More than chemical.

di KatherineSwan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** CAPITOLO 1 – MORE THAN JUST FRIENDS ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO 2 – IF YOU WERE MINE ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO 3 - I LET YOU GO ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO 4 – UNTIL IT HURTS ***
Capitolo 5: *** CAPITOLO 5 - LOVE IS IN VIENNA'S STREETS ***
Capitolo 6: *** CAPITOLO 6 - IN MY VEINS. ***
Capitolo 7: *** CAPITOLO 7 – COME BACK TO ME ***
Capitolo 8: *** CAPITOLO 8 – THE ONLY ONE ***
Capitolo 9: *** CAPITOLO 9 - STOP LOVING ME. ***
Capitolo 10: *** CAPITOLO 10 – I LOVE YOU EVEN WHEN I HATE YOU. ***



Capitolo 1
*** CAPITOLO 1 – MORE THAN JUST FRIENDS ***


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Eccomi qui, dopo tanto tempo mi sono decisa ad iniziare questa FF sui Colifer.
E' abbastanza lunga, quindi i capitoli saranno altrettanto lunghi, ma non vi annoieranno se anche voi fantasticate su questi due.
Lo ammetto, sono una grandissima fan di questa coppia impossibile, per cui almeno qui spero di dar sfogo alla mia fantasia. 
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Il modo spigliato e divertente con cui Colin diceva e faceva qualsiasi cosa aveva affascinato tutti sul set.
Il suo essere sempre pronto a fare una battuta per sdrammatizzare qualcosa, il suo modo buffo di camminare nei panni di Hook, con quel finto accenno di sensualità, aveva contagiato tutti.
Tutti tranne Jennifer.
Lei preferiva starsene lontana, ad osservarlo nell’ombra, mentre parlava, mentre sorrideva, persino mentre era in pausa, solo per non dare l’impressione sbagliata di sé.
Una povera donna attratta dalla sua co-star, felicemente sposata e decisamente irraggiungibile.
Fin dal loro primo incontro sul set, Jen aveva capito che le cose sarebbero state difficili da gestire.
Infondo come si fa a resistere a quello sguardo magnetico e a quel suo accento irlandese decisamente troppo sexy?
Tutti sul set erano impazziti per Colin, dai costumisti ai cameraman, dalle truccatrici alle sarte, dagli attori agli autori, e nessuno nascondeva un sorriso beato ogni volta che lui arrivava.
Nessuno tranne Jennifer.
Lei preferiva salutarlo da lontano, senza troppi convenevoli, perché altrimenti la gente lo avrebbe notato, avrebbe capito, e lei non intendeva dare quel tipo di soddisfazione.
Non era quel tipo di donna.
Lei cercava il vero amore, quello profondo, quello da ‘non posso vivere senza di te, amore’ ,eppure ogni volta che lo sguardo di Colin si posava su di lei, sentiva le guance andare a fuoco, come una ragazzina alla prima cotta.
Tutto era peggiorato dopo aver girato la 3x05,dopo aver avuto idea di cosa significava averlo così vicino e allo stesso tempo così lontano, dopo essersi connessa a lui nel modo più naturale possibile, e poi essere tornata alla realtà non appena la loro scena era finita.
Non aveva mai pensato ad un bacio tra Hook ed Emma, e invece adesso era lì, a girare quella scena, a doverlo baciare, a provare cosa voleva dire essere tra le sue braccia.
Eppure quel bacio era stato privo di imbarazzo, privo di paure, privo di distacco.
Si baciavano con una naturalezza tale da far pensare a tutti che in realtà qualcosa tra di loro c’era davvero.
 
IL GIORNO PRECEDENTE..
 
« Hai letto il copione? A quanto pare finalmente gireremo il bacio tra Emma e Uncino. »
Colin esordì con il suo solito sorriso velato e pungente, con il solito fascino per cui Jen aveva ormai perso la testa.
Si sentiva insicura e dubbiosa quando era accanto a lui, che fosse per lavoro o nei momenti liberi.
Metteva in discussione i suoi valori, i suoi principi, la sua moralità perché si sentiva attratta da un uomo che non avrebbe mai potuto avere.
« Si, ho letto il copione, Colin. »
« Eh dai, fammelo un sorriso. Cosa c'è che non va? »
« Non pensi che sarà imbarazzante? Insomma.. si, sarà imbarazzante per quanto mi riguarda. »
Jen era una di quelle donne che poteva avere qualunque uomo volesse, ma si era perdutamente infatuata dell'unico uomo dal quale, invece, doveva stare il più lontana possibile.
Era piuttosto complicato lavorare con Colin ormai ogni giorno e non avvertire quella sensazione allo stomaco ogni volta che lui le parlava.
Perché Colin era un uomo che si faceva amare con una facilità disarmante, e questo spaventava Jennifer più di qualsiasi altra cosa.
« Sai, non sono per niente bravo a baciare per finta. Sul serio, sono un pessimo baciatore sul set. »
« Vuoi prendere lezioni per caso? sono certa che Josh sarebbe felice di aiutarti. »
La ragazza sorrise e per un momento Colin si dimenticò di essere sposato e la guardò con provocazione.
« Ma lui Ginni non la bacia per finta. Magari potresti aiutarmi tu! »
Sussurrò appena, per poi rendersi conto di essere tornato alla realtà e di essere ancora un uomo fedele ed un padre affidabile.
Jennifer si rese subito conto della cosa ed evitò di rispondere, continuando a camminare sul set con fare distaccato.
Non poteva lasciare che le sue emozioni prendessero il sopravvento, non questa volta e non con lui.
Doveva essere professionale e doveva far si che le cose non peggiorassero.
« Ragazzi siete pronti? Possiamo iniziare. »
La voce di Adam e quella di Eddy sembravano risuonare come una condanna a morte per lei, ma Jen decise comunque di ignorare quei pensieri e sorridere mentre prendeva posizione insieme a Colin.
« AZIONE! »
« Ti prego, non potresti gestire la cosa. »
« Oh, magari sei tu a non poterla gestire.  »
Le ultime battute prima che Emma baciasse Uncino.
Doveva essere un bacio passionale, una liberazione, un concentrato di desiderio che Jennifer non trovò difficile da interpretare.
Si fiondò sulle labbra di Colin come se fosse disperata e quel contatto potesse liberarla da quella sofferenza, ma lui era talmente rigido da costringere gli autori a fermare tutto.
« Più passione. PIÙ PASSIONE. Devi stringerla come se non ci fosse altra donna al mondo per te. »
Adam e le sue parole colpirono Colin nel l'orgoglio più di quanto lui pensasse fosse possibile.
Non era così distaccato perché non sentisse quelle cose, al contrario, aveva paura di baciarla e rendersi conto dei fatto che fosse davvero l'unica donna per lui.
Ma lui aveva già una donna che amava, e non riusciva a spiegarsi perché anche solo toccare lei gli regalava quei brividi lungo la schiena che non aveva mai provato prima.
« Te l'ho detto, non sono bravo a baciare per finta. »
« Allora baciami davvero. »
« Cosa? »
Jen gli aveva appena sussurrato la cosa più stupida che poteva pensare, ma era tardi per ripensarci.
« Baciami per davvero. Nessuno se ne accorgerà. »
Glielo sussurrò quasi a fior di labbra, prima di tuffarcisi sopra nuovamente, ma questa volta la musica era cambiata.
Colin la stringeva in una morsa ferrea, quasi disperata, mente con la mano le accarezzava i capelli beandosi di quel momento, dove le loro labbra si cercavano fameliche, le lingue si intrecciavano e tutti sul set li guardavano in silenzio, del tutto sorpresi.
Si staccarono a fatica, Jen sembrava realmente provata e cercava di regolarizzare il suo respiro mentre si reggeva al bavero del cappotto del suo Capitano.
Recitarono le ultime battute e lei rimarcò quel "una cosa che non accadrà più" prima di allontanarsi da lui, e finalmente riprese il controllo tornando lucida.
« EHH STOP. »
« Non credo dovremmo ripeterla. Siete stati perfetti, sembrava un bacio vero. »
Adam ed Eddy guardarono i due con occhi soddisfatti mentre Jen si limitò a sorridere mestamente, per poi incamminarsi verso i camerini.
Colin la seguì silenzioso e si intrufolò nella stanza in cui lei si era appena rifugiata.
Voleva starsene da sola, in realtà voleva ripensare a quel bacio che stava rivivendo nella sua mente in maniera ininterrotta e talmente disperata da farle persino paura.
Si guardarono ma nessuno dei due disse nulla, finchè lui non prese coraggio.
« Quello che è successo poco fa.. »
« Non c’è bisogno di parlarne, Colin. Era solo lavoro, lo abbiamo fatto per lavoro. »
« Non è di questo che volevo parlare, Jen. »
Un ‘altra pausa. L’ennesima pausa piena di silenzio imbarazzante che adesso metteva a disagio entrambi.
Jennifer voleva scappare in quel momento, voleva prendere e andare via il più lontano possibile per non dover sopportare il peso della menzogna.
Lei lo aveva baciato perché desiderava farlo, il lavoro le aveva offerto solo una valida scusa.
« Colin, ti prego. Non ho voglia di discuterne adesso. »
« Io voglio discutere invece. E tu devi ascoltarmi. Devi solo ascoltarmi. »
Lei gli diede le spalle, per evitare di guardare ancora quegli occhi azzurri come l’oceano e confondersi ancora di più.
Aveva deciso di fare quella professionale e così sarebbe stato.
Lui, d’altro canto, la guardava con una disperazione negli occhi che lo stava facendo rabbrividire.
Non era pronto a quella confessione, nessuno dei due lo era, ma era il momento di essere sinceri con loro stessi perché in ballo c’era molto altro, c’era tanto di più.
« Ho mentito, prima. So perfettamente come si bacia una donna per finta. Lo so, ma ho mentito lo stesso. »
« Perché lo hai fatto? »
Jennifer strinse i pugni, profondamente confusa e incredula.
Per quale motivo era stato tanto meschino? Per quale motivo le aveva fatto questo? Lui che sapeva perfettamente che le cose per lei erano diverse da un bel po’ di tempo, che lui non era più un semplice collega per lei? Lo sapeva, eppure l’aveva baciata e in un certo senso illusa allo stesso tempo.
Si voltò nuovamente verso di lui, con lo sguardo pieno di rabbia, con il viso provato da quella bugia, con le lacrime che a stento riusciva a reprimere per non sembrare patetica.
« Ti ho baciata perché volevo farlo. Ti ho baciata perché erano settimane che volevo farlo, volevo sapere cosa si prova a sfiorare le tue labbra, cosa si prova a poterti stringere come vorrei stringerti sempre, cosa si prova a baciarti come sogno di baciarti ogni notte. Averti così vicina ormai mi fa impazzire, volevo solo che il dolore passasse, volevo averti perché ti desidero, ma questa è solo una mia fantasia Jen, la realtà è ben diversa e lo sappiamo entrambi. Mi dispiace, se tutto ciò ti ha ferita mi dispiace davvero. Ha ferito anche me.»
A Jennifer sembrò quasi che il suo cuore si fosse fermato per un istante, poteva giurare di aver sentito il silenzio nel suo petto per un momento, ma non disse nulla.
Cosa poteva dire infondo?
Sospirò, impercettibilmente, e cercò di fiondarsi fuori dal camerino passando di fianco a Colin, che adesso si stava pentendo di averle detto tutte quelle cose non perché non le pensasse realmente, Dio se le pensava, ma perché tutto era rovinato adesso, a partire dal loro lavoro sul set, fino alla vita privata.
Strinse i pugni e digrignò i denti, infuriato con se stesso e in uno scatto di rabbia afferrò il braccio di lei e la girò verso di sé, come se in quel momento tutto si fosse fermato e non ci fosse niente di strano a baciarla lì davanti a tutti i presenti che si aggiravano nel corridoio.
Jennifer  gli riservò un occhiata triste, ma allo stesso tempo stava cercando di non sentirsi attratta da lui, di non sentire quel fuoco dentro quando lui la guardava in quel modo, nel loro modo, che prima era di Emma e Killian ma ora era anche un po’ loro.
« Devo andare Colin. »
Sussurrò a stento, prima di liberarsi da quella stretta ferrea sul suo braccio e scappare via, chissà dove, solo per stargli lontana il più possibile.
Quel giorno avevano superato il limite che mai avrebbero dovuto superare, erano andati oltre e adesso dovevano convivere con quel peso sul loro cuore, fino alla fine delle riprese.
 
..IL GIORNO SEGUENTE.
 
Jennifer era seduta sulla sua sedia, accanto a Ginnifer, mentre tutti gli altri salutavano Colin che era appena arrivato su set con il suo solito fascino irlandese di sempre.
Lui la guardava da lontano, la cercava con lo sguardo ma lei non faceva altro che evitarlo.
Sarebbe stato così ogni giorno? Sarebbe stato così difficile ogni maledetto giorno?
Lei non lo sapeva, ma qualcosa le lasciava credere che le cose erano più complicate di prima.
Sospirò impercettibilmente non appena lo vide avvicinarsi, mentre salutava Ginny e continuava a guardarla con quello sguardo, quello sguardo che lei non riusciva a dimenticare.
Scosse la testa piano, cercando di alzarsi e di allontanarsi ma non ci riusciva, non ne era capace perché non voleva sembrare quella che teneva a distanza la sua co-star.
Cercò di sorridere quindi, e si impegnò con tutte le sue forze a fingere che, il giorno prima, nulla era successo e che tutto era esattamente come prima.
« Ehi, Colin. »
« Ehi, Jen. »
Sussurrò lui di rimando, continuando a fissarla.
Forse si aspettava un’altra reazione da parte di lei ma dovette ammettere che, forse, il modo migliore per andare avanti era fingere che nulla fosse successo.
Jennifer salutò frettolosamente Ginnifer e gli altri e si incamminò verso la sua roulotte in cui c’era tutta la sua roba e nemmeno lei seppe spiegarsi perché si stava recando lì.
Stava involontariamente scappando da lui e questo la faceva uscire fuori di testa perché in realtà non voleva affatto questo, voleva affrontarlo, voleva dimostrargli che per lei era acqua passata, che era tutto a posto, ma niente era veramente a posto nel suo cuore.
Poggiò una mano sul muro, inspirando ed espirando profondamente.
« Ehi, bionda. Come mai sei scappata? »
Jen trasalì all’istante udendo quella voce, quella voce troppo familiare ormai, quella voce che si era abituata a sentire ogni benedetto giorno su quel set e che adesso non riusciva a lasciarla in pace.
« Ero venuta qui a prendere delle cose. Si, insomma..- si bloccò irrimediabilmente e si girò verso di lui- ..non è vero. Stavo solo cercando di ignorarti, ma a quanto pare è impossibile. »
« Se è per quello che ho detto ieri, io.. »
« Non è per quello, Colin. »
« E allora cosa? Parlami. »
Colin era deciso più che mai a scoprire cosa le passasse per la testa, e Jen era altrettanto decisa a non ritornare sull’argomento nuovamente, perché così avrebbe ricordato, e lei non voleva ricordare.
« Dovremmo tornare sul set, ci aspetta molto lavoro da fare. »
« Non andrai da nessuna parte finchè non parli con me. »
Le si piazzò davanti, impedendole di uscire fuori per scappare un’altra volta da quella discussione.
Non glielo avrebbe permesso, non ancora.
Entrambi erano troppo vicini persino per guardarsi negli occhi, concentrati più che altro a guardarsi le labbra a vicenda, come se fosse la cosa più naturale al mondo.
Dovevano smetterla, o altrimenti sarebbero andati oltre, ma nessuno dei due era pronto a cedere.
Continuavano a fissarsi con occhi bramosi di desiderio, con la consapevolezza che tutto ciò era proibito, e questo non faceva altro che aumentare la tensione tra i due.
« Smettila di guardarmi così. »
Jen sussurrò appena quelle parole, con quel po’ di voce che era riuscita a tirare fuori.
« Non posso. »
Colin adesso la fissava con decisione, come se stesse cercando di adempiere alla sua richiesta ma dentro di se era consapevole che non poteva, non poteva smettere di guardarla, in nessun modo.
Si avvicinò ulteriormente, finchè non fu a pochi millimetri dalle sue labbra, dove a stento si fermò.
« Credi che mi diverta? Credi che mi faccia piacere guardarti così, guardarti nel modo in cui si guarda la cosa più bella al mondo, sapendo che non può essere tua? Credi che non voglia guardare mia moglie in questo modo? Ma lei non mi fa perdere il controllo, non mi rende impossibile tutto quello che faccio semplicemente standomi accanto. Farei qualsiasi cosa pur di non guardarti più in questo modo. »
Jennifer indietreggiò di qualche passo, mentre Colin avanzava, urlando a gran voce quelle parole, senza timore di essere ascoltato dalla gente che poteva passare lì fuori.
Voleva solo urlarglielo, perché dirlo ad alta voce lo rendeva più vero, lo rendeva maledettamente vero, e ormai non poteva più tirarsi indietro e mentire.
« Devi smetterla di guardarmi così. Tra di noi non c’è nulla, non c’è mai stato nulla. Tu hai una moglie ed io sto provando ad essere felice nella mia vita, ma non posso respirare, non posso neanche respirare se tu mi guardi così, quindi smettila. Smettila di guardarmi. »
Questa volta era lei che gli urlava contro una verità che lui non voleva ascoltare al momento, una verità che aveva vissuto per mesi e mesi e che adesso avrebbe preferito cancellare.
Avrebbe preferito non essere attratto da lei, avrebbe preferito che lei stesse ancora con Sebastian, anche se infondo lo detestava profondamente e lo avrebbe preso a pugni ogni volta che la sfiorava, avrebbe preferito guardare sua moglie nel modo in cui guardava lei.
Lui l’amava, sua moglie, a modo suo ma l’amava, però non aveva mai provato quel genere di sensazione allo stomaco, quel groviglio di farfalle in pancia ogni volta che lei gli parlava.
Erano cose che stava provando adesso, e le stava provando per la donna sbagliata, per una donna che non era la sua compagna, e questo lo stava facendo impazzire letteralmente.
« Non avrei mai dovuto lasciare che tu mi baciassi. »
Jennifer asserì convinta, questa volta dando aria ai polmoni e sussurrando in maniera decisa, per poi passargli di fianco per raggiungere l’uscita.
« Già. Non avresti dovuto. »
Colin si voltò a guardarla nuovamente, e lei fece lo stesso voltandosi indietro per un secondo, prima di uscire dalla roulotte per tornare dagli altri, lasciando il ragazzo con i suoi pensieri e le sue preoccupazioni.

 

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Capitolo 2
*** CAPITOLO 2 – IF YOU WERE MINE ***


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Eccoci con il secondo capitolo, l'ho scritto ascoltando Stay degli Hurt (https://www.youtube.com/watch?v=1nP3XB7hrFo) comprendete quanto sia stato doloroso.
Eh niente, vi lascio alla lettura, eventuali errori di battitura verranno corretti entra sera.

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                                                                                                                                                        '' Stay, stay.
                                                                                                                                                                     So you change your mind
                                                                                                                                                                           And say you’re mine.
                                                                                                                                                                     Don’t leave tonight
                                                                                                                                                                                      Stay.'' 


