Fallen into Darkness

di KuromiAkira
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Note iniziali: manco talmente tanto da questo fandom che mi sento in ansia XD
Yo! Qualcuno si ricorda ancora di me?
Eccomi qui, finalmente, con la what if che avevo annunciato nelle note dell'ultimo capitolo di 'Revenge', una storia che ho iniziato a ideare tantissimi mesi fa, ho preso in considerazione l'idea di metterla davvero su scritto a ottobre e che ho iniziato a scrivere effettivamente a gennaio.
Siamo a settembre e non l'ho ancora finita.
La stesura di questa fiction è stata difficoltosa fin dall'inizio, non sto qui a spiegarvi tutto, sappiate solo che questo capitolo fa parte della terza versione della fiction.
Come già detto, non l'ho ancora conclusa, per cui non assicuro aggiornamenti veloci. Tra blocchi e lavoro, sto scrivendo poco e lentamente negli ultimi mesi.
Bando alle ciance, ho atteso anche troppo per pubblicare questo primo capitolo!
Ringrazio Princess Kurenai per avermi controllato il capitolo e in generale per aver acconsentito a controllarmi anche i successivi pur non conoscendo la serie. Ti aspetta un lavoraccio, amica mia XD








La spessa porta in pietra si aprì con un lungo e acuto cigolio che il silenzio dell'edificio contribuì ad amplificare.
Il giovane sussultò, bloccando l'azione a metà, e con il solo movimento degli occhi scrutò i dintorni per accertarsi che nessuno si avvicinasse. Appurato che la stanza fosse ancora deserta, oltrepassò in fretta la soglia.
La porta si richiuse di scatto, sbattendo rumorosamente, ma ormai a lui non interessava più.
Tre piccole sfere azzurrine volteggiavano sopra la sua testa, emettendo una fioca luce chiara che illuminava il corridoio, largo poco meno di un metro ma molto lungo.
L'ambiente era angusto e spoglio, sembrava essere stato costruito apposta per mettere in soggezione e scoraggiare dall'addentrarsi oltre.
Percorse con lentezza, quasi con cautela, la corsia delimitata ai lati da scure e imponenti mura, fino a quando la strada non si interruppe bruscamente, trasformandosi in ripide scale che scendevano al piano inferiore.
La gradinata portava ad un'ampia stanza piena di librerie. Dal soffitto aleggiava, quasi fosse nebbia, una tenue luce arancione.
Il fanciullo si guardò attorno qualche istante, solo per ricordare dove dovesse andare, poi si girò verso la propria destra e si diresse a larghe falcate in una particolare area. Si mise in ginocchio e iniziò a frugare tra gli scaffali più bassi.
Tra innumerevoli testi, uno attirò la sua attenzione. Ne studiò la copertina anonima, scura e ruvida, dallo stile antico. Sembrava un libro molto vecchio, e se lo rigirò tra le mani con attenzione. Infine lo aprì.
Lesse poche righe e, quando comprese l'argomento di cui parlava, il suo sguardo si riempì di incredulità.

Il sole estivo brillava nel bel mezzo dell'azzurro intenso del cielo, i raggi ardenti si riflettevano sui vetri delle finestre lasciate spalancate per permettere al vento fresco di riempire le stanze.
Dalle strade e dai giardini provenivano le allegre voci delle persone che, godendosi le vacanze, passeggiavano e giocavano all'aria aperta.
Ignorando i gioiosi rumori che provenivano dall'esterno, Hiroto sedeva sul letto della propria camera, con la testa bassa e le mani che stringevano le ginocchia.
I suoi occhi verdi erano fissi sul pavimento chiaro, e la sua mente ripeteva a memoria le parole che qualcuno gli aveva rivolto quella mattina.
Il Football Frontier International era alle porte, gli aspiranti campioni del mondo avevano iniziato da tempo a fantasticare sui rappresentanti, a sperare nella convocazione e, più in generale, a prepararsi psicologicamente al forte impatto che avrebbe avuto l'evento sugli studenti delle medie e sui fan del calcio.
Anche quell'anno Kiyama aveva ricevuto la telefonata del coach Hibiki, che lo invitava a presentarsi alla palestra della Raimon, nella città di Inazuma, per le selezioni.
Era una bellissima notizia! Quello sarebbe stato il secondo anno consecutivo nella Inazuma Japan, e l'attaccante, oltre ad essere lieto di avere l'onore di partecipare di nuovo, era anche ansioso di rivedere i suoi compagni di squadra che, non aveva mai avuto dubbi, sarebbero stati scelti come l'anno prima, pronti a sfidare il mondo ma anche a sfidarsi tra loro.
Sarebbe dovuto essere felice, e in parte lo era, se non fosse stato per un piccolo particolare: a quanto pareva, quella di ritrovare, almeno alle selezioni, tutti i compagni dell'anno precedente era stata una mera illusione!
A differenza della prima volta, infatti, l'anziano allenatore aveva rivolto l'invito solo a lui.
Hiroto stava provando a rievocare ogni piccolo particolare della chiamata dell'uomo, sperando di essersi scordato qualche parola, ma sapeva che era tutto inutile.
Midorikawa non era stato chiamato.
La probabilità che ci fossero nuovi elementi in squadra, con conseguente assenza di vecchi membri, era elevata, ma al ragazzo dai capelli rossi dispiaceva molto che proprio il migliore amico fosse stato escluso, sopratutto dopo che questi, lo scorso anno, aveva partecipato solo ed esclusivamente al girone asiatico prima di subire un infortunio che l'aveva allontanato dalla squadra per tutto il resto del torneo.
Dopo il suo ritorno come campione del mondo, Hiroto aveva ricominciato ad allenarsi con Ryuuji, e ripetevano spesso che, questa volta, avrebbero giocato per la vittoria fino alla fine.
L'ex-capitano della Genesis sospirò, sconsolato. Se fosse stato scelto sarebbe dovuto stare lontano dall'orfanotrofio per parecchie settimane, senza quindi poter vedere l'amico, e questo lo rendeva triste.
Ma a preoccuparlo maggiormente era la reazione del ragazzo dai capelli verdi. Midorikawa era molto orgoglioso, e sopratutto sperava davvero di aver l'occasione di giocare di nuovo con Endou e gli altri amici della Inazuma. Sicuramente, alla notizia della sua esclusione, ci sarebbe rimasto male e avrebbe sofferto; senza contare che Kiyama non era certo che Ryuuji avesse superato del tutto la paura di essere inferiore gli altri.
Per anni, proprio nel delicato periodo dell'infanzia, era stato insegnato loro che se non sei abbastanza forte vieni escluso, abbandonato da tutti. Parole che potevano segnare chiunque, sopratutto bambini già abbandonati dai genitori naturali come loro. E l'ex-capitano della Gemini Storm più di tutti aveva subito le conseguenze di quell'ingiusto insegnamento, che l'aveva condizionato anche ai tempi del primo torneo.
Era arrivato a sforzarsi e a farsi del male pur di evitare l'esclusione dalla squadra e fu proprio quella la principale causa del suo infortunio, poiché allenandosi più del necessario aveva compromesso la propria salute.
Non sapeva come l'avrebbe presa questa volta e, quel che era peggio, lui non sarebbe potuto rimanere accanto a lui per aiutarlo.
"È passato un anno da allora," si disse il ragazzo, "e ormai sembra aver riacquistato completamente fiducia in se stesso. Ma sicuramente sarà un duro colpo per lui, sapere che io sono stato selezionato e lui no."
Una smorfia distorse i bei lineamenti del suo volto.
Per anni Midorikawa era stato convinto di essere inferiore a gran parte dei ragazzi dell'orfanotrofio, sopratutto a lui, ex-capitano della squadra più forte della Aliea.
Ai tempi lui stesso era orgoglioso della propria forza, più per la stima che riceveva dall'adorato padre che per il confronto con gli altri suoi fratelli, ma non si faceva scrupoli a farlo pesare ai suoi sottoposti.
Per questo, in quel momento, Hiroto si sentiva quasi in colpa.
Essere ammesso alle selezioni al contrario di Ryuuji era come essere nuovamente superiore a lui, e temeva che questo pensiero attraversasse la mente del suo migliore amico. La sola idea lo faceva stare male.
Le sue riflessioni furono interrotte da un leggero bussare. Hiroto sollevò di scatto la testa, posando lo sguardo sulla porta.
- Avanti - mormorò incerto, quasi seccato. Non aveva voglia di vedere nessuno, in quel momento. Non era pronto ad annunciare ai suoi fratelli adottivi di essere stato convocato.
Al permesso del ragazzo, l'uscio si aprì lentamente, e Midorikawa fece capolino dietro di essa, sorridendogli.
Istintivamente Kiyama si irrigidì. Aveva davanti il suo migliore amico, ma era anche l'ultima persona con cui voleva avere a che fare in quel momento; si domandò ancora una volta quale sarebbe stata la reazione alla novità di quel giorno e fu con inquietudine che pensò di non voler offuscare quell'espressione gioviale.
- Ehi! - lo salutò allegramente il ragazzo dai capelli verdi, riscuotendolo nuovamente dai suoi pensieri. - Hai da fare? - domandò, col tono di chi sa di star facendo una domanda retorica.
- No, direi di no - rispose infatti l'amico, sorridendo appena.
- Allora ti va di fare due tiri? - propose, con un’espressione di impazienza sul volto.
Il calcio era il principale hobby di tutti gli orfani del Sun Garden, e le partite tra loro erano praticamente quotidiane, tuttavia quella mattina non ne era stata programmata alcuna, anche perché la maggior parte di loro era impegnata con i compiti.
Per cui quella richiesta era improvvisa e, sopratutto, capitava al momento sbagliato.
- Che hai? - domandò il ragazzo dagli occhi neri, notando l'espressione affranta dell'altro.
Hiroto si prese qualche istante di riflessione, poi sorrise e scosse la testa lentamente. - Nulla. Va bene - acconsentì, pur di non insospettire l'amico.

Il campo da calcio dove si allenavano solitamente gli orfani era poco distante dal Sun Garden.
Hiroto ricordava bene di aver calciato per la prima volta un pallone proprio in quel luogo pieno di ricordi piacevoli e meno piacevoli. Fu lì, d'altronde, che Kira Seijirou accarezzò per la prima volta l'idea di utilizzare il calcio e i bambini che accudiva come strumenti per consumare la sua vendetta.
Oltre lui e Midorikawa, in quel momento, non c'era nessun altro, cosa che capitava raramente, e i due si stavano limitando a qualche passaggio di riscaldamento.
Nonostante solitamente passassero anche ore intere a chiacchierare, in quel momento nessuno dei due parlò per parecchi minuti.
- Ti vedo pensieroso - esalò poi Ryuuji, bloccando la palla col piede e sollevando la testa per guardarlo.
