva sentito involontariamente una sua conversazione telefonica.
Si diceva che non avrebbe dovuto per vari motivi: il primo
era che non era bello ascoltare i fatti suoi, anche se la sua colpa era stata
solo di essersi trovata vicina a lui nel momento giusto, e poi che non doveva
crogiolarsi in certi pensieri, non era giusto e non era professionale.
Ma la sera prima, quando l’aveva visto finalmente, aveva
sentito i suoi battiti cardiaci aumentare. Quando si era alzato nella sua mente
si era ingaggiata una vera e propria battaglia tra una vocina che le diceva
smettila di pensare alle sue mani che s’infilano sotto la tua camicetta, e
un’altra che invece ripeteva come un disco rotto ti prego Dio fa che si
avvicini…
Poi era successo che lui addirittura l’aveva urtata dandole
l’occasione perfetta per girarsi e parlargli. Peccato che, nonostante la serata
fosse andata bene, lei aveva rovinato tutto con la sua ansia. Aveva fatto quella
figura pessima nella sua macchina, chissà che cosa pensava Dominic di lei
adesso. Non l’avrebbe biasimato se l’avesse considerata una cretina.
Intanto più lo guardava giocare con Owen e più le cose
peggioravano, nella sua testa stava pensando che era così carino con il bambino
e che fosse anche allo stesso tempo dannatamente sexy tanto da pensare che se si
fosse avvicinato per prenderla di peso e buttarla su quel divano non molto
distante, per lei sarebbe stato assolutamente normale, anzi, si poteva ben dire
che non aspettasse altro. Non che fosse poi bellissimo Dominic, ma era il modo
in cui si muoveva, come la guardava…
Grace aveva scosso la testa violentemente per scacciare le
visioni che le avevano invaso la mente, appena in tempo per vedere Dominic
lasciare Owen con il cane, alzarsi da terra e guardarla, per poi sorriderle.
Ecco, adesso posso anche
sciogliermi come un ghiacciolo sotto il sole del deserto…
aveva pensato Grace, che aveva tentato di rispondere a quel sorriso
sorridendogli a sua volta.
- Come va?- aveva chiesto lui andando verso di lei.
- Bene.- aveva ribattuto la ragazza. Poi si era ricordata
che la mamma di una compagna di asilo di Owen le aveva consegnato una busta da
dare a lui o ad Irene, così si era tolta dall’imbarazzo di non sapere cosa dire.
Grace era andata a prendere la borsa che aveva lasciato in cucina e l’aveva
tirata fuori.
- La mamma di quella bambina giapponese che va all’asilo
con Owen mi ha dato questa oggi all’uscita, per voi.- aveva detto porgendola a
Dominic, che l’aveva presa dalle sue mani dicendole grazie e guardando subito
cosa ci fosse scritto sulla busta. Sopra c’era scritto per Irene, Owen e
Dominic.
Il fatto che fosse di Sakumi per Dominic era decisamente un
particolare da non sottovalutare, anche se sapeva che se era sia per lui che per
gli altri non poteva essere niente di particolare. Con una certa curiosità
comunque l’aveva aperta e aveva visto che era un cd, con un biglietto che
diceva: Dato che non so quando avrò il piacere di rivedervi all’uscita
dell’asilo, vi mando le foto che ho scattato l’altro giorno. Grazie mille per la
bella giornata da parte mia e di Yume, baci e spero a presto, Sakumi.
Dominic aveva pensato immediatamente che quell’ipotesi di
vedersi presto dipendeva da lei più che da lui, dato che Sakumi si era presa il
suo numero ma non gli aveva lasciato un suo recapito. In effetti Dominic era
ansioso che lei lo contattasse, ci aveva pensato durante la giornata della
domenica. Quella donna lo intrigava e non poco.
- Che carina, è un cd con le foto del compleanno. L’avevo
vista armeggiare parecchio con la sua macchinetta… ad Irene farà piacere, lei ha
scordato la sua in Inghilterra e io con la mia alla fine non ne ho fatte molte.-
aveva detto a Grace rendendola partecipe della cosa.
Era curioso, così si era apprestato ad accendere il suo
computer. Prima di andare al piano superiore nella stanza dove l’aveva messo
aveva chiamato Owen per chiedergli se voleva vederle anche lui. Alla risposta
affermativa del bambino che gli era andato incontro aveva cominciato a salire le
scale. A metà rampa, accorgendosi che Grace non li stava seguendo, si era
voltato verso di lei.
- Non vieni?- le aveva chiesto.
Grace gli aveva sorriso imbarazzata, Dominic non aveva
avuto bisogno che dicesse niente.
- Dai vieni, basta che non ti metti a ridere, non sono un
granché con il computer!- aveva scherzato, quindi non si era mosso fino a che
lei non era arrivata all’altezza che lui aveva raggiunto sulle scale. Inutile
dire che si era sentita un fascio di nervi quando lui, gentilmente e in un gesto
che era insieme castissimo ma altamente fraintendibile per una nelle condizioni
di Grace, le aveva appoggiato una mano lievemente sulla scapola sinistra per
farle strada.
Era una camera da letto quella dove Dominic teneva il
computer, solo che se si escludeva il tavolo con il pc la stanza era del tutto
spoglia. Sul letto c’era un copri materasso, davanti al tavolo c’erano due sedie
e un armadio contro la parete opposta a dove era il tavolo, tutto lì. Dominic
aveva acceso il computer mentre aveva invitato Grace a sedersi, quindi si era
seduto anche lui sulla seggiola rimasta libera prendendosi in braccio Owen.
Non sapeva perché, ma dopo un po’ si era interrogato sul
particolare che aveva notato a mano a mano che lo slide show andava avanti. Le
foto erano molte, Sakumi ne aveva scattate davvero tante, particolare lampante
per Dominic era stato che le foto dove lui non c’era erano davvero poche. Ce
n’era anche una dove era solo, per di più era anche bella. Sakumi aveva ripreso
diverse immagini di quando lui aveva preso Owen in braccio ciondolandolo con la
testa in giù come bonaria rappresaglia ai suoi dispetti, poi aveva fatto un
filmato, di pochi secondi e muto come si possono fare con le macchinette
digitali, del momento della torta, quando Owen aveva spento le candeline.
Grace aveva anche apprezzato il fatto che ce ne fosse una
dove lei era con Owen e Yume, e dietro di loro, immancabile, c’era anche
Dominic. Aveva detto che le sarebbe piaciuto averla, Dominic quindi le aveva
chiesto la sua e-mail.
- Così te la posso mandare, non mi costa niente, davvero.-
Non era come se le avesse chiesto il numero di telefono, ma
non era male nemmeno quello, non ci aveva pensato nemmeno un secondo, dopo che
erano usciti da quella stanza, a scrivergli il suo indirizzo di posta
elettronica sul primo foglio utile che aveva trovato.
Quando era rientrata Irene, Dominic avrebbe voluto dirle
immediatamente del fatto che Sakumi aveva mandato loro quel cd, ma lei, dopo
aver salutato Owen, era andata verso di lui con un’espressione piuttosto felice
sul viso, tanto che Dominic aveva intuito subito che c’era qualche bella notizia
in arrivo.
- A differenza dell’espressione che ho, ho due notizie da
darti, ed una è brutta, quale vuoi per prima?- gli aveva chiesto la donna.
Dominic aveva optato per la brutta.
- Sono passata all’appartamento e ci vorranno ancora due
settimane abbondanti, una ventina di giorni anche, io credevo di poter togliere
il disturbo in pochi giorni ancora e invece temo che rimarremo accampati qui
ancora per un po’.-
Dominic aveva riso. - Se questa è la brutta notizia l’altra
deve essere strepitosa!- aveva commentato allegro. - Per quello che mi riguarda
è una notizia bellissima questa!-
Irene gli aveva sorriso, ma non aveva detto niente. -
Allora passo all’altra… ho passato gli esami, sono ufficialmente un avvocato
attivamente impegnato nella ricerca della giustizia nel grande e democratico
stato della California, che Dio benedica l’America!- aveva concluso Irene
scherzando per frasi fatte.
Non appena si era accorta che Grace doveva aver sentito i
suoi bonari commenti, l’aveva guardata sentendosi un po’ in colpa. - Senza
offesa, scusami, stavo solo scherzando!-
Dominic aveva ridacchiato. - E’ solo un po’ di sano e
cinico senso dello humour inglese, lo capiamo solo tra noi! Niente di personale,
ovvio!-
Grace aveva sorriso ad entrambi. - Non vi preoccupate. Sono
contenta per te Irene, davvero.- aveva ribattuto la ragazza, complimentandosi
con la donna.
Grace se n’era andata poco dopo, Dominic quando era stata
sulla porta le aveva detto che le avrebbe mandato quell’e-mail quanto prima, lei
gli aveva rivolto un sorrisino imbarazzato, dopo il quale lui aveva pensato
ci risiamo…
***
Irene, seduta sul gradino di cotto dove lei e Dominic
avevano preso l’abitudine di chiacchierare la sera, stava aspettando che lui
tornasse dalla cucina, dove si era diretto a prendere qualcosa da bere dopo
averle chiesto cosa volesse. I piani erano per una birra, ma lui era tornato
pochi secondi dopo con due bicchieri e una bottiglia di champagne. Irene
vedendolo l’aveva guardato incuriosita.
- La birra mi sembrava un po’ poco per festeggiare l’esame
e anche le prossime due settimane!-
Lei aveva riso. - Il solito esagerato!- aveva commentato,
mentre Dominic si accingeva a stappare la bottiglia. Lo scoppio del tappo aveva
fatto accorrere Lilly che fino a quel momento era rimasta a sonnecchiare sulla
sua cuccia in salotto.
Dopo aver riempito i bicchieri e aver fatto sedere Lilly
vicino a lui, Dominic aveva messo sul viso un’espressione ridicola e aveva fatto
per schiarirsi la voce.
- Mh… allora…- aveva cominciato a dire tenendo il bicchiere
in alto, - Propongo un brindisi per un grande avvocato attivamente impegnato
nella ricerca della giustizia nel meraviglioso, grande e democratico stato della
California! Che Dio benedica l’America!-
Irene era scoppiata a ridere, Dominic anche. - Certo ho
fatto una bella figura di merda! Insomma, nemmeno non l’avessi saputo che Grace
doveva essere in casa, solo che mi era proprio passato di mente.- aveva
commentato.
- Che vuoi che sia, c’è di peggio!- aveva ribattuto
Dominic.
Avevano cominciato a bere dopo aver smesso di ridacchiare,
quindi si erano persi ognuno nelle proprie congetture, guardando fissi davanti a
loro, verso il giardino immerso nell’oscurità, rischiarata appena dalle luci che
filtravano dalle vetrate del soggiorno. Irene aveva rotto il silenzio pochi
secondi dopo.
- Venerdì arriverà Christopher, è riuscito a prendersi tre
giorni di ferie. Avrebbe voluto essere qui per il compleanno di Owen, ma era
proprio impossibile. Pensare che lavora in proprio perché non sopporta le
costrizioni, ma a volte è peggio, tutte le responsabilità sono sue.- aveva
concluso sorridendo.
- Che lavoro fa?- aveva chiesto Dominic.
- L’architetto.-
- Senti, viene a stare qui… no, perché non c’è nessun
problema, davvero…- aveva chiesto lui pensando che forse Irene non gliel’avesse
chiesto per discrezione.
- No, non ti preoccupare, non c’è bisogno, ha già pensato
sia al volo che alla sistemazione.- aveva risposto prontamente lei, ma con un
tono ed un’espressione sul viso che sembrava voler dire che non aveva nessuna
voglia di parlare di quell’argomento. Dominic qualche altro dubbio l’aveva avuto
in proposito, ma aveva preferito tergiversare sull’argomento cambiandolo
radicalmente. La prima cosa che gli era venuta in mente come argomento di
conversazione, chissà come mai, era stata Sakumi.
Quando Irene aveva saputo del cd le aveva telefonato per
ringraziarla, così lui aveva avuto occasione di parlarle, dato che Irene gli
aveva passato il telefono. Dopo i saluti e il suo commento su quanto fossero
belle, Sakumi si era subito informata se lui avesse notato quel piccolo
particolare che sì, decisamente lui aveva notato. Lei in risposta gli aveva
detto che lo ispirava. Aveva concluso la chiamata con un credo che ti
chiamerò molto presto, Dominic a sua volta le aveva risposto che non vedeva
l’ora. Insomma, era un tipo deciso quella donna, non ci stava girando intorno
nemmeno un po’, e questo, inutile negarlo, a lui piaceva molto.
Non che ci fosse niente di male, ma non era riuscito a
dirlo ad Irene che c’era questo flirt in atto, era come se si sentisse un po’ in
soggezione nel pensare che lei conosceva abbastanza bene Sakumi. Lui non poteva
saperlo, ma l’aveva intuito che si trovavano bene insieme, comunque era stata
Irene stessa a parlargliene, proprio quella sera. La trovava simpatica, erano
uscite qualche volta insieme quando capitava che entrambe avessero la mattinata
libera e Sakumi l’aveva aiutata ad orientarsi un po’ a Los Angeles, il che
doveva dire che fosse stato davvero utile.
Avevano ricominciato a parlare delle foto, poi, non
sapevano come, di foto in foto, Dominic aveva raccontato ad Irene del fatto che
in giro giravano quelle dannate foto sue con Shannyn.
- Ovviamente hanno rotto le scatole anche stavolta, l’altro
pomeriggio ero all’inaugurazione di una mostra di una stilista, già l’occasione
non era, come dire, propriamente una meraviglia, poi mi hanno chiesto subito che
legame c’è tra me e lei.- si era fermato un momento riferendosi ai giornalisti
presenti a quell’occasione mondana e aveva ridacchiato. - Che cosa s’aspettavano
che dicessi poi, che m’ha fatto becco e me quindi me la sono tolta di mezzo?
Anche loro, tanto lo sanno che non mi scucirei mai su una cosa simile, e pare
anche che la gente sia contenta, mantiene un alone di mistero, almeno così
sostiene il mio agente. Che banda di rompipalle tra tutti!- aveva concluso con
una risatina.
- Per un momento ho pensato che avessi detto davvero una
cosa simile!- aveva detto Irene ridacchiando, - mi sono quasi spaventata!-
- No, figurati… la risposta tipo, quando ti chiedono cosa
c’è tra te una donna è sempre è un’amica. Tipo disco rotto… cosa c’è
tra lei e, e io subito, è un’amica, tipo riflesso incondizionato!
Funziona così, per Shannyn invece ho detto una conoscente, nient’altro. Amica
era davvero troppo, non ce la facevo!-
Avevano riso mentre Dominic riempiva per la terza volta il
bicchiere di entrambi, poi aveva leggermente alzato il braccio. - Dopo questo
brindisi giù tutto d’un fiato, mi raccomando.-
- Ma che vuoi farmi ubriacare? Non ce la faccio tutto d’un
fiato!- si era lamentata Irene.
- Ma sì che ce la fai, dai, fai tante battute ma poi che
inglese sei se ti basta così poco!- aveva commentato Dominic, andando poi a fare
il brindisi. - Alle mie corna!- aveva esclamato, per poi svuotare il suo
bicchiere. Irene invece di bere era scoppiata a ridere.
- Non credere di passarla liscia! Forza, dai, tutto giù e
non farti pregare!- le aveva intimato Dominic continuando il suo monologo,
mentre lei rideva.
Irene aveva provato ad esimersi, ma non ce l’aveva fatta,
alla fine aveva dovuto buttare tutto giù d’un fiato come lui aveva già fatto.
- Adesso, ufficialmente, sto per ubriacarmi! Io non lo
reggo per niente l’alcool!- aveva detto Irene dopo.
- Davvero?- aveva chiesto Dominic sorpreso, la donna aveva
semplicemente annuito, rimanendo per un po’ in silenzio. - Però sono contenta
che non te la sei presa quasi per niente, sai, per una così non ne vale proprio
la pena.-
Dominic aveva in pochi secondi del tutto abbandonato il
sorriso che aveva avuto dipinto sul volto fino a quel momento, anche lui ci
aveva messo qualche secondo prima di rispondere alla donna, e l’aveva fatto in
un modo che Irene non si aspettava, ma che in realtà avrebbe dovuto aspettarsi
riflettendoci.
- Questo è quello di cui vorrei convincermi, che non me ne
frega nulla, ma ti assicuro che non c’è niente di più lontano da questo. Non è
solo perché certe cose ti colpiscono nell’orgoglio, anche se ovviamente mi sento
molto offeso dal gesto in sé. Il problema è che lo sai, io speravo in qualcosa
di diverso, magari d’importante. Mi distraggo, questo sì, ma ci sono sempre quei
cinque minuti nell’arco delle mie giornate, anche più di quei cinque in verità,
in cui ci penso e sto male, ma poi cerco di ragionare esattamente come te. Mi è
andata male, ok, ma ricomincerò ancora una volta. Come sempre del resto.-
- Sarebbe strano certo che la cosa non ti avesse toccato,
però mi sembra che tu abbia reagito bene.- aveva cercato di dire Irene, per
confortarlo un po’. Dominic aveva sorriso prima al gradino che stava sotto a
quello dove era seduto, poi l’aveva guardata.
- La forza dell’abitudine.- aveva detto.
Irene non aveva detto niente stavolta, non avrebbe saputo
proprio cosa dirgli, era evidente che Shannyn era solo l’ultima delle sue storie
andate a finire male e non se l’era sentita di dirgli altro. Dominic però,
proprio perché si era reso conto di aver cominciato un brutto discorso, aveva
subito smorzato i toni.
- Il mio problema comunque, fondamentalmente è sempre uno:
io le donne, per quanto mi sforzo, non riuscirò mai a capirle. Se sei gentile e
cerchi di fare il galante stai pur sicura che trovi la femminista incallita che
ti manda a cagare perché non la tratti alla pari, se invece non lo fai si
chiedono dove sia finita la galanteria, poi avete dei processi mentali troppo
complicati, io non ce la faccio a starvi dietro, davvero! Mi sa che è proprio
vero che veniamo noi da Marte e voi da Venere, perché non trovo altra
spiegazione… ogni tanto penso a qualche mio amico fidanzato da anni che va
d’amore e d’accordo con la sua donna e ti giuro che non me lo so spiegare!
Cacchio, prestatemi quell’accidenti di vocabolario di venusiano, vi prego!-
aveva cominciato a dire.
Irene aveva riso sentendolo, Dominic aveva continuato dopo
qualche secondo.
- Anche se in verità anche loro dicono che ogni tanto fanno
una bella fatica. Insomma Irene, dimmelo tu… ma che volete voi donne, vi
preghiamo in ginocchio, io per tutto il genere maschile, fatecelo sapere!-
- Non è che anche capire voi sia chiaro, non credere!-
aveva ribattuto la donna.
Dominic intanto aveva riempito ancora una volta i
bicchieri, e Irene non aveva fatto rimostranze, giustificandosi con il fatto che
tanto ormai il danno era fatto.
- Al Venusiano!- aveva detto Dominic, - Tanto noi marziani
non possiamo fare a meno di cercare di capirvi e continueremo, metafora
adattissima al mio caso, a scornarci per la causa!-
Irene aveva tirato su il suo bicchiere ridendo per ciò che
Dominic aveva detto. - Concordo, cambio solo che noi cerchiamo di capire il
marziano e non è una cosa più semplice!-
L’atmosfera si era fatta rilassata, avevano continuato a
ridere e a fare battute fino a che la bottiglia di champagne non era finita.
La mattina dopo il biglietto di Irene recitava: HO MAL
DI TESTA! Ma lo rifarei! Bel modo di cominciare la mia attività di avvocato
attivamente impegnato nella ricerca della giustizia nel grande e democratico
stato della California! Viva l’America! Passa una buona giornata, Irene.
|
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Capitolo 16 *** Cadute ***
Nuova pagina 1
Salve a
tutti!
Grazie
mille a chi continua a seguirmi, soprattutto a Lili e Claudietta per il
commento.
Intanto
mi faccio il fine settimana lungo, così vi do il tempo di leggere se sono andata
troppo veloce.
Alla
prossima settimana!
Buona
lettura, Mandy
v
Capitolo Quindicesimo - Cadute
Durante quelle giornate Owen girava spesso per casa
portandosi appresso l’orso che Dominic gli aveva regalato. Era davvero grande
rispetto al bambino, per lui non era facile trasportarlo, specialmente da un
piano all’altro. In genere erano sua madre o Dominic che lo aiutavano nel
trasporto sulle scale, ma dopo che una volta era caduto in salotto per portarlo
in giro, sebbene Owen non si fosse fatto assolutamente niente, escluso un
piccolo spavento e qualche lacrimuccia, Irene aveva visto bene di legare un
nastrino di stoffa intorno al collo dell’orso che fosse abbastanza lungo per
permettere a suo figlio di trascinarlo.
Per la verità, prima ancora di questo, aveva provato a
farlo ragionare sul fatto che non c’era alcun bisogno di portarselo sempre
appresso, ma Owen si era intestardito su quel particolare. Fortunatamente, come
Irene aveva detto a Dominic, quel momento sarebbe passato, come passavano tutti
gli altri. Il fatto è che non aveva idea di cosa l’avrebbe rimpiazzato!
Una notte Dominic, dopo essere uscito con alcuni suoi amici
ed essere rientrato piuttosto tardi, era andato diretto in camera sua evitando
di svegliare Lilly, che si sarebbe certamente messa a fargli le feste e quindi
rumore. Si era sentito un po’ in colpa ad uscire quella sera, aveva lasciato
Irene da sola, e un po’ gli dispiaceva anche il fatto di non aver trascorso il
suo tempo con lei, ma era il compleanno di uno dei suoi amici e teneva anche a
quell’occasione.
Aveva giusto avuto il tempo di andare in bagno e di
cambiarsi che Owen si era affacciato alla sua porta socchiusa ed era rimasto per
qualche secondo a guardarlo prima che Dominic notasse la sua presenza.
- Owen, che ci fai in piedi?- gli aveva chiesto mentre gli
faceva segno di entrare.
Il bambino era entrato trascinando dentro la stanza anche
l’orso. - Non mi riesce di dormire.- aveva spiegato a Dominic, mentre si
avvicinava.
Forse era stato a causa della poca luce, o per la distanza,
ma appena era stato lì davanti a lui si era accorto che aveva un vistoso livido
sulla fronte, appena sopra la tempia destra, che a cena non aveva. Si era subito
chinato rimanendo in bilico sulle punte dei piedi ed essere alla sua altezza per
vederlo meglio, intanto gli aveva fatto leggermente una carezza, senza fargli
male.- Che ti è successo?- aveva chiesto.
- Sono caduto dalla seggiola per scendere e ho battuto.
Mamma era al telefono e io dovevo alzarmi, quindi ho provato a fare da solo ma
sono scivolato.-
- Povera scimmietta, ti sei spaventato?- aveva chiesto
Dominic dispiaciuto. Il bambino aveva scosso la testa in segno di diniego, ma si
vedeva che era abbastanza imbronciato e che aveva voglia di essere considerato e
coccolato un po’.
- Lo sai che ci ha telefonato il mio nonno? Ma tu lo
conosci il mio nonno?- aveva chiesto il bambino subito dopo. Era stato Dominic a
scuotere la testa quella volta.
- Il papà della tua mamma o quello del tuo papà?- aveva
chiesto Dominic poi per precisare, anche se non conosceva nessuno dei due
uomini.
- Quello della mia mamma. Forse ci viene a trovare tra un
po’.-
- Bene, sei contento?- gli aveva chiesto dimostrando
entusiasmo, anche se si stava facendo qualche domanda su questo fatto.
Owen aveva messo su un’espressione che non sembrava del
tutto convinta, una specie di così così, Dominic non aveva voluto
indagare, gli aveva sorriso per poi sedersi sul letto. L’importante era che
stesse bene, in verità si era preoccupato non più del dovuto di quella caduta.
Irene gli aveva raccontato che per i bambini, cadere ogni pochino è ordinaria
amministrazione, cosa che lui stesso aveva avuto modo di verificare il giorno
della festa. C’erano più di venti bambini che correvano e cadevano in
continuazione, anche Yume ad un certo punto aveva sbattuto la testa davanti ai
suoi occhi e a quelli di Sakumi, contro lo spigolo di una finestra aperta.
Dominic era trasalito, dalla botta che aveva preso temeva che si fosse spaccata
la testa o giù di lì, invece non si era fatta assolutamente niente: aveva pianto
piuttosto forte per trenta secondi netti in braccio alla mamma, dopo di ché si
era calmata per cinque minuti e dopo era tornata agitata come prima, forse anche
peggio.
Aveva fatto sedere il bambino accanto a lui quindi, Owen,
sempre tenendo in mano il nastrino legato al collo dell’orso lo aveva trascinato
più vicino a lui.
- Viene a trovarti anche il tuo papà, di questo sei
contento, vero?-
Owen aveva alzato lo sguardo verso di lui e aveva sorriso.
- Sì.- aveva detto, per poi rimanere qualche secondo in silenzio prima di
aggiungere qualcosa. - Però non è venuto al mio compleanno.-
- L’importante è che viene però, giusto?- aveva cercato di
dirgli Dominic, Owen aveva annuito sembrando d’accordo con la sua osservazione.
- Così gli faccio vedere l’orso!- aveva esclamato il
bambino entusiasta di quel progetto.
- E anche tutti gli altri giocattoli, tutti gli altri non
glieli farai vedere?-
- Sì, ma prima l’orso.- aveva specificato deciso Owen.
Dominic gli aveva sorriso, poi se l’era preso in braccio e
l’aveva stretto per un po’.
- Tu mi devi dire una cosa però.- gli aveva detto dopo
puntandogli in modo finto minaccioso un dito contro il naso. - Il giorno del tuo
compleanno hai giocato solo con Yume! Ma allora ti piace quella bambina, inutile
che dici di no!-
Owen aveva alzato la testa e l’aveva guardato sempre nello
stesso modo in cui l’aveva guardato anche l’altra volta che gli aveva chiesto
una cosa simile, esattamente come se non capisse perché gli stava facendo una
domanda del genere, solo che quella volta aveva anche risposto.
- E’ che gli altri non ci giocano tanto con me perché
stanno sempre per conto loro. Però a me non è che me ne importa tanto, perché
quello che fanno loro non mi piace. E poi Yume che è più simpatica di loro la
prendono in giro e a me queste cose non mi piacciono.-
- E perché la prendono in giro?- aveva chiesto Dominic
sorpreso.
- Non lo so, ma tanto sono stupidi e a me di quello che
dicono loro non me ne importa niente.- aveva asserito serio il bambino, tornando
a guardare l’orso.
Dominic pure, sempre tenendoselo in braccio, aveva guardato
per un momento nel vuoto, pensando a quell’eventualità e sperando vivamente che
non fosse ciò che lui aveva immaginato.
Come la volta precedente che Owen gli aveva fatto una
visita notturna poi era rimasto a dormire con lui, ma a differenza dell’altra
volta per Dominic non era stato facile addormentarsi come invece lo era stato
per il bambino. Aveva dormito poco anche se profondamente, si era svegliato non
più di quattro ore più tardi che non erano nemmeno le sei di mattina. Senza fare
rumore si era messo in piedi e aveva approfittato di quel tempo per portare
Lilly a fare una corsa fuori, non prima però di aver lasciato un biglietto ad
Irene che aveva attaccato con un pezzo di nastro adesivo alla porta del suo
bagno con scritto: Buongiorno,Owen è di là. Non ti spaventare che non l’ha
rapito nessuno!
Quando era tornato dopo un’ora l’aveva trovata che si era
appena svegliata, Chiacchierando poco dopo Dominic le aveva raccontato di quel
particolare che l’aveva colpito la notte appena trascorsa.
- Owen mi ha detto una cosa che mi ha fatto rimanere male.
Mi ha detto che la sua amichetta Yume la prendono in giro all’asilo e non è
difficile immaginarsi il perché. Poi magari mi sbaglio sul motivo, ma come fanno
dei bambini così piccoli ad essere così cattivi, se è come penso io?-
Irene, quasi come se cercasse di prendere tempo, aveva
fatto una carezza a Lilly che si era andata a strusciare alle sue gambe, poi,
continuando a grattarla sulla testa, si era accinta a rispondere.
- No, non ti sbagli, questa è la parte triste della
faccenda. Quello che poi mi dispiace è che Owen a me di questo non ha detto mai
una parola.- aveva aggiunto, fermandosi per un momento.
- Me l’ha detta Sakumi questa cosa, che l’ha saputa da sua
figlia, ne abbiamo parlato giusto il giorno del compleanno di Owen. Insomma,
avrai fatto caso anche tu che lui e Yume, se non in rari casi, sono stati sempre
insieme e gli altri non li hanno considerati affatto. Ma nemmeno il contrario,
se è per questo. Comunque no, i bambini non sono cattivi, quello che mi fa
rabbia è che simili preconcetti gliel’inculcano in testa a casa loro, i loro
genitori. E’ una cosa assurda, lo so, ma di gente razzista e convinta che quello
sia il modo giusto di vivere ce n’è tanta e non ci si può fare niente. Ma
l’errore è stato mio, come se non lo sapessi che elite non significa qualità.
Pensavo che mandandolo in un asilo esclusivo gli avrei dato solo il meglio, ma
forse era più opportuno se mi tenevo bassa con il tiro. Forse sarebbe stato
meglio un asilo come quello a cui era abituato a Birmingham, ma non credo che
sarà facile trovarlo. Insomma, ho fatto l’ennesima cavolata.- aveva concluso
abbassando lo sguardo sul cane.
Dominic ci era rimasto malissimo, non voleva affatto
colpevolizzarla, né assolutamente che lei si sentisse così per una cosa per cui,
dopo tutto, non aveva nessuna colpa. Si era versato una tazza di caffè e non le
aveva detto altro perché non avrebbe saputo cosa dirle, del resto la donna
sembrava piuttosto presa dai fatti suoi. Se anche avesse voluto chiederle di suo
padre, Dominic aveva ritenuto in quel momento che fosse meglio tergiversare,
pensando che forse quel particolare poteva chiederlo a sua madre.
Aveva telefonato a casa sua nel primo pomeriggio, quando a
Manchester era sera inoltrata, in modo da essere sicuro che sua madre fosse
stata a casa. Aveva prima parlato un po’ con suo padre, poi, quando era stato il
turno della donna, le aveva fatto quella domanda.
- Senti, per evitare figuracce, tu per caso sai dirmi come
sono i rapporti di Irene con suo padre adesso? No, perché io sono rimasto a
quando era una ragazzina che andava a passare un mese durante le vacanze estive
da lui e che si vedevano per le feste comandate, però mi pareva di aver capito
l’ultima volta che ci siamo visti che non passavano un buon momento…-
Sua madre l’aveva interrotto. - Te lo spiego io: allora, io
so che quelle ostilità sono durate finché lei non si era sposata. Lì c’era stato
un riavvicinamento, suo padre l’ha pure accompagnata all’altare, ma adesso
lavora in Canada da qualche anno e si è trasferito lì con la sua seconda
famiglia e quindi, data la lontananza, le cose sono rimaste così com’erano. Non
so se Owen lo conosce molto bene, sai? Ma perché me lo chiedi?- aveva chiesto
incuriosita.
- Perché il bambino s’è fatto scappare con me che forse
viene a trovarla, e Irene non mi ha detto niente invece, quindi mi sono chiesto
perché.-
- Non mi sorprende che voglia vederla, sta a Vancouver, non
è tanto lontano da voi insomma. Continua a fare finta di niente tu, tanto se non
vuole dirtelo… O forse il bambino si è sbagliato, tutto qui.-
- Sarà stata la botta in testa a parlare per lui, che ne
so…- aveva detto Dominic ridacchiando.
- Che botta in testa?- si era affrettata a chiedere sua
madre preoccupata.
- Owen è caduto dalla sedia ieri sera, io non c’ero e non
lo so di preciso, comunque ha un bel livido sulla testa! Ma niente di grave, non
preoccuparti.-
- Povero piccolino, ma è normale sai? Anche tu e Matt alla
sua età eravate pieni di graffi, bozzi e lividi, anche perché specialmente
durante la bella stagione quando vi mettevo a giocare fuori in giardino, non
eravate gestibili, come giravamo un momento lo sguardo io o tuo padre vi
facevate male!-
Dominic aveva riso. - Ultimamente mi sto facendo una
cultura di questi piccoli particolari mamma, sai che sabato scorso abbiamo
festeggiato il compleanno di Owen no? Ogni cinque minuti sentivi un botto per
terra con qualche lacrimuccia di conseguenza! Però sono carini i bambini, mi
sono divertito…-
- Dom…! - aveva esclamato sua madre interrompendolo, con un
tono di voce dolce e sorpreso, - Mica che ci stai pensando anche tu? Mi vuoi far
diventare nonna! Mi piacerebbe tanto avere un nipotino!-
- Ma nemmeno per sogno, sono troppo piccolo ancora!- aveva
esclamato Dominic quasi impaurito.
- Ma se hai trent’anni fra poco! Come sarebbe a dire che
sei piccolo?-
Avevano continuato a chiacchierare su questi toni per un
po’, alla fine Dominic aveva dato la buonanotte a sua madre e lei l’aveva
salutato apostrofandolo il mio cucciolo di trent’anni, cosa che non le
era risultata nemmeno poi così difficile dato che, in ogni modo, Dominic era e
sarebbe sempre rimasto il piccolo di casa nell’idea di tutti loro.
***
Quel venerdì Dominic era stato via tutta la mattina e gran
parte del pomeriggio. Era stato invitato a partecipare ad una trasmissione
televisiva in cui avrebbe dovuto parlare dei suoi prossimi progetti, anche se
poi non ne aveva parlato granché. La registrazione del programma comunque era
andata per le lunghe, per un intervento che non sarebbe nemmeno mezz’ora Dominic
non era riuscito a tornare a casa prima delle quattro del pomeriggio abbondanti.
Già che era di strada, anche se era sicuro che all’asilo quel giorno sarebbe
andata Grace a prendere Owen, si era fermato ugualmente. Per la verità anche
l’idea di incontrare Sakumi non era male, insomma, aveva dei validissimi motivi
che lo spingevano a farlo.
Certo, ormai l’appuntamento con lei era fissato per quella
sera stessa, ma era davvero impaziente. La donna gli aveva telefonato il
pomeriggio precedente per chiedergli se gli andava di cenare con lei.
Se gli andava? Ci sarebbe andato anche se avesse dovuto
andarci a nuoto alle Hawaii a cena con lei, e sperava che l’appuntamento non
fosse solo per la cena per dirla tutta…
Era arrivato con un certo anticipo, ancora alle cinque
mancava un quarto d’ora, comunque aveva parcheggiato l’auto e si era diretto al
cancello della struttura, per vedere che era assolutamente il primo. Non aveva
tardato molto comunque ad arrivare anche Sakumi, sfoggiando uno dei soliti
tailleur che portava solitamente, i tacchi a spillo e la sua andatura a dir poco
affascinante. L’aveva salutato gentilmente, non essendo avara di sorrisi nemmeno
quella volta, Dominic più la guardava e più non vedeva l’ora che fosse quella
sera. Avevano conversato per qualche minuto, fino a che non era arrivata anche
Grace che si era stupita ovviamente di vederlo lì, ma di certo non le era
dispiaciuto.
Stava tornando da un’apparizione televisiva, che fosse
tirato a lucido era il minimo: anche se era vestito semplicemente, dato che era
in jeans e sopra portava una camicia bianca semplicissima aperta sul collo, era
il colpo d’occhio generale che saltava all’attenzione, ma anche nello stesso
tempo la ricerca del particolare. Si vedeva bene il cordino nero che aveva
stretto al collo, con la pallina argentata che gli ricadeva perfettamente nella
fossetta del giugulo, anche se più che quello Grace era il suo collo che aveva
guardato, non potendo evitare di pensare a come sarebbe stato poterci premere
contro il suo naso e le sue labbra.
Dominic l’aveva salutata, ma lei, non appena lui si era
girato nella sua direzione, era rimasta per qualche secondo a guardarlo senza
riuscire a rispondergli, persa come era nelle sue visioni ad occhi aperti.
- Sorpresa?- gli aveva chiesto Dominic, che non avrebbe
potuto spiegarsi in altro modo quella reazione.
Grace stava quasi per rispondergli estasiata piuttosto,
ma fortunatamente quella volta era riuscita a trattenersi. - Un po’.- aveva
detto a bassa voce.
- Passavo, allora mi sono detto che potevo fermarmi.
Torniamo insieme, ok?-
Lei aveva annuito debolmente, per poi girarsi verso il
cancello, fingendo indifferenza.
Sakumi si era goduta la scena, comunque era rimasta in
silenzio anche lei, ridacchiando sotto i baffi, dato che aveva capito benissimo
che tipo di pensieri potessero essere passati nella testa della ragazza a vedere
Dominic così, perché più o meno erano quelli che aveva fatto anche lei. Il
giorno della festa di Owen, l’aveva sorpresa spesso a guardarlo: insomma, non ci
voleva un genio per capire.
Un po’ le dava anche un certo senso di soddisfazione che
Dominic, tra loro due, fosse con lei che usciva quella sera. Insomma, a conti
fatti aveva dodici anni più di Grace, che tra l’altro era una ragazza davvero
graziosa. Erano pensieri che facevano bene all’ego, anche se, per dirla tutta, a
Sakumi le conquiste non mancavano di certo e tutto poteva definirsi meno che una
persona che non fosse sicura di sé, del suo fascino e, cosa di fondamentale
importanza, di quello che voleva.
Erano rimasti tutti e tre in silenzio, fingendo di essere
impegnati a guardare il cancello per vedere quando sarebbero usciti i bambini,
non rendendosi nemmeno conto di quanto la cosa avrebbe potuto essere divertente
se qualcuno avesse saputo cosa stava passando per le loro menti.
Grace era tesa come una corda di violino e, come spesso le
capitava di pensare, era quasi certa che se Dominic le avesse detto ancora
qualcosa avrebbe potuto anche svenire lì, sull’asfalto di quel marciapiede.
Sakumi pensava con il sorriso sulle labbra alla serata che l’aspettava. Dominic
anche aspettava quell’uscita con impazienza, ma dall’altro canto un particolare
gli era saltato agli occhi, e non aveva potuto fare a meno di notarlo e di
rimanerne affascinato: Grace portava una maglietta che le copriva appena i
pantaloni, finché stava ferma era tutto apposto, ma se solo si muoveva le
rimaneva scoperto un centimetro di pelle, in particolar modo l’ombellico dato
che portava i pantaloni a vita bassa. Un ombellico davvero intrigante, con tanto
di piercing, Dominic sperando che lei non se ne accorgesse non aveva potuto fare
a meno di guardarlo e rimanerne stupito, quella ragazza era piena di sorprese.
Dato che non sapeva dove guardare e che di certo non poteva continuare a
guardare la pancia di Grace, aveva optato per concentrarsi sugli alberi del
giardino dell’asilo, ma non era per niente semplice.
Quando i bambini erano usciti finalmente, mettendo fine a
quel teatrino, Sakumi nel salutarlo l’aveva solo guardato e sorriso, senza dire
un ci vediamo stasera. Dominic pensò che era perché c’era Grace, e
immediatamente si era rallegrato con se stesso per non aver detto a nessuno che
si vedevano quella sera. Con Grace e Owen che chiacchierava allegramente di
quello che aveva fatto con Yume quel giorno, si erano avviati al parcheggio lì
vicino dove aveva messo l’auto, quindi erano partiti alla volta di casa sua.
***
Non appena Owen era sceso dall’auto, prima aveva cercato di
attaccarsi alla gamba di Dominic come ormai si era abituato a fare, ma lui non
gliel’aveva permesso quella volta. Per farsi perdonare l’aveva preso in braccio
e l’aveva prima messo seduto sul tettino della sua auto, poi si era girato
dandogli le spalle e aveva leggermente piegato le ginocchia in modo da arrivare
precisamente all’altezza giusta per far sì che Owen potesse salirgli a
cavalluccio sulle spalle.
- Ecco, a me pare un po’ meglio così, vero Grace che così
si viaggia più comodi che seduti sul mio piede?-
Grace aveva sorriso, soprattutto perché Dominic aveva
cominciato a fare dei piccolissimi saltelli ed Owen ridacchiava nell’essere
sballonzolato così. - Certo che si sta più comodi!- aveva ribattuto la ragazza.
Si erano avviati in casa, Lilly che era in giardino non
aveva tardato a fare le sue rimostranze rispetto al fatto che Dominic si stava
tenendo sulle spalle Owen e a lei non aveva fatto nemmeno una carezza
rientrando, prima di aprire la porta quindi aveva accontentato la sua cagnetta,
la quale, non appena la porta le era stata aperta era entrata prima degli altri.
- Giù la testa mi raccomando che altrimenti batti un’altra
capocciata!- aveva detto Dominic ad Owen che, a quell’avvertimento, aveva
praticamente abbracciato la sua testa, schiacciandosi sopra ad essa.
Dominic non aveva nemmeno avuto il tempo di girarsi per
richiudere la porta, si era trovato davanti Irene e quest’uomo che lui non aveva
mai visto, che erano evidentemente appena arrivati dal soggiorno.
Appena Owen aveva potuto tirare su la testa e l’aveva visto
aveva gridato Papà e quell’uomo gli aveva sorriso. Dominic si era
semplicemente affrettato a farlo scendere, Owen era corso verso quello che
doveva essere quel Christopher di cui aveva tanto sentito parlare, che si era
piegato sulle ginocchia e aveva teso le braccia verso di lui abbracciandolo
forte quando era arrivato. Era stata una bella scena.
Dominic aveva guardato Irene per un attimo, vedendo che
anche lei sorrideva, ma non nello stesso modo in cui lo stava facendo anche
Grace in quel momento. Il suo non era un sorriso deliziato, era triste; a lui
era già passata la voglia di farlo vedendo la sua espressione.
Poi si era soffermato a guardare il viso di quell’uomo: se
all’inizio aveva pensato che Owen somigliasse davvero molto a sua madre, in quel
momento aveva potuto vedere chiaramente quanto assomigliasse anche a suo padre,
era una specie di perfetta fusione tra i due.
Dominic se n’era del tutto dimenticato del fatto che Irene
gli aveva detto che sarebbe arrivato Christopher, per lui era stata una vera e
propria sorpresa, che per un primo momento l’aveva lasciato incapace di
qualsiasi reazione. Solo dopo che aveva salutato suo figlio Christopher aveva
stretto la mano a lui, mentre Irene li presentava. Era stata una stretta decisa,
si notava già da quello che fosse una persona gentile ed espansiva. Non avrebbe
saputo dire perché, ma tutto aveva immaginato di lui, tranne che potesse
piacergli ad una prima occhiata.
- Mi fa piacere conoscerti, sono anni che sento parlare di
te… non solo perché sei un attore e hai fatto il Signore degli Anelli, eh!- gli
aveva detto sorridente e in modo amichevole.
Era stata Irene a parlare dopo:- Non lo puoi sapere, ma
stai parlando con un fan accanito di Tolkien, abbiamo visto tutti i film
insieme, quando sono usciti.-
Dominic gli aveva sorriso. - Ah… bene…- aveva abbozzato,
non sapendo cosa dire.
- Verissimo, credo di aver letto Il Signore degli Anelli
non meno di una ventina di volte da quando ho dieci anni, il che vuol dire che
me lo sono letto almeno venti volte in trent’anni… oh cielo!- aveva esclamato,
facendo sorridere tutti gli altri. - E’ grave quando cominci a raccontare di
cose che facevi trent’anni fa?-
Si era interrotto un momento ridacchiando, mentre Owen, una
cosa che il bambino faceva anche con Dominic, gli tirava la mano destra per
attirare la sua attenzione. Christopher quindi gli aveva preso entrambe le mani
tenendosele strette nelle sue, mentre Owen si dondolava con la certezza di non
cadere dato che suo padre lo sorreggeva. Dominic l’aveva notato, chiedendosi se
il bambino si aspettava un comportamento del genere anche da lui ogni volta che
aveva fatto quel gesto.
Christopher quindi aveva continuato a parlare:- Ovviamente
ho letto anche tutti gli altri libri di Tolkien, li ho letti e riletti. Mi sono
piaciuti anche i film comunque, moltissimo.- aveva fatto una breve pausa, per
poi aggiungere: - Certo sono un fanatico del libro, ma mi sono piaciuti, molto,
davvero.-
- Grazie…- aveva detto senza aggiungere altro Dominic. Si
sentiva strano, e pure un po’ imbarazzato.
Grace era andata via quasi subito, Dominic anche era stato
con loro per poco, giusto il tempo di sapere che Christopher sarebbe rimasto a
cena lì. Irene aveva chiesto a Dominic di rimanere, ma lui sarebbe stato fuori
quella sera.
- Mi dispiace, ma avevo già preso un impegno, ma voi
ovviamente fate come se foste a casa vostra.-
Aveva sentito l’esigenza di scusarsi per aver rifiutato
l’invito a rimanere con loro, ma in fondo sapeva che era meglio che rimanessero
da soli.
Dopo aver aiutato Owen a portare al piano inferiore l’orso,
che voleva a tutti i costi far vedere subito al suo papà, Dominic si era scusato
ed era andato in camera sua. Mancavano ancora un paio d’ore all’appuntamento con
Sakumi, ma voleva fare tutto con calma.
Era più che convinto che l’aspettava una gran serata.
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Capitolo 17 *** Profumi d'oriente ***
Nuova pagina 1
Buon
lunedì a tutti!
Premetto
immediatamente che le mie limitate conoscenze della cultura giapponese
potrebbero avermi fatto scrivere un mare di boiate incredibili, quindi vi
pregherei di essere comprensivi!
Certo, se
le notate ditemelo, almeno imparo le cose come sono veramente che male non mi fa
davvero, anzi. Mi ha divertita comunque fare ricerche oltre a quello piccole
cose che sapevo da me, come mi ha divertita sfogliare il librone enorme di
cucina internazionale di mia mamma.
Santa
donna, se non ci fosse lei!
La
cultura giapponese comunque, proprio perché è tanto diversa dalla nostra, mi
incuriosisce un casino. Un po’ meno la cucina perché non sopporto il pesce
crudo. Ho assaggiato il sushi e anche un’altra ricetta che si fa con il tonno
della quale non ricordo il nome: comunque il tonno si filetta e poi con una
specie di panatura con erbe aromatiche si scotta appena, dentro insomma rimane
tutto crudo. Tutto ciò mi è rimasto, come dire, un po’ sul gargarozzo ma almeno
posso dire di aver provato anche quello!
Allora,
tornando alla storia… se vado troppo veloce ditemelo! Il mio segreto è che
generalmente quando incomincio a pubblicare è perché ho già scritto almeno una
ventina di capitoli, quindi, quando me li sono riletti quelle tre, quattro volte
prima di pubblicarli per non scrivere cavolate che comunque scappano ugualmente,
sono già pronta.
Un mega
grazie a Claudietta e a Bloody per i commenti, spero che continui a piacervi la
storia.
Buona
lettura, Mandy
v
Capitolo Sedicesimo - Profumi d’oriente
Neanche a dirlo, Dominic era in anticipo. Aveva preso un
tavolo quanto più defilato e appartato possibile al locale dove con Sakumi
avevano deciso di andare per l’aperitivo prima di cena. Non sapeva di preciso
dove sarebbero andati dopo, Sakumi non aveva voluto anticipargli nulla, anche se
Dominic aveva la netta impressione che avrebbero mangiato giapponese, il che non
gli dispiaceva in fondo.
Per lui si trattava di fare uno sforzo in verità, le volte
che aveva mangiato giapponese nella sua vita si potevano contare sulle dita di
una mano e sarebbe rimasto spazio per altro. L’idea del sushi un po’ lo metteva
in ansia, ma soffrire un po’ per la causa in fondo meritava, l’aveva pensato
ancora di più quando, finalmente, in orario perfetto, Sakumi aveva varcato la
soglia del locale.
Era stata una vera e propria apparizione, nella testa di
Dominic erano passate immagini tranquille di fiori di loto, cascate, bonsai,
geishe… su quest’ultima visione aveva visto di darsi una scrollata: se
cominciava così la serata c’era il forte rischio di fare la figura del fesso
alla prima occasione e con una come Sakumi era decisamente meglio evitarlo! In
ogni modo, era molto meglio concentrarsi su di lei piuttosto che sulle sue
sconnesse connessioni mentali…
Era arrivata infilata in un abitino blu senza maniche,
accollato ma che le stava praticamente come una seconda pelle, sulle spalle
aveva una specie di scialle e i capelli lisci e scuri, sciolti e fermati solo da
una mollettina, anch’essa blu, sulla tempia destra, che dondolavano quando
camminava. Nell’insieme appariva come al solito elegante e sofisticata, forse un
po’ più informale di come la vedeva sempre fuori dall’asilo, dato che era
evidente che ci andasse dopo il lavoro. Solo a casa sua, alla festa di Owen,
l’aveva vista un po’ più casual, ma non poi così tanto. La sua eleganza del
resto era una cosa che andava al di là dei vestiti che portava: era insita in
lei, nel suo portamento, quello come il fatto che fosse affascinante e
desiderabile da morire. Era qualcosa che le stava intorno, nell’aria che la
circondava.
Forse era stato per questo che anche lui aveva messo una
cura particolare nel prepararsi peri uscire, cosa che Irene non si era lasciata
sfuggire. Si era apprestato ad uscire di casa in un momento in cui Christopher e
il bambino stavano in giardino con il cane, Irene era in cucina invece, immersa
nei preparativi per la cena. Prima di uscire Dominic si era avvicinato per
salutarla.
- Santo cielo, ma chi è la fortunata stasera?- gli aveva
chiesto lei subito, notandolo.
Dominic, senza volerlo, aveva sorriso nervosamente. - Ma
che fortunata, è un’occasione formale, quindi…- aveva detto per tirarsi fuori da
quella situazione.
- Allora beate tutte quelle che ti vedranno! Secondo me
stasera rimorchi…- aveva commentato.
Dominic l’aveva salutata e si era tolto di mezzo in fretta,
passando anche a salutare Owen e suo padre, al quale aveva ancora una volta
stretto la mano scusandosi e dicendo che era ben probabile che si sarebbero
visti il giorno seguente.
Sakumi aveva subito osservato la scelta del tavolo di
Dominic, tant’è vero che gliel’aveva fatto anche notare, capendo anche subito il
motivo. Lo sforzo infatti era stato inutile, dato che lo avevano ugualmente
riconosciuto. - Inconvenienti del venire in centro per me, scusami…- aveva detto
a Sakumi dopo aver scambiato qualche parola con un paio di ragazze che si erano
avvicinate.
Lei però gli aveva sorriso nient’affatto disturbata per
l’accaduto, quindi l’aveva invitato a finire il drink che aveva davanti. - Nel
posto in cui ho intenzione di portarti certamente non avremo di questi problemi,
quindi meglio andarci subito, ti pare?-
Dopo la risposta affermativa di Dominic, che il bicchiere
l’aveva lasciato direttamente lì senza nemmeno più considerarlo, si erano alzati
ed erano andati via. In strada, sebbene Dominic avesse preso l’auto, Sakumi gli
aveva chiesto di fermare un taxi. All’autista era stata lei a dare un indirizzo.
- A questo punto devo farti una domanda.- aveva cominciato
a dire Sakumi, che poi si era interrotta solo per un attimo. - Il tuo rapporto
con la cucina giapponese come lo definiresti?-
Forse perché aveva titubato un po’, forse per la sua
espressione che non era riuscita a nascondere la sua perplessità, Sakumi aveva
sorriso e aveva aggiunto:- Tranquillo, non è un esame, sii sincero!-
Dominic le aveva sorriso. - Sinceramente rimango un po’
perplesso di fronte al pesce crudo, ma per il resto credo di essere onnivoro e
anche abbastanza pronto per nuove esperienze. Nuove si fa per dire, in verità
non sarebbe la prima volta che mangio giapponese, sono anche stato in Giappone
qualche volta.-
- Perfetto, allora il pesce crudo non lo vedrai nemmeno. Ma
per il resto fidati di me, ti sto portando in un posto davvero bello e che
conoscono veramente in pochi.-
Quando erano scesi dal taxi Sakumi aveva fatto strada a
Dominic per pochi metri fino ad una porta che tutto sembrava meno che quella di
un ristorante. Con decisione l’aveva aperta e aveva detto a lui di seguirla.
Subito comunque erano stati accolti da una donna all’entrata vestita con abiti
forse non tipici come lo sono nell’ideale occidentale, ma comunque di
indiscutibile taglio orientale. Erano rimasti fermi all’entrata mentre lei, dopo
aver salutato Sakumi, si allontanava per un momento, ritornando pochi secondi
dopo in compagnia di un uomo che a prima vista sembrava essere sulla sessantina.
Il saluto che lui e Sakumi si erano scambiati era stato agli occhi di Dominic
piuttosto formale, ma per quel poco che sapeva lui della loro cultura invece
dimostrava chiaramente che tra loro doveva esserci una certa confidenza. Si
erano scambiati qualche parola in giapponese e avevano continuato a parlare
nella loro lingua fino a che Sakumi non aveva presentato Dominic, come un suo
amico. L’uomo, tralasciando l’usanza giapponese dell’inchino, l’aveva
cortesemente salutato in un inglese perfetto e gli aveva stretto la mano con
vigore.
Dopo pochi secondi la donna che gli aveva accolti
all’entrata li aveva accompagnati al loro tavolo, passando prima per un
corridoio stretto che poi si apriva prima in una sala mediamente grande, dove
c’erano già dei tavoli occupati, poi in una più piccola dove c’erano solo
quattro tavoli apparecchiati e tutti vuoti. Li aveva fatti accomodare ad uno di
questi, un tavolo quadrato per due, dove Sakumi, invece di far sedere Dominic
davanti a lei, lo aveva fatto sedere al lato accanto al suo.
Quando erano stati soli Sakumi aveva raccontato un po’ di
cose su quel locale che, a prima vista, gli era sembrato davvero strano. Si
trovavano nel ristorante giapponese forse più esclusivo di tutta Los Angeles, lo
conoscevano in pochissimi e, come aveva potuto notare bene, non era molto
frequentato se non da una clientela esclusiva. L’uomo che all’entrata aveva
salutato Sakumi con tanta familiarità era il padrone del ristorante, un vecchio
amico di suo padre, come aveva raccontato Sakumi stessa.
- Hideo mi ha vista crescere, praticamente è come se fosse
uno zio, ovviamente qui io sono di casa e per occasioni particolari mi rivolgo
sempre a lui. La cucina è magnifica, e questo è un posto davvero magico, quando
sto qui dentro mi sento sempre come se fossi a Fukuoka, da ragazzina. Hideo
laggiù ha ancora due ristoranti di proprietà, sono molto rinomati, alcuni dei
migliori della città.-
Era stata Sakumi, in giapponese, ad ordinare per entrambi,
ordinando diverse cose, aveva spiegato che era perché voleva fargli assaggiare
cose differenti.
Per Dominic era stata stupefacente quell’esperienza, si
disse che forse prima di allora non era mai riuscito ad apprezzare fino in fondo
quella cucina solo perché aveva tentato di approcciarsi a questa da autodidatta,
combinando dei disastri. Quello che l’avevano colpito erano gli abbinamenti di
frutta e verdura insieme, come i cetrioli al sesamo che erano stati una delle
prime cose che erano state portate al loro tavolo. Erano conditi con
l’immancabile salsa di soia e dei pezzi di pera. Sakumi tra l’altro si era
divertita nel vedere che lui le chiedeva sempre qualche cosa su quello che gli
veniva portato. Ad una prima analisi poteva essere normale, solo che Dominic non
si limitava a prendere atto di cosa aveva nel piatto, chiedeva in cosa
consistesse la preparazione di quei piatti, se avessero qualcosa di speciale, se
venissero cucinati in occasioni particolari. Quest’aspetto a lei piacque. Si era
divertita nello spiegargli di tutti i tipi di miso che esistevano, Dominic le
aveva chiesto cosa fosse infatti quando in tavola era stata servita una zuppa
dall’aspetto invitante che Sakumi gli aveva detto essere di miso, una pasta
fatta di soia fermentata e wakame, una delle tante alghe tipiche utilizzate nel
cucina giapponese. Tra i secondi piatti, Dominic aveva apprezzato
particolarmente gli spiedini di salmone, Sakumi gli aveva spiegato che ciò che
conferiva quel sapore particolare a quei cubetti di pesce appena scottati era
che fossero stati marinati prima in un’emulsione di salsa di soia e sherry e poi
cotti appena.
Durante tutta la cena avevano chiacchierato un po’ di
tutto, pian piano erano entrati sempre di più in una dimensione loro, forse
anche aiutati dal fatto che, mentre il loro pasto andava avanti, nella piccola
sala dove erano stati fatti accomodare non era più entrato nessuno e, tranne
quando qualcuno dei camerieri veniva a prendere i piatti sporchi o a portarne di
nuovi, avevano goduto della solitudine più assoluta.
Questo aveva conferito alla situazione un clima intimo, che
non aveva fatto che accrescere la confidenza, sia verbale che fisica. Dominic
doveva dire di essere però in netto svantaggio sotto questo punto di vista
rispetto a Sakumi che, sicuramente più di lui, era a suo agio in quella
situazione. Lo poteva vedere da diverse cose e da tante altre poteva capirlo.
Il clima di quella serata tuttavia era stato sempre in
crescendo, tanto che non si era affatto stupito di un gesto che Sakumi aveva
fatto quando erano arrivati ai dolci. Avevano portato loro in tavola tre cose
diverse: una era frutta, condita con della gelatina che Sakumi gli aveva detto
essere fatta con un’alga particolare chiamata kanten, gli altri invece
sembravano essere dolci veri e propri, almeno per quanto riguarda l’immaginario
occidentale.
Sakumi, ancor prima che lui potesse informarsi aveva preso
la sua forchetta e aveva infilzato una pallina di uno dei due tipi. Come se
niente fosse gli aveva detto assaggia e l’aveva praticamente imboccato,
ma non certo come una mamma farebbe con un bambino.
Il commento di Dominic era stato meraviglioso, solo
dopo Sakumi gli aveva spiegato che aveva appena mangiato un kuri manju, un
dolcetto fatto di una semplice pasta, con un ripieno di marroni e cotto al
vapore. Esattamente nello stesso modo l’aveva iniziato alle polpettine di tofu,
dei dolcetti davvero particolari, che erano fatti sempre con la salsa di soia,
ma di un tipo più leggero, dolce.
- Questo è più strano…- aveva commentato Dominic dopo aver
masticato, mentre Sakumi stava ancora con la forchetta in mano, aspettando un
responso. La donna gli aveva sorriso divertita, Dominic non aveva potuto fare a
meno di rispondere a quel sorriso stupendo. Sakumi però era stata ancora più
divertita dalla sua reazione davanti al tè verde, che i giapponesi usano
prendere dopo il pasto. Quello che Dominic non sapeva era che è un tè che viene
servito senza zucchero, dopo i dolci non aveva fatto un bell’effetto,
specialmente per una persona che non se l’aspettava. A vedere la sua espressione
Sakumi aveva prima sorriso, poi riso, ma in un modo che Dominic non aveva
assolutamente potuto trovare fastidioso, tutt’altro se mai. Le aveva restituito
il sorriso, cosciente del fatto che doveva aver messo su un’espressione davvero
ridicola, mentre invece lei mentre rideva era davvero bella.
Al momento del conto per lui non c’era stato modo di
appropriarsi dell’onere, Sakumi era stata categorica sotto quel punto di vista e
lui non aveva insistito troppo, aveva paura di offenderla dato che in fin dei
conti era stata lei ad invitarlo, così l’aveva lasciata fare.
Uscendo dal locale Sakumi aveva salutato nuovamente il
padrone, quando si erano ritrovati in strada, avevano dapprima fatto due passi.
Erano sempre in una zona piuttosto centrale anche se meno di quella da cui erano
partiti, così si erano mischiati a tutte le persone che avevano avuto la loro
stessa idea. Dopo poco però Sakumi aveva insistito per tornare a casa sua, dato
che aveva lasciato la bambina con la baby sitter. Certo un po’ Dominic si stava
rammaricando che la bella serata fosse praticamente già finita, ma si era
affrettato ugualmente a fermare un taxi al quale Sakumi aveva dato esattamente
l’indirizzo di dove erano partiti, Dominic pensò che fosse per permettergli di
riprendere la sua auto.
Una volta che si erano ritrovati sul marciapiede si era
fermato un momento e le aveva sorriso.
- Ti ringrazio tanto della bella serata allora, magari
potremmo rivederci uno di questi giorni.- aveva proposto. Sakumi anche gli aveva
sorriso, ma non si era minimamente accinta a salutarlo.
- Perché la serata è finita? Non ti va di salire?-
In quel momento Dominic si era sentito un imbecille, ma in
fondo poco importava. Il fatto che l’aveva confuso un po’ era che Sakumi avesse
chiamato in causa la bambina come scusa per tornare a casa, ma qualsiasi fosse
stato il pretesto ben venga, non gli sembrava vero aver ricevuto quell’invito.
Le aveva sorriso. - Scusami, sai pensavo… comunque sì, mi
piacerebbe.- aveva risposto.
Sakumi si era limitata a sorridere in modo sicuro e a
dire:- Perfetto, allora saliamo.-
Si era diretta verso l’entrata di un elegante palazzo lì
vicino, il portiere aveva salutato entrambi, quindi la donna gli aveva fatto
strada fino all’ascensore che gli aveva portati fino all’ultimo piano. Sakumi
quindi non solo viveva in pieno centro in una delle zone più esclusive della
città, ma abitava niente di meno che all’attico. Non che gli importasse, ma
Dominic non aveva potuto fare a meno di notarlo.
La casa dentro era molto bella, sembrava un ambiente non
troppo vissuto ma certamente accogliente. Si entrava subito nell’ampio soggiorno
che dava su una terrazza. Da dietro le porte a vetri si scorgevano le luci della
città. Dopo pochi secondi che erano arrivati, da una stanza che stava lungo un
corridoio che Dominic aveva scorto appena entrando, era arrivata una ragazza
all’apparenza piuttosto giovane, che aveva scambiato qualche parola con la donna
prima di prendere un maglioncino di cotone dall’attaccapanni all’entrata e
uscire.
Da lì in poi la cosa si faceva sensibilmente più
imbarazzante almeno per Dominic: Sakumi invece non sembrava assolutamente
avvertire il benché minimo impaccio. Si muoveva sicura nel suo ambiente, gli
aveva offerto da bere e si era alzata dal divano dove l’aveva invitato a sedersi
per prendere due bicchieri. Mentre era via lui aveva approfittato per alzarsi un
momento ed avvicinarsi ad una parete che era per una parte occupata da una
libreria dove c’erano alcune foto. Diverse dovevano essere di Yume un po’ a
tutte le età, ce n’era anche qualcuna con Sakumi, ma la cosa che aveva più
attirato l’occhio di Dominic era accanto alla libreria. Erano due spade nel loro
fodero, per quel poco che sapeva aveva immaginato che fossero due katane. Non ne
capiva molto, però era rimasto per un momento a guardare le incisioni fini e
precise sul fodero specialmente di una delle due, ci si era perso talmente tanto
che Sakumi aveva dovuto attirare la sua attenzione parlandogli. Non l’aveva
sentita proprio tornare.
- Vedo che stai guardando i miei gioielli.- gli aveva
detto.
Dominic si era voltato di scatto verso di lei. -
Affascinanti, cosa sono di preciso? Immagino che siano oggetti particolari se li
definisci gioielli…- aveva osservato, sorridendole.
- In effetti lo sono, eccome. Il loro valore complessivo
supera il valore di tutta questa casa. Sono piuttosto antiche.-
Sakumi gli aveva raccontato un po’ della storia di quegli
oggetti, due katane che le aveva lasciato in eredità suo nonno materno e che
appartenevano alla famiglia da generazioni. Da quel poco che aveva capito
Dominic, Sakumi da parte di madre doveva discendere da una famiglia piuttosto
importante.
Si erano seduti nuovamente, sorseggiando il loro drink e
continuando a parlare di quelle due spade, almeno finché la donna non si era
alzata e aveva preso in mano una delle due, quella che anche Dominic si era
perso ad osservare e che, come lei gli aveva spiegato, era la più antica. Con
una certa sicurezza l’aveva tolta dal fodero e l’aveva mostrata a Dominic, che
non aveva potuto proprio fare a meno di alzarsi ed andarla a vedere da vicino.
Sakumi la teneva saldamente per il manico, parallela al soffitto, lui si era
chinato appena per guardare la lama in prospettiva ed era rimasto fermo per
qualche secondo.
- Sai che potrei tagliarti via di netto il naso senza la
minima fatica se stai così?- aveva scherzato Sakumi, ottenendo però l’immediato
risultato di farlo tornare in posizione eretta.
- Ho detto potrei, mica che lo voglio fare! Il sangue mi fa
anche un po’ schifo, sono un tipo impressionabile. Però sappi che ne sarei
capace, la tecnica è tra le mie conoscenze!- gli aveva detto sorridendo, un
sorriso al quale lui aveva risposto, tranquillizzato.
- Meglio non farti arrabbiare insomma…- aveva osservato
dopo scherzando. Aveva allungato un dito verso la lama quindi, per toccarla
appena. Sakumi non aveva fatto nemmeno in tempo a dirgli attenzione è
affilatissima, e Dominic non era riuscito nemmeno a sentire il freddo della
lama che si era già tagliato. Non era niente di ché, un semplice taglietto, che
però aveva cominciato subito a sanguinare.
- Accidenti!- aveva esclamato Dominic sollevando
immediatamente la mano destra, mentre Sakumi in fretta aveva rinfoderato la
spada e l’aveva rimessa al suo posto. Si stava guardando intorno come alla
ricerca di qualcosa per tamponargli la ferita.
- Non ti preoccupare, non è nien…-
Le parole gli erano morte in gola letteralmente quando
Sakumi aveva fatto quel gesto. Dopo essere riuscita prendere una fazzoletto di
carta che aveva recuperato dalla sua borsa che aveva lasciato sul divano, aveva
preso saldamente tra le sue mani il polso e quella di Dominic, nel tamponargli
la ferita si era appoggiata con leggerezza la sua mano sul collo, cosa che
l’aveva fatto trovare improvvisamente a contatto con la sua pelle.
Per tutta la sera Dominic aveva subito il suo fascino,
trovandola estremamente desiderabile: quel gesto arrivato così improvvisamente,
anche se sicuramente non era fatto a quello scopo, l’aveva fatto capitolare
immediatamente. Solo con un grosso sforzo era riuscito a fare finta di niente
nonostante la contrazione che aveva sentito chiaramente, suo malgrado, al basso
ventre.
Senza dire niente Sakumi l’aveva condotto verso la cucina
e, dopo aver buttato nella spazzatura quel fazzoletto, gli aveva fatto mettere
il dito sotto l’acqua corrente. L’aveva lasciato solo per andare in fretta verso
il corridoio, per poi tornare pochi secondi dopo con un pezzetto di cotone
idrofilo e il disinfettante. Intanto lui aveva tolto il dito da sotto l’acqua
fredda.
Notando la sua espressione colpevole si era sentito di
dirle che non era successo niente.
- Avrei dovuto avvertirti prima, quelli non sono
giocattoli.- gli aveva detto mentre riprendeva saldamente tra le sue mani il
polso e quella di Dominic, premendo il batuffolo di cotone con il disinfettante
sulla piccola ferita che aveva già smesso di sanguinare. - Forse sarebbe stato
meglio che non l’avessi toccata affatto. Non te ne rendi conto, ma ad una minima
vibrazione avrei potuto portarti via il polpastrello.-
- Addirittura…- aveva osservato scettico Dominic.
- Non l’hai nemmeno toccata quasi e guarda qua.- aveva
ribattuto la donna.
Dominic non le aveva risposto, forse era vero che non se ne
rendeva conto. Comunque, che quella spada fosse un oggetto pericoloso se messa
vicino ad uno inesperto come lui era ovvio. Quello però che era più pericoloso
per lui in quel momento era avere così vicina Sakumi.
Erano rimasti in silenzio per qualche secondo, mentre lei
era sempre concentrata sul suo dito e Dominic sulle sue sensazioni, che cercava
di controllare per quanto gli fosse possibile. Sakumi era appena più bassa di
lui, nella posizione in cui stava avrebbe potuto appoggiare le labbra ai suoi
capelli, sentire meglio il suo odore che già da quella distanza avvertiva, un
profumo dolce. Pensarci non lo aiutava, ma non poteva nemmeno farne a meno.
Forse era stato così che l’aveva guardata quando
improvvisamente, senza che lui se ne accorgesse, Sakumi aveva tolto dal suo dito
il cotone e aveva alzato lo sguardo puntandolo nel suo, sorridendogli appena,
uno sorriso che era sparito in pochi secondi lasciando spazio a ben altre
espressioni.
