I Segreti del Ghiaccio

di Fred Halliwell
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Il fantasma del castello ***
Capitolo 3: *** Jokul Frosti ***
Capitolo 4: *** Il drago, il vecchio e lo specchio ***
Capitolo 5: *** Le 5 Leggende ***
Capitolo 6: *** Uguali ma diversi ***
Capitolo 7: *** Un nuovo mondo ***
Capitolo 8: *** Segreto svelato ***
Capitolo 9: *** L'inverno sta arrivando ***
Capitolo 10: *** Il cavaliere delle nevi ***
Capitolo 11: *** Freddo e oscurità ***
Capitolo 12: *** Udienza dalla regina ***
Capitolo 13: *** Cuore di ghiaccio ***
Capitolo 14: *** Scacco matto ***
Capitolo 15: *** Let it go ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


PROLOGO
 
Si lasciò trasportare dal vento, come faceva ogni volta, non opponendo la minima resistenza ad ogni folata gelida che lo sospingeva più in alto e sempre più lontano. Il freddo per lui non era mai stato un problema e nonostante lo scarso abbigliamento (una casacca bianca, un pantalone di tela marrone sfrangiato e un mantello ancora più logoro e chiazzato di ghiaccio) non lo pativa.
Come poteva se la sua stessa pelle era algida e i suoi capelli bianchi come la neve? Jack Frost non si era mai posto domande al riguardo, non che non gli fosse mai venuto in mente, ma semplicemente era fatto così; c’era nato con quei capelli, con quella pelle pallida e il corpo longilineo, ma soprattutto era nato con quei poteri.
<< Più forte, vento! >> Gridò con l’entusiasmo che sempre lo contraddistingueva e rise quando l’aria fredda del nord Europa gli scompigliò ancora di più i capelli, come a volergli rispondere, e lo sollevò in una coltre di nuvole. Strinse con più forza il fidato bastone, per evitare che gli cadesse e una leggera patina di ghiaccio comparve sopra di esso nel punto dove la sua pelle entrava in contatto con il legno. Grazie a lui riusciva a compiere incredibili magie, era come un’estensione del suo braccio, non avrebbe mai permesso che qualcuno, persino il suo amico vento, potesse portarglielo via. La magia era parte di lui … lui era la sua magia, senza sarebbe stato perduto.
Inconsapevolmente sorrise pensando alle meraviglie che era in grado di fare. Non gli era facile quantificare quanti anni fossero passati dalla sua nascita, da quando era uscito da quel lago ghiacciato ed era volato in cielo ad ammirare la luna, ma di sicuro erano molti e durante tutto quel tempo aveva imparato a usare le sue capacità, riusciva a sfruttarle e a capirle. Purtroppo non c’era nessuno con cui condividere quella bellezza … nessuno che potesse vederlo, come mai nessuno gli era stato vicino a insegnargli come usare i suoi poteri, a confrontarlo o abbracciarlo nei momenti in cui la solitudine pareva schiacciarlo.
Era stato l’Uomo della Luna a dirgli il suo nome, ma poi non gli aveva detto altro e lo aveva lasciato a girovagare da solo nel mondo senza una meta o uno scopo. C’erano altri spiriti come lui sulla terra, questo lo sapeva e i famosissimi quattro Guardiani erano un valido esempio, ma quello di cui lui aveva bisogno era una famiglia ed era certo di non poterla trovare in nessuno di loro.
Una folata di vento più debole delle precedenti lo fece uscire dalle nuvole, facendolo abbassare di quota. L’improvvisa visione di un grande castello costruito sul mare fu un toccasana per i suoi tristi pensieri e lo fece distrarre. Il maniero pareva appartenere a un re, c’erano mura di cinta che delimitavano un grande spiazzale con due fontane, da lì un maestoso portone in legno dipinto portava all’interno, ma era sbarrato. Gli unici segni di vita parevano provenire dai piani superiori, precisamente dalla stanza sopra il portone.
Era dotata di una balconata abbastanza ampia, che si affacciava leggermente sullo spiazzale sottostante, come un pulpito. La porta era di vetro e attraverso quello si poteva intravedere il bagliore di un fuoco nel camino e delle ombre, della sagome che si muovevano dento la stanza.
Jack atterò coi piedi nudi sul cornicione del balcone e poi con un saltello scese sul pavimento di pietra. Le porte in vetro erano socchiuse e questo permise ai suoni di venire fuori. Un acuto urlo femminile, carico di dolore lo fece trasalire e l’istinto lo fece muovere prima ancora che riuscisse a formulare un pensiero razionale, così si ritrovò a scostare ulteriormente una delle ante, reggendo con forza il bastone con l’altra.
Se ne pentì neanche un secondo dopo, perché quello a cui si ritrovò ad assistere era forse uno dei momenti più delicati e privati nella vita di una donna: un parto.
<< Oh mi scusi >> disse in automatico, arrossendo fino alla punta dei capelli, nonostante sapesse che nessuno poteva vederlo. Cercò anche di distogliere lo sguardo, ma un nuovo urlo lo fece voltare ancora.
La donna in travaglio era affascinante, sebbene fosse sudata e tutta in disordine. Aveva un nonsoché di regale nei lineamenti del viso, incorniciati da lunghi capelli castani. Pareva avessero riflessi rossi, ma Jack non ne era certo, vista la luce rossastra che proveniva dal fuoco. Accanto a lei, a tenerle la mano, c’era un distinto uomo biondo, con un paio di sottili baffi sul viso che gli davano un’aria ancora più autorevole. In testa gli brillava una corona.
<< Sei un re per davvero … >> rifletté Jack a voce alta, mentre si avvicinava alla coppia.
Quello di lei sembrava un parto difficile e il re le stava dicendo parole dolci e la incitava a resistere, respirare e spingere.
“Norvegese” si rese conto Jack guardando il sovrano “Sono in Norvegia allora, o per lo meno molto vicino”. Sapeva di star volando sul nord Europa, ma non era a conoscenza del posto preciso. Per fortuna viaggiando e vivendo a lungo impari a capire le lingue!
Il suo sguardo si fissò sul volto sofferente della donna. << Che cosa terribile e meravigliosa è un parto, eh? >> le disse, ma logicamente lei non poteva rispondergli << Vorrei fare qualcosa per te >> aggiunse << Ma il massimo che posso fare è darti un po’ di fresco sollievo >> e così dicendo allungò una mano pallida verso la fronte della regina.
Fu un attimo, bastò quello, ma proprio in quel istante una scossa elettrica costrinse Jack a ritirare la mano, il fuoco nel camino tremolò, la donna urlò più forte e il vagito di un bimbo riempì l’aria.
Jack si stava ancora guardando la mano, confuso da quel dolore improvviso, quando il medico annunciò a re il sesso del neonato.
<< Una femmina >> disse il sovrano con voce euforica e incrinata dall’emozione << Mia figlia, la mia erede >> diede un bacio sulla guancia della moglie, esausta ma felice, e si affrettò a prendere il fagottino azzurro che gli stavano offrendo << Elsa, è così che si chiamerà la mia primogenita. Elsa, principessa di Arendelle >>.
Elsa aveva dei ciuffi biondo platino in testa, notò Jack sporgendosi in avanti oltre le spalle del padre, gli sembravano quasi bianchi come i suoi, e delle manine piccole e rosee, che subito afferrarono il lenzuolino in cui era stata avvolta.
Stava quasi per sorridere, quando vide che la copertina afferrata dalla bimba si congelò. Il padre si spaventò e quasi non mollò la presa, come anche il medico, che si scandalizzò … ma il più spaventato di tutti era proprio Jack.
Guardò di nuovo la sua mano, mentre il fiato gli si mozzava il gola.
“Cosa ho fatto?!” pensò nel panico “Le ho passato alcuni dei miei poteri, ora lei è come me … l’ho maledetta, è colpa mia!”
Non si preoccupò neanche di capire che reazione avrebbero avuto i genitori della piccola Elsa alla vista di quei poteri, troppo spaventato per pensare ad altro, e volò via, spalancando il balcone e spegnendo il fuoco per via del vento gelido che generò. Fuggì via, lontano da Arendelle, da Elsa e dal disastro che aveva appena creato. La luce della luna sembrava seguilo con sguardo colpevole, voltò le spalle anche a lei e andò ancora più veloce.
Mai poteva aspettarsi che i paio di occhi gialli e crudeli avevano osservato dall’ombra tutto ciò che era successo.
L’Uomo Nero uscì dal suo nascondiglio con un ghigno, osservando con soddisfazione la paura negli occhi del re. “Interessante” si disse “Davvero molto interessante”.






The Fred's Hollow:
Buona sera e buon Halloween!!.
Prima di tutto volevo presentarmi: sono Fred Halliwell e nonostante sia nuova in questo fandom ho già scritto altre storie qui si Efp, quindi spero di aver racimolato esperienza a sufficienza per non deludervi XD.
Già se avete letto il prologo devo ringraziarvi e se siete giunti a questo punto devo soltanto baciarvi i piedi, perché non tutti si mettono a leggere le idiozie di un’autrice pazza come me XD.
Che sono pazza ve ne accorgerete presto perché, nonostante dai primi capitoli non sembri, sono riuscita a mettere insieme i personaggi di Frozen, Le 5 Leggende, Dragon Trainer, Ribelle e Rapunzel.
Per chi si aspettava una storia tra i Big Four, quindi, mi dispiace deluderli fin da subito ma non sarà così. Da Jarida convinta mi sono trasformata in una fan Jelsa sfegatata, quindi già sapete (anche se pure dalla descrizione della storia si sarà intuito) che cercherò di far mettere Jack e Elsa insieme, anche se non lo garantisco. Ho già in mente quasi tutta la trama ma, poiché spesso cambio idea sullo svolgimento della storia, potrebbe non andare a finire così.
Per quel che riguarda altri personaggi come Hiccup, Merida e Rapunzel, sappiate che, nonostante ci siano tutti, compariranno solo più avanti nella storia e che non tutti avranno un ruolo veramente importante.
Fatte queste premesse volevo lasciarvi con degli ultimi avvisi, sta volta veramente importanti.
Primo: Ho intenzione di pubblicare un capitolo ogni settimana, sempre se ci riesco XD.
Secondo: Non ho letto tutte le Jelsa in circolazione, quindi potrebbe capitare che alcuni pezzi della mia storia assomiglino alle vostre, o storie che comunque avete letto. Se così fosse sappiate che non era mia intenzione fare pezzi simili e che comunque di sicuro poi la storia continuerà in modo diverso. Nel caso, tuttavia, dovesse sul serio verificarsi una tale similitudine vi chiedo scusa in anticipo ^^’’’.
Ora che ho davvero finito vi saluto, vi ringrazio e vi aspetto alla prossima settimana … vi prego, recensite numerosi XDXD.
Baci dalla vostra Fred!

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Capitolo 2
*** Il fantasma del castello ***


CAPITOLO UNO
Il fantasma del castello
 
Per via del suo potere Elsa aveva sempre avuto contatti minimi con tutti, anche da bambina. Quando doveva acconciare i suoi magnifici capelli biondi, così chiari da parere bianchi, lo faceva da sola e quindi, ora che aveva ventuno anni, aveva preso una certa dimestichezza e manualità. Le dita esili si muovevano velocissime tra i fili argentei, intrecciando con maestria ogni ciocca con le sue gemelle. In pochi secondi la sua solita treccia laterale aveva preso forma tra le sue mani e le bastò schioccare le dita perché dei cristalli di ghiaccio andassero a fermare l’opera appena realizzata.
Si guardò un’ultima volta alla specchio e sorrise da sola al suo riflesso, ammirando la bella acconciatura che era riuscita a creare. Si allontanò dal mobiletto uscendo dalla sua stanza.
Il suono dei suoi tacchi rimbombava sul pavimento di legno lasciando lievi tracce di brina al suo passaggio. Il suo solito vestito azzurro, da lei stessa creato, frusciava lasciando anch’esso alcune impronte ghiacciate, ma Elsa non ci dava molta importanza. Ormai controllava sufficientemente i suoi poteri da non scatenare una glaciazione ogni volta che si innervosiva (anche se in molti avevano ancora il terrore dei suoi sbalzi d’umore) ma questi piccoli segni della sua magia ancora non riusciva a evitarli. Nei primi tempi, ovunque camminasse, rimaneva una striscia di ghiaccio, che velocemente si trasformava in acqua visto il caldo dell’estate di Arendelle e molti servitori del castello scivolavano su di essa, non vedendola in tempo. Ora, invece, il ghiaccio che lasciava in giro era molto ma molto meno e non dava più alcun tipo di problemi … anche perché i camerieri avevano imparato a guardare dove mettevano i piedi!
Anche lei aveva imparato molte cose, oltre a controllare meglio i suoi poteri, si intende. Da quando tutta quella brutta faccenda di Hans e del congelamento semiglobale era finita, Elsa era divenuta una brava regnante e il suo popolo aveva imparato ad amarla e ad accettarla.
Ricordava ancora ogni istante del giorno in cui aveva cacciato il principe dal suo regno, non meno di un paio di mesi prima …
 
[Flash Back]
Aprì con forza il grande portone di legno scuro che dava l’accesso alle segrete del castello. Esse erano vuote, non c’era nessun prigioniero rinchiuso nelle celle di Arendelle, tranne che uno, controllato a vista da due dei più fidati gendarmi della regina. Gli altri, quelli che la scortavano, cercavano di rimanere al suo passo ma lei, impettita e tronfia d’orgoglio, non li aspettava e sembrava marciare sopra quegli esili tacchi fatti di puro ghiaccio.
Si fermò innanzi la cella e posò con grazia la mani l’una sull’altra << Regina Elsa, ai vostri ordini >> esclamarono in coro le due guardie esibendosi in un saluto militare.
<< Desidero parlare con il prigioniero >> disse solo e i due uomini si fecero subito da parte lasciandole spazio di fronte la cella. Elsa prese un profondo respiro e avanzò.
Dentro l’angusta stanza c’era un giovane uomo di bel aspetto, dai capelli castano-ramati e grandi occhi verdi << La regina in persona >> disse non appena la vide << Qual buon vento vi porta qui, vostra altezza? >>.
Elsa strinse la labbra rosse tra i denti, mordendole quasi a sangue per la rabbia che provava verso quell’individuo << Principe Hans delle Isole del Sud, ho deciso che verrai rispedito ai tuoi dodici fratelli oggi stesso. Che siano loro a giudicarti e a decidere quale sarà la giusta punizione per te. >>
Negli occhi dell’uomo passò un barlume di paura ma non mostrò altro, anzi, si avvicinò lentamente alle sbarre e le strinse saldamente nelle mani guantate << E la regina è venuta personalmente nelle sue prigioni solo per dirmi questo? Che onore! >> disse con tono mellifluo.
<< Scherzerei poco se fossi te >> ringhiò una delle guardie della scorta personale della regina puntando una lancia contro l’uomo << Sei accusato di alto tradimento, la nostra sovrana è stata fin troppo generosa a lasciarti in vita. >>
Elsa alzò un braccio per zittire il soldato << Non c’è né bisogno >> la sua voce era rude e fredda come il ghiaccio che controllava << Sono certa che il principe Hans questo già lo sa, visto che ha attentato alla vita mia e della mia amata sorella >>
Il giovane si fece sfuggire una risata, muovendo leggermente la testa all’indietro << Oh la dolce Anna … ditemi mia signora, come sta la bella principessa? >>
La ragazza digrignò i denti e con scatto felino allungò una mano attraverso le sbarre, artigliando le giacca del principe traditore. Essa cominciò pian piano a congelare sotto il potere e la rabbia della sovrana << Starei attenta a quel che dico se fossi al tuo posto >> sibilò con voce ancora più gelida << Anna è la persona più cara che ho al mondo e tu, dopo averla ingannata, stavi anche per portarmela via … >>
Sta volta Hans mostrò vera paura di fronte a quella nuova dimostrazione dei poteri di Elsa. Cercava si liberarsi da quella presa ferrea ma inutilmente << Tu sei un mostro! >> urlò spaventato << Anna è l’unica pazza che ti accetta sul serio. Ora potrai piacere al tuo popolo e potranno amarti, ma fa un altro passo falso e verrai messa al rogo! I tuoi poteri sono pericolosi e senza controllo, nessuno è come te al mondo >> la guardò con odio << Alla fine rimarrai sola e nessuno ti amerà mai >>
Elsa mollò la presa sulla giaccia quasi come se si fosse scottata. Gli lanciò un’occhiata di puro disgusto con i suoi splendidi occhi azzurri poi si girò verso i gendarmi. << Legatelo e gettatelo sulla prima nave diretta alle Isole del Sud >> ordinò prima di uscire impettita dalle segrete esattamente come c’era entrata. Pensava che vedere Hans imprigionato non avrebbe potuto farle altro che bene; infondo non si era mai fidata di quel damerino e vederlo dietro le sbarre le aveva procurato un certo piacere.
Le sue parole, però, quella frase cattiva e meschina pronunciata come un sibilo di un serpente, le era entrata un testa peggio di un  veleno. “Alla fine rimarrai sola e nessuno ti amerà mai” … che fosse vero?
Anna le voleva bene, di questo era certa, ma ora anche lei aveva trovato in Kristoff la sua anima gemella. Prima o poi si sarebbe sposata, avrebbe avuto dei figli, ma lei? Lei sarebbe rimasta la regina Elsa fino alla fine dei suoi giorni? Senza un marito e dei figli? Chi mai avrebbe accetto di stare al suo fianco?
Il matrimonio non era mai stata una delle sue priorità ma era innegabile che un po’ di pensava, come tutte le donne del mondo, anche se emancipate e che occupano posizioni di potere.
Si passo le mani sulle braccia coperte solo che quel sottile strato di tessuto semitrasparente azzurro che aveva creato stesso lei dal ghiaccio, come a volersi fare da sola una carezza rassicuratrice. Elsa amava la sua vita, ma in cuor suo avrebbe tanto voluto qualcuno da amare allo stesso modo.
<< Elsa! >> la voce squillante di Anna la distrasse dai suoi tristi pensieri << Vieni, il popolo aspetta! >> se la vide venire incontro con indosso un vestitino verde chiaro e i capelli rossi acconcianti nelle solite due trecce. I suoi occhi azzurri brillavano di una luce nuova che mai le aveva visto in viso e rideva come non mai.
Lei sorrise mestamente << Ora arrivo >> le andò incontro cercando di assumere di nuovo il suo solito contegno. Anna la guardò dubbiosa, sicuramente aveva notato qualcosa che non andava, ma ebbe la decenza di non fare domande. La prese solo per mano e la trascinò al centro del piazzale esterno del castello. << Siete pronti? >> domandò Elsa e poi fece la sua magia, sbattendo in piede in terra e trasformando l’intera piazza in una grande pista di pattinaggio sul ghiaccio. Fece comparire anche dei pattini per sua sorella ed insieme si misero a volteggiare sul ghiaccio, ridendo e scherzando.
[Fine]
 
Scacciò quel ricordo scuotendo il capo. Per il momento tutti la amavano e doveva continuare così. Elsa non avrebbe fatto più nessun passo falso, infatti più il tempo passava più le parole che il principe delle Isole del Sud le aveva rivolto cominciavano a sbiadire. Non era vero che i suoi sudditi l’avrebbero odiata, ma in cuor suo sapeva che almeno su una cosa aveva ragione: “nessuno è come te al mondo … nessuno ti amerà mai”. Ogni volta che quelle parole le ritornavano in mente si riconcentrava sui suoi doveri di regina e cercava di non pensarci.
<< Vostra maestà >> uno dei paggi le si avvicinò con tono rispettoso, era nuovo del castello, notò Elsa, non se lo ricordava << Lo scrittore, il signor Andersen, ha risposto alla vostra missiva e dice di essere ansioso di partire per Arendelle, cosa devo dirgli? >>
La regina sospirò. Si era quasi dimenticata di aver invitato il signor Andersen al castello. Egli era un rinomato scrittore e aveva intenzione di commissionargli un opera << Digli che lo attende da qui a due mesi. Arendelle non è così lontana da Copenaghen, ma immagino abbia bisogno di tempo per organizzarsi >> gli rispose mentre proseguiva lungo il corridoio.
Il paggio si inchinò al suo passaggio e rispose: << Come la regina comanda, sarà fatto >>.
Forse avrebbe dovuto rispondergli lei stessa, rifletté Elsa mentre avanzava con passo deciso, ma erano mesi che le sue giornate erano stracolme di impegni regali e finalmente era riuscita a trovare un momento per sé. Anna era da qualche parte del parco con Kristoff quindi pensò bene di non disturbarli e che per quel giorno poteva dedicarsi ai ricordi << Gerda! >> chiamò la cameriera che accorse all’istante << Hai detto a Rudolf di preparare il mio cavallo? >>
<< Certamente vostra maestà >> le rispose quella sorridendo e inchinandosi << Ma siete sicura di non volere una scorta? Potrebbe essere pericoloso. >>
Elsa guardò con gentilezza quella vecchia donna, una delle poche che aveva sempre saputo del suo segreto e si era presa cura di lei fin da quando era bambina. Gli anni l’avevano ingobbita e i suoi capelli castani ormai erano chiazzati di grigio, ma era sempre pronta a eseguire con zelo i suoi compiti << Non preoccuparti Gerda >> le disse poggiandole una mano sulla spalla << io sono Elsa, la “regina della nevi”, credo che chiunque ci penserebbe bene prima di far del male a me. No credi? >> e la superò, diretta all’uscita.
<< Ma i lupi questo non lo sanno >> le fece notare l’anziana e saggia donna mentre l’accompagnava fuori dal portone principale, dove ad attenderla c’era una piccola ma robusta giumenta bianca. Le briglie e la sella erano azzurre e sul davanti del pettorale brillavano in argento una mezzaluna e un fiocco di neve. Non era lo stemma di Arendelle, ma Elsa aveva insistito che ci fosse quel simbolo sui suoi finimenti solo perché le piaceva.
<< I lupi possono sempre essere congelati >> le rispose la regina con una risata mentre saliva sul cavallo con poche difficoltà, visto lo spacco sulla gonna << Non essere in pena per me Gerda, saprò cavarmela >> afferrò le briglie saldamente << Dì a mia sorella Anna che fino al mio ritorno lascio lei in carica >> detto questo diede un unico possente colpo alle redini per far partire lo splendido animale al galoppo.
 
Tempestosa, questo era il nome della sua giumenta bianca, ci mise molto meno di quanto la regina pensasse per arrivare alla sua meta. Bastò una mezz’oretta al galoppo e già in lontananza la montagna del nord cominciò a stagliarsi contro il cielo. Vicino al suo picco più alto, sotto i raggi del sole, brillava una possente massa di ghiaccio. Sul volto di Elsa si aprì inconsapevolmente un ampio sorriso: quello era il suo castello!
Lo aveva creato con i suoi poteri, era nato dal nulla solo grazie alla sua fantasia ed era divenuto una realtà. Ogni volta che i suoi occhi tornavano a incrociare quella vista non poteva non stupirsi di quanto bello e al tempo stesso terribile fosse il suo dono.
Le rabbia e la voglia di libertà le avevano fatto creare quello spettacolo e anche ora che era regina e che il suo popolo accettava il suo potere ogni tanto sentiva l’esigenza di ritornare in quel luogo. Ogni tanto aveva bisogno di solitudine e quel posto incantato era perfetto.
Tempestosa si innervosì alla vista di quella massa ghiacciata. << Shh buona bella >> disse alla cavalla accarezzandole il collo candido quando giunse in prossimità delle scale << È solo un castello di ghiaccio. Ora io entro e tu rimani qui >> scese con grazia dalla sella e legò le briglie dell’animale vicino alla ringhiera. Poi rialzò gli occhi verso la sua “creatura”.
<< Chi è che osa avvicinarsi al castello della regina? >> tuonò una possente voce prima ancora che la biondina avesse il tempo di mettere il piede sul primo gradino. Tempestosa nitrì spaventata e anche Elsa quasi si impaurì, non aspettandosi quell’accoglienza e d’un tratto un cumulo di neve lì vicino prese le sembianze di un grosso orco di neve. Il mostro si drizzò in tutta la sua altezza e poi chinò il capo verso di lei.
Elsa lo guardò con superiorità nonostante la sovrastasse di un paio di metri << Proprio la tua regina osa avvicinarsi, custode! >> dichiarò << Fatti da parte e lasciami entrare >>
Il pupazzone di neve fece un mal riuscito inchino e ritornò semplice neve, lasciando libero il passaggio alla regina. Ella sorrise compiaciuta e cominciò la sua salita.
Il custode del suo castello non era certo il primo pupazzo di neve a cui aveva dato vita, c’era già riuscita con il caro Olaf. Ora anche lui doveva essere da qualche parte nel parco del castello a odorare fiori, forse in compagni della renna Sven, a cui piaceva molto mangiare i fiocchi di neve della nuvola personale di Olaf.
Al pensiero del pupazzo si bloccò davanti al portone. Poteva portarlo con sé, non ci aveva neanche pensato, forse gli avrebbe fatto piacere tornare per un po’ in mezzo alla neve. Scosse il capo e alcuni fili argentei sfuggirono alla treccia; la prossima volta lo avrebbe fatto, ormai era già arrivata.
 
Non toccò neanche la lastra di ghiaccio finemente decorata che costituiva il portone, che questo si aprì con un cigolio mostrando l’interno del palazzo. Una volta Kristoff l’aveva presa da parte facendole mille complimenti per il suo palazzo. << Io vivo per il ghiaccio >> le aveva detto << È la mia vita … beh dopo Anna … >> si affrettò ad aggiungere quando Elsa lo aveva guardato storto alzando un sopracciglio.
Questa correzione la fece ridere, infondo quel montanaro era un gran bravo ragazzo, Elsa era felice che fosse lui a prendersi cura di Anna. Sta di fatto che a quel punto il binodo aveva cominciato a elencare tutte le meraviglie che aveva ritrovato in quel palazzo e lei si era limitata ad ascoltarlo, annuendo ogni tanto, non prestando poi molta attenzione a ciò che diceva.
Quando aveva creato il suo castello non ci aveva visto chissà quanta bellezza, in quel momento aveva solo bisogno di un posto in cui rifugiarsi e nascondersi, ma ora che ci ritornava e poteva ammirarlo con clama e tranquillità, notava che Kristoff aveva perfettamente ragione.
Entrò nella sala principale quasi tremando e si guardò intorno osservando con attenzione tutte le sfumature di luce che il ghiaccio assumeva sotto il sole. Quella montagna era sufficientemente fredda da non far sciogliere il suo palazzo nonostante il caldo e di questo ne era infinitamente grata, perché perdere quello spettacolo sarebbe stato un vero peccato.
Quando fu catturata da Hans e la rabbia aveva preso il controllo su di lei temeva di averlo rovinato per sempre, riempiendolo di stalattiti e pericolosi spuntoni di ghiaccio. Il castello, però, pareva essersi normalizzato insieme all’umore della sua creatrice ed era tornato splendido come prima.
I cristalli di ghiaccio che costituivano le pareti brillavano ognuno con un colore diverso, il pavimento mostrava ogni sfumatura d’azzurro esistente e l’enorme fiocco di neve nel mezzo dava l'apparenza di esser vivo. Il grande lampadario nel centro della volta scintillava tanto che pareva una stella. Tutte le linee erano perfettamente dritte e le poche curve erano appena accennate. Ogni struttura era geometricamente in sintonia con le altre, fette appositamente per incastrassi tra loro << Wow >> si lasciò sfuggire Elsa con vero stupore << Questa meraviglia l’ho sul serio creata io? >>
Sorrise da sola, compiaciuta dalla sua fantasia e si mise a girare nel centro della sala ammirando ogni cristallo del suo castello. Si avvicinò a una parete e chiuse gli occhi toccando quella superfice assolutamente liscia, fece qualche passo continuando ad accarezzare quel capolavoro finché i suoi polpastrelli non incontrarono un’imperfezione.
Aprì gli occhi di scatto e corrucciò le sopracciglia difronte a quella novità.
Un ghirigoro!
Sulla sua splendida parete c’era … un ghirigoro!
Si allontanò per osservare meglio quella decorazione. Lei non faceva ghirigori, amava di linee definite, geometriche, e le pareti poco decorate. Amava le cose semplici e pure come il ghiaccio, non i ghirigori! Quello non lo aveva fatto lei.
Era molto bello, doveva ammetterlo. Quelle curve infinite e tutti i fili finissimi di ghiaccio che partivano da esse erano magnetiche e davano l’idea di essere quasi magiche. Non maestose e imponenti come il suo castello, le sue torri e le sue guglie, ma semplicemente magiche e questo, forse, era ancora più sorprendente.
Toccò di nuovo quel recente ornamento. Era in rilievo rispetto alla parete, sembrava aggiunto dopo, in un secondo momento, quindi si, di sicuro non era opera sua. Ci mise un po’ per realizzare sul serio cosa quello significasse. La sua mente era ancora incapace di concepire un concetto simile ma poi fu come se una lampadina le si illuminasse nel cervello.
<< Non l’ho fatto io >> mormorò << L’ha fatto … qualcun altro … >> subito prese a guardarsi intorno con frenesia, cercando altri segni lasciati dallo sconosciuto artista. Ne ritrovò altri sei, sparsi in varie parti del castello. Due nel salone principale, uno piccolo e un altro enorme che non sapeva come aveva fatto a non vedere prima. Poi aveva salito le scale che portavano al piano superiore con trepidazione, era così emozionata che per poco non scivolò e lei non scivolava mai sul ghiaccio. Lì, sul scorriamo ritrovò il terzo e quando lo vide si scoprì a sorridere  << C’è qualcun altro con i miei stessi poteri! >> si disse Elsa passandosi con sgomento ed eccitazione al tempo stesso le mani tra i capelli argentei, scompigliando ulteriormente la bella treccia che aveva fatto quella mattina. Nella sala superiore ne vide altri due e il sesto lo individuò sul pavimento del balcone.
Era il più strano di tutti perché sembrava tanto l’impronta di un paio di piedi, come se qualcuno fosse atterrato lì venendo dal cielo. Questo avrebbe anche spiegato perché, se era entrato un estraneo, il custode di ghiaccio non lo avesse fermato. << Chi può mai essere? >> si chiese << Credevo di essere la sola al mondo con questi poteri >>
Fu allora che la udì: era una risata. Cristallina, pura e contagiosa. Una bellissima risata. Si guardò nuovamente in giro ma non scorse nessuno poi, però, le parve di intravedere un’ombra che scendeva la scale. Si precipitò al suo inseguimento.
Mentre scendeva la scale nuovi e complicati ghirigori erano comparsi lungo la scalinate. A chiunque appartenesse quella risata era lui l’artefice che aveva modificato il suo castello era lui che aveva i suoi stessi poteri. Arrivata infondo alle scale, tuttavia, Elsa non vide anima viva. Il grande portone era ancora chiuso, ergo nessuno era uscito, ma quindi dov’era l’intruso?
<< Dove sei? >> gridò all’aria << Vieni fuori, te ne prego! >>
Non udì nessuna risposta se non quella di un vento gelido che le sfiorò la guancia e di nuovo quella risata. Le pareva che qualcuno o qualcosa, la stesse accarezzando per cercare di avere un contatto con lei. C’era una strana presenza in quel castello, Elsa la poteva percepire chiaramente nell’aria ma non poteva vedere nessuno. << Chi sei? >> chiese di nuovo, sta volta con voce più alta e allarmata << Fatti vedere! >> si guardò attorno come una preda disperata.
Fu a quel punto che lo notò: sul muro dietro di lei stavano comparendo dei segni, anzi, delle scritte! Pian piano divennero parole che Elsa lesse senza troppe difficoltà.
Diceva: “Sono Jack Frost”
Questo la spaventò ancora di più e credette di stare impazzendo. Un improvviso freddo le attraversò il corpo e si portò le braccia al petto cercando di calmare i brividi, ma non ci riusciva. La scritta era ancora lì, quella presenza ancora attorno a lei, così lanciò un raggio di ghiaccio per allontanare da sé quel essere invisibile, si sollevò l’orlo della gonna e scappò velocemente, lontano dal castello, risalendo in groppa alla sua Tempestosa.
Era talmente impaurita che aveva anche lasciato una scia di ghiaccio dietro di se man mano che si allontanava, sia sulle scale, sia dopo che era partita al galoppo. Solo quando fu abbastanza lontana si guardò indietro e osservo quel luogo che sembrava infestato.
Erano vere quelle sensazioni che aveva provato? Oppure era stata solo suggestione? Si era sentita così felice quando aveva capito di non essere più sola, ma poi non aveva visto nessuno anche se sapeva chiaramente che fosse lì con lei e si era spaventata. Che fosse stato un fantasma?
Magari anche il fantasma della Elsa spaurita e sola che era prima.
Pensierosa più che mai ritornò sui suoi passi e si avviò al suo vero castello, quello di Arendelle. Tempestosa nitrì soddisfatta dalla decisione e ubbidì all’istante mentre la sua padrona ancora rifletteva sul da farsi. Si sarebbe presa del tempo per riflettere e forse sarebbe tornata in quel luogo maledetto a tempo debito, per cercare di capire chi aveva preso possesso del castello.
Lanciò un’altra fugace occhiata al balcone del palazzo vedendolo ancora aperto. Si diede mentalmente della stupida per essersi fatta prendere così tanto dalle emozione ed essersi dimenticata di chiuderlo. Scosse il capo e diede nuovamente le spalle al maniero, spronando poi Tempestosa a partire al galoppo << Vai bella, vola! >>
Mai poteva aspettarsi che un paio di occhi color ghiaccio come i suoi la stavano osservando da lontano, da dentro il suo stesso castello …



The Fred's Hollow:
Salve miei cari e amatissimi lettori! Ben trovati!
Come preannunciato sono di nuovo qui, sta volta con il primo capitolo. Allora? Che ve ne pare? Spero proprio di ricevere tante recensioni così mi direte cosa ne pensate hihihi.
I nomi sia di Gerda che di Tempestosa non sono stati scelti per caso. Gerda è il nome della bambina bambina protagonista della storia originale di Hans Christian Andersen, mentre Tempestosa … beh il suo perché lo scoprirete più avanti XD.
Un mio amico, quando ha letto la versione cartacea, non ha trovato nulla da ridire se non che non gli piaceva la divisione netta tra il testo e il flash back. Ho cercato di accontentarlo e di toglierla, ma mi rendevo conto che non faceva altro che rendere la lettura più pesante, ergo, se la pensate come il mio amico vi ho già risposto XD.
Sono quasi certa di aver reso Elsa in character ma se per caso a voi non sembra fatemelo notare che cercherò di aggiustare, per quanto possibile, i capitoli che ho già scritto. A questo proposito, visto che sono cattiva XD, vi lascio con una piccola anticipazione del prossimo capitolo:
 
[…] Elsa lo osservò per qualche minuto per poi chiedergli: << E’ questo che fai di solito, Olaf? Quando sei solo durante la notte intendo, mentre tutti noi dormiamo. >> La domanda le era sorta senza pensarci. Cosa faceva lui tutto quel tempo? Povero Olaf, non si lamentava mai di nulla, ma infondo anche lui aveva dei sentimenti e forse soffriva di solitudine durante le ore notturne, anche se poi a loro non diceva niente per non farli sentire in colpa.
Il pupazzo annuì con energia << Si certo! >> e questo la fece sentire davvero una cattiva persona.
<< Sul serio? >> Insistette Elsa. << Non fai altro che girovagare tutto solo per il castello? Qualche volta esci da qui, vero Olaf? >>
Lui parve pensarci un attimo su << Si certo! >> rispose poi, questo le risollevò il morale ma le fece anche venire un dubbio.
Infatti non tardò a chiedere: << E sei tornato anche al mio palazzo di ghiaccio? >>
<< Si certo! >> rispose quello guardandola fisso.
<< Conosci Jack Frost? >> la domanda era carica di aspettativa.
<< Si cert … no aspetta! >> disse portandosi un rametto al mento << No … non so chi sia >> […]

 
Detto questo vi lascio e vi aspetto sempre più numerosi la prossima settimana ok? XD
 Ps: vi chiedo scusa nel caso abbia fatto troppi strafalcioni ortografici hahahha.

 

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Capitolo 3
*** Jokul Frosti ***


CAPITOLO DUE
Jokul Frosti
 


Quella notte Elsa non aveva chiuso occhio. Nella sua mente era ancora vivido il ricordo di quel vento gelido che la aveva accarezzato il volto, e quella risata allegra e vivace tornava a rimbombarle nella testa. A chi apparteneva? Chi era quella misteriosa presenza che infestava il suo castello?
Quando le prime luci dell’alba avevano colorato di rosa il cielo si era resa conto che rimanere a letto sarebbe stato inutile, non sarebbe mai riuscita a dormire e si era decisa ad alzarsi.
 
Logicamente in giro per il castello non c’era anima viva, se non qualche inserviente che aveva già cominciato a spolverare finestre e lampadari. Quando la vedevano la salutavano con un rispettoso inchino e poi tornavano alle loro mansioni, mentre il resto del castello era ancora tra le braccia di Morfeo, compresa sua sorella Anna. La rossa non era mai stata una tipa mattiniera, ma Elsa stava quasi pensando di andare a svegliarla quando qualcosa di freddo le toccò la gamba.
Si girò spaventata e quando non vide nessuno temette che il fantasma del castello l’avesse seguita. Si calmò solo quando udì una voce familiare: << Elsa >> squittì infatti il piccolo Olaf << Sono qua giù! >> e lei abbassò lo sguardo. Gli sorrise con sollievo quando lo vide, ma lui non notò nulla di strano nella sua espressione, perché subito le chiese: << Sei già sveglia? >>
La domanda la fece sorridere, poiché se era davanti a lui era evidente che fosse sveglia, ma per Olaf nulla era ovvio << Si piccolo >> gli rispose quindi << Non riuscivo a dormire >>
<< Neanche io! >> disse lui a quel punto, per poi assumere un aria pensosa e aggiungere, senza nessuno motivo apparente: << In realtà non dormo mai … e non mangio nemmeno … >>
In effetti Olaf era un pupazzo di neve, non aveva i bisogni che hanno gli esseri umani. Elsa ancora non riusciva a spiegarsi come potesse sentire il profumo dei fiori con una carota al posto del naso, ma infondo, se viveva grazie a una nuvoletta e alla sua nevicata personale, che respirasse con una radice era il minimo dei problemi!
Questo la fece riflettere: “Che strana cosa è la magia …” si disse e ciò le procurò brividi lungo la schiena, ripensando al misterioso spirito che dimorava nel suo palazzo ghiacciato.
Intanto Olaf aveva preso a saltellare per il corridoio, fermandosi ogni tanto ad osservare i quadri appesi lungo le pareti e canticchiando una canzoncina estiva: << … Un drink? Lo vorrei! Magari anch'io mi abbronzerei! Penso all'estate perché la amo! … >>
Elsa lo osservò per qualche minuto per poi chiedergli: << E’ questo che fai di solito, Olaf? Quando sei solo durante la notte intendo, mentre tutti noi dormiamo. >> La domanda le era sorta senza pensarci. Cosa faceva lui tutto quel tempo? Povero Olaf, non si lamentava mai di nulla, ma infondo anche lui aveva dei sentimenti e forse soffriva di solitudine durante le ore notturne, anche se poi a loro non diceva niente per non farli sentire in colpa.
Il pupazzo annuì con energia << Si certo! >> e questo la fece sentire davvero una cattiva persona.
<< Sul serio? >> Insistette Elsa. << Non fai altro che girovagare tutto solo per il castello? Qualche volta esci da qui, vero Olaf? >>
Lui parve pensarci un attimo su << Si certo! >> rispose poi, questo le risollevò il morale ma le fece anche venire un dubbio.
Infatti non tardò a chiedere: << E sei tornato anche al mio palazzo di ghiaccio? >>
<< Si certo! >> rispose quello guardandola fisso.
<< Conosci Jack Frost? >> la domanda era carica di aspettativa.
<< Si cert … no aspetta! >> disse portandosi un rametto al mento << No … non so chi sia >> ammise infine ancora sorridente << Perché chi è? Un tuo amico? >>
Quella risposta fece scemare tutto l’entusiasmo della sovrana. Olaf però continuava a guardarla, in attesa della sua risposta e Elsa sapeva che avrebbe continuato a farlo finché lei non avrebbe parlato. << No Olaf >> gli disse quindi << Non è un mio amico, diciamo che ne ho sentito parlare. >>
<< Sul libro? >>
La domanda la prese alla sprovvista << Che libro? >>
<< Ah non lo so. >> rispose quello ridendo divertito << Però Kristoff … quello alto, non la renna, quella è Sven … mi ha detto che sui libri si trovano taaante cose. Mi ha anche detto che ne ha trovato uno, scritto strano, che parla dei suoi amici esperti in amore, i troll sassosi. Dice anche come raggiungerli sai? C’è un mappa, pure quella scritta strana! >> le spiegò con la sua vocina acuta per poi aggiungere, di nuovo senza un valido motivo << Anche se per me sono tutti scritti strani … non so leggere io >>
Il chiarimento su chi fosse Sven e chi Kristoff, più l’ultima affermazione detta dal pupazzo, la fecero ridere. Gli tese la mano, che lui afferrò con un suo rametto-braccio e cominciò ad avviarsi con lui verso la biblioteca. L’idea di provare a cercare informazioni su un libro era buona. << Magari un giorno di questi potrei insegnarti, per ora vado anche io a sfogliare qualcuno di quei libri e se vuoi puoi stare con me. >> Olaf annuì con entusiasmo.
 
Il pupazzo era rimasto con lei solo per un paio d’ore poi, annoiato, l’aveva lasciata ai suoi libri. La sua permanenza, invece, si era prolungata per parecchio tempo, rifiutando persino il pranzo. Questo perché la biblioteca reale di Arendelle era abbastanza fornita e i libri erano accuratamente sistemati in una sala di due piani, con gli scaffali decorati con fiori e fiocchi di neve. Nel centro c’erano delle cassapanche e dei tavoli inclinati, decorati come gli scafali e fatti appositamente per leggere. I tomi più rari e preziosi erano custoditi in delle teche di vetro chiuse a chiave, ma Elsa aveva già controllato anche quelli, oltre alla maggioranza dei volumi raccolti nella biblioteca.
Si era sommersa nei libri in cerca di qualsiasi informazione su “Jack Frost”, ma non aveva ancora trovato nulla. Quel nome, forse perché se lo era già ripetuto un centinaio di volte nella testa, le pareva sempre più familiare. Aveva come la sensazione che qualcuno glielo avesse già nominato, anche se non riusciva a ricordare chi.
Il suono della porta che si apriva dietro di lei la fece voltare, aspettandosi di trovarsi alle spalle uno dei suoi consiglieri. Più volte alcuni di loro erano venuti a disturbarla in quella indagine, ma lei li aveva sempre respinti. Aveva un regno da governare, eppure quella ricerca l’aveva completamente assorbita e permetteva loro di disturbarla solo quando c’erano questioni che avevano bisogno di un suo giudizio, per il resto potevano cavarsela da soli, visto che era solo per un giorno.
Quando vide entrare Kristoff, pertanto, si stupì non poco. Olaf gli aveva detto che era stato proprio lui a parlargli dei libri, ma non credeva che il montanaro fosse un tipo che frequentava abitualmente la biblioteca.
Anche gli occhi castani del biondo si dilatarono quando la vide << Elsa … cioè, vostra altezza, non mi aspettavo di trovarvi qui >> disse a quel punto mentre le sue gote si imporporavano e il suo intero corpo si irrigidiva.
<< Kristoff, sei il fidanzato di mia sorella, puoi anche chiamarmi per nome e darmi del tu >> disse lei coprendosi con eleganza la bocca con una mano, per evitare che la vedesse ridere del suo imbarazzo << Sono due mesi che te lo ripeto, quando imparerai? >>
Lui ridacchiò, ancora imbarazzato, e si passò una mano tra i folti ciuffi biondi << Beh si, dovrei proprio iniziare vostra alte … Elsa >> si corresse << Ora, però, ti lascio da sola e non ti disturbo >> fece per ritirarsi ma lei lo fermò.
<< No >> gli disse alzandosi e indicandogli una panca con la mano << Non andare via, se vuoi leggere fallo pure, non lasciarti intimidire dalla mia presenza >>
Lui le sorrise e finalmente parve rilassarsi << Grazie >> rispose, accomodandosi al posto indicato dalla regina dopo aver preso un libro. Lei fece lo stesso.
Tra i due cadde subito un imbarazzante (almeno per la regina) silenzio. Nonostante ora abitassero nello stesso palazzo Elsa e Kristoff avevano parlato davvero poco e lei non lo conosceva quasi per nulla, se non per quel poco che aveva potuto notare osservando come si comportava con Anna.
Lo fissò. Sua sorella gli aveva fatto confezionare degli abiti più consoni al suo nuovo status di “fidanzato della principessa” ma erano comunque capi semplici; erano però di una stoffa leggera, che non lo ingolfava e che lo faceva apparire meno massiccio di quando lo aveva visto la prima volta.
Lei ancora non capiva cosa la sorella ci trovasse in Kristoff: per Anna era bellissimo, mentre per la regina era semplicemente carino, piacente certo, ma non un dio greco come invece appariva agli occhi di Anna. Aveva la faccia dai lineamenti troppo squadrati per i gusti di Elsa, e il naso troppo grande. In compenso, tuttavia, era alto e dal torace ampio, caratteristiche che lei apprezzava di più.
Ad Elsa, comunque, interessava poco se fosse bello o meno, l’importante era che fosse un bravo ragazzo e che amasse sua sorella con ogni fibra del suo essere. Era cresciuto sulle montagne, per lui gli intrighi di palazzo non esistevano (non come Hans, che pareva non conoscere altro) e in più capiva le esigenze del popolo. Se ne avesse avuto la possibilità, probabilmente sarebbe stato un buon re … a quanto pareva non era neanche analfabeta!
<< Non ti facevo un tipo che ama leggere >> l’affermazione le uscì spontanea, prima che si rendesse conto che poteva suonare offensiva.
Kristoff non se la prese o fece finta di niente, ma sorrise << In effetti non lo ero. Prima non avevo né il tempo né i mezzi economici per poterlo essere, ma i troll mi hanno insegnato a leggere e scrivere e mi è sempre piaciuto >>
Sorrise anche lei e si alzò per avvicinarsi all’uomo << Hai sempre vissuto con loro? >> chiese.
<< Sono la mia famiglia >> rispose Kristoff senza risponderle per davvero, ma a lei bastò. Si girò per tornare al suo posto quando il biondo la bloccò << Se posso chiedere, cosa stai cercando qui in biblioteca? >>
Lei lo guardò soppesando l’idea di dirgli la verità. Poteva fidarsi o l’avrebbe presa per pazza? Poi si ricordò che Kristoff aveva appena ammesso di considerare un ammasso di “troll sassosi” (come li aveva definiti Olaf) la sua famiglia, quindi decise che poteva dargli fiducia << Sto cercando informazioni su Jack Frost >> disse infatti.
Lui sollevò un sopracciglio guardandola dubbioso: << Jack Frost? >>
<< Si >> confermò lei << Credo che sia una specie di spirito invernale, che può fare magie di ghiaccio come le mie >> spiegò guardando le sue mani << Ma in realtà non ne sono certa, so solo che forse esiste >>
<< Certo che esiste! >> le disse il biondo aprendosi in un grande sorriso << Ma io conosco questa leggenda con un altro nome: Jokul Frosti >>
Gli occhi azzurro ghiaccio di Elsa si spalancarono << Lo conosci? >>
L’uomo si alzò, andando dritto verso un ripiano di quelli che la regina non aveva ancora controllato, e ne tirò fuori un tomo rilegato in pelle marrone. Non era molto grande, ma neanche sottile e le pagine sembravo vecchie e fragili << E’ qui >> le disse e le aprì il libro a circa metà, indicandole poi il disegno di una specie elfo pallido e longilineo.
Elsa si avvicinò immediatamente e i suoi occhi passarono voraci su quel ritratto di fantasia << Ma non si capisce nulla … >> commentò delusa. In effetti il libro non era scritto nella lingua comune, né in qualunque altra lingua che Elsa conoscesse. Quelle erano rune, le antiche lettere dei vichinghi.
Toccò il libro con delicatezza, quasi accarezzando la pagina, travolta da un ricordo. Suo padre le raccontava sempre, dopo l’incidente con Anna, che aveva trovato i troll seguendo le indicazioni di un libro vichingo. Una volta glielo aveva anche mostrato, aggiungendo che loro erano discendenti di quel antico e fiero popolo di guerrieri, che il loro sangue scorreva anche nelle loro vene. A quelle parole Elsa ricordava di aver sorriso, immaginandosi in armatura e armata di spada, pronta a combattere contro terribili nemici a mo’ di Valchiria.
“Questo è lo stesso libro!” Si rese conto lei. Forse era anche per questo se il nome di Jack Frost le era tanto familiare; probabilmente suo padre gliene aveva parlato, ma lei se n’era dimenticata. << Lo stesso libro che mi mostrò mio padre … >> si ritrovò a mormorare.
L’uomo la guardò confuso << Come prego? >>
Elsa alzò lo sguardo su Kristoff << Questo libro … mio padre me lo mostrò quando ero piccola, mi disse che qui aveva trovato la strada per trovare i tuoi amici troll, è vero? Ci sono nominati anche loro? >> quando Kristoff annuì lei ebbe la conferma della sua ipotesi e chiese di nuovo: << Tu lo sai leggere? >>.
Il biondo le sorrise ancora, Elsa dovette ammettere che aveva un bel sorriso << Si, lo so leggere, questa è la lingua dei troll >>
Girò il libro verso di se e cominciò a tradurre a voce alta: << Jokul Frosti, noto anche come Padre Inverno … o Jack Frost a quanto pare … >> aggiunse lui di sua iniziativa << ha il compito di far nevicare. È anche tenuto a lasciare i segni dell'inverno sulle abitazioni e nei boschi. E’ un personaggio elfico della tradizione vichinga, responsabile del tempo gelido, per il naso e le dita dei piedi congelate dal tempo e per la colorazione delle foglie in autunno, è la personificazione del ghiaccio, del freddo e dell'inverno. >> la regina tornò a guardarsi le mani, mentre un moto di eccitazione le nasceva nel petto. Se questo Jack Frost era vero allora questo significava che non era sola al mondo, che c’era qualcuno con i poteri simili ai suoi. “Qualcuno come me …”  pensò, mentre Kristoff continuava la sua lettura: << Sparge gelo, sotto forma di piccole "felci" di cristallo, sulle finestre durante le mattine fredde, crea fiocchi di neve e opere d'arte sulle finestre delle persone. >> La descrizione le fece tornare alla mente i ghirigori nel suo castello << È spesso allegro e ama donare al mondo le sue arti invernali. Gli piace stare all'aria aperta e decorare gli ambienti con la sua arte. È un personaggio amichevole, ma se provocato può arrivare anche a congelare o ricoprire di neve le sue vittime … poi l’autore si mette a parlare di altro >> concluse Kristoff.
Elsa aveva ascoltato ogni parola con la massima attenzione. Aveva gli occhi spalancati, le pupille dilatate, mentre dentro di lei una nuova consapevolezza prendeva vita … la consapevolezza di non essere sola per davvero!
Chiunque fosse il fantasma del suo castello le aveva detto di chiamarsi Jack Frost e dalla lettura di Kristoff pareva che questo Jack Frost fosse uno spirito dell’inverno, proprio come aveva presupposto lei, ergo aveva i suoi poteri. Sentì il fiato mancarle e annaspò in cerca di aria mentre le sue labbra si piegarono automaticamente in un sorriso maniacale. Doveva fare paura, anche perché Kristoff aveva una faccia decisamente allarmata. << Elsa >> la chiamò << Sei impallidita, stai bene? >>
No, non stava bene, ma benissimo! Doveva muoversi, tornare subito al suo castello per parlare con lui, con Jack Frost, non aveva tempo da perdere, così quando l’uomo provò a toccarle un braccio con fare premuroso lei si ritrasse e mormorò un semplice << Sto bene >> prima di guadagnare l’uscita.
In realtà non fece neanche in tempo a posare la mano sulla maniglia che dall’altro lato qualcun altro aprì la porta. Si stupì non poco quando vide che quel qualcuno era proprio sua sorella Anna. << Oh Elsa >> disse quella << Stavo venendo a cercare proprio te, Olaf mi ha detto che potevo trovarti qui. >> Entrò, rispingendo dentro anche lei. << Mi sono preoccupata quando non ti ho vista a pranzo. >> Si guardò un attimo intorno, bloccando l’uscita; Elsa stava quasi per dirle di spostarsi quando la sorella notò il fidanzato ancora vicino al tavolo, con il libro vichingo davanti. << Kristoff! >> gli disse << Perfetto, ci sei anche tu, infondo quello che devo dire riguarda anche te >> si voltò verso la sorella << Elsa, ti devo dire una cosa importante … >>
<< Dopo >> la zittì la regina con voce impaziente << Ora non ho tempo >> e detto questo la spinse delicatamente di lato per poi correre via.
Anna provò a fermarla << Ma … Elsa! >> La bionda, però, non accennò a fermarsi e girò l’angolo senza voltarsi in dietro. La rossa sbuffò infastidita, gonfiando le guance per la frustrazione e si mise la mani sul fianchi sottili. Kristoff le si avvicinò e lei si girò verso il fidanzato con stizza << Glielo hai detto vero? >> chiese << Si, sicuro lo hai fatto, ecco perché è corsa via. >>
Kristoff rise con sarcasmo, alzando le spalle ampie come suo solito << Credi che sia stupido? Cosa avrei dovuto dirle? Che ti ho chiesta in moglie e che tu hai detto si? >> la guardò con un sopracciglio sollevato << Non ci penso proprio, l’ultima volta ha congelato l’estate, quindi è meglio che sia tu a dirglielo >>
Anna gli fece una linguaccia << Che coraggioso che sei >> gli disse per prenderlo in giro. Prima che potesse ribattere afferrò la sua casacca per avvicinarlo al suo viso e stampargli un veloce bacio sulle labbra. << Quando torna glielo dico io, Kristoff. >>
 
Intanto Elsa era arrivata al portone principale del castello. Non vedendo nessuno chiamò Gerda a gran voce. La donna si presentò da lei quasi immediatamente. << Gerda fai preparare il mio cavallo e poi vai da mia sorella in biblioteca, avvisala che anche per oggi lascio lei in carica. Poi avvisa anche i miei consiglieri … ho delle cose da fare >> le ordinò.
La donna commentò: << Di nuovo vostra altezza? I lupi non la spaventano neanche un po’ mi pare di capire >> al ché Elsa la fulminò con lo sguardò e Gerda non ci pensò due volte, avendo anche captato l’urgenza nella voce della regina prima di scomparire dietro una porta di servizio.
Tempestosa fu pronta in pochi minuti e anche Elsa non fu da meno. Sta volta si cambiò d’abito e semplicemente schioccando le dita la sua gonna si trasformò in un comodo e aderente pantalone bianco, che cadeva su un paio di stivali grigi da equitazione, alti fino alla caviglia. Il corpetto si tramutò in una elegante giacca azzurra, decorata con bottoni a conchiglia e un grosso cinturone più scuro che le pendeva in vita. Lo strascico si tramutò in un pesante mantello bianco, che l’avrebbe tenuta al caldo.
Mentre avanzava fuori dal castello si risistemò anche la treccia, rigirandola su se stessa nello chignon che aveva il giorno della sua incoronazione.
Rudolf, un giovane stalliere fulvo con la faccia butterata, le passò le redini e stava già per mettere un piede nella staffa quando la vocina acuta di Olaf non la bloccò. 
<< Elsa >> le disse infatti << Fai una passeggiata? >>
<< Più o meno, piccolo. >> gli rispose issandosi finalmente sulla sella << Vorrei andare al mio castello di ghiaccio e sono anche di fretta >>
Stava per dare un colpo di talloni per far partire Tempestosa al galoppo, quando anche sta volta Olaf la fermò << Posso venire con te? >> le chiese, allungando un braccino verso di lei.
A quella domanda Elsa sorrise e a sua volta si piegò verso di lui, afferrando il rametto che le veniva offerto e tirandolo sulla sella, dietro di lei << Andiamo >> gli disse, e con un colpo secco di talloni fece partire la giumenta al galoppo.
 