Kiyama sussultò e ricambiò l'occhiata, colpevole. Era assorto e continuava a pensare all'anno precedente, e al fatto che prima o poi avrebbe dovuto avvertire gli altri di dover andare, a giorni, alla Raimon per le selezioni.
- Scusami. Hai ragione. -
- Non dovresti essere felice? Ho sentito che il coach Hibiki ti ha chiamato, oggi - gli disse il ragazzo dai capelli verdi.
Hiroto gli scoccò un'occhiata sorpresa, e l'altro rise. - Qui le notizie girano in fretta, prima ne stavano parlando tutti - spiegò poggiandosi entrambe le mani sui fianchi.
L'ex-capitano della Genesis non gli rispose, e distolse lo sguardo. Quella reazione preoccupò Midorikawa, che si avvicinò a lui.
- Cosa c'è? - chiese, sinceramente sorpreso. Non riusciva ad immaginare quale fosse il motivo di quella strana tristezza.
- Mi spiace esser stato convocato solo io - confessò il ragazzo dai capelli rossi, quasi in tono di vergogna.
Midorikawa sbatté le palpebre un paio di volte, poi finalmente comprese.
- Ah, adesso capisco - replicò con spensieratezza. Rise e poggiò le mani dietro la nuca. - Non devi preoccuparti per me - lo rassicurò poi, sorridendogli.
Hiroto tornò a guardarlo, studiando l'espressione dell'altro come se ci volesse trovare un accenno di delusione.
Ma Ryuuji continuò sorridergli - So di aver raggiunto il mio limite, me ne sono accorto parecchio tempo fa - spiegò con voce calma e un pizzico di rassegnazione. Osservò il campo dove, durante l'infanzia, giocava insieme ai suoi fratelli e sorelle.
Hiroto poté dire con certezza che anche lui stava rievocando vecchi ricordi.
- Ci siamo allenati insieme per molti mesi, Hiroto. Proprio qui. Ma, mentre tu hai continuato a migliorare sempre di più, i miei progressi si sono arrestati. È un dato di fatto, e sono certo che te ne sei reso conto anche tu - spiegò.
- Non dire così! - si oppose immediatamente Kiyama. Per qualche motivo non sopportava l'idea che Midorikawa pensasse certe cose, anche se forse erano solo la verità.
L'ex-capitano della Gemini Storm si voltò a guardarlo, stupito dalla sua reazione. Ma gli sorrise dolcemente. D'altronde, era proprio da lui preoccuparsi in quel modo per gli altri.
- Stai tranquillo. Ho avuto molto tempo per rifletterci, e ormai me ne sono fatto una ragione - lo rassicurò, parlando sinceramente. - Certo, inizialmente ci ho sofferto. So che tu hai più talento di me, e che non avrei mai potuto superarti. Ma ho sempre sperato di poter giocare insieme a te, nella stessa squadra, ancora una volta - confessò, quasi in un sussurro. - Ora va tutto bene, dico davvero. Sono contento per te. Sono certo che verrai scelto anche quest'anno. Farò il tifo per voi. -
- Io... - cercò di iniziare Hiroto, esitando. Comprendeva i sentimenti dell'amico, e sapeva che non stava mentendo. - Mi spiace non poter partecipare insieme a te - decise di concludere poi.
- Anche a me - replicò Ryuuji con un sospiro. Accorciò la distanza tra loro di un solo passo. - Avevamo promesso di giocare insieme fino alla fine, questa volta. Ma non è colpa di nessuno. Semplicemente, le cose stanno così - disse, scrollando le spalle.
Kiyama scrutò l'espressione dell'amico qualche istante, come per accertarsi che fosse sincero.
- Vinci, ok? - mormorò poi il ragazzo dai capelli verdi. - Ti aspetterò qui. Non rinuncerò a giocare insieme a te, anche se non in un torneo ufficiale. -
A quelle parole, l'attaccante fece un profondo respiro.
In quel momento ebbe quasi voglia di dichiararsi.
Da parecchio tempo, infatti, covava sentimenti intensi per il migliore amico, sentimenti che i primi tempi aveva persino cercato di ignorare.
Il timore di rovinare il bel rapporto che si era instaurato durante il loro primo FFI era molta, ma il suo affetto per Ryuuji andava via via intensificandosi e non era certo di riuscire a tener nascosto ciò che provava a ancora a lungo.
Tuttavia presto si sarebbero separati, seppur temporaneamente. Dichiararsi proprio in quel momento avrebbe comportato diversi disagi per entrambi, sia in caso di risposta negativa che positiva.
Decise di trattenersi ancora una volta.
"Quando tornerò!" pensò improvvisamente. "Quando tornerò gli rivelerò i miei sentimenti" promise a se stesso.
Con questa nuova determinazione, Hiroto poté finalmente sorridergli e annuire.
- Bene, continuiamo? Ti metterò alla prova, per accertarmi che tu non faccia figuracce alle selezioni! - scherzò Midorikawa.
Hiroto rise. Anche se non aveva più ragione di preoccuparsi per l'amico, sicuramente sarebbe stata dura stare senza di lui per mesi interi, proprio come lo era stata l'ultima volta.
Ryuuji fu pronto a calciargli il pallone, tuttavia un rumore li distrasse.
Midorikawa si bloccò con la gamba a mezz'aria, ed entrambi si voltarono verso destra dove, oltre un muretto alto poco più di due metri che si interrompeva proprio vicino al campo, c'era la strada.
Proprio in quel punto una sagoma scura sbucò barcollando da oltre muretto e s’inginocchiò a terra emettendo un profondo gemito.
Intuendo subito che una persona stava avendo un malore, i due ragazzi uscirono dal campo correndo e in pochi secondi piegarono vicino al malcapitato.
- Ehi! Stai bene? - esclamò Hiroto. Poggiò la mano sulla spalla del ragazzo, che si copriva il volto con entrambe le mani pallide, sfiorando col dorso la folta capigliatura chiara che, con i raggi del sole calante, prendeva sfumature arancioni, e iniziò a scuotere lievemente il corpo.
- La luce - gemette lo sconosciuto, con voce sofferta e bassa.
- La luce? - ripeté Ryuuji, guardandolo confuso.
- La luce... è troppo forte - mormorò allora l'altro, strizzando le palpebre come se non volesse effettivamente lasciarvi passare i raggi.
Cercò di sollevarsi, ma lo sforzo fu eccessivo e si accasciò addosso a Ryuuji. Lui sussultò - Ehi, fatti forza! - esclamò, senza successo.
Il ragazzo dai capelli verdi si voltò verso Hiroto.
- È svenuto - constatò.
Kiyama si guardò attorno. Non stava passando nessuno. Sospirò e abbassò la testa per osservare lo sconosciuto.
- Ha detto che la luce era troppo forte - ricordò. - Dobbiamo spostarlo da qui. Facciamolo sedere oltre il muro, lì almeno c'è l'ombra. Poi chiameremo qualcuno - propose.
Midorikawa annuì e, aiutato dall'amico, sollevò il ragazzo e lo portò senza troppa fatica vicino al campo.
Lì lo fece sedere con la schiena poggiata al muretto.
Hiroto sperò che questo bastasse, poiché non c'erano edifici dentro cui potesse portarlo.
Midorikawa si accucciò davanti al ragazzo e, con Hiroto, lo osservò: era un ragazzo giovane, sicuramente poco più grande di loro, alto e molto magro. I capelli erano corti, bianchi e spettinati, con ciuffi ribelli che andavano in ogni direzione, come se non fossero mai stati pettinati. La lunga frangia gli ricadeva sugli occhi e il volto, dall'espressione dolorante, era molto pallido e sudato.
Nonostante la stagione, vestiva completamente in nero: la maglia era semplice, dalle maniche lunghe, ma all'altezza dei gomiti e del busto c'erano due cinturini diagonali, anch'essi neri e con dettagli argentati, che si intrecciavano a formare una 'X', che passavano dall'interno all'esterno attraverso innumerevoli strappi al tessuto della maglia. I pantaloni erano lunghi e tenuti stretti alla vita con un altro cinturino identico agli altri. Ai piedi portava degli stivali che gli arrivavano fino al polpaccio.
- Più che la luce, non avrà avuto un malore a causa del caldo? - rifletté, voltandosi verso Kiyama. - Non possiamo lasciarlo qui. -
Hiroto fece un cenno d'assenso e camminò fino alle panchine, dove lui e Ryuuji avevano lasciato gli effetti personali.
Nei paraggi non c'era anima viva, e certamente non potevano lasciarlo lì attendendo che si ridestasse, per cui non potevano che chiamare qualcuno.
Prese il cellulare e compose il numero del Sun Garden. Avrebbe chiamato qualcuno dei suoi fratelli adottivi. Non sembrava tanto grave da chiamare un'ambulanza, per cui decise semplicemente di portare il ragazzo in orfanotrofio: dentro casa era decisamente più fresco.
Mentre parlava con An, tornò accanto a Midorikawa, che intanto aveva iniziato a detergere il volto del ragazzo con l'asciugamano, poi attesero l'arrivo di qualcuno.
Non dovettero attendere molto: dopo nemmeno cinque minuti udirono delle voci chiacchierare allegre dalla strada e, riconoscendole, Ryuuji si alzò e si affacciò nella strada, dove ben presto vide An, Izuno e Hiromu.
- Ah, eccovi! Ma non c'era bisogno di venire in tre! -
Izuno scrollò le spalle. Lui era il più robusto e forte degli orfani, per cui An era andata a chiamare lui; tuttavia la ragazzina, avendo saputo da Hiroto che c'era un ragazzo bisognoso di aiuto, non era riuscita resistere alla curiosità e l'aveva seguito.
Entrambi ignoravano il motivo per cui anche Miura era andato con loro, ma d'altronde il ragazzo dai capelli castani era un enigma per la maggior parte di loro.
Fu An la prima ad avvicinarsi al muretto, raggiungendo Hiroto e lo sconosciuto.
- Che bel ragazzo! - esclamò subito l'ex-giocatrice della Prominence, accovacciandosi vicino al ragazzo e osservandolo con interesse. - Lo conoscete? -
Midorikawa, prima di rispondere, scrollò le spalle. - Mai visto prima d'ora. Si è sentito male e non è il caso di lasciarlo qui con questo caldo - spiegò, raggiungendola insieme agli altri due fratelli.
- Izuno, ti spiacerebbe portarlo in spalla? L'orfanotrofio è vicino, ma io e Midorikawa non ce l'avremmo mai fatta a portarlo lì da soli - fu la richiesta di Hiroto.
- Nessun problema, lasciate fare a me! - affermò l'ex-attaccante della Genesis con un gran sorriso. - Ma siete sicuri di volerlo portare al Sun Garden? -
- Perché no? Gli orfanotrofi esistono per ospitare i ragazzi in difficoltà, poco importa se è una cosa temporanea - replicò Kiyama con un sorriso rassicurante. - Quando si riprenderà lo accompagneremo a casa, suppongo. -
Izuno si convinse e, annuendo, si voltò e si accucciò per permettere agli altri di mettergli il ragazzo in spalla.

