Amour Fou

di JeanGenie
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione ***
Capitolo 2: *** Prologo - Ronda Notturna ***
Capitolo 3: *** Terapia n°1 - Showtime ***
Capitolo 4: *** Terapia n°2 - Bastoni fra le ruote ***
Capitolo 5: *** Terapia n°3 - Galanterie ***
Capitolo 6: *** Intermezzo n°1 - Pensierosi Pierrot ***
Capitolo 7: *** Terapia n°4 - Killing me softly ***
Capitolo 8: *** Terapia n°5 - Malinconica figura femminile ***
Capitolo 9: *** Terapia n°6 - Take care of me ***
Capitolo 10: *** Terapia n°7 - Il nocciolo della questione ***
Capitolo 11: *** Intermezzo n°2 - Masquerade ***
Capitolo 12: *** Terapia n°8 - John Doe ***
Capitolo 13: *** Terapia n°9 - Spinnin' Round ***
Capitolo 14: *** Intermezzo n°3 - Senso Civico ***
Capitolo 15: *** Terapia n°10 - Burrasca ***
Capitolo 16: *** Intermezzo n°4 - Armi e bagagli ***
Capitolo 17: *** Terapia n°11 - April's Fools ***
Capitolo 18: *** Intermezzo n°5 - Something in the air ***
Capitolo 19: *** Terapia n°12 - Mad Love ***
Capitolo 20: *** Epilogo - Clowns at Midnight ***



Capitolo 1
*** Introduzione ***


Ribadiamo un semplice concetto a scanso di equivoci. Questa storia è on line dal 15 Agosto 2008 sul mio sito personale e dal 21 Agosto 2008 sull'Anonima Autori. Ci tenevo in modo particolare ad essere la prima in Italia a scrivere su The Dark Knight in generale e sul Joker e Harley in particolare.

Introduzione

La visione ripetuta de "Il Cavaliere Oscuro" nuoce gravemente alla salute. Alla mia, soprattutto. Sono tornata per la seconda volta dal cinema con il Joker che continuava a girare impazzito nella mia testa. "AmOuR fOu" è il risultato. Doveva essere una one-shot (come al solito ^_^). È diventata una storiella a capitoli. Ma stavolta state tranquilli. La bozza c'è tutta. Devo solo dare una sistematina al prodotto per renderlo presentabile.
In questo periodo, nei siti anglofoni troverete dozzine di fanfiction ambientate nel Nolan-verse che raccontano dell'incontro tra il Joker in versione Heath Ledger (R.I.P., ragazzo. Sei stato grande) e la futura Harley Quinn. Quindi sono ben consapevole di avere avuto l'idea meno originale della storia. Ma che volete farci. Certi racconti impongono all'autore di essere scritti subito, anche se il suddetto autore sa che c'è chi è stato più veloce, che sta calpestando un terreno insidioso sul quale non si è mai addentrato prima, quello dei comics americani, e che dovrà avere la faccia tosta di andare a toccare dei personaggi malati di schizofrenia e pericolosi senza renderli ridicoli o, peggio ancora, mettendo nella loro testa pensieri troppo 'normali'.
Dicevamo delle storie in rete: si stanno sviluppando due filoni e nessuno dei due mi piace. Quello esasperatamente rosa (Harley con il suo amore risveglia del buono nel Joker oppure il Joker vittimizza una Harley marysuesca, buona e brava che prima dell'incontro con lui era una specie di angelo) e quelle tutto sesso e coltelli, dove i nostri scambiano il manicomio di Arkham per un S&M club, con dovizia di particolari.
"AmOuR fOu" si limita a rendere una Harley Quinn in stile Nolan (ok, diciamo che io ci provo ^^') e a non massacrare Mr. J. trasformandolo in un eroe romantico (brrr… raccapriccio…) e neppure in una bestia priva di logica. Mostro sì, macellaio sì, massacratore sì, privo di qualunque scrupolo o motivazione che non sia quella di portare avanti il suo show pirotecnico pure. Ma con una logica malata che non fa una piega; chi ha visto la sequenza della rapina che apre TDK, o il modo in cui giostra la faccenda 'traghetti minati' (È andata male, Puddin'. Sarà per la prossima volta) non può scambiarlo per qualcuno in preda a pulsioni animalesche e basta.
Faranno una capatina altri personaggi dell'universo DC non comparsi nel film. Ma siccome non ho intenzione di trasformare questa storia nel teatrino della Justice League potete anche fregarvene e passare oltre. Tutto quello che conta che abbiate visto "Il Cavaliere Oscuro". Non vi serve altro.

And... here… we… GO!

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Capitolo 2
*** Prologo - Ronda Notturna ***


Prologo
"Ronda notturna"

 

Don't let the dark into me
We killed the angels that warned us of you
Don't let the dark into me
We raised the tower of Babel for you
Don't let the dark into me
We let the children build temples for you
Don't let the dark into me
Don't let the vengeance of Heaven be you

(Gary Numan, Dark)

Notte di bonaccia e foschia caliginosa al porto di Gotham City.
La sirena antinebbia risuona per avvisare i traghetti di fare attenzione e chi si fosse attardato in strada di stare in guardia sulla via di casa.
L'apparente calma non inganna nessuno. Ciascuno dei cittadini di Gotham è a conoscenza del fatto che l'ala scura che proteggeva la città come una coperta è calata a soffocarla. L'eroe e l'assassino indossano la stessa maschera.

Notte di quiete insolita a Gotham City.
Non ci sono spari né auto della polizia in corsa sulle strade. Perfino il crimine sembra avere scelto una certa forma di rispetto in quella giornata che sta finendo, quella delle esequie di Harvey Dent, di una maschera di cera ricomposta su un volto devastato, su un'immagine di eroismo che copre una fine ingloriosa.
James Gordon ha gli occhi fissi sullo schermo televisivo, ma non vede davvero le immagini di quel pomeriggio al cimitero monumentale. Non riconosce come autentiche le lacrime versate dai cittadini di Gotham e si sente in colpa per questo. Lui è l'unico custode della grande menzogna. Lui e l'altro, il giustiziere in nero che da quel giorno dovrà nascondersi e piegarsi all'infamia della calunnia.
James Gordon pensa che quella città la menzogna ce l'ha nel sangue. Quella città poggia su fondamenta putride. E c'è ben poco che lui possa fare per il momento, tranne dare un'occhiata ai suoi figli e andarsene a dormire.

Notte di aria acre e stagnante a Gotham City.
Pino Maroni, per la prima volta da mesi, si addormenta con il sorriso sulle labbra. La scheggia impazzita è in manette, in isolamento, in fondo all'Arkham Asylum, e l'arcinemico è diventato poco più di un pluriomicida con una taglia mostruosa sulla testa, dopo avergli fatto l'enorme favore di togliere di mezzo il sant'uomo Harvey Dent e papà.
E adesso c'è una città sventrata dalle esplosioni e dal panico da ricostruire e questo vuol dire dozzine di appalti da truccare e centinaia di mazzette da incassare.
Con l'ottimismo che gli è proprio, sa che le cose stanno finalmente tornando com'erano una volta, ai bei vecchi tempi. E lui sarà il primo a raccogliere i succulenti frutti di quella rinascita, una volta messo in chiaro con Umberto chi comanda adesso.
Per il momento deve solo aspettare che la puzza di bruciato ed esplosivi sparisca.

Notte di luci pallide e sperdute nella foschia a Gotham City.
Bruce Wayne le osserva dall'alto e l'impressione che appartengano a un altro mondo rende il senso di solitudine che lo schiaccia da giorni ancora più opprimente. Al sicuro fra le mura di cristallo del suo regno temporaneo, lascia fuori il buio notturno e le ombre.
La Torre dell'Orologio ha appena annunciato le due. Quella sera l'angelo protettore non spiegherà le ali. Non hanno bisogno di lui, al momento. E lo attendono, là fuori, per metterlo in catene. Perché è quello che lui ha voluto. Non importa se nessuno gli dirà mai grazie. Pensare come un criminale e continuare ad agire come un vigilante, questo deve imparare a fare al momento. Per questo ha bisogno di prendersi qualche giorno di vantaggio sulla polizia. Su Jim Gordon.
E c'è ancora quel sapore amaro in gola da ingoiare. Harvey Dent è stato sepolto accanto a Rachel.
Bruce Wayne vorrebbe avere una corazza in grado di parare anche quel tipo di colpo, ma quella nemmeno Fox sarebbe in grado di metterla insieme. E comunque Fox non c'è più.
Piano piano se ne vanno tutti.

Notte di frenesia sulla collina a un miglio dal centro di Gotham City.
Paulo Morales lavora ad Arkham da dieci anni. Eppure delle ore come quelle non le ha mai vissute.
Lui e Everton tirano giù dal furgone l'ultimo folle ad essere accolto tra quelle mura. Li hanno scelti perché sono i più alti, i più massicci, i più forti. E Everton ha le mani pesanti. Inoltre sei tiratori sono pronti con dosi di tranquillanti che stenderebbero un pachiderma. I loro occhi sbarrati lo mettono a disagio. Basterebbe che sbagliassero mira di mezzo centimetro per spedirlo a nanna al posto del criminale. Ma questo ha fortunatamente deciso di starsene buono.
Quel tizio deve avere qualche santo in cielo. Non lo spediranno a Blackgate ad aspettare il processo. O forse qualcuno spera che possano rimettere in sesto il suo cervello prima di arrivare in aula, in modo da potergli dare una trentina di ergastoli. Quelli comunque sono affari del dottor Arkham, della polizia e dei tribunali. Lui deve solo fare in modo che arrivi fino alla sua cella.
Docile docile, ingabbiato nella camicia di forza, il paziente muove la testa da una parte e dall'altra sorridendo. Sorride sempre, non c'è proprio modo di farlo smettere, "neanche con un pugno ben assestato nei reni" ha confermato Everton dopo avere fatto l'esperimento.
Paulo Morales stenta a riconoscere in quel viso deturpato ma innocuo il clown sadico di quei filmati raccapriccianti mandati in onda da… quale stazione era? Poco importa. Tolto il trucco non cambia l'essenza. L'uomo, il freak anzi, ha davanti a sé settimane di isolamento. E mentre riceve dal mostro un'occhiata indagatrice, Paulo Morales capisce che quella sarà una fortuna soprattutto per coloro che non avranno la possibilità di arrivargli a tiro.
In fretta, meglio fare in fretta. Chiuderlo dentro e dimenticarsi di lui. Dei massacri che ha compiuto con un folle ghigno color sangue dipinto sulla faccia. Perché nonostante la rabbia, la voglia di rivalsa e il desiderio bestiale di fargliela pagare, di fargli così male da costringerlo a supplicare pietà, di cancellare dalla sua risata ossessiva due o tre denti, Paulo Morales scopre di avere paura.

Solita notte incollata al monitor del portatile in quell'appartamento alla periferia di Gotham City.
Nel salotto della dottoressa Harleen Quinzel, le luci artificiali del computer e della TV muta fanno bruciare gli occhi della padrona di casa. Allora lei si sfila gli occhiali e cerca un po' di tregua riflettendo sull'ultimo capitolo.
Nonostante gli scaffali pieni di dvd che riempiono le sue serate di pausa con appassionanti storie d'amore e dozzine di melodrammi d'annata, quella sera è un nastro con servizi e reportage di cronaca nera a fare da sottofondo silenzioso al suo picchiettare sui tasti. Meno di trenta pagine alla parola fine.
I libri della dottoressa Harleen Quinzel vendono bene, nonostante i suoi colleghi storcano regolarmente il naso di fronte a quella che definiscono "psicologia da supermercato". Lei li lascia fare. Si tratta di pura e semplice invidia.
Contava sul suo ultimo lavoro, "Menti criminali e presunta sanità mentale" per metterli definitivamente a tacere. Ma Jonathan Crane, il suo ultimo capitolo, ha avuto la pessima idea di guarire completamente e a tempo di record. Ad ogni seduta, Harleen Quinzel loda i suoi progressi, si congratula con lui per il suo essersi perfettamente reintegrato nello schema sociale e gli chiede se abbia finalmente gettato quell'orrida maschera da spaventapasseri. E lui, mentendo, risponde sempre di sì.
Ma il dottor Arkham le ha detto chiaramente di non tornare, nei suoi incontri con Jonathan, al suo periodo di follia. Di non scavare ulteriormente. È deleterio, secondo lui. Teme una ricaduta, e di rimetterci la faccia. Ovvio che quest'ultima comunque sia solo una sua deduzione.
Inoltre Jonathan fa i capricci ad ogni suo tentativo di abbordare l'argomento. "Queste cose mi deprimono, Harley. Ho un'idea. La prossima seduta la facciamo a lume di candela. Che ne dici? Per ricordare insieme i bei tempi dell'università."
Lei solitamente finge di volerlo rimettere al suo posto, gli ripete che voler approcciare il proprio psichiatra è una cosa nociva, ma Jonathan è comunque molto carino e le piace da quando erano solo due matricole. Spalle un po' troppo strette, ma è un dettaglio al quale potrebbe anche evitare di badare il giorno in cui decidesse di fregarsene dell'etica e uscire davvero con lui. Prima che la scintilla della pazzia, quella che a lei interessa davvero, svanisca del tutto dai suoi occhioni immensi.
Harleen Quinzel si stiracchia e sente le ossa del collo scricchiolare. Occhioni immensi o no, Jonathan Crane non può più essere la ciliegina sulla torta del suo libro. E frugare Arkham da cima a fondo non servirà poi a molto. Nemmeno un giretto a Blackgate potrebbe tornarle utile, ormai. Dopo la faccenda dei traghetti minati, prevede che il carcere verrà svuotato. Oh, sono stati così bravi, così eticamente perfetti, i ragazzi, a non far saltare in aria un carico di onesti cittadini. Harleen Quinzel è pronta a giurare che l'opinione pubblica premerà per vederli in libertà.
Spegne il portatile senza salvare. Ha scritto solo due inutili pagine di frasi vuote. Si alza, accende la luce e osserva con una smorfia le begonie sul tavolo.
"La serata-film è confermata mercoledì alle otto da me. Baci baci. Pam."
Pam non sa mandare degli sms. Pam ignora l'uso delle e-mail. Comunicazione dopo comunicazione, Pamela Isley le sta riempiendo casa di verdura. Serata-film. L'emozionante diversivo settimanale.
Harleen Quinzel non vorrebbe certo che la vita fosse come nei romanzi d'amore che ingombrano la sua libreria. Si accontenterebbe solo di qualcosa che potesse spezzare la monotonia. Sbadiglia, poi si guarda intorno tentando di trovare la forza di andare in cucina e prepararsi una parvenza di cena. Le maschere finto-veneziane comprate da sua madre ad un'asta televisiva la fissano dalla parete con le orbite vuote e le labbra strette. Solo una su cinque accenna un sorriso. Sarà l'unica a salvarsi dalla pattumiera.
Harleen Quinzel ferma il videoregistratore guardando appena il clown che sillaba parole minacciose attaccato alla telecamera.
Il suo ultimo capitolo dovrà aspettare altre ventiquattro ore. Troverà una soluzione, in un modo o nell'altro. Dopo tutto, dopo il lavoro, la palestra e Pamela, non ha altre cose con cui impiegare il tempo che le resta.
Il problema di Harleen Quinzel in realtà è uno solo: Gotham City è noiosa da morire. In quella dannata città non succede mai niente.


Don't let the light shine on me
I am the poison that feeds life to you
Don't let the light shine on me
I am the demon that waits inside you
Don't let the light shine on me
I am the ghost that reminds death of you
Don't let the light shine on me
I am the darkness that crawls into you


(Gary Numan, Dark)

Note:


1) La Torre dell'Orologio di cui si parla nella parte su Bruce è al centro di Gotham e diventerà il quartier generale dell'Oracolo, ossia Barbara Gordon, la figlia del commissario, ex Batgirl che, dopo che il Joker le ha riservato uno dei suoi trattamenti (my sweetie *_*), si ritrova inchiodata a una sedia a rotelle e da quel giorno dirige le operazioni anziché combattere sul campo.
2) I figli di Salvatore Maroni si chiamano davvero Pino e Umberto. -_-'
3) Chiedo perdono per la stoccata sulla fisicità di Cillian Murphy ad eventuali fan, ma quell'uomo ha davvero le spalle più strette della storia. Del momento che lui nel film interpreta un Jonathan Crane/Spaventapasseri molto giovane e che la mia Harley ha finito l'internato da un po', mi piaceva l'idea di farne due ex compagni di studi, visto che fanno lo stesso mestiere. (Sui risultati e sulla loro psiche è meglio sorvolare).
4) Per la cronaca, Pamela Lillian Isley è la futura Poison Ivy.
Nei fumetti lei e Harley diventano amiche del cuore DOPO che entrambe si sono votate al crimine. In pieno stile Nolan ho scelto di fare risalire la loro amicizia a PRIMA. Presto darò delle imbeccate circa la situazione di Pamela. Il suo amante, un professore di botanica, chiaramente folle, la usa come cavia per i suoi esperimenti, rendendola velenosa e al tempo stesso immune ad ogni tipo di tossina (i suoi baci stendono letteralmente) oltre che in empatia con il mondo vegetale che le obbedisce. Alla domanda che assilla i fans da anni ossia 'Harley e Ivy sono solo amiche?' non rispondo. Resta il fatto che il Joker non ha in simpatia di Ivy e tenta di accopparla più volte.

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Capitolo 3
*** Terapia n°1 - Showtime ***


Terapia n°1
"Showtime"

It's you that I adore
You will always be my whore
You'll be a mother to my child
And a child to my heart
We must never be apart

Lovely girl
You're the beauty in my world
Without you there aren't reasons left to find

And I'll pull your crooked teeth
You'll be perfect just like me
You'll be a lover in my bed
And a gun to my head
We must never be apart

(The Smashing Pumpkins, Ava Adore)

La dottoressa Harleen Quinzel arriva al lavoro con quindici minuti di ritardo e una scorta di occhiaie che non se ne andranno se non dopo un impacco di camomilla e dieci ore filate di sonno. Quelle che lei non può concedersi. Il correttore non ha fatto il suo dovere. Ha solo incollato alla sua faccia due grottesche striature troppo scure al di sopra degli zigomi. Harleen è diventata pallida a forza di passare le notti in bianco. Incarnato niveo, lo definirebbe la sua adorata Judith Krantz.
Smette di pensare allo stato della propria pelle appena entra ad Arkham e trova colleghi, infermieri e sorveglianti agitati e sulle spine. Perché qualcuno ha ascoltato le sue preghiere, facendole piovere tra capo e collo una novità davvero interessante.
"L'hanno portato questa notte senza dire niente a nessuno. Non vogliono che gli altri pazienti sappiano. Temono che trovino il modo per farlo fuori." Joan Leland rabbrividisce eccessivamente. Le piace davvero tanto fare la scena.
Harleen invece ha un solo modo per definire tutta quella questione: strana. A pochi giorni dalla cattura quell'uomo non può trovarsi lì. Non senza una diagnosi. Non prima di un regolare processo. E, alle nove in punto, nella sala riunioni, quella stanza piena di anticaglie e ritratti dallo sguardo torvo del fondatore, della sua mamma e di tutto il parentado, la risposta arriva a lei chiarendole per quale bizzarro caso sia stato messo sul suo cammino un autentico, insperato pezzo unico della psicopatologia.

Il segreto è nella mano ferma. E nel non sbagliare asse. È come costruire un castello di carte, in fondo. O come mantenere il proprio corpo parallelo al suolo facendo leva con le braccia sugli anelli. Al terzo tentativo la matita resta dritta sulla superficie liscia dell'antico tavolo a cui il dottor Jeremiah Arkham tiene tanto. Harleen Quinzel scivola fino a toccare il ripiano con il mento per osservarla torreggiare davanti a lei come un gigantesco monolite giallo.
"I fatti sono pochi e semplici. Il clown ha una dozzina di avvocati di lusso che si muovono per lui e premono per l'infermità mentale."
"Chi li paga?"
Ahi ahi. Stephen Connor ha osato interrompere Sua Eminenza. Ma il dottor Arkham non ha voglia di perdere tempo a fustigarlo, a quanto sembra.
"Ovviamente non lo sappiamo. Ma possiamo immaginarlo. Qualcuno che lo vuole fuori al più presto perché dia fastidio agli eredi di Salvatore Maroni."
Noia. La vecchia cariatide è capace di appiattire con le sue inutili ciance anche l'argomento più interessante.
"Il dipartimento di polizia invece vuole prenderlo e spedirlo a Blackgate con una dichiarazione firmata da uno di noi che affermi la perfetta sanità mentale del soggetto."
Il monolite giallo si crede invincibile. Ma Harleen sta per dimostrargli come lei sia in grado di abbatterlo con una raffica di vento. Soffia, e la gigantesca torre di legno e grafite precipita al suolo.
Sic transit gloria mundi. Tic.
"A noi tutto questo non interessa. Faremo il nostro lavoro e alla fine andremo in aula a rilasciare la nostra dichiarazione giurata. Andremo… Andrà la persona che si occuperà del caso."
"Dovremo… dovremo iniziare un ciclo di terapia con quel… quel…" Joan suona terrorizzata. Che donna priva di spirito d'avventura.
"Nessuno la obbliga, dottoressa Leland. Nessuno di voi è obbligato ad avvicinarsi al criminale che si fa chiamare Joker. È necessario avere sangue freddo. E non abbassare la guardia. Mai. La mente di quell'uomo è una matassa ingarbugliata. Non sappiamo nulla di lui. Nome, data di nascita, quadro clinico. Niente. Sappiamo solo che è pericoloso. Che gode nell'uccidere. E che è apparentemente privo di uno schema comportamentale finalizzato a uno scopo. Eppure dovremo avere una risposta chiara. Dottoressa Quinzel, quando ha finito di giocare con le matite, vuole renderci partecipi dei suoi pensieri circa la questione che stiamo dibattendo?"
Harleen si tira su trattenendo una smorfia. Dovrebbero arrivare al sodo. Chi vuole il Joker alzi la mano. Gli straordinari saranno regolarmente retribuiti.
"E se chiamassimo un esorcista?" risponde strappando una mezza risata ai suoi colleghi e un'occhiata furibonda al grande vecchio.
"Abbiamo i rapporti della polizia sulla carriera del soggetto. Ne consegnerò una copia a chi accetterà l'incarico" riprende Arkham come se lei non avesse parlato. "Dopo averli visionati vi pregherei di non tirarvi indietro. Siete stati avvertiti che stiamo parlando di macelleria in tutte le forme possibili."
Un caso irrecuperabile. Harleen ha fiuto per certe faccende. Il proprio istinto non l'ha trovato sui libri di testo. Ma crede che dichiarare quel tizio perfettamente sano sia l'unica cosa da fare. Per spedirlo a trascorrere il resto della sua esistenza in un carcere di massima sicurezza.
Oppure…
Oppure occuparsi dei vantaggi insperati che la situazione presenta. Macelleria in tutte le forme possibili…
"Ora" Arkham si alza dal suo posto privilegiato a capotavola. "Chi è interessato all'incarico mi segua. Scendiamo a vedere il soggetto in questione. Solo pochi minuti. Non rivolgetegli la parola, non rispondete ad eventuali domande e non fissatelo. Sappiamo per certo che perde la testa se qualcuno guarda troppo a lungo la sua faccia."
Emozionante davvero. Il volto dietro il sorriso e il cerone. Un privilegio al quale nessuno, neppure quella vigliacca di Joan, sembra voler rinunciare. Sette paia di gambe che seguono docili il vecchio. Harleen sa già che l'unico paio di gambe a raggiungere la cella d'isolamento da domani sarà il suo.

La scala scende verso quelle che una volta erano le cantine dove la buonanima Amadeus Arkham teneva i suoi vini prima di decidere che la sua amena dimora sarebbe diventata un sanatorio per alienati. L'"inferno", lo chiamano adesso. E ogni inferno ha il suo punto più basso.
Fa sempre freddo lì sotto. D'inverno si gela, ma nella stagione calda le guardie si giocano a carte il privilegio di sorvegliare il reparto. Non che si tratti effettivamente di un reparto. Le luci bianche illuminano una porta metallica e, più oltre, una stanza ricavata dal fondo del corridoio e separata dal resto dell'ambiente da una parete di plexiglass. La cripta in cui vengono sbattuti i pazienti che fanno i capricci. Il passo successivo è la cella imbottita.
"È stato stranamente tranquillo" il sorvegliante di turno, Morales se non ricorda male, informa il dottore rispondendo ad un semplice Come va quaggiù? "Ha anche ringraziato per la colazione. Ma mi fa stare sulle spine. Ha quello strano modo di parlare… come se le parole gli si srotolassero in bocca. Oh, io non gli ho detto nulla, dottore, si rassicuri."
Cosa ti fa pensare che sia preoccupato, Morales? La vecchia salma non si preoccupa mai. Probabilmente lui e il clown sono gli unici ad essere assolutamente calmi in questo momento, riflette Harleen trovando il coraggio di guardare lo spaventoso assassino che ha occupato le prime pagine dei giornali per mesi.
"Quello è il Joker?" Stephen Connor dà voce anche alla sua incredulità
Sdraiato sulla sua branda contro la parete di fondo, con l'uniforme rossa del sanatorio addosso e le braccia incrociate dietro la testa, gli unici aggettivi che Harleen riesce a formulare per descriverlo sono "innocuo" e "banale". E questo, automaticamente, la porta a comprendere di trovarsi di fronte a qualcuno di davvero pericoloso.
Una maniacalità a strati. Affascinante. Affascinante davvero. Una mente labirintica, un QI probabilmente di molto superiore alla media, celato dietro un'apparenza comune, a sua volta camuffata con un costume di scena eccessivo e variopinto.
L'oggetto di quelle attenzioni volta appena la testa e si limita ad un'occhiata che appare indifferente ma che Harleen percepisce sottile e invadente come una sonda metallica.
"Non credevo che fosse così giovane…" mormora. Per un attimo ha avuto l'impressione che stesse ridendo, ma si è trattato solo di un'illusione data dalle cicatrici che gli attraversano le guance.
Il Joker. Il mostro che ha tenuto in scacco Gotham, il saltimbanco che l'ha risvegliata dal suo torpido sonnecchiare a forza di nitroglicerina e spettacoli da funambolo e giocoliere.
"È sedato, dottor Arkham?" chiede Joan. Il sospetto è legittimo. Ma quella calma non è offuscata anche se non scatterà come un cobra. Non ancora.
"Non ho dato ordini in proposito. Ma suppongo che stia ancora smaltendo quello che di certo gli avranno iniettato per il trasferimento."
"Non possiamo cominciare a lavorare con lui se non è lucido. Deve essere lucido, dottor Arkham." Sono cose che il vecchio sa benissimo, ma l'istinto l'ha spinta a sottolinearle. Perché ora lo vede con chiarezza, come se fosse già scritto.
Il mio ultimo capitolo.
Le voci dei colleghi sono un brusio indistinto. Lui la sta guardando. Sta guardando unicamente lei. Stavolta il sorriso c'è davvero. Non può avere la stessa sicurezza circa l'impressione che ha avuto di vederlo strizzarle l'occhio.
Magnifico. La mente in bilico tra genio e psicopatologia. Ed è mia. Nessun altro allungherà le sue zampe maldestre su di te.
"Dottoressa Quinzel, stia indietro."
La voce di Arkham la strappa alla sua fantasticheria fatta di sinapsi e lame di rasoio e Harleen si rende conto di avere appoggiato le mani sulla superficie trasparente. Arretra per un riflesso condizionato ma non distoglie lo sguardo.
Il mio ultimo capitolo? E il mio prossimo libro…
Quando si è messo a sedere? E quando ha iniziato a canticchiare? Pessimi segnali. Ha preso possesso dell'ambiente circostante e si sente sicuro.
"Andiamo, ora" ordina Arkham. "Chi è interessato ad occuparsi del paziente mi faccia avere la sua richiesta domattina."
No, non ancora. Non posso andarmene senza avere interagito con lui.
Sente i passi dei colleghi che si dirigono alla porta blindata. Lei ha bisogno ancora di qualche secondo.
Mostrami un pizzico della tua follia. Solo una dose minima. Mi basta.
La cantilena sbiadisce e si fonde con una frase quasi incomprensibile, modulata in un suono simile alla ricerca di una stazione radio sperduta tra frammenti stonati di parole mozze.
"Che ne dici di fare le presentazioni, dottore? Prima che il vegliardo ti porti via, lontano dai miei slanci affettivi. Rigida, rigida. Sì. Dentro quel camice… di forza, dottore."
Gioca. La sta palesemente mettendo alla prova. È un amo che si stanno lanciando a vicenda. Ma lei ha dalla sua il vantaggio della razionalità.
"Con molto piacere. Io sono Harleen Quinzel. Gli amici mi chiamano Harley. Il suo nome, invece?"
Non ha sbagliato nulla. Non si aspetta che lui si conceda subito, ma gli ha dimostrato che non lo teme. Che non è lui ad impugnare coltelli ad Arkham. I passi si sono fermati. Hanno degli spettatori, ma non le importa. Che il vecchio osservi e giudichi pure.
La risata singhiozzante e isterica tronca la sua soddisfazione. Harleen sobbalza suo malgrado. Eccolo qui. Il suono che ha fatto rabbrividire Gotham. L'istinto di scappare e l'incapacità di muoversi, ipnotizzata da quel rumore quasi innaturale, le fanno venire le vertigini.
"'Gli amici mi chiamano Harley'" miagola il folle. "Sta flirtando con me, lady? Harleen Quin-zel, Harley Harley, Harle-quin-quin-quin" Di nuovo quella risata. E il suo nome distorto e ripetuto in modo ossessivo.
"Quinzel!" Arkham adesso sta quasi ringhiando.
Harleen ha perso ogni voglia di disobbedire. Raggiunge i suoi colleghi con le gambe che le tremano e subisce passivamente l'occhiata infuriata del vecchio. Alle sue spalle la cantilena riprende, stavolta accompagnata da parole di senso compiuto.
"Y' know my girl's a pretty thin'… her name is Harle-quin…"
La porta che si richiude la priva di quella nenia ma Harleen sorride ritrovando la calma. Non importa quanto Arkham sia in collera con lei al momento. Nessuno potrà azzardarsi a strapparle il suo paziente, adesso. Lui non lo permetterebbe mai.



Lovely girl
You're the murder in my world
Dressing coffins for the souls I've left to die
Drinking mercury
To the mystery of all that you should ever leave behind
In time

In you I see dirty
In you I count stars
In you I feel so pretty
In you I taste god
In you I feel so hungry
In you I crash cars
We must never be apart


(The Smashing Pumpkins, Ava Adore)

Note

1) Joan Leland compare nella one shot 'Mad Love' e in parecchi episodi della BTAS ed è la dottoressa che accoglie Harley ad Arkham al suo primo giorno di lavoro, trattandola subito con garbo ma comunque facendo trasparire che la considera poco più di una gallinella scema. Mi sono vendicata trattando LEI da gallinella scema.
2) Il fondatore Amadeus Arkham ha aperto quel simpatico posticino dopo il suicidio della madre schizofrenica, Elizabeth. Jeremiah è suo nipote. Ok, parliamone. Io amo l'Arkham Asylum. E detesto ciò che ne ha fatto Nolan in 'Batman Begins'. Per carità, è raccapricciante vedere lo Spaventapasseri spadroneggiare come se fosse a casa sua e mettere i detenuti ai lavori forzati per produrre la sua tossina. Bello, bellissimo che tutti i dipendenti gli obbediscano, felici e contenti infischiandosene del vero proprietario-direttore che manco viene nominato (peccato che non siano riusciti a far fuori Katie Holmes). Però, l'Arkham Asylum nel Nolan-verse anche se è ancora su un isola, non sembra più il castello di Dracula, al massimo ricorda il manicomio del dottor Seward nel film di Coppola, ed è piazzato alla periferia di Gotham, al quartieraccio dei Narrows. Cosa faccio? Cosa non faccio? Elucubro e rifletto. Scartata l'ipotesi di fregarmene e procedere con il manicomio-tunnel degli orrori descritto da Grant Morrison (caro… e chi dice il contrario la tossina dello Spaventapasseri lo colga!) ho deciso di fare la brava. E Nolan-verse sia. Ovviamente restaurato. E con un'aria più placida e tranquilla, ora che il giovane svitato non è più l'amministratore. Mille grazie ad Harvey Dent che in TDK ci informa che l'istituto è ancora attivo. Si vede che dalle loro parti le inchieste non durano decenni. Cosa anche comprensibile, dal momento che ogni giorno capita qualcosa di più tremendo rispetto a quello precedente. ^_^
3) La strizzatina d'occhio e 'Sta flirtando con me?' li ho presi pari pari dai fumetti. Vigliaccamente. L'idea di sentire quella frase pronunciata da Heath Ledger mi elettrizza.
4) Per coloro a cui interessa, più passano i giorni e più Julie Benz nella mia testa si sta facendo fare le scarpe da Kristen Bell. Colpa di un FA-VO-LO-SO banner animato che ho visto nella firma di uno degli utenti del forum di Batman YTB. Diamine è PERFETTA!

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Capitolo 4
*** Terapia n°2 - Bastoni fra le ruote ***


Terapia n°2
"Bastoni fra le ruote"

A candy-colored clown they call the Sandman
Tiptoes to my room every night
Just to sprinkle stardust and to whisper
Go to sleep, everything is all right.

I close my eyes, then I drift away
Into the magic night, I softly say
A silent prayer, like dreamers do.
Then I fall asleep to dream my dreams of you.

In dreams I walk with you, in dreams I talk to you.
In dreams you're mine, all of the time we're together
In dreams, in dreams.

(Roy Orbison, In dreams)


Harleen Quinzel detesta quel profumo, denso, carnale, insidioso, che la fa respirare a fatica. Comincia a sentirlo appena esce dall'ascensore e, davanti alla porta di Pamela Isley, diventa insostenibile. Mentre suona il campanello pensa che questa volta le dirà chiaramente che sta esagerando. Quello è un appartamento e non l'orto botanico, e non è educato nei confronti di eventuali ospiti costringerli a dividere la poltrona con tralci d'edera rampicante e grappoli di glicine in piena fioritura.
La faccia di Pam quando apre la porta le toglie ogni velleità combattiva. Sembra che sia appena scesa dal letto.
"Harley…?"
"È… mercoledì, dolcezza" le fa notare agitando una bottiglia di vino appena presa.
Il viso di Pamela è una chiazza di pallore malato sotto la capigliatura rossa.
"Ma che hai?" le chiede Harleen anche se lo sa benissimo.
L'altra la lascia entrare sussurrando un "… dimenticato…". E quel "dimenticato" vuol dire niente cena. L'idea la mette di cattivo umore, più dello stato di Pam. L'euforia con cui è uscita di casa e che l'ha spinta a superare i limiti di velocità e ad ignorare almeno tre semafori rossi, cose che la fanno sentire sempre incredibilmente carica, sta svanendo.
"Ok, non sento odore di cibo. E tu non mi sembri nelle condizioni adatte per rimediare e andare a sbocconcellare qualcosa di extra lusso all'Iceberg Lounge" osserva scrutando il colorito giallognolo della padrona di casa e sente a stento le sue scuse. Non che se ne faccia molto. Le ha guastato la serata, la cara Pamela. Perché continua a comportarsi da idiota senza cervello. Sposta un vaso di ortiche e si accomoda sul divano lanciandole un'occhiata di rimprovero.
"Possiamo ordinare al cinese" propone Pam con evidente senso di colpa.
"Lascia perdere. Per te ci vorrebbe un brodino caldo, come quelli che mi faceva mia nonna quando avevo l'influenza."
Ancora trenta secondi e poi glielo dirà. Ha preparato l'annuncio con troppa cura per sprecarlo. Uno, due, tre…
"Daresti un'occhiata a questo?" dice sfilando un foglio dalla borsa e porgendoglielo. "È la mia richiesta perché mi venga affidato il Joker come paziente."
La scintilla dell'interesse si riaccende negli occhi verdi di Pam segnati dalla stanchezza. "Joker?" dice prendendo il documento con le dita che le tremano. "Il Joker ad Arkham? E tu l'hai visto?"
È terrore o entusiasmo? Harleen non saprebbe dirlo. Forse una somma di tutti e due. In quella città per depressi la gente sta stampando magliette con la faccia bianca del criminale dell'anno. Se ne vedono in giro in numero superiore rispetto a quelle che commemorano il povero Harvey Dent. Quelle con lo stemma di Batman sono sparite dal mercato dopo che i sostenitori di un tempo hanno bruciato pubblicamente quelle già acquistate.
"Sì. E voglio potermene occupare. Puoi dirmi se quella lettera è abbastanza convincente?"
Gli occhi nelle orbite di Pamela quasi si rovesciano. È decisamente fuori fase, ma non è il caso di farle l'ennesima predica. Non servirebbe a niente. Se avesse il via libera, se non ci fossero regole da rispettare, se potesse mettere da parte ogni scrupolo nei confronti di chi la sta riducendo in quel modo… Ma non è così. Per come vanno le cose in quel mondo strampalato, può solo restare a guardare mentre la sua migliore amica si lascia distruggere.
Sei una stupida, Pamela. Basterebbe un no.
"E ci hai parlato? Com'è? È vero che ha il viso talmente deturpato che non si riesce a guardarlo? Deve essere orribile." Pamela continua ad essere in bilico tra la catalessi e l'euforia. Altri due minuti di quell'andazzo e la trascinerà in ospedale volente o nolente. Lei non può aiutarla. Non quanto le occorre.
"Pam, faresti meglio a infilarti sotto un getto d'acqua fredda."
Pamela si sporge verso di lei con aria arrabbiata. "La sua faccia è or-ri-bi-le?" scandisce.
Orribile.
Harleen si alza e si avvicina alla finestra. Avrebbe bisogno di aria. Dello smog familiare di Gotham. Quel profumo da pompe funebri le fa venire il mal di testa.
Orribile.
È così che si alimenta una leggenda macabra. Rendendo una persona malata un mostro.
"Affatto" le risponde sorprendendosi di suonare più seccata di quanto non vorrebbe. Cicatrici che non vanno più via. E che probabilmente ne hanno marchiato a fuoco la personalità. Se solo riuscisse a farsi dire come si è fatto quelle cicatrici… "È piuttosto bello, direi. Quel poveretto ha già abbastanza problemi senza che la gente infierisca sul suo aspetto solo per un paio di insignificanti graffietti."
Pamela la fissa ad occhi sbarrati.
Cos'hai da guardarmi in quel modo?
"Harley, ti senti bene?"
Glielo sta chiedendo sul serio? Lei che non sa nemmeno cosa le stia circolando nelle vene?
"Sto benissimo, cosa che non si può dire di te." Pam non può permettersi di apparire scettica. Non lei. Forse è stata troppo aggressiva. Ma se davvero vuole fare un buon lavoro deve partire dal presupposto che stia semplicemente avendo a che fare con una persona la cui psiche deve essere curata, e non con un orco, un demone, qualcosa che trascende l'umano. "Ha detto che sono il suo Arlecchino…" sussurra.
Chissà se c'è stato un momento in cui si mescolava a tutti gli altri, simile al resto del mondo, e la sua mente seguiva ancora percorsi lineari. O se invece la sua pazzia è radicata nel suo DNA.
"Il suo…" inizia Pam prima di riversare sui propri pantaloni, sul pavimento e sulla lettera destinata al dottor Arkham, un fiotto di vomito acquoso e verdastro. Rovescia all'indietro la testa emettendo un rantolo sordo e poi perde i sensi afflosciandosi sulla poltrona.

Pamela Isley da bambina voleva semplicemente fare la fioraia. Le ha confessato più volte di avere un'idea piuttosto sorpassata e romantica della cosa. Si immaginava con una gonna vaporosa, un grembiule e una cuffia di pizzo, girare con il suo carretto carico di tulipani, rose e peonie per le strade di Seattle. La realtà è stata diversa, più prosaica ma non meno affascinante.
Quando Harleen Quinzel l'ha conosciuta, due anni prima, si era appena trasferita a Gotham dalla Gardner University ed era già l'assistente del professore di botanica Jason Woodrue. E di lui diceva meraviglie. Ancora adesso continua a ribadire la sua assoluta genialità. La cosa fa provare ad Harleen una rabbia tremenda.
Dopo essersi assicurata che il suo respiro fosse regolare, Harleen le ha tolto di dosso i vestiti sudici e ha ripulito il pavimento. Adesso la osserva, seduta in poltrona, sgranocchiando dei cracker che ha trovato in dispensa.
È quello che una ragazza si aspetta da una serata tra donne, no?
Le ha buttato addosso una coperta: se non riprende i sensi al più presto dovrà passare la notte lì ed alzarsi all'alba per tornare casa, cambiarsi e andare al lavoro.
Quando hanno cominciato a frequentarsi, Pamela le ha detto che le sembrava di avere trovato una sorella minore. Ma adesso è lei ad avere bisogno di qualcuno che abbia la saggezza per guidarla. Quando le ha sfilato la maglia ha sentito sotto le dita le piccole ferite che segnano come un messaggio in codice Morse i punti lungo la sua spina dorsale che Jason Woodrue ha seguito per iniettarle i suoi intrugli.
"Un genio, Harley. Lui mi ha insegnato tutto quello che so. Grazie ai suoi studi il sistema immunitario umano diventerà uno scudo invalicabile contro qualunque genere di male. Io lo aiuto come posso. E lui non farebbe mai nulla se pensasse di potermi nuocere, credimi."
Complimenti, professore. Non capisce Pamela. Non ci riesce. Non riesce a concepire che una persona possa ridursi in quello stato per amore.
L'amore è qualcosa che dovrebbe farci stare meglio, non…
"Come ti senti?" chiede accorgendosi che Pamela ha aperto gli occhi.
"Meglio" biascica lei senza risultare convincente.
Harleen prende a morsi l'ultimo cracker. "Senti, lo so che mi hai detto che non sono affari miei. Ma lo sai che quello che sta facendo il tuo scienziato pazzo probabilmente è illegale?"
Pamela si tira su emettendo una specie di ringhio che si trasforma in un colpo di tosse. "No che non lo è. Ho firmato un regolare documento. Sono una volontaria. E l'università sa benissimo cosa… un documento… dove è finito il tuo foglio?"
Harleen solleva le spalle. Fortunatamente ne ha una copia nell'hard disk. Sarebbe stato un guaio se tutte le sue frasi studiatissime fossero finite per sempre nella pattumiera di Pamela, ricoperte dal suo vomito. "Abbiamo una faccenda più urgente da chiarire. Il mio nuovo paziente può aspettare. Il tuo amichetto finirà per ucciderti se lo lasci fare, te ne rendi conto?"
Pamela si passa entrambe le mani sulla faccia. "Quanto sei melodrammatica…"
La voglia di darle un paio di sberle si sta facendo più forte dopo ogni secondo. "No, io sono un medico, idiota. E capisco al volo quando una persona sta rischiando grosso."
Come risposta ottiene un borbottio indistinto e non può fare altro che chiedere a Pamela di ripetere.
"Ho detto che non capisci, Harleen" l'altra sibila tra i denti. Appare furiosa e Harleen sa di aver sprecato il proprio fiato per l'ennesima volta. "Io non posso deluderlo. Non posso tirarmi indietro. Sarebbe come tradirlo. E io non voglio tradirlo. E non ripetermi che questo non può essere amore. Perché le cose non vanno come nei film, Harley. Altrimenti tu avresti trovato un magnifico principe azzurro invece di risvegliare la libido di un maniaco omicida. Arlecchino. Il suo Arlecchino. Come l'hai definito? 'Piuttosto bello'. 'Quel poveretto.' E vieni a fare la predica a me?"
"Le mie erano pure e semplici constatazioni." E tu sei svenuta un minuto troppo tardi.
Stranamente scopre di non essere arrabbiata. Quella faccenda la diverte parecchio. Si ritrova a ridere come una stupida. My girl's a pretty thin'… Quella canzone era davvero buffa. Nessuno le ha mai fatto una serenata simile. È un episodio che dovrà assolutamente raccontare nel suo libro. Risvegliare la libido di un maniaco omicida. Non è certo la prima volta che le capita, ad Arkham. Ma stavolta non ha provato alcun senso di ripugnanza. Perché il suddetto maniaco omicida si è comportato con estremo garbo. Lo stesso garbo che avrebbe usato se non ci fosse stato il plexiglass, anche se avrebbe accompagnato le parole con qualche colpo di rasoio ben assestato.
"Non è il sogno di ogni ragazza?" chiede senza smettere di ridere.
"Tu sei matta. Ad Arkham ci finirai come paziente, prima o poi" conclude Pamela sdraiandosi di nuovo e voltandole le spalle.

Harleen Quinzel odia le giornate grigie. La fanno sentire giù di corda e l'umidità nell'aria le rovina i capelli impedendole di farli stare come dovrebbero. E di solito quel tempo atmosferico quasi sempre le dice che le si prospetta una giornata più che storta. Dopo una nottata passata a fare da infermiera a Pamela è dovuta correre a casa e stampare al volo una copia della lettera per Arkham. Quindi, per cause di forza maggiore, si è trovata di nuovo ad essere in ritardo. Adesso ha bisogno di cioccolata per ricaricarsi e non uscirà dal suo ufficio prima di aver spazzolato una delle tavolette che nasconde nel terzo cassetto della scrivania.
Ma la rosa rossa e il biglietto sono proprio al centro del ripiano. Harleen pensa immediatamente che qualcuno abbia chiesto alla donna delle pulizie di metterceli e trova la cosa davvero romantica. Il fiore è un bocciolo di un rosso talmente scuro da virare al viola. Ne accarezza la superficie vellutata e poi legge il messaggio per scoprire l'identità di quel poetico spasimante. La calligrafia è ordinata ma spigolosa.
"Torna a trovarmi qualche volta. J."
Harleen stringe le labbra mentre una rabbia montante le infiamma il viso e i pensieri. Non sa quale dei suoi colleghi si sia scomodato a farle quel ridicolo scherzo, ma questo vuol dire solo che la considerano in vantaggio. E per quale scopo? Prenderla semplicemente in giro per quanto è successo il giorno prima? O spaventarla? Assurdo. L'unico risultato ottenuto è quello di renderla più agguerrita. Accartoccia il biglietto e sta per gettare il fiore nel cestino della carta straccia quando, senza un vero motivo, cambia idea. Soffia via la polvere dal volume più pesante della sua libreria e ripone la rosa fra le sue pagine.
È troppo bella per finire gettata. Chiunque l'abbia mandata.

La cosa buona dell'Arkham Asylum è che è distante dal caos cittadino. La cosa cattiva è che l'idea di passare il ponte e andare a pranzare fino a Gotham è improponibile e la mensa non è di certo un ristorante a cinque stelle. Harleen Quinzel non ha avuto il tempo di portarsi da mangiare da casa. Non che sia un vero problema. Il suo stomaco è chiuso e non per colpa dello stufato in umido, ma per la faccia soddisfatta di Joan Leland.
Non è certo ciò che Harleen si aspettava. Le ha appena annunciato che ci sono buone probabilità che il dottor Arkham scelga proprio lei per il caso Joker. Anche se dove prenda questo ottimismo lei non sa dirlo.
"Purtroppo, Harley, credo che tu ti sia bruciata tutte la tue carte dopo la scenetta di ieri."
Che bello. Rovesciarle il vassoio in faccia, ritrovarsela coperta di purè e carne in umido e poi chiudere con un colpo da maestra spiaccicandole il tortino di ciliege sulla fronte le procurerebbe una profonda soddisfazione.
Scenetta.
"Credevo che avessi paura di lui. Che non ti interessasse" commenta.
Subdolo serpentello. Ti mangerebbe in due bocconi e io sarei lì, pronta ad offrigli un digestivo.
"Curriculum, Harley. Sai cosa vuol dire poter mettere tra le credenziali il fatto di avere avuto in cura il Joker?"
"Solo se esce di qui perfettamente guarito" tenta di smorzare il suo entusiasmo.
Scenetta. Scenetta!
Imbecille che non è altro. Il Joker ha scelto lei. È a lei che ha rivolto la parola. È con lei che ha stabilito un feeling. E solo da lei accetterà di essere curato. Arkham lo sa benissimo. Di certo prima di sera la chiamerà nel suo ufficio e le dirà che il Joker è tutto suo. Ha già pianificato il periodo di terapia che precederà il processo, seduta dopo seduta. Dopo tre giorni lui comincerà a parlarle di sé. Deve solo consolidare la fiducia che lui ha accennato a dimostrarle.
"Di sicuro ha più possibilità di riacquistare la sanità mentale con me che con te, se i tuoi metodi si riducono ad un frenetico sbattimento di ciglia. Non funziona con gli psicopatici, non te l'hanno detto all'università? Però, in fondo, eravate carini, ieri. Due anime gemelle. Tali e quali."
Il vassoio prende il volo. Manca la tortina sulla fronte, ma per il resto il quadretto è esattamente come l'ha immaginato. "Tanto carini da meritare una rosa?"
Resterà con la fame dal momento che il suo pranzo è finito addosso a Joan. Ma sa di poter reggere. Poi porterà a cena Pamela per festeggiare il suo certo, certissimo incarico.
Esce dalla sala mensa e si dirige quasi senza pensarci verso la cella d'isolamento. Morales ha appena avuto il cambio dall'energumeno del quale non ricorda mai il nome. Stanno facendo gli straordinari, ma, a quanto sembra, sono gli unici due a poter tenere testa fisicamente al Joker. Quel ragazzetto dall'aria dinoccolata e poco resistente…
"Dottoressa Quinzel… buongiorno…" L'uomo richiude la porta blindata e sembra a disagio nel vederla lì.
"Buongiorno, Paulo. Un'informazione. Il Joker ha ricevuto visite o parlato con qualcuno a parte te?"
L'uomo continua a non guardarla. "Due dei suoi avvocati, ieri sera. Gli abbiamo concesso dieci minuti. Non so se dovrei dirglielo. Il dottor Arkham ha detto di non fare parola di questa faccenda, se non con il terapista di quel tizio."
Harleen gli sorride, ma non gli dice che allora sarà solo questione di ore. I suoi avvocati. Dunque una piccola possibilità che quella rosa provenga davvero da lui c'è. Piccola, minuscola, insensata, e io non devo crederci…
Ma se fosse così, se davvero conoscesse il trucco magico per far arrivare la sua voce fino a lei, allora questo vorrebbe dire che il Joker la sta aspettando dietro quella porta.
"Torna a trovarmi."
Lentamente, strato dopo strato, raggiungerà il suo nucleo. Ha le armi giuste per poterlo fare. Poco importa quali siano le opinioni di Joan Leland in proposito. "Eravate carini…" Che idea buffa. La fa sorridere. Pensare al clown la fa sorridere sempre.

La pioggia battente si è trasformata in una vera bufera, con tuoni e fulmini che danno all'Arkham Asylum un aspetto da castello infestato, quando, alle sei in punto, Harleen Quinzel smette di sorridere. Il suo umore si fa nero, mentre quello di Stephen Connor è reso manifesto dalla sua faccia allegra e dal fatto che inviti tutti a bere con lui, quella sera.
Harleen immagina. Ancora una volta sarebbe una cosa da niente se potesse semplicemente investirlo e toglierselo dai piedi.
Ma. Ci sono i ma. Ma non si può fare perché è un atto criminoso, è sleale, è una cattiveria, e le brave persone non fanno certe cose. Gli ostacoli vanno superati in modo corretto. Lealmente. Questo le hanno insegnato fin dal suo primo giorno di asilo.
Ma. C'è un altro ma che quello che sarebbe potuto diventare il suo paziente, nonché la sua gallina dalle uova d'oro, troverebbe più importante. Investire Connor sarebbe poco divertente. Barbarie nuda e cruda. Senza la minima traccia di classe. Oh, che magnifiche chiacchierate avrebbero potuto fare. Interi blocchi di appunti da riempire andati letteralmente in fumo. La leggerezza che di solito caratterizza il suo modo di affrontare i problemi sembra essere sparita. Sa che tutti ridono di lei per averla vista perdere su un terreno che considerava in discesa. Ma la risata che conta è sempre l'ultima. Non sa in che modo, ma metterà le cose a posto. Non può finire così.
È mio, imbecille di un Arkham. Come hai potuto darlo a Connor?
A passo di carica si dirige verso l'ufficio del capo piantando in asso i colleghi. Che si concedano pure il divertimento di sparlare di lei. Per ora deve convincere il vecchio a tornare sulle proprie decisioni. Respira profondamente, imposta una faccia tranquilla e poi bussa. Arkham si sta infilando il cappotto.
"Quinzel… temo di avere dimenticato il mio ombrello."
Molto, molto interessante. "Spiacente. Non posso prestarle il mio." Figlio. Di. Puttana.
Il vecchio la degna un'occhiata distratta. "Aveva bisogno di qualcosa? Sarei di fretta. Stasera è il compleanno di mia nipote."
Un altro splendido momento in cui rimpiangere di non potersi liberare dai freni inibitori. Acchiappare Arkham e prenderlo a pugni… "Una sola domanda, dottore. Posso chiederle cosa l'ha spinta a scegliere Connor per il caso Joker e non me?"
Il vecchio scuote la testa sottile con aria comprensiva, e la cosa la fa arrabbiare ulteriormente. "Lei non è mai stata in corsa, Harleen. Non dopo ciò che è successo ieri. È piuttosto evidente che il Joker la consideri l'elemento debole del quale poter avere facilmente ragione. Per questo ha tentato di abbordarla."
Vecchio rimbambito. Elemento debole? Non ha capito nulla. Cosa potrebbe ottenere uno come Connor? Perfino il Joker lo sa e per questo l'ha scelta. La sua mente straordinaria ha capito che l'unica in grado di comprenderlo a fondo, lì dentro, è lei. E Arkham parla di tentativi di abbordaggio? No, nessuno può capire. La linea di reciproco contatto che si è stabilita in quei pochi secondi di interazione è qualcosa che riguarda solo loro due. Lei è il medico del Joker, qualunque cosa possano dire gli altri.
"Trovo le sue parole piuttosto offensive, dottor Arkham. Crede che non saprei gestire la situazione? Se non sbaglio lei era scettico anche prima di affidarmi Jonathan Crane, eppure l'evidenza dei fatti mi ha dato ragione. Ricorda quanto ci ho messo a rimetterlo in piedi? Glielo dico io: tre mesi scarsi. Vorrei che la smettesse di considerarmi l'ultima arrivata, la novellina senza esperienza, quella che i pazienti credono una smidollata da soverchiare. Non è così. Forse lui mi ha rivolto la parola perché ha provato una sorta di empatia. E quindi con me i risultati sarebbero migliori."
"Interessante arringa. La risposta è no. Non avrà il Joker, dottoressa Quinzel."
Piantargli il tagliacarte nella gola. E dopo attaccargli un biglietto sulla fronte. "Io ho torto. Harleen ha ragione." Sì, questo sarebbe abbastanza divertente.
"Capisco" conclude semplicemente.
E lui? Come la prenderà lui? "Torna a trovarmi."
Spiacente, J. La sorte congiura contro di noi.
Guida verso casa tenendo l'autoradio a tutto volume. Se non piovesse in quel modo si spingerebbe fino in centro, e solo per comprare una spilla con la scritta Free the Joker. Tanto per fare un dispetto ad Arkham. Invece arriva a casa, si getta sotto la doccia e poi infila una videocassetta nel lettore. Il falso Batman trema senza alcuna dignità, mentre la sua voce lo interroga. "Sei il vero Batman?... No?... E allora perché ti vesti come lui?..."
Il volto stravolto dell'ostaggio. La voce spezzata che ripete che Batman gli ha insegnato a non avere paura della feccia come lui… "Oh, sì che devi averne, Brian… devi averne molta …" Poi la sua faccia. È davvero la stessa persona rinchiusa ad Arkham? La telecamera e il trucco gli deformano i lineamenti. Solo lo sguardo è lo stesso, anche se soffocato dai segni color carbone.
Guarda Connor in quel modo, J, e vedremo cosa resterà di lui.
Intanto lei, anche se si sforza, non riesce a trovare un valido motivo per tentare di ridere di nuovo.


But just before the dawn, I awake and find you gone.
I can't help it, I can't help it, if I cry.
I remember that you said goodbye.

It's too bad that all these things, can only happen in my dreams
Only in dreams, in beautiful dreams.

(Roy Orbison, In dreams)

Note

1) L’Iceberg Lounge è il night club del Pinguino. ^_^
2) Jason Woodrue. Alias Floronic Man. La cosa buffa è che, nel film ‘Batman e Robin’, era interpretato da John Glover, il Lionel Luthor di Smallville. Eh, sì, alla DC s’è tutti una grande famiglia.
3) Jonathan Crane. Quel dannato. Ho messo le mani sugli episodi di Gotham Tonight e mi ha spezzato le gambe con una latitanza infinita. Le meningi si muovono per rendere plausibile nel Nolan-verse la sua (presunta) guarigione.


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Capitolo 5
*** Terapia n°3 - Galanterie ***


Terapia n°3
"Galanterie"

 

Men are so nice
Lays can be
He pleases me fine
Men are so useful
He's a flirt
Men are so useful
Reflection beauty
Men are so nice
He pleases me fine
Reflection beauty
Men are so useful

(Cocteau Twins, I wear your ring)

Harleen Quinzel ritrova il sorriso nella notte tra il lunedì e il martedì successivo, alle cinque di mattina dell'ennesima giornata che si prospetta coperta e piovosa. A strapparla ai suoi sogni popolati da maschere veneziane in abiti settecenteschi che le danzano intorno muovendosi in cerchio è un suono lontano.
È la sveglia, si dice nella semicoscienza, poi un barlume di ragione le fa riconoscere lo squillo del telefono. Allunga la mano verso il comodino e trova la cornetta a tentoni. La voce di Joan Leland all'altro capo ha un tono lugubre. Harleen promette di ucciderla se dovesse scoprire che l'ha svegliata a quell'ora per chiederle di nuovo i soldi per la tintoria, ricominciando con la solfa che le macchie di stufato sul camice hanno richiesto un trattamento extra.
"Quando ti scuserai per avermi dato della sgualdrina, oca e poco professionale."
"Non posso. È quello che sei."
In quel modo hanno raggiunto una sorta di armistizio.
"Harley, sono Joan. Stephen è finito in ospedale."
All'improvviso è perfettamente sveglia. Lo sa. Sa come è andata. Non nei dettagli, naturalmente. Ma non pensa automaticamente ad un incidente d'auto come farebbe di solito. Si ritrova a fissare il buio ad occhi sbarrati. Euforica. Euforica e colpevole. Perché i suoi pensieri sono orribili, e se ne rende conto. Ma questo non serve a farli smettere.
"Come…? Che è successo?" chiede. Vuole i dettagli. Vuole sapere perché Joan la sta chiamando a quell'ora.
"Non lo so di preciso. Ieri sera, quando tu eri già andata via, è sceso giù nel reparto di isolamento. Sembrava soddisfatto di come era andata la prima seduta. Non sappiamo nulla di preciso. Everton l'ha sentito urlare. Probabilmente ha tentato di passare qualcosa, forse un foglio, a quel pazzo, dal portaoggetti. Non chiedermi come, ma quel maniaco è riuscito a trascinare dentro tutto il suo braccio. Però… Dio, Harley, se ci ripenso mi sento male. Gliel'ha ridotto a una specie di hamburger crudo e a mani nude. Siamo in ospedale, adesso. L'hanno operato, ma quello che resta non potrà più definirsi un braccio. Adesso è in terapia intensiva… Harley… Everton ha detto che il Joker ha chiesto di te prima dell'aggressione. Chiede di te da due giorni…"
Sapeva anche questo. Come comprende che liberarsi di un ostacolo in quel modo non è nello stile del Joker. Deve essergli costato molto aggredire Connor senza la minima elaborazione. O forse si è sbagliata. Forse l'ha sopravvalutato e davvero non si tratta di altro che di un maniaco sanguinario.
"Il Joker è ancora in isolamento?" chiede.
Joan non le risponde subito, forse chiedendosi perché lei non suoni affatto empatica nei confronti della vittima. "No. È nella cella imbottita. Laggiù non poteva comunque restare. C'era sangue dappertutto. Harley, domani… stamattina… Arkham ci dirà cos'ha deciso. Sembra che non voglia la responsabilità di quell'individuo. Ci sarà la polizia, comunque. È probabile che faranno delle domande anche a te."
Domande. E quali risposte vorrebbero? "Sì, lo considero pazzo. Sì, lo dichiarerò in aula. No, non ha nessuna cotta per me. Sono solo chiacchiere. Davvero ha chiesto di me? E allora? Non penserà che abbia aggredito Connor perché voleva me come medico? In questo caso, commissario, non crede che sarebbe meglio assecondarlo? Per tenerlo tranquillo fino al processo. Prendendo tutte le precauzioni del caso, ovviamente."
"Ho capito. Ti ringrazio, Joan" le dice, cercando di fare in modo che dalla sua voce non traspaia il sorriso che le è appena apparso sulle labbra.
Saluta la collega, la ringrazia di nuovo e poi si getta sul frigorifero in cerca di una birra. L'ultima rimasta. E vecchia di sei mesi. Harleen preferisce le bibite, ma quella notte, quella mattina, ormai, ha bisogno di qualcosa di alcolico. Perché le fa paura il pensiero che il Joker sia stato estremo e magnifico. Si siede contro la finestra e osserva la periferia addormentata. Sembra tutto così tranquillo. La feccia notturna si sta ritirando. La gente onesta non si è ancora svegliata. Non c'è nessuno a farle compagnia. Ha paura di quello che la aspetta tra qualche ora. Sa che se gioca bene le sue carte potrà finalmente rivederlo. Desidera rivederlo, nonostante quello che è accaduto. Ed è questo che la terrorizza.

Harleen Quinzel dice alla graziosa agente Renée Montoya tutto quello che vuole sapere. Che ha parlato con il Joker solo una volta, che non era presente al momento dell'aggressione e che è davvero sconvolta per quanto è accaduto. Non le dice della rosa e del biglietto. Certe cose una ragazza deve tenerle per sé. E quando, dopo averle fatto firmare la sua dichiarazione, Montoya se ne va con il suo bel musetto e il resto degli uomini, lei si sente carica di adrenalina e pronta ad affrontare di nuovo Arkham, spingendo sull'unico pedale in grado di accelerare la corsa.
"Sarebbe come ammettere un totale fallimento, dottor Arkham. E a quale scopo? Se lo dichiariamo in grado di intendere e di volere senza aver avuto il tempo di studiare il suo caso, non crede che potrebbe rivelarsi un precedente imbarazzante?"
Il vecchio sembra più incartapecorito del solito. Probabilmente non chiude occhio da quasi trentasei ore. Meglio così. La stanchezza lo rende debole. E anche i suoi colleghi non hanno voglia di protestare ma si limitano a guardarla con rancore e rassegnazione. Lo vogliono tutti lontano da lì, esattamente come Arkham. Ma Arkham possiede uno smisurato orgoglio, ed è quello che Harleen deve continuare a pungolare.
"Dottore, mi lasci tentare, la prego." Lo sguardo supplice può tornare utile. La mummia è pur sempre un uomo e nessun uomo può rimanere di ghiaccio di fronte a due occhi azzurri e languidi.
"Non so, Quinzel…" Il grande capo si massaggia le tempie. Harleen capisce che ha un disperato bisogno di riposare. "Non posso mettere a rischio altri elementi del personale…"
"Nemmeno se dichiarassi formalmente di sollevare l'Asylum da ogni responsabilità per qualunque cosa dovesse accadermi da questo momento in poi? Se fallissi, la colpa sarebbe solo mia. Se invece tutto andasse liscio, potrebbe annoverarlo tra i nostri successi."
La tentazione è forte. Arkham cederà. Questione di attimi. Neanche il tempo di contare fino a dieci. Ma è ben oltre il venti che alla fine la asseconda e lei si sente la testa leggerissima. È meraviglioso. Se il vecchio si fosse comportato in modo ragionevole da subito si sarebbero risparmiati tutta quella baraonda. Adesso la carta migliore, un jolly colorato e sorridente, è saldamente nelle sue mani.
"Un'ultima cosa, dottor Arkham. Voglio carta bianca sulla questione, libertà assoluta di movimento e pieno potere decisionale."
È un azzardo. Sta rischiando di perdere tutto. Ma quando la posta è così alta ritirarsi è da vigliacchi.
"Non tiri troppo la corda, Quinzel. Dovrà presentarmi un resoconto dettagliato dopo ogni incontro con il paziente. E non dovrà farlo avvicinare al resto del personale, con l'esclusione degli inservienti addetti alla sorveglianza. Non dovrà inoltre farlo interagire con gli altri ospiti del nosocomio."
Così poco? Ma allora è perfetto.
Harleen finge di riflettere. In realtà vorrebbe solo mettersi a urlare per la contentezza. "Va bene, dottor Arkham. E, qualunque problema dovessi riscontrare, vorrei avere il suo benestare per venire da lei a chiederle consiglio." Le lusinghe sono un'altra delle cose che deliziano Arkham. Soprattutto se qualcuno è a conoscenza dei suoi timori e dei suoi scheletri nell'armadio. "Le prometto che non succederà nulla di simile al caos dello scorso anno, quando ha concesso troppa fiducia a Jonathan e questo posto ha finito per diventare un museo degli orrori nel giro di pochi mesi."
Ad Arkham non piace che venga ricordata quella storia. La gente impazzita, l'isola chiusa, la polizia ovunque, i pazzi in libertà e le allucinazioni di massa. Sarebbe più felice di credere che Jonathan Crane sia stato niente altro che uno dei pazienti, acchiappato al volo da Batman dopo nove mesi di latitanza e rimesso in sesto a tempo di record per fare in modo che la gente si dimenticasse di lui. Il suo prezioso pupillo. Quante volte l'aveva ripetuto, Arkham? Il suo erede. L'unico in grado di liberarlo dal carico delle responsabilità che iniziavano a farsi troppo pesanti. E il suo gas tossico. I suoi esperimenti sulla paura. Tutto sotto il suo naso. Harleen non riesce a credere neppure per un attimo che Arkham non sapesse nulla, anche se la polizia lo ha sollevato da ogni accusa di coinvolgimento per quanto accaduto nei sotterranei dell'ala nord, dove nessuno avrebbe dovuto mettere piede da anni. A lui hai concesso il potere assoluto sul tuo piccolo mondo, e ti ha tradito nel modo più meschino. Io ti chiedo solo qualche ora con il Joker. E gradirei che non facessi storie. Anche questa volta il giochetto funziona. "Buona fortuna, Harleen" le dice.
Lei accetta l'augurio. Ma sente di non averne bisogno. La sua fortuna l'ha già incontrata, ed è rinchiusa in una stanza dalle pareti imbottite due piani più sotto.

Quando finalmente il dossier sul caso Joker arriva fra le mani di Harleen Quinzel, lei lo legge attentamente, pagina dopo pagina, sorseggiando il suo caffè e resistendo alla tentazione di frugare fra quei fogli in modo forsennato, alla ricerca di chissà quale rivelazione. Se solo avesse avuto sotto mano tutto quel materiale, un anno prima, avrebbe potuto sviluppare un progetto più ampio invece di limitarsi ad un misero articolo di due colonne. Ma recriminare non serve. Un anno prima il Joker non era ancora diventato il fenomeno sociale che è ora. E non aveva ancora dato il meglio di sé. Mentre, proprio ora, al culmine della sua vita turbolenta e criminale, subito dopo essere caduto in trappola, è a sua completa disposizione. E lei può farne ciò che vuole.
Fogli bruciacchiati. Altri nuovi di zecca, inviati dall'archivio centrale. Perché il commissariato, la notte della cattura e della fuga del Joker, è stato sventrato da una bomba e del rapporto originale resta ben poco. Harleen trattiene un conato leggendo della bomba. È un medico, dopo tutto. Dovrebbe ragionare in termini di funzioni organico/meccaniche. Sembra. Si dice. Quelli che l'hanno vista da vicino… pelle, cuciture, carne, display, suono… hanno reso l'anima al momento della detonazione. Una mente malata. Ma non credeva che lo fosse tanto. La concezione di una simile strategia d'evasione è geniale e spaventosa. Una cattura voluta, secondo il commissario James Gordon. Forse è vero che, se il Joker si trova in un determinato posto, è perché lo vuole. Vale anche per Arkham? La sola idea le fa venire i brividi. Meglio pensare che Gordon e il Pipistrello siano semplicemente stati più furbi di lui.
È strano vederlo imbronciato nelle foto segnaletiche, il trucco sfatto, l'espressione di un clown stanco che ha appena chiuso lo spettacolo. Non gli hanno neppure ripulito la faccia prima di mettergli in mano un cartello con un numero che lo identificherà per sempre come un elemento pericoloso.
Meglio non vedere cosa c'è sotto il cerone, non è vero, commissario? Potresti renderti conto che si tratta di un uomo come te.
Abiti di sartoria. Un gusto alquanto discutibile per i colori. Il resto è nulla. Non ha un nome al quale si riesca a risalire. Le sue impronte non erano nella banca dati. Età approssimativa trent'anni. Segue una serie di voci che riportano la stessa dicitura: sconosciuto, sconosciuto, sconosciuto.
Un anno fa praticamente non esistevi. Da dove sei saltato fuori, Mr. J?
Dovrà procedere a ritroso per scoprire da dove sia scaturita la sua lucida follia. Sarà un percorso lungo e non potrà certo farlo nel breve periodo che le resta prima del processo. Ma il tempo non le manca. Il Joker non uscirà tanto presto da Arkham.
Che ne dici, pazzo clown prigioniero, ti piace la tua nuova casa? Non è amena? Non è luminosa e accogliente? A me fa venire ancora gli incubi, dopo tutto questo tempo.
Resisterà? Harleen ne dubita. Uno come lui non è abituato a stare in gabbia. Uno come lui ha bisogno di spaziare e muoversi nel suo personale parco giochi rappresentato da Gotham. Ma non sono i suoi desideri a contare. Harleen capisce improvvisamente che sarebbe disposta a farsi ammazzare piuttosto che lasciarlo andare. Perché anche lei ha un parco giochi al quale non vuole rinunciare, e si tratta della sua mente.

Dopo la terza sigaretta di fila, Harleen Quinzel trova in sé la forza sufficiente per testare il nuovo potere che le è proprio. Il sole sta tramontando e nel parco dell'Arkham Asylum il freddo ha deciso di presentarsi con forza virulenta.
Presto arriverà il personale del turno di notte. Lei non ha ancora intenzione di tornare a casa. Tre incontri. Tre incontri prima che il Joker le riveli i suoi segreti. È il tempo che si è data. E vuole cominciare a sfruttarlo immediatamente.
Niente paura. Se ti mostri intimorita è la fine.
Le celle imbottite sono nella nuova ala. Odorano ancora di vernice nonostante la ricostruzione sia terminata da mesi, dopo che tutto è saltato in aria. Ormai resta ben poco dell'edificio originale fatto costruire da Amadeus Arkham ampliando la propria residenza. Perfino i Beni Culturali hanno versato qualche lacrima.
Ce ne sono a dozzine di storie lugubri sull'Asylum e risalgono a ben prima che Jonathan perdesse la bussola. Nei quasi due anni trascorsi lì Harleen ormai le ha imparate a memoria. Elizabeth Arkham, Constance Arkham, Cane Pazzo Hawkins. Ma non ha mai incontrato i loro spettri né udito i loro fantasmatici passi nei corridoi. Nonostante questo, odia il turno di notte. I pazienti non dormono. Non tutti. Alcuni di loro bisbigliano, altri urlano come bestie affamate.
Si chiede se almeno lui dorma sonni tranquilli. Tirando le somme dei dati contenuti nel dossier, dimostra di avere una personalità iperattiva. Non la stupirebbe scoprire che non ha bisogno di più di due o tre ore di sonno per notte. Non è così che si impazzisce, J?
L'inserviente la guarda in modo perplesso quando gli fa aprire la cella. "Per qualunque cosa, dottoressa, esca immediatamente. Io la terrò d'occhio."
Lei annuisce distrattamente. Il timore è sparito lasciando il posto a una frenetica euforia di fronte a quella figura gettata in un angolo e imprigionata nella camicia di forza.
Uno sguardo obliquo, seminascosto dalle ciocche disordinate è quello che le concede, per regalarle di nuovo la sensazione di finire imprigionata in un groviglio di filo spinato.
"Harley-quin, sei in ritardo. Non è educato far aspettare un uomo al primo appuntamento."
Evitare di dargli corda finché non calca la mano. Se questo è quanto può proporre non sarà complicato. Se solo riuscisse a far sparire il gelo che sente nelle ossa…
Prova il bisogno di schiarirsi la voce, ma sarebbe un minuscolo gesto sbagliato. "A quanto sembra, ha deciso di comportarsi da paziente indisciplinato."
Ancora quello sguardo fisso, annoiato, quasi impietosito. La domanda muta le arriva forte e chiara: È di questo che vuoi parlare, Harleen?
"Stavo aspettando te, dottoressa. Mi hanno mandato un signorino allampanato, scuro come il carbone, con le mani troppo sottili e il nodo della cravatta mal fatto. Io non sopporto la sciatteria nel vestire, Harley-quin. A questo proposito, gradirei riavere la mia camicia. Quella fornita dall'albergo è scomoda e di pessimo taglio."
C'è qualcosa oltre le sue frasi banali, oltre la leggerezza che usa nell'esprimersi. È nella sua voce bassa e distorta, eppure bizzarramente armonica nella modulazione. Emerge dalle sue viscere, non solo dalla sua gola. È un organo vitale del suo corpo. Deve solo capire se il timore che incute in chi gli sta di fronte sia una cosa voluta o scaturisca da lui senza alcun artificio.
Ma lui è un artificio. Non esiste neppure al di là della sua maschera.
Gli si avvicina di due passi. Non potrebbe comunque farle nulla, immobilizzato in quel modo. ma non riesce a non immaginare il braccio di Connor ridotto in poltiglia.
"Temo che questo non sia possibile. Dal momento che dovrò occuparmi di lei, ci terrei a non finire in un reparto di terapia intensiva come è successo al mio collega. Intanto potrebbe facilitarmi il compito dicendomi il suo nome. Non posso continuare a riferirmi a lei come a Mr. J."
Le labbra si distendono. Il sorriso fa la sua comparsa. E di nuovo non lascia scampo.
"Harley. Non così. Ora, il copione mal scritto prevede che io ti risponda che puoi darmi il nome che preferisci. Ma sarebbe un azzardo. Potresti scegliere per me qualcosa di assolutamente banale, come Charlie o, peggio ancora, Jack. Vieni più vicino."
Lo schema non sta funzionando. È lui ad avere la chiave di lettura. Ed è sbagliato.
"Bene, Mr. J. Se preferisce così."
Assassino, terrorista, pazzo, criminale, sadico. Questo e molto altro in quell'angolo. Si chiede cosa succederebbe se gli liberasse le mani. C'è uno scopo in quello che fa? E quale sarebbe per la mia uccisione? O mutilazione… Che cosa vuole? Quali sono le sue aspettative attuali?
Gliene viene in mente soltanto una. Fuggire da Arkham.
Si siede al suo fianco tentando di celare la propria agitazione. Rischio. La guardia, là fuori, la sentirebbe urlare e arriverebbe in tempo. Forse.
"Da domani sarò solo io ad occuparmi di lei, Mr. J. A decidere ogni suo movimento. Suppongo che sia quello che voleva, o sbaglio? Vorrei sapere perché."
Non lo guarda in faccia. Tenta perfino di dimenticare quale sia la sua faccia.
"Mi porterai il caffè, mi accompagnerai a fare la doccia e mi rimboccherai le coperte, Harley?"
I suoi capelli e poi la sua fronte scivolano sulla sua spalla. Harleen resta immobile. Se scappasse adesso non potrebbe più tornare indietro.
"Harley, acuta Harley. Se ti voglio qui un motivo c'è. In quanti te l'hanno detto? 'È probabile che tu gli piaccia', 'È probabile che tu abbia suscitato le sue fantasie malate', non è così, Harley? Ma io e te non siamo come loro. Non siamo così in basso. Io voglio qualcuno che capisca il senso di una gag senza doverglielo spiegare. Merce rara, l'umorismo, a questo mondo. Tu ce l'hai. Sui tuoi documenti, all'ufficio anagrafe, sulla tua persona. Harlequin. Il tuo solo nome fa apparire un sorriso sulla mia faccia, vedi?"
Pamela. Joan. Il dottor Arkham. Una girandola di voci che ripete frasi sull'infatuazione del mostro.
Io non sono Arlecchino, Mr. J. E non mi lascerò usare da te. Stai sbagliando, Mr. J. Ti tengo stretto nel mio pugno.
Domani gli chiederà della rosa. Non le piace l'idea che ad Arkham qualcuno si muova per lui. Non mi piace…?
"Pensa di potersi fidare di me, Mr. J? In modo genuino, intendo. Perché sono io a decidere della sua sorte. Tra follia e sanità."
Un sussurro sincopato. "Io non sono pazzo. No. Sono solo un gradino al di sopra dei loro schemi e li guardo da lì. Per questo faccio paura. Perché ho tutto quello che a loro manca e che desiderano. Niente. Da perdere e da volere. Ma tu non hai paura, vero, Harley? Saremo soli, Harley? Completamente soli? Perché potrei volerti dire cose destinate solo a te. Segreti."
La stanchezza arriva improvvisa. Vorrebbe chiudere gli occhi, abbandonarsi contro quella parete morbida e dormire. Si sveglierebbe al mattino con la sua testa ancora appoggiata sulla spalla. È più di un anno che ti sto aspettando. E arrivo al traguardo esausta.
"Sei stata la prima a parlare di me in termini di malattia mentale, Harley-quin. Questo non è carino. No, è carino che tu abbia parlato di me. Sì, quello è carino. Ogni tanto anche un artista di strada come me ama sentirsi una stella, sai? Ogni tanto. Va bene. Spesso. Io amo essere una stella, Harley. Ma se avessi parlato del mio estro artistico e creativo invece di puntare il tuo piccolo dito contro il mio cervello… che funziona benissimo, sai? Anche troppo per i vostri mezzi limitati, povera Harley."
Harleen resiste alla tentazione di scusarsi. Il vecchio articolo di una giovane internista sulla presunta schizofrenia del nuovo rapinatore di banche sulla scena criminale di Gotham. Ora tutto diventa più chiaro. Lui ha sentito il suo nome pronunciato da Arkham. Il resto è stato un gioco.
E va bene. Sono disposta a stare ai tuoi scherzi.
Rabbia repressa? Desiderio di vendetta? Per così poco? Quanto può amplificare un singolo dettaglio la sua megalomania? È su questo che si basa la loro reciproca comprensione?
Ci tieni a dimostrarmi che non sei pazzo, Mr. J?
È quello il punto da cui dovranno partire. Due colonne su una rivista medica a tiratura locale. Il desiderio di una ragazza di trovare finalmente 'il pazzo dei suoi sogni'. Il pazzo che ora desidera la sua presenza. Ne capirà davvero il motivo solo sopravvivendo ad ogni incontro.
"Harley-quin e i suoi occhiali e la sua aria seria e il suo camice. Tutte cose di cui Harley-quin non ha bisogno. Ti farò ridere, vedrai. Ridere, ridere e ridere sempre di più fino a farti soffocare."
Forse. Forse sì. E sarà bello. Non vede l'ora. Tutto pur di far tornare le cose come erano fino a un momento prima. Paura. Entusiasmo. Desiderio. Può riprenderseli. Lui è ancora suo. Non importa quali motivazioni nasconda. E torna la ferma consapevolezza che l'ha già attraversata. Morirebbe piuttosto che mollare la presa su di lui. Dovrà colpire, farla a pezzi, annullarla. Non potrà liberarsi di lei in nessun altro modo. Harleen ride, in preda a una piacevole vertigine. È tutto a posto. Sa che questo a Mr. J piace. È una persona semplice, in fondo.
"Sì, saremo soli. Completamente soli."


Beautiful hands us no way lies a means of love

Men are so nice
On sounds and guard the stone, and bed had a law
He pleases me fine
Answers written and I reason
He pleases me fine
In the reign of sex, blown more than it's pleased to be
Fine, fine
He's a beauty affection

(Cocteau Twins, I wear your ring)


Note

1) Renée Montoya: della squadra omicidi, detective. Qua l’abbiamo degradata. Amore mai ricambiato di Due Facce che, vistosi respinto (chissà perché, con quel bel faccino…), gliene combina di tutti i colori. La più carina è dichiarare in pubblico che Montoya è lesbica e farla ripudiare dalla religiosissima famiglia. -_-‘
2) Martin ‘Mad Dog’ Hawkins. Indovinate un po’ chi massacrò ai bei tempi la moglie di Amadeus Arkham, Constance, e la figlioletta? E indovinate un po’ chi fu massacrato a sua volta da Amadeus che finì per questo rinchiuso nel suo stesso manicomio? Che bella famiglia, e che atmosfera piacevole in quel posto… Meno male che il Joker ha portato una ventata di allegria.
3) Tutti vogliono Veronica Mars e Veronica Mars sia. Ho licenziato Darla. Tanto ormai aveva troppe rughe per fare Harley. (Tra l'altro ieri sera in "Heroes", Kristen Bell, nel ruolo della psicopatica assassina, sembrava davvero Harley in vacanza.)


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Capitolo 6
*** Intermezzo n°1 - Pensierosi Pierrot ***


Intermezzo n°1
"Pensierosi Pierrot"

 

It's my own design
It's my own remorse
Help me to decide
Help me make the most
Of freedom and of pleasure
Nothing ever lasts forever
Everybody wants to rule the world

(Tears for Fears, Everybody wants to rule the world)

A quella dannata città non piace dormire, nonostante tutto. Si rotola insonne su se stessa, sapendo che nelle ore di buio resterà sola con i suoi pensieri. Attenderà l'alba e un nuovo giro di giostra comincerà. Luce e ombra a Gotham sono un serpente che si morde la coda. Tv accese, telefoni che squillano o semplicemente una stanza buia come un loculo soffocante. Qualcuno vorrebbe tornare a casa, altri vorrebbero fuggire.
L'unico desiderio di James Gordon è appoggiare la testa sul ripiano della scrivania e chiudere gli occhi per un attimo.
"Ragazzi, vado via. Se ci sono novità chiamatemi."
Lo dirà fra un istante, prima che la stanchezza lo pervada del tutto. Poi passerà il resto della notte a pensare ad Harvey Dent, come succede sempre, e si sentirà sporco.
Renée Montoya ci tiene a fare bene il suo dovere. È stata appena trasferita e il suo desiderio di mettersi in luce è evidente. Ma lui la guarda e vede Anna Ramirez. E capisce che non potrà più fidarsi di nessuno. Neppure di chi non ha colpe. Quindi la lascia parlare. La ascolta, perfino. Ma si chiede dove sia l'inganno. Perché tutti nascondono qualcosa, giusto? Tutti hanno due facce. Anche la giovane Montoya, che gli ha detto di avere sempre ammirato il procuratore Dent, la più grande perdita che potesse colpire Gotham. E che rimpiange di non essere stata presente alla cattura del Joker.
Ancora lui. Sempre lui. Ha spedito all'ospedale lo strizzacervelli che avrebbe dovuto occuparsi della perizia. Perfetto. Facile prevedere che Jeremiah Arkham avrebbe firmato un bel foglio di suo pugno per toglierselo dai piedi. Sarebbe stata la vittoria che James Gordon brama. Sano. Lucido. In un carcere di massima sicurezza. Perché da Arkham si fugge, maledizione. La polizia non ha diritti, ad Arkham, su chi è già stato giudicato. E invece niente.
"Harleen Quinzel" ripete Montoya.
Giovane, ambiziosa, incosciente. Già da quando le hanno affidato Jonathan Crane gli sembrava di aver già sentito quel nome, ma non ricorda dove. Quante Harleen Quinzel possono esserci al mondo e nella memoria di un poliziotto? Eppure non ha precedenti. Dovrà cercare con più attenzione. Qualcosa salterà fuori. Gli altri medici ci hanno tenuto ad informare Montoya che il Joker sembra mostrare una particolare propensione nei confronti della sua nuova psichiatra. E questo a Jim Gordon non piace affatto.
"Trovata" annuncia Montoya senza troppo entusiasmo girando il portatile verso di lui.
I giovani e il loro modo assurdo di riuscire a tirare fuori tutto dai loro computer… Harleen Quinzel. Quarto posto ai campionati nazionali di ginnastica artistica. Arrivata alla Gotham State University con una borsa di studio per meriti sportivi. Roba di sette anni prima. La ragazza è stata una piccola gloria locale per un po' di tempo. Un'ex atleta, la dottoressa. Un esserino snello in equilibrio sulla trave, nell'unica foto che accompagna l'articolo. E quella risposta per lui non vale nulla.
C'è dell'altro…
No, di andare a casa non se ne parla. Deve trovare il dettaglio mancante. "Montoya, portami tutto quello che c'è in archivio sul caso Joker, dalla sua prima comparsa ad oggi. E un altro caffè, grazie." Poi andrà a fare due chiacchiere con la signorina Quinzel di persona. Qualcuno potrebbe storcere la bocca in proposito. C'è una certa mancanza di etica nel tentare di influenzare il giudizio di qualcuno che sta facendo il suo lavoro. Ma James Gordon lo trova soprattutto ironico. Di certo è più etico che trattare un vecchio amico da criminale, mentendo, mentendo e mentendo ancora.

Bruce Wayne dorme soprattutto di giorno. Non ha molta scelta. Per quattro ore dopo l'alba sprofonda in una sorta di catalessi dalla quale è impossibile svegliarlo. Non quella mattina. Insieme a bende, disinfettante e occorrente per i punti di sutura, Alfred gli ha portato una cartolina di Lucius Fox dalla Nuova Zelanda. "Si riposi e non commetta imprudenze prima del mio ritorno. Non vorrei trovare le Wayne Industries in rovina. Tanti cari saluti. L.F."
Prima del suo ritorno. Gli aveva detto che avrebbe avuto bisogno di tempo per pensare. Dalla faccenda del Joker sono usciti tutti con la psiche a pezzi, lui per primo. Credeva che la vacanza di Lucius sarebbe durata per sempre, prima di sfociare in una spontanea richiesta di pensionamento. L'idea che non sarà così lo fa sentire sollevato.
"Signor Bruce, crede che dovremmo inserire il signor Fox nella lista degli invitati per il party del Martedì Grasso?" Alfred riordina il vassoio con la colazione che lui ha appena finito di consumare. Vincoli. Speranza. Fiducia. È davvero così solo come ha creduto in quei giorni infernali? Forse no. Forse un po' meno. In questo, il Joker ha sbagliato. Il Joker non ha mai capito niente. Il Joker è solo. Lui sì. Davvero. Sepolto vivo, laggiù ad Arkham. Ed è quello che merita. Anche se, probabilmente, non si renderà mai conto della differenza. Ed è l'unica cosa che a Bruce Wayne smuove una traccia di pietà nei suoi confronti.

La coscienza di Jeremiah Arkham comincia a pungere alle sette del mattino, mentre percorre in auto i pochi chilometri tra la sua residenza cittadina e l'Asylum. Una volta era più facile. Vivere gomito a gomito con i suoi pazienti e il suo staff lo rendeva consapevole in ogni momento di quale fosse la cosa migliore da fare. Ma l'Asylum rischiava di fare impazzire anche lui. L'illusorio ritorno ad una vita normale dopo l'orario lavorativo si è dunque reso necessario. Il ponte che divide i Narrows dalla solida terra ferma del cuore di Gotham non ha più diviso anche lui dal resto del mondo. Non ha più voluto essere un'isola, un colle minaccioso, un'antica e lugubre dimora. Non ha più voluto essere l'Arkham Asylum. Per questo aveva messo tutto in mano a Jonathan Crane. Il risultato lo sta ancora scontando. I fantasmi lo inseguono sempre. Alcune volte basta poco ad archiviarli fino al mattino successivo. Altre non se ne vanno e lo pungolano in continuazione ripetendogli Attento Attento Attento.
"Mi dispiace, dottor Arkham. Ho commesso l'errore più stupido." Connor che si scusa con lui per essersi fatto maciullare da quello psicopatico. Tutto questo va oltre ogni senso dell'assurdo. Ad Arkham la realtà è distorta. Lui è quello che dovrebbe mantenere l'equilibrio. C'era un solo modo per farlo, dopo avere perso Connor. La rinuncia. L'ammissione della sconfitta. Invece no. Invece ha consegnato al boia Harleen Quinzel. Come sia arrivato a quel punto, Jeremiah Arkham non lo ricorda nei dettagli. È sempre così con Harleen. E non dovrebbe neppure trovarsi lì. Quella donna ha qualcosa di storto. L'ha capito fin da quando l'ha vista, il giorno in cui, con una raccomandazione di ferro, è arrivata all'Asylum a finire l'internato. È il suo modo di sorridere, di inarcare le sopracciglia. L'espressione di chi vive in una dimensione composta da una sola linea retta da seguire fino in fondo, ignorando o calpestando qualunque tipo di ostacolo, per ambizione o per puro divertimento. Ad Harleen Quinzel non interessa la cura. Interessano i sintomi. Per questo è apparsa perfino delusa quando, grazie a lei, Crane è stato dimesso a tempo di record. Fine dello spasso. Jeremiah Arkham non ha dubbi circa la sua intelligenza e la sua preparazione. È il modo in cui usa entrambe che lo preoccupa. E non si può gettare in pasto a un soggetto come il Joker qualcuno che non ha i piedi ben piantati in terra.
Io invece l'ho fatto. E ora posso solo restare a guardare. Sperando che abbia ragione lei e che nessun altro si faccia male.

Cielo limpido. Voglia di canticchiare. Nessuno che osserva e giudica. Ad Harleen Quinzel non dispiace vivere da sola, sognando, per un futuro non troppo lontano, un grazioso cottage di campagna da dividere con il grande amore della sua vita e i loro bambini. Nel suo appartamento può concedersi di saltellare da una stanza all'altra per la contentezza e ridere da sola perdendo, per qualche minuto, innocentemente, la ragione.
È bello svegliarsi di buon umore e applicare un segno positivo sulla sequela di avvenimenti che stanno per riempirle il giorno. Da dove veniva fuori la malinconia della sera prima? Non se lo ricorda più e neppure le importa.
Il trucco è a posto, leggero e luminoso. I capelli pure, ordinati e severi. Nulla da dire sul vestito, sobrio e professionale. Ma ha messo più profumo del solito. Gli appunti da consegnare ad Arkham? A posto anche quelli. Hanno senso? Li ha scritti in preda all'ansia, alle sei di mattina, preoccupata di poter smarrire qualche dettaglio. Non che il suo caro paziente si sia sbottonato molto.
Un po' complicato, con la camicia di forza… Un risolino isterico e finisce per imporsi l'autocontrollo. Cerca di comportarti da persona seria, Harley. Stai lavorando.
Parole scarabocchiate in fretta e che dovrà trasformare in un testo logico prima di consegnarle. "Segni evidenti di una scoliosi mal curata nell'infanzia… Perde i capelli… La cosa si può risolvere con una spuntatina rinforzante. E piantandola con le tinture…" Harleen Quinzel rilegge in fretta, tenendo il foglio con la sinistra, davanti alla porta, le chiavi già infilate nella serratura. "Tic nervosi come se piovesse… Mi mettono a disagio… Mi ha appoggiato la testa sulla spalla… che stia cercando una sostituta per la figura materna? Indagare…"
Harleen fissa il foglio quasi incredula. Una raffica di simili idiozie sono uscite davvero dalla sua penna? Troppo, troppo buffo. Che Mr. J non lo sappia mai. Ride di nuovo, con la testa appoggiata alla porta, lasciando scivolare il foglio in terra. Ride come se le avessero spruzzato sulla faccia del gas esilarante, fino a quando i muscoli delle guance cominciano a farle male. Riesce a smettere solo quando si rende conto che il mascara le sta colando dagli occhi.


There's a room where the light won't find you
Holding hands while the walls come tumbling down
When they do I'll be right behind you

So glad we've almost made it
So sad they had to fade it
Everybody wants to rule the world

(Tears for Fears, Everybody wants to rule the world)


Note

1) Quesito del giorno. Che fine ha fatto Anna Ramirez? In TDK, Due Facce la lascia in vita. Ma Gordon nel finale parla di DUE poliziotti morti. Blooper? O il buon Harvey ci ha messo troppa forza nello stenderla con un pugno?
2) Harleen e la ginnastica. Se ne parla nella versione cartacea di 'Mad Love', non in quella animata. Ma è canon. Viene ripresa in seguito anche nella continuity regolare.
3) Lucius Fox e le vacanze. Non è che sia molto chiaro se alla fine del film giri i tacchi o meno. Ho scelto un'equa via di mezzo.
4) Gotham e il Martedì Grasso. Gotham City non è una città cattolica. È una città 'variegata'. Non mi andava di ripiegare su Halloween. La parata del 4 Luglio è troppo poco carnevalesca. Così sono andata sul classico. Dopo tutto i cittadini amano troppo travestirsi per perdere l'occasione. Anche se non sarà mai come a New Orleans.
5) Per sapere chi abbia raccomandato Harleen avete due opzioni: aspettare un paio di capitoli o leggere "Harley Quinn n°8".
6) Le fan non me ne vogliano, ma Heath Ledger era davvero molto stempiato.


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Capitolo 7
*** Terapia n°4 - Killing me softly ***


Terapia n°4:

"Killing me softly"


I got my head, but my head is unraveling
Can't keep control, can't keep track of where it's traveling
I got my heart but my heart is no good
And you're the only one that's understood
I come along but I don't know where you're taking me
I shouldn't go but you're reaching back and shaking me
Turn off the sun, pull the stars from the sky
The more I give to you, the more I die

And I want you

(Nine Inch Nails, The perfect drug)


È una giornata da appuntare sul calendario e da festeggiare ogni anno, per Harleen Quinzel, quella in cui riesce a tirare le somme, a dare un nome alla propria personalissima patologia e a capire di essere innamorata.
Era nell'aria, dopo tutto. Non le era mai capitato prima di avere un simile chiodo fisso. Uomini, sciocchi, fragili, a volte divertenti. Da usare a piacimento. Per questo non ha mai tenuto dietro all'emotività di Pamela. Adesso la situazione si sta facendo buffa e incontrollabile.
Quel giorno epocale, Harleen Quinzel conta i minuti che la separano dalle quattro del pomeriggio e dal suo nuovo incontro con Mr. J. Per liberarsi dall'agitazione rimpiazza un paio di colleghi nel giro mattutino. Il tizio che ha ucciso la moglie, convinto di essere stato istigato da Thomas Jefferson, le chiede se la guerra sia finita e se abbiano vinto i thailandesi, e lei, iniettandogli le sue vitamine nel braccio, risponde di sì ad entrambe le domande.
Si sofferma affascinata a guardare il tizio della cella 241. Il piromane si torce legato strettamente alla sua branda, gridando che non vuole affogare. Su di lui l'antidoto per la tossina creata da Crane misteriosamente non ha effetto.
In mezzo a quella genia distorta si sente a proprio agio come una farfalla in un campo di fiori. Sono tutti così unici e particolari, un terreno di caccia infinito per sondare a fondo la mente umana. E adesso lei possiede la gemma più rara. Da dove iniziare?
Arkham le ha messo a disposizione la sala-terapia 17. Non è sicura che le piaccia. È troppo illuminata. Il paziente potrebbe sentirsi psicologicamente aggredito. Toccherà a lei metterlo a proprio agio. Nessuna ingerenza. Nessuno in ascolto. Nessuno che osserva. Questi sono i patti. Una parte di sé si dà della stupida. In caso di aggressione il Joker avrebbe il tempo di farla a pezzi prima dell'arrivo dei sorveglianti. Ma ci sono altri due pensieri che prendono il sopravvento e, per quanto li trovi illogici, Harleen sceglie di ascoltarli. Uno le dice che a lei Mr. J non farà mai del male. L'altro, quello che quasi le fa mancare il respiro, ripete ossessivamente 'Sarebbe bello…'. Scrutare nei suoi occhi nel momento in cui si cimenta in ciò che sa fare meglio. Perché quel privilegio dovrebbe toccare solo a Connor? Deve solo tenere pronta un'iniezione di tranquillante e piantargliela in una qualunque parte del corpo prima che sia troppo tardi. Una cosa da nulla.
Quasi l'una. Non ha voglia di andare in mensa. Arkham ha minacciato di cacciarla a pedate al prossimo vassoio volante. Ma anche quel giorno ha dimenticato di portarsi il pranzo. Per colpa tua mi consumerò nell'inedia, Mr. J. Alla fine si arrende. In fondo Joan Leland ora le sta sufficientemente alla larga. Non c'è pericolo che litighino di nuovo.

Il rosso dell'uniforme a Mr. J non dona. Harleen Quinzel non ha mai capito perché sia stato scelto un colore che fa uscire i pazienti di testa. Quando è arrivata ad Arkham vestivano di grigio. Poi qualcuno ha avuto quella bella pensata. Adesso assomigliano davvero a dei galeotti.
Il Joker ha la carnagione chiara, anche senza il suo trucco mostruoso, e quel colore lo fa apparire malaticcio. Cammina leggermente ingobbito, come sempre, ma quella postura continua a farla pensare a un predatore in agguato piuttosto che a qualcuno intimorito e sottomesso.
Morales lo fa entrare nella stanza e gli lascia andare il braccio solo quando si è seduto di fronte a lei, al tavolo che rappresenta l'unica mobilia. Poi controlla che le cinghie di cuoio che gli imprigionano i polsi siano ben fissate. Sembra riluttante ad andarsene. Harleen approfitta di quegli istanti per assicurarsi che il sedativo sia a portata di mano nella tasca destra del camice.
"L'allarme, dottoressa" le dice Morales ricordandole dei pulsanti piazzati sotto il tavolo e sulla parete alle sue spalle. "Suoni se succede qualcosa."
Quelle parole sembrano divertire il paziente e, per una volta, la sua risata la irrita e basta. Vorrebbe dirgli di tacere, ma si limita a lanciargli un'occhiata feroce che ottiene l'unico risultato di aumentare la sua ilarità.
"È tutto a posto, Paulo. Se ora vuole lasciarci, per favore…"
L'uomo esita ancora poi sussurra un "chiami" e si dirige alla porta voltandosi un paio di volte prima di uscire.
"Un tipo invadente, Harley-quin. Dava l'impressione di credere che potessi prendere la siringa che hai in tasca e piantartela in un occhio. Chissà come gli è venuta questa strana idea…"
Le dita di Harleen scivolano automaticamente sul pulsante sotto il tavolo. Il sorriso del Joker le dice chiaramente che sa cosa sta pensando di fare e che ha individuato la sua paura. Non è il momento adatto per mettersi a sudare in preda al panico.
"Come si sente oggi, Mr. J?" gli chiede incrociando le mani sul tavolo. È disarmata e sicura di se stessa. Questa è l'immagine che vuole dargli di sé.
"Benissimo, grazie. Ma avete problemi con le tubature dell'acqua calda. Una vera seccatura." Lo dice muovendo la testa a scatti, per osservare ogni angolo della stanza. Lei sembra essere la cosa che gli interessa meno.
Una grossa mosca nevrotica. Ecco a cosa assomiglia.

