Mia dolce Rivoluzionaria

di DaisyBuch
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cambiamenti ***
Capitolo 2: *** Assemblea ***



Capitolo 1
*** Cambiamenti ***



Ed eccomi qui, seduta in prima fila, al buio del teatro in mezzo ad altre centinaia di persone tra adulti e ragazzi. Mio padre sta facendo il discorso di inizio anno, lui è il preside del liceo che frequenterò questi futuri cinque anni e dice sempre un paio di parole per incoraggiare gli studenti e rassicurare i genitori: questa è una scuola pulita, al passo con i tempi, offre molti vantaggi educativi e di svago come attività extracurricolari, studenti ottimi. Sono molto fiera di mio padre e di come abbia sempre amministrato questa scuola, non ho mai sentito qualcuno lamentarsi, anzi, sempre qualcuno che ringraziava o che faceva un passa parola per la sicurezza del luogo. Niente droga. Niente bullismo. Niente di niente.
Io sono in prima fila perché voglio supportarlo e perché sono orgogliosa di lui, che è da sempre un modello per me, inoltre ieri sera l’ho aiutato a ripetere il discorso e adesso lo so a memoria, tanto che ripeto sottovoce le sue stesse parole con lo stesso tono. E tra pochi secondi, dopo l’applauso del pubblico, comincerà a leggere l’elenco degli alunni delle classi che si formeranno, ed io sarò la prima in assoluto.
-4° Ginnasio, sezione A, Alberizzi Alessandra.- pronunciò, ed io salii fiera accanto a lui.

Il mio primo giorno di scuola è stato esaltante, forse proprio perché io volevo che lo fosse. Io e la mia migliore amica Camilla siamo sedute al banco centrale davanti alla professoressa, che mi ha gentilmente presentata come “la figlia del Preside”. Mio padre si è assicurato che quest’anno mi capitassero le professoresse migliori, le più competenti ..e così è stato, mentre i compagni di classe lasciano decisamente a desiderare, alcuni puzzano, altri si vestono in modo da attirare l’attenzione ed altri ancora non sanno formulare nemmeno una frase in Italiano. Ad ogni modo io e Camilla ci siamo fatte un giro per il secondo piano e ci siamo fatte un’idea delle professoresse da impressionare e dei compagni da evitare. Le prime settimane di Settembre passarono in un lampo, era tutta un’emozione per aver cominciato il Liceo, aver cominciato a fare materie difficili come Latino o Greco, conoscere altre persone e così via. Solo una professoressa mi stette particolarmente antipatica fin da subito, quella di Storia che al compito mi dette un semplice sette e mezzo. Io non ero affatto da sette e mezzo, e quando andai a protestare lei mi disse che era il voto che mi meritavo e che non me lo avrebbe alzato solo perché ero la figlia del preside.
-Te l’ho detto papà, quella lì non mi convince.- affermai mentre apparecchiavo la tavola quella sera stessa.
-Castagna?- ripetè con alcuni documenti in mano, senza prestare molta attenzione.
-Si, così mi abbasserà tutta la media!- continuai con un sermone per tutta la cena, alla fine convinsi mio padre a parlarci e ne fui veramente felice, ma allora non capivo quanto stavo sbagliando.