Non fu difficile spiegare la situazione a Hitomiko, la vera sfida fu informare e frenare la curiosità degli altri inquilini dell'orfanotrofio e portare lo sconosciuto in una delle numerose camere da letto incolume.
Il ragazzo venne spogliato almeno della maglia, davvero troppo pesante per utilizzarla in una stagione così calda, e lasciato riposare nella camera che Ryuuji condivideva con altri tre ex-membri della Gemini Storm.
Midorikawa si prese la responsabilità di rimanere con lui, mentre la proprietaria del Sun Garden preparava, insieme agli altri, una porzione in più per la cena.
Hiroto la aiutò assieme al gruppo che era di turno a cucinare. Al Sun Garden, infatti, ognuno contribuiva alle numerose faccende domestiche quotidiane.
Tuttavia, dopo il pasto serale, il ragazzo non si era ancora svegliato, così, sparecchiando, Hitomiko chiamò Ryuuji e Hiroto.
- Capisco che è stato male, ma ormai si è fatto tardi, i suoi genitori si staranno preoccupando. È meglio svegliarlo e riaccompagnarlo a casa - affermò.
I due annuirono, comprendendo le ragioni della sorella maggiore, ma subito An e Ai si avvicinarono alla sorella maggiore e protestarono.
- Perché? - fu la domanda di un perplesso Ryuuichirou, che non si trattenne dal puntare col dito le due sorelle adottive.
- An-chan si è infatuata di quel tizio appena l'ha visto - fu la spiegazione divertita di Izuno. - Sai com'è fatta, probabilmente si sarà già immaginata un'avvincente love story tra lei e quel ragazzo. -
- Ah - fu il solo commento dell'ex-Zell della Aliea Academy, non riuscendo a fingersi sorpreso. - E Ai? - volle poi sapere.
- Ai nemmeno l'ha visto in faccia - si intromise Shuuji, sbuffando e incrociando le braccia al petto, osservando l'unica persona con cui aveva legami di sangue. - Dà man forte ad An solo per fare la sciocca. -
Hiroto e Midorikawa preferirono ignorare le sorelle e salirono indisturbati al piano superiore.
La stanza era completamente buia.
Memori del lamento del ragazzo, si erano preoccupati di chiudere le persiane per non disturbarne il riposo.
Decisero anche di evitare di accendere la luce ma, una volta vicino al letto, non poterono non accendere l'abat-jour.
La persona che avevano soccorso era nella medesima posizione di quando l'avevano adagiato sul materasso, e respirava talmente piano che quasi non si sentiva.
In parte gli dispiaceva svegliarlo, ma Hitomiko aveva ragione, per cui Ryuuji iniziò a scuoterlo delicatamente. - Ehi - lo chiamò piano.
Dovette fare un paio di tentativi, ma infine lo sconosciuto aprì gli occhi. Rimase pochi istanti immobile, ancora assonnato, poi strizzò le palpebre e si voltò di scatto verso il muro, dalla parte opposta a dove proveniva la luce della abat-jour, ulteriore prova che la luminosità gli dava effettivamente fastidio.
Midorikawa si voltò verso Hiroto, che subito comprese e si pose tra il letto e la lampada, in modo da limitare la luce.
- Scusa - sussurrò poi l'ex-capitano della Gemini Storm, tornando a guardare il ragazzo. - Come stai? -
Il ragazzo si voltò verso di lui, sebbene con evidente sforzo, come se quella poca luce che gli arrivava fosse abbastanza per disturbarlo. La sua smorfia di fastidio mutò subito e sbatté le palpebre molte volte con sorpresa, come se non credesse a quello che stava vedendo.
- Laan Kahyan... - mormorò, con voce roca.
Ryuuji piegò appena la testa di lato. - È tutto ok? Ti senti ancora male? - domandò, cortese, avvicinando la mano al suo volto per capire se era ancora sudato o meno.
Non gli fu concesso, poiché lo sconosciuto gli afferrò il polso in una presa decisa e forte.
- Laan Kahyan! - ripeté il ragazzo dai capelli bianchi, sollevandosi col busto e mettendosi in ginocchio sul materasso.
- Ehi, aspetta... - volle interromperlo l'altro, non capendo le parole del ragazzo, ma lui non sembrò disposto a volerlo ascoltare.
- Finalmente vi ho trovata! - esclamò, sorridendogli. - Vi scongiuro, dovete seguirmi! Dovete tornare indietro! -
- Aspetta un secondo, temo ci sia un equivoco! - affermò Midorikawa, in difficoltà a causa dell'entusiasmo dell'altro. Probabilmente l’aveva scambiato per qualcun altro, ma non voleva essere scortese con una persona che era stata male e che, probabilmente, era ancora debole.
Cercò quindi di limitarsi a sottrarsi alla presa ferrea del ragazzo ma Hiroto lo anticipò, frapponendosi tra loro e osservando serio il volto dello sconosciuto.
- Dovresti cercare di calmarti - consigliò, col tono più conciliatorio che riusciva a fare in quel momento.
L'altro sembrò accorgersi di lui solo allora, e sembrò turbato. La sorpresa gli fece lasciare il polso di Midorikawa.
- E tu chi saresti? - gridò poi, arrabbiato. - Togliti di mezzo! - ordinò, allontanandolo col movimento del braccio.
A Ryuuji sembrò di vedere, anche se solo per un istante, un'ombra partire dalla mano dello sconosciuto ma non ebbe tempo di pensarci: Kiyama cadde a terra come se spinto con violenza, sbattendo la schiena.
- Hiroto! - lo chiamò, voltandosi preoccupato verso l'amico.
Ma lo sconosciuto lo prese nuovamente per il polso, questa volta con più forza.
- Finora ho vissuto per trovarvi - gli disse, osservandolo con severità. - Non potete rifiutare, non dopo così tanto tempo! - urlò, e la sua voce sembrava disperata.
- E lasciami! - questa volta Midorikawa si allontanò subito, e fece qualche passo indietro. - Devi avermi scambiato per qualcun altro - lo informò, massaggiandosi l'arto dolorante.
- No - si mostrò subito contrariato lui, alzandosi dal letto.
- Midorikawa, fai attenzione! - lo avvertì Hiroto, rialzandosi e tornandogli vicino, osservando lo sconosciuto con sospetto.
Aveva infatti sentito una forza spingerlo all'indietro, poco prima, ma era certo che nulla lo avesse toccato.
Era strano.
- Non tornerò indietro senza di voi. Noi... noi abbiamo bisogno di voi! - gridò il ragazzo dai capelli bianchi, irrigidendosi e stringendo i pugni.
La luce nella stanza era flebile, ma abbastanza per far comprendere subito ai due orfani del Sun Garden che le ombre avevano iniziato a distorcersi in modo strano.
Sembrarono allungarsi verso di loro, fino ad inglobare ogni minima luce.
La strana ombra si divise poi in innumerevoli tentacoli che si muovevano volteggiando attorno al ragazzo.
- Sapevo che vi avrei trovata qui, in questo mondo di luce - mormorò, sollevando lo sguardo. - Nessuno ci credeva, ma io sapevo! Non rimane più molto tempo. Laan Kahyan, vi prego, dovete seguirmi - intimò, tendendo la mano verso di lui.
- Si può sapere chi diavolo sei? E chi sarebbe 'Laan Kahyan'? - urlò Ryuuji, spaventato da ciò che stava accadendo ma anche irritato dal comportamento di quello sconosciuto. - Io non ti conosco, devi aver sbagliato persona! -
- So che non mi conoscete - rispose lui sorridendogli, ignorando le altre domande. Avanzò verso di lui, e subito Hiroto cercò nuovamente si mettersi tra loro, spingendo delicatamente l'amico all'indietro.
- Cosa vuoi da Midorikawa? - volle comprendere l'ex-capitano della Genesis, lanciando un'occhiataccia all'interlocutore.
- Allontanati! - ordinò ancora lo sconosciuto, duramente.
Una strana energia, causata dal movimento delle ombre, scaraventò all'indietro entrambi.
Midorikawa sbatté contro la parete e subito le ombre avvolsero le sue gambe, trattenendolo a terra.
Al tatto quegli oscuri tentacoli sembravano inconsistenti, tuttavia ben presto Ryuuji provò un forte bruciore, come se gli stessero grattando via la pelle.
Gemette di dolore, ma si sforzò di tenere gli occhi aperti, per poter osservare lo sconosciuto, che si stava lentamente avvicinando a lui.
- Perché volete continuare a fuggire? - chiese, tristemente. - Il vostro risentimento verso di noi è talmente grande? -
Si accucciò di fronte a lui e sollevò il braccio verso il suo volto. Tuttavia, l'arto non sfiorò la pelle di Midorikawa, poiché Hiroto si era rialzato e, prima che lui potesse toccarlo, lo colpì con un pugno, facendolo sbilanciare e cadere all'indietro.
Era raro che Hiroto alzasse le mani su qualcuno, ma in quel momento sentiva che il suo migliore amico era in grave pericolo, per cui non era riuscito a trattenersi, né a nascondere lo sguardo d'odio in direzione dello sconosciuto
- Non avvicinarti! - gridò, stringendo il pugno come avvertimento.
- Sei uno scocciatore! - ribatté l'altro, voltandosi verso di lui pur rimanendo seduto a terra e sollevando un braccio.
Una strana aria si sollevò dirigendosi verso Hiroto, che la percepì come se fossero innumerevoli lame. Quando cadde a terra era effettivamente coperto di ferite.
- Hiroto! - lo chiamò Ryuuji, allarmato. Cercò di muoversi, ma le ombre lo trattenevano e le gambe bruciavano ancora.
"Com'è possibile?" si chiese intanto Kiyama, cercando di rialzarsi pur affannato. Aprì a fatica gli occhi e ansimò. "Era semplice aria?" rifletté, mentre sentiva chiaramente il suo corpo dolere per le ferite.
Non avevano a che fare con qualcosa di umano, e questa consapevolezza gli fece provare sensazioni che aveva provato altre volte in passato.
Lo sconosciuto si rialzò e lo guardò.
- Non permetterò a un tanyanie come te di intromettersi - sibilò, aprendo la mano. - Hiya! - disse, e nella sua mano apparve una sfera di luce azzurra, ad ulteriore conferma della natura non umana del ragazzo.
- Hiroto, vattene! - gridò Midorikawa, intuendo ciò che stava per accadere.
Il ragazzo si preparò ad attaccare ma improvvisamente la luce si accese e le ombre sparirono.
Lo sconosciuto gemette di dolore e abbassò lo sguardo. La sfera d'energia si spense all'istante e lui si inginocchiò, ansimando, proprio come se la luce lo ferisse in qualche modo.