La pioggia incalzante picchiettava sull’asfalto bagnato, regalando un leggero ticchettio regolare che andava di pari passo con il battito cardiaco di Colin.
Quella sera aveva parcheggiato l’auto a qualche isolato di distanza e continuava a camminare su e giù per la strada in cui c’era l’appartamento di lei, indeciso più che mai su cosa fare.
Ci pensò più e più volte, prima di armarsi di coraggio e suonare il citofono, senza rendersi nemmeno conto di essere bagnato dalla testa ai piedi e alquanto impresentabile.
Spinse quel tasto su cui c’era scritto il nome di lei più e più volte, con un insistenza quasi disperata.
« Andiamo Jen, apri. APRI DANNAZIONE. »
Jennifer si accorse solo dopo innumerevoli bip del campanello che qualcuno stava suonando e si affrettò a rispondere.
« Chi è? »
« Sono io, Jen, apri. Per favore, fa freddo qui fuori. »
Lei acconsentì e aprì il cancello all’ingresso e successivamente la porta di casa.
Se lo ritrovò davanti tutto bagnato, fradicio fino alle punte dei capelli e irrimediabilmente rise, non di lui, ma dell’idea che aveva di quel bell’irlandese sempre posato e mai con qualcosa fuori posto.
Poggiò la mano sullo stipite della porta e fece una smorfia, mentre lui cercava di riprendere sicurezza e non sembrare la versione più patetica e meno affascinante di sé.
« Che cosa ci fai qui? »
« Non lo so. Io ho camminato e camminato e.. volevo solo vederti. »
Lo fece accomodare in casa, silenziosa e titubante, visto che non poteva lasciarlo fuori al freddo in quelle condizioni.
Sospirò impercettibilmente e si richiuse la porta alle spalle, per poi alzare lo sguardo su di lui.
« Dovresti toglierti quei vestiti bagnati, sai? Ti beccherai un raffreddore. »
« No, sto-sto bene, davvero. »
« Smettila di fare così, Colin. Sul serio. »
Jennifer si avviò verso la sua stanza, mettendo le mani nell’ultimo cassetto del comodino.
Aveva conservato con cura una vecchia tuta che lui si era portato dietro una sera, tanto tempo prima, quando era rimasto a dormire da lei insieme a Ginny e Josh.
Non seppe spiegarsi per quale motivo l’aveva tenuta tutto quel tempo, forse voleva conservare un pezzo di lui per tutte quelle lunghe serate solitarie passate in quella casa ormai vuota e troppo grande per lei.
Gli porse la roba con dolcezza, con un sorriso velato ma sincero e lui si apprestò ad andare in bagno per asciugarsi e cambiarsi.
Non aveva intenzione di discutere con lei, sentiva soltanto il bisogno di vederla, di starle accanto senza che qualcuno potesse giudicarlo o guardarlo con occhi diversi.
Tutti si domandavano cos’avesse di strano in quell’ultimo periodo, persino sua moglie se lo domandava, ma ogni volta si ripeteva che era colpa dello stress, della lontananza, della stanchezza, perché pensare all’alternativa l’avrebbe fatta uscire fuori di testa.
Lei si fidava di lui, e Colin non aveva intenzione di infrangere il giuramento fatto il giorno delle nozze, ma era così difficile, era così difficile avere Jennifer al suo fianco e non pensare a quanto volesse baciarla.
Uscì dal bagno qualche minuto dopo, con indosso la tuta che lei gli aveva dato.
L’aveva conservata per tutti quei mesi, per tutto quel tempo aveva avuto un pezzo di lui nella sua casa, persino quando era fidanzata con Sebastian.
A Colin venne difficile trattenere un sorriso a quel pensiero, ma Jen subito ricadde in quello sguardo duro e triste, quello che aveva l’ultima volta che avevano parlato.
« Dimmi perché sei qui. La verità. »
« Ti ho già detto la verità, non richiedermelo ancora. »
« Dimmelo di nuovo. »
« Me la ricordo questa tuta. Era mia. »
« Non cambiare argomento. Questa volta non funziona, non ho voglia di giocare a questo gioco. »
Colin aggrottò la fronte, irritato dalle sue parole.
Lui non stava giocando, affatto. Non aveva nessuna intenzione di giocare, stava solo cercando di capire come affrontare la situazione senza voler ferire nessuno, come se fosse facile.
« Credi che sia un gioco? Tra me e te? »
« Non so cosa sia, ma se è un gioco non voglio giocare, Colin. »
« Ti sfido allora. Baciami adesso, qui, senza nessuna telecamera, senza nessuno che ci guarda, senza nessuno che possa giudicarci. Baciami qui e vedi se sto giocando, Jennifer. Fallo, perché io sono stato sincero fin dall’inizio con te, anche mentre tu ti sbattevi un altro. »
Lei sbottò, rifilandogli un ceffone dritto sulla guancia sinistra, per poi strofinarsi la mano dolorante contro l’altra per cercare sollievo.
Come poteva parlargli così? Come osava anche solo parlare della sua vita privata, senza averne rispetto?
Non riusciva a pensare, non riusciva a mettere insieme le parole, sentiva solo la rabbia dentro che cercava di uscire fuori perché era stanca di rimanere sopita e nascosta da quei sorrisi tristi.
« Non hai nessun diritto di parlarmi così. Con quale diritto ti permetti di dirmi determinate cose? Anche tu ti sbatti tua moglie, non credo di aver mai avuto problemi al riguardo. E mi sbatto chi voglio, non sei il mio fidanzato, non sei niente. Sei meno di niente nella mia sfera emotiva al momento.»
Colin voleva urlare, voleva sbatterla contro il muro e urlarle tutto quello che provava ma si limitò a baciarla, a divorarle le labbra rosee come se fossero l’ultima cena di un condannato a morte.
Incollò il corpo di lei tra il suo e la parete e la baciò, come mai avrebbe pensato di fare, come mai aveva fatto, senza freni e senza controllo.
La baciava come voleva baciarla da tempo, come sognava di fare ogni notte negli ultimi mesi, come si proibiva di baciarla sul set perché nemmeno Capitan Uncino avrebbe baciato così la sua Emma.
Si staccò da lei solo quando non avvertì più l’aria nei polmoni e si spinse indietro, come una calamita respingeva l’altra dello stesso verso.
La fissava, la fissava in quel modo, nel modo in cui lei gli aveva chiesto di non guardarla mai più.
Era così bella, così dannatamente sconvolta, così stordita, e per un momento era stata sua.
« Ogni volta in cui penserai che sto giocando, ti bacerò così e ti ricorderò che non è vero. »
« No invece! Non lo farai. Hai una moglie, una dannatissima moglie che ti ama e che tu ami, lo so che la ami, quindi non ti azzardare mai più. »
« E’ vero, la amo, ma provo qualcosa per te, e non lo negherò solo per essere in pace con la mia coscienza. O per far si che tu sia in pace con la tua. »
In quel momento Jennifer avrebbe voluto essere da sola, avrebbe voluto sfogare le sue lacrime senza che lui la vedesse in quello stato ma lui era lì, dietro di lei, e l’abbracciò senza dire nient’altro.
Le sue braccia l’avvolsero nel più meraviglioso dei modi, accarezzandole i capelli e cullandola dolcemente, come per rassicurarla che nessuno avrebbe osato farle del male, perché lui non l’avrebbe permesso mai.
Dopo qualche singhiozzo, lei smise di dimenarsi e si lasciò traportare, avvolgendo le sue braccia attorno alle grandi spalle di lui sentendosi, per la prima volta dopo tanto tempo, in pace con il mondo.
« Dovresti andare. »
« Credo che resterò. Non ho intenzione di lasciarti così. »
Jen non protestò, infondo le faceva piacere sapere che sarebbe rimasto con lei, nonostante tutto.
Le faceva piacere pensare di poter vivere in un universo parallelo, anche solo per un po’, dove lui era solo un ragazzo, e lei solo una ragazza, senza vincoli e legami.
Sorrise leggermente, mentre lui le asciugava le lacrime e la invitava a sedersi sul divano.
« Cos’avevi intenzione di mangiare? »
Irrimediabilmente le venne da ridere, perché pochi minuti prima che lui suonasse alla porta aveva appena deciso di riscaldare una pizza precotta che aveva nel congelatore.
Ormai viveva solo di cibi surgelati e barrette energetiche, non avendo né il tempo né la voglia di cucinare quando tornava dal lavoro.
« C’è la pizza. »
« Quella la chiami pizza? Sul serio? E’ per questo che sei dimagrita, mangi solo schifezze. »
Le sorrise piano, facendole capire che lui si accorgeva di tutto, anche di un minimo cambiamento nel suo corpo, lui l’aveva notato e a Colin piaceva farglielo sapere, perché lui la guardava in continuazione, anche quando lei non se ne rendeva conto, anche quando lei pensava fosse troppo impegnato per pensare a lei. Lui la guardava sempre.
Infilò la pizza nel microonde e attese qualche minuto fin quando non fu pronta.
La poggiò in un piatto e prese due bicchieri e la bottiglia di vino che lei aveva aperto prima del suo arrivo.
« Et voilà, la cena e servita. »
Asserì con un sorriso a trentadue denti, porgendole il piatto e sedendosi accanto a lei sul divano, posando infine il resto che aveva tra le mani sul tavolino davanti a loro.
Lasciò tutta la pizza a lei, assaggiandone solo un pezzo, perché voleva rimanere lì ad osservarla anche in quei piccoli momenti quotidiani che la rendevano più umana ai suoi occhi e non solo una dea bionda dagli occhi da cerbiatto che lo avevano incantato.
« Eri davvero affamata eh? »
« Scusami, non te ne ho lasciato neanche un pezzo. Posso prepararti qualcosa? »
« Non ho fame, non preoccuparti. »
Era vero, non aveva fame, almeno non quel tipo di fame a cui stava pensando lei.
Colin scosse la testa un attimo, accantonando quei pensieri poco casti che gli stavano ronzando nella testa, le baciò la fronte con delicatezza e tornò a guardarla.
Dio se era bella, talmente bella da dargli alla testa, come se si fosse ubriacato di lei e non conoscesse rimedio per quella sbronza, come se non volesse riprendersi affatto da quella meravigliosa sbronza.
Jennifer lo guardò per qualche secondo, forse era l’effetto del vino, forse era solo l’effetto che lui aveva su di lei ma adesso voleva baciarlo ancora, come se il ricordo del bacio precedente la tormentasse di continuo facendola impazzire ogni minuto che passava, sempre di più.
Raccolse le forze per allontanarsi da lui e non cedere alla tentazione e riportò i piatti nel lavandino, li avrebbe lavati il giorno seguente, o quello dopo ancora, forse mai, ma non le importò più di tanto perché quella sera di sicuro non lo avrebbe fatto.
Era agitata, non poteva negarlo, la presenza di Colin la rendeva ansiosa perché non riusciva a capire come doveva comportarsi con lui, se fingere o essere sincera su quello che provava.
Non glielo aveva mai detto apertamente mentre lui lo aveva accennato più volte, soprattutto durante quella serata e adesso lei si sentiva in dovere di dire qualcosa.
« Non è vero che non conti niente per me, comunque.. »
« Jen.. »
« Sul serio, adesso devi ascoltarmi. Io non riesco ad essere me stessa quando tu sei nei paraggi. Mi confondi, mi rendi impossibile tutto, non respiro se tu mi tocchi, non ragiono se tu mi guardi. Io ci ho provato a non pensarti, ci ho provato così duramente, ma non posso farcela. Non posso semplicemente smettere di provare qualcosa solo perché è sbagliato. Ed è terribilmente sbagliato, ma non posso fingere di non tenere a te. »
« Io non tengo a te, Jen.. »
Colin ammise aspramente, abbandonando il suo solito sorriso mentre vestiva le labbra con una smorfia di disappunto, perché lui non teneva a lei, non era questo che provava.
Lei pensò per un momento di aver sbagliato tutto, di aver commesso un errore ad ammettere a voce alta quello che provava e rimase con le mani strette sul mobile dietro di lei, respirando a fatica.
«Non sono un tuo amico, non tengo a te. Io ti desidero, come non ho mai desiderato nessuno, sto impazzendo per te ma decisamente non sono un tuo amico e non tengo a te in quel modo. »
Jennifer si sentì mancare l’aria nei polmoni nuovamente, ma cercò di non darlo a vedere.
Riprese a respirare lentamente, finchè il suo battito non si regolarizzò e le permise di muoversi e incamminarsi verso la sua camera da letto.
Si fermò sul ciglio della porta, con una mano poggiata sul legno freddo di quest’ultima.
« E’ meglio se torni a casa tua. »
« Vuoi davvero che me ne vada, Jennifer? »
Avrebbe voluto urlargli di si, avrebbe voluto dirglielo con freddezza e con orgoglio, ma una parte di sé continuava a ripetere che non era ciò che voleva realmente.
« E’ l’ultima cosa che voglio, ma è la cosa giusta da fare. »
« Ti ho detto che resto, ed è quello che intendo fare. »
Colin le si avvicinò silenzioso  e le mise le mani sulle spalle, sussurrando quelle parole all’orecchio di lei che trasalì, a causa dei brividi che le correvano lungo la schiena, e le prese la mano avanzando nella stanza.
« Dove dormi, a desta o a sinistra? »
« Chi ti dice che ti farò dormire nel mio letto?»
Sorrise, per la prima volta sinceramente, facendo una smorfia buffa con le labbra che fece ridere anche lui.
Alzò le coperte e si sistemò sul lato sinistro del materasso, non che avesse un posto fisso o preferito, ma di solito la mattina si svegliava sempre in quello stesso punto quindi forse era un’abitudine.
Si buttò addosso il piumone e lo guardò, fermo sul ciglio della porta e decisamente imbarazzato.
« Stavo scherzando. Puoi dormire qui, ma non starmi troppo appiccicato. »
« Come la signora desidera. »
Recitò alcuni versi di capitan Uncino, usando la stessa mimica facciale che aveva reso un po’ unico il suo personaggio e che Jennifer trovava estremamente sexy.
Si tolse la maglietta, abituato a dormire in quel modo, senza domandarsi se a lei potesse dare fastidio o meno poiché lo fece con un gesto che ripeteva tutte le sere.
Solo dopo si rese conto di non essere da solo in quel letto e la guardò in cerca di approvazione.
Jen arrossì leggermente, tuttavia cercò di non darlo a vedere, guardando da tutt’altra parte e provando a distrarsi il più possibile.
« Non sono abituata a dormire con un uomo che non è il mio uomo. »
« Neanche io sono abituato a dormire con una donna che non è mia moglie ma, eccomi qua. »
« Guarda che non sono io che ti ho imposto di restare. »
« Lo so, sono io che voglio farlo. Sono esattamente dove voglio essere in questo momento.»
Colin sfiorò il mento di Jennifer con due dita, avvicinando il viso di lei al suo e catturandole le labbra in un bacio leggero, durato un battito di cuore.
L’attirò a sé con dolcezza e le fece poggiare il viso sul suo petto, stringendola tra le braccia in una morsa ferrea ma allo stesso tempo delicata.
Quel momento era talmente perfetto che Colin pensò di stare semplicemente sognando e che tutto ciò era frutto della sua immaginazione, ma fu riportato alla realtà da lei che lo stringeva forte, accarezzandogli il petto con la punta delle dita mentre lo guardava.
 « Colin?»
Sussurrò il suo nome con una dolcezza infinita, un tipo di dolcezza che lui non aveva mai provato.
« Si? »
« Grazie.. »
Quello di Jennifer era un grazie per tutto.
Un grazie per essere lì con lei in quel momento, un grazie per essere entrato nella sua vita e avergliela sconvolta, un grazie per essere onesto, un grazie per ogni bacio ed ogni abbraccio che le aveva riservato.
Avrebbero potuto discutere l’indomani, avrebbero potuto litigare ancora, avrebbe potuto addirittura perderlo ma per quella notte, per quella notte soltanto lui era lì con lei, ed era suo.
Colin la osservò addormentarsi, e dolcemente le sfiorò la guancia con la punta delle dita.
« Quanto vorrei che tu fossi mia.. »
Mormorò impercettibilmente prima di cedere e addormentarsi anche lui, consapevole che la mattina successiva sarebbe tornato tutto alla normalità e questo lo spaventava da morire.

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Capitolo 3
*** CAPITOLO 3 - I LET YOU GO ***


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Rieccomi con un nuovo capitolo, e con il ritorno del bel Sebastian Stan.
Scusatemi ma lo adoro troppo per non inserirlo nella storia, dovrete sopportarmi.
Comunque sia, godetevi il capitolo e l'enorme sofferenza che porta con se l'essere una shipper Colifer. Buona lettura.


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L’odore dei pancakes aveva impregnato tutta la casa, facendo risvegliare Jennifer in una nuvola di profumo che le aveva procurato un languorino allo stomaco.
Si Stiracchiò per qualche secondo e tastò il materasso accanto a sé.
Era vuoto, ma ancora caldo e la cosa non l’aveva preoccupata minimamente perché ricordava che Colin aveva dormito lì quella notte, così come aveva immaginato che quell’odore proveniente dalla cucina era sicuramente opera sua.
Sorrise e si infilò una giacca di lana che usava per gironzolare in casa quando faceva troppo freddo, posò i piedi sul pavimento e si diresse in cucina, fermandosi sull’uscio della stanza ad osservare l’uomo intento a preparare la colazione.
Colin stava girando in casa sua senza maglietta, ma questo non la imbarazzò per niente.
Si sentiva completamente a suo agio insieme a lui, sempre, in ogni circostanza, che fosse sul set o fuori dal set non aveva importanza.
« Sai, dovremmo andare a lavoro tra un po’. »
« Lo so, ma prima farai colazione, una colazione decente, e poi ci andremo. »
Jennifer si sedette al tavolo e prese qualche pancake da mettere nel piatto, mangiandoli insieme alla marmellata che le piaceva tanto mentre lui la osservava con la coda dell’occhio, intento a bere il caffè.
Era un momento talmente normale, ma per loro due era una meravigliosa eccezione che non si sarebbe più ripetuta, ed entrambi lo sapevano bene perché ripensavano a quella notte con un tocco di nostalgia e di dolore negli occhi che era palese per entrambi.
« Vado a fare la doccia.»
« Posso venire con te, se vuoi. »
« Cretino. »
Colin sorrise, osservando l’espressione accigliata di Jennifer e le lasciò qualche minuto per sé, mettendosi seduto sul divano con le mani tra i capelli, a ripensare a quanto si sentisse colpevole per quello che stava provando, per quello che il suo cuore stava chiedendo a gran voce ma che lui non aveva intenzione di assecondare per nessuna ragione al mondo.
Jennifer meritava più di un amore clandestino, ed Helen, lei non meritava di essere tradita in quel modo, non meritava neanche che lui avesse quei pensieri e quei sentimenti per un’altra, ma Colin non poteva sopprimerli, non ne era in grado.
Poteva controllare le sue azioni, poteva evitare di urlare a gran voce quanto Jen fosse importante per lui, ma non aveva idea di come scacciarla dalla sua testa, dove l’immagine di lei si era annidata e non aveva intenzione di lasciarlo nemmeno per un momento.
Una manciata di minuti più tardi Jennifer uscì dal bagno, già vestita e pronta per andare a lavoro.
Aveva pensato che fosse meglio evitare momenti sconvenienti in cui lei usciva in accappatoio, tutta bagnata e decisamente troppo vulnerabile.
« Puoi usare il bagno se vuoi, puoi farti la doccia, fai come se fossi a casa tua. »
« Non-non preoccuparti, la farò dopo, quando vado in roulotte. »
Lei annuì con un cenno del capo e sistemò le ultime cose che doveva portarsi dietro, per poi guardarsi intorno, come se avesse dimenticato qualcosa che doveva fare, ma non c’era nulla fuori posto.
Colin si era premurato di sistemare la cucina e il divano, al suo ritorno Jen non avrebbe nemmeno fatto caso al fatto che lui aveva passato la notte precedente in quella casa.
Si guardarono per un attimo, prima di uscire dall’appartamento in totale silenzio.
Non sapevano cosa dirsi, perché una volta chiusa quella porta anche tutto quello che era successo tra quelle mura sarebbe stato un capitolo chiuso, un breve momento di debolezza e accettazione che però era giunto al termine perché era il momento di tornare alla realtà.
Jennifer lasciò che Colin le desse un passaggio sul set, infondo non c’era niente di male, lo avevano fatto tante di quelle volte che nessuno si sarebbe chiesto come mai erano arrivati insieme.
Il viaggio fu pieno di silenzi, pieno di confusione, perché Jen era più confusa di prima, ma mai avrebbe lasciato trapelare il suo stato d’animo.
Una volta giunti a destinazione si separarono senza troppi convenevoli e si diressero nei propri camerini per prepararsi, dovevano dare il meglio di loro stessi sul set, dovevano fingere che non ci fosse nulla tra loro e allo stesso tempo dare ai loro personaggi la stessa chimica che avevano sempre avuto.
Roba da niente - pensò Jennifer, mentre si cambiava per vestire i panni di Emma Swan, rendendosi conto che persino il suo personaggio era diventato più sicuro di sé e meno complicato di lei.

QUALCHE ORA DOPO..
 
Colin era deciso più che mai a scappare via dal lavoro prima di poter beccare Jennifer in giro.
Probabilmente non sarebbe stato così facile tornare a casa senza di lei, tornare in quella casa vuota e dormire con la consapevolezza di non averla accanto come era successo la notte scorsa.
Tuttavia fu più forte di lui, dovette cedere all’impulso e recarsi verso il camerino di lei, bussando titubante.
« Ehi, bionda. Sei pronta? Ti riaccompagno a casa. Non solo il tipo che lascia a piedi una dolce donzella. »
Sussurrò sorridente, aspettando che la ragazza aprisse la porta.
La sentiva, sentiva il suo respiro, i rumori che stava facendo per chissà quale motivo e poi la vide.
Jennifer aprì la porta e lui la vide, rimanendone quasi abbagliato.
Era semplicemente stupenda, forse più del solito, e non riusciva a capacitarsi del perché fosse tanto perfetta ai suoi occhi, perché fosse talmente bella da fargli perdere la testa.
« Non mi serve un passaggio, ma grazie per il pensiero. »
« Come torni a casa senz’auto? »
« Non torno a casa, Colin. »
Il quel momento gli si gelò il sangue nelle vene, sapeva che se lei non fosse tornata a casa c’era solo un motivo, doveva vedere qualcuno, qualcuno che ovviamente non era lui.
Riprese a respirare dopo che il fiato gli era quasi mancato nei polmoni e cercò di ricomporsi.
« Oh. Hai un appuntamento, ecco perché sei così bella. Ed io che pensavo fosse per me. »
« Smettila. Devi smetterla di fare così, okay? »
Jennifer quasi urlò, poi si rese conto della gente che passava davanti a loro e finì la frase in un sussurrio leggero, appena percepibile alle orecchie di Colin.
« Non sono di tua proprietà, non ti appartengo e non succederà mai, l’ho capito io e lo hai capito tu, quindi lasciami vivere la mia vita e lasciami rimettere insieme i pezzi. »
Lui la guardava affranto, come un uomo che aveva perso per sempre la donna dei suoi sogni senza avere la possibilità di riaverla con sé, anche se Jen non era mai stata sua e probabilmente non lo sarebbe mai stata.
La lasciò andare, fermandola solo dopo qualche passo, quando lei era ormai lontana da lui di un metro o due.
« Lui chi è? Dimmi almeno questo. »
« Sebastian. »
Jennifer si limitò a fare il suo nome e questo bastò per far andare Colin su tutte le furie.
Perché voleva uscire di nuovo con lui? Avevano chiuso mesi fa, e lei era sembrata piuttosto sicura di quella scelta, ma adesso lui la guardava e vedeva nei suoi occhi spenti qualcosa di diverso.
« Perché? Dammi sono una buona ragione. Dammi solo un motivo per cui dovrei lasciarti uscire con lui. »
« Perché non sono tua moglie, non hai questo potere su di me. Devi smetterla di pensare che io penda dalle tue labbra e che vivo in funzione di te. Se voglio uscire con qualcuno tu non sei nessuno per impedirmi di fare le mie scelte. »
Aveva il viso incupito e stanco, voleva mettere un punto a quella situazione ma più ci provava più ripensava alla notte passata, al modo in cui avevano dormito abbracciati, al modo in cui lui l’aveva baciata più volte e a Jennifer girava la testa solo al pensiero.
Sospirò pesantemente e si calmò, tornando a guardarlo.
« E’ solo una cena. Non abbiamo mai affrontato la nostra rottura ed io gli devo ancora delle spiegazioni. E lui le merita, Colin. »
Quelle parole sembravano una specie di rassicurazione agli occhi di lui, come sei lei volesse in qualche modo tranquillizzarlo, come se volesse dirgli ‘sei uno stronzo perciò vado a cena con un altro, ma sappi che nulla è cambiato nel mio cuore’.
« Forse le merita, ma.. »
« Ma cosa? »
« L’idea che lui possa toccarti, che possa stringerti o anche solo guardarti mi sta facendo impazzire. »
« Ora capisci come mi sento io costantemente, ogni giorno della mia vita. Ora capisci come mi sento ogni volta che voli da lei, lasciandomi qui da sola a dare di matto. Ci sono tante cose che non sai, tante cose che ho provato ultimamente, ma forse adesso puoi capire com’è la mia vita da quando ti conosco. »
Jennifer sussurrò quelle parole con quel po’ di fiato che le era rimasto in gola, spostandosi nuovamente e allontanandosi da lui per dirigersi all’esterno, dove Sebastian la stava aspettando.
Forse era stata esagerata, forse non avrebbe dovuto confessargli tutte quelle cose, ma adesso si sentiva più leggera, si sentiva meno incatenata all’idea che lui non sapesse cosa provava.
Perché Colin sapeva esattamente cosa provava lei, e adesso ne stava avendo pian piano la conferma.
 