I primi di Ottobre cominciarono i problemi. Faceva freddo e quella mattina ero particolarmente alterata con mio padre perché mi aveva fatto ritardare, così sbattei con forza la portiera della macchina e mi affrettai ad entrare dal portone, quando una mano gelida mi afferrò il braccio bloccandomi.
-Ciao! Sono Gloria, piacere.- disse sorridendo una ragazza alta e bionda con gli occhi azzurri ed il piercing ad anello al naso. Io mi distaccai gentilmente sorridendole.
-Ciao, scusami sono in ritardo e..- lei non mi lasciò nemmeno finire la frase che mi mollò un volantino in mano con su scritto “lotta per la scuola pubblica, domani corteo studentesco”. Io lessi allibita e glielo riconsegnai.
-Non lo voglio.- lo rifiutai con faccia disgustata.  Mio padre si era sempre lamentato di queste stupide iniziative e mi aveva sempre detto di diffidare da questi ragazzi, che sicuramente fuori dalla sua scuola si drogavano. Per lui erano un branco di delinquenti che pensavano di poter cambiare il mondo solamente occupando senza diritti un suolo pubblico, e si era sempre rivolto a loro con termini dispregiativi.
-E perché?- la ragazza sembrava cordialmente scocciata.
-Sono in ritardo.- provò a giustificarsi.
-Non dirmi cazzate, dì che sei contro e basta.- Io sobbalzai al suono di quella parola, non perché non fossi abituata a sentirla, ma tanta schiettezza mi era nuova.
-Bene, non sono d’accordo.- affermai guardandola male.
-Perché?- chiese sorridendo con le braccia conserte. Mi avrebbe tenuto lì fino a che non avessi preso quel dannato volantino, quindi tanto valeva prenderlo ed andarsene per avere ancora qualche chance di arrivare in tempo. Presi con forza il volantino strappandoglielo dalle mani.
-Almeno sai di cosa parla?- mi sgridò. Allora tutta la mia gentilezza scomparve, parlai con le stesse parole di mio padre perché era tutto ciò che sapevo a riguardo e perché credevo fermamente in ciò che lui diceva.
-Un branco di stupidi che fanno atti vandalici, ecco cos’è. Ciao e grazie.- dissi salendo le scale sempre con il volantino in mano.
-Almeno leggilo, fatti una cultura.- queste sue parole mi sarebbero rimbombate in testa per tutto il liceo. Io odiavo qulle parole, mi facevano sentire stupida, e per me non c’era niente di peggio. Per quelle cinque ore mi lamentai continuamente dell’insolenza di quella ragazza con Camilla, tanto che più volte le professoresse mi ripresero chiedendomi cosa mi fosse successo quel giorno. Non lo sapevo, ma lei già si stava insinuando dentro i miei pensieri, così mentre ribollivo di rabbia decisi che l’avrei accontentata, mi “sarei fatta una cultura” per ribattere contro le sue stupidità, allora lessi il volantino. E quello fu il primo passo verso un cambiamento, leggere qualcosa di nuovo ed ascoltare opinioni diverse dalle mie:

Corteo dell’11 Ottobre, gli studenti scendono in piazza per ribadire i propri diritti in una giornata in cui il nostro governo sembra essersi dimenticato di loro e di ciò che gli spetta, come la sicurezza e uno spazio sociale più ampio per chi ne fa parte ma soprattutto una maggiore possibilità di parola, contestiamo tutti insieme la privatizzazione delle scuole!
E diciamo stop agli abusi ed ai tagli alla scuola pubblica.


 

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Capitolo 2
*** Assemblea ***


Ormai me lo ero imparato a memoria quel dannato volantino, conoscevo ogni singola parola. Non riuscivo a dormire, cominciavo a girarmi e a rigirarmi per la rabbia, per il fastidio. Rivivevo mille volte quella situazione, ogni volta le rispondevo in modo diverso e nelle mie fantasie lei mi dava ragione e capiva che il suo modo di pensare era sbagliato. Ma non ci parlai più, cominciai a smettere di uscire a ricreazione perché avevo il terrore di incontrarla di nuovo, di avere un confronto con lei, anche se non lo volevo ammettere.
Era un freddo giorno di fine Ottobre quando immersa nello scalda collo stavo percorrendo le scale per salire in classe, le altre scale.. ero diventata scaramantica ormai, e mentre camminavo a testa bassa un enorme cappotto verde scuro si scontrò con me e mi fece quasi cadere all’indietro.
-Scusa!- disse al volo e scappò via. Riuscii solo a vedere la barba appena accennata e gli occhi verdi, non gli risposi nemmeno, avrei potuto farlo.
Quel giorno scesi a ricreazione nella speranza di incontrarlo di nuovo, volevo sapere il suo nome, la sua classe o il suo indirizzo.. qualunque cosa ma rivederlo almeno una volta, mi ero presa una cotta folle ed ero quasi euforica, tanto che assillai Camilla tutto il giorno e le feci fare più volte il giro del cortile della scuola, ma di lui nessuna traccia.

