Of chocolate & carrot cake_Frozen Anniversary di StarFighter (/viewuser.php?uid=120959)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1: First Impressions ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2: May I (pt.2) ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3: I owe you a kiss ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4: Warm hands on a torn heart ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5: Cold as ice ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6: Still beating ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7: Say it again...(and they lived happily ever after) ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1: First Impressions ***
-FIRST IMPRESSIONS-
Il
vento turbinava furioso attorno a loro e, nonostante la
neve avesse smesso di cadere già da un pezzo, il tenere gli
occhi aperti continuava
ad essere una sfida. Con la slitta sarebbe stato molto più
semplice avanzare,
ma sfortunatamente il suo fidato mezzo di locomozione si trovava sul
fondo di
un crepaccio, assieme a tutti i suoi averi. Come fosse riuscito ad
invischiarsi
in una situazione del genere era un mistero anche per lui: certo,
anche altre
volte si era ritrovato nel bel mezzo di una tormenta, ma mai
volontariamente.
Con un tempo del genere era meglio stare al chiuso e quanto
più al caldo
possibile. Ed era quello che aveva programmato per quella notte, ed
invece
aveva ricevuto un sacco pieno di carote in faccia.
A
nulla erano valse le sue proteste e le sue parole
scortesi, alla principessa non si poteva dir di no.
-“Partiamo
all’alba.”- aveva acconsentito a malincuore.
-“Partiamo
subito.”- gli aveva ordinato con la voce più
ridicola che avesse mai sentito- “Subitissimo!”
Ed
eccoli, nel bel mezzo della montagna, ad arrancare nella neve,
congelati fino al midollo, appena scampati ad un branco di lupi
famelici. Per
lui sarebbe stato facile raggiungere la Montagna del Nord entro il
primo
mattino, senza fermarsi: sapeva cavarsela all’aperto, anche
in condizioni
estreme, e se stancarsi fino allo sfinimento per ritrovare al
più presto la
regina significava liberarsi della svampita che continuava ad
inciampare alle
sue spalle, sarebbe stato più che felice di stancarsi fino a
stramazzare al
suolo. Tanto con quel tempo, chi diavolo avrebbe avuto bisogno di
ghiaccio?
Aveva tempo per riposare.
Ma la principessa
sembrava essere di tutt’altro avviso: rallentava ad ogni
passo, sbuffava come
una teiera e Sven continuava a darle piccoli colpetti con il muso per
mantenerla in equilibrio, per evitare che cadesse per la quarta volta
nel giro
di dieci minuti.
-“Stupida
gonna. Stupida neve. Stupida El-…no, lei no.”- la
sentì blaterare sottovoce.
Si
voltò a guardarla e sospirò rassegnato: aveva le
guance
arrossate dal freddo e faticava a tenere su l’orlo della
gonna, bagnato dalla
neve.
Scambiò
uno sguardo con Sven. La renna grugnì in disappunto,
scuotendo le corna. Dobbiamo fermarci,
altrimenti dovrai portarla in braccio. È questo che vuoi?- sembrò
suggerirgli l’amico.
Kristoff
scosse energicamente il capo, non prendendo nemmeno
in considerazione l’eventualità di doversi
fermare. Lo sguardo che gli rivolse
Sven avrebbe potuto ucciderlo.
Espirò
sconfitto, fermandosi di colpo. La slitta.
Ricordati della slitta!- si disse, ripetendoselo come
un mantra.
-“Forse
dovremmo fermarci. Dobbiamo riposare.”- le disse in
tono che non ammetteva repliche.
-“M-ma…no.
Dobbiamo trovare Elsa!”- protestò lei.
-“È
pericoloso vagare per la montagna quando si è stanchi,
potremmo cadere in un crepaccio o non vedere arrivare una
valanga.”- tagliò
corto.
-“Ma
io non sono stanca. Posso andare avanti fino a
domattina se è necessario.”- argomentò,
incrociando le braccia al petto, prima
che un sonoro sbadiglio sfuggisse dalla sua bocca, confermando le
teorie di
Sven. Sembrava proprio che la renna ne sapesse più di lui in
fatto di umani.
-“Dicevi?”-
le chiese retoricamente.
Anna
distolse lo sguardo, rossa in viso: “D’accordo, ma
per
poco. Quanto basta per arrivare sani e salvi da Elsa.”- si
guardò attorno-
“Dove dovremmo fermarci? Non vedo nessuna baita da queste
parti, né un
qualsiasi riparo.”-
-“Infatti,
ci fermeremo qui.”- le disse indicando il terreno
imbiancato.
La
principessa sgranò gli occhi. Aprì e chiuse la
bocca,
come per dire qualcosa, ma nessun suono lasciò le sue labbra.
Kristoff
inarcò un sopracciglio interrogativo: “Cosa
c’è?”-
le chiese.
-“Quando
dici qui,
intendi nel bel mezzo del bosco, nella neve?”- si
lamentò.
-“Si,
perché?”-
-“Qui è
freddo.”- protestò.
-“Beh,
ci sono delle coper-…”- cominciò,
indicando alle
spalle di Sven.
No,
quelle sono nella slitta, in fondo al crepaccio.- lo
corresse una vocina nella sua testa. Anna lo guardava in attesa di una
risposta: “Allora?”- chiese impaziente,
strofinandosi le mani inguantate.
-“Allora
non abbiamo nulla con cui coprirci.”-
sbottò-“Quello che ci servirebbe, è
tutto nella slitta e come vedi qui non
c’è!”- sottolineò
l’ovvio che le sfuggiva.
-“Quindi?
Dovremmo congelare?Trova una soluzione, santo
cielo, non sei un montanaro? Non sei abituato a situazioni del
genere?”- gli
chiese, cominciando a muoversi sul posto per scacciare il freddo.
-“No,
in realtà quando fuori nevica preferisco stare al
chiuso, come tutta la gente normale, in una stalla ad esempio, proprio
dove mi
hai trovato.”- le rispose a tono, con le nuvolette di
condensa che gli uscivano
dalla bocca. La temperatura continuava a scendere.
Dovevano
al più presto trovare una soluzione o riprendere il
cammino, altrimenti sarebbero congelati per davvero.
Cominciò a guardarsi
attorno, come se la risposta che cercava, potesse spuntare
all’improvviso dal
sottobosco innevato.
-“Allora?”-
gli chiese di nuovo dopo poco, distraendolo.
-“Ci
sto pensando…”- rispose secco, non voltandosi
nemmeno
nella sua direzione. Poi il suo sguardo cadde su Sven che aspettava
paziente
una loro decisione: “C’è
Sven.”- proruppe, fulminato
dall’idea-“Lui è
abbastanza caldo per tutti e tre. Dormiremo appoggiati a
lui.”-
-“Aspetta,
che?”- borbottò la principessa.
Sentitasi
chiamare in causa, la renna trotterellò tra loro
due e si accucciò nella neve, guardando prima Anna e poi
Kristoff, invitandoli
silenziosamente a seguire il suo esempio.
-“Sven
è una fonte di calore inesauribile.”- le
spiegò
brevemente, battendo una mano sulla testa dell’amico.
-“Non
ne dubito…ma, non abbiamo un’altra scelta? Un
fuoco
magari?”- gli sorrise incoraggiante, con i denti che
cominciavano a battere.
-“Se
non te ne fossi resa conto è da poco nevicato, la legna
è bagnata o peggio ghiacciata. Dubito che riusciremo a tirar
su un falò capace
di scaldarci.”- le rispose sedendosi nella neve accanto a
Sven, poggiandosi al
fianco della renna, che emanava un piacevole tepore, purtroppo a
malapena
percepibile a causa del freddo pungente che sembrava aumentare di
minuto in
minuto.
Anna
lo guardò indecisa, poi lo imitò e si sedette
accanto a
lui, tirandosi le ginocchia al petto e sistemandosi la gonna.
Portò una mano
sul fianco di Sven e un versetto di apprezzamento le sfuggì
dalle labbra
chiuse, quando il calore dell’animale si irradiò
dalla punta delle sue dita,
facendole tornare la sensibilità alla mano congelata.
-“Che
ti dicevo.”- le disse Kristoff, chiudendo gli occhi e
sistemandosi meglio.
-“Fa
ancora troppo freddo.”- si lamentò di nuovo Anna,
tirandosi il mantello fin sotto il mento.
Kristoff
fece finta di non averla sentita, e continuò a
tenere gli occhi chiusi in attesa che il sonno arrivasse; ma Sven gli
colpì la
spalla con le corna, facendolo sobbalzare: “Che
c’è ora?”- sbottò scocciato,
voltandosi verso l’amico.
La
renna per tutta risposta grugnì, indicando Anna con il
capo e poi prese a pungolargli il braccio, con il muso umido.
Si
voltò a guardarla e una strana sensazione gli fece
attorcigliare lo stomaco: aveva gli occhi chiusi, tremava tutta e si
teneva le
braccia strette attorno al corpo, per preservare quel poco calore
rimastole.
Ignorarla non era più un’opzione possibile: anche
se l’avesse voluto, il
battere incessante dei suoi perfetti denti bianchi, lo avrebbe tenuto
sveglio.
Sven
lo spinse ancora:“Fa
qualcosa!”- l’amico
glielo stava
praticamente urlando.
Sospirò
demoralizzato, capendo solo in quel momento in che
guaio si era cacciato, acconsentendo di portare la principessa di
Arendelle su
per la Montagna del Nord: “Vieni qui.”- le disse,
voltandosi nella sua
direzione.
-“Mmm,
cosa?”- rispose lei presa alla sprovvista, aprendo
gli occhi.
-“Avvicinati,
su.”- la esortò.
Anna
scivolò più vicina a lui, senza fare domande e
quando
Kristoff le passò un braccio sulle spalle, saltò
via allarmata: “Ma che stai
facendo?!”- scoppiò, inchiodandolo con lo sguardo.
-“Cerco
di non farti congelare, cos’altro?”-
-“Beh,
bel modo di tenermi al caldo. Se non lo avessi ancora
capito, io sono fidanzata.”- puntualizzò
scandalizzata.
-“Che?”-
la guardò sconvolto-“Guarda che non mi interessi
in
quel senso. Cerco solo di farti sopravvivere…”- così da potermi liberare presto di te,
ma questo evitò di dirlo ad
alta voce-“ Mi sembrava d’averti sentito dire che
hai ancora freddo, beh questo
è l’unico altro modo per sentirne meno:
più stiamo vicini, meno calore si
disperde…è uno dei fondamentali della
sopravvivenza all’aperto, ma di certo sua
grazia ha interpretato male le mie
azioni!”- sbottò, guardandola arrossire oltre il
limite: non riusciva davvero a
capire dove finisse il rossore dei geloni e dove cominciasse il rosso
dell’imbarazzo.
-“Cosa
ti aspettavi? Mi hai presa alla sprovvista.”-
temporeggiò- “Comunque, il calore di Sven mi
basta. Grazie per l’interesse.”-
disse evitando di incrociare il suo sguardo, mentre si risistemava al
suo
posto, stringendosi il mantello sulle spalle.
Kristoff
scosse il capo sconfitto: “Fa’ come ti pare. La
vita è tua.”- poi si voltò verso Sven
che aveva osservato in silenzio tutto lo
scambio di battute e gli rivolse un’occhiata eloquente: devo smetterla di darti retta!
La
renna lo ignorò e si accoccolò di più
nella neve,
poggiando il capo sulle zampe piegate.
Nel
giro di due minuti, il battere dei denti di Anna riempì
di nuovo il silenzio, e questa volta Kristoff la ignorò per
davvero: se voleva
morire di ipotermia, erano affari suoi; lui aveva fatto il possibile
per
aiutarla a scacciare il freddo e poi se si trovavano in quella
situazione era
tutta colpa sua: lui non sarebbe dovuto essere lì e lei
sarebbe dovuta essere
al castello, nel suo letto!
Poi
più niente e un secondo dopo, il fruscio delle vesti della
principessa, lo richiamò al presente. Non aprì
gli occhi ma, quando sentì le
piccole mani di Anna prendere il suo braccio e passarselo sulle spalle,
rimase
sorpreso.
-“Non
dire niente. Non dire niente e ricorda, fi-dan-za-ta.
Tienilo bene a mente.”- la sentì mugugnare contro
il tessuto pesante della sua
casacca, mentre si stringeva di più a lui.
-“Tranquilla,
non invidio affatto il tuo Hans.”-
ridacchiò tra sé, mentre con
movimenti incerti, esitava ancora a poggiare anche l’altro
braccio sulla
schiena tremante di Anna. Era così piccola tra le sue
braccia, che temeva di
farle del male se avesse fatto movimenti troppo bruschi.
-“Cosa
vorresti insinuare?”- scattò lei, alzando la
testa,
guardandolo dritto negli occhi.
-“Lo
vuoi davvero sapere?”- la punzecchiò con tono
irriverente.
-“Certo!”-
escalmò.
Kristoff
sospirò: “Non lo vuoi davvero sapere.