- Cosa sta succedendo? - esclamò Hitomiko, entrando nella stanza insieme ad altri orfani e osservando i presenti con severità.
Il ragazzo vestito di nero fece schioccare la lingua sul palato, in segno di stizza e, pur a malincuore, dovette ammettere di non essere più nelle condizioni di combattere e di dover rinunciare al suo obbiettivo.
Poggiò la mano sul pavimento. La sua stessa ombra si distorse e il ragazzo iniziò a sprofondarvi lentamente all'interno, lasciando i presenti pietrificati.
Prima di sparire del tutto, il ragazzo lanciò un'ultima occhiata a Midorikawa.
- Tornerò! - lo avvertì. - La mia missione è di riportarvi nel luogo che vi è dato, Laan Kahyan! - dichiarò, dileguandosi e lasciando gli altri immobili sul posto.
Ci furono degli istanti di silenzio, poi Mureta Hachirou, ex-centrocampista della Epsilon, boccheggiò.
- L-l'avete visto anche voi, vero? - domandò, dubitando di ciò a cui aveva appena assistito.
Nessuno gli rispose e nessuno sembrò riuscire a fare nulla fino a quando Hiroto non si sollevò e si accostò a Midorikawa, notando l'anomalo rossore nei suoi arti inferiori.
- Stai bene? - chiese.
- S-sì - rispose poco convinto, sentendo ancora le gambe bruciare. - E tu? - ricambiò poi, preoccupato per le ferite che l'amico aveva su tutto il corpo.
Non sembravano profonde, ma non c'era da fidarsi.
Hiroto fece un cenno con la testa. - Io sto bene - gli disse, aiutandolo ad alzarsi.
Ryuuji barcollò, come se non riuscisse a stare in piedi da solo. Le gambe bruciavano e sentiva la pelle tirare al più lieve movimento. Hitomiko decise di dare una mano a Kiyama.
- Cos'è successo? Chi era quello? - domandò, sorreggendo Midorikawa.
- Vorremmo saperlo anche noi, sorella - commentò semplicemente Hiroto, voltandosi con cipiglio preoccupato verso il punto dove quel ragazzo era sparito. - Davvero, vorremo proprio saperlo. -

Un solo pesante passo fece sollevare di qualche centimetro la sabbia dalla terra arida, nel silenzio della notte.
Il ragazzo dai capelli bianchi era ora circondato da grossi e maestosi alberi dalle fronde immobili. Non c'era alcun alito di vento, lì.
Lentamente e barcollando, indebolito dalla luce e dallo sforzo di utilizzare i suoi poteri, avanzò qualche passo e sollevò la testa, per osservare il letto di un imponente edificio scuro a pochi chilometri di distanza.
Sentiva il capo girare e il corpo pesante. Poggiò la mano destra su un tronco per sorreggersi e, con l'altro arto, si sfiorò la fronte.
- Se continuo in questo modo, esaurirò le mie energie - sussurrò. - Non posso permettermi di cedere, non ora. -
Decise quindi di fermarsi lì e riprendere le forze per un po'.
Attese il minimo necessario, qualche minuto, giusto il tempo per trovare la forza di procedere fino al luogo che considerava la sua casa.
Ma peccò di impazienza e, dopo pochi passi, barcollò ancora pericolosamente e rischiò di accasciarsi al suolo, se non fosse per qualcuno che, afferrandolo per le spalle, gli impedì di rovinare a terra.
- Sai! - si sentì chiamare, la voce familiare di un ragazzo. - Sai, fatti forza! -
Il ragazzo dai capelli bianchi aprì lentamente gli occhi, proprio mentre veniva raddrizzato e sorretto dal proprietario della voce.
La sua vista era annebbiata, ma riuscì a riconoscere i suoi amici. - Mirai. Sanae - sussurrò cercando di attirare la loro attenzione.
- Brutto idiota, che fine avevi fatto? - esclamò una voce femminile. - Dove sei stato, tutto questo tempo? -
- Sanae, per cortesia, abbassa la voce - sussurrò Mirai, con gentilezza. - La magia nel suo corpo è quasi esaurita, - notò, allarmato, - dobbiamo portarlo a casa e farlo riposare. -
- Amici miei... - sussurrò Sai con voce appena udibile. - Io... io ce l'ho fatta. Laan Kahyan. Ho trovato Laan Kahyan - rivelò, prima di perdere i sensi.
Le sue ultime parole non furono sentite e, in pochi minuti, il bosco rimase deserto.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


- Ne sei certo? - domandò qualcuno, con una voce calma e ferma immersa nel buio della stanza.
La camera in cui si trovava era talmente grande che le luci, piccole sfere gialle poste ad ogni parete in gruppi di tre, non riuscivano ad illuminare del tutto le tre figure dentro di essa.
A parlare era stato Mirai, un giovane dai capelli grigio chiaro, corti e ben pettinati, e dallo sguardo intelligente e gentile che ispirava fiducia.
La lunga tunica nera che indossava, e che gli copriva l'intero corpo ad eccezione del viso e del collo, si confondeva col muro scuro a cui era poggiato.
Rimase immobile e composto mentre osservava il ragazzo con i capelli bianchi che sostava davanti alla finestra, all'altro lato della stanza. L'amico ricambiò l'occhiata uno con sguardo indifferente, poi si voltò verso la finestra per scrutare il paesaggio oscurato dalla notte.
In realtà, sembrava essere prima mattina: tutto era avvolto in un placido blu chiaro che rendeva appena visibile la fitta vegetazione che circondava l'edificio, le cui mura erano nere quasi come per confondersi col buio del cielo.
Non c'erano altre abitazioni nei paraggi; quello era un luogo isolato, e si sarebbe dovuto camminare per parecchi chilometri per lasciarsi alle spalle il bosco e imbattersi nelle case.
Quel panorama non suscitò alcuna gioia in Sai, che assottigliò gli occhi quasi con risentimento.
- Sì, ne sono assolutamente certo - fu poi la sua risposta.
- Aspetta, fammi capire - proferì improvvisamente Sanae con voce energica e acuta, e dal rumore dei passi, il ragazzo comprese che lei aveva iniziato a camminare nervosamente avanti-indietro per tutta la lunghezza della stanza. Non gli fu difficile immaginarsela con le braccia conserte e il volto contratto in una smorfia di disappunto. - Sparisci senza dire una parola, ritorni più morto che vivo, e ora affermi pure di essere andato nel mondo della luce e aver incontrato Laan Kahyan? - domandò irritata, bloccandosi proprio davanti agli amici.
Il ragazzo dai capelli bianchi rimase qualche istante in riflessione, poi finalmente si voltò e scrutò lo sguardo severo della sua amica, una fanciulla minuta ma sicura di sé. I capelli rosa pallido erano legati in due code ai lati della testa e pettinati a boccolo. I grossi fiocchi neri le donavano un'aria infantile che strideva con la malizia nel suo sguardo e nel suo modo di vestire adulto e provocante: indossava infatti un top con le maniche corte che lasciava scoperto il ventre e una gonna stretta e decisamente molto corta. I tacchi delle scarpe aperte le donavano parecchi centimetri in più.
La fonte era scoperta e, in mezzo ad essa, brillava una piccola gemma rossa a forma romboidale.
Era abituato ad essere fissato dai suoi grandi occhi scuri, la cui determinazione sembrava brillare nonostante la penombra, per cui non si sentì affatto turbato e si limitò a sorridere.
- Esatto, proprio come avevo previsto. Non mi aspettavo certo di incontrarla così presto ma, evidentemente, Ella mi ha guidato - dichiarò con sicurezza. - Ma che si trovasse in quel luogo l'ho detto fin dall'inizio, e, anche se ancora non mi credete, presto sarete costretti a darmi ragione, poiché la porterò qui - esalò con solennità, socchiudendo con soddisfazione gli occhi.
- Non posso credere che esista sul serio - sbottò la ragazza. - Ma, aldilà di questo, qualunque cosa tu stia facendo, è troppo pericoloso! - affermò, facendo un passo avanti e avvicinando le mani strette a pugno al petto. - L'ultima volta eri così debole che hai rischiato la vita! -
- Questo è accaduto solo perché sono stato costretto ad utilizzare i miei poteri - ammise Sai, ripensando con amarezza a quello che era successo. - Quello in cui sono stato è un mondo strano, dove anche la luce, per quanto intensa, è corrotta e maligna. Ma non mi tirerò indietro. Ho una missione da portare a termine, Sanae - le ricordò.
A quelle parole la ragazza sbuffò rumorosamente e distolse lo sguardo quasi con disgusto. - Lascia che ti ripeta per l'ennesima volta quello che penso di questa tua fantomatica missione: è un'idiozia! -
Sai ridacchiò, con evidente atteggiamento di sufficienza. - So benissimo qual è la tua opinione al riguardo. Probabilmente tu non hai mai visto le sacre figure che la raffigurano, ma ti assicuro che la somiglianza è notevole, e io ho studiato talmente a lungo i dipinti e le statue da non potermi permettere di sbagliare. -
Sanae si irrigidì. Non riusciva a credere che il suo amico stesse mentendo su un argomento del genere; ma per lei, che non aveva mai creduto in nulla che riguardasse Laan Kahyan e la sua esistenza, non era facile ammetterlo e preferì rimanere in silenzio. L'amico sorrise vittorioso.
- In ogni caso, anche Sanae ha ragione - intervenne Mirai, facendo un solo passo in avanti. - Tu hai davvero rischiato di morire, l'ultima volta - gli ricordò con voce incerta. - Qui hai potuto riprendere le forze, ma che succederebbe se rimanessi senza energie in quel luogo? E, sopratutto, vorrei che riflettessi bene su ciò che vuoi fare e sulle conseguenze che le tue azioni comporterebbero. Se ti stessi sbagliando, ti saresti esposto per nulla - si raccomandò, pur mantenendo un tono di rispetto.
Al contrario di Sanae, Mirai sembrava credere alle parole dell'amico, tuttavia non poteva evitare di preoccuparsi, poiché non conosceva abbastanza le intenzioni di Sai e, allo stesso tempo, poteva intuire il peso che avrebbero avuto su tutti loro.
- Che sia così o meno, Mirai, mi rimetterò al giudizio di Laan Kahyan. Ella mi sta guidando, Ella mi ha scelto e quell'incontro non è altro che un segno - proferì in tono grave Sai, tornando a guardare il cielo puntellato di flebili stelle, in mezzo alle quali sovrastava un grosso astro molto simile alla Luna, ma molto più grande e meno illuminato, che dava l'impressione di starli osservando come per vegliare su tutti loro.
Provò ad immaginarla di una colorazione più chiara.
"Presto gli astri del cielo brilleranno, benedicendoci con quella luce che questo mondo non vede da secoli" pensò, e suonava molto come una promessa.

- Se non parti subito, arriverai in ritardo. -
A quell'avvertimento, Kiyama abbassò la testa, facendo una smorfia di preoccupazione.