Il castello non era ancora in vista quando Elsa fermò Tempestosa di botto, strattonando con forza le redini. L’animale protestò con un nitrito ma non si ribellò. Anche lei, come la sua padrona, sentiva qualcosa nell’aria, si sentivano osservate. Olaf non si era tenuto bene alla vita della sua creatrice e ruzzolò già dal cavallo, sbattendo al suolo con un tonfo sordo. << Siamo arrivati? >> ebbe comunque la forza di dire, mentre di tirava su.
Quando lo fece Elsa notò che aveva perso il naso, così fu costretta a scendere per aiutarlo, ma nonostante la scena fosse comica non riuscì a ridere << No, Olaf >> gli rispose, risistemandogli la carota nel centro della faccia.
<< E allora come mai ci siamo fermati? >> domandò logicamente il pupazzo << Non hai detto di avere fretta? >>
La regina annuì << Infatti, ma ho una strana sensazione, come se qualcuno ci stesse guardando … >>
Tempestosa era del suo stesso avviso, muoveva le zampe con nervosismo e scalciava.  Olaf la fissò: << La tua mucca sta male? >>
Elsa scosse il capo, sta volta non riuscendo a trattenere un mezzo sorriso << E’ un cavallo >> gli rispose, ma non gli prestò più attenzione del dovuto, intenta a guardare se scorgeva qualcuno o qualcosa in mezzo agli alberi. Tempestosa, intanto, si stava imbizzarrendo e nonostante lei tenesse le briglie non riusciva a farla stare buona.
Si guardò nuovamente in giro, cercando di scorgere qualsiasi cosa potesse spiegare sia la sua inquietudine che la paura della cavalla.
Aveva passato l’intera giornata nella biblioteca e non aveva idea di che ora fosse, ma si stava facendo buio e il cielo era già scuro di suo, visto l’accumularsi di grosse nuvole scure cariche di pioggia proprio sopra le loro teste. “Forse avrei fatto meglio ad aspettare” si disse “Si sta anche per mettere a piovere e questo pare proprio il clima ideale per i lupi”.
Non fece neanche in tempo a formulare quel pensiero che un ringhio sommesso attirò completamente la sua attenzione. Tempestosa nitrì nuovamente, colta dal terrore, mentre Elsa si girava verso il bosco e Olaf urlava. Tra i rami contorti e i tronchi scuri, tra le ombre che popolavano le foreste di Arendelle, si potevano vedere una decina, o forse più, paia di occhi gialli, fissarla famelici. Quella vista la spaventò a tal punto da farle perdere la presa sulle redini di Tempestosa. Quando fu libera, la giumenta fuggì senza indugio, diretta al castello. << Tempestosa, no! >> Gridò Elsa, ma inutilmente, perché il cavallo era già troppo lontano per sentirla. I lupi, frattanto, si stavano pericolosamente avvicinando ai due. << Dovevo ascoltare Gerda >> commentò e si diede mentalmente della stupida, ma comunque si mise in posizione di combattimento, pronta a congelare uno di quei cani troppo cresciuti non appena si fossero avvicinati. “I gatti sono meglio, l’ho sempre pensato!”
Quando vide il primo emergere dal fitto della foresta, tuttavia, le si gelò il sangue nelle vene: quello non era un lupo normale. Non aveva pelo, ma era nero pece, pareva quasi fatto di sabbia o di carbone. I suoi contorni erano sfumati, non ben definiti, anche se si capiva benissimo che era un lupo. L’unica cosa chiara in quel mare di fumo e sabbia nera erano un paio di famelici occhi gialli.
Si misero a semicerchio attorno ai due. “No, non sono per niente lupi normali”, si disse Elsa. Non li stavano attaccando e sembravano organizzati, più un esercito che un branco. Quando, poi, tra di loro emerse un uomo a cavallo, fu evidente che era lui a comandarli. L’animale era un maestoso stallone nero, un animale fiero e forte, ma dai conforti fumosi proprio come i suoi amici lupi. Anche lui aveva gli occhi gialli ma più grandi, pareva che potessero captare tutte le paure di Elsa e nutrirsene. Più Elsa si spaventava più lui pareva inquieto. << Non fare così >> disse a un certo punto il cavaliere, come se potesse leggerle nel pensiero << Lo ecciti troppo con le tue ansie >>
La sua vece era melliflua e accattivante, come quella di un diavolo tentatore. La sua pelle cinerea, grigia e pallida, soprattutto a confronto dei suoi abiti completamente neri. Persino i sui capelli erano color pece, mentre i suoi occhi erano gialli, come quelli delle sue bestie.
A Elsa bastò uno sguardo per capire che di lui non ci si potesse fidare, ciò nonostante guardandolo aveva la sensazione di averlo già visto << Chi sei tu? >> gli chiese, guardinga.
<< Oh! >> esclamò l’uomo << Noto con piacere che credi ancora in me, l’Uomo Nero, o non avresti potuto né vedermi né sentirmi … questo rende tutto più facile, anche se decisamente meno divertente >> la fissò dritto negli occhi << Hai la sensazione di avermi già visto, vero mia signora? >>
Elsa non ci stava capendo molto. Quello strano figuro pareva leggerle dentro, captare tutte le sue paure e più ciò accadeva più le paure aumentavano, in un infinito circolo vizioso. Sapeva solo che quell’uomo sembrava in grado di controllare le ombre e che davvero le pareva di averlo già visto.
Rituffandosi nella sua infanzia vide un vago ricordo di lui che la notte entrava nei suoi sogni per spaventarla. << Questo non ha alcun senso … >> mormorò << Tu eri un mio sogno … e io … io avevo paura di te! >> era confusa, maledettamente confusa.
<< Stai forse per dirmi che non dovrei esistere, Elsa? >> fece quello ridendo sadico << Oh sciocchina, se non esistessi potrei essere qui? >>
Lei fece un passo indietro, non stupendosi più di tanto se lui conosceva il suo nome << E perché saresti qui? Cosa vuoi da me? >>
L’uomo sorrise divertito e fece avanzare il cavallo di qualche passo << Babbo Natale, il Coniglietto di Pasqua, la Fata dei Dentini, l’Uomo dei Sogni e quel bamboccio di Jack Frost sta volta non potranno fermarmi. Voglio la tua paura Elsa, e la avrò, perché io sono Pitch Black, l’uomo nero, il re degli incubi e nemmeno tu e il tuo ghiaccio potrete fermarmi. >> sorrise di nuovo, sta volta con cattiveria << Quindi è meglio se cominci a urlare >>






The Fred's Hollow:
Buonasera miei cari e amatissimi lettori! Ben trovati!
Come state? Spero bene XD, anche perché oggi vi tocca subire il mio secondo capitolo. A tal proposito che ve ne pare? XD
Spero che vi sia piaciuto, anche perché, secondo mio modesto parere, il risultato non è male. Lo so, sono la scrittrice e il mio giudizio è di parte, quindi mi auguro che correte dirmi voi cosa ne pensate. Proprio per questo motivo volevo cominciare col ringraziare:

- Astrid92                                                     
- EmilyHalliwell
- _littlemoon00_
- weepingangel
Che mi hanno resa felicissima lasciandomi almeno una recensione! Grazie <3!!
Volevo, poi, ringraziare anche
Sun Aoyun, per aver messo la mia storia tra le preferite e A m b e r F r o s t, Amy e Blaze, Astrid92, Ladradilucciole, LittelMoon, xmileysoxygen e _littlemoon00_ per aver inserito la mia storia tra le seguite, con la speranza che anche loro, prima o poi, mi dicano cosa ne pensano del mio racconto XD.
Voi non immaginate quanta gioia mi date! Davvero! Stavo andando in crisi perché mi sembrava che la storia fosse poco seguita e invece sta sera entro su efp per il secondo capitolo e mi accorgo di quanto mi fossi sbagliata. Quindi di nuovo grazie!
Mi auguro che questo capitolo non faccia crollare il vostro entusiasmo ^^’’.
La leggenda vichinga che faccio leggere da Kristoff è vera XD: pare che Jokul Frosti fosse davvero un personaggio vichingo, o per lo meno anglosassone. Per quel che riguarda il fatto che sia proprio Kristoff ad aiutare Elsa, devo dire che è stata la visione degli episodi della quarta stagione di Once upon a time ad ispirarmi. Non so se seguite la serie 8in caso contrario ve la consiglio *.*), ma ho visto gli episodi in lingua originale e lì Elsa e Kristoff hanno un rapporto strano, completamente diverso da quello ricreato da me in questo capitolo, ma proprio per questo li ho dipinti così.
Infondo li vedo un po’ rivali per l’affetto di Anna, ma al tempo stesso cercano di conoscersi e si vedono simili. Spero di aver reso bene questa mia idea XD.
Kristoff, poi, me lo immagino con una vena da “intellettuale” nascosta XD. Lui come vi è sembrato? Abbastanza IC? E Anna? XD
Infine … Pitch ha fatto la sua comparsa ed io ho fatto finire lì il capitolo. Mi starete odiando, lo so XD! Perdono! Hahahaha!
Come al solito vi chiedo scusa nel caso ci siano errori e vi lascio una nuova anticipazione per il prossimo capitolo.
 
[…] Si ritrovò stesa a terra, ai piedi di una parete rocciosa, mentre il pupazzo di neve rotolò in pezzi pochi metri più avanti. << Olaf! >> gridò preoccupata per la sua sorte.
<< Sto bene! >> rispose quello mentre si rimontava << Ora vengo ad aiutarti >>
Elsa scosse la testa con energia, scompigliando ulteriormente l’intricata acconciatura << No >> disse << Vai a palazzo, avvisa Anna di cosa sta succedendo >>
<< Ma … >> provò a dire il pupazzo.
<< Niente “ma” ! >> lo zittì la regina << E’ un ordine. >> Detto questo di mise seduta, appoggiando la schiena contro la parete rocciosa. Proprio in quel momento un lupo le si avventò contro, vide le faci spalancarsi e d’istinto si coprì il viso con le braccia. Era certa che tra un istante le zanne affilate si sarebbero strette attorno alla sua carne, quando una fiammata viola e bianca lo fece dissolvere in una nuvola di fumo nero. […]

 
Ora vi lascio per davvero! XD Alla prossima!
Ps: Nello scorso “Fred’s Hollow” mi sono dimenticata di farvi notare una cosa … Elsa ha invitato lo scrittore de “La Regina delle Nevi” al suo castello! XD Sarà una causalità?

 

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Capitolo 4
*** Il drago, il vecchio e lo specchio ***


CAPITOLO TRE
Il drago, il vecchio e lo specchio
 

Un nuovo raggio ghiacciato uscì dal palmo di Elsa mentre tentava di allontanare l’ennesima ombra-lupo che l’attaccava. All’inizio parevano solo una decina e lei era convinta di riuscire a sgominarli, ma più ne congelava più ne comparivano e si avvicinavano sempre di più.
Senza Tempestosa non poteva andare molto lontano, tuttavia quando si era resa conto di essere in netto svantaggio si mise a correre verso Arendelle. Le ombre erano veloci e riusciva a evitare i loro assalti solo perché Olaf, appollaiato sulla sua schiena, le urlava quando e da dove attaccavano.
<< Dove pensi di andare, mia signora? >> la canzonò l’Uomo Nero mentre la seguiva a cavallo della sua creatura fumosa << Non riuscirai a sfuggire ai miei Incubi e lo sai anche tu. Senti che loro percepiscono la tua paura, vero? >> Elsa dovette ammettere che aveva ragione. Le sue gambe erano già intorpidite per lo sforzo, aveva il fiato corto e la testa le pulsava. In più quelle creature l’avrebbero trovata ovunque si fosse nascosta. I troll le avevano detto che la pura sarebbe stata sua nemica, ma non aveva mai pensato di dover prendere il loro avvertimento alla lettera!
Ricordava che da piccola, dopo il fatidico incidente in cui aveva quasi ucciso Anna, la notte faceva spesso incubi e a popolarli c’erano sempre tante persone che la cacciavano, le lanciavano pietre additandola come “strega”. Tra di loro Pitch troneggiava su tutti come il capo della rivolta, quello che aizzava la rabbia del popolo contro di lei, quello che le faceva più paura.
Poteva sul serio essere vero? Aveva affermato con piacere, che lei poteva vederlo perché ancora credeva nell’Uomo Nero. Che fosse per questo che non era riuscita a vedere Jack Frost?
Non sapeva neanche chi fosse, come poteva credere in lui? Con l’Uomo Nero era un’altra storia. Chi non conosceva l’Uomo Nero o Babbo Natale? Pitch aveva nominato anche lui, insieme al Coniglietto di Pasqua, la Fata del Dentino e l’Omino dei Sogni .. questo significava che erano veri anche loro?
Era troppo provata dalla fatica per formulare un pensiero concreto, doveva solo pensare a un piano di fuga. << Elsa, attenta! >> l’avviso di Olaf fu provvidenziale per salvarla dal morso di una di quelle bestiacce.
Creò una barriera di ghiaccio contro cui il mostro batté il muso, dissolvendosi. Dietro di lui, però, ne comparvero altri due. “Mi pare di essere Eracle contro l’idra” pensò disperata “Più ne distruggo, più ne compaiono”. Non sapeva più cosa fare, era sfinita, spaventata, e doveva preoccuparsi di Olaf!
Era così presa da quei pensieri che non notò un sasso e inciampò. Si ritrovò stesa a terra, ai piedi di una parete rocciosa, mentre il pupazzo di neve rotolò in pezzi pochi metri più avanti. << Olaf! >> gridò preoccupata per la sua sorte.
<< Sto bene! >> rispose quello mentre si rimontava << Ora vengo ad aiutarti >>
Elsa scosse la testa con energia, scompigliando ulteriormente l’intricata acconciatura << No >> disse << Vai a palazzo, avvisa Anna di cosa sta succedendo >>
<< Ma … >> provò a dire il pupazzo.
<< Niente “ma” ! >> lo zittì la regina << E’ un ordine. >> Detto questo di mise seduta, appoggiando la schiena contro la parete rocciosa. Proprio in quel momento un lupo le si avventò contro, vide le faci spalancarsi e d’istinto si coprì il viso con le braccia. Era certa che tra un istante le zanne affilate si sarebbero strette attorno alla sua carne, quando una fiammata viola e bianca lo fece dissolvere in una nuvola di fumo nero.
Elsa non aveva la minima idea di cosa fosse successo, ma i lupi, vedendo cosa era capitato al loro compagno, frenarono di botto.
Lei era ancora seduta a terra quando Pitch arrivò sul suo destriero. Il suo viso grigio mostrava lo stesso stupore dipinto su quello della bionda. << Che cosa è stato? >> chiese, più a se stesso che a qualcuno di preciso. A rispondergli fu un verso gutturale proveniente dalle spalle di Elsa; era un verso strano, a metà tra un ringhio e una risata, dopo di ché, un grosso animale nero piombò dall’alto, saltando dalla parete rocciosa su cui la regina era appoggiata e atterrando in mezzo a loro, tra Elsa e i suoi assalitori. Al solo vederlo lo stesso Pitch Black ebbe paura e riuscì solo a esclamare, sconvolto: << Un drago?! >>
Ed in effetti era proprio quello che sembrava: un drago!
Probabilmente era lungo tre metri (forse anche di più vista la lunga coda) ed era dotato di ali, grosse e membranose, come quelle di un pipistrello, ma si ergeva comunque su quattro zampe. Il corpo era longilineo, aereodinamico, completamente rivestito di squame nere o lucide, parevano fatte d’ossidiana. Quando si voltò verso la ragazza, Elsa poté notare che aveva il muso simile a quello di serpente, molto lineare a stranamente amichevole. Sulla testa, però, aveva delle escrescenze, probabilmente orecchie, che unite agli occhi grandi, verdi e dalla pupilla allungata lo facevano somigliare a un enorme gatto. A ben guardarlo pareva anche muoversi come uno di quei felini. “I gatti sono meglio, l’ho sempre pensato” disse di nuovo tra se e se la regina guardandolo.
Probabilmente era stata una sua impressione, ma quando si era voltato le era parso che fosse per controllare se lei stesse bene. Automaticamente, quindi, gli sorrise e con sua enorme sorpresa lui fece altrettanto, o almeno ci provò. Quello che ne uscì fu un ghigno privo di denti << Sdentato? >> fece lei stupita << Un drago senza denti? Sul serio? >>
<< Lurido rettile >> esplose Pitch colmo di rabbia << Fatti da parte e lasciami la mia preda! >>
L’urlo fece arrabbiare il drago, che si voltò verso di lui digrignando i denti (a quanto pare li aveva retrattili) e si mise in posizione di attacco, pronto a difendere la regina. Elsa non sapeva perché lo stesse facendo, ma indubbiamente ne era felice. << Cosa state aspettando? >> sbraitò di nuovo l’Uomo Nero rivolto ai suoi lupi << Prendetela! >> Quelli che si avventarono su di loro furono letteralmente polverizzati dal fuoco violetto del rettile.
Quando li ebbe spaventati a sufficienza si voltò verso Elsa e la prese con delicatezza tra le fauci, per poi lanciarla di traverso sul suo dorso. << Ma che … ? >> Elsa non riuscì a finire che frase che il drago saltò nuovamente sulla parete rocciosa e scomparve nel bosco, accompagnato da un urlo sbigottito di lei.
Pitch imprecò con nervosismo: << Maledizione! Andiamo via stupidi lupi, ora dovremo pensare a un altro modo per ottenere la sua paura. >> Detto questo scomparvero in una nuvola di fumo.
Olaf, intanto, di cui tutti sembravano essersi dimenticati, era rimasto immobile e scioccato, con le manine a coprire la bocca aperta in un urlo silenzioso. << Anna! >> Disse a quel punto: << Devo dirlo ad Anna. >> e corse via sui suoi piedini, seguendo le impronte di Tempestosa.
 
Il drago scaricò Elsa davanti all’ingresso di quella che a prima vista pareva una grotta, per poi scomparire dietro delle rocce, lanciandole un ultimo sguardo incuriosito.
<< Ehi! >> lo chiamò lei << Dove credi di andare? Torna qui, non lasciarmi sola, non so neanche dove sono. >> L’animale, però, non tornò e Elsa si guardò intorno cercando di capire dove si trovasse. Ormai era notte e il cielo era coperto da nuvoloni. Senza stelle non era in grado di orientarsi e il buio non aiutava a farle trovare dei punti di riferimento. Proprio in quel momento il cielo si illuminò per un fulmine e immediatamente dopo gocce di pioggia iniziano a caderle in testa. << Fantastico … >> commentò con sarcasmo.
Almeno la grotta le forniva un riparo. In ogni caso, quando entrò notò che l’apertura non era naturale ma, all'opposto, un tempo doveva essere chiusa da un enorme portone in legno (visto che non ce n’era più traccia doveva essersi decomposto), perché intravide dei cardini in ferro incastonati nella roccia. In passato dovevano esserci state anche delle scale che portavano alla porta, che era in alto rispetto al resto della zona. Elsa scorse i segni di quelli che erano ormai ex-scalini, moltissimi, levigati e parzialmente cancellati dal tempo e dagli agenti atmosferici, arrampicarsi lungo il fianco della collina. Lungo l’arco notò anche delle rune, incise non troppo in profondità, molto simili a quelle del libro che le aveva mostrato Kristoff. Che quella fosse stata la sala comune di un antico villaggio vichingo?
Arendelle era parte della penisola scandinava ed era lì che i vichinghi vivevano, come spesso le ricordava il suo defunto padre, quindi era un’ipotesi più che plausibile.
Non si addentrò nella sala, era buia e lei non aveva la minima idea di come accendere un fuoco. Per fortuna non si era bagnata o avrebbe avuto anche freddo. Stava per sedersi vicino all’apertura quando qualcosa all’interno attirò la sua attenzione: una luce. Precisamente era una specie di fiammella azzurra che fluttuava a mezz’aria, nel centro esatto della sala. Elsa sgranò gli occhi, sapeva cos’era quella fiamma, e boccheggiò un paio di volte prima di riuscire a mormorare: << Un fuoco fatuo? >> Ne aveva letto quella mattina, mentre cercava informazioni su Jack Frost. Da quello che ricordava guidavano persone speciali verso il loro destino, aiutandole a trovare la loro strada.
La creaturina evanescente emise uno strano verso, come un sospiro, e mosse quello che sembrava un braccino verso di lei, invitandola  a seguirla e così Elsa fece. Non appena si avvicinò troppo, il fuoco fatuo scomparve, per poi ricomparire poco più avanti, insieme a molti altri suoi gemelli, che formavano un percorso luminescente verso il fondo della sala.
La bionda non seppe mai cosa la spinse a proseguire, non sapeva se stesse facendo bene o male, ma i suoi piedi si mossero da soli lungo il percorso che i fuochi avevano delineato per lei, evitando sassi e buche nel pavimento. La poca luce che le creaturine emanavano le bastava giusto per vedere dove metteva i piedi e non inciampare, poco altro riusciva a scorgere in quel buio.
Sulla parete opposta all’entrata trovò i resti di un trono di pietra, indubbiamente appartenuto al capo villaggio (lei se lo immaginava grande e grosso, con una folta barba e un elmo con le corna), e alle spalle di esso un buco nel muro, che sicuramente prima non c’era, sembrava essere stato fatto dopo. I fuochi fatui proseguivano dentro la fenditura, dove Elsa notò che erano stati scavati dei gradini. Era una scala a chiocciola, non tortuosa ma con quel buio comunque pericolosa da scendere; soprattutto se prima di partire non avesse sostituito le sue scarpette con i comodi stivali da equitazione che invece indossava in quel momento, o se avesse avuto ancora la gonna. Nonostante ciò Elsa ce la mise tutta per tenere il passo dei fuochi fatui.
Quando finalmente vide una luce alla fine della discesa, le creaturine la abbandonarono e lei proseguì da sola, accelerando il passo, desiderosa di scoprire cosa l’attendeva alla fine di quella scalinata. Si ritrovò in una stanza circolare, che ricalcava quella superiore, le pareti, tuttavia, erano completamente ricoperte di specchi, di varie forme e dimensioni, ognuno con una diversa cornice. Tutti, però, riflettevano la luce di un unico fuocherello centrale, piccolo, ma che grazie a quel gioco di riflessi illuminava la stanza a giorno. Elsa dovette socchiudere gli occhi per abituarsi al cambio repentino di luce, ma quando familiarizzò con il chiarore, potè dare un’occhiata in giro.
Oltre agli specchi c’erano ben pochi mobili: un tavolo vicino a lei, un letto sul fondo e delle panche dove sedersi attorno al fuoco. L’unica cosa che veramente la colpì su un trespolo d’oro (o forse era semplice ferro che rifletteva, anch’esso come gli specchi, la luce gialla delle fiamme, lei non riusciva a dirlo), su cui era appollaiato l’uccello più bello che la regina avesse mai visto. Era rosso fuoco, con il becco d’oro e una vaporosa cresta arancione. Il piumaggio delle ali e della coda virava al giallo e all’oro, mentre gli occhi erano due smeraldi. Rimase incantata al solo vederlo.
<< E’ splendido vero? >> A parlare era stato un vecchio seduto accanto al fuoco, che prima Elsa non aveva notato e per questo si impaurì non poco. << Oh scusami cara. >> Le disse l’uomo notando come si era portata una mano all’altezza del cuore per lo spavento. << Non intendevo farti paura, avevo solo notato con che adorazione stavi guardando la mia Eve. >>
Si alzò con un movimento fluido e le si avvicinò, senza mostrare segni di sforzo dovuti all’età, lasciando una clessidra là dove prima era seduto. A ben guardarlo, in realtà, non pareva neanche tanto vecchio, ma aveva una barba lunga e bianca, che unita al viso magro di certo non lo aiutava a sembrare più giovane. I capelli, anch’essi lunghi, bianchi e lisci erano parzialmente coperti da un cappello blu notte a punta, come quello dei maghi. Anche la lunga tunica che indossava era del medesimo colore, con dei ricami o forma di stelle, e lo faceva apparire più in carne di quel che probabilmente era in realtà. Era alto e dinoccolato, sul naso c’era appoggiato un paio di occhiali a mezzaluna, che coprivano gli occhi azzurri, e aveva un sorriso bonario dipinto sul volto. In poche parole era quello che poteva essere definito un “simpatico nonnino”.
<< E’ un animale fantastico >> concordò Elsa continuando a guardarlo << Non ne avevo mai visto uno così. >> Era così incantata da quella creatura che non si domandò neppure cosa ci facesse un vecchio in una grotta nascosta sotto un villaggio vichingo o perché dei fuochi fatui l’avessero portata da lui.
<< Oh beh, è normale >> disse quello accarezzando dolcemente la testa dell’uccello << Eve è unica al mondo e in questo periodo dell’anno raggiunge il suo massimo splendore, non come a dicembre, quando è a un passo dall’autocombustione, perde le piume e diventa peggio di una zitella acida. >>
L’uccello parve capire cosa aveva detto e provò a beccare la mano dell’uomo, facendolo ridere, Elsa invece ci capì ben poco: << Autocombustione? >>
<< Si mia cara, hai capito bene. Eve è una fenice, l’unica rimasta al mondo temo. Ogni 31 dicembre lei brucia nel suo stesso fuoco per poi rinascere dalle sue ceneri il 1 gennaio. >> Le spiegò bonariamente.
Lei dilatò gli occhi << Una fenice?! >> Non ci poteva credere, non era possibile!
L’uomo annuì << Esatto. Vive un anno, solo uno, per poi tornare alla vita, risorgere proprio come fa l’anno. Guardandola da questo punto di vista è anche normale che Manny l’abbia affidata a me, non trovi? >> Lo sguardo confuso di Elsa doveva essere molto esplicito, perché l’uomo si affrettò ad aggiungere: << Oh bambina, non dirmi che non hai capito chi sono. >> Lei scosse il capo, ancora scioccata, e così lui parlò ancora. << Ho avuto molti nomi nel corso della storia. >> le disse a quel punto << Qualcuno mi ha persino scambiato per mago Merlino, ma in realtà io sono Padre Tempo. >>
Elsa aprì e chiuse la bocca più volte, incapace di formulare un pensiero razionale: << Padre Tempo? Ma come … ? >>
Il vecchio rise e la accompagnò accanto al fuoco posandole delicatamente una mano tra la scapole << Lo so mia cara … troppe emozioni in un giorno solo, me ne rendo conto. Prima Jack Frost, poi l’Uomo Nero e adesso io >>
<< Senza dimenticarci del drago e della fenice >> il commentò le uscì spontaneo mentre si lasciava cadere sulla panca a peso morto.
Padre Tempo lo trovò comico << Si, giusto. Non dimentichiamo il drago e la fenice. >> Si sedette accanto a lei << Se poi tu ti stessi chiedendo come mai riesci a vedermi senza problemi ti dico già che io, Madre Natura e Manny non abbiamo bisogno che qualcuno creda in noi per far si che ci veda. >>
Elsa in realtà non stava pensando a niente del genere, anzi non stava pensando proprio a niente! << Padre Tempo. >> Mormorò infine << Wow … Quindi siete tutti veri? Babbo Natale, la Fata del Dentino e tutti gli altri? Persino Madre Natura? >>
<< Si piccola mia >> le rispose << Infondo tu hai dei poteri magici, perché ti sorprendi tanto? >>
Le passò un bicchiere d’acqua, ma Elsa non si domandò neanche come se lo fosse procurato << Effettivamente … è solo che ho smesso di credere a Babbo Natale e agli spiriti come lui da … beh da molto tempo e ora uno di loro mi viene a dire che sono tutti veri. È abbastanza sconvolgente. >>
<< Ma è così. Siamo tutti veri, tutti i Guardiani e noi tre spiriti superiori. >>
<< E i Guardiani sarebbero … ? >>
<< Babbo Natale, il Coniglietto di Pasqua, la Fata del Dentino, l’Omino dei sogni e per ultimo ma non meno importate, Jack Frost. >> A quel nome le fece l’occhiolino e Elsa si ritrovò ad arrossire senza neanche sapere perché. << Ognuno di loro protegge il suo centro nel mondo, qualcosa che lo aiuta a far si che i bambini credano in lui. Se i bambini dovessero smettere di credere, scomparirebbero anche loro. >>
<< Oh poverini >> esclamò lei << Ma è orribile! >>
Lui scosse la spalle: << L’unico lato negativo di questo lavoro …ciò agli Spiriti superiori non succede, ma siamo anche meno amati e conosciuti … >>
<< E quando parli di “Spiriti superiori” intendi dire te, Madre Natura e quel Manny che hai nominato prima? >> Padre Tempo annuì. << Chi è a proposito? >>
<< Man in the Moon, Min, Uomo della Luna, Manny … anche lui ha tanti nomi, ma per noi è semplicemente colui che protegge i bambini, il futuro e i buoni sentimenti. Qualcuno di molto simile al vostro Dio. >> Le spiegò il vecchio spirito. << Ha scelto i Guardiani per far si che loro svolgano i suoi compiti sulla terra, sono un po’ come il suo esercito personale. Loro salvano il mondo ogni volta che serve e purtroppo serve sempre troppo spesso, è questo il loro compito, come quello di Madre Natura è far venire la primavera e quello mio di controllare il tempo. >> Ci parve pensare un attimo su e poi aggiunse: << Anche se al momento il mio compito sei tu. >>
<< Io? >> Quella conversazione diventava ogni secondo più strana << Perché dovresti occuparti di me? >>
Padre Tempo ridacchiò << Per proteggerti mi pare ovvio. L’uomo che hai incontrato nel bosco, l’Uomo Nero, penso ti sarai accorta che ti era familiare. Lui entrava nei tuoi sogni, trasformandoli in incubi per farti paura. Con te, anche a causa dei tuoi poteri, aveva terreno facile, eri già spaventata di tuo, soprattutto dopo l’incidente con tua sorella. >> Al solo ricordarlo le regina si sentì in colpa e fu percorsa da un milione di brividi. << Con la tua paura ha creato un potente esercito di ombre, con le quali ha quasi sconfitto i Guardiani. Loro fiutavano la paura dei bambini, non erano come i lupi che hanno attaccato te. Erano più come … >>
<< Il cavallo. >> Lo interruppe Elsa, ricordando il destriero su cui Pitch era apparso.
<< Esatto cara, vedo che hai capito e su solo grazie a Jack Frost e a pochi bambini coraggiosi se il mondo continua ancora. Questo però è successo nel futuro … quindi effettivamente non so se il verbo al passato sia corretto. Oh mi confonde sempre spiegare queste cose! >>
Elsa era sempre più sconcertata e aveva prestato ben poco attenzione al suo sfogo. << Nel futuro? E allora come può essere stato qui? E come può esserci ora? >>
L’uomo tossicchiò nervoso << Temo che questo sia colpa mia. Probabilmente è passato attraverso uno dei specchi tornando nel passato, il tuo passato. >>
<< Aspetta che? >> Si sentiva tanto Anna in quel momento. << E’ passato da uno dei tuoi specchi? Che vuol dire? >> Si guardò intorno scettica. << Ognuno di questi specchi è in realtà un passaggio verso un altro tempo? >>
Lui annuì. << Anche sta volta hai capito, sei una ragazza sveglia. Questo è un bene, perché così puoi comprendere il motivo per cui ora devo occuparmi di te. >>
<< E cosa intendi fare con me? >> Iniziava ad avere paura. << Non puoi mandare di nuovo quel drago a proteggermi, come prima? >>
Padre Tempo negò. << Quel drago non l’ho mandato io, ha fatto tutto da solo, io non posso né so comandarlo. Diciamo solo che siamo amici di vecchia data. E poi puoi stare tranquilla, non voglio farti del male, anzi! Ho intenzione di mandarti dal Guardiano che stavi cercando con tanta impazienza. >> Le fece di nuovo l’occhiolino e di nuovo Elsa si sentì in forte imbarazzo.
Si schiarì la voce per poi chiedere: << Quindi mi manderai da Jack Frost al mio castello? >>
Padre Tempo si rialzò e lei lo seguì con lo sguardo << Mi dispiace cara, ma no. Lui ti aspetterà in quel castello per altri tre giorni, poi andrà via, per non tornarci mai più. Tra l’altro il Jack di questo tempo non è ancora un Guardiano. Ti manderò dal Jack Frost del futuro, uno che potrà proteggerti adeguatamente. >> Si girò verso di lei facendole cenno di avvicinarsi. << Prima del viaggio hai qualcosa da chiedermi? >>
<< Mia sorella? >> Il pensiero corse subito a lei. << A lei cosa succederà? >>
<< Nulla. Farò anche in modo che non restiate separate troppo a lungo. >> Le sorrise con dolcezza. << Quando il pericolo sarà passato e ti rimanderò al tuo tempo mi premurerò a far si che per lei non sia passato molto tempo, qualche ora o giorno al massimo, anche se tu dovessi stare via più tempo non ti perderai nulla della tua vita con Anna. >>
Questo la rassicurò e si fermò accanto a Padre Tempo, di fronte a un grande specchio dalla cornice rossa a  bianca. Agli angoli erano visibili delle foglie di aghifoglio, mentre sulla superfice riflettente Elsa poté intravedere quello che pareva una grande fabbrica immersa nella neve. Si voltò a guardare il volto sorridente del uomo. << Ti immaginavo diverso >> disse infime.
<< A si? >> la cosa lo faceva ridere.
<< Già, ti credeva più … beh più vecchio >> e rise anche lei.
Padre Tempo si accarezzò la barca. << I capelli bianchi non aiutano a sembrare più giovani. >> La spiegò. << Quando giungi a destinazione dillo a Jack … >> poi ci pensò un attimo. << Anzi no, non lo fare, o mi troverà solo per il gusto di congelarmi. >> E rise forte. Fatto questo, con un unico forte colpo, spinse la regina contro lo specchio. Elsa non se lo aspettava e attese la botta contro il vetro, che però non arrivò mai. Anzi si ritrovò a cadere in una discesa senza fine, diretta verso un fondo bianco, che sembrava lontanissimo. Dall’altro la voce di Padre Tempo le gridò: << Benvenuta nel futuro! >>
           
Poco dopo si ritrovò faccia a terra nella neve, provata e sfinita. Sopra di lei una grossa sagoma pelosa le ostruì la visuale del sole. Le disse qualcosa che non capì, così cercò lei di parlare: << Jack … >> biascicò. << Sto cercando Jack Frost. >> Dopo di che perse i sensi.







The Fred's Hollow:
E anche questa settimana sono tornata a tormentarvi muhahahah *.*
Mi avete onorato lasciandomi ben 15 recensioni (considerando che sono solo tre capitoli, ergo una media di 5 recensioni a capitolo, mi sente decisamente gasata!!), quindi non posso fare a meno di ringraziarvi di nuovo, tutti voi che mi seguite, mi recensite o che semplicemente avete aperto la mia storia per vedere di cosa si tratta XD
GRAZIE!                                                
Ora passiamo alle cose meno serie, cioè un mio commento sul capitolo che avete appena letto.
Immagino che ora tutti avrete capito chi ha salvato la nostra regina. Ve lo aspettavate?
Ho inserito anche i fuochi fatui, quindi i primi elementi di cross-over stanno venendo allo scoperto (anche se per Hiccup, Merida e Rapunzel dovrete aspettare ancora qualche capitolo, sorry ^^’’)
Poi hanno portato Elsa da Padre Tempo. Lui è un personaggio mio (anche se comunque la fa parte del folklore di molti paese, quindi non proprio mio ^^’’’) e mi sono potuta sbizzarrire nel descriverlo. Per questo mi sono ispirata ad Albus Silente XD e chi è un fanatico di Harry Potter con me lo avrà capito hahah. Per quel che riguarda la fenice, l’ho inserita non solo perché Silente ne ha una, ma soprattutto perché mi pareva perfetta per rappresentare l’anno e non a caso l’ho chiamata Eve (Vigilia XD).
Spero che come personaggi vi piaccia, perché io ne sono abbastanza orgogliosa!
Come al solito spero che mi facciate sapere presto cosa ne pensate perché, lo sapete, il vostro giudizio è importantissimo per me!!
Per salutarvi, infine, vi lascio la solita anticipazione del prossimo capitolo ^^:
 

[…] Una specie di fatina verde, a metà tra una donna e un colibrì, le volò incontro e a pochi centimetri dal suo viso si fermò << Ti sei svegliata! >> esclamò felice << Mentre dormivi ti ho visto i denti, sono bellissimi! >> e si portò i pugni all’altezza del viso ridacchiando. Nei suoi occhi viola c’era una strana e inquietante luce di euforia.
Elsa si spaventò per quel troppo entusiasmo e si ritrasse indietro, emettendo un lieve strillo. << I miei cosa? >>
<< Dentolina, allontanati da lei e dai suoi denti, non vedi che le fai paura? >> a parlare era stata di nuovo la prima voce, quella maschile e profonda.
Elsa stava quasi per ringraziare l’uomo che aveva parlato, ma quando lo vide cacciò un nuovo urlo: << Un canguro parlante! >> […]

 
Ora vi saluto, alla prossima ^///^

 

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Capitolo 5
*** Le 5 Leggende ***


 
CAPITOLO QUATTRO
Le 5 leggende
 
Quando Jack vide l’aurora boreale che chiamava i Guardiani a raccolta stava volando sopra il Canada. Era il suo primo richiamo da quando era un Guardiano, il primo da quando avevano sconfitto Pitch ormai quindici anni prima. Era stata Dente da Latte, la fatina di Dentolina divenuta sua amica a fargliela notare, tirandolo energicamente per il cappuccio e pigolando nella sua lingua incomprensibile. Non appena si voltò e vide il cielo illuminarsi, subito evocò il vento: << Portami da North! >> ordinò al suo amico, agitando vigorosamente il suo lungo bastone magico.
Una gelida brezza lo sollevò dall’alto campanile su cui si era appollaiato, trasportando il suo esile corpo sopra le nuvole. Qualunque cosa avesse fatto agitare il loro leader era di certo urgente e non c’era tempo da perdere: in fondo anche questo rientrava nei compiti di un Guardiano e ormai si era convinto a interpretare il suo ruolo alla perfezione.
“Trecento anni fa, quando l’Uomo della Luna mi riportò in vita, aveva già in mente tutto questo per me?” Non sapeva rispondersi, ma questo nuovo e strano ruolo in fondo gli piaceva.
All’inizio aveva rifiutato, pensando fosse solo noia e tante responsabilità, ma poi si era dovuto ricredere. Era bello, anzi bellissimo, passeggiare per la strada ed essere finalmente visto dai bambini, dai centinaia di bambini che ormai credevano in lui. Quando portava la prima neve sentiva le loro vocine mormorare << E’ arrivato Jack Frost! >> anche se era a chilometri di distanza. Con il proseguire dell’inverno, grazie a lui, veniva diffuso per le scuole il messaggio di “Chiuso per neve” e a quel punto i bambini esultavano e gridavano forte il suo nome riempiendo il suo cuore di gioia.
Il suo centro era il divertimento, era quello che doveva proteggere nei bambini, e cosa era meglio per divertirsi di una guerra a palle di neve o aiutare Babbo Natale a portar loro dei regali?
Già, aiutante di Babbo Natale.
Si era trasferito in pianta stabile da North qualche mese dopo la loro avventura, solo perché lui aveva tanto insistito. << Un lago ghiacciato non è giusta casa per Guardiano >> gli aveva detto con il suo tipico accento russo.
Alla fine, tuttavia, aveva fatto bene ad accettare la sua offerta, perché il palazzo di Babbo Natale era il luogo più magico del mondo, anche più del palazzo di Dentolina o della tana di Calmoniglio. Ogni giorno c’era motivo per meravigliarsi di qualcosa, che fosse una motivazione stupida come un nuovo giocattolo o esilarante come un altro esperimento fallito degli stupidi elfi di cui North amava circondarsi.
Per Jack era divenuta una nuova casa, come il suo padrone era divenuto come un padre; gli dava consigli e si tenevano compagnia a vicenda. In cambio gli dava una mano nel periodo di Natale, nascondendo meglio la sua slitta con una piccola tormenta di neve e aiutandolo a consegnare alcuni regali. Per via dei suoi compiti di neo-Guardiano era quasi sempre in giro per il mondo, ma sapeva che quando aveva voglia di tranquillità e riposo poteva tornare “a casa”, dove c’era una bella stanza tutta per lui che lo aspettava, compreso un lettino per Dente da Latte appeso al lampadario.
Un fruscio di ali accanto al suo orecchio destro lo fece voltare e la fatina gli lanciò uno sguardo allarmato. Anche lei era preoccupata, si era capito anche dalla forza con cui gli aveva strattonato la felpa e se anche lei si era inquietata voleva solo significare che doveva volare più velocemente. Dente da Latte era divenuta la sua compagna di avventure e non lo lasciava neanche un attimo, lo seguiva sempre in giro per il mondo e quindi Jack aveva imparato a conoscerla. << Va bene amica mia, muoviamoci! >> detto questo aizzò ulteriormente il vento per farlo arrivare prima al Polo Nord.
 
