Shipwrecked

di Esperanza97
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue ***
Capitolo 2: *** Chapter one ***
Capitolo 3: *** Chapter two ***



Capitolo 1
*** Prologue ***


Shipwrecked
Prologue
 
Le luci stroboscopiche illuminavano l’intero ponte, come non era mai successo. Decine di persone affollavano la parte posteriore della barca, dove era stato sistemato uno stereo che emanava la musica con un volume fin troppo alto per i miei timpani. Ai lati, ragazzi si divertivano, parlavano e bevevano alcolici serviti da vari camerieri che si muovevano con facilità in mezzo a loro. Nella parte anteriore della nave, c’erano vari divani, occupati da coppiette che parlavano e si scambiavano effusioni. E, infine, c’ero io, che non mi ero mai sentita così a disagio, in quel luogo. Una mano sorreggeva un bicchiere contenente della vodka e un’altra il cellulare. Continuavo a chiamare il mio ragazzo, che era sparito dopo avermi portato l’alcolico.
Non sopportavo più i tacchi, erano passate le due e il conducente non si decideva a tornare al porto. Il caldo era insopportabile.
Mi tolsi il giubbino di pelle nera, rimanendo con il vestitino nero che mi arrivava neanche a metà coscia.
Provai a chiamare di nuovo il mio ragazzo, ma partì la segreteria.
Lasciai il bicchiere di vodka su un tavolo e scesi giù nell’enorme cabina. Il salone era arredato con mobili e divani moderni, anche questi occupati da alcune coppie. Mi chiesi quante persone potesse contenere lo yacht e quante ne eravamo noi. Di sicuro il doppio!
«Elena!» Mi voltai e vidi scendere Klaus, un amico della famiglia del mio ragazzo.
«Ehi, Klaus.» Si avvicinò e vidi che alcune goccioline bagnavano il suo viso. «Piove?» Domandai ridendo.
Lo sguardo di Klaus era serio. «Si. Ed è stranissimo, considerato il periodo. D’un tratto il cielo si è annuvolato e sopra si sta scatenando il putiferio.»
Sospirai. Dove diamine era Stefan?, pensai.
«Ti aiuto io.»
Salimmo sul ponte e Klaus aveva perfettamente ragione. Quelli totalmente ubriachi ballavano sotto la pioggia, altri continuavano a stare nella vasca idromassaggio, cantando canzoni. Quelli con la mente ancora lucida, correvano a destra e manca, per trovare un riparo.
«Elena mi spieghi dov’è il tuo ragazzo? Lo yacht è il suo, anzi della sua famiglia!» Mi guardavo attorno, disperata. Non sapevo cosa fare.
«Andiamo dal conducente, diciamogli di tornare al porto, prima che si scateni una tempesta.»
Scendemmo nuovamente nella cabina e ci dirigemmo nella sala macchinari.
Mentre stavamo camminando Klaus mi chiese: «Ti ha già chiesto di sposarlo?»
Lo guardai. Come faceva a saperlo?
«Si» dissi sconfitta.
«E?» Continuò.
«E nulla, Klaus. Non gli ho risposto. Mi sono diplomata quest’anno, voglio andare al college, laurearmi in medicina, ma lui…» Sospirai. Il rapporto tra me e Stefan non era più lo stesso. Avevamo desideri diversi, ambizioni diverse.
«Capisco» disse soltanto. Non poteva capire. Tra lui e Caroline le cose andavano a meraviglia. Lui capiva i desideri di Caroline e l’appoggiava. Stefan no, voleva che ci sposassimo e ci trasferissimo da un’altra parte. Nell’ultimo periodo era diventato più insistente. Voleva a tutti i costi andarsene da Mystic Falls. E io no. Avevo Jeremy, mia zia Jenna, Bonnie, Caroline, Matt, Tyler, tutti gli amici con cui avevo vissuto per diciotto anni. Volevo andare alla Withmore, a pochi chilometri da casa; stare in stanza con le mie due migliori amiche. Lui voleva andare in Italia.
Scossi la testa. Avevo un altro problema da risolvere.
Aprimmo la porta della sala macchinari e immediatamente arretrai. Portai una mano alla bocca, sconvolta, mentre Klaus si avvicinava al corpo senza vita del conducente.
«C-co-cosa è successo?» Domandai spaventata.
Il volto di Klaus era troppo serio.
«Qualcuno lo ha ucciso.»
Deglutii e mi avvicinai a Klaus. Sul collo del conducente c’era un morso e tantissimo sangue.
Quasi urlai e arretrai contro il muro.
«Non può essere vero. Chi può aver fatto una cosa del genere? Rispondimi, Klaus!» Gli occhi del mio amico continuavano ad essere seri. Stava per rispondere, ma un rumore fortissimo, come uno schianto, colpì l’attenzione di entrambi.
Ritornammo, correndo, nella cabina principale, ora invasa da tutti gli invitati.
Portai entrambe le mani nei capelli.
«Stefan!» Urlai. La gente continuava a parlare della tempesta improvvisa.
Mi voltai e non trovai nemmeno Klaus.
Scansai le persone e risalii sul ponte completamente allagato. Tolsi i tacchi e immersi i piedi nell’acqua piovana. Il cielo era coperto da nubi scurissime e in lontananza si vedevano vari fulmini. Non riuscivo a vedere la città, il conducente era morto.
Improvvisamente venni lanciata contro il parapetto della barca. Stavo scivolando, ma una mano mi resse e mi riportò sul ponte. Alzai lo sguardo per ringraziare il mio salvatore, ma era già scomparso.
Mi rialzai con molta fatica. Il mio corpo era bagnato, sentivo un dolore alla tempia. Posai una mano sul punto dolorante e vidi del sangue. Come mi ero ferita?
All’improvviso tutto si fermò, la pioggia, il mare agitato… tutto si calmò.
Alcune persone iniziarono ad uscire dalla cabina, fra queste vidi Bonnie che mi venne incontro.
Mi strinse tra le sue braccia. «Ti stavamo cercando tutti, Elena!» Il suo tono era preoccupato.
«Stavo cercando Stefan. Non riesco a trovarlo.» Ero preoccupata quanto lei.
Vidi alcune persone raggrupparsi e cercare un modo per tornare al porto.
«Stefan era con Caroline» disse, con semplicità, Bonnie.
La guardai interrogativa.
«Care ha litigato con Klaus e voleva un consiglio su come agire. Sai che quei due sono diventati buoni amici!» Bonnie sorrise, mentre io rimasi seria.
«Stavo con Klaus quando è successo tutto ciò. Non mi ha detto nulla riguardo la sua discussione con Caroline.» Risposi.
Io e Bonnie ci guardammo per qualche secondo.
«Elena!» Qualcuno mi chiamò.
Mi voltai e vidi Stefan correre verso di me.
«Stefan!»
Mi prese tra le sue braccia, sollevandomi dal pavimento e baciandomi.
Dopo qualche secondo mi lasciò andare.
«Ti ho cercato dappertutto!» Lo rimproverai.
Lui portò una mano tra i capelli.
«Ero con Caroline, ha discusso con Klaus.» Si scusò.
Guardai alle sue spalle e vidi Caroline che si stringeva le braccia al petto e Klaus che l’abbracciava. Caroline non ricambiava l’abbraccio.
Rimasi a fissarli per un po’, vedendo nel viso della mia amica il suo disagio. Mi chiesi il motivo.
Portai di nuovo lo sguardo su Stefan, che stava osservando la ferita alla mia tempia.
«Cosa ti è successo?» Mi chiese.
«Ero venuta a cercarti sul ponte, sono scivolata, stavo cadendo in mare, ma qualcuno mi ha salvato.» Risposi.
Non disse nulla, si limitò a stringermi nuovamente. Il suo corpo era teso come una corda di violino.
«Stefan? Stai bene?» Domandai.
Lui aumentò la presa delle sue braccia attorno al mio corpo.
Avvertii una strana sensazione, ma non riuscii a dire nulla poiché un fulmine colpì la barca.
Venimmo sballottati da un’altra parte mentre il legno cominciava a spezzarsi e il mare ad agitarsi Alcune persone iniziarono a lanciarsi in mare, altre ancora a tentare di chiamare aiuto.
Ma dov’era l’equipaggio?!
Fui costretta a lasciare Stefan per reggermi al parapetto. Il pavimento era troppo scivoloso. Le luci si spensero all’improvviso e un urlo fece raggelare tutti.
La nave si spaccò, e quella scena mi ricordò molto il film Titanic.
La pioggia cominciò a scendere impetuosa e a tutto ciò si unì un vento pazzesco.
«Stefan!» Urlai. Lo vidi che si reggeva anche lui al parapetto e stringeva una Caroline in lacrime.
Vidi Bonnie mollare la presa e cadere in mare.
«Bonnie!» L’urlo che emanai fu fortissimo. Lacrime calde cominciarono a scendere dal mio viso, mescolandosi alle gocce di pioggia.
Un lampo cadde a pochi centimetri da me, e fui costretta ad arretrare, ma per farlo dovetti lasciare le mani dal parapetto.
Caddi a terra, colpendo la testa.
Mi sentivo stordita, qualcuno mi stava chiamando.
Qualcuno mi tirava giù, verso il basso, ma non volevo andarci.
Mi ressi al pavimento, ma era troppo scivoloso.
Alla fine mi arresi e caddi nell’acqua gelida.
Quello fu una sorpresa. Com’era possibile che con un caldo del genere, l’acqua fosse ghiacciata?
I polmoni si riempirono d’acqua e mi tolsero il respiro, la testa si appesantì prima di diventare leggera, le palpebre iniziarono a chiudersi e mi arresi: mi lasciai avvolgere da quella nube oscura che mi portò sempre di più in fondo al mare.