Fidati.”- la
strinse di più a sé, cercando di essere il
più delicato possibile, ma ad Anna
sembrò di essere strattonata-“Ora chiudi la bocca
e dormi, principessa. L’alba
è vicina, ci aspetta una lunga e faticosa marcia e non ho
intenzione di
trascinarti incosciente su per la montagna.”-
puntualizzò.
Anna
tacque, non prima d’avergli assestato una bella
gomitata nelle costole, fingendo di sistemarsi meglio, guadagnandosi un
verso
infastidito dal suo improbabile compagno di viaggio.
Poi il sonno li sorprese
all’improvviso, lasciando che la
quiete tornasse a regnare sovrana in
quell’angolo incontaminato di montagna, rimandando la
discussione alle prime
luci dell’alba.
NdA: buon salve gente! ;) che
dire? Siccome non se li fila
nessuno ‘sti due, ho deciso di istituire il Kristanna-month
qui su efp, per
riabilitare un po’ questa coppia CANON, buttata a mio parere
nel baratro della
dimenticanza! XD So che questa idea delle shot non è molto
originale di per sé,
ma visto che sui siti stranieri si sbizzarriscono a colpi di oneshot e
headcanon, che a mio parere sono dei veri
e propri capolavori, mi sono detta perché non
provarci? Di headcanon ce
ne sono a bizzeffe su questi due e quindi il mio progetto è
di scrivere una
shot ogni giorno, per un mese, o almeno fino al 19 di dicembre, data
d’uscita
italiana del film. Io ho raggruppato un bel po’ di materiale,
ma se voi avete idee,
canon o headcanon che siano, fanart che vi ispirano particolarmente o
volete
semplicemente leggere una shot su commissione, beh non avete che da
chiedere e
per quanto in mio potere esaudirò i vostri desideri XD Detto
questo non mi
rimane che da dirvi, ci si legge domani! :)
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Capitolo 2 *** Capitolo 2: May I (pt.2) ***
Headcanon:
Anna’s hands splashing him in a creek on a hot summer day.
-May I (pt.2)-
Tutto
era cominciato quella mattina, con una semplice
domanda, ti andrebbe di fare un giro con
la slitta nuova? Che poi il suo interlocutore avesse
balbettato parole
senza senso, guardandosi la punta degli stivali e arrossendo fin quasi
a farla
preoccupare per la sua salute, quello era tutto un altro discorso.
Come
avrebbe potuto dirgli di no, se glielo chiedeva con
quella faccia? Anna era un essere umano come tutti e non aveva
abbastanza forza
di volontà per un diniego educato e principesco, come ci si
sarebbe dovuto
aspettare da lei, soprattutto se a chiederle di fare un giro era
Kristoff.
Lo
stesso che, praticamente, l’aveva sistematicamente
evitata dopo il disgelo di Arendelle, scappando a testa bassa ogni
volta che la
incrociava per caso tra le stradine del regno, che l’aveva
ignorata dopo il
loro primo bacio…dopo il suo primo
bacio! E Anna, non riusciva davvero a spiegarsi il suo comportamento:
perché
baciarla e poi sparire dalla circolazione? Ne aveva parlato con Elsa e,
tutto
quello che la sorella era stata in grado di dirle, dall’alto
della sua composta
sapienza, era stato che, molto probabilmente, il suo era stato un gesto
dettato
dalla gioia del momento, dalla felicità di essere ancora
vivi dopo tutto quello
che era capitato, e aveva concluso con un non
pensarci troppo.
E
ci aveva provato, dio solo sapeva quanto si era sforzata
di non pensarci, di non indugiare troppo sul ricordo di quel bacio,
sulla
piacevole sensazione delle labbra di Kristoff premute sulle sue, o
delle sue
braccia strette attorno alla sua vita.
Aveva
fallito miseramente, passando ogni istante, ogni
giorno, delle ultime due settimane, a pensare a quel momento, in cui si
era
sentita libera da ogni vincolo convenzionale, in cui si era spogliata
di ogni obbligo
relativo al suo status ed era stata solo Anna, non la principessa di
Arendelle,
non la seconda in linea di successione al trono, ma solo una ragazza
sbadata ed
imbranata, che aveva praticamente corrotto un montanaro, per farsi
portare da
sua sorella. Insomma una… normale.
Aveva passato ore intere
a fantasticare su una possibile replica di quella scenetta, che aveva
battuto
di gran lunga ogni romantico scenario per il suo primo bacio, che la
sua mente
aveva costruito durante tutti quegli anni, leggendo romanzi
d’amore, nascosta
dietro le tende della biblioteca.
Ed
ora si trovava lì, in mezzo alla natura, sopraffatta
dalla calura atipica di quella giornata estiva che le toglieva il
fiato, con i
piedi in un ruscelletto, non molto lontano dalla valle dei troll. Il
tocco
fresco dell’acqua che le scorreva contro le caviglie e la
lieve brezza che le
scompigliava i capelli, sarebbero stati più piacevoli se
sulla riva non ci
fosse stato Kristoff, intento a saziare la sua fidata renna con le
carote che
lei si era premurata di sottrarre impunemente dalle cucine del
castello. Non
che la sua compagnia la infastidisse, anzi, ma quando le aveva chiesto
di
andare a fare un giro, aveva pensato a qualcosa di diverso, qualcosa
che aveva
a che fare con lo spiegare la sua improvvisa timidezza nei suoi
confronti, o ancora
meglio a qualcosa per fugare ogni dubbio su quello che aveva
significato per
lui quell’unico bacio.
Purtroppo
non aveva ricevuto né l’una né
l’altra cosa, ma
solo un imbarazzante e persistente silenzio, dopo i convenevoli di
rito. Aveva
cercato di tirarlo fuori da quell'ostinato mutismo, ma i suoi
sforzi erano
stati vani e, cosa molto strana per la sua instancabile parlantina,
aveva
smesso di provarci, cercando di distrarsi in tutti i modi possibili.
Sapeva,
per esperienza personale, che Kristoff non era uno a cui piaceva
parlare molto,
ma diamine, lì si sfiorava il ridicolo: perché
invitarla e poi ignorarla quasi?
-“Ti
dispiacerebbe riportarmi a casa?”- gli disse, ormai
arresasi a quella situazione surreale.
-“Cosa?”-
scattò lui, preso alla sprovvista.
-“Ho
detto: ti dispiacerebbe riportarmi ad Arendelle?”-
ripeté secca, scalciando l’acqua con la punta dei
piedi, senza incrociare il
suo sguardo.
-“P-perché?
Qualcosa non va? T-ti senti male? Hai bisogno di
qualcosa?”- blaterò velocemente, andandole
incontro.
-“Rispettivamente:
perché si; si, qualcosa non va; no e
si.”- rispose ironica.
Kristoff
la guardò senza capire, aggrottando le
sopracciglia: “Che?”-
-“Perché
mi hai chiesto di venire con te?”- gli rispose
ignorando il suo sconcerto.
-“B-beh
mi sembrava una buona idea…anche Sven l’ha
approvata. Era per p-passare del tempo insieme.”-
l’ultima parte la borbottò
sottovoce.
-“L’idea
di base è apprezzabile, ma dev’esserti sfuggito
qualcosa durante il processo di attuazione.”- gli disse
facendo qualche passo
nella sua direzione, uscendo dall’acqua.
-“Cosa?”-
-“La
lingua.”- sbottò.
-“Aspetta,
che?”-
-“Praticamente
mi sono tenuta compagnia da sola e Sven ne è
testimone.”- lo accusò, indicando la
renna-“Non hai fatto altro che startene in
silenzio, da quando siamo arrivati qui. Non che mi aspettassi ballate e
sonetti
recitati a memoria da te, il che riflettendoci sarebbe stata una scena
esilarante…”- blaterò tra sé.
-“Potrei
farlo, se tu lo volessi, intendo cantarti ballate e
cose così, anche se non ne conosco, ma poteri impararle per
te.”- si affrettò a
dire lui, interrompendo quel monologo, inciampando sulle parole e
arrossendo
oltre il limite dell’umano.
Il
cuore di Anna perse un battito e la sua espressione abbattuta,
si addolcì a quelle parole, mentre un
morbido sorriso le piegò le labbra: “D-davvero, lo
faresti?”- gli chiese con
voce sottile.
Kristoff
annuì solamente.
Anna
gli si avvicinò ancora: “Sarebbe una cosa davvero
carina, ma non mi interessano le ballate e i sonetti in questo
momento.”-
puntualizzò, ritrovando la voce sicura e sfacciata di
qualche istante prima-“Il
punto è che, speravo in qualcosa di più, ad
esempio che avremmo parlato di
quello che è successo, che avremmo riso delle situazioni
irreali in cui siamo
capitati o…o di quello che è successo,beh, al
porto.”- farfugliò, torturandosi
le mani-“Sai… quella cosa, dopo averti mostrato la
slitta nuova...”- anche le
sue guance avevano cominciato ad imporporarsi, mostrando
irrimediabilmente il
suo crescente imbarazzo.
-“Oh.”-
riuscì solo a dire lui, abbassando lo sguardo.
Per
un momento tutti e due rimasero muti di fronte
all’espressione
impacciata dell’altro, guardando altrove.
-“Io
non ho fatto altro che pensarci.”- esclamarono insieme,
guardandosi negli occhi.
Poi
di nuovo silenzio, spezzato solo dallo scorrere dell’acqua
del ruscelletto.
-“Io
c’ho pensato e volevo scusarmi con te.”- Kristoff
fu
più veloce e prese per primo la parola.
-“S-scusarti?
E per cosa?”- chiese sbalordita Anna.
-“Per…il
mio gesto improprio, si insomma, per quel…b-bacio,
e…”- cominciò lui, allungando una mano
verso di lei, scusandosi.
Stavolta
fu lei ad esclamare: “Aspetta, che?”
-“Si, per il bacio,
perché
è stato avventato, e perché non avrei dovuto,
insomma tu sei la principessa e
io sono”- tentennò-
“…qualcuno senza tanta importanza.”
-“Questo
forse dovresti farlo decidere a me.”- ridacchiò
Anna, afferrando la sua mano, sospesa ancora a mezz’aria tra
loro-“Non hai
nulla da farti perdonare.”-gli sorrise incoraggiante,
avvicinandosi ancora di
un passo a lui-“O forse si.”- rifletté,
mentre un sorrisetto sghembo le
increspava le labbra.
-“Cosa?”-
le chiese, non staccando lo sguardo dai suoi occhi
grandi e di un azzurro quasi innaturale. Bellissima,
pensò.
-“Il
fatto d’avermi evitata per giorni, senza un reale
motivo.”- spiegò, avvicinandosi così
tanto, che un altro passo l’avrebbe
mandata a sbattere contro di lui.
-“Farò
tutto quello che vuoi, per farmi perdonare.”-
esalò,
come sotto l’effetto di qualche incantesimo
Così è fin troppo
facile però, Kristoff- si rallegrò tra
sé la principessa, felice dell’effetto
che aveva su di lui.
-“Beh,
potresti replicare il bacio del porto.”- gli
sussurrò, sbattendo le ciglia con fare civettuolo, facendolo
indietreggiare di
un passo, senza che lui se ne accorgesse.
Kristoff
sbarrò gli occhi e per poco non si strozzò con
l’aria:
“P-posso? Davvero?”- le chiese incredulo.
Lei
annuì semplicemente, mordicchiandosi il labbro inferiore,
pregustando già quello che sarebbe venuto dopo. Il ragazzo
non se lo fece ripetere
due volte, timoroso che Anna potesse cambiare idea da un momento
all’altro, e
si abbassò verso di lei.
Ma,
poco prima di poter fare quello che aveva sognato nelle
ultime due settimane, Anna lo fermò, posandogli le mani sul
petto: “Questo, è
per avermi fatta aspettare tutto questo tempo.”- gli
sussurrò in un soffio ad
un centimetro dalle sue labbra, sorridendo maliziosamente, e poi lo
spinse
facendogli perdere l’equilibrio.
E
un secondo dopo sedeva nel bel mezzo del ruscello, bagnato
da capo a piedi, con un’espressione inebetita in volto, come
se non avesse
ancora compreso che la principessa si era appena presa gioco di lui.
-“Ora
ti devo un bacio.”- gli disse, gustandosi la sua
piccola vendetta, raccogliendo le sue scarpette, dimenticate sulla riva
erbosa-“
Torniamo a casa?”
Ad
Anna non dispiaceva aver perso quell’occasione,
perché ora
sapeva che ce ne sarebbero state tante altre da afferrare al volo.