Nel momento in cui Elsa si svegliò non si accorse subito che quello non era il suo letto. Le pareva che tutte le avventure appena vissute fossero solo frutto della sua fantasia, un lungo ed intricato sogno che svanì nell’esatto momento in cui notò le travi di legno sul soffitto, travi che nella sua camera da letto non c’erano.
Ben presto capì che quella non era la sua stanza, che quello non era il suo letto, che probabilmente non era neanche dentro il suo palazzo e pertanto quello che aveva fatto non era per niente un sogno. Il drago era vero, l’Uomo Nero era vero, Padre Tempo era vero e quindi anche il passaggio dentro lo specchio che doveva averla portata da qualche parte nel futuro.
Si mise seduta sul letto e si guardò intorno. Il mobilio (costituito principalmente da una cassapanca di legno chiaro, una poltrona e una libreria) era semplice ma sistemato con gusto. Sulla destro, dal lato opposto alla porta, c’era un grande finestrone che dava su una infinita distesa di ghiaccio e neve: un paesaggio completamente bianco. Si alzò dal letto per avvicinarsi al vetro, e solo allora notò che i suoi abiti si erano sciolti e che qualcuno le aveva messo addosso una specie di camicia da notte. Con uno schiocco di dita ricreò il suo solito abito azzurro: almeno vestita in quel modo le pareva di avere ancora qualcosa a cui aggrapparsi, delle certezze! Non aveva idea di dove si trovasse e l’ultima cosa che ricordava era Padre Tempo che la spingeva dentro lo specchio dopo averle detto che stava per mandarla dal Jack Frost del futuro … quindi dov’era lei?
Squadrò la porta chiusa. L’unico modo che aveva per scoprirlo era quello di uscire da quella stanza e di guardarsi in giro e così fece.
La porta cigolò e poi si ritrovò su un corridoio in parquet, parzialmente coperto da un tappetto rosso. Il corrimano opposto dava su uno spazio aperto nel centro del palazzo. Quando si affacciò vide un enorme riproduzione del globo terrestre, che girava lento sul suo asse, proprio come la terra vera, ma ovunque brillavano delle piccole lucine che Elsa non sapeva che cosa stessero a significare. Guardando più in basso vide anche enormi creature pelose, a metà tra un orso e un uomo, muoversi tra banconi e scatole colorate, intenti a confezionare quelli che a prima vista parevano giocattoli. Tra i loro piedi camminavano anche degli esserini con in testa un capello rosso a forma di cono, terminante con un campanellino. Sembravano degli elfi, come le creature barbute parevano degli yeti … era possibile?
Considerando che era stata salvata da un drago … si, era possibile, ma decise che preferiva non saperlo.
Quando uno degli yeti alzò la testa verso di lei, d’istinto si ritirò velocemente verso il muro per non essere vista. Aveva il cuore in gola e si portò una mano all’altezza del petto per cercare di auto calmarsi. Si incamminò lungo il corridoio in cerca di una via di fuga o di un qualsiasi indizio che le facesse capire dove si trovava.
Sapeva che era un in posto pieno di neve e popolato dagli elfi, e a quel punto un pensiero le occupò prepotentemente la mente: poteva essere la fabbrica di Babbo Natale? Infondo da quello che aveva detto Padre Tempo lui era un Guardiano e gli yeti che aveva visto di sotto stavano realizzando dei giocattoli.
Passò davanti a molte porte e lei provò ad aprirle tutte, alcune erano chiuse a chiave, altre (la maggior parte) riuscì ad aprirle, ma dentro non ci trovò nulla di speciale. Solo in una vide una massiccia scrivania di legno scuro, ricoperta da sculture di ghiaccio e da modellini di giocattoli, anche quelli di ghiaccio. Trovò la cosa strana, ma non quanto l’avventura che stava vivendo, quindi richiuse l’uscio a passò oltre, preferendo continuare a cercare.
Stava ancora girovagando per quel piano quando arrivò all’altezza delle scale che portavano al livello inferiore. Fu in dubbio se continuare o meno ma poi optò per la discesa, che affrontò con cautela, cercando di non fare in minimo rumore. In questo il tappeto aiutò molto, ma comunque non fu lei a rompere il silenzio. Le scale davano su una balconata molto ampia, al lati di un grande camino. Da quella aveva piena vista del mastodontico mappamondo e, sempre da lì, provenivano delle voci. Ad Elsa si gelò il sangue nelle vene quando capì che quegli sconosciuti stavano parlando di lei.
<< Come sta ora la ragazza? >> domandò, infatti, una profonda voce maschile.
<< Yeti avere lasciato lei in camera di ospiti a dormire. >> Rispose un altro uomo dell’accento russo. << Phill detto me che lei cercava Jack, ma lei è adulta! Essere cosa strana, vero? >>
Ci fu un attimo di pausa e poi la voce profonda parlò di nuovo: << Già, ben detto Sandy >>
Elsa corrucciò il sopracciglio, non aveva parlato nessuno, a chi aveva dato ragione la prima voce? Ma a quanto pare lei era l’unica che trovava la cosa strana, perché una terza persona, sta volta una donna, parlò: << Oh non dite sciocchezze >> disse << Piuttosto aspettiamo Jack e quando arriva decidiamo il dà farsi. >> La regina sentiva ma non vedeva, così scese un nuovo gradino per capire meglio cosa stava accadendo a pochi metri da lei. Questa mossa la tradì, perché quello scricchiolò e quattro paia di occhi si posarono su di lei.
Una specie di fatina verde, a metà tra una donna e un colibrì, le volò incontro e a pochi centimetri dal suo viso si fermò << Ti sei svegliata! >> esclamò felice << Mentre dormivi ti ho visto i denti, sono bellissimi! >> e si portò i pugni all’altezza del viso ridacchiando. Nei suoi occhi viola c’era una strana e inquietante luce di euforia.
Elsa si spaventò per quel troppo entusiasmo e si ritrasse indietro, emettendo un lieve strillo. << I miei cosa? >>
<< Dentolina, allontanati da lei e dai suoi denti, non vedi che le fai paura? >> a parlare era stata di nuovo la prima voce, quella maschile e profonda.
Elsa stava quasi per ringraziare l’uomo che aveva parlato, ma quando lo vide cacciò un nuovo urlo: << Un canguro parlante! >> O forse era un coniglio gigante, almeno a ben guardarlo era quello che sembrava. Era un roditore, aveva le orecchie, i denti, la coda a batuffolo e il pelo grigio su tutto il corpo, ma era alto, molto alto e camminava su due zampe. Poi parlava e indossava un cinturone messo di traverso sulla spalla, da cui pendevano due boomerang.
A quella frase lo strano animale dilatò sgomento gli occhi verdi, mentre la fatina scoppiava a ridere. << Canguro! Ti ha chiamato anche lei canguro! >> diceva tra una risata a all’altra mentre si teneva la pancia.
Lui la ignorò e si rivolse direttamente a Elsa: << Sono un coniglio! >> ringhiò storcendo il muso. << Il coniglietto di Pasqua. >> E la bionda aprì la bocca stupita da quella affermazione.
Erano loro i Guardiani di cui la aveva parlato Padre Tempo, quindi?
<< Il coniglietto di Pasqua? >> Se lo era immaginata un po’ di “etto”. Però, se quello era lui allora la fatina era … << Tu sei la fatina del dentino … >> mormorò voltandosi verso di lei e indicandola col dito.
Quella strillò un eccitatissimo: << Siii >> prima di voltarsi verso il coniglio. << Hai sentito? >> gli disse << Sa chi sono. >>  Aggiunse poi, con tono più compito << Beh ci vede quindi è normale che sappia chi sono, no? >> e ridacchiò nuovamente, svolazzando a destra e a sinistra.
Quel suo risolino fece sorridere anche Elsa. Dentolina, così aveva capito che lei si chiamasse, era davvero un tipo ilare e vivace, in un certo senso le ricordava sua sorella Anna.
Prima che potesse sprofondare in tristi pensieri un omino rotondetto e basso si fece avanti. Era completamente giallo e i suoi vestiti parevano brillare come la sabbia sotto al sole. I capelli, anche quelli gialli, più che biondi, erano pettinati come tanti i raggi. Non appena le fu di fronte fece comparire nella sua mano una coppola e, con un inchino, fece finta di togliersela davanti a lei, in un gesto molto galante. Quel portamento la fece reagire di conseguenza e anche lei si inchinò in segno di rispetto e saluto. << Lui è Sandman >> le spiegò la fata del dentino << Ma tutti noi lo chiamiamo Sandy, ed è l’omino dei sogni >>
A sentir pronunciare il suo nome, Sandy, ricreò sulla sua testa una svariata serie di figure fatte di sabbia dorata. Appena formate, però, scomparivano subito, sostituite da altre. Elsa rimase muta, non capendo molto di quello che lui cercava di dirle. << Ignoralo >> continuò Dentolina << Lui è un tipo di ben poche parole, non parla mai, ma comunica con noi creando quelle figure che vedi con la sua sabbia magica, la stessa con cui crea i sogni dei bambini. >> Le fece l’occhiolino per poi aggiungere: << Tranquilla, ci farai l’abitudine. >> A quel punto fece una piroetta per mostrarsi in tutto il suo splendore e Elsa dovette ammettere che le sfumature delle sue piume variopinte erano strepitose. Per la maggior parte erano verdi, ma in alcuni punti il verde virava al giallo o al blu. << Come hai detto stesso tu, io sono la fata del dentino e il mio nome è Dentolina. >> Le volò nuovamente vicino << Raccolgo i dentini dei bambini di tutto il mondo grazie all’aiuto delle mie fatine aiutanti. >> Un pigolio sommesso attirò l’attenzione di Elsa e quando si voltò una copia in miniatura di Dentolina la stava salutando allegramente con una mano. << Nei dentini che perdi da bambino sono raccolti tutti i momenti più felici della tua infanzia >> spiegò ancora << Così quando sei adulto io posso aiutarti a ricordare. Sicuramente ho anche i tuoi, come ti chiami? E soprattutto … >> fece una pausa ad effetto scrutandola dall’alto al basso << … perché sembra che vieni dall’800? Dove li hai presi questi vestiti? Prima io stessa ti avevo messo una camicia da notte. >>
“In realtà li ho fatti io con i miei poteri”, avrebbe voluto rispondere Elsa, se loro erano Guardiani di certo quella affermazione non sarebbe stata la cosa più strana che avessero sentito, ma prima che potesse farlo fu bloccata da un omone vestito di rosso e nero.
Aveva le braccia tatuate, con la scritta “Buoni” e “Cattivi”, una barba folta, lunga e bianca e due occhi così azzurri da sembrare pezzi di cielo << Tu non avere finito nostra presentazione, Dentolina >> le disse avvicinandosi alle due << Dopo tu chiede nome >>
<< Oh giusto >> squittì quella, imbarazzata, arrossendo debolmente e passandosi una mano tra le lunghe piume che costituivano i suoi capelli << Mi stavo dimenticando. Lui è North ed è … >>
Sta volta fu Elsa e interromperla << Babbo Natale >> disse sorridendo, non poteva essere altrimenti.
<< Da! >> esclamò lui entusiasta e dandole una calorosa pacca sulla spalla << Tutti amano Natale.>> Il coniglio di Pasqua fece una smorfia, ma non disse altro, dando a North la possibilità di parlare ancora. << E se io sono Babbo Natale avrai capito che questo essere mio laboratorio. Benvenuta in Polo Nord. >> E allargò la braccione mostrandole la sala. << Miei Yeti, di sotto, stanno lavorando a giochi, alcuni di loro avere trovato te in neve.>>
La bionda lo guardò scettica: << Gli Yeti lavorano ai giocattoli? Credevo fossero gli elfi. >>
L’uomo la si avvicinò per dirle in un orecchio << E’ quello che noi facciamo credere loro >> e le fece l’occhiolino: Elsa decise che anche Babbo Natale le piaceva molto. A quel punto l’uomo le indicò il coniglio che sembrava un canguro << Infine lui, che come tu avere capito è il coniglietto di Pasqua, ci chiama Calmoniglio. >>
<< E sono un coniglio, vedi bene di ricordartelo, ragazzina! >> fece un passo in avanti, incrociando la zampe al petto << E ora dicci chi sei. >>
Lui no, lui non le piaceva. Era un tipo abbastanza arrogante e irruento, uno di quei tipi che si meritavano proprio una lezione, così lei gliel’avrebbe data: << Sono Elsa >> disse con voce lapidaria assumendo una posa regale, adatta al suo rango << Regina di Arendelle >>
A quelle parole i quattro Guardiani sbarrarono gli occhi e si scambiarono sguardi imbarazzati (soprattutto Calmoniglio, che ora si rendeva conto di aver fatto una grande figuraccia), mente su di loro cadeva il silenzio. Solo Dentolina che ebbe forza di dire: << Ecco spiegati i tuoi abiti. Vieni davvero dall’800. >>
Ma fu North, grazie alla sua allegria, ad alleggerire la situazione. Esplose in una fragorosa risata, posando entrambe la mani sul suo ventre e disse all’indirizzo del coniglio di Pasqua, dandogli anche una spallata: << Tu avere insultato una regina, vergogna! >>
Il diretto interessato provò a ribattere e il battibecco che ne scaturì svolse il suo effetto, così tutti si rilassarono un pochino. << Mi ha chiamato canguro! >> stava dicendo quello << Già devo sopportare il marmocchio che mi chiama “canguro” o anche “coda di cotone” e sinceramente non so quale dei due nomignolo sia più irritante. >>
Sulla testa di Sandman comparve un grosso punto interrogativo e North tradusse per lui: << Sandy ha ragione. Come mai tu essere qui? >>
 << Padre Tempo >> spiegò lei << Mi ha mandato qui da voi, da Jack Frost per la precisione, sotto ordine di un certo Manny, per far si che potesse proteggermi >>
Calmoniglio scosse il capo e le sue lunghe orecchie andarono a destra e a sinistra insieme ai suoi movimenti << E perché ti ha mandata qui da Jack? >>
<< Ha detto che essendo in questo tempo un Guardiano poteva proteggermi meglio. Ho dedotto che nel mio tempo fosse ancora un comune spirito >> disse lei.
Fu sempre lui a parlare: << Proteggerti da cosa? >>
Elsa li guardò tutti, uno per uno, per poi dire: << Pitch Black >>
Di nuovo la sala sprofondò nel silenzio, solo che sta volta era carico di tensione: << Cosa volere Pitch da te? >> le chiese Babbo Natale.
<< La mia paura … >> rispose Elsa in un sussurro, ma comunque udibile da tutti i presenti, che sussultarono << La mia paura di questi! >> detto ciò mosse la mano con un gesto rapido e violento, subito il pavimento tra i loro piedi si congelò.
<< Soskatowich! >> esclamò North << Tu avere stessi poteri di Jack! >>
<< Oh no … un altro ghiacciolo … >> inutile sottolineare che questo era il commento di Calmoniglio, mentre Sandy si limitò a creare un fiocco di neve con la sua sabbia dorata e Dentolina la fissava, ancora incredula.
Ma alla fine fu proprio lei e chiederle: << E come mai hai paura dei tuoi poteri, Elsa? >>
<< Già >> intervenne il Coniglio pasquale << Jack è un grande spaccone, ma nonostante ciò svolge bene il suo lavoro di Guardiano e grazie ai suoi poteri porta gioia e divertimento a tutti i bambini del mondo >> Elsa esitò. Spiegare loro il perché aveva paura dei suoi poteri significava metterli al corrente di una parte della sua vita che non voleva condividere con nessuno se non con sua sorella, una parte della sua vita in cui la solitudine era stata la sua unica amica e lei voleva cancellare quei momenti come se non fossero mai esistiti, tanto erano dolorosi. << Allora?! >> ringhiò nuovamente il coniglio << Che sta aspettando a parlare, vostra grazia? >>
North gli diede un’altra spallata ma sta volta sul suo viso ilare era dipinta un espressione grave: << Calmoniglio! Un po’ tatto, se non vuole dire noi, noi dovere rispettare sua privacy. >>
<< Ma se non ce lo dice noi come la proteggeremo, North? >> lo apostrofò lui.
Dentolina le si avvicinò con dolcezza, mettendole una mano sulla spalla. Guardando nei suoi occhi viola, Elsa vide lo stesso sguardo amorevole con un tempo aveva visto negli occhi di sua madre e che ora, ogni tanto, vedeva negli occhi di Anna << Elsa, ti fidi di noi? >> le chiese.
Lei non aveva idea del perché (visto che li conosceva appena) ma si, si fidava di loro. Forse perché erano pur sempre Babbo Natale, la Fata del dentino ecc … ma si fidava. Infondo i ricordi legati a loro erano i pochi felici della sua infanzia, almeno finché non aveva smesso di credere alla loro esistenza.
Così prese un bel respiro e iniziò a raccontare. Parlò loro dei suoi poteri, di come ci fosse nata, della sua infanzia, del suo “incidente” con Anna. Parlò dei troll, della loro profezia, della decisione dei suoi genitori di non farla uscire dal castello per tenerla al sicuro, della loro tragica morte e del dolore che aveva provato. Infine parlo dell’incoronazione, di Hans, di Olaf, di Kristoff, del congelamento dell’estate e di ciò che era successo dopo, dalla quasi morte di sua sorella alla gioia che aveva provato nel ritrovarla. E per concludere raccontò loro di Padre Tempo, di Pitch, del drago e della leggenda di Jokul Frosti.
I Guardiani pendevano dalle sue labbra e non avevano staccato gli occhi da lei per tutta la durata del suo racconto.
Quando finì rimasero a bocca aperta, tutti loro; North stava per dire qualcosa quando una folata di vento gelido lo distrasse scompigliandogli la barba e un bel ragazzo albino non atterrò sul pavimento.
Aveva in mano uno strano bastone di legno ricurvo, notò Elsa, come un pastorale e quando toccò terra i piedi nudi non fecero rumore. Le mattonelle si ricoprirono di un leggero strato di brina e il pantalone marrone e sgualcito che indossava pure era macchiato di ghiaccio. Il busto era coperto da una casacca blu dotata di cappuccio, anche quella chiazzata di ghiaccio. Aveva il viso pallido e affilato, dai lineamenti dolci e labbra livide. Gli occhi erano espressivi e luminosi, color azzurro cielo. I capelli bianchissimi, come neve appena caduta, accentuavano il suo pallore. Con lui era arrivata anche una delle piccole fatine, copie in miniatura di Dentolina.
<< Oh finalmente! >> Lo ammonì Calmoniglio << Alla fine ti sei degnato di farti vedere Jack. Questa signorina ti stava cercando >> aggiunse indicandola << il suo nome è … >>
Prima che il coniglio potesse finire fu stesso lui a concludere: << Elsa, il suo nome è Elsa >>






The Fred's Hollow:
Ed eccomi di nuovo qui, miei adorati lettori. Di qualche ora in ritardo ma sempre di venerdì.
Nel capitolo di oggi hanno fatto la loro comparsa i Guardiani, che ne pensate di loro?
Credo (non per essere presuntuosa) che mi siano venuti bene XD, anche perché ho già scritto di loro in altre fan fiction, per esempio in:  
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1506316&i=1.  La storia era una Jarida e non una Jelsa XD, magari avrete voglia di farci un salto lo stesso, non so, ma non è di certo questo il momento di farmi pubblicità.
Jack ha fatto solo una capatina, nei prossimi capitoli verrà descritto meglio il rapporto tra lui ed Elsa e (rullo di tamburi) tra “soli” quattro capitoli faranno la comparsa i primi personaggi cross-over. Lo so, è molto, ma non temete, la loro comparsa sarà un colpo di scena ugualmente, o almeno mi auguro che lo sarà hahah, perché mi spero con tutto il cuore che la mia storia continui a piacervi ed interessarvi anche se, forse, sta procedendo un po’ troppo lentamente.
A questo proposito vorrei nuovamente ringraziare tutti quelli che mi hanno recensita o che semplicemente seguono la mia storia. Ogni vostra parola che leggo mi rende orgogliosa ed euforica, mi rendete la scrittrice più felice del mondo, quindi vi prego, continuate così XD !!
Per il resto chiedo scusa, anche sta volta, per la presenza di eventuali errori di battitura. In più volevo chiedervi: in questo capitolo ho tolto il grassetto dai dialoghi, che ne pensate? Meglio o peggio?
Ora vi lascio con il la solita anticipazione bastarda XD

 
[…] << La conosci? >> chiese Dentolina. << Perché sai il suo nome? >>
Jack ingoiò rumorosamente. Fissò gli occhi in quelli spauriti della biondina e non ebbe il coraggio di dirle la verità, che la conosceva perché era colpa sua se lei aveva i poteri, così si limitò a una verità parziale: << Era la regina di Arendelle, no? >> disse << Mentre girovagano nel suo regno, quando ancora non ero un Guardiano, trovai un grande castello di ghiaccio e l’ho vista lì dentro. Aveva la corona e ho capito chi fosse. Poi, quando ho cercato di farmi vedere da lei, mi ha allontanato con un raggio ghiacciato e ho capito che il castello era opera sua. >> Le fece l’occhiolino << A proposito, bel lavoro! >>
Gli parve di vederla arrossire: << Grazie … >> biascicò, prima di aggiungere con voce più dura << Confermo ciò che ha detto. In effetti per me il giorno a cui lui fa riferimento non è stato che ieri, subito prima che Padre Tempo mi mandasse da voi per proteggermi da Pitch.>>
<< Questo spiega perché non sei tornata da me >> […]

 
E detto questo vi saluto sul serio XD
Baci e alla prossima!! <3
 
Ps qualcuno di voi si è rivisto “Le 5 leggende” su Italia 1 sabato scorso? Io si *.*, Jack lo adoro sempre di più XD !!
Baci di nuovo! ^///^

 

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Capitolo 6
*** Uguali ma diversi ***


CAPITOLO CINQUE
Uguali ma diversi
 

Jack, nonostante avesse fatto di tutto per accelerare, era arrivato più tardi di quanto sperasse. Quando atterrò notò che c’erano già tutti, più’ un’altra persona, una donna, e non poteva credere ai suoi occhi: Elsa!
Non era possibile che fosse lei, doveva essere morta da 150 anni, che ci faceva li?!
Ma era senz'altro lei, non aveva dubbi in proposito, perché non avrebbe mai potuto dimenticare quei capelli biondo argento, gli occhi grandi e cristallini, color ghiaccio, la pelle lattea e immacolata, il fisico armonioso e esile. Non era molto alta per essere una norvegese, ma forse proprio questo la rendeva più attraente.
L’ultimo ricordo che aveva di lei corrispondeva a più di un secolo prima, a quando era fuggita, spaventata dalla sua presenza, dal suo stesso castello ghiacciato. Quando lo aveva visto era sicuro che fosse stata opera sua, infondo non esisteva nessuno come loro due al mondo ed era stato lui, in un certo senso, a “crearla”. Si sentiva ancora responsabile per quel che le era successo e aveva sempre cercato di non tornare ad Arendelle fino a quando non ci era finito per caso e aveva trovato il palazzo. Quando vide Elsa entrare non poteva credere che quella fosse per davvero la bambina rosa e urlante a cui aveva dato parte dei suoi poteri. Era diventata una donna bellissima!
L’aveva aspettata per tre giorni, ma lei non era più tornata al castello e lui aveva gettato la spugna, ritornando in giro per mondo a fare quello che faceva di solito. Ritrovarsela davanti, dopo tanti anni, gli pareva quasi un sogno. Perciò, nel momento in cui Calmoniglio provò a presentargliela gli uscì naturale concludere la frase al posto suo, chiamando la giovane per nome.
Fu allora che capì di aver fatto un grosso errore, perché non aveva mai parlato ai Guardiani di Elsa e di conseguenza i loro sguardi stupiti non dovevano meravigliarlo. << La conosci? >> chiese Dentolina. << Perché sai il suo nome? >>
Jack ingoiò rumorosamente. Fissò gli occhi in quelli spauriti della biondina e non ebbe il coraggio di dirle la verità, che la conosceva perché era colpa sua se lei aveva i poteri, così si limitò a una verità parziale: << Era la regina di Arendelle, no? >> disse << Mentre girovagano nel suo regno, quando ancora non ero un Guardiano, trovai un grande castello di ghiaccio e l’ho vista lì dentro. Aveva la corona e ho capito chi fosse. Poi, quando ho cercato di farmi vedere da lei, mi ha allontanato con un raggio ghiacciato e ho capito che il castello era opera sua. >> Le fece l’occhiolino << A proposito, bel lavoro! >>
Gli parve di vederla arrossire: << Grazie … >> biascicò, prima di aggiungere con voce più dura << Confermo ciò che ha detto. In effetti per me il giorno a cui lui fa riferimento non è stato che ieri, subito prima che Padre Tempo mi mandasse da voi per proteggermi da Pitch.>>
<< Questo spiega perché non sei tornata da me >> commentò Jack con aria pensosa, appoggiandosi al suo bastone. << Ma hai detto: proteggerti da Pitch? Cosa vuole da te? >>
Elsa abbassò lo sguardo, quasi dispiaciuta per quello che stava per dire: << I miei poteri … >> cominciò fissandosi le mani con ribrezzo << Per colpa loro sono sempre stata sola e ho avuto perennemente timore di fare del male a qualcuno. Mi hanno rovinato la vita e io li ho sempre temuti. Pitch vuole questa mia paura >>
“Dei suoi poteri? Quindi per colpa mia è sempre stata sola ed ora è diventata una preda di Pitch Black?” Questa fu come una pugnalata nel petto per Jack. Aveva fatto bene a non dire la verità o lei lo avrebbe odiato a morte, soprattutto per essere andato via senza aiutarla a gestire quella maledizione che lui le aveva inconsapevolmente inflitto.
<< Lei raccontato noi storia completa >> si intromise North << Per ora meglio che lei riposi, da domani sarai tu a proteggere lei, Jack >>
L’albino strabuzzò gli occhi: << Io? Perché mai? >> Stare con lei lo avrebbe solo messo in soggezione.
<< Padre Tempo l’ha mandata da te su ordine di Manny >> rispose Calmoniglio con aria soddisfatta quando notò il disappunto del più giovane. Sandman si limitò a creare una luna con la sua sabbia d’orata.
Dentolina intervenne prima che Jack gli rispondesse male: << Sei il meno impegnato di noi, Jack. E sei anche quello più utile contro le ombre di Pitch, poi tu e Elsa avete gli stessi poteri, potete capirvi, no? >>
Jack sbuffò incrociando le braccia al petto: << Non voglio farle da babysitter! >>
Questo infastidì la regina, che si portò le braccia sui fianchi: << Non credo che un ragazzino possa fare a me da babysitter, semmai è il contrario >>
A quella frase Calmoniglio ridacchiò e Jack gli lanciò un’occhiataccia, prima di dedicarsi di nuovo alla regina. << Ragazzino a chi? >> sbraitò infatti lo spirito, volandole di fronte grazie al vento << Sono molto più vecchio di te, sai? Molto più di quanto appaia a una mortale! >>
Elsa ghignò in segno di sfida: << Sei solo un bamboccio Jack Frost, proprio non riesco a capire come la tua leggenda possa avermi tanto affascinata. >>
Jack colse la palla al balzo: << Affascinata? Ma allora ti piaccio! >>
E sorrise con malizia, al che Elsa arrossì come un pomodoro, strillando: << Non dire assurdità! >> Prima che i due potessero iniziare a litigare sul serio Dente da Latte intervenne nella discussione schierandosi, logicamente, dalla parte del suo amico e pigolando furiosa contro la regina, allontanandola da Jack. << Potresti richiamare il tuo “colibrì da guardia”, per favore? >> Esclamò lei distanziando la fatina con una mano.
Al ché Jack rise << E’ solo molto protettiva. Piaccio anche a lei sai? >> E calcò sulla parola “anche” mentre Dente da Latte si ritirava, fiera, sulla sua spalla e lui le accarezzava le piume con un dito.
Elsa inspirò profondamente, sconvolta dalla (non poi tanto) velata insinuazione: << Tu, piccolo … >>
Prima che potesse concludere la frase North li cinse entrambi sotto le sue possenti braccia: << Vedo che voi già andare d’accordo >> e si fece una grossa risata mentre i diretti interessati sbuffavano infastiditi << Non concordi Sandy? >> Ma l'Omino dei sogni già dormiva e quindi Elsa e Jack continuarono a guardarsi in cagnesco …
 
Nei giorni che seguirono il rapporto tra Jack ed Elsa non migliorò per nulla, per non dire che andò via via sempre più degenerando.
I due avevano caratteri diametralmente opposti e non facevano altro che stuzzicarsi e insultarsi. Di solito era lui a cominciare (il “cretino”, come lo avrebbe definito Elsa) e lei, da brava regina, rispondeva a tono, non sopportando la sua irriverenza. Nessuno aveva mai osato tanto con lei: era una regina d’altronde!
Gli altri Guardiani erano quasi sempre impegnati, e comunque non vivevano lì con loro, quindi l’unico che vedevano un po’ più spesso era North.
Jack era, suo malgrado, la sua unica compagnia e Dente da Latte non aveva preso molto bene la lorio “convivenza” e più di una volta le aveva pigolato contro, irritata, quando Elsa trattava il “suo” Jack troppo male. La piccola fatina, tuttavia, non aveva capito che la ragazza avrebbe preferito mille volte di più rimanere sola, piuttosto che stare in compagnia di quel “ragazzino maleducato”, ma lui la seguiva ovunque andasse, un po’ per noia, un po’ perché, come continuava a ripeterle, quello era il compito che North e Manny gli avevano affidato e lui non avrebbe deluso nessuno dei due. Quando parlava così a Elsa quasi piaceva; sembrava un antico cavaliere che lottava per il suo onore e per giusti ideali, ma subito dopo ricominciava a comportarsi come un bambino arrogante e in quei momenti lei desiderava ardentemente poterlo strozzare.
Cosa l’aveva spinta a cercare Jack Frost? Il fatto che avesse i poteri come i suoi?
Qualunque fosse la ragione l’aveva ormai dimenticata, oscurata dall’antipatia che provava nei confronti dell’albino. Non stava zitto neanche un secondo e la maggior parte delle cose che diceva erano battutine stupide o costatazioni sul mondo fuori dal palazzo di North, un mondo che alle orecchie di Elsa pareva molto diverso da quello che lei aveva lasciato 150 anni prima, e che quindi non capiva.
<< Che cosa fai, principessa? >> Elsa sospirò staccando gli occhi dalla pagina del libro che stava leggendo. “Quando si parla del diavolo …”  pensò quando incrociò lo sguardo cristallino del Guardiano.
<< Sarei una regina in realtà >> lo corresse lei per l’ennesima volta << E comunque stavo leggendo, non lo vedi? >> Detto questo gli mostrò il volume che aveva in mano. Era miracolosamente sfuggita al controllo del ragazzo per un paio d’ore e si era rintanata nella biblioteca di Babbo Natale a leggere. Non era fornita come quella di Arendelle, ma era comunque riuscita a ritagliarsi dei momenti di tranquillità, fino a quando Jack non l’aveva trovata e non era più andata avanti nella lettura. Stava leggendo lo stesso rigo da circa quaranta minuti, ma per colpa di Jack che, o mangiava a bocca aperta, o parlava, o congelava elfi, o faceva tutte e tre le cose contemporaneamente producendo più rumore di una renna in calore (e con Sven in giro per il castello ne sapeva qualcosa) non riusciva proprio a proseguire oltre!
Forse avrebbe dovuto ritirarsi nella camera che North la aveva assegnato ma da quando, due giorni prima, lei e Jack si erano messi a discutere proprio davanti alla porta, l’uomo aveva raggiunto il limite della sopportazione e aveva vietato loro quella zona del palazzo, fatta eccezione per dormire la notte. Quella volta lei si era chiusa in camera e Jack aveva tentato di aprire la porta con la forza, sbattendo ripetutamente la spalla contro il legno e girando la maniglia, finché lei non aveva aperto e richiuso subito e con forza, la porta, proprio sul naso del Guardiano che, vedendo l’uscio aperto, stava provando ad entrare. Logicamente a quel punto lui si era messo ad urlare, in un mix di rabbia e dolore, e lei aveva risposto con la stessa intensità di voce … era stato a quel punto che era intervenuto North, che non aveva per niente gradito gli schiamazzi e si era così giunti alla situazione attuale.
Guardando Jack in faccia si poteva ancora intravedere il livido lasciato dalla porta: quello si che l’aveva fatta ridere, altro che le battutine insensate del ragazzo!
<< Fa lo stesso >> rispose quello alla correzione di lei, facendola alterare.
<< Non fa lo stesso, ragazzino. Io avevo un regno a cui badare e tantissime responsabilità. >> Si alzò stizzita dalla poltrona, per andare a riposare il libro. << Ma tu cosa puoi saperne delle responsabilità? Anche da Guardiano il tuo compito è unicamente quello di divertirti e far divertire i bambini. >>
Jack alzò le spalle << In effetti le responsabilità sono noiose, io preferisco divertirmi, non a caso il divertimento è il mio centro >> e le sorrise.
Elsa gli aveva già chiesto cosa intendessero i Guardiani quando parlavano di “centro”, ma dalla spiegazione che Jack le aveva dato aveva capito poco. Lui lo aveva definito come la sua “ragione di vita”, in poche parole era il motivo per cui Manny lo aveva scelto e riportato sulla terra dopo la sua morte, lo stesso valeva per gli altri Guardiani. Questa, però, era una spiegazione alquanto riduttiva di “centro”, si disse Elsa, ma per quanto la riguardava come spiegazione le poteva bastare.
A quella risposta, quindi, alzò gli occhi al cielo: “Appunto” pensò, prima di voltarsi verso di lui. << Allora perché non vai in giro a fare il tuo dovere e mi lasci in pace? >>.
Jack ricambiò il suo sguardo, saltando giù dal tavolo su cui si era in precedenza appoggiato. << Sai bene che non posso farlo. >> Le rispose, con una voce più seria del solito << Vorrei tanto, credimi, ma al momento devo badare a te. >>
Lei sbuffò e gli rispose con sarcasmo: << Come se qui dentro, nel palazzo di Babbo Natale, potesse succedermi qualcosa. Cosa posso fare? Tagliarmi un dito con la carta da regalo? >> Giusto per perdere tempo si mise a camminare avanti a dietro lungo gli scaffali leggendo i titoli dei vari libri e accarezzandoli con le dita.
 << Non è questo che mi preoccupa >> le disse lui continuando a seguirla con gli occhi << Ma piuttosto che tu possa tentare di nuovo la fuga >>
Elsa arrossì, colta sul vivo. Effettivamente la lite avvenuta due giorni prima, quella che li aveva fatti cacciare dalla zona delle camere da letto, era scaturita proprio da un suo tentativo fuga dalla finestra …
 
[Flash Back]
Elsa aveva approfittato della temporanea assenza di Jack, fermatosi a parlare con lo yeti Phill (come lo capisse per lei era un mistero) per entrare di soppiatto nella prima stanza che aveva trovato. Non ce la faceva più a rimanere rinchiusa in quel posto. Nonostante il palazzo di North fosse enorme e accogliente, le pareti le parevano comunque chiudersi su di lei in una morsa oppressiva. Fu allora che notò la finestra semi aperta. Non ci pensò due volte, la spalancò e stava già con un piede fuori dal bordo quando Jack, comparso dal nulla, l’aveva afferrata al volo, riportandola di peso al sicuro nella stanza. << Sei forse impazzita?! >> le aveva urlato << Cosa credevi di fare, stupida?! >>
Lei, però, non lo ascoltava << Mollami! >> gridava << Lasciami andare, Jack! >>
<< Non ti lascio finché non ti calmi e mi giuri di non fare più pazzie! >> le aveva risposto tenendola stretta per le spalle.
Ma Elsa non accennava a volersi tranquillizzare e cerava di divincolarsi dalla ferrea presa del Guardiano. Sembrava gracilino, ma in realtà aveva una certa forza e nonostante Elsa ce la stesse mettendo tutta lui non mostrava alcun segno di cedimento.<< Non stavo facendo nessuna pazzia. >> Strepitò.
L’albino per poco non rise << Cosa? Stavi per buttarti di sotto, regina da strapazzo, questa non ti sembra una pazzia? Ti ricordo che sono  io quello che vola non tu. Ti saresti spiaccicata al suolo! >>
 << Avrei usato i miei poteri per salvarmi >> gli rispose lei continuando a muoversi << Creando uno scivolo ghiacciato o qualcosa del genere. >>
Jack non demorse << A si? E dimmi allora, cosa pensavi di fare dopo e soprattutto “se” fossi sopravvissuta alla caduta? Non solo lì fuori potrebbe esserci Pitch in agguato, ma non avresti trovato nient’altro che neve, ghiaccio e orsi polari pronti a divorarti! >> La scosse per fermare i suoi movimenti << Dove credevi di andare, si può sapere? >>
Elsa rispose senza pensarci: << Da mia sorella >>
A quelle parole Jack, non controllandosi per la rabbia, la spinse con forza contro il muro, bloccando poi il suo corpo con il proprio. Così facendo ogni tentativo della bionda era neutralizzato, schiacciata contro il suo petto e con i polsi bloccati non aveva modo di divincolarsi. Era una situazione decisamente imbarazzante, ma trascurando l’evidente rossore sulla gote di entrambi, nessuno dei due pensava alla vicinanza dei loro corpi. << Non puoi andare da tua sorella >> le disse lui con voce dura, decisa, un tono che per nulla apparteneva al Jack Frost che lei conosceva << Non solo vi divide un oceano, ma anche 150 anni, lo capisci questo? >>
Si, lo capiva. Elsa lo sapeva benissimo, ma ancora non riusciva ad accettare l’idea di essere nuovamente rinchiusa in un palazzo per la sua sicurezza.
Si liberò dalla stretta di Jack solo perché lui glielo permise e si allontanò in fretta da lui e dalla finestra, per non cadere di nuovo in tentazione. Avrebbe tanto voluto inginocchiarsi e piangere, ma non si sarebbe dimostrata così debole davanti al ragazzo, anche perché la rabbia che sentiva crescere verso di lui non accennava a volersi spegnere: << Abbiamo gli stessi poteri >> ringhiò << Eppure tu hai usato la tua forza fisica per fermarmi. Sono più potente di te e lo sai >>
L’albino rise di gusto: << Che cosa? Stai scherzando, principessa? >>
<< Regina! >> urlò lei, prima di lanciare un raggio di ghiaccio contro Jack.
<< Sei forse impazzita? >> fece lui dopo che lo ebbe evitato con un elegante balzo. << Se stai cercando di uccidermi mi dispiace dirti che sono già morto, non puoi farmi fuori così facilmente >>
Lei lo ignorò << Io uso le mani, tu sei costretto a usare un bastone per controllare il ghiaccio >> e detto ciò provò nuovamente a colpirlo.
<< Forse è vero >> ammise lui mentre saltava nuovamente in aria per evitare il colpo. Atterrò alle spalle della giovane senza fare rumore << Ma ho più esperienza, circa 300 anni per la precisione >> e sta volta toccò a lui attaccare, colpendo con foga il pavimento della stanza con il suo bastone, ricoprendolo di ghiaccio. Elsa non se lo aspettava e scivolò, ritrovandosi a terra, arrotolata nel suo stesso mantello. Si rialzò con frustrazione, i capelli erano in disordine e una manica del vestito si era strappata; quella, però, la riparò in un istante con i suoi poteri, mentre la sua dignità si era irreversibilmente frantumata.
A quella vista Jack si sentì di nuovo in colpa: di certo non voleva umiliarla in quel modo e in fondo era colpa sua se ora aveva quei poteri che non controllava. << Se vuoi >> cominciò << Posso insegnarti qualcosa. Posso aiutarti a gestire la tua magia >>
Elsa alzò lo sguardo e gli lanciò un’occhiata truce: << Non ho bisogno del tuo aiuto, Jack Frost! >> e corse via, inseguita poco dopo dal ragazzo.
[Fine]
 
L’aveva seguita fino alla sua camera e da lì erano arrivati alla lite, alla porta e alla sfuriata di North. Ora erano passati due giorni e Elsa non aveva smesso un attimo di pensare alla sua proposta. Gli lanciò uno sguardo furtivo, per poi tornare a fingersi interessata alle copertine dei libri.
Lui era bravo, maledettamente bravo, e per quanto lei fosse potente, senza pratica era come il mare in tempesta: pericolosa e senza controllo. << La tua proposta >> iniziò senza nemmeno guardarlo << E’ ancora valida? Quella di aiutarmi a controllare i miei poteri >>
Jack sollevò un sopracciglio, scettico: << Dici sul serio? >> le si avvicinò scrutandola attentemente << Non è un trucco per distrarmi a scappare di nuovo, vero? Perché sta volta non ho intenzione di farmi sbattere una porta in faccia, sappilo! >>
Il ricordo la fece ridacchiare di nuovo << No, non è un trucco, voglio sul serio imparare. >> Si guardò le mani << Non voglio più fare del male a nessuno >>
Jack sentì una morsa al cuore a quelle parole. “Colpa mia, sempre e solo colpa mia” non faceva altro che pensare a questo, ma non lo diede a vedere e le rispose: << Perfetto allora. Si comincia domani. >>
 
La prima lezione era iniziata di mattina presto. Jack era andato a svegliarla colpendola con una palla di neve in faccia: << Prima lezione: parare! >> le urlò mentre ricominciava a lanciarle neve e aveva continuato a bersagliarla non dandole neanche il tempo di reagire. Lei si copriva il viso con le mani mentre tentava di fermarlo a parole, inutilmente. << Ohi Elsa >> le disse a un certo punto rallentando l’assalto << Devi usare i tuoi poteri, non le mani. Devi essere in grado di creare cose semplici come una barriera anche sotto stress. Sei già sveglia oppure dormi? >> Fu quella frase, tipica di Anna, a farla reagire e alla fine la barriera la creò anche se troppo tardi per evitare l’ennesima palla.
A fine giornata era fradicia e infreddolita, ma l’esercizio le era riuscito e si era anche divertita cercando di sfuggirgli. La seconda lezione era stata “contrattacca” e si erano ritrovati a ridere come due stupidi, rincorrendosi per tutto il palazzo e lanciandosi palle di neve. Il terzo giorno era iniziato all’insegna di “stancati” e Jack le aveva ordinato di fare tutto, ma proprio tutto, usando la magia. Elsa aveva trovato sinceramente divertente scendere le scale su uno scivolo ghiacciato o magiare con un braccio di neve che la imboccava. E così via per i giorni seguenti.
Ci mise poco ad acquisire maggiore controllo dei suoi poteri, in fondo ne aveva acquisito già parecchio nei suoi mesi da regina. Jack ne andava fiero, ma non glielo faceva notare per paura che lei si montasse la testa e non si impegnasse a sufficienza. Però non era di certo un maestro severo, anzi cercava sempre di farla divertire: non per niente il divertimento era il suo centro!
Quando Elsa rideva era, se possibile, più bella del solito. Stare in sua compagnia stava diventando piacevole, così, anche se non sapeva mai veramente cosa farle fare, ogni mattina la andava a svegliare.
La mattina del ottavo giorno entrò in camera di lei dicendo: << Afferrami! Oggi devi solo colpirmi con precisione, sarà difficile perché volo, ma questo lo sa … i >> la parola era rimasta sospesa << Elsa dove sei? >> Lei non era nel letto, ma seduta vicino al finestrone, su un cuscino poggiato sul bordo, con le gambe raccolte al petto. Aveva un’aria triste e malinconica, faceva tanta tenerezza che d’istinto si andò a sedere vicino al finestrone di fronte a lei, trattenendosi a stento dall’abbracciarla. << Oggi non sei dell’umore per allenarti, presumo >> le disse << Che succede? >>.
La biondina non alzò neanche lo sguardo quando avvertì la sua presenza. << Sta notte l’ho sognata. >> Rispose.
Jack non ebbe bisogno di chiedere per capire di chi Elsa stesse parlando. << Vuoi molto bene a tua sorella, vero? >> le domandò con voce dolce e triste al tempo stesso, carica di tanti ricordi dolorosi e non della sua stessa vita, quella che aveva ricordato solo 15 anni prima grazie alla scatola dei dentini e a Dente da Latte.
<< Più che a me stessa >> rispose Elsa << Io ho avuto questi poteri fin dalla nascita. >> Jack si sentì a disagio. << Quando eravamo piccole sembrava una magia simpatica, tanto che io e lei la usavamo per giocare insieme. Un giorno, tuttavia, la colpii involontariamente alla testa con un getto di ghiaccio e i nostri genitori ci portarono dai troll, che curarono mia sorella, salvandole la vita. Loro ci spiegarono che, nonostante il mio potere fosse bellissimo, era anche una tremenda maledizione, che la mia paura sarebbe sempre stata mia nemica e per molti anni della mia vita fu davvero così. >> La morsa dolorosa attorno al cuore tornò prepotentemente nel petto di Jack << E’ stata mia sorella a farmi capire che stavo sbagliando ad abbandonarmi alla paura e ora … >> sospirò << Ora che lei non c’è la paura è tornata ad assalirmi. Letteralmente considerando che è l’Uomo Nero in persona a darmi la caccia >> Si lasciò scappare una mezza risata. << Io e Anna abbiamo un rapporto complicato, tu non puoi capire. >>
<< Posso capire più di quanto credi, Elsa >> le disse Jack con un sorriso amaro dipinto sul volto << Ti ho mai detto come sono diventato quello che sono ora? Uno spirito? >> Lei negò dandogli l’opportunità di parlare. << Prima di diventare Jack Frost avevo una famiglia e un nome normale. Ero Jackson Overland, un ragazzo inglese di diciotto anni che viveva felice con i suoi genitori e con la sua sorellina >>
<< Una sorella? >> La regina era piacevolmente stupita dalla notizia << Avevi una sorella, Jack? Più piccola o più grande? >>
Il ragazzo annuì << Più piccola di me di una decina d’anni. Era bello stare con lei, mi piaceva farla divertire. Non vivevamo di certo in un castello, anzi, io e mio padre allevavamo cavalli, eravamo gente umile ma felice. >> Quella descrizione a Elsa piaceva molto. << Un giorno andai con mia sorella a pattinare sul ghiaccio, nostra madre ci disse di fare attenzione, ma come mio solito non la ascoltai. Il ghiaccio era sottile, molto, e per miracolo sono riuscito a non far cadere mia sorella nell’acqua gelida … purtroppo per fare questo ci sono finito dentro io e … beh sono morto! Mi sono risvegliato qualche ora dopo senza memoria e senza nome: era nato Jack Frost. Il mio nome me lo disse la luna, per poi lasciarmi a girovagare da solo per il mondo, invisibile e senza passato, per 300 anni … >>
Elsa corrucciò le sopracciglia, allungando una mano per toccare quella di Jack, in una specie di carezza: << Mi dispiace tanto, Jack >> gli disse contrita << Io so bene quanto è brutto essere soli. La solitudine, l’impossibilità di comunicare … è una sensazione che uccide, che ti uccide dentro. >>
<< Ora come ora sono contento sia andata così. >> Le rispose lui sorprendendola non poco << Perché anche se io sono morto e ho sofferto la solitudine, lei ha continuato a vivere, si sarà sposata, avrà avuto dei bambini e magari oggi, alcuni dei miei protetti discendono da lei e quindi sono i miei pronipoti. >> Le sorrise, sta volta sul serio << Solo da poco ho recuperato il mio passato quindi credimi, posso capirti >>
Elsa lo guardava, colpita dalla sua storia: << Sai Jack, noi siamo profondamente diversi, ma anche così incredibilmente simili … >>
Lui le fece l’occhiolino. << Lo avevo capito da tempo, mia signora >> le disse prendendola in giro. Si alzò e le offrì la mano per aiutarla ad alzarsi. << Ed è proprio per questo che so cosa fare per farti tornare il sorriso >> Lei la accettò e si fece tirare su << Ti fidi di me, Elsa? >>
<< Si >> rispose lei sorridendogli << E noto con piacere che hai finalmente capito che appellativo usare con me. Quel “mia signora” è adeguato al mio rango >> Disse lei con finta aria sapiente. Lui rise e  se la tirò più vicino.
D’istinto lei strinse le braccia attorno alla vita sottile del ragazzo.
<< Ottimo mia signora. >> Calcò le ultime due parole << Perché ti porterò in un nuovo mondo >>






The Fred's Hollow:
E Fred Halliwell è di nuovo qui XD, pronta a “deliziarvi” con un nuovo capitolo. Nella scorsa “puntata” abbiamo visto Elsa ritrovarsi nel futuro e incontrare i Guardiani, ora invece l’abbiamo vista relazionarsi con Jack. Spero di aver reso bene l’idea che avevo in mente, perché io mi immaginavo Elsa e Jack come due personalità opposte (lei autorevole e seria, lui spavaldo e sbruffone) che pian piano iniziano a capirsi, a trovarsi, a comprendere di essere molto più simili di quanto pensino.
Per questo capitolo vi devo chiedere scusa, perché temo che non sia uno dei miei migliori, anzi, ho parecchi dubbi al riguardo. Ho paura di aver fatto muovere i nostri eroi (??) un po’ troppo in fretta, ma dividere il capitolo significava non dargli la giusta completezza. Tra l'altro la tentata fuga di Elsa può sembrare un gesto troppo avventato da parte sua, ma infondo anche il fuggire dal suo castello quando Anna le ha tolto il guanto lo è stato, quindi ho pensato che fosse abbastanza IC.
Spero che nonostante tutto vi piaccia ugualmente e a questo proposito volevo nuovamente ringraziare tutti quelli che hanno recensito, aggiunto tra i preferiti, seguiti, ecc … e anche quelli che hanno solo letto ^^ sperando che prima o poi vogliano darmi il loro giudizio.
Quindi un mega grazie va a:
-
EmilyHalliwell, Misuzu, Mayetta0101, weepingangel, _littlemoon00_, Amorina_Elsa_2001, Amy e Blaze (e Raven XD), the snow queen, MrsDalloway91, Ladradilucciole e Astrid92 per aver recensito almeno una volta.
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MrsDalloway91, nihal_chan, NinaDobrev_, Sun Aoyun e weepingangel per aver inserito la mia storia tra le preferite.
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Elsa Ai, jaspeg, Undomiel e yukichan01 per aver inserito la mia storia tra le ricordate.
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A m b e r F r o s t, Amy e Blaze, Astrid92, cristal_smeraldo48, iolm, Ladradilucciole, LittelMoon, Misuzu, MrsDalloway91, Mumma, neve_luna, Rurue, xmileysoxygen, _ely_93, _Firestorm_ e _littlemoon00_ per aver inserito la mia storia tra le seguite.
- E a tutti colore che stanno anche solo leggendo!
-
weepingangel la ringrazio anche per il consiglio datomi riguardo al dialoghi XD, come vedi l’ho seguito!
Come sempre, entrare in Efp e trovare le vostre recensioni mi da una gioia immensa, che non so descrivere a parole: grazie!
Vi chiedo scusa sia per la scarsa riuscita del capitolo che per eventuali errori, ma prima di lasciarvi vi riporto la consueta anticipazione del prossimo capitolo. Non ho idea se qualcuno di voi la legga o.o, ma ve la lascio lo stesso XD:
 
[…] il volo era stato magnifico, da togliere il fiato. Vedere la distesa del ghiaccio del polo dall’alto, trasformarsi in mare, oceano e poi terra verde era stato qualcosa di incomparabile. Elsa non aveva mai provato sensazioni simili in tutta la sua vita: stava toccando il cielo con un dito e la cosa le piaceva da morire!
Guardò con invidia il Guardiano che ancora la sorreggeva. La spavalderia con cui lui si relazionava agli altri le era sempre mancata, quella cieca fiducia nelle proprie capacità che, doveva ammetterlo, Elsa avrebbe sempre voluto; probabilmente era il trucco che lui usava per autocontrollarsi e sfruttare il suo dono per fare qualcosa di unico e magico come lo era il saper volare.
Già … lui sapeva librarsi in aria come un uccello, poteva andare dove gli pareva e quando voleva, senza proibizioni o incarichi regali a cui adempiere. Jack era libero e Elsa avrebbe tanto voluto essere come lui. […]

 
Con questo vi lascio, alla prossima, e ricordate di commentate numerosi!
Con una recensione potete salvare un autore.  XD
Baci!

