I Capitolo
La luce del sole arrivò, flebile
e quasi timorosa, attraverso un cielo denso di nuvole, illuminando di tanto in
tanto la terra sottostante ogni volta che riusciva a fare capolino, filtrando
dalla finestra con le tende leggermente dischiuse di un vecchio motel di un
quartiere degradato.
Fu come svegliarsi e ritrovarsi
in un incubo, per Catherine, quando, convinta che
tutto quello che aveva visto la notte appena trascorsa si fosse trattato solo
di un sogno, capì che il sogno era stato quello che le aveva impedito, per
pochi istanti, di credere il contrario.
Si alzò lentamente dal letto,
sistemandosi alle bene e meglio i capelli rossi dietro
alle orecchie e cominciando a cercare febbrilmente il cellulare.
Scostò con stizza le lenzuola con
le gambe, balzando giù dal letto e cominciando a rovistare dappertutto. Svuotò
del contenuto la sua borsa da viaggio, passando poi a fare lo stesso con la sua
borsa personale e con i cassetti del piccolo comodino che aveva accanto al
letto.
Si fermò un attimo, affannando,
cercando di concentrarsi per ripercorrere con la mente tutte
le azioni che l’avevano vista utilizzare il cellulare, fino a quando non
ricordò di essersi addormentata con quest’ultimo in mano. Scostò con un solo
energico strattone le lenzuola, privandole completamente al letto, trovando,
finalmente, l’oggetto delle sue ricerche, il cui rivestimento dalla fantasia
zebrata spuntava appena da sotto alla federa del cuscino.
L’afferrò con ansia, accendendolo
subito e rimanendo in attesa.
Quando, recuperato un briciolo di
lucidità, che minacciava di scomparire da un momento all’altro, ebbe capito che
non avrebbe trovato nessun messaggio e nessuna chiamata persa, lo scaraventò
con forza contro lo specchio dalle dimensioni umane posto su una parete quasi del
tutto spoglia della camera, urlando e piegandosi su se stessa per sopprimere i
singhiozzi che minacciavano di farla scoppiare a piangere di nuovo.
Light si svegliò di soprassalto,
spalancando i suoi occhi nocciola e prendendo ad affannare.
-
Che succede, Light? – gli chiese lo shinigami che non
aveva smesso un attimo di seguirlo da quando il
ragazzo aveva trovato il suo quaderno.
-
Niente, Riuk… solo un brutto
sogno – gli rispose, passandosi una mano sul volto sudato, scompigliandosi un
po’i corti capelli castani tenuti sempre perfettamente in ordine durante il
giorno.
Riuk
continuò ad osservarlo curioso, divorando poi in un sol boccone la mela che si
stava girando da un bel po’ tra le mani dalle dita sottili e scarne.
-
Cos’hai sognato? – chiese ancora lo shinigami, curioso
di sapere, stavolta, se il sogno del ragazzo poteva attribuirsi ad un ipotetico
senso di colpa.
-
LIGHT!!!!!! - .
-
Oh, no… - pronunciò appena il ragazzo, quando ebbe
riconosciuto la voce stridula che lo aveva appena chiamato, sotto una risata dello
shinigami.
-
Light! Finalmente ti sei svegliato! Misa
Misa si sentiva tanto sola! – esclamò la
bionda, saltando sul letto del ragazzo, incurante della profonda scollatura e
delle dimensioni ridotte del suo vestito nero, che nello slancio si erano
ridotte ulteriormente, prendendo poi a baciarlo.
-
Misa… - disse Light infastidito, cercando di
allontanare da se la ragazza che, dopo un po’, decise di limitarsi a stare
seduta sul bordo del letto. - Cosa ci fai qui? – le chiese poi, tirandosi su a
sedere.
-
Misa è venuta a portare la colazione a Light! – urlò
quasi la ragazza, afferrando poi il sacchetto che conteneva dei croissants, che aveva letteralmente lanciato sul comodino
del ragazzo per saltare addosso a quest’ultimo, sventolandoglielo poi davanti
agli occhi.
Light guardò di sfuggita la
sveglia, ignorando la ragazza e imprecando mentalmente. Fulmineo, si alzò e
recuperò i vestiti preparati la sera prima su una sedia, scomparendo poi in
bagno, dal quale uscì poco dopo, con l’aspetto ordinato e impeccabile di sempre.