NdA: salve! Lo so faccio pena,
perché a) non ho ancora
risposto alle vostre recensioni e b)non ho aggiornato in tempo. Ma in
mia
difesa posso dire che la vita reale ci mette il suo zampino a volte e
che
quindi per vari motivi che non sto qui a spiegare, vi devo una shot
entro
stasera, prima di mezzanotte. Se sarete pazienti e fiduciosi
arriverà di certo
;) Grazie al mio instancabile seguito: Laura, Adriana, Martina e sangallo
(scusa cara, non credo d’averti mai chiesto il tu nome! XD)
per il loro
incoraggiamento, le loro bellissime parole e la fiducia (forse troppa)
che
ripongono in me e nei miei aggiornamenti ;) Grazie anche a Queen
Elsa
per aver aggiunto la ff tra le sue preferite (mi raccomando se leggi
questo,
sentiti libera di lasciare un tuo commento XD). Spero comunque che
questa mezza
cosa vi sia piaciuta…a prestissimo :)
|
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Capitolo 3 *** Capitolo 3: I owe you a kiss ***
-I
owe you a
kiss-
La
prima nevicata arrivò prima quell’anno, ad
Arendelle,
sorprendendo tutti. Per quanto non volessero darlo a vedere, gli
abitanti
sussurravano tra loro la stranezza di quella prima neve, arrivata
appena a metà
Ottobre, ad imbiancare il fiordo, preoccupati che la regina avesse di
nuovo a
che fare con quel freddo assaggio d’inverno. Solo i bambini,
nella loro pura
innocenza, gioivano di tutto quel soffice candore, che da ore ormai
cadeva
instancabile sul piccolo regno. Per le strade, si potevano
già vedere omini di neve
o bande di piccoli furfantelli, che si facevano la guerra a colpi di
palle di neve.
Elsa
non aveva nulla a che vedere con quel semplice fenomeno
atmosferico, questo Anna lo sapeva bene. Infatti, poco dopo che la neve
aveva
cominciato a cadere dal cielo, quella stessa mattina, aveva fatto
irruzione,
come una furia, nello studio della sorella, preoccupata che le fosse
accaduto
qualcosa.
-“Questa
volta, non sono stata io.”- le aveva confessato in
tono sollevato la regina, e lei aveva tirato un sospiro di sollievo.
Poi,
cogliendo al volo l’occasione le aveva chiesto: “Lo
facciamo un pupazzo di neve?”
-“Anna,
sai che lo vorrei tanto, ma oggi ho davvero tanto da
fare, sarà per la prossima volta.”-
La sorella le era sembrata
davvero dispiaciuta e abbastanza indaffarata, per questo aveva lasciato
cadere
il discorso per quel giorno, sicura che la volta successiva Elsa non le
avrebbe
detto di no.
Gettarsi
tra le stradine piene di vita di Arendelle, poi, le
era sembrata la scelta migliore per passare il tempo, in quel tardo
mattino
autunnale.
La
vitalità e la gentilezza del suo popolo, non smettevano
mai di sorprenderla, facendole rimpiangere tutti gli anni sprecati
rinchiusa
nel castello, quando avrebbe potuto trovare conforto ad un tiro di
schioppo
dalle porte del palazzo: i sorrisi dei bambini, la carezza che le aveva
fatto
la vecchia fioraia, i biscotti offertigli dal fornaio, tutte piccole
cose che qualche
mese addietro, avrebbero potuto porre fine alla fame d’amore
e d’attenzione,
che l’aveva logorata dentro per così tanto tempo.
Per
fortuna, ora aveva tutto quello di cui avrebbe mai
potuto aver bisogno, una piccola famiglia, ancora un po’
fragile e tormentata,
ma pur sempre una famiglia.
Un
chiacchiericcio sommesso attirò la sua attenzione, mentre
si faceva più vicina alla zona del mercato, come sempre
affollata da una calca energica
e vibrante, nonostante la neve. Non fu tanto il vociare della gente ad
attirare
la sua attenzione, quanto la tensione che appesantiva l’aria,
così reale da
poterla quasi toccare.
-“Questa
neve è proprio strana.”- fu la prima cosa che
sentì
quando raggiunse le prime bancarelle.
-“L’estate
non è finita nemmeno da un mese e qui sembra di
stare già in inverno inoltrato.”-
borbottò sottovoce un vecchio.
-“Non
esistono più le mezze stagioni.”- si
lamentò una
donna, mentre stringeva la casacca di lana, sulle spalle minute del
figlio.
-“E
se la regina avesse maledetto di nuovo Arendelle?”-
chiese un uomo al suo interlocutore, proprio accanto a lei.
La
gente sembrava non essersi accorta della sua presenza, e
continuava a fare supposizioni su supposizioni, circa quella prima
nevicata,
arrivata con così largo anticipo. Non poteva dare torto ai
timori degli
arendelliani, erano fondati su avvenimenti accaduti pochi mesi prima e
il
ricordo era ancora impresso a fuoco nelle loro menti. Ciò
nonostante, le sembrò
quasi di annaspare tra le chiacchiere della gente, che continuavano a
ripetere
ancora e ancora il nome di Elsa, accusandola di qualcosa che non aveva
fatto.
Guardandosi
attorno, si rese conto di come il flusso della
folla, avesse cominciato a convogliare in un sol punto, al lato est
della
piazza del mercato. Lì sembrava che le voci si facessero
più concitate e
spaventate.
-“Dicci,
la regina è capace di tenere sotto controllo i suoi
poteri?”- sentì chiedere un uomo.
-“È
colpa sua questa neve?”-
-“Non
è che dobbiamo di nuovo rinchiuderci in casa, per
colpa delle sue crisi di nervi?”- continuavano imperterrite
le voci, ma non
sapeva a chi stessero ponendo tutte quelle domande.
-“Ora
basta.”- rispose una voce sulle altre. Anna si fece
largo tra la folla, senza farsi notare e un verso strozzato le
sfuggì dalle
labbra, quando scoprì a chi apparteneva la voce che aveva
zittito le altre.
Kristoff.
-“La
regina è più che capace di dominare la sua magia
e i
suoi nervi, e no, stavolta lei non c’entra nulla con la
neve.”- rispose secco,
sbalordendo il nutrito gruppo di uomini e donne che si erano raccolti
attorno
alla sua slitta, per metà ancora carica di ghiaccio-
“E, per l’amor del cielo,
smettetela di incolparla ogni volta che un fiocco di neve vi si posa
sulla
punta del naso. La regina Elsa, non metterebbe mai di nuovo in pericolo
tutto
il regno. La neve arriva e se ne va quando pare a lei, vuol dire che
quest’anno
avremo un autunno più freddo che negli ultimi anni. Basta,
niente magia, niente
maledizioni, solo banale e stupidissima neve.”-
esclamò alla fine, diradando la
folla ammutolita.
La
stessa Anna era rimasta in silenzio, sorpresa dal
significato e dall’enorme quantità di parole
uscite dalla sua bocca. Da quando,
era diventato così loquace?
Anche
lei, come il resto delle persone presenti, tolse le
tende, lasciandolo al suo lavoro, non prima d’avergli
lanciato un’ultima
occhiata.
Doveva,
in qualche modo, ringraziarlo per aver preso le difese
di Elsa. Forse era arrivato il caso di restituirgli quello che gli
doveva, l’aveva
tenuto fin troppo sulle spine da quel giorno al ruscello.
**********************************************************************************
Quella
sera, quando Kristoff tornò nelle scuderie del
castello, per concedere una meritata notte di buon riposo a Sven,
trovò Anna ad
attenderlo, poggiata con la schiena al muro di legno.
-“Furia
scatenata, che ci fai da queste parti? Di solito le
principesse non dormono a quest’ora?”-
scherzò lanciandole uno sguardo
divertito, mentre liberava Sven dai finimenti.
Anna
gli sorrise di rimando, senza rispondergli. Si staccò
dal muro e lui la guardò avvicinarsi con
un’espressione interrogativa: “Anna,
ma che ti pren…”- non riuscì a
concludere la frase, perché lei strinse la fronte
della sua casacca e alzatasi sulle punte dei piedi, accostò
le sue labbra
morbide e rosa alle sue. La sorpresa lo face arretrare di un passo,
mandandolo
a sbattere contro la porta della stalla di Sven.
Quando
Anna si staccò da lui, l’unica cosa che
riuscì a
leggere negli occhi di Kristoff, oltre alla sorpresa, fu amore.
-“Q-questo
per cos’era?”- riuscì a dire, quando
recuperò un
po’ di lucidità.
-“Per
aver difeso Elsa.”- gli rispose, lisciando le
sgualciture che avevano lasciato le sue mani, sulla sua casacca.
Kristoff
ridacchiò felice: “Beh, se la ricompensa
è questa,
devo farlo più spesso.”-
Anna,
allora, gli allacciò le braccia al collo e lo
tirò di
nuovo a sé, baciandolo con più fervore di prima,
con il risultato che, dopo il
primo momento di sconcerto, Kristoff la strinse di più a
sé, approfondendo quel
contatto idilliaco.
-“E
questo?”- le chiese ad un soffio dalle sue labbra,
quando si divisero per riprendere fiato.
Lei
lo guardò dritto negli occhi e sorridendo gli rispose:
“Ti
dovevo un bacio.”
NdA: salve! Non mi maledite per
il mio ritardo, dovreste
averci fatto l’abitudine ormai XD La pubblicazione
giornaliera è una cosa
moooolto stressante e per me che non so rispettare le scadenze, lo
è ancora di
più. Ma, prometto che anche se non pubblicherò
tutti i giorni, avrete comunque
30 shot da gustare, entro fine anno ;) Questa in particolare non mi
dice niente
di che, ma spero comunque che vi piaccia. Come di consuetudine,
ringrazio chi
segue e preferisce: Amberly_1,
ihavediedeveryday_,
Martinastory11,
Queen
Elsa,
sangallo,
weepingangel,
Hendy ,
MaJo_KiaChan_, mintheart…ragazze
mie, sentitevi libere di commentare!! *-*
Ci si legge domani! E mi
raccomando R&R!
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Capitolo 4 *** Capitolo 4: Warm hands on a torn heart ***
Headcanon:
Anna’s hands getting blisters, because she insisted on
learning to chop
firewood, and Kristoff’s fingers putting medicine on the torn
skin very
carefully.
-Warm
hands on a torn heart-
«Cosa,
della frase, non
toccare nulla, non hai capito?» la stava
rimproverano Kristoff, con sguardo
severo.
«Volevo
solo essere d’aiuto.»
s’impuntò lei, mettendo il
muso, calciando un ciocco di legno con il piede.
«Non
mi sei d’aiuto, se continui a farti male!»
Kristoff
l’aveva portata con sé a tagliare legna.
D’inverno,
quando il ghiaccio non era di nessuna utilità, per ovvi
motivi, lui e gli altri
tagliatori s’impegnavano in altri lavori stagionali, per poi
tornare alla loro
principale attività in primavera. Quell’inverno,
Elsa aveva assunto Kristoff e altri
tre tagliatori, come taglia legna per il castello. Per riscaldare le
enormi
stanze, serviva una quantità immensa di legna: Anna temeva
che a lungo andare,
le foreste attorno ad Arendelle potessero rimanere senza alberi, tanto
grande
era il numero di quelli che venivano tagliati.
Quando
erano arrivati nel luogo stabilito, avevano lasciato Sven
e la slitta sul sentiero e avevano proseguito a piedi nella boscaglia,
per alcuni
minuti: «Perché proprio qui?» gli aveva
chiesto, sinceramente incuriosita.
Kristoff
le aveva spiegato che, per evitare il veloce
disboscamento delle foreste del regno, i taglia legna sceglievano zone
a
rotazione, per non tagliare troppi alberi in un solo punto. Poi Anna
gli aveva
chiesto altre cose, a cui lui aveva risposto con entusiasmo,
finché le domande
non erano diventate troppe e lui aveva sbuffato: «Davvero,
non sai nulla di
queste cose?»
«Ehi,
se te lo fossi dimenticato, sono rimasta chiusa per un
bel po’ nel castello.» aveva borbottato lei,
sedendosi su un tronco tagliato,
incrociando le braccia al petto con fare offeso.
«Scusa.»
aveva esitato Kristoff, facendo un passo nella sua
direzione «Devo ancora abituarmi a tutto
questo…parlare.»
«No,
sono io a dovermi scusare. Ti sto solo distraendo dal
tuo lavoro.» si era affrettata a dire lei, stampandosi un
sorriso in faccia,
per decretare chiusa la faccenda. Lui aveva solo annuito,
sovrappensiero.
Poi,
la conversazione era andata scemando nel giro di pochi
minuti. Il passare del tempo, scandito dai colpi dell’ascia
di Kristoff, che
calava ritmicamente sul tronco degli alberi.
Anna
lo aveva osservato senza realmente guardare quello che
stava facendo, persa nei suoi pensieri: da qualche tempo il loro
rapporto era
diventato un insieme di sguardi imbarazzati e frasi mezze dette, come
se ci fosse
qualcosa che bloccasse entrambi. Alcune volte, sembrava quasi che
Kristoff
fosse restio persino ad abbracciarla, e non riusciva a capirne il
perché:
invece di avvicinarsi, sembrava che le distanze fra loro cominciassero
a
dilatarsi sempre di più. E questo la atterriva,
letteralmente. Prima di
Kristoff, la sua vita era stata triste e spenta, e nonostante le
circostanze in
cui s’erano conosciuti non erano state delle migliori, fin
dall’inizio aveva
sentito che qualcosa li accomunava, un legame forte e silenzioso che li
legava.
