Just a dream?

di ThorinOakenshield
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sogno o non sogno? Questo è il dilemma! ***
Capitolo 2: *** Gli Uomini Neri ***
Capitolo 3: *** Quello non è un lupo ***
Capitolo 4: *** Spasso a Gran Burrone ***
Capitolo 5: *** Giornata stressante tra lavata di capo, canzoncine indecenti e nausea ***
Capitolo 6: *** Si parte! ***
Capitolo 7: *** Sogni ad occhi aperti e lezioni di scherma ***
Capitolo 8: *** La morte del Re degli Orchi ***
Capitolo 9: *** Dalla padella nella brace ***
Capitolo 10: *** Beorn ***
Capitolo 11: *** La Principessa e il Cacciatore ***
Capitolo 12: *** In prigione... ***
Capitolo 13: *** Ragno in bagno! Ragno in bagno! ***
Capitolo 14: *** Giochi da tavolo e balli notturni ***
Capitolo 15: *** Litigio ***
Capitolo 16: *** Lo spettacolo teatrale ***
Capitolo 17: *** Crisi di nervi ***
Capitolo 18: *** L'esplosione ***
Capitolo 19: *** Like Cinderella ***
Capitolo 20: *** Andando verso la Montagna... ***
Capitolo 21: *** Il faggio e il nano giallo ***
Capitolo 22: *** La Desolazione di Smaug ***
Capitolo 23: *** If this is to end in fire, then we should all burn together ***
Capitolo 24: *** La fine sta iniziando ***
Capitolo 25: *** L'incubo ***
Capitolo 26: *** Non voglio farti del male ***
Capitolo 27: *** Non ti riconosco più ***
Capitolo 28: *** Il patto ***
Capitolo 29: *** Ritorno al passato e barzelletta inappropriata ***
Capitolo 30: *** Glenys 2, Bilbo 0 ***
Capitolo 31: *** La tempesta ***
Capitolo 32: *** Even if saving you sends me to Heaven ***
Capitolo 33: *** Sorpresa! ***



Capitolo 1
*** Sogno o non sogno? Questo è il dilemma! ***


Il freddo che sento sulla guancia destra mi fa trasalire. Un misterioso odore di terra bagnata mi giunge alle narici e mi trovo costretta ad aprire gli occhi.
No, quello che mi trovo davanti non è il letto di mia sorella, bensì un bosco. Questa non è la mia camera, chiaro come la luce del sole; sto di certo sognando.
Mi alzo con la lentezza di un bradipo, pensando stanca ed accigliata: "Non ho voglia di andare a scuola! Che palle! Adesso mi ricordo che volevo svegliarmi prestissimo per ripassare storia, ma non ne ho per niente voglia!"
Mi stiracchio mentre il cinguettio di qualche uccellino mi rimbomba nelle orecchie e un furtivo raggio di sole filtra dalle foglie degli alberi e m'illumina il volto. Mi metto una mano davanti agli occhi, stizzosamente: ho sempre detestato la luce del sole sugli occhi, soprattutto di mattina presto.
Altro che studiare storia... devo appena svegliarmi! Spero di farlo al più presto, non ho tempo da perdere, ma... non so neanche se sto sognando, voglio dire... tutto è così maledettamente reale che stento a crederci che si tratti di un sogno: l'odore della natura lo percepisco perfettamente, così come i suoni e il vento fresco sulla mia pelle. In più vedo tutto vividamente.
E se fossi stata rapita durante la notte e portata qui?
La mia consueta ansia comincia ad assalirmi, mentre mi guardo ostinatamente intorno in cerca di una via di fuga. Questo bosco mi ricorda tanto quello di Hunger Games e la paura aumenta sempre di più: preferirei essere stata sequestrata piuttosto che trovarmi ai Giochi!
Bah! Mi faccio paranoie inutili come al mio solito: com'è possibile che mi trovi nell'Arena? Leggo decisamente troppi libri, sto impazzendo.
Vorrei mettermi a gridare più forte che posso. Sto per farlo, ma ecco che sento delle voci. Provengono da dietro a dei cespugli. Mi affretto a nascondermi dietro ad un albero e attendo.
Spero che si tratti solo di un incubo e Dio, ti prego, fa che mi risvegli subito!
"Forza Bombur, abbiamo fame." Sento bofonchiare una voce famigliare.
Riconoscerei quella voce rauca, sexy e profonda tra mille.
Il mio cuore fa un balzo fino in gola e, senza fermarmi neanche un secondo a pensare che magari ho udito male o che sento cose che non esistono, decido che quella frase è stata pronunciata da Thorin Scudodiquercia in persona, il capo dei nani de Lo Hobbit, uno dei miei libri preferiti. Lo amo quell'uomo! Cioè, volevo dire, quel nano. Ora tutti i sogni erotici che ho avuto su di lui possono divenire realtà!
Sul mio volto va creandosi un sorriso che va da un'orecchia all'altra e, senza il minimo contegno, corro verso i cespugli, gridando: "Thorin! Thorin! Amore mio! Ti ho trovato finalmente!"
Giungo nel punto ove la Compagnia aveva trovato la casa abbandonata di un pastore.
Non mi sono sbagliata: sono entrata nel film! Mentre corro euforica verso il Principe dei Nani noto chiaramente Bombur e Bilbo che mi guardano con aria interrogativa.
Con uno slancio brioso, salto in braccio a Thorin, che si affretta a sorreggermi per non farmi cadere a terra. Lo stringo forte, ridendo, mentre sento con chiarezza le sue grandi mani ruvide sul mio sedere. Questo contatto mi fa avvampare.
"Per Mahal! Si può sapere che ti salta in testa, ragazzina? Ti è andato di volta il cervello?!" sbraita Thorin.
Oh, la sua voce, il suo carattere di merda... tutto è esattamente come nel film! Che emozione! Dio, ti prego, non svegliarmi. Non voglio risvegliarmi mai più, non voglio andare a studiare storia, voglio fare sesso con Thorin!
Oddio, sono diventata completamente matta. Mai, mai ho sclerato così tanto per un maschio; anzi, a pensarci bene, non l'ho proprio mai fatto. Eh, che posso farci? L'Oakenshield Effect... e poi sono pur sempre una sedicenne con gli ormoni su e giù.
Mi stacco da lui ridacchiando imbarazzata, passandomi una mano sui riccioli castano chiaro, mentre lui mi guarda con la fronte corrugata. Quest'espressione da Brontolo dei Sette Nani di Biancaneve mi fa scoppiare a ridere all'istante, guadagnandomi un'altra bella figura di fronte al futuro re di Erebor. Mi piego in due dalle risate e divento tutta rossa, com'è il mio solito fare quando qualcosa mi fa effettivamente ridere.
Gli altri nani e Bilbo mi guardano senza emozione, facendomi sentire una stupida.
Gli unici che ostentano un sorriso sono Fili e Kili. Bene, almeno loro mi capiscono...
"Scusa, scusa, è che..." balbetto distrattamente, mentre continuo a ridere ininterrottamente, "mi ha fatto ridere la faccia che hai fatto!" Ho un altro attacco d'ilarità acuta, ancora più forte di quello precedente.
Ahi ahi, ho detto proprio la cosa sbagliata! E questo, inspiegabilmente, mi fa ridere ancora di più...
All'improvviso mi sento afferrare per le spalle. Mi calmo e alzo lo sguardo: a un soffio dal mio viso ho gli occhioni glaciali di Thorin, infatti mi sento raggelare da capo a piedi.
"Ascoltami bene, signorinella..."
"Che fai? Vuoi stuprarmi?" lo interrompo speranzosa. Mi domando perché debba comportarmi così da stupida proprio davanti all'amore della mia vita, non è così che immaginavo il nostro incontro anche se, conoscendomi, sapevo che avrei combinato qualche guaio... Il fatto è che, trovarmi davanti al grande Thorin Scudodiquercia, mi emoziona e, come sempre quando sono immensamente felice, non riesco a controllarmi.
Vedo Fili, Kili, Bofur e Bilbo ridacchiare. Lancio loro un'occhiata e sorrido divertita, fiera di averli fatti ridere.
L'orgoglioso condottiero volta violentemente il mio capo verso di lui, costringendomi a guardarlo negli occhi.
Oh, quegli occhi...
"Ascoltami bene, non ho idea di chi tu sia come non ho idea di come tu sia finita qui, sta di fatto che io e la mia Compagnia dobbiamo intraprendere un lungo viaggio pieno d'insidie e non possiamo permetterci di perdere tempo a giocare con i bambini, perciò fatti da parte!" Con un brusco cenno della mano, mi sposta di lato e avanza. "Ma chi ti ha insegnato l'educazione?" scatta poi voltandosi verso di me, all'improvviso. "Saltare addosso ad un nano di alto lignaggio come me! E chi ti conosce, poi! Questa è mancanza di rispetto."
Ha ragione, lui non ha la minima idea di chi sia io e probabilmente si starà chiedendo da dove diamine venga per via dei vestiti strani che indosso... ma... aspetta un momento... indosso una camicia medievale verde, dei pantaloni marroni e degli stivaletti dello stesso colore, morbidi e che mi ricordano un po' quelli dei folletti. Indosso abiti giusti per la Terra di Mezzo. Mi domando da dove siano usciti fuori.
Chino il capo e mi scuso: "Sì, hai ragione e ti chiedo perdono. Non intendevo mancarti di rispetto, è che sono molto felice di vederti, tutto qua." Rialzo il viso all'improvviso. "Io ti ammiro molto, sai? Ho sentito parlare di te... l'eroe di Azanulbizar... sei il mio idolo e mi sono perdutamente innamorata di te, per questo mi sono comportata in quel modo osceno. Mi sono emozionata."
Lo hobbit e gli altri nani guardano il loro capo in attesa che dica o faccia qualcosa.
La sua espressione si è addolcita e mi rivolge un mezzo sorriso sincero.
Mi sento sciogliere piano piano.
"Ti ringrazio per la stima e perdonami se sono stato troppo brusco con te, di solito non sono così burbero con le fanciulle indifese" mi dice rendendomi un liquido al suolo.
Ricambio il sorriso, godendomi al massimo questo momento di scambio di sguardi che ho con Thorin Scudodiquercia.
"Da dove vieni?" mi chiede il Principe.
Sussulto: e ora cosa gli rispondo?
"Ehm... ecco... io..." balbetto indecisa sul da farsi. "Vivo nei boschi!" rispondo trionfante, quasi urlando.
Thorin e Compagnia mi guardano senza capire.
"Sono stata abbandonata dai miei genitori quand'ero piccola piccola e da allora vivo nei boschi" mento dondolandomi in modo infantile sui talloni, mentre tengo le mani dietro alla schiena.
"Bene, adesso noi ti lasciamo alla tua normale vita nei boschi e..." Thorin fa per voltarsi e andarsene, ma io lo blocco gridando: "Aspetta!"
Mi fissa in attesa che parli.
"Non ho dove andare. Mi sento tanto sola e non ce la faccio più di vagabondare per la Terra di Mezzo senza meta; le mie gambe sono stanche e ho la pancia vuota da ore... non è che mi portereste con voi per un po'?" recito per bene. Recitare mi piace, mi piace un sacco, infatti studio recitazione da sei anni e mai prima d'ora tutto questo studio mi è tornato così utile se non per uno spettacolo.
Per completare il tutto, faccio gli occhioni dolci al nano, stile gatto con gli stivali di Shrek.
"Non saprei, non abbiamo abbastanza provviste per una bocca in più da sfamare, in più la strada è piena di pericoli e... chi mi dice che tu non sia una spia di qualche mio nemico?" Scudodiquercia accompagna quest'ultima frase con un'occhiata eloquente.
Il solito diffidente...
Mi indico stupefatta. "Chi? Io?!" Scuoto il dito dinanzi a me. "Niente affatto! Sono soltanto una povera ragazzina sola al mondo e senza amici... e morta di fame."
Dall'espressione di Thorin capisco che non è convinto. Sarà dura convincerlo, è molto testardo, io lo so bene.
"Suvvia Thorin, guardala! È soltanto una povera ragazzina sola e abbandonata e per di più magra come un chiodo! Che vuoi che ci faccia? Mostra un minimo di comprensione, potremmo anche aiutarla. Per un tratto di strada i pericoli non dovrebbero esserci" cerca di farlo ragionare Balin.
"Non bisogna farsi ingannare dal suo aspetto minuto. Ricorda Balin: le donne sono tentatrici" sussurra il Principe al nano più anziano, convinto che io non lo abbia sentito, senza staccarmi gli occhi di dosso.
"Sono d'accordissimo" aggiunge Dwalin e la cosa non mi stupisce: quando mai pensa qualcosa di buono su qualcuno, quello?
"Secondo me non mente" squittisce una vocetta stridula.
Ci voltiamo simultaneamente tutti verso Bilbo.
La gioia ritorna in me: ecco un altro mio piccolo eroe! Ma evito di saltargli addosso, poiché non è così forte e robusto come Thorin.
"Insomma, glielo si legge in faccia che è stanca ed affamata, dovremmo aiutarla" aggiunge timidamente. Poi cerca il mio sguardo e, quando lo trova, mi sorride.
Ricambio il sorriso, riconoscente. L'ho sempre detto che Bilbo è una persona d'oro, sempre pronto ad aiutare il prossimo, anche se non lo conosce. Se tutte le persone fossero come lui, questo sarebbe un mondo più lieto.
"Infatti! Il signor Boggins ha ragione!" esclama Kili.
"Concordo, cosa vuoi che faccia una creaturina così?" replica Fili. Poi, vicini come gli animaletti di Paperissima Sprint, si avvicinano a Thorin, gli fanno gli occhi dolci anche loro e gli domandano: "Zio, possiamo tenerla?"
Trattengo una risata. Sono troppo forti sti due scemi!
Lo zio li guarda un po' a disagio per via del loro comportamento inappropriato, poco consono a due eredi al trono e figli di Durin. Ma alla fine, inaspettatamente, si trova costretto a capitolare. "E va bene, va bene, la teniamo, ma solo per un breve tratto di strada. Ho già troppe cose a cui badare, mi manca solo fare da balia a una mocciosa!"
"Non ti preoccupare Thorin, mi assumo io la responsabilità di badare a lei" si offre generosamente Bilbo.
Non riesco a smettere di pensarlo: che amore!
Il leader del gruppo lo guarda stupito, successivamente china il capo in segno di assenso. "E sia" dice solennemente. Poi si volta e va avanti, seguito da noialtri.
"Piacere, Bilbo." Il mio personaggio preferito del libro mi porge la mano. Gliela stringo sorridendo e rispondo: "Molto piacere! Io mi chiamo..." Voglio trovare un nome che si addica al mondo della Terra di Mezzo. "Glenys! E grazie per l'aiuto che mi stai dando."
Il signor Baggins sorride imbarazzato e si passa una mano sulla nuca. "Figurati, se non ci aiutassimo a vicenda che razza di mondo sarebbe?"
La nostra conversazione viene bruscamente interrotta: una mano mi spinge avanti. Mi sento cingere le spalle.
Quasi svengo: è Thorin!
"Un consiglio per il futuro: non dare di matto così tanto per un uomo, è veramente infantile" mi dice con quel tono che dovrebbe somigliare a un consiglio ma che in realtà sembra una critica.
"Beh, sempre meglio che sclerare per Justin Bieber!" Mi tappo all'improvviso la bocca. Che. Cosa. Ho. Detto?
Stupida! Stupida! Stupida!
Il Principe dei Nani mi guarda confuso e sibila: "Justin Bieber? Chi è costui?"
"Ehm... un orchetto che va in giro per i paesini cantando e suonando il liuto. Le ragazzine di oggi ne vanno matte, sai com'è..." rispondo esitante, sforzandomi di sorridere e grattandomi la nuca, sperando di essere stata abbastanza convincente.
"Però! Che gusti bizzarri le fanciulle di oggi..." commenta Thorin.
Io rido sotto ai baffi.

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Capitolo 2
*** Gli Uomini Neri ***


Abbiamo camminato tutto il tempo e tra poco andremo a dormire. Mi sono divertita molto: ho chiacchierato con gli altri nani, ho parlato moltissimo con Bilbo e in poco tempo siamo diventati grandi amici (o almeno, spero che lui mi consideri tale) e abbiamo camminato per boschi, valli, radure e sentieri innevati.
Adoro passeggiare in montagna! Ancora di più se mi trovo in compagnia di certi soggetti...
Sono stata appiccicata a Thorin per la maggior parte del tempo, gli saltellavo intorno non facendo altro che parlargli di quanto lo amo, di quanto ami i suoi occhi, di quanto mi entusiasmino le sue gesta (gliele ho indicate dalla prima all'ultima, come se non se le ricordasse), di quanto ami i paesaggi montani e via discorrendo.
Lui è rimasto zitto, imbronciato, finché non si è stufato e mi ha chiesto: "La vedi quella rupe laggiù?"
Io avevo guardato il punto da lui indicato e avevo annuito.
"Ecco, ti sollevo di peso e ti butto giù se non chiudi un po' quel becco!"
Avevo sorriso con aria furba. "Questo implicherebbe che mi ritroverei fra le tue braccia" lo avevo punzecchiato.
Lui mi aveva guardata talmente male che ero diventata pallida all'istante, avevo messo le mani avanti, ero indietreggiata e avevo squittito: "Scherzo! Scherzo!"
Mi era sembrato di vedere l'ombra di un sorriso divertito sul suo volto, poi si era voltato e aveva ripreso a camminare.
Io avevo fatto un sospiro di sollievo.

Ora ci troviamo in mezzo agli alberi e stiamo riposando. Bombur ha preparato una zuppa squisitissima per cena.
Thorin sta consumando il suo pasto solo, isolato, seduto su una roccia. Illuminato dal chiaro di luna è ancora più bello e avrei voglia di andare da lui, ma è meglio lasciarlo in pace.
Mi piacerebbe chiacchierare un po' con Bilbo, siamo diventati molto amici - come ho già detto -, ma non è in vena di parlare, lo vedo laconico e pensieroso adesso. Sta tutto il tempo guardando avanti, come se stesse aspettando qualcuno.
"Non si è ancora fatto vedere" dice andando da Bofur.
"Chi?" chiede lui mettendo della zuppa in due piatti di legno.
"Gandalf."
Sussulto: è vero! Manca Gandalf! Uffa! Sono arrivata proprio quando lui se n'è andato, mi sarebbe piaciuto conoscerlo. Scavando a fondo nella mia mente mi ricordo che dovrebbe arrivare presto, proprio dopo l’attacco dei… oh mio Dio, fra poco arrivano i troll! Vabbè dài, lo stregone ci salverà e mi sembra una buona occasione per mettermi nei guai e farmi salvare dal mio Principe; credo proprio che Thorin non disdegnerebbe ad aiutare una damigella in pericolo, per quanto possa essere esasperante e rompiscatole la suddetta damigella. Insomma, quel nano sarà pure burbero e irascibile, però è pur sempre un gentiluomo.
"È uno stregone, fa ciò che gli pare" risponde con semplicità Bofur, dopodiché porge allo hobbit i piatti. "Fammi un favore: porta questo ai ragazzi."
"Vengo anch'io!" squittisco affrettandomi da Bilbo Baggins.
Scoppiamo a ridere non appena vediamo Bombur mettere il dito nella zuppa e suo fratello dargli il mestolo in testa, dicendo: "Smettila! Ne hai avuta troppa!"

Troviamo Fili e Kili immobili che fissano un determinato punto del bosco.
Io e Bilbo ci fermiamo e li guardiamo preoccupati: non è un buon segno che siano così seri e tranquilli, dev'essere successo qualcosa.
"Noi dovremmo fare la guardia ai pony" dice Kili.
"Solo che abbiamo incontrato un lieve problema" aggiunge Fili, senza nascondere il tremito nella voce.
"Prima ce n'erano sedici e ora ce ne sono..."
"Quattordici" conclude il fratello maggiore.
Comincio a contare i pony e in effetti ne manca qualcuno. Quasi mi commuovo: non è cambiato niente dal film! Però questo implica che tra poco dovrò vedermela con dei grossi ed affamatissimi troll di montagna, ma mi consolo subito pensando che Thorin verrà a salvarmi.

"Due sono spariti." Kili va dai pony e noi lo seguiamo.
"Questo non va bene!" squittisce lo hobbit, facendomi venire voglia di stringerlo forte forte fra le mie braccia come un peluche, ma non è proprio il momento. "Non va bene per niente! Non dovremmo dirlo a Thorin?"
Al solo sentirlo nominare, mi sento le guance in fiamme e una strana voglia.
"Naah, non facciamolo preoccupare." Fili, all'improvviso, lo guarda con aria furba. "Come nostro scassinatore ufficiale, magari ti va d'indagare."
"Q... qualcosa ha sradicato quegli alberi, qualcosa di molto grosso e potenzialmente pericoloso..." balbetta Bilbo guardando, impallidendo, degli arbusti a terra.
"Ehi! C'è una luce! Da questa parte" sussurra il nano maggiore facendoci cenno di avvicinarci.
Ci nascondiamo dietro ad un tronco d'albero e osserviamo la scena.
Là dove qualcuno deve aver acceso un fuoco, si sentono delle risate agghiaccianti.
"Che cos'è?" Il signor Baggins non riesce a smettere di tremare e mi sta passando tutta l'ansia.
"Troll" ringhia Kili tra i denti, dopodiché lui e suo fratello corrono avanti, seguiti da me e Bilbo. Quest'ultimo si ferma sbuffando e torna indietro.
Non appena non sento più la sua presenza accanto a me, mi volto e gli chiedo il più sottovoce possibile: "Cosa fai?"
"Prendo la zuppa per Fili e Kili" risponde semplicemente.
Mi tappo la bocca per non scoppiare a ridere, dopodiché lo prendo in giro: "Ma come? Stiamo per diventare la cena di un troll e tu ti metti a fare la nonnina apprensiva?"
Lui mi sorride distrattamente, sta ancora tremando come un coniglietto infreddolito.
Teeenero.

Stiamo correndo in mezzo agli alberi e spesso dobbiamo scostare qualche ramo. Certi mi s'impigliano nei ricci e la cosa mi secca non poco: voglio essere perfetta per Thorin e non ho tempo da perdere, Fili e Kili vanno avanti velocissimi e con questo buio è facile perderli di vista; in più gli hobbit sono estremamente veloci, non che io sia lenta, ma potrei facilmente ritrovarmi sola in questa selva oscura e non sapere più dove andare. Non è il massimo quando ci sono dei troll nei paraggi e chissà quali altre creature letali, come gli orchi, per esempio.
I due fratelli si nascondono all'improvviso e lo stesso fa Bilbo. Io non ho dove nascondermi e mi guardo intorno spaesata.
"Che succede? Perché vi siete nasc..." Faccio un salto sul posto: dietro di me è spuntato un troll grande e grosso che tiene sottobraccio due pony. Mi è passato vicinissimo e ho preso un colpo, ero troppo immersa nei miei pensieri e mi sono distratta.
Lo hobbit mi afferra per il braccio e mi nasconde con lui.
Il mio cuore batte ancora freneticamente e mi domando come possa essere stata così stupida da dimenticarmi che tra poco sarebbe passata quella bestia, di solito non sono così imprudente.
"Ha preso i nostri pony!" sibila Bilbo. "Credo che li mangeranno, dobbiamo fare qualcosa" aggiunge deciso.
Fili e Kili lo guardano con occhi vivaci ed annuiscono.
"Sì, tu dovresti" dice quest'ultimo.
Mi sento male per lui, so che poi se la cava ed è un tipo in gamba, però vederlo così ansioso e spaventato mi stringe il cuore. Credo che andrò con lui; di natura sono maledettamente pavida, ma mi fido di Bilbo e so per certo che, se è con me, non può capitarmi niente.
"I troll di montagna sono lenti e stupidi e tu sei così piccolo! Non ti vedranno mai. Sei assolutamente al sicuro, staremo dietro di te" parla eccitato il nano minore, mentre il mio amico gesticola e protesta continuamente, ma come al solito nessuno gli dà mai ascolto e la cosa non mi piace per niente.
"Se ti trovi nei guai, grida due volte come un barbagianni e una volta come un allocco." Fili lo invita gentilmente ad avanzare e lui obbedisce senza fare storie.
"Vado con lui" affermo decisa.
Bilbo si ferma e si volta verso di me, mi guarda con degli occhi che sembra che mi stiano dicendo: "No, ti prego, è pericoloso!" e neanche i due nani sembrano entusiasti della mia decisione.
"No, guarda, è meglio di no. Noi mandiamo Bilbo perché ha il passo leggero ed è molto improbabile che lo sentano, per te è diverso" obietta Fili.
"Farò attenzione e comunque sono molto veloce, me la caverò; non voglio che Bilbo vada solo" dico, dopodiché incontro lo sguardo del signor Baggins, mi sta sorridendo riconoscente, però non sembra ancora convinto completamente.
"Bilbo, vai!" mormorano Fili e Kili all'unisono e lui, prima che io possa impedirglielo, si affretta verso il fuoco.
Sto per gridare no ma mi trattengo, in compenso sto per correre verso di lui ma sento due mani forti stringermi per le spalle e bloccarmi. Guardo i due fratelli con sguardo supplichevole. "Vi prego, dovete fidarvi di me, non sono stupida, sarò prudente. Voglio stare con Bilbo!" insisto divincolandomi, ma loro non mi lasciano.
"Ti prego, ragiona! Sei troppo rumorosa per loro, non puoi negarlo e non stai mai ferma e zitta! Se non ti lasciamo andare lo facciamo per il tuo bene ma anche per quello di Bilbo." Fili e Kili si parlano distrattamente l'uno sopra altro.
Il fatto che si preoccupino per me mi fa sorridere, ma non devo lasciarmi andare ai sentimentalismi, ora devo occuparmi di una cosa ben più importante: Bilbo. E non saranno certo delle belle frasi apprensive a farmi cambiare idea, sono molto testarda.
"Lo ripeto: non sono stupida! E pensate veramente che, in mezzo ai troll, mi metterei a saltellare e a chiacchierare serenamente con Bilbo come se stessimo facendo una passeggiata in montagna?" bofonchio.
"Non abbiamo detto che sei stupida" dice Kili. "Abbiamo detto semplicemente che gli hobbit sono molto silenziosi e che i troll non si accorgerebbero mai della loro presenza, al contrario degli umani."
Continuo ad agitarmi nel disperato tentativo di liberarmi e sono così presa dall'andare da Bilbo che non ho avuto neanche pensieri porci sul contatto fisico con i due bei nani.
"Adesso corriamo ad avvisare Thorin del pericolo e staremo tutti pronti dietro agli alberi, nel caso il nostro scassinatore si trovasse nei guai."
Non ha senso continuare a ribellarmi, tanto so che Bilbo alla fine se la cava ma, come ho già detto, è il pensiero di saperlo morto di paura solo con quelle bestie a farmi star male. E poi, più stiamo qui a discutere, più il tempo che lo hobbit deve stare con i troll aumenta. In effetti è meglio se andiamo subito a chiamare gli altri.

Io, Fili e Kili giungiamo correndo al punto in cui avevamo deciso di riposare.
Thorin sta parlando con Dwalin e, appena ci sente gridare il suo nome, ci guarda preoccupato. La stessa cosa fanno gli altri nani.
Noi ci fermiamo affannati dinanzi a loro. Mi reggo su Fili e Kili cercando di riprendere fiato. Sono talmente stanca e ansiosa che neanche mi accorgo che il mio Principe si trova proprio davanti a me.
"Per la barba di Durin! Cos'avete da gridare in questo modo? Volete essere aggrediti da un branco di orchi?!" li sgrida Thorin.
"De... dei troll hanno preso i nostri pony!" ansima Kili.
"Bilbo è andato a liberarli e potrebbe essere in difficoltà! Dobbiamo andare ad aiutarlo!" aggiunge deciso Fili.
I nani si guardano stupefatti e Thorin sembra che sia sul punto di esplodere. Avendo letto il libro e visto il film, probabilmente dentro di lui sta maledicendo lo hobbit in tutte le lingue della Terra di Mezzo: nanico, elfic... naah, elfico no.
Indietreggio un po' e mi aspetto che da un momento all'altro si metta ad urlare, invece sbuffa sonoramente e fa cenno ai suoi compagni di seguirlo. "Forza, muoviamoci!" ringhia infastidito.

Quando arriviamo al punto dove c'erano i troll, non vi troviamo nessuno. Siamo nascosti dietro a dei cespugli e il buio e il silenzio intorno a noi sono inquietanti.
"Be'? Io non vedo né troll né il signor Baggins" commenta infastidito Thorin, probabilmente ritiene tutto ciò una perdita di tempo.
"Ti giuro che erano qui, zio" sussurra Kili.
Un ricordo mi riaffiora alla mente: nel libro gli Uomini Neri si erano nascosti con dei sacchi in mano e non aspettavano altro che i nani si facessero avanti, per catturarli. Spalanco gli occhi e tocco la spalla al capo, che si trova vicino a me. "Stiamo attenti! I troll sono nascosti con dei sacchi e vogliono catturarci per poi mangiarci!" gli dico preoccupata.
Thorin fa un ghigno. "Che ne sai tu? Sei solo una mocciosa!"
Sbuffo abbastanza sonoramente, poi mi sporgo leggermente dal cespuglio.
"Ma che fai? Sta' giù!" mi sgrida sottovoce Thorin, prendendomi i fianchi.
Non ho tempo per eccitarmi di ciò: ho cose più importanti a cui pensare, adesso.
"Pss, Bilbo!"
"Glenys!" Sento la sua vocetta poco distante da me. Abbasso lo sguardo e lo vedo dentro ad un sacco. "Scappate! I troll si sono nascosti con dei sacchi in mano, vogliono mangiarvi!"
"Ah! Davvero?" Il capo della Compagnia balza in avanti verso il fuoco, prima che gli Uomini Neri possano lanciarsi su di lui. Raccoglie un grosso ramo incendiato a un'estremità, e Berto si prende quell'estremità nell'occhio prima di potersi scansare. Questo l'ha messo fuori combattimento per un po'.
Gli altri nani accolgono l'improvviso attacco di Thorin con un grido d'incitamento. Così attaccano i troll e va a crearsi una vera e propria lotta, come nel film.
Mi affretto a liberare Bilbo e, a parte grazie, la prima cosa che dice è: "Presto! Liberiamo i pony!"
Veloce come una lepre, il protagonista del libro corre dagli animali tenuti prigionieri.
Stavo per dirgli di fare attenzione, di guardare dietro di lui, ma è stato troppo tardi: i troll l'hanno visto e ora gli stanno tenendo braccia e gambe.
"Bilbo!" strilla Kili, pronto a salvarlo, ma suo zio lo ferma in malo modo con la spada.
"Abbassate le braccia, o noi gli stacchiamo le sue!" ci minaccia Berto, o almeno credo sia lui.
Bilbo guarda Thorin con la sua ormai nota espressione da coniglietto braccato e mi viene da sciogliermi dalla tenerezza. Perché il nano sta indugiando così a lungo? Io, se fossi in lui, getterei via ogni arma che ho; francamente: come si fa a resistere a quello scricciolo di hobbit quando ti guarda in quel modo? Già quando è arrabbiato ti viene voglia di fargli tante coccole.
Thorin Scudodiquercia, sempre con il suo solito sorriso stampato sulle labbra, getta la spada a terra e indirizza furtivamente un'occhiata di fuoco a Bilbo, come se fosse colpa sua se quei bestioni lo hanno preso.
Kili fa lo stesso, con rabbia e gli altri nani non oppongono resistenza.

Gli Uomini Neri ci hanno imprigionati dentro dei sacchi, manco fossimo patate! L'unica cosa piacevole della situazione è che mi trovo nello stesso sacco di Thorin, sono sopra di lui e per poco le nostre labbra non si sfiorano. Mi godo la sensazione delle sue forti mani posate sulla mia schiena con fare protettivo.
Ben conscia del fatto che Gandalf verrà a salvarci, mi permetto di giocare un po'. Affondo la faccia nell'incavo del collo del nobile nano e mi lamento: "Thorin, ho molta paura!"
Sento le sue mani stringermi ancora di più.
"Sta' calma, ragazzina, che dovranno passare sul mio cadavere per mangiarci!" dice Thorin, con grinta.
Ridacchio sul suo incavo.
"Perché ridi?" mi chiede torvo, anche un po' perplesso.
"Non sto ridendo, sto piangendo!" mento singhiozzando un po'.
Dopo un po' di silenzio, lui comincia ad accarezzarmi dolcemente il dorso e mi sussurra con quella stupenda voce roca: "Non piangere, piccola, ne usciremo vivi, vedrai."
Un sorriso pervertito si crea sul mio volto.

I troll hanno deciso si arrostirci subito e di mangiarci più tardi: l'idea è di Berto ed è stata approvata dai suoi fratelli dopo tante discussioni.
"È stupido arrostirli subito, andremmo avanti tutta la notte" dice una voce. Sorrido tra me e me: è quella di Gandalf, l'ho riconosciuta subito. Dunque in quest'occasione i fatti seguono il libro... meglio, la scena degli Uomini Neri messi nel sacco dallo stregone era più esilarante nell'opera di Tolkien che nel film.
Berto pensa che la voce sia quella di Guglielmo.
"Non ricominciare tutta la discussione da capo, Guglielmo," dice, "o andrà davvero avanti tutta la notte."
"Ma chi discute?" Guglielmo lo guarda con un punto interrogativo: pensava che fosse stato Berto a parlare.
"Tu" risponde Berto.
"Sei un bugiardo!" scatta Guglielmo; e così la discussione ricomincia da capo e io mi sto divertendo da matti. Spesso mi metto a ridere e la smetto immediatamente non appena Thorin mi guarda malissimo.
Alla fine gli Uomini Neri decidono di tritarci finemente e di bollirci. Così si muniscono di un pentolone nero e tirano fuori i coltelli.
È una cosa grottesca ascoltare con il sorriso sulle labbra dei troll che discutono su come farti a pezzi. Io rido mentre i nani, poveretti, staranno morendo di paura. Ma loro non possono immaginare come andrà a finire questa scena.
"È stupido bollirli! Non abbiamo acqua e ci vuole un sacco di tempo per arrivare fino al pozzo" dice la misteriosa voce. Berto e Guglielmo pensano sia quella di Maso.
"Chiudi il becco!" sbraitano. "O non la finiremo mai. E ci puoi andare tu a prendere l'acqua, se parli ancora."
"Chiudi il becco tu!" dice Maso, che pensa sia stata la voce di Guglielmo. "Chi è che discute, a parte te? Vorrei proprio saperlo!"
"Sei uno zoticone!" lo insulta Guglielmo.
"Zoticone sarai tu!" gli dice invece Maso.
Io, Fili e Kili non riusciamo a smettere di ridere, nonostante le continue riprese di Thorin.
Quindi la discussione tra i troll ricomincia da capo e si fa più violenta che mai, finché alla fine non decidono di sedersi sui sacchi uno dopo l'altro e di schiacciarci per poi bollirci alla prossima occasione.
"Su chi ci sediamo per primo?" chiede Gandalf.
"Meglio sedersi per primo su quel nano" risponde Berto, il cui occhio è stato ammaccato da Thorin. Egli pensa che sia stato Maso a parlare.
"Non parlare da solo!" lo sgrida Maso. "Ma se vuoi sederti su di lui, fa' pure."
"Niente affatto! Voglio io avere l'onore." Guglielmo lo spintona.
"L'occhio l'ha danneggiato a me, non a te, mi sembra." Berto lo spintona a sua volta.
"Siete proprio infantili!" sbuffa Maso e li separa.
Cominciano ad azzuffarsi di nuovo.
"Adesso basta!" grida all'improvviso Berto. "La notte sta finendo e l'alba arriva presto. Finiamola una buona volta, e sbrighiamoci!"
"L'alba vi prenderà tutti!" dice con tono solenne una voce che sembra quella di Guglielmo. Ma non lo è. Infatti proprio in questo momento la luce appare sopra la collina e si sente un forte cinguettio fra i rami.
I troll si immobilizzano all'istante e di loro non rimane che pietra.
Bilbo e gli altri nani sono rimasti a guardare la scena con gli occhi sgranati e la bocca spalancata; proprio in questo momento il mitico Gandalf il Grigio fa capolino da un albero. "Ottimo!"

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Capitolo 3
*** Quello non è un lupo ***


Io, Bombur e Bofur stiamo aiutando Bifur a rimettersi in piedi. Sono tentata di andare da Gandalf, vorrei conoscerlo, però so per certo che non mi lascerà continuare questo viaggio ed io non voglio questo. Ma potrebbe dirmi come sono finita qui, è molto saggio, tuttavia temo di scoprirlo e non vorrei rovinare tutto proprio ora. Farò così: viaggerò ancora un po' con lo stregone, Bilbo e i nani e poi vedrò di risolvere questa bizzarra situazione.
Con la coda dell’occhio vedo chiaramente Thorin che parla con Gandalf, so cosa si stanno dicendo.
 
“Dov’eri andato, se posso chiederlo?”
“A guardare avanti.”
“E che cosa ti ha fatto tornare?”
“Guardare indietro.”
 
Continuano a parlare e distolgo lo sguardo non appena noto il nano che mi indica allo stregone. Faccio finta di niente.
Ahi ahi, il mio viaggio finisce fra tre, due, uno…
“Salute, Glenys!”
Mi volto tremando: Gandalf mi sta sorridendo.
Ricambio il sorriso e gli stringo la mano con foga. All’improvviso le mie ansie sono passate. “Salute Gandalf!” lo saluto con entusiasmo.
“Dunque, Thorin mi ha detto che…”
“Per favore, non mandarmi via!” lo interrompo, mettendomi in ginocchio e pregando. Lo guardo supplichevole, gli faccio l’espressione da cane bastonato che con i miei funzionava sempre e funziona tuttora.
“Mandarti via?” ridacchia lo stregone. “Ma certo che no! O meglio, non ancora. Thorin mi ha detto che non sai dove andare, che sei sola al mondo, così abbiamo deciso che potrai restare un po’ con noi. Quando arriveremo a Gran Burrone resterai con Elrond e vedrà lui cosa farne di te, mentre noi riprenderemo il nostro viaggio.”
La decisione mi garba. Tanto, fino a Gran Burrone, avrò il tempo di fargli cambiare idea, semmai li seguirò.
“Gran Burrone, eh?” Thorin guarda malissimo Gandalf.
Oh oh, ecco che comincia…
Lo stregone sbuffa un po’. “Ne parliamo dopo, ora riprendiamo il viaggio, se no non arriveremo mai più alla meta!”
Inconsciamente appoggio il capo sulla spalla di Scudodiquercia e mi stringo a lui. Egli sembra non farci caso, per fortuna, se no potrei già dire addio alla testa.
“Da quando i troll di montagna si avventurano così a sud?” chiede allarmato Thorin, nascondendo la nota di timore nella sua voce.
Gandalf scuote la testa. “Non da un’era,” risponde, “non da quando un potere più oscuro guidava queste terre…”
Il nano lo guarda con un’espressione cupa, un’espressione che mi fa quasi svenire a terra. Dal vivo è ancora più bello! Mi viene voglia di baciarlo.
“Non possono essersi mossi alla luce del giorno” osserva saggiamente lo stregone.
“Dev’esserci una grotta nelle vicinanze” dice Thorin, spostandosi all’improvviso e facendomi barcollare all’indietro. Senza neanche chiedermi scusa, va avanti.
Lo guardo seccata, che maniere!
Probabilmente si dev’essere accorto del modo brusco in cui mi ha trattata, perché tutto d’un tratto si volta verso di me e mi porge la mano. “Glenys, forza” mi dice incoraggiante.
Gli do la mano senza esitare. La mia è così piccola in confronto alla sua grande e ruvida. Noto con stupore che rimane un attimo incantato a fissare la mia mano, me l’accarezza un po’ e non riesco a nascondere il rossore delle mie guance.
Il condottiero si riprende subito e mi trascina via, seguito dagli altri.
 
Arriviamo nella famosa grotta dei troll. L’odore è terribile, sa di carne marcia e muffa. Mi porto una mano alla bocca e sono talmente presa da questo fetore che non faccio caso a dove metto i piedi e inciampo in avanti.
Sarei caduta con la faccia a terra se qualcuno non mi avesse afferrata fra le sue braccia.
Respiro affannosamente. Che paura che ho preso!
“Dovreste stare più attenta a dove mettete i piedi, miss Glenys” mi dice colui che mi ha presa al volo.
Per Mahal! Fra tutti i nani che ci sono proprio lui doveva essere? Mi sorprendo del gran culo che ho ultimamente, di solito non ne ho.
Alzo lo sguardo ed incontro i brillanti occhioni azzurri del capo della Compagnia. Gli sorrido da innocentina, giocherello con un laccio della sua camicia e mi fingo timida e dolce. “Grazie Thorin, siete molto gentile” gli dico con tono mellifluo. Forse riesco a sciogliere un po’ quest’iceberg.
Lui mi sorride sotto ai baffi, ma smette non appena sente sghignazzare i suoi nipoti. Il suo sguardo torna torvo come sempre e mi spinge via in malo modo. “Non c’è di che. Ora spero che riusciremo a riprendere il nostro viaggio senza interruzioni” borbotta. Dopodiché mi dà la schiena e va avanti senza aggiungere parola.
Alzo gli occhi al cielo: non è durato manco cinque secondi... Tutta colpa di quei due!
Incrocio le braccia sul petto e riprendo a camminare imbronciata. Il mio amore è davanti di me e, senza pensarci prima un po’ su, faccio finta d’inciampare di nuovo e sbatto contro la sua schiena.
Thorin si volta lentamente verso di me e mi guarda come se volesse fulminarmi con una sola occhiata.
“Ops, scusa… non l’ho fatto apposta, lo giuro” mento mentre sento chiaramente i nani ridacchiare dietro di me. Smettono non appena il loro capo li guarda bieco.
Il Principe dei Nani sbuffa sonoramente. “Visto che non sei capace di camminare da sola...” Mi afferra per i fianchi e mi mette sulla sua spalla.
Sorrido compiaciuta. Era proprio quello che volevo. Nel peggiore dei casi mi mozzava la testa con Orcrist… ma, aspetta un attimo, Orcrist non ce l’ha ancora! Proprio adesso dovrebbe trovarla. Che figo! Non vedo l’ora di vederla dal vivo!
“Un bottino troll” commenta Gandalf osservando i tesori che quei tre bestioni hanno rubato chissà dove. “Attenti a cosa toccate!”
Non c’è problema Gandy, sono fra le braccia del mio principe, non può accadermi nulla di male.
Non appena il terreno diventa meno ripido, Thorin mi appoggia su una roccia e va a farsi gli affari suoi. Lo guardo sognante con il mento appoggiato sul palmo della mano. Sospiro.
“Sarebbe un peccato lasciarlo qui ad andare a male.” La voce di Bofur interrompe i miei sogni ad occhi aperti.
Mi volto verso di lui, abbasso lo sguardo e vedo delle monete a terra. Faccio un balzo dalla roccia e mi precipito dal simpatico nano. Che male c’è se ne prendo un po’? Come ricordo di quest’avventura, s’intende.
Gloin apre una specie di forziere e, quando il contenuto viene rivelato, i miei occhi brillano: altre monete d’oro!
“Potrebbe prenderselo chiunque” replica Bofur.
“Sono d’accordo” concordo annuendo energicamente.
“Nori.” Gloin guarda il suo amico.
“Sì?” gracchia lui con quella vocetta buffa, facendomi ridacchiare.
“Trova una pala.”
Non appena il nanetto trova una pala, i nani cominciano a scavare per poi seppellire il tesoro. Nel frattempo io, furtivamente, prendo un po’ di monete e me le metto in tasca fischiettando.
“Che state facendo?” Prendo un colpo e faccio un salto sul posto. Mi volto, è stato Bilbo a parlare, mi sta guardando smarrito.
Sorrido sollevata, mentre aspetto che il mio cuore si calmi. “Oh, Bilbo, sei tu. Stiamo facendo un deposito a lungo termine.”
Dwalin mi guarda e sorride divertito. Dai che riesco a stargli simpatica anche a lui piano piano!
“Andiamocene da questo lurido posto.” Thorin interrompe i nostri lavori. “Forza, venite.”
 
Una volta fuori, chiacchiero un po’ con gli altri nani e Bilbo. Dal bottino ho recuperato una semplice spada dall’impugnatura marrone e il pomolo e la guardia dorati.
Lo hobbit si allontana dal gruppo non appena Gandalf lo chiama. Qui gli consegna Pungolo ed io rimango a guardare la scena, cercando di non perdermi una sola parola del dialogo. Mi sembra di stare a casa seduta sul divano a guardare il film con il barattolo della Nutella accanto a me.
 
Il vero coraggio si basa sul sapere non quando prendere una vita, ma quando risparmiarla.
 
Ecco la frase che volevo sentire a tutti i costi, per fortuna i nani sono stati zitti ed io sono riuscita ad udirla.
Mi si è scaldato il cuore, veramente.
Sto sorridendo come un’ebete nella direzione di Gandalf e Bilbo. Li adoro, quei due. Mi ricordano tanto padre e figlio.
Ecco che il mio piccolo momento di relax s’interrompe nel momento esatto in cui Thorin grida con quella sua voce meravigliosa: “Arriva qualcosa!”
Immagino che ora dovremmo correre, però io vorrei andare a vedere Pungolo da vicino. Sto per farlo quando dalle tasche mi cadono tutte le monete che ho preso nella grotta dei troll.
All'improvviso quindici teste si voltano verso di me.
Mi sento un po’ in colpa: ho rovinato a Bilbo il suo momento di contemplazione del pugnale elfico.
Il capo della Compagnia mi guarda severamente, come una madre guarda il proprio figlio che ha appena detto una parolaccia.
Ridacchio imbarazzata, facendo un’espressione innocente.
“Non perdiamo tempo! Su, forza, sfoderate le armi!” Gandalf tira fuori Glamdring dal fodero e corre avanti.
Grazie Gandalf, mi verrebbe voglia di dire, visto che ora Thorin non mi guarda più con quello sguardo assassino che gli riesce molto bene.
Mi butto a terra e rimetto in tasca più monete possibili, mentre gli altri nani mi sorpassano correndo.
Che ansia! Che ansia! Che ansia! C’è un branco di Mannari poco distante da qui e io non sono un personaggio di questa storia: mentre so perfettamente il destino dei miei compagni di viaggio, sul mio non posso esserne certa, potrei morire da un momento all’altro. Solo adesso mi rendo conto che, alla fine del libro, Fili, Kili e… no… Thorin! Alzo il naso dalle monete e sento che il mio cuore ha smesso di battere all’improvviso. Non voglio che Thorin muoia, spero che ci sia una possibilità di cambiare il finale.
Ritorno al presente solo quando mi sento toccare la spalla: Bilbo è l’unico a non avermi abbandonata qua.
“Lascia perdere le monete, Glenys, corri!” mi dice agitato.
Ha ragione, la vita vale molto di più di un paio di misere monete puzzolenti prese in una grotta ancora più puzzolente.
Mi alzo, prendo lo hobbit per mano e ci inoltriamo fra gli alberi insieme ai nostri amici.
 
Mentre corriamo in mezzo a tutta questa folta vegetazione, sento i rumori che avevano allarmato Thorin farsi più vicini. D’istinto affretto il passo, ma mi fermo subito non appena odo una voce ridicola gridare: “Fuoco! Assassini!”
Bilbo si volta e tira fuori Pungolo. Il piccoletto rimane di stucco non appena si ritrova davanti un buffo individuo su una slitta trainata da un gruppo di conigli.
Quasi mi viene da ridere: mi sono scordata che ora arrivava Radagast. Però i Mannari sono veramente vicini, questo lo so per certo. Senza pensarci due volte, vado da Thorin e gli dico: “Thorin, devi ascoltarmi…”
“No” dice lapidario lui, dandomi la schiena.
“Ma Thorin, è importante, i Mannari sono qu…”
“Non ho tempo da perdere per le stupidaggini di un’insulsa ragazzina piantagrane!” m’interrompe voltandosi all’improvviso verso di me.
Sono rimasta interdetta ad ascoltarlo. Santo Cielo, che modi… Non appena mi riprendo dai suoi insulti, sbuffo, alzo gli occhi al cielo, metto le braccia conserte e brontolo: “Per Durin! Solo per un po’ di monete…”
“Non è solo per quello. Ci stai soltanto rallentando e causando disagi. Guarda, non vedo l’ora di scaricarti a qualcun altro e riprendere il mio cammino senza di te! E non pronunciare mai più quel nome.” Va da Dwalin e chiude il discorso.
Do un calcio a un masso e mi ci siedo sopra. Mi metto le mani nei capelli dal nervoso.
“Non farci caso, ragazza. Thorin ha dei modi di fare un po’ particolari, ma gli passerà, vedrai” cerca di consolarmi Balin con il suo dolce sorriso paterno.
Ricambio il sorriso. Torno subito seria e gli dico: “Balin, so per certo che ci sono dei Mannari qui vicino. Quindi, per favore, state all’erta o ripartiamo subito il più velocemente possibile.”
“Sta’ tranquilla, Glenys. All’erta dobbiamo starci sempre e comunque.” Mi fa l’occhiolino e torna dagli altri, mentre Gandalf è impegnato a parlare con Radagast.
Mi concedo un attimo di relax e rimango sola seduta su questo masso. Non sopporto molto la solitudine, infatti ben presto sento il bisogno della compagnia di qualcuno e vado dai miei amici. Necessito di distrarmi un po’, questa storia dei Mannari mi sta sempre più inquietando.
Volgo lo sguardo a Radagast e alla sua slitta. Mi sono sempre piaciuti i conigli e questi sono particolarmente graziosi, anche se preferivo di gran lunga Sebastian, il riccio che lo stregone ha salvato a casa sua. Però neanche questi conigli sono male.
“Che carini! Ora ne prendo uno e lo coccolo un po’.” Sto per avvicinarmi alla slitta, quando Thorin mi afferra per il colletto della camicia e mi tira indietro.
“No, smettila. Non sei più una bambina, hai sedici anni, sei una donna ormai” mi sgrida.
“Una donna proprio no, una ragazzina, semmai. Ragazza al massimo” puntualizzo un po’ offesa. Ho sempre detestato quando la gente mi tratta da adulta, già quando avevo dodici anni! Ma che è?! Sono tutti impazziti?!
“Alla tua età le fanciulle già trovano marito e generano figli.”
“Nel tuo mondo forse! Nel mio no” ribatto impulsivamente.
Thorin ha corrugato la fronte in segno di confusione. “Eh?!”
“Ciuppa.”
Mi guarda sempre più perplesso. Forse è meglio che la smetta di fare tutte queste allusioni al Pianeta Terra, potrei destare sospetti.
In ogni caso non mi sono dimenticata cosa mi ha detto pochi secondi fa e la rabbia non se n’è andata.
Le parole mi escono da sole dalla bocca: “Io soffrirò pure della sindrome di Peter Pan, ma tu sei la persona più antipatica del mondo intero! Che posso dire? La bellezza non è tutto nella vita e tu ne sei la prova.” Prima che possa aggredirmi, vado da Bilbo.
Stranamente il mio amore non mi ha detto niente, è rimasto a fissarmi stupito come un babbeo. Ben gli sta!
Lo hobbit mi guarda a bocca aperta. “Glenys… ma sei impazzita?” sussurra.
“Non preoccuparti, non mi farebbe mai del male.”
Noto lo stupore dei nani di fronte alla mia sfrontatezza verso il loro leader, ma una volta ogni tanto qualcuno deve rispondergli per le rime.
L’ululato di un lupo mi fa tornare i timori che avevo poco fa.
“È stato un lupo? Ci sono i lupi qui intorno?” chiede Bilbo, intimorito.
“Lupi?” Bofur guarda impallidito un punto fisso. “No, quello non è un lupo.”
 

 

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Capitolo 4
*** Spasso a Gran Burrone ***


Allora, prima di iniziare ci terrei a ringraziare chi ha recensito finora: Miss_Hyde, Leila91, Irae90, Durhilwen, CallMeMomoTM, Daenerys21, _Veronica95_, Mivi28, Innamoratahobbit96 e _Riddle (ahah, ti chiedo perdono in anticipo Thranduila perché so già che un commentino di Glenys non ti piacerà xD).
Siete fantastici, ragazzi, vi ringrazio per i consigli, i complimenti, tutto. E, infine, ringrazio te, misterioso viandante che sei capitato per caso tra queste righe. Spero che il capitolo sarà di tuo gradimento.
Sono certa che la fine vi piacerà a tutte, o almeno spero 8).
Buon divertimento
Bilbo <3

 

Mentre sono tutti pietrificati a guardare avanti, io sento ringhiare alle mie spalle.
Mi volto velocemente e i miei timori erano fondati: c’è un Mannaro e pare che voglia scagliarsi proprio su di me. I suoi occhi feroci sono incollati ai miei.
Ho una spada in mano, ma le mie mani sono immobili, incapaci di compiere un qualsiasi movimento.
“Ehm… ragazzi” dico indietreggiando lentamente, mentre quel coso si fa sempre più vicino a me.
Il Mannaro ora è più veloce.
Sgrano ancora di più gli occhi e d’impulso sfodero la spada. “RAGAZZI!” urlo con tutto il fiato che ho in gola.
Non ho mai usato una spada prima d’ora e ho sempre voluto farlo, ma in questa situazione mi sorprendo di non riuscire a fare altro che mettere l’arma dinanzi a me e chiudere gli occhi, titubante.
Dunque è finita?
Un ringhio che non appartiene al mostro mi fa aprire gli occhi. Non sono morta e Thorin si è precipitato davanti a me e ha ucciso il Mannaro con un solo colpo di spada.
Neanche il tempo di sospirare sollevata, che dietro di noi si avvicina un altro lupo.
“KILI! USA L’ARCO!” ordina il capo.
Il giovane nano, veloce, scaglia una freccia contro il Mannaro e lo centra in pieno; tuttavia l’animale muore soltanto quando Dwalin gli dà il colpo di grazia.
La freccia era passata talmente vicino a me che sono stata costretta a gettarmi su Thorin.
Non che la cosa mi sia dispiaciuta, sia chiaro…
“Un Mannaro ricognitore,” dice Scudodiquercia levando Orcrist dal corpo della bestia, “un branco di orchi non è molto distante.”
“Orchi hai detto?!” esclama Bilbo.
“A chi hai parlato della tua impresa oltre che alla tua famiglia?” Gandalf si avvicina minacciosamente a lui.
Il nobile nano lo guarda con gli occhi spalancati. “A nessuno” risponde con sincerità.
Oh, adoro quando sgrana gli occhi, così ha l’aria da bambino.
“A CHI L’HAI DETTO?” insiste lo stregone, stringendo il bastone in mano. In questo momento mi ricorda tanto i vecchietti nevrotici che ci sono in bus, quelli che potrebbero darti il bastone per la testa da un momento all’altro.
A questo pensiero mi viene da ridere e mi metto una mano davanti alla bocca, mentre Bilbo accanto a me mi guarda confuso. Poverino, lo manderò al manicomio!
“A nessuno, lo giuro.” Thorin comincia a mostrare segni d’irritazione. Non che sia una novità, per carità. “In nome di Durin, che succede?”
“Ti stanno dando la caccia” gli risponde Gandalf.
Io e lo hobbit ci scambiamo un’occhiata preoccupata. Spero di vedere Azog il più tardi possibile, anzi, spero di non vederlo mai perché, se mi capitasse di beccarlo da qualche parte, non riuscirei a controllarmi e gli salteri addosso cercando di ucciderlo, sapendo quello che ha fatto al mio nanetto preferito ed io, contro quell’orco, non ho alcuna possibilità. Significherebbe morte certa.
“Dobbiamo spostarci, sì.” La voce sexy del capo della Compagnia mi fa dimenticare l’Orco Pallido.
“Dobbiamo andarcene da qui” concorda Dwalin.
“Non possiamo!” si lagna Ori, facendoci voltare tutti verso di lui.
“Fammi indovinare: non abbiamo i pony, non è così?” anticipo quello che sta per dire. Ho guardato talmente tante volte Lo Hobbit che so le battute a memoria, mi sento come Hermione Granger a lezione, che sa sempre una parola in più del libro e alza la mano ogni due per tre.
Il giovane e buffo nano mi guarda stupito e annuisce con foga.
Sorrido divertita. Fa morire dal ridere sto imbecille.
“Li depisto io” dice Radagast con convinzione.
Sono l’unica che lo trova molto simile e Gargamella? Naturalmente non come carattere, è chiaro, ma come voce, modi di fare, parlare… non so, c’è un qualcosa di molto 'cartone animato' in lui. Anche per questo lo adoro.
“Questi sono Mannari di Gundabad. Ti raggiungeranno!”
“E questi sono conigli di Rhosgobel. Vorrei che quelli ci provassero” afferma lo Stregone Bruno, rivelando un dente più grande degli altri proprio davanti.
Uhm, sì, fa tanto Gargamella.
 
Gli ululati sinistri dei Mannari riecheggiano tra gli alberi e mi fanno tremare le vene e i polsi. Mi ricordano tanto il canto di un fantasma.
In questo momento gli orchi devono starci cercando e questo pensiero non mi aiuta a sentirmi meglio. Anzi.
Io e Bilbo siamo stretti l’uno all’altra e tremiamo mentre siamo nascosti dietro a una roccia insieme a Gandalf e ai nani.
“Venite a prendermi, ah ah!” La voce buffa di Radagast non mi fa sorridere, stranamente. Me la sto facendo addosso dalla paura!
Lo stregone si sporge dalla roccia e, non appena vede il suo amico attirare i Mannari lontano da noi, ci fa un cenno con il bastone e ci dice: “Forza, venite!”
Mi sembra che le mie gambe stiano procedendo da sole. Mi precipito da Gandalf e corro come non ho mai corso in vita mia, mentre lo hobbit è accanto a me.
Questa vallata è talmente immensa che mi sento ancora più piccola.
La nostra corsa finisce bruscamente non appena Thorin si ferma e guarda allarmato avanti: gli orchi sono vicinissimi a noi. Senza pensarci due volte stringo il suo braccio.
“Restate uniti” ci dice Gandalf, poi corre via.
“Muovetevi, forza!” ci incita il capo della Compagnia. Non appena gli passo accanto, lui mi dà una pacca sulla schiena. “Coraggio Glenys.”
Sono sussultata non appena mi ha toccata e all’improvviso il mio cuore si è alleggerito. Mi tranquillizzo all’istante: se lui mi sta accanto, non può accadermi nulla.
Questo pensiero mi ha fatto rallentare. Non appena me ne accorgo, accelero e avverto una misteriosa sensazione di piacere. Confusa, volto il capo a destra e vedo Thorin accanto a me. Ah, ecco perché sento caldo…
Ho di nuovo rallentato…
È assurdo: anche nelle situazioni disperate in cui è in gioco la mia vita riesco a fantasticare su quel nano maledetto.
 
Devo ammettere che rimpiango le ore di ginnastica in cui la prof ci faceva correre ininterrottamente intorno alla palestra come un gruppo di criceti impazziti. È tutto il tempo che non facciamo altro che correre, fermarci, nasconderci, andare avanti e fermarci, avanzare, fermarci, avanzare e fermarci e avanzare! Mi gira la testa!
Quando veniamo attaccati? Così almeno vado a nascondermi dietro ad una roccia e mi riposo un po’ mentre gli altri fanno il grosso del lavoro.
Le mie preghiere sono state esaudite: su una roccia arriva un orco e noi ci nascondiamo ai piedi di essa.
Uhm, forse era meglio quando correvamo senza sosta perché ora la paura è tornata a farmi visita.
Anche Bilbo dev’essere nervoso perché mi stringe la mano.
Che carino!
Mi sono distratta per colpa dello hobbit, quindi non mi sono accorta che Kili ha colpito il Mannaro ed ora esso è ruzzolato vicino a noi con l’orco sopra. Quest’ultimo si riprende subito e viene verso di noi con un’arma in mano, con l’intento di farci a pezzi tutti quanti.
Mollo la mano a Bilbo e corro a nascondermi dietro a Thorin. Mi stringo a lui e chiudo gli occhi. Che duro che è, chissà quanti muscoli ha sotto quell’armatura… Glenys smettila! Mi sgrida una vocina dentro di me. Ti pare questo il momento di pensare a porcate?! Avrai tempo di esaminare il corpo del tuo bel nano non appena sarai uscita viva da questa situazione.
Improvvisamente non sento più il calore di Thorin su di me. Apro un occhio e dopo l’altro, confusa, rimanendo con le braccia divaricate.
Scudodiquercia è andato a dare manforte ai suoi amici, che stanno uccidendo l’orco che aveva tentato di aggredirci.
Mi ricordo che ho una spada al fianco, una spada molto bella. Ho sempre sognato di combattere e fare fuori ignobili creature, e questo mi sembra il momento buono. Sorrido entusiasta e corro dai nani, i quali mi guardano con un punto interrogativo non appena comincio a dare colpi al Mannaro e all’orco, lanciando grida di battaglia.
Muahah che goduria! Mi sento come quelle guerriere super cazzute dei libri fantasy, solo con giusto un triliardo di muscoli e coraggio in meno.
Non appena quelle bestiacce sono morte e stecchite, tiro fuori la spada dal Mannaro e la contemplo. “Bleah! Che schifo!” esclamo notando che è ricoperta di un liquido viola. Il mio occhio cade sui due defunti. “Oh, guardate quanto sangue!”
“Muoviti!” ringhia Thorin tirandomi indietro per la camicia.
Gandalf aveva urlato di seguirlo, ma non lo avevo udito perché ero troppo impegnata a compiacermi per una cosa di cui non ho il benché minimo merito.
E si riprende a correre…
Vi prego, vi supplico Mannari: venite al più presto! Ma quanto tempo ci mettete per raggiungerci?!
Dovrei utilizzare questo sistema più spesso, visto che quei mostri ci sono spuntati davanti all’improvviso. In effetti, ogni volta che aspettavo il verde per attraversare la strada ed esso ci metteva tre ore ad arrivare, non appena mi lamentavo arrivava. Sono felice di constatare che questo trucchetto funzioni anche qui.
Perfetto, la prossima volta mi lamenterò del fatto che Thorin non me lo dà mai.
“Ne arrivano altri!” strilla Kili, distraendomi dai miei pensieri poco ortodossi.
“KILIII! UCCIDILI!” grida Thorin con tutto il fiato che ha in gola, facendomi prendere un colpo. Ce l’avevo proprio vicino.
Ho fatto un salto e lanciato un grido. Adesso sto respirando a fondo e mi tengo una mano sul cuore, aspettando che si calmi.
Guardo male il futuro Re sotto la Montagna e lo sgrido: “Thorin! Mi faresti il piacere di non urlarmi nelle orecchie? Mi hai fatto prendere un colp… AHHH!” Metto la spada dinanzi a me ed essa rimane infilata nel muso di un Mannaro.
Apro gli occhi e noto stupefatta di aver appena ucciso un nemico.
Sorrido fiera di me stessa, poi cerco di tirare fuori l’arma dal corpo del mostro, ma non ce la faccio.
Dannazione! Siamo circondati!
Tiro più forte, ma proprio non ci riesco, per fortuna il mio principe accorre in mio aiuto.
“Glenys, mettiti in salvo, tiro fuori io la tua spada” mi dice Thorin.
Lo guardo un attimo negli occhi e lo ringrazio.
Oh, che gentleman!
Poi corro verso Gandalf, il quale ha trovato una via di fuga. Quando lo raggiungo, egli mi tocca la spalla e mi dice con gentilezza: “Su Glenys, va’ giù di qua.”
Prima di gettarmi nel foro, mi volto verso i miei amici che sono in posa da combattimento e urlo: “Da questa parte, stupidi!”
Credo che dopo questo il tribunale dei nerd potrebbe accusarmi di saccheggio di frasi epiche dei personaggi più famosi della letteratura. Ma che me ne importa? È stato più forte di me, e poi Gandalf dirà una frase simile nel Signore degli Anelli, stavolta a me l’onore.
Thorin rimane fuori ad aspettare che entrino tutti. Che uomo!
Da quaggiù vedo che ogni tanto abbatte qualche Mannaro emettendo dei ringhi che mi fanno sognare ad occhi aperti.
Probabilmente a letto deve sembrare una belva.
Non appena scivola giù anche Bilbo, vado da lui e lo aiuto a rimettersi in piedi.
Adesso viene anche Thorin e, la prima cosa che fa, è consegnarmi la spada. Dopodiché mi dà un colpetto sulla spalla e mi sussurra: “Brava.”
Il suo commento non è ironico, il che mi fa battere forte il cuore. Spero di riuscire a guadagnarmi del tutto la sua stima, sono già a un buon punto.
Mi tappo le orecchie a causa di un insopportabile suonare di tromba. Alzo gli occhi al cielo: ecco che arrivano gli elfi… Non so se si nota, ma non mi stanno particolarmente simpatici, a parte Elrond che è stato molto gentile con la Compagnia a Gran Burrone. A proposito del mezzelfo… tra poco arriveremo a Gran Burrone, avrò tempo per riposare e, chissà, magari potrebbe accadere qualcosa tra me e Thorin. Al solo pensiero sorrido con un’aria da pervertita, un sorriso che scompare subito non appena un orco rotola ai miei piedi. D’istinto faccio un passo indietro.
Scudodiquercia tira fuori la freccia dal petto dell’orco e, non appena la vede da vicino, fa una faccia schifata e la getta a terra esclamando con ribrezzo: “Elfi!”
Mi viene da ridere quando Gandalf alza gli occhi al cielo, probabilmente deve avere le palle piene di Thorin e come biasimarlo? In effetti ha un po’ rotto con sta storia degli elfi.
“Non vedo dove porta questo percorso.” Dwalin attira l’attenzione di tutti noi. “Lo seguiamo o no?”
“Lo seguiamo, è chiaro” risponde Bofur, avanzando per primo. Noi lo seguiamo senza esitare, non vediamo l’ora di riposare un po’ le gambe dopo l’estenuante corsa che abbiamo fatto.
L’unico a non muoversi è Bilbo, sta guardando fuori dal passaggio segreto e sembra sconvolto. Lo capisco. Ha passato tutta la sua vita in una terra paradisiaca dove la pace e la tranquillità regnano sovrane, deve scombussolarlo molto vedere tutte queste atrocità all’improvviso. Mi ricorda un bambino del tutto ignaro dei pericoli del mondo e mi fa molta tenerezza.
Mi avvicino a lui con un sorriso rassicurante stampato in faccia e gli do una pacca sulla spalla.
Lui fa un salto sul posto. Non appena si volta e mi vede, si tranquillizza.
“Ehi, come va?” gli chiedo apprensiva, accarezzandogli la spalla.
Lui sorride e mi risponde poco convinto: “S… sto bene, grazie.”
Naah, non sta bene. Vabbè, il riposo a Gran Burrone lo consolerà, ne sono certa.
“Su, avanti, muoviamoci così potremo riposare presto” lo incito cingendogli le spalle.
 
Questo passaggio segreto è talmente stretto che dobbiamo camminare in fila indiana. In alto c’è una fessura dalla quale penetra la luce.
La strada si fa sempre più larga finché non ci ritroviamo davanti il posto più esotico che io abbia mai visto in vita mia: Gran Burrone. Mi sembra quasi di udire i soavi canti che accompagnavano sempre questa dolce visuale. Credo che il Paradiso sia uguale a questo luogo.
Rimango incantata a contemplare la meravigliosa architettura elfica, con Bilbo accanto a me che ha la mia stessa ed identica espressione estasiata.
Cambio di programma: per le mie prossime vacanze non voglio più andare in Svizzera, voglio andare a Gran Burrone!
“La valle di Imladris” c’informa Gandalf. “Nella lingua corrente ha un altro nome.”
“Gran Burrone” diciamo io e lo hobbit insieme.
Mi volto verso di lui e squittisco divertita: “Insieme!” Gli porgo il dito e lui lo guarda confuso. “Metti il tuo dito contro il mio.”
Lui lo fa ed io faccio quello stupido verso che facevano le Divine. Vi ricordate del Mondo di Patty? Quella telenovela demenziale che andava di moda qualche anno fa…
“Qui si trova l’Ultima Casa Accogliente a est del Mare” continua lo stregone, mentre tutti noi siamo ancora impegnati a guardare meravigliati questo splendore; certo, tutti tranne Thorin…
“Era il tuo piano, sicuro” sibila il nano, furioso.
Gandalf lo guarda interrogativo.
“Trovare rifugio dal nostro nemico!”
“Non hai alcun nemico qui, Thorin Scudodiquercia. Il solo malanimo che si trova in questa valle è quello che porti tu stesso.”
Scoppio a ridere senza ritegno, soprattutto dopo aver visto l’espressione che ha fatto il mio amore.
“Ah ah! Bella questa, Gandy! Batti il cinque.” Il cinque non arriva e il Principe dei Nani mi guarda con uno sguardo da bestia imbufalita. Quindi prendo la saggia decisione di allontanarmi con Bilbo.
 
“Pensi che gli elfi vorranno benedire la nostra impresa? Piuttosto cercheranno di fermarci.”
“Certo che lo faranno, ma noi abbiamo domande che attendono una riposta. Se vogliamo avere successo la faccenda va trattata con tatto, e rispetto… e non poca dose di fascino, ecco perché lascerai parlare me.”
 
Stiamo percorrendo una discesa piuttosto ripida e stavolta potrei inciampare veramente finendo un’altra volta su Thorin che sta camminando davanti a me. Spero con tutto il cuore che ciò non avvenga perché questa volta Orcrist ce l’ha, potrebbe tranquillamente tagliare di netto la mia povera testolina bacata.
Mi sento meglio non appena la discesa finisce e ci ritroviamo un ponte ai nostri piedi, sotto al quale scorre allegro un fiume.
Mentre attraversiamo il ponte sentiamo degli elfi cantare:
 
Cosa fate, dove andate?
Questi pony, via, ferrate!
Scende il fiume con cascate!
Trallallerollerollà
Nella valle, proprio qua!
 
Che cercate, a che mirate?
Le fascine son bruciate,
Le focacce ben tostate!
Trallallerollerollà
Questa valle è una beltà,
Ah ah ah!
 
Dove andate, dove andate
Con le barbe scarmigliate?
Come mai, vi domandate,
Come mai vi ritrovate
Mister Baggins, Balin, Dwalin
Nella valle
Questa estate?
Ah ah ah!
 
Qui restate o ve ne andate?
Spersi i pony, cosa fate?
Muore il dì, non progettate
Di partir: sono mattate!
Tanto bello è se restate
Ed attenti ci ascoltate,
Fino all’ore più inoltrate,
A cantare le ballate!
Ah ah ah!
 
Questi elfi hanno una voce talmente cristallina che si fanno odiare ancora di più. Vanno avanti con altrettante canzoni sciocche e canzonatorie nei nostri confronti. E la cosa mi fa infuriare. Per Mahal se mi fa infuriare! Ma il colpo di grazia arriva quando uno di loro grida dal folto degli alberi: “Chi è la femmina che portate con voi? Una hobbit? Uhm, una hobbit non è possibile, non ha i piedoni… è una nana per caso?”
Non mi offendo se qualcuno mi chiama hobbit o nana, anzi, ma è il tono di scherno con cui ha pronunciato queste parole che mi fa salire il sangue alla testa.
“Se credi di avermi offesa ti sbagli di grosso! È risaputo che gli hobbit e i nani siano cento volte meglio degli elfi spocchiosi!” grido arrabbiata e altezzosa.
Voglio proprio vedere se ha ancora il coraggio di sfottermi, adesso.
Il silenzio che segue mi inorgoglisce assai e mi inorgoglisce ancor di più sentire i nani sghignazzare soddisfatti.
Qualcuno mi dà un forte colpo sulla schiena, per poco non cadevo per terra. È stato Dwalin. “La ragazza mi piace!” commenta con risolutezza.
E tu piaci a me, vorrei rispondergli, ma sono troppo impegnata a cercare lo sguardo di Thorin. Voglio vedere la sua reazione. Mi sento felice non appena vedo che sta sorridendo divertito.
Gandalf sembra meno contento e Bilbo è arrossito fino alla radice dei capelli, probabilmente lusingato dal mio commento, ma poco convinto: lui adora gli elfi. Non che io li odi, però certi sono proprio insopportabili!
 
Queste possenti cascate mi fanno sentire veramente una nana. Chissà come deve sentirsi Bilbo! Egli, come sempre, è vicino a me e stiamo guardando insieme le meraviglie che sono capaci di costruire gli elfi.
“Secondo te sono stata un po’ troppo dura prima?” gli chiedo a bruciapelo.
Lui mi guarda smarrito. Non sa cosa rispondermi. Ha paura di offendermi dicendo quello che pensa veramente.
Ma che stia tranquillo: persino l’insulto più offensivo del mondo, uscito dalla sua bocca, è la cosa più dolce che si possa udire.
Lo hobbit si contorce le mani, gli occhi puntati su di esse. “Forse un pochino…” risponde evasivo. Rialza la testa. “Comunque pensi davvero che gli hobbit siano meglio degli elfi?”
Non appena lo guardo negli occhi, lui diventa rosso e china nuovamente il capo. “Voglio dire, loro sono abili combattenti, sono saggi, sanno costruire oggetti di rara bellezza e sono molto belli. Noi hobbit siamo una razza umile.”
Gli sorrido e gli rispondo: “Proprio nella vostra semplicità voi hobbit sapete essere magnifici. Non c’è bisogno di strafare per essere meravigliosi.”
Bilbo ricambia il sorriso.
Il nostro dolce momento viene interrotto da un suono rimbombante e insopportabile, il quale mi costringe a tapparmi le orecchie un'altra volta. La stessa cosa fa il mio piccolo amico.
Ben presto tutti noi ci voltiamo, attirati dal rumore degli zoccoli dei cavalli.
Ecco che arriva Elrond! Un elfo che mi sta simpatico, tanto di cappello.
Non ho neanche il tempo di sorridere che Thorin grida qualcosa d’incomprensibile come imlidbradishiabadù e io e Bilbo ci ritroviamo circondati dai nani, manco sti elfi fossero dei terroristi. Ma apprezzo la loro premura.
Gli elfi ci girano intorno con i loro cavalli.
Gandalf guarda i nani come se volesse dire loro: “State calmi, non vi faranno del male.”
“Gandalf.” Elrond, a cavallo, lo distrae dai suoi tentativi di calmare la Compagnia.
“Re Elrond” dice lui con voce amichevole.
Ora cominciano a parlare in ostrogoto e non capisco una mazza, mi ricordo soltanto che Elrond e i suoi stavano dando la caccia agli orchi, a sud.
“Strano per gli orchi avvicinarsi tanto ai nostri confini” commenta il mezzelfo. “Qualcosa, o qualcuno, li ha attirati.”
“Ah, magari siamo stati noi” risponde Gandalf indicandoci con il bastone.
A questo punto Thorin avanza lentamente verso Elrond, con un’ascia in mano, come se volesse dargliela per la testa. Al solo pensiero mi metto a ridere.
“Benvenuto Thorin, figlio di Thrain” lo saluta gentilmente il signore di Gran Burrone.
“Non penso che ci conosciamo” dice secco il nano.
L’educazione fatta a persona: uno ti dà il benvenuto e tu non gli rispondi grazie, sei molto gentile, naah, gli rispondi che non pensi di conoscerlo. Ovviamente.
“Tuo nonno aveva lo stesso portamento.” Il mezzelfo sta cercando di essere amichevole e di costruire un dialogo con Thorin, ma non ce la fa. Be’, non lo biasimo. “Conoscevo Thror quando regnava sotto la Montagna.”
“Ah sì? Non ti ha mai menzionato.”
Con questa si è aggiudicato il premio di Mister Gentilezza e il meglio deve ancora venire: non ha ancora mandato a fanculo Thranduil! Adesso è tra i primi dieci delle persone più scorbutiche di Arda, ma con quella bravata raggiunge il primo posto all’istante.
Elrond, sempre gli occhi incollati a quelli del suo interlocutore, dice una frase in elfico.
Sto per scoppiare a ridere perché Thorin continua a guardarlo con quello sguardo assassino, mentre sulla sua fronte potrebbe comparire questa frase: Non sto capendo una mazza di quello che stai dicendo
da un momento all'altro. Ma divento preda dell’ilarità non appena Gloin scatta: “Quello ci sta offrendo insulti!”
“No, mastro Gloin! Il re vi sta offrendo del cibo!” lo calma Gandalf, leggermente divertito.
I nani cominciano a confabulare fra di loro, poi il padre di Gimli dice: “Ah be’, allora facci strada.”
Che opportunista.
Lo amo.
 
La sala che hanno allestito gli elfi devo ammettere che è piuttosto carina. L’atmosfera è rilassante, con le candele e gli elfi femmina che suonano l’arpa e il flauto. Mi sembra di stare ad una fiera celtica. Sarebbe bellissimo se fosse notte ed io mi trovassi qui sola con Thorin. Purtroppo egli va a sedersi ad un altro tavolo, con Gandalf ed Elrond. Quest’ultimo sta parlando loro di Orcrist e di Glamdring.
Quanto mi piacerebbe stare seduta vicino a Thorin! Non che qui con gli altri nani mi stia annoiando. Ori si sta lamentando del cibo verde, Dwalin vuole la carne ed io non posso dargli torto. Non sono mai stata una grande amante delle verdure.
“Avete le patate fritte?” chiede supplichevole Ori.
“Sì infatti, le avete?” gli faccio eco.
Niente. Ci tocca mangiare il cibo verde.
Vaaa bieeene.
Per lo meno mi sto divertendo.
Kili ha fatto l’occhiolino ad un'elfa e Dwalin lo sta guardando malissimo. Così il giovane si affretta a precisare: “Non è che mi piacciano gli elfi femmina, sia chiaro, però quella non è male.” Si riferisce ad un elfo girato di schiena, un elfo dai lunghi e liscissimi capelli marroni, lisci effetto seta, come solo nelle pubblicità si vedono.
Dwalin si sporge verso di lui e sussurra trattenendo a stento una risata: “Non credo sia un elfo femmina.”
Infatti, quando si volta, rivela un volto maschile.
Kili rimane sconvolto mentre tutti noi scoppiamo a ridere. Io mi metto addirittura a dare pugni al tavolo. Che figura di merdor!
L’allegria finisce non appena Nori brontola che la musica degli elfi è troppo monotona. A me piace ma, in effetti, dopo un po’ rompe.
Salgo in piedi sul tavolo. “Nori ha ragione, e che diamine! Fate un po’ di Rock and roll!” Faccio finta di suonare una chitarra elettrica.
“Di cosa?!” esclamano in coro i nani, guardandomi confusi.
Torno a sedermi e rispondo, passandomi una mano sui ricci: “Niente, niente.”
“Bah! C’è solo una soluzione a tutto questo.” Bofur sale all’improvviso sul tavolo e comincia a cantare, attirando l’attenzione di tutti.
Sì, ci voleva un po’ di musica allegra. Sorrido e cingo le spalle a Fili e Kili, che sono seduti vicino a me.
Piano piano tutti i nani si uniscono al canto di Bofur e così faccio anch’io, anche se non conosco le parole.
Il più giovane comincia a lanciare cibo sulle statue degli elfi.
Uhm, sembra divertente.
Mi sa che gli darò una mano.
L’elfa a cui Kili aveva fatto l’occhiolino è inorridita. Godo nel vederla così, visto che mi sta un po’ sui cosiddetti. Un po’ tanto. Quasi quasi le lancio un pomodoro in testa. Ne prendo uno dall’insalata e prendo bene la mira. Lo lancio.
Per Durin! Doveva alzarsi proprio adesso?! L’ho mancata, accipicchia! Vabbè, forse è meglio così, credo di aver già causato abbastanza guai avendo chiamato gli elfi spocchiosi.
Ma quella tipa mi fa salire veramente il nazismo. Sono tentata di tentare di nuovo, se la becco farò finta di non averlo fatto apposta.
Semplice, no?
Però non credo sia il caso, piuttosto salgo anch’io sul tavolo e imito la danza di Bofur. Mentre faccio ciò noto che anche Thorin si è alzato e si trova proprio vicino al nostro tavolo. Senza neanche pensarci due volte, salto giù e lo raggiungo.
Il nano mi sta guardando avanzare e dal suo sguardo già capisco che mi caccerà via, ma vale la pena provare.
Mi appendo a lui e cerco di persuaderlo: “Su Thorin, vieni a ballare con me.”
“Non mi piace ballare.”
“Neanche a me, ma una volta ogni tanto perché no? Così, solo per divertirsi. Dai! Che ti costa? Solo un pochett…”
“Ti ho già detto di no. Basta!” mi interrompe spingendomi via, dopodiché se ne va a bersi la sua birra in santa pace.
Rimango a guardarlo interdetta. Sarà dura scioglierlo un po’, molto dura.
 
Finito il pasto gli elfi hanno insistito che ci facessimo un bagno, poiché i loro nasi sono troppo eleganti per odorare il nostro sudore. In effetti lavarci non potrebbe farci che bene, ne abbiamo passate di cotte e di crude.
I nani si stanno lavando nella fontana. Anch’io avrei voluto lavarmi lì con loro, se non altro per vedere Thorin nudo, ma naturalmente quei guastafeste mi hanno assegnato un bagno separato.
Devo dire che gli spocchiosi mi hanno trattata bene: il bagno è accogliente, la vasca calda e ci sono vari saponi profumati.
Visto che i miei vestiti erano sporchi, gli elfi me li hanno lavati e mi hanno assegnato un altro abito nel frattempo che la mia roba si asciuga.
Il vestito è molto carino, di colore verde. Sinceramente non sono molto sicura di volerlo indossare, nonostante sia innegabilmente grazioso: ho sempre detestato gli abiti femminili. Però mi sembra una buona occasione per fare colpo su Thorin, così lo indosserò senza fare storie.
All’improvviso il pomello della porta gira e sprofondo ancora di più nella vasca da bagno, domandandomi chi diavolo possa essere.
Le orecchie mi vanno in fiamme non appena vedo l’intruso.
Thorin sgrana gli occhi e diventa rosso quando mi vede nella vasca.
Che carino quando arrossisce! Non l’ho mai visto così.
Scudodiquercia abbassa la testa e dice confusamente: “Perdonami, pensavo che fosse vuoto, scusa, adesso vado via…”
Adesso vado via. Questa frase mi riporta alla realtà. Non può andarsene! Questa potrebbe essere la mia occasione!
Il nano sta per aprire la porta, ma io glielo impedirò.
Senza neanche accorgermene, scatto in piedi. “No!” urlo.
Lui si volta verso di me e, non appena mi vede, si copre gli occhi e borbotta: “Glenys, nel nome di Durin, copriti!”
Esco dalla vasca e vado da lui. Si sta ancora coprendo gli occhi, che dolce!
Gli prendo le mani e cerco di levargliele dal viso.
Lui oppone resistenza, dopodiché si volta verso la porta. “Ma che diamine fai?! Sei impazzita?!”
“Suvvia Thorin, prestami un po’ di attenzione!”
“Non voglio darti attenzioni.” Detto questo esce sbattendo la porta, facendomi sospirare per l’ennesima volta.
E pensare che ci sono uomini che darebbero oro solo per avere un paio di tette davanti; ebbene io gliele offro su un piatto d’argento e lui cosa fa? Ci sputa sopra! Possibile che l’unico uomo che mi interessi debba essere così difficile?!
 
