Stessa Storia, Stesso Posto, Stesso Bar... ehm, Stessa Accademia

di Walpurgisnacht
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sì Makoto, è la solita solfa: ti svegli, conosci gli altri e bla bla bla ***
Capitolo 2: *** Morti, processi, condannati alle pene capitali... sì insomma, tutto regolare ***
Capitolo 3: *** Forza siore e siori, mettete il gettone nella Giostra degli Assassini ***
Capitolo 4: *** Fammi un po' vedere come ve la cavate stavolta, nanetto Naegi ***
Capitolo 5: *** Dopo il secondo processo ce la prendiamo comoda, va bene? ***
Capitolo 6: *** Spero che il pacco-bomba sia di tuo gradimento, cara ***
Capitolo 7: *** Cara dolce Kyouko, ma sei proprio sicura sicura sicura della tua innocenza? ***
Capitolo 8: *** Processo processino, vedi di non fare casino ***
Capitolo 9: *** Gran finale accompagnato da un buon bicchiere di Chianti ***



Capitolo 1
*** Sì Makoto, è la solita solfa: ti svegli, conosci gli altri e bla bla bla ***


Makoto Naegi si svegliò su un banco.
Gli doleva la testa e si sentiva stranamente appesantito. Che… che cos’era successo? Perché…
Aveva perso i sensi appena messo piede alla Kibougamine, la scuola per super geni a cui una fortunosa lotteria gli aveva permesso di entrare pur non avendone affatto i titoli. Non era né un giocatore di baseball dal talento sopraffino, né il capo indiscusso della più grande gang motociclistica del Giappone, né l’erede della famiglia più famosa e influente della nazione.
Era solo un semplice ragazzo estratto da un cilindro.
Sì, proprio fortunato. Il suo primo giorno di scuola cominciava in un aula buia, con un mal di testa titanico e… delle finestre sbarrate.
Perché cavolo c’erano delle finestre sbarrate? E delle… telecamere?
“Cos’è successo? Sono svenuto all’ingresso e poi…” disse, rivolto a nessuno. Era solo nella stanza, a parte la fredda lente della telecamera che lo faceva sentire osservato come se ci fosse qualcuno che lo spiava da dietro una colonna.
Si guardò attorno alla ricerca di qualche indizio, qualcosa che gli facesse capire. Non trovandolo. E allora pensò che, perso per perso, tanto valeva uscire.
Vagò senza una meta precisa per i corridoi, con una strana luce violacea ad accompagnarlo in questa sua prima avventura nel nuovo mondo scolastico. Era abbastanza inquietante, dovette ammetterlo, e l’assenza di una qualunque forma di vita non lo faceva di certo sentire meno a disagio.
Poi, in questo peregrinare a casaccio, capitò in quello che gli sembrò l’atrio d’ingresso. Se lo ricordava in maniera confusa mentre entrava, ma dodici secondi di coscienza non sono sufficienti a dartene la certezza.
Lì, finalmente, trovò qualcuno.
“...e con questo siamo sedici.”
Ad accoglierlo all’ingresso della scuola, trovò quindici paia di occhi che lo fissavano più o meno incuriosite.
“Q-quindi anche voi…”
“...ci siamo svegliati in un aula dalle finestre sbarrate? Non ricordiamo nulla di quanto successo tra l’arrivo a scuola e il risveglio? Ebbene sì, non sei l’unico, specialissimo fiocco di neve.”
La risposta arrivò da un ragazzo biondo con gli occhiali, e l’aria snob.
“Siamo tutti sulla stessa barca” commentò un’altra voce, appartenente ad una montagna di muscoli dai lunghi capelli bianchi. Poco dopo aggiunse: “Perdono, non mi sono presentata. Il mio nome è Sakura Oogami.”
È… è una ragazza?! fu il pensiero di Makoto mentre si presentava a sua volta; poco a poco il giro di presentazioni si estese a tutto il gruppo, quando vennero interrotti da una voce gracchiante proveniente dagli altoparlanti alle pareti.
“PIM POM PAM POOOOOOON! Prova prova? Questo è un annuncio! Ma… funziona questa roba?”
Makoto scambiò occhiate perplesse con gli altri studenti, chiedendosi in che diamine di situazione si erano cacciati, quando la voce riprese a parlare: “Riuscite a sentirmi? Oh beh, in ogni caso… Cari studenti, siete pregati di recarvi in palestra per dare inizio alla cerimonia di inizio anno. PIM POM PAM POOOOOOOOM!”
Makoto e gli altri si guardarono nuovamente, forse nella speranza che qualcuno di loro avesse una risposta sensata a tutto questo. Ma evidentemente nessuno la trovò, e si arresero quindi ad andare tutti in palestra.

“Solo chi uccide un’altro studente potrà lasciare la scuola. Mi sembra una regola molto semplice! La più atroce delle azioni porterà alla migliore delle conclusioni, quindi spero che tutti quanti collaborerete! Upupupu!”
Makoto era allibito, così come lo erano tutti gli altri.
Quello che in palestra si era presentato come loro “preside” era in realtà una specie di orso meccanico - che diceva di chiamarsi Monokuma, il quale aveva appena rivelato loro il più assurdo dei piani: erano prigionieri della Kibougamine. Avrebbero vissuto rinchiusi lì per sempre, senza poter uscire… a meno che non avessero ucciso un altro studente.
“Ma che, stiamo scherzando? Brutto orso di merda!” urlò con tutto il fiato che aveva in gola, o almeno così pensò Naegi, quello che si era identificato come Mondo Oowada. Il Super Teppista. L’uomo con la pettinatura a banana e i capelli arancioni.
Si staccò dal capannello degli studenti e si avvicinò al podio occupato dall’animale, il quale non sembrava intenzionato a spostarsi o a reagire in una qualsivoglia maniera. Lo afferrò e cominciò a scuoterlo, insultandolo in lungo e in largo.
“Bastardo! Cosa cazzo ti metti a dire che dovremmo ucciderci, eh? Ti stacco gli artigli e te li faccio mangiare, fottuto quattrozampe!”.
Non una sola parola da parte di Monokuma durante la tirata.
Poi, ad un tratto, si sentirono queste parole: “Violenza contro il preside. Proibizione. Attuare protocollo 5162”. Seguite da un BEEP BEEP che pian piano cominciava a crescere d’intensità e velocità.
“Mollalo, Oowada! Mollalo!”. Era stata Kyouko Kirigiri a lanciare questo avvertimento, e il biker non ebbe da ridire mentre lo lanciava per aria.
Esplose.
“Porca… porca miseria…”.
Si accese uno schermo a lato del palco, ancora con quell’orso in bella vista: “Ehi ehi ehi, è maleducazione cercare di mettere le mani addosso al preside. Oowada, verrai punito in maniera adeguata. Ora potete andare, ma non prima che vi informi di una cosa: ognuno di voi bastardi troverà in camera la propria scheda identificativa. Vedete di non perderla, ci sono sopra le regole e ha un sacco di funzionalità utili e interessanti. Ora marsch, marmaglia. Disperdete i ranghi”.
Alcuni dei ragazzi rimasero a fissare il monitor nero per qualche secondo, mentre il resto della combriccola già abbandonava la palestra. Fra i ritardatari c’era Makoto Naegi, interdetto dall’imprevisto succedersi degli eventi e dalle conseguenze che essi portavano.
Questo dev’essere un incubo, non vedo altra spiegazione possibile. Una sorta di orsetto meccanico spunta fuori dal nulla e ci comunica che siamo chiusi in questa accademia per il resto della nostra vita. Aggiunge che per uscire di qui dobbiamo... ammazzarci a vicenda. Abbiamo anche un alieno verdastro e sette tonnellate d’oro massiccio, tanto per gradire? Se non avessi percepito la serietà nel suo tono di voce, come d’altronde hanno fatto tutti gli altri, penserei a una gigantesca candid camera. Mai come in questo momento rimpiango il non avere uno stand.
Concluse che restare fermo come uno stoccafisso non gli avrebbe dato nessun vantaggio, pertanto si avviò verso la propria stanza… che non sapeva dove fosse. Oltre al danno la beffa.

Nell’ora successiva, appurarono diverse cose sull’accademia e sulla loro attuale situazione: ad ognuno di loro era stata assegnata una camera, apparentemente insonorizzata, dotata di ogni comfort; ognuno di loro aveva un kit - cacciaviti e simili per i ragazzi, un kit da cucito per le ragazze; avevano a disposizione una caffetteria e una cucina fornita di ogni sorta di cibo, e la stanza delle scorte altrettanto piena; c’era una lavanderia, una sauna ancora chiusa, un’infermeria anch’essa chiusa, la sala audiovideo, lo spaccio (la cui utilità sembrava alquanto dubbia), un inceneritore e una porta rossa misteriosa, il cui scopo rimaneva ancora ignoto. Appresero anche che ogni loro movimento era monitorato dalle telecamere di sorveglianza, presenti persino nelle loro stanze, e che al loro preside peloso piaceva apparire senza preavviso sugli schermi disseminati per la scuola.
A parte questo, la loro situazione era in una fase di stallo totale.
Makoto sospirò, guardandosi attorno: seduti attorno al tavolo più grande della caffetteria, i ragazzi erano intenti a discutere sul da farsi; chi proponeva soluzioni più o meno futili per scappare, chi faceva notare in maniera poco cortese che le finestre erano blindate e impossibili da scardinare, altri ancora piagnucolavano o cercavano inutilmente di moderare la discussione. Più di una volta i suoi occhi si posarono su Kyouko Kirigiri, che per la maggior parte del tempo era rimasta in silenzio. Si chiese quale potesse essere il suo titolo, ma la ragazza aveva sempre glissato sulla domanda ignorandola del tutto.
Mentre la discussione era ancora in corso, Kirigiri si alzò e uscì dalla caffetteria.
“Kirigiri! Kirigiri, dove vai? Non ti ho dato il permesso di uscire dalla stanza!” berciò qualcuno, che Makoto riconobbe come Ishimaru - il Super Prefetto, a cui nessuno però dava mai retta.
Chissà dove sta andando… si chiese Makoto, visto che tutto lo spazio a loro disposizione era già stato ispezionato da cima a fondo. Ebbe la tentazione di alzarsi e seguirla, ma una frase lo fermò: “Adattarci. Mi sembra l’unica cosa saggia da fare.”
Celestia Ludenberg sorrideva, serena, come se avesse appena proposto l’ipotesi più logica dell’universo.
Tutti si guardarono perplessi, finché Fujisaki non diede voce ai probabili pensieri di tutti: “Intendi dire che… dovremmo semplicemente arrenderci e accettare di vivere qui, come reclusi?”
“Lo spirito di adattamento è ciò che fa la differenza tra la vita e la morte” rispose Celes. “Non sono i più forti o i più furbi a sopravvivere, ma quelli capaci di adattarsi ad ogni situazione” concluse, quel sorriso sinistro ancora dipinto sulle labbra.
Makoto provò un leggero brivido, rendendosi conto che avrebbe dovuto prestare parecchia attenzione a quella ragazza… e tuttavia, continuava a sperare che potesse esserci una soluzione semplice a tutto, un modo per uscire illesi da quel posto, che tutto fosse solo uno scherzo di pessimo gusto. La speranza parlava in quei toni, ma la ragione gli urlava di smetterla e che quella era solo la punta dell’iceberg.
“La tua idea è puerile, Ludenberg” sentenziò Togami con il suo ormai classico gesto di sistemarsi gli occhiali con l’indice “e solo amebe come voi possono illudersi di vivere in pace in questo posto. Al contrario io, Byakuya Togami, non ho nessuna remora nel fare quel che va fatto pur di vincere questo gioco e certificare così la mia evidente superiorità su tutti voi”.
Wow. Togami, stai pur sicuro che non voterò per te quando ci sarà il concorso Scegli il tuo Compagno di Classe più Simpatico.
La discussione fra la Super Giocatrice d'Azzardo e il Super Erede proseguì, ma lui perse presto interesse. Era molto più curioso di sapere che fine aveva fatto Kirigiri.
Si dileguò senza far casino dalla caffetteria, mettendosi a cercarla in lungo e in largo per tutto il piano. Fallendo, senza riuscire a capacitarsi del come.
Oh beh, poco male. Mi dà la sensazione di una che se la sa cavare da sola, comunque. E di certo non ho nessun istinto da principe azzurro nei suoi confronti.
Si rassegnò a tornarsene in camera, non volendo sentire gente che si azzuffava verbalmente su diversità filosofiche e stili di vita incompatibili.
Sperò con tutto se stesso, però, che il punto di vista di Celes facesse più presa sugli altri. D’accordo, non era entusiasta davanti alla prospettiva di vivere segregato per il resto dei suoi giorni… ma meglio quello che un omicidio, forse più di uno. Rabbrividì rendendosi conto che, a conti fatti, tutte quelle persone erano per lui degli estranei e non sapeva cosa poteva agitarsi realmente nelle loro teste.
Sdraiandosi sul letto si impose la calma. Nessuno era davvero tanto pazzo da seguire le insensate imposizioni di quel buffo orso meccanico.
Forse.

“PIM POM PAM POOOOOOOOM! È appena stato rinvenuto un cadavere!”.
Dopo giorni di apparente tranquillità, il quinto risveglio tra le mura della Kibougamine cominciò con l’annuncio che nessuno avrebbe mai voluto udire.
Makoto, ancora intontito dal sonno, ci mise qualche secondo prima di realizzare.
Cadavere. Omicidio. Qualcuno l’ha fatto davvero!
Si vestì alla svelta e uscì subito in corridoio, dove gli altri studenti si erano già radunati: alcuni stavano arrivando dalla caffetteria o dalle proprie camere, come Makoto. Quest’ultimo si avvicinò, cercando di capire a chi appartenesse la camera…
“Naegi-kun!”
“A-Asahina-chan?”
La ragazza si fece largo tra gli altri, avvicinandosi a lui. A giudicare dall’espressione sconvolta, doveva aver assistito al ritrovamento del cadavere.
“Asahina-chan” chiese, “chi… chi è?”
“Na...Naegi! È colpa mia!” rispose con voce tremolante.
“N-Non è colpa tua! Ma… p-puoi dirmi chi-”
“Ci eravamo date appuntamento in caffetteria ma… ma… non arrivava e…” non riuscì a concludere, scoppiando a piangere. Sakura Oogami le si avvicinò e la abbracciò nel tentativo di consolarla, per poi rivolgersi a Naegi: “Quello che Asahina-chan voleva dire è che, dopo aver aspettato più di venti minuti, siamo andate a bussare alla sua porta. Dato che non rispondeva ho deciso di buttarla giù, temendo che... “ si fermò un attimo e sospirò, poi riprese: “beh, i miei timori erano fondati… e quando anche Maizono-san ci ha raggiunte è scattato l’avviso di Monokuma.”
Le due poi si allontanarono, e Naegi rimase col dubbio sull’identità del cadavere.
Non mi rimane che farmi largo fino alla porta.
Quando riuscì ad entrare nella stanza, trovò Kirigiri già intenta ad investigare; Togami, nell’angolo opposto, osservava la scena in silenzio.
E appeso alla maniglia della porta del bagno…
Oddio…
Per un attimo rischiò di vomitare lì sul posto.
Era la prima volta che vedeva un cadavere e… di certo non credeva sarebbe stato così, impiccato alla maniglia con un lenzuolo.
“Fujisaki-san…”
“Stupito? E perché mai? Mi sembrava ovvio che uno di voi proletari, prima o poi, si sarebbe fatto prendere da impulsi animaleschi di bassa lega e avrebbe ucciso un suo simile”. Non ebbe nemmeno bisogno di girarsi verso chi aveva pronunciato quella frase. Erano solo in tre e né lui, né Kirigiri sapevano essere così sgradevolmente crudeli.
Non volle rispondergli. Ci pensò lei: “Tu sei il primo che ha sbandierato ai quattro venti l’intenzione di eliminare uno di noi, Togami. Ti consiglierei di scendere dal tuo piedistallo fatto d’aria fritta”.
“Come… come ti permetti, sgualdrina? Vuoi che i corpi in questa stanza raddoppino magicamente?”.
“Allora, la volete finire voi due? Vi rendete conto o no che Fujisaki-san è morta!” sbottò Makoto, guadagnandosi un grugnito da Byakuya e un rispettoso silenzio da Kyouko.
Togami sbuffò, non degnando lo sbotto di Naegi di ulteriore considerazione. Poi si rivolse di nuovo alla ragazza dicendo “Kirigiri, immagino di aver ragione dicendo che non si tratta di un suicidio”.
“Immagini bene. Questa è palesemente una messiscena atta a fuorviarci. Risulta davvero troppo scomodo impiccarsi infilando un lenzuolo nella maniglia di una porta. Quindi abbiamo per le mani una morte violenta, causata da qualcuno. Fra l’altro, ancora prima di esaminare il cadavere, ho cercato una nota d’addio non trovandola, il che non significa necessariamente nulla ma dà forza all’ipotesi”.
Kami, alla fine qualcuno ha ceduto. Qualcuno è ricorso all’omicidio. Qualcuno non ha saputo reggere la pressione e, per volontà o per caso che sia stato, ha posto fine alla vita di Fujisaki. È terribile.
Prese a guardarsi attorno, addocchiando un po’ tutti con un’espressione spaventata. In mezzo a tutte quelle facce, alcune che lo guardavano incuriosite e altre che lo rifuggivano, si nascondeva un assassino. Come un mattone in testa una scomoda verità lo colpì: la sua vita era realmente in pericolo. Fino a quel momento, pur avendo presente la possibilità, la scartava dicendosi che nessuno di loro poteva davvero scendere a tanto.
In quel momento ebbe la dimostrazione, pratica e dolorosa, del contrario.
Improvvisamente lo schermo della camera di Chihiro prese vita e vi apparve l’ormai odiata silhouette di Monokuma: “Bene bastardi, ora si dia inizio alla fase investigativa. Quando ve lo dirò io, e solo quando ve lo dirò io, interromperete la vostra raccolta di capelli e peli e vi porterete di fronte alla porta rossa che per l’occasione sarà stata aperta. Buon divertimento”.

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Capitolo 2
*** Morti, processi, condannati alle pene capitali... sì insomma, tutto regolare ***


