Of chocolate & carrot cake_Frozen Anniversary

di StarFighter
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1: First Impressions ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2: May I (pt.2) ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3: I owe you a kiss ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4: Warm hands on a torn heart ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5: Cold as ice ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6: Still beating ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7: Say it again...(and they lived happily ever after) ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1: First Impressions ***


                                   -FIRST IMPRESSIONS-

 

Il vento turbinava furioso attorno a loro e, nonostante la neve avesse smesso di cadere già da un pezzo, il tenere gli occhi aperti continuava ad essere una sfida. Con la slitta sarebbe stato molto più semplice avanzare, ma sfortunatamente il suo fidato mezzo di locomozione si trovava sul fondo di un crepaccio, assieme a tutti i suoi averi. Come fosse riuscito ad invischiarsi in una situazione del genere era un mistero anche per lui: certo, anche altre volte si era ritrovato nel bel mezzo di una tormenta, ma mai volontariamente. Con un tempo del genere era meglio stare al chiuso e quanto più al caldo possibile. Ed era quello che aveva programmato per quella notte, ed invece aveva ricevuto un sacco pieno di carote in faccia.

A nulla erano valse le sue proteste e le sue parole scortesi, alla principessa non si poteva dir di no.

-“Partiamo all’alba.”- aveva acconsentito a malincuore.

-“Partiamo subito.”- gli aveva ordinato con la voce più ridicola che avesse mai sentito- “Subitissimo!”

Ed eccoli, nel bel mezzo della montagna, ad arrancare nella neve, congelati fino al midollo, appena scampati ad un branco di lupi famelici. Per lui sarebbe stato facile raggiungere la Montagna del Nord entro il primo mattino, senza fermarsi: sapeva cavarsela all’aperto, anche in condizioni estreme, e se stancarsi fino allo sfinimento per ritrovare al più presto la regina significava liberarsi della svampita che continuava ad inciampare alle sue spalle, sarebbe stato più che felice di stancarsi fino a stramazzare al suolo. Tanto con quel tempo, chi diavolo avrebbe avuto bisogno di ghiaccio? Aveva tempo per riposare.

 Ma la principessa sembrava essere di tutt’altro avviso: rallentava ad ogni passo, sbuffava come una teiera e Sven continuava a darle piccoli colpetti con il muso per mantenerla in equilibrio, per evitare che cadesse per la quarta volta nel giro di dieci minuti.

-“Stupida gonna. Stupida neve. Stupida El-…no, lei no.”- la sentì blaterare sottovoce.

Si voltò a guardarla e sospirò rassegnato: aveva le guance arrossate dal freddo e faticava a tenere su l’orlo della gonna, bagnato dalla neve.

Scambiò uno sguardo con Sven. La renna grugnì in disappunto, scuotendo le corna. Dobbiamo fermarci, altrimenti dovrai portarla in braccio. È questo che vuoi?- sembrò suggerirgli l’amico.

Kristoff scosse energicamente il capo, non prendendo nemmeno in considerazione l’eventualità di doversi fermare. Lo sguardo che gli rivolse Sven avrebbe potuto ucciderlo.

Espirò sconfitto, fermandosi di colpo. La slitta. Ricordati della slitta!- si disse, ripetendoselo come un mantra.

-“Forse dovremmo fermarci. Dobbiamo riposare.”- le disse in tono che non ammetteva repliche.

-“M-ma…no. Dobbiamo trovare Elsa!”- protestò lei.

-“È pericoloso vagare per la montagna quando si è stanchi, potremmo cadere in un crepaccio o non vedere arrivare una valanga.”-  tagliò corto.

-“Ma io non sono stanca. Posso andare avanti fino a domattina se è necessario.”- argomentò, incrociando le braccia al petto, prima che un sonoro sbadiglio sfuggisse dalla sua bocca, confermando le teorie di Sven. Sembrava proprio che la renna ne sapesse più di lui in fatto di umani.

-“Dicevi?”- le chiese retoricamente.

Anna distolse lo sguardo, rossa in viso: “D’accordo, ma per poco. Quanto basta per arrivare sani e salvi da Elsa.”- si guardò attorno- “Dove dovremmo fermarci? Non vedo nessuna baita da queste parti, né un qualsiasi riparo.”-

-“Infatti, ci fermeremo qui.”- le disse indicando il terreno imbiancato.

La principessa sgranò gli occhi. Aprì e chiuse la bocca, come per dire qualcosa, ma nessun suono lasciò le sue labbra.

Kristoff inarcò un sopracciglio interrogativo: “Cosa c’è?”- le chiese.

-“Quando dici qui, intendi nel bel mezzo del bosco, nella neve?”- si lamentò.

-“Si, perché?”-

-“Qui  è freddo.”- protestò.

-“Beh, ci sono delle coper-…”- cominciò, indicando alle spalle di Sven.

No, quelle sono nella slitta, in fondo al crepaccio.- lo corresse una vocina nella sua testa. Anna lo guardava in attesa di una risposta: “Allora?”- chiese impaziente, strofinandosi le mani inguantate.

-“Allora non abbiamo nulla con cui coprirci.”- sbottò-“Quello che ci servirebbe, è tutto nella slitta e come vedi qui non c’è!”- sottolineò l’ovvio che le sfuggiva.

-“Quindi? Dovremmo congelare?Trova una soluzione, santo cielo, non sei un montanaro? Non sei abituato a situazioni del genere?”- gli chiese, cominciando a muoversi sul posto per scacciare il freddo.

-“No, in realtà quando fuori nevica preferisco stare al chiuso, come tutta la gente normale, in una stalla ad esempio, proprio dove mi hai trovato.”- le rispose a tono, con le nuvolette di condensa che gli uscivano dalla bocca. La temperatura continuava a scendere.

Dovevano al più presto trovare una soluzione o riprendere il cammino, altrimenti sarebbero congelati per davvero. Cominciò a guardarsi attorno, come se la risposta che cercava, potesse spuntare all’improvviso dal sottobosco innevato.

-“Allora?”- gli chiese di nuovo dopo poco, distraendolo.

-“Ci sto pensando…”- rispose secco, non voltandosi nemmeno nella sua direzione. Poi il suo sguardo cadde su Sven che aspettava paziente una loro decisione: “C’è Sven.”- proruppe, fulminato dall’idea-“Lui è abbastanza caldo per tutti e tre. Dormiremo appoggiati a lui.”-

-“Aspetta, che?”- borbottò la principessa.

Sentitasi chiamare in causa, la renna trotterellò tra loro due e si accucciò nella neve, guardando prima Anna e poi Kristoff, invitandoli silenziosamente a seguire il suo esempio.

-“Sven è una fonte di calore inesauribile.”- le spiegò brevemente, battendo una mano sulla testa dell’amico.

-“Non ne dubito…ma, non abbiamo un’altra scelta? Un fuoco magari?”- gli sorrise incoraggiante, con i denti che cominciavano a battere.

-“Se non te ne fossi resa conto è da poco nevicato, la legna è bagnata o peggio ghiacciata. Dubito che riusciremo a tirar su un falò capace di scaldarci.”- le rispose sedendosi nella neve accanto a Sven, poggiandosi al fianco della renna, che emanava un piacevole tepore, purtroppo a malapena percepibile a causa del freddo pungente che sembrava aumentare di minuto in minuto.

Anna lo guardò indecisa, poi lo imitò e si sedette accanto a lui, tirandosi le ginocchia al petto e sistemandosi la gonna. Portò una mano sul fianco di Sven e un versetto di apprezzamento le sfuggì dalle labbra chiuse, quando il calore dell’animale si irradiò dalla punta delle sue dita, facendole tornare la sensibilità alla mano congelata.

-“Che ti dicevo.”- le disse Kristoff, chiudendo gli occhi e sistemandosi meglio.

-“Fa ancora troppo freddo.”- si lamentò di nuovo Anna, tirandosi il mantello fin sotto il mento.

Kristoff fece finta di non averla sentita, e continuò a tenere gli occhi chiusi in attesa che il sonno arrivasse; ma Sven gli colpì la spalla con le corna, facendolo sobbalzare: “Che c’è ora?”- sbottò scocciato, voltandosi verso l’amico.

La renna per tutta risposta grugnì, indicando Anna con il capo e poi prese a pungolargli il braccio, con il muso umido.

Si voltò a guardarla e una strana sensazione gli fece attorcigliare lo stomaco: aveva gli occhi chiusi, tremava tutta e si teneva le braccia strette attorno al corpo, per preservare quel poco calore rimastole. Ignorarla non era più un’opzione possibile: anche se l’avesse voluto, il battere incessante dei suoi perfetti denti bianchi, lo avrebbe tenuto sveglio.

Sven lo spinse ancora:“Fa qualcosa!”- l’amico glielo stava praticamente urlando.

Sospirò demoralizzato, capendo solo in quel momento in che guaio si era cacciato, acconsentendo di portare la principessa di Arendelle su per la Montagna del Nord: “Vieni qui.”- le disse, voltandosi nella sua direzione.

-“Mmm, cosa?”- rispose lei presa alla sprovvista, aprendo gli occhi.

-“Avvicinati, su.”- la esortò.

Anna scivolò più vicina a lui, senza fare domande e quando Kristoff le passò un braccio sulle spalle, saltò via allarmata: “Ma che stai facendo?!”- scoppiò, inchiodandolo con lo sguardo.

-“Cerco di non farti congelare, cos’altro?”-

-“Beh, bel modo di tenermi al caldo. Se non lo avessi ancora capito, io sono fidanzata.”- puntualizzò scandalizzata.

-“Che?”- la guardò sconvolto-“Guarda che non mi interessi in quel senso. Cerco solo di farti sopravvivere…”- così da potermi liberare presto di te, ma questo evitò di dirlo ad alta voce-“ Mi sembrava d’averti sentito dire che hai ancora freddo, beh questo è l’unico altro modo per sentirne meno: più stiamo vicini, meno calore si disperde…è uno dei fondamentali della sopravvivenza all’aperto, ma di certo sua grazia ha interpretato male le mie azioni!”- sbottò, guardandola arrossire oltre il limite: non riusciva davvero a capire dove finisse il rossore dei geloni e dove cominciasse il rosso dell’imbarazzo.

-“Cosa ti aspettavi? Mi hai presa alla sprovvista.”- temporeggiò- “Comunque, il calore di Sven mi basta. Grazie per l’interesse.”- disse evitando di incrociare il suo sguardo, mentre si risistemava al suo posto, stringendosi il mantello sulle spalle.

Kristoff scosse il capo sconfitto: “Fa’ come ti pare. La vita è tua.”- poi si voltò verso Sven che aveva osservato in silenzio tutto lo scambio di battute e gli rivolse un’occhiata eloquente: devo smetterla di darti retta!

La renna lo ignorò e si accoccolò di più nella neve, poggiando il capo sulle zampe piegate.

Nel giro di due minuti, il battere dei denti di Anna riempì di nuovo il silenzio, e questa volta Kristoff la ignorò per davvero: se voleva morire di ipotermia, erano affari suoi; lui aveva fatto il possibile per aiutarla a scacciare il freddo e poi se si trovavano in quella situazione era tutta colpa sua: lui non sarebbe dovuto essere lì e lei sarebbe dovuta essere al castello, nel suo letto!

Poi più niente e un secondo dopo, il fruscio delle vesti della principessa, lo richiamò al presente. Non aprì gli occhi ma, quando sentì le piccole mani di Anna prendere il suo braccio e passarselo sulle spalle, rimase sorpreso.

-“Non dire niente. Non dire niente e ricorda, fi-dan-za-ta. Tienilo bene a mente.”- la sentì mugugnare contro il tessuto pesante della sua casacca, mentre si stringeva di più a lui.

-“Tranquilla, non invidio affatto il tuo Hans.”- ridacchiò tra sé, mentre con movimenti incerti, esitava ancora a poggiare anche l’altro braccio sulla schiena tremante di Anna. Era così piccola tra le sue braccia, che temeva di farle del male se avesse fatto movimenti troppo bruschi.

-“Cosa vorresti insinuare?”- scattò lei, alzando la testa, guardandolo dritto negli occhi.

-“Lo vuoi davvero sapere?”- la punzecchiò con tono irriverente.

-“Certo!”- escalmò.

Kristoff sospirò: “Non lo vuoi davvero sapere. Fidati.”- la strinse di più a sé, cercando di essere il più delicato possibile, ma ad Anna sembrò di essere strattonata-“Ora chiudi la bocca e dormi, principessa. L’alba è vicina, ci aspetta una lunga e faticosa marcia e non ho intenzione di trascinarti incosciente su per la montagna.”- puntualizzò.