*******************************************************************************************************************************

Sebastian tirò indietro la sedia e lasciò che Jennifer si accomodasse, per poi spingerla in avanti come un vero gentiluomo.
E lo era davvero, lo era davvero e lei ne era consapevole.
L’aveva portata a cena nel ristorante del loro primo appuntamento, e lei si era resa conto di aver fatto un terribile errore ad accettare quell’invito, perché forse le aspettative di lui erano completamente diverse dalle sue.
Lasciò che le riempisse il bicchiere con del buon vino e lo guardò, titubante sul da farsi.
« Sei bellissima stasera. Più bella del solito. »
Lei arrossì, consapevole che quelle parole le erano state rivolte una mezz’oretta prima da un altro uomo.
La cena fu servita dopo qualche minuto, ed il tempo passò velocemente tra una chiacchiera e l’altra, tra un pettegolezzo e l’altro.
« Ascoltami, Sebastian. Ho accettato di vederci perché devo darti delle spiegazioni. So che forse adesso non t’interessano, ma devi farmi parlare. »
« Prima fammi finire il dolce almeno, così non avrò un ricordo del tutto amaro di questo momento. »
Lui rise, e lei pensò subito a quanto si sentisse colpevole per aver lasciato un ragazzo così perfetto.
« Non abbiamo più parlato della nostra rottura, io volevo solo dirti che.. »
« So perché mi hai lasciato, Jen. Non serve che tu lo dica ad alta voce. »
Un silenzio imbarazzante pervase entrambi, ma lei non era pronta ad arrendersi così.
« Ti ho amato molto, ti ho amato davvero tanto, ma tu meriti una donna che sappia amarti molto di più di quanto facevo io. Non ti ho lasciato perché c’era un altro o perché ti amavo poco, l’ho fatto perché ti amavo troppo, ma non abbastanza come meriti. Insomma guardati. Sei il ragazzo perfetto, sei il sogno di ogni donna, ma..»
« Ma sei innamorata di un altro. Lo so, l’ho capito prima di te. Sappi che non approvo minimamente e solo l’idea di lui che ti fa soffrire mi da il voltastomaco, ma mi fido di te, Jen. Non sarò io a dirti chi devi amare. »
« Come-come lo hai capito? »
« Non era poi così difficile da capire. Ti osservavo mentre eri sul set, con lui, eri una Jennifer completamente diversa, e lì mi sono accorto che ti avrei persa prima o poi. Ma va bene, davvero. Va bene. Spero solo che lui non ti faccia soffrire, per me meriti molto di più. »
Irrimediabilmente il viso di lei si riempì di lacrime silenziose, che non le importava di nascondere perché davanti a Sebastian non aveva bisogno di fingere.
La riaccompagnò a casa poco dopo, stampandole un lieve bacio sulla fronte non appena giunti davanti al cancello dell’appartamento di lei.
« Mi ha fatto piacere rivederti. Chiamami se hai bisogno, piccola. »
Jennifer annuì con un cenno del capo e sorrise, prima di entrare in casa percorrendo velocemente le scale e lasciandosi cadere sul divano una volta giunta all’interno del salone.
 

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Si era quasi addormentata quando il suono del campanello la fece sobbalzare.
Guardò l’ora velocemente. Era l’1.45 di notte.
Era tornata a casa da meno di dieci minuti ed era troppo stanca per rispondere al citofono e chiedere chi fosse alla porta, perciò l’aprì direttamente, rimanendo un momento sorpresa nel constatare chi era fuori dalla porta.
Colin era di fronte a lei, sembrava stanco, come se avesse corso per tutta la città, era sudato e agitato, ma Jennifer non era dell’umore adatto per discutere ancora con lui.
« Non dovevo venire, lo so. Ho visto la luce accesa e ho pensato che tu fossi in casa. »
« Già, sono a casa. »
Breve pausa. Un altro momento di silenzio tra i due, un altro imbarazzante attimo di frustrazione che fu successivamente interrotto da Colin.
« Stavo impazzendo all’idea di te con lui. Mi dispiace, non potevo aspettare fino a domani. »
« Non potevi aspettare per cosa? »
« Per volere quello che voglio. Per volere te, non potevo aspettare un’altra interminabile giornata sul set per poterti parlare, per poterti guardare, per poterti dire che non posso immaginarmi senza di te accanto. E volere tutto questo mi ha fatto pensare, mi ha fatto pensare che sto sbagliando tutto con te, sto sbagliando tutto. Vorrei poterti lasciar andare ma non ci riesco.»
Jen sorrise amaramente, e con un tocco delicato gli sfiorò il viso con una mano, avvicinandosi quel tanto che bastava per far toccare le loro labbra in un bacio leggero.
«Sono io che ti sto lasciando andare, Colin.»
Sussurrò sulla sua pelle, prima di allontanarsi, e allora lui capì.
Lei aveva avuto la forza di fare quello che andava fatto, mentre lui era stato un codardo ed un illuso a poter pensare di andare avanti con il suo matrimonio senza perdere lei.
E l’aveva persa, nel modo peggiore, perché l’avrebbe vista tutti i giorni, l’avrebbe toccata tutti i giorni, l’avrebbe addirittura baciata, ma lei non sarebbe stata più la sua Jennifer.

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Capitolo 4
*** CAPITOLO 4 – UNTIL IT HURTS ***


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Ed eccoci ad un nuovo capitolo disagiato.
Sappiate che oggi sono abbastanza instabile per via delle foto dal set della 4x12 appena uscite, mi sento di shipparli più che mai.
Comunque, spero che questo capitolo vi piaccia, nel prossimo ci saranno guai in vista, quindi non perdetevelo. 

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Jennifer aveva passato tutta la notte a rotolarsi in quel letto vuoto, cercando un modo per addormentarsi.
Ci era riuscita solo verso le 5 del mattino, ma la sveglia delle 6.30 l’aveva costretta  a svegliarsi.
Si sarebbe imbottita di caffè per affrontate quella giornata, aveva una scena importante da girare con Colin e non voleva sembrare stanca o provata a causa della loro ultima conversazione fuori dal set.
Erano passate un paio di settimane da quando aveva visto Sebastian, da quando Colin si era presentato a casa sua e lei gli aveva esplicitamente intimato di smetterla, perché tra di loro non ci sarebbe mai stato nulla, e quella era stata l’ultima volta in cui si erano parlati al di fuori del lavoro.
Due lunghe settimane senza sentire la sua voce, due lunghe settimane senza i suoi soliti sms divertenti che le davano il buongiorno, due lunghe settimane senza vederlo, se non nei panni di Hook.
Sospirò e accese il telefono, trovando un bel po’ di messaggi ad attenderla.
Il primo era di Sebastian: « Ciao, dolcezza. Domani ho la serata libera, ti va di andare a bere qualcosa? Non mordo, prometto ».  Jennifer sorrise e continuò nella lettura.
Alcuni messaggi da parte di sua madre, in cui le chiedeva come stava andando il lavoro, un messaggio di Ginnifer in cui le diceva che le riprese sarebbero iniziate a breve,e di non fare tardi come al solito, e più infondo, scorrendo fino a trovare sms ricevuti nel cuore della notte, trovò il nome di Colin.
Non era certa di volerli leggere, per cui ci pensò su qualche secondo fino a quando non decise di farlo.
«Forse starai dormendo a quest’ora, io non ci riesco. Volevo solo sentirti. » recitava il primo. Subito dopo ce n’era un altro: « Non riesco a smettere di pensarti. Credi che svanirà questa sensazione? Forse prima o poi.. » non era certa di voler leggere l’ultimo, ma prima ancora di pensarci il suo dito aveva già premuto il tasto di lettura: « Mi manchi. Mi manca tutto di te. Perdonami per non essere l’uomo che meriti. »
Jennifer trattenne a stento una lacrima, spegnendo nuovamente il cellulare per alzarsi dal letto e buttarsi sotto la doccia.
Forse l’acqua bollente avrebbe lavato via quella malinconia che sentiva, quel vuoto nello stomaco che non la faceva dormire da giorni, quel peso sul cuore che a stento riusciva a sopportare.
Doveva trovare dentro di sé il giusto compromesso per non lasciarsi coinvolgere ancora dai suoi sentimenti e, allo stesso tempo, lavorare con lui nello stesso modo in cui aveva fatto fino ad ora, dando ad Emma tutta la passione, la tenacia e la sicurezza che invece lei non possedeva.
Al momento le sembrava troppo difficile, quasi impossibile, presentarsi sul set e fingere di non provare nulla per poi dover mostrare le emozioni del suo personaggio che, in realtà, erano le sue emozioni, le sue sensazioni, ma era decisa più che mai a lasciarsi Colin alle spalle e con lui anche i suoi sentimenti più compromettenti per il collega.
 
 
« Forza Jen, non abbiamo tutto il tempo del mondo. Questa scena deve essere perfetta e dobbiamo finirla entro oggi. Avete capito tutti? Forza. A lavoro gente. »
La voce di Adam risuonava per tutto il set, e tutti correvano a destra e a manca per prendere posizione, chi per guardare le riprese comodamente, chi per dirigerle, tutto ruotava intorno a Jennifer e Colin che se ne stavano fermi al centro, aspettando di poter iniziare.
Nessuno dei due parlava, nessuno dei due aveva detto niente circa gli sms, solo qualche timido ‘ciao’ per mantenere le apparenze davanti al resto della squadra.
«Possiamo iniziare. Forza ragazzi, dateci dentro.»
Jennifer sospirò appena, prima di voltarsi verso Colin e iniziare.
« Che sta succedendo?»
« Credevo conoscesse il mio segreto. E credevo gli aveste detto del nostro momento di intimità. »
« Perché lo pensavi? »
« Perché speravo avesse avuto importanza.»
Jennifer rabbrividì a quelle parole come se sentisse, in qualche modo, che fosse Colin a pronunciarle e non Uncino come invece doveva essere, come doveva sembrare in quella scena.
Le sentiva maledettamente vere, così come era vero il suo sguardo meravigliato e confuso.
« Quello che ha avuto importanza è che ci hai detto che Neal era vivo. Grazie. Credevo avresti tenuto per te l’informazione di Peter Pan.»
« Perché avrei dovuto?  »
« Non lo so. Magari avevi un patto con Pan. Perché altrimenti te lo avrebbe detto?  »
« Era una prova. Voleva vedere se avrei lasciato un amico a morire se questo amico fosse stato interessato alla donna a cui sono interessato io. »
« E tu hai scelto il tuo amico. »
« Vi sorprende?  »
« Sei un pirata.  »
« Si, lo sono. Ma ho dei buoni principi. Così quando vincerò il vostro cuore, Emma, e lo vincerò, non sarà stato per un inganno. Sarà perché tu vuoi me.  »
Era assurdo il modo in cui Colin pronunciava quelle parole dalla bocca di Uncino, riuscendo a colpire non solo Emma, ma Jennifer stessa, che in quel momento faticava persino a respirare.
Lui sorrise, visibilmente compiaciuto per aver raggiunto il suo scopo, e lasciò che lei proseguisse con le battute finali di quella scena.
« Non è una gara, Uncino. »
« Ah no? Dovrete scegliere, Emma. Lo capite vero? Perché nessuno dei due rinuncerà a voi. »
« Quello che devo scegliere è il modo migliore per riavere indietro mio figlio. »
« E ci riuscirete. »
« Ci credi davvero?  »
« Non vi ho mai vista fallire. E quando vincerete, sarà allora che il divertimento comincerà. »
Ancora un sorriso compiaciuto di lui, ancora uno sguardo confuso di lei.
La scena era terminata da un pezzo, avevano sentito persino lo « STOP. » ma nessuno dei due osava togliere gli occhi di dosso all’altro, come se si aspettassero di dover fare qualcos’altro, come se la scena non fosse compiuta, ma in realtà era tra loro che le cose erano rimaste incompiute, lo sapeva Colin e lo sapeva Jennifer, perché mettere un punto fermo a qualsiasi cosa stesse succedendo tra di loro le era sembrato troppo facile all’inizio, ma altrettanto difficile adesso perché sentiva di dover controllare ogni sua emozione ed ogni suo gesto per tener fede alla decisione di tenere le distanze da lui.
A fatica riuscirono a fare qualche passo indietro, reciprocamente, sorridendo alle parole di Adam che diceva di non dover ripetere la scena perché era stata perfetta.
Entrambi ne erano stupiti, perché pensavano che le loro emozioni avessero in qualche modo falsato la scena, e invece anche quelle avevano aiutato a renderla così vera da sembrare reale persino per i loro personaggi, per Hook ed Emma.
Jennifer si concesse un ennesimo caffè, mentre si intratteneva con Lana e Ginnifer parlando del più e del meno, sperando che questo avrebbe tenuto Colin ad una distanza di sicurezza tale da non doverle far tenere la guardia alta per tutto il resto della giornata.
« Allora signorina. Un uccellino mi ha detto che tu e Sebastian vi siete riavvicinati. »
Lana esordì giocosa con quella frase, costringendo Jen ad arrossire imbarazzata, non tanto per la questione in sé ma quanto per l’imbarazzo che provava sempre quando si ritrovava a parlare della sua vita sentimentale davanti ad altri.
« Siamo andati a cena qualche sera fa, niente di che. »
« Beh, non mi sembra niente di che. Dal modo in cui avevi mollato quel pover’uomo pensavamo tutti che non ci fosse speranza per voi due, e invece..»
« Lana, sul serio. Non vuol dire nulla. Tengo molto a lui, ma non ho intenzione di riprovarci. Ho altro per la testa ultimamente, non posso permettermi di pensare ai sentimenti ora. »
« Hai qualcos’altro, o ‘qualcun altro’ per la testa?»
Ginnifer , come al solito, la capiva al volo meglio di chiunque altro.
Sapeva esattamente cosa passava per la testa della collega, lo aveva capito dal momento esatto in cui lei e Colin si erano incontrati per la prima volta al tavolo di lettura del copione, durante la seconda stagione.
Tutti quegli sguardi rubati, quelle mani sfiorate, lo aveva percepito subito, ma non aveva detto nulla perché entrambi non si erano ancora resi conto dell’attrazione che provavano l’uno per l’altra.
« Non voglio parlarne. Non ora.»
« Ma Jennifer.. »
« No. E non guardarmi così, non sei mia madre. Almeno non in questo caso.»
Sorrisero tutte e tre e per un momento dimenticarono di cosa stavano parlando, perché forse era meglio così, forse non c’era niente di cui parlare in realtà.
« Di cosa si parla qui, signorinelle? »
Josh era sbucato alle loro spalle, con un sorriso a trentadue denti ed in braccio avvolto sulle spalle di Colin, il suo fedele amico ormai da anni.
Jen sospirò, evitando di voltarsi ma avvertendo la sua presenza, i suoi occhi puntati su di lei come un cacciatore che punta la sua preda preferita prima di colpirla.
« Uhm, niente di interessante mio caro. »
Ginnifer gli rivolse un’occhiata complice e i due si scambiarono un tenero bacio.
Era così strano pensare che fino a qualche anno prima Josh fosse sposato con un’altra, poi all’improvviso aveva visto lei e tutto era cambiato, la sua intera esistenza era stata sconvolta.
Colin non riuscì a non pensare a quanto si sentisse in empatia con lui, quanto riuscisse a capire cos’aveva provato in quel momento, perché era ciò che provava adesso ogni volta che posava gli occhi su quel viso che incantava, ricoperto da quella chioma bionda che le avvolgeva i lineamenti perfetti.
« Ed io me ne vado, non ho intenzione di guardarvi amoreggiare per sempre. »
Jennifer gli rivolse un finto sorriso e si allontanò, avviandosi verso il suo camerino.
Forse doveva prendersi qualche giorno di pausa, infondo era solo mercoledì, avrebbe chiesto solo un paio di giorni e sfruttato il fine settimana per allontanarsi un po’ da quella sensazione di vuoto che provava, ogni volta che lui le stava accanto.
Non si era accorta del fatto che Colin le stava correndo dietro e quasi lo colpì con la porta mentre se la richiudeva alle spalle.
Se ne rese conto solo dopo, quando i suoi occhi incrociarono quelli di lui, completamente vulnerabile.
« Hai intenzione di evitarmi per sempre? »
« Non ti sto evitando, lo sai. »
« Lo stai facendo. Mi eviti continuamente, mi eviti sul set, mi eviti quando ti chiamo, mi eviti quando ti scrivo. Non fai altro che evitarmi. Ho capito che sono uno stronzo per te, ma almeno dimmelo guardandomi in faccia. Guardami negli occhi e dimmi quello che pensi.»
Colin le afferrò il braccio, costringendola ad avvicinarsi a lui ad una distanza che Jennifer riteneva troppo pericolosa per entrambi.
Non aveva il controllo di sé quando gli era così vicina, e cercava di divincolarsi più che poteva, ottenendo scarsissimi risultati poiché lui non aveva intenzione di mollare così facilmente.
« Non ho mai pensato che tu sia uno stronzo. Non dovresti mettermi in bocca parole che non ho mai detto e pensieri che non ho mai pensato. »
« Allora perché? Perché mi tratti come se non fossi niente per te? »
« Perché sei troppo per me, non lo capisci? »
Ancora una volta era riuscito a farla crollare, a tirarle fuori ciò che lei non avrebbe mai voluto dire, quello che voleva tenere nascosto nel profondo del suo cuore.
Ogni volta lui riusciva a tentarla, a spronarla e a far cadere tutti i muri che si era costruita a fatica.
« Non posso comportarmi con te come facevo una volta. Non avrebbe senso perché non sei mio amico, Colin. Io non voglio essere tua amica, quindi non chiedermi di tornare a vestire quei panni, non posso farlo. Non voglio farlo. »
Si allontanò, approfittando del momento in cui Colin abbassò la guardia e lasciò la presa sul suo braccio.
Come faceva a non capirlo? Lo stava allontanando per il bene di entrambi, ma lui era talmente egoista da non rendersene conto.
« Credi che io voglia essere tuo amico, Jen? Non-non lo sono mai stato. Non ho mai pensato di esserlo, ma l’idea di perderti mi sta facendo impazzire.- Si portò le mani sulle tempie, socchiudendo gli occhi per qualche secondo.- Ogni volta che ti guardo io-io non riesco più a pensare. Tu mi incendi il sangue nelle vene, non lo capisci? Io voglio di più, non voglio essere tuo amico.»
« Non possiamo avere di più. »
Sussurrò lei, a fatica, cercando di mostrarsi più forte di quanto pensava, più decisa di quanto voleva essere.
Quelle parole risuonavano nella sua testa come una condanna, come l’ultimo desiderio per un condannato a morte che aspetta solo di essere giustiziato.
Sospirò impercettibilmente, rilassando i muscoli e tornando con lo sguardo su di lui, che adesso sembrava acceso, pieno di luce e lei non si spiegava il perché.
Fu questione di un attimo, e Colin si avventò sulle sue labbra come un affamato su un pezzo di pane, come se fosse in astinenza dai suoi baci.
Forse era malato, era affetto da una qualche malattia che portava il nome di Jennifer, ma al momento non gli importava, pensava solo a stringerla, a godersi ogni secondo di quel bacio, lasciando vagare le mani tra i suoi capelli lunghi, poi sulle braccia e infine sui fianchi, accarezzandole la pelle nuda sotto il bordo della maglietta che lei indossava.
« Invece possiamo.. »
Glielo sussurrò sulle labbra, prima di mordergliele con dolcezza, tornando ad assaporare quell’ultimo bacio prima che lei lo scostasse appena, con le mani che premevano sul petto di lui.
« Non sarò quel tipo di donna. Non chiedermi questo. »
« Non voglio tu sia quel tipo di donna, non lo vorrei mai. Non so cosa siamo noi due, forse viviamo in un indefinito. Ecco. Possiamo vivere in questo mondo parallelo indefinito, dove ci siamo solo tu ed io. Ma non chiedermi di rinunciare a te, perché non succederà. »
Jennifer trattenne il respiro e si allontanò nuovamente, senza più guardarlo, senza più incrociare il suo sguardo per evitare di mostrarsi debole.
Questa volta, però, lui decise di mostrarle quanto potevano essere deboli insieme e l’abbracciò, lasciando che il viso di lei sprofondasse nel suo petto e le sue braccia l’avvolgessero completamente.
Era un abbraccio innocente, sapeva di buono, e Colin si domandò per quale motivo una cosa tanto buona poteva essere anche tanto sbagliata?
Socchiuse gli occhi e si inebriò del profumo di lei, affondando il viso tra i suoi capelli scompigliati e assaporando quel momento e imprimendo nella sua mente ogni dettaglio del volto di Jennifer, ogni lineamento, ogni piccolo particolare, perché non voleva correre il rischio di dimenticare.
Aveva così tanta paura di perderla che quasi non ragionava più, per il timore costante di svegliarsi una mattina e saperla insieme ad un altro, un altro uomo che non era lui.
« Posso almeno riaccompagnarla a casa, signorina Morrison? »
Lei sorrise, sciogliendo l’abbraccio e tornando a guardare Colin negli occhi.
Pensò che forse doveva mollare un po’ la presa, essere meno dura con lui e con se stessa, ma soprattutto permettere ad entrambi di non perdere tutto, di non buttare all’aria il loro rapporto.
Sentiva che, in un modo o nell’altro, le cose sarebbero finire al loro giusto posto, così come doveva andare, e quindi tanto valeva godersi il momento.
Accennò un ‘sì’ con il capo e gli permise di caricarsi il suo borsone in spalla.
« Cos’è? Adesso ti improvvisi fattorino? »
« Per lei questo ed altro, dolce fanciulla. »
Risero entrambi e si avviarono al di fuori, raggiungendo l’auto di Colin e Jen pensò che la sua di auto l’avrebbe recuperata l’indomani senza grossi problemi.
 
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« Grazie per il passaggio. »
« Sicura di non volere che io salga a rimboccarti le coperte? »
Colin sfoderò il suo miglior sorriso e Jennifer dovette arrendersi all’evidenza di quanto fosse affascinante.
Sorrise e prese il borsone dal sedile posteriore.
« Credo di potermela cavare anche da sola, grazie. »
Adesso anche lei provava a fare la sua faccia sexy, ma si sentì subito una stupida impacciata, perciò tornò a sorridere normalmente, sfiorando senza farlo di proposito la mano di lui, che era poggiata sul cambio marcia dell’auto.
Sentì un brivido lungo la schiena, non appena le loro dita entrarono in contatto e si maledisse per aver accettato quel passaggio.
« Devi andare. Ti prego, va.. »
« Come vuoi. »
Sussurrò lui, con un tocco di tristezza in viso, mentre la osservava aprire la portiera dell’auto per scendere.
Velocemente la tirò a sé, stampandole un leggero bacio sulle labbra, quasi rubato ma subito ricambiato da lei, che nuovamente sorrise e quello sguardo triste di Colin si trasformò in un’occhiata più radiosa.
« Buonanotte, Jennifer. »
« Buonanotte. »
Dovette ricorrere a tutto il suo autocontrollo per uscire finalmente dalla vettura, osservando il ragazzo mentre metteva in moto e sfrecciava via, non prima di averle suonato il clacson divertito.
Jen aveva capito di essere completamente in balia di lui, e niente avrebbe potuto cambiare le cose.
Forse doveva dargli ascolto e lasciarsi andare, avrebbe sofferto comunque, ma almeno, per un breve momento, sarebbe stata felice.