In quel momento si trovava accanto al letto di Midorikawa e il suo migliore amico, ancora convalescente, era steso e si stava riposando.
Le ferite di Hiroto non erano nulla di serio, e anche le gambe di Midorikawa stavano guarendo in fretta.
Il rossore era sparito in pochi giorni e ora si vedevano solo delle leggere striature leggermente più rosse. Anche il bruciore era svanito, sebbene a volte Ryuuji provasse ancora un leggero dolore muovendosi.
Per questo il ragazzo dai capelli verdi si trovava ora steso a letto, stando bene attendo a non strofinare gli arti sul materasso per non farsi male, e stava ora cercando di convincere il suo migliore amico ad andare tranquillamente all'incontro per le selezioni della Inazuma Japan senza preoccuparsi di nulla.
Tra poche ore ci sarebbe stato l'incontro degli aspiranti rappresentati della nazionale giapponese e, dato che la città di Inazuma distava parecchio dal luogo in cui sorgeva l'orfanotrofio, Hiroto ci avrebbe messo almeno un paio d'ore in treno per arrivarvi; ma l'ex-capitano della Genesis non aveva alcuna voglia di andarci, troppo preoccupato per l'amico.
Era passata quasi una settimana dall'incontro -o era meglio dire 'scontro'- con quello strano tipo e da allora non erano più accaduti fatti strani.
Hiroto e Midorikawa avevano raccontato a tutti quello che era successo e per giorni avevano discusso sull'identità di quel ragazzo. Nessun essere umano avrebbe potuto fare una cosa del genere con le ombre e, considerando che l'anno prima, a Liocott, lui e la Inazuma avevano affrontato angeli e demoni, non gli era difficile credere che quel tipo potesse essere un demone -o, chissà, magari un vero alieno- né gli altri, dopo averlo visto sparire dentro l'ombra, potevano dubitarne.
Da quel momento erano tutti rimasti all'erta, e Midorikawa, principale bersaglio del ragazzo, non era mai stato lasciato solo, ma quel ragazzo aveva dichiarato che sarebbe tornato, e lui non riusciva ad evitare di preoccuparsi.
- Hiroto - lo chiamò quindi l'ex-capitano della Gemini Storm, in tono severo. - Non starai mica pensando di rinunciare, vero? -
Il ragazzo dai capelli rossi lasciò che il silenzio rispondesse per lui.
Non si fidava ad andare alle selezioni.
Certo, sarebbe tornato quella sera ma, nel caso fosse nuovamente scelto come membro della squadra, si sarebbe dovuto assentare per parecchio tempo, e temeva che, prima o poi, quel ragazzo sarebbe tornato davvero.
- Hiroto, guardami! - intimò allora Ryuuji, prendendoli il volto con entrambe le mani e costringendo a sollevare lo sguardo.
- Va tutto bene. Ormai è passata una settimana, chiunque fosse quel tizio avrà capito di aver sbagliato persona. E poi, nel caso, ci sono anche gli altri, no? Non mi avete lasciato un attimo solo, in questi giorni! -
- Ma hai visto quello che ha fatto! Potrebbe attaccare tutti e portarti via! -
Midorikawa sospirò e abbassò gli arti, tornando ad appoggiare la schiena sui cuscini. - Rimanere qui non cambierebbe le cose. -
- Lo so, ma mi sentirei male se scoprissi che quel tipo è tornato. Preferisco fronteggiarlo con voi, anche se la mia presenza non cambierà nulla. -
L'ex-capitano della Gemini Storm rimase in riflessione qualche istante. Comprendeva il ragionamento dell'amico, ma gli sembrava comunque strano che quel ragazzo decidesse di tornare dopo una settimana.
Certamente la presenza di Hiroto avrebbe cambiato le cose.
- Se non accadesse nulla, avrai rinunciato ad una cosa così importante per niente - decise infine di dirgli.
- Tra te e il torneo, il più importante sei tu - asserì con sicurezza Kiyama.
Ryuuji sentì chiaramente l'imbarazzo colorargli le gote, ma non poté evitare di sorridergli, felice di ciò che aveva sentito.
- Grazie. Ma voglio che tu vada, dico sul serio. -
Qualcuno bussò alla porta e, senza attendere risposta, Reina entrò nella stanza.
- Ehi. Tutto ok? - domandò, sorridendo.
Ormai Midorikawa era abituato al via-vai di gente nella stanza che condivideva con altri orfani. Gli era stato consigliato di non muoversi molto, e i suoi fratelli e sorelle lo tenevano sotto stretta sorveglianza per evitare incidenti.
La cosa stava diventando un po' seccante, tuttavia il ragazzo le sorrise e le fece cenno di avvicinarsi.
- Per niente! Hiroto non vuole andare alle selezioni della Inazuma Japan - si lamentò Ryuuji.
- Eh? E perché? - chiese allora lei stupita, accostandosi al fratello adottivo.
- Perché dice che quel tizio potrebbe tornare - rispose Midorikawa, senza dare il tempo all'amico di replicare.
Yagami si sedette sul bordo del letto di Ryuuji.
- Dubito tornerà proprio oggi che non ci sei. Senza contare che, da quel che ci avete detto, quello è sensibile alla luce e stiamo tenendo questa stanza costantemente illuminata. Ci pensiamo noi a proteggerlo, quindi non farti scrupoli, d'accordo? -
Hiroto, ancora indeciso, lanciò un'ultima occhiata a Midorikawa che, sorridendogli, annuì con un cenno della testa.
Sospirò.
- Va bene. Forse avete ragione - si arrese, alzandosi.
- Sì che abbiamo ragione. E vedi di concentrarti, va bene? Se vieni scartato, ti picchierò! - lo minacciò scherzosamente Ryuuji.
- Chi ti dice che supererà le selezioni? Potrebbero esserci giocatori più bravi di lui, in Giappone - commentò Yagami in tono provocatorio, incrociando le braccia a petto e voltandosi verso Midorikawa.
Hiroto trattenne un sospiro. Lui e Reina si volevano bene, ma la ragazza ancora non sopportava l'idea che Hiroto la superasse nel calcio, per cui fu certo che lei non ci sarebbe stata poi troppo male nel caso lui non passasse le selezioni.
- Sono sicuro che ce la farà - asserì senza alcuna esitazione il ragazzo dai capelli verdi. - La sua abilità non è nemmeno paragonabile a quella dell'anno scorso. -
Kiyama si lasciò andare ad una risatina, riconoscente per quelle parole e lasciò la stanza per prepararsi.

Osservava il paesaggio oltre il finestrino del treno cambiare velocemente e non riuscì ad evitare di ripensare all'anno precedente, quando aveva preso il treno insieme a Midorikawa per andare alla Raimon.
Ricordava l'entusiasmo di Ryuuji, ricordava che si era detto ancora incredulo per quella opportunità. Era intimamente nervoso al pensiero di incontrare i ragazzi della Raimon, persone a cui aveva fatto del male, a cui aveva distrutto la scuola, anche se cercava di non darlo a vedere, nascondendosi dietro una maschera di superficialità.
Distolse lo sguardo, osservando l'interno del vagone, provando ad immaginarsi l'amico accanto. Sospirò.
"Spero davvero non accada più nulla. Non è venuto lui da noi, ma siamo stati io e Midorikawa a trovarlo e portarlo al Sun Garden, e non credo abbia fatto finta di stare male. Quindi mi sembra strano che voglia qualcosa da Midorikawa. Forse è stato davvero uno scambio di persona, ma sarebbe una coincidenza strana" rifletté, tornando a guardare fuori. "E l'esperienza mi ha insegnato che in certi casi non esistono casualità."
Non era ancora riuscito a sottrarsi da quei pensieri, quando varcò il cancello della scuola. Non aveva avuto difficoltà a trovare la strada, poiché l'aveva già percorsa parecchie volte, per cui si diresse senza esitazioni alla palestra, dove erano ormai tutti presenti.
Facendo scorrere lo sguardo nella stanza, riconobbe quasi tutti i suoi ex-compagni di squadra e anche persone che avevano partecipato alle selezioni senza essere accettati, come Shadow e uno di quei tre fratelli della Kidokawa Seishuu di cui non ricordava il nome.
Il suo sguardo si fermò per un attimo su Endou e Gouenji, che stavano parlando con due ragazzi che non aveva mai visto: uno aveva i capelli biondi, molto lunghi. Lì per lì, a Kiyama ricordò vagamente Terumi Afuro, con la differenza che aveva i capelli mossi e la frangia che gli ricopriva l'occhio destro. Da quella posizione, non riusciva a vedere bene il secondo aspirante membro della Inazuma Japan, che era abbastanza robusto e aveva i capelli castani e corti, ma con le orecchie semi coperte da grosse basette che gli arrivavano fino alla mascella.
Il capitano della Raimon sembrava parlar loro con molta facilità, e si chiese per non li conoscesse già. Ma, conoscendo Endou, poteva anche star cercando di fare amicizia in quel momento.
Non si stupì di trovare tutti lì. Lui era partito tardi, ed era logico essere l'ultimo ad arrivare a destinazione.
Gli bastò fare un paio di passi per essere notato da Toramaru
- Hiroto-san! - lo chiamò, avvicinandosi a lui con un sorriso.
Nel sentire il nome dell'amico, anche Endou si voltò e lo raggiunse immediatamente.
- Hiroto! Lo sapevo che ci saresti stato anche tu! Ne stavamo parlando prima - gli disse, sorridendogli.
- Mi scuso del ritardo - mormorò lui.
Il capitano della Raimon si piegò in avanti, in modo da affacciarsi fuori dalla palestra, e si guardò attorno con aria interrogativa.
Intuendone il motivo, il volto di Kiyama si rattristò appena.
- Sono venuto da solo - li informò.
- Oh - esclamò dispiaciuto Mamoru, tornando dritto. - Peccato. Ero certo che vi avrei visti entrambi. -
- Già... - commentò sottovoce Hiroto. - Non mi aspettavo certo che tutti i membri della Inazuma Japan rimanessero invariati, ma avrei davvero voluto che ci riunissimo almeno alle selezioni - confessò, evidentemente deluso.
- Non sarebbe stato possibile in ogni caso - intervenne Kidou, avvicinandosi pacatamente come al suo solito. - Tsunami e Hijitaka sono ormai alle superiori, per cui non possono più partecipare al torneo. -
- Ci sono un po' di facce nuove, quest’anno - disse Endou, ritrovando la sua allegria. - Non vedo l'ora di misurarmi con loro e di sapere chi parteciperà! -
Hiroto rise, contagiato dall'entusiasmo del capitano della Raimon, tuttavia non riuscì a rimanere concentrato a lungo, nemmeno quando si mise a parlare con gli altri.
In pochi minuti, Hibiki e Kudou fecero il loro ingresso, seguiti dalle manager, e come l'anno precedente annunciarono la partita di selezione dividendo i presenti in due squadre.