Anna tacque, non prima d’avergli assestato una bella gomitata nelle costole, fingendo di sistemarsi meglio, guadagnandosi un verso infastidito dal suo improbabile compagno di viaggio.

Poi il sonno li sorprese all’improvviso, lasciando che la quiete tornasse a regnare sovrana  in quell’angolo incontaminato di montagna, rimandando la discussione alle prime luci dell’alba.

 

 

 

 

NdA: buon salve gente! ;) che dire? Siccome non se li fila nessuno ‘sti due, ho deciso di istituire il Kristanna-month qui su efp, per riabilitare un po’ questa coppia CANON, buttata a mio parere nel baratro della dimenticanza! XD So che questa idea delle shot non è molto originale di per sé, ma visto che sui siti stranieri si sbizzarriscono a colpi di oneshot e headcanon, che a mio parere sono dei veri  e propri capolavori, mi sono detta perché non provarci? Di headcanon ce ne sono a bizzeffe su questi due e quindi il mio progetto è di scrivere una shot ogni giorno, per un mese, o almeno fino al 19 di dicembre, data d’uscita italiana del film. Io ho raggruppato un bel po’ di materiale, ma se voi avete idee, canon o headcanon che siano, fanart che vi ispirano particolarmente o volete semplicemente leggere una shot su commissione, beh non avete che da chiedere e per quanto in mio potere esaudirò i vostri desideri XD Detto questo non mi rimane che da dirvi, ci si legge domani! :)






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Capitolo 2
*** Capitolo 2: May I (pt.2) ***


Headcanon: Anna’s hands splashing him in a creek on a hot summer day.

                                                                                 -May I (pt.2)-

 

 

Tutto era cominciato quella mattina, con una semplice domanda, ti andrebbe di fare un giro con la slitta nuova? Che poi il suo interlocutore avesse balbettato parole senza senso, guardandosi la punta degli stivali e arrossendo fin quasi a farla preoccupare per la sua salute, quello era tutto un altro discorso.

Come avrebbe potuto dirgli di no, se glielo chiedeva con quella faccia? Anna era un essere umano come tutti e non aveva abbastanza forza di volontà per un diniego educato e principesco, come ci si sarebbe dovuto aspettare da lei, soprattutto se a chiederle di fare un giro era Kristoff.

Lo stesso che, praticamente, l’aveva sistematicamente evitata dopo il disgelo di Arendelle, scappando a testa bassa ogni volta che la incrociava per caso tra le stradine del regno, che l’aveva ignorata dopo il loro primo bacio…dopo il suo primo bacio! E Anna, non riusciva davvero a spiegarsi il suo comportamento: perché baciarla e poi sparire dalla circolazione? Ne aveva parlato con Elsa e, tutto quello che la sorella era stata in grado di dirle, dall’alto della sua composta sapienza, era stato che, molto probabilmente, il suo era stato un gesto dettato dalla gioia del momento, dalla felicità di essere ancora vivi dopo tutto quello che era capitato, e aveva concluso con un non pensarci troppo.

E ci aveva provato, dio solo sapeva quanto si era sforzata di non pensarci, di non indugiare troppo sul ricordo di quel bacio, sulla piacevole sensazione delle labbra di Kristoff premute sulle sue, o delle sue braccia strette attorno alla sua vita.

Aveva fallito miseramente, passando ogni istante, ogni giorno, delle ultime due settimane, a pensare a quel momento, in cui si era sentita libera da ogni vincolo convenzionale, in cui si era spogliata di ogni obbligo relativo al suo status ed era stata solo Anna, non la principessa di Arendelle, non la seconda in linea di successione al trono, ma solo una ragazza sbadata ed imbranata, che aveva praticamente corrotto un montanaro, per farsi portare da sua sorella. Insomma una… normale.

 Aveva passato ore intere a fantasticare su una possibile replica di quella scenetta, che aveva battuto di gran lunga ogni romantico scenario per il suo primo bacio, che la sua mente aveva costruito durante tutti quegli anni, leggendo romanzi d’amore, nascosta dietro le tende della biblioteca.

Ed ora si trovava lì, in mezzo alla natura, sopraffatta dalla calura atipica di quella giornata estiva che le toglieva il fiato, con i piedi in un ruscelletto, non molto lontano dalla valle dei troll. Il tocco fresco dell’acqua che le scorreva contro le caviglie e la lieve brezza che le scompigliava i capelli, sarebbero stati più piacevoli se sulla riva non ci fosse stato Kristoff, intento a saziare la sua fidata renna con le carote che lei si era premurata di sottrarre impunemente dalle cucine del castello. Non che la sua compagnia la infastidisse, anzi, ma quando le aveva chiesto di andare a fare un giro, aveva pensato a qualcosa di diverso, qualcosa che aveva a che fare con lo spiegare la sua improvvisa timidezza nei suoi confronti, o ancora meglio a qualcosa per fugare ogni dubbio su quello che aveva significato per lui quell’unico bacio.

Purtroppo non aveva ricevuto né l’una né l’altra cosa, ma solo un imbarazzante e persistente silenzio, dopo i convenevoli di rito. Aveva cercato di tirarlo fuori da quell'ostinato mutismo, ma i suoi sforzi erano stati vani e, cosa molto strana per la sua instancabile parlantina, aveva smesso di provarci, cercando di distrarsi in tutti i modi possibili. Sapeva, per esperienza personale, che Kristoff non era uno a cui piaceva parlare molto, ma diamine, lì si sfiorava il ridicolo: perché invitarla e poi ignorarla quasi?

-“Ti dispiacerebbe riportarmi a casa?”- gli disse, ormai arresasi a quella situazione surreale.

-“Cosa?”- scattò lui, preso alla sprovvista.

-“Ho detto: ti dispiacerebbe riportarmi ad Arendelle?”- ripeté secca, scalciando l’acqua con la punta dei piedi, senza incrociare il suo sguardo.

-“P-perché? Qualcosa non va? T-ti senti male? Hai bisogno di qualcosa?”- blaterò velocemente, andandole incontro.

-“Rispettivamente: perché si; si, qualcosa non va; no e si.”- rispose ironica.

Kristoff la guardò senza capire, aggrottando le sopracciglia: “Che?”-

-“Perché mi hai chiesto di venire con te?”- gli rispose ignorando il suo sconcerto.

-“B-beh mi sembrava una buona idea…anche Sven l’ha approvata. Era per p-passare del tempo insieme.”- l’ultima parte la borbottò sottovoce.

-“L’idea di base è apprezzabile, ma dev’esserti sfuggito qualcosa durante il processo di attuazione.”- gli disse facendo qualche passo nella sua direzione, uscendo dall’acqua.

-“Cosa?”-

-“La lingua.”- sbottò.

-“Aspetta, che?”-

-“Praticamente mi sono tenuta compagnia da sola e Sven ne è testimone.”- lo accusò, indicando la renna-“Non hai fatto altro che startene in silenzio, da quando siamo arrivati qui. Non che mi aspettassi ballate e sonetti recitati a memoria da te, il che riflettendoci sarebbe stata una scena esilarante…”- blaterò tra sé.

-“Potrei farlo, se tu lo volessi, intendo cantarti ballate e cose così, anche se non ne conosco, ma poteri impararle per te.”- si affrettò a dire lui, interrompendo quel monologo, inciampando sulle parole e arrossendo oltre il limite dell’umano.

Il cuore di Anna perse un battito e la sua espressione abbattuta, si addolcì a quelle parole, mentre  un morbido sorriso le piegò le labbra: “D-davvero, lo faresti?”- gli chiese con voce sottile.

Kristoff annuì solamente.

Anna gli si avvicinò ancora: “Sarebbe una cosa davvero carina, ma non mi interessano le ballate e i sonetti in questo momento.”- puntualizzò, ritrovando la voce sicura e sfacciata di qualche istante prima-“Il punto è che, speravo in qualcosa di più, ad esempio che avremmo parlato di quello che è successo, che avremmo riso delle situazioni irreali in cui siamo capitati o…o di quello che è successo,beh, al porto.”- farfugliò, torturandosi le mani-“Sai… quella cosa, dopo averti mostrato la slitta nuova...”- anche le sue guance avevano cominciato ad imporporarsi, mostrando irrimediabilmente il suo crescente imbarazzo.

-“Oh.”- riuscì solo a dire lui, abbassando lo sguardo.

Per un momento tutti e due rimasero muti di fronte all’espressione impacciata dell’altro, guardando altrove.

-“Io non ho fatto altro che pensarci.”- esclamarono insieme, guardandosi negli occhi.

Poi di nuovo silenzio, spezzato solo dallo scorrere dell’acqua del ruscelletto.

-“Io c’ho pensato e volevo scusarmi con te.”- Kristoff fu più veloce e prese per primo la parola.

-“S-scusarti? E per cosa?”- chiese sbalordita Anna.

-“Per…il mio gesto improprio, si insomma, per quel…b-bacio, e…”- cominciò lui, allungando una mano verso di lei, scusandosi.

Stavolta fu lei ad esclamare: “Aspetta, che?”

-“Si,  per il bacio, perché è stato avventato, e perché non avrei dovuto, insomma tu sei la principessa e io sono”- tentennò- “…qualcuno senza tanta importanza.”

-“Questo forse dovresti farlo decidere a me.”- ridacchiò Anna, afferrando la sua mano, sospesa ancora a mezz’aria tra loro-“Non hai nulla da farti perdonare.”-gli sorrise incoraggiante, avvicinandosi ancora di un passo a lui-“O forse si.”- rifletté, mentre un sorrisetto sghembo le increspava le labbra.

-“Cosa?”- le chiese, non staccando lo sguardo dai suoi occhi grandi e di un azzurro quasi innaturale. Bellissima, pensò.

-“Il fatto d’avermi evitata per giorni, senza un reale motivo.”- spiegò, avvicinandosi così tanto, che un altro passo l’avrebbe mandata a sbattere contro di lui.

-“Farò tutto quello che vuoi, per farmi perdonare.”- esalò, come sotto l’effetto di qualche incantesimo

Così è fin troppo facile però, Kristoff- si rallegrò tra sé la principessa, felice dell’effetto che aveva su di lui.

-“Beh, potresti replicare il bacio del porto.”- gli sussurrò, sbattendo le ciglia con fare civettuolo, facendolo indietreggiare di un passo, senza che lui se ne accorgesse.

Kristoff sbarrò gli occhi e per poco non si strozzò con l’aria: “P-posso? Davvero?”- le chiese incredulo.

Lei annuì semplicemente, mordicchiandosi il labbro inferiore, pregustando già quello che sarebbe venuto dopo. Il ragazzo non se lo fece ripetere due volte, timoroso che Anna potesse cambiare idea da un momento all’altro, e si abbassò verso di lei.

Ma, poco prima di poter fare quello che aveva sognato nelle ultime due settimane, Anna lo fermò, posandogli le mani sul petto: “Questo, è per avermi fatta aspettare tutto questo tempo.”- gli sussurrò in un soffio ad un centimetro dalle sue labbra, sorridendo maliziosamente, e poi lo spinse facendogli perdere l’equilibrio.

E un secondo dopo sedeva nel bel mezzo del ruscello, bagnato da capo a piedi, con un’espressione inebetita in volto, come se non avesse ancora compreso che la principessa si era appena presa gioco di lui.

-“Ora ti devo un bacio.”- gli disse, gustandosi la sua piccola vendetta, raccogliendo le sue scarpette, dimenticate sulla riva erbosa-“ Torniamo a casa?”

Ad Anna non dispiaceva aver perso quell’occasione, perché ora sapeva che ce ne sarebbero state tante altre da afferrare al volo.