Probabilmente anche lei si era leggermente morsa il labbro
inferiore senza cognizione di causa, però a quel punto era stato del tutto
inevitabile che Dominic le facesse quella carezza. Lentamente, con il dorso
della mano sinistra, aveva definito il contorno della guancia sinistra di
Sakumi, arrivato a sfiorarle il mento, sempre con una lentezza esasperante,
aveva staccato per poco la mano dal suo viso andando ad appoggiargliela più
saldamente sul collo, nel tentativo di rivivere la sensazione del tutto
inaspettata che aveva provato prima. Sakumi si era solo sporta verso di lui,
facilitandogli il compito di baciarla.
Aveva fatto condurre praticamente a lei quel bacio, Sakumi
aveva schiuso le labbra quasi subito permettendogli di approfondirlo, mentre lei
con le sue braccia gli circondava il collo, Dominic era sceso ad accarezzarle i
fianchi e la schiena, finalmente dando un corpo a tutte le fantasie che
l’avevano accompagnato per tutta la sera e non solo, doveva ammetterlo. Anche
Sakumi dopo ancora qualche secondo che quel bacio andava avanti aveva fatto
scorrere le sue mani dapprima sul suo collo, sfiorandogli la pelle nuda, poi
scendendo verso il basso e accarezzandolo, premendo leggermente le sue mani
contro il suo torace sopra la stoffa della camicia. Dominic sentiva la sua
eccitazione crescere piuttosto velocemente anche se stava cercando di
controllarsi. Sapeva bene che la fretta non l’avrebbe portato da nessuna parte,
anche se la tentazione di farlo direttamente lì, sopra quel tavolo che era
davanti a loro senza tanti altri ripensamenti o perdite di tempo, c’era ed era
anche grande.
Si erano spostati velocemente nella camera da letto di
Sakumi, che si era raccomandata di fare piano.
Avevano cominciato a spogliarsi a vicenda senza troppa
fretta, esplorandosi ed indugiando più possibile nei preliminari, almeno fino a
che l’eccitazione di entrambi non era salita in modo da rendere impossibile
aspettare ancora.
Dominic si era svegliato la mattina dopo quando aveva
avvertito una mano che, gentilmente ma con fermezza, gli aveva appena scosso una
spalla. Aveva come al suo solito avuto uno scatto, reagiva sempre così quando
qualcuno lo svegliava, quasi come se si fosse spaventato. Sakumi, sdraiata
accanto a lui, aveva l’aria di una persona che si era svegliata già da un po’.
Aveva addosso una vestaglia bianca e aveva sorriso nel vedergli avere quello
scatto improvviso.
Anche sul viso di Dominic era apparso immediatamente un
sorriso, di rimando al suo.
- Buongiorno.- gli aveva detto la donna, facendogli una
carezza su una guancia e avvicinandosi appena a lui, quanto bastava per dargli
un leggero bacino sul naso.
Dominic le aveva restituito il buongiorno notando nel
frattempo che doveva essere comunque ancora presto. Aveva fatto scorrere la sua
mano lungo il fianco di Sakumi, appoggiando poi le labbra al suo collo e dandole
un bacio leggero, come aveva fatto lei. Solo quando Dominic aveva riportato lo
sguardo su di lei gli aveva parlato, con un tono più dolce possibile.
- Non voglio essere maleducata e credimi, dopo stanotte se
tu volessi rimanere qui ne sarei ben felice, ma è meglio se Yume non ti trova
quando si sveglia.-
Dominic aveva capito benissimo, non si era offeso affatto
della situazione. Le aveva detto di non preoccuparsi, anche se per il momento
voleva rimanere ancora lì, a prolungare quel momento che gli piaceva molto.
Quando era uscito dall’appartamento di Sakumi le aveva
detto semplicemente ciao, senza aggiungere altro, per non rovinare
l’atmosfera che si era creata con chiacchiere inutili. Non c’era niente da
aggiungere, entrambi sapevano che sarebbe finita così, senza ripensamento
alcuno.
Quella notte in ogni modo era stata meravigliosa.
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Capitolo 18 *** Inganni della mente ***
Buona serata a tutti e buona lettura
Buona serata a tutti e buona lettura, Mandy
v
Capitolo
Diciassettesimo - Inganni della mente
Non era passata nemmeno una
mezz’ora da quando Dominic aveva cominciato a studiare che Irene ed Owen erano
scesi al piano inferiore. Li aveva annunciati prima Lilly, che probabilmente gli
aveva sentiti prima di lui e si era improvvisamente alzata andando ad aspettarli
davanti alle scale. Dopo aver fatto delle carezze alla cagnolina che gli aveva
accolti scodinzolando, entrambi erano andati verso il soggiorno, dove la donna
aveva scorto Dominic, mentre seduto sul divano e in abiti comodi stava con il
copione in mano, leggendo.
- Buongiorno.- gli aveva
detto avvicinandosi. Owen invece aveva fatto una corsetta fino ad arrivare
davanti a lui, quindi era salito in ginocchio sul divano, gli aveva stretto le
braccia intorno al collo e gli aveva fatto una pernacchia contro la guancia. I
due adulti avevano riso.
- Brutto delinquente, ti
sembra questo il modo di dire buongiorno?- lo aveva rimproverato per finta
Dominic, che in verità era davvero divertito quando Owen se ne usciva con cose
simili.
- La vuoi vedere la mia
bici?- aveva invece chiesto il bambino, non rispondendo alla domanda.
- La tua bici?- aveva
chiesto a sua volta Dominic. Era stata Irene a sciogliere il dubbio.
- L’ha portata il suo papà,
un altro regalo di compleanno… ma non è che siamo molto bravi ancora ad andarci.
Impareremo presto comunque.-
Owen aveva annuito come a
confermare ciò che aveva detto la mamma, intanto però aveva preso la mano di
Dominic e stava cercando di fare forza per farlo alzare, incurante del fatto che
Irene gli stava facendo notare che in quel momento era immerso in altro, nel suo
copione, quello che si era imposto con tutta la forza quella mattina di prendere
in mano dato che lo stava ignorando da giorni.
Aveva pensato che fosse
stato decisamente strano il fatto che quella mattina, rientrando in casa dopo
aver passato quella notte con Sakumi, avesse subito pensato che doveva mettersi
a studiare.
Vista così, senza andare a
guardare i particolari, forse quella notte poteva essere definita malinconica:
in fin dei conti aveva fatto sesso con una donna al primo appuntamento, era ben
certo che la cosa non si sarebbe ripetuta e che era anche probabile che i loro
contatti finissero lì, eppure non era questa la sensazione che aveva addosso.
La sua mente non si era
soffermata sull’accaduto se non per poco, tornando quasi immediatamente a quella
che era la sua vita di tutti i giorni: il copione che doveva studiare, Irene ed
Owen. Era a loro che aveva rapportato Sakumi per altro. Appena era rientrato,
dopo aver dato la colazione a Lilly e averle permesso di uscire in giardino per
i suoi bisognini, era andato in camera sua per farsi una doccia, cambiarsi e
mettersi quindi seriamente a studiare un po’.
Passando nel corridoio
prima di entrare nella sua stanza aveva sbirciato verso quella di Irene ed Owen,
notando che la loro porta era chiusa, segno che stavano ancora dormendo. Altro
non poteva essere, erano appena le otto e mezza del mattino ed era sabato, però
ne era stato sollevato: se Irene l’avesse beccato a rientrare a quell’ora sapeva
che per lui sarebbe stato imbarazzante, anche se lei, per discrezione, non gli
avrebbe chiesto nulla.
Era insolito il fatto che
non si fosse in un primo momento con la mente soffermato a rivivere
quell’esperienza, ma anche per questo particolare aveva intuito che tutto quello
che poteva esserci tra lui e Sakumi c’era già stato. Si erano evidentemente
sentiti attratti l’uno dall’altra e si erano vissuti quell’esperienza, non c’era
niente di male. Quella serata, quella cena in quel locale così caratteristico,
l’atmosfera che si era respirata. Sakumi era una donna veramente particolare,
decisa, affascinante: Dominic la trovava meravigliosa e non avrebbe mai potuto
conservare un cattivo ricordo di quell’esperienza.
La domanda più che
legittima piuttosto era il perché di tutti questi ragionamenti, che se anche non
si era messo a fare nell’immediatezza poi aveva dovuto necessariamente
affrontare. La risposta era abbastanza semplice, cioè che lui, quelle occasioni,
non le cercava e in fin dei conti non le voleva nemmeno. Non era un perbenista o
un moralista, non si era sentito un poco di buono per aver ceduto ad
un’occasione simile, e di certo non aveva pensato male di Sakumi, anzi. Era una
donna che sapeva quello che voleva, non gli aveva fatto assolutamente credere
che il suo interesse fosse diverso.
Però era anche fuori da
ogni dubbio che Dominic in quel momento volesse stare insieme ad una persona in
modo duraturo, magari non serissimo, ma in uno di quei modi in cui ci si
diverte, si tiene l’uno all’altro, si è sinceri, si condividono i propri
pensieri. Magari poi, dopo un certo periodo, si è anche innamorati e si sente
l’esigenza di costruire qualcosa sul serio. Certo, nella vita gli era spesso
capitato di sentirsi innamorato dopo un’ora, ma poi col tempo aveva pensato che
le cose non devono essere necessariamente così veloci. Insomma, crescendo si
diventa più riflessivi, meno intenti ad assecondare delle sensazioni che si
hanno sull’onda di emozioni prepotenti che vengono fuori e che poi magari non si
rivelano nemmeno all’altezza delle aspettative. Dominic pensava che questo
significasse diventare maturi ed adulti, almeno così credeva.
Aveva deciso di assecondare
Owen nell’andare a vedere subito la bicicletta, il bambino sembrava così
entusiasta di mostrargliela che non voleva bloccare sul nascere quel momento,
aveva detto ad Irene che non c’era nessun problema quindi, si era alzato e aveva
seguito Owen che l’aveva trascinato fuori. Lilly ovviamente era andata dietro a
loro, anche solo per essere presente e al centro dell’attenzione. Come ogni
animale domestico che si rispetti, doveva sempre avere sotto controllo tutto
quello che succedeva sul suo territorio e tutti gli spostamenti di chi ci
viveva.
Owen aveva portato Dominic
sul retro della casa, fino a che non erano arrivati dove c’era una tettoia sotto
la quale c’erano degli attrezzi da giardino, lasciati lì dal giardiniere che
veniva un pomeriggio a settimana. Davanti a questi adesso c’era anche questa
piccola bicicletta con due rotelle più piccole aggiunte ai lati della ruota
posteriore. Owen, appena era stato lì davanti aveva alzato orgoglioso lo sguardo
verso Dominic, aspettando che dicesse qualcosa.
- Ma che bella!- aveva
commentato Dominic, era davvero graziosa. Chissà perché le cose dei bambini sono
davvero carine, forse perché sono piccole. In un momento a Dominic erano venute
in mente delle scarpette che aveva visto svariati anni prima a Birmingham, a
casa di Irene. Erano delle scarpette minuscole, da ballo, che Irene teneva
attaccate dietro alla porta della sua camera. Erano di quando era piccola e
faceva danza classica. Se non si ricordava male gli aveva raccontato di averla
fatta per un paio d’anni, dai quattro ai sei, e di aver sostituito poi
quell’attività con il nuoto.
- Però non mi riesce tanto
di andarci. Ma tu ci sai andare in bicicletta?- aveva chiesto Owen, distraendolo
da quei ricordi.
- Sì, è un po’ che non ci
vado, ma pare che andare in bicicletta sia la cosa per antonomasia che non si
scorda mai, quindi suppongo di saperlo ancora fare.- aveva risposto senza
pensare troppo al fatto che stava parlando con un bambino piccolo. Owen l’aveva
guardato perplesso, ma non aveva chiesto niente in proposito. In fondo a lui
bastava la sua risposta affermativa.
- Allora poi mi aiuti?-
- Certo che ti aiuto, ma
non ora, adesso devo tornare a studiare, se no faccio tardi!-
Anche se aveva detto
poi, Owen in verità sperava che Dominic lo avrebbe aiutato subito, in ogni
modo se n’era fatto una ragione, tanto più che quella mattina sapeva che i
programmi sarebbero stati quelli di uscire con il suo papà e aveva forse più
voglia di stare con lui che di giocare con la bici.
Dopo aver fatto colazione
Irene e il bambino erano usciti, la donna andando via aveva detto a Dominic che
sarebbero tornati per pranzo, anche con Christopher probabilmente. - Se non hai
altri impegni pranzi con noi, sì?- gli aveva chiesto, lasciando comunque
trasparire che le avrebbe fatto molto piacere.
Dominic le aveva detto che
sarebbe stato lì ad aspettarli sicuramente, anche se lo rendeva un po’ perplesso
passare del tempo con Christopher. Nonostante lo avesse trovato un uomo
simpatico, non aveva idea di come rapportarsi a lui, e questo, lo sapeva bene,
dipendeva dal fatto che non riusciva a togliersi dalla testa il sospetto che, se
Irene stava male, era forse per colpa di qualcosa che lui le stava facendo. Non
poteva esserne certo, ma lo sospettava. E questo lo infastidiva.
Era riuscito a studiare
quasi per tutta la mattina rimanente, salvo rari momenti di pausa che si era
concesso di tanto in tanto. Un paio di volte l’aveva interrotto il telefono, ma
per il resto era filato tutto liscio. Lilly anche non si era fatta quasi mai
sentire, Dominic le aveva lasciato la porta a vetri del soggiorno aperta, così
poteva entrare ed uscire di casa come voleva.
Era su un passaggio che gli
era risultato subito un po’ ostico, un dialogo piuttosto lungo non molto facile
da imparare, quando era stato richiamato per la seconda volta quella mattina da
uno scatto improvviso di Lilly, che aveva avvertito prima di lui che qualcuno
stava rientrando, dirigendosi subito alla porta.
Irene, il bambino e
Christopher erano entrati in casa dopo pochi secondi, sembravano essere
divertiti, ridevano, Owen sembrava essere piuttosto contento.
Dominic si era alzato per
salutare tutti, Christopher come il giorno prima lo aveva salutato dicendogli
ciao in modo piuttosto gaio, quindi, quando si era trovato vicino a lui, gli
aveva stretto la mano, gesto appena un po’ formale come del resto erano i loro
rapporti. Irene si era fatta carico completamente di pensare al pranzo,
scartando l’idea di Dominic di ordinare qualcosa e quella di Christopher di
andare fuori direttamente. I due uomini le avevano offerto anche il loro aiuto,
ma lei li aveva rassicurati di poter fare tutto da sola senza alcun problema.
Per farla breve, per Dominic non c’era stato proprio verso di sottrarsi dal
rimanere del tempo solo a contatto con Christopher.
Erano andati a sedersi sul
divano mentre Owen, seduto per terra sul tappeto dell’ingresso, era impegnato a
grattare Lilly che si era sdraiata sulla schiena e si godeva le sue coccole.
Ultimamente poi, perché gliel’aveva insegnato Dominic, aveva scoperto che se la
grattava in un certo punto della pancia e ad una certa velocità, Lilly
cominciava a muovere velocemente la zampa posteriore destra, una specie di tic
che hanno tutti i cani. La cosa lo divertiva immensamente, tanto che aveva
subito attirato l’attenzione di suo padre che l’aveva guardato farlo prima di
mettersi seduto sul divano.
Dominic aveva fatto spazio
all’uomo togliendo subito di mezzo il copione, Christopher tuttavia l’aveva
notato, così gli aveva fatto una domanda più che legittima.
- Roba di lavoro?- gli
aveva chiesto.
- Sì, sto studiando un
copione.- aveva risposto semplicemente Dominic.
- Ma lo puoi dire di cosa
si tratta oppure devi uccidermi dopo perché sono cose segretissime?-
Dominic aveva riso alla
battuta di Christopher. - No, non devo ucciderti!- l’aveva rassicurato, per poi
raccontargli per sommi capi di cosa si trattasse. - E’ una commedia, è una trama
molto semplice, parla di un tipo sui trenta che deve sposarsi con la fidanzata
storica, una con cui sta fin dai tempi del liceo, e all’ultimo momento ha dei
ripensamenti. Diciamo che è una commedia dall’umorismo un po’ cinico, dato che
poi effettivamente il tipo fa bene ad avere dei ripensamenti, dato che scopre
che la sua fidanzata da una vita ne ha avuti di ben più grossi dei suoi di
ripensamenti e si è innamorata di un suo buon amico che tra l’altro la ricambia,
ma non seriamente. Questo poi è un tipo stranissimo, una specie di new hippy
perdigiorno, un po’ fumato anche. Alla fine si sposano e il tipo fumato gli fa
anche da testimone dato che poi è lui che li fa tornare insieme.
- Divertente…- aveva
commentato Christopher, - e tu saresti il tipo che alla fine si sposa?-
- No, il tipo fumato.-
Christopher era rimasto per
un attimo perplesso alla sua risposta, gli aveva fatto quella domanda ma era
convintissimo che gli avrebbe risposto di sì. - Ah, pensavo che fossi il
protagonista.-
- Infatti lo sono, non il
solo dato che i tre protagonisti come importanza di parti si equivalgono.
Comunque la mia è la parte più divertente del film, quella anche più sopra le
righe, è un personaggio interessante questo a ben vedere, sia per un fatto
strettamente interpretativo sia per la profondità che ha, che all’inizio sembra
vicina al nullo.-
- In effetti far ridere a
volte è più difficile che piangere, da quello che dicono, io non ne so niente
anche se mi affascina il tuo lavoro, dico davvero!- aveva commentato Christopher
interessato.
- Sì, hai ragione, ad
interpretare parti simili si rischia sempre di andare troppo sopra le righe e
finire nel patetico. Questo personaggio sembra un coglione completamente
rimbecillito dal fumo, ma non lo è per niente, anche se come si compete al
personaggio, è del tutto fuori di testa. In fondo la trama vorrebbe dimostrare
che nessuno è quello che sembra. Lei, che pare una tutta compunta di quelle che
non escono di casa con un capello fuori posto invece si perde totalmente per uno
così, il tipo con cui sta da più di dieci anni, che in questo le somiglia, si
scopre invece molto più simile al tipo fumato e il tipo fumato alla fine è
quello che sa più vivere di loro. Comunque c’è di meglio, non voglio dire che
sia una gran cosa questa. Anche se ammetto che non sarà certo una cosa poco
impegnativa.-
Christopher lo stava ad
ascoltare quasi pendendo dalle sue labbra.- Lo sai che fai un gran bel lavoro?-
aveva commentato dopo pochi secondi di silenzio entusiasta. - No, perché a me ha
sempre affascinato il fatto che un attore si trova a dover interpretare dei
ruoli anche diversissimi tra loro. E poi è una cosa complicata, perché c’è tutto
un lavoro d’immedesimazione, una specie di metodo a cui vi dovete attenere. O mi
sbaglio?- aveva chiesto improvvisamente l’uomo, vedendo che Dominic gli stava
sorridendo.
- No, no, non ti sbagli. Se
devo parlare per me, in ogni modo, ti dico che io ho studiato recitazione e
posso dire di averlo fatto a dei livelli diciamo medio alti, ma se devo essere
sincero sono fermamente convinto che un metodo non lo si può imparare. Se ce
l’hai, perché non tutti ce l’hanno, è una cosa tua, assolutamente indipendente
dagli studi che hai fatto. Al limite lo puoi perfezionare, anche molto a volte,
ma se non c’è alla base una certa attitudine e una certa passione, l’attore
almeno a mio parere non avrà mai quel tocco di classe in più che lo
contraddistingue.- Si era fermato un secondo a riflettere quindi aveva precisato
una cosa. - Intendiamoci, io non credo personalmente di avere niente di
speciale, sono uno fra tanti! Magari mi riferisco più a tipi come Di Caprio,
gente che non ha studiato mai recitazione, eppure sono dei geni nel loro genere.
Mi sono spinto al caso limite con quest’esempio, però mi hai capito, spero!-
Christopher aveva annuito,
poi aveva continuato a parlare. - Essendo considerato quasi uno di famiglia da
Irene abbiamo visto tutto il vedibile con te e forse sarò un profano nella tua
ottica, ma a me piace come reciti, se vale qualcosa.-
Dominic anche gli aveva
sorriso riconoscente. - Ti dico che in verità fa molto piacere sentirselo dire
da persone come te. Quando arrivi al pubblico è sempre la cosa migliore, quando
te lo dicono è molto gratificante e mi fa capire che sto seguendo la strada
giusta. Quindi grazie, grazie mille.-
Dopo di questo Dominic si
era sentito leggermente imbarazzato, quindi aveva visto bene di spostare del
tutto l’argomento di conversazione su Christopher. Come aveva fatto l’uomo in
precedenza questa volta era stato Dominic a chiedergli del suo lavoro, una
professione che era altrettanto interessante e creativa sotto certi punti di
vista. Christopher era una architetto ed era innamoratissimo della sua
professione, fin da quando aveva incominciato a parlarne era stato palese a
Dominic che ne fosse entusiasta.
L’imbarazzo iniziale di
trovarsi a tu per tu con quell’uomo che conosceva solo di nome e su cui aveva
avuto pensieri di tutti i tipi meno che positivi, era sparita del tutto nel giro
di una mezz’ora di chiacchiere.
Avevano pranzato tutti
insieme, le chiacchiere durante quel pasto erano continuate allegramente anche
in compagnia di Irene ed Owen. Dopo pranzo, alla proposta di uscire nuovamente
per andare a spasso, Owen si era opposto con decisione. Erano riusciti a tenerlo
lontano dalla sua bici nuova per tutto quel tempo e non sarebbero riusciti a
tenercelo ancora. Christopher e Irene quindi si erano messi in giardino per
aiutarlo ad imparare. Dominic, se all’inizio aveva optato per rimettersi a
studiare, non aveva saputo dirgli di no quando il bambino, dopo dieci minuti che
stava fuori con i genitori, era tornato in casa e si era presentato davanti a
lui trotterellando. - Ma tu non vieni? Mi avevi detto che mi aiutavi!-
Dominic aveva riappoggiato
fulmineamente gli occhi sul copione, poi su Owen, che aveva su un'espressione
buffissima: lo stava guardando con le mani ben piantate sui fianchi e piuttosto
imbronciato. Sembrava che tra le righe stesse cercando di dirgli che stava
infrangendo una promessa.
Quindi Dominic gli aveva
sorriso, pensando che in fondo il bambino aveva anche le sue ragioni. Una
promessa è pur sempre una promessa e poi, tra stare fuori con lui e lì a
studiare, sapeva benissimo dove avrebbe voluto cadere la sua scelta. Aveva
chiuso di scatto quelle pagine rilegate, dicendo tra sé e sé fanculo al
copione, si era alzato e l’aveva seguito fuori.
Erano stati per quasi tutto
il pomeriggio in giardino, con Lilly che trotterellava intorno a loro seguendo
anche lei i più piccoli progressi di Owen. Com’era nella sua natura la cagnolina
si era affezionata subito anche a Christopher, che non aveva impiegato molto a
ricambiarle le attenzioni. Del resto Lilly, proprio perché era così espansiva,
giocherellona e piuttosto bella, riusciva sempre ad accaparrarsi la simpatia di
tutti quelli che ci entravano in contatto. Mentre Owen riusciva a muovere i
primi metri pedalando, le chiacchiere degli adulti erano continuate, spaziando
dagli argomenti più disparati: avevano parlato ancora dei loro lavori, di alcuni
libri che avevano letto entrambi, di calcio. Dominic del resto non perdeva mai
occasione di chiacchierare di quell’argomento, dato che con i suoi amici
americani che non ne sapevano nulla o quasi non poteva mai farlo. Per altro
Christopher teneva per il Manchester United come lui, Dominic gli aveva anche
mostrato con un certo orgoglio la maglia che gli era stata regalata qualche anno
prima: come se fosse stato un giocatore della squadra, gli era stata regalata
una maglia del Manchester con scritto hobbit al posto del nome del
giocatore. Era un cimelio quasi sacro per lui!
In serata ognuno si era
dedicato ai propri impegni. Christopher con Irene e il bambino erano usciti a
cena, anche se era stato invitato Dominic aveva cortesemente rifiutato: era
stato in mezzo a loro tutto il giorno, e anche se non gli sarebbe dispiaciuto
passare ancora del tempo insieme a quella famiglia voleva lasciare che avessero
i loro spazi. Aveva cenato da solo a casa sua, poi verso le dieci era uscito per
andare a passare la sua serata con degli amici in un locale, incontrando
praticamente sulla porta gli altri che tornavano dopo cena.
***
Prima di addormentarsi,
dopo essere tornato a casa, Dominic si era perso a riflettere su alcune cose.
Ancora a pensarci al
pomeriggio appena passato si sentiva strano, ma sapeva che era uno stupido
preconcetto che lo faceva rimanere perplesso. Christopher, senza ombra di
dubbio, gli era davvero simpatico, e questo non lo poteva negare assolutamente.
Probabilmente era possibile
che lui avesse travisato quello che Owen gli aveva detto ormai diverse notti
prima: il bambino gli aveva semplicemente parlato di un allontanamento tra i
suoi genitori, un allontanamento di suo padre più precisamente, che poteva anche
essere dovuto a tutto meno che a quello che Dominic aveva pensato. Poteva essere
per il lavoro, potevano essere problemi inerenti alla famiglia di Christopher,
poteva essere qualsiasi cosa. Che ci fosse un po’ di crisi nel loro matrimonio
quello poteva comprenderlo data la lontananza tra lui ed Irene, ma tutto quello
che Dominic aveva pensato probabilmente era solo fantascienza. Christopher era
un uomo simpaticissimo, alla mano, in gamba e sembrava amare suo figlio oltre il
limite del possibile, tutt’altro che una persona cattiva. Con Irene gli era
sembrato appena un po’ più freddo di quello che ci si aspetta da un marito
rispetto ad una moglie: che fosse riservato in sua presenza non significava
nulla, poteva essere semplicemente il suo carattere, magari era uno timido a cui
non piaceva farsi vedere in certi frangenti in pubblico. Quello che gli dava da
pensare era soprattutto il fatto che si era preso una stanza in un albergo,
probabilmente escludendo a priori l’idea di passare anche le notti con sua
moglie. Non era un particolare da poco nell’ottica di Dominic.
Ma al di là di questo, a
dirla tutta, le crisi nelle coppie sono cose all’ordine del giorno, gli bastava
pensare ai suoi genitori: non facevano che litigare da più di trentacinque anni,
ma sembrava quasi che ogni litigio, piccolo o grande che fosse, li avvicinasse
di più. Era perché parlavano, in continuazione, e avevano insegnato anche a lui
e a suo fratello ad affrontare così le questioni: se c’era un problema in casa
se ne discuteva e se non si trovava una soluzione a questo discutendo si
continuava a parlarne, fino a che le cose poi non si risolvevano.
Forse solo questo
particolare lo preoccupava, il fatto che tra Christopher ed Irene quel canale di
comunicazione sembrava essersi quantomeno bloccato e di certo quella lontananza
non li giovava. Dominic conosceva tanta gente così, che in casa bandiva ogni
forma di dialogo che non fosse su cose futili, alla completa ricerca del quieto
vivere. La famiglia di Linda ad esempio era così, la sua ragazza di quando aveva
diciott’anni: Dominic si ricordava benissimo di averla consolata spesso quando
lei, sempre piuttosto giù di morale, gli parlava delle incomprensioni della sua
famiglia. Lui le consigliava sempre di parlare il più possibile con i suoi
genitori o i suoi fratelli, ma Linda sempre e comunque si teneva tutto dentro e
a forza di non parlarne accumulava stress e anche piccole nevrosi. Gli diceva
sempre che in casa sua non era possibile discutere, perché era una cosa che non
avevano mai fatto e che non erano proprio capaci di gestire. Con il tempo aveva
cominciato a capire che il motivo per il quale Linda si era affezionata molto
alla sua famiglia dipendesse proprio dal fatto che, nonostante l’amore profondo
che avesse per i suoi genitori e i suoi fratelli, era una famiglia fondata su
basi come quelle su cui era fondata la sua che avrebbe voluto. Si confidava con
sua madre, scherzava con suo padre e suo fratello, era spessissimo a casa loro.
Poi era finita dopo poco più di un anno tra lui e Linda, e un po’ ne aveva
sofferto anche la sua famiglia dato che affezionarsi a lei era stato per tutti
inevitabile. Le avevano voluto bene tutti.
Proprio mentre era perso in
queste congetture che stava ancora facendo mentre piano piano si assopiva, non
aveva udito che Owen era entrato in camera sua trascinando sempre l’orso con
lui. L’aveva sentito solo quando il bambino gli aveva toccato il braccio e lui
aveva aperto di scatto gli occhi nella semi oscurità. Ci era voluto qualche
secondo perché nel buio riuscisse a scorgere la sagoma del bambino e dell’orso.
- Hey, tutto bene?- gli
aveva chiesto leggermente allarmato. Era successo altre due volte che il bambino
gli facesse delle visite notturne, ma mai che l’avesse richiamato mentre
dormiva, o quasi.
- Posso dormire qui?- gli
aveva chiesto Owen, con la voce assonnata.
Dominic si era spostato
verso il lato sinistro per fargli posto, quindi l’aveva aiutato a salire. Anche
se era piuttosto assonnato e con i riflessi non troppo pronti anche lui, non
aveva potuto fare a meno di chiedergli ancora una volta che cosa ci fosse che
non andava, Owen sebbene sempre con il suo modo infantile di esporre le cose,
gli aveva risposto piuttosto chiaramente.
- Mamma prima, quando è
venuta a letto credeva che stavo dormendo, ma io ero sveglio e l’ho sentita che
piangeva. Ora dorme ma a me di là non mi riesce più.-
- Allora rimani qui, così
forse ti riesce di dormire, va bene?-
Owen si era dichiarato
d’accordo, Dominic l’aveva coperto con il lenzuolo e, dopo avergli fatto una
carezza e avergli dato un bacino, gli aveva augurato la buona notte.
Non ci aveva messo molto il
bambino ad addormentarsi un’altra volta, per Dominic invece non era stato
facile.
Nonostante tutto quello che
avrebbe potuto immaginare quella situazione per lui rimaneva un'enigma con una
sola certezza: Irene stava male.
Anche se forse la colpa non
era di Christopher non cambiava niente, il fatto rimaneva, e Dominic non poteva
che dispiacersi di tutto questo, soprattutto per il fatto che non sapeva cosa
fare per aiutarla a superare quel momento.
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Capitolo 19 *** Giornate tristi ***
Nuova pagina 1
Buon fine
settimana e buona lettura, Mandy
v
Capitolo Diciottesimo - Giornate tristi
Il malumore aveva covato in Dominic sin dalla mattina
appena si era svegliato. Accanto a se non aveva trovato Owen, immaginò che il
bambino si fosse alzato già da un pezzo dato che erano le dieci passate.
Scendendo al piano inferiore infatti era stato accolto da Lilly e subito dopo
aveva visto che le porte a vetri del soggiorno erano aperte, con conseguente
deduzione che chiunque fosse in casa sua quella mattina stava in giardino. Era
più che convinto che affacciandosi avrebbe scorto Owen intento a pedalare sulla
sua nuova bici, ed infatti era così che l’aveva trovato, mentre sua mamma,
seduta al tavolo di pietra non lontano da vialetto dove Owen andava in
bicicletta, lo guardava distrattamente.
Dominic aveva attirato l’attenzione di entrambi, Owen aveva
momentaneamente lasciato la sua occupazione per raggiungerlo e per salutarlo.
Irene invece era stata più fredda, tanto che Dominic si era immediatamente
ricordato di cosa Owen gli avesse detto la notte prima. Era sicuro che né lui né
suo figlio potessero essere la causa del suo malumore ed era tranquillo, anche
se dispiaciuto. Anche quella convinzione tuttavia era sparita quando, dopo un
po’ che era rientrato in casa per farsi una tazza di caffé, Irene lo aveva
raggiunto in cucina e non sembrava essere lì per fargli un saluto gentile.
- Ho bisogno di parlarti.- gli aveva detto subito. Dominic
l’aveva invitata a farlo.
- Sei gentile ad essere affettuoso con Owen, ma questa
storia che ogni tanto lo lasci dormire con te deve finire. E’ un capriccio, lo
so che può sembrare innocuo, ma non va bene che tu lo assecondi sempre.-
Dominic ci era rimasto un po’ male, ma la capiva. In
effetti pensò che non aveva mai visto la cosa in questi termini, ma lui non era
un genitore e non aveva mai avuto a che fare se non superficialmente con dei
bambini. Sicuramente non aveva concesso ad Owen di rimanere con lui con un
cattivo intento, se mai era tutto il contrario. - Non ci avevo pensato, scusa.
E’ che ieri notte è venuto dicendomi che non riusciva a dormire, così ho pensato
che…-
Irene lo aveva interrotto. Se prima gli aveva parlato con
un certa calma, adesso quella calma un po’ era scemata. - Dominic, se mio figlio
ha qualche problema sono io che devo occuparmene! Sono capacissima di tenergli
compagnia e di farlo riaddormentare, di questo tu non devi preoccuparti.-
Dominic a questo punto si era leggermente risentito, ma
s’impose di non darlo a vedere anche se aveva esposto le sue ragioni con
chiarezza:- Non ho mai messo in dubbio che tu sia un’ottima madre, ma cerca di
metterti nei miei panni, ho solo cercato di esaudire una sua richiesta e di non
disturbare te. Non mi costava niente farlo e non c’era niente di male nelle mie
intenzioni, questo non puoi negarlo.-
- Sì, lo so, ci mancherebbe solo che non riconoscessi che
sei stato gentile in quest’ultimo mese.- aveva osservato la donna calmandosi
nuovamente. - Ma per favore, non permettergli più di dormire con te.-
- Come vuoi.- le aveva risposto Dominic tornando a
prepararsi il caffé.
Irene anche non aveva aggiunto altro, aveva lasciato la
cucina subito e Dominic, sentendo i suoi passi che si allontanavano, si era
lasciato scappare un gesto di stizza. Aveva gettato il cucchiaino che teneva il
mano verso il lavabo della cucina, il piccolo oggetto metallico a contato di
quella superficie aveva prodotto un rumore sgradevole, che aveva attirato
l’attenzione di Lilly, alla quale Dominic si era messo a fare le coccole subito
dopo, evitando di pensare all’accaduto.
Forse era la prima volta nella vita che trovava Irene
sgradevole, fino a quel momento o l’aveva ignorata o l’aveva amata, senza alcuna
via di mezzo. Era un sentimento strano, ma l’aveva provato per poco: era sparito
non appena aveva realizzato che quella di prima non era Irene.
La notte prima doveva essere successo qualcosa, questo era
sicuro. Solo cosa? La vera domanda in fondo era sempre questa.
Anche se in parte la scusava non aveva potuto fare a meno
di rimanere contrariato, dopo aver preso quel caffé e aver mangiato qualcosa era
tornato in camera sua a vestirsi e lì era rimasto, con il suo copione, anche se
in quell’ora abbondante durante la quale ci aveva lavorato su non era arrivato a
capo di molto. Si era interrotto solo quando aveva sentito qualcuno entrare in
casa sua ed aveva capito che era Christopher. Non che avesse una gran voglia di
rapporti sociali in quel momento, tuttavia era sceso per non fare la figura del
maleducato, tanto per scoprire che era solo venuto a prendersi il figlio con il
quale avrebbe passato la giornata fino all’ora di cena, senza Irene.
Dopo averlo salutato era tornato immediatamente in camera
sua, anche se era rimasto con l’orecchio teso a captare tutti gli spostamenti
che avvenivano in casa sua in quel frangente. Non aveva sentito molto, aveva
solo intuito quale fosse stato il momento preciso in cui Christopher doveva
essere uscito con il bambino, nient’altro.
Si era rimesso a leggere, almeno ci aveva provato, ma con
la mente era senza ombra di dubbio rimasto a ciò che avveniva in casa, così
aveva captato anche dell’altro.
Irene aveva salito le scale velocemente, anche lei si era
infilata in camera sua, chiudendo energicamente la porta. Non ci erano voluti
più di dieci secondi perché Dominic riuscisse ad intuire cosa stesse succedendo,
aveva buttato il copione sul letto senza nemmeno prendere il segno della pagina,
quindi si era alzato e si era diretto, cercando di non farsi sentire, verso la
porta di Irene.
Dalla sua stanza, che era dall’altra parte del corridoio,
non avrebbe potuto sentire quello che invece, stando davanti alla sua porta
chiusa, udiva distintamente. Irene stava piangendo.
Nella sua testa era passata chiara e concisa la parola
basta.
Basta con il fare finta di niente per discrezione, non ne
poteva più della discrezione che gli prevaricava ogni strada, basta con quel
sentirsi inutile, basta con quella situazione che non giovava a nessuno.
Decise che avrebbe fatto qualcosa, che era meglio sentirsi
dire magari in malo modo da Irene che la lasciasse in pace piuttosto che
rimanere in un perenne stato di indecisione.
Aveva bussato alla porta di Irene, energicamente, senza
ricevere alcuna risposta. Aveva sentito solo che lei smetteva di piangere.
- Mi fai entrare un momento?- aveva chiesto, sempre senza
ottenere una risposta.
Aveva aspettato una manciata di secondi, poi aveva parlato
nuovamente. - Posso entrare?-
Se aveva cominciato sarebbe andato fino in fondo, così si
era armato di coraggio e aveva aperto quella porta, trovandosi davanti Irene che
l’aveva guardato un momento tra lo stupito e l’indignato. Aveva ovviamente
l’aspetto di chi sta piangendo e si sta sforzando per smettere. I capelli
leggermente scomposti e le guance arrossate, con le mani si stringeva
spasmodicamente i gomiti.
- Scusami se mi sono permesso, ma non ce la faccio più a
fare finta di niente, lo faccio già da un mese. Siccome un po’ mi conosci lo
dovresti sapere che sono totalmente incapace di starmene fermo ad aspettare. Ero
così anche dieci anni fa, non è una cosa nuova.- le aveva detto con un tono di
voce basso, quanto più carezzevole possibile.
Irene aveva guardato a terra, lo sforzo che stava facendo
su se stessa era immane, ma per il momento non intendeva cedere alle sue
emozioni. Sarebbe bastato un niente però e questo ebbe il potere di innervosirla
terribilmente, cosa che si era riflettuta nelle parole che aveva pronunciato
subito dopo contro Dominic.
- Sei un gran presuntuoso a volte, cosa pensi di poter fare
per me? Non ti ho chiesto aiuto, non adesso, potresti almeno rispettare i miei
spazi invece di invaderli così.-
Dominic non aveva ritenuto opportuno dirle niente, sapeva
benissimo che in verità non voleva ferirlo, era evidente che avesse solo un gran
bisogno di esternare rabbia e rancore. Si era semplicemente avvicinato e le
aveva stretto le braccia intorno, un gesto che sulle prime Irene non aveva
voluto accettare. Si era divincolata appena, ma poi era scoppiata nuovamente a
piangere senza riuscire più ad avere un controllo su se stessa.
Gli si era appoggiata contro e si era lasciata quasi
sorreggere, non aveva più intenzione di lottare per nascondere qualcosa che
comunque agli occhi di Dominic era evidentemente palese.
Aveva mantenuto quella posizione per parecchio, Dominic
continuava a tenersela stretta addosso. Non gli piaceva vederla così, ma era
anche contento che riuscisse a sfogarsi finalmente, sicuramente le faceva bene.
Solo quando si era sufficientemente calmata, dopo essersi seduta sul letto della
sua stanza ed aver accettato che Dominic le portasse un bicchiere d’acqua, era
riuscita, senza guardarlo, a dire cosa le fosse successo che l’aveva fatta
arrivare a stare così male.
***
È strano come davanti ad un problema di cui non si sa
niente, si finisce sempre per pensare alle ipotesi meno convenzionali. Per
quanto riguardava Irene, forse proprio per il fatto che era tanto che ci pensava
e per il fatto che aveva conosciuto e trovato simpatico Christopher, Dominic
aveva ragionato proprio così.
Un marito che tradisce la moglie ormai non fa più scalpore.
È quasi un fatto senza senso, che lo senti e passa così, senza quasi che ci si
accorga della cosa. È una banalità.
Forse per uno spettatore.
Mentre Irene gli parlava di come aveva vissuto quell’ultimo
anno, Dominic piano piano cominciava a rendersi conto di come certi avvenimenti
possono invece essere catastrofici per una persona.
Ascoltarla mentre gli parlava di cosa le era successo non
era stato difficile, la conosceva praticamente da sempre ed Irene poteva dare
per scontato che lui conoscesse determinati dettagli della sua vita, tuttavia
Irene aveva dovuto cominciare a raccontargli quella storia quasi ripartendo da
dieci anni prima.
Ad Irene era venuto spontaneo iniziare quella storia
raccontandogli di quando aveva conosciuto Christopher: lei aveva ventidue anni e
frequentava la facoltà di legge, lui ne aveva venticinque e si sarebbe laureato
in architettura a breve, la discussione della sua tesi era questione di giorni.
Si erano incontrati ad una di quelle feste che si organizzano sempre nell’ambito
dell’università, feste dove la gente va solo per rimorchiare o per sbronzarsi.
Ad Irene non piacevano, ma ci era andata ugualmente in preda alla noia. Lui non
avrebbe dovuto essere lì perché frequentava un ateneo diverso, non era mai stato
un festaiolo nemmeno quando aveva cominciato l’università e non gli sorrideva
l’idea di infiltrarsi con alcuni suoi amici in quella festa, ma si sa che il
gruppo in certi casi comanda e lui si era dovuto adeguare.
Erano entrambi annoiati e un tantino disgustati
dall’ambiente, le espressioni dei loro visi probabilmente riflettevano i loro
stati d’animo quando si erano guardati per la prima volta. Così era successo che
lui aveva attaccato discorso, ad Irene il fatto che non le avesse dato l’idea di
provarci spudoratamente era piaciuta e se anche sapeva che anche quella poteva
essere una tecnica si era divertita a trascorrere il resto della serata a
parlare con Christopher. Si erano lasciati un recapito alla fine della serata,
tuttavia non si erano più sentiti. Irene, timida com’era in determinate
faccende, non l’avrebbe mai richiamato per prima, Christopher invece, anche
volendo, non avrebbe potuto contattarla dato che una cifra di quel numero di
telefono era sbagliata. Irene non l’aveva fatto assolutamente apposta, ma lui
l’aveva pensato e ci era rimasto anche male.
Il destino però aveva voluto che si rivedessero un paio
d’anni dopo, quando Irene si era laureata. Alla discussione della sua tesi se
l’era ritrovato davanti e non aveva stentato un secondo a riconoscerlo. Si era
subito chiesta come fosse possibile che si fosse materializzato lì
all’improvviso quel ragazzo a cui aveva continuato a pensare chiedendosi dove
fosse finito, nonostante fosse passato tutto quel tempo. Era stato una specie di
scherzo del destino: un compagno di corso di Irene era suo cugino e si laureava
lo stesso giorno in cui si laureava anche lei.
Era stata lei ad avvicinarsi, sebbene si vergognasse a
farlo si era detta che o prendeva la palla al balzo oppure non l’avrebbe visto
mai più. Qualche anno dopo Christopher le avrebbe raccontato che anche lui
l’aveva vista benissimo e si era subito ricordato, ma che per orgoglio non aveva
fatto niente, era abbastanza indispettito con lei. Chiarito l’equivoco avevano
fatto in modo di non perdersi più.
La storia poi andava avanti semplicemente, in un iter già
sperimentato da chissà quante coppie prima di loro: la semplice frequentazione
era diventata una relazione seria, che poi era diventata una convivenza, passo
che li aveva portati diretti al matrimonio. Dopo due anni era arrivato Owen e
loro sembravano essere una di quelle coppie modello, una cosa quasi da film.
Entrambi giovani, carini, impegnati in lavori interessanti e abbastanza lucrosi
che svolgevano entrambi in modo brillante, riuscivano nel frattempo ad essere
anche genitori attenti ed amorevoli. Ma la perfezione non è cosa di questo mondo
e sebbene tra loro non ci fossero mai state grandi incomprensioni o litigi,
qualcosa aveva cominciato a non funzionare più. Dire solo che fosse una
questione di routine forse era ridicolo, piuttosto era stato qualcosa che era
venuto improvvisamente a mancare. La complicità era sparita, era sparito il
pensiero fisso che entrambi avevano l’uno per l’altro. Dopo un po’ era sparita
anche una certa dose di passionalità, Irene era davvero imbarazzata nel
raccontare questo a Dominic, ma l’aveva fatto ugualmente per dargli un quadro
più esauriente possibile della situazione. L’interruzione del dialogo era stata
forse la prima cosa, ma sulle prime non ci avevano fatto caso presi com’erano
dalle mille cose che facevano e da Owen, che si era dimostrato da subito un
bambino magnifico. Poi pian piano era successo il resto.
Fino a che, circa un anno prima, si erano resi conto
entrambi che erano come due persone che vivevano sotto lo stesso tetto ma che
non avevano più niente da dirsi o da condividere, escluso Owen.
Irene aveva immediatamente pensato che la colpa fosse sua,
e di nessun altro: forse era stata troppo presa dal lavoro, aveva cominciato a
dedicare tutto il suo tempo libero ad Owen e a considerare sempre meno
Christopher. Quando otto mesi prima lui le aveva confessato candidamente di
essersi innamorato di un’altra era stato come se il mondo le fosse crollato
addosso. Lui sosteneva che questo fosse solo indice di una cosa, ovvero che
l’amore tra loro era finito, semplicemente questo.
Per Irene questa non era stata che la goccia che aveva
fatto traboccare il vaso: non ci credeva a quella cosa dell’amore finito, né che
lui potesse essersi innamorato di un’altra. Era certa che se ne fosse invaghito,
che avesse provato dell’attrazione fisica per lei, che magari ci avesse fatto
anche sesso, forse gli mancava dato che loro non lo facevano. Dapprima al
pensiero che lui l’avesse tradita si era arrabbiata, soprattutto perché
Christopher continuava a ripeterle che con quella donna non era successo niente
di fisico quando era invece palese per lei che non potesse essere così. Irene
sapeva anche chi era, un giovane architetto, una ragazza fresca di laurea di
appena ventisei anni, piuttosto bella. Lo trovava ridicolo anche solo che lui
avesse provato a giustificarsi così.
Poi, sparita la rabbia, Irene aveva passato come un periodo
di accettazione e rassegnazione, durante il quale aveva riflettuto molto sulla
faccenda, su quello che la fine del loro matrimonio significava rapportato ad
Owen. Del resto lei, cosa significa per un bambino avere due genitori che si
separano lo sapeva fin troppo bene. Aveva cinque anni quando suo padre se n’era
andato via di casa.
Ancora oggi, a quasi trentotto anni, non era riuscita a
spazzare via il rancore che provava nei confronti dell’uomo che dopo aver
lasciato lei e sua madre si era fatto un’altra famiglia. Da piccola Irene si era
ritrovata tante volte a pensare al fatto che suo padre passava tutte le sue
giornate con loro, dava loro attenzioni e amore continuamente. E lei? Non era
anche lei figlia sua?
Lo era, ma si doveva accontentare di vederlo per un mese
durante l’estate, fino a che aveva avuto diciassette anni aveva passato a casa
sua quel periodo, durante il quale non avevano ovviamente niente da dirsi
essendo quasi due estranei; in più il resto della sua nuova famiglia era
falsamente gentile con lei: in quella casa la vedevano sempre come un’intrusa,
il fatto è che Irene era proprio così che si sentiva.
Dopo un grande litigio non si erano parlati per anni, fino
a che Irene non si era sposata e aveva cercato di riallacciare i rapporti, che
però, nonostante gli sforzi fatti, erano rimasti freddi.
Per come vedeva le cose in quel momento, Irene era più che
convinta che la promessa che si era fatta, cioè che ai suoi figli cose del
genere non sarebbero mai dovute succedere, era davvero una di quelle che doveva
mantenere, ad ogni costo. Owen non doveva mai arrivare a provare quello che lei
provava: il livore per essere sempre stati lasciati da parte, la rabbia di
essere considerati il primo esperimento mal riuscito. Non la spaventava tanto
che lui potesse provare del rancore per lei o per Christopher, quello che non
voleva era che lui stesse male per colpa sua.
Era così, solo per il bene di Owen che aveva pensato che
doveva passare sopra al tradimento di Christopher e, soprattutto, che doveva
impegnarsi perché le cose tra loro tornassero come prima.
Era convinta che i suoi sforzi sarebbero bastati per
entrambi, ma i suoi tentativi di ignorare i loro problemi avevano solo
peggiorato le cose, dato che Christopher aveva deciso di andarsene di casa.
A quel punto aveva stabilito che se dovevano separarsi,
tanto valeva che lo facessero non perché, secondo Christopher, non si amavano
più: aveva accettato quell’incarico negli Stati Uniti e aveva fatto quel salto
nel buio, sperando comunque che lui, messo davanti a quel fatto compiuto, si
ricredesse.
Invece Christopher aveva colto
la prima occasione utile e le aveva subito portato i documenti da firmare perché
il loro divorzio fosse effettivo. Gliel'aveva dati la notte prima, dopo che Owen
era andato a dormire e loro si erano messi a parlare della situazione difficile
che gli si prospettava davanti. Per lei, anche se in fondo se l’aspettava, era
stata una cosa non facile da
accettare.
Dominic di quella storia non
sapeva cosa pensare. Era amareggiato, questo sì, ma non ci vedeva chiaro. Aveva
chiesto, alla fine di tutto, quale fosse il motivo per il quale si stavano
lasciando; Irene, senza dimostrare di avere alcun dubbio, gli aveva detto che
era per il fatto che suo marito aveva un’altra che probabilmente era meglio di
lei a letto tanto da annebbiargli il cervello, nient’altro.
Irene ne aveva approfittato
anche per scusarsi per ciò che era successo quella mattina, ma Dominic aveva
capito perfettamente già per conto suo che l’Irene che aveva parlato quella
mattina non era lei.
- E’ che anche il fatto che
sono una brava mamma adesso non è più scontato. Owen sta male per questa
situazione perché io non so proteggerlo, ecco perché preferisce dormire con te,
parlare e giocare con te. Non sono in grado di proteggerlo da tutto questo, non
posso fargli da madre e da padre insieme e non posso farci niente. Anche mia
madre c’ha provato con me, mi ha sempre amata tantissimo, e questo non mi ha
impedito di stare male per tutta la vita. E io non sono una brava madre come
lei, non mi avvicinerò mai a lei. Mi sono arrabbiata stamattina, ma non con te,
ce l’ho con me stessa.-
- Io non riesco a capire perché ti senti tanto inadatta
quando invece secondo me sei una bravissima mamma. E non riesco a capire ancora
di più quali siano le tue paure. Hai paura che uno di voi due, o tu o tuo
marito, dobbiate necessariamente abbandonarlo o vederlo pochissimo? Non è detto
Irene, sta tutto a voi, a come saprete gestire la cosa. Io non so quali siano i
rapporti tra voi due adesso, ma per quel poco che ho visto non mi sembra proprio
che Christopher sia intenzionato né a rinunciare ad Owen né a negare a te di
vederlo. E non mi sembra che stiate litigando o ci siano dei dissapori,
nonostante il tradimento.-
- Il fatto però è che saremo distanti, uno di noi due
mancherà comunque per la maggior parte del tempo e si creeranno degli scompensi.
Comunque sta pur sicuro che non voglio arrivare a decidere in tribunale a chi
verrà data la custodia di mio figlio. Sono un avvocato, anche se sono una
penalista e non un’esperta in diritto di famiglia so quanto possono essere
penose cause del genere.-
Dominic, dopo la risposta di Irene, decise di non
aggiungere altro. Irene gli aveva detto che quella sera aveva chiamato Grace
perché si occupasse di Owen dato che lei e Christopher avevano deciso di passare
la serata insieme, per discutere di quella faccenda e per firmare le carte
necessarie, non era del resto una cosa che Irene poteva rifiutarsi di fare al
punto in cui erano.
Diverse perplessità di Dominic erano rimaste in ogni modo.
Irene era mentalmente esausta in quel momento, anche se sicuramente si sentiva
meglio di prima, così lui non aveva fatto altre domande.
Quando Christopher e il bambino erano rientrati, l’uomo era
rimasto per un po’ a casa sua. Aveva parlato con Irene mentre Dominic ascoltava
Owen che gli stava raccontando cosa aveva fatto con suo padre fuori, poco più
tardi però, mentre Irene si cambiava per uscire, i due uomini erano rimasti da
soli.
Quasi non si era stupito Dominic che Christopher volesse
parlargli, gliel’aveva chiesto in un momento in cui Owen si era perso a grattare
la pancia a Lilly e si era distratto.
Dominic gli aveva detto di sì, così si erano dati
appuntamento la mattina dopo, per prendere un caffé insieme da qualche parte e
fare due chiacchiere in santa pace. Aveva intuito che forse l’uomo gli avrebbe
parlato probabilmente della sua versione dei fatti, da una parte era anche
curioso di sentirla per vedere se unendo le due storie fosse riuscito a
dissipare i suoi dubbi.
Intanto quella serata era trascorsa così, tristemente.
Grace che gli girava per casa un po’ gli tirava su il morale, ma non bastava
affatto a distoglierlo da quei pensieri malinconici il fatto di avere davanti
una bella ragazza. Quando Irene era rientrata l’aveva riaccompagnata a casa,
Grace non aveva detto una parola mentre erano in macchina. Non sapeva perché, ma
a Dominic sarebbe tanto piaciuto se invece l’avesse fatto. Quando era scesa
dall’auto gli aveva sorriso, lui aveva cercato di risponderle.
Appena rientrato in casa aveva visto che Irene era già
andata a dormire. Era più che evidente che non volesse parlare ulteriormente di
quella faccenda, un po’ se n’era dispiaciuto, ma di certo non poteva obbligarla.
Era andato a dormire anche lui, era notte inoltrata e la
mattina dopo non voleva alzarsi tardi. Aveva appuntamento con Christopher prima
delle dieci e voleva sbrigare delle cose prima.
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Capitolo 20 *** L'altra faccia della medaglia ***
Nuova pagina 1
Buon
inizio della settimana!
Grazie
mille per il tuo commento Crazy, mi fa piacere che un’esperta in materia mi
faccia sapere che il personaggio di Owen renda bene, in effetti ci ho riflettuto
parecchio proprio perché non volevo perdermi in clichet tipo quello che dici tu,
il bambino tanto carino ma che alla fine è solo una specie di bambolotto!
Per la
verità non ho voluto perdermi in nessun clichet, anche il capitolo di oggi che
parla per gran parte del personaggio di Christopher, spero che venga visto
proprio così, come un allontanamento da qualsiasi clichet! Poi magari ho toppato
clamorosamente, vedrò dai vostri commenti.
Per
quanto riguarda i commenti alla tua storia ti ringrazio, ma se una storia mi
piace e mi coinvolge i commenti mi sembrano dovuti… non ti dico a tutti i
capitoli perché spesso mi scordo, o non ho tempo, ma quando posso e ho qualcosa
di sensato da dire lo faccio!
Per
quanto riguarda il “sentimentale”, e dato che mi hai citato un’altra
fessacchiotta che è la Jennifer, vi ricordo che alla fine di questa, faccio
passare una settimana, due al massimo, poi c’è la terza parte seguito di
Jennifer e di Per colpa di Nessie…
Dopo
l’ennesima minaccia, vi saluto e vi auguro buona lettura!
Mandy
v
Capitolo Diciannovesimo - L’altra faccia della medaglia
Christopher si era presentato in perfetto orario al loro
appuntamento in centro. Si erano incontrati in un posto che fosse facilmente
raggiungibile per una persona che non conosceva la città come lui.
Ad una prima occhiata Dominic aveva notato che gli sembrava
leggermente teso, forse un po’ stanco. Immaginava che probabilmente si era
preparato un discorsetto per infiocchettare la faccenda, come se avesse avuto
bisogno di giustificarsi con lui per la situazione in cui verteva il suo
matrimonio.
Dominic, dopo averci riflettuto a lungo quella notte, aveva
deciso che se solo Christopher avesse provato a coinvolgerlo in una discussione
simile l’avrebbe immediatamente chiusa. Christopher non gli doveva spiegazioni e
lui non voleva entrare nella faccenda e non voleva in alcun modo ascoltarle.
Tuttavia fu ben diverso quello che Christopher si era
accinto a dirgli quando finalmente si erano seduti al tavolino di un caffé e
avevano potuto cominciare a parlare.
- Volevo solo ringraziarti, davvero dal profondo.- gli
aveva detto subito.
Dominic l’aveva guardato con un’espressione sul volto a
metà tra il sorpreso e l’incerto.
- Per cosa?- gli aveva chiesto.
- Per quello che fai per Owen, e per Irene. Immagino che tu
sappia cosa stia accadendo, credo che Irene ti abbia parlato del fatto che ci
stiamo lasciando e che sta attraversando un periodo difficile. Per me è molto
dura saperli lontani e non poter stare con mio figlio. Arrivando qui ero
preoccupato, immaginavo che sarebbe stato diverso, che sarebbe stato peggiore…
sai, per quanto riguarda il fatto di adattarsi soprattutto. Owen è un bambino
particolare e si chiude in se stesso quando c’è qualcosa che non va, non parla
mai molto e avevo paura che non stesse bene e che magari non fosse riuscito a
farlo capire a chi gli sta intorno. Invece non è così…- si era interrotto per un
momento, per la verità Dominic aveva notato che non era facile per lui fare quel
discorso.
- Insomma… voglio dire…- aveva detto in modo un po’
incerto, mettendosi una mano sulla nuca e guardando in basso verso la sua
destra. - …grazie, con mio figlio c’hai saputo fare e sta bene, vorrei esserci
io qui con lui non te lo nascondo, però quello che mi preme di più è che sia
felice e che non soffra troppo per la situazione che si è creata. Sapere che c’è
qualcuno che si occupa sia di lui che di Irene mi fa stare meglio.-
Oltre all’evidente sorpresa derivata dal fatto che non si
era assolutamente trovato davanti alla situazione che si aspettava, era quasi
commosso da quello che Christopher gli aveva detto.
- Senti, non devi ringraziarmi, davvero, io ho solo cercato
di fare del mio meglio. Mi sembra il minimo, ecco. All’inizio non è stato facile
neanche per me, tuo figlio non è un bambino semplice, ma è adorabile, non è
stato affatto difficile dopo quando ho capito un po’ di più di lui.- gli aveva
detto.
- Sì è vero, non è un bambino semplice.- aveva asserito
Christopher tornando ancora una volta a guardare per terra, stavolta però con
uno sguardo che denotava una certa malinconia.
- Scusami se ti assillo, mi conosci solo da tre giorni e
forse non t’interessa saperlo, ma non hai idea di quanto sia difficile anche per
me. Non so cosa tu sappia, ma è inutile girarci intorno, sono io il cattivo
della situazione e anche se Irene crede che io abbia un’altra quando non è così,
le cose non cambiano. Sono io che ho deciso di chiudere, che me ne sono andato
di casa e credimi, sono tormentato dai dubbi. Quando una persona si trova nella
mia situazione non è mai facile fare una scelta. Da una parte pensi che è
inutile mentire e continuare a comportarsi come se nulla fosse, dall’altra però
forse converrebbe a tutti fare finta di niente e continuare a tenersi stretto un
rapporto che se anche è sterile e non da più nulla è sicuro.-
Dominic lo stava ascoltando con attenzione. Si era reso
improvvisamente conto che se anche Christopher non era partito per farlo e
probabilmente non ne aveva alcuna intenzione, era anche possibile che avesse un
gran bisogno di sfogarsi, forse non poteva farlo con nessun altro. Magari in
lui, proprio perché era quasi un estraneo, aveva visto qualcuno che non
l’avrebbe giudicato a priori. Se non altro in questo ci aveva visto giusto
Christopher, Dominic non l’aveva giudicato e non intendeva farlo. Inizialmente
non voleva nemmeno le sue spiegazioni, ma dal momento che aveva intuito il fatto
che fosse davvero un bisogno il suo di parlare con qualcuno l’aveva lasciato
fare.
- Ancora non riesco a spiegarmi perché improvvisamente
Irene abbia deciso di venire qui. Non le è mai interessata entro certi limiti la
carriera e so che non lo sta facendo come una specie di ripicca, per tenermi
lontano da nostro figlio. Credo che lei possa immaginare benissimo quanto questa
lontananza mi faccia stare male, ma Irene sarebbe incapace di farmi questo, non
credo che sappia cosa sia la vera cattiveria e quindi lo escludo. Anche lei,
insomma, credo che stia bene qui, credo che tu sia d’aiuto anche a lei e
ovviamente ti sono grato anche per questo, non credere. Certo, è ovvio che il
mio primo pensiero sia per il bambino, ma anche se non sono più innamorato di
Irene non credere che non sia una delle persone più importanti della mia vita…
poi te lo ripeto, non so cosa ti abbia detto lei…-
Dominic l’aveva interrotto per spiegargli. - Lei è
convinta, almeno a parole, che vi stiate lasciando per un’altra. Me l’ha detto
giusto ieri quando sei uscito con Owen. Per la verità ho capito quasi subito che
c’era qualcosa che non andava, ma Irene non è mai riuscita a parlarmi
chiaramente di questo fatto prima di ieri, anche se sono convinto che ci doveva
necessariamente essere dell’altro oltre al presunto tradimento. Insomma…-
Questa volta era stato Christopher ad interromperlo. - Che
tra l’altro non c’è stato.- aveva precisato.
Dominic aveva chiarito subito, temendo di averlo offeso. -
Non l’ho detto per accusarti e ti assicuro che non c’è bisogno che ti
giustifichi, insomma, immagino che possa capitare, non ho nessuna intenzione di
giudicarti, che ciò sia avvenuto o meno, ci mancherebbe altro.- gli aveva detto.
- No, non è per giustificarmi. Dico davvero, non ho mai
tradito Irene. Mi è semplicemente successo di innamorarmi di un’altra, cosa che
non è stata l’inizio della mia presa di coscienza, ma la goccia che ha fatto
traboccare il vaso. Non l’avrei mai fatta una cosa del genere, ho troppo
rispetto per Irene per farlo e di certo i sensi non mi hanno annebbiato il
cervello. Non mi sono sentito semplicemente attratto da questa ragazza, se fosse
stato quello forse avrebbe potuto succedere ma non è così. Da lì ho capito che
non c’era più niente da fare per noi, che l’amore era finito.-
Aveva sorriso imbarazzato ed era tornato a mettersi
nervosamente la mano sulla nuca. - Ti sembrerà banale, ma è così. Non c’è
altro.-
- Non così tanto in fondo.- gli aveva risposto Dominic,
sorridendogli. - Non dev’essere stata una decisione facile.- aveva osservato. In
fondo lo apprezzava per la sua coerenza, dimostrava di averne molta.
- Niente è stato facile. Il punto è che non riuscivo a
mentire ad Irene e a continuare a far finta che tutto tra noi andasse bene, ho
paura che il suo problema non sia quello di non essersene resa conto, piuttosto
di non volerlo fare. Tra noi era scomparsa qualsiasi forma di intimità, non
condividevamo più niente e anch’io per un bel pezzo non ho accettato la cosa, ma
dopo un po’ per me è stato ovvio che fosse perché qualcosa si è esaurito… Non
così tanto in verità, a volte continuo a pensare che la mia sia stata una scelta
di comodo, che probabilmente per Irene invece niente è veramente cambiato e che
il mio dovere sarebbe stato quello di cercare di superare questa crisi
rimanendole accanto, a lei e ad Owen. Ogni tanto penso che sia solo una scusa il
fatto di non poter continuare a mentirle, ma penso anche che la mia situazione
adesso sarebbe differente. Per sentirmi in colpa dovrei essere felice, ma non lo
sono.-
Dominic aveva pensato per qualche secondo prima di parlare.
- Non so cosa dirti, probabilmente tu non vuoi nemmeno che ti dica qualcosa, in
ogni modo non credo che fare finta di niente vi avrebbe aiutati.-
Christopher gli aveva sorriso, ma aveva quasi del tutto
ignorato il suo commento, continuando a seguire il filo logico del suo discorso
pochi secondi dopo. - Non è facile nemmeno vedere tutti i giorni Patsie e fare
finta di niente. Irene è convinta che abbiamo una storia, a volte penso che
sarebbe stato meglio se l’avessimo avuta, forse se non fossi completamente solo
adesso starei meglio.-
- Patsie è…- aveva cominciato a dire Dominic, intuendo che
stesse parlando dell’altra in questione. Christopher aveva subito annuito,
mentre aveva ricominciato a guardare in basso verso la sua destra. Aveva un
pallidissimo sorriso sulle labbra, come se si vergognasse moltissimo a parlare
di lei.
- Teoricamente adesso che Irene ha firmato le carte del
divorzio non farei niente di male se le chiedessi di uscire, ma non lo farei
mai. E’ molto diversa da me, io non sono bravo in queste cose, anzi, direi che
sono sempre stato abbastanza chiuso. Patsie invece è una ragazza attiva, solare,
una di quelle persone che hanno mille idee per la testa, talmente tante che non
riescono a tenersele tutte, è una persona molto vitale. Poi è molto più giovane
di me, anche se credo di esserle abbastanza simpatico rischierei di farci una
pessima figura se solo provassi ad avvicinarmi in quel senso… si chiederebbe
cosa vuole da lei questo quarantenne in crisi precoce di mezza età! Sicuramente,
carina com’è, avrà schiere di ammiratori della sua età, sicuramente meglio di
quello che potrei essere io.- aveva concluso sorridendo imbarazzato.
Dominic non aveva potuto fare a meno di notare che sembrava
teso come una corda di violino, non aveva aggiunto altro comunque sulla
faccenda, rimanendo in silenzio.
- Scusami… ti sto assillando inutilmente con questi
discorsi, non te ne fregherà assolutamente niente di sapere che mi passa per la
testa e francamente non lo so nemmeno io perché ti sto raccontando tutte queste
cose. Perdonami, davvero, non so cosa mi stia prendendo.- aveva detto
imbarazzato.
- Non devi scusarti,- aveva tentato di tranquillizzarlo
Dominic, - anzi, ho capito molte cose. Se posso dirti la mia, credo che forse
sia questo quello che non afferravo. Potrebbe davvero essere giusto quello che
hai pensato sul fatto che forse Irene ne è cosciente che tra voi è finita, ma
che non vuole ammetterlo. Credo che potrebbe dipendere dai suoi rapporti con suo
padre… ha come l’idea, anzi, direi il terrore quasi, che uno di voi due mancherà
ad Owen e che sia una cosa a cui non c’è rimedio.-
- Sì, anch’io l’ho pensato.- aveva asserito serio
Christopher. - Certo la sua scelta di venire qui è determinante sotto questo
punto di vista. Mi chiedo in continuazione perché ha preso questa decisione.
Allontanarsi per lei non è certo meglio, e di certo allontana Owen da me. Tra
due anni, quando tornerà se deciderà di farlo a questo punto, dato che ieri sera
mi ha addirittura detto che qui per lei ci sarebbe posto anche dopo il periodo
strettamente necessario per la promozione, mi sarò perso due anni della crescita
di mio figlio e non gli sarò stato vicino come dovrei. Ieri sera le ho chiesto
se avrebbe potuto prendere in considerazione di tornare sui suoi passi, ma dopo
mi sono sentito un verme anche se lei mi ha detto che in concreto ci aveva anche
pensato, ma che non può tornare sulla sua decisione ormai. Non posso sapere
quanto davvero ci tenga a questa promozione, è probabile che alcune delle sue
priorità siano cambiate e non voglio tarparle le ali, non è giusto da parte mia.
Quello che è vero però è che non voglio uscire dalla vita di mio figlio, non ho
mai voluto abbandonarlo come ha fatto con lei suo padre e l’idea che potrò
vederlo solo così per i prossimi anni mi atterrisce.-
Se c’era una cosa che Dominic non aveva mai potuto mettere
in dubbio sin dalla prima volta che aveva visto Christopher abbracciare Owen,
era di quanto quell’uomo che stava seduto davanti a lui con l’aria di chi è
imbarazzato da morire ma anche un po’ più sollevato amava suo figlio. Parlandoci
poi aveva capito che doveva essere anche un tipo abbastanza chiuso, forse anche
timido. Non c’era bisogno che glielo dicesse, Dominic poteva leggere nel suo
linguaggio del corpo quanto fosse imbarazzato in quel momento ad essersi messo
così a nudo. Gli era rimasto simpatico quasi da subito, da quella specie di
confessione era riuscito a capire che anche lui doveva avergli ispirato
sentimenti simili e non poteva che fargli piacere.