Dopo quasi un’ora di investigazioni, Makoto si sentiva decisamente scoraggiato.
La camera di Fujisaki era pulita, e al di là del corpo e del lenzuolo usato per impiccarla alla porta del bagno, non c’era nient’altro fuori posto.
Sospirò guardandosi attorno: nella stanza con lui c’erano anche Togami (che a parte dare ordini qua e là sembrava non aver contribuito in altro modo), Ishimaru (che si sentiva defraudato del suo ruolo di Prefetto da parte di Togami) e Sayaka (l’unica che ancora si stava dando effettivamente da fare), più un gruppetto di curiosi fuori dalla porta; Kirigiri invece sembrava sparita nel nulla, dopo essere uscita di corsa dalla stanza dicendo che voleva verificare qualcosa. Altri ancora erano sparpagliati per il piano alla ricerca di indizi.
Da qualunque angolazione la si guardi, la stanza di Fujisaki-san è immacolata, pensò. Ritenne quindi opportuno andare a cercare prove altrove - e magari incrociare Kirigiri, sperò. Balbettò qualcosa verso Togami, che annuì senza neanche voltarsi a guardarlo, e poi uscì in corridoio.
Ok. Dove posso dirigermi?
Non ci mise molto a decidere quando vide movimento in caffetteria, e soprattutto una familiare sagoma dai capelli lilla.
“Oh, Kirigiri-san! Eccoti!”
La ragazza si voltò e gli fece un cenno con la testa: “Trovato nulla in camera di Fujisaki?”
“Niente di niente, è tutto al suo posto” rispose Makoto, sconsolato.
“Tu invece? Hai avuto più fortuna?”
“Forse” disse lei, indicando con un cenno una sedia. “Guarda un po’ qua.”
Makoto sulle prime non vide nulla, poi notò che uno dei piedi era un po’ storto.
“Come diamine ci sono riusciti? Non mi sembra un materiale semplicissimo da piegare…”
“Esattamente” annuì Kyouko, “serve una forza notevole o un peso altrettanto notevole…”
“...e questo restringe la rosa dei sospettati.”
Kirigiri non rispose, limitandosi a sorridere.
“Oh Naegi-kun! Ci sei anche tu!”
Entrambi si voltarono verso la voce, e videro Aoi Asahina e Celestia Ludenberg uscire dalla cucina.
“Asahina-san! Cercavate indizi?”
“In realtà la signorina Asahina era alla ricerca di ciambelle” rispose Celes, facendo arrossire di vergogna la povera Aoi, “ma per un fortuito caso abbiamo trovato qualche indizio, forse.”
“I-infatti!” proseguì Aoi, cercando di scrollarsi di dosso l’imbarazzo. “Nel cestino della spazzatura c’era la carta di un paio di merendine e la bustina di un tè o tisana!”
“E a quanto dicono le regole scritte nella scheda identificativa” continuò la gothic lolita “il cancello dell’inceneritore viene chiuso prima delle dieci, quando scatta l’ora notturna.”
“Quindi” rifletté Kirigiri “possiamo presumere che Fujisaki e il suo assassino si trovavano entrambi in caffetteria, e che l’omicidio è avvenuto dopo quell’ora.”
“Il colpevole avrà dimenticato di liberarsi della spazzatura dato che doveva portare il corpo di Fujisaki-san nella sua camera, e organizzare la messinscena del suicidio” concluse Makoto, annuendo.
“Però io ho notato un’altra cosa” disse Celes, ma venne interrotta da un nuovo annuncio di Monokuma.
“PIM POM PAM POOOOOM! Bene miei bastardi, il tempo delle indagini è finito! Siete pregati di recarvi davanti alla porta rossa che si trova vicino alla sala audiovisivi! Marsch!”
I quattro si scambiarono sguardi perplessi. Makoto in particolare avrebbe voluto conoscere quell’ultima informazione di cui parlava Celestia, nel caso potesse rivelarsi utile, ma non era saggio far aspettare il loro preside. Per precauzione le disse di tenerla in caldo e di rivelarla alla prima occasione, ricevendone un assenso con sorriso che fece scendere la temperatura della sua colonna vertebrale pericolosamente vicina allo zero assoluto.
Si avviarono verso il famoso portone, la tensione palpabile, arrivandoci per primi e venendo presto raggiunti da tutti gli altri. Fra i ragazzi serpeggiava parecchio malumore, com’era facilmente prevedibile. A nessuno faceva piacere l’eventualità che non riuscissero a sbrogliare la matassa, visto che la pena accessoria era un simpatico giretto nell’aldilà.
Stavano per montare sull’ascensore quando…
“Avanti, non abbattetevi. Il caso è di facile risoluzione e solo chi si è macchiato di questo crimine ne pagherà le conseguenze”. Gli occhi di tutti si rivolsero verso Kyouko, l’autrice di questa frase.
“Ma… ma… come ne può essere così sicura, Kirigiri Kyouko-dono?” chiese Yamada, evidentemente poco convinto.
“Fidatevi di quel che dico. Sono o non sono la Super Detective?”.
“Anche i detective ogni tanto sbagliano…” fu l’acido rimarco di Oowada.
Spero vivamente che Kirigiri non stia dando fiato alla bocca tanto per fare bella figura. Comunque grazie per non avermelo mai detto nonostante le ripetute richieste, eh. Sei stata gentilissima.
In silenzio giunsero al piano inferiore; in silenzio si disposero nei posti dell’improvvisato tribunale; in silenzio Naegi osservò per qualche secondo il ritratto di Fujisaki, che occupava la sua postazione, su cui era stata schiribacchiata una X con qualcosa di rosso. Si augurò fosse sangue finto o ketchup.
Si comincia. Che qualcuno guardi giù e ci dia una mano.
“Molto bene” iniziò Monokuma, il tono di voce più serio da quando lo avevano sentito parlare per la prima volta “adesso voi bastardi vi metterete a chiacchierare del più e del meno cercando di giungere a una soluzione per questa orribile morte. Cominciate pure a sbranarvi”.
I primi due minuti di dibattito furono caotici, pieni di accuse mosse sulla base di nulla a gente estratta a caso. Probabilmente, pensò Naegi, erano le antipatie personali a governare queste prime fasi.
“Va bene” ci pensò ancora Kyouko a interrompere l’isterismo montante “se avete finito di rendervi ridicoli… possiamo cominciare a fare sul serio, che ne dite?”.
“Io sono d’accordo”, “Mi sembra un’ottima idea” e “Potevi anche sbrigarti prima” furono i commenti più gettonati di fronte a questa autoritaria presa di potere.
“Mpf. Dunque, innanzitutto vorrei dissipare alcuni dei dubbi che in questi ultimi centoventi secondi sono emersi: quello di Fujisaki è un omicidio, non un suicidio. Ci sono elementi che lasciano pochi spazi a domande. Come ad esempio la più totale assenza di una nota che, per quanto non sia una prova schiacciante, corrobora la mia tesi. Ovviamente non lo dico solo in base a questo”.
“Ah davvero? E sentiamo, cos’altro ti suggerisce che Chihiro non si sia tolta la vita da sé?” fece Kuwata, che appariva forte nel suo scetticismo.
“Semplice. La pelle cianotica, le labbra violacee, le piccole emorragie petecchiali sparse qua e là…”.
Accidenti. O ha mentito sul suo titolo e in realtà è la Super Dottoressa, o quel mestiere l’ha portata a farsi una cultura anche in ambito medico.
“Chiedo scusa per la domanda” la interruppe Ishimaru “ma… quelli non sono tutti segni dovuti a un soffocamento? L’impiccagione…”.
“... non causa la morte per asfissia, nonostante la credenza comune. E comunque la prova regina è che sul collo di Fujisaki non c’è la minima traccia della presenza di una corda, o nel nostro caso di un lenzuolo. Neanche la più piccola scalfittura. Quel lenzuolo è stato applicato in un secondo momento per sostenere la scenata”.
Ci fu un momento di confusione fra gli studenti, anche se meno di quanto Makoto poteva essersi immaginato. Da parte sua non aveva motivo per credere che Kirigiri stesse mentendo o comunque distorcendo in qualche modo la verità, perché nella fase investigativa erano sempre rimasti spalla a spalla e aveva potuto appurare in prima persona la scrupolosità e la metodicità del suo operare. Era indubbiamente onesta in quanto stava dicendo e questo gli dava una qualche certezza su cui potersi poggiare.
“Direi che a questo punto l’idea dell’omicidio è ben più di un ipotesi” proruppe Sakura, il cui tono di voce, seppur pacato, bastò a calmare gli animi dei presenti “ma è altresì vero che non abbiamo indizi a supportare questa tesi.”
“In effetti la stanza di Fujisaki era assolutamente pulita” commentò Sayaka, “io e Togami siamo rimasti a cercare indizi, ma non c’era niente fuori posto.”
Togami annuì, sorridendo: “Infatti è indubbio che il corpo sia stato portato solo dopo in camera sua, mettendo in scena il finto suicidio.”
“E questo non fa che supportare la mia ipotesi” disse Kirigiri, irritando non poco Togami. “E comunque gli indizi ci sono” proseguì “abbiamo solo cercato nel posto sbagliato. Asahina?” chiese, rivolgendosi ad Aoi. La nuotatrice trasalì un attimo, poi si ricompose: “S-sì, in effetti io e Celes-san abbiamo trovato delle carte di merendine e bustine di tè usate nella spazzatura.”
“Beh possono essere rimasti lì dalla cena…” disse Leon, ma venne subito interrotto da Ishimaru: “Impossibile. L’inceneritore viene chiuso alle dieci, e il sottoscritto aveva l’incarico di occuparsene per questa settimana. Per cui posso assicurarvi che per quell’ora la spazzatura era già tutta nell’inceneritore.”
“Questo colloca Fujisaki e il suo assassino in caffetteria dopo le dieci” concluse Kirigiri. Naegi osservò il dibattito in totale ammirazione per la Super Detective, che decisamente rendeva onore al suo titolo; si sentì altresì un po’ messo in disparte, ma non aveva proprio idea di come intervenire nel discorso…
“Però ho un dubbio” chiese qualcuno, che Makoto riconobbe come Junko Enoshima, “non avremmo dovuto sentire le urla di Fujisaki, o un qualunque tipo di rumore? Insomma, la caffetteria è abbastanza vicina ai dormitori…”
“Ma le stanze sono insonorizzate” si affrettò lui a rispondere, “se ricordi lo avevamo scoperto durante la prima perlustrazione.”
“Oh” fu l’imbarazzata risposta di Junko, e Makoto si sentì finalmente utile in qualche modo.
“Scusate se mi intrometto, ma c’è qualcosa che vorrei dire” proruppe Celes, alzando la mano. Naegi ricordò improvvisamente di quel dettaglio che la ragazza stava per rivelare prima che arrivasse l’annuncio di Monokuma, e si voltò ad ascoltarla.
“Non so se può essere di qualche aiuto” proseguì Celes “ma ho notato che manca una tazza da tè.”
“E questo come dovrebbe aiutarci?” chiese Hagakure, supportato da Leon che annuiva scettico.
“Perché probabilmente la tazza si è rotta durante un’ipotetica colluttazione” intervenne Kyouko “e l’assassino, non potendo nasconderla nell’inceneritore, deve averla nascosta da qualche parte.”
“Q-quale colluttazione? Non mi sembra si sia parlato di una colluttazione!” urlò Yamada, stranamente agitato. La sua vocina più acuta del solito destò qualche sospetto in Naegi, che decise di prendere parola: “In realtà in caffetteria ci sono prove anche di questo” disse. voltandosi verso Kirigiri. Temeva che la ragazza potesse essersela presa perché stava per rivelare un dettaglio da lei scoperto, ma in realtà sembrava compiaciuta e gli fece cenno di continuare. Makoto annuì e riprese: “Vedete, Kirigiri-san ha trovato in caffetteria una sedia con un piede storto. La struttura di quelle sedie sembra fatta di un metallo piuttosto resistente, e piegarlo non deve essere semplice.”
“E-e questo c-cosa dovrebbe dimostrare, d-di grazia?” chiese Fukawa, che finora non aveva proferito parola.
“Come dicevo, piegare quel materiale non è impossibile ma neanche facile” proseguì Makoto, “per cui con Kirigiri-san ne abbiamo dedotto che per ridurlo in quel modo c’è bisogno di molta forza o di un peso notevole” disse, voltandosi istintivamente verso Yamada “cosa che riduce di molto la rosa dei sospettati.”
Tutti rimasero in silenzio ad osservarlo, probabilmente assimilando le informazioni e ragionando sul probabile colpevole.
“Alla luce di questo indizio, direi che i possibili sospettati sono solo due” prese nuovamente parola Kyouko, “Sakura Oogami e Hifumi Yamada. La prima è dotata di una forza notevole, l’altro di un peso altrettanto notevole” disse; i due nominati rimasero in silenzio, la prima solo leggermente sorpresa, l’altro invece decisamente agitato.
“Per favore” si rivolse direttamente a loro “potreste dirci dove eravate ieri sera, dopo le dieci?”
“Io mi trovavo in camera di Asahina” rispose Sakura pacata, scatenando l’apparente indignazione di Ishimaru: “C-cosa?! Ma dormire fuori dalla propria camera è contro le regole! Sta scritto anche nella carta identificativa!” berciò lui, ma Sakura non si scompose: “Ma non dice nulla riguardo il trovarsi in camera di qualcun altro senza pernottare, mi sembra” disse, lanciando uno sguardo ad Ishimaru che lo zittì sul colpo. “Se mi trovavo in camera di Asahina era solo per consolarla, in quanto aveva ammesso di essere preoccupata e di non riuscire a dormire.”
Aoi non rispose ma si limitò ad annuire. Kyouko fece altrettanto, poi si rivolse a Yamada: “E tu? Dove ti trovavi?”
Il ragazzo ormai sudava freddo.
“Ti ho solo chiesto dov’eri. Non ti sto accusando di nulla… per ora” aggiunse sottilmente, secondo Makoto tanto per metterlo ancora più in agitazione. Rise fra sé e sé.
“Io… io… ero in camera mia… a dormire, ovviamente…” rispose balbettando l’interpellato, anche se a più di uno dei presenti quella parve una grossa, grassa bugia greca.
“E qualcuno può confermare quanto dici?” lo incalzò Kirigiri. Se Naegi non fosse stato assolutamente certo dell’impossibilità dell’ipotesi, avrebbe giurato di vederla sorridere in maniera maligna.
Non ti pensavo capace di essere anche solo vagamente sadica. La cosa… lo ammetto, non è proprio rassicurante.
Al diniego del corpulento otaku, Kirigiri provvide a spiegare l’ovvio: “Quindi sei senza alibi. Quindi niente ti impedisce di aver appena mentito. E stando così le cose mi tocca trovarti fin troppo sospetto. Sei davvero sicuro di non essere stato in caffetteria in compagnia di Fujisaki e… non so, aver avuto un piccolo incidente? Un incidente che, casualmente, ha fatto finire i cocci della famosa tazza mancante in camera tua?”.
Silenzio. Tutte e quattordici le paia di occhi si piantarono su di lei, che non sembrò neanche accorgersene. Con la massima nonchalance tirò fuori da una tasca del suo vestito dei piccoli frammenti che senza ombra di dubbio appartenevano al pezzo mancante del set da tè.
“Questi erano in camera tua, Yamada. Ti spiacerebbe spiegarci il perché, tenendo conto che facilmente assassino e vittima erano insieme in caffetteria a farsi uno spuntino dopo l’annuncio dell’orario notturno e con l’inceneritore chiuso?”.
L’orda di sguardi cambiò istantaneamente bersaglio, andando a fissarsi famelica sulla pancia del povero Hifumi. Soverchiato da tutta questa attenzione, il ragazzo fece due passi indietro portandosi le mani alla bocca e cominciando a mordicchiarsele nervosamente.
La sua colpevolezza era ormai così palese che solo i più idealisti del gruppo, fra cui andava doverosamente annoverato lo stesso Naegi, provavano a cercare nelle loro teste soluzioni alternative che non contemplassero un omicidio. Fallendo.
“Yamada, oltre a Oogami sei l’unico che avrebbe potuto arrecare quel danno alla sedia. E al contrario suo non hai un alibi valido. Sotto al tuo letto erano nascosti i pezzi di una tazza, la tazza che abbiamo stabilito essere stata usata da uno fra vittima e colpevole questa notte. Se hai una spiegazione logica e convincente per tutti questi gravi indizi a tuo carico… beh, direi che è il momento di sfoderarla. Se invece, come penso, sei stato tu… beh, allora l’unica cosa che a questo punto puoi sfoderare è la spiegazione di come si sono svolti i fatti e del perché hai ucciso Fujisaki”.
Makoto non reagì, almeno non a livello superficiale, di fronte al lungo j’accuse lanciato da Kirigiri; dentro di sé, tuttavia, non poté fare a meno di rabbrividire all’idea che il panciuto e tutto sommato innocuo Yamada fosse davvero l’omicida che stavano cercando. Anche in quel momento, vedendolo accerchiato dagli occhi inquisitori degli altri, non dava affatto l’idea di un killer spietato. Tutt’altro, sembrava un cucciolino sovrappeso minacciato dai cacciatori brutti e cattivi.
La logica di Kyouko è ineccepibile, non lo potrei negare neanche volendo. Eppure fatico a credere che sia stato davvero lui. L’unica cosa a cui posso aggrapparmi è sperare che si sia trattata di una fatalità e che non abbia davvero cercato volontariamente un capro espiatorio per ottenere la libertà da questa prigione. Voglio sperarlo. Devo sperarlo. Perché cominciare a dubitare di tutto e di tutti, come fa quel simpaticone di Togami, significherebbe darla vinta alla perversa mente dietro tutto questo.
“Non… non… non… non volevo fare del male a nessuno, men che meno… men che meno a Fujisaki… io… io mi ero… ecco, lei mi… mi piaceva… un po’... assomigliava tanto a… alle eroine 2D di cui sono innamorato… e allora… allora… ieri sera avevo un po’ di fame… e sono andato in caffetteria… lei mi ha raggiunto dicendo che voleva farsi un tè… abbiamo… abbiamo chiacchierato un pochino… ed era così gentile, così carina… mi sono… mi sono lasciato andare e ho cercato… sì, insomma, ho cercato… di baciarla… ma mi ha rifiutato… ho insistito e nello sporgermi in avanti… oh santo cielo, non volevo, davvero… è stato un caso, non era mia intenzione… caderle addosso… e soffocarla…”.
La confessione sullo svolgimento dei fatti lasciò quasi tutti ammutoliti, a parte l’immancabile Togami che commentò alla sua maniera acida la goffaggine trasformatasi in peso omicida. Nessuno trovò la forza, o la voglia, di metterlo a tacere come si sarebbe meritato.
“Vediamo se riesco a completare il quadro: senza volerlo le sei franato addosso, immagino non pensando alle conseguenze che ciò poteva comportare. Cadendo hai urtato la tazza, che si è rotta, e hai piegato la gamba della sedia. Quando poi ti sei realmente reso conto era troppo tardi, ti sei fatto prendere dal panico e hai cercato di pulire la scena del crimine alla bell’e meglio, buttando via cartacce e pezzi vari che potevano comprometterti. Infine, temendo di venire bollato come assassino, hai inscenato il finto suicidio per Chihiro. Confermi, Yamada?” buttò fuori Kirigiri. Naegi non poté non notare come sul viso della detective non ci fosse la minima traccia di soddisfazione per aver risolto il caso, e anzi ci vide una lieve ombra di… fece fatica a dare un nome a quella pallida emozione, ma alla fine si risolse nel chiamarla tristezza.
“Mi… mi dispiace tantissimo… io… ho avuto una paura folle di… di venire linciato, o sottoposto a qualche tortura strana… non so bene, credo di aver perso… completamente la bussola in quei momenti… sudavo, tremavo, ero fuori di me… non vi chiedo di perdonarmi, sarebbe troppo… vorrei solo che non pensaste troppo male di me, questo sì… perché vi assicuro, ve lo giuro… io non volevo…”.
Le parole di Yamada si trasformarono in un balbettio quasi incomprensibile, per poi sfociare in un pianto disperato ma anche, per certi versi, liberatorio.
Nessuno osò proferire parola davanti a quella scena, nemmeno Togami.
Che cosa si poteva dire, d’altronde?
Non era un caso di omicidio quello che era appena stato risolto, e quello che si stava disperando davanti ai loro occhi non era uno spietato assassino: era solo un terribile incidente, e Yamada era colpevole solo del suo sovrappeso, ma in fondo era una vittima anche lui. Vittima degli eventi, di quella scuola, vittima di chiunque si nascondesse dietro l’orso meccanico.
“DIN DON DIN DON! Abbiamo un vincitore!”
Monokuma riempì il silenzio, agitando le zampine. I ragazzi si voltarono a guardarlo.
“Direi che non c’è nemmeno bisogno di una votazione, visto che il colpevole ha confessato” ridacchiò, “quindi saltiamo la burocrazia e veniamo alla parte divertente… Yamada, brutto ciccione, è giunto il momento della tua ESECUZIONE!”
A quella parola tutti sbiancarono, e un coro di urla e commenti si sollevò.
“C-cosa?!”
“Che cosa intendi con esecuzione, orso di merda?!”
Naegi riuscì a fatica a sovrastare le voci degli altri: “M-Monokuma! Che cos’è questa storia dell’esecuzione?! Non ci hai detto niente al riguardo!”
Ma l’orso meccanico sembrò ignorarli, e continuò: “Prego, vieni pure da questa parte” disse, indicando un palchetto alle loro spalle “sarà un momento memorabile!”
Yamada si avvicinò al palchetto tremando, quando notò una katana e un coltello tantō.
“De… devo fare seppuku?!” strillò con voce acuta, mentre altre grida provenivano dai suoi compagni.
“Sali sul palco” proseguì Monokuma, senza interrompersi “dopodiché uno di voi bastardi ricoprirà il ruolo di kaishakunin*! Avete cinque minuti per scegliere chi lo farà!” concluse, per poi tornare silenzioso e immobile quasi fosse in stand-by.
“Co-come puoi chiederci una cosa del genere?!” urlò Naegi, ma non ottenne risposta dall’orso; nella stanza quasi tutti erano in preda al panico, chi piangeva, chi urlava improperi di ogni tipo, altri ancora preferivano rimanere in silenzio.
“Deve esserci un modo…” disse Makoto, rivolgendosi a Kirigiri, quando con la coda dell’occhio notò Yamada sul palco, in ginocchio, il coltello già in mano.
“Y-Yamada! Scendi da lì, troveremo un modo per-”
“Va… va bene così, Naegi Makoto-dono” disse il ragazzo, tirando su col naso “è giusto che le cose vadano così. Io… io non volevo che…” singhiozzò, asciugandosi le lacrime con la manica del maglione. “Non potrei v-vivere con il peso di ciò che ho fatto a Fujisaki-san…”
A quella frase Makoto sentì gli occhi pizzicargli, e a quanto pare non fece quell’effetto solo a lui; persino Togami preferì voltarsi davanti a una scena tanto straziante.
“Tempo scaduto! Il kaishakunin salga sul palco!” annunciò l’orso, riportando il panico nella stanza.
“Ma… ma non abbiamo ancora…” balbettò Makoto, quando qualcuno si avvicinò e salì sul palchetto: “Lo farò io” annunciò Sakura Oogami, solenne. “Non volevi fare del male a Fujisaki, e meriti di andartene con onore… visto che non c’è altra scelta” aggiunse con un filo di voce.
Yamada annuì tra le lacrime, e la ringraziò.
Il tutto durò solo pochi minuti: Yamada, nonostante i singulti, non ebbe alcuna esitazione, e Sakura fu rapida e precisa nell’eseguire la decapitazione; quando il corpo senza vita di Yamada cadde in avanti qualcuno si lasciò scappare un urlo, altri si voltarono in preda alla nausea. A rito ultimato, Sakura rimase qualche istante in silenzio ad osservare il cadavere, poi scese dal palco. Non si preoccupò di asciugarsi le lacrime.
“Bene, miei cari studenti, il primo processo è finito! E tutto è bene ciò che finisce bene, no? Quindi tornate pure in accademia e godetevi la vostra ricompensa!”
Detto questo Monokuma sparì come suo solito, lasciando quattordici studenti in preda alla disperazione.

La giornata era stata intensa, e nessuno ebbe molta voglia di godersi il premio di Monokuma.
Mentre tutti erano ormai immersi in un sonno profondo, qualcuno ne approfittò per sgattaiolare fuori dalla sua stanza e recarsi alle scale sbarrate accanto alla stanza delle scorte; senza troppi preamboli tirò fuori un telecomandino e attivò velocemente la saracinesca, scattando poi verso il quarto piano.
Arrivato a destinazione si chiuse velocemente la porta alle spalle, e si sedette alla postazione da cui poteva controllare le telecamere e il sistema d’allarme della scuola.
“E Monokuma” ridacchiò tra sé e sé, accarezzando l’orsetto meccanico.
Si passò una mano tra i capelli e fece roteare il collo per sgranchirsi, quando il suo sguardo si posò sul suo riflesso in uno schermo spento.
Sorrise.
“Ben fatto, Mondo Oowada” disse, sentendosi pieno di orgoglio. “Tutto procede secondo i piani… presto avremo la nostra vendetta, fratello” aggiunse, voltandosi verso il lato opposto della stanza.
Anche nella penombra, era certo che Daiya stesse sorridendo.



* Kaishakunin: il samurai che si occupa di tagliare la testa a chi sta per commettere seppuku.
** Piccole note sull’accademia: non avendo trovato riscontri da nessuna parte, ci siamo presi qualche piccola libertà: gli studenti, prima dell’incidente, dormivano in accademia, mentre gli insegnanti non avevano quest’obbligo. Inoltre abbiamo deciso di sostituire le lastre d’acciaio e i bulloni che coprivano le finestre nel gioco con un più semplice sistema elettronico di saracinesche, insieme a un sistema di sicurezza con telecamere. Tutto ha un motivo, abbiate fede :p

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Capitolo 3
*** Forza siore e siori, mettete il gettone nella Giostra degli Assassini ***


Erano passati tre giorni dal processo e quel pranzo, come tutti quelli che l’avevano preceduto a partire dal luttuoso evento, era il più lugubre della loro finora breve permanenza nell’accademia.
Mancava la vitalità che di solito la faceva da padrona nelle loro interazioni. Anche quelli facilmente eccitabili, come ad esempio Mondo e Leon, erano comprensibilmente quieti e sulle loro. Naegi non mancò di notare come persino Togami, seduto come le altre volte ad un tavolo separato, non avesse il suo solito sorriso sbruffone.
Ciancia Togami, ciancia. Poi alla prova dei fatti sei scosso da quanto è accaduto esattamente come lo siamo noi.
Non volava davvero una mosca. Anche per chiedere di farsi passare lo zucchero ci si limitava a qualche sguardo fugace. Non c’era la minima voglia di chiacchierare, non quando le sedie vuote di Fujisaki e Yamada ricordavano a tutti i presenti il loro tragico destino.
Ci pensò l’immancabile Kirigiri a rompere l’impasse. Non appena ebbe finito il suo modesto pasto si alzò, invero abbastanza platealmente, e annunciò che avrebbe ripreso l’investigazione del secondo piano. Tale era infatti la famosa ricompensa a cui Monokuma aveva accennato al termine dell’esecuzione.
“Ma… ma perché?” si trovò a chiedere Makoto “Abbiamo setacciato ogni angolo con minuzia e non abbiamo trovato niente di utile”.
“Forse. O forse no. E comunque si è aperta una delle stanze precedentemente bloccate qui al primo piano, non ve n’eravate accorti?”.
“Se parli della sauna e del relativo spogliatoio” si intromise Celes “mi sono presa la briga di darci un’occhiata mentre voi bighellonavate al piano superiore. Ti posso assicurare che non c’è nulla di nulla: delle panche, degli armadietti vuoti e la porta che collega alla sauna vera e propria. Naturalmente… oh, no. Invece no”.
“Invece cosa?”.
“Stavo per dire naturalmente ci sono telecamere anche lì, ma… no, ora che ci penso non ci sono”.
La rivelazione ebbe l’effetto di un candelotto di dinamite appena esploso. Si poteva quasi dire che i ragazzi avessero scoperto un modo per uscire, quando in realtà non era affatto così. Si trattava, né più né meno, di una stanza… libera dall’influsso nefasto di Monokuma.
Devo smetterla di leggere i classici russi dell’ottocento, mi fanno parlare e pensare in maniera troppo barocca.
Comunque… comunque questa è una bomba. Abbiamo una stanza per cospirare in santa pace, senza il pelo finto di quell’orso psicopatico a infastidirci.
“Che cosa stiamo aspettando, un invito ufficiale? Propongo riunione al riparo da sguardi indiscreti” proruppe Sayaka, facendosi portavoce dell’intenzione comune. Senza neanche chiederlo si trovò capintesta della ribellione, finendo col condurre i suoi prodi verso il loro obiettivo.
… veramente Makoto, finiscila. Questo non è Guerra e Pace.
Stava per aggiungersi alla fiumana, già lanciata, quando incrociò per caso lo sguardo di Kirigiri che, ancora ferma nella sua precedente posizione, non pareva intenzionata a seguirli.
“Uh? Kirigiri-san?”.
“Appena la calca se ne va… ti voglio parlare a quattr’occhi”.
Naegi fece una discreta fatica a trattenere pensieri inappropriati.
“Co-cosa vuoi…” balbettò, ma la ragazza lo fermò subito.
“Non qui, non ora” disse, facendo un cenno verso le telecamere. Poi aggiunse a bassa voce: “Ci vediamo tra un’ora nel bagno, giusto il tempo che l’entusiasmo per la scoperta si esaurisca negli altri e ci lascino la stanza a disposizione.”
Poi si incamminò verso l’entrata della caffetteria, mentre Makoto ancora la fissava, cercando di scacciare via quegli strani pensieri.

“Andato bene il tuo giretto?”
Quando Kyouko aprì la porta venne accolta da Makoto, che apparentemente la aspettava già da un po’ seduto su una delle panche.
“Da quanto sei qui?”
“Una ventina di minuti, credo” disse, “abbiamo ispezionato la sauna, e poi abbiamo dato di nuovo uno sguardo al secondo piano, ma poi…” fece spallucce, non sapendo esattamente come concludere la frase.
“Non ne avevi voglia?” ipotizzò lei.
“Mettiamola così” ammise Makoto, grattandosi la testa. “So che sarebbe utile perlustrare per bene ogni area per eventuali indizi ma… sono ancora scosso dopo… dopo l’esecuzione di Yamada.”
“È più che normale” annuì lei, “è stato uno shock abbastanza grande per tutti quanti.” Rimase qualche secondo in silenzio, poi aggiunse con un sorrisetto: “E comunque agli indizi ci penso io.”
Makoto ricambiò il sorriso: “Cosa volevi dirmi prima, in caffetteria?”
“Giusto…” sussurrò lei, cominciando a camminare avanti e indietro, forse cercando le parole più adatte: “Ho il forte sospetto che l’artefice di tutto questo sia in mezzo a noi.”
Naegi sgranò gli occhi, incredulo.
Come poteva Kirigiri credere che la mente dietro quegli orrori fosse uno di loro?!
“Sei… sei sicura? È un’accusa terribile, pensare che ci sia un pazzo tra di noi..”
La ragazza annuì: “Non ho ancora sospetti su qualcuno o prove fondate, ma ho notato molti dettagli strani.”
“Ad esempio?”
“Hai fatto caso a come Monokuma spesso si zittisca senza motivo? O che certe volte sembra che non ascolti le domande che gli vengono poste?”
“In effetti, ora che ci penso..” commentò lui, mentre la sua mente tornava indietro all’esecuzione di Yamada e al modo in cui l’orso si era zittito dopo aver detto che avevano cinque minuti per decidere chi tra loro avrebbe decapitato Yamada.
“È come se... fossero messaggi registrati” disse, e Kirigiri di nuovo fece un cenno d’assenso: “Se il nostro aguzzino fosse qualcuno che si limita ad osservarci da lontano, come le telecamere suggeriscono, non avrebbe bisogno di programmare Monokuma con messaggi registrati. Significa che, per qualche motivo, non può sempre controllarci…”
“...come se fosse costretto a stare insieme a noi” concluse Makoto in un sussurro. La prospettiva era orribile, forse persino più orribile dell’idea di un assassino o un terrorista a capo di tutto quello, ma doveva ammettere che il ragionamento filava.
“E hai già qualche sospetto?”
“No, non ancora” sospirò Kirigiri, “è ancora presto e non ho abbastanza indizi. Ma vorrà dire che, da questo momento in poi, dovremo tenere gli occhi bene aperti. Intesi?”
“S-sì!” disse, aggiungendo velocemente: “Ma cosa devo cercare, esattamente?”
“Qualunque comportamento inusuale: atteggiamenti strani, guardinghi… soprattutto  assenze sospette. Se ho ragione, il colpevole avrà la necessità di sparire di quando in quando, per registrare i messaggi di Monokuma o fare gli annunci. Ah, mi raccomando: discrezione.”
Makoto annuì, pensando a possibili scenari: venire scoperto, essere torturato a morte…
No ok, basta. Pensare cose del genere non aiuta.
Rimasero per un po’ in silenzio; poi Naegi parlò di nuovo, esternando un dubbio che lo attanagliava da un po’: “Kirigiri-san, tu… credi che chiunque ci abbia rinchiusi qui ci abbia causato la perdita di memoria?”
La ragazza lo guardò per qualche istante, poi disse: “È molto probabile.”
“Ma… perché?”
“Forse è stato un effetto collaterale del sonnifero usato per addormentarci… o forse non vuole farci ricordare qualcosa in particolare.”
Makoto stava per chiederle cosa secondo lei non dovevano ricordare, quando la porta dello spogliatoio si aprì.
“Oh, ma guarda un po’ chi c’è qui! Cosa stavate facendo, piccioncini?” fu l’intelligente commento di Leon che, spalleggiato da Oowada, li ricoprì di provocazioni idiote. Il biker si lanciò persino in un fischio, seguito da uno “Zozzoni!” che causò una fragorosa risata in Kuwata.
“Niente di ciò che i vostri cervellini bacati stanno immaginando” fu la pacata risposta di Kirigiri che, mentre si faceva largo per uscire, aggiunse: “Naegi-kun mi stava solo dichiarando il suo amore.”
La ragazza se ne andò sorridendo, lasciando un imbarazzatissimo Makoto alle prese con Leon e Mondo e le loro domande indiscrete.