 
 
Note autrice:
Salve a tutti,
per chi non mi conoscesse sono Esperanza, ho già scritto una long in questo fandom e sto scrivendo un’originale con la mia amica Claudieren_: Angst vor der Angst.
Questa storia mi frullava nella mente già da un po’, ma solo ora ho avuto l’occasione di buttare giù qualcosa.
“Shipwrecked”, per chi non conoscesse l’inglese (cosa poco probabile), sta per “naufragati”, e dal titolo penso si capisca l’ambientazione della storia. Non siamo a Mystic Falls, ma la città di origine dei nostri personaggi è questa.
È una Delena, quindi vedrete prestissimo Damon.
È un’AU, ma alcuni dei personaggi manterranno le loro caratteristiche sovrannaturali.
Come avvertimento vi è il mistero, perché molte cose all’inizio non saranno chiare, ma poi tutto avrà un senso. Vi consiglio solo di tenere bene a mente il prologo.
Un’ultima cosa e poi mi eclisso: chi mi conosce sa come aggiorno. Per terminare la mia precedente storia ci sono voluti due anni. Non farò la stessa cosa con questa, perché le idee sono ben chiare, ma non vi prometto un aggiornamento settimanale. Man mano, vi farò sapere quando aggiornerò.
Beh, spero che la storia vi piaccia!
Aspetto vostri commenti. Critiche sempre ben accette.
Al prossimo capitolo,
Esperanza♥

 

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Capitolo 2
*** Chapter one ***