 

 

 

NdA: salve! Lo so faccio pena, perché a) non ho ancora risposto alle vostre recensioni e b)non ho aggiornato in tempo. Ma in mia difesa posso dire che la vita reale ci mette il suo zampino a volte e che quindi per vari motivi che non sto qui a spiegare, vi devo una shot entro stasera, prima di mezzanotte. Se sarete pazienti e fiduciosi arriverà di certo ;) Grazie al mio instancabile seguito: Laura, Adriana, Martina e sangallo (scusa cara, non credo d’averti mai chiesto il tu nome! XD) per il loro incoraggiamento, le loro bellissime parole e la fiducia (forse troppa) che ripongono in me e nei miei aggiornamenti ;) Grazie anche a Queen Elsa per aver aggiunto la ff tra le sue preferite (mi raccomando se leggi questo, sentiti libera di lasciare un tuo commento XD). Spero comunque che questa mezza cosa vi sia piaciuta…a prestissimo :)

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Capitolo 3
*** Capitolo 3: I owe you a kiss ***


                                              -I owe you a kiss-

 

La prima nevicata arrivò prima quell’anno, ad Arendelle, sorprendendo tutti. Per quanto non volessero darlo a vedere, gli abitanti sussurravano tra loro la stranezza di quella prima neve, arrivata appena a metà Ottobre, ad imbiancare il fiordo, preoccupati che la regina avesse di nuovo a che fare con quel freddo assaggio d’inverno. Solo i bambini, nella loro pura innocenza, gioivano di tutto quel soffice candore, che da ore ormai cadeva instancabile sul piccolo regno. Per le strade, si potevano già vedere omini di neve o bande di piccoli furfantelli, che si facevano la guerra a colpi di palle di neve.

Elsa non aveva nulla a che vedere con quel semplice fenomeno atmosferico, questo Anna lo sapeva bene. Infatti, poco dopo che la neve aveva cominciato a cadere dal cielo, quella stessa mattina, aveva fatto irruzione, come una furia, nello studio della sorella, preoccupata che le fosse accaduto qualcosa.

-“Questa volta, non sono stata io.”- le aveva confessato in tono sollevato la regina, e lei aveva tirato un sospiro di sollievo.

Poi, cogliendo al volo l’occasione le aveva chiesto: “Lo facciamo un pupazzo di neve?”

-“Anna, sai che lo vorrei tanto, ma oggi ho davvero tanto da fare, sarà per la prossima volta.”-

 La sorella le era sembrata davvero dispiaciuta e abbastanza indaffarata, per questo aveva lasciato cadere il discorso per quel giorno, sicura che la volta successiva Elsa non le avrebbe detto di no.

Gettarsi tra le stradine piene di vita di Arendelle, poi, le era sembrata la scelta migliore per passare il tempo, in quel tardo mattino autunnale.

La vitalità e la gentilezza del suo popolo, non smettevano mai di sorprenderla, facendole rimpiangere tutti gli anni sprecati rinchiusa nel castello, quando avrebbe potuto trovare conforto ad un tiro di schioppo dalle porte del palazzo: i sorrisi dei bambini, la carezza che le aveva fatto la vecchia fioraia, i biscotti offertigli dal fornaio, tutte piccole cose che qualche mese addietro, avrebbero potuto porre fine alla fame d’amore e d’attenzione, che l’aveva logorata dentro per così tanto tempo.

Per fortuna, ora aveva tutto quello di cui avrebbe mai potuto aver bisogno, una piccola famiglia, ancora un po’ fragile e tormentata, ma pur sempre una famiglia.

Un chiacchiericcio sommesso attirò la sua attenzione, mentre si faceva più vicina alla zona del mercato, come sempre affollata da una calca energica e vibrante, nonostante la neve. Non fu tanto il vociare della gente ad attirare la sua attenzione, quanto la tensione che appesantiva l’aria, così reale da poterla quasi toccare.

-“Questa neve è proprio strana.”- fu la prima cosa che sentì quando raggiunse le prime bancarelle.

-“L’estate non è finita nemmeno da un mese e qui sembra di stare già in inverno inoltrato.”- borbottò sottovoce un vecchio.

-“Non esistono più le mezze stagioni.”- si lamentò una donna, mentre stringeva la casacca di lana, sulle spalle minute del figlio.

-“E se la regina avesse maledetto di nuovo Arendelle?”- chiese un uomo al suo interlocutore, proprio accanto a lei.

La gente sembrava non essersi accorta della sua presenza, e continuava a fare supposizioni su supposizioni, circa quella prima nevicata, arrivata con così largo anticipo. Non poteva dare torto ai timori degli arendelliani, erano fondati su avvenimenti accaduti pochi mesi prima e il ricordo era ancora impresso a fuoco nelle loro menti. Ciò nonostante, le sembrò quasi di annaspare tra le chiacchiere della gente, che continuavano a ripetere ancora e ancora il nome di Elsa, accusandola di qualcosa che non aveva fatto.

Guardandosi attorno, si rese conto di come il flusso della folla, avesse cominciato a convogliare in un sol punto, al lato est della piazza del mercato. Lì sembrava che le voci si facessero più concitate e spaventate.

-“Dicci, la regina è capace di tenere sotto controllo i suoi poteri?”- sentì chiedere un uomo.

-“È colpa sua questa neve?”-

-“Non è che dobbiamo di nuovo rinchiuderci in casa, per colpa delle sue crisi di nervi?”- continuavano imperterrite le voci, ma non sapeva a chi stessero ponendo tutte quelle domande.

-“Ora basta.”- rispose una voce sulle altre. Anna si fece largo tra la folla, senza farsi notare e un verso strozzato le sfuggì dalle labbra, quando scoprì a chi apparteneva la voce che aveva zittito le altre. Kristoff.

-“La regina è più che capace di dominare la sua magia e i suoi nervi, e no, stavolta lei non c’entra nulla con la neve.”- rispose secco, sbalordendo il nutrito gruppo di uomini e donne che si erano raccolti attorno alla sua slitta, per metà ancora carica di ghiaccio- “E, per l’amor del cielo, smettetela di incolparla ogni volta che un fiocco di neve vi si posa sulla punta del naso. La regina Elsa, non metterebbe mai di nuovo in pericolo tutto il regno. La neve arriva e se ne va quando pare a lei, vuol dire che quest’anno avremo un autunno più freddo che negli ultimi anni. Basta, niente magia, niente maledizioni, solo banale e stupidissima neve.”- esclamò alla fine, diradando la folla ammutolita.

La stessa Anna era rimasta in silenzio, sorpresa dal significato e dall’enorme quantità di parole uscite dalla sua bocca. Da quando, era diventato così loquace?

Anche lei, come il resto delle persone presenti, tolse le tende, lasciandolo al suo lavoro, non prima d’avergli lanciato un’ultima occhiata.

Doveva, in qualche modo, ringraziarlo per aver preso le difese di Elsa. Forse era arrivato il caso di restituirgli quello che gli doveva, l’aveva tenuto fin troppo sulle spine da quel giorno al ruscello.

**********************************************************************************

Quella sera, quando Kristoff tornò nelle scuderie del castello, per concedere una meritata notte di buon riposo a Sven, trovò Anna ad attenderlo, poggiata con la schiena al muro di legno.

-“Furia scatenata, che ci fai da queste parti? Di solito le principesse non dormono a quest’ora?”- scherzò lanciandole uno sguardo divertito, mentre liberava Sven dai finimenti.

Anna gli sorrise di rimando, senza rispondergli. Si staccò dal muro e lui la guardò avvicinarsi con un’espressione interrogativa: “Anna, ma che ti pren…”- non riuscì a concludere la frase, perché lei strinse la fronte della sua casacca e alzatasi sulle punte dei piedi, accostò le sue labbra morbide e rosa alle sue. La sorpresa lo face arretrare di un passo, mandandolo a sbattere contro la porta della stalla di Sven.

Quando Anna si staccò da lui, l’unica cosa che riuscì a leggere negli occhi di Kristoff, oltre alla sorpresa, fu amore.

-“Q-questo per cos’era?”- riuscì a dire, quando recuperò un po’ di lucidità.

-“Per aver difeso Elsa.”- gli rispose, lisciando le sgualciture che avevano lasciato le sue mani, sulla sua casacca.

Kristoff ridacchiò felice: “Beh, se la ricompensa è questa, devo farlo più spesso.”-

Anna, allora, gli allacciò le braccia al collo e lo tirò di nuovo a sé, baciandolo con più fervore di prima, con il risultato che, dopo il primo momento di sconcerto, Kristoff la strinse di più a sé, approfondendo quel contatto idilliaco.

-“E questo?”- le chiese ad un soffio dalle sue labbra, quando si divisero per riprendere fiato.

Lei lo guardò dritto negli occhi e sorridendo gli rispose: “Ti dovevo un bacio.”

 

 

 

NdA: salve! Non mi maledite per il mio ritardo, dovreste averci fatto l’abitudine ormai XD La pubblicazione giornaliera è una cosa moooolto stressante e per me che non so rispettare le scadenze, lo è ancora di più. Ma, prometto che anche se non pubblicherò tutti i giorni, avrete comunque 30 shot da gustare, entro fine anno ;) Questa in particolare non mi dice niente di che, ma spero comunque che vi piaccia. Come di consuetudine, ringrazio chi segue e preferisce: Amberly_1, ihavediedeveryday_, Martinastory11, Queen Elsa, sangallo, weepingangel, Hendy , MaJo_KiaChan_, mintheart…ragazze mie, sentitevi libere di commentare!! *-*

Ci si legge domani! E mi raccomando R&R!

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Capitolo 4
*** Capitolo 4: Warm hands on a torn heart ***


Headcanon: Anna’s hands getting blisters, because she insisted on learning to chop firewood, and Kristoff’s fingers putting medicine on the torn skin very carefully.

 

                                        -Warm hands on a torn heart-

 

«Cosa, della frase, non toccare nulla, non hai capito?» la stava rimproverano Kristoff, con sguardo severo.

«Volevo solo essere d’aiuto.» s’impuntò lei, mettendo il muso, calciando un ciocco di legno con il piede.

«Non mi sei d’aiuto, se continui a farti male!»

Kristoff l’aveva portata con sé a tagliare legna. D’inverno, quando il ghiaccio non era di nessuna utilità, per ovvi motivi, lui e gli altri tagliatori s’impegnavano in altri lavori stagionali, per poi tornare alla loro principale attività in primavera. Quell’inverno, Elsa aveva assunto Kristoff e altri tre tagliatori, come taglia legna per il castello. Per riscaldare le enormi stanze, serviva una quantità immensa di legna: Anna temeva che a lungo andare, le foreste attorno ad Arendelle potessero rimanere senza alberi, tanto grande era il numero di quelli che venivano tagliati.

Quando erano arrivati nel luogo stabilito, avevano lasciato Sven e la slitta sul sentiero e avevano proseguito a piedi nella boscaglia, per alcuni minuti: «Perché proprio qui?» gli aveva chiesto, sinceramente incuriosita.

Kristoff le aveva spiegato che, per evitare il veloce disboscamento delle foreste del regno, i taglia legna sceglievano zone a rotazione, per non tagliare troppi alberi in un solo punto. Poi Anna gli aveva chiesto altre cose, a cui lui aveva risposto con entusiasmo, finché le domande non erano diventate troppe e lui aveva sbuffato: «Davvero, non sai nulla di queste cose?»

«Ehi, se te lo fossi dimenticato, sono rimasta chiusa per un bel po’ nel castello.» aveva borbottato lei, sedendosi su un tronco tagliato, incrociando le braccia al petto con fare offeso.

«Scusa.» aveva esitato Kristoff, facendo un passo nella sua direzione «Devo ancora abituarmi a tutto questo…parlare.»

«No, sono io a dovermi scusare. Ti sto solo distraendo dal tuo lavoro.» si era affrettata a dire lei, stampandosi un sorriso in faccia, per decretare chiusa la faccenda. Lui aveva solo annuito, sovrappensiero.

Poi, la conversazione era andata scemando nel giro di pochi minuti. Il passare del tempo, scandito dai colpi dell’ascia di Kristoff, che calava ritmicamente sul tronco degli alberi.

Anna lo aveva osservato senza realmente guardare quello che stava facendo, persa nei suoi pensieri: da qualche tempo il loro rapporto era diventato un insieme di sguardi imbarazzati e frasi mezze dette, come se ci fosse qualcosa che bloccasse entrambi. Alcune volte, sembrava quasi che Kristoff fosse restio persino ad abbracciarla, e non riusciva a capirne il perché: invece di avvicinarsi, sembrava che le distanze fra loro cominciassero a dilatarsi sempre di più. E questo la atterriva, letteralmente. Prima di Kristoff, la sua vita era stata triste e spenta, e nonostante le circostanze in cui s’erano conosciuti non erano state delle migliori, fin dall’inizio aveva sentito che qualcosa li accomunava, un legame forte e silenzioso che li legava.