Lasciatasi il povero Naegi alle spalle, Kyouko riprese a ispezionare il secondo piano: erano presenti due bagni, due aule, una grande biblioteca e persino una piscina con relativi spogliatoi; si chiese chi fosse il genio che aveva progettato una piscina al secondo piano di un edificio, ma lasciò perdere certi pensieri futili. Al momento era molto più interessata alla biblioteca e in particolare alla stanza sul retro: aveva idea che contenesse documenti interessanti ma, purtroppo, Togami aveva preso possesso della biblioteca e vi si era barricato dentro, negando a chiunque l’accesso alla stanza.
Rivolse mentalmente un paio di insulti al biondo ereditiere, quando finalmente si trovò la porta della biblioteca davanti. Non aveva per niente voglia di discutere con Togami, ma le sue indagini avevano la priorità. Si disse che si sarebbe limitata ad ignorarlo, e nel peggiore dei casi… diciamo che sapeva come metterlo fuori gioco senza fargli (troppo) male; Byakuya Togami avrebbe sicuramente potuto batterla a tennis o qualche altro sport da ricchi, ma dubitava fortemente che avesse qualche minima conoscenza di autodifesa.
“Togami, sono Kirigiri” si annunciò, bussando. Non ricevendo risposta bussò di nuovo, poi decise di entrare comunque: “Sto entrando lo stesso e a poco serviranno le tue lamentele, voglio vedere la stanza sul retro della biblioteca.”
Ancora nessuna risposta.
Da dove si trovava, Kyouko riusciva a vedere una scrivania; la sedia era girata di spalle, e non riusciva a capire se Togami fosse effettivamente seduto lì o avesse parlato da sola per cinque minuti buoni.
Si avvicinò con cautela, il suo senso di detective che trillava all’impazzata.
Qualcosa non va pensò, mentre poggiava la mano sullo schienale della sedia e la faceva roteare verso di sé.
“Togami mi hai…” disse, ma le parole le morirono in gola.
Di fronte a lei faceva bella mostra di sé il corpo senza vita di Celestia Ludenberg, leggermente scivolato in avanti. Per chissà quale ragione non aveva i suoi voluminosi codini, motivo per il quale non l’aveva riconosciuta istantaneamente anche se di spalle, e soprattutto presentava uno squarcio sul collo. Il sangue era uscito a profusione, dando a Kyouko la sensazione che il vestito originariamente viola che indossava fosse stato ridipinto con della vernice rossa.
Fece un po’ di fatica a trattenere un urlo. È pur vero che dato il suo mestiere vedere un cadavere non era nulla di nuovo, ma raramente aveva avuto il dubbio onore di essere la prima a scoprirlo.
Le ci volle all’incirca mezzo secondo per scrollarsi di dosso lo shock. Poi la parte analitica del suo cervello prese saldamente le redini ed entrò in modalità lavorativa: per prima cosa guardò per terra e, come un po’ si aspettava, notò delle leggere strisciate di sangue.
L’hanno portata qui e appoggiata a questa poltrona. Non escludo che l’omicidio non sia avvenuto in questa stanza.
Si assicurò di non inquinare la scena del crimine, come da buona etica professionale, e abbandonò rapidamente la biblioteca per andare a recuperare due persone. Bisognava essere in tre, difatti, per far sì che ci fosse l’inizio ufficiale delle indagini.
Al contrario del caso di Fujisaki siamo di fronte a un assassinio volontario, a meno che non ci sia stato un fortuito incontro del terzo tipo fra una lama e la carotide di Celes.
La cosa… mi preoccupa. E mi… sì, mi dispiace. Non troppo però, la signorina non faceva granché per rendersi simpatica. Tanto qui, nella mia testa, posso dire e pensare quel che voglio. Quindi non mi vergognerò di essere onesta.
Pensò che forse i tre moschettieri erano ancora nella sauna a lanciarsi frecciatine sceme, pertanto si diresse lì. E come aveva presupposto trovò Kuwata e Oowada che stavano importunando Naegi, sfottendolo su presunte acrobazie di natura… ehm, sessuale che avrebbe messo in pratica con lei.
Se la situazione non fosse stata tragica si sarebbe unita volentieri alla presa in giro.
“Kerumph” fece, con il più classico dei colpi di tosse posticci.
“Uh? Kirigiri-san? Perché sei tornata qui? Se hai sentito cosa stavano dicendo questi due cialtroni ti prego di non mettermi le mani addosso io non c’entro sono loro due a dire cavolate a raffica e perfavoreperfavore non farmi del male che sono innocente e…”.
“Qualcosa ho sentito, sì. E con loro farò i conti più tardi. Ma purtroppo sono ritornata per comunicarvi qualcosa di brutto”.
Bastò questo a dipingere sgomento sul volto degli altri tre. Immediatamente ogni manifestazione di cameratismo e gioia cessò, come se un sergente istruttore avesse richiamato i suoi indisciplinati soldati all’ordine.
“Co-cos’è successo?”.
“Abbiamo un cadavere”.
“Santi kami!” esclamò Leon “Dove? E… e chi? Non sarà… Sayaka?”.
“No. Celes. In biblioteca. Sgozzata”.
“Stai… stai scherzando, Kirigiri-san…”.
“Ho la faccia di una che scherza?”.
“Direi di no…” puntualizzò Mondo, consapevole di aver detto una cosa palese.
“Venite con me. Come sapete servono almeno tre persone per l’annuncio”.
Makoto e Leon si avviarono verso l’uscita, mentre Mondo non sembrava aver l’intenzione di adeguarsi.
“Qualcosa non va, Oowada?” chiese la detective.
“Hai anche il coraggio di chiedermi se qualcosa non va? Qualcuno ha aperto il collo di quella povera disgraziata di Celes e tu mi chiedi se qualcosa non va? Ti senti parlare ogni tanto, Kirigiri?”.
“Il mio udito funziona alla perfezione. Le cose stanno così, che a te piaccia o no. Deduco che non voglia aggregarti al simpatico carrozzone, dunque”.
“Ci puoi scommettere che non voglio! Lasciatemi solo, devo riflettere…”.
BZZZZ. Un punto per Mondo Oowada sotto la colonna Azioni che Possono dar Adito a Sospetti.
Vedendolo come un caso perso, Kyouko raggiunse gli altri due che si erano già allontanati.
Quando giunsero in biblioteca, puntuale come un orologio svizzero scattò l’allarme di Monokuma: “PIM POM PAM POOOOOM! Altro giro, altro omicidio! Conoscete le regole miei cari, avete tempo fino all’inizio del processo per cercare indizi, upupupupu! Datevi da fare!”
I tre si scambiarono sguardi pieni di tensione, consci di cosa sarebbe successo di lì a un paio d’ore… ma non era il momento di farsi venire un attacco di panico: com’era facile intuire, Kyouko prese le redini delle indagini e quasi si appropriò del corpo, mentre dava indicazioni a Makoto e Leon sul da farsi; quest’ultimo mise in pratica quanto la ragazza gli aveva ordinato non appena arrivarono i primi curiosi, aggiornando di volta in volta i ritardatari su quanto successo. Makoto invece si dedicò alla ricerca di indizi.
“Che cosa diamine è successo nella mia biblioteca?!”. La voce alterata di Togami li distolse dai loro compiti.
“Punto primo questa non è la tua biblioteca” rispose pacata Kyouko, senza neanche voltarsi a guardarlo “punto secondo, questa è ora la scena di un crimine. E farei attenzione a dosare le parole” aggiunse, girando attorno al corpo di Celes alla ricerca di qualcosa.
“È forse una minaccia, Kirigiri?”
“Più un avvertimento, direi” rispose la ragazza, voltando la sedia verso la porta di modo che lui e tutti gli altri vedessero “visto che l’identità della vittima e il luogo in cui si trova possono facilmente far pensare a te.”
“Co… come osi?!” ringhiò, mentre Touko accanto a lui berciava di non accusare il suo Byakuya-sama di simili oscenità; il resto degli studenti, invece, sembrò allontanarsi di un passo dal ragazzo.
“Kirigiri-san, non credi sia stato poco saggio spostare la sedia?” chiese Makoto. “Voglio dire, non sono un detective ma di solito si dice di non inquinare la scena del crimine…”
“Tranquillo, non c’era nessun indizio o prova che rischiassi di alterare” rispose lei, “...purtroppo. Tu hai trovato qualcosa?”
Il ragazzo fece cenno di no con la testa: “Niente di niente. A parte alcune tracce di sangue davanti la scrivania non c’è nulla, né una possibile arma del delitto né un indizio di qualsiasi genere. Mancano persino i codini di Celestia.”
Kyouko annuì, voltandosi di nuovo verso il corpo della gothic lolita: “Dal tipo di ferita direi che l’assassino ha usato un oggetto affilato. I bordi della ferita non sono puliti” commentò, indicando il collo di Celes, “quindi possiamo escludere un coltello o simili. Direi più qualcosa come…” si guardò brevemente in giro “...un tagliacarte.”
“Che qui però manca” proseguì Naegi, indicando la scrivania. Per precauzione controllarono brevemente la scrivania, ma come temevano il tagliacarte non si trovava lì. Si voltò verso l’entrata, dove si era radunata tutta la classe; persino Mondo si era fatto vivo, alla fine.
Hm.
Si voltò nuovamente verso il corpo, fingendo di cercare altri indizi: “Naegi, dammi una mano qui.”
“Cosa ti serve, Kirigiri-san?” chiese, e lei rispose abbassando la voce: “Per ora non diciamo nulla del tagliacarte. Il colpevole è sicuramente qui, lasciamogli credere che non sappiamo ancora che tipo di arma è stata usata.”
“Credi la stia nascondendo?”
“Lo spero.”
“Ehi, avete ancora molto da confabulare?” commentò qualcuno, e dopo un ultimo cenno d’assenso si voltarono entrambi: “Ok, ascoltatemi tutti con attenzione” annunciò Kyouko, “abbiamo poco tempo prima che il processo cominci, quindi dividiamoci e cerchiamo indizi su entrambi i piani”.
I ragazzi annuirono, e soddisfatta proseguì: “Io, Naegi e Togami continuiamo la ricerca nella biblioteca, voialtri dividetevi in gruppi e setacciate ogni stanza.”
Detto questo tornò a dedicarsi al cadavere, mentre qualcuno esprimeva rimostranze sulla divisione dei ruoli, finché non si dileguarono per i corridoi.
“Sentiamo Kirigiri, perché mi hai voluto qui? Vuoi tenermi d’occhio?”
“Sì e no” rispose lei, assicurandosi che la porta fosse chiusa. “Non sono del tutto sicura che sia tu il colpevole, ma ora come ora, vista l’assenza di indizi, sei l’unico sospettato.”
“E che cosa ti porta a pensarlo, di grazia?”
“Beh, ad esempio il fatto che andavi starnazzando ai quattro venti che avresti ucciso pur di vincere quello che stupidamente ti ostini a chiamare gioco. E il fatto che il cadavere è stato rinvenuto nel tuo nuovo parco giochi. Anche se sono poco più che indizi sommari. Per questo motivo ho esordito dicendo che non ho nessuna convinzione di colpevolezza nei tuoi confronti”.
“E allora non dovresti volermi mettere la museruola, stando così le cose. Pertanto continuo a non capire perché hai chiesto di trattenermi”.
“Vuoi che ti dica la verità? La vera verità?”.
“No, mi accontento di quella falsa”.
Sarcasmo. Da Togami. Attendo la fine del mondo fra tre, due, uno…
“Hai sufficiente materia grigia e ingegno da poter dare un reale apporto alle indagini, al contrario degli altri che spesso sono animati da buone intenzioni ma difettano delle abilità necessarie”.
“Nel mio caso, alla peggio, può essere l’opposto: buone facoltà supportate da intenzioni non sempre… come le definiresti, nobili?”.
“Più modestamente umane”.
“Non sopravvalutare te stessa e quel branco di incapaci”.
“Non farmi pentire di averti fatto mezzo complimento”.
“Va bene, va bene. Siete entrambi bellissimi, intelligentissimi e ironicissimi. Ora però potreste smetterla di scornarvi e fare qualcosa di più utile? Celes ha bisogno di noi”.
Byakuya si voltò verso Naegi, colpevole di aver interrotto il loro battibecco, e gli scoccò uno sguardo contrariato: “Celes è morta, nemmeno tu puoi essere tanto stupido”.
“Lo so che Celes è morta, santo cielo! Era per dire che c’è un omicidio da risolvere. E anzi, mentre voi due vi davate all’avanspettacolo io stavo continuando a cercare qualcosa di utile… non trovando neanche uno spillo bucato. Ho il timore che…”.
“... chiunque sia stato abbia fatto sparire ogni possibile prova? Lo trovo molto probabile, anche perché il taglio sulla sua gola mi porta verso uno scenario non troppo confortante” continuò e concluse Kyouko per lui.
“Che sarebbe?”.
“Dalla profondità della lacerazione ho idea che sia stata inferta da un assalitore che si trovava alle spalle della vittima. Per farti capire, Naegi…”. Senza aggiungere un avvertimento o alcunché si portò dietro a Togami, si alzò sulle punte e mimò il gesto di tagliargli la gola. Il Super Erede, preso in contropiede, non poté far nulla per impedirlo e quando si rese conto di quel che era successo cacciò un urletto da ragazzina isterica. Non mancando di suscitare ilarità negli altri due, manifesta nel caso di Naegi e nascosta in quello di Kirigiri.
La simpatica scenetta venne troncata dall’ingresso delle gemelle Ikusaba, Junko davanti e Mukuro dietro, che tornavano a mani vuote dal giro perlustrativo.
“Chiedo scusa” fece la maggiore “ma… cosa stavate combinando? Togami, perché urlavi?”.
“Io non ho urlato!” replicò l’interpellato, assai stizzito.
“Ah no? E cosa facevi, gorgheggi per la voce? Il fisico del cantante lirico non ce l’hai manco un po’, bel pupone” chiosò Junko ammiccando. E provocando in Byakuya quella che allo sguardo di Kyouko parve una fusione nucleare d’imbarazzo, rabbia, disprezzo e altre dodici o tredici emozioni violente.
Beh dai, almeno ci rilassiamo un pochino prima di andare tutti al macello. Perché stavolta mi tocca dire che siamo parecchio nei guai.
Neanche fossero stati cronometrati, a questo pensiero seguì l’annuncio di Monokuma: “PIM POM PAM POOOOOM! Ebbene, avete finito i secondi a vostra disposizione! Alzate le chiappe e portatevi di fronte alla porta rossa. Muoversi muoversi muoversi!”.

“Oh bene” disse Mondo dalla sua stravaccata posizione di comando del quarto piano “finalmente abbiamo un vero omicidio, non quel ridicolo inciampo del grassone che solo per caso ha portato a un pezzetto della mia giustizia”.
“Non avere fretta, Mondo. La rivalsa è un piatto che va servito molto, molto freddo”.
“Non ho fretta Daiya, lo sai. Degli Oowada quello incapace di pensare prima di agire sei tu”.
“Ora mi offendi, fratellino”.
“Non prendermi per il culo, eh. Lo sappiamo tutti e due che è così”.
“... cazzo, mi conosci troppo bene”.

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Capitolo 4
*** Fammi un po' vedere come ve la cavate stavolta, nanetto Naegi ***


Durante il breve viaggio verso il montacarichi, Makoto non poté fare a meno di pensare a come fossero davvero nei guai: in mano non avevano un indizio che fosse uno, nessuna prova concreta, solo le supposizioni di Kyouko.
E per quanto mi fidi delle sue intuizioni, non possiamo costruirci su l’intera difesa…
Lanciò uno sguardo a Togami, che camminava qualche passo più avanti a lui, e ripensò a quello che Kirigiri aveva detto: benché mancassero anche le prove a suo carico, il luogo e la vittima non giocavano per nulla a suo favore; inoltre, l’aver giurato platealmente che non avrebbe avuto remore ad uccidere qualcuno pur di concludere questo “gioco” era un movente abbastanza solido da convincere la quasi totalità della classe a votarlo come colpevole.
“Tutto ok?”
La voce di Kyouko lo distolse dai suoi pensieri poco allegri: “Insomma… stavo solo riflettendo sul processo, e sul fatto che non abbiamo nessuna prova” ammise sottovoce, per evitare di farsi sentire da orecchie indiscrete. “Come faremo a cavarcela?” aggiunse, e Kyouko si lasciò sfuggire un sorrisetto: “Qualcosa ci inventeremo.”
Makoto annuì, non molto rincuorato a dire il vero.
Entrarono finalmente sul montacarichi, e nel farlo diede un’occhiata ai presenti, chiedendosi chi potesse essere il colpevole: inevitabilmente pensò a Oowada e Oogami, che avevano abbastanza forza da prendere qualcuno per le spalle e sgozzarlo… ma era certo che Sakura non avrebbe mai fatto del male a una mosca, e anche Mondo gli sembrava innocuo, nonostante il brutto carattere; Aoi Asahina era allenata e aveva un fisico atletico, e forse avrebbe potuto farlo, ma era una persona troppo gentile e mite per pensare di mettere in pratica un piano tanto efferato. Scosse la testa, cacciando via quei pensieri. Rimuginarci a quel punto era inutile, poteva solo augurarsi che lui o Kyouko avessero una qualche intuizione geniale durante il dibattito…
...o che il colpevole si lasci sfuggire una parola di troppo.
Le porte del montacarichi si aprirono improvvisamente e fece per uscire, quando qualcuno lo spintonò.
“Ouch!”
“Ops! Perdonami Naegi-kun, non volevo!” si scusò Enoshima, voltandosi a guardarlo. “Sai, la tensione… mi sono lasciata trasportare e sono uscita di fretta!” ridacchiò.
“Non… non preoccuparti, Enoshima-san, è tutto ok.”
“Meglio così” chiosò lei facendogli l’occhiolino, poi si voltò e raggiunse la sorella.
Makoto avvampò d’imbarazzo, attirandosi le risatine ormai consuete di Mondo e Leon; quest’ultimo gli sussurrò persino un “Marpione!” passandogli accanto, e lui si augurò di sprofondare nel pavimento di cemento.
“Molto bene, patetici bastardi. Chi fra voi ha avuto la geniale idea di sgozzare la piccola, tenera, innocente Celestia Ludenberg? Io lo so, ma voi? Prendetevi il vostro tempo e trovate un capro espiatorio” annunciò Monokuma in tono solenne, una volta che i ragazzi si misero ai rispettivi posti.
“Io dico che è stato Togami!” bruciò tutti sullo scatto Hagakure, lanciando pure un dito accusatorio in direzione del suo colpevole “L’omicidio è avvenuto in libreria, posto dove passa tutto il suo tempo, e non ha mai negato la sua intenzione di uccidere uno di noi per vincere!”.
“Feh. Per quanto mi piacerebbe potermi fregiare di questa tacca” rispose quello, impassibile e anche piuttosto sbruffone “mi tocca deluderti, ripetente ultraventenne dai dubbi gusti estetici… e forse sessuali. Non mi sono sporcato le mani con quella fastidiosa gothic lolita. Il mio momento di gloria deve ancora giungere, e stai pur sicuro che quando lo farà non sarà per qualcosa di così facilmente associabile alla mia augusta persona. Aspettatevi un’indagine infruttuosa, tanta frustrazione e una morte che dovete sperare rapida”. L’ultima parte la declamò guardando fissa negli occhi Kirigiri, come se l’avesse virtualmente schiaffeggiata col canonico guanto di sfida. La sua preda non mosse neanche le sopracciglia.
“Non è possibile che il colpevole abbia sfruttato apposta questo fatto per scaricare i sospetti su Togami? Voglio dire, sembra fin troppo ovvio che la biblioteca sia il teatro dell’omicidio proprio per indirizzarci su di lui. Non che questo lo scagioni automaticamente…” rifletté ad alta voce Sakura. Aoi, naturalmente, si trovò concorde con la sua amica ma l’opinione generale non era così marcata e i due fronti contrapposti presero a lanciarsi insulti e sberleffi assortiti.
Maledizione. Appena partiti e già siamo in altissimo mare. Non riusciamo nemmeno a stabilire se Togami è sospetto o meno, non dico il colpevole.
Kyouko sembrò cogliere l’inquietudine di Naegi e si allungò nella sua direzione per sussurrargli qualcosa: “Non è ancora il momento di buttarsi giù. Ho un sospetto, anche se purtroppo non sorretto da prove…”.
“E chi?” bisbigliò lui di rimando.
“Troppo prematuro scoprire ora le mie carte, specie quando non ho alcuna certezza a corroborarle”.
“Per caso ha a che fare con quello che mi hai fatto vedere in biblioteca, il gesto del tagliagole?”.
“... forse”.
Uhm. Ho come la sensazione che quando una persona come Kirigiri-san risponde a quel modo, sia un sistema strano per dire di sì.
Però il problema rimane: è solo un sospetto.
“Mi pare di avervi chiesto di andare a vedere se si poteva recuperare qualche indizio in giro. Com’è andata la caccia?” chiese Kyouko. Makoto notò distintamente la singola goccia di sudore che le attraversò la guancia.
Ti prego, se anche tu getti la spugna è la fine.
Si alzò un coro unanime di diniego, il che non contribuì a migliorare il loro umore. Poi però, un po’ come una piccola candela accesa in mezzo all’oscurità totale, Sakura disse: “Io sì, penso di aver recuperato qualcosa di buono”. Tirò fuori da una tasca della sua divisa scolastica un taccuino.
“Qual è l’utilità di quella roba?” rimarcò sarcastica Fukawa, giusto per potersi dire che in entrambi i processi aveva almeno aperto la bocca non in mezzo alla baraonda.
“Vi interesserà sapere” proseguì Sakura ignorandola platealmente “che l’ho rinvenuto in camera di Celes. E che era stato usato di recente. Allora ho provato a vedere se si riusciva a risalire a qualche messaggio e…”.
Si interruppe. Makoto pensò che volesse creare un momento drammatico ad hoc.
Per favore Oogami-san, no. Alle mie coronarie ci tengo.
“Leggo testualmente: ti invito a venire in biblioteca stanotte alle sei. Il motivo? Molto semplice, ho trovato quella che penso possa essere una via di fuga. Ti aspetto. Se posso dire la mia, tanto per mettere a tacere possibili obiezioni, penso che una scrittura tanto raffinata ed elegante possa appartenere solo alla defunta Celes, ma naturalmente potete leggere coi vostri occhi e farvene un’idea”.
Wow. Devo forse dedurre che ti sei fatta dare lezioni private di investigazione dal nostro capo ispettore, cara la mia Ogre?
Effettivamente ci fu un passaggio del taccuino di mano in mano, e nessuno si trovò nella condizione di poter contestare le affermazioni di Oogami sulla paternità dell’oggetto.
Quando finalmente giunse nelle mani di Kirigiri…
“Sì, posso dire senza la minima ombra di dubbio che questa nota è stata scritta dalla signorina Ludenberg. Dato il luogo dell’appuntamento, è lecito pensare che sia stata inviata questa notte”.
Fantastico, abbiamo una prova che… non ci serve a niente.
Erano davvero con le spalle al muro: ogni prova che avevano confermava solo che Celes voleva attirare qualcuno in biblioteca, ma nulla che lasciasse trapelare qualche indizio sull’identità dell’assassino - che, gli doleva ammetterlo, si stava rivelando parecchio furbo. Si ritrovò a pensare che quest’idea si sposava abbastanza bene con le ipotesi di Kirigiri…
…ma continua a non bastare. Se andiamo avanti così, Togami è spacciato.
Inspirò, cercando di calmarsi. Lasciarmi andare al panico è controproducente, si disse. Meglio fare mente locale su ciò che so. Ad esempio…
“Ma come fate a dire che Togami è innocente? Voglio dire, il cadavere di Celes era in biblioteca! Dove lui si è barricato da quando è stato aperto il secondo piano!”
“E poi aveva detto che non si sarebbe fatto problemi a ucciderci, pur di uscire da qui…”
Bingo.
“Se posso dire la mia” disse, interrompendo lo scambio di commenti tra Leon e Sayaka “quello che dite ha senso… in apparenza. Ma in realtà, se ci pensate, è del tutto sbagliato.”
“...eh?” fu l’intelligente commento di Leon, mentre Sayaka e gli altri gli chiesero di esplicare quel concetto.
“So che tutti questi indizi possono facilmente condurre a Togami, non posso darvi torto” proseguì, attirandosi parecchie occhiatacce da parte di quest’ultimo “ma… lo credete davvero così idiota?” chiese, sorridendo a Byakuya in un modo che non mancò di irritare il biondo ereditiere.
L’intera classe pareva piuttosto perplessa.
“Ammettiamo per un attimo che sia il colpevole: non sarebbe stupido, da parte sua, portare il cadavere in una stanza dove sappiamo tutti passa la maggior parte del tempo? O lasciarlo lì, a seconda della dinamica?”
“Beh, messa così…” commentò Sayaka, a cui fece eco Aoi e, ovviamente, Touko: “Io lo dicevo che Byakuya-sama era innocente!”
“In effetti sarebbe una mossa poco intelligente, se fosse lui l’assassino” commentò Sakura, e a nulla servirono le deboli rimostranze di Leon, Mondo e Hagakure; Kyouko annuì compiaciuta, e Makoto si sentì un po’ più speranzoso.
“Però rimane il fatto che non sappiamo ancora l’identità dell’assassino” commentò di nuovo Leon, e ricominciarono i battibecchi.
“In realtà, io ho un ipotesi.”
Tutti si voltarono in silenzio verso Kyouko, in attesa della sua prossima mossa.
“Badate bene, è solo un’ipotesi ma… potrebbe indirizzarci sulla pista giusta.”
“Kirigiri, per favore, basta suspance” sbuffò Togami, e Naegi non poté che trovarsi d’accordo con lui. Ma non lo disse ad alta voce.
“Il taglio sul collo di Celestia è molto particolare” prosegui “perché ci fa capire che l’assassino è una persona che si intende di combattimento. Vedete, per provocare un taglio in quella posizione e di quella profondità, bisogna bloccare la vittima da dietro e usare il coltello per tagliarle la gola” spiegò, mimando il gesto sul povero Makoto.
Ok che volevo rendermi utile, ma non facendo il manichino!
“Fammi capire bene, Kirigiri: con questo stai per caso puntando l’indice…” cominciò Ishimaru senza concludere, anche se in faccia gli si leggeva benissimo la fine della frase.
“Beh, fra tutti noi c’è una sola persona in grado di eseguire in maniera efficace quanto vi ho maldestramente mostrato. E quella persona… è Mukuro Ikusaba. Alt alt alt, evitate di ricoprirmi di insulti. Ho specificato apposta che questa, allo stato attuale, non è altro che una mera congettura”.
“Allora potevi anche startene zitta!” sbottò l’accusata “Perché io non ho ucciso Celes! Me ne sono rimasta tutta la notte a dormire nel mio letto!”.
Tutto questo fervore è inusuale da parte di Ikusaba-san. Non è tipa che si scalda facilmente. Sarà mica che Kirigiri-san… ha fatto centro? O che perlomeno ha tirato vicino al bersaglio?
“Invece di urlarmi nelle orecchie” riprese la Super Detective “potevi farmi finire di parlare”.
“E parla! Tanto, cretinata più o cretinata meno…”.
“Avevo questo da precisare: ovviamente io non sono esperta nel merito, ma penso che una manovra del genere non possa essere applicata di punto in bianco. Se, sempre per pura ipotesi, tu e Celestia siete rimaste coinvolte in una collutazione… uhm…”.
“Che c’è? Il gatto ti ha mangiato la lingua?” la punzecchiò Mukuro, apparentemente divertita dal suo presunto incespicare.
“No. Riflettevo sul fatto che di solito si taglia la gola in quel modo quando si vuole sbrigare un lavoretto veloce. Quindi sto cominciando a credere che chiunque sia salito in biblioteca per rispondere alla chiamata di Celes… sia andato con l’intenzione di uccidere. Oppure…”.
Oppure? Non bastava Oogami-san, adesso anche tu ti metti a fare le pause drammatiche? Sono finito in una compagnia teatrale che sta per mettere in scena il Macbeth?
“... oppure non era da solo”.
Eh?
“Non credo di seguirti, Kirigicchi” piagnucolò Hagakure, per la meraviglia di esattamente nessuno.
“Continuando a prendere per buona la mia buffa teoria. Ikusaba ha assalito Celes da dietro, quindi potrebbe essere… potrebbe essere che la persona coinvolta nell’ipotetica collutazione… fosse qualcun altro”.
L’audace uscita di Kyouko lasciò di sasso tutti. Ma proprio tutti.
Viva i salti di fede, Kirigiri-san. Allora, vediamo di raccapezzarci un attimo. Ipotizziamo che quanto dice sia vero: Celes-san e la misteriosa Persona X sono impegnate a tirarsi i capelli, prendersi a ceffoni e tutto quello che si può fare durante una rissa. Improvvisamente alle spalle della nostra giocatrice d’azzardo prediletta spunta l’ombra mortale di Ikusaba-san che le recide carotide, giugulare e anche un pezzo di fegato. Messa così è una soluzione quantomeno sensata, c’è da ammetterlo. Però chi…