Shipwrecked
Chapter one
 
«Ehi…» Sentii una mano darmi dei leggeri colpi sul viso. «Svegliati.» La voce era estranea, non ricordavo di averla mai sentita, ma il tocco… quello mi era familiare.
La luce del sole provocava fastidio ai miei occhi che non volevano aprirsi. Dovetti farmi coraggio per schiudere le palpebre.
Due occhi azzurri, quasi grigi, mi fissavano con preoccupazione. I capelli erano neri, spettinati e un po’ bagnati. Il viso era perfetto e un po’ sporco di terriccio.
Aprii completamente le palpebre e mi accorsi di due cose:
ero distesa sulla sabbia,
ero viva.
Ciò non poteva assolutamente essere possibile. Ricordavo benissimo la nave che andava a pezzi, le lacrime per Bonnie, Stefan che stringeva Caroline, io che cadevo, l’acqua che entrava nei polmoni e l’oscurità che mi avvolgeva. Nessuno sarebbe sopravvissuto a tanto.
Mi scansai dal tocco dello sconosciuto.
«Chi sei?» Domandai spaventata.
Riuscii a sedermi e mi guardai intorno. C’erano chilometri di sabbia, il mare era calmo e cristallino e alle mie spalle vi era un’immensa distesa d’erba, con alberi altissimi.
Posai lo sguardo sul mio corpo avvolto ancora dal vestitino nero, fin troppo bagnato e strappato in alcuni punti.
Incontrai di nuovo gli occhi dello sconosciuto, in attesa di una sua risposta.
«Sono Damon, il fratello di Stefan.» Rispose semplicemente.
Sbattei le palpebre un paio di volte.
«Non mi aveva detto di avere un fratello.» Constatai.
«Stefan non è uno che si vanta.»
Lo guardai accennando un sorriso. Molte cose mi erano sembrate strane di Stefan nell’ultimo periodo: la sua voglia di andare via da Mystic Falls, la sua amicizia con Caroline e il fatto che sparisse per ore intere senza dare sue notizie.
«Tu devi essere Elena, la sua ragazza.» Continuò.
Io annuii. La situazione era piuttosto imbarazzante.
«Eri alla festa di Stefan?» Chiesi.
Lui si guardò attorno.
«Era la mia festa, ma si. C’ero anche io sulla barca.» I suoi occhi avevano qualcosa di strano. Mentre parlava sembrava volesse leggermi. Inclinò lievemente il capo a sinistra.
«Pensavo che Stefan avesse organizzato la festa.» Stavo cercando di mettere insieme alcuni pezzi del puzzle, ma la vicinanza di Damon non mi aiutava.
«Non sapevi molte cose, vero, Elena?» Domandò ed ebbi l’impressione che dietro a quella domanda non c’era una semplice curiosità. C’era qualcosa di non detto.
«A quanto pare…» Lasciai la frase in sospeso, ma entrambi sapevamo che la risposta sarebbe stata negativa.
Effettivamente conoscevo davvero poche cose di Stefan, nonostante fossimo fidanzati da un anno e mezzo. Sapevo che i genitori erano morti, che aveva vissuto a Mystic Falls quando era bambino, che avrebbe voluto diventare un astronauta, che scriveva un diario e che aveva amato solo una persona, oltre me. Cinque informazioni in un anno.
I motivi per cui volevo lasciarlo potevano aumentare, se mi fermavo a ragionare.
Damon si alzò e diede uno sguardo al mare limpidissimo.
«Non è strano che in poco tempo il cielo si sia aperto e il mare si sia calmato? Non è passato molto tempo dal nostro naufragio.» Constatò.
Mi alzai anche io, ma subito ricaddi in ginocchio sulla sabbia. Damon si voltò e si abbassò per aiutarmi.
«Direi che non sei ancora nelle condizioni per stare in piedi.»
Annuii. Mi stese nuovamente sulla sabbia e si sedette accanto a me.
«Quanto tempo è passato?» Chiesi.
«Precisamente cinque ore.» Rispose.
«Beh, allora non è strano…» Stavo per continuare, ma lui mi bloccò.
«Per una tempesta di quel genere? Si, è piuttosto strano.» Chiuse lui il discorso e rimanemmo in silenzio per qualche minuto.
«Dove sono gli altri?» Domandai. Ero ansiosa di sapere se Stefan e tutti i miei amici erano ancora vivi.
«Non lo so» disse Damon, continuando a fissare il mare. «Io ho salvato te da una morte certa.» Spostò lo sguardo su di me, e arrossii. «Ma puoi stare tranquilla: i tuoi amici e mio fratello sono vivi.»
«Come fai ad esserne così sicuro?» Nessuno sopravvivrebbe ad un naufragio del genere.
Damon scosse la testa rassegnato.
«Ma quante cose ti hanno tenuto nascoste?» Mi rispose con un’altra domanda, che servii solo a sconvolgermi.
Mi irrigidii. «Perché dici questo?»
Accennò un sorriso amaro. «Mi chiedo perché tu stia facendo tutte queste domande a me, e non a loro.» Sospirò e si alzò.
«Damon!» Lo chiamai e lui si voltò.
«Impari il mio nome facilmente, eh?» Ghignò e cominciò a camminare verso il bosco.
«Idiota! Non lasciarmi qui, ti prego.» Lo implorai. Avevo paura, eravamo naufragati, non avevamo mezzi di comunicazione. Non volevo restare sola.
Si girò e tornò da me, con poche falcate.
«Okay, principessa, andiamo ad esplorare questo nuovo mondo.» Con un unico agile movimento, mi prese tra le sue braccia. Mi aggrappai al suo collo, avevo paura di cadere. «Non ti preoccupare, sei al sicuro con me.» Si fermò un attimo a pensare. «Okay, forse non molto al sicuro, ma non importa. Pronta?» Lo guardai, non sapendo decidere se fosse pazzo o cretino. Scossi la testa e sospirai.
«Si» dissi.
E insieme ci avventurammo nella foresta.
 