Da
quando la loro amicizia era diventata qualcosa di più, a
cui ancora non erano riusciti a dare un nome, temeva che sarebbe
arrivato il giorno,
in cui lui si sarebbe stufato di lei, della sua inutilità,
della sua
inettitudine nel fare le cose più banali, della sua
imbranataggine, e se ne
sarebbe tornato alla sua vita, lontano da lei. E questo, la spaventava
come mai
nulla nella sua vita: quando era rimasta senza cavallo nel bel mezzo
della
foresta, con la neve che le arrivava alle ginocchia, non aveva avuto
paura;
quando aveva affrontato, con una palla di neve, un mostro alto come una
delle
torri del castello, non aveva provato spavento; quando si era lanciata giù da una rupe alta sessanta metri, non aveva
esitato, e non aveva
temuto, nemmeno per un momento, per la sua vita.
Invece,
se si fermava a pensare alla sua vita senza di lui,
alla sua vita prima di lui, il
respiro le si bloccava in gola e il cuore si fermava, oscurando tutti i
suoi
sensi.
Spesso
si chiedeva, cosa avrebbe fatto se quello che temeva
si fosse avverato. Non aveva ancora trovato una risposta, aborrendo con
tutta
se stessa l’idea di perderlo per davvero.
«…torno
subito.» le aveva detto all’improvviso.
«Cosa?»
era saltata sull’attenti, ignorando la prima parte
della frase.
«Dicevo,
ho dimenticato le corde nella slitta, vado a
prenderle e torno subito.»
«Oh…okay.
Io sono qui che aspetto.» gli aveva sorriso
debolmente, pensando che l’avrebbe lasciata lì,
nel bel mezzo del bosco,
facendo avverare tutti i suoi pensieri negativi.
Kristoff
l’aveva scrutata per alcuni secondi:«Stai
bene?» le
aveva chiesto preoccupato.
«Ma
certo…bene, benissimo.» aveva risposto in uno
squittio,
sventolando la mano.
«Sicura?»
«Si,
va pure.»
«D’accordo,
torno presto, non toccare nulla. Potresti farti
male. Intesi?» le aveva chiesto con tono serio.
Lei
aveva annuito semplicemente e poi lui era scomparso fra
gli alberi, lasciandola in compagnia di un’ascia, una sega e
un bel po’ di
alberi. Aveva sentito i suoi passi allontanarsi, ancora per un minuto e
poi
nulla.
Era
rimasta ferma, seduta sul tronco a fischiettare, per
riempire il silenzio assordante del bosco. Poi, quando il suo sguardo
si era
posato di nuovo sugli attrezzi da lavoro di Kristoff, abbandonati nella
neve,
un’idea l’aveva folgorata, facendola saltare in
piedi.
Avrebbe
dimostrato a se stessa e a Kristoff, che poteva
essere d’aiuto, che oltre a saper inciampare sui suoi stessi
passi, era brava
anche a fare altro…come tagliare la legna. Per poco non
aveva perso l’equilibrio,
quando aveva preso l’ascia e l’aveva alzata sulla
testa, prima di calarla di
netto su un tronco ancora intatto. Il suo colpo, aveva lasciato una
scalfittura
a malapena visibile, ma non si era data per vinta: si era sbarazzata dei guanti caldi, li aveva
gettati ai suoi
piedi e afferrando più saldamente il manico
dell’ascia, l’aveva calata di nuovo
sul legno. Era andata avanti per almeno un minuto, facendo sempre
più fatica ad
alzare il pesante attrezzo, colpendo il tronco altre sette volte,
finché un piccolo
triangolino di legno era saltato via, sotto i colpi
dell’ascia.
Aveva
esultato, saltellando nella neve, ma solo per un
secondo e poi aveva ripreso a tagliare. Le mani avevano molto presto
cominciato
a sudare, nonostante il freddo pungente, allentando la sua presa sul
manico
dell’ascia. Quando si era fermata a riprendere fiato, aveva
notato delle
piccole macchioline rosse, che le ricoprivano i palmi delle mani, ma
non vi
aveva prestato molta attenzione e aveva ripreso il suo lavoro.
«Anna,
ma che…» finchè Kristoff era tornato,
sorprendendola
a fare proprio quello che le aveva intimato di non fare. Anna era
rimasta con
l’ascia sospesa a mezz’aria, e si erano guardati
negli occhi, per interi
imbarazzanti secondi.
«Non
è come sembra!» aveva esclamato lei, lasciando
cadere
l’ascia nella neve e alzando le mani in segno di resa.
Un
sorriso divertito, si era fatto prepotentemente strada
sulle labbra di Kristoff, facendo rilassare anche Anna, fino a quando
gli occhi
del ragazzo si erano posati sulle mani della principessa, ancora alzate
in
bella vista. Il suo sguardo si era oscurato e il sorriso era scomparso
con la
stessa rapidità con cui era apparso, trasformandosi in
un’espressione grave: «Cosa
ti sei fatta?» le aveva chiesto avvicinandosi a lei.
«Di
che parli?»
«Di
questo.» le aveva risposto, prendendo una delle sue
piccole mani e voltando il palmo verso l’alto.
«Ah,
queste. In realtà non so nemmeno cosa siano.» gli
aveva
sorriso.
«Sono
vesciche, Anna. Entro sera si gonfieranno, e faranno
così male, che vorrai tagliarti le mani.» le aveva
spiegato, con tono duro.
«Ah,
bene.» era riuscita solo a dire, poi scrollando le
spalle aveva aggiunto: «Sai che ti dico, non è
niente, non fanno male.»
«Mi
perdoni, vero?» le aveva chiesto, sospirando.
«Per
cos…» non aveva completato la frase, che Kristoff
le
aveva premuto un dito al centro del palmo arrossato
«Ouch!» aveva esclamato,
colta alla sprovvista dall’improvviso dolore che le si
irradiava da quelle
macchioline.
«Questo,
è per non avermi dato ascolto. Vieni, cerchiamo di
riparare al danno.» le aveva detto serio, raccogliendo i suoi
attrezzi e
riconducendola verso la slitta.
Ed
ora, lei sedeva sul vagone della slitta, con le gambe
penzoloni, mentre lui rovistava concentrato tra le sue cose, alla
ricerca di
qualcosa. Sven li osservava curioso, masticando una carota.
«Finalmente.»
esclamò, tirando fuori un piccolo vasetto
opaco. Poi, senza aggiungere nulla, si sedette accanto a lei,
aprì il vasetto e
con un dito ne cacciò una poltiglia verdastra. Le prese
gentilmente una mano e
le spalmò il composto sul palmo della mano, dove le
macchioline rosse avevano
cominciato a prendere la forma di piccole bollicine.
«Cos’è,
una medicina?» gli chiese, arricciando il naso
all’odore penetrante di quella roba.
«Non
la chiamerei propriamente medicina.» aveva la fronte
corrucciata, segno che l’arrabbiatura per la sua
disubbidienza, non gli era
ancora passata del tutto «È un rimedio per graffi
e ferite che mi ha dato
Bulda, sai intrugli da troll. L’odore non è
piacevole, ma fidati, il dolore
passerà entro domattina.» le spiegò
brevemente, mentre cominciava a
spalmarglielo anche sull’altra mano.
Anna
lo osservava in silenzio, rapita dalla delicatezza con
cui le sue mani si muovevano sulla sua pelle arrossata, quasi con fare
reverenziale. Aveva visto in azione la forza di quelle mani ruvide,
capaci di
spaccare blocchi di ghiaccio alti quanto lei e sollevare enormi pesi,
ma per
qualche strana ragione, quando quelle stesse mani si posavano su di
lei, erano
di una gentilezza snervante. Le sfiorava il viso, come fosse fatta di
porcellana, come se da un momento all’altro potesse andare in
pezzi; le teneva
le mani, senza mai stringerle troppo. E a lei piaceva tutta quella
dolcezza,
sicuro, l’aveva sognata per una vita intera, ma negli ultimi
tempi si era
ritrovata a pensare a come sarebbe stato sentire quelle mani calde,
stringere
un po’ di più, alla sensazione di sentirle
scivolare dal viso, giù per il
collo, carezzarle le spalle, fino a fermarsi sul suo cuore, per poi
stringerla
in un abbraccio che avrebbe annullato ogni distanza tra loro
e…aspetta che?!
Si
era distratta, e i suoi pensieri avevano preso la strada
sbagliata. Kristoff intanto, aveva finito di medicarle le mani e gliele
stava
fasciando con delle garze bianche.
«Vedrai,
non rimarrà alcun segno.» disse, completando il
lavoro, tenendo le sue manine in una delle sue.
«G-grazie.»
farfugliò lei.
«Di
nulla, furia scatenata.» rispose sovrappensiero, riponendo
le sue cose in una sacca, senza guardarla.
«E
scusa.» si affrettò a dire «Non avrei
dovuto fare di
testa mia, non volevo farti arrabbiare. Volevo solo dimostrati che
posso
aiutarti, che posso essere più di
questo…» si indicò con le mani fasciate
«…insieme
di goffaggine e sconsideratezza.» lo guardò
interrompere quello che stava
facendo e girarsi lentamente verso di lei, con un’espressione
stranita in
faccia «Lo so, è stupido ma…»
«Credi
mi sia arrabbiato perché hai provato a tagliare un
albero?» la interruppe, sedendosi accanto a lei, fissando le
impronte che
avevano lasciato nella neve, al loro ritorno.
«No?»
«No.»
«E
allora perché?»
«Perché
quelle vesciche avrebbero potuto essere tagli, o
ancora peggio ferite.» proruppe «Perché
se ti fosse accaduto qualcosa mentre
eri con me, non me ne sarei dato pace. N-non sopporto l’idea
che tu possa
provare altro dolore, per colpa mia o per una mia
disattenzione…»
Anna
sgranò gli occhi a quell’affermazione, ma nessuno
dei
due disse nulla, e rimasero a contemplare una le proprie mani e
l’altro i propri
piedi, mentre il ruminare di Sven rompeva il silenzio.
C’era
solo una cosa, da poter dire in quel preciso istante,
ma non era pronta a dirla. Era una cosa troppo importante.
Poi
si voltò completamente verso di lui, e lo
abbracciò di
slancio, dimenticandosi del formicolio nelle mani, senza dire una
parola.
Caddero entrambi all’indietro, finendo stesi nel vagone della
slitta, con lei distesa
per metà al suo fianco e per metà su di lui, con
le braccia allacciate al suo
collo.
Kristoff
la strinse per riflesso e si voltò a guardarla:
aveva gli occhi lucidi e luminosi, e un lieve sorriso sulle labbra. Lei
lo
guardò dritto negli occhi, per pochi secondi, e poi nascose
il viso sulla sua
spalla, rossa per l’imbarazzo.
Non
ci fu bisogno di dire nulla perché, per quanto Anna si
sforzasse di trovare le parole adatte e Kristoff lottasse con tutta la
sua
volontà per riuscire ad esprimerle, in quel momento non
servivano più parole di
quante non ne fossero già state dette. I gesti avevano
parlato per loro, e Anna
si rese conto, in quel momento, di quanto le sue paure fossero stupide
e prive
di fondamento, di come i gesti attenti e delicati delle mani calde di
Kristoff
avessero medicato non solo le sue mani, ma anche rattoppato gli strappi
dolenti
del suo cuore.
NdA: perdonate
l’infinito ritardo, ma non è propriamente un
periodo felice per me. Ma questo non ha a che fare con la raccolta,
quindi
vedrò di portarla ugualmente a termine :) Questa shot non mi
soddisfa (blame it
on my black mood!) a parte qualche frase qui e lì, che mi sa
troppo di Nicholas
Sparks, ma scrivere roba di una fluffosità diabetica mi
aiuta a scacciare i
mostri della vita reale e
a rendere
quest’ultima un po’ meno pesante per la
sottoscritta XD Comunque non resto qui
a tediarvi ancora per molto, volevo solo ringraziare quelle
meravigliose 9
persone che hanno inserito la ff tra le loro preferite, nonostante la
pessima
capacità dell’autrice di mantenere le promesse. Ah
e volevo ricordarvi che il
silenzio è d’oro, ma la parola è
d’argento…e io amo l’argento! *leggetelo
come
un invito a lasciare feedback* ^.^ Okay, scleri a parte, spero che vi
sia
piaciuta e di sentirvi numerose ;)
See you next time, snowflakes!