Oh santi numi.
“Junko! Se c’era una terza persona… era per forza Junko Enoshima!” saltò su, concludendo ad alta voce il proprio ragionamento.
Ruppe il silenzio come si può rompere una campana di vetro a martellate.
“Junko? Sarebbe… Junko la fantomatica presenza?”. “Ma che sul serio? Avevano anche le tigri e le foche?”. “Mi pare una stronzata colossale”. Questi e altri commenti si affollarono per la piccola aula processuale, sovrapponendosi e coprendosi furiosamente.
“Chi altri potrebbe essere altrimenti? Inoltre, se ci abbiamo azzeccato… c’è un possibile movente” spiegò ancora Kyouko, prendendosi parecchie occhiate sconcertate.
“Che sarebbe?” giunse la voce di Leon, esterefatto.
“Mukuro Ikusaba è un avversario temibile, e fra i presenti solo Sakura Oogami può essere considerata al suo livello. Ma questa forza non è mai stata esibita in modo vanaglorioso, minacciandoci di morti lente e dolorose”. Evidente in questa parte del discorso il suo riferirsi a Togami, che ricambiò sogghignando. “Mi viene in mente un solo caso in cui può voler usare questa sua forza, cioè la salvaguardia della sorella”.
“Vorresti intendere” si intromise Naegi “che Ikusaba potrebbe aver ucciso Celes… per salvare la vita di Enoshima?”.
“A me sembra una possibilità plausibile. Basata sul nulla per il momento, ma nondimeno plausibile”.
Sì, in effetti fila. Quelle due sono molto legate, è facile pensare che possano arrivare all’omicidio pur di proteggere l’altra. Soprattutto Mukuro nei confronti di Junko, che è indubbiamente la più vulnerabile rispetto all’ambiente in cui ci troviamo.
“Va bene, Kirigiri” irruppe la maggiore delle gemelle “Devo dare atto alla tua fantasia fervida. Ma per tua stessa ammissione stai sparando a casaccio nel mucchio, e una delle prime cose che ho imparato nella brigata Fenrir è che sparare a casaccio è quanto di più sbagliato si possa fare in un campo di battaglia. Molto meglio tenere la canna della propria pistola abbassata, almeno non rischi di bucare il cranio di un commilitone. Più dignitoso”.
“Vero. In questo preciso istante non ho nulla a supportare la mia tesi. Però ritengo quanto emerso finora un passo in avanti rispetto alle primissime fasi, dove non riuscivamo nemmeno a togliere dagli impicci una certa testa bionda…”.
Ringhio. Risatina sommessa di Makoto.
“Allora avanti, ti sfido. Ti sfido a dimostrare che la tua bizzarra ricostruzione dei fatti ha qualche fondamento nella realtà e non solo nella tua galoppante immaginazione”.
“Bene, allora facciamo questa ricostruzione” sorrise Kirigiri, sicura di sé. “Ipotizziamo che Celestia abbia scritto quel biglietto con l’intenzione di attirare qualcuno e ucciderlo, convinta di riuscire a uscirne pulita, e per questo motivo abbia scelto come luogo d’incontro la biblioteca.”
“Per incolpare me” commentò Togami borbottando, giusto per evitare altre battute ai suoi danni.
Kyouko annuì: “Ovviamente le serve una vittima di cui può avere facilmente la meglio, quindi possiamo escludere il Super Soldato Mukuro Ikusaba, Oogami e Oowada a priori” disse, tenendo il conto con le dita, “e mi sentirei di escludere anche Asahina: è più minuta dei primi due ma è allenata, e avrebbe potuto perlomeno evitare i colpi di Celes. Ma soprattutto” aggiunse “credo abbia dato per scontato che Sakura non l’avrebbe lasciata andare da sola, annullando del tutto i suoi propositi”. Tutti quanti convennero che il ragionamento filava, fino a quel momento.
“A questo punto anche i ragazzi sono da eliminare dalla rosa dei sospettati” proseguì “perché potrebbero sopraffarla con facilità, persino uno mingherlino come Naegi” commentò beccandosi un’occhiataccia da Makoto, risentito del rimarco alla sua stazza non esattamente da lottatore.
“Avrebbe potuto chiamare Fukawa” disse, voltandosi verso quest’ultima “ma come sappiamo è un tipo diffidente e poco propenso a socializzare, quindi dubito fortemente si sarebbe presentata all’appuntamento. Rimangono tua sorella Junko” disse indicando Mukuro, “e Maizono”. Quest’ultima trasalì nel sentire il proprio nome.
“Maizono, potresti dirci dov’eri ieri notte?”
La ragazza avvampò d’imbarazzo, balbettando qualcosa: “Ero… ero nella mia stanza! Dove altro potevo essere?”
Kyouko inarcò un sopracciglio: “Sai, dubito sia stata tu ad uccidere Celestia, però ci stai comunque nascondendo qualcosa. E in questo caso non è proprio la mossa migliore, se posso permettermi.”
Sayaka distolse lo sguardo, imbarazzatissima, e poi disse: “Ieri sera ero… ero con Kuwata…”
Un coro di voci e risatine si levò in aula, facendo diventare ancora più rossa Sayaka; persino Kyouko sgranò gli occhi dalla sorpresa.
“Questo… questo è imperdonabile! Un comportamento indecente!” fu l’ovvia battuta di Ishimaru, a cui nessuno cercò di dar peso, ma lui proseguì: “Maschi e femmine non devono stare insieme nella stessa stanza! Mai!”
“E i risultati nel tuo caso si vedono…” commentò Mondo, supportato da Leon il cui rossore in volto faceva pendant coi suoi capelli.
“Non stavamo facendo niente di male, lo giuro!” strillò Sayaka, ormai al limite. “Solo… avevo paura a rimanere sola e mi ha tenuto compagnia… solo questo!”
E poi sono io il marpione, eh? pensò Makoto, non senza una punta di divertimento che sarebbe stata anche fuori luogo, ma la tensione era tale che tutto andava bene pur di scioglierla un minimo.
“Ok ok, abbiamo capito” proruppe Kyouko, riportando ordine in aula. “Kuwata, immagino tu possa confermare.”
“C-certo che confermo!” fu la sintetica, imbarazzata risposta di lui.
“Bene. Adesso che sappiamo del suo alibi, rimane solo tua sorella” si rivolse di nuovo a Ikusaba. “Ora, torniamo all’ipotetica ricostruzione dei fatti: Celestia sceglie la sua vittima e le lascia un biglietto sotto la porta. Enoshima lo trova e si reca all’appuntamento, probabilmente attirata dalla prospettiva di una via di fuga. Quando arriva in biblioteca c’è Celes ad attenderla: lì forse parte una discussione e Celes la attacca, riuscendo a sopraffarla. A quel punto entri in scena tu” si rivolse verso Mukuro “che, non potendo lasciar morire tua sorella, hai attaccato Celes sorprendendola alle spalle e tagliandole la gola.”
Mukuro rimase impassibile ad osservare Kyouko, e per qualche istante non proferì parola; poi sorrise, e disse: “Tutto questo è molto bello Kirigiri, di sicuro devi essere un asso del Cluedo. Ma dimmi, cos’hai a sostegno di questa tesi? Impronte? Il mio nome scritto da qualche parte? L’arma del delitto?”
“Immagino tu sia stata abbastanza furba da liberarti delle prove” rispose Kyouko, pacata “d’altronde abbiamo un inceneritore a disposizione.”
“Che la notte è chiuso” si intromise Junko, a difesa della sorella.
“E chi ha detto che l’omicidio è avvenuto di notte?” chiese Kyouko, ma Mukuro prese prontamente parola: “È solo una deduzione logica: nessuno ha sentito nulla e le camere sono insonorizzate.”
Un punto per te, Ikusaba pensò Makoto, quando ebbe una folgorazione: “Se è avvenuto di notte, come è lecito pensare, vuol dire che le prove sono state bruciate solo stamattina. È un bel rischio, aggirarsi per i corridoi con prove tanto voluminose come i codini di Celes… a meno che non si abbia la camera proprio vicina all’inceneritore” disse, guardando Mukuro negli occhi. Per un attimo la sicurezza del Super Soldato sembrò vacillare, ma tenne duro: “Continuano ad essere ipotesi, non fatti.”
“Ci vuole molta abilità per uccidere qualcuno in quel modo” proseguì lui, perso nei suoi ragionamenti, “e i militari sono addestrati anche nell’uso delle armi da taglio, dico bene?”
Mukuro non rispose, visibilmente tesa.
“A proposito di armi” si intromise Asahina “sbaglio o non sappiamo bene cosa è stato usato per l’omicidio?”.
Uh. Si entra nel campo minato dell’unica reale informazione, escluso il biglietto di Celes, che abbiamo in mano: l’arma del crimine. Facciamo bene attenzione, Kirigiri-san. È il momento cruciale.
A confermare questo suo pensiero le rivolse un fugace sguardo, vedendola se possibile farsi ancora più attenta e concentrata. Come facilmente prevedibile, a sua volta aveva colto la delicatezza della situazione.
“Sarebbe utile averne un’idea, no?”.
“Beh, è evidente che si è trattato di qualche arma da taglio. I coltelli in cucina…”.
“... sono tutti al loro posto, lindi e immacolati. Se ne è stato usato uno il colpevole si è premurato di lavarlo da cima a fondo”.
“Penso si possa dare per buono che non si tratti di un coltello”.
“Ehi, sei un esperto di taglio delle gole per caso?”.
“Mi stai forse dando dell’imbecille?”.
Mormorii confusi che, per l’ennesima volta, si accavallavano. Poi arrivò la sicura voce di Kyouko a sovrastarli: “Non sono del tutto sicura su cosa possa essere, ma so per certo che non è un coltello da cucina. La ferita è incompatibile, troppo irregolari i bordi”.
Sakura prese la parola: “Potrebbe essersi trattato di un tagliacarte. Dopotutto è abbastanza normale trovarne uno in una biblioteca, no? Togami, ci sai dire qualcosa in merito?”.
E in quel momento accadde un evento che tolse un peso dal cuore di Naegi: Junko Enoshima trasalì, anche se non in maniera plateale, e gettò rapidamente l’occhio verso Mukuro Ikusaba. La minore delle gemelle appariva decisamente nervosa, al punto di muovere in maniera convulsa le mani appoggiate al bordo del seggio.
ZACK. È proprio il caso di dirlo.
Sono sicuro di non essere stato l’unico a notare l’irrigidimento di Enoshima-san alla pronuncia della parola ‘tagliacarte’. E questo può voler dire una sola cosa: io e Kirigiri-san avevamo visto giusto. Quelle due ci sono dentro fino al collo.
La voce del biondo ereditiere lo scosse dalle sue profonde elucubrazioni: “Non sbagli, Oogami. Sulla scrivania in effetti c’era un tagliacarte, ma durante l’ispezione successiva al ritrovamento del corpo ho notato che era sparito”.
“Allora può essere che… Enoshima, stai bene? Sei impallidita” chiese Ishimaru, preoccupato dall’incarnato un poco spettrale della ragazza.
“S-sì, tutto ok…”.
“Gente” premette sull’accelleratore Makoto, cogliendo appieno il momento favorevole “vi chiedo scusa per la sterzata improvvisa in quello che sto per dire, ma vi assicuro che ho i miei motivi. Volevo porre una domanda a Enoshima-san”.
“Oltre a inventarti storielle senza né capo né coda, ora aggredisci verbalmente chi non è in condizione di difendersi?” saltò su Mukuro, ponendosi virtualmente a scudo umano della sorella.
“Mi spiace essere insensibile, ma è questione di vita o di morte. Ho notato che oggi porti le maniche srotolate, Enoshima-san. Visto che non era mai successo prima, al punto di farmi arrivare a pensare che il tuo cardigan fosse proprio fatto in quella maniera… posso sapere il perché?”.
L’inquietudine di Junko crebbe.
“Non sarà mica che ci stai nascondendo qualcosa? Ad esempio… i segni di una collutazione?” la provocò Kyouko.
“Che cosa?”. “Questo cos’è, il processo delle sparate?”. “Sarebbe… sarebbe assurdo”. Come a ogni uscita di questo tenore, la classe si divise in mille opinioni diverse.
“Tutto ciò sfiora il complotto massonico! Non è possibile un simile accanimento contro di noi!” inveì ancora Ikusaba, sempre in vece di Junko che al contrario dava la sensazione di perdere lucidità ogni secondo che passava.
“E allora che alzi le maniche se non ha niente da nascondere. Non le sto chiedendo di recitare a memoria il Tsurezuregusa, non ci vuole una laurea” fu la tagliente risposta della detective.
“Non sei obbligata, Junko. Sono tutti teoremi e nulla di più” cercò di rincuorarla Mukuro, venendo però contrastata da altri che invece chiedevano la soddisfazione della richiesta.
Ben presto divenne impossibile non esaudirla, pertanto le maniche furono arrotolate.
E i sospetti degli accusatori confermati: su suoi avambracci c’era una discreta quantità di graffi. I versi di meraviglia si sprecarono.
“Un’altra cosa, signore e signori” richiese ancora Makoto “Qualcuno di voi è in grado di affermare che ieri Junko Enoshima portava le maniche srotolate?”.
Nessuno si trovò in condizione di poter confermare. Stando alla totalità della classe 78, il look della ragazza nel giorno precedente era identico a tutti quelli passati. E non presentava nulla del genere.
“Possiamo quindi concludere logicamente che ti sei procurata questi graffi stanotte. Il che, a mio parere, ti mette sulla scena del crimine. Hai modo di ribattere e di giustificarli altrimenti? E, già che ci sei, spiegare perché ti sei innervosita quando è stato tirato fuori il tagliacarte... che, casualmente, è quella che Kirigiri-san ha identificato come arma del delitto?”.
"Che-che cosa? Ma prima aveva detto che..."
"Ogni tanto mi piace mischiare un po' le carte in tavola" rispose l'interpellata con un lieve sorriso.
Cominciò a imperversare per l'aula un clima di sgomento. Le deduzioni di Kirigiri e Naegi, assommate alla crescente ansia della loro principale sospettata, gettavano un pesante velo di colpevolezza sulle gemelle.
Crescente ansia che non mancò di manifestarsi in maniere sempre più rumorose, sobillata anche dalle continue punzecchiature che giungevano dalla barricata opposta.
Quando alle sue orecchie arrivò l’ennesimo “Confessa, vi abbiamo incastrate”...
“E VA BENE, CAZZO! VA BENE! LO AMMETTO, LO AMMETTO! SONO STATA IO!”. Con tanto di pugno sbattuto rabbiosamente.
Eh? Cosa vuol dire… che è stata lei? Se abbiamo ragione, l’assassino è Ikusaba-san.
“Enoshima, non essere ridicola. Non puoi essere…”.
“STAI METTENDO IN DUBBIO QUANTO DICO, KIRIGIRI? QUESTA NOTTE HO SGOZZATO QUELLA PUTTANA DI CELES! MUKURO NON C’ENTRA NIENTE!”.
“... Junko, smettila. Non credetele. Ho ucciso io quella poveretta, ma… le circostanze mi hanno costretta”.
Tutti i presenti si voltarono verso Mukuro. La sorella perse la sua carica da vulcano in eruzione, facendosi piccola e spaventata.
“N-No…” riuscì a sussurrare, abbastanza piano da non venir sentita da quelli posizionati più lontano.
“Il tuo tentativo di tenermi fuori è ammirabile, sorellina. Mi fa capire che ciò di cui mi sono macchiata stanotte, sebbene non ne vada affatto fiera, è stata la scelta giusta”.
Ci fu qualche minuto di pausa per dare a Enoshima la possibilità di recuperare un contegno.
“Se voleste spiegare a tutti come si sono precisamente svolti i fatti...” offrì Kyouko, ricevendo un cenno d’assenso dalla minore delle gemelle.
“Avete azzeccato pressoché tutto. È vero, stanotte ho ricevuto in camera un biglietto che mi convocava in biblioteca per discutere su una fantomatica via d’uscita da questo cesso. Nonostante quello che alcuni di voi probabilmente pensano, non sono una cretina totale e la cosa mi è subito puzzata di marcio. Un colloquio a tu per tu con qualcuno che non si firma nel bel mezzo delle tenebre? Sospetto, non pare anche a voi? Ammetto però che la tentazione di presentarmi era forte, magari quel che diceva il messaggio era vero e poteva davvero essersi creato uno spiraglio di libertà. Indecisa, mi sono rivolta alla mia cara sorella per avere la sua opinione in proposito. E lei, dimostrandosi decisamente più pragmatica e saggia di me, mi ha sconsigliato di andarci. Aveva subodorato una trappola. Avrei dovuto darti retta, Mukuro...”.
Si interruppe un attimo per passarsi un dito sugli occhi.
Da una parte non dovrei, ma il modo in cui sta parlando... mi mette addosso tristezza.
Nessuno le fece fretta e poté riprendere quando si sentì pronta: “Invece io, da brava testona quale sono, alla fine ho scelto di non ascoltarla e di andare comunque. Mi sono diretta fischiettando in biblioteca e quando ci sono giunta mi sono trovata davanti Celes, seduta sulla poltroncina che immagino normalmente sia occupata dal Togami nazionale. Era calma e tradiva una strana sicurezza, come se fossimo due dame al caffè che parlano del tempo atmosferico. Si è alzata con un movimento lento, palesemente studiato a tavolino, e ha cominciato a chiacchierare di fuffa variopinta. Alle mie rimostranze ha cambiato atteggiamento, oserei dire in maniera immotivata, e ha preso a spintonarmi e a graffiarmi con quella sua maledettissima unghia metallica. Ovviamente è per questo che non tenevo le maniche arrotolate oggi, come è stato bravo Naegi a dedurre. L’ostilità è montata rapida e in men che non si dica mi sono ritrovata per terra con lei sopra di me. Eravamo di spalle rispetto all’ingresso della stanza. A quel punto ha urlato che il contenuto del messaggio era veritiero e che ero io la sua via di fuga. O meglio, il mio cadavere. Ho provato a reagire ma è riuscita a neutralizzarmi, afferrando poi il tagliacarte dalla scrivania. Ho chiuso gli occhi attendendo la fine... che non arrivava. In compenso qualcosa mi è franato addosso. Riaprendoli ho visto Mukuro torreggiare sopra di noi, il tagliacarte nella sua destra, e il corpo senza vita di Celes afflosciato sul mio”.
La platea rimase in religioso silenzio.
Mukuro... mi... mi sei... venuta dietro”. Si capì subito, dal tono e dal contenuto, che Junko stava ripetendo quanto aveva detto in quel momento. Lo sguardo che le rivolse, quasi… languido?... non faceva che avvalorare l’idea.
Pensavi che ti avrei permesso di morire così facilmente? Mi sottovaluti” rispose l’altra, altrettanto calata nel ricordo.
Non... non avresti dovuto ucciderla... bastava farla svenire...”.
No. Sono stata obbligata a fare così. Si trattava di te o di lei. Non ho avuto esitazioni nello scegliere”.
Pazza... pazza che non sei altro... hai appena ammazzato una persona... per salvare me...”.
Ti voglio abbastanza bene da poterlo fare, Junko. Non me ne pento. Ora alzati e aiutami a pulire”.
“Tutto... tutto ciò è terribile...” si lasciò sfuggire Aoi, mano sulla bocca e occhi lucidi.
Il modo in cui il delitto si è consumato poteva lasciar intendere un’esecuzione o qualcosa di non molto diverso. Il resoconto di Enoshima-san, invece, getta sulla faccenda tutt’altra luce. Certo che dover arrivare a uccidere per non essere uccisi, o per non veder morire la propria sorella...
“A quel punto” riprese la Super Modella “con Mukuro abbiamo spostato Celes sulla sedia, abbiamo recuperato i codini posticci che le avevo strappato durante la baruffa, abbiamo pulito alla meglio le tracce di sangue sul pavimento e fatto quello che ritenevamo giusto fare per non collegarci all’omicidio. Almeno da quel punto di vista non ce la siamo cavata male, vista tutta la fatica cui vi abbiamo obbligato”.
“Puoi dirlo forte, Enoshima. Raramente ho sudato così tanto per raccattare due indizi in croce” si complimentò Kirigiri.
Strano. Non mi dà l’impressione di essere una di quelle che applaude i criminali. Anche se, a soluzione acquisita, può anche permetterselo.
“Io avrei una domanda” si intromise timida Sayaka.
“Sarebbe?”.
“Dio, non avete idea della nausea che mi sto sentendo salire. Ma in questa situazione… chi viene giustiziato? Ikusaba? Enoshima? Entrambe?”. Venne scossa da fremiti mentre diceva queste pesanti parole, dimostrazione concreta che avrebbe preferito farsi infilare in una vergine di ferro che pronunciarle.
Tutti rimasero in silenzio a guardarsi, totalmente presi alla sprovvista.
“In effetti…” disse qualcuno.
 “Ma le regole della scuola cosa dicono?” chiese qualcun altro.
“Allora possiamo salvarne una?” sperò qualcuno.
“Bene bene bene, abbiamo dei vincitori! Siete pronte ad affrontare il vostro miglio verde?”
Monokuma si rianimò dal nulla, quasi che la scoperta dei colpevoli gli avesse dato un motivo per partecipare al processo, e scese dal suo trono dirigendosi verso il montacarichi.
“Aspetta un secondo! Chi delle due verrà giustiziata?” tuonò Kirigiri, dando voce ai pensieri dell’intera classe, ma Monokuma la ignorò platealmente: “Prego, se volete seguirmi, vi condurrò al luogo dove avverrà l’esecuzione! Upupupu!”
Kyouko e Makoto si scambiarono uno sguardo complice.
Ha ignorato le nostre domande. Ancora.
Non poterono fare altro che seguire l’orso meccanico dentro al montacarichi, e poi fino alla palestra del secondo piano.
“Prego, miei piccoli bastardelli, entrate!”
“Che… che ci facciamo in piscina?” chiese qualcuno, quando Mukuro finalmente capì: “Tu… tu vuoi annegarci?”
L’orrore si dipinse sui volti dei ragazzi, sconcertati da tanta crudeltà; Aoi quasi ebbe un mancamento, ma venne sorretta prontamente da Sakura.
“Come… come puoi essere così… così…” balbettò Makoto, senza riuscire a finire la frase.
Monokuma tuttavia sembrava immune alle loro recriminazioni: “Ho già preparato per voi un… aiuto per il vostro ultimo viaggio” commentò mellifluo, indicando con una zampa quelli che aveva definito “aiuti”: due bilancieri da palestra, entrambi muniti di due dischi da 20 kg l’uno per lato, e delle corde.
Junko non riuscì a trattenere un singulto, ormai conscia che quelli erano i suoi ultimi istanti di vita. Cori di insulti e minacce ai danni di Monokuma si sprecarono, ma quest’ultimo continuò come nulla fosse: “Bene signorine, questi ve li legherete al collo” disse, indicando loro le funi annodate ai bilancieri, “dopodiché avrete cinque minuti per decidere chi butterà in acqua i pesi - e di conseguenza le nostre piccole assassine!”. Poi si zittì.
“Perché vuoi farci fare i boia ogni volta, perché?!” urlò Makoto, senza ottenere risposta.
“Lascia perdere” sussurrò Kyouko, “se abbiamo ragione stai parlando al vento.”
Makoto rimase un attimo interdetto, poi ricordò il discorso sui messaggi pre-registrati e annuì.
E poi ora abbiamo ben altro di cui occuparci…
Si voltò verso il bordo vasca, dove Junko e Mukuro erano già pronte coi pesi al collo, in attesa che qualcuno spingesse quei pesanti bilancieri… condannandole a morte.
E ancora una volta, fu Sakura Oogami a farsi avanti.
“Sakura-chan, no!” strillò Aoi in preda alle lacrime, ma Sakura non volle sentire ragioni: “Non abbiamo scelta, e nessuno è abbastanza forte da sollevare quei pesi” disse, il volto tirato per la tensione.
“Io ce la faccio” proruppe Mondo, avanzando verso di lei. “Ti aiuto, non devi… sì insomma, non devi farlo da sola.”
Sakura annuì, probabilmente grata all’idea di non dover essere l’unica a sporcarsi le mani questa volta.
Le due sorelle, intanto, contemplavano quella che sarebbe diventata di lì a poco la loro tomba.
“Mukuro-chan?”
Mukuro si voltò verso la sorella: “Non… non mi chiamavi così da tanto tempo…”
“Lo so. Sono una scema.”
“Non è vero.”
“Mi dispiace.”
“Non fa nulla…”
“Sì beh, stiamo solo per morire…”
“Se riesci a fare del sarcasmo significa che la stai prendendo con molta filosofia.”
“Me la sto facendo addosso” sorrise Junko. "Non voglio morire… ma non ho scampo. Quindi me ne andrò senza scene madri, per non dare soddisfazione a chiunque manovri quell’orso di merda.”
Mukuro non riuscì a trattenere un risolino, nonostante tutto.
“Mukuro-chan?”
“Hm?”
“...grazie.”
Mukuro sorrise, un sorriso vero: “Non avrei mai lasciato che quella baldracca facesse del male a mia sorella” disse, e tese una mano verso Junko. Quest’ultima, con le lacrime agli occhi, la afferrò e la strinse forte.
“Tempo scaduto, bastardi! È ora di morire!”
Le due sorelle Ikusaba fissarono Monokuma con sdegno un’ultima volta, poi si voltarono verso Sakura e Mondo facendo un cenno d’assenso. Infine, si concessero un ultimo saluto.
“Insieme?” chiese Junko, la voce rotta dal pianto.
“Insieme.” confermò Mukuro, il volto bagnato di lacrime.
Poi i loro boia lanciarono i bilancieri in piscina, e le due sorelle vennero trascinate a fondo.
Come in un macabro spettacolo, i ragazzi si avvicinarono a bordo vasca e le guardarono agonizzare per almeno un minuto che a loro sembrò interminabile.
Infine Junko e Mukuro smisero di muoversi.