Le ore passano, passano, passano e passano e Thorin è stato via tutto il tempo. Prima è andato con Bilbo, Balin e Gandalf a leggere le rune lunari con Elrond, ma adesso dove diamine è? Anche lo scassinatore è sparito. Immagino che stia passeggiando per Gran Burrone; mi farebbe piacere unirmi a lui, ma ormai è notte fonda e non ho voglia di andare a cercarlo, soltanto per una persona sarei disposta ad alzarmi, ma la suddetta persona non mi vuole tra i piedi.
E dunque eccomi qui, sdraiata su dei cuscini assieme ai nani, mentre fumo con loro la pipa. Fumare non mi è mai piaciuto, avevo provato un due o tre volte con gli amici, ma il risultato era stato disastroso, mi usciva il fumo persino dalle orecchie! Ma il Vecchio Tobia è diverso, è piacevole e per niente forte. Rilassa. In poche parole: me gusta.
Penso che questa sia stata la giornata più bella della mia vita, non mi sono mai divertita così tanto, era da tempo che non mi sentivo così. Ho incontrato delle persone con le quali riesco a non pensare a niente, delle persone con le quali ritorno bambina, delle persone che non mi criticano, con le quali posso essere me stessa e sentirmi libera.
Dwalin va matto per me, e anche Fili e Kili. Loro sono i nani con i quali sto di più, e anche Bofur. A proposito di lui…
Bombur sta seduto su un tavolo e il fratello pensa bene di lanciargli un biscotto. “Bombur, prendi!”
Sentiamo il tavolo scricchiolare, poi si rompe e il grosso nano cade a terra come un sacco di patate.
Tutti noi scoppiamo a ridere come matti e Bofur si rotola dalle risate.
Già, la giornata più bella della mia vita… manca soltanto una cosa…
All’improvviso smetto di ridere e divento cupa e pensierosa.
“Ehi, Glenys, che hai?” Kili mi dà una forte botta sulla schiena, senza smettere di ridere. Questa sarà l’ennesima che ricevo, se continuano così non arriverò a fine libro che sarò già a pezzi!
“Niente” rispondo incerta.
Che faccio? Lo vado a cercare o non lo vado a cercare? Opterei per la prima opzione, visto che non ce la faccio più a stare senza di lui. Ma non concluderò niente, tanto mi manderà via come al suo solito…
Da quando in qua mi arrendo così facilmente? E poi ho una voglia di Thorin indescrivibile, se tardo ancora un po’ morirò, me lo sento.
O la va o la spacca.
Mi alzo senza esitare e dico: “Ho bisogno di sgranchirmi un po’ le gambe.”
I nani ora non ridono più e li sento confabulare tra loro mentre mi allontano. Che abbiano capito dove sto andando?
 
“Thorin!” continuo a chiamarlo attraversando i corridoi di Gran Burrone, all’aperto. Guardo in qualche stanza ma non lo trovo. “Thorin Scudodiquercia!” insisto avanzando sempre di più.
Ho una voglia matta di stare con lui e non m’importa se poi mi caccerà via a calci nel sedere o mi squarterà con Orcrist, l’ho lasciato in pace per troppo tempo, stavolta non gli darò scampo. E poi non capita tutti i giorni di ritrovarsi nella Terra di Mezzo, voglio godermi questi momenti al massimo, probabilmente un’occasione del genere potrebbe non ripresentarmisi mai più. Oppure potrei non uscirne mai più…
All’improvviso mi assale una sensazione di ansia e paura… e se non dovessi mai più tornare a casa? Questo mondo mi piace, mi piace un sacco, però non so se sarei pronta ad abbandonare la mia famiglia e i miei amici, ad abbandonare la mia vita che, per quanto possa essere noiosa e ripetitiva, fa parte di me.
“Glenys.” Una voce rude interrompe i miei deliri mentali.
Mi fermo sul posto e il mio cuore fa un salto fino in gola.
Thorin…
La mia salvezza, il mio eroe, il mio principe azzurro delle favole… solo lui può consolarmi in un momento così. Ritrovo l’entusiasmo di prima e sorrido. Mi volto verso di lui. “Oh, ciao Thorin…” lo saluto, arrossendo fino alla cima dei capelli.
Lui si avvicina lentamente a me, barcollando leggermente. Sul volto ha dipinto un sorrisino che mi convince molto, probabilmente potrebbe accadere qualcosa di veramente piacevole. Beve un po’ di birra da un boccale, che successivamente butta giù dal balcone. Si asciuga la bocca con la manica della camicia e finalmente mi raggiunge.
Lo guardo negli occhi, senza smettere di sorridere. “Ti stavo cercando.”
“Ho sentito” dice con quella sua meravigliosa voce profonda. Mi scosta leggermente i capelli dall’orecchio sinistro e mi sussurra ad esso: “Lo sai? Questo lurido abito elfico non ti rende giustizia.”
C… cosa?! Lui mi ha appena fatto un complimento?! I miei occhi si spalancano da soli e non posso fare a meno di pensare di trovarmi in un sogno.
Sorrido fino a slogarmi la mascella, emozionata.
Sicuramente è ubriaco, non è da lui essere gentile con qualcuno. Ma che importanza ha? Almeno così fa il carino.
“Starei molto meglio nuda, eh? Tu che ne dici?” Mi sorprendo a chiedergli.
Thorin ridacchia leggermente. “Vieni qui.” Improvvisamente mi solleva di peso e mi mette sulla sua spalla.
Mi sono lasciata scappare un gridolino di sorpresa.
Uhm, questa situazione mi garba.
Sento chiaramente la sua mano sul mio fondoschiena, vorrei che questo momento non finisse mai e il meglio deve ancora arrivare.
Percorre i corridoi di Gran Burrone con me sulla spalla, mentre io ridacchio euforica attirando l’attenzione di tutti gli elfi seduti comodamente nelle loro sale. Non m’importa niente, l’importante è che non ci vedano gli altri della Compagnia, sarebbe piuttosto imbarazzante…
 
Thorin mi porta in un bosco qui vicino. Non appena siamo abbastanza lontani dalla dimora di Elrond, mi appoggia per terra contro un albero e si china dinanzi a me.
Non avrei mai immaginato così la mia prima volta, sicuramente non è romantica con un ubriaco che non sa neanche cosa sta facendo, ma io non sono mai stata una gran romanticona e l’importante è che stia per farlo con Thorin Scudodiquercia in persona. Non è giusto, però: mi sto approfittando della sua vulnerabilità in questo momento; ma chi se ne frega? Sarei una stupida a mandarlo via proprio ora che è sul punto di spogliarmi e farmi tante cose porche.
Le sue grosse mani ruvide corrono alla parte superiore del vestito, la quale ci mette poco per venire brutalmente strappata, facendomi restare in reggiseno. Sta per levarmi anche quello, ma vengo assalita da un attacco di ansia.
“Thorin.” Lo fermo con la voce. “Questa è la mia prima volta, quindi per favore sii delicato!”
È un po’ stupido trattare con un ubriaco. Più che stupido è impossibile.
Lui fa uno di quei sorrisini che mi fanno sciogliere. “Non ho alcuna intenzione di farti male, mia gemma.”
Oh, quant’è dolce! Dovrebbe essere ubriaco più spesso.
Prima mi sono lasciata prendere dall’entusiasmo e non ho pensato al fatto che fare sesso potrebbe farmi male. La prima volta è qualcosa che mi ha sempre spaventata, sono molto delicata.
“Se non ti senti pronta potremmo pur sempre rinunciare…”
“No!” scatto afferrandolo per il lembo della casacca. “No, cioè, sì, non mi sento pronta, però non voglio che tu vada via. Resta qui con me, mi accontenterò dei tuoi baci e delle tue carezze.” Gli prendo la mano e gliela poso sul mio seno.
Lui guarda incantato le mie tette, probabilmente non ne vede un paio da un’infinità di tempo, ultimamente ha avuto tante cose a cui pensare e non avrà trovato il tempo per una storia d’amore. Richard Armitage, in un’intervista, ha detto che se Tolkien fosse vivo gli piacerebbe chiedergli se Thorin avesse avuto una principessa prima che Smaug occupasse Erebor. Adesso mi sto chiedendo la stessa cosa.
Thorin comincia a baciarmi sensualmente il seno, usufruendo della lingua. Mi slaccia il reggiseno e lo butta chissà dove.
Rimango imbambolata a guardarlo con il sorriso stampato in faccia. Mi godo la sensazione delle sue labbra sulle mie parti intime.
Lui mi accarezza la gamba sinistra mentre, piano piano, giunge a baciarmi il collo.
Appoggio la testa contro l'albero, gemendo.
Mentre il nano mi bacia in bocca, io gli levo il mantello e gli sfilo la casacca. Appoggio le mani sul suo petto solido e muscoloso, mi sento ancora più piccola e fragile accanto a lui.
Se qualcuno mi avesse detto che il giorno dopo mi sarei ritrovata fra le braccia di Thorin e l’avrei baciato appassionatamente in bocca, gli avrei riso in faccia, eppure adesso sta accadendo e non m’importa di abbandonare tutto quello che ho costruito finora, voglio stare con lui, non voglio altro che lui. Solo ora mi rendo conto che il mio amore per lui non è una cotta adolescenziale, una semplice attrazione, un amore infantile e infondato. No. Lui mi fa scordar ogni timore e mi fa sentire protetta, felice.
A questo penso mentre l’osservo che mi mordicchia le tette.
“Sono proprio come le sue…” Lo sento mormorare con le labbra sul mio seno.
La magia finisce. Mi sento sprofondare nel terreno e spero con tutto il mio cuore di aver udito male.
Sono proprio come le sue… Le sue di chi?! Impressionante: sono appena entrata nella Terra di Mezzo, non mi sono ancora messa con Thorin e già faccio la fidanzatina gelosa.
“Gwarka…” sussurra estasiato, senza levarsi dalle mie bocce.
Sono sempre più furiosa. Chi. Diavolo. È. Questa. Gwarka?!
Sento quasi il fumo uscirmi dalle orecchie, giuro! Pensavo che Thorin fosse un uomo più serio, invece è come tutti gli altri e fa il doppiogiochista.
La mia favola si è infranta.
“Fuoco…” geme sul mio corpo.
Apro bene le orecchie e ascolto ancora un po’. Forse sono in errore, e poi sono troppo curiosa adesso, voglio sapere cos’altro ha da dire.
“Il tuo bellissimo corpo… bruciava… i tuoi occhi, i tuoi capelli… tutto in fiamme!” Comincia a singhiozzare un po’ e non bisogna essere geni per capire che sta piangendo.
I sensi di colpa cominciano a farsi sentire in me.
Ora il futuro sovrano di Erebor sta proprio piangendo disperato, senza levare il naso dal mio seno. È in preda ai singulti e mi ricorda tanto un bambino dolcissimo, vorrei consolarlo, stringerlo a me, ma sono bloccata dal dolore. Sto male nel vederlo così. È straziante.
“Smaug si è portato via il mio cuore! Me l’ha lacerato! Me l’ha distrutto e ora io lo rivoglio! Oh, Gwarka, mia dolce Gwarka, mi manchi tanto…” singhiozza.
Sono una stupida! Se esistessero dei premi per la stupidità, io li vincerei tutti. Gwarka era la fidanzata di Thorin, quella che aveva prima che il drago si stanziasse nella Montagna Solitaria.
Thorin mi fa compassione in queste condizioni e mi accorgo di un lato di lui che prendevo sempre poco in considerazione: un lato fragile e bisognoso di affetto. Questo povero nano ne ha passate di cotte e di crude ed io ho intenzione di rallegrargli la vita.
“Tu,” dice sommessamente, alzando il viso verso di me, “le somigli molto.”
Lo guardo stupita.
Sorride divertito. “Anche lei parlava ininterrottamente e bisognava fare miracoli per zittirla un po’.” Il suo tono si rattristisce di nuovo. “Era bellissima, come te…” Mi accarezza il volto. “E tu non hai idea di quanto ti sia grato.”
“Grato?” gli chiedo sempre più confusa. “E di cosa?”
“Per essere entrata nella mia vita” risponde, trattenendo le lacrime. Riprende ad accarezzarmi la guancia. “Tu non hai idea di quanto abbia bisogno di una donna che me la renda più dolce.”
 



 

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Capitolo 5
*** Giornata stressante tra lavata di capo, canzoncine indecenti e nausea ***


I raggi solari mi accarezzano il viso e gli uccellini cantano allegri. Si profila una bella mattinata.
Sarebbe un risveglio perfetto se solo non mi sentissi il collo così dolorante. Cambio posizione, ma continua a dolermi tutto, anche la schiena.
Ma che razza di letto mi hanno dato?! Lo sapevo che c’era un trucco!
Tuttavia ho dormito bene e profondamente, ho fatto un sogno bellissimo: ho sognato che Thorin era ubriaco e che mi portava in un bosco, poi cominciava a spogliarmi e a baciarmi su tutto il corpo e…
Il mio cuore comincia a battere all’impazzata.
Non era un sogno!
Apro gli occhi di scatto e vedo il nano che dorme con la faccia schiacciata sul mio petto, mentre io ho le mani posate sulla sua schiena. Per terra, poco lontano da me, c'è il mio reggiseno. Fortuna che qui è estate, se no che freddo dormire in queste condizioni!
Abbasso lo sguardo su Thorin. Sorrido. Quando dorme così sembra un bambino. Gli accarezzo i capelli, godendomelo così buono e tranquillo finché posso, perché so per certo che saranno cavoli amari quando si sveglierà. Cosa gli dirò a quel punto?
Mi domando perché mi preoccupi tanto, del resto non è stata colpa mia: è stato lui ad essersi ubriacato e ad avermi spogliata, però io l’ho lasciato fare. Non c’è problema, gli dirò che ho opposto resistenza, ma che lui mi ha baciata e mi ha strappato il vestito contro la mia volontà.
Anche se dubito che mi crederà…
Porca vacca! Sono in guai grossi fino al collo!
L’unica cosa che mi resta da fare è tornare dagli altri prima che si svegli, lo affronterò dopo, ora farò finta di niente.
Molto lentamente me lo levo di dosso e faccio per andare a raccogliere il reggiseno, ma lui subito si muove e avverto i crampi allo stomaco.
Dio ti prego, fa' che non si svegli!
“Ma che cosa… ?” Lo sento borbottare.
Cerco di andarmene velocemente, ma lui alza subito il capo verso di me e mi sento come se fossi inchiodata all’albero.
Non appena quegli occhi glaciali si incollano ai miei, intendo di non avere più alcuna via di fuga.
Lo guardo paralizzata dalla paura.
“Glenys,” comincia lui, più confuso che arrabbiato, “che… che…” Le parole gli muoiono in bocca non appena si accorge di essere a pochi centimetri dal mio seno, che è scoperto.
Chiudo gli occhi, aspettando il colpo.
Morte imminente e sadica fra tre, due, uno…
“Per Durin!” ringhia furioso.
Apro un occhio e lo vedo alzarsi velocemente. Mi rivolge un’occhiata di rimprovero e mi spingo contro l’albero.
Prima che lui possa dirmi qualcosa, metto le mani avanti e dico: “Io non ho fatto niente! Hai fatto tutto tu!”
I suoi occhi si riducono a due fessure e rimane ancora un attimo zitto.
Non mi piace questo silenzio, sa tanto di quiete prima della tempesta.
“E ti aspetti che io ti creda?!” grida infatti.
Mi sono spinta ancora di più contro l’albero e mi è apparso che all’ira del nano la terra sia tremata e gli uccelli siano volati via dagli alberi e dai tetti delle case, da quelle della Terra di Mezzo a quelle del mio mondo.
Thorin si mette una mano sulla fronte. “Per quanto mi sforzi non riesco a ricordare niente di quello che è successo ieri sera, mi ricordo soltanto delle rune lunari. Poi… il vuoto.” Alza lentamente la testa verso di me e ho di nuovo a che fare con lo sguardo assassino. “Che cosa mi hai fatto?” sibila.
Spalanco gli occhi e mi indico con un’aria da innocente. “Io?”
Si avvicina pericolosamente a me e non riesco ad indietreggiare più di così. Mi afferra per le spalle e sbraita: “CHE COSA MI HAI FATTO?! MALEDETTA!”
“Shhh!” Mi metto un dito davanti alla bocca.
Lui, sempre arrabbiato, mi guarda un po’ interrogativo.
Gli indico il palazzo di Gran Burrone. “Così svegli questa brava gente.”
Thorin non ha affatto voglia di scherzare. Quando ce l’ha? Stringe la presa sulle mie spalle e avvicina il suo viso al mio.
Sento il suo fiato caldo sul mio collo e mi eccito, anche se molto probabilmente vuole farmi a pezzi.
“Prega che gli altri non ci abbiano visti” sussurra bieco.
“Oh be’, quello lo spero anch’io, sarebbe piuttosto imbarazzante, non trovi?” ridacchio.
Lui aggrotta ancora di più la fronte e il sorriso sparisce piano piano dal mio viso. Non è il caso di mettersi a scherzare quando è così furibondo, eppure mi viene da ridere.
Oddio, ora che faccio? Se gli ridessi in faccia peggiorerei la situazione.
Tossisco, cercando di celare una risata.
Perché continua a guardarmi in quel modo? Non ce la faccio più! Sto per scoppiare e ora mi è tornata la voglia di saltargli addosso e di riempirlo di baci.
“Copriti e torna immediatamente dagli altri e non dire niente di quello che è successo tra noi stanotte. Nel caso qualcuno ci abbia visti mi vendicherò, stanne certa. Io non dimentico.” Si alza e si rimette la casacca e il mantello.
Non me lo faccio ripetere due volte e afferro il reggiseno. Me lo metto velocemente e scappo via, cercando di coprirmi come posso con il vestito strappato.
Spero che nessuno della Compagnia ci abbia visti, non solo perché non riuscirei più guardarli negli occhi per l’imbarazzo, ma anche perché temerei la vendetta di Thorin. Quel nano quando si vendica lo fa con i controcazzi. Poi non ci sarebbe più alcuna possibilità tra noi ed ero appena riuscita ad ammorbidirlo giusto un po’.
 
Gli altri stanno ancora dormendo, per fortuna. Furtivamente torno nella mia camera da letto e mi sdraio. Rimango a guardare il soffitto. Mi piace questa stanza, è luminosa; vivere a Gran Burrone non dev’essere male, mi dà allegria questo posto e ho come l’impressione che qui splenda sempre il sole.
La schiena continua a dolermi e non ho voglia di alzarmi, però dovrei farmi un bel bagno: ho dormito per terra e la faccenda di Thorin deve avermi eccitata talmente tanto che probabilmente sono sudata come un muflone. In effetti è così. Credo proprio che mi darò una bella lavata.
Sbuffando mi alzo dal letto e mi dirigo verso la vasca da bagno. Quando giungo dinanzi allo specchio noto di avere dei segni rossi sul collo. Ottimo Thorin. Le prove del delitto. Spero proprio che gli altri non ci facciano caso oggi.
Mi rilasso non appena entro in contatto con l’acqua calda, se fosse per me resterei qui un bel po’, ma devo tenermi pronta che quelli non se la svignino senza di me; dopo quello che è successo ieri notte credo proprio che Thorin non veda l’ora di abbandonarmi qui sola soletta.
A proposito di 'andarsene da qui', mi è sorto un amletico dubbio: quanto hanno intenzione di restare i nani qui? Nel film se ne andavano subito, con il Dì di Durin che incombeva su di loro, ma anche nel libro il tempo non era dalla loro parte, eppure a Forraspaccata sostarono almeno quattordici giorni. Spero che in questo caso i fatti seguano il romanzo di Tolkien, così ho più tempo per riposarmi, per divertirmi con Thorin e per pensare a come farò a seguirli quando lasceranno Gran Burrone, oppure potrei pur sempre far cambiare loro idea.
Non appena mi sono asciugata il corpo e i capelli, indosso i miei abiti preferiti, quelli che avevo quando mi sono risvegliata nella Terra di Mezzo. Devono essersi asciugati durante la notte e gli elfi me li hanno lasciati ben piegati sul letto. Sanno di rose. Li indosso ed esco, sperando che gli altri siano già svegli.
 
Trovo i nani, a parte Thorin, seduti all’aperto. Bilbo è assieme a loro e stanno mangiando.
Sorrido a trentadue denti e faccio loro un cenno di saluto. “Ehi!” grido.
Le loro teste si voltano verso di me. Nonostante siano lontani, riesco a vedere che stanno sorridendo.
Non appena li raggiungo, Kili mi dice entusiasta: “Buongiorno Glenys! Unisciti a noi!”
Mi siedo accanto a lui e a Bilbo, osservando quello che stanno mangiando. “Che cos’è?”
“Lembas. Pane elfico” mi risponde il nano più giovane, parlando con la bocca piena. Esamina il pane. “Ti dirò, non è male.”
“Bah.” Dwalin si alza all’improvviso. “Robaccia elfica, piuttosto muoio di fame.”
“Assaggia.” Kili mi mette davanti il suo pane, è tutto mangiucchiato.
Indietreggio leggermente e faccio una smorfia. “No grazie, non mi va, non mangio mai di mattina.”
I nani mi guardano come se avessi appena insultato Mahal, mentre a Bilbo cade il pane per terra.
Che c’è? È talmente strano il fatto che la mattina mi senta lo stomaco chiuso? Che Bilbo ci sia rimasto di sasso lo posso capire, è uno hobbit! Quelli consumano due colazioni e mi domando come facciano.
“Be’ dovresti” dice Bilbo con la sua vocetta stridula. “La colazione è importante.”
“Lo so ma io non la faccio mai.” Spero che non vadano avanti con sta storia, già c’è mia mamma che rompe sempre che non faccio mai colazione… Se la faccio vomito, a loro la scelta!
“Non esiste, mangia qualcosa.” Dwalin mi porge la ciotola col pane dentro.
“No veramente, sto bene, grazie…” Metto le mani avanti.
“Un pezzo almeno, guarda che è buono” insiste Kili mettendomi davanti il pane elfico.
“Dwalin, Kili, non insistete, se non se la sente non è giusto costringerla” dice saggiamente Balin.
Finalmente qualcuno che mi capisce! Però in effetti, un pezzetto piccolo piccolo, potrei anche mangiarlo. Andare nella Terra di Mezzo e non assaggiare il Lembas è come andare in Spagna e non assaggiare la Paella, è come andare in Francia e non mangiare la Crespella, è come andare in Italia e non mangiare la Pizza. Ok, credo di aver reso l’idea. Devo godermi questo mondo al massimo, non sono in molti ad andarci e probabilmente, una volta tornata a casa, la Terra di Mezzo la vedrò solo in fotografia.
Così addento un piccolo pezzo, lo mastico e mando giù. Kili aveva ragione, non è niente male, sa un po’ di muffin.
“Avevi ragione Kili, non è affatto male” commento convinta.
Il nano sorride soddisfatto, felice di avere ragione.
“Sicura che non ne vuoi ancora?” mi chiede Bilbo, apprensivo come solo le nonne sanno essere per quanto riguarda il cibo.
Sorrido. “Ma sì Bilbo, ti giuro. Stai tranquillo.”
Kili si appoggia con la schiena a suo fratello, guarda il cielo e sbuffa. “Mi sto annoiando.”
“Cantiamo un po’?” propone Fili. “Avanti Bofur, tira fuori il flauto.”
“Naah. Non ho voglia di suonare.” Bofur si alza e si stiracchia un po’. “Mi andrebbe di fare un quattro passi, chi viene con me?”
Tutti i nani accolgono con entusiasmo l’idea di Bofur e lo seguono, Bilbo compreso, solo Fili e Kili rimangono seduti per terra.
Sto per seguire gli altri, ma la voce di Kili mi ferma: “Glenys, resta un po’ qui con noi.” Mi fa cenno di sedermi accanto a lui.
Rimango indecisa sul da farsi. Bilbo mi sta guardando con un punto interrogativo, in attesa di sentire la mia decisione.
Alla fine mi decido e dico allo hobbit: “Faccio un po’ di compagnia a Fili e Kili, tu segui pure gli altri se vuoi.”
Egli mi sorride e balbetta un ci vediamo dopo e se ne va.
Non appena mi siedo accanto a Kili, chiedo con entusiasmo: “Dunque volete cantare un po’?”
“Sì, non sarebbe male. Conosco una canzone abbastanza carina che magari…”
“Se permettete avrei io una canzone da cantare, una canzone veramente spassosa che vorrei insegnarvi, poi la cantiamo tutti insieme” lo interrompo con il sorriso stampato in faccia. Era da ieri pomeriggio che volevo cantarla.
I due fratelli mi guardano curiosi.
Mi schiarisco la voce, poi comincio a canticchiare trattenendo a stento una risata: “Ollellè ollallà, faccela vedè, faccela toccà. Lo vedi come sei? Lo vedi come fai? Agli altri gliela dai e a me non la dai mai.”
Fili e Kili rimangono un attimo in silenzio, poi si guardano negli occhi e scoppiano a ridere.
Sorrido fiera. “È carina, è vero?”
Non mi rispondono, si stanno strozzando dalle risate.
“L’avete capita, no?” Faccio loro l’occhiolino.
Loro due ridacchiano un , poi Kili si fa avanti euforico e chiede tra le risate: “Allora, com’era? Ollallà, ullellè?”
“Ollallà, ullellè?!” lo prende in giro Fili, dandogli un colpetto.
“No, no.” Scuoto la testa, ridendo; successivamente mi alzo in piedi e comincio: “Era ollellè, ollallà.”
Insegno ai due nani questa canzoncina stupida, sentendomi come un maestro che dirige l’orchestra.
Mi sto divertendo con loro due, sbagliano di continuo e poi cominciano a ridere come due scemi, contagiandomi.
Quando imparano la canzone, la cantano insieme ed io mi unisco a loro.
Kili si è alzato e sta improvvisando un balletto strano.
Smetto all’istante di cantare non appena vedo Thorin dietro ai due fratelli.
Il nano più giovane continua a cantare e a ballare, mentre io e Fili gli facciamo cenno di smetterla, che suo zio è dietro di lui.
“Lo vedi come sei? Lo vedi come fai? Agli altri gliela dai e a me non la dai mai.” Cantando questi ultimi pezzi, Kili si è voltato e si è ritrovato lo sguardo minaccioso di Thorin a un soffio dal suo viso.
Io e Fili indietreggiamo, preparandoci al peggio.
L’espressione di Kili, da allegra, è diventata spaventata e sorpresa. Balbetta qualcosa d’incomprensibile, facendo qualche passo indietro.
La scena è piuttosto comica, la faccia che ha fatto Kili è epica! Sembra che abbia visto un fantasma, ma mi trattengo: se mi mettessi a ridere Thorin prenderebbe di mira me, ora.
“Cos’è questa novità? Ora cominciate a cantare oscenità? Non mi sembra che io e vostra madre vi abbiamo insegnato certe cose.”
I due giovani nani chinano il capo, come fanno i bambini quando vengono ripresi da un adulto.
Improvvisamente gli occhi glaciali del Principe dei Nani si incollano su di me e mi sento come se fossi stata appena colpita da un fulmine.
Mi sa che mi tocca sorbire una ramanzina, non faccio altro che dare noie al mio amore, cercherò di comportarmi meglio, se no mai più mi accetterà nella Compagnia.
Il nobile nano si avvicina a me con passi pesanti, sempre con quella sua aria da macho.
Mentre lo guardo avanzare verso di me, mi sento andare a fuoco.
Non appena il suo viso è a pochi centimetri dal mio, mi dice severo: “E vedi anche tu di moderare un po’ il linguaggio, signorinella. Non è bello udire una damigella graziosa come te dire certe cose.”
Ha detto che sono graziosa? Sento le farfalle nello stomaco e le mie orecchie sono in fiamme.
Lui non mi sta sorridendo, è serio e anche arrabbiato. Non voleva farmi un complimento, voleva solo sgridarmi. Ma ciò non toglie che ha detto che sono graziosa ed io non me lo dimenticherò mai.
Continua a fissarmi bieco e io non so cosa dire, mi viene da sorridere perché sono emozionata, ma non mi conviene farlo, se no penserebbe che lo stia prendendo in giro. Ma non riesco a controllare le mie labbra e un sorriso si fa strada nel mio viso, mentre divento sempre più rossa. “Veramente sono graziosa?” gli chiedo.
Lui si volta e si allontana. “Quando canti queste canzoni, no” risponde secco.
Il mio stomaco si rilassa e piano piano il caldo se ne va. Respiro.
Proprio quando il calore sembra essersene andato, ecco che quel dannato gran bel pezzo di quercia si gira nuovamente verso di me e mi sento bruciare dappertutto.
Anche Fili e Kili si sono irrigiditi.
Gli occhi azzurri del nano si posano lentamente sui due nipoti. “Fatemi vergognare un’altra volta di voi e vi lascio qui. Vi ricordo che io non vi volevo in questa Compagnia, siete voi che avete insistito a venire.” Detto questo se ne va.
Io e i due giovani nani rilassiamo i muscoli.
Il mio cuore riprende a battere.
Sospiro.
È andata meglio di quanto pensassi.
Non appena Thorin è lontano, io, Fili e Kili scoppiamo a ridere insieme. Mi avvicino a loro e ci abbracciamo, ridendo come pazzi.
Bravo Kili, ti sei guadagnato un’altra figura di…
Non appena l’ilarità cessa, il nano più giovane dei due mi chiede sorridendo: “Dicci un po’, ma veramente ti piace nostro zio?”
A questa domanda sorrido di più e divento rossa. “Dire che mi piace è poco, io sono lessa di lui!” rispondo sognante, pensando al suo sorriso, ai suoi occhi e alla sua voce baritonale, così maschile. È l’uomo più virile che io abbia mai visto.
Fili e suo fratello si guardano vittoriosi, poi scoppiano a ridere e cominciano a saltellare come due ragazzine in calore che hanno appena visto il loro idolo. Come reagirei io se vedessi Richard Armitage, per intenderci.
“Ah ah! Lo sapevamo! Lo sapevamo!” squittiscono.
Ammetto che sto cominciando a dubitare della loro eterosessualità.
Che pettegole… scuoto la testa facendo un mezzo sorriso, mentre tengo le braccia incrociate.
Come farò a mollarli quando mi sveglierò?
Caccio subito via questo pensiero dalla mia testa. Mi ero giurata di non pensarci più.
“Sai? Ti vedremmo bene con nostro zio” mi dice a bruciapelo Kili, una volta che lui e suo fratello maggiore si sono ripresi.
Lo guardo stupita. Sorrido. “Davvero? Perché?” gli chiedo curiosa.
“Be’, sei sempre allegra, sorridente…”
“Sei spassosa” lo interrompe Fili. “Nostro zio ha bisogno di una compagna come te, una compagna che lo aiuti a sorridere un po’.”
“Sì infatti, è sempre così serioso!” sbuffa Kili.
Ridacchio lusingata, abbassando lo sguardo. Mi gratto la nuca. “Be’, non bisogna biasimarlo per la sua serietà, ne ha passate di crotte e di crude, mi sembra di capire.”
“Lo so, ma sorridere un po’ non gli farebbe male, qualche volta.”
“Avreste dei consigli per me? Per aiutarmi a conquistare Thorin.”
Loro due si guardano con un sorrisetto strano in volto. So che si divertiranno. Dopodiché, i loro sguardi, si voltano insieme verso di me. Hanno un sorriso sibillino stampato in faccia.
Mi domando cosa vogliano fare.
Si avvicinano a me e mi cingono le spalle, costringendomi a seguirli.
Ma fanno sempre le cose in modo sincronico? Sembrano Cip e Ciop... anzi, sapete chi mi ricordano? Pinco Panco e Panco Pinco, quelli di Alice in Wonderland, solo in versione sexy.
“Seguici Glenys, ci sono tante cose che devi sapere su nostro zio” mi dice Fili.
Sono tutto orecchi.
“Intanto per stasera ti faremo ancora più bella di quanto tu non lo sia già, zio Thorin non riuscirà a levare gli occhi da te.”
“Grazie ragazzi, siete fantastici” dico sorridendo.
“Per prima cosa c’è un dettaglio molto importante che devi sapere,” comincia Kili, insolitamente serio, “a Thorin non piacciono quelle che gli saltano addosso e che gli stanno appiccicate tutto il tempo. Ce ne sono state sempre troppe di donne così e non solo nane, anche umane! Non le sopporta, quindi se fossi in te eviterei di seccarlo troppo.”
“Va bene, ci proverò… è che quando lo vedo mi emoziono! Non riesco proprio a trattenermi” gli spiego gesticolando, mentre percorriamo i corridoi di Gran Burrone e la luce fa irruzione qua dentro.
“Bene, vedi di trattenerti allora” mi consiglia bonariamente il nano biondo. “A lui piacciono quelle… timide.”
“Timide?”
“Sì. Quelle che non riescono neanche a guardarlo negli occhi e che arrossiscono non appena lui le sorride o rivolge loro un gesto galante. Quelle che, quando devono rivolgergli la parola, balbettano.”
“Verissimo” conferma Kili, annuendo.
Lo guardo.
“Le femmine così innocenti e gentili non riesce a trattarle male neanche volendo.”
Se l’avessi saputo prima mi sarei trattenuta. Ho iniziato male. Ma c’è ancora la possibilità di rimediare, ce la metterò tutta.
 
Fili e Kili hanno sgraffignato un abito elfico molto elegante, semplice, bianco e leggero. Ha una scollatura ampia nel petto e le maniche lunghe lunghe lunghe. Mi ricorda un po’ quello di Arwen e di Eowyn.
Mi guardo allo specchio e penso che l’abito mi stia bene, si adatta perfettamente alle mie forme e, per la prima volta, non mi sento a disagio in un abito femminile. Sono sempre stata un maschiaccio, i vestiti da donna non mi sono mai piaciuti e indossarli non mi avrebbe mai fatta sentire a mio agio. Però, al pensiero della faccia che farà Thorin quando mi vedrà, mi sento da Dio.
Sorrido contemplandomi allo specchio. “Grazie ragazzi, ne avete scelto uno proprio bello, avete gusto.”
“Stai benissimo” mi dice Fili, avvicinandosi. Mi prende il braccio sinistro.
“Non vedo l’ora di vedere la faccia che farà lo zio quando ti vedrà!” esclama entusiasta Kili prendendomi l’altro braccio.
Anch’io non vedo l’ora, penso mentre esco dalla stanza con i due nani, per andare a cena.
 
La giornata è volata via con Fili e Kili, mi piace stare con quei due. Per tutto il tempo non hanno fatto altro che rubare vestiti nelle varie stanze degli elfi e farmeli provare, mi sembrava di stare facendo shopping con le amiche, solo che in questo caso è stato divertente. Insomma: sono nella Terra di Mezzo, ho passato la giornata con Fili e Kili e ho provato abiti su abiti con il fine di fare colpo su Thorin. Come avrei potuto non divertirmi?
Non appena mettiamo piede nella sala all’aperto dove consumiamo i pasti, il mio cuore accelera. Mi guardo intorno in cerca di Thorin, ma non lo trovo. Peccato, perché vorrei tanto sedermi accanto a lui.
Improvvisamente qualcuno mi attira verso di sé e mi prende a braccetto. Sicuramente è Kili, di solito è lui che ha questi modi molto confidenziali.
Quando sposto la testa a destra trattengo un gridolino di eccitazione: è Thorin!
“Tu questa sera ceni vicino a me, così posso tenerti d’occhio” mi sussurra all’orecchio, severo.
Ma, dico, deve sempre, per forza fare quel tono sexy con quella voce baritonale che si ritrova?! Così mi manda in fibrillazione!
Balbetto un va bene, mentre mi accompagna al tavolo dove sono seduti Gandalf ed Elrond. Sono in buona compagnia, entrambi mi stanno simpatici.
In questo momento io e Thorin sembriamo due sposini in una sala reale: io vestita elegante, lui che mi tiene a braccetto… il tutto è eccitante.
Non appena giungiamo dinanzi alla tavola, il nano sposta una sedia per sedersi, io mi siedo in quella accanto alla sua.
“Che stai facendo?!” sbraita lui, facendomi sussultare.
Che ho fatto adesso?!
Lo guardo smarrita e, prima che possa dire una sola parola, lui indica con il capo la sedia che ha spostato, dopodiché il suo sguardo si riposa su di me. “Questa sedia è per te.”
Oh, che carino! Voleva farmi accomodare!
Ridacchio imbarazzata e mi siedo sulla sedia che mi ha indicato Thorin, dicendo: “Scusa, non avevo capito.”
Lui non mi sorride e si siede pesantemente.
Mi irrigidisco.
Incacchiato nero…
Cerco di non incontrare i suoi occhi, ho paura che mi ammazzi. Così comincio a guardarmi intorno, mentre tengo le mani sotto il sedere e dondolo un po’ le gambe, come faccio ogni volta che sto seduta.
Non appena incrocio lo sguardo di Fili e Kili, loro mi sorridono rassicuranti. Ricambio il sorriso.
“Cosa sta succedendo?” La bellissima voce di Thorin… sarebbe ancora più bella se non avesse quella nota di nervosismo.
Il mio sorriso mi muore nel volto e lo guardo con l’espressione più innocente possibile.
“Come mai quello sguardo complice? Che avete combinato?” Non mi dà neanche il tempo per difendermi.
“N… niente, lo giuro.”
“Lo spero, per te” sbotta. Dopo avermi rivolto un altro sguardo minaccioso, torna a concentrarsi sul suo piatto.
Ho capito: non potrò rivolgergli la parola per tutto il resto della serata… Anche perché lui mi sembra piuttosto indaffarato, sta parlando tutto il tempo con Gandalf ed Elrond di orchi, del viaggio, della Montagna e penso che si irriterebbe non poco se lo interrompessi.
Continuo a dondolare le gambe sotto al tavolo e sbuffo guardando il soffitto. Spero che questa serata passi presto, credo che mi stia anche venendo un po’ di mal di testa. Fantastico. L’anemia esiste anche nella Terra di Mezzo.
 
Le mie aspettative sono state deluse. Thorin non mi ha rivolto la parola, il cibo era scarso e il mal di testa è aumentato sempre di più.
Non ho fatto altro che sbuffare per tutta la serata e guardare il tavolo dei nani, malinconica, pensando a quanto sarebbe stato bello trovarsi lì con loro.
Adesso mi trovo davanti alla porta della “mia” stanza, con Thorin. No, non mi ha accompagnata in camera, no, non vuole passare un po’ di tempo con me, vuole solo sgridarmi.
“Per evitare situazioni sgradevoli come la scorsa notte, rimarrai chiusa a chiave in camera tua e, tanto per informarti, le chiavi le terrò io” mi dice secco, sventolandomi davanti agli occhi le suddette chiavi.
Lo sto ascoltando senza emozione, so soltanto che sono stanca morta e stufa delle sue paranoie. “Hai paura che ti venga a stuprare durante la notte?” gli chiedo fredda. La mia lingua è stata più veloce della testa, sono troppo stanca per pensare alle conseguenze delle mie parole.
Egli corruga la fronte, successivamente apre la porta della stanza e mi spinge dentro. “Va’ a dormire.”
“Aspetta!” dico voltandomi verso di lui.
“Non gridare!” sussurra irritato.
Magari mi dessero un euro ogni volta che me lo sento dire…
“E se dovessi uscire durante la notte? Che so io, magari per un’emergenza, o per fare i miei bisogni quando la natura chiama…”
“Farò da guardia davanti alla porta della stanza, se hai bisogno di qualcosa dimmi, tanto non dormo. In ogni caso c’è un vaso da notte vicino al letto.”
Farla in un vaso da notte? Che schifo.
Ma non mi va di discutere, non avrebbe senso, tanto le ha sempre vinte lui.
“Buonanotte Thorin. ” Mi avvicino al suo viso con l’intento di dargli un bacio sulla guancia, ma lui si scosta diffidente.
“Buonanotte” ringhia, poi mi chiude la porta in faccia, sbattendola.
E menomale che io non dovevo gridare…
 
Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette… Bah! Non ha mai funzionato contare le pecore. A questo penso rigirandomi un’altra volta nel letto, stufa.
Non riesco ad addormentarmi, un po’ per paura dell’indomani, ho paura che i nani partano senza di me da un momento all’altro e un po’ per il mal di testa. Non se n’è ancora andato, anzi, è peggiorato. Credo di avere anche un po’ di nausea.
Mi metto seduta sul letto e cerco di capire se devo vomitare o meno. La testa rimbomba di più a causa dello spostamento. Stringo gli occhi, mentre sento il cibo salire su.
Meglio se vomito, almeno dopo starò meglio.
Però che cavolo! Era da tanto che non stavo così male, dovevo proprio ammalarmi nella Terra di Mezzo?!
Niente, non ho vomitato. Ma la nausea non se ne va, è sempre peggio.
Con uno sforzo immane, afferro il vaso da notte accanto al letto e lo tengo sulla pancia.
Forse sarebbe il caso di dire a Thorin che sto male, così almeno non sarò sola e abbandonata a me stessa in queste condizioni. Tra l’altro la compagnia di quel nano non mi dispiace, ho un’altra occasione per stare con lui e, chissà, forse in questo stato gli farò pena e sarà dolce con me.
Ho deciso. Lo chiamo. Anche perché non ce la faccio più, sento che questa è la volta buona.
“Thorin” dico il più velocemente possibile.
Sento il suo grugnito dietro alla porta. In condizioni normali il suo borbottio mi avrebbe eccitata, ma in questo momento sto da incubo per avere pensieri erotici su di lui.
“Mi…” Un altro conato di vomito. “Mi viene da vomitare!”
L’ultima parola l’ho pronunciata rapidamente, visto che il cibo è risalito su con una velocità impressionante. Infatti adesso sono china sul vaso da notte a vomitare anche l’anima.
Che sensazione orribile, almeno il mal di testa è diminuito.
Sento dei passi affrettarsi verso di me. Prima di rendermene conto, Thorin tira i miei capelli indietro e mi accarezza un po’ la guancia.
Mi sussurra parole rassicuranti, ma io non riesco ad udirlo.
Mi sento uno straccio, per fortuna non ho bevuto. Credo che non mi ubriacherò mai in vita mia, ora ne sono ancora più sicura.
Egli continua ad accarezzarmi e a parlarmi. Quant’è dolce! Ora mi piace ancora di più, è una brava persona.
Quando penso che l’incubo sia finalmente finito, ecco che devo vomitare ancora.
Ho buttato fuori di tutto, sto praticamente sputando aria.
Thorin sfrega il suo dito sotto al mio occhio, dovrebbe essere una specie di carezza, mentre il suo anello mi graffia leggermente. “Povera stella” mormora con uno sbuffo divertito.
Se non stessi così male, il nome con cui mi ha chiamata, mi avrebbe fatto piacere.
Continuo a sentire lo stomaco sotto sopra e tutto mi sale su, il punto è che non ho più niente da vomitare.
Respiro a fondo e cerco di capire come mi sento. Il mal di testa è un po’ passato, tossisco per verificare e, in effetti, sento appena un po’ di fastidio.
“Come ti senti?” mi chiede Thorin, apprensivo solo come un padre sa essere, spostandomi delicatamente i capelli dalla faccia e mettendomeli dietro alle orecchie. Di solito mi dà fastidio quando la gente mi tocca i capelli, specialmente quando me li mette dove io non li metto mai, ma non ho il coraggio di farlo notare a lui, a lui a cui bisogna sempre obbedire. In secondo luogo mi sembrerebbe una cosa maleducata dirgli di non toccarmi i ricci, soprattutto dopo che è stato così gentile con me.
“Meglio, grazie” rispondo sorridendo.
Sono felice che sia qui.
Non lo sto guardando in faccia, sono ancora china sul vaso da notte, ma riesco a capire che sta sorridendo anche lui.
“Su, distenditi” sibila poggiando delicatamente a terra il vaso da notte. Dopodiché mi alza le gambe e me le mette sotto le coperte. Si siede vicino a me, mi sorride dolcemente mentre mi scosta i capelli dalla fronte.
“Non andare via” lo supplico.
Le sue labbra s’inclinano verso l’alto ed io mi sento sciogliere. “Non vado via, resto qui con te, nel caso dovessi sentirti male di nuovo.”
La sua voce roca mi fa stare bene.
Chiudo gli occhi godendomi il suo tocco sulla mia pelle. Pensavo che questo momento non l’avrei mai vissuto e ho paura di svegliarmi da un momento all’altro… oppure la mia vita non è stata altro che un sogno e questa è la realtà. E se fossi davvero morta? E se le persone, dopo la morte, vivessero la vita che hanno da sempre voluto? E se il Paradiso fosse diverso per ognuno di noi e non fosse altro che quello che abbiamo sempre sognato da vivi?
Il pensiero mi fa rabbrividire, ma sono le mani ruvide e calde di Thorin a consolarmi e a strapparmi un sorriso, mentre continuo a tenere gli occhi chiusi.
Il relax fa presto a sparire, perché un’altra preoccupazione mi assale. “Thorin?” lo chiamo aprendo gli occhi.
“Eh.”
Non so come porgergli questa domanda, ho paura di farlo arrabbiare proprio adesso che è diventato così dolce con me.
Alla fine mi decido e gli chiedo: “Potreste portarmi con voi? Non ho nessuno al mondo e mi sono molto affezionata a te e agli altri. Giuro che non sarò un peso e mi comporterò bene, ti chiedo scusa per come mi sono comportata i giorni precedenti, ti prometto che maturerò.”
Egli sbuffa e mi risponde: “Mi fa piacere che ti sia affezionata a noi, come mi fa piacere che gli altri, a loro volta, si siano affezionati a te. Dwalin mi ha detto che sei una ragazza in gamba, ed io non metto in dubbio ciò. Però sei solo una giovane di sedici anni e il viaggio è pieno di pericoli, non vedo come potresti uscirne viva e noi non potremo guardarti le spalle per tutto il tempo, abbiamo già un soggetto da proteggere…”
So a chi si riferisce con quel soggetto da proteggere.
“Guarda che Bilbo è in gamba quanto me, presto te ne accorgerai e sono sicura che diventerete ottimi amici. Non sottovalutarlo, Gandalf sa quello che fa e ti assicuro che non ha scelto uno scassinatore a caso.” So che le mie parole per lui non sono altro che aria fritta, come so che presto si renderà conto dell’effettivo valore dello hobbit, ma è stato più forte di me dirgli questa cosa.
Thorin sbuffa ancora, ma non mi risponde, probabilmente non ha voglia di parlare di Bilbo, al solo pensiero s’innervosisce e si preoccupa: lo vede come un peso, esattamente come me, ha paura che li rallenti e che gli toccherà tornare indietro per salvarlo, ma al contempo sa che non riuscirebbe mai a lasciarlo al suo destino.
“Sarebbe il caso che dissipassi questo sentimento che provi per me, non ti farà bene.”
E questo adesso cosa c’entra? Comunque è meglio che abbia tirato fuori quest’argomento, mi va di parlarne.
“E perché?”
“Perché non starei mai con te” mi risponde. Il suo tono non è stato duro, la sua intenzione non era ferirmi, tuttavia ho sentito un dolore lancinante allo stomaco. “Hai sedici anni, potrei essere tuo padre, persino tra gli umani sei molto giovane.”
“Lo so che non staresti mai con me, ma questo amore che provo per te mi fa star bene.”
“Amore?” C’è una nota di scetticismo nella sua voce. “Glenys, il tuo non è amore, è passione.”
No, non è vero. Io per lui sarei pronta a morire, me lo sento.
Scuoto la testa e mormoro una serie di no, ma lui mi mette un dito davanti alla bocca e mi fa: “Shhh.”
Chiudo gli occhi, cullata dalla sua voce sensuale.
“Non agitarti adesso, riposati, ne riparleremo” mi dice sommessamente.
“Partirete domani?” Non mi sto dando pace.
“Non ti preoccupare, quando partiremo te lo diremo così potrai salutarci. Poi resterai con Elrond, ti troverai bene qui, gli elfi ti tratteranno con tutti gli onori e non sarai più sola, non più.”
Mi piace Gran Burrone ed Elrond è molto simpatico, ma il mio posto non è qui, il mio posto è con i nani e lasciarli andare senza di me è fuori questione. In un modo o nell’altro li seguirò, troverò una soluzione.
Mi addormento con la presenza rassicurante di Thorin e con l’ostinata convinzione che i nani, ad Erebor, non ci andranno senza di me. Mai.

 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 6
*** Si parte! ***


Gli uccelli cantano fuori dalla mia stanza e mi rallegro subito notando lo spazio circostante inondato di luce. Ma la cosa che mi rende più felice è un nano seduto per terra, che dorme con la testa poggiata sul mio cuscino, mentre mi tiene per mano.
Sorrido.
Ma quanto è dolce quando dorme?
Sono tentata di carezzargli la guancia, ma se dovesse svegliarsi all’improvviso mi ritroverei senza mano.
In questo momento mi sento come se Thorin fosse mio, il mio cucciolotto tutto da coccolare. Ora capisco come ci si debba sentire ad essere sua moglie, dormire con lui e svegliarsi con la sua presenza rassicurante accanto a te, una presenza che ti assicura che tutti i giorni a venire saranno uno più meraviglioso dell’altro.
Non appena sbatte le palpebre per riabituarsi alla luce del sole, il mio cuore batte all’impazzata. Non vedo l’ora di riascoltare la sua voce e di vederlo rivolgermi uno dei suoi più bei sorrisi.
Quando apre gli occhi del tutto, mi guarda e, poco dopo, mi sorride. “Ciao Glenys” sussurra rocamente, facendomi restare senza fiato. La sua voce non smetterà mai di avere quest’effetto su di me.
Gli sorrido. “Ciao Thorin.”
Si accuccia e comincia ad accarezzarmi la mano facendomi venire brividi lungo la schiena, mentre non mi toglie gli occhi di dosso e quel suo magnifico sorriso non sparisce da quelle labbra fine e perfette. “Come ti senti?” mi chiede.
“Bene grazie… tu come stai?”
“Bene, grazie.”
Silenzio.
Situazione imbarazzante. Cosa gli dico adesso? E se provasse a baciarmi? Oddio, al solo pensiero mi sento le farfalle nello stomaco! Diciamo che il nostro primo bacio non è stato tra i più romantici, era ubriaco marcio e non sapeva neanche quello che stava facendo e il giorno dopo aveva tentato di ammazzarmi; pagherei oro per ricevere un bacio voluto e sincero da lui.
“Partirete oggi?” Non mi sono dimenticata del discorso che abbiamo avuto ieri notte e non ho intenzione di chiudere la questione.
“Te l’ho detto: quando partiremo ti avviserò così potrai salutarci” mi risponde gentilmente, senza smettere di sorridere e di accarezzarmi il dorso della mano.
Ricambio distrattamente il sorriso, pensando per l’ennesima volta a come fare per sgattaiolare via e andare con loro.
“Risposati ancora un po’ adesso, ci raggiungi nella sala dei banchetti quando ti sentirai più riposata.” Mi distoglie dai miei pensieri, soprattutto quando si porta il dorso della mia mano alle labbra e vi deposita un lento e dolce bacio.
Sono sussultata, giuro. Ho sentito le guance andare a fuoco e… è buffo come un così semplice gesto di affetto possa scatenare un tale tumulto di emozioni dentro di me, ma oh, stiamo parlando di Thorin Scudodiquercia! Lui sarebbe capace di mettere incinta una donna solo guardandola.
Egli si alza dal pavimento, continuando a sorridermi. Quando esce da quella porta mi sento distrutta: odio vederlo andare via da me, vorrei che restasse accanto a me, vicino a questo letto per tutta l’eternità. Potrebbero passare mesi, anni, secoli e non me ne accorgerei neanche.
Mi metto seduta sul letto e guardo il dorso della mia mano sinistra. Non me la laverò più.
Do un'occhiata alla soglia dove pochi secondi fa si trovava l’uomo della mia vita. Sorrido.
 
Una volta lavata e vestita, raggiungo i nani nella sala dei banchetti. Sono seduti sempre al solito tavolo e stanno facendo un baccano della malora, mentre Thorin si è isolato con Balin e Dwalin.
Non appena mi vedono, i nani smettono di parlare e mi fissano.
Perché mi stanno guardando in quel modo? Che abbiano scoperto che ho dormito con il loro capo per ben due volte?
“Salute, stelle del cielo!” li saluto con un cenno della mano, un po’ a disagio per via di tutto questo silenzio.
Improvvisamente tutti si alzano parlando l’uno sopra l'altro e vengono da me, tutti tranne Thorin, Balin e Dwalin. Gandalf non ho la benché minima idea di dove si trovi, forse sta partecipando al Consiglio, quindi suppongo che i nani andranno via a momenti.
Oh oh.
Una mezza idea per continuare a seguirli nella loro missione ce l’avrei, ci sto pensando mentre i miei amici mi circondano e mi riempiono di pacche sulla schiena, chiedendomi come sto.
Sorrido loro e rispondo in continuazione: “Sto bene, grazie. Anch’io sono felice di rivedervi.”
“Glenys. Vieni qui.” La voce possente di Thorin sovrasta tutte le altre.
I nani si zittiscono all’istante e guardano il loro capo, dopodiché mi fanno spazio per passare, in religioso silenzio.
Mentre avanzo verso il punto dove sono seduti Thorin, Dwalin e Balin, chino il capo. Lo sguardo indagatore che mi sta rivolgendo il mio amore mi mette in soggezione e mi fa arrossire violentemente.
Non appena mi trovo di fronte al principe nanico, rialzo la testa. “Sì?”
I lineamenti di Thorin si rilassano in un dolce sorriso, quel sorriso che mi fa sciogliere ogni volta che lo vedo. “Come ti senti?” La sua voce non aiuta a farmi stare calma. La amo. Potrei stare giornate intere a parlare solo della sua voce.
“Molto bene, grazie” rispondo sorridendo, dondolando sui talloni e tenendo le dita delle mani intrecciate dinanzi a me, facendo oscillare le braccia.
“Eravamo preoccupati” mi dice Balin, apprensivo come un nonno con il suo nipotino.
Gli rivolgo un sorriso sincero. “Grazie.” Non riesco a dire altro? Forse la presenza di Thorin mi confonde. Anzi, tolgo il forse, è così e basta.
“La ragazza è tosta, è dura sopraffarla, dico bene?” Dwalin mi fa l’occhiolino ed io gli sorrido.
Credo che a forza di sorridere mi si slogherà la mascella, ma con persone così non si può farne a meno, sono adorabili e, una volta incontrate, non vorresti lasciarle mai più.
“Volevo dirti che partiremo oggi” mi dice serio Thorin.
Proprio come immaginavo, tuttavia quest’affermazione è stata come una doccia fredda per me. “Oggi?” chiedo conferma.
“Verso il tardo pomeriggio.”
“Oh.”
“Dopo ci verrai a salutare?” mi chiede Thorin, sorridendomi dolcemente.
Annuisco, sforzandomi di sorridere nonostante l’ansia che provo per questa notizia. Devo sbrigarmi a parlare con Fili e Kili.
Mi allontano dal futuro Re sotto la Montagna e raggiungo i due fratelli, stanno parlando con Bilbo. Ottimo, vorrei parlarne anche con lui.
“Ed ecco la nostra Glenys!” esclama Kili, dandomi una pacca sulla schiena.
“Potrei parlarvi un attimo in privato? Vorrei parlare con tutti e tre, ho bisogno del vostro aiuto” dico frettolosa. Non c’è un minuto da perdere.
I tre amici si guardano smarriti, alla fine mi fanno cenno di seguirli e mi portano in giardino, lontani da orecchie indiscrete.
 
Quando siamo il più lontano possibile dagli altri, si fermano e si voltano verso di me. Noto che sono preoccupati, probabilmente si sono accorti del fatto che sono molto pensierosa, hanno paura che ci sia qualcosa che non va.
“Ho parlato con Thorin e mi ha detto che partirete verso il tardo pomeriggio, oggi stesso,” comincio, “io vorrei tanto venire con voi, siete gli unici amici che ho e mi sono affezionata. E poi non ho dove stare, sono sola al mondo. Thorin vuole che io resti qui mentre voi riprendete il vostro viaggio. Mi piace Gran Burrone, ma non voglio abbandonarvi, tuttavia il vostro capo non mi lascerà mai venire con voi. Dovete aiutarmi.”
Fili e Kili mi stanno guardando pensierosi e preoccupati, anche loro vorrebbero che io continuassi il viaggio e stanno pensando a come fare. Bilbo, invece, sembra allarmato, secondo me ha paura di Thorin.
“C’è un modo per farti venire con noi.” Fili rompe il silenzio.
Io lo guardo speranzosa, mentre Bilbo si fa sempre più ansioso.
“Un modo stupido, certo, ma non vedo altra via” aggiunge il nano biondo. “Parlare con Thorin sarebbe inutile, quando si mette in testa qualcosa è impossibile fargli cambiare idea.”
“Quale sarebbe questo modo?” gli chiedo curiosa e allo stesso tempo intimorita, spero non sia qualcosa di troppo rischioso.
Fili non mi risponde, mi guarda e, piano piano, un sorrisino nasce nel suo volto. Un sorrisino che non mi piace per niente.
 
Fili e Kili mi stanno mettendo addosso di tutto: pellicce, sacchi, zaini, mantelli, mentre io sono accucciata e mi fanno male tutti i muscoli. Ho capito il loro piano: vogliono farmi passare per un bagaglio vivente. L’idea di camminare per miglia e miglia in questo modo mi fa inorridire, però per Thorin e Compagnia questo e altro.
Sento i due fratelli sghignazzare, mentre Bilbo protesta: “No no no no no! Questo è male! Questo è… terribile! E se Thorin lo venisse a sapere? Sarebbe la fine!”
Kili scoppia a ridere. “Ma guarda che nostro zio non è mica un mostro! Cosa vuoi che faccia? Che la uccida? Che ci uccida? Alla peggio ci griderà contro di tutto e ci farà fare i turni di guardia ogni notte e avremo da mangiare solo pane e acqua.”
Avere da mangiare solo pane e acqua per Bilbo è una punizione più che sufficiente, essendo uno hobbit.
“Sì, e non dimenticarti che mi riporterebbe qui” puntualizzo allarmata.
“Naah, non ti troverà mai” obietta Kili, sistemandomi la pelliccia sulla testa.
“E come la mettiamo con i piedi? Guarda che si vedono.” Naturalmente i due nani non mi hanno coperta fino ai piedi, se no come farei a respirare?
“Viaggeremo in fondo e staremo davanti a te, Thorin non si prenderà neanche la briga di venire a controllare i nostri bagagli” mi risponde Fili, sicuro, aiutando suo fratello a rendere il bagaglio vivente più credibile.
“E se dovesse scoprirla?” balbetta Bilbo, “non si sa mai, è meglio non rischiare. Già vostro zio mio odia!”
“Suvvia Bilbo, non la scoprirà mai! E preferisci che Glenys resti qui? Non ti sei affezionato anche tu a lei?” lo sgrida Kili.
“C… certo che mi sono affezionato, è che temo per lei, ecco. Questo viaggio è pericoloso.”
“Se la caverà, le staremo addosso tutto il tempo, pensi che la lasceremmo morire? In ogni caso nostro zio non ti odia” gli dice Fili ed io non posso non essere d’accordo con lui, sono a conoscenza della splendida amicizia che nascerà tra lo hobbit e il Re sotto la Montagna. Al solo pensiero mi viene da piangere, sapendo come andrà a finire. Sono ancora più intenzionata a partire con i nani per tentare di cambiare il destino di Thorin e dei suoi nipoti.
Odo Bilbo che sospira abbattuto. “Io vi ho avvisati, però.”
 
Il tardo pomeriggio non è tardato a venire e mi trovo dentro il bagaglio improvvisato di Fili e Kili. Stiamo per prendere il passo tra le montagne e i due nani sono appoggiati su di me. Il mantello tocca terra, coprendomi tutta, visto che Thorin in questo momento si trova davanti a loro.
“Avete preso tutto?” chiede loro il nano più bello e affascinante della Terra di Mezzo.
I suoi nipoti rispondo di sì, trattenendo a stento una risata. Anche io sto facendo uno sforzo immenso per non scoppiare a ridere.
C’è silenzio, forse Thorin li sta esaminando con lo sguardo perché ha notato che c’è qualcosa che non va.
Fili, Kili, vi prego, non ridete ora!
“Molto bene, sbrighiamoci allora” taglia corto, allontanandosi.
Sento i due fratelli che sospirano sollevati. Aspettano un po’, poi mi toccano la testa e avanzano. Li seguo con discrezione.
“Ah sì!” Sento Fili e Kili irrigidirsi non appena odono la voce di loro zio.
Posso udire i passi del nano, sta venendo verso di noi. Trattengo il fiato.
“Dov’è Glenys? Ha detto che sarebbe passata a salutarci.”
Il mio cuore sta battendo così forte che temo che Thorin potrebbe sentirlo a scoprirmi qua sotto. Si è ricordato di me. Che dolce!
“Ha detto che odia gli addii, ha preferito restare chiusa nella sua stanza, se no le sarebbe venuto da piangere” mente Fili, senza problemi.
“Già, ce l’ha detto lei” replica Kili.
Loro zio non risponde, dopo un po’ lo sento dire: “Oh… va bene…”
Non vorrei farmi illusioni, ma dal suo tono di voce sembrava dispiaciuto. Forse voleva vedermi un’ultima volta. Ma certo! Gli ricordo la sua amata Gwarka, me l’ha detto quand’era ubriaco, gli ubriachi non mentono mai.
Riprendiamo il viaggio senza interruzioni.
 
Se penso che il viaggio è appena ricominciato e che ci aspettano ancora un bel po’ di metri, mi sento male. Le caviglie mi dolgono in una maniera impressionante, per non parlare delle cosce! Gli esercizi che facevo durante l’ora di ginnastica a scuola non sono niente in confronto a questa tortura. Mi domando come farò quando ci saranno i giganti di pietra, ho paura di rimanerci secca.
“Fili, Kili, animo!” li riprende loro zio.
I due fratelli, come promesso, stanno viaggiando in ultima fila e credo che li stia rallentando parecchio.
“Ehm… sì, zio, adesso ci muoviamo” sghignazzano all’unisono.
No, per Durin! Non mettetevi  ridere!
Dopo un po’, li sento supplicare loro zio: “No, ti prego! Zio, non c’è niente qua dentro, è roba privata!”
Non ho neanche il tempo di rendermi conto di quello che sta succedendo, che Thorin Scudodiquercia mi leva di dosso ogni cosa con cui mi hanno coperta Fili e Kili.
Mi ritrovo lo sguardo furioso di Thorin puntato addosso. Sembra ancora più arrabbiato del solito, ho un po’ di paura.
Mi faccio piccola piccola sotto ai suoi occhi severi.
Gli altri nani mi stanno guardando stupefatti, nessuno di loro di aspettava di trovarmi nascosta dentro quell’ammasso di pellicce e mantelli. Incontro gli occhi di Bilbo, sta tremando per me.
Incrocio nuovamente il viso di Thorin. Ridacchio imbarazzata e azzardo: “Sorpresa!”
Egli corruga la fronte, successivamente mi solleva di peso e mi mette sulla sua spalla.
Sgrano gli occhi. “Aspetta, che stai facendo?” Che voglia buttarmi giù?
Non mi risponde e torna indietro.
Come ho potuto pensare che mi avrebbe gettata giù? Mi sta riportando a Gran Burrone. Questo non mi aiuta a sentirmi meglio, però.
“Aspetta Thorin, potremmo fare un patto!” lo supplico, divincolandomi, ma non riuscirò a liberarmi mai più: è troppo forte e ho come l’impressione che, quando è arrabbiato, sia ancora più vigoroso del solito. “Io mi comporterò bene, cucinerò per voi, vi aiuterò in ogni cosa, sarò la vostra serva e in cambio tu mi lascerai venire con voi.”
Non mi risponde, avanza imperterrito verso Gran Burrone. Il fatto che non mi rivolga neanche la parola mi allarma sempre di più, dev’essere incazzato nero. Mi sa che tra noi è finita.
Continuo ad agitarmi e ad urlare, finché senza volere gli tiro un calcio nelle palle.
Impallidisco, ora potrebbe veramente farmi molto ma moooolto male.
Thorin impreca in Khuzdul, successivamente mi tiene ancora più forte, come se volesse stritolarmi.
Gli chiedo scusa un milione di volte, dicendogli che non l’ho fatto apposta, ma lui non mi ascolta e continua a ignorarmi. Lo odio quando fa così! È peggio delle donne che fanno le offese. Mi trattengo nel dirgliene quattro e mi arrendo: peggiorerei solo la situazione.
Certo, mi arrendo ma non del tutto: ho ancora intenzione di seguire i nani, mi è già venuta un’idea.
 
Quando giungiamo a Gran Burrone, tutti gli elfi ci guardano con un punto interrogativo: dobbiamo essere proprio buffi, lui con l’aria incacchiata e io sulla sua spalla con le braccia a penzoloni, come se fossi una bambina disobbediente. Al solo pensiero mi viene da ridere, ma non oserei mai farlo ora che Thorin è ancora più arrabbiato del solito.
“Mi domando che faccia tosta tu abbia” sibila arrabbiatissimo. Questa è la prima volta che apre bocca in tutto il tragitto. “Prima infanghi il mio onore accusandomi di aver abusato sessualmente di una giovane indifesa, ora ti fai nascondere dai miei nipoti per partecipare alla mia missione, dopo averti detto mille volte di restare a Gran Burrone.”
“Guarda che è vero che sei stato tu a spogliarmi, perché eri ubriaco. È vero, lo ammetto, io ti ho lasciato fare e ho approfittato del tuo stato in quel momento. Contento? Però per favore, te lo chiedo per l’ultima volta, lasciami venire con voi, non vi rallenterò, lo giuro. Non voglio lasciarvi andare.”
Non esce una sola parola dalla sua bocca, vorrei urlargli di tutto.
Non appena si trova dinanzi a quella che era la mia stanza, entra e mi getta sul letto. Mi alzo e corro verso la porta, urlandogli di aspettare, ma lui la chiude subito a chiave.
Prendo a pugni la porta, nonostante tutta la confusione che sto facendo riesco a sentire lui che si allontana, che si allontana da me.
Se n’è andato.
Potrei uscire dalla finestra, ma sono troppo in alto, inoltre non me la sento di utilizzare la tecnica delle lenzuola, troppo pericolosa.
L’unica cosa che mi resta da fare è urlare e battere i pugni finché non mi si seccherà la gola, non mi si sbucceranno le nocche e finché qualcuno non mi udirà e mi aprirà la porta.
Fortunatamente la fortuna è dalla mia parte: dopo poco tempo qualcuno inserisce le chiavi nella fessura e mi apre. Un elfo, uno che non ho mai visto, con i capelli castani.
Mi precipito immediatamente fuori. “Oh, grazie mille!” lo ringrazio riconoscente. “Sapresti dirmi dov’è Gandalf? Vorrei parlare con lui.”
 
Trovo lo stregone in uno dei numerosi balconi di Gran Burrone. Corro da lui gridando il suo nome.
“Oh, Glenys” mi saluta guardandomi con quei suoi brillanti occhi sorridenti. “Alla fine ti hanno lasciata qui, eh?”
“Esattamente” ridacchio con fretta. “Ho tentato di seguirli, ma alla fine Thorin mi ha scoperta e mi ha letteralmente trascinata qui.”
Lo stregone ridacchia. “C’era da aspettarselo.”
“Già…" Lo guardo seria. "Gandalf, io mi trovo bene qui, ma non voglio lasciare i nani, mi sono affezionata tantissimo a loro. Ti prego, portami con te, non c’è cosa al mondo che desideri di più.”
Mi guarda senza espressione, fumando la pipa.
Lo guardo speranzosa, speriamo che almeno lui sia comprensivo e che abbia una delle sue solite idee geniali.
“Il viaggio è pericoloso” dice alla fine.
Sbuffo spazientita: non fanno altro che dirmi le stesse cose, tutti. Lo so che il viaggio è pericoloso, lo so che forse potrei morire, ma so per certo che accanto ai nani, Bilbo e lo stregone non potrebbe capitarmi niente. Diciamo che sono in buona compagnia.
“Lo so che il viaggio è lungo e pericoloso, ma sono determinata come non mai. Non mi succederà niente, vedrai. Sono sveglia, inoltre mi trovo in buona compagnia.”
“Questa missione è troppo importante, non possiamo permetterci di tornare indietro o correre dei rischi per proteggerti o salvarti. Fidati, è meglio se resti qui.” Mi guarda intensamente.
Non chino lo sguardo e ribatto: “Non mi sembra che Bilbo sia un guerriero cazzutissimo.”
Gandalf sorvola sul significato della parola cazzuto e continua: “Il signor Baggins ha un compito ben specifico per quest’impresa, inoltre ha un lato avventuroso dentro di sé che intendo risvegliare. Si è troppo rammollito, in questi ultimi anni.”
Mi si è accesa una lampadina dentro la mia testa riccioluta. Sgrano gli occhi ed esclamo: “Ecco! Anch’io ho un lato avventuroso, devi risvegliarlo.”
Mi guarda interessato, credo di aver centrato in pieno, così continuo imperterrita: “Dov’è il Gandalf di cui ho sentito tanto parlare? Colui che accompagnava in avventure mozzafiato molti giovani in cerca di un po’ di sprint?”
Fuma ancora un po’ la pipa, studiandomi con lo sguardo. Mi sembra nervoso, chissà, è sempre un mistero cosa passa per quella sua testa ingegnosa.
Mi è tornata un’altra cosa in mente, così aggiungo: “Inoltre ho delle capacità.”
Egli grugnisce un po’, osservandomi attentamente. “Che genere di capacità?”
Guardo da un’altra parte e rispondo esitante: “Diciamo che posso prevedere il futuro.” Volto la testa verso lo stregone e noto con sconforto che non è convinto. Non mi crede.
“Nella Terra di Mezzo non conosco nessuno con questa capacità, persino lo stregone più potente e saggio non è in grado di compiere un’azione simile.”
Proprio come immaginavo… ma fortunatamente ho sempre un asso nella manica.
“Questo lo so, ma io ne sono capace” obietto sicura, tenendo la testa alta e sostenendo il suo sguardo. Cerco di ostentare sicurezza, funziona sempre, soprattutto nelle interrogazioni con i prof, il problema è che Gandalf non è il primo rimbecillito occhialuto che crede di sapere una parola in più del libro. Ma quello che sto per dirgli non è una panzana, quindi le seguenti parole le pronuncio con abbastanza decisione: “Devi riconoscere che, quando ho detto che sarebbero arrivati dei Mannari, essi sono giunti davvero. Persino tu e Radagast, che siete dei grandissimi stregoni, non ve n’eravate accorti.”
Lo stregone resta ancora in silenzio, continuando a fumare nervosamente.
Questo silenzio mi mette in imbarazzo, odio il silenzio. Per fortuna si rompe quasi subito perché Gandalf va avanti e mi dice: “Andiamo.”
Mi volto e lo guardo confusa. “Intendi dire che vengo con te?”
“E cos’altro se no? Risparmiami le domande sciocche, per piacere, che non è proprio il momento, quel testone di Thorin è partito senza di me e chissà in che guai si è cacciato! Se non ci fossi io!”
Sorrido felicissima e sollevata, lo seguo quasi saltellando. Mi ha fatto sorridere quando mi ha detto di non fare domande sciocche, mi ha fatto sentire come Pipino; e mi ha fatto sorridere ancora di più quando ha dato a Thorin del testone, sostenendo che si cacci sempre nei guai.
All’improvviso lo stregone si volta verso di me e mi dice serio: “Comunque ti terrò d’occhio, eh. E non pensare che la faccenda del prevedo il futuro sia finita qui.” Poi si gira e riprende a camminare.
 

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Capitolo 7
*** Sogni ad occhi aperti e lezioni di scherma ***


Ammettetelo: questa volta ci ho messo meno tempo ad aggiornare xD. In ogni caso mi scuso per gli innumerevoli ritardi e vi ringrazio per la vostra infinita pazienza. Vi avverto con l'amaro in bocca che, molto probabilmente, per un po' non sarò così veloce ad aggiornare, causa continua mancanza di ispirazione e problemi personali, ma non disperate! Non ho intenzione di abbandonare questa storia e cercherò di metterci meno tempo possibile ;).
Questo capitolo doveva essere collegato a quello che scriverò successivamente, ma ho deciso di spezzarlo, se no sarebbe stato troppo lungo.
Ringrazio nuovamente chi ha recensito questa storia o chi semplicemente l'ha letta, saluto i nuovi recensori e spero che questo capitolo vi piaccia! :)


Guardo fuori dalla finestra della torre il paesaggio montano ricoperto di neve che si snoda sotto di me. Sospiro con la guancia destra appoggiata sul palmo della mano.
Al solo pensiero che presto o tardi giungerà Smaug, mi sento la pelle d’oca. Quel suo aspetto imponente e quella sua voce sibilante mi gelano il sangue nelle vene.
Sconsolata, mi volto con l’intento di sdraiarmi un po’ sul letto, quando una voce grida da fuori: “Glenys!”
Il mio cuore fa un balzo. Quella voce… è chi penso che sia? La cosa sarebbe troppo bella per essere vera.
Emozionata, guardo fuori dalla finestra e ai piedi della torre vedo lui, il valoroso e leggendario Thorin Scudodiquercia.
Ancora non ci credo, mi viene da piangere dalla gioia. Mi porto le mani al petto. “Oh Thorin, amore mio!”
“Glenys, sciogli i tuoi capelli!” mi ordina accompagnando le parole con un gesto teatrale.
Getto velocemente giù dalla torre la mia lunga treccia castana.
Il nano comincia ad arrampicarsi sulla torre tenendosi ai miei capelli, senza fare la minima fatica.
Più si avvicina, più mi batte forte il cuore.
Non appena raggiunge la finestra, mi rivolge un sorrisino dolcissimo, dopodiché balza dentro e continua a fissarmi.
Il mio cuore non vuole saperne di rallentare i battiti e mi sento il viso in fiamme, probabilmente sono bordò.
Thorin si avvicina a me con passi pesanti, facendo tintinnare gli oggetti di metallo che ha addosso. Quando è a un soffio dal mio viso, mi accarezza delicatamente il volto, facendomi arrossire sempre di più.
Volto il viso dall’altra parte.
“Sei ancora più bella di quanto ricordassi” sussurra rocamente, eccitandomi.
“Come hai fatto a trovarmi?”
Sorride. “Ti ho cercata dappertutto.”
Superato l’imbarazzo, mi stringo forte a lui, piangendo dalla gioia. “Mi sei mancato tantissimo!”
Sento le sue forti mani che mi stringono protettive.
“Lo so, lo so…” mormora.
Ho sentito il suo respiro su di me, come sento il suo cuore che batte pieno di vita.
“Ma non devi più preoccuparti, ora. Ho ucciso Smaug e sono pronto a portarti via con me, lontano da ogni pericolo e paura. Diverrai la mia regina e avremo tanti bambini… tanti bambini che ci riempiranno di amore, voi farete di me un nano felice, così come io farò di tutto per rendere felice te e i nostri piccoli.”
Chiudo gli occhi, immaginando la vita che il mio salvatore mi sta proponendo. Non posso chiedere di più. Voglio sposarlo, voglio fare l’amore con lui e partorire tanti piccoli nanetti, avranno i miei capelli e i suoi occhi, saranno bellissimi, vivaci e da grandi diventeranno dei guerrieri in gamba, proprio come il padre. Ho sempre avuto paura del parto, ma con Thorin a fianco non vedo l’ora di affrontare quest’impresa, l’idea non mi spaventa più, anzi, mi entusiasma.
Il nano scende con le mani fino al mio sedere, dopodiché mi alza e mi prende in braccio come se fossi una principessa, la sua principessa. “Il pony bianco ci attende, mia cara” mi dice con quella sua voce maschile, meravigliosa.
Mi stringo forte a lui, godendomi al massimo il suo sorriso e la sua…
 
“Arda chiama Glenys!” La voce di Gandalf mi riporta alla realtà, facendomi fare un salto sul posto.
Lo stregone è stato in silenzio per tanto tempo, non mi aspettavo che si sarebbe messo a parlare proprio adesso.
Mi sta sorridendo e io ricambio il sorriso.
“Scusa,” ridacchio imbarazzata dallo spavento che ho preso, “stavo pensando.”
“A cosa?” mi chiede curioso, tirando fuori la pipa. Questa sarà l’ennesima volta in cui fuma, mi ricorda mia nonna.
A quella domanda sorrido come un’ebete e mi perdo di nuovo nel mio mondo. “A Thorin!” rispondo con aria sognante.
Gandalf fa il suo famoso verso, dopodiché dice: “Ti distrai spesso.”
“Di solito non ho la testa fra le nuvole, è che Thorin mi manda fuori di testa!” Riprendo a sorridere, innamorata come non mai.
Lo stregone mi guarda tra l’ironico e il seccato. “Fidati: manda fuori di testa anche me.”
Mi metto a ridere.
Mi piace viaggiare con Gandalf, è di ottima compagnia. Abbiamo parlato, ho riso alle sue battute di spirito e lui alle mie. Solo che, dopo un po’, ho perso la voglia di chiacchierare, mi sento le gambe pesanti come macigni, e nemmeno il vasto paesaggio montano ricoperto in gran parte di neve riesce a tirarmi su di morale. Spesso ho pensato a Thorin, ho sognato di ballare con lui nelle ampie sale di Erebor, oppure di giacere a letto insieme mentre tenevo un piccolo nanetto tra le braccia, nostro figlio.
All’improvviso mi perdo di nuovo nel mio mondo.
“Glenys!” grida nuovamente Gandalf, esasperato.
Ritorno bruscamente alla realtà, voltandomi verso di lui. “Eh?”
Lo stregone è seduto su una roccia e mi fa cenno di accomodarmi accanto a lui. “Riposiamoci un attimo, abbiamo camminato abbastanza, direi.”
Oh, Eru, le mie gambe ti ringraziano!
Mi precipito a sedermi, godendomi il fresco vento sulla pelle.
Rimaniamo per un po’ in silenzio, lo sguardo perso verso le montagne, tra le quali il vento soffia impetuoso.
Come al solito non riesco a darmi pace neanche per un secondo, quindi mi volto verso lo stregone e gli chiedo: “E se dovessi morire?”
Gandalf tossisce , dopodiché mi risponde serio: “Per questo non volevo che venissi.”
I miei battiti accelerano, mi sto facendo prendere dal panico. Sgrano gli occhi terrorizzata a morte. “Vuoi dire che c’è la possibilità che io non esca viva da questa avventura?”
La mia domanda è stata sciocca, so benissimo che c’è quest’eventualità, è solo che ho bisogno di sentirmi confortata, ho bisogno di sentirmi dire che andrà tutto bene, che con i nani non potrebbe accadermi niente.
“Questa possibilità c’è per tutti.”
Odio quando la gente, anziché tranquillizzarmi, mi butta giù ancora di più! E non stiamo parlando di un esame scolastico o di un’interrogazione, stiamo parlando della mia vita! Per Durin!
“Lo so benissimo, ma tu e i nani siete in gamba,” riprendo gesticolando e guardandolo eloquentemente negli occhi, “anche Bilbo non è un guerriero, eppure è ancora vivo. Tu e i nani lo proteggete, e anch’io me la sono cavata finora.”
Riprende a fumare come se nulla fosse, come se stessimo parlando del più e del meno. “Ma sì, andrà tutto bene, non morirai, ti difenderemo.” Fa un anello di fumo e lo guarda librarsi verso l’alto.
Anch’io lo guardo, valutando le parole che mi ha appena rivolto lo stregone. Dei nani mi fido, e anche di Gandalf. Bilbo, dal punto di vista fisico, è come me, se non peggio, eppure se l’è sempre cavata, un po’ grazie alla fortuna, un po’ grazie ai nani e allo stregone.
Certo, se sapessi combattere sarebbe meglio…
Balzo in piedi entusiasta ed esclamo: “M’insegneresti qualche mossa con la spada?”
Gandalf mi guarda, ho la sua attenzione, così gli spiego: “Sai, per sicurezza, giusto per sapermi difendere nel caso tu e gli altri foste impegnati.”
L’idea mi entusiasma, ho sempre sognato di combattere agilmente come le guerriere dei film o dei libri, pur non essendo un’amante di quei tipi di personaggi, spesso sono delle stereotipate Mary Sue, ma siamo franchi: dev’essere una figata saper fare tutte quelle acrobazie e cacchiate varie.
Gandalf si alza dal masso. “La trovo una cosa saggia.”
“Non so molto del duello, l’unica cosa che so è che, per sfidare qualcuno, devi lanciare un guanto e che l'avversario, se lo prende, vuol dire che ha accettato la sfida.”
Egli scoppia a ridere, una risata che ben presto si trasforma in tosse.
Rido con lui, tanto per non fare una brutta figura, anche se continuo a domandarmi che cavolo ci sia da ridere in quello che ho detto.
Una volta finita la tosse, Gandalf ridacchia: “Queste sono nozioni inutili, credimi se ti dico che gli orchi o i goblin non si mettono a lanciare guanti.”
Mi unisco alla sua ilarità, divertita dall’idea dei goblin che lanciano i guanti da tutte le parti prima di attaccarci.
La mia risata si trasforma in un grido sorpreso e spaventato: lo stregone è appena andato all’attacco con il suo bastone, il quale è stato parato dalla mia spada.
Guardo Gandalf indignata. “Non vale! Non ero preparata!” protesto scherzosamente.
“Male,” dice categoricamente, “bisogna sempre essere preparati. Gli orchi non ti avvertono quando ti stanno per attaccare. Da ora in poi voglio che tu stia attenta.”
Neanche il tempo di rispondergli che Gandalf mi attacca di nuovo e io continuo a parare titubante, indietreggiando.
Sempre la solita storia: anche quando giocavo con le spade finte insieme ai miei amici paravo e indietreggiavo, avevo sempre paura di attaccare.
Lo stregone non mi sta dando tregua e sono già stanca. Odio l’attività fisica!
Mi siedo sul masso e faccio cenno a Gandalf di fermarsi. “Pietà, pietà ti prego, aspetta un attimo. Non so neanche le regole di combattimento!” ansimo.
“Con gli orchi non ci sono regole, niente guanti volanti e saluti iniziali, devi migliorare i tuoi riflessi e saper attaccare.”
“Allora insegnami ad attaccare, fammi fare degli esercizi per migliorare i miei riflessi.”
Per prima cosa Gandy m’insegna a tenere la spada. Mi sto già annoiando…
Non riesco a sferrare attacchi tenendo così la spada! E poi mi stanco subito! Il. Mio. Polso!
Lui continua a dire che tengo l’arma in modo sbagliato, e grazie tante! Non capisco come devo tenerla, e poi mi è più facile combattere tenendo la spada come la stavo tenendo prima, se no così il mio polso va a farsi benedire!
“Sì ecco! Brava! Esattamente così!”
Finalmente! Se ci avessi messo un’ora solo per imparare a reggere la spada temo che la cosa si sarebbe prolungata per parecchio tempo. Troppo tempo.
Gandalf riprende a ridere perché, poco dopo aver finalmente imparato a tenere in mano l’arma, mi ha attaccata e la spada mi è caduta per terra.
La recupero ridendo forzata, poi riprendo l’allenamento.
Le cose non stanno andando meglio: il mio povero polso reclama una tregua, non riesco ad attaccare, non faccio altro che fuggire e la spada mi cade per terra continuamente.
Gandalf non sa se ridere o se piangere, e neanche io, sinceramente.
Temo per la mia vita e come posso pretendere di proteggere Thorin, Fili e Kili se non riesco a proteggere nemmeno me stessa?
Dopo l’ennesima cavolata, lo stregone si appoggia al suo bastone e sbuffa divertito. “Basta, mi arrendo. Ti do solo un consiglio: semmai dovessi trovarti in pericolo, prega che uno di noi venga a salvarti.”
“Questo non è confortante!” rido divertita e, allo stesso tempo, preoccupatissima.
Visto che la pratica non è il mio forte, lo stregone cerca di istruirmi nell’arte del duello con la teoria.
Quando comincia a parlare, lo ascolto, prestando attenzione ad ogni sua parola, ma, inevitabilmente, dopo un po’ la mente va dove vuole lei…
 
Non riesco a reggermi in piedi, così sono costretta a trascinarmi verso una roccia. Con una forza immensa mi accomodo su di essa.
“Veramente bellissima! Sei uno schianto!” commenta soddisfatto il gabbiano Radagast, osservando per l’ennesima volta il mio improvvisato vestito.
Il pesce Bilbo e il granchio Dori concordano, anche se quest’ultimo è meno entusiasta, poiché teme l’ira di Saruman, Re Tritone.
Io invece sono entusiasta! Non vedo l’ora di rivedere quel bel capitano…
All’improvviso sento dei cani abbaiare.
Bilbo, Radagast e Dori vanno via, mentre giungono due adorabili cuccioli di labrador, uno color crema e l’altro nero. Sembra che stiano sorridendo e pare che vogliano giocare proprio con me.
Prima che io possa accarezzarli e assecondare la loro voglia di divertirsi, ecco che una voce virile e profonda dice: “Fili, Kili! Dove vi siete cacciati?”
Il mio cuore fa un salto: è lui! Il capitano della Erebor, colui che chiamano Thorin!
Comincio a sistemarmi i capelli, mentre i due cuccioli corrono verso colui che dovrebbe essere il loro padrone.
Non appena l’uomo mi fissa, mi sento inchiodata alla roccia. Si sta avvicinando a me e spero di avere un aspetto presentabile, devo essere un disastro per via di tutta quella dannatissima acqua di mare!
Thorin è ancora più bello di quanto ricordassi, indossa una camicia bianca super aderente e scollata sul petto, in modo tale che si possano vedere i pettorali, ricoperti da un’eccitante peluria.
Il sorriso che l’uomo mi rivolge, mi fa sciogliere come neve al sole. “Sta bene, signorina? Questi stupidoni non volevano spaventarla, sono del tutto innocui.” Accarezza pesantemente Fili e Kili, i quali sono ancora più euforici di prima.
All’improvviso il capitano della Erebor mi guarda sgranando gli occhi. “Lo sa? La sua fisionomia mi è molto famigliare…” Si gratta il mento, il quale è ricoperto da una barba nera ben curata, come i suoi lunghi capelli. “Non ci siamo già conosciuti?”
Annuisco entusiasta, sperando che mi riconosca.
“Non posso crederci! Finalmente ti ho trovata! Sei quella che stavo cercando! Come ti chiami?” Prende le mie piccole e fragili mani fra le sue grandi e forti.
Cerco di rispondergli, ma dalla mia bocca non escono suoni, non esce niente di niente. Ben presto mi ricordo della cruda realtà: in cambio delle gambe, ho donato a Thranduil, la strega del mare, la mia voce.
L’uomo si fa più vicino a me, sembra preoccupato. “Cosa c’è?”
Gli indico agitata la mia gola.
“Non puoi parlare?” Annuisco tristemente. Egli sospira abbattuto. “Allora non sei quella che cercavo…”
No! Non può credere questo! Io sono quella che stava cercando! Comincio ad agitarmi, cercando di farglielo notare, ma così facendo cado giù e lui si affretta a reggermi…
 
“Glenys smettila!” mi riprende improvvisamente Gandalf, riportandomi alla non così tanto cruda realtà.
“Che c’è? Che ho fatto?”
Mi sorride con un’aria maliziosa. “Basta pensare a lui…”
Sorrido divertita. “Come hai fatto a indovinare?” scherzo.