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Capitolo 5 *** Capitolo 5: Cold as ice ***
-Cold as ice-
Deve essersi
addormentata, perché un rumore sordo la fa
sussultare, facendole aprire di scatto gli occhi. Il libro che
stringeva tra le
mani, giace in terra, aperto su una pagina a caso. Deve esserle
scivolato,
mentre si muoveva nel suo stato di dormiveglia. Si strofina gli occhi e
si alza
a raccoglierlo. La schiena le duole e si ritrova a pensare che il
bovindo della
sua camera, per quanto possa essere comodo, non è adatto per
schiacciare un
pisolino. Il suo piano iniziale non era certo quello di addormentarsi,
ma
quello di rimanere a vegliare finché necessario,
finché non avesse visto
Kristoff e Sven attraversare le porte del castello. Ma il sonno
l’ha sorpresa
all’improvviso, nel bel mezzo della lettura.
Si
volta e guarda il mare livido all’orizzonte, attraverso i
vetri bagnati della finestra. Non sembra essere cambiato molto da
quando si è
addormentata: Arendelle è ancora grigia e lavata dalla
pioggia incessante di
novembre. E di lui ancora nessuna traccia.
«Quanto starai
via?»
gli aveva chiesto tre giorni prima, con un groppo in gola.
«Solo
per due giorni, non ti accorgerai nemmeno della mia
assenza.» le aveva risposto, stringendola in un abbraccio.
Lei
aveva fatto un verso strano, come per dissentire
«Fidati, la tua assenza si avverte anche più della
tua presenza.» gli aveva
detto, punzecchiandolo con un dito.
«Se
questo è un modo maldestro per dirmi che ti
mancherò,»
aveva ridacchiato ad un soffio dal suo orecchio, e la sua risata
l’aveva
attraversata, facendola rabbrividire di piacere «sappi che mi
mancherai anche
tu.»
E
allora lei si era stretta di più a lui, affondando la
faccia sulla sua spalla, ed erano rimasti in silenzio, stretti
l’uno all’altra,
per un tempo che a lei era sembrato troppo breve.
E
in quel silenzio, carico di parole non dette, lei si era
resa conto di quanto lo amasse; ma non glielo aveva ancora detto, per
paura di
affrettare troppo le cose, per paura di commettere di nuovo gli sbagli
del
passato.
«Anna,
per quanto anche a me non vada di andare, devi
lasciarmi, altrimenti non potrò raggiungere in tempo gli
altri.» l’aveva presa
in giro, allentando il loro abbraccio, poi tenendola per le mani, le
aveva dato
un bacio sulla fronte, così delicato da farla sciogliere
sotto il suo tocco.
«Sì,
scusa hai ragione. Vai, non voglio che gli altri
pensino che il tuo ritardo è colpa mia.»
l’aveva lasciato andare, torturandosi
le mani, e il calore delle braccia di Kristoff aveva lasciato il posto
alla
morsa fredda del vento.
«Ma
è colpa tua,
furia scatenata.» le aveva detto con un mezzo sorriso, appena
accennato, mentre
prendeva le redini di Sven.
«Ehi!
Sto solo cercando di dire che…» ma le sue parole
erano
state smorzate dalle labbra di Kristoff, premute prepotentemente sulle
sue.
«Prometto
di tornare il prima possibile, per un altro
assaggio.» le aveva sussurrato ad un centimetro dalle sue
labbra, e lei aveva
sussultato per l’intensità del suo sguardo e delle
sue parole. Negli ultimi
tempi, lui si era lasciato andare un po’ nei suoi confronti,
ma mai fino ad
usare quel tono di voce profondo e da brivido, mai fino ad usare parole
piene
di significati nascosti. Oppure, lei aveva semplicemente frainteso.
«Non
vedo l’ora.» aveva balbettato, lasciando, ancora
per
una volta, la presa su di lui.
Poi
era saltato in groppa a Sven e si era voltato un’ultima
volta verso di lei, con gli occhi scuri illuminati da una luce strana
«Tornerò
prima che tu possa dire montagna del
Nord.»
l’aveva rassicurata e poi era sparito tra le strade
di Arendelle,
attraverso il portale d’ingresso del castello, diretto sulle
montagne.
E
lei è ancora lì a fissare quel portale, tre
giorni dopo la
sua partenza. Elsa le ha detto di non preoccuparsi, che Kristoff sa
badare a se
stesso e che, come gli altri tagliatori di ghiaccio, conosce le
montagne come
le sue tasche. E poi è solo un
giro di
ricognizione, ha aggiunto scoccandole un debole sorriso. Ma,
negli occhi
della sorella ha visto le immagini della violenta tempesta che si
è abbattuta su
Arendelle il secondo giorno, la stessa tempesta che le ha instillato la
paura
nelle ossa, che non l’ha fatta riposare per due notti di fila.
«Montagna
del Nord» sussurra, come una preghiera, sperando
di vederlo apparire all’orizzonte.
Poi
qualcosa cambia nel paesaggio oltre il vetro della
finestra. Una carovana di carri attraversa il ponte che collega
Arendelle al
castello; sono carri anonimi, trainati da un cavallo ognuno, e teli
scuri a
coprire i vagoni. Il cuore le salta in gola, ma subito si calma: devono
essere
carri di provviste per le cucine, si dice.
Guarda
i carri fermarsi ordinati nel cortile, e poi vede un
valletto correre sotto la pioggia, fermarsi vicino al primo carro. Il
valletto
arretra di un passo, mentre l’uomo alla guida parla, e poi
corre via,
scomparendo all’interno del castello.
Lei
preme le mani contro il vetro, per vedere meglio, con il
cuore che batte all’impazzata.
Passano
interi minuti, lenti come giorni, nell’attesa che
accada qualcosa. Poi, bussano alla porta.
Sembra
che abbia scordato come si parla. La porta si schiude
piano, e dall’altra parte, Elsa appare in tutto il suo
splendore. Ma, qualcosa
di impalpabile altera i suoi lineamenti,
un’oscurità che sembra aver estinto la
luce dei suoi occhi chiari.
«Anna.»
la chiama piano, in un sussurro. Si rende subito
conto che qualcosa non va, quando la guarda negli occhi umidi di pianto.
«Kristoff?»
mormora tra sé, voltandosi di nuovo a guardare i
carri nel cortile.
Ingoia
un singhiozzo, mentre Elsa fa un passo e poi un
altro, avvicinandosi. Lei al contrario, arretra, come per fuggire da
quello che
la sorella sta per dirle, scuote la testa. Sa già quali
saranno le sue parole,
prima ancora che lascino la sua bocca. Ma non è pronta a
sentirle.
«A-anna.»
la chiama di nuovo, con la voce spezzata,
allungando una mano verso di lei «M-mi
dispia…» prova a dire.
«No.
No. No.» la interrompe, premendosi le mani sulle
orecchie, per non sentire. Le braccia di Elsa, sono subito
lì, pronte a
sorreggerla. La stringono forte, come se lei potesse andare in pezzi da
un
momento all’altro.
«Elsa,
non dirlo. T-ti prego, non dirlo.» la supplica mentre
annega tra le lacrime.
«Mi
dispiace.» le sussurra all’orecchio, con la voce
rotta
dai singhiozzi «Mi dispiace tanto.» ed è
la prima volta che vede Elsa piangere e
lasciarsi andare.
«Non
può essere, Elsa.» piagnucola aggrappandosi alle
spalle
della sorella «Dimmi che non è vero. Dimmi che
è nelle stalle, che è tornato
sano e salvo.»
Come
risposta ottiene il silenzio.
«Come?»
chiede, e la voce non sembra nemmeno la sua.
«Una
valanga. La pioggia ha sciolto la neve fresca e ha
staccato dalla montagna i banchi che non avevano ancora
attecchito.» Elsa tace,
mentre lei assimila tutte quelle informazioni «Non sono mai
arrivati a
destinazione.» conclude, e lei sussulta, come se
l’avessero colpita.
Trema
fin nelle ossa, mentre lascia andare Elsa e si dirige,
con passi incerti, verso la porta.
«Dove
vai?»
«Devo
vederlo.»
«Anna,
no!» cerca di fermarla sulle scale.
Non
si ferma, nemmeno quando la pioggia e le lacrime la
accecano: cammina spedita verso il primo carro.
«Vostra
Altezza» la saluta un uomo.
«Dov’è?»
sibila, ignorandolo.
«Non
credo sia il caso.» cerca di farla desistere.
«Dov’è?»
ripete.
«Ma…»
«Dov’è?»
grida tra le lacrime, tenendosi una mano al petto,
come per tenere insieme i frammenti del suo cuore.
Vede
l’uomo sobbalzare e poi muoversi sul retro del carro.
Non si muove, rimane fermo, in attesa di un ordine.
Lo
scosta con poca grazia, e stringe tra le mani la stoffa
del telo scuro che copre il vagone del carro. Trema, come un albero
scosso dal
vento. Non riesce a farlo smettere. E non capisce, come riesca ancora a
mantenersi in piedi. Tira piano il telo, e quando guarda cosa copre, si
rende
conto che tra le mani stringe un sudario.
Spalanca
gli occhi, incredula, aggrappandosi alla figura
immobile e fredda, davanti a lei. Fino all’ultimo ha sperato
che si trattasse
di uno scherzo di cattivo gusto, ma la vista non la tradisce.
Kristoff
è lì, davanti a lei. Ma non le sorride, non la
bacia,
non le stringe le mani, non la circonda con le sue braccia, non la
chiama per
nome. Gli occhi sono chiusi, serrati da cristalli di ghiaccio tra le
ciglia
scure, e le labbra sono blu, piegate per sempre in una linea grave.
Piange,
piegata su quello che rimane di lui, un involucro
freddo. Piange, per quelle che le sembrano ore, poggiando la testa sul
petto
immobile. Piange, per il gelo che irradia il suo corpo, una volta caldo
e
accogliente. Poi, le lacrime cessano. Non ne ha più.
È
il cielo a piangere per lei.
«Avevi
promesso che saresti tornato.» mormora chiudendo gli occhi,
ormai secchi «Me lo avevi promesso!» si lamenta,
stringendo una mano gelata
«Bugiardo!» esplode, colpendolo con un pugno al
petto.
«Bugiardo.»
continua «Ti odio.» urla, sperando di vedere i
suoi occhi spalancarsi per la sorpresa.
Nessuno
attorno a lei si muove, si sente solo il ticchettare
incessante della pioggia sul terreno; non sa nemmeno se Elsa stia
osservando
quello spettacolo pietoso. Francamente, non le interessa.
«Ti
odio.» ripete a bassa voce, spezzandosi. Le lacrime
riprendono a riempirle gli occhi: le sente premere, chiuderle la gola.
Le
sembra di annegare.
«Ti
amo.» sussurra alla fine, con l’ultimo debole filo
di
voce rimastole. Rimpiange di non averglielo detto prima. Ora non serve
a nulla.
Aspetta
in vano di ricevere una risposta, ancora aggrappata
con tutte le sue forze a lui. Qualcuno le poggia una mano sulla schiena
e lei
sa che è Elsa, e sa cosa vuol dire quel tocco leggero. Non
può farlo: il solo
pensiero di lasciarlo andare, la uccide.
Gli
prende il viso tra le mani, e poggia la sua fronte a
quella di lui. Trema ancora, ma non ci fa più caso.
Gli
bacia le labbra blu, sono fredde come il ghiaccio e non
sembrano nemmeno le sue «Ti amo.» sussurra
un’ultima volta, prima che qualcuno
la tiri via. Qualcun altro copre il corpo di Kristoff.
Elsa
è subito al suo fianco, la tiene ferma, la stringe
forte, impedendole di muoversi, di seguire i carri che escono dal
cortile,
diretti chissà dove.
«No.»
grida «Dove lo stanno portando?» chiede, ma nessuno
risponde «Elsa, Elsa, ti prego…» la
supplica, non sa nemmeno lei per cosa. Non
riesce a dire altro.
«Shh,
andrà tutto bene.» la zittisce la sorella,
carezzandole la testa.
No.
È tutto sbagliato! Come potrà andare bene, senza
lui?
Come potrà andare avanti?
È
l’ultima cosa che pensa, prima che il portale del castello
si chiuda, prima di urlare il suo nome.
Prima
che il buio la accolga.
NdA: salve gente! Faccio schifo?
Sì. Sono una cacca? Sì.
Merito di essere linciata? Ancora una volta, sì! Merito
tutta la gente che mi
segue? No…assolutamente no. Non chiedo scusa per il ritardo,
tanto sarebbe
inutile parlarne. Non chiedetemi da dove esce fuori questa cosa, vi
direi solo
che è lo specchio del mio stato
d’animo…XD è puro e semplice angst, mi
andava
punto. Non ho preso spunto da un headcanon in particolare. Lo stile di
scrittura
usato è diverso e poi capirete il perché
dell’uso del presente (spero di non
aver pasticciato troppo con i tempi verbali)…cioè
ve lo dirò, non c’è nulla da
capire ;) Comunque, spero di non aver fatto arrabbiare nessuno con la
morte del
povero kris, e spero vivamente che vi sia piaciuto anche un minimo, se
così non
fosse fatemelo sapere nei commenti (che sono SEMPRE graditi, anche
quelli
critici!!). Ringrazio chi ha continuato a mettere la ff tra le seguite
e le
preferite, nonostante i miei ritardi infiniti e niente…spero
davvero vivamente
di sentirvi numerose, e l’invito è esteso non solo
alle mie solite tesorine che
mi danno i loro pareri, ma a tutti gli altri! :) So di essere una palla
a
ripetermi sempre, ma andiamo, ignorarmi non porta a nulla di buono XD
Come sempre vi saluto e vi aspetto al
prossimo capitolo che
*rullo di tamburi* arriverà in giornata! Si, mi sento
ispirata quando ho il
morale sotto le scarpe ^.^
Stay tuned, snowflakes!