Da quando la loro amicizia era diventata qualcosa di più, a cui ancora non erano riusciti a dare un nome, temeva che sarebbe arrivato il giorno, in cui lui si sarebbe stufato di lei, della sua inutilità, della sua inettitudine nel fare le cose più banali, della sua imbranataggine, e se ne sarebbe tornato alla sua vita, lontano da lei. E questo, la spaventava come mai nulla nella sua vita: quando era rimasta senza cavallo nel bel mezzo della foresta, con la neve che le arrivava alle ginocchia, non aveva avuto paura; quando aveva affrontato, con una palla di neve, un mostro alto come una delle torri del castello, non aveva provato spavento; quando si era lanciata giù da una rupe alta sessanta metri, non aveva esitato, e non aveva temuto, nemmeno per un momento, per la sua vita.

Invece, se si fermava a pensare alla sua vita senza di lui, alla sua vita prima di lui, il respiro le si bloccava in gola e il cuore si fermava, oscurando tutti i suoi sensi.

Spesso si chiedeva, cosa avrebbe fatto se quello che temeva si fosse avverato. Non aveva ancora trovato una risposta, aborrendo con tutta se stessa l’idea di perderlo per davvero.

«…torno subito.» le aveva detto all’improvviso.

«Cosa?» era saltata sull’attenti, ignorando la prima parte della frase.

«Dicevo, ho dimenticato le corde nella slitta, vado a prenderle e torno subito.»

«Oh…okay. Io sono qui che aspetto.» gli aveva sorriso debolmente, pensando che l’avrebbe lasciata lì, nel bel mezzo del bosco, facendo avverare tutti i suoi pensieri negativi.

Kristoff l’aveva scrutata per alcuni secondi:«Stai bene?» le aveva chiesto preoccupato.

«Ma certo…bene, benissimo.» aveva risposto in uno squittio, sventolando la mano.

«Sicura?»

«Si, va pure.»

«D’accordo, torno presto, non toccare nulla. Potresti farti male. Intesi?» le aveva chiesto con tono serio.

Lei aveva annuito semplicemente e poi lui era scomparso fra gli alberi, lasciandola in compagnia di un’ascia, una sega e un bel po’ di alberi. Aveva sentito i suoi passi allontanarsi, ancora per un minuto e poi nulla.

Era rimasta ferma, seduta sul tronco a fischiettare, per riempire il silenzio assordante del bosco. Poi, quando il suo sguardo si era posato di nuovo sugli attrezzi da lavoro di Kristoff, abbandonati nella neve, un’idea l’aveva folgorata, facendola saltare in piedi.

Avrebbe dimostrato a se stessa e a Kristoff, che poteva essere d’aiuto, che oltre a saper inciampare sui suoi stessi passi, era brava anche a fare altro…come tagliare la legna. Per poco non aveva perso l’equilibrio, quando aveva preso l’ascia e l’aveva alzata sulla testa, prima di calarla di netto su un tronco ancora intatto. Il suo colpo, aveva lasciato una scalfittura a malapena visibile, ma non si era data per vinta: si era sbarazzata  dei guanti caldi, li aveva gettati ai suoi piedi e afferrando più saldamente il manico dell’ascia, l’aveva calata di nuovo sul legno. Era andata avanti per almeno un minuto, facendo sempre più fatica ad alzare il pesante attrezzo, colpendo il tronco altre sette volte, finché un piccolo triangolino di legno era saltato via, sotto i colpi dell’ascia.

Aveva esultato, saltellando nella neve, ma solo per un secondo e poi aveva ripreso a tagliare. Le mani avevano molto presto cominciato a sudare, nonostante il freddo pungente, allentando la sua presa sul manico dell’ascia. Quando si era fermata a riprendere fiato, aveva notato delle piccole macchioline rosse, che le ricoprivano i palmi delle mani, ma non vi aveva prestato molta attenzione e aveva ripreso il suo lavoro.

«Anna, ma che…» finchè Kristoff era tornato, sorprendendola a fare proprio quello che le aveva intimato di non fare. Anna era rimasta con l’ascia sospesa a mezz’aria, e si erano guardati negli occhi, per interi imbarazzanti secondi.

«Non è come sembra!» aveva esclamato lei, lasciando cadere l’ascia nella neve e alzando le mani in segno di resa.

Un sorriso divertito, si era fatto prepotentemente strada sulle labbra di Kristoff, facendo rilassare anche Anna, fino a quando gli occhi del ragazzo si erano posati sulle mani della principessa, ancora alzate in bella vista. Il suo sguardo si era oscurato e il sorriso era scomparso con la stessa rapidità con cui era apparso, trasformandosi in un’espressione grave: «Cosa ti sei fatta?» le aveva chiesto avvicinandosi a lei.

«Di che parli?»

«Di questo.» le aveva risposto, prendendo una delle sue piccole mani e voltando il palmo verso l’alto.

«Ah, queste. In realtà non so nemmeno cosa siano.» gli aveva sorriso.

«Sono vesciche, Anna. Entro sera si gonfieranno, e faranno così male, che vorrai tagliarti le mani.» le aveva spiegato, con tono duro.

«Ah, bene.» era riuscita solo a dire, poi scrollando le spalle aveva aggiunto: «Sai che ti dico, non è niente, non fanno male.»

«Mi perdoni, vero?» le aveva chiesto, sospirando.

«Per cos…» non aveva completato la frase, che Kristoff le aveva premuto un dito al centro del palmo arrossato «Ouch!» aveva esclamato, colta alla sprovvista dall’improvviso dolore che le si irradiava da quelle macchioline.

«Questo, è per non avermi dato ascolto. Vieni, cerchiamo di riparare al danno.» le aveva detto serio, raccogliendo i suoi attrezzi e riconducendola verso la slitta.

Ed ora, lei sedeva sul vagone della slitta, con le gambe penzoloni, mentre lui rovistava concentrato tra le sue cose, alla ricerca di qualcosa. Sven li osservava curioso, masticando una carota.

«Finalmente.» esclamò, tirando fuori un piccolo vasetto opaco. Poi, senza aggiungere nulla, si sedette accanto a lei, aprì il vasetto e con un dito ne cacciò una poltiglia verdastra. Le prese gentilmente una mano e le spalmò il composto sul palmo della mano, dove le macchioline rosse avevano cominciato a prendere la forma di piccole bollicine.

«Cos’è, una medicina?» gli chiese, arricciando il naso all’odore penetrante di quella roba.

«Non la chiamerei propriamente medicina.» aveva la fronte corrucciata, segno che l’arrabbiatura per la sua disubbidienza, non gli era ancora passata del tutto «È un rimedio per graffi e ferite che mi ha dato Bulda, sai intrugli da troll. L’odore non è piacevole, ma fidati, il dolore passerà entro domattina.» le spiegò brevemente, mentre cominciava a spalmarglielo anche sull’altra mano.

Anna lo osservava in silenzio, rapita dalla delicatezza con cui le sue mani si muovevano sulla sua pelle arrossata, quasi con fare reverenziale. Aveva visto in azione la forza di quelle mani ruvide, capaci di spaccare blocchi di ghiaccio alti quanto lei e sollevare enormi pesi, ma per qualche strana ragione, quando quelle stesse mani si posavano su di lei, erano di una gentilezza snervante. Le sfiorava il viso, come fosse fatta di porcellana, come se da un momento all’altro potesse andare in pezzi; le teneva le mani, senza mai stringerle troppo. E a lei piaceva tutta quella dolcezza, sicuro, l’aveva sognata per una vita intera, ma negli ultimi tempi si era ritrovata a pensare a come sarebbe stato sentire quelle mani calde, stringere un po’ di più, alla sensazione di sentirle scivolare dal viso, giù per il collo, carezzarle le spalle, fino a fermarsi sul suo cuore, per poi stringerla in un abbraccio che avrebbe annullato ogni distanza tra loro e…aspetta che?!

Si era distratta, e i suoi pensieri avevano preso la strada sbagliata. Kristoff intanto, aveva finito di medicarle le mani e gliele stava fasciando con delle garze bianche.

«Vedrai, non rimarrà alcun segno.» disse, completando il lavoro, tenendo le sue manine in una delle sue.

«G-grazie.» farfugliò lei.

«Di nulla, furia scatenata.» rispose sovrappensiero, riponendo le sue cose in una sacca, senza guardarla.

«E scusa.» si affrettò a dire «Non avrei dovuto fare di testa mia, non volevo farti arrabbiare. Volevo solo dimostrati che posso aiutarti, che posso essere più di questo…» si indicò con le mani fasciate «…insieme di goffaggine e sconsideratezza.» lo guardò interrompere quello che stava facendo e girarsi lentamente verso di lei, con un’espressione stranita in faccia «Lo so, è stupido ma…»

«Credi mi sia arrabbiato perché hai provato a tagliare un albero?» la interruppe, sedendosi accanto a lei, fissando le impronte che avevano lasciato nella neve, al loro ritorno.

«No?»

«No.»

«E allora perché?»

«Perché quelle vesciche avrebbero potuto essere tagli, o ancora peggio ferite.» proruppe «Perché se ti fosse accaduto qualcosa mentre eri con me, non me ne sarei dato pace. N-non sopporto l’idea che tu possa provare altro dolore, per colpa mia o per una mia disattenzione…»

Anna sgranò gli occhi a quell’affermazione, ma nessuno dei due disse nulla, e rimasero a contemplare una le proprie mani e l’altro i propri piedi, mentre il ruminare di Sven rompeva il silenzio.

C’era solo una cosa, da poter dire in quel preciso istante, ma non era pronta a dirla. Era una cosa troppo importante.

Poi si voltò completamente verso di lui, e lo abbracciò di slancio, dimenticandosi del formicolio nelle mani, senza dire una parola. Caddero entrambi all’indietro, finendo stesi nel vagone della slitta, con lei distesa per metà al suo fianco e per metà su di lui, con le braccia allacciate al suo collo.

Kristoff la strinse per riflesso e si voltò a guardarla: aveva gli occhi lucidi e luminosi, e un lieve sorriso sulle labbra. Lei lo guardò dritto negli occhi, per pochi secondi, e poi nascose il viso sulla sua spalla, rossa per l’imbarazzo. 

Non ci fu bisogno di dire nulla perché, per quanto Anna si sforzasse di trovare le parole adatte e Kristoff lottasse con tutta la sua volontà per riuscire ad esprimerle, in quel momento non servivano più parole di quante non ne fossero già state dette. I gesti avevano parlato per loro, e Anna si rese conto, in quel momento, di quanto le sue paure fossero stupide e prive di fondamento, di come i gesti attenti e delicati delle mani calde di Kristoff avessero medicato non solo le sue mani, ma anche rattoppato gli strappi dolenti del suo cuore.

 

 

 

 

 

NdA: perdonate l’infinito ritardo, ma non è propriamente un periodo felice per me. Ma questo non ha a che fare con la raccolta, quindi vedrò di portarla ugualmente a termine :) Questa shot non mi soddisfa (blame it on my black mood!) a parte qualche frase qui e lì, che mi sa troppo di Nicholas Sparks, ma scrivere roba di una fluffosità diabetica mi aiuta a scacciare i mostri della vita reale  e a rendere quest’ultima un po’ meno pesante per la sottoscritta XD Comunque non resto qui a tediarvi ancora per molto, volevo solo ringraziare quelle meravigliose 9 persone che hanno inserito la ff tra le loro preferite, nonostante la pessima capacità dell’autrice di mantenere le promesse. Ah e volevo ricordarvi che il silenzio è d’oro, ma la parola è d’argento…e io amo l’argento! *leggetelo come un invito a lasciare feedback* ^.^ Okay, scleri a parte, spero che vi sia piaciuta e di sentirvi numerose ;) 

See you next time, snowflakes!

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Capitolo 5
*** Capitolo 5: Cold as ice ***


                                         -Cold as ice-

 

 

Deve essersi addormentata, perché un rumore sordo la fa sussultare, facendole aprire di scatto gli occhi. Il libro che stringeva tra le mani, giace in terra, aperto su una pagina a caso. Deve esserle scivolato, mentre si muoveva nel suo stato di dormiveglia. Si strofina gli occhi e si alza a raccoglierlo. La schiena le duole e si ritrova a pensare che il bovindo della sua camera, per quanto possa essere comodo, non è adatto per schiacciare un pisolino. Il suo piano iniziale non era certo quello di addormentarsi, ma quello di rimanere a vegliare finché necessario, finché non avesse visto Kristoff e Sven attraversare le porte del castello. Ma il sonno l’ha sorpresa all’improvviso, nel bel mezzo della lettura.