Non seppi dire quanto tempo passò da quando eravamo entrati in quella specie di bosco, ma sicuramente era passata qualche ora e Damon non sembrava essersi stancato.
«Sei sicuro che non peso? Vuoi fermarti un po’? Posso provare a camminare da sola.» Proposi, ma dal modo in cui sentivo la mia testa pulsare, sapevo che non sarei riuscita a stare in piedi neanche per un secondo.
«C’è un modo per farti tacere?» Chiese sorridendo.
Sbuffai.
«Non parlo molto, specialmente con gli sconosciuti, quindi ritieniti fortunato.» Risposi a tono. Lui accennò un sorriso e scosse la testa.
 
Restammo in silenzio per qualche altro minuto, continuando a camminare.
«Comunque no, non sei pesante. Sei leggera come una piuma e se ti lascio andare svieni. Mi piace sentirti parlare.»
Sorrisi, quella fu una piccola vittoria. Mi rilassai tra le sue braccia e posai la testa sulla sua spalla.
«Finalmente! Pensavo rimanessi così rigida per tutto il tempo!» Esclamò e sorrisi, dopo tanto tempo, il mio sorriso fu vero.
 
Arrivammo in una radura, dove c’era uno specchio d’acqua immenso. Il sole picchiava sulle nostre teste, probabilmente era mezzogiorno. Damon mi posò con dolcezza sull’erba.
«Non credi che dovremmo trovare qualcosa da mangiare? E non so, un riparo per la notte? Dovremo accendere un fuoco!» Proposi, ma Damon sembrava perso nei suoi pensieri. Osservava attentamente l’acqua.
«Si…» Rispose, continuando a non voltarsi.
«Damon?» Lo chiamai. Lui scosse la testa e venne a sedersi accanto a me.
Restammo per qualche minuto in silenzio ed ebbi la possibilità di guardarlo con attenzione. Aveva un profilo perfetto, i capelli, ormai asciutti, erano ancora più spettinati. Indossava una maglia nera e un paio di jeans scuri. Aveva ancora le scarpe, a differenza mia. Sorrisi a quel pensiero. Il ricordo della notte trascorsa mi fece rabbrividire. Pensai a mia zia Jenna e a mio fratello Jeremy. Sicuramente erano preoccupati per me. Dovevamo trovare un modo per tornare a casa.
«Non voglio lasciarti sola, e neanche lo farò. Ma dobbiamo trovare qualcosa da mangiare, specialmente per te.» L’ultima frase la disse guardandomi.
Sospirai.
«Damon, puoi lasciarmi sola per un po’, non fa nulla» dissi, nonostante avessi paura.
«Sei sotto la mia responsabilità, Elena.» Era la prima volta che mi chiamava per nome. Leggevo la frustrazione e il timore nei suoi occhi. Mi vedeva debole. Volevo dimostrargli di poter fare qualcosa, che non ero una ragazzina da dover proteggere costantemente.
«Perché non vai a trovare qualche foglia, del legno, e qualche liana? Posso provare a costruire una capanna…» Proposi. Non ero sicura di potercela fare, ma volevo fare uno sforzo per la sopravvivenza di entrambi. «Sicuramente ci sono degli animali, in giro. Costruisci un’arma e uccidine qualcuno, vai a pesca o trova un po’ di frutta. Riusciremo a sopravvivere, okay?» Chiesi, accennando un sorriso.
«Okay.» Rispose. Si alzò e posò lo sguardo su, verso il sole. «Mancano ancora molte ore prima del tramonto, tornerò il prima possibile.»
Annuii e lo vidi scomparire.
 
