Se questo è amore…
(La lettera di Girodelle)
Premessa dell’autrice: questo
capitolo in origine nasce come racconto a sé, ma avendo molte attinenze con “La
proposta e il dubbio”, ho deciso di collegarli fra loro. Così uno è diventato
il seguito dell’altro, pur essendo due storie che potrebbero vivere di vita
propria.
A voi la scelta se leggerli insieme, o
indipendentemente l’uno dall’altro.
03/04/2009
In attesa di completare la raccolta “Mai
più sola (e altre storie)” ho deciso di pubblicare questo racconto che avevo
lasciato in sospeso. So che alcune di voi hanno già letto questa storia, ma non
mi convinceva il secondo capitolo, così ho deciso di modificarlo, l’ho
riscritto quasi completamente e ho lasciato che fosse Oscar in prima persona a
esprimere i suoi pensieri.
Ora spero solo che questa nuova
versione vi piaccia.
****
Oscar rientrava a casa quella sera dopo la solita
giornata in caserma, tutto normale nella sua vita, tutto consueto. Finalmente
le tensioni con la truppa si stavano allentando, certo c’era ancora del lavoro
da fare in merito, ma le difficoltà maggiori erano superate. I soldati stavano
imparando a fidarsi di lei; era stato difficile e faticoso, ma adesso si
sentiva gratificata dai risultati ottenuti.
Stava per ritirarsi nella sua camera, quando le
dissero che c’era una lettera per lei.
Era di Girodelle.
Non si sarebbe mai aspettata di ricevere una lettera
da lui. Non dopo quanto era accaduto successivamente al ballo dato in suo
onore. Avevano già avuto modo di parlare dopo l’incidente di quella sera.
Aveva riesaminato tutte le scelte che l’avevano
portata fin lì. Che altro c’era da dire?
Che bisogno c’era di scriverle ancora? Oscar
avvertiva un certo disagio, le stava venendo la tentazione di gettare quella
lettera nel fuoco senza nemmeno aprirla. Aveva posato la lettera sul tavolo
della sua stanza con noncuranza, come se fosse una seccatura, prima di
allentare il colletto rigido della sua uniforme.
Le tornava alla mente il tentativo del conte di
corteggiarla, l’attimo di debolezza in cui aveva abbassato le difese, la
tentazione di arrendersi e finalmente smettere di lottare, contro il desiderio
della normalità e lui l’aveva quasi baciata: un breve contatto, troppo fugace
per arrivare all’anima. Poi come se un lampo le avesse attraversato la mente,
era fuggita via, con il ricordo di un altro bacio sulla bocca e una strana
sensazione, come di languore inspiegabile. Adesso si era tolta l’uniforme e
guardava la lettera con sospetto e fastidio.
Quante volte si doveva respingere un uomo? Andrè…
con lui era successo solo una volta… ed era bastato ad aprire una ferita quasi
insanabile. Ma nel tempo quella ferita si stava richiudendo, anche se
lentamente e con fatica. Esitò ancora qualche minuto, pensando che potesse
trattarsi di notizie importanti che le inviava il Comandante delle Guardie
Reali, che magari riguardassero il re o la regina. Accantonò subito l’idea,
perché non era stato un ufficiale militare, ma un servo personale del conte a
portare la lettera.
Decise di abbandonare ogni ulteriore indugio e
togliersi finalmente ogni dubbio.
Oscar prese la lettera dal tavolo e l’aprì senza
troppa fretta. Era in piedi, ma proseguendo nella lettura si sedette in
poltrona senza quasi staccare gli occhi dal foglio. La sua espressione mentre
leggeva, passava dalla perplessità, alla sorpresa, dall’ incertezza all’
incredulità più totale.
Madamigella Oscar,
sarete sorpresa di ricevere questa mia missiva, dopo
quello che è accaduto fra noi. In realtà, ho esitato a lungo prima di
scrivervi, temevo poteste fraintendere le mie intenzioni; non sto tentando di
arrivare al vostro cuore per vie traverse.