-
Avanti, andiamo – disse, col suo solito modo
autoritario, alla bionda, aprendo poi la porta, aspettando di essere raggiunto
da quest’ultima.
-
Ma… Misa Misa
vuole fare colazione con Light!!! – protestò la ragazza, incrociando le braccia
a mò di dispetto e assumendo un’espressione imbronciata da bambina capricciosa,
che irritò non poco Light.
-
Misa, è tardi, non ho tempo per fare colazione – le
spiegò pazientemente, cercando di non perdere la calma e di non guastare la sua
solita espressione imperturbabile.
Misa Amane continuò a tenere lo
stesso atteggiamento, sotto le risate dello shinigami, cosicché Light fu
costretto a chiudere la porta e ad avvicinarsi a lei, ricorrendo al solito
sistema infallibile.
Si chinò e la baciò con
trasporto, con somma sorpresa di lei, separandosene poco dopo e guardandola
negli occhi.
-
Ti prometto che domani faremo colazione insieme – le
disse con la sua tipica maschera adorabile, che, come ogni volta, non mancò
anche allora di sciogliere Misa.
La ragazza rimase a contemplarlo,
arrossendo e annuendo senza dire una parola, facendosi poi trascinare dal
ragazzo verso la porta e fuori dall’appartamento, che
Light si premurò di lasciare non prima di essersi accertato di aver preso il
Death Note.
-
Aaaaaaaaaah!!!
– urlò improvvisamente Misa, uscendo dal suo stato di trance, e facendo
prendere un colpo a Light e allo shinigami, che la fissò sorpreso coi suoi
inquietanti occhi gialli. – Domani Misa Misa
farà colazione con Light! – esclamò poi, prendendo a saltellare di qua e di là
in preda all’euforia.
-
I tuoi propositi di disfartene sono ancora validi? –
chiese Riuk a Light, che ora aveva uno sguardo
omicida rivolto alla ragazza.
-
Validissimi Riuk, mi serve
solo un altro po’ di tempo – asserì, senza farsi sentire dalla bionda,
prendendo poi a dirigersi verso il centro operativo.
Non seppe dire per quanto tempo
stette ad osservare la sua immagine riflessa in quelle schegge, di quello che
una volta era uno specchio, sparsi sulla moquette rossa della camera.
Continuò ad osservarli a lungo, incapace
di muoversi e volgere lo sguardo altrove. Ciò che osservava era esattamente
l’epilogo che aveva avuto la sua vita. Era andato tutto in frantumi.
Sogni, progetti, futuro… non
esisteva più nulla.
Trattenne ancora una volta
l’impulso di scoppiare a piangere, calandosi poi lentamente a recuperare una
scheggia dalle dimensioni più grandi delle altre, osservandone poi attentamente
quello che sembrava essere il lato più affilato.
Se la portò al polso,
procurandosi un lievissimo graffio dal quale uscì comunque un altrettanto sottile
rivolo di sangue, che andò a infrangersi contro la moquette e a perdersi nell’identico
colore di quest’ultima.
-
Ahi! – . Si fece
scappare il coltello di mano, che cadde sulle mattonelle bianche della cucina
della Wammy’s House, emettendo un suono metallico che
attirò all’istante l’attenzione del ragazzo dai capelli corvini.
-
Fa vedere – le
chiese, lasciando trasparire appena un po’ di apprensione, invitando la ragazza
a mostrargli il
dito ferito che non la smetteva di perdere copiosamente sangue.
-
Non è niente – disse quando ne ebbe appurata la gravità, sorridendo mentre
osservava il suo viso contratto in una smorfia di dolore. Scoppiò a ridere.
-
Fai presto tu a
parlare! – esclamò risentita, lanciando un’occhiataccia al ragazzo che, pur non
smettendo di ridere, le stava avvolgendo il dito in un pezzo di stoffa
strappato dalla maglia bianca.
-
Guarda che la
torta non te la preparo più – lo minacciò, facendolo impallidire, scoppiando a
ridere a sua volta, abbracciandolo e ricevendo in cambio un tenero bacio sulla
fronte.
Pianse, mentre vide il sangue
scorrerle ancora dal polso… e nessuno che la soccorresse strappandosi un pezzo
di stoffa dalla maglia, pur trattandosi di una ferita lieve.
Lasciò cadere la scheggia di
vetro, che non mancò di scheggiarsi a sua volta ulteriormente.