Rimasi sola nella radura. Il silenzio era opprimente. Non si sentiva neanche il cinguettio di un uccello. Era davvero troppo strano.
Pensai a Damon, che ricollegai subito a Stefan. Chissà dov’era in quel momento.
Mi chiesi perché Damon fosse così convinto che era ancora vivo, che tutti lo erano. Ebbi il tempo di ripensare al mio rapporto con Stefan, a quanto era cambiato e alle sue stranezze.
Non mi aveva detto dell’esistenza di Damon, né che la festa a cui stavamo partecipando non era organizzata da lui.
Mi aveva nascosto alcune cose, che seppur futili rimanevano comunque nascoste.
Mi osservai e vidi che l’abitino era sporco, come le mie gambe. Mi sentivo ancora dolorante, non riuscivo a muovermi, ma non volevo stare ferma fino al ritorno di Damon.
Mi trascinai verso quella specie di lago, tolsi l’abito e rimasi in intimo. Mi alzai e con molta delicatezza mi immersi nell’acqua. Era fresca e riuscì ad alleviare il mio indolenzimento. Andai sott’acqua, bagnando anche i capelli e vi rimasi per qualche secondo; quando uscii qualcuno mi stava osservando. Mi voltai e vidi Damon, con della legna in mano, scrutarmi.
Imbarazzata cercai di coprirmi come meglio potevo. Lui accennò un sorriso, buttò la legna per terra, si tolse le scarpe, i jeans e la maglia, rimanendo solo in boxer ed entrò nell’acqua.
«Ottima idea, Gilbert.» Si tuffò, mentre io rimasi lì, ferma. Mi sentivo a disagio, insomma…
Riemerse dall’acqua e si passò una mano tra i capelli.
Si avvicinò e come risposta mi allontanai.
«Andiamo! Potrei essere tuo cognato!» Inclinò il capo verso sinistra.
Rimasi sorpresa da quell’affermazione.
«Te lo ha detto?» Chiesi colpita.
Lui mi guardò interrogativo.
«Ti ha detto che mi ha chiesto di sposarlo?» Domandai scioccata.
Damon rimase un attimo interdetto.
«Stefan? No. L’ultima conversazione che ho avuto con mio fratello è stata circa un mese fa, quando sono tornato. Io e mio fratello non abbiamo un buon rapporto, forse è questo il motivo per cui non ti ha mai parlato di me.» Concluse.
Deglutii. Alcuni pezzi del puzzle si incastrarono alla perfezione nella mia mente. Ecco il motivo per cui Stefan voleva andarsene: Damon.
Eppure non sembrava un cattivo ragazzo. Scossi la testa e guardai il sole che pian piano stava calando. Mi morsi l’interno delle labbra.
Quello di Stefan era un atteggiamento infantile, non poteva voler andare via, solo perché Damon voleva restare. C’era qualcos’altro, ma le risposte non me le avrebbe date Damon, ma Stefan.
«Elena?» Damon mi chiamò. «Tutt’okay?» Posò una mano sulla mia spalla. Quel piccolo, semplicissimo, contatto, mi fece tornare in me.
Respirai profondamente e mi voltai verso di lui. Il suo sguardo era serio e dubbioso.
«Cos’hai trovato? Cibo?»
Damon ghignò.
«Ho trovato del cibo, della legna e alcune foglie. Ci conviene tornare sulla spiaggia per accendere il fuoco, però. Non vorrei rovinare la natura che questa radura ha da offrirci.»
Il suo era un pensiero giusto, che mi fece sorridere.
Uscì dall’acqua, indossando i jeans.
Prese la maglietta e la osservò attentamente, poi notò il mio vestito.
«Indossa questa, per il momento. Appena avrai lavato quel pezzo di stoffa, lo indosserai di nuovo.»
Solo in quel momento, notai che i vestiti di Damon erano perfettamente puliti, eppure il viso era sporco quando mi ero risvegliata.
Uscii dall’acqua, imbarazzata e indossai subito la sua maglia. Il bagno aveva giovato molto al mio corpo. Il cerchio alla testa si era allentato e le gambe riuscivano a reggere il mio peso.
La maglia di Damon era lunga quanto il vestito.
Strizzai i capelli ancora bagnati e li legai con un bastoncino di legno trovato sull’erba.
«Hai frequentato qualche corso di sopravvivenza?» Mi chiese ridendo.
«No, cretino!» Sorrisi e mi avviai verso il bosco.
«È la seconda volta che mi offendi, se fossi in te, non lo farei la terza, principessa.» Urlò dietro di me. Mi voltai, portando entrambe le mani sui fianchi.
«Preferisco essere chiamata Elena.» Sorrisi e anche lui mi regalò un sorriso da mozzare il fiato.
«Okay, Elena.»
Fianco a fianco tornammo sulla spiaggia.
 
Il sole era ormai calato e il fuoco scoppiettava grazie alla numerosa legna trovata da Damon. Mentre lavavo il mio vestito, aveva costruito una piccola capanna con ciò che aveva trovato.
Eravamo entrambi seduti davanti al fuoco, a mangiare un pesce alla brace, da lui pescato. Non aveva trovato altri animali se non pochissimi pesci presso la riva del mare.
«Non è strano?» Domandai. Damon mi guardò. Era ancora a petto nudo, poiché indossavo la sua maglia.
«Non è strano che non ci siano animali? Voglio dire, siamo nel bel mezzo della natura.»
«No, Elena, siamo nel bel mezzo del nulla. È diverso.» Rispose, finendo di mangiare la sua parte di pesce.
«Tu credi sia un’isola?» Chiesi.
Damon sospirò.
«Si, ma non ne sapevo l’esistenza, e sono uno che studia molto, credimi!»
Restammo per qualche secondo in silenzio.
«Non mi hai detto quanti anni hai.» Constatai semplicemente.
Lui sorrise.
«Argomento inutile, che a nessuno interessa.»
«A me, si.»
Damon mi guardò ammirato.
«Ho 23 anni, tu 19, giusto?»
Annuii, ammirata.
«Cosa fai nella vita, Damon?» Mi interessava sapere qualcosa in più sul suo conto.
«Beh, mi piace viaggiare. Ho visitato tutti gli Stati dell’America Settentrionale e il Canada. Sono stato anche in Europa, precisamente in Francia, Italia e Germania. Ovviamente ho visitato anche la Gran Bretagna e la Scozia.»
Lo guardai scioccata.
«Non sei andato al liceo?»
«Nah, ho studiato per conto mio.» Rispose, posando lo sguardo sul mare quasi nero.
Il cielo e quell’immensa distesa d’acqua sembravano confondersi. Avevano entrambi lo stesso colore.
Mi alzai e andai a controllare il mio abitino. Notando che era asciutto, mi andai a cambiare dietro ad un albero. Quando tornai, porsi la maglia a Damon, che aveva ancora lo sguardo perso verso il mare.
«Grazie.»
Lui si voltò.
«Di nulla.»
Mi sedei di nuovo accanto a lui. Il fuoco si stava lentamente spegnendo, finché scomparve del tutto a causa di una folata di vento. Restammo al buio, incapaci di vedere l’altro, ma io ero consapevole della sua presenza. Il suo profumo invadeva le mie narici, il respiro era lievemente accelerato. 
Il passaggio di una nuvola, permise alla luna di brillare in tutto il suo splendore. Essa illuminò il volto di Damon, che continuava a tenere lo sguardo fisso davanti a sé.
Un particolare catturò la mia attenzione: sotto ai suoi occhi stavano comparendo delle vene e il viso sembrava quasi sofferente.
Lo guardai interrogativa.
La nuvola coprì nuovamente la luna e l’oscurità ci avvolse.
Gli posai una mano sulla spalla.
«Damon?» Chiesi, ma quando la luna ricomparve, Damon era scomparso.