La loro chiacchierata non era stata più lunga, Dominic
aveva degli impegni e decisero che si sarebbero visti a pranzo. Infatti Irene
aveva fatto in modo al lavoro di prendere il pomeriggio libero, sarebbe andata a
prendere Owen all’asilo così avrebbero potuto mangiare tutti insieme. Dominic
aveva detto subito a Christopher che la sua presenza sembrava inopportuna in
quell’ultima riunione familiare, Christopher infatti aveva il volo del ritorno
quel pomeriggio. L’uomo aveva insistito però.
- Se ci sei farà piacere a tutti, te lo garantisco. Se non
hai altri impegni, ovvio…-
Dominic non li aveva a pranzo. L’aveva rassicurato sul
fatto che ci sarebbe stato, anche se avrebbe dovuto andarsene via subito dopo.
***
Quel martedì pomeriggio Dominic si era rimesso a lavorare
sul copione, anche se dopo un po’ si era perso a riflettere sugli avvenimenti
del giorno precedente. Lilly gli era andata incontro, si era avvicinata al
divano senza essere notata se non quando aveva appoggiato la testa sul ginocchio
sinistro di Dominic, guardando poi verso l’alto con l’occhio lacrimoso, per
convincerlo a farsi coccolare. Mentre la grattava dietro le orecchie aveva
pensato ad Irene e al suo atteggiamento degli ultimi giorni. Non sapeva per
quale strana connessione mentale, gli era successo e basta.
Dalla domenica passata quasi l’aveva evitato e lui
supponeva che fosse perché non aveva nessuna voglia di parlargli ancora della
faccenda tra lei e Christopher. Dominic non voleva certo che lei lo facesse,
quindi rispettava il suo silenzio, anche se considerava decisamente esagerato il
suo chiudersi a riccio. Owen invece gli si era ancora di più attaccato la sera
prima, forse proprio per il fatto che suo padre fosse ripartito. Era stato lui
il giorno prima ad accompagnarlo all’aeroporto, piuttosto che vederlo salutare
Owen aveva optato per un ti aspetto in macchina che gli era suonato
ridicolo dopo. Possibile che dovesse farsi impressionare da cose simili?
In quel momento, da solo nel suo soggiorno ma
fortunatamente con Lilly che gli faceva compagnia, si era sentito triste nel
ripensare alla discussione avuta con Christopher la mattina del giorno prima, ma
se l’era fatta passare, se l’era imposto immediatamente dopo che si era rimesso
a studiare.
Quando Owen era tornato accompagnato da Grace quel
pomeriggio si era definitivamente distratto da tutto. Con la ragazza si erano
messi a giocare sul tappeto dove Owen si metteva sempre, quello davanti
all’ingresso e lui li aveva raggiunti dopo poco, anche se avrebbe avuto altro da
fare.
Per prima cosa, dopo ovviamente il piacere che gli dava
sempre stare con Owen, ad incuriosirlo era stato il fatto che si erano messi
entrambi davanti al portatile di Grace e sembravano divertirsi da matti, inoltre
quando la ragazza era entrata ed era andata a salutarlo aveva potuto notare che
indossava un paio di jeans a vita bassa e una maglietta che le copriva appena
l’ombellico, che ovviamente stava spesso scoperto a seconda di come lei si
muoveva. Inutile dire che quel particolare, che aveva avuto modo di notare
giusto qualche giorno prima, l’aveva attirato come una calamita.
Si era alzato dal divano mettendo un segno al copione,
avvicinandosi al tappeto aveva chiesto loro cos’è che li faceva tanto divertire.
- Guarda, sto scrivendo!- gli aveva fatto notare il bambino
mostrandogli come aiutato dalla tastiera riusciva a scrivere ben di più che il
suo semplice nome. Dominic si era seduto sui talloni accanto a Grace.
- Ma che bravo che sei! Allora quando andrai a scuola sarai
il più bravo di tutti!- gli aveva detto entusiasta.
Grace intanto non aveva potuto fare a meno di osservarlo
mentre le stava così vicino. Inutile dire che la sua vicinanza le causava delle
reazioni particolari, in ogni modo cercava di stare calma. Era felice di vederlo
sorridere, se pensava a come stava l’ultima volta che l’aveva visto se ne
rallegrava davvero tanto.
Quella domenica sera, dopo il pomeriggio che Dominic aveva
passato in compagnia di Irene che gli aveva finalmente rivelato cosa stesse
accadendo tra lei e Christopher, lui l’aveva riaccompagnata a casa in macchina
dopo che Irene era rientrata dopo la mezzanotte.
Mentre Dominic cercava di mettere ordine tra i suoi
pensieri, Grace seduta al posto del passeggero guardava la strada, ma non era
quello che effettivamente aveva davanti agli occhi.
Quella sera, quando si era resa conto che sebbene Irene le
avesse chiesto di occuparsi del bambino, la casa non era vuota, ne era stata
subito felice. Ovvio che i suoi pensieri nell’ultimo periodo non potessero
essere cambiati poi molto, era sempre in continua lotta con se stessa pensando
che doveva smettere di pensare a Dominic in certi termini, tuttavia l’idea che
sarebbe rimasta in casa sua per una serata intera con lui presente era
decisamente allettante.
Purtroppo non era stato tutto rose e fiori. L’espressione
triste di Dominic le aveva tenuto compagnia per tutta la sera e se si escludeva
il non c’è di che quando l’aveva ringraziato per quell’e-mail che lui le
aveva promesso, per lei Dominic non aveva avuto né una parola, né un gesto, né
uno sguardo. Grace se n’era molto rammaricata. Più che per se stessa per lui,
era ovvio che non fosse in ottima forma.
Era certa che non dipendesse da lei: non che le avesse mai
dato l’idea d’impazzire al suo cospetto, ma era sempre stato molto carino, e lo
era stato anche quella sera. In quel momento era nella sua auto perché lui,
nonostante casa sua non fosse molto distante, aveva insistito per accompagnarla
dato che era quasi l’una di notte. Non è sicuro, le aveva detto, poi non
aveva aspettato che potesse controbattere, aveva preso le chiavi della sua
macchina e le aveva fatto strada fuori.
Durante il tragitto era rimasta in silenzio perché non
poteva e non voleva dire nulla, sarebbe stato come invadere la sua privacy ed
era una cosa che non voleva permettersi di fare. Scendendo dalla sua auto
tuttavia aveva cercato di sorridergli, Dominic le aveva risposto non troppo
convinto, a lei era stato bene anche così. Avrebbe tanto voluto dimostrargli
l’affetto che provava nei suoi confronti, un affetto crescente, come crescente
era anche l’attrazione che provava. Si era data della deficiente più volte nel
pensarlo, ma non aveva potuto evitare di notare che così imbronciato era anche
più sexy.
Al di là di questo non aveva potuto fare niente per lui, si
era limitata a sperare che la prossima volta che l’avesse visto fosse più solare
e più sorridente. Com’era solitamente, anche in quel momento in cui stava
guardando Owen che premeva forsennatamente i tasti del suo computer portatile.
Il giorno prima, il lunedì, non si doveva occupare di Owen,
quindi non aveva avuto nemmeno l’occasione di mettere piede in casa di Dominic.
Senza permettersi di prenderne atto razionalmente per tutta la giornata, mentre
davanti al computer stava rileggendo e correggendo qua e là la sua tesi che
avrebbe dovuto consegnare di lì a tre settimane, ogni tanto si distraeva e
finiva sempre con l’aprire quella foto che lui le aveva mandato, rileggendo
quelle due righe con cui aveva accompagnato l’allegato nell’e-mail: C’ho
messo un po’ a ricordarmi di farlo, ma ogni promessa è debito! Ci vediamo
presto, Dominic.
Non erano che due frasette di circostanza buttate lì così,
ma per lei era qualcosa d’incredibile avere un’e-mail nella sua casella di posta
elettronica inviatale niente di meno che da Dominic Monaghan, nonché un tipo che
le piaceva da impazzire. Era davvero preoccupata per quella situazione, perché
sapeva che ormai era troppo tardi per farsela passare e dall’altra parte era del
tutto impossibile che quella storia potesse andare avanti in qualche modo.
Quella foto era molto bella, una di quelle classiche pose
che possono essere colte soltanto quando i soggetti rappresentati non sanno di
essere ripresi. Lei era accucciata per terra tra i due bambini che la guardavano
mentre chiudeva un palloncino che aveva appena gonfiato per loro, la stavano
guardando mentre si arrotolava la bocca del palloncino attorno alle dita per
farci un nodo come se stesse facendo chissà cosa. Dominic invece, dietro di loro
e leggermente piegato in avanti con la schiena, probabilmente osservava
divertito le loro espressioni interessate.
Improvvisamente Dominic si era distratto da Owen e aveva
guardato Grace, si era sentito il suo sguardo addosso e si era girato verso di
lei quasi come fosse stato una specie di riflesso incondizionato, quindi le
aveva sorriso.
- Che c’è?- le aveva chiesto, pentendosi immediatamente
dopo di averlo fatto dato che Grace in pochi secondi non solo era diventata
completamente rossa, ma aveva provato ad articolare qualcosa senza riuscire a
dire niente. Dominic si era subito voltato un’altra volta verso Owen che gli
stava chiedendo come si scrivesse il suo nome. Si era messo a dettarglielo
lettera per lettera e ad aiutarlo quando non le trovava sulla tastiera, evitando
di rimetterle gli occhi addosso, ma non potendo impedirsi di farsi delle domande
su quella cosa.
Per la verità si era immaginato una cosa ben precisa in
quell’istante, che il rossore che le era salito sul volto in quel momento fosse
simile a quello che doveva avere quando faceva sesso. Per la testa gli erano
passate delle chiare immagini che aveva cercato di scacciare via, tipo come
sarebbe stato passarle la lingua sull’ombellico con il piercing. Aveva scosso
con forza la testa per togliersi quella visione dalla mente, Owen aveva notato
quel gesto e non aveva potuto fare a meno di chiedere a sua volta:- Che c’è?-
puntandogli dritto gli occhi nocciola nei suoi.
Colto sul fatto Dominic gli aveva sorriso imbarazzato.
Certamente il bambino non avrebbe mai potuto immaginare il perché di quel gesto,
ma Dominic si era sentito strano ugualmente.
- Niente, avevo un grillo per la testa, l’ho scacciato!-
gli aveva detto scherzando. Il bambino aveva ridacchiato, poi gli aveva indicato
la parola che aveva scritto sul desktop. Invece di scrivere Dominic aveva
scritto Domnic, così lui l’aveva aiutato a correggerlo.
Era stato inevitabile dopo aver pensato quelle cose di
Grace girarsi per un momento a guardarla. Stava stoicamente facendo finta di
farsi gli affari suoi, con la testa completamente girata dall’altro lato
rispetto a dov’era Dominic. Teneva le gambe leggermente piegate, Owen stava
seduto con le gambe incrociate tra le sue ginocchia e si reggeva con le mani
tenendole ben fisse a terra dietro di lei, tenendo la schiena leggermente
inclinata ma non abbastanza indietro perché le uscisse l’ombellico dalla maglia,
anche se se ne intuiva la forma.
Peccato,
aveva pensato Dominic, imponendosi nel frattempo con tutte le forze di
distogliersi da quei pensieri tutt’altro che casti.
Quando era tornata Irene Grace se n’era andata e se da una
parte gli era dispiaciuto, dall’altra si era sentito sollevato perché non gli
sembrava proprio il caso di fantasticare su di lei.
Una cosa era certa. Grace non gli era poi tanto
indifferente come credeva…
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Capitolo 21 *** Questione d'orgoglio ***
Nuova pagina 1
Buona
serata a tutti!
Grazie
mille per esserti letta anche i nuovi capitoli Bloody! Sì, hai perfettamente
ragione, la faccenda di Sakumi era abbastanza intuibile, poi, sapendo che sei
un’acutissima osservatrice, posso immaginare che per te sia stata così
leggendola!
Lo sapete
che mi fa un sacco piacere che molti siano interessati alla terza parte? Non
avete nemmeno idea di quanto, del resto è facilmente intuibile dal fatto che
voglio continuarla che quelli siano i personaggi che mi sono rimasti più nel
cuore, senza sminuire tutti gli altri di cui parlo od ho parlato.
Intanto
però finisco questa…! Buona lettura, a venerdì! Mandy
v
Capitolo Ventesimo - Questione d’orgoglio
Malgrado i suoi sforzi, che doveva comunque ammettere che
fossero piuttosto deboli, Irene con il passare dei giorni non si era sciolta più
di tanto. I rapporti tra lei e Dominic erano tranquilli, ma lui aveva
chiaramente percepito che la donna stava tentando di tenerlo a distanza, questo
certamente non lo faceva felice. Quello che lo disturbava maggiormente era il
fatto che non riusciva più a capire perché Irene si ostinasse a tenere
quell’atteggiamento, gli sembrava ovvio ormai che non fosse solo per l’imbarazzo
che avrebbe potuto provare per essersi aperta con lui in quel modo quasi totale,
cosa che comunque poteva giustificare entro certi limiti. Per di più mancavano
solo dieci giorni al suo trasloco definitivo, Dominic si sarebbe dispiaciuto
immensamente se si fossero lasciati così freddamente.
Il problema non si poneva per Owen, che stava quasi sempre
con lui quando era in casa. Per Irene non era affatto una sorpresa rientrare e
trovare Owen seduto sulle ginocchia di Dominic mentre lui, sul divano del
soggiorno, tentava di lavorare sul suo copione. Irene ogni tanto chiedeva ad
Owen di dare tregua a Dominic e di lasciarlo un po’ in pace, ma il bambino era
una testa dura e Dominic spesso e volentieri non aveva affatto voglia di
studiare. Le due cose s’incastravano perfettamente tra loro.
Sempre più spesso si ritrovava a pensare a Grace, e non si
stupiva troppo della cosa. Era qualche giorno che non la vedeva, era stato
parecchio fuori casa e probabilmente era anche per questo che non l’aveva più
incrociata. Ogni tanto gli tornava in mente il suo piercing, gli era successo un
paio di volte prima di addormentarsi, un momento piuttosto critico. In questi
casi non faceva altro che darsi del cretino e girarsi dall’altra parte, altro
non poteva fare.
Lo stava negando a se stesso, ma quel venerdì pomeriggio
l’aveva fatto di proposito a ritrovarsi a casa all’ora in cui Grace sarebbe
tornata con Owen. Aveva addirittura pensato che avrebbe potuto andare a prendere
Owen all’asilo, fingendo di essere passato di lì per caso come aveva già fatto
in precedenza, ma poi aveva pensato che avrebbe potuto incontrare Sakumi. Non
che la cosa rappresentasse un problema, ma non sapeva quale sarebbe stata la
reazione della donna nel vederlo e preferiva evitare per il momento.
Era in casa da poco più di dieci minuti, quando Grace era
entrata con il bambino che, non appena si era accorto della presenza di Dominic,
era andato a salutarlo. Lui era al telefono con un suo amico che lo stava
appunto informando che quella sera si sarebbero visti in un locale, del quale
lui non era proprio entusiasta.
- Ma proprio lì, al Sunshine? Altri posti non ce ne sono?-
aveva chiesto mentre con una mano aveva salutato Grace che si era affacciata al
muro della cucina.
Mentre la ragazza aveva risposto con un altro cenno della
mano Dominic aveva parlato ancora con il suo interlocutore: - No, non è che non
mi piace il posto, però, dai, è un po’ da fighetti, no?-
Grace, vedendo che la conversazione non stava per essere
chiusa, si era discretamente allontanata portandosi dietro il bambino, anche
perché senza volerlo aveva già captato un dettaglio molto interessante.
Ovviamente anche se sapeva di non star facendo proprio una cosa intelligente,
quella sera con le sue amiche avrebbe spinto che andare a quel Sunshine. In
effetti anche lei l’aveva considerato sempre un posto da fighetti, ma per quella
volta ci sarebbe passata sopra più che volentieri.
Non appena Dominic aveva concluso la chiamata aveva
raggiunto Owen e la ragazza sul tappeto all’ingresso, dove si erano messi
entrambi a giocare con Lilly.
Si era seduto vicino a loro mettendosi ad accarezzare la
pancia di Lilly insieme al bambino che si stava divertendo a fare vedere a Grace
come la cagnolina cominciava a muovere velocemente la zampa posteriore destra se
la grattava in un certo punto della pancia, dimostrazione che stava eseguendo
per la ragazza forse per la centesima volta.
- Come va?- le aveva chiesto, per rompere il ghiaccio.
Grace gli aveva sorriso nel suo solito modo. - Piuttosto
bene Dominic, tu?-
- A parte il fatto che stasera mi tocca andare in un locale
che non mi piace poi granché, bene anch’io.- aveva buttato lì.
- Che locale?- aveva chiesto Grace, non sapeva nemmeno lei
bene il perché, forse solo per vedere cosa lui le avrebbe risposto.
- Il Sunshine, sai quello che sta in Hollywood Boulevard,
cento metri più su se non mi sbaglio dall’altra parte della strada c’è il teatro
cinese di Grauman.-
- Sì, sì, lo conosco, ci sono stata qualche volta.- aveva
commentato Grace. - Guarda il caso credo che ci andrò anch’io stasera. Leeanne,
una delle mie amiche, l’aveva proposto, anche se non lo so, insomma vedremo.-
Immediatamente dopo averlo detto Grace si era chiesta come avesse potuto tirare
fuori quella colossale balla mantenendo un’espressione impassibile sul viso.
- Sì dai, vieni anche tu, così ci vediamo stasera, mi
farebbe piacere.- le aveva risposto Dominic che di certo, compreso anche il
fatto che quasi sicuramente avrebbe incontrato Shannyn quella sera, non poteva
accogliere che bene quella notizia.
- Però Grauman è dallo stesso lato della strada…- aveva
osservato sorridendo Grace, che stava cercando di contenere il fatto che era
raggiante per quella richiesta.
Dominic si era dato uno schiaffetto sulla fronte:- Si vede
che sono un tipo attento, eh? E’ che quel locale mi sta davvero antipatico, e
poi essendo così in centro c’è rischio che mi imbatto in presenze sgradite.-
- Tipo?- aveva chiesto Grace.
Quella stronza della mia ex,
avrebbe voluto dire Dominic che sapeva che Shannyn ci andava spesso, però aveva
optato per dire l’altra verità schiacciante e tacere quel particolare.
- Paparazzi, appostati anche sui cornicioni come lucertole
se necessario!-
Grace aveva riso appena come al suo solito, poi si era
girata verso Owen facendogli una domanda, mentre si metteva una ciocca di
capelli che le era ricaduta davanti al viso dietro l’orecchio sinistro. Dominic
l’aveva trovato un gesto estremamente affascinante.
- Hai fame? - gli aveva chiesto. Il bambino però aveva
scosso la testa.
- Il succo di frutta lo vuoi?- aveva continuato. Owen
questa volta ci aveva pensato un po’, quindi aveva annuito.
- Lo voglio alla pera.- aveva detto sorridendo verso Grace,
che alzandosi dal tappeto gli aveva porto la mano dicendogli di andare a vedere
con lei se c’era, Dominic era rimasto per qualche secondo seduto con il cane a
vederli allontanarsi.
Probabilmente era stato un gesto estremamente azzardato
invitarla considerato il fatto che Grace cominciava a piacergli, davvero poco
furbo. Sperava solo di non combinare qualcosa di stupido.
***
Non aveva nessuna intenzione di prendere la macchina quella
sera, così prima di uscire aveva chiamato un taxi. Arrivato in Hollywood
Boulevard era sceso e aveva visto sul marciapiede davanti al locale con una
sigaretta in bocca il suo amico Thomas, che non appena l’aveva scorto
avvicinarsi gli aveva fatto un cenno con la mano come per farsi vedere.
- Vedo che ti sei sbrigato a venire, siamo qui già da quasi
un’ora noialtri.- gli aveva detto.
- Si vede che non vedevo l’ora di passare la serata qui
dentro?- aveva commentato Dominic sarcastico mentre aveva buttato lo sguardo in
giro a guardare la gente che stava lì fuori, alcuni in fila per entrare, altri a
fumare come stava facendo il suo amico.
Thomas aveva taciuto per un momento con un’aria leggermente
colpevole sulla faccia.
- Ora lo so che t’arrabbi, ma sarà meglio che te lo dica
prima che lo scopri da solo che…-
Dominic l’aveva interrotto, tanto aveva già capito. - C’è
Shannyn? Me l’aspettavo, lo sai quante serate del cavolo c’ho passato qui
dentro? E’ il suo locale preferito, ci viene sempre ed è venerdì sera, fai uno
più uno… Sai, credo che la clientela scelta la aiuti ad optare per questo
posto.- aveva commentato sarcasticamente buttando l’occhio a dei tipi che non
erano tanto lontani da loro. Tutti vestiti più o meno nello stesso modo, tutti
molto alla moda e con addosso l’aria di essere pieni di soldi che non si erano
guadagnati, i classici tipi da cui Dominic sapeva di essere considerato un
borghesuccio arricchito. Non gl’importava ovviamente, anzi, li compativa per la
mentalità ristretta che quasi certamente avevano, solo non capiva perché doveva
andare a giocare in casa loro. Quelli in particolare sembravano usciti solo per
un momento dal locale, chiacchieravano a voce alta quasi che volessero farsi a
tutti i costi sentire da chi avevano intorno, uno stava parlando della sua nuova
Mustang cabrio color argento che doveva aver ritirato da poco dal
concessionario, vantandosi di quanto l’aveva fatta correre quel pomeriggio.
Thomas, seguendo il suo sguardo aveva ridacchiato del suo
commento, per poi commentare a sua volta poco finemente e con una buffa
espressione sul viso con un che banda di segaioli.
Dominic aveva sorriso, poi l’altro era ritornato al
discorso precedente, quello su Shannyn.
- Allora capisco perché ti giravano oggi al telefono.-
aveva affermato mentre buttava il mozzicone della sua sigaretta per terra e lo
schiacciava con il piede. - Mi dispiace, non l’abbiamo fatto apposta. Solo che
gli altri hanno insistito, per me era indifferente.-
Dominic aveva annuito come per dire che era tutto apposto,
quindi l’altro aveva proposto di entrare. Aveva annuito un’altra volta non
dimostrando un grande entusiasmo, comunque l’aveva seguito.
Si era seduto al tavolo con gli altri della loro compagnia,
evitando accuratamente di guardarsi in giro, anche se a dire la verità ne aveva
voglia. L’idea di trovarsi Shannyn nel campo visivo lo bloccava sicuramente,
però era attratto dall’idea che Grace fosse là come lui le aveva proposto,
avrebbe significato potersi distrarre anche se ci contava molto poco. Quel
pomeriggio era stata davvero vaga su quello che avrebbe fatto quella sera, certo
gli aveva detto che ci stavano pensando lei e le sue amiche ad andare lì, ma che
non erano sicure. In fondo se non l’avesse trovata in quel posto che gli sapeva
di squallido la cosa avrebbe anche aggiunto punti a suo favore.
Stavano allegramente chiacchierando da un po’ seduti al
tavolo, Dominic avrebbe anche preso qualcosa da bere ma non voleva aggirarsi per
il locale con il rischio di fare sgraditi incontri. Quando una delle sue amiche
si era alzata proprio a quello scopo aveva pensato che forse se si fingeva nel
tragitto troppo occupato a chiacchierare con lei chiunque avrebbe evitato di
attirare la sua attenzione.
- Aspetta Jessie, t’accompagno, mi prendo qualcosa
anch’io.- l’aveva bloccata.
La ragazza si era girata verso di lui e gli aveva sorriso
fermandosi ad aspettarlo, aveva teso la mano destra verso di lui e Dominic le
aveva porto il braccio.
- Oh grazie!- gli aveva detto scherzando Jessie
prendendolo, - E’ sempre bello farsi scortare da un giovanotto!- aveva concluso.
Dominic aveva ridacchiato. - Se dici così sembra che hai il
doppio della mia età!-
- Mi divertivo a fare la donna matura d’alta società che
accalappia il trentenne, mi piace sparare cazzate, che non lo sai?-
- Sì che lo so!- le aveva risposto sempre sorridendole.
Jessie era una ragazza simpatica, era la fidanzata di uno
del suo gruppo, anche se non aveva mai avuto molto a che farci ci si era sempre
trovato bene, solo che quella sera stava andando tutto storto, così anche lei,
volendo fare tutto l’opposto ovviamente, si era ritrovata a dire la cosa
sbagliata al momento sbagliato.
- Senti Dom, la stronza l’ho vista anch’io, ma non starci
tanto a pensare. Ignorala e divertiti, guardati in giro, se ti vede mentre te la
spassi capirà che non te ne frega niente e che si è persa anche tanto. Per dirlo
chiaro, levati quell’aria triste dalla faccia e sorridi!-
Non che Dominic non lo immaginasse che tutti sapevano come
fosse finita tra lui e Shannyn, però quel commento l’aveva messo leggermente a
disagio e a dirla tutta l’aveva anche infastidito.
- Insomma che sono un cornuto lo sapete tutti, eh?- aveva
commentato sarcasticamente.
- Mica ti preoccuperai per questo vero?- aveva chiesto
l’altra sembrando preoccupata.
- Passare da coglioni non è mica tanto bello,
ammettiamolo.-
Jessie aveva tolto il suo braccio destro da sotto il
sinistro di Dominic e gliel’aveva passato attorno al collo, avvicinandosi e
dandogli un bacio rumoroso su una tempia. - Tu non passi da coglione, sei un
ragazzo troppo carino per passare da coglione!-
Riconoscendo che stava cercando solo di essere gentile e
che probabilmente senza rendersene conto la cosa doveva infastidirlo più del
dovuto se si vedeva così bene il suo diosagio, le aveva sorriso e si era imposto
di non tormentarsi più di quanto già non lo fosse.
Avevano preso da bere ed erano tornati indenni al tavolo
senza che nessuno li infastidisse, ricominciando entrambi da dove avevano
interrotto prima, anche se non ci era voluto molto affinché quello che Dominic
non voleva che succedesse in assoluto accadesse. Prima aveva visto le facce di
quelli che erano davanti a lui cambiare espressione e guardare dietro a lui come
se avessero visto qualcosa di sgradito, quindi si era sentito toccare sulla
spalla destra. Si era girato subito, trovandosi davanti per l’appunto Shannyn.
Gli sarebbe tanto piaciuto dargli una rispostaccia tipo
non mi scocciare vacca che non sei altro, ma sarebbe stato infantile e anche
maleducato, così aveva optato per fare buon viso a cattivo gioco. Si era alzato
in piedi e aveva risposto al suo pallido sorriso. - Ciao Shannyn.- Le aveva
detto cordialmente, ma in modo formale.
- Ciao… ti sto disturbando?- gli aveva risposto lei sempre
sorridendo. Dominic aveva scosso la testa.
- Ti ho visto, così ho pensato di venirti a salutare, non
mi aspettavo di rivederti qui.-
- Hai ragione, Los Angeles è tanto grande ma alla fine
siamo sempre nei soliti posti.-
Shannyn aveva annuito, quindi aveva abbassato per un
momento lo guardo verso il basso prima di riportarlo su di lui. - Come stai
Dominic?-
- Piuttosto bene direi, perché me lo chiedi? Ti sembra che
non sia così?-
- No, no assolutamente…- aveva detto immediatamente Shannyn
cercando di rimediare al tono che aveva usato, gli aveva fatto quella domanda
come se fosse preoccupata per lui. - Solo che…- si era interrotta un momento e
aveva sorriso più marcatamente, - Niente, era per chiedere.-
Dominic pure le aveva sorriso. - Che ti aspettavi Shannyn,
che quello che è successo mi avrebbe buttato giù più del dovuto? Non hai mai
capito niente di me e non ci hai nemmeno provato a cercare di capire, si vede
anche da questo.- le aveva detto fingendo di essere tranquillo, sempre
sorridendole. Solo che per un momento si era distratto e aveva guardato verso
l’entrata, Grace era ferma in piedi vicino all’uscita, all’apparenza sembrava da
sola e pure un po’ annoiata. Era stato felicissimo di vederla, così aveva alzato
il braccio cercando di attirare la sua attenzione e non ci erano voluti più di
due secondi perché la ragazza lo notasse e rispondesse al saluto.
- Non intendevo questo, comunque se ci tieni a rinfacciarmi
alla prima occasione…-
Dominic aveva interrotto subito Shannyn, di quello che
aveva da dirgli proprio non gli interessava.
- Scusami, ma ho da fare.- gli aveva detto interrompendola
mentre sorrideva di rimando a Grace.
Shannyn aveva ribattuto, ma lui non l’aveva sentita dato
che velocemente era andato in direzione di Grace. Quando si era ritrovato
davanti a lei l’aveva salutata affettuosamente.
- Sono contento che ce l’hai fatta, da quant’è che sei
qui?- le aveva chiesto.
- Sono riuscita ad entrare da dieci minuti, c’era una fila
spaventosa fuori. Ti ho anche visto arrivare.- gli aveva detto.
- Perché non mi hai chiamato, potevamo entrare insieme. Con
chi sei?- le aveva chiesto chiedendosi perché gli sembrava sola.
Grace aveva sorriso, pensando al rifiuto netto delle sue
amiche di portarla in un posto simile.
- Lì per lì non ho voluto disturbarti, e forse ho fatto
bene… chi è quella, se non faccio una domanda indiscreta?- gli aveva chiesto
guardando verso Shannyn che era rimasta più o meno lì dove Dominic l’aveva
lasciata con un palmo di naso e continuava a buttare lo sguardo verso di loro.
- Nessuno in particolare, una che conosco.- aveva risposto
lui che proprio non aveva nessuna intenzione di starci ancora a pensare.
- Sembrava piuttosto scocciata prima.- Aveva osservato la
ragazza, per poi continuare: - Per quanto riguarda le mie amiche non ci sono…
all’ultimo momento hanno deciso di non uscire, ma a me non andava di restare a
casa il venerdì sera così ho provato a venire qua dato che mi avevi detto che
venivi anche tu.-
Dominic le aveva sorriso semplicemente, era contento che
l’avesse fatto, anche più del dovuto.
Quando era tornato al tavolo con Grace, Jessie gli aveva
rivolto un’occhiata leggermente stupita. Era sparito con Shannyn e tornava con
quest’altra ragazza. Tanto male le cose non erano andate insomma, gli aveva
sorriso quasi complice, sorriso che lui aveva ricambiato.
L’aveva presentata quindi si erano seduti, Grace per un po’
era rimasta silenziosa, pensando al fatto che per il momento quella serata stava
andando bene, anche se s’imponeva di non fare altri progetti.
Le sue amiche in verità erano andate da un’altra parte, ma
lei aveva deciso che non poteva perdersi quell’occasione. Di certo non era come
se Dominic le avesse chiesto di uscire, ma ci era andato molto vicino, il fatto
che le aveva detto che gli avrebbe fatto piacere se ci fosse stata le aveva
riempito la testa di congetture.
Alla fine si era decisa a mettere da parte il grido del suo
buon senso e ad accettare il fatto che lui le piaceva e non ci poteva fare
proprio niente. Era successo e basta, non aveva potuto combatterlo e adesso che
era libera da preconcetti perché non tentare? Forse, per uno strano caso del
destino, era probabile che anche lei almeno un po’ gli piacesse dato che era
sempre carino nei suoi confronti, quindi tanto valeva buttarsi.
Seduta a quel tavolo non aveva molto da dire, ascoltava
distrattamente i discorsi di Dominic e dei suoi amici, godendosi semplicemente
il fatto che era lì, che il suo piano era andato tutto sommato bene.
- Allora Grace, tu cosa fai nella vita?- le aveva chiesto
Jessie.
Si era scossa per un momento, aspettando un paio di secondi
prima di rispondere. - Studio, ma ho quasi finito. Mi sto laureando in pedagogia
e scienze dell’infanzia, fra un mese e mezzo discuto la tesi.- aveva risposto
gentilmente, introducendosi così nei loro discorsi.
Si era anche divertita quando era riuscita a scambiare
qualche chiacchiera, sembravano tutti gentili e affabili, per di più Dominic era
sembrato ancora più incline al dialogo quando anche lei si era introdotta. Le
avevano chiesto di cosa trattasse la sua tesi, così lei aveva spiegato
brevemente di cosa si fosse occupata cercando di non dare l’idea di
monopolizzare il discorso su di lei.
Quando Dominic le aveva proposto di andare a bere qualcosa
aveva accettato e si erano alzati insieme, raggiungendo subito il bancone del
bar e mettendosi a chiacchierare.
- Ora ho capito perché l’altro giorno Owen riusciva a
scrivere sul tuo portatile.- aveva osservato Dominic sorridendole, riferendosi a
quello che lei aveva precedentemente detto sulla sua tesi.
- Owen è particolarmente sveglio, ma è così spesso. Sono le
capacità manuali che un bambino non riesce a sviluppare al meglio prima dei
cinque, sei anni di età, in genere poi ci vogliono anni perché si acquisti una
buona manualità, non mancano le capacità mentali. Ci sono studi approfonditi
sulla faccenda.-
Mentre stavano l’uno di fronte all’altro al bancone del
bar, avevano messo loro davanti i cocktail che avevano ordinato. Non avevano
nessuna voglia di tornare al tavolo, così erano rimasti a sorseggiarli lì,
mentre Grace rispondeva a qualche domanda di Dominic al quale piaceva molto
quell’argomento, anche se doveva ammettere che soprattutto gli piaceva stare con
Grace. Stava flirtando spudoratamente con lei, anche se non voleva certo
spingersi a fare altro, non gli sembrava corretto
Nel frattempo però non aveva potuto evitare di notare che
Shannyn era seduta ad un tavolo non troppo lontano e cercava senza farsi notare
di osservarli, sembrava piuttosto scocciata, questo forse aveva accentuato la
sua voglia di flirtare con Grace.
- Scusa, ti sto facendo parlare di cose di studio di
venerdì sera, sono pessimo!- aveva osservato.
- T’immagini, non mi dispiace parlarne con te. Anche a me
fa piacere essere qui e non a casa, ma con un altro non sarebbe certo stato lo
stesso, vorrei che lo sapessi.- aveva azzardato Grace.
Dominic aveva recepito fin troppo bene il messaggio.
In fondo Jessie aveva proprio ragione. Si doveva divertire,
doveva stare più allegro possibile ed era inutile che facesse tanto il
superiore, il fatto che Shannyn sembrasse scocciata da quello che aveva davanti
agli occhi un po’ gli faceva piacere.
Aveva sorriso a Grace che gli stava di fronte a pochi
centimetri di distanza e gli sorrideva a sua volta. Quella ragazza era davvero
carina, in quel momento non avrebbe voluto fare altro che baciarla anche se
sapeva di non poterlo fare.
Improvvisamente però si era soffermato su quel particolare.
Non lo poteva fare. Ma perché? Cosa gli impediva di farlo?
Grace sembrava interessata a lui, per la verità lo era sembrata già prima di
quella sera, quello era uno di quei momenti dall’atmosfera quasi magica che non
capitano tanto spesso: cosa stava aspettando, che svanisse tutto?
Senza distogliere lo sguardo dal suo aveva appoggiato il
bicchiere sul bancone del bar, gli era bastato allungare appena la mano destra
verso il suo fianco, gliel’aveva appoggiata dapprima leggermente a ridosso di
quel centimetro di pelle che era rimasto scoperto tra la gonna che portava e la
maglia senza maniche che aveva sopra, accarezzandola leggermente con il pollice.
Si era sporto verso di lei, anche se non ce n’era stato
nessun bisogno dato che Grace non aveva aspettato che fosse lui ad attirarla
verso di sé, si era avvicinata appoggiandosi contro di lui e facilitandogli il
compito di accostare le labbra sulle sue.
Mentre quel bacio andava avanti Grace si era davvero
chiesta se non stesse sognando. Era del tutto impossibile che stesse finalmente
baciando Dominic, eppure era quello che stava accadendo, aveva la sua lingua in
bocca ed era un bacio piuttosto bello e intenso. Quando si erano staccati per un
momento Grace dapprima gli aveva sorriso, poi, come aveva desiderato fare
diverse volte, aveva appoggiato il naso sull’incavo tra il collo e la spalla di
Dominic, mentre lui le passava le braccia dietro alla schiena andando ad
appoggiarle una mano sulla nuca. Gli aveva dato un bacio ed era rimasta ferma a
godersi il momento.
Quello che lei non poteva sapere era il fatto che Dominic
fosse perfettamente cosciente che Shannyn aveva continuato più o meno
velatamente a guardarli. Anzi, dopo quel bacio, mentre Grace si era appoggiata
contro la sua spalla, si erano guardati finalmente senza fingere di non star
facendolo.
Dominic infondo non sapeva nemmeno perché, non avrebbe
dovuto interessargli e se aveva baciato Grace era perché gli era andato di
farlo, non certo perché Shannyn gli teneva gli occhi addosso.
Solo che in quel momento non riusciva a staccare gli occhi
da lei.
Grace si era distaccata nuovamente da lui, ma assorto
com’era non l’aveva notato, mentre la ragazza invece aveva visto immediatamente
il suo sguardo, girandosi per vedere dove fosse puntato.
Shannyn aveva distolto lo sguardo da Dominic e aveva
guardato Grace, che improvvisamente aveva intuito tutto. Quella tipa proprio
nessuno, come lui le aveva detto prima, non doveva essere.
Si era sentita improvvisamente presa in giro, niente di più
che uno specchietto per le allodole.
Aveva guardato Dominic che aveva notato la sua espressione
e si era dispiaciuto, ma ormai il danno era fatto e non poteva rimediare.
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Capitolo 22 *** Salvataggi in extremis! ***
Nuova pagina 1
Buon
venerdì sera!
Torna
Bloody, torna, anch’io t’aspetto!
Potrebbe
suonare come una minaccia pure questa… eh eh eh!
Buon fine
settimana e buona lettura, Mandy
v
Capitolo Ventunesimo - Salvataggi in extremis!
Irene e il bambino quella mattina si erano svegliati poco
dopo le nove. Mentre facevano colazione tutti insieme in cucina Irene aveva
raccontato a Dominic che avrebbero passato la giornata insieme ad Yume e Sakumi
in spiaggia, le due donne ne avrebbero approfittato per stare un po’ insieme
dato che era un bel po’ che non avevano occasione di vedersi se non quando
s’incontravano all’asilo.
Dominic era stato contento che Irene gliel’avesse detto,
non era poi granché come rivelazione, però era già stato un passo avanti
notevole dopo il semi mutismo dei giorni passati.
Mentre Irene si stava preparando per uscire Owen era
rimasto con lui in cucina, dove quella mattina si era messo a rileggere il suo
copione cercando una buona volta di finirlo. Mentre aspettavano che Irene
scendesse, Dominic si era messo Owen seduto sul suo ginocchio destro, il bambino
si era incaponito a voler leggere qualcosa dal suo copione, ma ovviamente per
lui, se non per qualche piccola parola, quello scritto era troppo difficile.
Alla fine si era stufato dato che non ci riusciva.
Quando Irene era tornata gli aveva trovati entrambi che
ridacchiavano, Owen più di Dominic per la verità, dato che Dominic stava
muovendo la gamba su cui era seduto facendogli fare dei piccoli saltelli. Aveva
sorriso vedendo la scena. - Andiamo?- aveva detto al bambino.
- Prima devo fare la pipì.- aveva detto lui mentre Dominic
lo faceva scendere.
Irene aveva fatto per seguirlo, il bambino però si era
voltato verso di lei e aveva detto deciso:
- Ci vado da solo.-
Irene quindi non aveva fatto un passo in più, il suo
sguardo si era incrociato con quello di Dominic che le aveva sorriso. - E’ un
ometto, che credi?- aveva scherzato lui.
Irene gli aveva sorriso, ma non era sembrata non troppo
convinta. Dominic aveva colto quella sfumatura, così si era fatto scappare
quella domanda dopo diversi secondi che stavano in silenzio, anche se in verità
non voleva farla, almeno non in quel momento.
- Che ti ho fatto Irene?-
La donna si era girata verso di lui, quindi aveva scosso
sorpresa la testa.
- Perché mi fai una domanda del genere?- aveva chiesto
quindi.
- Perché mi sembra quasi che fai di tutto per ignorarmi da
qualche giorno a questa parte e ho paura di aver fatto qualcosa di sbagliato.-
Irene aveva aspettato qualche secondo prima di
rispondergli, intanto aveva messo su un’espressione inquieta. - Non sto cercando
di ignorarti, ho troppe cose a cui pensare, davvero.-
Owen intanto silenziosamente era tornato indietro, giusto
in tempo di sentire la risposta di Dominic.
- Allora mi sono sbagliato, dimentica quello che ti ho
detto, scusa.- le aveva risposto sorridendole.
- Che c’è?- aveva chiesto il bambino.
Irene si era girata trovandolo dietro di lei. - Niente,
Dominic mi aveva fatto una domanda.- aveva tagliato corto. - Hai già fatto? Sei
stato velocissimo.-
Owen aveva annuito sorridendo soddisfatto.
Poco dopo erano usciti, Dominic non era per niente convinto
di quello che Irene gli aveva detto però. Per dirla tutta non le credeva
affatto.
Per quella giornata era completamente libero, per il
momento si sarebbe concentrato ancora un po’ sul copione, poi aveva intenzione
di portare Lilly fuori a fare una passeggiata dato che era un po’ che non la
portava a fare un corsetta fuori.
Era stato inevitabile però, ritrovatosi solo, ripensare
alla sera prima e continuare a dispiacersi.
Era stato davvero un bastardo e un cretino, aveva lasciato
che Grace andasse di mezzo a quella piccola bega tra lui e Shannyn. Quello che
lo faceva maggiormente pentire era il fatto che era stata proprio una scemenza,
una ripicchetta idiota. Si stava chiedendo se ne valesse la pena davvero di fare
quello che aveva fatto. Non che di baciare Grace non gli fosse andato,
ripensandoci era stato un gran bel bacio e tutto poteva negare meno il fatto che
Grace lo attraesse molto, ma aveva fatto una stupidaggine a farlo davanti a
Shannyn, come per dimostrarle che lui aveva voltato pagina.
Per prima cosa non doveva dimostrare niente a nessuno,
soprattutto a lei e poi Grace era la baby sitter di Owen, tra tante non poteva
sceglierne una un po’ meno coinvolta nei fatti di casa sua? Ci pensava
soprattutto rapportandolo al pensiero della prossima volta che avrebbe visto
Grace, dato che ciò sarebbe successo relativamente presto.
Le doveva delle scuse gigantesche, questo era sicuro,
sperava solo di non aver combinato un guaio troppo grosso: temeva cose del tipo
una scenata davanti ad Irene, o che si licenziasse improvvisamente.
Ma forse lasciava correre troppo la fantasia e si stava
dando un’importanza che non aveva affatto.
Dopo pranzo aveva passato quasi un’ora davanti alla
televisione, tanto per non mettersi subito in moto dopo aver mangiato, poi aveva
preso il guinzaglio e richiamato il cane che aveva fatto salire in macchina. Si
era diretto alla volta di un parco piuttosto grande, uno che non rimaneva troppo
vicino alla sua zona, ma che non era troppo frequentato.
Era strano per lui, l’aveva sempre considerato uno dei più
belli di Los Angeles per portarci un cane, inoltre aveva un’ampia radura che
faceva al caso suo: Lilly avrebbe potuto divertirsi quanto le pareva e lui
l’avrebbe avuta quasi sempre sott’occhio. Forse il problema è che in quella
città così modaiola quel parco in quel periodo non doveva essere molto in voga,
o forse era semplicemente per il fatto che faceva un caldo terribile alle tre
del pomeriggio lì. Non appena erano arrivati Dominic aveva fatto scendere il
suo cane dall’auto, sempre tenendola al guinzaglio l’aveva condotta verso il
viale alberato. Aveva visto solo una famiglia, i genitori e i due bambini
piccoli che se ne stavano tranquillamente all’ombra degli alberi vicino al
sentiero lungo qualche centinaio di metri che conduceva alla radura.
Non appena era arrivato, dopo aver notato con immensa
soddisfazione che quello spazio era tutto per loro, aveva liberato Lilly e si
era seduto all’ombra. Si era portato il giornale dietro, ma aveva ricominciato a
pensare a Grace quasi subito.
Da una parte era sollevato del fatto che fosse molto
probabile che non l’avrebbe rivista fino a quel lunedì, dall’altra però aveva
anche voglia di chiederle scusa e dato che non era un bambino che non sapeva
prendersi le sue responsabilità. Anzi, quella era sicuramente la cosa che
avrebbe più voluto poter fare. Se avesse avuto un suo recapito telefonico
l’avrebbe contattata immediatamente, ma non aveva niente in mano se non la sua
e-mail, e farle le sue scuse con quel mezzo gli sembrava da vigliacchi.
Certo quella sera poteva chiedere il suo numero di
cellulare ad Irene una volta che sarebbe stata a casa, ma come l’avrebbe
giustificata quella richiesta alla donna?
Quello che gli dispiaceva e che gli dava più da pensare era
che probabilmente lui a Grace doveva piacere un bel po’, lo poteva dedurre dal
modo in cui lei l’aveva guardato non appena aveva messo gli occhi sui suoi dopo
aver visto Shannyn. Era davvero delusa, e lui non era riuscito a dirle niente.
Con una certa sicurezza si era divincolata dal suo
abbraccio, lui nemmeno aveva fatto sulle prime il gesto di seguirla mentre
spariva tra la folla. Aveva guardato Shannyn che aveva un sorrisetto compiaciuto
sulla faccia e lo stava guardando come avrebbe potuto guardare un cretino
qualsiasi. E in fondo aveva ragione.
Aveva provato a cercare Grace subito dopo, era tornato al
tavolo ma da lì la ragazza aveva solo recuperato le sue cose andandosene via
subito. Quando era stato fuori dal locale non era riuscito a trovarla, non aveva
potuto fare altro se non tornare indietro con l’idea di essere proprio uno
scemo.
Anche a Lilly dava piuttosto fastidio il caldo, Dominic
l’aveva dedotto dal fatto che si era limitata ad annusare in giro ma che era
rimasta rigorosamente all’ombra e vicino a lui.
- Non te la fai una corsetta Lilly?- le aveva chiesto,
quasi che lei potesse rispondergli.
In effetti la bestiola l’aveva guardato come se volesse
dirgli fossi scema, fattela te una corsetta con questo caldo, io c’ho anche
la pelliccia!
Dominic le aveva sorriso, Lilly quindi trotterellando gli
era andata vicino prendendolo allegramente a nasate sul collo, poi si era
sdraiata su un fianco accanto a lui per farsi coccolare a dovere.
- Oggi è una giornata da pisolino, ho capito…- gli aveva
detto sdraiandosi pure lui sull’erba e non smettendo di accarezzarla.
Erano rimasti così a pisolare per almeno un’ora buona,
Dominic perdendosi ogni tanto a fissare il cielo azzurro con qualche nuvola
bianca che correva veloce, il cielo s’intravedeva tra i rami dell’albero che
aveva sopra di lui. Era una bella giornata, faceva troppo caldo ma ormai ci era
abituato.
Lilly si era alzata all’improvviso dopo un po’, correndo
verso un albero non molto distante. Dominic si era rimesso pigramente seduto,
poi lentamente si era girato nella direzione del suo cane giusto in tempo per
vedere che si era messa ad abbaiare furiosamente contro un ramo che stava più di
un metro sopra di lei.
Doveva esserci qualche animaletto che aveva attirato la sua
attenzione, così per curiosità si era alzato ed era andato a vedere.
Attorcigliato attorno ad un ramo c’era un serpentello minuscolo.
- Te la prendi con uno così piccino? Via, è un animaletto
come te, lascialo stare!-
Lilly però continuava forsennatamente ad abbaiargli non
badando minimamente al suo commento, a dire la verità sembrava anche preoccupata
e agitata.
A tanti facevano impressione, però in lui i serpenti non
avevano mai destato una particolare repulsione. Non se li sarebbe tenuti in casa
come animali domestici come qualcuno faceva, questo sì, ma nemmeno urlava al
loro cospetto. Non li considerava molto, tutto qui. Per altro, osservando quella
bestiola aveva notato che sembrava una specie di cucciolo ed era sulla schiena
di un bel colore rosso acceso, sembrava carino. Si era allontanato appena
cercando di far calmare il suo cane che continuava ad abbaiare, sembrava quasi
che volesse tenerlo lontano da quell’albero, così l’aveva accontentata
allontanandosi, quando improvvisamente si era ricordato che il suo giardiniere
gli aveva parlato di una vipera che corrispondeva a quella descrizione e che era
molto frequente in California. Il Crotalo Rosso se non ricordava male, un
serpente ovviamente velenoso che arrivava in età adulta anche ad un metro e
ottanta di lunghezza.
Quell’affarino non poteva essere più lungo di cinquanta
centimetri, il che significava che ci aveva visto giusto, doveva essere un
cucciolo, uno di una nidiata di almeno sette o otto cuccioli con almeno la mamma
adulta appresso.
- Lilly andiamo via, sarà meglio!- aveva esclamato
leggermente in apprensione cominciando ad intuire che il suo cane aveva davvero
ragione ad essere spaventata. Le aveva rimesso il guinzaglio e se n’era andato
velocemente verso il sentiero che l’avrebbe riportato fuori dal parco, verso la
sua auto.
Sarebbe arrivato ancora presto a casa, in verità sarebbe
voluto rimanere al parco tutto il pomeriggio. Là da solo si sarebbe annoiato, di
cose divertenti da fare non ne aveva e Irene ed Owen sarebbero stati fuori
almeno fino alle otto di sera come facevano sempre quando andavano in spiaggia.
Tuttavia, quando aveva svoltato nel suo vialetto aveva
avuto una sorpresa.
Aveva subito immaginato che potesse essere lei da lontano,
solo non capiva perché fosse lì e perché stesse fuori dal suo cancello. Aveva
fermato la sua auto e aveva tirato giù il finestrino quando le era passato
accanto, gli aveva sorriso imbarazzato. - Ciao Grace, - gli aveva detto,
- Come mai sei qui?-
- Me ne stavo andando.- aveva detto lei, quasi che si fosse
offesa per quella domanda.
Dominic aveva velocemente spento l’auto, mentre le diceva
ferma, non ti muovere! aveva tirato su il freno a mano e si era tolto la
cintura di sicurezza, uscendo velocemente dall’auto e fronteggiandola.
- Sono solo sorpreso, sono contento che sei qui, veramente
avrei voluto parlarti ma non sapevo come rintracciarti, quindi mi va benissimo
che tu sia qui, non volevo offenderti, scusa.- aveva detto tutto d’un fiato e in
modo leggermente ridicolo. Grace non aveva sorriso solo perché non era proprio
in vena.
- Entriamo?- aveva chiesto Dominic.
Grace aveva annuito, quindi, quando lui le aveva fatto
cenno di farlo era salita in macchina, con Lilly che le aveva dato subito il
benvenuto.
Aveva aperto il cancello automatico, quindi aveva aspettato
che la luce gialla smettesse di lampeggiare per entrare. In un momento si era
sentito estremamente teso, non sapeva proprio che fare, ma si stava imponendo a
tutti i costi di essere calmo e di fare quello che era giusto che facesse.
Appena erano entrati in casa Dominic era andato in
soggiorno ad aprire le porte a vetri in modo che Lilly facesse il suo comodo
mentre lui parlava con Grace, sapeva che il suo cane aveva il vizziaccio di
voler entrare ed uscire in continuazione, così si era prevenuto subito.
Grace era rimasta in piedi all’entrata, Dominic le voleva
chiedere di sedersi, ma poi qualcosa l’aveva bloccato nel farlo, quindi l’aveva
raggiunta.
- Eri venuta qui per…-
- Sì, volevo vedere te, ma anche tu volevi dirmi qualcosa,
fallo prima tu, per favore.- gli aveva detto incerta. Lui sicuramente aveva le
idee più chiare.
Di fatto lei non sapeva perché era lì, ci era andata tanto
per provare e perché tenere la mente impegnata in altro per lei era impossibile.
Era partita da casa sua del tutto allo sbaraglio: avrebbero potuto esserci Irene
a casa che certamente si sarebbe fatta delle domande sulla sua presenza, avrebbe
potuto trovare la casa vuota come poi era stato. Ma se anche Dominic ci fosse
stato, che cosa avrebbe potuto fare, dirgli che era arrabbiata? Grace non era
arrabbiata, in verità aveva pensato di esserlo inizialmente, ma poi aveva capito
che era solo molto delusa dal suo comportamento, che ad una prima analisi era
sembrato quello del classico approfittatore. Però non le sembrava il tipo, tutto
lì.
Quando aveva visto che non c’era nessuno in casa era
rimasta seduta qualche minuto sul marciapiede, quindi aveva deciso di andarsene
fino a che non aveva visto la sua auto in fondo alla strada e si era bloccata.
Il fatto che Dominic le avesse subito detto che anche lui voleva parlarle
l’aveva tranquillizzata. Se parlava prima lui, lei aveva del tempo a
disposizione per pensare e agire di conseguenza.
Dominic si era appoggiato le mani sui fianchi, aveva fatto
un respiro profondo e poi aveva parlato come lei gli aveva chiesto di fare.
- Mi dispiace. Ti giuro che non era mia intenzione mancarti
di rispetto, sono davvero rammaricato che ti sia trovata nel mezzo a quello
squallido teatrino.-
- Chi era lei?- aveva chiesto.
- La mia ex. Abbiamo un conto in sospeso, ieri sera mi ha
fatto innervosire perché è venuta da me con la sua solita aria da chi ne sa
sempre una più degli altri e mi sono fatto fregare. So che non è una
giustificazione, ma era la prima volta che mi imbattevo in lei da quando ci
siamo lasciati e non è stato tanto facile come credevo. Solo mi dispiace ci sia
andata di mezzo proprio tu.-
Grace aveva guardato per terra, avvalorando tutte le tesi
che aveva fatto, sul fatto che lui, anche se probabilmente non con cattiveria,
l’aveva comunque usata come uno specchietto per le allodole.
- Ho capito.- aveva commentato, sempre guardando sconsolata
per terra.
Dominic aveva intuito che c’era rimasta malissimo, così si
era affrettato a dirle una cosa che comunque ci teneva che lei sapesse.
- Non è che ho fatto quella cosa ieri sera per via di
Shannyn, per lo meno non è partita da quello. Ammetto di averci scioccamente
provato gusto nel sapere che ci ha visti e che sembrava seccata, lo so che è
infantile e che non ne esco molto bene, ma se ti ho baciata è stato perché mi
andava di farlo… insomma, è che non avrei dovuto affatto perché tu sei la baby
sitter di Owen e… ho incasinato tutto, davvero mi dispiace.-
Grace aveva alzato leggermente lo sguardo, per la verità
non aveva capito molto di quel discorso, se non una cosa. Se l’aveva baciata non
era stato per la sua ex ma perché gli andava. C’era qualcosa che le sfuggiva,
era stato così che poi dopo qualche secondo gli aveva fatto quella domanda.
- Dominic, ma io almeno un po’ ti piaccio?-
Ma che razza di domanda era quella, si era chiesto
perplesso Dominic. Se gliel’aveva appena detto che gli piaceva! E poi non era
quello il punto. Comunque un po’ imbarazzato di doverglielo dire direttamente si
era accinto a risponderle sinceramente.
- Per la verità molto di più di un po’. Direi che mi sento
molto attratto da te…- aveva detto piano, ma senza dimostrare grande incertezza.
L’aveva semplicemente guardata e gliel’aveva detto.
Grace aveva alzato lo sguardo e l’aveva guardato come se
quello che aveva detto fosse al di sopra di ogni senso logico, per lo meno
quello era il modo in cui l’aveva interpretato lui.
Stava per dirle che però non importava perché quello non
era il punto, il punto era che si era comportato male e che non avrebbe
assolutamente dovuto fare niente di quello che aveva fatto la notte prima. Solo
che non aveva avuto proprio il tempo di farlo perché Grace senza aspettare oltre
gli aveva stretto le braccia al collo e l’aveva baciato senza che proprio lui se
l’aspettasse.
Per qualche secondo Dominic era rimasto fermo, incapace di
fare niente, poi per fortuna la lucidità aveva ripreso il sopravvento ed era
riuscito a prendere con entrambe le mani le spalle di Grace e a staccarsela di
dosso.
- Aspetta un momento!- le aveva detto stordito.
Grace l’aveva guardato con apprensione. - Che c’è che non
va? Hai detto che ti piaccio.-
- Sì, l’ho detto ed è vero, non sai quanto sia vero, e mi
piacerebbe farlo, ma non possiamo…-
La ragazza l’aveva guardato per la prima volta da quando si
conoscevano con una certa sicurezza, la cosa l’aveva spiazzato del tutto e
l’aveva messo una volta per tutte a tacere.
- Insomma Dominic, sono la baby sitter di Owen, non la
tua!- aveva osservato guardandolo seria.
Cosa ancora più spiazzante è che aveva perfettamente
ragione.
Dominic tuttavia aveva sorriso, quell’affermazione aveva un
che di involontariamente comico, solo che quando Grace in un impeto di sicurezza
di cui Dominic non l’avrebbe creduta capace fino a quel momento era tornata a
baciarlo, aveva lasciato che lo facesse partecipando attivamente alla cosa.
Si era reso conto alla fine di averla fatta meno peggio di
quello che credeva. Sulle prime infatti aveva creduto di trovarsi a fare i conti
con una ragazza se non proprio innamorata almeno infatuata di lui, ma aveva
sbagliato. Grace era semplicemente attratta da lui, la sera prima probabilmente
si era solamente sentita ferita nell’orgoglio. Del resto non poteva nemmeno
biasimarla, anche lui si sarebbe offeso al suo posto.
Avevano cominciato a baciarsi con una certa foga,
disordinatamente, la cosa stava risultando leggermente goffa, ma non sembrava un
particolare importante per nessuno dei due. Grace portava una canottierina rosa
leggera che al tatto gli era sembrata di cotone elasticizzato con sopra una
camicetta aperta sul davanti, a Dominic era subito sembrata inutile dato il
caldo che faceva, in ogni modo era stata la prima cosa che era volata via in
quella specie di match improvvisato che stava avendo luogo davanti alla porta di
casa sua, immediatamente seguita dalla sua gonna di jeans che Grace aveva
lasciato scivolare ai suoi piedi e che aveva messo in evidenza le mutandine
dello stesso colore della canottiera. Dominic si era chiesto se fosse
semplicemente il caso anche se era strano che lo fosse.
Non sapeva bene perché si erano ritrovati sdraiati sul
tappeto davanti all’ingresso, avrebbero potuto anche andare in un posto più
comodo, se colti improvvisamente dalla passione non ce la facevano ad arrivare
al piano di sopra nella sua stanza, a pochi passi c’era comunque il divano del
soggiorno, ma forse era più caratteristico così. Dominic aveva pensato che se
Grace era contenta per lui andava benissimo. Anzi, doveva ammettere che lo
trovava un diversivo estremamente divertente e accattivante.
Grace si era messa a cavalcioni su di lui, stava cercando
di baciarlo e di sbottonargli i pantaloni nello stesso momento, ma non era
un’operazione facile, alla fine aveva optato per staccarsi da lui e cercare di
fare una cosa per volta. Gli aveva sorriso e si era concentrata sui suoi
pantaloni, che poi aveva preteso di togliergli senza però pensare alle scarpe.
- Aspetta!- le aveva detto Dominic mettendosi seduto e
tirandosi nuovamente su i jeans, quel tanto che bastava per potersi togliere le
scarpe. - Hai fretta?- le aveva detto scherzando, Grace gli aveva sorriso,
dandogli per l’appunto appena il tempo di togliersi le scarpe, quindi aveva
finalmente potuto togliergli gli odiati jeans e salirgli nuovamente addosso.
Lo slancio di Grace lo divertiva, non poteva negarlo, solo
che avrebbe voluto fare le cose ad un ritmo più umano già che comunque lo
stavano facendo sul tappeto all’ingresso e questo gli sembrava abbastanza strano
di per sé. Si era tirato su con la schiena facendo in modo che Grace si
staccasse da lui per un momento e gli lasciasse fare qualcosa, oltre allo spazio
per respirare, dato che a momenti non considerava nemmeno quello presa com’era.
Aveva fatto in modo che si sedesse sul tappeto tra le sue gambe, Grace gli aveva
stretto le sue intorno alla vita riavvicinandosi un bel po’, ma fino a questo
Dominic ci stava. Tenendole premuta in una specie di massaggio la mano sinistra
sull’incavo tra il collo e la spalla, si era dedicato all’altro lato dandole dei
piccoli baci intervallati a dei guizzi della sua lingua che sembrava le
piacessero, con la mano destra le stava toccando un seno da sopra la stoffa
leggerissima della canottiera. Non si poteva dire che avesse un seno molto
grande, però a Dominic era piaciuto subito, al tatto poi era decisamente
appagante. Si era fermato solo un momento appoggiandole la fronte sulla spalla
per guardarle quel meraviglioso piercing che aveva notato e decisamente ammirato
già altre volte. - E’ fantastico…- aveva commentato, Grace aveva ridacchiato
appena, soddisfatta, ma non aveva certamente capito di cosa lui stesse parlando
dato che non poteva vedere dove stesse guardando.
L’aveva presa di peso, sollevandola appena quanto bastava
perché riuscisse a farla sdraiare nella posizione in cui lui era prima. L’aveva
baciata lui quella volta, poi era sceso a baciarle il collo, con l’intenzione di
scendere gradualmente e finalmente scoprire come poteva essere passarle la
lingua sull’ombellico, dato che ci aveva fantasticato svariate volte in quei
giorni precedenti.
In tutto quello però Grace non era certo rimasta ferma,
forse ne era completamente incapace in quel frangente. Si agitava e muoveva
freneticamente ma in modo sicuramente appagante le mani su di lui, non parlava
ma non stava nemmeno in silenzio. A Dominic piaceva il fatto che sebbene non
avesse detto più una parola gli stesse facendo chiaramente intuire che gli
piaceva come si stava muovendo su di lei, e poi era così spontanea nelle sue
manifestazioni che non poteva non piacergli.
Proprio mentre era finalmente arrivato a quel fantastico
ombellico e stava per far diventare la fantasia solo un ricordo, Grace aveva
aperto la bocca per articolare qualche parola di senso compiuto.
- Dominic…- l’aveva chiamato, ma a lui era sembrato più una
specie di grido estatico più che un richiamo vero e proprio e aveva continuato
nel suo passatempo.
- Dominic…-
Alla seconda aveva alzato la testa verso di lei,
chiedendosi cosa ci fosse di tanto importante da distrarlo da quel beato
compito. Non appena aveva alzato la testa aveva scorto Lilly dietro di loro che,
facendo capolino con tutte le zampe anteriori dal divano e dimenando la coda
della quale si riusciva a scorgere solo il pezzettino che l’altezza del divano
non riusciva a nascondere, li stava guardano con la testa inclinata da una parte
di quando vedeva le cose per la prima volta e ne rimaneva incuriosita. Non
appena Dominic l’aveva guardata aveva abbaiato, cominciando a dimenare la coda
più velocemente.
La magia era finita, Dominic non aveva potuto proprio fare
a meno di mettersi fragorosamente a ridere al pensiero che stava per fare sesso
con la baby sitter di Owen sul tappeto dell’ingresso con tanto di cane che li
guardava, probabilmente interrogandosi su come si giocasse quel gioco a lei per
il momento sconosciuto.
Grace era rimasta sdraiata, anche lei ridendo divertita,
lui invece si era seduto accanto a lei non riuscendo a smettere di ridere. Lilly
poi si era avvicinata, sancendo una volta per tutte la fine di quell’impeto di
passione pomeridiano che li aveva colti.
Si stava gradualmente calmando, lui come Grace. Avrebbe
voluto dirle che forse era meglio così, che era meglio che non avessero concluso
un bel niente, ma non ne aveva avuto il tempo dato che era successa subito
un’altra cosa.
Lilly improvvisamente si era avvicinata alla porta e aveva
cominciato a guaire e a raspare, e Dominic sapeva benissimo cosa
quell’atteggiamento significasse.
Qualcuno era alla porta!
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Capitolo 23 *** Paure ***
Nuova pagina 1
Buon
inizio di settimana a tutti!
Crazy,
anche a me piacerebbe tirare le orecchie ad orecchiotto, ma per motivi diversi
dai tuoi…
Mh…
cominciare subito la settimana con una porcata dite che è una garanzia? Staremo
a vedere!
Anche se
ho paura che a tirargliele un altro po’ aggraviamo il problema e non mi pare il
caso!
Grazie
mille per i vostri commenti, buona lettura.
Mandy
v
Capitolo Ventiduesimo - Paure
- Porca puttana!- aveva esclamato Dominic in modo
decisamente preoccupato guardando per forse nemmeno un secondo verso la porta
che ancora fortunatamente continuava ad essere chiusa.
Grace si era tirata su con la schiena e l’aveva guardato
allarmata. - Che c’è?- gli aveva chiesto, ma lui non era stato molto ad
ascoltarla, si era tirato su in piedi con uno scatto velocissimo e aveva
cominciato a raccogliere i suoi vestiti e quelli della ragazza sparsi per il
pavimento.
- Dominic…- aveva detto la ragazza, tentando di richiamare
la sua attenzione.
- Irene! Alla porta! Il cane! Lo fa sempre!- aveva
blaterato confusamente lui in risposta, cercando nel più breve tempo possibile
di far capire quali fossero i rischi che stavano correndo.
Grace era rimasta un paio di secondi in silenzio, non
sapeva bene come ma dopo averci pensato aveva capito cosa Dominic stesse
tentando di dirle.
- Cazzo!- aveva esclamato, lui le aveva fatto segno di non
gridare mentre con uno scatto raggiungeva il salotto per sgombrare il campo
dall’ingresso, aveva buttato tutti i loro vestiti sul divano prima di prendere
la sua maglietta che giaceva tra il mucchio rimettendosela al volo.
- Che aspetti?- le aveva chiesto invitandola a
raggiungerlo.
Grace, che era rimasta per un momento come tramortita dalla
notizia, si era alzata di scatto raggiungendolo dietro il divano, afferrando
quindi la sua gonna rimettendosela in fretta, mentre Dominic si stava infilando
i jeans cercando di non perdere l’equilibrio e di non cadere rovinosamente per
terra.
Avevano sentito la chiave girare nella toppa mentre, ormai
troppo tardi, si accorgevano di aver lasciato i sandali di Grace e anche le
scarpe da ginnastica di Dominic lì nel mezzo. In un folle tentativo di rimediare
a quella mancanza Dominic si era precipitato verso il tappeto, aveva afferrato i
sandali di Grace tirandoglieli poi in tutta velocità verso il soggiorno,
tuttavia Irene e il bambino erano entrati proprio mentre lui velocemente metteva
le mani sui fianchi per atteggiarsi come se niente fosse.
- Ciao, ben tornati!- aveva detto loro forse con un
entusiasmo un po’ eccessivo.
Irene lo stava guardando come si guarderebbe uno un po’
fuori di testa.
- Ciao… grazie…- gli aveva risposto, il bambino pure era
entrato ma l’aveva appena salutato, si era messo ad accarezzare Lilly, almeno in
un primo momento.
- Siete stati bene? Siete tornati presto oggi…- aveva
osservato non potendone proprio fare a meno dato che erano appena le sei del
pomeriggio. Intanto si stava chiedendo cosa stesse facendo Grace.
- C’era un gran vento, non si stava per niente bene in
spiaggia, così tanto valeva tornare prima.- aveva spiegato Irene, esaurendo le
domande di Dominic in una volta sola. - Ti saluta tanto Sakumi.-
Dominic aveva sorriso nervosamente. - Ah, che carina…
restituiscile i saluti da parte mia quando la rivedi.- aveva risposto
grattandosi la testa sopra l’orecchio destro.
Sarebbe stato divertente in un altro momento, ma in quello
in particolare quelle due domande partite quasi contemporaneamente ebbero il
potere di far agitare Dominic ancora di più.
Prima era partita Irene, poi dopo un secondo Owen, che si
era concentrato su di lui dopo aver lasciato in pace il cane.
- Ti sei accorto di avere la maglia messa al contrario?-
aveva detto la donna, poi era stato il turno del bambino.
- Perché sei senza scarpe?-
Dominic senza volerlo si era messo a ridere, di una
risatina imbarazzata e nervosa.
- Ops! Ma dove ho la testa, mica me n’ero accorto!- aveva
detto mettendosi una mano sul petto guardandosi la maglietta e pensando che era
un demente quasi completo. Nella fretta quel particolare non l’aveva proprio
notato.
Non aveva risposto alla domanda di Owen, non perché non
volesse farlo, semplicemente perché il bambino era stato attirato da
qualcos’altro evidentemente e si era allontanato. Né Dominic né Irene ci avevano
fatto caso, ma aveva semplicemente seguito Lilly che stava trotterellando per la
casa, in quel momento era andata verso il salotto.