Si volta e guarda il mare livido all’orizzonte, attraverso i vetri bagnati della finestra. Non sembra essere cambiato molto da quando si è addormentata: Arendelle è ancora grigia e lavata dalla pioggia incessante di novembre. E di lui ancora nessuna traccia.

 «Quanto starai via?» gli aveva chiesto tre giorni prima, con un groppo in gola.

«Solo per due giorni, non ti accorgerai nemmeno della mia assenza.» le aveva risposto, stringendola in un abbraccio.

Lei aveva fatto un verso strano, come per dissentire «Fidati, la tua assenza si avverte anche più della tua presenza.» gli aveva detto, punzecchiandolo con un dito.

«Se questo è un modo maldestro per dirmi che ti mancherò,» aveva ridacchiato ad un soffio dal suo orecchio, e la sua risata l’aveva attraversata, facendola rabbrividire di piacere «sappi che mi mancherai anche tu.»

E allora lei si era stretta di più a lui, affondando la faccia sulla sua spalla, ed erano rimasti in silenzio, stretti l’uno all’altra, per un tempo che a lei era sembrato troppo breve.

E in quel silenzio, carico di parole non dette, lei si era resa conto di quanto lo amasse; ma non glielo aveva ancora detto, per paura di affrettare troppo le cose, per paura di commettere di nuovo gli sbagli del passato.

«Anna, per quanto anche a me non vada di andare, devi lasciarmi, altrimenti non potrò raggiungere in tempo gli altri.» l’aveva presa in giro, allentando il loro abbraccio, poi tenendola per le mani, le aveva dato un bacio sulla fronte, così delicato da farla sciogliere sotto il suo tocco.

«Sì, scusa hai ragione. Vai, non voglio che gli altri pensino che il tuo ritardo è colpa mia.» l’aveva lasciato andare, torturandosi le mani, e il calore delle braccia di Kristoff aveva lasciato il posto alla morsa fredda del vento.

«Ma è colpa tua, furia scatenata.» le aveva detto con un mezzo sorriso, appena accennato, mentre prendeva le redini di Sven.

«Ehi! Sto solo cercando di dire che…» ma le sue parole erano state smorzate dalle labbra di Kristoff, premute prepotentemente sulle sue.

«Prometto di tornare il prima possibile, per un altro assaggio.» le aveva sussurrato ad un centimetro dalle sue labbra, e lei aveva sussultato per l’intensità del suo sguardo e delle sue parole. Negli ultimi tempi, lui si era lasciato andare un po’ nei suoi confronti, ma mai fino ad usare quel tono di voce profondo e da brivido, mai fino ad usare parole piene di significati nascosti. Oppure, lei aveva semplicemente frainteso.

«Non vedo l’ora.» aveva balbettato, lasciando, ancora per una volta, la presa su di lui.

Poi era saltato in groppa a Sven e si era voltato un’ultima volta verso di lei, con gli occhi scuri illuminati da una luce strana «Tornerò prima che tu possa dire montagna del Nord.» l’aveva rassicurata e poi era sparito tra le strade di Arendelle, attraverso il portale d’ingresso del castello, diretto sulle montagne.

E lei è ancora lì a fissare quel portale, tre giorni dopo la sua partenza. Elsa le ha detto di non preoccuparsi, che Kristoff sa badare a se stesso e che, come gli altri tagliatori di ghiaccio, conosce le montagne come le sue tasche. E poi è solo un giro di ricognizione, ha aggiunto scoccandole un debole sorriso. Ma, negli occhi della sorella ha visto le immagini della violenta tempesta che si è abbattuta su Arendelle il secondo giorno, la stessa tempesta che le ha instillato la paura nelle ossa, che non l’ha fatta riposare per due notti di fila.

«Montagna del Nord» sussurra, come una preghiera, sperando di vederlo apparire all’orizzonte.

Poi qualcosa cambia nel paesaggio oltre il vetro della finestra. Una carovana di carri attraversa il ponte che collega Arendelle al castello; sono carri anonimi, trainati da un cavallo ognuno, e teli scuri a coprire i vagoni. Il cuore le salta in gola, ma subito si calma: devono essere carri di provviste per le cucine, si dice.

Guarda i carri fermarsi ordinati nel cortile, e poi vede un valletto correre sotto la pioggia, fermarsi vicino al primo carro. Il valletto arretra di un passo, mentre l’uomo alla guida parla, e poi corre via, scomparendo all’interno del castello.

Lei preme le mani contro il vetro, per vedere meglio, con il cuore che batte all’impazzata.

Passano interi minuti, lenti come giorni, nell’attesa che accada qualcosa. Poi, bussano alla porta.

Sembra che abbia scordato come si parla. La porta si schiude piano, e dall’altra parte, Elsa appare in tutto il suo splendore. Ma, qualcosa di impalpabile altera i suoi lineamenti, un’oscurità che sembra aver estinto la luce dei suoi occhi chiari.

«Anna.» la chiama piano, in un sussurro. Si rende subito conto che qualcosa non va, quando la guarda negli occhi umidi di pianto.

«Kristoff?» mormora tra sé, voltandosi di nuovo a guardare i carri nel cortile.

Ingoia un singhiozzo, mentre Elsa fa un passo e poi un altro, avvicinandosi. Lei al contrario, arretra, come per fuggire da quello che la sorella sta per dirle, scuote la testa. Sa già quali saranno le sue parole, prima ancora che lascino la sua bocca. Ma non è pronta a sentirle.

«A-anna.» la chiama di nuovo, con la voce spezzata, allungando una mano verso di lei «M-mi dispia…» prova a dire.

«No. No. No.» la interrompe, premendosi le mani sulle orecchie, per non sentire. Le braccia di Elsa, sono subito lì, pronte a sorreggerla. La stringono forte, come se lei potesse andare in pezzi da un momento all’altro.

«Elsa, non dirlo. T-ti prego, non dirlo.» la supplica mentre annega tra le lacrime.

«Mi dispiace.» le sussurra all’orecchio, con la voce rotta dai singhiozzi «Mi dispiace tanto.» ed è la prima volta che vede Elsa piangere e lasciarsi andare.

«Non può essere, Elsa.» piagnucola aggrappandosi alle spalle della sorella «Dimmi che non è vero. Dimmi che è nelle stalle, che è tornato sano e salvo.»

Come risposta ottiene il silenzio.

«Come?» chiede, e la voce non sembra nemmeno la sua.

«Una valanga. La pioggia ha sciolto la neve fresca e ha staccato dalla montagna i banchi che non avevano ancora attecchito.» Elsa tace, mentre lei assimila tutte quelle informazioni «Non sono mai arrivati a destinazione.» conclude, e lei sussulta, come se l’avessero colpita.

Trema fin nelle ossa, mentre lascia andare Elsa e si dirige, con passi incerti, verso la porta.

«Dove vai?»

«Devo vederlo.»

«Anna, no!» cerca di fermarla sulle scale.

Non si ferma, nemmeno quando la pioggia e le lacrime la accecano: cammina spedita verso il primo carro.

«Vostra Altezza» la saluta un uomo.

«Dov’è?» sibila, ignorandolo.

«Non credo sia il caso.» cerca di farla desistere.

«Dov’è?» ripete.

«Ma…»

«Dov’è?» grida tra le lacrime, tenendosi una mano al petto, come per tenere insieme i frammenti del suo cuore.

Vede l’uomo sobbalzare e poi muoversi sul retro del carro. Non si muove, rimane fermo, in attesa di un ordine.

Lo scosta con poca grazia, e stringe tra le mani la stoffa del telo scuro che copre il vagone del carro. Trema, come un albero scosso dal vento. Non riesce a farlo smettere. E non capisce, come riesca ancora a mantenersi in piedi. Tira piano il telo, e quando guarda cosa copre, si rende conto che tra le mani stringe un sudario.

Spalanca gli occhi, incredula, aggrappandosi alla figura immobile e fredda, davanti a lei. Fino all’ultimo ha sperato che si trattasse di uno scherzo di cattivo gusto, ma la vista non la tradisce.

Kristoff è lì, davanti a lei. Ma non le sorride, non la bacia, non le stringe le mani, non la circonda con le sue braccia, non la chiama per nome. Gli occhi sono chiusi, serrati da cristalli di ghiaccio tra le ciglia scure, e le labbra sono blu, piegate per sempre in una linea grave.

Piange, piegata su quello che rimane di lui, un involucro freddo. Piange, per quelle che le sembrano ore, poggiando la testa sul petto immobile. Piange, per il gelo che irradia il suo corpo, una volta caldo e accogliente. Poi, le lacrime cessano. Non ne ha più.

È il cielo a piangere per lei.

«Avevi promesso che saresti tornato.» mormora chiudendo gli occhi, ormai secchi «Me lo avevi promesso!» si lamenta, stringendo una mano gelata «Bugiardo!» esplode, colpendolo con un pugno al petto.

«Bugiardo.» continua «Ti odio.» urla, sperando di vedere i suoi occhi spalancarsi per la sorpresa.

Nessuno attorno a lei si muove, si sente solo il ticchettare incessante della pioggia sul terreno; non sa nemmeno se Elsa stia osservando quello spettacolo pietoso. Francamente, non le interessa.

«Ti odio.» ripete a bassa voce, spezzandosi. Le lacrime riprendono a riempirle gli occhi: le sente premere, chiuderle la gola. Le sembra di annegare.

«Ti amo.» sussurra alla fine, con l’ultimo debole filo di voce rimastole. Rimpiange di non averglielo detto prima. Ora non serve a nulla.  

Aspetta in vano di ricevere una risposta, ancora aggrappata con tutte le sue forze a lui. Qualcuno le poggia una mano sulla schiena e lei sa che è Elsa, e sa cosa vuol dire quel tocco leggero. Non può farlo: il solo pensiero di lasciarlo andare, la uccide.

Gli prende il viso tra le mani, e poggia la sua fronte a quella di lui. Trema ancora, ma non ci fa più caso.

Gli bacia le labbra blu, sono fredde come il ghiaccio e non sembrano nemmeno le sue «Ti amo.» sussurra un’ultima volta, prima che qualcuno la tiri via. Qualcun altro copre il corpo di Kristoff.

Elsa è subito al suo fianco, la tiene ferma, la stringe forte, impedendole di muoversi, di seguire i carri che escono dal cortile, diretti chissà dove.

«No.» grida «Dove lo stanno portando?» chiede, ma nessuno risponde «Elsa, Elsa, ti prego…» la supplica, non sa nemmeno lei per cosa. Non riesce a dire altro.

«Shh, andrà tutto bene.» la zittisce la sorella, carezzandole la testa.

No. È tutto sbagliato! Come potrà andare bene, senza lui? Come potrà andare avanti?

È l’ultima cosa che pensa, prima che il portale del castello si chiuda, prima di urlare il suo nome.

Prima che il buio la accolga.

 

 

 

 

NdA: salve gente! Faccio schifo? Sì. Sono una cacca? Sì. Merito di essere linciata? Ancora una volta, sì! Merito tutta la gente che mi segue? No…assolutamente no. Non chiedo scusa per il ritardo, tanto sarebbe inutile parlarne. Non chiedetemi da dove esce fuori questa cosa, vi direi solo che è lo specchio del mio stato d’animo…XD è puro e semplice angst, mi andava punto. Non ho preso spunto da un headcanon in particolare. Lo stile di scrittura usato è diverso e poi capirete il perché dell’uso del presente (spero di non aver pasticciato troppo con i tempi verbali)…cioè ve lo dirò, non c’è nulla da capire ;) Comunque, spero di non aver fatto arrabbiare nessuno con la morte del povero kris, e spero vivamente che vi sia piaciuto anche un minimo, se così non fosse fatemelo sapere nei commenti (che sono SEMPRE graditi, anche quelli critici!!). Ringrazio chi ha continuato a mettere la ff tra le seguite e le preferite, nonostante i miei ritardi infiniti e niente…spero davvero vivamente di sentirvi numerose, e l’invito è esteso non solo alle mie solite tesorine che mi danno i loro pareri, ma a tutti gli altri! :) So di essere una palla a ripetermi sempre, ma andiamo, ignorarmi non porta a nulla di buono XD

Come sempre vi saluto e vi aspetto al prossimo capitolo che *rullo di tamburi* arriverà in giornata! Si, mi sento ispirata quando ho il morale sotto le scarpe ^.^

Stay tuned, snowflakes!