Harleen sfoglia la sua cartella medica, anche se ormai la conosce a memoria. Quell'uomo è in perfetta salute. Lo stesso non si può dire dei generici e degli infermieri che lo hanno visitato. A tutti loro ha regalato un dito fratturato. Ma questo è stato prima di Connor. Prima che le cose tornassero a posto.
"Lei sa qual è il mio compito, Mr. J? Gliel'ho spiegato ieri, giusto?" Deve fare attenzione. Non può concedersi il lusso di trattarlo da stupido. Non lo è. Decisamente non lo è.
Il suo sguardo si posa di nuovo su di lei, beffardo e bruciante. "Essere intervistata a 'Gotham Tonight', Harley. Essere vista in tutto lo stato. Sorridere gentilmente al rimpiazzo dilettantesco del fu Mike Engel, da me aiutato a raggiungere un posto migliore, sperando che ti prenda come consulente fissa. O che ti chieda di uscire a cena. E passare sotto le mani dei truccatori televisivi per sentirti, per una volta, splendida come una diva degli anni '50."
Sbattetelo a Blackgate e lasciatecelo.
"No, Mr. J." Harleen si aggiusta gli occhiali sul naso tentando di darsi un'aria professionale. "Io sono qui per decidere che ne sarà di lei e se dovrà passare il resto della sua vita a marcire in un carcere federale. E vorrei che lei collaborasse in questo senso."
Lui rovescia la testa all'indietro, dondolandosi sulla sedia. Harleen vorrebbe tornare al giorno prima. Aveva avuto l'impressione che fosse ben disposto nei confronti di quell'incontro. Ha parlato di segreti da confidarle. Mentre ora sembra solo annoiato da qualcosa che non riesce a prendere con la dovuta serietà.
"Mr. J…"
"Oh, allora possiamo fare in fretta, Harley. Io sono un bravo ragazzo. Sono state le cattive compagnie a traviarmi. E la strada. La strada è la vera colpevole. E le donne. Sono state le donne a rovinarmi. E il Vietnam. Mi hanno decorato tre volte in Vietnam. Ma questo paese non ha rispetto per gli eroi di guerra."
"Già. Peccato che ai tempi del Vietnam lei non fosse ancora nato." Comincia ad essere stanca. Le cose non vanno nel modo giusto. Inoltre quel suo ridacchiare continuo le sta facendo venire la nausea. "Francamente non credo che oggi caveremo un ragno dal buco. Mi chiedo perché abbia voluto proprio me se il suo scopo era mostrarsi ostico. Io non sono qui per giocare con lei. Sono riuscita a rimettere in sesto Jonathan Crane. Lei non può essere un caso clinico peggiore. E lasci che le dica una cosa: senza il suo trucco di scena, lei ha l'aria da sano e innocente ragazzo di campagna. Quindi la smetta di recitare la parte del Joker. Si sentirebbe più a suo agio se le portassi della tintura per capelli verde?"
Il viso del suo riluttante paziente si atteggia in quello che vorrebbe essere un sorriso adorabile. "Jonathan Crane. Un ragazzo in gamba. Peccato che si sia perso per strada."
Harleen respira profondamente. Non può mettersi a litigare con lui. Non avrebbe senso, sarebbe una cosa stupida e neanche una dilettante cadrebbe nella trappola.
"Sai cosa potrebbe farmi sentire davvero a mio agio? Che la smettessi di parlarmi dei tuoi ex. E anche vederti vestita da Arlecchino. Puoi farlo per me, mio tenero tortino di zucca?"
"Scordatelo, mio caro pasticcino megalomane."
Cosa. Accidenti. Ho detto?
Harleen per un attimo prova il desiderio di scomparire. Poi vede lo sguardo del suo caro, recalcitrante paziente accendersi di una gioia sincera e pericolosa.
"Ecco. Questa è la Harley-quin che mi piace. Una spalla comica ma discreta. E adesso, dimmi dimmi, Harley-quin, hai tenuto fede alla tua parola? Siamo soli? Nessuno in ascolto? Vale ancora il segreto professionale?"
Tortino di zucca? Pasticcino?
"Sì, Mr. J, stia tranquillo. Non c'è nessun altro." Per fortuna. Meglio non avere testimoni per quello scambio di nomignoli.
"Quindi…" Mr. J si allunga verso di lei. Un campanello d'allarme nella sua testa le dice che si tratta di un atteggiamento pericoloso. Ma Harleen si rifiuta di ascoltarlo. "Se volessi farti del male, nessuno verrebbe a soccorrerti, vero?"
È questione di un istante. La sedia su cui è seduta viene rovesciata all'indietro dal peso dell'aggressore. Sbatte la testa violentemente a terra e, prima di rendersi conto di quanto sta accadendo, sente le sue mani intorno alla gola.
"A me piacciono le persone di parola, Harley. Tu sei una persona di parola?"
Lentamente le dita iniziano a stringere. Lei non ha la prontezza per afferrare la dose di sedativo. L'istinto la porta ad afferrargli i polsi. Fa male. Un attimo ancora e si contorcerà per la mancanza di aria. Ancora un attimo. Ma il momento non arriva. Quel dolore può continuare in eterno. Lui sa come farlo durare in eterno, allentando la presa solo per quel frammento di secondo che le permette di non perdere i sensi, di morire soffocata. Non le è mai stato così vicino. Vorrebbe non avere le lacrime agli occhi. E vorrebbe dirgli che lo trova straordinario. Perfetto. Splendido. Un capolavoro che non oserebbe mai rovinare. Sente le labbra piegarsi in un sorriso.
Fallo. Stringi. Non importa. Ormai ho avuto tutto quello che ho sempre voluto. Te.
Ma è lui che non sorride più. Sembra sorpreso e deluso. Harleen sente le sue dita allentare la presa; lo allontana istintivamente con una mano e si ritrova a tossire mentre i suoi polmoni si affannano a cercare la giusta quantità di ossigeno. Poi vede Morales. Altri due infermieri. Arkham in persona. E Mr. J, a terra. Morales lo colpisce, gli altri due tentano di legarlo. Arkham le chiede se si senta bene. E lei capisce. Un pugno di Morales raggiunge il viso del suo paziente, del suo quasi-assassino. Ma nonostante questo, lui ha ritrovato la sua solita espressione sbeffeggiante.
"Te l'avevo detto che non eravamo soli, Harley."
Non lo sapevo. Scusami, scusami, Mr. J. Non lo sapevo…
"Ce la fa ad alzarsi, Quinzel?" le chiede Arkham.
Lei gli lancia un'occhiata carica di rancore. Ha rovinato tutto. L'ha spinta inconsapevolmente a mentire a Mr. J. E soprattutto non è stato ai patti.
"Portatelo giù e sedatelo" ordina Arkham. "Non voglio più vedere la sua faccia ripugnante fuori dalla sua cella."
Harleen si rimette in piedi aggrappandosi al tavolo e rifiutando il suo aiuto. "Aspettate." Parlare è doloroso, ma deve impedire che qualcun altro lo tocchi. "Ci penso io. Aspettate…"
"Quinzel, non dica sciocchezze. Non è in condizioni…"
"Dottor Arkham" rantola mentre il suo meraviglioso folle viene portato via. "Si rende conto di quello che mi ha fatto? Il Joker sapeva che ci stavate osservando. E ha messo in scena questa bella dimostrazione. Potevo lasciarci le penne. E tutto perché lei non si fida di me." Quella scenata le costerebbe il posto se non sapesse che Arkham si sente in colpa per quello che è successo.
"Quinzel, quello che sta facendo è troppo pericoloso. Non posso permetterglielo."
"Certo che può. Lo dice il foglio che entrambi abbiamo firmato ieri. Carta. Bianca. Da domani incontrerò il paziente nel mio ufficio, lontano da microfoni e telecamere occultate. C'erano anche quelle, giusto?" Poi cerca di assumere un'aria più conciliante. "Dottore, la prego. Se dovesse accorgersi di altre ingerenze, quell'uomo potrebbe farmi del male sul serio. Ho bisogno di conquistare la sua piena fiducia. Mi aiuti, per favore. Non agisca più alle mie spalle. Non quando devo espormi in prima persona."
Il vecchio la ascolta attentamente, ma il suo sguardo resta cupo. "Quinzel… Quando questa storia sarà finita, voglio le sue dimissioni sulla mia scrivania. Avrà tutte le lettere di referenze che desidera, ma voglio che lasci l'Asylum. Questo posto non è adatto a lei. Se ne lascia influenzare troppo. Rimessa a posto la testa del Joker, non vorrò più vederla da queste parti, Harleen. E adesso vada a drogare il suo giocattolo, se proprio deve."
Certo. Andarsene da Arkham. Il vecchio non ha ancora capito come funzionano le cose. Come direbbe Mr. J, se sono in un posto è perché voglio starci. E sono io a decidere quando cambiare aria.
Il suo giocattolo. Quanto si sbaglia. Non lo è più. Non lo è più da pochi minuti, perché adesso tutto è cambiato. Si è preso il suo respiro. Ha quasi fatto esplodere il suo cuore. Ma si è fermato. Perché lei lo ha sorpreso, anche se non capisce come. O forse sì. Volevo che lo facessi. E questo ti ha spiazzato. Non è magnifico, Mr. J? È la prima volta che qualcuno vorrebbe gridarti che ti ama mentre lo stai privando della vita? Te lo ripeterò tutte le volte che vuoi. Se tu sei il mio giocattolo, allora lascia che io sia il tuo.
Le gira la testa mentre scende nei sotterranei. Dopo. Dopo. Più tardi. Dopo penserà a quanto è assurdo quello che prova. Dopo rifletterà sul fatto che ha rischiato davvero di morire. E forse troverà ridicola l'idea di essere innamorata. Ma non adesso. Adesso vuole solo continuare a camminare a un metro da terra.

Sangue dappertutto, le ha detto Joan. Eppure adesso è tutto in ordine. Lui è di nuovo al suo posto, oltre la barriera trasparente che presto verrà fatta calare per dividerlo dal resto del mondo. Strettamente legato ad una sedia. Morales e i due infermieri gli armeggiano intorno nervosamente. Ma lui non sembra voler reagire. Tuttavia non è tranquillo. Harleen percepisce la sua inquietudine e il movimento frenetico dei suoi occhi esprime una collera pericolosa.
Nessuno di voi si è azzardato a bucare la sua pelle, vero? Nessuno di voi si è permesso di trattarlo come una bestia idrofoba, vero?
Si precipita nella cella interrompendo qualunque cosa stiano facendo. Uno dei due infermieri ha ancora la siringa in mano.
"Dottoressa…"
"Toglietevi. Ci penso io. Aspettate fuori."
Gli altri tre esitano, ma sanno che il Joker è un affare che riguarda solo lei. Che è lei ad avere l'ultima parola. Quindi arretrano, lasciandoli da soli e osservandoli a distanza. La testa pulsa per la botta presa. Sa che dovrebbe farsi controllare. E la gola le fa ancora male. I gentili omaggi del suo paziente che continua a scrutarla in modo sospettoso.
"Non lo sapevo" gli sussurra passandogli un batuffolo imbevuto di alcol nell'incavo del gomito sinistro. "Non sapevo che ci stessero osservando. Per favore, credimi." Si domanda per un attimo cosa stia facendo. Strisciare ai piedi dell'uomo che ha appena tentato di ucciderla, scusarsi con lui, non ha assolutamente senso. Niente in quella storia ha senso. Vuole rivedere il suo ghigno folle, vuole ascoltare di nuovo la sua risata distorta. Non vuole che il Joker, il clown, il logorroico buffone criminale scompaia dalla sua vista.
"Povera Harley… povera, povera Harley… Harley…"
Lo ripete bisbigliando, senza staccarle gli occhi di dosso. Ma quando Harleen accosta l'ago alla sua vena lo vede scuotere leggermente la testa. Quello è davvero uno sguardo complice. Una richiesta esplicita. Esita senza decidersi a trapassare il suo braccio.
Non puoi. È pericoloso. Deve essere sedato. Non puoi fare una cosa simile e poi andartene a casa come se nulla fosse.
Tenta di immaginare le conseguenze se qualcuno dovesse avvicinarsi a lui credendolo nel mondo dei sogni. 'Sangue dappertutto'. Lui attende la sua risposta. E Harleen si rende conto che in realtà non le importa. Sembra passato un secolo da quando ha sentito le sue mani intorno al collo e ha l'impressione di essere morta e rinata. Se lo tradisce adesso, domani non potranno dirsi più nulla, e quel pensiero le fa stringere lo stomaco.
Tutto ciò che vuoi, Mr. J.
L'ago trova la cinghia di cuoio, la perfora e lascia passare il liquido giallastro che non addormenterà nessuno.
"In quanto agisce?" le chiede Mr. J. Non vuole ancora offrirle il suo sorriso migliore.
"Meno di un minuto."
Si va in scena, grande artista. Lo libera dai legacci, poi lo aiuta ad alzarsi, anche se sa che non ne ha bisogno.
Lui si lascia ricadere sulla branda. "A domani, Harley Quinn" le dice chiudendo gli occhi.
Se fosse sola gli regalerebbe un finale speciale. Gli scosterebbe i capelli dal viso, gli poserebbe un bacio sulla fronte e gli sussurrerebbe in un orecchio "Dormi bene, amore mio". Ma non è sola. Quindi recupera la siringa vuota e la borsa con le fiale di sedativo, controlla di non avere lasciato indietro nulla che possa diventare un'arma e poi inserisce la tessera magnetica che sigilla il suo Joker nella sua prigione.
"Fino a domani se ne starà buono" commenta Morales.
Lei non ne è così sicura. Vorrebbe ordinargli di non entrare nella cella per nessun motivo, ma non saprebbe come giustificare una simile richiesta.
Azzardo? Io ho fatto qualcosa per te. Ora ricambia il favore non combinando disastri che potrebbero farmi licenziare. O finire in galera. Pasticcino…
Si ferma solo un attimo a scusarsi con Arkham e a chiedergli la mattinata seguente di libertà. Prudenza. Una facciata di umiltà. Un atteggiamento professionale. È questo ciò che le occorre. Perché nessun altro sappia.
"Faccia vedere la testa, Quinzel" le dice il vecchio, impietosito. Lei lascia che le sue dita le frughino fra i capelli e che le ordini di fare una lastra prima possibile. Harleen non ha intenzione di dargli ascolto.
A cosa servirebbe? La mia testa credo di averla persa, dottore.


You make me hard, when I'm all soft inside
I see the truth, when I'm all stupid eyed
The arrow goes straight through my heart
Without you everything just falls apart

My blood wants to say hello to you
My feelings want to get inside of you
My soul is so afraid to realize
Every little word is a lack of me

(Nine Inch Nails, The perfect drug)





Note:

1) Se Harleen non capisce il perché delle uniformi rosse per i pazienti che si vedono in Batman Begins, io invece le capisco benissimo. Proprio come con i galeotti, in caso di fuga così è molto più facile riacchiappare gli uccellini di bosco. E hanno anche un impatto visivo maggiore rispetto a quelle grigie e celesti dei fumetti.
2) Quesito del giorno. Secondo voi Mike Engel alla fine di TDK salva la pelle? Secondo me no. ^_^ Che motivo avrebbe avuto il Joker per lasciarlo in vita dopo essersene servito come speaker personale? (Ah-ah. Ah-ah.)
3) È stato uno spasso raccogliere i nomignoli che il Joker rifila regolarmente alla sua "Pumpkin' Pie" e immaginarli in versione 'Ledger'. Dei problemi mi ha dato invece la traduzione del classicissimo "Puddin'". Nella versione italiana dei fumetti solitamente viene tradotto con "Budino". Bah. A me questa cosa fa uno schifo, ma uno schifo, ma uno schifo… Nulla contro i budini. I budini sono buoni. Ma come vezzeggiativo per il Joker mi piace meno di niente. Mi sono presa la libertà di tradurre "Puddin'" con "Pasticcino". Lo trovo più carino e poi, in fondo, il pudding non è né l'una né l'altra cosa.
4) Io adoro la scena presente in "Harley Quinn n° 5" in cui il Joker tenta di strangolare una Harleen in evidente stato di beatitudine. Ho dovuto riciclarla (me lo hanno imposto le voci). La ritengo fondamentale per lo sviluppo futuro della loro relazione. E in fondo sta tutto nelle parole della profiler Carrie Chizpazo: "Something happens right here. He sees something. Something in her face. Impossible to tell from this tape, but I'd bet it was something the Joker didn't usually see. The look of love." E mi commuovo perfino quando il Joker la lascia andare asserendo tutto mogio "I was just joking…". Mi commuovo talmente tanto che qui ho fatto finire la faccenda con un pestaggio. Scusa, Puddin'.
5) Pubblicità neanche troppo occulta. Su DeviantArt ho trovato la più splendida fanart che abbia mai visto sui due Sweethearts. Veneratela con me QUI. E tanto di cappello all'artista. *___*



Ringraziamenti: Bene. Eccoci qui per i ringraziamenti a chi ha commentato. Per prima cosa ringrazio Desme, sperando di non averla fatta aspettare troppo (la storia c’è quasi tutta, la bozza è completa, ma sto lavorando di lima e cesello per renderla leggibile. ^_^). Poi…
Lefteye, ma che recensione lunga e articolata! Proprio come piacciono a me! Ti ringrazio tantissimo. Mi dispiace di averti dato l’idea di una persona presuntuosa (ok, non è che non lo sia, diciamolo, ma solo per quanto riguarda le mie storielle…). Quell’avviso c’è per uno scopo e non è certo quello di pavoneggiarmi. Semplicemente ho voluto mettere i puntini sulle i, per una certa questione – qualcuno arriva, saccheggia e poi si autocertifica pure - di cui si sta occupando chi di dovere (brutte, bruttissime cose… e quanto mi fanno arrabbiare!). Ok, non ci pensiamo e facciamoci una bella risata in stile ‘Mr. J’.
Per carità, non ti inchinare. XDDD Sono felice di sapere che trovi il Nolan-Joker in character. Maneggiarlo mi terrorizza, lo sai? Ho sempre paura di fargli fare qualcosa che non è nelle sue corde, per questo non mi sono ancora azzardata ad usare il suo punto di vista.
Harley… Ehm… Non è identica all’originale. La Harley a due dimensioni si muove bene in un modo di carta ed è adatta a interagire con il Joker a fumetti. Per quanto adori la sua follia ingenua e leggermente (?) idiota (ma tanto secondo me ci fa… ^_^) ho dovuto per forza di cose limare qualcuno dei suoi aspetti più estremi e clowneschi per evitare che il suo Puddin' la finisse a calci per scarsa sopportazione (cosa che nel fumetto fa regolarmente, ma tanto lei si riprende molto in fretta) e perché potesse davvero stabilire un rapporto credibile con lui così come appare nel film (ed è molto, molto, molto diverso rispetto alla sua controparte d’inchiostro). In questo mi aiuta il fatto di scrivere di lei quando ancora era normale (“Una di noi” come direbbe il dottor Arkham) o quasi.
Comunque, dopo questo pallosissimo monologo, se ti è venuta voglia di sbirciare di qualche scan sulla psichiatra più svitata del pianeta basta che tu mi faccia un fischio. Ma mi raccomando! Il body deve essere rigorosamente rosso e nero!

E, per chiudere niente di meglio di una citazione molto profonda. Come disse Harley a Batman in The Clown at Midnight di Grant Morrison: "I have a doctorate and I can kick your ass!"
Baci, e alla prossima!



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Capitolo 8
*** Terapia n°5 - Malinconica figura femminile ***


Terapia n°5
"Malinconica figura femminile"





Consider green lakes
And the idiocy of clocks
Someone shot nostalgia in the back
Someone shot our innocence

A broken arrow in a bloody pool
The wound in the face
Of midnight proposals
Someone shot nostalgia in the back
Someone shot our innocence

In the shadow of his smile

(Bauhaus, Who killed Mr. Moonlight?)

Harleen Quinzel, in quel mattino nebbioso, ha i pensieri offuscati e un dolore fisso alla testa. Appena sopra la nuca un gonfiore bluastro le ha reso un'esperienza terribile pettinarsi. Una sciarpa rossa nasconde i lividi sul collo. L'impronta nitida delle sue dita. Ha dormito male e si è svegliata peggio, dopo una sera passata in una stato di apatia totale. Avrebbe voluto scaricare la tensione in palestra, quella mattina, prima di rendersi conto che il mondo le ballava intorno.
Lo zoo di Gotham è quasi deserto, di mattina. Le fanno compagnia i versi bizzarri degli animali in gabbia, mentre divora un hot dog e riflette su se stessa. Gibboni che urlano, un barrito, fruscii di ali… E le iene. Le sta osservando da venti minuti. Sono nati due cuccioli e nessuno ha badato a loro, troppo presi dal piccolo orso polare. Sono così, piccoli, rumorosi e teneri, mentre mamma iena li osserva vigile azzuffarsi per gioco. Forse dovrebbe prendersi un cane che le faccia le feste quando torna a casa.
Non ha piani per quella mattina. Vuole solo schiarirsi le idee. Le farebbe bene avere lì Pamela, sfogarsi con lei, raccontarle quello che è successo. Ma Pamela in quel momento è chiusa in laboratorio a fertilizzare gerani. Le ha mandato un messaggio, sperando che ricordi di accendere il cellulare e pregandola di passare da lei quella sera. Ha bisogno di una figura amica per non impazzire del tutto. Perché quello che è accaduto è surreale.
Non posso averlo pensato davvero. È una follia. È assolutamente privo di senso.
L'elemento fuggito da una fiera delle atrocità le ha dimostrato che potrebbe ucciderla in ogni momento. E lei ha provato unicamente il desiderio di prolungare quell'istante all'infinito. Che cosa ha visto sul suo volto deturpato che l'ha spinta desiderare di appartenergli fino all'ultima cellula? Harleen non se lo ricorda. E non vuole rivivere l'esperienza. Al diavolo anche il suo libro. Finirà quella dannata perizia e poi chiuderà con il Joker per sempre. Non può fissarsi sull'idea di essersi davvero innamorata di lui. Sarebbe da masochisti e lei di sicuro non lo è. Deve pensare a se stessa, alla propria vita, al proprio futuro. Non può mettere tutto repentaglio lasciandosi trascinare in quel delirio. È sempre rimasta a galla, in un modo o nell'altro, anche quando le cose hanno preso a girare malissimo. La sta forse pagando in quel modo?
Non è vero, si ripete. Non può avere avuto voglia di accarezzargli quel viso ferito, non può avere provato l'istinto di mettersi tra lui e i colpi di Morales e non può davvero avere finto di sedarlo. Quello no. Forse ha solo sognato di averlo fatto. Il telegiornale non ha parlato di incidenti all'Asylum. Quindi lei deve avergli iniettato quel dannato sedativo. Deve essere andata proprio così. E tutto il resto deve essere stato causato dalla botta che ha preso in testa. Ogni altra spiegazione è assurda.
Un repellente maniaco omicida senza freni inibitori… Non devo perdere di vista questo punto della questione.
Quando se lo ritroverà davanti avrà il controllo totale della situazione. Si impara dai propri errori, Harley. E i suoi trabocchetti sono elementari.
Chiude gli occhi quando le sembra di sentire la sua voce sbeffeggiante che riecheggia nella sua testa domandandole "Quali trabocchetti? Io non ho fatto niente, Harley Quinn."
È quasi grata al telefono che squilla. Le farà bene parlare con qualcuno che sia qualcosa di più di una fantasia malata.
Il numero sul display le è sconosciuto ma la voce di un uomo si presenta subito come Carl Wayland, dello studio legale "Hyden, Jones, Thompson & Wayland". Ciò che ci voleva per ricordarle cosa sta facendo e perché. Una perizia psichiatrica non richiede alcuna empatia. Si tratta solo di mettere in fila dei dati. A quello che succederà dopo ci penserà in un secondo momento.
"L'ho chiamata al lavoro e mi hanno detto che aveva la mattinata libera. Spero non le dispiaccia se mi sono fatto dare il suo numero di cellulare. Avrei bisogno di parlarle con una certa urgenza, prima dell'udienza preliminare di mercoledì prossimo."
Così presto? Pretendono miracoli.
Stanno tutti smaniando per sapere che ne sarà del Joker. Il concetto di fondo. Meno di una settimana per decidere. Sono cambiate troppe cose in quelle poche ore. Liberarsi di lui sarebbe un sollievo. Eppure…
"Credevo di avere più tempo" gli risponde svogliatamente. I suoi occhi seguono due figure vestite di viola. I loro capelli sono di un verde troppo brillante rispetto all'originale. Uno dei due si volte verso di lei regalandole un sorriso scarlatto sul volto candido.
Siamo a questo? I teenager lo imitano e la polizia li lascia fare. Dopotutto ognuno può vestirsi come vuole…
"Lo so, dottoressa. Ma abbiamo fatto di tutto per accelerare i tempi. Ora, se non le è di troppo disturbo, vorrei sapere quando possiamo incontrarci. È probabile che anche il sostituto procuratore voglia parlarle."
Il ragazzo in viola accenna un inchino, poi, con l'abilità di un prestigiatore, estrae una carta dalla tasca della giacca e gliela lancia sulle ginocchia. Quindi si allontana cingendo le spalle dell'altro Joker e Harleen capisce dalla sua figura minuta che si tratta di una ragazza.
"Se ha tanta fretta possiamo vederci per pranzo. Io torno al lavoro alle tre."
L'avvocato esita Che faccia pure come crede. Lei sa benissimo che il Joker è quello che tutti loro definirebbero un pazzo. È un'etichetta molto facile da applicare chiunque violi le regole, coscientemente o meno. Prende fra le dita la carta che il clown le ha lanciato. È assolutamente scontato il fatto che si tratti di un jolly.
Presto le gabbie le faranno per i presunti normali.
"Va bene… va bene, dottoressa. Riesce ad essere all'una in Baker Street, 'Da Pietro'?"
E io sarei in gabbia o fuori?
"Nessun problema. Ci vediamo lì."

Harleen Quinzel scopre di avere una fame da lupi solo quando varca la soglia del ristorante e viene avvolta dal profumo di spaghetti al ragù e arrosto al vino bianco. Una porzione e si sentirà pesante per i prossimi tre mesi, ma decide di infischiarsene e smaltire a colpi di ginnastica.
Wayland è un tipo ricciuto e dall'aria simpatica. Sono praticamente coetanei. È impressionante che sia già socio di uno studio legale di tale fama. I giovani di successo, il futuro di Gotham… E tra noi un terrorista folle dal viso dipinto. Sì, i ragazzi della nostra età sanno come farsi valere.
La stretta del legale è decisa ma fredda. Non le piace. Il suo istinto lo depenna immediatamente da una lista di possibili fidanzati, nonostante il sorriso gradevole. È davanti a un piatto di patate al forno e dopo venti minuti di inutili chiacchiere che finalmente affrontano l'argomento Joker.
"Come avrà intuito, dottoressa Quinzel, premiamo per ottenere l'infermità mentale. Per il modo in cui si sono svolti i fatti, ci sembra palese che il nostro cliente viva in un mondo tutto suo che lo rende ostile a un qualunque tentativo di recupero sociale, se non dopo un'intensa terapia psichiatrica. Questo vuol dire che, o il giudice ci dà ascolto, o il personaggio che si fa chiamare Joker è destinato a scontare più condanne a vita di quante possano stare sulle dita di due mani. Per evitare che questo accada ci serve una sua dichiarazione. Posso sapere che idea si è fatta del mio cliente?"
Il suo cliente…
"Chi è che la paga davvero, avvocato Wayland? Dubito che vi abbia assunti il Joker in persona, dal momento che, come tutti, ignorate perfino il suo nome."
Si sono parlati. Che cosa può avergli detto Mr. J? 'Ok, bello, ti accetto come difensore'? Improbabile.
Wayland assume l'espressione di chi la sa lunga. "Non posso dirglielo, dottoressa. La persona che ci ha incaricato desidera rimanere anonima."
Non le piace quella storia. chi può avere interesse a rimettere in libertà qualcuno che in pochi mesi ha ridotto Gotham ad un carnaio?
"L'uomo dei misteri…" ribatte con sarcasmo. Qualche pezzo grosso della mala, probabilmente. Anche se tutta quella segretezza è eccentrica. "Quindi, quale sarebbe lo scopo di questo incontro? Allungarmi una mazzetta da parte del suo padroncino perché dichiari che il Joker è pazzo e deve restare in manicomio? Non è necessario. È pazzo. E pericoloso." Si toglie la sciarpa per mostrargli il collo. "Questi me li ha fatti lui. Dopo avermi chiamata 'Tortino di zucca'."
Wayland ridacchia, poi, con un colpo di tosse, torna serio, rendendosi conto che non c'è nulla di comico. "Mi dispiace. Deve essere stata una brutta esperienza… Comunque si tranquillizzi. Non voglio cercare di corromperla. Non è nello stile di chi mi ha assunto. Lei ha troppa classe per ricorrere a questi mezzucci."
Lei?
"Vedo" asserisce Harleen. Lei. "E quindi?"
"Quindi, non appena avrà deciso definitivamente l'esito della perizia vorrei che me lo comunicasse. A me prima che ad altri. Per trovare un buon modo per uscirne tutti soddisfatti. Non desidero patteggiare. Ma da quello che mi ha detto non credo che il problema si presenterà. E dovrò contattarla spesso in questi giorni, quindi mi scuso fin da ora per il disturbo."
Le sembra di vederli. Wayland e il Joker. Mr. J che gli ordina di farle consegnare una rosa. Vorrebbe solo sapere se abbia scritto il biglietto di suo pugno. Quell'avvocato è stato tanto imprudente da prestargli la sua penna?
"È una donna a pagarvi, ho capito bene? E chi è, la mammina del Joker?"
"O una moglie segreta e milionaria, per quanto ne so. Gliel'ho detto, dottoressa. Non posso dirle di chi si tratta."
Già.
Una donna senza nome e piena di soldi paga gli avvocati ad un uomo senza nome che possiede solo coltelli. Le battute di Wayland su presunte mogli o roba simile non la fanno affatto ridere.
"Chi sarebbe così pazza da sposare un individuo simile?" sussurra giocherellando con il rosmarino.
"Effettivamente" asserisce deciso l'avvocato.
Effettivamente cosa?
"Posso chiedervi cosa vi siete detti, lei e il Joker, quando gli ha fatto visita ad Arkham?" È una cosa che deve sapere. Non è affatto certa che lui non stia recitando a soggetto il ruolo del folle.
Inoltre potresti dirmi il nome di quella maledetta donnaccia che ti paga. Che sta praticamente tentando di comprare Mr. J. Che chissà in quali rapporti torbidi è con lui.
Wayland scuote leggermente la testa. "Non molto, in verità. Ero con il mio assistente. Mi ha solo raccontato come si è fatto quelle cicatrici. Non posso ripensarci o rischio di sentirmi male" conclude con una smorfia.
Bene. Si è confidato con gli avvocati. Con lei, invece, è passato alle maniere forti. Dovranno fare quattro chiacchiere, quel pomeriggio. Non può trattarla in quel modo. Lei è una professionista che prende le cose molto seriamente.
"Ha avuto una vita dura. Non mi sorprende che abbia il cervello ridotto in quel modo. Per il resto, ci ha detto di fare come credevamo. Ha anche asserito di potersene andare sia da Arkham che da Blackgate in ogni momento e che quindi il nostro lavoro era inutile. E di porgere i nostri omaggi alla signora che si sta occupando delle spese."
Bastardo.
"Non credo sarà necessario portarlo in aula. Dipenderà dal giudice McLean. In ogni caso le farò sapere."
Wayland deve averle dato qualche altra informazione ma lei non stava ascoltando. Non si sente affatto bene. I succhi gastrici stanno facendo gli straordinari e non è colpa dell'ottimo pranzo. Quell'avvocatino di lusso è davvero ingenuo. È probabile che il Joker e la sua bella, chiunque sia, stiano abilmente giocando con tutti loro. Con lei, soprattutto.
Chi è, Mr. J? Perché si è presa a cuore la tua situazione?
Vorrebbe poter controllare la dichiarazione dei redditi della popolazione femminile di Gotham e individuare il soggetto tra le signore in grado di permettersi uno studio legale di lusso.
Scema. Probabilmente è solo una prestanome per qualche organizzazione criminale.
Preferisce pensare che sia così. Preferisce credere di essere l'unica a tenere a Mr. J. L'unica donna della sua vita. Accetta un espresso per chiudere il pranzo. Forse le schiarirà le idee. E le farà passare il mal di stomaco.

Voglio andare a casa, è tutto quello che Harleen Quinzel riesce a pensare.
Il suo paziente viene fatto entrare nel suo studio. La solita storia. Cinghie, sedativi, raccomandazioni. Sguardi preoccupati. Un copione che la annoia. E adesso, quando finalmente restano soli, non sa cosa farne di lui, del suo muoversi nervoso, del sorriso perenne. Ma le basta un attimo per capire di non avere paura. Il ricordo del giorno precedente si è fatto sbiadito. Le resta solo la sensazione di avere sfiorato qualcosa di straordinario. E adesso dov'è? Nelle sue mani agitate che sembrano smaniare per liberarsi dal cuoio che le blocca? O nella sua testa malata?
Che cosa devo fare con te, Mr. J? E tu cosa vuoi farne di me?
"Buongiorno, Harley Quinn. Sono stato un vero angelo, non credi? Tu non mi hai punzecchiato e io ti ho ricambiata non riducendo questo posto ad uno spaccio di bistecche. Non è magnifico? Questo ci rende ottimi amici, giusto? Vieni ad abbracciarmi."
Io non l'ho fatto. Io ti ho sedato. Quindi smettila.
Meno di una settimana troppo poco per perdere la testa del tutto. Non ha davvero motivo per preoccuparsi.
"Ho parlato con il suo avvocato, oggi. L'udienza preliminare è stata fissata per mercoledì mattina. Quindi avrei una certa fretta. Intanto potrebbe accomodarsi e rispondere a qualche semplice domanda."
La sua risata. Cos'altro avrebbe potuto aspettarsi? Banale.
"Semplici domande? Vediamo… Sì, mi piacciono i bambini. In lacrime. No, non ho mai avuto problemi con le donne. Per conquistarne una basta farle trovare rosa nel suo ufficio e… mi accomodo volentieri se tu ti accomodi con me, bambolina di burro.""
No, così non va. Deve tirargli fuori qualche informazione su di sé. Non può permettersi di lasciarsi trascinare in quella schermaglia delirante.
"Siediti o ti faccio legare" lo minaccia quasi ringhiando.
La cosa sembra divertirlo da pazzi. Poi qualcosa cambia in lui e il suo osservarla silenziosamente assume una gravità inaspettata. Quello sguardo la mette a disagio, ma non è disposta a mostrare alcuna reazione.
"Il tuo collo sembra fatto apposta per andare d'accordo con le mie mani, Harley" bisbiglia come se avesse appena scoperto qualcosa di straordinario. "Ma perché non hai paura? Io stavo scherzando, sai? Era uno scherzo. Solo uno scherzo. E neanche uno di quelli buoni. Ma che cos'è era quell'espressione assurda? Che cosa c'è di storto in te? Tu non sei normale, lo sai?"
Harleen lo fissa incredula e per un attimo pensa di aver capito male. Ma non è così. Mr. J sta aspettando davvero una risposta, ma lei può solo scoppiare a ridere.
"Cosa c'è di storto in me? Il Joker insinua che io non sia normale. Questa è davvero fantastica."
È un'evidente posizione di vantaggio. Lui sembra quasi offeso. Forse è l'occasione buona per cominciare a tartassarlo.
"Qual è il tuo concetto di normalità, Mr. J? Quello che hai fatto fino a ieri è normale? Secondo quale etica?"
Vedere riapparire il suo sorriso le è quasi di conforto. "Etica? Sei un prete o uno strizzacervelli, Harley? No, niente di ciò che faccio è etico. Ogni mio singolo gesto è straordinario. Te l'ho già detto. Io sono il sogno inespresso del comune individuo mediocre. E tu da che parte stai, Harley?"
"Dalla mia" gli risponde bruscamente. Filosofia da quattro soldi per un ego abnorme. Nulla di nuovo. "Sembra che le domande non ti piacciano, Mr. J. Purtroppo non abbiamo molta scelta. a meno che tu non voglia dirmi qualcosa di particolare in modo spontaneo."
"Non sai proprio intavolare una conversazione, biscottino. Ti avevo promesso un segreto di quelli belli grandi. Me lo ricordo, sai?"
Come se fosse improvvisamente stanco, Mr. J si stende sul divano e chiude gli occhi. Per Harleen, così apparentemente indifeso, ha un'aria letale.
"Ma, dal momento che abbiamo stabilito di poterci fidare l'uno dell'altra, vorrei che anche tu mi regalassi un segreto. Qualcosa che non diresti mai a nessuno. Dopo ti racconterò tutto quello che vuoi."
Davvero?
Un colpo di pistola. Harleen chiude gli occhi. Non deve pensarci. Segreti. Cosa c'è di più sicuro della mente di un folle per custodirli? Ma non quello. Quello va dimenticato.
"Va bene. Per farmi ammettere al dipartimento di psichiatria ho ricattato il mio preside di facoltà. Soddisfatto?"
La pagherà, prima o poi. Certe cose non vanno mai ammesse ad alta voce. Mai.
L'occhiata che il Joker le lancia è alquanto delusa. "Se non fosse una cosa tanto banale la troverei patetica. Da te mi aspettavo di meglio." Poi si prende il tempo di canticchiare senza smettere di guardarla. "Ok, va bene lo stesso. Farò lo sforzo di trovarlo divertente."
È davvero una giornata no, se perfino lui le fa crollare l'umore. Non sta ottenendo nulla.
"Che cosa devo fare con te?" chiede, anche se non si aspetta che lui lo sappia. Sa benissimo cosa deve fare. Una firma e niente altro.
"Pensi di potermi guarire, Harley?"
Harleen trascina indietro la sedia quando lui si alza e le si piazza davanti appoggiandosi alla scrivania. E adesso? Sul ripiano un tagliacarte, delle penne, tutte potenziali armi che ha lasciato stupidamente a sua disposizione.
"Guarire me? E da cosa dovresti guarirmi? E per farmi diventare cosa?"
Chino su di lei, aspetta una risposta. Guarirlo. Quella è davvero una pazzia. E perderlo mentre viene inghiottito dalla massa informe. È un sacrilegio anche solo pensarlo. "No. mi piace quello che sei adesso. Io voglio solo capirti. Voglio…"
Voglio sentire come te.
Respira profondamente quando sente le sue mani legate sul viso. Le sembra di tornare sempre allo stesso punto. Vorrebbe che qualcuno le mostrasse la via d'uscita. Non è stato un attimo di sbandamento. Sta cadendo. È già caduta. Agonizza sul fondo.
Il mio clown.
Una leggera tensione sulle guance la costringe a distendere le labbra.
"Harley, continua a sorridere. Non c'è proprio niente altro da fare in questo mondo delirante."
Ha gli occhi tristi. Chissà perché se ne rende conto solo ora. I suoi occhi non sanno ridere. È questo il suo dramma. Nessuna ferita di coltello potrà mai costringerli ad essere diversi da quello che sono.
"Come ti sei fatto queste cicatrici?" gli chiede mettendo da parte ogni prudenza.
Ma Mr. J le lascia andare il viso e sembra rimuginare su qualcosa di importante. No, non ci sono dubbi. Ogni suo minuscolo, frenetico movimento è il sintomo di una mente disturbata. E allora perché non riesce a considerarlo solamente un paziente?
"Ti spaventano, Harley? E allora perché non riuscite a fare a meno di guardarle? È un comportamento da maniaci. Vuoi sapere come… No, non credo di volertelo dire "
Dunque si fida più del suo avvocato che di lei. Benissimo, ne terrà conto. Osserva la sua faccia come se dovesse marchiare a fuoco nella propria mente i suoi lineamenti. Sembra stanco, nonostante tutto, come se il suo aspetto rispecchiasse uno spirito che si sta spegnendo.
"Cosa è successo al barbiere addetto? Non doveva fare il suo giro ieri?"
Quell'ombra sulle guance fa spiccare ancora di più i segni indelebili del suo passato. Harleen lo trova triste e ingiusto. Lui invece sembra avere trovato un nuovo motivo di ilarità.
"Mettermi nelle mani di uno qualunque? Non se ne parla. Potrebbe sfigurarmi."
Harleen si ritrova di nuovo a ridere. Sarà qual continuo perdere il controllo a farla finire male, e lo sa bene. Ma non può farci niente.
"Forniscimi un rasoio e posso pensarci da solo" le dice dedicandole l'ennesimo sguardo obliquo.
Certo. E poi diamo tutti il via alla festa…
"Sai, i miei colleghi scommettono sul numero di sedute che passeranno prima che tu mi uccida…" Glielo hanno detto, allegramente, come se nulla fosse, dopo avere fatto finta di essere dispiaciuti per l'aggressione che ha subito.
"Interessante. E tu, quanto credi di poter sopravvivere, Harley Quinn?"
Oh, mio Dio, ho voglia di baciarlo…
Sente che è in arrivo un crollo nervoso con i fiocchi. Deve farlo uscire da lì prima di scoppiare in lacrime davanti a lui. Non sa come potrebbe reagire e non intende scoprirlo. Quelle strane smorfie… Sta forse facendo il verso alla sua espressione infelice? Non lo perdonerebbe mai, se così fosse. A meno che non la abbracciasse fino a farle male.
Dopo… Dopo potresti anche farmi a pezzi…
"Ti sei sciolta i capelli, Harley Quinn. Bella. Ma serve un sorriso su quel visetto morbido. I tuoi sbalzi d'umore mi preoccupano. Posso dirti una cosa che ti farà felice? Vuoi conoscere un segreto talmente grande da permetterti di far esplodere Gotham in un unico multicolore fuoco d'artificio?"
Harleen ingoia il bisogno di disperarsi. C'è davvero qualcosa che desidera condividere con lei? Lo trova meraviglioso. Meraviglioso come lui.
"Sì" gli risponde decisa. Non è forse un modo per diventare parte di lui?
"Benissimo, Harley. Parliamo di Harvey Dent, allora. Vuoi sapere la verità sulle ultime ore del Cavaliere Bianco di Gotham?"

Ricky Thomas ha definito Harleen Quinzel spericolata e incosciente quando l'ha vista volteggiare in modo imprudente e pericoloso fra gli anelli senza un adeguato riscaldamento.
"Rischi uno strappo muscolare. O di spaccarti qualche osso cadendo. La palestra non paga i danni, sappilo."
Lei lo ha ignorato. La tensione da scaricare era troppa. Tutto pur di togliersi dalla testa Harvey Dent. Ma non è servito a niente.
È tornata a casa, ha abbandonato la spesa sul tavolo e, senza neppure fare la doccia, ha acceso il computer. Dopo un'ora in rete non ha trovato prove che lui le abbia mentito. Al contrario, si sta rendendo conto che la meccanica della morte del procuratore distrettuale, così come riportata dalla stampa, è piena zeppa di lacune.
"Vi mentono per farvi stare buoni, Harley. Dent è il vostro lecca-lecca alla fragola che nasconde la medicina cattiva che vogliono farvi ingoiare a forza. Perché vi considerano troppo stupidi e ottusi per vivere senza Babbo Natale. E non importa se il caro vecchietto resta incastrato nel vostro camino a marcire. Voi siete i bambini buoni e meritate un premio. Eccovi un pupazzo eroico con il quale addormentarvi tranquilli tenendolo sul cuscino. Eccovi una figura a cui ispirarvi. Harvey Dent, fabbricato a norma di legge. Maneggiare con prudenza. Non perforare, né bruciare, neppure dopo l'uso."
La sua voce le martella i pensieri, così frenetica e delirante. È così orribile e così facile da credere. Perché glielo ha detto? E cosa si aspetta da lei, adesso?
Forse… Forse era meglio morire di noia…
Gotham, fasulla come i suoi eroi. E allora tanto vale dipingersi la faccia di bianco e mentire in modo schietto dicendo la verità. Che forse davvero meriterebbero di bruciare tutti. Lei per prima.
Solo tu resteresti in piedi, Mr. J. Trionfante, in una città in macerie. Tu che hai capito la vera natura di Gotham e ridi di lei e la colpisci alle spalle.
Lo hanno rinchiuso perché è migliore di loro, ecco la verità. Lo hanno rinchiuso perché preferiscono distogliere lo sguardo e credere alle loro stesse favole. Ora vorrebbero che lei lo dichiarasse pazzo. E che poi lo rendesse uguale a loro. Ora sa il perché. La loro paura non è legittima. È marcia. È spaventosa. Gotham è un gigantesco manicomio. Vigilantes dalle ali nere che si spacciano per assassini. Cavalieri senza macchia che lanciano monete per decidere tra la vita e la morte. E la polizia che asseconda il loro gioco.
E io? A che gioco voglio giocare? Avrà freddo, laggiù in isolamento? In quel posto si gela.
Si sente ridicola, in mezzo a quell'angoscia soffocante, a scoprire quegli assurdi moti di tenerezza. Ma ormai c'è poco che lei possa fare. Tranne mentire disperatamente a se stessa come deve fare chiunque respiri quell'aria malsana. Esiste un modo per scappare? Non doveva succedere. Non a lei.
Mr. J, perché hai scelto me per far scattare la tua tagliola? Hai davvero bisogno di me? Mr. J, dimmi che è così. Dimmelo, e sarò per sempre il tuo Arlecchino.
Il campanello la risveglia bruscamente. Per quanto tempo è rimasta a fissare lo schermo senza vederlo? Abbastanza, le dice il suo screensaver floreale.
E adesso? Alla porta insistono. Non ha idea di chi possa essere. E adesso vai ad aprire, stupida…
Pamela Isley ha un nuovo taglio di capelli, un vaso con una pianta in mano e l'aria terrorizzata.
"Tesoro, stai bene? Ho fatto prima che ho potuto!"
Cosa?
No, non si sente bene. Ma questo Pamela non può saperlo. Poi ricorda il messaggio che le ha mandato quella mattina. E lei è lì. La sua Rossa c'è sempre. Vorrebbe risponderle e dirle che non è successo nulla di grave. Ma i suoi nervi scelgono quel momento per cedere. Si ritrova abbracciata a lei a singhiozzare sula sua palla. La sente dire qualcosa a proposito della peonie schiacciate, poi si lascia condurre dentro. È tutto confuso a parte gli occhi che le bruciano, un dolore al petto e Pamela che la abbraccia. Le chiede cosa siano quel lividi sul collo e Harleen glielo dice. Le dice tutto Non le nasconde nulla e la sente ripetere "Quel bastardo… quel dannato pazzo…" e allora si asciuga gli occhi e la prega di tacere, che non è così, che la colpa è sua e che Mr. J…
"Sono nei guai, Rossa. Quando gli sto vicino perdo la testa. E quando non c'è non faccio che pensare a lui. Sono malata, Pam. Non posso aver cercato lui per tutta la vita. Non ha senso. Non ha senso, vero?"
"No, non ne ha." Pamela adesso sembra arrabbiata, mentre la lascia sola sul divano.
Harleen vorrebbe pregarla di tornare indietro. È così confortante, Pamela. Forse perché è tanto più alta di lei, la fa sentire come una bambina che ha bisogno di affetto.
"Non ne ha" ripete infilandosi in cucina. "Ti preparo una tisana, cucciolo. Dovrai berla tutta e poi faremo quattro chiacchiere molto seriamente."
Una tisana?
La sente trafficare con fornelli e bollitore. È piacevole essere accudita, anche se Pamela la sta trattando come se avesse l'influenza.
"Ma che diavolo… Harley, mi spieghi cosa devi farne di schiuma da barba per pelli delicate e quattro tipi di dopobarba?" La voce di Pamela è alterata e il suo aspetto lo è ancora di più quando torna in salotto lanciandole un'occhiata furibonda.
"È la spesa" si giustifica Harleen. "Ho dimenticato di metterla via" azzarda con un sorriso, ma Pam non sembra lasciarsi intenerire.
"Dimmi che quella roba non è per… per Mister Mentecatto. Ma che ti prende, Harleen? Sei in gamba, sei intelligente. Non puoi davvero esserti presa una sbandata per quel mostro. Dov'è l'amica saggia che mi faceva la predica solo una settimana fa? Sai che ti dico? Avevi ragione. Avevi ragione su tutto. E adesso? Mi annunci in lacrime di esserti innamorata del Joker! Del Joker, dannazione!"
"Non gridare…"
Quando fa così Pamela le fa davvero paura. Harleen si rannicchia sul divano. Ha detto forse che ha rotto con Jason Woodrue? L'ha detto o ha capito male? È ridicolo trovarsi a ruoli invertiti in così poco tempo.
Cosa faccio, adesso? Come me la cavo?
Pamela può sbraitare e arrabbiarsi, ma Harleen sa che in fondo capisce come si sente. La logica, la ragionevolezza, il buon senso spariscono quando ci sono i crampi allo stomaco e il desiderio incontrollabile di toccare un'altra persona, di artigliarla, piantandole le unghie nella carne perché non possa più allontanarsi. E lei lo chiama mostro. In tanti lo chiamano mostro. Quindi perché lui dovrebbe avere delle remore a calpestarli tutti? Nessuno di loro gli ha mai fatto domande. Lei invece sa che deve esserci un nodo da sciogliere dentro di lui, che sta gridando, e solo lei ha i mezzi per ascoltarlo.
Mi farà male. Lo so che mi farà male. Ma senza di lui starei peggio.
Vale la pena di rischiare tanto? E per cosa? Non uscirà mai da Arkham. E lei continuerà a parlargli, giorno dopo giorno, fino all'ultimo momento. Non è quello che aveva sognato. Ma c'è una vena di poesia, in fondo.
Murarmi viva con te… Fino a quando deciderai che di me ne hai avuto abbastanza. Ma io non permetterò che quel giorno arrivi.
Passa i minuti successivi a fissarsi le mani, fino a quando Pamela non le porge una tazza bollente. L'odore erboso le fa storcere il naso.
"Che cos'è? Questa robaccia è tua, vero?"
Pamela le si siede accanto. "Bevila e non fare storie. Te ne ho portata una piccola scorta da casa. Prendila ogni mattina per dieci giorni di fila. Se mi vuoi bene fallo. Dopo ti sentirai meglio. È un regalo che ti sto facendo."
Quell'intruglio è amaro e disgustoso. Harleen deve trattenere i conati per riuscire a finirne la metà. Dovrebbe chiedere a Pam di Woodrue. Una vera amica lo farebbe. Forse domattina, se si fermerà a dormire lì.
"Harleen, dobbiamo fare un bel viaggio. Io e te. Prenditi le ferie. Partiamo il prima possibile. Andiamocene. Dimentichiamoci di questi dannati uomini, per un po'. Che si tratti di quella carogna del mio capo o del tuo sgorbio assassino. Stacchiamo la spina da tutto."
"Non chiamarlo in quel modo" la rimprovera Harleen.
Partire? Sarebbe facile. Se solo avesse il coraggio di farlo davvero.
"Harley, non puoi…" Pam le regala una smorfia di disgusto. "Non riesco nemmeno a pensarci. Tu sei così carina, e lui… No, no, non ce la faccio. Dimmi che non è successo niente. Dimmi che non l'hai nemmeno baciato."
Dovrebbe smetterla con quella pantomima. Le sta dando fastidio. "Non ancora" le risponde.
Pamela sta peggiorando le cose. Ora sta rendendo sempre più forte in lei la voglia di proteggerlo, di difenderlo da chi semplicemente non può arrivare a capire quanto sia straordinario.
Quale altro uomo si accorgerebbe subito che hai cambiato pettinatura, Pam?
La vede passarsi una mano sulla fronte come se stesse per gettare la spugna, ma Harleen sa benissimo che non è così.
"Lui lo sa? Perché, se lui lo sa, sei nei guai. Potrebbe avere anche studiato tutto ad arte. Forse spera di poterti usare per fuggire, ci hai pensato? Harley, hai idea di quello che ha fatto quell'uomo?"
Certo…
Il sorriso rassicurante di Harvey Dent, la sua aria onesta e pulita…
Chi siamo noi per giudicarlo, Rossa? Chi di noi è senza peccato?
Il dito sul grilletto. Lei che supplica "Possiamo sistemare tutto." E il colpo…
Mi ha scelta perché sono come lui.
Identici. Egoisti. Crudeli. Lei però sente ancora il bisogno di mantenere la propria facciata immacolata. Mr. J invece è libero. Libero, nonostante le solide mura che lo imprigionano.
"Devo sorridere, Pam. Non c'è proprio altro da fare in questo mondo delirante."
Pamela non capisce. Scuote la testa. Le dice cose strane, che ha bisogno di uscire con qualcuno, che non ha un appuntamento da troppo tempo. Lei annuisce. Forse è una buona idea. Forse deve davvero soltanto ricordare che al mondo non c'è solo l'Arkham Asylum.
"Potrei chiamare Jonathan. E dirgli di portare un amico per te…"
"Harley…" Di nuovo quel tono di rimprovero. Eppure stavolta lei è certa di non aver fatto nulla di sbagliato. "Non hai sulla tua agenda il numero di qualcuno che non sia uno psicopatico?"
La risposta è semplice. Sì, ma tende ad ignorarli. Non può dire neppure di avere dei veri amici. Solo Pamela. Da quando ha smesso di osservare il mondo esterno? Dal suo primo giorno ad Arkham?
"A proposito di pazzi, l'hai visto questo?" Pamela allunga il braccio verso la borsa e tira fuori il Gotham Times. In prima pagina c'è un enorme punto interrogativo.



Un nuovo criminale sulla scena cittadina sfida la polizia a colpi di indovinelli
CHI È RIDDLER?


Si avvicina una nuova ondata di terrore? Il commissario James Gordon dichiara: "Siamo di fronte a qualcuno in grado di far apparire il Joker un dilettante."



Riddler… Buffonate. Mr. J un dilettante. Che idiozie. Se solo fosse libero, rimetterebbe al suo posto questo novellino nel giro di mezza giornata.
Se solo fosse libero…


All our dreams have melted down
We are hiding in the bushes
From dead men
Doing Douglas Fairbanks' stunts

All our stories burnt
Our films lost in the rushes
We can't paint any pictures
As the moon had all our brushes

Extracting wasps from stings in flight
Who killed Mr. Moonlight?
In the shadow of his smile

(Bauhaus, Who killed Mr. Moonlight?)











Note:
1) Sì, le iene sono proprio Bud e Lou in versione cucciola. Harley deve avere i suoi 'Babies' almeno per un cammeo. Sappiamo come va a finire se qualcuno la orba delle sue iene. Nell'episodio 'Harlequinade' ha rifilato un calcio in faccia al suo Puddin' perché voleva abbandonarle in previsione di un'esplosione e per averle proposto in cambio "I'll buy you a goldfish!" (Amo quell'episodio!)
2) Il cucciolo di orso polare: acchiappato al volo dalle notizie random che scorrevano nel bordo inferiore dello schermo di uno degli episodi di Gotham Tonight. Non chiedete troppo alla mia memoria. Non mi ricordo quale.
3) No, non ve lo dico chi è la tizia che sta pagando gli avvocati. Sì, esiste. Sì, è un personaggio canon. No, non è una fidanzata segreta di Mr. J. Convincere Harley di questo sarà più dura. Ma farò del mio meglio.
4) Ok, chiedo scusa per le battutacce che ho messo in bocca a Wayland circa il fatto che nessuna donna sposerebbe mai il Joker. Il Joker del fumetto è vedovo (sicuri che non sia la sua ennesima fantasia?). Amo pensare che quello di Nolan sia assolutamente single. L'unica donna che riesco a immaginare al suo fianco è Harley. O Lefteye. Ok, questa è una slecchinata tremenda pro lettrice affezionata . Ignoratemi. ^_^
5) La ricetta del bibitone che Pamela fa bere ad Harley non ve la do. Forse è davvero solo una tisana. Forse Pamela è convinta che abbia degli effetti benefici. Forse davvero renderà Harley immune da ogni tipo di veleno, forte e agilissima come nel fumetto (MAH!). Io sono favore della seconda ipotesi.
6) Non volevo accennare a Riddler, all'inizio. Ma anche questa è una tentazione alla quale non ho resistito.
7) Questa non è una nota. Questa è un delirio da fan girl. Questa settimana sono successe due cose nell'allegro mondo di Harley e Mr. J.
Primo: Italia 1 ha trasmesso 'Two of a Kind', episodio che segna l'esordio di Harley nella serie 'The Batman', scritto dalle manine sante di papà Paul Dini. Scene topiche: la serata in città con canzoncina ad hoc, il salto dal grattacielo con l'ombrello del Pinguino, il momento in cui Harley mette a cuccia le iene e quello in cui il Joker le porta un diamantone rubato urlando tutto contento "Buon San Valentino" e lei lo liquida con un laconico "Sì, carino." Dolenti note: l'adattamento. Nella versione originale, doppiata da Hynden Walch, Harley è bambinesca, schizzata e un tantinello scema. In italiano è venuta fuori viziata, acida e arrogante. Alcune battute sono andate farsi benedire e sono ancora qui a chiedermi perché "Sciocchina, non potrei mai essere arrabbiato con te" sia diventato "Ma che bel faccino e che belle guance" o qualcosa di simile. E hanno tradotto "Puddin'" con "Tesoro". Che sforzo...
Secondo! (Esclamativo d'obbligo!) Tutto quello che dirò è affetto da fangirlismo acuto, quindi sappiate che in questo momento la camicia di forza serve a me. "Joker" di Brian Azzarello, con le matite di Lee Bermejo, uscito in America in settimana. E non me ne frega niente se il Joker sembra il nonn… ehm, il padre del Nolan-Joker. E non me ne frega niente se Bermejo asserisce che il SUO Joker sia precedente a quello di Nolan che quindi si sarebbe ispirato ai suoi bozzetti e non viceversa (che se la vedano loro). Non me ne frega manco niente se alla fin fine detesto la voce narrante di Jonny (senz'h) Frost. Non me ne frega neanche del fatto che Mr. J stupri la moglie di suddetto Jonny (sempre senz'h), né che faccia uso di droghe (ok, solo a me queste sembra una gigantesca idiozia? L'idea che la pazzia del Joker dipenda dall'uso di stupefacenti mi sembra leggermente qualunquista). Ma parliamo di Harley! Silenziosa, sadica, spietata, tosta! Splendida! Adoro il modo in cui interagisce con Mr. J. Adoro il suo essere la sua ombra. Adoro l'idea che si capiscano senza bisogno di parole. Adoro perfino il fatto che il Joker abbia perso del tutto l'abitudine di maltrattarla quando gli girano. Adoro la scena dello strip che finisce con uno scuoiamento (Harley col ghigno satanico e il coltellaccio da macellaio in mano è fantastica!) ma soprattutto adoro il momento in cui il Joker è in ginocchio davanti a lei e piange stringendole la vita. Aspettavo una scena simile da vent'anni! Ora, in attesa di averne una copia completa e cartacea posso solo incrociare le dita e sperare che alla DC si mettano una mano sulla coscienza e li facciano ritornare insieme anche nella continuity ufficiale (anche perché io ODIO Holly Robinson. Se proprio Harley deve aver un'amica del cuore quella deve essere Poison Ivy!) , magari dando un giro di vite al loro rapporto più che decennale seguendo la via di Azzarello (però il chiacchiericcio querulo di Harley lasciatemelo…). Non so se questo sarà il nuovo 'Killing Joke' e francamente ne dubito (questo è puro pulp che ho letto senza problemi. Il 'Killing Joke di Alan Moore è per me un pugno nello stomaco quasi insostenibile), ma intanto bacio le mani ai due autori per avermi mostrato questa splendida versione di Harley Quinn, per avere realizzato uno dei miei grandi desideri e per avermi autorizzata a sbracare pesantemente con lo zucchero malato nella mia storia. Potrò inserirci qualche scena di pucciosità sadica e dichiarare solennemente di essermi ispirata ad Azzarello. Provate a smentirmi!

Ringraziamenti:
Sychophantwhore: grazie mille. Il rapporto tra Joker e Harley DEVE essere inquietante e malato. Diciamo che non il tipo d'uomo che si presenta tranquillamente alla mamma una domenica pomeriggio. Io li adoro insieme proprio per questo.

Lefteye: Cominciamo dalla cose serie. Vorrei chiederti quale sia 'l'odiata squadra di calcio' ma temo che la tua risposta potrebbe portarmi a dirti 'Sai perché preferisco i coltelli? Le pistole sono troppo veloci.' Quindi passiamo ad altro. Anche perché suddetta squadra al momento se la passa malissimo e sarebbe come sparare sulla Croce Rossa (non che non sia divertente sparare sulla Croce Rossa, ma vabbè…)
Oggettivamente ora non posso entrare nella testa del Joker. Sarebbe un passo falso nel processo creativo. So cosa lui stia pensando ma non posso mostrarlo. Perderei il punto di vista di Harley e il suo deliro d'amour fou se usassi il filtro dell'oggetto del desiderio. Me lo terrò come ciliegina sulla torta per il gran finale. Comunque il fatto che nel volume di Paul Dini e Alex Ross venga detto che Harley Quinn in un suo articolo sia stata l'unica ad asserire che il Joker sia perfettamente sano ma che gli piaccia apparire pazzo è qualcosa che vi accomuna in modo inquietante. Non è che sei posseduta dall'Arlecchino?
Scherzi a parte, la follia del Joker, per quanto mi riguarda, è la sua costante, in ciascuna delle sue incarnazioni, anche nell'ultima. Rovescio il tuo discorso e ti chiedo: possibile che sia proprio il suo aprire gli occhi a scatenare in lui il processo che porta alla sua mente attuale? I suoi discorsi non fanno una piega, la sua logica è ferrea, è chiaramente un genio: quello che marca la sua pazzia (oltre a ciò che traspare dalla sua fisicità e dai suoi movimenti) è l'assoluta mancanza di empatia con gli altri esseri umani che lo porta a dare un valore inesistente alla vita, perfino alla sua. Ciò che lo identifica come pazzo è una sorta di nichilismo portato all'estremo in nome del gioco-burla del messaggio che, pur non facendo una grinza, ha bisogno di un mezzo di comunicazione delirante e privo di regole. Il Joker di Nolan apparentemente non ha uno scopo. In realtà il suo unico scopo è quello di dimostrare che gli altri sono come lui. Lo trovo un dettaglio di un'amarezza estrema nella dualità 'non sono pazzo/non sono solo - perché siete tutti pazzi'. Poi, come farò dire più avanti per bocca di Harley al commissario Gordon, la gente comunque ha il brutto vizio di confondere la pazzia con la demenza. E il Joker tiene alla sua psicosi per quanto la neghi. La coltiva con estrema cura. E qua ci sta bene una citazione di Nathaniel Lee (che credo di avere pescato proprio in un sito su Mr. J tanto tempo fa). "Mi hanno chiamato malato mentale, io li ho chiamati pazzi. E, dannazione, hanno vinto loro perché abbiamo contato i voti!"
Mi leggerò la tua storia dopo aver messo la parola FINE ad Amour Fou. Sto tentando di evitare ogni influenza da parte di altri fanfic writer.

Killme: Sì, la serie a fumetti s'è persa e s'è persa di brutto. Per quanto mi riguarda ha cominciato a perdere colpi dopo il viaggio di Harley e Ivy a Metropolis. Ma il finale in cui lei va a bussare alla porta dell'Arkham Asylum chiedendo di essere rinchiusa per poi regalarci l'ultimo ghigno in stile Psycho m'ha fatto venire i brividi.
Non seguirò il fumetto. Sto cercando di adattarmi al mondo di Nolan, anche se ogni tanto pesco di qua e di là. Come ho già detto. La Harley di carta non potrebbe mai interagire in modo convincente con il Joker di celluloide. La sto plasmando con in testa il Nolanverse pur mantenendo la materia originale.
Conosco le fanart di Thundertori ma non mi fanno impazzire (sbarello pesantemente per quelle di Loony Lucifer sullo stesso tema, invece. E sono moooolto più bollenti), ma d'altra parte per me non è un problema la ship Batman/Joker. Dopotutto il Pipistrello è l'unico personaggio che il Joker 'ami' a suo modo oltre ad Harley. E li ho sempre trovati parecchio ambigui, sì sì. D'altra parte non mi faccio alcun problema nemmeno con la ship Harley/Ivy, quindi diciamo che il mio fanatismo per il Puddin' e la Pumpkin Pie è piuttosto elastico. Possono farsi le corna, ma solo con chi dico io. XD Ma se c'è una categoria di fanfiction - fanart che non capirò mai (e sto facendo degli sforzi enormi in questo senso) è quella che supporta la ship Joker/Rachel. Quando la trovo mi riempio di punti interrogativi peggio di Riddler. Che senso ha? Perché le ha detto 'Buonasera, bellissima'? Ah, allora. Oltretutto non sapevo che Mr. J fosse miope.

Alla prossima, e ricordatevi che stasera c'è la mia Harley, Kristen Bell, che fa la pazza in Heroes. Tanto per. ^_^ .



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Capitolo 9
*** Terapia n°6 - Take care of me ***


Terapia n°6

"Take care of me"


 





The hole in me
I cannot reach

the one who bleeds
please set him free
the hole in me

The hole in me
that no one sees
the hole too deep
inside of me

(Blackfield, Hole in me)

Una volta fatta l'abitudine al sapore terribile, la tisana di Pamela Isley lascia in bocca un retrogusto piacevole e aromatico. Quando le ha chiesto gli ingredienti Pam ha sorriso a modo suo, stilando un elenco di erbe tossiche e veleni estratti dalle ghiandole dei serpenti più letali. Il suo senso dell'umorismo non è granché.
"Avrò molto da fare, nei prossimi giorni, Harley. Scusami se non sarò molto presente" le ha detto poi. "Ci sono delle cose che devo capire a tutti i costi. Cose che riguardano Jason. Ne parleremo martedì sera."
Harleen si è sentita stringere il cuore. Questo vuol dire che non ha più il permesso di chiamarla fino a nuovo ordine? Pochi giorni…
Non sono mai troppo pochi. Soprattutto adesso che ho bisogno di te.
Pamela non ha voluto dirle di più, ma Harleen ha capito che deve trattarsi di qualcosa di grosso. Non può che farle piacere il fatto che stia aprendo gli occhi sul professor Woodrue. Spera solo che duri.
Niente da fare, Rossa. Se ti conosco, basterà che dica due parole e scodinzolerai di nuovo ai suoi piedi.
Si sente piena di buoni propositi, quella mattina, cosa che farebbe storcere la bocca alla sua amichetta giardiniera, se potesse leggerle nel pensiero. Per la prima volta decide di sfruttare fino in fondo il potere che il dottor Arkham le ha dato. Nella zona di isolamento non sembra mattina. Le luci artificiali sono sempre uguali. Il suo paziente la guarda appena, senza muoversi dalla branda. Lei accenna un timido saluto con la punta delle dita, che viene sistematicamente ignorato. Harleen non se la prende.
"Vi lascio soli. Chiami quando ha finito" le dice Everton con aria seccata. Niente da fare. Morales è decisamente più simpatico, anche se tende a preoccuparsi eccessivamente.
"Un momento" lo frena Harleen. "Ho bisogno del suo aiuto. Gli metta la camicia di forza, piazzi la sedia vicino al lavandino e ce lo leghi saldamente. Stamattina proviamo una terapia speciale" afferma aprendo la grande borsa che si è portata dietro.
L'interesse di Mr. J si risveglia all'improvviso. Scatta a sedere e la fissa con aperto odio. Non è difficile decifrare il movimento silenzioso delle sue labbra. "Non ti azzardare… carogna traditrice… questo non è divertente… questo non fa ridere…"
Per una volta non è affatto d'accordo con lui. La situazione è molto divertente, qualunque cosa possa dire. Anche se è un cattivo segno vedere Everton scrocchiarsi le dita prima di entrare nella cella con tutto ciò che occorre per immobilizzarlo.
"Allora, signor clown. Le regole le conosci. Una sola mossa falsa e il trucco ti servirà per coprire i lividi quando sarai riuscito a riprendere i sensi, mi sono spiegato?"
Quelle minacce non le piacciono. Chissà cosa succede in quel posto quando lei non è lì a controllare. Hanno il diritto di usare la forza su di lui e Harleen ha l'impressione che non esitino ad approfittarne. Improvvisamente le due ore quotidiane che passano insieme le sembrano troppo poche.
Il Joker non tenta alcuna reazione, ma lei avverte la sua rabbia. Avrebbe voluto poter evitare di farlo legare in quel modo ma, nonostante tutto, non può ancora fidarsi di lui.
Nessun rancore, pensa vedendolo immobilizzato infuriato. È solo per il tuo bene.
Si fa consegnare da Everton la scheda codificata per chiudere la cella e lo invita a lasciarli. Adesso inizia il vero divertimento. Le pupille di Mr. J si muovono freneticamente mentre Harleen gli sistema un asciugamano intorno al collo e gli ricopre la faccia di schiuma da barba.
"Ti ucciderò per questo, lo sai? Lo sai?"
"Lo so" gli risponde serafica legandogli i capelli con un elastico rosa. "So che mi ucciderai. Con un pretesto qualunque. Ma non oggi."
Si sente magnificamente bene. È una situazione così dolce che il cuore le batte come quello di un'adolescente.
"Stai fermo. Non voglio tagliarti" gli dice cominciando a lavorare con il rasoio usa e getta. Deve avere la mano molto leggera. Non vuole correre il rischio di lasciargli sul viso qualche brutto ricordo.
Ti dà alla testa la vista del sangue, Mr. J? È un argomento che dovremo approfondire.
Si ritrova a studiare ogni dettaglio di quel volto costantemente ghignante e capisce che nessun altro ha avuto la possibilità di entrare a contatto con lui a quel modo, di averlo docile sotto le proprie mani, completamente sottomesso, o forse semplicemente troppo annoiato per tentare una reazione. La linea del collo forte, la mascella, le labbra imbronciate…
Mi auguro che chiunque ti abbia fatto questo stia marcendo tre metri sottoterra. Con quale coraggio si può deturpare un simile viso?
Si chiede quanti anni abbiano quelle cicatrici. Non riesce a dirlo con precisione. Non sono recentissime ma la loro forma e i segni ampi della cuciture maldestre sono troppo netti per risalire alla prima infanzia.
Perché non me ne parli, Mr. J? È da qui che ha avuto inizio tutto, non è vero?
"Nemmeno un leggero tremore… Facciamo un giochino, Harley Quinn. Vediamo se la tua mano riesce a restare ferma. Una piccola esitazione e mi prenderò qualcosa di tuo, ci stai?"
Non gli risponde. Come potrebbe dirgli di no? È comunque legato. La sua libertà d'azione al momento è pari a zero.
"Zitto. Mi fai perdere la concentrazione."
Davvero ieri era piena di dubbi? Che stupida. È tutto talmente semplice. Non le importa affatto che quella non potrà mai essere definita una relazione 'normale'. Quella sarà una relazione 'grande' e 'speciale'.
Lo so che anche tu mi ami, Mr. J. Lo so.
"C'è un tuo collega, Harley. Tutto serio e professionale, come te. O come quel simpatico Connor. Si chiamava Connor, giusto? Un uomo alla mano."
Non dovrebbe ridere. È una cosa cattiva. Ma resiste a stento. "Si chiama ancora Connor. È sopravvissuto, per quanto la cosa possa dispiacerti."
Lui alza gli occhi al cielo con aria seccata. "Non interrompermi, Harl. Mi fai perdere il filo. C'è uno psichiatra, tale e quale a Connor… A proposito, portagli dei cioccolatini da parte mia, e ricordati di metterglieli a sinistra, o potrebbe avere dei problemi a prenderli. Dunque… Il tuo collega riceve un paziente nel suo studio. Come fai tu con me, ma senza tensione erotica."
Harleen allontana il rasoio dal suo viso. La domanda che le ha fatto Pamela adesso ha una risposta. Sì, lui lo sa. O almeno sa che lei prova qualcosa nei suoi confronti. Meglio che pensi che si tratti semplicemente di attrazione fisica.
"Ti ho messa in imbarazzo? Scusa tanto. Credevo che la cosa ormai fosse ufficiale."
Quel sorrisetto saccente. E quello sguardo scaltro… Non vuole incuterle timore. Non è quello il suo scopo. O forse sta ancora studiando i mezzi per riuscirci.
Con il tentato omicidio hai fallito. Cosa ti inventerai adesso?
"E che succede nello studio del mio collega?" chiede. Meglio tornare alle sue storielle. Molto meglio.
"Oh, è semplice. Il paziente è completamente idiota. Immaginalo come il Bat-fesso in una delle giornate migliori."
Harleen apre la bocca per parlare, ma poi cambia idea. Non è il momento migliore per chiedergli come sia Batman visto da vicino.
"Stanno ancora facendo finta di volerlo arrestare, là fuori? Non importa. I passatempi del caro Jimbo non sono affar nostro. Per farla breve, il sosia di Connor mostra a Bats le sue utilissime macchie di Rorschach e gli chiede cosa veda nel primo foglio. 'Un uomo e una donna che fanno sesso' risponde il nostro eroe."
Harleen si ripromette di lasciarlo legato a vita se tutta quella storia dovesse concludersi con una serie di volgarità. Non reggerebbe la delusione.
"Ho finito" gli annuncia, poi usa l'asciugamano per toglierli dalla faccia i residui di schiuma. "Ho portato tre tipi di dopobarba. Quale preferisci? Speziato, agrumato, fruttato?"
"Non vale. Il nostro giochino non ha più senso, così. Potresti, gentilmente, darmi un'altra passatina?"
Lei gli sorride. Potrebbe restare a sentire le sue scemenze per sempre. "Ok, allora deciderò io" conclude.
Agrumi. Vanno d'accordo con la sua personalità o almeno così le dice l'istinto.
"Il cliente non è del tutto soddisfatto. Dimmi una cosa, Harley. Lo fai con tutti i tuoi pazienti o devo sentirmi un privilegiato?"
Harleen si bagna le mani con la lozione e poi gliela passa sulle guance. La ruvidezza delle cicatrici le fa venire la pelle d'oca. Si chiede che effetto faccia sfiorarle con le labbra.
"No. Lo faccio solo per amore" gli risponde d'istinto. "E Connor che fine ha fatto?"
"Te lo dico subito, basta che tu la smetta di affogarmi nella spremuta. Connor mostra al suo paziente in nero un'altra immagine e lui gli dice di vederci due uomini che fanno sesso."
Ad Harleen si mozza il fiato quando sente la sua mano cingerle la vita. Quando e come è successo? Non ha fatto che movimenti minimi. Come è riuscito a liberarsi senza che lei neppure se ne accorgesse? Dovrebbe chiamare Everton. Subito. Prima che… La sua stretta è salda. Con lui non sarà mai del tutto al sicuro.
"Vuoi urlare, Harley? Non sto facendo nulla di male. Solo ribadendo un concetto elementare. Anzi, due."
"Quali?" gli chiede tentando di apparire calma.
Lui riflette per un attimo. "Connor mostra al roditore una terza immagine. 'Due donne che fanno sesso' risponde subito il pipistrello. Quali… vediamo… Il primo è che or potrei prenderti come ostaggio e minacciare di spezzarti il collo se qualcuno prova a fermarmi. Ma non credo di volerlo fare, adesso. C'è tanto di quel tempo per andarcene di qui. Il secondo è che tu mi sei mia. Ricordatelo bene, biscottino."
Sì.
"Dovrò legarti di nuovo prima di andarmene, lo sai? Non fare mai una cosa del genere nelle zone con le telecamere a circuito chiuso" gli suggerisce togliendosi la sciarpa e passandogliela intorno al collo. Non ha motivo di nascondere i lividi. Sono il suo marchio su di lei. Sarà orgogliosa di mostrarli. "Te la regalo. Con questa starai più caldo."
"Legarmi. Mi piace l'idea. E poi? Avrai il fegato per fare quello che vorresti tanto fare proprio adesso?"
Harleen gli scioglie i capelli. Questo li rende due potenziali amanti clandestini? In fondo non lo sono forse stati da subito? Ma non cederà. Non prima dell'udienza. Non sarebbe professionale.
Però tu continua a stringermi, grazie…
"No" gli risponde mentendo. "È una soddisfazione che non ti darò mai. A meno che tu non decida finalmente di collaborare."
Che idea ridicola. La perizia al momento è l'ultimo dei suoi pensieri. Ha solo un bisogno disperato di conoscerlo davvero.
"Cosa vuoi sapere, Harley?" le chiede Mr. J con tono condiscendente. "Ti dirò tutto ciò che vuoi. Per farti continuare a sorridere. Però avrei bisogno di un piccolo favore."
"Che genere di favore?" gli chiede Harleen allarmata. "Se si tratta di qualcosa di illegale…"
Mr. J scuote la testa. "Oh, no. Non ti chiederei mai di venire meno ai tuoi saldi principi. Devi solo andare a fare una visitina al negozio tra la Jefferson Avenue e la 54a e dire alla proprietaria di preparare il prima possibile un 36. E anche un 12."
Armi? si chiede Harleen. Lo scoprirà quella sera. L'idea di rifiutarsi non la sfiora neppure.
"C'è altro?" domanda.
"No" risponde lui. "Te l'ho già detto che mi fai girare la testa? Una come te si incontra una volta nella vita. Una come te, capace di guardarmi in questo modo adorante…"
Deve andare, ora. Ha già azzardato troppo. Qualche minuto ancora e si ritroverà a strisciare ai suoi piedi
"Come finisce la tua storiella?" gli chiede.
Mr. J la lascia andare. Per quel giorno Harleen non può aspettarsi più nulla. Ed è meglio così.
"È semplice" conclude lui. "Il medico dice 'Bene. Credo di avere capito quale sia il suo problema. Possiamo cominciare a lavorarci su'. E il paziente risponde 'Il mio problema? È lei che tiene certa roba nel suo ufficio.'"
Ti odio.
Harleen lo lega, chiude la cella, riempie di nuovo la sua borsa e chiama Everton, senza smettere di ridere e sentendosi estremamente stupida. Dovrà lavorare anche nel weekend. E l'idea non le dispiace affatto.

Il fatto che il dottor Arkham si comporti in modo fin troppo gentile fa stare Harleen Quinzel sul chi vive. Dopo il suo invito a imboccare l'uscita al più presto non si sono più parlati. Harleen gli ha girato regolarmente i rapporti lasciandoglieli in portineria e perfino incrociandosi nei corridoi si sono limitati al reciproco saluto. Ma ora il vecchio sembra più rilassato.
"Mi hanno riferito che questa mattina si è occupata personalmente della toeletta del paziente. Non crede di stare andando oltre le mansioni che le competono?" le chiede porgendole una ciotolina piena di caramelle.
La parola 'toeletta' la fa pensare immediatamente a un barboncino infiocchettato. "Direi che non ho avuto molta scelta, dal momento che il barbiere regolarmente pagato per fare il suo lavoro su tutti i nostri pazienti si rifiuta di avvicinarsi a lui. Sono stata prudente, glielo assicuro."
Cosa c'è di più piacevole di un forte braccio maschile intorno alla vita?
Nessuno dovrà sapere mai che il Joker per parecchi minuti è stato libero e che lei non ha chiamato aiuto. Sarà il loro segreto. Purché non sia solo il primo di una lunga serie. Non posso rischiare così tanto…
"Capisco" commenta Arkham lasciandola quasi incredula. Nessun rimprovero? Nessuna predica? "Può dirmi che idea si è fatta? Crede che ci sia una possibilità di cura e di reintegrazione?"
"No" gli risponde istintivamente, e sa benissimo che si tratta della verità. "Ha un'intelligenza straordinaria unita a un infantilismo di fondo che lo priva di qualunque empatia nei confronti delle altre persone. E si tratta di un cocktail spaventoso, lei lo sa meglio di me. Credo che viva in una dimensione alla quale per il momento è impossibile accedere, in cui lui è l'unico a dettare le regole. E l'interazione non è prevista."
"Neppure con lei?" Se Arkham ha usato tono sarcastico, lei non se n'è accorta.
"Neppure con me" gli risponde. "Credo che al momento stia solo giocando. Che sia convinto di aver un certo potere su di me. Così non è, ma è meglio che lui non se ne renda conto. Per questo tendo a dargli l'impressione di assecondarlo. Per scalfire il suo guscio. Ma ci vorrà molto tempo prima di vedere un qualunque risultato."
È un discorso convincente. Perfino per se stessa. E in fondo è plausibile che, inconsciamente, stia agendo esattamente in quel modo. O no?
"Quindi suppongo che dovremo tenerlo qui a vita a spese della Contea. Non sono certo di approvare i suoi metodi, Quinzel. Ma mi auguro di potermi ricredere. D'altra è lei quella con il quoziente intellettivo superiore" conclude Arkham con una risatina. "E i suoi libri vendono meglio dei miei. Ha intenzione di continuare ad occuparsi di lui anche dopo l'udienza? Sempre che il giudice accetti la sua perizia… Vuole che l'accompagni in aula, Harleen?"
"Se le fa piacere." Sì, se la godrà un mondo a fare sfoggio di un'ineccepibile professionalità davanti ad Arkham. "Quanto al resto… credevo che volesse licenziarmi."
L'espressione di Arkham si fa improvvisamente seria. "Sono preoccupato per lei. L'entusiasmo che ha messo in questo caso… Quinzel, mi sembra stremata, e dopo così poco tempo. Vorrei che non dimenticasse mai che tutti noi facciamo un lavoro che ci mette a rischio. Che la follia con la quale conviviamo, a un certo punto, inizia a sembrarci la regola e contagiarci. Ed è in quel momento che dobbiamo decidere se siamo abbastanza saldi per continuare o se dobbiamo gettare la spugna prima di trovarci dall'altra parte della barricata. E uno come il Joker è in grado di far precipitare personalità con molta più solidità ed esperienza rispetto a lei."
Più di quanto lei non creda, dottor Arkham.
Il pensiero di Harvey Dent le strappa un sorriso. Esiste qualcosa che Mr. J non sia in grado di fare? È certa che la sorprenderà ancora. Sempre che non decida di arrendersi adesso. Arkham le sta offrendo l'ultima occasione.
"Posso risponderle dopo l'udienza?" gli chiede. C'è pur sempre la possibilità che il giudice non tenga conto della perizia e lo spedisca in prigione. Sarebbe la sua salvezza. Non avrebbe più la possibilità di vederlo e sarebbe obbligata a lasciarsi alle spalle tutto ciò che lo riguarda.
Terribile.
"Non ha un bell'aspetto, Harleen. Per caso ha difficoltà a dormire?" le chiede Arkham.
Harleen non gli risponde. Anche se adesso ha praticamente accantonato il suo nuovo libro, finisce sempre per fare le ore piccole studiando il dossier del suo paziente. E quando riesce a prendere sonno, i suoi sogni sono inquieti. Non fa che sognare maschere. Bianche e ghignanti.
"Forse ho fatto il passo più lungo della gamba, dottor Arkham."
Le cose stanno così. Quel caso la sta mangiando viva.
"Resta il fatto che…" Arkham esita, come se temesse le sue stesse parole. "Harleen, il Joker sembra averla presa in simpatia. Probabilmente dipende dal fatto che lei è giovane e molto attraente. Temo la sua reazione se qualcuno dovesse portarla via a lui, mi capisce? Non voglio che si ripeta quello che è già successo con Connor."
"Un uomo alla mano."
"Lo sa che quello che sta dicendo è di un maschilismo spaventoso? E da quando in qua ci facciamo ricattare dai pazienti?" protesta Harleen.
"Tu sei mia. Ricordatelo bene, biscottino."
Arkham le sorride con aria complice. "Non finga di non sapere che il soggetto è completamente fuori controllo e ben oltre la nostra portata."
Harleen ricambia quel sorriso. "Ha perfettamente ragione. Ed è per questo che averlo qui ci manda tutti su di giri, non è vero? Abbiamo tutti i riflettori addosso."
I Narrows sono pieni di giornalisti da quando il Joker è stato trasferito. L'ordine tassativo per tutti loro è non rilasciare dichiarazioni. E poi ci sono i manifestanti. Parenti delle vittime di Mr. J soprattutto. La polizia fa fatica a tenerli a bada. Vogliono la sua testa e, per il momento, si sfogano azzuffandosi con il gruppetto che invece si dipinge la faccia di bianco e inneggia alla sua liberazione. Ogni giorno arrivare al parcheggio è un'impresa e sono costretti a sgomitare come pazzi. Il dottor Arkham aspetta solo che violino la proprietà privata per far intervenire il servizio di sicurezza interno. Allora ci sarà da ridere.
Finché resta qui è al sicuro.
"Harleen, non stiamo giocando" le ricorda Arkham.
Lo so, ed è un vero peccato.
"Chissà. Magari riusciremo a guarirlo davvero" afferma alzandosi. È ora di mettersi al lavoro e cominciare a stendere il rapporto.
O forse non ci accorgeremo più della differenza.

Harleen Quinzel ha parcheggiato l'auto all'angolo tra la Jefferson Avenue e la 54a da dieci minuti senza trovare il coraggio di scendere. È sicura di stare per mettersi in un brutto pasticcio. Non avrebbe dovuto acconsentire alle richieste del Joker. Ma d'altra parte dirgli di no sarebbe stato altrettanto rischioso.
"No, Mr. J. Non se ne parla neppure."
Quello sarebbe stato il pretesto perfetto per liberarsi di lei. Non si dice di no al Joker.
Ed eccomi qui, pronta a fare l'ennesima, gigantesca idiozia, come se fossi il suo cagnolino ubbidiente.
Che tipo di commissione ha accettato di svolgere? Con chi si troverà a che fare? Non ha voglia di scoprirlo. Feccia. Criminali come lui. Gentaglia pronta a tagliarle la gola non appena riferito il messaggio. Prima o poi dovrà decidersi a comprare una pistola. È dura sopravvivere a Gotham senza.
Appoggia la testa al volante per smettere di pensare. Conterà fino a cento e poi deciderà cosa fare. Conterà fino a cento e poi metterà in moto e se ne tornerà a casa. Conterà fino a cento.
Però…
Il suo telefono squilla facendola sobbalzare. È troppo tesa. Se va avanti così si ritroverà con un esaurimento di quelli cattivi. Sul display compare la scritta 'Spaventapasseri'. Jonathan. La ciliegina sulla torta.
"Pronto, Crane?"
"Harley… Ciao. Posso sapere perché dobbiamo rimandare anche l'appuntamento di stasera? Sono due settimane che annulli senza neanche darmi una buona scusa."
Nervosetto. Ci mancava solo quell'attacco di isteria maschile.
"Scusami" si giustifica senza averne alcuna voglia. "Ma il Joker sta risucchiando ogni mio minuto libero. Dalla settimana prossima…"
"Oh, la dottoressa Quinzel dunque ha dei pazienti di prima categoria e altri da campionato universitario."
È una scenata di gelosia? Se non lo è, lei di uomini non capisce nulla. "Jonathan, ti parlo da medico a medico. Sai benissimo che stavolta non si tratta di rimettere a piede libero uno dei tirapiedi da due soldi di Carmine Falcone, come facevi tu ai bei tempi in cui Batman non c'era. Stavolta la faccenda è molto più complicata…"
"Quando ci vediamo, Harley?"
Dannato zuccone.
"Ti richiamo questa sera. Promesso."
Non è carino riattaccare in faccia a un amico. Soprattutto se l'amico in questione è un pericoloso maniaco ossessionato dalla paura tornato da poco nel mondo dei 'normali'. Lo richiamerà davvero. Dopo tutto, le piace. Le altre ragazze del dormitorio, ai tempi dell'università, non capivano cosa ci trovasse in quel secchione magrolino e sempre con la testa fra nuvole. In realtà Jonathan ha un viso bellissimo. Ma Harleen non è mai uscita con quel compagno di studi geniale. C'era lui allora. E non c'era posto per nessun altro. O almeno così credeva. Perché quello che sente ora è enormemente più forte e più spaventoso.
È questo che si prova quando si incontra l'amore della propria vita?
Non ci sono regole e lei l'ha imparato a sue spese. Non resta che lasciarsi devastare.
Ci hai rimuginato abbastanza, si dice scendendo dall'auto.
Seguendo le indicazioni si trova davanti all'insegna di una sartoria teatrale. Si guarda intorno perplessa mentre due ragazzi escono con un grosso in volto tra le braccia. Un posto come quello deve fare affari d'oro in concomitanza di Halloween o del Martedì Grasso. L'indirizzo è quello, non ci sono dubbi. Forse il negozio serve come copertura per qualcosa di losco, nonostante l'apparenza innocua.
Harleen si fa coraggio ed entra riscoprendo subito l'odore familiare di body pieni di lustrini appena tolti dalla scatola per gli esercizi a corpo libero che valgono una medaglia. I costumi esposti sui manichini sono splendidi. Una regina egizia con tanto di parrucca, un gentiluomo del Seicento, un paggio con una splendida piuma azzurra sul cappello di velluto.
Meraviglia, meraviglia… Questo deve essere il paradiso. Devo portarci Pamela. Devo assolutamente portarci Pamela.
"Buonasera. Posso aiutarti, cara?"
Una donna di mezza età esce dal retrobottega e le sorride amabilmente. Adesso viene la parte più difficile. Sempre che non abbia commesso un clamoroso errore.
"Sì. Almeno credo. Potrei essere nel posto sbagliato."
"Dipende da ciò di cui hai bisogno, cara" insiste la donna.
Ha ragione. E di cosa esattamente ha bisogno?
"Senta… Io sono sinceramente in imbarazzo. Una persona mi ha chiesto di venire qui e dirle di preparare al più presto un 12 e un 36. Francamente non so dirle di più."
Il viso della donna sembra afflosciarsi sotto il peso del suo stesso sorriso che si spegne. "E tu chi diavolo dovresti essere? Perché ha mandato te?"
Harleen era preparata psicologicamente ad affrontare un gruppo di assassini armati fino ai denti, non una sarta dall'aria autoritaria. Tanto vale vuotare il sacco prima che quella tizia tiri fuori un fucile a canne mozze da dietro il bancone.
"Io dovrei essere… Io sono la sua psichiatra. Sono il dottor Harleen Quinzel. Lavoro ad Arkham. E in questo momento vorrei tanto trovarmi lì e non qui."
La donna la scruta dalla testa ai piedi, poi va sprangare la porta con una doppia mandata ed espone il cartello con la scritta 'Chiuso'.
"La sua psichiatra, eh? T'avevo scambiata per una liceale, pensa un po'."
Harleen tira fuori un sorriso forzato. Ha smesso di considerare un complimento frasi come quella da quando ha capito che è piuttosto complicato essere presa sul serio quando si ha una faccia da eterna ragazzina abbinata a meno di un metro e sessanta di altezza.
"Vieni con me" le dice la donna invitandola a seguirla nel retrobottega.
L'ambiente è più ampio di quanto avesse immaginato, perfino più del negozio vero e proprio. Stoffe, manichini e postazioni per cucire le fanno capire che la proprietaria non lavora da sola. Da una scrivania nell'angolo la donna tira fuori un album da disegno e inizia a sfogliarlo.
"Si può sapere cosa deve farsene di un 12 e di un 36 se è rinchiuso in un manicomio? Fate le sfilate di moda, lì dentro?"
Vestiti. Il Joker l'ha mandata ad ordinargli dei vestiti nuovi. Ormai non la sorprende più nulla, neppure l'idea di trovarsi di fronte alla sarta che ha creato il celeberrimo cappotto viola con fodera arancio, il capo d'abbigliamento più imitato di Gotham nell'ultimo periodo.
"Da quanto tempo è un suo cliente, può dirmelo? Da quanto tempo lo conosce?" le chiede Harleen osservando le numerose foto esposte alla parete. Spettacoli teatrali, foto autografate da cantanti lirici di fama, ma soprattutto istantanee circensi. Sembrano le più genuine e spontanee. In alcune la creatrice di costumi, con qualche anno di meno sul viso, scherza con acrobati e giocolieri.
"Abbastanza da sorprendermi di essere ancora viva. D'altra parte, so che mi risparmia perché non è facile trovare un sarto di fiducia che non faccia domande. È quello che dovresti fare anche tu, biondina. Evitare di fare domande. A me e a lui."
No, non ha intenzione di rinunciare così facilmente. Non le capiterà più una simile occasione. Qualcuno che conosce il Joker oltre il suo aspetto di criminale. Qualcuno dal quale ha la possibilità di raccogliere informazioni sul suo passato. Non mollerà l'osso.
"È il mio lavoro fare domande, signora. Lavorava in un circo? Deve essere bello. Da bambina sognavo di fare la trapezista. Ma ho ripiegato sulla ginnastica artistica. Meno spettacolare, forse, ma con una maggiore aura di serietà."
"Avresti il fisico adatto. Sei piccola e minuta." La donna le arriva vicino e le indica una foto che ritrae un uomo e una donna con dei costumi rosso vivo, verde brillante e giallo oro. "I Grayson Volanti. Si fanno chiamare così. Mary e John. Lei è stata ferma per un po', quando hanno avuto un bambino, qualche anno fa. Mi hanno mandato una sua foto. Vedi, anche quando lasci quel mondo non smetti mai davvero di sentirti parte di una famiglia. Di portarne il carico di gioie e tragedie. Sono a Gotham da sette anni, ormai, e ancora ho nostalgia della vita nomade. Anche ora che tutto viene inglobato in grandi spettacoli da multinazionale. Anche ora che non c'è più spazio per le piccole realtà come la nostra…"
Harleen ha smesso di ascoltarla. Il ragazzo che sorride mostrando fieramente un ventaglio di coltelli ha una luce nello sguardo che lei non conosce. Forse è un'illusione. Forse i suoi occhi la stanno ingannando mostrandole quello che desidera vedere.
È lui?
Giovane, sereno. Il viso liscio e perfetto. E quelle labbra distese che non hanno nulla di beffardo. Non può averne la certezza, eppure sa di non sbagliarsi.
"Io devo sapere chi è davvero" dice alla donna al suo fianco. "Non posso aiutarlo se non so nulla di lui. Lui non mi parla mai di sé e io brancolo nel buio. Che cos'era prima di diventare un jolly sanguinario?"
La donna ride. "Aiutarlo?"
Harleen si volta verso di lei. Anche il suo sguardo è fisso sulla foto del giovane lanciatore di coltelli.
"Tu non puoi aiutarlo, ragazza. Vorresti far tornare indietro la sabbia della sua clessidra, ma non è così che funziona. Vuoi sapere chi sia in realtà, mentre lo sai benissimo senza bisogno di domandarlo a me. È il Joker. Niente altro. Se un tempo c'è stato qualcun altro al suo posto, ora è morto e non puoi resuscitarlo. Rassegnati."
Ma come? Come è morta quella parte di lui? Quella che sapeva ridere anche con gli occhi?
Se solo per un attimo riuscisse a risvegliare quello sguardo potrebbe dire di aver vinto. Vorrebbe che esistesse un modo. Ma le sembra impossibile, almeno fino a quando saranno circondati dalle mura di Arkham.
E da quelle ancora più solide che esistono tra me e lui.
Il bisogno di conoscere la sua storia si sta facendo sempre più forte. In un giorno lontano il Joker è nato da due occhi che hanno smesso di brillare. Perché?
"Non lo fare" le dice la donna. "Stai per commettere il più grande errore della tua vita, ragazzina. Capita a tutte, almeno una volta, di innamorarsi dell'uomo sbagliato. Solo che lui è maledettamente sbagliato. Non metterti a scavare dentro di lui con la speranza di poter trovare un pezzetto di cuore. Ti ritroveresti con le mani pieni di carne marcia e niente altro."
Dio, per caso ho un cartello sulla fronte con la scritta "Io amo il Joker"?
Gli ha giurato che non tenterà di cambiarlo. Che lo considera perfetto così com'è. Eppure vuole sapere cosa c'è a monte di quella follia che desidera più di ogni cosa.
"Per caso è lei che gli sta pagando gli avvocati?"
La donna ride. "Neanche per idea. Il pensiero che lo tengano rinchiuso a me va più che bene. Si vive più tranquilli, non credi?"
Quanto sei dannatamente solo, Mr. J. Questa persona sembra averti a cuore, eppure anche lei ti teme a tal punto da volerti in catene.
In un attimo le pagine del dossier le scorrono davanti agli occhi. È pericoloso. E malato. Colpisce, tortura e uccide per puro divertimento e con un sangue freddo spaventoso. Perché finisce sempre per dimenticarsene?
È questo il caos che cercavi, Harleen? Per questo continui a pensare che vada benissimo così?
"Può aiutarmi? Mi serve un travestimento per la sera del Martedì Grasso. Le è rimasto un costume da Arlecchino della mia taglia?"
La donna la scruta dalla testa ai piedi. "Arlecchino, hai detto? Ho un bicolore che potrebbe fare al caso tuo, se non miri a qualcosa di troppo elaborato. Rosso e nero. Vieni di là a provarlo."
Rosso e nero. Aveva pensato a qualcosa di variopinto. Ma non ha importanza, purché il messaggio arrivi forte e chiaro.
Per una sera voglio perdere del tutto la testa, lasciarmi andare ed essere solo una maschera felice e delirante.
Si volta ancora un attimo a sbirciare la foto appesa al muro. Lo spingerà a raccontarle tutto, in un modo o nell'altro. Intanto farà lei il primo passo, scoprendo cosa si prova ad indossare i panni di un clown senza freni. Malvagio, probabilmente. Rosso e nero.


What have I done
treat me tonight like a movie star
who will never die
always surrounded by girls like you
kill all my loneliness
kill all my loneliness

The hole in me
that never sleeps
born with me
it's killing me

(Blackfield, Hole in me)







Note:


1) Io dubito fortemente che Pamela stesse scherzando circa gli ingredienti del suo intruglio.
2) Chiedo scusa ai miei venticinque lettori per la banalità sconfortante della barzelletta che ho messo in bocca al Joker. Però confesso che quando la mia dolce metà me l'ha raccontata ci ho riso per un'ora buona.
3) L'ex ragazzo a cui pensa Harley. Se avete letto i suoi fumetti sapete già che si tratta dell'inutile Guy Kopski. Raramente ho odiato un personaggio così tanto. Le circostanze della sua love story con Harley e della sua morte le trovo leggermente tirate per i capelli, per questo, quando sfrutterò entrambe per la mia storia, lo farò senza dare troppi dettagli sulla faccenda che reputo non stare troppo in piedi.
4) Mr. J in TDK porta vestiti fatti a mano. Fatti a mano DA CHI? Domanda molto poco intelligente, lo so, ma che ha scatenato in me la frenesia di scrivere la parte finale di questo capitolo (anche perché, come al solito, la spiegazione data nella serie 'Harley Quinn' circa il sarto dei super criminali non mi è piaciuta). Non avevo alcuna intenzione di accennare al passato del Joker. Eppure l'ho fatto. Forse Harley sta davvero immaginando tutto. Non lo so. La trovata del circo di certo non è originalissima, ma avete dato un'occhiata a come maneggia i coltelli? A come se li fa passare da una mano all'altra? Gesti tipici di una lanciatore. E così ho sistemato anche la faccenda del costume di Harley.
5) Personalmente considero Robin (in tutte e tre le incarnazioni, anche se il mio odio imperituro va soprattutto a Jason Todd) un personaggio inutile e ingombrante. Dicendo che i Grayson hanno un bambino piccolo eviterò la tentazione di far piombare in scena Dick. Non finché non impara altre parole che non siano 'pappa' e 'mamma'.


Ringraziamenti

Giu91. Grazie. Mi sto sforzando di rendere Harley credibile anche a costo di sacrificare un po' gli aspetti 'wacky' che l'hanno resa famosa. TUTTI preferiscono la vecchia serie, diciamolo. Era una autentico capolavoro. Questa si lascia guardare, ma i personaggi sono troppo diversi rispetto agli originali.