- Dom, seriamente, ma stai bene?- gli aveva chiesto Irene
leggermente preoccupata per lo stato in cui l’aveva trovato. Anche all’aspetto,
al di là della maglia alla rovescia, lo aveva visto strano.
- Sì, certo, tutto apposto.- aveva detto Dominic
sorridendole, giusto in tempo per sentire Owen parlare.
- Ciao Grace!- aveva detto il bambino, salutando la ragazza
che aveva scovato in salotto seguendo il cane. Lei, dopo aver recuperato i suoi
sandali, era rimasta seduta in un angolo pregando che nessuno la vedesse,
aspettando il momento buono per filarsela alla chetichella. Sperava che sarebbe
stato Dominic ad aiutarla e a dirle quando, ma non ne aveva avuto proprio il
tempo evidentemente.
Irene aveva guardato Dominic con uno sguardo leggermente
accusatorio, quindi prontamente aveva raggiunto Owen per vedere se era proprio
quella la Grace che era in salotto, chiedendosi perché Dominic non le avesse
detto che c’era qualcuno in casa. Quando aveva visto Grace aveva capito il
perché.
A differenza di Dominic lei era perfettamente vestita, solo
aveva un po’ il suo stesso aspetto. Spettinata e accaldata, come se avesse fatto
una corsa, poi quando l’aveva vista era diventata ancora più rossa.
In un momento era stato tutto chiaro, aveva interrotto
qualcosa, e non sapeva cosa doveva pensare della faccenda. Intanto aveva
salutato la ragazza, che timidamente aveva risposto al suo saluto, alzandosi
dalla sedia su cui si era messa.
- Ciao Irene!- le aveva detto subito, andandole incontro.
Dominic continuava a grattarsi la testa sopra l’orecchio
destro, Irene l’aveva guardato per un secondo ma senza incontrare il suo
sguardo, dato che lui lo teneva preoccupato fisso a terra.
- Sai, ero passata un attimo perché volevo chiedere una
cosa a Dominic, ma me ne stavo andando.- aveva blaterato completamente nel
pallone, facendo più danni che altro. - Quindi adesso che è tutto apposto posso
andarmene.-
Quindi aveva guardato verso il bambino in salotto, l’aveva
salutato e lui aveva risposto.
- A lunedì Irene… ciao Dominic, grazie mille.- aveva detto
sorridendo e avviandosi alla porta.-
- Di niente…- aveva risposto Dominic, non sapeva nemmeno
lui bene il perché, Grace comunque si era richiusa la porta dietro velocemente e
probabilmente non aveva nemmeno sentito.
- Mamma, posso andare in giardino a giocare? La faccio dopo
la doccia, prima di cena la faccio. Posso? - aveva detto Owen che nel frattempo
si era messo di fronte alla mamma guardandola con gli occhioni da cucciolo con
cui la guardava sempre quando voleva qualcosa, come in quel momento.
Irene gli aveva passato dolcemente una mano sulla testa,
facendogli una carezza. - Va bene, ma solo un’oretta, poi andiamo a lavarci.-
Il bambino aveva sorriso, quindi aveva fatto una corsetta
verso la porta a vetri che dava sul giardino e aveva richiamato Lilly perché lo
seguisse.
Dominic e Irene erano rimasti da soli in piedi davanti al
divano del soggiorno, lui sempre a grattarsi nervosamente la testa e lei che non
sapeva proprio che dirgli.
In fondo avrebbe potuto essere anche un po’ contrariata,
sarebbe stato legittimo, ma mica aveva fatto firmare una clausola a Grace che le
vietava di provarci con Dominic. E nemmeno a lui aveva chiesto di non provarci
con la baby sitter di suo figlio, quindi alla fine dei conti non c’era niente di
male se entrambi si piacevano.
Non sapeva nemmeno lei come e perché, ma era scoppiata a
ridere, ripensandoci quella situazione era davvero comica. Dominic aveva smesso
di grattarsi e l’aveva guardata stupito, anche se poi aveva dovuto accodarsi a
quella risata contagiosa. Era un po’ imbarazzato di essere stato beccato così da
Irene, ma anche sollevato per la sua reazione.
Quando la donna era riuscita a smettere di ridere gli si
era avvicinata e gli aveva dato una pacca sulla spalla. - Senti, tombeur de
femmes… dai un’occhiata tu a mio figlio mentre mi faccio una doccia, se non hai
altre donne nascoste in casa a cui pensare prima?-
Dominic aveva riso nuovamente e aveva annuito, quindi Irene
gli aveva detto grazie e si era avviata al piano superiore.
Non appena era rimasto solo in soggiorno Dominic, sempre
ridacchiando, aveva recuperato le scarpe e i calzini e se li era rimessi, quindi
si era tolto la maglia per metterla per il verso giusto. Dopo essersi dato una
sistemata era andato fuori a giocare un po’ con Owen, cercando di non pensare
alla figuraccia che aveva appena fatto.
***
Dominic non avrebbe saputo spiegarsi esattamente come fosse
potuto accadere, ma quell’episodio aveva in un certo senso rinsaldato il legame
tra lui e Irene.
Era una cosa che non facevano da diversi giorni quella di
sedersi insieme dopo cena sui gradini di cotto davanti alle vetrate del
soggiorno a chiacchierare.
Quando Irene era scesa al piano inferiore dopo aver fatto
addormentare Owen infatti, aveva trovato le vetrate del soggiorno aperte,
sentendo poi chiaramente la voce di Dominic mentre parlava con Lilly con la
quale probabilmente stava giocando.
- Mi fai male!- le aveva detto ridacchiando, - Mi stacchi
il dito se mi mordi così forte!- aveva continuato.
Quando si era avvicinata aveva visto che Dominic stava
cercando di afferrarle il muso per tenerlo stretto tra le mani, un giochetto a
cui gli aveva già visti giocare altre volte in precedenza. Ovviamente Lilly
cercava di difendersi dai suoi attacchi sferrando morsetti in qua e in là, ogni
tanto lo prendeva.
Si era avvicinata e si era seduta con loro proprio nel
momento in cui il cane stava vincendo in quel giochetto e Dominic quindi aveva
fatto marcia indietro.
- Buona, buona, basta, hai vinto tu!- le aveva detto, cosa
che aveva fatto cambiare immediatamente atteggiamento alla cagnolina, che era
passata al contrattacco affettuoso e stava cercando di leccarlo, tentativo che
aveva avuto successo quando era riuscita ad atterrare Dominic di schiena
salendogli sulle spalle con le zampe anteriori mentre lui non si aspettava
quella mossa.
Mentre non poteva fare a meno di ridere per la situazione,
Dominic se l’era tolta di dosso, per poi lamentarsi. - Ecco, ora che mi hai
sbavato tutto sei soddisfatta?- le aveva chiesto tra il serio e il faceto.
Guardando lo sguardo vispo di Lilly e la sua coda che veniva dimenata
forsennatamente da una parte all’altra aveva aggiunto:- Mi sa proprio che sei
soddisfatta e molto, brutta delinquente!- aveva detto mentre si rimetteva in
piedi. Quindi si era rivolto ad Irene, che sorrideva divertita della scenetta.
- Mi aspetti un momento qui? Vado a darmi una pulita e
torno.- aveva detto mostrandole le mani che erano coperte di leggeri segni rossi
che gli aveva lasciato la lotta con Lilly.
Irene gli aveva semplicemente sorriso mentre annuiva,
pensando nel frattempo che gli doveva qualche spiegazione sul suo strano
comportamento che aveva tenuto negli ultimi tempi.
Era stato così che quando era tornato gli aveva detto che
in effetti aveva ragione lui, che si era accorta anche lei di essersi un po’
chiusa nei suoi confronti ma che proprio non ne aveva potuto fare a meno.
Se da principio era stato per l’imbarazzo di essersi
sentita allo scoperto dopo avergli rivelato quali erano effettivamente i suoi
problemi con Christopher, poi l’aveva colta il disappunto dall’aver appreso che
Dominic, dopo aver parlato con lei, aveva anche fatto una chiacchierata con
Christopher. Era stato l’uomo stesso ad averglielo raccontato al telefono,
quando l’aveva chiamata per dirle che il volo era andato bene e che era arrivato
a casa.
Irene, sapendo perfettamente quale fosse la versione del
suo ormai ex marito, si era sentita quasi tradita, aveva immaginato subito che
Dominic fosse passato dalla parte di Christopher e che lo spalleggiasse anche,
sebbene dovesse ammettere che fossero solo sue supposizioni.
- E’ irrazionale lo so. E’ solo che non mi aspettavo che
Christopher sentisse la necessità di parlarti, insomma, vi conoscete da così
poco tempo e lui è un tipo tanto schivo. Caratterialmente lui ed Owen si
somigliano moltissimo, devi tirar fuori loro le cose con le tenaglie.- aveva
concluso sorridendo.
Dominic aveva messo per un momento lo sguardo a terra, poi
ancora su di lei.
- Christopher è un gran bella persona, questa è
l’impressione che mi ha dato. Un’altra impressione che mi ha dato è esattamente
quello che mi hai detto tu, non è stato facile per lui parlare con me, ma ho
anche avuto la netta sensazione che avesse bisogno di farlo. Non so, di qualcuno
che stesse a sentire la sua versione senza preconcetti in testa, non so se mi
sono spiegato.-
Irene aveva annuito, ma Dominic glielo leggeva in faccia
che non era contenta della sua risposta e non si era stupito più del dovuto di
quello che gli aveva detto dopo.
- Immagino che adesso tu pensi che sono solo una che è
arrabbiata con il marito perché è gelosa e allora sta mettendo su questa enorme
ripicca per colpirlo, vero? Non è così Dominic, non lo è affatto.-
- Io non penso affatto questo Irene!- aveva ribattuto
energicamente Dominic. - Certo non capisco perché sia tanto importante per te
stare qui e voler per forza fare un salto di carriera. Non mi sei mai sembrata
una a cui importavano tanto queste cose, e a sentire Christopher che credo ti
conosca bene, secondo lui nessuno se l’aspettava, ecco. Ma non mi permetterei
mai di pensare certe cose di te.-
Irene aveva taciuto per un momento, poi aveva fatto questa
domanda a Dominic. - Metti il caso che tu sia sposato e abbia un figlio, ti
offrano un ingaggio nel film più bello che ti potrebbe capitare di interpretare,
un’occasione che significa un punto di arrivo e magari guadagnare un sacco di
soldi in più che potrebbero esserti molto utili, ma per farlo devi trasferirti
per lungo tempo dall’altra parte del mondo. Metti anche il caso che in tutto
questo tu stia vivendo un tradimento, metti il caso che la tua vita matrimoniale
stia andando a rotoli. Cosa faresti tu, dimmelo.-
Dominic l’aveva guardata bene. - Suppongo che accetterei,
ma è diverso per me.-
- Perché sei un uomo?- aveva ribattuto Irene immediatamente
e con una certa durezza.
- No, non è questo.- aveva detto subito Dominic in modo
deciso. In quel momento, e solo in quello nell’arco di tutta quella
chiacchierata, era uscito fuori il suo vero stato d’animo di quella serata. - Io
sono solo, lo sono sempre stato da quando vivo qui, non potresti nemmeno intuire
quanto mi senta solo, e non riesco ad immaginare che potrei avere qualcosa per
cui rinunciare al lavoro.-
Irene aveva avuto come la netta sensazione di aver toccato
un brutto tasto, si era pentita di avergli fatto quella domanda. Aveva addolcito
il tono:- Allora senza tanti esempi stupidi, dimmi cosa ne pensi sinceramente di
questa faccenda. Dimmi come sarebbe giusto che mi comportassi secondo te.-
- Non lo so.- le aveva risposto mentendo Dominic. - Queste
sono decisioni che spettano solo a te, se avessi un’opinione non te la direi
perché t’influenzerei, e non ne ho nessuna intenzione.-
Irene non aveva ribattuto, era rimasta per un po’ in
silenzio fino a che non gli aveva sorriso furbetta e lo aveva guardato alzando
le sopracciglia, cosa che aveva sorpreso Dominic, ma data l’espressione della
donna lo aveva anche divertito.
- Non hai più scampo adesso…- aveva cominciato a dirgli,
Dominic continuava a guardarla divertito, ma non capendo dove volesse andare a
parare. Irene comunque si era spiegata dopo.
- Raccontami tutto quello che c’è da sapere su quello che
ho interrotto oggi, conquistatore!- gli aveva chiesto, scatenando una risata
sincera da parte di Dominic che, escludendo quasi del tutto la parte della
storia che riguardava Shannyn, le aveva raccontato di come fossero andate le
cose in quegli ultimi giorni con Grace. Non senza un certo imbarazzo, a dirla
tutta.
Un paio d’ore più tardi, Dominic si stava rigirando nel suo
letto incapace di prendere sonno. Pensare alla chiacchierata che si era fatto
quella sera con Irene gli dava un po’ di pace, ma non gli bastava.
Doveva ammettere di aver finto per quasi tutto il tempo che
aveva passato con lei una tranquillità che non provava affatto, e se fino al
momento in cui si erano dati la buonanotte la scusa del fatto che fosse
imbarazzato era per essere stato colto quasi in flagrante con Grace, in quel
momento non reggeva più.
Ad Irene non era riuscito a dirlo, ma Shannyn gli aveva
telefonato poco prima di cena, Dominic ancora si stava chiedendo per quale
assurdo motivo le aveva risposto.
Quando era squillato il suo telefono era in cucina, stava
seduto al tavolo mentre Owen in un angolo stava disegnando ed Irene, che come
ogni altra volta gli aveva impedito di aiutarla, si era messa a preparare la
cena. Aveva letto il nome che era apparso sul display e non aveva potuto
impedirsi di allontanarsi e di salire al piano superiore infilandosi nella sua
stanza per rispondere. Era stato più forte di lui.
Per dire la verità Shannyn era riuscita addirittura a
stupirlo, gli aveva domandato scusa per il suo comportamento della sera
precedente. Si era dichiarata dispiaciuta per qualsiasi cosa fosse successo con
quella ragazza, ma poi aveva chiesto a Dominic il perché di quello sguardo che
le aveva rivolto.
Non lo so,
era stata la risposta incerta di Dominic, Shannyn tra le righe aveva capito
benissimo che un perché invece ci doveva essere, lei sperava che fosse perché
nonostante tutto non gli era così indifferente come lui si sforzava di farle
credere che fosse.
- Senza che tu possa fraintendermi, voglio sapere come
stai, sul serio.- gli aveva chiesto, cercando di essere rassicurante.
- Te lo ripeto, sto bene.- aveva ribattuto Dominic.
Shannyn aveva mantenuto il silenzio per un po’, non sapeva
cosa dirgli e aveva anche pensato di aver fatto una stupidaggine a telefonargli.
Ormai si era giocata la sua carta, che quello era un addio definitivo l’aveva
capito solo dopo che Dominic, sorprendendola, aveva ricominciato a parlarle.
- Del resto che vuoi che ti dica, che mi sento ferito
nell’orgoglio? Questo puoi immaginartelo da sola, come puoi immaginarti anche
che un piccolo pensiero ogni giorno lo dedico ancora sia a quello che c’è stato
tra noi sia a come è finita. E ti assicuro che fa male, ma non dovrei
raccontarlo proprio a te, non credi? Quindi dimmi cosa vuoi razionalmente che ti
dica, dimmelo tu, perché io non so più come dovrei rispondere a queste tue
domande.-
Anche Dominic si era stupito di averglielo detto, ma non ci
teneva più a giocare a fare la parte di quello che era superiore. Atteggiarsi in
quel modo poteva voler dire commettere altri sbagli, tipo quello che gli aveva
fatto credere che perdersi tra le braccia di Grace o di chiunque altra al posto
suo, Sakumi inclusa, fosse una buona soluzione per dimostrare a se stesso che di
Shannyn non gli importava più niente. Tanto valeva essere spudoratamente
sincero, non ci poteva rimettere in dignità più di quello che ci aveva già
rimesso in quella faccenda.
Shannyn a quelle parole era rimasta del tutto colpita,
nella sua mente non faceva che ripetersi quanto fosse stata stupida, dato che
più andava avanti e più intuiva cosa si era persa a non capire prima.
Si era persa uno che a lei avrebbe potuto tenerci davvero,
che sicuramente aveva visto qualcosa in lei oltre alla sua bellezza e che
probabilmente avrebbe continuato a volerle bene, forse ad amarla. Probabilmente,
questo Shannyn poteva solo supporlo dato che non aveva mai dato l’occasione a
lui di poterglielo dire apertamente, Dominic a lei già teneva molto. Se no non
le avrebbe detto che ripensare a loro gli faceva male.
Faceva male anche a lei pensare al fatto che aveva trattato
Dominic come tanti avevano trattato lei prima di lui ed era dispiaciuta, oltre
che per aver buttato via quello che c’era tra loro, anche per il semplice fatto
di averlo ferito dato che lui proprio non se l’era mai meritato.
Era stato per quello che aveva fatto quella proposta, oltre
che per il fatto che comunque avrebbe tanto voluto avere un’occasione per
dimostrargli che lei non era davvero come lui la credeva.
- Ma perché non ci vediamo qualche volta? Niente di
vincolante, solo andare a bere una cosa insieme, chiacchierare, cose normali.
Quando ti ho visto ieri sera mi sono resa conto di quanto mi sei mancato nelle
ultime due settimane, lo so che magari non t’importa o che non ci credi, ti
capirei.-
Dominic aveva sorriso, ma non di felicità o di
soddisfazione. Era più rassegnazione la sua, un modo per mascherare il fatto che
quella richiesta gli faceva più male che altro. E dire che era fortemente
tentato di dirle che sì, l’avrebbe vista volentieri, ma in un momento di
lucidità insperato durante quella telefonata aveva capito che stava ricadendo
nella solita trappola, purtroppo sapeva benissimo quale fosse. Solo quello era
il motivo che ben probabilmente l’aveva spinto a convincersi che Shannyn era la
donna per lui.
- Dominic… sei lì?- aveva chiesto Shannyn, dopo qualche
secondo di silenzio.
- Sì, ci sono, scusa.- le aveva detto, prendendosi però
qualche altro secondo di tempo prima di risponderle. - Credo che sia meglio di
no, ma grazie per esserti preoccupata per me. Nonostante tutto riesco ad
apprezzarlo, ma francamente non credo proprio di aver bisogno di vederti. Ho
bisogno di starti alla larga se mai, ma non solo da te, non prenderla come una
cosa personale.- le aveva risposto.
- Almeno non del tutto personale.- si era corretto alla
fine, perché una cosa personale lo era eccome in verità.
- Va bene, come vuoi.- gli aveva risposto rassegnata lei,
senza nemmeno azzardarsi a dirgli che, se nel caso avesse cambiato idea, sapeva
dove trovarla. Aveva capito benissimo che non l’avrebbe cambiata.
Quando avevano chiuso la comunicazione Dominic si era
sentito improvvisamente depresso, cosa che in quella giornata non si sarebbe
aspettato che potesse succedergli.
Aveva spento il telefono, l’aveva buttato dietro di lui sul
letto su cui era seduto. Si era messo le mani sulla faccia, appoggiando i gomiti
alle ginocchia, chiedendosi cosa avrebbe dovuto fare in quel momento e cercando
di non farsi prendere dalle sue solite paure. I suoi pensieri erano stati
interrotti quasi subito da qualcuno che era entrato in camera sua senza fare
rumore.
- Che c’è, stai male?- gli aveva chiesto con un tono tra il
curioso e il preoccupato Owen, guardandolo con aria interrogativa.
Dominic si era tolto le mani dal viso e gli aveva sorriso.
- No, tutto bene.- aveva risposto.
- Mamma mi ha detto di chiamarti, è pronta la cena.-
l’aveva informato.
Dominic quindi si era alzato e l’aveva seguito al piano di
sotto, trovando così il modo di non crogiolarsi ancora nello stato d’animo cupo
in cui la telefonata di Shannyn l’aveva lasciato.
Ma era stato temporaneo, era come se quel sentimento fosse
rimasto lì fermo ad aspettarlo riassalendolo immediatamente, quando la sua mente
non aveva avuto altro a cui pensare per difendersi.
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Capitolo 24 *** Quel diverso che non c'è ***
Nuova pagina 1
Buon
martedì sera!
Volevo
segnalare a tutti fortunati che hanno Sky che stasera alle nove sul canale fox
verranno trasmessi entrambi gli episodi pilota di “Lost”, ovvero la serie
televisiva con Orecchiotto che parla di un disastro aereo, dove Monaghan
interpreta il bassista (mai strumento fu più azzeccato per uno della sua
statura… che pezza di merda che sono! Vabbè, mica è Natale che siamo più buoni,
è Pasqua!) di una band in declino carriera, per giunta eroinomane. Personaggio
molto interessante, ve l’assicuro.
Per
quello che mi riguarda, non mi è dispiaciuto nemmeno quello che non riguarda
Orecchiotto/Charlie, direi che merita abbastanza come serie, è decisamente
particolare, quindi se ne siete un po’ incuriositi buona visione!
Come ho
fatto io ad averlo già visto se stasera fanno le prime puntate su Sky? Ehm…
Essendo
io un’Orecchiotto-dipendente, qualcosa per non aspettare i comodi di rai due che
pare lo trasmetterà il prossimo settembre, mi dovevo inventare!
Detto
questo vi auguro buona Pasqua, divertitevi, rilassatevi, fate una bella
scampagnata il giorno di pasquetta e mangiate tanta cioccolata che fa bene
all’umore! Un po’ meno al sedere, ma questi sono solo dettagli!!
Auguro
per prima a me stessa che dal mio uovo spunti una cosa del genere, quindi se
gradite l’articolo lo auguro anche a voi:
http://img163.exs.cx/img163/2659/happyeastereggs1ns.jpg
Ci
rivediamo la settimana prossima!
Buona
lettura, Mandy
v
Capitolo ventitreesimo - Quel diverso che non c’è
Era stato del tutto insolito per Dominic veder rientrare
Irene quel lunedì pomeriggio. Innanzi tutto non erano passate che da poco le
quattro, e poi si aspettava che a riportare Owen a casa dall’asilo quel giorno
sarebbe stata Grace. Anzi, si era tenuto espressamente il pomeriggio libero per
fare in modo di incontrarla.
Per prima cosa, fin da quando si era alzato quella mattina
si era sentito strano, forse per il fatto di aver dormito poco e male in preda a
quei pensieri che l’avevano accompagnato per tutta la notte. Quella riflessione
su se stesso non stava portando a niente di buono e di certo questo non lo
aiutava. In ogni modo, se quel pomeriggio lui non si fosse fatto trovare dopo
quello che era successo con Grace sarebbe stato un po’ come dire che non voleva
chiarire quella situazione con la ragazza. Anche se in verità avrebbe preferito
per davvero non doverlo fare, sapeva che non era proprio il caso. Così era
rimasto a casa sua praticamente a non fare niente, ma si era imposto di esserci
al suo arrivo.
Invece era stata Irene che era rientrata, e non era sola.
In braccio a lei c’era Owen che piangeva forte, sembrava disperato, ma non solo
loro. Anche Sakumi e Yume erano entrate in casa assalite entrambe da Lilly che
si era precipitata a fare gli onori di casa. Anche l’altra bambina ad una prima
occhiata gli aveva dato l’idea di non stare troppo bene, sembrava aver smesso
appena di piangere.
Si era alzato immediatamente dal divano pensando il peggio,
aveva temuto che stessero male.
- Che è successo?- aveva chiesto preoccupato ad Irene, che
continuava a tenersi in braccio Owen che piangeva appoggiato alla sua spalla.
- Ha fatto a botte all’asilo, poi ti spiego meglio.- gli
aveva detto Irene dandogli un chiarimento sommario. Per il momento non era
davvero nelle condizioni di spiegargli, doveva pensare prima a calmare Owen che
sembrava essere agitatissimo. Per di più Dominic aveva intuito che Irene fosse
davvero di cattivo umore.
Frettolosamente si era avviata al piano superiore non prima
di avergli affidato Sakumi e Yume chiedendogli di pensare lui a fare gli onori
di casa, cosa che l’altro aveva fatto senza alcun problema.
Strano, ma non si era sentito imbarazzato affatto di
trovarsi davanti a Sakumi, anche se non la vedeva da quella mattina in cui se
n’era andato da casa sua. Forse era per via di quella situazione strana, oppure
perché c’era anche Yume. Non lo sapeva, era così e basta e a lui andava più che
bene.
Aveva offerto da bere ad entrambe, aveva porto il succo di
frutta alla bambina cercando di farla sorridere, ma lei, sembrando del tutto
intimidita, era rimasta attaccata alla mano di sua mamma senza nemmeno fare il
gesto di prendersi il succo. Dominic l’aveva porto a Sakumi che l’aveva preso
per lei ringraziandolo, quindi le aveva fatte accomodare in soggiorno.
Avrebbe voluto chiedere anche a Sakumi cosa fosse successo,
ma in quel momento si era accorto che anche lei aveva il suo bel da fare con
Yume, così l’aveva lasciata in pace.
Si era trovato stranito in piedi davanti alla sua cucina,
con Lilly che lo guardava sembrando anche lei stranita. I loro sguardi si erano
incontrati, Dominic aveva pensato in quel momento che se la sua cagnolina avesse
avuto il dono della parola gli avrebbe certamente chiesto cosa stesse
succedendo. Lui si era limitato a scuotere la testa facendo un gesto con le mani
come per dirle che non lo sapeva e non poteva aiutarla, quindi la cagnolina si
era distolta da lui ed era andata incontro a Sakumi e Yume in soggiorno. Lui
l’aveva lasciata stare, non credeva che avrebbe certo potuto infastidirle.
Altro da fare non aveva trovato che sedersi nella sua
cucina e aspettare pazientemente che le acque si fossero calmate un po’, certo
che prima o poi qualcuno avrebbe spiegato la situazione anche a lui.
Irene era scesa dopo circa una ventina di minuti. L’aveva
scorto in cucina e gli aveva rivolto un sorriso stanco, poi gli aveva un fatto
cenno che Dominic aveva interpretato come un adesso ti spiego, ma prima
di andare da lui si era diretta da Sakumi e la bambina in soggiorno, dicendo
loro qualcosa che lui non aveva potuto sentire. Quando era tornata finalmente in
cucina si era decisa a spiegargli la faccenda.
- Non so di preciso cosa sia successo, mi hanno chiamata
dall’asilo pregandomi di andare lì e quando sono arrivata ho trovato Sakumi e
un’altra mamma. Credo, almeno è quello che mi hanno detto le insegnanti che
erano presenti, che Owen abbia litigato con un bambino per via di un giocattolo
e che si siano spintonati, solo che io non ci credo. Owen non ha mai fatto a
botte con altri bambini e infatti ha avuto la peggio, vedessi che botta ha preso
in testa. Yume non so come ci è andata di mezzo, ha preso una sonora testata
anche lei, ha un bel bozzo dietro la testa. Owen si rifiuta di dirmi cosa sia
successo, e anche Yume non mi sembra molto propensa a raccontare come sono
andate le cose, ma ho come la netta sensazione che se mio figlio ha davvero
cominciato è perché gli hanno fatto o detto qualcosa. A lui o ad Yume,
s’intende, sai benissimo a che mi riferisco.- aveva detto.
Dominic aveva fatto mente locale a quella volta in cui lui
ed Irene si erano trovati a discutere della faccenda della quale Owen gli aveva
accennato qualcosa, del fatto che Yume all’asilo veniva presa in giro per il
fatto di essere diversa dagli altri bambini.
Irene aveva ricominciato a parlargli subito, senza dargli
il tempo di dire niente. - Comunque in quell’asilo sono solo degli incompetenti,
prima che si accorgessero che si stavano picchiando di santa ragione li hanno
lasciati fare… e io come una scema che mi convinco che posso stare tranquilla,
che mio figlio è all’asilo al sicuro, che stronzi!- aveva esclamato arrabbiata.
- Poi la colpa è sua, perché è un bambino che con gli altri non si inserisce,
che non ha fatto amicizia con nessuno. Quella stupida gallina di una delle sue
maestre mi ha detto che un motivo ci deve pur essere se non s’inserisce e che
forse è venuto fuori oggi… Infatti mio figlio e Yume hanno battuto due sonore
testate per terra e quell’altro non ha nemmeno un graffio addosso, chissà come
mai.- si era interrotta per un momento, aveva sorriso amaramente.
- Lo sai che fino a che non siamo stati fuori dall’asilo
Owen non ha versato nemmeno una lacrima? Ha cominciato in taxi mentre venivamo
qui, pensa. Quando l’ho trovato lì all’asilo stava serio serio con le braccia
incrociate, non ha voluto farsi toccare da nessuno se non da me, nemmeno per
farsi mettere la pomata per i lividi.- Irene aveva smesso di parlare e aveva
appoggiato un gomito al tavolo, per poi appoggiare la testa sulla sua mano.
Dominic si era appena alzato per spostare la sua seggiola
accanto a quella di lei.
- Dai, non ti preoccupare, vedrai che risolverai tutto.
Stai tranquilla.- le aveva detto.
- Sembra facile… Intanto Owen è disopra nascosto sotto il
letto, si rifiuta di uscire e non vuole nemmeno parlare con me. Sono così
arrabbiata che vorrei denunciarli, in questo paese dico che riuscirei ad
estorcere a quell’asilo decine di migliaia di dollari. Diventerebbe un caso
nazionale.- aveva aggiunto sconsolata.
Dominic non aveva idea di cosa fare. Era rimasto qualche
secondo in silenzio, poi aveva pensato a cosa potesse fare nell’immediatezza per
darle una mano.
- Vuoi che provi a farlo uscire di lì?- le aveva chiesto
con calma.
- Ti stavo per chiedere se volevi provarci, credo che ci
riuscirai molto meglio di me.- gli aveva risposto Irene, anche se non sembrava
felice di doverlo fare, Dominic poteva intuire benissimo il perché.
Si era alzato dalla sedia, prima di andare al piano di
sopra però aveva appoggiato gentilmente una mano sulla spalla di Irene, credendo
che quel gesto fosse meglio di qualsiasi parola in quel momento.
Aveva salito velocemente le scale mentre pensava al da
farsi. Arrivato davanti alla porta della stanza di Irene l’aveva aperta piano,
entrando e riaccostandola dietro di lui. Si era chinato verso il basso per
vedere se Owen era sempre rintanato lì sotto, aveva scorto i piedini del bambino
che stava sdraiato per terra senza muoversi. Non sapendo cos’altro fare Dominic
si era sdraiato per terra accanto al letto, per poterlo guardare in faccia.
- Ciao!- gli aveva detto, sortendo però l’effetto di farlo
girare dalla parte opposta rispetto alla sua.
Come inizio non era incoraggiante, ma di certo era poco per
arrendersi. Come se niente fosse si era alzato ed era andato a sdraiarsi
dall’altra parte del letto. Non appena aveva incontrato lo sguardo del bambino
gli aveva fato una linguaccia, Owen però anche quella volta aveva visto bene di
girarsi nuovamente. E Dominic, ancora una volta, si era alzato e aveva ripetuto
il giochetto. Solo che quella volta sul viso di Owen, per un secondo prima che
si girasse, aveva visto qualcosa che somigliava ad un sorriso.
Quel giochino lo divertiva, bene. Per farlo ancora più
divertente e farlo ridere del tutto Dominic aveva dovuto ingegnarsi un attimo.
Aveva deciso di salire sul letto e affacciarsi a testa in giù, aveva messo in
pratica quell’idea completandola con una delle sue migliori boccacce. Il
giochino si era ripetuto fino a che Owen non aveva cominciato a ridere senza più
nascondersi.
Era soddisfatto di sé, questo Dominic non poteva negarlo in
quel momento. Però ancora non aveva finito il suo lavoro, quando era stato certo
che Owen si era tranquillizzato si era nuovamente sdraiato per terra.
Owen vedendolo si era girato come tutte le altre volte,
Dominic quindi aveva allungato una mano fino a raggiungerlo e aveva tentato di
fargli un po’ di solletico.
- Owen…- l’aveva chiamato. - Perché ti sei nascosto lì
sotto?-
Il bambino non dava grandi segni di volerne parlare, ma
Dominic aveva deciso di insistere un po’. Almeno doveva tirarlo fuori da lì
sotto, quindi doveva tentare.
- Non me lo vuoi proprio dire eh?- aveva aspettato qualche
secondo quindi. - Me lo dici almeno che ti è successo all’asilo oggi?-
Owen aveva scosso la testa, questo Dominic anche se il
bambino era girato aveva potuto intuirlo.
- Allora almeno fammi vedere il bernoccolo che hai sulla
testa, io ancora non l’ho visto!- aveva scherzato.
Owen non si era nemmeno mosso, Dominic aveva intuito che
c’era ben poco da fare. Non poteva forzarlo a fare qualcosa che non voleva fare,
così era rimasto in silenzio. Sdraiato sul pavimento della stanza da letto di
Irene, a pancia in giù con il mento appoggiato sul suo braccio destro piegato,
aveva semplicemente aspettato che fosse Owen a fare qualcosa, una cosa
qualsiasi.
Aveva dovuto aspettare un bel po’ però, Owen ci aveva messo
più di qualche minuto a decidersi a voltarsi vinto dalla curiosità di sapere
cosa ci stesse facendo ancora Dominic lì.
Non appena si era voltato l’altro gli aveva fatto un cenno
di saluto con la mano mentre gli sorrideva.
- Ma che ci fai ancora qui se io non ci voglio parlare con
te?- gli aveva chiesto.
Dominic aveva fatto spallucce. - Sto comodo, perché dovrei
andarmene?- gli aveva risposto.
- Ma non è vero che è comodo!- aveva ribattuto il bambino.
- Dici?- aveva detto l’altro tanto per farlo chiacchierare.
- Prima di tutto è duro, e poi il pavimento è freddo.-
aveva osservato Owen.
- E allora perché te ne stai lì sotto se stai pure
scomodo?-
Il bambino non aveva risposto, aveva aspettato un po’ dato
che quello che Dominic aveva detto era davvero una giusta osservazione nella sua
ottica. Solo dopo diversi secondi aveva detto qualcosa.
- Mamma è tanto arrabbiata con me?-
Dominic ci aveva visto un po’ più chiaro finalmente. - No,
mamma non è arrabbiata con te. E’ solo preoccupata che potresti non stare bene e
perché non le hai voluto dire niente.-
- Io non l’ho fatto apposta, davvero.-
- Che cosa?- gli aveva chiesto Dominic serio, ma con un
tono conciliante.
- Martin è sempre prepotente e io mi sono arrabbiato perché
lui se la prende sempre con me e con Yume e ci prende in giro. Io non gliela
volevo dare così forte quella spinta, e comunque lui non si è fatto niente
davanti alla maestra ha fatto solo finta perché così la colpa non era sua. Però
lui a Yume ha fatto male, lei che c’entrava, ero stato io!-
Dominic non ci vedeva tanto chiaro, ma aveva chiesto con
calma spiegazioni ad Owen e il bambino, rimanendo sempre rigorosamente sdraiato
sotto il letto, gliel’aveva date.
La faccenda era più chiara del previsto. Yume stava
giocando con un giocattolo, questo baby bullo era arrivato e gliel’aveva
strappato dalle mani. Owen si era visto la scena e non gli era andata giù, così
gli aveva fatto prima presente che quel gioco per il momento l’aveva preso lei,
al rifiuto di Martin di restituirlo Owen aveva ribattuto, l’altro aveva visto
bene di dare del “brutta gialla” a Yume, così Owen l’aveva spintonato. L’altro
non se l’era fatto ripetere due volte e l’aveva spintonato a sua volta, a quel
punto Owen era caduto rovinosamente per terra e aveva battuto la testa, quindi
Yume si era messa in mezzo e ce n’erano state pure per lei prima che le maestre
accorressero.
Insomma, una bella baby rissa. La parte agghiacciante della
faccenda era che fosse ben probabile che nessuno di quei bambini sapesse
veramente il significato dell’epiteto “giallo” rapportato ad un giapponese. Owen
almeno non lo sapeva, perché lo aveva detto esplicitamente a Dominic.
- La chiama sempre così, ma io mica ho capito perché. Yume
non ha nemmeno i capelli biondi, li ha neri neri, non ha proprio niente di
giallo!-
Dominic aveva represso una risatina, Owen era riuscito a
farlo sorridere pure su una cosa così brutta.
- Ma secondo te perché lui le dice così, ce l’hai un’idea?-
gli aveva chiesto Owen piantandogli in faccia i suoi occhi color nocciola,
mentre lo guardava con quello sguardo profondo e limpido, sinceramente curioso,
quello di quando gli faceva domande alle quali si aspettava delle risposte che
lo soddisfacessero.
Dominic ci aveva pensato un po’, pochissimi secondi durante
i quali si era chiesto onestamente cosa dovesse dirgli. Se avesse potuto
bloccare il tempo e andare a chiedere ad Irene l’avrebbe fatto, ma in quella
situazione, in quel momento, c’era lui lì che doveva dargli quella spiegazione.
Fortunatamente Dominic sapeva che aveva a che fare con un bambino
straordinariamente profondo, che in fondo chiedeva solo che gli fosse detta la
sincera verità. E se la meritava anche.
- Sì, ce l’ho, molto ben precisa.- aveva cominciato a
spiegargli.- Tu ti sei accorto che Yume è un po’ diversa da te, vero?-
- E’ una femmina.- aveva risposto pronto il bambino.
Dominic gli aveva sorriso. Il fatto che tra lui e Yume
fosse quella la prima diversità che vedeva era straordinario. Tutti i bambini lo
erano.
- Sì, questo è vero, ma c’è anche qualcos’altro.-
- Yume ha gli occhi così.- aveva risposto il bambino
tirandosi gli occhi ai lati, assottigliandoseli.
Dominic aveva sorriso vedendoglielo fare. - Sì, giusto. Hai
visto che li ha così anche la sua mamma?-
Owen aveva annuito.
- Li hanno così perché sono di una razza diversa dalla
nostra. E’ come per le persone nere, siamo tutte persone però siamo un po’
diversi fuori. Non so perché, ma gli orientali, le persone maleducate e anche un
po’ ignoranti che vogliono solo offendere li chiamano gialli, ed è una cosa
bruttissima.-
- Questa deve essere una di quelle cose strane che fate voi
adulti, perché siamo tutti diversi comunque. Tu hai gli occhi celesti e i
capelli biondi e mamma invece ha i capelli castani e gli occhi marroni, quindi
anche voi siete diversi, però tu mi hai detto che siete della stessa razza.
Allora tutti dovremmo prenderci in giro, perché tutti siamo diversi. Mi sembra
proprio una scemenza, non siamo affatto diversi. - aveva detto il bambino
confusamente, sembrando decisamente infastidito per ciò che Dominic gli aveva
detto.
L’uomo davanti a lui l’aveva talmente tanto invidiato in
quel momento che per un secondo aveva desiderato tornare nuovamente un bambino.
Come sarebbe stato un mondo fatto di bambini?
Un mondo con nessun pregiudizio probabilmente, perché
Dominic non credeva davvero che l’altro bambino, quel Martin, dicesse quelle
cose con cognizione di causa. Come gli aveva detto Irene qualche tempo prima,
era a casa che gli insegnavano certe bestialità. Lui le ripeteva e basta.
- Ma infatti è giusto quello che tu dici Owen, siamo tutti
uguali, non vuol dire niente se siamo neri o con gli occhi a mandorla, con i
capelli biondi castani, blu o verdi. Però non tutti la pensano come te. Magari
la pensassero tutti come te, ti assicuro che sarebbe tutto più facile e anche
più bello.-
Qui si era fermato, gli sembrava di avergli detto
abbastanza, del resto quella faccenda l’avrebbe capita solo con il tempo, già
quello era troppo per un bambino di quattro anni.
- E’ stupido.- aveva ribattuto Owen.
- Hai ragione, lo è. Ma non ci possiamo fare niente adesso,
specialmente se continuiamo a stare qui sdraiati sul pavimento, ti pare? Se
andassimo giù, che ci sono anche Yume e la sua mamma che sicuramente si stanno
divertendo più di noi?-
Il bambino finalmente aveva annuito, poi lentamente aveva
cominciato a strisciare verso Dominic per uscire da sotto il letto. Quando era
del tutto uscito si era messo seduto accanto a lui, poi gli aveva fatto una
domanda. - Ma sei sicuro che mamma non è arrabbiata con me?-
- Sì, te l’ho detto, non è arrabbiata.- gli aveva detto
subito, però poi aveva aggiunto:- Certo non è che picchiandosi si arriva ad una
soluzione, non è che hai fatto una cosa molto bella.-
Owen aveva abbassato un po’ lo sguardo a terra, vedendo che
ci era rimasto un po’ male Dominic aveva fatto una cosa che sapeva razionalmente
di non dover assolutamente fare, ma gli era proprio scappata. L’aveva guardato
con fare complice, quindi aveva aggiunto ancora:- Detto tra noi, non lo dire
alla tua mamma mi raccomando, quel Martin è solo un prepotente e se gli hai dato
una lezione ben gli sta! Basta solo che non lo rifai mai più. Me lo prometti?-
- Promesso.- aveva detto solennemente Owen che intanto se
la ridacchiava.
- E questo è un segreto nostro, giusto?-
- Sì, è un segreto!-
Dominic gli aveva teso la mano, il bambino gli aveva dato
la sua come a suggellare quel patto che si erano fatti.
Era stato in modo semplice che Dominic, poco meno di una
mezz’ora dopo, aveva raccontato alle donne cosa fosse successo. Da principio,
quando era sceso al piano inferiore con Owen in braccio, l’aveva praticamente
consegnato alla mamma, che aveva a sua volta rassicurato il bambino del fatto
che se era arrabbiata non lo era con lui. Non che il bambino avesse fatto
quell’esplicita domanda, l’aveva tranquillamente potuto intuire dal fatto che
Irene era stata dolce e rassicurante.
Quando Owen e Yume si erano decisi ad andare fuori a
giocare sotto l’ultimo sole della giornata, i tre adulti si erano seduti in
soggiorno prima a sentire cosa Dominic avesse da dire e poi a discutere sul da
farsi. Sakumi non aveva fatto una piega davanti al suo racconto, Irene per altro
non aveva avuto da ridire su niente, nemmeno su quello che riguardava la piccola
spiegazione che lui aveva rivolto al bambino. Razionalmente non ci sarebbe stato
nulla da temere, ma Dominic, non sapeva spiegarsi il perché, era stato un po’
sulle spine.
- Strano che non gliel’abbia detto Yume, lei lo sa cosa
significa, perché io ho dovuto spiegarglielo tempo fa. Forse Owen non gliel’ha
chiesto, o lei ha fatto semplicemente finta di non saperlo, quest’ipotesi mi
preoccupa un po’, non vorrei che si vergognasse, non deve assolutamente.- aveva
commentato Sakumi quando Dominic aveva raccontato alle due donne quel
particolare
Lui si era limitato per tutto il tempo durante il quale le
due donne avevano discusso ad ascoltare, non pensava né di aver niente da dire,
né di poter dire qualcosa: le due donne sapevano molto meglio di lui cosa fare,
così era rimasto diligentemente in silenzio.
Quello su cui Sakumi ed Irene stavano discutendo era
sull’urgenza di far cambiare aria ai loro figli, nel più breve tempo possibile.
Insieme stavano elaborando una specie di piano per cercare un nuovo asilo dove
iscrivere i loro figli, intanto la decisione di non portarli più a quell’asilo
era scontata. Pero non era così semplice. Già per quanto riguardava il giorno
seguente avrebbero avuto qualche problema, più Irene che Sakumi dato che
quest’ultima, essendo una libera professionista, poteva permettersi qualche ora
di libertà in più da dedicare a sua figlia all’occorrenza. La mattina seguente
Irene doveva essere in tribunale, e non poteva certo chiamare il suo ufficio per
dire che non ci andava, non poteva proprio farlo in pratica. In teoria sarebbe
stato un suo diritto, ma si sarebbe inimicata capo e colleghi che avrebbero
dovuto essere costretti a lavorare anche per lei.
Per un momento, e non certo per la prima volta da quando si
era stabilita in America, aveva pensato che in Inghilterra sarebbe stato più
facile. Anche là sarebbe seccato a qualcuno se si fosse assentata dal lavoro, ma
nel suo vecchio ufficio i rapporti che aveva con i suoi colleghi erano ben
altri. Ma per prima cosa a Birmingham c’erano sua madre e Christopher che
avrebbero potuto aiutarla, era anche vero che lì c’era Dominic ma non poteva
chiedere a lui e, forse anche un po’ egoisticamente, non voleva nemmeno. Era
inutile che lo negasse a se stessa, casa sua le mancava anche se faceva finta di
niente, come anche in quel momento aveva fatto, scacciando via la nostalgia in
fretta e con decisione.
- Se vuoi domattina posso passare a prendere Owen e lo
porto con Yume in spiaggia, o da qualche altra parte, poi vedrò. Davvero Irene,
non è un problema. Per il pomeriggio se vuoi, possono stare con la baby sitter
di Yume, l’ho già chiamata perché si occupi di lei. Per i prossimi giorni
vedremo, ci metteremo d’accordo e soprattutto troviamo insieme un’alternativa
valida nel minor tempo possibile, va bene?- aveva proposto Sakumi.
Irene si era sentita imbarazzata nel farlo, ma aveva
accettato perché altro da fare, escluso assumere Grace per mezza giornata almeno
tutti i giorni, cosa che in ogni modo non sarebbe stata possibile, non c’era;
Dominic in verità sarebbe stato anche libero, ma aveva preferito non dirlo
perché non voleva dare ad Irene l’idea di voler essere invasivo. Forse era stato
stupido da parte sua pensarlo, ma aveva paura che Irene si sarebbe innervosita e
non voleva aggravare una situazione già delicata.
L’unica cosa che aveva fatto era stata di invitare a
rimanere a cena Sakumi e sua figlia e mettersi a cucinare impedendo ad Irene per
almeno una volta di aiutarlo.
- Voi avete ben altro a cui pensare adesso, non vi
preoccupate, va bene?- aveva detto alle due donne, per convincerle a non
scomodarsi.
L’unica variante di una delle comuni serate che aveva
passato con Irene ed Owen era stata solo la presenza di Sakumi e Yume, era stata
una serata tranquilla e piacevole, cosa ottimale dopo la giornata burrascosa
appena trascorsa. I due bambini avevano apprezzato il diversivo e soprattutto il
fatto che le rispettive mamme non gli avessero portati a letto presto come al
solito, anche se prima delle dieci entrambi si erano addormentati su una delle
poltrone in soggiorno mentre gli adulti chiacchieravano e ridevano dei alcuni
aneddoti che erano stati raccontati.
Era stato Dominic a riaccompagnare Sakumi a casa non molto
più tardi, nel tragitto in macchina avevano scambiato giusto qualche parola e a
bassa voce dato che Yume stava dormendo.
Dominic per tutta la serata non aveva potuto impedirsi di
pensare a quanto gli piacesse il tipo di persona che era Sakumi. Sembrava essere
fredda ad una prima analisi, forse calcolatrice, ma non lo era affatto. Era una
donna intelligente, lui lo deduceva anche da come si era comportata in quella
situazione. Non aveva mai provato nessun imbarazzo, Sakumi si era comportata in
modo da non fargli provare mai un sentimento simile, cosa che gli stava facendo
desiderare di conoscerla meglio.
Dato che nei prossimi giorni si sarebbero visti spesso
Dominic aveva immaginato che forse l’occasione ci sarebbe stata.
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Capitolo 25 *** Punti di vista ***
Nuova pagina 1
Buon inizio di settimana a
tutti!
Finalmente posso
ricominciare a postare nuovi capitoli, così ho l’occasione di ringraziare quelle
persone che hanno voluto dedicarmi del tempo anche durante le vacanze di Pasqua.
Grazie mille quindi a
Bloody, a Claudietta (dopo la fine di questa ebbene sì, lo confermo
assolutamente, tornano Elena, Jennifer e company! Datemi appena il tempo di
riorganizzarmi e poi le loro vicende saranno tutte per voi!). Un mega grazie
anche a Chu, anche se essendo solo al quarto capitolo ho paura che non leggerà i
ringraziamenti tanto presto, siete state davvero gentilissime tutte quante a
darmi i vostri pareri. Una cosa che mi piace è vedere che avete dei pareri
piuttosto discordanti rispetto a vari personaggi, con il capitolo che segue
spero di darvi una bella dritta rispetto ad uno di questi. Ho paura che forse ci
rimarrete male e un po’ mi dispiace, ma siccome siete tutte ragazze in gamba
penso proprio che non avrete nessuna difficoltà a capire poi nell’arco della
storia i significati che questo episodio ha.
Sono una scassapalle e
parlo troppo, lo so…!!
Vi lascio al capitolo,
buona lettura, Mandy.
v
Capitolo
Ventiquattresimo - Punti di vista
Non appena aveva aperto gli
occhi quella mattina, svegliandosi per il trillo della sua sveglia, Irene aveva
pensato a che brutta giornata le si prospettava davanti. Come al solito, per non
far svegliare anche Owen a quel richiamo, l’aveva spento velocemente e dopo
essere rimasta per pochi secondi immobile, come a voler recuperare le forze, si
era alzata andando prima in bagno e poi al piano inferiore, dove si era
preparata del caffè.
Quella giornata per il
momento era del tutto uguale alle altre: avrebbe preso quel caffè e mangiato
qualcosa, quindi si sarebbe finita di vestire e poi avrebbe pensato a preparare
Owen per uscire. L’unica variante era che invece di portarlo all’asilo lo
avrebbe portato da Sakumi, a casa della quale sarebbe andata poi a riprenderlo
dopo il lavoro quel pomeriggio.
Doveva pensare a telefonare
a Grace per parlarle di quel problema che si era ritrovata ad avere, per
chiederle una maggiore disponibilità e a volte magari per due bambini alla
volta, dato che come avevano deciso di fare con Sakumi, avrebbero unito le forze
per far fronte al problema in cui si erano trovate entrambe. Poi avrebbe dovuto
sentire il suo capo in ufficio per vedere se le sarebbero stati accordati alcuni
mini permessi di cui certamente avrebbe avuto bisogno almeno per quella
settimana. Inoltre doveva assolutamente cominciare a programmare il trasloco,
dato che quella domenica avrebbe potuto finalmente trasferirsi nel suo
appartamento. Dominic ovviamente le aveva offerto il suo aiuto facendole notare
inoltre che poteva fare con calma a traslocare, ma in verità era lei che aveva
fretta di andarsene via da quella casa.
Cominciava a farle paura
quell’attaccamento che Owen stava sviluppando nei confronti di Dominic, si stava
pian piano convincendo che fosse del tutto malsano per il bambino. In verità,
oltre al fatto che lui ci sapeva indubbiamente fare con i bambini, sapeva il
perché del fatto che Owen si stesse così tanto affezionando, l’aveva anche detto
a Dominic quel pomeriggio in cui gli aveva anche confessato cosa stesse davvero
accadendo tra lei e Christopher: sapeva di non essere spesso in uno stato
d’animo sereno, Owen lo percepiva e le stava alla larga.
Questo si era esplicato in
tutte le volte che le era successo in quell’ultimo periodo di sapere delle cose
riguardanti suo figlio da Dominic, perché Owen preferiva dirle a lui, che era
quasi un estraneo, piuttosto che a lei che era sua mamma.
Il giorno prima, quando si
era infilato sotto il letto rifiutandosi del tutto di parlare o farsi vedere da
lei, non era stata in grado di consolarlo. Dominic invece sì: ci aveva messo
nemmeno una mezz’ora a farlo uscire da sotto il letto e a fargli comparire
nuovamente il sorriso sulle labbra e restituirgli un po’ di serenità, era a
Dominic che suo figlio aveva raccontato dettagliatamente cosa gli fosse capitato
all’asilo e sempre a lui era toccato dargli una spiegazione, sebbene molto
ingenua, di cosa fosse il razzismo.
Erano cose a cui lei
avrebbe dovuto pensare, non Dominic.
Dominic non era nessuno nel
mondo di Owen, ma in quel momento probabilmente per il bambino la sua presenza
lì significava più di quella di lei, e questo la faceva stare davvero male, la
faceva sentire inutile ed incapace.
Era assurdo e lo sapeva, ma
Irene non poteva impedirsi di provare anche un po’ di gelosia nei confronti di
quel rapporto, si vergognava di provare un simile sentimento, ma era più forte
di lei crogiolarsi nel pensare che, non appena sarebbe andata via da quella
casa, quella cosa in parte sarebbe finita e che lei avrebbe riacquistato il suo
pieno ruolo di madre. Si vergognava davvero tantissimo perché in verità avrebbe
dovuto essere grata a Dominic per quello che stava facendo per il bambino,
avrebbe dovuto pensare esclusivamente al bene di Owen in quel frangente, non era
importante chi fosse l’artefice della sua tranquillità e del suo benessere.
E poi, nel rapporto stesso
che si era instaurato tra lei e Dominic c’era qualcosa che non le tornava
affatto. Quando per qualche giorno con lui aveva tenuto quell’atteggiamento
sfuggevole, aveva capito che forse lei non era adatta a mantenere un’amicizia
simile a quella che stavano instaurando. Nello smettere di fare le loro
chiacchierate si era sentita protetta: anche se Dominic era quello che parlava
molto di più tra loro, comunque lei gli aveva raccontato svariate cose di se
stessa, anche troppe, considerando soprattutto il fatto che quello che gli aveva
taciuto era ben probabile che lui, essendo un tipo molto intuitivo, fosse
riuscito a capirlo da solo. L’altra sera, prima di sviare con cognizione di
causa la conversazione su quello che era accaduto con Grace, erano ritornati ad
atteggiarsi come facevano prima, e lei si era sentita a disagio, specialmente
quando lui le aveva detto di non avere un’opinione su ciò che lei gli aveva
raccontato. Gli aveva chiesto cosa avrebbe dovuto fare, per se ed il bambino, e
lui le aveva detto che non lo sapeva, aggiungendo che in ogni modo, se anche
l’avesse saputo, non le avrebbe detto niente per non influenzarla.
Era palese che invece
Dominic un’idea ce l’avesse e ben precisa, Irene ne era talmente sicura da
poterci mettere la classica mano sul fuoco, ed era rimasta leggermente
indispettita dall’ipotesi che se Dominic non le aveva voluto dire cosa gli stava
passando per la testa era perché temeva che a lei non sarebbe piaciuto ciò che
aveva da dirle. Era ovvio che probabilmente pensava che lei stesse sbagliando
tutto, che si stava dimostrando una pessima madre e che non pensava affatto al
bene di Owen, ma piuttosto al suo.
Questo era quello che
voleva leggere nel rifiuto a parlare di Dominic, e non poteva sapere quanto si
stava sbagliando nel pensare tutto questo.
Ma dal punto di vista di
Irene non potevano esserci alternative: Dominic come avrebbe potuto pensare
altrimenti? Che ne sapeva di quello che lei aveva passato sulla sua pelle per
tutta la vita per via di suo padre? Forse avrebbe dovuto spiegarglielo, ma
bastava così con le confidenze, Dominic di lei sapeva a quel punto anche troppo
e Irene si sentiva troppo allo scoperto. E poi, anche se in fondo sapeva
benissimo che il giudizio di Dominic le interessava, continuava a ripetersi che
doveva fregarsene di quello che lui poteva pensare di qualsiasi faccenda la
riguardasse.
In parole povere, Irene
aveva una confusione in testa che non sarebbe riuscita facilmente a riordinare,
nella sua mente cozzavano tra loro le tesi più disparate che spesso erano così
in antitesi l’una con l’altra che se se ne fosse potuta rendere conto si sarebbe
giudicata sulla buona strada per la pazzia.
Perché improvvisamente ce
l’aveva tanto con Dominic? Eppure in quel mese non aveva potuto constatare
quanto fosse una bella persona a sufficienza? Non era una persona in grado di
essere cattiva con intento, Irene in fondo sapeva che lui si sarebbe sempre
comportato lealmente con lei e non doveva temerlo, non doveva essere sospettosa
nei suoi confronti, soprattutto non avrebbe dovuto esserne gelosa. E questo non
solo per la storia di Owen, anche per altre cose molto meno belle che lei aveva
intuito facessero parte della sua vita: lui non le esternava abbastanza, ma ogni
tanto gli sfuggiva qualche particolare, su cui lei invece aveva cercato di
riflettere. Aveva capito che Dominic fosse diventato piuttosto insicuro rispetto
a certe faccende, forse aveva preso diverse batoste e si era chiuso, aveva
cercato di farglielo capire più di una volta nelle loro discussioni e questo le
era dispiaciuto, nessuno più di lui si sarebbe meritato quella stabilità emotiva
e sentimentale che Irene aveva intuito essere in quel momento il motivo di gran
parte dei suoi sforzi.
Non voleva essere solo, del
resto chi vuole esserlo. Ma lui forse si stava torturando troppo su quella
faccenda, la prendeva troppo di punta e vedeva problemi gravi dove non c’erano.
Si era distolta da tutti
quei pensieri, un po’ perché non voleva rifletterci e un po’ perché se non si
sbrigava a svegliare Owen avrebbe fatto tardi, e non poteva permetterselo quella
mattina. Di corsa doveva andare da Sakumi e lasciarle suo figlio, poi
altrettanto di corsa doveva recarsi in tribunale.
La sua giornata sarebbe
stata immensamente lunga, faticosa e piena di cattivi pensieri.
***
Al suo risveglio, come quasi sempre accadeva, Dominic aveva
trovato la casa completamente vuota, eccetto per la presenza di Lilly che
scodinzolando si era fatta trovare ai piedi delle scale quando era sceso.
Le aveva dato il buongiorno, erano quasi le dieci ed il suo
primo impegno era presentarsi all’ora di pranzo ad un appuntamento di lavoro.
Era presto, sapendo di potersi gingillare si era seduto sul secondo gradino
della rampa dove aveva fatto un po’ di coccole al suo cane, non molte però
perché la priorità di Lilly in quel momento era di andare velocemente fuori ad
espletare i suoi bisognini. Dominic l’aveva intuito quasi subito e l’aveva
lasciata uscire.
Dopo aver mangiato qualcosa si era fatto subito una doccia,
ben cosciente che dopo quello non avrebbe potuto fare altro per passare il
tempo. Di prendere in mano il copione proprio non aveva nessuna voglia, anche
perché l’aveva finalmente finito e voleva staccarsene per un po’.
Era stato impossibile non pensare a quella situazione che
ancora non aveva chiarito, quella con Grace.
La sera prima aveva quasi avuto voglia di chiedere il suo
numero a Irene, ma poi, un po’ per la situazione in cui si erano ritrovati ma
soprattutto per il fatto che in ogni modo, se anche aveva spiegato cosa fosse
successo tra loro alla donna, era sempre fortemente imbarazzato per essere stato
beccato quasi in flagrante, aveva evitato di farlo.
Si era messo a pensarci mentre era sotto il getto
dell’acqua, le cose da fare effettivamente erano poche: o aspettare di
incontrarla casualmente, ipotesi piuttosto improbabile se non per faccende
riguardanti Owen, oppure cercare di contattarla con i mezzi che aveva.
C’era sempre la sua e-mail, ma gli scocciava usarla a
quello scopo, anche solo per darle un appuntamento. Però sapeva dove abitava.
Improvvisamente gli era venuta una specie di folgorazione e
gli era stato chiaro in testa un piano a cui non aveva pensato prima. Forse in
casa non l’avrebbe trovata, oppure poteva disturbarla, ma se era una ragazza
abbastanza intelligente da capirlo, e secondo lui Grace lo era sicuramente,
avrebbe apprezzato il fatto che era andato lì di persona, senza aver paura delle
sue azioni o mancarle di rispetto. Si era asciugato e vestito in fretta per
uscire, arrivando in pochi minuti davanti a casa di Grace.
Aveva suonato alla porta energicamente, era leggermente
agitato ma credeva di nasconderlo abbastanza bene.
Fino a quel momento non si era interrogato su quella
faccenda, a dire la verità né su quella né su molte altre che la riguardassero,
quando ad aprirgli la porta era stata una signora ad occhio e croce sulla
cinquantina che assomigliava molto a Grace aveva pensato che quella doveva
essere sua madre e che lei evidentemente viveva con i suoi.
- Buongiorno.- aveva detto educatamente alla donna, che gli
aveva sorriso.
- Mi dica.- aveva chiesto l’altra.
- Cercavo Grace. - aveva risposto senza indugi.
- E’ disopra in camera sua, gliela vado a chiamare. - aveva
detto, per poi andare verso le scale, anche se poi si era girata nuovamente
verso di lui. - Mi scusi, lei è…-
- Dominic, Dominic Monaghan.- aveva risposto alla donna che
gli aveva sorriso un’altra volta, senza dare alcuna idea di sapere né chi lui
fosse, né di avere l’impressione di averlo già visto prima. Era subito andata su
per le scale sparendo in pochi secondi dalla sua vista.
Mentre l’aspettava si era soffermato per un po’ ad
osservare l’ambiente che lo circondava, sembrava una tipica casa americana
abitata da medio borghesi, gente benestante tipo quella che era nell’immaginario
comune, forse grazie anche ai telefilm che le varie televisioni mandavano in
onda, che mostravano sempre villette familiari dove la famiglia americana tipo
vive d’amore e d’accordo, il classico telefilm del tipo
questa-dovrebbe-essere-la-tua-vita. In genere era poi molto diversa la
realtà, se si guardava oltre a quell’apparenza quasi perfetta sotto si trovava
una realtà spesso fatta d’ipocrisia, Dominic ci aveva pensato immediatamente, ma
sì impedì di mettere quella casa e i suoi abitanti in un clichet. Per di più
conosceva Grace, e gli era sembrata da subito una ragazza con una certa
intelligenza, una ragazza sensibile e non certo includibile in certe realtà
perfette fuori e marce dentro. Improvvisamente si era chiesto se non volesse
ripensarci, forse Grace per lui avrebbe potuto significare aver trovato una
ragazza giusta. Ma quel pensiero era durato poco, si era imposto di toglierselo
dalla testa: con lei non era giusto. Punto.
La signora che lo aveva accolto sulla porta era stata via
per non più di un minuto, quando era tornata distogliendolo del tutto dalle sue
riflessioni l’aveva invitato a salire.
- Lungo il corridoio, la seconda porta a destra.- aveva
precisato, lui l’aveva ringraziata e si era avviato al piano superiore.
Era leggermente imbarazzato, ma poco importava, lui voleva
solo dirle due parole e poi sarebbe andato via, solo che il suo arrivo in Grace
aveva suscitato ben altri pensieri.
Lei avrebbe voluto contattarlo, ma si era vergognata a
farlo anche se sperava tanto che lui si facesse sentire. Non aveva proprio
capito che per lui la faccenda si era praticamente conclusa lì, pensava solo che
quel contrattempo aveva rimandato il tutto a data da destinarsi. Certo non lì a
casa sua con sua madre di sotto in cucina, per Grace sarebbe stato imbarazzante.
Ma forse, ancor prima di quello, magari avrebbero potuto uscire insieme,
probabilmente anzi lui era lì per chiederle proprio questo. Non si stupiva
nemmeno più del dovuto, infondo tanti avrebbero fatto carte false per uscire con
lei e Grace su questo ci aveva sempre anche molto marciato.
Del resto non è che voleva una relazione con Dominic, le
piaceva ma non lo conosceva abbastanza per dire se avrebbe voluto farci coppia
fissa, quello che stavano per fare l’altro giorno le sarebbe anche bastato. Però
se lui era lì forse era diversa la cosa e improvvisamente Grace aveva pensato
che non fosse una cattiva idea uscire con Dominic, considerando pur sempre chi
fosse aveva più che diritto ad una possibilità. In pochi secondi si era fatta
una specie di film completamente assurdo nella sua testa, aveva pensato
all’invidia delle sue amiche e che finalmente a corteggiarla non era uno dei
soliti universitari noiosi e che pensavano ad una cosa sola, ma uno che avrebbe
potuto cambiarle la vita. Accettare di fare quel lavoro da baby sitter solo
perché era di moda per ragazze come lei dire di avere un lavoretto, sebbene
l’avesse immediatamente considerato non alla sua altezza anche se adorava stare
con i bambini, era stata una vera manna dal cielo.
Sua madre, vedendola così eccitata all’idea che quel tale
fosse lì, le aveva chiesto chi fosse, ma lei si era affrettata a darsi una
guardata alla specchio di camera sua, quindi si era cambiata in fretta dicendo a
sua madre di aspettare qualche secondo lì prima di scendere per darle il tempo
di sistemarsi e poi di farlo salire.
- Non ho tempo di spiegarti, lo faccio dopo, ok?-
La donna aveva fatto come voleva lei, Grace intanto si era
seduta davanti alla sua scrivania fingendo di star studiando esattamente come
aveva fatto fino a pochi minuti prima, quindi aveva teso l’orecchio, sentendo
sua madre che lo invitava a salire.
Dominic era arrivato al corridoio, la porta che la donna
gli aveva indicato era per un pezzo aperta, discretamente aveva bussato
ricevendo l’invito ad entrare di Grace.
- Ciao.- le aveva detto affacciandosi, sorridendole.
Grace aveva pensato guardandolo che in verità gli era
tornata molta voglia di finire quello che avevano cominciato. Lo aveva fatto
entrare e gli aveva detto di sedersi dove preferiva, cosa che Dominic aveva
fatto, prendendo una sedia che stava vicina ai piedi del letto e spostandola non
troppo vicina a quella di Grace.
- Stavi studiando?- le aveva chiesto per rompere il
ghiaccio.
- Devo consegnare la tesi fra un po’, devo farla rilegare
prima, ma trovo sempre nuovi errori…-
- Ah…- aveva commentato Dominic, leggermente perplesso per
quella specie di insicurezza che gli era presa tutt’un tratto. Si era guardato
in giro, anche quella stanza aveva tutta l’aria di essere quella di una ragazza
telefilm-tipo. Si era scosso immediatamente però.
- Senti, in verità se sono qui è per via di quello che è
successo l’altro giorno. Mi dispiace, davvero.-
Dominic immaginava che Grace fosse abbastanza intuitiva da
aver capito a cosa si riferisse, ma la risposta della ragazza gli aveva fatto
capire che si stava ritrovando per le mani una bella gatta da pelare.
- Di cosa ti stai scusando, non ne ha bisogno… Non potevi
certo sapere che sarebbero tornati proprio in quel momento.- gli aveva detto
sorridente.
La situazione era davvero ottima. Le aveva sorriso a sua
volta, poi però aveva fatto dondolare un po’ la testa da un lato guardando per
terra, mentre il suo sorriso diventava una smorfietta di terrore che comunque
Grace gli aveva dato l’idea di non aver affatto notato.
- Le mie scuse in verità non erano per questo.-
Grace aveva cambiato espressione, sembrava incuriosita, se
pure sempre ammiccante. - E allora per cosa?-
Dominic si era grattato la testa sopra l’orecchio, come
faceva sempre quando era nervoso, cercando di trovare le parole adatte. - Ehm…
vedi, è che ho fatto un’idiozia dietro l’altra ultimamente. Fortunatamente ci
siamo interrotti in quel modo, diciamo, particolare l’altro giorno, ma il fatto
è che non avremmo proprio dovuto arrivarci. Mettila così, mi piaci molto ma non
era proprio il caso.-
Grace non aveva molto ben capito. - Sì, siamo stati
avventati, potevamo pensarci prima al fatto che potevamo essere sorpresi, ma la
prossima volta forse andrà meglio.- aveva detto sorridente.
Ecco, adesso come glielo diceva che non ci sarebbe stata
un’altra volta? Aveva sorriso per l’ennesima volta nervosamente, sempre con la
mano destra sulla testa a tocchicciarsi i capelli per mandare via il nervosismo.
- Non è per questo Grace, è che era proprio sbagliato il
gesto in sé.-
- Sì, ho capito, siamo stati avventati.- aveva ribattuto la
ragazza convinta.
Dominic l’aveva guardata bene in faccia chiedendosi se lo
stesse facendo apposta, quindi aveva capito che doveva essere chiaro fino in
fondo, senza possibilità di essere frainteso o quel teatrino c’era il rischio di
trascinarlo ancora a lungo.
- Quello che sto cercando di dirti in verità è che non ci
sarà un’altra occasione.- con questo pensava di essere stato cristallino.
C’era stato qualche secondo di silenzio durante il quale
Grace aveva guardato Dominic leggermente incredula. - Che stai cercando di
dirmi, che improvvisamente non ti piaccio più?- gli aveva chiesto cambiando
ancora un po’ tono, sembrava arrabbiata.