 

 

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Capitolo 8
*** La morte del Re degli Orchi ***


Dopo ore e ore di cammino, finalmente siamo giunti all’entrata segreta del regno del Re degli Orchi. Finalmente… si fa per dire.
Quando Gandalf varca la soglia, io rimango ferma dove mi trovo, indecisa sul da farsi.
Sono tentata di darmela a gambe, ma dopo come farei a ritrovare i nani? Se già faccio fatica ad orientarmi in quel buco di città in cui sono nata, figuriamoci nella Terra di Mezzo!
Lo stregone si volta spazientito verso di me e mi chiede: “Che fai? Non vieni?”
Mi tormento le mani. “Ehm, ecco…” balbetto pensando a cosa rispondergli. “Non mi sento pronta ad entrare in un luogo pieno di orchi e goblin, non sarebbe meglio se ti aspettassi da qualche parte da te indicata e che poi tu e gli altri mi raggiungeste?” Lo guardo speranzosa.
“Ciò sarebbe sciocco” ribatte Gandalf. “Pensi che gli orchi e i goblin si trovino solo qui dentro? Ti ritroveresti sola in mezzo ai nemici, senza nessuno che possa proteggerti.”
Sbuffo abbattuta: a quanto pare mi tocca entrare nella tana del lupo… E pensare che dovrò affrontare pericoli addirittura più grandi di questo!
“Non eri forse tu quella che aveva una gran voglia di prendere parte all’avventura? Io ti ho avvisata: ci attendono pericoli in ogni angolo; se hai paura di entrare qui, evidentemente non sei pronta per continuare il viaggio…”
Queste parole mi pungono ogni parte del corpo. Alzo lo sguardo verso di lui, velocemente.
Mi sta guardando con aria furba. L’ha fatto apposta, voleva spronarmi ad avanzare… e devo dire che ha funzionato: io voglio con tutto il mio cuore continuare il viaggio, ma se ho già paura adesso, figurarsi dopo! L’unica cosa che mi resta da fare è stare super attenta e non staccarmi da Gandalf per nessun motivo al mondo.
Mentre camminiamo, lo stregone mi rassicura: “Non preoccuparti, ti starò accanto tutto il tempo.”
Lo ringrazio, poi gli dico: “Comunque prevedo che ucciderai il Re degli Orchi.”
Lui sorride. “Grazie dell’informazione.”
 
Il regno del Grande Orco è deserto, o meglio, sembra deserto, visto che tutti i goblin sono ai piedi del loro re, per mostrargli il bottino: i nani.
Il vocione del Re degli Orchi rimbomba tra le pareti e mi fa venire i brividi.
È un vero peccato che questa grotta sia abitata da quelle creature ignobili e disgustose, visto che non è affatto male. Adoro i luoghi sotterranei e questo posto mi ricorda tanto la grotta che avevo visitato con mio papà; appena vi avevo messo piede ero stata lievemente attaccata dalla claustrofobia, ma poi mi ero abituata e mi ero goduta la gita. Anche qui, all’inizio, mi sono sentita soffocare e ora non posso dire di stare meglio, ma non per l’ambiente chiuso, bensì per le creature che mi attendono più avanti.
“Sta’ attenta quando cammini qui” mi sussurra lo stregone, alludendo ai ponti traballanti.
Li guardo con occhio critico.
Guarda, Gandalf: grazie per avermelo detto, se non l’avessi fatto mi sarei messa a correre e, chissà, magari mi sarei anche messa a ballarci la conga sopra.
Mi aggrappo a quel poco di sostegno che c’è, facendo molta attenzione a dove metto i piedi.
 
Quando siamo in vista del Grande Orco che parla ai suoi sudditi, ci nascondiamo dietro a un masso.
“Al mio segnale, mettiti dietro di me” mi dice a bassa voce Gandalf.
“Va bene” rispondo il più piano possibile. Subito dopo faccio una faccia confusa e gli chiedo: “Aspetta, qual è il segnale?”
“Vai!”
Suppongo sia questo… mi metto dietro allo stregone, veloce come la luce.
Proprio mentre i goblin stanno attaccando i nani e uno di loro sta per infilzare Thorin, Gandalf si alza in piedi e, con il suo bastone, provoca un’abbagliante luce bianca che spegne tutte le torce e fa ruzzolare tutti i goblin a terra, Re degli Orchi compreso.
Guardando quel bagliore i miei occhi si sono offesi, infatti ora li so strofinando.
Lo stregone emerge dalle tenebre con un’aria del tipo: the party don't start until I walk in.
“Combattete!” grida Gandalf  levando Glamdring alta verso il soffitto.
Mi metto dietro allo stregone, mentre il combattimento inizia.
Un mare di goblin corre verso di noi e sfodero la spada anch’io, per sicurezza. Non riesco ad ucciderne neanche uno, visto che Gandalf/Kesha li fa fuori tutti con un solo colpo. Non lo biasimo per questo: non è che muoia dalla voglia di duellare con uno di quei mostriciattoli.
Per fortuna lo stregone padroneggia la magia alla perfezione, infatti riesce a scaraventare per aria tutti i goblin che ci vengono incontro già prima che siano a un metro di distanza da noi.
Mentre Kesha versione barbuta uccide i nemici senza il minimo sforzo utilizzando il suo bastone magico, scorgo Thorin che combatte con dei goblin. Ne ha decapitato uno facendo una piroetta e adesso ne sta facendo fuori altri senza problemi. Lo guardo ammirata, amo vederlo combattere; mi torna in mente il suo ultimo confronto con Azog, lì sì che si era superato! Con tutti quei salti, giri, piroette, giravolte, scivolate, cadute, capitomboli, salti, piroette, giri, capitomboli, giravolte, salti…
Un lurido mostriciattolo mi ha fatto perdere il filo dei miei pensieri: mi è venuto addosso e stavo per infilzarlo, ma Gandalf mi ha preceduta.
“Stavo per ucciderlo, comunque, eh, sia chiaro” gli dico.
“Sì, come no, ti credo proprio!” dice lui, restando concentrato mente colpisce col bastone altri nemici.
Quando raggiungiamo i nani, Gandalf mi fa stare in mezzo, poi fa cadere una roccia e ordina che venga spinta contro i goblin che abbiamo davanti.
Sono schiacciata tra Bombur e Bofur. Quest’ultimo si volta verso di me, sembra felice di vedermi. “Ehi carissima! Che ci fai qui?”
“Ne parliamo dopo” gli rispondo.
La corsa ha inizio. Do una mano anch’io a spingere il masso, anche perché adesso sono più sicura e meno timorosa, visto che mi trovo in mezzo ai nani, e i goblin sono davanti di noi, pronti a ricevere la brutta sorpresa.
Ora non manca altro che uccidere il Grande Orco e su questo conto su Gandalf, poi ci sarà la “bella” caduta giù (la quale non nascondo che mi terrorizza un po’), un’altra bella corsetta, l’attacco di Azog e poi finalmente un po’ di pace! Tutto sommato potrei definire questo viaggio una “vacanza”.
L’unica cosa che mi impensierisce è che qualche nemico, adesso, potrebbe colpirmi con una freccia avvelenata. Ma perché dovrebbe avvenire? Sono davvero così sfigata?
Quando i goblin sono a k.o., il Grande Orco sbuca davanti a noi e scuote il suo scettro. Indietreggiamo.
“Pensavi di potermi sfuggire?” tuona con la sua voce altisonante.
Anche questa è fatta: ora Gandalf ucciderà il Re degli Orchi e noi saremo salvi. A questo penso, finché gli occhi della bestia non si incollano su di me.
Guardo da un’altra parte, sperando che non stia guardando proprio me. Ma le mie speranze sono vane, poiché egli sta volgendo il suo sguardo proprio sulla mia persona, questo me lo confermano le occhiate preoccupate che mi rivolgono i nani.
Il Grande Orco mi indica con lo scettro. “Chi è colei?”
Sono talmente spaventata che non ho neanche fatto caso a Thorin, che si trova al mio fianco.
Il Re degli Orchi sorride malignamente. “L’avete portata con voi perciò che vi tenga al calduccio durante le freddi notti?”
I goblin ridono sguaiatamente.
Il bestione fa cenno ai suoi servitori di tacere, dopodiché dice: “Credo che vi farei un grosso dispiacere, allora, se uccidessi prima lei.” Fa un passo avanti.
Prima che io possa fare o dire qualcosa, Thorin si piazza davanti a me e guarda il mostro a testa alta.
Il Re degli Orchi lo guarda con un punto interrogativo.
“Stai lontano da lei!” ringhia Thorin Scudodiquercia. Dal tono sembra arrabbiatissimo, ci tiene veramente così tanto a me? Sorrido emozionata e incontro con lo sguardo Fili e Kili, i quali mi sorridono e mi mostrano il pollice in su in segno di apprezzamento.
L’espressione del Grande Orco, da confusa, diviene divertita. “Oh! Miei servitori, guardate. Guardate! Che scena commovente ed emozionante: il prode cavaliere Thorin Scudodiquercia cerca di proteggere la sua dama in difficoltà!” Si mette una mano sul petto, ironicamente. “Questa sì che è una scena degna di una storia d’amore…” I suoi occhi si fanno feroci “peccato che morirà assieme a loro!”
Gandalf, attacca!
Lo stregone, infatti, balza in avanti e brandisce la Battinemici.
“Cosa conti di fare, stregone?”
Egli gli taglia il mento.
“Sarò sconfitto” dice il Grande Orco, infatti un secondo dopo Gandalf gli fa un lungo taglio sulla pancia e il bestione cade a terra.
Questa è la fine del Re degli Orchi.

 

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Capitolo 9
*** Dalla padella nella brace ***


Il ponte di legno su cui ci troviamo sta iniziando a traballare e a perdere pezzi.
I nani si spostano di continuo e io sto per cadere giù, fortunatamente Thorin è vicino a me e mi aggrappo a lui; lo faccio sia perché se no cadrei giù, sia perché ho voglia di flirtare.
A causa del peso del Grande Orco, la parte di ponte su cui ci troviamo precipita giù.
Thorin mi stringe a sé ed io mi stringo a lui, chiudendo gli occhi.
La caduta ha inizio.
Mi piace la velocità e adoro sentirmi il cuore in gola e lo stomaco in subbuglio, mi sembra di stare in uno di quegli scivoli a strapiombo dei Luna park, dove ho sempre avuto paura di andare: benché non mi dispiaccia provare emozioni forti, dopo un po’ comincio ad avere un po’ di paura e mi viene da vomitare.
Per fortuna ci sono rocce che attutiscono la caduta.
Mentre tengo il volto sul petto di Thorin, sento i nani urlare e qualcuno gridare entusiasta, probabilmente Fili e Kili. Si staranno divertendo da matti, specialmente quello moro.
Non appena la caduta finisce, mi sposto un po’ per evitare il bestione che sta per cadere sopra di noi.
“Ah ah ah! Rifacciamolo!” esclama Kili.
Subito dopo il Re degli Orchi finisce sopra a quello che è rimasto del ponte.
I nani si lamentano, specialmente Dwalin che borbotta rivolto al più giovane della Compagnia: “Vorrai scherzare!”
Neanche il tempo di riposarci che Kili strilla: “Gandaaalf! Ne arrivano altri!”
Un mare di goblin ci sta raggiungendo. Ero a conoscenza di questo nuovo attacco, infatti mi sono preparata e sono pronta a tagliare la corda.
Quando tutti i membri della Compagnia sono usciti dai resti del ponte, scappiamo il più velocemente possibile verso la luce del sole, essa è la nostra unica speranza di salvezza.
 
Adesso ci troviamo nel bosco mentre lo stregone ci conta. Mi sono un po’ tranquillizzata e sono lieta di sapere che tra poco arriverà Bilbo e farà quel bel discorso a Thorin, non vedo l’ora di udirlo dal vivo! Tuttavia c’è qualcosa che turba la mia felicità: Azog. Presto arriverà e non credo di essere pronta per quel momento, come non sono pronta per la Battaglia dei Cinque Eserciti, ma per quello c’è ancora tempo, più ci penso più il giorno si avvicina.
“Dov’è il nostro hobbit?” chiede Gandalf.
Nessuno risponde, nessuno lo sa… a parte me… che faccio? Dico qualcosa o sto zitta? Forse è meglio se taccio e faccio finta di niente, tanto tra poco Bilbo arriverà.
“DOV’È IL NOSTRO HOBBIT?” grida lo stregone, arrabbiatissimo.
Il clima si sta scaldando, così cerco di rassicurare tutti: “Non preoccupatevi, Bilbo sta bene, tornerà.”
“E tu cosa ne sai?” mi domanda Thorin, nervoso.
“Diciamo che prevedo il futuro…” rispondo sul vago.
Il mio bel nano mi guarda confuso, sbattendo le palpebre.
“Per questo sono qui” aggiungo. “Gandalf ha deciso di farmi intraprendere il viaggio con voi perché sono in grado di prevedere i pericoli.”
Egli continua a fissarmi stupito, incredulo. Dopodiché mi guarda arrabbiato. “Inventati un’altra menzogna, perché questa non è credibile.”
Spalanco gli occhi come fanno i bambini quando il fratello maggiore ha detto una parolaccia o qualcosa di brutto. “Invece è vero!” ribatto indignata. Vado da Gandalf e gli tiro il mantello, indicandogli Thorin. “Gandalf, diglielo anche tu.”
Lui si sposta da me e chiede ai nani: “Dove l’avete visto l’ultima volta?” Sta ancora pensando a Bilbo, a quanto pare non si fida tanto delle mie capacità visionarie… mi sento offesa per questa mancanza di attenzione e di fiducia.
“È sgattaiolato via quando ci hanno catturati” risponde Nori.
“Te lo dico io che è successo, Gandalf” interviene Thorin. “Mastro Baggins ha visto la sua occasione e l’ha colta! Pensava al suo soffice letto e al suo caldo focolare da quando ha messo piede fuori dalla porta! Non rivedremo mai più il nostro hobbit, è ormai lontano.”
C’è sdegno nel suo tono, secondo me vede Bilbo come una persona indifferente alle disgrazie dei nani e che, mentre loro hanno perso tutto e pellegrinano da tantissimo tempo, lui pensa alle comodità di casa sua e non si preoccupa neanche un po’ del loro destino e della loro situazione. Io so benissimo che non è così, ma anche se fosse non lo biasimerei: lui mica voleva prendere parte a questa avventura, è stato costretto. Poi che la sua parte tucchica abbia preso il sopravvento in lui è tutto un altro discorso.
Posso immaginare come si stia sentendo adesso lo hobbit: è stato accusato di essere una persona insensibile, inetta e codarda. Lui vuole vivere quest’avventura, lo vuole con tutta la parte più Tuc di sé e non essere accettato dal gruppo dev’essere un duro colpo. Questo lo spinge a levarsi l’Anello e a dire: “No, invece.”
Non ho preso un colpo solo perché ero preparata alla sua entrata in scena.
Thorin ha fatto una faccia! Mi è tornato in mente il video Come sarebbe dovuto finire “Lo Hobbit – Un viaggio inaspettato -”, quando Bilbo è spuntato all’improvviso subito dopo che Scudodiquercia ha detto che non l’avrebbero mai più rivisto. Mi ricordo ancora le parole del nano della parodia: Oh, be’, questo è imbarazzante.
Altroché se lo è! Thorin, altroché! Rimanici di merda quanto vuoi.
“Bilbo! Ti davamo per scomparso!” Kili è molto felice di rivederlo, sembra un cagnolino scodinzolante.
“Ma come hai fatto a superare i goblin?” gli chiede curioso Fili.
“Già, come?” Dwalin sembra diffidente.
Lo hobbit mette una mano in tasca, ma non dice niente.
“Che importanza ha? Lui è qui” dice Gandalf.
“Ha importanza,” obietta Thorin, “voglio saperlo, perché sei tornato?” Lo sta guardando negli occhi, con quello sguardo a cui non puoi mentire, a cui non sfugge niente.
Mi trovo vicino a Bilbo: mentre pensavo alle mie stronzate ero andata ad abbracciarlo. Sta riprendendo fiato per la corsa, poi prende coraggio ed esprime a voce alta i suoi pensieri: “Lo so che dubiti di me, l’hai sempre fatto.”
Il capo del gruppo lo guarda bieco, forse si sente affrontato.
“E hai ragione: penso spesso a Casa Baggins. Mi mancano i miei libri, la mia poltrona, il mio giardino. Vedi: quello è il mio posto; per questo sono tornato: voi non ce l’avete, una casa, vi è stata portata via… e voglio aiutarvi a riprendervela se posso.”
Bilbo gli sta sorridendo un po’, lo sta guardando come se volesse dirgli che di lui può fidarsi, che ci sarà sempre per loro e che capisce come si sentono.
Thorin china leggermente il capo, cominciando un po’ a pentirsi delle sue dure parole. Ha letto determinazione nelle frasi dello scassinatore, lui non è indifferente al loro destino e gli ha giurato fedeltà.
Non riesco a godermi al massimo questo momento toccante e significativo, perché sono a conoscenza del fatto che fra poco arriverà il nemico – forse – più temibile di tutti.
Non a caso sentiamo degli ululati.
I Mannari saranno qui a momenti e i nani non possono neanche immaginare cosa li attende.
“Siamo finiti dalla padella…”
“Nella brace” interrompo Thorin. Non ho parlato per tutto questo tempo, non potevo fare a meno di aprire bocca, sentivo che altrimenti sarei scoppiata.
“Scappate!” ordina Gandalf.
Scudodiquercia ci incita a correre il più velocemente possibile ed è esattamente quello che sto facendo. I Mannari sono troppo veloci, cerco di stare al passo con i nani, ma le mie gambe non ce la fanno più.
Quando arriviamo in vista degli alberi, il mio morale torna su. Ora non mi resta altro che starmene buona e tranquilla su un albero aspettando le aquile, se sto vicina ai nani sono sicura che non mi accadrà niente, poiché a nessuno di loro è accaduto qualcosa di brutto durante quell’avvenimento. Certo, a parte a Thorin.
Mi è sempre piaciuto arrampicarmi, solo che, adesso che sono grande, non lo faccio più perché mi fanno schifo gli insetti; ora come ora non m’importa niente se ci sono formiche che camminano sull’arbusto, meglio loro che i Mannari!
Thorin mi aiuta a salire prendendomi in braccio e passandomi a Dwalin.
Ora siamo tutti appollaiati sugli alberi, come uccelli, mentre ai Mannari, di andarsene, non li passa neanche per l’anticamera del cervello, a patto che ne abbiano una.
Gandalf dà fuoco a delle pigne e ce le passa. Ne prendo una anche io.
“Ahh! Scotta!” grido lasciandomela cadere distrattamente dalle mani.
“Nooo! Attenta!” mi sgrida Dwalin.
La pigna infuocata, per poco, non cadeva addosso a Gloin e a Oin, i quali hanno brontolato e mi hanno rivolto un’occhiata di rimprovero.
Mi sto scusando di continuo, finché le parole non mi muoiono in bocca: Azog è arrivato.
 
Robusto, minaccioso, mostruoso. In groppa al suo bianco Mannaro.
Mi ricordo cos’avevo pensato la prima volta che avevo visto Azog sul grande schermo: bravo Thorin a suonargliele! Io avrei avuto una paura da matti!
Ed è esattamente quello che sto provando adesso. So come scamparla, basta che stia vicina a Dori e Ori e poi, quando passa l’aquila, basta che mi butti anch’io, sperando di centrarla. Ma non sono sicura di agire così; la parte codarda di me, quella che mi caratterizza e che prende sempre il sopravvento, mi urla di non fare cose stupide, ma io, per la prima volta nella mia vita, non le sto dando troppo ascolto.
Azog annusa l’aria e, con quella sua voce spaventosa, parla nella sua lingua. Non la capisco, non so parlarla, ma so esattamente cosa sta dicendo:
 
Lo senti? L’odore della paura? Ricordo che tuo padre ne era impregnato, Thorin, figlio di Thrain.
 

Probabilmente, l’odore che senti, caro Azog, è la mia paura… oppure le conseguenze del fatto che non ci laviamo da giorni.
La smetto di pensare a cacchiate quando l’Orco Pallido grida qualcosa e gli orchi corrono verso di noi.
Qui intorno è tutto in fiamme e gli alberi stanno per precipitare giù, in questo precipizio.
Ma a Thorin non importa, sta ardendo nel fuoco della vendetta, alimentato dalle occhiate di sfida che gli sta lanciando Azog. Il nobile nano non ci pensa un attimo: si alza e, senza l’effetto rallenting che c’era nel film, avanza verso l’orco, ma non rinuncia a quell’aria da: I’m sexy and I know it.
Più il mio amore si avvicina ad Azog, più sono indecisa sul da farsi.
Quando l’orco lo fa cadere a terra e poi lo colpisce in faccia, Bilbo scatta in piedi.
Che problemi mi faccio? Ora Bilbo lo salverà e Gandalf lo curerà con un incantesimo, io devo solo pensare a salvare me stessa, gli altri se la caveranno, di me non si sa nulla, potrebbe accadere qualsiasi cosa.
Il problema è che mi si è presentata un’occasione da non sottovalutare, un’occasione per farmi accettare del tutto nella Compagnia. Del resto, non sono più o meno nella stessa situazione di Bilbo Baggins? Anch’io devo fare colpo su Thorin… in tutti i sensi.
Accipicchia! La odio, quest’occasione. Non mi sta dando pace, mi martella in testa in lotta con la parte fifona di me e mi dice: Gleeenyyys, corri ad aiutare Thoriiiin, te ne sarà riconoscente a vitaaaa. E poi c’è la codardia che mi ordina: Non lo fareeee! L’opportunità non capisce niente, ti porterà alla morte. Qui sei al sicuro, non ti muovereeee!
Sta’ zitta! Non capisci niente! La insulta l’opportunità.
Tu non capisci niente! Si arrabbia la codardia.
Vuoi fare a botte?!
Con piacere!

“Basta!” grido tappandomi le orecchie. Stavo già pensando di aver fatto l’ennesima figura di merda, ma sono tutti impegnati a preoccuparsi per Thorin e Bilbo sta valutando se salvarlo o no, per fortuna nessuno ha fatto caso alla mia ultima uscita.
Lo hobbit si è deciso: ha sfoderato Pungolo.
E anche io ho preso una decisione.
 
L’orco sta per tagliare la testa a Thorin, che cerca di prendere Orcrist caduta lontana da lui.
Non appena il mostro alza in alto l’ascia, io e Bilbo ci gettiamo su di lui.
Cerco di stare il più possibile attaccata allo hobbit, sapendo che non gli accadrà niente di male.
Lo scassinatore del gruppo uccide l’orco che stava per decapitare il nostro capo, la nostra guida. Ci alziamo in piedi e teniamo la spada stretta in mano, mentre Azog si avvicina a noi con aria minacciosa.
Invidio Bilbo per il suo coraggio, è agguerrito come non mai, si vede dalla sua espressione, io invece me la sto facendo nei pantaloni.
Ehm… ragazzi?
Eru ha un’altra volta ascoltato le mie preghiere, visto che i nani scendono dagli alberi e attaccano gli orchi.
Ora non so veramente cosa fare: il signor Baggins sta combattendo contro dei nemici, ma non posso unirmi a lui, è troppo rischioso. Mi avvicino al corpo di Thorin e resto accanto a lui, tremando. Adesso non può difendermi e ho una paura matta di venire attaccata. Gli carezzo la testa e gli sussurro parole rassicuranti, ma lui chiude gli occhi.
Se non sapessi che Gandalf lo curerà, piangerei come non mai.
La mia parte l’ho fatta: mi sono gettata su quel mostriciattolo per salvare il bel nano, devo pensare a me, in questo momento. Quindi mi alzo e corro verso l’albero dove ci sono Ori e Dori, i quali stanno per cadere giù mentre si tengono al bastone di Gandalf.
Mentre metto un piede sull’albero, un Mannaro mi raggiunge e non ho neanche il tempo per gridare o per difendermi che mi fa un taglio sul fianco sinistro.
Prima che le cose possano mettersi peggio, Fili lo abbatte.
La ferita mi brucia tantissimo, ma non sembra poi così grave; avrò tempo di preoccuparmene dopo, ora devo assolutamente raggiungere lo stregone prima di fare una brutta fine.
Le aquile arrivano poco dopo che ho raggiunto Gandalf e i due nani. Quando questi ultimi cadono, mi butto giù e vado nel panico perché non cado sull’aquila. L’ho mancata. Dannazione!
E adesso?
Prima che possa mettermi a piangere o rendermi conto che sto per morire, arriva un’altra aquila e mi prende al volo.
Sono salva. Per ora.
 
Adesso ci troviamo tutti a bordo delle Aquile, accompagnati dal grido di rabbia di Azog. Mi verrebbe voglia di fargli una pernacchia o un gesto decisamente poco carino e molto volgare. Uhm… vada per quest’ultimo.
Dopo essermi esibita in un’altra usanza poco ortodossa della mia terra, scoppio a ridere, però la pianto subito ricordandomi delle condizioni di Thorin: sono tutti preoccupati e io mi metto a ridere? Non faccio decisamente una buona impressione.
“State tranquilli! Prevedo che Gandalf lo guarirà, ne sono sicura!” grido per tranquillizzarli e per giustificare la mia allegria in un momento decisamente tragico.
 
L’aquila appoggia Thorin sulla Carrock e Gandalf si avvicina a lui, preoccupatissimo.
Anche Bilbo è ansioso, così gli stringo la mano e gli ripeto che il nano se la caverà, che deve fidarsi di me.
Il capo della Compagnia, infatti, dopo che lo stregone gli ha passato una mano sugli occhi e ha pronunciato un incantesimo, apre gli occhi.
Gandalf si lascia scappare un sospiro di sollievo, la stessa cosa fa il mio migliore amico. Sì, ormai lo hobbit lo considero il mio BFF.
“Dove sono?” Sento sibilare Thorin con la sua voce roca. “Dove sono il mezzuomo e la fanciulla?”
“Stanno bene” lo rassicura lo stregone. “Bilbo e Glenys sono qui.”
Oh no… sta a vedere che ora se la prende anche con me… ma… aspetta… se così fosse vorrebbe dire che anch’io riceverei un abbraccio! Però! Mica male!
Scudodiquercia si alza in piedi aiutato da Dwalin e dai suoi nipoti, ma rifiuta nervosamente l’aiuto e comincia a gridarci contro: “Voi! Cosa pensavate di fare?”
Io e Bilbo ci scambiamo un’occhiata confusa. Faccio un po’ di scena, anche perché dire: So che non ce l’hai con me e prevedo che mi darai un abbraccio, sarebbe stupido.
“Vi siete quasi fatti uccidere!” continua a sgridarci. “Non vi avevo detto che sareste stati un peso? Che non sareste sopravvissuti alle Terre Selvagge? Che non c’è posto per voi fra noi!”
Imito il mio amico e tengo lo sguardo verso il basso, facendo finta di essere dispiaciuta e di non essere a conoscenza delle vere intenzioni del nano.
Allora? Questo abbraccio? I need a hug!
“Non mi sono mai sbagliato tanto in vita mia!” Finalmente ci stringe a lui.
Sorrido emozionata, mentre gli altri nani esultano e Gandalf ci guarda commosso.
Io e Bilbo ci guardiamo e ci sorridiamo, fieri di noi stessi, fieri di aver conquistato la stima di questo provato condottiero.
Dopo aver sciolto l’abbraccio, il nano ci dice seriamente dispiaciuto: “Scusate se ho dubitato di voi.”
“Figurati! Non fa niente” rispondo facendo un gesto d’indifferenza con la mano.
“Non preoccuparti, anch’io avrei dubitato di me” dice umilmente Bilbo. “Non sono un eroe, né un guerriero… e nemmeno uno scassinatore.”
Ci mettiamo tutti a ridere e il sorriso che Thorin ci rivolge mi fa sciogliere. Successivamente sgrana gli occhi e guarda lontano.
Noi tutti ci voltiamo.
Erebor.
“È quello che penso che sia?” balbetta Bilbo.
Nessuno lo caga, come al solito, e avanziamo per ammirare meglio quello splendore che è la Montagna Solitaria, così fiera, imponente. Ha un non so che di leggendario, ho sempre sognato di ammirarla da vicino e presto potrò realizzare questo sogno.
“Erebor. La Montagna Solitaria” annuncia Gandalf, mentre noi siamo tutti imbambolati a fissarla, con il vento che ci scuote i capelli.
“Casa nostra” sussurra Thorin.
Adoro vederlo sorridere e nel suo sguardo leggo speranza. Fa bene a sorridere e non deve più preoccuparsi, perché io non permetterò che gli accada qualcosa di male.
“Guardate!” esclama Oin. “Gli uccelli stanno tornando alla Montagna!”
“Lo prenderemo come un segno, un buon auspicio.” Scudodiquercia sorride a Bilbo.
“Hai ragione,” dice quest’ultimo, “credo proprio che il peggio sia passato.”
See, magari…

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Capitolo 10
*** Beorn ***


Delle nubi attraversano il cielo, il quale in alcuni punti è rosa chiaro.
Dove ci troviamo noi è ancora più buio, poiché siamo nascosti tra delle rocce: Azog e i suoi non hanno smesso di darci la caccia e dobbiamo muoverci con discrezione; per questo Thorin ha mandato Bilbo a controllare a che punto sono gli orchi.
Dopo l’incontro con Azog, il comportamento del capo nei miei confronti è decisamente cambiato: mi sorride spesso, mi chiede sempre come sto, non mi sgrida se mi lancio le palle di neve con Fili e Kili, non mi spinge via se mi aggrappo a lui e posso dire tutte le parolacce che voglio. Be’, questo è il minimo dopo avergli salvato la vita!
Anche il rapporto con Bilbo è mutato per il meglio, visto che Thorin si fida maggiormente di lui e lo tratta come tratterebbe qualsiasi membro della sua Compagnia; non lo vede più come un peso e ho notato che spesso si sorridono. Ogni volta che si scambiano quegli sguardi mi commuovo, amo la loro splendida amicizia… so già che se qualche fanatico della Bagginshield mi leggesse nel pensiero mi tirerebbe una scarpa in testa, ma andiamo piano: Thorin non è di Bilbo, è mio e solo mio! Lo hobbit è il mio migliore amico, non mi ruberebbe mai il ragazzo.
Sorrido divertita al solo pensiero di io e il signor Baggins che ci tiriamo i capelli a vicenda, dicendoci: “Mi hai rubato il ragazzo, brutta sgualdrina!”
Parli del diavolo e spuntano le corna: Bilbo ci ha appena raggiunti, correndo.
“Quant’è vicino il branco?” gli chiede Thorin.
“Troppo vicino. Un paio di leghe, non di più” risponde. Dopo si ferma e aggiunge: “Ma questa non è la parte peggiore.”
“I Mannari ci hanno fiutato?” gli chiede Dwalin.
“Non ancora, ma lo faranno. Abbiamo un altro problema.”
I nani e lo stregone sono tesi, io sono l’unica a non essere preoccupata e grazie tante! Ho letto il libro e visto il film, so che Beorn non ci farà nulla di male.
“Ti hanno visto? Ti hanno visto?” Gandalf guarda lo hobbit e sgrana gli occhi, pensando già al peggio.
“No, non è questo.”
Gandy sorride soddisfatto. “Che vi avevo detto? Silenzioso come un topo! Ha la stoffa dello scassinatore.”
I nani parlano tra loro, concordando con lo stregone, entusiasti della capacità di Bilbo di non farsi scoprire ogni volta che viene mandato avanti a controllare a che punto stiano i nemici.
“Volete darmi ascolto?” Il signor Baggins cerca di attirare l’attenzione dei suoi amici, ma come al solito nessuno lo caga, così comincia ad innervosirsi e ripete con voce squillante: “Volete darmi ascolto?!”
Che carino quando si innervosisce! Mi ricorda il mio criceto quando sto per dargli da mangiare e poi gli sposto il cibo apposta per farlo arrabbiare.
Niente da fare: i nani continuano a parlare fra loro senza degnare Bilbo di uno sguardo.
“ASCOLTATE BILBO CHE VUOLE DIRCI UN’ALTRA COSAAAA!” grido allora. Il mio tono di voce è molto alto, li sfido a non avermi sentita.
Infatti si voltano tutti verso di me.
“Per Durin! Abbiamo un branco di orchi alle calcagna e tu ti metti a strillare?!” mi sgrida giustamente Thorin, non ci avevo pensato agli orchi…
Lo hobbit invece mi dà una pacca sulla schiena e mi ringrazia, poi dice: “Sto cercando di dirvi che c’è qualcos’altro là fuori.”
“Quale forma ha assunto? Quella di un orso?”
Bilbo guarda lo stregone, stupito: come fa a saperlo? Si starà di certo domandando. Gli risponde che ha visto un orso, ma era molto più grosso del normale.
“Tu sapevi di questa bestia?” Bofur ha capito che Gandalf la sa lunga. “Io dico di fare dietrofront.”
“E essere travolti da un branco di orchi?” replica sarcasticamente il capo della Compagnia. Mi piace quando fa il saccente presuntuoso, sarà strano ma così lo trovo adorabile.
“C’è una casa non lontano da qui dove potremmo trovare rifugio.” Gandalf interrompe il parlottare dei nani.
“Di chi è la casa? Amico o nemico?” Thorin, come al solito, non si fida più di tanto.
“Nessuno dei due. Lui ci aiuterà o ci ucciderà.” Mi piace la tranquillità con la quale lo stregone ha pronunciato questa frase, l’ha detta come se stesse dicendo cosa c’è stasera per cena.
“Quale scelta abbiamo?”
Subito dopo che Scudodiquercia ha formulato questa domanda, sentiamo il ruggito di qualche bestia.
“Nessuna.”
Siamo pronti per metterci a correre, ma noto con orrore che la mia camicia, nella parte in basso a sinistra, è rossissima. Adesso mi ricordo del taglio che mi aveva fatto un mannaro, poco prima che salissi sull’albero. Mi ero completamente scordata di questo “piccolo” dettaglio, talvolta sentivo bruciare, ma ero talmente presa dalla faccenda degli orchi e non ho avuto il tempo per curarmene. Prima non sanguinava così tanto, adesso invece ho perso sangue in quantità industriali.
Non serve che dica qualcosa ai miei amici, poiché Dwalin ha già notato la mia ferita e mi ha chiesto: “Che hai lì?”
Tutti i nani si sono voltati verso di me e Bilbo e Bofur hanno sgranato gli occhi notando l’enorme macchia di sangue che ho sulla camicia verde.
“Glenys! Glenys! Che ti sei fatta?” mi chiedono confusamente Fili e Kili.
“Un mannaro mi ha graffiata” rispondo, sentendomi mancare sempre di più. Non ho più forze, così mi lascio andare e cado su Thorin, che si affretta a prendermi.
A dir la verità non mi sono sentita così stanca da cadere a terra, ho esagerato un pochino per ritrovarmi ancora una volta tra le braccia del nano più sexy della Terra di Mezzo.
“È molto pallida,” dice Thorin passandomi una mano sulla fronte e sulla guancia, “Oin, passami delle bende.”
Il medico della Compagnia obbedisce all’istante.
Thorin Scudodiquercia mi tira un po’ su la camicia e, con l’aiuto di Oin, mi circonda la vita con le bende. Fa un sacco di giri e poi stringe un po’, per fermare l’emorragia. Spero con tutto il mio cuore che sia sufficiente.
Senza dirmi niente, il principe nanico mi prende in braccio.
“Thorin,” sussurro, “non morirò, vero? Non è grave?”
La testa mi gira e le forze mi mancano sempre di più, la benda diventa sempre più rossa.
Il guerriero mi sorride rassicurante e mi risponde dolcemente: “No, sta’ tranquilla.”
“Non preoccuparti, Glenys. Le bende fermeranno l’emorragia, una volta al sicuro ti disinfetterò la ferita e con un po’ di cibo e riposo tornerai come nuova” cerca di calmarmi Oin. Spero che stia parlando seriamente e non solo per non spaventarmi.
“Ne abbiamo viste di peggiori, in battaglia.” Apprezzo il tentativo di Dwalin di tranquillizzarmi, ma loro sono nani, resistono di più al dolore, io sono un’umana.
Ho un brutto presentimento.
 
Sto scomoda e mi gira la testa, tutto questo oscillare mi sta facendo venire la nausea.
Thorin sta correndo con me in braccio e non vedo l’ora di raggiungere la casa di Beorn, sento il bisogno di mangiare e riposarmi un po’.
L’orso ci sta inseguendo, ma non me ne frega niente, ora come ora voglio soltanto guarire e sdraiarmi.
Finalmente raggiungiamo il giardino di Beorn, però nessun nano riesce ad aprire la porta, a parte Thorin, nonostante abbia me in braccio.
Mentre sono tutti indaffarati a trattenere l’orso fuori di casa, il capo della Compagnia si precipita dentro la prima stanza che trova. Ha ordinato a Oin di seguirlo.
Thorin mi stende sul letto dell’anfitrione e sembra agitato. Questo fatto non mi tranquillizza per niente.
“Allora, come prima cosa dobbiamo bagnarle la ferita con dell’acqua, indifferente se fredda o calda, anche se suggerirei calda, visto il freddo che fa qua dentro!” suggerisce Oin, cercando di mantenere la calma, anche se si vede che è preoccupato per la mia salute. “Un bel bagno caldo non sarebbe male.”
“E dopo?” gli chiede Thorin, camminando su e giù per la stanza, le mani dietro alla schiena. Sta cercando di scaricare la tensione, o almeno così appare a me.
I suoni mi giungono confusi alle orecchie, le quali sono tappate e mi si stanno chiudendo gli occhi da soli.
Più volte mi sono sentita così stanca, non è una novità per me, ma la ragione, questa volta, non è la pressione bassa: perdita di sangue. Potrebbe essermi fatale.
“Dopo metteremo un po’ di ghiaccio sulla ferita, anche lo zucchero e le ragnatele sono utilissime per fermare l’emorragia.”
Ragnatele? No grazie, vada per lo zucchero.
L’espressione di Thorin è preoccupata, ho notato che spesso si è messo le mani nei capelli e sta respirando a fondo, per mantenere la calma. “Dici che si siano danneggiati alcuni organi interni?”
A questa domanda il mio cuore fa un salto. Ho paura di sapere la risposta e ho ancora più paura di cosa farà Oin per verificare lo stato dei miei organi interni: non vorrei che mi aprisse la ferita o che dovesse operarmi. L’idea mi terrorizza.
Per fortuna il nano si occupa soltanto di tastarmi il fianco, niente di che, anche se la ferita sta bruciando terribilmente.
Chiudo gli occhi e mi mordo il labbro inferiore, stringendo le coperte.
Scudodiquercia dev’essersi accorto che sto sentendo dolore, così si avvicina a me e mi passa una mano sulla fronte. Gliela stringo e gli tiro il braccio, costringendolo ad accucciarsi accanto al letto. Ho bisogno di lui più che mai.
“No, gli organi interni sono a posto” conclude Oin, dandomi una sensazione di sollievo che avverte anche il bel nano dagli occhi azzurri, infatti sospira sollevato.
“Quindi adesso le faccio un bagno caldo, le metto ghiaccio o zucchero sulla ferita e poi dovrebbe essere a posto?” Thorin non si sta dando pace, si vede che ci tiene tanto a me. Se non stessi così male me ne rallegrerei infinitamente.
“Sicuro come il fatto che mi chiamo Oin!” risponde sicuro il medico.
Il mio cuore si è calmato e ha smesso di battere così forte come se fosse sul punto di uscirmi dal petto da un momento all’altro.
L’unica mia paura è che i nani siano costretti a lasciarmi qui a causa delle mie condizioni; spero di riprendermi presto, non riesco ad immaginare i prossimi giorni a venire senza Thorin, mi sentirei terribilmente sola e disperata, sapendolo morto nella Battaglia dei Cinque Eserciti.
“Molto bene,” dice rocamente il nano, dopo l’ennesimo sospiro. “Ora va’ di là e di’ agli altri che rimango un po’ solo con la ragazza, mi occupo io di lei. Di’ loro di non entrare perché le faccio il bagno, dopo potranno farle visita quando vogliono, a patto che la lascino riposare.”
Il nano medico china la testa in segno di assenso, dopodiché esce.
Non appena la porta si chiude, mi sento al settimo cielo! È vero: sono moribonda sul letto e il fianco sinistro mi brucia in una maniera impressionante, ma sto pur sempre per essere spogliata da Thorin Scudodiquercia in persona. E poi Oin ha detto che mi rimetterò, che la ferita non è poi così grave; sono fiduciosa nella mia guarigione e ansiosa di passare un po’ di tempo da sola con il mio amore.
“Vuoi una mano per lavarti? Riesci a spogliarti da sola? Ti fa male?” mi chiede apprensivo il nano, posando delicatamente una mano sulla fasciatura.
Mi metto seduta con fatica. “A dire il vero brucia abbastanza, mi sento tirare quando mi muovo, una mano non sarebbe male” rispondo arrossendo.
Sinceramente potrei anche farcela a spogliarmi da sola, ma voglio che sia lui a farlo.
Thorin sospira, poi si avvicina a me e mi ordina di alzare le braccia. Mi leva lentamente la camicia e diventa rosso quando rimango col reggiseno.
Piano piano mi ha levato anche i pantaloni e ora sono in intimo davanti a lui, che non la smette di arrossire. Tiene lo sguardo chino verso il basso e questo mi sorprende: me lo sarei aspettata più freddo e sbrigativo, mi sa che avevo ragione… prova qualcosa per me…
Thorin mi aiuta a raggiungere la vasca che si trova nella stanza di Beorn. Ora sono completamente nuda, libera dall’intimo.
Prima di farmi entrare, il nano esamina l’acqua. “È abbastanza calda” sussurra con la sua voce roca, facendomi avvampare. Dopodiché mi prende la mano e mi aiuta ad entrare.
L’acqua non è fredda, ma io sono abituata all’acqua bollente e al primo contatto sono rabbrividita, per lo meno la ferita brucia di meno. “Grazie” dico al nano.
Lui mi rivolge un dolcissimo mezzo sorriso, poi si china sulla vasca e mi dice: “Spero che per te non sia un problema trovarti nuda davanti a me, anche se dubito che lo sia, visto che questa non è la prima volta… dico bene?” Mi guarda con aria furba.
Sorrido innocentemente e affondo sempre di più nella vasca.
Lo sguardo che mi sta rivolgendo Thorin è lo stesso che aveva rivolto a Balin quella volta a Casa Baggins, circa all’inizio del film, quando aveva detto: Lealtà, onore, un cuore volenteroso… non posso chiedere più di questo. Una delle mie espressioni preferite, beninteso.
“Giuro che mi avevi spogliata tu…” mormoro facendo gli occhioni da cane bastonato.
Lui alza una mano. “Basta,” dice, “non parliamone più. Quel che è stato è stato, non m’importa delle monellerie che hai fatto, non dopo che mi hai salvato la vita.”
Lo guardo negli occhi.
“Con quel gesto ti sei fatta perdonare ogni bravata e ogni gesto impudico, anche se questo non vuol dire che tu ora debba comportarti come vuoi.” Mi guarda eloquentemente.
“Quindi posso venire con voi?” gli chiedo entusiasta, alzandomi un po’.
Lui ride, una risata calda e virile, che mi scalda il cuore. Mi abbassa delicatamente. “Vacci piano, furia scatenata, hai pur sempre una bella ferita sul fianco” ridacchia.
Darei oro per udirlo ridere sempre; mi è tornata in mente la prima volta che ha riso, nell’ultimo film de Lo Hobbit. Mi trovavo al cinema e mi ero sentita le gambe molli, avrei rivisto quella scena mille e mille volte ancora.
“Comunque, se questo è il tuo più grande desiderio, non me la sento di ostacolarti” mi risponde subito dopo.
Non credo alle mie orecchie!
“Ti sei dimostrata resistente e in gamba per tutto questo tempo, senza contare che non ti sei lamentata neanche una volta della ferita. Sei stata brava, sei sempre sopravvissuta pur non sapendo combattere, il che non è da poco. Però sappi che non potrai mai e poi mai fare di testa tua e non dovrai staccarti da me per nessun motivo al mondo, intesi?”
Gli salto letteralmente al collo. “Oh, grazie Thorin!” esclamo fuori di me dalla gioia. “Grazie grazie grazie grazie!” Prendo a baciarlo ripetutamente in faccia, qualche volta anche sulla bocca.
Ancora una volta il nano è arrossito e non ho potuto fare a meno di provare piacere.
“Ecco, proprio a questo proposito…” riprende lui non appena ho smesso di baciarlo. “Vedi di trattenere questi atteggiamenti selvaggi poco consoni ad una signorina, non penserai di averla fatta del tutto franca dopo avermi salvato la vita? Nella Compagnia ci sono ancora delle regole e una di queste è: trattenere gli ormoni e non saltare addosso o baciare il capo della Compagnia, Thorin Scudodiquercia.”
Scoppio a ridere. “Sì! Perché immagino che Dwalin o Fili e Kili lo facciano sempre!”
Egli mi dà un buffetto. “Che sciocca…” commenta bonariamente, senza smettere di sorridermi.
Ci stiamo sorridendo senza dire niente, finché lui non si alza dicendo: “Direi che sei stata abbastanza in ammollo.”
Prima di uscire dalla vasca mi lavo ancora un po’ e mi sciacquo i capelli per levare la sporcizia, poi egli mi porge la mano per aiutarmi ad uscire.
Sono tutta bagnata e sto sgocciolando dappertutto e, come se non bastasse, ho un freddo della malora.
Thorin deve aver notato che sto tremando, infatti mi avvolge nel suo mantello e mi stringe a lui. Appoggio la testa sul suo petto, rilassata, chiudo gli occhi.
“Va meglio adesso?” mi domanda all’orecchio, eccitandomi, infatti sento uscire qualcosa da sotto…
A volte penso che lo faccia apposta, secondo me è a conoscenza dell’effetto che la sua voce roca ha sulle donne.
“Sì…” rispondo.
Restiamo per un po’ così, lui mi stringe con fare protettivo mentre io tengo la testa contro il suo petto, rilassata.
Oin ha messo i miei abiti a lavare, visto che erano sporchi di sangue e, per dormire, mi ha prestato una sua camicia di ricambio. Così ho ancora più freddo, infatti Thorin mi ha lasciato il suo mantello.
Ormai è notte ed è ora di andare a dormire, il tempo è volato con il mio nano preferito. L’ho pregato di non lasciarmi sola in questa stanza e lui, probabilmente impietosito dal mio stato e dal mio sguardo supplichevole, ha posto il suo giaciglio accanto al letto dove dormirò.
Thorin è disteso sulla paglia e tiene la spada al fianco, per proteggermi da eventuali aggressioni.
Io sono tranquilla: Beorn non ci farà del male e gli orchi non oseranno fare un solo passo avanti finché ci sarà lui di guardia.
“Buonanotte Thorin” dico prima di addormentarmi.
“Buonanotte, amrâlimê” sussurra lui.
Sgrano gli occhi. So cosa vuol dire quella parola, in Khuzdul significa amore mio. Thorin non si aspetta che io conosca un po’ la sua lingua, perciò mi ha chiamata così; è stato avventato, ma almeno ora ho la certezza che prova qualcosa per me.
Mi addormento con questo dolce pensiero nel cuore.
Sorrido.
 
Questo letto è comodo che è una meraviglia. Non mi ricordo cos’ho sognato stanotte, forse non l’ho proprio fatto. Fuori c’è il sole ma non ho voglia di alzarmi, voglio stare ancora un po’ distesa.
Per un momento ho pensato di stare sognando, invece no: mi sono proprio svegliata.
Non mi alzerei mai da questo letto, a parte per scampare a queste fastidiosissime api che si appoggiano di continuo su di me!
Mi metto a sedere sul letto e noto che il giaciglio di Thorin è vuoto. Allarmata, mi lavo e mi metto i miei vestiti che si sono asciugati durante la notte. Corro fuori dalla stanza e noto i nani seduti alla tavola di Beorn.
Che sciocca che sono! Come ho potuto pensare che mi abbiano abbandonata?
Non appena l’orso posa i suoi occhi su di me, mi sento morire, ma per fortuna Gandalf gli ha già raccontato di me ed è tutto sotto controllo.
Vado a sedermi accanto a Bilbo, il quale mi sorride e mi stringe la mano. “Come ti senti?”
“Molto bene, grazie.”
“Ero molto preoccupato per te, lo sai?”
“Già. Infatti ieri non faceva altro che agitarsi, per fortuna poi è venuto Oin a calmarlo!” ridacchia Bofur.
Rido assieme a Bilbo, Bofur, Fili, Kili e Bombur, ma lo stregone ci ammonisce con un’occhiata: Beron sta parlando.
“Un’oscurità grava su quella foresta.” Il mutatore di pelle si sta riferendo a Bosco Atro. “Cose malvagie strisciano sotto quegli alberi.”
Già, i ragni… al solo pensiero mi vengono i brividi! Odio i ragni, se già quelli piccoli mi fanno venire la pelle d’oca, figurarsi quella giganti!
“Io non mi ci avventurerei, se non per grande necessità” aggiunge Beorn. Il problema è che noi necessitiamo di attraversare quel luogo maledetto.
“Prenderemo la strada elfica, quella zona è ancora sicura.” Gandalf sembra sicuro, come sempre.
Ho notato che Thorin si è voltato dall’altra parte, ormai è risaputo che, per non rovinargli la giornata, basta non pronunciare le parole elfo o elfico. A questo proposito… tra poco arriva la parte di Thranduil… spero di esserci quando il mio amore lo manderà a farsi benedire! Sarà troppo divertente!
“Sicura?” L’omone inarca un sopracciglio, scettico. “Gli elfi silvani di Bosco Atro non sono come i loro parenti, sono meno saggi e più pericolosi… Ma non ha importanza.”
Thorin si volta stupito verso di lui. “Che vuoi dire?” Mi alzo e vado da lui, lo abbraccio da dietro, mentre ascolto accigliata la risposta del mutatore di pelle.
“Quelle terre brulicano di orchi e il loro numero è in aumento,” se continua a parlare così lentamente come se avesse una pigna infilata nel culo, temo che non raggiungeremo mai la Montagna Solitaria in tempo “e voi siete a piedi. Non raggiungerete mai la foresta da vivi.”
Il mio amore lo sta guardando malissimo, mi domando se sia la sua faccia normale o se in qualche modo l’omone gli stia dando fastidio. Credo un po’ tutte e due le opzioni.
Improvvisamente Beorn si alza. “Non mi piacciono i nani.”
Cazzi tuoi.
“Sono avidi…” replica avvicinandosi sempre di più a Thorin Scudodiquercia “e ciechi verso la vita di quelli che ritengono più miseri di loro.” Afferra un topolino, sembra che lo voglia stritolare, ma dubito che sia questa la sua intenzione: ama gli animali.
Il nobile nano continua a guardarlo come se volesse incendiarlo sul posto.
“Ma gli orchi li odio di più” conclude il mutatore di pelle con un’aria da psicopatico. “Che cosa ti serve?”

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Capitolo 11
*** La Principessa e il Cacciatore ***


Per il viaggio verso la foresta Beorn ha dato un pony a ciascuno e un cavallo a Gandalf, ci ha caricati di cibo sufficiente per settimane: noci, farina, barattoli di frutta secca sigillati, rosse pignatte piene di miele e dolci biscottati che dovrebbero durare un bel po’. Il tutto è stato imballato con cura in modo da poter essere trasportato il più facilmente possibile.
Se devo essere sincera il cibo che ci ha dato il mutatore di pelle no me gusta molto, a parte il miele, però è meglio di niente.
Le gallette invece sono ottime e contengono miele anche queste; ho chiesto a Beorn la ricetta così, quando tornerò a casa – se tornerò – mia mamma potrebbe prepararmele. Ma niente da fare: la ricetta è segreta.
Pazienza.
Anche Bilbo voleva sapere come preparare questo cibo delizioso, ci è rimasto parecchio male quando il mutatore di pelle si è rifiutato di dirglielo.
Il cammino verso Bosco Atro è pieno di rivi e sorgenti, dunque prenderemo un po’ d’acqua lì.
Beorn ci ha dato dei consigli: ci ha consigliato di non cacciare una volta che ci saremmo trovati a Boscotetro, poiché lì tutto è oscuro, strano e selvaggio, a parte le noci; non dovremo bere da un corso d’acqua nero che c’è lì e tantomeno farci il bagno; ultimo e non meno importante consiglio… non abbandonare per nessun motivo al mondo il sentiero!
Ah sì! Poi dovremo liberare i pony una volta sulla soglia di Bosco Atro.
 
Il viaggio verso Bosco Atro è stato silenzioso: i nani sono preoccupatissimi e, al solo pensiero che questo è solo l’inizio e che li attende ancora un pericolosissimo drago sputafuoco, il loro morale si abbassa notevolmente.
Adesso ci troviamo davanti all’ingresso della foresta. Ha iniziato a soffiare un po’ di vento, il quale trascina foglie secche su di noi. Il cielo è attraversato da nuvoloni neri che promettono pioggia.
Di solito questo tempo è considerato piuttosto bruttarello e dà tristezza, tuttavia a me è sempre piaciuto e mi rende molto allegra: adoro sentire il vento contro i capelli, l’aria fresca su di me, mi dà una sensazione di libertà e, tra la natura, il verde e le montagne, è ancora più bello.
“Ebbene, questo è Bosco Atro!” annuncia Gandalf. “La foresta più grande del Mondo Settentrionale. Spero che il suo aspetto vi piaccia.”
Stai scherzando Gandalf?! Questo luogo è tutto buio, pieno di ragnatele e si odono rumori minacciosi come fruscii misteriosi. Al solo pensiero dei ragni che ci sono dentro mi vengono i brividabadibidi!
“Ora dovete rimandare indietro questi eccellenti pony che avete preso in prestito” ci ricorda lo stregone.
I nani cominciano a brontolare e dicono che non vogliono farlo.
“Sciocchi!” li sgrida Gandalf, facendomi ridere. “Beorn non è così lontano come credete, e vi conviene mantenere la vostra parola, visto che può essere un nemico spietato. Il signor Baggins ha occhi più acuti dei vostri, visto che ha notato ogni notte un orso che sostava sotto al chiaro di luna, poco lontano da noi. Beorn non ci ha seguiti solo per aiutarci, bensì anche per controllare i suoi pony. Non potete immaginare cosa vi farebbe se li portaste nella foresta. Ama i suoi animali come se fossero dei figli.”
“E il cavallo, allora?” chiede Thorin. “Non hai detto che glielo rimanderai.”
“No, perché non intendo rimandarglielo.”
“E la tua promessa, allora?” Il leader dei nani si avvicina pericolosamente a lui e lo guarda malissimo.
“Non gli rimando il cavallo, glielo riporto.”
I nani hanno finalmente capito che Gandalf ci lascia proprio sul limitare di Boscotetro. Vanno tutti da lui e lo implorano di non andarsene, tutti tranne Thorin, Dwalin e Balin. Io rimango al mio posto con loro, mi dispiace che lo stregone se ne vada, ma deve occuparsi di affari importanti, dobbiamo lasciarlo andare.
Bilbo raggiunge me, Thorin, Dwalin e Balin. Sta singhiozzando e si è asciugato una lacrima.
Thorin e Dwalin hanno alzato gli occhi al cielo, mentre Balin gli ha chiesto il motivo del suo pianto. Lo so ben io.
“Bilbo, sta’ calmo, non preoccuparti, ce la caveremo comunque. Gandalf tornerà, l’ha detto anche lui. Non piangere” cerco di consolarlo, stringendolo a me.
Mi fa compassione e mi ha dato fastidio l’atteggiamento di Thorin e di Dwalin di fronte alla tristezza dello hobbit, sono sicura che non ce l’hanno con lui, sono solo nervosi per via di Bosco Atro, ma un pizzico di comprensione non sarebbe male.
Bilbo sta tremando e tiene le sue manine sulla mia schiena. Lo stringo ancora più forte e chiudo gli occhi.
“Mi sentirò così infelice senza di lui! È la nostra guida, la nostra salvezza nelle situazioni più complicate” singhiozza in preda si singulti.
Sciolgo l’abbraccio e lo guardo dritto negli occhi lucidi. “Bilbo,” comincio, “non nego che lo stregone sia molto utile, ma tu devi cominciare ad avere più fiducia in te stesso. Credimi se ti dico che te la caverai sempre, l’ho previsto. In ogni caso ascolta questo consiglio: quando le cose si mettono male non farti prendere dal panico e conta sulla tua fortuna e sulla tua astuzia.”
Lo hobbit si asciuga le lacrime, guarda il terreno e mormora: “Se lo dici tu…”
“Ma certo! Quando mai ho torto, io?” Gli faccio l’occhiolino.
Ora Bilbo si è un po’ calmato. “Scusa per lo sfogo… accidenti! Devo essere sembrato proprio una donnicciola… senza offesa.”
“Figurati. Comunque non c’è niente di male nel piangere, ognuno di noi ha le sue debolezze, siamo umani, proviamo sentimenti e quant’altro.” Parlo proprio io che, ogni volta che mi trovo in pubblico e mi viene da piangere, trattengo le lacrime. Persino la mia migliore amica, che mi conosce da nove anni, non mi ha mai visto lasciarmi andare ad un pianto! Ma dovevo pur consolare il mio BFF in qualche modo, o no?
 
Nessun nano è riuscito a far cambiare idea a Gandalf.
“Ho degli affari importanti da sbrigare giù a sud e sono già in ritardo per aver perso tempo con voi! Potremmo ritrovarci prima che tutto sia finito, ma potrebbe anche non succedere.”
Grazie Gandalf, ero appena riuscita a calmare Bilbo, ora piange di nuovo…
“Dipende dalla vostra fortuna, dal vostro coraggio e dal vostro buon senso. Mando con voi il signor Baggins.”
Sentendosi nominare, Bilbo si strofina gli occhi e tiene la testa alta. Lo stregone conta su di lui.
“Vi ho già detto che è in gamba più di quanto possiate immaginare, ma penso che di questo ve ne siate già accorti.”
Lo hobbit diventa rosso quando tutti noi lo guardiamo e gli sorridiamo. Thorin è l’unico ad essere rimasto serio, è arrabbiato perché dobbiamo passare per Bosco Atro. Mentre noi tutti ci preoccupiamo per tutte le creature mostruose che si aggirano per quella foresta, lui pensa a Thranduil e ai suoi elfetti. So già che il mio nanetto sarà intrattabile per la maggior parte del tempo, più ci avviciniamo alla Montagna più diventa cupo. Mi domando come farò quando sarà in balia della malattia del drago.
“Perciò coraggio, Bilbo! E non fare quella faccia triste.” Gli occhi di Gandalf si incollano su di me. “E come potrei non nominare la nostra Glenys? Devo dire che pensavo che mi stessi un po’ prendendo in giro, quando mi hai detto che prevedi il futuro, ma evidentemente non scherzavi.”
Gli sorrido e gli dico: “Mi mancherai Gandalf, spero che ci rivedremo presto.”
“Probabilmente sarà così” sorride lui. “Coraggio, Thorin e Compagnia! Questa è la vostra spedizione, dopo tutto. Pensate al tesoro che troverete e dimenticate la foresta e il drago!”
Dopo averlo salutato innumerevoli volte, lo stregone se ne va.
Mi dispiace che non sarà con noi per un bel po’ di tempo, mi piace la sua compagnia come mi piacciono le sue battute ironiche, specialmente quelle rivolte a Thorin, anche perché quest’ultimo è piuttosto permaloso. Se non altro Gandalf ci sarebbe stato utile a Bosco Atro.
Sto pensando a un modo per evitare i ragni, mi fanno troppo schifo. Credo che avvertirò i nani del pericolo, quando Bilbo si sarà arrampicato sugli alberi, ma non credo che questo servirà, quelle creature sono astute e numerose, prima o poi ci raggiungeranno. Non voglio che mi sputino addosso la loro schifosissima bava! Quasi quasi mi arrampicherò con il mio migliore amico per scampare alle bestiole.
Adesso stiamo distribuendo il carico il più equamente possibile. Thorin ha detto ai nani di non dare nessun bagaglio a me, per via della ferita, ma io ho protestato perché non mi piace restare con le mani in mano mentre i miei amici faticano, già non faccio niente tutto il giorno!
A Bilbo il suo carico sembra piuttosto pesante, così mi sono offerta di aiutarlo a portare la roba.
“Non ti preoccupare, mastro Baggins” gli dice freddamente Thorin. “Ben presto diventerà fin troppo leggero. Immagino che fra non molto rimpiangeremo di non avere fardelli più pesanti, quando il cibo comincerà a scarseggiare.”
Lo hobbit è molto dispiaciuto, sia per quanto riguarda Gandalf e il cibo, sia per come gli ha risposto il capo. Si è affezionato a lui, come a tutti gli altri della Compagnia e ci ha messo tanto per conquistare la sua fiducia.
Con il morale a pezzi, varchiamo la soglia.
 
Stiamo camminando in fila indiana.
L’avvio del sentiero è una specie di arcata formata da due alberi ricoperti d’edera.
Qui c’è il buio più totale, o perlomeno ci sarebbe se qualche volta alcuni raggi solari non filtrassero dalle foglie degli alberi. La notte, invece, è talmente buio che, le uniche cose che si riescono a vedere, sono gli occhi degli insetti nascosti fra gli alberi. Sono occhi enormi, luminosi, che non mi fanno dormire.
Questa è la prima notte che passiamo a Bosco Atro e i nani hanno deciso di accendere un fuoco, ma la luce non manda via quegli occhi misteriosi ed inquietanti e attira mosche giganti e fastidiosissimi pipistrelli.
Le ragnatele, spesse e robuste, sono ovunque, ricordandomi ogni secondo dell’imminente pericolo, come me lo ricordano i grugniti che si sentono qualche volta.
Thorin sta facendo il suo turno di guardia, mentre tutti noi dormiamo vicini vicini. O forse dovrei dire loro dormono, io non ce la faccio, sono troppo ansiosa.
Mi alzo e raggiungo il mio nano azzurro, il quale si trova poco lontano da noi.
Non riesco a vedere niente, così uso il tatto per orientarmi. Credo che, quello che sto toccando, sia Thorin, lo riconosco dalla pelliccia e dall’armatura.
“Glenys, sei tu?” mi domanda pianissimo.
Oh, Thorin! Amore mio! Sei proprio tu!
Gli rispondo di sì poi, continuando a toccarlo, mi siedo accanto a lui.
Tutto questo buio mi sta facendo impazzire. Ho paura.
“Dovresti dormire.”
“Non ce la faccio, ho troppa paura e poi non si può certo dire che Bosco Atro sia un hotel a cinque stelle.” La butto sul ridere.
Egli soffia divertito. “Un cosa?”
“Niente” rispondo.
Dopo un po’ di silenzio, gli chiedo prudente: “Potrei restare qui con te? Mi fido degli altri, ma proprio non riesco ad addormentarmi, con te mi sentirei più sicura.”
Questa volta non sto mentendo per ritrovarmi fra le sue braccia, sto parlando seriamente: lui mi fa sentire protetta, e poi è sveglio, sta facendo la guardia, riuscirebbe a salvarmi da eventuali aggressioni.
Per fortuna oggi il nano è comprensivo e di buonumore. “Ma certo. Accomodati.” Prima che io possa compiere un solo movimento, lui mi circonda con il suo possente braccio muscoloso e mi stringe sul suo petto per poi condurmi sulle sue gambe. Ho la testa proprio posata sul suo gioiellino, infatti comincio a sentire la voglia che caratterizza i momenti in cui mi trovo con lui.
Pur essendo buio, capisco che Thorin Scudodiquercia sta fumando, lo capisco dai suoi sensuali soffi. Chiudo gli occhi mentre lui mi accarezza i capelli.
“Thorin?” lo chiamo aprendo gli occhi.
“Eh.”
“Mi racconteresti una storia?”
Non mi risponde, spero di non averlo innervosito con questa mia richiesta infantile.
“La favola della buonanotte?” mi chiede divertito.
“Oh sì! Ti prego!” lo imploro entusiasta.
“Shhh!”
Ho parlato troppo forte, come al solito.
“Parla piano. Hai un tono di voce troppo alto.”
Me lo dicono tutti…
“Lo so, scusa, ma proprio non riesco a parlare piano. Io credo di parlare sottovoce, ma evidentemente non lo faccio.”
“Ecco, ora va già meglio… che storia vuoi che ti racconti?”
“Quella che vuoi.”
“Quella che voglio? Oh, molto bene… allora…” Sta pensando a che storia raccontarmi, mentre io attendo curiosa, con il sorriso stampato sulle labbra, dimenticandomi all’improvviso dei ragni, degli orchi, di Smaug e della Battaglia dei Cinque Eserciti… ecco, ora ci ho ripensato di nuovo…
“C’era una volta una bellissima principessa…” comincia continuando a passarmi la mano fra i capelli.
Fantasia portami via…
Molto chiacchierona, molto disobbediente…” Pronunciando queste parole appesantisce la sua carezza.
Sorrido. Sta parlando di me.
“Ma la sua bellezza, il suo sorriso, la sua gentilezza e la sua voglia di vivere supplivano alla totale mancanza di buone maniere e di autocontrollo.” Sì, mi sa tanto che sta parlando di me… “Un giorno, mentre stava facendo la sua quotidiana passeggiata per i boschi, vide un uomo che cacciava, un uomo molto più grande di lei che era ancora una fanciulla, non ancora donna.”
Credo di sapere chi sia quel cacciatore.
“Nonostante la notevole differenza di età, la giovane si innamorò perdutamente di quel cacciatore e, senza il minimo riserbo, gli saltò addosso.”
Ridacchio. Sì, ho capito chi è.
Sono proprio curiosa di sapere come andrà a finire questa storia.
“Il cacciatore si arrabbiò per quella totale mancanza di educazione.” Thorin si sta innervosendo e ho notato che le sue carezze somigliano sempre di più a dei graffi. “Ma, appena notò che la fanciulla era la principessa, si scusò per i suoi modi bruschi.”
E bravo il bel cacciatore!
“La principessa gli chiese chi fosse, visto che non l’aveva mai visto lì. Egli le rispose che era un grandissimo cacciatore e che suo padre, il re, l’aveva ingaggiato per uccidere un drago.”
“Quale drago?”
“Un drago che, secondo una profezia, quello stesso giorno sarebbe arrivato e avrebbe distrutto il regno” mi risponde Thorin. “La principessa si spaventò tantissimo, lei non sapeva nulla di questo drago, poiché suo padre aveva deciso di non dirle niente per non spaventarla.
La principessa tornò al castello assieme al cacciatore, il quale era diventato come un padre per lei, anche se non aveva dissipato il sentimento che provava per lui.
Il drago giunse proprio quel giorno. I cittadini del regno sentirono un rumore come d’uragano, provenire da nord; i pini sulle montagne scricchiolarono. Fortunatamente il cacciatore riuscì a uccidere la bestia.”
“E lui e la principessa si misero insieme?” I miei occhi stanno brillando.
“No.” La sua risposta mi giunge alle orecchie con lo stesso impatto di una doccia ghiacciata in inverno. “Rimasero solo amici, perché la principessa capì che il loro rapporto non poteva funzionare: lui era troppo vecchio per lei, doveva farsi una sua vita e trovare un giovane della sua età con cui condividerla. Quel giorno arrivò alla vigilia del suo diciassettesimo compleanno, la principessa conobbe un bel ragazzo, in gamba, gentile e divertente. Nel giro di un anno si sposarono e condussero il regno con saggezza e costanza.”
“E il cacciatore?” Sono indignata!
“Restò sempre al suo fianco, come padre e come amico.”
Che schifo.
Io non voglio il bel giovane in gamba, gentile e divertente, io voglio Thorin Scudodiquercia.
“Bella storia.” E lo dico veramente, per essere improvvisata non è niente male. “Ma il finale non mi piace.”
“E perché no, di grazia? La fanciulla ha trovato una persona buona e in gamba con cui passare il resto della sua vita, una persona della sua età. Non è forse giusto così?”
“No,” rispondo sicura, “doveva mettersi col cacciatore, se lo amava. L’amore non ha età.”
“Invece ce l’ha, credimi.”
“Ma non è giusto! Se ami una persona con tutto il cuore non puoi essere ostacolata da un fattore così di poca importanza come l’età, l’età è solo un numero.”
“E questa è solo una foresta” ribatte lui, freddamente.
Prendo la decisione di non continuare, non vorrei farlo arrabbiare, come non vorrei che ci mettessimo ad urlare attirando l’attenzione di tutte le creature possibili e immaginabili.
 
Mi sveglio all’improvviso a causa del terreno scomodo e in movimento.
Aspetta un momento…
Il terreno si muove?!
Infatti non mi trovo per terra, bensì tra le braccia di Thorin.
Visto che vedo il nano, come vedo esattamente i miei amici che camminano assieme a noi, dev’essere mattino.
“Oh, ti sei svegliata” mi dice Thorin.
“Che è successo?” gli chiedo con la voce impastata dal sonno.
“Niente, dormivi come un ghiro all’alba, mi seccava svegliarti, così ho deciso di portarti in braccio.”
Tranquillo Thorin, non mi offendo mica se mi prendi in braccio come se fossi la tua principessa, con quelle tue forti braccia muscolose e ben allenate.
Mi stringo a lui. “Grazie, sei molto gentile” lo ringrazio civettuola. No, non mi voglio staccare da lui e poi non ho voglia di camminare, sono stanca morta.
Il mio amore deve aver capito che mi è tornata la voglia di fare la furba, così mi rimette pesantemente a terra e dice: “Credo che ti sia riposata abbastanza da riuscire a camminare.”
Il suo tono è amichevole, quasi divertito, non è arrabbiato, sembra essere di buonumore. Per fortuna.
Quando mi ritrovo con i piedi per terra, i miei amici si mettono a ridere e mi danno delle pacche sulla schiena.
Purtroppo l’allegria fa presto a sparire, poiché siamo tutti affamati, siamo cauti con le provviste, giustamente.
Bilbo, poverino, non sta facendo altro che lamentarsi! E non lo biasimo, visto che, nonostante la nostra prudenza, il cibo sta già cominciando a scarseggiare e non durerà per giorni. Come se non bastasse questa foresta è sempre identica, sembra non finire mai.
I nani cercano di cacciare gli scoiattoli, ma non ce la fanno e stanno perdendo tante frecce.
Kili è riuscito finalmente ad abbatterne uno, ma risulta talmente sgradevole al palato che abbiamo deciso di farne a meno.
All’improvviso il sentiero si interrompe con un corso d’acqua. Scorre veloce e turbinoso, ma non è molto largo; è nero, o tale appare nella penombra. Per fortuna Beorn ci ha messi in guardia da esso, se no avremmo sicuramente bevuto le sue acque e ci saremmo anche fatti un bagno. L’unico problema è come attraversarlo senza bagnarsi.
Bilbo si inginocchia e scruta avanti, dopo un po’ sgrana gli occhi, indica qualcosa ed esclama: “C’è una barca attraccata all’altra riva! Che disdetta che non sia da questa parte!”
“Quanto pensi che sia lontana?” gli domanda Thorin, che ormai ha capito che tra loro lo hobbit è quello che ha la vista più acuta.
“Non è lontana per niente. Direi non più di dieci metri.”
“Qualcuno di voi sa lanciare una corda?” chiedo a gran voce.
“E a che scopo? La barca sarà di certo legata e non credo che riusciremmo ad agganciarla” risponde Kili.
“Non credo che sia legata” aggiunge il signor Baggins.
Thorin ordina a Fili di lanciare una corda alla quale è stato attaccato un uncino. Deve trascinare la barca su questa riva.
Il nano biondo, aiutato dallo hobbit, aggancia la barca e cerca di tirarla verso di noi, ma non ci riesce.
Io, Kili, Oin e Gloin lo aiutiamo, ma abbiamo tirato talmente forte che siamo finiti tutti col sedere per terra. Ci rialziamo ridendo. Fortunatamente Bosco Atro non è riuscito a distruggere del tutto la nostra voglia di scherzare.
“La barca!” L’urlo di Bilbo ci rimette tutti sull’attenti: la barca se ne sta andando.
Lo scassinatore e Balin afferrano la corda in tempo.
“Chi attraversa per primo?” domanda il mezzuomo.
“Io,” risponde Thorin, “e tu verrai con me, insieme a Fili, Glenys e Balin. La barca non ne reggerebbe più di quattro per volta. Dopo di noi, Kili, Oin, Gloin e Dori; poi Ori e Nori, Bifur e Bofur; e per ultimi Dwalin e Bombur.”
“Sono sempre ultimo,” brontola Bombur, “e non mi piace per niente. Oggi toccherà a qualcun altro.”
“Se non fossi così grasso non saresti sempre ultimo. Dimagrisci. E vedi di eseguire i miei ordini, o ti capiterà qualcosa di brutto” lo sgrida il capo dei nani.
Mi sono messa a ridere, nonostante Bombur mi abbia fatto un po’ pena.
Alla fine il cuoco della Compagnia non ha detto più niente e ha obbedito, piuttosto di sentire Thorin.
Fili ha trovato un modo ingegnoso per riportare indietro la barca e adesso ci troviamo a bordo.
Mentre ci avviciniamo all’altra riva, canticchio:
 
Row, row, row your boat,
Gently down the stream.
Merrily, merrily, merrily, merrily,
Life is but a dream.

 
Fili ha riso di gusto: questa canzone è molto carina e l’ho cantata facendo finta di essere ubriaca.
Purtroppo Thorin non ha lo stesso senso dell’umorismo…
“Glenys, evita” mi dice infatti.
Quando ormai siamo quasi tutti giunti a destinazione… SPLASH! Bombur cade in acqua provocando un’onda anomala. Come se i problemi non fossero già abbastanza, siamo costretti a trasportare il nostro amico che dorme come un ghiro in preda agli effetti dell’acqua incantata.
 
Dopo un’ora di cammino, Bombur si è finalmente svegliato e ci ha raccontato di un suo sogno dove c’erano polli arrosto, patate fritte, formaggio, latte, acqua, birra, idromele, pizza, uova e pesce.
Grazie tante, Bombur: stiamo tutti morendo di fame! Infatti Thorin l’ha sgridato e l’ha minacciato di gettarlo nel corso d’acqua e di lasciarlo lì.
“Ma non finisce più questa maledetta foresta?!” grida il capo della Compagnia.
E menomale che sono io quella che grida…
“Qualcuno deve arrampicarsi su un albero e vedere se riesce a scorgere la fine.”
Naturalmente con qualcuno intendeva Bilbo che, senza dire né a né b, comincia ad arrampicarsi sull’albero più alto e robusto di tutti. Ammiro la sua agilità, anch’io ero così quand’ero piccola, ora sono giusto un po’ fuori allenamento.
Adesso sto in guardia al cento per cento, stando al film i ragni dovrebbero arrivare proprio ora, anche se adesso i fatti stanno seguendo di più il libro.
Avverto lo stesso i nani, forse riusciamo a evitare il peggio.
Neanche finito di pronunciare la frase, che un ragno gigante cade da un albero e si precipita su Thorin.
“Thorin attento!” Prima che possa fare un passo avanti, un altro di quei mostri schifosi si getta su di me. Scalcio e tiro pugni, ma non riesco proprio a liberarmene e mi sta sbavando in faccia. Dwalin cerca di levarmelo di dosso, ma viene portato via da un altro ragno.
Non mi arrendo e continuo ad agitarmi, mentre faccio sempre più fatica a muovermi a causa della saliva della creatura. In men che non si dica, sono ricoperta dalla testa ai piedi della ragnatela del mostro e fatico a respirare. Provo a sferrargli un potente calcio addosso, tenendo i piedi uniti, però le forze se ne stanno andando piano piano e tutto diventa improvvisamente buio come la notte.
 
Un’altra noiosa e ripetitiva giornata di lavoro. Tuttavia, tenendo il secchio in mano, mi avvicino al pozzo col sorriso stampato in faccia: stamattina mi sono svegliata di buonumore pensando a un bel principe moro, dagli occhi azzurri, muscoloso e con la barba. Chissà se un giorno arriverà… Lo so che i miei sono solo sogni ad occhi aperti, ma nella vita non si sa mai, sono ottimista e fiduciosa, so che la felicità prima o poi giungerà da me.
Mi rispecchio nell’acqua del pozzo. Oggi ho anche i capelli a posto. Principe, se devi arrivare, arriva adesso prima che la mia chioma diventi ingestibile e piena di nodi uno di questi giorni.
Sono talmente piena di vita e allegra, oggi, che mi è venuta voglia di cantare. Comincio a intonare questa canzoncina divertendomi ad ascoltare l’eco della mia voce:
 
Zitti
ed ascoltate 
quel che vi dirò!
Un segreto incanto svelerò
ogni desiderio può
il pozzo soddisfar
se l’eco vi risponderà
lui vi accontenterà!
Vorrei
un amore che
sia tutto
per me
io sogno
la felicità
che un giorno
verrà!
Quel giorno
so che mi dirà
amore
son qua!



Il mio canto s’interrompe nel momento esatto in cui sento una voce misteriosa, maschile e profonda cantare insieme a me. Mi volto e mi ritrovo davanti un uomo che non conosco. Il mio cuore fa un balzo.
Egli si cava il cappello. “Mi dispiace signorina, non volevo spaventarla.”
Mi vuole stuprare? Mi vuole uccidere? Corro il più velocemente possibile dentro casa e mi ci chiudo dentro, guardo dalla finestra quand’è che se ne va.
L’uomo misterioso non va via, si avvicina al castello e guarda nella mia direzione.
Prima ho preso talmente paura che non ho avuto il tempo di soffermarmi sul suo volto: veramente un bell’uomo, sarà sulla quarantina, ha lunghi capelli neri legati in un codino e ha la barba. I suoi bellissimi occhi azzurri riesco a vederli anche da qua.
Mi rilasso guardandolo e mi rilasso ancora di più quando inizia a cantare con voce stupenda:
 
Devi ascoltarmi 
non puoi fuggire così...

Oggi
non ho che un canto
canto
solo per te!

Senti
con quanto amore
questo mio cuore 
batte per te!



Oggi 
come d’incanto 
canto 
solo per te
oggi 
che ti ho trovata
amata 
resta con me!

 
Ci sorridiamo mentre io divento rossa come un peperone. Vorrei corrergli incontro e saltargli al collo, vorrei andarmene via con lui, il più lontano possibile da qui, il più lontano possibile dalla mia insopportabile e crudele matrigna Thranduil, il più lontano possibile da queste mura e dalla mia routine quotidiana.
Ma non posso.
 