Killme… E vogliamo parlare dell'uscita da Arkham a figura intera? E del dito medio puntato contro Gotham? (Puddin… *____*). Quel sant'uomo di DK me ne ha portata una copia da Londra. Non vedo l'ora di averlo fra le mie grinfie vogliose. A dirla tutta Batman poteva pure non esserci visto che non fa un benemerito cavolo, tranne saltare fuori alla fine con il suo faccione da "esisto anch'io e adesso ti meno."
Ma sì che mi è piaciuto 'TKJ'. Lo adoro e lo venero! Forse hai interpretato male il fatto che l'abbia definito un pugno nello stomaco! Lo trovo atroce e quasi insostenibile quanto a crudeltà. Ma è dannatamente bello. E quel finale sotto la pioggia, sigh… T_T. Intendevo dire che il Joker di Azzarello è una buona storia pulp disegnata splendidamente. TKJ invece è DAVVERO uno schiaffone in faccia ai lettori e per questo resterà nella storia. Non sono paragonabili. Alan Moore dove essere davvero di umor nero quando l'ha scritto.
Il numero che cerchi è il 655. Ma non sto seguendo Batman RIP così come non ho seguito Countdown. Sono in sciopero fino al giorno in cui non faranno tornare insieme J e Harl.
E ben vengano le fanart ledgerose. È grazie a lui se sono passata da una simpatia profonda per il Joker a un amore viscerale! Ok, di tutto abbiamo parlato tranne che della fic. ^_^

Sychophantwhore, io sono arciconvinta che il rapporto tra J e Harl sia fatto di un'attrazione tremenda unita a un odio/amore folle. Scriverne senza renderlo grottesco non è facile, ma faccio del mio meglio.
Mi spiace, ma non credo che tornerò su Riddler. Ho accennato a Eddie solo perché volevo si capisse che il crimine di Gotham non si è fermato con l'arresto di Mr. J ma che in giro gli stanno già facendo le scarpe. La serie Platino ce l'ho in abbonamento. Effettivamente ero curiosa di sapere se avrebbero pubblicato 'Harley Quinn' o 'The Code'. M'hanno fatta felice e ce le hanno messe tutte e due. La seconda è una delle mie storie preferite. Adoro vedere il Joker che scodinzola dietro all'Arlecchina e che fa saltare in aria il rivale in amore. ^_^ Così si fa, Puddin'. Perché il nome di Marilyn Manson dovrebbe farmi rabbrividire? Non ne vado pazza ma ho qualcuno dei suoi pezzi in playlist e mi è anche parecchio simpatico.
Mai pensato che il Joker fosse infatuato di Rachel. Il mio quesito è più che altro rivolto a chi sostiene questa coppia ed è una domanda sincera: ma come v'è venuto in mente?
E adesso non fare la furbona! Voglio vedere i tuoi disegni!

Ilaria: Ogni volta che qualcuno mi rassicura circa il fatto che il Joker sia IC mi sento felice. Cercherò di rimediarti un appuntamento con lo Spaventapasseri. ;-)

Boopsie: grazie, cara.

Lefteye: [OT] Metto via il coltello. [/OT]. Per quanto riguarda l'errore, hai fatto benissimo a segnarmelo (ti ho anche mandato un'e-mail in proposito…). L'ho corretto anche se professo la mia innocenza e scarico la colpa su Paul Dini e Bruce Timm e su QUESTA tavola di 'Mad Love. Quindi i buzzurroni sono LORO. Scherzi a parte, se trovate altre minchiate… ehm, scemenze segnalatemele senza pietà.
Gli occhiali a forma di cuore mi sa che li abbiamo comprati alla stessa bancarella. Come si fa a rendere disgustoso e ripugnante uno per il quale s'è persa la schicchera? Ogni capitolo è una tragedia, in questo senso. Mi salva il fatto che Harley sia più cotta di me.
Tranquilla. Nessun'altra donna metterà le zampe su Mr. J finche sono IO a tenere la penna in mano. Datemi un lanciafiamme per sterminare tutte le Mary Sue che stanno tentando di rifilargli (ma quante cugine-sorelle-amiche d'infanzia hanno Bruce Wayne e Harvey Dent? E perché TUTTE vengono rapite dal Joker?)
Per quanto mi riguarda, reputo che il cervello di Harley fosse ben predisposto a friggere ben prima dell'incontro con il Joker. Forse è per questo che si prendono tanto. Ragionano nello stesso modo ossia insensatamente. Forse. Oddio, ora mi incarto. Perché per me loro due sono estremamente logici e questo è preoccupante.
E sappi TU che io non leggo NULLA se non ne ho voglia, nemmeno se mi pregano, MA la tua ho VOGLIA di leggerla. Forse perché mi piace il modo in cui ragioni sul personaggio. Ritrovo molto del MIO Joker nelle tue parole quindi credo di essere al sicuro da ogni rischio di OOC. ;-)

Kuji, a me la Harley a cartoni fa una tenerezza infinita. Vorrei abbracciarmela e spupazzarmela. Adoro il modo in cui la voce di Arleen Sorkin squittisce letteralmente quando è contenta e adoro il modo in cui le si afflosciano i pon pon quando è triste. La Harley dei fumetti è più sexy e pericolosa, ma in versione animata è dolcissima.
Ti chiedi ci potrebbe interpretarla? Per me è una domanda retorica: Kristen. Krisssss-ten. Sempre e solo KRISTEN. Non riesco a immaginarla con nessun altro viso. È perfetta, fisicamente e come stile di recitazione. Quanto al "vorrei averla scritta io", per me non c'è problema se qualcuno vuole ispirarsi, basta che me lo chieda PRIMA.


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Capitolo 10
*** Terapia n°7 - Il nocciolo della questione ***


Terapia n°7

"Il nocciolo della questione"





Is it true what they say,
Are we too blind to find a way?
Fear of the unknown cloud our hearts today.
Come into my world,
See through my eyes.
Try to understand,
Don't want to lose what we have

We've been dreaming
But who can deny,
It's the best way of living
Between the truth and the lies

(Within Temptation, See who I am)

"Mani piene di carne marcia."
Harleen Quinzel continua a pensarci ogni volta che le dita si posano sulla tastiera. Certo. Certo, è ovvio. È abbastanza ferrata nel proprio mestiere per capirlo. Anche se trovasse un punto debole in lui, non le servirebbe a nulla, se non a renderlo più pericoloso. Al Joker non piace mostrare il fianco scoperto. È troppo maledettamente egocentrico per sopportarlo. Ma ci cono altre parole che non la lasciano in pace.
"Tu sei mia. Ricordatelo bene, biscottino."
A che serve continuare a raccontarsi fandonie? Niente è sotto controllo.
Fai quello che devi, Harleen, e smettila di darti ridicole giustificazioni. Tienitelo stretto. Hai già deciso che, comunque vada, ne sarà valsa la pena.
Quattro giorni e poi nessuno potrà più portarlo via. Quattro giorni per convincere un giudice maldisposto, come tutti coloro che vorrebbero armarsi di torce e forconi per abbattere il mostro.
Infantilismo… Sviluppo della psiche distorto… Traumi infantili?
Depennare. Il ragazzo nella foto sembrava felice.
Un avvenimento fortemente traumatico a rappresentare il punto di svolta definitivo? Problemi psichici latenti, in precedenza.
Dio, le sembra talmente ovvio. Nessuno potrebbe negare la sua incapacità di intendere e di volere, nell'accezione comune del termine.
L'hanno chiamata dall'ufficio del procuratore, esattamente come le aveva preannunciato Wayland. Sarà dura non ridere in faccia a quella gente, ora che conosce la verità su Harvey Dent. La sua memoria immacolata li fa sentire invincibili. Dovrà chiedere a Jonathan quale trucco usasse lui per restare impassibile. Non stava più nella pelle quando gli ha chiesto di uscire con lei, martedì.
"Puoi portare anche un altro ragazzo? Una mia amica è in crisi con… con la massa di melma putrida con cui si vede adesso. Ha bisogno di guardare altrove."
Pamela la ucciderà per questo. Sembra che tutti, ultimamente, vogliano ucciderla.
"Mi stai trascurando, Harley" le dice il suo capriccioso paziente costringendola a sollevare gli occhi dal portatile. Lui se ne sta sdraiato sul divanetto con aria annoiata, la testa rovesciata all'indietro per guardarla imbronciato. "Sono qui da un'ora e non mi hai chiesto niente. Non hai fatto ipotesi. Non mi hai fatto sorridere nemmeno una volta. Hai solo continuato a martellare su quella tua tastiera. Cosa devo fare per ricevere un po' di attenzione, tortino? Devo venire lì e tagliarti la gola?"
Harleen si sistema gli occhiali sul naso. "Fallo, Mr. J. Ma non è un metodo troppo veloce per i tuoi standard? Tu non mi aiuti. Non mi parli. Allora tanto vale che impieghi il mio tempo in maniera più fruttuosa."
Sa che quella provocazione è rischiosa. Ma ormai lo conosce abbastanza. Sa che agisce solo se una cosa non gli viene imposta. Solo se la desidera. Lei deve riuscire a farsi desiderare.
"Ti ho detto che avrei risposto ad ogni domanda. Che c'è? Non ti fidi di me, Harley? Non è carino. Lo sai che mantengo le promesse. Perché non vieni qui vicino a me, invece di startene lì a masticare?"
Che tono mieloso da ragazzino viziato. Andargli vicino? Tra un po', forse.
"Sto cercando di smettere di fumare. Le gomme mi aiutano. Cosa pensi di farne dei vestiti che mi hai fatto ordinare? Progetti di andare da qualche parte?" gli chiede a bruciapelo.
La vera domanda che resta prigioniera tra le sue labbra è "Vuoi raccontarmi la storia di un giovane lanciatore di coltelli?" Ma non la pronuncerà mai.
Mr. J ride in un modo che le sembra quasi lugubre. "Certo. Non possiamo continuare a vederci in questo modo. È tempo che ti porti a cena in un posto carino."

"Devo tornare al lavoro" annuncia Harleen Quinzel stringendo la mano del viceprocuratore. Il rimpiazzo di Dent. Venti minuti di arringa in un ufficio semivuoto, mentre il resto della città si gode il sabato.
Quando è arrivato l'appello alla sua 'coscienza civile', Harleen ha capito che l'avversario era a corto di argomenti.
"Farò ciò che è giusto" gli ha risposto. Le sta venendo la nausea forza di ripetere quelle parole.
Hanno una paura folle di portarsi a casa una sconfitta con i fiocchi, ecco la verità. Ecco perché non hanno richiesto la presenza di Mr. J all'udienza. Sarebbe difficile per loro dimostrare la sua presunta sanità mentale davanti a uno dei suoi show.
Che il mio Pasticcino sia una persona sopra le righe è una cosa che salta all'occhio.
Lui la sta aspettando. Non ha intenzione di perdere altro tempo lì.
"Mi sembra di buon umore, dottoressa Quinzel. Sorride sempre in questo modo?" le chiede la mummia legale.
Sarcasmo? Riderà ancora di più mercoledì mattina. Come accidenti si chiama quel tizio? Non se lo ricorda mica.
"Stia tranquillo" lo rassicura. "Farò tutto ciò che la mia professione prevede come etico. Sono sicura che se Harvey Dent fosse qui mi raccomanderebbe di comportarmi con assoluta correttezza."
Che voglia di ridergli in faccia. Chissà se lui è uno di quelli che sanno.
"Ci vediamo in tribunale. E, comunque vada, nessun rancore."

"Te lo giuro. Sembrava un ghiacciolo all'anice" ridacchia Harleen Quinzel passandogli un altro sandwich. Li ha fatti con le proprie mani. Nessuno dei due sarà costretto a lasciare il suo studio per il pranzo. Hanno troppo poco tempo per sprecarlo.
Mr. J sembra interessato e divertito dal racconto del suo giro turistico nell'ufficio del procuratore per l'incontro con l'uomo-ghiacciolo in giacca azzurra. Nessuno può portare una giacca di quel colore in inverno e pretendere di essere preso sul serio.
"Come sei allegra, Harley Quinn. Dimmi, sei davvero convinta delle parole che scriverai sul referto? Tu credi davvero che io sia pazzo?"
Lui la guarda appoggiato al bracciolo del divano. È una domanda trabocchetto. Non che non ci abbia pensato a lungo. E continua a cambiare idea. In quel preciso momento pensa semplicemente che a lui piaccia farsi credere più folle di quanto non sia.
"Sei abbastanza pazzo da dichiarare al tuo avvocato che potresti fuggire in ogni momento. Come pensi di riuscirci?"
"Con molta pazienza" asserisce lui chiudendo gli occhi. "Non è più complicato che lasciarti una rosa sulla scrivania. Disattivare le telecamere. Provocare un corto circuito. Liberarsi dei dodici addetti alla sorveglianza e poi dei poliziotti che piantonano l'isola. Cinque gruppi, uno per ogni ponte, composti da quattro persone ciascuno. È più che semplice. È elementare."
La rosa. Non ne hanno mai parlato. Man mano che passano i giorni Harleen non è più così sicura che si sia trattato di una commissione affidata a qualcun altro. La fantasia romantica di passaggi segreti nei sotterranei che il suo innamorato usa impavidamente per giungere fino a lei è incredibilmente piacevole.
Ma, purtroppo, non plausibile.
"Come fai a conoscere nel dettaglio i sistemi di sicurezza? Allora è vero che qui dentro hai degli informatori. Sai che dovrei dirlo immediatamente ai miei superiori perché prendano delle misure adeguate in proposito?"
Lui si guarda intorno con aria annoiata. "Sì, dovresti. Dovresti proprio."
Si diverte da morire a prendersi gioco di lei. A metterla alla prova. Sa bene che lei non andrà a fare la spia. Scopre all'improvviso di essere molto arrabbiata. Prende il blocco per appunti e va a sedersi all'altro capo del divano. Mr. J le concede una lunga occhiata perplessa.
"Più vicino" dice infine, e quelle due parole assomigliano a un ringhio sordo.
L'essere più spietato, folle e crudele che Gotham abbia mai conosciuto. Ricordalo, Harleen…
"Non ora. È il momento di cominciare a lavorare sul tuo caso e di accantonare scherzi e battute cretine."
Le smorfie sulla sua faccia diventano ancora più grottesche del solito. È chiaramente seccato. Ma non le importa.
"Prima avrei bisogno di un altro, piccolissimo favore."
Ci risiamo.
Stavolta sarà irremovibile. Il suo mondo e il suo orizzonte devono smetterla di girare come una trottola.
"Niente da fare" gli risponde decisa.
"Piccolo piccolo…"
A quel tono non resiste. Perché deve essere così debole? "Sarebbe?"
L'essere più spietato, folle e crudele che Gotham…
"Gel per capelli. Tintura verde. Cerone bianco. E…" Mr. J si blocca quando lei gli lancia un'occhiata allibita.
Forse un passo avanti è stato fatto. Dietro quella richiesta grottesca si nasconde qualcos'altro.
"Che cos'è che ti spinge a rifiutare te stesso? Il tuo aspetto, il tuo viso… Il clown ti protegge, non è vero? Non serve affatto ad incutere timore come pensa la polizia. Il clown impedisce ad occhi estranei di osservarti davvero."
"Certo che ne insegnano di idiozie all'università…" Il suo ghigno riappare, maligno come sempre. Ma qualcosa è scattato dentro di lei. L'Arlecchino innamorato si è fatto da parte per lasciare riemergere il medico affascinato unicamente dal suo caso. La chiave è sempre stata di fronte a lei, anche se non riusciva a vederla. Ora deve solo afferrarla. Il clown. Procedere a ritroso è l'unico modo.
"Harley…"
Mr. J le scivola vicino. Lei si impone di restare immobile.
Non perdere la tua lucidità adesso. Non è il momento.
"Harley… Everton si è preso la mia sciarpa… C'era sopra il tuo profumo. Mi piaceva averla addosso, Harley…"
Lucidità. Harleen si ritrova ad avere la pelle d'oca quando lui le sfiora l'orecchio con le labbra e sussurra di nuovo il suo nome. "Harley Quinn… il tuo profumo…"
Harleen deglutisce e chiude involontariamente gli occhi. "Gli dirò di restituirtela… di…"
La sua risata gutturale, così vicina, le fa l'effetto di una scarica elettrica. "Oh, no. Non è necessario. Volevo solo informarti che ho intenzione di riprendermela."
Lei si volta di scatto per fissarlo negli occhi. È l'annuncio di un guaio di proporzioni galattiche.
"Non fare scemenze, Mr. J, per favore. Passerebbero alle maniere forti. Ti porterebbero via. Io non voglio che ti portino via…"
"… che mi portino via da te, Harley. Non lo faranno. E io rivoglio la sciarpa che mi ha dato la mia Harley."
Non ha idea di cosa stia succedendo. Sa solo che deve scappare dalla sua vicinanza. Immediatamente.
L'essere più spietato, folle e…
Si alza di scatto dal divano. "Hai detto che avresti risposto ad ogni domanda" gli dice voltandogli le spalle. È sicura che stia ancora sorridendo. Il momento le sembra appropriato per imitarlo. Quell'ultimo capitolo in sospeso… Lo osserva da sopra la spalla.
Siamo complici, amanti e soci, Mr. J.
"Mi piacerebbe che mi raccontassi di come hai fatto saltare in aria il Gotham General."

Adesso sì. Ci siamo.
Harleen Quinzel sorride tra sé e sé.
"Ma non avevi smesso?" le chiede Joan Leland osservandola inalare con profonda soddisfazione una boccata di fumo.
"Questa è l'ultima."
Deve festeggiare. È un momento che merita di essere celebrato. Mr. J ha parlato a briglia sciolta. Sembrava entusiasta di raccontarle come sia riuscito a gettare mezza Gotham nel caos con la minaccia di far saltare in aria un ospedale. Chissà che fine ha fatto quell'avvocatino, Coleman Reese, la lingua lunga, il delatore, il vero colpevole. Strano che la polizia non lo abbia obbligato a rivelare l'identità di Batman. Una volta saputo chi si nasconde sotto quelle ridicole orecchie a punta, basterebbe presentarsi alla sua porta ed arrestarlo.
Ma Jim Gordon non ci tiene affatto ad arrestare Batman, non è così? La commedia deve andare avanti.
"Come va con il tuo sorvegliato speciale?" le chiede Joan. "Arkham sembra contento del tuo lavoro."
"E a te la cosa dà fastidio?" Harleen le lancia un'occhiata in tralice. Omuncoli e donnette di nessuna utilità. Vorrebbe svuotare l'Asylum dalla loro presenza.
"Non essere sempre sul chi vive, Harley. Perché mai dovrebbe darmi fastidio?"
Già. Perché?
"Piuttosto" insiste Joan. "Te lo dico in confidenza perché ti sono amica. Girano certe voci su te e quel tipo…"
"Ferma, ferma" la blocca Harleen.
Perché mi sei amica…
"Lasciami indovinare. Suddette voci mormorano che io vada a letto con il mio paziente, giusto? La prossima volta cercate di avere un po' più di fantasia. Questa è banale come una storia noir che si apre con una scena in notturna."
Probabilmente Joan sta ancora tentando di capire il concetto espresso dalla sua ultima frase. Non la sorprende che non riesca a tenerle dietro. Una come lei non può vedere più in là del suo naso, tanto meno riuscire a immaginare un rapporto simile a quello che c'è tra lei e Mr. J.
"Quindi lo stai facendo sospirare. Chi l'avrebbe detto…" L'espressione di Joan si fa maligna. "Questione di tempo. Poi fammi sapere com'è farsi sbattere da un maniaco omicida. Sono curiosa. Ma fortunatamente ho gusti migliori."
Harleen tira un'altra boccata regalandole un sorriso soave. "Non mancherò."

Nel pomeriggio di quello che potrebbe essere il loro ultimo giorno insieme, Harleen Quinzel gli libera le mani.
Mr. J non dice nulla, muovendo i polsi per riattivare la circolazione sanguigna nelle braccia intorpidite. Non fa domande, non chiede perché. E lei capisce che se lo aspettava. Domani potrebbero allontanarlo. Rinchiuderlo per sempre a Blackgate. Non vuole nemmeno immaginarlo ma quel rischio c'è e fingere di ignorarlo non servirà a farlo sparire.
"Dove eravamo rimasti?" gli chiede sedendosi accanto a lui. "Mi hai raccontato di come ti sei sbarazzato di Mike Engel. E poi? Non voglio parlare della cattura. Torniamo indietro. Parlami della battuta di caccia per prendere Harvey Dent. Di come sei riuscito a liberarti dei mezzi della polizia, elicotteri compresi. Di quello che è successo al commissariato."
Logica. Controllo. Che spariscano pure. Non ha voglia di pensare a nulla mentre si adagia contro di lui. Vuole solo ascoltarlo. Le sue spalle sono ampie, il braccio che la circonda è forte. Sente il suo cuore battere, ed è la prova che anche lui ne possiede uno, anche se serve unicamente a far arrivare sangue alle vene.
E lui racconta di nuovo, un dettaglio dopo l'altro. Favole fatte di esplosivi e carne martoriata, di armi da fuoco e inseguimenti nella notte. Favole che la cullano piacevolmente anche quando lui, di tanto in tanto, quasi per caso, pronuncia il suo nome.
Non separatemi da lui. Non fatelo. Potrei morirne. Non fatelo.
È esaltante. Comincia a capire. Comincia a sentire l'adrenalina nel momento della detonazione. Il prossimo passo?
A mani nude… Cosa senti quando le tue mani stringono fino in fondo? Quando affondi la lama? Se resterai qui riuscirò a fartelo dire, Mr. J. Mi racconterai della prima volta che un coltello impugnato da te ha avuto potere di vita e di morte…
"Harley Quinn, stai tremando. Finalmente hai paura…"
Forse.
Non fino in fondo, non con le sue dita fra i capelli. Non è paura. È il brivido dell'esaltazione di fronte a qualcosa di imprevisto. Sui libri di testo non c'era scritto ma adesso Harleen sa che l'unico modo per conoscere una mente come la sua è impazzire.
"Quale pensi che sia il potenziale di follia in un essere umano ritenuto normale?" gli chiede. "In quale momento avviene la rottura, e perché?'"
"Perché lo chiedi a me? Sei tu la psichiatra. Sei tu quella che un giorno ha deciso che ogni mente doveva essere uniformata all'altra, non è così? Che dovesse esserci un ordine totale. E hai scelto di diventare ciò che sei…"
"Stai sbagliando" vorrebbe dirgli. Ma intuisce che neppure lui ci crede. Lui sa benissimo che non è quello il motivo che l'ha spinta a specializzarsi in psichiatria.
Regole, pensare comune, controllo… Una volta credevo che fosse possibile.
Si stringe al suo paziente assassino, rimproverandosi per l'ultima volta. "Ordine. Non c'è, non c'è mai stato. Eccone la prova. Sto violando tutte le regole. Innamorarmi di te le infrange tutte in una volta sola. Sono un medico e tu sei il mio paziente. Un criminale pericoloso. Sei la negazione di ciò che dovrei raggiungere. Eppure non posso fare a meno di volerti. È davvero così mostruoso, Mr. J?"
L'ha detto ma non si sente più leggera. Il suo silenzio pesa come un macigno. Quanto tempo dovrà passare prima che lui rida di nuovo, rida di lei, di quella patetica confessione? Vorrebbe aver il coraggio di sollevare la testa e guardarlo in faccia.
"Harley, Harley, Harley… perché credi che sia mostruoso?" le domanda dopo un tempo che le sembra senza fine. "Solo perché gli altri non se lo aspettano? Avevi un'aria così seria, il giorno in cui ci siamo incontrati. Una ragazza come te deve sempre dimostrare qualcosa, non è vero? Si raccoglie i capelli, indossa vestiti severi, perché chi la guarda la consideri un medico, una professionista, una persona, un essere umano. Una ragazza come te deve ingabbiarsi per essere ascoltata. E, nonostante tutto, quando entri in una stanza, quando rivolgi la parola ad un uomo, lui non ti ascolta o, se lo fa, una parte della sua mente riesce solo a pensare che sei bella, che vorrebbe spiarti mentre ti spogli, che vorrebbe trascinarti su un letto. È qui che finisce il tuo essere parte di un meccanismo, Harley. E ti chiedi perché ti sei lasciata prendere da uno come me? Lo sai benissimo, Harley. Con me non devi fingere. E io non fingo con te. Con me sei libera. Con me sei te stessa. E ti faccio ridere. Non è un dettaglio trascurabile. Mi stavi cercando, Harley? Da quanto tempo mi stavi cercando?"
Da quanto…
Quello che dice è vero. Ogni singola parola. È costretta ad indossare una maschera per sopravvivere, una maschera che il più delle volte si rivela inutile. Con lui è diverso. Se solo avesse la forza di liberarsi del tutto…
"Rispondimi, Harley. Io so che c'è qualcosa che ti imprigiona. Dimmi cos'è. Vuoi dirmelo. È per questo che sei venuta da me."
No.
Si libera dal suo braccio e si rimette a sedere. "Non c'è niente" dice. Ma lui la afferra di nuovo impedendole di muoversi.
"No no, Harley. Ferma. Cos'è questo rigurgito di vigliaccheria? Non costringermi a farti male. Dimmi tutto, Harley. Tira fuori il tuo ricordo mai confessato. Lo voglio. Lo voglio e potrei spaccarti il cuore in due per ottenerlo."
"Lasciami…" lo prega sapendo che non servirà a niente.
Che cosa ha fatto? Potrebbe spezzarle il collo. Perché è stata così stupida da liberarlo?
"Parla, parla, parla…" insiste lui tirandole i capelli. Gli occhi le si riempiono di lacrime. "Parla, Harley. La sincerità è alla base di ogni rapporto, coniglietto di miele. Dimmelo, dimmelo, dimmelo. Chi ce l'ha messa quella scintilla nei tuoi occhi? Perché sei venuta da me? Perché hai scelto me? Che cosa vuoi da me?"
"Perché tu hai le risposte" gli dice infine mentre due forme di dolore distinte le bagnano il viso. "Tu hai capito. Tu sai perché è successo. Non ci sono regole. Niente può essere controllato. Sono una stupida, Mr. J. Credevo di seguire uno schema. Credevo che tutto sarebbe andato come previsto, invece…"
La pistola puntata contro la sua fronte. "Non posso farcela da solo, Quinz…" Tremava talmente tanto che lei era quasi certa che avrebbe lasciato cadere l'arma da un momento all'altro.
"Invece?" la sprona Mr. J lasciandole andare i capelli.
"Invece lui ha deciso di morire. Non era previsto, non doveva succedere, non era nei piani."
"Non posso farcela da solo, Quinz… Non ne ho il coraggio. Aiutami. Mi aiuterai, vero? Tu mi ami… Aiutami."
"Oh, capisco. Qui siamo in presenza di un amore tragico. Come si chiamava il fortunato?"
La sua stretta è ancora salda ma lei non ha più voglia di ribellarsi. Si sente svuotata da ogni energia.
"Guy…" mormora, e la sua risata le fa venire la nausea.
"Guy. Non mi sorprende che abbia deciso di farla finita. Avanti, non piangere. Non mi piace vederti piangere. Almeno non per colpa di un altro. Dimmi di Guy. Come è andata? L'hai trovato tu, biscottino?"
"Io c'ero." Dopo si sentirà meglio. Dopo potrà pensare di nuovo alla sua vita bellissima e felice. Perché lei ha una vita bellissima e felice. "Guy… sai come vanno queste cose, non è vero? Lo sai, Mr. J. Esperimento sociale, lo chiamavamo io e il professor Markus. Ma non è andata per il verso giusto. Guy ha ucciso un uomo e si è tolto la vita. Sì, lo ha fatto lui… Io gli ho solo preso le mani… Ha detto 'non posso farcela da solo, Quinz, aiutami'. E teneva la pistola contro la sua faccia…"
"E tu? Hai premuto il grilletto al suo posto? L'hai fatto?"
Come può sembrare entusiasta? Perché sembra divertirsi? Oh, lo sa, il perché. Perché è un pazzo sadico.
"Non lo so!" gli risponde. "Non lo so. Non me lo ricordo. Gli ho preso le mani. Gli ho detto che avremmo sistemato tutto. Ma non lo so. Mi ricordo lo sparo, il sangue sulla parete e il dottor Markus che mi diceva di stare calma, che nessuno avrebbe saputo niente. Ma non lo so, J. Non lo so."
"Guardami, Harley." Lui la costringe a voltare la faccia. "Così il tuo ragazzo ti ha fatto capire che non c'è nulla che possa essere pianificato. Che sciocchina. Hai passato anni a logorarti per questo? Sai cos'era il tuo Guy? Un patetico smidollato. Non puoi giocare con la vita e la morte se non sei disposto a scommettere anche la tua. Lui no. Lui chiede aiuto alla sua bella perché non ha il fegato di andare fino in fondo. E tu, Harley? Sei andata fino in fondo? Hai capito come vanno le cose? Che i loro schemi perfetti funzionano solo se vengono mostrati in negativo? E allora smettila, Harley. Pensa. È grazie al tuo Guy e al suo addio a questa valle di lacrime che hai costretto il tuo rettore a mandarti qui, non è vero? Perché questo è il tuo posto e tu lo sai. Il centro dell'incontrollabile. E ci sono io. E ti dico che devi smettere di farti vincolare da un ridicolo rimorso. La gente muore in continuazione. La gente è fatta per morire. Anche tu. Anche io. Nel momento in cui te ne rendi conto, tutto diventa elementare. E buffo. Tremendamente buffo."
Ha ragione. Di nuovo ha ragione. Che cosa ha fatto per tutto quel tempo? Ha cercato una risposta nella follia, una follia simile a quella che brillava negli occhi di Guy in quel momento. Ma una risposta non esiste. Tutto è caos. Lui è caos. Ne è la quintessenza. Per questo lo vuole.
"Tu non hai mai paura, Mr. J?"
Il suo sorriso potrebbe apparire perfino dolce, mentre la lascia andare, se solo i suoi occhi non brillassero di ferocia.
"E cosa c'è da avere paura, Harley? Cosa? È la paura che li frega. Tutti quanti. E lo sai. Se sei ancora viva è perché non hai avuto paura quando ti ho stretto le mani alla gola. E hai di nuovo quello sguardo, Harley. Lo sto vedendo adesso."
Lo so.
Lui non teme niente. Lui è libero. Lui è davvero meraviglioso. Non ha sbagliato. È nel posto giusto. Tutto è perfetto. È quello il traguardo che doveva raggiungere. Sa di stare per gettarsi in un inferno senza ritorno mentre gli circonda il collo con le braccia e lo bacia. Non si torna indietro. Il confine è passato. Adesso riesce a sentirlo, a capirlo, a essere come lui, mentre la stringe, famelico e possessivo. I pensieri si rincorrono insieme al sangue che pulsa violento, e perdono il loro senso, accavallandosi.
Lasciami… respirare… non lasciarmi… Dio, sto baciando il Joker… no… scappare… via subito… ti amo… mio… ti amo… tua… ti…
"Harley, apri gli occhi."
No, non ne ho voglia. Possiamo ricominciare, Mr. J?
Le palpebre pesano come due arti colpiti da paralisi. Si sente come dopo un'ubriacatura di quelle massicce.
Sono fregata. Del tutto.
"Harley, hai una suoneria ridicola."
Che cos'ha il suo telefono che non va? Cosa c'è di sbagliato in Marilyn che cinguetta 'I wanna be loved by you'? E perché sta cantando proprio adesso, quella stupida oca?
"Non voglio rispondere" si lamenta passandogli le dita sul viso. Tutto il suo viso. Ferita dopo ferita. Le cicatrici più profonde. Quelle più sottili. La creta in cui è stato modellato. E lo trova bellissimo.
"Consegnalo a me. Te lo restituirò con un paio di funzioni extra."
Sì, lo ha letto nel rapporto. La bomba trasformata in un organo interno di troppo. Mostruoso e geniale.
"E come suoneria, un'allegra musica da circo…" gli dice, mentre il telefono smette di squillare. Perché trattenersi dal gettare l'amo?
È spaventoso vederlo acquisire quell'espressione cupa. L'argomento non gli piace, esattamente come aveva immaginato.
"Non tirare troppo la corda, Harley. Non sono un tipo paziente."
Sei arrabbiato con me, Mr. J? Voglio farti tornare il sorriso.
"Quando sarai fuori di qui mi insegnerai ad usare i coltelli?" È certa che prima o poi lui sarà di nuovo libero. E lei sarà al suo fianco. Continuerà a prendersi cura di lui per sempre.
Sorride di nuovo, il suo principe clown. Di nuovo è tutto a posto. "Cominceremo con le armi da fuoco, visto che hai già una certa dimestichezza" le dice e Harleen si sorprende nel trovare quella stoccata esilarante.
Forse ha premuto quel dannato grilletto. Forse no. E non ha la minima importanza.
Non voglio andare via…
"C'è una festa in maschera, stasera. Mi vesto da Arlecchino. Come piace a te. Vorrei che potessi venire con me. Perché non puoi venire con me, Mr. J? Perché non posso dirti quello che si dice in casi come questo? Perché non puoi accompagnarmi a casa? Perché non posso invitarti a salire da me? Non funzionerà mai… Tu non piaci alla mia migliore amica…"
Che cosa diavolo sto blaterando? Che ore sono? Devo passare da Pam a vestirmi…
"Perché non assomigliamo a nessun caso, Harley. Ricordatelo. Da adesso in poi tu sarai strana. E non potrai farci nulla. E con la migliore amica si può risolvere."
"E come? Pamela ti odia. E odierà anche me quando le dirò cosa è successo."
"Basta liberarsi della migliore amica. Semplice. Chi ti accompagna alla tua festa in maschera? Chi vedrà il mio Arlecchino prima di me?"
È esaltante scoprire pian piano quanto possa essere possessivo, ascoltare quel sibilo che esce dalle sue labbra.
"Un amico… Amici. Perché vuoi saperlo? Cosa cambia?"
Lo sa, ma vuole sentirglielo dire. Povero Jonathan. Se solo potesse immaginare…
"Perché… Harley, senti… Per quanto io proceda alla cieca devo pur sapere chi dovrò uccidere per primo, una volta fuori di qui."
Sorride ancora, ma lei sa che non sta scherzando. Povero, povero Jonathan. Che meraviglia. Gli appartiene davvero, dunque. È sua, una sua proprietà, nessun altro potrà più avvicinarsi a lei. È più di quanto abbia mai sognato. E forse può renderlo ancora più divertente.
"Prova a scoprirlo da solo. Pasticcino."
Vede accendersi di nuovo la furia omicida che non può essere controllata, mentre il folle assassino che nessuno riesce a comprendere tranne lei le afferra il viso e le riversa il suo odio negli occhi.
"Forse ti ucciderò insieme a lui. E allora capirai che sono io a dare l'imbeccata per la battuta successiva e che tu sei solo la mia spalla. E che…"
"E che sono solo tua. Lo so" conclude per lui attirandolo a sé per baciarlo di nuovo.



Fear is withering the soul
At the point of no return.
We must be the change
We wish to see.
I'll come into your world,
See through your eyes.
I'll try to understand,
Before we lose what we have.

We just can't stop believing
'cause we have to try.
We can rise above
Their truth and their lies.

See who I am,
Break through the surface.
Reach for my hand,
Let's show them that we can
Free our minds and find a way.
The world is in our hands,
This is not the end.


(Within Temptation, See who I am)




Note:
1) No. Non lo so come ci è arrivata la rosa sulla scrivania di Harleen. Prendiamo per buona la dichiarazione del Joker: "Ce l'ho messa io". E non facciamoci ulteriori domande.
2) Sì, mi sono studiata la cartina di Gotham e quella dei Narrows nello specifico. Sì, ho fatto gli screenshot di Batman Begins per contare i ponti che li collegano alla terraferma. Don't try this at home.
3) Qualcuno ha notizie circa la sorte di Coleman Reese? Voragine di sceneggiatura?
4) Ribadisco: la storia di Guy Kopski è una scemenza colossale. Dobbiamo proprio parlarne? Ok, abbiamo un'ambiziosa studentessa che vuole essere ammessa al dipartimento di psichiatria. Abbiamo un rettore di facoltà laido che vorrebbe darle due colpetti. Abbiamo il fidanzatino di lei che sta studiando la teoria del caos. Lei propone al laido un esperimento sociale: cavia, ovviamente, il ragazzo. Scopo: rispondere a una domanda che fa perdere il sonno a tutti (inserire ironia in questo punto). Una persona che ci ama continuerebbe a farlo anche dopo che abbiamo commesso un crimine efferato? Seguono una raffica di balle che si chiudono con il ragazzo, drogato dal laido con la tossina del Joker, che OVVIAMENTE, circola liberamente all'università di Gotham, che gioca al giustiziere della notte e poi si punta una pistola in faccia. Ma siccome ha le palle di un lombrico chiede alla ragazza di aiutarlo a morire perché non sopporterebbe il rimorso per l'omicidio commesso. Non si sa se il tonto prema il grilletto da solo o se ci pensi Harley a fare questo favore all'umanità. Comunque lei, subito dopo, sbrocca. E decide che in fondo i matti (e il Joker, che è già rinchiuso ad Arkham) hanno ragione. Che il Joker è la sua luce sulla via di Damasco e che vuole fare l'internato ad Arkham per conoscerlo. Ora, possiamo dimenticarci di questa assurda faccenda? Grazie.






Rispostine insensate:

Ilaria1993
, grazie. Non sono molto costante negli aggiornamenti, lo ammetto. Più che altro perché mi dimentico. ^_^
Perdono.

Kuji13 Francamente il fatto che quella ridicola barzelletta sia piaciuta a tutti voi mi dà da pensare circa le VOSTRE condizioni mentali. Appena si libera una cella ad Arkham so chi metterci dentro. Tanto dubito fortemente che Mr. J si fermerà ancora a lungo.
Detto tra noi io SPERO che Nolan non faccia un terzo film su Batman. Sarebbe impossibile eguagliare TDK e solitamente è dal terzo episodio che comincia la vera decadenza di una saga. E poi quel finale aperto e sospeso con Batman in fuga io lo trovo bellissimo così com'è. Inoltre l'impressione che il Joker non sia in scena perché Ledger è morto ma che avrebbe dovuto esserci sarebbe troppo forte e mi guasterebbe un'eventuale visione.
Anche a me piaceva molto Riddler fino a qualche tempo fa. Fino a quando non ha preso piede nel fandom la bizzarra ship con Harley. È scattata in me la sindrome della cintura di castità. Lei è la donna del Joker e NESSUNO deve avvicinarsi troppo. E comunque Nygma mi piaceva come 'cattivo'. In versione 'convertita' non mi dice più nulla.
Il Joker si è aperto (o sembra che si sia aperto) quel tanto che basta per procedere con il suo darci dentro di bastone e carota. Povera Harley. Sì, uscirà con Jonathan. Per sapere se combineranno qualcosa aspetta il prossimo capitolo.

killme, Eh, beh. Anche qui la domanda m'è venuta spontanea: come mai gli internati di Arkham sono sempre ben rasati (o, QUASI sempre; Mr. J incolto lo abbiamo visto un paio di volte)? Quindi ho scoperto che nei manicomi criminali c'è un barbiere che fa il suo giro una volta a settimana. Ho preso la palla al balzo per far fare ad Harley un lavoro di fino zigzagando abilmente fra le cicatrici del Joker.
Harley nei fumetti impazzisce ancor più rapidamente, te lo assicuro (no, la versione del monografico circa un anno intero di sedute NON la considero canon. È pattume, come vi dirà chiunque fan di Harley con un po' di sale in zucca.) Per quanto riguarda la liberazione di Mr. J la storia non sarà TANTO lunga da costringerti ad aspettare venti capitoli. Ma nemmeno così rapida. Harley è ancora sull'altalena che dondola tra raziocinino e pazzia e le ci vorrà un po' per saltare giù definitivamente. Ma il nostro clown sta lavorando in questo senso.
Esiste qualche fan di Robin sulla faccia del pianeta????
Capitolo Killing Joke: no, è più forte di me. L'immagine della vulnerabilità di Jim Gordon prigioniero mi fa DAVVERO male. Più che vedere Barbara in una pozza di sangue.

sychophantwhore Esatto, esatto e riesatto.
Circa la vacanza del Joker ad Arkham, lui non lascia nulla al caso (caos) nonostante dica il contrario. Se è lì è perché vuole starci. Al momento ha tutti gli occhi addosso. Probabilmente sta cercando un modo per uscire che sia plateale e infallibile. ^_^ Ma io che ne so? Non sono mica la sua psichiatra… XD
Per quanto mi riguarda il rapporto tra Harley e J l'ho sempre visto come Paul Dini: lui la ama a suo modo e tanto quanto può. Harley è uno specchio, un gioco, un'opera d'arte e la sua anima gemella. È il suo doppio femminile, è qualcosa che lo diverte, lo incuriosisce e lo lusinga, è la dimostrazione che nelle sue mani c'è il potere di far diventare i perfetti figli di Gotham qualcosa di folle e grottesco. E poi c'è l'attrazione e la complementarietà. Lui è sadico. Lei è masochista. La cosa funziona. Poi lei si ribella, lui diventa la parte debole e si torna in posizione di stallo e lo spettacolo riprende. Sono perfetti. Che il Joker sia legato a lei per me è una cosa ovvia: nessuno può resistere tutti quegli anni vicino a lui se lui non vuole. Perfino il suo saltuario tentare di ucciderla è un gioco che non arriva mai oltre il limite. Sono arciconvinta che se il Joker avesse voluto DAVVERO liberarsi di lei Harley sarebbe morta da un pezzo. E poi lui ci pensa anche ora che si sono lasciati… Qualcosa vorrà pur dire. ^_^
Jonathan nelle mie intenzioni sta lì a dimostrare che cosa succede a una mente geniale e criminale una volta che viene 'normalizzata' e fatta rientrare nell'ordine rassicurante delle cose: niente. Non brilla più, ha perso il suo fascino e anche il suo genio. È un piccolo uomo spaurito che fa cose banali in un mondo banale. Non fa più paura e ha perso la sua grandezza. È il destino che vorrebbero riservare a Mr. J in nome del quieto vivere. Jonathan è un monito: ecco il rischio che si corre a cadere nelle mani di chi vuole normalizzare la follia. Il fatto che si sia attaccato come una cozza alla sua psichiatra è solo un altrettanto comune caso di transfert clinico.
In Marilyn Manson io vedo per prima cosa una persona con una enorme cultura musicale che ha messo in scena la sua forma di teatro dell'assurdo al posto giusto e nel momento giusto. Qualcuno che conosce molto bene i suoi polli. Basta leggere una qualunque intervista per rendersi conto di avere a che fare con una persona estremamente intelligente che non crede a una sola parola della propria personalissima favola musical-scenografica, a differenza di chi gli urla contro accusandolo di essere la causa primaria dei mali del mondo.
Per i disegni… ti basta metterli su Imageshack o su un qualunque servizio di hosting.
Il costume di Harley non sarà proprio come quello dei fumetti. Assomiglierà molto di più a quello delle fanart con Kristen Bell di Josh McMahon che ho linkato la scorsa volta. Almeno nella mia testa bacata.

Laura Sparrow Ciao. In Italia il tema non è così inflazionato quindi non credo che un'altra storia 'Madlovica' sarebbe di troppo. Comunque a me piacerebbe leggerla. Quando avrò finito Amour Fou (NON prima), se proprio non vuoi pubblicarla, potresti girarmela? Le JHQ sono una rarità qui da noi e quelle poche che ci sono, sono a) scritte malissimo e vilmente copiate dal lavoro altrui b) già state lette dalla sottoscritta (e quasi sempre "ANTI-Joker-povera-Harley-vittima"). Una in più farebbe bene alla mia salute. È vero che il tema è lo stesso ma non è detto che debbano somigliarsi nello stile e nella resa. I casi di ispirazione non accreditata si riconoscono immediatamente perché sono fatti di dettagli e strutture narrative prese di peso e riciclate, quindi non preoccuparti. Quando una storia è stata scritta SOLO dall'autore con SOLO le sue idee e la sua penna si vede.
Felice che la resa della mia Harley ti piaccia. Ultimamente mi sto dedicando solo a lei. Non sono mai stata così veloce nello scrivere una storia capitoli e adesso che vedo il traguardo vicinissimo (IO vedo il traguardo; voi no. Per voi c'è ancora tanto da leggere) mi dispiace da morire doverla lasciare. Forse lei e il suo clown torneranno in qualche one shot.
L'innamoramento rapido è abbastanza costante nelle varie storie a fumetti. In Mad Love lei si mette a civettare praticamente subito. Pensa che a me sembrava di tirarla troppo in lungo. XDDD
Ci ho messo un bel po' di tempo a decidermi a farli limonar… ehm… diventare più affettuosi l'uno con l'altra.
Resta il fatto che più di un 'ho capito di amarlo…' il click che scatta nella testa di Harley è dato dalla particolare parafilia di cui evidentemente soffre. Non c'è logica, non c'è razionalità, non è una goccia che scava la pietra. È un'esplosione. Adesso dovrà raccogliere le macerie.
Alla prossima.


Lefteye, caVa. Una mia amica dopo avere letto la scena della rasatura mi ha detto 'Povero Joker. S'è ritrovato di sicuro con uno sfilatino nelle mutande.' E dopo questo momento di ESTREEEMA finezza ti RINGRAZIO TANTO per avere condiviso con il mondo quella becera storiella. Vado a nascondermi nel primo armadio disponibile -_-' (My God, che imbarazzo…).
Oh, sì. il favorino che Mr. J chiede ad Harley è un passo avanti. Soprattutto perché lei accetta subito, povera stella. Tutto va secondo i piani dell'uomo che non sembra il tipo da fare piani ma che, guarda un po' il caso, fa sempre piani che funzionano benissimo.
Ricambia? Si fida? La usa? As you wish. Interrogativi che tormentano da quasi vent'anni i fan della strana coppia. Resta il fatto che sono i 'coniugi' più resistenti e duraturi di Gotham, alla faccia di Bruce Wayne e delle sue fraschette allegre e di Jim Gordon e delle sue due mogli.
Non sei la sola a sostenere l'ipotesi di un Joker disinteressato al sesso. Anche qui dipende tutto dall'autore che scrive la sceneggiatura del fumetto in questione. Il bello dei comics americani è che è mooolto difficile dire cosa sia canon e cosa no, visto che ogni testa pensa per sé (sarà per questo che Grant Morrison ha fatto del Joker il suo malefico Gary Stu gay? Mi ci è voluto un po' a riprendermi dalla vista di lui che nella graphic novel 'Arkham Asylum' palpa le chiappe a Batman. XDD) Io l'ho sempre trovato estremamente sensuale come personaggio. Poi, con Ledger, a mio avviso, ha acquistato una carica erotica spaventosa. Avrebbe potuto usarla al posto di dinamite, benzina e polvere da sparo e sarebbe stata ancora più economica. Altro motivo per cui venero Azzarello: per lui è lecito far trombare il Joker e pure tanto. Ok, procediamo con le raffinatezze, oggi). Vado ad accendergli un cero.
Grazie al cielo lui e Harley non si limitano ai buffetti sulle guance. Perfino nel cartone (target 7-12) sono più espansivi. Altrimenti la mia collezione di scene tenere di baci-botte-baci-botte piangerebbe miseria. Sono una coppia in tutto e per tutto, anche se con tutte le peculiarità di follia e sadomasochismo del caso. Ok, so di essere monomaniacale, ma devo accendere un altro cero ad Azzarello per avere cambiato l'arredamento della loro camera da letto, da questa specie di lunapark all'alcova del peccato. Sigh… (sospiro trasognato)
In questo capitolo gli ho fatto slinguazzare un po' Harley. Ha quella lingua perennemente dardeggiante; sarebbe un peccato non fargliela usare… Ok, la pianto… sto facendo brutti pensieri… ok… ok… basta.)
Trasformazione finale? Nooooo. Ci vorrà ancora un po' per poter dare degna sepoltura alla dottoressa Quinzel. Quanto al passato del Joker… e chi lo sa. Come dice il nostro principe clown del crimine in Killing Joke, se bisogna avere un passato allora è giusto pretendere di poter scegliere tra più opzioni diverse, politica che il TDK-Joker sposa in pieno. Quindi può darsi anche che Harley soffra di allucinazioni. Può darsi. E può darsi di no. Ok, stop. Altrimenti mi picchi.
Io a Paul Dini perdono tutto. Lo ripudierei solo se m'investisse il gatto.
Per quanto riguarda il fotomontaggio, più di una persona mi ha chiesto chi fosse QUELLA sulla destra. -_-'
Meno male che l'hai riconosciuto al volo. Se il tizio DIMOSTRA quattordici anni ma non li ha, buttati a laughing fish. Solo che il fatto che sia mingherlino mi traumatizza. Stanotte avrò gli incubi e sognerò il capoccione di Heath innestato sul corpo di Cillian Murphy.

Aletheia89 Io adoro le new entry. Se poi riesco a convertire qualcuno al sacro culto della coppia clownesca è tanto di guadagnato. ^_^
Grazie per i complimenti. Per quanto riguarda l'evoluzione del loro rapporto… intanto li abbiamo fatti sbaciucchiare un po'. Poi si vedrà. ;-)


Ok, ora vi lascio qui un altro disegno che trovo dannatamente ispirante (Ragazza di Pavia che l'hai realizzato, PALESATI! Ah, i due tesori della mamma… *_* ) e vado anch'io. Al prossimo giro di insensatezze.

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Capitolo 11
*** Intermezzo n°2 - Masquerade ***





Intermezzo - 2
"Masquerade"







Creatures kissing in the rain
shapeless in the dark again
in the hanging garden
please don't speak
in the hanging garden
no one sleeps

catching haloes on the moon
gives my hands the shapes of angels
in the heat of the night
the animals scream
in the heat of the night
walking into a dream

(The Cure, The Hanging Garden)


La cipria bianca deve essere stesa in modo compatto e uniforme. Non ha voglia di inventare rughe e segni che non ci sono nella realtà. Ha scelto di essere un clown di porcellana, ridente e festoso.
Una matita nera a punta morbida per circondare gli occhi, fino agli zigomi, fino alle sopracciglia, imitazione oscura di una maschera che cela il vero volto di Arlecchino.
Il pennello rigido passa tra le ciglia rendendole un'ammaliante barriera color carbone.
E poi le labbra lucide, morbide, scure, rosse, sanguigne, sul palcoscenico del suo viso. Labbra che appartengono a lui.
Se solo potessi vedermi, mio amato principe clown del caos… Se solo potessi vedere quanto sono fatta per starti accanto…

Il commissario James Gordon non ha ancora avuto il 'piacere' di incontrare la dottoressa Harleen Quinzel, ma gli è bastato parlarle al telefono per capire immediatamente che non sarà mai il tipo di persona in grado di suscitare la sua simpatia.
È stata lei a richiamarlo, dopo che ha tentato invano di telefonarle durante il pomeriggio. Jim Gordon ha cercato di essere estremamente cortese.
"Vorrei parlarle faccia a faccia. Le dispiacerebbe passare in commissariato questa sera? Un incontro informale."
Deve conoscere la sua posizione sul caso Joker. Conoscere il risultato della perizia è l'unico vantaggio che potrà permettere agli avvocati dell'accusa di fare giustizia. Ma quella piccola carogna della Quinzel ha deciso subito di mettergli i bastoni fra le ruote.
"Non si tratta di una convocazione ufficiale, commissario?" gli ha chiesto con la sua voce fresca e allegra.
Nessuno può permettersi di avere una voce fresca e allegra a Gotham City, di quei tempi. Jim Gordon lo considera un insulto alla loro grande tragedia comune di essere condannati a vivere in quella Babele di vizio e follia.
"Ma certo. Solo il tempo di una chiacchierata amichevole" le ha risposto sperando di poter tagliare corto.
Di solito la gente…. ok, la gente onesta, non fa storie davanti alle richieste di un poliziotto. Ma la Quinzel si è dimostrata subito un tipetto ostico. Un tipetto disonesto?
"No." Lapidaria e senza alcuna esitazione.
"Prego?" le ha chiesto incredulo.
"È Martedì Grasso, io ho un costume bellissimo, ho voglia di divertirmi e devo andare a una festa con i miei amici. Se vuole parlarmi venga lei. Siamo al 'No Man's Land' dopo le dieci. Tavolo 31. Abbiamo prenotato da mesi. Non ho intenzione di rinunciarci per un incontro informale con lei in uno squallido commissariato. Se vuole parlarmi, venga pure. Chissà che non scopra anche lei il gusto di fare baldoria e che questo non la aiuti a perdere quell'espressione da cane bastonato che ha sempre quando la intervistano in TV. Santo cielo, sorrida ogni tanto, commissario!"
Jim Gordon si è chiesto per un attimo se ci fossero gli estremi per arrestarla per oltraggio a pubblico ufficiale. A malincuore si è risposto di no. E ora è di pessimo umore mentre attende che Barbara torni con i ragazzi. Li ha portati alla sfilata delle maschere. Gotham è rapida a consumare i propri lutti. Ma le ferite restano.
Jim Gordon a volte sente di non avere più un posto dove rifugiarsi. Il lavoro lo sta logorando. Non riesce più a tenere nulla sotto controllo. La settimana appena trascorsa è stata infernale. Il Gotham Times ha montato il caso 'Riddler' e ha distorto alcune sue dichiarazioni. Un hacker viola i computer della polizia, infilandoci dentro indovinelli e stupidi rebus e subito si urla al super-criminale. Sembra che quella città abbia un bisogno disperato di avere paura. E a casa le cose non filano lisce. Soprattutto con le sue due 'Barbara'. Sua moglie è cambiata da quando lui ha inscenato la propria morte per catturare il Joker e soprattutto da quando lei e i ragazzi sono stati presi come ostaggio da Dent. E la sua piccola… la sua Babsy, la sua adorata piccola Barbara, rifiuta perfino una carezza da parte sua. Gliene ha chiesto il motivo, sperando che si trattasse di una crisi adolescenziale molto in anticipo sui tempi, e la sua risposta lo ha gelato.
"Tanto lo so che ti importa solo di Jim. L'ha detto l'uomo con due facce. E tu hai detto che era vero. Se avesse preso me mi avresti fatto sparare, lo so."
Le ha detto che non è vero. Glielo ha ripetuto fino a quando le parole non gli si sono strozzate in gola. Non è servito a niente. Dovrà riconquistare la sua fiducia, ma non sa da dove cominciare. Trema ogni volta che si ritrova a pensare a cosa sarebbe accaduto se Dent gli avesse imposto di scegliere la vita di uno dei suoi figli. Ora non potrebbe più mentire a se stesso.
Ma non è accaduto. E io voglio bene a mia figlia. Morirei per lei. Come posso farglielo capire?
Dent è morto. Il Joker è in gabbia. Eppure sono loro i veri sconfitti, lui, Batman, la gente comune. Tutti loro. E, nonostante tutto, si camuffano, scendono in strada, festeggiano, danzano, ridono… Dimenticano.
Forse sono tutti pazzi. Forse siamo tutti pazzi.

Bruce Wayne quella sera indossa la sua solita maschera. Rachel aveva ragione. Batman è la verità, il playboy miliardario la menzogna rassicurante. Ma ora anche Batman ha iniziato a mentire. Bruce invece può concedersi il lusso di aggiungere un pizzico di sincerità alla propria recita quotidiana. Nessuno si aspetta di vederlo sorridere.
"Siamo addolorati, signor Wayne."
"Ci dispiace tanto, Bruce."
"Sappiamo quanto eri legato alla povera Rachel."
"Una tragedia."
"Un'autentica tragedia."
No, un omicidio. Non è stato il caso. Non è stata sfortuna. È stato un trabocchetto studiato in ogni dettaglio.
E parlavi di caos, pazzo di un clown? Inneggiavi al caos? Tu sei il primo a non rispettare i tuoi stessi dettami. Sei schiavo delle tue regole.
Beffardo. Quella notte sembra fatta per lui. Maschere, costumi, un tripudio di colori, in città e lassù, nel suo attico, per l'ennesima festa. Ma lui non può goderne. Non ha il permesso di giocare con gli altri pagliacci. Le voci si rincorrono. Sembra che l'accusa non si limiterà a chiedere l'ergastolo.
Faranno quello che io non ho avuto il coraggio di fare? si chiede togliendo un calice di champagne dal vassoio che Alfred gli porge. E ancora: È pazzo. Cosa ci sarebbe di giusto in una condanna? Eppure lo so che anche questa per lui sarebbe una vittoria. La dimostrazione che non esiste alcuna differenza tra noi e lui.
Non serve a nulla arrovellarsi. Non ha voce in capitolo. Lo ha catturato ma non può decidere circa la sua sorte. Vorrebbe dimenticarsi della sua esistenza. Invece la sua risata e le sue parole sono una metastasi che ingoia i suoi pensieri.
Una regina in azzurro gli chiede di ballare. Bruce Wayne rimanda a più tardi. Non è dell'umore per una festa eppure sorride e si dimostra cortese. Sotto le maschere dovrebbe conoscerli tutti. Sono i suoi ospiti e ha letto la lista degli invitati. Eppure alcuni sono camuffati ad arte e non saprebbe dare loro un nome.
L'odalisca verde… Impossibile. Non ha idea di chi sia. Di certo non l'ha mai incontrata prima. Non si dimentica una donna simile. L'ammaliatrice solleva il calice verso di lui. Bruce Wayne si trova a sgomitare per raggiungerla come in uno stucchevole film d'amore. Eppure non si tratta di nulla di simile. Semplicemente deve sapere chi è. È il proprio istinto a ordinarglielo.
Lei non si muove. Lo aspetta pazientemente. E quando sono finalmente uno di fronte all'altra gli dice un semplice "Ciao, Bruce. Finalmente ci incontriamo."
"Con chi ho il piacere…" inizia lui prima di stordirsi davanti ai suoi occhi infiniti, da sirena. Da dove è saltata fuori?
"Talia Ducard" gli dice porgendogli la mano, e un brivido gli percorre la spina dorsale. "Mio padre mi ha parlato molto di te. E ti porto i suoi saluti."
"Talia Ducard" ripete Bruce Wayne. L'ennesima illusione. L'ambasciatrice di una presunta immortalità. "Talia Al Ghul, piuttosto. Sei davvero sua figlia? La figlia di Ra's Al Ghul?"
Lei ride e quel suono gli fa girare la testa. Si scosta dal viso la massa lucida di capelli scuri e lo fissa apertamente negli occhi. "Mio padre mi aveva detto che saresti stato scettico."
"Tuo padre è morto. Non mi sono mai bevuto la favola della sua immortalità. Quindi risparmiami lo spettacolino e gli effetti speciali."
Lo sguardo della donna si fa sfacciato senza perdere un briciolo del suo fascino. Bruce Wayne più tardi proverà un rimorso bruciante per quella stretta allo stomaco a cui può dare un solo nome, per quel desiderio improvviso che lo fa quasi sragionare e che finirà per fargli abbassare la guardia.
"Sono in difficoltà, Bruce. Mio padre avrebbe dovuto avvertirmi che eri tanto alto, tanto elegante e tanto bello. Avrei evitato di sentirmi rassegnata all'idea che diventassi mio marito."
Cosa?
"Tu sei pazza. E tuo padre è morto."
Matrimoni combinati da un presunto stregone immortale saltato in aria un anno prima. Adesso le ha sentite tutte.
La donna che amavo è morta da troppo poco tempo… Non devo guardare questa strega negli occhi. Non devo.
"Perché sei a Gotham? Vendetta? È questo che vuoi? Fai parte anche tu della Setta delle Ombre, suppongo. Quindi Batman non dovrebbe farsi scrupoli ad affrontarti."
Talia Al Ghul non muta di una virgola la propria espressione consapevole e tranquilla. "Che ironia. Sei l'unico a non portare una maschera, questa sera. Temi che possano riconoscerti?" Vuota il suo bicchiere, poi il suo sorriso si fa enigmatico. "Nessuna vendetta, Bruce. Non ancora. Sono qui per tirare fuori dai pasticci una persona che potrà tornarmi utile in futuro. Ma la cosa al momento non ti riguarda. Mi inviti a ballare?"
Stalle lontano, ripete in modo insistente la voce della sua ragione. Ma è carnevale. Perfino per uno come lui è lecito impazzire per una singola notte. Le porge la mano. L'orchestra sta suonando 'Moonlight'.

Pamela Isley avrebbe voluto scomparire. Dire addio a tutto ciò che è stata la sua vita fino a due giorni prima, lasciarsi alle spalle le bestie su due gambe convinte di avere il diritto di farla da padrone in quel mondo agonizzante, tagliare i ponti con i propri simili, che non riesce più a considerare tali. La propria rivelazione sulla via di Damasco è stata veloce e crudele. Pamela Isley sa che indietro non si torna. Eppure è di nuovo lì, e per un solo motivo. Harleen.
Devo salvare almeno lei. Devo salvarla da se stessa, si è detta la prima volta che le ha fatto bere il viatico per il Giardino dell'Eden che verrà.
Devo rivederla ancora una volta, si è scoperta a pensare quando tutto si era già compiuto. Perché lei è l'unica di cui le importi, l'unica che vorrebbe portare con sé. È una debolezza enorme, e Pamela Isley lo sa bene. Presto perfino il suo nome non avrà più significato. Perché dovrebbe averne una Harleen Francis Quinzel qualunque? Anche lei è carica di colpe, come tutti gli altri. Eppure è la sua Harley.
Piccola, seguimi in ciò che voglio fare. Ho bisogno di te, tesoro mio. Fidati della tua Rossa…
Ma Harley non verrà. Perché Harley in questo momento è felice. Glielo ha detto abbracciandola.
"Quanto mi sei mancata, Pam. Non hai idea. E sono successe tante di quelle cose… È meraviglioso, Pam. Mi ama e io amo lui. Sono felice. L'ho baciato, Pam. Voglio stare con lui…"
Un torrente di parole. Ognuna avvelenata e pungente come un ago.
Troppo tardi, si è detta Pamela. Harleen vuole Gotham, non un paradiso utopico. E vuole il Joker, non lei. Vuole solo il Joker. Non condividono lo stesso destino. Harleen non ha ascoltato nemmeno uno dei suoi deboli rimproveri.
"Lasciami stare, Rossa. È quella gran cosa chiamata 'fato' e non posso oppormi. Io e lui siamo legati."
Fato. Forse Pamela comincia a crederle. Forse è una regola che vale anche per lei. Non capita per caso di imbattersi in uno come Jason Woodrue. Non capita per caso di diventare ciò che lei è ora.
"Sei bellissima e letale come un tralcio di edera velenosa, Pamela. Sei la meraviglia assoluta. E sei solo la prima di una…" le ha detto Jason prima che lei fermasse quel delirio nell'unico modo possibile.
E pensare che ti amavo, Jason. Mentre ora non conti più niente, e non solo perché ci hai lasciati per un mondo migliore.
Un sorriso lieve le compare sulle labbra quando sente Harleen canticchiare in bagno mentre finisce di truccarsi. Pamela Isley non credeva che fosse così semplice liberarsi di un essere umano. Di un essere umano al quale si giurava amore eterno solo due giorni prima. Non è stata una vendetta. Non ha rimpianti per ciò che è diventata, per come il proprio corpo stia acquisendo a poco a poco delle caratteristiche peculiari. Lo ha fatto unicamente perché in un attimo ha capito che lui, come tutti gli altri, non aveva alcun diritto di continuare a respirare.
Eppure è tornata. Ha indossato quello splendido abito verde e si è acconciata i capelli con foglie di edera…
… di stoffa, sorelle… a voi non faccio del male… bellissima e letale come un tralcio di edera velenosa…
si è truccata il viso e ora trascorrerà la notte fra la massa nauseabonda composta da centinaia di persone festanti, sudate e ributtanti. Per Harley. Perché progettava quella serata da tanto tempo. Per vederla sorridere.
Perché continui ad essere importante, Harley?
Che cosa ne sarà di lei quando non potrà più farle da angelo custode? Il Joker le farà del male. Il Joker la sta usando. Pamela ne è certa. Ma si ripete che non è più affar suo, che Harleen è un'adulta e che può fare da sola le proprie scelte e soprattutto che ora lei è un'assassina, una criminale, e vuole sovvertire le regole del vivere comune non meno di quanto voglia farlo il Joker.
Harley ha semplicemente scelto il suo male al posto del mio.
Allunga le dita per sfiorare i petali di una dalia gialla e trionfante. Il fiore la consola senza bisogno del dono della parola.
Voi mi seguirete, sorelle. Con voi io non sarò sola, piccole mie.
Prima dell'alba sarà tutto finito.
"Finito! Come sto?" cinguetta Harleen uscendo dal bagno.
Domanda inutile. È bella come non lo è mai stata prima. Perché quello è il suo vero volto, rimasto in attesa di poter emergere fino a quel momento. Su quel viso bianco brillano due occhi pieni di gioia. La simmetria del rosso e del nero, la stoffa morbida. Nella sua assoluta semplicità è magnifica. Pamela le sistema il cappello sulla chioma perfettamente spazzolata. Quei sonagli alle estremità delle due punte flosce saranno una tortura per tutta la serata.
"Sei perfetta" le risponde baciandola fra i capelli per non rovinarle il trucco.
Forse un giorno, Harley, saremo ancora un duo di ragazze terribili, io e te. Forse un giorno…

James Gordon deve controllare il proprio nervosismo mentre è costretto a farsi largo verso l'ingresso del 'No Man's Land' tra una folla di maschere vocianti e già palesemente alticce.
O peggio…
Mostra al buttafuori il proprio distintivo informandolo di essere atteso al tavolo 31.
"Da cosa saresti vestito? Da Tenente Colombo? Quel coso sembra vero."
"Questo coso è vero" lo informa finendo di contare gli orribili piercing sulla sua faccia. "Non sono in veste ufficiale, ma questo stato di cose cambierà fra trenta secondi se non ti togli di mezzo e mi fai passare."
La montagna umana vestita di nero non batte ciglio. "Sei simpatico, zio. Fanno comunque ottanta dollari. La prima consumazione è gratis. Accomodati alla cassa e cerca di tapparti tutti e due gli occhi, stasera. Non vogliamo che ci rovini la festa."
Ottanta dollari, riflette Jim Gordon mettendo mano con malumore al portafogli.
Harleen Quinzel sconterà anche quella. Non riesce a credere che la gente possa spendere tutti quei soldi per agitarsi su una pista sommersa da una musica assordante, divorando stuzzichini che sanno di plastica. E un posto a sedere costerà almeno il doppio.
Il 'No Man's Land', per ciò che lo riguarda, potrebbe essere l'ultimo girone dell'inferno. Le luci sono troppo forti e il loro continuo accendersi e spegnersi gli fa venire la nausea. Per un attimo ha l'impressione che tutti i pazienti di Arkham siano a piede libero e si siano radunati lì. E se può sopportare la sfilata di astronauti, streghe, damine e uomini delle caverne, tollera meno gli individui che, privi del minimo tatto, hanno scelto di conciarsi come il Joker. Almeno hanno l'attenuante del carnevale. Il problema è che se ne vedono tutti i giorni. All'inizio ne hanno arrestati un paio, aggrappandosi al fatto che andassero in giro a volto coperto, impedendo l'immediato riconoscimento. Ma perfino un avvocatucolo scarso e d'ufficio è riuscito a rimetterli fuori in un paio d'ore asserendo che nessuna legge vieta a un privato cittadino di truccarsi come preferisce.
E, dopo tutto, non siamo in uno stato di polizia. Non possiamo mettere le manette ai polsi a dei ragazzini che hanno come unica colpa quella di essere stupidi e facilmente influenzabili.
Per farsi indicare il tavolo 31 dalla barista vestita da gatta sexy, Jim Gordon è costretto a urlare e a ordinare una soda con ghiaccio.
Non credeva che consigliare caldamente alla psichiatra del Joker di comportarsi bene si sarebbe rivelata un'impresa tanto complicata. Alla fine individua il bersaglio. Al tavolo 31 sono seduti due uomini e una donna.
"Dottoressa Quinzel?" grida per sovrastare il rumore.
La fata dei boschi dai capelli rossi solleva gli occhi verso di lui. Occhi irrimediabilmente spiritati, pupille dilatate nel mare verde dell'iride.
Non è in sé. Che cosa ha preso?
"No, commissario. Lei non è la dottoressa Quinzel" lo informa il tizio seduto alla destra della donna, e James Gordon solo in quel momento lo riconosce sotto il trucco e il costume da Spaventapasseri del Mago di Oz.
"Crane? Che diavolo ci fai qui?"
"Festeggio. Qualche legge lo vieta?" gli chiede l'ex amministratore dell'Arkham Asylum con il suo sorriso strafottente. "Mi permetta di fare le presentazioni. La dottoressa Pamela Isley, nei panni soavi della regina Titania, e il mio amico Jervis Tetch, l'Uomo di Latta. Non sapevamo che ci sarebbe stato anche lei, altrimenti le avremmo chiesto di interpretare il Leone Codardo per completare il trio. La dottoressa Quinzel, che lei sta cercando, è quel piccolo Arlecchino rosso e nero che si agita in pista in mezzo a quei tre culturisti cubani lasciando me a fare da tappezzeria. Non capirò mai le donne."
La psichiatra del Joker. La donna che deciderà il suo destino. Dietro di lui Jervis Tetch borbotta qualcosa circa il Mago di Oz definendolo 'pattume al confronto con l'Alice di Carrol'. Ma James Gordon guarda la ragazza bionda e non trattiene un brivido. Il piccolo clown ha il viso bianco di uno spettro e un sorriso dipinto e maligno. Non è una semplice maschera. C'è dell'altro. Vorrebbe dirsi che sta esagerando, che non c'è motivo per preoccuparsi, che è solo una ragazza che si diverte.
Eppure sembra la sua immagine speculare…
Yin e Yang. Non possono averle affidato il Joker. Non possono.
La ragazza si accorge di lui e abbandona la pista saltellando. "Commissario Gordon, lo sa che lei è molto più bello di persona? Non pensavo che sarebbe venuto sul serio" gli dice accomodandosi al tavolo.
"Come crede che riusciremo a parlare in mezzo a questo baccano?" le chiede. "E da quando in qua è corretto per una psichiatra andare a spassarsela con un paziente?" aggiunge lanciando un'occhiataccia a Jonathan Crane.
Non gli piace il fatto che sia a piede libero. Non ha più dato problemi da quando è stato dimesso, questo è vero. Lavora in una libreria, si è iscritto al circolo degli scacchi e aiuta le vecchiette ad attraversare la strada. Ma James Gordon non riesce a credere alla sua apparenza di cittadino modello.
"No no no" protesta la Quinzel scuotendo testa, chioma e cappello. "Pamela se la spassa con Jonathan, non io. Io me la spasso con…" La piccola dottoressa schiocca le dita nervosamente, poi indica l'Uomo di Latta. "… con lui… con… Jervis, ecco." E mette a tacere con un gesto l'accenno di una protesta da parte di Crane.
James Gordon sospira rassegnato. "Che bella compagnia. Mi dica, dottoressa Quinzel, secondo il suo illustre parere medico, di che genere di droga ha fatto uso la sua amica? È chiaramente alterata. Crack?"
"Niente 'dottoressa Quinzel', stasera. Mi chiami Harley Quinn" gli risponde la donna leggermente arrabbiata. "E Pamela sta benissimo. È solo claustrofobica a fasi alterne. Non le piacciono gli spazi chiusi e affollati."
"Allora siamo in due…" brontola fra sé e sé, poi si rivolge di nuovo alla sua interlocutrice. "Mi dica, come se la passa il Joker, laggiù ad Arkham? Si annoia? E riceve visite? Voialtri cosa avete deciso?" Scopre in sé una leggera agitazione ritrovandosi a sperare che quell'Arlecchino sia davvero in gamba come dicono. E che, soprattutto, capisca che in alcuni casi bisogna chiudere un occhio di fronte alla pazzia, fingendo di non vederla.
La psichiatra si concede di sorseggiare lentamente il suo drink prima di rispondere. "La perizia ha raggiunto questa sera la scrivania del giudice McLean. Mi dispiace, ma non ha materialmente il tempo per farmi cambiare idea. Il suo Joker ha bisogno di cure, non di finire in un carcere di massima sicurezza."
Esattamente come aveva immaginato. Purtroppo il suo concetto di pazzia è diverso da quello degli strizzacervelli di Arkham.
"Dottoressa, io ho parlato con quell'uomo. È assolutamente lucido e consapevole di ciò che fa. Ha una logica ineccepibile, per quanto assolutamente sopra le righe. È semplicemente un assassino, spietato e senza scrupoli."
La donna scuote la testa. "Il problema di voi profani è che avete la strana convinzione che 'pazzia' equivalga a 'demenza'. Non riuscite a immaginare un alienato che non abbia la bava alla bocca e non balbetti parole incomprensibili rintanato in un angolo. Non è così. Ma la cosa non mi sorprende. In fondo non è diverso dal credere un procuratore irreprensibile e onesto e un poliziotto un incorruttibile difensore della legalità. Lei c'era quando è morto Harvey Dent, vero? Mi racconti com'è andata. La grande balla del martirio l'avete inventata sul momento o avete dovuto ragionarci su?"
James Gordon sente il sangue defluirgli dal viso e subito dopo prova l'impulso di afferrare quel clown beffardo per il collo fino a far sparire quel sorriso sfrontato.
"Avanti, mi chieda come l'ho scoperto. Così potrò risponderle che me l'ha detto un caro amico informato dei fatti" insiste lei ignorando gli sguardi dei suoi tre compagni che si sono fatti all'improvviso estremamente interessati alla conversazione.
"Lei sta delirando, dottoressa. Succede, a stare in mezzo agli squilibrati tutto il giorno, non è vero, dottor Crane?"
Bluffare è tutto quello che gli resta. Forse può convincere anche lei che il Joker le ha mentito. In fondo non è così difficile da credere. Ma la signorina Quinzel gli punta contro l'indice, mimando una pistola.
"Bel tentativo, commissario. Ma imparare a capire se un interlocutore mente è una delle prime cose che ci hanno insegnato. Il mio amico era sincero. Lei, invece, in questo momento sta sudando freddo. Non è vero, dottor Crane?"
"Lasciami fuori da questa storia, Harley" protesta l'interpellato. "Anche se fossi d'accordo con te circa l'attacco di fifa del commissario, e lo sono, ti pregherei di ricordare che non posso più esercitare, quindi nemmeno offrirti la mia consulenza."
Gabbia di matti.
Quali sono le intenzioni della biondina? È una specie di ricatto, quello che gli sta facendo? Minaccia di spifferare alla stampa quello che sa di Dent? Il motivo gli sfugge.
"Quindi, dottoressa?"
Scoverà qualcosa su di lei che sia sufficiente a farle passare qualche notte in galera, fosse anche una multa non pagata. Ormai è una questione di principio. Al momento non ha in mano nulla. Si è sentito un completo imbecille quando ha coperto dove aveva già letto il suo nome, ossia sulla copertina di uno dei libri che Barbara tiene sul comodino.
"Quindi?" Il clown ride. "È lei che è venuto a cercarmi, commissario. A farmi la morale, con la spocchia da difensore risoluto della legge. Non io. E tutto quello che posso dirle è che il suo lavoro è finito con la cattura del Joker. Ora lasci che io faccia il mio e che giudici e avvocati facciano il loro. Semplice."
No, Gotham non ti merita, riflette Jim Gordon. Gotham non merita il tuo sacrificio, Cavaliere Oscuro. Gotham è abitata da gente come lei. Di fronte alla verità, dovrebbe ammirarti per la scelta coraggiosa che hai fatto. Dovrebbe imparare qualcosa dalla lezione morale che ci hai impartito. Invece tutto quello che questa donna vede è una menzogna. Preferisce la psicosi del Joker al nostro tentativo di restituire a Gotham la sua innocenza.
Non le porge la mano prima di andare via. È un gesto che riserva alle persone che sente di poter stimare, e non è quello il caso.
"Purché il suo lavoro non travalichi ciò che è legale, dottoressa. E ho come l'impressione che succederà presto. Buon proseguimento di serata, signori."
Solo quando è fuori dal locale capisce quanto gli sia mancata l'aria fredda della notte. Vorrebbe poter camminare fino a casa per schiarirsi le idee. Ma ha la sua auto, e non è così incosciente da azzardarsi ad attraversare a piedi tre quartieri a quell'ora. Neppure con una pistola nella fondina.

Deve avermi drogato, in qualche modo. Non c'è altra spiegazione.
Bruce Wayne si sente le gambe molli mentre riempie un secchiello di ghiaccio con una bottiglia di champagne. Non voleva che succedesse. È stato stupido, emotivo e assolutamente irragionevole. Finire nello stesso letto con la figlia bellissima e sorprendentemente illibata di uno dei suoi peggiori nemici è qualcosa che Batman non farebbe mai. È un comportamento da Bruce Wayne, da ciò che gli altri credono essere Bruce Wayne e che in realtà non esiste. Quindi perché è successo?
Perché mi ha drogato.
È l'unica risposta anche solo lontanamente plausibile. La sconterà in qualche modo, anche se non sa ancora come. Con il rimorso probabilmente. Non si è trattato forse di un tradimento? Anche se lei è morta.
O forse proprio perché lei è morta… Questo rende tutto più orribile… Orribile?
Non c'è nulla di orribile in Talia Al Ghul. O forse sa solo nasconderlo molto bene. Di certo non è venuta a Gotham City solo per sedurlo. Ha parlato di aiutare una persona nei guai. La cosa non lo tranquillizza affatto. È ora di parlare sul serio. Non le permetterà di andare via senza averle tirato fuori tutta la verità. E non si lascerà neppure stregare di nuovo da lei. Sarà gentile, certo. Quello champagne è per lei. Lei gli piace, maledizione. Non può farci nulla. Solo imporsi di ritrovare il controllo in modo che quella notte di sesso resti un episodio isolato.
Mi dirai quali sono le tue vere intenzioni, Talia Al Ghul, pensa tornando nella propria camera da letto con il vassoio in mano, solo per scoprire che dovrà brindare da solo.
Non lo sorprende più di tanto il fatto che sia riuscita letteralmente a scomparire senza che lui si accorgesse di nulla. È un'Ombra, dopo tutto, come lo è e lo resterà sempre anche lui, pur avendo scelto una strada diametralmente opposta a quella di Ra's.
Nonostante tutto non è arrabbiato. Divertito. Affascinato forse. È così che lei prima o poi gli pianterà un coltello nella schiena. Di questo ne è sicuro. Quello che resta della figlia del suo nemico, della sua amante di una notte, sono un anello e un biglietto poggiati sul cuscino. Una pietra azzurra su un cerchio d'oro e poche parole definitive.
"Con questo anello ti prendo come mio sposo."
Bruce Wayne sorride. Pazza.
Si incontreranno di nuovo. Si affronteranno probabilmente. Ma per il momento lui si infila il gioiello al mignolo sinistro e si versa da bere.

La luna è enorme, quella sera. Il piccolo clown Harley Quinn la guarda da quella fetta di prato scampata all'asfalto di Gotham. Non sono gli unici ad aver avuto l'idea di concludere la serata al Robinson Park. Ma, nonostante le fosche previsioni dell'amico di Jonathan, quel ripugnante nanerottolo che risponde al nome di Jervis Qualcosa…
…e la sconterai, Crane, per esserti portato dietro un tale sgorbio per la mia Pam
… non ci sono in giro maniaci o rapinatori. Solo maschere come loro. Ma ad Harley Quinn non interessano. Guarda solo la luna e con un dito disegna sulla sua faccia bianca un immaginario sorriso rosso.
Stai dormendo, Mr. J? Vorrei che fossi qui. Ti manco quando non ci sono?
Una parte di sé è convinta che si tratti di una forma distruttiva di delirio. Ma quella parte di sé è troppo piccola per farsi ascoltare. Quella parte di sé è finita al tappeto quel pomeriggio.
"Posso baciarti, Harley?" le ha chiesto Jonathan ritrovandosi di nuovo nei panni dello studente goffo e impacciato.
E lei gli ha detto la verità. "Mi dispiace. Ma oggi è successo qualcosa. Sono innamorata di un altro."
Le è dispiaciuto per lui, anche se un briciolo di vanità si è acceso in lei vedendolo triste. Ha incassato bene il colpo, sempre che di un vero colpo si sia trattato. Non è certa che il geniale dottor Crane sappia provare dei veri sentimenti. Ha già ritrovato la tranquillità ed ora sembra molto più interessato ad elucubrare con quel tizio orrendo circa le informazioni che lei gli ha dato su Harvey Dent. Che spargano pure la voce. In fondo non è forse quello il motivo per cui Mr. J le ha spifferato quel segreto? Che Gotham cominci a farsi domande. Che sappia che il Joker in realtà ha vinto.
Harley Quinn sorride alla luna.
Sei troppo immenso per questa città così meschina, Pasticcino. La trasformeremo in modo radicale, non è vero?
Un carnevale continuo. Infinito. Caotico. Sarà bellissimo. Piacerà anche a Pamela, non ha dubbi. E Mr J non sarà obbligato a liberarsi di lei come ha minacciato di fare.
Pamela…
Harley Quinn si alza da terra chiedendosi dove sia finita. Si guarda intorno ma vede solo Jonathan e il suo amico ripugnante e, sparsi sul prato, altri gruppetti di maschere o coppie. Poi distingue in lontananza la sua capigliatura inconfondibile presa fra gli alberi.
Per tutta la sera si è comportata in modo strano. Non sta bene. Purtroppo, come ha detto l'odioso commissario, non sembra essere in sé. Probabilmente Woodrue ha veramente esagerato con lei, questa volta.
E diceva che erano in rotta…
La raggiunge, decisa a farsi raccontare tutto e, se non vuole comportarsi in modo sensato, a trascinarla in ospedale e farle ripulire il sangue da tutte le porcherie che ha in circolo. Ma dimentica ogni cosa rimanendo senza fiato quando capisce che Pamela Isley non è mai stata così bella.
Le mani e la guancia destra appoggiate alla superficie di un tronco, sussurra parole che lei non riesce a sentire. I suoi capelli splendono sotto i deboli raggi lunari, la sua pelle è evanescente, i suoi occhi hanno un bagliore verde che sembra provenire da un altro mondo.
"Pam…" sussurra Harley Quinn, ma non è certa che si tratti davvero di lei, che in realtà non sia posseduta da un antico spirito boschivo.
Madre Natura…?
"Ciao, piccolina" le dice Pam voltandosi verso di lei. "Questo posto è meraviglioso, non credi? Non sembra neppure di essere a Gotham."
È vero. Un incanto. Una fiaba. E ogni fiaba ha la sua fata gentile. "Ti senti bene?" le domanda. Ma è una domanda sciocca e lei lo sa benissimo.
Pam sembra… in piena fioritura.
"Sai, mi sono spaventata quando ho visto arrivare Gordon al nostro tavolo. Temevo fosse venuto ad arrestarmi." Perfino la sua risata è cambiata. Autentica e lieve.
"Arrestarti?" le chiede Harley Quinn. "E perché mai? Non sei mica una criminale, o mi sbaglio?"
Pamela non saprebbe nuocere a una mosca. Troppo gentile per quel mondo buio.
"Una criminale…" La dea dei boschi scuote la testa. "Harley, piccolina… Se solo sapessi… Dovrò trovare un nome d'arte, non credi? Minaccioso e affascinante. Jason mi ha paragonata ad un tralcio di edera velenosa. Poison Ivy… la criminale più temuta di Gotham, la donna che ha ridotto il Joker in lacrime, e la sua assistente, amante ed ex psichiatra, la diabolica Harley Quinn, con lui."
"Ehi!" protesta Harley lasciandosi trascinare nel gioco dalla sua risata. Che spettacolo. Tutti e tre a darsi battaglia per le strade di Gotham a colpi di superpoteri al servizio del male e a scommettere su chi avrà come trofeo la testa dell'eroe, come in un fumetto per ragazzini occhialuti. La realtà è più prosaica. Nessuno di loro spara raggi laser dagli occhi. Sono solo esseri umani.
Ma non è detto che la mascherata debba finire, non è vero, Mr. J?
"Pam, sei strana, lo sai?"
La ninfa silvestre la stringe a sé. Profuma di erba appena tagliata, di resina, di lavanda schiacciata fra le dita. "Lui ti farà del male, ti ferirà in ogni modo, ti userà e quando sarà stanco di te ti ucciderà. Hai detto che ti ama. Uno come lui non sa amare, Harley. È l'ultima volta che te ne parlo. Lo so che non mi darai retta. Lo so che nella tua testa c'è posto solo per questa favola dell'orrore. Vorrei svegliarti ma non posso. Ma non dimenticare mai quanto sei forte, quanto sei in gamba e quanto sei unica. Se tenterà di convincerti del contrario non credergli."
Quel discorso non le piace. Ha il suono di un addio. Non le importa nulla delle sue previsioni lugubri. Vuole solo sapere cosa le è successo.
"Pamela, dimmi cos'hai."
Ma lei si limita a metterle in mano una chiave e un biglietto. "Vai a questo indirizzo se avessi bisogno di nasconderti. È sicuro. È il vecchio orto botanico. E ci ho lasciato… Ci ho lasciato alcune cose per te."
Un nascondiglio? Chi ha bisogno di un nascondiglio? E cosa c'entra tutto questo con il fatto che…
"Pam, lui non è il mostro che dicono. Non lo è con me. Oggi è riuscito a tirarmi fuori il dolore che avevo dentro da tanto tempo. Mi sono sentita libera per la prima volta dopo anni. Non sto sognando, Pamela. Tu non sai com'è quando sta con me. È come se ci comprendessimo ad ogni livello. Pam… come sei bella, stasera. Non riesco a guardarti."
Pamela le prende la mano. "Pam? Io sono Ivy, tesoro" le dice con aria complice. "È ora di andare. Domani, in tribunale, dovrai avere un aspetto riposato."
L'udienza. Non ci ha pensato per tutta la sera. L'argomento le sembra stonato. L'agitazione si risveglia e le stringe lo stomaco.
"È come prima di un esame. Dio, che ricordi…" riflette.
Il sorriso di Pamela risplende. "Non so cosa augurarti, Harley. Sono egoista. E preoccupata. Ma io sarò sempre dalla tua parte, ricordatelo."
Lo so. Come farei senza la mia Pamela?
Il momento magico finisce non appena tornano, mano nella mano, come due bambine, dai loro goffi cavalieri. La mascherata sta per chiudersi. Qualcosa si concluderà con il sorgere del sole, anche se Harley Quinn, di nuovo Harleen Quinzel, non sa dire di cosa si tratti. Può solo sperare che sia seguito dall'inizio di qualcosa di nuovo e bellissimo.

Ian Everton non nutre la minima simpatia per il suo sorvegliato speciale. Se un dio esiste e se ha almeno un po' a cuore i suoi figli, domani quel mostro verrà trasferito nel luogo che gli è più consono, il penitenziario di Blackgate. Non che si illuda troppo. Il giudice e la giuria potrebbero avere bisogno di tempo per decidere. Ma è così che finirà, prima o poi. Nessuno a Gotham vuole davvero che quel tizio ottenga l'infermità mentale.
Vogliamo solo che la paghi.
Morales è troppo tenero con lui. Prima di mettergli le mani addosso aspetta di essere provocato. Everton la vede in tutt'altro modo. Dopotutto, quel clown mostruoso ha sempre colpito in modo indiscriminato. E non merita né compassione né simpatia. Cosa che sembra sfuggire alla dottoressa. Il modo in cui si profonde in tenerezze e affettuosità con quello psicopatico è disgustoso.
Ma dov'è adesso la tua fatina buona, mostro schifoso?
Quella sera il suo paziente sta raggiungendo il limite. Sta andando avanti da un'ora a ripetere cantilenando che rivuole la sua sciarpa. La sciarpa che gli ha imprudentemente regalato la dottoressa Quinzel.
Ma cosa le passava per la testa? Con quella potrebbe impiccarsi. O strangolare qualcuno.
Dopo aver reso invalido per sempre il dottor Connor e avere aggredito la sua attuale psichiatra il clown si è comportato da paziente modello. Ma non ci si può fidare di uno come lui. E poi c'è dell'altro. Una piccola vendetta che lo gratifica. Che il Joker sia invaghito del suo bel dottore è evidente. Ma è il fatto che lei sembri ricambiare che lo manda in bestia. Certo, Ian Everton non andrebbe a raccontarlo a sua moglie, ma la Quinzel lì dentro è una di quelle che risvegliano certi appetiti, anche se si è sempre dimostrata assolutamente inarrivabile. Il fatto che sembri interessata a quel freak e che probabilmente nel suo studio non si limiti a chiedergli se suo padre da piccolo lo picchiava, è qualcosa che lui non tollera.
"La mia sciarpa, infermiere Everton. Sii gentile, restituiscimela. La rivoglio. È mia. È mia."
Troppo. Così gli impedirà di sonnecchiare anche solo per cinque minuti. Everton lascia la propria sedia vicino alla porta blindata e accende le luci del reparto. L'unico ospite sta guardando nella sua direzione.
"Ok, amico. Adesso fai il bravo. Rivuoi la tua sciarpina rossa? Va bene, basta che tu la smetta."
Camicia di forza. Sedativi. Pistola. Manganello. È venuto il momento di fare due chiacchiere. È una mezza tacca, quel Joker. Senza i suoi coltelli e le sue bombe vale meno di niente. Everton tiene il prezioso cimelio nel cassetto del tavolo riservato a lui. Meno pericoloso che portarsela a casa e subire gli interrogatori di Trisha. È così appetitosa, la dottoressa Quinzel. Il pensiero che l'abbia tenuta addosso lo solletica. Non è come una mutandina di pizzo nero, ma sente di potersi accontentare. Se la mette al collo e poi apre la cella per fare visita al clown.
"Mi secca fartelo notare, ma quello è un regalo che mi ha fatto la mia ragazza. Dovresti trovartene una anche tu invece di…"
Everton lo colpisce alla mascella con forza facendolo finire a terra, poi lo solleva di peso e lo piazza sulla sedia. È alto e non è di certo un fuscello. Ma lui ha avuto a che fare con gente di stazza ben superiore e ha sempre avuto la meglio.
Ridi? Lo trovi divertente, razza di idiota criminale?
Prima la camicia di forza, poi le cinghie. E, tra una cosa e l'altra, qualche altro colpo per rimetterlo al suo posto.
"Adesso facciamo due chiacchiere, signor clown" gli dice mettendogli la sciarpa al collo. "Hai finito di comportarti da primadonna. Hai finito di considerarti la star della situazione. Sei solo un matto come tutti gli altri. Un mostro che la gente si gira a guardare per strada per poi distogliere gli occhi per lo schifo. Un criminale che deve far esplodere ospedali per provare di essere qualcuno. Un finocchio impotente che ha bisogno dei suoi coltelli per sentirsi anche solo vagamente un uomo. Ma adesso hai chiuso. Hai chiuso. Mi hai capito?" insiste picchiettandogli sulla spalla con l'indice. "Basta con questa sceneggiata. Per ogni gesto gentile della tua dottoressa te ne darò talmente tante che pregherai per essere portato in galera. Quindi abbassa le penne, signor genio del crimine."
"Non. Toccarmi" sillaba il Joker fissandogli la mano.
L'ultima delle sue pretese. "Altrimenti cosa fai?" gli chiede Everton insistendo a spintonarlo. "Vai a frignare dalla maestrina bionda?"
Succede tutto in un istante. Il giorno seguente Ian Everton ricorderà soprattutto il rumore dell'osso spezzato, nel momento in cui il pazzo gli ha tranciato il dito con i denti per poi sputarlo offrendogli solo l'indifferenza di un sorriso soddisfatto macchiato di rosso. Everton si fissa la mano. Il sangue scorre a fiotti.
Tamponare la ferita… tamponare… il mio dito…
Deve raggiungere l'allarme. Il dolore gli fa venire i conati. Stramazza a terra pensando che morirà dissanguato, che non lo salveranno, che nessuno potrà riattaccargli il suo indice.
La pistola…
"La guardi troppo per i miei gusti, infermiere Everton. Ti ho visto. Non è dignitoso lasciare gli occhi su una signora in quel modo, sai? Soprattutto se la signora in questione è mia."
… pistola…
Non è mai stata così pesante. La presa con la sinistra non è salda ma non ha altra scelta. Il suo polso trema ma il bersaglio è vicino.
… la testa… legittima difesa…
La detonazione risuona fino a tre piani più sopra.

Harleen Quinzel non sa cosa l'abbia svegliata dopo appena due ore di sonno. Ma si ritrova seduta sul letto, tremante e con le palpitazioni.
Possibile? si chiede mentre il ricordo improvviso, o forse solo un frammento di sogno, viene riafferrato.
Lei che lavora il pomeriggio al 'Milk Shake', dopo la scuola. Un ragazzo visto una sola volta. Lui che le regala un biglietto per il circo.
"Vieni a vedermi e lo saprai…"
Quale era la domanda? Non se lo ricorda. Gli ha chiesto forse cosa facesse nella vita?
Non è possibile… La tua testa ti sta giocando brutti scherzi…
Era carino, sì. Ma sono passati più di dieci anni, e non ricorda il suo viso. Non lo ricordava fino a un attimo fa. O forse è un'illusione. La sovrapposizione del volto che ha visto in quella foto nel negozio di costumi a un episodio lontano della sua vita di liceale.
Non era Mr. J. Smettila, smettila, smettila…
Tenta di ricomporre le immagini sbiadite di quel lontano pomeriggio, le parole che quel ragazzo sconosciuto le ha detto e le sue risposte. Ma resta solo la sensazione vaga di qualcosa di piacevole.
Non c'entra il destino, Harley. Non era lui. Non ci pensare. Hai sognato.
Si stende di nuovo imponendosi il controllo sul proprio respiro. Chiude gli occhi sapendo che presto la stanchezza avrà la meglio facendola addormentare di nuovo.
E se… riflette un attimo prima che tutto si perda nel buio.


Fall fall fall fall
into the walls
jump jump out of time
fall fall fall fall
out of the sky
cover my face as the animals cry
in the hanging garden

Creatures kissing in the rain
shapeless in the dark again
in a hanging garden
change the past
in a hanging garden
wearing furs and masks

(The Cure, The Hanging Garden)



Note:

1) Il "No Man's Land": più che un omaggio alla colossale saga catastrofista che ha resettato Gotham fino alle radici, questo è un riferimento al locale per meta-umani che si vede nella serie 'Birds of Prey'. Ebbene sì. Quel telefilm è trash che più trash non si può, ma confesso di adorarlo. Pura serie zeta. Più terra terra dei vecchi telefilm di Batman. Non mi sorprende che l'abbiano chiuso dopo soli tredici episodi. Eppure mi piace da impazzire. Ovviamente la mia croce è delizia è la Harleen quarantenne interpretata da Mia Sara . Trovo che abbia le battute migliori e adoro il modo in cui sgrana gli occhioni. Ma come si fa a dire a quel coso "Non essere psicotico"? Oh, Cupcake. La venero!
2) Si torna per un attimo su Riddler. E io ne approfitto per fare un po' di pubblicità. Il caro DK86 ha messo in cantiere uno spin-off di Amour Fou incentrato proprio sull'Enigmista. Così ci penserà lui ad accontentare la curiosità di voi dodici affezionati lettori. Ovviamente la storia è autorizzatissima dalla sottoscritta che, anzi, non vede l'ora di leggersela in anteprima. Giuro che obbligherò il Dikappino a completarla anche se dovessi fustigarlo. *_*
3) Sono la sola a considerare la scena in cui Due Facce obbliga Gordon a scegliere quale membro della sua famiglia ami di più la più crudele di tutto il film? Continuo a chiedermi quale impatto potrà avere un'esperienza simile su Barbara bambina e se questo influirà in futuro sulla sua scelta di diventare Batgirl… Sigh.
4) Ed ecco la gentile signora che sta sganciando il vil denaro per pagare gli avvocati del Joker. Talia Al Ghul, la figlia del defunto (?) Ra's Al Ghul, alias Liam Neeson. Premessa obbligata: io questa la odio. Non mi piace da sola e non mi piace in coppia con Bruce. Sarà che la mia coppia storica è sempre stata composta da Bruce e Selina Kyle, ma io questa specie di vamp orientale, viziata e convinta di essere chissà chi, solo perché il babbo la tratta da principessa, la reggo davvero molto poco. Però mi serviva per far procedere la storia, quindi ho ingoiato il rospo e l'ho buttata in scena. Inoltre mi offre la possibilità di regalare un cameo a Lady Shiva, la sua guardia del corpo, che invece mi piace tanto. ^_^ Il 'matrimonio' tra Talia e Bruce è leggermente più prosaico (ma poco, eh… XD) di quello sviolinatissimo che si vede nei fumetti. Cotto e mangiato. And so the story goes…
5) Jervis Tetch, ossia 'Il Cappellaio Matto'. Assolutamente fuori di zucca, come tutti i cattivi di Gotham, è ossessionato da 'Alice nel paese delle Meraviglie', ovviamente. Quindi mi sono divertita a torturarlo un po', conciandolo come uno dei personaggi del libro 'rivale, 'Il Mago di Oz'. Ho scelto lui per l'uscita a quattro perché trovo deliziosa l'idea del cattivo più bruttino sulla piazza che ha un appuntamento al buio con Poison Ivy, per me la donna più bella di Gotham.
6) L'ultimo momento insieme di Ivy e Harley m'è venuto più… fem-slash di quanto avessi previsto. Non ho saputo resistere alla tentazione. ^_^
7) La scena in cui Mr. J sistema per le feste Everton mi è stata suggerita dalla mia dolce metà. Ma non sarebbe venuta fuori in modo convincente senza la consulenza medica di BlackVirgo su adrenalina e corticosteroidi. Grazie, dottoressa. ;-)
8) Per il sogno che Harley fa sul finale… vi rimando a qualche one shot futura, orsù. Per il momento sappiate solo che l'intera faccenda è ispirata a "Batman Confidential" n°7. ^_^



Ringraziamenti:

Ilaria XDDDD Tranquilla. Non te lo uccido. Per il momento. ^_^

sychophantwhore Cominciamo dalle cose serie. Io sono una persona estremamente emotiva che piange per nulla. E regolarmente singhiozza quando qualcuno fa qualche lavoretto ispirato alle sue becere storielle. Il tuo non è un lavoretto. È un lavorone tanto tanto bello. Sei BRAVISSIMA! Ergo, mi ritrovo a frignare come un'imbecille ogni volta che lo guardo. Ovviamente poi subentra la fase due, quella dei pensieri osceni (e vista la posizione in cui hai messo Mr. J è IMPOSSIBILE non farli). Ne voglio ancora! Inoltre… posso mostrarlo al mondo?? È stato un balsamo in una settimana PESSIMA.
Ok, mi riprendo. Felice che questo capitolo ti sia piaciuto. Come sempre è venuto fuori molto diverso dalla bozza iniziale ma sono contenta di aver l'idea dell'inversione di ruoli. Non poteva essere schematica come nel fumetto, con lei sul lettino e lui che piglia appunti. Non sarebbe stata nolanesca e così la faccenda è molto più hot, non trovi?
Mi piace vederti elucubrare sugli avvenimenti futuri. Mi sento però di rassicurarti sulla sorte di Crane. Per il momento la scamperà. Non oserei mai uccidere uno dei cattivi storici di Batman, visto che sono ancora in lutto per Due Facce. T_T
Ora sai chi è che sta pagando gli avvocati. Ve l'avevo detto che non sarebbe stata una terza incomoda. Talia non ci pensa proprio ad allungare le zampe su Mr. J. Troppo presa da Bruce. In tutti i sensi.
Ciò che aspetta Harley è un'udienza preliminare che deciderà se il Joker sia processabile o meno. Vedo che ti fidi molto poco delle capacità persuasive professionali della nostra dottoressa. Poverina. Io non ti anticipo niente ma, se fossi in te, non la vedrei così nera. Almeno per il momento. Anche perché ce ne vuole di coraggio per sostenere che il Joker sia perfettamente sano di mente, dai. XD Comunque il Mr. J prima o poi uscirà da Arkham. Non ti dico come e non ti dico quando, anche se è abbastanza prevedibile, ormai. Lui vuole farlo in un certo modo e per mezzo di qualcuno che ha scelto appositamente. Come direbbe lui 'Si tratta di mandare un messaggio.'
Io ti ringrazio ancora per il disegno, vado a riguardarmelo e ti do appuntamento alla prossima


Killme, buongiorno. ^_^
Ok, ho sfruttato Guy Kopski. Vilmente. Adesso lo rimetto in naftalina e ce lo lascio. È stato utile solo a una cosa: a darmi l'imbeccata per la battuta di J sulle armi da fuoco. Adesso se ne resti morto e muto. OH! Nel progetto iniziale Harl e Mr. J avrebbero dovuto sbaciucchiarsi molto più avanti (anzi… lei avrebbe dovuto approfittarsi del povero paziente indifeso), poi le cose hanno preso un'altra piega, non so nemmeno io come. Succede quando si tenta di far comportare dei pazzi in modo logico. Non funziona. Uccidere Joan? Poveretta. Dopo tutto finora ci ha preso. Non è colpa sua se voi perfidi lettori tifate tutti per Harley (chissà perché… innocente sono!). Anche a me piacciono i Nightwish (e non odio nemmeno Annette, poverina…) e gli Epica. *___* A chi non piacciono? Poi, trovo commovente l'abnegazione che ci mette Harley dell'arredare ogni nascondiglio pur sapendo che ci resteranno pochissimo. Una vera sposina di maggio (inserire risataccia malefica qui).