- No, non è questo, te l’ho già detto che mi piaci
moltissimo, ma…-
- Mi stai prendendo in giro?- l’aveva interrotto
decisamente adirata. - No, perché se lo stai facendo poi per cortesia mi spieghi
cosa ci trovi di divertente, perché io non riesco a cogliere l’ironia di questa
faccenda!-
Dominic l’aveva guardata per un secondo senza sapere cosa
risponderle. Quello che gli aveva appena detto era assurdo e da una ragazza come
lei non se lo sarebbe aspettato.
- Ma ironia di cosa scusami? Grace, è proprio perché non ti
voglio prendere in giro che sono venuto a parlarti per dirti le cose come
stanno.-
Grace era stata in silenzio per un secondo, per lei era
stato come uno schiaffo in pieno viso. Lei che era sempre stata corteggiatissima
stava ricevendo un rifiuto piuttosto categorico da uno dei pochi che la
interessavano. Era del tutto inconcepibile che Dominic la stesse rifiutando,
tanti avrebbero fatto carte false per una come lei. Non gli avrebbe mai dato la
soddisfazione di farsi vedere delusa.
- Certo, tu vieni qui, mi fai pensare chissà cosa… guarda
che forse ti dai un po’ troppa importanza, ma chi te lo dice che m’importi
qualcosa di più di te che quello che stavamo per fare? Sei un bel bastardo
montato, non ti ci facevo, giochi a fare tanto la parte del sensibile e invece
non lo sei affatto!-
Dominic si era innervosito, Grace gli aveva proprio fatto
scattare una molla sbagliata. Si dava troppa importanza? Per la verità
nient’affatto, andando lì a parlarle lui voleva solo comportarsi da persona per
bene qual’era, anche se per colpa di quell’accidenti di clichet che gli pendeva
sul capo, quello di celebrità e quindi di poco di buono o di uno da scoparsi per
dire che si era state con un attore, nessuno lo credeva mai una persona per
bene. Grace aveva davvero fatto un errore nel considerarlo come l’aveva
considerato, e lui si era troppo innervosito per fargliela passare liscia.
- Se fossi un bastardo credo proprio che a letto ti ci
avrei già portato da un po’ dato che non sarebbe stato nemmeno tanto difficile,
e per quanto riguarda il darmi importanza, ti dirò che l’impressione che ti
sarebbe bastata una scopata me l’hai data subito ma ho voluto ignorarla pensando
che non fossi una delle solite gatte morte che vogliono scopare e basta con me
perché sono io, francamente ti facevo più intelligente, matura e anche non una
che pensa per luoghi comuni.- aveva detto piuttosto arrabbiato, alzandosi.
- Ti lascio a riflettere su chi di noi ha volutamente dato
all’altro l’idea di non essere chi è. Scusami tanto per averti disturbato ma non
credo di aver nient’altro da dirti o da ascoltare.- le aveva detto prendendo la
porta e andandosene. Se anche Grace avesse avuto qualcosa per cui controbattere
non gli interessava minimamente e non le aveva dato il tempo di dire nemmeno una
parola.
Prima di uscire aveva anche salutato la madre di Grace, più
educatamente possibile anche se riconosceva che non gli fosse riuscito tanto
bene.
In condizioni normali ciò che era successo non sarebbe
significato niente, a dirla tutta, con una così, Dominic aveva pensato che
probabilmente ne avrebbe pure approfittato.
Ma quel colpo in verità non era stato del tutto innocuo,
perché era arrivato in un momento sbagliato, in un momento in cui si stava
facendo delle domande e di certo non era tranquillo. Per di più, anche se non
con le conseguenze di altri suoi rapporti finiti per lui molto peggio, anche
quella volta aveva preso una vera e propria cantonata nell’immaginarsi come
Grace dovesse essere.
Era andato a quegli impegni di lavoro, aveva cercato di
essere tranquillo anche se ovviamente aveva pensato per tutto il giorno a ciò
che era successo.
Tornando a casa per cena l’aveva trovata vuota e si era
intristito, soprattutto nel constatare che Irene quella volta non gli aveva
detto niente, mentre in genere gli faceva sempre sapere se il programma delle
sue giornate avrebbe subito qualche variazione.
Aveva sperato che lei ed Owen sarebbero rientrati presto,
stando con loro sapeva che non si sarebbe potuto sentire triste, ma alla fine si
era ritrovato a passare la serata in compagnia di Lilly, con Irene ed Owen che
con il passare delle ore non si decidevano a tornare.
Si era anche preoccupato di quel grosso ritardo, non era da
loro.
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Capitolo 26 *** Una pulce nell'orecchio ***
Nuova pagina 1
Buon mercoledì sera a e
buona lettura!
Mandy
v
Capitolo
Venticinquesimo - Una pulce nell’orecchio
Ed era proprio esattamente
come l’aveva immaginata appena svegliata che era stata la giornata di Irene:
immensamente lunga, faticosa e piena di cattivi pensieri.
Quando finalmente verso le
sette della sera era andata all’appartamento di Sakumi per andare a prendere
Owen, era così evidentemente stanca ed avvilita che Sakumi aveva preteso che si
fermasse lì per almeno un po’, poi l’aveva anche spinta a fermarsi a cena,
invito che Irene si era ritrovata ad accettare molto volentieri dato che, oltre
al fatto che Owen e Yume stavano tranquillamente giocando ed interromperli era
un peccato, non gli andava poi molto di tornare a casa da Dominic, sull’onda di
quei pensieri che aveva avuto sin da quella mattina. Quella giornata ormai era
andata così, in quel momento era troppo stanca per riflettere razionalmente su
cosa fosse giusto fare o pensare. Aveva rimandato quelle riflessioni al giorno
seguente senza stare troppo a pensarci.
Avevano cenato tutti
insieme, i bambini immediatamente dopo il pasto avevano ripreso i loro giochi
dove li avevano lasciati e le due donne si erano ritrovate per la prima volta
durante quella serata davvero a tu per tu, così finalmente avevano potuto
parlare tra loro di cose che davanti ai bambini preferivano non dire.
La prima cosa che Sakumi
aveva chiesto ad Irene, mentre rassettavano la cucina, era se stesse davvero
bene come le aveva assicurato appena arrivata. Aveva un brutto aspetto, sembrava
stanchissima.
- No, non devi
preoccuparti, sto bene.- l’aveva rassicurata. - Sono solo preoccupata. Per
domani sono riuscita a farmi dare il pomeriggio libero al lavoro, ma ho già
capito che il fatto che sono una madre non mi aiuterà affatto e la cosa mi
avvilisce. Se si fanno problemi a darmi un pomeriggio per cose simili adesso,
non voglio nemmeno pensare che cosa succederà, metti il caso, se Owen si ammala.
Insomma, se gli venisse una di quelle malattie tipiche dei bambini tipo la
varicella, o il morbillo… un'eventualità simile significherebbe che per minimo
un paio di settimane avrò dei seri problemi con il lavoro. Il bello è che per
legge saremmo anche tutelate, se non mi dessero le ore che mi spettano potrei
pure denunciarli, ma intanto in ufficio i colleghi cominciano a non considerarti
affidabile e via dicendo.-
Sakumi aveva annuito. - Non
è il mio caso, ma purtroppo è così. Il mondo del lavoro non è fatto per le donne
sole con figli, le leggi non ci tutelano abbastanza perché non ci riesce di
farle applicare. L’unica mia fortuna è lavorare in un’azienda di famiglia dove
io sono il capo di me stessa. Mi toccano le incombenze peggiori indubbiamente e
sono quella che lavora di più, ma se ho qualche problema so a chi delegare
qualche incombenza. Per il resto, nemmeno su suo padre posso contare - aveva
detto guardando verso sua figlia, - a Jeremy di Yume importa il giusto. Non
perché sia cattivo o non le voglia bene, la ama da morire ma è totalmente
incapace di occuparsi di lei, è solo un immaturo cronico che quando ci siamo
separati ha pensato che finalmente era libero perdersi dietro a qualsiasi
sottana gli capitasse a tiro, del resto non ha fatto altro per tutta la vita
compreso mentre eravamo sposati.- aveva detto poi sorridendo, come a
sdrammatizzare quello che aveva appena detto.
- Trentanove anni e la
vitalità al bassoventre dei venti, cosa che comunque è apprezzabile entro certi
limiti!- aveva continuato scherzando, entrambe le donne avevano riso.
- Se Christopher fosse qui
invece so che potrei contare tranquillamente su di lui, ma come ben sai ci
distanziano nove ore di aereo.- aveva commentato Irene.
Avevano cambiato discorso
immediatamente, ben coscienti che se avessero continuato su quella linea ancora
a lungo sarebbero andate a parare su argomenti del tutto non piacevoli, e in
quella situazione non sembrava il caso d’intristirsi ancora di più a nessuna
delle due.
Irene, all’ora di pranzo,
lasso di tempo che era stato il suo unico momento libero nell’arco di quasi
tutta la giornata, si era messa a fare qualche ricerca per scovare un nuovo
asilo sia per Owen che per Yume. Aveva parlato con qualche sua collega donna che
però non le erano state affatto utili, alla fine era stata una delle segretarie
però a darle fortunatamente un buon consiglio. Le aveva parlato dell’asilo dove
sua figlia, che aveva pochi anni meno di Irene, aveva iscritto da due anni suo
nipote in toni davvero entusiastici. Considerando che non era molto lontano
dall’ufficio, Irene si era detta che tentare non nuoceva. Aveva cercato su
Internet per vedere se era possibile avere qualche notizia, non aveva trovato
proprio un suo sito specifico, ma l’aveva trovato nominato in molti siti che
riguardavano gli asili presenti in quella zona di Los Angeles. Erano dei siti
fatti apposta per dare delle dritte, pieni di consigli ed opinioni di chi ci
aveva già iscritto i figli. Da quello che aveva letto non le sembrava male e
soprattutto le sembrava un po’ meno pretenzioso dell’asilo dove Owen era andato
fino al giorno prima. Aveva stampato quelle pagine con l’intento di farle vedere
a Sakumi e le aveva mostrato quei fogli quando, dopo aver finito di rassettare,
si erano sedute entrambe in soggiorno; lei si era dichiarata d’accordo per il
pomeriggio seguente di andare direttamente a visitarlo e di vedere un po’ come
si mettevano le cose, magari anche con i bambini.
Non era certo l’unica
opzione che avevano intenzione di prendere in considerazione, anche Sakumi aveva
fatto delle ricerche facendo delle proposte: approfittando del pomeriggio libero
di Irene avrebbero fatto qualche ricerca sul campo insieme.
Dopo aver esaurito quel
discorso erano rimaste per un momento comodamente sedute sul divano del
soggiorno immerse nel silenzio, fino a che non era stata Sakumi ad
interromperlo, offrendo qualcosa da bere ad Irene che però aveva rifiutato, date
le sue condizioni in quel momento non le sembrava proprio il caso, data anche la
sua scarsa resistenza, di bere alcolici. Sakumi invece si era presa qualcosa da
bere ed era tornata a sedersi subito dopo. Sorseggiando il drink dal suo
bicchiere aveva continuato a parlare.
- In ogni modo secondo me
tu sei un po’ troppo pessimista. Non mi sembra affatto che tu sia sola qui.-
aveva osservato. Irene l’aveva guardato con su uno sguardo interrogativo.
- Dominic.- aveva spiegato
Sakumi. - Pare che sia davvero disponibile sia con te che con Owen.-
Irene aveva sorriso, le
sembrava quasi che Sakumi avesse letto nella sua mente che molti dei suoi
pensieri di quella giornata erano stati rivolti anche a quell’aspetto che
caratterizzava quel periodo e improvvisamente si era sentita nervosa, pur senza
volerlo dare a vedere.
- Sì, certo, non posso
negarlo. Ma sai, Dominic non è proprio un tipo di persona affidabile e sempre
presente… cioè, non mi fraintendere, è affidabile lui come personalità, ma fa un
lavoro che non ti permette di poter contare su di lui. Mica è uno che va tutti i
giorni in ufficio e fa le sue ore, non sai mai quando c’è e quando non c’è. Ogni
tanto sta fuori giornate intere, o anche la sera tardi. Oppure succede che stia
per giorni interi in casa senza mai uscire. L’unica certezza è il telefono che
squilla in continuazione, ogni tanto anche ad orari strani.-
- E’ un attore famoso, mi
sembra normale. Anzi, potrebbe essere peggio.- aveva osservato Sakumi.
- Sì, chi dice che non lo
è. Al di là di questo comunque non gli imporrei mai di aiutarmi, non ne ho
nessun diritto, capisci? E poi anche il nostro rapporto è quello che è. Tanto
per cominciare è un bel po’ più giovane di me, non lo conosco così bene e poi
erano anche dieci anni che non lo vedevo, insomma, mi capisci quando ti dico che
gli sono affezionata da morire ma non vedo l’ora di trasferirmi?- aveva concluso
sorridendo.
- E’ una vita che vi
conoscete voi due quindi.- aveva osservato ancora una volta Sakumi.
Irene aveva annuito. - Mia
madre e sua madre hanno fatto il liceo insieme, sono amiche da più di
quarant’anni. Quando è nato Dominic mia madre mi fece saltare quasi un mese
intero di scuola per andare in Germania con lei, loro abitavano là quando
Dominic e suo fratello erano piccoli, ci hanno vissuto per parecchi anni. Siamo
state lì per quasi tutto dicembre, comprese le vacanze di Natale, perché Maureen
era completamente sola dato che suo marito lavorava tantissimo a quei tempi.
Doveva occuparsi di Dominic appena nato e di Matt che a quei tempi aveva solo
quattro anni ed era un momento difficile. Io ne avevo otto compiuti da un mese e
mezzo a quei tempi, lui è stato la mia prima cavia per imparare a cambiare i
pannolini!- aveva detto Irene per poi sorridere a quei ricordi. Sakumi anche
aveva sorriso, continuando ad ascoltarla.
- Dominic era un vero
rompiscatole: scambiava il giorno per la notte, piangeva in continuazione, per
anni ho temuto che tutti i neonati fossero com’era lui, per fortuna mio figlio
era anche troppo buono invece. Si fa sentire poco adesso e si faceva sentire
poco anche appena nato, credo che sia la sua personalità.-
- Beata te, Yume era una
strillona di professione. Per fortuna per il suo primo anno di vita stavo in
Giappone da mia madre, io non l’avrei mai potuto reggere da sola quel periodo,
considerando anche il fatto che con Jeremy ci stavamo lasciando.- Sakumi si era
interrotta un attimo facendo una specie di verso per far capire meglio ad Irene
che quel periodo non era stato proprio roseo. - Meno male che è passata…- aveva
concluso, per poi ricominciare a parlarle. - Come mai poi siete stati tanto
tempo senza vedervi?-
Irene aveva alzato le
spalle. - I motivi sono stati tanti in verità. Principalmente c’è stato il fatto
che Dominic se n’è andato di casa e ha lasciato l’università, come era ovvio che
fosse dato che lavorava parecchio. Dapprima era a Londra, poi ha cambiato
proprio continente, quindi non ci sono mai state occasioni. Poi capisci bene che
il nostro rapporto fosse del tutto superficiale, non è che io gli ho mai
telefonato, o che lui l’abbia fatto. Per dieci anni penso che non ci siamo
nemmeno mai pensati. Per lo meno lui sono del tutto convinta che non l’abbia mai
fatto, io un po’ sì, fa uno strano effetto sapere che uno che conosci da una
vita fa l’attore, diventa famoso, ovviamente è una cosa che ti incuriosisce e
poi avevo spesso suo notizie per via di mia madre, andavo a vedere i suoi film…-
si era interrotta per un attimo e aveva sorriso. - Insomma, è strano per me che
sia una celebrità, io me lo ricordo quando era un bambino e faceva i capricci
per delle stupidaggini, me lo ricordo con la sua prima vera ragazza quando aveva
diciott’anni, li vedevi e ti cariavano i denti da quanto erano mielosi e
appiccicosi. - Si era interrotta per un attimo, ridendo. - I ricordi più vividi
però sono di quando aveva sui quindici, sedici anni ed era uno sfigatello
qualsiasi. Ho avuto questo sospetto in quel periodo, ovvero che io gli piacessi,
sai, tipo una di quelle cotte che hanno i ragazzini a quell’età per una più
grande.- aveva commentato sempre sorridendo.
- Davvero aveva una cotta
per te?- aveva chiesto incuriosita e divertita Sakumi.
- Mah, non lo so in verità.
Me lo fece notare mia madre, alla quale l’aveva detto Maureen, ma non è che di
quelle due pettegole ci si possa tanto fidare. Penso che sia colpa mia comunque
se l’hanno pensato. Sai, lui era molto carino con me, i ragazzi di quell’età con
una più grande lo sono in genere. Io gli davo corda perché in fondo mi piaceva
pensare che lui avrebbe potuto essere una specie di fratello minore… ti è mai
venuto in mente di pensare a come sarebbe stato divertente avere un fratello più
piccolo e potergli insegnare ad avere a che fare con le ragazze o cose simili?
L’avrei coccolato troppo fosse stato mio fratello, per fortuna non lo era, però
mi divertivo a pensare che lui e Matt fossero miei fratelli, che quella specie
di famiglia allargata che si veniva a formare in quelle due, tre settimane ogni
estate fosse la mia vera famiglia. Certo Dominic era più piccolo e più facile da
gestire di suo fratello, è sempre stato in un certo senso più dolce, più
orsacchiottone di Matt che invece si faceva molto di più gli affari suoi.-
- Si vede che un fratello
minore non l’hai mai avuto, sai? Hai una visione molto romantica della cosa, io
che ce l’ho avuto ti posso dire che alla fine va a considerarti come se fossi
sua madre e per togliergli di testa che non lo sei e che non ha nessun diritto
di chiederti di esserlo ci vogliono anni!- aveva commentato Sakumi, che aveva
detto quella frase scherzosa per sdrammatizzare il fatto che aveva capito in
quello che Irene gli aveva appena confidato quanto avesse dovuto sentirsi sola
quando era piccola.
- Lo so, me lo dicono in
tanti sai?- aveva risposto Irene sorridendole a sua volta. - Poi lo sai cos’è
strano adesso?- aveva continuato a dire, Sakumi aveva scosso la testa.
- Il fatto che cavolo, è un
uomo! Cioè, io arrivando non riuscivo a figurarmelo così, e poi adesso vedo un
po’ come si comporta, il tipo che è. Fino a poco tempo fa si frequentava anche
con una, una stronzetta con la puzza sotto il naso che ti giuro non l’avrei mai
fatta tipa per lui, infatti poi si è rivelata non esserlo. Comunque ha un certo
successo con le donne, non so se sia per il fatto che è una celebrità, comunque
immagino che aiuti… che ti posso dire, guarda la baby sitter di Owen, te la
ricordi?-
Sakumi aveva trattenuto a
stento una risata, lei di quella cosa ce n’era accorta subito ed era curiosa di
sapere che aveva da raccontarle Irene in proposito. - Certo che mi ricordo di
Grace, mi ricordo anche come lo guardava alla festa di compleanno di Owen.-
aveva commentato.
Irene l’aveva guardata
stupita. - Te n’eri accorta tu?- aveva commentato chiedendoglielo. - Io non mi
ero accorta di niente, cioè, immaginavo che fosse una specie di sua fan, ma non
che gli piacesse né che a lui piacesse lei… non so se dovrei dirtelo, ma tanto
penso che rimarrà tra noi. L’altro giorno tornando dalla spiaggia credo che io
ed Owen gli abbiamo mancati di un secondo mentre stavano facendo… in salotto…
beh… hai capito cosa, vero?- aveva detto leggermente imbarazzata.- Sakumi aveva
riso di gusto.
- Poi in verità Dominic mi
ha spiegato che c’era stata solo una specie di approccio, che ci erano andati
abbastanza vicini ma che, al di là del mio ritorno, era improbabile che
avrebbero davvero fatto qualcosa. Comunque il punto non è questo, è che per me
pensare a Dominic come ad una specie di conquistatore o come ad uno che piace
alle donne è strano.-
- Perché lo vedi come un
bambino, per te non potrebbe mai rappresentare niente sotto quel profilo ed è
normale. Ma io ti posso dire in tutta franchezza, detto da una che lo conosce
com’è ora e non può fare paragoni, che Dominic ha un potenziale erotico davvero
notevole. Non è bello nel senso comune del termine, ma è un uomo estremamente
affascinante, per tantissimi motivi diversi che tu forse non vuoi vedere.-
Irene aveva sgranato gli
occhi e aveva guardato Sakumi come se avesse detto chissà quale nefandezza.
L’altra aveva riso di gusto nel vederle fare quell’espressione.
- Lo capisco che per te è
inconcepibile, ma ti assicuro che non era l’unica Grace che lo guardava in un
certo modo alla festa di compleanno di tuo figlio, e tu non sai ed è più che
evidente che non puoi nemmeno immaginarti quali commenti siano venuti fuori a
volte fuori dal cancello di quell’asilo, tra mamme.-
- Dimmi che stai
scherzando…- aveva commentato allibita Irene.
- No, non sto scherzando
affatto. I più blandi erano sul notare che in televisione o al cinema non rende
bene come dal vivo, ma ho sentito fare anche apprezzamenti più consistenti, tipo
sull’osservazione di certi particolari che stanno in basso.- aveva detto con
un’espressione sul viso che non poteva lasciare dubbi su cosa significasse
l’accezione “basso” in quel discorso. Prima di continuare Sakumi le aveva
sorriso.
- Sai, sono venuti fuori
dei commenti più o meno casti sull’argomento!- aveva aggiunto, per interrompersi
nuovamente ed aspettare che Irene metabolizzasse il tutto.
- Dopo la festa una volta
si è presentato fuori dall’asilo e tu non hai nemmeno l’idea delle donne che gli
hanno sorriso, o buttando la faccia sono addirittura andate a salutarlo, lui
sembrava anche leggermente spaesato perché sono convinta che nemmeno se le
ricordasse tante di loro. In ogni modo Irene, detto chiaro, in tante si
farebbero volentieri portare a letto da Dominic se ne avessero l’occasione, e
non certo solo per la sua celebrità. Te lo ripeto, Dominic è davvero sexy.-
Irene era semplicemente
allibita. Ma com’era possibile che Dominic fosse considerato così da tante? Era
un ragazzino, nemmeno tanto bello poi alla fine dei conti e quelle erano donne
tutte sposate e tutte più grandi di lui e alcune nemmeno di poco.
- Ma… non è possibile, sono
tutte impazzite! Ma poi sono tutte mamme di famiglia sposate, ma che dici!-
aveva detto a Sakumi quasi turbata.
- E che vuol dire? L’essere
sposati non blocca l’impeto di tanti, e poi mica che vuol dire niente se dicono
che se lo farebbero volentieri, insomma, dirlo non significa che gli si faranno
trovare nel letto! Ti ricordi di Jane, la mamma di quella bambina biondissima e
bianchissima di pelle che mangia solo roba macrobiotica e che al compleanno
infatti non ha mangiato nemmeno la torta?-
- Sì, ma…- aveva cominciato
a chiedere Irene che continuava ad essere sempre più allibita ugualmente.
- Lei ha fatto il commento
più divertente il giorno dopo del compleanno. Stavamo parlando di Dominic e ad
un certo punto ha sospirato e ha detto prendetemi pure per una scema, ma io
ad uno così gli ciuccerei anche le sopracciglia, ci ha fatto morire dal
ridere.-
Anche ad Irene era scappata
una risata, un po’ controvoglia ma gli era scappata. - Ti prego basta, non mi
dire più niente, potrei anche svenire!-
- Solo questo allora e poi
smetto: un’altra cosa che ha creato questo clima comunque è stata il fatto che
con i bambini ci sapeva davvero fare, alla festa l’hanno notato tutte e tutte
hanno fatto un commento su questo. Sai, gli uomini che si occupano dei bambini
fanno sempre un certo effetto, non trovi?-
- Può darsi, ma se mi
chiedi di pensarci in riferimento a…-
In quel momento il
cellulare di Irene aveva cominciato a suonare, lei che persa nei loro discorsi
si era come ritrovata in una dimensione parallela era quasi trasalita prima di
decidersi a cercare il suo telefono nella borsa e notare che era Dominic che la
chiamava. Si era sentita terribilmente in imbarazzo nel rispondere.
- Irene, ti disturbo?-
- No Dominic, ciao…-
Sakumi l’aveva subito
guardata sorridendo divertita. Quando si dice “Lupus in fabula”…
- Scusa se ti rompo le
scatole ma sono le undici e ancora non siete a casa, mi sono preoccupato.-
- Sono già le undici?-
aveva chiesto stupita Irene che aveva totalmente perso la cognizione del tempo.
- Passate.- aveva
commentato Dominic.
- Ah… no, è che siamo
rimasti a cena da Sakumi e ci siamo messe un po’ a chiacchierare…-
- No, scusami, non volevo
interromperti e non mi devi spiegazioni t’immagini, mi sono solo un po’
preoccupato perché non è mai successo, scusami ancora. Allora ci vediamo più
tardi, o domattina.-
- Adesso torniamo subito.-
aveva detto Irene decisa.
- Hai bisogno che ti passi
a prendere?- si era offerto Dominic.
- No, no - aveva detto
agitata Irene, - t’immagini, prendo un taxi, non stare a disturbarti.-
- Ma non ci metto niente,
davvero. Comunque come vuoi.- aveva detto non insistendo.
Irene l’aveva salutato e
aveva concluso la comunicazione in fretta, per poi rimettere gli occhi su Sakumi
che ridacchiava divertita.
- Dì la verità, sei
imbarazzata?- le aveva chiesto sempre sorridendole.
Irene aveva guardato
l’altra con uno sguardo leggermente timoroso. - Si notava tanto?-
L’altra era scoppiata a
ridere. - Tanto lui non potrà mai immaginarsi il perché, sei al sicuro! Comunque
che carino a preoccuparsi…- aveva commentato infine.
Irene, doveva ammetterlo,
era d’accordo con lei.
Era davvero tardi, i
bambini avrebbero dovuto essere a letto da un pezzo. Sakumi ed Irene si erano
avviate verso la stanza di Yume dove si erano messi entrambi a giocare per
trovarli entrambi rannicchiati sul letto che dormivano, insieme al caos
primordiale di giocattoli che erano stati in grado di mettere su. Le due mamme
erano ben coscienti di aver messo su un’espressione deliziata che a terzi forse
sarebbe sembrata ridicola.
Li avevano lasciati così
mentre Irene chiamava un taxi; solo all’arrivo di questo aveva preso Owen in
braccio cercando di non svegliarlo ed era uscita da casa di Sakumi
ringraziandola di tutto e dandole appuntamento al giorno dopo.
Sakumi aveva richiuso la
porta di casa sua. Per un attimo, prima di tornare in camera di sua figlia a
dare una rassettatina e cambiarla per metterla a dormire, si era appoggiata con
le spalle alla porta ridacchiando. Era convinta di aver messo ad Irene una bella
pulce nell’orecchio, ma oltre a questo c’era un’altra cosa che la faceva
sorridere: un particolare aveva ovviamente tralasciato di dire ad Irene.
Di tutte quelle mamme che
avevano apprezzato Dominic lei era l’unica ad averlo fatto e ad esserselo tenuta
per sé, ma era anche l’unica che probabilmente aveva messo in pratica quelle
fantasie evidentemente tanto comuni come lei stessa non si sarebbe mai
aspettata.
Per lei era una cosa
divertente, niente di più, non si sentiva di certo né superiore né migliore di
loro.
Era solo divertita.
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Capitolo 27 *** Semplici contatti ***
Nuova pagina 1
Buon venerdì!
Oggi pubblico presto perché nel pomeriggio sarò in viaggio
e giù a casa non ho ancora il computer. Sigh! Ma quanto cavolo ci vuole ad
aggiustarlo?
Un grazie a Bloody e Crazy per avermi lasciato un commento.
In effetti pensavo a te Bloody quando scrivevo quel capitolo, avevo paura che ci
saresti rimasta male, in effetti nel mio immaginario Grace non è mai stata un
personaggio positivo.
Se mi lasci un commento per salutarmi non mi da mica
fastidio Crazy, anzi!! Se ti riservi di dire la tua più in là ti capisco pure,
anch’io lo faccio spesso, quindi…
Vi lascio al capitolo, buon fine settimana e buona lettura,
Mandy
Ps: l’ho già detto, ma cavolo, mi fa un sacco piacere che
aspettiate la terza parte!!!
v
Capitolo Ventiseiesimo - Semplici contatti
Nel riattaccare il telefono
Dominic si era sentito un po’ stupido. Si era preoccupato inutilmente, poteva
benissimo immaginare che Irene fosse rimasta da Sakumi, sapeva che sarebbe
andata a riprendere Owen a casa sua e tirare la conclusione che fosse rimasta lì
sarebbe stato piuttosto semplice.
Invece lui si era preoccupato
e l’aveva contattata, forse l’aveva anche disturbata considerando il fatto che
in quell’ultimo periodo, salvo in rarissime occasioni, Irene aveva cercato di
tenersi quanto più lontana possibile da lui e doveva ammetterlo, se anche questa
cosa non gli piaceva molto lui non poteva che accettarla.
Aveva appoggiato il cordless
sul basso tavolino che stava davanti a lui, era seduto sul divano in soggiorno
con Lilly che dormiva accoccolata ai suoi piedi, sdraiata sul tappeto, quindi
aveva ricominciato a guardare la televisione senza esserne poi molto coinvolto,
giusto per fare qualcosa, come aveva fatto per tutta la sera.
Anche se sembrava dormire
della grossa Lilly, non appena aveva captato rumori non fraintendibili, si era
alzata e si era diretta all’entrata, Dominic fidandosi del suo intuito, si era
anche lui alzato dirigendosi alla porta e aprendola, in tempo per vedere Irene
cominciare a salire le scale del portico con Owen in braccio.
- Ciao, bentornata.- le aveva
detto Dominic a bassa voce. Irene gli aveva sorriso.
- Scusami se ti ho cercata,
non ti volevo disturbare.- aveva continuato mentre le cedeva il passo per
entrare, quindi aveva richiuso la porta.
- Non ti devi scusare,
t’immagini. Anzi, se non mi avessi chiamata chissà che ore avremmo fatto,
avevamo perso totalmente la condizione del tempo.- gli aveva risposto Irene
piano.
Si era fermata per un momento
a metà strada davanti al soggiorno e alle scale che portavano al piano
superiore, non potendo fare a meno di guardare Dominic.
Forse era la prima volta in
quel mese che si fermava ad osservarlo, ad osservarlo veramente, non con gli
occhi della mente che si riflettevano nei suoi ricordi di una vita.
Quando lui aveva dato una
specie di segno di cedimento abbassando il suo sguardo a terra come se fosse
imbarazzato per quello sguardo, cosa che era avvenuta dopo pochi secondi che lei
rimaneva fissa a guardarlo, Irene si era resa conto che forse aveva esagerato e
lo aveva messo a disagio. Si era sentita fortemente in imbarazzo, non credeva
che quelle chiacchiere di Sakumi le avrebbero fatto un tale effetto; non senza
sentirsi un po’ stupida si era affrettata a dire che portava Owen a letto e a
togliersi da quella situazione.
Owen aveva cercato di
collaborare, ma essendo molto assonnato non ci era riuscito ed Irene si era
dovuta impegnare un bel po’ per cambiarlo e metterlo a letto, intanto però stava
ancora pensando con preoccupazione al fatto che dopo sarebbe dovuta scendere per
parlare con Dominic e avvisarlo del fatto che il giorno dopo all’ora di pranzo
lei con Sakumi ed i bambini avrebbero molto probabilmente pranzato lì, per
chiedergli se ci fosse stato qualche problema. Avrebbe preferito non dovergli
parlare per il momento, considerando la giornata che aveva passato. Da una parte
era imbarazzata anche per le chiacchiere con Sakumi, per via delle quali tra
l’altro, pur senza volerlo, le era passato per la mente uno strano sospetto,
come di una connessione tra Dominic e Sakumi. Razionalmente parlando era stupido
averlo pensato, non aveva niente in mano che potesse farle credere che tra loro
potesse esserci stato qualcosa, si conoscevano appena. Ma la sua amica aveva
parlato con troppa cognizione di causa: le aveva raccontato di commenti di altre
e, pur non aveva mai detto di essere in disaccordo con loro, Irene pensava che
ci fosse anche dell’altro. Oltre a questo però c’era il fatto che si sentiva
infastidita da Dominic, dopo quella giornata faticosa poi la sua pazienza aveva
un limite molto basso, aveva dovuto raccogliere tutto il suo buon senso e tutta
la sua calma per decidersi a fare quello che doveva.
Quando Owen era stato messo a
letto, lei con calma si era cambiata mettendosi degli abiti più comodi, con
lentezza, come per guadagnare tempo, quindi era scesa al piano inferiore
trovando Dominic da solo sul divano. Aveva spento la televisione e sembrava
assorto in qualche pensiero che a giudicare dalla sua espressione non doveva
essere proprio roseo. Questo non le facilitava certo il compito, aveva pensato.
Le dispiaceva vederlo così ma non aveva la forza necessaria per sopportare
l’eventualità di dover stare lì a sentirlo sfogarsi per qualcosa.
Si era seduta sul divano
vicino a lui, abbastanza distante comunque, rispondendo al sorriso appena
accennato che lui le aveva rivolto non appena l’aveva vista avvicinarsi.
- Come va?- gli aveva chiesto,
più per cortesia che per altro, non perché non le interessasse, ma solo perché
non voleva trovarsi nella scomoda posizione di iniziare un discorso serio con
lui in quel momento. Si sentiva disonesta, quello non era un bel modo di
comportarsi, soprattutto da parte sua che aveva chiaramente intuito che non
stava bene, ma proprio non poteva farne a meno.
- Potrebbe andare meglio.- le
aveva risposto infatti Dominic, dandole la sicurezza di aver pensato giusto
riguardo al suo stato d’animo ma anche dandole l’idea che anche lui non avesse
voglia di parlare più di tanto del fatto che non era in uno stato d’animo
ottimale.
- Tu?- aveva chiesto Dominic
ricambiando, subito dopo.
- Uguale. Sono davvero
esausta, è stata una giornata lunga al lavoro.- si era interrotta per un attimo
prima di continuare, del resto non aveva nessun buon motivo che la spingesse a
tergiversare e da una parte era stato anche rilassante il fatto che lui non si
sentisse incline a parlarle troppo. Ora doveva solo liberare lui e se stessa
dalla reciproca presenza, era evidente che entrambi volessero stare per conto
loro per lei.
- Domani ho preso mezza
giornata, nel pomeriggio io e Sakumi portiamo i bambini a vedere qualche asilo,
credo che pranzeremo qui prima di avventurarci all’avanscoperta. E’ un
problema?-
Nella risposta che Dominic le
aveva dato, Irene aveva chiaramente letto un certo disappunto. Immaginava che
fosse diretto a lei, ma non poteva esserne del tutto sicura dato che le sembrava
palese che Dominic avesse avuto, per motivi totalmente diversi dai suoi, una
giornata pesante quanto la sua.
- No, perché dovrebbe
esserlo?- aveva risposto asciutto. - Sai che questa è casa tua finche
continuerai a starci, non vedo perché devi ogni volta a chiedermi il permesso
per portare gente.-
- Non volevo chiederti
propriamente il permesso in effetti…- aveva risposto lei, non continuando. In
fondo pensava di meritarsela un po’ quella freddezza, qualsiasi fosse il motivo
che lo spingeva ad usarla con lei. La sua coscienza non era pulita nei suoi
confronti, così si era limitata, com’era nei piani, a concludere subito la
conversazione. - Perfetto allora. Se ci sei magari mangi con noi, se ti va.-
- No, non credo che sarò a
casa domani, ma grazie lo stesso.- aveva risposto mentendole Dominic. Si sarebbe
probabilmente inventato qualcosa da fare il giorno successivo, preferiva non
starle tra i piedi dato che percepiva chiaramente che era quello che voleva
anche lei, il suo invito sicuramente era solo di circostanza.
- Ok… allora ci vediamo domani
sera suppongo. Buonanotte.- gli aveva detto alzandosi dal divano, aspettando
solo un momento mentre lui le diceva buonanotte per girarsi ed andarsene.
Quello che era appena successo
le aveva lasciato ancora di più l’amaro in bocca, come se quella giornata non
fosse già stata abbastanza pesante, ma aveva evitato di pensarci. Era andata a
raggiungere Owen a letto e si era addormentata quasi subito dato che era davvero
stanchissima.
Dominic invece era rimasto
ancora un po’ seduto nel suo soggiorno, poi aveva richiamato Lilly che era
rimasta a scorrazzare in giardino per gli ultimi bisognini della giornata,
l’aveva messa a dormire ed era andato anche lui in camera sua.
Quella sera, forse perché
voleva essere lasciato in pace, aveva lasciato il cellulare acceso come gli
conveniva, ma in camera sua sul letto, dal piano inferiore non avrebbe potuto
sentirlo certamente. Chi lo chiamava avrebbe potuto pensare che fosse troppo
impegnato o in un posto troppo rumoroso per sentirne il trillo. Del resto si
poteva aspettare solo chiamate di scocciatori quella sera, non di altri. Per un
caso raro anche il telefono di casa era rimasto muto e inutilizzato, almeno
finché lui non aveva stupidamente deciso di chiamare Irene.
Sul display c’erano tre
chiamate perse, aveva controllato immediatamente di chi fossero e l’ora, era
stata Madeleine a contattarlo ogni volta e l’ultima risaliva ad un paio d’ore
prima.
- Porca miseria!- aveva
esclamato Dominic.
Non la vedeva e non la sentiva
dal giorno in cui c’era stata la festa di Owen lì a casa sua e per tutto quel
giorno in cui lei era passata a trovarlo non l’aveva nemmeno degnata di troppe
attenzioni, preso com’era nel caos che tutti i bambini presenti avevano
generato. Gli andava eccome di sentirla, ed era assolutamente dispiaciuto del
fatto che lei l’avesse contattato proprio in quella serata contrassegnata da
quell’umore nero che gli aveva tenuto compagnia per tutto il tempo. Se le avesse
risposto magari sentirla gli avrebbe sollevato un po’ il morale, ma ormai era
andata così.
Aveva notato che c’era anche
un messaggio in segreteria, così aveva chiamato per ascoltare la sua casella
vocale. La voce squillante di Madeleine l’aveva investito in pieno.
- Amore, ma che fai
m’ignori? Senti tesoro, mi sto imbarcando ora da New York per venire dalle tue
parti, lo so che sei un ragazzo pieno d’impegni, ma un po’ di tempo per me ce
l’hai domani? Il massimo sarebbe che ti facessi portare a pranzo in qualche
posto carino dato che all’ora di cena prendo un altro aereo per San Francisco.
Fatti sentire tesoro, anche se non puoi, ok? Bacioni amore!-
Dominic aveva sorriso, meglio
di così non poteva andargli. Sapeva che Madeleine doveva essere ancora
sull’aereo a quell’ora, così le aveva fatto lasciato un messaggio come aveva
fatto in precedenza lei, dicendole che non vedeva l’ora di vederla.
Avrebbe preferito poterle
parlarle direttamente in verità, si era chiesto se non fosse stato il caso di
cercare di contattarla più tardi, non appena fosse scesa dall’aereo, ma
rischiava di chiamarla a notte fonda, dato che era già quasi mezzanotte e mezza.
In quel momento si sentiva in
uno stato d’animo che provava raramente, per sua fortuna: avrebbe dato qualsiasi
cosa per avere qualcuno vicino. Un semplice contatto.
Un sorriso, un abbraccio,
niente di particolarmente complicato o impossibile, ma qualcosa di abbastanza
tangibile per poter dire di non essere solo, solo come del resto si sentiva
sempre. In quel momento avvertiva quella sensazione più pesantemente, proprio
come una specie di pesantezza che gli arrivava dritta allo stomaco.
Si era soffermato a pensare al
perché di tutto questo e si era sentito spaventato al pensiero, tanto banale in
fin dei conti, che ognuno di noi alla fine di tutto è solo con se stesso in
mezzo a tanta gente. La solitudine è qualcosa contro ogni essere umano combatte
in ogni momento, ogni giorno. Non essere soli per Dominic era condividere i
propri pensieri con qualcuno, il fatto di non aver potuto rivelare a nessuno il
suo disagio profondo per quella giornata appena passata, anche se avrebbe tanto
voluto farlo con Irene che però, non appena aveva messo piede in casa, gli aveva
dimostrato quanta poca voglia avesse di parlare con lui, l’aveva fatto sentire
anche peggio.
Era stato colto dal bisogno
improvviso di sentire una voce del tutto comprensiva nei suoi confronti, in
Inghilterra dovevano essere le otto del mattino e sua madre sicuramente era
sveglia e ancora in casa, infatti gli aveva risposto dopo appena due squilli.
- Buongiorno, Dom, ma che ore
sono da te, è notte inoltrata?- aveva osservato la donna.
- Mezzanotte passata.- le
aveva risposto, cominciando a sentirsi imbarazzato, sempre di più.
Se fino a qualche secondo
prima per lui il bisogno di sentire una voce amica gli era sembrato vitale quasi
come l’aria che respirava, improvvisamente si era sentito un idiota quasi
completo. Cosa avrebbe dovuto dire a sua madre, quello che aveva pensato fino a
poco prima? Lo avrebbe considerato un cretino pure lei, e inoltre come le
avrebbe giustificato quell’orario strano per telefonarle? Non si stupì della
domanda che lei gli aveva fatto subito dopo.
- Stai bene?-
- Sì, volevo solo salutarti.-
le aveva risposto cercando di essere convincente.
- Ma sei sicuro?- aveva
chiesto scettica la donna, che conoscendolo bene aveva potuto notare
dall’inflessione strana della sua voce che c’era qualcosa di anomalo.
- Ma sì che sono sicuro, che
dovrei avere scusa?-
- Niente, che ne so. E’ un
legittimo dubbio, non è che chiami spesso quando qui sono le otto di mattina!-
- Hai ragione, ma volevo solo
salutarti, davvero. Come va a casa?- aveva chiesto tagliando corto.
- Non c’è male, per me tutto
regolare e tuo padre invece ha avuto qualche rompimento di scatole al lavoro…-
Dominic aveva ascoltato il
racconto di sua madre, facendo qualche commento e spingendola a continuare a
parlare, almeno finché la donna non aveva dovuto necessariamente attaccare.
- Mi dispiace tesoro ma adesso
devo attaccare o faccio tardi al lavoro.-
- Ci mancherebbe altro,
attacca. Ci sentiamo presto, ok?-
- Sì, ti telefono io qualche
volta alle cinque di mattina…- aveva scherzato per poi sentire Dominic ridere
per la sua battuta.
- Dominic, dimmi la verità. -
aveva detto dopo che lui aveva riso. - E’ tutto apposto?-
- Sì, tutto apposto. Giuro.-
aveva detto cercando di essere persuasivo, anche se non era affatto stupito del
fatto che sua madre ci avesse visto giusto, come quasi sempre.
- Va bene. Prenditi cura di
te, capito?- gli aveva detto con un tono comprensivo e protettivo insieme.
- Anche tu, buona giornata.-
- A te devo dare la
buonanotte, vero?-
Dominic aveva riso, un po’ per
il tono di sua madre, un po’ per tutta la situazione che aveva creato. - Sì,
credo che sia decisamente appropriato.- le aveva risposto.
- Allora buonanotte, dormi
bene. Ciao.-
Dopo di che avevano chiuso
entrambi la comunicazione, Dominic aveva appoggiato il suo cellulare accanto al
letto e si era alzato, diretto verso il bagno con l’idea di farsi una doccia e
poi mettersi a dormire.
Mentre percorreva quei pochi
passi che lo distanziavano dal bagno aveva pensato che era davvero un cretino a
farsi prendere dallo sconforto in quella maniera.
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Capitolo 28 *** Non tutto è ciò che appare (o quasi...) ***
Nuova pagina 1
Buona settimana a tutti!
Oggi sto mettendo su il capitolo con una fretta mostruosa
addosso, quindi scusatemi se non faccio ringraziamenti come si deve! Recupererò
al prossimo…
Buona lettura, Mandy
v
Capitolo Ventisettesimo - Non tutto è ciò che appare (…o quasi)
Dominic stava aspettando in
centro davanti al ristorante dove aveva dato appuntamento a Madeleine quella
mattina quando l’aveva chiamata. Lei aveva accettato l’orario che lui le aveva
dato, ma era stata categorica nel dire che avrebbe potuto ritardare dato che
aveva degli impegni di lavoro che non sapeva quanto tempo le avrebbero portato
via.
In effetti Dominic cominciava
a temere che non sarebbe arrivata più dopo una mezz’ora di attesa, quando
finalmente un taxi si era fermato dall’altra parte della strada e, la prima cosa
che era uscita dallo sportello giallo appena aperto, era stata una caviglia
affusolata con un paio di sandali dal tacco a spillo, altissimo. Dominic non
aveva avuto bisogno di aspettare che l’intera figura di Madeleine fosse ben
visibile, aveva attraversato la strada velocemente, andandole incontro.
Lei, appena l’aveva scorto,
gli aveva sorriso, quando era stato a metà strada aveva cominciato a tendere le
braccia verso di lui. Come solitamente erano abituati a fare, incuranti di
essere praticamente in mezzo alla strada, si erano salutati molto
affettuosamente.
- Tesoro, tesoro, tesoro vieni
qui!- gli aveva detto con un tono un po’ stridulo quando era stata certa che lui
era abbastanza vicino da sentirla, Dominic si era avvicinato velocemente per
abbracciarla.
- Se sei libero possiamo
passare anche tutto il pomeriggio insieme, ho fatto tardi ma il resto della
giornata è per me!- aveva detto allegramente dopo che si erano salutati a
dovere.
- Sono liberissimo e non mi
pare il vero che possiamo passare tutto questo tempo insieme.- le aveva risposto
lui, che pure per quella giornata non aveva sperato in altro.
Mentre pranzavano avevano
chiacchierato un po’ del loro lavoro, Madeleine era a Los Angeles perché aveva
dei colloqui importanti con dei produttori che avevano in ballo dei progetti
comuni con la casa di produzione indipendente del suo compagno, ma non sembrava
essere molto soddisfatta.
- Il problema di questa città
è che le buone idee, la gente che ha del vero talento, finiscono tutte nel
cestino della cartastraccia perché qualcuno pensa che la gente sia più stupida
della media. Insomma, è mai possibile che non ci riesca quasi mai di avere della
collaborazione quando si tratta di dover spendere un po’ più di soldi?-
Dominic le aveva riempito il
bicchiere di vino un’altra volta, le aveva sorriso.
- Che ti devo dire, lo sai che
questo è un campo piuttosto, come dirlo in termini più gentili possibili…
difficile e rischioso. Insomma, voi non vi occupate di film che sono proprio
alla portata di tutti e invece qui i grossi produttori cercano solo le galline
dalle uova d’oro. Poi se sono film che non hanno una trama intelligente non
frega niente a nessuno. La gente hai ragione, non è tanto stupida, ma tanto
riempie le sale solo per determinati titoli e se richiamata da determinata
gente.-
- Mah…- aveva detto Madeleine
con un tono che sapeva di rassegnazione. - Eppure non mi spiego il perché del
fatto che nonostante che certe nostre produzioni sono andate decisamente bene
ancora nessuno si decide ad investire più su questo genere di cinema. Non
pretendiamo certo incassi record, ma sono certa che avremmo sempre e di sicuro
la nostra piccola fetta, che, se qualcuno si decidesse a puntare di più su di
noi, potrebbe anche non essere tanto piccola, cosa che ci permetterebbe di avere
più capitali da investire. Tu non hai idea di quante sceneggiature e copioni
siamo costretti a cestinare sebbene siano geniali. Prendi quello che mi sono
letta in aereo stanotte, mi piange il cuore sapendo che non potremo
assolutamente prenderlo in considerazione, almeno per ora.-
- Di che si tratta?- aveva
chiesto Dominic dopo aver finito di masticare il boccone della sua insalata che
aveva appena messo in bocca.
- Di una sceneggiatura basata
sul libro di uno scrittore portoghese, non se se lo conosci, si chiama Josè
Saramago.-
Dominic aveva scosso la testa,
così Madeleine l’aveva informato su quanto ci fosse di preliminare da sapere. -
Si intitola Cecità, parla di un uomo che improvvisamente, mentre sta
guidando la sua auto, comincia a non vedere più nulla, viene avvolto come in una
sorta di candore. Piano piano succede anche ad altre persone, come per esempio a
sua moglie. Nessuno riesce a spiegarsi il perché di quest’improvvisa cecità che
li ha colti, per paura che si tratti di un’epidemia il loro governo li fa
chiudere in dei posti, come dei ghetti, dove sono quasi lasciati a se stessi.
Non ti dico altro perché dovresti leggerlo, è un libro bellissimo. Anzi, ce l’ho
dietro, ti regalo il mio se dopo mi accompagni in albergo. Già che ci sono ti
lascio anche la mia copia della sceneggiatura, tanto in ufficio a New York posso
farmene un’altra. Te la lascio così, tanto per fare, così ci dai un’occhiata e
mi dici che ne pensi.-
Dominic le aveva sorriso e
aveva inclinato la testa leggermente da una parte, guardandola
interrogativamente. - Stai cercando di propormi qualcosa?- le aveva chiesto.
- No purtroppo, perché tanto
non avremo mai i fondi per farlo, considerando che ci sarebbe anche la questione
dei diritti d’autore da considerare. Anche se devo essere sincera, forse è
perché pensavo a te durante il viaggio perché ti avevo appena telefonato, ma ti
vedrei bene nella parte del protagonista, anche se sei troppo giovane. Avresti
tutte le doti artistiche per interpretarlo. Certo sei un attore che ora come ora
richiederebbe un budget troppo alto…- aveva osservato Madeleine.
Dominic le aveva sorriso con
aria decisamente furbetta:- Lo sai che se me lo chiedi tu potrei accettare con
la massima tranquillità di lavorare al minimo sindacale, se il progetto mi piace
ovviamente, e questo ha tutta l’aria di essere interessante. E poi lo sai che
non potrei mai dire di no a te.-
Madeleine gli aveva sorriso,
rispondendo al suo di sorriso.- Lo sai che se non ti conoscessi bene potrei
anche credere che ci stai provando spudoratamente?-
Per gioco Dominic le aveva
dato un colpetto leggero con il piede da sotto il tavolo. - Magari è così…-
Madeleine aveva risposto al
suo piedino senza un minimo d’incertezza. - Che bello, c’è ancora un uomo
giovane e carino che mi corteggia, ti prego fingi di farlo sul serio, non sai
quanto mi manchi!-
- Non ci credo che non ti
succede più…- aveva commentato Dominic.
Madeleine aveva sorriso
guardando ciò che rimaneva nel suo piatto, aveva appoggiato la forchetta su
questo, manifestando l’intenzione di non svuotarlo del tutto.
- Dovresti crederci, non so
più da quanto non mi capita di sedermi da sola al tavolino di un bar da sola
senza avere qualcuno che mi ronza intorno. Fino a dieci, quindici anni fa mi
succedeva puntualmente, molto raramente capitava che fossero anche tipi
interessanti. Ovviamente, puoi immaginarti bene il perché, non ho mai
approfondito nessuna conoscenza. Un po’ anche perché, ammettiamolo, sarebbe
stato triste farmi abbordare dal primo uomo che cerca di offrirmi un caffé,
certo.-
- Riesco solo ad immaginarmi
quanto dovevi essere bella quindici anni fa, ammesso che tu sia cambiata poi
molto da allora.- aveva osservato Dominic, certo che nessun altra persona che
era in quel locale avrebbe mai potuto immaginare quello che lui sapeva di
Madeleine, segreto del quale lui era a conoscenza solo ed esclusivamente per
un’ammissione della bellissima donna che gli stava seduta in tutta la sua
eleganza davanti. Non avrebbe mai potuto immaginarlo da solo.
Madeleine ci aveva pensato un
po’. - Rispetto a quindici anni fa certo che sono cambiata, ma avresti dovuto
vedermi trent’anni fa. Ecco, lì sì che saresti rimasto di sasso. Probabilmente
avresti cercato di offrirmi un caffé.-
Dominic aveva riso insieme a
lei per la sua battuta. - La vedo difficile, trent’anni fa ero sempre dentro la
pancia di mia madre!- aveva commentato.
- Beato te, io trent’anni fa
ne avevo diciannove, a quell’età ero andata via di casa da un anno e mi
arrabattavo per arrivare in fondo al mese per mantenermi agli studi mentre
lavoravo, cercando di trovare lavori dignitosi per tirare avanti.-
Si era bloccata per un
momento, il suo sguardo era diventato triste all’improvviso e Dominic aveva
desiderato ardentemente di non aver mai toccato quel tasto. Forse la sua battuta
era stata del tutto fuori luogo. Madeleine aveva alzato lo sguardo sul suo,
notando che era preoccupato gli aveva sorriso tranquillizzandolo.
- Non mi ha detto ancora
niente di Owen, lui e quella splendida ragazza che è sua mamma stanno sempre da
te?- gli aveva chiesto Madeleine cambiando abilmente discorso. Peccato che ne
avesse toccato uno un po’ meno simpatico per Dominic.
- Sì, per pochi giorni ancora.
Domenica Irene ha deciso di prendere baracca e burattini e trasferirsi
finalmente nel suo appartamento. Finalmente per lei ovviamente, io le ho detto
di fare con tutta calma ma sembra che non veda proprio l’ora.- le aveva detto
facendo trasparire il suo malumore, del resto con Madeleine sapeva di non
doversi censurare.
- Sembravate andare tanto
d’accordo, è successo qualcosa?- aveva chiesto Madeleine mentre un cameriere si
era avvicinato chiedendo se poteva sparecchiare. Entrambi si erano presi una
pausa dai loro discorsi e avevano risposto positivamente. Dominic aveva
aspettato che fossero nuovamente soli per continuare.
- Successo qualcosa? Non lo so
con esattezza in verità, so solo che dopo che è arrivato Christopher, l’ex
marito di Irene, è cambiato qualcosa e nonostante i nostri sforzi non siamo
riusciti a risolverlo.-
Avevano ordinato un dolce
mentre Dominic le aveva raccontato sommariamente ciò che era successo. Non
imputava certo la colpa a Christopher anche se dall’inizio del suo discorso
poteva sembrare, Madeleine lo aveva potuto capire mentre Dominic andava avanti
con il suo racconto.
Le aveva detto che si era
sentito come se Irene, di punto in bianco, avesse deciso di non voler più
diventare una sua amica come prima era sembrato che fosse, che non le andasse
più bene il fatto che cercava di aiutarla e di starle accanto in un momento in
cui aveva davvero bisogno dell’appoggio di qualcuno. Dominic cominciava a temere
che, oltre al fatto di aver parlato con Christopher, cosa di cui poi avevano
avuto modo di discutere chiarendosi, ci fosse qualche altro motivo che però lui
non riusciva a capire. - Un’altra cosa di cui mi dispiace da morire è che forse
ho fatto qualcosa di sbagliato con Owen, e non era mia intenzione. Prima Irene,
se aveva bisogno, mi chiedeva di aiutarla, adesso che c’è stato questo problema
dell’asilo mi aspettavo che mi chiedesse di badare a lui per qualche ora ogni
tanto, o di aiutarla a fare qualche cosa in proposito, invece niente. Io non ho
mai avuto a che fare con un bambino come ho avuto a che fare con Owen, non sono
mica un genitore, se faccio qualcosa di sbagliato me lo potrebbe dire in tutta
franchezza invece di tenerci lontani. Come quella volta che mi ha detto di non
permettergli di dormire con me. In ogni modo non è più successo che lui me lo
abbia chiesto, quindi il problema non si è posto. Ti dirò che non mi stupirebbe
se lui l’avesse sentita chiedermelo, quel bambino sente e vede tutto, è
incredibile.-
Madeleine l’aveva guardato
dolcemente e gli aveva sorriso. - Forse Irene è soltanto in un periodo troppo
difficile, credo che sia immensamente critico accettare quello che è successo al
suo matrimonio. Sai, di un tradimento te ne fai una ragione: è uno stronzo, lo
lascio. Ma di un uomo tanto onesto da lasciarti mettendosi nei casini come ha
fatto suo marito solo per una questione di lealtà verso di lei e se stesso, beh,
credo sia molto più complicato. Probabilmente Owen, che a quanto pare è un
bambino tanto intuitivo, preferisce non rompere troppo le scatole a sua madre e
cerca appoggio in te e lei forse non riesce ad accettarlo. Credo che questo la
faccia stare male sai? Per questo, sebbene sia puerile, credo anche che ce
l’abbia un po’ con te. E’ stupido ma umano, cerca di comprenderla.- aveva detto
Madeleine, non riuscendo nemmeno ad immaginare quanto fosse andata vicina al
nocciolo della questione. In ogni modo c’era arrivata meglio di Dominic che
l’eventualità che si stesse verificando qualcosa di simile non l’aveva presa
minimamente in considerazione.
- No, non credo che Irene
possa cadere in trappole simili, è una donna troppo intelligente.- aveva detto
Dominic impossessandosi del conto che uno dei camerieri aveva appena posato sul
tavolo.
- Ti ho invitato io!- aveva
osservato Madeleine, lamentandosi.
- Non se ne parla nemmeno!-
aveva ribattuto Dominic per poi alzarsi e andare a pagare alla cassa.
Si era avvicinato, Dominic
aveva teso la sua carta di credito alla cassiera. Accanto a lui, in coda per
pagare probabilmente, aveva appena notato un altro signore molto distinto, che
ad occhio e croce pareva essere sulla cinquantina. Quando aveva teso la ricevuta
a Dominic la signorina lo aveva ringraziato, poi, probabilmente perché aveva
indugiato per qualche secondo rimettendo a posto nel suo portafogli la carta di
credito, quell’uomo gli aveva parlato.
- Mi scusi tanto se mi
permetto, so che potrei risultare indiscreto, ma sa che sua madre è una donna
bellissima?- gli aveva detto.
Dominic aveva alzato la testa
stupito. Non avrebbe mai immaginato che quel tipo che appariva tanto sulle sue
avrebbe avuto l’ardire di fare un commento simile.
- Veramente non è mia madre.-
gli aveva risposto di getto.
Adesso era l’altro che
sembrava leggermente stupito. - Allora mi permetta di dirle che gode di tutta la
mia invidia in questo momento.-
Dominic stava per dirgli che
non era nemmeno la sua donna come quel tipo evidentemente aveva immaginato, ma
qualcosa l’aveva bloccato, forse un sano istinto maschile che in quel momento
gli avrebbe fatto fare la ruota come un pavone. Essere invidiato per la donna
con cui si è, in genere dava una gran soddisfazione, ed anche se era solo un
fraintendimento Dominic non aveva potuto fare a meno di godersi quel sottile
piacere.
- Mi creda, la sua invidia è
del tutto meritata.- gli aveva risposto per poi sorridergli e tornare al tavolo
dove Madeleine lo stava aspettando. Conscio del fatto che molto probabilmente
quell’uomo li stava ancora guardando, non appena era stato davanti a lei si era
chinato leggermente e prima di dirle di andare via, le aveva dato un bacio su
una guancia. Del resto per loro non era un fatto strano.
- Che voleva quel tipo?- aveva
chiesto curiosa Madeleine, alzandosi e recuperando la borsa, per poi prendere il
braccio di Dominic.
- Niente, mi ha solo detto che
sei bellissima.- gli aveva risposto lui.
Madeleine lo aveva guardato di
sotto in su. - Ma non prendermi in giro!- aveva risposto ridendo, poi si erano
avviati all’uscita.
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Capitolo 29 *** Altri ricordi ***
Nuova pagina 2
Buon lunedì!
Questa settimana devo
assolutamente cominciare con un mea culpa: non mi è mai capitato di essere così
disordinata nel postare una storia!
Mi spiego: in genere posto
regolarmente, ma sembra quasi che il caso se la prenda con me. Diciamo che
sicuramente non mi aspettavo che l'università mi portasse via tanto tempo da non
permettermi nemmeno di postare, però così è stato e mi dispiace per tutti quelli
che conoscendo il mio modo di fare ci sono rimasti male, tutto qui.
Passando al capitolo odierno
ma ancora prima ai ringraziamenti, volevo ringraziare Claudietta. Sono contenta
che il personaggio di Madeleine ti piaccia, anche per me è il migliore di tutti,
scriverne è stato divertente, e il passo più importante che riguarda questo
personaggio lo puoi leggere proprio in ciò che segue.
Buona lettura a tutti, Mandy
v
Capitolo Ventottesimo - Altri ricordi
Una cosa che era sempre piaciuta a Madeleine di Dominic,
oltre alle qualità principali che risiedevano in lui come la gentilezza, la sua
allegria e la sua apertura mentale, era che anche prima che la loro amicizia
cominciasse e diventasse così profonda, lei sul suo viso era sempre riuscita
leggere chiaramente i suoi stati d’animo, se solo lo osservava con l’intento di
capirlo. Lei l’aveva apprezzata quella trasparenza che lui dimostrava senza
vergognarsi, le erano sempre piaciute le persone limpide e Dominic era una di
queste. Era anche per questo suo lato del suo carattere che Madeleine aveva
desiderato quasi da subito diventargli amica, dato che era stufa dell’ipocrisia
dilagante che sembrava essere un fenomeno in crescita, come se tutti si
vergognassero ad esternare i propri pensieri.
Di fatto a mentire, se non con premeditazione quando non
poteva proprio farne a meno, Dominic non era mai stato un granché, quindi per
Madeleine era anche abbastanza facile capire se lui fingeva di essere
tranquillo, come in quel momento, mentre stava seduto sul letto della stanza
d’albergo che aveva occupato per quella notte e lei finiva di mettere a posto un
paio di cose nella sua valigia, dato che quella sera stessa avrebbe dovuto
prendere, con poca voglia di farlo doveva ammetterlo, un altro aereo.
Se n’era accorta da subito quando si erano seduti al tavolo
di quel ristorante e avevano cominciato a parlare di sciocchezze, nel corso del
loro pasto le era sembrato meno pensieroso, ma in quel momento, il fatto che
Dominic stesse fingendo una tranquillità che non provava, probabilmente per
delicatezza nei suoi confronti, era una cosa che lei non poteva far finta di non
vedere.
Quando erano usciti da quel ristorante per ritrovarsi
soffocati dal caldo delle tre del pomeriggio avevano un’unica certezza,
togliersi in fretta da quella specie di girone infernale, solo che entrambi non
avevano nessuna idea sul da farsi. Dominic avrebbe optato per la soluzione più
immediata e semplice, ovvero quella di andare a casa sua a continuare le loro
chiacchiere, ma non voleva andarci per il momento.
- E’ che Irene potrebbe essere ancora a casa e lo so che
potrebbe suonare come una ripicchetta idiota ma non ho nessuna voglia di
incontrarla adesso.- aveva spiegato a Madeleine, che per tutta risposta l’aveva
guardato un po’ di traverso.
- Ora non fare il bambino però!- l’aveva rimproverato
appena.
- Non voglio fare il bambino, solo che non voglio creare
situazioni spiacevoli davanti a Sakumi e ai bambini, tutto qui.-
Madeleine l’aveva guardato sorpresa. - Ma allora siete
proprio ai ferri corti! Non avevo proprio capito che state a questo punto.-
Dominic aveva sgranato leggermente gli occhi mentre faceva
spalluce, guardando davanti a se in un punto non ben preciso, verso il basso, in
una classica postura di chi è piuttosto indeciso.
- Se fossimo ai ferri corti forse sarebbe meglio, almeno
probabilmente litigheremmo e questo significherebbe scambiarci opinioni, cosa
che Irene tanto non fa e non da nemmeno occasione a me di fare.-
Madeleine però credeva che ci fosse dell’altro, ma aveva
accuratamente evitato d’insistere sulla faccenda, se Dominic avesse voluto dirle
qualcosa era sicura che l’avrebbe fatto, in caso contrario non poteva farci
niente se a lui non andava di parlare. - Va bene, non insisto. Allora che ne
pensi se passiamo prima da me in albergo così prendo la mia roba e poi dopo, in
fascia, se così possiamo chiamarla, protetta, andiamo a casa tua dalla quale io
poi posso andare direttamente in aeroporto?-
Dominic aveva ridacchiato della battuta e si era dichiarato
d’accordo con Madeleine, quindi le aveva fatto strada verso il parcheggio dove
aveva lasciato la sua auto.
Una volta che erano stati in albergo Madeleine gli aveva
regalato la sua copia di Cecità di Saramago e gli aveva dato la sceneggiatura
che gli aveva promesso, Dominic se li era tenuti tra le mani guardandoli
incuriosito uno ad uno.
- Grazie,- le aveva detto - Però ti avverto che non avrò
molto tempo per leggermeli nelle prossime settimane, sai che comincio a girare
fra poco, vero?-
- Se anche me l’avessi detto me ne sono ignobilmente
scordata… di che cosa si tratta?- gli aveva chiesto mentre lui si sedeva sul
letto accanto alla valigia che Madeleine aveva appoggiato aperta, per riempirla
nuovamente.
- La commedia dove faccio il new hippy dai, te l’ho
raccontato… un bel po’ di tempo fa ma te l’ho raccontata la trama!-
Madeleine si era fermata con
il suo beauty case in mano in mezzo alla stanza, a metà strada tra il bagno e il
letto, pensandoci su. - Ho qualche vaga reminescenza. Ragguagliami su chi
lavorerà con te. Regista?-
- Paul Weitz.- aveva risposto subito lui.
Madeleine, intenta ad appoggiare alcuni vestiti nella
valigia, aveva alzato il viso guardando Dominic un po’ stupita, poi aveva messo
su un’espressione con la bocca, come se non gradisse, accompagnata da una specie
di mhhh, come per dire poteva capitarti di meglio.
- Non fare la solita snob, cinematograficamente parlando!-
aveva scherzato Dominic.
- Io non sono cinematograficamente parlando snob, brutto
ragazzetto impertinente!- aveva ribattuto lei stando allo scherzo, andando a
prendergli il naso tra il dito medio ed indice, tirandoglielo leggermente.
- E’ solo che uno che diventa famoso per aver diretto
quella sottospecie di commedia di ragazzini arrapati quella fama se la porta
sempre dietro, no?-
Dominic aveva riso. - Sì, chi dice di no, ma non si è mica
fermato ad American Pie. Quello che ha girato dopo con Hugh Grant, About a Boy,
non era male e nemmeno quello dopo, quello con la Johansson e Dennis Quaid…
niente di grandioso, commedie senza troppe pretese, ma bisogna saperle e fare e
non mi pare che non ci sappia fare. E poi l’ho incontrato spesso e francamente
mi sembra un tipo apposto.-
- About a Boy non mi è piaciuto per niente, era un film
senza senso.- aveva commentato Madeleine, mentre chiudeva la valigia e
l’appoggiava per terra, sedendosi vicino a lui.
Questa volta era stato il turno di Dominic di essere
sorpreso, per lo meno aveva finto di esserlo, l’aveva guardata con gli occhi
sgranati. - Hai visto About a Boy? Da non credere, e dopo non ti sei sentita
male? Ti hanno costretta con la forza, ammettilo!- le aveva detto, prendendola
in giro.
Madeleine per tutta risposta gli aveva rifilato uno
schiaffetto sul collo. - Stronzetto!- gli aveva risposto, per poi mettersi a
ridere insieme a Dominic.
- Sarò pure uno stronzetto ma ho fatto colpo con quel
piedino al ristorante, eh?-
Madeleine lo aveva guardato senza capire a cosa si
riferisse, Dominic le aveva chiarito immediatamente i dubbi. - Insomma, mi hai
invitato a salire, mi hai fatto sedere sul tuo letto e ci stai spudoratamente
provando. Ammettilo, mi vuoi!-
Lei aveva riso di nuovo. - Ma che scemo che sei!- gli aveva
detto passandogli una mano in testa, a fargli una specie di carezza. L’aveva
guardato con dolcezza, più come si guarderebbe un figlio che uno da cui si è
attratti, per Dominic era stato del tutto normale, ma per via di
quell’espressione non si sarebbe aspettato affatto che Madeleine continuasse a
scherzare.
- Senti ragazzino, non ti ho invitato qui per farti provare
l’ebbrezza di un rapporto insolito, ma solo perché così quando ce ne andiamo
potrai avere l’onore di portarmi la valigia! E poi sono impegnatissima ed
innamoratissima, dovresti vergognarti a provarci con me! Insolente!- gli aveva
detto cambiando espressione, fingendo di essere profondamente offesa.
- Accidenti, e io che ti ho pure invitata a pranzo, che
idiota sono stato!- aveva detto stando al gioco, facendo un’espressione delusa,
di uno che aveva perso tempo.
- Tecnicamente sono io che ti ho invitato a pranzo, solo
che tu sei il solito prepotente!- aveva precisato Madeleine.