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Capitolo 5
*** Dopo il secondo processo ce la prendiamo comoda, va bene? ***


Qualche ora dopo.
I ragazzi erano riuniti in caffetteria per la cena. Inutile specificare che l’atmosfera era parente molto, molto stretta di quella che si respira a un funerale.
Il silenzio di tomba che regnava non dava fastidio a nessuno, anzi. Consentiva ai presenti l’elaborazione del lutto, della perdita a dir poco tragica e ingiusta delle gemelle Ikusaba.
Naegi, seduto in fondo al grande tavolo che li ospitava tutti, mangiava quieto nonostante lo scarsissimo appetito. Doveva tenersi in forze e attivo, anche se una minuscola parte del suo cervello gli sussurrava di lasciarsi andare che tanto sarebbero crepati tutti prima o poi e che non valeva la pena sbattersi alla ricerca di una soluzione.
No no no no no. Stai zitta, metà infame. Stai zitta. Non puoi parlare così. Non puoi sputare sui corpi di Chihiro, Hifumi, Celes, Junko e Mukuro. Non accetto che siano morti invano. Non lo accetto. Nonloaccetto.
E mentre nella sua testa avveniva questo scontro fra morali e punti di vista contrastanti, attorno a lui non c’era il minimo suono se non quelli involontari come potevano essere uno starnuto o una scoreggia.
La poesia, eh. Io sono qui coi dubbi amletici e mi faccio distrarre dalle emissioni intestinali. Furbo che non sei altro.
Il pasto si trascinò lento verso la propria conclusione.
Ok, ora basta. Non sopporto più questi sguardi spenti e questa assenza della più minima vitalità. Non sto chiedendo di festeggiare con frizzi, lazzi e coriandoli. Sarebbe irrispettoso per chi non c’è più. Ma, al contrario, non dobbiamo neanche farci prendere dallo sconforto nero. Reagire gente, reagire.
E non mancò di mettere in pratica il proposito tentando qualche piccolo accenno di conversazione. Ad esempio chiese a Oogami come proseguivano i suoi esercizi e a Fukawa se negli ultimi giorni aveva per caso buttato giù qualche riga.
Così, chiacchiericcio senza impegno. Tanto per non perdere l’uso della parola.
Le risposte? Mugugni e minimi cenni, per fargli capire che la domanda era stata recepita ma che non si aveva intenzione di scendere nei dettagli.
“Avanti, Naegi fa bene a cercare di scuoterci” disse Kuwata “Non possiamo passare il resto della nostra vita a macerare in… in questo. Non ci fa bene”.
“Ovvio che non ci fa bene” lo apostrofò Sakura “E quel che dici è anche giusto, ma chiedo troppo nel prendermi un po’ di tempo? Ti ricordo che finora ho operato come boia in due processi su due, ti assicuro che non è una passeggiata. Mi porterò fino all’altro mondo il ricordo di quando, con le mie stesse mani, ho tagliato la testa di Yamada e ho spinto Enoshima e Ikusaba nel loro loculo acquatico”.
“Nell’ultimo caso non sei stata sola, mi sono sporcato le mani anch’io…”.
“Non intendo prendermi tutto il dubbio merito Oowada, non ti preoccupare”.
“Dai” saltò su ancora Naegi, ormai lanciato nella sua opera di rinvigorimento degli spiriti “perché non facciamo qualcosa tutti assieme? Chessò, anche solo un gioco stupido. Per non passare tutto il tempo immusoniti e depressi”.
Ci fu un moderato successo alla proposta, dove con moderato si intende qualche anima pia si prese la briga di rispondere con qualcosa di più consistente di un monosillabo.
Pur con tutti gli encomiabili sforzi di Naegi, la loro improvvisata sessione di sciarada fu un mezzo fallimento. Se non altro si risentirono voci che non davano segni di vita da parecchie ore.
Chi l’avrebbe mai detto che Asahina-san è ferratissima in titoli di film? Io no di certo.
Al termine, dato l’orario ormai avanzato, alcuni di loro annunciarono l’intenzione di ritirarsi nella propria stanza per riposare, essendo stanchi fisicamente e psicologicamente dopo l’intensissima giornata appena trascorsa.
Makoto, a sua volta non al massimo della forma, stava per unirsi alla corrente dei partenti quando Kyouko gli scoccò uno sguardo inequivocabile: sauna. Adesso.
Adesso? Proprio adesso? Tu non senti mai lo stimolo del sonno, Kirigiri-san? E va beh, è un affare importante che si merita l’ultimo sforzo di oggi.
Grande fu la sua sorpresa quando la vide avvicinarsi all’orecchio di Togami e sussurrargli qualcosa. Mise da parte quella strana e inaspettata punta di gelosia, e dopo qualche minuto li raggiunse nello spogliatoio.
“Finalmente, Naegi. Ti piace farti desiderare?”
Makoto inspirò, cercando di mantenere la calma.
Non è proprio giornata, Scion di ‘staceppa. Non dopo averti salvato il nobile deretano, soprattutto.
Ignorò bellamente Togami e si rivolse invece a Kyouko: “Avevi qualcosa da comunicarci, Kirigiri-san?”
“Ho pensato che poteva essere il caso di mettere al corrente Togami dei nostri sospetti sul mastermind.”
“E cosa ti fa credere che non sia lui, il mastermind?”
“Passerò per ingenua, ma dubito che se lo fosse si permetterebbe certe uscite tanto gradasse” rispose lei, senza dar peso alle occhiatacce offese dell’ereditiere. “E poi, per quel che ne sappiamo, chiunque potrebbe essere il mastermind… persino tu.”
“In quel caso dovresti ammettere che sono un grande attore” sorrise Naegi, stupendosi della sua stessa acidità.
Ok, sono stanco. Dopo una situazione del genere, con un clima simile dove tutti si sono quasi arresi alla morte imminente, sfido chiunque a non diventare un attimino suscettibili…
Kirigiri inarcò un sopracciglio nell’udire quella risposta, inusuale per Makoto.
“Non vorrei interrompere Naegi e la sua ironia pungente” si intromise Togami, “ma dite che riusciamo a passare ad argomenti più seri entro le sei di mattina?”
Makoto non rispose, ma si accomodò su una panca e con un gesto della mano fece capire a Kyouko che le lasciava la parola.
La ragazza sospirò.
“Dunque, Togami. Come avrai intuito io e Naegi-kun abbiamo dei sospetti sul mastermind.”
“E sospettate che si nasconda tra di noi, come avete detto prima” commentò lui.
Kyouko annuì: “Sì. Abbiamo notato alcune cose strane nel comportamento di Monokuma, come l’evitare certe domande, quasi fosse…”
“...programmato per agire in quel modo?”
“Esattamente.”
Togami annuì: “Sì, in effetti ci avevo fatto caso. Ammetto che sulle prime l’avevo bollato come semplice menefreghismo da parte sua, ma alla luce dei fatti direi che non sono paranoico.”
“Per questo abbiamo pensato che possa essere uno di noi” rispose Kyouko. “Giustificherebbe l’uso di messaggi pre-registrati, qualcosa di cui un mastermind che si limita ad osservarci dalla sua sala di controllo non ha bisogno.”
Byakuya rimase in silenzio qualche istante, poi annuì di nuovo: “Sì, in effetti il ragionamento ha senso. E avete anche qualche sospetto?”
Kyouko osservò per un attimo Naegi, stranamente cupo e silenzioso, poi tornò a concentrarsi su Togami: “Non esattamente. Da quando ne abbiamo parlato abbiamo deciso di prestare più attenzione alle assenze sospette, ma… ammetto che, personalmente, qualche sospetto ce l’ho.”
“Trovi prudente comunicarceli? L’hai detto tu stessa, chiunque potrebbe essere il mastermind” insinuò Togami, apparentemente divertito mentre si dava a una retorica imitazione di Leon con le palle curve.
“Non lo posso escludere con certezza, no. Ma, cari i miei stalloni, vi piazzate molto bassi nella mia personale classifica di gradimento”.
Di fronte a questa battuta intrisa di sarcasmo volgarotto, Makoto prese a fischiare dalle orecchie come i treni degli anni trenta che andavano a vapore.
Non è un concorso di bellezza, Kirigiri-san. E poi, davvero sono messo così male ai tuoi occhi? D’accordo, lo intendevi in senso diverso e lo capisco… ma non fa bene all’autostima sentirsi trattato così. Pensa poi quando sono a pezzi come adesso.
Togami invece ghignò. Sembrava o molto contento di vedere Naegi imbarazzarsi per così poco, o molto contento di essere considerato in siffatta maniera da Kirigiri. Difficile esserne sicuri.
“Seriamente. Togami, dubito tu sia il mastermind per i motivi esposti poco fa. Naegi, dubito tu sia il mastermind perché… non prendere la mia affermazione dal lato sbagliato, ma non penso riusciresti a portare avanti questa scenata efficacemente”.
“Mi stai forse dando dello scemo? Perché se è questo il caso ho un letto che mi attende, almeno occupo il mio tempo in maniera proficua invece di farmi prendere in giro da te”.
Ci fu una risata cristallina, qualcosa che raramente si era sentito per quei corridoi e quelle aule. Veniva dalla bocca di Kirigiri, che ebbe l’educazione di coprirsela con il dorso della mano...  o meglio, del guanto.
So che non è il momento adatto, e forse mai lo sarà. Ma se mi venisse mai l’audacia per farlo, le chiederei perché non ne fa mai a meno. Nasconderà qualcosa?

Kirigiri-san nasconde le sue mani.
Cosa mi assicura che non stia nascondendo anche altro?
Oh santo cielo, è proprio il dubbio perfetto per la sera tarda. Di quelli che ti tolgono il sonno.
Non ora, Makoto. Non ora. Ci rifletterai meglio a mente più lucida.
“Mi fa piacere essere fonte di divertimento. Me ne vado fra tre, due, uno…” disse per distrarsi dagli ultimi, inquietanti pensieri.
“Su su, non fare l’offeso. Non eri tu quello che prima, in caffetteria, si è prodigato in lungo e in largo per sollevarci il morale? Apprezza la buona riuscita dei tuoi sforzi”.
Sul viso di Naegi nacque il sorriso più sincero che avesse mai sfoggiato dall’inizio di quel folle incubo.
“Siete talmente commoventi che rischiavo di svenire dalla noia. Reitero la richiesta di affrontare argomenti seri prima delle sei, sempre che non dobbiate continuare a farvi i grattini invisibili” commentò Byakuya con fare seccato.
Kyouko si ricompose nella sua maschera di indifferenza: “Sì, hai ragione. Chiedo scusa per la parentesi. Eravamo… ai miei sospetti, sì. Bene, volendo sperare che nessuno di voi due sia davvero il nostro nemico… io ho puntato i fanali su Oowada”.
“Uh?” venne naturale a Makoto intromettersi “Oowada-san? Non capisco perché dici così”.
“Ti ricordi quando sono venuta a chiamare te, lui e Kuwata al momento del ritrovamento del cadavere di Celes?”.
“Sì, lo ricordo. E… oooooh, forse ho capito”.
“Togami, visto che tu non sai di cosa stiamo parlando: in quel momento Oowada è rimasto indietro, in questa stessa sauna, manifestando sgomento per quanto accaduto. Il che è comprensibile e non è automatica prova di colpevolezza di alcunché, ma se lo interpreti come il mastermind che ne approfitta per crearsi lo spazio necessario a programmare Monokuma…”.
Sistemandosi gli occhiali sul naso, l’ereditiere disse: “Uhm. Dando per buono che quel gorilla analfabeta possa essere capace di un piano tanto machiavellico… lascia parecchio da pensare, è vero. Sarebbe stato il momento giusto per dare all’orso le direttive basilari su come muoversi durante l’investigazione prima e il processo poi. Probabilmente, ovunque vada per queste operazioni, ha anche la possibilità di visionare le telecamere di sicurezza e conoscere prima di tutti noi la faccia del colpevole”.
Giusto. Non avevo pensato a questa sua esigenza, ma è evidente che il mastermind deve poter scendere nell’aula processuale sapendo chi ha ucciso. Altrimenti come potrebbe, tramite Monokuma, decretare se il dibattito ha colpito nel segno o meno?
“Dopo quello di cui mi avete reso partecipe, però, devo dire che io ho un altro possibile indiziato per il ruolo di Gran Visir” proseguì Togami.
“E sarebbe?” gli chiese l’unica ragazza presente.
“Sei sempre stata sfuggevole, Kirigiri. Perché non potresti essere tu?”.




Kami del cielo, della terra, dell’aldilà e dell’aldiqua. Vi prego vi prego vi prego vi prego, ditemi che non sto cominciando a pensare come l’odioso snob che in questo momento mi sta rubando l’aria.
“Hai tutte le ragioni del mondo per crederlo, Togami” rispose lei, pacata. “Come dicevo, siamo tutti possibili sospetti. Magari qualcuno più di altri, e capisco che il mio modo di fare possa destare qualche dubbio.”
“Hmpf, non mi dai nemmeno la soddisfazione di vederti indignata per le accuse? Smorzi tutto l’entusiasmo, Kirigiri” fu la risposta persino divertita di Togami.
Makoto, ancora perso nei suoi pensieri, sospirò.
Mi sono allarmato inutilmente… anche se è vero che il suo atteggiamento non depone a suo favore, in queste circostanze. Soprattutto i momenti in cui sparisce nel nulla e…
Scosse la testa.
Basta, Makoto. Basta. Per oggi è meglio che il cervello si metta a riposo, non ci siamo proprio.
La discussione tra la Super Detective e il Super Erede lo riportò alla realtà.
“Cosa pensi di fare riguardo Oowada?”
“Non molto, al momento” rispose lei, portandosi la mano al mento come per riflettere. “A parte le mie supposizioni non ho nulla di concreto per accusarlo… e inoltre, con sempre più piani a disposizione, diventa difficile monitorare gli spostamenti di chiunque.”
“Vero… adesso dovrebbe esserci il terzo piano aperto” commentò Makoto. “L’avevo completamente dimenticato…”
“Onestamente credo che nessuno di noi ci abbia pensato” replicò Kyouko, “e anche l’avessimo fatto, l’umore dei più non era il più adatto per andare a ispezionare la nuova area.”
“Ma scommetto che tu ci hai pensato” la provocò Togami, con un sorrisetto che Kyouko ricambiò: “In effetti pensavo di dargli un’occhiata appena finito qui in sauna” disse. “Non ho molto sonno.”
“Sai cosa? Vengo con te.”
“Vuoi scoprire cosa faccio quando sparisco per un po’, Togami?”
“Questo, e anche una discreta curiosità su cosa ci riserva il terzo piano” rispose lui, poi si voltò verso Makoto: “Ti unisci a noi, Naegi?”
Lui rimase in silenzio qualche secondo: gli doleva ammetterlo, ma quella strana gelosia voleva costringerlo a dire sì. E tuttavia…
“Per stavolta passo. Sono davvero stanco e provato da quanto successo oggi, e sento davvero il bisogno di sprofondare a letto per qualche ora.”
E dicendolo si avviò verso la porta, lasciando soli gli altri due.
“Ne sei sicuro? Non ti scoccia lasciarmi sola con lui?” chiese Kyouko, civettuola.
… grgrgrgrgrgrgrgrgrgrgr… non la credevo… capace di maneggiare così le armi più squisitamente femminili…
“Ma no, figurati. E poi sto crollando sul serio, finirei con lo sporcare di bava in giro quando mi addormento. Confido in un aggiornamento domani, doveste scoprire qualcosa”.
“Sarà fatto” confermò lei, anche se Makoto ci colse una leggera vena di irritazione. Quella e lo sguardo… dire “torvo” sarebbe esagerato, ma era quanto di più vicino una persona come Kirigiri potesse esprimere.
Ti dà fastidio non essere il primo oggetto dei miei pensieri? Eeeeeh, per stasera farai di necessità virtù. Dormo letto sonno.
Si accomiatò con un ultimo, sbrigativo saluto.
Puntò come un missile telecomandato verso camera propria, la aprì, fece giusto lo sforzo di assicurarsi che l’avesse richiusa, si gettò sul materasso vestito e cominciò a russare come un trattore guasto.

“Wow! Un biliardo! Chi se la fa una partita con l’asso del circondario, eh? Eh? Eh?”.
Makoto dovette coprirsi le orecchie quando Mondo, neanche avesse cinque anni, si precipitò ad afferrare una stecca per giocare a carambola. Carambola che avevano scoperto essere parte della sala ricreativa, al terzo piano.
Dopo il forfait della sera precedente si era rassegnato a scoprire quali stanze erano state sbloccate in compagnia di tutti gli altri, che solo la mattina avevano deciso per una spedizione esplorativa.
E poi scoprì che Oowada era un fanatico del biliardo, con estremo dispiacere delle proprie orecchie.
“Dai Naegi, vieni a prenderti una bella batosta!” urlò ancora, se possibile trapanandogli ancora di più le orecchie.
“Oowada-san, per favore! Non siamo qui per perdere tempo, te lo ricordi sì?”.
“Oh dai, non fare l’ammazzagioie. Si tratta solo di una partita veloce veloce, tanto ti rifilo un cappotto in tempo zero!”.
“... metti giù quella stecca”.
“Ma… ma…”.
“Metti giù la stecca”.
“Pffff. La tua disfatta è solo rimandata, tappo”.
“Sì sì, me lo segno sull’agendina. Ma potrei far fatica a trovare un buco da dedicarti”.
Cavolo. Non ricordavo di aver cenato con pane e napalm, perché mi sa che mi sono rimasti addosso rimasugli da ieri.
Distolse i propri pensieri sul suo attuale umore, tornando a concentrarsi sulla perquisizione della stanza. Che però non diede i frutti sperati.
“Nulla, solo inutili passatempi. E giornali vecchi”.
Quel che sto per dire è crudele, ma oggi mi sento in vena anche per questo: meno male che Yamada non c’è più, almeno non ci assorderà lamentandosi dell’assenza degli ultimi numeri di Shonen Jump.
Speriamo che la ricerca degli altri sia andata meglio della nostra.
“Qua direi che abbiamo finito, Oowada-san. O tu sei stato fortunato?”.
“Macché. Ciarpame, tanto ciarpame”.
Gli sbuffi dei due ragazzi si sovrapposero fino a diventare uno.
Va beh, buco nell’acqua e…
Non fece neanche in tempo a finire il pensiero che di fronte ai suoi occhi, puntati per puro caso in direzione della porta aperta, si stagliò la figura di Kirigiri.
Che stava guardando lui. Proprio lui.
Che cosa? Che hai da fissarmi così?
Gli fece l’inequivocabile cenno di seguirla con l’indice della sinistra. Aveva uno sguardo strano, Kirigiri, e non la sua solita, impenetrabile espressione neutra. Difficile da definire, ma comunque strano. Non da lei.
Boh, chissà che vuole pensò facendo spallucce e avviandosi. Alla fine, si disse, la sera prima non era stato esattamente un cavaliere. Sperò che così facendo potesse riguadagnare qualche punto nei suoi confronti.
Scesero al primo piano e si infilarono rapidi nella ormai usuale sauna.
“Mi devi parlare, Kirigiri-san?” esordì lui.
“Ci puoi scommettere che ti devo parlare”.
“Kamisama. Che c’è? Non avrai mica… scoperto un altro cadavere?”.
“No, per fortuna no”.
“E allora? È saltato fuori qualcosa sull’identità del mastermind?”.
“Magari. No, volevo sapere cosa ti è saltato addosso ieri sera per farti comportare in maniera così sgradevole”.
… eh? Sei seria?
Makoto decise di andarci cauto, che con Kirigiri non si sa mai: “Cos’avrei fatto, esattamente?”
“Hai forse dimenticato le tue risposte acide e il tuo sarcasmo fuori luogo?”
Fuori luogo??
Makoto sorrise, il più tenero dei sorrisi di cui era capace: “Perdonami, Kirigiri-san, se l’esecuzione di Enoshima-san e Ikusaba-san mi ha innervosito e buttato giù. Alla prossima esecuzione cercherò di non perdere il mio solito buon umore.”
Kirigiri rimase in silenzio, forse incerta su che risposta dare; probabilmente, azzardò Makoto tra sé e sé, si trovava persino in difficoltà.
Il titolo di Super Detective è indubbiamente meritato, ma non hai ancora capito come comportarti col prossimo.
“Probabilmente anche Togami potrebbe essersi risentito del tuo comportamento” azzardò lei.
“Per quel che so di Togami, non credo gliene importi molto di ciò che dico o faccio” fu la risposta di Makoto.
Per un po’ rimasero in silenzio, incerti sul da farsi; Makoto era seduto su una delle panche, intento a fissare i suoi piedi.
Non è che abbia senso, questo mio fastidio nei confronti di Kirigiri e Togami… eppure non riesco a fare altrimenti. Senza contare che questo suo comportamento non mi fa venir voglia di agire diversamente…
In fondo quanto aveva detto prima non era poi falso: due omicidi e due esecuzioni terribili nel giro di pochi giorni, a cui aveva assistito e di cui aveva discusso i dettagli più atroci in un processo-farsa… chiedere che fosse anche di buon umore era decisamente troppo.
“Forse ho… preteso troppo da te” proruppe Kyouko, rompendo il silenzio. “Probabilmente ho davvero… esagerato.”
Makoto si voltò a guardarla, sconvolto.
No, aspettate un attimo. Kyouko Kirigiri starebbe cercando di SCUSARSI? Con ME? Sta forse finendo il mondo e io non ne sono al corrente? Sì ok, c’è il condizionale di mezzo, ma è pur sempre di Kirigiri che parliamo.
“Beh… la situazione in cui ci troviamo non aiuta” abbozzò lui, grattandosi la testa imbarazzato “veder morire gente così, come fossero mosche… e non oso immaginare come stiano Oogami-san e Oowada-san, che si sono dovuti sporcare le mani e improvvisarsi boia…”
“Se i nostri sospetti sono esatti, direi che Oowada non fosse poi troppo dispiaciuto…” rispose Kyouko, e Makoto annuì.

‘Icci icci, sento odor di Kirigicchi’ direbbe quel fattone di Hagakure.
Mondo, appostato appena fuori dall’ingresso degli spogliatoi, non poté credere al suo culo sfacciato.
Aveva deciso di pedinare Naegi e Kirigiri per semplice sfizio, incuriosito dal fare da gatta morta di lei.
E ora… ora aveva scoperto che quei due complottavano alle sue spalle.

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Capitolo 6
*** Spero che il pacco-bomba sia di tuo gradimento, cara ***


“E così mi avete scoperto, eh?”
Mentre sistemava i capelli dopo la doccia, Mondo ripensò alla discussione casualmente origliata giusto mezz’ora prima.
“Beh… la situazione in cui ci troviamo non aiuta. Veder morire gente così, come fossero mosche… e non oso immaginare come stiano Oogami-san e Oowada-san, che si sono dovuti sporcare le mani e improvvisarsi boia…”
“Se i nostri sospetti sono esatti, direi che Oowada non fosse poi troppo dispiaciuto…”
Mondo sorrise, compiaciuto.
Spingere quelle due sgualdrinelle in acqua è stata la cosa migliore della giornata di ieri pensò, ricordando il momento in cui aveva lanciato il bilanciere. Ripensò a come il collo di Enoshima si era piegato in maniera innaturale, a come aveva continuato ad agonizzare in acqua finché i suoi arti avevano smesso di muoversi.
Era stato un momento magnifico. Per un attimo aveva temuto che qualcuno si accorgesse della sua erezione.
“Cos’hai intenzione di fare, fratello?”
“Asciugarmi i capelli, per ora.”
“Intendevo riguardo Naegi e Kirigiri.”
“Non preoccuparti, Daiya” rispose Mondo, lanciando via l’asciugamano, “al momento hanno solo sospetti in mano.”
“Quei due sembrano più svegli del resto della classe” continuò Daiya, “dovrai fare attenzione da ora in poi.”
“Sta tranquillo, non permetterò che il piano vada a rotoli a causa loro” disse Mondo, sorridendo. “Devono pagare tutti per quell’incidente, tutti” proseguì, acconciando i capelli nel suo usuale pompadour, “soprattutto Naegi e Kirigiri. Se non fosse stato per loro…”
Oh, l’avrebbero pagata cara, più degli altri.

Il giorno dopo.
Makoto aveva dormito bene e a lungo l’ultima notte, e preparandosi non sentiva su di sé scorie dell’antipatia che l’aveva contraddistinto nelle precedenti quarantotto ore.
Anche guardandosi allo specchio, dopo aver finito di asciugarsi i capelli, vedeva il solito ragazzo gentile e generoso, sempre pronto ad aiutare gli altri e a vincere il Nobel per il Buon Cuore.
“Meno male, và” disse ad alta voce cercando di pettinar via l’ahoge sulla cima della sua testa “Devo dire che non mi piacevo come brutta copia di Togami. Di campioni mondiali di bastardaggine ce ne basta e ce ne avanza uno solo, non necessitiamo pure della medaglia d’argento”.
Si ritrovò inconsciamente a fischiettare, colmo di buon’umore come non gli capitava da tempo.
Mi ricordo ancora come si fa, allora. Devo dire di esserne felice.
Forse finalmente, in quella inusuale e insanguinata vita in comune, qualcosa stava cominciando ad andare per il verso giusto.
L’arrivo in caffetteria sembrò confermare il pensiero: i suoi compagni, sebbene non proprio ebbri di gioia, quantomeno sembravano usciti dalla letargia che solo un paio di giorni prima li stava stritolando. C’erano chiacchiere, un po’ di risate e qualche finta arrabbiatura. Tutte testimonianze che il clima generale era molto migliorato.
Ebbe solo un secondo di sconforto a vedere le sedie vuote, doloroso monito di coloro che avevano perso per strada. Ma si disse che il barometro stava volgendo al bello e che, se non ci fossero stati più incidenti come quello di Yamada o intenti errati come quello di Celes, la situazione sarebbe rimasta al peggio stabile.
Certo c’erano sempre le possibili mine vaganti come Togami di cui, nonostante tutto, faceva abbastanza fatica a fidarsi pienamente a causa dei suoi trascorsi aggressivi.
Voglio sperare che il tendergli la mano da parte mia e di Kirigiri-san l’abbia almeno allontanato dalle intenzioni più bellicose.
Salutò, ricambiato da pressoché tutti.
Si era appena seduto al suo posto che lo schermo si accese e vi apparve il più brutto, malvagio, perverso orso della storia.
“PIM POM PAM POOOOOM! Salve, miei adoratissimi studenti. È il vostro caritatevole, amato preside Monokuma che vi parla. Escludendo gli annunci è da un po’ che non ci si sente e il mio cuoricino metallico ne soffriva, quindi ho deciso di porre rimedio. Anche se questa non è solo una visita di cortesia perché ho una succulenta informazione per voi. Sin da quando siete imprigionati qui vi sarete chiesti chi è il burattinaio che muove i miei fili, giusto? Ebbene, oggi mi sento particolarmente altruista e vi posso dare una piccola traccia a tal proposito. Il mastermind, ovvero il regista, lo sceneggiatore e il vignettista della vostra attuale permanenza alla Kibougamine Gakuen… è fra di voi. È seduto in questo momento al vostro tavolo e, se lo conosco bene, ha la bocca sporca perché è un maiale che non sa mangiare in maniera composta. Capo, come ti ingozzi tu di caviale nessuno. Ok, è stato un piacere alla prossima bla bla bla bla. Sayonara, bastardi!”.
… questo non è successo. Non è davvero successo. Sono ancora a letto a sognare, per forza.
Si voltò verso Kirigiri e Togami, che ricambiarono il suo sguardo spaesato.
Com’è possibile che abbia deciso di esporsi in questo modo? Ma è matto?!
“Il… il mastermind è uno di noi?”
“Non è possibile! Sarebbe troppo spregevole!”
“Sicuramente sta mentendo per metterci l’uno contro l’altro!”
“Ma… se fosse vero?”
In un batter d’occhio il panico ebbe il sopravvento sui presenti, che presero a guardarsi tutti con sospetto: Aoi si schierò subito con Sakura, certa che non fosse lei il mastermind; Hagakure cominciò a lanciare accuse a casaccio, mentre Fukawa strillava “Io lo sapevo, lo sapevo!”; Sayaka e Leon fecero coppia a loro volta, convinti di essere l’uno l’alibi inossidabile dell’altra.
“Adesso fate silenzio!” tuonò Ishimaru, e per la prima volta da quando erano lì tutti sembrarono obbedirgli: si sedettero nuovamente ai loro posti e attesero che il Super Prefetto ricominciasse a parlare: “Statemi a sentire una buona volta: è probabile che chiunque ci sia dietro Monokuma voglia solo spargere zizzania e dividerci per portare a termine i suoi piani! Non lasciatevi ingannare o sarà la fine!”
Alcuni annuirono, probabilmente aggrappandosi alla speranza che Ishimaru avesse ragione, ma il dubbio di fondo rimaneva e serpeggiava tra di loro; Makoto osservava la scena sconvolto, mentre uno scenario terribile cominciava a formarsi nella sua mente.
...dividerci. È questo che vuole, spingerci a dubitare gli uni degli altri!
“E se l’orso di merda avesse ragione?”
Tutti si voltarono verso Oowada.
“Voglio dire, se non volesse solo provocarci? Se davvero fosse uno di noi, e si stesse divertendo alle nostre spalle?”
Aoi si strinse a Sakura più che poté, cercando conforto, mentre quest’ultima prendeva parola: “Mi rifiuto di credere che uno di noi sia capace di azioni così orribili. Non posso, non posso assolutamente accettare che tra i presenti ci sia qualcuno che ha lasciato morire due persone e fatto in modo di giustiziarne altre tre senza batter ciglio! È… è inumano!”
“Kami, se così fosse…” non riuscì nemmeno a finire la frase Sayaka, che si portò una mano alla bocca quasi avesse la nausea.
“In ogni caso, come potremmo scoprire chi di noi è il mastermind?” chiese Leon. “Che facciamo, mettiamo a soqquadro le camere di ognuno alla ricerca di indizi? E che indizi dovremmo cercare, il tesserino del Club dei Mastermind di tutto il mondo?”
“Lieto che la situazione ti renda in vena di battute, Kuwata” lo rimproverò Ishimaru, il cui rimarco purtroppo non impedì ad Hagakure di dire la sua: “Però Kuwatachin ha ragione, che prove servono per smascherare il mastermind?”
Tutti rimasero un attimo in silenzio, colpiti dal fatto che per una volta Hagakure aveva espresso un concetto sensato e non si era limitato a dare aria ai denti.
“Forse non servono prove evidenti” parlò di nuovo Oowada, “non subito almeno. Al momento ci basta molto meno per restringere la rosa dei sospettati.”
“Che cosa intendi, Oowada-san?” chiese Ishimaru.
“Pensiamoci un attimo. Chi di noi sparisce per lunghi periodi, senza premurarsi di avvisare o dirci almeno dove va?” disse lui.
E inevitabilmente tutti puntarono gli occhi su Kirigiri.