Il giorno dopo un avviso entrò attraverso le mani della bidella, quella antipatica che ci odiava tutti. Chissà perché. –Circolare n° 23!- entrò con fare scocciato, salutò con finto garbo la professoressa di Matematica, la Torri, e se ne andò di nuovo.
La professoressa, visibilmente scocciata anche lei perché doveva interrogare, lesse a malavoglia il testo della circolare ed in modo molto sbrigativo, tanto che io non capii nemmeno una parola.
-Assemblea.- pronunciò infine. L’unica parola comprensibile. Mio padre parlava delle assemblee degli studenti come un ritrovo per lamentarsi a vanvera su problemi immaginari che non esistevano e problemi esterni che non potevano risolversi.
-Giorno?- chiese una voce timida al penultimo banco: Marco.
-Questo Venerdì.- pronunciò, e la classe esultò perché alcune interrogazioni sarebbero saltate, ma non la mia, e ne ero felice.
-Detto ciò proseguiamo.. interrogata Alberizzi.- disse mentre io ero già a metà strada per andare alla lavagna.
-Quaderno sulla cattedra.- disse severa. Io glielo poggiai accuratamente sul ripiano, con le pagine degli esercizi aperte.
-Qualcosa che non ti è venuto?- chiese.
-No.- dissi orgogliosa. Avevo capito tutto, avevo studiato ed ero pronta, ero sicura di prendere 9 quel giorno se non fosse stato che..
-Buongiorno.- disse una voce squillante dopo aver bussato ed essere entrato nella classe.
-Fedeli.. che sorpresa.- disse sarcastica. Oh dio, era proprio lui.. era il ragazzo che mi aveva incrociato per le scale. Mi bloccai subito perché sapevo che lui poteva vedermi, ero l’unica in piedi davanti alla cattedra e molto vicina a lui. Mandai dei segnali di allerta a Camilla ma lei mi stava ignorando.
-Dimmi tutto.- disse con vago interesse incrociando le dita e guardandolo da sopra gli occhiali.
-Propaganda per la lista..- non finì la frase che la professoressa lo troncò.
-Non adesso, sto interrogando.- mi indicò. I nostri occhi si incrociarono, lui non dette segno di riconoscermi..ovviamente. Che stupida mi ero fatta mille sogni su un nostro incontro o su di lui che mi bloccava per chiedermi scusa e mi chiedeva il nome, niente di tutto ciò si sarebbe avverato perché nemmeno sapeva chi ero.
-Prof ci metto meno di cinque minuti.- la pregò unendo le mani.
-Meno di cinque secondi vuoi dire.- disse e di arrese, buttandosi sulla sedia, allora lui aveva tutta la classe per sé.
-Ciao a tutti, sono Riccardo Fedeli e sono al terzo anno, quest’anno mi candido come rappresentante d’istituto e la mia lista si chiama “Terza Classe” ,ci sono molti punti importanti che non sto qua a spiegarvi sennò la Torri mi boccia,- risate generali della classe e la professoressa che gli fece un sorrisetto d’assenso,-comunque li esprimerò all’assemblea di Venerdì, quindi partecipate numerosi.. non è solo per perdere tempo.- disse e sorrise in modo che mi risultò ammaliante, salutò tutti quanti soprattutto me.
-In bocca al lupo.- mi fece l’occhiolino e scomparve dalla porta. Io restai pietrificata davanti alla cattedra, e presi il mio primo 7 di tutta una vita.
Per il resto delle ore vennero altri due ragazzi che presentarono le loro liste e poi la campanella finale finalmente suonò.
-Era lui.- dissi con aria superiore a Camilla. Non glielo avevo accennato perché volevo dimenticare quell’evento, anzi l’intera giornata. Prima di tutto perché avevo preso un voto basso e poi perché lui non mi aveva riconosciuta e ci ero rimasta male, provai a non parlarne con la mia compagna di banco per le successive ore ma con nonchalance alla fine cedetti.
-Già, ma non è così carino vedendolo bene. – ma Camilla non dava nemmeno segno di darmi retta.
-Ma mi stai ascoltando?- le chiesi cercando il suo sguardo, che lei ignorò.
-Che cos’hhai? Anche prima dalla lavagna ti ho chiamata e mi hai ignorata.-
-Davvero non ti viene in mente, Ale?- sbottò allacciandosi la felpa, eravamo rimaste solo noi in classe.
Io non risposi, ma provai a cercare un buon motivo perché lei ce l’avesse con me e non mi veniva proprio.
-Gli esercizi di Matematica!- esclamò incredula. –Ne avevamo parlato ieri e anche stamattina, sapevi che non li avevo fatti ed eravamo d’accordo di non farglieli vedere e tu vai lì con gli esercizi sul quaderno davanti a lei?-
Io ero un po’ attonita, non poteva essersi arrabbiata davvero per quegli esercizi. E’ vero, avevamo deciso che non glieli avrei mostrati perché aveva paura che poi controllasse i quaderni come faceva di solito e la beccasse con gli esercizi non fatti, ma senza quelli come avrei fatto a prendere 9? Che poi comunque non ho preso, ma erano una cosa in più.
-Dai Cami non ti puoi arrabbiare veramente per questa cosa!- protestai.
-Sei arrivata al punto che preferisci prendere un voto alto piuttosto che aiutare la tua migliore amica.- mi fece notare, prese la borsa e se ne andò. Io non la fermai, aveva ragione..?



 

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