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Capitolo 6 *** Capitolo 6: Still beating ***
Nb: questo capitolo
è per Laura, alias weepingangel, e
sangallo. Perché? Perché non mi è mai
capitato di non rispondere alle
recensioni, soprattutto se lasciate da persone carine come loro; ed
invece è
successo, per una valanga di motivi che non sto qui a spiegare, e
quindi volevo
farmi perdonare per la mia mancanza e farvi sapere che i vostri
commenti, i
vostri feedback, sono la cosa più gradita che possa
ricevere. Grazie! Quindi
spero che questo chap vi piaccia :)
-Still beating-
«Kristoff!»
L’urlo
riecheggiò nell’immobilità della notte,
inghiottito subito dopo dall’oscurità
della grande stanza. Anna si svegliò di soprassalto,
alzandosi a sedere, con il
fiato corto e il cuore in gola. Uno strano senso di pesantezza le
premeva sul
petto e la nebbia del sonno le offuscava la mente.
Dove
sono?
Si
guardò
attorno, scorgendo i contorni della sua camera da letto: le colonnine
del
baldacchino, il boudoir con tutte le sue chincaglierie, le braci
morenti del
camino e la finestra che dava sul regno.
«Era
solo un
sogno. Solo un sogno» si calmò, portandosi una
mano al petto. Eppure, per
quanto cercasse di frenare l’agitazione, non poteva fare a
meno di rivedere le
immagini di quell’incubo orrendo. Brividi la scuotevano
forte, facendola
tremare incessantemente.
Tutto
taceva, ma nelle sue orecchie riusciva ancora a sentire l’eco
della voce
spezzata di Elsa, che cercava di rincuorarla.
Shh,
andrà tutto bene.
Un
singhiozzo inaspettato le sfuggì dalle labbra,
sorprendendola. Si coprì la
bocca con una mano, e le dita incontrarono l’umida traccia
lasciata dalle
lacrime. Quel sogno
l’aveva davvero
sconvolta.
Starò
via per pochi giorni, le aveva detto
Kristoff, e aveva
mantenuto la promessa. Era tornato nel primo pomeriggio di quel giorno
appena
trascorso. Ma l’ansia accumulata nei tre giorni in cui era
stato lontano,
l’aveva avviluppata nelle sue spire, appena era calata la
notte e si era
ritrovata a sognare di quella morte che poteva attendere Kristoff, ogni
qualvolta
si inoltrava sulle montagne.
Sapeva che
lui era sano e salvo, a qualche corridoio di distanza, ma il cuore non
smetteva
di batterle all’impazzata e le lacrime continuavano la loro
inesorabile caduta
verso le candide lenzuola.
Doveva
vederlo. Convincere il suo cuore che lui era vivo e respirava ancora.
Con
movimenti meccanici si scoprì e si diresse a passo spedito
verso la porta,
aprendola sull’oscurità del corridoio. Aveva
percorso quella strada innumerevoli
volte negli ultimi mesi e, una volta davanti la porta della camera da
letto di
Kristoff, si era sempre fermata, con la mano chiusa in un pugno,
sospesa a
mezz’aria, pronta a bussare. Era sempre tornata indietro,
stringendosi le
braccia al petto, per scacciare il freddo. Era sconveniente entrare
nella
camera di un uomo nel pieno della notte: e se qualcuno
l’avesse vista?
Tuttavia, quella
notte il corridoio sembrava più scuro e inquietante delle
altre notti, e Anna
si voltò più di una volta indietro, per scorgere
se qualcuno la stesse
seguendo. A passo svelto, quasi correndo, si ritrovò davanti
alla porta, con il
fiato corto. Le ombre della notte sembravano allungarsi minacciose
verso di
lei.
Bussò,
senza
esitare. E un istante dopo la porta si spalancò, rivelando
il volto stravolto
di Kristoff.
«A-anna,
che
ci fai qui?» le chiese studiandola da capo a piedi.
La
principessa guardò ancora una volta il corridoio deserto,
poi di nuovo lui. «Ho
avuto un incubo» sussurrò
a bassa voce,
abbassando la testa imbarazzata.
«Hans?»
le
chiese Kristoff, sollevandole il mento.
Anna fece
cenno di no con la testa: quanto doveva sembrare stupida ed infantile,
ai suoi
occhi?
«Elsa?»
chiese ancora, lasciandole una carezza leggere sulla guancia umida.
«N-no»
rispose, sull’orlo di un baratro oscuro. Perché
non riusciva a scacciare via
quel peso che le gravava sul cuore? Lui era lì, davanti a
lei, vivo, assonnato
e con uno sguardo vagamente preoccupato.
«P-posso
entrare?» chiese esitante. Voleva solo gettarsi tra le sue
braccia e non
lasciarlo andare mai più. Ma fare una cosa del genere, in
piena notte e nel bel
mezzo di un corridoio, trasgrediva più di una regola del
galateo.
«Anna…»
fece
una pausa «non credo sia il caso, se
qualcuno…».
«Ti
prego»
lo interruppe, quasi implorandolo.
Kristoff
esitò indeciso, ma qualcosa sul viso esangue di Anna, fece
tremare il suo
cuore, facendolo cedere.
«Vieni»
la
accolse.
Con gesti
lenti chiuse la porta dietro di loro, rimanendo in silenzio, aspettando
che
fosse Anna a parlare per prima. L’incubo che
l’aveva svegliata e l’aveva
lasciata in quello stato, doveva essere qualcosa di più del
semplice sogno
ricorrente di Hans che la lasciava morire. Quando lei glielo aveva
raccontato
la prima volta, con il viso pallido e gli occhi cerchiati da ombre
scure, gli
era venuta una voglia matta di imbarcarsi sulla prima nave diretta
nelle Isole
del Sud, per andare a prendere a calci quel mentecatto che
l’aveva fatta
soffrire. Per di più, il fatto che il principe affollasse
ancora i sogni di
Anna, lo rendeva triste e vagamente geloso, e più di una
volta si era chiesto
se la principessa avesse mai sognato lui, invece.
Lui di certo
la sognava quasi ogni notte, e non sempre i suoi erano sogni piacevoli.
La
principessa continuava a stare in silenzio, con le braccia strette
attorno al busto,
e lo sguardo perso nelle intricate trame del tappeto ai suoi piedi. Il
labbro
inferiore stretto nella morsa dei suoi incisivi piccoli e candidi.
«Anna»
la
chiamò piano.
La voce di
Kristoff che pronunciava il suo nome, spezzò qualcosa dentro
di lei, quel muro
di coraggio che aveva tirato su per non cedere davanti ai suoi occhi.
Un
singulto le sfuggì dalle labbra e gli occhi le si riempirono
di nuove lacrime,
calde e salate, lasciate libere di procedere nella loro folle corsa,
giù per le
guance ceree.
Kristoff
rimase per un secondo immobile, interdetto da quella reazione. Poi
colmò la
distanza tra loro e la strinse a sé, per consolarla, per
fermare il tremore che
la scuoteva impercettibilmente, per placare il cuore che le correva
come un
forsennato nel petto. Si limitò a lasciarle leggere carezze
tra i capelli, a
cullarla sussurrandole piccole sciocchezze, senza mai chiedere il
motivo di
quel pianto.
Anna teneva
i pugni serrati nella stoffa della sua maglia, con il capo piegato
contro il
suo petto e gli occhi serrati, mentre l’implacabile tempesta
di sensazioni ed
emozioni, devastava il suo animo, lasciandola più debole ad
ogni nuovo
singhiozzo, ad ogni nuova lacrima versata. Le braccia di Kristoff erano
l’unica
cosa che le impediva di scivolare in terra e raggomitolarsi su se
stessa.
Dopo un
tempo che ad entrambi era sembrato infinito, il pianto si placò,
lasciandoli in assoluto silenzio,
stretti l’uno all’altra, in piedi nel mezzo della
stanza, immersi in una semi
oscurità quasi gradita.
«Eri
morto».
«Cosa?»
quelle
parole l’avevano colto di sorpresa, non tanto per il loro
significato, quanto
per la potenza con cui avevano squarciato il velo di quiete che li
avvolgeva.
«Ho
sognato
te» fece una pausa, traendo un respiro tremante
«Eri morto, Kristoff. Freddo e
immobile. E nessun atto di vero amore avrebbe potuto riportarti da
me».
Lasciò
andare la sua maglia e gli avvolse le braccia attorno alla vita,
premendosi di
più contro di lui, inspirando forte il suo caratteristico
odore penetrante,
camuffato dal profumo del sapone che aveva imparato ad usare da un
po’ di tempo
a quella parte. Con non poca fatica, era riuscita a fargli apprezzare
la
comodità di un buon bagno caldo, una volta ogni tanto.
E mentre la
sua mente rimuginava sulle sue discutibili pratiche igieniche, si
sentì
sollevare da terra. Un braccio le sosteneva la schiena e
l’altro le gambe.
«Al
diavolo
il galateo» lo sentì mormorare, mentre si
avvicinava al letto disfatto.
Un risolino
divertito le sfuggì dalle labbra, mentre lui la poggiava
dolcemente tra i
morbidi cuscini di piume, e le si sedeva accanto.
Una mano
corse ad asciugarle le ultime lacrime, cristallizzate agli angoli degli
occhi
come due gemme preziose, mentre l’altra si strinse alla sua,
poggiata sul suo
ventre piatto.
Anna lo
fissò intensamente negli occhi, annegando in quel colore
familiare così simile
al cioccolato, beandosi della sua vicinanza.
«Mio
dio,
eri…congelato» sbottò in una risatina
isterica «e il tuo cuore non batteva
più»
sussurrò giocherellando con le loro dita intrecciate.
«Era così reale,
Kristoff. E ti ho odiato per un momento, perché mi avevi
lasciata indietro,
senza di te. E c’era Elsa che cercava di confortarmi,
dicendomi che sarebbe
andato tutto bene, ma come poteva andare bene se tu non c’eri
e…».
E poi le
dita di Kristoff si strinsero lievi sul suo polso, conducendo il palmo
aperto
della sua mano sul suo petto, nel punto esatto dove si trovava il suo
cuore: «Senti,
batte ancora».
Anna rimase
immobile con gli occhi puntati sulle loro mani sovrapposte, presa dal
ritmo del
cuore di Kristoff, lento e costante. Invece il suo cuore continuava a
correre,
ma per un motivo diverso stavolta. Batteva così forte che
temeva che il ragazzo
se ne sarebbe accorto.
«Ora
capisci
come mi sono sentito io, quella volta sul fiordo»
ridacchiò sommessamente,
scostandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio, con
l’altra mano: «Continuo
a rivederti nei miei sogni, ancora ed ancora, bloccata nel ghiaccio,
con gli
occhi spalancati sul nulla. E anche se sono cosciente che si tratta
solo di un
sogno, non posso fare altro che sentirmi perso e distrutto, ogni
volta».
Anna
allungò
una mano, accarezzandogli la guancia ruvida. «Ma io sono qui,
e a meno che non
decidessi di buttarmi in mare, dalla sommità del fiordo, non
può accadermi
niente di spiacevole: non rischio di rimanere congelata ancora una
volta»
sbottò sorridendo «Invece, tu rischi continuamente
la tua vita e io non so mai
se tornerai da me, vivo e con tutti gli arti al loro posto».
«Promettimi
che farai attenzione, alla prossima spedizione» lo
supplicò, stringendo
convulsamente la sua mano.
«Sono
sempre
attento».
«Kristoff!»
«Va
bene, lo
prometto. E giuro
che tornerò sempre da
te, qualunque cosa accada. Puoi starne certa, ma tu smettila di
preoccuparti»
la rassicurò «Ti starò attorno ancora
per un bel po’».
«Lo
spero
proprio» ridacchiò lei, alzandosi a sedere e
posandogli un bacio all’angolo
della bocca.
«A
meno che
tu non voglia il contrario, in quel caso toglierò il
disturbo» la stuzzicò.
«Mai!
È
meglio che te lo ficchi in testa, non ti chiederò mai di
lasciarmi. Ma se ti
stancherai di me, non ti costringerò a restare…in
quel caso capirò».
«Mai,
lo
giuro» le fece il verso «Non potrei mai averne
abbastanza di te, furia
scatenata».
«È
proprio
quello che volevo sentire» sentenziò felice,
tirandolo a sé e poggiando il capo
proprio dove un momento prima c’erano le loro mani unite.