Va bene Oowada, hai smesso con le finte di corpo e hai portato il primo diretto alla mandibola. Ci sto. Ti dimostrerò che, solo perché non sono gonfia di muscoli e steroidi, non vuol dire che non sappia rispondere colpo su colpo.
“Oh. Sono diventata improvvisamente il centro della vostra attenzione. Ne sono lusingata, ma non è che Maizono si sentirà trascurata? Dopotutto la stella è lei”.
“Guarda che non sei nella posizione di fare battutine del cazzo, lo sai?”.
“Forse no, Kuwata. Ma se devo sopportare i vostri sguardi obliqui quando vi girate verso di me, tanto vale che ne tragga tutto il divertimento che posso”.
“Puzzi come una triglia marcia, ragazza. Io dico che quando te ne vai a zonzo per i corridoi ti chiudi nella tua stanzina lurida, dove magari hai appesi poster di uomini nudi, e muovi le zampette di quel fetido orso”.
“Fukawa, il tuo colorito linguaggio da scrittrice di romanzi erotici non mi si addice. Inoltre, prima di dire a qualcun altro che puzza…”.
“Kirigiri, io voglio sperare con tutte le mie forze che tu non sia la colpevole di quanto ci sta accadendo. Ho sentito fin da subito di potermi fidare di te, nonostante i tuoi modi di fare non esattamente socievoli. Però mi tocca ammettere che questa rivelazione getta una luce sinistra sui tuoi recenti comportamenti”.
“Capisco di poter risultare molto sospetta ai vostri occhi, Oogami. Allo stato attuale non ho modo di provare incontrovertibilmente di non essere il mastermind e questo vi porta, non nego con una buona dose di ragione, a rivalutare le mie abitudini solitarie. Anzi, ti sono ancora grata per darmi il beneficio del dubbio. Però ti chiedo di fidarti della tua prima impressione, perché non è mia la mente dietro tutto questo”.
Finito il giro inquisitorio? Adesso posso portare il mio modesto affondo al grugno di quello che mi sto convincendo essere il vero responsabile? Perché il tempismo di quest’accusa lascia parecchio da pensare, caro mio.
“Se ho ancora diritto di parola vorrei poter rendervi partecipi di una o due idee che mi viaggiano in testa già da un po’ di tempo” si impose sul chiacchiericcio sparso, approfittando dell’attenzione comune ancora concentrata su di lei.
“Puah. Io propongo di toglierglielo, il diritto di parola. È veramente troppo, troppo ambigua con le sue fughe notturne e i lunghi periodi in cui ancora un po’ non sappiamo nemmeno se è ancora all’interno di questo edificio” sputò Leon, notevolmente su di giri e a quanto pareva convinto di aver sfondato il centro del bersaglio.
“Ora non esageriamo” si intromise Ishimaru “Non voglio che le vengano negati i suoi diritti costituzionali”. Sembrava che gli altri fossero tutto sommato d’accordo con il diniego, sarebbe stato davvero troppo.
“Almeno qualcuno disposto a pedinarla, giusto per essere sicuri che non si infili in posti strani?” insistette il Super Giocatore di Baseball. Questa proposta riscosse maggior successo e venne approvata dall’assemblea.
Bene, perfetto. Avrò una non richiesta guardia del corpo che mi seguirà anche dentro il bagno.
“Visto che mi è stata graziosamente concessa la facoltà di esprimermi, posso farlo?”.
“Prego. Bada solo a non farci perdere tempo con le tue fandonie, mastermind”.
Santa pazienza.
“Tenevo solo a informarvi che per quanto mi riguarda Monokuma non ha detto nulla di rivoluzionario. Avevo già formulato questa ipotesi”.
“Oh. E sicuramente ti eri fatta una lista di papabili, conoscendoti…” buttò lì Sakura.
“Devo dire che qualche persona aveva attirato la mia attenzione, sì”.
“Chi, di preciso?” chiese Mondo.
“Ritengo non necessario parlarne ora”.
“Io invece sì. Chi altri è con me?”. E la volontà popolare diede maggioranza bulgara al biker, che sorrise smargiasso.
… maledizione, non posso aver commesso un errore strategico di queste proporzioni.
“Avanti, avanti. Snocciolami il tuo principale indiziato, che sono tanto curioso”.
“Ho pensato… a Oowada”.
Ci fu qualche istante di silenzio in cui l’intera classe non le tolse gli occhi di dosso, quando l’accusato prese di nuovo parola: “Sai Kirigiri, non ti facevo così infantile. Una ripicca del genere, da parte tua…”
“E quali sarebbero le prove a suo carico?” intervenne Ishimaru, che al contempo cercava di calmare il brusio che si stava creando.
“In più occasioni è sparito senza dire nulla” rispose Kyouko, “in particolare durante il ritrovamento del corpo di Celestia si è rifiutato di venire con noi, per poi raggiungerci dopo l’annuncio di Monokuma… tempismo sospetto.”
“Proprio tu parli di tempismo sospetto?” replicò Kuwata. “Tu, che sparisci sempre e non dici a nessuno dove vai? Dovresti smetterla di arrampicarti sugli specchi!”
“Perché non ci dici cosa fai nei momenti in cui non ci sei, invece di fare la misteriosa? In questo momento credo sia la cosa più saggia…” le tese una mano Sakura, che ancora sperava non fosse Kyouko il mastermind; quest’ultima inspirò, preparandosi alla vagonata di accuse che sarebbero giunte: “Sono o non sono il Super Detective? Quello che faccio è investigare. E quando investigo non voglio gente attorno a rallentarmi.”
“Ah beh certo, adesso siamo addirittura palle al piede!” sbottò Leon, che sembrava avere il dente particolarmente avvelenato dei confronti della ragazza. “Non so quanto ti convenga offendere chi sospetta di te, bella mia!”
Come volevasi dimostrare, i commenti di Kirigiri scatenarono l’inferno tra i presenti che, dopo un acceso dibattito, convennero che pedinarla e non lasciarla mai sola fosse la cosa migliore.
Mentre si accordavano per i turni, Kyouko rimase in silenzio; per la prima volta in vita sua si trovò in seria difficoltà.
Stavolta sono davvero nei guai.

“E ora cosa facciamo?”
“Al momento, nulla. Qualunque mossa da parte nostra sarebbe sospetta.”
“Ma non possiamo lasciarla da sola!”
Makoto sbuffò, lasciandosi andare su una panca della sauna.
Durante l’improvvisato processo ai danni di Kirigiri, Makoto non ebbe altra scelta che rimanere in silenzio: aveva provato a intervenire, ma nessuno lo ascoltava; Togami, al contrario, vi aveva preso parte moderatamente, giusto per non destare (ancora) sospetti su di sé.
“Ma non possiamo nemmeno esporci del tutto” rispose il biondo, “se dobbiamo aiutarla meglio non dare nell’occhio, almeno finché i sospetti verso di lei sono così radicati.”
“Questo… questo è ingiusto nei suoi confronti! Kirigiri-san è la persona che finora ci ha salvato lo scalpo, soprattutto nel caso di Celes. Tu saresti stato in grado di dedurre quel che ha dedotto lei?”.
“Assolutamente no. E dimmi, ciò la scagiona in che modo?”.
“Uh?”.
“Semplicemente, prendendo per un attimo buona l’ipotesi che possa davvero essere lei il mastermind -ipotesi che, mi preme ricordarti, lei stessa non ha del tutto smentito-, il fatto che non abbia voluto ucciderci in quell’occasione la rende forse meno colpevole?”.
“Togami-san… io capisco che tu possa non fidarti del tutto di lei, ma credi sul serio sia il mastermind?”.
“Devi ammettere che i punti oscuri sollevati da Oowada, Kuwata e quel branco di inetti non sono del tutto peregrini. Comunque, se ti preme sapere la mia opinione, non sono un tonto come te che crede a tutto quello che gli viene detto senza neanche farsi delle domande. Anche se devo ammettere che, nel caso ci siano i suoi capelli lilla dietro il gioco, le va dato atto delle sue notevolissime doti d’attrice. Mi chiedo perché si sia impelagata in un mestiere pericoloso e poco remunerativo come il detective quando sarebbe potuta andare a Hollywood a farsi sommergere di Oscar”.
“È per caso il tuo modo criptico di dire che, sotto sotto, non credi sia lei?”.
“Mpf. Prendila come vuoi e non abusare della mia gentilezza”.
Naegi ridacchiò, suscitando un grugnito di disapprovazione in Togami.
Da uno come lui non credo di poter ottenere risposta più esplicita. Ma mi consola sapere che al peggio ha almeno dei dubbi. Penso di poterlo considerare dalla mia parte, a grandissime linee. Il problema sono in primis Oowada-san, che se voglio credere a Kirigiri-san è il mastermind, e direi anche Kuwata-san. Mi sembrava particolarmente lanciato oggi e non si è risparmiato nelle accuse. Chissà, magari con Maizono-san le cose vanno male e ha preso ad odiare l’intero genere femminile.
“Il problema però rimane” riprese Makoto ad alta voce “Al momento Kirigiri-san è isolata e malvista da un po’ tutti. Se tanto mi dà tanto, stando a quanto hai appena detto, neanche tu credi che sia davvero il mastermind e quindi voglio pensare che anche a te la situazione così com’è non vada bene. Hai qualche stupefacente idea per ovviare al problema?”.
Ci furono parecchi secondi di silenzio, in cui appariva evidente che l’ereditiere stava pensando a una risposta appropriata al quesito postogli.
“Potrei provare così” disse a un tratto, scuotendo Makoto dalle sue elucubrazioni.
“Così come?”.
“Sono stati stabiliti dei turni per starle addosso, no? Potrei provare a infilarmici dentro per avere dei momenti in cui poterle parlare in libertà”.
“Avevo già pensato a questa eventualità, ma dubito mi lasceranno avvicinarmi a lei. Probabilmente penserebbero che sono il suo lacchè che le riferisce umori e pettegolezzi, dato il rapporto… stretto che abbiamo avuto nei giorni scorsi”.
“Da quel punto di vista io posso muovermi meglio. Ringrazio il mio notorio snobismo e il fatto che solo ultimamente mi sono fatto vedere ogni tanto in vostra compagnia. Se qualcuno intende sollevare delle rimostranze lo metto a tacere in due secondi”.
“Ne sei perfettamente in grado, già. Hai lingua e volontà in abbondanza”.
“Non adularmi, tanto continuerò a considerarti poco più di un celenterato”.
“Un celenteche? Sei troppo complicato nei tuoi insulti, Togami-san. Poi noi poveri nullatenenti non riusciamo a starti dietro e il genio si perde nelle nebbie del tempo. Allora hai deciso così?”.
“Credo che sia l’opzione migliore che ci rimane. Come hai giustamente detto se ti proponessi per sorvegliarla Oowada, che fa molto leader della rivolta, ti riderebbe in faccia”.
“Ecco, anche il fatto che sia stato proprio Oowada-san a tirar fuori tutte quelle cose…”.
“... di per sé non vuol dir nulla. Per un attimo ho pensato di dirlo io, e anzi se ti ricordi ieri l’ho fatto in questa stessa sauna”.
“Magari non vuol dir nulla, è vero. O magari è il mastermind che sta cercando di scaricare il barile sull’unica persona che gli può realmente mettere i bastoni fra le ruote e mandarlo a schiantarsi fuori strada con la moto”.
“Allo stato attuale non si può dire con certezza che sia l’una o che sia l’altra. Non ci resta che muoverci con cautela e cercare di ottenere più informazioni”.
“Senza la nostra mente deduttiva migliore, però”.
“Avanti scudiero, non dirmi che non ti senti in grado di salvare la tua dama e meritarti sul campo la promozione a cavaliere”.
Makoto non rispose, lasciando che fosse il suo rossore a fare per lui. Intravide sul viso di Byakuya lo spettro di un sorrisino.
Maledetto. È davvero così evidente che io… sì, ecco… insomma… bah, non è il momento.

“Lasciatelo dire, fratello: non credevo fossi così bravo a recitare.”
“Cosa vuoi che ti dica, le circostanze richiedevano di tirar fuori talenti inaspettati” ridacchiò Mondo, intento ad osservare l’intera accademia dalla sua postazione; uno dei monitor era puntato dentro la camera di Kirigiri, la cui porta era sorvegliata da Ishimaru. Era evidente che la ragazza non era abituata ad avere un metaforico guinzaglio al collo, e che la cosa la infastidiva: camminava su e giù per la stanza, probabilmente pensando ad una soluzione che al momento non riusciva a trovare.
E che dubito troverai, dolcezza.
“Quanto credi che potrai tenerla in gabbia?” commentò Daiya, destandolo dai suoi pensieri.
“Fin quando mi andrà. Al momento non ha modo di sfuggire.”
“Vero per ora, ma è una mina vagante” rispose il maggiore degli Oowada, “sono sicuro che qualcosa escogiterà.”
“Tranquillo fratellone, ho già un’idea in mente.”
Daiya non rispose, ma si limitò a sorridere e alzare le mani in segno di resa, come a voler dire “Mi fido, il capo sei tu.”
Mondo sorrise a sua volta e poi tornò a osservare i monitor, non prima di aver lanciato un ultimo sguardo al fratello; per un attimo, Daiya gli sembrò tanto pallido da sembrare un fantasma.
Il tempo dei giochi è finito, si disse. È ora di fare sul serio.

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Capitolo 7
*** Cara dolce Kyouko, ma sei proprio sicura sicura sicura della tua innocenza? ***


Passarono due giorni tranquilli, in cui non ci fu la minima traccia di disturbo della quiete pubblica.
“Uff. Non credevo che avrei mai potuto dirlo” esordì Kyouko sedendosi su una delle panche dello spogliatoio “ma sono quasi felice che adesso sia il tuo turno di sorvegliarmi”.
A pochi passi da lei Byakuya Togami, lo sguardo arcigno e le braccia immancabilmente conserte, non trovò appropriato rispondere alla frecciata. Il loro tempo non era poi così tanto da poterlo perdere in bazzecole senza importanza.
“Vorrei poter condividere la tua gioia, Kirigiri, ma come sai non sono tipo. Piuttosto… come sono andati questi giorni col collo stretto da un laccio?”.
Fu il turno di lei di assumere un’espressione poco piacevole: “Uno schifo, grazie per l’interessamento. Sapevo che sarebbero stati momenti non esattamente belli, ma avere i rasta di Hagakure che rischiavano di entrarmi negli occhi quando ho avuto la sfortuna di dover andare in bagno al secondo piano…”.
“Oh suvvia. Hai sicuramente visto di peggio nella tua vita di detective vissuta, per quanto quell’idiota non possa essere una compagnia raccomandabile neanche se si sforzasse con tutto se stesso”.
Una risata lieve lo prese in contropiede, proprio non se la aspettava.
“Hai ragione anche tu, lo ammetto”.
“Parliamo di cose serie, però: immagino sia superfluo chiederti se sei riuscita a fare qualche passo in avanti pur col peso della tua guardia del corpo”.
“Immagini bene. Ho avuto le mani completamente legate, ci è mancato giusto che i più zelanti come Ishimaru pretendessero di dormire su un futon accanto al mio letto. Ho perso completamente ogni libertà di movimento. Finché questa situazione persiste dovrò fare affidamento su di te e su Naegi”.
“Ma io e lui non siamo te. Sei tu quella che è riuscita a risolvere un caso apparentemente insolubile come quello di Celes. Non ci puoi addossare una responsabilità così grande sapendo benissimo che non siamo all’altezza del compito”.
Kyouko si alzò di scatto e cominciò a fissarlo, seria come non mai.
Il che, considerato l’elemento, è la norma.
“Puoi evitare di adularmi, Togami, anche se da buona ragazza apprezzo. Non mi è davvero possibile fare alcunché, non fintanto che avrò un pitbull attaccato alle caviglie. Già la possibilità di parlare qui con te, adesso, è un mezzo miracolo”.
“Nessun miracolo, io non credo ai miracoli. Mi è bastato impormi in maniera… diciamo persuasiva con quell’altra manica di imbecilli”.
“Ecco, se sei stato in grado di fare questo non ti sarà impossibile almeno studiarli, giusto per capire che aria tira. Non vi sto chiedendo di sostituirmi in tutto e per tutto, senza falsa modestia so bene che è impossibile. Ma per fortuna, almeno finora, non c’è stato particolare bisogno del mio talento. Quel che vi chiedo è di sopperire al mio forzato farmi da parte e cercare di tendere gli occhi e le orecchie per captare qualunque disturbo possa passare per l’aere. Per cosa credi che mi sia rivolta a te, quel giorno? Perché sei bello, alto, biondo e ricco? O perché hai un cervello e sai come farlo funzionare? Non farmi pentire di quella decisione”.
A sentire la propria intelligenza messa in discussione, a Byakuya Togami saltò un quarto di fusibile. Se fosse stato una persona senza filtro fra emozione e azione, probabilmente le avrebbe rifilato almeno una sberla. Ma, come ci si aspetta legittimamente da uno come lui, si limitò a un verso di disapprovazione.
Fu poi lei a riprendere il discorso momentaneamente interrotto: “Forza, è meglio se usciamo da qui. Non vorrei che la manica di imbecilli, come li hai definiti tu, si facciano castelli in aria sul loro presunto mastermind e i suoi aiutanti”.
Sì, ha ragione. Non è nel nostro interesse passare troppo tempo tappati in questa sauna.
In un gesto incredibilmente cavalleresco le fece cenno di precederlo, stupendola non poco. Gli fu difficile cogliere lo sbigottimento nei suoi occhi, ma si diede una virtuale pacca sulla schiena quando ci riuscì.
“Mi raccomando” disse Kyouko poco prima di mettere piede fuori dalla stanza “ovviamente qui non si è parlato di nulla di tutto questo. Sperando che agli altri non salti in testa di fare domande inopportune”.
“Per chi mi hai preso, Kirigiri? Io non sono Naegi”.
“Non si sa mai” commentò con un altro dei suoi rari, piccoli sorrisi.
Senti un po’ tu, non sarà mica che ti stai facendo strane idee su di me vero? In questi ultimi quattro minuti hai rotto la tua maschera di ghiaccio più volte che da quando siamo stati imprigionati in questa scuola. Bada Kirigiri, non ho tempo da perdere con simili sciocchezze. E poi figurati se voglio portarti via a quell’altro debosciato di Naegi.
Visto che Byakuya operava da bodyguard, era la signora a decidere dove andare e cosa fare. Lei, in un’inusuale vena di noia, si trovò a girovagare senza meta per i corridoi e le stanze a loro disponibili. Saliva, scendeva, risaliva e riscendeva senza soluzione di continuità.
A qualcuno manca il poter scorrazzare come le pare, vedo.
Passavano davanti all’anticamera degli spogliatoi, al secondo piano, quando vi videro uscire Sakura. Sembrava reduce da una delle sue solite sessioni di allenamento.
“Ehilà, Kirigiri e Togami. Come state?” esordì in tono allegro.
“Non bene. Mi annoio” rispose sincera lei. Lui si limitò a uno sbuffo, esternando così il proprio apprezzamento per l’incarico che si era assunto.
“Oh. Dev’essere dura per te, Kirigiri”.
“Lo è”.
“Allora ti spiace se mi aggrego a voi? Non è per darti un’ulteriore peso, semplicemente spero che un po’ del mio buon umore vi contagi. Non mi va di vedervi intristiti”.
“È un pensiero gentile da parte tua, Oogami. Ti ringrazio”.
Evviva. Se a una di voi due salta in testa di fare il trenino o qualche scemenza simile… rischio di non rispondere più di me stesso.
Il giro random proseguì nella sua casualità, stavolta con un protagonista in più. Che, persino quel burbero di Togami dovette ammetterlo con se stesso, contribuì a rendere il tutto meno fastidioso.
Kyouko, apripista del gruppetto, si trovò ad aprire l’aula d’arte. Quel che si dipinse -è proprio il caso di dirlo- sui loro volti fu terribile.
Leon era riverso sul pavimento in mezzo a una pozza di vomito secco, gli arti in posizioni innaturali e un colorito cianotico; l’espressione sul viso del ragazzo era di puro terrore e sofferenza.
“Oh… oh Kami, Kuwata!” esclamò Sakura, avvicinandosi con cautela; Togami la seguì poco dopo, con Kyouko a fianco.
“Togami, lei non può avvicinarsi” disse Sakura quando li notò, “sai com’è… se lei è il mastermind meglio che non tocchi il cadavere.”
“Ovviamente” replicò lui, “ma preferisco averla vicina, non si sa mai.”
La ragazza annuì, poi tornò a controllare il corpo di Leon facendo attenzione a non contaminare eventuali prove. Dopo qualche istante scosse la testa, e si rivolse a Togami: “Mi duole dirlo, ma dubito di poter fare qualcosa di concreto oltre il constatare il colorito cianotico e la posizione innaturale. Che ne dici se ti dò il cambio con Kirigiri, Togami? Forse tu hai più fortuna di me.”
Il biondo ereditiere non se lo fece ripetere due volte, nella speranza di raccogliere abbastanza prove per il processo.
Dubito avrò altri colpi di fortuna come questo.
“Non sono un esperto ma” disse, osservando il cadavere da più angolazioni “sembra sia morto per asfissia… almeno a giudicare dal colorito cianotico.”
“Ma il vomito come lo spieghi?” chiese Sakura.
“Bella domanda” rispose Togami, riflettendo. “Ammetto di non essere abbastanza esperto di omicidi da sapere quando può presentarsi un conato di vomito...!”
“Soffocamento, in determinati casi.”
Togami e Sakura si voltarono verso Kyouko, che si limitò a fare spallucce.
“Non so se sia il caso che tu prenda parte alle indagini Kirigiri, vista la tua situazione.”
“Non ti dò torto, Oogami, ma sono pur sempre un detective. Non riesco a stare con le mani in mano.”
Sakura annuì, quando si fece di nuovo pensierosa.
“Qualcosa ti turba, Oogami?” chiese Kyouko. “A parte l’omicidio, intendo.”
“Non l’avete notato?”
Togami e Kyouko si scambiarono un’occhiata perplessa, quando Kyouko sgranò gli occhi: “L’annuncio di Monokuma…”
“...non c’è stato” concluse per lei Togami.
Niente annuncio vuol dire niente mastermind ad osservarci. E visto che sospettano di Kirigiri, evitare un annuncio proprio mentre lei ha la guardia del corpo ventiquattr’ore al giorno significa cucirle addosso il ruolo di mastermind in maniera indissolubile.
Togami ebbe un brivido, non esattamente di piacere.
Se davvero c’è Oowada dietro tutto questo, temo dovrò smettere di chiamarlo ‘gorilla analfabeta’.
I tre rimasero in silenzio, incerti sul da farsi; per la prima volta da quando la conosceva, Togami notò un’espressione sinceramente terrorizzata sul volto di Kirigiri.
Volendo citare i plebei… siamo nella merda.

“Complimenti fratellino, complimenti davvero. L’idea di non far partire l’annuncio di Monokuma è davvero brillante.”
Mondo fece un inchino particolarmente teatrale verso Daiya, sorridendo: “Ho pensato fosse un’ottimo modo per convincere quegli idioti che il colpevole di tutto questo è la nostra Super Detective dalla Super Minigonna.”
“È stato difficile liberarti di quel pallone gonfiato di Kuwata?”
“Non particolarmente” rispose Mondo, dando uno sguardo ai vari monitor di sorveglianza. “Un turno di guardia notturno è lungo, e un languorino può capitare, se devi stare sveglio. Per fortuna il buon vecchio Oowada di quartiere ha sempre voglia di uno spuntino notturno, e casualmente passava di lì con degli onigiri al fugu.”
“Avvelenamento da fugu?” sorrise Daiya. “Diabolico.”
“Sapevo che mettere un paio di pesci palla tra le scorte sarebbe servito, e per sicurezza ho messo altri ingredienti per camuffare il sapore. La parte faticosa è stato trasportarlo fino alla sala d’arte, continuava a dimenarsi” si stiracchiò, “ma nulla che non potessi tenere sotto controllo. Con la quantità di pesce palla che ho messo in quegli onigiri la paralisi è giunta velocemente, e per mia fortuna ha avuto la decenza di iniziare a vomitare una volta giunti in aula.”
“Ecco, perché diamine l’hai portato fino al terzo piano? Non avevi la certezza che Kirigiri arrivasse fin lì.”
“Oh, quello è stato solo un simpatico colpo di fortuna. L’importante era che qualcuno lo trovasse, l’annuncio non ci sarebbe stato comunque.”
“E Kirigiri sarebbe stata ugualmente la sospettata numero uno” annuì Daiya. “Ottimo piano.”
“Grazie, fratellone. È giunta l’ora di cominciare a fare sul serio” disse, voltandosi verso il fratello maggiore.
Ma quest’ultimo si era già volatilizzato.