BOOM! Cado sui miei amici ricoperti di ragnatele.
Un altro mio sogno su Thorin interrotto…
Adesso mi ricordo tutto: i ragni ci hanno attaccati e Bilbo deve averci salvati. Ci aiutiamo a vicenda a liberarci dalla saliva dei mostri.
Sfortunatamente i ragni ci raggiungono di nuovo. I nani sono pronti a battersi e anch’io sfodero la mia spada, non si sa mai.
Quelle creature disgustose hanno il loro bel daffare con i miei amici e anche Bilbo sta combattendo valorosamente, mentre io non oso far arrabbiare nessuno di quei mostri, li lascio in pace, non vorrei attirare la loro attenzione.
Thorin Scudodiquercia sta per uccidere un altro ragno gigante, ma viene preceduto da una bella fanciulla bionda che scivola giù da una ragnatela come se fosse Spiderman. Non credo che ella volesse salvarlo, infatti subito dopo gli punta una freccia addosso e gli dice gelidamente: “Non credere che non ti uccida, nano. Lo farei con piacere.”
In men che non si dica siamo circondati da elfi silvani che ci minacciano con l’arco.
Siamo sfuggiti ai ragni e adesso sono gli elfi a romperci i cosiddetti. Questo è uno di quei momenti in cui l’espressione dalla padella nella brace è più che azzeccata.

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Capitolo 12
*** In prigione... ***


Dopo che la suddetta “fanciulla bionda” ha pronunciato quella frase, do a Dwalin una gomitata e scherzo: “Ah! Ma è un maschio!”
Ci mettiamo a ridere, ma smettiamo quando un elfo si avvicina a noi e ci ordina minacciandoci con la freccia: “Tacete, nani.”
Il nano è sul punto di saltargli addosso e la presa sulla sua ascia si fa più forte e decisa.
“Veramente io sarei un’umana” puntualizzo alzando timidamente l’indice.
Alzo le braccia e sussulto non appena quello spilungone pel di carota avvicina la freccia alla mia gola. “Ti ho detto di stare zitta!” ripete.
Non dico più niente.
“Kili!” strilla Fili.
Solo adesso mi ricordo che il nano moro è stato preso di mira da un ragno e che presto, stando al film, dovrebbe arrivare Tauriel a salvarlo.
Non mi dispiace come personaggio, anche se non è tra i miei preferiti, un po’ stereotipato lo è. Vivrei benissimo anche se non dovesse spuntare fuori all’improvviso, tuttavia mi piacerebbe fare la sua conoscenza, è simpatica e non è altezzosa e chiusa come gli altri elfi.
 
Prima che qualcuno possa correre in aiuto del nano più giovane della Compagnia, il ragno gigante viene ucciso da una freccia. Un secondo dopo spunta un’elfa alta e dalla lunga chioma rossa. Tauriel. Comincia ad uccidere i mostri con un’abilità da far invidia a Indiana Jones. Utilizza l’arco e anche un po’ i pugnali, devo ammettere che non mi dispiacerebbe saper combattere così, dev’essere divertente e potrei seguire i nani ovunque senza paura e, ultimo ma non meno importante, avrei più possibilità di riuscire a salvare Thorin e i suoi nipoti.
Tauriel è finalmente riuscita a far fuori gli ultimi impiastri e adesso gli elfi silvani ci stanno perquisendo.
Legolas afferra Orcrist e la guarda come se fosse drogato. Comincia a parlare a vanvera in elfico, poi chiede a Thorin: “Dove l’hai rubata?”
“Quella mi è stata data” risponde secco lui.
Il biondino gli punta contro la stessa lama con cui Scudodiquercia ha ucciso un sacco di nemici e che lo ha servito per tutto questo tempo. “Non solo un nano, ma anche un bugiardo.” Ha pronunciato la parola nano come se fosse un insulto; per lui, solo il fatto di appartenere a quella razza, è un peccato mortale, una colpa.
Legolas mi sta molto simpatico nel Signore degli Anelli, ma in questa storia proprio non lo digerisco e non approvo per niente la scelta di Jackson d’inserirlo nel film, così facendo ha solo ridicolizzato il personaggio con quelle acrobazie assurde stile ninja e ha messo in ombra molti personaggi solo perché l’elfetto doveva fare il figo. Quindi non mi faccio problemi nel ribattere freddamente: “Non è un bugiardo! Dice il vero! Quella lama elfica gliel’ha data Elrond, Signore di Gran Burrone.”
Il principe elfico mi guarda con superiorità, alzando un sopracciglio.
Quell’insopportabile e rompiscatole pel di carota tende ancora di più l’arco e mi sgrida: “Sta’ attenta a come ti rivolgi al nostro principe Legolas, figlio di Thranduil, sovrano del Reame Boscoso, o ti succederà qualcosa di brutto!”
Thorin aggrotta le sopracciglia e fa un passo avanti, ma Balin lo blocca gentilmente con il braccio. Non è il caso di mettersi a discutere con questi palloni gonfiati.
 
Pel di carota mi ha sequestrato la spada e devo dire che ci sono rimasta male: mi ero affezionata a quell’arma ed è troppo bella per lasciarla andare così.
“Chi è questo? Tuo fratello?” Guardo avanti e vedo Legolas che osserva il ritratto della moglie di Gloin.
Se fossi il nano gli risponderei di farsi i cazzi suoi e di guardarsi allo specchio che sembra una femmina! Sono più uomo io di lui!
“Quella è mia moglie!” risponde indignato Gloin.
“E questo chi è? Un orco mutante?” continua a innervosirlo il principe del Reame Boscoso, alludendo al ritratto di Gimli.
“Quello è il mio piccolino, Gimli!”
“Sai che diventerà il tuo migliore amico?” grido a Legolas.
L’elfo dai capelli rossi mi dà un colpo sulla testa. “Tu proprio non vuoi saperne di chiudere il becco?!”
Prendo la saggia decisione di non parlare più, quegli psicopatici potrebbero benissimo trapassarmi con una freccia da un momento all’altro. Peccato però, è estremamente divertente far arrabbiare questi cosi.
A questo punto Thorin ha abbandonato l’autocontrollo. Dà uno spintone all’elfo che lo stava ispezionando e si avvicina con passi pesanti a pel di carota. Sembra un toro inferocito. Gli mancano solo le corna e il fumo che gli esce dalle narici. “A quanto pare gli elfi non hanno la minima idea di come si tratti una fanciulla” dice seccato all’elfo rosso.
“Prego?” gli domanda lui, più indignato che confuso.
Scudodiquercia lo afferra per la casacca e lo costringe ad abbassarsi alla sua altezza. Lo guarda dritto negli occhi. “Stammi bene a sentire, Orecchio appuntito. Puoi imprigionarci, picchiarci, torturarci, trattarci il più malamente possibile ma non puoi, ripeto, non puoi azzardarti a toccare lei. È solo una ragazzina; alzare le mani sulle bambine è forse una politica della tua razza?”
Temo che gli elfi lo uccidano qui sul posto, anche perché pel di carota sta respirando bene a fondo come se fosse sul punto di esplodere. Noto che anche Legolas sta perdendo la pazienza.
Prima che qualcuno dica o faccia qualcosa, Tauriel si fa avanti dicendo: “Ha ragione.”
Tutti si voltano verso di lei, compresa me.
“Che razza di creature saremmo se facessimo del male a una bambina? È una straniera nella nostra terra, per giunta in compagnia di nani; è giusto che venga imprigionata ma dev’essere trattata con delicatezza e avere cibo e acqua in abbondanza per non morire di fame.”
In poche parole un carcere a cinque stelle. Chissà se hanno anche la piscina, e gradirei una bella vista sul Monte Fato.
“Così sia” acconsente Legolas, rompendo il silenzio stupefatto della sua gente. “Il Capitano ha ragione, non è nella nostra politica maltrattare una bambina, per quanto possa essere impertinente e maleducata la suddetta bambina” aggiunge guardandomi gelidamente con i suoi occhi spiritati.
Ricambio lo sguardo di disprezzo.
“La terrò d’occhio io verso la strada per il palazzo del nostro Re” dichiara a gran voce Tauriel, passandomi delicatamente una mano sulla schiena.
Queste parole mi hanno tranquillizzata e ho apprezzato il gesto dell’elfa, mi ha ricordato le parole di Evangeline Lilly a proposito del suo personaggio: Tauriel, essendo donna, ha un forte istinto materno. Infatti aveva trattato benissimo le figlie di Bard.
All’improvviso mi rendo conto di quanto mi manchi mia mamma. Sinceramente mi garba l’idea di vivere qui, con Bilbo, Gandalf e i nani tutti vivi, potrei sposare Thorin e fare una famiglia con lui, però non vorrei mai e poi mai non rivedere mai più la mia famiglia e i miei amici. Sono combattuta tra questo mondo e il mio. Ognuno ha il suo posto, non è forse questa la morale de Lo Hobbit? Bilbo deve tornare a casa sua, al luogo a cui appartiene e che gli manca tanto; i nani devono riprendersi la loro dimora e Thorin deve rivedere le sale dei suoi antenati, dove è cresciuto, deve riprendersi ciò che quand’era piccolo gli è stato violentemente strappato via. E così anch’io devo tornare a Casa, devo tornare dalle persone che mi hanno cresciuta e voluto bene. Lì è il mio posto, non qui. Però sarà dura dire addio a tutto questo, specialmente a Thorin. Forse è meglio se prendo un po’ le distanze, mi sto innamorando troppo di lui e, più lo amo e più saranno dolci i momenti che vivremo insieme, più sarà amaro il risveglio – a patto che ce ne sarà uno – e non voglio che Thorin soffra. Purtroppo stare insieme farebbe male a tutti e due.
“Sei triste?” La voce dolce di Tauriel interrompe i miei cupi pensieri.
“No no, sono solo un po’ pensierosa.” Ritrovo all’improvviso il buonumore. “Come hai fatto a fare tutte quelle acrobazie? Sono fighissime! Cioè, fantastiche! Magari sapessi farle anch’io… m’insegneresti?”
Lei ridacchia lusingata. “Be’, veramente non so se ne avrei il tempo e comunque ricorda: uccidere non è bello, lo si fa solo per difendere gli innocenti o per salvarsi la vita, mai per passatempo o divertimento.”
Sì, certo, come no…
 
Mentre passiamo sul ponte ringrazio Thorin per avermi difesa da quell’elfo antipatico.
“Per te questo e altro” mi risponde, poi sorride. “Sono in debito con te dal momento che mi hai salvato dall’orco.”
Il suo sorriso è triste, poco convinto, c’è qualcosa che lo affligge. Sicuramente sarà per la missione e per il fatto che stiamo per incontrare uno dei suoi più acerrimi nemici.
“Ti vedo un po’ giù…”
Sospira. “Non possiamo aspettarci alcuna benevolenza da parte di re Thranduil, so com’è fatto e ce l’ha con la mia famiglia. Se si è rifiutato di aiutare i nani di Erebor dopo l’attacco di un drago perché dovrebbe farlo adesso? In più sono in pensiero per Bilbo, ho paura che si sia perso o che sia…” Lascia la frase a metà, ma si capisce cosa stia intendendo.
Mi fa piacere che sia preoccupato per lo hobbit, non vedo l’ora di dirlo a Bilbo, ne sarà felice.
Cerco di rassicurare il nano dicendogli che lo scassinatore sta sicuramente bene, ma le mie parole per lui devono essere aria fritta.
 
Gli elfi ci hanno rinchiusi in malo modo dentro alle celle, mentre Thorin è stato condotto da Thranduil. Un po’ mi dispiace di non vedere il re degli elfi e di non assistere all’ultima uscita isterica di Thorin, ma tanto Thranduil lo vedrò alla vigilia della Battaglia dei Cinque Eserciti, anche se non sarà il momento migliore, visto che il mio amore sarà mezzo matto e in preda alla malattia del drago.
“Non mi perquisisci?” domanda Kili a Tauriel. “Potrei avere di tutto nei pantaloni.”
“O niente.” Detto questo, il capitano delle guardie rinchiude il mio amico e se ne va a testa alta.
Questo è uno di quei momenti in cui Nelson dei Simpson che dice ha ha! sarebbe più che azzeccato.
 
I minuti passano e io mi sto annoiando da matti. Potevano almeno rinchiudermi con qualcuno! Siamo tutti soli, abbandonati a noi stessi. L’unica cosa che possiamo fare è parlare ed è esattamente quello che stiamo facendo, però siamo tutto il tempo che ci lamentiamo e diciamo le stesse cose: “Che noia!” o: “Quando arriva Thorin? Thranduil ci lascerà andare?”
Mi è venuta un’idea che potrebbe rendere questa prigionia più piacevole. “Ragazzi? Vi andrebbe di fare un gioco?”
“Che gioco?” mi chiede Balin, interessato.
“Adesso io imiterò qualcuno che noi tutti conosciamo molto bene e, chi indovinerà di chi si tratta, toccherà a lui imitare qualcuno. Tutto chiaro?” Lo faccio spesso questo gioco, di solito imito mia nonna o mia sorella.
I nani rispondo di sì, così mi schiarisco la voce e comincio con tono profondo: “No Gandalf, no! Non ci vado dagli elfi! No, non mostro la mappa a re Elrond. Fili, Kili, comportatevi da persone adulte, io non vi ho educati così, guardate che vi rispedisco alle Montagne Azzurre a calci! Glenys, Fili, Kili, smettetela di tirarvi palle di neve! Bilbo accelera il passo, Bombur smettila di mangiare o diventi grasso! Non voglio fare questo, non voglio fare quest’altro. Gandalf, che tu lo voglia o no si fa come dico io!”
“Facile, è lo zio!” risponde Fili, poi scoppiano tutti a ridere.
Adesso è il turno del nano biondo che, dopo averci pensato un po’, dice con voce squillante e da femmina: “Oh, Thorin! Quanto sei bello! Quanto sei coraggioso! Quanto sei valoroso! Io so tutte le tue imprese a memoria, sai? Vuoi che ti porti qualcosa da bere? Vuoi che ti faccia fresco con una palma?”
Arriccio il naso mentre i miei amici ridono come pazzi.
“Glenys!” ride Kili.
Metto le braccia incrociate. “Ma io non parlo così!” protesto.
“Oh, e invece sì” obietta allegramente Fili.
“E invece no! Non sono un’ochetta!”
“Dai ragazzi, smettetela che tocca a me.” Kili tossisce, dopodiché imita con voce roca e rabbiosa: “Che vuoi tu da me?! Levati dai piedi prima che la mia ascia intercetti la tua zucca vuota! Stupidi e luridi elfi!”
Tutti ci pensano un po’ su, io compresa. Sono indecisa tra due persone.
“Thorin?” chiede Ori.
“No.”
“Dwalin!” esclamo schioccando un dito.
“Esatto!”
Ci facciamo altre risate, mentre il pelatone ribatte offeso: “Io non sono così antipatico.”
“Invece sì, signor Dwalin, sei anche peggio” lo prende in giro Kili, scatenando ancora più ilarità di quanta non ce ne sia già.
Il migliore amico di Thorin si arrabbia e comincia a gridare frasi sconnesse, per fortuna Balin lo calma. “Per favore fratello, è solo un gioco.”
L’ho sempre detto di essere una nana: anch’io, quando facciamo questo gioco a casa, mi arrabbio sempre quando imitano me.
Alla fine la smettiamo di fare questo gioco perché, come ha fatto notare nonno Balin, ci mette l’uno contro l’altro.
 
Proprio quando la noia ha ormai raggiunto livelli assurdi, Thorin viene spinto nella mia cella.
Mi alzo e gli vado incontro, felice che gli elfi abbiano avuto il buonsenso di rinchiuderlo con me. A quanto pare sanno fare anche buone azioni.
Thorin è ancora più imbufalito del solito, infatti sto a distanza di sicurezza.
“Ti ha offerto uno scambio?” gli chiede Balin.
“L’ha fatto…” ringhia il capo, poi grida sempre più forte: “Gli ho detto che può andarsene a ish kakhfê ai’d dur rugnu! LUI E TUTTA LA SUA STIRPE!”
“Bene, è fatta” sospira Balin. “Un accordo era la nostra sola speranza.”
“Non la nostra sola speranza…” Thorin, in cuor suo, sa che a Bilbo non gli è successo niente e che verrà a liberarci.
Vado dietro al nano e lo abbraccio. “Suvvia, non essere arrabbiato, vedrai che andrà tutto per il meglio.”
Egli si sposta nervoso e va a sedersi in fondo alla cella. “Glenys, non è proprio il momento!” sbotta.
Mi siedo accanto a lui e sto attenta a non respirare troppo rumorosamente, non vorrei che si arrabbiasse.
Dannato Thrandy! Prima di parlare con te era così dolce… ci ho messo così tanto per ammorbidirlo un po’, hai rovinato il lavoro di settimane intere!
“Prima mi sembravi molto affabile con quell’elfa dai capelli rossi. Che fai? Ora socializzi anche con gli elfi?!” mi sgrida Thorin Scudodiquercia.
Gli sorrido canzonatoria. “Che c’è? Non sarai mica geloso?”
Mi guarda malissimo.
“Comunque puoi stare tranquillo: quell’elfa è più interessata a Kili che a me.”
“Cosa intendi dire?” mi chiede Thorin, confuso.
“Niente! Niente…” si affretta a rispondere il suo nipote più giovane, agitato.
 
Un’ora ormai è passata e di Bilbo neanche l’ombra. Spero che si muova perché mi sto annoiando da matti e con Thorin non si riesce a parlare.
“Che giorno è?” brontola Dwalin.
“Non raggiungeremo mai la Montagna!” piagnucola Ori.
“Non chiusi qui dentro.” Bilbo spunta dal nulla con delle chiavi in mano.
Era ora!

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Capitolo 13
*** Ragno in bagno! Ragno in bagno! ***


Naturalmente tutti i nani si precipitano da Bilbo e attendono con ansia che lui apra le loro celle.
Lo hobbit, giustamente, dice loro di fare silenzio. Godo un casino quando lui e Thorin si scambiano uno sguardo d’intesa, sono troppo carini ed è bello vedere il mio nanetto su di morale; quando pensava che ormai l’impresa fosse fallita, ecco che spunta lo scassinatore! Del resto gli amici non servono anche a questo? A darci una speranza quando ormai vediamo tutto nero, arrivano nel momento del bisogno e ci sono sempre.
Quando metto piede fuori dalla cella, Bilbo mi mette una mano sulla spalla e mi guarda. “Come mai quel muso lungo? Non sei felice che vi abbia liberati?”
“Certo che sono felice, ma non sono sorpresa: sapevo che saresti arrivato, non dubito di te neanche per un secondo. Mai.”
I nani sono tutti felici di vedere Bilbo e lui, a sua volta, è felice di rivedere loro. Si vede che ha una gran voglia di riprendere l’avventura e che ha acquisito più fiducia in se stesso, ha capito di possedere delle qualità non indifferenti, vuole ancora rendersi utile e si è affezionato alla Compagnia, non la mollerebbe mai. E anch’io, purtroppo…
 
Bilbo ci fa strada per una scala fatta con i tronchi degli alberi, finché non arriviamo nelle cantine, dove c’è la guardia che dorme della grossa. Eh eh, qualcuno ha fatto baldoria qui…
“Entrate tutti nei barili, presto!” ci ordina sottovoce lo hobbit, non appena giungiamo dinanzi ai barili.
Tutti i nani cominciano a protestare, specialmente Dwalin, mentre il signor Baggins tenta invano di zittirli.
Durante tutta questa silenziosa confusione, io tiro Thorin per la camicia blu notte. “Ehi, Thorin? Posso stare dentro al barile con te?”
Non mi risponde, sta cercando di capire il piano di Bilbo, ma io non demordo e continuo a tirargli la casacca e insisto finché non mi dà una risposta. “Thorin, Thorin? Allora posso? Eh? Posso posso?”
Lo scassinatore del gruppo guarda il suo capo con sguardo supplichevole. Ha bisogno di aiuto.
“Fate come dice” ordina il nano e nessuno osa più dire una parola, certo, a parte me.
“Thorin? Thoriiiin?” Tiro con più insistenza la sua camicia.
“Eh?! Dimmi!” Si volta innervosito verso di me.
“Posso stare dentro al barile con te?”
“Fa’ come ti pare.”
“Yu-uuuuuh!” esclamo felice, facendo un saltello e divaricando le braccia verso l’alto. Subito dopo mi tappo la bocca e mi do della stupida, perché la guardia si è agitata nel sonno.
Un bel rimprovero da parte di Thorin non me l’ha tolto nessuno. Giustamente.
Mi sistemo in un barile assieme al mio nano preferito. La vicinanza che c’è tra noi due mi fa sentire le farfalle nello stomaco e mi ricordo di quella volta in cui eravamo sul punto di farlo, a Gran Burrone e di quella volta che mi ha spogliata, nella casa di Beorn. Rivoglio quei momenti indietro. Mi manca Gran Burrone, lì mi ero divertita come una matta e la mia avventura era appena iniziata, adesso ho sempre meno tempo per divertirmi con i miei nuovi amici.
“Adesso che facciamo?” domanda Bofur mentre le teste dei nani spuntano dai barili come margherite da un prato.
“Trattenete il fiato.”
A questo punto mi tengo il più forte possibile su Thorin e lui mi stringe a sé, protettivo come sempre.
Bilbo abbassa la leva e tutti noi rotoliamo in acqua.
Non vedevo l’ora di arrivare al punto della fuga nei barili, sarà divertente! Sarà un po’ come stare all’Acquasplash, solo che temo di sbattere la testa su una roccia o di essere uccisa da un orco.
Ma con Thorin non può capitarmi niente, giusto? Giusto?

Quando anche Bilbo ci raggiunge in acqua, Scudodiquercia gli fa i complimenti per l’idea geniale e lui non riesce a rispondere perché ha la bocca piena d’acqua.
“Tenetevi forteeee!” grida il mio uomo mentre attraversiamo una piccola cascata.
Mi appiccico a lui.
Purtroppo quei guastafeste degli elfi hanno deciso di rovinarci il divertimento e fanno chiudere il cancello.
Thorin ha cercato in tutti i modi di arrivare in tempo, ma ormai è fatta: siamo in trappola.
Come se non bastasse si aggiungono gli orchi…
Senza paura di sembrare una codarda, mi abbasso nel barile celando la testa. Guardo tutta la scena da un buco.
Persino Bilbo ha fatto fuori un orco, mi sento una merdina.
Mentre nani ed elfi si alleano improvvisamente per suonarle agli orchi, Kili decide di fare il figo e salta fuori dal barile. Vuole aprire il cancello, ma una freccia degli orchi lo colpisce al ginocchio.
“Kili!” Fili chiama disperato suo fratello, che è caduto a terra dolorante.
Mi sa che il giovane nano aveva voglia di giocare alla donzella in pericolo che si fa salvare dal bel cavaliere sul cavallo bianco perché… op! Ecco che arriva Tauriel con la chioma rossa al vento, appena uscita dal parrucchiere.
L’elfa e il suo compare Legolas, con una serie di acrobazie, fanno fuori un numero incredibile di bestiacce.
Intanto il cancello è stato aperto e noi ce la svigniamo mentre quei damerini si divertono con gli orchetti.
Ma gli orchi non si accontentano certo dei beniamini della Terra di Mezzo, infatti continuano a rompere a noi.
Bombur improvvisa un’armatura con il suo barile e le dà di santa ragione a quei mostri. Dopodiché rotola in acqua.
Legolas ha deciso di usare le teste dei nani come passerella, nel frattempo si dedica alla sua attività preferita: tiro con l’arco. Uccide un bel po’ di orchi, ma non si accorge di uno che sta alle sue spalle.
Thorin lancia un’ascia e colpisce l’orco che stava dietro a Legolas. Ancora non so se stesse prendendo di mira la bestia o l’elfo. Nel caso dell’ultima opzione, credo che si maledirà per i prossimi cento anni.
 
Il viaggio nelle botti sta trascorrendo senza interruzioni, a parte le continue lamentele di Kili, che sta male.
Fili è preoccupatissimo. “Si riprenderà?” mi chiede. Ormai ha capito che ho sempre ragione.
“Certo che si riprenderà” rispondo sicura e sorridente, per rassicurarlo. “Guarirà grazie ad una certa elfa…” Faccio l’occhiolino al nano più giovane della Compagnia, il quale sorride con aria maliziosa. Anche da malato ha sempre voglia di scherzare. “In ogni caso, se fosse grave e avessi previsto la morte di Kili, adesso starei in pensiero, non ti pare? Anch’io gli voglio tanto bene, è come un fratello per me. Invece non mi vedi? Sono sorridente e allegra come sempre.”
“Ancora con questa storia che prevedi il futuro…” borbotta Thorin, avanzando nell’acqua.
“Be’, però bisogna riconoscere che, ogni cosa che ha detto, si è sempre avverata…” si intromette timidamente Ori.
“Bah!” fa Scudodiquercia, per niente impressionato. “Io le chiamo coincidenze, niente di più.” All’improvviso si ferma e guarda un punto lontano con aria trasognata.
Tutti i nani si fermano e guardano incantati dinanzi a loro.
Gli unici che non ci stanno capendo niente, come al solito, siamo io e Bilbo. Ci scambiamo un’occhiata interrogativa, finché anche noi non guardiamo avanti, meravigliati e col cuore pieno di speranza: la Montagna.
La Montagna Solitaria è meravigliosa, sempre così leggendaria ed epica, sembra che volteggi nella nebbia.
Ben presto i nostri sguardi cadono su un altro particolare: una città di legno costruita su un lago. Pontelagolungo.
Dunque anche in questo caso i fatti seguono il libro, visto che non è arrivato Bard. Me lo stavo giusto chiedendo strada facendo: Bard sarebbe arrivato adesso? Evidentemente no.
Ora abbiamo raggiunto la spiaggia e Thorin ha ordinato a me, a Bilbo e ai suoi nipoti di seguirlo. Così lasciamo i nostri amici qui e ci avviciniamo al gran ponte. Ci sono delle guardie al suo ingresso, ma non stanno svolgendo il loro compito molto seriamente, visto che ridono e bevono. Non li biasimo: Tolkien nel libro ha scritto che Pontelagolungo non è un posto preso continuamente di mira da orchi, orchetti o altra gente spiacevole. I giovani di quel posto dubitano addirittura che ci sia un drago nella Montagna!
Thorin varca la soglia.
Le guardie balzano in piedi e cercano a tastoni le armi. “Chi sei? Che cosa vuoi?”
“Thorin, figlio di Thrain, figlio di Thror, Re sotto la Montagna!” risponde il mio amore a gran voce, pieno di maestà nonostante gli abiti laceri. “Sono ritornato. Voglio vedere il Governatore della vostra città.”
“E loro chi sono?” domanda il capo delle guardie, guardando me, i due nani e lo hobbit.
“Loro sono Fili e Kili della stirpe di Durin, i figli di mia sorella; lui è il signor Baggins, ha viaggiato con noi dal lontano Occidente; mentre la ragazza è la nostra compagna di viaggio e la nostra protetta.”
Protetta?! Lui mi considera sua protetta? Ah, bene.
“Se venite in pace deponete le armi!” dice il capitano e io non posso non pensare che sia stupido: dove le vede le armi?!
“Non ne abbiamo” risponde Thorin e dice il vero: ogni arma ci è stata sequestrata dagli Elfi Silvani, come la sua nobilissima spada Orcrist. Bilbo, però, possiede ancora la sua spada corta, è nascosta e non dice nulla a riguardo. “Non abbiamo bisogno di armi, noi che finalmente torniamo ai nostri possessi secondo l’antica profezia. Né potremmo combattere soli contro tanti. Portaci dal tuo signore!”
Il mio tesorino sta cominciando a perdere la pazienza.
“Egli presiede al banchetto.”
“Ragione di più per portarci da lui” irrompe Fili. “Siamo stanchi e affamati dopo tutta la strada che abbiamo fatto, senza contare che alcuni di noi stanno male.” Così dicendo trattiene suo fratello, che stava per cadere a terra. “Sbrigati adesso e smettila di cianciare, o il tuo signore avrà qualche parolina da dirti.”
Io e Bilbo ci guardiamo, tutti e due stiamo trattenendo una risata.
Che grinta!
Thorin ha guardato suo nipote più grande e gli ha sorriso con aria fiera. Direi che Fili è un degno erede e il caro zietto gli ha insegnato bene il bon ton.
Il capitano si arrende e ci fa strada. Ci conduce sopra il ponte, attraverso la porta e nella piazza principale della città. A questo punto Scudodiquercia si mette al centro e grida a gran voce: “Io sono Thorin, figlio di Thrain, figlio di Thror, Re sotto la Montagna! Io ritorno!”
Somiglia tanto a me quando torno a casa da scuola…
A questo punto il Governatore interrompe tutto quello che stava facendo e i cittadini escono dalle loro case, entusiasti. Certi si comportano come se la Montagna fosse improvvisamente diventata tutta d’oro e il lago si fosse tinto di giallo.
Gli altri nani ci raggiungono e rimangono fermi al loro posto, a testa alta, fieri. Tutti li circondano e li guardano meravigliati.
La gente di Pontelagolungo è talmente felice e fiduciosa in un futuro più roseo, che comincia a cantare:
 
Il re degli antri che stan sotto al monte
E delle rocce aride scavate,
che fu signore delle argentee fonti,
queste cose riavrà, già a lui strappate!
 
Sul capo il suo diadema poserà,
dell’arpa ancora sentirà il bel canto
ed in sale dorate echeggerà
di melodie passate il dolce incanto.
 
Sui monti le foreste ondeggeranno,
ondeggeranno al sole l’erbe lucenti,
le ricchezze a cascate scenderanno
ed i fiumi saranno ori fulgenti.
 
I ruscelli felici scorreranno,
i laghi brilleran nella campagna
e dolori e tristezza svaniranno
al ritorno del Re della Montagna.
 
Il canto all’inizio era privo di musica, sembrava di più un coro da chiesa, molto affascinante. Poi, piano piano, si è aggiunta un’arpa e adesso qualcuno sta suonando anche dei violini.
La gente sta ballando insieme ai nani.
Mi piace quest’atmosfera e anche questa canzone, mi ricorda quella che c’era nel cartone animato della Disney Rapunzel, quando lei e Flynn Rider erano giunti in città.
Thorin è fermo a osservare pieno di orgoglio l’allegria dei cittadini di Pontelagolungo, a testa alta. Mi sta tenendo a braccetto e mi sento come se fossi la sua fidanzata, la sua promessa sposa.
Il Governatore ci invita al banchetto, ai posti d’onore, ma prima veniamo curati, nutriti e ci vengono assegnati abiti nuovi. Delle donne mi hanno fatto una graziosa acconciatura con tanto di cerchietto. Mi è stato pure dato un lungo abito verde.
I nani e lo hobbit mi stanno riempendo di mille complimenti, facendomi arrossire. Ognuno di loro mi sta facendo fare delle piroette per ammirare meglio il vestito, finché non mi ritrovo davanti Thorin Scudodiquercia.
I miei amici si fanno da parte e osservano la scena.
Io e il nobile nano ci troviamo l’uno di fronte all’altra. Lui tiene le braccia incrociate sul petto e sul viso ha dipinto quel dolcissimo e bellissimo mezzo sorriso che a me piace tanto.
Anch’io gli sorrido, ansiosa di sentire cos’ha da dirmi.
Thorin è più dedito all’azione piuttosto che alle chiacchiere, infatti non apre bocca e si limita a porgermi il braccio.
I nostri amici cominciano a mormorare fra di loro come delle ragazzine pettegole che spiano la loro amica mentre parla col ragazzo che le piace.
Per quanto riguarda me… sento che potrei cadere a terra da un momento all’altro! Thorin non ha fatto niente di che, non mi ha baciata in bocca, non mi ha fatto una dichiarazione d’amore, tuttavia quel gesto mi ha emozionata. Il modo in cui mi sta sorridendo mi fa sciogliere.
Alla faccia del mio "cominciare a prendere le distanze"!
Poggio la mia mano sul braccio grosso del nano e avanziamo verso il banchetto come se ci trovassimo in una sala reale.
I nani ridacchiano dietro di noi, ma io non ci faccio caso; ora come ora sono troppo emozionata e felice, credo che a forza di sorridere mi verranno i crampi alla mascella.
“Nel caso dovessi svenire, stai pur certa che ci sarei io a reggerti” mi sussurra all’orecchio Thorin.
“Così non sei di aiuto!” scherzo, poi ridacchiamo insieme. È sempre una gioia udirlo ridere.
Lo trovo ancora più bello oggi, ben pettinato e con quel completo munito di giacca lunga e cintura.
Thorin scosta una sedia per farmi accomodare.
Durante la cena il mio nanetto mi rivolge spesso qualche dolce sorriso, facendomi arrossire come una scolaretta alle prese con la sua prima cotta. Ad un certo punto mi ha fatto anche l’occhiolino. Secondo me lo fa apposta: vuole vedere se riesco a resistere fino alla fine della serata.
Bilbo, purtroppo, non se la sta spassando: è sempre più preoccupato per via del drago e si è beccato anche il raffreddore. Tutti noi cerchiamo di rallegrarlo cantando o brindando alla sua salute, ma niente da fare. Lo hobbit oggi è cupo.
 
Il Governatore ci ha imprestato una grande casa per il nostro soggiorno a Pontelagolungo, in più ha messo a nostra disposizione barche e rematori.
Nel libro mi sembra che i nani stessero nella città degli uomini per una settimana circa, spero che anche in questo caso sia così, voglio rilassarmi un po’.
La casa fuori è tutta in legno, come tutte le case di Pontelagolungo, del resto. L’interno è rustico come piace a me, con il pavimento e le pareti in pietra.
 
Ho deciso di farmi un altro bagno, visto che sono tutta sudata per via dell’eccitazione del momento. Non appena metto piede nella stanza… orroredegliorroristringiticuore! C’è un ragno enorme, giallo e peloso sulla parete! Non bastavano quelli giganti di Bosco Atro? No, mi tocca schifarmi anche con questo.
Non ci penso due volte e corro giù urlando: “C’è un ragno enorme e orribile in bagno! È bruttissimo! Vi prego: qualcuno lo uccida!”
I miei amici mi guardano preoccupati e anche confusi non appena li raggiungo nell’ampia sala che dovrebbe corrispondere al nostro odierno soggiorno.
Continuo ad agitarmi e a strillare frasi sconnesse, strofinandomi qualche volta, come se potessi avere addosso quel lurido mostriciattolo.
Thorin si alza e mi tocca il braccio. “Glenys, nel nome di Durin, che succede?”
“C’è un ragno enorme in bagno, Thorin! Sulla parete. Ti prego, fallo fuori, al solo pensiero di averlo addosso o che se ne sia andato in giro chissà dove… brr! Mi vengono i brividi!”
Il nano mi guarda un attimo smarrito, probabilmente gli sembra assurdo che li abbia fatti preoccupare per una cosa così sciocca. Infatti dopo un po’ scoppia a ridere insieme agli altri.
“Ma come? Hai affrontato i mostri di Bosco Atro e hai paura di un ragnetto da niente?” mi canzona bonariamente Dwalin.
“Non li ho affrontati affatto!” ribatto frettolosa, ho fretta di vedere quella bestiaccia morta e stecchita fuori da casa mia! “Ti prego Thorin, non riesco a farmi il bagno sapendo che c’è quel ragno sulla parete che mi fissa.”
Egli è sempre più divertito e nel frattempo ho paura che l’animaletto se ne sia andato a spasso.
Alla fine Scudodiquercia sbuffa pesantemente e mi chiede: “Dov’è il ragno?”
Mentre gli rispondo noto che sta trattenendo a stento un’altra risata. Dopodiché va al piano di sopra e io lo seguo guardandomi attentamente intorno.
Gli altri miei amici stanno dietro di me e a volte mi toccano la schiena per farmi uno scherzo, e devo dire che funziona. Prendo un colpo ogni volta!
“Eccolo! È lì!” grido indicando un punto sulla parete.
Thorin, senza il minimo disgusto, dà una manata al muro e il ragno cade a terra.
Mi allontano.
Il mio tesoro si china a raccoglierlo e lancio un urlo e faccio un salto indietro non appena sventola la bestiola morta davanti a me. O almeno, spero che sia morta…
I nani scoppiano a ridere, poi Thorin butta il ragno morto giù dalla finestra, nel lago.
“Non è divertente!” sbotto mettendo le braccia conserte.
Bilbo e gli altri membri della Compagnia tornano al piano di sotto, senza smettere di ridere.
Rimango sola con Thorin. Quest’ultimo avanza verso di me sempre con quell’aria da macho che mi fa impazzire. “Il pericolo è scampato” sussurra rocamente, senza smettere di sorridere tra il dolce e il malizioso.
Gli butto le braccia al collo. “Grazie, mio eroe!”
Improvvisamente il nano ritrova il suo classico cipiglio e il sorriso gli muore nel volto. “Glenys, cosa ti avevo detto a riguardo dell’abbracciare o del saltare addosso al capo della Compagnia?” mi chiede serio, guardandomi eloquentemente negli occhi.
Sbuffo. “Uffa! Neanche questo posso fare!”

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Capitolo 14
*** Giochi da tavolo e balli notturni ***


Thorin non vuole saperne di smetterla di sorridermi in quel modo dolce e provocatorio. Tiene ancora le braccia incrociate sul petto e scuote leggermente la testa.
Da una parte amo quando resta in silenzio a fissarmi in quel modo, dall’altra parte odio questa situazione perché non mi sono mai sentita così imbarazzata in tutta la mia vita. Detesto trovarmi a corto di parole.
Il nano si lascia andare le braccia e distoglie lo sguardo da me.
Non so se esserne sollevata o dispiaciuta.
“Bene,” dice, “ora che il prode cavaliere ti ha salvata dal ragno, direi che puoi lavarti in pace e senza pensieri. Mi dileguo.” Accenna un breve inchino con il capo e mi lascia sola.
Rimango per un po’ ferma a fissare la porta da cui, pochi secondi fa, è uscito Thorin. Non sarebbe stato male se mi avesse fatto il bagno lui.
Alzo le spalle. Pazienza.
Prima di spogliarmi e di sciogliermi i capelli, controllo da tutte le parti che non ci siano altri ragni. Via libera, tuttavia non smetto di guardarmi intorno neanche quando ormai sono nella vasca.
 
La camera in cui dormirò per i prossimi giorni è abbastanza grande e mi piace un sacco, è proprio come quelle medievali.
Ci sono dei dettagli in legno sul muro, che è di colore giallo. Alle pareti sono appesi quadri che rappresentano il Governatore e, francamente, potrei anche farne a meno. Il pavimento è fatto di piastrelle, ci sono un comodino e una mensola di legno.
La stanza è illuminata da due candele e il letto è morbidissimo, mi ci sdraio dopo aver indossato una vestaglia bianca che ho trovato nell’armadio.
Tengo le mani sotto alla testa e guardo il soffitto, sbuffando. Questa camera sarà pure carina, ma col buio mette paura. Così mi alzo, intenzionata ad andare al piano di sotto, sperando che i nani non siano già andati a letto.
Una cosa è certa: io in questa camera, da sola, non ci dormo!
 
Scendo le scale di legno e si fanno sempre più vicine le voci dei nani. Fortunatamente sono ancora svegli e si trovano fuori casa, a fumare.
La porta è aperta, quindi entra un po’ di aria fresca qui dentro.
“Ciao ragazzi.” Raggiungo i miei amici, i quali si voltano e mi guardano tutti contrariati non appena mi vedono.
Che c’è? Che ho fatto? Stavano parlando male di me? Si sono stufati della mia persona e vogliono gettarmi nel lago?
“Glenys, che ci fai qui fuori con solo quella vestaglia leggera addosso? Rientra subito dentro prima di beccarti un bel raffreddore!” mi dice Balin, preoccupato per la mia salute.
“Infaddi, già io me lo sono beccado. Fa freddo in quesdi uldimi giorni, l’inverno è alle porde; di conviene fare come ha deddo Balin.” Fatico a non scoppiare a ridere in faccia a Bilbo; mi dispiace per il suo raffreddore, ma quando parla così è proprio buffo!
“No, no, no.” Thorin scuote il capo, poi si avvicina a me e mi strofina le braccia con le sue mani grandi e calde. “Questa vestaglia è troppo leggera e la temperatura si è abbassata, non puoi restare qui. Torna dentro, è un ordine.”
“Dorin ha ragione.” Kili imita la voce raffreddata dello hobbit e scoppia a ridere insieme a suo fratello, mentre il dileggiato gli tira scherzosamente una per la testa.
Lo zio dei due giovani nani fa no con il capo, celando un sorrisetto divertito.
“Mi metto qualcosa di più pesante. Non voglio stare in quella casa da sola, è terribilmente noioso e ho paura del buio” protesto.
Thorin sbuffa. “Ti faccio io compagnia.” Avanza sicuro verso la porta aperta.
“Veniamo anche noi, dai.” Dwalin e gli altri lo seguono come degli anatroccoli che seguono la propria madre nel laghetto.
Una volta che ci troviamo in casa non sappiamo cosa fare e la decisione dei nani di rientrare non mi ha entusiasmata: mi sarebbe piaciuto restare fuori a guardare le stelle e la luna che si riflette nel lago; per quanto riguarda il freddo Thorin mi avrebbe avvolta con il suo mantello, poi gli altri si sarebbero stufati e sarebbero tornarti dentro, mentre io sarei rimasta sola con Scudodiquercia e, chissà, magari gli sarebbe scappato un bacio.
Non nascondo che mi ha dato fastidio il fatto che gli altri nani abbiano deciso di seguirci in casa. Il Ti faccio io compagnia di Thorin mi ha fatto strillare di gioia dentro di me e battere forte il cuore. Volevo restare sola con lui.
 
Ci troviamo in salotto, una stanza enorme e altissima, fatta completamente in pietra. Siamo seduti sulle panche e guardiamo il fuoco scoppiettare nel camino.
“Che pizza, che barba, che noia!” brontola Dwalin per l’ennesima volta, facendomi sorridere: mi ricorda me quando aspetto il bus.
Ori sgrana gli occhi e fa il verso di chi ha appena visto un mostro o gli è tornato in mente qualcosa di importante.
Dori e Nori lo guardano preoccupati, pensando che sia successo qualcosa.
“Che succede? Hai visto un ragno?” Scatto in piedi, temendo la risposta. La mia voce è stata stridula e alta, com’è sempre quando ho paura.
“No ma mi è venuto in mente un modo per rendere la notte meno noiosa!” Mi guarda e sorride entusiasta. Dall’espressione che ha direi che ha in mente qualcosa di estremamente divertente.
I nani si fanno più vicini a lui e persino Thorin, che è seduto sulla poltrona davanti al fuoco e sta fumando la pipa, dimostra un po’ di interesse per quello che sta per dire Ori.
Il buffo nanetto guarda ognuno di noi e non risponde, si limita a sorridere furbamente. Vuole mantenere ancora un po’ la sorpresa e penso che in questo momento si stia sentendo tipo un dio, visto che finalmente tutti gli prestano attenzione.
“Vi leggo tutte le poesie che ho scritto nel mio diario!” esclama divaricando le braccia.
I suoi amici si voltano disgustati e lo mandano a quel paese, tutti tranne Bilbo che sembra non starci più nella pelle.
Ammetto che anch’io non sono entusiasta di sentire le poesie del giovane nano, ma mi dispiace che a nessuno interessino. Ori c’è rimasto male, si aspettava chissà che cosa; in fondo lo capisco: anch’io ci resto male quando voglio leggere ai miei genitori qualche storiella che ho scritto ma a loro non gliene frega niente.
Thorin invece ha fatto una faccia super schifata e ha borbottato qualcosa in Khuzdul, probabilmente una parola decisamente poco signorile.
“A me piacerebbe dando ascoldare le due poesie, Ori” gli dice Bilbo, sorridendogli.
Mi viene da ridere perché Thorin è sempre più stomacato. S’è capito che le poesie non fanno per lui, preferisce esprimersi con il martello o con la spada.
Naturalmente ogni occasione è buona per discutere, infatti i nani cominciano a litigare su cosa fare per passare il tempo, lo hobbit cerca di calmarli ma non ce la fa proprio.
Mi spremo le meningi, anche perché Scudodiquercia è sul punto di esplodere: sta fumando più nervosamente ed è rosso in faccia, sembra una caffettiera.
Pensa Glenys. Pensa, pensa, pensa! Cos’è che fai a casa tua quando ti annoi? Rompo le scatole a mia mamma. Bene. E cosa faccio per romperle le scatole?
Mi levo la mano dalla fronte e rialzo la testa.
Ma certo! Perché non ci ho pensato prima?
Proprio quando i nani sono sul punto di picchiarsi, chiedo a gran voce: “Vi va di giocare a Non ti arrabbiare?”
Loro mi guardano senza capire, detto così sembra che li stia invitando a non perdere le staffe, così chiarisco: “È un gioco da tavola molto carino, sarà divertente! Vedrete. Solo che prima avrei bisogno di una penna e di un bel po’ di carta.”
I nani continuano a guardarmi confusi; Dwalin sta ancora reggendo Ori per il colletto della camicia come se fosse un bullo sul punto di rubare i soldi della merendina a un bambino. Alla fine molla la presa e il nanetto cade a terra con un lamento. “A me va bene” dice convinto.
“Anche a me” replica Ori alzando un dito, ancora a terra.
Stranamente sono riuscita a trovare qualcosa che metta d’accordo tutti loro, ciò mi rende immensamente fiera.
Dunque, muniti di penne e fogli di carta, cominciamo a disegnare un percorso e a preparare le pedine.
Mi alzo da terra e mi guardo intorno. “Aspettate! Manca un dado!” Mi sono dimenticata della cosa più importante!
“Non preoccuparti, Glenys, ne ho uno io.” Nori tira fuori dalle tasche un dado e se lo rigira tra le dita, orgoglioso di se stesso per essere risultato utile.
“Ehi! Ma quello è mio!” Bilbo scatta in piedi.
Il nano lo guarda con occhi sgranati, facendomi ridacchiare. “Oh… be’… ehm… oh, è tuo? Eh eh, in effetti lo avevi perso e io te l’ho ritrovato. Dovresti ringraziarmi.”
Smetto di ridere solo quando Thorin mi passa vicino. Non ha l’aria di uno che ha voglia di giocare.
“Thorin, ci aiuti a preparare le pedine?” gli domando.
Mi sorride premurosamente e mi risponde: “Mi dispiace Glenys, ma ho voglia di stare un po’ da solo.”
Che strano, lui non ha mai voglia di farsi i fatti suoi… Superato il dispiacere, ritrovo ancora un po’ di speranza e gli chiedo: “Dopo vuoi giocare anche tu con noi?”
Sorride ancora di più, provocandomi brividi per tutto il corpo. “Temo che perderei subito ad un gioco che si chiama Non ti arrabbiare.”
Rido assieme a lui, anche se mi sarebbe piaciuto se fosse rimasto accanto a me.
Sospiro tristemente e non smetto di guardare nella sua direzione, anche quando ormai se n’è andato dalla stanza.
Qualcuno mi mette pesantemente una mano sulla spalla. Dwalin. “Non essere triste, ragazza, Thorin ha solo voglia di fare l’asociale come al solito, tutto qui.”
 
Mi sembra di essere ritornata all’asilo, stando per terra a disegnare, con le mani sporche di penna e un sacco di nanetti intorno a me.
Ori è quello che si sta divertendo più di tutti, visto che a lui piace tanto disegnare, infatti ha fatto delle pedine graziosissime. Per quanto riguarda me, non è che sia un asso nel disegno, quindi mi sono limitata a disegnare la faccia un semplice orso, una cosa che riuscirebbe a fare anche un bambino di cinque anni.
Quando iniziamo a giocare, come al solito, ci vogliono secoli prima che faccia sei.
Credo di aver svegliato tutta Pontelagolungo ogni volta che mangiavo qualcuno e mi alzavo in piedi esultando come se fossi allo stadio e la mia squadra del cuore avesse appena fatto goal.
Purtroppo mi tocca mangiare la pedina di Bilbo, adesso. “Scusa, amico” gli dico con il cuore a pezzi. Mi fa pena lo hobbit; lui, Ori e Balin sono gli unici che non si stanno comportando da stronzi in questo gioco.
“Dranquilla, non fa niende” mi rassicura con un sorriso simpaticissimo.
 
Credo proprio che Dwalin lo strozzerò: proprio quando mi mancava solo una pedina per riempire la casella, lui è stato mangiato per l’ennesima volta da Bofur. Si è alzato e ha gettato tutto all’aria. “Io non gioco più!” ha sbottato, poi se n’è andato davanti al fuoco tenendo le braccia conserte. Non ha più aperto bocca.
Noi tutti stiamo brontolando e io sbuffo pesantemente. Credo che la prossima volta che avrò un’idea starò zitta: ogni volta che facciamo un gioco proposto da me finisce che qualcuno si arrabbia…
 
Le ore sono passate velocemente. Giocare a Non ti arrabbiare con questi nani è la fine del mondo: sono competitivi, specialmente Bofur e Dwalin, e si arrabbiano sempre e comunque.
Fili e Kili mi hanno fatto morire dal ridere – e anche un po’ incazzare – perché baravano tutto il tempo. Bisognava tenere d’occhio Nori poiché, appena ti distraevi, ti rimetteva una pedina al punto di partenza quando ormai si trovava a pochi passi da casa.
Qualche volta Thorin si è fermato sull’uscio a guardarci con affetto, tenendo le braccia conserte. Ho notato che stasera ha fumato tantissimo, dev’essere nervoso. Non so se attribuire la causa di questo nervosismo alla missione o a me, oppure a tutti e due.
Anche adesso che noi stiamo per coricarci, il nano si siede sulla poltrona davanti al fuoco e tira fuori la pipa.
Prima di seguire i miei compagni di viaggio su per le scale, mi avvicino all’uomo della mia vita. “Buonanotte Thorin.” Detto questo gli do un bacio sulla guancia.
Ho notato con piacere che, mentre l’ho baciato, il nano è sussultato e le sue guance sono diventate un po’ rosse. Dopodiché ha grugnito un: Grazie, anche a te.
Quando raggiungo i miei amici, Dwalin mette le braccia conserte e mi guarda offeso. “A me niente bacio?”
Mi metto a ridere e lo accontento.
Mi sembra ingiusto dare il bacio della buonanotte solo a Dwalin e a Thorin, cosa che non sarei comunque riuscita a fare visto che ora tutti i nani pretendono un bacio sulla guancia da me, anche Bilbo.
Do un bacio a tutti, sentendomi un po’ come Biancaneve.
Quando ormai sono tutti a letto, io mi trovo ancora vicino al soggiorno, da cui giunge la luce tenue delle candele e si ode il fuoco scoppiettare.
Non ho molto sonno e non riuscirei mai ad addormentarmi in quella stanza spaventosa.
Thorin è ancora seduto a fumare dinanzi al camino.
Lo guardo incerta sul da farsi. Vorrei andare da lui, però non mi sembra di ottima compagnia in questo momento.
Paese libero. Se voglio stare seduta davanti al fuoco lui non può certo mandarmi via. Così faccio un respiro profondo e mi siedo per terra, accanto alla sua poltrona.
Cerco di non guardarlo e tengo lo sguardo fisso sul fuoco, tuttavia mi sento bruciare dalle occhiate che mi sta rivolgendo il nano.
“Posso dedurre che tu non abbia mai sonno.” La voce baritonale di lui mi fa sentire i crampi allo stomaco.
“Già, è così” rispondo dopo essermi ripresa.
Posso sentire con chiarezza i soffi sensuali di Thorin. Non riesco a resistere alla tentazione e lo guardo: vederlo fumare la pipa, così rilassato, è la cosa più eccitante della Terra di Mezzo intera.
“Come mai?”
“Sono pensierosa, tutto qui.” Alzo le spalle. La notte sono ancora più preoccupata del solito, ci sono un sacco di pensieri che non mi permettono di addormentarmi: la Battaglia dei Cinque Eserciti, il risveglio, dire addio ai nani e allo hobbit ora che mi sono affezionata a loro in questa maniera incondizionata, il fatto se sono morta o meno… insomma, le solite cose.
In più adesso ho quest’altro macigno nel cuore: non voglio innamorarmi troppo di Thorin, però non riesco a stargli lontana più di cinque minuti.
Il nano interrompe i miei pensieri, sbuffando. “Non stare seduta per terra, accomodati sulle mie gambe.”
Mi sento come se una freccia mi avesse appena colpita nel cuore. Sedermi sulle sue gambe? Questa non sarebbe la prima volta in cui mi trovo in una situazione piacevole nella quale c’è di mezzo Thorin, mi basta pensare a quella notte a Gran Burrone, ma con lui le emozioni non finiscono mai, riesce a farmi andare in svenimento solo rivolgendomi la parola.
Lanciando gridolini di gioia dentro di me e trattenendo a stento un sorriso entusiasta e soddisfatto, mi accomodo sulle ginocchia del capo della Compagnia, il quale mi stringe a sé con un braccio, mentre con l’altra mano continua a fumare.
Ho caldo e sto tremando. No, non sono ammalata, sono semplicemente innamorata cotta.
Fisso il fuoco che arde, l’unico rumore che si sente a parte i soffi di Thorin Scudodiquercia.
Tutto d’un tratto mi balena in mente un’altra preoccupazione. “Dove andrò quando avrete riconquistato Erebor?” Se sarò ancora qui, s’intende, ma questa ultima parte non la esprimo.
Egli espira fuori una nuvola di fumo, poi mi risponde: “Be’, resterai con noi, se lo vorrai.”
Sgrano gli occhi: veramente lui mi lascerebbe restare con loro?
“Si sono tutti affezionati a te, sarebbe crudele mandarti via, anche perché non hai una casa.” Dev’essere molto sensibile per queste cose.
“E cosa faremo a Erebor?” gli chiedo curiosa, pronta a immaginare e a gustarmi ogni cosa che mi proporrà.
“Esploreremo le ampie sale all’interno della Montagna, ammireremo il lavoro dei migliori fabbri e artigiani della Terra di Mezzo, ci meraviglieremo dinanzi alle gemme e alla vasta ricchezza che cela il mio regno, andremo alle feste nelle taverne e la sera parteciperemo a balli importanti nelle sale principali.”
“Non vedo l’ora!” esclamo con il sorriso stampato in faccia e lo penso veramente, spero di esserci ancora quando tutto sarà risolto, come spero che i miei tre nanetti preferiti siano vivi. “Però c’è un piccolo problema: io non so ballare.”
Thorin rimane con la pipa a mezz’aria. “Non sai ballare? Mai provato?”
Faccio no con la testa, guardando il pavimento.
Dopo aver sbuffato, il nano mi intima di alzarmi perché deve svuotare la pipa nel camino.
Resto ferma, in piedi accanto alla poltrona, giù di morale mentre penso a quanto potremmo essere felici io e Thorin. Chissà, magari ci sarò quando Erebor sarà stata riconquistata, vivrò altri bellissimi momenti con i nani e con l’amore della mia vita, ma così il ritorno a casa sarà ancora più doloroso. Non sono neanche sicura che tornerò dalla mia famiglia; mai come in questo momento ho sentito il bisogno di dire la verità, di confidare ogni cosa.
Ho deciso: quando vedrò Gandalf, gli dirò tutto, lui saprà certamente come aiutarmi.
Thorin mi coglie di sorpresa quando accosta la sua mano destra sul mio fianco sinistro, poi mi sorregge la mano destra all’altezza della spalla.
Ho capito cosa vuole fare: vuole insegnarmi a ballare. Per un momento ho pensato che volesse baciarmi, ma vabbè, anche ballare un lento con Thorin Scudodiquercia in persona ha il suo fascino. Se poi aggiungi le luci soffuse delle candele è il top, ci mancano solo gli abiti eleganti.
“Adagia il braccio destro sulla mia spalla” sibila al mio orecchio, facendomi sentire le gambe traballanti come gelatina.
Obbedisco. A lui non si può non obbedire. Tengo gli occhi incollati a terra, so che se lo guardassi in faccia gli sverrei addosso.
Faccio un passo indietro e, prima che possa compiere ulteriori movimenti, lui mi ferma con la sua voce, dicendo dolcemente: “No, Glenys, è l’uomo a condurre.” Inclina le labbra verso l’alto. Ecco, ci mancava soltanto un altro dei suoi mezzi sorrisi zuccherosi!
Boccheggio qualche parola senza senso, sorridendo emozionata e imbarazzata. Volevo semplicemente dire sì, va bene.
Egli mi conduce lentamente avanti e indietro, a destra e a sinistra, facendomi fare un giro qualche volta, con sicurezza.
Per tutto questo tempo ho tenuto lo sguardo rivolto al pavimento, ma a Thorin non va bene, così mi alza delicatamente il mento con due dita, costringendomi a guardarlo.
Fisso incantata i suoi grandi occhi luminosi, tenendo la bocca mezza aperta.
Sto seguendo i movimenti del nano senza neanche pensarci, sono catturata dal suo sguardo; potrebbe arrivare Smaug in questo preciso momento e dare fuoco alla città, ma io non me ne accorgerei. Tutto quanto è sparito, anche l’universo, ci siamo solo noi a ballare guardandoci negli occhi.
Vengo colta dal sonno all’improvviso, sbadiglio e appoggio la testa sul petto di lui, chiudendo gli occhi.
La danza non finisce, ma si fa sempre più lenta e i movimenti si sono ridotti.
Il nano mi bacia la testa, poi mi prende in braccio e mi porta in camera mia.
Tutto questo è troppo bello per essere vero, potrei anche stare sognando.
Quando Thorin mi distende sul letto e mi copre con le coperte, non faccio neanche caso al buio intorno a me e alla paura che mi fa questa stanza, sono troppo stanca per farmi problemi simili. E poi lui è accanto a me, niente potrebbe essere meglio.

 

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Capitolo 15
*** Litigio ***


Scendo le scale sbadigliando, intenta ad andare a fare colazione con i nani, i quali si trovano tutti nella sala pranzo e volano già le prime tartine fino a qui.
Faccio attenzione a non essere colpita dal cibo che si stanno lanciando i miei amici, ieri sera mi sono lavata i capelli e non ho voglia né intenzione di farlo di nuovo.
Gli unici che non stanno prendendo parte al divertimento sono Balin, Bilbo e Thorin. Quest’ultimo sembra infastidito dal comportamento infantile dei suoi uomini, infatti ha una mano sulla fronte per via dell’esasperazione.
Mi accomodo accanto allo hobbit. Almeno lui è di buonumore e mi rivolge un luminoso sorriso. “Buongiorno Glenys, hai dormido bene?”
Mi mordo le labbra per non mettermi a ridere. “Ehm, sì, molto bene, grazie. Tu?”
“Moldo bene. Ci voleva proprio un leddo comodo dopo dudde quesde scomodidà.”
“Sì, hai proprio ragione.” Trattengo un’altra volta la risata che minaccia di uscirmi dalla bocca da un momento all’altro. “Noto che hai ancora il raffreddore.” Dopo questa frase lo sforzo si fa più intenso.
Per fortuna Bilbo non è un tipo permaloso e mi sorride allegramente. “Si sende, no?” La butta sul ridere.
Io, il signor Baggins e Balin ridiamo insieme, poi quest’ultimo rassicura lo hobbit dicendogli che gli passerà il raffreddore.
Solo adesso mi accorgo che Thorin non mi ha rivolto la parola. Nonostante sia seduta accanto a lui non mi ha degnata di uno sguardo, poiché è troppo impegnato a guardare in cagnesco la sua caotica Compagnia. Non mi ha neanche risposto quando mi sono seduta e ho esclamato un buondì.
Senza pensare alle conseguenze delle mie azioni, mi avvicino al suo viso. “Buongiorno Thorin.” Gli schiocco un rapido bacio sulla guancia. Mi sono sentita pizzicare le labbra a causa del contatto con la barba del nano. Sensazione piacevole, non c’è che dire. Trattengo un gemito al ricordo di quella volta che mi trovavo a Gran Burrone e avevo sentito la barba di Thorin su quasi tutto il corpo.
Egli si volta verso di me e mi rivolge velocemente un sorrisino forzato.
Meglio di quanto pensassi, immaginavo che mi avrebbe fulminata con lo sguardo, visto che quel nano sarebbe capace di offendersi anche solo per un innocuo bacio sulla guancia.
Dopo questo fugace scambio di occhiate, il capo dei nani si alza in piedi e grida: “Shazara!”
Sia io che Bilbo abbiamo preso un colpo quando Thorin ha gridato, anche perché era vicino a noi.
A bruciapelo sorge un silenzio degno di una tomba.
Scudodiquercia scruta uno per uno i suoi uomini.
Kili ha ancora un pezzo di pane imburrato in mano, lo stava per lanciare addosso a Dwalin.
“Siete guerrieri o ragazzini? È passata l’età dell’infanzia ormai da tempo, per voi. Cercate di comportarvi da nani adulti, ho sopportato abbastanza le vostre particolarità.” Detto questo si siede pesantemente e guarda severamente la sua gente.
Tutti i nanetti stanno guardando il fondo della loro tazza. Sembrano veramente bambini dell’asilo in questo momento, bambini dell’asilo ripresi dall’insegnante.
Kili alza lo sguardo dalla tazza e mi guarda trattenendo una risata. Si vede lontano un miglio che è sul punto di scoppiare e anche io adesso, per colpa sua.
Mi sembra di essere tornata a scuola, quando un mio compagno faceva il cretino ed io ero costretta a tenere la bocca chiusa a forza per non scoppiare a ridere mentre la prof spiegava.
“Glenys, cara, vuoi una dazza di dè?” Le mie difese crollano del tutto quando Bilbo rompe il silenzio per chiedermi questa cosa futile, soprattutto nel momento in cui Thorin lo guarda malissimo facendolo arrossire.
Anche Kili inizia a ridere, seguito a ruota da suo fratello e da tutti gli altri membri della Compagnia.
Persino Thorin si è lasciato scappare un sorriso e ho notato che si è morso le labbra per non ridere, intenzionato a mantenere il suo regale contegno. Lo hobbit è talmente tenero che neanche il grande e possente Thorin Scudodiquercia in persona è riuscito a resistergli.
Purtroppo l’allegria fa presto a scomparire, perché i nani non si sono dimenticati del cazziatone del loro leader.
Prima di bere il tè alla vaniglia che mi ha preparato Bilbo, sbadiglio rumorosamente. Con la mano davanti alla bocca, però, non sia mai che quel brontolone mi riprenda per la mia maleducazione, per carità!
“Sei stanca, cara?” mi domanda gentilmente Balin.
“Sì. Sono andata a dormire tardi ieri” rispondo.
“Perché? Che hai fatto?” Il sorriso malizioso che mi sta rivolgendo Fili non mi piace per niente, anche perché Thorin ha tossito rumorosamente e adesso sta bevendo nervosamente la sua birra.
“Sono stata sveglia a parlare un po’ con Thorin” rispondo senza neanche rendermi conto di quello che ho appena detto. Mi mordo la lingua prima di rivelare che abbiamo ballato quasi per tutta la notte; sono saggia abbastanza da comprendere che il mio tesoruccio caro tesoruccio bello non sarebbe affatto felice se si venisse a sapere che il valoroso e impavido Thorin Scudodiquercia, guerriero indomito, per passare il tempo si improvvisa insegnante di danza per le ragazzine.
“A parlare di cosa?” mi incalza maliziosamente Kili.
Arrossisco e, prima che possa rispondere, il mio lui poggia una mano sulla mia coscia e sbotta: “Di cose che non ti riguardano, nipote.”
Il nano moro ha abbassato la testa e non ha più osato dire niente, come fa sempre quando viene sgridato dallo zio.
Il leader della Compagnia leva la sua mano dal mio arto e riprendo a respirare.
La colazione trascorre piuttosto tranquilla per i miei gusti; nessuno di noi si sta guardando negli occhi e ho una domanda che mi frulla per la testa: perché Thorin mi ha toccato la coscia? Questo è un gesto che, notoriamente, fanno gli uomini alle loro donne.
Ma che cretina che sono! È ovvio il motivo di quel gesto e io lo so bene: è innamorato di me. Il coraggioso e tormentato erede al trono di Erebor è innamorato cotto di me. Se no perché mi avrebbe detto quelle cose quand’era ubriaco? Perché avrebbe sentito quel bisogno morboso di spogliarmi e di coccolarmi? Ormai è chiaro come la luce del sole che prova qualcosa per me. Sarebbe ora di parlare di alcune cosucce.
 
Quando ho finito di bere il mio tè alla vaniglia, corro di sopra per lavarmi e per mettermi i vestiti che il Governatore mi ha imprestato per l’impresa. Sono uguali a quelli che ha ricevuto Bilbo, solo che i miei sono rossi e non blu. Mi piacciono molto, adoro gli abiti maschili medievali.
Torno velocemente giù perché non vedo l’ora di passare un po’ di tempo con i nani, nel frattempo penserò a quale sarà il momento più opportuno per parlare con Thorin.
I nani sono seduti tutti a gambe incrociate per terra, in salotto.
Sorrido: stanno giocando a Non ti arrabbiare.
Come sempre, l’unico bimbo che manca all’appello, è Scudodiquercia.
Mi siedo tra Bofur e Dwalin. Metto le braccia sulle spalle di tutti e due, mentre osservo il percorso. “Chi sta vincendo?”
Per rispondermi, il nano pelato mangia la pedina di Bofur, quella che era sul punto di entrare in casa. Indica il buffo nanetto dal buffo cappello e ride con scherno.
“Dwalin…” sospira Bofur.
Bilbo, poverino, ha solo una pedina nel percorso. Mi sa che ha fortuna solo per quanto riguarda le avventure, in questo gioco ha una sfiga da matti, infatti ieri non riusciva a fare sei neanche se pregava il dado in ginocchio.
Dwalin alza il naso dal gioco solo quando il suo capo entra nella stanza. Tutti noi lo guardiamo.
Il migliore amico del Principe dei Nani fa una smorfia. “Hai odore di fragole.”
Thorin fa un mezzo sorriso. “Perché mi sono lavato, al contrario tuo.”
Noi tutti ci mettiamo a ridere, mentre Dwalin, per scherzo, guarda minaccioso il suo Re. “Non ho bisogno di lavarmi, sono un nano, non una donnetta.”
“Invece sarebbe il caso che vi lavaste voi tutti.” Scudodiquercia mette le braccia conserte e guarda ogni nano con autorità negli occhi. “A volte penso che vi siate dimenticati che c’è una signorina nella nostra Compagnia.”
Metto le mani dietro alla nuca e mi distendo per terra. “Bah! Tranquillo, per me non è un problema.” E lo penso veramente; non sono la solita ragazzina perfettina che storce il naso davanti a certi comportamenti maschili del tutto privi di decoro, benché sia lusingata dal fatto che Thorin mi consideri.
“No, ha ragione.” Bofur si alza in piedi, imitato dagli altri. “Avanti ragazzi, andiamo a darci una bella lavata.”
“Vi avverto: non ho alcuna intenzione di odorare di fragole e fiorellini, ne va il mio orgoglio di guerriero. Vi faccio compagnia, ma non mi lavo” dice Dwalin, caparbio.
Mi ricorda Brontolo in questo momento, anche lui preferiva morire piuttosto che toccare l’acqua con un solo dito.
A questo punto si accende una lampadina nella mia testa. Mi avvicino ai miei amici, tranne al nano pelato che è fortunatamente rimasto indietro.
“Ragazzi, che ne direste di preparare una bella vasca profumata e di gettarci dentro Dwalin?” propongo cercando di parlare il più piano possibile, cosa che mi riesce ancora più difficile quando sono entusiasta.
Fili, Kili, Balin, Bifur, Bofur, Bombur, Ori, Nori, Dori, Oin e Gloin reagiscono positivamente alla mia proposta. Anche loro non stanno più nella pelle. Ci diamo il cinque.
“Di cosa parlate?” Facciamo un salto e soffochiamo un grido di sorpresa non appena Dwalin ci raggiunge con le braccia dietro alla schiena, ci sta osservando sospettoso.
“Niente” rispondiamo in coro, guardandoci confusi, come se non comprendessimo l’atteggiamento diffidente del nostro amico.
 
Mentre prepariamo la vasca con fiorellini e profumi alla fragola, io e i nani ci scambiamo occhiate complici.
Dwalin è seduto su una sedia di legno e sta tenendo la pipa tra i denti. “Puah! Lavarsi!” esclama con disgusto.
Facciamo uno sforzo sovrumano per non esplodere dalle risate.
Una volta finita l’opera d’arte, camminiamo innocentemente intorno alla nostra vittima, come se fossimo degli squali pronti all’attacco. Teniamo le mani dietro alla schiena e guardiamo da un’altra parte, fischiettando.
Dwalin ci sta scrutando con circospezione.
Quando urlo un adesso! Noi tutti ci precipitiamo addosso a lui e lo trasciniamo verso la vasca.
Anch’io ho afferrato il burbero guerriero, ma il grosso del lavoro lo stanno facendo i miei amici, visto che non riuscirei a spostarlo neanche di mezzo centimetro da sola.
Bofur e Bifur lo stanno tenendo per le braccia, mentre Dori e Balin per le gambe. Gli altri cercano di tenerlo fermo assieme a me.
“Lasciatemi! Nel nome di Durin! Voi, brutte bestie malefic…” Non riesce a finire la frase, poiché lo gettiamo velocemente in acqua.
Dwalin riemerge dalla vasca facendo un lungo respiro.
Scoppiamo a ridere, mentre lui continua a dimenarsi e a insultarci.
Prima che possa scappare, gli spazzoliamo la barba, lo insaponiamo per bene e cerchiamo di levare via lo sporco. Lo stiamo pulendo talmente scrupolosamente che si è ritrovato la schiuma persino in bocca e fatica a parlare, tanto che le sue imprecazioni si sono trasformate in versi senza senso.
“Ah ah! Sembra proprio un angioletto!” commenta soddisfatto Bofur mettendogli un fiocchetto nella barba.
Dwalin sputa rozzamente un po’ di schiuma a terra, successivamente mostra il pugno al nano e lo minaccia: “Sta’ attento a te!”
In men che non si dica, il brontolone è come nuovo, profuma come un fiore ed è grazioso come una bambolina, pieno di fiocchetti e fiorellini nella barba.
Devo dire che ha un aspetto buffissimo, perché ha quel cipiglio dipinto in volto in contrasto con gli accessori femminili che gli abbiamo messo addosso.
Quando noi stiamo ridendo a crepapelle indicandolo, lui esce dalla vasca e si avvia pesantemente verso l’uscita.
Thorin sta entrando proprio adesso e rivolge al suo amico un’occhiata interrogativa. “Ma cos… ?”
Dwalin fa un brusco cenno con la mano. “Chiedilo a loro!”
 
Anche quando ormai è passata ben un’ora dallo scherzo, io e i nani non riusciamo ancora a smettere di ridere. Dwalin, ovviamente, non ci ha rivolto la parola per tutto questo tempo ed è rimasto chiuso in camera sua a rimuginare.
Ritrovo la mia rara serietà solo quando vedo Thorin in salotto a fumare.
Intanto che i miei amici continuano a sogghignare, io mi avvio lentamente verso il capo della Compagnia.
Mi fermo un attimo sull’uscio. Non so neanche da dove iniziare. Mi sono preparata un po’ il discorso che voglio fargli, ma quando si tratta di lui è difficile trovare le parole giuste, si offende e si arrabbia per un nonnulla.
“Glenys. Lo so che sei lì, avanza.” Nonostante sia girato di schiena e stia rivolgendo le spalle alla mia persona, egli sa che lo sto osservando.
A volte mi fa paura, è peggio dei prof che ti beccano col cellulare in mano sebbene stiano scrivendo alla lavagna.
Non indugio oltre e mi avvicino al mio nanetto preferito. Non appena mi trovo poco dietro di lui, sistemo le parole nella mia testa e mi torturo le maniche della giacca.
“Avete fatto proprio un ottimo lavoro, su Dwalin.” Rompe il ghiaccio, nel frattempo svuota la pipa nel camino, un gesto che gli ho già visto fare e a cui mi sono affezionata, lo trovo sensuale, in qualche modo.
Ridacchiò. “Già,” rispondo a disagio per quello che voglio dirgli.
“Avete fatto bene.” Solo adesso si volta verso di me e mi tranquillizzo notando che sta sorridendo. Ha ritrovato la letizia, mi fa piacere constatare.
“Thorin, posso parlarti di una cosa?” gli chiedo guardandolo supplichevole.
Egli china il capo in segno di assenso, le braccia incrociate sul petto.
Mi schiarisco la voce e inizio dicendo: “Riguardo a quella volta a Gran Burrone…” Noto che si è scurito in volto, così aggiungo mettendo le mani avanti: “Non ti arrabbiare già adesso, ti prego! Ascoltami, è importante; per favore, non ti arrabbiare, ascolta fino alla fine.”
Sbuffa. “E va bene” mormora.
“Dunque, stavo dicendo, riguardo quella volta a Gran Burrone, non ho mentito: tu eri ubriaco e mi avevi portata nel bosco, poi avevi iniziato a spogliarmi e poi mi hai baciata su tutto il corpo e anche in bocca, con la lingua.” Rammento con piacere il nostro bacio, è stato il mio primo vero bacio. “Avevo inteso che eri ubriaco, tuttavia ti lasciai fare, perché sono troppo innamorata di te; tu non hai idea di cosa significhi per me avere il tuo affetto e le tue attenzioni. Quella è stata la sera più bella della mia vita, mi sembrava di trovarmi in un sogno.”
La sicurezza che ho trovato prima di iniziare a parlare adesso sta svanendo piano piano di fronte alla faccia corrucciata del nano.
Prima che possa aggiungere qualcos’altro, lui dice: “Mi sembrava di essere stato abbastanza chiaro su questo argomento. Non mi interessa più, mettiamoci una pietra sopra, quel che è stato è stato.”
“Ti prego, mi avevi detto che avresti ascoltato fino alla fine.” Gli faccio gli occhi dolci, quelli che faccio sempre anche a mia mamma.
“Ho sentito a sufficienza” mi risponde secco come l’erba d’estate. “Non c’è altro da dirmi.”
“Invece sì. Devo parlarti di una cosa importante e mi hai giurato che non ti saresti arrabbiato. Quello che sto per dirti adesso non ha niente a che vedere con quella volta a Gran Burrone. Hai ragione: mettiamoci una pietra sopra; ma lascia che ti dica una cosa.”
Mi guarda preoccupato, o almeno a me sembra preoccupato. Non è affatto sereno.
“So che anche tu provi qualcosa per me” gli dico prima di ripensarci.
A questo punto non mi guarda più in faccia e non mi permette di replicare. “Te l’ho già detto: sei solo una bambina, io sono grande. Devi trovarti qualcuno della tua età, io non starei mai con te e, anche se volessi, non potr…”
“Chi è Gwarka?” lo interrompo.
Mi guarda come se avessi appena bestemmiato Mahal, Durin o qualsiasi altra divinità o persona importante della Terra di Mezzo.
“Quand’eri ubriaco, a Gran Burrone, hai nominato una certa Gwarka e hai detto che era il tuo amore. Hai anche detto che le somiglio molto. Gli ubriachi non mentono.” Ho avuto paura mentre pronunciavo queste parole, perché lui è talmente rosso in viso dalla rabbia che non mi stupirei se mi picchiasse.
“Come osi chiedermi una cosa del genere?” sibila sul punto di urlarmi di tutto.
Indietreggio fissandolo spaventata. Deglutisco a più puntate. “N… non volevo mancarti di rispetto, volevo soltanto mettere in chiaro le cose.”
“Non c’è assolutamente niente da mettere in chiaro.” È sempre più vicino e io ho una paura da matti.
“V… veramente, non è mia intenzione farti arrabbiare, solo che penso che, se ci spiegassimo, staremmo meglio tutti e due.”
“Credo di aver fatto un errore,” dice lui, “non avrei mai dovuto accettarti nella Compagnia.”
Mi sento come se mi avessero strappato il cuore dal petto e lo avessero dato in pasto ai Mannari sotto ai miei occhi.
“Non avrei mai dovuto darti tutte queste libertà. Dopo le mie parole nella casa di Beorn sei diventata sempre più impertinente. Devi ricordati che è il Re sotto la Montagna che hai davanti e dovresti anche smetterla di chiamarmi per nome. Non ti ho mai sgridata per questo, ma è una mancanza di riguardo nei miei confronti, da oggi in poi ti rivolgerai a me solo chiamandomi mio signore o signor Scudodiquercia, perché non sono né tuo padre, né il tuo fidanzato, né un tuo amico.”
Sono rossa sia dalla rabbia, dalla vergogna e sia dalla paura di quello che potrebbe farmi. Le lacrime stanno spingendo prepotenti per uscirmi dagli occhi, ma io non glielo permetterò, per orgoglio non piangerò davanti a lui.
Una volta ritrovata la fermezza nelle gambe e nella voce, gli urlo contro: “Questo è il ringraziamento per averti salvato la vita! Pensavo che fossimo amici!”
“Lo eravamo, prima che ti dessi un dito e tu prendessi tutto il braccio.”
“Il problema è che con te non si può parlare, Thorin. Non vuoi capire, non vuoi ascoltare e sei crudele e ingiusto!” Prima che possa gridarmi di tutto e alzare le mani su di me, corro via. Ma non in lacrime, quelle le sto trattenendo finché non mi esplodono gli occhi.
 
Quando esco fuori casa tutta imbronciata, i nani mi invitano ad unirsi a loro che stanno fumando la pipa, ma io li ignoro e avanzo spedita verso chissà dove.
Loro continuano a chiamarmi, ma io non mi volto e tanto meno rispondo. Non sono arrabbiata con i miei compagni di avventura, solo che voglio restare un po’ da sola.
La gente mi fissa e mi indica parlando tra di loro, riconoscendo in me la ragazza che si trovava in compagnia dei nani quando questi sono giunti a Pontelagolungo. Vorrei gridare a tutti di smetterla, di lasciarmi in pace, ora come ora qualsiasi cosa mi infastidisce.
“Glenys! Glenys!” Una voce preoccupata mi sta chiamando, una voce che si sta facendo sempre più vicina.
La voce di Dwalin.
Non sono arrabbiata con lui e lui, a sua volta, non sembra essere arrabbiato con me. Però avanzo sempre più veloce e non mi fermo, non voglio parlare, non voglio vedere nessuno.
Mi intrufolo tra le bancarelle, ma il nano riesce comunque ad afferrarmi un polso. Mi porta verso un posto isolato, lontano dalla gente ficcanaso che c’è in questa dannata città.
“Cos’è successo? Perché sei corsa via in questo modo? Riguarda Thorin, vero?”
Lo guardo negli occhi. “Mi ha detto delle cose orribili” rispondo risentita.
Sospira. “Che cosa ti ha detto?”
Gli racconto tutto, facendo un’immane fatica a non scoppiare a piangere al solo ricordo delle dure parole che mi sono state rivolte. Lo so che lui non pensa queste cose, so che mi ama, mi dà fastidio il fatto che non voglia lasciarsi andare.
Il mio amico ha ascoltato ogni mia frase con attenzione e ha sgranato gli occhi quando ho ripetuto le parole che ha usato il suo tanto amato e rispettato Re del cavolo.
Sospira un’altra volta. “Thorin non pensa davvero quello che ha detto” mi rassicura.
“Lo so, però ci ho messo tanto per far emergere quel suo lato premuroso e gentile nei miei confronti, ora mi trovo al punto di partenza, se non peggio. Più che altro mi dà fastidio il fatto che non voglia dichiarare il suo amore per me, ormai è palese.”
“Sì, in effetti tutti noi ci siamo accorti che prova qualcosa per te” borbotta osservando l’acqua del lago, come se stesse cercando una soluzione.
Questa frase mi ha fatto piacere, ho ancora più certezza dei sentimenti del leader dei nani.
Dwalin smette all’improvviso di guardare il lago e fissa l’orizzonte. “Parlerò io con Thorin. Quello, quando vuole, sa essere ancora più testone di me, il che è tutto dire.”
Si è riaccesa la speranza nel mio cuore. Prima, quando sono corsa via da casa, stavo già pensando al peggio, stavo già pensando che Thorin sarebbe partito senza di me, cacciandomi definitivamente dalla Compagnia.
“Grazie Dwalin!” esclamo abbracciandolo commossa.
Lui, dopo un po’, ricambia l’abbraccio ed io mi stringo a lui chiudendo gli occhi. Sto per piangere dalla commozione e dalla tristezza causata dalla consapevolezza che un giorno abbandonerò tutto questo. Ma ancora una volta non permetto alle lacrime di uscire dai miei occhi scuri.
 
Una volta che io e Dwalin ci troviamo davanti alla porta di casa, Bilbo e i nani si avvicinano allarmati a me, parlando l’uno sopra l’altro. La smettono quando Balin intima loro di fare silenzio.
Il saggio nano si avvicina a me, scuro in volto. La sua espressione mi spaventa, temo che Thorin gli abbia ordinato di mandarmi via. D’istinto stringo la mano a Dwalin.
Balin sospira. “Thorin era molto arrabbiato, ragazza.” A queste parole, il mio cuore batte più forte e stringo la presa sulla mano del mio amico. “Pensa che gli altri volevano addirittura venirti a cercare per intimarti di non tornare a casa, perché il nostro capo era talmente furioso che temevano che avrebbe potuto farti del male.”
Così grave la situazione? Vorrei tanto tornare indietro nel tempo e non aver detto nulla a Thorin, forse adesso sarebbe stato ancora dolce con me e, chissà, si sarebbe dichiarato prima o poi, di sua spontanea volontà.
Mi sento più leggera quando noto che il nanetto che somiglia tanto a Babbo Natale ha sorriso sotto ai baffi. “Però conosco il mio pollo e sono riuscito a calmarlo.” C’è fierezza nella sua voce e posso capirlo: dev’essere un’impresa di cui andare più che fieri riuscire a domare quella bestiaccia. “Abbiamo parlato un po’ e, non so come, sono riuscito a convincerlo a chiederti scusa.”
Thorin? Chiedere scusa?
Stiamo parlando dello stesso Thorin? Lui non chiederebbe scusa neanche se lo stessero prendendo ripetutamente a calci in culo con delle scarpe con i chiodi.
“Ti sta aspettando in salotto” mi dice Balin.
“Sei sicuro di averlo convinto? Non vorrei che adesso mi ammazzasse.” Mi sembra troppo strano che Scudodiquercia si sia già calmato, è passata appena una mezz’ora.
Il nano più anziano della Compagnia mi sorride dolcemente. “Non preoccuparti, Glenys, come stavo dicendo, conosco il mio pollo; riuscivo a convincerlo a chiedere scusa anche quand’era un bambino incontrollabile e indisciplinato che faceva perdere i peli della barba a suo nonno.”
A questa frase ci mettiamo tutti a ridere. Devo dire che ce lo vedo proprio un mini Thorin ribelle che faceva diventare matti i suoi genitori.
 
Quando sto per mettere un piede sull’uscio, Dwalin si accosta a me. “Vengo con te, nel caso Thorin dovesse dare di matto.”
Stiamo parlando di Thorin come se fosse un animale pericoloso chiuso in gabbia, non un nano.
“Ma Balin ha detto che non c’è da preoccuparsi, che ha calmato Thorin.” Lo dico per ricevere una conferma. La mia sicurezza sta vacillando.
Egli fa un ghigno. “Capitava qualche volta, quand’era piccolo, che dicesse a Balin che avrebbe chiesto scusa solo per farlo stare zitto, poi continuava a comportarsi come voleva.”
Spalanco gli occhi.
Questa non è una buona notizia.
 