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Capitolo 6
*** Capitolo 6: Still beating ***


Nb: questo capitolo è per Laura, alias weepingangel, e sangallo. Perché? Perché non mi è mai capitato di non rispondere alle recensioni, soprattutto se lasciate da persone carine come loro; ed invece è successo, per una valanga di motivi che non sto qui a spiegare, e quindi volevo farmi perdonare per la mia mancanza e farvi sapere che i vostri commenti, i vostri feedback, sono la cosa più gradita che possa ricevere. Grazie! Quindi spero che questo chap vi piaccia :)

                                                                                          

                                    -Still beating-

 

«Kristoff!»

L’urlo riecheggiò nell’immobilità della notte, inghiottito subito dopo dall’oscurità della grande stanza. Anna si svegliò di soprassalto, alzandosi a sedere, con il fiato corto e il cuore in gola. Uno strano senso di pesantezza le premeva sul petto e la nebbia del sonno le offuscava la mente.

Dove sono?

Si guardò attorno, scorgendo i contorni della sua camera da letto: le colonnine del baldacchino, il boudoir con tutte le sue chincaglierie, le braci morenti del camino e la finestra che dava sul regno.

«Era solo un sogno. Solo un sogno» si calmò, portandosi una mano al petto. Eppure, per quanto cercasse di frenare l’agitazione, non poteva fare a meno di rivedere le immagini di quell’incubo orrendo. Brividi la scuotevano forte, facendola tremare incessantemente.

Tutto taceva, ma nelle sue orecchie riusciva ancora a sentire l’eco della voce spezzata di Elsa, che cercava di rincuorarla.

Shh, andrà tutto bene.

Un singhiozzo inaspettato le sfuggì dalle labbra, sorprendendola. Si coprì la bocca con una mano, e le dita incontrarono l’umida traccia lasciata dalle lacrime.  Quel sogno l’aveva davvero sconvolta.

Starò via per pochi giorni, le aveva detto Kristoff, e aveva mantenuto la promessa. Era tornato nel primo pomeriggio di quel giorno appena trascorso. Ma l’ansia accumulata nei tre giorni in cui era stato lontano, l’aveva avviluppata nelle sue spire, appena era calata la notte e si era ritrovata a sognare di quella morte che poteva attendere Kristoff, ogni qualvolta si inoltrava sulle montagne.

Sapeva che lui era sano e salvo, a qualche corridoio di distanza, ma il cuore non smetteva di batterle all’impazzata e le lacrime continuavano la loro inesorabile caduta verso le candide lenzuola.

Doveva vederlo. Convincere il suo cuore che lui era vivo e respirava ancora.

Con movimenti meccanici si scoprì e si diresse a passo spedito verso la porta, aprendola sull’oscurità del corridoio. Aveva percorso quella strada innumerevoli volte negli ultimi mesi e, una volta davanti la porta della camera da letto di Kristoff, si era sempre fermata, con la mano chiusa in un pugno, sospesa a mezz’aria, pronta a bussare. Era sempre tornata indietro, stringendosi le braccia al petto, per scacciare il freddo. Era sconveniente entrare nella camera di un uomo nel pieno della notte: e se qualcuno l’avesse vista?

Tuttavia, quella notte il corridoio sembrava più scuro e inquietante delle altre notti, e Anna si voltò più di una volta indietro, per scorgere se qualcuno la stesse seguendo. A passo svelto, quasi correndo, si ritrovò davanti alla porta, con il fiato corto. Le ombre della notte sembravano allungarsi minacciose verso di lei.

Bussò, senza esitare. E un istante dopo la porta si spalancò, rivelando il volto stravolto di Kristoff.

«A-anna, che ci fai qui?» le chiese studiandola da capo a piedi.

La principessa guardò ancora una volta il corridoio deserto, poi di nuovo lui. «Ho avuto un incubo» sussurrò  a bassa voce, abbassando la testa imbarazzata.

«Hans?» le chiese Kristoff, sollevandole il mento.

Anna fece cenno di no con la testa: quanto doveva sembrare stupida ed infantile, ai suoi occhi?

«Elsa?» chiese ancora, lasciandole una carezza leggere sulla guancia umida.

«N-no» rispose, sull’orlo di un baratro oscuro. Perché non riusciva a scacciare via quel peso che le gravava sul cuore? Lui era lì, davanti a lei, vivo, assonnato e con uno sguardo vagamente preoccupato.

«P-posso entrare?» chiese esitante. Voleva solo gettarsi tra le sue braccia e non lasciarlo andare mai più. Ma fare una cosa del genere, in piena notte e nel bel mezzo di un corridoio, trasgrediva più di una regola del galateo.

«Anna…» fece una pausa «non credo sia il caso, se qualcuno…».

«Ti prego» lo interruppe, quasi implorandolo.

Kristoff esitò indeciso, ma qualcosa sul viso esangue di Anna, fece tremare il suo cuore, facendolo cedere.

«Vieni» la accolse.

Con gesti lenti chiuse la porta dietro di loro, rimanendo in silenzio, aspettando che fosse Anna a parlare per prima. L’incubo che l’aveva svegliata e l’aveva lasciata in quello stato, doveva essere qualcosa di più del semplice sogno ricorrente di Hans che la lasciava morire. Quando lei glielo aveva raccontato la prima volta, con il viso pallido e gli occhi cerchiati da ombre scure, gli era venuta una voglia matta di imbarcarsi sulla prima nave diretta nelle Isole del Sud, per andare a prendere a calci quel mentecatto che l’aveva fatta soffrire. Per di più, il fatto che il principe affollasse ancora i sogni di Anna, lo rendeva triste e vagamente geloso, e più di una volta si era chiesto se la principessa avesse mai sognato lui, invece.

Lui di certo la sognava quasi ogni notte, e non sempre i suoi erano sogni piacevoli.

La principessa continuava a stare in silenzio, con le braccia strette attorno al busto, e lo sguardo perso nelle intricate trame del tappeto ai suoi piedi. Il labbro inferiore stretto nella morsa dei suoi incisivi piccoli e candidi.

«Anna» la chiamò piano.

La voce di Kristoff che pronunciava il suo nome, spezzò qualcosa dentro di lei, quel muro di coraggio che aveva tirato su per non cedere davanti ai suoi occhi. Un singulto le sfuggì dalle labbra e gli occhi le si riempirono di nuove lacrime, calde e salate, lasciate libere di procedere nella loro folle corsa, giù per le guance ceree.

Kristoff rimase per un secondo immobile, interdetto da quella reazione. Poi colmò la distanza tra loro e la strinse a sé, per consolarla, per fermare il tremore che la scuoteva impercettibilmente, per placare il cuore che le correva come un forsennato nel petto. Si limitò a lasciarle leggere carezze tra i capelli, a cullarla sussurrandole piccole sciocchezze, senza mai chiedere il motivo di quel pianto.

Anna teneva i pugni serrati nella stoffa della sua maglia, con il capo piegato contro il suo petto e gli occhi serrati, mentre l’implacabile tempesta di sensazioni ed emozioni, devastava il suo animo, lasciandola più debole ad ogni nuovo singhiozzo, ad ogni nuova lacrima versata. Le braccia di Kristoff erano l’unica cosa che le impediva di scivolare in terra e raggomitolarsi su se stessa.

Dopo un tempo che ad entrambi era sembrato infinito, il pianto si  placò, lasciandoli in assoluto silenzio, stretti l’uno all’altra, in piedi nel mezzo della stanza, immersi in una semi oscurità quasi gradita.

«Eri morto».

«Cosa?» quelle parole l’avevano colto di sorpresa, non tanto per il loro significato, quanto per la potenza con cui avevano squarciato il velo di quiete che li avvolgeva.

«Ho sognato te» fece una pausa, traendo un respiro tremante «Eri morto, Kristoff. Freddo e immobile. E nessun atto di vero amore avrebbe potuto riportarti da me».

Lasciò andare la sua maglia e gli avvolse le braccia attorno alla vita, premendosi di più contro di lui, inspirando forte il suo caratteristico odore penetrante, camuffato dal profumo del sapone che aveva imparato ad usare da un po’ di tempo a quella parte. Con non poca fatica, era riuscita a fargli apprezzare la comodità di un buon bagno caldo, una volta ogni tanto.

E mentre la sua mente rimuginava sulle sue discutibili pratiche igieniche, si sentì sollevare da terra. Un braccio le sosteneva la schiena e l’altro le gambe.

«Al diavolo il galateo» lo sentì mormorare, mentre si avvicinava al letto disfatto.

Un risolino divertito le sfuggì dalle labbra, mentre lui la poggiava dolcemente tra i morbidi cuscini di piume, e le si sedeva accanto.

Una mano corse ad asciugarle le ultime lacrime, cristallizzate agli angoli degli occhi come due gemme preziose, mentre l’altra si strinse alla sua, poggiata sul suo ventre piatto.

Anna lo fissò intensamente negli occhi, annegando in quel colore familiare così simile al cioccolato, beandosi della sua vicinanza.

«Mio dio, eri…congelato» sbottò in una risatina isterica «e il tuo cuore non batteva più» sussurrò giocherellando con le loro dita intrecciate. «Era così reale, Kristoff. E ti ho odiato per un momento, perché mi avevi lasciata indietro, senza di te. E c’era Elsa che cercava di confortarmi, dicendomi che sarebbe andato tutto bene, ma come poteva andare bene se tu non c’eri e…».

E poi le dita di Kristoff si strinsero lievi sul suo polso, conducendo il palmo aperto della sua mano sul suo petto, nel punto esatto dove si trovava il suo cuore: «Senti, batte ancora».

Anna rimase immobile con gli occhi puntati sulle loro mani sovrapposte, presa dal ritmo del cuore di Kristoff, lento e costante. Invece il suo cuore continuava a correre, ma per un motivo diverso stavolta. Batteva così forte che temeva che il ragazzo se ne sarebbe accorto.

«Ora capisci come mi sono sentito io, quella volta sul fiordo» ridacchiò sommessamente, scostandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio, con l’altra mano: «Continuo a rivederti nei miei sogni, ancora ed ancora, bloccata nel ghiaccio, con gli occhi spalancati sul nulla. E anche se sono cosciente che si tratta solo di un sogno, non posso fare altro che sentirmi perso e distrutto, ogni volta».

Anna allungò una mano, accarezzandogli la guancia ruvida. «Ma io sono qui, e a meno che non decidessi di buttarmi in mare, dalla sommità del fiordo, non può accadermi niente di spiacevole: non rischio di rimanere congelata ancora una volta» sbottò sorridendo «Invece, tu rischi continuamente la tua vita e io non so mai se tornerai da me, vivo e con tutti gli arti al loro posto».

«Promettimi che farai attenzione, alla prossima spedizione» lo supplicò, stringendo convulsamente la sua mano.

«Sono sempre attento».

«Kristoff!»

«Va bene, lo prometto. E  giuro che tornerò sempre da te, qualunque cosa accada. Puoi starne certa, ma tu smettila di preoccuparti» la rassicurò «Ti starò attorno ancora per un bel po’».

«Lo spero proprio» ridacchiò lei, alzandosi a sedere e posandogli un bacio all’angolo della bocca.

«A meno che tu non voglia il contrario, in quel caso toglierò il disturbo» la stuzzicò.

«Mai! È meglio che te lo ficchi in testa, non ti chiederò mai di lasciarmi. Ma se ti stancherai di me, non ti costringerò a restare…in quel caso capirò».

«Mai, lo giuro» le fece il verso «Non potrei mai averne abbastanza di te, furia scatenata».

«È proprio quello che volevo sentire» sentenziò felice, tirandolo a sé e poggiando il capo proprio dove un momento prima c’erano le loro mani unite.

«Cosa fai?» le chiese, cercando di placare i battiti alterati del suo cuore, reso pazzo dalla loro vicinanza.

«Mi assicuro che la mia musica preferita non smetta mai di suonare».

 

 

 

 

NdA: salve a tutti! Dopo secoli di reclusione da efp e dal mondo in generale, eccomi che rientro in carreggiata con questa nuova shot, che è il seguito della precedente…si, la morte del caro Kris era solo un sogno. Contente? Io si XD Non sono particolarmente contenta del risultato, ma dovevo pubblicare qualcosa al più presto, altrimenti avrei preso la triste decisione di cancellare tutto. L’headcanon dal quale ho preso spunto, vedeva Kristoff come protagonista, cioè era lui ad avere un incubo sulla morte di Anna, ma siccome era una cosa che avevo già trattato altrove ho pensato di ribaltare le parti. Inoltre il titolo mi è stato ispirato dalla fanart qui sopra…la trovo adorabile!