So che non sarebbe possibile, forse avrei fatto un
tentativo, se avessi potuto cogliere un incoraggiamento da parte vostra.
Ma siete stata fin troppo chiara: ne speranze, ne
illusioni.
Nonostante questo, ci tenevo a dirvi alcune cose che
ritengo importanti, perché forse potrebbero chiarire il discorso che abbiamo
lasciato in sospeso, tempo fa.
Che voi avete lasciato in sospeso…
Mi permetto di farlo solo per il profondo bene che
vi voglio.
Mi permetto di parlarvi da amico sincero, per quanto
non abbia mai avuto il privilegio di una simile confidenza con voi. In tanti
anni che ci conosciamo, non mi avete mai concesso di andare oltre certe
formalità. In effetti, non avete mai permesso a nessuno di avvicinarsi tanto a
voi, eccetto forse, l’unica persona che lo fa da una vita.
Avete capito di chi sto parlando, suppongo.
Ma non è questo il punto.
Il punto è che voi siete confusa. E io vorrei
potervi aiutare a sciogliere le vostre incertezze, è l’unica cosa che posso
fare per voi. Sento di doverlo fare perché nessun altro può farlo al posto mio.
Neppure lui.
E se vi ama come penso, anche lui sta soffrendo.
L’ho capito molto tempo fa, quello che lui prova per
voi. Era palese per me, per ovvie ragioni che non voglio rimarcare qui ora, e
penso possiate comprenderne la ragione.
Sapete Oscar, quando vi siete presentata al
ricevimento in uniforme, non mi sono sorpreso, un po’ me lo aspettavo.
Come vi si può chiedere di essere diversa da ciò che
siete?
Una bella donna, forte, fiera, indomabile e indipendente,
che probabilmente ama il tipo di vita che ha sempre fatto, che non rinuncerebbe
alla sua libertà per un uomo.
Non sarete mai come nessun’altra, Oscar, e proprio
qui sta il vostro fascino, il vostro mistero. Voi siete bella e sensuale in
sella a Cesar, quando sfoderate la spada e il lampo della sfida attraversa il
vostro sguardo, quando duellate, quando date ordini, quando fate tutte quelle
cose, che abitualmente le altre donne non fanno. Ogni vostro movimento è
provocante e possiede una grazia innata, non quella leziosa e ostentata delle
dame di corte, ma un’eleganza naturale, che neppure la vostra uniforme riesce a
nascondere.
E voi siete così Oscar. Nonostante la rigida
educazione militare, la volontà ostinata che mettete nel voler apparire come un
uomo, la femminilità che sprigionate è più forte di ogni vostro sforzo di
nasconderla.
Me ne sono sempre accorto, fin dalla prima volta che
ci siamo incontrati.
Ricordate il nostro primo duello? Io non l’ho mai
dimenticato, non perché mi abbiate sconfitto: avevate 14 anni, eravate una
fanciulla in sboccio, eppure subii il vostro fascino acerbo, già allora.
Perché veniste ugualmente al ricevimento?
La vostra sfida era agli uomini presenti… o forse
solo a voi stessa?
Quando siete uscita dalla sala, dopo aver riso con
ironia di un ballo senza dame con cui ballare, ho capito che il vostro gesto
era dettato più da qualcosa che vi tormentava, che dalla volontà di creare
scandalo.
Tutti quella sera, erano rapiti dal vostro fascino
ambiguo che vi rendeva assolutamente femminile.
Ma nessuno di loro comprese il vostro dramma.
Chissà da quanto tempo vi portate dentro il cuore il
vostro segreto.
Io credo di aver capito, Oscar: l’amore è il vostro
dramma.
Sì Oscar, voi siete innamorata, anche se forse
ancora non ne siete consapevole.
Di un uomo che non potrebbe neppure guardarvi. Che
non potrà mai pretendere nulla.
Perché le differenze di rango non si cancellano.