I capitani furono ancora una volta Endou e Kidou, e questa volta lui fu incluso nel gruppo B, quello di Yuuto.
Fu tutto quello che capì, troppo impegnato a pensare a chi era rimasto al Sun Garden.
Sapere che per quel giorno non ci sarebbe stato altro lo rassicurò, e non riuscì a trattenere un sospiro.
Non se ne accorse, ma in quel momento Kazemaru, che si trovava proprio accanto a Hiroto, si voltò a osservarlo.

- Hiroto! Ti va di fare due tiri? - lo chiamò Mamoru, correndo verso di lui per poterlo raggiungere.
Kiyama, che si stava dirigendo velocemente verso l'uscita, si fermò e si voltò appena, osservando l'amico raggiungerlo insieme agli altri.
- Mi spiace, credo passerò. Preferisco tornare subito a casa - spiegò, con un po' di dispiacere. In altre circostanze sarebbe stato felice di poter allenarsi con i suoi amici, ma in quel momento proprio non riusciva a togliersi dalla testa il pensiero di dover fare ritorno al Sun Garden il prima possibile.
Endou sembrò sul punto di insistere, quasi non accettasse l'idea che qualcuno potesse rifiutare quella proposta, ma ebbe la maturità di stare zitto, benché fosse palesemente deluso.
- È successo qualcosa? - domandò improvvisamente Ichirouta, attirandosi gli sguardi di tutti.
Capendo di dover dare spiegazioni, si mise la mano destra sul fianco o continuò ad osservare l'ex-capitano della Genesis. - Ti ho visto pensieroso, oggi. Anzi, direi piuttosto 'preoccupato'. -
Hiroto lo fissò con meraviglia, ma infine sorrise rassegnato.
- Era così evidente? - domandò retorico, ammettendo implicitamente che l'amico aveva ragione.
In quel momento comprese subito di dover raccontare ciò che lo impensieriva, e ragionò sul modo migliore di esporre la bizzarra vicenda.
Non si preoccupò di quanto assurdo potesse suonare alle orecchie di chi non aveva assistito alla scena: era certo che i suoi compagni gli avrebbero creduto, senza contare che anche loro, come Inazuma Japan, avevano assistito a un paio di avvenimenti strani a Liocott.
Così, seduto sulle panchine nel giardino della scuola, Hiroto spiegò per filo e per segno ciò che era successo giorni prima.
- Hai detto che manovrava le ombre? - domandò Fubuki, pensieroso.
- Ci stai prendendo in giro? - domandò il ragazzo dalle basette imponenti, Suzaku Natsuhiko, facendo una smorfia di diffidenza. Lui e l'altro ragazzo con cui aveva visto Endou parlare, Hakunu Kaoru, avevano dapprima accettato di fare una partitella con gli altri, anche per legare con persone che avevano già avuto occasione di fare amicizia, avevano poi deciso di seguire il gruppo e ascoltato il racconto di Kiyama, comprensibilmente interdetti.
- So che è difficile crederlo - intervenne allora Gouenji, voltandosi a guardarli. - Ma non sarebbe la prima volta che esseri non umani appaiono sulla Terra - cercò di difendere l'amico.
Come aveva infatti previsto Hiroto, infatti, per Endou e gli altri non fu difficile credergli sulla parola ed esibivano ora espressioni ugualmente preoccupate tanto quando lui.
- Ehi, ho un'idea! Perché non andiamo a trovare Midorikawa e facciamo la partita lì? - propose improvvisamente Endou.
- Perché non mi stupisce che tu abbia fatto una proposta del genere? - lo prese in giro Kazemaru, che tuttavia concordava appieno l'idea.
L'iniziativa ottenne grandi consensi, almeno da chi conosceva l'ex-numero 13 della Inazuma Japan.
- Non abita lontano? - si intromise infatti Suzaku. - Non ne varrà la pena, dato che da domani ci alleneremo insieme. Io passo - decise, sbuffando e voltandosi dall'altra parte. Dal tono di voce, probabilmente non credeva ad una sola parola di quello che aveva detto Kiyama.
- Non è detto - lo fermò Fubuko, sorridendoli. - Non saranno stati selezionati, ma gli orfani del Sun Garden sono molto bravi nel calcio. In effetti, mi piacerebbe poter giocare contro tutti loro, questa volta da semplici rivali - affermò, con voce assorta, quasi stesse parlando tra sé.
Inutile dire che Endou guardò il giocatore di Hokkaido con pura adorazione.
- È un'ottima idea! - esclamò. Poi si voltò verso Kiyama. - Hiroto, tu credi sia possibile? In questo modo ci accerteremo della situazione, rivedremo Midorikawa e giocheremo con gli altri, che sarà un buon allenamento. -
Kiyama non rispose subito, mostrandosi stranamente esitante. Poi, però, ridacchiò.
- Credo che gli altri saranno fin troppo felici di aver l'occasione di prendersi una rivincita, sai? - lo avvertì.
Ogni tanto al Sun Garden capitava di parlare della Raimon, e delle partite che avevano giocato quando facevano parte della Aliea.
A quei tempi loro non si godevano il calcio, senza contare che la situazione era complicata, ma furono proprio Endou e i suoi amici ad insegnare loro il vero significato di quello sport.
Per questo, spesso, si chiedevano come sarebbe stata una partita pacifica.
Giocando tra loro avevano riscoperto il piacere di giocare, ma erano in tanti ad essere competitivi, e quelle ai tempi della Aliea erano pur sempre delle sconfitte.
- Vi ringrazio - disse infine, alzandosi dalla panchina. - Non so perché, ma questo mi rassicura - confessò. - Ci vuole un po' per arrivare, spero che nessuno di voi abbia impegni questo pomeriggio - li avvertì poi, sorridendo.

Grazie alla decisione presa dai suoi compagni di squadra -temporanei o meno non aveva importanza- il viaggio di ritorno fu più piacevole.
Hiroto avvertì Hitomiko della visita, ma chiese di tacere la cosa a Midorikawa per fargli una sorpresa.
Questo implicava anche tenere la bocca chiusa con tutti gli altri orfani poiché, proprio come aveva detto una volta Midorikawa, in orfanotrofio le voci giravano velocemente.
Con loro c'erano anche Kaoru e Suzaku. Il primo non aveva ancora commentato il racconto di Kiyama, ma aveva semplicemente chiesto se c'erano ragazze carine al Sun Garden e se erano single. Era una domanda che aveva porto anche alle manager, per cui dava l'impressione di essere un dongiovanni. Il secondo sembrava essere stato convinto dalla prospettiva di un mini torneo con più di cinquanta altri ragazzi bravi nel calcio, ma ribadì la sua perplessità verso il racconto di Kiyama.
Quando arrivarono era primo pomeriggio.
Il sole batteva implacabile e a Hiroto ricordò una partita delle selezioni asiatiche dell'anno precedente, tuttavia fu certo che questo non sarebbe comunque stato un problema per nessuno di loro.
Gli orfani erano impegnati nelle pulizie, quando gli aspiranti membri della Inazuma Japan fecero il suo ingresso all'orfanotrofio.
Un gruppo era uscito per fare la spesa, ma Midorikawa stava aiutando alcuni fratelli a lavare i vetri e, quando Endou e gli altri fecero capolino nel corridoio, il ragazzo quasi cadde dalla scala dallo stupore.
Furono immediatamente circondati dal gruppetto di orfani e, ben presto, l'entusiasmo e lo sconcerto attirarono anche gli altri inquilini in quel momento impegnati altrove, chi a pulire le stanze chi a studiare nelle rispettive camere.
Per i membri che avevano fatto parte della Raimon durante il periodo della Aliea fu davvero strano rivedere le persone che, un tempo, erano sembrate loro ostili e pericolose.
Era irreale vederli così spensierati e allegri, ora erano semplicemente dei normalissimi adolescenti alle prese con i problemi quotidiani, ma indubbiamente faceva loro piacere sapere che erano riusciti a rimettere in sesto le loro vite, senza più alcun risentimento verso il mondo intero.
Chi invece era del tutto estraneo ai fatti accaduti in passato non poté che stupirsi dell'entusiasmo con cui furono accolti gli altri, ma Kaoru, alla vista delle ragazze, si illuminò e partì subito in quarta provando ad attaccare bottone con An e Ai, fin quando le occhiatacce di altri orfani particolarmente protettivi non lo fecero desistere.
Endou attirò poi l'attenzione annunciando l'intenzione di organizzare un mini-torneo prima del giorno della partita di selezione, ma Midorikawa si avvicinò a Hiroto e lo prese in disparte, visibilmente preoccupato.
- Dimmi la verità, - esalò subito, con sguardo di rimprovero, - hai detto loro quello che è successo, vero? -
Kiyama gli sorrise. - Sono diventato prevedibile - scherzò pacatamente, volgendo lo sguardo verso i loro amici. - Mi dispiace, ma non sono riuscito a nascondere la mia preoccupazione, e loro hanno capito subito che c'era qualcosa che non andava - spiegò.
Dopo qualche istante di silenzio, tornò a guardare l'amico. - Si sono preoccupati subito - concluse, palesando il proprio sollievo nel tono di voce.
A Ryuuji non rimase altro che sospirare e tornare con gli altri.
Parlarono un po' di quel ragazzo misterioso e Midorikawa ripeté più volte che, a quel punto, si era certamente accorto dell'errore che aveva commesso ed era sicuro che non sarebbe più tornato.
L'ex-capitano della Gemini Storm era convinto di questo, perciò non voleva più menzionare l'argomento, così Endou portò il discorso su un eventuale partita di allenamento contro di loro.
- Volete sfidarci? Che stiamo aspettiamo? - esclamò in quel momento Kurando, ben felice di poter confrontarsi ancora una volta con Endou e i suoi amici.
L'entusiasmo fu immediatamente placato da Hitomiko, che fece la sua improvvisa comparsa dietro di loro con la sua solita aria intimidatoria familiare anche a Endou.
- Voi non uscirete di qui fino a quando non avrete finito le pulizie - ordinò perentoria, senza lasciarsi irretire dallo stato d'animo dei suoi fratelli adottivi.
Di fronte alla premura dei suoi ospiti era stata comprensiva, ma non avrebbe permesso ai suoi fratelli minori di sottrarsi ai loro doveri: come ripeteva spesso, chi non contribuiva ai lavori di casa avrebbe saltato la cena!
Mamoru si offrì immediatamente di aiutarli, naturalmente seguito dai suoi amici, e si mise davvero di impegno per finire in fretta tutti i lavori che c'erano da fare, in modo da liberare gli altri e poter finalmente giocare a calcio.
I suoi compagni di scuola alla Raimon, che lo conoscevano bene, lo osservarono sorpresi, non ricordando di aver mai visto il capitano tanto entusiasta nel fare le pulizie come quel giorno.