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Capitolo 5
*** CAPITOLO 5 - LOVE IS IN VIENNA'S STREETS ***


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Rieccomi con il nuovo capitolo. Ero partita in una direzione completamente diversa quando ho iniziato a scrivere ma mi sono lasciata prendere dalle emozioni e BOOM, è uscito fuori tutto ciò.
In questo momento sono emotivamente instabile perchè mi sto immaginando i Colifer in questa situazione, quindi che dire, buona lettura. <3

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« Stai bene? »
Jennifer domandò, sollevando un sopracciglio, mentre lo osservava concentrato a guidare l’auto.
Era strano, diverso, freddo.
Non era lo stesso Colin degli ultimi tempi, quello che la guardava in continuazione, quello che l’aveva baciata la sera prima, in quel modo dannatamente meraviglioso.
« Sto bene. Sono solo stanco. »
« Okay. – lo guardò con la coda dell’occhio e tornò a fissare la fila di macchine davanti a lei. – Stavo pensando che stasera potremmo cenare insieme, o andare a bere qualcosa se preferisci.. »
Non sapeva perché glielo stava dicendo, si sentiva tremendamente insicura in quel momento.
Aveva deciso di smettere di ragionare e provare a vedere cosa sarebbe successo, ma già si stava pentendo per aver preso quella decisione.
« Non posso. »
« Okay, facciamo un altro giorno magari. »
« Ho detto che non posso, Jen. »
Lei si arrese e sospirò pesantemente, contando i minuti che la separavano da Vancouver e dall’arrivo sul set, immergendosi in un silenzio assordante che mai aveva provato quando era insieme a lui.
Colin, dal canto suo, si sentiva tremendamente in colpa anche se non riusciva a capire il perché.
Tra lui e Jennifer c’erano stati solo del baci, e si sarebbero baciati altre volte per via del loro lavoro, eppure c’era qualcosa dentro che non riusciva a farlo calmare, un’inquietudine tale da non averlo fatto dormire per tutta la notte.
E lui lo sapeva, sapeva perché si stava comportando da coglione con lei, ma non aveva il coraggio di aprir bocca e dire qualcosa, mettere insieme una frase di senso compiuto gli sembrava un’impresa ardua al momento.
Arrivati finalmente sul set, parcheggiò l’auto e avvertì la mano di lei sfiorare la sua dolcemente.
Dio, perché doveva lasciarsi andare proprio ora?
« Te lo chiederò una volta sola. Sei sicuro di star bene? »
« Ti ho detto di si. »
Le aveva mentito, e lui non sapeva mentirle, non ci era mai riuscito.
Scese dall’auto per evitare di incrociare nuovamente il suo sguardo, controllando però che fosse dietro di lui mentre camminavano entrambi con occhi bassi, fingendo che tutto fosse normale.
« Jennifer! Oh, finalmente. »
Lei si fermò di scatto, sentendo il sangue raggelarsi nelle vene al solo pensiero di quella voce.
Alzò gli occhi e si ritrovò quella figura di donna davanti a lei, che l’aspettava a braccia aperte insieme a tutto il resto del cast, Adam ed Eddy compresi.
« Helen, tu-io non sapevo fossi qui. »
La sua voce era traumaticamente confusa, colpevole e imbarazzata allo stesso tempo, mentre Colin se ne stava a pochi passi da loro con un finto sorriso di circostanza sulle labbra.
« Sono arrivata ieri sera, volevo fare una sorpresa a quel testone di mio marito, e quindi.. »
« ..sorpresa!»
Jen ironizzò un po’ per darsi un atteggiamento normale, un po’ per evitare di fulminare lui con lo sguardo, cercando di non guardarlo neanche.
Era ferita, era una povera ingenua a credere di poter abbassare la guardia.
Doveva dirglielo mentre erano in macchina, doveva dirle di sua moglie, del suo arrivo e lei doveva prepararsi mentalmente e cercare di fingere , per lo meno provarci.
« Scusatemi, ma devo andare a prepararmi ora. Helen sono davvero felice che tu sia qui. »
La donna le sorrise, osservandola mentre quasi scappava via dal resto del gruppo, per isolarsi nel suo camerino dove sarebbe stata libera di sfogare la sua rabbia e tirar fuori tutto quello che aveva dentro.
Si chiuse la porta alle spalle e si appoggiò contro di essa con la schiena, portando le mani tra i capelli.
« Stupida Jen, sei una stupida. Non avresti dovuto.. »
Sussurrò tra sé, scuotendo la testa lentamente, evitando con tutta se stessa che le lacrime le rigassero il viso perché non gli avrebbe dato quell’ennesima soddisfazione.
Non avrebbe pianto per lui e non si sarebbe mostrata più debole.
 
«Jen, apri la porta. Sono io, sono Colin. »
« Vattene. »
« Devo spiegarti, per favore apri.»
« Non ho voglia di parlarti. »
« Jen apri questa porta, dannazione, o la butto giù. »
Lei aprì e lui sembrò quasi buttarsi su di lei con timore e paura.
Aveva negli occhi lo sguardo di chi teme di aver perso una persona, lo sguardo pieno di terrore per aver fatto o detto qualcosa di sbagliato.
« Volevi parlare? Bene. Parliamo. »
« Avrei dovuto dirtelo, lo so. Sono stato un coglione prima, avrei dovuto parlartene, ma è arrivata all’improvviso. Ieri sera sono tornato a casa e me la sono ritrovata lì. Non sapevo cosa fare. »
« E’ per questo che ti sei comportato così stamattina? Avevi paura del giudizio di tua moglie. Dio, quanto sei stronzo. Usare questo per allontanarti, potevi dirlo chiaramente. »
« Cosa? Io non-non voglio allontanarti, ma cosa pretendi? Lei è qui e.. »
« ..e tu la ami. Dillo. Dimmi che la ami. »
« Si, la amo. Non l’avrei sposata se non fosse così, ma questo non vuol dire che non provo niente per te. Jen ascoltami. – istintivamente le prese la mano, la lei si irrigidì e si allontanò quasi subito. – Non allontanarti da me, ti prego, non farlo. »
« La verità è che avrei dovuto farlo dall’inizio. »
Jennifer replicò freddamente e a Colin non rimase altro che guardarla, con la consapevolezza che lei aveva ragione, non avrebbe mai potuto averla e questo lo stava uccidendo lentamente.
 
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Si risvegliò dopo un paio d’ore.
Il viaggio era stato tranquillo e ne aveva approfittato anche per riposarsi un po’ prima dell’atterraggio.
Amava Vienna, era una delle sue città preferite e la chiamata di una delle sue migliori amiche non aveva fatto altro che entusiasmarla e convincerla a partire prima di subito.
Adam ed Eddy le avevano dato un paio di giorni liberi, così avrebbe prolungato il week-end e si sarebbe fatta una bella vacanza lontano da tutti, lontano da Colin.
Non lo aveva chiamato, non lo aveva nemmeno avvisato della sua partenza, poco le importava visto che lui aveva passato una settimana intera con sua moglie senza nemmeno dirle che sarebbe arrivata in città.
Distolse la sua mente da quei pensieri mentre il taxi che la stava accompagnando in hotel sfrecciava tra le strade viennesi.
Il giorno seguente avrebbe incontrato le sue ragazze, le amiche di una vita, quelle che vedeva raramente ma che amava come sorelle.
Arrivata in albergo si era lasciata accompagnare in camera, per disfare i bagagli e magari fare un bagno caldo prima di andare a letto.
Erano ormai le 7.30 del pomeriggio e lei era già stanca e voleva solo sprofondare tra le lenzuola del suo letto e dormire fino al mattino seguente.
Si tolse quei fastidiosi tacchi che indossava, chiedendosi per quale motivo non aveva messo delle scarpe più basse per il viaggio, forse inconsciamente aveva persino dimenticato che era lì in vacanza e non per lavoro.
Sospirò sfilandosi poi i vestiti e lasciandosi cullare dall’acqua calda della doccia.
Era stanca persino per fare il bagno, quindi optò per la cosa più rapida.
Sperava che l’acqua facesse scivolare via tutti quei pensieri che aveva, ma in realtà non stava facendo altro che pensare a lui, a Colin insieme a sua moglie, a Colin che la baciava, che dormiva con lei, che faceva l’amore con lei mentre Jennifer, lei era incastrata in un purgatorio di sentimenti  da cui non riusciva più ad uscire.
Si avvolse in un asciugamano e si diede qualche colpo di phon per asciugare i capelli bagnati che le ricadevano sulle spalle nude.
Inspiegabilmente sentì qualcuno bussare alla porta, anche se lei non aspettava visite, ne tanto meno aveva ordinato nulla da mangiare, non ancora.
« Chi è? »
« Servizio in camera. »
Strano – pensò tra sé – forse era un modo per dare il benvenuto agli ospiti, offrendogli qualcosa per cena.
Si diede una sistemata e andò ad aprire, ritrovandosi uno dei ragazzi che lavoravano nell’albergo di fronte a lei, con in mano un bigliettino.
« Mi hanno chiesto di consegnarvelo, signorina. E di assicurarmi che voi lo leggiate.»
Jen sorrise, un po’ sorpresa e un po’ curiosa da quella strana situazione, ma aprì il bigliettino come richiesto e notò subito la calligrafia.
« Parti senza dirmi niente? Credevi che ti avrei lasciata andare così? »
Il pezzo di carta diceva solo questo, ma lei aveva riconosciuto la scrittura di Colin e, per un momento, si era sentita in colpa per non avergli detto nulla.
Il ragazzo di fronte a lei si spostò di qualche passo per poi incamminarsi verso le scale e dietro di lui spuntò la sagoma perfetta di Colin, che sfoderava uno dei suoi sorrisi più belli.
Per un momento lei si sentì in imbarazzo, era praticamente mezza nuda e lui era lì, era andato a Vienna per lei, dopo tutto quello che era successo nei giorni precedenti.
« Che-che cosa ci fai qui? »
« Te ne sei andata senza dirmi niente. L’ho saputo stamattina da Ginnifer. »
« E quindi? Non devo darti spiegazioni. »
« Dannazione ma ti senti quando parli?»
« Mi sento perfettamente quando parlo. Sei tu quello confuso, Colin. Che cosa vuoi da me? Perché non mi lasci in pace, eh? Perchè sei qui? »
Lui non sapeva cosa rispondere, non sapeva nemmeno perché aveva preso un aereo ed era volato dall’altra parte del mondo per lei.
O forse lo sapeva, solo che la sua testa rifiutava ancora quell’idea.
Di scatto la spinse nella stanza, facendo aderire la sua schiena contro il muro per poi baciarla, in un modo completamente diverso dal solito, in un modo che non era il modo di Emma e Hook e non era nemmeno il modo di Colin e Jennifer, almeno non fino a quel momento.
Le catturò le labbra in maniera famelica, mordendole e poi rituffandosi dentro di esse, lasciando che le loro lingue si incontrassero in quella strana danza della passione, che non aveva niente a che vedere con i loro soliti baci, quelli dolci, quelli tristi e pieni di dolore.
No, quello era un bacio vivo, era un bacio che era quasi riuscito a togliere il respiro a Jennifer, che dovette staccarsi da lui per riprendere fiato e non rischiare l’auto-combustione.
« Sono venuto qui per fare questo. »
Glielo sussurrò sulle labbra, prima di incamerare aria per poi riprendere quella dolce tortura e spegnere il cervello, cancellando qualsiasi altra cosa e lasciando nei suoi pensieri solo lei, lei e quella stanza d’albergo a Vienna, lei e quel loro strano mondo indefinito.
Jennifer aveva ormai completamente perso il conto di quanti baci si erano scambiati, di quanto strano potesse sembrare all’apparenza quel suo lasciarsi andare in quel modo.
Non lo stava facendo per lui, lo stava facendo per lei.
Si stava concedendo un’occasione per essere felice, e per una volta in tutta la sua vita voleva essere egoista, voleva pensare a se stessa e a nessun altro, voleva agire d’istinto e non pensare alle conseguenze.
Le sue mani scivolavano lente sulla camicia di lui, sbottonando maliziosamente i bottoni con calma, una calma che nella testa di Colin risuonava più come una tortura.
Arrivata fino in fondo, lasciò che l’indumento cadesse ai loro piedi, osservando il torace dell’uomo di fronte a lei, perfettamente scolpito.
Non lo aveva mai visto nudo  e lui non aveva mai visto lei, in quel momento però non sembrava essere imbarazzante, al contrario, sembrava la cosa più naturale del mondo.
Lui la liberò dall’asciugamano, lasciandolo cadere via e prendendosi qualche secondo per ammirare quel corpo che fino ad allora gli era sembrato intoccabile, ogni sua forma perfettamente delineata come una venere dipinta su di una tela.
Le circondò la vita con le braccia e la sollevò da terra, lasciandola poi sdraiare sul letto, tuffandosi nuovamente sulle sue labbra quasi come se ne fosse in astinenza.
Ed era così, era vero. Non riusciva a pensare, non riusciva più a respirare quando gli mancavano le sue labbra, quel contatto, quel sapore dolce che avevano i suoi baci, la morbidezza della sua pelle, e adesso era lì, distesa tra le lenzuola ed era completamente vulnerabile, completamente sua.
La sua Jennifer.
Lo avrebbe urlato al mondo intero se solo si fosse ricordato di dare fiato alla bocca e distaccarsi da lei, ma lui non voleva farlo, non voleva farlo per nessun motivo.
« Colin.. »
Sussurrò il suo nome con quella vocina flebile che lui amava così tanto, la rendeva più umana e decisamente meno vicina alla perfezione, come invece lui era solito vederla.
« Dimmi solo una parola e me ne andrò via e non ti cercherò più. »
Jennifer voleva con tutte le sue forze che lui se ne andasse, ma il suo sguardo, le sue braccia che lo stringevano, le gambe avvolte attorno ai suoi fianchi, ogni fibra del suo corpo le urlava di non farlo.
Sospirò impercettibilmente sulle labbra di Colin, mentre lui le sfiorava la guancia con la punta delle dita, beandosi di quel loro piccolo momento di perdizione.
« Resta. »
Lui non ebbe bisogno di sentire altro, non erano necessarie ulteriori parole.
Sorrise e la baciò nuovamente, avventurandosi con le labbra sul suo collo e successivamente tra l’incavo del suo seno, procedendo in quella nuova danza della passione che accompagnava i loro corpi fino a quando non si unirono del tutto.
« Voglio che tu sia mia. Voglio che tu sia mia e di nessun altro, e se mai ci sarà qualcun altro voglio che tu possa ricordarti questo momento, sapendo che nessuno mai ti toccherà come faccio io. Voglio che tu sia solo mia, Jen. Non-non hai idea di quanto lo vorrei.  »
Colin cercò di non sembrare egoista dopo quell’affermazione, detta in un momento di totale sincerità e accettazione, mentre era dentro di lei e sentiva di appartenere solo a quella donna e a nessun’altra, nemmeno ad Helen.
Si era sfilato la fede appena arrivato in hotel perché lì non esisteva niente e nessuno se non la sua Jennifer.
Lei non riuscì ad evitare che le emozioni prendessero il sopravvento, non controllando le lacrime che le rigavano il viso, lasciando l’uomo confuso e allo stesso tempo preoccupato.
Poi gli sorrise, gli sorrise piangendo e allora lui capì.
« Io sono già tua. »
Jen mormorò appena, prima di catturare nuovamente le labbra di lui in un bacio salato.
Fecero l’amore in un modo che nemmeno loro riuscivano a spiegarsi, fecero l’amore concedendo un pezzo della loro anima l’uno all’altra, senza rimorsi e senza riserve, così come succede una sola volta nella vita.
Era inspiegabile il modo in cui era successo, ed entrambi sapevano che tutto quello che sarebbe successo in quella stanza d’albergo molto probabilmente sarebbe rimasto sepolto in quella stanza d’albergo, ma adesso erano troppo preoccupati a rendersi felici a vicenda per pensare a cosa avrebbero fatto il giorno seguente.

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Capitolo 6
*** CAPITOLO 6 - IN MY VEINS. ***


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Rieccomi ad aggiornare questa storia un pò troppo disagiata.
Vi ho fatto aspettare un pò e devo ammettere che non sono tanto soddisfatta di questo capitolo, avrei voluto fare di più ma ho davvero troppo poco tempo per scrivere, quindi spero che vi piaccia lo stesso.
Se volete recensire ne sarei davvero felice. Buona lettura :)


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Fu svegliato dai raggi del sole che gli colpirono il viso, trapelando dalle tende dell’enorme finestra della stanza.
Aveva piovuto tutta la notte, ma loro non ci avevano pensato affatto, troppo occupati a vivere quel loro momento in quell’angolo di paradiso perfetto.
Colin posò lo sguardo sul profilo del corpo della donna che dormiva su di lui, osservandone le forme perfette e le curve che le delineavano, chiedendosi in quale vita passata avesse ferito o fatto male a qualcuno per meritare un tale agonia.
La guardava come si guardano le cose belle, quelle pure e piene di luce, mentre lui, lui era piano di buio e oscurità al momento, e se ne rendeva conto ogni secondo che passava.
Perché Jennifer non solo gli si era piantata nel cuore, lei gli si era piantata fin nelle ossa, in modo tale da non poter andare via, gli era entrata nel sangue, e il suo pensiero si era annidato sotto pelle, in un modo che Colin ormai non capiva e non riusciva a controllare.
Gli faceva male, era come sale su una ferita, bruciava più di quanto si potesse immaginare, ma avrebbe sopportato quel dolce dolore all’infinito se questo significava averla in quel modo, sentirla sua in quel modo.
Quella notte avevano fatto l’amore per non ammazzarsi, per non ferirsi più con frasi crudeli che non facevano altro che ricordargli quanto fosse sbagliato quel loro legame perverso, quel loro sogno proibito.
Lentamente aveva iniziato a disegnare il profilo della donna con un dito, scorrendo dalla guancia per poi scendere lungo il collo, sulla spalla, fin sul fondoschiena dove indugiò qualche secondo prima di continuare verso la coscia e risalire, seguendo lo stesso percorso e tornando a sfiorargli la guancia dolcemente, con fare delicato per non svegliarla.
L’avrebbe guardata dormire per ore e per tutto il tempo avrebbe pensato a quanto fosse bella, a quanto fosse vulnerabile e fragile in quel momento, nuda e sdraiata su di lui con aria innocente.
Forse stava sognando perché le sue labbra si schiusero in un sorriso inconsapevole e Colin non potette fare altro che sorridere a sua volta, colpito da quel piccolo momento di dolcezza della donna, della sua Jen.
«Buongiorno, dormigliona. »
Le sussurrò piano, non appena la vide distendersi in una smorfia mentre apriva gli occhi, ancora palesemente stanca e assonnata.
«Uhm-buongiorno.»
Jennifer mugugnò leggermente, per poi voltarsi con il corpo verso di lui, osservandolo per qualche istante e ricordandosi quello che era successo durante la notte.
Fu pervasa da un insolito senso di felicità e subito dopo da una profonda malinconia, accompagnata dai sensi di colpa che, prepotenti, le stavano pervadendo il cervello.
« Sei bella mentre dormi, sai? Più bella del solito. »
Colin si accorse di quel mutamento nell’espressione della donna e provò a distrarla con un complimento, un complimento che sentiva vero e in cui credeva fermamente.
« Colin..- lei sussurrò il suo nome in quel modo, nel modo in cui un pentito firma la sua ammissione di colpa e lui deviò lo sguardo verso un punto indefinito della stanza, ignorando quella tacita richiesta-.. che cosa abbiamo fatto? »
Sospirò pesantemente, poi, prima di tornare con gli occhi su di lei, afferrandole il viso con entrambe le mani mentre l’attirava a sé con tutta la forza che aveva in corpo.
« Abbiamo fatto ciò che entrambi desideravamo fare da tempo, e non mi sentirò in colpa per averti amata questa notte, né in tutte le notti a venire. »
« Non ci saranno altre notti come questa, lo sai vero? »
« Lo so, ma abbiamo ancora un paio di giorni prima che tutto finisca. »
« Che succederà quando torneremo a casa?»
« Non lo so, Jen. Non lo so. Probabilmente tornerò a guardarti da lontano e a desiderarti in silenzio. »
Lei non rispose, non ne aveva bisogno, perché il solo pensiero di tornare sul set la stava uccidendo lentamente, come se ogni minuto che passava, ogni minuto li allontanava sempre di più.
Sospirò, impercettibilmente, affondando il viso nell’incavo del collo di lui, sperando di eludere il suo sguardo ed evitare che si accorgesse di quelle lacrime che ricadevano copiose sul suo viso.
Troppo tardi, Jennifer, troppo tardi - pensò tra sé - accorgendosi che ormai la pelle di Colin ne era impregnata, e adesso lui aveva addosso un po’ di lei, e quella sensazione non sarebbe mai svanita.
Le accarezzò la schiena con la punta delle dita, scendendo fin sui fianchi, per poi risalire ancora in quella dolce carezza consolatoria, che lasciò rabbrividire lei quel tanto che bastava per farle tornare alla mente quello che era successo quella notte.
Era stata sua e adesso avrebbe pagato le conseguenze di quell’unica notte in cui si era permessa di perdere il controllo, l’unica volta in cui lei aveva pensato a se stessa invece che a ciò che era giusto.
« Dovresti andare via, Colin. »
« Non voglio andare via, sono appena arrivato. »
Lei si voltò verso di lui, incatenando i loro sguardi con un tacito assenso.
«Se non vai via ora, non ti lascerò andare mai più, e questo non sarebbe giusto.»
« Non lasciarmi andare allora. »
« Devo farlo. E dovresti farlo anche tu. »
Momento di silenzio, entrambi rimasero a guardarsi per un attimo infinito, prima che Colin le sfiorasse la guancia con il dorso della mano, sorridendo mestamente.
Si era ripromesso di viversi quella giornata prima di tornare alla realtà e lo avrebbe fatto, senza pensare a tutto quello che lo aspettava al suo ritorno, senza pensare a nient’altro se non a lei.
« Abbiamo ancora 24 ore, non voglio sprecarle, e non dovresti sprecarle nemmeno tu. »
« Che senso avrebbe? Una volta tornati a casa questa follia sembrerà solo un ricordo lontano, ed io non voglio.. io-dannazione, non voglio costringermi a dimenticare tutto. »
Lui la baciò, facendola tacere per un istante, affondando le labbra nelle sue nel disperato tentativo di trovare una soluzione a tutto quel caos che li aveva travolti qualche ora prima.
Non aveva idea di cosa fare, l’unica cosa certa era che voleva restare in quel letto insieme a lei per tutta la vita, voleva stringerla e baciarla fino a perdere il respiro, per poi incamerare aria nei polmoni e ricominciare ad amarla da capo, in un circolo infinito.
Si staccò a fatica, restando con le labbra sulle sue, respirandone il profumo e assaporandone le lacrime salate che, ancora una volta, le avevano rigato il viso.
Jennifer si allontanò da lui, scendendo dal letto a piedi scalzi, con indosso solo il lenzuolo che aveva tirato via di dosso a lui, che sorrise quasi divertito non appena lo sguardo di lei si posò nuovamente sulla sua figura, con un accenno di imbarazzo.
La seguì, rivestendosi solo con i bixer per poi stringerle le braccia attorno ai fianchi, costringendola a voltarsi verso di lui e ad incrociare nuovamente i loro sguardi.
« Solo altre 24 ore, poi tutto tornerà alla normalità. Quello che è successo in questa stanza resterà sepolto in questa stanza. Devi promettermelo, Colin.»
« Te lo prometto.»
Sussurrò lui, stranamente in disaccordo con Jennifer.
Sapeva che, per quanto ci avrebbe provato, quello che sentiva per lei non sarebbe rimasto sepolto in nessuna stanza d’albergo, questo era poco ma sicuro, tuttavia l’assecondò, pensando che in quel momento era ciò di cui lei aveva bisogno.
« Ora ho intenzione di chiudere le tende, portarti a letto e fare l’amore con te fino a domattina, perché adesso sei tutto ciò che voglio.»
 