Perché vostro padre vi ucciderebbe piuttosto.
Ma non sono queste le difficoltà che vi spaventano;
siete una donna troppo intelligente e libera da pregiudizi, e avete sempre
trattato André come un vostro pari.
Diciamolo questo nome, non nascondiamoci la verità
Oscar, perché è di lui che sto parlando.
Io sto parlando di André; è lui il mio rivale, l’ostacolo
tra noi.
E io ho sempre saputo di non avere speranze.
E Iddio mi perdoni, in passato ho potuto invidiarlo,
quest’uomo che ha passato la vita accanto a voi, tanto che è riuscito a
penetrare nel vostro cuore e nella vostra anima, al punto che non potete più
farne a meno.
Al punto che vi offendete, se qualcuno osa
pretendere di prendere il suo posto.
Io ho osato pensarlo e sarei stato disposto ad
accoglierlo nella mia casa, pur di avervi per me.
Volevo far di voi mia moglie e in cuor mio intuivo
perfettamente che neppure il nostro eventuale vincolo nuziale poteva infrangere
il vostro legame; in realtà non avrei mai potuto mettermi fra voi.
Ammettere di poter invidiare un uomo di nascita
inferiore non è stato facile… eppure io ho desiderato, per amor vostro, di
essere un servo.
Voi amate Andrè, sono state proprio le vostre parole
di quella sera a convincermi di questo, a farmi comprendere una realtà con cui
non potrò mai competere.
L’amore può assumere molte forme Oscar, non abbiate
paura di riconoscere i vostri sentimenti.
Non negatevi la possibilità di essere felice.
Non giudicatemi troppo invadente e indelicato;
volevo solo aiutarvi a riflettere.
Siate felice Oscar. È l’unica cosa che vi chiedo.
Per sempre vostro sincero amico
Victor De Girodelle.
Oscar aveva finito di leggere la lettera e non si
capacitava delle parole in essa contenute. Delle folli conclusioni a cui era
giunto Girodelle. Possibile che i suoi sentimenti fossero così palesi agli
altri e non a se stessa? Che altri vedessero ciò che lei neppure sospettava?
Che lei scartava dalla propria mente, come qualcosa di assurdo e impensabile?
Ma le parole di Girodelle erano chiare e non lasciavano dubbi sul loro
significato.
Io innamorata di André…
È da tempo che cerco di capire se possa essere vero.
Innamorata… certo, lo sono stata in passato.
Io credo che fosse amore. Credo… perché oggi non
sono più sicura di niente.
E nessuno, tranne Andrè forse, se n’era accorto.
Nessun’altro ha mai saputo leggere il mio cuore, ne
Fersen, ne voi Girodelle prima di oggi.
Sono stata molto brava a nascondere i miei
sentimenti, li ho celati dietro la mia corazza di soldato ligio solo al dovere.
Nascosti dietro la necessità di dover apparire a tutti i costi un uomo, negando
ostinatamente la mia natura femminile, tanto da arrivare a credere che non
esistesse agli occhi del mondo.
Sono stata tanto folle da credere, che non esistesse
neppure agli occhi del mio amico, che invece, una sera mi grida disperato che
non è mai stato così. E quella è stata
una scoperta che mi brucia ancora oggi.
Su una cosa Girodelle avete sicuramente
ragione; sono una donna diversa dalle
altre, talmente diversa che non mi adatterei a vivere senza la libertà di cui godo,
eppure non sono stata mai tanto confusa come adesso. Mi pongo un' infinità di
domande.
Su di me, su André, sul nostro rapporto. Su cosa
siamo oggi e su cosa eravamo.
Siete sicuro di quello che dite Girodelle? Oh, sì lo
siete.
Si capisce da ogni parola che avete avuto l’ardire
di scrivermi.
Però mi chiedo: quale uomo innamorato si
comporterebbe come voi?
Quasi mi gettate tra le braccia di Andrè. Forse
avete un secondo fine?