Trovo Thorin seduto sulla poltrona impegnato a fumare la pipa. Ho notato che lo fa spesso quando è nervoso, o quando deve rilassarsi.
Prima di giungere dinanzi a lui, respiro profondamente e deglutisco più volte. Stritolo la mano a Dwalin.
Egli mi dà una pacca sulla spalla. “Sono dietro di te, tranquilla.”
Certo che lui sa proprio come tranquillizzare le persone!
Quando mi trovo davanti al leader dei nani, cerco di fare l’espressione più arrabbiata che posso, non voglio fare la parte della ragazzina frignona e sensibile che si fa abbattere dalle prime dure parole che le vengono rivolte, non voglio che lui mi veda sotto quella luce.
Prima di parlare, Scudodiquercia sbuffa ancora un po’ di fumo fuori dalla bocca, fissando il fuoco.
Lo guardo nervosa. Mi dà ansia. Quando si decide a dirmi qualcosa?!
“Ti chiedo scusa per le brutte parole che ti ho rivolto prima” dice rocamente, senza guardarmi ancora negli occhi.
Nella sua voce ho avvertito dispiacere, per questo ci sono rimasta di princisbecco. A quanto pare Balin ci sa davvero fare.
“Non pensavo nulla di tutto ciò che ho detto e mi rimangio ogni cosa” aggiunge, lo sguardo ancora fisso nel fuoco.
Mi fa piacere. Tuttavia non gli salto al collo in lacrime, dicendogli che lo perdono eccetera eccetera, voglio fare la preziosa e deve capire che non bastano poche parole dolci o un semplice mi dispiace per farsi perdonare da me.
Devo ancora sbollire.
Improvvisamente mi guarda negli occhi. Sono lucidi, come se stesse per mettersi a piangere. Ha l’espressione di un cane bastonato e mi fa una tenerezza pazzesca, ma cerco di non lasciarmi impressionare dal suo carisma. “Ti prego, perdonami” sibila.
Non so se dire qualcosa o meno, ma non ne ho il tempo, visto che lui mi trascina sulle sue gambe e mi dà un bacio sulla guancia, dopodiché mi stringe forte a lui.
Io non reagisco, non ricambio l’abbraccio e resto in silenzio, muta come un pesce.
Però amo troppo Thorin, non riesco a ignorarlo e a restare arrabbiata con lui per troppo tempo. Ho bisogno del suo affetto e della sua vicinanza, è meglio mettere una pietra sopra a quanto è successo e sperare che una cosa del genere non accada mai più.
Butto all’aria il mio orgoglio e lo abbraccio anch’io.

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Capitolo 16
*** Lo spettacolo teatrale ***


Dopo il chiarimento con Thorin, ho dormito sonni tranquilli. Mi domando cosa gli abbia detto Balin, visto che è riuscito a calmarlo.
Scudodiquercia è un nano estremamente orgoglioso, pensavo che avrebbe tenuto il broncio fino al giorno della Battaglia dei Cinque Eserciti e che non mi avrebbe più rivolto la parola, eppure ieri mi ha quasi supplicata di perdonarlo e sembrava che stesse per mettersi a piangere da un momento all’altro.
Questa mattina sono speranzosa: forse Balin ha convinto Thorin a lasciarsi andare e, presto o tardi, il mio adorato mi farà la dichiarazione.
Non vedo l’ora di vederlo, sono proprio curiosa di vedere come si comporterà con me, oggi. Infatti rimango delusa quando scendo nella sala pranzo e non lo trovo insieme gli altri. Mi domando dove si sia cacciato.
“Ragazzi, dov’è Thorin?” li chiedo sedendomi con loro a tavola.
“Buongiorno anche a te Glenys, grazie. Anche noi siamo felici di rivederti” mi dice seccato Dori.
“Scusa, hai ragione. Buongiorno.”
Gli altri mi rispondono in coro.
“Comunque non sappiamo dove sia Thorin, bambina. Ha detto che doveva fare delle commissioni in città e che sarebbe tornato presto” mi spiega Balin.
Che commissioni? Vabbè, chi se ne frega, l’importante è che torni presto.
Comincio ad avere dubbi sull’affermazione del saggio nano quando noto che i miei amici stanno sogghignando a bassa voce e si guardano.
Sanno qualcosa che non vogliono dirmi; non mi preoccupo, poiché stanno ridacchiando, dunque suppongo che non sia avvenuto niente di male. Oppure mi hanno fatto uno scherzo o ho qualcosa in testa. Per sicurezza me la tasto e mi fa piacere constatare che è tutto a posto.
L’atteggiamento strano e misterioso dei nani non si spiega. Che vogliano gettare anche me nella vasca? Non ne vedo il motivo, perché io mi lavo, a differenza di Dwalin.
Secondo me ha tutto a che fare con Thorin, visto che si sono scambiati quegli sguardi complici subito dopo che ho chiesto dove si trovasse il capo della Compagnia.
Per verificare questa ultima ipotesi, mi alzo in piedi dicendo: “Vado a cercare Thorin, devo dirgli una cosa.”
Balin e Bilbo mi afferrano le braccia, costringendomi a risedermi, mentre per la stanza risuona un perentorio no!
“Perché no?” domando furbamente.
I miei compagni di viaggio si guardano indecisi, balbettando.
La riposta me la dà Kili, improvvisamente illuminato: “Perché ha detto che deve affrontare degli affari importanti con il Governatore e non vuole essere disturbato.”
Lo hobbit e i nani annuiscono tutti insieme.
Proprio come immaginavo: Thorin sta combinando qualcosa e, dalle occhiate maliziose che spesso si sono rivolti i miei amici, sicuramente qualcosa di buono. Adoro le sorprese. Magari sta organizzando una dichiarazione d’amore con i fiocchi, con carrozze, cavalli o che so io, non sono un’esperta in materia.
Decido di non insistere oltre, non vorrei rovinarmi la sorpresa. Spero soltanto che torni presto veramente, la sua assenza mi uccide lentamente.
Guardo il soffitto e sbuffo. “Mi annoio!” brontolo. Osservo i miei amici uno ad uno. “Che cosa facciamo?”
“Vuoi giocare a Non ti arrabbiare?” mi chiede Bofur.
Lo guardo e sgrano gli occhi. “Di nuovo?! Naah, mi ha rotto. Conoscete voi qualche passatempo carino?”
“Be’, da ragazzo mi piaceva giocare a tira-castagne, solo che di castagne non ne vedo” si intromette timidamente Bilbo, stringendosi nelle spalle.
“Potremmo usare qualcos’altro” dico. “Come si gioca a tira castagne?”
“Bisogna mettere una castagna per terra e, a una certa distanza, cercare di colpirla con un’altra castagna” mi spiega lo hobbit.
“Tipo bocce” commento.
Il mio migliore amico mi guarda come se avessi appena parlato in un’altra lingua.
“Un gioco” rispondo alla sua tacita domanda.
Sinceramente non mi entusiasma l’idea di giocare a bocce, lo trovo un tantinello noioso. L’idea che mi è appena venuta è cento volte meglio, così chiedo a gran voce, con il sorriso stampato in faccia: “E se giocassimo a bowling?”
“A cosa?”
Come non detto.
“Praticamente dobbiamo mettere dei birilli o quello che troviamo allineati in fondo alla stanza, mentre noi ci mettiamo a una certa distanza e cerchiamo di colpirli con una palla. Chi riesce a far cadere tutti i birilli guadagna più punti.”
Loro sembrano convinti, specialmente Dwalin che, quando si tratta di lanciare oggetti e colpirne altri, è sempre il primo della fila.
Ovviamente non ci sono birilli in questa casa, così utilizziamo come bersagli delle alte candele. So già che si romperanno quando qualche nano – ci scommetto la pelle che sarà Dwalin – lancerà la palla di fieno che abbiamo preso fuori casa, ma meglio loro che noi. Potevamo morire dalla noia.
A bowling me la cavavo abbastanza bene, anche se perdevo sempre e, naturalmente, mi arrabbiavo ogni volta. I nani non sono degli avversari facili da battere, senza contare che, spesso e volentieri, barano. Nori, per esempio, ogni volta che qualcuno di noi sta per lanciare la palla, lui ci afferra la vita da dietro, facendoci prendere un colpo e facendo finire il fieno chissà dove.
Dwalin, come avevo previsto, ha già fatto fuori un tre candele, infatti i birilli si sono moltiplicati.
Adesso tocca a me e ho intenzione di spaccare tutto. Sto perdendo e i miei amici non hanno fatto altro che canzonarmi tutto il tempo.
Detesto perdere facendo la figura della buona a nulla. Sono molto competitiva.
“Prego” mi prende in giro Gloin porgendomi la palla di fieno con un inchino.
I nani ridono dietro di me ed io afferro con rabbia la palla. Prima di preparare il lancio, dico loro: “Ridete, ridete pure di me, ma vedrete che ora spaccherò tutto.”
“Spaccherai cosa?” Una bellissima voce profonda mi fa quasi perdere l’equilibrio e mi cade la palla di mano.
I miei amici scoppiano a ridere davanti alla scena di me che sorrido innocente a Thorin.
Egli non ha l’aria di avercela con me, anzi, sembra che stia per lasciarsi andare a una risata pure lui.
Noto che sta nascondendo qualcosa dietro.
Qualcosa per me, ci scommetto la testa.
“Mi fareste il piacere di lasciarci soli?” domanda Thorin.
Gli altri obbediscono e se ne vanno, non senza avermi prima fatto l’occhiolino, però.
L’erede al trono di Erebor non ha staccato gli occhi da me neanche per un secondo, sta trattenendo a stento un sorriso. Ha l’aria di chi non vede l’ora di mostrare qualcosa a un’altra persona.
Prima di parlare, si schiarisce la voce. “Alla luce di quello che ci siamo detti il giorno precedente, ho pensato che sarebbe stato opportuno farti un dono. Lo so che ti ho già chiesto scusa e abbiamo risolto ogni divergenza, malgrado ciò le mie scuse non mi sembrano sufficienti. Sono stato duro oltre ogni misura, ieri, quindi ti prego di accettare questi.” Rivela ciò che stava nascondendo dietro alla schiena e le mie guance cominciano a bruciarmi.
Dei girasoli. Lo stoico e prode Thorin Scudodiquercia mi ha regalato dei girasoli, guarda a caso sono proprio i miei fiori preferiti.
“Oh, grazie Thorin! Sono bellissimi!” esclamo prendendoli in mano. Non sono una fanatica di fiori e vivrei benissimo anche senza, ma è stato il gesto ad emozionarmi; di solito gli innamorati si regalano i fiori.
Anche lui sta sorridendo e si vede benissimo che è felice per la mia reazione. Si avvicina piano piano a me, tenendo sempre le mani intrecciate dietro alla schiena. “Nella bancarella c’erano tantissimi fiori. In un primo momento pensavo di prenderti delle rose rosse, so che alle donne piacciono molto, ma tu mi ricordi di più i girasoli.” Alza una mano verso il mio viso e mi sposta un ricciolo dalla faccia. “Sono belli, vivaci e allegri, proprio come te.”
Perché mi sta parlando così? La mia faccia è in fiamme, lo stomaco mi fa male come non so cosa, le gambe minacciano di cedere da un momento all’altro e, a forza si sorridere, la mia mascella andrà a farsi benedire.
Thorin Scudodiquercia è un essere letale e fa male alla salute.
Lo ringrazio rossa in volto, con voce tremante dall’emozione. Lui è molto, troppo vicino a me, i nostri visi si sfiorano e sento il suo fiato caldo sul mio collo.
Cerco di non guardarlo in faccia perché so per certo che, se vedessi il suo bellissimo sorriso, sverrei all’istante.
“Sono felice che siano di tuo gradimento” sussurra sensualmente, causandomi un sospiro. “Temevo che i girasoli fossero fiori poco romantici e che magari non avrei… Fili! Kili! Andate via da lì!” Mi ha fatto prendere un colpo perché si è voltato repentinamente e ha gridato arrabbiatissimo verso i suoi due nipoti.
Vedo Fili e Kili che ci spiano in cima alle scale, ma corrono via sogghignando subito dopo che loro zio li ha ripresi.
Cerco di non mettermi a ridere, anche se è arduo.
Thorin si volta sbuffando verso di me, però torna a sorridere non appena mi guarda; tuttavia il sorriso sparisce presto per lasciare il posto a un’espressione sconcertata e furiosa. Sta guardando oltre la mia persona.
Mi giro perplessa dall’altra parte e capisco il motivo di tale smarrimento non appena noto le eleganti candele spezzate a metà, per terra.
“Ma chi è che ha fatto questo danno?” sbraita camminando pesantemente verso le candele.
Lo seguo e mi gratto un braccio, guardando da un’altra parte. “Non lo so” mento.
Thorin prende in mano due pezzi di una candela e li guarda imbufalito. “Più dico ai miei uomini di comportarsi da persone mature più loro combinano disastri.”
Sta attribuendo la colpa ai nani, mentre in realtà sarebbe mia visto che è stata una mia idea quella di usare le candele come birilli per giocare a bowling, ma resto in silenzio. Sembrerò meschina, ma non ho intenzione di rovinare tutto proprio adesso che Thorin è così dolce con me.
Il nano sospira profondamente, poi appoggia la candela rotta sul tavolo. “Perdonami, non dovrei perdere le staffe davanti a te” si scusa rammaricato, una volta che si è trovato di nuovo dinanzi a me.
“In effetti ieri mi ha fatto un certo effetto vederti così arrabbiato” confesso continuando a strofinarmi il braccio sinistro, a disagio, sorridendo forzatamente.
Mi guarda sempre più desolato. “Ti sei spaventata?”
“Più che altro avevo paura di rimanerci secca.”
Fa il consueto mezzo sorriso impossibile da non amare e mi carezza delicatamente una guancia, provocandomi brividi lungo la schiena. “Non ti toccherei neanche con un fiore” sibila con il viso sempre più vicino al mio.
Non so se lo preferisco quando è aggressivo o quando è così dolce, in tutte le salse è sempre eccitante. Comunque credo di preferirlo quando è così tranquillo e rilassato, almeno non rischio di lasciarci la pelle.
Le sue labbra si stanno facendo sempre più vicine, riesco a sentire chiaramente l’odore del tabacco mischiato a quello della birra. Mi domando se debba chiudere gli occhi, suppongo di sì e lo faccio, aspettando il piacere.
Il bacio ci sta mettendo troppo tempo per arrivare, così apro gli occhi e rimango delusa perché le labbra del nano si trovano quasi attaccate al mio orecchio. Non voleva baciarmi.
“Seguimi in camera tua, la sorpresa non è finita” mi dice a bassissima voce, eccitandomi sempre di più. Mi prende per mano e mi conduce con sicurezza su per le scale.
Spero con tutto il mio cuore che la sorpresa sia una mattinata di passione.
 
Quando entro nella mia stanza, intendo che la sorpresa non è una mattinata passionale, lo capisco grazie all’abito elegante che è disteso sul mio letto. Non credo che il nano voglia invitarmi a spogliarmi.
Thorin prende in braccio il vestito come se si trattasse di una principessa. “Ti piace? L’ho comprato stamattina presto quando tu stavi ancora dormendo. Il Governatore ci ha invitati tutti a cena nel suo palazzo questa sera e vorrei che lo indossassi.”
Osservo il vestito e lo trovo delizioso: verde anche questo, lungo, da principessa, un abito da sogno.
In realtà avrei preferito indossare i miei soliti stivaletti, i soliti pantaloni e la giacca che mi ha dato il Governatore, odiando gli abiti femminili, ma è sempre un piacere far restare Thorin a bocca aperta. Quindi lo metterò. E poi non potrei rifiutarmi, ha speso soldi per me, poverino.
“Ce n’era anche uno rosa molto grazioso, ma tu non mi dai l’impressione di essere una ragazza che indossa abiti di quel colore” continua sorridendomi con affetto.
“Infatti non mi piace il rosa,” gli do ragione. “Comunque grazie, davvero. E poi il verde è il mio colore preferito.”
Mi accarezza un’altra volta il volto. “Non avevo dubbi.”
 
Il tempo è passato con la velocità di una Tarantella e tra poco dovremo già trovarci a casa del Governatore.
Mi sono lasciata i capelli sciolti, poiché non mi piace averli legati e ho indossato l’abito che mi ha comprato Thorin.
Ci ho messo un attimo a prepararmi, mi sono semplicemente messa il vestito e via. Non sono una che sta tre ora davanti allo specchio a truccarsi e a ritruccarsi finché non raggiunge l’effetto matrioska. I nani sono stati molto ma mooolto più lenti di me.
Adesso ci troviamo tutti davanti all’ingresso, gli unici che mancano all’appello sono Fili e Kili.
Thorin mi sta tenendo a braccetto e, come me, è stufo di aspettare quei due.
“Fili! Kili! O scendete subito o vi lasciamo qui!” grida minaccioso.
“Un momento! A Kili si è infilata una treccia nella mia cintura!” strilla Fili dal piano di sopra.
Thorin sbuffa spazientito. Credo che voglia ammazzarli.
I due giovani nani non scendono, si sente che ridacchiano fino a qua.
Scudodiquercia si passa una mano fra i capelli. “Ma io li ammazzo quei due!” borbotta a denti stretti. Sta per fare il primo scalino, quando si volta verso di me, più tranquillo. “Perdonami Glenys, torno subito.” Detto questo prende la mia mano e ne accarezza dolcemente il dorso con le labbra.
Questo è decisamente troppo! Vuole farmi morire già prima di iniziare la cena?
“Sto venendo su!” li avverte nervoso lo zio.
“Nooo zio, non serve.”
“Sì che serve! Se sarà necessario gliela strappo quella treccia maledetta che ci sta facendo fare tardi!”
 
Thorin Scudodiquercia è riuscito con un solo colpo a liberare la treccia di Kili dalla cintura di Fili. Le grida di dolore del giovane nano si sono sentite fino a qui e io mi sono quasi uccisa dal ridere. Non mi sono calmata quando sono scesi tutti e tre, poiché Fili, attaccati alla cintura, aveva dei peli neri. Per questo l’ho preso in giro per tutta la strada, mentre Thorin mi teneva a braccetto e mi intimava qualche volta di comportarmi da persona adulta.
 
Dopo una breve camminata siamo giunti dinanzi alla dimora del Governatore, e che dimora! Alta, larga e con la porta in mogano. Fa contrasto con le catapecchie che la circondano.
Prima di entrare, Thorin ordina ai suoi uomini: “Vedete di comportarvi da nani adulti e non da bambini, siamo a casa del Governatore, non del signor Baggins.”
Perché? A casa di Bilbo possono comportarsi come diamine vogliono?
“Quindi non ruttate, non lanciatevi il cibo e tu, Glenys…” Mi irrigidisco non appena mi nomina. “Non parlare troppo, parla solo se interpellata e, soprattutto, non dire sciocchezze.”
“Signorsì capo!” esclamo mettendo la mano sulla fronte.
I miei amici sogghignano, invece il capo della Compagnia non è affatto divertito dalla mia ultima uscita, infatti mi guarda esasperato. “Ecco, evita atteggiamenti del genere” mi consiglia freddamente.
Che pizza! So già che sarà una serata noiosissima. Per lo meno starò seduta vicino a Thorin.
 
Se l’esterno fa rimanere a bocca aperta, l’interno della casa fa restare senza fiato: è enorme, sembra un castello, le sale sono immense come quelle della Montagna Solitaria. Le pareti pullulano di ritratti del Governatore e dei suoi predecessori, i mobili e gli oggetti sono decorati con l’oro e dubito che questo signore non abbia soldi sufficienti per occuparsi di quelle numerose persone che vivono penosamente, in questa città.
Mi guardo intorno affascinata, senza levare la mano dal braccio solido e forte di Thorin Scudodiquercia.
Non si può certo dire che questa dimora non sia bella, ricorda l’interno del castello Neuschwanstein, però la mondanità non fa per me. Preferisco di gran lunga la nostra casa accogliente, semplice e rustica.
La sala in cui mangeremo non è grande come le altre, ma non è piccola, anzi. Il pavimento è di legno e scricchiola un po’, la tavola è lunga e adornata con una tovaglia bianca, candelabri e coppe in argento.
Sul soffitto è appeso un elegante lampadario, il quale non è l’unico a illuminare questo ambiente oscuro, poiché questa stanza pullula di candele appoggiate su raffinati mobili decorati con colonne e varie sculture.
Thorin, da bravo gentiluomo, sposta una sedia per farmi accomodare, dopodiché prende posto accanto a me, di fronte al Governatore.
Il signore di Pontelagolungo propone un brindisi in onore dei nani e della loro missione. “La ragazza beve?” chiede alludendo a me.
Prima che possa rispondergli, il mio nano prende la parola per me: “È meglio di no, credetemi.”
Infatti Thorin mi versa un po’ d’acqua.
Non sono una che beve, l’alcol mi fa schifo e non ci tengo a svegliarmi con il mal di testa il giorno seguente, però un goccetto di vino non mi sarebbe certo dispiaciuto.
Da mangiare c’è del pesce e del maiale. Quest’ultimo pasto non mi piace molto, ma il pesce lo mangio volentieri.
Non sto aprendo bocca da un bel po’ e mi sento la gola secca. Sento il bisogno di parlare e anche i nani stanno mangiando in silenzio, l’unico che parla è Thorin, sta discutendo col Governatore sul drago, sulla somma che riceverà Pontelagolungo e il signore della città lo ha pregato di raccontargli un po’ della sua razza.
Sto ascoltando interessata, adoro la cultura dei nani. Non posso certo dire, però, che mi stia divertendo: nessuno mi rivolge la parola, i nani sono laconici stasera e Thorin non mi parla e non mi guarda. Le uniche volte in cui mi presta un po’ di attenzione è quando mi versa da bere.
“Ditemi, mio signore, ma chi è la bella giovane che vi portate sempre dietro? La vostra compagna?” Il filo dei miei pensieri si interrompe quando il Governatore pone questa domanda a Scudodiquercia.
Le mie guance si imporporano e trattengo un sorriso: sono proprio curiosa di sentire cosa risponderà Lui.
Thorin ride sommessamente, facendomi sudare, ma il colpo di grazia arriva quando posa un’altra volta la sua mano sulla mia coscia.
Ho caldo dappertutto e spero che non si noti troppo il mio rossore.
Da sotto il tavolo, il mio tesoro cerca la mia mano e, quando la trova, me la stringe delicatamente.
“Be’, a dir la verità, ella sarebbe una nostra cara amica e un’eccellente compagna di viaggio. È mia protetta.”
Ho rilevato del nervosismo in Thorin, quando gli è stata posta quella domanda. Verrà il giorno in cui ammetterà i suoi sentimenti e la smetterà di farsi mille problemi… ma non è questo il giorno. In ogni caso gli consiglio di darsi una mossa perché, quel giorno, io potrei anche non essere più qui.
 
Dopo la noiosissima e lunghissima serata dal Governatore, sia io che i nani sentiamo la necessità di sfogarci un po’.
Nonostante l’ora, io non ho affatto sonno.
La prima cosa che faccio non appena entro in casa, è indossare la giacca rossa, i pantaloni e gli stivaletti marroni. Mi lavo i denti e corro dai nani, ho una proposta da farli, cerco in particolare Dwalin e Bilbo.
“Dwalin! Bilbo!” li chiamo per tutta la casa. In camera loro non ci sono, neanche in salotto e nella sala da pranzo.
“Cosa c’è, Glenys?” Sento la voce del nano pelato al piano di sotto.
Corro giù dalle scale e per poco non inciampo. Quando mi trovo quasi al piano di sotto, faccio un salto evitando gli ultimi quattro scalini e mi ritrovo davanti al guerriero e allo scassinatore. Mi sistemo distrattamente la giacca che è scivolata sulle spalle da un lato.
“Eravamo andati un attimo fuori a fumare,” dice Bilbo, “cosa succede?”
Il mio sorriso va da un’orecchia all’altra e guardo principalmente Dwalin, il quale borbotta: “Quello sguardo non mi piace.”
“Ho una proposta da farvi.”
“Aiuto.”
“Di cosa si tratta?” mi chiede lo hobbit, disposto ad ascoltare.
Sorrido ancora di più.
 
“No, no, no e ancora no!” risponde categoricamente Dwalin una volta che gli ho spiegato cosa voglio fare.
“Ma è solo per divertirsi! Ti prego, ti piacerà, vedrai. Mi sto annoiando tantissimo ed è l’ultima volta che ti chiedo una cosa del genere, poi ti giuro che ti lascerò in pace e non farò più proposte assurde.” Lo seguo pregandolo. Sapevo che mi avrebbe risposto così, però non voglio arrendermi, ho troppa voglia di fare questa cosa.
“Quale parte di no non riesci a capire?” Dwalin si gira spazientito verso di me.
Bilbo ci ha seguiti per tutto il tempo, in silenzio.
“Non ti sto chiedendo di battere il martello sulla tua mano, ti sto semplicemente chiedendo di recitare quella parte nel mio spettacolo.” Odio quando le persone si fanno supplicare! Che gli costa farmi questo piccolo favorino? Non gli chiedo mai niente.
“Perché non la fai fare ad Ori quella parte? Fa più per lui. Oppure perché non la fai tu? Sei una femmina.”
“Ori deve occuparsi della maschera da drago e il mio è uno spettacolo comico, sarà una scena troppo divertente vedere te vestito da principessa!” esclamo con gli occhi che mi brillano, gustandomi già la visione esilarante.
Dwalin mi fulmina con lo sguardo.
“E poi questo spettacolo lo sto facendo principalmente per Thorin, ha bisogno di ridere un po’.” Lui ci tiene al suo migliore amico, forse dopo questa frase sarà più disposto a interpretare la damigella in pericolo.
“Appunto per questo non voglio farlo. Quel maledetto mi prenderà in giro per i prossimi cento anni vedendomi vestito in quel modo… per non parlare degli altri!”  Ho premuto proprio il tasto sbagliato.
Mi scervello cercando un modo per convincere questo testone a interpretare la principessa nel mio spettacolo. Quando ormai stavo pensando di chiedere a qualcun altro tipo Gloin o Dori, ecco che mi viene un’idea. Non è il massimo, ma vale la pena provare.
“Dwaliiin” lo chiamo con tono persuasivo. “Nella grotta dei troll ho trovato tante belle gemme che ti darò, se accetterai la mia proposta.”
Spero che sia efficace fare breccia sull’avidità dei nani, ma Dwalin non è stupido e mi chiede le gemme prima di addobbarsi come una femmina.
Sorrido con aria innocente e mi tormento le maniche della giacca. “Ho detto una bugia” confesso tutto d’un fiato.
Egli fa un ghigno. “Oltre che esasperante sei anche bugiarda.”
Vado avanti a supplicarlo finché non mi va via la voce; per convincerlo gli dico che non sarà il solo ad umiliarsi, visto che Dori reciterà la fata.
Ho rotto talmente tanto, che alla fine riesco a convincere anche questo testone di Dwalin.
Impresa di cui posso andare più che fiera.
 
Thorin ha assecondato la mia ennesima richiesta assurda e adesso si trova seduto sulla poltrona in fondo al salotto. Davanti al camino si svolge la recita.
Dwalin indossa un lungo abito rosa che ha fatto Ori utilizzando un lenzuolo che ha trovato nell’armadio. Gli abbiamo fatto le treccine nella barba e abbiamo aggiunto dei fiocchetti.
Fili e Kili lo indicano ridendo.
Prima di iniziare a recitare, il pelatone rivolge loro uno sguardo ammonitore. “Oh! Quanto sono disperata! Da giorni qui mi trovo imprigionata; il drago minaccia di mangiarmi, spero che presto arrivi un principe a salvarmi!”
“Stop!” grido scuotendo le braccia. Vado da Dwalin. “Dwalin, capisco che tu sia un tantinello contrariato, ma cerca di metterci un po’ di spirito. Non avere quell’espressione corrucciata stampata in volto, fa’ finta di avere paura e magari fa’ la voce leggermente in falsetto.”
Il guerriero nanico getta un fiocco a terra e lo pesta con rabbia. “Sai che ti dico? Mi sono già stancato.” Con passo pesante si affretta verso l’ingresso. Non appena passa accanto a Thorin, quest’ultimo lo guarda con divertimento. Mi sa che Dwalin ha ragione: lo prenderà in giro per i prossimi cento anni.
Intimo a tutti di non muoversi, devo recuperare la principessa.
Per fortuna ella non si è fatta troppo pregare e la trascino in mezzo alla scena.
Lo spettacolo può continuare.
Dwalin non vede l’ora che tutto questo abbia fine, infatti si sta impegnando un po’ di più.
Ora è il turno di Dori, che entra in scena danzando come una ballerina. Indossa un vestitino azzurro, in mano tiene una bacchetta con una stellina e sulle spalle ha delle ali bianche.
Non appena lo vede, Thorin si mette una mano sulla fronte e trattiene una risata. Vedo nei suoi occhi un luccichio di divertimento e la cosa non può che farmi piacere. Sicuramente si starà domando di che cavolo di guerrieri si è circondato.
Bilbo entra in scena agitando le braccia e facendo versi strani. Interpreta il drago, infatti ha una maschera che ha disegnato Ori.
Il capo dei nani è sempre più divertito.
Dwalin si sforza di fare un urletto il più acuto possibile. “Oh, Mahal Mahal! Il drago è qua! Chi mi salverà?”
A questo punto salto in mezzo alla scena agitando un mestolo, mentre con l’altra mano tengo lo scudo che mi ha imprestato Fili. Sulla testa ho una pentola che dovrebbe rappresentare un elmo.
Ora Thorin è proprio scoppiato a ridere. Non l’ho mai visto così felice e mi scalda il cuore essere cosciente del fatto che sia tutto merito mio.
“Non temere, oh dolce raggio di sole! Questo drago perderà gran parte della sua mole!” Detto questo picchietto il mestolo sul sedere dello hobbit, che torna dagli altri lamentandosi come se fosse un drago.
Thorin Scudodiquercia scoppia a ridere ancora più forte e ha difficoltà a fermarsi.

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Capitolo 17
*** Crisi di nervi ***


“Mamma! Mamma!” esclamo entusiasta dirigendomi verso la camera dei miei genitori. Ho tre fogli di carta in mano, ricoperti di inchiostro. Un altro dei miei capitoli.
Trovo i miei genitori sul letto: mio padre sta scrivendo un articolo al computer, mentre mia madre si sta risposando.
Il mio entusiasmo diminuisce: so già che la risposta sarà: “Aspetta cinque minuti.” Ma i cinque minuti di mia mamma corrispondono a un’ora, se non di più.
“Cosa c’è, tormento?” mi prende bonariamente in giro mia madre, aprendo un occhio, osservandomi mentre la raggiungo sul letto.
Le mostro i tre fogli. “Ho scritto il capitolo in cui Thora incendia il palazzo di Tar.” So che a lei non piace il genere fantasy e che delle mie storie conosce poco o niente, però mi fa sempre piacere far leggere ai miei genitori cosa scrivo, voglio il loro parere.
Ella sospira. “Lo leggo tra poco, mettilo sul comodino.”
So già che non lo leggerà. Di solito avrei insistito, ma è inutile che lo faccia, tanto lo so che ai fogli non darà neanche un’occhiata, oppure li leggerà alla cavolo di cane.
Così appoggio il capitolo dove mi è stato indicato da mia mamma. “Ma leggilo, eh. Guarda che ti interrogo.” No, non sto scherzando.
Lei sorride divertita e mi carezza la guancia. Mi sdraio accanto a lei e lo do un bacino sulla fronte, dopodiché la abbraccio.
Voglio molto bene ai miei genitori, come ne voglio a mia sorella. Senza la mia famiglia sarei persa.
 
Apro gli occhi improvvisamente e mi basta poco tempo per rendermi conto che non mi trovo nella camera dei miei genitori e accanto a me non c’è mia mamma.
Rimango per un po’ ferma nella posizione in cui mi trovo, sdraiata su un fianco, a guardare dinanzi a me il muro giallo.
La luce entra dalla finestra e illumina la stanza, la quale il mattino e il pomeriggio non fa affatto paura, anzi, ci passo volentieri il tempo qui dentro.
Mi volto dall’altra parte e guardo il cielo, il quale è sereno, un po’ in contrasto con il mio stato d’animo. Questo sogno mi ha resa malinconica e mi ha fatto ricordare casa. Mi manca la mia famiglia e ancora una volta non riesco a non domandarmi quale sia la realtà; sono quasi sicura di non stare sognando, tutto è maledettamente reale… ma allora la mia vita di un tempo era tutto un sogno?
I miei pensieri vengono interrotti da dei passi pesanti. Sento chiamare il mio nome fuori dalla porta.
Il mio umore torna su: mi basta sentire quel suono possente e maschile per stare bene.
Thorin apre la porta della mia stanza senza esitare e rimane sorpreso nel vedermi con gli occhi aperti, bella sveglia.
“Buongiorno Thorin” lo saluto facendogli gli occhi dolci.
Il suo volto si rilassa e le labbra si inclinano ancora una volta verso l’alto. “Buongiorno Glenys” sussurra, poi avanza verso il mio letto. Una volta che si trova ai piedi di esso, si abbassa e mi guarda in faccia. “Hai dormito bene?”
“Benissimo!” esclamo mettendomi seduta.
“Ascolta. Io e gli altri membri della Compagnia abbiamo sentito parlare di una bancarella in cui si vendono arazzi antichi. Un signore ci ha raccontato che lì si trova un’opera sul Popolo di Durin, un arazzo meraviglioso e ben elaborato. Volevamo andare a vederlo e semmai comprarlo, se è di nostro gradimento.”
Mi piace quando parla così, mi tornano in mente le parole di Tolkien, quando insisteva sul fatto che Thorin fosse un nano estremamente importante dedito a fare lunghi discorsi pieni di paroloni. Quando è solenne lo trovo ancora più sexy e desiderabile.
“Intendiamo andare stamattina presto. Non mi sembrava giusto andare senza salutarti, perciò mi trovo qui ad avvisarti che noi usciamo. Secondariamente volevo chiederti se ti secca stare a casa sola.”
In realtà sì, mi secca molto. Prima che possa rispondergli, lui continua: “No perché, in quel caso, ti aspettiamo che ti lavi e ti vesti.”
Mi farebbe molto piacere uscire con i nani e non riesco a stare senza Thorin Scudodiquercia neanche per cinque minuti, come potrei rifiutare quest’offerta allettante? Infatti annuisco convinta e felice. “A me va bene. Sì, vengo con voi, va bene.” Gli sorrido e lui ricambia.
Mi alzo dal letto e mi spoglio davanti a lui facendo finta di niente. Ho voglia di provocarlo.
Egli si volta dall’altra parte. “Glenys, per favore, abbi la decenza di spogliarti quando io non sono in camera” mi sgrida.
Era esattamente la reazione che mi aspettavo, anche perché ne abbiamo già parlato dopo aver fatto pace: devo dargli tempo, non vuole parlare del nostro ipotetico amore. Ho rispettato le sue volontà, spero soltanto che non faccia passare troppo tempo, visto che io, molto probabilmente, non ne ho tanto. Ma non insisterò, non vorrei litigare nuovamente con lui. Aspetterò impaziente.
“Ops, scusami, non me n’ero neanche resa conto” mento indossando la camicia verde, rimanendo in mutande.
Thorin volta di pochissimo la testa e mi pare di vedere un sorrisetto stampato sul suo volto. Purtroppo si riprende subito ed esce dalla mia stanza dopo avermi detto che mi avrebbe aspettata giù con gli altri.
Per un momento ho sperato che si lasciasse andare. Speriamo che lo faccia presto, muoio dalla voglia di vederlo fare il malizioso con me.
Nel frattempo mi accontenterò del suo lunatico corteggiamento.
 
Una volta che mi sono lavata, vestita e guardata allo specchio, scendo le scale saltellando. “Sono pronta!” esclamo sorridente, interrompendo le chiacchiere dei miei amici, i quali si voltando tutti verso di me e alcuni mi sorridono.
“Bene, allora andiamo.” Thorin si volta verso la porta e fa per uscire, quando io mi guardo intorno e domando: “Dov’è Kili?”
A questo punto i nani e lo hobbit si guardano preoccupati.
Il leader rimane con la mano sul pomello. Sospira. “Non si sente tanto bene, per via del ginocchio. Ha detto che preferirebbe restare a casa a riposare.”
Solo adesso rammento della freccia avvelenata che gli ha scoccato l’orco.
“Ah…” mormoro dispiaciuta. “Vado un attimo a salutarlo.”
“Sta dormendo” mi avverte Fili. La sua voce è triste, come il suo volto. Mi dispiace per tutto questo, avremmo potuto passare una settimana tranquilla e gioiosa, soprattutto con Kili che ha sempre voglia di festeggiare, tuttavia gli orchi hanno deciso che non deve essere così.
Anche se so che il giovane nano si riprenderà, sono mogia: mi si stringe il cuore nel saperlo in quelle condizioni, lui che è sempre pieno di vita. Odio vedere i nani tristi, speriamo che Tauriel arrivi presto o che Oin riesca a curarlo.
Esco di casa con questo nuovo tormento nel cuore.
 
Stiamo camminando senza meta da un venti minuti circa, visto che Thorin è un babbuino che ha zero senso dell’orientamento e che non vuole chiedere indicazioni, per orgoglio.
“Certo che quel tizio non le sa proprio dare le indicazioni stradali!” borbotta camminando avanti, mentre noi lo seguiamo sogghignando. “Aveva detto che la bancarella era qui. Be’, qui non c’è.” Si ferma e si volta verso di noi, spazientito.
“Thorin, nel nome di Durin, chiediamo indicazioni a qualcuno” cerca di farlo ragionare Balin. Gliel’ha detto almeno un cento milioni di volte e non ha ancora perso la pazienza.
Promemoria per me: erigere una statua a Balin in onore della sua inaudita pazienza.
“Te l’ho già detto, Balin: sono un Re. Tu hai mai visto un re chiedere indicazioni?”
“Un re che si perde sì” risponde facendoci ridere tutti.
Il mio sorriso si spegne nel momento esatto in cui noto tre ragazzine sedute su una panca di legno vicina a una barca, in mezzo alla confusione di Pontelagolungo. Avranno più o meno la mia età e si stanno parlando nell’orecchio guardandomi, poi ridacchiano fra di loro ogni due per tre. Le guardo il più malamente possibile. Detesto quelle così, ero felice di trovarmi nella Terra di Mezzo anche perché non avrei più avuto a che fare con gente di questo stampo; invece, a quanto pare, le oche impiccione esistono anche in questo mondo paradisiaco.
“Se continuano a guardarmi e a ridere giuro che le infilo un’ascia su per il posteriore” dico a denti stretti, senza smettere di osservarle bieca.
“Cos’hai detto?” Bilbo mi guarda con un punto interrogativo.
Gli indico con il capo le tre ragazzine sedute sulla panca, le quali non hanno smesso neanche per un secondo di ridere e di indicarmi. “Li vedi quei tre scherzi della natura? Mi stanno fissando tutto il tempo e ridono” rispondo innervosita.
Lo hobbit alza le spalle. “Ignorale. Quando avevo la tua età venivo spesso preso di mira dagli altri giovani hobbit per via delle mie particolarità, ma ho appreso che la migliore arma è l’indifferenza.”
“Lo so, però io non riesco a restare in silenzio quando qualcuno si prende gioco di me.” Più che altro non voglio restare in silenzio; già sono minuta di mio e do l’impressione di una bambinetta buona e ingenua, se mi faccio anche mettere i piedi in testa è finita per me!
Quelle tre galline adesso stanno ridendo di più, guardandosi l’un l’altra coprendosi la bocca con la mano.
“Dwalin, passami un’arma: credo che commetterò una grande sciocchezza” dico al mio amico che si trova accanto a me.
“Potresti chiedere a quelle signorine laggiù.” Sussulto non appena sento Balin pronunciare queste parole. Ottimo, chiediamo indicazioni a quelle là, così ho una scusa per avvicinarmi a loro e insultarle.
“Quale parte di io non chiedo indicazioni non ti è chiara?” gli risponde male Thorin. Non mi piace quando si arrabbia con Balin, lui è così gentile e affettuoso, non si merita che qualcuno gli risponda con questo tono. Malgrado ciò la reazione del futuro Re sotto la Montagna l’ho trovata ugualmente spassosa e sto ridendo con i miei amici. Ci stiamo tutti divertendo a causa di Scudodiquercia, anche Bilbo, però lui ride con discrezione: è diventato amico di Thorin e ormai sono in confidenza, però ci tiene a portare rispetto a una persona di tale importanza.
Fili è quello meno loquace di tutti, oggi, poiché è in pensiero per suo fratello. Ho cercato di consolarlo, ma invano. Mi dispiace molto che Kili non sia qui, si sarebbe divertito. Appena tornerò a casa gli racconterò tutto.
Non appena il mio amore ha dato un’occhiata alle tre ragazze, loro si sono zittite e l’hanno guardato a bocca aperta. Non nascondo che questo fatto mi ha infastidita alquanto.
“Chiediglielo tu” scatta Thorin voltandosi dall’altra parte e facendo un gesto di fastidio con la mano, come se avesse una mosca che li ronza intorno.
Dwalin sorride furbamente. “Ma come? Il prode ed eroico guerriero Thorin Scudodiquercia ha paura di chiedere indicazioni a tre mocciose?” lo prende in giro.
Mi sono messa a ridere sia per la provocazione, sia per il modo in cui le ha chiamate il nano. Esatto, sono soltanto delle mocciose.
Il suo migliore amico l’ha fulminato con lo sguardo. Nei suoi occhi leggo l’orgoglio ferito, il quale lo spinge ad arrendersi e ad avanzare verso le tre oche.
Non ci penso un attimo e metto la mia mano sul braccio di Thorin, per far ingelosire quelle smorfiose. Vediamo se avranno ancora voglia di canzonarmi dopo avermi vista così in confidenza con l’avvenente nano. Trattengo un sorriso di soddisfazione quando noto la loro espressione sconcertata nel vedermi a braccetto con Thorin Scudodiquercia.
“Perdonatemi, signorine, vorrei un’informazione” comincia lui controvoglia.
Lo stanno fissando imbambolate, scommetto che darebbero via tutti i loro abiti sfiziosi pur di essere così affiatate con lui come lo sono io.
“Sapreste indicarmi una bancarella in cui vendono arazzi?”
Una di loro, quella più grassa, indica alla sua destra. “Ma certo, mio signore, basta che avanziate per questa strada e poi giriate a sinistra al primo angolo.”
“Ah! Ah! L’unico posto in cui non siamo andati, hai proprio sbagliato tutto” prendo in giro il mio nano.
“Glenys…” digrigna Thorin lanciandomi furtivamente un’occhiata di rimprovero.
Rido sotto ai baffi.
Il mio lui accenna un inchino con il capo. “Vi ringrazio.” Dopodiché si volta e si avvicina agli altri, sempre tenendomi a braccetto.
“Ragazzina” mi chiama ad alta voce una delle tre.
Io e Thorin ci fermiamo e io la guardo malissimo.
“Possiamo farti una domanda?” mi chiede con un sorriso di scherno stampato in faccia, mentre le altre continuano a ridere e a parlarsi all’orecchio.
“Ti aspetto là con gli altri” mi dice il nano, successivamente si allontana lasciandomi sola con le galline.
Mi avvicino a loro tenendo le braccia conserte, le guardo con un’aria da superiore. “Che c’è?” chiedo bruscamente.
Quelle stanno zitte e mi fissano sorridendo beffarde. Leverei loro quel sorrisino canzonatorio dalla faccia a suon di pugni.
“Ma tu sei la compagna del nipote di re Thror?”
Gelosa?
“Diciamo che abbiamo una relazione complicata” rispondo guardandomi le unghie. “In ogni caso non sono affari tuoi, ragazzina” replico guardandola acidamente negli occhi.
Le amiche di quella che ha parlato, si guardano e si coprono la bocca con la mano, ridendo di più.
“Senza offesa ma non sei adatta per essere la compagna del Re sotto la Montagna.” A queste parole divento rossa dalla rabbia, il sangue mi sale alla testa e avrei voglia di gridarle di tutto. Sto perdendo le staffe.
“Perché no, scusa?” le domando arrabbiatissima.
“Perché non hai classe. Un re ha bisogno di una dama vestita elegante, profumata e ben curata. Tu ti vesti come un uomo e hai i capelli che sembrano la chioma di un leone.”
Sorrido secca, non vedendo l’ora di dirle di tutto. “Allora, innanzitutto non sono affari tuoi, ribadisco. In secondo luogo un re, come ogni essere vivente e pensante, ha bisogno di una persona che lo renda felice e che lo ami profondamente. E comunque cuciti la bocca che tu sei solo invidiosa.” Sto cominciando ad alzare la voce e tutti si sono voltati verso di me.
“Non ti sai neanche comportare, una signorina per bene non alza la voce” mi sbeffeggia quella palla di fieno.
Sgrano gli occhi. “Io non mi saprei comportare? Ma se siete state voi a iniziare! Voi mi rompete le scatole e io dovrei restare in silenzio? Comunque il vostro atteggiamento è proprio infantile, e non ho tempo da perdere con degli scherzi della natura stupidi, ignoranti, invidiosi, gelosi, maleducati, grassi, cessi e…”
“GLENYS!” La voce tonante di Thorin Scuodiquercia mi ha fatto fare un salto e ho come l’impressione che il terreno sia tremato di fronte alla sua ira.
Mi fermo qui e non aggiungo altro. Più sento i suoi passi che si avvicinano, più temo per la mia incolumità.
Thorin mi afferra per un braccio e, prima di allontanarsi con me, guarda mortificato le tre ragazze. “Perdonatela, signorine.” Poi mi trascina letteralmente via.
Mi ha dato fastidio essere ripresa da lui davanti a quelle tre ed essere trattata come una bambina disobbediente.
La presa sul mio braccio è forte e rabbiosa, Thorin mi sta facendo male e credo proprio che mi rimarrà un bel livido.
“Quante volte devo dirti di comportarti bene?” mi sgrida lui. “Molti qui, a Pontelagolungo, sono convinti che tu sia la mia signora; vedi di non farmi fare brutte figure.”
Mi mordo le labbra per non sorridere. Mi fa piacere che lo pensino. In effetti è facile cadere in equivoco, visto che il nano mi tratta come se fossi la sua compagna: mi accompagna ovunque a braccetto, mi sorride con affetto, mi carezza e mi fa spesso il baciamano.
Non appena raggiungiamo i nostri amici, la maggior parte di loro scoppia a ridere e mi dà delle pacche sulla schiena, congratulandosi con me in Khuzdul. La smettono quando il loro leader li sgrida, dicendo che mi sono comportata da maleducata, che una signorina per bene non grida, non insulta, non dice parolacce e bla bla bla. Le solite lagne.
Quando giungiamo in vista della bancarella, noto subito degli arazzi bellissimi raffiguranti draghi che sputano fuoco, cavalieri erranti con le spade sguainate e principesse in pericolo.
Dopo che Thorin ha chiesto al venditore dell’opera sul Popolo di Durin, egli tira teatralmente fuori un lungo arazzo blu decorato con l’albero genealogico dei Durin.
Io e i miei compagni di avventura ci avviciniamo al bancone, curiosi.
L’arazzo è simile a quello che c’era nel film, vi sono anche i disegni di Thror, Thrain, Thorin e gli altri della loro famiglia. Le scritte sono in runico.
Conosco le rune, così inclino la testa e comincio a leggere non senza difficoltà: “Il re degli antri che stan sotto al monte…”
 
… e delle rocce aride scavate,
che fu signore delle argentee fonti,
queste cose riavrà, già a lui strappate!
 
Sul capo il suo diadema poserà,
dell’arpa ancora sentirà il bel canto
ed in sale dorate echeggerà
di melodie passate il dolce incanto.
 
Sui monti le foreste ondeggeranno,
ondeggeranno al sole l’erbe lucenti,
le ricchezze a cascate scenderanno
ed i fiumi saranno ori fulgenti.
 
I ruscelli felici scorreranno,
i laghi brilleran nella campagna
e dolori e tristezza svaniranno
al ritorno del Re della Montagna.
 
Thorin ha interrotto il mio tentativo di lettura e mi sono incantata ad ascoltare la sua voce. Questo pezzo mi emoziona sempre, sa di speranza, gioia e gloria, mi ero gasata tantissimo quando la gente di Pontelagolungo l’aveva cantato in nostro onore. Udire queste poetiche frasi uscire dalla bocca di Thorin, è ancora meglio. Ha recitato questa poesia con sentimento, onore ed emozione. Si vede che è fiero di essere un Durin e che non aspetta altro di posare quel diadema sul suo capo.
Naturalmente abbiamo acquistato l’arazzo e abbiamo deciso di appenderlo sul muro nella nostra casa di Pontelagolungo. A Kili è piaciuto molto e sono felicissima di vederlo in piedi, con il sorriso stampato in faccia. Per consolarlo un po’ e per ravvivare i nani, ho proposto di giocare a Nascondino. Per fortuna almeno questo gioco lo conoscono e hanno accettato volentieri.
Bofur mi ha appena beccata dentro all’armadio e stiamo correndo giù dalle scale, spintonandoci. Passo accanto a Thorin e lui mi afferra per un braccio. “Dove credi di andare, signorinella?” mi chiede severo.
Cerco di liberarmi, ma la sua presa è troppo forte. “Stiamo giocando a Nascondino e devo fare tana!” gli rispondo agitata.
Lui corruga la fronte. “A Nascondino? Dentro casa? Non esiste.”
Prima che io possa supplicarlo di lasciarmi andare, sento Bofur gridare dall’altra parte della stanza: “Tana!”
Maledizione!
“Ma non vale! Thorin mi ha beccata!” protesto, mentre lui ridacchia sotto ai baffi, divertito dal mio carattere infantile.

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Capitolo 18
*** L'esplosione ***


Eccomi qua con il nuovo capitolo! Vi chiedo scusa perché non è molto divertente, anzi, ma non temete: il prossimo sarà più allegro e spassoso. Purtroppo rimarranno ancora un giorno a Pontelagolungo, poi i nostri eroi dovranno partire per la Montagna e temo che le vicende si faranno sempre più cupe; faccio fatica a mantenere il clima comico e leggero mentre si avvicina la Battaglia dei Cinque Eserciti.
Anyway, ringrazio Leila91, _FallingToPieces_, Lily75, Dayafterday, Queen_under_mountain, Zebraapois91 e Innamoratahobbit96. Ringrazio anche i miei silenti lettori per l’attenzione.
Un bacio!
Lucri
 
“No, no, no, no e poi no!” continuo a rispondere mentre i nani insistono che tocchi a me contare.
“Ma Bofur è arrivato prima!” protesta Kili.
“Sì, ma io ero stata fermata da tuo zio, non vale!” Metto le braccia incrociate sul petto, mentre Thorin se la ride della grossa. Detesto contare quando gioco a Nascondino e, ora come ora, mi sono rotta di questo gioco.
I miei amici non la smettono di cercare di convincermi a contare, così propongo speranzosa e più entusiasta: “E se giocassimo a Palla avvelenata?” Mi è sempre piaciuto questo gioco, mi ricordo che alle elementari ero sempre tra le ultime a restare in campo, non mi beccavano mai. Magari non sarò forte o coraggiosa e non avrò una bella mira, ma sono agile e veloce.
Come immaginavo, i nani non hanno la più pallida idea di cosa sia Palla avvelenata. Vuol dire che li spiegherò, sono sicura che non vedranno l’ora di cimentarsi in questa nuova attività. “Allora, ci sono due squadre, l’una deve stare di fronte all’altra separate da qualcosa come una rete. Bisogna lanciare una palla e cercare di colpire gli avversari, mentre gli altri non devono farsi beccare. Se vengono toccati dalla palla, vanno…”
“No, no e ancora no” mi interrompe severamente Thorin, con tono categorico.
Noi tutti lo fissiamo dispiaciuti.
“Niente giochi con la palla… anzi, niente giochi e basta” sbuffa Scudodiquercia. “Avete già causato abbastanza danni rompendo quelle candele, non tollero altri disastri in questa casa. Il Governatore è stato molto gentile nell’assegnarci questa vasta dimora, che figura faremmo se trovasse tutto in disordine?”
“Ma non giochiamo dentro casa, andiamo fuori” cerco di convincerlo.
“Glenys, no.”
Abbasso la testa. Quando parla così, non si può discutere.
 
Stringo i denti e gli occhi: c’è un rumore fastidiosissimo nell’aria. Sembra che qualcuno stia strofinando la lama di due coltelli l’una sopra l’altra.
Per capire quale sia la fonte di questo rumore, mi basta girarmi verso la finestra aperta: Dwalin è fuori e sta affilando la sua ascia.
Rimango un paio di minuti imbambolata a contemplarla: è semplice, di ferro, con il manico marrone, decorata con delle rune. Mi piace assai, anche perché ho sempre avuto un debole per le armi e non mentirei se dicessi che, spesso e volentieri, mi sarebbe piaciuto saper combattere. La vera forza sta nella testa, ma talvolta risulterebbe utile conoscere l’arte del duello, giusto per fargliela vedere a certe persone idiote. A questo proposito mi tornano in mente le galline di poche ore fa; voglio proprio vedere se avrebbero ancora il coraggio di canzonarmi se facessi loro vedere qualche mossa con le asce di Dwalin. Sorrido al solo pensiero. Prenderebbero un colpo, povere stupide.
“Dwalin! Dwalin!” Non ci penso un attimo e corro fuori, sul ponte. Questo posto sembra la Venezia dei poveri, visto che le case si affacciano sull’acqua e passano numerose barche.
Il nano pelato smette per un attimo di lucidare la sua ascia e mi guarda mentre mi faccio sempre più vicina a lui.
“Mi insegneresti ad utilizzare l’ascia?” gli domando con il sorriso stampato in faccia. Questa volta ascolterei con attenzione e non mi stancherei subito, lo giuro.
Egli mi fissa un attimo sbigottito, dopodiché china lo sguardo sull’arma e riprende a fare quello che stava facendo.
Rimango ancora con il sorriso sulle labbra, un sorriso forzato e perplesso. Perché non mi risponde? “Eh? Allora?” insisto, odiando quando pongo una domanda e non mi viene data una risposta.
Scuote la testa. “Le armi non sono affari da femmine” si limita a dirmi.
“Per favore!” lo supplico congiungendo le mani a mo’ di preghiera. “Mi serve.”
“A cosa ti servirebbe?”
“Voglio fargliela pagare a quelle tre bambinette per avermi riso dietro” rispondo sentendo la rabbia tornare a farmi visita.
Dwalin fa un ghigno. “Non vorrai misurarti con quelle tre mocciose?”
“Sì. L’ho chiesto a te visto che sei un grande guerriero, probabilmente il migliore di tutti i nani della Terra di Mezzo” lo adulo scaltramente e noto con soddisfazione che ha smesso di lavorare sull’ascia. Così decido di aggiungere la ciliegina sulla torta. “Ma se non ti senti all’altezza potrei chiedere a Thorin, lui sì che è un guerriero con i fiocchi!” Mi volto con le mani dietro alla schiena, lentamente, aspettando che lui mi richiami indietro. Cammino avanti fischiettando.
“No, aspetta” si arrende controvoglia il nano. Sbuffa. “Thorin non ti insegnerebbe mai, è ancora più maschilista di me.” Mi fa un seccato cenno con la mano. “Torna qua.”
Torno da lui quasi saltellando. “Allora,” comincio avvicinandomi al barile sopra al quale Dwalin ha appoggiato la sua seconda ascia, “cosa facciamo per prima? Gli attacchi? Le parate? Le… ohi!” Non appena ho preso in mano l’arma, essa mi ha trascinata a terra. Pesa un casino!
Il forte e muscoloso guerriero fa no con il capo, tenendo le braccia conserte. “La vedo dura, con quegli stuzzicadenti che hai per braccia.”
 
C’è un sacco di gente in mezzo alla strada: giornalisti, poliziotti e persone spaventate e preoccupate che mormorano fra di loro, guardando una scena che io non riesco a vedere, per via della folla.
Ho un brutto presentimento, di quelli che ho ormai da giorni. Mi alzo sulle punte cercando di vedere qualcosa, ma è impossibile: sono troppo bassa e ci sono veramente troppe persone. Allora comincio a correre, pregando dentro di me che non sia come temo.
Per quanto mi sforzi di andare veloce, le mie gambe procedono al rallentatore e le voci le sento sempre più lontane.
“Permesso!” grido una volta che mi trovo più vicina alla folla.
Nessuno si sposta, stanno tutti parlando l’uno sopra l’altro.
“Permesso!” li supplico quasi con le lacrime agli occhi. Dal nervosismo mi fa male lo stomaco e i brutti pensieri non hanno abbandonato la mia mente neanche per un attimo. Il suono della sirena dell’ambulanza non mi aiuta a stare meglio.
Il colpo di grazia arriva nel momento in cui la gente si sposta facendomi vedere una visuale da incubo: i miei genitori e mia sorella, ricoperti di sangue, a terra.
Un incidente stradale.
Mi metto le mani davanti alla bocca e spalanco gli occhi dall’orrore e dallo stupore. Era da un po’ di tempo che mi sentivo che sarebbe successo qualcosa di orribile, ma non pensavo che le mie paure fossero fondate.
Comincio a vedere tutto sfocato a causa delle lacrime, mi manca il respiro e sento che potrei cadere a terra da un momento all’altro.
I medici mettono le persone a me care su delle barelle e le portano dentro i camion dell’ambulanza. Mi avvicino a quelle persone, per essere rassicurata, per sentirmi dire che se la caveranno, ma nessuno mi degna di uno sguardo. Chiamo a gran voce mia mamma, mio papà e mia sorella, ma loro non possono sentirmi.
La mia vista è sempre più confusa e loro sono sempre più lontani, lontani da me.
 
Apro velocemente gli occhi e, il buio assoluto che ho intorno, non mi calma. Il mio cuore batte all’impazzata e sono tutta sudata. Ho paura.
Sono morta? Mi trovo a casa mia? L’incidente c’è stato per davvero? Oppure la mia famiglia è viva e vegeta ed io sto dormendo sul mio letto?
Mi siedo cercando di calmarmi e di mettere la testa a posto. No, non sono a casa e tutto questo non è un sogno, sta durando troppo per esserlo.
I miei occhi sono bagnati, mi sono svegliata piangendo: al solo pensiero di non rivedere mai più i miei cari, mi sento male. Non posso vivere senza poter riabbracciare mia mamma, senza poter leggere a mio papà le mie storie e senza ascoltare le scempiaggini che dice mia sorella.
Credo che manchino molte ore all’alba e rimettermi a dormire è impossibile, non con tutta questa oscurità intorno a me e, soprattutto, non dopo l’incubo che ho fatto. Mi viene da piangere e il mio cuore sta ancora battendo forte dentro di me. Non sto così solo per quello che ho sognato stanotte, bensì anche per la confusione che ho in testa. Sono stufa di farmi sempre le stesse domande e ho paura.
Magari ci fosse Gandalf! Ma lo stregone non c’è e, tra tutte le persone che si trovano con me in questo momento, solo una riuscirebbe a farmi tornare su di morale e a darmi delle risposte.
Scendo dal letto senza esitare ed esco velocemente dalla camera, andando a sbattere da qualche parte ogni secondo. La mia destinazione è la stanza di Thorin.
Tenendo una candela in mano, cerco di raggiungere il più rapidamente possibile la camera del nano. Ho paura del buio e, stanotte, l’oscurità è ancora più oscura, se si può dire.
Non mi preoccupo se sveglierò Thorin, se lo disturberò o se lo farò arrabbiare, mi sono tenuta tutto dentro per tanto, troppo tempo. Dunque apro la porta della sua stanza senza troppi complimenti. La camera del principe nanico è più illuminata della mia, poiché vi entrano i raggi lunari.
Thorin Scudodiquercia sta dormendo sul suo letto tenendo la bocca socchiusa, russando appena. Mi consolo un po’ nel vederlo così, sembra un bambino.
Devo ammettere che mi dispiace un pochino svegliarlo, sicuramente è da tanto che non ha un sonno così pesante. Malgrado ciò, ho ancora intenzione di parlargli, perché quell’incubo orrendo non ne vuole sapere di andarsene dalla mia testa e ho sempre più timore di scoprire come ci sono finita qui.
Tocco una spalla al nano. “Thorin” lo chiamo piano, ma lui non si muove e continua a dormire profondamente. Lo scuoto con più decisione. “Thorin” dico a voce più alta, senza gridare.
Egli fa un verso infastidito con la bocca e si mette a pancia all’aria. “Glenys?” mi chiede sbadigliando, tenendo ancora gli occhi chiusi.
Dalla voce non sembra che la mia presenza gli rechi fastidio. Infatti poco dopo si volta verso di me, perplesso, non arrabbiato. “Glenys, nel nome di Durin, cosa succede? Cosa ti porta nella mia camera a quest’ora della notte?” Nel suo viso ho notato anche qualcos’altro, che sia preoccupazione?
“Scusa se ti ho disturbato, ma ho fatto un brutto sogno che ha destato in me preoccupazioni che mi tengo dentro da quando ho iniziato questo viaggio.”
“Sdraiati accanto a me e raccontami tutto.” Il nano mi fa posto sul letto, sotto alle coperte. Si mette seduto, facendomi notare che è a petto nudo.
Per un attimo rimango incantata a fissare quei pettorali perfetti ricoperti da una folta peluria nera. Però sono troppo triste e spaventata a morte per fare pensieri poco casti sul fisico possente di Thorin Scudodiquercia; in un momento normale gli sarei indubbiamente saltata addosso, poiché è impossibile resistere al suo fascino e io lo so bene, avendolo visto un’altra volta senza maglia, a Gran Burrone. In quel momento avevo pensato di avere la febbre.
“Ti prego solo di credere a quello che ti racconterò, non sono pazza e giuro sulla mia stessa vita e su quella di qualsiasi altro membro della Compagnia che non sto mentendo o delirando, sono sicura al cento per cento di quello che sto per dirti” puntualizzo prima di arrivare al dunque. La mia paura non è soltanto che i miei amici non possano aiutarmi, temo anche che non mi credano o che pensino che sia diventata matta.
Thorin mi pare sempre più pensieroso e allarmato. “Ma certo, giuro che crederò ad ogni parola che mi dirai, basta che ti sbrighi, non mi piacciono tutti questi giri di parole.” I suoi grandi occhi dimostrano l’angoscia che gli ho attribuito. Adoro quando fa quest’espressione da cagnolino triste.
Guardo le coperte, come se esse potessero suggerirmi le parole giuste. Non so neanche da dove cominciare, è un discorso difficile da fare e temo che lui non capirebbe. Sembrerò pazza perché, nonostante la gravità della situazione, l’idea di parlare del mio risveglio nella Terra di Mezzo mi fa ridere.
Alla fine, senza levare gli occhi dal letto, inizio a confidarmi: “Allora, ti ricordi quando ti ho detto che vivo nei boschi e che i miei genitori mi hanno abbandonata quand’ero piccola?”
Fa un verso che vuol dire: sì, arriva al dunque.
“Ecco, non era vero” dico tutto d’un fiato. Prima che possa pensare il peggio e magari darmi anche della bugiarda traditrice, riprendo a raccontare: “I miei genitori non mi hanno abbandonata e mi vogliono un mondo di bene, esattamente come io ne voglio a loro e…” Trattengo una risata, “ti sembrerà assurdo ma io non sono neanche di questo mondo.”
Thorin non dice niente e mi volto un attimo a guardarlo, successivamente levo subito lo sguardo dalla sua faccia confusa e sbalordita, se no mi metterei a ridere e penserebbe che lo stia prendendo in giro. “Vengo da un pianeta che si chiama Terra e tu e gli altri siete tutti personaggi di un libro. Il libro si chiama Lo Hobbit e narra di questo piccolo abitante di campagna che si ritrova coinvolto in un’avventura, questa avventura. Deve aiutarvi a riprendervi la Montagna Solitaria, per questo so cosa accadrà dopo, perché l’ho letto.” Ho fatto molta fatica a pronunciare queste parole e spero che non abbia notato il sorrisino che ho avuto sulle labbra per tutto il tempo, altrimenti penserebbe sul serio che mi stia prendendo gioco di lui.
Non so se prendere il silenzio del nano come un buon segno.
“Ma non ho finito,” riprendo incupendomi, “quando mi sono risvegliata su quel prato, ero quasi convinta di stare sognando, ma presto mi sono ricreduta perché questo suddetto sogno sta durando troppo. E poi io capisco quando sto sognando o meno e sono certa che tutto questo stia succedendo veramente. Mi sento confusa, non so come ci sia finita in questo libro, come non so se la mia vita di un tempo fosse stata reale o soltanto un’illusione.” Adesso non mi viene più da ridere, tutto il contrario: vorrei piangere. “Io sono felice con voi, ma mi manca la mia famiglia e tu non hai idea di quanto mi senta confusa e disperata. Ho paura, a volte penso di essere morta e di trovarmi in Paradiso.”
Thorin sospira. “Glenys…”
“Ecco, a questo proposito, Glenys non è neanche il mio vero nome” lo interrompo sentendo i miei occhi farsi sempre più lucidi. “Il mio vero nome è Lucrezia, volevo soltanto chiamarmi come si chiamerebbe qualsiasi abitante della Terra di Mezzo.
Non essere arrabbiato con me, ti prego, e non pensare che sia una spia o una traditrice che si è astutamente infilata nel vostro gruppo. Sono semplicemente una ragazzina smarrita che si è risvegliata in un libro e che non ha la più pallida idea di cosa le stia succedendo” parlo velocemente, trattenendo con forza le lacrime. Odio piangere davanti alle persone.
“Glenys, io non penso assolutamente che tu sia una traditrice o una spia, come non penso che tu sia impazzita. Ammetto che sei piuttosto stravagante e sei sempre stata un mistero per me. Intendo aiutarti ” mi calma dolcemente lui, accarezzandomi una spalla.
Tuttavia il suo tocco e il suo tono gentile non mi aiutano a sentirmi meglio, anzi.
“Stanotte ho fatto un brutto sogno, ho sognato che i miei genitori erano morti in un incidente stradale e mi sono svegliata tutta sudata e tremante. Non riesco più a prendere sonno e ti chiedo scusa se ti ho svegliato, ma sentivo il disperato bisogno di confidarmi, mi sono tenuta tutto dentro per troppo tempo e tu non hai idea della confusione che c’è nella mia testa. Ho paura e non so cosa mi stia succedendo…” La mia voce si è fatta sempre più tremante, alla fine sono stata costretta a fermarmi perché le lacrime sono state più forti di me.
Sto piangendo come non ho pianto da tempo, mentre Thorin mi accarezza la schiena e poi mi stringe sul suo petto. Anche quando mi trovo a contatto con quella peluria scura come la notte e sono circondata dalle braccia forti e muscolose del nano, continuo a singhiozzare, sentendo la testa scoppiarmi.
Qualche volta lui mi bacia il capo e sussurra parole di conforto.
Sto faticando a respirare e non ce la faccio a calmarmi, i singhiozzi non finiscono più. Tutto quello che mi portavo dentro da giorni è esploso all’improvviso ed è stato difficile parlarne senza lasciarmi andare ad un pianto disperato.
Mentre piango, odo la porta cigolare. È entrato qualcuno.
“Cosa succede?” Questa è la voce di Bilbo.
Mi sento un po’ meglio, avrei bisogno di parlare anche con lui, infatti, dopo l’incubo, in un primo momento avevo pensato di confidarmi con lo hobbit.
“Glenys, che cos’hai? Perché stai piangendo?” mi domanda intimorito, posando la sua manina sulla mia schiena.
Lascio Thorin e mi stringo al signor Baggins, il quale mi circonda con le sue braccia.
 
Bilbo è sceso al piano di sotto e mi ha preparato una tisana, per calmarmi. Dopo averla bevuta mi sento meglio, ho smesso di piangere e di tremare.
Ho raccontato allo hobbit la stessa e identica cosa che ho detto a Thorin ed è inutile dire che è rimasto di princisbecco udendo la mia storia.
“Scusa se ti ho svegliato, ma non sono proprio riuscita a controllarmi” mi scuso con lui, mortificata.
Bilbo Baggins scuote il capo. “No no, figurati, tanto non riuscivo a prendere sonno…” Detto questo mette una mano nella tasca dei pantaloni. Posso solo immaginare cosa stia tastando.
Thorin ha una mano sulla fronte e non ha aperto bocca per tutto questo tempo. “Glenys,” dice all’improvviso, facendo voltare me e lo hobbit verso di lui, “non penso che tu abbia mentito, saresti una grandissima attrice, visto che mi sembravi molto sbigottita e spaventata, ma devi capire che per noi è difficile dare ascolto alle tue parole. Ci hai praticamente detto che siamo dei personaggi di un libro e che forse ci troviamo nel tuo sogno.”
Come immaginavo… in effetti anch’io sarei piuttosto scettica se qualcuno mi dicesse che sono il frutto della sua immaginazione o che faccio parte di un libro fantasy.
Anche Bilbo non ha l’aria di credere in tutto e per tutto alle mie parole.
“Lo so e non pretendo che mi crediate, non ho confessato prima appunto perché ero certa che sareste rimasti basiti. La mia idea era aspettare Gandalf e chiedere consiglio a lui.”
I miei amici annuiscono insieme.
“Balin forse potrebbe aiutarti” riflette Thorin.
Lo guardo speranzosa. Stranamente a lui non ci avevo neanche pensato, è un nano molto saggio.
“Mi ricordo che una volta, quand’ero piccolo, mi aveva detto che esiste una leggenda secondo la quale, gli scrittori, siano capaci di creare nuovi mondi e che solo chi riesce a comprendere fino in fondo i personaggi e ad immedesimarsi nel contesto proposto può entrare nel libro” mi spiega l’erede al trono della Montagna Solitaria.
Tutto questo ha un senso e spiegherebbe tutto. Onestamente non mi dispiacerebbe se le cose stessero così, almeno avrei la certezza che sono viva e vegeta. Un dubbio all’improvviso balena nella mia mente. “E come si fa a ritornare a casa?”
“Questo dettaglio non me lo ricordo e non sono neanche sicuro che Balin me l’abbia detto.” Thorin la smette di camminare su e giù per la camera da letto e alza lo sguardo dal pavimento. “In ogni caso questa è solo una leggenda, non bisogna mai dare troppo peso ai racconti.”
Ho deciso: domani parlerò con Balin, gli chiederò se c’è un pizzico di verità in quella leggenda.
Il mio cuore si è alleggerito e ho scordato per un po’ l’incubo. Spero che le cose stiano come nel racconto del nano dalla lunga barba canuta e che ci sia un modo per tornare dalla mia famiglia. A questo penso mentre sbadiglio rumorosamente.
Thorin Scudodiquercia mi guarda intenerito. “Credo che sia meglio che tu vada a dormire, ora, mi sembri piuttosto stanca.”
È vero, sto per addormentarmi in piedi dal sonno, tuttavia non voglio andare a dormire, non nella mia camera, da sola.
Il bel nano deve aver interpretato i miei pensieri, poiché dice: “Per questa volta ti do il permesso di dormire con me, ma non abituartici troppo.”
Salto entusiasta sul suo letto, con il sorriso sulle labbra. Invito anche Bilbo a sdraiarsi accanto a me.
Egli sembra titubante, credo di avergli posto una domanda inopportuna, visto che trova indubbiamente poco decoroso dormire nello stesso letto di una ragazzina e, per giunta, di un re! Ma alla fine si mette accanto a me, poiché Thorin gli ha detto che non c’è nessun problema e che mi sarei sentita meglio se ci fosse stato anche lo hobbit nel letto.
“Speriamo soltanto che gli altri non pensino che ci siamo dati alla pazza gioia stanotte” scherza il nano, facendomi ridacchiare, mentre Bilbo arrossisce violentemente.
Mi addormento insieme a Thorin e al signor Baggins e, per un attimo, si sveglia in me il mio lato Bagginshield, facendomi immaginare che il nano e lo hobbit siano i miei genitori adottivi mentre io sono il piccolo Frodo.
Tutta colpa delle fan art!

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Capitolo 19
*** Like Cinderella ***


Rotolo dall’altra parte facendo un verso simile al miagolio di un gatto, svegliata dalla luce del giorno. Spero di trovare Thorin accanto a me e rimango delusa quando prendo atto della sua assenza.
La parte del letto in cui dormiva il capo della Compagnia è tutta stropicciata e le lenzuola sono abbassate. Il copriletto ha ancora il suo odore, odore di tabacco e di uomo. Lo inspiro a pieni polmoni, sentendo la sua mancanza.
Stamattina mi sento bene: le parole di Thorin mi hanno tranquillizzata e non vedo l’ora di parlare con Balin, in qualche modo quel vecchietto riesce sempre a tirarmi su di morale. Non ho avuto altri incubi, anzi, non ho sognato proprio un bel niente, eppure ieri notte, prima di addormentarmi, temevo di rivedere quella visuale mostruosa. Fortunatamente non è andata così.
Mi volto verso Bilbo e noto con un certo dispiacere che sta ancora dormendo. Avrei voglia di chiacchierare con lui, ma sarei una stronza se lo svegliassi, così prendo la saggia decisione di lavarmi, vestirmi e di andare a fracassare i cosiddetti a qualcun altro, presumibilmente sveglio.
Inutile dire che ci rimango di merdor quando vedo le porte delle camere dei nani tutte chiuse. Dalla loro stanza non proviene un solo suono, stanno dormendo anche loro. Ma come fanno ad avere un sonno così pesante? Saranno le nove e qualcosa di mattina! O forse sono io che notoriamente mi sveglio sempre troppo presto?
Vabbè, tanto vale andare al piano di sotto sperando che ci sia Thorin. Finalmente Eru ha ascoltato le mie preghiere, infatti trovo Scudodiquercia intento a fumare la consueta pipa davanti alla finestra aperta.
“Ciao!” lo saluto con la mia solita voce squillante e perennemente infantile.
Egli, non appena mi vede, sorride appena. Ha gli occhi stanchi e il suo è un sorriso triste. Avevo ragione: più ci avviciniamo alla Montagna, più è preoccupato e ansioso. “Buongiorno Glenys” mi dice fiocamente.
Quando mi trovo davanti a lui, Thorin mi accarezza piano una guancia, il volto sempre rilassato in quello splendido sorrisino che tanto amo. “Come stai oggi?”
“Oggi bene, non ho più avuto incubi.”
“Ottimo.”
“Quando Balin si sveglierà gli parlerò di quella cosa.”
“Molto bene.” Thorin china il capo in segno di assenso, dopodiché tossisce con la mano davanti alla bocca e mi guarda con uno sguardo scherzosamente severo. “Comunque, sai chi sono le tre fanciulle che hai insultato il giorno precedente a questo?”
La sua voce e il suo modo elegante di parlare impediscono al mio sangue di salirmi fino alla testa al solo sentir nominare quelle gallinelle.
Il nano non mi dà il tempo per rispondere. “Sono le figlie del fratello del Governatore.”
Le figlie del fratello del Governatore… mi prendo un attimo per ragionare e mi basta poco tempo per capire che il Governatore di Pontelagolungo sia lo zio delle tre oche. Sgrano gli occhi, questo significa che potrei essere in guai seri. “Ohi ohi…” Questi stupidi versi sono le uniche cose che riesco a dire in questo momento.
Thorin Scudodiquercia mi guarda rigidamente. “Ohi ohi sì.” Naturalmente non mi consola dicendomi che non fa niente e che non è la fine del mondo se ho chiamato cesse le nipoti del Governatore che deve finanziare la nostra impresa. “Il Governatore ha bussato alla nostra porta alle quattro per scusarsi del comportamento delle sue nipotine, e ovviamente io gli ho posto le mie scuse per quanto riguarda il tuo comportamento.” Mi guarda con occhi duri.
Non so cosa pensare, il signore della città sul lago sembra non avercela con me, visto che ha giustamente chiesto scusa per il comportamento delle figlie di suo fratello, però Thorin mi sta sgridando.
“In ogni caso il signore di Pontelagolungo non è venuto a farmi visita solo per questo.”
Ora sono curiosa e anche un po’ preoccupata: dovremo partire presto? Oppure Thorin non vuole che io vada con loro?
“Domani partiremo per la Montagna Solitaria, rimarremo in questa casa solo per pranzare, poi leveremo le tende.”
Aiuto aiuto. Sta a vedere che vuole veramente lasciarmi qui.
“Ergo questa sera si terrà un ballo in una delle vastissime sale del palazzo del Governatore. Un ballo in nostro onore.” Si concede una solenne pausa, dopodiché riprende il discorso: “Ebbene siamo stati invitati a questo ballo e ci terrei che tu indossassi l’abito che ti ho comprato, ti sta veramente molto bene.”
Il modo dolce in cui mi sta guardando mi ha fatto diventare le gote rosse. Mi fa piacere che apprezzi il mio aspetto, credo proprio che indosserò quell’abito, se gli piace così tanto vederlo indosso a me.
“Nel caso non fosse di tuo completo gradimento, per me non sarebbe un problema acquistarti un altro vestito.”
Sta scherzando?! Non gli farei mai e poi mai spendere soldi per dei vestiti! E poi quell’abito verde mi piace, per me non è un problema indossarlo una seconda volta; non me ne frega niente se le pettegole della città mi guarderanno sorto e si bisbiglieranno all’orecchio: “Guarda, quella plebea indossa lo stesso vestito dell’altra volta! Non l’ha cambiato! Orrore!” Almeno nella Terra di Mezzo non c’è il rischio che spuntino Enzo e Carla da un momento all’altro e che mi facciano la paternale per il mio modo di vestire.
Così tranquillizzo Thorin dicendogli che indosserò volentieri il suo regalo. Successivamente gli domando: “Comunque ti è piaciuto lo spettacolo che abbiamo fatto?”
Non mi aveva dato un vero e proprio parere, aveva riso e basta quella sera.
“Certamente” risponde piano. “Sei molto brava.” Mi guarda con affetto, come se fossi sua figlia, la sua sorellina o… sua moglie. Il colpo di grazia arriva quando mi bacia nuovamente la mano, senza levarmi quei dolcissimi occhi di dosso.
Sento che potrei esplodere da un momento all’altro. Se prima avevo freddo per via della bassa temperatura che c’è in questo posto, adesso credo di avere la febbre.
Quel maledetto, credendo che tutto ciò non sia abbastanza, mi dà una leggera e affettuosa pacca sul sedere. “Su, avanti, va’ a svegliare quegli sfaticati dei miei uomini.”
Avanzo sentendomi le gambe sempre più deboli, mentre le farfalle mi svolazzano nello stomaco.
“Lo chiedo a te visto che sono fiducioso nella tua capacità di svegliare le persone” scherza.
In effetti ho un talento innato per quanto riguarda far saltare la gente dal letto, mia sorella ne sa qualcosa. Il nano può contare su di me.
Thorin si mette a ridere non appena corro in cucina e mi munisco di un mestolo e di due pentole. Una me la metto in testa e mi precipito al piano di sopra, non vedo l’ora di far prendere un colpo a tutti quanti.
Quand’ero piccola mia sorella la svegliavo con una campanella rumorosissima che avevo rubato a mia nonna, oppure sbattendo i coperchi delle scatole dei biscotti come se fossi stata la scimmia dell’ultimo film di Toy Story. Ma battere il mestolo su una pentola fa più effetto, a mio parere.
“SVEGLIA SVEGLIA, BELLE ADDORMENTATE! MUOVERSI! MUOVERSI! GRANDE CAPO VOLERE VOI IN PIEDI!” grido a gran voce entrando in tutte le camere dei nani, pronunciando le ultime parole con un accento russo.
L’unico che si è salvato da questa tortura è Bilbo, poiché lui si era appena svegliato quando io ero andata a rompere le scatole ai nani. In ogni caso lui non l’avrei svegliato in questo modo lo stesso, visto che ieri notte è stato così gentile venendo a consolarmi.
Esattamente come mi aspettavo, i membri della Compagnia di Thorin Scudodiquercia si sono lamentati, ma non hanno osato aggiungere una sola parola non appena si sono ritrovati davanti l’erede al trono di Erebor. Del resto è stato proprio lui a ordinarmi di destare quei dormiglioni.
Il mio principe azzurro mi mette una mano sulla spalla. “Ottimo lavoro, ti assumerò come gallo per destare i miei uomini” si congratula scherzosamente con me, facendomi ridere. È una gioia per me vederlo finalmente più rilassato e divertente, ed è una gioia ancora più immensa la consapevolezza che è così felice grazie a me.
Thorin informa i suoi amici del ballo, pregandoli di comportarsi bene e di vestirsi in modo elegante. Con un sorriso gentile aggiunge: “Nel caso voleste invitare qualche bella signorina a ballare non ci sarebbe nulla di male.” La sua espressione si indurisce ancora una volta. “Fate quello che volete, basta che vi comportiate da persone adulte e responsabili.”
Kili porge la mano a Dwalin, ghignando. “Ehi, bellezza, mi concederebbe il piacere di questo ballo?”
Tutti noi ci mettiamo a ridere, mentre il guerriero pelato tira una per la testa al nano più giovane.
Dopo l’annuncio del leader, io e i miei amici ci avviamo verso l’uscita, per stare un po’ sul ponte e prendere un po’ d’aria, ma Lui mi ferma gentilmente con il braccio.
Mi avrebbe fatto piacere passare un po’ di tempo all’aperto con lo hobbit e con i nani, ma stare ancora una volta da sola con quel gran pezzo di nano mi sembra un’alternativa più allettante.
“Vorrei chiederti l’onore di essere il tuo cavaliere per il ballo, visto che abbiamo già avuto modo di danzare insieme” mi dice con un sorriso irresistibile dipinto in faccia. Credo che chiunque, elfa, nana o hobbit non riuscirebbe a resistere a quell’espressione, persino Thranduil gli risponderebbe di sì! Non riesco a trattenere una risata all’idea del re degli elfi silvani che balla con il nano, vestito con una lunga tunica azzurra con i brillantini, l’estesa chioma bionda raccolta in uno chignon stile Cenerentola.
Thorin non smette di sorridermi e sembra confuso per via della mia risata. “Cosa c’è? Perché ridi?” Dalla sua voce tremante deduco che anche lui stia per scoppiare, a quanto pare la mia risata è contagiosa.
“Scusa, stavo pensando a una cosa divertente” rispondo cercando di riprendermi. “Comunque per me sarebbe un onore essere la vostra dama per il ballo, mio signore.” Dopo che il breve attacco di ilarità è passato, faccio finta di avere una gonna e mi inchino.
Egli mi guarda addolcito ed io sto contando i minuti. Non vedo l’ora che arrivi stasera!
 