Ok Kyouko ok ok calmati non dare fuori di matto niente scenate madri niente urla tu non sei il mastermind però quel bastardo si è veramente superato stavolta perché sì è evidente che è stato lui Leon è uno di quelli che invocava a gran voce la mia colpevolezza e ammazzarlo può solo voler dire che in qualità di mastermind avrei messo a tacere chi mi dava addosso… respira Kyouko, respira. Rischi di esplodere.
Gli sguardi di Togami e Oogami, pur essendo fissi su di lei, non riuscivano a scuoterla. Era ancora in fase di recupero del proprio autocontrollo, compito più difficile di quanto potesse aver mai pronosticato.
Era la prima, davvero la prima volta che Kyouko Kirigiri si ritrovava a un passo dal precipizio. In passato le era capitato di darci uno sguardo distratto, senza però mai soffrirne la forza attrattiva. In quell’istante, invece, si sentiva in equilibrio a dir poco precario mentre il terreno sotto di lei cominciava pian piano a franare.
“Kirigiri? Sei ancora fra di noi?”. Stavolta la voce di Byakuya le fece riprendere piena coscienza del luogo in cui si trovava e della compagnia con cui era.
“Uh… sì, certo. Dove dovrei essere?” rispose un po’ incerta, tentando ancora di riguadagnare il pieno possesso di sé.
“Per qualche momento in un posto molto lontano da qui, direi”.
“Non essere irriverente, Togami” lo rimbeccò Sakura. La risposta dell’ereditiere fu il suo ormai usuale grugnito di disapprovazione.
I tre si guardarono sconcertati per un attimo. Era evidente che la realizzazione aveva colpito in egual misura tutte le loro teste come se fosse stata una pallina da baseball tirata a piena potenza.
“Ascoltate” esordì Kyouko con un tono… non sarebbe del tutto sbagliato definirlo supplichevole, tenendo presente da chi veniva “so cosa vi sta frullando in testa in questo momento: non è suonato l’annuncio di Monokuma, indi per cui il mastermind è qui davanti a noi e non ha la faccia tosta di chiedere un attimo di privacy perché deve andare al bagno. Capisco il motivo di un tale pensiero, lo capisco davvero… ma vi assicuro che è sbagliato. Totalmente sbagliato. Completamente sbagliato. Questa è una trappola ordita dal vero mastermind. Anche l’uccidere Kuwata… credete davvero che io mi comporterei in maniera tanto banale, fossi il burattinaio che muove le fila di questa follia?”.
“Potrebbe anche essere come dici, Kirigiri. E in effetti la tragica morte di Kuwata mi ricorda molto il caso di Celes, quando aveva scelto come teatro del suo omicidio la biblioteca per scaricare la colpa sul qui presente Togami. Ma è con cuore pesante che mi tocca dire: una coincidenza è tale, due cominciano a essere troppe. Perché converrai con me che il trovare il corpo senza vita di una delle persone che più vocalmente ti reputava il mastermind, assommato al mancato annuncio… insomma, ho la sensazione che tu stia per passare un gran brutto quarto d’ora” ribattè Sakura. Nei suoi occhi si potevano scorgere stati d’animo contrastanti, il voler credere a colei che considerava un’amica e l’evidenza dei fatti che gettavano pesantissime ombre su di lei.
“Sarò onesta, Oogami. Non sto per passare un gran brutto quarto d’ora, lo sto già passando. Prima d’ora non mi era mai capitato di assaporare così da vicino la paura e credo che basti guardarmi in faccia e sentirmi parlare per accorgersene. Sì, ho paura. E non paura di essere smascherata come la mano del ventriloquo che muove l’orso senza fili, ma paura di essere condannata a morte ingiustamente e lasciare tutti voi in balia di quel pazzo psicopatico”.
Ho anche paura perché non voglio macchiare il mio perfetto record, ma questo non diciamolo.
“Ti credi così insostituibile? Tutti sono importanti, nessuno è indispensabile”.
Uuuuuh. Non provocarmi quando sono così poco in possesso della mia proverbiale freddezza, Sakura. Potrei diventare antipatica.
“Mi spiace contraddirti ma sì, io mi sento indispensabile. Lo dimostra ampiamente il fatto che senza di me sareste tutti concime per i vermi, adesso”.
“Ah davvero? E di grazia, perché?”.
“Ti sfido a risalire all’assassina di Celes partendo da due strisciate di sangue del cavolo”.
“La tua deduzione è stata ammirevole, senza dubbio, ma…”.
“Ma niente! Ho salvato le chiappe di tutti voi là sotto! Era un caso di difficilissima risoluzione e me la sono cavata davvero niente male. E anche nel delitto di Fujisaki, se proprio vogliamo, alcuni di voi sarebbero rimasti al palo convinti di aver assistito alla scena di un suicidio se non fosse stato per me”.
Il suo passare da una voce timida a una autoritaria seminò una discreta dose di meraviglia negli altri due. Sakura fece pure un passo indietro, presa in contropiede dal cambio repentino.
No, non è glorificandoti e dando a loro degli imbecilli che ne esci.
“S-Scusate, ho esagerato. Ritiro le parti più altezzose del mio ultimo discorso. Coraggio, visto che non c’è stato l’usuale annuncio sarà il caso di andare ad avvisare gli altri”.
Attese una loro reazione, che almeno inizialmente non giunse. Poi Togami riacquistò il suo aplomb, non mancando di sistemarsi gli occhiali sul naso, ed esortò Oogami a fare come aveva suggerito Kirigiri.
“Il turno di guardia è ufficialmente il tuo, quindi ci penserai tu” fece la Super Artista Marziale superandolo e dirigendosi verso l’uscita.
Beh. Nel migliore dei casi le hai rovinato il buon umore, nel peggiore ti sei giocata una possibile alleata in fase processuale. Ottimo lavoro, mi merito proprio la medaglia di impiegata del mese.
L’operazione Raduna gli Altri Otto fu lunga e laboriosa, ma alla fine si riuscì nell’ardua impresa. Le reazioni coprirono un ampio spettro: si andò dall’orrore totale di Makoto, Asahina e Sayaka al quasi compiacimento di Mondo. Nelle fasi intermedie si inserirono via via tutti gli altri.
“AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH! OSSANTOCIELO, KUWATA!”. Non è che parlo di orrore totale senza motivo nel caso di Sayaka. Dovettero aiutarla a stare in piedi perché rischiava di svenire lì sul posto.
“Kirigiri-san” le bisbigliò Makoto nell’orecchio “perché non c’è stato l’annuncio? Eravate in tre, mi pare di aver capito”.
Beata innocenza la tua, Naegi. Beata.
Preferì evitare di rispondergli, facendogli capire con lo sguardo e un paio di gesti che non era il momento adatto con tutti che la osservavano. Anzi, già quello per alcuni era la conferma del mastermind che complottava con il suo Igor.
“Qualcuno leghi o comunque neutralizzi Kirigiri, abbiamo un’ispezione da portare a termine” disse soddisfatto Mondo.
“P-Perdonate se mi permetto” tentò di intromettersi Fukawa “ma il fatto che Monokuma non si sia presentato neanche in cartolina…”.
“Sì, vuol dire che Kirigiri è il mastermind e che non ha potuto salire nel suo luogo di depravazione per poterlo fare” completò il biker per lei.
Salvo stupirsì quando scosse la testa.
“N-No, intendevo dire… come gestiamo il processo?”.
La domanda gettò lo sconcerto fra i presenti.
“Chissenefrega! Voglio giustizia per Kuwata!” sbraitò Sayaka, incredibilmente ripresasi dal precedente mancamento.
“Ma Maizono, come…”.
“Al diavolo! Al diavolo tutto! Piuttosto la portiamo in palestra, in caffetteria, in salotto, in soffitta… dove vi pare! Basta che la giudichiamo e la impicchiamo, ‘sta puttana!”.
“Santo cielo, calmati! Qua nessuno impiccherà nessuno!” intervenne Ishimaru.
“Eh?”. “Ma io voglio il sangue!”. “Perché cambiare una formula collaudata?”.
Porca miseria, questo affare ci sta facendo perdere completamente la testa. A me in primis.
Il Super Prefetto sovrastò il brusio: “Adesso state zitti un secondo! ZITTI, HO DETTO! Ok, così ci capiamo. Allora, visto che il nostro preside continua a non dare segni di vita, temo ci tocchi organizzarci in maniera artigianale. Proporrei, una volta conclusa la fase investigativa, di spostarci tutti assieme in caffetteria. O alternativamente in palestra, è uguale. Proporrei anche di abolire l’esecuzione, è una pratica inumana e parlando a livello personale non sono disposto a scendere sotto una soglia minima di decenza. Il colpevole, chiunque esso o essa sia, verrà trattato in maniera civile e magari segregato in qualche sgabuzzino senza luce e col minimo indispensabile di aria, acqua e cibo. Qualcuno è in disaccordo con quanto ho detto?”. Lo scintillio sinistro dei suoi occhi tranciò ogni possibile obiezione.
“Molto bene, allora è deciso. Oowada, prendi Kirigiri. È sotto la tua custodia fino al momento del processo”.
Ah, sul serio? Vittima e carnefice assieme? Non ti facevo capace di senso dell’umorismo, Ishimaru.
Kyouko giurò di aver visto negli occhi di Mondo un piacere sadico quando la afferrò senza creanza per un braccio.
I loro sguardi si incrociarono.
“Avrò la tua testa, Kirigiri”.
“Dovranno passare mille anni prima che ciò possa accadere, Oowada”.
Questo è quanto si dissero semplicemente guardandosi fissi.

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Capitolo 8
*** Processo processino, vedi di non fare casino ***


“Bene signori, ora che tutti avete preso posto possiamo…”
“Impiccarla!”
“...iniziare il processo. Maizono-san, te lo chiedo per l’ultima volta: FA’. SILENZIO.”
Sayaka sbuffò e si zittì per l’ennesima volta, mentre Ishimaru per l’ennesima volta cercava di riacquistare il controllo di se stesso.
Dopo un’accesa discussione decisero di fare il processo in palestra: l’imputata Kyouko Kirigiri era seduta su una sedia posta sul palco, mentre il resto della classe era seduto a semicerchio sotto al palco; Ishimaru, da bravo Super Prefetto e mediatore improvvisato, era rimasto in piedi e si era posto vicino a Kirigiri.
“Dunque, dicevo” riprese, lanciando uno sguardo a Sayaka nel caso decidesse di nuovo di minacciare Kyouko “siamo qui per discutere del presunto omicidio di Leon Kuwata e…”
“Presunto? Abbiamo anche dei dubbi?”
“...Oogami, saresti così gentile da occupartene?”
Sakura non se lo fece ripetere e si sedette accanto a Maizono, intimandole il silenzio con la sua sola presenza - o tappandole la bocca con una mano, nel peggiore dei casi; Sayaka sembrò recepire, apparentemente.
“Grazie” sospirò Ishimaru, poi continuò: “Insomma, siamo qui per discutere il PRESUNTO OMICIDIO di Leon Kuwata” sottolineò “e discutere la possibilità che la qui presente Kyouko Kirigiri sia o no il mastermind. Detto ciò, diamo inizio al dibattito.”
“Che cosa c’è da discutere? È colpfjjgh!” Sayaka non finì la frase, perché Sakura la placcò al volo: “Perdonami Maizono, ma se continui a lanciare accuse senza riflettere non andremo da nessuna parte. E visto che ero presente al ritrovamento del cadavere, se non vi dispiace comincerò io.”
Nessuno ebbe da ridire, esclusa una debole e soffocata protesta di Sayaka, così proseguì: “Ho incontrato Togami e Kirigiri in giro per i corridoi e mi sono unita a loro in questa passeggiata tra le aule… ed è in quel frangente che abbiamo trovato il corpo di Kuwata nell’aula d’arte. Era riverso in una pozza di vomito in una posa strana, come avesse avuto delle convulsioni, e il colorito era cianotico.”
“Arma del delitto?” chiese Ishimaru.
“Nessuna” rispose Sakura, “e non abbiamo nemmeno notato ferite… anzi, di sangue non c’era proprio traccia.”
“E quindi come… come sarebbe morto?” balbettò Aoi.
“Beh…” sospirò Sakura, scambiando un’occhiata incerta con Togami “secondo Kirigiri potrebbe trattarsi di soffocamento, ma non ne era sicura…”
“Secondo Kirigiri?” intervenne Mondo. “Cioè, lei è sospettata di essere il mastermind e le avete lasciato maneggiare il cadavere di Kuwata?”
“Non l’ha toccato, ha solo espresso il suo parere da detective” fu la risposta glaciale di Togami. “Sarà anche indiziata, ma è libera di dire la sua. E fino a prova contraria è quella che tra noi si intende di più di casi di omicidio.”
“Certo, perché è lei la colpevole” borbottò Sayaka, e le discussioni ricominciarono.
“P-per favore, adesso basta!”
Makoto si decise a prendere parola, e si affrettò a continuare prima che riprendessero a urlare: “Non abbiamo alcuna prova per dire che sia Kirigiri l’assassina… anzi, da quello che Oogami ci ha raccontato e che abbiamo visto noi stessi, non abbiamo prove di nessun tipo!”
“Però il messaggio di Monokuma non c’è stato…” intervenne Fukawa, “significa che il mastermind non ha potuto far partire l’annuncio perché era tra di noi. E visto che Kirigiri è sorvegliata da due giorni…”
Tutti annuirono, convinti della solidità di quest’affermazione, ma Makoto non cedette: “Vero. Però se fosse lei il mastermind… non sarebbe stupido farsi trovare in presenza del cadavere? Ok, è stato casuale e in compagnia di altre persone… ma se davvero fosse lei avrebbe evitato di andare proprio nell’aula in cui aveva nascosto il corpo, non vi pare?”
“Oogami e Togami, come siete arrivati in quella stanza?” li interrogò Ishimaru.
“In che senso? Non credo di seguirti” chiese lei.
“Intendo, che tipo di percorso avete compiuto?”.
“Continuo a non capire dove vuoi arrivare, ma se ci tieni… data la particolare situazione di Kirigiri, era lei a dettare il ritmo della passeggiata. Abbiamo girato pressapoco come trottole impazzite, senza uno straccio di meta. Quindi, per rispondere alla tua domanda, mi sento di poter dire che è stato totalmente casuale. Per quanto concerne il prima dovete chiedere a Togami”.
“Kerumph” fece l’interpellato, aspettandosi di dover essere il prossimo a parlare “Stessa cosa anche prima dell’arrivo di Oogami. Kirigiri ha girato in tondo, è salita dal primo piano al secondo al terzo e poi di nuovo al secondo senza soluzione di continuità alcuna. Ho interpretato questo suo muoversi a casaccio come un modo per rimediare alla carenza di giri notturni che da qualche giorno non si può più permettere”.
Ishimaru, che per qualche miracolo strano si era autonominato moderatore riuscendo ad averne l’autorità, pontificò: “Uhm. Apparentemente non è stato voluto, quindi”.
“Cosa le può aver impedito di trascinare ‘sti due su e giù per l’accademia solo per sviare i sospetti?” si alzò potente la voce di Mondo, che chiaramente aveva tutto l’interesse a far sì che i giurati si pronunciassero a sfavore dell’imputata.
“In effetti nulla, no”.
“Io non ne sono troppo sicuro…”.
“Ma finiamola! È evidente che cercava di guadagnare tempo per chissà quale diavolo di motivo!”.
Una massa di opinioni contrastanti andò formandosi, venendo però presto sbrogliata da Byakuya che si impose in pieno Togami Style™ e disse: “Vorrei far presente una cosa che ritengo piuttosto importante: la scelta della vittima. Perché una Kirigiri mastermind avrebbe ucciso Kuwata?”.
L’assemblea osservò un istante di silenzio per compiangere il perduto intelletto del biondo erede.
“Togami, ti sei rincretinito o cosa? È chiaro che ha voluto zittire una delle voci più potenti che le remavano contro” affermò Hagakure, riuscendo persino a suonare scandalizzato dall’ovvietà di quanto appena detto.
“Innanzitutto osa ancora dire che mi sono rincretinito e non potrai più usare i rasta per i tuoi giochetti erotici. In secondo luogo spero che ora vediate dove volevo realmente andare a parare. Se persino questo ritardato lo capisce… credete davvero che una persona astuta come Kirigiri si sarebbe prestata a una simile scemenza? Inoltre, a quel punto tanto valeva ammazzare direttamente Oowada, visto che Kuwata gli fungeva solo da secondo. Volete sapere la mia? Se io fossi il mastermind e mi trovassi nella sua stessa identica situazione, il cadavere di cui staremmo discutendo in questo momento sarebbe quello di Naegi”.
“Eh? Perché proprio io?” pigolò Makoto, non esattamente contento di sentirsi citare in tale frangente.
“Semplice: sei il suo più accorato difensore. Ora, visto che il mastermind non è il tipo da farsi scrupoli di sorta, quale modo migliore di scagionarsi? Ammazzi il tuo seguace più fedele proprio per far intendere che non sei tu. E io da Kirigiri non mi aspetto niente di meno, non di certo una mossa tanto puerile”.
Makoto lanciò uno sguardo verso Kyouko, vedendola al solito impassibile. Ma dopo aver scambiato due velocissime chiacchiere con Togami durante il tragitto sapeva che il suo equilibrio psicologico, in condizioni normali in grado di sopportare l’impatto con una nave spaccaghiaccio, era a dir poco precario.
Come al solito è brava a non far trasparire nulla, ma io credo che questa uscita di Togami-san l’abbia almeno un pochino tranquillizzata.
“Qua non siamo tutti genialoidi come te e quella sporca assassina, sai. Ci scuserai se non siamo in grado di escogitare piani tanto complessi” ribatté Mondo.
“Al contrario, gorilla analfabeta. Al contrario. Il mastermind, il cui QI sopravanza il vostro di parecchie decine, è dovuto scendere al livello di questi babbuini perché in questo momento pare abbia bisogno della loro approvazione. Anzi, non capisco perché non l’abbia strangolata personalmente se, come sembra, la odia così tanto…”.
“Per me Togami ha ragione, Kirigiri non è stupida”.
“Ma va là! Ha solo fatto fuori chi le dava fastidio!”.
“Impicchiamola!”.
“E piantala, Maizono. Hai anche rotto le palle”.
Di nuovo confusione.
La situazione è delicata. Non disperata, perché come non ci sono elementi a favore di Kirigiri-san non ce ne sono a suo carico. Ma comunque delicata, e probabilmente basta mettere un piede nel posto sbagliato per cominciare ad affondare nelle sabbie mobili.
Makoto si asciugò la fronte. Stava sudando copiosamente.
Neanche nel processo per la morte di Celes, in cui erano arrivati a tanto così dall’essere tutti sommariamente giustiziati, si era trovato in un simile tourbillon emotivo.
“Posso avanzare una richiesta?” si trovò a dire inconsciamente.
“Prego Naegi, parla pure” rispose Ishimaru.
“Ecco, secondo te sarebbe eccessivo se… se Kirigiri-san potesse difendersi?”.
La sua domanda scatenò l’equivalente di sei bombe H.
“Quella puttana deve solo finire sul patibolo!”. “Ma stiamo scherzando o cosa?”. “Fuori discussione”.
“Ishimaru-san, io credo che le sia dovuto. Se davvero vogliamo avere un processo degno di questo nome, e non le crudeli imitazioni imposteci da Monokuma… ne ha pieno diritto” insistette Makoto.
Tutti gli occhi si puntarono sul prefetto.
Dopo pochi secondi giunse la sua sentenza: “Penso tu abbia ragione, Naegi. E prima di lasciarla parlare: NESSUNA. DISCUSSIONE. Sono stato sufficientemente esplicito?”.
Non ci fu un’anima intrepida che ebbe il coraggio di contraddirlo.

“Prego Kirigiri, a te la parola.”
Kyouko inspirò, incerta su cosa dire: non che avesse timore di affrontare i suoi accusatori, ma la infastidiva l’idea di provare a difendersi e al contempo cercare di sovrastare la voce di Sayaka; una rapida occhiata verso la ragazza le confermò che la Super Idol sembrava avere tutte le intenzioni di metterle i bastoni tra le ruote.
Non importa, si disse. Un’occasione così non la spreco di certo.
Si alzò cautamente e avanzò di un paio di passi, poi parlò: “Vi ringrazio intanto di avermi concesso almeno il diritto di difendermi. Detto ciò, ricollegandomi al discorso di Togami… come lui ha detto, uccidere il mio più accanito sostenitore per allontanare da me i sospetti sarebbe la mossa migliore” disse, lanciando uno sguardo di fuoco a Mondo; non osò dire nulla, la situazione era troppo delicata, ma l’espressione del biker le confermò che aveva recepito il messaggio - e non l’aveva gradito.
“Certo, capisco che sia logico pensare che volessi solo sbarazzarmi di qualcuno che mi accusava a gran voce… ma non è così, e vi basterà rifletterci su per giungere anche voi a questa conclusione.” disse, facendo un attimo di pausa e osservando le reazioni dei presenti. Decise quindi di premere un po’ sull’accelleratore: “Inoltre, come Naegi ha detto non ci sono prove di nessun tipo: né a mio favore, né a mio sfavore… niente di niente. Sappiamo solo che Leon è morto soffocato.”
“Quindi l’hai strangolato!” urlò Hagakure, puntandole il dito contro; il resto della classe si limitò a sollevare gli occhi al cielo, era un soggetto senza speranza.
“No, come ho già detto non ci sono prove, compresi segni di strangolamento” rispose Kyouko, pacata “l’avete potuto constatare voi stessi. Gli indizi che abbiamo al momento sono il vomito, il colorito cianotico e la strana posizione degli arti.”
“Quando l’abbiamo trovato hai detto che si trattava di soffocamento, ma non sei scesa nei dettagli” chiese Sakura, e Kyouko annuì: “Non che abbia avuto modo di farlo, non avendo potuto toccare il cadavere… comunque sì, alle volte il soffocamento può essere causato dal vomito. Tuttavia…” si zittì, portando la mano al mento con fare pensieroso.
“Cosa? Guarda che non abbiamo tutta la giornata” ringhiò Sayaka, ma Ishimaru bloccò la sua rabbia sul nascere: “Maizono, ti ho già ripresa più volte. Kirigiri, saresti così gentile da rendere partecipi anche noi?”
“Stavo ragionando sul soffocamento” rispose lei, “e sulla strana posizione degli arti. Sembrava quasi avesse avuto le convulsioni prima di morire… ma il soffocamento da vomito non causa convulsioni.”
“E allora come le spieghi?” incalzò il Super Prefetto, e Kyouko si rese conto di trovarsi ancora una volta in difficoltà: le cause potevano essere tante e lei non aveva nessun indizio ad indicarle la strada giusta.
“Non… non saprei” balbettò, “le cause sono molteplici e…”
“Oh andiamo!” si lagnò Hagakure, “Ti decidi a dichiararti colpevole, che ho fame?”
Mentre tutti lanciavano epiteti al Super Indovino e al suo pessimo tempismo, Kyouko sgranò gli occhi.
Forse per una volta hai detto una cosa intelligente, Hagakure.
“Kuwata aveva mangiato qualcosa?”
Tutti si voltarono verso la detective, perplessi.
“Prego?” chiese Ishimaru, esternando i dubbi di tutti.
“Ho detto: Kuwata aveva mangiato qualcosa ieri, durante il turno di notte alla mia porta?”
“Personalmente non saprei” rispose il prefetto “ma perché questa domanda?”
“Nessuno lo sa?” incalzò lei, ricevendo solo risposte negative. Si voltò verso Mondo, notando il sorrisetto smargiasso.
Tu sai, ma non parlerai. E va bene, fa lo stesso.
“Esistono alcuni veleni che causano convulsioni, tra gli altri sintomi” riprese Kyouko, “come ad esempio il pesce palla. Per questo ho chiesto se avesse mangiato qualcosa: l’avvelenamento da fugu spiegherebbe il soffocamento, il vomito e le convulsioni.”
“Scusa se mi permetto, Kirigiri” intervenne Sakura “ma credo che chiunque qui conosca gli effetti del pesce palla, se tagliato male… non credo sarebbe stato così stupido da tagliarlo da solo.”
“Io non sapevo nemmeno avessimo del fugu…” commentò Hagakure, inutilmente.
“Penso anche io che non l’avrebbe mai ingerito volutamente” confermò Kyouko, “infatti credo l’abbia mangiato senza saperlo.”
“Staresti suggerendo… un avvelenamento?”.
“Se questa mia teoria è giusta sì, Leon Kuwata è stato avvelenato. Purtroppo, non potendo studiare più da vicino il cadavere, non lo posso dire con certezza”.
“Per forza che lo sai, sei stata tu!”.
“Ma ti pare che sarebbe così poco specifica se davvero fosse lei?”.
“Taci, cretina!”.
“Vuoi un pugno per caso?”.
Oh maledizione, voi bertucce riuscite a stare un po’ tranquille per più di trenta secondi consecutivi? Se mi facessi infettare dalla vostra sindrome io, che sono sotto accusa di omicidio e di essere il mastermind, starei prendendo a testate il muro.
Kyouko scelse di ignorare i più scalmanati dei suoi compagni, dedicando invece la propria attenzione a quelli che riuscivano a mantenere la testa sulle spalle. Quindi praticamente i soli Naegi, Togami, Oowada e Oogami. Ishimaru si era clamorosamente guadagnato l’accesso all’esclusivo club, ma si era anche assunto il compito di tenere al minimo il berciare e ciò assorbiva tutte le sue energie.
“Stiamo girando in tondo” sbuffò Makoto, un poco frustrato dall’evolversi del dibattito “Per ogni cosa a vantaggio di uno dei due schieramenti, subentra immancabilmente qualcosa che lo controbilancia e ci riporta al punto di partenza. Proviamo a riepilogare quel che sappiamo”.
“Onestamente non capisco la tua perplessità, Naegi. Dovrebbe essere facile inchiodare la nostra cara mastermind con tutto quello che abbiamo in mano…” sentenziò Mondo con estrema nonchalance.
“Se parli di prove, Oowada, non ce n’è una e dico una a sancire senza appello la colpevolezza di Kirigiri” si intromise Togami “Il mastermind è fra di noi: ebbene, questo non significa che sia lei. Alla signorina piaceva girovagare in segreto per l’accademia finché ne era in grado: non nego che possa dare da pensare, ma non è automatico che lo facesse per andare a manovrare Monokuma. Non è scattato l’annuncio al ritrovamento di Kuwata e lei era sorvegliata: pure questo può apparire sospetto, è vero, ma cosa ci dice che non possa essere una trappola del reale mastermind per metterla ancora più alle strette?”.
“Quindi vuoi farmi capire che tutta la montagna di pesanti indizi che le penzola dalle spalle non ti convince a sufficienza?”.
“Direi di no. Se partiamo dal presupposto che il mastermind, chiunque esso o essa sia, possegga una notevole intelligenza -e ti dirò, tutto questo teatro degli omicidi non fa che confermarmelo- non possiamo escludere che gli ultimi avvenimenti costituiscano una gigantesca tagliola atta a segare le gambe del suo principale ostacolo. Perché, devo essere sincero, se il mastermind è lei non capisco per quale motivo sia arrivata ad arrampicarsi sugli specchi pur di risolvere l’omicidio di Celes. Mi sfugge proprio”.
“Mi trovo totalmente d’accordo con Togami-san. Capisco i dubbi nei suoi confronti, ma un conto è essere dubbiosi e un conto è tuffarsi a testa bassa contro di lei come fa un toro durante una corrida” venne a suo rinforzo Makoto.
“Io… ammetto che il suo atteggiamento mi ha messo una pulce nell’orecchio, ma quanto dicono Togami e Naegi è indiscutibilmente valido. Non voglio condannare una persona se non abbiamo la matematica certezza di aver trovato chi cerchiamo” fu la chiusa di Sakura.
Non… non credevo che avrei avuto tanto supporto. Cioè, da Naegi me lo potevo anche aspettare… ma Oogami e soprattutto Togami mi hanno… sì, mi hanno stupita.
“Se voleste smetterla di urlare” si affannò il povero Ishimaru, che era pure stato costretto a scendere in mezzo alla bolgia “potremmo… smettetela! O porca miseria, la volete smettere o no?! Siamo in un’aula di tribunale, per quanto improvvisata, o in un pollaio? E PIANTATELA, CAZZO!”.
Sentire il Super Prefetto ricorrere al turpiloquio fu troppo per quasi tutti, che si azzittirono senza un ulteriore fiato.
“Grazie, vi ringrazio dal profondo del cuore per avermi fatto dire una parolaccia. Grazie sul serio. Va bene” proseguì tornando al suo posto a fianco di Kyouko “mentre io cercavo di tenere a bada gli animali idrofobi, voi membri sani della classe avete fatto qualche passo in avanti?”.
“Non direi” disse Mondo, aria sconsolata e ciuffo abbassato come la coda di un cane triste “questi testoni si rifiutano di collegare i puntini”.
“Perché non c’è nessun puntino da collegare, Oowada-san. Solo congetture e mezze linee sghembe, non abbastanza per appiccicare sulla giacca di Kirigiri-san una targhetta con su scritto Ciao, io sono il mastermind. Ti rendi conto o no che significherebbe appiopparle la responsabilità delle sei persone morte finora, delle notti insonni, dei pianti disperati, di tutto quanto? Tu te la senti davvero di farlo su basi così poco solide?”.
“A me non sembrano per nulla deboli” ribatté il motociclista, “anzi al momento direi che l’ago della bilancia pende molto a suo sfavore. E non sono l’unico a pensarla in questo modo.”
Diversi cenni d’assenso arrivarono dal resto della classe che finalmente aveva deciso di calmarsi, con somma gioia di Ishimaru.
“Io direi che le prove contro di lei ci sono, e pure tante” intervenne Sayaka, momentaneamente libera dal controllo di Ishimaru e Sakura, “quindi non capisco cosa aspettiamo a metterle un cappio attorno al collo!”
“Maizono, ora basta. Capisco che tu sia sconvolta dalla perdita di Kuwata, ma lasciarti accecare dall’odio in questo modo non porterà a nulla” proruppe Sakura, ormai stanca e provata sia dalla situazione alla Kibougamine sia dagli attacchi isterici di Sayaka.
“Oogami ha ragione, Maizono-san” si intromise Makoto, nella speranza di calmare la ragazza “troveremo il vero colpevole, ma non devi lasciarti andare alla disperazione.”
La Super Idol non rispose, ma si limitò a sedersi sulla sua sedia e rimanere in silenzio, continuando a fissare Kyouko con sguardi poco amichevoli.
Proprio pensi sia stata io, eh? A questo punto scommetto mi faresti fuori anche se ci fossero prove della mia innocenza, solo per principio.
Scacciò dalla mente quel pensiero così poco “da Kirigiri”, e prese parola: “Se possiamo continuare… direi che sarebbe utile ricostruire i movimenti di ieri sera di Kuwata, e appurare se ha effettivamente mangiato qualcosa che possa averne causato la morte.”
“Di sicuro a cena ha mangiato! Ce lo siamo proprio litigata, quell’ultima okonomiyaki!” fu il vitale contributo di Hagakure, a cui Aoi rispose: “Ma su quella decisamente non c’era fugu…”
Venne fatto un elenco di piatti e spuntini, e all’apparenza nulla conteneva pesce palla o altro che potesse causare avvelenamento, aumentando lo sconforto tra i presenti.
“Ora che ci penso… ha fatto uno spuntino notturno.”
Tutti i presenti si voltarono verso Mondo, che sorrideva.
“E ce lo dici solo adesso, Oowada?”
“Potevi svegliarti prima!”
“Scusate, mi era del tutto passato di mente” rispose, pacato. “Ieri notte sono andato in cucina perché avevo un leggero languorino, e visto che Kuwata doveva star sveglio a sorvegliare Kirigiri ho pensato di portargli un paio dei miei onigiri.”
“E cosa c’era in quegli onigiri, te lo ricordi?” lo incalzò Ishimaru.
Mondo sorrise: “Fugu.”
A quell’affermazione i presenti sbiancarono.
Non posso crederci.
“Quindi finalmente lo stai ammettendo, Oowada.”
“Sì, ormai mi sono stancato di questa sceneggiata.”
“A-aspetta un secondo! Perché hai avvelenato Kuwata?!” urlò ingenuamente Ishimaru.
Mondo, di nuovo, sorrise: “Perché Kirigiri e Togami avevano ragione: uccidere il tuo più accanito sostenitore è un ottimo modo per sviare da te i sospetti.”
Detto questo, tirò fuori da sotto la giacca una pistola.
“Adesso basta.”
E iniziò a sparare a caso sui presenti. Fu immensamente contento quando un colpo prese in fronte Sayaka.
“Ooh, la punizione che ti meritavi per aver scassato i coglioni tutto ‘sto tempo col tuo boyfriend sfigato”.