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« Pronto? Jen. Sei sveglia? Siamo sotto casa tua, dai. Scendi. »
« Si..dammi 5 minuti e scendo. »
Aveva mentito. Cinque minuti non erano sufficienti per scendere da casa e risultare presentabile a lavoro.
Ginnifer e Josh l’aspettavano di sotto, e Jennifer non faceva altro che pensare ai due giorni precedenti, passati in quella stanza d’albergo con Colin.
Erano ripartiti nel pomeriggio, con voli differenti e senza vedersi nemmeno in aereoporto.
Non si erano più parlati, non si erano sentiti e né tanto meno cercati, forse nella speranza di dimenticare, o forse perché non volevano dimenticare affatto.
Quella notte Jen l’aveva passata a fissare il soffitto, senza chiudere occhio, mentre ripensava alla sua maratona di sesso clandestino con l’uomo sposato che avrebbe passato i prossimi mesi al suo fianco a baciarla, a sfiorarla, a toccarla recitando, senza però recitare davvero.
Aveva ripensato al modo in cui l’aveva fatta sentire, al modo in cui era riuscito a toccarla, come se conoscesse ogni centimetro del suo corpo da tempo, al modo in cui l’aveva baciata con disperazione prima di chiudersi la porta di quella stanza alle spalle, lasciando all’interno un pezzi di loro due.
Sospirò pesantemente, prima di aprire la valigia che non aveva ancora disfatto, alla ricerca di qualcosa da mettere addosso per andare a lavoro.
Con grande sorpresa si ritrovò davanti un biglietto ripiegato in due e posizionato con cura all’interno della valigia stessa.
Probabilmente glielo aveva messo Colin di nascosto, per farglielo trovare una volta tornata a casa.
« So che mi hai chiesto di dimenticare tutto quello che è successo questa notte, so che ti ho promesso che lo avrei fatto, ma non posso. Non potrò mai guardarti in modo diverso da come ti ho guardata durante queste 24 ore. Non potrò mai dimenticare l’espressione del tuo viso mentre eri mia, mai. Potrò fingere di averlo fatto, potrò fingere per te, per permetterti di essere felice quando sarai pronta, ma non dimenticherò mai questa nostra follia. Non dimenticherò mai cosa provo per te. Colin.»
Jennifer ebbe l’istinto di stracciare quel pezzo di carta e buttare via anche l’ultima cosa che poteva legarla a lui e a quello che avevano avuto insieme, ma alla fine decise di ripiegarlo e nasconderlo nel cassettino della biancheria, pensando di poterne avere bisogno in futuro, quando si sarebbe sentita sola quel bigliettino le avrebbe ricordato che lui ci sarebbe stato per lei, sempre.
Quando scese le scale e si ritrovò i suoi amici ad aspettarla, per un attimo si sentì terribilmente in imbarazzo per dover mentire davanti a loro.
« Tesoro, ciao. Come è andato il viaggio? »
« B-bene, è andato bene. »
Ginny l’abbracciò, e lei non potette fare altro che ricambiare e stringersi a lei quasi per dimenticare tutto, resettare e ripartire da zero, tornando alla sua vita di sempre.
Il viaggio in auto fu silenzioso e Jennifer ringraziò la sua buona stella per non aver ricevuto altre domande scomode a cui non avrebbe saputo rispondere.
Una volta arrivati sul set, si respirava un aria diversa, carica di tensione.
Lei non riusciva a rendersi conto del perché, fino a quando due enormi occhi azzurri non si posarono su di lei e improvvisamente tutto le fu più chiaro.
ll primo sguardo dopo il loro ritorno, le prime bugie, i primi falsi sorrisi di circostanza.
Tutto questo le pesava enormemente, ma sapeva che era l’unica cosa da fare.
« Ciao ragazzi. Ehi, Jen. »
Colin si limitò a riservarle un tenero sorriso, per poi tornare ad abbracciare Josh e a baciare Ginnifer sulla guancia, porgendo poi un caffè alla sua Dea dai capelli dorati.
Lo aveva sempre fatto, quando arrivava per primo sul set le preparava un caffè forte e glielo faceva trovare pronto al suo arrivo, sempre in ritardo.
Jennifer sorrise mestamente, riconoscendo in quel gesto il tentativo di lui di far funzionare le cose e fingere di aver dimenticato tutto, come aveva promesso in quella lettera.
Sospirò appena, scuotendo la testa pensierosa.
« Vado in camerino, devo prepararmi.  »
Sentenziò prima di sparire dalla vista di tutti, rifugiandosi in quella stanza, lì dove nessuno poteva vederla abbattuta, distrutta e con il cuore in pezzi.
Dio, odiava il fatto che lui avesse quel potere su di lei, odiava quanto potesse fargli male senza nemmeno rendersene conto, e odiava il fatto di essersi concessa quel momento di debolezza, perché adesso non c’era più confine tra quello che poteva avere e quello che non poteva avere da lui.
Erano su di una linea indefinita, costantemente in bilico tra giusto e sbagliato, e questo la faceva andare fuori di testa.
Rimase rintanata lì dentro per una ventina di minuti, prima di rendersi conto del tempo che era passato, quando qualcuno bussò alla porta.
Sapeva perfettamente chi fosse, lo percepiva da quella leggera scia di profumo che aveva inebriato la stanza e aprì la porta completamente succube della situazione.
« Sei pronta? Ti aspettano per iniziare. »
« Si, ho appena finito. Mi servono solo 5 minuti. »
« Stai bene? »
« No. Ma starò bene. »
« Jen.. »
«Va via. Davvero, è tutto okay. »
« Ne sei sicura? »
Jennifer costrinse se stessa a sollevare lo sguardo e ad incrociare quello di lui, per poi dare una rapida occhiata a come era vestito.
La camicia nera di Uncino, sbottonata fin sopra il petto e i pantaloni di pelle che gli davano un tocco più sexi del solito, ma lei rimase seria e concentrata.
« Non ne sono sicura. Io- come può andare bene, Colin? »
« Che cosa vuoi da me, esattamente? Perché non riesco a capirti. Volevi far finta di nulla, volevi che tutto tornasse normale, volevi cancellare questi ultimi giorni insieme. Ti ho accontentata perché era quello che volevi, poi arrivi qui e mi dici che non stai bene, pretendi che io mi comporti in un altro modo, ma non so cosa vuoi. Non so cosa vuoi. »
« Io voglio te. »
Colin fu sorpreso da quelle parole, si era preparato per un altro tipo di reazione, non certamente per una frase del genere.
Era stato colto alla sprovvista e non riusciva a formulare una sola frase di senso compiuto per risponderle.
Avrebbe potuto dirle che anche lui la voleva, ma non sarebbe servito.
Avrebbe potuto dirle che lui non la voleva, ma non sarebbe servito neanche questo.
La verità è che la voleva da matti, ma non poteva più averla.
Vancouver non era Vienna, il set non era una stanza d’albergo in cui potevano chiudersi ed estraniarsi da tutto, quella era la vita vera, e lui aveva una moglie che amava ed un figlio che adorava.
Non poteva ferirli ancora, non poteva, tuttavia non riuscì a frenare l’impulso di baciarla e così si ritrovò con le labbra su quelle di lei, mentre la schiacciava con il corpo contro la parete, facendole mancare nuovamente il fiato.
Non si sarebbe mai abituata a quei baci, non si sarebbe mai abituata al modo in cui lui la faceva smettere di respirare, al modo in cui le faceva perdere il controllo così facilmente.
Riuscì a staccarsi a fatica, allontanandolo di poco facendo pressione con le mani sul petto di lui, che ancora aveva le labbra sulle sue.
« Questa è l’ultima volta. L’ultimo bacio. »
« E’ il bacio d’addio. »
« Si. E’ il bacio d’addio. Dovrebbe esserci anche il sesso d’addio. »
« Non farò mai sesso con te. »
Lei si stupì per un momento, rimanendo ancorata a lui per qualche istante ancora, prima di lasciarlo andare, osservandolo mentre si incamminava fuori dalla stanza.
« A Vienna ti è piaciuto fare sesso con me, se non ricordo male. »
« Quello non era sesso per me. Non lo è mai stato, Jennifer. »
Lei rimase in silenzio e lo lasciò andare via, sfiorandosi poi le labbra con le dita.
L’aveva nuovamente sconvolta con quelle parole, usando quel potere su di lei che nessun altro aveva.
E allora capì.
Non si può tornare indietro quando ci si innamora veramente.

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Capitolo 7
*** CAPITOLO 7 – COME BACK TO ME ***


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Eccomi di nuovo qui, ad allietare la domenica pre-diretta di ONCE con il nuovo, dolorosissimo capitolo.
Premetto che io amo troppo Sebastian Stan, dovete sopportarmi e se non vi piace dovete sopportarlo comunque. <3
Buona lettura e miraccomando recensite :')


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Si rivoltava tra le lenzuola come se stesse cercando di fuggire da quei pensieri che lo tormentavano.
Helen dormiva di fianco a lui, completamente ignara di tutto.
Era arrivata quella sera, in occasione della cena organizzata da Josh e Ginnifer per il giorno successivo e ovviamente non aveva avuto modo di cogliere a pieno i segnali di difficoltà che suo marito le inviava inconsciamente.
Colin non potè fare a meno di pensare se anche Jennifer sarebbe stata presente.
Ovviamente ci sarebbe stata – riflettè dopo qualche istante – ma non sapeva come avrebbe affrontato il tutto, non dopo l’ultimo periodo, non dopo l’ultima volta che si erano parlati senza dover essere Emma e Uncino, quando ancora erano Colin e Jennifer e i loro momenti proibiti.
Le aveva detto implicitamente cosa provava per lei, e in un certo senso non era sicuro di aver fatto la cosa giusta.
Non voleva ferirla, ma soprattutto non voleva ferire se stesso e né tanto meno sua moglie.
Sul set a stento si erano parlati, avevano solo scambiato qualche battuta tra una scena e l’altra, fingendo che tutto fosse normale, che fossero semplicemente loro due, come una volta.
Ma non era più così.
Jennifer non riusciva nemmeno a sostenere lo sguardo freddo e distante di lui e Colin, dal canto suo, non era più capace di guardarla negli occhi senza provare quella malsana voglia di baciarla e farci l’amore.
Non era più possibile frenare quei pensieri, per cui si limitava ad evitarla più che poteva, sperando che così tutto potesse procedere al meglio, senza creare ulteriori disguidi.
Alla fine lei aveva pensato di essere rimasta troppo ancorata al ricordo di quella notte a Vienna, visto che lui aveva dimenticato e archiviato in fretta la faccenda.
Aveva persino pensato che si fosse preso gioco di lei dicendole che non era stato solo sesso, che era stato qualcosa di più e forse avrebbe dovuto smettere di pensarci e andare avanti con la sua vita, semplicemente dimenticando.
 
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« Jen. Oddio sei splendida. »
Ginnifer le aprì la porta quasi urlando, poi si rese conto che forse non era stata una buona idea.
« Oh.. Quindi hai portato qualcuno. Ciao Seb, sono felice di rivederti.»
Jennifer sorrise di circostanza, prima di spostare lo sguardo su Sebastian che si era sporto in avanti per salutare la padrona di casa.
Non aveva previsto di invitarlo a quella cena, ma quando Josh le aveva fatto la proposta aveva subito pensato a Colin e a sua moglie insieme e lei non avrebbe potuto sopportare un’intera serata del genere, da sola.
Per questo, quando Sebastian l’aveva chiamata per sapere come stava, aveva subito colto la palla al balzo per invitarlo, con la scusa di rivedere alcuni vecchi amici.
Inoltre si sarebbe sentita completamente a disagio in mezzo a tutte quelle coppie se si fosse presentata da sola, per cui pensò di aver fatto la scelta giusta, soprattutto quando Colin apparve sul ciglio dell’ingresso del salone, con accanto Helen che la salutava entusiasta.
« Sei un incanto. »
« Anche tu lo sei, Helen. »
« Di certo non quanto te, ma raccontami: è vero che tu e Sebastian ci state riprovando? »
Colin aggrottò la fronte a quella domanda, voltando il viso di lato per evitare lo sguardo della donna di fronte a lui, a cui però non passò inosservato quel gesto di sfida.
« In realtà non lo so. Potrei anche averci fatto un pensiero, ma è troppo presto per parlare di un ritorno con lui. Sono ancora un po’ scottata a causa di qualcuno, non voglio mettermi fretta. »
« Prima o poi dovrai dirmi chi è questo qualcuno che ti fa soffrire così tanto. »
« Si, magari prima o poi.. »
Jennifer sussurrò a stento quelle parole, cercando di risultare sincera e di respirare profondamente.
« Dovremmo prendere posto a tavola, Josh ci sta chiamando. »
Colin interruppe quella conversazione prima che potesse degenerare e si avviò verso il tavolo insieme a sua moglie, sedendosi il più lontano possibile dalla bionda e dal suo accompagnatore.
Lui e Sebastian non erano mai andati d’accordo e non erano mai diventati grandi amici, un po’ perché il primo era eccessivamente geloso della sua co-star, un po’ perché il secondo aveva capito sin da subito che l’irlandese provava qualcosa per la sua donna, tanto da riuscire a strappargliela via alla fine, certo non in maniera diretta ma non era quello il punto.
Si sopportavano a stento, ma Sebastian era deciso più che mai a far si che la serata procedesse nel migliore dei modi per Jennifer.
Non osava sperarci, ma in verità voleva avere un’occasione per riconquistarla, forse non subito, non ora che lei era troppo ferita a causa di Colin ma pian piano, con un po’ di pazienza, magari sarebbe riuscito a scacciare via il fantasma di lui dalla vita della sua ex e avrebbe potuto riaverla.
 
Per tutto il tempo non fecero altro che lanciarsi sguardi accusatori, respirando un tipo di tensione che tra di loro non si era mai vista prima.
Jennifer si avvicinava a Sebastian ogni qual volta Colin accarezzava la mano di Helen, le parlava all’orecchio o l’abbracciava dopo una battuta divertente.
E lei? Lei era la donna che stava rovinando tutto, la donna che gli aveva fatto infrangere il giuramento, la donna che lo aveva portato dritto in una squallida camera d’albergo.
Adesso, nella sua mente, il ricordo di Vienna non era più così felice come prima, era colmo di malinconia, di tristezza, un qualcosa di sbagliato.
«Vado un attimo in bagno. Torno subito ragazzi. »
Fuggire da quell’imbarazzante cena era l’unica cosa che voleva al momento e per fortuna era quasi giunta al termine.
Si rinchiuse in bagno, sciacquandosi il viso con un po’ d’acqua fredda, evitando persino di rifarsi il trucco, non che si notasse poi così tanto, ma non aveva voglia nemmeno di mettere un po’ di rossetto sulle labbra.
Voleva restarsene lì per un pò, decidendo di uscire solo quando fosse stata certa che era ora di tornare a casa.
« Sei ancora viva lì dentro? »
Lei sgranò gli occhi, domandandosi per quale oscuro motivo ogni volta che lo evitava, Colin era sempre lì a ricordarle che non poteva liberarsi di lui così facilmente.
Fece scattare la chiave e lasciò che la porta si aprisse, senza avere la forza di parlare, costringendo lui ad entrare e richiudersela alle spalle.
« Che cos’hai? »
« Sto bene, io.. Avevo bisogno di un po’ d’aria.»
« Hai bisogno d’aria e ti chiudi in bagno? Sei proprio sicura di star bene?»
« Torna da tua moglie, Colin. »
Lui socchiuse gli occhi e strinse i pugni, prima di distendere le dita nuovamente per rilassarsi.
Non sopportava più quel suo modo di fare, l’aveva lasciata in pace come aveva chiesto ma quando erano nella stessa stanza lei sembrava volere qualcosa di più da lui e questo lo confondeva continuamente.
« Sono qui adesso, Jennifer. Dimmi che hai? »
« Niente che tu possa sistemare. Non possiamo fingere di essere ciò che non siamo. Io non posso, e non posso nemmeno fingere con Helen. Dio, mi sento talmente male che prima stavo per vomitare.»
« Non avrei dovuto accettare di venire a questa cena. »
« No. Sono io che avrei dovuto evitare. Sapevo che saresti stato qui con lei e, per un attimo, ho pensato di potercela fare. Ho davvero pensato di poter andare avanti senza pensare a.. »
« ..a Vienna.»
« Abbiamo rovinato tutto. Non dovevamo lasciare che accadesse. Io, io sono stata debole. »
«Sono stato io a rincorrerti dall’altro capo del mondo, Jen. Non è di certo colpa tua. »
« Dobbiamo tornare di là. »
Entrambi si alzarono, ritrovandosi improvvisamente ancora troppo vicini, bloccati in un limbo grande solo qualche centimetro, che divideva le loro labbra dall’ennesimo errore.
Colin provò a resistere, provò ad evitare di guardarle, provò con tutte le sue forze a non pensarci e poi cedette.
Ancora una volta lasciò che lei poggiasse la schiena contro il muro e la baciò, la baciò in quel modo, nel loro modo, tutto ciò che si erano ripromessi di evitare stava accadendo ancora.
Una volta, due, tre. Si staccavano solo per riprendere fiato, prima di ritrovarsi con le labbra incastrate le une alle altre, in quella danza del desiderio che, in realtà, dovevano dimenticare.
« Che diavolo.. »
La porta si era aperta e a stento se ne erano resi conto, se solo non fosse stato per quella voce che stava riecheggiando nella stanza.
Si separarono all’istante, mentre Jennifer tentava di allontanare Colin più che poteva.
« Tua moglie ti stava cercando. »
Lui non rispose, si allontanò semplicemente, solo dopo aver lanciato uno sguardo verso la donna che aveva appena baciato, assicurandosi che stesse bene, se così si poteva dire.
« Sul serio? Qui? A pochi metri dalla moglie? Che ti salta in mente, Jen?»
« Non voglio parlarne qui, Seb. Puoi portarmi a casa? »
Il ragazzo annuì senza dire altro, prendendo un respiro profondo prima di tenderle la mano e tornare dagli altri per salutare.
« Jen non si sente bene, la riaccompagno a casa. »
« Oh, tesoro, cos’hai? »
« N-niente, un po’ di stanchezza. Sono sicura che con una bella dormita mi passa, scusate se ho rovinato la serata, non era mia intenzione. »
« Ma no, non preoccuparti dai. Ti saluto perché appena andiamo via Colin mi accompagna in aereoporto. Devo tornare da Evan, sai com’è. Già vede poco il papà, non voglio lasciarlo anche senza mamma troppo a lungo. »
Jennifer sorrise forzatamente, guardando poi l’uomo accanto ad Helen che la fissava turbato e preoccupato.
La sola idea di lasciarla andare via con un altro gli dava il voltastomaco, ma quella era una situazione in cui ci si era ficcato da solo, e non poteva fare niente per impedire tutto ciò.
Socchiuse gli occhi finchè i due non salutarono gli altri e andarono via, e solo allora riuscì a guardare in faccia sua moglie senza sentirsi colpevole.
Lo era ancora, questo non cambiava le cose, ma senza gli occhi da cerbiatto di Jen che lo fissavano si sentiva  un po’ meno traditore.
 