«Cosa
fai?»
le chiese, cercando di placare i battiti alterati del suo cuore, reso
pazzo
dalla loro vicinanza.
«Mi assicuro
che la mia musica preferita non smetta mai di suonare».
NdA:
salve a
tutti! Dopo secoli di reclusione da efp e dal mondo in generale, eccomi
che rientro
in carreggiata con questa nuova shot, che è il seguito della
precedente…si, la
morte del caro Kris era solo un sogno. Contente? Io si XD Non sono
particolarmente contenta del risultato, ma dovevo pubblicare qualcosa
al più
presto, altrimenti avrei preso la triste decisione di cancellare tutto.
L’headcanon
dal quale ho preso spunto, vedeva Kristoff come protagonista,
cioè era lui ad
avere un incubo sulla morte di Anna, ma siccome era una cosa che avevo
già
trattato altrove ho pensato di ribaltare le parti. Inoltre il titolo mi
è stato
ispirato dalla fanart qui sopra…la trovo adorabile!
In
questo
periodo sono moooolto impegnata con gli esami e quindi prima della
settimana
prossima non riuscirò ad aggiornare nulla, ma da
metà febbraio vedrò di aggiornare
almeno una delle mie long e di portare avanti con successo questa
raccolta.
Spero vi faccia piacere ;)
Fatevi
sentire ragazze, perché mi mancate tanto e niente, non mi
resta che salutarvi
con una valanga di caldi abbracci e di augurarvi (anche se con
più di un mese
di ritardo) uno splendido 2015, ricco di successi e felicità
^.^
ps: ho da poco aperto un blog/account(?) su Tumblr e piange davvero tanto, perchè è solo soletto, senza followers :) Se vi va andate a darci un' occhiata, è principalmente Frozen/Kristanna centrico e se vi va seguitemi ;) questo è il link http://wheremydreamsliethereyoullfindme.tumblr.com
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Capitolo 7 *** Capitolo 7: Say it again...(and they lived happily ever after) ***
-Say it again (…and they lived happily ever after)-
“E vissero per sempre felici e contenti.”
Anna chiuse il libro che aveva tra le mani con un sospiro sognante.
-“Cos’è quel sorriso compiaciuto?”- le chiese Elsa, seduta accanto a lei.
Da qualche tempo a quella parte, dopo cena, avevano preso l’abitudine di rinchiudersi in biblioteca a leggere qualcosa prima di ritirarsi ognuna nelle proprie stanze. La giornata sembrava sempre troppo breve per recuperare tutte le ore trascorse divise e quindi facevano tesoro di ogni minuto concesso loro, finché il sonno e la stanchezza non le vincevano. La loro ultima lettura era stata una raccolta di fiabe, tutte a lieto fine, s’intende.
-“Trovo un non so che di appagante in questa formula: e vissero per sempre felici e contenti. Non trovi ci sia qualcosa di magico in queste parole?”- chiese, rispondendo alla sorella.
-“Sono le stesse parole alla fine di ogni fiaba. Sono versi formulari.”- fece spallucce la giovane regina.
-“Sei poco romantica, ma non è un sorpresa.”- ridacchiò Anna, alzandosi per posare il libro dove l’avevano preso. Lo infilò nella sezione della narrativa e passò un dito sulle coste dei libri accanto.
-“Non sono poco romantica, sono realista, c’è una bella differenza.”- obiettò Elsa, con la sua solita pacatezza, lisciandosi con fare regale le pieghe della sua veste da giorno –“So che non esiste una felicità eterna, sarebbe da stupidi pensarlo, quindi mi accontento di ogni piccolo momento felice che si pone sulla mia strada. In questo modo la vita ha più senso: che gusto ci sarebbe a vivere totalmente immersi nella gioia? Cose ne ricaveremmo?”- le chiese.
-“Una vita priva di dolori e affanni, forse?”- le rispose retorica la sorella minore.
-“Ma è proprio questo il punto: tutti i dolori e gli affanni che la vita ci infligge ci rafforzano, ci modellano facendoci diventare quello che siamo, e ci fanno apprezzare di più i momenti felici. Se ci fossero solo giorni gioiosi, non li riconosceremmo nemmeno perché sarebbero tutti uguali tra loro, privi di eventi rilevanti.”- concluse calma, con lo sguardo perso nelle fiamme danzanti del camino.
Anna la fissò per alcuni secondi con la bocca spalancata poi la richiuse, recuperando quel poco di decoro rimastole: “Hai ragione.”- le concesse, poggiandole una mano sulle spalle incurvate-“Come sempre, d’altronde.”- aggiunse poi tra sé, nascondendo le sue parole con un colpo di tosse. La sorella era sempre così saggia e matura, e lei invece non si smentiva mai, sempre la solita sognatrice accanita, legata ancora a sogni e speranze infantili.
Ma d’altronde la sua vita, fino a qualche mese prima, era stata solo quello: un insieme di fantasie inconfessabili, desideri irrealizzabili e la ricerca di quel per sempre felici e contenti.
Non poteva farne a meno, quella era la sua espressione preferita, quella che attendeva con ansia alla fine di ogni favola che la mamma le raccontava, quella che faceva palpitare il suo cuore di bambina. Ogni volta che le veniva regalato un nuovo libro di racconti, lei sbirciava l’ultima pagina per leggerla, per accertarsi che quel libro finisse come era solito, perché come poteva una storia non finire con un “e vissero per sempre felici e contenti”? Come poteva il principe non sposare la principessa?
All’età di dodici anni le favole si erano trasformate in eccitanti avventure a bordo di vascelli o rocambolesche fughe in boschi fitti, e la sua frase preferita era sparita, sostituita da tramonti di fuoco sull’oceano e baci appassionati, sigillo dell’amore tra i protagonisti. Ma il concetto di base rimaneva: i personaggi, in quei racconti, dopo tante peripezie riuscivano a ricongiungersi con l’amato e a vivere una vita ricca d’amore.
A sedici anni, quando la morte aveva già bussato alle porte del castello, quando i racconti d’avventura non bastavano più a scacciare i fantasmi che le aleggiavano attorno, si era rifugiata nelle grandi storie d’amore, quelle tormentate ed emozionanti, capaci di farle battere il cuore e di farla commuovere: aveva pianto lacrime silenziose per lo sfortunato amore di Giulietta e Romeo, e aveva bruciato di rabbia alla cocciutaggine di Elizabeth nei confronti dei sentimenti di Mr Darcy (aveva letteralmente lanciato il libro dall’altro lato della sua stanza, dove era caduto giù dalla finestra aperta).
-“Quindi mi riterresti pazza se ti dicessi che io ci spero? Intendo, in un per sempre felici e contenti. È praticamente tutto quello che io abbia mai desiderato fin da bambina, a parte che tu aprissi la porta.”- vide Elsa accigliarsi-“Ma questo è un altro discorso.”- le sorrise rassicurante, riaccomodandosi accanto a lei.
La sovrana tentennò alcuni secondi alla ricerca di una risposta adeguata da darle, una che quantomeno non offendesse la sua ingenuità, ma Anna tornò a parlare: “Sai, a volte mi chiedo come posso ancora esserne alla disperata ricerca dopo tutto quello che è successo con…”- inghiottì il groppo che le chiudeva la gola, quel nome la tormentava ancora per poterlo pronunciare così apertamente- “Hans.” Riuscì infine a cacciar fuori in un sibilo strozzato.
“Negli ultimi tempi ho cominciato a pensare che forse ho sempre sperato in qualcosa di impossibile. Che là fuori non si sarà mai per me un per sempre felici e contenti, che in realtà non esiste affatto. E pensando alle parole che Hans mi ha detto quel giorno, beh la mia convinzione non ha fatto altro che crescere, fin quasi a soppiantare del tutto la mia speranza per la felicità.”- si voltò verso Elsa, incrociando lo sguardo che aveva accuratamente evitato negli ultimi minuti. Non voleva che la sorella la vedesse in quello stato, di solito rifletteva tra sé su quell’argomento, di notte, nel buio della sua stanza, così che nessuno potesse vederla o sentirla piangere. Tirò su col naso, guadagnandosi un’occhiataccia dalla sempre composta e regale sorella maggiore, e ridacchiò sommessamente. “Ma sai, dopo tutto quello che è accaduto, dopo tutte le peripezie occorse, tutte le lacrime e le suppliche, una parvenza di per sempre mi sembra d’averla finalmente a portata di mano.” Incurvò le labbra in un sorriso sincero.
“Cosa aspetti ad afferrarla allora?”
“Non posso perché non sono sicura che sia davvero un per sempre felici e contenti.”- sottolineò le ultime parole con delle virgolette immaginarie.
“E questo cosa vorrebbe dire?”- le chiese scettica Elsa –“A me sembra proprio il contrario, invece. Non che voglia spingerti tra le braccia di Kristoff, ma ti sei resa conto di come ti guarda? Segue ogni tuo passo.”
“Si assicura solo che non faccia cose stupide.” Anna liquidò quelle insinuazioni sventolando una mano davanti al volto della sorella.
“E questo ti sembra poco?”
“Beh no.”- ci pensò su per un momento, poi tornò alla carica. “Il problema è che nessuno dei due si è ancora fatto sfuggire dalle labbra le due parole magiche che siglano il per sempre felici e contenti!”
“Tu ti senti pronta a dirgliele?” Elsa era sinceramente curiosa della risposta della sorella e apprezzava il fatto che Anna avesse imparato dagli errori del passato, e che stavolta si muovesse con i piedi di piombo sul campo minato dell’amore.
“Credo di si.”
“Bene. Allora non vedo perché tu non debba farlo per prima.” La incitò.
“Ho paura.”- le rivelò a mezza voce Anna –“Paura che lui non lo dica o che sia costretto a rispondermi qualcosa anche se in realtà non la prova davvero. Questo sarebbe sicuramente peggio di qualsiasi altra cosa.”
“Se conosco Kristoff così bene come credo, di certo non ti lascerà nel limbo dell’attesa. Te lo dirà immediatamente. Il povero ragazzo ha solo bisogno di essere spronato. I suoi gesti nei tuoi confronti sono un modo già abbastanza eloquente per farti capire quale sarà la sua reazione.”- le assestò una gomitata scherzosa nelle costole.
Anna aveva sempre pensato all’amore come qualcosa di fulmineo, qualcosa da riconoscere all'istante, qualcosa di perfetto basato sulla perfezione. Aveva creduto ingenuamente che fosse basato su una reciproca attrazione a prima vista, ma ripensandoci bene per lei non era stato così. All’inizio Kristoff l’aveva intimorita, con il suo aspetto poco curato e i suoi modi bruschi e di certo non avrebbe detto che le piacesse. Non incarnava affatto i canoni estetici e comportamentali che aveva sperato per l’uomo dei suoi sogni. Hans, fascinoso e ben educato, avrebbe potuto essere l’archetipo dell’amante perfetto: aveva trattato con i guanti di velluto il suo corpo, carezzandola con gesti lenti e calcolati, sussurrandole parole dolci. Alla fine però aveva manipolato il suo cuore con feroce brutalità. Kristoff invece all’inizio non si era mai fermato a confortarla, aveva sempre agito d’istinto, ogni azione veloce e spontanea: l’aveva strattonata, umiliata, presa in giro, sgridata e così via. Un comportamento meno delicato che alla fine aveva capito essere nato dal desiderio di tenerla al sicuro. Infine il suo cuore non aveva fatto le capriole a prima vista, ma aveva imparato a trarre giovamento dalla sua presenza, dalle sue attenzioni e dai gesti premurosi che le riservava. Aveva capito d’amarlo un po’ alla volta. Non c’era stato nulla di improvviso, nessun evento rivelatore, né alcuna traccia di perfezione. E a lei piaceva così.
Anna ridacchiò sommessamente, in imbarazzo: parlare di certe cose con sua sorella la metteva ancora a disagio. Eppure, nonostante la sua inesperienza in amore, la sorella riusciva sempre a darle consigli preziosi, a spronarla nella giusta direzione, a caricarla di buoni propositi. Come in quel momento.
Il cuore le diceva di cogliere l’occasione, di lasciare che il coraggio la guidasse fuori da quella stanza e giù fino alle stalle, dove sapeva di trovare la causa e la soluzione di tutti i suoi dubbi. Eppure la paura la inchiodava.
Guardò di nascosto la pendola nell’angolo. Puntava le dieci precise. Forse avrebbe dovuto aspettare il giorno seguente, ma il solo pensiero di pronunciare quelle due parole alla luce del sole le faceva affluire sangue alle guance.
-“Credo sia ora di andare a dormire.” Elsa si alzò avviandosi verso la porta, aspettando che lei la seguisse. Quando rimase seduta, la sorella le rivolse uno sguardo interrogativo.
-“Credo…credo che rimarrò ancora un po’ qui. Ti dispiace?”