 

 

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Capitolo 7
*** Un nuovo mondo ***


CAPITOLO SEI
Un nuovo mondo



Per fortuna di Elsa il freddo non era mai stato un problema per lei, perché il viaggio in volo fu particolarmente gelido. Non solo il vento le soffiava forte sulla faccia, ma anche il corpo di Jack, al quale era saldamente avvinghiata per non cadere, pareva emanare un freddo talmente intenso da bruciare. Lei non lo pativa, ma lo sentiva chiaramente attraverso la stoffa della sua casacca (che Jack chiamava felpa) blu. Anche quella era chiazzata di ghiaccio che proprio grazie alla bassa temperatura di colui che la indossava non si scioglieva.
Per il resto il volo era stato magnifico, da togliere il fiato. Vedere la distesa del ghiaccio del polo dall’alto, trasformarsi in mare, oceano e poi terra verde era stato qualcosa di incomparabile. Elsa non aveva mai provato sensazioni simili in tutta la sua vita: stava toccando il cielo con un dito e la cosa le piaceva da morire!
Guardò con invidia il Guardiano che ancora la sorreggeva. La spavalderia con cui lui si relazionava agli altri le era sempre mancata, quella cieca fiducia nelle proprie capacità che, doveva ammetterlo, Elsa avrebbe sempre voluto; probabilmente era il trucco che lui usava per autocontrollarsi e sfruttare il suo dono per fare qualcosa di unico e magico come lo era il saper volare.
Già … lui sapeva librarsi in aria come un uccello, poteva andare dove gli pareva e quando voleva, senza proibizioni o incarichi regali a cui adempiere. Jack era libero e Elsa avrebbe tanto voluto essere come lui. Poter andare in giro e divertirsi sempre, proprio come si stava divertendo anche lei in quel momento. All’inizio l’altezza le aveva fatto paura, ma la presenza di Jack aveva un ché di rassicurante e si era calmata quasi subito. Forse era perché stesso lui era così sicuro di sé da trasmettere la sua sicurezza anche agli altri o forse perché aveva il perfetto controllo dei suoi poteri e sapeva gestirli al meglio, o più semplicemente perché in una remota e contorta parte della sua mente Elsa si fidava di lui, ma la regina sentiva che con Jack vicino nulla di male le sarebbe mai successo.
Era riuscito a insegnarle tanto in quei pochi giorni in cui avevano convissuto, che se solo fosse stato accanto a lei da bambina molte cose brutte successole sarebbero state evitate e la sua vita avrebbe preso una piega diversa, sicuramente migliore. Magari non avrebbe colpito Anna quella notte di tanti anni fa, e Granpapà non sarebbe stato costretto a cancellarle la memoria e lei non sarebbe stata sola per tutta la sua adolescenza.
A quel pensiero le venne automatico stringere con più forza la felpa di Jack tra le dita e nascondere il viso nell’incavo del suo collo. Il tessuto si congelò leggermente nella sua stretta, ma tanto quel indumento era già congelato di suo. Jack percepì i suoi movimenti e la strinse con più forza, accostandola a sé con il braccio libero, mentre con l’altro reggeva saldamente il bastone. << Hai freddo? >> le chiese premuroso << Scusami, io non so fare altro che congelare. >>
Elsa mosse le testa, negando energicamente: << Non ho freddo, e comunque non mi hai mai dato fastidio, non è mai stato un problema per me. >> Gli rispose.
Jack la guardò con la coda dell’occhio: << Allora cosa c’è che non va? >> Non ricevendo risposta continuò  << Hai cambiato idea? Vuoi tornare al polo? >>
<< No! >> Fece lei, forse con troppa urgenza. << Non ti preoccupare e vai avanti, sono solo pensieri … >>
Jack la guardò ancora per qualche altro secondo ma alla fine decise di lasciarla alla privacy delle sue riflessioni. Elsa gliene fu grata, perché non voleva dirgli ciò che aveva pensato e caricare su di lui colpe e responsabilità che non aveva. Lei gli doveva già molto. << Ma quanto manca, Jack? >> chiese cercando di cambiare argomento.
<< Non molto, mia signora >> le rispose lui. << Anzi, siamo arrivati! >>
Con un cenno della testa disse ad Elsa di guardare in basso e lei ubbidì. Quello che vide le tolse il fiato, perché la semplice terra verde era stata sostituita da un città, ma diversissima da quelle che lei ricordava. Le case erano squadrate, le strade non erano fatte di ciottoli, le carrozze si muovevano senza bisogno di cavalli e gli abitanti (soprattutto le donne) indossavano abiti strani, che lei non aveva mai visto. Donne con i pantaloni? Anche lei li indossava, ma ai suoi tempi non erano una cosa così comune!
Atterrarono in un vicolo buio, accanto a una delle vie più grandi e la biondina non resistette: doveva vedere, così si avviò in strada. Jack l’afferrò prontamente per il polso, prima che potesse farsi vedere: << Ferma, dove vai? >> Glielo chiese ridendo, capendo l’urgenza che animava la ragazza. << Le persone possono vederti, non puoi uscire per strada così. >> E la indicò con il bastone. << Questo vestito ti sta un incanto, ma le gonne lunghe e si strascichi sono fuori moda da almeno un secolo, attireresti troppo l’attenzione e questo noi non lo vogliamo. >> Si guardò intorno. << Basta che aspetti qui pochi minuti, il tempo che recupero qualche vestito della tua misura. >>
<< Non ce n’è bisogno >> Gli disse Elsa sorridendogli malandrina. << Posso fare da me. >> E detto questo con un semplice gesto della mano trasformò il suo vestito in degli abiti più comodi e moderno. La gonna diventò un pantaloncino di jeans con da sotto calze nere, decorate con fiori e fiocchi di neve. Il corpetto e le maniche divennero una camicia bianca e il mantello un morbido maglioncino color tiffany. Il tutto abbellito da un lungo ciondolo a forma di cuore. << Allora Jack? Come sto? >>
Gli fece anche un piroetta per farsi ammirare e il ragazzo era rimasto a fissarla intontito. Non aveva parole per esprimersi, tanto era rimasto estasiato dalla trasformazione. Il suo dono era magnifico, non poteva credere che quello che lei sapeva fare era merito – colpa – sua, perché lei era molto più potente di lui, come se fosse da sempre destinata a quei poteri e non solo frutto di un suo errore. Era un dono bello quasi quanto era bella lei. La pelle candida e i capelli argentei risaltavano ancora di più ora che era vestita “normalmente”. Sembrava sempre una regina: non sarebbe passata inosservata quanto lui sperava, perché di certo avrebbe attirato lo sguardo di molti uomini, ma almeno poteva camminare per strada senza destare troppi sospetti. << Sei … bellissima Elsa >> mormorò infine << Non ho parole … >>
Lei arrossì vistosamente e questo la rese ancora più carina << Grazie >> distolse lo sguardo << Mi sono ispirata a quella statua. >> e la indicò. Jack seguì il suo dito verso una vetrina e scoppiò a ridere. << Cosa c’è da ridere, ho fatto male e copiare quegli abiti? >>
<< No, anzi, hai fatto benissimo. Solo che quello sarebbe un manichino e non una statua. >> Le spiegò. Elsa lo guardò sollevando un sopracciglio: << Un mani-che? >>
Il ragazzo rise di nuovo: << Fa nulla, non puoi saperlo. >> Detto questo le porse il braccio: << Bene mia signora, vogliamo andare? >>
Lei gli sorrise accettando l’invito: << Ma certo, mio cavaliere. >>
 
<< Dove siamo? >> chiese Elsa mentre già da qualche minuto camminavano fianco a fianco lungo la strada.
Jack le rispose subito: << In una cittadina chiamata Burgess, in America. >> Tirò Elsa più vicino a sé per evitare che sbattesse contro un lampione, tanto era concentrata su di lui << Non è di certo la più spettacolare, anzi è piuttosto anonima come cittadina, ma ho pensato che fosse meglio non sbalordirti troppo con città come New York o Londra, già sei stata sconvolta a sufficienza in questi giorni. >>
Lei rimase stupita dalla sua premura, in fondo non era solo un ragazzino arrogante, pensò mentre le sorrideva. << Anonima? >> ripeté lei e il suo stupore lo fece ridere.
<< E’ anche la città che conosco meglio, è qui che sono divenuto un Guardiano! >> Continuò Jack per poi tornare a guardare avanti a sé. Le strade di Burgess erano proprio come lui le ricordava. Era piacevole, una volta tanto, passeggiare senza preoccupazioni, soprattutto se in compagnia di Elsa. Ogni tanto le lanciava occhiate furtive e ogni volta la trovava a fissare incredula qualcosa, che fosse il palo della luce, una vetrina o un ragazzo dalla cresta verde che gli era passato accanto. Per lui erano tutte cose banali, ma per lei erano grandi novità, la poteva capire bene. << Questo posto è incredibile. >> Disse infatti Elsa a un certo punto della passeggiata, voltandosi verso di lui. << E’ tutto così diverso da come lo conosco io. >> Jack sorrise, continuando a guardare fisso davanti a sé.
Si rese conto solo allora che gli altri fissavano Elsa come se fosse pazza e si diede mentalmente dello stupido per non averci pensato prima: lui era invisibile e quindi sembrava parlasse da sola! Si era tanto preoccupato di trovare un abbigliamento adatto a lei dimenticandosi che gli adulti non credevano nei Guardiani. Ormai si era abituato ad essere visto dal bambini e non ci pensava più a cose del genere: doveva rimediare. << Senti Elsa >> le disse infatti << E’ meglio se non mi parli e non mi guardi o le persone crederanno che parli da sola >>
Elsa sollevò un sopracciglio << Ah, non ci avevo pensato … se le persone non credono in te non ti vedono. >>
Jack ridacchiò, nervoso. << Già, neanche io ci avevo pensato, ma l’importante è che tu abbia capito. Perché hai capito vero? >> Lei non rispose, continuando a guardare fisso davanti a sé << Hai capito si o no? >>
<< Come faccio a risponderti se non posso parlarti? >> disse a quel punto lei, mormorando tra i denti. A quella risposta Jack si batté una mano sulla fronte, sconsolato. Non potevano continuare così o avrebbero cominciato a dare i numeri sul serio. Si guardò in giro per trovare una soluzione, mentre Elsa, rigida come un palo, continuava a camminare dritto avanti a sé.
Jack percepiva il suo disagio, ma non sapeva che soluzione trovare. Mentre stava mettendo in modo tutte le rotelle del suo cervello, un bambino, che teneva la mano della madre, iniziò a strattonarla per la manica: << Mamma guarda >> diceva << C’è Jack Frost, sta camminando di fianco a quella ragazza bionda! >>
La donna diede poco peso alle sue parole. << Si Daniel, Jack Frost, ma non dare fastidio alla signorina. >> E sorrise ad Elsa, come per chiederle scusa per l’irruenza dal figlio. Nel fare ciò li superarono, ma la donna passò esattamente dov’era il Guardiano, trapassando il suo corpo da parte e parte con il proprio. Jack aveva dimenticato quanto spiacevole fosse come sensazione e portò, dolorante, una mano al petto, mentre Elsa lo fissava, stupita e preoccupata al tempo stesso. << Questo succede quando le persone non credono in me >> le spiegò << Tranquilla, è normale. >> La regina, così, continuò impettita sulla sua strada, mentre Jack si fermò per vedere il bambino andare via trascinato dalla madre. Fu come se una lampadina gli si accedesse sulla testa e subito raggiunse la ragazza. << Mi è venuta un’idea geniale, Elsa! >> Le disse. << Ora ti porto da qualcuno che potrà venire in giro con noi e così potremo parlare tranquillamente, visto che sembrerà che parli con lui! >>
Non le diede neanche il tempo di rispondere che già si era lasciato sollevare dal vento e portare lontano, in una traversa laterale. << Ehi! >> Gli urlò dietro la ragazza. << Dove vai? Aspettami! >> E si mise a correre dietro di lui, sotto gli sguardi increduli degli adulti presenti e divertiti dei bambini. << Jack! Io non volo! >>
 
La corsa di Elsa terminò nella periferia di Burgess, davanti a una casetta di due piani, dipinta di celeste chiaro e dal tetto spiovente. Sul davanti c’era un giardinetto, con dei gradini che portavano a una piccola veranda e alla porta principale. Accanto ai gradini c’era anche una la cuccia di un cane, con dentro un levriero bianco a macchie marroni che dormiva beato.
Quando li vide avvicinarsi alzò il muso, ringhiando debolmente contro Jack, per poi rimettersi a riposare. << Ti vede >> mormorò Elsa mentre riprendeva fiato dopo la corsa << Com’è possibile? >>
Jack, a differenza sua, era fresco come una rosa, quindi non ebbe problemi nel risponderle: << Gli animali hanno la mente più aperta degli uomini e non si limitano a vedere, loro osservano. Di solito sono anche più umani degli essere umani stessi, ma questo è un altro discorso … >> Si fermarono davanti alla porta tinteggiata di bianco dell’abitazione. << Bussa >> la incitò il Guardiano, ma Elsa non si mosse << Perché non bussi, non sai bussare? >>
Elsa alzò gli occhi al cielo. Solo Olaf riusciva ad essere così insistente. << Mi lasci il tempo di riprendere fiato? >> Sbraitò. << Ti sono corsa dietro per mezza città! >>
Probabilmente fu l’urlo di lei ad attirare l’attenzione, ma il caso volle che in quel momento la porta si aprì e ne uscì un ragazzo castano, alto e prestante. I capelli erano tagliati corti e questo gli illuminava il viso e gli occhi, anche quelli marroni. Sembrava una persona normale, ma la biondina dovette ricredersi quando capì che il misterioso ragazzo poteva vederli entrambi!
<< Jamie! >> Lo chiamò Jack << E’ passato un po’ di tempo dall’ultima volta eh? >>
<< Sei venuto qui solo la settimana scorsa, Jack. >> Gli fece notare quello, ridacchiando. << E comunque io ho ventidue anni, ormai solo tu e mia madre e mia sorella Sophie continuate e chiamarmi Jamie. >>
L’albino sollevò un sopracciglio, sorridendo malizioso. << E Pippa, non ti dimentichi sempre di Pippa >>
<< Filippa è la mia ragazza >> Ribatté quello arrossendo. << Lei può chiamarmi come vuole >>
<< Mi ricordo ancora di quando eravate entrambi dei bambini di sette anni. >> Disse con aria trasognante << Allora ci avete aiutato a sconfiggere Pitch credendo in noi insieme ai vostri amici. >>
Jamie mosse il capo sconsolato. << Ti lasci andare al sentimentalismo, Jack? Non è da te. >> Lo osservò meglio, corrucciando le sopracciglia << Che hai fatto al naso? Sembra ci sia un livido, ti hanno preso a pugni? >> Jack sbuffò infastidito dalla domanda, mentre Elsa scoppiava a ridere al solo ricordo della porta che sbatteva sul naso del ragazzo.
Fu allora che il castano prestò attenzione anche a lei. << Deduco che tu ne sappia qualcosa >> le disse sorridendo. << Comunque piacere, io sono James Bennett, anche se Jack mi chiama ancora Jamie. Mi fa stano vedere un altro adulto in compagnia di Jack Frost, soprattutto perché ho la sensazione di averti già visto da qualche parte, ma a quanto pare questo sbruffone sta diventando famoso >>
Le porse la mano e la regina la strinse con energia. << Io mi chiamo Elsa, piacere, ma ti garantisco che non puoi avermi già vista qui a Burgess >>
<< Mi sarò sbagliato, ma dimmi Elsa, ha fatto a pugni con qualche mostro cattivo >> Gli lanciò uno sguardo obliquo << Il nostro Jack ha la tendenza a mettersi nei guai. >>
<< Io non vado in cerca di guai >> rispose quello appoggiandosi allo stipite della porta e infilando una mano in tasca << Di solito sono i guai che trovano me >>
James sbuffò divertito, mentre Elsa rispondeva. << Non con un mostro, ma con una porta … >>
Il ragazzo la guardò sinceramente interessato dal racconto << Un porta? >>
Jack si mise subito in mezzo. << I dettagli non sono importanti! >> Non aveva intenzione di far sapere a Jamie come si era fatto male, l’episodio ancora lo imbarazzava.
<< Va bene, va bene, rispetterò la tua privacy >> Gli rispose. << Ma se posso fare un piccolo appunto a proposito di dettagli di altro tipo, come mai sei venuto a bussare alla porta invece di presentarti, come al solito, alla mia finestra a chiamare a gran voce uno di noi finché io o Sophie non veniamo ad aprirti? >>
Jack rispose con un’alzata di spalle. << Sta volta avevo compagnia. >> E con una cenno del bastone gli indicò la ragazza. << Vi siete già presentati, ma intendo farlo meglio. Jamie lei Elsa, regina di Arendelle. >> Il ragazzo sembrò avere un mancamento a quelle parole << Elsa, mia signora, lui è James Bennett: “l’Ultima Luce”. >>
 
Jamie era un ragazzo simpatico. Era stato il primo bambino a credere in Jack e questo li aveva profondamente uniti, ed era stato anche l’ultimo a continuare a credere nei Guardiani quando Pitch Black aveva trasformato in incubi i sogni di tutti i bambini del mondo. Ecco perché i Guardiani lo chiamavano l’Ultima Luce, perché era stato l’ultima lucina a brillare sul globo di North.
Dal racconto di Jamie emersero così tanti particolari, soprattutto su Jack, che Elsa non poteva proprio immaginare. Il castano glielo dipinse come un eroe senza macchia e senza paura, il genere di persona che a lei piaceva e che aveva sempre sospettato essere il Guardiano. Aveva un cuore d’oro, lo aveva sempre saputo, ma sepolto sotto molti e spessi strati di arroganza.
Mentre il castano parlava, lei lanciava allo spirito sguardi furtivi e purtroppo, a un certo punto, lui se ne accorse, ma si limitò a sorriderle e lei non poté fare a meno si arrossire. Jack aveva un bel sorriso, uno di quei sorrisi che prendeva tutto il viso e toccava anche gli occhi, illuminandoli come stelle. Era anche un bel ragazzo, piacente come pochi ne aveva visti. Sembrava più giovane di lei (e tecnicamente era vero, essendo lui morto a diciotto anni mentre lei ne aveva già ventuno), ma nonostante ciò lei non provava alcun tipo di vergogna ad ammettere di trovarlo attraente, anzi forse le piaceva proprio per questo. Essendo stata “addestrata” fin da piccola ad essere una regina, ed essendo sempre vissuta isolata per via dei suoi poteri, non aveva mai potuto trascorrere del tempo con dei ragazzi della sua età, ma sempre e solo con uomini più grandi di lei, che l’avevano sempre annoiata a morte.
Jack Frost non era solo un bel ragazzo, simpatico e coraggioso con cui poteva condividere la ansie dovute ai suoi poteri, ma era anche una brezza fresca e leggera sulla pelle, un toccasana che dava allegria alle sue giornate. I racconti di Jamie non fecero altro che aumentare l’ammirazione che Elsa provava nei suoi confronti. Aveva, infatti, ascoltato con piacere il racconto della prima sconfitta di Pitch (avevano detto al ragazzo il perché del suo viaggio nel tempo) grazie anche all’aiuto di Jack, ma nel suo cuore nulla poteva cancellare il sospetto che l’Uomo Nero avesse acquistato tanto potere proprio grazie alla paura che le aveva rubato durante la sua infanzia e che quindi era colpa sua se milioni di bambini avevano sofferto in tutto il mondo. Jack sembrava aver colto lo stato d’animo della ragazza e, dopo averle stretto con forza la mano, si era allontanato da lei cercando di far cambiare argomento a Jamie, dirottandolo su una pila di grossi volumi che aveva accatastatati sul tavolo. << Cosa sono quei libri dici? Beh effettivamente, non è il caso che accolga ospiti in una stanza ridotta in questo modo, ma non mi aspettavo visite, soprattutto non da parte di una regina! >> E rise. Elsa apprezzava questo suo modo di fare. Jamie, come Jack d’altronde, non era abituato a relazionarsi con una regina e quindi si comportava in modo semplice e naturale, come avrebbe fatto con qualsiasi altra persona. Lei esigeva il rispetto dovuto al suo rango, ma loro due erano capaci di farla sentire a proprio agio e trattarla con riguardo al tempo stesso e questo, forse, la piaceva ancora di più.
Jamie, così, raccontò loro (in realtà il Guardiano già lo sapeva, ma ritenendo l’informazione noiosa tendeva a scordarla ogni volta) che studiava storia al college e che quei libri, accatastanti in un modo quasi confusionario, facevano parte dei suoi “compiti a casa”. Il suo professore aveva chiesto loro, come parte dell’esame finale, di stilare il loro albero genealogico e manco a farlo apposta Jamie aveva ritrovato parte delle sue origini in Norvegia, nella regione che prima era stata Arendelle.
Quando Jack aveva presentato la ragazza con il suo titolo reale, infatti, Jamie aveva subito collegato il suo volto con un ritratto visto su uno dei libri.
L’aveva già vista in effetti, aveva ragione, ma su un libro di storia!
Elsa, tuttavia, era incuriosita da quel nuovo mondo moderno e non fece altro che fargli domande su quel futuro in cui lei era stata catapultata. Lui fu più che disponibile a rispondere a tutte le sue domande, ma volle anche mostrarle il libro con il suo ritratto e Elsa subito riconobbe la mano del pittore di corte. Vedendo il mondo con cui l’artista aveva accentuato il candido pallore del suo viso sfruttando la treccia laterale dei suoi capelli ebbe un tuffo al cuore. Prima aveva fatto un lunga ed estenuante corsa; doveva avere un aspetto orribile, mica come la splendida regina del quadro! << James scusami >> gli disse << Potresti indicarmi la toilette? >>
<< La che? >> Jack era il solito maleducato che si intrometteva nelle conversazioni altrui.
<< Il bagno >> tradusse l’altro, per poi rivolgersi nuovamente ad Elsa << In fondo al corridoio a destra >> Lei lo ringraziò con un cenno del capo e uscì dal salotto, lasciando i due da soli. Rimasero in silenzio, mentre Jack si guardava in giro e Jamie rimetteva a posto alcuni dei suoi libri. Lo spirito non era mai stato nel salotto di Jamie, nonostante ormai lo conoscesse da parecchi anni. Solitamente bussava alla finestra della sua camera e rimanevano lì, a parlare. Qualche volta con loro c’erano anche Pippa e Sophie, mentre altre (in inverno di solito) uscivano fuori a passeggiare o a giocare con la neve. << Sei sicuro che lei sia qui per colpa di Pitch? >> chiese a un certo punto il castano, rompendo il silenzio. << Non mi pare spaventata. >>
Lo spirito scosse le spalle << Così pare >> Lo guardò e lesse il dubbio nei suoi occhi nocciola. << Non credi che Manny l’abbia portata qui per proteggerla? >>
Jamie si morse il labbro, a disagio, ma alla fine si decise a parlare << No, credo che sia qui per essere protetta, ma non da Pitch … >> Allo sguardo confuso di Jack, il ragazzo prese uno dei suoi libri di storia, quello del ritratto, a lo aprì davanti all’altro. << Il periodo a cui lei è stata sottratta coincide con l’unico anno del suo regno. >>
Jack strabuzzò gli occhi. << Ha regnato un solo anno? Possibile che abdicherà in favore della sorella Anna? >>
Il castano scosse energicamente la testa << Purtroppo no. >> Commentò. << Effettivamente dopo Elsa regnò sua sorelle Anna su Arendelle, ma la corona passò a lei solo perché Elsa morì in un attentato, nubile e senza eredi. >>
<< Morta? >> La voce di Jack era poco più di un sussurro, persino lui stentava a riconoscersi.
L’altro annuì. << Da questo libro risulta che durante la festa per celebrare un anno del suo regno, un fanatico l’abbia uccisa con l’accusa di essere una strega. >>
“Morirà in un attentato, un attentato dovuto ai suoi poteri. Morirà per colpa mia”. Se possibile Jack impallidì ancora di più. << Non è possibile! Questo vuol dire che se anche la salviamo da Pitch lei morirà lo stesso? >>
Era così arrabbiato che diede un pugno al muro, facendosi anche parecchio male. << Jack! >> Strillò il ragazzo. << Calmati, infondo non è ancora morta, si può rimediare, cambiare la storia. >>
<< Hai ragione >> esclamò quello, come colto da un’illuminazione, iniziando a camminare avanti a in dietro << Non possiamo rimandarla nel suo tempo >> disse preoccupato << Né parlerò con gli altri Guardiani e insieme troveremo una soluzione per farla rimanere qui >>
<< No >> la voce perentoria di Elsa lo fece trasalire. Era arrivata di soppiatto e nessuno dei due ragazzi l’aveva vista o sentita. << Non si può cambiare la storia solo per far rimanere in vita me. Se io sopravvivessi il mondo potrebbe cambiare e non lo voglio. Devo tornare ad Arendelle, nel mio tempo >>
Jack si girò verso di lei, che a quanto pare aveva sentito tutto. << Così morirai. >>
<< E’ il compito di una regina morire per il suo popolo. >> rispose lei con tono regale   .
<< Almeno sii sincera. Tu vuoi solo tornare da tua sorella. >> Ringhiò lui.
<< Tu più di tutti dovresti capire cosa significa voler tanto bene alla propria sorella da voler morire pur di vederla felice >> rispose lei con voce calma. Al che Jack sentì sciogliere la tensione dei suoi muscoli e sospirò demoralizzato, abbassando gli occhi. Elsa gli si avvicinò e gli accarezzò una guancia pallida. Poteva sentire distintamente il freddo che emanava la sua pelle. << Se c’è una cosa che mia sorella mi ha insegnato e che scappando si può riuscire solo a sopravvivere, mentre io voglio vivere Jack, godermi tutto ciò che la vita può darmi. Stare con mia sorella, ridere con Olaf, scherzare con Kristoff, avere amici … innamorarmi … >> A quella parola lo spirito rialzò repentinamente lo sguardo, fissando i suoi occhi in quelli di Elsa. Ghiaccio nel ghiaccio e i loro corpi furono scossi da mille brividi. << Se il prezzo di tutto questo è la mia vita lo pagherò volentieri, anche se potrò godermelo per poco >>
<< Magri altri non sono disposti a pagare il prezzo della tua vita, però. >> Ribatté lui con voce rauca, ancora perso negli occhi di lei. La conversazione stava prendendo una strana piega, persino Jack se ne rendeva conto, ma quelle parole gli erano uscite senza che lui potesse fermarle. Nonostante i continui litigi e l'opprimente senso di colpa che provava vicino a lei, non riusciva proprio ad immaginare un mondo dove Elsa non ci fosse più. Probabilmente il suo era puro egoismo, ma dentro di se sapeva che se Elsa fosse vissuta una parte di lui sarebbe per sempre rimasta legata al mondo terreno, tramite lei, i suoi figli e i figli dei suoi figli. Il pensiero di vedere qualcuno che non fosse lui accanto alla regina lo uccideva, non sapeva spiegarsi il perché, o forse semplicemente aveva paura di ammetterlo, poiché era una sensazione per lui nuova e sconosciuta, talmente intensa da non farlo riconoscere neanche da se stesso, ma al tempo stesso desiderava il suo bene e sapeva che un futuro, per loro due, non sarebbe mai esistito. Anche Elsa era rimasta bloccata da quella frase. Cosa cercava di dirle Jack? Che le voleva bene e non voleva vederla morta? O che, quando sarebbe giunto il momento, non sarebbe stato disposto a lasciarla andare via?
La risposta non voleva saperla, perché qualunque fosse stata la spaventava. Neanche lei era certa di sapere cosa voleva, quindi il colpo di tosse di Jamie fu provvidenziale. Quando si ricordarono di non essere soli arrossirono fino alla punta dei capelli, allontanandosi. << Scusa Jamie >> cominciò Jack  << Ti stavamo ignorando >>
<< Ora, comunque, è meglio se torniamo al polo ... >> continuò Elsa con voce tesa << North si preoccuperà se non ci trova. Giusto Jack?  >>
Lui annuì, muovendo la testa come un automa. << Si hai ragione >> disse << Meglio ritornare, il viaggio è lungo. >> Detto questo salutarono il castano (che ancora li guardava con occhi maliziosi, avendo perfettamente capito cosa stava succedendo tra i due) e si avviarono in strada.

Rimasero in silenzio per tutto il tragitto da casa di Jamie fino a un laghetto poco distante dalla cittadina. Camminavano fianco a fianco, percependo la presenza dell'altro ma senza mai davvero toccarsi. Quando giunsero a destinazione, Elsa si guardò intorno, non capendo perché Jack l'avesse portata in un posto isolato come quello. Il ragazzo parve leggerle dentro e le rispose senza che lei dovesse fargli qualche domanda. << E’ qui che sono diventato un Guardiano >> spiegò << Qui vicino c'è uno dei numerosi ingressi alla tana di Pitch e qui, proprio su questo lago, lui è stato sconfitto l'ultima volta >> i suoi occhi cerulei si persero sulla superficie acquosa e questo gli dava quasi un aria ultraterrena.
"Pare un dio vichingo" pensò Elsa "Il Jokul Frosti della leggenda che mi ha tanto affascinata".
<< All'epoca era ghiacciato >> continuò Jack << Ma lo abbiamo sconfitto proprio qui >> Si voltò a guardarla negli occhi << E lo faremo di nuovo Elsa, è una promessa. Ti salveremo e potrai tornare da Anna >>
La bionda rimase stupita << Hai cambiato idea in fretta ... >>
<< Non ho affatto cambiato idea >> rispose quello con voce dura << Ma non posso di certo rapirti. Tutto ciò che posso fare è accettare la tua scelta e prendere atto del tuo coraggio >>
Elsa abbassò gli occhi, colpita dalle sue parole << Non sono per niente coraggiosa, questo è solo il compito di una regina, sacrificarsi per il bene del suo popolo >>
<< Anche il senso del sacrificio è un atto di coraggio >> le disse lui << Io per la stessa ragione sono stato scelto come Guardino. >> Si prese una pausa per poi continuare << Troverò un modo >> le disse << Un modo per riportarti indietro e salvarti lo stesso >> Sta volta toccò a lui accarezzarle la guancia << Non ti permetterò di morire, non potrei sopportarlo. >>
Lo disse con voce roca, tesa, e Elsa non ebbe il coraggio di ribattere, così si limitò a farsi prendere in braccio e sollevare in volo diretti al polo ...






The Fred's Hollow:
Ed eccomi di nuovo qui, come ogni venerdì. Vi sono mancata? XD Spero di si, perché questo vuol dire solo che la mia storia vi sta prendendo e che quindi continuerete a seguirmi lasciandomi altre delle vostre magnifiche recensioni.
Con la vostra generosità sono arrivata a ben 35 recensioni, che per una storia di soli 7 capitoli (6 con oggi più un prologo in realtà, ma sono solo dettagli XD) non è poco! Grazie, grazie, grazie.
Come al solito non so davvero come esprimere la mia gratitudine e, come ho detto a  
Mintaka94 (se potete leggete la sua Jelsa, è davvero bella ^^), sono proprio le vostre recensioni a spronarmi e a farmi continuare a scrivere.
Un grazie di cuore va quindi a:
A m b e r F r o s t, Amorina_Elsa_2001, Amy e Blaze, Astrid92, cristal_smeraldo48, Elsa Ai, EmilyHalliwell, Floryana, hajar12345, iolm, jaspeg, kairyilaria93, Ladradilucciole, LittelMoon,  Mayetta0101, Mintaka94, Misuzu, MrsDalloway91, Mumma, neve_luna, nihal_chan, NinaDobrev_, Rurue, Sun Aoyun,  the snow queen, TheLittleLadyBug, Undomiel, weepingangel, Witchofice22, xmileysoxygen, yukichan01, _Dreamer, _ely_93, _Firestorm_, _IGM_EFJL5L_ e _littlemoon00_ (mi auguro di non aver dimenticato nessuno XD e in quel caso vi chiedo scusa!) che sono stati così gentili da recensire, inserire la mia storia tra le preferite, le ricordate o le seguite. A tutti voi il mio solito ringraziamento, oltre che a tutti coloro che semplicemente leggono la mia storia XD.
Spero davvero di non deludervi mai, nessuno di tutti voi, e a questo proposito volevo nuovamente chiedere scusa per gli errori di battitura. Più persone mi hanno fatto notare che ogni tanto ne faccio XD, beh, purtroppo anche rileggendo non sempre riesco a ritrovarli tutti, quindi vi chiedo perdono XD.
Prima di lasciarvi voglio riportare il solito anticipo sul prossimo capitolo:
 

[…] << Ehi, attenta. >> Le disse lui tenendola stretta contro di se. << Non voglio che ti succeda qualcosa. Sei talmente bella così, sorridente e felice, che se ti facessi male per colpa mia mi sentirei male. >>  A quelle parole, se possibile, Elsa arrossì ancora di più, ma lo stesso Jack si imbarazzò per la sua sincerità. Come gli era venuto? Lui non era mai stato un tipo tanto esplicito! La presenza di Elsa gli dava un coraggio che non credeva di avere, un fuoco interiore che bruciava solo per lei, ed era proprio quel fuoco, adesso, che stava avvicinando il suo viso a quello di lei, che stava per fargli sfiorare le sue labbra con le proprie. […]
 
Sono cattiva lo so XD, ma devo continuare a incuriosirvi o no? Si baceranno sul serio nel prossimo capitolo o è un nuovo falso allarme? In questo capitolo ci sono andati maledettamente vicini eh? Quanti di voi si aspettavano il bacio? XD Quanti di voi mi stanno odiando per come ho fatto finire il capitolo? XDDai fatemelo sapere con una bella recensione. Questo è il capitolo più lungo che ho finora scritto, vi ha annoiato? E la comparsata di Jamie vi ha fatto piacere?
Mamma mia quante domande ho fatto hahah, ero come un fiume in piena XD. Per ora vi lascio, in attesa di conoscere le vostre opinioni.
Un bacio dalla vostra Fred Halliwell!

 

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Capitolo 8
*** Segreto svelato ***


CAPITOLO SETTE
Segreto svelato
 

<< Cosa essere successo a quei due? >> chiese North allo yeti Phil una mattina di due giorni dopo riferendosi a Jack e Elsa << Da qualche tempo essere strani: non litigare più e sorridersi spesso >> lo yeti scosse le spalle, ignaro della risposta << Va beh, io scoprirò dopo, per ora essere contento! >> In effetti il rapporto tra i due si era molto disteso e ora, agli occhi degli altri, parevano essere diventati improvvisamente amici. Non litigando più non rischiavano di distruggere i giocattoli e a _North tanto bastava!
Dal loro ritorno da Burgess (gita di cui nessuno sapeva niente o North avrebbe dato in escandescenza), in realtà la relazione tra i due era passata a un livello superiore, a un’amicizia che poi tanto un’amicizia non era, fatta di sottintesi e sentimenti forti, evidenti, ma non palesati. Jack aveva detto apertamente quanto tenesse a lei, anche se non si era mai spinto oltre. Elsa, d’altro canto, non lo aveva rifiutato, e dandogli il permesso di corteggiarla in un certo senso gli aveva fatto capire che le sue attenzioni erano gradite. “Troverò un modo. Un modo per riportarti indietro e salvarti lo stesso. Non ti permetterò di morire, non potrei sopportarlo.” Ogni volta che Elsa ripensava a quelle parole arrossiva e si metteva a ridacchiare come una ragazzina stupida, per poi ricomporsi in pochi minuti, soprattutto quando uno degli yeti o, ancora peggio Dente da Latte, la guardavano male.
Entrambi i giovani sapevano cosa provavano l’uno per l’altra, ma entrambi sapevano anche che una relazione sentimentale tra loro due era impossibile (lui era uno spirito immortale e lei una regina mortale con un regno e una famiglia a cui tornare), così si limitavano a trascorrere insieme quanto più tempo possibile. Jack non si limitava a farle da guardia del corpo, ma nelle ultime due mattine era andato a svegliarla per farle fare il giro del palazzo di North, facendole da Cicerone. Nelle ultime quarantotto ore le aveva mostrato ogni piano della fabbrica, dalla stalla delle renne al villaggio degli yeti. Solo il giorno prima Phil li aveva visti pattinare sulla pista di decollo della slitta.
Nonostante il loro comportamento fosse strano, tutti erano felici di quella ritrovata serenità e North si era rilassato che neanche si accorgeva di quando loro scappavano fuori dal palazzo per costruire pupazzi di neve.
 
Quel giorno Jack aveva pensato bene di farle una sorpresa e l’aveva di nuovo presa in braccio, prendendola alla sprovvista, per portarla via dal polo, senza che North li vedesse. Quando Elsa guardò in basso riconobbe subito i paesaggi di quella che 150 anni prima era la sua patria: Arendelle.
<< La mia terra. >> Mormorò lei con una luce emozionata nello sguardo.
<< Tecnicamente ora è parte della Norvegia ma si, questa è la vecchia Arendelle … o meglio: la Arendelle del futuro. >> La fece atterrare su in collinetta disabitata. << Ho pensato che creare pupazzi di neve dove un tempo li facevi con tua sorella ti avrebbe fatto piacere, facendoti sentire più vicina a lei. >> E con un colpo di bastone creò tantissima neve. << Allora, mia signora, ti va di costruire un pupazzo di neve? >> Elsa lo guardò, addolcita dalla sua premura, e si perse a guardare i suoi bei lineamenti. Era così presa che inciampò, nei suoi stessi tacchi e fu solo merito di Jack se non ruzzolò giù dalla collina. Si ritrovò, così, schiacciata contro il petto del Guardiano, e immediatamente sentì il viso andarle a fuoco: doveva essere un peperone! << Ehi, attenta. >> Le disse lui tenendola stretta contro di se. << Non voglio che ti succeda qualcosa. Sei talmente bella così, sorridente e felice, che se ti facessi male per colpa mia mi sentirei male. >>  A quelle parole, se possibile, Elsa arrossì ancora di più, ma lo stesso Jack si imbarazzò per la sua sincerità. Come gli era venuto? Lui non era mai stato un tipo tanto esplicito! La presenza di Elsa gli dava un coraggio che non credeva di avere, un fuoco interiore che bruciava solo per lei, ed era proprio quel fuoco, adesso, che stava avvicinando il suo viso a quello di lei, che stava per fargli sfiorare le sue labbra con le proprie. Iniziarono a chiudere gli occhi, i nasi si toccarono, i respiri si fusero, facendo aumentare all’impazzata il battito dei loro cuori, ma alla fine Elsa si allontanò, seppur a malincuore, consapevole che se si fossero baciati, dopo separarsi sarebbe stato ancora più duro e doloroso. Jack incassò il rifiuto con dignità, ben conscio che lei stava facendo la cosa giusta. Ritrovò subito il buon umore, o almeno finse molto bene e si affrettò a dire: << Allora? Che ne dici? Cominciamo? >> Detto questo creò un coniglietto di neve che si mise a saltellare in giro. Fece una decisa di saltelli prima di dissolversi nel nulla.
Lei lo guardò ammirata per tutto il tempo, per poi voltarsi verso il suo creatore: << Certamente, ho decisamente intenzione di divertirmi! >>
 
Stavano giocando nella neve già da un paio di ore, creando pupazzi di neve e animali salterini. Elsa ne aveva creato uno piccolo e simile a un bambino. Aveva detto a Jack che si chiamava Olaf. << E ama i caldi abbracci! >> Aveva aggiunto ridendo.
Anche Jack aveva riso, dal ramo su cui era volato poco prima, sedendosi. << Ma è un pupazzo di neve, con il caldo si scioglierà. >>
<< Non con la mia nuvoletta. >> Spiegò lei senza pensarci troppo. Parlare con Jack era bello pure per questo: poteva parlare di tutto con lui, anche di cose che altri non avrebbero capito. << A questo manca una carota per fare il naso ma per il resto è uguale all’Olaf che ho creato nel mio tempo. Per qualche ragione è vivo e grazie a una mia magia, una nuvola che fa cadere una piccola nevicata solo per lui, può sopravvivere anche in estate. Era il suo sogno vedere l’estate. >>
<< Hai dato vita ad un pupazzo? >> Jack era sinceramente stupito. << Anche io so dare vita alla neve, ma la mia magia dura per poco tempo, una manciata di minuti al massimo. Mi sa che sei tu a dover dare ripetizioni a me! >>
<< Tu sei molto più bravo di me. >> Rispose lei, arrossendo.
<< Ho semplicemente più esperienza, ma tu stai imparando in fretta. In fondo anche io, quando ho ricevuto i miei poteri, ero confuso e impacciato. Tu pensa che facevo fatica a non sbattere contro gli alberi. >> E diede con la mano una botta al ramo su cui si era seduto.
Elsa lo guardò dubbiosa. << Quindi tu non sei nato così? I poteri non li avevi anche prima che morissi cadendo nel lago ghiacciato? >>
<< Oh no. >> Rispose lui sporgendosi dal ramo. << E’ stato l’Uomo nella Luna a darmeli, insieme al mio nome, quella stessa notte. >>
Lei si mise a muoversi nella neve. Jack la seguì con lo sguardo e poteva giurare di vedere le rotelle del suo cervello girare, componendo i più assurdi pensieri. Alla fine parlò, fissandosi le mani, com’era solita fare quando pensava ai suoi poteri: << Quindi, forse, anche io li ho avuti da qualcuno … >> Si voltò verso Jack con un sorriso vittorioso. << Tu cosa ne pensi Jack? >>
Il ragazzo sbiancò di colpo, irrigidito dalla frase di Elsa. Cosa dirle? La verità, così che lo avrebbe odiato, o una bugia, così che quando lo avrebbe scoperto lo avrebbe odiato ancora di più?
Indeciso sul da farsi rimase in silenzio e infatti fu qualcun altro a rompere il silenzio. Una voce melliflua e profonda parlò alle loro spalle. << Oh Elsa cara, non immagini neanche quanto tu abbia ragione … >>
Mille brividi scossero i corpi dei due giovani e d’istinto Jack scese dall’albero, facendo da scudo a Elsa con il suo corpo. Tutti e due avevano riconosciuto quella voce cupa e oscura: non poteva che non appartenere a Pitch Black.
<< Vieni fuori Pitch! >> Gridò Jack. << Fatti vedere! >>
<< Sei sicuro Jack? >> Chiese l’uomo, comparendo tra le ombre degli alberi e avanzando piano verso di loro. << In fondo potrei anche dire alla tua amata regina una scomoda verità, un “piccolo” segreto, che potrebbe turbare il vostro acerbo amore. >> Rise con cattiveria. << A proposito, tenera la scenetta del “quasi” bacio. Si sentiva tutta l’ardente passione tra di voi anche da qui, nascosto tra le ombre. Eppure non avrei mai detto che in voi potessi esserci qualcosa di “ardente”. >>
Jack digrignò i denti. << Non osare. >> Era da quindici anni, da quando aveva incontrato Pitch Black per la prima volta, che l’albino non provava così tanta paura.
Elsa fece capolino da dietro la sua spalla. << Di che sta parlando Jack? Che sta dicendo? >>
L’Uomo Nero scoppiò a ridere: << Ma allora sul serio non le hai detto nulla? … Brutto mossa Jack, credevo che nel ultimo decennio avessi acquistato più buon senso. >>
<< Non sono affari tuoi. >> Ringhiò il ragazzo. << Ora torna tra le tue ombre e lasciala stare, o dovrai vedertela con me. >> Il panico si era impossessato di lui e solo la certezza di dover proteggere Elsa lo faceva rimanere con i piedi per terra. Possibile che l’Uomo Nero sapesse la verità? Ma se si come l’aveva scoperta?
Gli occhi gialli di Pitch brillarono di cattiveria. << Si, hai ragione, non è affar mio. >> Concordò. << Ma suo! >> E indicò la ragazza con una della sue dita cianotiche.
Elsa spalancò gli occhi e, intimorita, fece un passo indietro. << Me? Jack spiegati per favore. Che vuol dire che hai un segreto che riguarda me? >>
Jack si volò verso di lei, afferrandole un polso. << Elsa non lo ascoltare. Scappa, a lui ci penso io. >>
Ma lei non si mosse e fu allora che il sorriso obliquo di Pitch si allargò, mostrando i denti aguzzi. << Certamente, vostra grazia. Un segreto anche bello grande … riguardo ai tuoi poteri … >>
La bionda si divincolò dalla presa di Jack e si allontanò da lui come ci si allontanerebbe da una bestia pericolosa. Lo fissò intensamente e lui ebbe paura. Nei suoi occhi cerulei lesse lo sgomento e la diffidenza, quella poca fiducia che si era guadagnato, facendo sì che la ragazza si interessasse emotivamente a lui, stava svanendo, distrutta da poche semplici parole e da un terribile segreto che lui le aveva sempre tenuto nascosto. << E’ vero Jack? >> Chiese lei con voce tremante, a un passo dal pianto. << Mi hai davvero nascosto qualcosa proprio riguardo ai miei poteri? C’è qualcosa che tu sai e non hai voluto dirmi? >> I suoi occhi erano umidi per le lacrime, ma lei non ne avrebbe lasciata fuggire neanche una, il suo cuore stava per dividersi in due, ma lei non avrebbe emesso un lamento. << Tu sai che peso i miei poteri siano stai per me e nonostante ciò non mi hai detto nulla? >>
Il ragazzo le diede la conferma che temeva quando abbassò lo sguardo, colpevole, schiacciato dalla consapevolezza che stava per perdere tutto. Di fronte alla possibilità di essere odiato da Elsa, il suo ruolo di Guardiano, la neo-capacità di essere visto dai bambini che credevano in lui, ogni responsabilità, passava in secondo piano. Improvvisamente si rese conto di tenere a lei più di quanto sospettasse. Ma in fondo cosa dicevano i mortali? “Ci si rende conto di tenere a qualcuno solo quando lo si sta per perdere” … mai modo di dire era stato più vero!
Pitch scoppiò in una fragorosa risata. << Non ci credo. Il fiero Jack Frost che abbassa lo sguardo davanti a una donna? >> Si voltò trionfante verso il ragazzo, ormai psicologicamente sconfitto. << Ma è pur sempre la tua “regina delle nevi” giusto? E in fondo è merito tuo se lei è così, i poteri glieli hai dati tu. >>
Jack strinse forte le palpebre all’udire quelle parole, come se un pugnale gli fosse appena affondato nel petto. Non ebbe il coraggio di alzare gli occhi verso Elsa, che intanto sentiva la testa girarle, troppo scossa dalla notizia. Le mancava il fiato: << Merito tuo? >> Boccheggiò, cercando di riprendere aria e passandosi freneticamente una mano tra i capelli, come faceva sempre quando era sconvolta. << E’ colpa tua se ho questi poteri?! Mi hai … maledetto tu? >>
Solo allora Jack alzò gli occhi. << No Elsa! Maledetta no. >> Provò ad avanzare verso di lei, ma lei ritrasse la mano prima che lui potesse afferrarla, allontanandosi come se lui fosse un mostro. “Mi sta odiando” pensò disperato “Per lei ora sono io il cattivo”. Doveva rimediare, per quanto possibile, quindi si affrettò a continuare: << E’ stato un incidente, ero presente il giorno della tua nascita e per sbaglio ti ho passato una scintilla dei miei poteri, che è cresciuta con te, facendoti diventare potente come sei. Non ho idea di come Pitch lo abbia scoperto ma … >>
<< Ero presente anche io. >> Lo interruppe l’uomo, mentre faceva comparire un trono d’ombre e ci si accomodava per gustarsi meglio la scena. << Ho visto tutto quello che è successo. Sia quello che tu chiami “incidente”, sia la tua fuga quando hai capito cosa avevi fatto. >> Lo guardò compiaciuto. << Certo, allora non eri ancora un Guardiano, ma mi sarei comunque aspettato più senso di responsabilità da te. >> E detto questo ghignò maligno.
Elsa passò, velocemente, gli occhi dall’uno all’altro. << Fuggito … >> biascicò << … sei fuggito? >>
La rabbia e il disgusto, anche per quel bacio che stava per dargli, le fecero quasi venire la nausea. << Mi hai abbandonata! Per colpa tua ho fatto del male a mia sorella e sono stata sola per tutta la vita! >> Nei suoi occhi si accesero di rabbia. << Per colpa tua, senza qualcuno che mi insegnasse a usare i miei poteri, ho congelato l’estate di Arendelle e tutti mi hanno odiata … >> la sua voce si stava pian piano indurendo, mentre intorno a lei si faceva sempre più spessa una cortina di neve, che vorticava furiosamente attorno a lei. << Tutto ciò che mi hai insegnato in questi giorni … se solo fossi rimasto con me si sarebbe evitato tutto e invece, da gran codardo, sei fuggito, e anche adesso, che siamo stati tanto tempo insieme, non hai avuto il coraggio di dirmi la verità. >> Digrignò i denti, scossa dalla rabbia. << Sei solo un codardo Jack Frost! Mi hai rovinato la vita. Ti odio! >>

Nuova pugnalata, sta volta più in profondità, nel cuore del Guardiano. << No, Elsa. >> Mormorò. << Ti prego, so di aver sbagliato, ma non odiarmi, il tuo è un dono bellissimo e … >>
Un ceffone. Un unico e potente ceffone fece voltare di scatto la testa di Jack. La guancia ci arrossò e pulsò dolorosamente, mentre il bastone cadeva in silenzio nella neve. << Fa silenzio! >> Gli ordinò e la coltre di neve si fece più fitta.
Per Jack fu come se lo avesse congelato sul posto. Con occhi sbarrati si voltò verso di lei, nel panico. << Elsa … >>
<< Ti ho detto si stare zitto! >> Urlò ancora. << E’ una maledizione, non un dono. Io mi sono affezionata a te, ero arrivata perfino a … >> la frase rimase in sospeso, non la completò con quel “innamorarmi di te” che stava per sfuggirle della labbra. << Stai lontano da me Jack, non voglio vederti mai più. >> Detto questo gli scagliò contro un raggio ghiacciato. 

Quello saltò in dietro, pensando mirasse a lui, ma invece puntava al terreno. Non appena toccò il suolo un’alta parete di ghiaccio comparve tra lei e i due uomini e la ragazza ne approfittò subito per dileguarsi, correndo lontano. Quando Jack superò la barriera volando, lei era già fuggita, ma si era lasciata dietro una scia di ghiaccio che sarebbe stato facile seguire. Stava perdendo di nuovo il controllo, sta volta per colpa sua; doveva trovarla prima che congelasse tutta la Norvegia, ma aveva fatto i conti senza l’oste … << Allora Jack? >> Disse infatti Pitch comparendo alle sue spalle. << Che si fa? >> Non poteva permettere che anche lui seguisse la pista di ghiaccio che lo avrebbe condotto ad Elsa, così fece l’unica cosa che poteva fare per rallentarlo: attaccare, scagliandosi contro l’Uomo Nero con tutta la forza della sua rabbia!
 
Elsa, intanto, stava correndo senza meta, disperata e con il cuore spezzato. Ogni passo che faceva congelava qualcosa, ma non le importava. Aveva gli occhi piene di lacrime, non vedeva dove andava, ma neanche di quello le importava. Era talmente sconvolta e accecata dalle lacrime che non vide il sasso in cui inciampò. Cadde di faccia, ma per sua fortuna riuscì a parare il colpo con le mani prima di sbattere il naso nel fango. Nella caduta la lunga gonna del suo abito azzurro si era macchiata di fango e lo spacco si era lacerato, stessa fine aveva fatto lo strascico, probabilmente rimasto impigliato in chissà quanti cespugli, ma di nuovo non le importò nulla e rimase sdraiata a terra dove, finalmente, lasciò libero sfogo alle lacrime, mentre dal cielo cominciava a nevicare. Si sentiva annientata; come aveva potuto farle questo? Lei si stava innamorando di Jack Frost: lui pareva perfetto, carino e simpatico, capace di capirla fino in fondo, ma poi aveva scoperto che le aveva sempre mentito, l’aveva tradita e il sogno si era infranto. Eppure sembrava che anche lui provasse gli stessi sentimenti. Desiderava non averlo mai incontrato, quel viaggio nel futuro l’aveva rovinata. Quando si rialzò, dolorante in più punti e con i palmi scorticati, si ritrovò in ginocchio, ai piedi di una collina. La riconobbe subito, la grande entrata e i gradini scavati nella roccia che conducevano ad essa erano indimenticabili: era l’ex sala vichinga da cui si accedeva alla grotta di Padre Tempo. “Pare che il fato non debba odiarmi del tutto” pensò mentre si arrampicava lungo i gradini “Padre Tempo potrà riportarmi da Anna.” 
Arrivata nella sala non c’erano i fuochi fatui a guidarla con la loro luce azzurrognola, ma a grandi linee si ricordava il percorso che aveva fatto e così trovò ugualmente la strada, anche se rischiò di inciampare nei piedi dell’ex trono o di cadere nei resti in un focolare centrale, che l’altra volta non aveva notato. Scendere la scale a chiocciola verso la grotta di Padre Tempo fu un’impresa ancora più ardua, ma ce la fece e finalmente intravide la luce del fuoco dello spirito superiore.
Lo vide vicino alla fenice Eve e non fu per nulla sorpresa sorpresa di trovarlo esattamente come lo aveva lasciato, non era invecchiato di un giorno, nonostante i 150 anni trascorsi. Gli corse incontro e l’uomo non si meravigliò affatto quando la vide. << Oh bambina cara. >> La apostrofò. << Temo che tu sia qui perché hai scoperto il segreto di Jack, vero? >>
A quelle parole lei bloccò la sua corsa. << Lo sapevi? >>
<< Io sono Padre Tempo, Elsa, so tutto quello che è accaduto, quasi tutto quello che sta accadendo e anche parecchie cosa che devono ancora avvenire. >> Accompagnò la frase con un ampio movimento del braccio destro e con lui si mosse anche la larga manica della tunica. Le minuscole stelle su di essa brillarono della luce riflessa dalle fiamme. << Ma il futuro è incerto, cambia di continuo, ecco perché non ne conosco ogni particolare, e su quel che so non faccio mai molto affidamento. Jack poteva anche decidere di dirti la verità, anche se, devo confessarlo, non credevo che lo avrebbe fatto, come infatti è successo. >>
<< Se lo sapevi perché non me lo hai detto? >> Gli chiese Elsa, arrabbiata anche con lui, l’unico di cui credeva ancora di potersi fidare.
L’uomo non perse tempo nel risponderle. << Dovevamo proteggerti, piccola mia. Se Pitch avesse messo le grinfie su di te, i tuoi poteri e la tua paura, i Guardiani non avrebbero avuto la minima speranza. Lui li avrebbe spazzati via e con loro anche l’ultima speranza per un mondo di pace. >> La guardò con occhi inteneriti, ricchi di compassione. << Si sincera Elsa, se ti avessi detto la verità su Jack ti saresti fidata di lui? Gli avresti affidato la tua vita? >>
La regina abbassò il capo, punta sul vivo. << No >>. Sentiva la rabbia verso l'anziano svanire piano piano, ma non quella verso l'albino. Perchè le era così facile perdonare Padre Tempo ma non altrettanto facile perdonare Jack? Scosse il capo per scacciare quei pensieri: era troppo confusa e frastornata per pensare a cose del genere.
Padre Tempo sospirò, sollevato e al tempo stesso amareggiato da quella risposta. << Mi dispiace averti nascosto la verità, come dispiace a Jack. Lui prova un sentimento molto forte per te, proprio come tu lo provi per lui. >> Le lacrime minacciarono nuovamente di fuoriuscire dagli occhi della regina, sentendo quelle parole. Il suo cuore spezzato reclamava vendetta e non l’ennesima lama che apriva di più quella fresca ferita. << Aveva semplicemente paura che e se tu avessi scoperto cosa lui aveva fatto, lo avresti rifiutato. La sua colpa è stato l’amarti troppo, così tanto dal non essere in grado di separarsi da te. >>
<< Se mi avesse veramente amata non mi avrebbe nascosto la verità. Una relazione che nasce sulle bugie è solamente destinata a crollare … non che tra noi ci fosse mai realmente stata una speranza di un futuro insieme. >> Il peso di quella realtà la schiacciò come un macigno e si strinse le mani sulle braccia, come per volersi fare un auto-carezza. << Voglio tornare da mia sorella, il suo abbraccio è l’unica cosa di cui ora ho bisogno. Ti prego, rimandami da lei. >>
Padre Tempo scosse il capo. << Non posso farlo, Pitch ti troverebbe subito. >>
<< Allora mandami altrove. >> Incalzò lei. << Se tornassi al polo lo rivedrei e il mio cuore non lo sopporterebbe. >> Gli andò incontro con occhi speranzosi. << Ho bisogno di ricominciare, di trovare il mio centro, come fanno anche i Guardiani. Ho bisogno di una ragione per continuare a lottare. >>
L’anziano spirito parve riflettere profondamente su quella proposta. << Elsa, se ti mandassi nel passato, non da tua sorella o da Jack, ma ancora più indietro, a ritrovare la tue radici e questo “centro” di cui parli, accetteresti? >> I suoi occhi cerulei la fissarono da dietro agli occhiali a mezzaluna, come se potessero leggerle l’anima. << Sappi che saresti sola e senza protezione, ma in un luogo in cui difficilmente Pitch riuscirebbe a trovarti. >>
<< Accetto. >> La ragazza non aspettò neanche un secondo per rispondere. << Non posso affrontare Jack ora. Ho bisogno di capire prima io quali sono i miei sentimenti. >>
Padre Tempo le indicò con la mano uno specchio dietro di lei, dalla cornice in legno e ferro lavorato, bruciacchiato in più punti. << Da questa parte, bambina. >> Le disse. << E buon viaggio. >> Sta volta Elsa non si fece spingere e, dopo un ultimo sguardo allo spirito, si lasciò cadere contro lo specchio e giù, verso il terreno. La caduta le parve più breve di quella del viaggio precedente e riuscì anche a cadere in piedi. Si guardò intorno e non vide altro che alberi e rocce e più giù altri alberi e altre rocce. Era su una montagna, il sole stava tramontando e la luce non le fece vedere altro che solitudine e, in lontananza, il mare. Solo allora si rese conto di ciò che aveva fatto. Ora era sola, sperduta in un luogo e in un tempo che non conosceva, senza un posto dove stare. La paura, la disperazione, il risentimento e la rabbia, crebbero in lei, dandole nuova forza e decisione.
Jack le aveva spezzato il cuore, lo aveva preso e ridotto in mille pezzi con i suoi segreti e le sue bugie. Decise che non avrebbe sofferto mai più, che nessuno l’avrebbe mai più raggiunta, che si sarebbe creata un nuovo regno delle nevi fatto solamente di freddo e ghiaccio.
Mosse le mani con grazia e velocità. Neve spruzzò fuori dalle sue dita, coprendo il terreno intorno a lei e l’intera montagna, ghiaccio si formò dal nulla e con esso creò un nuovo castello, più grande e più bello di quello che aveva già edificato nel suo tempo; magnifico, azzurro, cristallino, che rifletteva la luce del nuovo giorno come un diamante. La sala interna era splendente, la scale, che salì di corsa, scintillavano più che mai. Si creò anche un trono, da cui poter ammirare la sua opera.
Guglie e torri si stagliarono contro il cielo, che pian piano si stava riempiendo di grossi nuvoloni neri, come neri furono i nuovi abiti che si diede per sostituire quelli distrutti dalla corsa, perché nera era la sua anima tormentata; in fondo il suo umore aveva sempre influito sui suoi poteri e mai più di allora era stata, letteralmente, di umore nero e un cuore spezzato non aiutava di certo ad essere buoni e felici. La sua collera fece espandere il manto di neve e ghiaccio, che pian piano pareva ricoprire ogni metro di terra che poteva vedere. “Sto di nuovo ghiacciando il mondo”, si ritrovò a pensare, ma con sgomento si rese conto che non lo importava.
Nel suo tempo l’avevano etichetta come un mostro, la strega cattiva delle favole. Ma era la regina e se gli altri volevano che lei fosse cattiva lo sarebbe stata: una splendida e "cattiva" regina delle nevi …






The Fred's Hollow:
Salve miei amati lettori/lettrici. Buon giorno, buona domenica e scusate per il ritardo.
Purtroppo per via di impegni di studio non ho potuto pubblicare prima e mi dispiace avervi fatto attendere tanto, soprattutto visto che era un capitolo abbastanza atteso. Spero che almeno il capitolo sia stato di vostro gradimento e che vi abbia ripagato dell’attesa.
Ora la situazione si è finalmente sbloccata. Jack, per paura, non ha subito confessato tutto ad Elsa ed ora Pitch si è messo in mezzo, rivelandole la verità. Lei, forse, ha reagito in modo esagerato scappando via e facendosi mandare da Padre Tempo in un altro … beh tempo XD, ma anche congelare mezza Arendelle lo è stato XD, quindi mi è sembrato un comportamento IC. In fondo Jack era una delle poche persone di qui si fidava.
Padre Tempo è ricomparso, visto? XD Vi era tanto piaciuto e ora ha fatto un’altra comparsata hahaha.
Spero vivamente che questo capitolo vi sia piaciuto, perché mentre per il precedente dubbi non ne avevo, mi piaceva, per questo qualche dubbio ne ho ^^’’’. Non so perché ma ho la sensazione che potrebbe non piacere.
Sta volta, diversamente, dal solito, non vi lascio con l’anticipazione del prossima capitolo. Perché? Beh perché dal prossimo capitolo, finalmente, faranno la loro comparsa alcuni degli altri cross-over. Chi? Beh se avessi messo l’anticipazione lo avreste capito subito hahahaha.
Con questo vi saluto, vi bacio, mi scuso per il ritardo e per eventuali errori di battitura, ringrazio tutti coloro che continuano a seguirmi e infine auguro a tutti un 
FELICE NATALE.
Durante le vacanze non vi prometto la costanza negli aggiornamenti, ma ci proverò ^^’’, lo giuro hahaha.
Vi aspetto la settimana prossima, ancora tanti baci e i miei più sentiti auguri <3 !!