Per amore un uomo potrebbe parlare come voi? Io non
lo so… forse sì.
Vorrei avere le vostre certezze.
Sensuale e provocante, così mi definite; parlate con
sicurezza della mia femminilità innata, inutilmente nascosta sotto la mia
uniforme. Eppure io non mi sono mai sentita così.
In realtà ho sempre fatto di tutto per mortificare
le poche attrattive femminili che potevo avere. Non mi sono mai curata del mio
aspetto, mi sono sforzata fino all’ossessione di accentuare le mie
caratteristiche maschili; gesti decisi e forti, sguardi induriti dagli anni,
provocatori e se occorre taglienti, per affrontare chi incrocia il mio
sentiero, allo scopo di scoraggiare qualunque tipo di interesse o curiosità nei
miei confronti, da parte dell’universo maschile. Perché a nessuno venisse la
bizzarra idea di corteggiarmi per sedurre una donna soldato, impresa che a
qualche libertino debosciato, sarebbe apparsa stimolante e gloriosa.
Perché ho sempre pensato di non dovermi innamorare,
era qualcosa di cui non potevo preoccuparmi.
Ed in fondo, ho vissuto pressoché tranquilla per
diverso tempo.
È stato così, finché non è comparso Fersen nella mia
vita.
Avevo dimenticato di essere una donna e lui me lo ha
fatto ricordare. Fu sconvolgente, qualcosa di incontrollabile per me. Avevo
tentato con tutte le forze di soffocare quelle emozioni, avevo lottato disperatamente
per non soffrire, inutilmente. Per Fersen, che un pomeriggio mi chiese con
leggerezza, perché Dio m’avesse fatta nascere donna.
Che frase infelice.
Quello fu, forse, il primo momento in cui mi sentii
delusa da lui, da quell’uomo che mi appariva perfetto, giusto per me.
Quello fu il momento in cui iniziai a rendermi conto
che ero innamorata di un miraggio, di un' illusione che io avevo creato. André
non l’avrebbe mai detta una frase del genere, questo posso riconoscerlo.
Perché André è sempre stato concreto, ha sempre
visto le cose così com’erano.
Probabilmente per André non sono neppure perfetta in
tal senso.
Anzi, lui i miei difetti li conosce perfettamente.
So che lui non ha mai trovato strano o insolito che
io fossi una donna e so anche che mi ha sempre vista come tale.
Non perdeva occasione per ricordarmelo in un modo
sottile, a volte ironico, ma sempre schietto e leale. Ero io che fingevo di
ignorare questa realtà, non gli davo il giusto peso. E in fondo, mi faceva comodo.
Si sarà posto mille altre domande, André.
In cuor mio sapevo che Fersen non mi avrebbe mai
amata, ne ero assolutamente certa, ma ho voluto sfidare la sorte.
E così, una sera ho voluto essere femminile, per
lui. Volevo scoprire cosa volesse dire essere guardata come una donna.
Più che altro volevo dimostrare a lui, ma forse più
a me stessa, che ero ciò che io decidevo di essere, ma soprattutto volevo
sapere con quali occhi Fersen mi vedeva veramente. Ma in quel momento non l’ho
capito davvero.
Chi ero io agli occhi del mondo? Non lo sapevo.
Ero una donna? Ero un soldato, un essere ibrido
diviso a metà?
Ero semplicemente Oscar? Chi è Oscar?
Erano queste le domande che veramente mi
assillavano. Volevo delle risposte e pensavo di trovarle nello sguardo di un uomo
che amava un’altra donna. Oggi mi rendo conto che è stato stupido.
Di quella sera dolorosa, ricordo gli sguardi rapiti
d’ammirazione che m’ inseguivano senza posa, ricordo quello di Fersen, che mi
avvolgeva come in un sogno, in altri mi era sembrato di cogliere perfino
desiderio.
Ma come donna, Fersen non mi aveva riconosciuta. Per
lui, sarei rimasta sempre e comunque un uomo.