 


Note Autrice: 
Perdonate l'attesa per il capitolo, ma ho avuto un po' di problemi con la scuola. 
Innanzitutto vorrei ringraziare i lettori silenziosi, e le persone che hanno aggiunto la storia nelle preferite/seguite. Grazie♥

Mi piacerebbe sapere le vostre supposizioni su quest'isola e sul fatto che non ci siano animali. 
Incontriamo Damon, che fa capire ad Elena che non tutto è come sembra, che Stefan le ha mentito. 
Non aggiungo altro, lascio a voi la parola. 
A presto (spero),

Esperanza♥

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Capitolo 3
*** Chapter two ***


Shipwrecked
Chapter two
 
Aprii improvvisamente gli occhi e mi ritrovai all’interno della capanna.
Come ero finita lì?, pensai.
I capelli erano sciolti e il bastoncino di legno che avevo usato per legarli era per terra. Lo guardai per qualche secondo e lo buttai di nuovo sulla sabbia.
Passai una mano tra i miei capelli, portandoli indietro. Sentivo il fuoco scoppiettare, mi alzai, uscii dalla capanna e vidi il fuoco acceso grazie alla legna. Damon era seduto sulla riva del mare e tra le mani aveva un sassolino che si rigirava tra le mani. Mentre mi avvicinavo, lo lanciò con una forza immensa. Gli arrivai alle spalle.
«Buongiorno.» Pronunciò lui, continuando a tenere lo sguardo verso il punto in cui era caduto il sasso.
«Dove eri finito ieri?» Domandai, senza neanche rispondere al suo “buongiorno”.
Damon si voltò e io mi sedetti accanto a lui.
Mi guardava confuso.
«Da nessuna parte, ti sei addormentata, ti ho sciolto i capelli e ti ho portato nella capanna.» Mentì. Ricordavo ciò che avevo visto: i suoi occhi, il suo respiro accelerato, il modo in cui era corso via.
Lo osservai attentamente. Gli occhi sembravano stanchi e il colorito era un po’pallido.
«Damon?» Lo chiamai. «Sicuro di stare bene?»
Posò di nuovo lo sguardo sul mare.
«Oggi non ci sono pesci, non ho sentito gli uccelli cinguettare, né nessun’altro animale produrre alcun suono. Questo è decisamente strano.» Proruppe lui.
Mi chiedevo perché ad ogni domanda, cambiasse discorso.
Mi sedetti accanto a lui e osservai il mare.
«Damon…» Cominciai. «Cosa mi state nascondendo tutti quanti?» Ormai avevo capito che c’era qualcosa che non andava, e non solo sull’isola, ma anche a Mystic Falls.
Damon posò lo sguardo sul mio viso. Era tentato a dirmi la verità, ma qualcosa lo bloccava.
«Non posso, Elena.» Si alzò e si diresse nella capanna, lasciandomi sola sulla riva del mare.
 
Camminavamo uno accanto all’altra, in un totale silenzio. Il suo viso era sempre più pallido e ogni tanto una smorfia di dolore compariva sul suo viso.
Strinsi le braccia attorno al mio esile corpo e abbassai lo sguardo. Non riuscivo a comprendere il motivo del suo malessere e continuavo a chiedermi quale assurda verità ci fosse dietro a tutta la storia. Perché Stefan mi aveva mentito? Lui mi amava, pensai, sentendo un groppo in gola e le lacrime minacciare di uscire dai miei occhi castani.
Mi fermai improvvisamente, il cuore batteva furioso nel petto e calde lacrime iniziarono a percorrere le mie guancie. Mi inginocchiai sulla terriccio bagnato e mi lasciai andare in un pianto disperato, accompagnato da forti singhiozzi.
«Elena?» La mano di Damon si poggiò con dolcezza sulla mia spalla. Lo vidi inginocchiarsi di fronte a me e guardarmi con un viso dispiaciuto e preoccupato.
«Elena, guardami.» Alzai lo sguardo e mi persi nei suoi occhi così simili al ghiaccio. Mi strinse a se e affondai il viso nella sua maglietta nera. Gettai via tutta la frustrazione accumulata in quei due miseri giorni, tutto il dolore provato sulla barca, la mancanza di respiro mentre stavo affogando, i misteri, i dubbi e le centomila domande che avevo da porre a Stefan, in quell’unico pianto che sembrava soffocarmi, ma, allo stesso tempo, sciogliere quella stretta incredibile creata attorno al mio cuore.
Dopo qualche minuto in cui Damon non mi aveva lasciata andare neanche per un attimo, mi calmai. Le lacrime cessarono di scendere e al loro posto sentii un freddo intorpidirmi le ossa.
Damon mi strinse ancora più forte prima di scostarsi leggermente.
Mi osservò per qualche secondo e scosse la testa.
Non disse nulla, si alzò e mi prese tra le sue braccia, come aveva fatto il giorno precedente e nel completo silenzio, riprese a camminare.
 