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Capitolo 9
*** L'inverno sta arrivando ***



Nelle puntate precedenti …
Jack, non ancora Guardiano, vola in giro per il mondo e per caso assiste alla nascita di Elsa. Non volendo le passa parte dei suoi poteri e, avendo capito cosa ha fatto e sentendosi in colpa fugge. 21 anni dopo Elsa è divenuta regina e dopo aver quasi congelato l’intero suo regno è riuscita a gestire i suoi poteri. Un giorno torna nel suo castello ghiacciato e ci trova un fantasma, che in realtà altri non è che Jack Frost, ma non credendo nella sua esistenza non lo vede. Trovate informazioni su di lui in un libro vichingo decide di ritornare al castello ma lungo il tragitto viene attaccata da Pitch Black, intenzionato a prendersi la sua paura. Si salva solo grazie all’intervento di un drago nero che la porta in un antico villaggio vichingo dove incontra Padre Tempo. Lui, per ordine di Manny, la manda dal Jack Frost del futuro, il Guardiano, per far sì che lui possa proteggerla. Tra i due, dopo alcuni screzi, si instaura un bel rapporto di complicità che pian piano si sta trasformando in amore, ma purtroppo Elsa ancora non sa che è colpa di Jack se lei è stata maledetta con i suoi poteri. Un giorno, mentre i due si trovano lontano dal polo nord, Pitch li trova e rivela a Elsa la verità sui suoi poteri. Lei, ferita dal silenzio di Jack, fugge via da lui, lasciandosi dietro una scia ghiacciata. Nella fuga si ritrova davanti a Padre Tempo che la manda nel passato, lontana da Pitch, da Jack e da Anna, in un tempo a lei ignoto …




 
CAPITOLO OTTO
L’inverno sta arrivando
 
Quando finalmente mise piede sul molo, Merida tirò un sospiro di sollievo. Il viaggio in mare era stato lungo ed estenuante, di una noia mortale, e fortunatamente non soffriva il mal di mare. Una ragazza come lei non era abituata a restare ferma in un posto piccolo come il ponte di una imbarcazione per molti giorni, quindi la tratta era stata particolarmente dura. Per tutto il tempo non aveva fatto altro che ricordare con nostalgia i suoi boschi e i suoi allenamenti nel tiro con l’arco. Cavalcare con Angus, il suo fidato destriero, era come volare, le dava un senso di libertà che mai aveva provato tra le mura del suo castello. Prima che il rapporto con sua madre si aggiustasse, rimanere rinchiusa lì era una tortura.
Ora le cose erano decisamente migliorate; ma non sarebbe potuto andare diversamente, visto che aveva tramutato sua madre in un orso per non sposarsi! Potevano definirsi quasi amiche, ma molte volte la donna imponeva ancora la sua autorità di madre. Nonostante il viaggio si prospettasse lungo e noioso, infatti, la regina Elinor era stata categorica: dovevano andare al matrimonio di suo cugino Hiccup e su questo non ammetteva repliche! Dalla morte di suo padre Stoik, avvenuta circa un anno prima, lui era il nuovo capo villaggio di Berk ed era d’obbligo per il clan Dun Broch, mandare dei rappresentanti per un’occasione tanto importante.
Merida conosceva poco suo cugino, come poco aveva conosciuto il defunto zio Stoik l’Immenso, giacché li aveva visti entrambi si e no un paio di volte. Questo perché non solo Dun Broch e Berk distavano più di quindici giorni di mare, ma anche perché la sorella minore di Elinor, Valka, madre di Hiccup, era scomparsa quando lui era ancora in fasce, prima ancora che Merida nascesse.
Valka, tuttavia, era da poco tornata in circolazione, dopo che per venti anni si era creduto fosse stata divorata dai draghi.
Già … i draghi!
Forse era stato questo il motivo per cui Merida non aveva obbiettato troppo al viaggio per Berk. Spesso e volentieri i suoi genitori le avevano ripetuto che i vichinghi combattevano contro questa “piaga” che erano i draghi e ciò nonostante, fin da piccola lei aveva follemente desiderato poterne vedere uno dal vivo. Oh che magnifica avventura sarebbe stata, perfino l’aver trasformato sua madre in un orso sarebbe passato in secondo piano davanti a un drago!
I vichinghi avevano smesso di combatterli poco più di sei anni prima, quando proprio suo cugino Hiccup aveva dimostrato loro, diventando amico di uno di quei rettili sputafuoco, che non erano poi così cattivi come potevano sembrare. Da allora Hiccup li addestrava e li cavalcava.
Quando l’isola di Berk aveva iniziato a stagliarsi all’orizzonte si era messa a saltellare per la gioia: << Siamo arrivati, siamo arrivati. >> Aveva strillato ai marinai mentre scendeva dal parapetto sul quale si era arrampicata. Un mare di ricci rossi le coprì momentaneamente la vista quando una folata di vento glieli portò davanti agli occhi.
<< Merida un po’ di contegno! >> La voce autoritaria della madre la bloccò.
<< Ma mamma! >> Si girò verso la donna e vide che anche lei stava lottando contro il forte vento che le muoveva freneticamente i capelli castani, acconciati nelle sue solite code. Il rapporto tra le due era migliorato, certo, ma la regina Elinor provava ancora a farla comportare come una vera principessa, non aveva ancora rinunciato, anche se ora capiva di più il suo bisogno di libertà.
<< Niente ma, Merida. >> Le aveva risposto. << Poiché tuo padre e i tuoi fratelli sono rimasti in Scozia è compito nostro rappresentare degnamente il clan Dun Broch. >>
La rossa alzò gli occhi al cielo: era almeno la centesima volta che glielo ripeteva. Alla fine, tuttavia, seppur sbuffando, promise di comportarsi bene, promessa che, logicamente, venne dimenticata non appena mise piede sulla banchina.
Si mise a correre verso la salita in legno che portava al villaggio, prestando ben poca attenzione al comitato di benvenuto vichingo che era venuto ad accoglierli.
Voleva vedere i draghi, doveva vedere i draghi!
<< Ehi ragazzina, dove corri? >> A fermarla fu un omone grande e grosso, biondo, con lunghi baffi di lunghezze diverse e un dente di pietra, che la afferrò per il colletto del vestito con il suo … uncino! Aveva un uncino al posto della mano!
<< Tu devi essere Merida vero? >> Sta volta a parlare era stata una bella della donna, alta e sinuosa. Aveva gli occhi grandi e verdi, le labbra sottili e i lunghi capelli castani legati in più code. Acconciatura, pensò la riccia, che le ricordava parecchio quella di sua madre. Ebbe a stento modo di annuire, visto che il vichingo biondo l’aveva facilmente sollevata da terra. La donna la sorrise, capendo la situazione, e subito si affrettò a dire: << Skaracchio, questa ragazza è la principessa di Dun Broch, la figlia di mia sorella, lasciala andare. >>
<< Come dici tu Valka. >> Le rispose quello mollando la presa. I piedi di lei batterono con forza le assi del molo e l’impatto per poco non le fece perdere l’equilibrio. << Ma se si rimettere a correre la fermi tu! >> E si allontanò zoppicando verso la nave. Solo allora la ragazza notò che oltre a una mano gli mancava anche un piede, sostituito da una gamba di legno.
<< Tutto bene, cara? >> Le chiese la donna attirando nuovamente la sua attenzione.
<< Oh, ehm … si! >> Disse, anche se stranamente ebbe prima bisogno di pensarci un po’. << Il tuo nome è Valka? >> La donna annuì. << Quindi sei mia zia!>>
<< Merida! >> La voce, carica di rimprovero, di sua madre la fece sussultare. << Ti pare il modo di fare di una principessa? Per fortuna che ti avevo fatto promettere che ti saresti comportata in modo consono, altrimenti che avresti fatto?! >> La donna si stava avvicinando a loro rapidamente, tenendosi sollevato l’orlo del vestito verde che aveva indossato. Dietro di lei, il vichingo Skaracchio, stava avendo non pochi problemi con i loro bagagli.
Merida già si aspettava una sfuriata, ma per sua fortuna Valka si intromise, parlando con la regina al posto suo. << Suvvia Elinor, si è solo fatta una corsetta, non ha fatto nulla di grave, soprattutto non per gli standard di un villaggio vichingo. >>
La donna fu presa in contropiede. << Effettivamente … >> Ebbe il tempo di mormorare solo questo prima che la vichinga le si buttasse addosso abbracciandola.
<< Elinor, sorella mia, mi sei tanto mancata, non immagini quanto! >> Le bisbigliò.
<< Anche tu Valka. >> Rispose la donna con voce commossa. << La mia sorellina è tornata … >>
Si abbracciarono a lungo, prima che sorella minore si staccasse. << Sei severa con tua figlia proprio come lo eri con me. Non sei cambiata neanche un po’ Elinor! >>
<< Già. >> Rispose quella portandosi le braccia al petto. << E lei mi rispondere comportandosi male proprio come facevi tu. >> La vichinga rise e si girò per fare un occhiolino alla nipote, che le sorrise con fare complice, al ché la regina le guardò male: << Che state architettando voi due? >>
<< Niente! >> Risposero quelle in coro, per poi ridacchiare nuovamente.
<< Bel tipino è tu figlia. >> Disse Skaracchio ad Elinor, non appena la raggiunse con le valigie. << Mi ricorda una versione femminile di Hiccup … deve essere un tratto distintivo di famiglia … >>
Quella frase fece scattare qualcosa nella testa di Valka: << Merida. >> La chiamò. << Scommetto che non vedi l’ora di rivedere mio figlio, non è vero? Hiccup era entusiasta quando ha saputo che saresti venuta anche tu. Mi ha detto che eri l’unica cugina che non lo prendeva in giro quando era piccolo. >> La rossa non ricordava molto dei suoi precedenti incontri con Hiccup, ma preferì non discutere, soprattutto non quando sua zia aggiunse. << Così, magari, potrai vedere qualche drago, che te ne pare? >>
Gli occhi di Merida si illuminarono al solo sentire quella proposta. << Oh mi pare un’idea fantastica. >> Si voltò verso la madre. << Mamma, possa andare con la zia Valka vero? >>
Elinor spostò lo sguarda dalla figlia alla sorella più e più volte, prima di arrendersi e mormorare uno sconsolato: << Va bene … >>
 
Valka volle portarla direttamente verso l’Accademia dei draghi, dove era certa si trovasse il figlio, anche nel giorno del suo matrimonio. Lungo il tragitto ne approfittò per mostrare a Merida le particolarità di Berk, come la tana sotterranea dei draghi o i trespoli eretti per loro qua e là nel villaggio. Di draghi, tuttavia, la ricca non ne vide manco uno, se non un paio di sfuggita. << Ce ne sono pochi. >> Disse ad un certo punto. << Credevo che Berk ne fosse piena. >>
<< Oh, lo è! >> Rispose Valka. << Ma Hiccup e Sdentato, il suo drago, insieme agli altri cavalieri li hanno fatti momentaneamente spostare. Per il matrimonio non era l’ideale avere dei draghi che scorrazzavano per il villaggio senza qualcuno che li sorvegliasse. >> Si fece una mezza risata prima di continuare. << Fortunatamente Sdentato è il nuovo alfa, quindi è stato relativamente semplice controllarli. >>
Merida sollevò un sopracciglio. << Che vuol dire “nuovo alfa”? >> Intanto stava seguendo la zia fuori dal villaggio, su un ponte lungo e sottile, dirette verso una struttura circolare, molto grande, coperta da una specie di grata di ferro a forma di cupola. Sembrava una gigantesca gabbia.
<< L’alfa è il capo dei draghi. >> Le spiegò la donna. << Sdentato lo è diventato da poco, come Hiccup lo è diventato di noi vichinghi. >> A quel punto la sua voce divenne più cupa e Merida ebbe il buon senso di non aggiungere altro. Sua madre le aveva spiegato cosa era successo: suo zio Stoik era morto proprio quando avevano ritrovato la zia Valka e da allora Hiccup aveva preso il posto di suo padre come capo villaggio. Probabilmente parlare si questioni riguardanti il marito, era un’esperienza ancora troppo dura per Valka.
Parlando erano arrivate innanzi alla strana costruzione che Merida aveva visto da lontano. Di fronte all’ingresso era appesa una sagoma in legno, dipinta di nero, a forma di drago attorcigliato su se stesso. Una parte della coda era rossa. Sotto il logo, scritto con delle rune, campeggiava la scritta: “Accademia dei draghi di Berk”. << Eccoti arrivate. >> Disse Valka fermandosi davanti alla piccola discesa che portava oltre la grata di accesso. << Questa è l’arena dove prima uccidevamo i draghi, ma ora qui li addestriamo. >> Si voltò verso di lei sorridendole, prima di cominciare a ridiscendere verso l’arena. << Ora ti accompagno dentro e ti lascio a mio figlio, poi ci rivedremo sta sera per la cerimonia. >>
La donna si commosse mentre parlava, così la riccia le chiese: << Zia? Stai bene? >>
<< Oh si casa. >> Fece lei, ma intanto si stava sciugando le lacrime. << E’ solo che mi sembra assurdo che il mio Hiccup si stia per sposare. All’inizio Astrid non mi piaceva molto, ma poi mi sono ricreduta, perché è proprio una brava ragazza, un’ottima combattente e una vera vichinga. Credo che andrete d’accordo. >> Si fermò giusto un attimo prima di aggiungere. << Ah, Astrid sarebbe la futura sposa, ma immagino che tu l’avessi capito. >> E rise.
<< Mamma che ci fai qui? >> Una voce maschile le fece trasalire entrambe, così si voltarono verso il fondo dell’arena. Un bel ragazzo, non altissimo ma prestante, stava venendo verso di loro. Aveva indosso una tunica marrone e sulle spalle un pezzo d’armatura di cuoio nero. Avanzava verso di loro con passo sicuro, ma leggermente zoppicante, perché la sua gamba destra non c’era, era stata sostituita da una protesi di ferro. Il suo viso aveva lineamenti delicati, il mento era coperto da una leggera peluria castana, stesso colore dei capelli, che andavano sparati in tutte le direzioni. Le gote erano macchiate da delle lentiggini, che non facevano altro che dar più luce agli occhi verde chiaro. Quando lo vide, Merida si ritrovò ad arrossire, visto che era molto carino, ma quando si rese conto che quel ragazzo era proprio suo cugino Hiccup arrossì ancora di più!
Come aveva fatto quello scricciolo che ricordava a diventare così?
Dietro di lui camminava una bella ragazza bionda, con i capelli raccolti  in una morbida treccia laterale. Anche lei indossava pezzi di armatura, ma in ferro, e questo le dava un’aria decisa e sicura, sicurezza che si rifletteva anche nei suoi occhi azzurro ghiaccio.
<< Ho accompagnato tua cugina Merida, voleva vedere i draghi. >> Gli rispose Valka. << La lascio a te e a Astrid per po’, poi torno più tardi per i preparativi della cerimonia. >> Detto questo girò sui tacchi e se ne andò, lasciando i tre giovani da soli.
Uno strano ed imbarazzante silenzio scese sui ragazzi ma Merida, che non era mai stata in grado di sopportare le situazioni imbarazzanti, si decise a parlare: << Hiccup. >> Cominciò. << Quasi non ti riconoscevo, sei cambiato molto. >>
Il ragazzo sembrò rilassarsi. << Si, infatti. Probabilmente i ricordi che hai di me corrispondono a un bambino tutto pelle e ossa che non faceva altro che combinare guai. Beh di guai ne combino ancora, l’unica differenza è che ora devo darmi una regolata: sono un capo dopo tutto! >>
<< Sua madre ripete sempre che lui ha “l’animo di un drago e il cuore di un capo” … finora non abbiamo visto nessuno dei due. >> Disse la ragazza bionda scoppiando a ridere.
Hiccup si girò verso di lei e alzò le spalle due o tre volte mentre le rispondeva. << Ha-ha … divertente Astrid. >>
Lei rispose imitando il suo movimento e iniziando a balbettare per finta. << V-va bene Hi-Hiccup, non lo fa-faccio pi-più. >>
Lui alzò gli occhi al cielo. << E basta con questa storia, io non faccio così! >> Il tutto alzando di nuovo le spalle.
Merida non degnò neanche di coprirsi la bocca con la mano per nascondere la risata che ne scaturì. In compenso diede man forte alla ragazza dicendo al cugino: << Ma se lo hai appena fatto! >> Ed imitò a sua volta il tic del ragazzo. A quel punto Astrid rise più forte mentre Hiccup apriva la bocca guardandola sconvolto ma divertito. Quando la riccia smise di ridere tesa la mano alla bionda. << Tu sei Astrid quindi, piacere di conoscerti, io sono Merida. >> La ragazza rispose alla stretta con entusiasmo. << Sono felice che mio cugino abbia trovato una moglie in grado di tenergli testa. >>
<< Oh no, un’altra alleata per Astrid e mia madre, fantastico. Voi donne vi spalleggiate sempre vero? >> La fanciulle ridacchiarono ma non risposero, così Hiccup continuò. << Beh, almeno vedo che non avete bisogno di presentazioni, ma intanto credo che tu >> e indicò la rossa con l’indice << voglia essere presentata a qualcun altro. >> Gli occhi di Merida si illuminarono a quella dichiarazione. << Vieni con me, ti presento il mio migliore amico. >>
 
Il suo “migliore amico” era un drago nero, dalle fattezze feline e un paio di grandi ali membranose, che Hiccup aveva chiamato Sdentato (come già le aveva preannunciato Valka) perché aveva i denti retrattili. Aveva una lunga coda, ma parte della pinna finale era stata tranciata da una trappola ed era stata proprio colpa di Hiccup se il drago non poteva più volare. Il ragazzo, quindi, gli aveva costruito una sella speciale che terminava con una coda finta, fatta di tela rossa (da cui il simbolo dell’accademia). Lui, salendo in groppa al rettile, poteva muovere la coda con un pedale apposito, permettendo a Sdentato di volare, anche se potevano farlo solo insieme.
Merida guardò quella creazione ammirata. Suo cugino era sempre stato un ragazzo di grande inventiva, almeno da quel che ricordava, ma con quella sella si era superato!
Sdentato era una Furia Buia, una specie di drago su cui si sapeva ben poco, se non ciò che Hiccup aveva scoperto grazie al suo amico, e di altre Furie Buie non c’era traccia. Merida, che non aveva mai visto un drago così da vicino, lo trovò meraviglioso. Sdentato era unico e sembrava anche molto più intelligente dei suoi simili. Lui e il suo padrone avevano molte cose in comune: l’intelligenza, la curiosità, gli occhi verdi e persino una parte del corpo mancante!
Astrid le fece conoscere anche il suo, di drago, una femmina di Uncinato Mortale di nome Tempestosa. Lei era bellissima e vanitosa, dalle squame variopinte, ma principalmente azzurre e gialle. La vichinga le spiegò, che poteva lanciare aculei avvelenati dalla coda (ecco il perché del nome) e che non c’erano due Uncinati con gli stessi colori.
Hiccup le disse che sarebbero stati presenti anche alcuni draghi al matrimonio, tra cui Sdentando e Tempestosa, e le propose di fare un giro prima di separarsi per la cerimonia. Merida, entusiasta più che mai, stava già per allungare una gamba per salire su Sdentato, quando Valka ritornò nell’arena. << Mi dispiace disturbarvi, ma si sta facendo tardi, bisogna iniziare i preparativi per il matrimonio. >>
Hiccup le sorrise prima di voltarsi per dare un veloce bacio a fior di labbra alla futura moglie. << Ci vediamo più tardi, mia signora … >> le disse << … quando diventerai per davvero la “mia signora”. >>
Astrid rise e rispose dandogli un “affettuoso” pugno sul braccio. Lui le fece una smorfia mentre si massaggiava, dolorante, il braccio e si girò verso la riccia. << Merida, ti prometto che il giro te lo faccio fare domani, avremo tutto il tempo. >>
Lei annuì e lo lasciò andare, anche se era delusa per non poter volare su Sdentato. Rimaste solo le ragazze, Valka presa la futura nuora sotto braccio. << Andiamo cara, è ora di prepararti! >>
 
I matrimoni vichinghi, scoprì Merida, erano abbastanza diversi da quelli scozzesi. Lei, essendo nubile, non poté partecipare ad ogni fare del rito di preparazione, ma per quanto possibile volle accompagnare Astrid nel suo passaggio da ragazza a moglie. Alla prima occasione la bionda fu spinta a forza in un bagno di vapore, una sauna, e né uscì solo una mezz’oretta dopo, sudata e rossa come un peperone per il calore intenso. L’abito che indossò era di fattura semplice, bianco, con le maniche ampie e scollatura a barca. I bordi erano decorati con ricami dorati, come dorata era la cintura di stoffa che le misero in vita. I capelli furono lasciati sciolti, ma decorati con una coroncina fatta di fiorellini bianchi e nastri, anche quelli bianchi. Era molto bella, Merida avrebbe voluto dirglielo, ma le altre donne la cacciarono fuori dalla capanna dove si erano rintanate, sostenendo che ora dovevano dare dei “consigli” sul matrimonio alla futura sposa. Merida provò a ribattere, ma le donne del villaggio e in particolare una vecchina, bassa e muta, che le ricordava paurosamente la strega che le aveva dato l’incantesimo che aveva trasformato sua madre in un orso, la allontanarono in malo modo. << Uffa! >> Esclamò quando la porta fu chiusa con violenza alle sue spalle. << Non stavo facendo nulla di male! >>
Si mise a passeggiare per Berk e le capitò anche di intravedere da lontano Hiccup, già pronto per il matrimonio. Aveva voglia di avvicinarsi, tuttavia non lo fece, perché era circondato da altri uomini.  Erano tutti vichinghi grandi e grossi, e suo cugino quasi stonava in messo a loro, così minuto a confronto. Soprattutto vestito con una semplice tunica verde bosco e un paio di pantaloni marroni che lo rendevano ancora più magro. Skaracchio, il vichingo insolente del porto, gli stava porgendo una pesante spada di ferro: << Questa era la spada di tuo padre. >> Gli disse. << E’ tradizione vichinga che la spada degli antenati venga data alla moglie nel giorno del matrimonio e che lei la conservi per darla al primogenito maschio. Stoik era orgoglioso di te, Hiccup, ed era entusiasta di Astrid. Sono certo dal Valhalla gioirà quando questa spada passerà ai tuoi figli. >> A quel punto si tirò fuori dal calzoni un grosso fazzoletto e si asciugò gli occhi, aggiungendo. << Queste non sono lacrime, mi è solo entrato qualcosa nell’occhio! I vichinghi non piangono. >>
 
Durante la cerimonia gli entrò qualcosa nell’occhio molte altre volte, ma per fortuna non interruppe mai la cerimonia, che era lui a celebrare. Ciò nonostante ci andarono parecchio vicini, quando due gemelli biondi, un maschio e una femmina più o meno dell’età di Hiccup, insieme a un altro ragazzo castano, muscoloso e con dei sottili baffi sul labbro, provarono ad ordinare ai loro draghi di dar fuoco ai festoni dietro l’altare solo per rendere il matrimonio, a loro dire, più “scenografico”. Il ragazzo castano Merida lo conosceva, anche se non ne ricordava il nome: era un altro cugino di Hiccup, da parte di padre. Fortunatamente furono fermati in tempo da altri due ragazzi, uno biondo e particolarmente robusto e un altro castano, affascinante e con un tatuaggio tribale sul mento. Solo di lui la riccia afferrò il nome, perché la gemella bionda, quando fu fermata, gli rispose con sguardo ammaliato: << Come vuoi tu Eret, figlio di Eret. >> Lui rispose con un’espressione schifata ma più di tanto non fece.
Il matrimonio fu festeggiato all’aperto, nel centro del villaggio, in modo che tutti potessero partecipare e assistere anche al momento dello scambio degli anelli (che vennero passati sull’elsa della spada di Hiccup) e anche allo scambio delle promesse. Quelle del giovane, da sempre abbastanza bravo con le parole, fecero commuovere persino una ragazza poco romantica come Merida, quindi non si stupì più di tanto quando, al momento del fatidico “può baciare la sposa”, fu Astrid a gettare le braccia al collo del marito per baciarlo con passione.
Erano ancora teneramente abbracciati e tutti stavano ancora applaudendo quando un vento polare fece gelare a tutti il sangue nelle vene. Uno strato di ghiaccio e neve ricoprì all’improvviso il terreno e il mare. Tutti si spaventarono e un vecchio dall’aria arcigna gridò: << Thor è adirato con noi! >>
<< Stai zitto Mildew! >> Lo zittì Skaracchio << Non è Thor, ma neve che viene dalla montagna. >> E la indicò con il suo uncino. << Anche se devo ammettere che è strano. >> Fece un secondo di silenzio prima di aggiungere: << Credo che mi andrò a cambiare le mutandine … >>
Si voltò verso Hiccup, come tutti gli altri vichinghi, in attesa di ordini, e lui non si fece attendere, prendendo subito in mano la situazione. << Moccicoso, tu e i gemelli andate in volo sul mare e rompete il ghiaccio che lo ha ricoperto o avremo un nuovo assalto dei Pungirapido. >>
<< Detto fatto, capo! >> Rispose il cugino di Hiccup, che Merida capì si chiamasse Moccicoso.
<< Gambe di Pesce, Eret. >> Continuava intanto il ragazzo con tono autoritario. In quel momento sembrava un vero condottiero. << Voi radunate tutti i draghi su Berk. Controllate che sia loro che i vichinghi stiano bene. >> Eret e il ragazzo biondo e robusto annuirono, per poi allontanarsi insieme ai tre di prima per svolgere i compiti loro assegnati. << Io e Sdentato andremo a vedere cosa sta succedendo sulla montagna. >>
<< Vengo con te. >> Gli disse Astrid andandogli incontro.
<< Anche io. >> Aggiunse Merida facendosi largo tra la folla.
Lui le guardò addolcito dal loro gesto. << No, Merida tu non sai volare, non ti offendere, ma mi saresti solo d’intralcio. Astrid, per te ho un altro compito: voglio che resti qui insieme a mia madre per gestire il villaggio fino al mio ritorno. >>
<< Sei sicuro di voler andare da solo, figlio mio? >> Valka era visibilmente preoccupata.
<< Si mamma. Non sembra il fiato di uno Sputaghiaccio, ma non si sa mai. Essendo Sdentato il nuovo alfa, io e lui possiamo farcela. >> Detto questo salì in groppa al drago e lo accarezzo gentilmente sul muso. << Andiamo bello! >>
Sdentato emise una specie di grugnito di assenso prima di aprire la grandi ali e spiccare il volo, sparendo nel cielo, dove si erano improvvisamente formati grossi nuvoloni neri. << Vai … >> Mormorò Astrid stringendosi le mano al petto, visibilmente preoccupata. << E stai attento, te ne prego. >>






The Fred's Hollow
Ed eccomi tornata! Sono in ritardo rispetto al prossimo appuntamento, ma almeno sono riuscita a pubblicare un nuovo capitolo XD
Le vacanze di Natale sono più massacranti di quel che può sembrare hahaha, ma almeno il 2014 è finito in bellezza: ha nevicato *.* !! Forse per voi non sarà nulla di speciale ma qui a Salerno, dove vivo io, non nevica MAI e io AMO la neve.
Non ho resistito: sono uscita in strada per scrivere nella neve “Jack Frost was here” hahaha.
Ma bando alle ciancie. Avrete notato che prima del capitolo ho fatto un riassunto della storia fino ad ora. Sta diventando talmente complicata che ho creduto fosse meglio fare una ricapitolazione prima che la trama si ingarbugliasse ancora di più. In oltre ora è cominciata, in un certo senso, una seconda parte della storia. Elsa è giunta nell’epoca vichinga e, almeno per questo capitolo, si è messa da parte, lasciando spazio agli altri personaggi. I protagonisti, questa volta, sono stati Hiccup, Merida e tutti i loro amici.
Ve li aspettavate? E che ve ne pare di loro? Di Merida avevo già scritto in una mia storia precedente, quindi penso di averla resa bene, o per lo meno l’altra volta nessuno ebbe da ridire. Per Hiccup ho qualche dubbio, ma lo adoro *.* (come adoro Jack e adesso anche Hiro. Ps per chi non avesse ancora visto Big Hero 6: andatelo a vedere, è meraviglioso!), quindi, anche nel suo caso, penso di essere stata abbastanza IC. In caso contrario vi chiedo scusa, come vi chiedo scusa in caso di errori di battitura ^^’’.
Hiccup e Merida li ho immaginati come cugini, anche perché, storicamente, dovrebbero appartenere più o meno alla stessa epoca e poi le madri, secondo me, si somigliano. Logicamente la mia storia è ambientata sia dopo Ribelle che dopo Dragon Trainer 2, quindi se non avete visto uno dei sue film non solo vi ho fatto un mega spoiler ma non avrete capito molto di ciò che i personaggi si sono detti. Ho fatto sì che Hiccup e Astrid finalmente si sposassero, perché li amo troppo insieme, sono perfetti XD. Mi sono documentata sui matrimoni vichinghi e ho cercato di descriverli al meglio. In realtà ho riportato solo alcuni dei dettagli principali, ma penso che come “riassunto” sia adatto XD.
In fine, chi è fan del Trono di Spade come me, capirà subito il riferimento nel titolo XD.
Dal prossimo capitolo le vicende del personaggi si complicheranno ulteriormente e spero che continuerete a seguirmi. A questo proposito vi do un piccolo assaggio del prossimo capitolo, per invogliarvi a leggerlo.
 

[…]Era partito in fretta e furia, senza preoccuparsi di prendere qualche indumento più caldo. Ogni tanto, poi, si guardava in dietro, come per controllare che i suoi compagni dell’Accademia stessero bene, ricordandosi solo dopo che aveva detto loro di rimanere al villaggio per adempiere ad altri compiti. Tuttavia si stava pentendo di non aver portato con sé almeno Astrid, sua moglie.
Erano sposati da meno di un paio di ore e ancora gli sembrava strano appellarla così. Era un’emozione unica che, considerando gli inizi burrascosi della loro relazione, mai credeva di poter provare.
Scosse il capo energicamente, per concentrarsi nuovamente sulla missione: prima avrebbe capito cosa stava succedendo, prima sarebbe tornato da lei. << Forza bello! >> Disse a Sdentato, esortandolo a continuare. << Ci siamo quasi, vediamo che sta succedendo e torniamo a casa. >> I suoi occhi verdi si posarono sul cielo plumbeo e si schiacciò con più forza contro il dorso della Furia Buia. << Prima facciamo meglio è … ho un brutto presentimento … >> […]

 
Che ne dite? Vi ho un po’ incuriosito? Spero proprio di sì, perché, purtroppo, ho notato un calo di recensioni e questo mi dispiace molto é.è. Mi auguro che ciò sia dovuto solo al fatto che vi state godendo le vacanze e non perché la mia storia non vi piace più.
A questo proposito un mega grazie va a:
Floryana, Strawberry chan, _littlemoon00_, the snow queen e Mintaka94, che hanno recensito nonostante le vacanze. Questo capitolo è dedicato a loro (e in particolare a quest’ultima, che pare abbia ritrovato la vena creativa per continuare la sua splendida storia) e a tutti coloro che sono venuti a leggere.
Grazie di cuore! <3
Infine, prima di lasciarvi, vorrei augurare a tutti voi un buon anno e vi lascio questo capitolo come piccolo “regalo” per tutto l’affetto e l’entusiasmo che i trasmettete anche soltanto aprendo la pagina della mia storia. Sono più di 800 visite! >.<
In effetti, forse siete voi che avete fatto un regalo di Natale a me! Hahaha!
Ora, dopo questo poema, vi lascio sul serio. Baci e  buon anno nuovo!


 

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Capitolo 10
*** Il cavaliere delle nevi ***


CAPITOLO NOVE
Il cavaliere delle nevi
 
Jack non si era mai sentito tanto arrabbiato. Perse completamente il controllo dei suoi poteri e si scatenò contro Pitch, ingaggiando una folle lotta con di lui. Lo incalzò talmente tante volte che alla fine non capì se fu la sua forza a farlo scappare o se l'Uomo Nero stesso preferì darsi alla fuga, ma il combattimento durò meno del previsto e fu una fortuna, perché la scia di ghiaccio lasciata da Elsa era ancora ben visibile. La seguì volando di albero in albero, attraverso un boschetto, dove trovò persino un brandello del suo strascico. “Oh Elsa, cosa ti ho fatto … ?!” La sua guancia pulsava ancora dolorosamente. Quel segno rosso non era altro che la prova della sua mancanza. I suoi sensi di colpa di moltiplicarono e ci mise ancora più impegno nel seguire le sue tracce. 
Esse finivano ai piedi di una montagnola su cui, in tempi antichi, erano stati scavati dei gradini nella rocca. Circa a metà altezza notò l'apertura di una grotta, anche se sembrava troppo lineare per essere naturale e molto probabilmente gli stessi che avevano scavato i gradini avevano creato anche la grotta, o per lo meno ne avevano aggiustato l'ingresso.
Jack scosse il capo e, sempre più demoralizzato, si tirò il cappuccio della felpa sulla testa, come a volarsi compri dallo sguardo della luna, che nonostante fosse pieno giorno, brillava alta nel cielo, facendo bella mostra di sé. Cosa stava pensando Manny di lui? Si stava pentendo di averlo scelto come Guardiano? Come aveva potuto essere così scoccio da non dire subito la verità ad Elsa?
Doveva dirle tutto quando avrebbe potuto, quando stavano iniziando a provare qualcosa di più profondo l’uno per l’altra, così che non lo avrebbe odiato se lo avesse scoperto da altri ... ma chi mai avrebbe immaginato che Pitch sapesse la verità? All’epoca non lo aveva notato nascosto nell’ombra della camera.
Se era stato lì fin dall’inizio, tuttavia, si spiegava il perché avesse preso di mira proprio Elsa. Sapeva a cosa sarebbe andata incontro e durante tutta la sua adolescenza non aveva fatto altro che incrementare le sue paure indisturbato, perché lo vedeva solo nei suoi sogni e nessuno era lì a difenderla da quel mostro.
Ma chi voleva prendere in giro?
Non era colpa di Pitch, ma sua, che non si era preso le sue responsabilità quando avrebbe dovuto Quello di proteggere ed aiutare Elsa avrebbe dovuto essere compito di Jack, ma lui era stato troppo codardo per eseguirlo.
 
<< Per colpa tua, senza qualcuno che mi insegnasse a usare i miei poteri, ho congelato l’estate di Arendelle e tutti mi hanno odiata … >> la sua voce si stava pian piano indurendo, mentre intorno a lei si faceva sempre più spessa una cortina di neve, che vorticava furiosamente attorno a lei. << Tutto ciò che mi hai insegnato in questi giorni … se solo fossi rimasto con me si sarebbe evitato tutto e invece, da gran codardo, sei fuggito, e anche adesso, che siamo stati tanto tempo insieme, non hai avuto il coraggio di dirmi la verità. >> Digrignò i denti, scossa dalla rabbia. << Sei solo un codardo Jack Frost! Mi hai rovinato la vita. Ti odio! >>
 
Gli era difficile dimenticare quella scena, il dolore e la rabbia e la delusione che aveva letto nei suoi occhi azzurri. “Sono stato io … la causa di quella sofferenza sono stato io …” Alzò gli occhi al cielo, fissando la luna: << Sei qui per farmi capire che ho sbagliato? >> chiese, sebbene sapesse che Manny non gli avrebbe dato risposta.
La luna rimaneva lì, alta nel cielo, bianca e distante. Fredda come lo sguardo di Elsa poco prima. In tutto questo tempo lui non gli aveva mai risposto, come poteva sperare che gli rispondesse adesso?
Stava per rimettersi in moto quando una luce azzurra proveniente dalla grotta attirò la sua attenzione. Pensando si trattasse di Elsa volò subito nella grotta, grazie a uno folata di vento, ma quello che trovò non su la sua regina, bensì uno piccola fiammella umanoide, che lo chiamava con una delle sue braccine evanescenti.
Non aveva idea di cosa fosse, ma istintivamente si fidò. << Vuoi che ti segua? >> Domandò, infatti. La fiammella non rispose, emise sono una specie di sospiro prima di scomparire e riapparire poco più avanti, verso il centro della grotta, insieme a molte altre luce uguali. Sembravano indicare un percorso prestabilito, così Jack si decise a seguirle. Esse lo portarono sul fondo della grotta, dove una spaccatura nella parete conduceva a una scala a chiocciola ed infine e una grande sala circolare, illuminata da un unico fuoco centrale la cui luce era riflessa da centinaia di specchi appoggiati tutt’intorno alle pareti. Vicino al fuoco, con un bellissimo uccello rosso appollaiato sulla spalla, se ne stava un vecchio, vestito con una grossa tunica blu notte, trapuntata di stelle. In testa portava un cappello a cilindro, come i maghi, sul naso adunco erano poggiati un paio di occhiali a mezzaluna, che coprivano gli occhi azzurri. Per finire una lunga barba bianca gli copriva il mento. << Oh bene. >> Disse quando lo vide. << Ecco l’ultima visita della giornata. Ti stavo aspettando, Jack Frost. >>
Il ragazzo fu preso alla sprovvista: << Sai chi sono? Mi vedi? >>
<< Certo che so chi sei e che ti vedo. >> Gli disse ridendo e alzandosi dalla panca su cui era seduto, mentre l’uccello volava via, appollaiandosi su un trespolo che Jack notò solo in quel momento. << Io so tutto. >>
<< Ottimo. >> Rispose l’albino con sarcasmo. << Io invece no e vorrei cominciare col sapere chi sei tu! >> Strinse con forza il bastone, nel cosa l’uomo si rivelasse un nemico.
Quello, per tutta risposta, sollevò una mano nella sua direzione, come a volerlo calmare. << Placa il tuo animo, non sono una minaccia, sono semplicemente Padre Tempo. >> Con quella affermazione Jack per poco non fece cadere il bastone dallo stupore. L’uomo rise << Mi immaginavi diverso? >>
Il ragazzo boccheggiò un paio di volte prima di rispondere. << No, in realtà non ho mai pensato all’aspetto che avresti dovuto avere, non credevo che ti avrei mai visto. >> Si rilassò ed avanzò verso di lui. I piedi nudi non fecero il minimo rumore mentre avanzava per pavimento liscio della sala.
<< Lo immagino. >> La voce dello spirito pareva lontana chilometri. << Come non avresti mai pensato di rivedere Elsa da adulta e di innamorarti di lei, giusto? >> Padre Tempo era ben conscio di toccare un tasto dolente e infatti una forte fitta strinse il cuore di Jack in una morsa. Abbassò il capo, scosso nuovamente da quella sensazione di vuoto e senso di colpa con la quale ormai conviveva. << Scusami se ti dico questo, ragazzo mio. >> Aggiunse, resosi conto di quanto l’albino stesse soffrendo. << So che non faccio altro che rigirare il coltello nella piaga, ma anche quella povera ragazza ha il cuore spezzato. >>
<< Non devi scusarti. >> Gli disse. << Hai ragione a dirmi questo perché me lo merito, è tutta colpa mia. >> Si lasciò cadere a peso morto su una delle panche, a guardare il fuoco scoppiettare nel braciere. << L’ho illusa, le ho mentito, le ho permesso di provare dei sentimenti per me che non sarebbero mai dovuti nascere … l’ho permesso anche a me e non doveva succedere … io vivrò per sempre, dei invece è destinata a morire, e anche presto. >>
L’uccello, prima appollaiato sulla spalla di Padre Tempo, gli volò accanto e attirò la sua attenzione colpendolo debolmente con il becco, come a volergli fare una carezza rassicuratrice. << Lei si chiama Eve. >> Gli disse Padre Tempo prima che il ragazzo potesse chiederglielo. << E’ una fenice, una creatura molto rara, che mai dimostra affetto così velocemente per degli estranei. Pare che tu le piaccia Jack, le stai simpatico. >>
L’albino si fece sfuggire una risata malinconica. << Già. >> Commentò accarezzando le piume sulla testa di Eve. << Almeno lei non mi odia … >>
Il suo fu un chiaro doppio senso, che l’anziano spirito colse al volo: << Jack, caro ragazzo, non abbatterti, non arrenderti. >> Gli disse con tono premuroso e gentile, poggiandogli una mano sulla spalla con fare paterno, facendogli capire di non essere per nulla adirato con lui. << Elsa non ti odia, anzi! Ti ama così tanto che non riesce ad accettare che proprio tu le abbia mentito, ma soprattutto non riesce a disprezzarti e questo la spaventa, perché si rende conto che quel che prova per te è più forte di quanto pensasse. >>
Gli occhi azzurri di Jack si fissarono in quelli dello spirito. Per un momento la speranza era tornata ad illuminare il suo animo. << Lo pensi sul serio? Io non intendevo farla soffrire, mai avrei voluto farle del male! >> La sua voce avere trovato nuovo fervore. << Avevo solo paura che … >>
Non finì la frase, non ce n’era bisogno, perché l’altro capì subito cosa intendesse dire. << So cosa temevi e ho provato a spiegarglielo, ma lei non ha voluto sentire ragioni. Era spaventata, come lo eri anche tu, e purtroppo la paura è sempre stata la sua peggior nemica. >> Rimase in silenzio per pochi secondi, come se le idee che aveva si stessero riordinando nella sua testa. << Mi ha supplicato di rimandarla da sua sorella … >>
<< Da sua sorella?! >> Jack si alzò di scatto dalla panca, allarmato e spaventato come mai lo era stato, con gli occhi sgranati: se Elsa fosse tornata da Anna, Pitch l’avrebbe trovata subito, si sarebbe impossessato della sua paura e non solo tutto loro sarebbero stati alla mercé dell’Uomo Nero ma lei sarebbe morta!
Un mondo senza Elsa ormai non era più in grado di immaginarlo.
Padre Tempo gli sorrise con benevolenza. << Tranquillo Jack, non l’ho riammalata ad Arendelle, ma l’ho comunque mandata via. >> Il gelo gli penetrò fin dentro alle ossa, ma lo lasciò continuare anche se mai aveva provato tanto freddo da quando era diventato uno spirito invernale. << Aveva davvero bisogno di calmarsi e trovare quello che voi Guardiani definite “centro”, qualcosa per cui lottare. >>
Il respiro di Jack accelerò, come fece anche il battito del suo cuore, che pareva aver preso il volo. << Fammi andare da lei. >> Chiese infine, non sapendo neanche cosa stesse domandando. Dentro di sé sapeva solo che avrebbe tanto voluto essere Lui il centro della sua regina e avrebbe fatto di tutto per riconquistare la sua fiducia, anche se per loro non c’era un futuro.
Padre Tempo fu preso alla sprovvista dalla richiesta e la sua maschera di tranquillità e pacatezza si incrinò. << Non credo sia il caso, Jack. >> La voce improvvisamente incerta e tremante.
<< Te ne prego! >> Implorò ancora il ragazzo. << Devo spiegarmi, deve capire! Non posso continuare a vivere sapendo che lei mi odia … >>
Gli occhi azzurri di Padre Tempo lo scrutarono attentamente da dietro gli occhiali a mezzaluna. Parevano leggergli dentro e forse percepivano cose che neanche Jack sapeva, o semplicemente gli permisero di capire che era sincero. << E sia! >> Disse infatti. << Da questa parte, giovane Guardiano. >> E gli indicò lo stesso specchio in cui aveva fatto passare Elsa poco prima. << Passando da qui ti ritroverai nello steso tempo della tua regina. Sei pronto ad affrontare il viaggio, Jack? >>
<< Sono sempre stato il tipo che non prende mai niente sul serio. Le responsabilità non mi sono mai piaciute, ma ora mi rendo conto che per lei farei tutto. >> Rispose quello con voce decisa. << Sono pronto. >> Detto ciò si lasciò cadere contro la superfice riflettente dello specchio, ma anziché sbatterci contro si ritrovò a cadere nel vuoto, diretto in un’altra epoca.
Padre Tempo guardò l’esile figura del ragazzo scomparire e, rimasto solo, mormorò alla fenice. << Speriamo bene Eve. I guai sembrano seguire quei due ragazzi come un gatto inseguirebbe un topo … >>
Eve rispose con un verso stridulo, come a dare il suo assenso. Purtroppo, però, nessuno dei due si era accorto che un’ombra nera come la pece si stava intrufolando nello stesso specchio di Jack ed Elsa.
Mai, in tutta la sua esistenza, Padre Tempo aveva avuto tanta ragione!
 
Hiccup e Sdentato stavano volando verso la montagna da cui, letteralmente, pareva provenire l’inverno. Le possenti ali del drago affrontavano senza problemi il vento gelido e l’animale non sembrava patire minimamente il freddo. Il suo cavaliere, invece, stava congelando.
Era partito in fretta e furia, senza preoccuparsi di prendere qualche indumento più caldo. Ogni tanto, poi, si guardava in dietro, come per controllare che i suoi compagni dell’Accademia stessero bene, ricordandosi solo dopo che aveva detto loro di rimanere al villaggio per adempiere ad altri compiti. Tuttavia si stava pentendo di non aver portato con sé almeno Astrid, sua moglie.
Erano sposati da meno di un paio di ore e ancora gli sembrava strano appellarla così. Era un’emozione unica che, considerando gli inizi burrascosi della loro relazione, mai credeva di poter provare.
Scosse il capo energicamente, per concentrarsi nuovamente sulla missione: prima avrebbe capito cosa stava succedendo, prima sarebbe tornato da lei. << Forza bello! >> Disse a Sdentato, esortandolo a continuare. << Ci siamo quasi, vediamo che sta succedendo e torniamo a casa. >> I suoi occhi verdi si posarono sul cielo plumbeo e si schiacciò con più forza contro il dorso della Furia Buia. << Prima facciamo meglio è … ho un brutto presentimento … >>
 
<< Astrid, i draghi stanno bene, ora che facciamo? >> Fu Gambe di Pesce a farle staccare gli occhi dalle nuvole che si stavano facendo sempre più nere. Lei sussultò e si strinse con più forza nella mantella rossa che si era messa addosso per ripararsi dal freddo. “Quello sconsiderato non si è neanche portato qualcosa di più caldo” pensò “Stara congelando”.
Si voltò verso il suo amico biondo. Lui ed Eret erano appena tornati e stavano aspettando da lei nuovi ordini. << Cercate di radunarli e poi portate uomini e animali nella sala grande, prima che cada la neve e congelino tutti. >>
<< Neve in piena estate. >> Borbottò Mildew. << Ve lo avevo detto che era la collera di Thor! >>
Skaracchio, che gli passava accanto per puro caso, gli diede una botta in testa con la sua mano buona: << Taci vecchiaccio! >> Astrid lo ringraziò con un sorriso.
Comandare un villaggio di vichinghi era dura, non capiva come Hiccup riuscisse a farcela. Aveva bisogno di tregua, così si allontanò dalla folla con la scusa di voler trovare un po’ di respiro, ma con intenzioni ben diverse! Il suo drago, Tempestosa, la stava aspettando nascosta dietro al granaio. Suo marito le aveva detto di rimanere a Berk, ma lei non era mai stata quel tipo di donna che accetta le decisioni del suo uomo senza dire la sua e Hiccup la amava anche per questo. Era una donna forte e decisa, una guerriera capace, e non avrebbe permesso all’uomo che amava di mettere a repentaglio la sua vita senza che lei potesse fare qualcosa per aiutarlo, così aveva deciso che lo avrebbe raggiunto anche se lui non era d’accordo. Valka poteva benissimo cavarsela da sola.
Quando raggiunse il suo drago, tuttavia, trovò una certa rossa ad aspettarla. << Merida? >> Fece quando la vide. << Cosa ci fai qui? >>
<< Semplice >> Rispose quella con voce allegra. << Vengo con te! >> Era decisa e determinata, Astrid poteva vederlo chiaramente nei suoi occhi color acquamarina. Si sistemò meglio gli indumenti pesati che si era messa in sostituzione del abito azzurro che aveva durante il matrimonio; si era, infatti, messa in abito lungo color verde petrolio e si era maggiormente coperta con un mantello scuro. Da esso, tuttavia, si intravedevano un arco e una faretra piena di frecce.
La biondina cercò di depistarla: << Non vado da nessuna parte. >>
Nonostante avesse fatto di tutto per apparire sincera persino lei percepì la bugia, quindi non si sorprese quando Merida la guardò con scetticismo. << Io non ti conosco … >> Le disse la rossa << … ma se ti ho capita almeno un po’ mi è chiaro che stai mentendo … >> Astrid non trattenne un verso di frustrazione. << … e so anche che tu, in una situazione del genere, non puoi stare ferma senza fare nulla, proprio come me! >>
La bionda si morse il labbro, ormai era stata scoperta e non aveva più senso mentire. << Hiccup ora è mio marito, lo amo, devo sapere che sta bene. >>
<< Hiccup è anche mio cugino. >> Merida rincarò la dose. << Voglio proteggerlo e poi … >> Guardò Tempestosa con occhi sognanti. << Io amo le avventure. L’azione e il movimento mi fanno sentire viva, libera. Vengo con te Astrid, non mi fermerai! >>
L’altra sospirò pesantemente, ma alla fine le sorrise. << E va bene, rossa. Andiamo! >> Detto ciò la aiutò a salire dietro di lei sul drago e insieme partirono all’inseguimento del giovane vichingo castano, ma non prima di aver preso degli indumenti più pesanti anche per lui.
 