Forse era questo che volevo; vedere me stessa
attraverso gli occhi di un altro, per scoprire quella parte di noi che non possiamo
vedere da soli.
E poi c’era stato lo sguardo di André. Come
dimenticare quello sguardo?
Quello sguardo mi è rimasto addosso, come un marchio
a fuoco sulla pelle, come un sigillo scarlatto… come quel bacio rubato.
Era il mio amico, il compagno di sempre, come potevo
sentirmi così per lui? E perché lui poteva farmi sentire così? E perché dopo
tanto tempo, mi sento ancora così se ripenso a quella sera? Me lo chiedo ancora
adesso.
E nonostante il turbamento che ancora oggi mi
accompagna, non avevo capito e neppure immaginato, cosa ci fosse in realtà
dietro quello sguardo.
Era uno sguardo d’amore.
Quell’amore che Andrè prova per me da sempre, di cui
non mi sono mai accorta.
Lo
stesso amore che una sera mi esplode davanti in un baleno improvviso e lacerante,
che m’ha fatta sentire sciocca e insensibile. Quella sera ho ricevuto più
risposte di quante ne avessi chieste.
E
da quella sera nuove domande mi perseguitano.
Come,
quando, perché?
Sono
tornata indietro nel tempo, ho scavato nella memoria, nelle immagini di giorni
ormai lontani di noi adolescenti, ragazzi e poi adulti, un ricordo, un suono,
un gesto rivelatore. Nulla.
André
non si è mai tradito; un complimento detto per caso, camuffato dalla sua
ironia, uno sguardo strano… sorrisi, ne
ricordo tanti, ma non erano diversi da
quello che erano; semplici sorrisi amichevoli .
Io
non sono abituata ad essere adulata e Andrè lo sa.
Andrè
è stato abile a portare la sua maschera da amico perfetto, fino a quella sera
in cui mi sono vestita da donna.
Quella
sera in cui anch’io avevo perduto la mia maschera di fronte a Fersen.
Andrè
ha saputo guardare oltre quella maschera, anzi forse per lui quella maschera
non è mai esistita.
Lui
ha sempre visto solo la donna che porta il mio nome.
E ora voi Girodelle affermate la stessa cosa, vedete
in me la donna, quella segreta agli altri, quella che voi dite di amare proprio
per la sua natura insolita. Ma andate ben oltre.
Dite con convinzione di vedere la donna innamorata
di un uomo. E non parlate di Fersen… non avete mai capito che fossi stata
innamorata di Fersen.
Ma io sono sicura di esserlo stata… forse. Non era
vero?
Era meno vero del presunto amore per Andrè?
Dite che io amo André… Come fate a dirlo, che ne
sapete di quello che provo per lui?
Cosa avete letto nei miei occhi, sentito nella mia
voce?
Oh, sì gli voglio bene… provo dell’affetto per lui,
è normale… come potrei non volergliene?
Come potete essere così sicuro, quando neppure io
riesco a capire cosa prova il mio cuore?
Come fate a vedere dentro di me qualcosa che io
stessa non so riconoscere?
Inoltre ammettete palesemente di essere geloso di
lui, avreste voluto essere al suo posto. Per un uomo come voi Girodelle,
convinto di essere superiore solo per diritto di nascita, una dichiarazione del
genere é quantomeno incredibile. E forse ne siete geloso proprio a causa del
legame esclusivo che mi lega a lui; io non mi sono mai posta il problema di
capire che cosa rappresenta André per me, ma voi dovete averci pensato e molto anche.
Anzi, vi siete fatto un’ idea molto precisa; siete convinto che io sia legata
al mio attendente a filo doppio.
Che strano: non è più il mio attendente… ma io
continuo a definirlo come se fosse tale.
Senza
dubbio, c’è un fondo di verità in tutto ciò che dite Girodelle; io con André ho
condiviso gran parte della mia vita.
Ma
questo che centra con l’amore?
Si
può amare qualcuno, solo perché vive da sempre al tuo fianco?