Si asciugò le lacrime,
intenzionata, definitivamente, a far più luce sulla morte della persona che amava.
La sua testa elaborò diverse alternative febbrilmente, arrivando alla
conclusione che, in ogni caso, partiva da zero.
Scartò l’ipotesi di ritornare
alla Wammy’s House e, prima di pensare ad un piano
per non farsi venire a cercare, decise di vestirsi e uscire ad attuare le prime
mosse necessarie alla sua indagine.
-
Light! – esclamò Soichiro quando vide il figlio entrare di corsa dalla porta della
sala operativa.
-
Buongiorno – rispose prima ancora che le porte
metalliche si richiudessero dietro di lui, col suo solito tono di voce
moderato, ricevendo in risposta un saluto uguale dagli
altri membri del gruppo d’indagine.
-
Hai fatto tardi stamattina - gli fece notare Matsuda,
nel tentativo di impostare la voce in un timbro scherzoso, che gli riuscì male.
L’atmosfera era pesante, notò
subito Light, decidendo di marcare ulteriormente la sua espressione funerea per
rendersi fintamente unanime al dolore.
-
Ho avuto visite – rispose poi a Matsuda
con una faccia seccata, indicando la ragazza bionda che era entrata dopo di
lui.
-
Come stai? – chiese Soichiro
a suo figlio, avvicinandosi a lui e mettendogli una mano sulla spalla.
- Come stai? -.
Catherine
impiegò un po’ di tempo per rispondere, inspirando profondamente e stringendo
convulsamente la cornetta del telefono pubblico in mano.
-
È un incubo… - disse Light, abbassando lo sguardo per
tentare di formulare una frase di dispiacere che suonasse
come tale.
-
Mi manca l’aria, Sam… è come
vivere in un incubo… - rispose all’amico, stringendo ancora più forte la
cornetta tra le mani.
-
Posso capirlo, figliolo. È stato uno shock per tutti… e
dev’esserlo stato ancora di più per te, che eri
diventato suo amico – gli rispose comprensivo Soichiro,
facendo più salda la stretta sulla spalla del suo ragazzo per dargli conforto.
-
Mi dispiace tanto, Kate… -
riuscì a malapena a dire Sam, con un nodo in gola per
il dispiacere che provava anche lui.
-
E adesso? – chiese in un tono volutamente disperato Matsuda, volgendo i suoi occhi verso Light.
-
Cos’hai intenzione di fare, adesso? – le chiese il
ragazzo.
-
Continueremo le indagini – rispose risoluto Light, con
sguardo sicuro, improvvisandosi leader.
-
Voglio indagare… - rispose con un fil
di voce Catherine, prendendo ad arrotolarsi intorno
ad un dito il filo che collegava la cornetta all’apparecchio pubblico.
-
Come?? – chiese scettico Matsuda,
credendo che la morte di Ryuzaki avesse decretato la
fine di tutto.
-
Cosa?? – chiese l’interlocutore della ragazza, facendo
trasparire palese agitazione dal tono della voce usato.
-
Ho in mente un piano e mi serve la collaborazione di
tutti – rispose brevemente Light, attirando l’attenzione di tutti i presenti.
-
Ho un piano… e per attuarlo ho bisogno di te, Sam… - accennò Catherine.
-
Spiegati, Light – lo invitò Soichiro,
dando voce alla richiesta che avrebbero voluto fare tutti i presenti.
-
Un piano?? Kate,
non vorrai… - .
-
In breve… - disse Light.
LIGHT - Voglio vendicare Ryuzaki.
KATE – Voglio vendicare Ryuzaki.
Angolino dei commenti…
AngelVirtues,
fattelo dire, hai avuto un’idea geniale!!! Grazie per
aver postato questo capitolo *____*
Era da un po’ che avevo in mente
di scrivere una cosa simile… perché anche a me, come a te, non è andato giù il
finale… e, visto lo splendido capitolo che hai postato, quale modo migliore per soddisfare
il mio sadicismo nei confronti di Light??
*Parte la risata alla Sig. Burns* *____* XD
Accorrete gente! Se anche a voi
non è piaciuto il modo in cui è finito questo capolavoro, partecipate e
sfogatevi qui XD Prepariamo una vendetta coi fiocchi per Yagami
Light, su *___* Non fatevi pregare *___* XD
HOPE 87