Ben presto l'orfanotrofio fu lindo e pulito, e Hitomiko ampiamente soddisfatta del risultato, per cui non ci furono più impedimenti e il corposo gruppo fu libero di andare al campo da calcio e mettersi d'accordo, tuttalpiù che altri orfani erano nel frattempo tornati a casa e coinvolti immediatamente nell'improvvisato mini-torneo, non prima che Kaoru vedesse Fumiko e le dichiarasse amore eterno. Rischiò la vita per mano di Reina e Kiyoshi e presto comprese che forse gli conveniva darsi una calmata.
Nemuro chiese ai suoi fratelli se avrebbero sfidato il gruppo di Endou dividendosi esattamente nelle stesse squadre della Aliea, ma la proposta fu subito bocciata da Yuki.
Dividersi in cinque squadre significava non avere riserve, senza contare che in quel momento non erano presenti tutti e cinquantacinque gli orfani del Sun Garden: Nagumo e Suzuno erano tornati in Corea, a presumibilmente avrebbero sfidato la Inazuma Japan durante il torneo come membri della Fire Dragon, inoltre in molti diedero per scontata la presenza di Hiroto e Midorikawa tra le fila di Endou, sempre se Ryuuji se la sentiva di giocare nonostante il dolore seppur leggero alle gambe, cosa che il ragazzo dai capelli verdi dichiarò subito di voler fare.
Ma Hiroto, con gran stupore di tutti dichiarò di voler giocare nella stessa squadra dei fratelli, mentre Midorikawa non aveva nemmeno preso in considerazione l'idea di essere incluso nel gruppo della aspirante Inazuma Japan.
Siccome sarebbe stato impossibile far giocare tutti gli orfani durante una sola partita, e dato che quattro partite in un solo giorno sarebbero state troppe per Endou e gli altri, decisero di giocare due partite quel giorno, e le altre due il giorno successivo.
La prima partita vedeva la squadra di Endou, nominata comunque Inazuma Japan, contro il Sun Garden A composta da Kurando come portiere, Kakoru Satori, Morino Rumi, Hagakure Koutarou, Gokukawa Kantarou e Hanesaki Gouta come difensori, Midorikawa, Mutou Satoshi, Nitou Honoka, Tsumujino Touji, e Akutsu Kiyoshi come centrocampisti, e Hiroto e Miura come attaccanti.
Davanti alla porta, Mamoru si sistemò meglio i guanti e non riuscì ad impedirsi di osservare con attenzione coloro che in quel momento erano con lui in campo.
Gran parte dei membri delle due squadre si erano conosciuti e scontrati come rivali e lui stesso, rivedendo quei visi, non poté evitare di rievocare vecchi ricordi del periodo dell'invasione della Aliea.
Trovarsi lì faceva uno strano effetto, ma nei volti dei ragazzi non c'era più traccia di ostilità, ma solo un genuino entusiasmo.
Gli orfani del Sun Garden non vedevano l'ora di confrontarsi con le persone che li avevano sconfitti ormai più di un anno prima; il loro orgoglio li spingeva a desiderare di poter vincere per avere una sorta di rivalsa e gli aspiranti rappresentanti del Giappone vedevano nelle partite contro di loro un ottimo allenamento.
Shuuji fischiò il calcio d’inizio e chi stava assistendo alla partita osservò con grande attenzione tutte le azioni in campo. Persino Hitomiko si prese il disturbo di dare un'occhiata, intimamente incuriosita dalla prospettiva di quelle partite di allenamento.
Benché ormai avesse smesso anche di allenare i suoi fratelli adottivi, come aveva fatto ad esempio con Saginuma e Midorikawa ai tempi del Footbal Frontier Internation e anche con Hiroto dopo il suo ritorno da Liocott, era comunque consapevole delle potenzialità e della forza dei ragazzi che ancora allevava all'orfanotrofio, ed era ansiosa di vedere come avrebbero giocato le due fazioni.
Era chiaro a tutti che il livello della squadra che avevano conosciuto come Raimon fosse aumentato enormemente, tuttavia la partita fu avvincente e per nulla scontata.
Il primo goal fu segnato da Hiroto, cosa che non diede poi troppa soddisfazione ai suoi fratelli e compagni di squadra, che lo vedevano ancora come un muro insormontabile, il più forte tra loro.
Da quel momento, non volendo sfigurare in confronto all'ex-capitano della Genesis, parecchi membri del Sun Garden A provarono ad attaccare senza sosta. Ma Endou dimostrò di essere ancora un ottimo portiere.
Nel primo tempo la Inazuma segnò due punti, uno di Gouenji e l'altro di Kaoru, che ci teneva a mettersi in mostra davanti alle belle ragazze dell'orfanotrofio e ammiccò alla povera Fumiko, che si limitò distogliere lo sguardo seccata.
Nessuno riuscì più a segnare fino al secondo tempo, quando Miura riuscì a mandare in porta la palla, anche grazie ad un precisissimo passaggio di Midorikawa, che con Hiromu aveva un'intesa più che perfetta.
La partita rimase in parità fino agli ultimi minuti, quando l'accoppiata vincente Gouenji-Toramaru diede prova della sua efficacia e li portò in vantaggio.
Poi Shuuji fischiò la fine della partita.
Molti degli orfani del Sun Garden si sentirono delusi, avendo voluto per una volta vincere contro la squadra che ancora vedevano come 'la Raimon', ma era innegabile che si fossero divertiti e, senza risentimento, iniziarono a fare complimenti agli avversari, complimenti che vennero ricambiati con uguale intensità.
Midorikawa, dopo aver bevuto avidamente l'acqua della borraccia, si buttò a terra seduto, ansimando.
Quando giocava contro Endou e gli altri alla fine si sentiva sempre più stanco del solito, perché con avversari del loro calibro la concentrazione era sempre al massimo e il desiderio di giocare alla loro altezza era forte, tuttavia si sentiva anche sempre più felice. Benché fosse una persona competitiva, quel risultato non lo disturbava.
Fino a quel momento l'adrenalina e il divertimento non gli avevano permesso di sentire il dolore agli arti inferiori ma, rilassandosi improvvisamente dopo il fischio finale, iniziò a sentirle ancora bruciare.
- Ah, che male alle gambe - non riuscì ad impedirsi di dire, osservandosi gli arti arrossati con una leggera smorfia di dolore. Le striature rosate sembravano leggermente più scure di prima.
- Stai bene? - gli domandò Hiroto, avvicinandosi a lui dopo averlo sentito lamentarsi, preoccupato per le sue condizioni.
Midorikawa, prima dell'inizio della partita, aveva assicurato agli altri più volte sulle condizioni delle sue gambe, dichiarando di essere certo di poter giocare una partita intera, ma era impossibile per lui evitare di crucciarsi.
- Sì, sì - si affrettò a rassicurarlo Ryuuji, sorridendogli. - Nulla di grave, tranquillo. Brucia un po', ma è sopportabile. -
Kiyama attese di essersi seduto accanto a lui, prima di ribattere: - Non vorrei che ti fossi sforzato troppo. Non eri costretto a giocare subito. -
- Sarebbe stato crudele impedirmi di giocare con voi dopo aver portato Endou-kun e gli altri qui apposta - lo rimproverò bonariamente il centrocampista, ridendo leggermente. - E poi, a dire la verità, adesso mi sento davvero meglio - confessò, con sollievo nella voce.
Alzò gli occhi al cielo. - Ora che ho potuto confrontarmi con gli altri, posso rinunciare al torneo a cuor leggero - mormorò. Tornò a guardare l'amico. - Alla fine, la cosa più importante per me è riuscire a giocare ancora con tutti voi, e questa partita mi ha fatto capire che non partecipare a un torneo non ci impedirà mai di giocare tra noi. Grazie, Hiroto. -
Il ragazzo dai capelli rossi ricambiò il sorriso. - Credo di capire cosa intendi. Ma non sono l'unico che devi ringraziare. Anzi, a dire il vero provo la stessa tua gratitudine nei confronti di Endou-kun e gli altri. Come dire, renderli partecipi di ciò che è successo mi ha tranquillizzato - confessò, in qualche modo in imbarazzo.
- Forse perché loro sono in grado di risolvere ogni problema. Noi lo sappiamo per esperienza - disse Ryuuji, facendo scorrere lo sguardo sui loro amici, che stavano in quel momento chiacchierando con i loro fratelli adottivi. - Non importa quale sia la difficoltà, loro ci hanno insegnato ad affrontare tutto e a contare sui compagni - sussurrò malinconico, col tono di chi voleva ricordare quelle parole a se stesso.
L'unica cosa che rimpiangeva del non partecipare al Football Frontier International era di non poter stare più tempo con persone come loro. Era certo che, se avesse potuto giocare al torneo, si sarebbe goduto quei momenti al massimo, invece di essere ossessionato dall'essere all'altezza come l'anno precedente.
Rimase in silenzio ad osservarli qualche secondo poi, quasi per evitare di farsi prendere dallo sconforto, si rialzò pieno di entusiasmo.
- Bene, io gioco anche la prossima partita! - dichiarò a voce alta, attirando l'attenzione di tutti.
- Cosa? Perché? - gli disse Honba, voltandosi verso di lui con la fronte corrucciata.
- Perché sono venuti a trovare me - si giustificò con noncuranza Ryuuji. - Però questa volta gioco con loro, se non è un problema - propose, guardando verso gli aspiranti rappresentanti del Giappone per cercare approvazione.
Nessuno ebbe obiezioni e attesero che gli altri si mettessero d'accordo su chi avrebbe giocato la seconda partita.
Nemuro fu scelto come portiere, ma proprio in quel momento Saginuma passò per il campo tornando a casa e, informato del mini-torneo, insistette e quasi costrinse il piccolo portiere dai capelli verdi a cedergli il posto, pur tenendolo in squadra come secondo portiere, poiché l'ex-capitano della Epsilon non escludeva di poter andare in attacco o in centrocampo a un certo punto della partita.
Il suo sguardo deciso bastava a mettere in guardia gli altri e i membri della Inazuma Japan compresero subito che non sarebbe stato facile segnare e, infatti, questo successe solo nel secondo tempo, e solo con Miyuki in porta, che pure era un osso duro. Anche Osamu si diede da fare in attacco, ed Endou non poté proprio parare i suoi terribili attacchi.
Saginuma era migliorato tantissimo, ed era un peccato, pensò, che ormai fosse alle superiori, perché sicuramente, questa volta sarebbe stato convocato alle selezioni.
Anche il ragazzo dai lunghissimi capelli scuri era consapevole di questo e, per quanto gli dispiacesse, trovava comunque soddisfazione nelle espressioni sbigottite degli avversari.
- Che vi succede? - esclamò quindi, con un ghigno. - Come pensate di affrontare il mondo se vi fate battere adesso? Evidentemente, durante questi mesi, avete dormito sugli allori - li provocò.
Le sue parole sortirono l'effetto sperato, e la Inazuma Japan tornò all'attacco, riuscendo a segnare ancora.