-“Certo che no.” Le si avvicinò e le stampò un bacio sulla guancia e poi quando fu di nuovo sulla porta le rivolse un sorriso complice. “Buonanotte.”
Lasciò passare alcuni minuti, in cui passò in rassegna i pro e i contro delle azioni che avrebbe compiuto di lì a poco. Senza alcuna sorpresa, i pro doppiavano i contro. Tirò un respiro profondo per calmare il cuore impazzito, si alzò e si avviò alla porta, piena di un sentimento nuovo. Ansia? Desiderio? Speranza? Non avrebbe saputo dirlo.
Con un ultimo sospiro si infilò nei corridoi bui, diretta al cortile secondario.
Ora o mai più.
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Parlare non era il suo forte ed esprimere a voce i propri sentimenti lo era ancora meno, ma non avrebbe mai pensato che pronunciare due piccole parole potesse essere così complicato. Gli premevano in gola da qualche tempo ormai, ma non aveva mai avuto il coraggio di lasciarle uscire. Erano troppo pesanti, ingombranti e non prive di conseguenze, per lasciarle libere così come se nulla fosse. Di certo non avrebbe potuto rimangiarsele una volta dette.
E se lei non gli avesse risposto di rimando? Se l’avesse lasciato a boccheggiare in silenzio come un pesce fuor d’acqua, in attesa di una risposta? Se l’avesse guardato con disgusto?
“Perché mai dovrebbe guardarti a quel modo?” Lo rimproverava Sven quando si arrovellava il cervello su certi argomenti. Quindi tornava lucido e pensava a tutti i motivi per cui avrebbe voluto dirgliele, quelle maledette parole che rischiavano di minare la sua sanità mentale, e del perché lei avrebbe di certo avuto una reazione positiva. Poi, quando arrivava alla decisione definitiva, un pensiero arrogante gli serpeggiava in mente.
Cosa se ne fa una principessa dell’amore di un montanaro?
E allora tutti i suoi intenti romantici cadevano a pezzi, uno per volta, smontando l’armatura di coraggio che si era forgiato precedentemente. E rinunciava, rimandando ad un altro giorno. Mese. Anno.
Passavano giorni senza che pensasse a quella faccenda, godendosi i momenti con Anna, senza alcuna pressione, come facevano all’inizio di quella loro strana relazione. Poi qualcosa catturava la sua attenzione: uno sguardo di lei, delle parole sussurrate al suo orecchio, un gesto gentile e la sua mente correva di nuovo alla questione.
Quella sera però non era accaduto nulla che avesse potuto costringerlo a rifletterci. Aveva solo pensato a quanto le fosse mancata in quei giorni d’assenza, a quanto le parole non avrebbero potuto spiegare quel legame che sentiva stringerli sempre più. E poi quelle due parole si erano affacciate sfacciate sulla punta della lingua.
Era un caso senza speranza.
-“Credi riuscirò mai a dirglielo?”
-“Sei diventato noioso. Se non ti decidi, glielo dirò io al posto tuo.” Sven era sempre di poco conforto in certe situazione. Il suo amico era per l’azione, si lanciava sempre senza remore, e non sembrava pensare troppo al da farsi.
-“Per te è facile dire così. Prova tu a guardarla in quegli occhi e a dirglielo ad alta voce senza sembrare un idiota. E poi non trovo mai l’occasione adatta per farlo.” Si lamentò, sentendosi patetico ed inutile. Continuò a spazzolare il manto di Sven, concentrandosi su ogni gesto, cercando di svuotare la mente.
-“Guarda un po’ chi arriva. La tua occasione.”
Saltò per lo spavento, gettò la spazzola in un angolo e si nascose dietro la porta della stalla della renna.
“Davvero?” Sentì quasi Sven ridere a quella scena ridicola. “Grande, grosso e spaventato da una ragazza due spanne più bassa di te.”
L’amico aveva il suo punto. Come poteva temere così tanto Anna e le sue reazioni, se professava di amarla?
-“Prendi il coraggio a due mani e urlalo a tutti” Guardò Sven con un sopracciglio alzato. Faceva sul serio? “Forse non proprio urlarlo a tutti ma almeno sussurrarlo dolcemente a lei. Pensi di esserne capace?”
Preso in giro da una renna. Quello era il colmo!
“Ovvio che sì e te lo dimostrerò lunedì al…” Sven dissentì.
“Domani.” La renna lo fulminò con lo sguardo.
“Adesso. Si, adesso.” Cercò di ripulirsi la casacca dalla paglia e dalla polvere. “Vedrai.”
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Anna scendeva le scale di corsa, incurante delle infinite avvertenze della governante che durante gli anni dell’infanzia le aveva ripetuto fino allo sfinimento di non correre per le scale altrimenti sarebbe potuta inciampare e ruzzolare giù. Se fosse scivolata in quel momento avrebbe anche potuto rompersi l’osso del collo.
Kristoff nel frattempo avanzava a passo spedito nel cortile, risoluto a trovare Anna prima che rimpiangesse la sua decisione: prima avesse detto quelle due parole e prima si sarebbe tolto quel peso opprimente dal petto.
La vide corrergli incontro e per la sorpresa inciampò nei suoi stessi passi: riuscì a non cadere in avanti facendo un passo più lungo, agitando le braccia per non perdere l’equilibrio.
Quando si trovarono faccia a faccia, lei aveva il fiatone per la corsa e a lui mancava il fiato per la paura.
“Che…che ci fai fuori a quest’ora?”, riuscì a chiederle con un filo di voce.
“E tu dove stavi andando?”, chiese lei di riamando, lasciando inevasa la sua domanda. Evitava accuratamente di incrociare il suo sguardo.
Lui rimase in silenzio, cercando qualcosa da dirle. Poi all’improvviso entrambi trovarono il coraggio di parlare.
“Ho qualcosa da dirti.”
“Devo dirti una cosa.”
“Aspetta, che?”, esclamarono all’unisono. Si studiarono attentamente, guadandosi per la prima volta negli occhi. Anna fu la prima a distogliere lo sguardo, arrossendo.
“Questo non è di certo il modo in cui me l’ero immaginato”, ridacchiò lei, stritolando una delle sue trecce.
“Immaginato cosa?”
“Il modo in cui ti avrei detto che ti amo” Si lasciò sfuggire senza pensarci.
Sospirò. Si voltò a guardarlo.
Si chiese perché lui la stesse fissando come si guarda un lupo rabbioso. E quando il suo cervello registrò quello che aveva appena detto, era troppo tardi. Le sue mani corsero a tapparle la bocca. Come aveva potuto dirglielo così?
Kristoff continuava a fissarla, immobilizzato dalla sorpresa. La lingua annodata, inutilizzabile per risponderle. Stava forse sognando? Si era forse addormentato per l’ennesima volta nelle stalle assieme a Sven? Sentì le guance diventargli improvvisamente roventi e una sensazione piacevole inondargli il petto.
La principessa continuava a rimanere muta, chiusa nell’imbarazzante silenzio che aveva seguito quella rivelazione. Strinse gli occhi per non guardare oltre l’espressione sconvolta di Kristoff. Sapeva d’aver sbagliato e d’aver scambiato la loro amicizia per qualcosa di più. Riusciva a leggere l’imbarazzo del mastro del ghiaccio sulla sua faccia paonazza e il suo respiro irregolare era un’ulteriore conferma del fatto che di certo le avrebbe risposto che aveva frainteso le sue azioni e che gli dispiaceva non provare lo stesso.
Sentì le lacrime risalirle agli occhi, pronte per il salto nel vuoto. Liberò la bocca dalla gabbia delle mani e si coprì invece gli occhi. Non voleva che lui la vedesse piangere. Si sarebbe voltata indietro e sarebbe scappata via prima che la prima lacrima le avesse bagnato le guance. Ma l’imbarazzo le aveva incatenato i piedi al selciato del cortile.
Non arrivò nessuna smentita, né alcuna parola. Sentì solo le mani di Kristoff stringerle delicatamente i polsi e spostarle le mani dal viso. Glielo lasciò fare. Ormai il danno era fatto, almeno avrebbe affrontato la situazione a viso scoperto, da donna.
Quando riaprì gli occhi il volto dell’uomo che aveva appena affermato di amare era a pochi centimetri dal suo, che le sorrideva, ma non un sorriso qualsiasi. Si trattava di un sorriso di pura gioia, di quella che contagia anche gli occhi e li fa risplendere di luce propria. L’aveva vista solo un’altra volta quella luce, in degli occhi diversi, chiari come i suoi: Elsa l’aveva guardata con uno sguardo simile quando lei le aveva confermato che avrebbe volentieri dato la sua vita per lei perché le voleva bene, perché in fin dei conti lei era sua sorella.
Continuarono a fissarsi, incapace di dire qualcosa. “Io…”, cercò di dire Anna, ma la voce le morì in gola. Cosa avrebbe potuto aggiungere a quello che aveva già detto? Non c’erano spiegazioni da dare, le sue parole urlavano chiari i suoi sentimenti.
Kristoff l’attirò improvvisamente a sé, stringendola al petto, come fosse il bene più prezioso da lui posseduto. Una mano le carezzava i capelli e l’altra le sfiorava la schiena con versi circolari.
Anna avrebbe potuto abbandonarsi a quelle attenzioni ogni sera se lui gliel’avesse permesso. Non bramava altro che il tocco delle sue mani, di perdersi nei suoi abbracci e di essere ricambiata del suo amore.
“Ti amo anch’io.” Lo sentì sussurrare tra i suoi capelli, con un filo di voce così tenue che credette d’aver sentito male.
“Davvero?” si allontanò da lui quel tanto che le permettesse di guardarlo negli occhi. Kristoff era la quint’essenza dell’imbarazzo, con quel rosso che dilagava sulle sue guance.
Lui annuì convinto. “Avrei dovuto dirtelo prima ma…” Anna gli posò una mano sulle labbra: non aveva bisogno di spiegazioni.
“Non importa. A me va bene così.” Si alzò sulle punte dei piedi per raggiungere le sue labbra, premendosi contro il suo petto. Lo baciò come non aveva mai fatto prima. Di solito i loro baci erano quasi sempre frutto di momenti rubati, un febbrile e veloce sfregare di labbra impazienti ed inesperte. Questa volta invece la principessa prese tutto il tempo che le era concesso per assaporare il momento. Fu un bacio lento, dolce, che accese i sensi di entrambi. Dischiuse piano le labbra indugiando nell’esplorare la sua bocca, provocandogli un gemito di piacere. Sorrise soddisfatta mentre si allontanava da lui e lo liberò da quella bolla d’incanto in cui erano stati rinchiusi dopo quella loro strampalata confessione.
Imbarazzata dalla sua audacia, nascose il viso nella sua casacca, cingendogli la vita. Le mani di Kristoff, unico elemento che non le permettessero di fluttuare via in quell’istante, erano salde sui suoi fianchi.
Il mastro del ghiaccio era intenzionato a non lasciarla andare per nessuna ragione al mondo. Se avesse potuto avrebbe passato l’intera notte con lei stretta tra le sue braccia, ma di certo qualcuno avrebbe avuto da ridire: Anna era una principessa ed ogni azione nei suoi confronti doveva essere cauta e appropriata. Non voleva che lei si mettesse nei guai a causa dei suoi desideri egoistici. La sua vicinanza gli scatenava pulsioni fisiche che non aveva mai provato prima di incontrare lei, reazioni che a volte stentava a tenere sotto controllo.
Si accontentò del momento. La strinse forte, abbassandosi a sussurrarle all’orecchio: “Dio mi è testimone, Anna: non ci sono parole per dirti quanto ti amo.” Ed era vero. Non avrebbe saputo dare altro nome a quel sentimento che gli squarciava il petto e gli affiorava alla bocca.
La ragazza rabbrividì di piacere. Se avesse saputo che le cose si sarebbero svolte così facilmente non avrebbe aspettato tanto prima di dire quelle due parole. La voce di Kristoff che gliele sussurrava all’orecchio era assuefacente: non si sarebbe mai stancata di sentirgliele pronunciare. Non avrebbero avuto senso pronunciate da qualcun altro.
“Dillo ancora.” Lo pregò.
“Ti amo.”
“Di nuovo.”
“Ti amo.”
“Non smettere.”
“Mai.”
Nda: bah non so che dire tranne che sono felicissima di essere riuscita ad aggiornare anche quest’altra ff prima della fine delle vacanze!! *confetti e fuochi d’artificio* Spero che la shot vi sia piaciuta come le precedenti e che lasciate un vostro graditissimo parere qui sotto: al primo recensore una pizza omaggio! Comunque a parte le scemenze, come avete potuto notare sono un po’ arrugginita quindi non andateci giù pesante mi raccomando ;)
Per la cronaca, nei prossimi capitoli vorrei infilarci un po’ di smut ma devo prima testare la cosa…non vorrei mandare all’aria la mia reputazione di brava ragazza XD
E niente...spero di sentirvi numerosi!! Uscite dalle vostre tane impolverate, for God sake!
Alla prossima, snowflakes! |
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