- Ah, ma smettila, non posso far pagare il conto ad una
signora!- aveva ribattuto lui decisamente.
- Ma che nobiltà d’animo, intanto sei qui che ci provi con
me in questo modo così squallido sperando in un pomeriggio a luci rosse! Sei un
giovanotto debosciato, lascivo e un pochino pervertito aggiungerei!-
- Sappi che sono profondamente offeso nel mio orgoglio
maschile, tu stai offendendo la mia virilità e peggio ancora mi stai mandando in
bianco, il che è gravissimo.- aveva detto Dominic guardando dritto davanti a
lui, fingendo alla perfezione la parte dell’offeso, mentre aveva appoggiato i
gomiti dietro di se appoggiandosi su di essi, quasi sdraiandosi.
Per qualche secondo erano rimasti in silenzio fingendo di
essere arrabbiati l’uno con l’altro, almeno fino a che Madeleine non si era
girata appena verso Dominic che stava, per la posizione che aveva assunto,
leggermente dietro a lei. Non appena i loro sguardi si erano incontrati non
avevano potuto evitare di scoppiare a ridere.
- Mica dico di te, io che ti do corda!- aveva commentato
Madeleine sempre ridendo.
Dominic le aveva sorriso, quindi si era seduto come lo era
stato fino a poco prima, con lei che aveva come lui smesso di ridere e gli
ricambiava il sorriso. Gli aveva passato un’altra volta la mano sulla testa e ci
aveva indugiato per un po’, Dominic aveva intuito perché lei avesse preso
quell’atteggiamento e la prima cosa che d’istinto aveva fatto era stato
distogliere lo sguardo dal suo, mettendolo dritto sulla parete che stava davanti
a lui.
- Sai quand’è stata l’ultima volta che hai fatto un gesto
del genere e avevi su questo identico sguardo?- gli aveva chiesto Madeleine,
dopo una manciata di secondi.
Dominic aveva scosso leggermente la testa tornando a
guardarla. - Quale gesto?-
- Non hai retto il mio sguardo, ti sei girato e ti sei
messo a guardare contro quella parete, che ci sarà poi di tanto interessante in
quel muro intonacato di bianco poi vorrei sapere…-
Dominic aveva sorriso debolmente. - Quando?- aveva chiesto
tornando con gli occhi al muro.
- Quando Chandelle ti ha lasciato. Certo non stavi
guardando quel muro, stavi guardando il muro a faccia viva della mia casa di New
York, quello vicino al camino, se non altro quello è un bello spettacolo.-
- Davvero?- aveva chiesto scettico Dominic, fingendo
l’indifferenza più assoluta mentre invece, dopo due anni, ancora sentire quel
nome lo faceva stare male. Nel sentirlo pronunciare a Madeleine aveva avuto una
stretta allo stomaco, come non gli succedeva da tanto.
- Sì, davvero. Questo mi fa pensare che c’è qualcos’altro
oltre al fatto di Irene che ti turba, che magari non ha nemmeno niente a che
vedere, a meno che non mi sono persa qualcosa e i rapporti tra di voi siano
cambiati. Che hai, ti è successo qualcosa?-
Dominic si era perso a guardarsi le scarpe per un paio di
secondi, poi aveva battuto i palmi delle mani sulle sue cosce, come per
richiamarsi. - Che vuoi che sia successo Madeleine, è come tutte le altre volte.
Mi illudo sempre e comunque che lì fuori ci sia qualcuna disposta a capirmi ma
alla fine sono tutte uguali, non gli frega altro che di cose che con me hanno
poco a che fare. Ce ne fosse una che s’interessa a cosa penso, a cosa c’è nella
mia testa. O magari se ne accorgono tardi, come Shannyn. Lo sai che mi ha
cercato di nuovo, dopo una sera che mi ha incontrato in un locale mentre stavo
flirtando con un’altra? Mi ha telefonato il giorno dopo per dirmi che gli ero
mancato un sacco, per chiedermi se la volevo vedere. E’ che sono troppo educato
per mandarla affanculo come si meriterebbe e quindi le ho detto soltanto che non
volevo. Sono successe un po’ di cose ultimamente sai, che comunque mi fanno
capire solo un fatto, che sono io che sono tutto sbagliato: mi sembra di essere
entrato in un circolo vizioso dopo che con Chandelle è finita e non sono
assolutamente in grado di interromperlo. E’ come se ogni volta che una donna
s’interessa a me, anche solo per sesso, mi convinco che ci sia dell’altro e non
so nemmeno io perché, è assurdo. Non riesco più a vedere le cose come stanno, è
diventato tutto difficile, squallido e a volte triste.-
Nel discorso era venuta fuori anche Irene, Dominic l’aveva
citata come esempio di donna che gli sarebbe piaciuto avere accanto:- Anche se
adesso non è più così, almeno lei mi ha ascoltato mentre parlavo, si è fidata di
me per rivelarmi certe cose, ha accettato il mio aiuto e che entrassi nella sua
vita. Certo so bene che non posso considerarla una possibile donna che potrei
volere al mio fianco, voglio dire lei è Irene… la conosco da una vita e mi
imbarazzerebbe, lo dico solo come un esempio. Irene avrebbe tutto quello che
potrei volere, invece mi capita di credere di essere innamorato sempre di donne
come Shannyn, che se n’è sbattuta di me e di quello che avrei potuto provare,
l’ha fatto alla prima occasione disponibile. Oppure sono io a fare casino, come
con Chandelle, ma non ne voglio affatto parlare, del resto con te l’ho fatto
anche troppo a suo tempo e mi sorprende che tu non ne sia stufa!- aveva
scherzato, anche se non gli era riuscito bene.
Gli aveva spiegato quindi un po’ meglio della faccenda di
Shannyn in seguito, dato che Madeleine non avrebbe certo potuto capire da sola,
ovviamente parlandole anche di quello che era successo con Grace.
- Di lei non m'interessava poi molto, mi sentivo molto
attratto fisicamente, questo sì, ma anche per quello che la riguarda avevo
immaginato che ci fosse finalmente una che aveva guardato un po’ oltre e da
parte mia, dato che non avevo alcun serio interesse nei suoi confronti, sarebbe
stato da bastardo se ne avessi approfittato. Tutte queste premure per poi
scoprire che forse era peggio delle altre, si è finta interessata quando di
fatto non le importava che di poter dire alle amiche che si era scopata Dominic
Monaghan, sai che fortuna e che invidia. Poi questa cosa non la capirò mai…
almeno fossi un bellone stratosferico, oppure avessi la fama di uno che scopa da
Dio, allora potrei anche sforzarmi di capirlo, ma così è solo ridicolo.-
Madeleine gli aveva passato un braccio intorno alle spalle.
- Sei assolutamente il ragazzo con la sensibilità più spiccata che conosca,
quasi un po’ femminile.-
- Non è che la sensibilità sia un valore o una qualità
squisitamente femminile, eh Madeleine…- aveva osservato Dominic come per dirle
che non gli sembrava poi un discorso tanto giusto.
- Non sto dicendo questo somaro!- aveva esclamato la donna.
- Sto dicendo solo che sei sensibile in un modo somigliante a cui lo sono le
donne, insomma, uno qualsiasi quella Grace se la sarebbe fatta senza pensarci
due volte, tu no perché non avresti voluto urtare i suoi sentimenti, è bello
questo.-
- Le mie scopate me le sono fatte Madeleine, anche a me è
capitato di tradire, cosa che non rifarei per niente al mondo per inciso e sai
bene il perché, e non è che quelle scopate me le sono fatte sempre pensando
all’eventualità di offendere possibili sentimenti della tipa che mi portavo a
letto, non sono mica un santo se è questo che stai cercando di dirmi, le mie
carognate, e belle grosse aggiungerei, l’ho fatte.- aveva osservato ancora una
volta.
- Che palle che sei oggi, non ti sta bene niente! Ma chi ti
ha detto che non puoi essere uno stronzo se vuoi esserlo! L’unica cosa che sto
cercando di dirti è che in ogni modo, generalmente, sei una persona molto
corretta. Che poi non lo sia stato sempre in passato non vuol dire che tu non
possa aver imparato dai tuoi errori. Però capisco sai questo tuo circolo
vizioso, come lo chiami. Tutti hanno bisogno di qualcuno che li ami, di non
essere soli e credimi che so benissimo cosa vuol dire non avere nessuno, ma
proprio nessuno accanto.-
- Scusami, non volevo essere maleducato.- aveva detto
Dominic, pensando di averle dato due risposte poco carine.
- Non lo sei stato, non ti preoccupare. Ti voglio
raccontare una cosa che non ho detto quasi a nessuno. Ovviamente la sa Ronald
perché lui di me sa tutto, in parte la sanno i miei genitori, ma ormai sono
trentun anni che non li vedo e la parte più interessante se la sono persa. Ci ho
pensato oggi a pranzo, quando mi hai detto che non avresti potuto offrirmi un
caffè quando avevo diciannove anni perché tu non eri nato…- si era fermata un
momento e aveva sorriso, Dominic intanto si era ricordato di quello sguardo che
Madeleine aveva tenuto per qualche secondo. L’aveva lasciata parlare.
- Sai quando ti vengono in mente quei ricordi improvvisi
che ti catapultano in un’altra realtà senza che tu possa impedirlo, mi è
successo proprio questo. Mi sono ricordata la solitudine di quei giorni, dopo
che me ne sono andata di casa a diciotto anni appena preso il diploma, dato che
per i miei e per tutti quelli che per un motivo o per l’altro avevano a che fare
con me, avere un essere strano come me in giro era d’imbarazzo. Con tutto il
dovuto rispetto per chi fa una scelta simile, lo accetto con la massima
comprensione il fatto che per ritrovare la propria identità uno voglia cambiare
sesso, io non ho mai avuto questa possibilità di scelta. A me a tredici anni
sono spuntati i seni quando fino a poco tempo prima avevo creduto di essere un
maschio, molto femminile nel tono di voce e nella dolcezza dei tratti, ma
insomma con gli attributi maschili e che diamine! I miei pensavano, come tutti
del resto, che la mia voce, al momento dello sviluppo si sarebbe abbassata e che
il mio viso, con la barba, non sarebbe sembrato quello di una ragazza. Come puoi
ben vedere non è stato così, e siccome anche se nessuno me lo diceva
apertamente, la mia era quasi una colpa, appena ho potuto me ne sono andata
dalla Pennsylvania e sono approdata in quella gabbia di matti che New York era,
è, e probabilmente sarà sempre. Una gabbia di matti dove però nessuno mi
conosceva e sapeva niente di me, dove ero libera di essere qualsiasi cosa
volessi. La parte divertente, si fa per dire, è stata mantenermi agli studi: un
po’ di soldi ce li avevo per fortuna perché i miei avevano aperto un conto per
me dove ogni mese depositavano qualcosa e dove avevano messo i soldi che mi
avevano lasciato i miei nonni materni, del quale avevo preso possesso per
l’appunto al compimento dei miei diciott’anni. In verità per me ci sarebbe stato
il modo di guadagnare molto facilmente, sarebbe bastato che sfruttassi questo
mio particolare dono e che fossi un bel po’ più disinibita, ma sfortunatamente
la prostituzione, seppure sarebbe stata di alto bordo, non mi interessava per
niente perché la dignità per me stessa non mi è mai mancata. Mi sono laureata,
ho lavorato, per anni sono stata da sola perché mi spaventava l’ipotesi di
affezionarmi a qualcuno che poi, scoprendo davvero cosa fossi, si sarebbe
allontanato spaventato.-
Si era fermata un momento prima di andare avanti. - Sai, un
paio di volte mi sono anche illusa che fosse possibile che qualcuno mi amasse al
punto da passarci sopra, ma non è mai stato così, almeno fino a che a trent’anni
anni suonati sulla mia strada è capitato Ronald e dal primo momento ho capito
che o era lui, o non ci sarebbe stato altro tentativo, perché era troppo
difficile per me aprirmi un’altra volta in quel modo. Dopo che glielo dissi,
dopo svariati mesi che ci conoscevamo e un mese che uscivamo insieme, lui ha
avuto dei problemi comprensibili ad accettarlo e non ci vedemmo per un po’, ma
poi ha capito che non era un ostacolo così grande, e lo ha fatto capire anche a
me che non ne avevo poi la certezza assoluta. Sono stata spaventata dalla
solitudine più di ogni altra cosa, fino a che non ho capito che nessuno vuole
stare da solo, questa è una verità indiscutibile, ma bisogna saperci stare e
bastare a se stessi, e non lo dico solo nel mio caso perché è davvero il
classico caso limite, penso fermamente che tutti devono saperlo fare. Quando si
è capaci di stare con se stessi si ha tutto. E poi tu non sei solo, fino a prova
contraria sei circondato da gente che ti vuole bene. Io ti voglio bene, per
esempio, e sono sicura che anche Irene ed Owen te ne vogliono, poi hai una
famiglia unita anche se solo con il pensiero, hai un sacco di amici sinceri. Non
hai bisogno necessariamente di una relazione.-
Improvvisamente a Dominic era sembrato di essere solo uno
stupido ragazzino che si stava lamentando di fesserie senza senso. Quella donna
che gli stava seduta accanto e che stava cercando di consolarlo invece aveva
avuto davvero dei problemi, la vita e il caso insieme avevano marciato contro di
lei sin dal suo primo vagito, ed era stata in grado di vincerli entrambi. Era
una manager di successo, capace, con una vita sentimentale appagante, così
meritata che a Dominic faceva male pensare che per lei forse non ci poteva
essere altro: dato quello che aveva dovuto subire si sarebbe meritata tutto ciò
che la vita poteva dargli, forse anche qualcosa in più.
- Mi dispiace per tutto questo. Persone come te non se lo
meritano.-
- Nessuno se lo merita, però tu non devi sentirti
dispiaciuto per me, anzi, mi ha fatto piacere raccontare questa storia a qualcun
altro, anche se l’ho parecchio sintetizzata come avrai intuito. E’ una grande
prova di fiducia, tienitela stretta!-
- Contaci.- le aveva risposto lui sorridendole, dato che
aveva capito che era davvero una grande prova di fiducia da parte di Madeleine,
che per forza di cose nel prossimo ne aveva sempre avuta ben poca.
Madeleine si era alzata in piedi, ma si era messa subito
seduta un’altra volta facendo un verso strano, come di dolore.
- Questi tacchi sarà meglio che me li tolga, mi fanno male.
Anzi, sai cosa? Il viaggio me lo faccio in jeans, che ne dici se mi cambio e poi
andiamo finalmente a casa tua che voglio vedere il tuo bellissimo cane? Ormai il
campo sarà libero, giusto?-
Dominic aveva riso e si era dichiarato d’accordo, sempre un
po’ stordito per le confessioni che si erano fatti in quella stanza fino a poco
prima. Aveva guardato Madeleine appoggiare un’altra volta la sua valigia sul
letto ed estrarne una camicetta celeste, un paio di scarpe da ginnastica e un
paio di jeans, quindi si era avviata in bagno. Armatasi nuovamente della sua
verve, prima di chiudersi la porta dietro, si era girata verso di lui e gli
aveva detto:- Hey, non sbirciare, hai capito depravato? Tanto non ho niente che
tu non abbia già visto!-
Dominic aveva riso per l’ennesima volta quel pomeriggio.-
Ci proverò, anche se la tentazione è veramente enorme!- le aveva detto.
Era abbastanza triste, in parte per se stesso, in parte per
Madeleine anche se lei gli aveva chiesto di non essere dispiaciuto per lei non
poteva impedirselo. Ma aveva anche una strana sensazione che stava sgomitando
prepotentemente per uscire.
Le cose, prima o poi, migliorano, forse sarebbe successo
anche a lui. Speranza, pura e semplice.
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Capitolo 30 *** Errori passati ***
Nuova pagina 1
v
Capitolo
Ventinovesimo - Errori passati
Quelle giornate per Dominic stavano diventando nel loro
insieme sempre più snervanti, non sapeva più davvero come rapportarsi né con gli
altri né con i suoi pensieri, sempre più ingarbugliati.
E questo perché lui non perdeva occasione di ingarbugliarli
sempre di più.
Ci mancava soltanto che si rimettesse a pensare a Chandelle
e a quanto fosse stato male quando lei l’aveva lasciato.
Era successo due anni prima, erano stati felicemente
insieme per più di un anno e mezzo fino a che lei di punto in bianco aveva
deciso di trasferirsi in Australia per lavoro. Si ricordava della loro terribile
discussione, l’ultima di quella serie, al termine della quale Chandelle gli
aveva detto che stava seriamente pensando se non fosse stato meglio chiudere la
loro relazione direttamente, piuttosto che portarla ancora avanti tra la
lontananza e il suo costante menefreghismo nei suoi confronti e di quello che
era bene per lei, come gli aveva detto.
Dominic era stato talmente tanto accecato dalla rabbia per
quelle parole che Chandelle aveva pronunciato ingiustamente contro di lui che
non aveva perso tempo a tradirla quella stessa sera, con una che ci aveva sempre
provato con lui, nonostante tutti sapessero nel suo giro che era impegnatissimo.
Non sapeva bene come Chandelle l’avesse scoperto, forse perché qualcuno a cose
appena fatte l’aveva tempestivamente e zelantemente avvertita dell’accaduto.
Il giorno dopo, quando si era reso conto appieno
dell’assurdità dell’azione che aveva compiuto, si era sentito assolutamente in
colpa, e stupido. Non era da lui reagire così e non gli era mai capitato. Quello
che aveva appena fatto era del tutto fuori di ogni logica, era squallido essersi
fatto prendere dalla rabbia in quel modo, anche molto triste. Si sentiva
tremendamente disgustato per essersi scoperto capace di una cosa simile,
scatenata poi da cosa esattamente, per le cose che si erano detti? Durante
quella discussione sapeva di avere espresso dei concetti esagerati, aveva
sbagliato modo di dirle che non voleva che se ne andasse perché lo spaventava
l’idea di averla lontana, forse l’aveva aggredita senza volerlo. Quello che poi
era uscito fuori dopo, mentre quella discussione prendeva dei toni sempre più
accesi, sapeva di non pensarlo e molto probabilmente nemmeno lei lo pensava.
Anche se si sentiva sporco e terribilmente in colpa per
quello che aveva fatto, aveva deciso di non dirle niente, non voleva essere così
egoista da dirle tutto per liberarsi la coscienza con la scusa che doveva farle
sapere la verità, quell’episodio l’avrebbe fatta stare male e basta. Preferiva
essere lui a soffrire di rimorsi piuttosto che lei per via della sua azione
sconsiderata. La verità in fondo non era altra se non il fatto che lui fosse
innamorato di lei e che sì, gli sarebbe mancata, ma sarebbe stato lì ad
aspettarla al suo ritorno perché il suo posto in quel momento non poteva essere
altro che quello.
Quando si erano visti il giorno dopo Chandelle da prima
aveva ascoltato le sue scuse ostentando un’apparente calma, poi l’aveva cacciato
da casa sua, dicendogli che sapeva tutto e che non voleva più vederlo.
Aveva provato a cercarla per diversi mesi, si era arreso
quando era venuto a sapere che là in Australia si frequentava con un altro, con
il quale si era addirittura sposata dopo poco più di un anno da quando lui aveva
avuto la notizia e l’aveva lasciata in pace.
Sperava per lei che fosse felice, per lui dopo quella
rottura non c’era stata più una stabilità sentimentale e la felicità che aveva
sempre provato era sempre stata così effimera e le sue relazioni erano sempre
finite così male che ovviamente era rimasto a rimpiangere quelle emozioni vere e
reali che solo nella sua relazione con Chandelle, la prima in assoluto che fosse
riuscito ad avere che fosse abbastanza lunga e affrontata con maturità da essere
considerata tale, era riuscito a provare.
Madeleine l’aveva ascoltato sfogarsi delle sue frustrazioni
e dei suoi sensi di colpa così tante volte in quel periodo, Dominic sapeva di
doverle parecchio: se lei non gli fosse stata vicino in quel periodo e non
l’avesse preso in quel modo particolare in cui solo lei sapeva prenderlo, tutto
sarebbe stato peggiore.
Non appena con Madeleine erano arrivati a casa sua avevano
avuto una sorpresa inaspettata e, sulle prime, Dominic non avrebbe saputo dire
se gradita o sgradita. Sul prato davanti a casa sua Yume ed Owen si stavano
rincorrendo ridacchiando, nel solito atteggiamento gioioso che avevano mentre
giocavano, che poi era quello di tutti i bambini persi in quel passatempo.
La parte piacevole per Dominic risiedeva nel semplice fatto
che era comunque sempre bello vedere Owen e Yume che si divertivano, la parte
che non lo era più di tanto era che non si aspettava di trovarli già a casa, si
aspettava infatti di veder comparire da un momento all’altro sia Sakumi che
Irene.
I bambini avevano per un attimo interrotto le loro corse,
Owen a passetti veloci era andato verso di lui, che l’aveva salutato, investito
però subito dalle chiacchiere del bambino.
- Oggi siamo stati in un asilo dove c’erano due scivoli
enormi.- aveva detto mentre, come faceva solitamente, si era messo a tirare il
braccio destro di Dominic. Senza aspettare una risposta si era girato a guardare
verso sinistra, guardando incuriosito Madeleine. Dopo un po’ aveva dato segno di
averla riconosciuta e le aveva sorriso. - Ciao.- le aveva detto.
- Ciao caro!- gli aveva risposto la donna. - Come stai?-
- Bene.- aveva risposto il bambino, per poi immediatamente
tornare a parlare degli scivoli dell’asilo. Yume era rimasta per un momentino in
disparte a guardarli, almeno finché non era stato Dominic a salutarla, allora si
era avvicinata pure lei, immediatamente seguita dall’apparizione di Sakumi che
era uscita dall’ingresso principale con l’unico intento di richiamare
semplicemente i bambini. Sorpresa di vedere Dominic e un’altra persona che sul
momento non aveva riconosciuto, era uscita del tutto avviandosi verso di loro,
sorridendo.
- Buonasera.- aveva detto quando era stata davanti a loro.
- Scusa quest’invasione, ma non abbiamo fatto in tempo a tornare a casa che
Irene è stata contattata dall’ufficio per un’emergenza sul caso a cui sta
lavorando ed è dovuta andare via di corsa. Ormai eravamo qui e siamo rimasti
qui.-
- Hai fatto bene.- l’aveva rassicurata Dominic al quale non
era dispiaciuto affatto aver trovato Sakumi in casa. - Vi conoscete già?- aveva
chiesto non ricordandosi se si fossero incontrate lei e Madeleine alla festa di
compleanno di Owen. Le aveva presentate comunque, le due donne si erano strette
la mano dicendosi reciprocamente che si ricordavano l’una dell’altra. Guardando
per un istante in faccia Madeleine aveva notato la sua finta indifferenza, del
resto lei si era accorta del fatto che si piacevano fin dalla festa di Owen e
lui le aveva appena raccontato quello che c’era stato tra loro nemmeno dieci
giorni prima, non si era stupito dell’espressione vagamente incuriosita della
donna.
- Al suo ufficio non hanno proprio potuto fare a meno di
chiamarla?- aveva chiesto Dominic.
Sakumi aveva fatto spallucce. - Evidentemente. Credo che
fosse una cosa importante, lei si è un po’ lamentata ma poi è andata via di
corsa, in ogni modo avevamo finito il nostro giro per oggi e pare che sia andata
bene, a loro è piaciuto l’asilo che abbiamo visto, vero che vi è piaciuto?-
aveva detto girandosi verso i bambini che però, dato che Lilly era appena uscita
dalla casa, erano del tutto distratti.
- Ci hanno già abbondantemente informato.- le aveva detto
Dominic, sorridendole. - Soprattutto sugli scivoli.-
Sakumi aveva riso ripensandoci. - Non ci riusciva più di
farli scendere!- aveva raccontato.
Erano entrati in casa e si erano accomodati nel soggiorno,
anche i bambini erano rientrati, avevano sparso tutte le costruzioni di Owen e
si erano messi a costruire qualcosa sul tappeto dell’ingresso, discutendo prima
per un po’ su cosa avrebbero dovuto costruire. Gli adulti non ci avevano badato
più del dovuto, anche perché Madeleine aveva giusto avuto il tempo di fare
qualche coccola a Lilly, come aveva detto di aver voglia di fare, poi era dovuta
scappare via, verso l’aeroporto. Dominic aveva tentato in tutti i modi di
convincerla a farsi accompagnare da lui, ma lei sapeva che l’aeroporto non era
esattamente il posto più adatto da frequentare per uno con la sua notorietà,
quindi si era rifiutata categoricamente di accettare quel favore.
Dominic non aveva potuto fare altro che accontentarla e
chiamare per lei un taxi, che si erano messi ad aspettare subito dopo aver fatto
quella telefonata fuori dal cancello di casa sua, dove con la solitudine
ritrovata erano riusciti a salutarsi come si deve.
- Promettimi che stai tranquillo, e che cerchi di essere
comprensivo con Irene. E soprattutto promettimi che non ti farai più quella
giapponese, ma dai, pare un pezzo di ghiaccio!-
Dominic era scoppiato a ridere. - Ma che diavolo stai
dicendo! Non è affatto un pezzo di ghiaccio e poi non ho nessuna intenzione di
farmela un’altra volta, per inciso.- ci aveva pensato un attimo prima di parlare
nuovamente. - Soprattutto perché non credo che le interessi più di tanto provare
quest’articolo un’altra volta, lo ammetto…-
Stavolta era stata Madeleine a scoppiare a ridere. - Sei
veramente un caso patologico! Mi dici un motivo, uno solo, per cui dovresti
rivederti con lei e che non sia per fare sesso?-
- Ne hai tolto uno bello grosso, eh!- aveva scherzato
Dominic, anche se aveva capito dove Madeleine volesse andare a parare, quindi
non aveva continuato, anche perché il taxi che avevano chiamato stava arrivando.
L’ultima cosa che aveva visto era Madeleine seduta accanto
al finestrino che si dava una leggero bacino sulle punta delle dita e poi lo
salutava con quella stessa mano. Quel pomeriggio era stato bello, Dominic
sperava solo di non rovinarsi il resto della giornata con le sue assurde
paranoie.
Era rientrato in casa percorrendo il viale con lentezza,
come se non avesse voglia di raggiungere la sua meta. Rientrando si era trovato
davanti Lilly, comodamente accoccolata sul tappeto e con la lingua penzoloni
mentre sembrava quasi tenere d’occhio Owen e Yume che avevano continuato a
giocare con le costruzioni.
Il cane si era girato appena a guardarlo, ma poi era
tornata con gli occhi sui bambini; proveniente dalla cucina intanto aveva
sentito Sakumi parlare al telefono, in giapponese.
Aveva fatto giusto qualche passo avvicinandosi ad Owen,
aveva piegato le ginocchia rimanendo sulle punte dei piedi. Non aveva avuto
bisogno di chiedere.
- Costruiamo una macchina.- gli aveva detto il bambino, -
Ci aiuti?-
- Ok.- aveva risposto Dominic. - Vi raggiungo fra un
minuto, tenetemi il posto.-
Dopo essere salito in camera sua ed essersi messo addosso
qualcosa di più comodo era sceso nuovamente, sedendosi con loro sul tappeto,
mentre ancora sentiva Sakumi chiacchierare a raffica dalla cucina. Si era
chiesto se la lingua inglese, sentita da qualcuno che non la conosceva, fosse
altrettanto incomprensibile.
Senza pensarci oltre aveva battuto le mani, un gesto che
aveva richiamato di scatto Lilly che si era girata a guardarlo, per poi vedere
che stava guardando da un’altra parte e tornare a sonnecchiare.
- Allora! Qual è lo stato dei lavori, capo?-
Owen si era girato a guardarlo un po’ stranito, sembrava
volesse dirgli hey, mica siamo gli ingegneri della Renault al lavoro per la
macchina del gran premio! Si era limitato a mettergli in mano un pezzo delle
costruzioni e a dirgli dove metterlo, poi era stato Dominic a farlo da solo,
anche se chiedeva sempre prima a loro se andava bene. Quando Owen aveva
dichiarato supportato da Yume che avevano finito, il terzetto si era messo in
contemplazione dell’opera appena compiuta.
- Che strana.- aveva asserito Yume perplessa.
- E’ una macchina del futuro.- aveva ribattuto Owen.
Dominic, essendo l’unico che ancora non aveva parlato, era
ovviamente sotto lo sguardo dei due bambini che aspettavano una sua opinione.
Non appena se n’era accorto aveva sorriso.
- In effetti ha un che di futuristico.- aveva commentato.
- A me non mi piace.- aveva continuato Yume.
- Perché?- aveva detto leggermente risentito Owen.-
- E’ brutta, e poi le macchine sono di un colore solo, mica
come questa.-
I bambini avevano nuovamente guardato Dominic, segno che
era il suo turno di dire la sua. Si trovava tra due fuochi, non era facile
immaginarsi cosa avrebbe dovuto rispondere loro.
- Ne facciamo un’altra?- aveva proposto.
Gli era andata bene, i bambini sembravano essere concordi.
Si erano messi entrambi a distruggere il loro ultimo capolavoro e quando i pezzi
erano stati tutti recuperati Owen aveva preso le costruzioni a cui erano state
applicate delle ruote e li aveva piazzati nello spazio libero davanti a loro.
Quando Sakumi aveva concluso la sua telefonata li aveva
raggiunti sedendosi sul tappeto accanto a Dominic, che per un po’ aveva
abbandonato i bambini per fare due chiacchiere con lei. Non che si fossero detti
molto, Sakumi aveva appena avuto il tempo di lamentarsi che se lei non andava a
lavorare i suoi pochi dipendenti sembravano tutti persi, che Dominic era stato
richiamato al dovere poco dopo da Owen e Yume che gli avevano ricordato che
doveva aiutarli. Così, cercando di dare udienza ad entrambe le parti stava
distrattamente mettendo qualche pezzo a caso sulla costruzione altrettanto
strana che i bambini stavano mettendo su quella volta.
Sakumi gli aveva raccontato ancora un po’ di quel
pomeriggio appena passato, Dominic nuovamente si era distratto dalla costruzione
e si era girato del tutto verso la donna affascinante che gli parlava
sorridendogli. Con la luce del tardo pomeriggio che filtrava dalle vetrate in
soggiorno, quell’ingresso assumeva un’aria allegra, i colori sembravano quasi
più vividi, Sakumi in ogni modo non perdeva mai il suo fascino ma in quel
momento Dominic non aveva potuto fare a meno di pensare a cosa Madeleine gli
aveva detto prima di andare via, non più di una mezz’ora prima.
Sapeva perché Sakumi gli sembrava così bella in quel
momento, era come ogni altra volta: stava per ricadere nella solita trappola, in
quel circolo vizioso di cui aveva parlato a Madeleine, quello che gli faceva
pensare ogni volta che una donna che sembrava minimamente interessata a lui
forse potesse significare qualcosa in più. Fortunatamente a distoglierlo per
l’ennesima volta da lei era stato Owen, che sembrava piuttosto arrabbiato. Gli
aveva dato un colpetto sulla mano per richiamarlo e gli aveva detto:- Ma insomma
ci aiuti o no?-
Lo stava guardando minaccioso, con le mani puntate sui
fianchi, Dominic era scoppiato a ridere.
- Vieni un po’ qui, delinquente?- gli aveva detto
prendendolo di peso e mettendoselo sulle ginocchia, incominciando subito a
fargli il solletico.
Owen ridacchiava e si contorceva cercando di sfuggirgli
anche se si divertiva, Yume che non voleva essere esclusa, o semplicemente per
andare in soccorso del suo amichetto, si era buttata contro Dominic riuscendo,
per averlo preso di sorpresa, a farlo atterrare di schiena. La situazione si era
ovviamente ribaltata, i due bambini stavano avendo la meglio su di lui che
fingendosi sconfitto stava gridando aiuto, al quale aveva risposto Lilly che si
era avvicinata attirata dal trambusto e, dopo aver girato intorno al tappeto e a
Sakumi che rideva divertita per la scenetta, si era messa dietro a loro. Invece
di aiutarlo però si era approfittata della situazione, aveva abbassato la testa
pelosa per leccare il suo padrone in faccia.
- Ma in tre non vale, non è giusto!- aveva esordito
Dominic.
- Sì che vale, sono tutti più leggeri e l’unione fa la
forza!- aveva commentato Sakumi.
Come gli fosse venuta quell’idea non lo sapeva bene nemmeno
lui, per lo meno era sicuro di poter dire, essendoci stato a letto, di avere
almeno un po’ di confidenza con lei, ma non così tanta da mettere in pratica
l’idea che gli era venuta in mente. Forse se ci avesse pensato appena un paio di
secondi in più era ben probabile che gli sarebbe passata anche la voglia.
- Ma tu che fai, stai lì e ci guardi?- aveva subdolamente
detto mentre guardava i bambini indicando con dei cenni della testa la donna.
- Perché, che dovrei fare?- aveva chiesto lei.
- Farti fare un po’ di solletico anche tu!-
A quelle parole, quasi come se si fossero precedentemente
accordati, prima Yume e poi Owen erano partiti alla carica, ma Sakumi aveva
dimostrato di sapersi difendere più di lui. Si era arresa solo quando Dominic le
aveva appoggiato leggermente le mani sulla vita, quasi come se volesse tenerla
ferma, anche se non la costringeva affatto.
- Attaccate ora che ve la tengo ferma!- aveva detto
scherzando, i bambini non se l’erano fatto ripetere due volte e anche Sakumi gli
aveva assecondati: aveva appoggiato la schiena contro il petto di Dominic, che
si era messo dietro di lei allungando le sue gambe parallelamente a quelle della
donna, movimento che aveva permesso a lui di abbracciarla quasi.
Mentre Owen e Yume si stavano divertendo e Sakumi li stava
lasciando divertirsi, dimostrando inoltre di non essere nient’affatto disturbata
della libertà che si era preso Dominic; Lilly in tanto si era alzata abbaiando
per unirsi al clima d’ilarità generale che si era creato: in un gesto che era
propriamente giocoso aveva allungato le zampe anteriori abbassandosi su esse e
mantenendo il sedere in alto mentre dimenava la coda.
Era stato esattamente così che li aveva trovati Irene
rientrando più tardi delle sette, mentre si divertivano come dei pazzi e
sembrava che tra loro ci fosse una tale confidenza che l’aveva fatta
immediatamente sentire così di troppo che faceva male. Soprattutto faceva male
guardare Owen e vedere che stava ridendo in modo così spensierato e felice, in
quel modo che a lei non riservava più da qualche tempo.
Era nervosa e stanca, dall’ufficio non avevano potuto fare
a meno di lei e si era dovuta scontrare come quasi sempre con la poca
disponibilità dei suoi colleghi e con le occhiatacce del suo diretto superiore
che sembrava dirle: cosa ce lo hai chiesto a fare il pomeriggio libero, se
sei qui a lavorare evidentemente non ti serviva poi così tanto. Avrebbe
dovuto sprecare troppe energie per mettersi a spiegare loro tutto, così se li
era sorbiti in silenzio come al solito, pensando a come avrebbe fatto a
sopravvivere per due anni lì.
E poi tornava a casa per vedere che lei lì era quasi
inutile, che Dominic e Sakumi sembravano avere la situazione così sotto
controllo e, cosa immensamente difficile da non notare, sembravano andare
talmente tanto d’accordo fra loro che sembravano quasi una coppia in quel
momento.
Improvvisamente si era resa conto che i suoi sospetti su di
loro non dovevano essere tanto infondati.
Aveva cercato di sorriderli nel modo migliore che poteva,
scacciando tutti i pensieri, aveva appoggiato la sua borsa all’entrata, mentre
Sakumi, scioltasi dall’abbraccio di Dominic e liberatasi dei bambini, si alzava
e le andava incontro, arrivando a lei dopo Owen che per primo era andato a
salutarla. Irene l’aveva preso in braccio e gli aveva dato qualche bacio ai
quali Owen aveva risposto.
Intanto Dominic e Yume si erano anche loro alzati, Irene
aveva salutato la bambina prima di andare a cambiarsi per togliersi il tailleur
che aveva dovuto indossare di fretta prima di uscire, per lui non aveva avuto né
un sorriso né una parola gentile, gli aveva rifilato uno ciao abbastanza
demotivato da fargli pensare che le cose non stavano cambiando e se mai
cambiavano, in ogni modo, peggioravano.
Sakumi, quando erano stati nuovamente loro due con i
bambini e il cane gli era andata vicino e gli aveva detto a bassa voce. - Santo
cielo che giornata che deve aver avuto. Non la invidio per niente, quello studio
di avvocati deve essere un tale covo di serpi, vorrei sapere chi gliel’ha fatto
fare di infilarcisi.-
Dominic aveva evitato di dirle che con lei c’erano tanti
altri che se lo chiedevano, anche perché Sakumi non gli aveva dato molto il
tempo di risponderle, aveva continuato.
- Tu comunque sei fantastico con i bambini, e scommetto che
lo sei anche con lei. Per quel che puoi prenditene cura il più possibile, sta
attraversando veramente un brutto momento.-
- Lo so.- aveva risposto malinconicamente Dominic, -
Peccato che non mi permette di fare niente per lei.- aveva aggiunto evitando di
rivelarle altri particolari.
- Per come credo che tu sia, sono convinta che ti
basterebbe ancora un niente per convincerla. Insisti.-
Dominic le aveva sorriso mentre Sakumi gli appoggiava
delicatamente una mano su una spalla e gli dava un bacio su una guancia,
continuando a portare avanti quel clima confidenziale che si era instaurato.
Lei la faceva troppo semplice, lui lo sapeva, ma forse
aveva ragione, doveva insistere il più possibile.
Sakumi per quella sera aveva evitato l’invito a cena di
Irene. Dopo averle chiesto di aiutare Owen a rimettere tutti i pezzi delle
costruzioni con cui avevano giocato nel secchiello da dove le avevano rovesciate
per terra, aveva preso sua figlia ed era andata via, lasciando Dominic, Irene e
il piccolo da soli, in una situazione alquanto imbarazzante. Dominic aveva
accompagnato Sakumi al cancello, nel viale si erano scambiati un altro bacio, di
commiato, Irene li aveva potuti vedere affacciata alla porta e aveva
riconosciuto quella specie di confidenza che si può instaurare solo quando due
persone hanno condiviso qualcosa. Nella condizione particolare in cui li vedeva,
Irene non aveva dubbi che ciò che avevano condiviso era sicuramente un letto.
Non le interessava e non erano affari suoi, ma la
infastidiva pensarlo a letto con Sakumi, ed anche l’atteggiamento di lei, non
solo per quelle libertà che evidentemente si erano presi davanti ai bambini, ma
anche per averle praticamente mentito. Del resto, tacere una cosa per lei era
praticamente come mentire.
Owen l’aveva distratta avvicinandosi a lei e circondandole
la vita con le braccia, Irene aveva abbassato lo sguardo su di lui, incontrando
i suoi grandi occhi color nocciola non aveva potuto fare a meno di sorridere,
cosa che aveva fatto anche il bambino di rimando. Irene l’aveva preso in
braccio, tornando a baciarlo.
- Hai fame?- gli aveva chiesto.
Owen aveva inclinato leggermente la testa da un lato, come
per dire così così.
- Allora abbiamo tempo di pensare bene a cosa possiamo
cucinarci, così mi aiuti.-
Era un gioco che facevano spesso in Inghilterra quello di
aprire un grosso libro illustrato di ricette che Irene teneva nella cucina del
loro appartamento a Birmingham e mettersi a pensare di preparare qualcosa che
avesse attirato la loro attenzione dalla foto. In genere poi all’atto pratico
della cosa non lo facevano, ma era un gioco divertente. Owen aveva sorriso
dimostrandosi piuttosto felice di quell’idea della sua mamma.
Per il resto Irene aveva cercato invece di ignorare il più
possibile Dominic quella sera, aveva risposto praticamente a monosillabi alle
sue domande sempre e comunque, e non solo perché era stanca e per quella storia
di Sakumi, che ormai le sembrava palese.
Grace l’aveva chiamata quel pomeriggio per dirle che non si
poteva più occupare di Owen. Alla sua legittima domanda di avere una
spiegazione, Grace si era prodotta nel racconto di un’assurda storia della
fanciulla sedotta e abbandonata, da Dominic.
Ovviamente faceva acqua da ogni parte per lei che Dominic
poteva dire di conoscerlo abbastanza bene e che sapeva che lei gli moriva dietro
dalla prima volta che lo aveva visto. Lui doveva evidentemente averle detto di
no e lei si era inviperita, tipico atteggiamento di tante ragazzette come lei.
Ma intanto, oltre che a dover pensare al trasloco,
all’asilo e ai suoi problemi sul lavoro, si trovava anche senza una baby sitter
per Owen. Un problema che, se non ci fosse stato Dominic di mezzo, avrebbe
potuto essere evitato.
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Capitolo 31 *** decisioni difficili ***
Nuova pagina 1
Salve a
tutti!
Passato
bene il 25 aprile?
Io sono
stata al matrimonio di una mia amica e mi sono divertita tantissimo, forse anche
per il fatto che non conoscevo nessuno tranne gli sposi e ho dovuto contare solo
sulla mia capacità di adattamento durante il pranzo… ho conosciuto delle persone
simpatiche e gentili in ogni modo, che francamente mi sono state utilissime! Al
resto ha pensato la mia proverbiale faccia di culo!
Ma
passando ad argomenti d’interesse comune, volevo nuovamente scusarmi per la mia
lentezza ed avvertirvi che tra meno di dieci giorni ho un esame, quindi
giustificatemi almeno un po’, la storia in ogni modo sta per finire quindi non
vi tedierò ancora a lungo.
Un bacio
a Claudietta e a Bloody Mary, sono contenta che vi sia piaciuta Madeleine, avevo
paura che nel descrivere un personaggio così estremo potessi scadere nel troppo
sopra le righe, o nel patetico, sono contenta davvero del fatto che vi sia
piaciuto. Detto tra noi, è il mio personaggio secondario preferito!
A presto…
non dico quando perché non lo so!!!
Buona
lettura, Mandy
v
Capitolo Trentesimo - Decisioni difficili
Dominic si era messo pazientemente ad aspettare che Irene
scendesse. Era andata come ogni sera poco dopo le nove a mettere a letto Owen,
quella sera sembrava metterci parecchio tempo in più rispetto al solito, o forse
era così che a lui sembrava.
Era ovvio che si fosse accorto di quanto lei fosse stata
distante per tutta la sera. Anzi, più che distante era stata scostante, musona e
decisamente insofferente. Concettualmente erano delle cose estremamente diverse,
e Dominic si stava concentrando sul distante perché prendere atto di
scostante, musona e insofferente avrebbe significato ammettere che Irene non
si stava comportando bene nei suoi confronti e senza nemmeno un motivo
apparente. Quell’ipotesi lo avrebbe fatto inviperire a sua volta.
Anzi, se voleva essere completamente onesto con se stesso
doveva ammettere che anche stavolta non era stato esatto nel definire il suo
stato d’animo. Dominic era già arrabbiato con lei, e doveva accettare di
portarsi quel rancore dietro da più di qualche giorno; se stava ancora cercando
di trovare una giustificazione per il suo atteggiamento nei suoi confronti era
solo perché capiva la situazione non proprio rosea che la donna si trovava a
vivere, ma avrebbe voluto aiutarla in un altro modo che non fosse fare il
parafulmine della situazione.
Stando seduto sui gradini di cotto davanti alle vetrate del
soggiorno, era intento ad accarezzare Lilly che si era sdraiata per terra
appoggiando il muso sul suo ginocchio e l’aspettava, sperando di poter fare con
lei due chiacchiere, più amichevolmente possibile, in modo così da poterla far
sfogare un po’ e per farle capire per l’ennesima volta che lui c’era per lei. La
cagnolina sonnecchiava tranquillamente, mentre lui rifletteva e cercava di
concentrarsi per ritrovare tutta la calma di cui avrebbe avuto bisogno per
affrontare Irene.
L’unico problema consisteva nel fatto che quella sera
avrebbe potuto concentrarsi quanto voleva sulla sua volontà di non fare in modo
di far precipitare la situazione, avrebbe avuto un crollo in ogni caso perché
probabilmente era così che doveva andare. C’era una strana atmosfera in casa,
solo Lilly sembrava non esserne toccata, Owen invece quella sera aveva insistito
più del solito per avere il permesso di andare un po’ più tardi a dormire,
permesso che fermamente non gli era stato accordato.
Dominic aveva sentito Irene scendere le scale, si era
avviata in cucina probabilmente per finire di rassettare, ma Dominic aveva già
pensato a mettere i piatti sporchi nella lavastoviglie e a far partire
l’elettrodomestico, molto altro da fare non c’era. Le era andato incontro, non
appena era stato sulla porta di quella stanza si era fermato, aveva incrociato
le braccia e appoggiato la spalla sinistra allo stipite della porta, appena in
tempo per vedere che lei si guardava intorno vedendo che in quella stanza per
lei non c’era niente da fare. Dominic, quando l’aveva guardato, le aveva
sorriso.
- Vedo che hai fatto tutto tu, allora io posso andarmene a
dormire.- gli aveva detto non rispondendo al suo sorriso. - Buonanotte.- gli
aveva detto senza nessun entusiasmo.
Si era avviata verso la porta, Dominic aveva fatto la prima
cosa che gli era venuta in mente, mentre era passata le aveva sfiorato un
braccio con la sua mano sinistra.
- Irene… non ti va di fare due chiacchiere?- le aveva
chiesto.
- No, sono stanca.- aveva ribattuto concisa lei.
- Sono nemmeno le dieci, vuoi già andare a dormire?-
- Sì, c’è qualcosa di strano?-
Dominic si era passato la mano con la quale aveva sfiorato
il braccio di Irene sulla nuca, nervosamente.
- No, solo pensavo che magari potevamo passare un po’ di
tempo insieme dato che non avremo tante occasioni di farlo dopo questo fine
settimana.- aveva osservato.
Irene aveva dovuto trattenersi da non mandarlo dove non
batteva il sole, non perché se lo meritasse però. Non sopportava quel suo modo
di fare in quel momento, proprio non lo reggeva e sapeva che la sua soglia di
sopportazione non avrebbe retto altro. Nonostante tutto il suo tono nel
rispondergli era stato davvero troppo scostante. - Da come parli sembra quasi
che morirò domenica pomeriggio… Rimarrò comunque a Los Angeles, non è che
sparirò nel nulla, se la cosa ti può consolare. E adesso se non ti dispiace.-
aveva detto indicando le scale, dove voleva dirigersi più in fretta possibile.
Dominic non era riuscito a nascondere il suo disappunto.
- Vai, come no. Scusami tanto se ti ho disturbata.- le
aveva detto con un tono che lasciava benissimo ad intendere che fosse piuttosto
scocciato.
- Non mi hai disturbata, solo sono stanca.- aveva ribattuto
la donna.
I loro toni erano decisamente passati da forzatamente
gentili, a tesi, fino ad arrivare al classico tono precedente alla lite. Dominic
avrebbe dovuto evitare di ribattere se non voleva arrivare all’ultima fase, la
discussione vera e propria, ma forse era proprio il caso di avere quel
confronto.
- Eppure mi sembra che ultimamente ti disturbo anche se
respiro, fai un po’ tu.-
- Senti Dominic - aveva ribattuto con un tono a metà tra il
rassegnato e lo spazientito Irene, - stasera non è proprio il caso, quindi per
favore evitiamo di discutere.-
L’altro l’aveva prima guardata sorridendole, ma non
benevolmente, quasi con scherno.
- Vorrei che ti potessi vedere, perché forse non ti rendi
conto di che tono stai usando, rapportato al fatto che non sono un ragazzino
Irene… avrei potuto capirlo il tuo atteggiamento qualche anno fa, ma adesso mi
pare davvero fuori luogo.-
- Sto usando il tono di una persona che ha solo bisogno di
andare a dormire perché non hai nemmeno l’idea della giornata da schifo che ho
passato, e di che giornate da schifo avrò ancora da passare e francamente non ho
voglia di stare qui a parlarne perché l’unica cosa che sensata che posso fare è
stringere i denti e cercare di fare del mio meglio.-
- Lo sai che mi dispiace per questo e ti aiuterei se
potessi e se tu me lo permettessi, solo non capisco perché me lo butti addosso.
Mi vuoi spiegare che colpa ho io di questo?-
Irene aveva dovuto pensarci, perché sul momento
razionalmente non trovava nessuna risposta a quella domanda.
- Per esempio potevi stare alla larga da Grace, tanto per
dirne una.-
- Eh?- aveva blaterato Dominic confuso.
- Si è licenziata, come se non bastasse devo cercarmi
un’altra persona che si occupi di Owen quando non posso io, e di certo potrai
immaginarti che non è proprio una gran cosa per un bambino separarsi da qualcuno
a cui è abituato a vedere. Adesso dovrà abituarsi a qualcun altro, e questo
perché? Dimmelo tu, perché? Per… te, ecco perché.-
Non era riuscita a dire per colpa tua, le parole gli
erano morte in gola.
Dominic non aveva ribattuto, era dispiaciuto per quella
cosa e sinceramente si sentiva in colpa per il fatto di non aver mai pensato
ingenuamente a quell’aspetto.
- Non voglio dire che non ti sono grata per quello che hai
fatto per noi,- aveva continuato, pensando che comunque non doveva dimenticarsi
che senza il suo aiuto non ce l’avrebbe mai fatta, - ma non crederti così
indispensabile né per me né per Owen, sono una donna adulta e so benissimo cosa
devo fare.-
Dominic si era abbastanza risentito per quell’affermazione.
- Che significa sentirmi indispensabile Irene? Ma chi diavolo ha mai pensato di
esserlo accidenti! Io ho solo pensato che forse avremmo potuto diventare amici
dato che adesso la differenza di età ce lo permetterebbe, e che potevamo darci
una mano a vicenda finchè tu sarai qui, ma evidentemente mi sono illuso di
credere che tu abbia smesso di considerarmi quel ragazzino tanto carino ma tanto
scemo che ti scodinzolava intorno a quindici anni… quei tempi sono andati,
potresti anche sforzarti di capire almeno questo anche se non vuoi accettare di
diventarmi almeno un po’ amica.-
Irene stava per ribattere qualcosa, ma Dominic aveva
continuato. - Mi dispiace per Grace, mi dispiace se Owen ne soffrirà, non hai
idea di quanto, ti chiedo scusa, ma possibile che tu non ti sia nemmeno fermata
a pensare per un momento all’eventualità che forse è stata Grace a non essere
stata corretta? Si è comportata come se le importasse qualcosa di me solo per
arrivare a farsi scopare per incazzarsi a morte quando non ho voluto che
succedesse, pensi che sia tanto bello per me? Chissà che ti avrà raccontato lei,
e magari tu ci credi pure.-
Non lo pensava veramente, ma ormai quella discussione era
cominciata, ed era il momento più brutto, quello per l’appunto dove si dicevano
cose che non si pensava davvero.
- Considerando cosa c’è stato tra te e Sakumi mi puoi
biasimare?-
Dominic l’aveva guardata perplesso.
- Se ti stai chiedendo se me l’ha detto lei ti dico che non
sono una cretina.- aveva aggiunto in risposta a quello sguardo.
- In effetti me lo sono chiesto, ma non c’entra niente con
Grace.- aveva risposto un po’ imbarazzato.
- Forse per te, per me invece è una dimostrazione del fatto
che non ti fai tanti problemi in quel senso.-
Anche per lui era stato il momento di non essere tenero, si
era fatto passare immediatamente l’imbarazzo in un momento tirando fuori tutta
la sua rabbia repressa di quei giorni, anche per faccende che con quella non
avevano niente a che fare.
- Almeno Sakumi ha avuto il coraggio di guardare avanti e
di accettare una relazione finita e di rifarsi una vita, i suoi metodi ammetto
che ad un modello di virtù come te possano sembrare sconvenienti, ma per come la
vedo io il bello dei rapporti interpersonali è la trasparenza, lei non mi ha
dato mai l’idea di volere altro da me che non fosse sesso e siccome mi trovavo
abbastanza d’accordo così è stato. Forse invidi un po’ la sua chiarezza di
vedute, o semplicemente il fatto che lei conduca una vita tranquilla e fa un
lavoro che le piace e che la rilassa, tutto il contrario di quello che fai tu
dato che ogni volta che torni dal tuo ufficio sei intrattabile e si fa fatica a
starti vicino. E forse la invidi anche perché sarebbe stata in grado di
accettare cose che tu non puoi nemmeno vedere nella tua concezione della vita!-
Irene aveva taciuto per qualche secondo profondamente
offesa per le chiare allusioni di Dominic al suo rapporto con Christopher, si
sentiva insultata soprattutto per il fatto che lui avesse in ogni modo detto
delle cose che in parte potevano essere giuste specialmente sul suo lavoro, ma
non poteva permettersi di interferire in certe faccende, e comunque non voleva
parlarne con lui.
- Non voglio nemmeno considerare le tue considerazioni
spicciole sul mio matrimonio, sono cose di cui non dovresti nemmeno permetterti
di parlare e lo capiresti se fossi appena più maturo. Vieni a parlare a me di
avere chiarezza in testa, tu che non riesci nemmeno a stare da solo a trent’anni
perché sei terrorizzato all’idea di starci? Se la tua idea di stare nel giusto è
questa, andiamo bene.-
- Allora spiegamelo tu dall’alto dei tuoi quasi trentotto
anni cosa vuol dire stare nel giusto.- aveva ribattuto evitando di pensare che
Irene, in parte, aveva ragione. Ragione da vendere.
- Non sono qui per spiegarti niente, ma ti posso dire che
la chiarezza, tanto per farti un esempio, si esplica anche nel modo in cui ti
comporti davanti ad un bambino, ti sembra bello quello che stavate facendo oggi?
Mi chiedo quante volte sia successo che avete flirtato spudoratamente davanti a
Owen e Yume, ma non mi meraviglio di te in questo caso, ma di Sakumi.-
Dominic era allibito per l’assurdità di quel commento. Lui
e Sakumi flirtare davanti ai bambini? Non era mai successo e lui questo non
l’avrebbe mai fatto.
- Stavamo giocando con i bambini oggi, non facevamo
assolutamente niente di male e tu che non c’eri non puoi giudicare! Ci hai visti
per un momento appena e hai già tratto delle conclusioni, complimenti per la tua
larghezza di vedute e per il tuo qualunquismo! Sai che non me l’aspettavo, come
non mi aspettavo francamente che di me non avessi capito un bel niente, ma è più
che evidente che mi hai inserito nella categoria in cui m’inseriscono tutti gli
altri, è una cosa troppo facile da fare. E da parte tua è grave, perché mi
conosci da quando sono nato e da te mi aspettavo qualcosa di diverso.-
- E che cosa potevo pensare io nel trovarvi abbracciati sul
tappeto di casa tua? E poi si nota che in un certo senso siete… intimi.- aveva
detto, con un po’ d’incertezza. - Proprio perché queste cose le capisci Dominic
dovresti sapere che quelle sono quel genere di confidenze che non si prendono
con tutti e anche se so che sei un tipo affettuoso per natura questo non
giustifica niente. Potrei capirlo se lo avessi fatto con me, proprio perché ci
conosciamo da una vita, ma se lo fai con lei mi vengono dei legittimi dubbi.-
- Non sto parlando dell’inesattezza dei tuoi dubbi, mi da
fastidio che tu pensi che tengo un atteggiamento promiscuo davanti a tuo figlio
o a Yume, questo non lo accetto, accidenti! Anche se non mi fossi affezionato a
lui non lo farei, ma se vuoi aggiungerci quel carico da novanta fai pure, tuo
figlio è riuscito a conquistarsi tutto il mio affetto e la mia simpatia in tempi
record, quindi tira le tue conclusioni. Non gli farei mai di proposito qualcosa
che potrebbe farlo stare male, o che potrebbe turbarlo, gli voglio troppo bene
per farlo.-
Anche se lo aveva pensato spesso era la prima volta che
diceva chiaramente quanto si fosse affezionato ad Owen e che rifletteva su
quanto fosse stato facile che ciò avvenisse. Immaginava che fosse così con i
bambini, ma Owen in quel momento aveva qualche connotato speciale ai suoi occhi,
come se al mondo non ci potessero essere altri bambini come lui. Per la prima
volta aveva preso atto del fatto che non averlo più per casa di lì a tre giorni
sarebbe stato immensamente triste.
La discussione aveva avuto una battuta d’arresto, sembrava
che entrambi si fossero sentiti come svuotati da quel diverbio piuttosto acceso.
Dominic si era seduto su una sedia in cucina, ci si era praticamente buttato
come se non avesse avuto più l’energia per tenersi in piedi. Irene invece si era
allontanata e si era seduta sul secondo gradino delle scale, stringendo con le
braccia le sue ginocchia verso il petto, rannicchiandosi come se volesse
nascondersi.
Erano stati così per un po’, in una prima fase a covare il
rancore che sentivano l’uno per l’altra per via di quello che si erano detti,
poi però quel sentimento non aveva perdurato ancora a lungo, lasciando spazio a
tutto quello che comunque, anche in quello stato, nelle loro parole reciproche
avevano riconosciuto come giusto.
Per due persone che si vogliono bene avere dei litigi può
anche essere molto bello, nella loro particolare condizione poi era stato quasi
necessario dato che una discussione dai toni più pacati probabilmente non
avrebbe risolto niente perché l’impatto non sarebbe stato forte.
Forte come doveva essere in quel momento per scuoterli,
soprattutto Irene, che era stata la prima a fare qualcosa per riconciliarsi,
dopo quasi una mezz’ora che avevano smesso di parlare.
Si era avvicinata alla cucina e si era affacciata allo
stipite guardando verso Dominic che aveva lo sguardo per terra. Sentendola aveva
alzato la testa guardandola a sua volta, senza mettersi sul viso un’espressione
particolare, era abbastanza neutra. Irene quindi era entrata, aveva sollevato
appena da terra una sedia che stava intorno al tavolo e l’aveva messa davanti a
lui, poco distante, prima di sedersi a sua volta.
Stava per dirgli che le dispiaceva sinceramente di quello
che si erano detti, che avevano esagerato, ma Dominic era stato più veloce di
lei.
- Anche a me.- le aveva detto
Irene gli aveva sorriso. - Lo so che Grace è solo una
ragazzina che pensa di essere l’unica portatrice sana di… quella insomma, lo
credo che si è arrabbiata quando le ai dato il due di picche, le conosco le tipe
come lei, anche troppo bene.- lui aveva riso appena alla sua battuta.
- Per quanto riguarda Sakumi non sono affari miei, siete
entrambi adulti e liberi di fare quello che volete, mi dispiace di avertelo
buttato in faccia e ti assicuro che so quanto bene tu voglia ad Owen e so che
non vuoi che il suo bene. So anche quanto te ne vuole lui di bene, questo mi
spaventa un po’ lo ammetto, soprattutto perché ultimamente tu hai giocato un
ruolo che credo sia ancora più fondamentale del mio e mi sono sentita esclusa ed
inutile, ma tu non hai nessuna colpa, è un problema mio.-
- Non lo potevo immaginare questo, mi dispiace davvero
tanto.- aveva commentato lui invece all’ultimo concetto che la donna aveva
espresso, pensando che Madeleine ci aveva visto giusto. - Io invece lo so che
non hai una cattiva opinione di me, è solo che sono ossessionato dall’idea che
gli altri mi vedano come la persona cattiva che non sono, e non ti biasimo
affatto se sei arrabbiata con me per Grace, o per Sakumi, sarebbe stato meglio
che me ne fossi stato tranquillo al mio posto invece di fare certe cose. Con
Sakumi…- aveva detto interrompendosi per cercare le giuste parole per
descriverle il loro rapporto, ma non le aveva trovate e aveva preferito
tergiversare.
- Lasciamo stare, tanto te lo puoi immaginare, Grace in
ogni modo l’ho incoraggiata e non posso dire certo di avere la coscienza del
tutto pulita in proposito.-
Irene si era avvicinata ancora un po’ con la seggiola, fino
a che la distanza che c’era stata tra loro era diminuita abbastanza da
permettere ad entrambi di abbracciarsi.
Erano rimasti per un po’ fermi in quell’abbraccio,
mantenendo un silenzio che era stato Dominic a rompere dopo qualche secondo.
- E poi non avrei dovuto dirti quelle cose sul tuo lavoro e
sul tuo matrimonio, hai ragione, non dovevo permettermi, sono cose tue e sono
sicuro che tu sappia benissimo cosa è giusto per Owen e per te.-
Sulle prime lei non aveva risposto, ma dopo nemmeno troppi
secondi Dominic aveva colto come una strana reazione da parte sua che l’aveva
convinto a sciogliersi un po’ da quell’abbraccio, dato che aveva sentito
l’esigenza di guardare il viso di Irene per poterne leggere il suo stato d’animo
dalla sua espressione. Aveva gli occhi lucidi di chi sta per piangere anche se
gli aveva sorriso. In effetti però non era durato nemmeno qualche secondo, Irene
aveva cominciato a piangere subito dopo.
- Scusami…- gli aveva detto togliendosi energicamente dal
viso quelle due lacrime che stavano scendendo verso il basso, come se dovesse
giustificarsi, forse per celare l’imbarazzo che le dava farsi vedere così da lui
anche se non sarebbe stata nemmeno la prima volta.
- Non è niente…- le aveva risposto Dominic cercando di
essere rassicurante, anche se non lo era stato.
- E’ che hai ragione tu invece, il mio lavoro lì fa
schifo.- era appena riuscita a dirgli, per continuare aveva dovuto aspettare
qualche secondo.
- Mi hanno accolta male da subito perché per i miei
colleghi sono l’ultima arrivata che è venuta a prendersi una promozione quasi
come se la stessi rubando a loro, non mi hanno mai aiutata ad inserirmi e
continuano ad essere ostili con me. In questi giorni in cui ho avuto qualche
problema con il bambino poi hanno preso la palla al balzo per essere ancora meno
comprensivi. A volte mi sembrano peggio dei ragazzini, quasi ogni volta che mi
capita di entrare in bagno e ci trovo un paio di colleghe puoi stare certo che
smettono di parlare tra loro e mi guardano come se le stessi disturbando, non
vogliono nemmeno provare a parlare con me, nemmeno fossi un’aliena. Sapevo che
non sarebbe stato facile, non mi illudevo di questo, ma non mi aspettavo nemmeno
di essere trattata come un’intrusa da schiacciare ad ogni costo.- Si era
interrotta per un momento, e aveva messo sul viso un sorriso amaro.
- Per poi venire a sapere cosa, lo vuoi sapere cosa mi ha
raccontato Alexis, che è un’amica avvocato anche lei che ha aperto un suo studio
privato a Birmingham? Che ad un mio collega uomo, con appena un anno in più di
lavoro allo studio, lo faranno entrare lo stesso tra i soci, senza il ricatto
del trasferimento. E’ una notizia recente, si è saputa da poco, tant’è vero che
mi chiedo se non l’abbiano fatto apposta a mandarmi qui, per non darmi una
promozione che mi spetterebbe perché sono una donna.-
- Credi che sia possibile?- aveva chiesto Dominic al quale
sembrava che quella disparità tra sessi fosse ridicola. Irene aveva annuito.
- Più ci penso e più mi dico che non c’è altra spiegazione,
e quasi quasi sarei anche propensa ad accettare la sua offerta.- aveva aggiunto.
- Che offerta?-
- Alexis avrebbe bisogno di un buon penalista, che è quello
che modestamente sarei io, mi ha proposto di piantare lo studio e di andare a
lavorare con lei a Birmingham. Abbiamo fatto l’università insieme e ci
conosciamo da anni, so che mi troverei bene, ma ormai sono qui e non intendo
darla vinta ai miei colleghi. Questo momentaccio passerà, come gli altri.-
Dominic aveva evitato di commentare, non era suo dovere
farlo, si era limitato a sorriderle, ma era come se lei avesse colto della
perplessità.
- L’unico problema adesso è Owen, ma pare che l’asilo di
oggi sia piaciuto sia a lui che all’altra piccola peste, è un po’ lontano da
dove andremo ad abitare ma se significherà soltanto alzarsi un po’ prima la
mattina è qualcosa di risolvibile… non si può avere tutto dalla vita, no?- aveva
detto, sempre guardandolo incuriosita. - Incominciamo lunedì… ma tu non mi
sembri convinto, che c’è?-
- Niente, davvero. Tutto apposto.- le aveva detto. Certo
che lui aveva la sua opinione in merito, e discordava dalla sua, ma come aveva
già fatto un’altra volta, quando lei gli aveva chiesto cosa ne pensasse più o
meno della stessa faccenda, lui non le aveva voluto dare una sua opinione perché
non voleva influenzarla in alcun modo.
Quando si erano dati la buonanotte si erano giurati di non
incappare più in una situazione simile, di parlarne civilmente se ci fosse stato
qualche problema e di lasciarsi dare una mano l’un l’altro, specialmente Dominic
le aveva chiesto di permettergli di aiutarla.
***
Irene, nel biglietto che quella mattina aveva lasciato a
Dominic in cucina, aveva scritto che per la mattinata Owen sarebbe rimasto da
Sakumi e che poi sarebbero tornati a casa dopo le tre del pomeriggio, per via
del fatto che era riuscita a farsi dare il pomeriggio libero dato che non aveva
potuto usufruire di quello che aveva chiesto il giorno precedente.
Solo che quando era tornata a casa non era tornata con Owen
ed era arrivata molto prima di quello che lui si sarebbe aspettato.
- Avevo bisogno di uscire da lì…- gli aveva detto
spiegandosi, anche se aveva giusto il tempo di mangiare qualcosa al volo e poi
doveva tornare di corsa in ufficio.
- Che è successo?- le aveva chiesto intuendo qualcosa.
- Stanno pensando di togliermi il caso a cui sto lavorando
perché a detta di alcuni dei miei colleghi che lavorano con me non sono
affidabile e trascuro il mio lavoro… tutto ciò è assurdo. Dopo pranzo mi daranno
il verdetto ufficiale, ma in ufficio si sa già chi mi sostituirà.-
- Ma come sarebbe a dire scusami? -
- Sarebbe a dire che d’ora in avanti mi affideranno casi al
di sotto della mia portata solo perché a detta di qualcuno sono inaffidabile e
perché c’è gente che non gradisce lavorare con me. Questo sarebbe a dire, anche
se come scusa principale hanno addotto il fatto che se ho qualche problema con
mio figlio dei casi più leggeri possono favorire questo momentaccio… che bella
conclusione di settimana, non trovi?-
Come l’aveva definito Sakumi, un covo di serpi? In effetti
a Dominic sembrava che quel paragone fosse perfettamente calzante all’ufficio
dove Irene lavorava. - Che conti di fare?- le aveva chiesto.
- Cosa dovrei fare secondo te?- aveva ribattuto lei.
- Io proprio non lo so, ci sarà pure un modo per risolvere
questa situazione… voglio dire, Owen lunedì ricomincia ad andare all’asilo e tu
non sarai più così impegnata e poi troverai un’altra persona per occuparsi di
lui, fermo restando che ci sono io per qualsiasi evenienza.-
Irene, che si era seduta sul divano, aveva buttato la testa
indietro appoggiandola sulla spalliera e aveva sorriso amaramente, per poi
tornare a guardarlo pochissimi secondi dopo.
- Forse tu non hai capito bene Dom, lì dentro non mi
vogliono e le cose non miglioreranno fino a che non dirò a tutti che me ne vado
e che lascio il loro posto… fino a che non saranno sicuri che non sarò più un
problema non la smetterà nessuno. Owen non c’entra niente, assolutamente
niente.-
Dominic era rimasto in silenzio, non sapeva cosa
consigliarle di fare, si era avvicinato al divano solo quando aveva visto che
aveva cominciato a piangere.
- Guarda che per quegli stronzi non ne vale la pena.- le
aveva detto quando si era seduto accanto a lei e le aveva passato una mano
attorno alle spalle.
Irene gli aveva sorriso appena. - Non è per loro.- aveva
ribattuto asciugandosi il viso con una mano. - E’ che quando sono sotto stress
reagisco così. E comunque non è per loro, te l’assicuro.-
Dominic si era girato verso di lei e le aveva passato
attorno alla vita anche l’altro braccio, stringendosela contro. - Qualunque sia
il motivo non ne vale la pena.-
Per un po’ erano rimasti fermi, quando Dominic aveva
lasciato che Irene si sciogliesse da quell’abbraccio la donna l’aveva guardato
con gli occhi lucidi sorridendogli appena. Lui le aveva appoggiato il palmo
della mano destra sull’orecchio, con il pollice era andato toglierle un po’ di
quella macchietta nera che le si era formata sotto l’occhio dato che le era
colato un po’ il trucco, Irene aveva riso.