In questo periodo sono moooolto impegnata con gli esami e quindi prima della settimana prossima non riuscirò ad aggiornare nulla, ma da metà febbraio vedrò di aggiornare almeno una delle mie long e di portare avanti con successo questa raccolta. Spero vi faccia piacere ;)

Fatevi sentire ragazze, perché mi mancate tanto e niente, non mi resta che salutarvi con una valanga di caldi abbracci e di augurarvi (anche se con più di un mese di ritardo) uno splendido 2015, ricco di successi e felicità ^.^

ps: ho da poco aperto un blog/account(?) su Tumblr e piange davvero tanto, perchè è solo soletto, senza followers :) Se vi va andate a darci un' occhiata, è principalmente Frozen/Kristanna centrico e se vi va seguitemi ;) questo è il link http://wheremydreamsliethereyoullfindme.tumblr.com

                       

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Capitolo 7
*** Capitolo 7: Say it again...(and they lived happily ever after) ***


                              -Say it again (…and they lived happily ever after)-




“E vissero per sempre felici e contenti.”
Anna chiuse il libro che aveva tra le mani con un sospiro sognante.
-“Cos’è quel sorriso compiaciuto?”- le chiese Elsa, seduta accanto a lei.
Da qualche tempo a quella parte, dopo cena, avevano preso l’abitudine di rinchiudersi in biblioteca a leggere qualcosa prima di ritirarsi ognuna nelle proprie stanze. La giornata sembrava sempre troppo breve per recuperare tutte le ore trascorse divise e quindi facevano tesoro di ogni minuto concesso loro, finché il sonno e la stanchezza non le vincevano. La loro ultima lettura era stata una raccolta di fiabe, tutte a lieto fine, s’intende.
-“Trovo un non so che di appagante in questa formula: e vissero per sempre felici e contenti. Non trovi ci sia qualcosa di magico in queste parole?”- chiese, rispondendo alla sorella.
-“Sono le stesse parole alla fine di ogni fiaba. Sono versi formulari.”- fece spallucce la giovane regina.
-“Sei poco romantica, ma non è un sorpresa.”- ridacchiò Anna, alzandosi per posare il libro dove l’avevano preso. Lo infilò nella sezione della narrativa e passò un dito sulle coste dei libri accanto.
-“Non sono poco romantica, sono realista, c’è una bella differenza.”- obiettò Elsa, con la sua solita pacatezza, lisciandosi con fare regale le pieghe della sua veste da giorno –“So che non esiste una felicità eterna, sarebbe da stupidi pensarlo, quindi mi accontento di ogni piccolo momento felice che si pone sulla mia strada. In questo modo la vita ha più senso: che gusto ci sarebbe a vivere totalmente immersi nella gioia? Cose ne ricaveremmo?”- le chiese.
-“Una vita priva di dolori e affanni, forse?”- le rispose retorica la sorella minore.
-“Ma è proprio questo il punto: tutti i dolori e gli affanni che la vita ci infligge ci rafforzano, ci modellano facendoci diventare quello che siamo, e ci fanno apprezzare di più i momenti felici. Se ci fossero solo giorni gioiosi, non li riconosceremmo nemmeno perché sarebbero tutti uguali tra loro, privi di eventi rilevanti.”- concluse calma, con lo sguardo perso nelle fiamme danzanti del camino.
Anna la fissò per alcuni secondi con la bocca spalancata poi la richiuse, recuperando quel poco di decoro rimastole: “Hai ragione.”- le concesse, poggiandole una mano sulle spalle incurvate-“Come sempre, d’altronde.”- aggiunse poi tra sé, nascondendo le sue parole con un colpo di tosse. La sorella era sempre così saggia e matura, e lei invece non si smentiva mai, sempre la solita sognatrice accanita, legata ancora a sogni e speranze infantili.
Ma d’altronde la sua vita, fino a qualche mese prima, era stata solo quello: un insieme di fantasie inconfessabili, desideri irrealizzabili e la ricerca di quel per sempre felici e contenti.
Non poteva farne a meno, quella era la sua espressione preferita, quella che attendeva con ansia alla fine di ogni favola che la mamma le raccontava, quella che faceva palpitare il suo cuore di bambina. Ogni volta che le veniva regalato un nuovo libro di racconti, lei sbirciava l’ultima pagina per leggerla, per accertarsi che quel libro finisse come era solito, perché come poteva una storia non finire con un “e vissero per sempre felici e contenti”? Come poteva il principe non sposare la principessa?
All’età di dodici anni le favole si erano trasformate in eccitanti avventure a bordo di vascelli o rocambolesche fughe in boschi fitti, e la sua frase preferita era sparita, sostituita da tramonti di fuoco sull’oceano e baci appassionati, sigillo dell’amore tra i protagonisti. Ma il concetto di base rimaneva: i personaggi, in quei racconti, dopo tante peripezie riuscivano a ricongiungersi con l’amato e a vivere una vita ricca d’amore.
A sedici anni, quando la morte aveva già bussato alle porte del castello, quando i racconti d’avventura non bastavano più a scacciare i fantasmi che le aleggiavano attorno, si era rifugiata nelle grandi storie d’amore, quelle tormentate ed emozionanti, capaci di farle battere il cuore e di farla commuovere: aveva pianto lacrime silenziose per lo sfortunato amore di Giulietta e Romeo, e aveva bruciato di rabbia alla cocciutaggine di Elizabeth nei confronti dei sentimenti di Mr Darcy (aveva letteralmente lanciato il libro dall’altro lato della sua stanza, dove era caduto giù dalla finestra aperta).
-“Quindi mi riterresti pazza se ti dicessi che io ci spero? Intendo, in un per sempre felici e contenti. È praticamente tutto quello che io abbia mai desiderato fin da bambina, a parte che tu aprissi la porta.”- vide Elsa accigliarsi-“Ma questo è un altro discorso.”- le sorrise rassicurante, riaccomodandosi accanto a lei.
La sovrana tentennò alcuni secondi alla ricerca di una risposta adeguata da darle, una che quantomeno non offendesse la sua ingenuità, ma Anna tornò a parlare: “Sai, a volte mi chiedo come posso ancora esserne alla disperata ricerca dopo tutto quello che è successo con…”- inghiottì il groppo che le chiudeva la gola, quel nome la tormentava ancora per poterlo pronunciare così apertamente- “Hans.” Riuscì infine a cacciar fuori in un sibilo strozzato.
 “Negli ultimi tempi ho cominciato a pensare che forse ho sempre sperato in qualcosa di impossibile. Che là fuori non si sarà mai per me un per sempre felici e contenti, che in realtà non esiste affatto. E pensando alle parole che Hans mi ha detto quel giorno, beh la mia convinzione non ha fatto altro che crescere, fin quasi a soppiantare del tutto la mia speranza per la felicità.”- si voltò verso Elsa, incrociando lo sguardo che aveva accuratamente evitato negli ultimi minuti. Non voleva che la sorella la vedesse in quello stato, di solito rifletteva tra sé su quell’argomento, di notte, nel buio della sua stanza, così che nessuno potesse vederla o sentirla piangere. Tirò su col naso, guadagnandosi un’occhiataccia dalla sempre composta e regale sorella maggiore, e ridacchiò sommessamente. “Ma sai, dopo tutto quello che è accaduto, dopo tutte le peripezie occorse, tutte le lacrime e le suppliche, una parvenza di per sempre mi sembra d’averla finalmente a portata di mano.” Incurvò le labbra in un sorriso sincero.
“Cosa aspetti ad afferrarla allora?”
“Non posso perché non sono sicura che sia davvero un per sempre felici e contenti.”- sottolineò le ultime parole con delle virgolette immaginarie.
“E questo cosa vorrebbe dire?”- le chiese scettica Elsa –“A me sembra proprio il contrario, invece. Non che voglia spingerti tra le braccia di Kristoff, ma ti sei resa conto di come ti guarda? Segue ogni tuo passo.”
“Si assicura solo che non faccia cose stupide.” Anna liquidò quelle insinuazioni sventolando una mano davanti al volto della sorella.
“E questo ti sembra poco?”
“Beh no.”- ci pensò su per un momento, poi tornò alla carica. “Il problema è che nessuno dei due si è ancora fatto sfuggire dalle labbra le due parole magiche che siglano il per sempre felici e contenti!”
“Tu ti senti pronta a dirgliele?” Elsa era sinceramente curiosa della risposta della sorella e apprezzava il fatto che Anna avesse imparato dagli errori del passato, e che  stavolta si muovesse con i piedi di piombo sul campo minato dell’amore.
“Credo di si.”
“Bene. Allora non vedo perché tu non debba farlo per prima.” La incitò.
“Ho paura.”- le rivelò a mezza voce Anna –“Paura che lui non lo dica o che sia costretto a rispondermi qualcosa anche se in realtà non la prova davvero. Questo sarebbe sicuramente peggio di qualsiasi altra cosa.”
“Se conosco Kristoff così bene come credo, di certo non ti lascerà nel limbo dell’attesa. Te lo dirà immediatamente. Il povero ragazzo ha solo bisogno di essere spronato. I suoi gesti nei tuoi confronti sono un modo già abbastanza eloquente per farti capire quale sarà la sua reazione.”- le assestò una gomitata scherzosa nelle costole.
Anna aveva sempre pensato all’amore come qualcosa di fulmineo, qualcosa da riconoscere all'istante, qualcosa di perfetto basato sulla perfezione. Aveva creduto ingenuamente che fosse basato su una reciproca attrazione a prima vista, ma ripensandoci bene per lei non era stato così. All’inizio Kristoff l’aveva intimorita, con il suo aspetto poco curato e i suoi modi bruschi e di certo non avrebbe detto che le piacesse. Non incarnava affatto i canoni estetici e comportamentali che aveva sperato per l’uomo dei suoi sogni. Hans, fascinoso e ben educato, avrebbe potuto essere l’archetipo dell’amante perfetto: aveva trattato con i guanti di velluto il suo corpo, carezzandola con gesti lenti e calcolati, sussurrandole parole dolci. Alla fine però aveva manipolato il suo cuore con feroce brutalità.                                                                                           Kristoff invece all’inizio non si era mai fermato a confortarla, aveva sempre agito d’istinto, ogni azione veloce e spontanea: l’aveva strattonata, umiliata, presa in giro, sgridata e così via.  Un comportamento meno delicato che alla fine aveva capito essere nato dal desiderio di tenerla al sicuro. Infine il suo cuore non aveva fatto le capriole a prima vista, ma aveva imparato a trarre giovamento dalla sua presenza, dalle sue attenzioni e dai gesti premurosi che le riservava. Aveva capito d’amarlo un po’ alla volta. Non c’era stato nulla di improvviso, nessun evento rivelatore, né alcuna traccia di perfezione. E a lei piaceva così.
Anna ridacchiò sommessamente, in imbarazzo: parlare di certe cose con sua sorella la metteva ancora a disagio. Eppure, nonostante la sua inesperienza in amore, la sorella riusciva sempre a darle consigli preziosi, a spronarla nella giusta direzione, a caricarla di buoni propositi. Come in quel momento.
Il cuore le diceva di cogliere l’occasione, di lasciare che il coraggio la guidasse fuori da quella stanza e giù fino alle stalle, dove sapeva di trovare la causa e la soluzione di tutti i suoi dubbi. Eppure la paura la inchiodava.
Guardò di nascosto la pendola nell’angolo. Puntava le dieci precise. Forse avrebbe dovuto aspettare il giorno seguente, ma il solo pensiero di pronunciare quelle due parole alla luce del sole le faceva affluire sangue alle guance.
-“Credo sia ora di andare a dormire.” Elsa si alzò avviandosi verso la porta, aspettando che lei la seguisse. Quando rimase seduta, la sorella le rivolse uno sguardo interrogativo.
-“Credo…credo che rimarrò ancora un po’ qui. Ti dispiace?”
-“Certo che no.” Le si avvicinò e le stampò un bacio sulla guancia e poi quando fu di nuovo sulla porta le rivolse un sorriso complice. “Buonanotte.”
Lasciò passare alcuni minuti, in cui passò in rassegna i pro e i contro delle azioni che avrebbe compiuto di lì a poco. Senza alcuna sorpresa, i pro doppiavano i contro. Tirò un respiro profondo per calmare il cuore impazzito, si alzò e si avviò alla porta, piena di un sentimento nuovo. Ansia? Desiderio? Speranza? Non avrebbe saputo dirlo.
Con un ultimo sospiro si infilò nei corridoi bui, diretta al cortile secondario.
Ora o mai più.
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Parlare non era il suo forte ed esprimere a voce i propri sentimenti lo era ancora meno, ma non avrebbe mai pensato che pronunciare due piccole parole potesse essere così complicato. Gli premevano in gola da qualche tempo ormai, ma non aveva mai avuto il coraggio di lasciarle uscire. Erano troppo pesanti, ingombranti e non prive di conseguenze, per lasciarle libere  così come se nulla fosse. Di certo non avrebbe potuto rimangiarsele una volta dette.
E se lei non gli avesse risposto di rimando? Se l’avesse lasciato a boccheggiare in silenzio come un pesce fuor d’acqua, in attesa di una risposta? Se l’avesse guardato con disgusto?
“Perché mai dovrebbe guardarti a quel modo?” Lo rimproverava Sven quando si arrovellava il cervello su certi argomenti. Quindi tornava lucido e pensava a tutti i motivi per cui avrebbe voluto dirgliele, quelle maledette parole che rischiavano di minare la sua sanità mentale, e del perché lei avrebbe di certo avuto una reazione positiva. Poi, quando arrivava alla decisione definitiva, un pensiero arrogante gli serpeggiava in mente.
Cosa se ne fa una principessa dell’amore di un montanaro?
E allora tutti i suoi intenti romantici cadevano a pezzi, uno per volta, smontando l’armatura di coraggio che si era forgiato precedentemente. E rinunciava, rimandando ad un altro giorno. Mese. Anno.
Passavano giorni senza che pensasse a quella faccenda, godendosi i momenti con Anna, senza alcuna pressione, come facevano all’inizio di quella loro strana relazione. Poi qualcosa catturava la sua attenzione: uno sguardo di lei, delle parole sussurrate al suo orecchio, un gesto gentile e la sua mente correva di nuovo alla questione.
Quella sera però non era accaduto nulla che avesse potuto costringerlo a rifletterci. Aveva solo pensato a quanto le fosse mancata in quei giorni d’assenza, a quanto le parole non avrebbero potuto spiegare quel legame che sentiva stringerli sempre più. E poi quelle due parole si erano affacciate sfacciate sulla punta della lingua.
Era un caso senza speranza.
-“Credi riuscirò mai a dirglielo?”
-“Sei diventato noioso. Se non ti decidi, glielo dirò io al posto tuo.” Sven era sempre di poco conforto in certe situazione. Il suo amico era per l’azione, si lanciava sempre senza remore, e non sembrava pensare troppo al da farsi.
-“Per te è facile dire così. Prova tu a guardarla in quegli occhi e a dirglielo ad alta voce senza sembrare un idiota. E poi non trovo mai l’occasione adatta per farlo.” Si lamentò, sentendosi patetico ed inutile. Continuò a spazzolare il manto di Sven, concentrandosi su ogni gesto, cercando di svuotare la mente.
-“Guarda un po’ chi arriva. La tua occasione.”
Saltò per lo spavento, gettò la spazzola in un angolo e si nascose dietro la porta della stalla della renna.
“Davvero?” Sentì quasi Sven ridere a quella scena ridicola. “Grande, grosso e spaventato da una ragazza due spanne più bassa di te.”
L’amico aveva il suo punto. Come poteva temere così tanto Anna e le sue reazioni, se professava di amarla?
-“Prendi il coraggio a due mani e urlalo a tutti” Guardò Sven con un sopracciglio alzato. Faceva sul serio? “Forse non proprio urlarlo a tutti ma almeno sussurrarlo dolcemente a lei. Pensi di esserne capace?”
Preso in giro da una renna. Quello era il colmo!
“Ovvio che sì e te lo dimostrerò lunedì al…” Sven dissentì.
“Domani.” La renna lo fulminò con lo sguardo.
“Adesso. Si, adesso.” Cercò di ripulirsi la casacca dalla paglia e dalla polvere. “Vedrai.”
 