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« Grazie. So che ti chiedo molto ma.. potresti dimenticare quello che hai visto stasera? »
« Jen, sarò sincero con te e te lo chiederò solo una volta. Mi hai invitato perché c’era lui vero? Volevi farlo ingelosire? Perché davvero, non ti capisco. »
« Ti ho invitato perché mi andava di farlo. Sei l’unico che avrebbe capito, l’unico di cui mi fido al momento. »
« Non mi piace questa storia. Non mi va di vederti star male per lui. »
« Lo so. E ti ringrazio per questo, ma devo uscirne fuori da sola. »
Sebastian le sorrise dolcemente e Jennifer si domandò in silenzio come aveva fatto a lasciare un uomo come lui, un uomo così premuroso, così interessato, un uomo che voleva solo lei e nessun’altra.
Sorrise anche lei, Jennifer, per la prima volta spontaneamente dopo tanto tempo, e lasciò che lui la baciasse dolcemente, un bacio leggero, senza pressioni e senza impegni.
Un bacio che sapeva di certezze, di stabilità e di amore.
Perché Sebastian l’amava ancora, nonostante tutto, e lei lo sentiva chiaramente.
« Vuoi che ti accompagni di sopra? »
«Ci stai provando per caso, Stan?»
«Forse.»
Lei sorrise ancora e per un momento dimenticò tutto quel dramma che le aleggiava intorno quando pensava a Colin e alla loro situazione.
Forse Sebastian era davvero la medicina che poteva guarirla e riportarla alla felicità?
« Buonanotte. »
« Buonanotte, dolcezza. »
Scese dall’auto, aspettando che lui ripartisse e poi entrò in casa, togliendosi quei fastidiosissimi tacchi, lasciandoli cadere sul pavimento, seguiti dalla borsa e dal cappotto.
Aveva solo voglia di fare una doccia e scacciare via i ricordi di quella serata, lasciando che l’acqua bollente li lavasse via.
Presa da quei pensieri, sobbalzò sentendo qualcuno che sbatteva forte contro la porta, facendola rabbrividire per la paura.
Rimase immobile, senza dire una parola, completamente apatica, prima di guardare dallo spioncino, ritrovandosi davanti la faccia di Colin.
Istintivamente fu tentata di non aprire, poi la sua parte razionale ebbe la meglio costringendola a pigiare sulla maniglia e ad aprire la porta.
Si accorse subito che qualcosa non andava, era strano, paonazzo in volto e fuori di sé completamente.
« Che diavolo ti prende, Col?»
« Ho lasciato Helen all’aereoporto e.. sono passato di qui per vedere come stavi, pensavo di passare sotto casa tua e trovarti a letto magari, invece.. »
Fece una breve pausa, e Jennifer intuì subito il motivo di tanta agitazione nei suoi occhi, ma non disse niente.
Non doveva spiegargli nulla, né tanto meno giustificarsi con lui.
« Ti ho vista, in macchina con lui. Alla fine ti sei decisa, vero? O è solo una mossa per dimostrarmi che stai bene, come ripeti sempre da settimane? Prima stai bene, poi piangi, poi stai di nuovo bene, poi stai male. Ora ti porti a letto il primo che ti capita. Cos’è? Pensi di ferirmi in questo modo? Pensi di rendermi le cose difficili scopandoti un altro? »
Lei lo stoppò immediatamente, rifilandogli uno schiaffo in pieno viso per poi massaggiarsi la mano ancora arrossata per il colpo.
Non capiva con quale diritto lui le stava dicendo tutte quelle cose, con quale coraggio si stava rivolgendo a lei in quel modo.
« Non sono affari tuoi con chi scopo e chi frequento. »
« La pensavi diversamente fino a poche ore fa.»
« Ho capito che non ne vale la pena. Tu non ne vali la pena. Che senso ha aspettare qualcuno che non ha intenzione di impegnarsi con me? Mi farei solo del male, e ne farei a te. »
« Jen.. »
« No. Ti prego, non dire Jen altrimenti adesso urlo. Con che coraggio ti presenti qui dicendomi certe cattiverie, solo per sentirti in pace con te stesso? Sei tu quello che si è scopato un’altra donna, sei tu che hai tradito tua moglie, e adesso cerchi di far sentire me in colpa. Non ci riuscirai. »
« Non-non voglio che tu ti senta in colpa, perché io non mi ci sento. Stare con te è stata la scelta migliore che potessi fare. Vederti con lui mi fa impazzire, non lo capisci?»
Lui le si avvicinò lentamente, sfiorandole il viso con la punta delle dita e con una dolcezza disarmante , costringendo lei a non respingerlo.
« Non darmi false speranze, non darmi dei ‘forse’ o dei ‘magari’. Non puoi piombare in casa mia ogni volta e dirmi queste cose, sapendo che poi tornerai da lei. Dimmi piuttosto che non mi ami, dimmi che non vuoi stare con me, dimmi.. »
Colin la zittì con un bacio casto, sfiorando appena le labbra con le sue, giusto il tempo per far si che lei dimenticasse cosa stava per dire.
« Mi dispiace per averti ferita, per averti fatta soffrire e mi dispiace se non sono l’uomo di cui hai bisogno. Ma io ti amo, Jennifer. Ti amo in un modo che non mi da tregua, ti amo a tal punto da lasciarti libera di stare con lui, se è questo che vuoi. Hai ragione, non vale la pena di aspettare un uomo come me, ma sappi che quell’uomo è pazzo dei tuoi sorrisi, è innamorato dei tuoi occhi, farebbe qualsiasi cosa pur di vederti felice.  E so di non meritarti, quindi mi farò da parte e rinuncerò a te per sempre, anche se non ho la minima idea di come fare. »
Era lì, con le mani sul viso di lei, a confessarle un sentimento che ormai era chiaro ad entrambi, solo che Colin era stato il primo a trovare il coraggio di dirlo a voce alta.
Jennifer era rimasta ferma ad ascoltarlo, cercando di far chiarezza nella mente e nel cuore.
Si era rintanata tra le sue braccia, lasciando che lui la cullasse dolcemente, richiudendo fuori da quell’abbraccio tutti i problemi e tutte le preoccupazioni che l’affliggevano al momento.
« Non tornare da lui. Torna da me. »
Lui si era messo a nudo per lei, completamente, ma questo non era sufficiente, non sistemava le cose, non le cambiava e lei lo sapeva.
A volte davvero l’amore non bastava, semplicemente non bastava. 

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Capitolo 8
*** CAPITOLO 8 – THE ONLY ONE ***


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Rieccomi con il nuovo capitolo, più lungo del solito ma, ehi, è quasi Natale XD
Lasciando perdere il fatto che ho pianto troppo mentre lo scrivevo e considerando che ONCE è ufficialmente in pausa, sfogo la mia frustrazione su questa FF e faccio disperare anche voi, almeno spero.
Beh, che dire, buona lettura e recensite, ve ne sarò immensamente grata.



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Cercava di evitare i suoi sguardi, soprattutto sul set, dove non poteva permettersi di lasciarsi sopraffare dalle emozioni e mostrarsi debole agli occhi di tutti.
Avrebbe continuato a tenersi tutto per sé, fin quando Colin non si fosse dimenticato di averle detto che l’amava e tutto sarebbe tornato come prima.
Jennifer, inconsciamente, ci sperava anche se, infondo, sapeva che lei non avrebbe mai dimenticato lui.
E come poteva? Come poteva dimenticarlo quando era una presenza costante nella sua vita?
Ormai erano passati giorni, settimane, il freddo si ricominciava a sentire a Vancouver, ma soprattutto nel cuore di lei che, imperterrito, cercava rifugio tra le braccia di un altro uomo per colpare il vuoto che sentiva dentro.
Con Sebastian c’era questa strana relazione-non relazione.
Non era pronta a ricominciare con lui ma, allo stesso tempo, aveva bisogno di averlo nella sua vita.
Era una costante indispensabile per andare avanti.
Si vedevano raramente, a causa dei rispettivi impegni di lavoro ma, appena lui poteva, correva da lei anche solo per una manciata di minuti, il tempo di dirle quanto era bella e quanto le mancava.
Colin, d’altro canto, non riusciva nemmeno a sopportare l’idea di vederla di nuovo con quell’uomo, non sopportava l’idea che Sebastian potesse fare l’amore con lei, il solo pensiero lo rendeva irascibile verso chiunque pronunciasse quel nome.
«Allora, hai sentito di Jen e Sebastian? Tu che la conosci bene, credi sia tornata con lui?»
Josh si pentì subito dopo per aver posto quella domanda all’amico, mentre erano in un bar poco lontano dal set per bersi una birra.
Infondo sapeva benissimo che, ultimamente, le cose tra i due colleghi erano strane e c’era tensione a sufficienza per far scatenare una guerra.
«Della sua vita fa quello che vuole, no? Di certo non è affar mio.»
Colin si districò facilmente con quella risposta seccata, ripensando alla loro ultima discussione sull’argomento, quando lui le aveva detto di amarla e lei non aveva risposto.
Era rimasta in silenzio e non era più ritornata sui suoi passi, né tanto meno lo aveva più cercato.
Persino a lavoro si evitavano, tranne quando dovevano girare delle scene insieme e allora, solo allora, Jennifer sembrava più vulnerabile e sul punto di cedere ma, terminate le riprese, tornava ad indossare quella maschera di freddezza e lo liquidava con rapide frasi di circostanza.
A Colin mancava, mancava terribilmente quella bionda peperina che gli rallegrava le giornata, gli mancava la sua prima vera amica, gli mancava la donna con cui di solito si confidava ormai da due anni, gli mancava la sua Jennifer.
«Amico, sei sicuro di star bene?»
«Certo, sto alla grande, perché non dovrei?»
«Che succede tra te e Jennifer? E non dirmi ‘niente’, sarò anche stato un po’ distratto nell’ultimo periodo, ma non sono stupido.»
Colin sospirò, arrendendosi all’evidenza e al fatto che, infondo, aveva bisogno di parlare con qualcuno.
«Come hai capito di esserti innamorato di Ginnifer? Insomma, quando hai capito che avresti voluto cambiare la tua vita per lei?»
Josh non sapeva bene come rispondere a quella domanda, non perché non sapeva cosa dire, piuttosto perché aveva capito, aveva capito dove lui sarebbe andato a parare.
«La prima volta che l’ho guardata. Appena ci siamo incontrati sul set è successo qualcosa. Non so spiegare cosa sia stato, come se una scarica di elettricità mi avesse colpito dritto al cuore. Ci ho messo un po’ a capire cosa fare, ma a questo punto della mia vita mi chiedo solo ‘perché non l’ho fatto prima?’»
Sussurrò, per poi bere un sorso di birra, aspettando in silenzio che l’amico assimilasse il tutto e che si aprisse con lui come faceva una volta.
Colin, senza rendersene conto, ripensò al suo primo incontro con Jennifer in sala lettura.


Era il suo primo copione in quello show, aveva dato anima e corpo per ottenere quel lavoro e finalmente quella era la sua occasione per dimostrare a tutti che attore era.
Quando l’aveva vista entrare nella stanza tutto sembrava essersi illuminato, come se lei fosse il sole e avesse appena portato luce nelle tenebre.
Si ricordò di come si era sentito a disagio a causa di quei pensieri, come se fosse impossibile provare quella sensazione di benessere nei confronti di un’altra donna che non fosse Helen.
Le aveva sorriso e si era presentato, cercando di non darle un’impressione sbagliata perché il suo parere già contava troppo per lui, senza nemmeno conoscerla veramente.
Lei lo aveva guardato, piacevolmente colpita dai suoi modi di fare mentre lui si immedesimava già nella parte del pirata mascalzone e al sorriso di lei, Colin si era sentito pervadere da un brivido lungo la schiena, un brivido che provava ogni volta che lei gli sorrideva in quel modo, anche ora, a più di un anno di distanza.
Le aveva persino spostato la sedia da galant uomo per farla accomodare, sedendosi al suo fianco, con una punta di timore per il fatto di trovarsi così vicino ad una come lei.
Poi ancora quel sorriso, Jennifer gli aveva sussurrato ‘non devi preoccuparti, già piaci a tutti. Ti adoreranno, ne sono certa’ e lui pensò di essere finalmente nel posto giusto e non solo per quanto riguardava il lavoro.
Si sentiva un po’ a casa stando accanto a lei, era l’ultimo arrivato ma vicino a quella donna bellissima tutta l’ansia svaniva, lei era davvero capace di essere la casa di qualcuno, un porto sicuro per un povero marinaio naufragato nei suoi occhi.
 
«Tu pensi sia possibile amare due persone?»
«Non ci ho mai creduto. E se mi stai dicendo che..»
«Credo di amarla, Josh. Più di quanto potessi mai immaginare.»
«Ed Helen? »
Josh non fece nessun cenno di dissenso, ne tanto menò lo giudicò.
I sentimenti non si comandano, lo aveva capito tempo prima, quando si era ritrovato nella stessa e identica situazione di Colin, quindi capiva perfettamente come si sentiva l’amico.
«L’idea di lasciarla non mi è mai balenata in mente. Non potrei farlo in ogni caso. La amo, ed amo mio figlio. Non posso mandare tutto all’aria per un momento di debolezza.»
«Innamorarsi di una persona non è un momento di debolezza, è un effetto persistente di più momenti. Tu e Jennifer avete condiviso molto per via del lavoro, è normale che vi siate avvicinati così tanto. Ma da qui ad innamorarti di lei ci passa un treno, Colin. Non posso dirti cosa fare, ma posso darti un consiglio: se vuoi lei, allora prenditela. Se vuoi amarla amala, ma se vuoi restare con Helen allora devi dimenticarla ed andare avanti. Se non lo farai, ferirai più persone di quanto tu possa immaginare, ma soprattutto sarà Jen a soffrirne, ed io non voglio vederla star male.»
«Credi che io lo voglia? La sola idea mi ferisce, il solo vederla insieme a quel damerino da strapazzo mi fa raggelare il sangue nelle vene, solo al pensiero che, Dio non posso neanche pensarci, solo al pensiero che lui possa averla in quel modo mi fa uscire fuori di testa. Poi penso a mia moglie, a quello che fa per me, ad Evan, alla mia famiglia e all’improvviso mi sento una merda. Non riesco a pensare alla mia vita senza di loro, ma allo stesso tempo non riesco a pensare alla mia vita senza di lei.»
«Se tu potessi scegliere cosa fare, da chi precipitarti in questo esatto momento, chi sceglieresti? »
Josh gli pose quella strana domanda e lui non rispose.
Si sentiva colpevole perché il primo pensiero, quello immediato, quello non ragionato, lo aveva portato da Jennifer ed in quel momento, in quell’esatto momento, capì che il suo cuore aveva fatto una scelta.
 
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Stava guidando come un pazzo, come mai aveva fatto prima d’ora.
Aveva paura che se avesse rallentato il senso di colpa lo avrebbe risucchiato ancora, facendogli cambiare idea nuovamente, e Colin non voleva che accadesse proprio ora, ora che aveva deciso di non essere un codardo e ammettere ciò che voleva realmente.
Si precipitò sotto l’appartamento di lei, parcheggiando l’auto per poi dirigersi dall’altra parte della strada, sotto una pioggia battente che non accennava ad interrompersi.
Fu costretto a fermarsi nel mezzo, osservando due figure proprio davanti al cancello.
Quella chioma bionda l’avrebbe riconosciuta in mezzo ad altre mille, insieme al suo fondoschiena che a lungo aveva osservato nel corso del tempo.
Jennifer, la sua Jennifer tra le braccia di Sebastian, mentre lo baciava, mentre si lasciava stringere da lui, coccolata sotto il temporale.
All’improvviso Colin si rese conto di quanto volesse quelle cose per se, di quanto volesse stringerla in quel modo e baciarla, davanti a tutti, senza doversi preoccupare di essere giudicato.
Lo voleva, ma soprattutto voleva lei, lei che adesso era di nuovo tra le braccia di un altro, tutto per colpa sua.
Riprese fiato e si avvicinò, interrompendo quel loro piacevole momento romantico sotto la pioggia.
«Devo parlarti.»
«Non ora. E’ impegnata al momento. »
Sebastian sentenziò, prima di stringere la ragazza ancora più forte, come se avesse paura che Colin potesse portargliela via con un semplice cenno della mano.
Lei lo guardò negli occhi per rassicurarlo, era in grado di gestire quella situazione, non doveva preoccuparsi perché non avrebbe più ceduto, lo aveva promesso a se stessa.
«Ci sentiamo dopo, principessa. »
Gli schioccò un bacio sulla fronte e si allontanò, diradandosi nella nebbia fitta mentre si dirigeva verso l’auto.
Colin non lo degnò neanche di uno sguardo, troppo preoccupato riguardo a quello che doveva dirle.
«Siete tornati insieme? »
«Vuoi farmi il terzo grado, per caso? »
«Rispondi. »
« E anche se fosse? Non è un tuo problema, Colin. »
Lui inspirò pesantemente e, dopo aver riempito i polmoni con l’aria impregnata di pioggia la guardò negli occhi, nel modo in cui era abituato a fare da sempre.
«Sono venuto a dirti che è finita. Qualsiasi cosa ci sia stata tra di noi, non esiste. E’ finita. »
«Non c’era bisogno che tu venissi fin qui per dirmelo. »
«Volevi che fossi sincero? Adesso lo sono. »
Jennifer deglutì e lo guardò voltarsi di spalle, lasciandola lì sotto la pioggia a realizzare quello che era appena successo, quello che gli aveva appena detto.
«Avevi detto di amarmi. »
«Pensavo di amarti, mi sbagliavo. »
Per un momento si sentì talmente ferita da quelle parole tanto che, d’istinto, gli afferrò un braccio e lo costrinse a voltarsi nuovamente verso di lei.
Se doveva farlo lo stronzo, allora doveva farlo faccia a faccia, non in quella maniera codarda e meschina.
«Perché non me lo dici ora, eh? Dimmelo mentre mi guardi negli occhi. Guardami negli occhi e dimmi che non mi ami. »
Silenzio.
Solo silenzio.
Colin non riusciva a mentirle, non poteva farlo se aveva il suo sguardo puntato addosso, non ne era capace.
Era l’unica donna a cui non aveva mai detto una bugia, non era mai riuscito a mentire di fronte a lei, perché Jennifer riusciva a vedere sempre la verità, come se fosse uno specchio riflesso della sua anima e specchiandosi poteva riconoscere le sue paure e le sue debolezze.
Non poteva dirle che non l’amava quando l’unica cosa che voleva urlarle addosso era quanto l’amava in realtà, quindi decise di non dire altro perché qualsiasi cosa avesse detto, lei avrebbe riconosciuto se stava mentendo o meno.
Si divincolò dalla sua presa e le diede di nuovo le spalle, prima di chiudersi in macchina e partire, lasciandola nel mezzo della strada, coperta dalla pioggia che, adesso, nascondeva delle lacrime velate che le rigavano le guance.
Non aveva mai pensato a  come ci si potesse sentire all’idea che il proprio cuore fosse spezzato ma adesso, dopo quello che Colin le aveva detto, aveva paura di avere un buco nel petto, sentiva qualcosa che le mancava nella cassa toracica, come se le avessero strappato via l’organo vitale che le permetteva di respirare.
Voleva urlare ma le mancava il fiato, le mancava il respiro, le mancava tutto.
Le mancava persino l’idea dell’uomo perfetto che si era fatta di Colin, adesso vedeva un debole, un codardo, una persona incapace di prendersi ciò che vuole, destinato all’infelicità, forse.
O forse era troppo felice con sua moglie per accontentarsi di una come lei, per accontentarsi di quel poco che avevano vissuto insieme rispetto ad un intera vita passata con lei.
Forse non era abbastanza, forse era così che doveva andare.