Ultimamente ho pensato a lui frequentemente, con
maggior insistenza, ma erano pensieri quasi indolori. Erano legati alla voglia
di parlargli, di poterlo vedere per assicurarmi che stesse bene. Io non soffro
se penso ad André.
Non ho mai voluto nessun altro al suo posto.
Pensare
a Fersen per gli stessi motivi, mi faceva stare male, pensare all’amore mi ha
fatto soffrire.
L’amore
è stato dolore nella mia esperienza.
Fermare
i miei pensieri su Andrè adesso non è doloroso, mi da una sorta di pace.
Il
dolore l’ho sentito all’inizio, quando avevo scoperto di essere la causa di
quella sofferenza che tormentava lui, e mi sono sentita in colpa. Era amore
anche quello?
Io
non lo so e non lo capisco neppure, però è vero sono confusa.
Ricordo ancora Girodelle cosa ci siamo detti subito
dopo il ballo organizzato per trovarmi marito.
Ricordo che avete cercato di sondare il mio cuore, e
quello strano colloquio aveva preso una piega che non mi sarei aspettata.
Ricordo ancora le vostre parole di allora; non erano molto diverse da quelle
che mi avete scritto in questa lettera che ho appena finito di leggere.
Certo, adesso siete stato più esplicito.
Eppure già allora, quelle poche parole mi avevano
dato da pensare per diversi giorni e ora mi tornano alla mente agitandomi il
cuore: chi ama non vuole la sofferenza dell’amato. Così mi diceste.
Ossessive, mi tornano alla memoria, si impongono con
una tale forza che diventavano reali. Sono quasi spaventata da questa semplice
ovvietà.
È vero; chi ama non vuole la sofferenza dell’amato.
E questa è l’unica cosa di cui sono certa anch’io.
Possibile che abbiate ragione?
Ciò che mi unisce ad Andrè non è pura e semplice
amicizia, come avevo sempre pensato?
È vero; io non voglio che André debba soffrire, non
l’ho mai voluto.
Io vorrei che lui fosse felice, lo vorrei con tutto
il cuore, ma sono arrivata a pensare che potrebbe esserlo solo lontano da me.
Ma appena provo a immaginarlo lontano, ho come
l’impressione di sentirmi morire.
Se poi lo immagino con un'altra… Perché sento
montarmi dentro una rabbia sorda?
Perché odio quelle sere che esce da solo con Alain?
Perché certe volte ho paura che si allontani da me?
Sono ancora qui che faccio confronti col passato, ad
analizzare quello che ho provato e quello che provo adesso.
Ai tempi del mio amore impossibile per Fersen non
sono mai stata gelosa della regina.
Ma mi è successo di essere gelosa di André; oggi
riesco a capirlo con chiarezza.
Allora non sapevo di esserlo; quando mi passavano
alla mente le immagini più assurde di lui con una donna, era un tarlo che mi
perseguitava. Ma non ho mai chiamato le cose col loro nome.
Ero gelosa per amore?
Possibile che sia stato amore, il mio per lui? Lo è
ancora adesso, oppure è cambiato qualcosa?
Si sta trasformando in altro? In un sentimento più
grande e più forte?
Ora
sto seduta in poltrona e guardo il soffitto di questa stanza come se potessi
trovarla lì la risposta a tutto.
Qual
è la strada che porta al cuore?
All’essenza
di se stessi e di quello che siamo?
Come
si riconosce un sentimento per quello che è?
Quante sere ritorno a casa e mi capita di avvertire
la solitudine, come ora.
Succede sempre più di frequente. Prima non mi
accadeva tanto spesso.
Suonare il piano non mi fa stare meglio; spesso
interrompo la mia esecuzione e mi metto a pensare a quando lui era qui e mi
ascoltava, immobile contro la parete. Io sollevavo gli occhi e lo guardavo
mentre restava assorto ad ascoltarmi. E mi piaceva, mi faceva stare bene.