- Lascia stare… piuttosto dimmi perché non mi rispondi mai
quando ti chiedo che dovrei fare.-
- Lo sai perché, non è mio compito dirtelo e non ho il
diritto di influenzarti con i miei pareri.-
- Ma se io adesso ti dicessi che ho bisogno di sapere
quello che pensi, tu me lo diresti?-
Dominic era rimasto a guardarla senza sapere cosa dire.
Aveva un’opinione ferma in merito, ma Irene gli era sembrata veramente bisognosa
di avere quell’informazione da lui. Quando lei gli aveva preso la mano destra
tra le sue mani, stringendogliela appena, dicendoli quasi sussurrando per
favore, dimmi quello che ti passa per la testa, ne ho bisogno, Dominic si
era convinto.
Aveva abbassato la testa verso la sua sinistra, togliendo
lo sguardo da Irene e puntandolo per terra, aveva alzato la sua mano sinistra
appoggiando le dita sul naso, aveva chiuso gli occhi per un paio di secondi,
pensando. Quello che stava per dirle per lui non era vantaggioso, lo sapeva e
avrebbe tanto voluto che lei facesse esattamente il contrario, ma aveva pensato
al suo bene e a quello di Owen in quel momento, non certo a quello che conveniva
a lui. Aveva messo la mano sinistra sopra a quelle di Irene che stringevano la
sua destra, quindi l’aveva guardata bene.
- Il tuo posto non è qui… Il tuo posto è in Inghilterra,
dove tu e Owen siete circondati da persone che vi amano e che vi saranno sempre
accanto comunque tu decida di fare. Mi piacerebbe avervi vicini a me, non te lo
nascondo che la mia vita sia migliorata da quando tu e Owen state con me, ma per
voi, nonostante il fatto che io farei di tutto per te e per lui, qui sarà sempre
difficile. E non scordarti che in Inghilterra Owen ha un padre che a lui manca e
che ha il diritto di crescerlo. E che non desidera altro che di fare il padre
anche se vi siete lasciati, e forse dovresti permetterglielo.-
Irene gli aveva lasciato le mani, dapprima aveva guardato
in basso, ma quando aveva alzato nuovamente la testa mettendo gli occhi nei
suoi, gli aveva sorriso, per poi abbracciarlo.
- Grazie, davvero, grazie.- gli aveva detto.
Circa tre ore dopo Irene era rientrata con Owen, Dominic li
aveva sentiti dalla sua stanza dove si stava vestendo dopo aver fatto una
doccia. Dato che aspettare che tornasse era diventata una tortura, si era messo
a giocare con Lilly in giardino fino a che, come al solito, non si era
inzaccherato dalla testa ai piedi.
Era uscito dalla sua stanza in fretta, dalla cima delle
scale aveva cominciato a guardare Irene. Owen appena era arrivato giù gli era
andato incontro, Dominic salutandolo l’aveva preso in braccio. Solo quando il
bambino si era allontanato la donna gli aveva sorriso, con un sorriso
tranquillo, di chi ha trovato una soluzione.
- Ho rinunciato all’incarico.- gli aveva detto
semplicemente, senza girarci intorno.
Mentre l’abbracciava aveva pensato che presto avrebbe perso
sia lei che Owen e da una parte si era sentito immensamente triste, ma
dall’altra era stato felicissimo per loro.
Era convinto che fosse la decisione migliore che potesse
prendere.
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Capitolo 32 *** Giochi d'acqua ***
Nuova pagina 1
Rieccomi!
Una cosa
la dico subito, per Bloody: Sploffy regna! Cioè, un gatto più grullo di quello
non esiste, è il re incontrastato di qualsiasi mio personaggio secondario! Anche
se Lilly, devo ammetterlo, si da da fare!
Per quel
che riguarda questa storia, però, Madeleine va ammesso spicca tra gli altri!
Grazie
anche a Claudietta, in effetti il litigio mi preoccupava un po’, avevo paura di
calcare troppo la mano o di non mantenere un certo equilibrio tra i personaggi
di Dominic e Irene. Mi spiego: non volevo che fossero uno nel torto e uno nella
ragione, volevo che entrambi dicessero cose giuste e sbagliate e che fossero
nella stessa misura anche un po’ cattivi l’uno con l’altro, quello che succede
solitamente quando due persone che hanno un bel rapporto litigano.
Vi lascio
al capitolo… buona lettura.
Mandy
v
Capitolo Trentunesimo - Giochi d’acqua
Dominic si era sempre rifiutato di dirle cosa gli passasse
per la testa per non influenzarla, da parte sua Irene pensava fosse un bel
gesto, e certamente non si doveva sentire in colpa se, dopo la sua richiesta, lo
aveva finalmente fatto.
Quando lui le aveva detto il tuo posto non è qui, si
era sentita dire solo quello che avrebbe voluto, come gli aveva detto aveva
bisogno di sentirlo dire a qualcuno. Era stato come se quelle parole le avessero
dato il coraggio di ammettere con se stessa qualcosa che amaramente già sapeva
da tempo, che aveva sbagliato tutto: erano sbagliate le sue intenzioni, erano
sbagliati i suoi intenti; anche le sue paure erano ingiustificate, sebbene
fossero ampiamente comprensibili e scusabili nel momento di fragilità che aveva
vissuto e dal quale comunque avrebbe impiegato ancora del tempo per uscire.
Averlo ammesso a se stessa aveva migliorato immensamente la
sua condizione, si era sentita molto più leggera nonostante tutto, e chiunque le
stava intorno poteva cogliere quel suo stato d’animo.
Si era sentita libera di essere nuovamente se stessa, una
persona che non aveva mai voluto niente di più che
una famiglia, amare ed
essere amata da qualcuno, una stabilità, affetti sinceri, avere quel tanto che
le bastava per vivere dignitosamente e potersi togliere qualche sfizio ogni
tanto.
In ufficio, quando ci era tornata quel pomeriggio, le
avevano appunto detto quanto si aspettava, ma a lei non importava, come del
resto non le era mai importato di niente di ciò che avrebbe potuto portarle quel
periodo negli Stati Uniti.
Dopo aver dato la notizia che rinunciava a quella
promozione aveva pensato ad avvertire il suo vecchio ufficio di Birmingham, dove
aveva ancora un posto di lavoro. Aveva raccolto le poche cose che per il momento
aveva lasciato nel suo ufficio, in un mese e mezzo non era riuscita ad
accumulare tanta roba lì dentro per sua fortuna, augurando buon proseguimento ai
suoi ex colleghi era uscita da quel palazzo pensando che probabilmente tutti o
quasi lì dentro stavano cantando vittoria. Ma lei in quel momento sapeva di aver
vinto qualcosa che era molto più importante di tutto ciò che poteva essere il
senso di rivalsa nei loro confronti. Irene non si sentiva affatto una sconfitta,
né una vittima: era nuovamente se stessa e questo era ciò che di più importante
c’era da considerare.
Era andata a prendere Owen immediatamente dopo, arrivata a
casa di Sakumi, mentre i bambini giocavano tranquilli, Irene aveva messo l’altra
al corrente di quella decisione.
Sakumi era stata felice per lei, le aveva detto che era la
prima volta che la vedeva sorridere così da quando la conosceva. - L’unica cosa
che mi dispiace è che perderò una buona amica…- le aveva detto intristita. - E
anche Yume perderà un buon amico, penso che le dispiacerà molto. Quando
ripartirai?-
Irene ci aveva pensato su per un po’. - Non lo so con
certezza. Devo sistemare ancora qualche faccenda qui, tipo annullare il
contratto di affitto dell’appartamento, e poi mi ci vorrà qualche giorno per
prepararmi alla partenza. Penso che per almeno una settimana ancora forse
rimarremo, dipenderà anche da quando potrò prenotare un volo.- si era interrotta
un momento, pensando a Yume. - Credimi, mi dispiace moltissimo per la bambina,
davvero tanto. Comunque credo che mancherà anche a lui.-
Sakumi le aveva sorriso. - Non ci pensare, sono bambini e
sono più bravi di noi a sopportare gli abbandoni. E poi spero che si farà tanti
nuovi amichetti all’asilo nuovo.-
Irene se n’era andata da casa sua più di un’ora dopo, dopo
averle detto che quella sera dovevano assolutamente festeggiare
quell’avvenimento. Sakumi era stata piuttosto d’accordo, come poi lo era stato
Dominic quando gliel’aveva detto.
A parte per quella sera Irene non aveva avuto più grosse
occasioni di rivedere Sakumi. Avevano deciso di cenare insieme almeno un’altra
volta prima che lei partisse, ma la normale routine aveva impedito che si
potessero incontrare anche prima. Con Yume che aveva ripreso ad andare all’asilo
regolarmente, anche Sakumi aveva ricominciato con i suoi soliti ritmi
lavorativi, forse era anche meglio così. Stare troppo con lei avrebbe reso la
partenza un po’ più dolorosa e, considerato tutto, il carico non aveva certo
bisogno di essere appesantito, dato che sarebbe già stato pesante lasciare
Dominic.
A differenza di Sakumi e Yume in quei giorni era stato una
presenza costante, Irene si era anche chiesta come mai, se non in rare
occasioni, Dominic era sempre completamente libero.
In verità lui le aveva mentito qualche volta, sebbene
avesse dei doveri riguardanti il lavoro ed altro, alla fine era rimasto sempre
con la donna e il bambino. Ad onor del vero aveva provato ogni santo giorno a
fare la persona seria, solo che i suoi tentativi di esserlo non erano andati a
buon fine.
Ogni mattina, poco dopo essersi svegliato, faceva una
specie di riassunto mentale di cosa lo avrebbe atteso quel giorno: se quello che
lo aspettava non riguardava solo loro due per prima cosa provava un certo
fastidio, ma si diceva di non fare il ragazzino e di fare quello che doveva. Il
punto è che la seconda cosa che gli passava per la testa era che il tempo che
avevano ancora a disposizione era così poco che non poteva buttarlo via così.
Era stato ben fortunato quella settimana, non aveva mai
avuto da fare cose di vitale importanza e quindi se l’era cavata. Non che non
gli andasse, ma con un po’ di rammarico pensava all’imminente inizio delle
riprese che coincideva quasi perfettamente con la partenza di Irene ed Owen,
esattamente il giorno dopo.
In quei giorni si erano costruiti una specie di dimensione
tutta per loro, un equilibrio che era stato così facile far nascere in poco che
era quasi come se fosse qualcosa da temere, per il vuoto che potenzialmente
avrebbe potuto lasciare alla sua fine.
Era cominciato tutto esattamente la mattina dopo, quel
sabato, quando Dominic, appena svegliato, era entrato in cucina e aveva trovato
Irene e il bambino che parlavano tra loro. Intuendo che la donna stava spiegando
ad Owen una cosa piuttosto importante non li aveva disturbati, si era messo a
fare del caffé mentre intuiva che Irene stava dicendo ad Owen che nel giro di
una settimana sarebbero tornati a stare in Inghilterra. Il bambino era rimasto
perplesso per un attimo.
- E poi rimaniamo lì sempre?- aveva chiesto.
- Sì, penso proprio di sì.-
Owen l’aveva guardata preoccupato, ma anche speranzoso. -
Allora all’asilo qui non ci vado più adesso…-
Irene aveva riso e l’aveva preso in braccio. - No, non ci
devi più andare!-
Detto questo aveva richiamato l’attenzione di Dominic. -
Che fai oggi pomeriggio?- gli aveva chiesto.
- Niente di particolare.- le aveva detto lui, anche se in
verità avrebbe avuto un impegno con alcuni suoi amici nel tardo pomeriggio.
- Allora ti fai una passeggiata con noi? Volevamo andare a
fare un giretto da qualche parte con la bici.-
Owen gli aveva sorriso, Dominic lo aveva guardato un attimo
di sfuggita.
Ovviamente la sua risposta era stata affermativa, come poi
lo era stata tutte le altre volte in cui Irene in quegli ultimi giorni gli aveva
proposto di unirsi a loro.
***
Era stata una settimana lunga, o breve se la si guardava
all’alba dell’ultimo giorno.
Dominic si era svegliato molto presto, pensando per prima
cosa che quegli ultimi sei giorni erano stati davvero belli, forse anche troppo.
Non aveva ancora idea di cosa quell’ultima giornata che
avrebbero passato insieme avrebbe riservato loro, erano da poco passate le otto
della mattina e gli altri dormivano ancora. Per godersi la temperatura fresca di
quell’ora, si era seduto sui gradini di cotto dove con Irene avevano concluso
tutte le loro serate in quegli ultimi giorni, insieme a Lilly che si era
svegliata non appena era sceso al piano inferiore e l’aveva seguito, per poi
rimettersi a sonnecchiare accanto a lui.
Non gli faceva bene stare lì da solo in quel momento, era
una situazione adatta per mettersi a riflettere e farsi prendere dalla
malinconia, cosa che Dominic non voleva che accadesse. Per fortuna gli era
venuta in mente una delle cose che con Irene avevano ricordato qualche sera
prima e gli era venuto spontaneo mettersi a ridacchiare.
Non si doveva sforzare troppo per ricordarsi quando sua
madre aveva smesso di usare di tanto in tanto quel ridicolo nomignolo, da quando
una volta le era scappato davanti a Linda e lui se l’era presa davvero molto.
Certe cose avrebbero dovuto rimanere in famiglia, che c’entrava mettere al
corrente di quel lato imbarazzante della propria vita anche la sua ragazza?
Insomma, a diciott’anni sono affronti che si accusano! Irene, di punto in bianco
la sera prima, Dominic stentava a ricordarsi nell’ambito di quale discorso in
cui si erano addentrati, gli aveva preso il naso tra il pollice e l’indice e lo
aveva chiamato Patatino. Lì per lì era scoppiato a ridere e si era
chiesto come faceva lei a ricordarsene.
- Tua mamma ti chiamava così fin da piccolo, scherzava
dicendo che a tuo fratello gli era andata bene a non aver ereditato il suo naso
ma che a te era andata peggio. Così ti chiamava Patatino… a me è sempre sembrato
molto carino come soprannome, molto affettuoso in fin dei conti.-
- Carino un corno!- aveva commentato l’altro. - Già ci sono
vari ambiti dove puoi essere preso per il culo fino allo sfinimento a quell’età,
vedi la scuola e qualsiasi altra attività sociale alla quale suo malgrado ogni
ragazzino è sottoposto, almeno a casa ti aspetti un po’ di comprensione e invece
io mi ritrovavo con una madre che mi prendeva per il culo, andiamo bene!-
- Perché ti sfottevano a scuola? Non mi sei sembrato mai il
tipo veramente…-
- No, in effetti non più del dovuto, quel tanto che ti devi
minimamente aspettare, come tutti. Non ero preso di mira affatto, mi facevo
abbastanza gli affari miei a quei tempi e se non me li facevo era per
organizzarmi a fare casino con gli altri. Non avevano tempo per prendermi in
giro in quei casi e non ero nemmeno il tipo che incoraggiasse questi
atteggiamenti, dato che ero anche un po’ il trascinatore a volte, a combinare
pasticci sono sempre stato bravo, modestamente! E tu?- le aveva chiesto quindi.
Irene ci aveva pensato un attimo. - Io ero la secchiona di
turno, mi prendevano in giro ma con un certo garbo, potevo sempre tornare utile
in certi casi!-
- Ah, io non ho mai corso questo rischio!- aveva
ridacchiato commentando Dominic.
In quei giorni si era stupito spesso di quante cose Irene
sapesse della sua infanzia e della sua adolescenza, anche di quella cotta che
lui si era preso per lei da ragazzino, anche se non ne era sicura. Quando Irene
gli aveva parlato del fatto che se l’era sempre immaginato, anche per via delle
chiacchiere delle loro rispettive madri, Dominic sul momento ne era rimasto
sorpreso e si era anche un po’ vergognato, più o meno la stessa reazione che
pensava che potrebbe aver avuto se l’avessero scoperto a quei tempi. Ma adesso
era un po’ assurdo reagire così, anche se era stato inevitabile.
- Io a quei tempi ero già, se così si può dire, una donna,
e tua madre e la mia mi parlarono di quei loro sospetti da pari a pari, non so
se rendo l’idea…- aveva detto sorridendo, Dominic aveva annuito.
- Non so se fosse vero, ma la cosa mi aveva fatto davvero
tenerezza, poi tu eri carino, non so se lo eri solo con me o lo eri con tutte.
Eri sempre gentile, anche se avevi spesso un’aria intimidita nei miei confronti,
ma quello era forse perché ai tuoi occhi dovevo sembrare una donna fatta,
credo.-
Dominic le aveva sorriso, non aveva grossi motivi per
nasconderle il fatto che tutte loro avevano visto giusto per quello che lo
riguardava.
- Dipende anche dall’educazione che ricevi e io sono stato
educato a trattare bene le ragazze, in genere sono sempre stato molto gentile,
almeno ci ho sempre provato. In ultima analisi per me in effetti sì, eri una
donna fatta e mi incutevi un po’ di soggezione. Poi devo dire che tua madre e la
mia sono davvero due pettegole terribili!- Aveva ridacchiato interrompendosi un
momento. - Ma non ci avevano visto male, mi piacevi moltissimo perché anche tu
eri carina con me e non mi trattavi come un bambino… non hai idea della cotta
che avevo per te, non pensavo quasi ad altro.-
- Oh…- aveva commentato Irene dopo un paio di secondi in
cui era stata bloccata dalla sorpresa. Non si sarebbe certo aspetta che lui le
dicesse quella cosa con quella tranquillità. Osservandolo bene però si era
accorta che era più una posa che altro.
Non aveva aggiunto niente, Dominic nemmeno, erano rimasti
per qualche secondo in quel limbo d’imbarazzo che si era creato contro la loro
razionalità e la loro volontà. I loro sguardi si erano incontrati per un attimo,
casualmente, a quel punto non avevano potuto che scoppiare a ridere entrambi,
senza bisogno che si spiegassero vicendevolmente la situazione, era tutto molto
chiaro.
- Per me eri un fratellino a quei tempi.- gli aveva detto
la donna, avvicinandosi per passargli un braccio attorno al collo, aveva
schiacciato la sua guancia contro quella di Dominic.
- Per me era un po’ diverso,- aveva ribattuto lui
passandogli il suo braccio intorno alla vita, - ma posso dire che tu e tua madre
siete sempre state di famiglia.-
Irene gli aveva sorriso. - Era bello da voi… sai, ho
pensato che anche per Owen mi piacerebbe una cosa simile, se non posso dargli
una famiglia classica. Una specie di famiglia allargata, ma non da vedere due
settimane o un mese all’anno, da avere sempre. A me sarebbe tanto piaciuto avere
una famiglia numerosa. Nei miei piani, che tu ci creda o no, volevo almeno tre
di figli.-
- Accidenti!- aveva commentato Dominic sorpreso. - Davvero
poco comune oggigiorno.-
- Mi sarebbe piaciuto avere una casa con tanta di quella
gente in giro che non ci si possa mai sentire soli, tanto che qualcuno dopo un
po’ avesse addirittura la necessità di dire basta, ora voglio stare un po’
per gli affari miei, diamine!- aveva concluso Irene ridacchiando.
Questo era quello che si erano detti appena la notte prima,
Dominic aveva accarezzato Lilly e aveva ridacchiato ancora nel pensarci.
Seguendo sempre quel filo scomposto di pensieri, mentre
accarezzava il pelo morbido della sua cagnolina, aveva ripensato al pomeriggio
del giorno prima, quando le aveva fatto il bagno e Owen si era infilato in
mezzo, chiedendo di poterlo aiutare.
Lilly, essendo un Golden Retriver, era un cane che gradiva
particolarmente l’acqua, farle un bagno non era una cosa complicata proprio
perché non la rifuggiva come molti altri cani fanno. Per dirla tutta Dominic
l’aveva lavata proprio perché, nel suo gradire tanto l’acqua, durante una
passeggiata che erano andati a fare in compagnia di Owen ed Irene in un parco
non troppo lontano da casa sua, Lilly si era tuffata in una pozza d’acqua
melmosa e fangosa, inzaccherandosi completamente.
Per Owen era stato divertentissimo vederla tornare da una
corsetta sporca in quel modo. Dominic ed Irene che, seduti su una panchina lì
vicino, non avevano visto ancora il cane, erano scoppiati a ridere vedendo il
bambino farlo: sembrava un adulto in miniatura, un adulto che dal tanto ridere
si teneva la pancia, non aveva nemmeno risposto quando gli avevano chiesto cosa
ci fosse tanto da sbellicarsi. Quando Lilly era uscita da dietro un cespuglio i
due adulti l’avevano guardata smettendo immediatamente di ridere.
Dominic le si era avvicinato mentre la cagnolina, fiera
della sua bravata e felice per aver trovato una pozza dove tuffarsi, dimenava la
coda con la lingua penzoloni.
- Lilly! Ma che hai combinato! Porca zozza, come faccio
adesso a metterti in macchina?- aveva detto, causando un altro scoppio di risate
da parte di Irene.
Dominic si era girato a guardarla non capendo cosa avesse.
Quando la donna le aveva fatto notare che l’esclamazione porca zozza era
davvero adeguata, anche lui si era messo a ridacchiare dato che l’aveva
assolutamente detto senza cognizione di causa.
Ad una fontanella aveva cercato di toglierle il grosso
dello sporco di dosso, poi aveva aspettato altri dieci minuti che si asciugasse
almeno un po’ prima di caricarla in macchina e riportarla a casa.
- Ora quando siamo a casa tocca farti il bagno!- le aveva
detto con un lieve tono accusatorio. Lilly per tutta risposta aveva agitato la
coda, sembrando soddisfatta del programma.
- Delinquente che non sei altro!- le aveva quindi detto
ancora, però non aveva potuto fare a meno di sorridere.
- Posso aiutarti?- gli aveva chiesto il bambino prima di
salire in macchina, attaccandosi al suo braccio come faceva quasi sempre per
attirare l’attenzione.
Dominic aveva avuto un momento di esitazione nel
rispondergli.
- Dai, posso?- aveva continuato, cercando di essere
convincente.
L’altro nell’indecisione aveva guardato Irene, e Owen aveva
capito perfettamente la situazione.
- Mamma, lo posso aiutare?-
Irene gli aveva sorriso. - Solo se non dai fastidio e fai
tutto quello che ti dice Dominic di fare.-
Soddisfatto il bambino aveva sorriso a Dominic mettendo in
mostra i dentini di latte.
Quando erano stati a casa Lilly, che aveva già capito
tutto, correndo si era recata sul retro della casa dove solitamente Dominic le
faceva il bagno. Lui però l’aveva lasciata un po’ là ad aspettare, per farle un
dispetto di rimando. Di fatto doveva spogliarsi e mettersi dei vestiti consoni a
quello che stava per fare: sapendo che si sarebbe bagnato si era messo un paio
di pantaloncini da mare e una vecchia maglietta malridotta. Quando era uscito
dalla sua stanza aveva visto che c’era qualcun altro che lo stava aspettando
impaziente: Owen era già pronto e lo stava aspettando, bello pimpante ed
entusiasta di fare quel gioco insolito. Irene era rimasta in casa, per fare
qualche telefonata, aveva detto.
Lilly aveva cominciato a fare le feste appena erano
arrivati vicini a lei. Dominic era andato a ripescare il flacone di shampoo per
cani, quindi, mentre Lilly continuava a scodinzolare allegra, aveva collegato un
tubo di gomma al rubinetto di un lavandino posizionato al muro esterno della
casa e aveva aperto i rubinetti dell’acqua, sia quella calda che quella fredda,
in modo da miscelarle per farla risultare tiepida.
Quando la cagnolina era stata bella bagnata aveva messo un
po’ dello shampoo tra le mani di Owen.
- Vedi, gliene metti un po’ sul pelo e poi fai come quando
le vuoi fare i grattini, ok? Tu fai la schiena.-
Owen si era diligentemente messo al lavoro, divertendosi
anche perché Lilly era davvero entusiasta. Tutte quelle attenzioni focalizzate
su di lei le piacevano, da brava pavona qual’era. Si era lasciata grattare e
insaponare con profonda soddisfazione, stiracchiandosi ogni tanto ed elargendo
leccate ai due quando le capitavano sotto tiro. Aveva anche abbaiato verso Irene
che si era affacciata alla finestra del bagno della sua camera, che dava sul
retro.
- Come va ragazzi?- aveva chiesto.
I ragazzi avevano risposto che le cose procedevano a
meraviglia.
Quando era stato il momento di risciacquarla Dominic era
tornato a prendere la manichetta, dicendo ad Owen di allontanarsi, anche se,
alla fine, con Lilly che grondava d’acqua, erano stati bagnati dalla testa ai
piedi dalla cagnolina stessa che si era scrollata l’acqua di dosso schizzando
tutt’intorno.
- Lilly, non qui!- le aveva detto Dominic, mentre Owen
rideva della grossa.
- Che hai tu da ridere?- aveva chiesto quindi al bambino,
che come se niente fosse aveva preso il secchiello con il quale aveva voluto
aiutare Dominic nel risciacquo e rovesciandogli parte del contenuto addosso,
ridacchiando soddisfatto.
- Ah sì, eh?- aveva ribattuto finto minaccioso l’altro. -
Vuoi la guerra?- aveva chiesto, mentre intanto faceva mettere Lilly al sole e le
diceva di stare buona lì.
La risposta di Owen era stata di finire di rovesciargli il
contenuto del secchiello.
- Comincia a scappare rospetto!- gli aveva consigliato
Dominic che, mentre il bambino si prendeva un po’ di vantaggio, aveva riempito
per metà un piccolo secchio che stava nel ripostiglio degli attrezzi e gli era
andato incontro. Solo che Owen era più furbo di quello che Dominic si aspettava
in quei frangenti, si era nascosto bene. Aveva fatto tutto il giro della casa
senza capire dove si fosse cacciato, fino a che, dietro un muro, non aveva
sentito dei passi sospetti sull’erba e si era fermato, certo che il bambino
fosse lì.
Nel tentativo di sorprenderlo aveva rovesciato il secchio
quasi alla cieca.
- Ma che diavolo stai facendo?- lo aveva investito la voce
di Irene che lui, senza volerlo, aveva infradiciato.
- Oddio, scusami, pensavo fosse Owen!- aveva subito detto
Dominic, imbarazzato.
- Ah… ma non mi stavi cercando?-
- Io? No!-
Owen in quel momento era saltato fuori dal suo nascondiglio
ridendo a crepapelle, ai due adulti non ci volle molto per capire che erano
stati raggirati da quella piccola peste. Si erano guardati per un momento,
intuendo i pensieri l’uno dell’altro al volo, quindi si erano lanciati
all’inseguimento della canaglietta, che era stata placcata sul prato dietro alla
casa con conseguente gavettone, che si era ampiamente meritato.
Dato che erano tutti e tre bagnati, che non potevano
sporcarsi più di così e che il prato era investito pienamente dal sole delle
quattro e mezza del pomeriggio, erano rimasti lì sdraiati, anche per fare
compagnia a Lilly che era stata messa forzatamente ferma sotto il sole per
asciugarsi. Si erano messi a ridere e scherzare per il resto del tempo che ci
era voluto perché Lilly tornasse asciutta, quindi erano andati a sistemarsi a
loro volta.
Mentre continuava a pensare a quello che avevano vissuto
lui, Irene e Owen in quella settimana appena trascorsa, Lilly si era alzata,
stiracchiata e aveva cominciato a comportarsi come faceva quando voleva attirare
la sua attenzione. Faceva dei piccoli saltelli, scodinzolando e camminandogli
intorno.
- E’ ora di colazione?- le aveva chiesto, centrando il
segno dato che Lilly aveva guaito come per dire sì.
Le aveva fatto una carezza sulla testa e si era alzato,
accontentandola.
Aveva riempito la scodella del cane in cucina, quindi si
era messo a fare il caffé già che c’era, non ci era voluto molto però perché
arrivassero anche Irene e il bambino.
Dopo i saluti Irene si era messa a preparare la colazione
per tutti, a tavola dopo si era informata su cosa Dominic dovesse fare quel
giorno. Alla sua risposta, che come al solito era niente, cosa mi proponete
voi?, la donna aveva detto:- Vogliamo farci l’ultima giornata in spiaggia,
poi stasera vengono a mangiare Sakumi e Yume. Vieni?-
Dominic teoricamente avrebbe dovuto dire di no: non poteva
rischiare di abbronzarsi o, peggio di scottarsi a due giorni dall’inizio delle
riprese. Ma aveva anche pensato che se stava attento, si teneva la maglietta
addosso e un cappellino in testa per difendersi dal sole e, soprattutto, usava
una crema protettiva molto forte non rischiava niente.
- Sono dei vostri.- aveva detto, sorridendo ad Owen e ad
Irene.
Quell’ultima giornata del resto non l’avrebbe passata
lontana da loro per niente al mondo.
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Capitolo 33 *** La malinconia su di noi ***
Nuova pagina 1
Buon
lunedì a tutti!
Cascasse
il mondo, giuro, questa settimana finisco di postare questa storia! Ve
l’assicuro!
Passando
oltre, purtroppo questa volta mi tocca parlare in questo spazio di una cosa non
tanto piacevole, soprattutto per me.
Sono
successe delle cose, niente di grave, però un po’ spiacevoli, per cui mi sono
trovata costretta ad aggiungere una nota alla nota in tutti i primi capitoli
delle mie storie e credetemi, non ne avevo nessuna vogli perché credevo non ce
ne fosse alcun bisogno. La webmistress di questo sito ci tutela abbondantemente
per quelli che sono i, se così possono essere definiti, “diritti d’autore” per
le storie che scriviamo, anche per questo ho sempre pensato che non ci fosse il
bisogno di ribadire certi concetti. Può darsi che faccia troppo affidamento sul
buonsenso comune, comunque.
Più
precisamente, in fondo ad ogni pagina, e quando dico tutte dico proprio tutte le
pagine, c’è questa scrittina: © dal 2001 EFP. Creato da Erika. EFP non ha
alcuna responsabilità per gli scritti pubblicati in esso, in quanto esclusiva
opera e proprietà degli scrittori stessi. Il materiale presente su EFP non
può essere riprodotto in nessuna forma senza il consenso del proprietario del
materiale. I personaggi e le situazioni presenti nelle fanfic di questo
sito sono utilizzate senza alcun fine di lucro e nel rispetto dei rispettivi
proprietari e copyrights. Lo script che il sito utilizza è proprietà di
Rebecca Smallwood.
Il
sottolineato grassetto credo che sia molto, molto chiaro… giusto?
Comunque
ribadisco qui che il copia/incolla lo considero eticamente scorretto,
soprattutto quando non ricevo richieste di poterlo fare da chi lo fa. Allora,
ufficialmente e inequivocabilmente, dico che il copia/incolla per quanto
riguarda le mie storie non mi piace, al limite potete likare qui ad EFP, in modo
che chi le andrà a leggere le leggerà come io le ho impaginate e concepite.
Scusare
se l’ho ribadito, so che alla maggior parte di voi non importa una cippa lippa
di queste cose ma era una considerazione dovuta, dato che qulcuno si è sentito
libero di prendere e stravolgere cose su cui io e altri hanno lavorato.
Ritorno a
dire che è solo un hobby, ma è un hobby che costa fatica e chi scrive lo sa
bene!
Buona
lettura, Mandy
v
Capitolo Trentaduesimo - La malinconia su di noi
Non che avesse molti dubbi in proposito, sul fatto che
Dominic anche quel giorno sarebbe stato con lei e il bambino, ma Irene quella
mattina si era svegliata con la netta sensazione addosso che c’era una
probabilità che lui avesse altro di meglio da fare, e la cosa le dava un certo
fastidio.
Un fastidio che continuava ad avere tuttavia anche in quel
momento, mentre Dominic le stava seduto non troppo distante sul suo telo da
mare, con un quotidiano appoggiato sulle gambe distese del quale stavano facendo
il cruciverba.
Era buffo a vedersi, a parte per il fatto che aveva addosso
un costume da bagno non sembrava affatto uno in spiaggia, anzi, sembrava più un
fobico del sole. Non si era tolto la maglia e stava con gli occhiali scuri e il
cappellino con la visiera, rigorosamente all’ombra. L’unica cosa che teneva al
sole erano i piedi, perché non entravano nell’ombra dell’ombrello che avevano
piantato nella sabbia appena erano arrivati.
Più lo guardava e più quel leggero fastidio la invadeva.
Anche se poi, definirlo fastidio, forse era del tutto inappropriato.
Era una strana sensazione, che era già qualche giorno che
provava ad averlo sempre così vicino, una sensazione che aveva cominciato a
sentire nel momento esatto in cui aveva capito che se anche i loro ricordi di
una vita sarebbero stati sempre nelle loro menti, non potevano mascherare per
sempre la realtà com’era. Irene era finalmente riuscita a distinguere
chiaramente la differenza tra il Dominic quindicenne, impacciato e gentile, un
po’ innamorato di lei che portava e avrebbe portato per sempre affettuosamente
nei suoi ricordi, e il Dominic trentenne, quella persona intelligente e gentile
che le stava accanto in quel momento, affermato nel suo lavoro sebbene ancora un
po’ insicuro su tante altre cose, una persona di successo, un uomo anche
decisamente affascinante anche se non propriamente bello… un uomo.
Dominic era un uomo.
Irene in quei giorni si era stupita di come le fosse
occorso tutto quel tempo per rendersi conto di una cosa che ai suoi occhi invece
era così palese in quell’istante.
Per lei forse era difficile perché le era sempre mancata
una presenza maschile fino a che non era entrato Christopher a far parte della
sua vita, poi quando anche la presenza di suo marito era sparita se ne era
ritrovata privata un’altra volta. Con Dominic all’inizio non aveva percepito
quel genere di presenza, ma in quegli ultimi giorni invece era stato così, e
questo era il punto che la infastidiva leggermente o, meglio, le faceva provare
quella sensazione così strana.
Si sentiva una donna accanto a lui, e non una persona che
all’improvviso non era più riuscita a suscitare l’interesse di suo marito e che
non aveva più avuto nessun motivo di sentirsi bella e desiderabile. Sapeva
benissimo che Dominic non lo faceva affatto con quell’intento, ma le piaceva
come la toccava, il fatto che l’abbracciasse spesso, come la sua mano si posava
leggermente sulla sua spalla quando le cedeva il passo ad una porta. Le piaceva
come il suo braccio di tanto in tanto si stringeva intorno alle sue spalle o
alla sua vita in un gesto rassicurante, come quei gesti erano prolungati sempre
un secondo in più del necessario perché Dominic li prolungava, indugiando un
po’, come se gli dispiacesse discostarsi da lei.
Si era ritrovata improvvisamente a pensare che se era così
anche nell’intimità doveva esser anche bravo. Si era sentita avvampare, quel
pensiero non l’aveva proprio potuto prevedere e si era improvvisamente
vergognata da morire. Per fortuna era arrivata da Dominic stesso una scusa per
doversi concentrare su qualcos’altro.
- Trentadue orizzontale: consente di fregiarsi del titolo
di dottore. Sei lettere.-
- Laurea.- aveva risposto prontamente lei.
Dominic aveva scritto la parola nelle caselline quadrate
del cruciverba mentre Owen, con un costumino addosso con su disegnati dei pesci
rossi era tornato verso di loro per far vedere la conchiglia che aveva trovato.
L’aveva fatta vedere a Dominic, che aveva momentaneamente lasciato il quotidiano
che teneva sulle ginocchia da una parte, per poi suggerirgli di darla alla
mamma.
- Che bella, è per me?- gli aveva detto la donna dopo due
secondi.
Owen aveva annuito soddisfatto, quindi, facendo una
corsetta, era scappato pochi metri lontano da loro, sul bagnasciuga, dove stava
giocando con la paletta, il secchiello e il rastrello. Irene aveva messo la
conchiglia nella borsa di paglia dove aveva portato tutti i giochi da mare di
Owen. Aveva sorriso a Dominic quindi, decidendo di non pensare più ad altro se
non a quanto fosse piacevole stare lì sulla spiaggia, con lui e suo figlio poco
lontano, a godersi quel sole che a Birmingham ovviamente non c’era. Dominic le
aveva sorriso di rimando riprendendo in mano il giornale.
- Trentaquattro orizzontale: pollaio senza polli, due
lettere… o a?-
Irene non gli aveva risposto l’aveva guardato sempre con un
sorrisino divertito sulla faccia.
Dominic le aveva sorriso nuovamente, guardando la sua
figura di profilo, mentre si teneva le ginocchia al petto e lo guardava
divertendosi.
- Che hai da ridacchiare sotto i baffi?-
- Niente, è che sembri in incognito! Almeno la maglietta
potresti toglierla!-
- Guarda che non sembro, sono in incognito!- le aveva
risposto sorridendo mentre scriveva le lettere o a nelle caselline del
trentaquattro orizzontale. - I tatuaggi che ho sulle braccia sono peggio del
dna, mi beccano subito! E poi non mi voglio abbronzare.-
- Ok, capisco i tuoi motivi ma sei buffo! Quindi non mi
chiedere perché ridacchio!-
- Non te lo chiedo più, va bene… magari evita di prendermi
troppo per il culo però!-
- Ci provo.- aveva detto cercando di essere seria Irene,
che a differenza di lui stava al sole, a pochi centimetri di distanza. Si era
alzata un momento e aveva scosso appena il telo da mare, sistemandolo e
sdraiandosi a pancia in giù, ma reggendosi con i gomiti. - Il prossimo?- aveva
chiesto quindi.
Dominic aveva cercato il segno. - Trentacinque orizzontale.
Solido geometrico con le facce tutte uguali, quattro lettere.-
- Cubo?- aveva chiesto Irene.
- Direi di sì.- aveva risposto scrivendolo. - La fine di
fiore, due lettere, sarà r e, immagino…- aveva continuato a dire sbirciando la
richiesta successiva.
- Credo proprio. Che stupidaggine questo cruciverba… che
giornale è?-
- Los Angeles Times.- detto questo aveva sorriso, per poi
commentare la richiesta successiva.
- Uh, questa proprio non la so… trentasei orizzontale,
sette lettere: Peter, il regista neozelandese della trilogia del Signore degli
Anelli e di King Kong…-
Irene aveva riso. - Eh, proprio a te doveva capitare una
domanda simile, come fai a saperlo!-
- Troppo difficile, lo lascio in bianco, forse ci viene con
le verticali!- aveva continuato a scherzare mentre riempiva le caselline. - Hai
ragione, questo cruciverba è una stronzata!- aveva aggiunto dopo, mettendo il
giornale da una parte, accantonandolo.
Per un po’ erano rimasti ognuno assorto, per conto loro.
Irene stava tranquillamente prendendo il sole, Dominic si era perso a guardare
il panorama davanti a lui. Una spiaggia come tante su quella costa degli Stati
Uniti, mediamente affollata per essere sabato mattina, temperatura ottimale con
un leggero alito di vento che mitigava il sole di mezzogiorno. Owen poco lontano
stava scavando una buca sul bagnasciuga, probabilmente nel tentativo di trovare
l’acqua. Stava lavorando con precisione, metteva tutta la sabbia che toglieva
nel secchiello e ogni volta che lo riempiva lo andava a svuotare poco lontano.
Quando tornava faceva un salto dentro la buca, per vedere a che profondità era.
Sembrava divertito, assorto com’era. Improvvisamente aveva fatto una corsetta ed
era tornato verso di loro, con un’altra conchiglia. Da quando aveva cominciato
gli scavi ne aveva già portata qualcuna, anche questa l’aveva data a
Irene.
- Lo facciamo il bagno prima di pranzo?- aveva chiesto alla
donna.
- Sì, fra un’oretta ci andiamo a fare una nuotata.- lo
aveva rassicurato.
- E tu vieni?- aveva chiesto quindi girandosi verso
Dominic.
- No, credo di no.-
- Perché, non sai nuotare?
- Sì che so nuotare!- aveva ribattuto.
- E allora perché non vieni?-
- Non posso fare il bagno.-
- Perché, ti senti male come mamma l’altra settimana?-
Irene si era girata leggermente imbarazzata, Owen non si
era chiesto niente perché era ancora piccolo per preoccuparsi di certe faccende
che riguardavano l’universo femminile, ma Dominic poteva capire benissimo a cosa
si potesse riferire. - Owen, dai non essere insistente!- gli aveva detto.
Dominic aveva sorriso per l’uscita del bambino e
l’imbarazzo della donna che era riuscito a percepire.
- Sto bene, solo che non voglio prendere il sole. Anche se
mi andrebbe di fare una nuotata.-
Owen, anche per il richiamo di Irene, si era accontentato
di quella spiegazione, aveva fatto un’altra corsetta verso i suoi attrezzi da
lavoro, li aveva raccolti nel secchiello e poi era tornato indietro. Si era
seduto tra Irene e Dominic, sulla striscia di sabbia che c’era libera tra loro.
- E la buca?- aveva chiesto Dominic.
- Non mi va più.- aveva ribattuto serio il bambino, che
subito dopo però aveva ripreso i suoi attrezzi e si era messo a scavare nella
sabbia asciutta tra i piedi di Dominic. Non appena era riuscito ad aprire una
piccola buca aveva preso di peso il suo piede destro e lo aveva messo dentro,
divertendosi poi a ricoprirla con la sabbia tolta in precedenza. Quindi aveva
alzato la testa guardando Dominic e ridacchiando soddisfatto della bravata.
- Sei davvero una piattola tu, eh!- aveva osservato Irene
che si era goduta la scenetta. Detto questo si era alzata leggermente e si era
sporta verso il bambino, prendendolo per un braccio e attirandolo verso di lei.
Se l’era stretto un po’ contro dandogli qualche bacio, mentre gli ripeteva che
era un dispettoso di prima categoria. Dominic per un po’ li aveva guardati
sorridendo, pensando che era una bellissima scena, ma non aveva detto o fatto
niente, si era limitato ad osservarli evitando di pensare alla separazione che
li aspettava tutti a breve.
Non era ancora passata quell’ora di cui Irene aveva
parlato, ma Owen aveva un po’ insistito per andare a fare il bagno. La donna nel
frattempo aveva pensato che in effetti fra un’ora sarebbe stato tardi così gli
aveva detto che andava bene, di aspettare solo qualche altro minuto. Nell’attesa
era tornato alla buca con i suoi attrezzi.
Irene, che fino a quel momento era rimasta seduta con le
gambe incrociate sul suo telo si era alzata ed era andata a sedersi all’ombra
accanto a Dominic che subito le aveva passato un braccio attorno alle spalle
posando la sua mano sul braccio destro di Irene.
Lei aveva sorriso, pensando a quello che le era passato per
la testa poco prima.
- Ho da farti una proposta. - aveva detto. Dominic l’aveva
guardata incuriosito invitandola a parlare, quindi si era voltata verso la sua
borsa e aveva tirato fuori un flacone con una crema protettiva.
- Schermo totale, resistente all’acqua, è da bambini. Anche
se è più di mezzogiorno per stare una mezz’oretta al sole con questa non ti
abbronzi nemmeno.-
- Allettante, ma meglio di no.- aveva risposto abbastanza
tentato.
- E dai, non ti far pregare! L’unica volta che ti ho visto
nell’acqua è stato nella piscinetta di gomma che tua madre aveva messo per te e
per Matt nel giardino della vostra casa a
Düsseldorf…
mi pare almeno che fosse lì, ne avete girate troppe di città in Germania perché
mi ricordi. Comunque tu avevi l’età di mio figlio a quei tempi!-
Dominic aveva riso. - Sì, era
Düsseldorf.
Oddio che ricordi remoti, mi stanno sovvenendo delle immagini che avevo
completamente messo nel dimenticatoio! La odiavo quella cosa di gomma, ma mia
mamma sembrava tanto contenta che io un po’ ci stavo per farle piacere, ma poi
mi davo alla fuga!-
- Sì, lo facevi sempre! Dopo un po’ scavalcavi e ti mettevi
a correre con le chiappette al vento sul prato finchè tua mamma non ti
riacchiappava e ti avvolgeva nell’asciugamano!-
- Poi anche questa cosa del costumino… Matt ne aveva otto
quindi a lui sì, io ne avevo sempre tre, ero piccino e allora potevo fare anche
senza! Io invece avrei preferito averlo invece, accidenti! Era imbarazzante
dover scappare con il pistolino all’aria, molto lesivo della mia dignità
infantile…-
Mentre Irene stava ridendo divertita per la performance
ironica che lui le aveva appena offerto, inaspettatamente, Owen era nuovamente
tornato verso di loro e, la donna non sapeva se casualmente o perché li aveva
sentiti, aveva provato a convincere a sua volta Dominic ad unirsi a loro.
- Ci hai ripensato? Vieni a fare il bagno?-
- Ma ce l’avete con me oggi voi due?- aveva detto lui, che
comunque stava per arrendersi.
Irene aveva guardato Owen, che a sua volta aveva guardato
la sua mamma, aspettando una mossa.
- In effetti sì, ce l’abbiamo con te!- aveva detto infatti,
incitando il bambino a fare quello che anche lei stava facendo, ovvero una
carica a colpi di solletico, a causa della quale Dominic si era dovuto
arrendere.
- E va bene, avete vinto! Verrò a fare il bagno o mi sa che
sono un uomo morto!- aveva esclamato mentre gli altri due si scambiavano un
cinque. - Siete disonesti perché non si caricano le persone in due, questa è
superiorità numerica, ma va bene, mi adeguerò alla massa!-
Irene lo aveva guardato di sotto in su:- Superiorità
numerica… un innocente bambino di quattro anni e la sua esile mamma, ma
vergognati!-
- Sul bambino innocente non sono molto d’accordo!- aveva
osservato Dominic divertito, quindi si era tolto il cappellino e gli occhiali,
poi la maglia. - Senti, quella protezione?- le aveva chiesto.
Irene si era girata un’altra volta verso la sua borsa,
Dominic si aspettava che gli desse il flacone, lei invece se ne era messa un po’
sulle mani e si era messa in ginocchio dietro a lui, incominciando a
mettergliela sulle spalle.
- Grazie.- le aveva detto.
Lei gli aveva semplicemente detto a mezza voce di niente,
sentendosi davvero disonesta. Di fatto aveva sperato che lui le chiedesse di
aiutarla non appena gli aveva offerto quella crema protettiva, poi senza tanto
rifletterci aveva preso da sola l’iniziativa. Solo che si era improvvisamente
resa conto della stupidità del gesto a cose fatte, ormai era in ballo e se anche
si sentiva un po’ imbarazzata doveva continuare.
Owen poco dopo aveva cominciato a scalpitare per spingere
gli altri a sbrigarsi, Irene quindi si era affrettata un po’, il bambino non
appena lei aveva detto ho fatto aveva preso a tirare la mano destra di
Dominic per farlo alzare. Lui l’aveva assecondato, mettendosi tempestivamente in
piedi.
- Sei una zecca oggi, più del solito!- aveva scherzato.
- Andiamo!- aveva incitato ancora Owen.
L’altro prima si era messo a ridere, poi l’aveva preso in
braccio mettendoselo su una spalla e gli aveva dato una pacchetta sul sedere. Il
bambino aveva riso.
- Ecco, ora andiamo, pecorella!- aveva esclamato Dominic
che, prima di cominciare ad andare verso l’acqua, si era voltato porgendo la
mano destra ad Irene. Lei l’aveva presa lasciandosi condurre.
Non si erano spinti dove l’acqua era troppo alta, era stata
Irene a decidere fin dove potevano andare, facendo arrivare il livello
all’altezza del petto per loro adulti, Owen non ci toccava ma quando Dominic
l’aveva fatto scendere dalla sua spalla aveva visto che nuotava come un pesce. -
A Birmingham andava regolarmente in piscina, poi l’acqua gli è sempre piaciuta.-
aveva spiegato la donna.
Per una mezz’ora erano rimasti a fare il bagno, loro a
chiacchierare del più e del meno mentre Owen nuotava loro intorno, fino a che
Irene aveva deciso che era il momento di uscire e il bambino aveva chiesto di
rimanere ancora.
- No, perché poi ti vengono le branchie e mi tocca
lasciarti qui da solo!- aveva scherzato.
Owen si era dovuto arrendere, mentre loro adulti
camminavano verso la riva lui li seguiva nuotando. Quando erano stati nell’acqua
abbastanza bassa perché lui potesse camminare come loro però, ancora nuotava.
Anzi, aveva cominciato a fare dei ruggiti, come se volesse spaventarli, Irene
era stata al gioco.
- Oddio un pescecane! Oddio mi azzanna!- aveva detto
appoggiandosi a Dominic, che, senza pensarci, le aveva stretto le braccia
intorno alla schiena sollevandola appena da terra, stando al gioco anche lui.
- Ti salvo io da quella bestiaccia, soave fanciulla!- aveva
detto, scatenando le risate di Owen che si faceva “pericolosamente” vicino ai
piedi di sua mamma.
Prima che Irene si rendesse conto di essere talmente vicina
a Dominic che riusciva a sentire l’odore della salsedine direttamente sul suo
collo e che aveva le sue mani sulla sua schiena nuda che la stringevano era
passato qualche secondo, ma quando ne aveva preso atto si era sentita arrossire
violentemente.
Le era sembrato di essere una ragazzina alla prima cotta e
non una donna di trentotto anni.
Si era data della stupida, Dominic stava solo giocando con
suo figlio che ridacchiava ancora e fingeva di ringhiare, ma si sentiva così
imbarazzata e perciò a disagio, per quanto quel contatto fosse immensamente
piacevole, che aveva dovuto chiedergli di lasciarla.
- Eh?- aveva chiesto Dominic che non aveva capito cosa
avesse detto.
- Per favore, mettimi giù…- aveva ripetuto lei categorica.
Dominic aveva avuto anche paura di aver fatto qualcosa che
non doveva. Il sorriso di lei nuovamente con i piedi per terra l’aveva
tranquillizzato però.
Una volta sulla spiaggia avevano recuperato le loro cose ed
erano andati a mangiare in un locale vicino alla spiaggia, poi subito a casa.
Non avrebbero potuto rimanere lì molto di più dato che aspettavano Sakumi e Yume
a cena quella sera.
Irene era rimasta con quella sensazione di imbarazzo misto
a piacere per quel contatto per un bel po’. Nonostante tutto, non era riuscita
proprio ad impedirselo.
***
Sakumi era arrivata a casa loro dopo le sei del pomeriggio
con Yume e il dvd del Re Leone. Irene, che aveva immaginato che avrebbe avuto
poco tempo per preparare la cena, il giorno prima si era portata avanti con il
lavoro e fortunatamente non aveva molte cose che le erano rimaste da fare.
Nonostante questo si erano messe in cucina ugualmente, per fare due chiacchiere
tra loro, avevano allontanato anche Dominic che era stato messo a guardia delle
due piccole pesti. Sakumi gli aveva dato il dvd e gli aveva chiesto di far
vedere loro il cartone.
- Agli ordini signore…- aveva detto. - Vi lascio alle
vostre chiacchiere private.- aveva osservato, cosa che aveva fatto sorridere le
due donne, che erano state beccate nel loro tentativo di avere privacy.
Non gli dispiaceva del resto, aveva richiamato i bambini e
gli aveva portati in soggiorno.
Rivolgendosi a Yume le aveva fatto strada verso il divano
dicendole con un tono volutamente cerimonioso prima lei signorina, poi si
era voltato verso Owen e gli aveva detto: sempre prima le ragazze,
ricordatelo.
Il bambino aveva annuito, non aveva capito il perché ma
aveva afferrato il messaggio.
Guardare i cartoni in compagnia di bambini era sempre
estremamente divertente, ci si poteva davvero rendere conto di quanto fossero
divertenti per loro. Owen e Yume scoppiavano a ridere di tanto in tanto,
specialmente quando i personaggi facevano cose buffe o un tantino schifose, a
volte magari non capivano delle battute, che probabilmente gli sceneggiatori
inserivano per rendere gli spettacoli gradevoli anche ai genitori che
accompagnavano i bambini. Dominic a metà della canzone “Hakuna Matata” si era
ritrovato a ridere e Yume ed Owen, seduti accanto a lui, l’avevano guardato
perplessi senza capire il perché.
- Ehm… niente…- aveva spiegato lui che si era messo a
ridere perché uno dei due animali che cantavano aveva chiesto all’altro di non
parlare di gas intestinale davanti ai bambini.
Yume canticchiava tutte le canzoni, in un certo momento in
cui era arrivata Sakumi a vedere come se la cavavano si era unita anche lei al
coretto, facendo intendere a Dominic che doveva conoscere quel cartone a
menadito. Del resto i bambini si sa, quando si fissano su una cosa, sono capaci
di guardare solo quella ininterrottamente senza mai annoiarsi!
A cartone finito i bambini avevano avuto il permesso di
andare fuori a giocare fino all’ora di cena, quando era stato il momento di
richiamarli erano usciti sulla porta Sakumi e Dominic, che per un attimo erano
rimasti a guardarli da lontano mentre insieme sembravano divertirsi da pazzi.
Dominic aveva sospirato. - Oh guardali! Piccoli semi
d’amore che germogliano…- per completare esattamente la battuta del film, come
la diceva Zazu, avrebbe dovuto finire con nella Savana, ma aveva detto:-
…nel mio giardino!- Sakumi si era messa a ridere e aveva richiamato i bambini.
La serata era andata avanti tranquilla, era finita
piuttosto presto in previsione del fatto che la mattina dopo avrebbero dovuto
tutti alzarsi di prima mattina. Il volo che dovevano prendere Irene ed Owen
partiva alle dieci, quindi dovevano essere all’aeroporto intorno alle nove del
mattino, Sakumi si era offerta lei di accompagnarla, quindi si erano date
appuntamento per le otto e mezza del giorno dopo.
Quasi come se fosse subentrato un certo imbarazzo, misto a
quella sana repulsione per gli addii che un po’ tutti hanno, dopo aver messo a
letto Owen e aver sistemato la cucina insieme a Dominic, Irene non aveva
dimostrato di avere molta voglia di chiacchierare. Lui l’aveva capita benissimo,
dato che come lei non avrebbe saputo cosa dire. Si sentiva imbarazzato e un po’
triste e se anche avrebbe avuto tante cose da dirle alla fine non ci era
riuscito. Era stato più comodo per entrambi darsi la buonanotte e chiuderla
così, forse la notte avrebbe portato consiglio, almeno lo speravano.
Irene non riusciva a prendere sonno, stava mentalmente
facendo la lista di tutto quello che doveva fare, con il terrore addosso che ci
fosse qualcosa che aveva dimenticato. La porta della sua stanza era accostata,
vedendo che il corridoio era lievemente illuminato aveva immaginato che anche
Dominic fosse sveglio, chissà poi perché.
Quando a notte inoltrata aveva sentito che anche Owen si
era svegliato non gli aveva volutamente chiesto se ci fosse qualcosa che non
andava, l’aveva appena spiato sentendolo mentre scivolava verso il bordo del
letto e scendeva. Si era girata dalla sua parte per vedere dove volesse andare,
il bambino aveva preso la porta che dava sul corridoio ed era uscito, Irene
aveva scorto la sua figuretta dirigersi verso sinistra, probabilmente da
Dominic. Aveva immaginato che, come già altre volte aveva fatto, volesse stare
un po’ con lui.
Quello che era strano era stato il fatto che Irene aveva
pensato che, se avesse potuto, avrebbe anche lei voluto passare dell’altro tempo
con Dominic, ma forse lui avrebbe giudicato strana la sua intrusione. Aveva
avuto anche una mezza idea di raggiungerli, fingendo di essersi svegliata e di
non aver trovato Owen, potrebbe essere stata l’occasione adatta, forse sarebbe
riuscita a salutare Dominic come si deve, ma poi ci aveva ripensato.
Nonostante sapesse che era stupido non poteva impedirsi
comunque di sentirsi un pizzico gelosa di quella cosa, solo che in quel momento
non lo era solo di Dominic, e forse non era puramente gelosia, era un fastidio
strano. Si era sporta per un momento verso il pulsante di accensione l’abat-jour
che stava sul comodino dall’altro lato del letto, aveva acceso quella lampada
per avere nella stanza almeno un po’ di luce, quindi si era alzata dirigendosi
alla porta, dove era rimasta sperando di sentire qualcosa. Aveva sentito che
stavano parlottando tra loro, ogni tanto ridacchiavano, ma non riusciva a
sentire chiaramente cosa si stessero dicendo. Non voleva avvicinarsi, sarebbe
stato spiarli, quando aveva sentito scendere il silenzio era tornata a letto
accostando la porta il più possibile, pensando che Owen ormai sarebbe rimasto di
là con Dominic.
Si era messa su un fianco, dando le spalle alla porta, per
il momento non aveva spento la luce. Guardava la sua immagine riflessa nel vetro
della porta finestra che stava davanti a lei, un’immagine sfocata che le faceva
scorgere solo i contorni della sua figura. Almeno fino a che la porta non si era
aperta piano.
Irene non sapeva come avesse fatto a trattenersi dal
girarsi di scatto, forse perché non appena aveva capito cosa stava succedendo
aveva potuto tranquillamente spiare tutto dal riflesso sulla porta a vetri che
stava davanti a lei, quella che dava su un balcone sulla facciata anteriore
della casa.
Dominic era entrato nella sua stanza con Owen in braccio.
Mentre lo teneva addormentato tra le sue braccia era
rimasto per qualche secondo a guardare verso di lei, ed Irene si era sentita
molto in imbarazzo, una sensazione simile a quella che aveva provato quel
pomeriggio in spiaggia quando lui l’aveva tenuta stretta contro di lui.
Continuava a guardarli riflessi nel vetro e a pensare che
forse poteva, per una volta nella vita, lasciarsi andare ad un gesto meno
ragionato del solito.
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Capitolo 34 *** A presto ***
Nuova pagina 1
Salve a
tutti!
Ho detto
che questa settimana scrivo la parola fine e sono super intenzionata a mantenere
la parola, anche perché non mi è mai capitato di pubblicare un fan fic nell’arco
di cinque mesi… dico cinque mesi porca paletta! The Simple Things, che
come numero di capitoli era uguale, in un mese era tutta fuori! Sto perdendo
colpi, la colpa è dell’università! O perché invecchio male? Può darsi…!!!
Quindi
non vi faccio penare molto per sapere di quale natura sia il famigerato gesto!
Credo che
quello che metto su oggi sia il capitolo che emotivamente è il più coinvolgente
di tutta la storia, anche più del super epilogo (otto pagine abbondanti, per la
cronaca) che metterò dopodomani. Mi saprete ridire voi, comunque.
Grazie
mille Claudietta, certo con altri venti capitoli sarebbe diventata la novella
dello stento, ma fa piacere sapere che me l’avresti seguita comunque. Un grazie
mille anche a Crazy, la zecca è un furbacchione, ti conquista al primo sorriso e
mancherà anche a me! Anch’io sono indietro, per la cronaca… per le altre storie
e in molti altri sensi! Me tapina!
Grazie
anche a Bloody, spero che i momenti lenti non siano risultati troppo pesanti,
anche se credo che non dovrebbero esserlo stato almeno troppo da quello che
dici. Grazie per avermelo fatto notare e pe avermi detto del rapporto
dom/mamma/bimbo. Alla fine credo di ripetermi, ma è sempre la stessa storia,
finché non c’è l’impatto con chi ti legge è un po’ difficile giudicare il
proprio operato.
Buona
lettura, Mandy
v
Capitolo Trentatreesimo - A presto
Non era più successo che Owen notte tempo andasse a far
visita a Dominic, da una parte lui ne era stato anche sollevato: non avrebbe più
saputo come comportarsi in una situazione simile considerando il fatto che Irene
una volta gli aveva detto di non permetterglielo.
Lui aveva mille pensieri in testa quella notte e non
riusciva a dormire, come faceva spesso in quelle situazioni aveva acceso la luce
sul comodino e si era messo sdraiato sulla schiena a fissare il soffitto, quasi
come se quell’attività gli avrebbe potuto far ritrovare il sonno. Quando l’aveva
visto fare capolino dalla sua porta era stato contento, nonostante il fatto che
sapeva che Irene non avrebbe gradito a lui erano mancate quelle dimostrazioni
d’affetto spontanee e dirette che Owen aveva per lui.
- Ciao.- gli aveva detto il bambino. Dominic gli aveva
risposto con un cenno della mano.
- Posso stare un po’ con te?- gli aveva chiesto in quel
modo che aveva di chiedere le cose quando non voleva sentirsi dare un no come
risposta, metodo estremamente efficace dato che in genere era davvero difficile
se non impossibile deludere le sue aspettative.
Dominic aveva pensato che, come ogni volta che era
successo, anche il bambino forse aveva qualcosa da dirgli e qualche pensiero che
non lo faceva dormire, così gli aveva detto di sì e aveva aspettato che
trotterellando arrivasse e che salisse. Non appena Owen si era arrampicato sul
letto infatti gli aveva chiesto cosa non andasse. - Hai un grilletto per la
testa?- gli aveva domandato.
Owen aveva scosso la testa. - Io no ma tu sì perché non
dormi.- aveva osservato giustamente il bambino.
- Se è per questo non dormi nemmeno tu delinquente che non
sei altro!- gli aveva risposto Dominic incominciando a fargli un po’ di
solletico. Il bambino si era sdraiato ridacchiando, cercando di difendersi, poi,
quando aveva smesso era tornato a mettersi seduto con le gambe incrociate
davanti a lui, al fianco di Dominic che gli aveva fatto una carezza sulla testa
quasi come per farsi perdonare del dispetto.
- Veramente non dormo perché ho gli animalini che mi
corrono nella pancia.- aveva ammesso Owen.
Dominic lo aveva guardato un po’ perplesso, così il bambino
si era messo la mano sul ventre.
- Mi fa male qui, perché ci sono degli animalini cattivi
che corrono su e giù e non mi fanno dormire.- aveva spiegato.
Era carina come definizione del mal di pancia, anche se
Dominic dubitava che fosse vero, però l’aveva assecondato. - Mi dispiace…- gli
aveva detto.
- Non ti preoccupare, - aveva detto Owen con un tono molto
adulto, - fra un po’ mi passa.-
Dominic gli aveva sorriso e gli aveva fatto un’altra
carezza.
- Sei contento di tornare a casa tua?- gli aveva chiesto
dopo qualche secondo.
Owen ci aveva pensato un po’ su, aveva detto sì ma non
sembrava convintissimo, solo quando aveva detto così vado da papà e da nonna
gli si era illuminato lo sguardo.
- Lo sai, mamma mi ha detto una cosa stamattina. Mi ha
detto che papà comunque non ci torna a stare a casa con noi anche se torniamo.
Però mi ha detto che ogni tanto ci vado io a casa sua, e poi mi ha detto che non
devo mai pensare che lei e papà non mi vogliono bene. Io però non l’ho capito
perché me l’ha detto, io lo so che mi vogliono bene, perché devo pensare che non
me ne vogliono?-
Dominic l’aveva guardato e gli aveva sorriso. Aveva
immaginato che Irene avesse provato a spiegargli come sarebbe stata la sua vita
da quel momento in poi a Birmingham, Owen come tutti i bambini aveva
interpretato tutto a modo suo, e in modo più che giusto, pensava.
- Ma infatti è così, ma lo sai, ogni tanto può succedere
che una persona sia arrabbiata per qualcosa con un’altra e che per un momento si
dimentichi di quanto bene gli vuole.-
- Io non smetto mai di volere bene a mamma, anche se sono
arrabbiato con lei.- aveva ribattuto energicamente Owen. Dominic non aveva
potuto fare a meno di ridere leggermente, poi il bambino aveva ripreso a
parlare.
- Ma tu, quando io e mamma ce ne andiamo, che fai? Rimani
qui da solo?-
Dominic aveva smesso subito di ridere, colpito tanto da ciò
che il bambino gli aveva detto, tanto dal fatto che, sicuramente in modo
inconsapevole, aveva toccato un punto debole.
- Da solo no, con Lilly.- gli aveva risposto cercando di
sorridergli e di essere rassicurante. - Mi farà compagnia lei, come prima che tu
e la tua mamma arrivaste.-
Owen era sembrato abbastanza soddisfatto di quella
risposta, si era guardato per un momento intorno, poi era ritornato con lo
sguardo su di lui, l’aveva guardato bene prima e poi gli aveva chiesto con un
tono grave:- Ma io e te non ci rivediamo più?-
Dapprima era rimasto un momento interdetto da quella
domanda, ma dopo pochissimi secondi si era seduto sul letto e aveva teso le
braccia verso Owen dicendogli in modo protettivo vieni qui, cosa che il
bambino aveva fatto. Si era accoccolato subito tra le sue braccia sedendogli
sulle ginocchia, Dominic l’aveva abbracciato forte, tenendogli una mano sulla
testa mentre lo teneva stretto contro la sua spalla.
- Ma certo che ci rivediamo…- gli aveva detto
semplicemente.
Aveva già pensato in quei giorni in cui era stato sicuro
che Irene fosse decisa a tornare in Inghilterra che lei e Owen gli sarebbero
mancati, ma in quel momento aveva avvertito veramente a cosa stava andando
incontro. Quel distacco lo avrebbe fatto stare davvero malissimo.
Si chiedeva come fosse potuto accadere in sole sette
settimane che lui si attaccasse tanto a quel bambino, nella stessa misura in cui
si era legato a sua madre, nonostante tutte le incomprensioni che c’erano state,
che sembravano niente rispetto al dispiacere che stava provando al pensiero che
il giorno dopo sarebbero andati via. Dall’altra parte aveva finalmente compreso
di quale portata dovesse essere quell’angoscia che Christopher aveva provato a
stare lontano da loro, da Owen soprattutto. Era strano in quel preciso momento
pensarlo, ma si era sentito tanto felice per lui quanto non lo era per se
stesso.
Owen si era per un momento liberato della sua stretta,
aveva alzato la testa verso di lui, per incontrare il suo sguardo. - E quando ci
vediamo?-
- Eh, questo non lo so… quando vengo in Inghilterra ci
possiamo vedere, vedrai che verrò prima o poi.-
- E vieni a trovarmi a casa mia con Lilly?-
- Con Lilly non penso, ma forse tu verrai a casa mia in
Inghilterra.-
- Perché tu stai anche lì? E’ grossa come questa la tua
casa in Inghilterra?-
- Sì, prima stavo anch’io là. Tu ci sei stato a casa mi
Inghilterra, lo sai quant’è grande.- gli aveva risposto, dato che sapeva che con
sua madre e sua nonna ci doveva essere stato spesso.
- Ma io non ti ho mai trovato perché non mi ricordo che eri
da nessuna parte.-
- Perché io stavo sempre qui in America. A me hanno
raccontato che tu ci sei stato spesso a casa dei miei genitori invece.-
Ovviamente, dopo quest’osservazione, il bambino aveva
chiesto:- E chi sono i tuoi genitori?-
- Maureen e Austin.-
Owen l’aveva guardato incredulo. - Maureen è davvero la tua
mamma?-
Dominic aveva sorriso e annuito.
- Allora è vero che ci sono stato a casa tua. La tua mamma
e il tuo papà mi piacciono, sono simpatici.-
Avevano continuato per poco a chiacchierare, Owen si era
prodotto in un paio di sbadigli che avevano fatto intendere a Dominic che forse
finalmente si era un po’ tranquillizzato ed era pronto per dormire. Quando si
era appoggiato contro il suo petto chiudendo gli occhi come se volesse
addormentarsi direttamente in braccio a lui, senza dare alcun preavviso di
volerlo fare, sebbene sapeva che sarebbe stato meglio dirgli di tornare a
dormire nella sua stanza, Dominic non aveva avuto cuore di farlo. Aveva pensato
che poteva aspettare che si addormentasse tranquillo e poi riportarlo mentre
dormiva in camera di Irene, in modo da fare contento lui ed obbedire ad un
preciso volere della madre. Così aveva fatto.
Quando gli era sembrato che dormisse profondamente, sempre
tenendoselo in braccio, era scivolato sul bordo del letto per rimettersi in
piedi, con lentezza era uscito fuori dalla sua stanza diretto alla loro, verso
destra, dall’altra parte del corridoio.
Cercando di fare più piano che poteva con il piede aveva
discostato leggermente la porta per vedere che dentro la stanza c’era
un’abat-jour accesa sul comodino opposto a quello di Irene. Dominic per un
momento aveva pensato che fosse sveglia e che forse stava in apprensione per
Owen, o magari si stava chiedendo perché ci metteva tanto il bambino a tornare.
Forse poteva essersi innervosita per via del fatto che Dominic non aveva
riportato subito Owen a letto, per lo meno lui l’aveva temuto in quel momento.
Sarebbe stato davvero brutto se, dopo quella ritrovata calma, per una cosa
simile avessero trovato nuovamente un motivo per covare del rancore l’uno nei
confronti dell’altro, proprio il giorno in cui Irene sarebbe ripartita per
l’Inghilterra, definitivamente.