Lefteye. Il Joker e Harley AVEVANO una relazione stabile, maledetta DC. Ma porca miseria! Se lei è ancora lì che si dispera (sebbene asserisca il contrario, TUTTI l'abbiamo vista piangere per il suo Puddin') e lui disegna la sua sagoma trafitta da pugnali con accanto i cuoricini, che cavolo aspettano a farli rappacificare? Ok, lei gli ha sparato e lui non l'ha presa proprio bene. Ok, lei ufficialmente è di nuovo sana di mente (sì, sì… crediamoci…) e lui no. Ma questi sono DETTAGLI.
Ok, io non so come dirtelo ma anch'io sono una Gemelli. Ora capisco TANTE cose, compresa la nostra propensione a infatuarci di oggetti peculiari e con la faccia dipinta di bianco. (Non nominarmi Twilight, però: a tenermi sveglia sono stati solo i commenti delle ragazzine in sala. Non ho più l'età per certe cose.). In che senso hai citato ME riguardo al Joker? Ora mi preoccupo. Sto immaginando un cinema pieno di bimbe che scopre all'improvviso che esiste una vecchia svitata a cui il Joker ispira sesso, ma proprio in maniera spaventosa. GULP! Non ho idea del perché il Joker scateni la belva nelle femmine vogliose che si imbattono in lui (io, io!). La Quinzel di sicuro lo sa. Chiediamo a lei.
La tua schizofrenia è la mia schizofrenia. Solo che io sono dall'altra parte della barricata. E una presunta storia del Joker ce l'ho in testa. Solo che mi rifiuto di scriverla perché una parte della mia mente bacata si ripete che probabilmente si tratta dell'ennesima balla inventata ad arte dal soggetto. Figurati un po' come sto messa. Credo che dovrò sfogarmi con qualche AU, What if e robe simili. Anch'io trovo che la Marilina ci stia benissimo in quel contesto (Iolanda XDDD). Inoltre mi sono ricordata che quello è il pezzo che canta Black Canary in Elseworld: Thrillkiller, uno strepitoso AU in cui il Joker è una donna e Harley la sua fangirl lesbica, adorante ed esaltatissima. I casi della vita… ^_^
(OT: Tu, malefica figlia di una buonissima matrona! Per colpa della tua Miss Italia ho continuato a ridere come un'imbecille per due giorni!)

Kuji: tutti in attesa del costume da Arlecchino? Contenta, adesso? Questo è uno dei capitoli a cui tengo di più perché, secondo me, segna una svolta decisiva e se ne vedranno gli strascichi già dal prossimo. L'abito fa il monaco. Eccome. Credo che per il trucchetto di magia abbiano riso TUTTI. Anche tu sei andata in giro per un po' ripetendo TA-DAAAAAN!... ?
Purtroppo l'Enigmista socialmente reintegrato non è farina del sacco del fandom ma della DC (brutti puzzoni!). D'altra parte, se una storia è scritta bene, per me può portare avanti la coppia preferita dall'autore senza problemi. È che io l'accoppiata Eddie/Harley non la digerisco. È un problema solo mio. Ha comunque più senso delle Joker/Rachel. Gh. Almeno ha delle basi su cui lavorare. (Sì, continuerò per tutta la vita ad accanirmi contro le Joker/Rachel. Ho trovato la mia personale crociata.)

Laura, sto cominciando ad affezionarmi ai tuoi 'mi piace, mi piace'. Sono un toccasana per la mia animuccia tormentata. Ok, te lo dico. Il Joker uccellin di bosco me lo tengo come ciliegina sulla torta. Harley Quinn ha fatto cucù in questo capitolo. La sto tirando troppo in lungo, lo so. Ma ci tengo a rendere la cosa credibile. Intanto mi sfrego le mani e ti ringrazio per l'incentivo ad accelerare i tempi di pubblicazione: c'è la tua storia che mi dice 'leggimi leggimi'. ;-)

Alla prossima!


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Capitolo 12
*** Terapia n°8 - John Doe ***


Terapia n°8

"John Doe"





The wall on which the prophets wrote
Is cracking at the seams.
Upon the instruments of death
The sunlight brightly gleams.
When every man is torn apart
With nightmares and with dreams,
Will no one lay the laurel wreath
As silence drowns the screams.

(King Crimson, Epitaph)


Il giorno dell'udienza, Harleen Quinzel vomita per l'agitazione alle sette di mattina, poi tenta qualche esercizio di training autogeno con scarsi risultati. L'ora seguente la trascorre tra appunti, cura dell'immagine e telefono.
La prima a chiamarla è sua madre, dopo un mese circa di silenzio reciproco, non per problemi relazionali, ma per semplice dimenticanza. Adesso le dice che sono tutti agitati, e per tutti intende l'intera Whitehaven-frazione-di-Gotham e non solo i suoi parenti più stretti. Le chiede se ci sarà la tv, se finirà sui giornali e una raffica di altre idiozie che fino a un po' di tempo prima avrebbero mandato in fibrillazione anche lei.
Harleen risponde 'non lo so' a tutte le sue domande e le chiede come abbia saputo che è lei ad occuparsi della perizia.
"Lo sanno tutti" è la sua risposta e lei la trova molto poco rassicurante. Poi è il turno di Wayland. Le sembra particolarmente ottimista. Harleen si chiede se lui e i suoi compari, e la donnaccia che mette mano al portafogli, abbiano comprato il giudice.
"La sento tesa, dottoressa. Stia tranquilla. Nessuno potrebbe sostenere la tesi di un Joker sano di mente senza farsi ridere dietro."
Schifoso…
Infine è il turno del dottor Arkham. Le dà indicazioni molto precise su dove parcheggiare una volta arrivata a Downtown e la invita a non presentarsi all'ingresso principale, bensì ad usare un'entrata secondaria.
"Ci sono stati dei disordini. Probabilmente si è sparsa la voce fasulla che il Joker sarà presente in aula. A quello che mi hanno riferito, si respira aria di linciaggio."
Mantieni il controllo. Non importa. Quegli esaltati dovranno sfogarsi in altro modo. Nessuno di loro può arrivare a Mr. J.
Harleen si ritrova scioccamente a incrociare le dita. Anche se Wayland le ha detto di stare tranquilla, potrà davvero tirare un sospiro di sollievo solo quando il giudice autorizzerà il trattamento terapeutico del paziente dichiarandolo non condannabile. Chissà se lui prova un po' di agitazione, quella mattina. Conoscendolo ne dubita. È molto più probabile che trovi tutta quella faccenda profondamente spassosa.
Ha un'aria abbastanza convincente, pensa guardandosi allo specchio. Grigia come il suo tailleur. Algida e occhialuta. Tutto ciò che a Mr. J non piace. Ma lo sta facendo per lui. Accarezza lentamente una manica del suo costume rosso e nero abbandonato su una sedia. Al momento si sente come se le avessero strappato via la pelle con un colpo netto.
Ma adesso so che si tratta di una commedia. È questa la differenza.

È Jeremiah Arkham a tirare fuori per primo l'ipotesi orribile della pena di morte. Lo fa prima che abbiano raggiunto l'aula, commentando il caos che c'è là fuori e asserendo che quella gente non sarà contenta fino a quando non avrà ottenuto la testa dell'imputato, cosa che potrebbe accadere se il pubblico ministero mettesse in dubbio la loro perizia. Lo dice come se nulla fosse senza accorgersi dell'impatto che quell'informazione ha su di lei.
Sedia elettrica. Quell'idea non l'aveva neppure sfiorata. Tenta di ricordare quanti anni prima abbiano avuto l'ultima condanna a morte. Ma le gira la testa e sta sudando freddo e riesce a pensare solo a un immenso no rosso e pulsante.
No no no no no no…
"Quinzel, sta male?"
Sente il braccio di Arkham che la sostiene. Pessima, pessima idea avere un attacco isterico in quel momento.
Ma vogliono ucciderlo… vogliono…
"No… è la tensione… la… Dio, no…"
"Quinzel." Brusco e diretto Arkham la costringe a guardarlo negli occhi. "Niente lacrime, niente scenate. Se le tenga per dopo. Dopo. Al momento non mi interessa discutere di quanto i suoi rapporti con il paziente abbiano trasceso il limite. Non mi interessano i pettegolezzi e ora come ora non mi interessa neppure lei. Le ho affidato questo caso perché mi aveva promesso di farne uscire il nostro ospedale a testa alta. È il momento di dimostrare che non ho sbagliato."
Quando usa quel tono è impossibile non obbedirgli. Harleen ricorda immediatamente dove si trova e perché. C'è un copione da recitare anche con lui.
"Pettegolezzi… Non ci si metta anche lei. Non voglio che i miei pazienti finiscano alla gogna. Nessuno dei miei pazienti. La malattia non deve essere punita. È orribile anche solo pensarlo. Anche nel caso di un soggetto come lui."
Arkham annuisce. "È esattamente questo che deve dire al giudice, Harleen. È il presupposto sul quale mio nonno ha fondato l'Asylum."
Prima di impazzire a sua volta… pensa Harleen. Una sorte che toccherà a tutti loro.

Per un processo simile Harleen Quinzel si aspettava un'aula immensa, piena di gente. Invece si terrà a porte chiuse e l'ambiente è piuttosto piccolo.
Non è un processo. Non dimenticarlo. È un'udienza preliminare e tu devi fare in modo che quando il processo vero e proprio ci sarà si concluda nel modo più giusto.
Qualche giornalista riesce a sgattaiolare dentro, subito rispedito al mittente dal servizio d'ordine.
Il viceprocuratore la guarda in un modo non troppo amichevole ma almeno indossa una giacca antracite.
Oggi non sembri un ghiacciolo, avvocato.
La difesa è schierata al gran completo, ma lei presume che sarà ovviamente Wayland a parlare. E poi c'è lei. Non sa chi sia, non sa perché le permettano di essere presente, ma ad Harleen basta un'occhiata per capire che quella donna è la misteriosa 'benefattrice' di Mr. J.
Da dove è sbucata, dall'ultimo numero di Cosmopolitan?
Quella non è una prestanome. Quella non è neppure una vecchia zia preoccupata.
Che cosa farai? Lo verrai a trovare ad Arkham e vi sussurrerete parole d'amore pensando a quando sarà libero? Niente da fare, bella. Lui sta con me, adesso. E se provi a protestare io vi uccido tutti e due…
Inspiegabilmente quei pensieri placano la sua agitazione. Meglio arrostito sulla sedia elettrica che in compagnia di quella gazzella o di qualunque altra femmina.
"Dottoressa, probabilmente il giudice le farà delle domande specifiche…" le dice Wayland come se fosse la notizia dell'anno.
È ovvio. Altrimenti non avrebbe richiesto la mia presenza. È una trafila che ho già vissuto con Jonathan Crane, imbecille! Quel tizio la crede stupida?
"Dottor Arkham, se non le spiace chiederò anche a lei di intervenire, se mi sarà concesso."
Non ha sufficienti energie per infuriarsi. È giovane ed è una donna. Wayland sta dando per scontato che le serva una specie di tutore.
E va bene. Fai parlare il vecchio, se ci tieni.
Il sostituto procuratore le passa vicino e le sibila un insulto, o così le sembra. Forse l'ha solo salutata.
"Sei troppo agitata. Così non ti prenderanno sul serio."
Harleen si volta verso la donna sconosciuta. Ha uno strano accento e le sorride tranquillamente.
"Cosa?" chiede avvicinandosi a lei.
Che cos'hai a che fare con Mr. J, tu? Che cos'è che vi lega?
"Stai lasciando trasparire quello che provi. È un errore."
Harleen la studia con attenzione. No, lei e Mr. J non formano una coppia convincente.
"Mi chiamo Talia Ducard" le dice la donna porgendole la mano. "E, dal tuo sguardo carico di odio nei miei confronti, dottoressa Quinzel, mi sembra di capire che questa faccenda per te stia diventando personale. Se può rassicurarti non ho mai incontrato personalmente l'individuo che si fa chiamare Joker, né ho delle mire su di lui. L'unica cosa che ci accomuna ha un mantello nero e va in giro solo di notte."
Questa tizia è fuori di testa. Sta pagando Wayland per fargli rimettere in libertà Mr. J perché ce l'ha con Batman? Non ha molto senso.
"Mi perdoni, ma credo di non capire…" le dice Harleen.
Non è possibile. Quella donna l'ha vista per cinque minuti scarsi e l'ha già colta in fallo. Le è davvero così difficile non mostrare quello che prova?
Devo riuscirci almeno per la prossima ora. Ne va della sua vita, ormai.
"Io credo che tu abbia capito benissimo" insiste la misteriosa Talia Ducard. "Sta entrando il giudice. Ti conviene tornare al tuo posto."
Harleen respira profondamente. Per quel processo naturale che si verifica sempre prima di una prova importante, l'inizio dell'udienza la porta ad uno stato di calma improvvisa. Memorizza ogni parola e si rende subito conto che le cose stanno andando in modo ottimale.
L'anziano giudice David McLean, magro e dall'aria severa, sembra molto deciso, nonostante il viceprocuratore continui ad elencare le dozzine di capi d'accusa. Harleen finalmente memorizza il suo nome, Fergus Ballard, certa che lo dimenticherà dopo poche ore, poi si concentra sulle imputazioni che ormai conosce benissimo. Le fanno venire i brividi. Sono una gamma talmente ampia da risultare quasi grottesca. Si va dal disturbo della quiete pubblica all'omicidio di massa, passando per ogni stadio intermedio.
Questa mi piace particolarmente. "Privazione della dignità di una persona tramite rimozione di parti del corpo della stessa, a scopo spregiativo…", "Tentata aggressione finalizzata allo stupro…" Tentata? Non sembra nelle tue corde…
Ci hanno messo il carico da novanta, ne è più che sicura. Non basterebbe una vita per fare tutto ciò che c'è scritto su quelle duecentotrentaquattro pagine.
E poi…
Aumenta il numero di domande che dovrà fargli. Quanto poco lo conosce, ancora?
Meschini. E falsi. Non ce la fate a tenere il passo, quindi gettate fango.
Harleen recita la propria parte alla perfezione. Ripete davanti al giudice ciò di cui è profondamente convinta. La persona dal nome ignoto, quell'ennesimo nessuno che le regole e le leggi non riescono ad inquadrare, non può essere destinato ad un carcere comune. Quell'uomo privo di identità ha palesi squilibri mentali. È il suo turno, ora, di elencare le patologie comportamentali riscontrate. È il suo terreno. Non commette errori. Il giudice la ascolta, Ballard si infuria, ma lei lo ignora anche quando tenta di mettere in dubbio le sue capacità, 'accusandola' di avere dimesso da Arkham Jonathan Crane in modo arbitrario. È il passo falso che Wayland stava aspettando. È facile per lui far notare ai presenti che, al contrario, la guarigione di Crane è la prova della sua competenza. Lei vorrebbe solo che il giudice affrettasse le cose.
"Voglio portarlo in aula, signor giudice." Ballard mostra immediatamente la sua faccia più dura. "Non sono riuscito neppure a parlare con lui. Se mi permetterà di fargli le domande giuste potrò dimostrare a chiunque che quell'individuo è perfettamente sano e, come tale, può essere giudicato e condannato."
Harleen sta per ribattere ma è il dottor Arkham, con tutta l'educazione di una matricola diligente, a chiedere la parola.
"Signor giudice, mi permette? Premesso che qui si sta mettendo in dubbio il lavoro di tutta la nostra equipe, vorrei informarla dell'incidente avvenuto questa notte e che al momento rende impossibile al paziente comparire di fronte alla corte. C'è stato un problema con uno dei sorveglianti. Il soggetto gli ha staccato il dito indice a morsi. E il nostro dipendente è stato costretto a sparargli. Ora, il caso che ci interessa è malconcio e sotto stretta sorveglianza. Lo ribadisco. Ha usato i denti per tranciare un dito a uno dei sorveglianti. Questo non è un comportamento da persona sana di mente."
Troppo.
Harleen si aggrappa alla stoffa della propria gonna. Gli hanno sparato. Hanno sparato a Mr. J. Mr. J… Il respiro diventa affannoso. È inutile tentare di ritrovare il controllo. Deve andarsene da lì. Deve andare da lui. Subito. Deve sapere come sta. Arkham, quel vecchio bastardo… Perché non glielo ha detto? Perché farglielo sapere in quel modo?
Il giudice. Ballard. È un litigio? Non lo sa. Non riesce a seguire.
"Ho studiato il caso con estrema attenzione, procuratore Ballard. Ho chiesto una perizia psichiatrica e non l'ho fatto per respingerla nel momento in cui avesse dimostrato ciò che è così evidente da risultare quasi imbarazzante. Sappia che insistendo a sostenere la tesi che il Joker non sia pazzo, quando basta guardare le sue foto segnaletiche per capire come stanno le cose, lei rischia di perdere tutta la credibilità che ha. Spero che se ne renda conto. Qui si amministra la giustizia, non si cerca una vendetta che accontenti le masse."
Non riesce più a capire cosa stia succedendo. È suo? Il giudice ha detto che il Joker è suo? Che, qualunque sia la condanna, la sconterà ad Arkham, a scopo riabilitativo?
"Harleen…" Arkham le posa una mano sulla spalla. "Non è finita. Probabilmente ora diventeremo noi il bersaglio. Ma, per il momento, è certo che dopo la sentenza verremo autorizzati a dare inizio a un ciclo di terapia mirata."
Mio.
Si ritrova a correre fuori dall'aula. Deve raggiungerlo subito. Finché non vedrà con i suoi occhi che sta bene non si darà pace.
Aveva dimenticato la stampa ma sono i flash dei fotografi a ricordarle in modo violento dove si trova. Le domande la sommergono. Vogliono sapere che ne sarà del Joker e se pensa davvero di poterlo curare, infieriscono ricordandole tutti i modi in cui Mr. J ha ferito quella città. E insinuano, naturalmente. Chi è quella tizia? Quella che, con un sorriso viscido stampato sulla faccia, le domanda se davvero lei intrattenga con il Joker rapporti di natura sessuale. Testualmente.
No, ma pensavo di rimediare stasera, vorrebbe risponderle sputandole addosso tutta la rabbia che sente scorrerle nelle vene.
"Per questa insinuazione dovrò farla contattare dai miei legali" le dice invece. Diffamazione. Pura e semplice.
"Signori, rilasceremo una dichiarazione ufficiale quanto prima. Ora lasciateci andare." Arkham, calmo e rassicurante, riesce a farle guadagnare l'uscita.
"La mia macchina…" gli dice Harleen. "L'ho parcheggiata… non mi ricordo dove…" I nervi le cedono. Spera che non ci siano più fotografi in agguato. Ma in fondo le importa molto poco. Deve raggiungere Mr. J. "Chi è che gli ha sparato, dottor Arkham? Come sta? Mi dica come sta."
"Si calmi, Harleen. Everton sta bene. Fortunatamente l'operazione a cui l'hanno sottoposto è filata liscia."
Everton? E cosa gliene importa di quel gorilla e del suo stramaledetto dito indice? Ha sparato a Mr. J…
Sale sull'auto di Arkham lasciandosi convincere di non essere in grado di guidare. Sarà meglio per lui tenere premuto l'acceleratore. Un messaggio arriva sul suo telefono. "Ti cercherò presto. Di qualunque cosa tu e il tuo compagno abbiate bisogno, contattami. Talia."
Ci mancava anche questa tipa, adesso. Il suo compagno…
"Cosa è successo, dottor Arkham? Come è andata?" gli domanda Harleen ritrovando una parvenza di controllo.
I semafori sembrano congiurare contro di lei. Il loro occhio rosso non vuole saperne di smettere di fissarla. E sta anche iniziando a cadere una pioggia sottile e fitta che rallenterà la marcia.
"Non lo sappiamo, Harleen. Ce lo dirà Everton non appena ne sarà in grado. La sicurezza ha sentito lo sparo e hanno trovato Everton a terra e il Joker immobilizzato e legato con un foro di proiettile nella spalla. Everton ha chiaramente reagito dopo essere stato aggredito."
Comodo. Ad Arkham questa ricostruzione evita un sacco di rogne. Legittima difesa. Ma lei sa solo che c'è un'enorme nota stonata.
"Se il Joker era immobilizzato non era necessario fare fuoco contro di lui. Si tratta di un abuso" gli fa notare.
Gli hai davvero staccato un dito a morsi, Mr. J? Accidenti.
"Oh, immagino che lei al suo posto avrebbe reagito razionalmente, Quinzel, con una cascata di sangue arterioso che fuoriusciva dalla sua mano."
Il vecchio sta provando a fare del sarcasmo? "Non si preoccupi. Seguirò la linea che lei detterà. Ma questo non cambia nulla per quanto riguarda me e il Joker. Everton è stato imprudente. Ed è l'unico colpevole di quanto gli è successo, ne sono sicura."
Arkham resta concentrato sulla strada per qualche istante, poi sospira ed emette la sua sentenza. "Non potrei comunque fare nulla in proposito, Harleen. Siamo troppo esposti. Tutti sanno che il Joker è stato affidato a lei. E non voglio che la sua perizia perda di valore. Forse dovrebbe essere lei a rinunciare spontaneamente. Aveva detto che avrebbe aspettato l'udienza per decidere. Qual è la sua risposta?"
Harleen sorride mentre un pupazzo a forma di gatto la saluta attaccato al vetro posteriore dell'auto che li precede. "Qual è la vera domanda, dottore? E quale risposta vuole? Che cosa rappresenterebbe un sollievo maggiore per lei? Salvarmi dalla china lungo la quale è convinto di vedermi scivolare, oppure fare in modo che il Joker collabori in modo pacifico e tranquillo, cosa che gli riesce solo in mia presenza?"
Si volta verso di lui per scoprire che la tensione sul suo viso si è fatta evidente. Non che a lei interessi la sua opinione. Non cambierebbe nulla.
"È certa che la sua emotività sia sotto controllo, Quinzel?" le chiede infine.
Il punto focale. Deve custodire lo spazio che ora lei e Mr. J condividono. Nessuno ha il diritto di ficcare il naso nel loro rapporto. Ride, ed è quasi sincera. Pensano davvero di aver capito tutto? Niente da fare.
"Vuole sapere come percepisco emotivamente il Joker, dottor Arkham? Oltre a trovarlo fisicamente ripugnante e con un senso dell'umorismo che dà il voltastomaco? Come la nostra miniera di diamanti. Sono sicura che ne è consapevole anche lei. Nuocergli sarebbe una follia. Trattarlo come un paziente comune una scelta estremamente stupida. Pensi a cosa sarebbe successo se quell'idiota di Everton avesse preso meglio la mira. Ci pensi e mi dica cosa ne sarebbe stato di lei, dell'Asylum e di tutti noi se avessimo perso il più grande criminale della storia di Gotham solo perché a un sorvegliante cretino è venuta voglia di giocare all'inquisitore. Dobbiamo tutelare lui e la sua mente, dottore. Perché faranno la nostra definitiva fortuna. Quanto al resto, alle chiacchiere su presunte prestazioni fuori orario, le considero solo un mucchio di spazzatura e mi rifiuto perfino di ascoltare. Gradirei che lei facesse altrettanto."
Il vecchio sospira. Forse l'ha convinto. Comincia ad essere piuttosto fiera di se stessa. Arkham finisce sempre per darle retta.
Adesso portami da lui. Voglio vederlo. È stato ferito ed era solo. Ha bisogno di me.
"Quinzel, lei ce l'ha un uomo? Una storia? Qualcuno che la porti a cena fuori e cose di questo genere?" Arkham glielo chiede come se fosse la naturale prosecuzione del loro scambio precedente. E lei crede di intuirne il motivo. Ora le restano due opzioni di risposta.
Sì. No.
Nessuna delle due è falsa. Non ha nessuno, a livello teorico. Non nel senso che intende Arkham.
Ma dal momento in cui l'ho baciato lui è diventato la mia storia.
"Mi sto vedendo con un tipo che mi piace parecchio. Perché le interessa?" gli chiede mostrando tutta l'ingenuità di cui è capace.
"Semplice curiosità. Credo dovrebbe svagarsi di più. Faccia finta che a parlarle sia suo padre."
Prima del ponte Arkham gira a sinistra. Lei fissa la strada perplessa. "Cosa sta facendo? Dove andiamo?"
"La porto a pranzo" le risponde l'uomo. "È l'una passata. Non si preoccupi. Il suo paziente è al sicuro, sedato e piantonato. Non sentirà la sua mancanza."
Malvagio, maledettissimo fossile. Non può gettarsi dall'auto. Non che qualcosa glielo impedisca. Ma sarebbe una dichiarazione pubblica di squilibrio mentale. E lei è tutt'altro che pazza.
Tieni duro, Mr, J. Sono ostaggio di questo vecchio imbecille.

Harleen Quinzel non ha ben chiaro in testa cosa sia successo quella mattina in tribunale. Di sicuro ci saranno degli strascichi. Il processo sarà lungo. La procura non si arrenderà così facilmente ma, per il momento, Mr. J è diventato ufficialmente una persona malata. Non sconterà la sua pena a Blackgate. Al resto penserà più avanti. Anche se ad occhi esterni potrebbe sembrare che non ci sia molta differenza tra una prigione e un manicomio criminale, lei sa che non è così. Ci penserà lei ad occuparsi di Mr. J, ad impedire che altri come Everton gli facciano del male. A costo di rimanere con lui ventiquattro ore su ventiquattro. E comunque quell'idiota dal grilletto facile la sconterà in un modo o nell'altro. Da quante ore non vede Mr. J? Troppe. Eppure sono così poche. Era solo il giorno prima. Nonostante tutto si scopre a sorridere alla propria immagine riflessa nello specchio della toilette del ristorante.
Sorprendente. Sembrava che avessi voglia di divorarmi, Mr. J.
Manca poco, ormai. Il tempo di un dessert. Poi potrà consolarlo. Ricordargli che lei ci sarà sempre.
Si sfila gli occhiali e si scioglie i capelli. È così che piace a Mr. J. Con lui non deve nascondersi.
Libera, libera, libera… Grazie a te. Ora devo ricambiare. Forse ti ho salvato la vita, oggi. E non è ancora abbastanza.
Sorride ad Arkham per i minuti che restano. Mostrarsi indifferente per tutta la durata del pranzo non è stato semplice. Ma adesso è finita. Il vecchio non potrà inventarsi nessun altro diversivo.
"Desidera qualcos'altro?"
No. No. Andiamo via, imbecille. Quanto altro tempo vuoi farmi perdere?
"No, grazie. Sto bene così."
Chissà cosa direbbe sua moglie se qualcuno andasse a riferirle che il suo amato coniuge si porta nei ristorantini le giovani dipendenti.
Figurarsi. Neanche mezza chiacchiera su di lui. Probabilmente è asessuato e i suoi due figli li ha messi insieme usando pezzi di cadavere.
Quasi le tre. Il traffico sul ponte non si decide a scorrere. Sembra che tutta la popolazione di Gotham abbia deciso di invadere i Narrows.
"Ma che sta succedendo?"
"Stampa, tv, manifestanti. Il doppio rispetto a ieri" le spiega Arkham, e adesso le sembra ovvio. "Alle sei rilasceremo una dichiarazione e poi chiuderemo questa storia e ci occuperemo solo del caso dal punto di vista clinico."
Ci occuperemo?
Solo quando i cancelli dell'Asylum si chiudono alle sue spalle Harleen si sente di nuovo al sicuro. Non è affatto divertente come aveva pensato essere braccata dai giornalisti come una celebrità. Nel giro di un minuto le hanno pestato un piede e le è arrivato un microfono in un occhio. Che se ne stiano alla larga. Da lei e dal suo uomo.
"Dov'è? In infermeria o l'avete riportato in cella?" chiede infilandosi in tasca il biglietto da visita che le ha rifilato l'inviato di Gotham Tonight.
"Di sotto" le risponde Arkham. "Ma credo che dovrebbe aspettare prima di…"
Harleen non lo ascolta. Quasi urla quando Morales ci mette un minuto di troppo a farla entrare nel sotterraneo.
"Dormirà ancora per un pezzo, dottoressa. Ma lei sia prudente. È quando sembra inerme che tira fuori gli assi dalla manica."
Harleen risponde a Morales solo con il silenzio. Oltre il plexiglass, lui non ha nulla di minaccioso. C'è solo la fasciatura a proteggerlo dal mondo che lo odia. Niente camicia di forza. Niente uniforme rossa. Vulnerabile.
Gli faranno venire una polmonite, riflette entrando.
Mentre il 'povero' Everton è stato portato d'urgenza al Memorial, con lui si sono limitati ad estrargli in fretta il proiettile dalla spalla. E se l'hanno sedato non è stato certo per non fargli sentire dolore.
"Vai via, Paulo. E non disturbarmi."
Il sorvegliante stavolta si risparmia l'occhiata preoccupata. Piuttosto sembra dispiaciuto.
"Starà bene, dottoressa." Lo dice come se stesse parlando ad una moglie afflitta. Non è sicura che la cosa le piaccia.
"Io me lo auguro, Morales. O qualcuno la pagherà tanto cara da rimpiangere il giorno in cui ha messo piede ad Arkham."
Era legato quando Everton gli ha puntato la pistola contro e ha fatto fuoco. È un dato di fatto. Ce ne sarebbe abbastanza per aprire un'indagine. Ma Arkham riuscirà di certo a insabbiare i particolari controversi e a far avere ad Everton la sua pensione di invalidità. E ad evitare grane, ovviamente.
In fondo a chi importa se il Joker viene usato per il tiro al bersaglio? pensa sistemandogli addosso la coperta.
Anche nel sonno continua ad essere agitato. È la prima volta che lo vede dormire. E che ha a disposizione una porzione così ampia della sua pelle. Si morde le labbra imponendosi un comportamento dignitoso. Quell'uomo è ferito. Quell'uomo ha appena rischiato di ritrovarsi con una condanna a morte sulla testa. Non può davvero mettersi a fantasticare su di lui adesso.
Solo un attimo… pensa sfiorandogli la clavicola con la punta delle dita. Non voglio che si addormenti più da solo.
Quella branda non è di certo fatta per due. Ma lei è minuta e non occupa molto spazio. Si sfila le scarpe e con tutta la delicatezza di cui è capace si stende al suo fianco tentando di non svegliarlo. Adesso le basta chiudere gli occhi, appoggiare la testa sulla sua spalla sana e immaginare una notte trascorsa insieme ed appena finita, il suo prossimo risveglio, qualche parola dolce, in un altro posto, migliore, solitario, una stanza affacciata sul mare e qualunque altra immagine la sua mente riesca a ricordare dai suoi romanzi d'amore.
Quale sarebbe il tuo tocco speciale al mio quadro? In quale modo hai ucciso i padroni di casa per liberare il nostro nido dalle presenze inopportune? E cosa ne abbiamo fatto dei corpi prima di cenare a lume di candela e poi infilarci nel loro letto e fare l'amore fino a restare completamente privi di forze?
Succederà, prima o poi. Farà in modo che succeda. Quando…
Le immagini nella sua mente si spengono all'improvviso. La stanza le gira intorno. Un braccio la solleva e la scaraventa a terra. Urta il pavimento con il fianco, un lamento le sfugge dalle labbra e capisce che lui se l'è semplicemente scrollata di dosso. Solleva il viso verso la branda e lo scopre a fissarla con gli occhi ancora annebbiati.
"Ti piace molto il rischio, vero, Harley? Che stavi combinando?"
"Lo sai benissimo cosa stavo combinando" protesta tentando di rimettersi in piedi, ma lui la afferra per un braccio e la costringe a restare dov'è.
"Non ti muovere. Mi piace vederti in ginocchio."
Harleen non ha voglia di protestare. In fondo strisciare metaforicamente ai suoi piedi è diventata un'abitudine. Non c'è nulla di strano nel farlo anche in concreto. Osserva la sua spalla ferita. Non dovrebbe fare sforzi. Rischia di far saltare i punti di sutura.
"Come ti senti?" gli chiede. Vuole sentirlo da lui.
"Discretamente sforacchiato" le risponde ridendo. "Dovreste sceglierli meglio, i sorveglianti. Quelli che avete hanno una pessima mira."
La sua mano parte senza che lei riesca a controllarla e cala violentemente sul suo viso. Lui sembra sorpreso solo per un attimo, poi la sua risata si fa stridula e convulsa.
"Smettila. Lo sapevi che era armato. Avrebbe potuto ammazzarti, lo capisci?"
"Sì" le risponde e quella sillaba sembra trascinarsi all'infinito.
No, non riesce a tenergli dietro. Dimentica troppo spesso che sta parlando con un pazzo.
"Perché?" gli chiede.
Che domanda stupida. Non esistono motivazioni nel suo cervello. Solo un lunapark esplosivo. Non glielo ha forse detto? Gli piace mettere in gioco la propria vita. Non se ne cura. Considera se stesso sacrificabile in ogni momento.
"Te l'avevo detto che mi sarei ripreso la mia sciarpa" le spiega con un sorriso che vorrebbe essere soave.
Dio, non è possibile. Deve essere uno dei suoi scherzi.
"È una questione di principio, capisci? Gliel'avevo chiesta con estrema gentilezza…" insiste.
"Tu non hai principi."
Perché deve essere sempre così stancante parlare con te?
"Sì che ce li ho. È che tutti voi sembrate trovarli bizzarri."
La porta blindata che si apre le impedisce di insultarlo. Harleen si rimette in piedi, scrollando via la polvere dalla gonna. Chi è che fa le pulizie lì dentro? Andrebbe licenziato in tronco.
Osserva Arkham che si fa portare fino alla cella da Morales. Un'interruzione che forse le ha scampato uno scatto di rabbia.
Non ti ho salvato dalla sedia elettrica perché giocassi la tua sorte alla roulette russa. Se per te la tua vita non conta, allora dovrò pensarci io a custodirla.
"Quinzel, come mai è senza scarpe?"
Harleen tenta di elaborare una scusa convincente del tipo "avevo paura che me ne sfilasse una e usasse il tacco per sgozzarmi" ma Mr. J le risparmia l'imbarazzo di una balla così grande.
"Quale onore. Jeremiah Arkham in persona si degna di farmi visita. Fortunatamente io e la dottoressa eravamo ancora ai preliminari."
Fantastico.
Avrebbe voglia di dargli un altro ceffone. Non merita altro.
"Ho ritenuto opportuno fare due chiacchiere con lei, dal momento che la sua abitudine di rendere invalidi i miei dipendenti sta diventando fastidiosa" gli dice Arkham senza perdere un briciolo della sua calma.
Harleen sposta gli occhi da lui a Mr. J. È una sfida interessante.
Il paziente lo guarda con aria annoiata. "Quindi?" sillaba con indifferenza.
"Dovrò assumere del nuovo personale e questa volta potrebbe trattarsi di elementi molto meno gentili di quelli a cui l'abbiamo abituata." Il vecchio vorrebbe suonare freddo e minaccioso. Harleen sa che per il suo J ci vuole ben altro.
"Quin-di?" ripete infatti lui, poi la afferra per un braccio e la obbliga a sedersi sulla branda bloccandola contro di sé.
"La lasci…" Arkham fa un passo verso di loro mentre Morales tira immediatamente fuori un'iniezione di sedativo.
Harleen riesce a sollevare una mano e a fare ad entrambi cenno di fermarsi. "No. È tutto sotto controllo. A me non farà nulla. Non provocatelo ulteriormente."
"Sentito?" ridacchia Mr. J. "A lei non faccio niente. È una cosa tanto piccola e carina. Grazie per avermela regalata."
"Quinzel…" Arkham ora sembra in preda al panico.
"Gli dica ciò che deve, dottore" lo invita Harleen. "Questa sceneggiata è a suo uso e consumo."
A suo uso e consumo…
Poche ore prima lo ha definito fisicamente ripugnante. Vorrebbe che fosse davvero quello il motivo per cui sta tremando e non perché sentire il suo respiro sul collo le fa aumentare le pulsazioni. Socchiude appena gli occhi tentando di dimenticarsi del calore della sua pelle, della sua forza possessiva che si dimostra superiore al dolore che deve provare per la ferita ancora aperta, dell'odore del sudore e del disinfettante, misto a quello del sapone scadente che viene dato ai pazienti nelle docce. È lui. Ogni dettaglio fa parte di lui. E lo desidera tanto da avvertire i crampi allo stomaco.
Non adesso…
Quello che immagina, quello che vuole quando è buio e lei è sola, riguarda solo lei. Ma quella è una cella e a stringerla davanti agli occhi ansiosi del suo capo non è la sua malata, inconfessata e terribile fantasia, ma solo un paziente estremamente pericoloso.
Respira, respira, Harley. Non lasciarlo trasparire.
"Va bene, facciamola finita." Arkham sembra davvero infuriato. "Non costringermi a cambiare completamente regime con te, ragazzo. D'ora in poi niente più colpi di testa o ricorreremo ai bei metodi di una volta. Ti assicuro che l'elettroshock può friggerti il cervello e ridurlo peggio di come è ora. Inoltre piazzeremo delle telecamere anche qui, puntate proprio su di te. Benvenuto nel mondo dei sorvegliati speciali."
"Fantastico." Mr. J affonda la faccia fra i suoi capelli. "Nei momenti di noia potrò divertirmi a minacciare la lucina rossa. Dimmi, dottore, hai altre sorprese per me? Qualcosa di più estremo? Qualcosa per cui debba davvero cominciare a preoccuparmi? Se non è così ti pregherei di uscire. Io e questo biscottino abbiamo un ciclo di terapie da portare avanti."
Harleen trattiene il fiato quando lui le passa la lingua sul collo.
Perché? Perché lo fai? Vuoi farmi impazzire del tutto? Vuoi farmi perdere tutto?
"Adesso basta!" si ritrova quasi a gridare. Si divincola e riesce a sgusciare via. Si rimette in piedi nonostante stia ancora tremando e sobbalza quando Arkham le posa una mano sul braccio.
"Quinzel, bisogna darci un taglio. Per nessun motivo al mondo posso permetterle di subire questo tipo di molestie. C'è un limite anche al nostro lavoro. È degradante quello che…"
"Oh, finiscila, dottore" si intromette Mr. J ridendo. "Fa parte della cura. E dormi pure sonni tranquilli. C'è una certa differenza tra te e quella deliziosa polpettina di carne che mi porta a rassicurarti circa il fatto che non avrò mai la tentazione di sfiorarti nemmeno con un dito. Neppure per liberare il mondo dalla tua accademica presenza. Sono pronto a scommettere che ti riveleresti un tedio anche in punto di morte."
"Dottor Arkham, va tutto bene. Vorrei controllargli la medicazione. Ci vediamo fra mezz'ora nel suo ufficio per quella faccenda della dichiarazione."
No, non funziona. Non in presenza di terzi. Tutto sembra sbagliato. Le cose filano lisce unicamente quando sono da soli. Quando lei smette di farsi domande su cosa sia giusto o sbagliato. Presto diventerà talmente evidente che non potrà più mentire. E allora cosa faranno a lei e a Mr. J?
"Morales, puoi portarmi il necessario? Non serve portarlo in infermeria."
"Harleen è ancora certa di voler restare da sola con lui?" le domanda Arkham uscendo.
"Gliel'ho detto. A me non fa nulla. Non si preoccupi."
"Tra un po' mi dirà che vuole portarselo a casa…" le dice il suo capo.
Lei non ha smesso di fissare Mr. J negli occhi nemmeno per un istante. Ed è stato come se per tutto quel tempo avessero comunicato senza dirsi una parola. In quella cella, con lui, si sente completamente a proprio agio. Tutto quello che c'è intorno, l'enorme lugubre edificio, l'isola, l'intera città, potrebbero scomparire e non cambierebbe niente. Torna ad essere se stessa solo quando sono di nuovo in due. Anche se è arrabbiata, infelice e confusa.
"Che diavolo ti è preso? Sei forse impazzito?"
Finalmente una smorfia di dolore gli compare sul viso. Mr. J si stende mentre una patina di sudore gli vela la pelle. "È una domanda retorica?"
Allora sai soffrire… Ti piace?
C'è ancora un modo per uscirne? Per tornare ad essere quella che era? Se c'è deve trovarlo. E salvarsi.
"Ho messo al sicuro la tua vita in tribunale, lo sai? Te ne importa almeno un po'?"
Si aspetta l'ennesima stoccata al veleno. Invece lui resta zitto. Forse è davvero stanco. Anche lui deve avere un limite. È pur sempre un essere umano.
Harleen si lava le mani, poi si siede vicino a lui e lo aiuta a tirarsi su.
"Tutto da rifare. Prevedibile" osserva disfacendo la fasciatura.
Chi è quel macellaio che l'ha ricucito? Un lavoro frettoloso e fatto male. Nei minuti che seguono lei è solo un medico. Punti di sutura, disinfettante, bende. La massima cura. Sul suo corpo ritrova i segni di altri colpi di pistola, di ferite di coltello, di un'esistenza in bilico.
"La tua mano è leggera come una piuma…"
Harleen solleva gli occhi verso di lui. Ha percepito qualcosa di diverso nel modo in cui ha pronunciato quella frase. Qualcosa di… vero? Sorride tra sé e sé. Non è il momento di commuoversi.
"Credo di averti sognato, stanotte. Forse. Ho ricordato un ragazzo che ho incontrato solo una volta. Ho pensato che potessi essere tu. Ridicolo, vero?" Ridicolo. Perfino lei non è abbastanza ingenua e romantica da crederci. "Perché non te ne vai, Mr. J?" gli chiede all'improvviso. "So che puoi farlo. E allora perché non scappi da questo posto? Che cosa ci fai tu qui?"
"Mi piace qui" le risponde, e quella dolcezza che le è sembrato di percepire poco prima svanisce del tutto o forse non c'è mai stata. "Tu non te ne rendi conto, ma sei un vero spasso, Harl. Me ne andrò quando sarà il momento."
Che cosa sta cercando davvero? Non è sicura di volerlo scoprire. Non vuole più custodire i suoi segreti. Poi non avrebbe più scelta.
La casacca dell'uniforme e la sua sciarpa, quell'intreccio di lana rossa che ha scatenato tutto quel putiferio, sono ripiegate con cura sull'unico, minuscolo tavolo fissato a terra.
Grazie, Morales.
Quelle macchie più scure… Il sangue di Everton. Dovrà portarla via e infilarla in lavatrice. O forse a lui piace anche così? Bottino di guerra.
Lui si dimostra docile mentre lo aiuta a vestirsi.
"Cerca di muoverti il meno possibile. Altrimenti ci vorrà una vita per far rimarginare la ferita."
Perché si è fatto sparare? Non le ha dato risposte convincenti. La prossima volta potrebbe non essere così fortunato.
"Harley, voglio una tua foto. Per i momenti di intensa e malinconica solitudine emozionale."
Già. A cosa pensi quando sei solo? Cosa ti passa per la testa? Niente di rassicurante, ne sono sicura. L'ultima, ultimissima occasione…
"Deve finire qui, Mr. J. Questa faccenda è andata troppo avanti. Colpa mia. Ma non può continuare."
Le basterebbe un "capisco" rassegnato, e sarebbe finita. Poi dovrebbe solo sfogarsi piangendo sul suo divano e ingurgitando gelato. Non è così che si fa quando finisce una storia? Invece lui sembra solo divertito. Ancora. E lei sente di odiarlo.
"Paura di impazzire, dottoressa Quinzel? Peccato. Come incipit non è stato male. Sto per prendermi un melodrammatico bacio d'addio."
Harleen non protesta. Lo attende sapendo benissimo che sarà tutt'altro che l'ultimo. Ci ha provato. Ha finto di provarci. La sua bocca è feroce esattamente come ricordava. E non vorrebbe che fosse in nessun altro modo. È consapevole di quale sarà il prossimo passo. È il suo corpo in fiamme a dirglielo. E sa bene che dovrà lottare con se stessa per mantenere il diritto di decidere quando.
"Mi piace da morire la tua volontà granitica" le sussurra in un orecchio quando la lascia libera di respirare di nuovo.
Lei appoggia la fronte sulla sua spalla. "Non so neppure come ti chiami…"
Stavolta non cambierà idea. Harleen Quinzel è morta e sepolta e non può farla tornare. "Ti amo e ho paura. Ho paura. Sei felice, ora?"
"È questa la tua tragedia, Arlecchino" le risponde accarezzandole i capelli. "Una tragedia con i fiocchi. Vivila fino in fondo e cambiala in un'opera buffa, prima che sia tardi. Prima che cali il sipario sul massacro avvenuto in scena. Le tragedie finiscono sempre nello stesso modo. Ma tu sei la mia maschera allegra. Ridi e fammi ridere, Arlecchino. O ti strapperò il cuore e le labbra."


Between the iron gates of fate,
The seeds of time were sown,
And watered by the deeds of those
Who know and who are known;
Knowledge is a deadly friend
When no one sets the rules.
The fate of all mankind I see
Is in the hands of fools.

Confusion will be my epitaph.
As I crawl a cracked and broken path
If we make it we can all sit back
And laugh.
But I fear tomorrow I'll be crying,
Yes I fear tomorrow I'll be crying.


(King Crimson, Epitaph)






Note:
1) Su gentile richiesta di Dance: Talia Al Ghul e il suo paparino Ra's. La prima cosa che va detta è che, a differenza di quanto accade in Batman Begins, l'immortalità di Ra's Al Ghul è certa. Per rigenerare il proprio corpo usa una fonte chiamata Fossa di Lazzaro, dettaglio che, ovviamente, Nolan ha scelto di cassare. La madre di Talia, Melisende (citata in Batman Begins), viene uccisa da uno dei servitori di Ra's . Da questo momento in poi il rapporto tra padre e figlia diventa quasi simbiotico. Lei lo aiuta nella sua crociata integralista combattendo al suo fianco e, nel momento in cui entra in scena Batman, in un continuo altalenare di battaglie, combattimenti, e stima reciproca, Ra's decide che, se Talia si è innamorata di lui, il matrimonio s'ha da fare. Per la coppietta felice (per quanto possa essere felice Bruce Wayne) però, le cose non girano bene. Abbastanza ovvio quando suocero e genero si ammirano reciprocamente ma hanno delle idee alquanto discordanti. E tra Talia e Bruce si arriva alla rottura (ma mai definitiva). Potrei andare avanti blaterando un po' circa la morte di Ra's (tranquilli: poi torna), l'ascesa di Talia alla testa dell'organizzazione come nuova Ra's Al Ghul, il figlio avuto da Bruce, Damian, l'altra figlia di Ra's, Nyssa, matta come un cavallo e assolutamente sadica, ma queste sono faccende che con la mia storia non hanno a che fare. Due cosette: nella mia storia Talia si presenta con il cognome di Ducard. In Batman Begins infatti, Ra's Al Ghul (Liam Neeson) si fa chiamare per quasi tutto il film Henri Ducard. Più avanti salterà fuori anche il nome Talia Head, che è quello che lei usa come copertura nei fumetti, in quanto Ra's Al Ghul si traduce come Testa del Demone. E poi c'è chi pensa che sia il Joker quello svitato.
2) I capi d'accusa del Joker: sono apparsi sul sito www.whysoserious.com e un'utente della Joker X Harley Community li ha analizzati uno ad uno, codice penale statunitense alla mano. Non mi ricordo chi sia ma confesso di avere sfruttato biecamente il suo lavoro. Non appena avrò ritrovato il suo nickname le darò tutti i crediti che merita, visto che ha fatto un lavoraccio ("tentata aggressione finalizzata allo stupro"… Non ci ho dormito per tre notti…)





Rispostine:

Ok, comincio da sozzolina… No, non ce la faccio. Volevo chiederti il perché del nickname ma ho paura delle'eventuale risposta. Comunque grazie per i complimenti.

Dance, mi piacciono le new entry! Credo che nessuno sia inadatto a recensire una storia. altrimenti dovrei sentirmi inadatta anch'io a scriverla, visto che prima di TDK l'idea di mettere mano a un racconto su Batman non m'aveva manco mai sfiorata. Un punto di partenza per i nuovi fan deve esserci, no? Inoltre confesso che prima del film di Nolan non ero così 'drogata'. Mi piaceva l'universo di Gotham fin da quando ero piccola, con i vecchi telefilm con Adam West, e mi piacevano alcuni personaggi in particolare, ma se non fosse stato per TDK non avrei mai fatto una full immersion totale per riuscire a documentarmi in modo adeguato e scrivere questo becero raccontino d'ammmmmore. Anzi, penso che il non essere una fanatica storia e inquadrata sia un vantaggio per me, in quanto mi rende molto elastica e mi dà l'entusiasmo giusto per prendere ogni pagina come un mondo nuovo da esplorare. Non so vita morte e miracoli, ma so come e dove andare a cercare quello che non so per impararlo. È un po' una mia fissa: per ogni storia che scrivo è più il tempo che passo a studiare che quello della stesura effettiva. Ma chi me lo fa fare? MAH!
Ehm, qui c'è qualcuno che ha imparato i trailer a memoria. ^_^
Io sto consumando il mio dvd. Doveva essere un regalo di Natale ma l'ho scartato non appena è entrato in casa mia. Sì, quel film è una droga. Sì sì. Tu penserai che io sia scema, ma sai cosa mi manda su di giri del Joker di Ledger? Il modo in cui pronuncia 'gassssoliiii-ne!' Grave?
Sì, gli ha veramente staccato il dito. No, non è fuggito per andare alla festa (il Joker è matto, non scemo. XDDDD), sì, prima o poi vedrà il suo Arlecchino, sì, uscirà dalla porta principale, no, non subito. Il costume di Harley non l'ho descritto nel dettaglio ma nella mia testa malata è come quello delle fanart di Kristen Bell fatte da Josh McMahon, infatti specifico che Harley porta un cappello e non un cappuccio totalmente coprente. Mi piacciono i capelli in vista.
Gordon piace tanto anche a me, soprattutto in versione Nolan (meno nel fumetto: mi sta sul gozzo la sua seconda moglie e, di conseguenza, anche lui. Meno male che è morta (Grazie, Mr. J. BANG!). Mi diverto a muoverlo proprio perché è così normale in mezzo a tanti personaggi sopra le righe. Infatti cerco di infilarlo in scena il più spesso possibile.
Per quanto riguarda il numero dei capitoli, diciamo che voi siete a metà strada. Quindi mettetevi comodi. Se affidassero la sceneggiatura, il pubblico passerebbe il tempo a vedere Harl e J che si sbaciucchiano e vorrebbe indietro i soldi del biglietto, quindi è meglio di no. E quanto al passato di Mr. J, è meglio che resti moooolto nell'ombra. Nella mia testa ho una storia plausibile. Ma, appunto, potrebbe essere solo l'ennesimo racconto tarocco, quindi è meglio che me la tenga per me, visto che sono la prima a non fidarmi di lui. ^_^

killme, io ho sempre avuto l'impressione che Ivy sia innamorata di Harley ma che Harley non se ne sia mai accorta. Sì, Talia è la mammina di Damian. Chissà che non l'abbiano già messo in cantiere nella notte del ballo in maschera… ^_^
Non ho intenzione di maltrattare 'troppo' Gordon. Lo maltratterò 'il giusto'.

Kuji, vedo che Gordon ha fatto strage di cuori. Per l'udienza, ora sai come è andata. Per la fuga… bisognerà organizzarla per benino. Succederanno un po' di cose prima che se ne cominci a parlare concretamente. Io faccio parte del gruppo di persone convinte fino in fondo che il Joker ami Harley Quinn. Ovviamente è un pazzo sadico, quindi questo sentimento si manifesta in modo bizzarro. Forse davvero la ama perché in lei vede il narcisistico riflesso di se stesso. Forse la considera il suo capolavoro. Ma di certo, se non provasse qualcosa per lei, lei sarebbe già morta da un pezzo. Ed è l'unica a cui è concesso di arrivargli tanto vicino e di conoscerlo così a fondo (se si esclude Batman, ovviamente, ma qui il discorso si fa più complicato). D'altra parte, secondo me, il Joker di Nicholson, nel film di Burton, provava davvero qualcosa per Alicia, e il suo sfigurarla per farla diventare la donna adatta a stargli vicino in questo senso è emblematico. Ok, la poveretta ha vita breve. Il Joker di Nicholson era piuttosto volubile. Io ho sempre considerato il Joker, in tutte le salse, ben lontano dal non essere in grado di provare amore, anche se in modo distruttivo.

Oh, Lefteye! Non è che ti licenziano a causa mia, vero?
E Jim Gordon colpisce ancora!
Katie Holmes recitava come il canarino Titti. Maggie se l'è cavata meglio ma, poveretta, era la faccia a non supportarla. Come ha detto Stefano Disegni nella parodia di Ciak, ma come fanno due eroi come Dent e Batman a essere innamorati di un simile cesso? Vabbè, lasciamo perdere.
Pammy va. Tornerà in spirito nel prossimo capitolo.
Per "28 giorni dopo" casco dal pero. L'ho visto una sola volta su un televisorino e MAI avrei collegato Cillian a quel film. Ma quante cose mi insegni…
Mr. Big… XDDDDDDDDDDDDDDDDDDDDDDDDD Vogliamo metterci a sindacare sulle doti 'nascoste' del Joker? No, meglio di no. Rimandiamo ai prossimi capitoli, sperando che Harley si decida a prendere in mano (ehm…) la situazione (ok, io sono una bastarda, visto che già SO cosa succederà in futuro, ma non ve lo dico). Intanto accontenti di sapere che non si è fatto troppo male. ^_^

Ilariaaaaaa, se continui così Jonathan te lo uccido per farti dispetto! Fai la brava, su…

sychophantwhore , l'elastico rosa! Oddiiiiio! L'elastico rosa è una figata!!!!! Mi fai morire! Allora, nei ringraziamenti finali linkerò anche i tuoi disegni. ^_^ Grazie ancora!
Jim Gordon… e pure tu! ma cos'ha quest'uomo? Si sta facendo l'harem! XD
Io ti ringrazio di cuore perché mi rassicuri sempre circa il fatto che sto tenendo sotto controllo e al posto giusto tutti i personaggi. Io mi diverto troppo ma non so mai quando l'OOC è in agguato.
Povero Everton. Così impara. Un bel disegno sanguinolento in arrivo? Che goduria. *_*
FORSE Harl e J si sono già incontrati. FORSE! Il fatto è che mi piace troppo la scena in cui si incontrano prima che lui diventasse il Joker in 'Batman Confidential'. Lo so che è quasi considerata non-canon, ma non ho resistito alla tentazione di citarla. Ci scriverò una one shot molto leggera.
L'uscita del Joker da Arkham avverrà, ma bisogna fare le cose per benino. Non voglio che me lo ricatturino subito. Forse Talia si renderà utile in questo senso, ma il lavoro grosso toccherà alla nostra Harley. Comunque ora sai come è andata l'udienza, quindi per un po' puoi stare tranquilla. Ora puntiamo al processo. Ti dico solo una cosa: la sentenza verrà emessa… il primo di Aprile. ^_^
Le immagini che ho postato l'altra volta sono degli screenshot del film 'Pulse': mi sono divertita a ritoccare il trucco di Kristen Bell al Photoshop. Quella ragazza è la mia musa arlecchinesca. Quando avrò finito di pubblicare Amour Fou dovrò mandarle un mazzo di fiori oltreoceano, anche se lei non saprà mai perché. ^_^
Il dvd (edizione a due dischi con il Joker in copertina) è già nelle mie voraci mani e lo sto consumando.

Laura Sparrow, ora mi sento taaaanto in imbarazzo, perché non volevo dare l'impressione che Bruce alla festa fosse vestito da Batman. L'ho immaginato in smoking. E mi dispiace perché l'idea sarebbe stata bellissima, ma purtroppo non l'ho avuta. Quindi, se mai volessi usarla in una tua storia, sappi che è tutta farina del tuo sacco.
Sì, voglio ancora leggere la tua storia. Non te la scampi. ^_^
La scena del party nel film è perfetta. Se ci fai caso e ti estranei dal fatto che SAI chi è Batman è costruita in modo da portare a pensare che sotto la maschera del Pipistrello si nasconda Harvey Dent. Nolan è un GENIO! Perfino il Joker ci casca.
Mi fa piacere che tu abbia apprezzato la frecciata affettuosa e autocritica ai nerd occhialuti che leggono i comics. Ci tenevo in modo particolare e non se l'è filata NESSUNO! Sigh.

black_kisses_, Un'altra new entry! Che bello! Mi viziate! Grazie per tutti i complimenti che fai al mio Joker. Ho sempre paura che mi esploda in mano, quel perfido individuo. Sono più le volte in cui mi suona stonato che quelle in cui sono soddisfatta della resa. Mi faccio troppi problemi? Con Harley è più facile. Da quando ho letto la graphic novel di Azzarello, so esattamente cosa chiederle e dove la sto portando. Alla prossima.

E per adesso direi che è tutto. Siccome ci risentiremo dopo le feste mi sembra giusto lasciarvi degli auguri in tema:





(Matite sublimi di Alex Ross)

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Capitolo 13
*** Terapia n°9 - Spinnin' Round ***


Terapia n°9

"Spinnin' round"





I want my innocence back
And if you can't give it to me
I will cut you down
And I will run you through
With the dagger you sharpened
On my body and soul
Before you slit me in two
And then devoured me whole.


(Emilie Autumn, I want my innocence back)


Comincia tutto dopo l'udienza. Nella zona d'isolamento vengono piazzate delle telecamere a circuito chiuso. Arkham ha mantenuto la sua promessa. Mr. J non se l'è presa. Le visite in cella diventano divertentissime. Finiscono sempre col fare un sacco di smorfie all'indirizzo del servizio di sorveglianza. Solo che quell'occhio indiscreto limita le sue manovre. Per abbracciarlo, stringerlo e ripetergli che lo ama deve aspettare che lui venga portato nel suo ufficio. Allora Harleen si lascia andare del tutto. Non appena Morales o chi per lui si congeda, lei si avventa sulle sue labbra. È troppo, troppo splendido.
"Mi sembri entusiasta, mio tenero tortino. Hai voglia di sentire una bella storia? Parla di una rapina con duplice omicidio."
Quando torna a casa Harleen telefona a Pamela per raccontarle del faccia a faccia con il giudice, dell'incidente con Everton e del fatto che il suo amore aumenti di giorno in giorno.
Pamela non risponde.

Quando Mr. J si addentra nei dettagli, lei fa fatica a seguire. Si perde a guardare il modo in cui i capelli gli scivolano sul collo.
"Harley, stai buona…" le dice mentre lei cede alla tentazione di baciarlo appena sotto l'orecchio.
Harleen ha riscoperto il potere di un broncio ben fatto, come quando aveva sedici anni, unito a qualche parolina mielosa. "Tu sei il mio Pasticcino. Non voglio farti arrabbiare. Solo coccolarti."
A volte lui sembra seccato da quelle attenzioni, altre le ricorda che la gentilezza non è proprio nel suo stile. E lei riscopre di nuovo che la cosa che le piace di più è sentire la sua stretta, forte e dolorosa, la sensazione di essere in suo potere. Perfino scoprirsi addosso qualche livido imprevisto le provoca un fremito.
Ha chiamato Pamela per confidarle quella nuova vena di masochismo. Pamela non ha risposto.

Quando Mr. J le dice che le insegnerà a rendesi utile, Harleen si sente felice come una bambina.
"Esplosivi al plastico" afferma lui.
Gli fornisce carta e pennarelli e scopre che, per quanto la sua calligrafia sia brusca e nervosa, è curatissimo nel disegnare i dettagli.
"Vieni qui, Harley" le dice e lei si accomoda sulle sue ginocchia. "Non è affatto complicato, sai?" afferma riservandole uno dei suoi sguardi teneri. "Ti ho scritto le istruzioni nel dettaglio. Ci riuscirebbe anche un primate. Ma fai molta attenzione."
"Stai dicendo che sono più stupida di una scimmia?"
Il broncio, certo. E poi lo bacia di nuovo fra i capelli, sulla tempia, sulla fronte.
"Non voglio che tu ti faccia saltare le dita. Quando deciderò di mozzartele dovranno essere tutte e dieci."
Sì, direi che è giusto…
A Mr. J piace tenersela vicino, anche se Harleen ha capito che non lo ammetterebbe mai. Tenta sempre di farle credere che ogni carezza concessa sia solo un favore che lei un giorno dovrà ripagare. Harleen finge di abboccare all'amo. Perché togliergli il piacere di mostrarsi insensibile a certe lusinghe? Non è una ragazzina e capisce benissimo quando un uomo la vuole. Povero Mr. J. È decisamente il suo caso. Le piace trasformarlo nel suo personale esplosivo al plastico. A volte vorrebbe che fosse lui a perdere il controllo, a farle male, a cedere e prenderla con la forza. Harleen si sentirebbe invincibile in quel caso. Ma non succederà. Mr. J vuole che sia lei a crollare del tutto. Quindi lei si siede sulle sue ginocchia, ascolta le sue spiegazioni su come organizzare una strage e gli si strofina addosso tentando di scoprire il suo punto di rottura.
Più di una volta ha cercato di chiamare Pamela per raccontarle di quel sottile gioco al massacro. Pamela non ha mai risposto.

Harleen Quinzel impiega una settimana per cominciare a preoccuparsi davvero per Pamela Isley.
La cerca e non ottiene risposta. Si dice che probabilmente è impegnata.
Il suo lavoro inizia a risentire della sua assenza. Il suo rapporto con Mr. J anche. Lui non sopporta di vederla distratta. Neppure lei riesce a spiegarsi come possa perdere la concentrazione pur avendo a che fare con un soggetto così magnifico, e si sente in colpa. Ma non può certo dirgli di essere preoccupata per quell'amica che lui ha minacciato di far sparire. Riderebbe e a lei farebbe molto male vederlo ridere di Pam.
"Non mi presti sufficiente attenzione, Harley" le dice Mr. J quella mattina mentre continua a disegnare, sul blocco che lei gli ha fornito, struttura e collegamenti di un modello elementare di bomba.
È un insegnante molto paziente se capisce che lei è interessata alle sue spiegazioni. Ma quella mattina si sta dimostrando una cattiva allieva. Di solito adora starlo a sentire, tuffarsi nel suo mondo, imparare da lui cose che una brava ragazza non sogna neppure.
Da quando Everton gli ha sparato, Mr. J è diventato particolarmente dolce e assiduo nei suoi confronti e ha promesso di raccontarle come sia riuscito a diventare il criminale più temuto di Gotham.
I loro incontri sono diventati estremamente piacevoli. Una girandola di istruzioni su come far saltare in aria grossi edifici e impugnare correttamente una pistola, baci appassionati e parole d'amore che lei deve fare uno sforzo enorme per lasciare entro i limiti che si è prefissata. Ma adesso lui, come un uomo qualsiasi, le rinfaccia la sua scarsa attenzione e una certa freddezza. Sì, proprio come un uomo qualsiasi. Che cosa terribile. Non può permettere che, a causa sua, il suo splendido Pasticcino si trasformi in un noioso marito in pantofole.
Ma la sua Pam è sparita. E lei deve capire cosa le è successo.
Inventa una scusa con il dottor Arkham e si prende un pomeriggio di permesso.

Lei e Pamela si sono scambiate le chiavi di casa fin dai primi tempi della loro amicizia. Harleen le ha usate per aprire le finestre, dare acqua alle piante e togliere la polvere nei periodi in cui Pamela è andata a trovare la famiglia a Seattle. Forse l'ha fatto anche stavolta. Ma quando entra non ci sono piante da annaffiare. Sparite. Ci sono ancora i vestiti negli armadi, i cosmetici in bagno, le lenzuola nel letto. Ma non le piante.
Sul frigorifero vuoto c'è un biglietto per lei.
"Ti ho mentito, Harley. Da piccola non volevo essere una fioraia. Volevo essere un fiore. Perdonami se non ti ho salutato come si deve. Non cercarmi. Ti prometto che mi farò viva io.
Ti voglio bene,
P. I."
Harleen lo rilegge tre volte e ogni volta il significato delle parole si fa meno chiaro.
"Non cercarmi."
Si ritrova a piangere su una sedia di quella cucina che conosce come se fosse sua.
Pamela è andata via? E dove? Si fida così poco di lei? Perché l'ha abbandonata? Chi o che cosa l'ha costretta ad abbandonarla?
"P. I."
Pamela Isley.
O Poison Ivy?
Quel pensiero è assurdo, ma non più di tutto il resto.
Non è giusto, Pam. Non è giusto.
Harleen Quinzel si addormenta nel suo letto. E quando si sveglia il giorno dopo è già mezzogiorno.

Quando apre gli occhi e si rende conto di dove si trova, Harleen Quinzel telefona all'Asylum e si dà malata. Poi decide che Pamela non può essersi dissolta nell'aria. È lunedì e di sicuro può trovare informazioni su di lei al laboratorio di Woodrue.
Non si sente in imbarazzo ad aprire i suoi cassetti e a mettersi addosso la sua biancheria. Sa che a Pam non importerebbe. Il problema è nella taglia. C'è più di un motivo per cui le ha sempre invidiato quel fisico strepitoso.
Sprecato per Woodrue.
Harleen è sicura che Woodrue c'entri in qualche modo. Lui sa di certo che fine ha fatto la sua Rossa.
Spero per te che tu non le abbia torto nemmeno un capello.
Quando arriva al dipartimento di biologia botanica le è impossibile raggiungere i laboratori.
"Zona riservata" la informa un'assistente.
Harleen non ha altra scelta che chiedere a lei. La sua risposta la lascia di sasso. La dottoressa Isley ha preso improvvisamente le ferie. Il dottor Woodrue è stato imprudente ed è finito in ospedale con una sindrome da avvelenamento da spore.
Ferie?
Non ci crede. Non è affatto andata così. Quindi Woodrue se la passa male. Non che le importi. Ma deve farsi dire quello che sa.

Quella giornata si sta rivelando senza tregua. Adesso le servono il suo camice e il tesserino. Per il primo torna da Pamela e si serve di nuovo dal suo armadio. Il secondo l'ha sempre con sé.
Il Memorial è nel caos da quando il Gotham General è saltato in aria. Una sorte che è toccata anche agli altri ospedali cittadini. Un numero imprevisto di pazienti e personale medico che è stato smistato. Questo gioca a suo favore. Nel marasma nessuno si chiede chi sia. Non è una parente in visita. È un medico e si prende da sola il diritto di andare dove reputa necessario e anche di infierire quanto deve su un paziente in particolare.
Nessuno bada a lei né si sorprende quando chiede quale sia la stanza di Jason Woodrue. Per un attimo si lascia trascinare dal ricordo degli anni dell'università. Le piacevano gli ospedali, allora. Microcosmi che l'avrebbero guidata verso il suo avvenire. Con gli anni la poesia si è persa. Troppo di rado nella sua specializzazione è necessario sfiorare i pazienti. E il rapporto imprescindibile di fiducia finisce per fondarsi esclusivamente su basi astratte.
Eppure ha sempre trovato splendide le funzioni del corpo umano. Ricorda benissimo le prime volte di fronte a un cadavere. Gli altri ragazzi del suo anno correvano a vomitare, perdevano i sensi o erano quantomeno pallidi come lenzuoli. Lei no. Lei non vedeva l'ora che le passassero il bisturi. Incisione. Sensazione magnifica. La cedevolezza della carne.
"È la prima volta che qualcuno sorride in quel modo mentre lo fa" le ha detto il professor Jones, tanti anni prima.
L'opzione 'anatomopatologia' l'ha accompagnata per i primi tre anni. Poi è inciampata in Guy e ha scoperto il fascino della psiche. Meglio se distorta.
Mangiato pesce avariato, Jason?
Woodrue è intubato ma vigile. Harleen sorride. La ruota gira. Le sembra di vedere le sue mani schifose che sforacchiano Pamela senza pietà.
"'Sera, Jason" gli dice avvicinandosi al letto. "Hai una brutta cera, lo sai?"
Si sono visti una sola volta prima di quel giorno. Una cena organizzata da Pam, che è stata più che sufficiente a farle capire di volerlo vedere morto. Arrogante. Viscido. E calvo, sì. Odioso.
"Mi dispiace disturbarti, ma ho bisogno di trovare Pamela. E sono sicura che tu sai dov'è."
Lui si agita all'improvviso. Harleen lo scruta leggermente disgustata. Panico? Cos'è che lo terrorizza? Il cranio lucido gli si imperla di sudore, poi apre la bocca, ma sembra fare fatica a parlare.
"Coraggio, professore. Puoi farcela. Se mi dici cosa hai fatto a Pamela ti prometto di lasciarti stare."
Altrimenti? Anni di rabbia accumulata. Adesso potrebbe davvero pareggiare il conto. La tentazione di gettare via il giuramento di Ippocrate è fortissima.
"Pamela… è stata lei… Lei mi ha avvelenato… bisogna prenderla… è pericolosa…"
"Pam ti ha avvelenato? Ok. Chiaro. Dov'è?"
Sta perdendo la pazienza. Perché Pamela le ha scritto quel biglietto? Si sta nascondendo? Quel bastardo potrebbe accusarla di tentato omicidio…
"Lei è… veleno" conclude Woodrue. Il suo respiro diventa sempre più affannoso.
"Quindi è stata lei a ridurti così…"
L'uomo chiude gli occhi. È una risposta affermativa.
Sei fantastica, Rossa.
Avrebbe voglia di ridere. È così fiera di lei. Se solo potesse dirglielo di persona…
"Dimmi dov'è andata!" insiste per rendersi contro all'improvviso che una fuggiasca non darebbe certo alla sua vittima degli indizi per farsi trovare.
"È inutile… tanto non può sopravvivere. Veleno… per gli altri e per se stessa…"
Morta. No, non può credergli. Che cosa le ha fatto? Da lui non saprà altro. Non le resta che chiamare gli Isley e sperare che Pamela si sia rifugiata dai suoi genitori anche se le sembra drammaticamente improbabile.
La chiave…
Le torna in mente la sera del Martedì Grasso. L'ultimo regalo che Pam le ha fatto, nel folto degli alberi.
Il vecchio orto botanico.
Deve andare fin là. Pam potrebbe essere lì ed avere bisogno di aiuto.

Il sole tramonta più velocemente di quanto le piaccia.
Orto botanico… si ripete. Ma sulla strada di casa cambia idea. È troppo distante e arriverebbe a notte fonda.
Si dirige verso la periferia provando l'unico desiderio di farsi passare il mal di testa.
Non ha concluso nulla. Ha solo scoperto che Pamela ha tentato di ammazzare il suo uomo. Grande. Sono davvero una coppia di cattive ragazze, ma che Pamela si sarebbe mostrata la più cattiva tra loro due è un imprevisto.
Perché ha tentato di fargli la pelle? Che cosa ha scoperto?
Non che siano necessarie motivazioni profonde per fare fuori Jason Woodrue. Basta la semplice consapevolezza della sua presenza sulla faccia del pianeta. Ma di tutta quella storia la cosa che considera più importante è la scoperta che Pamela non si fida di lei. Non abbastanza.
Raccoglie la posta, poi si infila nell'ascensore. La prima lettera anonima le ha fatto paura. Quando hanno cominciato ad essere dozzine ha smesso di badarci.
"Cagna, brucerai all'inferno."
"Il sangue delle sue vittime è sulle tue mani."
E le più poetiche, quelle dove il turpiloquio raggiunge l'apice.
"In quanti modi ti fai scopare da quel mostro, schifosa puttana?"
Deliziosi, gli irreprensibili cittadini di Gotham.
Il secondo giro è con la segreteria telefonica. Stesso tono. Con in più, come optional, qualche madre in lacrime e i suoi "È come se avessi ucciso mio figlio una seconda volta."
Che cosa ha fatto di così sbagliato? Non si è unita all'indignazione generale. Ha preso una decisione, la più ovvia, la più giusta. Ha giudicato ascoltando solo se stessa. Difficile farlo capire a quelle belve assetate di sangue. Del suo e di quello di Mr. J.
Magnifico. Doveva aspettarselo, in fondo. Ha scelto di stare dalla parte dei mostri, dei reietti, dei cattivi.
Questo fa di me una di loro. Anche se non ho ancora saltato il fosso.
Davvero gli ha chiesto di insegnarle ad usare i coltelli? Quel pensiero le strappa un sorriso. Gli incontri con lui si trasformano nella memoria sfocata di un delirio, quando si concludono e lei li rincorre con la mente.
Sì, l'ho fatto. È lui che sta guarendo me, giusto? Questa piccola, malata, brillante, perfetta Harleen, orgoglio di mamma e papà.
Un pensiero improvviso le fa stringere lo stomaco. Mr. J. Sempre Mr. J. Da quanto tempo non esiste altro che lui nella sua testa? Forse Pamela ha parlato. Forse Pamela le ha chiesto aiuto. E lei non ha voluto ascoltare, troppo presa da se stessa e da lui.
Forse è così oppure no. Ormai è inutile piangere sul latte versato. Devo aiutarla
adesso.
In mezzo a tutta l'immondizia che le arriva per posta c'è la solita rivista medica. La sfoglia tentando di distrarsi in attesa che l'analgesico che ha ingoiato faccia effetto. Di solito quella roba finisce subito nella pattumiera. Non sa che farsene dell'autocompiacimento scritto dei suoi esimi colleghi. Conserva solo una copia dei due numeri con gli articoli scritti da lei subito dopo la fine dell'internato, un obolo da pagare volentieri in nome della credibilità. I suoi occhi si fermano sulla foto di Odin Markus sorridente. Scorre l'articolo e subito dopo afferra il primo oggetto che le capita a tiro, una ballerina in cristallo di Boemia, regalo della zia Esther, e lo scaraventa contro il muro. Pensava che quella giornata non potesse peggiorare. Si sbagliava.

Il sapore amaro che sente in bocca le dice che la rabbia ha raggiunto livelli pericolosi. Non ha dormito e il suo mal di testa è peggiorato. Per tutta la mattina si è ritrovata a ringhiare contro chiunque le abbia rivolto la parola e ora si sta rendendo conto di avere iniziato strofinare i denti tra di loro, un vizio che credeva di avere perso con l'età adulta e che faceva impazzire sua madre.
"Rovini lo smalto, Leeny!"
Non le interessava perché fosse tanto furiosa. No. Si preoccupava dello smalto dei suoi denti. Che spirito semplice, sua madre. Per tutta la vita ha desiderato di non assomigliarle. Come psichiatra sa che è una cosa comune quasi a tutte le donne.
Per questo non avrò mai una figlia femmina. Non voglio ragazzine rancorose che mi accusano di tutte le loro disgrazie.
Le dieci. Mr. J è in ritardo. Si chiede cosa stia combinando Morales. Vuole distrarsi. Non vuole pensare. Se fosse di umore migliore forse potrebbe anche chiedergli un consiglio. Ma in realtà non ha neppure voglia di vederlo. Sta facendo brutti pensieri, e riguardano lui. Sono insensati e incoerenti. Eppure sono lì. E suonano tutti nello stesso modo.
È colpa sua.
Lui le sorride nel suo solito modo quando Morales infine si decide a portarglielo. Lei gli risponde con un'occhiata velenosa. I suoi succhi gastrici si mettono a ballare. Si rende conto benissimo che ogni sua frase suona stizzita. Non può farci nulla. È furiosa.
Medico. Paziente. Se non gli sta bene può tornare subito in cella. Basta così. Non ha voglia di gettarsi fra le sue braccia assassine. Non ha neppure voglia di parlare con lui.
"L'Arlecchino ha la luna storta, stamattina" le dice inarcando un sopracciglio.
"Il mio umore non ti riguarda" gli risponde brusca.
Odia sentirsi il suo sguardo addosso. Odia il suo silenzio. Odia quell'espressione indagatrice.
"Liberami i polsi, Harley." Ed ha usato decisamente il tono di un ordine.
"Perché dovrei? Liberati da solo. Lo so che ne sei in grado."
In quale schifosissimo abisso sta gettando… ho gettato… la sua vita?
"È soltanto colpa tua. Soltanto colpa tua. Andava tutto benissimo. Maledetta me. Maledetta mille volte."
Non deve parlargli. Non deve dirgli niente. È la giornata sbagliata per le sue lezioni su come diventare una perfetta criminale. Non sa nemmeno come si sia lasciata convincere. È stato divertente. Ma il mondo gira, non la aspetta e approfitta della sua distrazione.
"Pessimo show. Quale tragedia si è abbattuta sulla tua testolina svampita per ridurti in questo stato? Non hai trovato in saldo le scarpe dei tuoi sogni?" Si appoggia alla scrivania in attesa di una risposta, con quel sorriso di scherno che non le è mai sembrato più sbagliato.
Mi consideri una stupida? Era ora che lo dicessi. Grande. Io considero te un cinico figlio di puttana che mi sta rovinando l'esistenza. Siamo una coppia perfetta.
"Le scarpe dei miei sogni?" ringhia. "Ascoltami bene, psicopatico buffone fallito. La mia migliore amica è sparita dopo avere tentato di ammazzare il suo uomo, mi arrivano lettere e telefonate minatorie solo perché sono la tua psichiatra, e ora vengo a sapere che quel bastardo del mio rettore ha rubato la mia ricerca, il mio progetto, i miei appunti, e li sta spacciando per propri e adesso la crème de la crème di Gotham City lo incoronerà pubblicamente concedendogli un premio e dei fondi. E grazie al mio lavoro. E non ho prove. E sai che ti dico? È colpa tua. Hai ridotto il mio cervello in gelatina. Tutto ha iniziato a girare per il verso sbagliato da quando ci sei tu. Mi hai tolto lucidità, comprensione, capacità di interagire con gli altri. Mi hai tolto la mia vita, maledizione!"
Ha tirato tutto fuori, con la voce rotta e gli occhi lucidi. A sentirsi pronunciare quelle parole si rende conto ancora una volta della loro insensatezza. Eppure ci crede.
Colpa. Tua.
È questione di secondi e Harleen Quinzel ricorda improvvisamente con chi ha a che fare. Non ha il tempo di provare proteggersi. Lui allunga le mani, la afferra per il camice e la solleva letteralmente in aria.
Urta con le ginocchia contro la scrivania, ma quel dolore che le sembra lancinante svanisce inghiottito da quello che si impossessa di lei quando si ritrova violentemente schiacciata contro la parete. Riesce a pensare solo che stavolta è finita davvero e che non ha la forza di gridare. Lui le impedisce di muoversi pressandola con il proprio corpo. Non ha via di fuga. È troppo forte e massiccio e lei è troppo minuscola anche solo per tentare di divincolarsi. Con la guancia destra contro la superficie fredda ha difficoltà perfino a respirare. Dove sono le sue mani? Si chiede se siano ancora legate, anche se è un dettaglio che non cambia nulla. In alto. Sollevate. È l'unica opzione che gli permetta di bloccarla in quel modo.
"Le dimissioni non sono un privilegio che i miei sottoposti possano concedersi."
Agitazione. Lui gliela trasmette con ogni fibra del suo essere. Il suo respiro è frenetico e irregolare. È la prima volta che le capita di assistere a una totale perdita di controllo da parte sua.
Totale?
Prega che non lo sia davvero. È un'evenienza che cancellerebbe ogni possibilità di salvezza.
"Che cosa c'è, dottoressa Quinzel? Non reggi la tensione? Non ce la fai ad essere quella che voglio e che vuoi fino in fondo? Sei una delusione."
La sua voce diventa un sussurro maligno nel suo orecchio. Una parte di lei ricorda che le cose più importanti e profonde, quelle che l'hanno fatta definitivamente cadere nella sua rete gliele ha sempre dette in quel modo.
"Ridi e fammi ridere, Arlecchino."
"Credevo che fossi la donna giusta per me. Un errore di calcolo. La donna giusta per me non ha bisogno di compiangersi. La mia Harley Quinn fa ballare gli altri al ritmo della sua personalissima musica. La mia Harley Quinn prende e dà e fa girare la giostra. Non recrimina. E non sfoga la sua frustrazione con un attacco di isteria che mi deprime e mi mortifica. La mia Harley Quinn sa come liberarsi di chi cambia le battute e rovina il suo spettacolo."
È vero. Dovrei trovare il modo di farla pagare a Markus, a Woodrue e a quelle carogne che mi insultano. E invece…
"Per… favore. Mi stai facendo male…"
La sua risata pazza e nessun cenno di volerla liberare… Harleen chiude gli occhi. L'adrenalina che il suo organismo produce le fa girare la testa. Comincia sentirsi euforica, un effetto imprevisto della paura. È di nuovo bellissimo e non capisce perché. Le piace sentirselo addosso, essere in sua balia, provare dolore e soccombere senza forze. Le gambe le tremano. Non è certa che riuscirebbe a rimanere in piedi da sola.
"Male? Per così poco? Tu non sai cos'è il vero dolore, dottoressa Quinzel. Tu che non sei Harley Quinn. Hai finto solo. Piccola, mediocre dottoressa che non ha il fegato di tenere il mio passo. Sei un bluff. No. Nemmeno. Mi piace chi sa bluffare. Sei una cena precotta guasta, ricoperta di spezie per nasconderne il fetore. Sei niente, dottoressa Quinzel. E io non so cosa farmene di te. Ti stavo aspettando, ma è stato un errore. Dovrò rinunciare alla tua compagnia, adesso, piccolo scarto inutile. E andare via da solo. Che peccato… A cosa serve un clown che non fa ridere? Dimmi, come vuoi che ti uccida? Qui e ora, o preferisci una visita nel tuo appartamento mentre stai dormendo?"
Fa caldo. Troppo. Forse ha la febbre. Ogni parola la colpisce in pieno. Ma non fa male. Non nel modo che si era aspettata. Vorrebbe dirgli che si sbaglia ma sa che questo lo farebbe infuriare di più.
Che cosa ho fatto? L'ho perso? Non mi ama più?
"Hai detto che mi avresti strappato il cuore. Prendilo. È tuo. Puoi usare il mio tagliacarte. Non importa se non sarà una cosa rapida. Ma guardami negli occhi mentre lo fai. Voglio che il tuo viso sia l'ultima cosa che vedo."
Lo farà adesso. Scaverà fra le sue costole con quella lama sottile e poco resistente e sarà atroce. Lei non griderà. Non vuole che lo fermino.
Lui tace. Il suo respiro torna regolare mentre smette di esercitare quella pressione spaventosa su di lei.
"Sei pazza…" le dice prima di lasciarla completamente libera.
Innegabile… riflette Harleen appoggiandosi alla scrivania per riprendere fiato.
Non ha il coraggio di voltarsi verso di lui. Riesce ad arrancare fino alla porta e ad aprirla. Morales è in attesa come sempre.
"Paulo, non mi sento troppo bene. Portalo via. Per oggi abbiamo finito. Credo che me ne andrò a casa."
Lui si lascia portare via docilmente e non le offre nemmeno uno sguardo.
"Influenza, dottoressa?" le chiede Morales. "Si riguardi. Si vede che non è al massimo."
No. Estrogeni, pensa accasciandosi sul divano. Dove sei andato, Mr. J? Non è cambiato niente. Dimmi che non è cambiato niente.

Ad accoglierla al vecchio orto botanico trova solo finestre sfondate, ruggine e ragnatele. L'edificio principale è circondato da erbacce, incuria, profilattici usati e siringhe.
Harleen Quinzel esita ad avvicinarsi. Il timore di trovare all'interno tossici o vagabondi non è campato in aria. Stringe nel pugno la chiave che Pamela le ha dato, respira profondamente e si fa coraggio. Il lucchetto alla porta principale è nuovo e si apre senza darle problemi. L'interno la sorprende. L'ambiente è stato ripulito di recente. Superato l'androne, uno dei laboratori è stato sistemato con un letto a castello e una stufa a gas. Più avanti trova fornelli, pentole e una quantità di scatolame.
Un rifugio… un nascondiglio…
Da quanto tempo Pamela lo stava preparando? Lei non si è accorta di niente. E perché non è lì?
Harleen si guarda intorno. Non è un castello, ma è ben organizzato. Forse dovrebbe lasciarle un biglietto pregandola di contattarla.
Dove ti sei cacciata, Rossa?
L'agitazione del giorno prima ha lasciato il posto alla tristezza più nera. Per la prima volta in vita sua ha davvero l'impressione di essere stata abbandonata. Che cosa dovrebbe farne di quel posto, a parte cimentarsi nella violazione di proprietà privata? A chi appartiene quella catapecchia, alla municipalità di Gotham? Di certo non a Pamela Isley, che se n'è appropriata e poi gliel'ha offerta per ragioni che non comprende.
Mancano delle torce. O un generatore. E armi. Non si può stare qui senza i mezzi per proteggersi.
Sta ragionando da fuggiasca e non le sembra innaturale. Anche volendo, non potrebbe tornare indietro. Non è previsto nelle meccaniche del destino. In quelle settimane niente è rimasto come lo conosceva. E se Pamela le ha fatto quel bizzarro dono doveva avere un ottimo motivo. Le ha promesso che si rivedranno. Vuole crederle.
Deve andare via prima che faccia buio. Il suo 'nascondiglio' le fa paura.
Il tragitto che la riporta casa le sembra brevissimo. Ha pensato troppo e ha inghiottito la strada. Quante altre cose smetteranno di essere riconoscibili, ancora? Il suo bellissimo appartamento. I suoi vestiti. I peluche di quando era bambina che conserva gelosamente. Si dissolveranno anche loro nel nulla? Mr. J le ha detto cose terribili ma vere.
"Sei niente, dottoressa Quinzel."
Sono questo posto, questi mobili, un album di fotografie, una madre, un padre, un fratello, un attestato appeso al muro, un flacone di tintura per schiarirmi i capelli, un film in cui Shakespeare si innamora di una splendida dama dalla lunghissima chioma bionda. Niente.
Non riconosce quel posto. Non riconosce se stessa. Ora che è davvero sola riesce a vedersi e le sembra di guardare un fantasma.
Tra le solite lettere d'insulti ce n'è una diversa. Non ha timbro postale e sulla busta c'è scritto solo Ivy. La lascia sul tavolo e va prepararsi la cena. Poi attende ancora e osserva senza vederle le immagini che si muovono sullo schermo della sua tv. Attende fino a quando si ritrova sotto le coperte. Solo allora vince la rabbia che prova perché lei se n'è andata senza dirle nulla e apre la busta.
"Piccola, perdonami.
Pensavo di avere ucciso Jason. Ora so che quel bastardo si è salvato. Evidentemente non sono stata la sua unica cavia. Ci sono cose che ho scoperto su di lui, sulla natura dei suoi esperimenti, la verità su quello che mi ha fatto. Non credo che sospetti che io ti abbia riferito qualcosa. Finché non sai nulla sei al sicuro.
Io non posso restare, Harley. Qualcosa è cambiato in me. Ora vedo le cose in una prospettiva completamente diversa. Mi dispiace non averti salutata. Avrei voluto portarti con me, ma non mi avresti seguita. Ti prego solo di una cosa: so che te ne andrai con lui. È solo questione di tempo. Non dirgli del vecchio orto botanico. Quel posto è solo tuo. Potresti avere bisogno di allontanarti da lui e lì nemmeno il Joker ti troverà.
A presto, Harley. Te lo prometto. A presto. Con tutto il mio amore.
Pamela"
La legge una volta sola. Appoggia la testa sul cuscino e resta a fissare il foglio che tiene in mano, come se trovasse la sua forma, i suoi angoli e le sottili linee d'inchiostro uno spettacolo straordinario. Poi chiude gli occhi e si sveglia solo la sera del giorno dopo.

I nuovi sorveglianti hanno occhi freddi ed espressioni dure. Si muovono sempre in due ed il loro atteggiamento ad Harleen Quinzel sembra più adatto ad un carcere di massima sicurezza che ad un ospedale, anche se si tratta di un manicomio criminale.
Anche il resto del personale sembra essere a disagio per la loro presenza. Joan le ha detto che le fanno venire i brividi. Harleen quasi si augura che la voci che girano siano vere e che Arkham voglia nominarla responsabile del personale. Così quella specie di androidi con la pistola verrebbero licenziati in tronco. Sono stati assunti con l'unico scopo di usare le maniere forti con il Joker, in modo da fargli passare la voglia di ritentare lo scherzetto che ha mutilato Everton.
Harleen detesta anche solo guardarli. Tira sempre un sospiro di sollievo quando è di turno Morales. Quella sera non è così fortunata. Sono da poco passate le dieci e i due cani da guardia stanno giocando a carte fuori dalla porta blindata. Harleen prepara per loro un sorriso adorabile ma caustico.
"Buonasera, ragazzi. Avrei bisogno di fare due chiacchiere con il paziente. Potete aprire? Subito. Grazie."
"Le luci sono già spente" asserisce uno dei due calando un full. Davvero non sono distinguibili l'uno dall'altro.
Ovvio. I dormitori precipitano nel buio alle nove in punto. Ma questa non è una scusa. Sanno benissimo che è lei a decidere tempi e modi nell'esistenza del Joker. Questo concetto elementare non sembra voler entrare nelle loro teste.
"Lo so. Accendetele. Aprite quella dannata porta e fatemi parlare con il mio paziente. Immediatamente."
Quei due tizi sembrano indispettiti più per la partita a carte interrotta che per una questione di regole violate. Che vadano al diavolo. Avranno tempo fino all'alba per spennarsi a vicenda.
Mr. J non sembra disturbato dall'accendersi dei neon e neppure dalla porta che si chiude pesantemente dietro di lei. Le volta le spalle e per un attimo lei crede davvero che stia dormendo. Ma sa che il suo sonno non è così tranquillo.
Non vuole parlarle. Logico. Non le ha forse detto che non vuole avere più a che fare con lei?
"Scusami se ti disturbo a quest'ora. È che devo dirti un po' di cose…" Difficile comunicare senza guardarlo in faccia. "Mi dispiace per ieri. Non ti deluderò più, te lo prometto. Ma non essere arrabbiato con me, per favore."
Non si sente affatto triste. Tutt'altro. Si è svegliata da poche ore con una chiarezza mentale e una serenità che non ha mai provato prima. Ha imparato la lezione. Non commetterà più degli errori di valutazione così grandi.
"Non è stata una buona settimana. A parte te, ecco. Sì, tu sei stato quel dettaglio in grado di farmi stare bene comunque. E non dovevo prendermela con te. Sono stata ingiusta e ti chiedo scusa. Adesso va tutto bene. Quindi, se vuoi dimenticarti di quello che è successo e perdonarmi, io ti giuro che non ti farò più perdere la pazienza. Io voglio aiutarti, rendere la tua vita più facile e bella, se me lo permetti. Posso continuare a starti vicino?"
Non c'è neppure l'accenno di una risposta, ma non si preoccupa. Ha detto le parole giuste. È il loro personale gioco delle parti. Quello è il momento per lei di presentarsi a testa china. Conosce davvero troppo bene il suo ego, ormai. E può restare lì ad aspettare per tutto il tempo necessario. Sospira e si siede a terra appoggiando le spalle contro il plexiglass. Se lui non vuole parlare, allora sarà compito suo tenerlo sveglio. Ha voglia di toccarlo. Ma non lo farà prima di avere ottenuto il suo perdono. Davvero ha rischiato di rovinare tutto? Sorride dandosi della stupida. È stato come un motore che si spegne in vista del traguardo. È lui è stato davvero straordinario nel saperle dare la spinta giusta per farla tornare in carreggiata.
Nessun Markus, nessuna Pamela, nessun Chiunque occuperà più i suoi pensieri e le guasterà l'umore rendendola negativa e rovinando l'interazione con Mr. J. Nessuno è come Mr. J. Nessuno è più importante di lui.
"Io volevo dirti grazie. Per tutto quello che hai fatto per me. E anche solo per la tua presenza nella mia vita. Se me ne darai la possibilità io farò di tutto per diventare la donna che vuoi, per renderti fiero di me. Non ti deluderò, Mr. J. Tienimi con te e farò in modo di diventarti necessaria. Di meritare il tuo amore. Tu sai tutto di me, ormai, ma anch'io ho imparato qualcosa su di te. Hai bisogno di qualcuno che ti comprenda e ti ami, ma non credi che sia possibile. Lasciami essere quella persona. Tu sei l'uomo più straordinario che abbia mai conosciuto. Ce la metterò tutta per essere alla tua altezza. Farò tutto ciò che vuoi e lo farò come lo vuoi. Permettimi di restarti vicina."
La lucina rossa della telecamera la fissa invadente. Si chiede cosa stiano vedendo in quel momento i ragazzi della sorveglianza. Un pazzo addormentato e un medico rannicchiato in terra che sembrano ignorarsi a vicenda. Che voglia di dare loro qualcosa di più eccitante da commentare…
"È vero che hai invaso del tutto la mia vita. Che non esiste altro eccettuato te. Ma perché dovrei rimpiangere l'esistenza perfetta di prima? Se non faccio che pensarti deve esserci un motivo. E quel motivo è che da quando ti ho conosciuto non posso desiderare altro che la tua presenza. Voglio diventare parte del tuo mondo. Voglio fare parte della tua vita. Cosa devo fare perché tu mi ami ancora? Fammi tornare ad essere importante per te. La nostra storia è appena cominciata, Mr. J. Non lasciarmi completamente vuota per colpa di uno stupido sbaglio. Non lasciarmi senza te. Avrei troppe cose da rimpiangere, tanti momenti grandi e piccoli che non abbiamo ancora vissuto insieme. Non riuscirei mai a dimenticare che hai fatto parte di me. Voglio continuare ad amarti per il resto dei miei giorni, in ogni modo possibile…"
"Se vuoi essere il mio braccio destro impara a tacere. Questo insopportabile chiacchiericcio è più fastidioso di un martello pneumatico usato sulla scatola cranica di un venditore di hot dog. E parlo per esperienza."
Non avevo dubbi.
Harleen sorride voltando la testa di lato per guardarlo con la coda dell'occhio. È in piedi subito dietro di lei. Si alza, desiderosa di vederlo in faccia invece di limitarsi alle sue ginocchia.
"Mi perdoni, Mr. J?"
Appoggia le mani sul plexiglass. Vorrebbe toccarlo. Non ancora. Non lo merita. Lui la imita. Le dita si uniscono senza toccarsi.
Ti regalerò le mie mani. Fanne ciò che vuoi. Le cose più dolci e quelle più crudeli.
"Manchi da trentasette ore, ventuno minuti e quindici secondi, venti, ventisei… Non è una cosa bella da fare al tuo paziente preferito. Mi hai fatto sentire abbandonato a me stesso. Io ho bisogno delle cure della mia psichiatra. Rischio di avere una ricaduta se non mi accudisci, lo sai?"
Sempre in bilico fra la burla e una schiettezza spaventosa. Harleen ha smesso di tentare di distinguere fra verità e menzogna. Sono catalogazioni che con lui non funzionano. Lui crede a tutto e non crede a nulla di ciò che esce dalla sua bocca. E neppure si pone il problema. Un giorno Harleen riuscirà a comprendere il modo in cui seleziona i pensieri che devono agitarsi come falene dietro la sua fronte e li mette in ordine in un modo che solo lui conosce. E a capire come riesca a misurare il tempo in modo così preciso senza avere un orologio.
"Insegnami, Mr. J. Insegnami a non lasciarmi schiacciare. Dimmi come fare. Come colpire chi mi fa male."
Lui la studia. Sta decidendo se concederle una seconda possibilità? Dev'essere così. In fondo il suo benestare è solo un pro forma, ormai. Lei attende osservando le sue mani e rendendosi conto di quanto siano curate e sottili. Un dettaglio che la sorprende ogni volta e che la manda letteralmente in estasi. Le sue mani, le sue braccia. Non servirebbe altro per giudicarlo irrimediabilmente bellissimo. Mr. J è fatto di dettagli che lei non può non amare. È così stupido e superficiale chi si ferma solo all'impatto del quadro d'insieme senza cercare più a fondo.
"La vuoi ancora una mia fotografia? Vuoi che te la passi? Puoi tenerla insieme alla mia sciarpa. La vuoi, Mr. J?"
Ha paura che le dica di no. Che si prenda di nuovo gioco di lei. Ma non accade.
"Fammi vedere" le risponde lui in un modo così cupo che le mette i brividi.
Harleen annuisce, poi si serve del portaoggetti per passargli l'immagine catturata la sera del Martedì Grasso dal suo cellulare. Tra quelle che hanno fatto è l'unica in cui lei è da sola. Attende, provando una leggera ansia data dalla prospettiva del suo giudizio. Ma scopre qualcosa di imprevisto quando lo vede scrutare l'Arlecchino rosso e nero che sorride, il suo volto bianco, gli occhi bistrati di nero. Lo sguardo di Mr. J si accende. Sembra quasi incredulo e continua a guardare quel piccolo clown in cui lei si è trasformata per una notte.
Caro, caro Mr. J… Quell'espressione è così trasparente. Il clown maschio alfa riconosce immediatamente l'unico magnifico esemplare di femmina della specie che è pronta ad offrirglisi nella stagione degli amori. Quando vuoi, Mr. J. Possiamo iniziare la danza dell'accoppiamento.
"Harley… Harley Quinn…Harley Quinn… mia tenera Harley Quinn… mia Harley Quinn… mia…"
La sua voce roca ha un suono insolito, come se avesse smesso di controllarla. Ascoltarlo le provoca una sottile sensazione di compiacimento.
È questo che volevi. È me che volevi. Siamo fatti per stare insieme, amore, amore mio, mio fantasmagorico amore…
Lui si volta a guardarla, anche se sembra fare una fatica enorme a smettere di fissare la foto. Le sorride, maligno ed estatico. E lei sa che ogni rancore è stato cancellato.
"Domani. Domani portami una piantina di Gotham, tesoro. Ti farò vedere perché nessuno può permettersi di dormire sonni tranquilli."

You put my heart back in my hand
And wipe it clean
From the mess you made of me
And I require
You make me free from this desire
And when you leave, I'd better be the innocent
I used to be.


(Emilie Autumn, I want my innocence back)






Note:
1) Prima che Laura Sparrow compia un atto sconsiderato e si deturpi per il dolore, ecco i disegni di sychophantwhore (non postateli altrove senza l'esplicito permesso dell'autrice, grazie):
Momenti di innocua e civile conversazione. Questo disegno mi fa fare pensieri osceni (ok, non è una novità ^_^)
La toeletta del barboncino. Mi fa impazzire l'elastico rosa. *_*
Harley Quinn. (Il reggicalze… *_*)
Harley in primo piano. Picciiiiiinaaaa…
Mr. J dopo uno spuntino a base di indice di sorvegliante. Le cicatrici sono perfette. E lui è da sbavo.
2) Non riesco a immaginare una Poison Ivy mutante e dalla pelle verde nel Nolanverse. Per questo sono rimasta volutamente nell'ambito dell'incerto per quanto riguarda l'avvelenamento di Jason Woodrue. Ma, per gli amanti della versione fumetto, qui c'è la trashissima nascita di Ivy nell'altrettanto trash film di Joel Schumacher, "Batman e Robin" (perché l'hai fatto, Uma? T_T)
3) Odin Markus, del dipartimento universitario di psichiatria. Nella serie 'in solitaria' di Harley ruba effettivamente il lavoro dell'allieva spacciandolo per proprio. E ovviamente, quando si ruba qualcosa a un esserino diabolico come Harley Quinn, i sonni di chi ha avuto tale bella pensata non possono essere tranquilli. Il faccia a faccia tra lui e la nostra arlecchina vendicativa è molto vivace. Alla fine, Markus, ridotto alla disperazione, tenta di farla fuori con il veleno esilarante del Joker. Peccato per lui che Harley ne sia immune e lasciarci le penne sia proprio lui. Ovviamente la sorte di Markus in Amour Fou sarà leggermente diversa.