Troppe volte ho desiderato che fosse qui.
Mi manca poter parlare con lui, mi manca la sua
risata, le nostre cavalcate al fiume, la buona notte che mi dava, insomma la
vita di prima, costantemente accanto a lui. Adesso c’è come un vuoto che nulla
riesce a colmare.
In caserma i nostri incontri sono sempre troppo
fugaci, rapidi e impersonali, intercalati da rapidi sorrisi e le licenze sono
rare, in periodi come quello che stiamo attraversando.
Perché le cose non possono restare uguali a sempre?
Perché siamo cambiati, André? In fondo, posso dire
di essere stata più felice di così.
Credevo che mi sarebbe bastato guadagnarmi la stima
dei miei uomini per ritrovare la mia tranquillità emotiva.
Allora cos’è questa specie di vuoto che sento nel
cuore?
Che cosa potrebbe riempirlo? Che cosa lo riempiva
prima?
Eri tu André… eri tu che riempivi la mia povera
vita.
Lo capisco adesso, in questo
preciso istante. Che strana sensazione… come una luce che si allarga
all’orizzonte e si dipana tra le nebbie.
In questo istante comprendo che nella mia vita non
c’è mai stato spazio per la solitudine; non la conoscevo veramente, perché non
sono mai stata sola per davvero.
In ogni occasione, in ogni pensiero, in tutti i
momenti della mia vita fossero lieti o tristi, tu eri una costante che non
variava mai. Non c’è un ricordo che non ti appartenga, André; sei l’elemento
immutabile che ha accompagnato tutta la mia vita, quello che nel bene e nel
male c’è sempre stato. Traevo da questo la mia forza.
Forse era scritto da qualche parte nel nostro
destino che dovessimo camminare insieme.
L’unica cosa che avrei dovuto temere era che quel
fato potesse un giorno cambiare per sempre.
Ma non ho mai voluto o potuto pensare a questa
ipotesi.
Non ho mai pensato che le cose tra noi potessero
cambiare e temevo che se qualcosa fosse cambiato nella nostra vita, allora ti
avrei perso per davvero. E io non ho mai voluto perdere l’unica cosa certa della
mia vita: tu, André.
Ora
mi chiedo: anche questo può essere
amore?
È
amore, quello che fa camminare le persone insieme?
È
amore, quello che le fa vivere della stessa aria?
Quello
che ci fa comprendere senza parlare?
Io
non lo sapevo…
Se
io sto bene quando incrocio il suo sguardo…
se
spero di avere un momento per potergli parlare, anche di nulla… è per amore?
Se
solo udire la sua voce mi trasmette una sorta di gioia… è vero… è così
evidente… è per amore?
Se
pensare a lui mi da serenità è per amore?
Se
sto male quando soffre…
Se
sto male quando è lontano da me… è per amore?
Sì…
deve essere amore. Non può essere altro.
Ho
negato per troppo tempo la realtà… devo capire me stessa e lo farò…
per
me… per lui… per noi…
e
se ci fosse ancora una speranza, sta tranquillo Andrè, che saprò coglierla.
Non
mi arrenderò e forse sarai sorpreso, ma per il dolore che ti ho dato saprò
farmi perdonare.
Per
aver amato un altro, per averti respinto, per averti deluso, per non averti
consolato.
Dovrei
ringraziare Girodelle per avermi aperto gli occhi… se ci sarà un domani per
noi, magari troverò il modo per farlo. Intanto aspetto che succeda qualcosa… di
trovare il coraggio che mi serve.
Perché
me ne servirà tanto Andrè, tutto quello che potrò trovare dentro di me, quello
che mi serve per ammettere ciò che forse ho sempre saputo, ma che tenevo
nascosto nel profondo della mia anima.
Se
questo è amore… saprò trovare la strada.
E
per amore, vedrai… la troverò…
Fine
Ringrazio
tutte quelle che hanno avuto la bontà di leggermi e recensirmi. A presto.