La giornata sta passando troppo lentamente per i miei gusti. Sono sempre così quando devo andare da qualche parte e sono entusiasta: chiedo ogni cinque secondi quando è ora di uscire, mi muovo di continuo, saltello in giro per casa, parlo stupidaggini e rompo le scatole alla prima persona che mi capita davanti.
La vittima dei miei scherzi è, naturalmente, Dwalin. Ciò non toglie però che io non possa torturare anche gli altri membri della Compagnia, infatti non faccio altro che chiedere loro: “Vi ho mai raccontato di quella volta che ho trovato un mammuth* lanoso dorato?”
La prima volta che l’ho chiesto si sono dimostrati tutti molto curiosi, ma ovviamente non ho mai trovato nulla di simile, volevo solo citare la frase del kender di Dragonlance. Dopo l’ennesima volta che ho posto questa domanda, si sono tutti stancati, così cambio il quesito: “Conoscete la storia del mezz’orco che chiede la strada al nano?”
“Se la sai raccontacela, se no chiudi un po’ quel becco” si arrabbia Dwalin.
Sospiro. “In realtà non l’ho mai saputa…” Rialzo il viso e faccio finta che mi sia appena tornata in mente una cosa. “Ah! Adesso mi ricordo!”
I miei amici si voltano curiosi e speranzosi verso di me.
“Vi ho mai raccontato di quella volta che ho trovato un mammuth lanoso dorato?”
 
Come è il mio solito fare quando devo andare da qualche parte, mi sono preparata troppo presto e ci ho messo cinque secondi. Sono già pronta, mentre mi tocca aspettare tre ore prima che quelle checche dei nani si preparino! Sto sbuffando di continuo e sto esasperando Thorin con tutti i miei: “Quando andiamo? Quando andiamo? Quando andiamo?”
Il mio principe è ancora più bello quando è pettinato e quando indossa gli abiti che gli hanno regalato a Pontelagolungo, quelli che aveva nella Desolazione di Smaug.
Io, come promesso, mi sono messa il vestito verde che mi ha comprato Thorin e mi sono pure legata i capelli, lasciando però i ricci in bella mostra. Il bel nano mi ha colmata di complimenti quando mi ha vista scendere dalle scale sistemata in questo modo.
 
Non appena metto piede fuori casa, vengo assalita da una raffica di vento, il quale mi penetra nelle ossa come mille frecce affilate. Stringo le braccia intorno a me, poiché questo vestito non è tra i più pesanti.
Thorin dev’essersi accorto che sto tremando, infatti mi mette il suo mantello sulle spalle, senza troppi complimenti.
C’è una barca ad attenderci sul lago, insieme a due barcaioli. Scudodiquercia decide di salire prima lui per aiutarmi a montare sulla traballante imbarcazione. Gli do la mano e sto attenta a non cadere in acqua, quando mi investe un’altra folata di vento e incurvo la schiena verso l’indietro. Per fortuna che c’è lui a tenermi per mano, se no sarei caduta nel lago, in compenso mi è scivolata via la scarpa e il vento la sta portando chissà dove.
“La mia scarpa!” esclamo guardando sconcertata la ballerina verde che galleggia sull’acqua.
I nani se la stanno ridendo della grossa e anch’io in verità, anche se mi domando come farò a stare alla festa con una scarpa sola. Questa serata è già iniziata male.
Potrei mettermi gli stivaletti che ho sempre, ma Thorin non vuole perché dice che non si intonano con il vestito e che perderemmo tempo se dovessi appena tornare a casa e cambiarmi. Così ha preso la decisione di andarmi a prendere la scarpa, nel frattempo noi andremo alla festa e diremo al Governatore che il signor Scudodiquercia ha avuto un contrattempo e che arriverà più tardi. Spero che si sbrighi, odio stare senza di lui e non vedo l’ora di ballare con il mio principino.
I miei amici, mentre la barca si avvicina sempre di più alla destinazione, non fanno altro che ridere per la bellissima figura che ho fatto. In effetti è esilarante e anch’io ci rido sopra.
 
La sala da ballo è gigantesca, penso che sia addirittura la stanza più grande del palazzo, anche se non le ho viste tutte.
Non appena io e i miei amici mettiamo piede nella sala, tutti si voltano a guardarci. La gente fissa i nani con ammirazione e gratitudine, poiché loro garantiranno il ritorno dei giorni in cui Pontelagolungo era il centro del grande commercio del Nord.
Le donne adulte mi guardano intenerite, sento che parlano bene dei miei capelli, mentre le ragazze più giovani mi squadrano con superiorità. Sto già perdendo la pazienza e sento le difese che avevo eretto crollare non appena vedo le tre ochette sedute a tavola che mi fissano con un’aria di scherno.
Bilbo mette una mano sulla mia spalla, deve aver notato che sto per scattare. “Ricorda, Glenys: la migliore arma è l’indifferenza” mi sussurra.
Cercherò di mantenere il controllo, lo farò per lui.
Il Governatore si avvicina a noi tenendo un bicchiere di vino in mano. Sta sorridendo a trentadue denti. “Oh! Ecco i nostri eroi!” esclama allegramente, subito dopo ci guarda perplesso. “Ma dov’è il grande Thorin figlio di Thrain, figlio di Thror?”
A questa domanda io e Fili e Kili ci guardiamo e ci mordiamo le labbra per non scoppiare a ridere in faccia a questa persona importante.
Balin gli spiega che ha avuto un contrattempo e che arriverà a momenti.
Il signore della città del lago, dopo avermi chiesto nuovamente scusa per il comportamento delle sue nipotine, ci scorta a conoscere delle persone di riguardo della città.
Sono già stufa di sorridere forzata e di cercare di essere educata e signorile, spero che Thorin arrivi presto, voglio ballare con lui, mi sto annoiando ed è difficile nascondere il fatto di stare indossando una scarpa sola. Quando cammino zoppico e ho notato che le nipoti del Governatore hanno riso di me, probabilmente è per questo.
Proprio quando sento di non farcela più e di stare morendo dalla noia, ecco che il grande Thorin Scudodiquercia entra nella sala adornata con colonne e lampadari che emettono una luce dorata, come il resto della stanza, a parte il pavimento che è marrone, essendo fatto di legno.
Il nobile nano indossa una camicia bianca, sopra alla quale si trova una tunica blu con dettagli in argento. Stretta intorno alla tunica c’è la cintura che gli ha dato il Governatore. In basso Thorin indossa dei pantaloni neri, stretti, mentre ai piedi calza degli stivali di pelle dello stesso colore delle brache.
Gli uomini, non appena ha messo piede qui dentro, lo hanno guardato ammirati, le donne invece lo stanno mangiando con gli occhi.
Mi riprendo dal fascino che emana il mio amore non appena mi accorgo della ballerina verde che tiene in mano. Adesso rischio di scoppiare a ridere facendo una figura ben poco decorosa.
Thorin sta meglio vestito così, sembra veramente un principe delle favole. Da vicino, ora che lo vedo meglio, è ancora più affascinante, si è rifatto le trecce e ha tirato i capelli indietro con cura.
Lo sto guardando quasi a bocca aperta e devo sembrare un’ebete.
Egli mi sorride divertito e mi fa cenno di seguirlo fuori dalla sala. Mi porge il braccio e ci incamminiamo verso il corridoio, lì dove c’è uno sgabello.
Mi siedo e lui si inginocchia dinanzi a me.
So cosa sta per fare e non posso fare a meno di pensare di trovarmi in una favola.
Thorin mi afferra la caviglia e mi infila delicatamente la scarpa, come nel cartone animato Cenerentola.
Ho fatto fatica a trattenere un sospiro mentre mi metteva la ballerina e il mio cuore batte più forte del solito. Sto sudando dal caldo, nonostante l’innegabile freddo che c’è questa sera, ma lui mi eccita come non mi ha mai eccitato nessuno in vita mia e ora ho la certezza di essere veramente innamorata di lui. Ho tutti i sintomi: farfalle nello stomaco, felicità immotivata, distrazione, rossore, caldo e compagnia bella.
Dopo avermi messo la scarpa, il nano mi ha fatto l’occhiolino. Che bastardo! Spero per lui di non avere un odore terribile con tutti i litri di sudore che sto versando a causa sua!
“Stai ancora meglio vestito così, hai fatto bene a cambiarti” gli dico mentre lui mi dà la mano per aiutarmi ad alzarmi.
“Sì, soprattutto dopo essere caduto in acqua cercando di recuperati la scarpa.” Mi guarda come se volesse rimproverarmi con gli occhi, ma per scherzo, non è arrabbiato veramente.
Ridacchio.
“Ero tutto bagnato e per di più pieno di alghe, dopo essere uscito dall’acqua” mi racconta mentre mi riaccompagna nella sala da ballo.
Scoppio a ridere all’idea di un Thorin bagnato come un pulcino con le alghe infilate nei capelli. Sicuramente sarebbe bello lo stesso anche in quelle condizioni.
Non appena ho riso, le nipoti del Governatore mi hanno guardata male e si sono parlate nell’orecchio.
Le fisso con cattiveria, come se volessi farle notare che sono io a stare a braccetto con Thorin, non loro.
I nani, tanto per cambiare, ci stanno scrutando tutto il tempo e ridacchiano fra loro. Ma, dico io, non hanno niente di meglio da fare? Ci sono un sacco di belle donne a questa festa, non potrebbero invitare una di loro a ballare? Devono per forza rompere le palle a noi?
Mentre procedo con Thorin per questa immensa stanza mi accorgo di alcuni uomini che mi fissano, certi mi fanno anche l’occhiolino. Distolgo lo sguardo, disgustata, avranno almeno una ventina di anni più di me.
Effettivamente, ora che ci penso, il vestito che indosso lascia poco all’immaginazione, poiché è stretto e scollato davanti, il mio seno è in bella vista.
Uno di quei pervertiti si alza e chiede al mio nano il permesso per ballare con me. Spero con tutto il mio cuore che gli risponda di no, non voglio danzare con quel porco, mi fanno schifo i vecchiacci che guardano le ragazze più giovani.
“Desolato, ma la ragazza è un po’ timida e si sentirebbe a disagio ballando con un uomo che non conosce” gli risponde fermo Thorin, stringendomi a lui con fare possessivo.
Io timida? Suppongo che sia solo una scusa per non farmi finire tra le mani di quel malintenzionato, forse anche Scudodiquercia si è accorto di come mi stavano guardando certi uomini.
Per buona sorte quello schifoso non insiste e si allontana subito quando il nano gli indirizza un’occhiata ammonitrice.
Mi fa piacere che il capo dei nani mi protegga, mi fa sentire importante ai suoi occhi e mi rende sicura, io che ho paura persino della mia ombra.
“Perdonami se non ti ho lasciata ballare con lui, ma odio come ti stava fissando,” mi dice Thorin conducendomi avanti tenendo il braccio allungato, “certi uomini dovrebbero vergognarsi di guardare delle fanciulle molto più giovani di loro. Hanno un comportamento privo di onore.”
Su questo avrei qualcosa da ridire, visto che anche lui ha un bel po’ di anni più di me e spesso ha allungato le mani. Però quel nano, per quanto mi riguarda, può permettersi qualsiasi cosa, non è porco e rivoltante come quei tizi.
I musicisti iniziano a suonare una melodia lenta, dolce e romantica con l’arpa e con i flauti.
Thorin Scudodiquercia mi porge la mano con un inchino. “Signorina, mi concederebbe il piacere di questo ballo?” mi domanda con eleganza.
Questa frase, detta con la sua voce, manderebbe qualsiasi femmina in fibrillazione.
Naturalmente accetto e io e il mio uomo ci mettiamo nelle pose da lento: lui mi mette una mano sul fianco mentre io poso la mia sulla sua spalla. Faccio un passo indietro, però egli mi riprende subito, scuotendo la testa: “Te l’ho già detto che è l’uomo a condurre.”
E così iniziamo a danzare come se ci fossimo solo noi in questa sala, mescolandoci alle altre coppie. Con la coda dell’occhio vedo le oche che ci guardano dispiaciute.
Beccatevi questa, babbuine!
 
Angolino autrice:
 
*Non sono impazzita, mammut con l’H l’ho scritto apposta, poiché nel libro era scritto così, non riferendosi ai mammut che conosciamo noi.
Comunque ringrazio chi recensisce o chi semplicemente legge, vi avverto che forse non sarò più così veloce ad aggiornare perché devo studiare per un esame, ma non ci metterò troppo tempo, tranquilli :)
Un bacione!
Lucri

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Capitolo 20
*** Andando verso la Montagna... ***


Chiudo gli occhi e appoggio il viso sul petto ampio di Thorin. Qualche volta mi dà un bacio sui ricci, mentre continua a tenere la sua mano sul mio fianco e questa dolce musica va avanti all’infinito.
Potrei addormentarmi così, come la prima volta che abbiamo ballato insieme, tanto sono rilassata.
“Glenys…” mi chiama con voce flebile il nano, tenendo le labbra attaccate al mio orecchio, causandomi perdite da sotto e brividi su tutto il corpo. “Non addormentarti su di me, questa volta non ti porto in braccio.”
Levo la faccia dal suo corpo e, contemporaneamente, ci mettiamo a ridere. Il suo sorriso è la cosa più bella che abbia mai visto, gli illumina il volto e i suoi denti perfettamente dritti sono talmente bianchi che pare che illuminino lo spazio circostante.
Smetto di ridere non appena volto il capo alla mia destra, lì dove si trova un lungo tavolo ornato da un’elegante tovaglia bianca e da coppe d’argento. Sopra c’è del cibo e anche da bere. Sto morendo di sete, così chiedo al nano: “Posso bere un po’ d’acqua?”
“Ma certo” mi risponde sorridendo appena, poi mi accompagna al tavolo, ove siedono le nipoti del Governatore; mi stanno ancora guardando gialle d’invidia. Rivolgo loro un sorrisetto beffardo e spavaldo, della serie: Vi piacerebbe ballare con Thorin, eh?
Scudodiquercia mi versa un po’ d’acqua in una coppa, ne bevo un pochino.
“Perdonami, vado un attimo a vedere cosa stanno combinando Fili e Kili. Sarò subito da te” mi dice raucamente Thorin, dopodiché accenna un inchino con il capo e si allontana.
Lo guardo allontanarsi mentre bevo, immersa nei miei pensieri. Speriamo che ci sarà il tanto agognato bacio alla fine della festa, come coronamento di questa splendida serata.
I miei sogni ad occhi aperti sono destinati a finire bruscamente a causa di una delle nipoti del Governatore, visto che, appena mi è passata accanto, mi ha volutamente dato una spinta facendomi versare la coppa sul vestito.
Non m’importa niente se ho il corpetto bagnato, tanto è solo acqua, è il gesto che mi ha dato fastidio.
Quella decerebrata fa una faccia ironicamente mortificata, mentre le altre due sghignazzano come delle galline. “Oh, scusami! Non l’ho fatto apposta.”
Sto respirando a fondo, incavolata nera. Non m’importa niente di cosa farà o dirà Thorin, io non mi faccio trattare in questo modo. Così, senza pensare, afferro una coppa di vino. “Neanch’io.” Detto questo glielo verso in testa.
Le sue amiche hanno immediatamente smesso di ridere, mentre la mia vittima è rimasta stupefatta, vedendo le gocce rosse scivolarle sui capelli marroni.
Le persone che si trovano vicino a noi sono inorridite, soprattutto le donne. Probabilmente ho fatto la figura della ragazzaccia maleducata di turno, forse dopo me ne pentirò, ma come al solito non sono riuscita a trattenermi e non ho perso tempo a pensare alle conseguenze delle mie azioni.
I musicisti hanno smesso di suonare.
L’oca sta ancora cercando di assimilare quello che è appena successo, sicuramente è la cosa peggiore che le sia capitata in tutta la sua vita.
Il sorrisino vittorioso sparisce subito dal mio volto nel momento in cui vedo Thorin avanzare con passi pesanti verso di me. Ha l’aria di non essere molto felice. Improvvisamente ho paura di quello che potrebbe farmi e temo una pubblica umiliazione.
Non rimango stupita quando Scudodiquercia mi tira un sonoro schiaffo facendomi voltare la testa dall’altra parte.
La guancia mi brucia e mi viene da piangere, non per il dolore, bensì per l’orgoglio ferito e per la consapevolezza che Thorin è arrabbiato con me. Prima era così dolce, adesso invece potrebbe non rivolgermi più la parola per settimane.
Ok, io ho sbagliato, mi sono messa al livello di quelle tre e ho fatto fare una brutta figura al futuro Re sotto la Montagna, però è anche vero che lui sarebbe potuto essere più delicato e magari avrebbe potuto difendermi dalle nipoti del Governatore. Da che parte sta?
Prima di scoppiare a piangere davanti a tutti dimostrando pubblicamente la mia debolezza, mi affretto verso l’arcata che conduce al corridoio.
Thorin chiama il mio nome, tutto d’un tratto pentito del suo gesto, o almeno così appare a me.
Non mi volto e aumento la velocità dei miei passi.
Quando mi trovo fuori dalla sala, ammorbidisco la forza che stavo esercitando sulle mie lacrime. Mi asciugo un occhio con la lunga manica del vestito, senza smettere di camminare. Voglio prendere un po’ di aria fresca.
Thorin continua a chiamarmi, ormai mi ha raggiunta.
Vado più veloce, ma lui mi corre dietro e alla fine mi afferra un polso e mi costringe a guardarlo in faccia.
I suoi occhi sono dispiaciuti, ciò nonostante non ho intenzione di cedere alla sua espressione da cucciolo pentito.
“Ti ho fatto male?” Fa per toccarmi la guancia, ma io tiro un colpo al suo polso, abbassandogli la mano.
Egli sospira profondamente e ciò mi sorprende: mi aspettavo che mi avrebbe picchiata dopo un gesto simile. “Perdonami, Glenys.” Mi guarda negli occhi. “Riconosco che ho esagerato.”
Sono felice che mi abbia chiesto scusa, temevo che mi avrebbe tenuto il muso per molto tempo, però non cedo subito al suo fascino. Ho ancora voglia di stare con lui, ma non voglio che creda che con me basti solo dire mi dispiace per farsi perdonare tutto.
“Però tu dovresti imparare a controllarti.” Il suo tono diventa severo, come il suo sguardo. “Più ti dico di non farmi fare brutte figure più tu fai di testa tua!” grida voltandosi e dando un rumoroso pugno al muro.
Notevole il fatto che non si sia rotto le nocche, è più probabile che il muro abbia subito danni.
Quell’improvviso scatto di rabbia mi ha spaventata, così ho fatto un passo indietro.
Thorin Scudodiquercia rimane ancora un attimo con il pugno contro il muro, sta aspettando di calmarsi. Una volta raggiunto l’obiettivo, si gira nella mia direzione. I suoi lineamenti si sono rilassati, non credo che voglia ammazzarmi.
Quel nano sarà anche bello, affascinante e quant’altro, però bisogna riconoscere che fa paura quando si arrabbia. Questa non è la prima volta in cui mi lascia segni sul corpo: quando mi aveva spinta contro l’albero, a Gran Burrone, dopo essersi svegliato con la faccia schiacciata sul mio seno, mi aveva stretto le spalle talmente forte che esse mi dolevano. E quella volta che mi aveva trascinata via dalle oche mi ha lasciato un livido sul polso.
“Perdonami, mi ero giurato di non scattare più in questo modo dinanzi ai tuoi dolci occhi.” Ora è vicino a me.
“E menomale che non mi avresti toccata neanche con un fiore.” Mi permetto di fare ancora per un po’ la preziosa, visto che si è calmato. Spero che dopo questo non lo mandi di nuovo fuori di testa.
Per buona sorte i miei timori non hanno alcun fondamento, dal momento che lui mi sorride ancora una volta e mi accarezza con dolcezza la guancia offesa. “Hai ragione” dice con voce sommessa.
Mi mordo le labbra e lo sguardo con occhi sognanti. Lo odio: ero determinata a fare l’offesa per giorni, dimostrandomi una persona forte che non cede davanti a nulla, ma a lui basta fare gli occhioni dolci, sussurrarmi parole con quella meravigliosa voce roca che si ritrova per far crollare tutte le difese che avevo eretto intorno a me.
Thorin inclina le labbra verso l’alto e mi accarezza la nuca, avvicinando il suo viso al mio. Siamo quasi fronte contro fronte. “Torniamo al ballo, ti prometto che non ti toccherò mai più e che mi comporterò con gentilezza.” Mi porge il braccio ma, prima che io possa posare la mano sul suo arto, mi ammonisce: “E tu vedi di comportarti adeguatamente. Intesi?”
“Va bene, padre” scherzo afferrandogli il braccio, felice come una bambina che sta per andare al parco giochi.
 
Ovviamente, non appena torniamo alla festa, tutti si voltano a guardarci. C’è chi ci guarda sorpreso (a quanto pare non ero l’unica a pensare che il nano mi avrebbe trattata con freddezza dopo quello che ho fatto) e chi invece ci guarda schifato. O meglio, dovrei dire, mi guarda schifato, visto che sono stata io a versare il vino in testa a una delle nipoti del Governatore. Naturalmente quest’ultimo chiede scusa per il comportamento di quelle tre e, per quanto mi riguarda, le sue scuse può anche infilarsele in quel posto. So che ci sta usando per mantenere il clima allegro a Pontelagolungo, non crede che Thorin sia veramente il nipote di re Thror.
I nostri amici sono lieti di vederci di nuovo uniti e sorridenti, stavano già pensando al peggio.
Thorin così gentile e affettuoso è una gioia, soprattutto dopo uno schiaffo. Sia benedetta la lunaticità del nano!
“Allora,” dice Thorin prendendomi entrambe le mani, “riprendiamo a fare quello che stavamo facendo?”
“Intendi dire che dovrei tornare a bere l’acqua?”
Lui ride. “In realtà intendevo ballare, ma va’ pure a bere la tanto agognata acqua, basta che non fai più brutti scherzi.”
Figurati se mi metto a fare altre scenate! La gente mi guarda già abbastanza storto, ci manca solo che combini un’altra delle mie! E poi le nipoti del Governatore si sono calmate, non osano più neanche guardarmi. Probabilmente lo zio deve averle sgridate per bene.
Così mi avvicino al tavolo tranquilla, sentendomi a disagio qualche volta per le occhiate di disprezzo che mi lanciano certe persone, la maggior parte di esse nobildonne. Ma mi sento ancor più a disagio quando noto il modo in cui mi stanno osservando i porci di prima. Prendo la saggia decisione di andare a bere il più lontano possibile da quei tipi, non mi ispirano per niente.
Afferro una coppa pulita e ci verso dentro dell’acqua, successivamente me la porto alle labbra. Con la coda dell’occhio vedo uno dei maiali venirmi incontro con un sorriso pervertito stampato in faccia.
Mando giù il liquido più velocemente, dopodiché mi asciugo sgraziatamente la bocca con la manica del vestito e faccio per raggiungere i miei amici. Sarei andata da loro se non mi fossi ritrovata davanti quel porco.
“Buonasera,” mi saluta sempre con quell’aria malata.
“Buonasera.” Cerco di andarmene, ma lui mi afferra il polso.
Sto andando nel panico e provo a liberarmi, invano. La sua presa è troppo forte e bramosa. Spostando la testa scorgo Thorin che si è messo sull’attenti, sembra una molla pronta a scattare.
Il malintenzionato mi sfiora la guancia con la sua mano tozza e callosa. “Ma cos’ha fatto quel nano al tuo bel faccino?”
Sposto leggermente il capo. “Si è semplicemente arrabbiato, poi mi ha chiesto scusa.”
“Come ti chiami?” Non mi sta neanche ascoltando, mi fissa con aria perversa e basta.
“Glenys.” Guardo Thorin supplichevole, credo che a questo punto si sia accorto che mi trovo in difficoltà.
“E io sono Werther… Be’, direi che ora ci conosciamo, quindi che ne diresti di ballare con me?” Si avvicina troppo per i miei gusti.
Provo un’altra volta ad allontanarmi, senza esito, poiché l’uomo mi sta stringendo a sé in modo possessivo e voglioso. Le nostre labbra sono vicinissime. L’idea di baciare quell’essere sudicio mi fa inorridire.
Allontano la testa. “No, mi dispiace ma non ho voglia di ballare.”
“E di un bacetto che ne diresti?” La sua stretta si fa più decisa e violenta. Il suo volto ora è troppo vicino al mio e le sue mani sono corse al mio sedere, me lo stanno stringendo.
Nessuno sta muovendo un muscolo per assistermi.
Il pervertito chiude gli occhi e apre leggermente le labbra, mentre a me viene da vomitare.
Grazie a Eru Thorin arriva proprio in questo momento e tira un fortissimo pugno a Werther.
Il maiale è caduto via da me e ha sputato sangue.
Il nano non gli dà neanche il tempo per riprendersi o per rendersi conto di quello che è successo: lo afferra per la camicia e gli grida in faccia: “NON OSARE AVVICINARTI A LEI UN’ALTRA VOLTA, PEZZO DI LERCIUME!” Gli tira un altro pugno sul volto, provocandogli ulteriori segni e un dente rotto.
Ancora una volta la musica si è interrotta e tutti gli occhi sono puntati su di noi. Credo che i nobili di Pontelagolungo non si scorderanno mai di questa serata: prima io che verso il vino in testa alla nipote del Governatore, adesso Thorin che prende a pugni un ospite. Decisamente non accade tutti i giorni.
L’uomo ha provato a scusarsi e a supplicare il nano di lasciarlo andare, ma il mio amore non gli ha dato ascolto e ha continuato a prenderlo a pugni in faccia, sporcando il pavimento di sangue e facendo finire per terra un altro dente.
“Sììì! Grande zio!” esulta Kili alzando le braccia come se si trovasse allo stadio.
Dopo averlo sistemato per bene, Thorin afferra di nuovo Werther per la camicia. “SE OSI AVVICINARTI UN’ALTRA VOLTA A LEI, ANCHE SOLO PER RIVOLGERLE LA PAROLA, GIURO CHE TI AMMAZZO! SONO STATO CHIARO?” urla.
L’uomo balbetta una serie di , spaventato a morte.
Allora Scudodiquercia lo lascia con malgarbo, facendolo cadere a terra.
Werther arranca verso i suoi amici, voltandosi qualche volta a guardare Thorin, terrorizzato. Ben gli sta.
Nessuno ha ancora parlato, a parte Kili che sta gioendo tutto il tempo.
Il capo dei nani mi prende a braccetto con foga e si avvia furiosamente verso l’uscita. “Andiamo” dice a gran voce, rivolto anche agli altri membri della Compagnia.
Gli altri rimangono ancora un attimo sbigottiti, poi seguono il loro leader senza esitare.
Quando ci troviamo davanti all’arcata, accanto alla quale si trova il Governatore, Thorin gli dice: “Perdonateci.” E così ce ne andiamo.
 
Una volta che ci troviamo fuori dal municipio, Thorin si ferma e mi prende il viso tra le mani.
Bacino?
“Scusa se la serata non è stata un granché, tra lo schiaffo e il pugno. E scusa se vi ho costretti ad andarvene, avremmo potuto rilassarci e scordare per un po’ i problemi, ma non volevo restare un minuto di più in un luogo in cui si trovano delle persone che hanno allungato le mani su di te.”
Niente bacino. Me triste.
Gli sorrido e lo tranquillizzo: “Non preoccuparti, che tu ci creda o no ho passato ugualmente una bella serata. Mi sono divertita a ballare con te.”
Anche lui mi sorride e inizia a vezzeggiarmi la guancia che, poco tempo fa, mi ha schiaffeggiato.
Non ci tratteniamo oltre qui fuori, dobbiamo tornare a casa e andare a dormire visto che l’indomani dovremo svegliarci presto. Infatti domani ce ne andremo e il capo vuole che siamo riposati.
Durante il tragitto verso casa parlo con Bilbo e i nani. Non si sono divertiti molto, dicono che i nobili di Pontelagolungo sono estremamente noiosi e con la puzza sotto al naso.
“Io e Kili abbiamo rimorchiato due belle donne e abbiamo ballato con loro,” mi racconta Fili, “sarebbe andato tutto bene se solo Thorin non ci avesse interrotti e trascinati letteralmente via da loro.”
“Ho visto che stavate toccando il didietro a quelle due signore, mi sembrava doveroso porgere loro delle scuse e farvi una bella ramanzina,” si intromette Thorin guardando severamente i suoi nipoti.
Io, Fili e Kili ci mettiamo una mano davanti alla bocca e sghignazziamo.
 
Una volta rientrati in casa, mi lavo e vado a dormire controvoglia. Sarà dura prendere sonno, sono preoccupata sempre di più: cosa farò una volta che mi troverò a Erebor? I fatti seguiranno il libro o il film? Per non parlare dell’ultima battaglia che si avvicina. Non so se dire a Thorin che ho previsto la sua morte e anche quella di Fili e Kili, potrei riferirgli la posizione strategica e la trappola di Azog, ma dubito che mi darà ascolto.
Qualcosa farò, mi addormento con questa frase che mi balena nella testa.
 
L’alba non si è fatta attendere e, come sempre quando devo andare in un posto dove non vorrei andare, il tempo è passato velocemente.
Abbiamo già pranzato e siamo pronti per partire.
Ormai è autunno inoltrato, il vento è freddo e le foglie stanno rapidamente cadendo. In quest’atmosfera sono state messe a nostra disposizione tre barche cariche di rematori e di provviste in abbondanza. Cavalli e pony sono stati inviati per i sentieri che aggirano il lago.
I musicisti stanno suonando delle trombe in onore della nostra partenza, mentre le persone ci salutano dal ponte o dalle finestre delle loro case.
Mi piace questa situazione solenne, epica e piena di gloria, anche se mi inquieta.
“Dov’è finito Bofur?” Bilbo si guarda intorno.
“Se non è qui lo lasciamo indietro” risponde giustamente Thorin: non abbiamo tempo da perdere, il Dì di Durin incombe su di noi.
Salgo sulla barca dopo Bilbo e Bifur, seguita da Kili, ma quest’ultimo viene bloccato dal braccio dello zio. “No, tu no, ci rallenteresti.” Infatti il giovane nano stamattina stava peggio, si lamentava tutto il tempo del ginocchio.
“Ma di che parli? Io vengo con voi” prova ad obiettare Kili, ma Thorin scuote la testa, caparbio. Dopodiché guarda il nipote più giovane dritto negli occhi, il quale insiste: “Io ci sarò quando quella porta verrà aperta, quando scorgeremo le sale dei nostri padri, Thorin.”
Lo zio gli accarezza la testa, come farebbe un padre con il figlio. “Kili,” sussurra, “resta qui. Ci raggiungi quando guarisci.” Gli sorride con affetto.
Oin decide di restare con Kili, per curarlo.
“Zio” lo chiama Fili non appena Scudodiquercia si volta verso di lui. “Siamo cresciuti con le storie della Montagna, storie che tu ci hai raccontato. Non gli puoi togliere questo!”
“Un giorno sarai re e capirai.”
Fili si avvicina al fratello, ma lo zio lo blocca dicendogli: “Il tuo posto non è qui.”
Egli lo guarda negli occhi. “Il mio posto è con mio fratello.” Detto questo va da Kili.
Mi emoziona sempre questa parte, la quale dimostra il profondo legame che c’è tra i due nani. Sono cresciuti insieme, oltre a fratelli sono anche migliori amici e non vedevano l’ora di ammirare la Montagna Solitaria, ma volevano farlo insieme. Che senso ha se uno di loro rimane nella Città del Lago? Naturalmente preferivano restare uniti in un momento tanto importante che hanno atteso da anni.
Stranamente Thorin Scudodiquercia ha rispettato le volontà del nipote più grande, conscio che la testardaggine è di famiglia e che sarebbe stato impossibile fargli cambiare idea.
E così lasciamo a Pontelagolungo Kili, Fili, Bofur e Oin, mentre noi ci avviciniamo sempre di più alla Montagna. Ammetto che non ho apprezzato la scelta di Jackson di separare i membri della Compagnia in un momento tanto importante, dovevano restare uniti, ma magari fosse questo il mio problema più grande! Infatti c’è ben altro che mi rende irrequieta e che non mi sta dando pace.
 
Per due giorni di fila risaliamo il Lago Lungo e ci infiliamo nel Fiume Fluente, da dove adesso possiamo ammirare la Montagna Solitaria, la quale si staglia alta e inquietante dinanzi a noi.
Per scaricare la tensione, mi metto a canticchiare:
 
I’m a dwarf and i’m digging a hole,
diggy diggy hole,
diggy diggy hole.
I’m a dwarf and i’m digging a hole,
diggy diggy hole,
digging a hole.
 
Quando sono ansiosa due sono i casi: o mi chiudo a riccio, oppure faccio ancora di più la cretina. In questo momento mischio un po’ tutte e due le opzioni.
Spesso ho anche cantato:
 
I was thinkin about her, thinkin about me.
Thinkin about us, what we gonna be?
Open my eyes, yeah; it was only just a dream.
So I travel back, down that road.
Who she come back? No one knows.
I realize, yeah, it was only just a dream.

 
“Glenys, smettila.” Questa sarà la millesima volta che Thorin Scudodiquercia mi intima di chiudere il becco e devo dire che sono piuttosto seccata: neanche cantare posso! Quando fa così mi ricorda mia sorella, fastidiosa come non so cosa.
Osservo il lago. L’acqua è scura come la notte e dev’essere ghiacciata. Mi ha sempre fatto impressione la profondità e la mia fervida immaginazione mi fa immaginare che, da un momento all’altro, spunti fuori il muso di uno squalo bianco o di un’orca.
Mi allontano terrorizzata e vado a sedermi vicino a Bilbo.
Thorin mi guarda con un punto interrogativo. “Tutto bene?” mi domanda sedendosi accanto a me e cominciando a toccarmi la schiena.
“Sì, tutto bene, mi ero immaginata che c’erano uno squalo e un’orca in acqua.”
Egli sorride divertito. “Si dice orchessa” mi corregge pensando che mi stia riferendo agli orchi femmina.
Scuoto testardamente la testa. “No no no, intendevo dire proprio orca.” Solo adesso mi sorge un amletico dubbio: ma esistono le orche ad Arda?
 
Sul finire del terzo giorno, dopo aver risalito il fiume per qualche miglio, accostiamo a sinistra, sulla riva occidentale, e sbarchiamo. Qui veniamo raggiunti dai cavalli con le altre provviste e dai pony destinati al nostro uso personale. Carichiamo quello che possiamo sugli animali e il resto lo mettiamo dentro una tenda; ma nessuno degli uomini della città vuole rimanere con noi neanche per questa notte così vicino all’ombra della Montagna. “Non fino a quando le canzoni non si saranno avverate!” dicono.
In realtà le nostre provviste non hanno bisogno di sorveglianza, poiché queste terre sono isolate e deserte. Perciò veniamo abbandonati.
Siamo soli.

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Capitolo 21
*** Il faggio e il nano giallo ***


La sera se ne sta andando per lasciare spazio alla notte, la quale si profila fredda e solitaria.
Il sole si sta annidando tra le montagne, dipingendo il cielo di rosa e di arancione, in contrasto con l’azzurro cupo dovuto alla stagione invernale che si avvicina.
La tenda che hanno allestito gli Uomini del Lago è piuttosto grande, ampia abbastanza per nove nani, uno hobbit e un’umana di piccola taglia.
I nani stanno sistemando la tenda per la notte, mentre Bilbo lega i pony e li libera dal carico.
Thorin è andato a cercare un po’ di legna per accendere un fuoco, mentre io mi trovo seduta su un masso a parlare con Balin, dopo aver dato una mano anch’io, ovviamente.
Ho raccontato a Babbo Natale del mio dilemma e lui mi ha ascoltata pensieroso e attento, grattandosi il mento. Secondo me saprà darmi una spiegazione.
“Raccontai a Thorin quella storia tanto, tanto tempo fa. Me l’aveva narrata mio padre quand’ero ancora un giovane nanetto e sono pochi nella Terra di Mezzo a conoscerla” dice.
E… quindi?
“Ma secondo te quella storia è vera? Cioè, voi potreste veramente essere personaggi di un libro e io potrei esserci entrata?” Questa è la cosa che mi interessa, non me ne può fregar di meno se quella leggenda gliel’ha raccontata suo padre, o suo nonno, il nonno di suo padre e vattelapesca.
“Io ho sempre pensato che nelle leggende ci sia un pizzico di verità” mi risponde alzandosi.
Guardo il terreno, accigliata: quindi la soluzione potrebbe essere questa, potrei essere entrata nel libro e Dio solo sa come potrei uscirne. Ma non è solo questo il mio problema, ho anche paura di abbandonare i miei nuovi amici, soprattutto Thorin. Io amo veramente quel nano, sento che nessun altro riuscirebbe a rendermi felice o a farmi l’effetto che mi fa lui.
Balin dev’essersi accorto che sono molto confusa e rattristita, così mi sorride in modo confortante e mi dà un buffetto sulla guancia. “Non essere triste, ora sei con noi, no? Goditi questi attimi, presto rivedremo Erebor e tutto tornerà come una volta. Tu rimarrai con noi e andremo a tante feste, poi cercheremo di risolvere questa questione, non appena avremo meno pensieri per la testa.” Non credo alle sue parole, so che lui è scettico sull’esito positivo della missione, ma non vuole dirlo a Thorin.
Quest’ultimo arriva proprio adesso, reggendo la legna. Guarda il suo vecchio mentore e gli passa il carico. “Balin, di’ a Oin e a Gloin di accendere un fuoco.”
Il nano dalla barba bianca fa come gli è stato ordinato, così io mi ritrovo sola con lo gnoccone.
Sono ancora seduta sulla roccia, con l’umore simile al tempo: cupo.
Sento Scudodiquercia sospirare, poi si siede accanto a me. “Hai parlato con Balin di quella cosa?” mi chiede sottovoce, come se non volesse farsi sentire dagli altri. Gli sono grata per questo, non voglio che il resto della Compagnia sappia di questa storia, mi prenderebbero per matta.
“Esattamente.”
Dopo un attimo di silenzio, il bel nano mi domanda: “E cosa ti ha detto?”
“Mi ha detto che secondo lui c’è sempre un pizzico di verità nelle leggende, quindi forse voi siete personaggi di un libro, un libro nel quale sono finita accidentalmente dentro.” Sicuramente Thorin non crederà alle mie parole, io stessa non crederei di essere una dei protagonisti di un romanzo, non lo biasimo per questo.
“Non nascondo che tutta questa faccenda mi pare assurda,” dice infatti, “non biasimarmi per questo.”
Proprio come immaginavo.
“Non preoccuparti, io stessa rimarrei scettica se qualcuno mi dicesse che sono un personaggio di un libro, ma credimi se ti dico che non sono pazza, so quello che dico.” Lo guardo negli occhi, implorante. Voglio che si renda conto che non sono uscita di senno, voglio che capisca la mia confusione e che comprenda che io non sono veramente di questo mondo.
Anche lui mi guarda in faccia. Ha degli occhi meravigliosi, di giorno sono chiari, quasi di ghiaccio, mentre con il buio diventano blu e ho come l’impressione che siano due lucette che illuminano l’oscurità. Lui è la mia luce nel buio. Non so come farei senza quel nano; a questo proposito mi è tornata una cosa in mente, una cosa estremamente importante.
“Comprendo che tu ti senta confusa e ti prometto che, non appena avrò risolto la questione della Montagna Solitaria, mi occuperò di te. Ne usciremo fuori, te lo giuro.” Inaspettatamente mi circonda le spalle con il braccio e mi stringe a lui.
Neanche il calore del capo della Compagnia riesce a farmi scordare le mie ansie, anzi, me le accentua: ogni gesto gentile di Thorin, ogni carezza, ogni bacio e ogni sorriso mi gridano di non illudermi, che tutto questo durerà poco, poiché Lui è destinato a morire.
“Thorin?” lo chiamo insicura sulla decisone che ho appena preso. Forse questo è troppo.
Mi risponde con il solito grugnito.
Un’altra volta non so che parole usare, di solito sono molto diretta e parlo veloce come una trombetta, senza neanche fermarmi a pensare: le parole mi escono da sole dalla bocca. Ma con lui non è mai così, non so che pesci prendere quando c’è di mezzo quel nanetto maledetto.
Alla fine trovo coraggio e sputo fuori: “Ho letto il libro e so come finirà questa storia.”
Egli sbuffa, presumibilmente arcistufo di questa mia follia. Però sceglie di assecondarmi ancora una volta, anche perché sa che indovino sempre le cose che stanno per accadere. “Parla.”
Ecco la parte più difficile: non è un gioco da ragazzi dire a qualcuno che hai previsto la sua morte. Ciononostante non posso tenere ancora il rospo in bocca, c’è speranza che Thorin, Fili e Kili sopravvivano alla Battaglia dei Cinque Eserciti e non ho intenzione di sbattere la porta in faccia a questa possibilità. “Non prenderla male e non arrabbiarti per quello che sto per dirti, ribadisco che sono sempre sicura di quello che dico e non scherzo mai su certe cose. Ormai avrai capito che so ogni volta cosa ci aspetta in futuro.”
“Arriva al dunque, ti prometto che non mi arrabbierò e che farò tesoro delle tue parole.”
Avrei qualcosa da ridire sulla capacità di Thorin di mantenere le promesse, ma adesso non è in balia della Malattia, non è ancora cieco, forse è più ragionevole.
Cerco di non guardarlo negli occhi e, come faccio sempre quando sono nervosa, gioco con le maniche della giacca. “Ci sarà una battaglia sanguinosa dopo che avrai ottenuto il tuo titolo di Re sotto la Montagna. Uomini, nani ed elfi si alleeranno contro gli orchi i quali, guidati da Azog, marceranno verso Erebor con un esercito tremendo.” Dopo una pausa per mettere a posto le idee e per trattenere un singhiozzo, riprendo: “Tu, Fili e Kili morirete. Stando al film la vostra vita finirà a Collecorvo, dove vi prego ostinatamente di non andare durante la guerra, visto che Azog lì vi tenderà una trappola.”
Solo adesso mi rendo conto che il nano non può sapere cosa sia un film, ma poco importa, l’importante è che sappia queste cose. Forse si può evitare la morte del mio amore e dei suoi due amati nipotini.
Ancora non guardo in faccia Thorin Scudodiquercia, sono certa che la sua espressione perplessa mi farebbe scoppiare a ridere, cosa che non mi aiuterebbe a rendere il guerriero più propenso a dare peso alle mie parole.
“Ciò che mi hai appena riferito è grave, Glenys” mugugna Thorin. “E sinceramente non so se crederti o meno, per quanto un attentato da parte degli orchi sia presumibilissimo, soprattutto dopo la morte del Grande Orco. Onestamente non so cosa pensare.”
Non avevo dubbi che si sarebbe dimostrato diffidente. Non m’importa che mi creda o no, l’unica cosa che conta è che non si avvicini per nessun motivo al mondo a Collecorvo.
“Non ti chiedo di credermi, ti prego soltanto di non andare a Collecorvo quando arriverà il momento della battaglia. Tu, Fili e Kili non andateci per nessun motivo al mondo, ti prego!” Mi metto in ginocchio e lo prego, fissandolo supplicante. Insisterò finché non mi risponderà di sì. Tutto questo non è uno scherzo.
Continuo a pregarlo e lui, essendosi accorto di quanto sono ostinata e ossessiva su questo punto, mi tranquillizza: “Va bene, va bene. Se la cosa ti può far star meglio ti giuro sul mio onore che non ci avvicineremo a Collecorvo. Hai la mia parola.”
Mi rimetto seduta, sentendo improvvisamente il mio cuore più leggero. Dal tono di Thorin ho come l’impressione che mi abbia detto quelle cose solo per farmi stare zitta, però bisogna tener conto che ha giurato sul suo onore, si sa quanto ci tenga alla correttezza quel nano. In ogni caso il “stare alla larga da Collecorvo” sarà un concetto che ribadirò più volte, per essere maggiormente sicura.
Perché il tempo è passato così velocemente? Mi sembra ieri che mi trovavo appena a Gran Burrone e, quando il pensiero dell’ultima battaglia mi sfiorava la mente, io lo mandavo via, dicendo che per quella c’era tempo. Ora non posso più permettermi di pensarla così.
Thorin appoggia pesantemente le mani sulle ginocchia e si alza. “La tenda è pronta, sarebbe saggio dormire adesso. Ti farà bene riposare un po’.” Mi porge la mano.
Accetto il suo aiuto e mi alzo, rimanendo in piedi davanti a lui. Solo in questo momento prendo in considerazione il fatto che egli è leggermente più alto di me. Thorin, a occhio e croce, sarà alto 1.60, mentre io sono circa 1.57. Meglio così, sarebbe stato troppo strano essere più bassa del mio principe.
Tenendomi consuetamente a braccetto, il bel nanerottolo mi accompagna alla tenda. Dentro ci sono coperte e cuscini, alcuni nani stanno già facendo la pennichella.
Thorin Scudodiquercia sistema un letto improvvisato, poi me lo indica. “Ecco, puoi sdraiarti.”
Sentendo le gambe stanche come se avessero trascinato massi per tutto il giorno, mi stendo sulla coperta, mentre Thorin mi copre con un’altra. Devo ammettere che questa sistemazione è molto più comoda del letto che ho in camera mia.
Prima che io possa domandarglielo, il mio nano prediletto si mette vicino a me.
Si sta al calduccio qui dentro, ma non mi accontento di questa vicinanza con il mio tesssoro. “Thorin, ho freddo” mento per indurlo a stringermi a lui.
Egli sbuffa e mi copre anche con il suo mantello. “Tieni.” Torna a sdraiarsi e non fa più altro.
Il mantello è di troppo, così ho caldo e non volevo questo, volevo solo essere coccolata, chiedo troppo? Così lo chiamo di nuovo: “Thorin?”
“Eh.”
“Con il mantello ho caldo però.”
Il nano dà un calcio alle coperte, liberandosene e mi leva il suo indumento di dosso, lanciandolo chissà dove. Fatto ciò, si distende accanto a me, dandomi la schiena, sperando di poter dormire in santa pace adesso. Se si aspetta questo è solo un illuso, poiché io non lo lascerò schiacciare un pisolino finché non mi abbraccerà.
“Ma io continuo ad avere freddo!” mi lagno in modo infantile.
Ancora più spazientito di prima, Thorin mi stringe a lui. “Contenta adesso?” In effetti sì.
“Grazie Thorin.” Gli do un bacino sulla guancia. Questo mio gesto deve averlo intenerito, infatti sorride sotto ai baffi e mi sposta dolcemente un ricciolo dalla faccia.
“Hai sonno?” Spero che la risposta sia un sincero no, visto che non ho voglia di addormentarmi. Sono stanca, ma non voglio dormire.
Lui sospira. “No, ho troppi pensieri per la testa” mi risponde. “Sono preoccupato per la missione e per Kili, spero solo che stia bene.”
“Non ti preoccupare, so che riuscirai a riprenderti Erebor e Kili e gli altri arriveranno presto ad ammirare le ampie e bellissime sale della Montagna Solitaria.”
Mi concede ancora una volta un bellissimo sorriso, un sorriso tirato però, visto che le mie frasi non servono per consolarlo.
Thorin mi piace quando è così gentile con me, mi infonde sicurezza e mi rilassa. Per addolcirlo sempre di più, decido di raccontargli una storia che parla di innamorati; chissà, magari così lo spingo a darmi un bacio.
 
C’era una volta, in tempi antichi, un nano giallo che aiutava i legnaioli a portare il loro carico. Quando tornavano a casa, questi poveri uomini trovavano sempre dell’oro nascosto.
Si narra che in vita questo nano fosse stato un aitante cavaliere. Laddove oggi si trova un faggio, egli trovò il corpo della sua amata, che era stata uccisa dagli animali selvatici. Egli la seppellì in quel posto, piantò sulla sua tomba un faggio e la pianse per molti anni, finché la tomba lo riunì al suo amore.
Le coppiette, da allora, si recavano al sacro faggio, si giuravano fedeltà eterna e ricevevano benedizione per le loro nozze.
Al giorno d’oggi, il nano giallo non è più visibile, ma è il protettore di questo albero. Nessuno osa danneggiarlo, e un tale sacrilegio di sicuro non resterebbe impunito.
 
Nessun bacio, nessuna carezza, nessun sorriso. Dopo la mia storia Thorin si è incupito.
Mi basta poco tempo per rendermi conto di quello che ho appena fatto: ho parlato di amore a lui, a lui che ha perso la sua amata e, per giunta, gli ho narrato una storia romantica che finisce male, con la dama del protagonista morta. Mi do della stupida all’infinito, sentendomi in colpa. Non volevo renderlo triste.
La smetto di maledirmi in tutte le lingue esistenti nel momento in cui il nano mi sorride. “Bella storia” commenta rocamente.
Allora non è arrabbiato con me?
Inconsciamente metto una gamba intorno alla vita di Thorin, infatti poco dopo lui mi sgrida: “Glenys, stai osando troppo.”
“Oh! Scusa.” La levo subito e chiudo gli occhi.
Anche Thorin sta cercando di addormentarsi e io mi sento leggermente scomoda, voglio avere più libertà di movimento.
Il fatto di avere il mio amore così vicino e di non poter osare di più, mi fa mangiare le mani. Ho sempre voluto dormire con lui. Circondo di nuovo la sua vita con la mia gamba, ma non ci ho pensato, il mio corpo si è mosso da solo: l’ultima cosa che voglio è farlo arrabbiare, soprattutto dopo avergli raccontato una storia che lo ha reso triste.
Avverto un forte colpo al mio arto, un colpo che mi spinge via la gamba dal corpo del nano.
“Glenys, cosa ti ho appena detto?”

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Capitolo 22
*** La Desolazione di Smaug ***


Il vento fischia ed entra furtivamente attraverso le fenditure della tenda. L’aria si è fatta più fredda ed è stata proprio essa a svegliarmi. Per un attimo ho temuto che la tenda sarebbe volata via.
Dopo essermi concentrata sul vento, mi accorgo che la mia gamba è sopra Thorin. Devo averla messa così durante il sonno.
Prima che quel brontolone possa svegliarsi, levo subito la mia parte del corpo da lui. Mi metto a pancia all’aria con le mani dietro alla nuca.
Non ho idea di che ora sia, so soltanto che i nani stanno ancora dormendo e io mi sto annoiando a morte. Anche a casa capitava che mi svegliassi troppo presto e non sapevo mai cosa fare.
Sarei troppo stronza se svegliassi i miei amici? Anche no, visto che dobbiamo muoverci e trovare la serratura.
“Thorin… Thorin” lo chiamo scuotendolo.
Lui borbotta qualcosa di insensato e apre appena appena gli occhi. Quando li ha aperti del tutto, mi guarda. “Glenys…” sussurra.

“È mattina, dobbiamo ripartire.”
Si mette a sedere massaggiandosi la schiena. “Da quando in qua sei tu a dare ordini?” Non capisco se è seccato o scherzoso. Ha ancora la voce impastata dal sonno. Dopo essersi reso conto che l’ora per dormire è passata da un bel po’, si alza con foga e grida: “Svegliatevi! Dobbiamo ripartire al più presto!”
Nori si muove sotto alla coperta e apre solo un occhio, per poi richiuderlo e abbracciare il cuscino con aria rilassata. “Ma come? Di già?” brontola.
“Sì, di già.” Thorin butta via le coperte e tira su il nano a forza. Lo stesso trattamento è toccato a Bilbo.
Oh Mahal… che modi! Però il mio amore ha ragione: non abbiamo tempo da perdere. Menomale che c’ero io, se no chissà quanto avrebbero dormito ancora quei pigroni! Mi fa piacere constatare che, tutto sommato, non sono poi così inutile.
 
Ogni nano sta salendo su un pony. Mi guardo intorno e comincio a contare gli animali, ce n’è uno anche per me ma non ho mai cavalcato un pony. Potrei farmi aiutare da qualcuno a montare, ma voglio cavalcare con Thorin, così vado da lui e gli dico: “Thorin, scusa se ti disturbo ma non so cavalcare. Non l’ho mai fatto in vita mia.”
Prima di salire sul suo destriero, il nano sbuffa e guarda i membri della sua Compagnia, alla fine ordina al suo migliore amico: “Dwalin, cavalca con Glenys.”
Lo guardo della serie: mi prendi per il culo? Mi sta simpatico quel brontolone, ma penso che fosse palese il fatto che volessi stare con Scudodiquercia.
“Subito,” risponde Dwalin, “su Glenys, vieni.”
Metto il broncio come fanno i bambini e indico Thorin. “Ma io volevo cavalcare con lui!” Incrocio le braccia sul petto, facendo ridere quasi tutti i miei amici.
Il guerriero pelato mi guarda offeso. “Grazie, eh.”
“Scusa Dwalin, ti voglio bene lo stesso.” Cerco di dargli un bacio sulla guancia, ma egli si sposta impedendomelo.
“No no, con te non parlo più, va’ dal tuo adorato.” Monta sul suo pony mentre gli altri nani gli ridono dietro, persino Thorin si è aggiunto all’ilarità generale.
Poiché sto guardando Dwalin e sto ridendo, non mi accorgo che il mio nano preferito è dietro di me. Capisco che è vicino solo quando sento la sua voce: “Su, avanti principessina.” Mi afferra i fianchi e in poco tempo mi ritrovo fra le sue braccia, come se fossi la sua sposa.
Come sempre i nani non si smentiscono mai e non mancano sogghigni e varie allusioni.
Thorin Scudodiquercia mi mette seduta sull’animale, poi sale anche lui, con agilità, e mi ordina di stringermi a lui.
Se tutti gli ordini fossero così, io sarei la persona più obbediente e disciplinata del mondo.
 
Balin e Bilbo stanno cavalcando alla retroguardia, tirandosi dietro due pony stracarichi. Ci stiamo dirigendo a nord-est, dalla parte opposta al Fiume Fluente, avvicinandoci sempre di più a uno sperone della Montagna.
Io tengo la faccia schiacciata sulla schiena di Thorin.
Non ci sono risa né canzoni. I nani sono consci del fatto che si stanno avvicinando alla fine della loro avventura e si rendono conto che potrebbe finire veramente male.
Neanch’io sono in vena di scherzi, togliendo il fatto che sto scomoda come non so cosa e che mi sta venendo la nausea, temo di incontrare Smaug. Quel drago mi ha fatto una paura tremenda la prima volta che l’ho visto al cinema e non so neanche se da adesso in poi le vicende saranno fedeli al film o al libro. Non ho idea di come mi comporterò e di cosa mi aspetta.
Mi tranquillizzo pensando che sicuramente i miei amici non mi faranno venire con loro quando entreranno nella Montagna invasa dal drago, resterò nell’entrata segreta, poi Smaug si dirigerà a Pontelagolungo e Bard lo ucciderà.
Bene, almeno questa è fatta, ma… la battaglia? Cosa farò a quel punto?
I miei pensieri vengono interrotti da Bilbo, che ha appena starnutito.
“Salute!” esclamo.
Prova a ringraziarmi, ma non ce la fa perché continua a starnutire.
“Allergia?” gli domanda Thorin lievemente divertito. Quando ha parlato la sua schiena è vibrata e, ancora una volta, quel suono basso e maschile mi ha fatto volare le farfalle nello stomaco. Mi ritrovo a sorridere come un’idiota mentre lo abbraccio sempre più forte, il viso appoggiato alla sua ampia schiena.
Balin dà allo hobbit un fazzoletto.
In seguito a questo breve momento delizioso, tutti noi torniamo a concentrarci sul viaggio, il quale è faticoso, lungo e silenzioso. Il paesaggio intorno a noi sta diventando sempre più cupo e sterile, sebbene un tempo fosse stato verde e bello. C’è poca erba e presto non ci sono più neanche alberi.
Siamo arrivati alla Desolazione del Drago, il tempo è passato rapidamente: l’anno sta declinando.
Raggiungiamo le falde della Montagna, la quale si erge scura e silenziosa davanti a noi, sempre più alta sulle nostre teste.
Thorin ha stabilito il primo accampamento sul lato occidentale del grande sperone meridionale, che finisce nell’altura chiamata Collecorvo, la quale risveglia in me le solite preoccupazioni.
Il capo della Compagnia invia un gruppo in avanscoperta a perlustrare la zona a sud dove c’è la Porta Principale. Ha scelto Balin e Bilbo, mentre io rimango sola con lui.
Il principe nanico è voltato dall’altra parte, mentre passa la mano sulla lama della sua fedele spada. È pensieroso.
Odio vederlo così, a me piace quando è allegro, dolce e affettuoso con me. Rivoglio quelle splendide giornate a Pontelagolungo, quella settimana è stata perfetta, togliendo la litigata e l’incubo.
Mi avvicino cautamente al bel nano. “Come va?”
Quando si volta e mi vede, sorride tristemente. So che lo rendo felice, però è preoccupato per la serratura, per il drago e penso che già adesso tema di cadere vittima della Malattia dell’Oro. “Se ti rispondessi bene mentirei, visto che sono preoccupato per l’esito di quest’impresa.”
“Devi fidarti di me, Thorin” gli ripeto per la cento ventiquattresima volta. “Sono sicura che riuscirai a riprenderti Erebor… solo vedi di non avvicinarti a Collecorvo durante la battaglia, sii prudente e tutto andrà bene.” Gli sorrido rassicurante. “In ogni caso ricorda questo: quando le cose si mettono male e senti che non c’è più via di scampo dall’oscurità, conta sui tuoi amici e sui tuoi famigliari e abbi fiducia nel fatto che le tenebre passeranno per lasciare il posto alla luce.”
Mi sorprendo di me stessa: da quando sono diventata così poetica? L’aria di montagna deve farmi male, non c’è altra spiegazione.
Thorin mi sorride con più affetto e mi accarezza una guancia. “Come farei senza di te?” mi chiede intenerito.
L’ha detto veramente?
“Sei il mio piccolo tesoro.”
Ecco, adesso sono proprio andata per tutta la settimana.
Il nano si avvicina di più a me, senza smettere di sorridere e mi dà un buffetto. “Non sei il mio piccolo tesoro?” mi chiede con tenerezza, come se stesse parlando a sua figlia o alla sua fidanzata.
Lo guardo imbambolata. “Suppongo di sì…” Questa è l’unica risposta che mi è venuta in mente.
Ti prego Thorin: smettila di guardarmi così! Potrei svenire da un momento all’altro e toccherebbe a te trasportarmi per tutto il tragitto visto che, chi fa il guaio, lo ripara.
Il nostro dolce momento, tanto per cambiare, viene interrotto: Balin e Bilbo sono appena tornati e il mio adorato si è subito allontanato dal mio viso.
Non appena lo hobbit mi vede, sgrana gli occhi.
Che c’è? Ho qualcosa in testa? Un ragno? Per sicurezza mi passo una mano sul capo e non c’è niente. Allora perché il signor Baggins mi sta guardando come se fossi ricoperta di insetti schifosi?
“Per l’amor del cielo e della terra, Glenys! Copriti di più o ti beccherai un malanno!” Mi stringe di più la giacca.
“Ma Bilbo! Così sto scomoda!” protesto, infatti ha stretto così tanto la cintura che, ogni volta che mi sposto, mi dà fastidio.
“Il signor Baggins ha ragione, Glenys: fa freddo ed è consigliabile coprirsi di più.” Thorin mi guarda da sotto le folte sopracciglia nere.
Sorrido divertita e guardo Bilbo. “Sembrate la mia mamma…” il mio sguardo cade sul nano “e il mio papà.”
Loro due si mettono a ridere, poi si allontanano.
Mentre non mi guardando, mi rimetto la giacca come l’avevo prima.
 
I nani non sono molto entusiasti e, quelle belle giornate passate da Elrond, sembrano loro molto lontane. Siamo soli in un deserto pieno di pericoli senza alcuna speranza di aiuto.
L’unico che non si perde d’animo è Bilbo: spesso consulta la mappa di Thorin ed è stato proprio lui a spingere i suoi amici ad esplorare i pendii occidentali in cerca della porta segreta.
Spostiamo il nostro accampamento in una lunga valle.
Come i giorni precedenti, anche oggi i canti sono stati pochi, così come le risate.
L’unico siparietto comico c’è stato quando Nori ha tirato fuori una coppa d’argento e l’ha ammirata meravigliato.
Dori aveva fatto un finto colpo di tosse per attirare la sua attenzione.
Il fratello aveva fatto un salto, spaventato.
“Dove l’hai presa quella?” gli aveva chiesto il fratello maggiore, dando un’occhiata alla coppa, poi aveva guardato in faccia Nori.
Il buffo nanetto dalla complicata acconciatura aveva chinato il capo e ammesso: “A casa del Governatore…”
Adesso invece l’atmosfera è cupissima. Giorno dopo giorno non facciamo altro che arrancare divisi in gruppetti alla ricerca di sentieri che risalgano il fianco della Montagna e, ogni volta, torniamo delusi all’accampamento.
Per sdrammatizzare, propongo: “Facciamo un gioco?” Prima che Thorin possa sgridarmi, aggiungo: “Io ora farò il verso di un animale e voi dovrete indovinare di chi si tratta. Chi indovinerà, imiterà lui un animale.”
Scudodiquercia ha appena aperto la bocca, sta per riprendermi ma io, in tutta velocità, lo precedo facendo il verso di un uccello.
“È una gallina?” mi chiede Nori.
“No.”
“Un uccello!” esclama vittorioso Ori, facendo un salto sul pony.
“Esatto! Tocca a t…”
“No. Non tocca a nessuno. Finitela.” Thorin, il solito guastafeste.
 
Inaspettatamente, Bilbo e Bifur tornano eccitati all’accampamento. Hanno trovato dei gradini. Li percorriamo con i cuori colmi di speranza. Giungiamo in un posto che sembra una caverna, ma non lo è, visto che sopra di noi si vede il cielo.
I nani credono di aver trovato la porta. Battono sulla parete rocciosa, la prendono a spallate, la supplicano si muoversi. Tuttavia non accade niente.
I miei amici si siedono sull’erba, depressi, poi cominciamo la nostra triste discesa.
 
Questa notte c’è una grande eccitazione nell’accampamento. Lasciamo Bombur e Gloin a fare la guardia ai pony, mentre noi torniamo sul sentiero appena scoperto, e poi sulla stretta cornice. Qui stabiliamo il nostro terzo accampamento, mentre restiamo seduti con la schiena contro la fredda roccia.
Siamo tutti stanchi e pensierosi, il silenzio intorno a noi è inquietante e minaccioso.
Bilbo sta fissando una pietra grigia al centro del prato. Penso se c’è qualcosa che possa fare: ho letto il libro, potrei essere di aiuto, ma sono talmente stanca che ragionare mi risulta arduo. Voglio soltanto un letto comodo, forse chiedo troppo?
All’improvviso Ori fa un rumorosissimo e lunghissimo rutto.
Noi tutti ci mettiamo a ridere, mentre Thorin lo guarda male e mi indica con il capo.
Sono stufa di essere trattata come una principessina! Voglio essere un nano, esattamente come loro. Così provo a fare anch’io un rutto. Certo non è come quello dei miei compagni di avventura, però non è male, infatti Bifur mi ha fatto i suoi più sinceri complimenti, che sono stati tradotti da Balin.
 
“Domani inizia l’ultima settimana di autunno” ci dice Thorin il giorno dopo.
“E dopo l’autunno viene l’inverno,” borbotta Dwalin.
“E l’anno nuovo dopo quello vecchio” aggiunge Nori.
Questa notte dormiamo infelici, dormiamo per modo di dire, visto che siamo sempre più ansiosi. Io non ho quasi chiuso occhio.
 
Il giorno dopo camminiamo in tutte le direzioni. Mi sembra di stare ancora a Bosco Atro: dalla stanchezza non ci sto capendo più niente e spesso ho sentito la necessità di aggrapparmi a qualche roccia o di sedermi.
Thorin si è sempre accorto che ero sul punto di svenire, così a volte mi ha portata in braccio. Neanche le sue attenzioni e la sua vicinanza riescono a rendermi allegra, sono talmente sfinita sia fisicamente che psicologicamente che ormai non ci faccio più caso ai suoi modi dolci e apprensivi.
Adesso Bilbo è seduto sullo spiazzo erboso, sta fissando la porta. “Forse lo stregone tornerà all’improvviso” pensa a voce alta.
Mi siedo accanto a lui e gli metto un braccio sulle spalle. “Che hai detto?”
Sospira. “Gandalf non è ancora tornato…” Oh, Gandalf, mi stavo quasi dimenticando di lui.
“Non preoccuparti, vedrai che tornerà.” Sono stufa di ripetere sempre: non preoccuparti o vedrai che andrà tutto bene, anche perché nessuno mi dà mai retta. Mi sento molto simile a Bilbo, per questo.
Ma questa volta lo hobbit non mi sta dando ascolto per un altro motivo. Sta fissando qualcosa dinanzi a lui, concentrato. Gli passo la mano davanti al volto, nessun segno di vita, si è proprio incantato.
Mi volto e vedo il sole calare al livello dei nostri occhi. Appena sopra l’orizzonte, c’è un sottile quarto di luna pallido e vago.
Proprio in questo momento sentiamo il rumore di qualcosa che viene schiacciato. Sulla pietra grigia in mezzo all’erba c’è un torvo enorme, nero come il carbone, sta sbattendo una chiocciola.
Io e il mio migliore amico ci guardiamo negli occhi. Non abbiamo bisogno di dirci nulla, abbiamo capito entrambi. Balziamo sulla cornice e chiamiamo a gran voce i nani, agitando le braccia come se stessimo facendo il segnale di emergenza.
I nostri amici più vicini ci raggiungono di corsa, gli altri vengono issati sulle corde.
Il sole sta calando sempre più in basso, mentre Bilbo spiega loro la sua idea. Anche la piccola luna si abbassa sull’orizzonte. La sera è imminente.
Improvvisamente, quando le speranze dei nani si stavano esaurendo, un raggio di sole indica come un dito un punto della liscia parete rocciosa. Appare un buco, mentre il tordo picchia sempre più forte sulla pietra grigia.
I miei compagni di viaggio spingono la roccia, invano.
“La chiave! La chiave!” grida agitatissimo Bilbo, passandomi tutta l’ansia. “Dov’è Thorin?”
Il nano si precipita dallo hobbit, stava dando spallate alla parete insieme agli altri.
“La chiave!” urla il signor Baggins. “La chiave che stava con la mappa! Sbrigati a provarla finché c’è ancora tempo!”
Scudodiquercia si toglie dal collo la catena alla quale è attaccata la chiave. Spinge i nani che stanno ancora prendendo a calci la porta e si affretta a infilare la chiave nella serratura, mosso dalla speranza di riprendersi il suo tanto amato regno.
L’oggetto è entrato perfettamente nel buco. Il capo della Compagnia si concede una solenne pausa, dopodiché gira e tac! Il bagliore si spegne, il sole tramonta, la luna sparisce e arriva la sera.
Ora spingiamo tutti insieme e lentamente una parte della parete rocciosa cede. Davanti a noi compare l’oscurità più profonda.

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Capitolo 23
*** If this is to end in fire, then we should all burn together ***


Nessuno ha ancora aperto bocca mentre Thorin si trova davanti alla porta aperta.
Mi preparo mentalmente a quello che sta per accadere, questa parte mi emoziona sempre e non vorrei mettermi a piangere davanti a tutti: finalmente, dopo tante peripezie, siamo giunti alla Montagna e, la cosa più bella, è che l’abbiamo fatto insieme.
“Erebor…” sussurra Thorin, fermo sull’uscio.
Balin sta per mettersi a piangere e lo capisco: dev’essere emozionante, dopo tanto tempo, rimettere piede nel luogo in cui sei vissuto, nel luogo in cui ci sono i tuoi ricordi più preziosi.
Thorin gli mette una mano sulla spalla, comprendendo la sua gioia. Dopodiché, il bel nano, si volta verso l’interno della Montagna. Entra e si guarda intorno trattenendo con fatica lacrime di felicità. “Conosco queste sale,” dice sommessamente, “e questa pietra.” Mette una mano sulla parete rocciosa e appoggia la testa contro di essa, come se la stesse coccolando.
Improvvisamente mi ritrovo a bramare ardentemente di essere quella parete.
“Ti ricordi, Balin?” chiede Scudodiquercia al suo amico. “Sale piene di luce dorata.”
Solo adesso il vecchio nano entra nella tanto amata dimora. “Me lo ricordo bene,” risponde con la voce tremante dall’emozione.
Adesso varchiamo la soglia anche noi e, ad ogni passo che faccio, divento sempre più cosciente del fatto che sto per mettere piede dentro Erebor. Una volta entrata, mi sento strana: fa un certo effetto trovarsi dentro la Montagna Solitaria. La pietra è fredda tuttavia dà calore, perché sa di casa.
Ancora non riesco a crederci, ho sempre sognato di visitare questo posto e mi sembra troppo surreale averlo visto in televisione e adesso trovarmi proprio qui.
La mia contemplazione di questa meraviglia viene interrotta da Nori, che indica una scritta in alto.
Mi volto e la osservo, mentre Gloin legge: “Qui giace il settimo regno del Popolo di Durin.” Fa una solenne pausa. “Possa il Cuore della Montagna unire tutti i nani in difesa di questa casa.”
Bilbo si è avvicinato a me e sta guardando l’incisione con interesse, non capendo un accidenti, come al solito.
“Il Trono del Re” gli spiega Balin, ricordandomi un nonno che racconta qualcosa dei vecchi tempi al suo amato nipotino.
Mi pare quasi di udire la lenta melodia che c’era in questa scena, il che rende tutto più emozionante.
“E che cos’è quello lì sopra?” domanda curioso lo hobbit, guardando una specie di seme rappresentato sopra il trono.
A questa domanda, non so se mettermi a ridere o a piangere, vorrei rispondergli: quello, mio caro Bilbo, è la causa di tutti i nostri futuri problemi; quello ti farà quasi bruciare da un drago, ti farà litigare con il tuo migliore amico il quale, da coraggioso e forte guerriero, diventerà un’ochetta isterica con le sue cose. Sì, amico mio, tutto questo solo per colpa di una fottutissima pietra.
“L’Arkengemma” gli risponde il gentilissimo Balin, riassumendo in una parola tutta la mia pappardella mentale.
“L’Arkengemma” ripete Bilbo come un pappagallo, senza levare gli occhi dal disegno, poi guarda Babbo Natale, smarrito. “E che cos’è?”
“Quella, mastro scassinatore…” Thorin si volta e lo guarda negli occhi “è il motivo per cui sei qui.”
E per il quale starò per gettarti giù dai bastioni della Montagna Solitaria, mi verrebbe voglia di aggiungere ma, una volta ogni tanto, sono arguta abbastanza da tenere la bocca chiusa.
 
Balin ha accompagnato Bilbo verso la Sala del Tesoro. Prima di lasciarlo andare, ho abbracciato fortissimo lo hobbit e lui ha ricambiato l’abbraccio, voglioso. Ho percepito la sua fatica ad abbandonarmi per inoltrarsi in un luogo infestato da un drago sputafuoco, così ho cercato di tranquillizzarlo.
Ora mi trovo sola con Thorin, Dwalin, Bifur, Bombur, Ori, Nori, Dori e Gloin. Prima mi sono stretta a Thorin, riferendogli di quanto sono contenta per lui ed egli mi ha accarezzata, stranamente affettuoso.
Il mio cuore è colmo di speranza e per un attimo mi dimentico di Smaug: il mio principe, in questo momento, è talmente felice che posso aspettarmi tutte le coccole del mondo.
Attualmente Scudodiquercia sta intagliando qualcosa. Ora che ci penso, da quando gli ho raccontato quella cosa del sogno, più volte l’ho visto trafficare con una piccola pietra.
Mi avvicino a lui e osservo: ha fatto un buco sull’oggetto e ha inserito uno spago marrone. “Che stai facendo?” gli chiedo con la mia solita vocetta buffa, tenendo le mani dietro alla schiena e allungando il collo per cercare di vedere meglio cos’ha in mano.
Thorin nasconde subito dietro di sé la pietra e mi guarda, senza trattenere il sorriso che si sta creando sulle sue labbra. “Voltati.” È tutto quello che dice.
Obbedisco, potendo solo immaginare quello che stia per fare. Sorrido. Poco dopo mi ritrovo sul petto una pietra dipinta di azzurro con la lettera L incisa sopra.
Scudodiquercia mi sposta con gentilezza i capelli per legare dietro lo spago. “Ti piace?” mi chiede dopo aver concluso il suo operato, avvicinando le sue labbra sexy al mio orecchio.
“È bellissima!” rispondo osservando il ciondolo. Non sto mentendo per fargli un piacere: mi piace veramente tanto questa collana, è semplice e ha una runa incisa sopra, cosa posso chiedere di più? Preferisco di gran lunga i gioielli spartani piuttosto che quelli pieni di brillantini e stupidaggini varie.
Lui sorride soddisfatto.
Prendo la pietra in mano e solo adesso mi rendo conto che, la lettera incisa, è una L e non una G. “Perché la L?” gli chiedo incuriosita.
“La bambina conosce le rune” nota deliziato il mio nanetto. “Hai visto, Dwalin?”
Il guerriero si avvicina a noi e mi guarda intenerito. “Che ti aspettavi? È in gamba.” Appoggia pesantemente una mano sulla mia spalla, come farebbe con un maschio e la cosa mi fa un immenso piacere. “Sono sicuro che riusciremo a convertirla in una vera nana, una volta che ci saremo ripresi la patria.”
Ora sono ancora più desiderosa di restare qui alla fine di tutto. Sarebbe perfetto: Thorin, Fili e Kili sono sopravvissuti, piano piano l’orgoglioso Re sotto la Montagna si apre sempre di più con me finché non mi chiederà di sposarlo, Dwalin e gli altri nani mi alleneranno, imparerò tante altre cose sulla cultura nanica e, in men che non si dica, sarò una nana della Terra di Mezzo. E, ultimo ma non meno importante, Dwalin mi regalerà una bellissima ascia con la quale farò fuori un sacco di mostri.
Quando il guerriero pelato si allontana, Thorin mi accompagna lontano dai suoi amici, cingendomi le spalle. “La L per non farti dimenticare chi sei” mi risponde a bassa voce.
Ma allora si ricorda il mio vero nome!
“Non mi avevi forse detto che ti chiami Lucrezia?” aggiunge ancora più rocamente, eccitandomi per l’ennesima volta in cui mi trovo nel libro.
“Sì,” rispondo, pensando che sia stato veramente carino il suo pensiero anche se, purtroppo, non posso dimenticarmi chi sono.
Balin riemerge repentinamente dalle tenebre, facendomi smettere di avere cupi pensieri. Ottimo: necessitavo di distrarmi un po’.
Il dolce nano non ha l’aria felice, probabilmente gli dispiace aver abbandonato Bilbo lì tutto solo.
I nani gli porgono mille domande: “Come sta Bilbo? Ma come? È già andato? C’era il drago?”
Balin dà fine ai loro innumerevoli quesiti con un supplichevole gesto della mano. Ha il fiatone, così si siede su un masso, mentre i miei amici lo circondano seduti a gambe incrociate, come se fossero dei bambini ai quali il nonno sta per raccontare una favola. Alla fine Babbo Natale risponde: “Sì, è andato e non so se c’è il drago, spero di no. In ogni caso non dobbiamo temere per il nostro amico, poiché la bestia non riconoscerà il suo odore e sappiamo tutti quanto sia silenzioso e sveglio il nostro Bilbo.”
Senza contare che ha l’Anello con sé ma, ancora una volta, rimango in silenzio.
 
Quante ore saranno passate? Forse una, oppure è solo da venti minuti che Bilbo Baggins si trova dentro la Montagna. Qui fuori ho perso la cognizione del tempo.
Ci troviamo tutti all’aperto, seduti contro la fredda roccia. Il clima invernale mi piace assai e mi rinfresca le idee. Thorin è seduto accanto a me e mi ha dato più di una volta il permesso di appoggiare la testa sulla sua spalla. All’improvviso ho una visione: un uomo alto, muscoloso, barbuto e dai bellissimi e dolcissimi occhi azzurri. Sorrido innamorata e stritolo il braccio di Scudodiquercia, stringendomi a lui. “Oh, Richard!” esclamo persa nel mio mondo, senza rendermi conto di aver parlato a voce alta.
“Chi è questo Richard?” mi domanda Thorin, senza lasciar trapelare alcuna emozione.
Ma sei tu, sciocchino! Per fortuna sono furba abbastanza da non rispondergli così, anche se questo quesito mi ha fatto sorridere.
“È un ragazzino che hai conosciuto a Pontelagolungo?” Non riesco a capire se il mio amore sia geloso o contento. Secondo me gli darebbe un po’ fastidio che io trovi qualcun altro, visto che prova indubbiamente qualcosa per me ma, dall’altra parte, sarebbe felice, visto che sa che è questa la cosa giusta.
“No, è l’attore che ti ha interpretato.”
Mi guarda senza capire, così fanno gli altri.
Odio questa situazione! Che diamine dico, adesso?! Fortunatamente trovo subito una via d’uscita e rispondo: “Un attore bellissimo che ti assomiglia tanto, infatti ti ha interpretato in uno spettacolo teatrale.”
Non vorrei arrivare a conclusioni affrettate, ma mi è parso che Thorin Scudodiquercia abbia sospirato sollevato dopo la mia risposta.
Il terreno sotto al mio sedere trema, così come la pietra dietro alla mia schiena. Noi tutti balziamo in piedi e guardiamo l’entrata della Montagna, impauriti.
“Era un terremoto!” esclama Dori, ma non è così e io lo so bene.
“Quello, ragazzo mio, era un drago.” Balin si volta verso di lui e lo guarda significativamente in faccia, risvegliando in me i timori che poco prima sembravano essersi dissolti al vento.
So già cosa farò: mentre i nani accoreranno in aiuto di Bilbo, io rimarrò dentro il tunnel segreto, al sicuro finché Smaug non si dirigerà alla città degli uomini.
 
Dentro alla Montagna è comparso un bagliore rossiccio. Fuoco. Anche Ori lo ha notato, infatti domanda preoccupato: “Che ne è di Bilbo?”
Thorin è in piedi accanto a me, improvvisamente cupo e ansioso. “Diamogli altro tempo,” risponde serio, fregandosene altamente della vita del suo amico, pensando solo a quella maledetta pietra.
Ho sempre odiato questa scena: Thorin comincia a diventare vittima della Malattia e per un momento pensa che l’oro sia più importante di Bilbo.
“Tempo per fare cosa? Per essere ucciso?” ribatte acidamente Balin. Non posso essere in disaccordo con lui.
Scudodiquercia guarda il suo vecchio mentore, quasi stupito. “Tu hai paura.”
Ovvio, genio: c’è un fottutissimo drago dentro questa fottutissima montagna!
“Sì, ho paura” risponde Balin con il tono di chi non teme di ammettere di provare timore. “Ho paura per te.”
Il futuro Re sotto la Montagna sgrana gli occhi a quell’affermazione.
“Una malattia grava su tutto quel tesoro,” riprende il saggio nano, “una malattia che portò tuo nonno alla pazzia.”
Thorin smette di guardarlo negli occhi e dice più a se stesso che a Balin: “Io non sono come mio nonno.”
Invece sì, mi dispiace riconoscere. Non so ancora come affronterò la pazzia del mio amore, spero soltanto che non mi tratterà troppo male. E come farò con Bilbo? Sarò sua complice o è meglio far finta di niente? Credo che sia consigliabile la seconda opzione.
“Non sei te stesso” gli dice il suo mentore e il suo consigliere. “Il Thorin che conosco non esiterebbe a entrare lì e…”
“Non metterò a rischio quest’impresa per la vita di uno scassinatore.” Non sa neanche cosa sta dicendo, come sempre ha parlato impulsivamente e, in fondo al cuore, sa che non sarebbe mai capace di lasciare lo hobbit al suo destino. Purtroppo, però, la Malattia si impossessa di lui, facendogli dire frasi che non vorrebbe pronunciare.
Balin, come gli altri nani, è rimasto bastito da quell’affermazione del leader. “Bilbo,” precisa, “il suo nome è Bilbo.”
Già adesso Thorin Scudodiquercia mostra segni di pentimento, lo si capisce dalla sua espressione. Si starà sentendo un ingrato: lo scassinatore lo ha salvato, senza di lui sarebbe morto, lo ha liberato dalle prigioni degli elfi e adesso sta rischiando la vita solo per recuperare una pietra. Anch’io, se fossi in lui, mi sentirei una merda dopo aver detto una frase del genere.
La mia interpretazione dev’essere corretta visto che, pochi secondi dopo, il capo della Compagnia si precipita dentro.
Noi restiamo soli a guardare l’erba, lì dove c’è ancora la pietra grigia. Nessuno apre bocca, neanch’io, stranamente.
L’unico rumore che si sente è quello del vento e dei corvi.
“Bah!” Gloin rompe il silenzio, prendendo l’ascia in mano. “Al diamine! Non me ne resterò con le mani in mano mentre i nostri amici sono lì dentro da soli con il drago. Io vado da loro. Chi vuole venire con me, mi segua.” Entra a Erebor.
“Ha ragione” concorda Dwalin stringendo la sua arma. “Vado con lui.”
Gli altri nani si parlano l’uno sopra l’altro, concordando con Gloin, nel frattempo varcano l’entrata.
Perché sento questo misterioso dolore allo stomaco? Non saprei specificare di cosa si tratti, è come una strana voglia, un fastidio, è come se il mio cervello mi stesse spingendo a compiere azioni che non voglio compiere.
Mai, mai mi sognerei di entrare lì dentro sapendo che c’è Smaug, eppure una parte di me non vuole saperne di restare qui impalata mentre i suoi amici affrontano una delle due parti più importanti della loro avventura. Sono o non sono anch’io un membro della Compagnia? Se sto attaccata ai nani non mi succederà niente. Così raggiungo i miei amici, sperando di non pentirmene in seguito.
 
Più ci avviciniamo al punto in cui si trovano Thorin e Bilbo, più sento caldo. Non è solo per il fuoco, bensì anche per l’ansia. Troviamo i diretti interessati vicini, lo hobbit si sta nascondendo dietro al nano, mentre quest’ultimo tiene la spada in mano e fissa qualcosa davanti a sé, qualcosa che si sta facendo sempre più vicina.
I miei amici cominciano a correre e raggiungono il loro capo facendo un grido di battaglia. Mi nascondo dietro ai nani, accanto al signor Baggins.
Non ho ancora visto il drago, so che si trova dinanzi a noi ma non voglio vederlo.
“Brucerete!” Mi basta udire la sua voce profonda e sibilante per tremare da capo a piedi. No, non volterò la testa, non voglio vedere quel mostro imponente, enorme e letale.
I nani gridano un’altra volta, io invece mi allontano sempre di più, tenendomi pronta a saltare.
Quando Smaug sputa fuoco, salto giù, sull’oro, e corro verso un altro tunnel. Sono stata la prima ad entrare, subito seguita da Bilbo. Thorin è l’ultimo a raggiungerci e lo fa rotolandosi per terra, visto che le fiamme l’hanno raggiunto. Quella specie di asciugamano che indossava sopra la giacca è bruciato, lui per fortuna no, è sano e salvo. Si riprende in meno di cinque secondi e corre avanti senza mollare la spada. “Avanti.”
 