Risposte:

Per prima cosa A.A.A. Lefteye cercasi Senza le mie chiacchierate deliranti con la seconda moglie di Mr. J io mi deprimo e non scrivo più. Dove sei, luce del mio cuore putrido????

PacificSoul è la prima volta che ricevo una recensione per un'introduzione. Spero che tu sia andata avanti. So fare di meglio, te lo assicuro. ^_^

Laura Sparrow (ormai sembriamo il circolo del tè, con tutti questi aficonados…). La sentenza del 1 Aprile mi offre il gancio per una trovatina DOC (avverrà nel quartultimo capitolo, quindi saremo decisamente in chiusura) oltre ad offrire degli spunti succulenti all'adorato DK per la sua storia su Riddler e Calendar Man. Ebbene sì, a lui non bastava un cattivo solo. E io continuo con la pubblicità occulta.
Hai ragione, la loro storia è di quelle capaci di far sembrare banali tutte le altre. Il problema quotidiano è sempre capire chi dei due arriverà vivo a sera. E per quanto riguarda la maschera di Bruce… Ma sai che l'idea della maschera da pipistrello sullo smoking è anche meglio di quella del costume completo da Batman???? *_*
Per i disegnucci della nostra artista… ti rimando alle note. Il suo ultimo Joker è da sturbo. ^_^

sychophantwhore Eccola! Domanda: Chi è il tizio a cui hai fatto il ritratto, quello con la pelata e il ciuffo che campeggia anche sul tuo sfondo? In che gruppo suona. Ok, scusate OT. Sono curiosa.
Io ADORO i tuoi sperticamenti mentali quando tenti di immaginare al trama. LI ADORO! Sul serio! Per quanto riguarda la pena di morte, uno dei punti che più mi sconvolge nel fumetto di Batman è che a Gotham venga praticata. Una cosa da brividi. E il rischio di finire con un'iniezione letale nel braccio per uno come il Joker è effettivo.
Jeremiah Arkham ha le sue motivazioni e non sono affatto buoniste. Lo vedrai nel prossimo capitolo. Diciamo che il suo modo di ragionare non è molto dissimile da quello di Harley o di Jonathan Crane. Di più per il momento non dico.
Comunque, questa è più che altro la storia della trasformazione interiore e non solo di Harley, quindi, per vedere una Harley Quinn fatta e finita, dovrai aspettare il finale. Con tutto ciò che ne consegue. Ma tanto siamo quasi arrivati. ^_^
E adesso… Io amo la tua Harley ma ancor di più amo il tuo Mr. J con le labbra sporche di sangue. Quando provo a disegnarlo io mi viene sempre fuori in versione bishonen (troppi manga nella mia vita, mannaggia). Invece tu riesci a renderlo dannatamente realistico e altrettanto bollente. *____*
Ci ho sbavato sopra per un'ora. My. God. GRAZIE!
Alla prossima.

Dance, fin da quando è arrivata la pay tv in Italia ho sempre preferito guardare i film in lingua originale. TDK non doppiato è qualcosa di straordinario. Non so sei hai visto il documentario sulle musiche nel disco 2. La voce di Ledger assomiglia davvero alle note di quel violoncello con le corde tese allo spasimo che viene mostrato (e fatto ascoltare) da Hans Zimmer. Ma confesso di adorare soprattutto Michael Caine. Che aplomb. Che classe. Che stile. :P
Jim Carrey è l'unica cosa che salvo di Batman Forever a parte il guardaroba della Kidman. Il Due Facce di Tommy Lee Jones non mi piace. Non mi convince con quella plastica fucsia in faccia. No no.
Non prendermi alla lettera quando parlo dei miei dodici lettori. In realtà questa storia non se la sta cavando affatto male quanto a letture e preferenze. E, visto che non ci sono abituata, la cosa mi emoziona non poco. (uh, a proposito… ne approfitto per ringraziare Erika per averla messa nelle Storie Scelte. )
No che non me la prendo per i complimenti a Ledger. Se non fosse stato per la sua interpretazione io adesso sarei qui a scrivere del Joker. Anche se non riesco a considerarlo SOLO Heath ledger. È uno strano incrocio tra Ledger, il Joker, Lucifero in persona e tutti i Rebels without a cause che hanno fatto storia. Con il trucco del Corvo, che non fa mai male. Insomma, un capolavoro ineguagliabile (Puddin'…)
Un bel giorno potremo incontrarci e rifare una ad una le scene del film, basta che mi lasci le battute di Harvey Dent. Le trovo di una potenza straziante. (Appunto mentale: urge fare videoclip su Harvey)
E per chiudere un omaggino della casa. Visto che le vuoi tanto bene, ecco tutta per te una bella gallery di Talia Al Ghul, contenta? (Però è gnocca, ammettiamolo… XD)

Kuji13, diciamolo: il bello della storia tra Harl e J è che se le suonano reciprocamente di continuo. E sottolineo o il reciprocamente. Troppo spesso lei viene vista solo come una povera vittima, quando in realtà, quando lui passa il limite stabilito, è bravissima a mettere un freno alla faccenda. Adoro il finale di Joker's Millions quando lei lo prende a manganellate perchè il nostro Mr. J ha osato cercare una'ltara assitente e lui urla disperato "Posso spiegarti tutto!". Unica eccezione, il finale di Mad Love, quando lui la scaraventa giù dal decimo piano. Ma si sa che lì l'errore è stato della nostra Harley: mai ficcare il naso nel rapporto tra Batman e il Joker. Nessuno è autorizzato a immischiarsi nell'affair, nemmeno lei.
Per quanto riguarda la foto, a quanto sembra era piuttosto serio. Dopo tutto, in quella cella si annoia. Riviste porno non ne ha. E per i suoi trastulli in solitario ricorre alla foto della fidanzata. Ok, resettate TUTTI immediatamente questa informazione oscena e oSCEMA, grazie. Nelle Batman Advetures il Joker ad Arkham tiene una paio di foto di Harley nella sua cella. Mi sembrava giusto concedere lo stesso privilegio anche al nostro Mr. J.
Io faccio parte del club J-ama-Harl, quindi con me sfondi una porta aperta. Sempre nello stile del Joker, comunque. Diciamo che la considera SUA e il motivo per cui la considera Sua è che la VUOLE e se la vuole è perché è la cosa più vicina all'amore che è in grado di sentire per qualcuno che non sia Batman. E in più, qui, come dicevi, c'è anche l'attrazione. Amen. (e se tu friggi, figurati quanto sta friggendo Harley…)
No, non devi aspettare il primo di aprile per l'evasione. Il primo di aprile ci sarà la sentenza. Ma sarà pur sempre il primo di aprile NELLA STORIA, non il nostro. L'evasione ci sarà poco dopo.

FrankieLou, io già ti voglio bene. Ok, momento della confessione: le battute del Joker le scrivo prima in inglese, poi le immagino recitate da Ledger e solo se come sonorità mi convincono le uso, altrimenti le cestino. Sono malata? Harley, la mia Harley… Visto che la storia è in chiusura mi sto già disperando al pensiero di doverla lasciare. Tant'è che ho deciso di non lasciarla del tutto. ^_^
Vedrai, vedrai…

MalkContent, tutto quello che so su Vampire: The Masquerade l'ho imparato da Cielo Amaranto. Non ho mai giocato di ruolo. Sono il tipo di persona che si impicca già con la Playstation al cui fascino ho ceduto solo per i videogiochi sui Cavalieri dello Zodiaco. Vai con le pernacchie. Me le merito. Ricordo di aver giocato a una partita di Magic. M'hanno massacrata dopo venti minuti.
Sono felice soprattutto di sentire che Harley non risulti alla fine come il suo tappetino. Io non l'ho mai vista come una vittima. Sta dove vuole stare e con l'uomo che si è scelta liberamente. Non l'ho mai considerata stupida. Pazza, non cretina. Spesso gli sceneggiatori se ne dimenticano. Quanto al suo essere una spalla, diciamo che è il ruolo che le si adatta meglio, purtroppo, ma solo se la stella dello spettacolo è il Joker. Mi irrita vederla rivestire il ruolo di "amica scema di Poison Ivy". Su Holly Robinson nemmeno mi pronuncio. Ho già detto che la odio?

Syra44 , grazie anche a te per i complimenti. Ogni volta che qualcuno mi dice che il mio Joker è IC mi sento sollevata. TDK ha avvicinato molte persone al mondo di Batman. Io spero che questo spinga i bravi autori di fanfiction a produrre tante nuove storie in tema. Io ho preso il via e adesso sarà un problema fermarmi. Questo vuol dire che dovrete sorbirvi i miei deliri sul Caped Crusader ancora a lungo. ^_^

HarleyForever, il tuo nickname dice tutto. ^_^
Perché? Esistono altri modi di intendere la relazione tra Harley e Mr. J? (Sto facendo la gnorri). XD
Quando sarò multimiliardaria comprerò la DC e da quel momento in poi il fatto che lui la ami sarà UFFICIALIZZATO e inciso sul marmo all'ingresso della sede principale.

nameless, perché il tuo nick non mi è nuovo? Ci siamo già incrociate? Grazie mille per i complimenti. Ho come gli impressione che fra un po' per un appuntamento con Mr. J sarà necessario prendere il numero come al banco dei salumi. ^_^
E pensare che il povero Heath aveva dichiarato di aver dato vita a un personaggio talmente perfido e ripugnante da rendere impossibile ogni forma di empatia con lui. Ah, se sapesse… ma forse sa. E sghignazza dall'alto.

Alla prossima, sperando di aver buone nuove dai Golden Globe e soprattutto di sapere già le nomination per gli Oscar con tutto ciò che ne consegue (ditaincrociateditaincrociateditaincrociate).

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Capitolo 14
*** Intermezzo n°3 - Senso Civico ***



Intermezzo n°3


"Senso Civico"











Where do we go, nobody knows
I've gotta say I'm on my way down
God give me style and give me grace
God put a smile upon my face

Where do we go to draw the line
I've gotta say, I wasted all your time, oh honey honey
Where do I go to fall from grace
God put a smile upon your face


(Coldplay, God put a smile upon your face)

Nella vita di ciascuno esistono dei segreti, scheletri nell'armadio piccoli e grandi che, una volta saltati fuori con il loro ghigno e le orbite vuote, sporcano irrimediabilmente la facciata immacolata di chi li ha nascosti accuratamente fino a quel momento. I mesi passati con il fantoccio David Lepeskow a tacitare le autorità circa il caso Crane non li ha ancora dimenticati. C'è voluta una grande abilità per far riacquistare all'istituto la propria immagine. E ancora adesso deve leggere sul Gotham Times articoli acidi che inneggiano alla chiusura. Incompetenti e pericolosi, sono gli aggettivi che vengono usati più spesso per riferirsi ai membri dello staff.
Jeremiah Arkham, in quasi sessant'anni, ha imparato due cose sulla popolazione che infesta il manicomio intitolato alla sua trisavola. I pazzi non nascondono segreti ma semplicemente proteggono il loro mondo. I sani, invece, mentono consapevolmente. Tutti. Lui è in cima alla lista dei mendaci. È solo più abile degli altri e supportato da complici discreti.
A volte Joan gli dice che dovrebbero smettere di fingere, che dieci anni di relazione clandestina sono troppi anche per una persona paziente come lei e che sarebbe tempo di congedare sua moglie e cominciare a vivere il loro rapporto alla luce del sole.
Jeremiah Arkham, in quelle occasioni, si sente particolarmente vigliacco. Non gli piace l'idea di mescolare i suoi due spazi privati. Non dopo tutta la cura che ci ha messo per mantenere intatto il proprio piccolo regno felice.
Non gli piace dare nomi altisonanti e poetici a quello che sente per Joan. C'è un coinvolgimento affettivo. C'è una forte attrazione. C'è il piacere della sua compagnia. A volte ha il sospetto che quegli elementi siano solo la scusante per giustificare la propria storia con una donna di vent'anni più giovane, con la pelle color cioccolata, il corpo morbido e pieno e una sensualità vivace. Ma la cosa finisce per importargli molto poco. Si tratta di meccaniche che restano un'incognita anche per quelli che fanno il loro mestiere. Se lo ripete osservando i nastri che riportano le immagini della cella d'isolamento.
Finora si è semplicemente affidato al proprio intuito e ha dovuto leggere tra le righe degli asettici resoconti di Harleen Quinzel, alla ricerca di conferme ai propri sospetti. Ora, nell'ultima videocassetta, etichettata come JHQ13, Jeremiah Arkham ha visto premiata la propria pazienza. Il modo in cui i due soggetti si cercano con gli occhi, i loro gesti, quel legame palpabile e oscenamente aggraziato, come lo strisciare di un serpente velenoso, stanno lì a dimostrarlo.
Jeremiah Arkham nutre ancora dei sensi di colpa ma stanno sbiadendo con il trascorrere dei giorni, man mano che il desiderio di osservare, capire e approfondire quel caso straordinario cresce.
Tranquilla, piccola Quinzel. Non succederà nulla di male a nessuno di noi.
Non permetterà alla ragazza di spingersi troppo oltre. Capirà quando sarà venuto il momento di frenarla, di toglierle il suo mostruoso innamorato. Ma ora può lasciarla procedere a briglia sciolta. Perché sa che lei, il giorno in cui è diventata un inconsapevole soggetto di studio non meno del suo paziente, ha avuto perfettamente ragione. A lei il Joker non farebbe mai del male.
È di nuovo, come sempre, quell'eterno processo che porta due persone a volersi, che sfugge ad ogni logica che non sia quella dei feromoni e che porta il sopravvalutato nome di amore.

È pazzo.
Harleen Quinzel se lo è ripetuto, osservandolo mentre si accaniva sulla cartina topografica di Gotham.
Un segno rosso, uno ancora, l'uno sull'altro, freneticamente, lo sguardo febbrile, la bocca dischiusa in un ghigno feroce.
È un genio, pensa invece mentre lui le porge il capolavoro finito, con il respiro affannoso e la fronte bagnata di sudore.
Detonatore, bomba, detonatore, bomba, detonatore…
Dozzine di linee rette che attraversano e mutilano la città da un capo all'alto. Una gigantesca polveriera.
"Sei serio?" gli chiede tentando di controllare il tremito delle proprie mani.
"Mai" le risponde Mr. J con una gioia folle sul viso. "Divertiti, Harley. È tutta tua. Te la regalo. Un boom di qua e un boom di là. Quando vuoi tu. Un boom sotto la sedia di chi vuoi tu."
Harleen si lascia cadere sul divano. È strano vedere lui alla sua scrivania e se stessa al posto occupato solitamente dai pazienti. Ma non è quello il punto focale. Il groviglio di rette la ipnotizza. Per far saltare il municipio basta andare a prendere il detonatore nascosto tra la 13 e la Kennedy. Per dire definitivamente ciao ciao al Fashion District basta fare un giro a Nightingale Street. C'è una miccia che attende di essere accesa in ogni punto di Gotham, e nessuno se ne è reso conto. Per ogni carica di esplosivo scovata dalla polizia ce ne sono altre dieci che non verranno trovate.
È così che ci tengono al sicuro, i tutori dell'ordine?
Le sembra logico, adesso. Possibile che nessuno l'abbia capito? Lui non avrebbe avuto il tempo materiale per minare il Gotham General subito dopo aver visto la faccia da impiegatucolo di Coleman Reese apparire in tv, dichiarando al mondo di conoscere l'identità segreta di Batman. Così come le cariche dovevano essere già a portata di traghetto perché il suo simpatico giochino al porto potesse essere organizzato così in fretta.
Oh, sei davvero favoloso, Mr. J…
"Quanto… quanto ti ci è voluto per organizzare questa… cosa? E perché me lo stai dicendo?"
Quante volte gli ha già fatto quella domanda? Ad ogni segreto svelato. Solo che questo è davvero troppo grande.
"E perché no?" le risponde lui. "Puoi scegliere, adesso. Andare alla polizia e raccontare a Gordon e compagni questa storia. Io non ho nulla da perdere. Certo, ci vorranno anni per rimettere in piedi la scenografia, ma il tempo non mi manca. Oppure puoi ringraziarmi per il regalo che ti ho fatto e cominciare a divertirti sul serio. Il momento dell'esplosione è elettrizzante, te lo assicuro. Ti sembra di creare e distruggere l'universo nello stesso istante."
Che poeta… Nessun uomo ha mai fatto una cosa simile per lei. Ok, nessun uomo ha mai fatto una cosa simile, e basta.
Ha finito di ingoiare bocconi amari per colpa di Markus e di quelli della sua razza. Se sapessero… Può fare di loro ciò che vuole, adesso. E non le importa sapere che ogni sera si addormenta con dodici barili di perossido di azoto collocati a meno di duecento metri da casa sua. Sono i piccoli inconvenienti del mestiere di braccio destro di un genio del crimine.
"Non ti arrabbiare, ma io non credo di avere il coraggio di farlo… voglio dire… ci sarebbero delle vittime… e io non voglio uccidere nessuno. A parte Odin Markus. E Jason Woodrue. E Cindy Walker. Ti ho parlato di Cindy Walker? Una sgualdrina. In terza liceo ha convinto Dennis Trapton ad andare al ballo con lei dopo che lo aveva già chiesto a me e…"
"Harley."
"Scusa."
Ormai sa quando è il caso di tacere. Un attimo prima che lui perda la calma. O che finga di perdere la calma. Lei sa che Mr. J non si infuria mai davvero con lei. E la cosa è reciproca.
Perché le è tornata in mente Cindy Walker? È passata una vita. Sta pensando troppo al liceo, ultimamente. Da quando ha fatto quello stranissimo sogno sul ragazzo dai capelli lunghi e dal sorriso fulminante.
Io lo so che eri tu. Puoi negare finché vuoi, ma io lo so.
Errore. Mr. J non ha mai negato davvero. Mr. J ha solo ignorato le sue insinuazioni in proposito.
E anche se fosse lui, perché dovrebbe ricordarsene?
Quel pensiero la intristisce. Dimenticarsi di lei…
"È un regalo. Fanne ciò che vuoi. Finché resto qui dentro, di certo non posso spassarmela io. E se sei troppo delicatina per divertimenti simili è solo un tuo problema."
Sì, ha ragione.
Ora fra le sue mani ha davvero il potere di diventare come lui. L'invincibilità latente. Sta a lei decidere. È questo che significa sentirsi liberi? Si alza e lo abbraccia con forza. Lo sente irrigidirsi istintivamente, ma non allenta la presa. Su certe cose il dottore non transige. E il dottore ha deciso che il paziente ha bisogno di un'abbondante dose di calore umano.

Harleen Quinzel. È lei ciò che ci vuole. Jacob Columbine lo ripete ad Arthur Walsh annuendo con entusiasmo.
Quella chiamata ad ore antelucane gli ha fatto piacere, ma al tempo stesso gli ha messo addosso una certa agitazione. Fare l'agente letterario di certo non fa entrare nelle sue tasche fiumi di denaro. Men che meno è fonte di profitto lavorare per la Columbine Press e il suo ingordo proprietario.
È sempre un problema di tirature e vendite. Mai di puro talento. Arthur Walsh spesso rimpiange l'idealismo a cui ha dovuto rinunciare. E prevedeva già che anche la sua cliente strizzacervelli presto ci avrebbe sbattuto il delizioso faccino.
Si è messa in testa di fare sul serio, la Quinzel. Basta manuali per casalinghe frustrate. Finalmente un bel tomo su serial killer e altri soggetti per teenager dall'aria cattiva. Arthur ha atteso per mesi che arrivasse una chiamata di Columbine, seguita dall'urlo: "Non se ne fa niente! La moda degli assassini è passata!"
Invece il boss lo ha invitato a casa sua a colazione, gli ha offerto caffè e meringhe e ha cominciato a farsi aria con una copia di "Io sono ok. Tu sei ok. È lui quello strano" della sua cliente, in edizione paperback. Non che ne siano uscite edizioni di altro tipo, del resto. Ma Columbine conosce la parola magica.
"Sovraccoperta, Walsh. Edizione di lusso da libreria. Di quelle con il titolo bello grosso in copertina. Che finiscono in vetrina. Ordina alla signorina Quinzel di smetterla con qualunque cosa stia scrivendo e di portarmi un bel testo sul Joker, pieno di dettagli macabri. Voglio il primo capitolo entro una settimana. Le farà un contratto che le farà uscire le stelle dagli occhi se mi consegna la storia del Joker in esclusiva. Ti rendi conto che tutta Gotham ha il nome di questa gallinella sulle labbra e noi siamo ancora qui a perdere tempo?"
Se l'immagine di Harleen Quinzel con gli occhi luccicanti lo rallegra immediatamente, ancora di più contribuisce a renderlo felice il suono immaginario di un registratore di cassa che gli riempie le orecchie. La sua protetta non è un talento letterario; la trova superficiale e approssimativa nel mettere insieme le frasi. Ma è proprio per questo che i suoi libri vendono. I suoi lettori, soprattutto lettrici, possono tenere a riposo il cervello e al tempo stesso arrivare alla parola fine convinti di avere letto qualcosa di estremamente profondo. Quindi lei non fa parte del gruppo sparuto di scrittori che fanno sentire Arthur Walsh ancora abbastanza fiero del proprio lavoro, tanto da non farlo sprofondare nella depressione. Ma Arthur Walsh ha moglie e un infante in arrivo. E 'Joker' a Gotham ultimamente è sinonimo di soldi a palate.
"La chiamiamo subito!" risponde a Columbine con un sorriso a trentadue denti.

"L'ufficio del procuratore sta facendo indagini sul suo conto. Sembra che vogliano accusarla di negligenza e presentare un'istanza contro di lei il giorno della delibera. Ma non si preoccupi. La signorina Ducard ha già dato la propria disponibilità a fare in modo che lei venga assistita e, da parte nostra, possiamo assicurarle che non troveranno appigli. La sentenza è già scritta, mi creda. Riabilitazione tramite cure cliniche. È praticamente fatta."
Harleen si passa ancora un po' di fondotinta sullo zigomo sinistro.
Preoccuparsi? La telefonata di Wayland per informarla su come sta andando quel dannato processo le è scivolata addosso. L'idea di non avere ancora chiuso con tribunali e avvocati le provoca solo un pesantissimo senso di noia.
Io l'ufficio del procuratore posso ridurlo a una cascata di tizzoni fumanti, se voglio. Altro che queste ciance inutili.
"Ahi."
Deve ricordarsi di andarci piano con la punta delle dita. Mr. J non è stato affatto delicato nell'allontanarla. Lo odia quando la colpisce in faccia. Eppure lo sa che poi lei per coprire i segni sarà costretta a truccarsi come… un clown? Già, qualcosa di simile.
Poche storie. È solo un piccolissimo livido. Ne è valsa la pena. Mi piace da matti quando finge di non voler essere toccato…
"Ti diverti a trattarmi come il tuo punching ball?" gli ha chiesto mostrandosi arrabbiata più di quanto non fosse.
"Devo pur fare un po' di moto. A stare chiuso quei dentro a fare niente rischio l'atrofia. Puoi venire a darmi un bacio, adesso."
Gli ha detto di no e ne va molto fiera. Adora l'espressione del suo viso quando si accorge che non potrà averla vinta. Un bambino confuso. Adorabile.
Atrofia. Io un'idea o due su come tenerti in esercizio ce l'avrei.
Harleen si allontana dallo specchio. Nessuno si accorgerà di nulla.
Oso, non oso, oso…
Tentare qualcosa di più di quelle smancerie da ragazzini prepuberi. Perché non dovrebbe? Ha pur sempre a che fare con un giovane maschio adulto in perfetta forma, atrofia o meno. E quel continuo tirare il sasso e nascondere la mano la sta esasperando.
No, non posso. Se ci beccano è la fine. Questa volta sul serio. E un ufficio non è certo il posto più discreto del mondo. Fa tanto film porno. Soprattutto dal momento che tutti sembrano volersi fare i fatti nostri.
Non c'è soluzione, almeno per il momento. La loro vera luna di miele potrà cominciare solo quando lui sarà libero.
Ma non ho nemmeno iniziato a curarlo. Io non voglio curarlo. Io lo voglio così com'è. E non c'è stata ancora una sentenza. Quindi non posso farlo dimettere nemmeno volendo e anche dopo la decisione del giudice, di fronte a una commissione, la fandonia di una sua perfetta riabilitazione non reggerebbe.
La vita a volte è davvero complicata. Che cosa deve fare una ragazza innamorata per poter trascorrere una notte con l'uomo dei suoi sogni? Chissà perché le gira sempre la testa. Che ci sia qualcosa che non va a livello neurale? Non è così impreparata da non capire che il suo stato psichico attuale ha più buchi di una grattugia. Lo stress fa davvero dei brutti scherzi.
Sì, lo so. Avrei bisogno di una vacanza. Ma non posso lasciarlo solo. Non con un'intera città che ce l'ha con lui. Si sentirebbe abbandonato senza di me. Me lo ha detto. Ha bisogno che io ci sia.
Quel pensiero la commuove. Sapeva che sarebbe riuscita a lasciarsi aprire una porticina nel suo io più segreto e fragile. L'ha saputo da subito. Ma quello che sta succedendo tra loro va oltre ogni sua aspettativa. "Tra un po' mi dirà che vuole portarselo a casa…" le ha detto Arkham pensando di fare dell'ironia. Vecchio scemo. Prima o poi verrà anche quel momento.
Quando il suo telefono squilla, risponde con la voce di una ragazzina sognante, ma la nuvola rosa su cui sta galleggiando si dissolve quando riconosce la voce del suo agente. Il capitolo finale. È in ritardo di due settimane con la consegna. E da quando c'è Mr. J non ha più scritto nemmeno una riga, nonostante i suoi propositi iniziali di chiudere proprio trattando di lui. Tenta qualche debole scusa prima che Arthur inizi a parlare di penali e scemenze simili. Ma lui la spiazza, bloccandola.
"Lascia perdere, Harleen. Cestina tutto. Sono da Columbine. È qui con me. Vuole che tu gli scriva un libro sul Joker. Tutto sul Joker. Per il contratto possiamo vederci già stasera."
Un libro su Mr. J? Ci aveva pensato, certo. Poi, come tante altre cose, anche quell'idea è fuggita via. D'altra parte sarebbe un peccato non fermare su carta l'esperienza straordinaria che sta vivendo. Che stanno vivendo. Dovrà parlargliene. Ne sarà entusiasta.
O no?
Metà dei guadagni andranno a lui. Le sembra corretto.
"Che bella idea, Arthur. Comincerò a lavorarci immediatamente."
Ha ancora mezz'ora di tempo. Avrebbe voluto impiegarla per concedersi un Caffè Kaboom sulla via per i Narrows. Ma le prudono le dita per la voglia di scrivere subito. Saluta Walsh e gli dà l'appuntamento per le nove. Poi accende il pc e seleziona un nuovo file di testo. Ce l'ha. Titolo, struttura, capitoli. Tutto è chiaro nella sua mente.
Centratura, corpo 16, Gothic Bold.



Psicopatici assassini e donne che li amano troppo

di
dr. Harleen Quinzel



Perfetto. Sa da dove cominciare. Dal giorno in cui è stato portato ad Arkham e si sono incontrati. Ovvio. Verrà fuori un lavoro splendido. Sentito.
Il telefono la distrae di nuovo. Harleen salva il documento e risponde.
"Dottoressa Quinzel? Mi chiamo Cecily Wallace. Lavoro per Gotham Tonight."

Su una cosa in quella sala riunioni sono tutti d'accordo: Mike Engel era uno stronzo. Tirannico con i truccatori e i sarti, supponente con i collaboratori, ruffiano con i superiori. Ma era pure sempre "Mike Engel di Gotham Tonight".
Lydia Filangeri è stufa di sentirsi in colpa per essere 'la giornalista ancora viva'. Non è a causa sua se Mike ha deciso di andare al Gotham General il giorno dell'esplosione. E non è neanche a causa sua se Mike si è fatto ammazzare dal Joker. Ma è venuto il momento di spremere ciò che resta della sua memoria fino all'ultima goccia, come un limone in un bicchiere.
Uno special in prima serata sul processo al Joker. Con un bel primo piano di Mike sullo sfondo con qualche frase ad effetto del tipo "Il colpevole pagherà?".
Ormai è certo che, vada come vada, il giudice McLean concederà all'imputato l'infermità mentale. Per questo è il momento giusto per un dibattito che lasci dei caduti sul campo. Accusa, difesa, qualcuno della polizia, qualche parente delle vittime, un paio di esperti strizzacervelli, qualche sopravvissuto, due giornalisti della carta stampata. E la psichiatra. Il direttore di rete su quel punto non vuole sentire ragioni. Gli è piaciuta quella bambolina dal momento in cui ha risposto alla stampa fuori dal tribunale, quando sono state fatte insinuazioni circa i suoi rapporti col… paziente.
"È telegenica, è giovane, è carina" insiste Joseph Leary. "Ed è al centro di un bel po' di pettegolezzi piccanti. Gli indici d'ascolto andranno alle stelle."
Lydia dà di gomito a Shirley Williams, seduta vicino a lei. A volte è dura essere donne ed essere in minoranza. Se dipendesse da lei, la Quinzel andrebbe massacrata con domande tendenziose e cattive.
Ma è telegenica e… cos'altro?... giovane e carina, quindi va trattata con i guanti.
"Perché non le offre una rubrica settimanale per risolvere i problemi di cuore delle fanciulle di Gotham?" ironizza.
Quello sarebbe il posto adatto a quella tipetta dall'aria frivola, e non certo l'Arkham Asylum ad occuparsi del criminale dell'anno.
"Li avete letti i suoi libri?" rincara la dose Shirley. "Ma dove l'ha preso il dottorato, su internet?"
Lydia la ringrazia mentalmente per il supporto, ma gli sguardi dei loro colleghi uomini, pieni di compatimento, e i loro sorrisi di circostanza, gridano una sola cosa: "Donne invidiose, com'era prevedibile."
Sospira rassegnata. Non ha nulla da invidiare a quella tizia con una seconda scarsa, la faccia da bimbetta e la necessità di andare in giro sui trampoli per non essere calpestata.
"Allora è deciso" chiude il discorso Leary. "La lista degli ospiti in studio c'è. Li voglio tutti. E andateci giù pesante, ragazzi. Voglio che questa puntata resti negli annali."
Oh, contaci, si ripromette Lydia. La massacrerò. È una promessa.

"Sono codini, quelli?" le chiede Joan Leland affiancandola nel corridoio.
L'umore di Harleen Quinzel è talmente alto che quando le sorride è perfino sincera. "No. Le mie orecchie hanno subito una mutazione durante la notte."
Codini. Sono pratici e non la fanno sentire un fossile. Che male c'è? È sicura che a Mr. J piaceranno.
"Mi sembri allegra, stamattina. È successo qualcosa di bello?"
Harleen si chiede se quell'interessamento sia sincero. Joan si accorge immediatamente del suo sguardo sospettoso.
"È che sembravi un cane bastonato fino a qualche giorno fa. I tuoi sbalzi d'umore saltano all'occhio." Harleen allunga le braccia stiracchiandosi.
"Dipenderà dal fatto che faccio poco sesso. Il mio paziente non collabora e il mio sistema nervoso ne risente."
È vero, fino a due giorni prima era con il morale a tappeto. Ma adesso va tutto benissimo. Lui ha ragione. È inutile rimuginare e sbraitare contro il mondo. I problemi bisogna triturarli, sminuzzarli, ridurli in poltiglia e poi dimenticarsene.
"Te la sei legata al dito, vedo. Ok, forse ho esagerato. Scusa. Va bene così?"
Joan si fa dannatamente seria e ad Harleen ci vuole un attimo per capire cosa stia cianciando. Poi riesce a tirare le somme. Le sue insinuazioni su lei e Mr. J… Forse non è il caso di dirle che un attimo prima era serissima. Che il suo paziente la sta davvero facendo uscire di testa per la smania che prova di gettarglisi addosso.
"Perdonata" le risponde con un sorrisetto.
Perché davvero non spariscono tutti? Meglio andare d'accordo con la nuova responsabile del personale, no? Quella mattina sarebbe disposta ad abbracciare il suo peggior nemico.
Io a Gotham Tonight…
Deve comprare un vestito nuovo. Qualcosa di molto chic. A truccarla ci penseranno loro. Spera di non emozionarsi. In fondo non può essere peggio di una gara di quelle importanti. Non ci sono avversarie e deve solo parlare. Ha bisogno di qualche buon consiglio e solo lui può dargliene.
Aspetta nel proprio studio controllando a stento l'impazienza. Dieci minuti. Possibile che non glielo portino mai in anticipo?
Quando infine il suo tesoro arriva, deve resistere alla tentazione di saltargli al collo fino a quando non restano soli. Poi, senza neppure salutarlo, gli racconta del libro e soprattutto della sua futura presenza a Gotham Tonight. E non si sorprende affatto nel vederlo concederle non più di una smorfia.
"Speculi su di me, Harley? Ingorda, schiava e fautrice del sistema."
"Smettila" gli risponde sorridendo. "Mi sono anche fermata in pasticceria per prendere dei dolcetti. Così festeggiamo."
Le piace occuparsi del suo vitto. La robaccia che rifilano ai pazienti non è certo da ristorante francese. E le mette tristezza il pensiero che, per ragioni di sicurezza, gli sia impedito anche di usare le posate di plastica. Quindi, ogni volta che può gli prepara da mangiare e lo imbocca con le sue mani. Non è ancora così pazza da mettergli in mano una forchetta.
"E che cosa racconterai a quella gentaglia, Harley? Che cosa dirai di me?"
C'è una vena di sospetto nella sua voce. Forse è davvero preoccupato. Come se io potessi anche solo pensare lontanamente di nuocerti…
"Ovvio. Che sei fuori di testa. E che la decisione del giudice McLean di riconoscerti l'infermità mentale mi sembra sacrosanta. Mi terrò per me quanto tu sia meraviglioso, se non ti spiace."
"Me… ra… vi… glio… so…" sussurra lui come se soppesasse ogni sillaba, lasciandosi cadere sul divano e porgendo i polsi verso di lei. Harleen non ha bisogno che gli dica nulla. Lo raggiunge e gli libera le mani. Ormai è un rituale fisso. Il dubbio di stare comportandosi come la sua schiava devota ogni tanto la sfiora. E le piace. Non riesce a spiegarsene il motivo, ma le piace.
"Meraviglioso…" ripete lui, perso nei propri pensieri a lei inaccessibili.
Che cosa gli passa per la testa? Un brivido le percorre la schiena mettendola in allarme.
"Puoi venire a darmi un bacio ora, ti ho detto. Tu hai detto no. Hai detto no. Ci sto pensando da un bel po' ad Harley che dice no. E ora Harley mi definisce meraviglioso. Harley non ha capito come vanno le cose. Harley non ha capito che deve cancellare immediatamente la parola 'no' dal suo vocabolario."
Se l'è presa? Dovrebbe dirgli che stava scherzando. Che non ha mai pensato davvero di respingerlo. Dio, è in piena adorazione e lui si fa venire quel genere di dubbio?
"Mr. J, non intendevo…"
"Non interrompermi!"
Harleen arretra. La voce. Quella che le fa davvero paura. Il grido di un animale feroce. Odia sentirlo. Odia sentirsi in pericolo.
"Perché mi fissi in quel modo? Perché mi fissi?"
Domande senza senso. Le ha agguantato la faccia. Non riuscirebbe a distogliere lo sguardo nemmeno volendo. E non vuole.
"Meraviglioso, Harley…"
L'impatto con il pavimento ormai per lei sta diventando una consuetudine. È così che è cominciato tutto. Lui le pesa addosso fissandola negli occhi.
"Cosa vede di meraviglioso sul volto di un clown che non sa smettere di ridere, questo tenero e perfetto fiore sbocciato sul marciume di Gotham? Una menzogna. Dimmi quanto è vero questo amore, Harley. Convincimi e forse ti lascerò vivere abbastanza a lungo da avere i tuoi quindici minuti di gloria. Ma smetti di guardarmi."
Non sa dire cosa gli sia preso, adesso. Ma si sente triste. Non ha paura. Non teme che possa farle del male. Prova solo un'ondata di malinconia.
"Non posso. Non ci riesco."
Gli sorride debolmente. Convincerlo? E di cosa?
"Non farei altro che guardarti."
Solleva la testa quel tanto che basta per sfiorare con le labbra la cicatrice che gli deturpa la guancia sinistra, la più ampia e profonda. No, non lo vorrebbe diverso.
"Non vuoi proprio dirmi cosa ti è successo?" tenta di nuovo.
Ha il vago, vaghissimo sospetto che in proposito abbia mentito anche al suo avvocato.
Lui ignora la domanda. Come sempre. Prende fra le dita una ciocca dei suoi capelli e la guarda come si guarderebbe uno strano animale esotico. "Le tue orecchie hanno subito una mutazione durante la notte."
Una risata sorda le sale dallo stomaco. Meraviglioso, meraviglioso, meraviglioso… Dimmelo una sola volta…
"Dovresti smetterla di sbattermi per terra come una valigia. Sono tutta ammaccata."
Non aveva mai visto il soffitto del proprio ufficio da quella prospettiva. C'è una crepa dovuta all'umidità. Dovrà farlo presente agli addetti alla manutenzione.
Dimmelo…
"E tu dovresti smetterla con quell'espressione da 'Ti prego, prendi il mio utero'."
Mi…
Ancora un attimo e poi torneranno fingere di essere un medico e il suo paziente. Il momento di mettersi a nudo sta per finire. Anche quello è un rituale che conosce benissimo. E anche quel giorno sta per perdere l'occasione di chiederglielo.
... ami?
Venderebbe l'anima per sentirglielo dire una volta soltanto. Ma non succederà. E lei dovrà farne a meno. Accontentarsi di saperlo comunque. Perché lei lo sa, lo sente e non ha dubbi.
Mi ami.
"Sono stanca. Posso alzarmi, adesso?"
Quasi spera in una risposta negativa. Se chiude gli occhi può perfino dimenticarsi di dove si trova.
"Solo se mi fai avere una tv. Voglio vedere come te la caverai nel corrotto mondo dello show business."
Tutto per te. Tutto.
Desidera davvero vederla o cerca solo l'ennesima celebrazione del proprio ego? Non le importa. Perché loro sono la stessa cosa, ormai. Il fatto che lui si diverta a torturarla in quel modo, a farsi desiderare fino a farla uscire di testa, è la prova lampante che in realtà non sta giocando. Se la stesse semplicemente usando non avrebbe perso tempo. Così non è.
Hai paura di me, Mr. J. Di quello che provi. Di quello che potresti provare ancora. Hai paura di perdere un po' della tua forza attraverso di me, vero?
Ha senso. Ne ha fin troppo. Ma la logica in quel frangente è un peso inutile e fastidioso. Harleen sorride tra sé.
È questo che prova che mi ami. Il fatto che tu stia fuggendo da me. Sai che se diventassi davvero il mio uomo, poi saremmo in due.
La chiave di lettura più semplice per impedirgli di allontanarla… Quello è il suo territorio. E lui è solo un prigioniero, un internato che non conosce le regole.
Mi stai mentendo, mostrandomi una forza che non hai.
Quel viso segnato da una vita in equilibrio precario è ancora chino su di lei in attesa di una risposta affermativa. Ma lei sceglie il silenzio. Non teme la sua reazione quando fa scivolare la mano all'interno di quegli orribili pantaloni rossi che lo uniformano agli altri pazzi, maniaci e assassini che popolano l'edificio, oltre le mura protette del suo studio. Potrebbe infuriarsi, farle male sul serio, perfino ucciderla. È un rischio che vale la pena correre.
Tiene gli occhi fissi nei suoi in una muta sfida.
Niente regole, giusto? Neppure le tue…
Non sorride, il suo clown, mentre le sue carezze si trasformano in movimenti decisi e sicuri che gli impediscono di nascondersi dietro una maschera di indifferenza.
Esattamente…
L'espressione sul suo viso lo trasforma in un uomo come tanti. Lei non ha dubbi circa il fatto che dopo, in qualche modo, gliela farà pagare. Ma intanto il suo respiro che si trasforma in un rantolo, i suoi capelli più in disordine del solito, il suo viso congestionato e il modo in cui dischiude le labbra segnano la sua vittoria prima che lui si arrenda del tutto crollandole addosso.
Con un movimento secco le fa voltare la testa schiacciandole metà della faccia contro il pavimento.
"Dilettante…." le sussurra all'orecchio. "Goffa… maldestra… a tratti perfino fastidiosa…"
Sì… certo…
Fazzoletti di carta. È la cosa di cui hanno un urgente bisogno tutti e due. Fortunatamente ne ha un pacchetto in borsa.
"Riprovaci e quelle mani te le taglio…"
Sì. Certo.
Harleen sorride, nonostante le sue minacce. Quella battaglia l'ha vinta lei. Ma è disposta a concedergli la guerra.
"Per la tv… vedrò cosa si può fare. Lo vuoi ancora, quel bacio?"

Paulo Morales ha saputo fin dalla notte del suo arrivo ad Arkham che quel tizio gli avrebbe rovinato la vita. Con lui ha violato la prima regola di ogni sorvegliante. Mai avere paura dei pazienti. Il Joker gli fa venire i brividi e non riesce a nasconderlo. Non è solo un pazzo assassino. Probabilmente non è affatto pazzo. Ma è comunque qualcosa di diverso. Quando era piccolo c'era un film che sua madre amava in modo particolare. C'era Liza Minnelli che cantava in un locale a Berlino, prima della Seconda Guerra Mondiale. Non che lui capisse molto della trama, a quei tempi. Ma una cosa non l'ha mai dimenticata: il tizio con il viso truccato che faceva dei numeri musicali con la protagonista. Non che quel tale facesse qualcosa di male, a parte ammiccare in modo ambiguo alla cinepresa. Ma Paulo la notte non riusciva a dormire immaginando la sua faccia che lo scrutava nel buio. La definizione che userebbe oggi è 'luciferino'. Con il tempo ha imparato a ridere di quell'esperienza e a considerare il buon Joel Grey solo uno straordinario artista.
Solo che il Joker gli fa provare di nuovo le sensazioni di quel bambino spaventato che nel buio sentiva risuonare l'ossessiva canzone dell'uomo truccato.
… moneymoneymoneymoneymoneymoneymoney…
E finalmente ha capito che, a spasso per questa terra, ci sono veramente uomini che sanno come farti male e colpirti in modo da non permetterti di rialzarti. Lui è uno di quelli.
"Morales Paulo. Fratello maggiore di Morales Daniel… o sbaglio?"
Nel momento esatto in cui il clown ha fatto il nome di suo fratello, Paulo ha capito di essersi cacciato nei guai e di avere trascinato con sé tutta la sua famiglia. Non si è illuso nemmeno per un attimo che il fatto di essere rinchiuso ad Arkham avrebbe impedito a quel maniaco spietato di arrivare fino a Daniel. Una testa calda, Daniel. Che finisce in un brutto giro e poi tenta di tirarsene fuori facendo una soffiata alla polizia in cambio di protezione. Una storia sentita dozzine di volte a Gotham City e non solo. Di minacce ne sono arrivate di continuo. Ma il Joker non ha avuto bisogno di minacciare nessuno. Gli è bastato che facesse il nome di suo fratello perché le gambe di Paulo Morales si mettessero a tremare. Poi è arrivata la sua risata.
"Questo non interferirà nei nostri rapporti lavorativi. No, no, Paulo. L'idea di impedirti di comportarti da bravo sorvegliante, ligio al dovere, non mi sfiora neppure. Colpisci quanto vuoi, Paulo. Mi riprendo in fretta."
Lui non l'ha bevuta nemmeno per un attimo e non si è sorpreso neppure un po' quando quel tizio ha cominciato a chiedergli educatamente dei piccoli ed innocui favori. Innocui, appunto. Non ha potuto fare a meno di accontentarlo, ripetendosi che lo faceva per Daniel, che in fondo quelle piccole richieste non avrebbero nuociuto a nessuno, che questo non avrebbe influito in alcun modo sul suo lavoro e, soprattutto, che stabilire un buon rapporto con lui gli avrebbe impedito di fare la fine del dottor Connor o di quell'idiota di Ian.
Eppure gliel'avevo detto di non provocarlo inutilmente, maledizione…
Solo che adesso il suo caro amico Joker ha esagerato. E con il benestare della dottoressa Quinzel.
Paulo Morales ha rimuginato a lungo prima di decidersi ad andare a parlare con il dottor Arkham. Sa bene che se il suo tacito contratto con il paziente saltasse fuori ci rimetterebbe il posto e rischierebbe di finire sotto inchiesta, ma sarebbe peggio per lui agire di propria iniziativa. Quindi ha preferito vuotare il sacco con il suo capo circa l'ultima, geniale trovata del caso clinico del secolo e della sua psichiatra personale.
"Ok" risponde Arkham dopo avere riflettuto per non più di trenta secondi.
Paulo Morales per un attimo si illude di avere sentito male. "Prego?"
"Mi hai sentito, Paulo" ribadisce sospirando. "Esclusa l'ipotesi di concedergli una serata di relax nella sala ricreativa con gli altri ospiti, a meno che non vogliamo passare i prossimi mesi a ripulire il sangue dalle pareti, se il nostro caro paziente ci tiene a vedere il suo medico in tv, la soluzione di un quattordici pollici mi sembra la più sensata. A distanza di sicurezza dalla cella. E ovviamente lui non dovrà arrivare a metterci le mani sopra. Informa pure il signor Joker che verrò di persona a tenergli compagnia durante la serata."
Ok, adesso le ho viste tutte.
L'unica cosa che Paulo Morales riesce a pensare è che la pazzia sia sul serio contagiosa e non solo per un abusato luogo comune. Dopotutto, che gli Arkham non siano proprio una stirpe di persone equilibrate lo dice la storia. O forse il Joker ha in mano qualcosa per ricattare anche il padrone di quella casa degli orrori? Neppure questo lo stupirebbe.
Sta per chiedere se dovrà provvedere anche al popcorn e alla birra per quella seratina tra uomini ma poi cambia idea. Non è da furbi usare il sarcasmo con chi scuce lo stipendio.
"Come vuole. All'apparecchio provvede lei, vero?" conclude desiderando chiudere quella faccenda in fretta e dimenticarsi di tutte le stranezze dell'Arkham Asylum almeno fino al giorno successivo.

Il rutilante mondo delle star televisive visto da vicino non scintilla affatto. I camerini sono piccoli e vanno condivisi, per arrivare dai truccatori c'è una fila che neppure il giorno dei saldi ai grandi magazzini, il pranzo al sacco fornito dalla redazione è peggio di quello della mensa di Arkham e le quinte assomigliano a un cantiere.
L'unica cosa buona è che al bar servono un Caffè Kaboom eccezionale, perfino migliore di quello dell'Apollo's. Ne ha preso uno triplo. Con quadrupla dose di zucchero e panna, granella e caramello in dosi massicce. Una goduria infinita. Forse se ne concederà un altro prima di ritentare con la zona parrucchieri.
"Sapevo che doveva esistere da qualche parte."
Harleen si volta verso l'uomo che le è appena arrivato alle spalle. Riconoscerebbe quella voce tra mille.
"Prego?" chiede mostrando indifferenza.
Jack Ryder è molto carino di persona, anche se a vederlo da vicino si capisce che il suo look trasandato in realtà è studiatissimo. Il reporter ribelle, la spina nel fianco dei potenti, il giornalista delle inchieste scomode. E sta tentando di rimorchiare lei.
"Il Caffè Kaboom. Sapevo che doveva esistere da qualche parte una donna in grado di apprezzarlo fregandosene delle calorie." Jack Ryder ha un sorriso smagliante e l'aria di chi sa il fatto suo.
"Se è per quello, stavo pensando di fare il bis."
È il caso di chiedergli un autografo? Forse no. Non vuole essere scambiata per una groupie.
"Jack Ryder" le dice l'uomo porgendole la mano.
"Lo so" gli risponde Harleen stringendogliela. "Harleen Quinzel."
"La psichiatra del Joker" conclude lui. E capisce subito che a portarlo lì non è stato affatto quel caffè ipercalorico e questo le fa perdere immediatamente il sorriso.
"Non credevo di essere tanto famosa" gli fa notare con una punta di sarcasmo.
Lui non sembra affatto in imbarazzo. "Lo sei, credimi. La gente è sempre smaniosa di portare alla ribalta una bella donna, per qualunque motivo lo faccia. Probabilmente, se il Joker fosse stato affidato alle cure di un tranquillo signore di mezza età la cosa non avrebbe destato scalpore."
Harleen sospira seccata. L'intera città sembra avere sviluppato il vizio di guardare dal buco della serratura. Ma lei non può proprio protestare ormai. Non dopo avere accettato di scrivere di Mr. J. Com'è che l'ha definita? Ingorda, schiava e fautrice del sistema.
"Non ho intenzione di posare per il paginone centrale di Playboy" dichiara. Le è passata la voglia di un altro caffè.
Jack Ryder ridacchia. "Pudore, femminismo o un fidanzato geloso?"
"Tutti e tre. Posso fare qualcosa per te, Jack Ryder, giornalista socialmente impegnato?" gli chiede sorridendo in modo amabile. Non concederà altre interviste senza il benestare di Mr. J. Dopo tutto è lui il motivo per cui tutti vogliono parlare con lei.
Grandioso. È davvero un sole capace di far brillare anche me.
"Due cose ci sarebbero, a dirla tutta. Il tuo numero di telefono e farmi ottenere da Jeremiah Arkham il permesso di entrare con le telecamere nella vostra struttura. Dopo il disastro dei Narrows non siamo riusciti a fare luce su eventuali pecche circa l'inchiesta che ne è seguita. Ora vorrei davvero vedere con i miei occhi e far vedere anche al pubblico come vi siete rimessi in piedi. Sarebbe una buona cosa anche per voi."
Certo. Aiutarti a ficcare il naso, come se non bastassero gli editoriali al veleno che ce l'hanno con noi…
Forse può comunque trovare un accordo con quel ragazzo tanto sicuro di sé. Un accordo che regali a lui una nuova inchiesta e a lei una soddisfacente rivincita.
"Vedrò cosa posso fare. Per l'Asylum intendo. Per l'appuntamento, come hai detto anche tu, ho un fidanzato geloso. Dimmi, Ryder, se ti facessi un nome e ti dessi un luogo riusciresti a partire da lì per scoprire qualcosa di molto losco e molto segreto?"
È bello vedere il modo immediato in cui l'interesse si risveglia sul suo viso.
"Parla" le dice con un sorriso scaltro che lei ricambia subito.
"Il professor Jason Woodrue. Università di Gotham. Dipartimento di botanica."

"La ricezione."
Kurt Kaminski non è noto per la sua pazienza. Jeremiah Arkham l'ha assunto anche per questo. Quindi non si stupisce nel vederlo digrignare i denti mentre sistema l'antenna del televisore di fronte alla cella del Joker.
"La. Ricezione. Fa pena. Voglio vedere il mio medico in tv, non immaginarmela. Datti da fare, Kaminski. Sei pagato per questo."
Arkham ammira l'autocontrollo inaspettato del nuovo acquisto. Il suo compare, Roger Tills, chiude la porta dopo averlo fatto entrare. Ha inizio quell'interessante serata. L'ordine tassativo è di non aprire la cella del paziente per nessun motivo. Non deve avere la possibilità di mettere le mani sull'apparecchio televisivo. Conoscendo i precedenti, potrebbe usarlo per farli saltare tutti in aria.
"Problemi?" chiede alla guardia costretta al ruolo di tecnico.
"Sì. È lui il problema. Gli spieghi lei che non può avere uno schermo panoramico con tanto di poltrona. E che sto facendo il possibile."
Una scena grottesca. Se non avesse uno scopo ben preciso, Jeremiah Arkham farebbe immediatamente in modo di far tacere il paziente ordinando di portare via il televisore. Ma il gioco vale la candela.
Il Joker lo guarda in tralice, con il suo solito sorriso. Ormai lui sente di esserne immune. Entrambi stanno giocando una partita ignorando le motivazioni dell'avversario. Sempre che quel mostro di motivazioni ne abbia.
La fuga. E Harleen Quinzel. Queste sono al momento le sue priorità. Per la prima non ha speranze. Per l'altra se ne può parlare, sempre che mi lasci applicare il metodo scientifico alle sue pulsioni.
"Non è soddisfatto del servizio, signor Joker?" gli dice ricambiando il suo sorriso sarcastico. Poi si fa portare una sedia da Tills. Non guarderà molto lo schermo, quella sera. La faccia del paziente sarà molto più interessante.
Il Joker gli risponde con un borbottio incomprensibile. Lo sta studiando con attenzione e lui lo lascia fare, anche se percepisce un astio sfacciato. Non deve proprio piacergli. Come la maggior parte degli internati probabilmente sta identificando in lui l'artefice di quella prigionia. È un comportamento elementare e comune.
"Dovrebbe essermi grato per questo trattamento speciale, lo sa?" gli fa notare sperando di catturare un pizzico di benevolenza da parte della sua mente alienata.
Ma il Joker si limita a sollevare le spalle. "Grazie mille, dottore. Come posso ricambiare?"
Vedremo, riflette Arkham osservando la foto attaccata alla parete con un pezzo di scotch.
Gli occhi gli stanno giocando un brutto scherzo. Quella maschera rossa e nera con il volto dipinto di bianco non è Harleen Quinzel. Non può essere Harleen Quinzel.
Ecco cosa ti ha passato in quel filmato. La sua fotografia. La sua fotografia truccata da clown.
Un moto di ilarità lo scuote, ma Jeremiah Arkham si costringe a trattenerlo.
"Che c'è, dottore? Non ti piace l'arredamento del mio monolocale?" gli domanda il folle. "Lo so, ci vorrebbe una mano femminile per aiutarmi a tenerlo in ordine ed aggiungere qualche tocco gentile."
Kaminski è finalmente riuscito ad ottenere una ricezione accettabile in tempo per il collegamento in diretta. Arkham congeda lui e Tills. Fra poco avrà tutte le risposte che gli servono. Nessuno ha mai avuto la possibilità di studiare una simile situazione, prima.
Lydia Filangeri se la cava anche meglio di Mike Engel. Ha un garbo che l'arrogante defunto, celebrato con un primo piano sorridente che riempie una parete, non sapeva neppure dove stesse di casa. È con un'espressione di circostanza che fa partire un servizio sull'esplosione al Gotham General che si chiude con il quesito che nessuno ha ancora risolto: chi è il Joker?
Forse stiamo dando a questo individuo troppa importanza, riflette Arkham. Anche perché lui non sembra dolersene affatto.
L'attenzione del paziente si risveglia solo quando il servizio finisce e la Filangeri presenta i suoi ospiti. Harleen Quinzel ha un'aria seria e consapevole.
Quasi da bibliotecaria zitella, riflette Arkham osservando il tailleur avana e il filo di perle al collo. Un abbigliamento che lo riporta indietro al giorno precedente all'arrivo del Joker e che lei ha smesso di usare da un po'. È così che gli piace. È così che sente di poter contare su di lei.
Se non avessi visto quello che ho visto, sarei tentato di crederle.
"Guardala, dottore. Com'è pacata. Com'è perfetta. Così controllata. Così compresa nella parte. È così che la volete. Vi piacerebbe uccidere quel folletto diabolico che si agita dentro di lei. Ma lei non è come voi e tu lo sai bene. Non saresti qui altrimenti. Cosa pensi di poter ottenere da me?"
Quella domanda non lo coglie impreparato. Spesso se l'è sentita rivolgere.
"Risposte."
È sempre così. Harleen Quinzel forse ce le ha, ma non sembra volerle condividere con qualcuno che non sia il suo paziente.
Il suo paziente?
"Certo." Il sorriso sul volto del Joker si fa ancora più beffardo. "Perché non ammetti di essere solo un voyeur con un titolo accademico? Un curioso scienziato che vuole assicurarsi che i due animali rari si riproducano. È questo che vedi quando guardi me e la piccola dottoressa. Un bizzarro caso da infilare sotto un vetrino. Vai matto per noi due, non è vero? Siamo un colpo di fortuna insperato. Per questo me la lasci in consegna nonostante l'idea di abbandonarla da sola in mano mia ti faccia venire la pelle d'oca. Perché speri di poter documentare tutto ciò che succederà da qui in poi. Dimmi, dottore, chi è il mostro fra me e te?"
Si chiama ricerca. Ma cosa vuoi capirne? Prevede dei sacrifici. Ma almeno hanno uno scopo.
È una giustificazione oppure ne è convinto? Jeremiah Arkham non si pone il problema. Di certo sa come controllare la situazione. Non lo spaventa affatto l'idea che il Joker abbia capito che se gli permette di interagire con Harleen Quinzel è solo perché reputa il loro rapporto cerebralmente stimolante.
"Avrai ancora quell'aria di sufficienza, dottore, quando la farò in tanti, tantissimi, minuscoli pezzettini?"
È disturbante il modo in cui quel folle agita le dita e socchiude gli occhi. Si chiede come faccia la Quinzel a sopportare la sua presenza per due ore al giorno.
Domanda stupida. È infatuata di questo scherzo di natura, Dio solo sa il perché.
"Potrei farti recapitare una parte del suo corpo come souvenir. Quale preferisci, dottore? Non darle retta quando dice che non le farei mai del male. È ingenua e innamorata. E quando la ucciderò sarà la tua coscienza a rimordere."
Arkham sente la rabbia montargli dentro. "A che gioco stai giocando, clown? Sai che potrei portartela via subito? È questo che vuoi? Per quale ragione? E soprattutto perché sei così tranquillo? Troppo, per i miei gusti. Qualche sfortunato incidente ma nessuna vittima. Non è da te non avere ancora sgozzato nessuno."
"Sembra quasi che ti dispiaccia. Te l'ho detto. Comincerò con la dottoressa."
Arkham sta per rispondergli ma lui gli fa cenno di tacere.
"Non disturbarmi. Adesso lei parlerà di me. Lasciami ascoltare. Sa essere molto divertente quando la cosa non è volontaria. La cara Miss Filangeri ha appena sbagliato pronunciare il suo nome. Dieci a uno che il mio zuccherino esploderà prima della fine."

Mantenere quel sorriso condiscendente e pacato non è una cosa da poco quando la tentazione di alzarsi e rifilare due schiaffoni a Lydia Filangeri è fortissima. Ha già dovuto resistere alla voglia di andarsene quando si è trovata davanti Odin Markus, invitato in qualità di 'esperto'. Ha fatto buon viso a cattivo gioco e lo ha salutato con tutto il veleno che è stata in grado di infilare nella frase "Congratulazioni per il suo nuovo libro, professore."
È stato piacevole vederlo in imbarazzo. "Spero che questo non costituisca un problema, signorina Quinzel."
"Perché dovrebbe?" gli ha risposto caustica. "Forse perché c'è il mio lavoro, lì dentro? Stia tranquillo. La sua analisi dei concetti di base della mia teoria sulle parafilie più rare è abbastanza incomprensibile. Se avesse saccheggiato i miei appunti, quelle frasi avrebbero avuto un senso logico."
Ha sempre avuto un'aria viscida, il caro professore. Non l'ha scelto forse per quello, ai tempi dell'Università? Harleen sa riconoscere istintivamente un lumacone pronto a qualsiasi cosa pur di infilare la mano sotto la gonna di una studentessa ventenne.
Solo che ho sempre avuto più cervello di te, professore. E presto te ne accorgerai.
"È un ragionamento che non fa una piega" le ha detto lui con un risolino nervoso.
Ma sul serio?
E adesso l'assistente di studio lo ha fatto sedere proprio davanti a lei. Questo la costringerà a sopportare la vista della sua faccia per tutta la sera. E ci mancava anche la giornalista d'assalto che sparge virtualmente al vento le ceneri di Mike Engel.
"Abbiamo con noi la dottoressa Harlene Quinzelle. Buonasera. Lei ha curato la perizia psichiatrica del Joker e si sta occupando tuttora della sua terapia, giusto?"
Un frullio di pensieri maligni balla allegro nella sua testa. Si chiede con quanti pezzi grossi sia andata a letto quell'incapace per trovarsi dove si trova. Si chiede perché porti un rossetto così acceso con quella carnagione olivastra e soprattutto perché non si prenda la briga di documentarsi quel minimo che serve a non aprire bocca e a darle fiato.
"Quinzel" ribatte, e la signorina Filangeri la fissa come se avesse appena recitato una strana formula magica. "Harleen Quinzel, prego."

Quella sera il pasticcio di patate di Barbara era davvero spettacolare. James Gordon l'avrebbe gustato di più se a tavola avessero scambiato qualche parola in più. Una volta le cose andavano meglio. Anche se il suo lavoro l'ha continuamente messo in pericolo, tra lui e sua moglie c'è sempre stata comprensione. Barbara non è mai ricorsa a ricatti morali per fargli cambiare vita. Ha sempre saputo che quella di entrare in polizia per lui è stata una scelta etica. Cosa è cambiato, adesso? Ora che i tutori dell'ordine di Gotham dipendono esclusivamente da lui, Jim Gordon non riesce più a gestire i propri affetti.
"Non esiste proprio la possibilità di tornare a Chicago?" Barbara glielo chiede come se nulla fosse, seduta accanto a lui sul divano, apparentemente concentrata sulla rivista che sta sfogliando. "Gotham non è un buon posto per i ragazzi. Gotham non è un buon posto per nessuno. Mi piacerebbe che non crescessero con l'idea che anche il resto del mondo giri in questo modo pazzesco."
"Perché, non è forse vero?" le chiede pentendosene subito dopo. E di nuovo il silenzio si insinua tra loro.
Non può chiedergli di andare via. Di cedere a quella tentazione. Ci pensa fin troppo spesso e si sente un vigliacco. Ci sono troppe cose alle quali non può voltare le spalle.
"Mi dispiace, Barbara. Possiamo parlarne domani?"
Lei gli risponde con un sospiro mentre Lydia Filangeri, sul loro teleschermo, si destreggia abilmente fra i comprimari del caso Joker. Il vero protagonista è presente solo in fotografia, mentre quelle mosche impazzite ronzano noiosamente, blaterando circa la sua sorte. L'avvocato Wayland ha una sola frase sulle labbra: "non in grado di intendere e di volere." E la dottoressa Quinzel gli tiene il gioco.
"Non sembra neppure lei…" sussurra Jim Gordon di fronte a quella figura elegante e composta. L'Arlecchino pazzo era davvero una maschera? Vorrebbe poterne esserne sicuro. Ma questo non cambierebbe l'essenza delle cose. La maschera e il medico la pensano esattamente allo stesso modo.

"Non è mio compito decidere come questa persona debba essere punita per i crimini commessi. Mi è stato chiesto semplicemente di stabilire se fossimo in presenza di un disturbo psicotico comportamentale. Ho studiato il caso e la risposta è affermativa. Il soggetto soffre di squilibri mentali piuttosto evidenti, delirio di onnipotenza e incapacità di rapportarsi alla realtà. Non sto dicendo che gli atti criminosi commessi dal paziente, spero che mi perdonerà se mi rifiuto di chiamarlo 'Joker', non siano agghiaccianti, né che, nel caso in cui avessi riscontrato una perfetta sanità mentale, non sarei stata la prima ad augurarmi una condanna esemplare. Ma così non è. Qualunque decisione prenderà la corte, mi auspico che il soggetto possa scontare la propria condanna, che reputo più che legittima, lo ripeto, in una struttura adeguata. Questo non vuol dire che tornerà in libertà in tempi brevi. È probabile che non torni in libertà affatto. Ma gli sono necessarie cure adeguate. E un ambiente adatto al suo stato. Il problema, a parer mio, è che l'opinione pubblica pensa che il manicomio criminale di Arkham sia una specie di villaggio vacanze. Le assicuro che non è così."
La dottoressa Quinzel sembra perfettamente a proprio agio. Ma Lydia Filangeri non è un tipo accomodante. Le piace punzecchiare i suoi ospiti. Talia Al Ghul riconosce in lei lo spirito di una creatura disposta a lottare con le unghie e con i denti pur di non concedere un singolo punto all'avversario.
"Che ne pensi, Shiva?" domanda alla propria guardia del corpo che le massaggia i piedi mentre lei si gode lo spettacolo che sta andando in onda sulla GCN. Il televisore a parete ha una definizione eccellente; riesce a vedere i minuscoli tic di ciascuno dei partecipanti al dibattito e a darne la propria interpretazione.
"Di cosa?" le domanda Shiva, gli occhi fissi sulle sue caviglie e le mani decise.
Suo padre gliel'ha messa vicino dieci anni prima. Talia non ha mai pensato di avere bisogno di qualcuno che le guardi le spalle. Ma la sua compagnia le piace. Non parla molto e sembra indifferente allo splendore di quella suite al Gotham Grand. Ma sa ascoltare e sa essere letale quando è necessario.
Si accomoda meglio sul divano rubando una scorza di arancia candita dal vassoio sul tavolo.
"Del motivo per cui siamo qui. E della programmazione di questa sera."
Shiva le lancia un'occhiata tagliente con i suoi occhi neri ed obliqui. "A tuo padre non piacerebbe quello che stai facendo. Il Joker è la negazione di tutti i suoi insegnamenti."
Talia le sorride. "Tu credi?"
Questa volta non è d'accordo con lei.
"Sì, ne abbiamo avuta un'idea precisa quando le vostre porte si sono spalancate durante l'amministrazione Crane" insiste Lydia Filangeri. "Se non sbaglio è stata lei a farlo rilasciare, dottoressa Quinzelle."
"Quinzel. E il termine esatto è 'dimettere'."
La piccola psichiatra bionda per il momento sta vincendo i punti. Talia è soddisfatta.
"Vedi, Shiva, lo scopo di mio padre, durante un suo viaggio in questa città, era causare il crollo di Gotham. Sarebbe stupido da parte mia rinunciare all'arma più potente sul mercato, quella che ha già scatenato una follia tale da gettare questo posto nel caos."
Shiva scuote la testa. "Sei certa di riuscire a controllarlo? Non c'è moneta che possa pagarlo e lo sai."
"Sì che c'è. Io posso offrirgli il più grande divertimento della sua vita. Abbiamo la stessa visione, in fondo. Non siamo gretti come i signori della malavita. Siamo due idealisti."
Lydia Filangeri fugge da un'altra dei suoi ospiti. La madre dell'uomo torturato e ucciso dal Joker nel filmato che continua ad avere accessi record su YouTube. Un tiro mancino per riportare la situazione in parità.
"Quella donna, quella bizzarra strizzacervelli, è un colpo di fortuna insperato. Il nostro problema principale era far uscire il Joker da Arkham. Ci penserà lei. Dobbiamo solo fare in modo che non combini pasticci. È nuova all'affascinante mondo dell'illegalità."
Sì, le profezie di suo padre erano esatte. A Gotham i lupi si sbranano tra loro ad ogni angolo di strada. Ne avrà la prova definitiva quando incontrerà le belve che azzanneranno alla gola Pino Maroni. E a quel punto, mentre una nuova guerra tra clan si scatenerà, Gotham farà il suo dovere e brucerà fino alle fondamenta.
E il clown sarà il mio piccolo, funzionale fiammifero.
"Questo ti metterà contro Bruce Wayne, ci hai pensato? Che cosa farai? Lo accetterai come nemico?"
Shiva non le lascia scampo. Il quadro era troppo roseo. Doveva arrivare la pugnalata e così è stato. Talia chiude gli occhi. Bruce Wayne. L'ammirazione nelle parole di suo padre. E poi la tristezza per il suo tradimento. Frasi sussurrate nel suo orecchio.
"Tu lo riporterai a noi, un giorno, Talia. Gli mostrerai l'errore commesso."
Lei ha accettato. Dovere, si è detta. Bruce Wayne. Adesso è diverso.
"Non lo so, Shiva. Io spero ancora che le cose cambino. Che lui venga con me."
Gli parlerà nel modo giusto. Lo sedurrà di nuovo, se necessario. O lo eliminerà. Ma solo come ultima scelta.

Alfred Pennyworth ha imparato a leggere sul viso di Bruce Wayne come su un libro aperto. A volte si rende conto di conoscere sfaccettature della sua anima che lo stesso signor Bruce ignora. Che si tratti di dolore, preoccupazione o di qualche attimo di serenità, non ha bisogno di parole per coglierli. È un dono innato. Gli succedeva lo stesso con il signor Thomas.
Bruce Wayne non assomiglia a suo padre, se non nel senso profondo di onestà e rettitudine che è l'asse portante del suo essere. Thomas Wayne agiva a viso aperto, in piena luce, con garbo eppure senza vacillare mai. Suo figlio è una creatura forgiata dal buio e dalla sofferenza. Non per questo Alfred lo ama di meno. Il signor Bruce ha bisogno di lui più di quanto non ne avesse suo padre. Perché il signor Bruce necessita di una mano ferma che lo tenga ancorato alla realtà, ricordandogli che il Pipistrello è un'icona e non deve essere altro.
Difficile, quando il mondo del Pipistrello occupa ogni secondo della sua giornata. Alfred Pennyworth vorrebbe strappargli il telecomando e cambiare canale. Sul 7 stanno trasmettendo "Cantando sotto la pioggia". Invece l'ossessione per il Joker continua.
Alfred ignora le chiacchiere di avvocati e psichiatri, continuando a passare il piumino da spolvero sugli scaffali, un'operazione che non farebbe mai di sera se non avesse bisogno di una scusa per tenere d'occhio il proprio datore di lavoro.
"Non mi piace" dice il signor Bruce con il tono che usa quando è preda di una profonda preoccupazione, cosa che gli capita almeno tre volte al giorno.
"Cosa, se posso chiederlo?"
Le risposte che si aspetta sono molteplici. Può avere da ridire su quel genere di trasmissione. O sugli avvocati del clown. O sulla signorina che sta parlando adesso. La psichiatra.
"Lei. Questa specie di medico dei pazzi. Ha detto cose più che giuste. Se non per due piccoli dettagli. Io non credo che il Joker necessiti di cure più di quanto io abbia bisogno di una parrucca bionda. E poi, prima, mentre andava quel filmato sulla rapina alla National Bank, l'hanno inquadrata per un attimo ed ho colto un sorriso compiaciuto che è durato un istante."
"Può darsi che stesse pensando ad altro, signore" gli fa notare Alfred, tentando di cancellare dalla propria mente l'immagine di Bruce Wayne con una cascata di riccioli d'oro.
"Può darsi. Ma credo che la terrò d'occhio" asserisce il signor Bruce con decisione.
Come volevasi dimostrare. Anche se spiare le ragazze rappresenta una bizzarra novità.
"Ha intenzione di uscire, stasera, signore?" gli chiede ben sapendo che la risposta sarà affermativa.

Lydia Filangeri ha quasi finito le munizioni. Fra meno di cinque minuti dovrà chiudere la trasmissione.
Jeremiah Arkham può dirsi più che soddisfatto del comportamento della Quinzel. Ha difeso le proprie posizioni mantenendo una facciata super partes. Poco importa che lui sappia che quell'obiettività è fasulla. E può dirsi soddisfatto anche delle reazioni del Joker. La sua soglia dell'attenzione si è alzata notevolmente durante gli interventi della sua cara dottoressa ed ha raggiunto picchi notevoli durante i servizi che hanno raccontato con tono inorridito le sue imprese.
Senti di esistere solo se hai un riscontro, non è così? È questo che ti piace di lei? Il fatto che ti veneri? Narcisista. Ma in fondo non è così per chiunque? Esistiamo perché gli altri ci percepiscono.
Jeremiah Arkham si dice che non è il momento per ripassare le lezioni di base. Qualcosa sta succedendo al suo prezioso paziente. Il suo sorriso stavolta è di pura gioia.
"Ecco. Ci siamo" dice indicando lo schermo con sguardo euforico.
Lydia Filangeri ha sbagliato di nuovo. "Come asseriva poco fa la dottoressa Harlene Quinzelle…"
Arkham comincia a credere che lo stia facendo di proposito.
"Quinzel. Harleen Quinzel. Proprio non ce la fa, vero? Eppure non è complicato. Provi a sillabarlo!" sibila fra i denti la vittima di quello scempio verbale.
Non le ha mai visto quella scintilla omicida negli occhi. Probabilmente la Filangeri avrà gli incubi per le notti a venire.
"Lo sapevo!" L'entusiasmo del clown esplode. "Non è fantastica quando si infuria? Lo sapevo. Non poteva reggere. Non poteva. Brava, zucchina. Adesso alzati e strangolala con uno dei cavi elettrici!"
Ci mancherebbe anche questa…
Arkham sente rivoli di sudore freddo corrergli lungo la schiena. Fortunatamente i titoli di coda evitano lo scoppiare di una lite in diretta. Ma adesso il problema è un altro. Il Joker non sembra volerne sapere di smettere di ridere in modo isterico. E non è una finta. Per calmarlo ci vorranno dosi massicce di sedativi. Ma in fondo si è comportato bene. Forse ordinerà a Tills e Kaminski di risparmiargli la dose serale di pugni. Forse.

Dopo aver toccato il fondo si deve per forza risalire. Harleen Quinzel comincia ad esserne davvero convinta. A due giorni dalla sua partecipazione a Gotham Tonight, la vita le sembra più luminosa che mai. I giornali hanno scritto che Lydia Filangeri ha fatto rimpiangere il povero Mike Engel. Lei pensa di potersi prendere parte del merito. Non è stato un totale trionfo, ma ci è andata molto vicino. A fregarla sono state le madri in lacrime. C'è poco da fare quando entrano in ballo le genitrici piangenti.
Dopotutto è a quello che mirano i signori del network. Audience. Un bel massacro e qualche parente distrutto dal dolore e il risultato è assicurato.
La cosa non la tange. Ha difeso Mr. J al meglio senza cadere nella trappola della parzialità evidente. Perfino il dottor Arkham le ha fatto dei garbati complimenti. Ma è stata la reazione di Mr. J a metterla di buon umore.
"Discreta" le ha detto. E per lui significa sbilanciarsi fin troppo.
Per festeggiare ha comprato una maglietta con la sua faccia. Ok, un abbozzo della sua faccia. Due macchie nere e un arco rosso e ghignante su fondo bianco.
"Me la metterò per dormire" gli ha annunciato. E Mr. J ha fatto una smorfia di disappunto.
"Mi fai sentire un uomo oggetto. Esperienza nuova ma alquanto sgradevole."
Dio, lo adora. Lui e Arkham hanno visto Gotham Tonight insieme. Le sarebbe piaciuto assistere alla scena. Il capo le ha fatto strane raccomandazioni. Inspiegabilmente ora sembra convinto che Mr. J possa ucciderla da un momento all'altro, chissà perché.
E anche se fosse?
Sarebbe bellissimo. Il coronamento tragico di un amore straordinario. Cosa le sussurrerebbe il suo Joker negli ultimi istanti? Inutile chiederselo, tanto non succederà. Lui non ha nessuna intenzione di nuocerle. L'avrebbe già fatto se si trattasse solo di un gioco o di insofferenza. Forse si occuperà della questione quando lei lo farà fugg… quando lo presenterò davanti a una commissione, dopo averlo istruito a dovere su come apparire guarito, per farlo dimettere.
Sì, quello potrebbe essere un momento a rischio. Una volta uscito da Arkham. Ma è un azzardo che vale la pena tentare.
Potrebbe decidere di tenermi con sé per sempre. Sarebbe magnifico. Farò in modo che lo voglia anche lui.
Lei desidera altro? No. Niente.
È l'unica creatura di Gotham a cui non dispiace lavorare nel weekend, che trova piacevole fare spesa frettolosamente il sabato sera in un supermarket che sta per chiudere e poi passare la serata a guardare la tv, andare a letto presto e poi alzarsi la domenica mattina e tornare al lavoro. E, se le fosse possibile, pianterebbe le tende nel suo studio. O direttamente nella cella di Mr. J. Perché lui le manca in ogni istante in cui sono lontani. Sua madre glielo ha sempre detto.
"Quando sarà quello giusto, lo vedrai arrivare da lontano, Leeny. E ti sembrerà di averlo sempre avuto vicino."
Una volta ogni tanto ne dice una giusta. La cosa bizzarra è che non riesce a spiegarsi come le altre donne possano provare quello che prova lei per qualcuno che non sia Mr. J. Lui è unico, meraviglioso, straordinario e gli altri uomini paragonati a lui valgono meno di niente. A volte si stupisce della propria fortuna.
Fortuna?
No, si tratta di ben altro. Si sono cercati e si sono scelti. Non sarebbe potuta andare in nessun altro modo.
Quella volta… dieci anni fa… quel ragazzo mi aveva detto il suo nome. Perché non riesco a ricordarlo? Johnny? No, non era Johnny. Non era decisamente Johnny.
Il sole se n'è già andato da un pezzo quando entra nel parcheggio del suo condominio. Ma presto sarà primavera e le giornate si faranno più lunghe. Ne sente già il profumo nell'aria, tra una zaffata di smog e l'altra.
Non voglio che trascorra la bella stagione chiuso in gabbia. Lo hanno trasformato in uno squallido bruco. Vorrei tanto vederlo riprendere i suoi colori di farfalla.
Harleen parcheggia, poi scende per scaricare la spesa dal sedile posteriore. Ha scoperto che gli piacciono le uova farcite. Gliene preparerà un vassoio per fargli passare una buona domenica.
E per contorno un'insalatina con lattuga e gamberi con aceto balsamico.
Le strappa un sorriso il pensiero che Mr. J sembri più il tipo da bistecche al sangue. Molto al sangue. Ma per quelle dovranno aspettare di essere usciti da Arkham
Harleen Quinzel non è il tipo di persona che si spaventa facilmente. A lavorare ogni giorno con assassini schizofrenici ha imparato a non cedere al panico immotivato. Per questo si volta un istante troppo tardi, quando i passi alle sue spalle si fanno troppo vicini. E quando si rende conto di essere circondata da tre uomini con la faccia coperta da calze di nylon, ricorda cosa sia una paura genuina ed ancestrale, quella di una donna fisicamente debole che si ritrova ad essere una preda.
La borsa. Darà loro la sua borsa sperando che non vogliano altro. Quel pensiero fa aumentare il suo terrore. Irrazionalmente tenta di infilarsi fra due di loro. Mossa sbagliata.
Io lo conosco lo conosco lo conosco chi è?
Uno dei tre la agguanta per la gola e la fa urtare contro l'auto. "Cos'è questa storia, signorina?"
Questa voce questa voce e questo profumo così forte…
Non riesce a ragionare. Un pugno le arriva dritto sul viso.
"Come sarebbe a dire che quel mostro ha bisogno di cure?"
Urtare contro l'asfalto non è piacevole. Non c'è adrenalina. Non c'è Mr. J che le fa male e al tempo stesso la manda in orbita. Ci sono solo quei tre tizi che la sfiniscono di calci allo stomaco e sulla schiena. Deve rimettersi in piedi, provare fuggire. Non può restare lì. Ma fa troppo male.
"Lo sappiamo che tipo di cure gli presti. Fai schifo, lo sai? Che c'è, non ti accontenti degli onesti cittadini? Vediamo di rimettere le cose a posto."
No. Tutto ma quello no. Per favore, no.
Chiude gli occhi attendendo il peggio e decisa a lottare con tutte le sue forze.
Ricky… Thomas…?, pensa improvvisamente mentre un'ombra nera e imprevista cala su di loro.


Now when you work it out I'm worse than you
Yeah when you work it out, I want it too
Now when you work out where to draw the line
Your guess is as good as mine...

Where do we go, nobody knows
Don't ever say you're on your way down, when…
God gave you style and gave you grace
And put a smile upon your face


(Coldplay, God put a smile upon your face)











Note:
1) David Lepeskow. Scovato sul sito del Gotham Times. È l'ispettore che si è occupato dell'indagine sull'Arkham Asylum dopo il caso 'Spaventapasseri'. È abbastanza ovvio che al nostro Arkham costui stia sulle bolas.
2) La relazione tra Arkham e Joan Leland è una mia perfida invenzione. Il modo più ovvio per far DAVVERO interagire un personaggio del fumetto (Arkham) con uno della serie animata (Leland)
3) L'editore di Harley si chiama davvero Columbine (terribile, questa cosa, vero?) Anche i titoli dei libri sono AUTENTICI.
4)Lydia Filangeri. Se avete comprato il dvd a disco dooppio e vi siete pappati gli episodi di Gotham Tonight sapete benissimo chi è. Se non aveete comprato il dvd a disco doppio, prima vi spedisco a inginocchiarvi sui ceci e poi vi frusto.
5) Harley senza codini non è Harley. E a Kristen donano. ^_^
6) Serve precisare che il film che piace tanto alla mamma di Morales è 'Cabaret'? No, vero?
7) Harley e il Caffè Kaboom. È seguendo le tracce di una bionda svitata che pasteggia a Caffè Kaboom che Renée Montoya scova il nascondiglio suo e di Ivy nella miniserie Gotham Girls.
8) Jack Ryder, alias The Creeper. Non ho saputo resistere alla tentazione di infilarcelo, vista la cotta micidiale che ha per Harley nella serie animata
9) Nella serie televisiva 'The Batman', Harley ha EFFETTIVAMENTE preso il dottorato su internet e conduce DAVVERO un programma tv per cuori spezzati.
10) Lydia Filangeri ed Harlene Quinzelle. In tanti sbagliano in suo nome. E io mi incacchio come una biscia. Soprattuttto per quento riguarda le fanfiction. Prima di cominciare a scrivere su un personaggio bisognerebbe almeno sapere come si chiama.
11) Lady Shiva, alias Sandra Wu-San. Madre dell'ultima Batgirl, Cassandra Cain, è un personaggio che passa dai buoni ai cattivi a fasi alterne e secondo il vezzo degli sceneggiatori. È stata per un certo periodo la gaurdia del corpo di Ra's Al Ghul. Io l'ho messa al fianco di Talia anche se nella continuity regolare non è che le due si sopportino molto. Licenza poetica?



Tesorucci cari… La vostra affezionatissima ha la schiena a pezzi e non può stare tanto al pc, quindi vi chiedo di aspettare pazientemente il prossimo aggiornamento per le note e i ringraziamenti. T____T
Mi spiace avervi fatto attendere così tanto, ma vi avviso fin d'ora che per ragioni di salute, anche il prossimo capitolo si farà desiderare. Conto di rimettermi in piedi al più presto. Voi tenete le dita incrociate.
Intanto il Golden Globe è arrivato. E domani sarà un anno dalla morte di Heath…

JeanG.

P.S. Visto che l'ho già detto a Lefteye in privata sede, per chi fosse interessato, alla fine mancano cinque capitoli più l'epilogo che comunque verrà pubblicato insieme all'ultimo. ;-)


Edit di un'autrice (?) malconcia.: Ho aggiunto le note.




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Capitolo 15
*** Terapia n°10 - Burrasca ***



Terapia n°10


"Burrasca"
















Never thought you'd make me perspire
Never thought I'd do you the same
Never thought I'd fill with desire
Never thought I'd feel so ashamed
Me and the dragon can chase all the pain away
So before I end my day, remember
My sweet prince, you are the one
My sweet prince
you are the one


(Placebo, My Sweet Prince)

Harleen Quinzel si maledirà nei giorni a venire per non avere colto abbastanza dettagli di quell'esperienza.
È forte. Questa è la prima cosa che ha notato. L'ha sollevata da terra con un braccio solo.
"Tieniti" le ha detto con quella strana voce roca e profonda.
Lei si è chiesta se stesse sforzando le corde vocali o se avesse qualche bizzarro aggeggio per deformare i suoni attaccato alla gola. Poi ha chiuso gli occhi e si è aggrappata al suo collo.
Aveva immaginato che il suo costume avesse la stessa consistenza della gomma dei pneumatici. Invece quella sostanza scura è ruvida e vetrosa. Il suo mantello fa un rumore assordante quando lo spiega per slanciarsi con lei verso l'alto. Sta usando una fune, probabilmente. Lei si chiede perché non l'abbia semplicemente presa in braccio portandola su per le scale, se proprio l'idea di usare l'ascensore non è nelle sue corde. Poi si domanda che fine abbiano fatto i suoi aggressori. Poi pensa che Pamela non ci crederà mai, ma ricorda che Pamela se n'è andata.
Infine non pensa più a niente quando lui la depone gentilmente sul divano del suo salotto.
Ricky Thomas mi ha aggredita… e sono iscritta alla sua palestra da quattro anni…
Non c'è una parte del suo corpo in cui non senta dolore. L'hanno conciata male. Ma poteva andarle peggio. Non vuole pensarci. Si mette a tremare, ma sa che si tratta dello shock. Se lui non fosse arrivato…
Batman. In quanti possono dire di averlo visto da vicino? Alcuni dubitano perfino della sua esistenza. E invece è lì, un'ombra nera contro la sua finestra aperta.
"Devi andare in ospedale. E poi alla polizia. Devi denunciare l'aggressione."
Ospedale…
Contusioni. Escoriazioni. Forse una costola incrinata. Fortunatamente non ha battuto la testa.
La spalla… non riesco a muoverla… deve essere slogata…
"Sono stata salvata da Batman…" sussurra. "Che ci fai qui? Non hai qualche maxirapina da sventare? Qualche ostaggio di lusso da liberare? Qualche mafioso da assicurare alla giustizia? O qualche volante da cui farti inseguire?"
Ingrata. Sono un'ingrata. Dovrei ringraziarlo. Solo ringraziarlo.
Parla troppo, gliel'ha detto anche Mr. J. Deve imparare ad apprezzare il silenzio, soprattutto il proprio.
"Ti osservo" le risponde l'ombra. "Ti osservo da un paio di notti. Quello che stai facendo è sbagliato."
Da un paio di notti? Lei la notte dorme. E non le piace affatto l'idea di un pipistrello gigante che la spia.
"Quello che sto facendo…?"
Va bene. L'ha salvata. Adesso però vorrebbe starsene in pace. Deve medicarsi e poi… Chiamare la polizia? Non ne ha voglia. Probabilmente loro penseranno che se l'è cercata.
"Il Joker è un maniaco assassino" sentenzia il vigilante nero.
Ma che bella scoperta…
Harleen stringe i denti. Ogni minimo movimento le provoca delle fitte atroci. Deve ingoiare un antidolorifico al più presto.
"Ti sta usando. E tu sei caduta nella sua trappola. Sei prigioniera di un delirio, Harleen. Cosa credi che stia succedendo? Il Joker non ti ama. Il Joker non sa amare. Al Joker interessa una sola persona. Se stesso."
Una predica da un vigilante mascherato da chirottero è l'ultima cosa che le ci vuole. Perché quel tizio deve avere l'assurda convinzione di essere l'unica persona a conoscere davvero Mr. J? L'unica persona che a Mr. J interessi? Sì, il suo tesoro parla sempre di lui. Ne parla anche troppo. Lo considera il suo perfetto contrappeso. Lei invece è la sua metà, e non importa quale sia l'opinione di Batman in proposito. Nessuno ha intenzione di scalzarlo dal suo ruolo di nemesi. Ma lui non deve provare a privare lei del suo ruolo di compagna.
Si ritrova a ridere nonostante la cosa le provochi delle fitte spaventose.
"Luoghi comuni" gli spiega fissando la sua maschera inespressiva. "Retorica. Frasi fatte. Questo è il mio campo, B-man. Cosa credi che sia l'amore? È un processo chimico naturale. Secrezioni ghiandolari. Stimoli visivi e olfattivi. Anche il peggiore sadico di questo mondo sa innamorarsi. Anche la mente più deviata. Quella che cambia è la risultante. La reazione all'innamoramento. Cioccolata, mazzi di fiori, anelli di diamanti… È così che la vedi tu? Il sacrificio per l'altro. Lacrime. Dolcezza. Non sono la regola, uomo in nero. Togliti i paraocchi e ti accorgerai che l'amore non è una prerogativa dei cosiddetti 'buoni'. Fattene una ragione."
Non lo sopporta. L'eroe. Il martire. Chi gli dà il diritto di essere quello che è? Perché le sue turbe, le sue psicosi, il suo superomismo da due soldi ne hanno fatto un mito mentre Mr. J deve essere rinchiuso? Pazzia positiva. Pazzia negativa. Bene. Male. Chi l'ha deciso?
"Rachel Dawes" scandisce il Cavaliere Oscuro. "Aveva la tua età. Un'intera vita davanti a sé. Anche lei era innamorata, Harleen. Anche lei avrebbe voluto essere felice. Il tuo protetto l'ha fatta saltare in aria. Non sono riusciti neppure a rimettere insieme il suo corpo. Perché non dovrebbe riservarti la stessa sorte? Pensaci."
Pensarci? E a cosa servirebbe? Rachel Dawes. Se la ricorda, lei e il suo musetto da porcellino d'India. L'assistente di Harvey Dent. La donna di Harvey Dent, motivo principale della sua rapida e straordinaria carriera. Se la intendeva con Batman alle spalle del suo eroico fidanzato, a sentire Mr. J, che sa essere davvero pettegolo quando vuole. A quanto pare è vero.
Perché evidentemente preferisce le bionde, sta per rispondergli, ma non vuole che continui il suo sermone.
"Lo terremo ad Arkham" afferma. Ha bisogno davvero di ingoiare un paio di pillole. Se quel tizio fosse abbastanza intelligente capirebbe che non è il momento di fare conversazione. "Così tu e quelli che proteggi con tanta abnegazione potrete continuare definirmi 'la puttana del Joker' e a sentirvi moralmente superiori per questo. Quindi la faccenda non è più affar tuo. Non preoccuparti. Me lo terrò vicino vicino. E a te non darà più fastidio."
Solo dopo un attimo Harleen si rende conto di stare parlando al nulla. La leggenda di Gotham se n'è andata lasciando la finestra spalancata. Un vero maleducato. Sparire in quel modo mentre una signora sta parlando, senza neppure salutare…
Ok, adesso?
Fa leva sui gomiti tentando di alzarsi. Deve raggiungere l'armadietto dei medicinali. E chiudere la finestra. E…
Stringe i denti, poi si arrende crollando sulla schiena. Il telefono è sul tavolo accanto a lei. Tende il braccio e riesce a raggiungerlo alla cieca. Il dolore le fa tremare le mani. Respira profondamente fino a quando non ritrova il controllo, poi cerca il numero in memoria. Joan non risponde. E anche il suo cellulare è spento. Dopo tutto è sabato sera. Un bravo medico dovrebbe essere sempre reperibile. Un medico dei pazzi può permettersi di fregarsene. Il dottor Arkham? Sì, forse. Deve chiamare lui, oppure…
Pam, dove sei?
Due posizioni più in su rispetto ai numeri di Joan. In fondo lui è l'unico di cui senta di potersi fidare, al momento. E le risponde dopo un solo squillo.

Jonathan Crane arriva da lei dopo meno di un'ora. Deve avere corso come un disperato. Harleen nell'attesa è riuscita a trascinarsi fino alla porta. Ma quando gli apre è in ginocchio e deve pregarlo di aiutarla a rimettersi in piedi.
"Non è niente, non è niente" gli dice prima che lui abbia il tempo di aprire bocca.
Deve avere perso i sensi per qualche istante perché non ricorda come è arrivata in camera da letto. Ma si sente meglio anche solo nel rendersi conto che Jonathan le sta tenendo la mano.
"Ciao, dottore…" gli dice, ma la sua espressione è quella di chi non ha assolutamente voglia di scherzare.
"Che è successo? Chi è stato? Un paziente?"
Lei scuote la testa debolmente. "Tre spostati nel parcheggio qui sotto. Mi sarebbe andata peggio se non fosse arrivato Batman."
L'espressione di Jonathan è scettica. Che faccia tosta. Lui, che con il Pipistrello ha avuto più di uno scontro frontale…
"Mi aiuti?" gli chiede. Al momento non le interessa se lui le crede o meno.
"Harley, lo sai che non ho più la licenza. Io non…"
"Dannazione, Crane!" perfino infuriarsi è doloroso.
Rilassati rilassati rilassati…
"Devi solo rimettermi in piedi. Non me ne frega niente di quello che hanno deciso. Tu sei e resti un medico. Un ottimo medico. Quindi finiscila. E dammi una controllata generale per vedere se c'è qualcosa di danneggiato all'interno."
Lui non protesta più. "Tieni tutto in bagno, vero?" le chiede, poi lascia la stanza senza aspettare risposta.
Nei venti minuti successivi Harleen Quinzel ricorda improvvisamente perché Jonathan Crane fosse considerato il migliore.
"Sono seduto sul tuo letto e ti sto spogliando. Sapevo che sarebbe successo, prima o poi" le dice strappandole un sorriso. Ma intanto le sue mani diventando abili e professionali. "Ferite superficiali. Ematomi. Ci vuole una lastra. Hai preso un bel po' di calci all'addome, vedo."
"Non sto sputando sangue, Jonny."
Lui le lancia un'occhiata feroce, quello che si riserva ai pazienti che fanno i capricci. "Devo rimetterti a posto la spalla. Stringi i denti perché farà…"
Un colpo secco. Lei non riesce neppure a urlare. Resta a boccheggiare pregando che quel dolore atroce passi in fretta.
"… male. A posto. Che fai? Piangi? Coraggio. Se fai la brava ad aspettarti c'è un bel lecca-lecca."
Fottiti.
Va meglio, adesso. La consola sapere che nessuna ferita avrà bisogno di punti. Vuole evitare a tutti i costi di andare in ospedale. Non vuole sentirsi fare domande.
"Jonathan, voglio fare il bagno. Sono finita distesa sull'asfalto. Starò brulicando di germi."
Si conosce. Presto, non appena avrà finito di preoccuparsi per i lividi, comincerà a sentire prurito ovunque. Ma il suo medico per una notte sembra provi piacere a torturarla. Il nuovo passatempo di Gotham City.
Sta iniziando ad avvertire un senso di vertigine. Le pillole che ha ingoiato cominciano ad annebbiarle il cervello. Alla fine non protesta più. Accetta il suo aiuto per fare delle spugnature, come un'invalida, e solo a tratti si rende conto di avere addosso le mani di un uomo che ha una sbandata per lei.
Che persona dolce. Mio caro Jonathan. Così gentile. Così corretto. Distogli perfino gli occhi mentre mi aiuti a vestirmi. E arrossisci come un ragazzino. Anche tu sei come lui. Gli altri non riescono a vederti davvero.
"Harley, perché hai chiamato me?" le domanda mentre guarda nei suoi cassetti per riempire una borsa. "Nel caso decidano di tenerti in osservazione" le ha spiegato. Quindi sembra proprio che non potrà sfuggire all'ipotesi 'ospedale'. Ma lei non ha il coraggio di dirgli che per trattenerla dovranno legarla.
"Perché sei un mio amico" gli risponde. Non gliene restano ormai molti.
"No, quello che voglio dire…" Jonathan abbandona per un attimo la scelta degli asciugamani. Esagerato. Tanto saranno di ritorno prima di quanto immagini. "Harley, dov'è il tuo ragazzo? Perché non è qui?"
Ha uno sguardo limpido e innocente, Jonathan Crane. Eppure, dietro quel viso gentile, è nascosto un mondo di follia e terrore.
Dimmi, che effetto fa trovarsi fra i reclusi di Arkham? Cambiare del tutto prospettiva?
"Lui non può muoversi. Letteralmente. Non lo lasciano uscire. Fa paura alle brave persone di questa città. Le brave persone come quei tre nel parcheggio."
Non deve pensarci. Deve dimenticare in fretta. O forse no? Un nome ce l'ha. Cosa farebbe Mr. J con un nome? Lo userebbe per ottenere gli altri due. E poi impartirebbe una lezione a quegli schifosi.
"Harley, per l'amor del cielo…" La voce di Jonathan ha il tono di una supplica. Lei sa benissimo cosa sta pensando. Che le chiacchiere che ha sentito in giro sono vere. E quindi? Perché non chiama Ricky Thomas e lo invita a finire il lavoro?
"Per favore. Non posso sopportare una predica da parte tua, dottor Spaventapasseri. Sai, in fondo siamo più simili di quanto potessi immaginare quando ti ho preso in cura."
Lui stringe le labbra e tace. Sono due pazzi. E sono soli. Possono anche smettere di fingere di essere parte del tessuto sociale. Magari un bel giorno organizzeranno un tavolo da poker, lei, Jonathan e Mr. J. E Batman.