Arrivammo alla radura e Damon mi poggiò sull’erba. Lo sentii sospirare e sedersi accanto a me. Vidi il suo sguardo puntato verso lo specchio d’acqua illuminato dai raggi del sole.
«Non sono abituato a dispiacermi per gli altri, ma qui non ho altra scelta.» Cominciò, continuando a guardare il lago. Lo osservai interrogativa e lui si voltò verso di me. Il viso era sempre più pallido e sofferente. «Mi dispiace, Elena.» Le sue parole erano sincere, ma non comprendevo il motivo per cui me le avesse dette.
«Dam…?» Non riuscii a finire la frase poiché mi trovai distesa sull’erba e con il viso di Damon a un centimetro dal mio. I suoi occhi erano rossi e contornati da piccole venuzze scure. L’urlo mi rimase alla gola. In un attimo i suoi canini morsero la pelle del mio collo e il mio sangue fluì nella sua bocca. Dopo i primi attimi di paura, iniziai a sentire il mio corpo rilassarsi, la mente annullarsi e l’oscurità avvolgermi.
 
Aprii gli occhi di scatto, sentendo un dolore al collo micidiale. Il cielo sopra di me era scuro e ricoperto di stelle. Mi alzai e un forte capogiro mi costrinse a distendermi nuovamente. Il silenzio che regnava in quella radura era opprimente. Sentivo distintamente i battiti del mio cuore che acceleravano mentre prendevo consapevolezza di ciò che era successo. Involontariamente le mie dita andarono a toccare il punto in cui Damon mi aveva morsa, il sangue era secco, ma il dolore era ancora lì, vivo, più forte che mai.
Tentai nuovamente di alzarmi e ci riuscii. Le gambe reggevano poco il mio peso, avevo freddo e il mio corpo era congelato. Mi chiesi come mai fossi ancora viva. Per la seconda volta qualcuno mi aveva voluto graziare, forse non era ancora arrivato il tempo per Elena Gilbert di raggiungere il Paradiso, o forse l’Inferno, o il Nulla.
Attorno a me, vedevo solo alberi. Nessun suono o rumore. Tremai, non seppi dire se per la paura o per il freddo.
Con molta fatica e con un forte dolore alla testa, cercai di ritrovare la strada per la capanna.
Solo allora realizzai un’altra cosa:
Dov’era andato Damon?
 
Il cielo era sempre più scuro e il freddo più forte.
Camminavo da più di un’ora in mezzo agli alberi, senza trovare mai lo spiraglio di un pezzo di mare. Mi fermai su un sasso, sentendo i piedi dolermi e la testa scoppiare. Non sarei sopravvissuta, nessuno avrebbe potuto sopravvivere a tanto. Non avevo cibo, né acqua, ero mezza dissanguata e non avevo vestiti sufficienti a non farmi patire il freddo.
Dovevo farcela. Continuavo a ripetermelo, ma ero troppo stanca per lottare. Una sola lacrima percorse il mio volto, mentre mi facevo avvolgere tra le braccia di Morfeo.
 
«Elena? Ehi, sono Stefan. So che non vuoi parlarmi perché ho di nuovo annullato il nostro appuntamento, ma ti prego, perdonami. La visita di questo parente mi sta portando via molto tempo, spero solo che se ne vada in fretta. Vediamoci stasera, do una festa sullo yacht dove abbiamo passato le vacanze estive. Dammi la possibilità di rimediare.» Staccai la segreteria e gettai il telefono sul letto, continuando a guardare il soffitto.
Ero stanca di Stefan e delle sue scuse. Continuava a rimandare ogni appuntamento ed ora se n’era uscito con una festa. Sbuffai e osservai l’orologio: le otto in punto. La festa sarebbe cominciata alle nove.
Improvvisamente sentii bussare alla porta.
«Avanti.» Sussurrai, portandomi un cuscino sulla faccia.
«Elena!» La voce squillante di Bonnie mi ridestò dai miei pensieri. Tolse il cuscino dal mio viso, gettandolo a terra e mi guardò attentamente. Indossavo un pigiama celeste e avevo i capelli raccolti in una coda disordinata. La mia amica scosse la testa e tirò via il piumone dal mio corpo.
«Dobbiamo andare ad una festa.» La osservai e vidi che indossava un grazioso abito beige e un paio di ballerine nere.
«Bonnie, no.» Asserii. «Stefan non si farà perdonare con una stupida festa su una barca. È il quarto appuntamento che salta. Sono due settimane che non ci vediamo. E prima dell’ultima volta che ci siamo visti, di settimane ne erano passate quattro. Sono stanca. Ci vediamo una volta ogni mese e neanche. Nell’ultimo periodo è sempre impegnato.» Portai le braccia al petto irritata e delusa. Non volevo sembrare infantile, ma non riuscivo a capire il suo comportamento. Non era da lui. Sentii Bonnie sospirare e sedersi sul letto, accanto a me.
«Lo so, Elena. È difficile, ma probabilmente ha dei problemi gravi. Questo parente gli sta dando del filo da torcere e Stefan sta cercando di fare il suo meglio. Non fargliene una colpa, anzi, cerca di stargli vicino. Su, ora vestiti, andiamo a divertirci un po’.»
Annuii con rinnovata energia. Forse Bonnie aveva ragione, forse stavo diventando paranoica, forse dovevo solo cercare di capirlo, forse…
 
Sudavo, ma allo stesso tempo sentivo di congelare.
Tremavo e non sapevo spiegarmi il motivo.
All’improvviso il dolore sparì e smisi di tremare.
Qualcosa di bagnato venne poggiato sulla mia fronte e una mano calda si posò sul mio viso.
 