Mentre osservava una azione della squadra avversaria, Endou notò distrattamente scure nuvole cariche di pioggia, che sembravano volersi avvicinare.
Non ci badò, poiché il cattivo tempo non era mai stato un ostacolo per loro.
Tuttavia, in pochi secondi, il cielo si scurì con una rapidità e con una intensità inusuale, tanto da spingere tutti a fermare il gioco e a scrutare il cielo con preoccupazione.
Le grosse nuvole sparirono all'improvviso, inglobate dal manto nero dell'oscurità. Sembrava che la notte si fosse manifestata con molte ore di anticipo e, in mezzo al campo, apparve una circolare ombra nera, dentro cui apparve quello sconosciuto tanto temuto da Hiroto e dagli altri.
Al campo calò un silenzio carico di tensione. Il viso del ragazzo aveva un colorito più sano, benché la sua carnagione fosse naturalmente chiara, e i suoi occhi neri non c'era più traccia né di stanchezza né di impazienza.
Sorrise.
- Ma non è possibile! - esclamò Midorikawa, in uno sfogo di esasperazione.
Convinto com'era di non rivederlo mai più, sopratutto dopo la settimana trascorsa dal loro primo incontro, Ryuuji non riusciva proprio a credere che si fosse fatto vedere di nuovo e che, quindi, fosse ancora convinto di poter trovare lì ciò che cercava.
Incurante dell'aria grave che lo circondava, Sai osservò i presenti, riconoscendone solo alcuni, poi avanzò con calma verso Midorikawa.
Quella pacatezza non prometteva nulla di buono e, istintivamente, gli altri si misero davanti all'amico, come per proteggerlo.
- Di nuovo tu? - tuonò Kazuo, ex-Satosu della Prominence. - Ma non hai ancora capito di aver sbagliato persona? -
Il ragazzo dai capelli bianchi si bloccò e gli scoccò un'occhiata di sufficienza, ignorando le sue parole.
Sembrò ponderare su cosa dire, infine sorrise. - Non ho nulla da dire a voi - disse e, tendendo il braccio destro davanti a sé, aprì per bene la mano.
Midorikawa e Hiroto capirono ciò che stava per accadere ma non fecero nemmeno in tempo ad avvertire gli altri dell'imminente pericolo che, al comando 'horan', un'ombra si estese rapidissimo sul terreno, passando anche sotto i piedi dei presenti. L'attimo dopo la terra si sollevò, travolgendo i ragazzi, che si ritrovarono a terra doloranti.
Solo Ryuuji rimase incolume, e comprese che quel ragazzo non aveva voluto colpirlo, tuttavia fece un passo indietro, spaventato.
- Chi sei? - domandò.
L'altro sorrise, onorato dal suo interessamento nei suoi confronti, e si portò una mano sul petto in un elegante gesto di educazione.
- Sono il più fedele dei vostri seguaci, mia signora. Il mio nome è Sai. -
Midorikawa inarcò le sopracciglia, risentito, e gli mostrò un sorrisino di scherno - Ecco la prova che hai sbagliato persona. Io sono un maschio! - rivelò.
- Perdonatemi - replicò Sai, per nulla turbato dalla notizia.
Il ragazzo dai capelli verdi comprese che le intenzioni dell'altro non erano cambiare, e lo trovò strano.
Avrebbe voluto chiedergli delucidazioni, poiché la situazione stava diventando sempre più assurda e voleva capirci qualcosa prima che quel ragazzo facesse del male ai suoi amici, ma pensava che non avrebbe ottenuto risposta.
Con sua sorpresa su lo stesso Sai a parlare: - Immagino la vostra confusione, e non mi stupisce - disse infatti, con tono dolce. - È evidente che voi non sapete nulla. -
- Infatti! - gridò Ryuuji, stringendo i pugni. - Cosa vuoi da me? Chi credi che io sia? -
- Voi siete la persona che ci ridarà la luce. Vi abbiamo attesa per tanto tempo. Ma abbiamo aspettato invano, e ora comprendo il motivo: voi non ricordate. -
Parlava con così tanta sicurezza che quasi Midorikawa ne fu sopraffatto.
- Cosa dovrei ricordare? - domandò con nervosismo.
- Il mondo a cui avete negato la luce - mormorò tristemente Sai. Subito dopo riuscì a riacquistare il proprio contegno e, con fare solenne, s’inchinò con un ginocchio a terra. - Laan Kahyan, la grande luce, l'illimitata conoscenza, la nostra creatrice e unica divinità. Da quanto tempo vi adoriamo, rivolgendovi le nostre preghiere. Voi, amareggiata per il comportamento dei miei simili, dei miei antenati, avete abbandonato il nostro mondo e avete portato con voi la luce. Ma io vi ho trovata. Non importa se vi siete incarnata in un tahyanie, non importa a quale sesso appartenga questo vostro attuale corpo. Io sono qui per riportarvi nel vostro luogo d'origine, poiché abbiamo bisogno della vostra guida - spiegò. Poi, silenziosamente, si rialzò. - Vi prego, ora, di seguirmi - concluse.
Ryuuji, comprensibilmente confuso, non sapeva cosa pensare. Non aveva capito nulla di quello che aveva detto Sai, ma era ancora più convinto che quel ragazzo avesse sbagliato persona.
- Tutto questo è assurdo - mormorò semplicemente, indietreggiando ancora.
A quelle parole Sai comprese i sentimenti della persona che aveva davanti a sé e, sconsolato, sospirò.
- Vi chiedo di perdonarmi - esalò. - Non volevo arrivare a tanto ma, se vi ostinate a non tornare, mi vedrò costretto a mancarvi di rispetto e ad usare la forza - rivelò, e non attese alcuna reazione da parte del proprio interlocutore.
Subito, infatti, le ombre si distorsero e si staccarono dal terreno. Come liane, afferrarono Midorikawa per le gambe e per le braccia, impedendogli qualsiasi movimento.
Il ragazzo dai capelli verdi sentiva quelle ombre pesanti e, come se non bastasse, percepiva ancora una sorta di bruciore.
Stringendo i denti e reprimendo un lamento, si sforzò di scoccare un'occhiataccia al ragazzo. Solo in quel momento, complice l'energia dell'attacco di Sai che sollevava un leggero vento, notò una specie di piccola fessura chiusa sulla sua fronte.
Il ragazzo sembrò accorgersi solo in quel momento dell'effetto che il suo attacco faceva a Ryuuji e, pur non cessandolo, assunse un'espressione triste.
- Il corpo dei tahyanie è così fragile... ma presto le cose torneranno come devono essere - disse, avvicinandosi. Lo scrutò per bene in volto. - Che begli occhi... - mormorò, quasi soprappensiero. - Hanno il colore dell'oscurità. Non potete nemmeno immaginare con quale piacere mi accorgo che avete ancora gli stessi occhi di noi tahginie - confessò con un sorriso, allungando la mano verso il volto di Ryuuji che, pur non volendo farsi toccare, non era nelle condizioni di respingerlo.
- M-Midorikawa! - gridò Hiroto allarmato, rialzandosi a fatica.
Il suo richiamo sembrò ridestare alcuni ragazzi, che si alzarono a loro volta.
- Il fanciullo impudente di quel giorno - ricordò Sai, il cui sguardo si indurì. - Non ti permetterò di interferire ancora! -gridò, preparandosi ad attaccare.
Kiyama avrebbe dovuto essere ben consapevole del pericolo che stava correndo, tuttavia era troppo arrabbiato per pensarci, deciso più che mai a liberare l'amico e allontanare per sempre quel tizio.
- Fermati! - ordinò Ryuuji che, al contrario, non poteva dimenticare che Hiroto era già stato ferito.
Sai, come se istintivamente volesse evitare di disobbedire a quella che considerava la sua divinità, si bloccò e sembrò calmarsi.
Ma vedendo tutti gli altri rialzarsi e avvicinarsi a loro, decise di afferrare Midorikawa con un braccio e andarsene proprio come aveva fatto la volta precedente.
Hiroto chiamò ancora il suo amico e fratello adottivo, iniziando a correre verso di loro nella speranza di riuscire a salvarlo.
Allungò il braccio verso di lui e, nonostante le liane d'ombra che gli rendevano difficili i movimenti, anche Ryuuji riuscì a fare lo stesso, tanto che le loro dita riuscirono a sfiorarsi per un istante.
Ma, quando Kiyama chiuse la mano per afferrare quella di Midorikawa, quest'ultimo non c'era già più, trascinato da Sai dentro l'ombra già svanita nel nulla.
Prima che se ne rendesse conto, il cielo era tornato terso e il terreno intonso, come se non fosse mai successo nulla.
Tutto intorno era calmo e silenzioso, tranne gli animi dei presenti.
Ci forno pochi istanti di sconcerto, poi Hiroto si inginocchiò a terra, proprio dove Midorikawa era svanito, e gridò, in uno sfogo tanto disperato quanto inutile.
Benché avessero sentito ciò che aveva detto quel ragazzo, infatti, non sapevano dove avesse portato Ryuuji, né cosa volesse fare di lui. E, sopratutto, non sapevano come raggiungerli.
Nessuno ebbe la forza di dire o fare nulla, condividendo tutti i medesimi sentimenti.
- Sembra che io sia arrivata tardi - fu la voce femminile, seria e pacata che echeggiò nell'aria.
I presenti sollevarono la testa, giusto in tempo per vedere una seconda ombra apparire nel terreno, da cui apparve una distinta donna anziana.
Era vestita completamente in bianco e indossava una lunga tunica, che ricordava vagamente la veste delle sacerdotesse, ornata con decorazioni color avorio.
Il volto mostrava tutti i segni degli anni che aveva vissuto e i capelli bianchi erano legati in un grosso chignon ornato da piccole e innumerevoli treccine.
In mezzo alla fronte brillava una piccola gemma arancione.
La donna rimase immobile, accogliendo con indifferenza gli sguardi increduli dei ragazzini, e guardandoli a sua volta con dignitosa severità.






Note finali: eccovi finalmente il secondo capitolo della long. Lungo, come lo saranno presumibilmente tutti gli altri successivi capitoli.
Qui, più che altro, è perché ho inserito le due scene della partita. Sono stata indecisa fino all'ultimo sull'inserirle o meno, però ho pensato che Inazuma Eleven è pur sempre un anime sul calcio, per cui le partite dovevano esserci u_u
Non ho molto altro da dire; qui finisce l'introduzione, dal prossimo capitolo si inizierà a capire cosa sta succedendo XD Solo che nel frattempo non sono andata molto avanti con la stesura, quindi non so quando pubblicherò. Questa fiction si sta rivelando un parto…
I due nuovi selezionati della Inazuma Japan, Suzaku e Kaoru, non sono OC, ma scout character del videogioco, rispettivamente Suzaku Natsuhiko e Hakunu Kaoru.

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