Ci hanno provato sul serio, al Memorial, a costringerla a fermarsi per la notte. Lei ha puntato i piedi. Il fatto di essere un medico ha evitato discussioni. Le hanno chiesto chi abbia provveduto alle medicazioni.
"Da sola" ha mentito, evitando di trascinare Jonathan in quel gran macello. Una balla poco credibile. Alcune delle ferite sulla schiena non avrebbe mai potuto raggiungerle.
La gita al commissariato è stata ancora più seccante. Avevano tutti quella faccia, la cara Montoya in primis. La faccia da "poveretta, ecco che succede a fare comunella con il Joker." Perché è sempre lui il colpevole, in un modo o nell'altro. Colpevole di avere scatenato comportamenti criminali, iniettando la paura nella testa e nelle azioni di persone incensurate. Probabilmente lo reputano un ragionamento sensato. Lei lo trova ridicolo e qualunquista.
Il vostro capro espiatorio preferito.
Perché proprio Montoya? Perché si è precipitata di corsa quando hanno ha saputo di lei invece di lasciarla in compagnia di un anonimo poliziotto mai visto né conosciuto prima? Almeno si è risparmiata Jim Gordon. Non hanno proprio niente da fare alla divisione Grandi Crimini?
Ha risposto a tutte le domande. Ha lasciato che fotografassero i segni sul suo corpo. Ha anche resistito alla tentazione di insultarli tutti quanti quando qualcuno ha provato a rimproverarla per essersi fatta medicare inquinando le prove. Ha sopportato le occhiate di disgusto rivolte al suo accompagnatore. Ma quando Renée Montoya le ha chiesto se avesse riconosciuto i suoi aggressori, ha mentito. La voce. Il profumo da maschio sportivo a caccia perenne di selvaggina. Ne sa abbastanza da capire che come prove fanno pena e che Ricky Thomas non avrebbe bisogno della "Hyden, Jones, Thompson & Wayland" per essere rilasciato e chiedere anche un risarcimento al GCPD. E tutte quelle scene da telefilm, con zelanti agenti della scientifica a caccia di frammenti di DNA, sono quasi fantascienza e non vengono tirati in ballo per una semplice aggressione. E in fondo a quei poliziotti interessa un solo argomento quella notte: Batman. E parlare di lui con quella gente le ha messo una malinconia incredibile addosso.
Ricky… sto venendo a prenderti. Tu non sai quanto è enorme l'errore che hai commesso stasera.
"Vuoi che mi fermi da te?" le chiede Jonathan mentre l'auto procede a passo di lumaca sotto la pioggia battente. Si sta scatenando un'autentica tregenda, imprevista e cattiva. Molto in tema con l'atmosfera e il suo umore. "Io non me la sento di lasciarti da sola."
Sì, è dolcissimo.
Regalami un po' della tua tossina, Jonathan. Voglio terrorizzare qualcuno.
Le piacciono i lampi. Le sono sempre piaciuti. Sono potenti e bellissimi. L'elettricità ha qualcosa di magico e incontrollabile quando si scatena in tutta la sua violenza.
"No. Portami ad Arkham. Preferisco dormire lì, stanotte" gli risponde.
Una tempesta e un lugubre castello popolato di pazzi. Quando ha cominciato a sentirsi a casa ad Arkham? A considerarlo il proprio nido malsano ma indispensabile?
Lui non le dice nulla. Le lancia appena uno sguardo, poi torna a prestare attenzione alla strada quasi scomparsa sotto l'acqua scrosciante e le lame gialle dei fari.
"Il tempo è impazzito" commenta cambiando decisamente discorso. "Abbiamo avuto un inverno con un clima primaverile. Non vorrei che cominciasse a fare freddo proprio ora."
Vero. Verissimo. E lei apprezza il gesto di avere glissato sull'argomentobr> Jonathan Crane. È proprio lui? O è solo il suo guscio vuoto? Quell'uomo è stato sul punto di distruggere Gotham. E adesso vende libri e sembra non avere rimpianti. Né aspettative.
"Mi dispiace, Jonathan."
"Figurati." Lui la osserva con la coda dell'occhio. "Se non ci aiutiamo tra amici… Harley, vuoi che venga a prenderti, domani? Sei senza auto…"
"Mi dispiace per quello che ti ho fatto" lo interrompe. È tutto fin troppo chiaro nel suo orrore estremo. "Io ti ho tolto tutto ciò che ti rendeva unico. Per darti cosa? Le tue ricerche in fumo. Perfino la tua decisione di provare a mettere le cose a posto. Nemmeno quella andava bene. E adesso? Ti capita mai di pensarci, Jonathan? A quello che eri prima e a quello che sei ora…"
Il suo sguardo è fisso sulla strada. È teso e la cosa non può sfuggirle. La sua risposta si fa attendere ma alla fine assomiglia a un tentativo di convincere soprattutto se stesso.
"Tu mi hai guarito, Harley. Mi hai restituito una vita degna di questo nome."
Certo.
"Non è vero." È sull'orlo della disperazione. Tutto quello che ha fatto fino a quel giorno assume un peso spaventoso. E ci ha creduto fino a poco tempo prima. Ha finto di crederci, anche quando la verità è stata evidente. Ma adesso non può più nascondersi. "Io ho solo fatto a pezzi l'elemento di disturbo. Fregandomene di te, di tutti gli altri che ho rimesso in strada, perfettamente reintegrati e sani. A brancolare chiedendosi perché all'improvviso il mondo sia diventato grigio. Dovresti odiarmi. Io mi aspetto che tu lo faccia. È quello che merito."
Jonathan accosta bruscamente. Lei non ha la più pallida idea di dove siano.
"Piantala, Harley. Capita a tutti, almeno una volta. È uno degli inconvenienti del nostro lavoro. Solo che a te sta prendendo davvero male. È una professione che causa uno stress notevole. E tu stasera sei scossa per quello che ti è successo. Se vuoi lasciare, occuparti di altro, fallo. Ma solo dopo una bella vacanza e averci riflettuto. È quello che ti ci vuole, adesso."
Sì, dottore.
Chissà se si è accorto di averlo definito "il nostro lavoro". Jonathan si sbaglia. Lo stress è solo una componente. In realtà è come se qualcuno avesse acceso una lampadina nel suo cervello. Ha sempre cercato di comprendere i suoi pazienti. Maniaci, assassini, squilibrati. Ora che sa qual è l'unico modo per riuscirci, si rende conto che tutta la sua vita si è basata su un colossale equivoco.
Pazzia?
"Vi serve un'altra commessa, alla libreria dove lavori?" chiede.
Deve smetterla di torturare Jonathan, di fargli del male.
"Potresti andartene alle Hawaii e goderti il gruzzolo che hai messo insieme con i tuoi manualetti amorosi" le propone rimettendo in moto. "Stai tremando. Chiudi gli occhi e rilassati, Harley."
Lei obbedisce inconsciamente. Manualetti amorosi. Jonathan Crane una volta lo diceva con maggiore disprezzo. Prima di cadere vittima di quell'eccentrico innamoramento nei suoi confronti.
E io mi sono rifiutata di assecondarti perché non lo consideravo etico. Come cambiano le cose.
"Devo fermarmi qui" le dice Jonathan accostando di fronte alla cancellata. "Non faccio più parte del personale autorizzato. Come pensi di cavartela con la borsa e l'ombrello? Harley… io non credo che sia una buona idea passare la notte qui."
Paura dei fantasmi? 'Sono lo spettro di Martin Hawkins… Guarda come fuma il mio cranio…'
"Me la caverò. Grazie, Jonathan." Si sporge verso di lui e gli stampa un bacio sulle labbra, giurando a se stessa che non permetterà mai che facciano a Mr. J quello che hanno fatto al geniale dottor Crane.
Arkham, l'inferno. Arkham, infamia e follia. Com'è bello sotto la tempesta, così buio e minaccioso. Ma è bello solo visto da fuori. Il suo stomaco assimila chi resta fra le sue mura troppo a lungo. Arkham è una dipendenza. È tempo di ripulirsi le vene.

Marla Smyth spalanca occhi e bocca quando la vede entrare in infermeria. Poi le offre una tazza di tè caldo dal suo termos. Sta ad Arkham da vent'anni e non ha mai subito alcun incidente con i pazienti, a differenza dei suoi colleghi uomini, più giovani e robusti di lei. Il giorno in cui hanno sparato a Mr. J lei non era di turno. Per questo ora la bellissima spalla del suo pasticcino assomiglia a una cartina geografica. Harleen è certa che Marla lo avrebbe ricucito con criterio. Lei è l'unica a definire gli internati "quei poveri ragazzi".
"Che cosa vergognosa" le dice poi lasciando trasparire una profonda indignazione nella voce. "Una ragazza non può più girare tranquilla. Non si riesce più a vivere, in questa città. Sta bene, dottoressa? È andata alla polizia?"
La polizia. Che ossessione. Ma Marla non lo fa con cattiveria. Crede davvero che a questo mondo ci sia un modo per sistemare tutto quello che si mette a girare per il verso sbagliato.
Harleen le chiede di prepararle un letto. Potrebbe dormire nel suo ufficio, certo. Potrebbe. Ma si ripete che quelle brande sono più comode del suo divano. Che solo quello è il motivo. E Marla infatti non commenta ma si offre di mettere una coperta in più.
"C'è solo Sally Blaise, stasera. Ma non le darà fastidio. È sedata. Dopo cena ha cercato di cavarsi gli occhi."
Harleen le risponde che non c'è problema. Sally è solo una sagoma immobile, voltata verso la parete. Non uscirà mai da Arkham. Non fa progressi. Non ci prova neppure. È lì dentro da sette anni, da quando ha affogato il suo bambino di tre mesi. Una paziente tipica. Una delle poche donne. C'è qualcosa di consolatorio nel fatto che il reparto femminile sia quasi spopolato.
Siamo naturalmente meno bestiali di loro… pensa Harleen infilandosi nel letto e salutando Marla.
Ne ho avuto l'ennesima dimostrazione questa sera.

Harley Quinn, presa e rinchiusa ad Arkham. Harley Quinn, dichiarata pazza. E vedrà il mondo da quella prospettiva. Lenzuola ruvide. Materassi duri. Le manca l'uniforme. Chissà che effetto fa averla addosso. Avrà un numero identificativo. Le concederanno l'accesso al cortile? E alla sala ricreativa? Harley Quinn è pericolosa. Harley Quinn va tenuta in isolamento. No, povera Harley Quinn. È una vittima. È stato il Joker a farla impazzire. Forse è recuperabile. Il problema principale di Harley Quinn è che non riesce a guarire dalla sua ossessione. Basta che il suo uomo rientri nel suo campo d'azione e Harley Quinn è perduta di nuovo. Tutto da rifare. Dottoressa Leland, vuole occuparsene lei? Se non sbaglio eravate amiche prima che perdesse la bussola. Ora è in infermeria. Ci sono solo lei e Sally Blaise, al momento. Sì, ha tentato di cavarsi gli occhi. Di nuovo. Harley Quinn invece ha preso a testate un muro. Ha detto agli infermieri che così forse il Joker sarebbe uscito dai suoi pensieri…
Harleen sorride nel buio. Lampi, tuoni, fulmini. Sbarre alle finestre. Il quadro è credibile. La prospettiva sul proprio futuro molto realistica. Così è quella la sensazione che si prova. Un animale spaventato. Che non riesce a spiegare agli altri le proprie ragioni.
Ha bisogno di un'altra pastiglia. Il fianco le fa male. La luce fioca del suo orologio da polso le dice che sono le cinque e mezzo di una domenica buia e temporalesca. Ha dormito? Non sa dirlo con esattezza. Di sicuro ha immaginato molto.
Harley la pazza. No, non va bene. Ci vuole qualcosa di più efficace. Harley Quinn, la Dama del Caos. Il Cupido del Crimine. Bello. Le piace. Suona benissimo.
Scivola fuori dal letto mentre Sally Blaise comincia a lamentarsi nel sonno.
Saluta Marla e le annuncia che andrà a fare la doccia e poi filerà direttamente nel suo ufficio a lavorare.
E al diavolo anche Jonathan e le sue spugnature.
"È domenica, dottoressa. Perché non torna a casa a riposare?"
Lei la ringrazia, poi le dice che il lavoro la aiuta a non pensare. È quasi vero. Il suo lavoro la fa pensare solo a cose piacevoli. Il suo lavoro la fa pensare solo a lui. Il suo lavoro è lui.
Le docce per il personale sono di parecchio migliori di quell'orrore destinato ai pazienti. Quando uno schizofrenico decide di tagliarsi via metà della faccia, inzuppando il medico di turno di sangue, almeno suddetto medico di turno ha la consolazione di potersi lavare subito, senza sentirsi un internato.
L'acqua bollente le fa girare la testa, ma lei non regola la temperatura.
Disinfezione. Cancellazione. Rinascita.
Nuova di zecca, pensa asciugandosi i capelli. Le medicazioni sarebbero da rifare. Inutile. Forse fra qualche ora sarà morta. Felice ma morta.
Non mette il camice sopra i suoi vestiti puliti. Pantaloni neri. Camicia rossa. Un caso?
Credici, Harley.
Il suo armadio si sta riempiendo di capi rossi e neri.
E allora?
Il tempo di portare la borsa riempita da Jonathan nel suo ufficio. Il tempo di prendersi un caffè con una ciambella glassata. Il tempo di pensare a quello che sta per fare. Un tempo minimo.
Nello scantinato non c'è nessuno in vista. Il guardiano… Morales o i due nazisti?... deve essere dentro. Harleen suona per farsi aprire e quel rumore fortissimo e sgradevole le urta i nervi. Morales. Fortunatamente. Anche se la guarda come se fosse uno degli alieni di Spielberg.
"Dottoressa. Come mai è già arrivata? Mio Dio, la sua faccia… Che è successo?"
Lividi. E non mi piacciono. Questi non mi piacciono.
"Un simpatico tentativo di aggressione, Paulo. Nulla di grave. È sveglio? Se non lo è pensaci tu. Portalo nel mio ufficio prima possibile."
"Ora? L'ho appena riportato dalle docce ed è di cattivo umore. Non credo sia il caso…"
Di cattivo umore? Ovvio. Se lo svegliano sempre così presto per le sue abluzioni obbligatorie è sorprendente che non abbia compiuto un massacro a colpi di saponette. Ma il fatto di doverlo tener lontano dagli altri pazienti comporta qualche piccolo disagio.
Che cosa romantica. Abbiamo fatto la doccia quasi nello stesso momento. Peccato non fossimo insieme.
"Ora, Paulo. Se fa storie picchialo. Se necessario, legalo. Ma non sedarlo. Mi serve sveglio. E… cerca di non fargli troppo male, per favore."
La cosa buona di Morales è che non fa domande. Quella cattiva è che sembra aver capito tutto. Pazienza. Non ha più voglia di tenere segreti.
Datemi un megafono. Voglio urlarlo a tutti quanti.
L'Asylum è bellissimo a quell'ora. E in quel giorno. Quasi nessuno in giro. Atmosfera crepuscolare. E il rumore dei tuoni comincia a mescolarsi a quello delle grida degli internati che si svegliano.
Questo usignolo è Carmine Falcone. Gli rispondono gli acuti di Jerry 'Mano Mozza' Tristan.
Harleen non prende l'ascensore. Le scale in penombra sono tutte per lei.
Casa, dolce casa…
La verità è che è inutile farsi scrupoli. Sono una grande famiglia. E i panni sporchi e tutto il resto e i segreti inconfessabili e la protezione del gruppo e dei suoi elementi… Sì, sì. Tutto bellissimo. Quello che succede ad Arkham resta all'interno di Arkham. Dimenticarsene è stato l'errore di Jonathan. Adesso è il suo turno. Arkham, o il mondo esterno. Arkham o Gotham. La risposta è semplice.
Dovunque sia lui.

Un giorno pazzo come tutti gli altri. Diverso da tutti gli altri. Lui lo sa. Ce l'ha scritto in faccia. Morales ha ragione. È di cattivo umore. Perché sono solo le sei e dieci.
"Sadismo, Harley. Crudeltà gratuita. Costringermi a sorbirmi le tue chiacchiere all'alba. A quando gli aghi roventi sotto le unghie?"
Ci vuole qualcosa di straordinario per bloccare il suo senso dell'umorismo. Qualcosa che lei non ha scovato fino a quel momento. E adesso Harleen è quasi certa che non sia affatto pazzo. Perché non ride come si era aspettata. In fondo è un dettaglio che le provoca sollievo. La sta studiando. Sembra non capire cosa stia osservando. Le si avvicina e scruta il suo viso in silenzio. E quel silenzio è terribile. Non sa mai cosa succederà subito dopo. Harleen lo lascia fare approfittando di quegli attimi per liberargli i polsi.
Belle, belle mani, bellissime…
Sta cominciando ad annoiare perfino se stessa.
"Cosa? Cosa?" domanda lui sollevandole il viso e continuando a studiarla. "Un pessimo lavoro. Brutale, rapido, poco soddisfacente. No, non va bene. Non. Va. Bene. Il messaggio non è abbastanza chiaro? Chi è stato? Chi si è permesso di venire a gettare rifiuti nel mio territorio? Di marchiare il mio bestiame? Di… di…"
Avanti. Dillo. Infuriati davvero.
"… di lasciare lividi sul viso della mia bambina?"
Così va bene. Lui lo sa perfettamente. La risposta è "chiunque". Lo stanno ripetendo tutti, a Gotham. "La puttana del Joker". Ma questo non li ferma. Colpiscono lei perché non possono arrivare a lui. E perché in realtà stanno smettendo di temerlo.
"Hai i capelli umidi. Ti prenderai una bronchite."
Quando potrà occuparsi di lui a tempo pieno lo costringerà ad avere maggior cura della propria salute.
"Lividi sul viso della mia bambina…"
"Non solo sul viso."
Alea iacta est.
Con calma serafica apre uno dopo l'altro i bottoni della sua camicetta.
Offre alla sua vista i marchi che quella notte orribile ha lasciato su di lei. Sa che il suo sguardo sarà esclusivamente 'professionale'. I suoi occhi se ne infischiano del suo corpo seminudo. I suo occhi osservano solo il lavoro fatto su di lei.
E questo fa più male di tutto.
"Le uniche ferite che voglio sono quelle che mi infliggi tu. E non ripetermi che sono pazza. Lo so."
Se la ascolta non lo dà a vedere. Dissezione senza bisturi. Un cadavere su un tavolo da autopsia. È così che si sente. Presto sarà fredda. Un corpo morto. E non riuscirà più a farlo ridere.
Missione fallita, Arlecchino, pensa mentre lui con indifferenza strappa via le garze che Jonathan le ha applicato con tanta cura.
Non fa nulla. Meglio così. Meglio cancellare le tracce del passaggio di altri uomini. Qualunque tipo di passaggio.
Belle, belle mani, bellissime…
Le sente sulla vita e sono bollenti.
"Hai ragione. Farti male è compito mio. Dovremo fare in modo che lo capiscano." È un sussurro, ma fatto di veleno.
Sì, esattamente. Ma cosa dovrei fare, secondo te? Scendere in strada vestita da giullare e far esplodere qualche bomba in tuo onore?
Quella domanda e qualcun'altra saltano fuori mentre gli sfila la casacca rossa. Troppo rosso, quella mattina. Per dei folli come loro è una buona scusa per perdere la testa. Non c'è da lottare o supplicare. Lui la asseconda. Lui collabora. Se avesse saputo che sarebbe stato così facile si sarebbe decisa prima.
"Dobbiamo… ribadire il concetto, Harley Quinn."
Ribadire il concetto. Mr. J lo sa. C'è solo un modo. Dare alla gentaglia là fuori quello che desidera.
Domanda numero uno. Da fargli finché le resta ancora un po' di lucidità. No, non può chiederglielo sul serio.
Sei sposato? Mia madre mi diceva sempre 'tutto, ma mai con un uomo sposato'. Non voglio che salti fuori una moglie da un momento all'altro…
Tanto non risponderebbe. E una moglie può sempre morire di morte violenta.
Ci ha messo una vita a toglierle i vestiti che aveva ancora addosso. È certa che l'abbia fatto apposta.
Abbiamo chiuso la porta?
Non ha il tempo di accertarsene. Essere letteralmente scaraventata sul divano è un'esperienza spiacevole per la sua schiena malridotta. Ma sempre meglio del pavimento. In fondo è stato gentile. Più del solito, almeno.
Paura. Adesso ne ha davvero. E al tempo stesso non si è mai sentita così euforica. È reale. Concreto. Ha smesso di sognare ad occhi aperti. È fatta di plastilina sotto le sue mani. Forse le sue ossa finiranno in briciole. Non sono carezze. È una presa di possesso. Si morde le labbra intuendo il percorso delle sue dita. Sta inseguendo le sue ferite, si sta accanendo su di loro perché diventino più profonde, perché diventino sue. Lei non gli chiede di fermarsi, né di fare più piano, neppure quando le pianta le dita ad artiglio nella guancia tumefatta. Va bene così, è come deve essere. È quello il dolore che la infiamma e che le fa perdere la testa. Il suo.
Lo stringe a sé cercando le sue labbra. Forse la ucciderà quando sarà finita. E non ha la minima importanza. Quei mesi si contraggono in un singolo istante, scorrendole davanti agli occhi. Sorrideva, quel primo giorno, il suo Joker.
"Sta flirtando con me, lady?"
Un'eternità di tempo è corsa via. Ma ha saputo subito come sarebbe finita.
Sì, sembra una cosa così stupida, ma forse ti amo da quel primo momento, da quando ti ho visto e ti ho voluto con me.
Il suo posto nel mondo è con lui, il suo peso addosso, le gambe intorno alla sua vita e quell'attesa estenuante. Vorrebbe pregarlo di fare in fretta. Quello che invece esce dalle sue labbra è una domanda.
"È mai sopravvissuta qualcuna a un'esperienza del genere?"
Non vuole saperlo. Non davvero. Non vuole nemmeno pensare a quello che può esserci stato prima nella sua vita. Ora è suo.
"Non lo so. Non mi sono mai fermato abbastanza a lungo per controllare."
Uno scherzo. Uno dei suoi. O forse no. Non le importa. Trattiene il fiato sentendolo scivolarle dentro. I romanzi hanno sempre una fretta indiavolata. I romanzi accavallano le parole per arrivare alla tanto decantata 'estasi', al 'culmine', le 'vette inusitate del piacere' , o altre simili parafrasi formato spazzatura. Non si soffermano mai sul momento sospeso che segna il passaggio definitivo tra il prima e il dopo.
Quello in cui io divento te e tu diventi me. Quello che dà il via a tutto il resto.
L'inizio e la fine. Si sorprende nello scoprire quanto sia possessivo ma al tempo stesso privo della brutalità che si era aspettata. Sembra che voglia prendersi fino in fondo ogni momento, come se stesse scoprendo qualcosa di insolito e imprevisto. E lei diventa totalmente docile, perché lui capisca che gli appartiene, che starà al suo gioco, qualunque sia.
Sei la mia droga. Lo senti? Fallo durare per sempre.
Adagio. Andante. Allegro con brio. Le è mai successo di sentire intere orchestre nella testa? No, non le sembra. Cosa c'è di diverso?
C'è che sono fatta per te. Esisto da quando mi hai scelta. Mi hai scelta perché sono sempre stata tua, anche quando non c'eri.
Il resto è uno zero infinito, un vuoto da riempire di vita. Il resto è stato sesso e illusione. Il resto è stato autoconvinzione e una sbiadita ombra che ha stupidamente chiamato amore.
Questo invece è tutto. Assecondarti, guidarti, lasciarmi guidare. È perfetto. È perfetto. Sei il mio amore, sei la mia vita, sei me…
Come si sente lui? Dove ha la testa? Cosa sta provando? Il male assoluto, l'assassino, il jolly perverso… Scomparso in quegli occhi che bruciano di febbre guardandola.
La rabbia è improvvisa e se le sue percezioni non fossero limitate ai confini del suo corpo, forse conoscerebbe una nuova forma di paura. Ma non è così. La sua rabbia le piace. Non le lascia scampo. Lo rende quasi crudele. Lei sa che in quel momento la odia, per quello che sente, per quella perdita di controllo, perché la desidera. La stringe come se volesse spezzarla in due.
Vorrebbe poter gridare il suo nome, ma lui un nome non ce l'ha. È solo il suo amante, il suo Joker, il suo padrone. Il fiato si spezza nella sua gola mentre ogni frammento di pensiero scompare facendosi elettricità, flash impazziti davanti agli occhi, pulsazioni a mille e poi un torpore che la frantuma definitivamente lasciandola senza forze.
Vorrebbe dirgli qualcosa, una frase qualsiasi, ma la sua gola sembra aver perso la capacità di articolare parole di senso compiuto. E se tace, abbandonato su di lei, con il battito cardiaco che sembra non voler ritrovare il suo ritmo regolare, perché mai dovrebbe voler inquinare quel momento fatto di respiri e consapevolezza?
Sorride tra sé accarezzandogli i capelli. Ora sa come tenerlo legato. Purché lui non se ne renda conto. Purché non capisca quanto la ama, quanto la vuole, quanto ha bisogno di lei. Perché in quel momento la identificherebbe come un punto debole di cui liberarsi. Sì, che pensi pure di avere tutto sotto controllo. Che la consideri pure un semplice gioco, il suo cucciolo al guinzaglio. Va bene così. Funzionerà benissimo, tra loro due.
La lama del taglierino sul suo collo punge appena. Lui si solleva a guardarla negli occhi.
Quando l'ha presa dalla mia scrivania? Riesce sempre a fregarmi. È più veloce di un prestigiatore. Deve essere stato mentre armeggiava con il gancetto, o poco dopo. Importa?
È assolutamente rilassata. Che faccia quello che deve.
Fammi sanguinare, Mr. J.
"Che cosa ti aspetti, ora, piccolina?" La punta della lama scivola sul suo seno sinistro. Lei socchiude appena gli occhi ed attende. "Io so cosa ti aspetti. Non pensi che sarebbe molto romantico se incidessi le nostre iniziali proprio qui, sul tuo cuore?"
Sì, lo sarebbe.
Ma non gli risponde. Aspetta ancora. Lo lascia giocare. Che faccia pure ciò che vuole. Che faccia pure ciò che può renderlo felice.
"Oppure…" La lama percorre il suo collo, poi sfiora le sue labbra e si ferma all'angolo della sua bocca. Adesso può dire di essere leggermente spaventata. Appena un po'. Deturparle il viso. È quasi ovvio.
"Sembri innamorata delle mie cicatrici. Pensi che dovrei regalartene due uguali? Pensi che dovrei renderti simile a me? Saremmo una coppia perfetta, dopo. Potrei ricucirti con ago e filo. E saresti bellissima. Ti farebbe tanto male, sai? Per più di un mese potresti ingurgitare solo liquidi. E non riusciresti a parlare. E a volte il dolore sarebbe così forte da farti desiderare di morire. E riesci a immaginare cosa voglia dire guardarsi allo specchio?"
Ipnotico. Lo ascolta stordendosi ad ogni parola. La confessione più aperta che le abbia mai concesso. Frammenti di verità pura e semplice. Ora sa che davvero ne è valsa la pena.
Sarei davvero il tuo riflesso se mi sfigurassi?
"No." È bellissimo quando sorride. È bellissimo quando scopre un nuovo dettaglio che lo mette di buon umore. "Quel tuo cervellino se lo aspetta. Chiunque se lo aspetterebbe, al tuo posto. E io odio essere banale. Stupire la platea. Sempre. È questo il segreto di uno spettacolo di successo. E voglio sorprenderti lasciando il tuo bel faccino esattamente come l'ho trovato."
Un sospiro di sollievo le sfugge dalle labbra. Sarà così ogni volta? Il gatto e il topo. Fino al giorno in cui lui deciderà che è stanco di scherzare e che può andare in scena l'ultima replica.
"Sai chi ti ha fatto questo?" le chiede sfiorandole con le dita la guancia gonfia.
Lei annuisce. Certo che lo sa. E gliela farà scontare. Deve solo capire come.
"Andrò a prenderlo. Nessuno può rompere i miei giocattoli."
Ok, come definizione è più carina di 'territorio' e 'bestiame'. Ma vorrebbe occuparsene da sola. Incanalare la rabbia che sente. Però è bello che tu ci abbia pensato…
"Non vuoi lasciarmi un po' del divertimento?" gli chiede e quella semplice domanda lo fa ridere e lo spinge a ripetere il suo nome con voce deliziata.
"Harley, Harley, Harley…"
Sì, sono di nuovo Harley Quinn. La tua Harley Quinn per sempre.

"Sono proprio azzurri."
Mr. J sembra aver fatto una scoperta straordinaria, le spalle appoggiate alla grata della finestra aperta, una sigaretta tra le labbra… una sigaretta che ha preso dalla mia borsa senza chiedermelo… e lo sguardo fisso su di lei.
"Di solito spacciano per azzurri occhi che in realtà sono grigi o di un celeste slavato. I tuoi invece sono davvero azzurri."
Lei gli sorride. Probabilmente è un tentativo di farsi perdonare per essere sgusciato via dalle sue braccia appena lei ha nominato Batman. Una reazione sorprendente. Si è rivestito in fretta e ha cominciato a blaterare frasi senza senso. Lei è riuscita a capirne solo la metà. L'idea che sia stato il Pipistrello a salvarla lo manda su di giri.
"Sorveglia Harley perché ha ancora il suo chiodo fisso. Certo. Avrà cercato un rimpiazzo? Niente da fare. Lo sa che per continuare ad esistere ha bisogno di me. Quindi mi cerca. Cerca quello che resta. Un contatto all'esterno. Il ratto a volte è davvero commovente."
Batman. Non le piace quando parla di Batman. È un argomento che lo esalta. E lei non vuole che si esalti per qualcun altro.
Sei strano, Mr. J. Dovresti detestarlo. Invece lui è il tuo infinito trastullo.
Harleen sospira. Non vuole pensare a quell'imprevisto terzo incomodo. E poi, in fondo, Mr. J ora sta parlando dei suoi occhi. Ed è molto, molto dolce.
Dovrebbe togliersi dalla finestra. Gli stanno arrivando litri di pioggia sulla schiena. Oltre che sul pavimento.
"È strano" gli risponde. "Di solito con un tempo simile diventano quasi verdastri. Davvero sono ancora azzurri?"
Lui tira una boccata, poi le regala un sorriso che forse è beffardo, forse solo annoiato. "Sarà merito dell'amore."
La prende in giro? Non deve lasciarsi cadere preda di inutili paranoie. Vorrebbe solo che tornasse vicino a lei. Di raggiungerlo non se ne parla. Non riesce a muoversi. Se prova a sollevarsi le sembra di essere trafitta da dozzine di chiodi arroventatati. Eppure deve farsi forza e riuscire a rivestirsi. Non può restare rannicchiata su quel divano ad aspettare che Morales butti giù la porta per vedere cosa stia succedendo.
Sempre che l'abbia chiusa a chiave.
È successo davvero. La sua pelle è gelata. Le manca di già il suo calore. Si ripete che è stato bellissimo ma poi si rende conto di stare minimizzando. È stata l'esperienza più strana e sconvolgente della sua vita. Si è sentita in equilibrio su una lama di rasoio. E il suo corpo e la sua mente aspirano già a una prossima volta.
Adesso posso dirlo davvero. Nessuno ti conosce come me.
"Non sei circonciso…" sussurra.
Deve coprirsi in qualche modo. Sta tremando come una foglia.
Lui scoppia a ridere. E se ride vuol dire che va tutto bene.
"Sì, e di sicuro questa sarà la prima cosa su cui papà e mamma Quinzel avranno da ridire quando sapranno della nostra… relazione."
Che carino. Non è il momento giusto per rivelargli che l'aspetto religioso nella sua vita è praticamente inesistente e che non deve illudersi che gli basterà augurarle buon Hanukkah per essere a posto. A lei piacciono il Natale, le lucine colorate e i regali. I regali costosi.
Ne riparleremo a dicembre, quando pretenderò un collier di diamanti.
Relazione. Ha detto proprio relazione. È vero. Ormai ci sono.
Le piace sentirsi i suoi occhi addosso. Sembra proprio che non riesca a distoglierli. Se non avesse tanto freddo, se non sentisse tanto male, ne approfitterebbe per regalargli una posa plastica e sensuale. Tanto da fargli desiderare di riprendere il discorso.
Domani starò meglio. E allora potrò offrirti un paio di fuori programma…
"Hai più carne sulle ossa di quanto non avessi immaginato a guardarti vestita."
Il suo solito modo di farle complimenti. Sta cominciando ad abituarsi a quelle consuetudini. E non è sicura che questo sia un bene. Quello non è il suo posto. Agisce con mezzi limitati. È in gabbia. Non ha mai potuto mostrarle davvero chi è il Joker. Eppure deve essere adrenalinico vederlo in azione. E agire con lui.
Con enorme sforzo riesce ad alzarsi. Lentamente si riveste e le ci vuole una vita. Dovrebbe rimanere a letto almeno per un paio di giorni. Ma non ne ha voglia. Meglio soffrire come un cane che restargli lontana. Soprattutto ora.
I suoi capelli sono pieni di nodi. Deve riuscire a rendersi presentabile, a cancellare ogni traccia di quanto è successo, prima di farlo uscire dal suo ufficio. Sempre che Morales non abbia tirato le somme grazie agli strabilianti effetti sonori offerti dalla premiata ditta "Mr. e Mrs. Joker". Quanto costerà il suo silenzio?
Quando la spazzola ha fatto il suo dovere, raccoglie le garze da terra e le getta nel cestino della carta straccia. Stavolta dovrà davvero medicarsi da sola. Il divano… Si è salvato da un disastro irrimediabile per pura fortuna. La prossima volta dovrà provvedere a coprirlo prima che comincino a spargere fluidi corporei ovunque.
La prossima volta…
C'è qualcosa di talmente stonato in tutta quella situazione che non può fare a meno di sentire una stretta allo stomaco. Nascondersi, non fare rumore, rimanere al buio, non parlarne con nessuno, fingere indifferenza.
Dannazione, perché, perché, perché?
È ingiusto. Non dovrebbe essere così. Per tutto quel tempo lui non ha detto una parola. È rimasto alla finestra, anche se ha finito di fumare.
Vederlo in azione… anche solo per una volta…
C'è solo una cosa che riesce a considerare giusta e sensata. Gli si avvicina e gli passa le braccia intorno alla vita appoggiando la testa sul suo petto.
Harley Quinn. Quello che Harley Quinn vuole. Quello che Harley Quinn sente. Le paure che Harley Quinn non ha. Gli scrupoli che Harley Quinn non conosce.
"Ti faccio uscire da qui."
Ora che lo ha detto si sente più leggera. Dopo tutto ci ha pensato per un pezzo. Le sue braccia che la stringono sono la sua risposta.
Bellissimo… C'è una minuscola possibilità che tu mi faccia restare con te?
"Non cogli le implicazioni, Harleen."
Harleen?
Perché le parla con quel tono così serio? Non è da lui. Non sembra lui.
Non chiamarmi Harleen.
"Diventeresti una mia complice. Pensaci. Perderesti tutto quello che possiedi ora. Perderesti la tua vita di adesso. Saresti legata a me per sempre. Non potresti più tornare indietro. Non avresti altra scelta che essere mia per il resto della tua vita."
No, così è troppo strano. Mr. J si sta preoccupando per lei? Non capisce che l'idea di consegnarsi completamente a lui è talmente magnifica da farle girare la testa? Le sue parole sono state un ulteriore incentivo.
L'hai fatto apposta? Anche quella voce alla Humphrey Bogart è voluta? È tutto studiato nel dettaglio, signor Anarchia? Sono una stupida, vero?
E non vuole che la chiami Harleen. Non riesce a passarci sopra. E il modo in cui le accarezza i capelli la fa sentire cattiva.
Lui mi ama. Io lo so.
"Io ti faccio uscire da qui" ribadisce. "Lo farò che tu lo voglia o meno. Solo che, se non mi aiuti, potrei combinare un disastro e farci finire nei guai tutti e due. E allora davvero ti rinchiuderebbero e getterebbero la chiave e io non potrei più starti vicino. Io non posso permetterlo. Tu sei il futuro padre dei miei figli. Quindi dimmi cosa devo fare perché tutto vada liscio. E non provare nemmeno a farmi cambiare idea. Tanto è inutile."

"Ascoltami bene."
Difficile se continua a baciarle il collo in quel modo. Dovrebbe darle un po' di tregua, quel tanto che serve per riuscire a concentrarsi sulle sue parole e non sulla sua presenza fisica.
"Ascoltami bene."
Certo. Sarà facile adesso che la sua voce è tornata quella giusta, quella sbagliata, quella disarmonica ed aliena.
"Si tratta di fare a pezzi un quadro dipinto secondo schematismi che non ci riguardano."
Schematismi. Ha il suo odore addosso, un'alchimia perfetta. Ha bisogno di zuccheri, altrimenti rischia di svenire.
"La domanda che devo porti è molto semplice ma fondamentale. Fin dove sei disposta ad arrivare?"
Molto semplice. Solleva lo sguardo su di lui. Sono i lampi là fuori a regalare quel riflesso ai suoi occhi? Resterà in bilico per sempre. Non saprà mai cosa aspettarsi nell'istante successivo. Metterà in gioco la propria vita, gliela offrirà senza alcun rimpianto. In cambio non chiederà altro che la sua approvazione. E farà qualunque cosa per ottenerla. Qualunque cosa.
"Fin dove sarà necessario e quel tanto in più perché sia anche divertente."
È uno spettacolo magnifico, una sensazione da brividi vederlo sorridere in quel modo, scoprire di nuovo quella scintilla di entusiasmo nelle pupille brucianti. È proprio un bambino. Ci vuole così poco a renderlo felice. Basta essere la sua compagna di giochi ideale.
"Harley, sei… sei…"
Sono cosa, Mr. J?
"Sei la migliore, piccolina."
La bacia di nuovo ed è un altro di quei momenti in cui le sembra assolutamente sincero, un altro di quei momenti per cui vale la pena vivere, in cui è lui a farla sentire necessaria.
Sono la donna più felice e fortunata di questo mondo. E lo sarò ancora di più quando saremo liberi.
Le sue labbra sono ancora umide e socchiuse quando riprende il controllo della situazione e le ricorda con un'occhiata che è lui il capo di quella nuova, minuscola associazione a delinquere.
"Adesso, Harley, ascoltami bene…"


Never thought I'd get any higher
Never thought you'd fuck with my brain
Never thought all this could expire
Never thought you'd go break the chain

Me and you baby,
still flush all the pain away
So before I end my day
remember
My sweet prince
you are the one


(Placebo, My Sweet Prince)













Note:

1) Scegliere come epigrafe una canzone che parla di droga e suicidio può sembrare un azzardo. Lo è solo a prima vista. In realtà credo che pochi altri brani si sposino così perfettamente con quanto narrato in questo capitolo
2) La predica di Batman a Harley. Uno dei grandi classici dell'Uomo Pipistrello. Tentare di redimere Miss Quinn è uno dei suoi passatempi preferiti.
3) Il mio piano all'inizio prevedeva che qualche ricamino sulla pelle il Joker glielo lasciasse. Ma poi ho visto che è un dettaglio che ritorna in quasi tutte le fanart a tema e ho deciso di essere originale.
4) Una fanart di OpalLynn e una della nostra Ofelia. Quest'ultima giganteggia come sfondo del mio desktop

Anche stavolta vi rimando a tempi migliori per le risposte alle recensioni. La vostra affezionatissima qui presente finirà sotto i ferri e la aspetta una convalescenza che spero sia il più breve possibile. Vi chiedo di nuovo di avere pazienza. Intanto ringrazio lo zoccolo duro e i nuovi arrivati, soprattutto BananaBerry per avere fatto una parallelo tra me e Stephen King e per essersi ispirata ad Amour Fou per la sua storia, citandomi e riempiendomi di complimenti. Questa si chiama correttezza e purtroppo non tutti ne sono forniti.
Baci e a presto (si spera).



P.S. Ho aggiunto le note al capitolo precedente.




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Capitolo 16
*** Intermezzo n°4 - Armi e bagagli ***




Intermezzo n°4



"Armi e bagagli"












I used to be a little boy
So old in my shoes
And what I choose is my choice
What's a boy supposed to do?
The killer in me is the killer in you
My love
I send this smile over to you


(Smashing Pumpkins, Disarm)

Il primo giorno di primavera regala a Gotham City un sole pallido che finalmente si decide a scacciare le nubi. Le piogge torrenziali di quei giorni hanno messo in allarme la città e hanno quasi isolato i Narrows per tre giorni. Tre dei ponti sono stati inaccessibili. Adesso l'allarme è rientrato e Harley Quinn può finalmente tornare a farsi bella senza preoccuparsi di ombrelli, impermeabili e orribili scarpe anfibie.
I lividi sul suo viso pian piano sono scomparsi e Joan l'ha definita 'raggiante'.
"Ti trucchi in modo diverso, ti vesti in modo diverso e hai gli occhi che luccicano. Ti è finalmente passata la fissa per il tuo paziente e ti sei innamorata di un uomo vero, non è così?" Lo ha detto sorridendo, come se fosse davvero felice della cosa.
Harley non ha negato, ma non le ha detto che l'uomo vero e il suo paziente coincidono. Dovrà essere Harleen Quinzel ancora per un po', per tutti tranne che per Mr. J, e Harleen Quinzel non ha l'abitudine di disegnare cuori rossi sulle pareti.
Patetica frustrata.
Sopporterà con tutta la pazienza di questo mondo. La posta in gioco è troppo alta. E finora lei non ha sbagliato nulla. Perfino Mr. J non ha trovato nulla da ridire sul suo modo di svolgere gli incarichi che le assegna. Ed è sempre pronto a ricompensarla.
Harley sorride ripensando a quella mattina.
L'amore fa bene alla pelle. Le case cosmetiche dovrebbero brevettarlo.
Non irrigidire il braccio, puntare, premere il grilletto, richiamare la sagoma. Un altro centro. Ha preso in pieno il cuore. Forse è ora di cominciare a mirare alla testa. Il suo istruttore l'ha definita un talento naturale. Da quando ha cominciato a frequentare il poligono di tiro, Harley ha scoperto che esistono attività più rilassanti della ginnastica. E finiscono tutte con un BANG!
Fra qualche giorno potrà avare una pistola tutta sua. L'ha ordinata dopo l'aggressione. Avrà pure il diritto di difendersi in qualche modo, o no? E poi, ai dettagli, a insegnarle come si spara davvero ci penserà Mr. J quando saranno romanticamente in fuga insieme.
Ti amo, ti amo, ti amo, Pasticcino, ti amo.
BANG!
Stavolta non è andata benissimo. Dove ha beccato la sua vittima di carta? Zona pancreas. Non deve distrarsi. Al suo tesoro penserà più tardi. Ora deve concentrarsi unicamente sulla pistola che tiene in mano.
Ma non è colpa mia se mi manca tanto…
Non credeva che potesse essere così dolce, così tenero, così… così…
BANG!
Milza. Così la vittima sopravvive. Riproviamo.
Le tremano le mani e questo non va bene. Deve imparare a controllarsi. Il lavoro che sta svolgendo per lui nel suo studio prevede una precisione millimetrica. Quindi deve riuscire a selezionare a comando dei pensieri innocui in ogni circostanza. O, cosa ancora più utile, a concentrarsi unicamente su quello che sta facendo.
BANG!
Perfetto.
Proprio fra gli occhi. Il colpo migliore della sua brevissima carriera di tiratrice. Peccato dover smettere, ora. Ma l'avvocato Wayland l'aspetta per cena.

Fortunatamente Harleen Quinzel non sembra più essere arrabbiata con lui. Carl Wayland non l'ha fatto apposta. Quando la notizia dell'aggressione da lei subita è finita sui giornali, lui non ha potuto fare a meno di chiamarla e comunicarle allegramente che quell'increscioso episodio avrebbe portato acqua al loro mulino. È ovvio. Una tenera, indifesa ragazza picchiata da tre bruti, solo perché, come medico, ha deciso di prestare il proprio aiuto a uno squilibrato che, altrimenti, rischierebbe di ritrovarsi il braccio sforacchiato da un'iniezione letale…
Lei l'ha presa malissimo. Carl non ricorda esattamente la sequela di insulti ma sono stati parecchi e pesanti. Ora invece sembra rilassata e sorride in modo amichevole. C'è qualcosa di diverso in lei. Qualcosa è cambiato nel suo atteggiamento. Carl si ritrova con la bocca asciutta a guardarla mentre si porta la cannuccia del suo long drink alle labbra. Sta ammiccando? Sta provocando? L'impressione che dà è quella. Ma i suoi occhi guardano altrove. Quindi probabilmente non lo sta facendo intenzionalmente. Però è sexy lo stesso. E lui non ha mai pensato che Harleen Quinzel lo fosse, prima di quel momento. Troppo pulita, troppo graziosa, troppo delicata. Perché ora gli sembra una pin-up? Il trucco. Le sue labbra rosse e accese e lucide e…
"Qualcosa non va?" gli chiede mordicchiando la ciliegia candita che ha preso dal bordo del bicchiere.
"No, assolutamente. È che…"
È che… cosa?
A lui piacciono brune, alte e prorompenti. Come la signorina Ducard. Ecco. Deve pensare a Talia Ducard. Dannazione se Talia Ducard gli piace… Ma lei non accetta inviti a cena. E si porta sempre dietro quella specie di lottatrice orientale. Il suo socio Jones ha insinuato che fra quelle due ci sia una tresca.
"No, no. Credo che sia addirittura sposata" ha asserito invece Hyden, fresco di indagini sulla loro attraente fonte di guadagno.
Ok, meglio pensare alla sua fidanzata Grace. O, meglio ancora, al motivo per cui ha portato a cena la psichiatra dalla bocca turgida.
"Sì, ecco. Il motivo per cui le ho chiesto di vederci è che la sentenza verrà emessa il primo di Aprile."
Gli occhi della ragazza diventano vispi come quelli di un gatto che gioca con un gomitolo. "Il primo di Aprile? Sul serio? Questa cosa è me-ra-vi-glio-sa. Il principe dei clown giudicato nel giorno delle burle. Sublime."
Carl Wayland si sente un perfetto idiota. Non aveva notato la coincidenza. Non ha mai avuto molto interesse per il folklore popolare e le bizzarre usanze che ne derivano.
"Mi dica, Carl, per comunicarmi una data era necessario portarmi a cena? Sta facendo il galante, confessi."
La sua gola si fa sempre più secca. Sorseggia il suo scotch tentando di non fare pensieri osceni.
Ok, se mi offre un dopocena io non mi tiro indietro.
"No, direi di no. Non che io non sia galante con le signore, di solito. Ma ci sono degli inghippi non da poco. La pubblica accusa ha richiesto la presenza dell'imputato in aula per la sentenza. Quindi vi verrà chiesto di collaborare con il dipartimento di polizia per organizzare il trasferimento da Arkham al tribunale. E ritorno. Cioè… Mi auguro che ci sia anche il viaggio di ritorno. Ma non è questo il punto. Io preferirei che si presentasse in un certo modo. Vestito da essere umano, ecco. E non con quelle vostre orribili uniformi. Dovrebbe aiutarci a dargli l'aria di qualcuno che può effettivamente essere riabilitato. Se vuole provvederemo a fargli avere una giacca decente e…"
"Ci penso io." Harleen Quinzel si fa seria all'improvviso.
Perché se la prende?
"Come vuole. Dottoressa… cerchi di convincerlo a fare qualche piccola follia. Ma senza oltraggiare la corte. Deve sembrare matto. Ma al tempo stesso, meno carogna di quanto non sia in realtà."
"Lo ha scambiato per un buffone, per caso?" La dottoressa lo sta disintegrando con gli occhi. E quando si impegna fa quasi paura. "Lui saprà di sicuro cosa è meglio fare. Non ha bisogno dei suoi suggerimenti. Men che meno sul vestiario. Ordiniamo?" conclude distendendo le labbra in un sorriso posticcio.
Ecco.
Quella tizia è fuori di testa. Totalmente. Forse è per questo che sembra andare così d'accordo con il suo paziente. Gli sembra di vederli. Impegnati in conversazioni surreali che riescono a capire solo loro.

"Però sarebbe carino se sui miei compiti svolti ci mettessi sopra una bella A rossa. Per scriverla posso prestarti il mio rossetto se mi prometti di non usarlo per truccarti."
Che pace. Hanno anche una nidiata di passeri là fuori, che si dilettano ad offrire loro un delizioso concerto. Poco importa che Mr. J abbia già minacciato tre volte di decapitarli. Minacce infondate. Non può passare attraverso le sbarre della finestra. I volatili sono al sicuro.
"Pessima idea. Ti ritroveresti con le mani impiastricciate."
E allora?
Possibile che non riesca mai minimamente a gratificarla? Deve dirselo da sola che sta facendo un lavoro eccellente. Pazienza. Quando riuscirà a restituirgli la libertà non potrà più negare l'evidenza.
La loro nuova routine le piace un sacco. Lui è sempre tanto serio quando controlla il lavoro che lei ha svolto il giorno precedente. Harley Quinn si accoccola sul suo petto, godendosi quegli attimi di assoluta tranquillità. Oggi sono di turno i due cerberi. Quindi hanno dovuto giocare al 'silenzio assoluto, pena la morte'. E lui ha fatto di tutto per farla perdere. L'idea che li colgano sul fatto lo fa morire dal ridere.
"Pensa che bello. La foto della dottoressa Quinzel in preda ad un orgasmo che finisce su tutti i giornali scandalistici. E la mia fama schizzerebbe alle stelle…"
"Non provarci, bieco bastardo" lo ha minacciato lei. È tragico avere a che fare con qualcuno disposto a mettere in atto tutti gli scherzi che gli passano per la testa. "Io sono una ragazza discreta, timida e riservata. E certe situazioni sono solo per te."
La sua risata stavolta è quasi convulsa. Lei non vuole chiedersi cosa gli procuri un simile divertimento, anche perché crede di saperlo. Sono stati gli aggettivi 'timida', 'discreta' e 'riservata'. Eppure è vero. Quindi deve piantarla. E per farlo smettere agisce d'istinto e gli affonda i denti nella spalla. Il risultato è eccellente. Mr. J ha gli occhi spalancati e fissi. Chissà a cosa sta pensando.
"Cos'è quella faccia? Hai le visioni, Pasticcino?"
Strano che non si sia infuriato per la sua reazione. A volte non riesce a capirlo. Eppure era preparata psicologicamente a ricevere un pugno sul viso.
"Primo Aprile…" mormora lui. "Ho una grande visione, Harley vuoi aiutarmi a realizzarla?"
Non ha nemmeno bisogno di chiederlo. Uno dei piani geniali del Joker. E lei finalmente può farne parte.
"Certo che sì, tesorino. Tutto quello che vuoi, tesorino. Ti fanno questo effetto i miei morsi?"
Ora che lo sa, replicherà a tutti i colpi ricevuti con la stessa moneta. Sembra che la cosa gli piaccia. Dopotutto, una volta lo ha preso a schiaffi. Può avere un'altra razione quando vuole. Anche se è la metà di lui, l'energia non le manca. Come risposta lui la rovescia sulla schiena e fissa lo sguardo su di lei. Sta sorridendo ma senza traccia di beffa. Ha gli occhi lucidi di un ubriaco.
"Ogni grande artista, Harley… Ogni grande artista ha bisogno di una musa per aspirare al capolavoro di una vita."
Un sospiro languido le sfugge dalle labbra. Più delle sue mani che percorrono il suo corpo come se volessero trasformarla in qualcosa di nuovo, più delle sue labbra che le imitano senza nessuna fretta, sono quelle parole a farle venire le vertigini. Sono più belle di qualunque frase abbia aspettato o immaginato. E non le importa se facciano parte o meno delle battute di una commedia.

Ricky Thomas ultimamente sobbalza ad ogni minimo rumore. Coscienza sporca, direbbe sua nonna. E sua nonna avrebbe maledettamente ragione. Ripetersi che non voleva farlo davvero, che la colpa è tutta di Rod e Michael e che comunque non sarebbe mai andato fino in fondo, serve a ben poco. Voleva solo spaventarla un po', farle capire che non sta bene che una ragazza come lei si metta dalla parte di un mostro come il Joker. Tutto qua. Poi non sa dire cosa gli sia preso. Era così indifesa. Senza scampo. Pronta per essere divorata in un solo boccone.
Non sarei mai andato fino in fondo, insiste con se stesso. Ma questo non serve a farlo stare meglio. La faccenda è finita sui giornali. A quanto sembra Harley non l'ha riconosciuto. Ma la polizia sta ancora indagando.
Dovrei andare a costituirmi. E poi chiederle scusa. O forse chiederle scusa e poi andare a costituirmi.
Lei non si era più vista in palestra prima di quella sera. Per questo trovarsela davanti gli fa stringere lo stomaco. Stava per chiudere. Altri cinque minuti e l'avrebbe mancato. Invece è lì che gli sorride amichevolmente.
"Harley… dov'eri finita?" le dice senza preoccuparsi di posare i manubri che tiene in mano.
"Non lo sai, Ricky? Non leggi i giornali? Ho avuto un piccolo incidente."
Soave. Il rosso le dona. Come ho potuto farlo? Lei non mi ha fatto nulla di male…
"Incidente?" chiede tremando leggermente.
Lei solleva le spalle con indifferenza. "Tre spostati nel parcheggio sotto casa mia. Probabilmente volevano solo la mia borsa. Mi sono presa un bello spavento e mi hanno anche fatto piuttosto male. Fortunatamente c'era un poliziotto nei paraggi e li ha fatti scappare."
Un poliziotto? Lo sta prendendo in giro? Quello era Batman! Non capita a tutti di essere presi a pugni da Batman. Almeno di quello vuole potersi vantare con se stesso davanti allo specchio.
"Ma ora sono perfettamente guarita, quindi riprenderò a frequentare la palestra."
Perfetto.
"Mi dispiace" le dice tentando di non distogliere gli occhi. "Si sa chi siano? Cioè…"
Lei non smette di sorridere. "No. E visto che avevano la faccia coperta, dubito che li prenderanno, purtroppo. Io non ricordo quasi niente, ma la polizia pensa che mi abbiano aggredito perché convinti che io sia la donna del Joker. Che scemenza. Voglio dire… Quale persona con un po' di cervello aggredirebbe la donna del Joker? Lui non è come noi. Lui sa come scovare chi gli ha fatto un torto. E se riuscisse a fuggire? Stai sicuro che li acchiapperebbe tutti e tre e farebbe loro tanto, tanto male. Quindi nessuno può essere tanto fesso da provocarlo volontariamente, non credi?"
Ricky comincia a sudare freddo. Già, chi sarebbe tanto fesso da provocare il Joker? Ma lui al Joker non aveva proprio pensato. Harley era una faccenda a parte, no?
E allora perché hai usato il Joker come scusa per… per…
Ok, non deve pensarci. Non di fronte a lei. Potrebbe accorgersi della sua agitazione.
"Ma tu… lo sei? La donna del Joker, intendo. Voglio dire… le ho sentite anch'io quelle voci assurde. Non gli ho dato peso, però…"
Perché cavolo glielo sto chiedendo? Oh, certo. Perché se non lo è allora quel clown assassino non avrebbe motivo per venire a tagliarmi la gola.
D'altra parte è una domanda inutile. Anche se fosse la verità, lei non lo ammetterebbe mai.
"Certo che lo sono. Abbiamo una relazione intensa e torrida. E sto tentando di convincerlo a sposarmi. Sai, ci sono tutti quegli inghippi burocratici… Prima dovrei farlo dichiarare sano di mente. Una volta dimesso mi farò regalare un bel solitario e ufficializzeremo il fidanzamento."
Sono fottuto.
Forse potrebbe ancora scappare in Messico. Una scelta molto più sensata rispetto a quella di incrociare le dita e sperare che la polizia non risalga a lui.
"Sto scherzando, scemo." Harley ridacchia somigliando di punto in bianco alla bambolina di un carillon.
Lui si trattiene dal tirare un sospiro di sollievo. "Ma come fai a scherzare su una cosa simile?"
Lei non gli risponde. Si guarda intorno come se provasse una noia profonda. "Ricominciamo da domani, ti va bene?"
Lui vorrebbe dirle di no, che non la vuole più nella sua palestra, che c'è una serie di problemi che è disposto ad inventare al momento. Solo che al momento non gliene viene in mente nessuno che sia anche lontanamente plausibile. Quindi non gli resta che pigolare un "va bene" e sperare che lei se ne vada in fretta. Sta cominciando a non sopportare più la vista della sua faccia.
Almeno da quel punto di vista, Harley lo accontenta. Lo saluta gentilmente e si avvia all'uscita. La tortura per Ricky Thomas è finita.
"Una sola cosa, Ricky." Harley si volta a guardarlo ancora. "Si può scherzare su qualunque cosa, sai? L'importante è essere quello che ride per ultimo."
Il suo sorriso… Quel sorriso è tagliente come una lama e altrettanto freddo. E i suoi occhi fanno paura. E anche quando lei è andata via da un po', Ricky Thomas non riesce a convincersi che si sia trattato solo di un'illusione causata dalla penombra.

Jeremiah Arkham le ricorda un pastore ossuto e compreso nella parte che dispensa consigli non richiesti alle anime smarrite del suo piccolo gregge. Harley Quinn non si chiede nemmeno il perché di quel faccia a faccia. Le interessa molto poco la sua opinione su qualunque argomento. Mr. J le ha riferito un paio di cosette su di lui che le hanno tolto ogni soggezione.
"Il grande capo lo sa."
"Sa cosa?"
"Della nostra tresca."
"Cosa esattamente sa?"
"Non lo so."
"E allora cos'è che sai?"
"Che lui sa."
Lo scambio è finito con lei che ha tentato di riempirlo di pugni e lui che se la rideva come al solito. Comunque Arkham sta studiando da un pezzo l'evoluzione del loro rapporto. Che sappia o meno a che punto sono arrivate le cose tra loro poco importa, dal momento che non sembra avere intenzione di dividerli. Quello che la fa davvero, davvero arrabbiare è che Mr. J gliel'abbia detto solo ora. Se l'avesse saputo prima si sarebbe divertita un mondo a confondere le idee a quella vecchia cariatide.
"Prima che arrivi Gordon desidero fare due chiacchiere con lei."
Serio. Serissimo. Lei si guarda le unghie. Inizia lo spasso.
"Lo immaginavo. Ormai siamo agli sgoccioli, dottore. Ordini particolari per il gran finale?"
Gordon sarà ad Arkham di lì a poco. Dovrà organizzare il trasferimento di Mr. J dall'Asylum al tribunale e sembra avere intenzione di fare le cose in grande per scongiurare il pericolo di una fuga.
E bravo il nostro Jim. Mi raccomando, non deludermi. Voglio un dispiegamento di forze con i fiocchi.
"Veramente voglio parlarle di faccende… più personali, Quinzel." Un sospiro melodrammatico. "Nei suoi ultimi rapporti sul caso Joker, ho notato da parte sua una laconicità e un distacco insoliti, come se stesse perdendo entusiasmo. Eppure, guardandola, in questo periodo sembra particolarmente carica. La cosa mi lascia perplesso. Sta trascorrendo qui anche i suoi giorni liberi. Tuttavia sembra non voler condividere con me il quadro diagnostico che sta mettendo insieme. Mi stavo chiedendo perché."
Lo sai benissimo il perché, razza di ipocrita.
Lei resta zitta. Non ha nulla da dire. Almeno fino al momento in cui lui si deciderà a parlare chiaro. E lo porterà a parlare chiaro. A confessare di averla scelta come cavia senza chiederle l'autorizzazione.
Peggio di Jason Woodrue, dottor Arkham. Ma almeno io non ci sto rimettendo la salute.
"In pratica, Harleen…" Il vecchiaccio sospira di nuovo. "Oggi vorrei parlare di lei. Sul suo paziente ne sappiamo abbastanza, ma lei… Vorrei che si aprisse con me e mi dicesse come si sente dopo i suoi incontri quotidiani con il Joker. Se sente di subirne l'influenza. Se la cosa le provoca disagio. O se invece vede la situazione in modo costruttivo. E che tipo di rapporto pensa di avere stabilito con lui. Come crede che il Joker la percepisca. E cosa suppone che lui si aspetti dalle cure che gli sta prestando."
Harley si augura in quel momento che esista una divinità protettrice dei clown che la aiuti a restare seria.
Dopo i nostri incontri mi sento tanto stanca, ma decisamente appagata. Se mi influenza… Direi solo un po'. Disagio? No. Vedo la situazione in modo molto costruttivo. Sto imparando un sacco di cose nuove. Il nostro rapporto è viscerale, profondo e passionale. Mr. J mi percepisce come il suo adorato tortino di zucca e da me si aspetta che lo faccia ridere.
"Dottor Arkham, ha intenzione di psicanalizzarmi?"
Lui sospira per l'ennesima volta. Abitudine irritante. Harley si chiede cosa le risponderà adesso. Non è in una situazione facile.
"Sono solo incuriosito dalla vostra… relazione medico-paziente."
Perfetto. È stato quasi sincero. Ha guadagnato un paio di punti di stima.
"Perché non mi chiede semplicemente quello che vuole sapere, senza girarci intorno?" gli propone sporgendosi lievemente verso di lui.
Sa bene di averlo mandato nel panico. Se sarà esplicito gli concederà tutte le confidenze che vuole. Se sarà esplicito.
Tanto non hai il fegato per andare fino in fondo.
"Non posso usare una domanda diretta per chiederle di esprimere uno stato d'animo" schiva il grande capo.
"Allora io non credo di poterle dare una risposta precisa."
Fase di stallo. Restano a fissarsi per i minuti successivi e Harley Quinn sa benissimo che in quel momento il suo capo si sta chiedendo se lei abbia intuito il suo gioco. O se sia stato il Joker a parlargliene. Ed è certa che la cosa lo spaventi. Ma non abbastanza da tirarsi indietro. È pazzo, dopo tutto. Come lei, come tutti gli altri. Si è chiesta se l'abbia sfiorato l'idea di nasconderle delle cimici nello studio. Quasi spera che lo faccia. In quel caso potrà metterlo nella sua lista, insieme a Ricky, Jason e al professor Markus.
Poi il telefono di Arkham squilla. Lui risponde e dopo qualche istante le annuncia che Gordon è arrivato.

Se la pazienza di Jim Gordon ha un limite, di certo la dottoressa Quinzel sta facendo di tutto per oltrepassarlo. Non gli piace quella storia. Non gli piace l'idea del Joker a Downtown. In un'aula di tribunale. Nel cuore di Gotham. È un'occasione troppo succulenta perché il clown se la lasci scivolare via dalle dita. Tenterà la fuga, ne è sicuro. E quando il Joker tenta la fuga …e solitamente riesce a fuggire… finisce sempre in strage. Dovrà essere sorvegliato a vista fin dal momento in cui uscirà dalla sua cella. Ci vorranno una dozzina di uomini. Inoltre dovrà schierare quasi un esercito lungo il percorso. E, nel caso in cui venga riconosciuto in grado di intendere e volere e quindi destinato alla galera, dovranno fare in modo che anche la strada fino a Blackgate sia sicura.
E quindi mobilitare anche la guardia costiera per riuscire a farlo arrivare all'isola.
Il sindaco Garcia l'ha definita una spesa enorme per alimentare una semplice paranoia. Ma non ha messo il veto. Jim Gordon si rende conto di quanto questo peserà su Gotham. Ma sente di non avere scelta. Il rischio è troppo alto.
Non dobbiamo lasciare a quel bastardo alcuna libertà di movimento.
Lancia un'occhiata seccata all'indisponente psichiatra, chiedendosi se riuscirà a liberarsi di lei.
"Il mio paziente è sotto la mia responsabilità. Non farete nulla che possa compromettere la sua futura riabilitazione. Quindi temo proprio che dovrà permettermi non solo di accompagnarlo in aula, ma anche di vigilare affinché i suoi uomini non lo feriscano in alcun modo."
Detesta quella ragazzetta e la sua aria supponente. Ha dovuto ricordarle che il suo compito si è concluso con la stesura della perizia e che potrà ufficialmente occuparsi del Joker solo e unicamente quando e se il tribunale lo destinerà all'Arkham Asylum. Non che quella precisazione sia servita a molto. La Quinzel continua imperterrita a seguire lui e Arkham mentre chiariscono i dettagli di quella immensa gatta da pelare. E a Jim Gordon la cosa non piace. Sta tentando di far passare la polizia come un branco di sadici che smania per accanirsi su un povero innocente. E Arkham non lo sta aiutando a liberarsi di lei. Anzi, sembra quasi felice del fatto che lei ci sia e che intervenga anche se non interpellata. Come quando ha sentenziato con un "non sia ridicolo" alla sua richiesta affinché la clinica si accollasse metà delle spese.
"Dottoressa, si rivolga a me un'altra volta in quel modo e si ritroverà con le manette ai polsi."
Jim Gordon non perde le staffe facilmente. Ma se quella ragazza fosse sua figlia l'avrebbe già riempita di schiaffi. Gli ricorda Jonathan Crane. La stessa boria da intoccabile. Evidentemente è quel posto la matrice comune.
"Chiedo scusa; dimenticavo che stavolta è in veste ufficiale" gli risponde con quel suo ghignetto irritante.
Sì, la sbatterà in galera, prima o poi. Aspetterà al varco che combini qualcosa di storto.
"Dottor Arkham, voglio vedere il Joker. Da solo e subito. Senza balie alle costole. Devo capire che cosa ha in mente. Perché sono sicuro che qualcosa in mente ce l'abbia."
Ignorarla per il momento è la cosa migliore. E nasconderle quanti più dettagli possibile la più intelligente. Non può certo accusarla di volere aiutare a darsela a gambe quello che lei definisce 'il suo paziente'. Né di girargli informazioni. In cuor suo Jim Gordon vuole credere che quella tizia sia soltanto un po' svitata ma fondamentalmente onesta. Ma la prudenza, quando si ha a che fare con il Joker, non è mai troppa.

Lo detesta. Punto. Harley Quinn scalpita aspettando il momento in cui potrà combinargli qualche tiro mancino di quelli cattivi, di quelli che si raccontano ai bambini per spaventarli ad Halloween, di quelli che… di quelli in pieno stile Joker, ecco.
Tanto manca poco, si ripete ricordando a Gordon e al dottor Arkham che l'avvocato di Mr. J li farà a fette se non sarà presente all'incontro richiesto. E le sembra quasi di poter leggere i pensieri del povero commissario.
Dannati squali forensi, o qualcosa di simile.
E Wayland è in gamba. Proprio quel giorno è riuscito ad ottenere per Mr. J il diritto più che legittimo di ricevere lettere senza che la polizia possa ficcare il naso nella sua corrispondenza. Non che a lei l'idea piaccia. Preferirebbe essere l'unico contatto con l'esterno per il suo tesorino. E comunque non potrà rispondere. La politica, in teoria, continua ad essere quella di impedirgli di usare qualunque tipo di oggetto acuminato, penne comprese.
"Capisco. Di certo questo non è il posto più adatto per un nuovo interrogatorio" le risponde replicando al suo sarcasmo con la stessa moneta. "Vorrei comunque mettere subito in chiaro, dottoressa, che non potrò garantire per la sua sicurezza, né per quella dell'avvocato Wayland, se vi ostinerete nel proposito di accompagnare il Joker nel tragitto fino al tribunale, dal momento che sono più che certo che quel tizio abbia un piano di fuga. E in quel caso, noi di certo riusciremo a fermarlo, ma non so se riusciremo a farlo prima che lui decida di liberarsi di voi. E, mi creda, voi due sarete i primi di cui vorrà liberarsi."
Ma sul serio…
"Correrò il rischio" gli risponde sollevando le spalle. "La mia professione di medico me lo impone."
Si faranno tutti matte risate, il primo di aprile. Perché non dovrebbe prendersi il suo posto in prima fila? Dopo tutto se l'è guadagnato.
"La sua professione potrà tornarci utile se ci saranno da raccogliere i pezzi" conclude lui con tono lugubre. "Quindi cerchi di restare viva. Lei ha troppa fiducia nel suo paziente. Stia in guardia. È un consiglio da amico."
Già, peccato che loro due non siano affatto amici. E se qualcuno salterà in aria non saranno certo lei e Wayland.
Sorpresa, sorpresa, commissario.

Placcata all'ingresso, prima di potersi rinchiudere nel suo attico a decidere il destino di Gotham.
Lui la agita e le confonde le idee. E non può permetterlo. Talia al Ghul fissa Bruce Wayne da dietro gli occhiali da sole. Il personale del Gotham Grand gli ha confermato la sua presenza senza fare storie. In quella città a lui non si nega nulla. Deve essere emozionate interpretare sia il principe che Robin Hood.
Alla luce del sole il suo sposo cambia aspetto. O forse dipende dal fatto che il velo di tristezza che aveva sul viso la notte della festa in maschera sembra scomparso. Quella è la faccia che chi incontra Bruce Wayne si aspetta di vedere.
"Talia, lui è il mio allievo migliore. Ne resterai affascinata."
Suo padre era diventato monotematico in quel periodo. Quella smania di procurarle un marito scelto da lui le aveva fatto venire voglia di restarsene in Europa, o addirittura sparire, cambiare nome e magari anche faccia. Un pensiero durato meno di un attimo. I desideri di Ra's sono ordini.
Quanto sono stata stupida..
Talia al Ghul può dire di avere sperimentato sulla propria pelle il concetto di amore a prima vista. Bruce sorride e assomiglia a uno stregatto senza righe. Scaltro, piacente e consapevole di esserlo. Le sembra incredibile che si siano visti solo una volta. Certo, non è stato un incontro di quelli che si dimenticano.
"Come mi hai trovata, mio amato?" gli chiede studiando la sua figura nell'Armani grigio.
"Talia Head. Se volevi nasconderti avresti dovuto usare uno pseudonimo più efficace. Brunch?" le chiede porgendole il braccio.
Come resistere? Lui porta il suo anello. Questo piccolo dettaglio la rende felice come una ragazzina. Sa già che la aspetta un terzo grado ma non può rinunciare al primo invito del suo sposo.
"Mi sembra un'ottima idea, mio amato" gli risponde passando la mano nell'incavo del suo gomito. La forza di quel braccio è percepibile anche sotto la stoffa. Si chiede come facciano i gothamiti ad essere così ottusi da non capire chi sia quel frivolo multimilionario in realtà.
"Per favore, non chiamarmi 'mio amato'" la prega conducendola verso la zona ristorante.
È quasi scontato che abbia fatto riservare l'intera sala. Era certo che non avrebbe ottenuto un no come risposta.
"Io e te dobbiamo parlare" le dice versandole due dita di bianco.
Certo. Devono parlare, e di tante cose.
"Mi hai pensata, Bruce?"
Lui alza gli occhi al cielo. "Sì, ma non per i motivi che stai immaginando."
Bugiardo. Lo zaffiro sull'anello scintilla come una lama di ghiaccio.
"Che modo poco gentile di parlare a tua moglie."
"Tu non sei mia moglie."
Male. Malissimo. Perdere il controllo per così poco. Che direbbe suo padre? Probabilmente lo spedirebbe a meditare nudo su un ghiacciaio.
"Come desideri, mio amato. A cosa devo la gradevolissima improvvisata?"
Domanda inutile. È lì per due ottime ragioni. La prima è che vuole sapere quali siano i suoi piani. La seconda è che desiderava rivederla.
Lo ammetterai, Bruce?
Lui non è un pipistrello. È bello e sornione come un grosso felino.
"Ho controllato i tuoi movimenti. Hai un notevole giro di amicizie sospette. E ho scoperto chi è il tuo amico nei guai. Se sei davvero venuta qui per completare l'opera di tuo padre, ti invito a rinunciare. Stai scherzando col fuoco."
Bruce Wayne è fuoco. La sua rabbia è una delizia. Ma sta mentendo anche a se stesso.
"Dimmi cosa pensi davvero, mio amato."
Oh, è facile da capire. Gli antenati. La città appena nata. E poi, su, fino a suo padre. Il filantropo con le tasche piene di soldi, il santo populista. Gotham che diventa Gotham, pietra su pietra.
"Guarda come costruisco un regno per te e te lo regalo, mio adorato figlio unico, nonché principe ereditario."
"Questa città è mia, Talia. Non permetterò a nessuno di impossessarsene."
Adesso va meglio. Finalmente è sincero. Sono fatti l'uno per l'altra. Ma lei ha una visione più ampia della faccenda.
"Potrei lasciartela, oppure offrirti il resto del mondo, Bruce. Basta che tu lo chieda."
Ci sta pensando? Non lo trova possibile. Lui Gotham la possiede già. Forse trova semplicemente che la situazione sia troppo complicata anche per lui. Ma lei era seria. Il suo sposo non si rende ancora conto di quanto il suo progetto sia attuabile.
"Megalomane. Proprio come tuo padre. È questa la vostra debolezza."
Bello anche quando è infuriato. Ma la sta respingendo. Era prevedibile. Il suo idealismo è troppo distante. Troppo ristretto ed inquadrato in quella metropoli che considera un prolungamento del proprio essere oscuro.
"Mi dispiace, Talia. Ti stai muovendo per rimettere in libertà uomini che vogliono distruggere ciò che io devo proteggere. Ti stai alleando con la feccia cittadina per trascinare Gotham sul fondo. Come hai potuto credere che ti avrei seguita?"
Che domanda stupida. Per amore. Ma non è così che vanno le cose con lui. Lui non ci crede. Lui non reputa possibile amare qualcuno che si conosce appena. Anche se è il destino a volerlo.
"Ho capito" gli risponde. "Hai bisogno di tempo, Bruce. Per decidere di tornare da me. Hai bisogno di disprezzarmi, adesso. Di trovare un'altra donna che ti faccia disperare. Perché è questo che vuoi. Arriverà silenziosamente, con il passo felpato come quello di un gatto, e ti affonderà gli artigli nel cuore. E quando ti avrà ridotto a brandelli, allora sarai tu a cercarmi. Io posso aspettare fino ad allora. Hai sognato per anni la ragazza della porta accanto. Ora è necessaria una predatrice perché tu capisca che a metà strada tra loro due ci sono io."
A volte le succede. Intuizione. O la forza di prevedere gli eventi, secondo suo padre. Lei non crede affatto che si tratti di qualcosa di ultraumano. Semplicemente, pensa di riuscire a capire le persone. E Bruce Wayne ha un disperato bisogno di farsi male prima di tornare da lei.
Esiste una donna in grado di ferirti davvero?
Si augura che non sia così. Sarebbe bello se, nonostante tutto, fosse solo lei ad occupare i suoi pensieri da quel giorno in avanti.
"La tua presunzione non ha limiti. In questo ci assomigliamo." Bruce glielo dice tranquillamente, come se stessero semplicemente decidendo quale film guardare quella sera. "Ti andrebbe di passare il resto della giornata con me?"
Imprevedibile, il suo sposo.
"Per estorcermi altre informazioni?"
Lui le sorride di nuovo. Che strano. Suo padre gliel'ha descritto come una persona dal temperamento cupo ed estremamente malinconico.
"Tra le altre cose."
L'idea di dirgli di no non la sfiora neppure. Può considerare quella parentesi la quiete che precede la tempesta. Da domani sarà guerra.

Il guanto è morbidissimo al tatto e quei merletti sui polsi sono il tocco in più. È la tuta che le dà da pensare, così aderente da non lasciare nulla all'immaginazione.
Una criminale che provoca l'infarto ai poliziotti di quartiere…
"Non è che non apprezzi, sai? Ma il costume che ho usato a carnevale è più comodo e meno imbarazzante. E quel cappuccio è così buffo…"
Quella che ormai è anche la sua sarta sorride continuando a ritoccare a mano un bustino di raso nero.
"Non si sa mai, Arlecchino" le dice mentre l'ago danza sulla stoffa. "Magari potrebbe servirti per uno spettacolo privato."
Già, perché no?
Il suo nuovo guardaroba è spettacolare. Quella donna ha davvero delle mani da fata oltre ad una discrezione eccezionale. Secondo lei questo dettaglio è dovuto al fatto che Mr. J paga sempre in contanti. Harley Quinn sospetta che le cose non stiano proprio così. Non per niente gli ultimi vestiti che il suo pasticcino ha ordinato li ha pagati lei. È stato previdente. Il numero 12 è un sobrio completo grigio con camicia bianca e cravatta amaranto. Probabilmente già allora sapeva che sarebbe stato chiamato a presenziare in aula. Chissà se immaginava anche il resto. Che sarebbero diventati complici fino al punto di lavorare insieme ad un piano per permettergli di fuggire, che avrebbero finito per amarsi in quel modo virulento.
Certo. Non solo lo immaginava ma lo sapeva benissimo e ha fatto in modo che accadesse.
Non che la cosa le importi. Ciò che conta è restare con lui. E poi l'ha definita la sua musa.
Tesoro…
Harley ha smesso di tentare di estorcere informazioni alla sua sarta. Non le importa chi lui sia stato prima di diventare il Joker. Se fosse semplicemente il suo medico insisterebbe per fargli affrontare la realtà, i suoi traumi, il dolore che di sicuro nasconde dentro di sé. Ma lei è la sua compagna, ora, e deve attendere che sia lui a scegliere di parlarle. O di tacere per il resto della sua vita. Non cambierà niente. Il suo passato non può essere più folle e sanguinario del presente. Ed è il presente che lei deve custodire.
Ci proveranno in tutti i modi a toglierci quello che abbiamo…
Hanno già cominciato. Non credeva che ci fossero così tante sgualdrine a scrivergli messaggi appassionati. Nell'ultima settimana ha contato cinquantasette lettere oscene, sessantuno dichiarazioni d'amore e dodici proposte di matrimonio. Si è appuntata tutti gli indirizzi. Fare una mappatura di Gotham individuando la locazione di tutte le potenziali rivali la sta impegnando non poco. Ma le tornerà utile in futuro. E poi ultimamente Mr. J si vede più con Carl Wayland che con lei. Deve pure ingannare il tempo in qualche modo, una volta sistemate le piccole commissioni che le ha affidato. Come quella che la attende tra due ore. Una cosa da niente.
Indossa i suoi guanti e si ammira le mani soddisfatta. I suoi nuovi vestiti sono davvero magnifici.
"Tu non hai idea della follia in cui ti stai imbarcando, biondina."
La signora 'taglia e cuci' non le aveva ancora elargito la sua predica quotidiana. Harley si era illusa di averla scampata. Prima o poi sarà chiaro a tutti che lei non ha nessuna intenzione di essere salvata.
"Tu sei la sua sarta. Una sarta connivente che conserva le sue foto e che, nonostante tutto, si prende cura di lui. Come vedi, sei messa meglio di me, ma non troppo."
La donna scuote la testa. "Non capisci e non capirai mai. Lui mi fa paura. È l'unico motivo per cui lo assecondo."
Bugiarda.
Lei è così simile alla se stessa di due mesi prima. Solo che sta trascinando quella situazione da anni.
Harley si sdraia a terra, fra le stoffe rosse e nere abbandonate sul pavimento del retrobottega. Velluto, raso o semplice sintetico. Hanno un buon odore.
"E? Sono sicura che c'è dell'altro. Il problema è ammetterlo, non è così?"
La donna le lancia uno sguardo astioso. "Io non sono in analisi, ragazzina."
"Tranquilla. È gratis" le risponde sorridendo.
Che cos'è quella sensazione di euforia?
"Va bene. Mi fa pena. Nonostante tutto. Sono una vecchia sentimentale ancorata al passato. Soddisfatta?"
Abbastanza.
Non insisterà ulteriormente. Ancorata al passato. Un po' la invidia. Ha una parte del suo J che lei ignora. Ha resistito alla tentazione di rubarle quella vecchia foto appesa alla parete. Non sa cosa farsene di un fantasma e lui non tornerà mai ad essere quel ragazzo. E quel pensiero la fa sentire sollevata perché quel ragazzo è uno sconosciuto.
All'improvviso ricorda il suo nome. Emerge violentemente e senza alcun preavviso. Harley Quinn ride. È stata davvero stupida.
Lui me lo ha detto. Si è presentato fin dall'inizio, e io non l'ho capito. Chissà quanto avrà riso alle mie spalle… Mr. J.
"Che cosa ti prende, adesso?" La donna non sembra in ansia. Solo seccata per l'ennesimo soggetto fuori di testa piovuto nella sua vita e nel suo negozio.
Mr. J.
Harley Quinn si tira su, sentendosi davvero allegra. La vita è una cosa fantastica.
"Mi serve una parrucca" annuncia. Dopotutto è quasi sera e lei deve depistare un pipistrello.

Per tutti, da una ventina d'anni a quella parte, lui è semplicemente Monty. Non usa più il suo vero nome neppure quando deve firmare le fatture. Cose che capitano quando si ha nel portafogli una collezione di documenti falsi. Monty ha le mani in pasta un po' dovunque. Ha fatto affari con la mafia russa ed è stato alle dipendenze di Bertinelli e di Falcone. Ma ha fatto l'errore di lasciarsi invischiare nella rete di quella carogna in giacca viola. Lo riteneva il personaggio giusto al momento giusto. Ed era giovane e pazzo, quindi facile da manovrare.
Errore madornale. Monty se ne è reso conto quando, nel chiamarlo 'capo', nonostante avesse più o meno l'età di suo figlio, ha provato per la prima volta rispetto e paura.
"Non mi importa come farai. Né quante creste ti concederai sulle entrate. Ma fammi avere tutto ciò che ti chiedo non appena te lo chiedo."
Un affare, per lui. Quello schizzato non ha mai avuto interesse per il denaro. Quindi Monty ha potuto riempirsi le tasche con il suo benestare. Poi tutto ha cominciato a saltare in aria. E quando il Joker è stato preso Monty ha temuto che la polizia potesse risalire a lui. Fortunatamente non è andata così. Il locale continua a prosperare e la copertura tiene. I sopravvissuti della banda, per la maggior parte folli quanto il capo, se ne stanno rintanati in attesa di nuovi ordini e Monty può godersi in santa pace la nuova situazione sperando che il clown resti dov'è per il resto dei suoi giorni.
Sono appena le undici e il locale è ancora praticamente vuoto quando la gallinella dal sorriso smagliante varca la soglia e gli si avvicina con passo sicuro.
"Grasso, baffi da tricheco, vestito come un petroliere texano. Tu devi essere Monty."
Sfacciata, sicura di sé e molto carina. I suoi capelli scuri sono chiaramente una parrucca ma lui finge di non accorgersene. Ha l'aria da ragazza di buona famiglia, qualcosa di nuovo da quelle parti, e qualcuno che si eccita per un viso da verginella piuttosto che per le procaci ragazze già alle sue dipendenze può sempre saltare fuori.
"Piacere di conoscerti, signorina. Ti manda Bianca? Ok, salta sul palco e vediamo come te la cavi con lo strip. Ti serve un accompagnamento particolare?"
La finta brunetta fa una smorfia, poi preleva dalla borsa un voluminoso plico di fogli e lo appoggia sul bancone, proprio di fronte a lui.
"Non cerco lavoro. Te ne porto."
Monty si mette a sudare freddo quando vede la carta da gioco spillata sul primo foglio. Il jolly ha un ghigno di almeno una sessantina di denti.
"Tu da dove salti fuori? Chi mi dice che tu non sia uno sbirro che vuole fregarmi?"
La ragazza sbuffa. "Sei troppo diffidente. E non mi hai nemmeno offerto da bere." Poi lo guarda con aria furba e maligna, un'espressione che gli ricorda quella del capo. "Vedi, Monty, tu non hai altra scelta. Io non posso darti la certezza che sia lui a mandarmi. D'altra parte, tu non puoi evitare di eseguire gli ordini alla lettera perché io potrei averti detto la verità. Che cosa fare, Monty-boy?"
Darti una ripassatina, gioia.
No, deve esserci la fregatura. Il Joker è rinchiuso. Non può aver rimorchiato quella troietta in giro. Quindi l'ipotesi 'polizia' resta la più plausibile. Eppure su quei fogli c'è tutta la mente malata del clown. Nessun altro può avere ideato qualcosa di tanto astruso.
"E se non volessi? Tanto lui è destinato a marcire in manicomio per tutta la vita."
La ragazza inarca un sopracciglio e sorride. Quell'espressione gli sembra studiatissima. "Oh, vuoi provare a fargli le scarpe, Monty? Quanto sei coraggioso…"
Chi è quella tipa? Monty continua a chiederselo senza trovare una risposta. Il Joker non è tipo da amichette. Il Joker non è tipo da assistente portavoce, per l'esattezza. Chi lavora con lui o è completamente pazzo oppure è consapevole di essere solo carne da macello.
"Fai come credi, Monty. Sappi, però, che lui non la prenderà bene se le cose non dovessero andare come le ha programmate. E tu sai benissimo che non resterà rinchiuso ancora a lungo. Si dice che la sua psichiatra sia parecchio brava a rimettere a piede libero i matti."
Minacce. Ancora minacce. Una sola parola e quella donna non riuscirebbe viva dal locale. Ma i brividi che sente scorrergli lungo la schiena lo avvertono che è il caso di prenderla sul serio.
Dannazione, speravo che il mio interregno sarebbe durato di più.
Non gli piace l'idea di tornare ad essere un gregario. Ma al momento non ha altra scelta.
Se mai dovesse tornare davvero, vedrò di riservargli un'accoglienza che non si aspetta.
"Niente altro?" chiede alla ragazza. "Solo queste… stranezze?"
Su quei fogli non c'è nulla di logico. Come sempre, del resto. Eppure, alla fine ogni piano finisce per funzionare perfettamente.
"Niente altro" conferma la signorina dal sorriso ambiguo. "E metti in fresco la tua migliore bottiglia. Presto ci sarà una festa."
Poi salta giù dallo sgabello e esce dal locale canticchiando.

Crime Alley è stata l'ultima tappa e l'ha vista fermarsi più volte. Il taxista si è rifiutato di portarla fin lì. La cosa non la sorprende. Fino a quel momento quel posto lo conosceva solo attraverso le immagini trasmesse dai telegiornali. A toccarlo con mano è molto peggio. Gotham City e la sua fogna. Mr. J non è adatto a luoghi come quello. Eppure tutto comincia da lì. La sua tana, i suoi traffici.
Harley Quinn cammina a passo spedito verso la fermata della monorotaia. La riporterà a casa in poco più di mezz'ora. Per quel giorno i suoi incarichi sono terminati. La mette a disagio andarsene in giro di notte. Da quando ha incontrato il Pipistrello, ha la brutta sensazione che lui si metta a spiarla non appena si fa buio. E sarebbe davvero una seccatura se l'uomo in nero la sorprendesse ad andarsene a spasso per il quartiere più malfamato della città. Dal giorno seguente all'aggressione, Harley Quinn ha preso l'abitudine di lasciare un piatto di biscotti e un termos pieno di caffè sul davanzale della finestra, accompagnati da biglietti che invitano Batman a rifocillarsi mentre si diverte a fare il maniaco guardone. Non sa dire se lui li abbia letti o meno. In ogni caso non si è più fatto vivo.
Ma questo non vuol dire niente. Forse mi stai spiando anche adesso.
Un brutto posto sul serio. Peggio dei Narrows. Ma lavorare ai Narrows aiuta. Lì, catapecchie e un manicomio. A Crime Alley, prostitute, sbandati e locali equivoci. Ma lei è stata aggredita sotto casa sua, in un quartiere rispettabile, o quasi. Harley Quinn stringe le dita intorno alla pistola che tiene in tasca. Nuova di zecca può usarla ed è più che disposta a farlo. Ma nessuno sembra volerla disturbare, a parte una ragazzina con i capelli rossi e pochi centimetri di stoffa addosso che la invita a cambiare marciapiede perché quello è il suo. Harley la ignora e non presta attenzione neppure alla ragazza che si scusa al suo posto e che rifila un ceffone alla piccola impudente. Si allontana pensando ai venti dollari che la piccoletta le ha sfilato dalla tasca convinta di essere stata abilissima. La prossima volta non lascerà correre. Tanto è più che certa che si rivedranno. E se quello deve diventare il suo nuovo ambiente tanto vale cominciare a socializzare con i residenti.

I Narrows dopo più di un anno si stanno ancora leccando le ferite. Il resto di Gotham ormai considera quel quartiere il proprio personale tunnel degli orrori. Eppure l'isola è ancora in piedi. I residenti sono tornati alle loro case, ad esistenze volte a sopravvivere nel miglior modo possibile, nonostante i loro mezzi limitati. E l'Arkham Asylum scandisce ancora il tempo in quell'angolo di città, come un orologio i cui meccanismi abbiano perso il loro ritmo.
A volte Bruce Wayne ha l'impressione che se Gotham dovesse essere rasa la suolo, quello sarebbe l'unico edificio a rimanere in piedi. Le sue fondamenta sono saldamente radicate all'inferno.
Notte dopo notte, celato dal suo mantello nero, il Pipistrello ha scrutato nelle orbite vuote delle sue finestre. Si è dato una dozzina di giustificazioni per quel cercare malsano ma nessuna è suonata convincente. Qualcuno, un po' di tempo prima, gli ha detto che avrebbe spartito volentieri con lui una cella imbottita. Quel qualcuno ora è rinchiuso nelle viscere di Arkham. Aveva ragione? Bruce Wayne non si è mai illuso di non essere folle. Ma una differenza tra lui e la sua arcinemesi esiste. E non deve mai perderla di vista. Per quanto lo reputi assurdo, con lui ha tenuto le conversazioni più interessanti degli ultimi anni. Il clown lo ha portato a porsi interrogativi che prima di allora non avevano mai scalfito la sua granitica concezione di 'bene'. Ma Batman non può permettersi di avere dubbi. Per questo ha sacrificato se stesso pur di riportare Gotham ad un apparente stato di ordine.
Ma adesso lei vuole distruggere quell'utopia menzognera. Talia da un lato. Il clown dall'altro. Lui, schiacciato a metà strada, vorrebbe continuare a guardare Talia e a trovarla bellissima. Vorrebbe essere capace di estraniarsi dalle parole che il Joker ha innestato nel suo cervello. Ma non ci riesce. E questo lo rende debole.
Nel momento più sbagliato per esserlo.
Lui può solo continuare a scrutare l'Asylum senza raggiungere alcun risultato. Di notte, in quel posto, non accade nulla. Dovrà decidersi a piazzare delle microspie nell'ufficio di Harleen Quinzel. Dovra decidersi ed…
Entrare? Cercarlo? Parlare con lui? errore è quello che vuole. E poi…
E poi potrebbe scoprire che quello è davvero il posto più adatto per uno come lui, per un Pipistrello mascherato da Bruce Wayne.
Io non sono come te, buffone di corte. Non riuscirai mai a convincermi del contrario.
L'ala nera di Gotham distoglie gli occhi, poi vola via, al sicuro. Verso strade in cui il crimine è semplice e gestibile e non rischia di farlo impazzire.


Disarm you with a smile
And leave you like they left me here
To wither in denial
The bitterness of one who's left alone


(Smashing Pumpkins, Disarm)


Note:
1)
Harley viene definita 'la musa del Joker' nel crossover tra Batman e Danger Girl. Adoro quella storia. Quando mi ricapita di vedere Harley presa in ostaggio e Mr. J che viene a patti con l'avversario di turno per riaverla indietro? *_*
2)Il riferimento a Catwoman equivale a un mio sentitissimo 'Talia go home!'
3) Non scervellatevi tanto. A volte amo essere banale. Il nome di Mr. J è quello che si usa più spesso per lui, quello quasi ufficiale e che di sicuro conoscete benissimo, se non altro grazie al film con Nicholson. Ma non ho intenzione di pronunciarlo. In Amour Fou l'ho già fatto una volta, anche se nessuno se n'è accorto. ^_^
4) Oh oh. Chiedo scusa. Non ho potuto non omaggiare la graphic novel di Azzarello. Monty lì finisce scuoiato dalla diabolica coppia. Quasi quasi gli faccio fare la stessa fine.
5) Bianca. Ovvero un omaggino a 'Elseworld: Batman Thrillkiller.' In quell'universo alternativo, in una Gotham anni '60, il nostro Joker è una perfida donna di nome Bianca Steeplechase. Costei, ovviamente, ha anche la sua Harley Quinn personale (sì, si tratta di un rapporto lesbo…), la teenager pazza Hayley Fitzpatrick. Sono più svitate e pericolose delle loro controparti. ^_^ .
6) Crime Alley. Nomen omen. Non so quale sia il vero nome del quartiere (cioè, lo sapevo, ma non me lo ricordo :p). Ma tanto, per tutti, è sempre e solo Crime Alley.
7) Gli ultimi due capolavori di quel genio di sychophantwhore. Stavolta stiamo sul 'vietato ai minori'. Non sbavate troppo. Ci penso già io. ^_^
Senso civico
Burrasca
8) La piccola prostituta. Ovvero 'come ti liquido con infamia Holly Robinson'. La tipa con lei… Che sia Selina Kyle? Forse sì, forse no. Ma questo mi dà il gancio per esultare un po' per il debutto ormai prossimo della nuova serie 'Gotham Sirens', in cui, sotto la supervisione del suo papà Paul Dini, Harley sarà in squadra con Catwoman e Poison Ivy (non ho idea di come la biondina riuscirà a far andare d'accordo Selina e Pam, visto che si odiano). Dini ha detto che vuole dare al personaggio una maggiore emancipazione dal Joker (Ancora! Ma se non si parlano da due anni, da quando lei gli ha sparato durante un attacco isterico! Più emancipata di così!). Io preparo la lupara. Intanto, sia Mr. J che Bruce Wayne saranno fuori dai giochi per un po' e la cosa mi dispiace. D'altra parte per un po' ci ho creduto che i perfidoni della DC avrebbero davvero ucciso Batman. Invece è solo impossibilitato ad agire, per il momento, e sta per scatenarsi la 'Battle for the Cowl' per sapere chi erediterà il ruolo dell'Uomo Pipistrello (confesso di tifare banalmente per Dick Grayson). Ma chissene… Mentre il mondo si esalta per la nuova Batwoman, io attendo smaniosa le tre sirenette.



Risposte:




Minacciosissimi, questi due… E va bene. Sono in ritardo. Non mi uccidete. (Harley con i capelli all'indietro mi ricorda Eva Kant. ^_^)
Per prima cosa grazie a tutte le persone che mi hanno scritto per informarsi della mia salute. Vorrei potervi dire che si è risolto tutto, ma in realtà non si è risolto NIENTE. Quindi stringo i denti e procedo con la mia vita, visto che non posso restare in balia della sanità italica nell'attesa che i medici decidano come curarmi (il neurologo mi dice di non operarmi e di andare dal fisiatra. Il fisioterapista mi risponde che lui non può far niente e che bisogna operare… e io sono qui a imbottirmi di antidolorifica per sopravvivere. Bella la vita. Ultima spiaggia, il chiropratico a 100 euro a seduta. Speriamo che serva a qualcosa.)


Ok. Ho un sacco di commenti arretrati. Cominciamo col dire che l'Oscar è arrivato. Se avessero premiato qualcun altro sarei partita per Los Angeles armata del famoso bazooka. Vedere Kate Winslet, Brad Pitt e tutti gli altri con le lacrime agli occhi è stato davvero commovente.
Ma noi siamo pazzi ed allegri, giusto? Facciamo finta che sia andato direttamente a Mr. J che, in quanto rinchiuso ad Arkham, ha mandato la fidanzata a ritirarlo. ^____^


Vi spiace se do la precedenza a Red Angel? (Tanto non potete farci nulla, gnè gnè). Urge chiarire una cosa. I rumors sono il MALE. Ne sono usciti a dozzine. Eddie Murphy fa Riddler, la Jolie fa Catwoman, addirittura la misconosciuta Sarah Jayne Dunne doveva essere Harley in TDK ed era finita pure sull'IMDB (alla fine era la tizia che si vede mezzo secondo e che dice a Maroni "Possiamo andare in un altro posto? Qui non si riesce a parlare."). L'unica cosa certa, al momento, è che Nolan ha in pre-produzione un film di fantascienza (titolo "Inception") prima di qualunque altro Batman. E che la Warner Bros. vuole a tutti i costi un terzo capitolo ma ancora manca il soggetto. Quindi è tutto in altro mare. Ci sarà, ma chissà quando. E sembra (si dice… pare…) che la WB prema per la presenza di Selina Kyle/Catwoman, la qual cosa mi renderebbe taaaanto felice.
Per essere sempre aggiornati senza cadere nel trappoloni delle voci affidatevi a questo sito: http://www.batman-on-film.com/batmovienews.html
Se ci sarà qualcosa di certo loro ve lo diranno.
Per quanto mi riguarda, Harley senza Joker non ha motivo di esistere. È lui che l'ha creata, per lui Harley è diventata ciò che è. Non mi piacerebbe vedere una sua genesi indipendente dal Joker. Nonostante tutta la fiducia che nutro in Nolan. Comunque la mia 'musa' è sempre e solo Kristen Bell. La sua faccia, la sua voce, il suo modo di recitare sono alla base della mia Harley. È l'unica attrice che potrebbe interpretarla. D'altra parte una che dichiara "Se mi dicessero che per interpretare Harley Quinn devo uccidere qualcuno chiederei solo 'chi è e dove abita?'" io la faccio entrare nel nostro club degli svitati di diritto. ^_^ (E, siccome sono gentile, vi risparmio la mia opinione su chi sostiene la candidatura di quel cesso con le labbra rifatte e gli occhi bovini color diarrea che risponde al nome di Brittany Murphy.)

Dance, ormai il dvd l'avrai visto di sicuro. Comunque il disegno di Ofelia lo avevo linkato nelle notte. Distratta! Grazie per il link al Joker'sBlog. Ne sono diventata dipendente. Ho appena visto il nuovo filmato. Le hanno tolto il caso! Oddio, la faccia di Mr. J quando si trova davanti il dottor Hugo Strange che gli chiede come va oggi. "Terrible!" Poverino! Ridategli la sua tortina! "Where's doctor Quinzel? Bring back Harley! I want my doctor back!"

Harley Forever. Ok, nei prossimi capitoli Holly Robinson farà una capatina. Ma l'ho maltrattata un po'. È più forte di me. Io detesto le storie in cui Harley è una vittima in lacrime di abusi domestici. Non le tollero. Anche perché, concretamente parlando, non è che Mr. J la pesti ogni due pagine,. Come vuol dare a intendere una certa fetta di fandom. Tanto per dirla tutta, in 'Mightier than the sword', quando lei chiede a Batman di arrestare subito il Joker perché non vuole più vederlo, il nostro clown risponde con la cosa più sensata: "Solo perché ho detto che voglio ucciderti? Andiamo, tesoro, di solito ti piace." Amen.
Eh. Sì. ormai siamo agli sgoccioli. Di nodi da districare non ne restano poi molti.

Laura Sparrow, eh sì. la scenetta dell'orto botanico è un omaggio voluto agli improbabili nascondigli di Harley e Ivy nei cartoni. Felice di sapere che tutto fila. Effettivamente ho messo qualche pezza qua e là per spiegare come faccia il Joker nel film a elaborare piani complicatissimi ed esplosivi nel giro di pochi minuti. Quanto a cosa Mr. J abbia spifferato nell'orecchio di Harley e al piano di evasione… per quello dovrai aspettare il gran finale. ;-)

Kuji, magari in un'altra storia, Mr. J e Ivy si incontreranno. ^_^ Non ho voglia di abbandonare Batman e compagnia anche se la fine ormai è dietro l'angolo. E poi Mr. J dà il meglio di sé quando si tratta di punzecchiare la nostra Edera ("Oh, Harley, dimenticavo che la tua pianta da salotto sa anche parlare.")
Harlrey con i codini è stata una tappa obbligata. Perché privarla della possibilità di fare QUESTO?
Quanto a Mr. J… eh eh… tra quello che dice e quello che pensa c'è sempre un bell'abisso fisico. Lascialo blaterale. Tanto la realtà dei fatti è piuttosto evidente. ^_^
Comunque non è solo Lydia Filangeri a cannare il nome di Harley. Basta fare un giretto nelle fanfiction in rete per rendersene conto. È una delle cose che mi fa propendere per una bella strage senza sopravvissuti. Felice comunque di sapere che questa storia ti rende euforica. È la prima volta che mi capita.