[IL MATTINO SEGUENTE..]
Era arrivata sul set prima di tutti, non aveva visto l’auto di nessuno dei suoi colleghi, quindi si precipitò in camerino per cambiarsi e per prendersi un altro caffè.
Non aveva dormito tutta la notte, l’aveva passata in bianco a fissare la pioggia fuori dalla finestra, la pioggia che le ricordava Vienna, Vienna e le notti proibite con Colin.
Sospirò forte, per poi sobbalzare non appena avvertì il fiato di qualcuno sul suo collo.
«Mi hai spaventata. »
«Scusa, non era mia intenzione. Adam ti cercava, mi ha detto di dirti che.. »
«Si, okay. Ho capito. »
«Non mi hai nemmeno fatto finire la frase. »
«Perché non voglio starti a sentire. Hai parlato abbastanza ieri sera. Ho capito. Ora stammi lontano più che puoi. Non voglio nemmeno sentire il tuo respiro. Stammi lontano, sono stata chiara?»
«Lavoriamo insieme, non è una cosa semplice. »
«Noi non siamo Hook ed Emma. A meno che non dobbiamo girare scene insieme, non voglio più vederti, Colin.»
Lui sorrise, quasi infastidito ed in modo ironico, come se volesse prendersi gioco di lei.
In realtà era ferito dal suo atteggiamento, non pensava potesse fare così male il suo distacco, la sua lontananza, la freddezza con cui le parlava.
La sera prima voleva dirle che l’amava e che aveva scelto lei, voleva rischiare e vivere quello che stava nascendo tra di loro ma vederla tra le braccia di Sebastian aveva cambiato le cose.
Si era sentito così stupido a voler rovinare tutto per una donna che stava già con un altro, tanto da dirle l’opposto di quello che sentiva, solo per ferirla, solo per farle male almeno la metà di quanto stava male lui.
«Sembri una ragazzina viziata. »
«Sarò quello che ti pare, non m’interessa il tuo parere al momento. »
«Giusto. Ti importa solo del tuo damerino. Scommetto che ti ha già portata a letto.»
Jennifer sollevò lo sguardo, non prima di avergli rifilato uno schiaffo in pieno volto, poi lo spinse più lontano, contorcendo le labbra in una smorfia di disgusto.
«Che cosa vuoi ancora da me? Non ti è bastato quello che hai fatto? Mi hai presa e poi buttata via quando non ti sono più servita e adesso che sto rimettendo insieme i pezzi vieni qui e credi di avere il diritto di darmi della puttana? Non hai nessun diritto di giudicare il modo in cui sto andando avanti. Senza di te. »
Lui non disse niente, si era pentito di quella frase nel momento esatto in cui l’aveva pronunciata.
Sentiva che se avesse fatto l’idiota lei lo avrebbe odiato, sarebbe stato tutto più semplice, ma lui non voleva essere odiato, voleva essere amato, voleva che Jennifer lo amasse.
«Ieri sera ero venuto a dirti che avevo fatto la mia scelta. Volevo che tu sapessi quanto ti amo, perché ti amo, davvero. E volevo dirti che avevo scelto te. Volevo dirti che sei l’unica che mi fa sorridere anche solo con uno sguardo, sei l’unica che mi fa mettere in discussione ogni cosa, sei l’unica con cui vorrei fare l’amore fino a non sentire più il mio stesso corpo, l’unica in cui vorrei perdermi, l’unica che vorrei amare. Tu sei l’unica cosa che conta per me in questo momento. E volevo dirti tutto questo, ma vederti con lui ha cambiato le cose. Ho realizzato che non posso mandare tutta la mia vita all’aria solo perché tu mi fai sentire le farfalle nello stomaco. Stai con lui, di nuovo. Io non posso lasciare Helen ed Evan, non posso farlo. Non posso.»
Colin si avvicinò nuovamente, poggiando la fronte contro quella di Jennifer mentre la stringeva in una morsa ferrea, facendola indietreggiare fin quando la sua schiena non si scontrò con il muro.
«Io ti amo, ma non posso stare con te. »
«Questo me lo hai già detto. »
«Mi dispiace.»
Lei annuì con un cenno del capo, invitandolo silenziosamente ad allontanarsi da lei.
Non sopportava di averlo così vicino e allo stesso tempo così lontano, la sola idea la stava facendo impazzire e adesso non poteva permetterselo.
Con il palmo della mano gli sfiorò la guancia, cercando di fargli capire che andava tutto bene, che aveva capito e che lo aveva accettato perché infondo era meglio così per tutti.
Sorrise appena e lo baciò sulle labbra per l’ultima volta, almeno per quanto riguardava lei stessa.
Emma probabilmente avrebbe dovuto baciare Uncino ancora molte volte, ma per ora non c’era pericolo visto che il loro rapporto si stava ancora evolvendo e, quando sarebbero arrivati al punto di baciarsi ancora, beh, tra lei e Colin sarebbe tornato di nuovo il sereno, forse.
«Va a cambiarti, tra poco dobbiamo iniziare le riprese. »
Jennifer usò un tono di voce molto dolce, quel tono di voce che usava sempre, prima che tutto cambiasse tra di loro e lui capì che lei stava davvero voltando pagina, la stava perdendo sul serio questa volta.
«Ci vediamo sul set, ‘salvatrice’. »
Un ultimo bacio sulla fronte e Colin si allontanò da lei, uscendo dalla stanza per lasciarla da sola a prepararsi.
Jennifer avrebbe voluto corrergli dietro e dirgli quelle tre parole che, probabilmente, lui si aspettava di sentire anche da lei, ma poi si domandò che senso avrebbero avuto?
Non poteva cambiare le cose, perché soffrire ulteriormente ammettendo di amarlo?
No, quello che provava lo avrebbe saputo solo lei, lei e nessun’altro.
Si cambiò velocemente, entrando nei panni di Emma Swan e uscì dal camerino con l’immancabile giacca rossa di pelle che l’aveva accompagnata per quasi tutte e tre le stagioni, tranne il periodo a Neverland.
Dovevano girare una scena d’addio: Emma ed Henry dovevano lasciare Storybrooke mentre tutti gli altri sarebbero tornati nella Foresta Incantata a causa della maledizione lanciata da Peter Pan.
Ci sarebbe stato un addio commovente anche tra lei e Uncino e Jennifer sperò di non dover ripetere quella scena troppe volte, altrimenti non sarebbe riuscita a trattenere le lacrime.
Respirò profondamente e si avviò verso il ‘confine’ della città, pieno di cameraman e truccatori, tutti i suoi colleghi e ovviamente Adam ed Eddy.
Dopo aver girato per ore le sue scene con Lana, con Michael, con Josh e Ginni, dopo essere entrata nei panni del suo personaggio, emozionandosi insieme a lei per quell’addio sofferto, adesso era il turno della scena che tutti stavano aspettando.
Jennifer si sentì nuovamente se stessa e abbandonò completamente i panni dell’eroina bionda della serie, concedendosi uno sguardo sfuggente verso Colin, mentre lui le si avvicinava per iniziare.
«AZIONE!»
«Avete portato il vascello qui, Swan. »
Lei lo guardò con dolore, con il dolore di Emma mentre stava per perdere Uncino per sempre, e con il suo di dolore, perché anche lei stava perdendo Colin pian piano, senza poter fare nulla per impedirlo.
«Non passerà giorno senza che io pensi a voi. »
«Bene. »
Ed eccola lì, Emma Swan che si comportava esattamente come lei.
Invece di gridargli in faccia quello che provava, si nascondeva dietro una frase fatta per convenienza.
Entrambe avevano paura di soffrire, entrambe stavano soffrendo per l’uomo che avevano di fronte, ed entrambe non erano capaci di far andare le cose diversamente.
Si sorrisero mestamente e poi si allontanarono, mentre Colin non riusciva a non pensare a quanto le battute del suo personaggio si potessero incastrare perfettamente su di lui.
Perché era così, non sarebbe passato un giorno senza che i suoi pensieri fossero rivolti a lei, in ogni momento della sua giornata, dalla mattina appena sveglio fino alla sera, prima di andare a dormire.
«STOP. Ragazzi era perfetta, non credo ci sia bisogno di ripeterla, siete stati fantastici. Se durante il montaggio ci accorgeremo che qualcosa non va, magari la ripetiamo, ma per il momento direi che è venuta benissimo. Facciamo una pausa ora. »
Adam interruppe quel flusso di pensieri nel ragazzo e, non appena annunciò la pausa, Jennifer si allontanò dal luogo delle riprese, correndo via verso la struttura più vicina.
Lana la seguì a passo svelto, rendendosi conto che l’amica non stava affatto bene.
«Tesoro cos’hai? Mio Dio sei pallidissima. »
«Sto bene. Davvero, mi serve aria soltanto. Troppe emozioni. »
«Si ma non ti lascio qui da sola. Tieni, bevi un po’ d’acqua. »
Le porse la bottiglietta che aveva tra le mani, ma lei rifiutò, troppo presa a concentrarsi per respirare.
Non sentiva più l’aria nei polmoni, le mancava il respiro, come se stesse avendo una crisi di panico.
Era accovacciata contro il muro, e Lana pensò persino di chiamare i soccorsi per quanto si stesse preoccupando al momento.
«Che sta succedendo qui? »
«Non so. L’ho vista scappare via e le sono corsa dietro. Ero preoccupata.»
«Va. Ci penso io a lei. Sarà solo lo stress.»
Lana guardò l’amica un'altra volta, poi diede una pacca sulla spalla all’irlandese che si era materializzato lì quasi per magia, come se fosse una calamita attratta lì dove c’era Jennifer, e andò via per lasciarli da soli.
Colin si chinò accanto a lei e le accarezzò i capelli dolcemente, attirandola a sé in un abbraccio.
«Ssshhh. Va tutto bene, ci sono io. »
Lei si accasciò su di lui, scoppiando in un pianto isterico mentre provava a trovare la forza per respirare e regolarizzare il suo battito cardiaco.
La fonte del suo dolore era allo stesso tempo la fonte del suo benessere e, per quanto lui potesse farla soffrire, era l’unico capace di calmarla e farla star bene.
La cullò fra le braccia finchè non fu certo che lei si fosse ripresa, sentendola respirare meglio e vedendo il suo viso arrossato privo di lacrime.
Le sorrise e le scostò i capelli ribelli dal viso, portandoli dietro l’orecchio.
«Stai meglio?»
«Non-non so cosa mi sia preso. Sembrava un attacco di panico, non riuscivo neanche a respirare.»
«Saranno state le troppe emozioni. E’ normale.»
«Grazie.»
Jennifer lo guardò nuovamente con amore, senza dire un’altra parola, perché gli era davvero grata per essere lì con lei in quel momento, per essersene preso cura anche quando poteva scegliere di non farlo e invece era lì a sorreggerla nei momenti di difficoltà.
«Quando vuoi, ‘salvatrice’. Vado a togliermi questi 20 kg di pelle di dosso e poi ti riaccompagno a casa, ti va? »
Lei annuì silenziosa e si rimise in piedi, aiutata dal suo aitante pirata mascalzone personale e si diresse verso il suo camerino per tornare ad essere semplicemente Jennifer.
Camminava lentamente, a passi blandi, mentre si apprestava ad entrare nella stanza, dove fu accolta da Lana e Ginnifer che la stavano aspettando sedute sul divanetto.
«Cosa è successo? »
Glielo chiesero quasi all’unisono e a lei scappò una risata divertita, poi tornò seria e spiegò la situazione alle due amiche, omettendo i motivi per il quale si era sentita mancare la terra sotto i piedi, motivi che, in realtà, non aveva compreso nemmeno lei.
«Saranno state le troppe emozioni, poi non ho nemmeno mangiato stamattina, sarà lo stress o la stanchezza. Sto andando a casa a riposare un pò.»
«Ti accompagno io se vuoi.»
«No ragazze, tranquille. Voi avete delle scene da girare ancora, mi faccio dare un passaggio da Colin.»
«Ne sei sicura, Jen?»
«Ginni, non guardarmi come se fossi una scema qualunque. Non serve che tu mi faccia la predica. »
«Non volevo farti la predica. Voglio solo che tu stia attenta. Non voglio vederti soffrire, tutto qua. »
«Va tutto bene. Non c’è motivo per cui io debba soffrire. »
«Ehm..mi sono persa qualcosa?»
Lana interruppe la conversazione, non capendo dove le due volessero andare a parare.
Era ancora confusa per quegli scambi di opinione ma, chissà come, aveva capito che c’era di mezzo Colin.
«Non dirmi che.. »
«Si è innamorata di Colin. »
Jennifer fulminò con lo sguardo la sua madre lavorativa, poi tornò a guardare l’altra donna seduta di fianco a lei, sospirando forte.
«Non sono innamorata di nessuno io.»
«Beh, forse tu no. Ma lui si. Non prova neanche a nasconderlo e questa cosa vi rovinerà, lo sai vero? »
«Senti chi parla: quella che ha rovinato un matrimonio perché si era innamorata della sua co-star. »
La discussione stava degenerando in frasi che nessuna delle due voleva dire ma che, irrimediabilmente, avevano detto senza pensarci su due volte.
Ginnifer voleva solo proteggere la sua amica dall’ennesima batosta, sapendo quanto sia difficile gestire una situazione del genere e Jennifer, d’altro canto, era stanca che le persone si preoccupassero di lei come se fosse un oggetto fragile da maneggiare con estrema cautela.
«Mi dispiace. Non intendevo dire questo. »
«Lo so,  ma Colin non è Josh. Le cose potrebbero non andare allo stesso modo.»
«Le cose non andranno in nessun modo. »
Lana stava per chiedere qualcosa alla ragazza, quando una voce maschile le interruppe.
«Sei pronta? Oh, siete tutte qui. »
Colin non si era accorto della presenza delle due donne, così come non aveva sentito l’intera discussione ma, per qualche strano motivo, si sentiva a disagio, come se in quella stanza si stesse parlando di lui e le avesse interrotte sul più bello, creando una situazione imbarazzante.
Jennifer sistemò le ultime cose nella borsa e la sollevò dal tavolo dove l’aveva poggiata poco prima, infilandosi poi il giubbino e un cappello di lana per proteggersi dal freddo.
«Ne parliamo domani. »
«D’accordo tesoro. Riposati eh. »
«Se ti serve qualcosa chiamaci pure. »
Lei sorrise, facendo una smorfia divertita, della serie ‘non sto mica morendo, tranquille’ e uscì dalla stanza seguita dal ragazzo che le sfilò la borsa dalle mani, caricandosela in spalla come un vero gentil uomo.
Non era più abituata a certi gesti galanti e Sebastian era troppo poco spesso in città per avere il tempo di farli, o semplicemente lei non se ne rendeva conto.
Sospirò e salì in auto, aspettando che lui si sedesse sul sedile del guidatore e la riaccompagnasse a casa.
Il tragitto fu abbastanza silenzioso e pieno di sospiri velati, nascosti dalla musica alta della radio che quasi gli impediva di avere un qualunque tipo di discussione.
Jennifer non voleva essere compatita e Colin, Colin si sentiva colpevole per quello che le era successo poco prima, come se fosse la causa di ogni suo male.
Scosse la testa scacciando via quei pensieri e spense il motore una volta arrivato sotto casa di lei.
Uscì dalla macchina e le prese la borsa nuovamente, prima di aprirle la portella per farla scendere.
«Se ti serve qualcosa posso restare.»
«No. E’ meglio di no.»
«Guarda che non voglio saltarti addosso. So che Sebastian è ripartito stamattina, non voglio lasciarti sola se non stai bene. »
«Non mi serve un infermiere. Sto bene.»
«Smettila di fare la bambina, Jen. Sono capace di controllarmi. »
Lei scosse le spalle ed infilò la chiave nella serratura della porta, aprendola lentamente ed entrando nell’appartamento, lasciando a lui la decisione.
Non aveva intenzione di fargli pena per farlo restare, ma doveva ammettere che non se la sentiva comunque di restare da sola, quindi non lo avrebbe cacciato per partito preso, aveva bisogno di lui.
Lo osservò mentre si chiudeva alle spalle la porta, posando la borsa di lei sul divanetto dell’ingresso.
Voleva restare per lei.
Non voleva niente in cambio, non pretendeva dichiarazioni d’amore o sesso sfrenato.
Sarebbe rimasto anche se lo uccideva non poterla più baciare, non poterla avere, sarebbe rimasto perché lei ne aveva bisogno e, infondo, anche lui aveva bisogno di lei.

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Capitolo 9
*** CAPITOLO 9 - STOP LOVING ME. ***


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Eccomi qui dopo le feste con il nuovo capitolo.
Vi ringrazio ancora per tutte le bellissime recensioni, non smettete di farlo perchè mi fate felice *w*
Detto questo, vi auguro buona lettura, come al solito c'è da soffrire e poi gioire e soffrire di nuovo, boh, oggi sono in questa fase AHAHAHAHAH
Recensite miraccomando. Eventuali errori di battitura verranno corretti non appena gli occhi non mi faranno più male a furia di rileggere :3 <3

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«Ora ti metti a letto, ti preparo il la cena. Forse stasera mangerai qualcosa di salutare. »
«Guarda che sto bene. E per la cronaca so cucinare. »
«Ad occhio direi che hai perso almeno 5 chili dall’ultima volta in cui ti ho vista nuda, direi che non mangi molto, oppure cucini così male che preferisci stare a digiuno.»
Colin rise appena mentre la osservava di nascosto, da uno spiraglio della porta della sua stanza che era rimasta aperta, mentre Jennifer si cambiava.
Proprio non riusciva a resistere, si era ripromesso di smetterla di pensare a lei in quel modo ma proprio non ce la faceva, non poteva non ricordare quelle notti a Vienna senza un pizzico di malinconia.
Quando lei fu tornata in cucina si sedette a gambe incrociate sul divano, fissandolo mentre armeggiava con pentole e padelle, intento a preparare qualcosa.
Era strano, pensò, vederlo di nuovo nella sua casa, nella sua cucina, come un perfetto marito.
Marito. Una parola che su Colin suonava alla perfezione, ma lui era il marito di un’altra donna e questo Jennifer lo sapeva piuttosto bene.
Sorrise amaramente, abbassando lo sguardo e ripensando che, forse, non avrebbe dovuto lasciarlo entrare in quell’appartamento, non avrebbe dovuto lasciarlo mai entrare nella sua vita privata perché era stato quello l’inizio delle sue gioie e dei suoi dolori più grandi.
«Che cosa fai?»
«Ti guardo. »
«Stai sorridendo. Mi trovi divertente? »
«Forse. »
Colin sapeva di non doverle fare quel genere di domanda ma proprio non riusciva a farne a meno e, dentro di sé, era felice se lei sorrideva grazie a lui.
«Ti senti meglio? »
«Era solo stanchezza. Davvero. »
«Non lo era. E lo sappiamo entrambi. »
«Colin.. »
«Okay, mi dispiace. Non dirò più una parola. »
Non voleva più sbagliare niente con lei, non voleva più ferirla, non voleva neanche guardarla in quel modo ma più ci provava più i suoi occhi si posavano su di lei come se volesse strapparle di dosso i vestiti e farla sua un’altra volta.
Non poteva rischiare di perderla, non se lo sarebbe mai perdonato, lei non lo avrebbe mai perdonato.
Sospirò appena e spostò lo sguardo, cercando di concentrarsi su altro, magari sulla cena che non riusciva a preparare, troppo distratto da quella bionda che adesso lo fissava confusa, quasi intimorita.
«Dovresti tornare a casa. »
«Non avrei niente da fare a casa.»
«Non qui. In Irlanda. Puoi prenderti qualche giorno di vacanza. »
«Perché mi stai chiedendo questo? »
«Perché ho bisogno di mettere chilometri di distanza tra di noi, e se resti in questo appartamento non ci riuscirò mai. »
«Vuoi allontanarmi, così sarà più facile andare a letto con Sebastian se io non ci sono? »
«Perché devi fare l’idiota ogni volta? »
Colin lasciò cadere nel lavello tutto quello che aveva tra le mani, poggiandole sul bordo del mobile per poi appoggiarsi un po’, mentre fissava il pavimento cercando di calmarsi.
«Perché ti amo. Forse l’ultima volta che te l’ho detto non mi hai sentito. »
«Allora smettila di amarmi. »
Il viso di lei era ricolmo di lacrime, ma non riusciva a farne cadere nemmeno una, promettendo a se stessa di non dare voce ai sentimenti che stava provando, reprimendoli il più possibile in un angolo buio del suo cuore.
Colin non avrebbe mai dovuto saperlo, non era lui quello giusto a cui esprimerli totalmente, il loro amore era condannato già in partenza e Jennifer non aveva voglia di rischiare tutto per un qualcosa che sarebbe potuto finire il giorno successivo, non era ancora pronta per questo.
Silenziosamente lui prese il cappotto, dirigendosi verso la porta, ferito dalle parole di lei e furioso per essere stato quello che, ancora una volta, lei aveva detto che l’amava ricevendo uno schiaffo in pieno volto a causa delle sue parole.
«Colin.. »
«No, hai ragione. Perché spreco tempo ad amare una donna che non è capace di amare. »
«E’ te che non voglio amare. Amarti vorrebbe dire rovinarmi la vita. Tu dici di amarmi ma non è così. Tornerai sempre da Helen, tornerai da lei quando ti sarai stancato di me e a me non resterà più niente. Io non voglio amarti. Amare te mi consumerebbe troppo. »
«Che cosa vuoi da me? Che lasci la mia famiglia? Per cosa? Per una donna che dice che la fa star male amarmi? Per una donna che preferisce fingere di non amarmi così può fingere di amare un altro? E’ questo che non farei mai. Mi ero innamorato di un’altra Jennifer evidentemente, quella che ho davanti adesso non so più chi sia. »
«Sto cercando di proteggere me stessa. »
«Stai facendo l’egoista. »
«Non voglio un uomo da dividere con un’altra. »
«Io voglio te. »
«Smettila. Avevamo promesso di non parlarne più e siamo di nuovo allo stesso punto! »
Colin le si avvicinò silenziosamente, sfiorandole la guancia con la punta delle dita per poi scostarle qualche ciocca di capelli dal viso, sistemandola dietro il suo orecchio.
Voleva guardarla negli occhi per capire se l’aveva persa davvero o se aveva ancora una possibilità per riportare a galla la donna per la quale aveva perso la testa.
Quella che aveva di fronte a sé era più un guscio vuoto, privo di emozioni, non era la stessa Jennifer di sempre, non era la stessa Jennifer di quelle notti a Vienna.
«Credo sia meglio che me ne vada. »
«Si. Sarà meglio. »
Sospirò sconfitto e le posò un lento e leggero bacio sulla fronte, stringendola un po’ a sé come se avesse paura di vederla scivolare via lontano da lui in un baleno, più veloce di un battito di ciglia.
Ma lei rimase lì, ferma, appoggiandosi sul suo petto mentre aderiva perfettamente al corpo di lui, incastrandosi come il tassello di un puzzle.
Jennifer si concesse qualche secondo di troppo per perdersi tra le sue braccia, inebriandosi del profumo della pelle di Colin che tanto gli era mancato in quei lunghi ed estenuanti giorni in cui gli era stata lontana per sua decisione, o meglio per decisione di entrambi.
Non poteva sopportare ancora di averlo così vicino e, allo stesso tempo, respingerlo con così tanta forza e determinazione, una determinazione quasi disperata per quanto le riguardava.
Decise di smetterla di pensare, spense il cervello e lasciò che i suoi sentimenti parlassero per lei, lasciò che la sua parte razionale andasse a farsi un giro, redendola vulnerabile e completamente esposta.
«Fa troppo male non poterti avere.»
«Lo so. Pensi che io mi diverta a tenere le distanze? Lo faccio perché so..so che.. »
«Sai cosa? »
«..se mi stai così vicina finirò per baciarti.»
«Lo so. »
«Jen, ti prego. Ne abbiamo parlato.»
«Lo so. »
«Hai detto chiaramente che non deve più succedere. »
«So cosa ho detto. »
«Allora perché mi torturi in questo modo? »
In realtà Jennifer stava torturando se stessa, voleva smettere di pensare ma, irrimediabilmente, pensava anche troppo e finiva sempre per porsi lo stesso ed identico quesito di sempre: ‘riuscirò mai ad allontanarmi da lui e a non provare quello che provo?’ senza però trovare una risposta che potesse risultarle convincente.
Si allontanò dal viso di lui giusto il necessario per poter incrociare i suoi occhi e perdercisi dentro completamente, sorridendogli appena, uno di quei sorrisi che ormai raramente riusciva a dipingersi in volto ma che gli uscivano spontanei quando pensava a lui.
Colin non la lasciò indietreggiare e, nuovamente, azzerò la distanza tra di loro, rimanendo ad un soffio dalle sue labbra in un tira e molla a cui nessuno dei due aveva intenzione di cedere.
«Non stavi andando via?»
«Lo so. »
«Hai detto anche tu che ne abbiamo parlato. »
«So cosa ho detto. »
«Allora perché mi torturi in questo modo? »
Le parti si erano invertite nuovamente e adesso tutto pareva più confuso, il confine tra giusto e sbagliato si intravedeva appena e, per un momento, Colin pensò di cedere nuovamente ma trovò le forze per trattenersi, non voleva essere di nuovo lui quello che si esponeva.
Per una volta, una soltanto, voleva che fosse Jennifer a cercarlo, a desiderarlo, a fargli capire che provava qualcosa di forte anche se non voleva ammetterlo ad alta voce.
Era stanco di dover fare il Capitan Uncino della situazione, sempre pronto a corteggiarla e a rincorrerla ovunque, per una volta voleva essere lui quello che veniva rincorso.
Lei gli stava ad un palmo di mano di distanza, fissandogli le labbra in una maniera destabilizzante per entrambi, era lì e non si muoveva di un solo centimetro, ogni muscolo del suo corpo le pareva pietrificato dalla paura di sbagliare, di fare qualcosa di estremo e allo stesso tempo tremendamente sbagliato.
«Buonanotte Jen. »
Sussurrò lui, con voce roca, mentre si spostava di lato per sorpassarla e giungere alla porta.
Aveva capito che con lei non funzionava così, avrebbe alzato muri su muri ogni volta che lui si fosse riavvicinato e forse aveva ragione, forse faceva bene, era la cosa migliore per entrambi.
Il quella frazione di secondo Jennifer si sentì pervasa da un milione di sensazioni diverse, ogni singola fibra del suo corpo stava fremendo, impaziente di farle commettere un passo falso.
Provò a resistere più che poteva poi, inesorabilmente, gli afferrò il braccio e lo costrinse a fermarsi sul ciglio della porta.
«Non te ne andare.»
Il cuore le batteva all’impazzata ma per un momento le sembrò che si fosse fermato di scatto, arrestandole il respiro non appena lui si voltò, prendendole il viso tra le mani prima di baciarla come se non stesse aspettando altro.
Le fece poggiare la schiena contro il muro, mentre Jennifer richiuse la porta alle loro spalle con un gesto rapido della mano.
«Fai l’amore con me, Colin. »
Sussurrò appena, a voce bassa, con le labbra che ancora premevano sulle sue.
Voleva sentirmi sua completamente, aveva sempre avuto paura di quel legame fino a quel momento, perchè il timore di poterlo perdere da un momento all'altro non riusciva mai ad abbandonarla e quindi preferiva fingere che di non provare nulla.
Colin fece correre le labbra su quelle di lei, abbozzando a un piccolo sorriso furbo non appena le allontanò nuovamente e notò il disappunto sui suoi occhi.
Successivamente fece si che scorressero lente sul suo viso, sfiorandole il lobo dell'orecchio destro ed infine lasciò che si posassero sul suo collo.
Cercò le sue mani, lasciando che le dita si intrecciassero, sentendo il battito del suo cuore aumentare, correre come se fosse improvvisamente impazzito e non riuscisse più a fermarlo.
Dio, Jennifer, che diavolo di effetto che mi fai – pensò tra sé, senza avere il coraggio di dirglielo ad alta voce, non gli sembrava opportuno in quel momento.
Il suo corpo ebbe un fremito non appena sentii quello di lei arrivare a contatto con il suo.
Lasciò la presa che aveva sulle sue mani, facendole scivolare su di lei, percorrendo ed esplorando ogni centimetro del suo corpo che ancora non avevo avuto modo di scoprire dopo Vienna.
Le sollevò lievemente la maglia del pigiama che indossava, sfiorando la sua pelle nuda con la punta delle dita, prima di sfilargliela con un gesto rapido e quasi improvviso, poi l’ammirò per qualche istante, quasi senza parole, tornando a sfiorare nuovamente la sua bocca con quella di lei e lasciando che la sua lingua rincorresse la sua, insinuandosi in un turbinio di emozioni e sensazioni da cui non poteva e non voleva più uscire.
Jennifer si ritrovò a fare la stessa cosa, sfilandogli via la maglietta senza nemmeno avere il tempo di pensare e nuovamente si fiondò sulle labbra di lui come se ormai ne fosse drogata.
Si lasciò sollevare e accavallò le gambe attorno ai suoi fianchi mentre Colin la teneva imprigionata tra le braccia, camminando fin quando non giunsero in camera da letto.
Nel giro di qualche secondo lei si ritrovò sotto di lui ad ammirare il suo corpo perfettamente scolpito, lasciando successivamente che le mani vagassero sulla sua schiena, avvinghiandosi come se il contatto che si era creato fosse in qualche modo vitale.
Nuovamente le loro bocche si incatenarono l'un l'altra, alla ricerca disperata delle lingue che si cercavano fameliche, lasciando che il corpo di Jennifer aderisse a quello di Colin in un incastro quasi perfetto.
Lei sentiva i brividi percorrerle la schiena nuda, le mani muoversi avide sul suo corpo mentre ancora non si eravamo divisi per incamerare aria e riprendere fiato.
Lui voleva assaporare ogni centimetro nascosto della sua pelle, voleva scoprire quali fossero i suoi punti più sensibili, semplicemente voleva sentirmi suo, totalmente suo, non solo a livello carnale, ma qualcosa di più profondo.
La voleva  così tanto da star male e quella vicinanza lo stava uccidendo davvero, seppure fosse lui quello che adesso poteva sentire il contatto con la sua pelle, il suo battito cardiaco che accellerava ogni volta che lui la toccava, il suo respiro corto mentre le baciava il collo.
Jennifer si rese conto solo allora di essere completamente nuda, solo quando Colin entrò in lei e nuovamente le catturò le labbra in un bacio che le smorzò un gemito di piacere, ancor prima di poter aprire bocca.
Socchiuse gli occhi e si beò di quel piacere che, pian piano le stava invadendo tutto il corpo, ogni sua terminazione nervosa sembrava reagire a quelle sensazioni, facendo si che lei si rendesse conto, ogni attimo che passava, di quanto fosse essenziale Colin nella mia vita.
Sorrise, involontariamente, tornando a guardare i suoi occhi prima di perdersi nuovamente in lui, seguendo il ritmo dei suoi movimenti mentre si stringeva con le braccia attorno al suo collo.
«Sei mia..»
Mormorò Colin, in un sussurro quasi roco, stringendola ancora di più tra le braccia, mentre si muoveva con forza dentro di lei ma, allo stesso tempo, con una dolcezza che aveva impressionato persino lui stesso.
Non riusciva a sopportare la distanza con la sua pelle, non riusciva a sopportare persino la distanza tra le loro labbra ormai, era diventato un tutt’uno con lei e non riusciva a spiegarsi come avrebbe fatto ad andare avanti in futuro, come avrebbe fatto se tutto quello che si dicevano era di dover stare lontani.
Sospirò nuovamente, gemendo di piacere mentre la guardava negli occhi, catturando successivamente le sue labbra in un ennesimo bacio che, ormai, di casto non aveva più nulla.
Sentii il respiro di Jennifer addosso, sulla sua pelle e le spinte aumentarono, facendosi sempre più veloci e forse un po' insistenti.
Jennifer sorrise inconsciamente, prima di smorzare l'ennesimo gemito di piacere non appena i suoi movimenti si fecero più forti e veloci e in quel momento le sembrò di poter scoppiare per quanto amore sentiva dentro, fin nelle ossa, fin nella parte più nascosta della sua anima.
Ansimarono più forte, uno sulle labbra dell’altro, fin quando il piacere non giunse al culmine, lasciando entrambi senza fiato e costringendoli a respirare quasi a fatica.
Colin lasciò che appoggiasse il capo sul suo petto, sentendo il respiro di lei fare a gara con il suo e gli sembrò che il cuore stesse per impazzire, come se volesse sbalzare fuori dalla cassa toracica.
Rimasero a guardarsi per un istante infinito, senza dire una parola, senza emettere un fiato e quel silenzio fu disturbato solo dai loro respiri che ancora cercavano di regolarizzarsi a dovere.
Rimasero abbracciati così, finchè lei non si addormentò tra le sue braccia, consapevole che al suo risveglio tutto sarebbe tornato al proprio posto, compresi loro due e quella confusionaria situazione e a Colin non rimase altro da fare che contemplare la bellezza della donna che adesso stava stringendo, chiedendosi se, prima o poi, sarebbe stata sua per davvero e non in quella maniera così clandestina.
L’indomani lei lo avrebbe perso ancora e lui avrebbe perso Jennifer, ma per quella notte si appartenevano l’un l’altro e questo nessuno poteva portarglielo via.
Quella notte nessuno avrebbe mai potuto portargliela via.