La musica era alta, nonostante la festa fosse appena iniziata. Stavo accanto a Bonnie ed entrambe osservavamo il mare meravigliosamente calmo. Due mani si posarono sui miei fianchi, mi voltai e vidi Stefan sorridermi con dolcezza. Lo guardai, indecisa se urlargli in faccia o abbracciarlo.
«Mi dispiace, amore. La questione è quasi risolta, ti prometto che ci rivedremo più spesso.» Annuii, ma non ero sicura delle sue parole, o forse non ero più sicura dei miei di sentimenti. Erano un paio di giorni che ci pensavo. Stavo enfatizzando troppo la mia mancanza di lui, quando in realtà mi mancava poco e c’erano giorni in cui non mi mancava affatto. Fingevo perché non trovavo possibile il fatto di essermi, improvvisamente, disinnamorata di lui. La mia non era mancanza, era solo irritazione e delusione, perché una persona che ritenevo importante stava annullando ogni nostro appuntamento. All’inizio sospettai che mi volesse lasciare, ma quando ci vedemmo dopo una settimana e si presentò con una collana d’argento, seppi che non era quello il motivo. In seguito mi spiegò che si assentava a causa di un parente che era tornato a Mystic Falls dopo tanti anni e “pretendeva” qualcosa. Non mi spiegò mai che grado di parentela avesse con questo tizio. Mi disse solo che era presuntuoso, egoista e scansafatiche. Trovai la giustificazione nel fatto che questo tizio volesse dei soldi. Nell’ultimo periodo, arrivai a pensare che Stefan mi tradisse. Arrivai a pensare che mi stesse tradendo con Caroline, ma lei stava con Klaus e quella fu la prima volta che mi convinsi di essere paranoica. Semplicemente non trovavo giustificazioni al suo comportamento e quindi diedi la colpa alla mia paranoia.
«Elena?» Mi ridestai dai miei pensieri e guardai il mio ragazzo interrogativa. «Stavo dicendo, vuoi venire un attimo, di sotto, con me?» Annuii. Stefan mi prese per mano e mi condusse nella cabina principale, attraversammo il salone fino a giungere in una stanza da letto. Lasciò la mia mano e chiuse la porta a chiave. Era teso, lo si leggeva nello sguardo. Lo guardai con curiosità. Che cosa stava architettando?  
Prese un bel respiro profondo, si inginocchiò ai miei piedi e prese dalla tasca una scatolina blu di velluto. I battiti del mio cuore aumentarono in un attimo quando realizzai cosa stesse per fare.
«Elena Gilbert, sei la ragazza che amo e due anni di fidanzamento sono stati fin troppi per farmi rendere conto che tu sei colei con cui voglio passare la mia eternità. Vuoi sposarmi?» Pronunciò il discorso semplice e breve in pochi secondi, che a me sembrarono non terminare mai. Rimasi senza fiato. Con tutte le incertezze che avevo non potevo dargli una risposta. Non ero neanche sicura di essere ancora innamorata di lui.
«Io…» Stavo per cominciare, ma non sapevo cosa dire. La verità era che mi aveva preso alla sprovvista. Erano due settimane che non ci vedevamo e non sapevo quali fossero le sue idee. Avevamo parlato poche volte di matrimonio e raramente del nostro futuro. Lui aveva dei progetti, completamente diversi dai miei e non sapevo se saremo riusciti ad unirli o meno. Una ad una lacrime salate percorsero il mio viso. Stefan sbiancò e si alzò immediatamente, gettando la scatolina con l’anello sul letto. Mi strinse tra le sue braccia.
«Amore, non volevo farti piangere. Che succede?» Non avevo la forza di rispondere, perché non sapevo cosa dirgli. Cosa potevo fare? Non avrei detto “si”, di questo ne ero certa.
Mi calmai dopo qualche attimo e mi scostai da lui.
«Amore…» Iniziai. Nel dire quella parola sentii una parte del mio cuore frantumarsi. Non la sentivo più così vera e così forte come una volta. «Io, non lo so… Cioè, non credo di essere ancora pronta e… ho ancora tanto da affrontare nella vita, anche per gli studi che voglio intraprendere…» Stefan mi guardò con dolcezza e mi baciò la fronte.
«Amore, non rispondermi adesso. Quando sarai pronta lo farai, okay? Intanto godiamoci la festa.»
Annuii. Mi prese nuovamente la mano e mi condusse sul ponte dove la festa veniva animata da alcol e musica a tutto volume. Mi porse un bicchiere di vodka e mi lasciò sul ponte da sola, dicendo che doveva fare una cosa.
Rimasi lì, ferma, a pensare alla sua proposta, al mio sentimento verso di lui e alla sua reazione alla mia risposta certamente non positiva.
 
Il mio corpo aveva smesso di tremare e si era stranamente riscaldato. Aprii gli occhi e osservai il soffitto di pietra grigia. Dove mi trovavo?
Mi accorsi di avere una coperta sulle spalle, di lana e che a pochi centimetri dal mio corpo vi era un bel fuoco acceso. Com’era possibile?
Sentii qualcosa di bagnato sulla fronte, lo presi e vidi che era una benda con dell’acqua. Tentai di alzarmi, ma una fitta alla testa mi costrinse a distendermi nuovamente.
«Non muoverti, hai perso troppo sangue.»
Conoscevo quella voce. Spalancai gli occhi quando il mio campo visivo fu invaso da due occhi azzurri e dei capelli biondi mossi.
«Klaus?!» Domandai, incredula.
«In persona, dolcezza.» Mi sorrise e dopo tanto tempo mi concessi un respiro di sollievo.
 

Note Autrice:
Ehilà,
Innanzitutto Buone Feste.
Vi prego di perdonarmi per questo enorme ritardo, ho avuto la cosiddetta crisi da pagina bianca, ma ora mi sono ripresa e spero che il terzo capitolo arrivi molto più presto di questo.
Le parti in corsivo sono flashback (penso si fosse capito).
Well, spero vi piaccia ^^
Aspetto vostri commenti!
A presto,
Esperanza♥

 

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