Boopsie. Quell'"incalcolabilmente bene" lo farò scrivere sulla mia lapide. Comunque… non vi ho lasciati friggere. Io continuo a penare ma non ho intenzione di mettere da parte la mia penna malata. Certo, i tempi sono quelli che sono. Devo cogliere il momento magico tra un antidolorifico e l'altro. ^_^ È arrivato anche l'Oscar, visto? Felice di sapere che ti sia piaciuta l'esplosione della Quinzel contro la giornalista. Pensavo che alla fine Harley fosse risultata un po' isterica. Comunque… "l'essenza stessa dello scrivere". Oh, mamma…

Lefty, tesoruccio, Diamo a Cesare quel che è di Cesare. Batman era sia sul dvd a disco singolo che sul Blue Ray. A me i contenuti speciali sono piaciuti un sacco, soprattutto quello sulla musica di Hans Zimmer. A anche quello sull'uso dell'IMAX mi è piaciuto precchio. Sarà che io in cose di questo tipo mi diverto a sguazzarci. Comunque, diciamola tutta: il Joker è il perno del film e tutto l'insieme ad essere una meraviglia. Tutti hanno fatto un lavoro splendido. E, nonostante il mio amore smodato per Mr. J, trovo che il personaggio più bello del film, quello con una crescita e un'evoluzione straordinarie, sia Harvey Dent.
Comunque io immagino i nostri due 'eroi' davvero come una versione estrema di Sandra e Raimondo. Dopotutto, lei nel prologo si lamentava perché Gothan è noiosa. ^_^
Per il manualetto sulla costruzione delle bombe ci stiamo attrezzando. Intanto sono felice di nona vere seguito i tuoi consigli circa il farmi camminare sulla schiena da tre o quattro ginnaste. La mia ernia sarebbe esplosa come uno dei tuoi adorati whoopie cushion. XD
Comunque diciamolo. TUTTE vi siete bevute il discorsetto dolciastro del Joker. Questo vuol dire che ha conquistato un mucchio di donne e non solo Harley. In realtà lui è un bieco furbastro che ha dato ad Harley l'ultima spintarella perché decidesse di liberarlo fingendo di preoccuparsi per lei. Ma questo non esclude che ami il suo tortino. È che ha peso due piccioni con una fava.

sychophantwhore Per prima cosa devo cospargermi il capino di cenere per non aver riconosciuto Twiggy Ramirez. Ero rimasta a quando si conciava da sposa macabra. Io ho provato a farmi massacrare dal Joker ma probabilmente s'è scordato che avevamo un appuntamento e mi sono dovuta accontentare di un neurologo che vuole farmi fare fisioterapia invece di operarmi e di un fisioterapista che vuole farmi operare. Sono molto confusa e abbattuta. Datemi un bazooka. Intanto la fine si avvicina. Il Laughing Fish incombe.
Ma parliamo di cose SERIE. I tuoi ultimi disegni sono stati un balsamo sulle mie ferite esistenziali. *______* Maaaaamma! Devo ancora decidere quale dei due preferisco. Comunque credo che a questo punto li farò trombare tantissimo, così la tua ispirazione verrà adeguatamente rifocillata. E i miei occhi pure. Ma io dico… come cavolo hai fatto a rendere espressivo Mr. J nel primo disegno se non gli si vede manco la faccia? Sei riuscita a rendere la sua fisicità, nonostante in un disegno non ci sia movimento. *_* Ok, me li riguardo ancora un attimo. *_* Ancora una volta… *_* Sigh, che belli… (ma non è che adesso mi tocca alzare il rating? XD)
Tesoro… Lo so che vorresti che lui fosse sempre sincero ma, parola di autrice onnipotente, lui con il discorsetto che fa ad Harley sui rischi che corre sta recitando sfacciatamente. E pure male, visto che lei se ne accorge. In realtà le sta dicendo esattamente l'opposto. 'Brava. Ti ho mostrato che la tua vita attuale è patetica. Liberami e ti porto in viaggio di nozze.' Ma una cosa non esclude l'altra. Il Joker nutre un a forma di amore distorto e possessivo nei suoi confronti. Su questo non ci piove.
Sì, il mio nick è un omaggino al Duca Bianco. Grazie per la canzone dei Ranmmstein che mi hai segnalato. M'è venuta voglia di farci un videoclip. ^_^

GoodMiss. Ehm, credo che dopo due capitoli sia inorridita e sia fuggita via. ^_^

Corvero, un uooooomoooooo! Wow! Per prima cosa grazie per i complimenti, poi, ovviamente, sottoscrivo ciò che hai detto su film, soggetto e interpeti. Io sarò una mosca bianca, ma continuo a sperare (vanamente) che un terzo film non ci sia. Non vorrei che si ripetesse il tonfo di Batman Forever, arrivato dopo lo splendido Batman Returns. Ok, Schumacher non era Burton. Quindi, di certo, se Nolan sarà ancora dietro la macchina da presa il disastro non ci sarà. Però… chiamala sindrome degli Ewoks, ma io tremo sempre quando si appresta all'orizzonte un capitolo 3. Come va l'aspetto creativo? Produci, così poi io leggo. Qua c'è una sezione da riempire di roba buona. ^_^

DemonGirl, ciao. Anche a te, grazie mille per i complimenti. Io vado nel panico quando devo scrivere una scena di sesso. Di solito glisso e passo oltre. Stavolta non ho potuto e sono felice che tu abbia riscontrato un'assenza di volgarità (tu non sai quante discussioni sul tema "dettaglio - non dettaglio" ho avuto nel mio salotto). "Zucchina" è uno dei nomignoli classici di Harley, e anche il più usato nelle traduzioni italiane. Però, adesso voglio leggere qualche estratto dal gioco di ruolo. La mia Harley????? Emozione. *_*

Ofelia! L'artista! Isla de Coco! Secondo me in questi ultimi mesi il numero di uomini che si è ritrovato affibbiato il soprannome di Puddin' è aumentato in modo esponenziale. ^_^ Uh. Perché dici che strapazzo Gordon? Non è vero, dai. Io voglio bene a quel sacco a pelo pieno di pulci. È pur sempre il babbo della mia cara Barbara. Solo che sono Harley-centric, ultimamente, e lei non lo può vedere. Il tuo WIP non è più un WIP e adesso giganteggia sul mio monitor. Adoro lo sguardo torbido di Mr. J e il sorriso malizioso di Harley. *_*

Elby: "una storia che potrebbe sembrare strana ma che in realtà è "solo" la vicenda di una donna che si innamora come ogni altra donna: come una pazza." Io credo che tu abbia colto perfettamente l'idea che avevo in testa quando ho cominciato scrivere questa storia. È assolutamente facile giudicare Harley dalla'esterno, pensare che dovrebbe aprire gli occhi, che dovrebbe salvare se stessa. Poi, nei suoi panni, chiunque metterebbe da parte la razionalità. È per questo che lei mi piace. Fa le sue scelte e le porta avanti fino in fondo. E non l'ho mai vista come una vittima, perché lei è esattamente dove vuole stare e con l'uomo che si è scelta. Comunque io amo le tue recensioni. Riesci sempre a cogliere gli aspetti più nascosti. Per quanto riguarda la frecciata sui romanzi rosa, magari sarà pura invidia in quanto io sono assolutamente incapace di scrivere scene di sesso dettagliate. ^_^ Resta il fatto che quando si usa un punto di vista unico credo sia più importante mostrare un personaggio dal lato emozionale. Anche perché il meccanismo lo conosciamo tutti. Non è che serva sbrodolarsi di dettagli 'tecnici'. Quella di un Joker Junior è una fantasia che a fasi alterne riemerge nella testolina di Harl e anche in quella del Joker. Per il Mr. J di Nolan non ha un'aria molto paterna. Ok, la pianto con le idiozie. Chiudo dicendo che trovo titillante vedere come un dettaglio scaturito da una mia semplice riflessione anti banalità ("No, lasciamo perdere i tagliuzzamenti.") abbia comunque contribuito a creare un sottoresto emotivo per il mostro eroe. Tutto fa brodo. XD

Vicodin… Me ne servirebbe una tonnellata. Mi dispiace avervi fatto aspettare tanto. Ma ormai siamo in dirittura d'arrivo. Spero che i capitoli finali non ti deludano.

Banana Berry, sono io che ringrazio te per la tua storia. Raramente mi imbatto in fanfiction dove Harl e J sono rappresentati 'come dico io'. Ora però voglio un nuovo capitolo! E intanto ti faccio gli auguri con secoli di ritardo.

Chimeratech, il tuo commento m'ha fatto ridere per mezza giornata. Ma hai chiamato Harley 'oca'? E per questo verrai fustigata in Gotham Place davanti a tutta la cittadinanza.

Nameless, secondo me la risposta è semplice. A noi donne, almeno quando ci concediamo una pausa di pura finzione, i maschietti ci piacciono bastardi. Ma proprio tanto.

Mad Hatter, come Belial o come Jervis Tetch?

DarkStar, grazie per l'autotreno di complimenti. Suppongo che i signori della DC, della Warner bros. E soprattutto quei cialtronisismi della Planeta De Agostini dovrebbero darmi una percentuale, visto che sto convertendo nuovi lettori. Che dirti? Benvenuta nel mondo schizofrenico delle pubblicazioni DC in Italia. Ti faranno diventare matta. Comunque… all'inizio la mia storia doveva essere molto più aderente a Mad Love (lì il Joker fischietta e a pestarlo è Batman), poi i due clown mi hanno preso la mano e se ne sono andati per fatti loro. Però il risultato mi piace, quindi direi che è stata una fortuna staccarmi dai binari che avevo deciso. Mi dispiace un po' per le scene previste che ho dovuto tagliare, ma pazienza. Felice di sentire che la caduta di Harley suoni plausibile. Dopotutto tra i due c'è una specie di istantaneo colpo di fulmine e il terrore che tutto questo suoni come una forzatura ce l'ho ancora adesso. D'altra parte, per rimanere in ambito di citazioni "La pazzia è come la gravità. Basta una piccola spinta." ;-) Baci.

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Capitolo 17
*** Terapia n°11 - April's Fools ***




Terapia n°11



"April's Fools"








Cat’s foot iron claw
Neuro-surgeons scream for more
At paranoia’s poison door.
Twenty first century schizoid man.

Blood rack barbed wire
Politicians’ funeral pyre
Innocents raped with napalm fire
Twenty first century schizoid man.

(King Crimson, 21st Century Schizoid Man)

Il mese di aprile si presenta a Gotham sereno e limpido.
Harley Quinn, nonostante le aspettative, durante la notte precedente la sentenza ha dormito benissimo. Il suo umore è alle stelle e non cala neppure quando trova l'Asylum invaso da poliziotti.
Meglio così. Molto meglio così.
Tutto è stato organizzato alla perfezione. L'ultimo dettaglio è stata la lettera spedita al Gotham Times la sera prima. Con le dovute precauzioni, ovviamente. La polizia potrà sospettare di lei, ma non avrà uno straccio di prova. Non è ancora il momento di annunciare al mondo la nascita dell'Arlecchino.
Non appena varca i cancelli capisce al volo di essere l'unica persona allegra in tutto quel marasma.
Jeremiah Arkham urla e sbraita. Gordon gli ha imposto di far passare i suoi uomini, armati fino ai denti, infischiandosene dei metal detector. Il grande capo ha pestato i piedi per un po' ma poi ha dovuto chinare la testa. Che carino. Le fa quasi tenerezza mentre la saluta. Harley vede nel suo sguardo astioso una voglia matta di farla scontare in qualche modo ai tutori dell'ordine. È quasi tentata di offrirgli il suo disinteressatissimo aiuto. Però, al momento, ha faccende più urgenti da sistemare.
È uno di quei momenti magici in cui capisce perché l'Arkham Asylum sia uno dei suoi posti preferiti sulla faccia della terra. Non che sia mai uscita dagli Stati Uniti, a dirla tutta. Ma si concede l'iperbole senza rimpianti.
Harley Quinn trotterella allegramente verso l'ala di massima sicurezza con il suo pass bene in vista e un sorriso da regalare ad ogni agente. La porta del sotterraneo è aperta e Wayland la raggiunge con aria preoccupata e furiosa.
Accidenti, è arrivato prima di me. Stakanovista.
"Finalmente, dottoressa. Sono indignato. Mi sentiranno, in tribunale. Questa mattina sembra che da queste parti si sia dimenticato il significato di dignità umana!"
Catastrofe in arrivo? E lei cosa c'entra?
"Non me lo dica." Se è come sospetta è disposta a compiere un massacro, lì su due piedi. "Questi bastardi in divisa hanno usato le maniere forti su Mr. J!"
Harley Quinn ignora l'"Ehi!" infuriato lanciato al suo indirizzo da uno dei poliziotti e si concentra sull'espressione espressione attonita dell'avvocato.
"Mr… J?"
"Allora?" lo incalza stizzita.
Wayland sembra riprendersi da quell'incomprensibile stato di shock. "No. Ci mancherebbe altro. Ma tre di loro hanno voluto essere presenti mentre la vostra guardia… quel tizio messicano… lo aiutava a vestirsi. Una situazione umiliante! E non ci passerò sopra!"
Troppo buffo, il piccolo Carl. Harley ridacchia divertita.
"Che pervertiti…"
"Prego?" Wayland la fissa perplesso.
Poveretto. Che cosa vuole saperne, lui? Conosce molto poco il suo cliente. Lei è convinta che Mr. J si sia divertito un mondo.
Maledizione, finisco sempre per perdermi il meglio.
"Si rilassi, avvocato. È tutto a posto" lo rassicura passando oltre. Lui la sta aspettando. Le rivolge un sorriso mentre si sistema i risvolti della giacca ignorando la parata di uomini in blu che gli puntano contro i loro fucili. Morales la saluta come fa sempre ultimamente, con l'aria di chi continua a ingoiare amarissimi bocconi.
"Non preoccuparti" le ha spiegato Mr. J. "Lui sa, ma tace. Stai tranquilla, biscottino. Consideralo il nostro Cupido."
Incredibile, Mr. J. Perfino lì dentro è riuscito ad abbrancare il proprio spazio vitale e le necessarie alleanze. Lei non ha parlato apertamente con Morales della sua relazione clandestina. Non si tratta di imbarazzo. In realtà vederlo in crisi la diverte. Tanto non avrà mai il coraggio di fare la spia.
Manca poco, manca pochissimo… si ripete mentre raggiunge il suo clown con una stretta allo stomaco.
Che meraviglia. Come diavolo può pretendere che lei mantenga il controllo se le si presenta davanti appetitoso come un tacchino arrosto il giorno del Ringraziamento?
"Buongiorno. Tutto bene?" gli chiede con voce squillante.
Sono il suo medico e mi prendo cura di lui. Guardatemi pure, simpatici ometti in divisa…
"Sei bellissimo. Sembri un impiegato di banca" gli sussurra.
Oh, sì. Il fidanzato perfetto. Chiude gli occhi, immaginandolo con un mazzo di fiori in una mano e un anello di brillanti nell'altra. "Harley, vuoi sposarmi?" Paradisiaco. Sospira, poi lo controlla dalla testa ai piedi. Capelli ordinatamente legati. Denti a posto, orecchie a posto, unghie a posto… Le tue mani bellissime… Le pantofole sono un pugno in un occhio, ma Gordon ha lasciato come altra opzione i mocassini. Un brivido di raccapriccio la percorre.
Temono che possa fare una strage usando semplicemente dei lacci da scarpe. Sì, anche loro riconoscono il tuo genio, amore…
"Stai su con le spalle" gli dice.
Lui le lancia un'occhiata fulminante. "Un impiegato di banca. Stasera faremo i conti, dottore."
Che minaccia deliziosa.
"E se decidessero che la tua destinazione è il carcere?" gli ha chiesto due giorni prima, cedendo ad un attimo di panico.
Lui le ha risposto ridendo. "In quel caso dovrò immediatamente darmi alla macchia, conservando gelosamente nel mio cuore il dolce ricordo della tua testa vuota."
Lui prende tutto alla leggera. Un po' come Wayland. Darsi alla macchia. Lei non crede proprio di poterglielo permettere. Non da solo. Gli resterà appiccicata, costi quello che costi.
"Ok, signora." L'intervento di un tenentino con la faccia da poppante la riporta al presente. "Basta chiacchiere. Dobbiamo muoverci. Voi due salirete sul furgone subito dopo il prigioniero. Durante il trasferimento non potrete rivolgergli la parola, né toccarlo in alcun mondo, chiaro?"
Certo. Contaci.
Harley sta per rispondergli che la cosa le va benissimo, ma Wayland sembra di tutt'altro parere.
"Che razza di pretese. Io sono il suo avvocato. Ho il diritto legalmente riconosciuto di conferire con il mio cliente in ogni momento."
Idiota. Non è il caso di perdere tempo. Sono le nove passate. La prima parte della grande burla dovrebbe essersi messa in moto da circa dieci minuti.
"Niente storie, avvocato, o la faremo scendere" replica il poliziotto.
Minaccia terribile. Harley trattiene un sorriso. Adesso si comincia sul serio.

Le urla iniziano appena attraversato il ponte. Harley non ha bisogno di vedere per sapere che la popolazione di Gotham si è radunata lungo il percorso per tentare il linciaggio del mostro. La polizia avrà il suo bel da fare per respingere la folla. Lei dubita che riusciranno ad evitare di usare le maniere forti. Quello è l'aspetto più divertente della faccenda.
Il furgone procede a passo di lumaca. Se non si danno una mossa faranno tardi. Wayland, seduto vicino a lei, continua a sfogliare nervosamente i suoi appunti. Sta iniziando a trovarlo irritante. Mr. J continua a sorriderle nonostante i tre fucili puntati contro la sua faccia. La sta silenziosamente invitando a restare calma, ma non è semplice con cinque agenti dal palese grilletto facile stipati con loro nel furgone. Agenti che recitano le loro battute ad effetto ogni trenta secondi circa.
"Un solo movimento e ti faccio saltare la testa, mi hai capito, sgorbio?" è stata la minaccia più carina e ovviamente ha suscitato l'indignazione di Wayland.
"Frasi come questa non sono l'ideale, agente" è intervenuta lei. "Il soggetto potrebbe rispondere alla provocazione nel peggiore dei modi. Senza contare che mi sta mettendo addosso una certa agitazione."
Il poliziotto la degna appena di uno sguardo. Razza di maleducato. Si chiede se quella gente agli ordini di Gordon abbia davvero intenzione di proteggere Mr. J o se invece non lascerà che accada qualche 'tragico incidente'.
Devo restargli vicina. In questo modo, per tutelare me, dovranno farlo anche con lui.
Harley tira fuori un leccalecca dalla tasca. Per ingannare il tempo non c'è niente di meglio di una succulenta pallina bicolore al cioccolato e vaniglia. Chissà cosa ci trovano di così strano, gli irreprensibili tutori dell'ordine. Nessuna legge vieta a una psichiatra di concedersi un dolcetto ogni tanto. Quindi, perché la guardano come se fosse pazza?
Scemi.
Mr. J continua a scrutarla tra l'indifferente e il divertito.
Prima o poi dovrò chiedergli…
È stato un periodo luminoso, quello dei suoi diciassette anni. E se ci pensa vorrebbe poter rivivere un solo pomeriggio. E cambiare un paio di cosette.
… se gli piace ancora il gelato al pistacchio.
Le importa? Non le importa? Non lo sa. Ma il pensiero di qualcosa di già scritto è molto poetico. Gli sorride sporgendosi verso di lui e infilandogli il leccalecca fra le labbra. Lui sembra divertirsi a quel nuovo giochetto.
In fondo è un po' come baciarti.
"Ehi!" Una mano brusca invadente la costringe a tornare al suo posto.
Peccato. Dovrò finirlo da sola.
"Dottoressa, non ci siamo capiti" protesta il tenentino. "Nessuna interazione."
Harley sospira esageratamente. "Ci siamo capiti benissimo. Non gli ho parlato e tecnicamente non l'ho nemmeno toccato. Ma sono un medico e capisco al volo se un mio paziente ha un calo di zuccheri e bisogna correre ai ripari. E la pianti di agitarsi con quel fucile in mano. Qualcuno potrebbe farsi male."
Certo, suonerebbe più autoritaria e convincente se Mr. J la piantasse di ridere come un cretino. Forse tutti e due dovrebbero prendere esempio da Wayland e considerare seriamente quella faccenda. Dopotutto sono circondati da una massa di gente agitata da intenti omicidi.
Il tenentino punta la sua arma contro di lei. "Alla prossima che mi combina la faccio scendere senza neanche far fermare il furgone. Non se lo faccia ripetere due volte."
"Minacce?" Wayland sembra diventare all'improvviso molto battagliero. "Le sconsiglio di rivolgersi con quel tono alla dottoressa Quinzel senza una motivazione più che valida."
Il giovane poliziotto non sembra impressionato. È affascinante vedere come il livello di testosterone si alzi nei maschietti sul piede di guerra. Solo Mr. J sembra diventato indifferente all'improvviso.
Indifferente?
Sta pensando. Sta elaborando. Ormai conosce quello sguardo. Vorrebbe sapere cosa gli sta passando per la mente. Forse con la testa è già proiettato ben oltre quella giornata.
"Era solo un leccalecca, non una bomba a mano" si difende Harley.
La sua fedina penale deve restare pulita per almeno un altro paio di settimane. Poi non avrà più importanza.

Per arrivare in aula è necessario l'intervento delle squadre antisommossa. Harley capisce d'un tratto quanto l'odio possa diventare potente e pericoloso. Le è impossibile mettere chiaramente a fuoco ciò che sta accadendo. Non è neppure certa che siano i suoi piedi a muoversi. Non respira, non vede. Sa solo che lei, Mr. J e Wayland sono stretti tra una decina di poliziotti che li circondano e li proteggono.
Dov'è Gordon? Dovrebbe essere lì, a esporsi in prima persona.
Le urla delle belve cittadine sono incomprensibili. Riesce a cogliere solo qualche parola. "Assassino" è quella che viene ripetuta più spesso.
Ancora poco. Ancora poco, e inizierà lo spettacolo. Gotham sta per mettersi a ballare. Le spiace solo di non poter assistere.
"Resta calma, zucchina." Lui è riuscito a chinarsi e a sussurrare nel suo orecchio.
Harley coglie la sua espressione con lo sguardo. Sembra perfettamente impassibile. Ovvio. Lui è abituato a situazioni come quella. Caos, perdita di ogni regola. Per lei si tratta di un'esperienza nuova.
Solo quando si ritrovano all'interno del tribunale e le porte vengono sprangate si sente tranquilla. Le undici in punto. La parata, giù al Gotham Plaza, sta iniziando proprio in quel momento. Più lontano, là dove i tutori dell'ordine si arrabattano nel tentare di fare il loro lavoro, lo specialissimo regalo di Mr. J dovrebbe essere arrivato. Chissà se al Gotham Times hanno già aperto la sua lettera. Ora manca un solo piccolo dettaglio. La sentenza.
Che diavolo ci faccio qui?
In quel momento potrebbe trovarsi a casa sua, a guardare i telegiornali e a godersi i risultati del proprio lavoro. Invece ha scelto di essere lì, per quel minuscolo dieci per cento di possibilità che il giudice decida che Mr. J debba cambiare residenza.
Non ci credo non ci credo non ci credo.
Deve solo pensare a divertirsi, ora. Quella sera brinderanno. Mr. J ha ragione. La messa in atto di un'opera dà una carica incredibile. Lo scopo è solo un dettaglio insignificante. Il suo scopo, regalare un sorriso al suo clown, meno insignificante di quello di molti altri. È un peccato che l'udienza si svolga di nuovo a porte chiuse. Lui quel giorno è talmente bello da meritare una fotografia in prima pagina. Invece dubita che con la baraonda che c'è lì fuori i fotoreporter siano riusciti a fare un lavoro decente.
Il rituale ha inizio. Lei si scopre bizzarramente calma. In piedi davanti al giudice al fianco di Wayland, Mr. J, con il suo sorriso eterno stampato sul viso attende di scoprire quale sarà la sua sorte.
11 e 30. Il barbecue è iniziato. Se non facciamo in fretta ci lasceranno solo gli avanzi.
Harley Quinn vuole che tutto vada liscio. È la prima volta che lavorano insieme. È il vero esordio nel suo mondo.
"Una cosetta da nulla, Harley-baby. Solo un piccolo spettacolino per ricordare alla brava gente di Gotham che sono ancora vivo."
La domanda è di rito. "Qualcosa da dichiarare?"
E lui, feroce e magnifico, fissa negli occhi il vecchio McLean e gli ricorda come funzionano le cose nella città del Joker.
"Ma certo, Vostro Onore. Desidero scusarmi con il mio pubblico per avere interrotto il mio ultimo spettacolo in modo brusco e inaspettato. I figuranti si sono dimostrati poco collaborativi. Ma i vostri biglietti sono ancora validi per la prossima replica."
Pasticcino, sei fantastico…
Il volto del giudice si fa livido. Chissà se ha nelle tasche il denaro di Talia Ducard o se davvero ha agito rispondendo solo alla propria coscienza e al codice. Le sembra di essere in un vecchio episodio di Perry Mason.
È scontato che il verdetto della giuria sia di colpevolezza per tutti i capi d'accusa. Gotham vuole una sentenza esemplare. Ma potrà gustare il suo banchetto solo a metà.
Harley si sente più leggera quando McLean finalmente pronuncia le due parole che stava attendendo. "Arkham Asylum". Il resto è composto da dettagli inutili. "Struttura adeguata." "Scontare la condanna a vita." "Il resto dei suoi giorni." E la gran chiusura, quella che butta giù il teatro: "Che Dio abbia pietà della sua anima", come se davvero lui fosse destinato ad un'iniezione letale.
"Amen" ringhia Mr. J mentre il suo ghigno si fa spaventoso.
Ora la strada è tutta in discesa. Si torna a casa. Si torna a casa mentre Gotham sta ballando. La polizia la circonda di nuovo. Harley coglie le loro facce deluse. Ci speravano davvero, quegli imbecilli in divisa? Niente da fare. La città ha gridato talmente forte che il Joker è folle che alla fine è stata ascoltata e quello è il magnifico risultato.
"Tenetevi pronti" ordina il solito tenentino ai suoi uomini. "Ho l'impressione che fuori ci sia da andarci pesante. Vorranno la sua testa."
Ma dov'è Gordon? Harley è abbastanza delusa per non averlo visto.
Il primo ostacolo è costituito dalla stampa. Prova quasi pena per gli 'eroi in divisa' in balia di quegli sciacalli a caccia di una dichiarazione.
Cari ragazzi. Domani ne avrete di notizie su cui scrivere…
E Mr. J si volta verso le telecamere sollevando due dita in segno di vittoria. "È ufficiale. Sembra proprio che io sia pazzo e pericoloso. Continuate a volermi bene. Amo Gotham. Amo vederla mentre si contorce e si dispera."
Gli agenti lo trascinano via. Lei resta indietro quel tanto che basta per cogliere una domanda che resta inascoltata.
"Joker, hai qualcosa a che fare con gli scontri che stanno avvenendo al Gotham Plaza?"
Perfetto.
Harley Quinn sorride. Saranno nelle prossime edizioni del telegiornale.

Il viaggio di ritorno per lei è più rilassato. Gli agenti invece stanno sudando. Stanno ancora aspettando la fuga paventata da Gordon? Ingenui. Non ora. Non in questo modo.
La notizia arriva dopo qualche minuto. Se non sapesse esattamente di cosa stanno parlando, ad Harley quel confabulare suonerebbe incomprensibile.
"Tonnellate di pesce al commissariato… petardi… volantini…"
Si trattiene dal canticchiare soddisfatta. In fondo quel Monty non è idiota come sembra. Anche l'attacco "dall'alto" è andato a buon fine.
"Che sta succedendo?" chiede Wayland raddoppiando la sua consueta boria. Probabilmente la sua mente è già al lavoro per far ottenere al suo preziosissimo cliente un attestato di sanità mentale che lo dichiari perfettamente reintegrato nella società e lo rimetta in libertà.
"La cosa non la riguarda" risponde il tenente ringhiando.
Te lo spiego io, caro Carl. Gotham non dimenticherà in fretta questo Primo Aprile.
È stato faticoso ma divertente.
"Niente vittime, per questa volta" le ha detto Mr. J, e all'inizio questa scelta l'ha sorpresa un po'. Poi ha capito che si è trattato di semplice furbizia. Un solo morto e lei non sarebbe più stata libera di muoversi. Gordon le si sarebbe attaccato come un mastino. Invece così potrà semplicemente sospettarla di avere a che fare con degli atti di vandalismo e degli scontri di piazza. Ossia meno di niente. Mr. J è stato chiaro. Mai agire in prima persona se non nel momento dell'ultima replica. Formare una catena attraverso la quale sia impossibile risalire dal braccio alla mente, i cui vari anelli ignorino cosa stia facendo chi viene dopo di loro e cosa abbia fatto chi li ha preceduti. Una sola persona deve essere in possesso di ogni dettaglio, ed è l'ideatore.
E in questo caso siamo in due.
La lusinga il fatto che lui si sia fidato completamente. Anche se in fondo non aveva altra scelta qualcosa le dice che non l'abbia mai fatto prima, con nessuno. Far partire il tamtam telematico è stata la parte più facile. In rete si stanno moltiplicando come mosche su una carogna i gruppi che sostengono Mr. J così come quelli che lo vorrebbero morto. Non è stato complicato fare in modo che le due "bande" si incontrassero al Gotham Plaza. E, con tutta la polizia schierata lungo il percorso tra Arkham, Downtown e Blackgate, le uova nel paniere delle forze dell'ordine si sono trasformate in una gigantesca frittata. Harley non ha idea di come abbiano risolto il problema di sedare gli scontri. Ma sa per certo che tutta la loro perfetta organizzazione è andata a farsi benedire e i reparti antisommossa hanno dovuto abbandonare la postazione per andare a risolvere problemi più urgenti.
Regalino numero due. Il suo preferito. Alle dieci in punto da tutte le pescherie di Gotham e direttamente dal porto sono state consegnate al GCPD quattro tonnellate di pescato giornaliero. I fattorini e i garzoni di certo avranno voluto essere pagati. Chissà come se la saranno cavata gli agenti rimasti in sede. Problema risolto in modo piuttosto drastico nel momento in cui razzi e petardi piazzati in punti strategici sono stati fatti esplodere regalando ai tutori della legge un'allegra pioggia di brandelli e interiora ittiche. Qualcuno dei ragazzi assunti per l'occasione sarà di sicuro stato preso. Ma nessuno di loro conosce il nome di chi li ha pagati.
Ci vorranno giorni per ripulire tutto. E non li invidio. Entro domani il fetore sarà da svenimento.
Il dessert, infine. Da un Cessna affittato da ignoti sono piovuti dal cielo centinaia di volantini che hanno informato i cittadini circa il costo dello spiegamento di forze che avrebbe dovuto impedire una fuga che in realtà non è mai stata pianificata.
E Garcia adesso può scordarsi la rielezione.
Il tocco da maestro arriverà solo con l'edizione del mattino del Gotham Times.
"Cari amichetti di Gotham,
so che sarete qui a leggermi e che sarete indignati. Questa lettera è stata scritta due giorni prima della mia gita in tribunale per ascoltare una sentenza scontata. Potete credermi sulla parola. In ogni caso, sono certo che i gentilissimi curatori di questa pagina non avranno problemi a mostrarvi il timbro postale risalente alla mattina del Primo Aprile.
Li avete visti, vero? Tutti in fila, serissimi e con le armi spianate. Io li sto immaginando proprio ora. Chissà se useranno anche i tank. Sono pronto a scommetterci. Vi diranno che è stato fatto tutto per tutelarvi. Per impedire che me ne andassi a spasso. Lasciate che il vostro zio Joker vi confidi una cosetta: non ho mai avuto intenzione di fuggire. Non nella giornata del Primo Aprile, almeno. Quindi i preziosi soldi delle vostre tasse sono stati bruciati a vuoto. E non ce ne saranno più quando deciderò che è venuto il momento di abbandonare la confortevole ospitalità dell'Arkham Grand Hotel. State tranquilli. Non accadrà troppo presto. Mi sto godendo questa insolita vacanza e voglio approfittarne per ringraziare pubblicamente i medici e il personale per la loro squisita gentilezza. Potrei anche avere un occhio di riguardo per loro, in futuro. Ma non posso assicurarvelo. Sono un tipo volubile.
Vi ringrazio per l'attenzione e vi lascio a contare quanti spiccioli vi restano per arrivare a fine mese.
Il vostro affezionatissimo Joker."
Fantastico. Da applauso. Tanti auguri, Gotham. Lui la guarda e le sembra quasi che riesca a leggerle dentro. Sorride con lei per quel giochetto messo in piedi insieme. Harley è certa che non abbia mai avuto un braccio destro altrettanto in gamba.
"Lo sa, dottoressa? Abbiamo rischiato grosso col suo abbigliamento odierno" borbotta Wayland al suo fianco.
Perché non se ne è tornato a casa? Ormai il suo lavoro è finito. Teme che la procura ricorra in appello? Nessun problema. Lei e il suo tesoro saranno fuori da un pezzo.
"Porto dei pantaloni e una maglia. Cosa c'è di storto?" gli chiede annoiata.
Il tenentino ringhia a tutti e due di restare in silenzio, ma né lei né Wayland gli badano.
"Pantaloni di pelle nera troppo stretti. Maglia rossa. Il rosso è un colore troppo aggressivo. Vale anche per le sue labbra. E cosa sono quei tacchi a stiletto?"
È serio? Perché si sta comportando in modo surreale.
"Mi scusi. Credevo di dover andare in tribunale, non in un convento di clausura."
Le sta venendo di nuovo mal di testa. Succede troppo spesso, ultimamente. Deve fare un check-up. Non è il momento adatto per qualche sorpresa sgradita.
Ma che diavolo stai pensando? Ci manca solo l'ipocondria a completare il quadro.
È solo stanchezza. Quando l'euforia passa crollano tutte le difese. Quella notte dormirà per dodici ore filate.
"Le ho ripetuto dozzine di volte di non vestirsi come una prostituta, ma non vuole saperne di darmi retta." Mr. J le regala un ghigno dei suoi, prima che uno degli agenti, talmente giovane da essere ancora sommerso di acne, gli punti la canna del fucile contro la tempia.
"Fai silenzio!" grida, e perfino la sua voce è quella di un ragazzino.
Giusto. Fai silenzio. Prostituta a me…
"Impiegato di banca" sillaba. È una delizia mandarlo in bestia. Lo preferisce quasi a quando è dolce.
Mr. J sembra di nuovo perso nei suoi pensieri. È probabile che sia stanco anche lui. Comincia a fare troppo caldo lì dentro. Ha l'impressione che il viaggio d'andata sia stato più breve. Wayland si tortura il colletto della camicia. Anche lui ha l'aria di chi vorrebbe trovarsi da tutt'altra parte.
"Dovremo riportarlo fino alla sua cella?" chiede uno degli agenti al tenente odioso. "Quel posto mi fa venire i brividi. Non riesco a immaginare come debba essere di notte."
"Silenzio!" gli ordina il superiore.
Chissà perché Gordon ha mandato quei poppanti in prima linea. In fondo quel furgone al momento è il posto più tranquillo della città. Le piacerebbe poter dare una sbirciatina fuori. È pronta a scommettere che ci si stia divertendo da pazzi dalle parti del Gotham Plaza.
Calma, calma, Harl. C'è tempo per i bagordi. Intanto… ci hai pensato? Adesso lui è davvero uno dei residenti di Arkham. Ed è tutto tuo.
"Impiegato di banca… Ti strapperò la pelle dalla faccia e mi ci farò un portafogli" ribatte Mr. J continuando a sorridere anche quando l'agente ragazzino lo colpisce sullo zigomo.
Tutto mio.

L'atmosfera si fa completamente diversa non appena gli uomini di Gordon hanno levato le tende. Il dottor Arkham ci ha tenuto a mettere subito i puntini sulle i. Niente trattamenti di favore. Isolamento confermato. Due sole sedute a settimana. Una terapia farmacologica studiata personalmente.
Bastardo.
Due volte a settimana. Uno stillicidio. Scenderà a trovarlo tutti i giorni ma non sarà più la stessa cosa. E c'è del lavoro urgente da portare avanti. Dovranno riorganizzarsi per rientrare nei tempi previsti.
Questa me la paga.
Mr. J è prigioniero della trafila sanitario-burocratica che deve essere seguita da tutti i nuovi pazienti. Arkham sembra fregarsene del fatto che stia lì dentro da più di due mesi.
Le ha fatto restituire la sua sciarpa.
Il simbolo del nostro amore, dannata carogna.
"È pericoloso lasciargliela. Capisco le sue buone intenzioni, Quinzel. Ma non fa più tanto freddo."
Io ti ammazzo…
Chissà se gli hanno già portato il pranzo. Chissà se è stanco quanto lei.
È vivo. Questo solo conta. Presto sarà libero. Devo solo avere un po' di pazienza.
Harley Quinn continua a torturare la sciarpa che porta al collo e che è tornata da lei. Credono di poter dettare definitivamente le regole, adesso, all'Asylum. Non sanno che loro due delle regole se ne fregano. Il suo Joker è in prima pagina e lo sarà anche domani. Il Gotham Times, il Post e il Gazette hanno previsto la sentenza. Harley non vede l'ora di avere tra le mani le copie del mattino. Sarà un trionfo.
Ripiega il giornale abbandonandolo sul tavolo della caffetteria deserta. O quasi.
"Visto che roba?"
La tv nell'angolo continua a mandare immagini del caos esploso in città. Due morti e una ventina di feriti. Stavolta hanno fatto tutto con le loro mani. Non hanno un clown pazzo da accusare dell'atto materiale. Anche se ci proveranno. Ci proveranno di sicuro.
Joan Leland le si siede vicino, ma lei non ha molta voglia di chiacchierare. Le decisione di Arkham hanno rovinato una giornata perfetta.
"È incredibile come il Joker riesca a fare del male pur essendo rinchiuso qui dentro. La sua stessa esistenza è nociva."
Harley le lancia uno sguardo annoiato. "Qualunquismo. Se due gruppi di imbecilli decidono di scontrarsi non è di certo colpa dell'oggetto del contendere."
"Ma di chi li ha ispirati sì" insiste Joan.
Opinioni.
Due morti e una ventina di feriti… E quante triglie in omaggio all'Unità Grandi Crimini?
"Da domani riprendo i turni regolari" spiega Harley senza neppure sapere perché. "Arkham ha deciso che il nostro ospite debba essere trattato come tutti gli altri. E che devo ricominciare a guadagnarmi lo stipendio."
Una Toccata e Fuga di Bach nel cervello. Da dove sbuca? Perché non riesce a liberarsene? Lo speaker nella piccola tv ha la faccia di circostanza delle grandi tragedie. Dichiara con voce lugubre che una delle vittime aveva solo diciassette anni. Un piccolo pagliaccio dai capelli rosso fuoco finito con una lama di quindici centimetri nell'addome. Doloroso. E non le importa.
"Ho sentito Kaminski spettegolare circa il fatto che il Joker ha dei graffi spaventosi sulla schiena. Sembra che abbia lottato con una tigre."
Chissà dove vuole andare a parare Joan. Non le importa neppure di quello.
"Autolesionismo. Dovrò aggiungerlo alla sua cartella clinica."
Ciance inutili. Che noia. L'altro morto di anni ne aveva quarantadue. Ed era uno dei 'buoni'. Non fa notizia. Finito con un colpo alla nuca.
E allora?
Joan ha deciso di imitare il giornalista. Tono lugubre anche lei. "Harley… non può esserseli fatti da solo. Non è un contorsionista."
E tu che ne sai?
Non è normale. Quell'horror vacui interiore non è normale. Non c'è più gioia. La scorta di divertimento si è esaurita. Ma l'angoscia e forse il rimorso non vogliono fare la loro comparsa. Pensa solo che due morti non sono granché. Che si può fare di meglio.
"Sul serio? Chi se lo sarebbe aspettato che Morales avesse certe deviazioni."
Lo sguardo indagatore. L'accusa non esplicita. Ancora una volta l'indifferenza è il risultato. Forse dovrebbe dirle qualcosa del tipo "stai tranquilla, uso la spirale." Ma qualcosa le dice che non è l'idea di dovere fare regali per l'arrivo di un pargolo inatteso a preoccupare Joan.
Non. Mi. Importa.
"Harley… Non è come sembra, vero?"
Taci.
"Non lo so. Come sembra?"
Le ha fatto una promessa, un po' di tempo prima. Le ha detto che le avrebbe raccontato com'è fare sesso con un maniaco omicida. 'Farsi sbattere' da un maniaco omicida, per usare le sue auliche parole. Sarebbe un buon momento per raccontarle tutto per filo e per segno.
Ma non ne ho voglia. Odio l'apatia. La odio.
"Sono stanca…" Si ritrova con la fronte contro il ripiano del tavolo senza sapere bene come. "Tu arrivi sempre, Joan. Arrivi ogni volta, come un'allergia stagionale. E insinui, insinui e insinui ancora. Sbirci, indaghi e vuoi sapere, come una vecchia pettegola che origlia alla porta dei vicini e pretende di conoscere tutto quello che succede sul pianerottolo. Te lo dico ora, ma vale per sempre. Tu non sai niente di me. E, fortunatamente per te, non sai niente neppure di lui. Ne usciresti completamente fuori di senno, credimi."
Come me.
Ha voglia di vederlo. Come sempre ora che i minuti si deformano nella sua percezione.
Joan Leland, responsabile del personale. Joan Leland, una figura che si offusca e blatera parole che lei non capisce. Forse perché neppure quelle le interessano.
"Vuoi che ti ceda il mio caso?" le dice come se nulla fosse e non aspetta risposte che le scivolerebbero addosso.
Lui deve spiegarmi perché c'è questo vuoto. Perché proprio ora non riesco a sentire niente.

Se non ricordasse chiaramente di essere andata in città con lui quel giorno, se non sapesse di avere assistito allo spettacolo di un giudice che mette la sua sentenza, di avere viaggiato su un furgone blindato carico di poliziotti, di averlo visto in giacca e cravatta, sarebbe pronta a giurare che lui non si sia mai mosso dalla sua cella.
Il sorriso impassibile come tutto il resto, la guarda tradendo appena una strana soddisfazione. In quel momento lei non lo capisce e non le succedeva da molto tempo.
"Non c'è adrenalina. Non c'è assolutamente adrenalina. Cosa c'è che non va in me? Non c'è neppure rimorso. Non vado bene per te e non vado bene neppure per loro. Dimmi cosa sta succedendo."
La sua espressione non muta di una virgola. "Vieni dentro e cercherò di spiegartelo, piccolina."
Che sia una richiesta o un ordine, non fa la minima differenza. Le sue mani tremano mentre digita il codice che le concederà di nuovo l'accesso alla sua mente.
"Potremo vederci solo due volte a settimana, d'ora in poi. Nel mio studio, intendo. Sempre che Arkham non decida di togliermi anche questo privilegio. Le cose potrebbero farsi complicate." Balbetta un po' cercando una traccia di emozione in se stessa e nella propria indifferenza.
"Le cose complicate non esistono" taglia corto lui con un'alzata di spalle.
Un'altra delle sue massime. Probabilmente si è giocata la propria sanità mentale nel momento in cui ha iniziato a trovarle profondamente sagge.
"Quanti morti?" le chiede come se il resto non contasse.
"Due. Uno dei tuoi e uno dei loro."
Chissà se il pareggio lo soddisfa. Dopotutto è solo la prima giornata di Lega. Ecco. Quel pensiero stupido la fa sorridere.
"Due. Due. Due. Solo due…" ripete lui a testa bassa.
Non sembra felice della cosa, eppure le aveva detto di non volere vittime. O forse no? Sì, lo ha detto.
"Sai perché non senti niente, Harley? Lo sai?"
No.
Non sarebbe lì a mendicare certezze, altrimenti. Ma lui si smarrisce. Si guarda intorno, probabilmente si dimentica perfino di lei. Che cos'hanno di interessante quelle pareti, adesso?
"Cervellotici enigmisti che non capiscono il fascino assoluto e la semplicità di una iena che guaisce e poi ride prima di addentare una carcassa…"
Cervellotici enigmisti. Wayland deve avergli detto di Riddler. O forse è stata lei? Non ricorda neppure quello.
Sono tanto stanca, Mr. J…
Una iena. Selvaggia e di poche pretese. Ma lui non è un animale a caccia di cibo, per quanto gli piaccia farlo credere. Il suo caos è perfetto, come un arcobaleno di frattali variopinti che si moltiplicano e sembrano non avere altra regola che non sia quella di una bellezza virulenta, ma che invece seguono meccaniche rigorose.
Sto impazzendo. Frattali viola, verdi…
"L'avvocato continua a parlare di vizio di forma. Dice che avrebbero dovuto interrogarmi in aula e permettermi di assistere alle udienze. È noioso, non credi? Noiosissimo. Adesso se se starà tranquillo, vero?"
Ergastolo. Come se contasse qualcosa. Non vuole più parlarne. Una volta fuori da Arkham non lo prenderanno più. Ma adesso non le risponde. Non reputa importante la sua confusione, la paura di non essere adeguata.
Forse lui se ne accorge. Le sue smorfie sono quelle di chi deve portare a termine un lavoro noioso.
"Sai, in questa cella c'è un piccolo angolo cieco, dove le telecamere non arrivano" le dice alzandosi. "Il problema è che, se andiamo a rintanarci lì, sarà abbastanza chiaro che stiamo facendo i bambini cattivi e complottando qualcosa di losco."
E allora? Allora? Anche se fosse? Non c'è nessun angolo cieco. Non può esserci. Sarebbe la prova che darebbe ragione a chi asserisce che l'Arkham Asylum è carente quanto a sicurezza. Dovrebbe visionare i nastri per averne la certezza. Intanto si lascia trascinare in quel minuscolo spazio tra la parete e il vetro antiproiettile. In attesa della risposta che cerca. È in situazioni come quella che lui finisce per sembrarle ancora più alto, un gigante minaccioso o protettivo che le impedisce di sgusciare via.
"Lavoro con mezzi limitati, Harley. Non senti niente. È ovvio. Non sei una mitomane che smania per diventare una notizia di cronaca nera. A me piace giocare. Anche a te. Non hai giocato. Hai messo in fila i birilli e poi hai lasciato che fossero gli altri a divertirsi. Non hai potuto nemmeno fare la cheerleader della situazione… Eri una cheerleader al liceo, Harley?"
Cosa?
"No. Il mio allenatore non mi avrebbe mai permesso di spaccarmi la testa cadendo da una piramide umana per cantare canzoncine idiote a quei gorilla della squadra di football. Ero autorizzata a spaccarmi la testa solo cadendo dalle parallele."
Quel particolare sembra affascinarlo. Chissà se la sta immaginando con il cranio spiaccicato al suolo.
"Mr. J…"
Non incantarti adesso. Parlami. Spiegami.
"Non hai sentito il boom, Harley. Non hai premuto il grilletto, non hai affondato la lama, non hai scatenato quella deliziosa emozione chiamata panico. Sarà diverso quando potrai vedere le fiamme. Quando vedremo le fiamme…"
Vedremo…
Vuole credergli. Deve essere così. E se si sbagliasse?
"Forse non sono la persona adatta. Forse ti deluderò sempre…"
Non dovrebbe dirlo ad alta voce. Potrebbe fargli venire dei dubbi.
Com'è quella frase ridicola che gli uomini ti rifilano sempre prima di piantarti per qualche bambola al silicone? "Ti lascio perché tu sei troppo per me."
Ma lei non vuole lasciarlo se è troppo per lei.
"Certo che sei adatta. L'ho capito subito. Sei perfetta. E il giorno in cui dovessi deludermi te ne accorgerai immediatamente, perché sarai morta."
Frasi simili ormai non le fanno più effetto. Non le resta che sperare che lui abbia ragione. Di nuovo e come sempre.
"Grazie…" gli dice.
Se il mondo si stringesse, si contraesse su se stesso e si riducesse a quell'angolo, lei non avrebbe bisogno di altro.
"Adesso vattene. Ho bisogno di pensare."
Pensare. La sta buttando fuori? Sta buttando fuori la sua psichiatra dalla cella di isolamento. Non ha senso. Come tutto il resto. Un bacio sulla cima della testa e niente altro. Ha la sensazione che sia infastidito dalla sua presenza. Orribile. Forse sono stati i suoi dubbi a indispettirlo.
"Mr. J…"
"Fuori dai piedi."
Non la guarda neppure mentre la spinge via. Vorrebbe dirgli di non azzardarsi a trattarla in quel modo. Ma non è così ipocrita. Le aveva promesso che avrebbero fatto i conti. Invece si è limitato a dirle che vuole restare solo. Le è andata bene. O male, se proprio deve essere sincera. Non ha ricordi da portare a casa. Non le ha messo le mani addosso, né in un modo né nell'altro. Lo rinchiude in silenzio, mantenendo lo sguardo fisso sulla pulsantiera. Si era aspettata una giornata memorabile. Invece sa già che la aspetterà solo una notte di solitudine nera e pensieri cupi.
"Harley…"
Solleva gli occhi su di lui, sorpresa dal fatto che si interessi di nuovo a lei.
"Tieni da conto la mia sciarpa." Sorride, ma questa volta non fa paura. Sorride davvero.
"Contaci" gli risponde chiedendosi da quando sia diventata così imbecille da commuoversi per così poco. E il vuoto che prova per un attimo scompare.


Death seed blind man’s greed
Poets starving children bleed
Nothing he’s got he really needs
Twenty first century schizoid man.

(King Crimson, 21st Century Schizoid Man)









Note:

1) Questo capitolo volevo intitolarlo 'The Laughing Fish'. Poi ho avuto un rigurgito di dignità. Però l'ispirazione all'episodio in questione un po' si vede. ^_^
2) Ok, ok. La letterina del Joker è un collage di dichiarazioni clownesche rubacchiate dai fumetti.
3) Andiamo di nuovo OT, ma non troppo, con un mistero à la Voyager, ovvero "che si sono fumati alla Planeta De Agostini?". Perché, che non fossero padroni delle loro facoltà mentali è l'unica spiegazione plausibile per la pubblicazione di quella porcheria chiamata "Hush Returns" (ribattezzata "Rappresaglia" e "La vendetta del Joker") nella serie Platino. Ora, bimbi, la vostra Jean vi vuole bene e non vuole che vi facciate del male. Lo so che il Joker è sempre tanto piacevole da guardare, ma limitatevi a quello. Guardate le figure, come si faceva da piccoli. "Hush returns" è immondizia. A.J. Liberman è andato a toccare "The Killing Joke" e lo ha fatto con i piedi, scivolando in un OOC emo stomachevole con il nostro Mr. J e osando l'inosabile, ossia raccontandoci un presunto passato tragggggico ufficiale (orrore!). E siccome la minisaga faceva pietà pure ai padroncini della DC l'hanno chiusa prima del tempo (anche per salvarsi dalle VERE rappresaglie, quelle del pubblico incazzato), praticamente cancellata dalla continuity e fatto finta che non fosse mai stata scritta facendo 'tornare' Hush in seguito e in tutt'altro modo. Quindi… salvatevi! QUELLO non è il Joker. È un cretino vestito come lui e posseduto a metà da Mr. Freeze e a metà dal Giustiziere della Notte in versione lacrimevole. Sput!
4) Dopo tanto penare (ma de che?), un po' di gioia. Copertina e posterone di Gotham Sirens in uscita a giugno. Sono o non sono delle sventole da paura? Meglio delle Charlie's Angels.




Risposte:





Eh, no, dai. Stavolta non è vero. Sono stata puntualissima. Meno 2 alla fine. Mi sta venendo un'angoscia tremenda al pensiero di chiudere questa storia. Mi mancherà tutta questa baraonda e tutto quello che c'è intorno. Quanto ai due protagonisti, non ho nessuna voglia di scaricarli definitivamente. Devono combinarne ancora tante.

Laura Sparrow, quanto è coccolone, Heath. *___* Tu non devi farmi vedere certe cose, che poi mi viene voglia di scrivere scene smielate e rischio l'OOC. Sono frame di "Paradiso+Inferno", vero? Lei è molto carina, anche se Harley io la immagino con un altro faccino (e che te lo dico a fare? XD). Purtroppo il mio Adobe Flash ha deciso di crashare e non riesco più a reinstallarlo (a proposito… se qualcuno ha qualche idea su come risolvere il problema… ^^'), quindi per il momento, fino a quando non capiterà un miracolo, tutti i video di YouTube sono off limits, ragazzo del Joker's Blog compreso. Mi manca. Forse sono innamorata.
Harley non ha più molto tempo per raccogliere la sua tempesta. Negli ultimi due capitoli le farò fare gli straordini e poveretto colui che dovesse intralciarle il cammino. Per quanto riguarda la tua speranza di un incontro tra Batsy e Mr. J, io resto abbottonatissima e non ti dico nulla. Però, io non credo proprio che possano resistere troppo a lungo lontani l'uno dall'altro. ;-)

DarkStar da queste parti abbiamo sempre una cella imbottita disponibile per gli impazziti di fresco. ^_^
Vedo che quel discorsetto smielato fatto da Mr. J vi h mandati tutti in crisi. Bene. Allora ce l'ho fatta. A dirla tutta, mentre scrivevo, pensavo "ora tutti capiranno al volo che lui sta recitando a soggetto." Sì, recita. Come ho detto usa delle frasi per dire tutt'altro. Sta invitando Harley a farlo uscire promettendole quello che lei ora desidera più di tutto. Ma questo non vuol dire che lui non ami la sua zucchina. Io sono straconvinta che il Joker sappia provare amore. A suo modo, ovviamente. Se la DC Comics fosse mia, Harl e J sarebbero già sposati da un pezzo. ^_^
Il Joker di Azzarello a maggio uscirà in italiano e finalmente pubblicheranno tradotto anche 'The Killing Joke'. Ecco. QUELLA è la storia che ogni fan del Joker dovrebbe imparare a memoria anche se io adoro e venero 'Arkham Asylum' di Grant Morrison.
Cioè… vuoi disegnare qualcosa per me???? Fallo, fallo, fallo!!!!! Sì, sì , sì!!!! Che bello!!!!
Il video sono riuscita a vederlo prima che Adobe Flash decidesse di boicottarmi. Ma c'è anche la mia Kristen truccata ad hoc!
Al prossimo giro (il penultimo). Smack!

Kuji, , sì. ho usato quel NOME. Il primo che dice 'oh, come in Hush Returns' le prende :p.
Io AMO Selina. E amo Michelle Pfeiffer. Qua c'è un video che ho fatto su di lei. Te lo metterei su YouTube se non fossi al momento una specie di cavernicola telematica grazie al dannato Flash Player che non funziona. -_-' Però anche il nome di Rachel Weisz che va per la maggiore ultimamente come nuova Selina non mi dispiace affatto, anche perché fisicamente assomiglia moltissimo alla versione a fumetti. Staremo a vedere. Se un terzo film ci sarà io sono quasi certa che vedrà in scena la miciona. Dopotutto, come gli ha detto Lucius Fox, ora Batman ha un'armatura che va bene per proteggerlo dai… gatti.
Sì, ora possiamo dire che Harleen Quinzel non c'è più. Appuntamento anche a te al penultimo capitolo. Baci.

Mad Hatter, è cambiata, è cambiata. Definitivamente. XD (io adoro Belial! È il mio personaggio preferito in Angel Sanctuary e uno dei preferiti in assoluto in tutto l'universo creato, imploso e ricreato di nuovo. E noto ora, con un brivido, che in fondo anche lei è un clown pazzo e meraviglioso. Sospiro…)


Boopsie. , dici cose bellissime sullo scrivere. La cosa che mi ha fatto stare più male in questi mesi è stato non poter scrivere quanto e come volevo. L'unica opzione possibile era da sdraiata sul fianco destro, tenendo un quaderno sollevato con la sinistra e tentando di riuscire a scrivere nonostante i movimenti limitati del braccio a causa della posizione. Ovviamente non reggevo più di cinque minuti. Ma adesso è finita. La fase brutta è passata. Ho ancora problemi alla gamba, ma passeranno e comunque mica scrivo con i piedi (o sì????). Posso fregarti il 'Milady Clown'? È bellissimo!

sychophantwhore ciaaaaaoooo. Mettiamo i puntini sulle i, dai. 'Questa città è mia' è una frase che il Batman dei fumetti ripete fino alla nausea (soprattutto quando Superman va a farsi gli affaracci di Gotham) e che il Joker gli ha fregato. Che se la vedano tra di loro. Salomonicamente io spartirei tutto a metà, ma mi sa che loro non sono così saggi. Il costume di Harley di cui ho parlato è praticamente quello del fumetto. Non credo che glielo farò mai indossare ma mi sembrava giusto che lo avesse nel suo armadio. Il bustino che la sarta sta cucendo invece è proprio quello del fumetto di Azzarello durante l'incontro con Riddler. (Hai stanato Jack? Che brava… ^_^)
Gordon ha poco da ridere, poveretto. E, ternando conto che, in futuro, si ritroverà torturato (dal Joker), con una figlia con tre pallottole (del Joker) nella spina dorsale e inchiodata su una sedia a rotelle e una moglie ammazzata (sempre dal Joker… quanto gli vuole bene…), oserei dire che questo è il periodo più allegro e felice della sua esistenza.
Per quanto riguarda il rating dei tuoi disegni, esagera pure. Al massimo me li guardo nel chiuso della mia cameretta e me li tengo tutti per me (quali errori di prospettiva???? Io non li vedo.) Domanda: perché non ti apri un bell'account su DeviantArt?

DemonGirl, e certo che mi interessa la tua Harley. Il primo di aprile è dietro l'angolo mentre a Gotham è già passato. Non pensavo che avrei finito col pubblicare questo capitolo in tempo reale, ma ci si è messa la malasuerte a costringermi. Per quanto riguarda la sanità italiana, la soluzione è semplice e inaccessibile ai più. Paghi e vai dallo specialista. Punto. L'ho sperimentato in questo ultimo mese. Una decina di sedute dal chiropratico e finalmente vedo la fine del tunnel. Non piangerò sul mio portafogli svuotato. Meglio in bolletta che sofferente.

Harley Forever. maltrattare Holly è la missione della mia vita. Ora, comunque, sono di nuovo in piedi.

Lefty, zuccherino, meno 2! Sopravvivrai? "La città dei clown"? Non ne bastava uno, di Pennywise???? Paura. Vado, che c'è Harley che deve prepararsi per commettere qualche allegro omicidio e qua bisogna finire la storia prima di maggio!





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Capitolo 18
*** Intermezzo n°5 - Something in the air ***


Intermezzo n°5



"Something in the air"









Shame, such a shame
I think I kind of lost myself again
Day, yesterday
Really should be leaving but I stay

Say, say my name
I need a little love to ease the pain
I need a little love to ease the pain
It's easy to remember when it came

(Massive Attack, Dissolved Girl)


Sono due le cose che hanno reso Jim Gordon di pessimo umore in quell'ultima settimana. La prima è che finire in ospedale a farsi togliere l'appendice d'urgenza alla sua età, proprio la sera prima del previsto tentativo di fuga del Joker, lo fa sentire incredibilmente stupido. La seconda è che, dopo sette giorni, continuino a saltare fuori pezzi di pesce marcio. Perfino i gatti del quartiere li snobbano, sollevando i musi sdegnati e allontanandosi in cerca di colazioni più appetibili.
Le indagini non hanno portato a nulla e lui è rientrato al lavoro solo due giorni prima. Ordini del medico. Perfino suo figlio si è ripreso prima dallo stesso intervento. Jim Gordon continua a ripetersi che, se fosse stato presente, quel disastro non sarebbe successo, ma sa benissimo che si tratta di un pensiero stupido.
Non ci vuole un genio per capire che il Joker ha qualcuno che lavora per lui fuori da Arkham e che quel qualcuno è stato particolarmente zelante. Ha messo sotto torchio l'avvocato e la biondina. Ha interrogato i sorveglianti del clown. E non ha ottenuto uno straccio di prova per accusarli.
La lettera apparsa sul Gotham Times potrebbe essere un falso. La perizia calligrafica non li ha aiutati. Quella pagina non è stata scritta di proprio pugno da quel pazzo, né da nessuna delle persone con cui è venuto in contatto. Ma questo alla gente non sembra importare. Ora ce l'hanno con la polizia e con il sindaco Garcia per aver speso inutilmente una montagna di soldi. Poco importa che non ci siano prove effettive che il Joker non avrebbe tentato di fuggire se la sorveglianza fosse stata meno accurata.
Li hanno accusati anche per i due morti al Gotham Plaza. Le indagini continuano anche su quel fronte e i buchi nell'acqua sono continui. Non riescono a venirne a capo. C'è stato un passaparola che si è servito della rete. Sostenitori del Joker invitati a manifestare pubblicamente. E forcaioli incalliti decisi a far loro la festa.
Questa città sta delirando.
Il pilota del Cessna che ha lanciato i volantini sulla città ha detto di essere stato assunto da un uomo bruno di altezza media, sui trentacinque. Che, ovviamente, ha dato un nome falso. Un altro buco nell'acqua. Come cercare un ago in un pagliaio. Si chiede perché nessuno al dipartimento riesca più a fare il proprio lavoro in maniera fruttuosa. Sembra che l'intera Gotham si stia divertendo a mettere loro i bastoni fra le ruote. Come aveva previsto, Crane è stato solo l'apripista. Le nuove figure sulla scena criminale sembrano avere imparato la lezione del Joker. Nomignoli, vestiti eccentrici, una sfida continua. Il caso "Riddler" non è ancora ben chiaro. Non si sa chi sia e cosa voglia con esattezza. E quella mattina è iniziata una nuova follia. Un gruppetto di fanatici ecologisti ha dato l'assalto a una fabbrica nel West Side sottraendo materiale chimico potenzialmente letale. Jim Gordon li conosce. Una settimana prima, subito dopo gli scontri al Gotham Plaza, il loro marchio ha cominciato a comparire sui muri cittadini, una foglia d'edera schizzata con vernice verde. Il nome 'Poison Ivy' sta cominciando a circolare. Non sa se appartenga al gruppo o alla persona da cui prendono ordini. Altri nodi da sciogliere. È sicuro che il commissario Loeb avesse una vita più facile della sua. Solo mafiosi, spacciatori ladri. Più facile. Ma Loeb ci ha rimesso la pelle quando il clown ha deciso di sostituire il suo whisky doppio malto con dell'acido muriatico. Lui vorrebbe evitare di fare la stessa fine.
Mentre ascolta il respiro di Barbara addormentata al suo fianco e le fitte all'addome non se ne vogliono andare, Jim Gordon fissa il soffitto rendendosi conto di quanto sarà difficile per lui arrivare all'età della pensione.
Se potessimo ancora contare su di lui tutto sarebbe più semplice. Ma Batman lavora da solo, ora. E si nasconde. Per quanto dovremo continuare con questa farsa?

Le tremano le mani, ha le vertigini e le fa male l'anca. Lividi nuovi di zecca. Come può pretendere che lei si concentri su quello che dovrebbe fare?
Ancora.
Lui la guarda attraverso quei pochi millimetri che li separano. La superficie della scrivania è dura e fredda, ma le va benissimo.
Ancora.
Il suo respiro brucia come il suo sguardo. Fa male. Fa tanto male scrutare nei suoi occhi. Eppure non smetterebbe mai.
Ancora.
Chiede, supplica senza usare le parole, anche se sa che per quel giorno ha avuto fin troppo. La sua rabbia e il suo amore. E lui non concede mai il bis.
Non muoverti.
Vuole sentirselo addosso ancora per qualche secondo. Non le serve altro. Non l'ha sfiorata neppure con un dito per quasi due settimane. Troppo. E questo l'ha portata a commettere l'ennesimo errore.
Errore?
Un'idiozia. Non c'è nulla di sbagliato nel modo in cui si è gettato su di lei rispondendo alla sua provocazione. Non è una stupida. Sa benissimo che il tempo stringe. Ma il suo rifiuto silenzioso le ha fatto troppo male.
"Non mi ami più?" deve avergli gridato. Non ricorda bene, e succede sempre più spesso. "Non mi parli, non mi guardi, mi comunichi solo le tue istruzioni. E allora vai al diavolo. Lascerò che Arkham ti imbottisca di droghe, che ti attacchi degli elettrodi al cervello, che ti…"
Oh, io so come ottenere quello che voglio.
L'ha visto scattare, gettare a terra tutto quello che c'era sulla scrivania e inchiodarla sul ripiano senza neppure lasciarle il tempo di chiedergli di andarci piano. Non che sarebbe servito. Non che lo volesse sul serio. È così che le piace. Rapido e cattivo. Ama sentire il suo odio. È incontrollabile e la manda sempre in orbita. La fa sentire forte.
Ancora.
"Basta". Stavolta lui non si concede di riprendere fiato si allontana da lei dicendole semplicemente "Dobbiamo rimetterci al lavoro."
Facile a dirsi. Ma lei sta tremando e non riesce a smettere neanche il tempo necessario per riuscire a rimettersi in ordine i vestiti. Come può pretendere che lei ritrovi la concentrazione giusta? Rischierebbe di combinare un disastro. Ma lui si è già seduto sul divano e la sta guardando con l'aria di chi ha fretta e non è disposto a concederle alcun errore. Ha iniziato a farsi passare da una mano all'altra il guscio vuoto di una delle microspie che hanno provveduto a togliere dal suo studio una settimana prima. Non sa perché abbia voluto tenerlo. D'altra parte, con quel minuscolo pipistrello di plastica nera non può fare danno. Harley non è ancora riuscita a capire come abbia fatto. Alla prima seduta dopo la sentenza, lui ha varcato la soglia, l'ha salutata con un formale "Buongiorno, dottoressa Quinzel" e poi le ha tappato la bocca con una mano e con l'altra ha scarabocchiato su un foglio la parola 'cimici'.
Non riuscirà mai a tenere il suo passo. Ci sono troppe cose che deve imparare e troppi errori che continua a commettere.
Errori?
No, non ha sbagliato nulla. Meglio che si ricomponga prima di andare ad occuparsi del piromane James Corey. Ancora un'ora e poi dovrà di nuovo apparire professionale e composta. Ancora un'ora tutta per lui…
"Perché non lo fai tu, visto che sei qui?" gli chiede scivolando indolenzita dalla scrivania e sentendo il pavimento ballare sotto i piedi. Rischia di combinare un pasticcio e in quel caso non potrebbe limitarsi a buttare via tutto. Le torna di nuovo in mente sua madre e il suo modo ossessivo, quando era piccola, di ripeterle che doveva restare lontana dai fiammiferi.
"Sono divertenti, Leeny. Sembrano divertenti. Ma, dopo esserti bruciata le dita, piangere non ti servirà a nulla."
Si scosta i capelli dalla faccia ripetendosi che pensare a sua madre dopo avere fatto sesso è una cosa disgustosa.
"Perché non ne ho voglia. Preferisco vedere come te la cavi" le risponde Mr. J continuando a giocare con il bizzarro gadget lasciato dal vigilante schizoide.
Batman, il voyeur… La cosa lo ha reso bizzarramente felice e lei non lo capisce. Sentirsi sul collo il fiato di quella specie di fanatico in nero le provoca un senso di soffocamento. Non si tratta più di biscotti, chiacchierate in salotto e salvataggi in extremis da goffe aggressioni di personal trainer con i bollenti spiriti. Quelle microspie vogliono dire che il Pipistrello sospetta qualcosa.
E io non voglio che mandi a monte il nostro piano. E neppure che origli le mie conversazioni.
Il loro piano. L'unica cosa a cui deve pensare, ora.
"Mi dispiace per prima. Non volevo farti arrabbiare."
Ancora un attimo per ritrovare l'equilibrio. Poi raggiungerà la sua sedia e si metterà all'opera. Ancora un attimo e le vertigini se ne andranno.
"Non è vero."
La faccia di Mr. J è quella dei momenti peggiori. Sembra una belva in gabbia mentre si alza e comincia a camminare su e giù per lo studio.
Solo io potevo trovarmi l'unico uomo a questo mondo che diventa di cattivo umore dopo averlo fatto…
Sempre meglio di quegli esseri incivili che si addormentano subito. Terribile. Non hanno dormito insieme neppure una volta. Lui non ha l'aria di qualcuno disposto a dividere i propri spazi. Probabilmente sarà dura fargli cambiare abitudini, ma lei non vuole essere una concubina da usare e poi mettere alla porta.
Voglio che tu abbia bisogno di me in ogni momento.
"Non è vero. Non è vero e questo mi manda in bestia."
Se potesse la ucciderebbe con lo sguardo. Ed è perfetto così. Finché si infuria, finché si pone domande su di lei, finché la noia se ne resta lontana. Va tutto benissimo. Il fatto di ritrovarselo di nuovo vicino non la illude più di tanto. Non è un segno di resa ma solo un modo pratico per fissarla negli occhi.
"Dottor Quinzel, lei è affetta da una grave forma di psicosi. Dovrebbe fare qualcosa per liberarsene. Sei troppo complicata. Non ne vengo a capo. Più ti faccio male, più ti umilio, più scivoli in basso e meno hai paura. Sai che potrei ucciderti, ma questo non ti frena. Mi provochi, consapevolmente, perché ti piace. E così non va bene. Non va bene."
Hanno già fatto quel discorso, tanto tempo prima. È assurdo che continui a rimuginarci. È così che stanno le cose, che gli piaccia o meno. e gli piace, anche se, al tempo stesso, avverte la situazione come limitante. Elementare, Watson. Il paziente ha bisogno di riconciliarsi con il proprio lato emotivo. Quanto a lei, ha finito da un pezzo di considerarsi sbagliata.
"Per essere brutale, Mr. J, e chiamare le cose con il loro nome, si tratta di un caso di ibristofilia. È una parafilia piuttosto rara e credo che questo sia il motivo principale per cui il vecchio Arkham ci torva tanto interessanti. La chiamano 'sindrome di Bonnie e Clyde'. Io ce l'ho in quantità abnorme."
"Quindi ti andrebbe bene un Jeffrey Dahmer qualunque, bambina depravata e malata? Maledizione, non avrei dovuto tentare di strangolarti. Mi sarei risparmiato questo tuo continuo e soffocante restarmi addosso."
Che strana scenata di gelosia. Dovrebbe rassicurarlo, ma la tentazione di farlo sentire 'uno dei tanti' è troppo forte. Ma lei non cede. Non ci riesce. Non mentre lui la guarda come se volesse divorarla.
"Non credo proprio. Se fosse come dici qui ad Arkham avrei avuto l'imbarazzo della scelta. Io invece ho sempre puntato al meglio."
Se i suoi occhi non la ingannano il suo clown sta tremando, ed è uno spettacolo spaventoso. Che sia rabbia o paura non ha importanza. In ogni caso la sua maschera è sparita.
Anche lui ha accumulato tensione sufficiente a frantumare la roccia più solida, in questi mesi. Suppongo che un po' sia anche colpa mia. Va bene. Facciamo quello che tutte le donne hanno fatto almeno una volta nella vita.
Lo stringe come farebbe con un peluche, per quanto sappia che potrebbe essere un gesto da suicida.
"Tu non hai paura di niente, Mr. J, ricordi? Ce ne andremo prima che questo posto ti soffochi."
Ha l'impressione che lui non la stia ascoltando. Che idea ridicola, quella di riuscire a seguire il filo dei suoi pensieri.
Uno psicopatico in pieno delirio di onnipotenza. Devo fare in modo che non mi percepisca come un limite. Ricordargli che lui è il mio mondo.
"Io so come farti paura. Come ridurti in lacrime. Rifiutarti è l'unico modo per farti a pezzi, Harley."
Il suono della sua voce le dice che vorrebbe ridere, ma che non ricorda più come si fa. Sapeva che quel momento sarebbe arrivato. Fortunatamente è successo ora, fra le mura di Arkham, dove lei è ancora la più forte.
"È vero. Ma poi verresti a riprendermi o semplicemente mi riaccoglieresti di nuovo quando tornerei da te."
La crisi è passata. Se ne accorge quando lui le concede un bacio possessivo e poi si allontana da lei come se nulla fosse. Si stiracchia con indolenza, come se ogni parola gli fosse scivolata addosso senza lasciare traccia.
"Non starai mica insinuando che io sia, in qualche strano modo, innamorato di te, vero, dottore?"
Rassicurarlo almeno una volta al giorno. È questa la cosa importante.
Sei un genio, sei il migliore, sei al di sopra di certe debolezze umane. Continua pure a dormire sonni tranquilli.
Un sorriso soddisfatto fugge via dalle sue labbra e lei si concede il piacere di non tentare neppure di controllarlo. "Oh, no. Non oserei mai…"

"Devi toglierle il Joker."
Non il caso. Non il paziente. Toglierle il Joker. Se non fosse dannatamente preoccupata, Joan Leland avrebbe usato una frase più appropriata e un tono di voce più calmo. Ma è inutile girarci intorno. J.A. sta facendo una colossale idiozia.
"Prego?" le chiede annodandosi la cravatta.
Chissà se anche quella sera ha detto a sua moglie che avrebbe lavorato fino a tardi. Dieci anni della stessa manfrina. E pensare che quando la loro relazione è iniziata Joan credeva sul serio che avrebbero avuto un futuro. Lei e la sua stupida fissazione per gli uomini maturi… Forse potrebbe far risalire quella propensione alla figura di un padre assente, ma non ha intenzione di essere così banale da far rivoltare il vecchio Sigmund nella tomba.
"Non fare il finto tonto, J.A. Lo sai che quei due hanno una tresca. E lei si sta consumando. Letteralmente. Hai visto i suoi occhi. Sembra sempre febbricitante. Perché lasci che stia vicino a quell'uomo? Vuoi fare impazzire anche lei?"
Lui non si ferma mai tutta la notte. Lui deve sempre correre a casa. E se decidono di uscire, di vivere, invece di starsene rintanati nella sua camera da letto, allora fuggono a Bludhaven, perché a Gotham potrebbero essere visti e qualcuno potrebbe parlare, riferire alla preziosa signora Arkham che suo marito tuba nella notte con una dipendente giovane e di colore. Triplo scandalo. Matrimonio in frantumi. Sarebbe magnifico. Lui non potrebbe più nascondersi.
Avrei già chiamato tua moglie da un pezzo se non ci tenessi troppo al mio posto di lavoro.
Joan Leland sente di non avere via d'uscita. Se rompesse con lui J.A. potrebbe renderle la vita impossibile. E magari licenziarla in tronco.
Mentre la mia vita se ne fugge via. E io non ho nulla che mi appartenga davvero. Dio, voglio un figlio. Lo voglio prima che sia troppo tardi…
"Credimi, la Quinzel è già abbastanza squinternata senza che io debba muovere un dito. È il simbolo perfetto di quanto recita il cartello che abbiamo esposto in portineria. 'Non è obbligatorio essere pazzi…'"
"'Non è obbligatorio essere pazzi per lavorare qui, però aiuta.' J.A. non sto scherzando. Harley sta perdendo la bussola. Cosa speri di ottenere?"
Perché le interessa? Forse perché psichiatra e paziente insieme le fanno squillare un insistente campanello d'allarme.
"Non chiamarmi J.A. Lo sai che non lo sopporto." Il dottor Arkham si è messo di nuovo a dare ordini, mentre si infila la giacca e si prepara a congedarsi. Sono quelli i momenti in cui Joan lo odia. "E non stare preoccuparti. So benissimo cosa sta succedendo. So che il Joker non è più andato fuori di testa. Dopo Everton, non ha più tentato di aggredire nessuno. Non ha neppure provato a fuggire. Sai che mi ha detto che prima o poi la ucciderà? Ma io credo semplicemente che gli faccia bene averla intorno. Credo che il legame che ha stabilito con lei sia più efficace di una lobotomia. E tramite Harleen Quinzel potremo ottenere la cosa più vicina a una guarigione. Va da sé che non mi importa poi molto se lei ci rimette qualche rotella. Se riuscirà a tenere a cuccia il Joker, se lui continuerà a dimostrarsi tranquillo ed innocuo, allora vorrà dire che lei avrà avuto successo. E noi con lei. E non parlarmi di lettere spedite ai giornali o di scontri tra gruppi di manifestanti. Io non credo che lui c'entri davvero qualcosa. E comunque, se invece la situazione dovesse degenerare e lei mi costringesse davvero toglierle il caso e ad aprire un'inchiesta sul suo comportamento professionale, allora vedrò di analizzare la questione da un altro punto di vista."
Un brivido di disgusto le arriva fino in fondo allo stomaco.
"La stai usando? Vuoi sfruttare la situazione tuo vantaggio in ogni caso, non è così?"
L'esimio dottor Arkham la guarda come se non capisse da cosa derivi la sua riprovazione. "Non succederà nulla" le risponde accennando un sorriso. "La Quinzel non è affatto stupida. Ed è la tipica giovane borghese, troppo legata al suo status sociale per metterlo in discussione. Non rischierebbe mai di giocarsi la sua vita di donna in carriera e di successo per una scappatella da tunnel dell'orrore. Non trascenderà mai, Joan. Credo che le cose le vadano benissimo così come sono. Una relazione trasgressiva durante l'orario di lavoro e la sua vita di sempre dopo le cinque e nei festivi. È perfetto per lei. E anche per me. Lasciala giocare e non starle sempre addosso."
Lasciarla giocare. Come se non stessero parlando di un pericoloso assassino. E c'è una cosa che J.A. non capisce. Non è necessario che una donna sia una squilibrata perché getti tutto via per un uomo. Basta che sia innamorata. Ma lui cosa vuole saperne? Lui è abituato ad avere tutto a portata di mano, a non compiere scelte, e pensa che sia la situazione preferibile. Sarebbe dura spiegargli che non è così e alla fine si rivelerebbe solo una perdita di tempo.
E poi perché mai dovrei impegnare questi pochi attimi a parlare di Harleen Quinzel?
"Piuttosto, perché non mi prepari un caffè? Non voglio correre il rischio di addormentarmi al volante."
Già. Deve correrà dalla sua famiglia e recitare la scena dell'uomo distrutto di stanchezza per il troppo lavoro. Che voglia immensa di rispondergli di farselo da solo, il suo dannato caffè. Ma non lo farà. Andrà subito in cucina e provvederà alle sue esigenze. E poi deciderà di prendersi una parte di lui che nessuno potrà mai toglierle.
E non ti chiederò neppure di riconoscerlo. Non voglio che sia un Arkham. Nessuno mai vorrebbe essere uno degli Arkham.

Non credeva che i pinguini sapessero pattinare. Eppure scivolano con grazia sul ghiaccio con i loro corpi goffi e l'espressione intensa di un campione che si esibisce per la medaglia d'oro. Probabilmente stanno solo giocando, ma l'impressione è che si muovano al ritmo della musica.
L'Iceberg Lounge è un posto davvero straordinario. Le foto che ha scaricato da internet non rendono l'idea. Le sembra di essere nel palazzo della regina delle nevi, con quel tocco retrò dato dall'orchestra jazz che non guasta affatto. Per una cena ci vogliono due stipendi. Nelle vasche che circondano la zona ristorante, oltre ai pinguini pattinatori, orsi e foche fanno il bagno in enormi vasche. Ma non c'è cattivo odore e non fa neppure freddo. Questo dettaglio la rende particolarmente felice. Tenersi il cappotto addosso avrebbe voluto dire non poter sfoggiare il suo nuovo vestito da sera, di seta nera e voile rosso. E all'Iceberg Lounge si entra solo in gran tiro, per questo ha passato un intero pomeriggio dal parrucchiere per farsi acconciare come Rita Hayworth. E non è neppure un appuntamento galante anche se qualcuno, guardando lei e Talia Ducard, potrebbe pensarlo. Due signore che cenano da sole nel nightclub più rinomato di Gotham. Fortunatamente nessuno ha ancora acceso una candela sul loro tavolo.
L'affascinante straniera è un continuo brillare di diamanti. Per quanto adori le pietre preziose, Harley Quinn la trova eccessiva.
Forse dovrei alleggerirla un po'…
Dovrà fare un po' di pratica in quel senso. Se deve darsi alla vita criminale, allora il suo primo obiettivo saranno le gioiellerie.
Meschina, Harley. Pensa in grande e punta alle collezioni custodite nei musei.
Il suo sguardo scivola sulla figura impassibile alle spalle di Talia. Se non ricorda male dovrebbe chiamarsi Shiva. Ed è il motivo principale per cui è altamente sconsigliabile tentare di sottrarre alla sua padrona uno qualunque dei suoi ninnoli.
Ha intenzione di restarsene lì impalata per tutta la sera?
L'arrivo del suo carpaccio di salmone la fa pensare a cose più piacevoli.
Talia Ducard sta dimostrando di avere una fame da lupi. Chissà come fa a mantenere quel fisico invidiabile. Da quel punto di vista le ricorda Pamela che, almeno, aveva la decenza di essere vegetariana.
Aveva?
Non vuole pensare a lei come se fosse morta. La sua Rossa si sta solo nascondendo. Quando avrà sbrigato le questioni più urgenti andrà a cercarla. E adesso è all'Iceberg Lounge senza di lei…
"La mia migliore amica diceva sempre che prima o poi saremmo dovute venire a cena qui. Lo ripeteva in continuazione. Ma abbiamo finito per rimandare sempre."
Probabilmente a Talia Ducard non interessa. Lo scopo di quell'incontro è chiederle di occuparsi di un paio di dettagli senza fare domande. Mr. J è stato chiaro. E la loro finanziatrice non ha insistito per sapere nulla.
"Sei sicura che non ti serva altro?" le ha chiesto solo, e lei le ha confermato che è tutto a posto.
Ma non è esattamente così. Forse lei ha i mezzi per aiutarla a trovare Pam.
Non posso chiederglielo. Dovrei spiegarle troppe cose.
"Perché ne parli al passato?" le domanda Talia. "Avete litigato?"
Magari.
I litigi con Pamela non sono mai durati molto.
"Non esattamente."
Chiediglielo.
"Allora posso dire a Mr. J che tutto verrà organizzato come richiesto, giusto?"
Meglio cambiare discorso. Molto meglio. Pensare a Pam la rende triste. Talia lo capisce e non insiste.
"Nessun problema" conferma.
"Non abbiamo ancora parlato delle spese. Mr. J vuole sapere cosa ti aspetti da lui. E vuole al tempo stesso informarti che lui lavora solo per un prezzo molto più alto della tariffa di uno studio legale di lusso e di qualche automobile. Qualunque cosa tu voglia, dovrete trattare personalmente."
"Avevo sentito dire che non è un tipo attaccato al denaro." Talia Ducard si porta alla bocca una forchetta di insalata di polpo. "Questa alternanza di piatti freddi e bollenti è geniale."
Per lei sembra filare tutto liscio. Il fatto che non abbia neppure accennato a protestare non la fa sentire tranquilla.
Che cosa vuoi davvero da lui?
Dovrebbe lasciare che se ne occupi Mr. J. Lui di sicuro saprà come gestire le questioni 'lavorative'.
Però…
Libero, indipendente e privo di controllo. È così che lui deve essere. Non le piace l'idea che venga assoldato da quella donna.
Si può essere un mercenario senza avere il guinzaglio al collo?
Forse lo fa perché gli piace. Portare a termine un incarico a suo modo, mettersi alla prova e alla fine fregare tutti. Avrà un'idea più chiara del suo modo di procedere quando lo avrà fatto uscire. E saprà essergli utile.
"La cena è di vostro gradimento, belle signore?"
L'uomo che si è avvicinato al loro tavolo sembra la caricatura di un gentiluomo d'epoca. Il frac che indossa ha un'aria dannatamente costosa e il monocolo sul suo occhio destro è appeso a una catena d'oro. Con noncuranza inala il fumo da un bocchino d'avorio e sposta lo sguardo da lei a Talia come se volesse spogliarle con gli occhi.
Che voglia di una sigaretta… pensa Harley chiedendosi da dove sia saltato fuori quel tipo.
"Signor Cobblepot, che piacere vederla" dice Talia con un sorriso smielato. "È tutto perfetto. La ringrazio per averci trovato un tavolo con un preavviso così breve."
Orribile. Rotondo come una palla da bowling, il naso lungo simile a un becco egli occhi piccoli e sfuggenti, non c'è nulla nella sua persona che possa essere definito gradevole.
E deve essere più basso di me…
"Per lei non ci sarà mai alcun problema, signorina Head" dice l'ometto inchiodando gli occhi sulla scollatura di Talia, poi si volta verso di lei. "Invece non ho ancora avuto il piacere di presentarmi a lei, signorina…?"
"Quinn. Harley Quinn" gli risponde porgendogli di malavoglia la mano.
Lui, anziché stringergliela, la bacia, e l'esperienza per lei è piuttosto ripugnante.
"Harley Quinn. Delizioso. Sembra quasi una boutade." Un'altra boccata di fumo e poi l'uomo accenna un inchino. "Signore permettetemi di offrirvi una bottiglia di Dom Perignon." Poi si allontana con un'andatura goffa.
Harley ridacchia pulendosi la mano con un tovagliolo. "Per un attimo ho pensato che uno dei pinguini fosse scappato dal recinto. Ma chi è? Il direttore?"
Talia scuote leggermente la testa. "È Oswald Cobblepot, il padrone di tutto questo e di molto altro. Con una passione smodata per le donne e gli ombrelli. Non necessariamente in quest'ordine."
"È un tipo piuttosto buffo…" commenta Harley mentre l'Iceberg Lounge perde improvvisamente tutto il suo fascino.
"'Buffo' non è il primo termine che mi viene in mente quando penso a lui, Harley. È un personaggio piuttosto ambiguo e poco raccomandabile."
Disse la donna che stava per mettere sul suo libro paga l'assassino più pericoloso della nazione…
"Ed è mostruosamente ricco. Non quanto mio marito, ovviamente, ma si difende bene."
Questa è una notizia interessante. Talia non porta la fede ma a quanto sembra quello è il motivo della continua alternanza di cognomi, anche se finora ha sentito tutti rivolgersi a lei chiamandola 'signorina'.
"Tuo marito?" chiede incuriosita. Le sembra il tipo di donna felice di accasarsi con un armatore ottantenne e bruttino.
"Sì. Bruce Wayne" risponde lei come se nulla fosse.
Harley per un attimo si dimentica di masticare, poi ingoia o almeno ci prova. Il boccone non vuole saperne di scendere. Si colpisce il petto un paio di volte e poi butta giù una sorsata d'acqua.
"Bruce Wayne è scapolo" protesta dopo aver ripreso fiato. "E che scapolo… Non c'è donna a Gotham che non sogni di impalmarlo."
"Anche tu?" la domanda di Talia è tra l'ambiguo e il divertito.
"Diamine, sì. Mostruosamente ricco e bello oltre ogni concezione umana… Una ragazza deve pur concedersi il lusso di sognare, ogni tanto. E tu non sei sposata con lui."
"I tuoi gusti in fatto di uomini sono meno divergenti di quanto immagini."
Ok, e questo cosa vorrebbe dire? Non sta insinuando che Mr. J e Bruce Wayne si assomiglino, vero?
Quella donna e la sua aria saccente… Una visionaria che dice di essere la moglie dello scapolo d'oro di Gotham.
"Cara, se avessi voglia di entrare in terapia chiamami. Credo che tu ne abbia bisogno."
La pazzia attira la pazzia. Lo ha sempre saputo. E Talia Ducard ne è solo l'ennesima prova. In fondo è stato così anche per lei. Non avrebbe scalpitato per finire l'internato ad Arkham, altrimenti. Se prova a pensarci ora non ricorda più con esattezza che effetto facesse avere addosso quella frenesia che la spingeva a frugare tra gli aspetti più oscuri della mente. Forse si trattava davvero di qualcosa di morboso. Ma adesso non conta più. Adesso è tutto limpido.
"Piuttosto… avete pensato a cosa fare se Batman venisse a rompervi le uova nel paniere proprio sul più bello?" Talia lo dice con compiacimento, come se volesse vederlo accadere.
Batman. No, quell'eventualità non l'ha neppure sfiorata. E ora le si presenta davanti con tutta la violenza di un disastro annunciato.
"Probabilmente Mr. J ha preso tutte le precauzioni del caso" risponde senza esserne troppo convinta.
Se li prenderanno sarà la fine. Rinchiuderebbero anche lei e non potrebbero più vedersi. Ad Arkham non hanno celle matrimoniali.
"Ci penso io" dichiara Talia con noncuranza tornando a dedicarsi alla sua cena. E lei non ha il coraggio di chiederle come.

Entrare non è stato difficile. Violare i sistemi di sicurezza è qualcosa che ha imparato a fare almeno da una decina d'anni. Il suo assistente invece continua a tremare come una foglia al pensiero di essere beccato. È un novellino, e si vede. Jack Ryder sta cominciando a pentirsi di esserselo portato dietro.
"Non andremo a rovistare tra virus che ci entreranno in circolo e ci faranno morire tra atroci sofferenze, vero?" gli ha chiesto quando lui gli ha spiegato cosa avrebbero fatto quella notte. E Jack Ryder ha mentito.
Jason Woodrue. Ha passato settimane a fare ricerche su di lui. Contattarlo è impossibile. Nessuno l'ha più visto da quando ha deciso di uscire dall'ospedale dove era ricoverato e sparire letteralmente nel nulla. Jack Ryder sta ancora mettendo insieme gli indizi raccolti. È sicuro che lo scienziato si sia portato dietro qualcosa di interessante e compromettente nel suo viaggetto. Infilarsi nei laboratori del Dipartimento di Botanica è stato l'ultimo passo. Ma è solo quando riesce a mettere le mani sull'archivio dati che Jack Ryder si rende conto di cosa c'è in ballo. Lì dentro, negli ultimi due anni, non si sono limitati a studiare degli ortaggi per renderli più resistenti. Le manipolazioni a livello genetico sono andate ben oltre.
"Questa è roba che scotta, Tim" dice al suo assistente. "Riesci tenere ferma quella torcia o è troppo complicato?"
Quella stanza era chiusa a chiave. L'intuito gli dice che nessuno ci ha più messo piede da quando il capo è sparito.
Jack Ryder continua a ripetersi che non è possibile. ogni università è solita usare dei volontari per esperimenti scientifici, ma se quello che c'è scritto su quei fogli è vero, e dovrà chiedere a qualcuno che se ne intenda più di lui, si è quasi oltrepassato il limite della legalità. Un solo nome continua a ricorrere, l'unica cavia su cui la tortura chimica è continuata fino a quando Woodrue non è quasi finito all'altro mondo. Pamela Isley.
Devo scoprire se questa donna è viva e farla parlare. Sarà colpo giornalistico di proporzioni enormi.
Jack Ryder infila nella borsa una decina di fascicoli, poi afferra senza sapere bene cosa stia facendo tre delle fiale allineate sulla rastrelliera di fronte a lui.
"Ricordami che devo un favore alla Quinzel, Timmy. Ora filiamo."

Le certezze nella vita di Jonathan Crane sono finite dentro un cassetto poco più di un anno prima. Archiviate, non distrutte. È abbastanza ferrato da sapere che un essere umano mantiene sempre in sé un traccia di ciò che è stato. Guarire vuol dire ottenere la capacità di controllare quel frammento. In quel preciso momento della propria esistenza, Crane osserva se stesso e il proprio passato e ne scorge l'intera parabola. Ora è tornato nel punto più basso, come quando, a dieci anni, gli spaventapasseri hanno smesso di essere una paura infantile per diventare un crescendo ossessivo, fatto di paglia, iuta e occhi vuoti.
Essere un genio a volte è una grande seccatura. Essere un genio ipersensibile ed emotivamente instabile equivale a una bomba ad orologeria. Jonathan Crane a quattordici anni avrebbe voluto giocare a football.
Errore.
Jonathan Crane non ha mai neppure pensato di giocare a football. Jonathan Crane trova quello sport un'idiozia ripugnante. Ma le ragazze amano i quarterback, non i topi da biblioteca fissati con la chimica.
"È troppo magro, signora. Suo figlio dovrebbe fare un po' di attività fisica, signora, ma suo figlio è troppo miope, signora, non potrebbe fargli mettere delle lenti a contatto, signora?"
Sua madre, sua madre, sua madre…
"Mio figlio prende sempre ottimi voti. Questo mi basta. E poi non è portato per certe cose."
Spaventapasseri. Jonathan Crane assomiglia a uno spaventapasseri. E il nomignolo dilaga, si espande, diventa un coro e poi si infila nei suoi sogni per trasformarli in incubi. Anni e anni e anni in compagnia di 'faccia di iuta', la luce accesa tutta la notte, come un bambino, e la paura dell'uomo nero nell'armadio. Fino al momento in cui ha capito che anche gli altri hanno sempre un proprio mostro sotto il letto, e per farli stare zitti basta svegliarlo e fare in modo che li divori.
"Chi, Crane? Dai, ragazze, sembra un appendiabiti."
E la voce fuori dal coro. "Può darsi. Ma ha il viso di un angelo. È bellissimo."
Ricorda che per un attimo non era più riuscito a respirare, nascosto dietro quello scaffale, con un tomo di Nietzsche tra le mani e gli occhi a infilarsi furtivi per sbirciare la ragazza pochi metri più in là.
Bellissima.
Quinte. Quinzel Harleen. La cocca di Odin Markus. Gli era venuto in mente che ai test per il QI che avevano fatto a inizio anno era arrivata seconda dopo di lui. Jonathan aveva sospettato che avesse barato, anche se non sapeva spiegarsi come. Rideva troppo, era sempre distratta e non l'aveva mai vista studiare, quindi non poteva essere intelligente. Ma era arrivata anche lei al Dipartimento di Psichiatria. Anche se era bionda, bella, solare e…
Non devi neanche guardarla, Jonathan. Non si filerebbe mai uno come te.
Però aveva detto "ha il viso di un angelo" ed era stata sincera, perché lui sapeva riconoscere una persona che mente. Come sua madre, che non era affatto fiera di lui, quindi ne era valsa la pena farle provare per prima la versione originale del suo preparato, o come quella tipa di cui non conosceva il nome e con la quale aveva dormito tranquillo e soddisfatto, per sentirla sussurrare al mattino. "Com'è che ti chiami, ossicino?" Quella tipa, sì… Quella che aveva paura dei topi. Una dannata paura dei topi. Jonathan sorride ricordando la sua espressione mentre spirava, anche se sa che non c'è nulla da ridere. A parte il fatto di avere Harley, la sua Harley, nel suo salotto.
Ma Harley nel suo salotto gli chiede cose assurde.
Quanto tempo è passato? Il capo e la sua aria compiaciuta…
"Jonathan, lei è la dottoressa Quinzel, la nostra nuova internista. Si occupi di lei. Harleen, lui è…"
"Ci consociamo, dottor Arkham. Abbiamo studiato insieme. Anche se io ho finito un po' prima" Jonathan lo aveva interrotto tendendo la mano verso di lei e maledicendosi per essersene uscito con quella frase così presuntuosa. E la sua presenza era stata quasi più importante delle parole di Arkham che erano seguite.
"Si affidi completamente a lui, dottoressa. Il dottor Crane dalla prossima settimana dirigerà l'Asylum al mio posto."
Non l'ha mai coinvolta nel suo 'secondo lavoro'. Mai. Non le ha mai detto di Ra's Al Ghul, della tossina, dei pazienti in catena di montaggio, ma ha gioito quando ha saputo della morte di quell'imbecille di Guy Kopski. Certo, non si aspettava che le cose sarebbero finite in quel modo. Allora lui era il capo e Harley una dipendente. Poi sono diventati psichiatra e paziente.
E ora?
Ora che potrebbe davvero farsi avanti con lei, Harley ha perso la testa per un pazzo criminale. Basterebbe questo per far decidere a Jonathan di non ascoltarla neppure. Ma non è semplice.
"Non posso farlo" risponde alla sua assurda richiesta.
Lei non si scompone e sorride, facendo apparire più bello perfino l'orribile divano nel suo bilocale in affitto. "Puoi , Jonathan. Lo sai che nessuno può superarti. Per la preparazione degli agenti e dell'antidoto non ti ci vorranno più di due ore. Lo so che hai ancora tutti i tuoi alambicchi da apprendista stregone, nascosti da qualche parte. Io non posso farlo. Sono sempre stata una frana in chimica."
Tu sei sempre stata una frana in moltissime cose.
Dio, dovrebbe piantarla di giocare alla femme fatale lanciandogli sguardi tentatori. Non è nelle sue corde.
Tu sarai sempre tenera e buffa, Harley. Non importa se adesso ti piace giocare a fare la cattiva.
"Perché non chiedi alla tua amica? Quella del Dipartimento di Botanica. Sono sicuro che lei di robaccia velenosa può procurartene quanta ne vuoi."
Vuole che se ne vada via in fretta. Prima che lo convinca a dirle di sì.
"Pamela non può. È scappata dopo aver tentato di uccidere il suo uomo."
Ah, perfetto.
Sta cominciando seriamente a preoccuparsi per lei. Quella non è la Harley che conosce. O forse sì, solo che non se ne era mai accorto.
"Dovresti cominciare a frequentare persone meno eccentriche rispetto a terroristi e assassini mancati."
"Strano. Tempo fa lei mi ha detto la stessa cosa riferendosi a te."
La sua espressione divertita non cambia. È perfettamente immersa nel mondo che si è scelta. e non sarà mai sua. Gli piace guardarla mentre si tocca i capelli. Gli piacciono quegli zigomi che sembrano scolpiti e il modo in cui cambiano le sue guance quando sorride.
"Dimmi solo che questa roba non serve al Joker."
Fare un favore a lei non vuol dire prestarsi alle macchinazioni di quel mostro.
Non voglio entrarci. Non voglio entrarci, qualunque cosa sia. Lo faccio solo per te…
"Non dire scemenze, Jonny" protesta lei sospirando. "Devo solo spaventare una persona. Poi gli darà l'antidoto, stai tranquillo."
Certo. Starà tranquillo. A che serve agitarsi? Il crimine non gli ha mai fatto paura. E in fondo succede sempre. Arriva una donna e il povero idiota ricade nei suoi antichi errori.
"Va bene."
Non si fida della sua promessa di non uccidere nessuno. La luce nei suoi occhi gli dice che ne sarebbe capacissima.
Frena il suo 'grazie' sul nascere, stringe le labbra e sussurra tra i denti "Dormi con me stanotte."
Lei ride, come le ragazze ridevano un tempo. "Se lo facessi lui ti staccherebbe la testa."
Mai sua. Mai. Mai. Mai.
Pugnalami, avanti. Dimmi che quel giorno mentivi.
"Quindi, se non ci fosse il clown, tu vorresti."
Sto aspettando lo stupore e lo scherno.
"Certo, perché no? Solo che ora ho in testa solo lui."
È tipico della natura umana cogliere barlumi di speranza nel modo che ha l'oggetto del desiderio di esporre le parole. Jonathan Crane lo sa ma non può farne a meno, anche se si sente stupido.
"Ripassa stasera. Ti farò trovare tutto pronto."
Lo Spaventapasseri non va mai a dormire, vero, Jonathan?

Harleen Quinzel comincia ad avere una certa età. Per Odin Markus una ragazza perde d'interesse non appena superati i ventidue anni. Forse è per questo che non si è mai sposato. Gli piace mangiare carne particolarmente fresca. Di studentesse disponibili ne ha sempre trovate ma il problema, ultimamente, è che sembrano più vecchie delle loro madri. Cominciano a imbottirsi di silicone al liceo e quando arrivano al college sono già da rottamazione. Solo qualche anno fa la situazione era diversa. Le gazzelle da abbrancare erano fresche e pulite. Harleen Quinzel gli ricorda quella rimpianta età dell'oro. E dimostra dieci anni di meno di quelli che ha. Per questo Odin Markus ha provato un brivido di piacere nostalgico quando lei gli ha telefonato per dirgli che voleva rievocare i bei vecchi tempi, e la sua libido ha subito messo a tacere quel fastidioso campanello d'allarme che continuava ostinatamente ricordargli quel vecchio ricatto, il cadavere di un ragazzo con un buco in testa, un libro rubato e il fatto che Harleen Quinzel sia abituata ad ottenere sempre ciò che vuole.
Quello promette di essere un sabato sera davvero eccitante; ha perfino messo in fresco dello champagne. E quando lei arriva nel suo appartamento solitario, a due isolati dall'Università, Odin Markus si sente ringiovanire, soprattutto quando lei lo chiama 'professore' con quell'aria innocente e il sorriso da bambina.
"Allora, di cosa volevi parlarmi?" le chiede sperando di tagliare corto con le chiacchiere e passare a cose più interessanti. E lei non si fa pregare, allungando un dito per sfiorargli le labbra in modo languido.
"Si rilassi, professore. Abbiamo tutto il tempo."

L'immagine è fissa. Le telecamere a circuito chiuso continueranno a riprenderlo mentre dorme, girato su un fianco, fino a quando lui non deciderà che la visita è finita. La guardia dormirà placidamente per le prossime ore e non ricorderà nulla.
Non gli piace quello che sta facendo. È pericoloso e da paranoici. Ma un'altra giornata a porsi domande su domande l'avrebbe ucciso.
Dopo i disordini del Primo Aprile sul Joker è calato il silenzio, un silenzio inquieto, che non gli piace. Dovrebbe sentirsi sollevato, invece l'idea che il clown si sia in qualche modo 'spento' lo disturba più del pensiero di saperlo a piede libero. È insensato, eppure non può non considerare speculari la propria situazione e la sua.
Io in fuga, lui in gabbia. Entrambi sconfitti.
In quei mesi di fuoco trascorsi dalla sua comparsa sulla scena criminale di Gotham fino alla morte di Rachel, Bruce Wayne ha desiderato catturarlo, poi ha voluto fargli male, infine ha provato nei suoi confronti una rabbia omicida. Ma non è riuscito a ucciderlo. Ha scelto di mantenere intatto il proprio senso etico. Sarebbe stato facile lasciarlo cadere nel vuoto, liberarsi di lui, mettere fine a quell'incubo. Il Pipistrello ha scelto la strada più ardua. Ma ora deve vedere con i propri occhi. Deve rendersi conto se il Joker sia fuori o meno da quella partita.
Ha fatto attenzione nel giungere fin lì. È stato un'ombra fra le altre ombre dell'Arkham Asylum e ora c'è solo quella porta metallica a separarlo dal lato oscuro di se stesso.
E poi cosa farai? si chiede. Finirai l'opera?
La sua voce riecheggia beffarda nella sua mente. "Mai cominciare dalla testa."
La porta si apre docilmente sotto le sue mani, come se non avesse serratura. Dietro una barriera trasparente l'ex clown si volta a guardarlo. È lui? Fa fatica a riconoscere il folle dinamitardo variopinto in quell'uomo innocuo sulla trentina, fin troppo normale. Le cicatrici sono le stesse, anche se non splendono più del colore del sangue.
Lui sorride e nel suo sguardo il Pipistrello ritrova la ferocia che ben conosce.
"Finalmente sei venuto. Ero stanco di aspettarti. Cominciavo a pensare che non mi amassi più" gli dice il Joker con un ghigno beffardo.
E Bruce Wayne ricorda all'improvviso quanto riesca ad essere dannatamente irritante.