Erebor è bellissima, ho sempre desiderato vivere qui con Thorin ed essere sposata con lui, ma così buia, silenziosa ha un aspetto minaccioso. Odio la Montagna Solitaria in questo stato, mi fa venire la pelle d’oca.
Thorin si ferma all’istante, intimandoci di fare silenzio. Si guarda intorno, per accertarsi che non ci sia il drago.
“L’abbiamo messo nel sacco?” Oh Dori, come vorrei possedere la tua ingenuità!
“No, è troppo astuto per questo.” Mi dispiace essere d’accordo con Dwalin.
“E dove andiamo ora?” domanda Bilbo il più sommessamente possibile.
“Nella cantina Ovest,” risponde Thorin, “magari c’è una via d’uscita.”
“È troppo in alto,” obietta Balin, “non c’è possibilità.”
“È l’unica possibilità!” scatta il mio bel nano sexy, sforzandosi di non alzare la voce. “Dobbiamo tentare.” Dà ancora un’occhiata ai corridoi davanti a lui, poi avanza facendoci cenno di seguirlo. Sto dietro di lui e gli stringo la mano, fissando il pavimento. Non credo di essere molto silenziosa e so che dobbiamo camminare piano per non fare rumore, ma io non ce la faccio, voglio andarmene da qui il prima possibile.
A bruciapelo sentiamo un tintinnio. Thorin si ferma, esattamente come il mio cuore. Smetto di respirare e tengo incollati gli occhi al pavimento, cercando di trattenere i miei lamentii silenziosi. So che Smaug è sopra di noi, perciò non oso alzare lo sguardo.
Scudodiquercia mi tira gentilmente il braccio, sta avanzando. Non ci penso due volte e lo seguo, mentre un ricordo balena nella mia mente.
 
Stiamo correndo in infiniti corridoi, dove finisce uno, comincia un altro. Questa Montagna è come un labirinto, mi domando come abbia fatto Thorin a viverci dentro, visto il senso dell’orientamento che ha.
“Restate uniti!” ci ordina il leader.
No guarda, stavo giusto pensando di andare a farmi un giretto da sola in questa montagna mentre c’è un drago sputafuoco a spasso.
Giungiamo in una stanza dove ci sono i cadaveri di certi nani, infatti c’è un certo fetore, ma non m’importa niente di esso, provo tristezza per quelle povere vite spezzate in una maniera tanto atroce.
Thorin Scudodiquercia sta guardando i morti e sicuramente non è molto felice, ma nasconde bene il suo sconcerto. Essendo un figlio di Durin e un re, non può permettersi di mettersi a piangere davanti ai suoi uomini, deve dare l’esempio ed essere forte per loro.
“È così, allora: non c’è via d’uscita.” Questa volta non sono d’accordo con Dwalin, visto che so che se la caveranno. Più che altro so che loro se la caveranno, a me potrebbe accadere qualsiasi cosa ed è proprio questo a spaventarmi.
Thorin non gli sta dando ascolto: è troppo preso dai corpi della sua gente, credo di non sbagliarmi se dico che dentro di sé gli pare ancora di sentire le grida disperate del suo popolo, mentre il fuoco distruggeva tutto.
“Gli ultimi della nostra famiglia.” Mi domando cos’abbia Balin oggi: parla ogni due per tre! Parla addirittura più di me, il che è tutto dire. “Devono essere venuti qui, sperando l’impossibile.”
Adesso anch’io ho come l’impressione di udire le urla di agonia di qualche povero nano. Rabbrividisco.
“Potremmo provare a raggiungere le miniere.” Balin rompe il nostro rispettoso silenzio di fronte a questo scempio. “Potremmo durare qualche giorno.”
Che bello! Tra poco Thorin dirà la mia frase preferita del film! Richard Armitage ha detto che è anche la sua frase preferita… wow! Quante cose abbiamo in comune!
Scudodiquercia fa un paio di passi avanti. “No,” ruggisce piano, “io non morirò in questo modo: acquattato, arrancando per respirare.” Ha pronunciato le ultime parole con disgusto: al solo pensiero di morire in un modo tanto disonorevole, senza combattere, inorridisce. Si volta improvvisamente verso di noi, determinato come non mai a far fuori la bestia. “Andremo alle fucine.”
“Lui ci vedrà, certo come la morte” obietta Dwalin.
“No se ci dividiamo” insiste Thorin.
“Thorin.” Balin lo guarda e scuote la testa, pensando che tutto questo sia una pazzia. “Non ce la faremo mai.”
“Qualcuno di noi potrebbe.” Il bel nano non ha intenzione di arrendersi, una delle tante qualità che mi piace di lui e un’altra cosa che abbiamo in comune. “Conduciamolo alle fucine. Uccideremo il drago.”
Apro bene le orecchie, mentre trovo Thorin sempre più sexy e desiderabile. In questa scena mi è piaciuto tantissimo, mi dava grinta e, allo stesso tempo, mi veniva voglia di saltargli addosso come la prima volta.
“Se la cosa finirà tra le fiamme, allora bruceremo tutti insieme.”
 
Thorin sta correndo come un invasato, seguito da me, Bilbo e Balin. Alla fine io e quest’ultimo ci nascondiamo in una nicchia, ma lo hobbit non vuole saperne: per lui Thorin sta andando incontro al suo suicidio e vuole fermarlo, nonostante le continue chiamate di Balin. Amo questa scena, dimostra quanto Bilbo ci tenga a Thorin.
“Thorin!” lo chiama il signor Baggins.
Scudodiquercia gli va incontro ma viene bloccato dallo sguardo di fuoco di Smaug.
Lo hobbit si volta e, non appena vede il drago, rivolge all’amico uno sguardo supplichevole. Continua a chiamarlo e a scuotere la testa anche quando Balin esce dal suo nascondiglio e lo tira indietro. Io non mi sono mossa da qui neanche per un secondo.
Smaug sputa fuoco e Thorin salta giù chissà dove, aggrappandosi ad una catena che lo sta portando sempre più in basso.
Mi è piaciuta questa parte del film, peccato che non riesca a vederla, ma non mi azzardo ad uscire allo scoperto neanche morta. L’unica cosa che riesco a sentire sono le urla disperate di Dwalin e le grida di Thorin, le quali non fanno altro che accendere in me il solito fuoco della passione. So che si salverà, quindi posso permettermi di pensare a tutte le porcate che voglio.
Qui fa un caldo della malora, non oso immaginare come debba sentirsi il mio adorato. Immagino che per la prima volta nella sua vita stia morendo di paura, in effetti si è ritrovato in una situazione scomoda.
Quella specie di ruggiti che fa spesso Scudodiquercia si stanno facendo sempre più vicini, mentre io, Balin e Bilbo fuggiamo da un’altra parte, per raggiungere gli altri.
Questa volta Thorin grida ancora di più e corre nella nostra direzione accompagnato da Nori, il quale l’ha aiutato a mettersi in salvo.
“Il piano non funzionerà,” dice Dwalin una volta che ci troviamo tutti al sicuro, “queste fornaci sono fredde come il marmo.”
“Ha ragione,” si intromette Balin, “non abbiamo un fuoco abbastanza forte per accenderle.”
“Non ce l’abbiamo?” Thorin fa un’espressione da furbo e, prima che possa fare stronzate, mi ricordo di quella cosa e gli dico: “Thorin, devo dirti una cos…”
Lui non mi dà ascolto e grida in direzione di Smaug: “Non pensavo fosse così facile metterti nel sacco! Sei diventato lento e grasso, nel tuo rimbambimento. Lumacone!”
Il drago si sta preparando per incenerirci tutti, ma Thorin mi stringe a sé e va a nascondersi dietro a una specie di colonna, così fanno anche gli altri.
Intorno a me non sento altro che un caldo pazzesco, chiudo gli occhi e affondo il viso nel petto ampio di Scudodiquercia, sperando che questa tortura finisca presto.
Una volta che le fornaci si sono accese, ci allontaniamo dal cancello per metterci al lavoro, mentre la bestia spinge per entrare.
Non so cosa fare, questo posto è enorme, troverei sicuramente un luogo in cui nascondermi. In ogni caso credo che seguirò Bilbo, mi fido di lui e non voglio allontanarmi troppo dai miei amici, qui mi perderei come niente.
Ricordandomi nuovamente di quella cosa, corro da Thorin, che sta impartendo ordini a destra e a manca. Quando mi trovo di fronte a lui, egli mi prende le mani e mi guarda negli occhi. “Thorin,” comincio, “interrompete tutto quello che state facendo, non funzionerà.” Volendo impedire la distruzione di Pontelagolungo, gli riferisco il punto debole del drago.
“Non dire sciocchezze e segui Bilbo” taglia corto lui.
“Thorin, ti chiedo per una volta di fidarti di me, credimi che state solo perdendo temp…”
“Femmina!” mi interrompe quasi ruggendo, facendomi fare un passo indietro. “Non dire a me cosa devo fare. Va’ da Bilbo, altrimenti ti ci porto di peso.”
Wow, che minaccia! Come se a me dispiacesse ritrovarmi tra le braccia di quel bellissimo nano! Alla fine non insisto, tanto non mi ascolterà mai e mi affretto dallo hobbit prima che Smaug possa rompere il cancello ed entrare.
Una volta che il drago si trova vicinissimo a noi, Bilbo Baggins mi prende per mano e corre più veloce che può verso la leva. Io tengo ancora gli occhi incollati a terra perché so per certo che, se vedessi quel mostro, non capirei più niente e morirei dalla paura.
Sono conscia del fatto che Smaug stia fissando proprio noi due, quindi non mi azzardo ancora ad alzare la testa.
“Ora!” grida Thorin.
Bilbo salta e tira la leva, un secondo dopo il drago viene travolto dall’acqua. Comincia ad agitarsi e temo di essere colpita dalla sua lunghissima coda. Il signor Baggins mi tira indietro e si mette davanti a me, come se volesse proteggermi. Sta guardando preoccupato la scena che si sta svolgendo sotto di noi: il drago sta avanzando minaccioso verso Thorin, così i nani gli lanciano addosso tutte le pietre che trovano, ma poco serve con un bestione del genere.
Una volta che Smaug è stato messo più o meno fuori gioco da Bombur, Scudodiquercia afferra una catena e tira finché non va a formarsi una specie di fiume d’oro.
Mi sono distratta e non mi sono accorta del vagoncino che stava per finire addosso a me e a Bilbo, per fortuna quest’ultimo mi ha abbassata. Non ho tempo per riprendermi dallo spavento, poiché la roccia sotto di noi comincia a traballare. In men che non si dica, la torretta su cui ci troviamo cade a pezzi e io e il mio amico rotoliamo per terra.
Spero con tutto il mio cuore che il drago non mi ucciderà, devo subito alzarmi e correre via.
“Scappate!” sento che ci urla Thorin Scudodiquercia.
Lo hobbit si riprende prima di me e mi afferra la mano, invitandomi a muovermi. Non appena mi alzo, senza volere, guardo Smaug negli occhi. Quello sguardo mi ha gelata e, la cosa che mi ha spaventata di più, è il fatto che stava guardando proprio me.
Non ci penso due volte e corro più veloce che posso verso la galleria dei re, trascinata da Bilbo che è molto più rapido di me.
Una volta raggiunta la destinazione, non aspetto che il bestione rompa la parete e mi faccia cadere addosso un arazzo, vado a nascondermi dietro a una colonna, lasciando il signor Baggins da solo. Probabilmente lui starà pensando che sia una stronza, ma io ho la coscienza a posto, perché so che si salverà, se no non l’avrei mai abbandonato.
Ora posso stare tranquilla, non penso che Smaug mi troverà, come non pensò che si prenderà la briga di andarmi a cercare: ha cose più importanti a cui pensare.
Il rumore del muro che si infrange mi fa fare un salto sul posto. Il drago è qui vicino e spero che il mio cuore non stia battendo troppo rumorosamente. Cerco di respirare il più silenziosamente possibile e nascondo un pezzo della mia tunica che si stava sporgendo dalla colonna.
“Tu!” ruggisce Smaug.
Sgrano gli occhi e smetto di respirare.
“Credi di potermi ingannare, cavalca barili?” Faccio un sospiro di sollievo: sta parlando con Bilbo. “Siete venuti da Pontelagolungo! Questo è un miserabile complotto tirato su da quei luridi nani e da quegli insulsi uomini del lago!” La sua voce, da irata, diventa minacciosa. “Credo che sia ora che faccia loro una visita.”
Avverto lo spostamento d’aria causato dalle sue possenti ali.
“Non puoi andare a Pontelagolungo!” Invidio il coraggio dello hobbit, il quale è uscito dal suo nascondiglio e sta correndo in direzione del drago, intenzionato a impedire una strage.
“Oh, tu tieni a loro, non è vero?” Il mostro si volta e fa per uscire dalla Montagna. “Allora puoi guardarli morire.”
“Qui!” Odo una voce possente e baritonale. La voce di Thorin. Amo questa scena, il mio amore è ancora più figo del solito, così osservo tutto, stando attenta a non farmi vedere dal drago. “Inutile, stupido verme!”
Smaug sta tremando dalla rabbia, dopodiché incendia il nano con lo sguardo. “Tu.”
“Adesso mi riprendo quello che tu hai rubato!” Il leggendario guerriero sta tenendo una catena e fissa il mostro, furioso, senza provare neanche un po’ di paura.
“Tu non ti riprenderai proprio niente da me, nano.” Smaug ha pronunciato l’ultima parola con disprezzo. Si erge all’altezza del principe nanico. “Io ho annientato i tuoi guerrieri tempo fa, io sono il Re sotto la Montagna.”
A quelle parole, Thorin va ancora più fuori di testa. “Questo non è il tuo regno!” esplode, inorridito da un’affermazione del genere: la sua famiglia ha scoperto quella montagna, la sua famiglia ci ha scavato dentro gallerie e ha lavorato sodo per accumulare sempre più ricchezze. Come può quell’insulso verme che ha ottenuto tutto questo con la violenza e la prepotenza anche solo pensare di essere il Re sotto la Montagna? Tutto quell’oro è di diritto dei nani. “È il territorio dei nani, l’oro dei nani. E noi avremo la nostra vendetta.” Con fretta, il nano grida qualcosa in Khuzdul, frettoloso di vedere morta quella creatura malvagia.
Compare dinanzi a Smaug una statua tutta d’oro, una statua che rappresenta il defunto Thror. Il drago la contempla a bocca aperta, specchiandosi in essa. Non si aspetta di certo che si tratti di una trappola, infatti sgrana gli occhi non appena quella meraviglia si squaglia come un gelato al sole.
In poco tempo la bestia è sommersa dall’oro bollente.
Thorin sorride vittorioso, non riuscendo ancora a crederci che sia tutto finito: finalmente si sono ripresi la loro terra, finalmente il mostro è morto e non hanno più nulla da temere. Comprendo la sua gioia, una gioia che, sfortunatamente, è destinata a svanire in meno di qualche secondo.
Smaug riemerge dal mare dorato, ruggendo rabbioso: “Vendetta? Vendetta?! Ve la faccio vedere io la vendetta!”
Bilbo, che mi aveva raggiunta non appena il drago era andato da Thorin, indietreggia e guarda spaventato il mostro. Da qui riusciamo a sentire la Porta Principale cadere a pezzi.
Lo hobbit va verso l’uscita e io lo seguo, non volendo perdermi lo spettacolo di Smaug che volteggia nell’aria ricoperto d’oro.
 
L’aria fredda mi punge da tutte le parti mentre mi arrampico sulle rocce in compagnia nel mio migliore amico.
Smaug si libra nel cielo e fa una piroetta, liberandosi dell’oro liquido che gli ricopriva tutte le squame. Sembra che siano piovuti brillantini.
Una volta libero da quell’ingombro, il bestione vola verso Pontelagolungo. Guardandolo dalla mia posizione sembra nero, nero come la notte.
Tutto intorno a me pare tremare udendo il vocione rimbombante del drago, che dice: “Io sono fuoco, io sono morte.”
Bilbo è ansioso e guarda dinanzi a sé respirando affannosamente. “Ma che cosa abbiamo fatto?”
 
Angolino autrice:
 
Ehilà! :D Ebbene, anche questa è fatta. Devo dire che è stato molto più facile di quanto pensassi, pensavo che sarebbe stata più dura descrivere la parte col drago, invece questa volta – stranamente – non è stato un parto ahah.
Ringrazio chi recensisce, chi legge, chi ha aggiunto la storia alle preferite, alle ricordate e alle seguite.
Comunque, la collana che Thorin ha fatto per Glenys, ce l’ho veramente e dobbiamo ringraziarla perché, senza di lei, non mi sarebbe mai venuta in mente quella scena.
Vi mando un grosso bacio e vi auguro buone vacanze! :*
Lucri <3

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Capitolo 24
*** La fine sta iniziando ***


Bilbo è ancora scioccato e sta guardando il drago dirigersi verso Pontelagolungo, mentre si tiene sulle rocce.
Io non so cosa dire, forse è meglio se sto zitta in un momento come questo, non è necessario dire sempre e comunque qualcosa.
Lo hobbit si avvicina a delle scale che conducono ad uno spiazzo di pietra. Non ci penso due volte e vado con lui, presto ci raggiungono anche gli altri nani, parlando fra loro sottovoce. Thorin è dietro di loro e sta fissando il terreno, in silenzio; è ancora dispiaciuto per quello che è successo, per un attimo aveva pensato che fosse finalmente tutto finito, invece quel bestione è sopravvissuto. Ha visto il mondo crollargli addosso.
Metto un piede sul primo scalino, ma qualcuno mi afferra il polso. Tiro per liberarmi, ma non ce la faccio e ben presto mi ritrovo davanti il volto triste e pallido di Thorin. Mi fa molta tenerezza, sembra un cucciolo infreddolito.
“Vieni, fammi compagnia.” Mi conduce su per le scale, ma non andiamo dai nostri amici, bensì ci fermiamo qui, osservando la Montagna Solitaria.
Mi volto un attimo per incontrare lo sguardo preoccupato di Bilbo, è a conoscenza della malattia del drago e sa che il suo amico potrebbe già esserne vittima, visto come si è comportato con lui a Erebor.
Scudodiquercia mi distrae dai miei pensieri quando mi circonda le spalle con il braccio e mi stringe a lui. “Questo povero re è molto afflitto, sai?” mi dice tristemente, strofinando la sua mano su di me, per riscaldarmi.
“So…” rispondo senza sapere esattamente cosa dirgli. Dopo averci pensato un po’, aggiungo: “Non preoccuparti per il drago, morirà. Quando arriverà il momento della battaglia tu stai lontano da Collecorvo, rimani concentrato e tutto andrà bene, te l’assicuro.”
“Non trovi che Erebor sia bellissima?” Non mi sta neanche ascoltando, temo che farà di testa sua quando ci sarà la Battaglia dei Cinque Eserciti, ma non è solo questo a incupirmi: il nano è bianco come un cadavere, sta fissando la Montagna e quando parla sembra uno psicopatico. Come se non bastasse non mi ascolta, è come se fosse in un altro mondo. Il tutto è inquietante.
“Sì, è veramente stupenda,” rispondo incerta: Erebor, così buia, con la neve che le cade addosso, la porta distrutta e i corvi che le gracchiano intorno ha un aspetto spettrale. No, non è affatto bellissima.
Quando giro la testa dall’altra parte vedo il fuoco che distrugge la città sul lago e odo fin qui i ruggiti furiosi di Smaug. Thorin Scudodiquercia rimane impassibile a tutto questo e ho notato che sta respirando bene a fondo, come se stesse combattendo un impulso. Suppongo che si renda conto che sta diventando vittima della malattia e sta lottando con tutte le sue forze per non cedere alle lusinghe dell’oro.
Un’improvvisa folata di vento mi fa venire la pelle d’oca, ma non sto tremando solo per questo: ho sentito le grida di dolore del drago, non esiste suono più agghiacciante. Dopo un paio di secondi, nell’aria rimbomba il rumore del corpo del mostro che cade in acqua privo di vita.
“Cos’è stato? Che è successo?” La vocetta spaventata di Ori giunge alle mie orecchie.
“È caduto, l’ho visto” sento che dice Bilbo.
In men che non si dica, i nani cominciano ad esultare felici e vittoriosi, subito dopo che Balin ha detto che presto tutti i popoli della Terra di Mezzo sapranno che Smaug è morto.
Lo sguardo di Thorin non mi piace per niente, ha l’espressione di chi, ritrovatosi improvvisamente senza rivale, può finalmente godere del suo tesoro. È diventato possessivo e voglioso. Mi afferra nuovamente il polso, facendomi un gran male. “Vieni con me, devo mostrarti una cosa.” Mi trascina giù per le scale e si avvia velocemente verso l’ingresso della Montagna, come se avesse paura che qualcun altro potesse arrivare prima di lui e impossessarsi dell’immenso tesoro di Erebor.
Spero di riuscire a risanarlo un po’, ma ho un brutto presentimento.
 
Thorin Scudodiquercia mi ha condotta nella sala del tesoro. Puzza ancora di drago.
Faccio fatica a camminare sulle monete, infatti inciampo, ma per fortuna ho un angelo custode che si chiama Thorin. “Sta’ attenta, piccolina,” ridacchia tenendomi.
Per un attimo mi sembra di rivedere il nano che ho conosciuto quella volta vicino alla casa distrutta del pastore, quel nano premuroso e dal grande cuore. Purtroppo quel momento fa presto a scomparire, visto che il sorriso sparisce dalle labbra di Thorin e ritorna quell’espressione da pazzo psicopatico. Mi afferra un’altra volta il polso e mi tira. “Vieni” mi ordina imperiosamente con una voce talmente profonda da farla rimbombare per tutta la sala.
Il guerriero nanico infila la mano nel mare d’oro e cerca qualcosa. Quando la trova, la tira fuori e mi ritrovo davanti una collana dorata decorata con rubini. Thorin non mi dà neanche il tempo per meravigliarmi di questo splendore, che mi prende il ciondolo. “Levati questa tacca.” Con violenza, tira la collana e la butta a terra.
Mi ha fatto leggermente male e ho fatto fatica a trattenere un lamento di dolore. Guardo dispiaciuta il regalo che mi ha fatto davanti alla porta. La collana che il nano ha in mano è cento volte più bella, ma non mi piacciono i gioielli sfarzosi, preferisco di gran lunga quel semplice ciondolo in legno, anche perché ha un valore affettivo per me.
Thorin si posiziona dietro di me, posso sentire il suo sensuale respiro sul mio collo.
“Thorin, questa collana è molto bella, però non ce n’è bisogno,  davvero. Mi accontento di quella che mi hai fatto davanti alla porta, la trovo bellissima, la preferisco a questa” gli dico, anche se so che molto probabilmente non mi sta neanche ascoltando.
“Sono il Re sotto la Montagna e tu ti trovi nel mio regno, non esiste che una fanciulla disubbidisca ai miei ordini.”
Proprio come pensavo… sospiro mentre egli mi mette la collana. Non si allontana da me neanche quando ha finito, rimane dietro alla mia persona e continua a toccarmi i capelli.
È una fortuna che non mi sia rotta il collo, visto che questa collana pesa più di me.
In un'altra situazione mi sarei sentita in paradiso, ma ora come ora Scudodiquercia mi fa un po’ paura: è imprevedibile e la malattia lo sta uccidendo interiormente.
“Lo sai?” sussurra accostando le labbra al mio orecchio. “Ci sono tantissimi gioielli in questa Montagna, gioielli che su di te risplenderebbero di nuova luce.”
“Ti ringrazio, ma non disturbarti, davvero, io non…”
“Tu indosserai quello che vorrò io.” Si allontana ed entra in una specie di tunnel che si trova in questa sala.
Non volendo restare sola in questo luogo enorme e maledetto, lo seguo, non del tutto sicura di potermi fidare completamente di lui. Mi ritrovo in una stanza dove ci sono degli abiti, delle mappe, degli utensili da lavoro e qualche gemma. Doveva essere la camera di Thror.
Quando guardo dinanzi a me, ammutolisco: Thorin è a petto nudo. Osservo incantata quella peluria nera che ho imparato ad amare e con gli occhi percorro i pettorali del nano, fino a giungere agli addominali ben scolpiti.
Come se questa incantevole visuale non fosse abbastanza, Scudodiquercia mi rivolge un sorrisino super sexy, mentre sistema il mantello che era appartenuto a suo nonno.
Per malasorte il nano indossa subito una cotta di maglia e si sistema il regale mantello sulle spalle. Una volta fatto ciò, prende lentamente e solennemente la corona posata su un elegante cuscino di velluto rosso.
Nel momento in cui Thorin si gira verso di me, mi ritrovo faccia a faccia con un nano nuovo, elegante e con una corona sulla sua testa. Un nano che non conosco.
 
Mi trovo ancora nella sala del tesoro con Thorin. Per tutto questo tempo non ha aperto bocca, si è limitato a guardare l’oro e a prenderlo in mano, qualche volta, come se stesse accarezzando un cucciolo.
“Thorin!” lo chiama una voce famigliare, una voce che mi fa urlare di gioia dentro di me. Almeno adesso non sono più sola con questo malato di mente.
Il nano sfodera la spada e si volta verso il nuovo arrivato, dopo avermi spinta dietro di lui, ma non credo che l’avesse fatto per proteggermi da eventuali aggressori, bensì per impedire che qualcuno potesse portarmi via da lui, temo che mi consideri di sua proprietà.
Bilbo fa un passo indietro e alza le braccia, fissando sbigottito la lama puntata contro di lui.
Thorin, riconoscendo lo hobbit, si rilassa e mette giù la spada. “Ah, mastro Baggins, sei tu.”
Il signor Baggins si mette una mano sul cuore e fa un profondo respiro; dopo che si è ripreso dallo spavento, sorride forzato e nervoso. “Volevo dirti che noi, lassù, stiamo festeggiando, visto che il drago è morto.”
“Me ne sono accorto.”
Bilbo mette le mani dietro alla schiena e si dondola leggermente, guardando il pavimento, alla ricerca delle parole giuste da usare con quel mentecatto. “Volevo chiedervi se vi andava di unirvi a noi.”
Mi andrebbe di festeggiare, la compagnia degli altri nani mi è mancata e non vedo l’ora di rivedere Dwalin. In più, magari, con i suoi amici Thorin si rilassa un po’ e la smette di comportarsi in modo strano. Così faccio un saltello e applaudo. “Una festa? Che bello! A me va bene.” Faccio un passo avanti con l’intento di seguire Bilbo, ma Scudodiquercia mi afferra la giacca, impedendomi di muovermi.
Lo guardo interrogativa, già sapendo che non potrò andare a darmi alla pazza gioia, cosa di cui ho un estremo bisogno in questo momento.
“Mi dispiace signor Baggins, ma noi rimarremo ancora un po’ in compagnia del mio tesoro” gli risponde Thorin con tono gentile. “Unisciti a noi, per me sarebbe una gioia.”
“Lo sarebbe anche per me, ma gli altri mi stanno aspettando” gli risponde il più educatamente possibile lo hobbit.
Il nano corruga la fronte. “Stai forse disobbedendo agli ordini di un re?”
Bilbo lo guarda amareggiato e per un attimo mi dà un’occhiata. Stiamo pensando la stessa cosa: Thorin è messo proprio male. Dopodiché sospira e si avvicina a noi.
“Molto bene, signor Baggins,” dice il nano, “sappi che devi sentirti onorato di questa gentilezza, ma non potevo fare a meno di invitarti a passeggiare con noi. Sei una delle poche persone di cui mi fido in questo branco di avvoltoi.”
Branco di avvoltoi? Ah, bene, sta già iniziando a dubitare persino dei suoi amici e dei suoi famigliari…
 
Credo di non essermi mai annoiata così tanto in vita mia, persino il mio soggiorno nelle celle degli elfi silvani è stato più divertente di questo. Thorin, per tutto il tempo, non ha fatto altro che gongolare per ogni tesoro che trovava. Passa dall’essere del tutto euforico all’essere completamente nevrotico, visto che non trova l’Arkengemma.
Ora io e Bilbo siamo seduti su una collinetta di monete d’oro, il mento appoggiato sui palmi delle mani. Allo hobbit stanno cascando i cosiddetti, anche lui non ce la fa più di sentire il nano vantarsi per quanto sia immensamente ricco.
“Thorin.” Finalmente un’altra anima qui sotto! E sono felice di vedere che si tratta di Dwalin.
Scudodiquercia lo guarda seccato e allontana una gemma che stava tenendo in mano.
“Siete tutto il tempo rintanati in questa sala, venite su, c’è da mangiare.” Il vecchio amico gli fa cenno di seguirlo ai piani superiori, ma Thorin non ne vuole sapere.
“Stiamo benissimo qui, grazie” risponde freddo il nobile nano, accarezzando la gemma che ha in mano come se si trattasse di un figlio, di una persona cara.
Dwalin sospira pesantemente, conscio del fatto che sta lentamente perdendo la guida che da sempre aveva stimato. I suoi occhi stanchi si posano su di me. “Almeno lascia che venga su la piccola, ha bisogno di mangiare.” Mi passa affettuosamente una mano sul volto e sui capelli.
Thorin si volta e lo fulmina con lo sguardo, lo guarda come se avesse appena decapitato suo nonno o suo padre. Mi raggiunge con pesanti e lunghe falcate e, non appena si trova vicino a me, mi stringe possessivamente a sé. “Non toccarla! Non è tua!” ruggisce.
Dwalin sgrana gli occhi, così fa anche Bilbo e così faccio anch’io. Quel non è tua ci ha lasciati basiti tutti e tre.
“Che il signor Baggins vada pure, ma Glenys passerà la notte con me” dice categoricamente Scudodiquercia, senza mollarmi neanche per un secondo.
Che cosa buffa: un tempo, passare la notte con quel nano, mi sarebbe sembrata una cosa pazzesca, da sogno, adesso invece ho paura, ho paura che possa farmi qualcosa.
Per fortuna quel pazzoide ha lasciato andare Bilbo, se no quel poveretto sarebbe morto di fame e per quando riguarda me… be’… spero che non mi terrà rinchiusa qui dentro come se facessi parte del suo tesoro, ho bisogno di mangiare anch’io. Mi ricordo che nel film Thorin non mangiava e non dormiva, io non sarò una mangiona però necessito di cibo come qualsiasi altro essere vivente, anche perché sono già deboluccia di mio, se non metto niente dentro di me è la fine!
“Thorin, ricordati che è solo una ragazzina, deve mangiare. Trattala bene, mi raccomando” lo supplica Dwalin. Mi commuove il fatto che si preoccupi così tanto per me, speriamo che il suo migliore amico faccia tesoro delle sue parole.
Quando il guerriero pelato e Bilbo spariscono dalla sala del tesoro, mi sento morire. Questa volta, trovarmi da sola con Scudodiquercia, non è divertente e neanche eccitante.
“Thorin?” lo chiamo prima di andare a dormire. Quando ho la sua attenzione, gli chiedo: “Tu non mi faresti mai del male, vero?”
Fa il consueto mezzo sorriso, solo che non è più dolce come una volta, ha un non so che di malato. Mi accarezza la nuca, accostando il mio viso al suo. “Non potrei mai farti del male, sei il mio piccolo tesoro, il mio dovere è proteggerti. Dico bene?”
La risposta non mi ha tranquillizzata, il fatto che sia il suo piccolo tesoro mi spaventa assai.
“Ora sdraiati, io non dormirò, veglierò su di te: nessuno verrà a disturbarti.” Si siede davanti al mio corpo sdraiato sull’oro e tiene stretta in mano un’ascia, sarebbe capace di uccidere chiunque osasse mettere piede qui dentro, anche se si trattasse di un amico o un parente.
Il fatto che mi protegga dovrebbe farmi stare calma, giusto? Ma lui non mi sta proteggendo, mi sta facendo sua prigioniera.
 
Angolino autrice:
 
Salute a tutti! ^_^ Come state?
Come avrete notato, questo capitolo è piuttosto cupo. Mi dispiace se non scrivo più capitoli allegri ma, come ho già detto, per me è difficile mantenere il clima sereno in un momento così critico. Comunque non disperate! Ci sarà ancora spazio per qualche siparietto comico, se mi verrà in mente qualcosa di esilarante.
In ogni caso, il titolo del capitolo, è tratto da una frase della canzone Shattered, degli Trading Yesterday.
Ringrazio ancora una volta chi recensisce, chi legge, chi ha aggiunto la storia tra le preferite, le ricordare e le seguite.
Vi adoro! :*
Un bacio!
Lucri <3

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Capitolo 25
*** L'incubo ***


“Glenys, vieni qui.” L’ordine è preciso e conciso. Non mi conviene disobbedire. Così mi avvicino al nano, pensando che il suo sguardo serio e severo non mi piace per niente.
Quando mi trovo davanti a Thorin, lui mi mette una mano sul fianco, stringendomi a lui. I nostri nasi si sfiorano e lui tiene le labbra socchiuse, guardando estasiato le mie.
Mi sto eccitando: questa vicinanza col nano e il suo respiro sul mio viso mi mandano in Paradiso.
Scudodiquercia comincia a succhiarmi il collo, facendomi gemere. Sento il pizzicore che causa la sua barba, ma è una sensazione piacevole, tutt’altro che fastidiosa.
Le mani del nano corrono al mio sedere, mi costringe a stringere le gambe intorno a lui, poi mi posa su una montagna d’oro, baciandomi in bocca.
L’estasi finisce quando Thorin mi tira giù i pantaloni. Posso solo immaginare cosa voglia fare.
“Thorin,” lo chiamo, “non ti offendere, ma non mi sento pronta.”
Egli non mi ascolta e mi leva con forza i pantaloni, poi comincia a trafficare con le mie mutande.
Il mio cuore comincia a galoppare: ho paura di fare l’amore, e se dovesse fare male? Il nano è talmente fuori di testa ultimamente che la delicatezza dev’essergli del tutto sconosciuta in questo momento.
Scudodiquercia si slaccia le braghe e mi ritrovo faccia a faccia con il suo membro: è enorme e peloso, una roba del genere mai più mi entra dentro.
Sgrano gli occhi a quella vista. “Ti giuro, non me la sento proprio. Mi fido di te,” mento, visto che non mi fido di lui, non più, “però non sono ancora pronta, mi dispiace.”
Ancora una volta rimane in silenzio e non reagisce alle mie parole, l’unica cosa che fa è abbassarmi e tenermi ferma.
Provo ad andarmene, ma lui mi blocca ringhiando.
Non mi arrendo e insisto dicendo che non voglio fare l’amore, successivamente il guerriero nanico tira fuori un pugnale dallo stivale e me lo punta contro la gola. “Tu farai quello che dico io. Sono o non sono il re di Erebor?” sibila con tono minaccioso e provocante.
A quanto pare non ho altra scelta. E se dovessi rimanere incinta? Lo sarei anche se dovessi improvvisamente svegliarmi nel mio mondo? In ogni caso non voglio avere un figlio, ho paura del parto. Dunque dico a Thorin: “Potresti prendere delle precauzioni? Non voglio restare incinta.”
“Mi serve un erede” mi risponde.
Proprio come temevo. Molto probabilmente non può andare peggio di così, o almeno la penso in questo modo prima che una pietra cada fuori dalle tasche della mia giacca. La guardo sbalordita: come ci è finita nella mia tasca?
“Che cos’è?” ringhia il nano allontanandosi dal mio corpo. Afferra la pietra e, non appena si rende conto che si tratta dell’Arkengemma, corruga la fronte e stringe ciò che ha in mano, come se volesse ridurlo in frantumi.
So cosa sta pensando e adesso ho ancora più paura di prima: la mia vita potrebbe finire in meno di qualche secondo. “Non è come pensi, non so come ci sia finita nelle mie tasche, te lo giuro…” Sto per aggiungere altro, ma lui si alza, afferra una coppa e la lancia con rabbia contro il muro.
Mi allontano ancora con il sedere sulle monete d’oro.
Thorin afferra nuovamente l’arma e si accosta pericolosamente a me. “Ora sarò costretto a ucciderti veramente!” Mi prende per il colletto della camicia e mi fa un taglio sulla guancia.
Chiamo Dwalin e Bilbo, non importa chi, basta che qualcuno venga a salvarmi.
“Nessuno può sentirti qua sotto.”

 
Per fortuna, appena apro gli occhi, sono conscia del fatto che si sia trattato tutto di un incubo; tuttavia il mio cuore batte freneticamente e non vuole saperne di calmarsi.
Mi fa male la schiena: dormire sulle monete non è comodissimo, quindi mi sposto. Mi guardo intorno e non riesco a capire se è giorno o notte, poiché l’oscurità è perenne in questa sala.
Thorin Scudodiquercia è seduto a gambe incrociate davanti a me, non credo che stia dormendo.
“Thorin?” lo chiamo.
“Dimmi, mia gemma.”
Mia gemma? Ah, carino.
“Che ore sono?” gli chiedo sbadigliando, mentre mi stiracchio.
“Suppongo sia mattino,” risponde senza voltarsi a guardarmi. Il suo tono è inespressivo, un tempo mi avrebbe almeno sorriso o fatto una carezza e mi avrebbe intimato di tornare a dormire perché è troppo presto. Quei tempi, ora, mi sembrano troppo lontani.
La mattina non ho mai voglia di mangiare e questa volta non fa eccezione, soprattutto con tutta l’ansia che ho per via di quello che sta succedendo. Però è da ore che non mangio niente, infatti mi sento priva di forze.
“Thorin, posso andare su a mangiare qualcosa? È da ore che non mangio niente, così rischio di stare male.” Spero che capirà, so che non è molto ragionevole adesso.
Lui mi guarda pensieroso, mentre si gratta il mento. Dopo un po’ chiama Bilbo a gran voce.
Lo hobbit non arriva.
Thorin grida il suo nome ancora più forte ed ecco che un spaventato ed agitato signor Baggins si precipita giù per le scale, per poco non cadeva con la faccia a terra! Quando si trova dinanzi al regale nano, gli chiede con affanno: “Sì Thorin?”
Scudodiquercia mi prende per mano e mi conduce elegantemente avanti. “Accompagna Glenys a fare colazione, poi riportamela subito qui.”
Bilbo mi prende per mano, non ha levato gli occhi dal nano neanche per un secondo. “E tu non mangi?” gli domanda con apprensione.
Thorin rilassa il volto in un dolce mezzo sorriso. “Non preoccuparti per me, signor Baggins.” Il suo volto torna cupo e da psicopatico. “Devo fare la guardia al mio tesoro, non posso lasciarlo solo neanche per un secondo.”
“Vuoi che ti porti qualcosa?” Lo hobbit non demorde; in questo momento è come le nonne con i nipoti: il nano non vuole mangiare? Non esiste.
Scudodiquercia si volta dall’altra parte. “Non ho fame” risponde semplicemente, poi comincia a cercare l’Arkengemma in mezzo alle monete d’oro.
Bilbo rimane ancora per un po’ fermo a fissare il suo amico, ho come l’impressione che voglia insistere avanti. Alla fine lo hobbit sospira e mi invita gentilmente ad avanzare: anche lui sa che è inutile cercare di convincere Thorin a fare una cosa; non si lasciava persuadere prima, figuriamoci ora che ha la testa chissà dove.
 
I pochi nani che ci hanno accompagnati a fare la festa a Smaug, sono seduti su un deprimente tavolo in legno, pieno di ragnatele. Nessuno di loro sta parlando, c’è chi fissa il tavolo giocando con qualche filo e c’è chi guarda un punto nel vuoto.
“Ragazzi!” squittisce Bilbo. “Guardate un po’ chi vi ho portato!” aggiunge alzandomi il braccio come se avessi vinto una competizione sportiva.
I nostri amici si riscuotono e, non appena mi vedono, sorridono.
Sono felice di renderli allegri, anche perché non mi piace vederli così giù di morale.
“Glenys! Glenys cara! Bambina mia! Come stai? Thorin ti ha fatto qualcosa?” mi chiedono tutti quanti, prendendomi in braccio e facendomi girare in aria.
Rido piena di gioia: mi erano mancati e mi dispiace riconoscere che lontana da Thorin Scudodiquercia sto meglio. Mai avrei pensato che un giorno avrei provato queste cose riguardo al re nanico.
“C’è ancora qualcosa da mangiare?” chiedo speranzosa, se no rischio veramente di morire di fame.
“Come no!” esclama Balin, poi corre a cercare qualcosa nel suo bagaglio. Tira fuori del formaggio e del miele. Proprio quello che mi ci voleva.
“Thorin ti ha fatto del male?” Dwalin mi guarda serio e anche leggermente arrabbiato mentre faccio colazione.
Mi levo il miele dalla bocca con un fazzoletto, dopodiché rispondo: “No, ma non mi lascia uscire dalla sala del tesoro, mi dà il permesso solo se c’è Bilbo con me.”
Il migliore amico del leader dei nani sospira e guarda il pavimento, constatando che la situazione è drammatica esattamente come temeva.
“Glenys, posso parlarti un momento?” mi chiede il signor Baggins.
Che mi vorrà mai dire? Forse qualcosa a riguardo dell’Arkengemma? E se volesse che diventassi sua complice? Non credo che accetterei: mai vorrei che l’ira di Thorin Scudodiquercia si rivoltasse su di me.
Quando io e il mio amico ci troviamo lontani dagli altri, Bilbo mi racconta: “Quando mi trovavo nella Montagna, dopo essere fuggito da Smaug, Thorin si è arrabbiato con me perché non ho trovato l’Arkengemma e ha tentato di uccidermi.”
La sapevo già questa cosa, ma sgrano ugualmente gli occhi, come se non sapessi ciò che mi ha appena raccontato Bilbo e fossi rimasta sorpresa.
“Con questo voglio dirti di stare attenta a Thorin,” riprende preoccupatissimo, “cerca di stargli il più lontano possibile. Non è in sé, non è più il nano nobile e onorevole che ho conosciuto a Casa Baggins.”
“E come faccio?” gli chiedo con gravità. “Mi tiene con sé come se fossi il suo tesoro e mi lascia andare solo se tu sei con me.”
“Passerò più tempo con te” dice Bilbo come se fosse la cosa più facile del mondo.
Faccio un’espressione ironica. “Non funzionerà, prima o poi Thorin verrà a cercarti e mi rivorrà indietro.”
Lo hobbit si picchietta la fronte con un dito e pensa con impazienza, battendo il piede per terra. Sembra Winnie the Pooh quando dice: pensa! Pensa! Pensa!
“Ci penserò.” Bilbo si riprende all’improvviso dai suoi pensieri, ma è ancora agitato. “Intanto ti riporto da Thorin, se no poi non si fiderà più neanche di me e tu resterai sola in balia della sua follia.”
L’idea mi fa rabbrividire.
 
Quando rimetto piede nella sala del tesoro mi sento mancare il respiro: qui si soffre di claustrofobia e un drago è rimasto spaparanzato su questo oro per troppo tempo, è come se l’ambiente fosse malato, contaminato dalla malvagità di quella bestia.
“Dove diamine è finita?!” sento gridare Thorin facendo rimbombare la sua voce irata e profonda per tutta la stanza, poi tira un rumoroso pugno al muro.
Ho sentito un colpo allo stomaco. Bilbo dev’essersi accorto che mi sento male, infatti mi stringe più forte la mano, per darmi coraggio.
Non voglio restare sola con Thorin quando è così, mi fa seriamente paura.
Lo hobbit scende cautamente l’ultimo scalino, senza mollare la mia mano. Camminiamo lentamente sulle monete, facendo attenzione a dove mettiamo i piedi.
“Thorin, te l’ho riportata.” Parlano di me come se fossi un oggetto, e la cosa mi inquieta assai.
Scudodiquercia, quando mi vede, si rilassa un attimo e sorride con dolcezza. Ancora una volta mi è parso di rivedere il vecchio Thorin, il mio Thorin, ma non mi faccio illusioni: è solo una mia impressione; è vero che da qualche parte c’è ancora quel nano coraggioso e gentile, ma non so in che posto e non so neanche come farlo uscire fuori.
Il nano mette le braccia conserte e mi fissa immerso nei suoi pensieri, il sorriso non abbandona le sue bellissime labbra.
“Posso andare adesso?” gli chiede con prudenza Bilbo.
“No,” risponde categorico Thorin, “resta qui a fare la guardia al mio oro, devo portare Glenys in un posto.” Detto questo mi afferra il polso e, senza darmi una sola parola di spiegazione, mi conduce su per le scale.
 
Stiamo camminando per le numerose strade di Erebor. La luce penetra da una grande vetrata, causando dei giochi di colore meravigliosi.
Thorin si ferma davanti a una casa di pietra, rovinata. La porta di legno è bruciata, quindi riusciamo ad entrare senza problemi. L’interno è grande e ben arredato, pieno di mobili in legno, tutti rovinati a causa del fuoco.
Il nano mi guida su per una scala a chiocciola e ben presto mi ritrovo in una stanza grande con il letto a baldacchino. C’è un silenzio inquietante qui dentro e c’è odore di umido. Questa camera è tutta in ordine e sa di vissuta.
Scudodiquercia apre un armadio dentro al quale ci sono tantissimi abiti da donna. Ne prende uno verde con un’ampia scollatura là della gonna, in modo tale che la gamba sia in bella vista. Me lo mette davanti; mi piace un sacco, sembra un abito celtico. “Questo apparteneva a una persona speciale, voglio che tu lo indossi.”
Non serve che dica chi sia questa persona speciale, ho già intuito a chi si riferisce.
“E voglio anche che metti queste scarpette.” Tira fuori da sotto il letto due semplici scarpe nere con i lacci, delle ballerine. “Dopo ti farò le treccine e sei pregata di non levartele.”
Ho capito cosa vuole fare: vuole trasformarmi nella sua donna defunta.
 
Angolo autrice:
 
Salute a tutti! :D Volevo avvisarvi che forse non pubblicherò prima del 28 Agosto. Quindi, se in questi giorni non aggiorno, non preoccupatevi, non sono morta, sto semplicemente studiando per l’esame xD.
Un bacio!
Lucri <3
P.s. Dedico questo capitolo a Richard Armitage: oggi è il suo compleanno *w*.

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Capitolo 26
*** Non voglio farti del male ***


A quanto pare, quando Thorin ha detto che somiglio molto a Gwarka, non intendeva solo caratterialmente, bensì anche fisicamente: l’abito verde della ragazza mi fascia perfettamente il corpo, come se fosse stato fatto su misura per me.
Mentre mi guardo allo specchio penso che il nano abbia fatto proprio un ottimo lavoro sulle due trecce che ora mi ricadono sul petto.
Thorin Scudodiquercia è dietro di me e sta studiando la mia espressione, da quel che vedo nello specchio. “Ti piace?” mi domanda vittorioso, avendo notato la mia faccia soddisfatta.
“È molto carino” sono costretta a riconoscere, nonostante non sia un’amante degli abiti femminili, preferisco di gran lunga i miei vestiti maschili.
Il nano è sempre più appagato, infatti ha allargato il mezzo sorriso. A dispetto della sua ormai nota e amata espressione facciale, continuo a vedere un velo di pazzia e desiderio nel suo sguardo.
Questa stanza appartenuta a una persona morta mi rende inquieta, senza contare che mi trovo qui da sola con questo malato di mente! Fuori da questa casa ci sono piani e piani di scale, nessuno mi sentirebbe se dovessi mettermi a strillare. Dunque mi sposto, per far capire a Thorin che sarebbe ora di andare, ma lui mi afferra da dietro, spaventandomi a morte.
All’improvviso mi torna in mente l’incubo che ho fatto prima di svegliarmi e l’ansia aumenta in me.
Mi tranquillizzo non appena mi rendo conto che egli non voleva gettarmi sul letto, voleva semplicemente prendermi in braccio come farebbe con una sua ipotetica sposa. Mi manca il Thorin cavalleresco e galante, quello pieno di onore e che non mi avrebbe toccata neanche con un fiore.
“Se permetti riporto la gemma più bella di tutte nella sala del tesoro.” La malattia del drago dev’essere particolarmente forte, visto che è improvvisamente diventato romantico.
“Non c’è problema, la gemma è un po’ stanca” la butto sul ridere. Così, tanto per sdrammatizzare un po’.
Scudodiquercia si è messo a ridere e ancora una volta mi ha scaldato il cuore, anche se non so se la sua sia una risata sincera o malata.
 
“Eccoci qua.” Thorin mi pone su una delle tante colline dorate – come le chiamo io – e si inginocchia davanti a me. Mi sta fissando e non ha smesso di sorridere neanche per un secondo; non capisco se sia intenerito o se mi stia guardando come se lui fosse un bambino e io il suo nuovo giocattolo.
Mi sento leggermente a disagio: odio quando la gente mi fissa senza dire niente!
Trovo una posizione più comoda su queste scomodissime monete e dico la prima cosa che mi passa per la testa, giusto per eliminare questa situazione imbarazzante. “Perché mi fissi? Ho qualcosa in testa? Un ragno?” esclamo toccandomi il capo, facendo di proposito una voce spaventata, per scherzare. “A proposito di ragni… ti ricordi di quel ragnetto che c’era in bagno a Pontelagolungo?” Arriccio il naso con aria schifata, sperando che, rivangare episodi del passato, possa risvegliare il nano altruista e corretto di cui mi sono innamorata.
Egli guarda in basso e soffia una breve risata. “Sì, mi ricordo.” Torna a guardarmi. Spero di non sbagliarmi se dico che, adesso, la sua espressione è dolce, proprio come sarebbe quella di un padre che guarda la propria figlia.
Sto per aggiungere un’altra cosa, sempre riguardo al ragno, ma egli mi precede: “Comunque ti fisso perché sei bellissima.”
Il mio cuore sta galoppando come un cavallo in una gara di corsa e mi sento fragile come una gelatina quando lui mi sfiora gentilmente la guancia. Ha la stessa faccia che aveva nel terzo film, quando aveva affettuosamente messo la sua testa contro quella di Kili. Se vedrò quella scena dal vivo, probabilmente piangerò.
“Grazie,” gli rispondo, “anche tu sei molto bello.”
Troppo bello.
Il sorriso che mi sta rivolgendo Scudodiquercia è uguale a quello che ha fatto a Bilbo nell’ultimo film e, se al cinema mi stavo sciogliendo, ora sono letteralmente morta. Come se non bastasse, il bel nano mi accarezza nuovamente la guancia. “È tutto perfetto: ho la mia Montagna, sono il nano più ricco della Terra di Mezzo e mi trovo in compagnia della mia gemma…” Lentamente, i suoi brillanti occhi azzurri si spengono, chiude la mano a pugno e guarda il pavimento. Ormai il sorriso ha abbandonato le sue labbra impeccabili.
Mi domando cosa gli stia passando per la testa.
Thorin si alza e prende a calci un mucchietto di monete d’oro. “Se solo l’Archepietra fosse nelle mie mani!” urla rabbioso, dandomi ancora una volta l’impressione che le pareti siano tremate, come se fosse stato Smaug a parlare.
Scudodiquercia non si volta verso di me, rimane con le spalle curve, mentre si passa le mani sul viso. Non ce la faccio a vederlo così, quindi mi avvicino a lui.
Non so se ho preso la decisione giusta, sinceramente ho paura di come potrebbe reagire. Alla fine, però, trovo un po’ di coraggio e gli do un veloce e tenero bacio sulla guancia, come se stessi cercando di curare le sue ferite interiori.
Il nano leva le mani dai suoi capelli e, dopo un paio di secondi, mi guarda negli occhi e rilassa il viso in un sorriso dolcissimo e pieno di affetto. Quell’affetto presto si trasforma in desiderio, visto che adesso sta fissando incantato le mie labbra.
Non mi muovo, sarei una stupida se mi spostassi: è da tanto che ho atteso un bacio sincero da lui.
Purtroppo Scudodiquercia si blocca subito e mi dà velocemente le spalle. “Allontanati da me.”
Ho sentito bene? Che ho fatto adesso? Mi avvicino a lui e gli chiedo gentilmente di ripetere.
Thorin si stringe nelle spalle e non mi sta ancora guardando, come se avesse paura di incontrare il mio sguardo. “Non voglio farti del male,” risponde sommessamente, infatti ho fatto fatica a sentire.
Mi fa piacere che, finalmente, abbia capito che sta diventando troppo possessivo nei miei confronti, però non so se resisterò a stare lontana da lui. In realtà vorrei guarirlo dalla malattia, ma mi sono resa conto che, più gli sto vicina, più la pazzia aumenta. Inutile dire che questo fatto mi rende abbastanza triste, speravo che sarei stata come Bilbo, ovvero che sarei riuscita a tirare fuori il lato buono di lui. Invece, evidentemente, stare insieme fa male sia a me che al nano.
“Non sono in me. Vattene, prima che io ti faccia qualcosa.”
Non so cosa dirgli. Vorrei aiutarlo, ma so quanto sia testardo il mio tesoro, non mi lascerebbe mai stargli accanto ora che ha preso questa decisione.
Così mi allontano da lui, ancora insicura sulla scelta che ho fatto.

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Capitolo 27
*** Non ti riconosco più ***


Malgrado il mio pessimo senso dell’orientamento – per quanto riguarda questo, Thorin potrebbe solo lucidarmi le scarpe –, ho appreso che strada devo fare per giungere nella sala dove, solitamente, i nani si girano i pollici.
Non saprei dire con certezza come mi sento. Da una parte bene, perché Thorin ha capito che si stava comportando male; da un altro lato, tuttavia, sono giù di morale: non ce la faccio a stare lontana da lui. Mi mancheranno i suoi sorrisi, le sue carezze, i suoi complimenti pronunciati con quella voce roca, meravigliosa. Mi rallegro pensando che, alla fine, il nano tornerà come prima. A quel punto dovrò dare il meglio di me e impedire la sua morte. Mi farò aiutare da Bilbo.
Per fortuna i nani sono tutti seduti al solito tavolo, c’è anche lo hobbit con loro.
“Salve!” esclamo allegramente.
I miei amici fanno un salto, anche perché ho un tono di voce molto alto.
Sono tutti felici quando mi vedono, specialmente Dwalin. Quest’ultimo corre verso di me e mi fa girare in aria. “Allora quel testone ti ha lasciata andare, finalmente!” Sta ridendo contento, contendo di vedermi fuori pericolo.
Non appena il guerriero mi mette a terra, mi guarda con un punto interrogativo. “Aspetta. Ma quelli non sono… ?”
“Gli abiti di Gwarka?” lo interrompo.
Prima di rispondere, Dwalin mi scruta ancora un po’, sorpreso di vedere fino a che punto si è spinto il suo migliore amico. “Sì,” risponde stupito. Subito dopo scuote la testa. “Mi domando cosa stia passando per la testa a Thorin.”
“Ha detto che vuole che gli stia il più lontano possibile.”
I nani sembrano entusiasti di questa scelta, anche se, ovviamente, sono molto preoccupati per il loro leader. Bilbo mi sembra quello più in pensiero di tutti, infatti si è solo limitato a sorridere quando mi ha vista arrivare: non starà bene finché il suo vecchio amico non sarà risanato.
“Dwalin, sapresti indicarmi un posto dove potrei farmi un bagno?” L’unica cosa che chiedo in questo momento è una bella lavata: sono sudata e devo essere un disastro, visto che non mi lavo da giorni.
Il nano pelato sorride dolcemente, ricordandomi improvvisamente i mezzi sorrisi di Thorin. “Ma certo, puoi lavarti nella mia vecchia casa.” Mi conduce su per una della tante scale. “Io e i ragazzi abbiamo appena iniziato a mettere un po’ in ordine le varie sale, io e Balin dovremmo avere dell’acqua calda nel calderone.”
Acqua calda? Oh Eru, Mahal o chiunque mi stia ascoltando, io ti ringrazio!
 
Prima di condurmi nel suo bagno, Dwalin mi ha accompagnata nella camera di Gwarka, così ho potuto recuperare i miei vecchi vestiti. Ho notato che il guerriero nanico si è bloccato un attimo rimettendo piede nella casa della ragazza defunta: doveva essere una sua grande amica. Divento triste pensando a quanto dovevano essere felici i miei eroi prima dell’attacco di Smaug, visto che vivevano in un regno potente, ricco, rispettato e si volevano tutti bene. Dovevano essere proprio una gran bella famiglia.
 
Il bagno di Dwalin e Balin si trova in una cripta con colonne di sostegno, il soffitto è basso e a crociera. Non ci sono finestre, infatti l’illuminazione proviene da grandi candelabri di ferro, dove si consumano delle candele bianche che emanano un odore di miele.
Ad un’estremità della stanza, si trova un focolare enorme con calderoni diversi, ove ognuno rilascia un profumo differente all’essenza di rose, di muschio e di erbe.
Non mi vergogno di ammettere che questo luogo mi fa paura, non vorrei mai restare qui sola a farmi il bagno. Chiedo a Dwalin di aspettarmi dietro alla porta, con la scusa che non saprei più come tornare dagli altri, visto che Erebor è un labirinto.
Mi slego le trecce che mi ha fatto Thorin. Per fortuna i capelli non si sono annodati, se no l’avrei ammazzato!
Mentre mi lavo, parlo a Dwalin del più e del meno, per assicurarmi che non se ne vada.
 
Lavata e vestita, mi precipito fuori dalla porta.
Mentre ci incamminiamo verso i nostri amici, salto sulla schiena di Dwalin. Mi mancano gli scherzi e l’allegria, ora che mi trovo di nuovo in compagnia dei nani sani, voglio tornare a divertirmi.
“Ma che fai?” ridacchia sorpreso il guerriero pelato.
Indico un punto avanti. “Avanti, mio fido destriero, al galoppo!” grido con fare autoritario.
Gli altri nani cominciano a ridere.
“Fratellino, lo sai che saresti perfetto come padre?” lo canzona bonariamente Balin.
“Il grande Dwalin circondato da marmocchi che lo vogliono montare come se fosse un cavallo” dice Gloin con una luce di divertimento negli occhi. “Che immagine spassosa!”
“Taci!” ruggisce Dwalin. “Non accadrà mai!”
Sto per metterlo al corrente dei sette figli e delle tre figlie che avrà un giorno, ma mi mordo la lingua.
Salto energicamente giù dalla schiena del brontolone. “Dunque!” squittisco battendo le mani. “Ora che l’orso, alias Thorin, è nella sua caverna… che ne direste di darci alla pazza gioia?” Do un’amichevole gomitata a Gloin. “Potremmo giocare agli indovinelli, o a nascondino… oppure potremmo di nuovo fare le imitazioni. Eh? Voi cosa ne dite? Bilbo, sei d’accord…” Solo adesso mi accorgo dell’assenza dello scassinatore. Prima c’era, mi domando che fine abbia fatto.
Guardo i nani con un punto interrogativo. Non serve che porga ulteriori domande, visto che hanno capito a cosa è dovuto il mio smarrimento.
È Balin a rispondermi: “Bilbo è andato da Thorin, il capo voleva dirgli qualcosa.”
“A questo punto perderemo anche lo scassinatore, Thorin sembra ossessionato anche da lui” brontola Dwalin, giocando con il dito sul tavolo di legno.
I miei amici non aggiungono altro. Hanno delle espressioni da funerale e vorrei dire qualcosa per rallegrare un po’ gli animi, ma non ne ho il tempo, poiché il signor Baggins arriva da noi correndo, proprio in questo momento.
I nani scattando in piedi, parlando l’uno sopra l’altro.
Bilbo fa un gesto che vorrebbe dire: pietà, lasciatemi parlare! Ha l’aria di uno che ha corso parecchio.
I miei cari barbuti lo circondano, ansiosi di sentire cos’ha da dire. Mi unisco a loro.
“Thorin ha detto che dovete raggiungerlo subito nella sala del tesoro,” spiega lo hobbit, “vuole che lo aiutate a cercare l’Arkengemma.”
Balin si mette una mano sul cuore e fa un profondo respiro. Mi ricordo che nell’ultimo film si era messo a piangere, rendendosi conto di quanto fosse impazzito Thorin Scudodiquercia. Mi fa una tenerezza pazzesca quando è così triste, vorrei abbracciarlo.
Alla fine i nani decidono di non farlo attendere oltre, e si avviano verso la sala del tesoro.
Sto per chiedere a Bilbo se Thorin ha detto qualcosa di me, ma gli occhi dello hobbit si puntano subito sui miei e mi indica. “Thorin ha detto che ti vuole ai piedi del trono.”
Non so come prendere questa notizia, è un bene o un male? Forse il nano vuole intimarmi un’altra volta di stargli alla larga, oppure vuole che troviamo un compromesso insieme.
C’è solo un problemino: come diamine si arriva al trono? Per buona sorte il signor Baggins si offre di accompagnarmi, anche perché non se la sente di lasciarmi sola con Thorin. Apprezzo la sua premura.
 
Più mi avvicino al trono, più l’aria si fa fredda.
Questa zona della Montagna è ancora più gelida delle altre, e anche la più buia, nonostante l’enorme vetrata in fondo.
Thorin Scudodiquercia è seduto composto sul trono, la corona che gli scintilla sulla testa. Il suo sguardo è serio e ha delle occhiaie spaventose; ringrazio mentalmente Bilbo per avermi accompagnata.
“Eccola” dice preoccupato lo hobbit una volta che ci troviamo dinanzi al nobile nano.
“Le trecce,” dice Thorin, “te le sei sfatte.”
Il signor Baggins mi guarda allarmato, mentre io non so cosa dire. Iniziamo già male. Do un’occhiata a Bilbo, come se gli stessi chiedendo aiuto.
Dopo che mi sono ripresa dallo smarrimento e dallo spavento, rispondo senza problemi: “Mi sono lavata i capelli, perché erano sporchi, e ho dovuto sfarle.”
L’espressione minacciosa di Scudodiquercia non si ammorbidisce, anzi, sembra sempre più contrariato. “E non indossi neanche il vestito.”
“Scusa, avevo freddo, quindi mi sono rimessa i vecchi vestiti.” Cerco di sembrare il più gentile e dispiaciuta possibile. Purtroppo il mio tono di scusa non serve ad ingentilire il nano, il quale non sembra ancora bendisposto verso di me.
“Mastro Baggins, lasciaci soli.”
Questa frase ha il potere di scatenare il panico dentro di me. Io, da sola, con lui? Mai!
Anche Bilbo sembra pensare le mie stesse e identiche cose, infatti indugia un po’ dopo l’ordine di Thorin.
“Mastro Baggins, non amo ripetermi.”
Prima di andarsene, lo hobbit mi guarda mortificato, come se mi stesse chiedendo scusa con gli occhi. Io ricambio lo sguardo, supplichevole: non voglio che se ne vada. Ho paura. Ho bisogno di lui.
Quando Bilbo si allontana, sento che non ho più via di scampo. L’agnellino è rimasto solo con il lupo affamato.
“Avanza.” La voce profonda e autoritaria di Scudodiquercia mi fa prendere un colpo.
La smetto di guardare nella direzione dello hobbit e mi avvicino al nano. Quando mi trovo ai piedi del trono, mi fermo, non volendo stargli troppo vicina. Tengo lo sguardo incollato sulle mie scarpe.
“Più vicina.”
Questa volta lo guardo in faccia, sperando di impietosirlo con la mia espressione terrorizzata e confusa.
Purtroppo, ciò che trovo nel viso di Thorin, non è né pietà né comprensione. Con un rapido e deciso movimento del braccio, mi afferra e mi spinge sulle sue ginocchia.
Vuole tornare a giocare a fare il padre affettuoso con la figlia? Per un attimo mi illudo di questo, prima che lui cerchi di abbassarmi i pantaloni.
Sto di nuovo sognando o sta succedendo veramente?
“Levati i pantaloni.”
Queste parole mi riportano alla realtà. Provo ad andarmene, ma lui mi tiene stretta, non mi lascerà scappare.
Non voglio farlo! Ho paura, e se dovessi rimanere incinta? Provo a farlo ragionare ma non mi ascolta; è sempre più arrabbiato, perché gli sto disobbedendo e a lui non piace essere disobbedito.
Mi tornano in mente le parole di Richard Armitage: quella di Thorin è una dipendenza, ovvero, più sta lontano dall’oro, più i sintomi si acuiscono; è solo quando si trova vicino al suo tesoro che la bramosia si placa.
Sfortunatamente questo vale anche per me.
“Thorin, non ti offendere, ma non mi sento pronta” gli dico il più prudentemente possibile, ma è come parlare al muro.
Ormai i miei pantaloni sono giù, ora non basta altro che levarmi le mutande.
Il nano comincia a trafficare con i suoi pantaloni, quando una voce famigliare lo blocca: “Che stai facendo?”

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Capitolo 28
*** Il patto ***


Balin sta guardando severamente Thorin. Non l’ho mai visto così, sembra che i suoi occhi stiano lanciando laser a Scudodiquercia.
Il Principe dei Nani rimane fermo nella sua posizione, sta fissando il vecchio mentore come se fosse un fantasma.
Approfitto del suo stato di trance per andarmene, ma Thorin mi afferra per i fianchi, costringendomi un’altra volta sulle sue ginocchia. “Dove credi di andare, signorina?”
Adesso non ho più paura, perché Balin non gli permetterebbe mai di farmi del male. Infatti il saggio nano ci raggiunge velocemente e mi libera dalla stretta di Thorin. “Tu adesso la lascerai andare, signorino! Ti rendi conto di come ti stai comportando? Il Thorin che conosco non avrebbe mai violentato una bambina indifesa!”
Mi fa sorridere il fatto che continuino tutti a darmi della bambina, anche nel mio mondo è sempre la stessa storia.
Scudodiquercia gli rivolge uno sguardo velenoso. “Io sono il Re!” grida battendosi un pugno sul petto. “Faccio quello che voglio!”
Ho preso un colpo quando ha urlato e il mio cuore, ancora una volta, non vuole rallentare i battiti. Vorrei andarmene, andarmene il più lontano possibile da quel mostro che è diventato il mio antico amore, però ho paura di fare un solo passo indietro: temo che lui possa arrabbiarsi.
“Non sei in te” lo riprende con coraggio e ostinazione Balin. “La malattia ti fa parlare così, presto te ne pentirai.”
Gli occhi di Thorin si sono ridotti a due fessure e si vede lontano un miglio che sta per scoppiare.
Mi nascondo leggermente dietro al nano anziano, il quale sospira e si rivolge a me: “Bambina, raggiungi gli altri nella sala del tesoro, vai via da qui.”
Sentendo le gambe farsi sempre più rigide, mi volto e procedo verso le scale. Dietro di me odo Thorin urlare: “No!” Mi giro nella sua direzione, impaurita da ciò che potrebbe farmi. Mentre mi sono voltata ho avuto paura di ritrovarmelo a un palmo dal naso e di ricevere un bel colpo in faccia: so bene quanto sia pesante la mano di quel nano.
Fortunatamente Scudodiquercia si trova ancora a pochi centimetri dal trono e Balin lo sta trattenendo. “Non avere paura, Glenys. Corri dagli altri! Lo trattengo io!” mi urla il vecchio nano.
Non me lo faccio ripetere due volte e corro giù dalle scale, sperando di trovare al più presto la sala del tesoro, visto che non vorrei perdermi in questo dedalo di Montagna con quel pazzo furioso che mi cerca per violentarmi.
Sento fin qua le grida furibonde di Thorin; sto morendo dal terrore, temo che si liberi e che mi raggiunga, a quel punto potrebbe seriamente farmi del male.
Scendo le scale correndo, senza preoccuparmi che potrei inciampare, vista la velocità con cui stanno procedendo le mie gambe. Non mi volto indietro.
 
Quando giungo in vista delle colline dorate, aumento la velocità delle mie gambe e mi precipito giù dalle scale. Qualche volta guardo indietro per accertarmi dell’assenza di Thorin.
I nani e lo hobbit, non appena si accorgono della mia presenza, si mettono ai piedi del primo scalino e mi fanno un mucchio di domande.
Mi dirigo da Dwalin: nello sfortunato caso in cui Thorin mi raggiungesse proprio adesso, il guerriero tatuato sarebbe senz’altro capace di difendermi; senza contare che conosce molto bene quel nano, saprebbe certamente come prenderlo.
Dopo essermi ripresa dalla corsa, racconto: “Thorin ha tentato di violentarmi, voleva fare l’amore con me, anche se io non volevo.” Qualsiasi persona avrebbe fatto fatica a parlare di una cosa simile, ma, se devo essere sincera, questo fatto non mi ha colpita più di tanto. Certo, ho avuto paura, però da quel nano c’era da aspettarsi una cosa simile. E poi lo conosco, so che il vero lui non avrebbe mai compiuto un simile gesto.
Se io sono quasi impassibile di fronte alla realtà dei fatti, i nani e Bilbo sono rimasti basiti. Conoscono Thorin meglio di me, sanno perfettamente quanto sia onorevole; fanno fatica a collegare l’immagine che hanno del loro leader con il pazzo maniaco che mi ha messo le mani addosso. La malattia è peggio di quanto pensassero.
“Che vi avevo detto?” Il signor Baggins rompe il silenzio. “Thorin non è in sé.”
“Hai ragione, ragazzo” borbotta Dwalin fissando il pavimento. “Hai fatto bene a mandare Balin.”
Proprio come immaginavo: è stato Bilbo a mandare Balin, e non gli sarò mai grata abbastanza.
Prima che possa dirgli qualsiasi cosa, lo hobbit mi spiega: “Non me la sentivo di lasciarti sola con Thorin, così ho deciso di mandare Balin da voi, visto che lui sarebbe senz’altro riuscito ad intervenire in caso di necessità, al mio contrario.”
Sorrido allo hobbit e gli metto una mano sulla spalla, riconoscente. “Ti sottovaluti,” gli dico. Ora che ci penso, però, il signor Baggins ha preso una decisione saggia: sarà sveglio e astuto ma, contro un Thorin impazzito e furioso, sarebbe diventato pappa per uccelli.
Bilbo ricambia il sorriso, il solito sorriso triste e tirato che ha in questi ultimi giorni. Mi commuove il fatto che sia in pensiero per il suo amico, come mi commuove il fatto che sia preoccupato anche per la mia incolumità.
Dwalin batte rumorosamente le mani, dopo essersi tirato su le maniche della casacca. “Avanti, ragazzi, diamoci da fare: prima troviamo quest’Arkengemma, meglio è.”
Avrei qualcosa da ridire a proposito di quest’erronea affermazione.
Ho notato che Bilbo si è agitato quando il guerriero nanico ha pronunciato quel nome. Nel caso dovesse confidarsi con me, non saprei cosa dirgli; non vorrei sembrare stronza ma preferirei restare fuori da questa questione: se l’ira di Thorin dovesse accanirsi anche su di me, questa sarebbe la fine della povera Glenys. Questo è poco ma sicuro.
Mi domando come se la stia cavando Balin da solo con quel dannato. All’improvviso ho paura per lui: e se Thorin avesse alzato le mani anche sul vecchio nano? Quel nonnetto mi sta troppo simpatico e lo amo per avermi salvata in una situazione orrenda come quella di prima, non tollererei che li capitasse qualcosa.
Se una parte di me è terrorizzata a morte, l’altra è ottimista e mi dice: Non preoccuparti, Glen. Balin è in gamba, è riuscito a calmare Thorin dopo che avevate litigato, riuscirà anche stavolta.
In effetti è vero: non si sa come, ma quel santo aveva spinto l’orgogliosissimo nano a chiedermi scusa. Sì, ma quella volta non era stato colpito dalla malattia dell’oro, era diverso. Di nuovo quell’insopportabilissima voce! La quale continua a darmi ansie.
Faccio no con la testa, e mi pare di averlo anche sussurrato.
“Che cos’hai?” Questa è la voce di Bilbo.
Mi guardo intorno, sperando che la domanda non fosse rivolta a me, se no che figura! Mi rincresce rendermi conto che lo hobbit si stava rivolgendo proprio a questa pazza ragazza di nome Glenys, o Lucrezia. Ormai non so più chi sia.
L’espressione del signor Baggins è talmente confusa che mi viene quasi da ridere. La voglia di scherzare mi passa nel momento in cui mi ricordo il motivo per il quale mi sono rattristita pochi secondi fa. Cingo le spalle allo hobbit e lo porto lontano dal gruppo. “Ti ricordi quella notte in cui mi sono messa a piangere?”
“Sì” risponde sempre più perplesso, chiedendosi dove voglia andare a parare.
“Ti dissi che so come andrà a finire questa storia” continuo come se gli stessi raccontando la fiaba di Cappuccetto Rosso. “Ebbene… ne ho già parlato con Thorin prima di arrivare ad Erebor, ma ho come l’impressione che abbia preso il mio avvertimento sottogamba.”
“Non mi piace il tuo sguardo” mi interrompe sempre più allarmato Bilbo. “Non è qualcosa di bello, vero? Devi riferirmi qualcosa di molto grave?” mi chiede ansioso, guardandomi negli occhi.
Annuisco con aria grave. Mi domando perché non gli abbia riferito prima questa cosa, chissà come mai avevo deciso di dirlo a Thorin! Proprio lui che si offende per ogni roba e non si fida di niente e di nessuno. Sento che posso contare sul signor Baggins, forse in due riusciremo a salvare i tre nani destinati a fare una brutta fine. “Alla fine ci sarà una battaglia contro gli orchi, guidati da Azog il Profanatore. Thorin, Fili e Kili moriranno a Collecorvo. Sono sicura di quello che sto dicendo e, ti prego, aiutami a tenerli lontani da lì! Thorin non si ricorderà del mio avvertimento, ne sono certa.”
Lo hobbit mi sta fissando a bocca aperta, come se fossi pazza.
Spero con tutto il mio cuore che non mi toccherà supplicare anche lui, pensavo che fosse più fiducioso nella mia storiella.
Bilbo dà un’occhiata alle monete d’oro e sbuffa, non seccato. “Glenys,” mi dice guardandomi negli occhi, “io e Thorin ti abbiamo già detto che risolveremo questa faccenda quando le acque si saranno calmate.”
E così anche lui non mi dà retta. Non posso crederci! Ormai non so più cosa inventarmi per fargli capire che non sono uscita di senno. “Ti giuro che so quello che dico!” Non ce la faccio più di ripetere sempre le stesse cose, mi sembra di parlare col muro. “Tu dovresti saperlo meglio di me quanto sia snervante non essere ascoltati da nessuno.”
“Lo so, però devi capire che questa storia è difficile da cred…”
“Facciamo una cosa.” Mi è appena venuta in mente un’idea. So già che vincerò. “Io adesso ti riferirò una serie di avvenimenti, se si verificheranno in futuro tu non dovrai più avere dubbi sulla mia storia e mi aiuterai a salvare Thorin, Fili e Kili nel momento della battaglia. In caso contrario, potrai pure prendermi per matta.”
Il mio migliore amico sta studiando la mia proposta, alla fine sospira e accetta.
Sono indecisa se riferirgli la faccenda dell’Arkengemma, gli risparmierei un bel po’ di noie, ma è un bene che quella pietra stia alla larga da Thorin. Alla fine gli racconto: “Bard l’Arciere, colui che ha ucciso il drago, verrà ai piedi della Montagna per chiedere una parte del tesoro, visto che Pontelagolungo è stata distrutta e i suoi abitanti si sono improvvisamente ritrovati senza niente. Anche gli elfi silvani reclameranno un bel gruzzoletto, ma Thorin manderà tutti a quel paese, entrando in guerra con Uomini ed Elfi.”
Prima che egli possa parlare e obiettare, aggiungo: “Gandalf tornerà per informarci dell’esercito di orchi che sta marciando verso Erebor. Inoltre, non so quando, torneranno Bofur, Oin, Fili e Kili. Quest’ultimo è guarito grazie ad un’elfa di nome Tauriel.” Metto le braccia conserte e guardo vittoriosa lo hobbit. “Chiediglielo pure, quando tornerà. Vedremo se ho ragione o no.”

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Capitolo 29
*** Ritorno al passato e barzelletta inappropriata ***


I giorni sono passati troppo lentamente per i miei gusti e ho visto Thorin solo di sfuggita. Non ci siamo né parlati né guardati. Bilbo ha spesso tentato di farlo ragionare, dicendogli che questa Montagna ha un influsso negativo su di lui e che dovremmo andarcene. Ma il nano non ha voluto sentire altro. Mi manca, mi manca terribilmente, però i miei amici vogliono che gli stia alla larga.
Dopo che Balin gli ha fatto un bel discorsetto, Thorin si è reso conto di tutto il male che mi stava facendo, così adesso cerca di evitarmi in tutti i modi.
Per quanto riguarda me, provo a distrarmi in varie maniere: propongo qualche gioco da fare con i nani e continuo a ridere e a scherzare, nella speranza che le cose tornino come un tempo. Ma nessuno ha voglia di darsi alla pazza gioia. Così mi tocca aspettare la fine della battaglia, sperando che ci sarà qualcosa da festeggiare.
In questo momento mi trovo con i miei amici seduta al consueto tavolo. Nessuno sta aprendo bocca e io sono immersa nei miei numerosi pensieri; solite robe: sogno, non sogno, viva, morta, Thorin, battaglia, Thorin, Thorin e ancora Thorin.
Abbandono l’espressione da pulcino triste quando vedo Bofur, Kili, Fili e Oin venirci incontro con il sorriso stampato in faccia.
Saltiamo tutti dalla panca e abbracciamo i nostri amici. Fili mi prende in braccio e mi fa fare un giro in aria.
Sono felice di rivederli, molto. Anche perché i due fratelli e Bofur sono i nani più allegri della Compagnia e ho un estremo bisogno di divertirmi un po’.
“Come stai, peste?” Kili mi scompiglia i capelli subito dopo che Fili mi ha rimessa con i piedi per terra.
Mi dà fastidio quando qualcuno mi tocca i capelli, specialmente se lo fa per spettinarmi, però sono troppo contenta di rivedere quel nano e mi sta veramente simpatico; non potrei mai arrabbiarmi con lui per una cosa così futile. Così gli sorrido e gli rispondo: “Bene, grazie. Mi sembra di capire che tu ti sia ripreso alla grande.”
Il nano più giovane del gruppo mi sorride a trentadue denti. “Hai visto?”
Mi guardo intorno per vedere dove si trova Bilbo. Lo trovo dietro ai nuovi arrivati: devono essere appena tornati dalla sala del tesoro, ecco perché hanno un velo di preoccupazione negli occhi, specialmente Fili. A mio parere, quest’ultimo teme di soccombere anche lui alla malattia del drago, quando diventerà Re sotto la Montagna. Sperando che lo diventi un giorno.
A questo proposito mi torna in mente la Battaglia dei Cinque Eserciti. Dunque cingo le spalle a Kili e gli chiedo con aria furba, lanciando un’occhiata a Bilbo: “Dimmi, Kili caro, chi ti ha curato la ferita?”
Egli sorride malizioso. “Tauriel” risponde sognante.
Fisso lo hobbit, vittoriosa. “Glenys uno, Bilbo zero.”
 
L’atmosfera è decisamente cambiata dopo il ritorno di Fili, Kili e Bofur.
Quando Thorin non viene a rompere con la questione dell’Arkengemma, ci sediamo tutti insieme e scherziamo.
Kili ha appena raccontato un aneddoto divertente di quando lui e suo fratello erano piccoli e ci siamo fatti delle pastose risate.
Anch’io voglio dire qualcosa di spiritoso. Potrei raccontare delle stupidaggini che combinavo all’asilo, ma devo ricordarmi che mi trovo nella Terra di Mezzo e non ho intenzione di raccontare a tutti del sogno, del libro, eccetera eccetera.
Fortunatamente, le monellerie, non le facevo solo all’asilo e si possono pur sempre modificare un po’ i fatti. “Una volta ero andata in un villaggio con i miei genitori e loro si erano fermati a guardare un bambino piccolo, avrà avuto un anno, circa. Io ne avevo quattro, mi sembra… vabbè, dettagli.” Faccio un gesto d’indifferenza con la mano, dopodiché riprendo il discorso. “Dunque, come stavo dicendo, mia mamma e mio papà si erano fermati a guardare questo bambino e avevano esclamato: ‘Ma che bel bambino!’ Io, non so perché, forse ero gelosa, gli avevo sputato in testa.”
I miei amici scoppiando a ridere.
Io sorrido, fiera di aver scatenato l’ilarità.
“Ma che cattiva!” commenta Bofur con il sorriso stampato in faccia.
“E facevo cose peggiori.” Mi metto comoda sulla panca di legno, non vedendo l’ora di raccontare le altre cattiverie che facevo da bambina. “Arrotolavo gli altri bambini nelle coperte e ci saltavo sopra, poi mi nascondevo nei posti più disparati per far prendere un colpo ai miei genitori, facevo risse con tutti…” Mi spremo le meningi alla ricerca di qualche altro ricordo, mentre i nani si stanno uccidendo dalle risate.
Andiamo avanti così per un bel po’, finché non mi torna in mente una barzelletta sui nani che avevo letto una notte. Era talmente divertente che avevo fatto uno sforzo pazzesco per non scoppiare a ridere svegliando mia madre che stava dormendo serenamente, e avevo fatto uno sforzo ancora più grande nel raccontarla senza morire dalle risate.
 
Ci sono due nani molto amici, uno dei quali è piccolissimo. Un giorno quello più basso muore.
Il nano va a trovare il defunto a casa della signora per cui lavorava l’amico e le chiede se si trova in camera per l’ultimo saluto. La signora gli risponde di sì e gli dice di chiudere la porta. Dopo un paio di minuti, il nano esce dalla camera; sta per andarsene, quando chiede nuovamente alla donna se può tornare in camera per salutare un’altra volta il caro amico. La signora gli risponde di sì e gli ripete di chiudere la porta.
“Ma perché devo chiudere la porta?” chiede confuso il nano.
“Perché è la terza volta che il gatto me lo porta in cucina.”

 
Anche questa volta ho avuto difficoltà nel raccontare questa barzelletta e mi sono piegata in due dalle risate, per poco non cadevo a terra!
I miei amici stanno sorridendo forzati, poco convinti.
Solo adesso mi rendo conto che potevo evitare di raccontare questa scempiaggine: potrei aver urtato la sensibilità dei nani. Senza contare che Fili e Kili hanno perso un padre, ho scelto proprio la barzelletta giusta: un nano morto… Ma perché devo sempre parlare prima di pensare? Talvolta parlo a raffica senza riflettere che, magari, la persona che ho difronte potrebbe offendersi. Ma lo faccio perché sono un’idiota.
Smetto piano piano di ridere e penso a cosa potrei dire per farmi perdonare questa nuova stronzata.
“Fili, Kili, Boufr.” La voce sempre attraente di Thorin mi fa dimenticare la cavolata che ho fatto.
Quando me lo ritrovo davanti, torna a invadermi la paura. Per una frazione di secondo il nano mi guarda negli occhi e non c’è neanche l’accenno di un sorriso sul suo volto. Mi sta fissando serio e anche leggermente famelico.
Avrei una gran voglia di assaggiare quelle labbra.
Alla fine Thorin scuote la testa e ordina ai tre nani di andare nella sala del tesoro ad aiutare gli altri a cercare l’Arkengemma.
Quando i miei amici si alzano, spero vivamente che Scudodiquercia vada con loro. Per fortuna anche Thorin se n’è andato, ed io rimango qui, sola, a pensare a quanto mi attragga quel nano e, allo stesso tempo, lo voglia lontano.
 