Jack era abituato a volare, quindi il viaggio nel tempo, attraverso il portale, non fu troppo problematico. Dall’altro lato si ritrovò in una tormenta, con i piedi nudi immersi nella neve. Non era una tormenta forte, ma la neve sul terreno gli arrivava già alle caviglie. << Deduco che Elsa sia passata da qui. >> Si disse, per poi guardarsi in giro. Il paesaggio era completamente bianco, in lontananza si vedeva anche che il mare era parzialmente ghiacciato, ma gli pareva che la neve fosse più fitta sulla cima di una montagna poco distante. “Sei lì, mia signora, vero?” Pensò cupo. Elsa era arrabbiata con lui, era furiosa, sicuramente stava congelando tutto, la neve era opera sua, ergo seguendola l’avrebbe trovata. Doveva essere sulla montagna.
Mosse il bastone in un semicerchio e il vento ubbidì ai suoi ordini, sollevandolo da terra. Volando avrebbe fatto sicuramente prima, nonostante la tormenta non avrebbe avuto problemi, ma tutto avrebbe potuto aspettarsi tranne che, in quel momento, lui non fosse l’unico a volare verso la montagna.
Una grossa macchia nera si stava avvicinando a grande velocità. Jack, inizialmente, pensò si trattasse di Pitch, ma subito capì che non era l’Uomo Nero, bensì una creatura che mai avrebbe pensato di vedere: un drago! 
Muoveva le possenti ali nel vento gelido senza problemi, ma sul suo dorso c’era appollaiato un ragazzo, che a differenza sua stava patendo il freddo. Tremava visibilmente e alcune della punte dei suoi capelli castani si erano congelate. Questo perché era vestito con abiti abbastanza leggeri, ma nonostante ciò rimaneva fermamente attaccato alla sella sul drago. Jack notò anche che aveva una gamba di ferro.
Se si fosse trovato in una situazione diversa di sicuro lo avrebbe aiutato in qualche modo, la al momento doveva raggiungere Elsa, lei era la priorità e quello che si stava avvicinando era un ragazzo di una ventina d’anni, che viveva in un tempo in cui probabilmente Jack non esisteva ancora. Tentare di aiutarlo sarebbe stato inutile visto che non poteva vederlo, in più vedere un ragazzo a cavallo di un drago era uno shock persino per uno spirito come lui!
A quella vista ridacchiò: quel tipo aveva fegato a volare su un animale che potenzialmente poteva ucciderlo, ma al momento non aveva né il tempo né la possibilità di complimentarsi con lui per la sua audacia. Stava per ordinare al vento di aumentare la velocità, quando si rese conto che il ragazzo e il suo drago stava puntando nella sua stessa direzione. “Vanno da Elsa!” Pensò disperato. “Hanno capito che questo non è un inverno normale e vogliono fermarlo … le faranno del male!”
La rabbia che poco prima aveva scatenato contro Pitch tornò ad affiorare; se Elsa aveva perso il controllo era solo colpa sua, non avrebbe permesso che uno sconosciuto su un drago le facessero del male. << Fermi dove siete! >> Gridò infatti, anche se sapeva di non poter essere visto. << Voi non potete proseguire! >>
Si posizionò sulla loro strada e con profonda meraviglia vide il castano spalancare gli occhi verdi. << Tu voli! >> Gridò quello, mentre il drago frenava di botto. << Senza un drago, da solo! >> Il ragazzo era visibilmente confuso e persino il drago lo guardava stupito, con le grandi pupille ridotte e sottili fessure. << Come diavolo fai? Chi sei? >>
Jack per poco non precipitò per lo stupore. “Due volte in pochi minuti. Prima Padre Tempo e ora questo tipo! … Vogliono farmi venire un infarto?” << Tu mi vedi?! >>
Lo sconosciuto sollevò in solo sopracciglio, guardandolo come se fosse pazzo. << Ehm si … sei davanti a me e voli! Sei difficile de non vedere! >>
Jack non commentò, ma portò il bastone in avanti. << Non posso lasciarvi passare. Non vi permetterò di far del male alla regina! >> Mosse di nuovo il bastone e un raggio ghiacciato per poco non colpì rettile e umano.
L’animale evitò il colpo per pochi centimetri, mentre il ragazzo si spaventò, e non poco. << Ehi che fai? >> Strepitò mentre il drago ringhiava contro lo spirito. << Sei una specie di druido o un cavaliere delle nevi che protegge la sua regina? >>
Jack sogghignò, ma la sua voce era dura e fredda: << Un po’ tutte e due, ma resta il fatto che non posso lasciarvi passare o le farete del male. >>
<< Le faremo del male? Parli della fantomatica regina di cui hai parlato prima? E’ lei cha sta congelando tutto? >> Jack non rispose, quindi lo sconosciuto continuò: << Va bene amico, cominciamo col presentaci, ok? Io sono Hiccup, mentre lui è Sdentato >> Diede una pacca sulla testa del drago, ma quello continuava a guarda Jack con occhi torvi << Tu, invece, chi sei? >>
<< Mi chiamo Jack Frost >> Disse lui. << Non voglio farvi del male, tornate in dietro! >>
<< Non posso farlo >> Replicò Hiccup. << Questo gelo sta mettendo in pericolo il mio villaggio. Se è la tua regina che sta facendo questo devo fermarla. >>
Gli occhi azzurri di Jack si gelarono. << Ed io non posso permettertelo. Il mio compito è proteggerla. >> Di nuovo le parole di Elsa rimbombarono nella sua testa: “Sei solo un codardo Jack Frost! Mi hai rovinato la vita. Ti odio!” 
<< Ho già fallito una volta, non lo farò più! >> Un nuovo raggio ghiacciato partì dal suo bastone magico e sta volta Sdentato non riuscì ad evitarlo. La magia colpì la gamba di ferro di Hiccup. Questo gli fece perdere l’equilibrio, e scivolò già dalla sella. Sdentato andò subito a recuperare il suo amico, ma non prima di aver risposto al fuoco (o meglio dire ghiaccio) col fuoco: spuntò una palla infuocata viola e bianca che colpì Jack alla spalla. Il dolore fu così intenso da fargli perdere il controllo sul vento e anche lui precipitò …
 
Nell’ultima ora il freddo si era fatto più intenso, Astrid e Merida potevano percepire chiaramente il vento freddo penetrare sotto i loro vestiti, facendo venir loro la pelle d’oca. Tempestosa non pareva avere troppi problemi, ma quando si mise anche a nevicare, la sua padrona preferì atterrare a andare a piedi. << Hiccup è andato verso la montagna, da dove pare provenire il freddo. >> Disse la biondina a Merida quando lei chiese una spiegazione. << Tempestosa non ha le ali grandi e forti di Sdentato, se il vento aumentasse avremmo dei problemi e poi andando a piedi lo raggiungeremo lo stesso, anche perché eravamo quasi arrivate. >>
La rossa alzò le spalle e proseguì, convinta della sue parole, mentre Tempestosa diede il suo assenso gracchiando. In realtà a Merida dispiaceva andare a piedi: volare su un drago, seppur in una tormenta, era stato meraviglioso! Un mix indescrivibile di libertà e potere, quindi tornare con i piedi per terra non le andava molto, tuttavia se la vichinga riteneva che fosse meglio così, anche per Tempestosa, lei avrebbe ubbidito.
Il paesaggio intorno a loro era completamente coperto di bianco e i loro scarponcini affondavano nella neve fin oltre la caviglia. Astrid si guardò intorno. Era quasi un’ora che camminavano, forse aveva fatto male i suoi calcoli e non erano così vicine alla montagna quanto pensava. Il problema era che non riusciva ad essere lucida: da un lato sperava che Valka e Skaracchio se la stessero cavando bene a Berk, dall’altro non faceva che pensare a Hiccup, il suo Hiccup.
Nel momento in cui il viso di suo marito le tornò in mente non poté fare a meno di sorridere. Quando era piccolo lui era poco più di un “singhiozzo” in mezzo agli altri vichinghi. Tutti lo ignoravano e lo ostracizzavano, mentre ora non solo era stato pienamente accettato, ma era divenuto anche il loro capo! Tutto questo era, in parte, merito di Sdentato, ma Astrid sapeva che in realtà il drago era stato solo la spinta che aveva dato dal castano quella fiducia nelle sue capacità che gli era sempre mancata, trasformandolo in un vero vichingo. Nel corso degli anni era diventato un bellissimo ragazzo, non altissimo ma longilineo, dotato di dolcezza, acume e grande intelligenza: caratteristiche che di rado erano attribuibili a un vichingo, ma che proprio per questo lo rendevano speciale. A quel pensiero la bionda arrossì, ricordando che adesso quel bel ragazzo, gentile ed intelligente, era suo marito. Mai, quando era ancora un quindicenne che combatteva i draghi, avrebbe pensato di innamorarsi di lui, di Hiccup Horrendus Haddock III!
<< Astrid mi stai ascoltando? >> La voce di Merida arrivò alle sue orecchie come un urlo, distraendola dai suoi pensieri romantici.
<< No, scusami, mi ero distratta. >> Confessò arrossendo debolmente.
La rossa la guardò fisso con i suoi occhi chiari, ma non commentò avendo, forse, intuito a cosa stava pensando la ragazza. Era preoccupata da morire per Hiccup, la capiva, quindi si limitò a ripetere ciò che aveva detto: << Ho detto che la neve si sta accumulando, forse dovremmo ritornare in volo o faremo sempre più fatica a muoverci. >>
Astrid sbuffò. << Si, mi sa che hai ragio … >> non finì la frase, perché l’acuto sibilo di un colpo di Furia Buia fece sollevare a entrambe gli occhi al cielo. Un lampo bianco e viola si stagliò con chiarezza contro la nuvole scure e così facendo videro con chiarezza una sagoma precipitare del cielo. << E’ Sdentato! >> Strillò la bionda. << Hiccup è nei guai! >>
Corsero a per di fiato, tallonate da Tempestosa, verso il punto dove quella sagoma era caduta.
Astrid era nel panico: possibile che a precipitare fosse stato Hiccup? Stava bene? Il cuore la batteva nel petto come un tamburo, la paura la spingeva a correre come mai aveva fatto in vita sua, saltando agilmente i rami caduti che la ostacolavano. Ben presto lasciò Merida in dietro.
Arrivò giusto in tempo per vedere un corpo cadere giù da un albero, portandosi dietro vari rami spezzati, e atterrare nella neve. Sospirò di sollievo quando capì che non si trattava di Hiccup, bensì di un ragazzo albino, che dimostrava all’incirca la sua età. Aveva lineamenti delicati, che accentuavano il pallore della sua pelle. Era così bianco che inizialmente Astrid pensò fosse morto, solo dopo si accorse che respirava. Si avvicinò per controllare se stesse bene e pareva essere apposto. Aveva solo un piccolo taglio sulla tempia, che suo grande stupore cominciò a richiudersi sotto i suoi occhi. << Cosa sei tu? >> Mormorò.
Tuttavia non ne ebbe paura, lei era Astrid Hofferson per la miseria! Cavaliere di drago e moglie del capo villaggio di Berk: di certo non si sarebbe tirata in dietro nel aiutare un ragazzo ferito, anche se non sembrava essere un semplice umano.
<< Astrid! >> Gridò Merida sopraggiungendo in quel momento. Giusto in tempo per vedere gli occhi dello sconosciuto socchiudersi.
Quello fissò la bionda per qualche istante, prima di sorridere e domandare debolmente: << Elsa … sei tu? >> Dopo di ché perse i sensi.






The Fred's Hollow:
Eccomi di nuovo tra voi. Le vacanze sono state più massacranti di un vero lavoro e rimettermi subito in moto per gli esami universitari non è stato il massimo per la mia creatività, ma ora sono qui XD.
Ho pronto solamente un altro capitolo, quindi me lo terrò in caldo finché non avrò finito anche l’undicesimo, ma tranquilli, che anche quello è quasi terminato XD.
Ormai il mio proponimento di pubblicare una volta a settimana non è più in vigore, come avrete capito, sia per motivi universitari che ispirativi, se così si può dire, ma ce la sto mettendo tutta per andare avanti e lo sto facendo solo per voi! Voi che continuate a seguirmi e recensire come se non ci fosse un domani XD, grazie, grazie, grazie!
Vorrei ringraziarvi uno per uno come ho fatto altre volte, ma oggi non ho moltissimo tempo ^^’’, quindi mi limiterò a un 
MEGA GRAZIE collettivo XDXDXD !!
Come mio solito vi lascio un’anticipazione del prossimo capitolo:
 

[…] << Elsa no! >> Jack si svegliò di soprassalto e subito capì di trovarsi in una grotta, steso su un giaciglio di fortuna. Respirava affannosamente e si portò automaticamente una mano alla gola. Gli faceva male, ma non c’era nulla, Elsa non era diventata cattiva e non aveva provato ad ucciderlo (non ancora per lo meno), era stato solo in brutto sogno!
<< Ehi, stai bene? >> A parlare era stata una ragazza circa della sua età, vestita con un lungo abito verde scuro. Ciò che lo colpì di più, tuttavia, furono i suoi capelli, rossissimi e riccissimi.
Pian, piano gli ultimi ricordi si rincastrarono tra loro, ricordi del viaggio nel tempo, di Elsa nella tormente, del colpo del drago e del ragazzo che lo cavalcava, Hiccup. Anche lui pareva vederlo, quindi Jack non si diede neanche la pena di strabuzzare gli occhi e si limitò a chiedere: << Tu mi vedi? >>
<< Certo che ti vedo! >> La rossa la guardò sollevando un sopracciglio. << Devi aver dato una bella botta eh? >> […]
 
Detto questo vi lascio andare ^^, sperando che mi lasciate taaaaante bellissime recensioni, come già state facendo.
Baci ^^.

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Capitolo 11
*** Freddo e oscurità ***


CAPITOLO DIECI
Freddo e oscurità
 

Era solo e stava correndo. Tutto era buio, non c’era uno spiraglio di luce, ma soprattutto aveva freddo. Jack si fermò rabbrividendo. Il respiro che gli uscì dalla bocca si condensò immediatamente. Per istinto tentò di frizionarsi le braccia in cerca di calore. Non ricordava di aver mai avuto freddo da quando era morto. Lui era Jack Frost, lo spirito del inverno, il gelo era parte di lui. << Che succede? Dove sono? >> Chiese al nulla. C’era così tanto buio che non vedeva nulla, ma all’improvviso si accese una luce in lontananza. << Che sta succedendo? >> Come risposta il rumore di tacchi si propagò nell’aria e poi lei, Elsa, gli comparve davanti in tutto il suo splendore. 
Quella, però, non era la sua Elsa, era diversa, più arrabbiata, più cattiva! I suoi abiti erano neri e sul suo volto c’era impresso lo stesso ghigno malefico di Pitch. << Benvenuto Jack. >> Gli disse. << Benvenuto nel mio regno. >> E scoppiò a ridere con perfidia.
<< No. >> Biasciò lui. << Tu non sei così, questa non è la vera te. >>
<< No, infatti. >> Gli puntò contro un dito. << Sei stato tu a rendermi così. Mi hai spezzato il cuore, Jack Frost, e il lato oscuro del ghiaccio si è palesato. >> Allungò la mano stringendola attorno al collo del ragazzo, e strinse, strinse sempre più forte.
Jack soffocava, ma non era in grado di reagire. << No, Elsa fermati. >> Non riusciva più a respirare, la voce gli usciva a stento. << Non sei un’assassina. >> Ma lei non smetteva di ridere e di stringere quella morsa letale attorno al suo collo. << Elsa no! >>
 
<< Elsa no! >> Jack si svegliò di soprassalto e subito capì di trovarsi in una grotta, steso su un giaciglio di fortuna. Respirava affannosamente e si portò automaticamente una mano alla gola. Gli faceva male, ma non c’era nulla, Elsa non era diventata cattiva e non aveva provato ad ucciderlo (non ancora per lo meno), era stato solo in brutto sogno!
<< Ehi, stai bene? >> A parlare era stata una ragazza circa della sua età, vestita con un lungo abito verde scuro. Ciò che lo colpì di più, tuttavia, furono i suoi capelli, rossissimi e riccissimi.
Pian, piano gli ultimi ricordi si rincastrarono tra loro, ricordi del viaggio nel tempo, di Elsa nella tormente, del colpo del drago e del ragazzo che lo cavalcava, Hiccup. Anche lui pareva vederlo, quindi Jack non si diede neanche la pena di strabuzzare gli occhi e si limitò a chiedere: << Tu mi vedi? >>
<< Certo che ti vedo! >> La rossa la guardò sollevando un sopracciglio. << Devi aver dato una bella botta eh? Però le tue ferite si sono già rimarginate, io e Astrid abbiamo pensato che tu fossi una specie di elfo delle nevi e che ti saresti subito ripreso. >> Lo scrutò con più attenzione, mentre lui si portava una mano alla tempia e chiudeva gli occhi. Quando lei aveva nominato le sue ferite, la testa aveva preso a pulsargli dolorosamente. << Pare che non avessimo torto. >>
<< Chi è Astrid? Dove sono Elsa e il mio bastone? >> Chiese lui riaprendo gli occhi.
<< Il tuo bastone è lì. >> Gli rispose Merida indicandoglielo appoggiato alla parete di roccia.
<< Mentre io sono Astrid. >> Un’altra voce femminile lo fece trasalire. Proveniva dall’entrata della caverna ed apparteneva a una giovane ragazza di circa vent’anni, bella, alta e bionda. << E per quel che riguarda questa Elsa, prima di perdere i sensi mi hai chiamata così. >> 
La ragazza di nome Astrid aveva gli occhi azzurro cielo e i capelli erano acconciati in una morbida treccia laterale. Assomigliava molto ad Elsa e probabilmente era lei che aveva visto nella tormenta, non la sua regina. Mentre stava perdendo i sensi era facile pensare che le avesse confuse, ma ora che era lucido si rendeva conto che erano molto simili, ma diverse, soprattutto considerando gli abiti che indossava la ragazza davanti a lui: pelli e cotta di maglia. << In effetti le somigli molto. >> Le disse con un sorriso amaro. Si alzò senza troppi problemi e recuperò il bastone appoggiato al muro.
La rossa fece un passo verso di lui. << Io sono Merida, mentre come hai capito lei è Astrid. Ma tu invece? Tu chi sei? Cosa sei? E chi è Elsa? >>
Jack le sorrise malandrino. << Tu fai sempre così tante domande? >>
Merida arrossì sotto il suo sguardo. Quel ragazzo era così carico di mistero che l’attraeva come un fuoco fatuo, senza contare che era davvero un bel ragazzo, uno dei più affascinanti che avesse mai visto.
La bionda, tuttavia, non si fece incantare dal suo bel sorriso. << E te, invece, nessuno ha mai detto che non si risponde a una domanda con un’altra domanda? >> La sua voce era dura come la pietra, quel ragazzo stava nascondendo qualcosa. Al contrario della riccia non le ispirava tanta fiducia.
<< Touché >> Le rispose il ragazzo con un’alzata di spalle. << Allora mi presento, belle fanciulle. Io sono Jack Frost, sono … non credo che sappiate cosa sia un Guardiano, quindi vi dirò semplicemente che sono uno spirito invernale. Il mio compito è quello di portare il freddo e la neve. >> Diede loro una dimostrazione dei suoi poteri ghiacciando la parete su cui prima era appoggiato il bastone.
Merida toccò la lastra di ghiaccio con la punta delle dita, guardandola incantata e rimanendo sempre più affasciata dal ragazzo misterioso. Astrid, nuovamente, lo guardò male, con sospetto. << Quindi questo inverno improvviso è colpa tua? >>
L’albino sospirò. << Indirettamente, ma si … >>
<< Indirettamente? >> Merida li interruppe. << Che vuol dire? >>
<< Elsa. >> Mormorò cupo. << Io … Io l’ho ferita ed è per questo che sta congelando tutto. >> Raccontare loro ogni minimo particolare non aveva senso. Cosa avrebbero capito che avesse raccontato loro di Pitch e dei viaggi nel tempo? Ciò che contava lo aveva già detto. Tuttavia, forse spinto dai sensi di colpa, raccontò loro tutta la verità: << Vedete, io e lei veniamo dal futuro … >>
<< Dal futuro? >> Astrid era sempre più scettica. << Ti aspetti sul serio che ti crediamo? >>
<< No. >> Rispose quello con sincerità. << Ma è la verità e poi mi avete guarire rapidamente; già questo è impossibile, cosa vi vieta di credere che io venga dal futuro? >>
Merida rispose prima che la vichinga potesse ribattere: << Assolutamente nulla! >> Quel ragazzo era sempre più carico di mistero. Si prospettava una grande avventura alla quale la rossa non voleva assolutamente rinunciare.
Jack le sorrise grato, prima di continuare: << Come vi ho già detto io sono uno spirito. Tecnicamente solo chi crede in ma riesce a vedermi, quindi è strano che voi possiate farlo, ma non è questo il punto. >>
<< Anche Elsa è uno spirito come te? >> Domandò sempre Merida, più curiosa che mai!
<< No. >> Le rispose Jack. << Lei è umana, ma ha poteri simili ai miei e ne ha perso il controllo per colpa mia, di un segreto che non le ho rivelato nonostante la riguardasse in prima persona. I poteri che lei ha glieli ho dati io, seppur inconsapevolmente, ma quando ho capito cosa avevo fatto sono fuggito, abbandonandola. >> La sua voce si intristì immediatamente. Astrid colse subito il suo cambio di umore e questo, ai suoi occhi, lo fece sembrar molto più credibile. Questo ragazzo teneva davvero molto a questa Elsa di cui andava blaterando, esattamente come lei teneva a Hiccup. Jack, intanto, continuava il suo racconto: << Purtroppo, per colpa mia e dei suoi poteri non ha mai avuto una vita normale e ha sempre avuto paura di ciò che sapeva fare, diventando preda di un altro spirito, un certo Pitch Black, che si nutre di paura. Per salvarla da lui fu affidata a me, perché io la proteggessi. L’ho fatto, ma non le ho rivelato che parte che ho avuto nella sua vita, non le ho confessato la mia colpa e quando lei lo ha scoperto è fuggita qui, in questo tempo, e ha perso di nuovo il controllo dei suoi poteri … >>
Astrid si scambiò uno sguardo preoccupato con Merida prima di domandare: << Stai dicendo che è una persona che sta facendo tutto questo? >>
<< Si. >> Confessò Jack. Dallo sguardo sgomento delle due capì di aver detto troppo e si affrettò ad andare via. << Ora scusatemi ma vado di fretta, mentre venivo qui un ragazzo e un drago stavano andando nella mia stessa direzione. Sono riuscito a rallentarli, ma ho paura che si riprendano prima di me e che facciano del male ad Elsa. >>
Fece per muoversi in avanti ma Astrid lo afferrò per il polso. La ragazza poteva percepire chiaramente il freddo che emanava la pelle di Jack, eppure non lo lasciò. << Hiccup? >> Domandò con apprensione. << Hai incontrato Hiccup e Sdentato? >>
<< Si … >> Jack strabuzzò gli occhi, guardandola. << Lo conosci? >>
<< E' un nostro amico. >> Rispose Astrid, forse fin troppo in fretta, visto che Jack non fu poi molto convinto dalle parole di lei. Decise, comunque, di non fare domande e di lasciarla continuare. << Noi lo stavamo cercando, ecco perché siamo qui. Se tu vai dov’è lui allora veniamo con te! Mentre andiamo ci puoi anche spiegare meglio la situazione e così ti aiuteremo a trovare Elsa e .. >>
<< Magari ci parli anche un po’ di te, che sei così misterioso! >> Aggiunse Merida interrompendola. Jack le sorrise di nuovo e lei arrossì.
Merida si stava prendendo una cotta per quel tipo, era evidente, ma non si era resa conto che lui pensava solo a questa Elsa, che doveva essere una ragazza molto speciale per affascinare un tipo come il ragazzo che aveva di fronte. Astrid le diede una botta in testa, guardandola male per zittirla. << … E  trovata Elsa farai finire questo inverno. >>
<< Mi dispiace ma io volo, lo avete visto, non posso portarvi con me. >> Disse loro con un’espressione triste dipinta sul viso.
La vichinga ghignò. << Tranquillo, voliamo anche noi. >> Fischiò mettendosi due dita in bocca. Dall’antro della grotta seca capolino il grande muso di un drago azzurro. << Lei è Tempestosa, il mio Uncinato Mortale, una delle tante specie di draghi che abitano queste zone. >>
Jack sorrise, ammirato. << Quindi qui tutti cavalcano un drago? Voi siete tipi strani … >> Commentò.
<< Non siamo “tipi strani”. >> Ribatté Astrid facendogli il verso e salendo sul drago insieme a Merida. << Siamo vichinghi! >>
 
Sdentato aveva afferrato il suo amico al volo, avvolgendolo nelle sue ali, prima che potesse farsi male, ed erano atterrati entrambi nella neve, fortunatamente senza troppo danni, se non qualche graffio. La coda di Sdentato, però, si era rotta e Hiccup ci aveva messo un po’ per trovare i giusti ricambi. << Credo di aver finito. >> Disse. << Mi ci è voluto un po’, ma per fortuna ho fatto in modo che la tua coda non richieda troppo cure, questo ramo e queste corde dovrebbero reggere al vento forte, almeno finché non torniamo a Berk. >> Sdentato gli rispose leccandogli la faccia con allegria. << No! Sdentato, lo sai che poi non va più via! >> Per tutta risposta il drago ridacchiò, con quel suo strano verso gutturale. Hiccup stava per salire in groppa quando il grido di un Uncinato Mortale non lo fecero voltare verso l’alto. Afferrò subito Inferno, la spada infuocata che aveva ideato lui stesso e che portava sempre con se, pronto ad affrontare un drago selvatico, ma quando lo vide riconobbe subito Tempestosa e le due ragazze che la cavalcavano. << Astrid? Merida? Che ci fate qui? Vi avevo detto di rimanere al villaggio! >> Era arrabbiato e felice al tempo stesso. Quello si stava rivelando un viaggio più pericolo di quanto pensasse, temeva per loro, ma al tempo stesso era felice di avere la compagni di qualcun’altro, oltre a quella di Sdentato.
<< Mi aspettavo un’accoglienza più calorosa, cugino! >> Gli rinfacciò Merida, non appena Tempestosa posò le zampe in terra. Astrid, invece, non perse tempo a parlare, ma saltò letteralmente giù dal drago per correre a gettare la braccia al collo del marito, per baciarlo con ardore.
<< Amico un corno! >> Fu il commento divertito di Jack, che si era appollaiato su un ramo innevato nonostante i piedi nudi.
Hiccup, che fino a quel momento non lo aveva notato lo guardò sconvolto. << Ehi! >> Strillò << Tu sei quello che mi ha aggredito! >>
Jack gli rispose stizzito: << Già, e il tuo drago ha aggredito me! >>
In tutto questo le due ragazze si guardavano confuse, non capendo cosa stesse succedendo, mentre Sdentato, con le pupille a fessura, ringhiava contro il ragazzo albino. << Cercava di proteggermi! >> Ribatté il castano.
Jack non si diede per vinto: << Esattamente come io proteggevo Elsa >>
Hiccup rimase in silenzio per qualche secondo prima di chiedere: << Chi è Elsa? >>
<< Ok, ora basta voi due! >> Si intromise Astrid, frapponendosi tra loro, e poggiando anche una mano sul petto del marito. << Hiccup, credo che dovresti ascoltare ciò che questo ragazzo ha da dire. >> Alzò lo sguardo verso lo spirto. << E credo che tu dovresti ripetere a lui ciò che hai detto a noi! Fidati ti me, se lo farai ti aiuterà e il suo aiuto, come d’altronde il nostro, ti serve Jack.>>
Jack sbuffò, ma alla fine si rese conto che la biondina aveva ragione e quindi parlò, ripetendo al castano la stessa storia che aveva già narrato alle ragazze. Già da allora si rese conto che quel ragazzo era diverso, non fece nessuna domanda quando disse che lui ed Elsa venivano dal futuro, e neanche quando gli rivelò che controllavano il ghiaccio. Pareva che accettasse tutto ciò che gli stata dicendo come un dato di fatto, un po’ come aveva fatto anche Merida. Solo Astrid si era rivelata scettica.
Non appena ebbe finito Hiccup lo scrutò con i suoi occhi verdi per un po’ prima di chiedere: << Quindi sei qui per via dei tuoi sensi di colpa? >>
Colpito ed affondato. Questo Hiccup era molto più intelligente e intuitivo di quanto sembrasse. Jack ridacchiò von nervosismo: << Diciamo di si … >>
Astrid si intromise, posando una mano sulla spalla del marito. << Gli abbiamo promesso di aiutarlo a ritrovare Elsa, così potrà porre fine a questo inverno. >>
Hiccup sbuffò. << E va bene, se me lo chiede la mia neo-moglie posso mai rifiutarmi? >> Disse sarcastico. Jack li guardò stupito, ma non fece domande, così, quando il castano si voltò verso di lui con la mano tesa fu pronto a stringerla a sua volta. << Benvenuto in squadra, Jack. >> Gli disse prima di lasciare la presa: quel ragazzo aveva la pelle fredda come il ghiaccio! << E scusami se ho cercato di incenerirti. >>
A quella frase Sdentato guardò male il suo amico, per poi colpirlo con la coda. Lui non era per nulla dispiaciuto, il “ragazzo volante” non gli piaceva!
Jack rise: << Scusami tu se ho cercato di congelarti! >> Poi si voltò verso il drago, che non sembrava per nulla contento di accoglierlo nel gruppo. << Deduco che a lui sto ancora antipatico. >> Provò ad avvicinarsi ma Sdentato gli ringhiò contro. << Oh si che gli sto antipatico! >>
Sta volta toccò agli altri ridire, almeno finché Merida non li interruppe. << Bene, ora che siamo tutti amici che facciamo? >>
<< Cerchiamo la sua Elsa, mi pare ovvio. >> Esclamò Hiccup mentre Jack arrossiva alla parola “sua”. << La neve pare venire dalla cima della montagna, deduco che lei sia lì! >> Si voltò verso le ragazze. << Credo che sia il caso di andare in volo, faremo prima, anche se temo che con questo vento avremo dei problemi. >>
<< Non preoccuparti di questo. >> Jack si fece sollevare da una folata gelida. << Come vedere io e il vento siamo amici, ci farà fare un viaggio tranquillo. >>
Merida era adorante ed esclamò: << Ogni secondo mi sorprendi sempre di più. >> Astrid e Hiccup si lanciarono uno sguardo eloquente, poi la bionda trascinò via l’altra ragazza, per farla salire su Tempestosa. Dovevano tenerla il più possibile lontana da Jack o avrebbe finito con lo spezzarsi il cuore, visto che era evidente a tutti (tranne che alla rossa) che l’albino era innamorato di questa Elsa di cui parlava sempre. Tra l’altro lui era così concentrato nel ritrovarla che non si era minimamente accorto di aver attirato l’attenzione di Merida.
<< Bene, direi che è il momento di andare. >> Fece Hiccup salendo in groppa a Sdentato.
<< Perfetto. >> Rispose Jack. << Allora seguitemi! >> Detto questo sfrecciò alto nel cielo seguito dai suoi nuovi amici. “Elsa aspettami” pensò “Sto arrivando da te!”
 
 Intanto Elsa non si dava pace. Camminava avanti e indietro nel castello che si era creata, con la lunga gonna nera che strusciava sul pavimento, facendo echeggiare nella sala sgombra un verso sibilante e spaventoso. I tacchi (neri anche quelli) rimbombavano nel vuoto, facendole percepire ancora di più la solitudine a cui si era condannata. In freddo trapelava attraverso la stoffa semitrasparente ma scura che le copriva braccia, schiena e addome. “Cosa ho fatto?” Continuava a ripetersi. “Cosa ho fatto?!”
Abbandonare Jack e i Guardiani era stata la scelta giusta? Non avrebbe voluto ammetterlo, ma il ragazzo le mancava da morire. Lo conosceva da meno di due settimane, ma le pareva di conoscerlo da una vita, perché in fondo erano uguali, potevano capirsi e in realtà si comportavano anche allo stesso modo. Anche lei aveva mentito ad Anna, nascondendole i suoi poteri per tenerla al sicuro e temendo che lei potesse non accettarla per quello che era. “Da che pulpito viene la predica?” Si disse ancora. “Io l’ho insultato ma ho fatto la stessa cosa che ha fatto lui …”
Jack le era stato amico per tutto quel tempo, e forse era stato anche qualcosa di più. Il solo ricordo del suo viso e del quasi bacio che si erano scambiati poco prima del suo secondo viaggio nel tempo, le facevano battere il cuore come un tamburo. La sembrava che volesse uscirle dal petto tanto che batteva.
Gli occhi presero a pizzicarle. << Jack … >> Mormorò, frizionandosi le braccia con le mani, come a ricercare un calore umano che le sembrava di aver perduto per sempre, anche se freddo non ne aveva. Un calore che, paradossalmente, l’albino era stato in grado di darle. << Jack mi dispiace, non dovevo scacciarti. Ora sono sola, non ci sei più tu a proteggermi … e io non so cosa devo fare senza di te. >> Guardò i nuovi vestiti che si era creata, completamente neri. << Mi sono trasformata nel mostro che non ho mai voluto essere ed è successo non appena mi sono allontanata da te. Ti ho lasciato la mia umanità … ti ho lasciato il mio cuore … >>
Stava per accasciarsi e piangere, e lo avrebbe fatto se una voce profonda e melliflua non l’avesse fatta tremare di paura … ma infondo quello era il compito dell’Uomo Nero … << Oh, che scena commovente. >> Elsa si girò di scatto, presa alla sprovvista in un momento tanto intimo.
Cosa doveva fare? Non c’erano né Jack né il drago nero a proteggerla, sta volta avrebbe dovuto salvarsi da sola. << Rilassati Elsa. >> Le disse Pitch Black uscendo dall’ombra e notando la tensione di lei. << Non sono qui per combattere, ma per farti una proposta. >> La guardò dal basso all’alto, accarezzandola con lo sguardo come si farebbe con un dolce. << A proposito, non male il nuovo look. Il nero ti dona. >>
La ragazza fu sorpresa da quelle parole, ma non accennò ad abbassare la mani, pronta a difendersi. Ignorò deliberatamente il suo tentativo di approcciarsi a lei con un insulso complimento e andò dritta al sodo: << Che genere di proposta? >>
Pitch sorrise, mostrando i suoi denti aguzzi. << Io voglio la tua paura, e questo è chiaro, ma non devo obbligatoriamente averla con la forza. >> Nei suoi occhi gialli passò un barlume di malvagità. << Dammi la tua paura spontaneamente Elsa, unisciti a me! >> Allargò le braccia, simulando un abbraccio. << Diventa la mia regina. >>
<< Te lo puoi scordare! >> Ringhiò lei.
Per tutta risposta l’Uomo Nero si trasformò in una nube di fumo nero per poi ricomparire alle spalle di Elsa, così velocemente che lei ebbe appena il tempo di girarsi. << Niente si sposa meglio del freddo con l’oscurità. Unisciti a me e insieme domineremo il mondo! >>
Lei ghignò nella sua direzione. << E che ci guadagnerei io? E tu? Non mi sembri il tipo che fa qualcosa senza tornaconto. >>
<< Io avrei finalmente il posto che mi spetta. Tutti crederanno in me e annienterò i Guardiani, mentre tu … >> La guardò dritto negli occhi, lei poteva vederci riflessa la sua immagine e si vide come un gattino spaventato, bisognoso di protezione. Lui continuò: << Non ti pare bello un posto dove ti possa più odiare? >>
<< Certo che mi odieranno! >> Ribatté Elsa con fervore. << Non sarei la loro regina, ma la loro dittatrice. Avranno più paura di me di quanta ne abbiano ora! >>
Lo sguardo di Pitch si indurì. << La paura è potere. >>
<< Questo lo credi tu! >> Rispose la regina prima di attaccarlo con un raggio ghiacciato, più per allontanarlo che per ferirlo davvero.
L’uomo riuscì ad evitarlo abbastanza facilmente, trasportandosi lontano in una nuvola di fumo. << Quando feci questa stessa proposta a Jack lui mi rispose nello stesso modo. >> Ora la voce di Pitch era dura come il marmo. << Siete due sciocchi! >>
Sapeva che Jack le somigliava così tanto, ma non si aspettava così tanto. Inaspettatamente quella informazione le diede nuova forza e nuova decisione. << Forse è vero, siamo degli sciocchi, ma tu sei un illuso se pensavi sul serio che uno di noi due potesse aiutarti a perpetrare le tue nefandezze. Jack è buono, non si farebbe mai ingannare da te, esattamente come io non ho ceduto alle tue parole. >>
<< Jack è buono dici? Ne sei sicura? >> Quando lesse il dubbio negli occhi di Elsa scoppiò a ridere. << Neanche tu ne sei certa. Sarà anche un Guardino, buono per antonomasia, ma sai bene quanto me che ti ha mentito, ti ha ingannata! Non è affatto buono come sembra, anche lui ha un lato oscuro, come tutti del resto, persino tu. >>
Elsa ribatte con decisione. << Infatti anche io ho mentito a mia sorella riguardo ai miei poteri, non posso certo giudicarlo per aver fatto ciò che avevo già fatto io. >>
Pitch la guardò scettico, ghignando: << Tu, però, lo hai fatto per proteggerla, giusto? Jack, invece, ti ha mentito solo per proteggere se stesso! >> Il dubbio tornò a tormentare la mente della biondina e l’Uomo Nero ne approfittò. << Finora io non ti mai mentito. Certo, ho cercato di ucciderti e ti ho tormentato quando eri una bambina, ma almeno questo devi concedermelo: con te sono sempre stato sincero, a differenza del tuo “buon” Jack … >> Elsa indietreggiò, scossa da quelle idee che si stava intrufolando sempre più affondo nella sua testa. Lei amava Jack, lo amava con tutta se stessa, ma le aveva mentito! Poteva sul serio arrivare ad odiarlo per questo? Ma se non poteva odiarlo, poteva comunque perdonarlo, fidarsi di lui malgrado le bugie? << Dai ammettilo! >> Pitch rincarò la dose. << Ho ragione e lo sai! >>
<< Fa silenzio! >> Gridò così forte che le pareti del suo palazzo tremarono. << Vai via! >> Elsa usò nuovamente i suoi poteri contro di lui, ma sta volta poco le importò se poteva fargli sul serio del male!
La rabbia di lei fu così intensa che Pitch fu costretto immediatamente alla fuga in una nuvola di fumo nero. Non riuscì neanche a contrattaccare, poiché la falce d’ombra che creò per difendersi, andò in frantumi contro il secondo getto ghiacciato che per poco non lo colpì.
Da lontano, ormai al sicuro, ammirava il castello con occhi estatici. << Oh si Elsa! >> Mormorò al vento. << Mostra il tuo lato oscuro, questa si che è una regina cattiva! >> Detto questo si dissolse nuovamente nel fumo sorridendo malefico, lieto che il suo piano stesse proseguendo come stabilito …





The Fred's Hollow:
Cari lettori e lettrici, sono tornata! XD Dopo giorni di assenza da EFP eccomi di nuovo qui. Vi devo chiedere scusa per il “ritardo” ma come molti di voi sapranno il lavoro di una scrittrice, soprattutto se anche studentessa non è per nulla facile.
Ho superato una specie di blocco dello scrittore che mi aveva colpita negli ultimi giorni ed ho anche preparato altri due capitoli oltre a questo. Purtroppo non sono ancora del tutto pronti, quindi già da ora vi dico che potrei ritardare ancora e che, per questa volta, non vi lascerò nessuna anticipazione. Tutto quello che potrei riportarvi, potrei spostarlo nel capitolo successivo e mi farei spoiler da sola XD !!
A parte gli scherzi. Che ve ne pare finora della storia? Vi sta piacendo? Mi auguro di si.
In questo capitolo si è formato un nuovo gruppo, pronto a ritrovare Elsa e porre fine a questo inverno. Non sono i veri Big Four, ma credo che Astrid sia una sostituta più che valida per Rapunzel, almeno per il momento XD. Jack si è subito trovato in sintonia con tutti, tranne che con Sdentato, al quale non sta per nulla simpatico. A Merida, invece, forse sta un po’ troppo simpatico, eh? XD
In una mia precedente long, effettivamente, Jack e Merida si mettevano insieme e in questa ho voluto mostrare che, se non ci fosse stata Elsa, probabilmente Merida sarebbe stata una compagna perfetta per lui, secondo me. Ma da fan Jarida sono divenuta una Jelsa convinta e quindi JACK&ELSA 4 EVER!
Ok, dopo questo mio piccolo delirio è meglio che continuo a fare la seria. Elsa è finalmente ricomparsa e purtroppo anche Pitch. Cosa succederà ora? E di preciso cosa ha in mente l’uomo nero?
Per scoprirlo dovrete continuare a seguirmi XD, sorry.
Per ora mi auguro che mi facciate sapere cosa che ne pensiate. Grazie ancora a tutti voi che mi continuate  e leggere imperterriti e vi chiedo nuovamente scusa per il ritardo o per eventuali errori di battitura che troverete.
Alla prossima, baci da Fred!

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Capitolo 12
*** Udienza dalla regina ***


CAPITOLO UNDICI
Udienza dalla regina
 

Jack, Merida, Hiccup, Astrid e i loro draghi ci misero poco per raggiungere la cima della montagna. Grazie all’influenza dello spirito sul vento non avevano avuto difficoltà e di conseguenza potevano ammirare senza problemi il castello di ghiaccio che Elsa si era costruita.
Era grande, forse anche di più rispetto a quello che si era creata ad Arendelle e rifletteva la luce di luna e stelle come se fosse stato fatto di puro cristallo. Guglie e torri si ergevano possenti contro la roccia scura della montagna e le sue mura sprofondavano nella neve. Jack, che già aveva potuto ammirare tale opera d’arte nel suo tempo, rimase comunque colpito: “Ecco a chi si sono ispirati i gioiellieri Swaroski!” Pensò sarcastico, ammirando la creazione della sua regina.
Elsa era magnifica, le sue doti uniche. Forse i poteri glieli aveva dati lui, ma la ragazza pareva nata per possederli, come se fosse destino che dovesse averli lei. Erano cresciuti insieme a lei, erano parte del suo essere, come poteva considerarli una maledizione se riusciva a creare un tale splendore? Se era così potente che il solo pensiero le bastava per cristallizzare la realtà?
I suoi compagni di viaggio rimasero letteralmente a bocca aperta alla vista del castello, soprattutto Merida, che aveva spalancato le labbra in una perfetta “o” e per poco non era caduta dalla sella di Tempestosa. A lei le avventure erano sempre piaciute, il mistero e la magia la attiravano come farebbe il fiore con un’ape; quello splendore non poteva che affascinarla.  << Cos’è questo posto? >> Biascicò, infatti, estasiata.
Jack ridacchiò: << È solo un castello, non sai riconoscerne uno quando lo vedi? >>
<< Ha-ha, spiritoso! >> Lo apostrofò la riccia con sarcasmo.
Hiccup sorrise per il battibecco tra i due e si voltò verso Astrid per dirle: << Decisamente diverso dal soffio dello Sputaghiaccio, vero? >>
La bionda non ebbe molto da obbiettare e si limitò a ripetere, stupita: << Decisamente. >>, mormorato mentre il suo drago atterrava sulla neve, affianco a Sdentato.
Hiccup ridacchiò per lo stupore della neo-moglie, per poi avanzare verso lo spirito una volta sceso dalla sua cavalcatura. Erano atterrati davanti al portone del castello, ma abbastanza lontano per non essere visti. << Lo ha fatto la tua ragazza questo castello, Jack? >>
Quello arrossì e mormorò: << E-Elsa non è la mi-mia ragazza! >> Sicuramente balbettare non era il modo migliore per nascondere l’imbarazzo e, infatti, Hiccup ridacchiò di nuovo. << Comunque si, questa è senza dubbio opera di Elsa. >>
<< È bellissimo! >> Fece Merida, facendo capolino tra i due. Li prese entrambi sotto braccio, facendogli fare un mezzo giro. Quando li lasciò si girò verso Jack per chiedergli: << Sai farle anche tu queste cose? >>
Lui rimase un attimo interdetto, ancora imbarazzato da prima, per poi alzare le spalle e rispondere: << In realtà non ci ho mai provato, ma immagino di esserne capace, anche se Elsa è sicuramente più brava di me. >> Si voltò verso il castello e gli tornarono in mente i pensieri di poco prima. << Nonostante sia stato io a darle i poteri lei sembra nata per averli e usarli. Stranamente è più potente di me … >>
La rossa, sempre più curiosa, chiese ancora: << Com’è possibile? >>
Jack sorrise: << Non ne ho idea. >> Si voltò verso di lei continuando a sorridere, al che Merida arrossì leggermente: dopotutto Jack era un bel ragazzo. << Non sono mai stato il tipo che si fa certe domande, ho semplicemente preso atto della cosa, ma immagino che una spiegazione ci sia, come per tutte le cose. >> Alzò gli occhi alla luna, che brillava sopra le loro teste, chiedendosi se Manny una spiegazione ce l’avesse. << Ho imparato con l’esperienza che se qualcosa accade è sempre perché parte di un progetto più grande e più importante di quanto tu possa immaginare. >>
<< Stai parlando del destino? >> Merida sollevò un sopracciglio.
<< In un certo senso sì. >> Le rispose l’albino.
<< Mia madre mi ha spiegato che le leggende non sono altro che insegnamenti e che noi dobbiamo conoscerle per imparare da esse, in modo che possano aiutarci a compiere il nostro destino. Io, a questo, ci ho sempre creduto. >> Spiegò Merida con fare saputo. << Tuttavia sono sempre stata convinta che il destino possa essere cambiato. Se davvero questa Elsa di cui tu parli, era destinata ad avere poteri simili ai tuoi, tu avresti solo accelerato la cosa e non hai minimamente cambiato il suo destino. >> Prese una breve pausa, come se stesse pensando meglio a ciò che doveva dire, per poi aggiungere: << Questo vuol dire che tu non avresti colpe, che non l’hai maledetta come sostieni, ma solo che l’hai aiutata a seguire il suo destino. Infondo sei una leggenda no? >> Si fece una mezza risata. << Il suo destino può essere ancora cambiato, ma solo lei può ancora farlo e tu dovresti solo insegnarle il modo giusto. >> Tutti gli altri la guardarono, colpiti dalla sua saggezza, davvero insolita per Merida. Hiccup non la riconosceva. Dov’era finita la sua cuginetta tutto pepe? Non appena smise di parlare, tuttavia, ridacchiò di nuovo, portandosi una mano tra i folti ricci rossi. << Oh scusatemi ragazzi: ho parlato proprio come mia madre, devo avervi annoiato a morte! >> E li superò con aria baldanzosa.
Hiccup sospirò e alzò gli occhi al cielo: “E’ tornata la mia solita cugina”.
Jack parve riflettere profondamente sulle parole della ragazza. << Non l’avevo mai vista da questo punto di vista, ma che sia colpa mia o meno, resta il fatto che le ho mentito e che non l’ho aiutata quando avrei dovuto. Era compito mio e anche se la tua spiegazione è vera, ciò non mi giustifica. >>
L’ultima affermazione raffreddò l’entusiasmo della riccia. Astrid se ne accorse e la raggiunse prendendola sottobraccio. << Allora? >> Disse a quel punto. << Cosa aspettiamo? Un invito? Troviamo Elsa e facciamo finire questo inverno! >>
<< Miss “aria truce” ha ragione. >> Esclamò, beccandosi un’occhiataccia dalla vichinga. << Siamo qui per un motivo, quindi entriamo! >> E li guidò all’interno.
Lasciarono i draghi di fuori, temendo che se avessero lanciato qualche fiammata per errore, avrebbero distrutto il castello, che sarebbe crollato su di loro, ed entrarono.
Il salone era spazioso e splendente, molto più di quello del palazzo che Jack aveva già visitato. In più potevano entrare con calma visto che sta volta non c’era un enorme pupazzo di neve a fare la guardia. Dal centro del soffitto pendeva un gigantesco lampadario che rifletteva la luce contro le pareti, creando magnifici giochi di colore, che incantarono tutti. Jack alzò gli occhi alle eleganti scale che portavano al piano superiore, domandandosi se fosse di sopra o se li avesse visti arrivare.
Stava facendo la cosa giusta? In fondo cosa sperava di fare? Non era per niente certo di riuscire a spiegarsi. Lei era furiosa e ne aveva tutte le ragioni, eppure Jack sperava di poterla “riconquistare”. << I tuoi gusti non sono poi cambiati, vero Elsa? >> Disse Jack ad alta voce, ma parlando più con se stesso che con lei in persona, visto che neanche era presente. In cuor suo sperava che non fossero cambiati neanche i suoi gusti in fatto di uomini, visto che lui credeva di piacerle almeno un po’. A quel pensiero arrossì e scosse il capo con energia per allontanare quei pensieri inopportuni.
La sua voce, tuttavia, rimbombò nella sala vuota, giungendo anche alle orecchie della regina, attirando la sua attenzione. “Questa voce …” pensò “È Jack? Non è possibile che lui sia qui, l’ho lasciato nel XXI secolo. Mi manca così tanto da avere le allucinazioni?”. Nonostante la convinzione che Jack non fosse realmente nel castello, si avviò alle scale. Quando si affacciò alla balaustra e lo vide al piano di sotto, bello e pimpante come se lo ricordava, il suo cuore mancò un battito. Si aspettava tutto tranne che Jack la seguisse in quel tempo ignoto, abbandonando, seppur temporaneamente, il suo ruolo di Guardiano.
<< Cosa ci fai tu qui? >> Chiese all’improvviso, più stupita che arrabbiata. La voce di lei fece sussultare tutti i presenti, che immediatamente si voltarono nella sua direzione. Inevitabilmente Elsa notò che il ragazzo non era venuto da solo e la domanda le uscì spontanea: << E chi sono loro? >>
Era lei, era lì! Il ragazzo era quasi più emozionato in quel momento di quando l’aveva vista per la prima volta dopo 150 anni nel palazzo di North. Elsa era bellissima, era nata per essere una regina e portare una corona sul capo, solo in quel momento, vedendola dal basso, notava quanto regale lei fosse.
Tuttavia, lei non era esattamente come la ricordava: era vestita completamente di nero, esattamente come nel suo inquietante incubo, esattamente come si sarebbe vestito Pitch. Automaticamente si portò una mano alla gola al solo ricordo. << Rispondimi Jack, chi sono loro? Chi hai portato con te? >>
Il ragazzo si riscosse di suoi pensieri, voltandosi verso i suoi nuovi compagni di viaggio; era rimasto talmente colpito dalla sua vista che si era dimenticato di essere in compagnia. Il castano gli sorrise con fare incoraggiante e fu allora che Jack parlò: << Dopo aver allontanato Pitch ti ho immediatamente seguita da Padre Tempo e l’ho implorato di mandarmi da te. Loro, invece, sono Hiccup, Astrid e Merida. >> Per poi aggiungere spontaneamente: << Sono amici. >>
Gli occhi di Elsa gelarono udendo quelle parole. << Bugiardo. >> Sibilò. << Se è vero che mi hai immediatamente seguito sei qui da meno di un giorno. Non possono essere diventati tuoi amici in così poco tempo. >>
<< Come tua sorella non poteva sposare un uomo che conosceva da meno di un giorno, vero? >> La battuta sarcastica costò a Jack un’altra occhiataccia gelida, così si affrettò ad aggiungere. << È vero che li conosco da poco, Elsa, e forse non posso definirli miei amici, ma io li considero tali, perché nonostante non mi conoscano, mi stanno aiutando. >> Fece qualche passo verso di lei, salendo le scale e lasciando i tre in dietro. Erano così concentrati sulla conversazione che non osavano muoversi, temendo di incrinare la già critica situazione dello spirito. Malgrado ciò, più lui si avvicinava, più la regina si faceva in dietro. << È anche grazie a loro se sono riuscito a ritrovarti. >>
<< E dimmi, Frost, perché mi cercavi? >> Domandò lei con voce dura.
<< Sai benissimo perché. >> Le disse e l’uso del solo cognome, alla maniera di Pitch, fu l’ennesima pugnalata. << Io dovevo chiarirmi con te. Sei scappata via senza che io potessi darti la mia versione e non potevo permettere che tu mi odiassi. Dovevo almeno provare a spiegarmi. >>
<< E non hai pensato che magari io non volessi sentire le tue ragioni. >> Si fece finalmente avanti, con aria furente. << Padre Tempo mi ha detto che hai mantenuto il segreto perché avevi timore di una mia reazione, ma non hai pensato che scoprirlo da un altro mi avrebbe solo fatto soffrire di più? Dovevi dirmelo tu, Jack! >>
<< Non mi aspettavo che Pitch te lo dicesse … >> Si rese conto troppo tardi, quando Astrid si diede una manata sulla fronte per lo sconforto, di aver detto la cosa sbagliata. << … No, mi sono espresso male! >>
Ma Elsa lo stava già fulminando con lo sguardo, attorno a lei stavano iniziando a vorticare fiocchi di neve, come nell’inizio di una tormenta, tanto che per istinto Hiccup allungò un braccio davanti ad Astrid e Merida, come a volerle proteggere. << Ti sei espresso benissimo, invece. >> Disse la regina. << Se Pitch Black non me lo avesse detto tu non mi avresti mai confessato nulla, vero? >> Dire che era arrabbiata era poco. << Come hai potuto?! Io credevo che tu tenessi a me! >>
<< Non pensare mai che io non tenga a te, mai! Nel modo più assoluto! >> Ora anche Jack era arrabbiato, ma la sua era una rabbia diversa. Era una rabbia più profonda, nata dalla disperazione più che dalla vera ira. << Tengo a te più che a chiunque altro al mondo e questo mi spaventa da morire, perché in 300 anni di vita non mi sono mai sentito così coinvolto da qualcuno. >> A quelle parole la ragazza sussultò, come anche i tre ragazzi, compresa Merida, che solo ascoltando quelle parole iniziava a rendersi conto di come i suoi tentativi di approcciarsi a Jack erano stati inutili e stupidi. L’albino fece un altro passo verso la sua regina: << Io credo di amarti Elsa. >>
Astrid trattenne il fiato nel sentire quella confessione e inspiegabilmente si commosse. Lei non era quel tipo di ragazza, non quella che aveva la lacrima facile, ma le parole di Jack provenivano dalla parte più profonda del suo cuore, il suo era un amore sincero come quello che univa lei e Hiccup. Fu così franco che la colpì.
Notando quella reazione, il marito le strinse la mano. “Jack porterà anche il freddo” pensò “ma sa anche donare calore con poche parole. È riuscito a commuovere persino Astrid, cosa non facile!”
Guardò i due ragazzi sulla scala davanti a sé. L’espressione si Elsa non prometteva bene, probabilmente aveva ancora dei dubbi riguardo a Jack, ma il castano sorrideva, perché gli occhi color ghiaccio di lei si stavano inumidendo. Forse non era ancora pronta a perdonarlo, ma lo avrebbe fatto prima o poi e Hiccup era felice per loro. Solo Merida ci rimase male: quel ragazzo albino le piaceva, ma se Jack era innamorato della “regina delle nevi” allora lo avrebbe aiutato!
Frattanto, come aveva notato Hiccup, gli occhi di Elsa si stavano riempiendo di lacrime. Si ritrovava perfettamente nelle parole dell’albino, perché anche lei aveva paura delle emozioni che provava per lui e anche di ciò che lui provava per lei, ma era anche arrabbiata: << Bugiardo! >> Gridò infatti. << Se mi amavi veramente non mi avresti mentito! >> Sta volta, quelle gocce salate non riuscì a trattenerle e cominciarono a solcarle il viso. Ogni lacrima era uno spillo che si conficcava nel petto di Jack. << Non avresti tentato di baciarmi sapendo che la nostra relazione era costruita su delle menzogne. Mi hai fatto innamorare di te ed ora è così difficile … >>
<<  Ti sei innamorata di me? >> Una nuova gioia, un nuovo calore, che Jack non aveva mai sperimentato, si insinuarono nel suo petto. Non si era mai sentito così felice in 300 anni di vita. Elsa lo amava? Era più di quello che avrebbe mai potuto desiderare!
Lei arrossì: << Sei il solito arrogante. Non si fanno domande così dirette ad una regina! >>
Ma Jack non le diede retta, ma anzi rise, nuovamente allegro come al suo solito. << Oh Elsa, com’è può essere tutto più difficile se ci amiamo? Questo risolve tutto invece! Ci amiamo. >> Provò ad avvicinarsi, ma lei si allontanò anche questa volta. Quel gesto stupì anche i tre spettatori alle loro spalle, non soltanto Jack, che chiese: << Elsa cosa fai? >>
<< Provo dei sentimenti forti per te, Jack. >> Spiegò lei. << Ma nonostante ciò resta il fatto che mi hai mentito e ora non so se sono più in grado di fidarmi di te … >>
Il gelo prese il posto del piacevole calore che aveva avvolto il cuore di Jack. << No Elsa, ti prego … >>
Si asciugò le lacrime con un gesto stizzoso. << Vai via Jack. Magri tra qualche anno sarò in grado di sopportare la tua vista senza sentirmi morire dentro. >> Gli diede le spalle avviandosi su per le scale.
<< No! >> Rispose con energia il ragazzo. << Non me ne vado senza di te, Elsa. >>
<< Invece credo di si. >> Gli rispose sempre dandogli le spalle. Se lo avesse guardato ancora avrebbe ceduto alle sue suppliche, ma non poteva neanche permettere che rimasse lì, infatti Jack la inseguì e le artigliò il braccio per fermarla. Lei reagì lanciandogli contro un getto ghiacciato. L’attacco fu troppo ravvicinato, persino per i pronti riflessi di Jack, che fu colpito in pieno petto, si accasciò a terra senza respiro e, privo di forze, rotolò fino alla base della scalinata.
<< Jack! >> Hiccup e le ragazze furono subito al suo capezzale. << Che ti succede amico? >>
<< Sento … freddo … >> mormorò con un filo di voce.
Era talmente debole che lasciò anche cadere il suo bastone. Fu il tonfo del legno sul ghiaccio a far voltare Elsa. Quando lo vide accasciato a terra per poco non urlò. Aveva davvero colpito l’uomo che amava con i suoi poteri? Si fissò le mani quasi con odio, come sempre faceva quando usava i suoi poteri in modo sbagliato e improvvisamente, senza nessuna ragione, le tornarono in mente le ultime parole che le aveva detto il crudele principe Hans: << Tu sei un mostro!  Anna è l’unica pazza che ti accetta sul serio. Ora potrai piacere al tuo popolo e potranno amarti, ma fa un altro passo falso e verrai messa al rogo! I tuoi poteri sono pericolosi e senza controllo, nessuno è come te al mondo. Alla fine rimarrai sola e nessuno ti amerà mai! >> Su una cosa si era sbagliato, Jack l’amava, ma lei lo aveva colpito, esattamente come era già successo con sua sorella … Ma Jack non era come sua sorella, giusto? Lui era uno spirito dell’inverno, non poteva trasformarsi in una statua di ghiaccio. Non poteva!
<< Lo hai colpito! >> Merida le stava urlando contro, arrabbiata e quasi delusa del suo gesto. << Come hai potuto?! Lui ti ha appena confessato il suo amore, tu hai detto di amarlo a tua volta e lo aggredisci? Perché? >>
<< Merida … n-non è col-colpa … sua … >> La voce di Jack era un sussurro o poco di più.
Una stretta dolorosa avvolse il cuore di Elsa. Che cuore grande che aveva il Guardiano: lei lo aveva colpito, ma lui continuava a preoccuparsi per lei e a difenderla.
Per fortuna i suoi nuovi “amici” si stavano preoccupando per lui. << Jack sta calmo, risparmia le forze. >> Gli disse Hiccup, mentre Astrid recuperava il suo bastone da terra. Il ragazzo gli sorrise debolmente per poi perdere i sensi.
<< Non è colpa sua? >> La riccia era sconvolta e fece la domanda nonostante avesse visto il giovane chiudere gli occhi. << Jack, ti ha attaccato con il ghiaccio, ti poteva uccidere! >>
<< Jack è uno spirito, è già morto, non può morire di nuovo. >> Rispose la bionda, una volta recuperato quel briciolo di autocontrollo necessario a pensare in modo coerente. << Portatelo via, mettetelo al caldo e si riprenderà. >> Si stava imponendo la calma, ma anche lei era agitata. Non era per nulla certa che quello che stava dicendo fosse vero, ma era la sua più grande speranza al momento. << Andate via. >> Era in pensiero per Jack, da morire, ma se lui fosse rimasto lì, temeva di diventare un ulteriore pericolo per lui. Lei era un mostro, Jack era una delle poche cose belle che lei aveva nella sua vita, ma esattamente come era successo con sua sorella, ora proprio lei gli stava facendo del male.
<< Andare via? >> La riccia era sempre più sconvolta. << Non possiamo andare via, lui ha bisogno di aiuto, non lo capisci? Come puoi essere così insensibile? Oltre ad averlo intorno a te ce l’hai anche nel cuore il ghiaccio? >>
Questo fu troppo per Elsa: << Vi ho detto di andare via! >> Nuovamente stalattiti di ghiaccio scaturirono dalle sue dite, dirette contro i tre ragazzi. Stavano quasi per colpirli quando qualcosa li intercettò, precisamente una possente ala nera. Essa apparteneva ad un drago che era volato in difesa dei suoi amici non appena aveva captato il pericolo. “Quel drago” pensò Elsa “è lo stesso che ha salvato me ad Arendelle, cosa ci fa qui?”
<< Ottimo tempismo Sdentato. >> Esclamò il ragazzo castano. Sollevò il corpo di Jack da terra e lo caricò sul dorso dell’animale. << Ora noi andiamo via, va bene? >> Disse. Nella sua voce c’era il vigore di un capo. Era un ordine, non una richiesta e lei non si oppose.
Rimasta sola, Elsa fu inevitabilmente presa dal rimorso. La luna brillava nel cielo con aria malinconica e questo non aiutò a risollevare il suo umore.
Lo aveva scacciato e colpito con i suoi poteri, proprio come aveva fatto con Anna. Aveva ferito le uniche due persone a cui mai avrebbe voluto fare del male. Guardò fuori dalla finestra. “Oh Anna …” pensò amareggiata. Quanto le mancava la sua dolce sorella, chissà cosa stava facendo il quel momento …
 