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Capitolo 10
*** CAPITOLO 10 – I LOVE YOU EVEN WHEN I HATE YOU. ***




 

Rieccomi, in tremendo ritardo, lo so.
Purtroppo ho passato l'estate lavorando qua e là e non ho avuto tempo per scrivere but... ora sono qui con il nuovo capitolo.
Perdonate eventuali errori, saranno corretti in serata.
Detto ciò, buona lettura e.. R E C E N S I T E. <3

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Due settimane.
Erano passati esattamente quindici giorni da quando avevano dormito insieme per l’ultima volta, prima di svegliarsi e spezzare quell’incantesimo per poi tornare alle loro vite di sempre.
Si erano evitati per un po’ ma poi, una volta smaltito l’imbarazzo, erano tornati a punzecchiarsi come facevano sempre, come facevano un tempo, con la naturalezza di chi aveva ormai voltato pagina.
Dentro di loro sapevano che non era affatto così, preferivano evitare di trovarsi in una stanza da soli per non perdere il controllo ma almeno a lavoro le cose erano tornate più o meno alla normalità.
«Ehi Jen. »
«Ehi Colin. Già qui? Non avevi la mattinata libera?»
«Si ma lo sai che mi annoio da solo a casa. Ho pensato di venire prima qui così posso tenere d’occhio la situazione.»
«Quale situazione?»
Lui voltò istintivamente lo sguardo verso Sebastian che stava parlottando con Lana e Robert.
L’aveva accompagnata sul set per salutare gli altri prima di ripartire nuovamente per un nuovo progetto top-secret di cui non voleva parlare nemmeno a lei.
«Colin..»
«No, lo so, lo so. Non devi dirmelo, davvero. Solo che a me non piace che lui ti giri intorno, ecco. »
«E a me non piace quando mi guardi con quegli occhi accusatori, okay? »
«Continuerò a guardarti in questo modo comunque.»
«Fantastico.»
Jennifer allargò le braccia per poi agitarle appena in segno di resa, scosse la testa e lo superò con una manciata di passi per poi incamminarsi verso gli altri.
«Posso rubarvi il mio fidanzato per un momento?»
Lei apparve all’improvviso dietro le spalle di Sebastian e Colin, a pochi passi da loro, trasalì appena quando lei pronunciò quella parola. Fidanzato. Era seria, terribilmente seria allora, non stava semplicemente provando a farlo soffrire, a fargliela pagare per una colpa che nessuno aveva.
Era seriamente intenzionata a rimanere con lui e, per un attimo soltanto, Colin si sentì l’unico responsabile per tutto quella faccenda.
Lui, inconsapevolmente, l’aveva spinta di nuovo tra le braccia di un altro perché non poteva dargli ciò di cui lei aveva bisogno, non poteva amarla come meritava di essere amata ed ora Jennifer era lì, a pochi metri da lui ma distante chilometri e chilometri, come se un oceano intero li stesse dividendo.
«Solo per un momento.»
Lana rispose sorridendo, osservando l’irlandese che se ne stava in disparte ad osservare la scena, chiedendosi cosa gli stesse passando per la testa.
Si avvicinò a lui, mentre gli altri si disperdevano e Jennifer e Sebastian parlottavano tra di loro, cogliendo l’occasione per dire a Colin quello che aveva taciuto per troppo tempo.
«Devi smetterla di fare - qualunque cosa tu stia facendo adesso. Lei pensa di essere forte ma tu l’hai spezzata, tu l’hai distrutta in mille piccoli pezzi e, ogni volta che ti avvicini a lei, uno di quei pezzi vola via e lei si svuota. E’ un incidente stradale vivente, si trascina a stento e se tu non le stai lontano prima o poi si schianterà nuovamente contro di te.»
Lui afferrò il concetto chiaramente ma, con il suo solito sorrisetto sghembo, evitò di rispondere alla collega perché sapeva di doverle dare ragione e – al momento – non ne aveva voglia.
Si voltò verso Jennifer, ritrovandosi davanti lei e Sebastian abbracciati, lei e Sebastian che si baciavano, lei e Sebastian così complici e allora abbassò lo sguardo, fece l’unica cosa che sentiva fosse giusto fare  e si allontanò, tornando all’interno del capannone dove stavano girando alcune scene al coperto.
Decise di rintanarsi lì, anche se lui non doveva lavorare, solo per far sentire alla bionda collega la pressione della sua presenza, come se amasse torturarla a tal punto da sprecare persino le sue giornate libere pur di vederla crogiolarsi nel tormento e incespicare nervosamente contro di lui in ogni occasione.
 
 
 « Sapete cosa dicono di voi, ragazzi? »
Eddy irruppe nella stanza mentre, in silenzio, il cast stava leggendo il copione del finale di stagione.
Aveva stralci di giornali tra le mani, pagine di siti internet stampati, un tablet con milioni di tweet da leggere e non riusciva a frenare l’euforia.
« Siete ormai diventati un fenomeno mediatico. I fans vi amano, Emma e Uncino sono tra le coppie più ‘’in’’ del momento. Dobbiamo cavalcare l’onda, dovete dare il massimo nel finale di stagione. Deve essere una bomba, deve tenere tutti incollati agli schermi. E’ dalla scalata alla pianta di fagioli che progettiamo questo momento. Nessuno pensava che tra questi due potesse nascere qualcosa. Beh, abbiamo smentito tutti. Ora tocca a voi. Rendete questo finale speciale. »
Insomma, come non mettere pressione addosso – pensò Jennifer, non appena Eddy lasciò la sala insieme ad Adam per discutere degli ultimi dettagli prima di iniziare a girare.
Colin si voltò e, per un istante, credette di aver beccato Jen a fissarlo, ma lei si era già voltata dall’altra parte, parlottando all’orecchio con Emily e Robert che le sedevano accanto.
Ormai le loro vite procedevano parallelamente l’una all’altra: lei stava  con Sebastian e scappava via da Vancouver appena poteva, per evitare incontri imbarazzanti o proibiti con l’irlandese e Colin, lui cercava di distrarsi come poteva, uscendo insieme a Josh e Sean o volando da Helen ed Evan quando aveva tempo.
Si incontravano raramente fuori dal set e sempre in compagnia degli altri, mai da soli, mai in luoghi appartati o compromettenti.
Tornò con lo sguardo sul copione: ultima scena, Hook ed Emma seduti fuori al Granny’s, lui che le confessa di aver abbandonato la sua nave, la sua casa, pur di ritornare da lei. Lei che lo bacia – finalmente – senza paura e senza pensare alle conseguenze.
Comico. Il suo personaggio aveva abbandonato l’unica cosa che possedeva, l’unica cosa a lui cara per avere la possibilità di rivedere Emma ancora una volta e Colin non potè far a meno di chiedersi cosa sarebbe stato disposto a fare per Jennifer, se solo avesse avuto metà del coraggio e della forza d’animo del pirata che interpretava.
Probabilmente avrebbe smosso mari e monti per lei, avrebbe dato via tutto per un suo sorriso, tuttavia c’era sempre il fantasma di Helen a tormentarlo nei suoi pensieri e nel suo cuore.
Era sempre stato un uomo devoto, un uomo fedele e sincero ma – adesso – faticava a riconoscersi allo specchio per quanto si sentiva vigliacco e traditore.
Iniziò a pensare che – forse – il lui c’era qualcosa di sbagliato, di profondamente sbagliato.
Non era Jennifer quella in torto, non lo era affatto. Lei era una donna libera che aveva deciso di stare con un uomo che l’amava e la metteva al primo posto e, per quanto lui detestasse Sebastian, doveva dargli merito di questo, i pochi sorrisi che riusciva a scorgere sul viso di lei erano merito suo.
Ora se ne stava andando, sarebbe partito per chissà dove per lavoro e quei pochi sorrisi Colin non li avrebbe visti nemmeno più perché lui era capace solo di ferirla e farle del male ed ogni cosa che faceva non era altro che sale su quelle ferite che lei portava addosso a causa sua.
 
Jen si alzò, all’improvviso, avvicinandosi a lui in silenzio, come se si sentisse forzata a compiere i suoi stessi passi e preferisse starsene comoda sulla sua poltroncina.
« Hai letto il copione? »
« Si, l’ho letto. Viaggio nel tempo, eh? »
« Già. Ascolta.. »
« Sarò professionale, okay? E’ questo che volevi sentirti dire? Ti preoccupa il pensiero del tuo fidanzato quando ti vedrà baciare me? »
« Volevo solo chiederti se sei pronto per le lezioni di ballo ma, ehi, sentiti libero di fare il bastardo. Una volta in più cosa vuoi che sia. »
« Scusa. »
« Non importa. »
« No, Jen. Davvero. Mi dispiace. »
Lei annuì senza rispondere davvero, forse troppo stanca per perdonargli quelle uscite poco eleganti.
Un po’ si sentiva soddisfatta, percepiva l’enorme fastidio che Sebastian e la sua presenza gli procuravano, suonava come una ventata di gelosia incontrollabile e ne era fiera, ma non lo avrebbe mai detto ad alta voce, anche perché si stava cucendo addosso il ruolo di fidanzata modello, anche se nessuno sapeva ancora nulla di quel ritorno di fiamma, a parte la crew e i familiari.
Forse era meglio così, in cuor suo aveva paura di ferire nuovamente Sebastian e non si sarebbe mai perdonata un’ennesima rottura pubblica, sarebbe stato troppo per entrambi, anche se lei sperava con tutta se stessa che quella fosse la volta buona per essere felice.
« Mi hai sentito? Ho detto che mi dispiace. »
« Non me ne faccio nulla delle tue scuse se – puntualmente – mi ferisci. Perché lo fai? »
« Perché io ti amo anche quando ti odio. Ti odio, ogni volta che sei con lui ma ti amo lo stesso. Non riesco a smettere di farlo, quindi mi dispiace. »
 
 
PRIMO GIORNO DI RIPRESE – EPISODIO 3X21
Jennifer si recò sul set di buon mattino, si sentiva felice e serena quel giorno, nessuno avrebbe potuto rovinargli quello strano stato d’animo che sentiva di avere, nemmeno Colin e i suoi continui silenzi.
Ultimamente parlavano poco, più la sua relazione con Sebastian procedeva, più lui si allontanava da lei, tentava di stargli lontano il più possibile per preservare la felicità di lei, anche a discapito della sua.
Insieme ad Helen non era felice da un po’, non che ci stesse male o roba simile, semplicemente non era più felice, non come lo era quando Jennifer gli girava intorno.
Lei volteggiava per gli studi con il telefono tra le mani, mostrando a tutti le foto dell’enorme mazzo di rose rosse che Sebastian le aveva regalato per il compleanno.
In realtà mancava ancora una settimana ma lo avevano festeggiato prima perché lui era partito nuovamente per lavoro e non avrebbe potuto passarlo insieme a lei.
Romantico – per molti – per Colin uno stupido contentino per non essersi liberato in tempo per un’occasione così importante come il compleanno della propria donna.
Evitò di esporre i suoi pensieri a voce alta e si addentrò nel locale di Granny’s dove dovevano girare una scena di gruppo, indossando i pesanti abiti di Uncino.
Si era sempre chiesto quando glieli avrebbero cambiati o modernizzati, visto che il pirata ormai viveva a tutti gli effetti a Storybrooke, ma non era un dettaglio fondamentale, ormai aveva imparato a convivere con quel giaccone di pelle di 20 kg e l’eyeliner.
« Colin! Ehi, Colin! Di qua. »
Qualcuno della crew lo richiamò a gran voce, costringendolo a dirigersi verso l’esterno dell’edificio.
« Gli altri non sono pronti quindi gireremo per prima la tua scena con Jennifer. L’ultima, quella del bacio. Avete gli stessi abiti quindi tenetevi pronti, il tempo di montare l’attrezzatura per oscurare e delimitare il set. Questa scena deve essere una sorpresa e.. dateci dentro ragazzi! »
Adam riprese a correre qua e là, dando disposizioni a chi di dovere per sistemare gli enormi pannelli neri che avrebbero coperto l’area in cui avrebbero girato.
Colin si andò a sistemare – come da copione – seduto al tavolino, in attesa della sua Emma.
Quando tutti furono pronti e fu dato il via, Jennifer percorse il sentiero tracciato che la portava dall’ingresso del Granny’s fino al tavolo, per poi sedersi di fianco a lui.
« Allora, pensi che Tremotino abbia ragione? Ora nel libro ci sono anche io. Ha detto che – a parte la nostra avventura – sarebbe tornato tutto a posto. Credi sia vero? »
« Aveva ragione, altrimenti ricorderei i baci alla sgualdrina della locanda. »
« Questo cosa dimostra? »
« Io  conosco i tuoi baci. Le sarei corso dietro ma non l’ho fatto. La mia vita è andata avanti nella stessa maniera. »
« Già, sarà stato il rum. »
« Tutto è tornato alla normalità. Siete una maledetta eroina, Swan.»
« E anche tu. Volevo ringraziarti.. Killian. Prima di tutto, per essere tornato a New York, per me. Se non l'avessi fatto.. »
« Era la cosa giusta da fare. »
« Come ci sei riuscito? Come sei arrivato da me? »
« Beh, il sortilegio stava arrivando, ho mollato la mia ciurma e ho navigato con la Jolly Roger il più lontano e veloce possibile per seminarlo. »
« Hai seminato un sortilegio? »
« Sono un signor capitano. »
Lei sorrise di gusto, sembrava quasi aver assunto le sembianze di Emma in quell’esatto momento e sorrise in un modo tale da fargli tremare la voce.
Poi riprese a recitare le sue battute.
« E una volta fuori dalla portata del sortilegio, sapevo che non c'erano più ostacoli, il passaggio tra i mondi era di nuovo possibile. Quel che mi serviva era un fagiolo magico. »
« Non sono facili da trovare. »
« Lo sono, se hai qualcosa di valore con cui scambiarli. »
« E tu cos’hai usato? »
« Beh, la Jolly Roger, ovviamente. »
Jennifer si bloccò per un attimo, pensando al grande gesto che Hook aveva fatto per Emma, pensò di essersi sentita veramente toccata nel profondo e il modo in cui Colin lo aveva detto, beh, l’aveva colpita quasi quanto un pugno nello stomaco.
«Hai scambiato la tua nave per me? »
«Aye. »
La voce aveva tremato anche a lei e adesso, adesso veniva il bello.
Jen si avvicinò lentamente a lui, doveva baciarlo con dolcezza ma – allo stesso tempo – doveva essere passionale, un gesto di liberazione e di accettazione per Emma.
Lei stava abbracciando, per la prima volta, i suoi sentimenti per Uncino e non era qualcosa di semplice da mostrare, non era semplice come poteva esserlo per altri personaggi, no. Emma era complicata, una marea di sfaccettature e sfumature, una valanga di emozioni e sentimenti e Jennifer stava provando ad attingere a tutte quante queste cose messe insieme.
Titubante poggiò la mano sulla nuca di Colin, non sapendo se quello potesse o meno essere un gesto da Emma, alla fine decise di fregarsene e si lasciò andare.
Sentì la mano di lui sfiorarle i capelli, posizionandosi nello stesso punto in cui lei aveva messo la sua e si sentì grata al collega perché quel semplice gesto un po’ impacciato, adesso, era diventato più intimo.
Quando avvertì le labbra di Colin sulle sue, dimenticò tutto il resto, tutto ciò che c’era lì intorno, tutta la crew, Adam ed Eddy, gli altri attori, i fans al di là degli enormi teli scuri.
Non avvertiva quel calore da troppo tempo, ormai aveva perso il conto, quando lo aveva baciato l’ultima volta? Quando si erano scambiati il loro ultimo bacio?
Nessuno dei due portava il conto anche se, segretamente, entrambi contavano i giorni che – ormai – li separavano da troppo.
Jennifer sospirò leggermente sulle labbra di lui, era in debito d’ossigeno ma lui non le diede tregua.
Voleva godersi quel momento attimo dopo attimo, senza perdersene nemmeno un secondo, senza sprecarne nemmeno una goccia, come se fosse una medicina per ogni male.
Quel bacio azzerava ogni litigio, ogni sguardo cupo, ogni urla e ogni dolore, semplicemente li stava portando al punto di partenza, in quella stanza d’hotel a Vienna dove tutto era iniziato.
Colin non voleva separarsi da lei, continuò a baciarla finchè lei non mise una mano sul suo petto, costringendolo a fermarsi per un istante, uno solo, soltanto per guardarsi negli occhi, lui le accarezzò il mento e – successivamente – la guancia con la punta delle dita e si rituffò nuovamente su quelle labbra, deciso a divorarle fino a quando non avessero stoppato la scena.
Dio, quanto voleva durasse in eterno, sarebbe rimasto tutta la vita lì, seduto a quel tavolino con lei che, ormai, era quasi appallottolata su di lui con tutto il corpo, in un incastro perfetto.
«STOOOP. Era buonissima ragazzi, ottima. Mi avete commosso, dannazione. Forse dobbiamo ripeterla per riprenderla da altre inquadrature ma, g r a z i e. Era esattamente quello che io ed Eddy volevamo. Esattamente come l’avevamo immaginata. Perfetta. Facciamo tutti 10 minuti di pausa! »
Jennifer sorrise appena alle parole di Adam, incredibilmente imbarazzata e provò a ricomporsi, tornando sul suo posto ma Colin la teneva stretta per un braccio, impedendole di allontanarsi da lui e da quell’incastro perfetto dei loro corpi.
« Colin. Lasciami andare, ci vedono tutti. »
« Non m’importa. Che guardino pure. »
Le spostò una ciocca di capelli dal viso, portandogliela dietro l’orecchio e la guardò, completamente assuefatto da lei e dalla sua bellezza.
Dio se gli era mancata. Gli era mancata come l’aria.

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