Angolino autrice:
 
Saaaalve. Come state?
Chiedo scusa per la brevità di questi ultimi capitoli, è che non ho molte idee ultimamente ahah. Prometto che cercherò di rendere i prossimi più lunghi.
Questa storia sta diventando più lunga del previsto… vabbè, passiamo alle cose più importanti.
Ringrazio chi legge, chi ha aggiunto la storia alle preferite, alle seguite e alle ricordate. Ringrazio in particolare Leila91, Valerie, Innamoratahobbit96, _FallingToPieces_, Zebraapois91, Lily75, Beamerlo00 e Thranduil_heat. Saluto la nuova lettrice, Punica ^^.
Spero che la barzelletta vi sia piaciuta, l’ho letta circa due notti fa e ho scoperto che è vecchia come il cucco xD.
Al prossimo capitolo! ^_^
Lucri <3

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Capitolo 30
*** Glenys 2, Bilbo 0 ***


Io e Dwalin ci troviamo seduti all’abituale tavolo in legno, in questa stanza oscura, nella quale le ragnatele pullulano. Infatti spero con tutto il mio cuore di non fare incontri spiacevoli.
Per un attimo ho pensato a come sarebbe la mia vita nella Terra di Mezzo se Thorin dovesse morire, perché… guardiamo in faccia la realtà: ok, Bilbo mi aiuterà a salvare i tre nani, ma che possibilità abbiamo contro gli orchi? Che possibilità ho io contro Azog?
Nello sfortunato caso in cui non riuscissi a salvare i tre figli di Durin, mi resterebbero pur sempre lo hobbit e gli altri; ma io amo Thorin, mi sono innamorata e, per quanto gli altri possano essere simpatici e volermi bene, non sarei mai felice senza di lui.
Scuoto la testa e dico no nella mia mente, come se questo potesse in qualche modo impedire la tragedia.
Non riesco a smettere di avere cupi pensieri. Mi concentro e immagino che, alla fine della battaglia, il mio amore e i suoi nipoti saranno sani e salvi, perché così andranno le cose.
Per allontanare quest’afflizione che non vuole saperne di lasciarmi in pace, do un pizzicotto a Dwalin.
Egli si massaggia il braccio offeso e mi indirizza un’occhiataccia. “Ehi!” brontola.
La situazione è talmente buffa che sono costretta a mordermi le labbra per non prorompere in una fragorosa risata e, di conseguenza, non riuscire più a respirare. Sogghignando, pizzico un’altra volta l’arto del nano.
Dwalin sta per dirmi qualcosa, ma si ferma all’istante, come se fosse stato sul punto di emettere un insulto decisamente poco garbato. Alza gli occhi al cielo e sbuffa, mentre io continuo a tormentargli il braccio, con il sorriso stampato in faccia.
Devo dire che la tecnica fare qualcosa di incredibilmente stupido e infantile per allontanare i brutti pensieri funziona sempre, infatti per un secondo ho dimenticato la questione della Battaglia dei Cinque Eserciti.
“Se non la pianti di darmi pizzicotti, te le stacco quelle dita!” si infuria Dwalin, facendomi ridere ancora di più. A questo punto, il nano sbuffa nuovamente, come se lui fosse il fratello più grande e io quello piccolo che sta invadendo i suoi spazi. “Balin!” chiama il fratello maggiore che, in questo caso, farebbe la parte di una specie di madre.
Il nanetto dalla lunga barba canuta sopraggiunge sorridendo deliziato alla scena di io che tormento Dwalin fino a mandarlo in escandescenza.
Il guerriero pelato guarda supplichevole il fratello. “Dille di smetterla!”
Balin sospira pazientemente, dopodiché mi allontana gentilmente da Dwalin. “Su Glenys, fa’ la brava.”
Questa frase mi rende ancora più sollazzata: continuano tutti a trattarmi come se avessi cinque anni.
La mia momentanea letizia si eclissa come un bambino che gioca a nascondino nel momento in cui giunge Thorin. Per poco non gli andavo a sbattere contro. Senza neanche rendermene conto, sono guizzata da Dwalin.
“Seguitemi.” Questo è tutto quello che esce dalla regale e bellissima bocca del nano, sempre con quel celebre tono tedesco.
Balin esita un attimo di fronte all’ordine di colui che è sempre stato come un figlio per lui. A mio parere, sta valutando se è il caso di assecondare l’ennesimo capriccio di Thorin. Non avendo voglia di udire per la centoventicinquesima volta il nano sbraitare, Babbo Natale decide di seguire Scudodiquercia.
Dwalin sta per fare lo stesso, ma io mi avvicino a lui trattenendo a stento una risata.
“Mi ha morso!”
 
Alla fine mi sono unita a Dwalin, Balin e Thorin. Tanto per cambiare, ho paura di restare da sola; anche perché a volte mi pare di vedere una scia passare velocemente e di udire dei rumori, come se i fantasmi dei nani uccisi dal drago fossero ancora qui. Al solo pensiero mi intirizzisco.
Tralasciando i miei paradossi, non posso a fare a meno di apprezzare lo sforzo che sta facendo Scudodiquercia per evitarmi: non mi guarda, non mi parla e cammina velocemente avanti, combattendo l’impulso di violentarmi. Gli sono grata per questo, tuttavia una parte di me è in lacrime: quante volte ho sentito la necessità di andare da lui e baciarlo o solamente accarezzarlo? Innumerevoli, non riuscirei a contarle né con le dita delle mani e nemmeno con quelle dei piedi.
La grave quiete delle sale desolate di Erebor, viene presto sostituita dal vociare dei nani e dagli spostamenti di varie rocce e statue.
Thorin cammina pesantemente, provocando il tintinnamento della cintura e di altri aggeggi di metallo che ha addosso. “Venite” ordina a Fili e Kili passando loro accanto, con quel tono che non ammette repliche.
I due giovani nani sembrano perplessi e anche preoccupati, soprattutto il biondo. Il moro ha l’aria di esserci rimasto male per qualcosa e, in effetti, Thorin non l’ha neanche abbracciato e non gli ha nemmeno chiesto come si sente; sarebbe il minimo dopo che tuo nipote è appena scampato alla morte.
“Che succede?” domanda Oin e nessuno gli dà una risposta.
Saliamo le scale che conducono ai bastioni. Se non ci fosse Dwalin frapposto tra me e Thorin, sarei vicinissima al bel nano. Ho di nuovo avvertito la famosa voglia. Sarà che vedere Thorin così sicuro, fiero e aggressivo riaccende in me la fiamma della passione, una fiamma dalla quale devo tenermi alla larga, se non voglio rischiare di finire bruciata.
Siamo circondati da elfi rivestiti di una sfavillante armatura dorata, ritti ritti come soldatini. Non posso fare a meno di domandarmi se siano tutti gemelli o se Thranduil abbia preso un elfo a caso e l’abbia clonato, visto che questi cosi appaiono tutti uguali.
La nostra attenzione viene catturata da un uomo dai capelli scuri a bordo di un cavallo bianco. L’aria si riempie del rumore causato dagli zoccoli dell’animale messi a contatto con il terreno, i quali sollevano di continuo nuvole di polvere.
Thorin osserva Bard con superiorità e pare che lo stia sfidando con lo sguardo.
“Salute, Thorin figlio di Thrain!” lo saluta con educazione l’Ammazzadraghi. “Lieti di trovarti vivo oltre ogni speranza.”
Scudodiquercia non si fa abbindolare da queste parole cerimoniose e sbotta: “Perché venite alle porte del Re sotto la Montagna armati per la guerra?”
Non biasimo l’ostilità del nano: sono venuti a fargli visita dei cavalieri armati, e per di più elfi! È risaputo che tra gli Orecchi Appuntiti e i nani non intercorrono i migliori rapporti.
Bard non si scompone dinanzi all’atteggiamento diffidente di Thorin. “Perché il Re sotto la Montagna si rinchiude dentro, come un rapinatore del suo covo.”
“Forse perché mi aspetto di essere rapinato,” risponde con arroganza colui che si fa chiamare Re sotto la Montagna.
“Mio signore,” dice Bard, “non siamo venuti per rapinarti, ma per cercare un equo accomodamento. Non vuoi parlare con me?” Dal tono e dello sguardo sembra che lo stia supplicando e che sia sul punto di scoppiare in lacrime da un momento all’altro. Sorrido all’idea dell’Ammazzadraghi che corre piangendo da Thranduil, dicendo che Thorin l’ha mandato a farsi benedire.
Il mio amore, dopo aver rivolto all’uomo uno sguardo assassino, lo invita a farsi avanti, con un cenno del capo.
Sempre molto loquace.
Noialtri seguiamo Thorin come fanno le pecore con il pastore.
 
Thorin Scudodiquercia compare molto teatralmente da una spaccatura nella roccia, senza voltare il capo verso il suo interlocutore, per mettere in bella mostra il suo elegante profilo.
Io, lo hobbit e i nani siamo dietro di lui e osserviamo la scena. Io so già come andrà a finire questa conversazione, quindi non mi preoccupo più di tanto, al contrario dei miei amici.
“Ti ascolto” dice sommessamente il nobile nano.
“A nome del popolo di Pontelagolungo, io chiedo che tu onori la tua promessa.”
Peccato che Thorin sia girato e che, di conseguenza, io non possa vedere le facce che fa: in questa scena era particolarmente carino, senza contare che mi ha fatto morire come ha guardato Bard dopo che egli gli ha detto di onorare la sua parola, ha fatto una faccia! Come se l’uomo avesse bestemmiato.
“Una parte del tesoro in modo che possa ricostruirsi una vita” conclude Bard, risoluto.
Il nano scuote leggermente la testa. “Io non tratterò con alcun uomo, finché un’armata sosta davanti alla mia porta” risponde sempre più piano, eccitandomi in una maniera assurda.
Notevole il fatto che l’Ammazzadraghi non si sia lasciato sedurre dalla voce roca e sexy di Scudodiquercia; io, al suo posto, gli sarei già saltata addosso.
Comunque non sono completamente in disaccordo con Thorin su questo punto: chiunque si sentirebbe minacciato se il proprio regno fosse accerchiato da guerrieri elfici. Ci sono modi e modi per chiedere le cose.
“Quell’armata attaccherà questa Montagna se non arriviamo a un accomodamento.”
“Le tue minacce non mi scalfiscono” risponde tranquillamente il nano, con sufficienza.
Adesso Bard tira fuori la questione della coscienza e, per un attimo, mi è parso di veder ritornare il vecchio Thorin. Purtroppo questo momento dura poco, visto che pochi secondi dopo il mio amore comincia a sbraitare e a discutere con l’uomo sul patto e compagnia bella.
Infine, Thorin decide di chiudere in bellezza con un bel: “Vattene! Prima che volino le frecce!”
Ottimo! Il mio tesoro è entrato in guerra con uomini ed elfi, infatti i nani e lo hobbit non sono entusiasti.
L’unica persona poco sana di mente ad essere felice sono io, che sussurro a Bilbo, ammiccando: “Due a zero per me.”
 
Angolino autrice:
 
Innanzitutto chiedo venia per il ritardo! Il punto è che è iniziata la scuola e, di conseguenza, sono sempre più stanca, quindi ci ho messo più del previsto a scrivere il capitolo. Pardon! :(
Comunque vi avviso che non ci metterò più 4-5 giorni per pubblicare l’aggiornamento (ringraziate i professori che, neanche arrivati, ci tartassano già di compiti e di roba da studiare). Il prossimo capitolo lo pubblicherò la prossima settimana, e così anche gli altri. Non so in che giorno, quando troverò tempo e voglia ahah.
In poche parole, ci metterò più di cinque giorni ultimamente, ma non vi preoccupate: sicuramente non ci impiegherò due settimane o un mese xD.
Un bacione!
Lucri :)

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Capitolo 31
*** La tempesta ***


Questa è una di quelle notti che definirei spartana: mantelli e zaini utilizzati come materassi, ambiente pieno di polvere – visto che stiamo dormendo vicino ai bastoni, lì dove i nani stavano svolgendo i loro lavori – e un freddo della malora. Gli spifferi si incuneano attraverso le fenditure dell’algida roccia e non posso certo dire che questo fatto mi renda infervorata: amo il freddo, ma così stiamo esagerando.
Dwalin e Balin si erano offerti di cedermi la loro camera per questa notte, così perlomeno avrei dormito su un letto morbido; ma non mi entusiasma eccessivamente l’idea di dormire sola, isolata dentro questa montagna. Senza contare che Thorin è in giro chissà dove, potrebbe tranquillamente infiltrarsi nella mia stanza e stuprarmi durante la notte. Al solo pensiero, mi viene la pelle d’oca.
Per buona sorte, Thorin ha tanti pensieri per la testa, quindi non si prende neanche la briga di molestare una ragazzina di sedici anni.
In ogni caso, ho deciso di dormire con gli altri nani, così mi sento più al sicuro.
Certo, dormire per modo di dire: non riesco a prendere sonno. Ora che la parte più buia e difficile di quest’avventura è prossima, i pensieri si affollano plurimi nella mia mente, non dandomi pace. Non faccio altro che rigirarmi in questo giaciglio improvvisato. Prendo in considerazione l’idea di non dormire proprio: voglio essere pronta per la battaglia, sempre all’erta. Ma non vorrei stancarmi troppo proprio in questo periodo, forse sarebbe meglio dormire almeno un po’.
Chiudo gli occhi, accompagnata dal rumoroso russare di Bombur. Dopo un po’, il ronfo del nano non è l’unico rumore che si ode in quest’ambiente silenzioso: qualcuno comincia a trafficare con qualcosa.
Volto di poco la testa e vedo Bilbo munirsi di una lunga corda. Abbasso velocemente le palpebre e faccio finta di essermi addormentata, sperando che non venga da me.
A questo punto lo hobbit dev’essersene andato, visto che il silenzio è tornato a regnare sovrano nella Montagna Solitaria.
“Glenys.” Mi sento toccare la spalla.
Maledetti gli hobbit e la loro innata capacità di non produrre il minimo rumore mentre camminano! Per fortuna non ho aperto gli occhi!
Affondo lentamente la faccia nello zaino di Gloin.
“Glenys” mi chiama un’altra volta Bilbo, tastandomi nuovamente.
Così sciocca e inopportuna che sono, mi viene da ridere per l’ennesima volta da quando ho iniziato questo viaggio. Mi mordo le labbra, sperando che questo possa bastare per impedire a questa stupida ragazza di nome Glenys di scoppiare a ridere, dando platealmente mostra di essere più che sveglia.
Sento il mio amico sospirare, poi se ne va.
Apro un occhio per accertarmi della sua partenza e, in effetti, sta scendendo dai bastioni.
Non mi pento della decisione che ho preso: se dovesse venire fuori che sapevo che Bilbo aveva l’Arkengemma e che l’avrebbe data a Bard e a Thranduil, sarebbe la fine per me!
 
Come immaginavo, ho dormito un’oretta scarsa e la mattina è arrivata presto, per fortuna, visto che la notte mi rende ancora più inquieta e pensierosa, come se l’oscurità fosse in sintonia con il mio stato d’animo.
Nessuno si è accorto della misteriosa scomparsa di Bilbo, a parte Bofur, che stamattina ha chiesto che fine abbia fatto. Io mi sono limitata ad alzare le spalle.
In questo momento siamo tutti sui bastioni, l’aria gelida intorno a noi.
Mi strofino le braccia, mentre osservo Bard e Thranduil avanzare verso la Montagna.
Thorin è accanto a me e mi riempio i polmoni della sua fragranza. All’improvviso, il nano scaglia una freccia contro i due alleati a cavallo.
L’Ammazzadraghi fissa stupito la freccia, mentre il re elfico mantiene sempre quella sua famosa aria altezzosa e distaccata, fredda come il ghiaccio. Non si lascia impressionare dai modi bruschi di Scudodiquercia.
“La prossima ve la conficco negli occhi” afferma Thorin con quella sua spavalderia che mi fa impazzire.
I nani cominciano ad esultare come se fossero allo stadio e ridacchiano, imitati da me. Come ho già avuto modo di ostentare, gli elfi non mi stanno esattamente simpatici, quindi non mi faccio problemi nell’unirmi alla presa in giro dei miei amici. Spero soltanto di non accaparrarmi le antipatie di qualcuno, potrei essere trafitta da una freccia da un momento all’altro.
Thranduil sfoggia un sorrisetto insopportabile che vorrei levargli dalla faccia a suon di schiaffi, subito dopo gli elfi preparano i loro archi in un modo talmente sincronico da far invidia ai nuotatori di nuoto sincronizzato.
Io e i nani ci abbassiamo in men che non si dica, a parte Thorin, che rimane fiero a fissare Thranduil senza timore.
Ma quanto lo stimo quel nano?
Ad un cenno del re del Reame Boscoso, gli elfi, sempre simultaneamente, mettono a posto le loro armi e restano buoni per un po’.
“Siamo venuti a dirvi che il pagamento del vostro debito è stato offerto e accettato” ci informa Thranduil con la sua voce soave, come se stesse recitando una poesia di Dante.
“Quale pagamento?” esplode repentinamente Thorin, facendomi prendere un colpo, visto che si trova vicino a me. “Io non vi ho dato nulla, non avete nulla!”
L’elfo alza le sopracciglia con aria di scherno, dopodiché guarda Bard tirare fuori la gemma, titubante.
“Abbiamo questa” dice a voce alta l’uomo, ostentando l’Arkengemma, la quale splende azzurrina nella sua mano, con dei riflessi rosati, sotto al cielo invernale.
Thorin sgrana gli occhi e, piano piano, mette via l’arco, mentre Kili urla rabbioso: “Come avete ottenuto il cimelio della nostra casata? Quella pietra appartiene al re!”
Vorrei dire qualcosa, dare ragione al giovane nano, ma forse è meglio se sto zitta e che non mi metta troppo in mostra.
“E il re può averla, con la nostra benevolenza.” L’Ammazzadraghi si rimette la pietra dentro alla giacca e osserva Scudodiquercia con insistenza. “Ma prima deve onorare la sua parola.”
Thorin scuote il capo. “Ci considerano stupidi” sibila facendomi avvertire i brividi dappertutto. “È un’astuzia, una lurida menzogna.” Il suo tono si alza e i suoi occhi si fanno ancora più feroci. “L’Arkengemma è in questa Montagna! È un trucco!”
“Non è un trucco” interloquisce Bilbo, balbettando. “La gemma è vera, gliel’ho data io.”
Dopo aver superato un po’ lo stupore, Thorin si volta lentamente verso lo hobbit e lo guarda malissimo. Ben presto, la sua espressione minacciosa, si trasforma in una delusa: Bilbo è un suo grande amico, l’unica persona di cui si è fidato veramente in questo periodo. Probabilmente il nano si sente come se gli fosse cascato il mondo addosso.
Il signor Baggins è fermo davanti a Scudodiquercia, con la faccia contrita. Sembra un bambino colto dal genitore mentre sta combinando qualcosa di grave.
Guardo Bilbo con stupore, giusto per fare un po’ di scena. Dentro di me continuo a sentirmi una stronza, ma che potevo fare? Come potevo aiutare lo hobbit? Penso che nessuno vorrebbe essere travolto dall’ira di Thorin, non sono così masochista.
“Tu?” chiede il nano, mentre i suoi occhi si fanno sempre più lucidi. In questo momento mi fa una pena pazzesca.
“Era la mia quattordicesima parte,” si giustifica inutilmente Bilbo Baggins, esitante, come se questa frase possa in qualche modo impedire l’inesorabile cazziatone di Scudodiquercia.
“Tu mi deruberesti?” sussurra Thorin triste e, allo stesso tempo, arrabbiato.
Lo hobbit sorride, come se la domanda dell’amico fosse estremamente divertente, sciocca, con una risposta lapalissiana. “Derubarti? No, no, sarò uno scassinatore ma mi piace pensare di essere onesto,” risponde.
Thorin si avvicina leggermente e lo guarda sempre più sconvolto e amareggiato.
“Sono disposto a lasciare che sia la mia unica pretesa.”
“La tua unica pretesa” replica Thorin facendo un sorrisino sarcastico, un sorrisino che me lo fa desiderare ardentemente nonostante la gravità della situazione.
Mi allontano, conscia dell’imminente sfuriata del nano.
“Non hai alcuna pretesa su di me, miserabile mezza tacca!” grida rabbioso Scudodiquercia, accostandosi pericolosamente al vecchio amico.
Futile precisare che ho perso vent’anni di vita quando il mio amore ha urlato. Ma sorvoliamo.
“Avevo intenzione di dartela,” dice Bilbo con rinnovato coraggio, “ma…”
“Ma cosa, ladro?” lo interrompe Thorin con una voce che non sembra neanche la sua, una voce malata, da folle, esattamente come il suo sguardo.
“Tu sei cambiato, Thorin!” afferma con ardore lo hobbit, per niente spaventato dagli occhi furiosi del nano. Finalmente sputa fuori tutto quello che si è tenuto dentro, tutto quello che avrebbe voluto dirgli già da tempo. “Il nano che ho conosciuto a Casa Baggins non si sarebbe mai rimangiato la parola, non avrebbe mai dubitato della lealtà dei suoi familiari!” Ha alzato la voce. Mi piace quando è così deciso e con carattere; Bilbo sarà pure timido e gentile, però le cose le dice, se vanno dette.
Thorin, per tutto questo tempo, è rimasto in silenzio. Ho avuto l’impressione che le parole del signor Baggins l’abbiano toccato, come se fosse stato sul punto di rendersi conto di cos’è diventato.
Purtroppo la pazzia è più forte della ragione, in questo frangente. “Tu non venirmi a parlare di lealtà” ringhia Thorin tra i denti. “Gettatelo giù dal bastione!”
Bilbo ha improvvisamente alzato il capo. Se prima era audace e risoluto, ora è tornato ad essere il coniglietto terrorizzato che tanto amo.
Per la prima volta da quando ho memoria, i nani non obbediscono immediatamente al loro re e indugiano dinanzi all’ordine di Thorin.
Scudodiquercia è sempre più furibondo, soprattutto dopo essersi reso conto che i suoi uomini non hanno alcuna intenzione di gettare lo scassinatore giù dai bastioni. Ammiro la loro lealtà e la loro amicizia verso Bilbo.
Il mio amore si guarda intorno, contrariato. “Non mi avete sentito?!” Afferra Fili, costringendolo ad obbedire, ma il nipote non vuole saperne di fare del male al signor Baggins. “Lo faccio da solo.” Alla fine, Thorin solleva Bilbo di peso, mentre i nani cercano di fermarlo.
Non vorrei che lo hobbit pensasse che non me ne importi niente di lui, visto che sono ferma e non sto muovendo un dito per salvarlo, ma tanto so che il nano non gli farà niente. Senza contare che, se solo osassi mettermi in mezzo, probabilmente mi ritroverei senza un arto.
Proprio mentre Scudodiquercia sta per uccidere l’amico, interviene Gandalf, salvando lo hobbit con il suo tono imperativo.
Vorrei dire tre a zero per me, ma non è proprio il momento.
“Non stai facendo una splendida figura come Re sotto la Montagna, dico bene? Thorin, figlio di Thrain.”
Le parole dello stregone mi hanno fatto ricordare il padre di Thorin che, nella versione estesa del secondo film, prima di morire, aveva detto a Gandalf di riferire al figlio che gli aveva voluto bene. Spero che Scudodiquercia verrà messo a conoscenza di questo fatto, nella versione estesa della Battaglia delle Cinque Armate.
Il nano dai lunghi capelli corvini lascia andare lo hobbit.
Bilbo si allontana rapido da Thorin, raggiungendoci, mentre quest’ultimo continua a gridare come una donna mestruata.
Aiuto il signor Baggins a fuggire, così, giusto per ricordargli che gli voglio bene e che ci tengo a lui.
“Abbiamo risolto?” domanda Bard a gran voce, attirando nuovamente la mia attenzione. “La restituzione dell’Arkengemma per ciò che è stato promesso.”
Scudodiquercia fissa un punto lontano, preoccupato di non veder arrivare suo cugino.
Non si ode il rumore di un esercito in avvicinamento, la vallata è silenziosa.
“Dacci la tua risposta!” aggiunge l’uomo del lago. “Avrai pace, o guerra?”
L’umore del mio tesoro si rialza non appena giunge da lui un corvo nero. Il nano sorride lievemente, successivamente osserva l’orizzonte con speranza. “Avrò guerra” risponde con decisione.
Ecco che diventano sempre più percepibili i passi di marcia dei nani dei Colli Ferrosi. In lontananza compaiono innumerevoli figure minute armate di lancia, guidate da un nano a bordo di un cinghiale.
Dain.
Nel film il cugino di Thorin mi sta molto simpatico, sarà che si è fatto stimare per come ha parlato agli elfi e agli Uomini del Lago. Anche se mi ha fatto storcere il naso il fatto che si sia rifiutato di accompagnare Scudodiquercia nella riconquista di Erebor.
I miei amici gridano euforici non appena scorgono Piediferro e il suo esercito. Mi unisco a loro.
Devo dire che il cugino di Thorin è proprio buffo mentre avanza a bordo del suo fido destriero, sembra più un personaggio dei cartoni animati che un ricco Signore dei Nani ornato di oro e di argento.
“Buongiorno!” esclama Dain. “Come andiamo tutti?”
Gli Uomini del Lago sono pronti all’attacco, così come gli elfi, eppure Dain è tranquillo, rilassato, spavaldo. Lo amo.
“Ho una piccola proposta, se non vi dispiace concedermi qualche momento del vostro tempo,” inizia il signore dei Colli Ferrosi con ironica cortesia, “potreste considerare di andarvene in malora?”
Ancora una volta mi ripeto che devo fare di tutto per salvare Thorin, Fili e Kili, così festeggeremo, saremo tutti contenti e potrò parlare con Dain senza il pensiero della morte del mio amore che mi pesa nel cuore. Non vedo l’ora di conoscere il cugino di Thorin! Spero di stargli simpatica.
Dopo la provocazione di Piediferro, i guerrieri di Pontelagolungo sono indietreggiati.
Nel frattempo, io e i miei amici stiamo ridendo della grossa, specialmente dopo che Dain ha chiamato Thranduil indifferente folletto dei boschi e ha minacciato di spaccargli la testa. Oltre a ridere, fischio e alzo il pugno verso il cielo, come se stessi facendo il tifo per la mia squadra del cuore.
Anche Thorin si sta divertendo e non riesco a smettere di pensare che la sua risata sia la cosa più bella che io abbia mai udito in vita mia. Potrei ascoltarla per ore e ore senza mai stancarmi.
Dopo aver riso e scherzato, gli elfi e i nani si preparano per darsele di santa ragione, quando una specie di terremoto ci fa sobbalzare tutti quanti.
Un altro monito dell’imminente battaglia, quella a cui non riesco a smettere di pensare da quando sono capitata accidentalmente nella Terra di Mezzo.
Dalla terra compaiono dei mostri che somigliano tanto a dei vermi giganti, con una bocca spaventosa e bizzarra, dalla quale escono dei ruggiti raccapriccianti.
Stringo il braccio a Balin, mentre quest’ultimo mi abbraccia, per infondermi coraggio.
I battiti del mio cuore accelerano non appena nell’aria rimbomba il rumore del corno di guerra degli orchi, un suono che ha il potere di destare in me tutte le paure e preoccupazioni che cerco sempre di allontanare.
La Battaglia dei Cinque Eserciti è appena cominciata.
“Io scavalco il muro, chi viene con me?” chiede Fili con coraggio e voglia di combattere.
Gli altri nani sono dello stesso avviso del nano biondo, ma Thorin ordina: “Tiratevi indietro.”
Sinceramente mi piacerebbe che i miei amici non scendessero in battaglia, almeno avrei la certezza dell’incolumità dei miei tre pupilli.
Scudodiquercia ritorna dentro la Montagna e non vuole sentire obiezioni.
Dopo un po’, noialtri lo seguiamo e io mi domando cosa farò quando i miei amici andranno a combattere contro gli orchi. Ho bisogno di Bilbo, ho vinto la scommessa, ha promesso che mi avrebbe aiutata; però lui si trova fuori dalla Montagna Solitaria e andare a cercarlo con la battaglia che infuria intorno a me è fuori discussione.
Se non ricordo male, tra non molto Thorin dovrebbe tornare in sé. Gli ripeterò di stare alla larga da Collecorvo, poi farò qualcosa.
In qualche modo, impedirò la tragedia.
 
Angolino autrice:
 
Come avevo già avvisato, eccomi con l’inevitabile ritardo, eh eh.
Il prossimo capitolo lo pubblicherò la prossima settimana, se tutto andrà bene. Purtroppo ho una marea di robe da studiare e mi dispiace ritrovarmi con così tanti impegni proprio adesso che sono quasi alla fine. Vorrei scrivere gli ultimi capitoli con calma, e invece.
#Fuckschool.
Siamo in mezzo alla Battaglia dei Cinque Eserciti… siete contenti? Io sì, onestamente muahahah. Credo proprio che mi divertirò a scrivere quella parte.
Vi mando un grosso bacio e vi ringrazio di tutto.
Con affetto
Lucri <3

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Capitolo 32
*** Even if saving you sends me to Heaven ***


I will never let you fall
I’ll stand up with you forever
I’ll be there for you through it all
Even if saving you sends me to heaven

 
The Red Jumpsuit Apparatus, Your guardian angel
 
Lo scrosciare rumoroso delle cascate che si infrangono nel fiume è l’unico rumore che si ode in questa valle meravigliosa, a parte il mio insistente e ininterrotto parlare.
Thorin è seduto su uno sgabello e sta fumando la pipa, in silenzio, sembra essere nervoso. Balin è in piedi accanto a lui e mi sta guardando con il sorriso stampato in faccia, intenerito.
Io intanto gesticolo come solo noi italiani sappiamo fare e parlo dei cavoli miei. Alla fine mi siedo su Thorin, aggraziata, e gli getto le braccia al collo. “Mio principe!” esclamo con aria trasognata, sbattendo le ciglia.
Egli non mi guarda neanche in faccia, è una mia impressione o è sul punto di esplodere da un momento all’altro?
Thorin espira una nuvola di fumo, dopodiché sbotta: “Smettila di chiamarmi così, non sono il tuo principe; io sono il Principe dei Nani, e tu non sei una nana.”
“Sì che lo sono!” squittisco sobbalzando, con un sorriso che mi va da un'orecchia all’altra. Sono parecchio divertita dalla buffa situazione; è sempre un piacere mandare fuori dai gangheri il mio amore.
Scudodiquercia diventa rosso dalla rabbia e borbotta qualcosa di incomprensibile, poi sbuffa e guarda da un’altra parte. “Invece no che non lo sei!” ribatte. “Baliiiin!” appella il vecchio nano, come il fratello maggiore che chiama la madre per dirle che il fratellino lo sta importunando.
 
Sorrido divertita e deliziata da questo dolce ricordo. Mi ero divertita tantissimo a Gran Burrone, forse preferisco i giorni che ho trascorso a Forraspaccata a quelli che ho passato a Pontelagolungo, semplicemente perché lì la mia avventura era appena iniziata ed ero sempre più distante dall’incubo.
In questo frangente ci troviamo tutti dentro la Montagna Solitaria, nessun rumore della battaglia osa squarciare il silenzio inquietante e deprimete di questo luogo. Però siamo tutti consci di cosa sta succedendo qua fuori e i nani vorrebbero tanto andare a dare manforte alla loro gente.
Io e Kili siamo seduti su degli scalini. Il nano ha lo sguardo incollato a terra, sembra deluso: ha sempre stimato suo zio, eppure adesso lui si rifiuta perentoriamente di aiutare la sua gente e si rintana a Erebor come un codardo. Senza contare come ha trattato il povero Bilbo!
Anch’io non ho l’aria di essere la persona più felice del mondo: so che tra poco arriverà Thorin, finalmente libero dalla malattia che gli stava oscurando il cuore, tuttavia non mi sento pronta per assistere alla dolce scena che ci sarà tra lui e il nipote più giovane. Poi, ovviamente, non so ancora cosa farò nel momento della battaglia.
Stringo le braccia intorno a me e tossisco. Mi sono beccata un bel mal di gola. Sbuffando, tiro fuori dalla tasca il fazzoletto che mi ha dato Bofur e mi soffio il naso. Ormai quel misero pezzo di stoffa è pieno di moccoli; normalmente un oggetto del genere mi avrebbe schifata, visto che sono la regina delle schizzinose, ma ora come ora i moccoli sono il mio ultimo problema.
Smetto di pensare al mio moccio quando una sagoma emerge molto melodrammaticamente da una luce rossiccia che ricorda vagamente il tramonto.
Kili scatta in piedi e si avvicina, pronto a scattare come una molla, talmente arrabbiato che è.
L’imperscrutabile figura rivela improvvisamente il volto di Thorin.
“Non mi nasconderò mentre altri combattono le nostre battaglie per noi!” grida con furore crescente il giovane nano, battendosi un pugno sul petto.
Lo zio è sempre più attiguo al nipote e ha lo sguardo severo, pare che voglia sgridarlo, però io so bene che le cose non stanno così.
“Non è nel mio sangue, Thorin!” aggiunge Kili, quasi disgustato dall’idea di restare chiuso a Erebor mentre fuori i nani dei Colli Ferrosi e tante altre persone muoiono per una battaglia alla quale avrebbe dovuto prendere parte anche lui.
L’espressione del Re sotto la Montagna muta: non è più austera, ora è quasi dolce e c’è un velo di comprensione e di umiltà nel suo sguardo. “No, non lo è” sussurra con voce appena percepibile. “Noi siamo figli di Durin, e quelli di Durin non fuggono da una battaglia.”
Ho avuto i brividi quando il nano ha pronunciato quella frase che tanto amo.
Da qui non riesco a vedere bene le facce dei due figli di Durin, ma so per certo che Kili ha gli occhi lucidi e che Thorin ha un sorriso meraviglioso sulle labbra, un sorriso che sono felice di non riuscire a vedere, se no scoppierei in lacrime.
Quando lo zio mette la sua fronte contro quella del nipote più giovane sento di non avere più alcuna difesa e potrei piangere dalla commozione da un momento all’altro. Come se non bastasse, nella mia mente è partita la colonna sonora che c’era durante questa scena, e questo non mi aiuta a trattenere le lacrime, anzi.
Thorin si allontana da Kili per dirigersi verso di noi. “Non ho alcun diritto a chiedere questo a nessuno di voi, ma…”
Gli occhi stanno per esplodermi e mi fa male lo stomaco, c’è un tale tumulto di emozioni dentro di me: commozione, paura, ansia e gioia.
“Mi seguireste, un’ultima volta?” chiede il Re sotto la Montagna con sguardo e tono contrito, come se non si aspettasse ancora la fedeltà da parte dei suoi uomini, dopo come si è comportato.
Per fortuna i nani sanno che, in realtà, Thorin Scudodiquercia è un nano d’onore che farebbe di tutto per il suo popolo; per quanto riguarda i suoi errori del passato è tutta colpa della malattia. Quindi i miei amici non indugiano un attimo e si alzano con devozione, stringendo le armi, non vedendo l’ora di combattere un’altra volta a fianco del loro Re.
 
I nani si muniscono di scudi, armi e corazze. Sono super indaffarati, non fanno altro che andare avanti e indietro per controllare che abbiano preso tutto. Be’, in effetti stanno andando in battaglia, non in vacanza.
Spessissimo i miei amici si sono avvicinati a me e mi hanno abbracciata, o semplicemente mi hanno dato una pacca sulla spalla. Ancora una volta ho dovuto compiere uno sforzo immenso per non lasciarmi andare ad un pianto disperato. So che tutti loro, a parte Thorin, Fili e Kili, se la caveranno, però è ugualmente straziante vedere le persone a te care prepararsi per una guerra, mentre tu devi restare al tuo posto a struggerti.
In ogni caso, adesso non devo pensare a loro, sono più importanti i tre Durin, visto che rischiano di fare una brutta fine. Cerco Thorin con lo sguardo; lo trovo isolato dagli altri, in un angolo, in mezzo alla polvere e ai vari frammenti delle statue, intento a esaminare uno scudo.
Lo raggiungo senza pensarci due volte. Non mi ha ancora rivolto la parola e, oltre a volerlo pregare nuovamente di stare alla larga da Collecorvo, sono curiosa di sentire cos’ha da dirmi, ora che è di nuovo lui.
“Thorin” lo chiamo con voce tremante, come se fossi sul punto di frignare, cosa che, effettivamente, è così.
Quando si volta verso di me, non so se mettermi a ridere o a piangere: quello sguardo… è proprio il suo, non vedo più alcun velo di follia.
Il colpo di grazia giunge quando il Re sotto la Montagna mi sorride a trentadue denti, come aveva sorriso a Bilbo nel momento della ghianda. “Glenys” pronuncia il mio nome sommessamente, come se fossi un miraggio, come se non si aspettasse di rivedermi dinanzi a lui dopo tutto quello che mi ha fatto.
Mi sforzo di sorridere nonostante la paura e la tristezza che mi attanagliano il cuore.
Sto per iniziare a parlare, ma lui mi precede, quasi supplichevole: “Ti prego, mia piccola Glenys!” Mi ha afferrato le mani.
Non solo il gesto mi ha emozionata tantissimo, bensì anche le sue parole.
Mia piccola Glenys…
Ho di nuovo un incontro ravvicinato con gli occhioni da cucciolo di Thorin, i quali, quando è pentito, sono ancora più grandi e dolci.
“Perdonami!” conclude la frase baciandomi le mani in un modo talmente disperato che persino la persona più rancorosa del mondo non riuscirebbe a non perdonarlo.
Comunque non sono mai stata arrabbiata con lui, so che non avrebbe mai tentato di stuprarmi se non fosse stato in balia della malattia del drago. E poi ho cose più urgenti da fare che tenergli il muso. “Non devo perdonarti niente” lo rassicuro sorridendogli. “So che non eri tu a comportati in quel modo, è tutta colpa della malattia. Non è stata colpa tua e sappi che non sono arrabbiata con te, neanche un po’.” Voglio che questo sia chiaro.
Scudodiquercia rilassa il volto incurvando le labbra, proprio come ha fatto con Kili.
Ricambio il sorriso. “Anzi, devo ringraziarti: non mi sono mai sentita così viva e felice in vita mia, ed è tutto grazie a te.”
Gli occhi del nano si fanno lucidi, facendo concorrenza ai miei che mi stanno bruciando terribilmente. Dopodiché ride, una risata sincera e di cuore. Mi passa una mano sulla guancia. “Per questo anch’io dovrei ringraziarti,” dice, “era da tanto tempo che non sorridevo. Tu hai portato un po’ di luce nella mia vita e non ti sarò mai grato abbastanza per questo.”
Comincio a vedere tutto fosco, quindi mi strofino gli occhi. “Mi è entrato qualcosa negli occhi” mento asciugandomi le lacrime.
Thorin ride ancora di più e mi alza il mento con due dita, costringendomi a guardarlo in faccia.
All’improvviso non m’importa di sembrare forte, non ce la faccio più a nascondere quello che sento dentro. Quindi non esercito più forza sui lucciconi.
Anche il nano dà l’impressione di star piagnucolando. Mi asciuga le lacrime e ridacchia ancora un po’. “Stai piangendo?” mi chiede quasi canzonatorio.
“Be’, anche tu stai piangendo” rispondo con voce strozzata, ridendo leggermente.
Adesso stiamo ridendo insieme, tra le lacrime.
“Ricordati che un re non piange mai” afferma sicuro Thorin, sempre con quel sorriso seducente sulle labbra.
Mi unisco alla sua breve e sommessa risata, dopodiché levo le ultime gocce di pianto agli angoli degli occhi e cerco di riprendermi, visto che devo parlargli di una cosa importante e non ho tempo da perdere. “Mi prometti una cosa?” gli domando con fatica, poiché al solo pensiero della sua probabile morte mi rattristo e non ce la faccio a non piangere.
Egli mi fissa in silenzio e china leggermente il capo in segno di assenso.
“Stai alla larga da Collecorvo” gli dico tutto d’un fiato, con tono imperativo. “Tu, Fili e Kili non avvicinatevi a quel posto. Se lo farete, morirete.”
“Te lo prometto, non preoccuparti.” Sta sorridendo e qualcosa mi dice che ha preso sottogamba il mio ordine. Poi riprende a sistemarsi per la battaglia, mentre io continuo a supplicarlo di ascoltare i miei suggerimenti.
La mia ansia si sta mischiando alla rabbia, perché quel testone non vuole ascoltarmi, fa sempre tutto di testa sua.
I miei tentativi di persuasione si interrompono nel momento in cui Thorin Scudodiquercia elimina la distanza che c’è tra noi e la sua lingua prende possesso della mia bocca.
Non mi aspettavo un bacio, quindi mi ritrovo ferma come una babbea, mentre continuo a tenere gli occhi aperti, troppo stupita da questo slancio. E adesso cosa faccio? Dovrei abbracciarlo? Dovrei far danzare la mia lingua con la sua? Non ho il tempo per pensarci su, perché lui si leva subito da me con aria soddisfatta.
Ho ancora un’espressione da ebete stampata in faccia.
Vorrei dire qualcosa o semplicemente ricambiare il bacio.
Il nano mi mette un dito davanti alle labbra, come se avesse capito che ero sul punto di aprire bocca. “Hai ragione: provo qualcosa per te, da tanto, troppo tempo.”
Sgrano gli occhi, anche se questo lo sapevo già.
“E ti chiedo perdono se mi dichiaro solo ora, è che la faccenda è più complicata di quanto sembri. E poi, meglio tardi che mai, no?”
Onestamente non so cosa dire, quindi rimango muta, anche perché vorrei sentire cos’ha da dirmi.
Thorin mi sorride con dolcezza. “Avevo una donna, un tempo. Si chiamava Gwarka.” Fa una pausa e stringe i pugni, come se quel ricordo fosse ancora troppo doloroso per lui. “Dovevamo sposarci. Ti sembra assurdo, vero? Un tempo anch’io ero felice e non ero musone come ora. Insomma: ero entusiasta e pieno di speranze, esattamente come te.” Il suo sguardo diventa torvo. “Tutto mi è stato portato via da quella maledetta bestia, da Smaug. Ho visto Gwarka bruciare davanti ai miei occhi.”
Dovrei stringerlo a me? Dargli una pacca sulla spalla? Non ci sono parole né gesti per consolare una persona che ha perso l’amore della sua vita.
Sto per dire un banalissimo e inutilissimo mi dispiace, ma fortunatamente lui riprende il discorso: “Quando ti ho vista spuntare da quei cespugli tutta allegra e piena di vita, per un attimo ho rivisto la mia Gwarka, così matta e chiacchierona.” Sorride deliziato. “Durante il viaggio ho notato sempre più analogie: il tuo modo di parlare, gesticolare… in me stava rinascendo qualcosa, però non potevo permettermi di darti un’opportunità, perché avevo giurato alla mia donna amore eterno e non mi sembrava corretto corteggiare un’altra giovane dopo la sua morte.”
Proprio come immaginavo.
Il nano sospira e in questo momento trova molto interessante il pavimento. “Senza contare che sei molto giovane per me e non sei longeva come noi nani: come potrei vivere una vita con te, se tu sei destinata a morire prima?”
Avverto un altro macigno nel cuore: non avevo mai preso in considerazione questo “piccolo” dettaglio.
Scudodiquercia mi prende nuovamente le mani e mi guarda intensamente negli occhi.
Mi perdo dentro quel mare blu, profondo come l’animo del nano.
“Ti prego, mia gemma, perdonami per aver dichiarato il mio amore proprio adesso che sto per scendere in battaglia!”
Effettivamente è stato un coglione, ma poco importa: l’importante è che abbia finalmente sputato il rospo. Quindi lo tranquillizzo, dicendogli che anch’io lo amo e che non potrei mai e poi mai essere arrabbiata con lui.
Thorin mi rivolge un ultimo sorriso e mi carezza la guancia, poi deposita un dolce e casto bacio sulle mie labbra. Questa volta non sono rimasta rigida come un pezzo di legno.
Quando l’uomo della mia vita si volta per fare la sua entrata in scena, mi sento morire.
Dovrebbe essere illegale essere un bell’uomo come Thorin, dichiararsi a una donna dopo tanto tempo e poi morire subito dopo.
 
Non sto facendo altro che camminare su e giù per questo spazio polveroso e gelido come il ghiaccio, tenendo le braccia saldamente incrociate dietro alla schiena. Qualche volta me la prendo con qualche sassolino che ha avuto la scellerata sfortuna di incappare in me.
Talvolta ho avvertito l’impulso di uscire dalla Porta Principale e andare a cercare Bilbo; ma andare là fuori, nel bel mezzo della battaglia, sola come un cane, è fuori discussione.
“Glenys!”
Sono talmente immersa nei miei pensieri, che non riconosco immediatamente la voce della persona che mi ha appena chiamata. Mi volto sperando che si tratti di Bilbo.
Lo hobbit è affannato dinanzi a me. Ha l’aria di uno che ha corso parecchio.
Mi precipito dal mio migliore amico e lo stringo forte a me. Adesso che siamo insieme, possiamo farcela.
Il signor Baggins ricambia frettoloso l’abbraccio. “Ti credo, Glenys” mi dice dopo che ci siamo un po’ allontanati.
Mi verrebbe da sorridere ironicamente, visto che sarebbe pazzesco se non mi credesse neanche adesso, dopo tutto quello che è successo.
“Si è avverato tutto quello che hai detto” continua lo hobbit, gesticolando stupefatto. “Due elfi sono appena tornati per riferire dell’altra armata di Azog e Thorin, Dwalin, Fili e Kili stanno andando proprio a Collecorvo!”
Vorrei tanto che il mio amico non perdesse tempo per spiegarmi tutto per filo e per segno, visto che queste cose le so già. Nel frattempo Fili potrebbe già essere bello che morto.
Bilbo si calma un po’ e la smette di respirare affannosamente. “Ti avevo promesso che ti avrei aiutata. Ebbene, ho perso la scommessa, quindi eccomi qui.” Mi sorride incoraggiante e mi porge la mano.
Quando do la mano allo hobbit, lui la stringe e ci guardiamo con decisione.
“C’è solo un piccolo problema,” dico, “come facciamo a dirigerci indisturbati verso Collecorvo? Io non so combattere, e nemmeno tu.” Bilbo aveva l’anello nel momento della battaglia, ma io sono senza protezione.
A questa domanda, lo hobbit china lo sguardo e mette una mano in tasca. Tasta l’anello, indeciso sul da farsi. “Ho trovato una cosa, nelle gallerie dei goblin” ammette con tono sommesso.
Lo guardo priva di emozione, visto e ben notato che sono già al corrente dell’oggetto misterioso che ha trovato nelle gallerie delle Montagne Nebbiose.
Quindi, quando il mio migliore amico tira fuori l’anello, non rimango di stucco.
Senza darmi una sola parola di spiegazione, egli mi mette l’anello sul palmo della mano. “Indossalo, così diventerai invisibile e nessuno ti vedrà in mezzo alla battaglia. Fidati di me.”
“E tu?” gli chiedo preoccupata. “Come farai?”
Lo hobbit alza le spalle. “Me la caverò, non preoccuparti per me: noi hobbit non saremo dei valorosi guerrieri, ma sappiamo essere estremamente rapidi e silenziosi all’occorrenza” mi risponde cercando di ostentare sicurezza e coraggio, anche se si vede lontano un miglio che è sul punto di farsela nei pantaloni. Ma per gli amici questo e altro e non gli sarò mai grata abbastanza.
Dopo queste parole, Bilbo mi fa l’occhiolino e io sorrido, sperando con tutta me stessa che non gli capiti niente. Non me lo perdonerei mai.
 
Nonostante stia indossando l’anello, non posso permettermi di correre serenamente come se stessi facendo una tranquilla corsetta con gli amici in un campo di atletica: qui si sta scatenando l’Inferno; ovunque ci sono orchi che combattono con una tale ferocia da far invidia a una leonessa che balza sulla preda e la sbrana viva.
Spessissimo sono costretta ad abbassarmi o a spostarmi per non ricevere un mazzafrusto in testa.
Per fortuna io e il mio amico ci troviamo molto vicini alla Montagna, dove ci sono meno orchi, però è ugualmente rischioso e bisogna fare attenzione.
Qualche volta mi volto per accertarmi che Bilbo sia ancora intero. Stiamo correndo mano nella mano in mezzo a questo spettacolo di morte e disperazione.
 
“Thorin!” esclama Bilbo raggiungendo Thorin e Dwalin insieme a me.
Mi sfilo velocemente l’anello.
“Bilbo.” Thorin sorride non appena riconosce il suo amico e, il suo sorriso, si allarga quando vede anche me. “Glenys!” Il Re sotto la Montagna corre verso di me e mi prende in braccio, facendomi fare un giro in aria, ridendo.
Io e Thorin ci fissiamo per un secondo, dopodiché ci diamo finalmente un bacio decente, passionale. All’improvviso ci dimentichiamo che c’è una battaglia intorno a noi e che le persone a noi care potrebbero essere in pericolo.
“Dovete andarvene, subito!” Per buona sorte esiste uno hobbit di nome Bilbo Baggins, che ci riporta alla realtà. “Azog ha un’altra armata che attacca da nord.”
Scudodiquercia mi rimette con i piedi per terra e guarda preoccupato lo scassinatore.
“Questa torre di vedetta sarà circondata, non ci sarà scampo!” Lo hobbit ha sempre più paura, così come me, che non ho la più pallida idea di come salvare Fili. Vorrei dire a Thorin e a Dwalin di andare immediatamente a cercare il giovane nano, ma non riesco a proferire una sola parola, perché il guerriero pelato dice subito: “Siamo così vicini! Quella feccia d’orco è lì dentro, io dico di andare avanti.”
“No!” ordina con risolutezza Thorin, fermando il suo amico. “È quello che vuole. Vuole attirarci dentro… questa è una trappola.”
Sto per ordinare a uno dei due di andare da Fili, quando il mio uomo mi precede: “Trova Fili e Kili, falli tornare.” Sta parlando con Dwalin.
Il mio cuore comincia a battere all’impazzata e mi viene da piangere: ormai è fatta, Fili è spacciato. Non c’è più tempo. Forse è colpa mia, avrei potuto impedire la sua morte, in qualche modo.
“Thorin.” Dwalin si volta verso il suo Re. “Ma sei sicuro?”
Il nano lo guarda da sotto le sopracciglia irsute. “Fallo.” Questo è tutto quello che esce dalla sua bocca, prima che il vecchio amico si allontani inutilmente. “Vivremo per combattere un altro giorno.”
Mentre Bilbo e Thorin vanno via, io rimango ferma dove mi trovo, sentendomi inutile e impotente: come ho potuto pensare anche solo per un secondo che sarei riuscita a salvare i tre Durin? Dire a Thorin di non andare a Collecorvo è stato inutile, come al solito egli non mi ha dato ascolto e ha fatto tutto di testa sua.
Non è nella mia natura arrendermi, ma cos’altro potrei fare? Correre incontro ad Azog e pugnalarlo alle spalle mentre sta per trafiggere Fili? Siamo franchi: neanche se indossassi l’anello riuscirei a compiere un simile gesto. Non sono un’eroina, sono soltanto una stupida ed ingenua ragazzina di sedici anni che si è illusa di poter vivere una vita perfetta con un bel lieto fine.
I miei due amici si fermano non appena odono un tonfo minaccioso e sospetto.
Comincio a sentirmi male.
Thorin, Dwalin e Bilbo corrono avanti quando compare Azog che trascina Fili per i capelli.
Seguo i due nani e lo hobbit, non sentendomi pronta per questo momento. Sapevo che probabilmente avrei assistito a questa disgrazia, ma la verità è che non si è mai pronti per vedere una persona amata morire.
La neve cade delicata sopra di noi, completamente in contrasto con la durezza della situazione.
L’Orco Pallido comincia a parlare nella sua lingua e io so benissimo cosa sta dicendo, parole che hanno il potere di farmi sentire ancora peggio.
“Scappate!” grida disperato Fili.
Thorin scuote la testa. Non abbandonerebbe mai suo nipote.
“SCAPPATE!” strilla spaventato il giovane nano. Ha paura della morte, ma teme principalmente per la nostra incolumità. I suoi ultimi pensieri sono per noi, prima di venir trapassato da parte a parte davanti ai nostri occhi.
Lo sguardo del principe biondo, una volta così luminoso, ora si spegne e si irrigidisce.
Il Re sotto la Montagna sta per scoppiare a piangere, ma si trattiene, conscio che la battaglia non è ancora finita e deve rimanere presente a se stesso. Suo nipote dev’essere vendicato.
Per quanto riguarda me, anch’io non posso permettermi di frignare, perché ho ancora molte cose da fare. Però sto ugualmente tanto male e mi sento in colpa. Fili è sempre stato molto gentile con me, lo consideravo un fratello e la sua assenza sarà un dolore che mi accompagnerà ogni giorno.
Azog lascia cadere il corpo del nano come se non fosse altro che un pezzo di carne, mentre fino a pochi secondi fa apparteneva a una delle persone più valorose e fedeli che io abbia mai conosciuto.
L’espressione sconvolta di Kili di fronte al corpo privo di vita del fratello tanto amato mi fa stringere il cuore. Lo stupore e la tristezza vengono presto trasformati in rabbia, quindi il nano moro corre furioso verso l’assassino della sua altra metà.
“Kiliiii!” lo chiama Thorin, inseguendolo. Non potrebbe sopportare anche la sua morte.
Io e Bilbo non ci muoviamo, entrambi distrutti. Io, oltre che distrutta, sono anche indecisa: come posso impedire la morte di Kili? E quella di Thorin? Già la fine di Fili mi ha resa depressa abbastanza, se dovesse perire anche il mio amore non so proprio come farei ad andare avanti.
Senza pensarci due volte, indosso l’anello, dopo aver detto distrattamente a Bilbo e a Dwalin di tenere d’occhio Kili.
È brutto da dire, ma in questo momento ho cose più importanti a cui pensare. Non permetterò a Thorin Scudodiquercia di lasciarmi, lo salverò a qualunque costo.
 
Angolino autrice:
 
Ebbene, non ho risparmiato Fili. La sua morte mi ha sempre resa tristissima, sia nel libro che nel film.
Forse manca un solo capitolo alla fine della fanfiction, o forse due. In ogni caso, la storia sta volgendo al termine.
Probabilmente il prossimo capitolo lo pubblicherò dopo l’8 Ottobre. Sì, esatto: la scuola mi sta uccidendo XD.
Un bacio!
Lucri <3

 

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Capitolo 33
*** Sorpresa! ***


La mia visuale viene offuscata dalle lacrime, le quali mi impediscono di osservare con attenzione il combattimento tra Thorin e Azog. Sto indossando l’anello e mi trovo su uno scalino, isolata dagli orchi, ma non sono preoccupata per me: temo di non riuscire a salvare il mio amore. E Kili? Dwalin e Bilbo lo stanno tenendo d’occhio? E poi c’è il pensiero della morte di Fili che non mi sta dando pace, mi pesa nel cuore ed è un dolore insopportabile. Io e il nano biondo avevamo un bellissimo rapporto, era come un fratello maggiore per me. All’improvviso mi tornano in mente i bei momenti che ho passato con Fili, come quella volta che gli ho insegnato quella canzoncina stupida, a Gran Burrone. Mi mancherà non avere più una persona che mi prenda in braccio facendomi fare un giro in aria come se fossi una bambina; mi mancherà un certo nano che aveva la brutta – ma affettuosa – abitudine di scompigliarmi i capelli, con il fine di farmi una carezza.
Mi asciugo gli occhi con la manica della giacca e cerco di concentrarmi sulla battaglia: Thorin si trova spesso in difficoltà, tipo adesso che un orco sta per farlo fuori.
Improvvisamente una spada colpisce il mostro, davanti agli occhi stupiti del nano.
Mentre l’orco sta cadendo giù, il Re sotto la Montagna si riprende Orcrist, pronto a combattere con coraggio contro chiunque oserà mettersi sulla sua strada.
 
Se al cinema l’ultimo confronto tra Thorin Scudodiquercia e Azog il Profanatore mi aveva emozionata e meravigliata, ora mi rende irrequieta e preoccupata come non mai. Perché adesso non sto ammirando una scenografia mozzafiato, frutto di abili scenografi con anni e anni di esperienza alle spalle. Tutto questo sta succedendo veramente e ho molto da perdere: lunghi anni felici con Thorin e una famiglia, potrei perdere il bambino che deve ancora svilupparsi nel mio grembo.
Comunque sarebbe stupido intervenire ora: rischierei soltanto di fare una gran brutta fine. Allontanerò quel rimbambito di Thorin quando Azog si troverà sotto il ghiaccio, ancora vivo.
Il fiume ghiacciato sta cominciando a rompersi e io sono pronta a scattare, come una gazzella che fugge dal predatore.
Sotto gli stivali di Scudodiquercia si stanno formando lunghe crepe. Il nano indietreggia con attenzione, studiando il prossimo attacco da sferrare, mentre Azog gli gira intorno come se fosse uno squalo. Quest’ultimo rompe il ghiaccio ancora di più, costringendo lui stesso e il suo avversario a combattere in una maniera tutt’altro che facile e completamente scomoda.
Finalmente l’Orco Pallido è in difficoltà. La situazione di quel mostro si aggrava quando giungono le Aquile: delicate, bellissime, ma letali. Sembra che siano comparse dalla luce, a bruciapelo.
Azog, come farebbe chiunque, si incanta a fissare quelle creature.
Thorin approfitta della distrazione dell’orco per lanciargli addosso la sua stessa arma. Dopodiché lo guarda negli occhi e si sposta, facendo affondare il nemico sott’acqua, a causa del peso.
Grida, grida di rabbia, il maledetto, cercando inutilmente di aggrapparsi alla lastra ghiacciata. Naturalmente non ce la fa e sprofonda.
Thorin sospira, illudendosi che sia finalmente tutto finito.
 
Il Re sotto la Montagna si inginocchia, addolorato per la perdita del nipote più grande, quando nota qualcosa di sconcertante: Azog ha gli occhi aperti e sembra che lo stia fissando.
È il momento.
Thorin comincia a seguire il corpo del nemico che galleggia sott’acqua.
Corro verso il nano e grido: “Thorin!”
Prima che io possa aggiungere di spostarsi, egli si guarda confusamente intorno. Solo adesso mi ricordo che sto indossando l’anello e che, di conseguenza, lui non può vedermi. “Glenys?” domanda perplesso.
Poco dopo che mi ha chiamata per nome, l’orco gli trafigge il piede e Thorin lancia un urlo di dolore.
Mi fermo un attimo, assalita dai sensi di colpa: sono stata io a distrarlo. Possibile che non riesca mai a fare niente di buono? Conoscendo i fatti avrei potuto trovare un’idea più illuminante per salvare tutti e tre i nani. Se fossi stata più intelligente forse Fili sarebbe ancora vivo, forse Thorin adesso non si troverebbe in questa spiacevole situazione.
Pazienza.
Non è ancora finita, lotterò fino alla fine per l’incolumità del mio uomo.
Anche se salvarti mi manderà in Cielo.
 

Azog il Profanatore sta sovrastando Thorin, un sorrisetto vittorioso stampato in faccia, il sorriso di chi è consapevole di avere il coltello dalla parte del manico.
Scudodiquercia non demorde e trattiene la lama nemica, con rabbia.
A questo punto non so cosa fare.
Prendendo il coraggio a due mani, spinta dalla forza della disperazione, afferro l’orco da dietro e cerco di spostarlo dal mio amato.
Azog non leva gli occhi dalla preda e mi dà un violento strattone con il braccio libero.
Quel mostro è talmente vigoroso, che mi basta quel semplice gesto per ruzzolare a terra. Mi ha colpita proprio in pancia, quindi mi fermo un secondo per riprendere fiato.
Malgrado il dolore, cerco di avvicinarmi il più velocemente possibile ai due contendenti. Più mi avvicino, più il mio cuore batte velocemente. Sono alla resa dei conti e non posso permettermi di perdere un solo minuto.
Troppo tardi: Thorin Scudodiquercia lascia che l’arma del nemico lo infilzi e si lascia andare la testa sul ghiaccio, urlando.
Mi sento come se fossi stata colpita io. Il mondo ha improvvisamente smesso di girare e ho una gran voglia di piangere. Questo è uno di quei frangenti in cui inizialmente ti illudi di trovarti in un incubo; ti basta poco per renderti conto che è tutto maledettamente reale.
L’orco ha un sorriso insopportabile in volto, un sorriso che vorrei levargli violentemente dalla faccia a suon di pugni.
Quel bastardo fa presto a cantar vittoria, poiché il Re sotto la Montagna non perde un attimo per fargli fare la fine che merita. Egli non si accontenta di trapassarlo con la spada, deve spingere ancora più in giù, deve guardarlo negli occhi e leggere tutto il dolore che gli sta provocando.
Azog è finalmente morto.
Thorin ha avuto la sua vendetta.
Dovrei essere felice, no? Ma la verità è che non mi importa niente, per me l’orco poteva venir ucciso da Bard, da Thranduil o da chiunque altro, l’importante era che Thorin sopravvivesse.
Qualcosa mi dice che gli eventi hanno preso una brutta piega.
L’amore della mia vita non riesce neanche a reggersi in piedi. Non può finire così, già Fili è morto e Kili non ho la benché minima idea di dove sia finito, non potrei tollerare anche la morte di Scudodiquercia.
“Thorin!” Mi precipito dal nano, temendo il peggio. Osservo la sua ferita, è molto profonda. Cerco di non farmi prendere dal panico e dico: “Chiamo qualcuno. Dev’esserci una cura.” Forse Gandalf potrebbe salvarlo. Thorin non può morire, non riesco neanche a immaginare un futuro senza di lui; la morte e Thorin sono due concetti difficili da far coincidere. Non hanno niente a che vedere l’uno con l’altro.
“Glenys…” La voce del re è ancora più bassa del solito, mentre mi sfiora con dolcezza la guancia.
Gli afferro la mano e la tengo attaccata al mio viso, mi aggrappo ad essa come se fosse un'ancora di salvezza. Sto piangendo, perché sono consapevole del fatto che, probabilmente, ormai è tutto finito.
Gli occhi di Thorin sono bagnati, neanche lui riesce a lasciarmi. “Lo sai?” mi chiede flebilmente. “Ora che Erebor è stata finalmente riconquistata, ti avrei sposata.”
Queste sono parole bellissime, renderebbero felice qualsiasi donna; tuttavia, in questa brutta situazione, possono soltanto farti sentire peggio. Ho perso tutto.
“Chissà, magari avremmo anche avuto dei figli” aggiunge con dolore, sia fisico e morale. Questo povero nano ha dovuto sopportare di tutto, finalmente aveva trovato un po’ di pace e aveva tanti progetti per il futuro, poteva ritornare a sorridere. Ma il destino ha deciso di portargli via ogni cosa un’altra volta e, in questo caso, il prezzo è stato ancora più alto: la vita stessa.
Al solo pensiero di quanto stia soffrendo adesso, mi sento esplodere dalla tristezza.
“Ti chiedo perdono per non averti ascoltata, per colpa mia Fili è morto, Kili…” Fa una pausa, perché le sue frasi si stanno trasformando in singhiozzi. “Non ho idea di dove si trovi, se sia vivo o no e tu…” Il suo sguardo è ancora più pentito di poche ore fa, quando mi ha chiesto scusa per aver tentato di abusare sessualmente di me. Le lacrime lo stanno assalendo e non trova le parole per chiedermi perdono per quanto sto soffrendo a causa sua. Alla fine scuote leggermente la testa. “Mi dispiace di averti incontrata, sarebbe stato meglio se il tuo cammino non avesse mai incrociato il mio, ti avrei risparmiato molto dolore.”
Non voglio assolutamente che pensi questo: incontrarlo è stata una benedizione, mi ha reso la ragazza più felice della terra. Provo a consolarlo, dopodiché chiamo a gran voce Bilbo, a questo punto dovrebbe essersi ripreso. Ho bisogno del suo aiuto, voglio tentarle tutte per salvare la vita al mio uomo.
Lo hobbit scende le scale di corsa e non c’è bisogno che gli dica cosa stia succedendo: prende in mano la situazione ed esamina la ferita del nano. Si copre la bocca con la mano, constatando la gravità delle condizioni dell’amico.
Dunque è finita? Non c’è più niente da fare? Neanche portarlo da Gandalf risolverebbe la situazione? Sono proprio una sciocca! Ho visto il film, dovrei sapere che ormai non c’è più alcuna speranza.
Non appena Thorin comincia a chiedere scusa a Bilbo, mi sento male.
 
Pianta i tuoi alberi, guardali crescere…
 
Sarebbe stato bello andare a trovare Bilbo nella Contea e piantare gli alberi tutti e tre insieme: io, lo hobbit e il Re, mio marito.
 
Se un maggior numero di noi considerasse la casa al di sopra dei tesori d’oro, questo sarebbe un mondo più felice.
 
“No no no, Thorin!” gridiamo insieme io e il signor Baggins, lanciandoci letteralmente sul corpo del nano.
Thorin riserva il suo ultimo e più bel sorriso per me. Non ci penso un attimo e lo bacio in bocca, accompagnata dalle parole disperate di Bilbo.
Non appena mi levo da Scudodiquercia, noto con orrore che i suoi occhi, una volta profondi e penetranti, ora sono spenti. Stanno fissando le Aquile, mentre lo hobbit gliele indica, non riuscendo ancora a credere che sia finita così.
Quando Bilbo non ce la fa più e inizia a piangere, mi unisco a lui. Ci abbracciamo e per poco non perdiamo il respiro, soffocati dalle nostre stesse lacrime.
Ci stringiamo l’uno all’altra. Questo dolore è troppo grande per essere portato dentro da una sola persona.
Per la prima volta da quando mi sono svegliata su quel prato, desidero che tutto ciò sia solo un sogno, un incubo. E voglio svegliarmi.
 
La sala è buia, buia come la notte, così scura da impedirmi di vedere i nani che si trovano accanto a me. L’oscurità sarebbe assoluta se non ci fossero delle torce tutte intorno, che sembrano delle piccole stelle di fuoco.
I preparativi per i funerali non si sono fatti attendere. Ebbene, adesso eccoci qui.
Il momento in cui gli altri nani sono venuti a conoscenza della morte del loro leader è stato straziante. Erano tutti intorno al corpo privo di vita di Thorin, sul ghiaccio gelido come questa giornata invernale. Per poco non si sono strappati i capelli dal dolore quando hanno preso atto anche delle morti di Fili e Kili, loro cari amici.
Dwalin ha trasformato la tristezza in rabbia: ha lanciato un grido fortissimo e ha preso a calci il corpo di Azog; sono dovuti intervenire Balin e Gloin, se no sarebbe andato avanti all’infinito a colpire quell’orco maledetto. Avrei voluto abbracciarlo, condividere con lui questo cordoglio, ma voleva essere lasciato in pace. Thorin era un fratello per lui, non un semplice compagno di guerra e avventure.
Bilbo non ha spiccicato una parola dalla morte di Thorin, visto che è rimasto sconvolto. Per un po’ ha smesso di piangere, poiché ha versato tutte le sue lacrime prima, sul cadavere del nano. Ora, nel momento del funerale, lo sento singhiozzare vicino a me. Gli stringo la mano, per infondere coraggio sia a lui che a me stessa.
Al collo sto indossando ancora la collana che aveva fatto Scudodiquercia per me, l’avevo recuperata dal tesoro quando lui non stava guardando. Le do un’occhiata e vengo travolta da un’altra ondata di mestizia; mi sento trafitta dai soavi ricordi.
L’elogio funebre lo sta tenendo Gandalf. I suoi occhi sono tristi, non svegli e arzilli come sempre. Lo stregone si concede l’ennesimo sospiro, prima di riprendere il discorso. “Quando suggerii a Thorin di riprendersi la sua terra natia, non esitò un attimo, si mise subito al lavoro per la missione. Lui è sempre stato un nano che metteva il suo popolo prima di lui ed è stato così anche nel momento della sua morte: si è sacrificato per uccidere Azog il Profanatore, ha dato giustizia alla sua gente, che è stata privata di un re e anche di due formidabili guerrieri.” A questo punto, il suo sguardo cade su Fili e Kili, i quali sono distesi su una tomba di pietra ai lati dello zio. “Due giovani nani che sono sempre rimasti fedeli allo zio, al loro Re. Nonostante la giovane età, hanno seguito Thorin Scudodiquercia in questa missione pericolosa, pur sapendo che sarebbero potuti morire. Avevano così tanti anni di vita dinanzi a loro! Ma hanno preferito appoggiare un loro parente e garantire una terra prospera al loro popolo.” Gandalf sorride deliziato dai giorni passati. “Rammento che una sera mi dissero che avevano deciso di unirsi alla Compagnia anche per essere ricordati, per entrare a far parte della Storia. Ebbene, noi non li dimenticheremo mai, così come il loro nobile zio: Thorin Scudodiquercia.” A questo punto lo stregone alza una torcia, imitato da tutti noi.
Rimaniamo in silenzio, in segno di rispetto.
Le lacrime salate bagnano il mio viso.
No, purtroppo non li dimenticheremo mai.
 
Finito il funerale, i miei amici si abbracciano e piangono per la grossa perdita. Balin non ha smesso di singhiozzare per tutto il funerale, mentre Dwalin si è limitato a rivolgermi un sorriso tirato e a darmi un affettuoso colpetto sul braccio. Ho apprezzato il gesto: so che quel guerriero è di poche parole e che non si lascia facilmente andare alle effusioni.
Prima di raggiungere Gandalf, lo hobbit e i nani fuori dalla Montagna, rimango un attimo sola con i corpi dei tre figli di Durin. Intorno a me c’è unicamente il silenzio a farmi compagnia.
L’amore della mia vita ha le labbra socchiuse, sembra che stia dormendo. Fili e Kili, invece, non li ho mai visti così immobili e tranquilli, specialmente quest’ultimo; secondo me, loro due, non stavano fermi neanche quando dormivano. Deposito un dolce bacio sulla fronte dei due giovani nani, dopodiché sussurro: “Vi voglio bene, amici miei.” Quando mi trovo dinanzi al cadavere di Thorin, desidero un’altra volta di trovarmi in un incubo. A lui non dono un semplice bacio sulla fronte, bensì uno lungo e appassionato sulla bocca. Le sue labbra sono ghiacciate e, quando mi separo da lui, mi immagino che apra gli occhi all’improvviso e che mi sorrida, sussurrando il mio nome, sfiorandomi con delicatezza la guancia, com’era solito fare in vita.
“C’era qualcosa, tra te e mio cugino?”
Sussulto. Pensavo di essere sola. Mi volto e mi ritrovo davanti il volto triste e rassegnato del nuovo Re sotto la Montagna: Dain Piediferro.
Fino a poco tempo fa non vedevo l’ora di parlare con quel nano, finalmente ne ho l’occasione, anche se non è un buon momento.
Annuisco con aria grave.
Egli sospira, dopodiché mi dà una pacca sulla spalla, come se volesse consolarmi e infondermi forza e coraggio. Dopo aver osservato ancora per un po’ Thorin, Fili e Kili, se ne va, senza aggiungere parola.
 
Dopo la morte di Thorin, sento di non avere più un posto nella Terra di Mezzo. Bilbo mi ha invitata a stare da lui. Sinceramente all’inizio ho preso in considerazione l’idea di restare a Erebor con i nani; ma lo hobbit è solo, ha bisogno di me per sopportare il cordoglio. Così ho accettato la sua offerta, anche se me ne ritornerei volentieri a casa mia, dopo quello che è successo.
Non ho un futuro in questo mondo, esso è morto insieme a Thorin Scudodiquercia, su quel fiume ghiacciato.
Guardo nuovamente la collana con la runa. Durante il funerale mi era venuto in mente di lasciarla a Thorin, così avrebbe avuto una parte di me con sé, nelle sale di attesa. Ma alla fine ho deciso di tenerla, è pur sempre un ricordo di lui.
Adesso io, Bilbo Baggins e Gandalf stiamo per partire per la Contea. So che manca ancora una cosa: l’addio ai nani. Ed ecco un altro momento difficile. Non me la sento di salutare i miei amici, sono stufa di versare lacrime.
“Dev’essere una gran festa, stasera” ci dice Balin mentre usciamo da Erebor, cercando di sembrare allegro. “Canzoni saranno cantate, racconti saranno raccontati…” Si ferma e aggiunge con sentimento: “E Thorin Scudodiquercia, lui passerà alla leggenda.” Sposta lo sguardo e cerca di non scoppiare nuovamente in un pianto disperato.
“So che è così che dovete onorarlo.” Finalmente Bilbo apre bocca. “Ma per me non lo è mai stato. Lui era…” Non riesce a concludere la frase, perché al solo pensiero di ciò che Thorin Scudodiquercia rappresentava per lui si sente di nuovo male. Prova a parlare, ma non ce la fa. Lo capisco: neanch’io riesco a parlare di quel nano, dopo la sua morte.
Senza contare che Thorin, per me, era molto di più di un amico.
“Be’, noi ce ne andremo in silenzio.” Il signor Baggins mi accarezza la schiena e mi sorride incoraggiante, un sorriso appena accennato.
L’unica cosa che mi consola, è che potrei trovarmi bene con Bilbo: mi darà tutto l’affetto di cui ho bisogno, sarà una sorta di figura paterna.
“Puoi dire agli altri che li salutiamo?”
“Glielo potete dire voi stessi.”
Gli altri membri della vecchia Compagnia sono in riga all'entrata della Montagna Solitaria. Hanno ancora l’aria da funerale, ma cercano ugualmente di fare un sorriso. Lo fanno per noi.
Io e lo hobbit sorridiamo dinanzi a quest'immagine. Come faremo a lasciarli? Vorrei proporre a Bilbo di restare ancora un po’ a Erebor, ma gli manca troppo la Contea, non vorrei trattenerlo oltre. Deve rivedere la sua poltrona, i suoi fiori, i suoi libri; deve piantare i suoi alberi e guardarli crescere. Come gli ha detto Thorin.
“Se qualcuno di voi passasse da Casa Baggins, il tè è alle quattro. Ce n’è in abbondanza, siete sempre i benvenuti.” A queste parole dello scassinatore, i nani si inchinano. Ho notato che Bofur stava per mettersi a piangere, visto che ha legato molto con Bilbo.
Mentre mi allontano con il signor Baggins, mi volto spessissimo a fare un cenno di saluto ai miei amici. Mi soffermo specialmente su Dwalin, con lo sguardo: mi sorride paterno e io ricambio il sorriso, domandandomi come farò in questi giorni senza di lui.
I nani rimangono davanti alla Porta Principale a guardare la nostra partenza e io li osservo, finché non si riducono a dieci puntini neri.
 
Sia Gandalf che Bilbo sono silenziosi e io tengo gli occhi incollati a terra. Non ho la forza di parlare, e neanche la voglia.
Il cielo è grigio, in perfetta sintonia con il mio umore.
Mi sento stanca, come se mi trovassi nel mio letto e mi fossi appena svegliata da un lungo sonno. Repentinamente vedo tutto in bianco e nero e le parole preoccupate di Bilbo le sento appena. Si alternano le immagini di persone che non conosco con quelle dello hobbit e dello stregone.
Sono davvero morta?
Apro e chiudo gli occhi ripetutamente, continuando ad udire voci confuse ed esoteriche, accompagnate dal signor Baggins, che grida: “Cosa sta succedendo?”
Quando comincio ad avere tutto più chiaro, mi ritrovo sdraiata supina su una strada. Mi trovo sul marciapiede. Intorno a me ci sono poche persone.
Nella mia testa c’è una confusione indescrivibile e per un momento penso di essere stata vittima di un incidente stradale e di trovarmi fuori dal mio corpo.
Qualcuno mi sta tenendo le gambe in alto, qualcuno che non riesco a vedere, visto che il mio capo è voltato verso le macchine che passano.
“Stai bene, bambina?” mi domanda un signore di mezza età.
Non so cosa rispondergli, non so neanch’io come mi sento, non ho la benché minima idea di cosa sia successo. L’unica cosa della quale sono certa è che mi trovo alla fermata del bus che prendo sempre per tornare a casa da scuola. Ricordo di aver fatto un lungo sogno, un sogno che mi sembrava sorprendentemente reale, mentre adesso mi rendo conto che era tutto finto come i soldi del Monopoli.
“Lasciatela respirare, si è appena ripresa” dice una donna abbastanza giovane. La guardo, non conosco neanche lei.
“Cos’è successo?” domando perplessa.
“Sei svenuta e questo signore ti ha soccorsa” risponde l’uomo posando una mano sulla spalla di colui che mi sta tenendo le gambe. Solo adesso do un’occhiata al mio salvatore e all’improvviso rammento ogni cosa. Rimango imbambolata a fissarlo e sento che potrei svenire di nuovo.
I ricordi mi riaffiorano rapidamente alla mente: mi stavo dirigendo alla fermata del bus, dopo sei pesantissime ore di scuola. Tanto per cambiare, non avevo né mangiato né bevuto niente, neanche di mattina. Mi sentivo stanca a causa della pressione bassa, sarei potuta svenire da un momento all’altro. Il colpo di grazia è giunto quando un uomo alto, muscoloso e barbuto mi si è avvicinato per chiedermi indicazioni stradali. Quella voce… l’avrei riconosciuta tra mille. E poi stava parlando in inglese. Non potevo essermi sbagliata.
Quell’incontro è stato fatale. Ebbene, ora eccomi qui, sdraiata per terra come un sacco di patate, con Richard Armitage che mi tiene le gambe in alto per farmi affluire più sangue alla testa. Dovrebbero impedire a quest’uomo di circolare liberamente: ovunque vada, crea solo guai. Chissà quante altre ragazze sono svenute prima di me!
“How are you?” mi domanda con quell’accento meraviglioso.
Ancora faccio fatica a credere di trovarmi davanti a Richard Armitage in persona. Sogno o son desta?
“I’m fine, thank you,” rispondo con il mio inglese incerto, reso ancor più incerto dall’uomo che si trova dinanzi a me.
Egli sorride e mi fa un certo effetto vedere il suo sorriso dal vivo: è uguale a quello di Thorin e mi fa tornare in mente il sogno che ho fatto. Cosa non darei per finire veramente tra le braccia di quel nano!
Le altre persone, notando che sto bene, si dileguano, lasciandomi sola con Richard. Quest’ultimo balbetta qualcosa a riguardo di restare sdraiata per altri venti minuti, per riprendermi meglio. Nonostante non mastichi perfettamente l’inglese, sono riuscita a comprendere ciò che mi ha detto.
Farfuglio un ok e gli sorrido. Sono sempre più consapevole della persona magnifica che è quest’attore, ha anche messo la sua giacca sotto la mia testa per non farmi sporcare i capelli. Gliene sono immensamente grata, visto che la mia chioma castana è il mio orgoglio.
Molte persone darebbero oro per trovarsi nella mi situazione, ma il tutto è innegabilmente imbarazzante: voi come vi sentireste se vi trovaste per terra, con Richard Armitage in carne ed ossa che vi tiene le gambe sollevate e che non capisce un accidenti di italiano?
Per rompere il silenzio, gli chiedo cosa ci fa in Italia. Per fortuna questa è una domanda facile da formulare, quindi ho evitato di fare una pessima figura.
L’unica cosa che capisco del suo discorso, è che è venuto qui in vacanza insieme al suo amico e collega Lee.
Gli domando se l’attore che ha fatto Thranduil si trova in giro da qualche parte, nei dintorni, e mi risponde che è in albergo.
Pazienza, è già una gran fortuna aver avuto l’onore di incontrare Richard Armitage.
 
Dopo che sono passati venti minuti, noto con orrore di avere almeno un dieci chiamate perse da mia mamma. Per tranquillizzarla le mando un messaggio, dicendole che tra poco torno a casa. Chissà quando passerà il prossimo bus!
Alla fine scopro che Richard voleva semplicemente chiedermi dove si trova una piazza. Quasi mi viene da ridere: il suo senso dell’orientamento è identico a quello di Thorin, visto che la suddetta piazza si trova alla sua destra.
Ci mettiamo a ridere.
“Thank you very much.” L’uomo mi mette una mano sulla spalla, facendomi avvampare.
Solo in questo momento mi rendo conto che non ho neanche chiesto un autografo a quest’uomo meraviglioso. “Can I have an autograph?” gli chiedo con gli occhi che mi brillano.
“Sure!” mi risponde lui con quel bellissimo sorriso che gli illumina il volto. Mi fa strano vedere Thorin così affabile e gentile.
Tiro maldestramente fuori il diario dallo zaino.
Richard finisce di scrivere il suo nome proprio mentre sta arrivando l’autobus.
Rimetto velocemente il diario nello zaino e ringrazio Armitage per la millesima volta. Non lo ringrazierò mai abbastanza, è stato gentilissimo con me.
Egli sorride nuovamente e mi prende la mano. “You’re welcome.” Si porta il dorso del mio arto alle labbra e lo bacia, proprio come aveva fatto Thorin in quel bellissimo sogno, il sogno più bello della mia vita.
Comincio a pensare che quest’attore si diverta a far svenire le persone. Mi gira la testa e non capisco più niente.
Quando ormai mi trovo dentro al bus, osservo Richard dal finestrino e lo saluto con la mano. Lui ricambia il saluto, senza smettere di sorridermi, scaldandomi il cuore.
Nel frattempo il cellulare vibra continuamente. Sbuffando, lo tiro fuori dalle tasche e trovo sette messaggi di mia sorella, con scritto: Dove sei? Con il sorriso stampato in faccia, le rispondo che sto arrivando, pensando ancora un po’ a quel sogno.
Non posso fare a meno di domandarmi come sarebbe finire nella Terra di Mezzo; come si comporterebbe Thorin con me? Gli salterei veramente addosso, o non sarei capace di proferire parola dinanzi a quel concentrato di maestosità?
Sulla mano avverto ancora la sensazione di prurito provocata dalla barba di Richard. Credo proprio che non mi laverò mai più il dorso della mano sinistra.
Mentre l’autobus procede rapidamente verso casa mia, rifletto sul sogno che ho fatto mentre ero svenuta… e se ci scrivessi una fanfiction su EFP?
 
Angolino autrice:
 
This is the end, beautiful friend…
Ehm, ok.
Ebbene, eccoci alla fine.
Se mi dispiace? Certo che mi dispiace! Mi sono affezionata a questa fanfiction e, se in certi momenti l’ho maledetta perché non avevo ispirazione, in altri avrei voluto continuarla all’infinito.
Vi è piaciuto il finale? ^^ Lo avevo in mente da tantissimo tempo, spero che non sia risultato stupido ahah mi sembrava il modo più carino per concludere la storia.
Ho iniziato questa ff con l’unico scopo di divertirmi e di divertire voi, miei cari lettori. Siamo franchi: a chi non piacerebbe capitare per caso nella Terra di Mezzo? A chi non piacerebbe ritrovarsi tra le braccia del nostro burbero Thorin? *w*
Passiamo ai ringraziamenti: ringrazio chiunque abbia letto questa fanfiction, in particolare Leila91, _FallingToPieces_, Innamoratahobbit96, Sylvie91, Lily75, Another_brick_in_the_wall, Valerie, Thranduil_Oropherion e Beegrrrl.
Vi adoro! :*
Un grossissimo bacio!
Lucri
P.s. Comunque non ho mai fatto un sogno simile e, ovviamente, non ho mai incontrato Richard Armitage XD.

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