<< Continuate a cercare. >> La voce di Anna non era mai stata tanto autoritaria. << Non dovete arrendervi. >> Aveva continuato a guardare il suo riflesso nel vetro della finestra mentre parlava. La luce della luna illuminava la strade deserte di Arendelle, dando alla città un’aria sinistra. Anna era bianca quasi quanto lei; il viso pallido e le occhiaie che le si stavano formando sotto gli occhi la fecero sospirare. Erano giorni che non dormiva bene, ma non voleva arrendersi, non poteva arrendersi!
Una guardia ebbe il coraggio di farsi avanti e parlare per tutti. << Mia signora, la regina è scomparsa ormai da quasi sette giorni e … >>
<< Non mi interessa! Cercatela ancora! >> La sua voce si alzò come mai era successo, tant’è che la guardia con cui stava parlando si spaventò. << Come volete principessa. >> Detto questo si ritirò con un saluto militare, lasciando Anna sola con Olaf e Kristoff. Da quando il piccolo pupazzo di neve era tornato senza Elsa, raccontando dell’accaduto, era passata una settimana, una settimana in cui non avevano avuto notizie della regina …
Un uomo vestito di nero l’aveva aggredita, un drago l’aveva portata via e da allora di lei non si sapeva nulla. Tutto pareva assurdo alle orecchie di Anna, ma questo non l’aveva fermata e aveva immediatamente dato ordine di cominciare le ricerche. Anche Kristoff aveva fatto del suo meglio, coordinando le indagini e cercando, al tempo stesso, di rimanere accanto alla fidanzata, che mai come in quel momento aveva bisogno del suo conforto. << Anna >> Le disse infatti. << So che sei preoccupata per Elsa, lo sono anch’io e come te spero ancora che lei sia viva, ma dovremmo iniziare a prendere in considerazione anche l’ipotesi peggiore e cioè che lei sia … >>
Non riuscì a finire la frase, perché la rossa si voltò di scatto verso di lui. << Elsa è viva! >> Gridò: << Non voglio considerare altro che questo. >> Gli occhi azzurri di lei, sempre così solari e luminosi, in quel molto erano velati da lacrime disperate. Si tuffò nel petto del ragazzo. << Kristoff, non voglio che lei sia morta, non posso perderla, non ora che l’ho finalmente ritrovata. >>
Il ragazzo la strinse a sé, cullandola dolcemente e cercando di darle tutto il conforto possibile e lasciandola sfogare. D’istinto, sentendo i singhiozzi della donna che amava, puntò i suoi occhi marroni sulla finestra, verso la montagna alle spalle del castello. Non poteva vederlo, ma poteva immaginare il castello ghiacciato della regina stagliarsi contro il cielo. L’avevano cercata anche lì, ma non l’avevano trovata. “Elsa” pensò
“dove sei finita?”





The Fred's Hollow:
Ed dopo un mese dal mio ultimo aggiornamento eccomi tornata tra voi. Chiedo scusa per la lunga assenza, ma gli esami universitari non mi hanno permesso di scrivere ed ero rimasta molto indietro con la stesura della storia. Ora, tuttavia, sarete felici di sapere che ho recuperato e oltre a questo che ho appena pubblicato ho altri due capitoli pronti ergo, per lo meno per le prossima due settimane, potete stare tranquilli: non ci saranno ritardi. In questo tempo mi impegnerò a scriverne altri, quindi filerà tutto liscio XD.
Ma ora passiamo alle cose serie: che ne pensate di questo capitolo? Ho fatto fare una piccola apparizione ad Anna, perchè me la sono immaginata in pena per la sorella, in più Jack e Elsa si sono finalmente rivisti, tuttavia lei lo ha colpito al cuore, cosa succederà al nostro Jack? Hiccup e i suoi amici riusciranno ad aiutarlo?
Intanto si sono dichiarati il loro amore, quindi la situazione si è sbloccata u.u, non credete anche voi? XD
Sono perfida lo so, a lasciarvi così, sospesi senza delle risposte ma se volete sapare come andrà a finire vi basta solo continuare a seguirmi, a sopportare i miei ritardi e a ignorare i miei errori di battitura ^^'''.
Questa volta l’ho rivisto più volte il capitolo, quindi non dovrebbero essercene, ma non voglio metterci le mani sul fuoco ^^’’’
A tal proposito vorrei ringraziare: 1)
BimbaMonellaVaga, Cecily_H, Deidara7, Elsa_ladyFrost, Fabri_Timelady, Floryana, Hopenill, IceBluGirl, Laila 2705, Lilian Potter in Malfoy, LittelMoon, MrsDalloway91, Musa00, natalie_80, nihal_chan, NinaDobrev_, Romantic_Dreamer, SashaJohnson, Sun Aoyun, temimato97, the snow queen, weepingangel, _HakuNoKiri_ e _IGM_EFJL5L_BH6_ che hanno inserito la mia storia tra le preferite.
2)
13_forever, Aiofjane, AkIrA_23, Cloau_efp, DarkViolet92, DJ_AmuStar, Elsa_ladyFrost, EmilyHalliwell, Eunice Laufeyson, fantasy_book, guetto78, ibegyourhate, Jarida_forever, ladymoner_, Laila 2705, Layla_Silver, LazioNelCuore 1711, Lilla95, LovelyAndy, maltrerio, marty00, misa_mery, New Moon Black, Penna rossa, Pitch Black, roxen carry, Saretta_Dreamer, Scorpiusthebest, sere_rainbow_biersack, Snow_Queen, Snow_White_Queen, Sofy_Candy, Sun Aoyun, Tamalia_14, tama_chan_, Thelf, TheLittleLadyBug, theonehope, Victus Mors, _Ame_941 e _Ash che mi hanno inserito tra gli autori preferiti nel corso di tutti i miei anni trascorsi su Efp.
3)
Angelo di Luna_Angelmoon, Elsa Ai, Elsa_ladyFrost, jaspeg, Mintaka94, Poprock24, Saphira Fire Frost, Undomiel, yukichan01 e _IGM_EFJL5L_BH6_ per aver inserito la mia storia tra le ricordate.
4)
A m b e r F r o s t, alexandros_95, Amy e Blaze, aredhel2795, beno89, Blackmore Di Blackmore, Cordelia89, cristal_smeraldo48, cup of tea, Daughter_Of_The_Moon, Deidara7, Elsa_ladyFrost, Floryana, IceBluGirl, InfinitySoul19, Ini, iolm, kairyilaria93, Ladradilucciole, Laila 2705, La_Regina_Delle_Nevi, lusy97, Millennia Angel, mintheart, Misuzu, MrsDalloway91, Mumma, neve_luna, reginaelsa, Rurue, Sibby00, temimato97, the snow queen, TheLittleLadyBug, Valar_Morghulis, Witchofice22, xmileysoxygen, ylenia_17, _ely_93, _Firestorm_, _IGM_EFJL5L_BH6_ e _little_sweet_things_ per aver inserito la mia storia tra le seguite.
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Per ora vi lascio, alla prossima miei cari e lasciatemi tante belle recensioni ok?
Non so come farei senza di voi <3 !!

 
 

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Capitolo 13
*** Cuore di ghiaccio ***


CAPITOLO DODICI
Cuore di ghiaccio
 
<< Hiccup, ora cosa facciamo? >> Dalla voce di Astrid trapelava tutta la sua ansia. << Jack non si riprende, ha bisogno di aiuto. >>
Il ragazzo si voltò verso di lei. I piedi che affondavano della neve appena fuori dal castello non lo aiutarono nel movimento e fu il muso di Sdentato ad attutire la caduta. Guardò il suo nuovo amico, sdraiato sul dorso del drago, ancora privo di sensi. << Cominciamo col portarlo via. Elsa non mi pareva tanto convinta delle sue parole, ma forse ha ragione e basta tenerlo al caldo per un po’! >>
La riccia si voltò verso di lui e il veto le mosse ulteriormente i capelli, creandole un aureola infuocata intorno al viso. << Quella reginetta non sa proprio nulla. Fidati di me Hiccup, si stava arrampicando sugli specchi. >>
Astrid, che ancora teneva in mano il bastone di Jack, la guardò sollevando un sopracciglio. << Come mai tutto questo astio, Merida? Sei forse gelosa? >> Le domandò, anche per prenderla in giro.
La ragazza arrossì a quella domanda maliziosa, e le diede le spalle. Fu questo suo gesto a farle vedere, accanto a un albero, una piccola fiammella azzurra che faceva capolino da dietro al tronco scuro. << Oh no, di nuovo no! >>
<< Cosa c’è? >> Chiese il cugino, prima di vedere la fiammella azzurra e capire che Merida parlava di quella.
Istintivamente la vichinga strinse con più forza il bastone di Jack. << Tu sai cos’è? >> Chiese.
<< È un fuoco fatuo. >> Rispose Merida. << Si dice che guidino le persone verso il loro destino. >> Si voltò verso i suoi compagni di viaggio; i due ragazzi erano scossi, mentre i due draghi guardavano le fiammelle azzurre incuriositi. << Io li ho visti già altre volte in vita mia e l’ultima volta, seguendoli, sono finita in casa di una strega che ha trasformato mia madre in un orso! >>
<< Credevo che fossi stata tu a chiedere la pozione alla strega. >> Commentò Hiccup.
Merida lo guardò male per poi rispondere: << Dettagli. Resta il fatto che non sempre seguire uno di quei fuochi porta a qualcosa di buono. >>
Si voltò verso la fiammella. Quella mosse con fare mellifluo il piccolo prolungamento che poteva definirsi “braccio”, come a volerli invitare a seguirla. Merida guardò con occhi sbarrati prima l’esserino fluorescente e poi Jack, disteso senza conoscenza su Sdentando. La vita di Jack poteva essere appesa ad un filo e loro non avevano tempo da perdere: era una buona idea seguire quella mistica creaturina che già una volta l’aveva guidata alla rovina? Che poi tanto rovina non era stata, visto che aveva trovato un modo per riconciliarsi con sua madre! Forse, sta volta, sarebbe stato diverso. << Io, seguendoli, sono arrivato da Padre Tempo, che mi ha mandato d voi. Non mi è andata tanto male, no? >>
<< Jack! >>  A parlare era stato proprio lui, che aveva aperto gli occhi e, seppur con grande sforzo, era riuscito a mettersi in piedi, a cavalcioni su Sdentato. Quello non la prese tanto bene, ma ebbe il buon senso di non scalciare per farlo cadere. << Stai bene? >>
Quello sorrise dolcemente, guardando i visi preoccupati dei suo nuovi amici. << Non proprio, ma sto meglio di prima. >> Astrid gli passò il bastone e fu solo grazie a quello se non crollò al suolo quando scese dal drago. << Mi sento privo di forze e senza respiro. Come se qualcosa mi opprimesse il petto. >>
<< Se le cose stanno così è meglio seguire i fuochi. >> Decise a quel punto Hiccup. << Tu hai bisogno di aiuto e noi non possiamo dartelo. Che questi fuochi ci portino da una strega o da Padre Tempo, uno di loro saprà sicuramente cosa fare, a differenza nostra. >>
Astrid annuì, persuasa dal suo tono autoritario. Merida, invece, non era ancora convinta, ma quest’ultima ipotesi la fece muovere verso il fuoco fatuo davanti a lei e verso tutti gli altri che comparvero dopo di lui. Incespicando più volte sul terriccio ghiacciato, il gruppo si inoltrò sempre di più nel bosco. Camminavano da parecchi minuti e il percorso era sempre più faticoso, soprattutto per Hiccup e Jack (il primo per via della gambe di ferro che si era già incastrata un paio di volte nei rami, il secondo per via della debolezza crescente). Alla fine si convinsero, dopo l’insistenza di Astrid, a salire su Sdentato e anche Merida tirò un sospiro di sollievo. “Stupido orgoglio maschile” pensò “Faccio bene io a non volermi sposare!” Gli alberi diventavano più antichi man mano che seguivano i fuochi fatui e la foresta, illuminata dalle loro lucine azzurrognole, era sempre più spaventosa. Merida iniziava seriamente ad avere paura e si strinse nelle spalle in cerca di conforto. Mai come in quel momento desiderò avere qualcuno al fianco, qualcuno che la proteggesse e la facesse sentire al sicuro: le mancava la sua mamma, ma sapeva che se non avessero messo fine a questo inverno, anche lei sarebbe stata in pericolo. Spronata da quel pensiero si costrinse ad andare avanti e lo stesso fecero Hiccup, Astrid e Jack.
Alla fine giunsero in uno spiazzo circondato da pini. Lì, miracolosamente, la neve non era arrivata e quindi si presentava come nuda roccia, muschio e strani sassi perfettamente sferici sparsi qua e là. Astrid, affaticata dalla marcia, si accomodò (se così si poteva dire, visto che si trattava comunque di una pietra) su una di quest’ultime. << I fuochi fatui sono spariti, ma non ci hanno portato da nessuna parte. >> Disse. << Qui non c’è nessuno. >>
<< Questo lo pensi tu, signorinella! >> A sentire quella voce tutti si spaventarono e la biondina si alzò di scatto, visto che la voce proveniva proprio dal sasso dove si era seduta.
Quando la roccia fu libera dal suo peso si aprì, rivelando la sua vera forma: quella di un piccolo troll, con un grosso naso, vestito di muschio e con una collana di gemme. Alla sua comparsa i ragazzi si ritrassero, ancora più spaventati, tutti tranne Jack, che essendo lui stesso uno spirito non ci vedeva nulla di strano. << Cosa vi prende ragazzi, è solo un troll di terra: sono creature buone e gentili, non c’è motivo di spaventarsi. Sono i troll che vivono sotto i ponti o nelle caverne buie il problema. O anche i troll dei calzini … quando li lavi si rubano sempre il sinistro, chissà poi che se ne fanno … >> I suoi compagni lo guardarono con gli occhi sgranati e solo allora il ragazzo parve capire: << E voi non ne avete mi visto uno in vita vostra, vero? >> Hiccup e Astrid gli lanciarono un’occhiataccia e mentre Jack chiedeva: << Che ho detto di male? >>, Merida si avvicinò al troll con aria sognante: la spiegazione di Jack l’aveva subito tranquillizzata e poi lei era sempre stata attratta dal mistero e dalle leggende!
<< Wow, un troll! >> Esclamò infatti, colma di entusiasmo. << Draghi, spiriti, regine delle nevi e ora troll.  >> Sollevò la creatura, seppur a fatica visto che era pesante come una vera roccia, e fece una piroetta. << Oh questo è il viaggio più bello di tutta la mia vita! >>
Vista quella reazione amichevole, molti altri troll li raggiunsero al centro della radura, rotolando e poi aprendosi con uno scatto. Erano tutti di varie dimensioni e si potevano facilmente distinguere genitori  figli e anche donne e uomini. Merida lasciò libero quello con qui aveva fatto la giravolta e lui corse dai suoi compagni, ridendo per la strana esperienza. Uno di loro si fece avanti: era più anziano degli altri, era di sicuro il più saggio e pareva anche il loro capo. Sorrise alla riccia, per poi dirle: << Che ragazza piena di energia. >> Aveva la voce più profonda e “rocciosa” ma comunque affettuosa e rassicurante. << Noi non incontriamo molto spesso degli esseri umani. Ben pochi di loro sono giunti fin qui e temiamo sempre che possano farci del male, ma sono lieto di vedere che ci sono delle eccezioni come te e i tuoi amici. >> Prese una pausa, per poi aggiungere: << Oh ma che maleducato, non mi sono presentato. Qui tutti mi chiamano Gran papà, e questa è la mia famiglia. >> Gli altri troll, rimasti in silenzio fino a quel momento ridacchiarono insieme al loro capo.
Merida si inginocchiò davanti a lui, per raggiungere più o meno la sua altezza. << Io sono Merida >> disse presentandosi << Mentre loro sono mio cugino Hiccup e sua moglie Astrid, con i loro draghi Sdentano e Tempestosa. >> I due tirati  in causa fecero un cenno col capo, un po’ imbarazzati. << L’altro ragazzo, invece, è … >>
<< Jokul Frosti. >> Disse per lei il troll.
<< Tu sai chi sono? >>  Chiese Jack, stupito. Aveva riconosciuto uno dei tanti nomi che gli erano stati dati nel corso del tempo, anche se non lo usava più da secoli!
Il vecchio troll si fece una risata. << Certamente! Tra creature leggendarie ci si riconosce, ma devo ammettere che non avevo mai visto qualcuno come te, nonostante io sia il più antico qui. >>
Quel nome fu un’illuminazione per Hiccup. << Jokul Frosti, Jack Frost … come ho fatto a non collegare prima i due nomi. >> Esclamò, sbattendosi una mano sulla fronte.
Insieme a lui anche Astrid si diede mentalmente della stupida. << Già, dovevo capirlo anche io. Se solo chi crede in te ti può vedere questo spiega perché noi possiamo farlo: fai parte della nostra mitologia, Jack! >> Disse rivolta all’albino, che le sorrise, compiaciuto della spiegazione.
<< E io? >> Chiese Merida. << Io non conosco questo Jokul Frosti, come mai io lo vedo? >>
<< Sei una ragazza davvero speciale, Merida. Sembri davvero il tipo di persona che crede sempre in tutto, vero? >> Le rispose il troll.
La rossa annuì. “Beh in effetti è vero” pensò. E con estrema naturalezza si piegò a giocare con un paio di baby troll che reclamavano la sua attenzione. Il Gran papà sorrise a quella scena. << Voi siete tutti giovani dall’animo puro e non mi sorprendo se i fuochi fatui vi abbiano condotto qui da noi. Mi auguro che trasmettiate questa vostra genuinità anche ai vostri figli e che loro facciano altrettanto con la generazione a venire. Le leggende sono insegnamenti di vita … >> Si avvicinò ad Astrid con fare premuroso. << Quel piccolino che porti in grembo ne avrà presto bisogno. >>
Il silenzio cadde sul gruppo e persino Merida, distrattasi con i troll, si voltò a guardare la biondina con occhi sgranati. A quel punto il Gran papà capì di aver fatto una gaff. << Non lo sapevi ancora, cara? >>
La ragazza si portò una mano tremante sul ventre. << Sono … incinta? >> Un mix di gioia e paura la invase. Stava per diventare mamma! Era felicissima di mettere al mondo il frutto dell’amore suo a di Hiccup ma ne era spaventata. Sarebbe riuscita ad essere un buon genitore? Per Hiccup ne era sicura, sarebbe stato perfetto nel ruolo di padre e in quel momento lei era ancora più felice di averlo sposato, perché sapeva che l’avrebbe sempre sostenuta ad aiutata. Lui era buono e gentile, con i bambini ci sapeva fare, ma lei invece … beh lei era sempre stata più un guerriero che una madre, ma dentro di se sentiva già di amare quel bambino non ancora nato, lo amava quanto amata Hiccup.
Già, loro si amavano e proprio per questo avevano dormito insieme anche prima del matrimonio, ma non immaginava che sarebbe rimasta incinta così presto … e se lui non avesse voluto diventare padre così in fretta?
Si voltò timorosa verso Hiccup, immaginando una sua reazione negativa. Gli occhi verdi del ragazzo, tuttavia, brillavano di gioia, una gioia che lei aveva visto in lui solo quando volava con Sdentando in cerca di nuove terre. << Sarò padre … >> mormorò, per poi sollevare la moglie in aria e farle fare una giravolta come prima aveva fatto Merida con il troll. Le fece fare un mezzo giro sorreggendola sulle braccia, mentre lei rideva felice come una bambina e si faceva muovere senza fare resistenza, godendosi pienamente quel momento di tenerezza insieme al marito. << Astrid è magnifico! Grazie a te sarò padre! >> La lasciò andare e si avvicinò a Sdentato, prendendo il suo muso tra le mani e gridandogli contro: << Hai sentito amico mio? Diventerò padre! >> Il drago non capiva perché il suo amico fosse felice, ma era felice per lui e lo espresse laccandogli la faccia. << No, Sdentato! Lo sai che poi non va più via! >>
Tutti risero e niente pareva dover andare storto, ma proprio in quel momento Jack perse le forse e cadde dal dorso del drago. I ragazzi si allarmarono, la gioia per la gravidanza era già stata sostituita dall’ansia per Jack, e Gran papà gli rotolò subito accanto. << Hai il cuore ghiacciato. >> Constatò con aria grave << Se si fosse trattato della testa sarebbe stato semplice rimuoverlo, ma quando si parla di cuore è tutto più complicato. >> Sentenziò dopo una veloce controllata.
<< È stata lei! >> Esclamò Merida con tono furente e tutti capirono a chi si stata riferendo: Elsa.
Jack la ignorò. << Cosa mi sta succedendo? >>
Gran papà lo guardò con occhi tristi. << Non lo so mio caro. Tu sei uno spirito invernale e non ho mai visto uno spirito invernale ferito dal ghiaccio. Posso farmi solo un’idea di cosa stia succedendo e purtroppo il fatto che tu sia uno spirito peggiora le cose … >>
Hiccup subito si premurò di informarsi. << Che vuol dire? >>
<< Se fosse stato un semplice umano, il ghiaccio si sarebbe diffuso dal cuore in tutto il corpo, ghiacciandolo completamente. In quel caso un atto di vero amore sarebbe stata la cura, ma ora … >> Il tono di Gran papà, se possibile, divenne ancora più cupo. << Essendo uno spirito, il vostro amico Jack è già morto, non può morire di nuovo. Temo che gli si ghiaccerà solo il cuore e con esso tutti i suoi sentimenti … >>

 
La notizia sul cuore congelato di Jack aveva sconvolto tutti e a quel punto anche la gravidanza di Astrid era passata in secondo piano, persino per lei. La ragazza aveva preso a cuore la situazione dell’albino e non poteva accettare la sua condanna così facilmente, senza almeno provare a cambiare la sua sorte. Se Elsa era riuscita a mettergli del ghiaccio nel cuore, forse poteva anche rimuoverlo, doveva solo convincerla. Mentre Hiccup aiutava Jack, lei era silenziosamente salita in groppa a Tempestosa, seguita, però, da Merida. << Cosa stai facendo? >> Le bisbigliò, per non farsi sentire dal marito. Hiccup non avrebbe approvato una missione del genere, soprattutto ora che avevano scoperto della gravidanza.
<< Ho capito quello che hai in mente: vengo con te! >> Rispose quella con lo stesso tono, arruffando i capelli rossi.
Astrid sorrise, compiaciuta: aveva trovato un’ottima compagna di avventure in Merida. << Allora andiamo! >> Spiccarono il volo all’istante e, sebbene Hiccup avesse cercato di fermarle a parole una volta resosi conto di ciò che stavano facendo, loro non erano atterrate e lui non poteva lasciare Jack da solo, così fu costretto a lasciarle andare. Tempestosa ci mise poco per tornare ai piedi del castello congelato e nuovamente la sua bellezza le accecò, nonostante lo avessero già visto.
“Più lo guardo, più mi piace”, pensò Astrid, “non ho ben chiaro cosa sia successo nel passato di Elsa, ma non capisco come possa considerare questa meraviglia una maledizione”.
<< Astrid, entriamo? >> Merida scese con un agile salto dal dorso dell’Uncinato Mortale, una volta che furono atterrate. << Credo sia un’impresa disperata, ma dobbiamo almeno provarci: convinceremo Elsa ad aiutare Jack! >>
La bionda annuì: << Si, andiamo! >> Si voltò, poi, verso il suo drago. << Tempestosa, sta volta tu vieni con noi! >> La bestia gracchiò il suo consenso e le seguì mansueta.
L’interno del castello era splendente come l’esterno, ma c’era qualcosa di diverso. Le pareti non erano più lisce, trasparenti e senza imperfezioni come le avevano lasciate, bensì erano piene di spuntoni, decisamente appuntiti, constatò Merida quando un pezzo della lunga gonna verde petrolio ci rimase impigliato e si strappò. << Cosa è successo qui? >> Chiese.
<< Deve essere stata Elsa. >> Ipotizzò Astrid. << La nostra visita di poco fa deve averla agitata. >> Passò un dito sulla punta di uno degli spuntoni. Quando si guardò il polpastrello, una sottile linea rossa si stava formando su di esso. << Ho come la sensazione che l’impresa disperata si sia appena complicata. >> Mormorò.
La voce di Elsa irruppe dall’alto, facendole sussultare. << Cosa ci fate di nuovo qui? Vi avevo detto di andare via. >> La regina si aspettava di rivederli, ma non così presto. Sperava di poter prima riacquistare un minimo di autocontrollo. La loro visita precedente e i ricordi di Anna l’avevano turbata, facendole perdere il controllo dei suoi poteri. Ora il ghiaccio del suo castello era irregolare e opaco, non rifletteva più la luce della luna e questo gli dava un’aria più oscura. Come al solito i suoi poteri riflettevano i suoi turbamenti.
Per sua fortuna erano tornate solo le due ragazze: rivedere Jack sarebbe stato un colpo troppo duro. Con loro, tuttavia, c’era un altro drago, azzurro con degli aculei gialli sulla coda. Camminava su due zampe e non su quattro come il drago nero che ormai lei conosceva bene, e pareva anche leggermente più stupido, ma era ugualmente molto bello.
Merida parlò per tutte e due, come al solito senza prima pensare a ciò che stava dicendo. << Avevi anche detto che a Jack non sarebbe successo nulla. >> Elsa si ritrasse in dietro, spaventata dalla sua reazione e dalle parole che aveva pronunciato.
“Jack sta male?” La ragazza non riusciva a pensare ad altro e lo stesso valeva per Merida.
Astrid dovette afferrarle un braccio per farla calmare, ma lei non si zittì, nonostante la faccia sconvolta della regina e la presa ferrea della vichinga. << Lo hai colpito al cuore e lo hai ferito! >>
Elsa si sentì mancare. “Colpito al cuore?” Il fiato si fece affannoso. “Sta succedendo ancora. Di nuovo i miei poteri hanno fatto del male a qualcuno a me caro. Sta volta, però, è successo all’unica persona che credevo mai ne sarebbe rimasto ferito”. Si fissò le mani con ribrezzo. << Sono un mostro. >> Mormorò, ma talmente piano che le due ragazze non la udirono.
<< Elsa, ti prego. >> Sta volta fu Astrid a farsi avanti. << Devi aiutarlo. Abbiamo incontrato dei troll, loro ci hanno detto che ha del ghiaccio nel cuore e io credo che tu sola possa aiutarlo. Rimuovi il ghiaccio dal suo cuore e salvalo. >>
Lei però era spaventata e troppo confusa per capire bene cosa la bionda le stesse dicendo. << Non posso, non so come fare! >> Si fece forza per continuare. << Quando questo accadde a mia sorella, fu l’amore a salvarla, ma ora … >> Si passò freneticamente una mano tra i capelli. << Voi non potete capire, Jack era l’unico di cui potevo fidarmi, ma mi ha mentito e ora io non so se … >>
<< Non sai se cosa? >> Nuovamente Merida alzò la voce contro Elsa. << Anche i troll ci hanno detto che la cura era l’amore e tu lo ami no? Allora qual è il problema? >> La ragazza non seppe cosa rispondere. Jack la amava, ma lei? Si che lo amava! Disperatamente e con tutte se stessa, ma questo non faceva che spaventarla di più.
Aprì la bocca per spiegare ciò che sentiva alle due ragazze, ma non ebbe il tempo di parlare, perché una grossa nube nera sfondò il soffitto, abbattendosi sulle ragazze e mandando in frantumi le guglie, le colonne e anche lo splendido lampadario intarsiato, che precipitò al suolo in mille schegge ghiacciate. Merida e Astrid furono sbalzate all’indietro, sbatterono la testa e persero i sensi sul colpo. Elsa, invece, ebbe il tempo di vedere Pitch Black, al centro della nube, atterrare proprio di fronte a lei. << Sei felice di vedermi, Elsa? >> Chiese, con la sua solita voce melliflua. << Ti avevo avvertita: la paura è potere! >> Il drago azzurro della ragazza bionda sputò del fuoco per difendere la sua padrona. Il suo fuoco era molto efficace contro le creature e questo fece tornare in mente alla ragazza che anche il fuoco del drago nero era stato risolutivo contro le creature di Pitch. Sta volta, però, i mostri erano molti di più e il drago non ce la faceva a resistere da solo: fu costretto alla ritirata. “Oh no” pensò la regina “È la fine” … a quel punto perse i sensi. L’uomo la guardò soddisfatto, per poi voltarsi verso la altre due giovani prive di sensi. << Prendete anche loro. >> Ordinò alle sue ombre << Non voglio testimoni. >> Un grido attirò la sua attenzione e vide Tempestosa volare via spaventata. << Seguite il drago, magari ci porterà  dove si trovano i suoi simili. Il fuoco di quei bestioni squamosi è troppo caldo e luminoso per noi. >> I suoi lupi gli svolazzarono intorno e Pitch ghignò, colto da un lampo di genio. << Anche se credo vi serva in cambio di look. >> Con uno scrocchio di dita la sabbia nera che formava i lupi iniziò a vorticare su se stessa e ben presto le maligne creature dell’Uomo Nero ebbero un nuovo aspetto e si alzarono in volo con le loro ali di drago. << Perfetto … >>
 

I troll avevano fatto per Jack tutto quello che potevano, avvolgendolo in una coperta di muschio per dargli calore e cercare di rallentare il congelamento ormai imminente, ma nonostante ciò Jack continuava a peggiorare, anche se cercava di non darlo a vedere. << Sai … >> Disse ad un certo punto al vichingo. << … In 300 anni di vita come spirito invernale, questa è la prima volta che sento freddo … >> E si sforzò di ridacchiare.
Purtroppo quella fu l’ultima battuta che disse. Pian piano il suo animo si stava appiattendo e anche il suo umorismo ne risentì, mentre dentro di lui l’apatia cresceva. Se ne stava aggrappato alla schiena di Hiccup, anche per cercare di assorbire calore da lui, mentre entrambi cavalcavano Sdentato, Hiccup avanti e Jack dietro.
Erano in cerca delle ragazze: Astrid e Merida erano scomparse già da un po’ e il castano si stava preoccupando per loro. Aveva pensato di trovarle al castello di Elsa, ma arrivato lì non c’era traccia né di loro né della regina, anzi il castello pareva abbandonato. Non sapeva spiegarsi come fosse possibile, ma era completamente trasformato rispetto a poco prima. Il salone era pieno di spuntoni e il soffitto era sfondato. “Probabilmente, quando prima siamo stati qui, l’abbiamo turbata, così ha distrutto il suo castello e si è spostata altrove”, aveva pensato vedendo quello scempio.
Fuori dalle rovine, a poca distanza da essa, aveva ritrovato delle impronte di Uncinato Mortale. Le ragazze erano state lì di sicuro ma, non trovando Elsa, erano andate via. Le tracce puntavano verso Berk e Hiccup sperava ardentemente di trovarle lì, sane e salve, e così stava tornando al villaggio insieme a Jack. Questa volta il vento era della loro parte, Sdentato non doveva lottare contro la tormenta e questo stava rendendo il viaggio di ritorno più veloce. Di questo Hiccup ne fu molto lieto, perché Jack pareva peggiorare minuto dopo minuto. Ogni tanto un barlume di emozione tornava a farsi largo dentro di lui, ma ormai del Jack Frost ilare e ottimista che era, non c’era quasi più traccia. Hiccup toccò la situazione con mano quando, inquieto, espresse a Jack le sue preoccupazioni riguardo all’incolumità delle ragazze, cercando di intavolare una conversazione per rompere il silenzio. << Sono preoccupato per le ragazze. >> Disse. << Spero siano già tornate a Berk. >>
L’altro rispose con disinteresse: << Peggio per loro. >> Nelle sue parole non c’era altro che gelo. La voce era spettrale, algida, distante. Non sembrava neanche più la sua … << Se si sono messe nei guai è colpa loro. >> Il calore delle coperte e del corpo di Hiccup a contatto con il suo, non bastavano. Secondo dopo secondo il suo cuore si congelava e le emozioni lo abbandonavano. <<  Si solo allontanate anche se tu hai provato a fermarle e senza dirci dove andavano, questo mi fa sentire … arrabbiato? >>
<< Stai chiedendo a me che tipo di emozione dovresti provare, Jack? >> Chiese Hiccup, incredulo e scioccato.
Jack rispose con la sua nuova voce monotono: << Credo di si. So che dovrei provare qualcosa, ma non capisco cosa … il mio cuore è quasi del tutto congelato, Hic. >>
Il ragazzo provò a guardarlo, ma riuscì solo a scorgere la cima della sua scompigliata zazzera argentata, poiché aveva la fronte pigiata sulla sua schiena. Jack si sentiva venir meno, sapeva che tra poco non sarebbe stato altro che un guscio vuoto, freddo come il ghiaccio che portava nel mondo. << Ora dovrei avere paura. >> Continuò. << Ma credo di non ricordare più cosa sia la paura … >>
A quella risposta raggelò anche Hiccup. Non aveva idea di dove le ragazze fossero, ma non aveva più tempo per angosciarsi per loro o per cercarle: Jack aveva bisogno di aiuto! << Sdentato, cerchiamo di aumentare la velocità. >> Disse al suo drago, il quale grugnì il suo consenso. << Astrid sarà già a Berk, se così non fosse ci raggiungerà presto con Merida e Tempestosa. >>
Sdentato aumentò la velocità e Hiccup gliene fu grato. Piccoli fiocchi di neve gli volarono davanti agli occhi: persino il vento era triste per suo amico …






The Fred's Hollow:
Ed eccomi tornata anche questa settimana! Contenti? XD
Mi auguro proprio di si e che la storia vi stia piacendo. Si sta facendo sempre più complicata, dico bene? Mi sa che prima o poi dovrò fare un’altra ricapitolazione hahaha o non ci capirete più nulla.
Sono riuscita ad inserire i troll e di questo sono molto contenta visto che, personalmente, li ho trovati divertentissimi. In più abbiamo scoperto che Hiccup e Astrid avevano un piccolo segreto XD: vi è piaciuta come idea? Non ho resistito dall’inserire questo particolare e chissà, magari potrebbe avere anche una certa rilevanza ai fini della trama u.u.
Purtroppo, tuttavia, l’entusiasmo è scemato subito perché, come avrete appena letto, la situazione per Jack è critica. Elsa gli ha congelato il cuore, ma essendo già morto non può morire di nuovo e quindi gli si congeleranno solo i sentimenti. Riusciranno i nostri eroi a impedire che ciò accada? Astrid e Merida hanno provato a farla cambiare idea ma Pitch si messo nuovamente in mezzo catturandole tutte e tre. Cosa accadrà ora? Vi ho incuriosito abbastanza?
Mi auguro proprio di si XD: spero di leggere tante delle vostre magnifiche recensioni. La mia storia sta proseguendo anche grazie alla vostra continua presenza.
A tal proposito volevo porvi un quesito. Quando ho iniziato a scrivere questa storia non mi aspettavo un tale successo, quindi misi insieme tutte le mia idee. Ne venne fuori una grande trama, ipoteticamente divisibile in due parti. Ora, la prima parte sta per finire, mancano 4 o 5 capitoli e poi inizierà la seconda, lunga più o meno quanto questa. Le due parti hanno ambientazioni e personaggi leggermente diversi, potrebbero benissimo restare insieme o venire divise in due storie separate.
Il quesito quindi è:
secondo voi dovrei separale facendo due storie più brevi o preferite che continui a scrivere qui facendo un’unica storia più lunga? Premetto che avevo già in mente un possibile seguito, quindi mal che vada verrebbe fuori una trilogia o una tetralogia oppure rimarrebbe tale, dipende anche dalla mia fantasia XD.
Sta di fatto che vorrei un vostro giudizio: mi dispiacerebbe perdere lettori se la storia risultasse troppo lunga (nel caso rimanesse unica) o se poco conosciuta (nel caso della seconda parte staccata da questa). Alla fine mi regolerò io ma sapere cosa voi, miei lettori fidati e devoti, ne pensiate, per me è molto importante visto che non scrivo solo per me la mia soddisfazione personale ma anche per voi.
Detto questo vi saluto. Attendo di sapere cosa ne pensate di questo nuovo capitolo e anche della del mio quesito XD.
Grazie ancora per la lettura: se avete anche il mio Fred's Hollow dovee volermi davvero bene! XD
Baci!!

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Capitolo 14
*** Scacco matto ***


CAPITOLO TREDICI
Scacco matto

 
Non appena Elsa aprì gli occhi le parve di rivivere un incubo, come quando il perfido principe Hans la raggiunse nel suo castello e lei perse i sensi per via della caduta del lampadario si risvegliò in una condizione simile. Era, infatti, in una cella, stesa su un lettino, con le mano bloccate da catene e incassate in blocchi di ferro. Ma non era ferro normale, bensì pareva fatto delle stessa sabbia nera con cui Pitch Black creava le sue creature.
Tuttavia c’era una differenza rispetto a quando fu imprigionata da Hans, sta volta nella cella non era sola, bensì con lei c’erano Astrid e Merida, già sveglie e poggiate contro la parete opposta alla sua. << Che sta succedendo? >> Chiese a quel punto alle due, rimanendo supina.
Fu la riccia, che ancora la guardava storto, a risponderle: << Il tuo persecutore ci ha rapite e ha anche pensato bene di bloccarti i poteri. >> Aggiunse indicando con gli occhi la sue manette speciali.
 << Chissà perché ci ha rapite e non uccise … >> Mormorò Astrid con fare pensoso, accarezzandosi il ventre, dove ora sapeva esserci il suo futuro bambino. Non poteva che essere felice che fossero ancora entrambi vivi, ma i piani di quel Pitch Black la preoccupavano non poco. << A che gli servivamo? >>
Fu nuovamente Merida a rispondere, con la sua solita schiettezza e impudenza. << Forse vuole un’arma di ricatto contro Hiccup. Questo Pitch mi pare un pazzo psicopatico e di solito i pazzi psicopatici non tentano di conquistare il mondo? Hiccup e i suoi draghi potrebbero mettergli i bastoni tra le ruote. >>
<< Il fuoco dei draghi è molto efficace contro i mostri d’ombra. >> Confermò Elsa. << Ho avuto occasione di notarlo più di una volta. >>
Le parole della regina non fecero che convalidare l’idea di Merida: << Magari è parente di quel Drago Blu di vista che vi attaccò l’anno scorso e ora vuole vendicarsi. >>
<< Drago Bludvist. >> La corresse Astrid. << Ma non penso che sia questo il caso. Pitch è venuto qui dal futuro per Elsa, noi non c’entriamo proprio niente. Per quel che riguarda la tua prima ipotesi, invece, non penso che un tipo del genere, con quei poteri, abbia bisogno di un’arma di ricatto. >>
La riccia parve pensarci su: << Ciò non toglie che il suo obbiettivo sia quello di conquistare il mondo. >> Le fece giustamente notare.
<< Non vuole semplicemente conquistare il mondo. >> Sta volta a parlare era stata Elsa, messasi seduta sulla panca ad ascoltarle. << Nel suo tempo ci sono i Guardiani a combatterlo e per sconfiggerli ha bisogno di più potere, per questo vuole la mia paura. >> Prese una piccola pausa prima di ricominciare. << Vuole vendicarsi su di loro, vuole distruggerli e vuole che tutti lo vedano mentre lo fa. Vuole che tutti credano in lui, sia qui che nel tempo da cui proviene. >>
Astrid la guardò incuriosita: << E tu questo come lo sai? >>
Elsa roteò gli occhi, quasi sentendosi colpevole, e si morse un labbro prima di rispondere: << Me l’ha detto lui. >>
<< Quindi tu sapevi che Pitch era qui? Che ti aveva seguita? >> Merida non si trattenne. Quella confessione l’aveva fatta ulteriormente adirare.
Allo sguardo sconvolto delle due Elsa si affrettò ad aggiungere: << Si, lo sapevo. Prima che voi veniste da me Pitch era venuto a parlarmi. Ha provato a convincermi a passare dalla sua parte, a cedergli la mia paura spontaneamente e a diventare la sua … alleata. >> Stava per dire “regina”, come stesso Pitch Black aveva detto, ma il solo pensiero di diventare sua compagna le faceva ribrezzo. In cuor suo sapeva che lei sarebbe potuta diventare la regina solo di Jack. Quando il pensiero andò a lui le venne spontaneo aggiungere ciò che l’uomo le aveva confessato: << Pitch mi ha anche detto di aver provato a convincere anche Jack a passare dalla sua parte tempo fa, ma che lui aveva rifiutato la sua offerta proprio come ho fatto io. >> Sospirò. << Ha detto che io e Jack Frost siamo molto più simili di quanto pensassi. >>
<< E nonostante ciò rifiuti il suo amore? >> Il rimprovero di Merida le uscì spontaneo. << Sai, forse sei tu ad avere un cuore di ghiaccio e non lui. Sei tu che sembri priva di sentimenti. >> Astrid le diede una gomitata per zittirla e fu allora che Elsa capì che c’era qualcosa che non le avevano detto.
<< Che vuol dire? >> Chiese, anche se aveva paura di sapere la risposta.
Merida continuava a guardarla male, così fu la bionda a risponderle. << Jack. >> Disse. << Ti abbiamo detto che il tuo attacco gli ha colpito il cuore ma non ti abbiamo detto che essendo già morto il ghiaccio non lo ucciderà: lo priverà di tutti i suoi sentimenti. >>
<< Cosa?! >> Elsa era sconvolta, turbata e spaventata. Il cuore prese a martellarle nel petto e il fiato prese a mancarle. Nascose il viso tra le gambe, portandosele al petto e cercando di ritrovare la calma. Sentiva le manette al polsi farsi sempre più fredde: sicuramente se non le avesse avute avrebbe congelano l’intera cella visto quanto si era agitata. << È successo di nuovo. >> Mormorò quasi piangendo. << Ho fatto già del male a mia sorella con i miei poteri  e ora anche a Jack. Lui però è come me, i miei poteri me li ha dati lui e ciò nonostante l’ho ferito. Sono un mostro, non merito di essere felice, non merito il suo amore. >> A quel punto scoppiò a piangere sul serio, disperata.
<< Eppure lui ti ama. >> Disse Astrid cercando in qualche modo di consolarla. << E lo ami anche tu, anche se cerchi in tutti i modi di allontanarti da lui. Jack ti ha mentito, è vero, ma ho come la sensazione che in fondo tu lo abbia già perdonato e che usi questa scusa della perdita di fiducia solo perché in realtà hai paura di quello che provi. >>
Elsa alzò gli occhi, rossi per le lacrime che ormai sgorgavano senza sosta, per guardarla. << E tu che ne sai? Non mi conosci e non sai io come reagisco. >>
<< Perché io ero come te! >> Confessò Astrid, con voce più forte del normale. << O almeno questa idea mi sono fatta di te. >> Aggiunse prima di chiarire il suo pensiero dicendo: << Io sono una vichinga, una guerriera e per una guerriera le fantasie romantiche non sono una priorità, anzi! Le ragazze vengono sempre considerate più deboli dei maschi, figurarsi una ragazza che fantastica sul suo matrimonio. Ho sempre fatto la dura con tutti i ragazzi che mi si avvicinavano, temendo che prima o poi sarebbe arrivato quello che mi avrebbe fatta capitolare, che mi sarei innamorata, sposata, e che avrei dovuto rinunciare a tutti i miei sogni. >> Più parlava più si rendeva conto che ciò che diceva non aveva mai avuto il coraggio di confessarlo a nessuno, neanche al suo Hiccup, ma aveva la sensazione che Elsa fosse davvero simile a lei e che potesse davvero capirla. Lei era una regina d’altronde, una regina che regnava da sola e quindi i loro problemi erano analoghi. << Eppure alla fine è successo, ho abbassato la guardia e mi sono innamorata. >> Continuò, quasi commuovendosi << Mi sono innamorata del vichingo meno vichingo del villaggio. Era piccolo, magro, un pessimo guerriero, eppure me ne sono innamorata, perché era dolce, premuroso, intelligente e perché con lui potevo essere me stessa. >> I suoi occhi presero a brillare di gioia. << Non dovevo essere per forza forte, non dovevo essere per forza una dura. Potevo essere semplicemente Astrid e non ero mai stata più felice in vita mia. Ora quel ragazzo è diventato un uomo forte e coraggioso, il marito migliore che potessi desiderare. >>
<< Vi siete sposati? >> Elsa rimase rapita dal racconto della ragazza. La sua era una storia meravigliosa, la realizzazione di un sogno, come una favola. Quanto avrebbe voluto anche lei un lieto fine del genere. << È quel ragazzo castano che era prima con voi? Hiccup? >>
Astris annuì con un sorriso. << Esatto. Hiccup ora è mio marito, lo amo e sono felice che sia andata così o non avrei mai potuto avere una tale gioia. >> Per istinto si accarezzò nuovamente il ventre.
Elsa seguì i suoi gesti nonostante gli occhi rossi. Astrid si era già toccata la pancia prima e un pensiero le venne automatico: << Sei incinta?! >>
La ragazza arrossì. << Si, aspetto un figlio. Sono stati proprio i troll a dirmelo. >>
<< Che bello, sono sicura che sarete entusiasti della cosa e che sarete degli ottimi genitori. Spero solo che possiate ritrovarvi presto. >> La regina sorrise, stranamente felice, felice per lei anche se non la conosceva.
<< Ti ringrazio Elsa, … >> Le fece l’altra. << … e stai tranquilla. Tempestosa, il mio drago, starà tornando a Berk. Una volta lì gli altri sapranno che devono cercarci e saremo salvate. >>
Elsa strabuzzò gli occhi, ridacchiando: << Il tuo drago si chiama Tempestosa? Anche il mio cavallo! >>
<< Che coincidenza! >> Esclamò Astrid stupita.
<< Ma che carine che siete. >> Commentò Merida con sarcasmo, intromettendosi tra di loro e rovinando l’atmosfera. << Avete lo stesso orgoglio, lo stesso aspetto e l’animaletto con lo stesso nome! >>
Astrid ridacchiò, divertita dalla battuta, mentre Elsa la guardò sollevando un sopracciglio. << Credi che ci assomigliamo? >> Riguardò Astrid con un po’ più di attenzione. Effettivamente qualcosa in comune l’avevano: gli occhi avevano quasi la stessa forma e colore, i capelli biondi e acconciati in modo smile  facevano somigliare anche i loro lineamenti, il naso aveva la stessa forma e anche le labbra.
Merida annuì. << Si, vi somigliate e non sono l’unica a pensarlo. Quando abbiamo incontrato Jack per la prima volta inizialmente aveva scambiato Astrid per te. >>
La ragazza rise. << È vero, lo avevo dimenticato. Poi, però, si è subito reso conto che non ero te, ti riconoscerebbe tra mille, perché ti ama e questo ci fa ritornare al discorso di poco fa. >> L’atmosfera ritornò seria. << Voi vi amate, non capisco perché questo vostro amore non possa salvare Jack. >>
<< Non è così semplice … >> Ammise Elsa.
<< Perché non lo è? >> Fece Merida, sta volta più calma di prima. << Non capisco quale sia il problema. >>
Elsa si rimise seduta come prima. Sospirò e poi si decise finalmente a dare voce a quei pensieri che la tormentavano da quando aveva conosciuto Jack: << Il problema è che Astrid ha ragione: lo amo come non ho mai amato nessuno e la cosa mi spaventa. Ci separano 150 anni, lui è un Guardiano e io sono una regina, ho un regno da governare. >>
<< Hai una sorella no? >> Fece Merida con non molto entusiasmo. << Perché non abdichi in suo favore e vai con Jack nel suo tempo? >>
Sta volta toccò ad Elsa guardarla male. << Tu vorresti farlo vero? >>
La riccia sollevò un sopracciglio. << Che vorresti dire? >>
<< Oh non fare la finta tonta Merida. Ho notato che Jack ti piace, sai? >> Nella voce di Elsa era evidente il fastidio che la cosa le dava. Era gelosa.
Merida arrossì, colta sul vivo. << Si è vero, mi piace, ma non lo amo. >> Ammetterlo le costava molto, ma più ascoltava Astrid più si rendeva conto che la sua era solo un’infatuazione. Quello di Astrid e Hiccup, o di Elsa e Jack, poteva considerarsi vero amore, non il suo. << Più che piacermi lui come persona, mi piace quello che rappresenta. Certo, è innegabile che lo trovi molto carino e simpatico. Forse è il ragazzo più bello che abbia mai visto. >> Si prese una pausa, sospirando per l’imbarazzo. Se possibile arrossì ancora di più, diventando dello stesso colore dei suoi capelli. << Ma non è questo che conta. Jack Frost è uno spirito, una leggenda e io ho sempre amato le leggende e le avventure. Lui per me rappresenta la libertà, il divertimento e le emozioni. Se potessi lo seguirei in capo al mondo solo per questo, ma lui ama te, non me e tu lo ricambi. Sei tu che devi andare con lui. >>
<< Sono comunque destinata alla tomba, non posso andare con lui. >> La sua voce era di nuovo incrinata dalla tristezza. << Jack vivrà per sempre mentre io una settantina d’anni al massimo. Lui resterà bello e giovane per sempre, spensierato com’è adesso, mentre io invecchierò e morirò. Se lui continuasse ad amarmi è solo destinato a soffrire. >>
<< Stai decidendo anche per lui. >> Decretò Astrid. << Magari a Jack questo non importa. >>
<< Ma importa a me! Non posso farlo soffrire solo per un desiderio egoistico. >> Elsa fisso i suoi occhi in quelli di Astrid. << Se è vero che sei simile a ma allora mi puoi capire. Se ti trovassi nella mia stessa situazione condanneresti Hiccup a vederti invecchiare e morire? >> Astrid non obbiettò. No, lei non sarebbe riuscita a dare un simile dolore a Hiccup: avrebbe preferito farsi odiare e vivere da sola piuttosto che vederlo soffrire. Si sarebbe comportata esattamente nello stesso modo. Anche Merida ne era convinta. Si voltò prima verso la sua nuova cugina e poi verso la regina. Guardandola provò, forse per la prima volta da quando l’aveva conosciuta, pietà per lei e ammirazione per il coraggio e la determinazione che stava dimostrando. << Però vi amate … >>
<< Questo rende solo la separazione più difficile … >> Detto questo Elsa non parlò più e anche Astrid e Merida piombarono in un triste silenzio. Purtroppo nessuna delle tre si era accorta che un paio di occhi gialli le stavano spiarli di nascosto, celati dalle ombre.
L’Uomo Nero era sempre stato bravo a nascondersi nel buio.
 