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 Anna scendeva le scale di corsa, incurante delle infinite avvertenze della governante che durante gli anni dell’infanzia le aveva ripetuto fino allo sfinimento di non correre per le scale altrimenti sarebbe potuta inciampare e ruzzolare giù. Se fosse scivolata in quel momento avrebbe anche potuto rompersi l’osso del collo.
Kristoff nel frattempo avanzava a passo spedito nel cortile, risoluto a trovare Anna prima che rimpiangesse la sua decisione: prima avesse detto quelle due parole e prima si sarebbe tolto quel peso opprimente dal petto.
La vide corrergli incontro e per la sorpresa inciampò nei suoi stessi passi: riuscì a non cadere in avanti  facendo un passo più lungo, agitando le braccia per non perdere l’equilibrio.
Quando si trovarono faccia a faccia, lei aveva il fiatone per la corsa e a lui mancava il fiato per la paura.
“Che…che ci fai fuori a quest’ora?”, riuscì a chiederle con un filo di voce.
“E tu dove stavi andando?”, chiese lei di riamando, lasciando inevasa la sua domanda. Evitava accuratamente di incrociare il suo sguardo.
Lui rimase in silenzio, cercando qualcosa da dirle. Poi all’improvviso entrambi trovarono il coraggio di parlare.
“Ho qualcosa da dirti.”
“Devo dirti una cosa.”
“Aspetta, che?”, esclamarono all’unisono. Si studiarono attentamente, guadandosi per la prima volta negli occhi. Anna fu la prima a distogliere lo sguardo, arrossendo.
“Questo non è di certo il modo in cui me l’ero immaginato”, ridacchiò lei, stritolando una delle sue trecce.
“Immaginato cosa?”
“Il modo in cui ti avrei detto che ti amo” Si lasciò sfuggire senza pensarci.
Sospirò. Si voltò a guardarlo.
Si chiese perché lui la stesse fissando come si guarda un lupo rabbioso. E quando il suo cervello registrò quello che aveva appena detto, era troppo tardi. Le sue mani corsero a tapparle la bocca. Come aveva potuto dirglielo così?
Kristoff continuava a fissarla, immobilizzato dalla sorpresa. La lingua annodata, inutilizzabile per risponderle. Stava forse sognando? Si era forse addormentato per l’ennesima volta nelle stalle assieme a Sven? Sentì le guance diventargli improvvisamente roventi e una sensazione piacevole inondargli il petto.
La principessa continuava a rimanere muta, chiusa nell’imbarazzante silenzio che aveva seguito quella rivelazione. Strinse gli occhi per non guardare oltre l’espressione sconvolta di Kristoff. Sapeva d’aver sbagliato e d’aver scambiato la loro amicizia per qualcosa di più. Riusciva a leggere l’imbarazzo del mastro del ghiaccio sulla sua faccia paonazza e il suo respiro irregolare era un’ulteriore conferma del fatto che di certo le avrebbe risposto che aveva frainteso le sue azioni e che gli dispiaceva non provare lo stesso.
Sentì le lacrime risalirle agli occhi, pronte per il salto nel vuoto. Liberò la bocca dalla gabbia delle mani e si coprì invece gli occhi. Non voleva che lui la vedesse piangere. Si sarebbe voltata indietro e sarebbe scappata via prima che la prima lacrima le avesse bagnato le guance. Ma l’imbarazzo le aveva incatenato i piedi al selciato del cortile.
Non arrivò nessuna smentita, né alcuna parola. Sentì solo le mani di Kristoff stringerle delicatamente i polsi e spostarle le mani dal viso. Glielo lasciò fare. Ormai il danno era fatto, almeno avrebbe affrontato la situazione a viso scoperto, da donna.
Quando riaprì gli occhi il volto dell’uomo che aveva appena affermato di amare era a pochi centimetri dal suo, che le sorrideva, ma non un sorriso qualsiasi. Si trattava di un sorriso di pura gioia, di quella che contagia anche gli occhi e li fa risplendere di luce propria. L’aveva vista solo un’altra volta quella luce, in degli occhi diversi, chiari come i suoi: Elsa l’aveva guardata con uno sguardo simile quando lei le aveva confermato che avrebbe volentieri dato la sua vita per lei perché le voleva bene, perché in fin dei conti lei era sua sorella.
Continuarono a fissarsi, incapace di dire qualcosa. “Io…”, cercò di dire Anna, ma la voce le morì in gola. Cosa avrebbe potuto aggiungere a quello che aveva già detto? Non c’erano spiegazioni da dare, le sue parole urlavano chiari i suoi sentimenti.
Kristoff l’attirò improvvisamente a sé, stringendola al petto, come fosse il bene più prezioso da lui posseduto. Una mano le carezzava i capelli e l’altra le sfiorava la schiena con versi circolari.
Anna avrebbe potuto abbandonarsi a quelle attenzioni ogni sera se lui gliel’avesse permesso. Non bramava altro che il tocco delle sue mani, di perdersi nei suoi abbracci e di essere ricambiata del suo amore.
“Ti amo anch’io.” Lo sentì sussurrare tra i suoi capelli, con un filo di voce così tenue che credette d’aver sentito male.
“Davvero?” si allontanò da lui quel tanto che le permettesse di guardarlo negli occhi. Kristoff era la quint’essenza dell’imbarazzo, con quel rosso che dilagava sulle sue guance.
Lui annuì convinto. “Avrei dovuto dirtelo prima ma…” Anna gli posò una mano sulle labbra: non aveva bisogno di spiegazioni.
“Non importa. A me va bene così.”  Si alzò sulle punte dei piedi per raggiungere le sue labbra, premendosi contro il suo petto. Lo baciò come non aveva mai fatto prima. Di solito i loro baci erano quasi sempre frutto di momenti rubati, un febbrile e veloce sfregare di labbra impazienti ed inesperte. Questa volta invece la principessa prese tutto il tempo che le era concesso per assaporare il momento. Fu un bacio lento, dolce, che accese i sensi di entrambi. Dischiuse piano le labbra indugiando nell’esplorare la sua bocca, provocandogli un gemito di piacere. Sorrise soddisfatta mentre si allontanava da lui e lo liberò da quella bolla d’incanto in cui erano stati rinchiusi dopo quella loro strampalata confessione.
Imbarazzata dalla sua audacia, nascose il viso nella sua casacca, cingendogli la vita. Le mani di Kristoff, unico elemento che non le permettessero di fluttuare via in quell’istante, erano salde sui suoi fianchi.
Il mastro del ghiaccio era intenzionato a non lasciarla andare per nessuna ragione al mondo. Se avesse potuto avrebbe passato l’intera notte con lei stretta tra le sue braccia, ma di certo qualcuno avrebbe avuto da ridire: Anna era una principessa ed ogni azione nei suoi confronti doveva essere cauta e appropriata. Non voleva che lei si mettesse nei guai a causa dei suoi desideri egoistici. La sua vicinanza gli scatenava pulsioni fisiche che non aveva mai provato prima di incontrare lei, reazioni che a volte stentava a tenere sotto controllo.
Si accontentò del momento. La strinse forte, abbassandosi a sussurrarle all’orecchio: “Dio mi è testimone, Anna: non ci sono parole per dirti quanto ti amo.” Ed era vero. Non avrebbe saputo dare altro nome a quel sentimento che gli squarciava il petto e gli affiorava alla bocca.
La ragazza rabbrividì di piacere. Se avesse saputo che le cose si sarebbero svolte così facilmente non avrebbe aspettato tanto prima di dire quelle due parole. La voce di Kristoff che gliele sussurrava all’orecchio era assuefacente: non si sarebbe mai stancata di sentirgliele pronunciare. Non avrebbero avuto senso pronunciate da qualcun altro.
“Dillo ancora.” Lo pregò.
“Ti amo.”
“Di nuovo.”
“Ti amo.”
“Non smettere.”
“Mai.”

 
 
Nda: bah non so che dire tranne che sono felicissima di essere riuscita ad aggiornare anche quest’altra ff prima della fine delle vacanze!! *confetti e fuochi d’artificio* Spero che la shot vi sia piaciuta come le precedenti e che lasciate un vostro graditissimo parere qui sotto: al primo recensore una pizza omaggio! Comunque a parte le scemenze, come avete potuto notare sono un po’ arrugginita quindi non andateci giù pesante mi raccomando ;)
Per la cronaca, nei prossimi capitoli vorrei infilarci un po’ di smut ma devo prima testare la cosa…non vorrei mandare all’aria la mia reputazione di brava ragazza XD
E niente...spero di sentirvi numerosi!! Uscite dalle vostre tane impolverate, for God sake!
Alla prossima, snowflakes!

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