Immerso in questi pensieri era rimasto con il bambino in
braccio sulla porta, guardando interrogativamente Irene e chiedendosi cosa
stesse facendo. Non la poteva vedere in viso, nella posizione in cui era,
sdraiata su un fianco, gli dava le spalle; l’unico movimento che Dominic
riusciva a percepire era il leggero e regolare alzarsi ed abbassarsi delle
lenzuola che lei causava respirando, un movimento molto discreto che lui era
riuscito ad avvertire solo guardandola attentamente, nell’ardua impresa di
capire se Irene stesse dormendo oppure no.
Dapprima per lo meno questo era stato il motivo per cui si
era soffermato sulla sua figura, poi in verità era rimasto per qualche secondo
ancora tenendosi Owen in braccio a contemplare lei, una cosa che in quei giorni
non aveva potuto evitarsi di fare spesso in verità. Che gli piacesse non era un
segreto, gli era sempre piaciuta fin da bambino, anche se non le aveva mai
prestato una grande attenzione fino a che non era stato un adolescente. Di cosa
era successo quando aveva quell’età in quelle sette settimane se n’era ricordato
tanto spesso che a volte non era stato difficile sentirsi come quando aveva
quindici anni.
Certo allora non avrebbe mai potuto immaginarsi quella
situazione in cui era in quel preciso momento, fermo sentendo di non poter fare
a meno di osservarle la curva che disegnava il suo fianco sotto le lenzuola,
continuando a tenersi in braccio Owen che dormiva piuttosto profondamente.
Dato che non si era mossa minimamente, Dominic aveva
immaginato che stesse dormendo, sempre cercando di non fare il minimo rumore si
era avvicinato alla parte del letto libera. Le lenzuola erano tirate da un lato,
probabilmente era stato Owen stesso a lasciarle così quando si era alzato, lui
si era limitato ad appoggiarlo delicatamente sul letto, a coprirlo con il
lenzuolo e a dargli un bacio, pensando di tornare nella sua stanza subito dopo
averlo fatto.
Avvicinandosi ancora di più però, la sua prospettiva della
figura di Irene era sensibilmente cambiata, era più vicino a lei e il suo
sguardo era tornato sul suo profilo senza che lui avesse nessun controllo della
cosa, come se fosse del tutto naturale approfittare di quella visuale. Pur
sapendo che toccandola avrebbe rischiato di svegliarla non era riuscito a
trattenersi dall’allungare la sua mano verso di lei, con leggerezza le aveva
spostato una ciocca di capelli, liberandole il collo. Aveva ripetuto il gesto,
involontariamente le aveva sfiorato l’orecchio.
- Il ricordo di un primo amore non si scorda mai per
davvero…- aveva sussurrato, con il sorriso sulle labbra. Ed era vero,
assolutamente vero.
L’aveva detto pianissimo, praticamente tra sé e sé, ma
l’aveva detto. A quel punto non è che avesse una grande importanza, aveva già
valicato in quei pochi secondi il limite di quello che solitamente si sarebbe
permesso di fare, scusandosi semplicemente dicendo a se stesso che non avrebbe
mai più avuto un’occasione simile. Solo che Irene si era mossa, si era girata
verso di lui e l’aveva guardato.
Aveva ritratto la mano immediatamente quasi come se si
fosse spaventato. Sulle prime aveva pensato di averla svegliata, ma nel giro di
pochi secondi non era stato difficile intuire che Irene doveva essere stata
sveglia anche prima, solo che per qualche ragione che lui non riusciva a capire
non gliel’aveva detto subito. Si vergognava da morire, forse l’aveva sentito
chiaramente dire quella cosa.
- Scusami, - le aveva detto bisbigliando, - non volevo…-
Irene gli aveva fatto cenno di non parlare, lentamente era
tornata a dargli le spalle, giusto per un momento finchè non si era seduta sul
letto e si era alzata.
Dominic era rimasto immobile in piedi davanti all’altra
parte del letto, non riuscendo minimamente ad intuire cosa Irene stesse facendo,
almeno fino a che non gli era andata vicino quel tanto che bastava perché
allungando la mano riuscisse a prendere la sua. L’aveva condotto fuori dalla
stanza, quando anche lui era stato nel corridoio Irene si era assicurata di
chiudere bene la porta di camera sua.
Non che fossero rimasti per molto fuori fronteggiandosi,
era stato facile esattamente come erano state facili tante altre cose in
quell’ultima settimana, anche se lui per un po’ era rimasto praticamente
immobile ad aspettare che fosse Irene a fare il primo passo, dato che nonostante
tutto si sentiva intimidito da quella situazione e non sapeva bene quanto lei
fosse certa di quello che stava facendo.
Aderendo contro il suo petto l’aveva abbracciato
mettendogli il suo braccio destro intorno al collo, prima appoggiando la mano
sulla sua spalla e poi facendola scorrere con un gesto lento fino ad arrivare ad
accarezzargli la nuca, dove si era fermata. Aveva appoggiato il viso contro il
suo collo, esercitando appena un po’ di pressione.
Dominic aveva sentito chiaramente il suo respiro sulla sua
pelle e di rimando aveva chiuso gli occhi, come a voler acutizzare gli altri
sensi. Le aveva appoggiato la mano che aveva libera dapprima su un fianco, sulla
stoffa leggera di quella sottoveste che portava, poi anche lui con lentezza le
aveva circondato la vita con il braccio, fermando la mano sull’altro fianco.
La mano con cui Irene aveva tenuto stretta quella di
Dominic aveva allentato la presa, permettendo a lui di muoverla. Con un tocco
leggero delle dita le aveva percorso tutto il braccio, si era fermato solo per
un secondo sulla sua spalla, quasi come se stesse aspettando un segno ulteriore,
che Irene gli aveva dato passandogli le sue dita sulla sua clavicola sinistra.
La mano di Dominic aveva ricominciato a muoversi, le aveva sfiorato i capelli,
spostandoglieli indietro e andando anche lui ad accarezzarle il collo.
Non si era chiesto a cosa quella situazione li avrebbe
portati, per il momento si godeva quelle sensazioni, rendendosi conto che
durante quella settimana che aveva passato con lei avrebbe voluto trovarsi in
quella situazione così tante volte, anche se non ci aveva prestato attenzione
perché lo riteneva impossibile e assurdo quasi. Ma in fondo era una vita che
Irene gli piaceva.
Anche per lei era tutta strana quella situazione, quel
gesto poco ragionato non lo sapeva neppure lei dove andasse a parare, già quello
che stavano facendo però era per lei qualcosa di importante, o che per lo meno
la faceva sentire tale. Si stavano risvegliando i suoi sensi in quel momento,
quelli che era tanto tempo che Irene non sentiva più, inizialmente ignorati e
poi riposti in un angolo della sua mente, cercando di non pensare al fatto che
non volevano essere dimenticati, come il suo essere una donna.
Dominic, in quel momento come in tutto quel tempo, glielo
stava facendo ricordare e lei si sentiva così bene che non le sembrava vero.
Le sarebbe tanto piaciuto che quelle semplici effusioni
diventassero qualcosa di più. Era così tanto che non faceva l’amore con un uomo
e che volutamente ignorava che le sarebbe andato che essersene resa conto
all’improvviso non faceva che aumentare quel desiderio. Solo che non l’aveva mai
fatto con un uomo di cui non fosse innamorata e non avrebbe certo cominciato
quella notte con Dominic, ammesso che anche lui lo volesse. Anche se in verità
poteva dire di amarlo, non era certo nel modo che avrebbe richiesto quella
situazione che lo amava, e sapeva anche che, conoscendolo, fare l’amore con lui
lo avrebbe mandato in confusione e fargli del male era l’ultima cosa che avrebbe
voluto.
Mentre continuavano a scambiarsi effusioni, nella penombra
di quel corridoio, Irene, sempre tenendo il viso premuto sull’incavo tra la
spalla e il collo di Dominic, aveva ripensato a tutte le fasi della vita che
avevano vissuto insieme e si era stupita per l’ennesima che ricordarselo da
bambino e da adolescente non l’aveva più toccata in quel momento. Aveva sorriso
e gli aveva dato una bacio sulla base del collo, alzando appena la testa subito
dopo.
Dominic sentendola distanziarsi appena, aveva aperto gli
occhi, aveva continuato a tenerla stretta tra le sue braccia, quasi come se
avesse paura che lei scappasse per paura di averle dato l’idea che volesse
qualcosa di più. Ma quando l’aveva guardata l’aveva vista sorridergli
dolcemente, un’espressione che l’aveva tranquillizzato. Irene gli aveva
appoggiato entrambe le mani sul collo e aveva continuato a sorridergli, cosa che
anche lui aveva fatto di rimando. Aveva intuito che stava per dirgli qualcosa,
almeno avrebbe voluto, ma sembrava quasi non riuscire ad emettere nessun suono.
Il suo sorriso si era fatto più pronunciato.
- Oddio…- era riuscita appena a bisbigliare. - Non mi
vengono le parole…-
Dominic era rimasto in silenzio a sorriderle, fino a che
lei non era riuscita a dire qualcos’altro.
- Grazie per questo, non hai idea di quanto bello sia
stato…- si era interrotta per un attimo, leggermente imbarazzata. - E per tutto
il resto, ovviamente.-
- Mi mancherai tantissimo… anzi, mi mancherete tantissimo,
tu e Owen.- le aveva risposto lui.
Irene era tornata a stringergli le braccia intorno al collo
e aveva riappoggiato la fronte contro la sua spalla. Era piuttosto commossa, non
avrebbe voluto piangere dato che aveva paura che Dominic, dopo tutte le volte
che l’aveva vista piangere in quell’ultimo periodo, l’avrebbe potuta considerare
una femminuccia dalla lacrima facile, cosa che non era mai stata. Ma lo sforzo
era stato abbastanza inutile.
- No, ti prego non cominciare…- l’aveva pregata Dominic,
più per il fatto che anche lui era sul punto di farlo e possibilmente si
vergognava anche più di lei. Anche i suoi di sforzi erano andati persi.
Si erano ritrovati a piangere abbracciati, erano rimasti
così per un po’ fino a che non si erano calmati, quando erano tornati a
guardarsi avevano riso, entrambi per nascondere almeno un po’ del loro
imbarazzo. Anche se, ripensandoci, non avevano niente di cui vergognarsi.
- Sarà meglio che andiamo a dormire.- aveva osservato
Irene, mentre gli stava accarezzando una guancia con il pollice. Dominic aveva
annuito semplicemente, liberandola dal suo abbraccio.
Si erano salutati così, senza aggiungere altro.
***
Sakumi era appena arrivata al cancello all’entrata, aveva
suonato al citofono e Dominic le aveva aperto. Era entrata nel piazzale un
minuto dopo con la sua auto, lui la stava aspettando sulla porta.
Appena era arrivata le aveva fatto strada dopo che si erano
salutati con un bacio sulle guance.
- Vuoi un caffé?- le aveva chiesto.
- No, grazie, l’ho già preso. Gli altri in partenza?- aveva
chiesto la donna.
- Ora scendono, Irene doveva finire di mettere alcune cose
in valigia.-
Sakumi era rimasta in silenzio per un po’, aspettando, fino
a che non si era girata verso di lui, che le aveva sorriso vedendola guardarlo.-
Ti volevo chiedere una cosa.- gli aveva detto.
Lui aveva semplicemente annuito, aspettando che parlasse.
- Pensi che ci potremmo vedere ancora ogni tanto? Sei un
ragazzo simpatico Dominic, mi dispiacerebbe se partita Irene dovessimo perdere
del tutto i contatti. Mi piacerebbe avere la tua amicizia, ecco, anche se dai
rapporti che abbiamo avuto forse potrebbe sembrarti il contrario.-
L’aveva detto apparentemente tranquilla e decisa, ma con un
leggero tremolio nella voce, come se fosse leggermente preoccupata di fare
quella proposta. Non l’aveva mai sentita incerta, se n’era stupito.
Le aveva sorriso nuovamente, sollevato per il fatto che
lei, chiaramente, avesse parlato solo di amicizia, del resto non avrebbe voluto
altro in quel momento. Era lusingato che lei gliel’avesse chiesto e nemmeno lui
avrebbe voluto perdere i contatti con una donna tanto interessante.
- Me lo chiedi? La prima sera che vuoi basta che mi fai uno
squillo e ce ne andiamo a bere una cosa da qualche parte. Anzi, giovedì che
fai?- le aveva chiesto già sapendo che era libero quel giorno, in modo da
rendere immediatamente concreta quella cosa.
Sakumi gli aveva sorriso. - Andata!-
Irene era comparsa in cima alle scale con una valigia
piuttosto grande e all’apparenza pesante tra le mani, Dominic le era andato
incontro, ma la donna gli aveva chiesto, piuttosto che aiutarla con quella, di
prenderle quella che ancora doveva portare giù e che era rimasta in camera. Lui
aveva fatto come le aveva chiesto, trovando Owen che le faceva la guardia.
Dominic aveva preso con una mano la valigia e con l’altra la mano del bambino
prima di scendere al piano inferiore.
Sakumi ed Irene stavano chiacchierando, lui aveva lasciato
il bambino con loro e si era informato se il bagagliaio dell’auto di Sakumi
fosse aperto. Alla risposta affermativa della donna aveva aperto la porta e
aveva cominciato a portare le valige fuori.
Non era rimasto molto tempo. Mentre ancora le due donne
discutevano, Dominic aveva visto che Owen faceva finta di non vederlo. Si era
attaccato alla mano della sua mamma e dondolava un po’, cercando di ignorare
tutto e tutti in quella stanza, Lilly compresa, che forse recependo quell’aria
da addio che c’era si era attaccata subito al suo padrone, chiedendo attenzioni.
Dominic le aveva fatto qualche carezza, quindi era andato
verso il bambino e si era abbassato, rimanendo in bilico sui talloni. Gli aveva
appoggiato una mano sul gomito per richiamare la sua attenzione.
- Hey rospetto…-
Inizialmente non l’aveva guardato, poi si era voltato verso
di lui e gli aveva fatto una linguaccia, Dominic aveva riso.
- Vieni qui, delinquente!- gli aveva detto ridacchiando per
la sua faccia tosta, allargando le braccia e stringendolo forte non appena aveva
lasciato la mano della mamma e si era attaccato con le braccia al suo collo.
- Allora quando vieni a trovarmi?- aveva chiesto il
bambino.
- Presto.-
Owen l’aveva guardato un po’ male, avrebbe preferito
qualcosa di più certo.- Me lo prometti?-
Dominic l’aveva guardato serio e si era messo una mano sul
cuore. - Giuro!-
Dominic l’aveva abbracciato un’altra volta, mentre lo
teneva stretto si era rimesso in piedi, tenendoselo in braccio. - Se te lo mando
per posta fra qualche giorno…- aveva detto scherzosamente ad Irene che li stava
guardando, come se non lo volesse lasciare.
- Sarà l’ora che ci salutiamo, meglio se non facciamo
tardi, a quest’ora all’aeroporto c’è sempre caos.- aveva osservato Sakumi.
- Sì, hai ragione.- aveva detto Dominic, che subito dopo
aveva spostato lo sguardo su Irene, che gli era andata incontro abbracciandolo.
Lui l’aveva circondata con il suo braccio destro dato che con l’altro teneva
sempre Owen in braccio.
Dato che i loro saluti della notte appena trascorsa erano
stati effettivamente quelli definitivi, in quel momento non ci si erano persi
troppo, Dominic aveva passato Owen nelle braccia della mamma.
- A presto, capito? - aveva detto rivolto al bambino che
gli aveva restituito uno sguardo quasi minaccioso.
- Non ti scordare che me l’hai promesso.- aveva detto
serio.
Alla sua uscita le due donne avevano riso, Dominic si era
avvicinato e gli aveva dato qualche altro bacio, poi, come aveva fatto tanto
spesso in quelle settimane, gli aveva fatto delle pernacchie sul collo che
l’avevano fatto ridere.
Erano usciti quindi, lui era rimasto sulla porta a
guardarli andare via, fino a che non erano stati più nel suo campo visivo.
Aveva richiuso la porta, dietro a lui aveva trovato Lilly,
che si era seduta sul tappeto all’ingresso e l’aveva guardato incuriosita.
Dominic, non sapendo cos’altro fare si era seduto anche lui su quel tappeto,
dove tristemente aveva subito pensato che non avrebbe più visto Owen giocare.
Aveva fatto una carezza a Lilly, che aveva guaito e gli
aveva teso la zampa, che lui aveva preso.
Le aveva sorriso, trovandosi il suo musetto peloso davanti
alla faccia.
- Bella che sei! Ma quanto sarai bella? Troppo bella!- le
aveva detto, scatenando la sua entusiastica reazione, un tentativo di leccata
che Dominic aveva schivato per un pelo.
- No, non mi leccare!- le aveva detto ridacchiando. -
Mettiti giù che ti faccio un grattino, dai!-
Lilly aveva eseguito, si era adagiata con la testa sul suo
ginocchio a godersi le coccole. Dopo un po’ l’aveva guardato con aria vagamente
perplessa, come se fosse preoccupata per lui.
Dominic, incrociando il suo sguardo, aveva intuito quanto
dovesse essere evidente quanto era triste in quel momento. Si stava sentendo
nuovamente solo.
Immediatamente aveva pensato che non doveva nemmeno
provarci a crogiolarsi in quella sensazione.
Aveva sorriso a Lilly, sempre accarezzandole la testa, poi
le aveva preso il muso tra le mani e l’aveva guardata bene.
- Tu non te ne vai vero? Stai qui, con me…-
Lilly si era alzata incominciando a dimenare la coda a
destra e a sinistra.
-…no che non mi abbandoni perché mi vuoi tanto bene! La mia
bella cagnolina!-
Per Lilly era stato praticamente un invito, senza badare a
lui che le diceva di non leccarlo si era avvicinata ancora quanto bastava e
aveva tirato fuori la lingua lunga e ruvida piazzandola sulla guancia di Dominic
senza sentire ragioni.
- E basta!- le aveva detto lui al secondo bacino, ma la
cagnolina aveva continuato.
In fondo era un bugiardo, non gli dispiaceva affatto, e lei
che lo capiva al volo doveva aver inteso anche quanto avesse voglia di coccole
in quel momento.
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Capitolo 35 *** Quello che ho sempre sognato ***
Nuova pagina 1
Fine, fine, fine!!!
Non ne potevo più!
Colgo l’occasione per ringraziare le persone che mi hanno
seguita, quindi Lili anche se è un po’ che non la vedo, Bloody Mary, Crazygirl e
Claudietta che ci son sempre state. Siete state confortanti e lettrici
indispensabili… la cosa migliore è quando si è capiti, e questa sensazione me
l’avete sempre data, grazie mille! Grazie anche alla compagna di merende Moon,
ovviamente!
Una piccola precisazione, più che altro una battutaccia.
Il nome del cane, Lilly… è da “Lilly e il Vagabondo”, il cartone Disney, ormai
si sarà capito che adoro la Disney e che me ne servo parecchio. Non come
qualcuno potrebbe pensare per sbeffeggiare Evangeline Lilly!
Anche perché al limite la posso invidiare un po’, tanto
per gradire.
Non mi permetterei mai, mi sta pure simpatica!
La cacchiata dovevo dirla anche sul finire, sopportatemi
quanto potete!
Ci rivediamo il primo giugno, con quello che vi
aspettate… ebbene sì. Tornano Elena, Jenny e gli altri bischeri della banda!
Intanto spero che questo lunghissimo epilogo vi piaccia.
Buona lettura, Mandy
v
Epilogo - Quello che ho sempre sognato
Stando in piedi non senza una
certa difficoltà, Dominic si era chinato con la schiena quel tanto che bastava
per guardare Lilly che, sdraiata su un fianco e con l’aria stanca ma felice,
stava immobile mentre i suoi cuccioli nati da poche ore stavano allegramente
facendo merenda attaccati ai suoi capezzoli.
- Dai, non sono così brutti…- aveva commentato diretto
verso sua madre, guardando quei quattro piccoli esserini che con gli occhietti
ancora chiusi cercavano di nutrirsi.
La donna aveva inclinato leggermente la testa da un lato e
aveva sorriso lievemente.
- No, direi che sono adorabili per essere figli del
pestifero bastardino dei nostri vicini!- aveva osservato.
Durante quei tre mesi che erano trascorsi da quando Dominic
era tornato a Manchester per stare con la sua famiglia infatti erano successe un
sacco di cose.
Quando aveva deciso di prendersi quella pausa non aveva
stabilito precisamente quanto sarebbe stata lunga. Aveva voglia di stare con la
sua famiglia, più lontano possibile da Los Angeles e dalla vita che conduceva
solitamente, così aveva pensato che non c’era niente di meglio da fare, dopo
aver terminato gli impegni di lavoro più importanti, che prendere la sua fidata
cagnetta e andare a casa dai suoi. Questo succedeva all’inizio di dicembre.
Il primo impegno che tassativamente aveva era per aprile,
c’era da fare il solito giro promozionale per il film appena girato che sarebbe
uscito in quel periodo in America, quindi avrebbe potuto, se non ci fossero
stati ordini contrari del suo diligente stuff, stare a casa dai suoi anche fino
a quel mese volendo, ma doveva essere sempre all’erta. A metà gennaio circa
infatti gli era stato proposto un lavoro che poteva essere piuttosto
interessante, aveva valutato attentamente di interrompere quella pausa di
riflessione e tornare a casa sua negli Stati Uniti, ma due cose essenzialmente
l’avevano trattenuto.
Innanzi tutto Lilly aveva visto bene di rimanere incinta.
Quando a casa si erano accorti che era in calore, intorno all’inizio dell’anno
nuovo, avevano cercato di tenerla al riparo almeno finché il cane dei vicini,
una simpatica canaglia che tutti nel vicinato conoscevano sia per la sua
irruenza che per la sua simpatia, con indomito coraggio non era riuscito a
raspare quanto bastava sotto la rete metallica che univa i due giardini e ad
entrare vincitore nel castello… non certo per salvare la sua bella, ma insomma
il concetto si è capito!
Quando Dominic si era accorto dell’intrusione era tardi per
prendere qualsiasi provvedimento, sua madre si era un po’ dispiaciuta che una
cagnetta così bella si fosse accoppiata con un cane dal miscuglio di razze
talmente incerto che non si sarebbe potuto definire in alcun modo possibile, ma
in fondo poco importava. Nel giro di due mesi Lilly avrebbe avuto dei cuccioli,
forse non sarebbero stati bellissimi ma era una cosa che rallegrava tutti. Se
anche poi il motivo primo per cui Dominic era stato costretto a rimanere in
Inghilterra non era certo quello, era stato comunque felicissimo di poter
rimanere fermo in quel periodo e godersi la gravidanza del suo cane.
La verità è che proprio in quei giorni durante i quali
stava riflettendo su se tornare o meno a Los Angeles, era stato lui ad avere un
incidente. Era uscito per fare una passeggiata, ne aveva approfittato per
portare anche Lilly con sé, ma fatti pochi passi fuori dal cancello non aveva
notato una lastra di ghiaccio che per il gran freddo di quel gennaio si era
formata in una conca dell’asfalto del marciapiede, così era scivolato su di essa
ed era caduto rovinosamente. Aveva avuto una discreta sfortuna dato che il colpo
al ginocchio si era dimostrato più fastidioso del previsto, tanto che dopo
qualche giorno che il dolore non passava sua madre lo aveva costretto ad andare
all’ospedale dove lei lavorava a fare dei controlli più approfonditi. Era venuto
fuori che probabilmente il suo ginocchio doveva già essere compromesso in
partenza e quella caduta era stata solo la goccia che aveva fatto traboccare il
vaso. Avrebbero dovuto asportargli il menisco con un operazione breve e
semplice, che però avrebbe significato che doveva stare in assoluto riposo per
un paio di settimane e stare molto attento durante la convalescenza. Insomma,
muoversi da dov’era era del tutto sconsigliabile, ma la cosa, a dirla tutta, non
l’aveva poi così disturbato nonostante l’ingaggio perso. Si era goduto la
gravidanza di Lilly e il periodo con la sua famiglia, divertendosi a notare come
anche in un cane possa essere particolare un certo periodo della vita.
Dicono tutti che una donna in stato interessante sia
diversa, lui aveva potuto notare che anche la sua cagnetta lo era. Aveva un’aria
come di fatalità intorno a lei. Stava più tranquilla, sembrava star sempre a
riflettere, il suo sguardo era più languido e sembrava ancora più incline del
solito a chiedere attenzioni, ma anche quello lo faceva in modo diverso. Come se
avesse paura di mosse brusche non faceva le feste, si limitava ad avvicinarsi e
a guardare la sua “preda” con su uno sguardo fin troppo eloquente, che faceva
sorridere chi lo riceveva e che lo rendeva allo stesso tempo incapace di negare
quelle attenzioni.
Dato che ancora non riusciva a stare molto bene in piedi,
Dominic si era seduto per terra vicino alla cuccia di Lilly, in modo da starle
vicino. La sua cagnetta aveva appoggiato placidamente il muso sul suo ginocchio,
quello sano, e gli aveva leccato la mano, Dominic aveva cominciato così ad
accarezzarle lentamente la testa, mentre le diceva che era stata bravissima.
Purtroppo l’unica cosa che era dispiaciuta a tutti era che uno dei cuccioli,
l’ultimo che era nato, non era sopravvissuto alla nascita, ma il veterinario,
che era andato via da un paio d’ore, aveva affermato che era una cosa molto
comune.
- Come facciamo con i cuccioli? Non ne abbiamo mai parlato
fin’ora ma sarà il caso adesso.- aveva chiesto a sua madre che era rimasta in
bilico sulle punte dei piedi, seduta sui talloni.
- Non ne ho idea, uno mi piacerebbe tenerlo se tuo padre è
d’accordo, anche se credo che non ci siano problemi. Però non di più, dove li
teniamo qui due cani?-
- Ne rimangono tre, allora.-
- Magari Anne ne potrebbe volere uno.- aveva osservato
Maureen, riferendosi alla figlia dei loro vicini di casa, che probabilmente,
almeno lei la pensava così, era uno dei motivi, e forse nemmeno il meno
importante, per il quale Dominic si era ritenuto abbastanza contento di essere
rimasto lì in Inghilterra.
Ultimamente si era frequentata un po’ con lui dopo essere
tornata anche lei dagli Stati Uniti più o meno nello stesso periodo in cui era
tornato anche Dominic. Era tornata a Manchester a Natale per stare un po’ a casa
con i suoi prima di tornare al suo lavoro, per altro si sarebbe trasferita a San
Francisco a maggio dopo aver lavorato due anni a Minneapolis.
- Ne dubito,- aveva detto subito a sua madre, - Dovrebbe
portarlo fuori con il guinzaglio a qualsiasi ora del giorno. E poi fa un lavoro
troppo impegnativo, i cani non sono indipendenti come i gatti, hanno bisogno di
tanto affetto e di presenze stabili, vero?- aveva espresso l’ultimo concetto
guardando il suo cane e facendogli una vocetta strana.
- Magari lo tengono i suoi, così rimarrebbe qui vicino. Mi
farebbe piacere non perderli di vista questi cuccioli, e soprattutto saperli in
buone mani.-
- Questo preme anche a me.- aveva asserito serio Dominic,
sempre accarezzando Lilly sulla testa. Improvvisamente, dopo qualche secondo di
silenzio, si era girato verso sua madre e aveva detto: - A proposito di Anne,
l’hai avvertita che sono nati?-
Maureen si era data un leggero colpetto con la mano sulla
testa. - No, me ne sono dimenticata! Sai, tra chiamare il veterinario e aiutarlo
non è che ho avuto anche il tempo di chiamare i vicini, non potevi farlo tu?-
gli aveva risposto, pensando: appunto, a chi ha pensato subito?
- M’è sfuggito di mente.- aveva ammesso anche lui, mentre
si era messo a frugare nella tasca della felpa che indossava, tirando fuori il
suo cellulare. L’aveva aperto e aveva cercato il numero di Anne, che comunque
era uno degli ultimi fatti.
Maureen si era alzata e si era allontanata, quasi colta
dalla sensazione di dover lasciargli la sua privacy, anche se poi, volente o
nolente aveva sentito la semplice conversazione, forse durata nemmeno un minuto
in cui Dominic aveva detto ciao ti disturbo, sì sono nati, ok ti aspetto,
seguito da un tra cinque minuti arriva Anne, diretto a lei.
- Ok.- aveva ribattuto la donna, tornando pochi minuti dopo
con la macchina fotografica digitale che Dominic le aveva chiesto di prendergli
non appena fosse andata per qualche ragione al piano superiore della loro casa.
- Devo mandare una foto a Sakumi, sai quella mia amica
giapponese, era davvero curiosa di vederli. E ad Irene ovviamente, spero tanto
che ne prendano uno loro, ad Owen piacerebbe così tanto.- aveva commentato,
mentre armeggiava con quell’arnese in mano.
- E poi ora che hanno una casa fuori città sarebbe
l’ideale.- aveva aggiunto Maureen.
Dominic aveva semplicemente commentato con un mh mh
di assenso mentre fotografava i cucciolotti sempre intenti nella loro merenda.
Lilly aveva sbattuto appena la coda nel notare quell’attenzione che era rivolta
a lei e alla sua nidiata.
- Sei sempre la solita pavona!- aveva scherzato Dominic,
tornando ad accarezzare il suo cane; sua madre aveva riso vedendo la scenetta.
***
Sin da quando Irene ed Owen avevano varcato la soglia di
casa sua definitivamente, non sapeva esattamente se fosse per il fatto che dopo
pochi secondi già gli mancavano tantissimo, Dominic aveva pensato che aveva una
gran voglia di tornare in Inghilterra, e non per le massimo due settimane che al
massimo si concedeva per le festività o per qualche occasione particolare.
Voleva prendersi una pausa, una lunga pausa che gli sarebbe stata utile per
riprendere le fila di molte cose che non andavano.
La sua vita lì a Los Angeles aveva ripreso i suoi
tradizionali ritmi: il lavoro sul set, i suoi amici, le uscite in cui si era
sorpreso di notare quanto poco gli importasse di conoscere nuove persone, donne
in special modo. Aveva ancora paura della solitudine, ma aveva deciso che non
era quello il modo in cui voleva condurre la sua vita, all’eterna ricerca di
qualcuna che potesse essere quella giusta.
Una volta Irene, parlandogli di Christopher, gli aveva
detto che erano cose che succedono quando meno te lo aspetti e che non le puoi
aiutare. Doveva solo aspettare che il destino facesse il suo corso e avere
fiducia in se stesso. In verità lui tanta fiducia sotto quel punto di vista in
se stesso doveva ammettere di non averla, ma era perfettamente inutile il suo
continuo sforzo. E se pure non era destino in fin dei conti, meglio essere senza
una compagna che circondato da una serie di donne che non sapeva quanto fossero
davvero interessate a lui. Comunque, a sopperire a quella mancanza, c’era sempre
la onnipresente e affettuosissima Lilly che di certo non lo faceva sentire mai
perso.
Una sola cosa era davvero nuova, l’amicizia con Sakumi.
Dopo quel giovedì sera ce n’era stato un altro la settimana
dopo, e poi un altro ancora e così si era ripetuto praticamente ogni settimana,
tanto che si davano direttamente l’appuntamento per la settimana successiva
quando si salutavano a fine serata, cosa che avveniva solitamente sotto casa di
lei. Si sentivano solo se c’era qualche variazione del programma, o proposte
inaspettate. Era capitato anche che uscissero qualche volta con i rispettivi
amici, o che passassero le loro domeniche insieme. Sakumi lo invitava a pranzo a
casa sua, Dominic spesso si portava anche Lilly dato che era graditissima in
quell’appartamento da mamma e figlia e che in genere si organizzavano anche per
andare fuori a fare una passeggiata.
La loro amicizia in tempi relativamente brevi era diventata
davvero degna di essere chiamata tale contro ogni aspettativa, anche per via del
modo in cui erano cominciati i loro rapporti. Probabilmente era stato così anche
grazie a quel periodo che avevano passato spesso insieme, per via dei problemi
che lei ed Irene avevano avuto con la storia della rissa all’asilo dei bambini.
Si capivano e parlavano di tutto quello che li riguardava, si erano raccontati
spesso di aneddoti riguardanti la loro vita entrando anche in particolari, si
erano aiutati vicendevolmente in momenti poco rosei ed era stato facile per
entrambi. Molto spesso parlavano anche di Irene ed Owen, scambiandosi le notizie
che giungevano loro da Birmingham o parlando delle cose divertenti che avevano
fatto con loro. Erano stati bene tutti insieme: quel periodo, per certi aspetti,
si poteva veramente dire fosse stato indimenticabile.
Dominic aveva parlato di lei con sua madre, una volta che
si erano sentiti per telefono.
- Lo vedi che ho ragione quando ti dico che tu hai questa
sensibilità, così, come dire, quasi femminile? Hai tutte amiche donne, è
incredibile!-
- Mamma, che stress che sei! Non è vero e lo sai benissimo-
le aveva risposto lui, che se anche era divertito non ne poteva più di essere
preso in giro per quella cosa, che poi non gli sembrava nemmeno giusta. In
verità glielo dicevano tutti, quindi un po’ ci si era abituato a quest’idea, ma
preferiva non mettere in dei clichet il suo carattere e niente che lo
riguardasse. Lo facevano già in troppi quel simpatico giochetto di
classificarlo, quindi preferiva dire a se stesso che la sua sensibilità era la
sua, punto. Che fosse femminile o maschile non gl’importava assolutamente
niente.
Era stata la stessa Sakumi comunque a spingerlo a
riconsiderare di concedersi quella pausa, forse perché con il passare delle
settimane, nonostante il lavoro andasse a gonfie vele e Dominic fosse abbastanza
soddisfatto della sua vita in generale, lo aveva visto sempre meno tranquillo
rispetto a certe faccende.
- Cosa ti trattiene allora, se non hai nessun impegno
impellente? Fallo e goditela. Voglio dire, Los Angeles rimarrà qui e non
cambierà… purtroppo! E come dici tu, se ci fosse qualcosa per cui non possono
proprio fare a meno di te salti su un aereo e torni, che t’importa?-
Le riprese del film erano durate per tre mesi, altro tempo
era passato tra la post produzione e svariati impegni per la campagna
pubblicitaria, nel frattempo avrebbe dovuto buttarsi alla ricerca di altre cose
da fare. Come il suo agente gli aveva consigliato avrebbe dovuto leggersi dei
copioni interessanti, fare qualche provino, impegnarsi insomma nella ricerca
continua di qualcosa di nuovo che magari avesse potuto migliorare la sua
carriera… non che avesse proprio ignorato le proposte giustissime del suo
agente, solo non era il momento e del resto non aveva avuto bisogno di farlo
capire a nessuno che gli stesse intorno e che badasse a lui. Che era stanco e
addirittura demotivato per certi versi gli si leggeva in faccia.
Sakumi aveva ragione aveva pensato, ragione da vendere. Non
c’era in effettivo niente che lo trattenesse. Così pochi giorni prima del suo
compleanno, a dicembre, aveva sistemato tutto quello che aveva lasciato in
sospeso e aveva preso un aereo, pensando che non c’era nessun progetto così
interessante che lo potesse distogliere dall’idea di quella pausa di cui aveva
bisogno davvero.
Quella decisione non era stata scalfita nemmeno al pensiero
che, invece, un progetto molto interessante lo aveva tra le mani, e da tanto più
tempo di quello che credeva.
Aveva divorato quella sceneggiatura che Madeleine gli aveva
dato in quell’afoso pomeriggio estivo di diversi mesi prima nel giro di una
notte alla metà di settembre. Non se n’era più potuto staccare quando aveva
cominciato e ci aveva fatto l’alba quasi senza accorgersene.
Pensando a quanto fosse stato idiota a non trovare mai il
tempo per leggere quella meraviglia si era detto che quel progetto doveva
assolutamente andare in porto, era troppo bello per rimanere nel dimenticatoio.
Era una prospettiva del libro audace ma del tutto plausibile, intensa e perfetta
nella caratterizzazione dei personaggi.
Quando aveva finito di leggere il libro in verità aveva
pensato che fosse impossibile trarne un film interessante: si trattava di
concepire una pellicola che si basava sulla storia di un tipo che vedeva tutto
in bianco, la bellezza di fare un film simile poteva essere data dal far entrare
lo spettatore nel mondo del portatore d’handicap e se anche la natura della
storia non era certo quella di parlare della cecità comunque quell’aspetto aveva
il suo peso. Ma dopo aver visionato quella sceneggiatura Dominic aveva pensato
che se avesse avuto davanti il tizio che l’aveva scritta gli si sarebbe
inginocchiato di fronte dicendogli che era un puro ed autentico genio!
Detto fatto, la mattina dopo aveva contattato Madeleine
chiedendole cosa poteva fare lui in concreto per aiutare a fare in modo che non
finisse tutto nel cestino della cartastraccia. Nel giro di quei mesi che erano
passati prima della sua partenza per l’Inghilterra, Dominic si era dato
parecchio da fare chiedendo in giro, usando le sue conoscenze e impegnandosi in
prima persona: certo era troppo giovane per interpretare il protagonista, ma
come Madeleine stessa gli aveva detto, a lei sembrava adattissimo. Poi era
talmente innamorato della sceneggiatura che si era detto del tutto fiducioso nei
miracoli che esperti del make-up nel campo del cinema sarebbero riusciti ad
operare sulla sua persona. Di tutto pur di poterlo fare, anche metterci del suo
non solo per la recitazione. Era infatti entrato a far parte della produzione,
come Madeleine e il suo compagno avevano voluto dato il suo interessamento alla
cosa.
Ma prima c’era altro che doveva fare, e in ogni modo molti
mesi sarebbero passati prima che quel progetto avesse potuto davvero prendere
dei connotati tangibili.
***
Dopo che sua madre era tornata alle sue faccende,
lasciandolo solo in compagnia della nuova nidiata, aveva sentito qualcuno
bussare sul retro, Dominic si era voltato verso la porta che stava davanti a
lui, e che era aperta. Aveva detto avanti e quindi Anne era entrata.
- Ciao.- gli aveva detto trovandolo seduto per terra
accanto a Lilly, che vedendola aveva scodinzolato un pochino. La ragazza si era
avvicinata, si era messa anche lei in ginocchio sul pavimento accanto a Dominic.
Prima di dare un occhio ai nuovi nati aveva sorriso a lui, che le aveva
restituito il gesto, quindi aveva fatto una carezza alla mamma.
- Sono adorabili.- aveva commentato vedendo quei quattro
esserini. - Quanto saranno grossi da grandi, secondo te?- aveva chiesto a
Dominic.
- Il veterinario ha detto che potrebbero essere all’incirca
come Lilly, forse leggermente più piccoli. Non più grandi in ogni modo.-
- Se ne accarezzo uno Lilly si arrabbia?- aveva chiesto.
Dominic le aveva sorriso. - No, non credo.-
Ce n’era uno che aveva colto particolarmente la sua
attenzione. Mentre tutti gli altri erano marroncini, uno aveva delle striature
color miele, era stato verso quello che Anne si era diretta, sfiorandogli
delicatamente la testolina con l’indice, per non più di un secondo. Lilly
l’aveva guardata farlo, quasi che temesse per i suoi piccoli, aveva riappoggiato
la testa sul ginocchio di Dominic immediatamente però.
- Ti piace quello?- le aveva chiesto Dominic.
La ragazza aveva annuito. - In effetti è il più
particolare. Che cos’è, maschio o femmina?-
- Non lo so, il veterinario ha detto che sono tre femmine e
un maschietto, ma ora come ora non li ho controllati di persona.-
Anne si era seduta sul pavimento portandosi le ginocchia al
petto e circondandosele con le braccia.
- Mettono allegria.- aveva commentato guardandoli ancora,
quindi aveva allungato ancora la mano verso la testa di Lilly e l’aveva grattata
appena dietro l’orecchio destro.
- Che ne farete?-
- Ne parlavamo giusto con mia madre prima. A te piacerebbe
averne uno?- aveva chiesto.
Anne aveva sorriso, guardando quello che le piaceva di più.
- Molto, ma non poso occuparmi di un cane. Lo sai che per me è un po’ difficile
come progetto.-
- Nemmeno se lo lasci qui dai tuoi?-
- Forse a mia sorella piacerebbe, ma non lo so. Te lo saprò
ridire, c’è tempo comunque, prima devono stare con la loro mamma per un po’.-
- Anche questo mi da da pensare… ma non è che le si
spezzerà il cuore se glieli togliamo? Sono i suoi piccoli in fondo. Per me
sarebbe un problema tenerli tutti, ma con un po’ d’impegno forse.-
Anne aveva riso. - Dom, sono cani! Tra gli animali è
normale, e poi non potresti mai tenerli tutti, dai!-
- Se aprissi un allevamento?-
- Sì, come Rudy e Anita nella carica dei 101, solo che con
cento dalmata credo che abbiamo fatto i soldi, tu con questi meticci tanto
carini non so cosa potresti fare!-
- Lo farei solo per il piacere di spupazzarmeli tutti, non
per altro!-
- Non ne dubitavo. Allora ci sto, mi sembra un ottimo
progetto.- aveva detto sorridendo Anne.
Erano rimasti lì a chiacchierare per più di un’ora,
guardando i cagnolini che dopo la merenda erano rimasti tutti accoccolati e
vicini contro la pancia della loro mamma, sonnecchiando. Anche Lilly si era
addormentata finalmente, rimanendo sempre sul ginocchio di Dominic che
l’accarezzava di tanto in tanto.
Si erano interrotti soltanto quando lui aveva ricevuto una
telefonata, di Irene. Per la verità aveva trovato Owen dall’altra parte, l’aveva
salutato con un ciao ranocchietto che aveva fatto sorridere Anne.
Aveva lasciato loro un messaggio in segreteria,
semplicemente per dire che stavano nascendo i cuccioli. Non aveva trovato
nessuno in casa ovviamente, dato che li aveva chiamati alle tre del pomeriggio.
Irene evidentemente aveva trovato il messaggio e l’aveva contattato, ma Owen
sicuramente era il più curioso tra i due.
Aveva parlato un po’ con il bambino descrivendogli i
cuccioli e il trambusto di quel lungo pomeriggio che stava volgendo al termine,
poi con Irene, invitandola a venire a trovarli quel fine settimana, per portare
Owen a vedere i nuovi nati, ma la donna aveva detto che difficilmente ce
l’avrebbero fatta. Aveva rinnovato l’invito a lui invece a tornare, e a fermarsi
qualche giorno dato che l’unica volta che lui era andato a trovarli era rimasto
per un pomeriggio, e poi era andato via subito.
Era stata una domenica, pochi giorni dopo il suo
compleanno, verso la metà di dicembre. Dominic non li aveva nemmeno avvertiti
del suo ritorno in Inghilterra, aveva optato per fare una sorpresa, così alla
prima domenica disponibile si era messo in macchina con Lilly, portandola
immaginando che ad Owen avrebbe fatto piacere, e aveva raggiunto Birmingham. Non
sapeva l’indirizzo preciso di Irene adesso, sapeva che avevano cambiato casa, un
altro problema era la sua scarsa conoscenza della rete stradale di quella città.
Aveva preferito andare prima a casa di Melanie, la madre di Irene, in fondo le
faceva piacere salutare anche lei dato che erano anni che non la vedeva.
Sulla porta la donna l’aveva accolto con un gran sorriso,
oltre che molto sorpresa di vederlo lì.
- Che ragazzone!- le aveva detto prima di abbracciarlo con
affetto e notare anche la presenza del cane.
- Magari…- aveva ribattuto lui ironicamente, immaginava che
dovesse risultare alto per una donnina alta non più di un metro e
cinquantacinque. Ma solo per lei, non s’illudeva.
L’aveva fatti entrare ed erano stati per un bel po’ di
tempo a parlare, mentre Lilly sonnecchiava sul tappeto del soggiorno, Melanie
aveva rassicurato Dominic che non dava nessun fastidio. Gli aveva detto che
aveva mancato sua figlia e suo nipote di nemmeno mezz’ora, erano stati a pranzo
da lei e poi erano andati da Christopher e che probabilmente non sarebbero stati
a casa ancora per un po’. Nel tempo che avevano passato insieme gli aveva
disegnato una mappa semplice ma efficace per arrivare senza intoppi al loro
nuovo indirizzo. Quando Dominic era stato in strada aveva ringraziato davvero
molto quel pezzetto di carta. Prima di suonare al citofono aveva guardato quella
costruzione dietro le sbarre del cancello, per quanto ancora chiaramente ci
stessero facendo dei lavori sembrava molto bella, con un bel giardino intorno e
non troppo isolata.
C’erano molte novità che riguardavano la vita di Irene ed
Owen, Dominic ne era stato aggiornato in tempo reale da loro stessi, dato che si
sentivano molto spesso, ma era ben altra cosa entrare in contatto direttamente
con certe cose. Innanzi tutto Irene si era licenziata anche dal suo vecchio
studio, prendendo a lavorare con quella sua amica di cui gli aveva parlato anche
mentre erano in America. Era un piccolo studio ma andava molto bene, soprattutto
perché il clima era allegro e, sebbene dovessero lavorare tutte sodo, lo
facevano con gioia. Owen frequentava nuovamente il suo vecchio asilo e aveva
ritrovato i suoi compagni di giochi abituali, passava molto tempo con sua nonna
e suo padre ed era sereno.
Christopher, nonostante avesse cambiato casa, passava tutto
il suo tempo libero da loro, anche perché stava dirigendo i lavori di
ristrutturazione di quella casa che Irene stava pagando con un mutuo.
Non appena era tornata a Birmingham aveva fermamente deciso
che il loro appartamento in centro era comodo ma assolutamente claustrofobico.
Voleva un po’ più di spazio nonostante adesso in quella casa ci fossero solo lei
e il bambino, anche un po’ di verde intorno, soprattutto per esaudire il
desiderio di Owen di avere un cagnolino, cosa che sarebbe piaciuta anche a lei.
Questa cosa le era sembrata importante specialmente dopo aver diviso il loro
spazio vitale per quasi due mesi con una cagnolina adorabile come Lilly, notando
l’effetto che aveva su Owen.
Ne aveva parlato con Christopher che le aveva dato una mano
con la ricerca, non appena aveva visto quella casa aveva pensato che doveva
essere quella. Di lavori di ristrutturazione ce n’erano da fare un bel po’, ma
questo non l’aveva fermata. Aveva dei risparmi per fare quei lavori, Christopher
aveva preteso di aiutarla non solo mettendole a disposizione il suo lavoro, ma
anche economicamente. Irene all’inizio gli aveva detto di no perché non lo
riteneva giusto, l’altro a sua volta le aveva fatto notare che quella sarebbe
stata la casa di suo figlio. La donna, forte anche di tutto quello che era
capitato nelle loro vite, non aveva ribattuto affatto a quell’affermazione.
Quando Dominic aveva suonato era stato Christopher infatti
ad affacciarsi alla tendina della porta che dava sulla cucina, non appena
l’aveva riconosciuto gli aveva sorriso. Il primo però che era uscito e gli era
corso incontro sul vialetto di ciottoli era stato Owen, che lui si era messo ad
aspettare a braccia aperte.
- Visto che sono venuto e ti ho portato anche Lilly?- gli
aveva detto sempre tenendolo in braccio, dopo che si erano scambiati qualche
bacio.
- Me l’avevi promesso!- aveva ribattuto il bambino come per
dire che aveva fatto nient’altro che il suo.
Dominic aveva riso e se l’era stretto contro ancora un po’,
prima di andare verso la porta dove era uscita anche Irene, che lo stava
guardando sorridendo.
- Scusa l’improvvisata, - aveva detto salutando anche lei,
- Solo che volevo farvi una sorpresa. Vi disturbo?- aveva chiesto.
- Ma che cavolate dici, tu non disturbi mai!- aveva
ribattuto la donna che era felice di averlo lì.
Avevano passato il pomeriggio insieme, Irene e Christopher
gli avevano mostrato tutta la casa che era ancora immersa nei lavori. Owen, che
per un bel pezzo era stato con Lilly a giocare, ad un certo punto gli aveva
acchiappato la mano sequestrandolo e mostrandogli con orgoglio la sua cameretta,
dove in un angolo troneggiava l’orso che lui gli aveva regalato per il suo
compleanno. Al muro, attaccate sotto una cornice, c’erano svariate foto di Owen
un po’ a tutte le età con suo padre, sua madre, sua nonna e tanta altra gente
che Dominic non conosceva, anche un paio dove erano insieme, una con Irene ed
una solo loro due. Dominic si era chiesto quando Irene l’avesse scattata, lui
non se lo ricordava, forse non si era nemmeno accorto. C’erano lui seduto al
tavolo della cucina con Owen seduto sul suo ginocchio, aveva riconosciuto
davanti a lui sul tavolo il copione che stava studiando in quel periodo. Aveva
chiesto ad Irene quando l’avesse fatta, nemmeno lei se lo ricordava con
precisione. Erano molto belle per essere state scattate con una semplicissima
macchinetta usa e getta, Irene aveva lasciato la sua macchina in Inghilterra e
aveva risolto così la cosa.
Era rimasto appena per cena perché voleva tornare a
Manchester subito, Irene aveva provato a chiedergli di rimanere lì almeno per
quella notte. Lo spazio non ci manca, gli aveva detto, ma Dominic voleva
andare a casa. Aveva promesso di tornare appena fosse stato possibile, ma poi
non si erano visti che a Natale, quando Irene, Owen e Melanie avevano passato
tre giorni a Manchester a casa sua, com’era tradizione ormai da più di
vent’anni.
Irene ed Owen erano andati a trovarli due settimane dopo la
nascita. I cuccioli erano appena più pelosetti e cominciavano a vedersi con
chiarezza le prime diversità tra loro, ma erano ancora piccolissimi e si
reggevano appena in piedi per qualche secondo, poi franavano nuovamente con il
sederino per terra non appena cercavano di muovere dei piccoli e malfermi
passetti.
Owen era stato al culmine della gioia quando Irene aveva
acconsentito alla proposta di Dominic di prenderne uno. Ovviamente non potevano
lasciare la mamma prima di un mese almeno, così anche se ci era rimasto male,
Owen non si era potuto portare via la sua preferita della nidiata. Dominic,
quando erano ripartiti, gli aveva solennemente promesso che, di lì a due
settimane, sarebbe stato lui in persona a portargli la cucciolina a casa, Irene
aveva detto che ne avrebbe approfittato per costringerlo a rimanere un fine
settimana intero. Dato che lui non poteva guidare e che Anne le era molto
simpatica, aveva invitato anche lei, da quello che aveva notato vedendoli
insieme, non aveva potuto fare a meno di captare chiari segnali del fatto che si
piacevano, per lei poi era palese che a Dominic quella ragazza doveva piacere
molto anche se lui non si era sbottonato in proposito. I pettegolezzi però tra
lei e Maureen si erano sprecati, e questa cosa la divertiva, doveva ammetterlo!
***
Arrivare a due settimane era stato un attimo, Dominic non
se n’era quasi nemmeno accorto. Il suo ginocchio migliorava vistosamente, tanto
che aveva lasciato da un po’ le stampelle con le quali era stato costretto a
spostarsi. Seguiva i progressi dei cucciolotti, che adesso camminavano
tranquillamente sulle loro belle zampotte piazzate. Anzi, stavano diventando
anche piuttosto molesti a dirla tutta. Si affilavano i dentini sulle zampe dei
mobili fino a che qualcuno non li prendeva per la collottola e li rimetteva nel
loro cestino dove emettevano dei guaitini striduli e abbaiavano pure magari, nel
tentativo di impietosire qualcuno ed essere rimessi in libertà, poi dopo un po’
si stancavano. Venivano consumati quantità industriali di quegli ossi che
vendono nei negozi di animali per i cuccioli con la smania dei denti, ma loro
sembravano molto più propensi a mangiucchiare le zampe dei mobili o le scarpe.
Ogni tanto si divertivano a mangiucchiare anche le estremità umane, tipo gli
alluci se malcapitatamente trovavano qualcuno senza scarpe, ovviamente le mani e
a volte addirittura nasi od orecchie, se venivano presi in braccio. Come tutti i
cuccioli però erano un amore a vedersi e morbidi al tatto dato che avevano il
pelo morbidissimo dei cuccioli che sarebbe diventato folto come quello della
mamma; erano adorabili poi quando, dopo un po’ che erano in braccio a qualcuno
cercando di mordicchiare tutto quello che avevano a tiro, si addormentavano di
colpo cullati dalla vibrazione della voce della persona a cui erano in braccio.
Erano un terremoto, di sicuro, ma erano meravigliosi.
Anne aveva convinto i suoi a tenerne uno, il suo preferito
e anche l’unico maschietto, l’aveva chiamato Buddy e l’avrebbe portato dai suoi
prima di partire per Birmingham con Dominic, Lilly e la cucciolina destinata ad
Owen. Lui era sempre molto preoccupato per ciò che concerneva il distacco dai
suoi cuccioli per Lilly, ma quando era arrivato il momento di partire per
Birmingham, con Buddy che aveva già cambiato casa il giorno prima e lasciandone
due lì, aveva notato con sollievo che non sembrava troppo turbata. Pensò che era
così perchè si fidava di lui ciecamente, come aveva sempre fatto per tutta la
vita.
La mattina in cui erano partiti tutti insieme era salita
nel bagagliaio dell’auto di Anne con la piccola della sua nidiata ed entrambe
avevano dormito per quasi tutto il viaggio, svegliandosi solo quando, a metà
strada, si erano fermati per permettere a loro di sgranchirsi e fare i
bisognini.
Anne guidava stando parecchio attenta, non correva e si era
scusata per il fatto di sembrare un po’ impacciata. - E’ che non sono più
abituata a guidare a destra, la cosa mi spiazza un po’ sulle prime.- aveva
detto. Dominic poteva capirla benissimo, era lo stesso problema che aveva sempre
anche lui ogni volta che per una ragione o per l’altra doveva guidare in
Inghilterra.
Le aveva sorriso non commentando, per tutto il viaggio si
era sforzato di trovare argomenti di conversazione che esulassero un po’ dai
cani, anche se comunque ne avevano parlato parecchio anche in quella sede. Si
sentiva impacciato, perché Anne, volente o nolente gli piaceva, e tanto.
La prima volta che l’aveva rivista, dieci giorni prima di
Natale, si erano praticamente scontrati fuori dalle loro rispettive case e lui
non l’aveva nemmeno riconosciuta nonostante questo. Era una ragazza carina,
niente di particolare, con l’aria appena un po’ stanca e un ciuffettino di
capelli castano chiari annodati frettolosamente sulla nuca. Lei l’aveva guardato
con curiosità invece, ma lui c’era fin troppo abituato ad essere guardato così e
non ci aveva fatto più di tanto caso. Solo un paio di giorni dopo l’aveva
rincontrata, sempre più o meno nello stesso frangente, e lei timidamente l’aveva
chiamato con il suo nome. Si era girato sentendosi chiamare, quando gli aveva
detto che era Anne ci era rimasto quasi male.
Lui si ricordava una ragazzina piuttosto anonima, timida
fino all’inverosimile, della quale non si ricordava che poco. Sua sorella del
resto attirava molto di più l’attenzione e la toglieva del tutto o quasi a lei:
più grande di almeno cinque anni o sei, era sicuramente più conosciuta per
essere molto più carina e, a detta di diversi ragazzi più grandi di lui a quei
tempi, anche parecchio disponibile. In questo suo essere così disponibile
era rimasta incinta a vent’anni e si era sposata giovane, adesso a trentadue
anni aveva tre figli, Anne gliel’aveva raccontato in quei dieci minuti che si
erano parlati.
Lei invece era una grafica pubblicitaria e lavorava negli
Stati Uniti, ci si era trasferita dopo che le avevano fatto un’offerta
interessante, che lei aveva accettato nonostante il fatto che trasferirsi
dall’altra parte del mondo, per via del suo carattere piuttosto schivo, non le
andava poi così tanto.
Dominic era rimasto subito incuriosito da lei e le aveva
detto che voleva rivederla. Ci facciamo due chiacchiere davanti ad una birra,
aveva proposto, e in effetti così era stato, molto spesso, fino a che
frequentarsi era venuto naturale.
Ed era stato assolutamente naturale anche tutto il resto,
non l’aveva aiutato, come Irene gli aveva detto era stato facilissimo passare
dal pensare che quella ragazza gli era simpatica a, dopo nemmeno un mese, che
gli piaceva molto. Solo che questo significava essere un po’ più teso con lei.
Finché frequentava casa sua, che era sempre il solito porto
di mare dove c’era gente che entrava ed usciva e non erano mai soli andava bene,
se andavano in un pub a prendere una birra anche, ma nell’abitacolo di
quell’auto era un’altra storia. E Dominic si sentiva un deficiente, perché a
trent’anni si aspettava di saper gestire meglio certe cose. Ma in fondo, dove
stava scritto che era più facile col tempo?
Anne anche stava bene con lui, gli sembrava palese, ma non
aveva mai dimostrato di essere interessata ad altro, questo non lo aiutava e lo
spingeva anche a non fare niente in proposito anche se s’imponeva di stare
tranquillo e di godersi semplicemente quell’amicizia, che in fondo era la cosa
più importante. Con Anne andavano d’accordo quasi su tutto e stavano bene, si
divertivano a fare le cose più semplici e stupide e non si annoiavano mai.
Questo era molto bello di per sé.
Per altro c’era una cosa che lo colpiva particolarmente di
quel rapporto: era tanto che si sentiva coinvolto da una donna che non
dimostrava per prima un certo interesse con lui, questo aveva interrotto
magicamente quella sorta di circolo vizioso che si era innescato dopo la rottura
con Chandelle, e questo per lui aveva significato poter davvero voltare pagina,
definitivamente.
Owen era stato felicissimo di vederli arrivare all’ora di
pranzo di quel venerdì, Irene aveva raccontato a lui e ad Anne che li stava
aspettando impaziente alla finestra da quella mattina. Dominic aveva aperto il
bagagliaio permettendo a Lilly di uscire di lì, quindi aveva preso in braccio la
cucciola, tenendola su una mano dove stava comoda essendo molto piccola e
l’aveva porta al bambino che l’aveva presa in braccio e accarezzata un po’ sotto
suggerimento di Dominic, per tranquillizzarla dato che era leggermente impaurita
nel trovarsi in un luogo nuovo e con tanta gente che non riconosceva. Dopo
qualche minuto però aveva già cominciato a scodinzolare e a fare le feste a
tutti, nonché aveva subito fatto pipì sul pavimento della cucina.
- Ecco, adesso è proprio casa sua!- aveva scherzato
Dominic.
Durante la cena di quel venerdì sera l’argomento era stato
il nome da mettere alla cagnolina, Owen voleva chiamare Lilly anche lei, e anche
se Irene gli aveva detto che c’erano tanti nomi carini per un cane a lui piaceva
quello e non aveva voluto sentire ragioni. Del resto era lo stesso bambino che
chiamava tutti i suoi orsetti Charlie, quindi alla fine l’aveva spuntata.
La sera prima di andare a letto Owen era stato più
recalcitrante del solito perché non voleva lasciare la piccola Lilly e nemmeno
la mamma, alla quale non aveva certo negato attenzioni per via dell’altra, poi
si era dovuto arrendere al volere di Irene, che però aveva dovuto faticare un
bel po’.
Dopo il viaggio anche Dominic e Anne erano stanchi, le
chiacchiere con Irene non erano durate a lungo, anche in previsione del fatto
che il giorno dopo ci sarebbe stata un po’ di gente in casa.
La notizia del giorno infatti, che per Dominic era stata
una vera e propria sorpresa perché non se lo sarebbe proprio aspettato, era
stato conoscere quella Patsie di cui aveva sentito parlare una volta.
Precisamente da Christopher, svariati mesi prima.
L’aveva visto arrivare per l’ora di pranzo e si era goduto
la scena da dietro la finestra. Owen aveva fatto una corsetta verso di lui con
la piccola Lilly in braccio, pronto per farla vedere a suo padre. Trovandosi
davanti questa ragazza era rimasto per un momento perplesso, ma poi Dominic
l’aveva visto salutarla e tendere il cane verso suo padre che si era abbassato
stando in bilico sui talloni e facendole una carezza. Owen l’aveva mostrata
anche a quella ragazza subito dopo.
Essendosi accorto della presenza di Irene, che stava
guardando la stessa scena dietro di lui, aveva chiesto chi fosse e lei, per
l’appunto, aveva detto semplicemente Patsie. Dominic aveva dovuto
sforzarsi non poco per ricordarsi quel nome.
Si era girato per chiedere se era quella Patsie, l’altra
aveva annuito.
- Se penso a quanto l’ho detestata… invece è una ragazza
così simpatica.- aveva detto seria. - Certo alle volte è matta come un cavallo,
ma insieme stanno davvero bene, è quello che ci vuole per lui, per svegliarlo un
po’! Sono tre settimane che gli dico di presentarla ad Owen e oggi ce l’abbiamo
fatta!-
Dominic era sempre più perplesso, quella situazione a prima
vista gli sembrava folle. Irene doveva aver intuito le sue giuste perplessità,
così gli aveva sorriso.
- Appena posso ti spiego un po’ di cose…- l’aveva
rassicurato.
Poi c’era stato poco da spiegare, le cose erano molto
semplici. Tra Christopher ed Irene da subito dopo il rientro da Los Angeles,
c’era stato accordo totale, su tutto. Ad entrambi stava a cuore la tranquillità
di Owen e siccome loro prima di tutti continuavano a stare bene insieme, non
c’era nessun problema in proposito. Erano passati con una disarmante semplicità
dall’essere sposati ad essere amici e anche loro non sapevano bene come fosse
successo.
Le motivazioni erano tante a dire la verità. Si volevano
bene, erano tanto simili di carattere da essere affini in tutto, sentivano
chiaramente che un distacco di entità superiore a quello li avrebbe fatti stare
male. In questo capirsi così bene l’uno con l’altro era ovvio che Irene, dopo
nemmeno troppo tempo, aveva intuito che Christopher di quella Patsie era davvero
innamorato.
Ironia della sorte era stata lei tre mesi prima a dirgli di
non avere paura e chiederle di uscire.
Patsie, che era un peperino, aveva risposto alla sua
richiesta che era l’ora. Non so, volevi aspettare ancora?, gli aveva
detto. Fra un po’ l’avrei fatto io. Ed era cominciata così.
La giornata era andata bene, Patsie era piaciuta a tutti,
cosa ancora più importante era piaciuta ad Owen che, come faceva con tutti gli
estranei, si era mantenuto ancora un po’ sulle sue, ma se un po’ lo conosceva,
Dominic sapeva che gli era piaciuta e non poco, e non ci avrebbe messo molto ad
essere più affettuoso anche con lei.
Irene ne era stata felice, l’aveva anche invidiati un po’,
non solo perché stavano bene insieme, ma anche perché sarebbe piaciuto anche a
lei incontrare qualcuno che le facesse quell’effetto. Tempo al tempo, si diceva,
e anche Dominic, mentre quella sera dopo cena si erano ritrovati da soli in
cucina a parlarne, le aveva detto che era così. Stavano finendo di rimettere le
stoviglie della cena apposto, Dominic aveva preteso di darle una mano dato che
erano le undici passate e che lei sembrava abbastanza stanca.
- Una volta mi hai detto che certe cose non si aiutano, lo
dico nuovamente a te adesso.- aveva detto ad Irene sorridendole, lei aveva colto
la palla al balzo per rilanciare.
- Immagino che non hai avuto bisogno di aiuto con Anne.-
Dominic si era messo una mano sulla nuca, come faceva
sempre quando s’imbarazzava, Irene lo sapeva benissimo. - E’ così evidente?-
aveva chiesto.
- Per me sì…- aveva risposto la donna. - E’ adorabile, è
una ragazza davvero in gamba e tra l’altro mi sembra davvero adatta a te. Non te
la far scappare, hai capito?-
Dominic le aveva dato un bacio su una guancia, quando
l’aveva guardata un’altra volta aveva detto ci provo prima di uscire
dalla cucina, dicendo che doveva far andare Lilly in giardino per farle fare
pipì.
- Vedi di riuscirci, ok?- aveva aggiunto Irene,
sorridendogli.
Poco dopo era andata a dormire, era stata una giornata
lunga e piena di novità, aveva lasciato Dominic ed Anne seduti in soggiorno sul
divano che chiacchieravano, con Lilly che dormiva accoccolata ai piedi di
Dominic, come sempre. L’altra Lilly, la piccola, stava sulla cuccia che Owen
aveva scelto accuratamente per lei al negozio di animali qualche giorno prima,
poco lontana da loro.
Aveva dato la buonanotte ed era salita al piano superiore
della casa, andando prima a controllare che Owen stesse bene. Aveva appena
aperto la porta della sua stanza vedendo che dormiva tranquillo, l’aveva
richiusa piano dopo un paio di secondi.
Era andata a letto, ma improvvisamente, sebbene fosse molto
stanca, le era venuta sete ed era scesa nuovamente diretta alla cucina, quando
era arrivata davanti all’entrata del soggiorno però si era fermata, sentendo
pronunciare il suo nome da Dominic. Stava parlando di lei con Anne, e non aveva
potuto fare a meno di ascoltare per un momento, spiandoli pur sapendo che non
era molto corretto da parte sua.
-… Irene mi faceva quell’effetto, esattamente… non so se
hai presente! Direi quasi paralizzante alle volte, però bello da morire. Lì per
lì non ti nascondo che non volevo che venissero a stare a casa mia, mia madre lo
sai com’è fatta, ha fatto leva proprio sul fatto che lo sapeva che a me da
ragazzino Irene piaceva da impazzire, è stata veramente subdola! Ma se dovessi
dirti come la penso adesso, sono state le sette settimane più belle che ho
vissuto da quando abito in America. Irene e il bambino mi hanno riempito la vita
di colore e hanno migliorato tutto, anche se non è stato sempre facile con
loro.-
Irene aveva capito sin dall’inizio di cosa stesse parlando,
sentirgli dire quelle cose l’aveva quasi commossa. Avrebbe voluto dirgli che lo
stesso era stato per lei e per Owen, che gli doveva il fatto di aver ripreso le
fila della sua vita grazie al suo costante appoggio, all’affetto e alla pazienza
che aveva dimostrato di avere con lei e con Owen… semplicemente con il suo
essere se stesso anche lui aveva ridato colore alla sua vita. Non gli poteva
dire niente in quel momento, ma si era ripromessa di farlo.
Era rimasta per qualche altro secondo lì mentre Anne e
Dominic stavano in silenzio, stava quasi per andarsene quando qualcosa l’aveva
bloccata. Una sensazione strana, come se stesse per succedere qualcosa.
Dominic aveva guardato Anne, che aveva incontrato il suo
sguardo. Si erano sorrisi appena, probabilmente nella testa di lui doveva essere
passato il classico o adesso o mai più, che aveva preso al volo. Aveva
allungato la sua mano verso la guancia di Anne, sfiorandogliela appena, quindi
con calma si era avvicinato al suo viso e per qualche secondo aveva appoggiato
le labbra alle sue, dolcemente.
Quando si era ritratto, forse semplicemente per testare la
sua reazione, vedendo che lei gli sorrideva, appena un po’ imbarazzata ma
felice, era tornato a baciarla, questa volta più profondamente.
Era felice per loro, aveva sorriso.
Si era ritratta dietro al muro, in quel momento era davvero
brutto continuare a guardarli, era il loro momento e tale doveva rimanere. Però
era rimasta per un momento in piedi, con le spalle appoggiate al muro e con quel
sorriso sul viso che difficilmente sarebbe andato via.
Aveva ripensato in un attimo a tutti quelli che erano stati
i suoi sogni e le sue speranze per il futuro nell’arco di una vita,e aveva
guardato quello che aveva, in quel preciso momento.
Quello che aveva sempre voluto era amare ed esser amata,
vivere tranquillamente e non dare ai suoi figli ciò che di brutto aveva avuto
lei. E non c’era niente di quella lista che in quel momento gli mancava.
Aveva un figlio stupendo, il suo lavoro le piaceva, degli
amici che le volevano bene, adesso anche la casa dei suoi sogni. Owen era
circondato da persone che lo amavano, anche se non stavano insieme i suoi
genitori c’erano sempre e creavano intorno a lui un ambiente sereno dove sarebbe
cresciuto tranquillo.
Le sarebbe piaciuto avere una famiglia numerosa… forse
quella era l’unica cosa che mancava.
Eppure durante quella giornata quella casa era stata piena
di gente che era stata bene insieme.
Forse non nel modo che si aspettava, non esattamente come
l’aveva immaginata, ma aveva tutto quello che aveva sognato a portata di mano.
Bastava solo che allungasse la mano e lo prendesse, vivendo la vita per quello
che è, una cosa di cui non si può essere mai certi ma che riserva continue
sorprese.
E non tutte sono brutte in fin dei conti.
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