Pitch Black sorrise malefico mentre galoppava su uno dei suoi incubi diretto verso Berk, dove i suoi draghi-ombra lo stavano conducendo. Materializzò un frustino nella mano sinistra per spronare la bestia a correre più veloce. La creatura nitrì ed ubbidì al suo padrone accelerando immediatamente. Alle sue spalle gli altri incubi ruggirono famelici e il ghigno dell’uomo si ampliò.
Le ombre e le tenebre erano sempre state il suo elemento naturale, ci si era sempre trovato a suo agio. Con esse, per secoli, aveva lottato contro il bene e la luce che tanto odiava e che gli era tanto ostile. Il suo avversario, almeno inizialmente, era stato solo l’Uomo della Luna, rappresentante del bene più assoluto che potesse esistere: l’amore. Lui l’amore non lo capiva, ma lo rispettava e lo temeva: sapeva che l’amore era una forza potente e al tempo stesso distruttiva. Era così forte che aveva spinto Elsa e fuggire in un altro tempo, e Jack Frost a seguirla. Pitch avrebbe preferito che lei si fosse unita a lui, sarebbero stati il re e la regina, avrebbero regnato assieme sul mondo intero, ma lei non lo voleva, lei voleva Jack Frost, il pupillo (o forse meglio dire burattino) dell’Uomo della Luna, che già una volta aveva fatto crollare il suo piano di conquista come un castello di carte. Quel ragazzino impudente e il suo maledettissimo bastone magico avevano sconfitto i suoi incubi purosangue e ora quell’insulso damerino gli stava mettendo nuovamente i bastoni tra le ruote, sta volta aiutato da un altro ragazzino dal nome stupido: Hiccup!
La faccenda meritava una contromossa efficace e tempestiva. Gli piaceva quello strano gioco, era come una partita a scacchi in cui tutti avevano un ruolo ben preciso, mentre dall’altro lato c’era lui e le sue ombre. In quella partita Elsa era, logicamente, la regina: il pazzo più importante della scacchiera dopo il re. Jack l’alfiere pronto a difenderla. Elsa era già sottochiave, doveva solo imprigionare Jack e quegli stupidi rettili, il cui fuoco era pericolo per le sue ombre e tutto sarebbe andato come previsto. Avrebbe avuto la paura di Elsa e quindi il potere necessario a sconfiggere i Guardiani una volta per tutte; perché una volta tolta di mezzo la regina e il suo cavaliere gli altri pezzi, ed il re in particolare, sarebbero rimasti disarmati … avrebbe fatto scacco matto.
 

Quando finalmente Hiccup e Jack giunsero a Berk aveva smesso di nevicare già da parecchio, il sole stava sorgendo e quindi c’erano molti vichinghi in giro per il villaggio. La maggior parte erano intenti a sistemare i danni causati dal ghiaccio, chi a piedi chi a dorso di drago, ma molti di loro vennero comunque ad accoglierli non appena la sagoma di Sdentato fu chiara all’orizzonte. Prima tra tutti Valka, che corse ad abbracciare il figlio, immediatamente seguita da Skaracchio che gridò a tutti gli altri: << Il capo è tornato! >>
Il resto dei vichinghi esultò e subito tra la folla si fecero largo i cavalieri dell’Accademia Moccicoso in testa. Suo cugino non tardò a notare l’ospite sul dorso di Sdentato. << Ehi Hiccup, il tipo chi è? >> Lo osservò meglio, persino socchiudendo gli occhi. << Con quei capelli bianchi da vecchio che ha io non sarei uscito di casa. >> Disse ridendo sguaiatamente.
I gemelli gli diedero man forte ridendo a loro volta come due stupidi. << Si, per i capelli bianchi, mica per la brutta faccia che ti ritrovi! >> Commentò Testa di Tufo, al che Moccicoso gli diede una dolorosa gomitata e Testa Bruta rise ancora più forte, indicando il gemello sofferente per deriderlo.
Eret e Gambe di Pesce alzarono gli occhi al cielo ma non dissero nulla, attendendo una spiegazione da parte di Hiccup.
Quello scese da Sdentato con agilità, nonostante la gamba di ferro, e poi fece scendere anche Jack, aiutandolo perché sempre più debole. Anche il drago collaborò, abbassandosi leggermente per aiutare il suo padrone. << È Jack Frost. >> Disse rispondendo a Moccicoso. << O Jokul Frosti se preferite >>
A quel nome Moccicoso sbiancò, mentre Testa di Tufo, ripresosi dalla botta, gli dava una pacca su una spalla: << Complimenti Moccicoso, hai appena offeso i capelli di un dio. >>
Il castano gli rispose con fare stizzito. << Jokul Frosti non è un dio. >>
<< No è uno spirito, un fantasma. >> Lo corresse Testa Bruta. << Il che è peggio, visto che ti potrà perseguitare in eterno. >>
Gli occhi di Testa di Tufo si illuminarono. << Figo! Anche io voglio perseguitare Moccicoso! >> Si voltò verso la ragazza. << Uccidimi sorella! >>
<< Nessuno ucciderà nessuno! >> Li interruppe Hiccup, prima che la cosa degenerasse. Quei due erano talmente stupidi che potevano uccidersi a vicenda per davvero. << Per ora Jack è solo un amico che ha bisogno di aiuto. >> Eret corse ad aiutarlo, sorreggendo Jack insieme a lui, mentre il ragazzo si voltava verso la madre. << Astrid e Merida sono qui? >>
<< Merida ha seguito te! >> Abbaiò la regina Elinor facendosi largo tra la folla. << Quella sconsiderata. Una principessa queste cose non le fa! >>
Valka la ignorò e guardò il figlio confusa: << Sono venute dietro di te, credevo ti avessero raggiunto ormai e che foste insieme. >>
<< In effetti era così. >> Scortò Jack fino ai grossi gradoni che portavano alla sala grande e lo fece accomodare sul più basso. Lanciò una rapida occhiata al volto del padre scolpito nelle pietra sopra il portone prima di continuare a parlare con la madre. << Si sono allontanate da noi, però, e credevo che fossero tornate. >>
<< No capo. >> Rispose Skaracchio al posto della donna. << Mi dispiace. >>
<< Non ricordo più cosa si prova ad essere preoccupati, ma immagino sia una brutta sensazione e tu sembri preoccupato per la tua mogliettina incinta. >> Disse Jack all’improvviso.
Hiccup sbiancò, mentre Valka spalancò la bocca. << Astrid è incinta? >> Si gettò in avanti abbracciando il figlio. << Oh Hiccup! Che gioia mi dai! Sono così felice di diventare nonna! >>
Skaracchio rideva: << Ma tu guarda, già un erede? Ottimo lavoro figliolo! >> Gli diede una pacca sulla spalla con la mano buona (visto l’altra era momentaneamente un martello che aveva usato per delle riparazioni), mentre Hiccup arrossiva come mai in vita sua per le allusioni dell’uomo, ma ormai tutto il villaggio si stava congratulando con lui. Detto ciò Skaracchio aggiunse: << Valka, se vuoi congratularti anche con la futura mamma credo tu possa farlo a momenti: quella non è Tempestosa? >> Indicò il cielo col martello.
Gli occhi di tutti si puntarono automaticamente verso il cielo e fu immediatamente chiaro che Tempestosa era sola. << È sola … >> Bisbigliò, infatti,  Gambe di Pesce dando voce al pensiero di tutti. << Perché è sola? Dove sono Astrid e Merida? >>
Eret si fece avanti: << No, non è sola … Cosa sono quei cosi dietro di lei? >>
Dietro l’Uncinato Mortale ombre minacciose a forma di drago stavano per incombere sulla città, tallonando Tempestosa molto da vicino. Il drago non riuscì neanche ad atterrare, che le ombre le si avvolsero attorno facendola scomparire alla vista. Quelle, tuttavia, non si accontentarono e si abbatterono sul villaggio. In un minuto fu il caos.
 

Suoni e rumori vari giungevano come ovattati alle orecchie di Jack Frost. Egli se ne stava seduto sul gradino di pietra dove Hiccup lo aveva lasciato, con il bastone poggiato su una spalla, mentre tutto intorno a lui il disordine regnava sovrano. Fuoco ed esplosioni non lo sconvolgevano. Probabilmente avrebbe dovuto averne paura, potevano colpirlo, ma non ricordava cosa fosse, la paura. Sapeva solo che attorno a lui si stava combattendo, ormai, già da molti minuti. Il cielo era un susseguirsi di fiammate, frecce e esplosioni varie. Tutti i vichinghi stavano dando il loro meglio nello scontro, sia lottando in aria sui draghi che a terra. Hiccup era quello che si impegnava di più, dando ordini a destra e a manca, soprattutto ai suoi fidati compagni di avventura. << Gambe di Pesce, delle ombre stanno catturando degli Uncinati Mortali, aiutali! Eret attento alle tue spalle! >> Il biondo annuì all’ordine, mentre Eret evitò l’ennesimo mostro grazie all’avvertimento (ombra che fu bloccato da Sdentato e disintegrato da una fiammata di Zannacurva, il drago di Moccicoso) e volò a dare una mano a Valka, che a sua volta stava coprendo le spalle a Skaracchio. I gemelli, a cavallo dei loro Rutto e Vomito, erano impegnati contro un gruppo di draghi-ombra che minacciavano il granaio.
Ma altrove le cose andavano peggio. Le ombre buttavano a terra i vichinghi e avvolgevano i draghi nelle loro spire, portandoli via. I più combattivi reagivano, spuntando fuoco sulle ombre; questo funzionò, perché ne furono distrutte un paio. << Il fuoco dei draghi! >> Esclamò Hiccup notando la cosa. << Il fuoco dei draghi riesce a distruggere le ombre, salite suoi draghi e scacciatele. >>
Eret, quello che gli era più vicino, rise: << Agli ordini capo! >> E si mise a correre per raggiungere il suo drago insieme a Valka, la quale pure lei aveva sentito l’ordine del figlio. Tuttavia ai loro draghi non ci arrivarono mai. Spaccateschi e Saltanuvole furono avvolti dalla ombre e portati via.
Sorte simile tocco e Muscolone, il drago di Gambe di Pesce. Il cavaliere fu buttato giù dalla sella e il drago portato via. << Muscolone no! >>
L’urlo del suo amico mise Hiccup in allarme. << Sdentato! >> Gridò. << Ordina ai draghi di mettersi al sicuro! >> Sdentato si illuminò di blu, ma anche per lui fu troppo tardi. Prima che potesse mettere in salvo i suoi sudditi le ombre lo stordirono e lo avvolsero fino a farlo scomparire. << Sdentato, no! >> Gridò Hiccup disperato. Una volta che l’alfa fu preso tutti gli altri draghi si arreso, smisero di lottare e furono catturati. Avevano perso.
Un’ombra buttò il ragazzo  terra ai piedi di Jack, che era rimasto fermo e immobile ad osservare la scena. << Jack. >> Implorò. << Devi aiutarci! >>
<< Perché? >> Chiese l’albino guardandolo con occhi spenti.
<< Come sarebbe a dire perché? >> Hiccup si mise in ginocchio davanti a lui, seppur a fatica per la forte botte presa a causa dell’ombra. << Perché sono tuo amico! >>
Jack o guardò confuso. << Mi dispiace Hiccup, non ricordo cosa sia l’amicizia. >> Questa risposta fece raggelare il sangue nelle vene del vichingo. Ormai era tardi. Jack aveva perso ogni sua emozione. << Ho bisogno di una risposta più logica. Perché ti devo aiutare? >>
<< Già, perché? >> La voce di Pitch Black che rimbombò nell’aria preannunciando la sua comparsa nel centro della piazza, a cavallo di un cavallo di sabbia nera, che nitrì annusando la paura della popolazione di Berk. L’uomo nero guardò il suo nemico con soddisfazione. Aveva capito che Elsa lo aveva ferito, ma non pensava che il risultato sarebbe stato così “divertente”, divertente solo per lui, logicamente. A quanto pareva l’alfiere era stato eliminato dalla stessa regina. Abbassò lo sguardo, incrociando un paio di occhi verdi che lo scrutavano con attenzione. Già con una sola occhiata si capiva che quel ragazzo era straordinariamente intelligente. << Tu sei Hiccup, vero? >>
Il vichingo rispose senza stupirsi troppo. << Si, tu come conosci il mio nome? >>
<< L’ho sentito dire da tua moglie >> Sta volta Hiccup si agitò e Pitch ne fu soddisfatto. << A proposito, sono certo che ti mandi i suoi saluti dalla prigione in cui a rinchiusa insieme ad Elsa e a quell’altra ragazza con i capelli da pazza. >> Fece avanzare il cavallo di qualche passo, continuando a guardare il vichingo dall’alto. << Tra poco verranno raggiunte da tutti questi bestioni sputafuoco. >> Aggiunse guardandosi intorno con disgusto. << Primo tra tutti quel tuo rettile nero. >> Si rigirò verso Hiccup. << Perché è tuo, dico bene? >>
<< Si. >> Fece quello con stizza. << È un mio amico. >>
<< Già, dovevo immaginarlo. >> Rispose pensoso, portandosi una mano sotto al mento. << Siete entrambi degli impiccioni che mettono il naso, o nel suo caso muso, dove non dovreste. >>
Hiccup provò a sfoderare Inferno, la spada che stesso lui aveva costruito e rivestito di bava di Incubo Orrendo per fargli prendere fuoco, ma con una frustata di un tentacolo d’ombra che aveva creato sul momento, Pitch lo disarmò facilmente. << Se osi fare del male a lui ad Astrid o a una delle ragazze giuro che io … >>
<< Tu cosa? >> Lo interruppe. << Ti ho appena disarmato e sei senza drago, prostrato ai miei piedi senza fiato, cosa pensi di fare? >> Rialzò lo sguardo verso l’albino. << Jack, forse dovresti venire con me. Ti va? >>
Anche a lui Jack rispose: << Perché? >> Gli occhi azzurri del ragazzo non brillavano più, erano due specchi senza fondo e senza emozione. << Ho perso tutti i miei sentimenti, ma non i miei ricordi. Io e te abbiamo combattuto come avversari. >>
<< Vero. >> Confermò Pitch con la sua solita voce melliflua. Hiccup lo osservava intimorito. << Ma prima combattevi contro di me perché mi odiavi o perché eri arrabbiato con me. Ora provi più nulla di tutto questo? >>
Jack rispose senza pensarci neanche un attimo. << No, non provo più niente. >>
Si alzò e avanzò verso l’uomo, stringendo il bastone nella mano. Pitch sorrise: << Bene, allora perché non dovresti venire con me. Sei nato per spargere gelo, io ti permetterò di farlo. >>
<< Jack no! >> Si intromise Hiccup. << Proprio tu mi hai detto che lui è malvagio. Ti permetterà di spargere gelo, ma se lo farai per lui farai solo del male alle persone. >> Jack lo guardò e Hiccup ebbe paura dell’apatia che vide nel suo sguardo.
<< Forse. >> Rispose quello con voce monotono. << Ma mi ha dato uno spiegazione logica, che posso capire. Se vado con lui potrò fare quello per cui sono nato. Sono nato per spargere il gelo, congelare tutto è l’unica cosa che so fare e lo farò. >> Detto ciò Pitch lo invitò a salire insieme a lui sul cavallo e insieme sparirono in una nuvola di fumo.
Jack Frost non esisteva più …






The Fred's Hollow:
E anche oggi, dopo il capitolo, ecco il mio piccolo angolino. Allora? Che ve n’è parso di questo mio ultimo capitolo? Sconvolgente vero? XD Hahaha non avete ancora visto il prossimo, se ora siete rimasti così -> O.o, credo che col prossimo vi verrà un infarto.
Tornando alla cose serie, che dire? Ho cercato di far risaltare, in questo capitolo, anche i compagni di Hiccup. Avendo visto anche i vari speciali di Dragon Trainer e le due serie mi è uscito abbastanza facile. IN più Elsa si è finalmente aperta e ha rivelato alle due ragazze quali sono le vere paure.
In fine scrivere l’ultima parte di questo tredicesimo capitolo ha fatto male più a me che a voi, credetemi. Io adoro Jack e farlo diventare un burattino senz’anima mi ha spezzato il cuore, ma purtroppo era essenziale ai fini della trama u.u. A tal proposito chiedo pubblicamente scusa a
Mintaka94, ti prego non mi uccidere XD.
Comunque oltre a Jack, Pitch si è portato via anche tutti i draghi, Sdentato compreso e ora Berk è senza difese. Questo preannuncia la battaglia finale contro il re degli incubi, ma come andrà a finire?
Boh! XD Vi dico solo che non garantisco il lieto fine che tutti si aspettano e, a proposito di fine, in realtà non ho ancora deciso se dividere o meno la storia ^^’’. Apprezzo sinceramente il vostro aiuto e non posso fare a meno di ringraziarvi, perché anche in base  quello che mi avete detto prenderò una decisione.
Sta di fatto che se qualcuno di voi, che ancora non ha espresso una sua opinione, volesse ancora farlo io sono sempre disposta ad accettare altri suggerimenti ^^.
A tale scopo vi ripeterò il mio quesito:
secondo voi dovrei separare le due parti di questa storia, facendo due storie più brevi o preferite che continui a scrivere qui facendo un’unica storia più lunga? Mi dispiacerebbe perdere lettori se la storia risultasse troppo lunga (nel caso rimanesse unica) o se poco conosciuta (nel caso della seconda parte staccata da questa.
Detto questo vi saluto. Un bacio a tutti e vi ringrazio di cuore, visto che continuare a seguirmi imperterriti XD.
Un bacio e, come al solito, scusatemi nel caso non avessi notato qualche errore.
 
Ps che non c’entra non la storia. Siete andati a vedere Cenerentola? Chi di voi è andato al cinema avrà sicuramente visto il corto
Frozen Fever proiettato prima del film. Non dirò nulla per non fare spoiler a chi ancora non lo ha visto, ma sappiate che ne vale la pena XD.


 

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Capitolo 15
*** Let it go ***


CAPITOLO QUATTORDICI
Let it go
 

Stavano in silenzio orami da un tempo indefinito. Quel rifugio che Pitch che aveva trovato doveva essere una vecchia roccaforte di qualche altro villaggio vichingo ormai scomparso da tempo. Elsa rannicchiata da una parte della cella, con le mani bloccate, Merida e Astrid dall’altra. La prima, arrabbiata, la seconda confusa.
Astris si accarezzava il ventre ancora piatto, pregustando il momento in cui avrebbe stretto suo figlio tra le braccia e ogni tanto guardava Elsa di sfuggita. Poteva capirla, probabilmente per salvaguardare suo figlio e Hiccup lei avrebbe fatto lo stesso. Tuttavia non riusciva proprio ad accettare questa sua autocondanna a una vita di solitudine e tristezza. Paradossalmente voleva bene ad Elsa, la sentiva stranamente molto vicina, come se fossero della stessa famiglia, anche se non sapeva spiegarsi il perché.
In fondo anche Merida la capiva, anche se non lo avrebbe mai ammesso. Non accettava la sua testardaggine, non accettava che volesse decidere anche per Jack. Aveva subito in simile trattamento da sua madre tempo addietro e mal sopportava quelli che pensavano di poter decidere anche per gli altri: non poteva perdonarla!
Un rumore in lontananza, nell’ombra, le fece distrarre tutte e tre. Pitch Black si palesò davanti a loro, uscendo dalle ombre che controllava che si aprirono davanti a lui come un ventaglio. << Buongiorno mie cara. >> Disse avanzando verso di loro. << Per lo meno lo è per me. >> Rise col suo solito fare malefico. << Da qui non potete vederlo ma è appena sorto uno splendido sole. Certo, questo rischierebbe di far sciogliere tutta quella bella neve che hai creato, Elsa. Per fortuna ho chi mi aiuterà a farla perdurare. Dopo tutto nulla si sposa meglio del freddo con l’oscurità, dico bene? Il mio sarà un regno di tenebre, paura e gelo! >>
Elsa si infervorò, uscendo dal suo ostinato mutismo solo per aggredire verbalmente l’uomo. << Ti ho già detto che non ti aiuterò, Pitch! Sei un mostro e anche un illuso se pensi che una cella e un paio di manette possano avermi fatto cambiare idea. >>
Pitch Black scoppiò a ridere udendo quelle parole, cosa che confuse non poco la bella regina delle nevi. << Cosa ti ha fatto pensare che parlassi di te? Sei troppo presuntuosa a credere che solo tu potessi interessarmi. In fondo non sei l’unica a sapere controllare ghiaccio e vento. >>
Sta volta toccò ad Elsa ridere. << Non scherzare. Jack non si sarebbe mai sottomesso a te. >>
Pitch ghignò. << Vero, a meno che non abbia misteriosamente perso tutti i suoi sentimenti diventando poco più che un guscio vuoto con l’unico scopo di congelare il pianeta. >> Le tre ragazze impallidirono. Gli occhi di Elsa si persero nel vuoto. << Tu per caso ne sai qualcosa? >>
Fu allora che dalla tenebre uscì anche Jack, camminando lentamente verso di loro. Aveva lo sguardo vitreo e spento, pareva anche emanare più freddo di prima: faceva paura. Pitch gli aveva cambiato gli abiti, di sicuro creandoli per la sua sabbia nera, in modo analogo a come faceva Elsa. Ora Jack indossava una maglia a collo alto nera, molto aderente, come aderenti erano anche i pantaloni, sempre neri. La mano che reggeva il bastone era nuda, l’altra coperta da una guanto d’acciaio scuro. La maglia era corta e lasciava intravedere parte dell’addome piatto e scolpito. In vita c’era una cintura di panno verde-blu, probabilmente creata col ghiaccio e con le ombre, ultimo residuo di ciò che un tempo Jack era stato. I nuovi vestiti fasciavano perfettamente tutto il suo corpo, facendo sporgere ogni muscolo e risaltando anche il suo pallore.
<< Gli si è ghiacciato il cuore. >> Bisbigliò Merida, con la poca voce rimastale. << È troppo tardi per lui. >>
Astrid fu costretta ad annuire, ma Elsa non si diete per vinta. << Jack … no … >> Piagnucolò, infatti. << Non puoi fare questo, non puoi aver dimenticato tutte le tue emozioni. >> Si avvicinò a lui, per quanto le permettessero le catene. << Non puoi aver dimenticato quello che c’era tra di noi. >>
Il ragazzo inarcò le sopracciglia: << Quello che c’era tra di noi? >> Elsa annuì, con le lacrime agli occhi, magari sperando che lui si stesse ricordando qualcosa. << Ho scordato cosa sono i sentimenti, non gli avvenimenti del mio passato. Io ti amavo e tu mi hai scacciato e attaccato. Mi hai congelato il cuore. Non c’era nulla tra di noi. >> Quello fu peggio di una pugnalata per la ragazza, il dolore più intenso che avesse mai provato. Le si stava spezzando il cuore e quel che era peggio era che fosse tutto vero. Tutto quello che Jack aveva detto era la pura verità … << Comunque credo di doverti ringraziare, anche se non so più cosa sia la gratitudine. >> Continuò Jack con la sua nuova voce monotono, fredda e distaccata, così diversa da quella allegra, calda e avvolgente che prima lo caratterizzava. << Congelandomi il cuore mi hai privato dei sentimenti e senza quelle futili distrazioni posso svolgere più efficacemente il mio lavoro: congelare. >>
Elsa negò col capo. << Il tuo lavoro era far divertire i bambini. Eri un Guardiano! >>
Jack inclinò il capo da un lato, non cambiando minimatane espressione, pareva una bambola di porcellana. << Lo facevo facendo nevicare. Non so più cosa sia il divertimento, mi limiterò a far quello che ho sempre fatto meglio. >> Fece un piccola pausa. << Probabilmente non sarò più un Guardiano. >>
Pitch scoppiò a ridere di gusto. << Oh si! Questi si che è divertente! Che colpo di scena! Senza Jack i Guardiani saranno di sicuro sconfitti. >>
<< Hiccup ti fermerà! >> Ad Astrid uscì spontaneo dirlo: aveva piena fiducia in suo marito.
<< Hiccup? >> Pitch la guardò, sinceramente divertito. << Vuoi dire il ragazzino castano, senza una gamba, a capo di quel villaggio vichingo che sto per spazzare via? >>
La bionda si alzò in piedi, per affrontarlo faccia a faccia. << Non puoi battere Hiccup! Lui è il signore dei draghi, cavalca una Furia Buia, l’alfa di tutti i draghi: li comanda tutti. >>
Pitch fece finta di spaventarsi. << Oh no. >> Esclamò con sarcasmo. << Che paura mi fa il brutto drago cattivo. Ma stai forse parlando di questo drago qui? >> Con uno schiocco di dita davanti alla cella si materializzò una nuvola nera che lasciò cadere in terra uno Sdentato bloccato da catene nere quasi quanto lui. Ringhiava e scuoteva il muso intrappolato ma non aveva la forza necessaria a liberarsi.
<< Sdentato no! >> Astrid corse alle sbarre, allungando una mano attraverso di esse, cercando di toccare il muso del drago. Le ombre, tuttavia, lo avvolsero nuovamente per poi scaricarlo in un’altra cella. Jack voltò appena gli occhi per seguire la scena, ma rimase impassibile. Elsa si accigliò, riconoscendo nuovamente in Sdentato il drago che l’aveva salvata. “Appartiene a Hiccup? Ma allora perché ad Arendelle mi ha aiutata? Ed è possibile che sia lo stesso? È davvero vissuto così a lungo?”
Pitch avanzò e Astrid si portò indietro, intimorita. << Come ben vedi posso batterlo eccome il tuo Hiccup, ragazzina. Sulla vostra isola non è rimasto più neanche un drago, non ha più difese. Raderò al suolo il vostro villaggio, pezzo dopo pezzo. >>
<< Perché fare questo? >> Chiese Elsa accostandosi ad Astrid. << Perché prendertela con Berk? >> Anche Merida abbandonò il suo posto, correndo ad fianco delle ragazze e stringendo il braccio della vichinga per farle sentire la sua presenza.
<< Mi chiedi perché? >> Pitch la guardò incuriosito. << Davvero non lo sai? >> Elsa negò con il capo, facendo sfuggire dei fili argentei alla sua bella treccia, ormai parzialmente sfatta. << Oh mio Dio, Padre Tempo non ti ha detto perché ti ha mandato proprio qui, in questo tempo? Non ti ha detto, magari, che era per farti ritrovare la tue radici, le tue … origini? >>
Una bizzarra idea iniziò a balenarle nella mente. << Si, mi ha detto proprio così, questo vuol dire che … >> Si girò di scatto verso Astrid, che ricambiò lo sguardo, guardandola fisso. << … Berk diventerà Arendelle! >>
<< Cosa? >> Astrid e Merida lo urlarono in coro, scioccate, mentre le rotelle nella testa di Elsa, intanto, stavano continuando a girare freneticamene.
Finalmente ogni tassello, ogni più piccolo pezzo di quel intricato rompicapo stava finalmente andando al suo posto. Tutto le stava divenendo chiaro. Il motivo per cui Sdentato l’aveva salvata, il motivo per cui ci fossero delle rovine attorno Arendelle, il motivo per cui Padre Tempo l’avesse mandata proprio in quel tempo e in quel luogo, il motivo per cui suo padre conservava un libro di leggende vichinghe tramandato da generazione in generazione nella loro famiglia. Famiglia che lui le aveva sempre detto discendere dai vichinghi, famiglia che era la più antica di tutta Arendelle e che fin dall’edificazione della città aveva avuto il compito di regnare sul popolo. << Ma se Arendelle prima era Berk, su cui ora comanda Hiccup, e la mia famiglia è sempre stata a capo del regno perché più antica della altre, questo vuol dire anche che … >> Non riuscì a finire la frase, troppo scioccata da quello che stava per dire. Si limitò a fissare nuovamente Astrid e precisamente il suo ventre, ancora per poco, piatto.
Fu quindi lei a finire la frase della regina, avendo capito dove il suo ragionamento l’avesse portata. << Vuol dire che la tua famiglia … che tu … discendi da ma e da Hiccup. >> Si accarezzò la pancia e poi sia lei che Elsa dovettero sedersi per lo shock.
Solo la rossa rimase in piedi. << Cavolo … >> Commentò a quel punto con la sua poca grazia. << E ci credo che vi somigliate: siete parenti! >>
 << Bingo! >> Urlò Pitch, sempre più divertito. << Avete indovinato belle signore. La famiglia reale di Arendelle discende dai capi villaggio di Berk. Che ironia, la regina delle nevi ha nelle vene lo stesso sangue bollente del signore dei draghi. >>
<< Questo spiegherebbe anche perché Sdentato mi ha salvata ad Arendelle, portandomi la Padre Tempo per la prima volta. >> Si guardò il corpo, coperto anche dal suo ghiaccio nero. << Ha riconosciuto in me qualcosa di Hiccup. >>
Pitch sorrise, soddisfatto. << E spiega persino perché il rettile … >> Lo indicò con il pollice, senza voltarsi verso di lui. << … fosse ancora nel territorio di Arendelle, visto che prima era di Berk. >>
Jack si voltò verso Elsa, osservando le sue reazioni. Non le capiva più, ma non ne era dispiaciuto, non provava più neanche il dispiacere. Quello che leggeva sul volto della sua ex amata, tuttavia, poteva definirlo solo “confusione”, che lei non tardò ad esprimere a parole: << Ma perché distruggere il villaggio? >> Elsa non si arrendeva, doveva impedire che quella povera gente soffrisse a causa sua.
Pitch le rispose, divertito: << Per distruggere te, sciocca ragazza. Per piegarti, terrorizzarti e così non solo avrò un Jack Frost determinato solo a congelare tutto ciò che incontra … >> Sentendosi tirare in causa l’albino si voltò appena verso l’uomo. << … ma anche la paura più potente e succosa del pianeta! E ora scusatemi se vi lascio sole, mie belle signorine, ma ho un villaggio da radere al suolo. >> e scoppiò a ridere. Il suono della sua risata riecheggiò nella sala vuota e fu tutto ciò che rimase di lui e Jack, dopo che una nuvola nera li avvolse trasportandoli altrove non lasciando traccia del loro passaggio.
<< Allora? >> Fece Merida alla volta della regina, quando ormai erano state lasciate sole. L’unica luce che le illuminava proveniva da un paio di fiaccole che brillavano nell’anticamera delle celle. C’erano anche delle lanterne poggiate in terra, me erano spente. Le fiamme danzavano sui muri d’ombra e anche sul volto della riccia, infiammandolo come i suo capelli. Sembravano fuoco vivo e Elsa ne fu quasi intimorita.
<< Allora cosa? >> Domandò non capendo a cosa si riferisse.
Quella non demorse: << Cosa intendi fare? >>
<< Cosa potrei fare? >> Elsa corrucciò le sopracciglia e abbassò le spalle, demoralizzata. << Sono bloccata qui con voi, senza poteri. >> Le mostrò le mani, come se le manette non fossero già fin troppo evidenti, e il rumore delle catene si propagò per la cella.
Un’espressione furente di dipinse sul volto della rossa. << Tu sei una regina con i superpoteri. Se non puoi tu chi piò fare qualcosa? >> Fece qualche passo verso di lei, decisa a smuoverla, ma non la raggiunse mai. Con Elsa la forza non serviva: doveva convincerla e se era riuscita a convincere quella testarda di sua madre poteva riuscirci anche con la biondina che aveva davanti. << Quando provarono a obbligarmi a sposare uno sconosciuto che aveva centranto per pura fortuna un bersaglio con una freccia, io mi ribellai. Non ero pronta, sapevo di non esserlo perché mi conosco e così feci l’unica cosa possibile per il mio bene. >>
<< Tu non sai cosa vuol dire dover obbedire all’etichetta, a fare sempre ciò che è meglio per il tuo popolo e non per te. >> Rispose quella. << Io non posso permettermi una ribellione. >>
Merida scoppiò a ridere. << A no? Lo so che non sembra ma io sono una principessa e sono stata educata proprio come te. >> La guardò dalla testa ai piedi e solo allora notò di essere più alta di lei, nonostante la bionda fosse più grande di qualche anno. Era un dettaglio inutile ed insignificante, ma in quel momento si sentiva davvero superiore a lei e anche questo la incitò. << Tu sei proprio come mia madre mi vorrebbe, ma io non sono così, non riuscirei proprio a esserlo. Se avessi i tuoi poteri io non li nasconderai, sarebbero una parte di me e ne andrei fiera, anche se fosse stato Jack a darmeli. >> Le sorrise quasi con malinconia. << Quel castello era magnifico: ghiaccio che risplendeva di mille colori. Se quello è il tuo potere è una meraviglia. >>
<< Il mio potere è stato anche in grado di annullare le emozioni di Jack. >> Rispose Elsa con  fredda logica.
Merida scosse il caso, demoralizzata, mentre Astrid tratteneva il fiato. << Questo è perché tu sei la prima a nasconderle. >> Le due bionde la guardarono, stupite. << I tuoi poteri sono collegati alle tue emozioni, questo è chiaro, quindi per poterli usare al meglio tu devi essere serena. Tuttavia devi capire che si sono momenti in cui devi controllarti e altri in cui devi scatenarti. Arrabbiati Elsa! Lasciati andare. >>
Gli occhi azzurri della regina saettarono brevemente verso Sdentato, incrociando i suoi grandi occhi verdi. Inconsciamente fa rassicurata nel vederli, come sapendo che se lui fosse rimasto al suo fianco tutto sarebbe andato per il meglio. Cercò di trasmettergli le stesse sensazioni: non sapeva come ma aveva intenzione di salvare lui e tutti i suoi compagni draghi. Se però voleva fare questo doveva dal retta a Merida e liberarsi, liberarsi da quella catene invisibili che si era costruita attorno per “celare e domare” il suo potere: doveva lasciarlo andare …
Si ricordò com’era da piccola, quando scappava dalla camera insieme a sua sorella Anna per giocare con la neve. Si divertivano da morire, ma poi c’era stato l’incidente. << Insegnami Merida, insegnami a lasciarmi andare. >>
<< Non posso aiutarti ad essere te stessa, ma posso aiutarti a trovare il coraggio di liberarti da sola. >> Disse quella con tono incoraggiante, mentre anche la vichinga sorrideva. << Il trucco è non trattenersi, mai. Dare sempre libero sfogo alle proprie emozioni. Sono certa che così i tuoi poteri diventeranno come una parte del tuo corpo, che potrai controllare senza problemi, come se fosse una mano o un piede. >>
Elsa annuì e chiuse gli occhi, lasciando che le sue emozioni e i suoi ricordi fluissero attraverso lei. In un attimo si ricordò com’era stato bello liberare la sua magia durante la sua prima fuga da Arendelle. La neve che spruzzava fuori dalle sue dita la aveva fatto creare un magnifico castello, uno splendido abito e anche un fedele amico, il piccolo Olaf, che aveva preso vita senza neanche che se ne accorgesse. << Al momento la mia vita è letteralmente immersa nelle tenebre. >> Guardò nuovamente fuori dalla cella, a Sdentato, debolmente illuminato dalla fiaccola appesa al muro. << È come se finora avessi sempre vissuto in una lunga notte, ma lo ha detto anche Pitch che fuori da qui sta sorgendo una magnifica alba, ed è l’ora che io risorga. All’alba sorgerò! >> Fece come quando era con Jack nel palazzo di North e si concentrò per usare il suo dono, anziché nasconderlo. Bastò un secondo per ghiacciare le sue “manette” e renderle così fragili che si limitò muovere le dita per mandarle in frantumi.
<< Oh si! >> Esclamò Astrid, che aveva finalmente ripreso la parola dopo il lungo silenzio. << Così si fa sorella. O forse dovrei dire discendente? >>
Elsa ridacchiò e sollevò un braccio verso le sbarre. << E non hai ancora visto tutto. >> Si udì solo il tonfo del ferro che cadeva in terra e poi furono libere. La stessa energia usata per le sbarre, la usò anche per la prigione di Sdentato. Non appena il drago fu libero, Astrid corse a slegargli zampe e muso.
La regina lo guardò intensamente, ricordando quando lo aveva visto ad Arendelle per la prima volta. Per lei era passato, ma per lui era futuro, doveva ancora accadere. I suoi occhi verdi la studiavano attentamente e Elsa si domandò se per caso non l’avesse salvata proprio perché ora lei stava salvando lui.
Per istinto allungò una mano verso di lui e fu piacevolmente sorprese quando il drago allungò a sua volta il muso per toccare la sua pelle. Lei era gelida, mentre le squame del drago erano calde, scure e lisce, come tante ossidiane messe una accanto all’altra. Astrid, tuttavia, era più sorpresa di lei: quando le aveva visto allungare il braccio era in procinto di fermarla, temendo una cattiva reazione da parte di Sdentato, ma poi il drago aveva reagito in modo inaspettato. << Con Hiccup fece la stessa cosa. >> Commentò infatti. << Con lui e solo con lui, almeno fino ad ora. >> Guardò Elsa che intanto ricambiava il suo sguardo con aria confusa. << Farsi toccare il muso è il più alto gesto di fiducia che un drago può concedere. Vuol dire che Sdentato si fida ciecamente di te. >>
<< Mi sa che riconosce su di lei l’odore di mio cugino. >> Ipotizzò Merida, che essendo esperta di caccia ne sapeva abbastanza sugli istinti animali. << In fondo lei discende anche da lui, qualcosa di Elsa gli avrà ricordato Hiccup. >> Detto questo prese una delle fiaccole e per accendere una lanterna, ma nel fare ciò le finì dell’olio addosso. << Ma che schifo! >> Commentò. << Ora puzzo di olio di pesce. >>
<< Ringrazia che non era bollente. >> Le disse la vichinga, al che Merida la fece una linguaccia e si allontanò per esplorare il luogo, mentre Astrid rimase vicino alla regina.
Elsa, intanto, tornò a guardare Sdentato negli occhi, perdendosi in tutto quel verde. Inconsapevolmente sapeva che era già nato un legame tra di loro, qualcosa che li avrebbe legati da allora fino a che il drago non l’avesse salvata nel suo tempo. << Ad Arendelle lui è corso in mio aiuto. >> Disse. << Quando Pitch stava per portami via, è stato Sdentato a salvarmi. >>
<< Anche questo è già successo con Hiccup. >> Spiegò Astrid. << La vedi questa sella particolare? >> Elsa annuì. << Senza di essa Sdentato non può volare, perché gli manca mezza coda. In realtà fu proprio a causa di Hiccup e di una sua invenzione, ma poi lui, sentendosi in colpa, gli ha costruito questa e ora Sdentato, con un cavaliere esperto in groppa, può volare senza problemi. >> Accarezzò il capo del drago che chiuse gli occhi compiaciuto dal trattamento. << Quando quasi sei anni fa combattemmo contro la Morte Rossa, un gigantesco drago che minacciava di distruggerci, furono Hiccup e Sdentato a salvarci tutti. Nel combattimento Hic rischiò di morire ma lui lo salvò, lo riportò sano e salvo. >> Sorrise, quasi imbarazzata. << Beh più o meno, visto che fu in quell’occasione che mio marito perse la gamba. >>
<< Sembra che tu sia in vero eroe, quindi. >> Commentò la regina, facendo gongolare il drago. Si rivolse, poi, nuovamente ad Astrid. << E quindi lui può volare solo con qualcuno sul dorso? >>
La ragazza annuì. << Infatti credo che per il ritorno dovrò cavalcarlo io. >>
<< Ragazze ho trovato gli altri draghi! >> Urlò Merida dal fondo del corridoio buio. << Credo ci siano tutti, anche Tempestosa. >> A quel nome Astrid la raggiunse di corsa, seguita da Elsa e Sdentato. Tempestosa era lì, chiusa in una grande cella insieme ad altri draghi e bastò un colpo ghiacciato di Elsa per rompere il lucchetto. Fece lo stesso con altre gabbie e ben presto tutti i draghi di Berk, sia appartenenti a qualcuno che selvaggi, furono liberi.
<< Elsa. >> Disse la bionda mentre continuava a coccolare il suo Uncinato Mortale. << Tu sali su Tempestosa, a Sdentato penso io. >>
Elsa strinse i pugni davanti al petto. << Vorrei provare io a cavalcare Sdentato. >> Disse con decisione, per poi voltarsi verso di lui e accarezzargli nuovamente il muso con il palmo. << In cuor mio sento che siamo legati, forse proprio perché discendo da te e de Hiccup. Voglio combattere al suo fianco. >>
Astrid era titubante, non era certa che Elsa poteva farcela, ma lo strepitio di Merida la distrasse. << Se Elsa vola su Sdentato voglio anche io un drago tutto mio. Quello magari! >> E indicò un grosso drago dal collo lungo e la bocca larga. La squame erano verdi e azzurre e risplendevano come il mare.
<< No Merida, quello no! >> Gridò Astrid, avendo subito riconosciuto la specie in questione, ma Merida gli si era già avvicinata. Purtroppo per lei, la rossa aveva adocchiato uno Scalderone, un drago immenso, grande quasi quanto una balenottera azzurra. Quando non stavano in acqua, questi draghi erano soliti viaggiare su zampe tozze ma robuste, anche se erano comunque dotati di grosse ali. Sul libro dei draghi era riportato che il più lungo Scalderone mai visto era lungo 64 metri, quello a cui si stava avvicinando Merida, invece, era lungo poco più di 18 metri, quindi doveva essere ancora un cucciolo, e forse fu solo per questo che non la attaccò. Anzi, pareva che la rossa gli piacesse molto. Gli Scalderoni, infatti, erano draghi solitamente aggressivi ed orgogliosi, che sputavano acqua bollente anziché fuoco.
“Per cercare di portare uno Scalderone dalla propria parte bisogna bagnarsi o avere odore di mare” rifletté Astrid, cercando di capire perché il drago non reagisse male a Merida e fu allora che si ricordò che poco prima la rossa si era rovesciata addosso parte dell’olio di pesce usato per accendere la lanterna. << Sei stata fortunata. >> Le disse, ma l’altra non la stava ascoltando e già stava facendo amicizia col drago. << Beh se lei andrà su uno Scalderone non vedo perché tu non possa volare su Sdentato, Elsa. >> Aggiunse a quel punto Astrid. Elsa sorrise e anche Sdentato parve contento della soluzione. << Tu gli piaci, quindi penso che non ti sarà molto difficile volare su di lui. >>
La ragazza non se lo fece ripetere due volte e con agilità salì a cavallo del drago, infilando il piede nel pedale. Lo mosse un po’, testando la funzionalità della coda, che fortunatamente pareva non aver subito danni. << Posso farcela. >> Disse. << Combatterò con voi, sconfiggeremo Pitch e … >> Guardò Merida prima di continuare, ringraziandola con lo sguardo. << E mi lascerò andare: userò il mio amore per salvare Jack e riportarlo alla normalità! >>
Le due ragazze applaudirono. << Si, così si fa! >> Esplose Merida con entusiasmo. << Ora si che mi piaci! >> Aggiunge con un grosso sorriso a 32 denti.
<< Credo che adesso ti piacerò anche di più. >> Elsa mosse le mani velocemente e in pochi secondi il suo nuovo vestito nero su sostituito dal suo solito e splendete abito azzurro con tanto di strascico.
Merida e Astrid rimasero ammaliate. << Avevi ragione. >> Commentò la riccia. << Mi piaci molto di più. >> Si prese una piccola pausa prima di continuare. << Scommetto che non appena Hic la vede su Sdentato rimane sconvolto! >>
<< Su non perdiamo tempo. >> Fece Astrid smuovendo la situazione. << Merida, sali su quello Scalderone, abbiamo un villaggio da salvare. >>






The Fred's Hollow:
Bene e con questo capitolo la storia è finita. Spero di avervi divertito almeno un po’ e che la storia vi sia piaciuta perché a me è piaciuto da morire scrivere per voi. Purtroppo non so se riuscirò a scrivere la seconda parte quindi mi vedo costretta ad abbandonarvi.
E purtroppo sono anche costretta a dirvi … pesce d’aprile!! Hahaha scusate ma non ho resistito. Mi stanno facendo scherzi da sta mattina e DOVEVO farne uno anche io, anche se scommetto che nessuno di voi ci era cascato. Va beh fa nulla, l’importante è che non sia vero no?
Tranquilli, la storia continua, non potrei farla finire proprio sul più bello, non vi pare?
Come vi avevo preannunciato questo è il capitolo più sconvolgente di tutti, in assoluto. Non a caso è l’unico con il titolo in inglese. Ma d'altronde non potevo fare altrimenti: “Let it go” è una canzone fantastica, in piccolo tributo ci voleva no?
Tornando  a noi, siete sinceri, qualcuno di voi lo aveva immaginato che Elsa e Hiccup fossero parenti? Spero di no, mi piacerebbe essere originale XD e imprevedibile almeno in questo, visto che di solito, invece, sono prevedibilissima.
Ora, però, si avvicina la prova più dura: cioè sconfiggere Pitch e salvare sia Berk che Jack, ce la faranno queste tre giovani fanciulle?
Per scoprirlo temo che dovrete continuare a leggere i miei capitoli XD e il prossimo, il quindicesimo, sono certa che vi piacerà da morire hahah, anche se non dirà mai il perché.
Mi raccomando, recensite numerosi miei cari lettori, non vedo l’ora di rispondere a tutti i vostri commenti.
Baci e scusate per gli eventuali errori e per lo scherzo fallito di poco prima XD.

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