Odin Markus le ha sempre suscitato un profondo senso di ripugnanza. In passato ha fatto di necessità virtù e ha preso da lui ciò che voleva. Adesso le cose sono leggermente cambiate e quello che vuole può ottenerlo senza permettergli di metterle le mani addosso.
Si cresce, professore. E si scoprono tutte le sfaccettature di questo bizzarro mondo.
Odin Markus continua a bere. Un sorso dopo l'altro. Bene così. Harley non ha ingoiato la sua orribile 'cenetta' preparata dalla sua donna di servizio per niente.
Ancora champagne, professore.
Lui ridacchia come un idiota da circa un'ora e si è fatto il bagno nel dopobarba. Probabilmente sta aspettando solo il momento in cui, secondo i suoi piani, finiranno a letto. Peccato che i progetti di Harley Quinn siano di tutt'altro genere. Ha atteso per tutta la sera che lui le ponesse quella fatidica domanda.
"Allora? Come mai ti sei decisa a venire a trovarmi proprio ora? C'è qualcosa che posso fare per te?"
Che profonda ipocrisia. Ma in fondo non sono così diversi, loro due. Non sarebbero riusciti a custodire per tutti quegli anni il segreto sulla morte di Guy, se così non fosse.
"Si tratta del tuo libro, professore" gli risponde mettendo fine ai suoi dubbi fasulli. "Vedi, il fatto che tu ti sia fregato il mio lavoro mi manda in bestia. E quando io vado in bestia succedono cose bruttissime."
Lo sguardo esasperato di quell'essere ripugnante la fa infuriare ulteriormente. Per fortuna quella commedia finirà presto.
"Di quel lavoro che ora sembra premerti tanto non avresti saputo cosa farne. Quindi perché non metterlo a frutto?"
Che logica da stronzo. Perché è un furto. È troppo difficile da capire?
Ultime battute. Fra un attimo ci sarà da divertirsi.
"Voglio comparire come co-autrice nella prossima edizione. Ne ho tutto il diritto."
Il suo 'no' ha il suono di una risata grottesca. "Sei pazza."
Oh, sì. non immagini quanto.
"Sapevo che questa sarebbe stata la tua risposta. Quindi ho preso le mia contromisure." Concedersi un attimo ancora di teatralità prima del colpo di scena. Il suo J sarebbe davvero fiero di lei. "Dove ho messo la mia borsa?" si domanda canticchiando e alzandosi.
In realtà non l'ha mai persa d'occhio. È rimasta per tutta la sera appoggiata su una poltrona. Harley ci fruga dentro e quando torna al tavolo mette davanti a Odin Markus un foglio e una penna.
"Firma qui. Con questo mi concedi metà dei diritti d'autore. L'ha stilato l'avvocato Carl Wayland ed è perfettamente legale."
Markus ridacchia nervosamente. "Sciocchina. Per un attimo ho temuto che avresti tirato fuori una pistola. Cosa ti fa credere che firmerò?"
Ecco che ci siamo.
Adora vedere il terrore sul suo viso quando gli mostra la piccola fiala tenendola a debita distanza.
"Dimmi, professore, non senti per caso un formicolio sospetto al braccio sinistro? Il tuo cuore comincia a fare male, vero? A battere forte, forte, forte… Sembrerà un infarto, non lo trovi buffo?"
Venuzze rossastre compaiono nei suoi occhi sbarrati. "Che cosa mi hai dato?"
Markus tenta di afferrarla ma lei sguscia via senza alcun problema.
"Ti resta meno di un minuto, dolcezza. Firma e ti darò l'antidoto e saremo tutti felici e contenti."
Il liquido nell'altra fiala è di un bel rosso rubino. Harley lo solleva per osservarlo controluce.
Come brilla…
Ma la vista del sudore che gronda sulla faccia di Markus mentre afferra la penna e firma come un disperato è ancora più piacevole.
"Bravo, Odin" gli dice lanciandogli la fialetta al volo. "Te l'ho mai detto che il nome 'Odin' mi ha sempre fatto sbellicare? No, vero?"
Lui beve dalla fiala in un unico sorso. Harley si morde le labbra deliziata. È gradevole. Forse avrebbe voluto quella scarica elettrica su per la spina dorsale che ancora manca, ma crede di potersi accontentare. Forse.
Lo sguardo di Odin Markus su di lei è carico di odio. "Ti denuncerò per tentato omicidio, lo sai?"
Ora la faccenda si sta facendo davvero comica.
Tentato?
Non le resta molto tempo. Deve dare il meglio di sé.
"Mi deludi, professore. Eppure una delle tue prime lezioni riguardava proprio la forza di suggestione. Il tuo cervello ti ha giocato un tiro mancino. Non avevi alcun tipo di veleno in circolo quando hai cominciato ad avvertire i primi sintomi. Ora, invece, la faccenda è diversa. Davvero credevi che quello fosse un antidoto?"
Non sta bene. È pallido e le sue labbra si stanno facendo bluastre. Il tremito degli arti gli impedisce di tentare qualunque tipo di movimento.
"Aiutami… Sei un medico, Harleen… Cosa vuoi ottenere?"
Poveretto, le fa quasi pena.
"Io? Assolutamente niente."
Aspettative, speranze. Se solo Odin Markus sapesse che cosa lei stia chiedendo al suo domani, sarebbe quell'informazione ad ucciderlo. Invece non dice più nulla in quegli ultimi istanti. Peccato. Le sarebbe piaciuto sentirsi chiamare 'assassina' dalla sua prima vittima. Invece il cadavere con gli occhi sbarrati e un filo di bava che gli cola dalla bocca ha finito di chiacchierare per sempre.
Harley gli tasta il polso. Niente. Dovrebbe inorridire? Sentirsi in colpa? Essere esaltata? Ha ucciso Odin Marlus. Quindi?
Non è divertente, si ripete.
Dov'è l'errore? Stavolta è stata presente, ha agito e si è gustata lo spettacolo fino in fondo. Cosa c'è di sbagliato? Potrebbe restare a rimuginare in quella stanza per ore se non avesse questioni più urgenti.
"Come pensavo, sei inutile anche da morto, professore."
Non lo troveranno prima di due giorni. Il caro, vecchio Odin Markus nel weekend si rintana in casa e non vuole essere disturbato. Lunedì, quando non lo vedranno arrivare al lavoro, qualcuno si preoccuperà, andrà a cercarlo e avrà quella bella sorpresa. Manca solo la firma. La sua prima firma. Harley ripiega con cura il documento di fronte a ciò che resta di Odin Markus. Tanto vale lasciarlo alla polizia. Sta cominciando a sentirsi stanca. L'ultimo tocco. Ha comprato quel rossetto poche ore prima. Una roba da ragazzine punk, nero come la pece, ma splendidamente lucido. Se lo passa sulle labbra alla cieca, ben consapevole di non avere fatto un buon lavoro. Ma l'importante è che il messaggio arrivi.
"'Notte, professore" sussurra alla sua vittima, poi gli stampa un bacio sulla fronte marchiandolo con le labbra dell'Arlecchino.

"Ti direi 'accomodati', ma come puoi vedere l'arredamento è piuttosto spartano."
Bruce Wayne ignora le sue parole. La sua mente è concentrata unicamente sull'osservazione. L'arcinemesi non ha più la sua maschera. Forse dovrebbe imitarlo per ristabilire una situazione di parità. Ma lui non vorrebbe. Ha fatto saltare in aria il Gotham General solo per tappare la bocca a Coleman Reese e impedirgli di spifferare a chi appartenesse il volto dietro il cappuccio.
Solo per questo?
Harvey. Quali processi labirintici riesce a seguire la sua logica per riuscire a portare a termine quelle costruzioni folli e perfette? E perché ora si arrende in quel modo alla prigionia? Anche lui era certo che sarebbe fuggito il primo di aprile. Ha osservato non visto e ha atteso una sua mossa che invece non c'è stata. È questo il pensiero che non gli dà pace. Altro. Deve esserci dell'altro. Scontri di piazza. Casse di pesce e volantini. È tutto così scontato, così poco da lui.
"Perché non sei fuggito?" gli chiede. "Potevi farlo. Invece sei ancora qui."
Il suo viso diventa una maschera di finto dolore. È ancora un teatrante. Per questo Bruce Wayne non potrà mai fidarsi di una sua singola parola. Ha provato sulla propria pelle il peso atroce dei suoi inganni.
Ha invertito gli indirizzi. Sapeva che sarei corso da Rachel. Lo sapeva. E sapeva che al suo posto avrei trovato Harvey. Sapeva che lei sarebbe morta. E lo ha fatto per colpire Harvey, non me. Non me.
Nonostante tutto, l'odio che prova per lui, quell'odio così terribilmente umano si mescola ad emozioni di altro tipo. Paura. Pietà. Lui incarna le regole che non può permettersi di violare. Lo ricorderà ogni volta in cui sarà costretto a risparmiargli la vita. Perché sa che succederà ancora.
"Che c'è? Nostalgia? Sono commosso." Lui sorride, poi torna a fingere una disperazione che non prova. E il desiderio di torcergli il collo si ripresenta. Eppure resta a fissarlo senza dire nulla, tentando di cogliere nei suoi occhi l'ombra dell'inganno. È chiaro che nessuno dei due concederà all'altro di abbassare lo sguardo.
"Ho saputo che hai fatto visita alla mia psichiatra per convincerla a violare il segreto professionale. Non. Si. Fa. Meriteresti di essere bacchettato sulle dita."
Argomento spinoso. Ma, dal momento che è lui a tirarlo fuori per primo, forse vale la pena di abboccare all'amo. Sembra quasi smanioso di parlare di lei, di quella nuova figura sulla scena il cui ruolo appare ancora indefinito.
"Che vuoi ottenere? Perché stai tentando di irretire quella donna?"
Chi tra loro due è il vero pazzo? Dal modo in cui il clown lo guarda lui di dubbi non sembra averne.
"Perché? Mi chiedi perché? Diamine, ma l'hai guardata bene?"
No, non è così semplice. Non si tratta di un'infatuazione per una donna avvenente. Con lui non può trattarsi di nulla di così banale. Ha bisogno del suo aiuto per fuggire? Ridicolo. Il primo di aprile avrebbe potuto darsela a gambe senza alcun problema. Ha dato prova più volte di non avere bisogno di complici per questo genere di cose. Allora perché?
"Sei geloso?" gli domanda l'uomo in gabbia. "Forse no. Forse la tua è solo invidia perché tu non hai una fidanzatina. Se non ricordo male, con l'ultima che hai avuto non è finita benissimo. Tu sei arrivato in ritardo a un appuntamento e lei è letteralmente esplosa di rabbia."
Controllo. Mantenere il controllo. None permettere alla rabbia di dominare le azioni. La rabbia genera il caos. Il caos è il suo territorio.
"Avanti, avanti. Ti ci vorrà meno di un minuto per entrare qui. Poi potrai sfogarti e massacrarmi di botte fino a uccidermi. È questo che vuoi davvero, anche se non hai il fegato per ammetterlo."
No.
Io non sono come te.
Il clown attende. Forse crede davvero che lui cederà alla tentazione. Questo vuol dire che, nonostante tutto, lo conosce molto poco. Resterà deluso ancora una volta.
Il suo avversario gli regala un sospiro, poi si stende sulla branda. "Sei insopportabile. E poi ti chiedi perché io sia costretto a cercare compagnie più piacevoli." Poi chiude gli occhi e lui stenta di nuovo a riconoscerlo. "Mi ha detto che hai tentato di convincerla che la nostra 'appassionata relazione' sia… come dire?... unilaterale? Che la sto solo usando. Piantala. È una ragazza influenzabile. Se insisti finirà per crederci."
La sua risata non è come la ricordava. È sorda e bassa, quasi sofferente.
"Mi chiedi perché. Guardati intorno. Tre metri per tre. Quattro pareti identiche. Quattro mesi a fissare il soffitto. Roba da diventarci matti sul serio. L'hai vista sorridere? No, vero? Quando lo fa perfino questa fogna si illumina."
Vorrebbe cogliere una nota di scherno nella sua voce. Forse c'era e gli è sfuggita. O forse è rimasto il solito grande maestro della finzione.
Il clown si rimette a sedere scuotendo la testa. "No. Questa era troppo stucchevole perfino per il melodramma da due soldi che stiamo vivendo. Fai finta che non abbia detto nulla. Dove eravamo? Ai tanti perché sulla presenza della mia dottoressa in questa storia. È semplice. Ho deciso che è così che deve andare. È un trastullo piacevole. Ha i suoi difetti, certo. È appiccicosa, parla troppo, il suo senso dell'umorismo fa pena ed è una pessima cuoca. Ma non dirle che te l'ho detto. Non vogliamo farla restare male, vero?"
Per quel motivo è venuto fino ad Arkham, quella note? Per assistere a quella farsa? Non se ne andrà prima di avere ottenuto almeno una risposta sensata.
"Di solito una conversazione è composta da scambi di battute che si susseguono" gli fa notare il prigioniero.
"Che cosa vuoi? Non la fuga. Non semplicemente la fuga. Dimmi cosa stai tentando di dimostrare."
Scopri le tue carte, Joker. Fammi vedere che non stai bluffando.
"I gothamiti che scoprono di avere un cuore…" gli risponde finalmente il suo doppio. "Com'è che hai detto quando sul mare non ci sono state le scintille previste? 'Credere nel bene.' Per favore. Dovresti chiamare qualcun altro a scrivere i dialoghi della tua tragedia. In realtà ho commesso un madornale errore. Ho sottovalutato la tendenza umana socialmente abominevole a fare gruppo nei momenti di crisi. Commovente. Tutti uniti contro il cattivo. Quando si punta alla massa bisogna lavorare sul concetto di appartenenza. Hai visto cosa è successo al Gotham Plaza? È stato facile. 'Ehi, ragazzo, unisciti al mio circo. Ti renderò libero se ti truccherai il viso. Siamo già in tanti. Manchi solo tu.' Con i singoli la questione è diversa. Bisogna usare il cesello. E, credimi, nessuno è immune. Una singola giornata storta è sufficiente a cambiare un'esistenza, a far emergere quella che i tuoi amichetti chiamano follia. In quattro mesi puoi plasmare anima e corpo la tua anima gemella partendo dalla materia più pregiata. Harleen Quinzel è questo. Materia pregiata. La figlia perfetta di Gotham. Bellissima, brillante, di successo e qualunque altra etichetta tu voglia attaccarle addosso. E adesso è mia. Capisci, Batsy? Basta prenderli uno alla volta. Come il tuo amico Harvey. È un'arte che sto affinando con la pratica. Dimmi, che effetto fa? Come ti fa stare il pensiero che c'è un'altra donna che non riuscirai a salvare, perché non vuole essere salvata?"
A sua immagine e somiglianza. Come nella foto attaccata alla parete. Un gioco macabro. Si chiede se davvero Harleen Quinzel abbia oltrepassato il punto di non ritorno. C'è una possibilità. Agire come Bruce Wayne. Entrare come finanziatore nel consiglio d'amministrazione del manicomio, offrire a Jeremiah Arkham più denaro di quanto ne possa immaginare e a quel punto pretendere che la dottoressa Quinzel venga messa sotto inchiesta. Se sta impazzendo davvero non potrà nasconderlo.
Il clown attende una sua reazione, poi getta la spugna e si stende di nuovo voltandogli le spalle. "La prossima volta porta una scacchiera, almeno eviteremo di morire di noia."
Non ha ottenuto quasi nulla. Sa solo che il Joker si sbaglia. Gotham non è affatto naturalmente predisposta ad impazzire. Non sarà una singola mela marcia portata come esempio a privarlo di questa convinzione.
"Ti lascerò giocare con i tuoi nuovi amici." La voce del Joker lo fa voltare quando è ormai arrivato alla porta blindata. "Il signore degli indovinelli, la ladruncola del jet-set e tutti gli altri buffoni che stanno spuntando come funghi. Lascerò che tu comprenda da solo la differenza tra me e loro. Non ho intenzione di mescolarmi alla plebaglia. Quando sarà il momento vorrò la tua completa attenzione. Tanto sappiamo tutti e due che è sempre da me che tornerai."
Se al tuo ego fa piacere crederlo…
L'unica cosa di cui Bruce Wayne è sicuro, mentre fugge via dalla casa dei pazzi è che non vorrà più ascoltare la sua voce. Le sue parole sono più letali delle sue bombe.

Boom ma non solo Boom…
Non troppo distante, così che possa godersi lo spettacolo. Non troppo vicino, in modo che il traffico non impazzisca sulla sua strada. Il riverbero arancione nel quadrato di cielo notturno che scorge oltre la finestra sporca della palestra, il boato, l'odore intenso di fumo. Bello. Molto, molto bello.
"Non pensi anche tu che sia bellissimo, Ricky?"
Ma Ricky non risponde, perché da circa dieci minuti ha raggiunto le sfere celesti e ora canta su una nuvoletta accompagnato da un cherubino con l'arpa. La sua testa ciondola dalla panca dopo che i suoi pesi gli hanno sfondato il torace. Uno scherzetto da niente. Una piccola iniezione per paralizzargli i muscoli, il bilanciere ben posizionato sula petto e poi un bel carico di pesi alle estremità. Ha sofferto appena un po', questo può dirlo con certezza. Dovrà imparare l'arte della tortura per la prossima occasione. Non le va affatto che i suoi giocattolini spirino rapidamente. Mr. J dovrà darle qualche lezione.
L'occhiata che riserva al fu Ricky Thomas è semplicemente annoiata. Il sangue gli macchia le labbra e sulla sua fronte è impresso un bacio nero. Harley Quinn distoglie gli occhi. Là fuori il suo quartiere continua a bruciare. Lo stesso sta accadendo al Fashion District. Due semplici boom ottenuti con due semplici click. Una sola raccomandazione. Ai capi opposti della città ed equidistanti dall''Arkham Asylum.
Sì, Mr. J. Agli ordini, Mr. J. Perché, perché, perché.
È il momento delle domande interiori.
Coraggio, dottoressa. Ricorri alla psicanalisi un'ultima volta. Perché hai scelto proprio il tuo appartamento, il tuo quartiere, la tua vita, per la prima esplosione?
Non ha portato via quasi niente. Due borse di vestiti, oggetti personali e contante. Un paio di libri che vuole finire di leggere nonostante tutto. E la sua pistola mai usata. La sua esistenza ora sta bruciando. La sua esistenza è saltata in aria. Ricordi accumulati negli anni, fotografie, cuscini di piume, bambole, barattoli pieni di marmellata e biscotti. Harleen Quinzel ora è morta davvero, è cenere e lapilli. La stretta che avverte allo stomaco è fugace e passeggera. Non ha nessun posto in cui tornare.
Famiglia?
Addio anche a loro. L'idea di chiamarli prima di quel taglio netto non l'ha neppure sfiorata. Sa già che nei giorni seguenti sarà confusa, proverà dei rimpianti e si sentirà smarrita. Ma non sarà sola. E sarà felice.
È ora di andare.
"Ciao, Ricky. Ci si vede in giro. Anzi, no."
Harley Quinn spegne le luci nella palestra deserta e esce respirare l'odore di polvere da sparo in fiamme, l'odore del falò acceso per festeggiare la liberazione del suo amore.

Jacob Columbine prevede di passare la serata in compagnia di sua moglie a vedere un vecchio film. Uno di quelli che piacciono a lui, pieni di donne fatali, di gangster e di night club fumosi. Se dipendesse da lui pubblicherebbe esclusivamente quei bei romanzi polizieschi che si rifanno a James Ellroy, con la sua Los Angeles corrotta come i poliziotti che popolano. Invece rifila manuali e romanzetti rosa a casalinghe frustrate. Non che abbia molto di cui lamentarsi. In quel modo si fanno soldi in abbondanza. Ma i sogni sono pur sempre il sale della vita e commissionare alla psichiatra svampita un bel volumone sul Joker è stato il suo modo per dichiarare che la Columbine Press non pubblica solo robetta.
Si è mosso in fretta, prima che qualche pezzo grosso gli soffiasse quell'esclusiva succulenta. Quando le altre case editrici arriveranno come sciacalli addosso alla sua biondina bislacca la troveranno già vincolata da clausole di ferro. Jacob Columbine si sfrega le mani mettendosi al computer per dare un'occhiata alla posta prima di cena. Vorrebbe riuscire ad avere i primi capitoli in tempi brevi e quando vede l'indirizzo della signorina Quinzel tra le e-mail in arrivo con tanto di file Word in allegato, si getta come un avvoltoio sulla propria fortuna. La dottoressa ha accompagnato il file con poche righe.
"Mi dispiace averla fatta attendere. Preferisco trattare direttamente con lei piuttosto che coinvolgere il mio agente.
Come può vedere ho finito il libro ieri sera. Non ho avuto il tempo di rileggerlo tutto, ma non dovrei aver combinato troppi disastri. Per il saldo di quanto dovuto mi farò viva io. Ho chiuso venerdì il mio conto alla Gotham National. Spero comprenderà i motivi per cui il nostro consueto modo di operare debba essere rivisto. Il prodotto finito è piuttosto diverso da quanto mi era stato richiesto, ma spero che la soddisfi comunque. È probabile che la polizia si faccia viva anche con lei, ma non credo che potranno rintracciare questo messaggio. Farò saltare in aria il mio PC con tutto il mio appartamento intorno tra circa un'ora.
Arrivederci, signor Columbine. È stato un piacere lavorare con lei. Ma adesso devo proprio andare.
Distinti saluti,
Harley Quinn."
Cosa, cosa, cosa?
Circa un'ora. Non riesce a capire cosa voglia dire quell'assurdo messaggio. L'e-mail è stata spedita un'ora prima. Deve telefonare ad Harleen Quinzel. Deve scoprire cosa le sta passando per la testa. Un sospetto ce l'ha ma si tratta di un'ipotesi talmente assurda che si sente di scartarla a priori. Le sue mani tremano mentre apre l'allegato.



IO E IL MIO JOKER
Psicopatici assassini e donne che li amano troppo

di
dr. Harleen Quinzel



Un'imprecazione gli sfugge dalle labbra. Gli bastano poche righe dell'introduzione per capire di avere fra le mani qualcosa di pericolosamente spettacolare.

"Sebbene avessi sentito parlare di lui più di un anno fa, sebbene avessi già scritto degli articoli su di lui e su quello che ipotizzavo essere il suo quadro clinico, è stato solo 23 gennaio di quest'anno che ho potuto incontrare il criminale noto come Joker faccia a faccia. Da quel momento la mia esistenza è cambiata, il mio stesso modo di concepire il mondo è cambiato. So che può sembrare un'esagerazione, ma in fondo sto semplicemente riportando la mia testimonianza su ciò che chiunque si sia innamorato almeno una volta nella vita può definire una rivoluzione esistenziale. E io sono innamorata del genio più grande che potessi sperare di incontrare. Di una magnifica combinazione di dialettica, profondità intellettiva, carisma e fascino. È quindi più che naturale il mio desiderio di seguirlo e sostenerlo con ogni mezzo. Così come è stata per me la scelta più sensata quella di liberarlo dall'ingiusta prigionia nel manicomio criminale Arkham e restituirlo a Gotham perché possa di nuovo mostrarle la grandezza che gli è propria…"

"Oh, cazzo…" Jacob Columbine comincia a sudare freddo. Deve avvisare la polizia. Quella donna ha perso la bussola ed è pericolosa.
Non starà pensando sul serio di farlo scappare. Non…
Un tuono in lontananza gli annuncia che pioverà. Poi la sua mente ritrova la lucidità necessaria per capire che non si tratta di un tuono.
"Farò saltare in aria il mio PC con tutto il mio appartamento intorno tra circa un'ora."
La polizia. Quella pazza va fermata.
Però… Però, se ce la fa, se riesce a far fuggire il Joker o se muore nel tentativo, questa roba varrà un patrimonio.
Incrocia le dita sperando che la Quinzel si sia ricordata di spedire una copia autografa alla sede principale della casa editrice, poi accende la stampante e si prepara a una lunga notte di piacevole lettura. Una lettura piena di criminali, omicidi e pupe bionde fuori di testa…

Le stelle su di loro, delle rovine a fare da cornice, il silenzio assoluto della notte. Un quadro perfetto e romantico. Non importa che lassù, tra le altre luci, lampeggi un aereo di passaggio, né che intorno a loro, in realtà ci sia solo un cantiere dal quale presto risorgerà Wayne Manor, né che sia stato proprio suo padre a bruciare il palazzo del principe fino alle fondamenta. E le Palisades non sono così lontane da Gotham da impedire che di tanto in tanto arrivi il rumore del traffico distante. Ciò che conta è che il principe nel suo palazzo in rovina non si svegli dal suo incantesimo.
È così dolce e malleabile, il suo tenebroso Bruce. I suoi occhi le lanciano saette infuocate ogni volta che si incontrano, ma poi finisce sempre per tenderle la mano. Non è stato difficile per Talia Al Ghul scegliere il momento migliore. Il suo sposo è stato di umore malinconico per tutto il giorno. Lei lo ha seguito come un'ombra e se lui se n'è accorto non lo ha dato a vedere. Una visita silenziosa alle tombe dei suoi genitori, un mazzo di fiori da lasciare su quella di Rachel Dawes. Talia non lo ha disturbato. Non ha invaso la sua tristezza. Ha atteso che Bruce arrivasse a casa. La sua vera casa. e ha finalmente stracciato il velo di ricordi che rischiava di tagliarla fuori per sempre.
Lui ha accennato una reazione seccata nel trovarsela vicina. "È proprietà privata. Vattene o chiamo la polizia."
Talia Al Ghul ha riso alla sua reazione esagerata. Una punta di gelosia l'ha colta sollevando gli occhi verso le poche mura rimaste in piedi, imprigionate dalle impalcature.
"Me ne andrò solo dopo aver visitato la tua dimora incantata."
Lei. Con lei il suo Bruce ha vissuto i giorni della sua infanzia. È tempo di far scomparire per sempre il ricordo del primo amore.
"La dimora incantata che tuo padre ha ridotto in cenere" sottolinea lui, poi sembra quasi pentirsene. "È pericoloso con il buio. Potresti mettere un piede in fallo e farti male."
Lei gli ha risposto ridendo. "Le ombre come noi non temono il buio. E poi… Un piede in fallo. Stai parlando alla figlia di Ra's Al Ghul, l'hai dimenticato?"
"Me ne ricordo fin troppo bene."
Lui non le ha più detto nulla, limitandosi a guidarla fra i segreti della villa in costruzione. Doveva essere un posto meraviglioso, una volta. Come il suo silenzioso padrone. Il padrone che si arrende ogni volta alla tentazione che lei gli offre. Sarà sempre così, tra loro due. Si rincorreranno per tutto il resto delle loro esistenze. E finiranno ogni volta come quella notte, sotto il cielo aperto, stretti l'uno all'altra, a ripetersi che in fondo va bene così. Abbracciata a lui Talia si è concessa il lusso di dimenticare il motivo per cui si trova lì, per cui lo ha sedotto e ingannato di nuovo. Ma ora, ricoperta di sudore, polvere e freddo, ricorda e trema. Ma non può permettersi di provare del rimorso. Batman resterà in catene quella sera. Batman rimarrà lontano da Gotham. Perché lei non può permettere che Batman rovini tutto.
Fra un attimo il suo Bruce dormirà. E quando si sveglierà da solo, sotto la luce del mattino, e scoprirà il suo inganno, la maledirà.
Ti darai dello stupido, mio amato. Ma non lo sei. Mi ami, è questo che ti rende così fragile. E non sai controllarlo.
Per lei è lo stesso. Vorrebbe fermarsi. Restare con lui.
Tradire mio padre…?
Tentazione blasfema. Lei non ha alcuna droga in circolo, eppure si sente stordita.
Diglielo…
"Mi hai rifilato qualcosa anche stavolta, non è vero? Non riesco a restare sveglio…"
Anche stavolta?
È questo che pensa, dunque. Eppure si sbaglia. Non ha mai giocato sporco con lui prima di quella sera. Ma anche se glielo dicesse Bruce non le crederebbe.
Se…
Se lui non fosse fuggito via, ora sarebbero dalla stessa parte. Sarebbero insieme. Invece lui l'ha respinta prima ancora di poterla incontrare, e ha respinto tutto ciò in cui lei crede e che la sua stessa persona rappresenta.
Quando il rumore della prima esplosione li raggiunge, gli occhi di Bruce si stanno già chiudendo. Non importa. Ciò che li lega è più forte di qualunque scelta di campo.
"Lo chiamerò Damian" sussurra nel suo orecchio. "Nostro figlio, Damian Wayne."

L'ultima volta. Il suo cuore batte troppo forte. Forse è un buon segno. Ha paura eppure la sua testa è talmente annebbiata da permetterle di agire come se stesse guardando un'altra muoversi al suo posto. Stranamente non si guarda intorno. Resettare. Dimenticare. Sono solo pareti.
La guardia all'ingresso le apre il cancello e si dice incredibilmente sollevato nel vederla. "L'esplosione… Non è stata nella zona dove vive lei, dottoressa? Meno male che sta bene…"
Lei tira dritto. Ad eventuali domande risponderà che era fuori a cena e che al momento è impossibile raggiungere casa sua. Ma nessuno le chiede nulla, semplicemente perché l'unica persona che incontra nel tragitto dall'ingresso al reparto di isolamento è Paulo Morales, e lui non domanda più niente da un pezzo.
"Questa storia deve finire…" borbotta aprendole la porta blindata.
"Sono perfettamente d'accordo" gli risponde Harley con un sorriso soddisfatto
Lui è ancora sveglio. Lui non dormirà affatto quella notte. Sembra che la stia aspettando, anche se lei è in anticipo. Vorrebbe avere la chiave di lettura per decifrare la sua espressione. Non le è mai sembrato tanto impassibile.
Fra poco saprò cosa hai in serbo per me. Mi dirai la verità, questa volta? O forse non mi hai mai mentito? Non sai quanto vorrei che fosse così…
"Ciao…" gli dice, e si sente tremendamente stupida, perché non lo ha mai salutato in quel modo, prima.
Lui solleva appena due dita per ricambiare. "Vieni dentro" le ordina, e lei non se lo fa ripetere due volte.
Deve dirgli tutto prima di scoppiare.
"Le tue scarpe sono abbastanza comode?"
È una domanda che suonerebbe insensata in un altro momento. Ma lei annuisce sapendo benissimo perché gliel'ha posta.
Ci siamo, Mr. J.
"Hai un'aria infelice che non ti dona. Hai cambiato idea, zuccherino?"
Cambiato idea? Nulla di simile. Ma ha paura, anche se non nella forma che lui potrebbe immaginare.
"Ho fatto saltare casa mia. E ho ucciso due uomini nelle ultime ventiquattro ore. Per il primo ho usato il veleno. Con l'altro la questione è stata leggermente più cruenta. Chiedimi come'è andata. Chiedimi cosa ho provato."
Odin Markus Richard Thomas. Nessun uomo resiste alla prospettiva di una notte in dolce compagnia. Povero Ricky. Per lui un po' le dispiace. Probabilmente è stato traviato dalle cattive amicizie.
"Quanto riesci a sollevare, Ricky?"
"Niente" è la risposta decisa di Mr. J, e la cosa sembra metterlo di cattivo umore. Inaspettatamente la afferra per un braccio e la costringe a sedersi sulle sue ginocchia.
"Le telecamere…" protesta lei.
"Ti importa?"
No. Ha ragione. È da stupidi farsi scrupoli ora. Immagina le facce dei ragazzi del servizio di sorveglianza di fronte a quel diversivo arrivato a spezzare la monotonia di una domenica vincolata al posto di lavoro. E poi sentirlo vicino è ciò che le occorre ora.
"Dicono che uccidere qualcuno sia un'esperienza sconvolgente. Io invece ho dormito benissimo. E non ho sudato freddo e non mi è neppure venuta la nausea" gli spiega stringendosi al suo collo. "Ma non mi sono nemmeno sentita euforica. Avevi detto che le cose sarebbero cambiate non appena io avessi agito in prima persona, ma non è stato così. E io non sono più sicura di essere quella che stai cercando."
Le braccia di Mr. J intorno alla sua vita si fanno simili alla morsa di una tenaglia. "Dovremo trovare una soluzione al tuo problema, Harley. Ma se io ho deciso che vai bene per me, allora vuol dire che vai bene per me. Tu non hai voce in capitolo."
Sì, va bene. Lui sa cosa sta facendo. Lui non può sbagliare. E lei è la compagna perfetta. Per tutta la vita. Per tutta la vita, anche se dovesse finire prima che il sole sorga. Chissà come si vive con lui, là fuori. Chissà che genere di esistenza la sta aspettando. In ogni caso basterà la presenza del suo clown a renderla bellissima.
Ricordi? Ricordi al prima volta in cui mi hai baciata in questa cella? Io che fingevo di volerti lasciare, tu con un foro di proiettile nella spalla… Abbiamo fatto tanta strada, insieme…
Stavolta qualcuno li sta osservando.
E come testimoni di nozze, due guardie assonate…
Farà loro visita molto presto. Peccato non poter ascoltare i loro commenti. Le voci insinuanti e cattive all'Arkham Asylum hanno bisbigliato di una relazione clandestina tra il pazzo e il suo medico. Ora, incisa su nastro, c'è una loro dichiarazione esplicita.
Sono felice, sarò felice. E questo è tutto.
"Meriti un regalino come ricompensa" le sussurra Mr. J. "Dimmi se c'è qualcosa che desideri, piccolina, e te lo andrò a prendere."
A parte te? Il primo regalo di Mr. J… No, prima c'è stata la rosa. È sempre stato così romantico…
È il momento di esprimere un desiderio. Ma la prima cosa che le viene in mente è talmente buffa che ha quasi paura a proporgliela.
E perché no? Poi io e lui saremo davvero perfetti e straordinari.
"Lasciamici pensare" gli risponde, anche se in realtà ha già deciso. Forse riuscirà a sorprenderlo.
E dormiremo nello stesso letto, stanotte. E ti terrò stretto. Prova pure ad allontanarti, a divincolarti, se vuoi. Tu noi hai idea di quanto io possa essere tenace.
Gli occhi di Mr. J sono cupi e la sua espressione pensierosa. La scruta come se non riuscisse a cogliere un dettaglio fondamentale. Poi ritrova il suo sorriso e Harley Quinn capisce che non c'è davvero nulla che non vada.
"Andiamocene" le dice. "Andiamo a riprenderci Gotham."


'Cause it feels like I've been
I've been here before
You are not my savior
But I still don't go

Feels like something
That I've done before
I could fake it
But I still want more

(Massive Attack, Dissolved Girl)









Note:

1) Il Gotham Plaza, modellato sul Rockfeller Center di New York, è il simpatico posticino dove la fa da padrone Max Schreck alias Christopher Walken in 'Batman Returns' di Tim Burton. Un omaggino al mio film preferito della prima saga.
2) Bludhaven, la città 'vicina di casa' di Gotham City, sorvegliata dallo zelo di Nightwing, ovvero l'ex Robin Dick Grayson.
3) Il cartello esposto in portineria all'Arkham Asylum è una delle chicche di The Killing Joke.
4) Non potevo lasciare Ozzie nel ripostiglio. Il viscido e amatissimo Oswald Cobblepot-Pinguino ha fatto una capatina in Amour Fou e forse lo farò di nuovo uscire dal cilindro… altrove.
5) "Credevo che non mi amassi più." Ok, la frase l'ho fregata dalla saga della 'Terra di Nessuno'. Mi piaceva troppo e non ho resistito. Sono frecciatine di questo tipo che mi fanno adorare Mr. J. Anche il continuo ribadire che Batman prima o poi torna sempre da lui è uno dei suoi cavalli di battaglia. No, nessun intento slash. La loro relazione la intendo come profonda, intellettuale ma assolutamente poco… tattile. A meno che non si tratti di chiudere il tutto con una scazzottata.
6) Damian Wayne. A volte ritornano. Si vocifera che sarà il piccolo Damian a vestire i panni di Robin nella 'Battle for the Cowl' dopo un intensivo addestramento da parte del succitato Dick Grayson che sembra il candidato numero uno per ereditare il ruolo di Batman (incrociamo le dita). A me va bene tutto. Basta che mammina stia fuori dalle scatole. Comunque… nel fumetto Bruce scoprirà di avere avuto un figlio da Talia solo quando il marmocchietto sarà già grandicello.



E ci siamo. Alla prossima si chiude. Non riesco a crederci. Non finivo una storia a capitoli da secoli. Invece ce l'ho fatta. Avrei voluto terminarla per il primo maggio ma la malasorte ci ha messo lo zampino. Mi scuso per l'attesa infinita, ma il mio hard disk esterno ha pensato bene di fondersi con tutto quello che c'era dentro (sì, anche i miei fumetti). Inoltre… È vero, lo ammetto. Ho perso un bel po' di tempo fare la groupie stagionata per i Bastard Sons of Dioniso. Che nessuno osi ridere.
Il capitolo non è stato ancora betato, ma non mi andava di farvi aspettare ulteriormente.
Angolino della pubblicità: se non l'avete ancora fatto, gettatevi su The Cat di Kuji13 perché è moooolto carina.
Per le ultime risposte, i saluti e i ringraziamenti ci si vede la prossima volta, con l'ultimo capitolo e l'epilogo (intanto faccio ciao ciao a Kuji, Laura Sparrow, la molteplice Sychophantwhore -te quiero-, HARLEQUINofHATE, The Mad Hatter, Dark Star, Boopsie, Mimi, Jokerina, Dragana e gli altri che hanno recensito e che ho dimenticato) .
Preparate il popcorn per il gran botto finale.






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Capitolo 19
*** Terapia n°12 - Mad Love ***


Terapia n°12



"Mad Love"






I would die for you
I would die for you
I've been dying just to feel you by my side
To know that you're mine

I will cry for you
I will cry for you
I will wash away your pain with all my tears
And drown your fear

I will pray for you
I will pray for you
I will sell my soul for something pure and true
Someone like you

See your face every place that I walk in
Hear your voice every time I am talking
You will believe in me
And I will never be ignored

(Garbage, #1 Crush)

Harley Quinn ama il mese di maggio. È il paradiso a cavallo tra le piogge e il freddo invernale e il caldo torrido dell'estate. Il mese in cui perfino una metropoli come Gotham sembra rifiorire. Il mese perfetto per una fuga d'amore.
Ma lei sa che Mr. J non ha scelto quel periodo perché in lui è sbocciata un'improvvisa vena sentimentale. Mentre si dirige nel suo ufficio, Harley Quinn si sorprende di quanto i tempi siano stati perfettamente calibrati.
La precisione di un cronometro…
Di domenica c'è meno gente all'Asylum. Di domenica c'è meno polizia in giro. E la polizia ora ha da fare con le due esplosioni improvvise che hanno scosso la notte. Ci metteranno un po' ad arrivare ai Narrows quando il caos scoppierà.
E non solo il caos… pensa sorridendo tra sé e sé.
L'Arkham Asylum è un posto davvero complicato e ha costretto Mr. J ad affidare a lei il compito più delicato. No, con i metal detector all'ingresso e il servizio di sorveglianza non è davvero consigliabile tentare di introdurre all'interno delle bombe già assemblate.
Un giorno dopo l'altro, Harley si è procurata le parti necessarie. Un giorno dopo l'altro, Harley ha usato il proprio ufficio come un'officina e le ha messe insieme. I suoi compiti a casa e il suo inflessibile maestro… Quella sera saprà se può considerarsi o meno promossa al ruolo di dinamitarda.
Il prodotto finito non assomiglia troppo alla bomba che ha piazzato a casa sua dopo averla prelevata da uno dei nascondigli di Mr. J. Scoprirà presto se quel bizzarro oggetto è in grado di esplodere. Per il momento il posto del giocattolo resta il suo schedario chiuso a chiave. Ci sono un paio di questioni da sistemare, prima.

A Ricky Thomas ha paralizzato i muscoli, ma lo ha lasciato vigile perché potesse gustarsi la propria morte fino in fondo. Per i due ragazzi della sorveglianza Harley Quinn non ha in mente nulla di così estremo. A loro ha portato ciambelle e caffè.
Harley non ricorda i loro nomi. Sa solo che assomigliano a una coppia di comici, lo smilzo e il corpulento.
La guardano con una strana fiamma negli occhi, quando va a fare loro visita. La cosa non la sorprende. Sugli schermi, l'hanno appena vista avvinghiarsi a Mr. J e la cosa li ha mandati su di giri.
Che esagerati… Per qualche bacetto innocente…
"Vi disturbo, ragazzi? Vi ho portato uno spuntino. In cambio avrei bisogno di un piccolo favore."
Le due guardie si alzano in piedi e lo smilzo si toglie perfino il cappello.
"Gentilissima" le dice. "Quale piccolo favore?"
Dai, che ci arrivi da solo…
Harley assume un atteggiamento di finto imbarazzo. Mentire per lei sta diventando sempre più naturale. Sa benissimo che la risposta sarà negativa.
"Ecco… sapete come vanno certe cose. Credo di essermi lasciata un po' andare, giù nel sotterraneo. Sarebbe imbarazzante se il dottor Arkham lo venisse a sapere. Sareste così gentili da consegnarmi il nastro che ha ripreso l'ultima mezz'ora nella cella d'isolamento?"
Harley Quinn spera che non ci girino troppo intorno. Un no secco le va benissimo. Va piuttosto di fretta. Invece i due solerti guardiani sembrano volerci riflettere su.
"Vi prego" miagola Harley sbattendo le ciglia.
"Vedi, tesoro" le risponde il tizio corpulento sentendosi autorizzato a prendersi delle confidenze. "I nastri sono numerati e dobbiamo tenerli in archivio per almeno due settimane. Poi vengono riusati. Ma fino a quel momento l'unico autorizzato a visionarli è il dottor Arkham. E la polizia… Ovviamente anche la polizia."
Harley si chiede se sia il caso di insistere un po', ma deve fare ancora parecchie cosette e ogni minuto è prezioso.
"Ok" dice con un sospiro, poi appoggia la scatola di cartone con le ciambelle in un angolo libero tra pulsanti e cavi. "A quanto sembra dovrò vedermela con il capo. Ma non fa niente. La merenda ve la lascio lo stesso."
Caffè. Ciambelle. E un paio di siringhe in un sacchetto di carta.
È ora di andare a nanna.
Sorride affettatamente mentre porge un bicchiere di brodaglia scura al grassone e con l'altra mano gli infila l'ago nell'avambraccio. In venti secondi sarà ko.
"Ehi, che diavolo…?" protesta il piccoletto vedendo il collega accasciarsi su una sedia.
"Tranquillo. Ce n'è anche per te" sibila Harley mentre lui si china sul compagno privo di sensi, poi gli inietta il sedativo nella schiena. Lo smilzo crolla addosso all'altro in un grottesco abbraccio che la fa ridere di cuore. Sottrae la pistola al mingherlino e toglie i proiettili da quella dell'orso. Fino a quel momento è filato tutto liscio. Non si sveglieranno prima di qualche ora, lei non avrà addosso occhi indiscreti che possano dare l'allarme e potrà dedicarsi alle proprie faccende in tutta tranquillità.

"Per prima cosa, Harley…"
Mr. J non ha trascurato nulla e le ha spiegato ogni dettaglio con una pazienza infinita.
"Per prima cosa bisogna togliere l'elettricità. I generatori autonomi partiranno dieci secondi dopo. Questo farà credere alla polizia che si sia trattato di un semplice blackout. E impedirà agli allarmi di prendere il via. Devi fare attenzione al timer della bomba. Dovrà esplodere un minuto esatto dopo che avrai pasticciato con l'alta tensione. Niente errori, Harley. E devi allontanarti prima che il generatore si avvii…"
Inutile negarlo. Le sue mani sudano. Tre minuti ancora e la guardia tornerà per il secondo giro. La bomba deve essere occultata con cura e al tempo stesso piazzata in modo da far saltare immediatamente l'impianto che tiene chiuse le celle dell'Ala Sud. Presto i ragazzi faranno una passeggiatina notturna fuori programma.
Le sue dita tremano e non va bene. Harley Quinn si asciuga il sudore dalla fronte.
Calma, calma, calma…
Tutto calibrato. Tre minuti. Le cifre rosse iniziano la loro corsa verso lo zero. Accoglieranno festosamente la guardia. Lei deve andare. Ha due minuti per togliere l'elettricità. Anche le sue gambe si fanno instabili mentre raggiunge la centralina. Continua a guardare l'orologio. Ancora dieci secondi. Harley afferra le leve una dopo l'altra e le fa scendere verso il basso, poi chiude gli occhi per accompagnare il buio che inghiotte l'Asylum. Fra un attimo i neon bianchi illumineranno i corridoi con la loro luce spettrale. Fra un attimo qualcuno verrà a controllare eventuali guasti. Fra un attimo l'Ala Sud salterà in aria.
"Globuli bianchi, Harley. Le guardie correranno tutte verso l''infezione come tanti globuli bianchi. Solo tu percorrerai il senso di marcia inverso."
Deve sbrigarsi. E non farsi notare. Soprattutto non farsi notare. L'Asylum assume un'aria asettica e gelida mentre le luci d'emergenza si accendono.
Cinquanta secondi. Si ferma in un angolo in attesa. Le scale che portano al sotterraneo sono invitanti e al tempo stesso spaventose, come la gola di un mostro affamato.
Cinque… quattro… tre… due… uno…
Il boato è spaventoso. Le pareti tremano e i timpani le fanno male. Perfetto. Il suo prodotto d'artigianato si è rivelato efficace e funzionante.
Forza, Paulo. C'è bisogno di te altrove.
Vede Morales passare correndo, il piccolo globulo bianco smarrito, con la pistola in mano e l'espressione spaventata. Presto gli ospiti dell'Ala Sud cominceranno la loro festicciola di mezzanotte e le guardie saranno completamente concentrate su di loro e sulle fiamme da spegnere.
Ok, al diavolo la modestia. Sono stata bravissima.
Deve contare fino a trenta e poi scendere. Questi sono gli ordini. Al piano superiore sente passi frenetici e grida. Un'esperienza che l'Asylum ha già vissuto e che ha quasi annientato i Narrows. Lei non era di turno la sera in cui la tossina di Jonathan Crane è stata sparsa nell'aria e i pazzi liberati. Stavolta invece si godrà tutto lo spettacolo.
Prende fiato, chiude gli occhi e si impone di rilassarsi. Lui la sta aspettando. Devono sbrigarsi prima che la polizia si faccia via.
Harley scende le scale, passa oltre il tavolo al quale Morales e i due nazisti trascorrono le infinite ore di guardia, e poi si blocca trovandosi davanti la porta metallica spalancata e il suo Mr. J libero, a braccia conserte e con l'aria di chi sta aspettando da un secolo.
Come… come è uscito dalla sua cella?
"Ciao, zucchina. Come va?"
Come va?
Le gira la testa. Non si era sbagliata. Lui è sempre stato in grado di uscire. E allora perché?
"Che c'è? Sei arrabbiata? Scava e scava e scava tra i mattoni, Harley. E poi basta un ritocchino alla tastiera elettronica. E il vetro antiproiettile sale e scende che è un piacere. Quanto alla porta blindata, una cassaforte da appartamento è più complicata da aprire."
"E quindi…?" gli chiede tremando.
Che cosa vuol dire quella ridicola sceneggiata? Perché ha aspettato? Perché ha lasciato che fosse lei ad agire? La risposta è squallida ed elementare. Per divertimento.
"Non fare quella faccia, tesoro. Qual è la domanda che ti incupisce? Ti senti ingannata? Prova a pensare in modo lucido, Harley."
La sua voce è suadente e sgradevole al tempo stesso.
Gli serviva qualcuno che piazzasse le bombe… e che… che… non lo so…
"È un gioco? È stato un gioco fin dall'inizio?" gli chiede mentre gli occhi le bruciano.
"Un gioco…" ripete lui come se stesse riflettendo."Sì, un gioco. E tu hai giocato con me. Hai deciso che mi avresti fatto uscire. Cosa c'è di storto, ora?"
Harley scuote la testa. Pessima scelta di tempo per avere una crisi di nervi, ma non riesce a controllarsi. "Tu non avresti avuto bisogno di me. Io ho fatto tutto questo per te e invece…"
"E invece io ho fatto tutto questo per te. Andarmene? Meglio attendere che tu agissi. Che diventassi quella che sei. Che diventassi come me. Ho aperto la tua gabbia quando tu hai aperto la mia. Io mi fido di te, ora. Tu ti fidi me?"
Io ti amo, maledizione. Perché hai scelto me? Perché io?
Non riesce più a parlare. La sua gabbia… Se ci pensa, lui ha di nuovo ragione. Non le ha imposto nulla. Lei si è mossa. Non c'è stato alcun inganno.
Avrei preferito che se ne andasse da solo? Questo mai. Mai.
La sua mano che le accarezza una guancia è calda e insolitamente gentile.
"Che brutto momento per farsi prendere dalla paranoia, Harley. Tu sei speciale. Io l'ho visto subito. Per questo ora sei qui con me. Non mi hai risposto, Harley. Harley, mio piccolo, imprevisto, incontrollabile colpo di fulmine…"
Stupida. È solo una stupida. Che cosa contano i perché, ormai? Quando mai l'amore ha bisogno di perché?
Lui vuole me, non avrebbe potuto fare tutto da solo. Ha bisogno di me e continuerà ad averne. Lui mi vuole tenere con sé.
"Mi fido di te…" gli risponde alla fine, non perché non abbia più altra scelta ma perché è quello che sente e sa che quello stato di cose non cambierà mai.
Un cane preso a calci e con una catena al collo non continua forse ad amare il suo padrone?
Giura a se stessa che non si ripeterà più, che non avrà più dubbi, che su affiderà a lui completamente, qualunque cosa accada, e che…
"Ok, clown. Adesso alza le mani e tienile bene in vista. Non provare a fare scherzi o ti faccio un buco in fronte. Dottoressa, si allontani."
Harley si trattiene dall'insultare Morales. Mr. J le fa cenno di obbedire. Perché quello schifoso è tornato indietro? Le si spezza il cuore nel vedere il suo amore arrendersi e sollevare le mani. Non è giusto che finisca tutto in un modo così patetico.
"Adesso te ne torni in cella o quanto è vero Iddio ti ammazzo senza pensarci due volte."
Lo sta minacciando. Il viso di Morales è trasfigurato dalla rabbia, come se volesse rifarsi di quei mesi vissuti con la sua spada di Damocle sulla testa.
"Paulo, non dovresti perdere tempo qui con tutto quello che sta succedendo di sopra." Mr. J non ha smesso di sorridere e sembra perfettamente tranquillo.
"Taci!" grida Morales.
Non è solo rabbia. È terrorizzato. Harley capisce che non ha intenzione di rinchiudere davvero il suo clown. Non saprebbe come. Sparerà. Si libererà di lui una volta per tutte.
"Cosa vuoi fare, Paulo? Non ci serve un terzo incomodo. Se ti metti in un angolo e chiudi gli occhi potrei anche valutare l'ipotesi di lasciare i tuoi organi interni esattamente dove si trovano."
Non provocarlo, Mr. J. Non spaventarlo ulteriormente… Morales, non ti azzardare… lurido… schifoso… lurido… schifoso… lurido… In caso di necessità…
È un martello piccolo. Serve unicamente per rompere il vetro che protegge l'estintore. Ce ne sono quattro ad ogni piano. Pochi, a sentire gli ispettori. L'Arkham Asylum è troppo grande, troppo grande, troppo grande per quattro estintori per piano. Il martello è leggero. Ma usarlo nel verso giusto lo renderà efficace. Basta puntare al cervelletto. Tenero, tenero, tenero…
Lurido… schifoso… lurido… schifoso… e lo tiene sotto tiro… e continua a tenerlo sotto tiro…
"Lascialo stare!" grida colpendo e stentando a riconoscere quella voce come propria.
Lo sa. Sa benissimo che il bersaglio è morto dopo il primo colpo. Eppure lei continua impugnare il martello e continua a colpire e a colpire e a colpire perché il corpo di Morales resta in piedi per qualche miracolo della gravità. E ignora gli schizzi di sangue caldo sulla faccia e i frammenti di osso e materia grigia e perfino la faccia perplessa di Mr. J.
Colpisce fino a quando la guardia crolla a terra e solo allora Harley Quinn si concede di riprendere fiato. Finalmente la sente. L'adrenalina, la gioia, il segreto per sentirsi viva. Agire per lui, uccidere per lui, esistere per lui. Proteggerlo. Essere la sua ombra. Eliminare ogni minaccia, ogni ostacolo, massacrare in nome suo, per lui, e niente altro. Ride e non riesce a smettere, anche se lui la guarda allibito e le dice qualcosa, qualcosa che suona come "Cominci a farmi paura, zucchina…" e smette solo quando lui le afferra il viso e la bacia e poi le dice qualcos'altro, qualcos'altro che suona come "Bellissima… il sangue sulla faccia… ti rende… bellissima." E Harley pensa che deve lavarsi i capelli e che le dispiace di avergli fatto perdere tempo. Forse dovrebbe ricordargli che devono uscire immediatamente da Arkham. Ma Mr. J è su di giri e non sembra avere l'intenzione di staccarsi da lei.
Tutto questo per un po' di rosso? Per un piccolo omicidio truculento?
Sta cominciando a sentire caldo, ad avere una voglia bestiale di scoprire com'è fare l'amore in una pozza di sangue, davanti agli occhi sbarrati di qualcuno di cui si è appena provocata la morte. E come sempre è lui a riprendere il controllo della situazione. "Più tardi, Harley. Più tardi."
Ha ragione. Lo sa che ha ragione. Annuisce e tenta di calmarsi, anche se non è semplice.
"Hai una pistola. Perché non hai usato quella?" le chiede Mr. J e lei solo in quel momento ricorda la fondina che ha addosso, il souvenir che ha rubato al tizio sovrappeso della sorveglianza video dopo averlo narcotizzato.
"Non ci ho pensato" gli risponde mentre lui si appropria dell'arma di Morales.
Che strano… adesso sembri quasi completo… quasi. Voglio vederti con un coltello in mano.
Lei stringe ancora il martello nella destra. Lo porterà con sé. Forse lo farà incorniciare per ricordare la notte più lunga della sua vita.

La prima auto è la sua. Nel parcheggio del personale, con le borse nel portabagagli e un sacchetto di plastica con dentro un paio di jeans e una camicia da uomo sul sedile posteriore. Il caos sta scoppiando anche in strada. In lontananza sente le sirene dei pompieri. Devono fare in fretta e prendere il ponte che dà ad ovest e da lì procedere verso i Docks.
Nessuno li ha fermati. E lui è davvero libero. Non lo prenderanno più. Apre lo sportello dalla parte del guidatore e getta il martello sul sedile del passeggero. Poi si volta a guardarlo si rende conto che non le è mai sembrato più splendido. Tiene gli occhi chiusi e il viso sollevato, come se volesse riempirsi i polmoni di tutta l'aria notturna disponibile. È stato rinchiuso troppo a lungo.
"Siamo in ritardo sulla tabella di marcia" gli fa notare, anche se le dispiace far sparire quell'espressione estatica. Sarà tranquilla solo quando saranno al sicuro. Cosa che non accadrà troppo presto, a quanto sembra. Perché l'auto che arriva lasciando un'abbondante quantità di pneumatici sull'asfalto, come se stesse fuggendo da un branco di belve affamate, è quella del dottor Arkham.
"Occupatene tu" le dice Mr. J. "Io non perdo il mio tempo con certa spazzatura."
Occuparmene?
Arkham inchioda, poi scende dall'auto e a Harley sembra reduce da una seduta di elettroshock. Non sa dire perché ma la prima cosa che ha notato è che la tuta blu che indossa è bucata su un ginocchio. Le fa impressione vederlo conciato in quel deve essere uscito di casa in tutta fretta.
E deve avere corso come un pazzo per essere qui in venti minuti…
"Quinzel, che accidenti sta facendo? Perché quello è libero?"
"Che cosa sto facendo io? Che cosa sta facendo lei, qui. È domenica notte. Dovrebbe essere a casa sua in pantofole!"
Guastafeste. Il solito, insopportabile guastafeste.
Forse dovrei uccidere anche lui…
"Sei per caso idiota, Harley?" La voce di Mr. J alle sue spalle le sembra estremamente seccata. Non le piace che la chiami 'idiota', ma qualcosa le dice che dovrà farci l'abitudine. "Alla radio avranno dato la notizia dell'esplosione, e il nostro attempato principe azzurro avrà fatto una corsa disperata per venire a vedere se la sua amichetta è tutta intera. Deve essere di turno, stasera."
Harley si volta verso di lui. Il suo primo omicidio non l'ha sconvolta. Il secondo e il terzo neppure. Quell'insinuazione invece sì.
"Quale amichetta?"
Mr. J sospira, poi si appoggia all'auto incrociando le braccia. "Ho capito più cose io in quattro mesi rinchiuso in una cella che tu in dieci anni di lavoro fra l'aristocrazia medica. Sparagli e facciamola finita."
"Quale amichetta?" ripete Harley furiosa, allungandosi verso il cruscotto per prendere la sua pistola nuova. È una buona occasione per inaugurarla. "E poi… dieci? Quanti anni credi che abbia?"
"Non lo so. Trenta?" le risponde Mr. J mentre lei toglie la sicura.
"Trenta? Continua così e ti ritroverai con una pallottola nel cranio."
Lo farebbe? Oh, sì che lo farebbe. Lo farebbe se non sapesse che lui sta facendo volutamente il bastardo. La pagherà più tardi. Adesso c'è da sistemare il vecchiaccio che è rimasto impietrito come una scultura del museo delle cere.
"Quinzel, dammi la pistola." Arkham fa un passo verso di lei e la sua voce, nonostante la situazione, è calma e decisa. "Dammi la pistola e sistemeremo ogni cosa. Diremo che lui ti ha presa in ostaggio, che non hai potuto opporti. Ti prometto che potrà andarsene, ma adesso dammi quella pistola. Non fare pazzie, Harleen. Tu eri una di noi. Come hai potuto farlo? Metteremo tutto a posto, vedrai…"
Ero?
Quella scena è ridicola. La sta trattando da squilibrata e da stupida. E lei di certo non è stupida.
Ero?
"Io sono ancora una di voi, dottor Arkham. Tu sai come vanno queste cose. Si tratta di una scienza inesatta. Io sono ancora un psichiatra. Posso ancora entrare nella testa della gente, so come premere i tasti giusti… meglio di quanto tu sia mai riuscito a fare, dottore. Ed è questo che ti spaventa. Ora sai che non potrai mai capire davvero i tuoi pazienti a meno di impazzire tu stesso."
Lo vede impallidire all'improvviso. Forse ha capito, finalmente. Le sue reazioni si riveleranno prevedibili. Fra un attimo si girerà e si metterà a correre.
"Tu non vuoi davvero uccidermi…" le dice supplicando.
Ucciderlo?
Ancora un attimo e Mr. J potrebbe perdere la pazienza. Devono andarsene immediatamente.
Dottor Arkham, credevi di aver capito tutto, volevi usare me e quello che provo…
"Hai ragione, non voglio ucciderti. Non sono un'ingrata. Come potrei dimenticare che è solo merito tuo se ho potuto incontrare il mio grande amore? Grazie."
Due colpi ben calibrati alle ginocchia. Harley si complimenta con se stessa mentre il vecchio cade a terra urlando. Se è abbastanza fortunato zoppicherà per qualche mese, altrimenti resterà invalido. La cosa le interessa molto poco. Adesso lei e Mr. J devono solo salire in macchina e partire.
Però ho davvero un'ottima mira.

La seconda auto ha un orribile colore marrone. È una Volkswagen con il cambio durissimo. Le sfugge quasi una lacrima di commozione pensando al suo gioiellino perduto. Harley non pensava che ci avrebbe messo tanto ad andare a fondo. È rimasta a guardare fino all'ultimo esplodere di bolle sulla superficie nera del fiume. L'ultimo pezzetto della sua vita che se ne va, insieme all'uniforme rossa di Mr. J.
Si è cambiato sul sedile posteriore mentre lei tentava di concentrarsi sulla strada e l'occhio continuava a caderle sullo specchietto retrovisore.
Oscena ninfomane senza criterio oscena ninfomane senza criterio…
Poi è cominciata la paranoia. Ogni auto della polizia incrociata le ha fatto temere il peggio. Fino ai Docks. Ha tirato un sospiro di sollievo solo quando si è resa conto che la prima delle automobili promesse da Talia Ducard era al proprio posto.
Hanno spostato i bagagli e poi la sua preziosa automobilina, compagna di tante multe non pagate e sorpassi azzardati, è finita in acqua. Le è dispiaciuto da morire, cosa che non le è successa con il suo appartamento. Ma non c'era altro da fare. Presto cominceranno a cercarli e Mr. J vuole che cambino mezzo di trasporto sette volte per sicurezza.
Perché proprio sette? si chiede Harley osservando con la coda dell'occhio l'uomo al suo fianco.
Se ne sta in silenzio, tutto preso dai suoi pensieri contorti. Vorrebbe chiedergli qual è la loro destinazione ma non si azzarda. Tanto dovrà dirglielo comunque quando cambieranno auto per l'ultima volta. A meno che non voglia guidare lui.

È solo quando sono a bordo delle quinta automobile, una specie di carro funebre senza croci, che Mr. J finalmente parla, tirando fuori il tarlo che lo sta rodendo.
"Non si è fatto vivo. Non si è ancora fatto vivo. Eppure ormai dovrebbe sapere che me la sono data a gambe. È quello che voleva. E allora perché non si presenta? Oh, io lo so. Boria. La sua insopportabile boria. Mi sta dando un vantaggio. Deve essere così. Non mi sta ignorando. Lui non può ignorarmi!"
Ok, ci risiamo.
Batman. Di nuovo la sua ossessione per Batman. Lo detesta quando fa così. Che cosa vuole? Provocare il Pipistrello? Che cosa orribile. Dovrebbe pensare alla libertà che lei gli ha fatto ritrovare invece di concentrarsi unicamente su come perderla di nuovo.
E poi cos'ha di speciale Batman? È solo un idiota incappucciato con manie di grandezza…
"Non verrà" gli dice sprizzando veleno ad ogni sillaba. "Talia ha detto che ce lo terrà fuori dai piedi. E io ho l'impressione che abbia davvero i mezzi per riuscirci."
Tu e il tuo dannato Batman…
Non ha neppure il tempo di sentirsi soddisfatta per la sua delusione. Lui la afferra per i capelli fino a farle lacrimare gli occhi.
"Cosa hai detto? È stata una tua idea?" grida e la sua voce un ruggito. "Iniziativa! Tu e l'altra stupida! Non si può giocare senza avversari!"
"Lasciami! Sto guidando! Così ci ammazziamo!"
Il dolore dura ancora un attimo, poi lui molla la presa. Harley si asciuga rapidamente gli occhi. Sarebbe una fine ingloriosa morire schiantandosi contro un lampione.
"Non è stata una mia idea" si giustifica. "Io a Batman non avevo neppure pensato."
Lui non insiste e torna a guardare fuori. Harley sorride amaramente. Sarà sempre così. È stata davvero ingenua a non capirlo. Ha temuto lo spettro di una rivale inesistente quando si è innamorata di lui. Ora si rende conto di aver preso un colossale abbaglio.
Lui le sarà fedele. Lui non la tradirà mai. Lui la ama. Tutto vero. Però…
"Tutto bene, biscottino?"
Dolce,. Ansioso. Schizofrenico. E lei si commuove per la sua preoccupazione.
Ad Arkham eri solo mio. Ora invece dovrò dividerti con la tua ossessione per il buffone alato. E ho paura di uscirne sconfitta.

Lui le sarà fedele. Lui non la tradirà mai. Lui la ama. O forse no.
L'ultima automobile li aspetta in un parcheggio sotterraneo deserto. Verde bottiglia, stavolta. A forza di spostare i bagagli le braccia cominciano a farle male. Ma è finita. Presto potrà riposarsi. Ormai non li prenderanno più.
È di cattivo umore, triste e arrabbiata. Ma deve smetterla di pensare a Batman. Batman non c'è. Ci sono lei e il suo Mr. J. Nessun altro ad intromettersi.
Però ho voglia di essere abbracciata. È chiedere troppo?
Lui la ama. No. Sì. sì, sicuramente sì. Continua a pensarlo anche quando sente qualcosa di freddo e metallico contro la nuca e capisce che si tratta della canna della sua pistola. E quel freddo si spande fino a penetrarle nelle ossa quando capisce che la sua favola bellissima e macabra sta per finire. Non le importa. Non le importa se si è trattato di un inganno.
"Prima regola, Harley." La voce del suo J è priva di qualunque emozione.
Prima regola.
Lei sorride. Vorrebbe girarsi e guardarlo un'ultima volta.
Se proprio devo morire…
"Controllare accuratamente tutte le possibili vie di fuga" gli risponde.
Ultimo atto. E nessun pubblico per applaudire la sua uscita di scena.
"Seconda regola" insiste lui.
La seconda regola, certo. Quella che può tornare utile in quel particolare momento.
"Sacrificare l'elemento più debole del gruppo."
È questo che sono? Un intralcio? Sapevi fin dall'inizio che sarebbe finita così, vero?
Senza curarsi di una sua possibile reazione, Harley si volta. Ormai non ha più nulla da perdere. E va bene così. Va benissimo. Ha sognato troppo ed è stato splendido. Adesso è venuto il momento di svegliarsi.
Sa come farlo in modo che non senta dolore. Se ci ha tenuto almeno un po' a me, non mi farà soffrire.
"Mi fido di te. Fai in fretta."
Però è un peccato. Ci sono ancora moltissime cose che vorrebbe dirgli. Che sta benissimo vestito da 'essere umano'. Che le ha regalato il periodo più bello della sua vita. E che, in fondo, è sicura che in qualche modo contorto lui non dimenticherà troppo presto di avere incontrato una donna che lo ha amato al punto di morire per mano sua con il sorriso sulle labbra.
Presuntuosa.
È solo colpa sua. Ha creduto davvero di essere alla sua altezza?
Ma io lo sono e lo sarei stata ancora, Pasticcino. E avrei tanto voluto dimostrartelo.
Teso e bellissimo. Un miracolo. È così che si porterà via la sua immagine. Mentre la guarda e i suoi occhi la bruciano e bruciano di rabbia. E di un'emozione che lui detesta ma che non può fare a meno di provare ed è il vero motivo per cui le sta puntando una pistola contro.
Perché ci metti tanto?
Con un movimento brusco lui solleva l'arma verso il soffitto e preme il grilletto. Un rumore sordo, calcinacci e polvere grigiastra sono le tracce che restano di quella sorta di duello.
"Ti la sei ricordata la mia sciarpa?"
Lei non si sente sollevata. Solo felice per quell'ennesima prova superata.
"Ce l'ho nella borsa. Ma fa troppo caldo, ormai, per metterla."
Sei mio. Che ti piaccia o no.
"Sbrigati o ti lascio qui" le dice, poi si mette al volante dell'ultima auto rimasta senza aggiungere nulla né guardarla ancora.
Mentre muove un passo verso il lato del passeggero lei si rende conto di quanto la tensione le abbia spezzato le gambe. Ma non vuole che lui la veda tremare. In fondo va tutto alla grande. Crolla sul sedile e sente ognuno dei propri muscoli sciogliersi in attesa che lui metta in moto. Solo dopo aver contato fino a dieci Harley si azzarda a guardare nella sua direzione, ma non chiede nulla, anche se lui tiene le mani ferme sul volante, lo sguardo fisso oltre il parabrezza e non si decide a partire.
"Stasera non ne ho voglia" le dice con la voce simile a una puntina che gratta su un vecchio vinile. "Ti ucciderò domani. Per te è un problema?"
È divertente. Davvero, davvero divertente. Anche se sarà dura abituarsi al suo umore altalenate e ai suoi ritmi, all'inizio.
Mr. J finalmente avvia il motore. Harley si allunga verso di lui e gli stampa un bacio sulla guancia.
"Nessun problema" gli risponde.


I will burn for you
Feel pain for you
I will twist the knife and bleed my aching heart
And tear it apart

I will lie for you
Beg and steal for you
I will crawl on hands and knees until you see
You're just like me

Violate all the love that I'm missing
Throw away all the pain that I'm living
You will believe in me
And I can never be ignored

I would die for you
I would kill for you
I will steal for you
I'd do time for you
I would wait for you
I'd make room for you
I'd sail ships for you
To be close to you
To be a part of you
'Cause I believe in you
I believe in you
I would die for you.

(Garbage, #1 Crush)

















Note:


1) Il discorsetto che Harley fa ad Arkham è vilmente copiato dalla serie monografica della pagliaccetta, parola per parola. È il momento che preferisco e non ho resistito alla tentazione di usarlo, anche se ho dovuto a malincuore rinunciare ai pazzi che le fanno il coretto 'One of us! One of us!' come in 'Freaks' di Tod Browning.
2) Ci ho messo mesi ad elaborare (e non da sola) il piano di fuga e alla fine, sulla pagina scritta, è venuto più breve del previsto. Ovviamente Mr. J non ha affatto scavato fra i mattoni come dichiara (come avrebbero potuto non accorgersene?) ma non chiedetemi come abbia fatto ad uscire. È lui il genio del crimine, mica io.
3) Dick Grayson è il nuovo Batman e il mondo mi sorride.

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Capitolo 20
*** Epilogo - Clowns at Midnight ***


Epilogo



"Clowns at Midnight"








We seduce the dark with pain and rapture
Like two ships that pass in the night
You and I, a whore and a bashful sailor
Welcome to a sunrise of a dirty mind

All you love is a lie
You one-night butterfly
Hurt me, be the one
Whoever brings the night

(Nightwish, Whoever brings the night)

Prove generali. Mr. J le ha chiamate così. Un costume efficace, la giusta scenografia tutto contribuisce al successo di una performance attoriale. Quella è la notte delle loro prove generali.
"Posso farlo io?" gli ha chiesto vedendolo mettere mano al cerone.
È un momento che ha atteso per giorni. Il risveglio dell'angelo diabolico e variopinto.
Lui le ha risposto "Va bene" e lei sa quanto peso abbiano i suoi rari "Va bene".
Dalla notte della fuga lui si è comportato come un lupo in gabbia, non condividendo affatto il suo entusiasmo per quella nuova cattività autoimposta che ai suoi occhi di arlecchina innamorata assomiglia a una travolgente luna di miele.
Quello non è il tugurio che si era aspettata. Non è neanche un romantico castello, però è pur sempre un vivace, eccentrico appartamento con i giusti tocchi d'autore che sono andati ad aggiungersi un po' per volta. Tanto per ingannare il tempo tra un giro sporadico e l'altro di incontri nelle bettole del quartiere, per gridare forte e chiaro che il Joker è tornato a reclamare il diritto di proprietà su Gotham.
Nessuno conosce il loro rifugio, anche perché il resto del palazzo cade a pezzi ed è deserto. Mr. J ha delle tane sparse in tutta la città, e quando lei gli ha chiesto perché abbia scelto proprio quel posto, le ha risposto con un ghigno diabolico.
"Mi sembrava il più appropriato per ospitare una ragazza. O il suo cadavere."
Poetico. Se avesse deciso di ucciderla, la sera della loro fuga, avrebbe conservato il suo corpo? L'avrebbe vestita di rosso e nero e l'avrebbe adagiata sul letto? L'idea le fa battere più forte il cuore. È terribilmente romantico. Ma lei è ancora viva, nonostante lui le ripeta ogni sera che il giorno dopo la ucciderà. Harley sa bene che quando lo farà davvero sarà per uno scatto di rabbia e non per una decisione pianificata.
E dopo ti dispererai, Pasticcino. E mi rimpiangerai. E mi vestirai di rosso e di nero e mi distenderai sul letto e il cerchio sarà chiuso.
Abbigliata come una bambola. Come in quel momento. Ha scelto lui quale Arlecchino far danzare quella sera, con una concentrazione straordinaria, come se dal suo futuro abbigliamento dipendesse la sanità mentale di entrambi. E non ha accettato proteste, come era prevedibile. Se avesse potuto, avrebbe deciso per il costume che ha indossato al party di carnevale, così comodo e originale. Ma Mr. J la pensa in altro modo. E, in fondo, non devono uscire, quindi meglio rendergli la serata piacevole ed essere semplicemente bellissima.
L'ambiente l'aiuta in questo. È quasi sicura che lì vivesse una prostituta di livello non troppo basso. C'erano ancora i resti della sua esistenza quando sono arrivati. In due giorni lei ha fatto finire tutto nei bidoni dell'immondizia.
Quasi tutto, pensa con un sorriso.
Non sa che fine abbia fatto la padrone di casa e quando ha chiesto a Mr. J "Chi ci vive qui?" lui ha risposto semplicemente "Noi" e lei non ha insistito ulteriormente. La renderà sempre più intima con il tempo, uno splendido rifugio per due clown in amore. Perché il suo J sia sempre felice di tornare nel loro piccolo nido. Lei si sente già perfettamente in parte.
Una bambola, sì.
Il bustino stretto, la camicia di pizzo, le spalle scoperte. La loro sarta è davvero straordinaria. E i codini alti, e il viso bianco, e il sorriso scarlatto… Una lugubre bambola di porcellana che gira su un lugubre carillon che suona una lugubre melodia. Solo per lui. Lui che si fa docile sotto le sue mani, come quando erano ad Arkham, una vita fa. E il suo volto diventa di gesso, man mano che lei compone la sua maschera tragica, dipingendo con le dita, il rossetto e i pennelli da trucco l'imitazione di un capolavoro già esistente. Rosso sangue sulle sue labbra e le sue guance. Il sorriso del giullare. E gli occhi che sprofondano in due neri abissi fino ad assomigliare alle orbite vuote di un teschio.
Quando l'opera è completa lei riesce a metterla a fuoco e rabbrividisce. Adesso lui è davvero se stesso, l'incarnazione del caos, del terrore cieco, del nichilismo distruttivo e della paura. Non indossa una maschera. L'ha appena tolta. E in quel momento lei si rende conto di essersi sbagliata. Credeva di non essere in grado di adorarlo di più di quanto non abbia fatto in quei mesi. Ora capisce di essere ancora all'inizio del percorso.
Sì, Pasticcino, abbiamo appena cominciato.

La caffettiera sul fuoco comincia a borbottare. Jim Gordon si augura che il risultato sia decente. Barbara trova sempre da ridire quando lui si offre di preparare quella che lei definisce 'acqua melmosa e stagnante'. Ma non può certo svegliare sua moglie perché si occupi del loro ospite. Si tratta di una faccenda da uomini.
Non sperava che lui avrebbe accettato quando lo ha invitato ad entrare, stanco di dovere parlare ogni volta ad un'ombra appollaiata su un tetto o nascosta in un vicolo. Invece adesso è seduto al tavolo della sua cucina, una figura granitica e oscura alla luce debole e bluastra del fornello, come se dovesse nascondersi anche da lui. Era tutto più facile, fino a qualche mese prima. Il segnale veniva acceso e lui arrivava. Ora chi collabora con lui è considerato suo complice. Complice di un pluriomicida.
Jim Gordon si rifiuta di pensarci. Prima o poi troverà il modo di sistemare tutto. Ma al momento hanno un problema più urgente.
"Zucchero?" gli chiede riempiendo al sua tazza.
"No" risponde il Pipistrello con la sua voce roca e Jim Gordon sorride.
Lapalissiano. Si vede a occhio nudo che non è il tipo da zollette.
Solo quando sono seduti uno di fronte all'altro il vigilante pone la sua prima domanda retorica.
"Sai che battere a tappeto i quartieri malfamati non servirà a nulla, vero?"
Jim se ne rende conto benissimo. Anche se il clown dovrà ripartire da zero, la figura del Joker rappresenta uno spauracchio notevole anche per i criminali più incalliti. Nessuno lo tradirà e lui non è così stupido. Ha pensato perfino che intendesse lasciare Gotham e per beccarlo ha fatto piazzare posti di blocco ovunque. Poi c'è stato l''incidente' dello zoo. Che cosa assurda… Assurda perfino per i suoi standard malati.
"Abbiamo ripescato la macchina della Quinzel dal fiume" spiega al suo ospite in nero, anche se probabilmente lui lo sa già. "Era l'unico aggancio che avessimo. Ora è come cercare un ago in un pagliaio."
La dottoressa Harleen Quinzel. Dannata stupida. Non credeva che sarebbe arrivata a tanto. Quando l'avrà fra le mani di motivi per arrestarla ne avrà a bizzeffe.
Tre omicidi in meno di quarantotto ore, due dei quali con tanto di firma artistica…
"Credi che sia ancora viva?" gli chiede il Pipistrello e quella domanda lo sorprende.
Non ci aveva riflettuto.
Ha subito pensato a lei come ad una complice, cosa che si è poi rivelata esatta quando hanno raccolto la testimonianza di Jeremiah Arkham. Ma non ha certezze circa la sua sorte.
"Arkham ha detto di sapere da tempo della loro tresca" spiega al suo ospite. "Dice che ha lasciato correre perché pensava che il paziente potesse beneficiarne. Ridicolo, vero? E se lo indagassimo per questo ne uscirebbe pulito perché non ci sono gli estremi per accusarlo di nulla. Ma non è lui che voglio. Che pensi a rimettersi in piedi, se mai ci riuscirà."
Jim Gordon reprime un brivido. Harleen Quinzel ha sparato alle gambe del suo capo. Può considerarsi fortunato. L'Ala Sud manicomio è stata dichiarata inagibile e i detenuti… i pazienti… trasferiti altrove. Si ricomincia, come un anno prima. Almeno stavolta i pazzi a piede libero sono solo cinque.
Più il Joker e la sua nuova partner, ovviamente…
"Se ci pensi…" continua Jim, poi esita. "È sensato pensare che si sia liberato di lei non appena ha smesso di essergli utile. È così che agisce, e lo sai. A meno di voler considerare l'ipotesi che davvero senta di avere una sorta di legame affettivo distorto con lei."
Nel momento stesso in cui pronuncia quelle parole si rende conto di quanto siano inverosimili. Ha avuto abbastanza a che fare con quel folle per sapere che è assolutamente incapace di alcuna empatia con un altro essere umano.
Eppure c'è la faccenda dello zoo. Continuo ad avere la sensazione che ci fosse anche lei quella sera. Se è viva…
No, non deve. Non è una vittima indifesa. Deve pensare a lei come a una criminale. È oltre ogni possibilità di redenzione.
"Papà…"
Babsy, la sua Babsy, è ferma sulla porta. Jim Gordon prova un istante di panico che svanisce rapidamente. Sua figlia sa che Batman è innocente. Batman ha salvato anche la sua vita, la notte in cui Harvey Dent ha deciso di giocare alla roulette russa.
"Tesoro, perché non dormi?" le chiede. Domanda stupida. Babs ha il sonno leggero. "Torna in camera tua. Verrò fra un attimo a rimboccarti le coperte."
Lei non protesta. Di solito per una frase simile si fingerebbe offesa e gli ricorderebbe che ha quasi undici anni e non è più una bambina piccola. Ma Babs in quel momento sembra avere negli occhi solo la figura immobile di Batman. Gli si avvicina lentamente, con lo sguardo sognante di chi è rapito da un incantesimo.
"Io sono Barbara…" gli dice con la voce che trema leggermente.
"Lo so" le risponde Batman e per un attimo Jim Gordon ha l'impressione di vederlo accennare un sorriso.
"Io… io voglio diventare come te da grande. Diventare un eroe e combattere contro i cattivi e portare un mantello come il tuo e…"
"Io non sono un eroe, Barbara. Sono altri i modi per diventare un eroe" la interrompe il vigilante. ""Tuo padre e quelli come lui sono i veri eroi." Poi si toglie qualcosa dalla cintura e glielo porge. "Stai attenta a non farti male."
È un pipistrello metallico di quelli che lui usa come fossero stelle ninja. Non è un giocattolo e Babs potrebbe tagliarsi, ma Jim Gordon decide di non protestare anche se non è sicuro che sua figlia lo conserverà come un tesoro e non tenterà di usarlo.
Ma spero che quest'idea assurda di diventare un vigilante mascherato le passi in fretta. È uno strano modo per elaborare la conflittualità che ha con me…
In un istante il Pipistrello scompare. Jim Gordon non capirà mai come ci riesca. È bravissimo ad ingannare l'occhio ed estremamente veloce. Ma stavolta lui sa che è ancora nei paraggi. Raggiunge la porta d'ingresso e guarda in alto, verso il tetto più vicino.
"So cosa stai pensando" mormora al buio. "Ti conosco abbastanza per capire che tenterai di salvarla. Rinuncia. Se è viva, allora ormai è dall'altra parte della barricata. E se davvero il Joker…"
"Non farlo" gli risponde l'ombra. "Non usare la parola 'amore' quando parli di lui."
La sua voce trasuda una rabbia cieca. Jim Gordon si rende conto di quanto debba sentirsi tremendamente solo, ora che non può più contare su nessuno.
"Forse… Hai mai pensato di prenderti un socio? Qualcuno come te, qualcuno che ti aiuti…"
Per qualche istante c'è solo il silenzio. "Aspetterò che cresca tua figlia" gli risponde infine il guardiano in nero.
Sei dotato di una traccia di umorismo. Quante cose sto scoprendo stasera…
"Quanto alla dottoressa fuggiasca" continua il Pipistrello "Mi auguro che il Joker non provi niente per lei. Almeno sarà una morte rapida." Poi gli concede il frusciare del suo mantello, per annunciargli che sta andando via. Solo, esattamente come è arrivato, e ammalato di cinismo e malinconia.
E come dargli torto?

Ride. Ride con una vocetta acuta che non è la sua ma che ha studiato ad arte per fargli piacere. Lui odia quella vocetta. Gli impedisce di pensare. Pensare alla gentaglia che si è presa il suo territorio, che ha allungato le zampe sulla sua città.
Hanno paura, adesso. La paura è l'arma più potente che lui possieda. Per provocarla senza bisogno di alzare un dito basta diventare un'icona. Un'icona su una carta in un mazzo di carte su un tavolo da poker ricoperto di carte. Scala reale massima. C'è un re da incoronare. E poi? E poi il re farà baldoria perché non vuole fare il monarca. Il re vuole essere il buffone di corte.
E la sua regina? Queen Quinn…
Che ride. E lo distrae.
Perché?
Non è una cosa sana. Non è una cosa sensata. Non porterà nulla di buon tenersi vicino una come lei, squilibrata e imprudente.
Sana… sensata… Che ti prende Jack O' Lantern?
Un po' di silenzio anche nella testa. Era Harvey quello con una schizofrenia latente. Non lui. Lui non è pazzo. Gli fa comodo che gli altri lo credano pazzo. Lei invece è pazza. Sa riconoscere una pazza quando la vede.
Trenta secondi per guardarla negli occhi e la trappola è scattata. Il piccolo pesce arlecchino ha nuotato subito nella sua rete.
Si attacca al passato, il suo tortino di zucca. Dice di averlo già incontrato. Dice, ripete, ricorda. Non ha ancora capito come funzionano le cose. Il passato non esiste, il futuro ti piomba addosso, il presente è quello che conta. Il passato è una gran cosa. Gli piace inventarlo ogni volta. Perché non esiste. Ma lei non lo capirà mai. C'è qualcosa che lei capisca?
Sei crudele, Jack.
Dov'è la novità? Gentaglia, appunto. Deve pensare alla gentaglia da far sparire. Effetto diserbante.
Perché non l'hai ammazzata, Jack?
Si comincia sempre con le mezze tacche. Una visita a Wallace Flint. Carambola. La 9 in buca. Quattro mesi in manicomio non gli hanno tolto il tocco.
"Avevo sentito che eri tornato, Joker. Ne avevo sentite tante. Sai cosa si dice in giro? Che hai perso la testa per una donna."
Risata. Scherno. Cose che lui approva. Ma non quando si ride di lui. Wallace Flint. Arrivare a toccargli il cervello con una stecca da biliardo passando per una narice è stata un'esperienza interessante e istruttiva.
Non hai risposto, Jack. Perché non l'hai uccisa? Non era quello il piano?
Piano? Sì, qualcosa di simile. Divertente, nel mondo circoscritto di Arkham. Piacevole. E poi basta. Fuori, e poi basta.
Ride, Harley. I campanelli sul suo cappello fanno un rumore irritante. Saltimbanco rosso e nero. Occhi adoranti.
Portami fuori di qui Harley Quinn. Ci vorrà tempo, Harley Quinn. Ma non puoi sfuggirmi, Harley Quinn.
Va bene. I piani sono leggermente cambiati. No, i piani non sono cambiati. È cambiata la prospettiva. Quando si è detto "È il momento di farle capire di che pasta sono fatto. È il momento di farle capire che non è autorizzata a tentare di fregarmi. È il momento di farle capire cosa penso di lei e degli strizzacervelli come lei." Tutto liscio. Un collo bellissimo da stringere, da spezzare. E poi quello sguardo delirante e pieno di un amore insensato.
Oh oh, Jack. È stato allora? È stato allora che ti sei giocato davvero il cervello?
Può bastare. Pensare a lei, continuare a pensare a lei è nocivo. Fra un attimo le dirà di tacere. Perché è invadente, rumorosa, insopportabile. E per questo smetterà anche di portarsela dietro agli incontri d'affari. Catalizza troppo l'attenzione. La guardano. E questo lo costringe a ucciderli tutti sul posto prima di poter concludere.
E se poi cambia idea, Jack? Se, mentre non ci sei, infila la porta e se ne va?
Riflette, il clown, fissando il cielo che promette pioggia. Lei non andrà da nessuna parte. Lei è sua. Sua, sua, sua. E non l'ha uccisa perché…
Perché in realtà non vedevi l'ora che venisse il momento di una nuova seduta. Ti mancava quando non c'era e contavi i minuti. Avanti, Jack. Non c''è nulla di male. È carina. E ti sta a sentire. E ti considera un dio.
Sì, è carina. Ma lui non l'ha uccisa perché è meglio che resti viva. Perché si farebbe ammazzare per lui, perché non lo tradirà mai e perché lo tiene al caldo la notte. Perché è meglio di un fattorino per le commissioni. E perché…
"Grazie, Mr. J" gli dice con quel sorriso beato che l'ha perseguitato per mesi nelle interminabili ore notturne in cella. Grazie. Di nuovo. Perché anche lui è stato imprudente. Perché l'ha assecondata. Ma glielo aveva promesso.
"Dimmi se c'è qualcosa che desideri, piccolina, e te lo andrò a prendere."
E lui mantiene le promesse. E il motivo per cui la tiene con sé non ha forse anche a che vedere con il regalo che ha scelto?
Perché ti spiazza, Jack, e la cosa ti piace.
Niente gioielli per Harley Quinn. Lei non fa richieste banali. Lei non è banale.
Lei è straordinaria, Jack.,
La prima vera uscita del suo Arlecchino è stata allo zoo di Gotham. Un azzardo, senza un piano, senza avere le spalle coperte, con la polizia in piena mobilitazione. Ma lei ha voluto come regalo due cuccioli di iena. E lui le ha preso i due cuccioli di iena. E ha scoperto quanto sia grande il suo sadismo, quanto sia esaltante il suo sadismo. Ed è rimasto a guardarla incantato mentre, con un coltello, imitava i suoi gesti e deturpava le facce dei guardiani per far capire loro cosa fosse un vero sorriso. Impara in fretta e si diverte.
Ora ci sei più vicino, Jack.
Harley Quinn. La sua ingombrante, bellissima creatura, la sua vittoria. Che gli dice grazie mentre gioca con i suoi cuccioli di iena rincorrendoli tra la cisterna e lo stanzino degli attrezzi, sul terrazzo del loro rifugio. Felice. È felice. Glielo ha ripetuto fino a fargli provare il desiderio di farle male per far scomparire tutta quella gioia assurda. Ma a lei piace provare dolore ed è una cosa che lo manda in bestia.
L'hai detto, Jack. Abbandonala e soffrirà.
Si risponde di nuovo con un no.
Perché lei è mia.
Bizzarra. Ha ucciso due guardiani, ma la madre dei cuccioli ha voluto semplicemente narcotizzarla. Stava per mettersi piangere quando lui ha puntato la pistola alla testa dell'animale.
Che stupida. Non andrai lontano in questo modo, zucchina.
"Dovrò rapinare una macelleria al giorno per sfamarli" si lamenta e lei ride ancora, e le iene con lei.
Sono ideali come animali domestici. Lei li ha scelti mostrando un insperato senso dell'umorismo, purtroppo involontario.
Sembra ubriaca. E lui potrebbe tornarsene di sotto e ignorarla per il resto della notte. Potrebbe ma non lo fa, anche se lei gli impedisce di pensare. Per questo deve ucciderla. Domani. Domani sarà la prima cosa da fare. Però ora lei è seduta sul parapetto. Quindi ora basterebbe una spinta minuscola, leggera, e lei finirebbe sull'asfalto. E dopo lui potrebbe davvero occuparsi solo di Gotham, senza distrazioni o sensazioni strane nelle viscere. Terrebbe le due iene, certo. Sono un ottimo rimpiazzo per i cani dell'idiota russo, poveri cani… cattivo Batman. E anche il suo cappello per ricordo. O qualcos'altro.
La sua sciarpa? Già fatto. La sua foto? Anche? Una ciocca di capelli…
Sono bellissimi, i suoi capelli. Gli fanno venire voglia di strapparli. O solo di toccarli.
Negare per l'ultima volta prima che lei faccia l'idiozia di cadere.
"Mi sembra di volare, Mr. J."
Chiude gli occhi, la piccola folle. Si toglie il cappello e lo agita verso di lui, poi allarga le braccia e ride di nuovo.
Troppo… sbilanciata…
"Mi gira la testa… È bellissimo…"
Lasciarla cadere. Senza muovere un dito. No, così non va bene.
Decido io come. Decido io quando.
Con due passi arriva da lei, le passa una mano dietro la schiena, affonda le dita fra i suoi capelli avvolgendoseli intorno alle dita e mormora "Pazza…" È il momento ideale per chiederglielo.
Vuoi sapere delle cicatrici, Harley? Vuoi sapere la loro storia? Parecchi anni fa lavoravo in un circo… con i coltelli e… e un giorno arriviamo a Gotham… con tutto l'armamentario… e c'era una ragazza… una ragazza che lavorava in un bar… ed era bella e sorridente e gentile… e questa ragazza mi dice che vuole diventare un medico e…
No, neppure quello va bene. Non ha voglia di raccontarle quella storia, una delle tante, con lo stesso valore di tutte le altre. Perché lei potrebbe crederla vera. E non è il momento ideale per infilarle un coltello in bocca.
"Non puoi morire senza il mio permesso, Harley. E non puoi farti male. Tu sei mia."
Le sue braccia intorno al collo e quel modo soffocante di avvinghiarsi a lui che lo indispone, lo innervosisce e di nuovo gli fa venire voglia di liberarsi di lei.
"Hai ragione, Mr. J" sussurra nel suo orecchio. "Li chiamerò Bud e Lou. Non sono adorabili, i nostri bambini?"
Pazza.
Occhi rivolti verso l'alto e di nuovo quell'espressione delirante. "Guarda il cielo, Mr. J. Solo a Gotham la notte ha queste sfumature rossastre. Guarda come brilla… È bellissima…"
"È lo smog, Harley."
Gotham. Deve pensare a Gotham. Gotham è orfana. Gotham vuole accoglierlo. Gentaglia. Milioni di abitanti da prendere uno ad uno. Facile. La chiave di lettura è sempre quella. Sono tutti terrorizzati all'idea di perdere ciò che possiedono, la sicurezza, il denaro, i vincoli affettivi, la sicurezza su cui fondano le loro esistenze. Le armi che gli offrono su un piatto d'argento. Da domani Gotham ricomincerà a ridere a bruciare. Il messaggio arriverà forte e chiaro. Lo sentiranno tutti, dalla donna che ora crede di averlo comprato, ai mafiosi che vorrebbe surclassare, fino all'ultimo dei miserabili. Sarà facile. Perché lui, a differenza di ciascuno i loro, non ha…
Harley…
… niente…
Harley…
… da perdere.
Ride anche lui, in quella sera stonata, con due iene come compagnia e una ragazza fuori di tasta fra le braccia, mentre l'ultima verità, l'ultima certezza del Pipistrello si disintegra.
"Sei solo" ha sibilato con disprezzo, quattro mesi prima.
Solo. Nessuno con lui. Nessuno come lui. Solo.
Quanto ti sbagli… riflette guardando il viso del suo Arlecchino felice. Quanto ti sbagli, Batsy…
"A cosa pensi, Mr. J?"
Domande inutili. Sono le uniche che riesce a formulare. Lei e i suoi perché. Lei e la sua ricerca di conferme. Lei che è il suo riflesso, il suo doppio, il suo capolavoro.
Solo? Chi di noi due è solo, Batsy?
"Che non ti sopporto, Harley. Ecco cosa penso. Che dovrei liberarmi di te."
Ricorda benissimo la sua prima frase rivolta a lui, così ridicola, così buffa, così perfetta. "Io sono Harleen Quinzel. Gli amici mi chiamano Harley."
Harley…
"Ma non stasera. Stasera non ne ho voglia. Ti ucciderò domani."


The Dark, created to hide the innocent white, the lust of night
Eyes so bright, seductive lies
Crimson masquerade where I merely played my part
Poison dart of desire

All you love is a lie
You one-night butterfly
Hurt me, be the one
Whoever brings the night

(Nightwish, Whoever brings the night)

























Note:



1) Il vestitino di Harley nella prima scena è quello dell'ultimo disegno di Sychophantwhore. Un omaggino dovuto. L'appartamento invece è quello che si vede nella graphic novel di Azzarello (sì, sono fissata).
2) Alla fine della fiera ho dovuto tagliare moltissimo. Ho dovuto lasciare a casa Zatanna, i Bertinelli, Sofia Falcone, un paio di scenette con Harl e J che avevo programmato fin dall'inizio e soprattutto tutta la parte riguardante i piani di Talia per mettersi sotto i tacchi quello che resta delle famiglie mafiose. Per questo la parte in cui appare il figlio di Salvatore Maroni, nel prologo, risulta un po' scollata dalle altre. A ma Barbara Gordon/Batgirl non ho voluto rinunciare. Fra le eroine positive è la mia preferita e sarebbe anche ora che la rimettessero in piedi. All'incontro di lei da bambina con Batman tenevo troppo, soprattetto perché Nolan l'ha trascurata in modo vergognoso a favore di Jim jr.
3) Bud e Lou sono finalmente a bordo. La famiglia è al completo.
4) Mr. J viene fuori piuttosto sdolcinato, alla fine. Chiedo scusa. Usare il suo punto di vista è un'esperienza tremenda. Ma la chiusura doveva essere sua.



Ringraziamenti:

Grazie di cuore (in ordine rigorosamente alfabetico) a. Aletheia89, BananaBerry (E allora?????? Amnèsia???), black_kisses_, Boopsie (mi spiace di averti fatta stare in ansia per i miei problemi di… gobba), chimeratech, Corvero, Dance, DarkStar, DemonGirl, Desme, Dragana, Elby, FrankieLou, giu91, GoodMiss, HARLEQUINofHATE, HarleyForever, Ilaria1993, Jokerina, killme, Kuji13 (la micia… la micia… voglio più capitoli con la micia… Ti scrivo in settimana, tesoro), Laura Sparrow (aspetto la tua versione di Mad Love. Me l'avevi promessa. ^^. Non riesco a contattarti tramite EFP. Puoi controllare il tuo indirizzo?) Lefteye (la compagna di merende e di ginnastica), MalkContent, Mimi93, Morgane, nameless, ofelia (e le sue opere d'arte ^_^), Pacific Soul, Red angel, sozzolina, Sychophantwhore (la mia artista personale, nonché una ragazza straordinaria con la quale è piacevolissimo chiacchiere in privata sede, anche se reputa 'carina' BrUttany Murphy e per questo merita di essere frustata), Syra44, The Mad Hatter e vicodin, che l'hanno recensita.

E, oltre a loro, Akatsuki No Hirameki, ale_lol, Ally_chan, amidala1202, aronny, Ayesha, Clody93, Cri_Eclipse, Dark Julius, DiraReal, Draias, Elisahq, Erena, Eurinome, Ewin, GaaRamaru, grey_autumn, Halibel, Hizu, Infect, Irish_Drinker_Twil, juliet_, Kagura88, Lady of Lorien, LadyCrystal, Laurie, Lawliet , Leia_the-witch, Lyla, Mangusta Ribelle, mhcm, Minerva, MissTypeA, Mokuren, morrigan89, rekichan , Rialle, Rin Hisegawa, Senboo_ , vernita, Warumono, winny_lally, Yuma_29, __April, che sono stati zitti ma l'hanno comunque messa fra i preferiti.

E a tutti coloro che l'hanno semplicemente letta.

Un abbraccio speciale a Stefano, Giordi, Atlantis Lux, Reader Not Viewer (e consorte batmaniano storico) e DK, perché senza di loro non ci sarebbe stata Amour Fou.

Grazie ai capoccioni della DC e della Warner Bros.
A Paul Dini che ha inventato Harley.
Al compianto Bob Kane che ha creato tutto questo
A Cristopher Nolan, per i suoi film meravigliosi.
A Heath Ledger, dovunque si trovi ora, per avere dato forma a qualcosa di più di un semplice personaggio.
A Kristen Bell che, per dieci mesi, ai miei occhi è stata Harley, rivelandosi una musa meravigliosa.
Ai suoi siti, www.kristen-b.net, www.kristen-bell.net, kristenbell-online.org, (ho saccheggiato le loro gallery per la grafica)
A Christina Hendricks che, per sei mesi circa, ai miei occhi è stata Poison Ivy.
Alla http://community.livejournal.com/jokerxharley/, e a tutti gli altri siti che ho continuato a visitare in modo ossessivo in questi mesi (e sarebbe troppo lungo elencarli uno ad uno)
A tutti coloro che si sono ispirati a questa storia.
A tutti coloro che l'hanno scopiazzata (sì, pure a voi)
A coloro con i quali ho litigato per questa storia (non avete idea della carica di energia che mi hanno dato questi scontri, e ne vado fierissima).
A quelli che l'hanno amata.
A quelli che hanno detto 'che schifo'.
Agli odiatori di Harley che vorrebbero un Joker tutto gay.
Agli odiatori del Joker che vorrebbero Harley con Ivy o con Eddie.
A JoshMcMahon, e ai suoi lavori con Kristen nei panni di Harley (la prima immagine che compare nell'epilogo è l'elaborazione di un suo lavoro).
Ai poveretti che vorrebbero Brittany 'Faccia di Botox' Murphy nei panni di Harley. Perché sono più civile di loro, che augurano una serie di disgrazie orribili ai sostenitori di Kristen, e perché rispetto le minoranze etniche, anche se assolutamente prive di buon gusto.
Ai sostenitori di Kristen.
A Mr. J in tutte le salse, dagli esordi a oggi, tranne che a quello di 'Una morte in famiglia' che non mi piace, se non nel momento in cui massacra a colpi di piede di porco l'odioso Jason Todd.
A chi ha avuto la pazienza di leggere fin qui.
A chi ritroverò per altre storie.
A chi deve ancora arrivare
Precisazione a posteriori

A chi non si è accorto che oltre all'epilogo c'è un ultimo capitolo da leggere (la cosa è resa piuttosto evidente dal numero di letture). Come avrei potuto NON descrivere l'evasione per filo e per segno, figlioli cari? ;-) Quindi cliccate pure sulla freccina a sinistra e tornate indietro di un passo.


La vera Festa dei Folli comincia ora. Non per niente domani sarà il mio compleanno.

Arrivederci a presto

Jean


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