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Capitolo 9
*** Gran finale accompagnato da un buon bicchiere di Chianti ***


Makoto Naegi non poteva credere a quanto era successo negli ultimi quattro minuti.
Urla, schizzi di sangue, corpi che cadevano con tonfi sordi per terra.
L’isteria più totale. A partire da Oowada-san che con un sorriso ha tirato fuori una pistola da chissà dove e si è messo a sparare senza cognizione di causa, falciando per prima la povera Maizono-san.
“Ooh, la punizione che ti meritavi per aver scassato i coglioni tutto ‘sto tempo col tuo boyfriend sfigato”.
Il secondo, almeno a quel poco che ricordava di quei concitati attimi, è stato Ishimaru-san. Preso in pieno petto mentre stava scendendo dal palchetto.
E la terza… Kirigiri-san.
Per fortuna lei non mortalmente. Un proiettile nella spalla sinistra.
Se lo ricordò, nel caso ce ne fosse stato bisogno, quando lei perse l’equilibrio e toccò a lui sorreggerla.
Stavano fuggendo assieme, allontanandosi più che potevano da quel pazzo squilibrato di Mondo.
Non sapeva dire se e chi altri era caduto sotto il suo piombo. Pregò ardentemente che il bilancio si limitasse a Maizono e Ishimaru, ma non ci contava poi troppo.
“Fa male, Kirigiri-san?” le chiese gentile mentre salivano le scale verso il secondo piano.
“No guarda *khh*, nulla di serio”. Il solo verso di dolore rispondeva ampiamente alla sua stupida domanda.
Bravo Makoto, ma pensa a sostituire Hagakure e la sua arguzia solo se lui è morto là. Speriamo di no.
“Non… non riesco a crederci…”.
“Credici *khh*. Oowada si dev’essere… stancato della sceneggiata… e *khh* ha voluto metterci la parola fine. Maledizione, sto perdendo troppo sangue…”.
“Perché hai voluto che salissimo? Non sarebbe stato meglio andare verso l’infermeria, così almeno potevamo rattopparti?”.
“N-No, se lo aspettava sicuramente *khh*... anzi, non mi stupirebbe scoprire che con me abbia volontariamente mirato *khh* a una zona non vitale…”.
“Stai dicendo sul serio? Perché avrebbe fatto una cosa simile?”.
“Ho la faccia di una che scherza? Per rispondere... all’altra tua domanda: sveglia Naegi, quella che... sta sanguinando *khh* sono io. Mi sembrava evidente… che ce l’avesse in special modo con me… anche se non ti saprei spiegare il perché”.
“Cavolo però, pesi…”.
“... tu devi sperare che io muoia a breve, perché altrimenti questa… te la *khh* faccio pagare…”.
“Dai, scherzavo. Era per stemperare”.
“Ti stempero la faccia”.
Accidenti. Per essere una con una spalla fuori uso ha ancora un sacco di energie.
Erano appena arrivati in cima alla rampa di scale che conduceva al secondo piano quando…
“Toh, ma guarda chi c’è. I piccioncini. Di’ un po’ Kirigiri, la tua spalla? Tutto bene? Serve una garzina disinfettante, per caso?”.
“Oowada-san…” disse tremando Makoto. Fece uno sforzo per non voltarsi, tanto se voleva sparargli… nella schiena o nella pancia poco cambiava.
“Ti starai chiedendo perché non ti ho ancora mandato a fare compagnia alla gallina Maizono e al rigido Ishimaru, oltre ad eventuali altre comparse che potrei aver ammazzato là. È il tuo giorno fortunato, Naegi. Ho finito i colpi”.
“Wow. Perché non ho giocato alla lotteria allora…”.
“Fai poco il sarcastico, sacchetto di merda! Ci metto un secondo a spedirti all’altro mondo!”.
Mentre parlavano, Makoto percepì chiaramente che l’altro si stava avvicinando.
Decise di voltarsi. Se gli toccava, voleva vedere il proprio assassino negli occhi.
“Urca, so di essere bello. Però non merito tutta questa attenzione”.
“Eh? Cosa intendi?”.
“Non ti chiedi perché la tua compagnuccia di giochi non sta più dando segni di vita?”.
… non devi neanche scherzare su una cosa del genere, stronzo maledetto.
Piano, piano, troppo piano… Makoto si girò alla sua sinistra.
Kyouko aveva gli occhi chiusi, la pelle ancora più diafana e si faceva molta fatica a sentire il ritmico rumore del suo respiro nonostante la distanza fosse minima.
“K-Kirigiri… Kirigiri sveglia!” balbettò, il cuore che cominciò a battere all’impazzata. “Kirigiri non morire!”
“Oh, ma come sei carino… e stucchevole” commentò Mondo, mettendo un dito in bocca e mimando il gesto di vomitare “mi state facendo venire la nausea.”
“O-Oowada-san… perché questo?! Che ti abbiamo fatto di male?!”
A quella frase, Makoto vide chiaramente il volto del biker tendersi in una smorfia nervosa.

“Perché questo, mi chiedi… che domanda del cazzo.”
Come osava quel nano chiedere una cosa del genere? Aveva davvero rimosso tutto? O semplicemente aveva bollato la cosa come irrilevante e continuato felice con la sua vita?
“Tu proprio non ricordi, eh?”
Vide Naegi fare un passo indietro, prima di parlare: “N-nessuno di noi ricordava nulla, quando ci siamo svegliati qui…”
“Ah, già. Il Roipnol ha questo effetto collaterale…” sbuffò Mondo. “Volevo solo che dimenticaste le ore precedenti al rapimento, non tutto quanto… oh beh, ormai è andata.”
Salì i gradini che mancavano per raggiungere il pianerottolo del secondo piano, superando Naegi e la moribonda Kirigiri, poi si voltò a guardarli.
“Vedi, se ho organizzato tutto questo è perché dovete pagare per ciò che avete fatto. Mi avete portato via la cosa più importante che avevo… e quindi io mi porterò via le vostre vite, come ho fatto con tutti gli altri.”
“T-ti prego Oowada, Kirigiri sta…”
“...per morire? È esattamente quello che voglio, non mi stavi ascoltando? Ma sta tranquillo nano, tra non molto la raggiungerai anche tu.”
“Ma guardalo come trema, il ragazzino… fa quasi tenerezza.”
“Uno spettacolo magnifico, non trovi fratello?”
“...Oowada-san? Con chi stai parlando?”

Che diamine sta succedendo?
La situazione stava diventando sempre più assurda: non solo Mondo Oowada aveva rivelato di essere il mastermind iniziando a sparare su tutti… ma adesso stava persino parlando da solo.
Ha detto fratello…? Ora che ci penso, ricordo che Oowada-san aveva un fratello maggiore… ragionò Makoto, e finalmente qualche ricordo cominciò a riaffiorare, anche se non abbastanza da consentirgli di capire le azioni del ragazzo.
“Stai parlando… stai parlando di Daiya… si chiamava così tuo fratello, no?”.
“No, non sto parlando di Daiya. Sto parlando con Daiya. Non lo vedi, in tutta la sua scultorea bellezza, qui al mio fianco?”.
“Oh Mondo-chan, non adularmi”.
“Brutto bastardo, sono dieci anni che non hai il permesso di chiamarmi in quel modo!” sbraitò Mondo parlando verso l’aria. Senza accorgersi di un Naegi che lo guardava a dir poco sbalordito.
“Oowada-san, non c’è nessuno vicino a te!”.
“Naegi, sei un pallista. Poi ti si allunga il naso e ti si accorcia il pisello se non la smetti di raccontare fregnacce”.
“Eddai Mondo-chan, non trattarlo male. Se si piscia addosso? Tocca a te pulire per terra”.
“L’hai voluto tu, stronzo a forma di fratello maggiore!”. E si scagliò verso qualcosa che non esisteva, prendendo a pugni qualcuno che solo nella sua testa scansava i suoi ganci e i suoi diretti ridendo.
“Sei rimasto una sega al cubo, fratellino. Spero non ti scocci se piroetto con le mani in tasca mentre tu ti rendi ridicolo di fronte al ragazzetto”.
So di star per morire, lo so. Eppure non riesco a capacitarmi di quando mi si sta disegnando davanti. È veramente troppo ridicolo, impossibile, grottesco.
“Puah” commentò il Super Biker, disgustato con se stesso per non riuscire neanche a fare una piccola carezzina a quella merda di suo fratello “non posso credere di non riuscire a beccarti una volta neanche da morto”.
“Scarso sei e scarso rimani, cocchino”.
“Vaffanculo, eh”.
“Gnè gnè. Piuttosto, perché non rientri nei binari della normalità e, come ogni buon cattivone stereotipato, non racconti ai nostri due ospiti il motivo che ti ha spinto a mettere in piedi questa complessa scenata?”.
“Due? Io vedo solo N… aaaaaaaah, ma non ti facevo così tenero se consideri Kirigiri ancora fra di noi. Beh, ci metto tanto poco a rimediare”.
… cosa? Non ti azzardare.
Lui si azzardò eccome.
Coprì in pochi passi la breve distanza che lo separava da Makoto e dalla sua compagna, provvide a sbattere lui al muro con una violenta manata e sollevò il corpo della sfortunata Kyouko che era caduta per terra. Per il collo, con entrambe le mani.
“Sveglia Kirigiri, sveglia. So che sei ancora lì da qualche parte. Non ho intenzione di ripetere il discorso due volte, quindi vedi di essere attiva e vigile”.
Non posso lasciargli fare quel che vuole, cazzo! Non posso! NON POSSO!
Stava per alzarsi quando l’altro, sempre stringendo l’altra sua preda, con uno scatto degno di un fulmine lo schiacciò a terra con un piede sul petto.
“E invece puoi. No, tranquillo, non so leggere nella mente. Ma sono sicuro che stavi pensando a qualcosa che iniziava per non posso e ti ho appena dimostrato che, appunto, puoi. Che sia startene buono, ascoltare quel che ho da dire o vedere la ragazza morire davanti ai tuoi occhi”.
Si sentirono due o tre colpi di tosse.
“Ecco la protagonista femminile che ritorna in scena poco prima della dipartita finale. Come va? Riposato comoda?”.
“... sei… sei… veramente... “.
“Sì sì, sono sporco e malvagio. Non mi dici nulla di nuovo. Ho una domanda per te, Kirigiri, e vorrei che rispondessi al meglio delle tue possibilità”.
“...”.
“...”.
“Visto che hai dato prova di avere anche un buon bagaglio medico… quanti minuti di vita ti dai, in questa situazione?”.
Avanti Makoto, se sei un uomo fai qualcosa! Anche solo immolarti al posto suo, se proprio non riesci a combinare nulla di meglio!
“Devo… devo…”.
THUMP.
“... star zitto, Naegi. Sto parlando con la signora. Dunque Kirigiri, la tua stima?”.
“Con il sangue... che ho perso… e le tue mani… attorno… al mio… mio collo… al massimo… uno o due minuti…”.
“Risposta sbagliata”.
Makoto credette di avere un infarto quando sentì un CRACK.
N-no nonononono Kirigiri no!
Cercò di liberarsi dal piede di Oowada che lo teneva ancorato al terreno, ma senza riuscirci: potè solo vedere il corpo senza vita di Kyouko cadere con un tonfo sordo, e sentirlo rotolare lungo i gradini. Nessun gemito, nessun lamento di dolore.
Kyouko Kirigiri era morta per mano di Mondo Oowada. Letteralmente.
Rimase inerme sotto il piede di Oowada, impossibilitato a fare qualunque cosa… e in tutta onestà, non sapeva nemmeno COSA poteva fare: Kirigiri era morta, Maizono e Ishimaru anche, e gli altri probabilmente avrebbero seguito la stessa sorte di lì a poco; forse anche lui non sarebbe riuscito ad uscirne vivo, e le possibilità che avvenisse un qualunque colpo di fortuna erano praticamente inesistenti.
Poi Oowada tolse il piede dal suo petto e finalmente ricominciò a respirare… ma quella piacevole sensazione non durò che un secondo, perché poco dopo si sentì sollevare per il colletto della giacca.
“Ora veniamo a te, nano.”
Mondo lo sbattè contro il muro con forza, costringendolo a sedere su uno degli scalini: “Sai quando eravamo in sala ricreazione e ti ho promesso che te l’avrei fatta pagare? Ecco, è arrivato il momento.”
Naegi chiuse gli occhi, certo che probabilmente Oowada l’avrebbe pestato a sangue fino ad ucciderlo, ma il il pugno non arrivò: “Oh, il fratellone ha ragione. Non puoi crepare senza sapere il perché.”
Riaprì gli occhi, lentamente.
“Tu e Kirigiri, e tutti gli altri… avete ucciso mio fratello.”
...cosa?
“O-Owada-san che… che stai dicendo?”
“Se non fosse stato per voi Daiya sarebbe ancora vivo!” tuonò Mondo, afferrandolo di nuovo per il colletto e sbattendolo contro il muro; la botta alla testa fu tale che per un secondo Makoto non vide nulla a parte puntini bianchi.
“Ti ricordi il festival scolastico di quattro mesi fa? Ti ricordi quel cazzo di maid cafè che volevate mettere in piedi tu e il resto della classe?!”
I-il festival… sì, ricordo qualcosa di simile…
Poco a poco delle immagini cominciarono ad affiorare: ricordava il festival scolastico che si svolgeva annualmente alla Kibougamine, e che ogni classe doveva proporre un’attività; la classe 78 aveva proposto di organizzare un maid cafè e che spesso rimanevano a scuola a parlarne e lavorare fino a tardi. Ricordò anche che, in uno di quei giorni, Mondo aveva detto che sarebbe andato via prima.
“T-tu… tu dicevi che avevi un impegno inderogabile…” balbettò, cercando di mettere a fuoco i ricordi di quel momento.
“Esatto. E ti ricordi cosa mi avete risposto, tu e Kirigiri?”
“N-noi…”
...
“Rimani ancora un po’, Oowada-san! Non ti tratterremo ancora a lungo!”. “Mancano poche cose da decidere, dai.”
Sgranò gli occhi quando ricordò quella frase, e tutto quello che seguì.
“Ora ricordi, nano?”
Makoto annuì, tremando. Mondò strinse le dita attorno al colletto del ragazzo: “Quel giorno la mia gang aveva organizzato il passaggio di testimone tra me e mio fratello. Sarei diventato il leader dei Crazy Diamond! Era un giorno importante! E voi avete rovinato tutto!”
“N-noi non…”
“Cosa? Voi non volevate farmi rimanere più del dovuto? Non volevate farmi tardare e avvisare Daiya che avrei fatto tardi alla cerimonia? Non volevate fare in modo che mio fratello venisse a prendermi a scuola… e morisse in un incidente stradale?!”
Mondo era ormai fuori di sé: il suo viso era bagnato dalle lacrime, ma la sua espressione non era di tristezza… quello che Makoto riusciva a scorgervi era solo odio e desiderio di vendetta.
“Sai, il conducente del tir che l’ha falciato dice che non l’aveva visto” continuò, “che era apparso all’improvviso e che non aveva fatto in tempo a frenare” disse, rimanendo in silenzio per qualche istante. Poi: “È morto sul colpo, preso in pieno dal tir. Nemmeno la moto è rimasta intatta.”
Makoto non sapeva cosa dire: ricordava tutto adesso, compresa la telefonata che Mondo ricevette verso le sette di sera mentre erano ancora in aula; ricordò persino il funerale e i Crazy Diamond al completo, venuti a rendere omaggio al loro defunto leader. Ricordò con orrore anche il lento isolarsi di Mondo, fino a diventare quasi un fantasma in classe.
“Se non fosse stato per quel festival del cazzo… se tu e quella puttana di Kirigiri non aveste insistito per farmi rimanere…” disse Mondo “Daiya sarebbe ancora vivo.”
“C-come puoi incolpare noi?” azzardò Makoto, “Non eravamo noi alla guida del tir… non potevamo sapere che-”
“STAI ZITTO!” urlò Oowada, e Makoto chiuse di nuovo gli occhi temendo qualche tipo di ritorsione… che non avvenne: invece, Mondo lasciò la presa e si sedette davanti a lui sullo scalino. Aveva l’aria stanca, come… come se avesse un peso enorme da togliersi di dosso.
“Quattro mesi… quattro mesi ci ho messo per organizzare tutto questo” disse, allargando le braccia. “Fingere di riprendermi e tornare socievole… imparare abbastanza sui computer da capire come hackerare il sistema di sorveglianza della scuola… costruire un robot come Monokuma facendomi aiutare da Fujisaki. Povera, lei non aveva capito niente delle mie reali intenzioni” rise, “era solo felice di vedermi di nuovo attivo e partecipe.”
Makoto decise che, a quel punto, tanto valeva azzardare ancora per saperne di più: “C-come hai fatto a rinchiuderci qui?”
“Oh, quello è stato pure troppo semplice” ammise Mondo, “La Golden Week capitava proprio a fagiolo: è bastato organizzare una serata in caffetteria e servire bibite corrette al Roipnol. E se ti chiedi come l’ho avuto… far parte di una gang di motociclisti ti apre le porte più disparate.”
Non posso crederci… è tutto talmente assurdo…
“Ma… perché tutti gli altri? Se ce l’avevi con me e Kirigiri, perché uccidere anche loro?”
“Perché tutti dovevano pagare” rispose Mondo, “voi avete insistito, ma loro non hanno fatto nulla per dissuadermi.”
È pazzo, è completamente pazzo pensò, mentre osservava Mondo rimettersi in piedi e torreggiare su di lui.
“Il momento delle confidenze è finito” disse, “è ora che tu raggiunga la tua amichetta detective.”
Makoto abbassò di scatto la testa e strinse gli occhi così forte da fargli male, convinto che la sua fine stesse per giungere sul serio, stavolta.
Invece sentì un tonfo e poi il rumore di qualcosa che cadeva di peso sulle scale.
“Fi-finalmente stai zitto, gorilla…”
Quando riaprì gli occhi, ciò che vide fu Mondo Oowada privo di sensi e, dietro di lui, Byakuya Togami con in mano una mazza da baseball; sembrava ferito, ma non abbastanza da metterlo fuori gioco.
“Meglio muoverci, Naegi” lo tirò su per un braccio, “prima che ‘sto cavernicolo si svegli. E allora nessuno di noi due vorrà trovarsi qui.”
No no no, aspetta. Togami salva la vita a me? Chi ha scritto questo film dell’orrore?
“Togami-san… un secondo, per favore” disse scostandosi e cominciando a scendere le scale.
“Sei fuori di testa? Ti ho detto che dobbiamo andarcene e… oh”.
Direi che se n’è accorto.
“L’ha… l’ha…”. Non era spettacolo comune sentir Togami così a corto di parole.
“...”. Si limitò a un cenno.
Si avvicinò al cadavere di Kirigiri, che nella miglior tradizione dei film drammatici aveva ancora gli occhi aperti. Per un istante fu tentato di completare il clichè chiudendoli, ma soppresse l’impulso per un non ben precisato motivo.
“Cerca di sbrigarti e fai quel che devi fare, Naegi. Non sono esattamente un palestrato e non credo che resterà steso per molto”.
“Voglio… voglio solo…” si interruppe, privo di una spiegazione adatta. Lui in primis non sapeva cosa voleva fare. Si era mosso spinto da un impulso indefinito, una di quelle azioni irrazionali che però senti di dover portare a termine.
“Kirigiri-san… io… io… non so cosa dire, o fare… volevo… chiederti scusa… e dirti… che… oddio, che situazione… mi… mi vergogno… a dirtelo adesso… ma…”.
“Naegi, la dichiarazione da Romeo col cuore infranto in un altro momento! Potrei aver visto male, ma mi sembra che lo scimmione si stia muovendo!”.
Insomma, un po’ di rispetto Togami-san! Nell’ultimo minuto ho creduto di essere morto almeno tre volte, se proprio deve andare così preferisco togliermi questo peso di dosso.
“E comunque… ha ragione… con la storia della dichiarazione… santo cielo, suonerò patetico…”.
“Togli pure la forma dubitativa”.
“... no, beh… il momento non è dei migliori…”.
Fece segno a Byakuya di raggiungerlo, dicendogli che potevano andare.
Quando l’altro lo raggiunse si caricò il corpo in spalla.
“Cosa stai facendo, imbecille? Non te la vorrai mica portare dietro, spero”.
“Sì”.
La lapidaria risposta tranciò qualunque possibile commento sarcastico.
“Tieni stretta la mazza”.
“Non ci tengo a morire”.
Si avviarono, proprio mentre alle loro spalle giungevano grugniti scocciati e rumori non identificabili.
“Dove siamo diretti, Togami-san?”.
“Torniamo in palestra. Magari siamo fortunati e qualcun altro è sopravvissuto a quel massacro”.
Kibougamine batte Columbine per KO tecnico alla seconda ripresa.
Il viaggio fu il più veloce possibile, il che non è molto considerato il carico con cui Makoto si era appesantito. Ma evidentemente abbastanza dato che non ci fu traccia di Mondo alle loro spalle.
Quando vi arrivarono vennero accolti da un tanfo pestilenziale e da quattro corpi riversi per terra.
Strano, è presto per la decomposizione. Forse ho le allucinazioni olfattive.
Oltre ai preventivati Maizono e Ishimaru, trovarono i poveri Fukawa e Hagakure.
Basta cadaveri, basta… mi viene da vomitare…
E, neanche fosse stato colpito da una maledizione voodoo, sentì un fiotto di qualcosa risalirgli rapidissimo la gola. Dovette coprirsi la bocca con una mano per non dare spettacolo e solo dopo un’accanita battaglia riuscì a ricacciarlo nel suo luogo d’origine.
“Uhm” ragionò Byakuya ad alta voce “facendo due rapidi calcoli… oltre a me, a te e a Oowada… le uniche altre persone vive sono Asahina e Oogami”.
“Dove possono essersi nascoste?” chiese Naegi, ancora un po’ provato dall’esperienza paragnosta.
“Lo devo sapere come? Per mia fortuna non sono il loro biografo. Dovremmo cercarle, penso sia meglio restare uniti se possiamo”.
“Ma andare a zonzo, così come siamo messi, ci espone a un notevole rischio”.
“Cosa parzialmente rimediabile se tu lasciassi giù Kirigiri”.
“Non succederà”.
“Maledetto idiota, perché ci tieni tanto a portarti a spasso la tua bella defunta?”.
“PERCHÉ MI SONO PRESO UNA COTTA PER LEI E VORREI ASSICURARMI CHE POSSA ALMENO AVERE UNA DEGNA CERIMONIA FUNEBRE. CONTENTO ORA?”.
Si aspettava una reazione di meraviglia da Togami, che però non arrivò. In compenso gli diede uno scappellotto in testa.
“Ahio!”.
“Dimmi che non hai appena lanciato un grosso segnale per farci beccare da Oowada”.
“Oh sì che l’ha fatto, birbantelli che non siete altro” annunciò smargiasso Mondo mentre entrava trionfalmente in palestra.
Si voltarono verso l’entrata, e lo videro fermo sulla porta che sorrideva.
“Non credere di uscire vivo da qui, Scion di ‘staceppa” ringhiò, avanzando verso di loro e puntando il dito verso Togami “devo ancora ringraziarti per la mazzata in testa!”
I due ragazzi arretrarono di qualche passo quando videro la pistola puntata contro di loro, ma Togami decise di azzardare comunque: “Guarda che lo so che hai finito i colpi.”
“Oh, ti prego” sbuffò Mondo, “secondo te vi inseguo per mezza scuola e non mi fermo a prendere proiettili di scorta? Direi che il cervello non è la dote principale per diventare Super Ereditieri.”
Makoto non parlò, limitandosi a guardare male Togami.
Che affermazione del cavolo, in effetti… se vuoi farci uccidere ammettilo che fai prima.
Mondo continuò ad avanzare verso di loro, la canna della pistola che puntava ora verso Makoto ora verso Togami. Makoto deglutì, sforzandosi di pensare a una soluzione.
Se solo fossi ancora viva pensò, sentendo il peso del cadavere di Kirigiri sulle sue spalle farsi improvvisamente più pesante. Tu riusciresti a tirarci fuori di qui. E mentre lo pensava, la stanchezza ebbe il sopravvento su di lui e il corpo della ragazza scivolò per terra. Makoto si voltò di scatto a guardarla, preoccupato per lei… per poi ricordare che ormai Kyouko era morta. E che no, anche fosse stata ancora viva forse non sarebbe riuscita a farli uscire fuori di lì; al contrario, era morta nel tentativo e questo la diceva lunga sulle loro probabilità di successo.
Siamo spacciati.
“Prima di spararmi in testa devi togliermi una curiosità, gorilla analfabeta.”
Makoto roteò gli occhi nel sentire la voce di Togami.
Ma ci tieni proprio a provocarlo?
“Sentiamo, cosa vuoi chiedermi, quattrocchi?”
“Come hai fatto a tenerci chiusi qui e non farti scoprire? Voglio dire, qualcuno là fuori si sarà accorto della nostra assenza… sono ormai più di dieci giorni che siamo chiusi qui…”
Makoto inarcò un sopracciglio, chiedendosi a cosa servisse fargli una domanda simile se tanto stavano per morire… poi realizzò: Togami stava cercando di prendere tempo. Un’azione del tutto ammirevole, se abbinata a un piano…
...quindi mi auguro che tu ne abbia uno, Byakuya.
Mondo sospirò, come se gli avessero rivolto la domanda più stupida dell’universo: “Come ho già raccontato al tuo degno compare, mi è bastato sfruttare la Golden Week. Una decina di giorni di vacanza giustificata erano più che sufficienti per mettere in atto il mio piano.”
“Non era quello che intendevo” replicò Togami con cautela “volevo sapere come sei riuscito a non far trapelare nulla con la polizia, i genitori e gli insegnanti. Non è possibile che non si siano mai chiesti dove diamine fosse finita una classe intera!”
“E chi ha detto che non è successo?”
...eh?
“C-che intendi, Oowada?” balbettò Makoto. Mondo ghignò: “Ho usato l’account email di un professore e inoltrato una circolare in cui si diceva che la classe 78 aveva il permesso di fare una gita di qualche giorno durante la Golden Week. Nessuno ha avuto da ridire.”
“Ma… è passato più di qualche giorno” insistette Makoto “come hai fatto a non far scoprire nulla?”
“Oh, sulle prime credevano a una bravata, che avessimo prolungato la gita o robe simili, presumo… poi la polizia ha cominciato a sospettare qualcosa.”
“L-la polizia? Vuoi dire che sono qui?!”
“Certo.” annuì il ragazzo, come niente fosse. “Immagino siano qua fuori anche adesso… hanno provato ad entrare ma abbiamo un ottimo sistema di sicurezza.”
Togami aprì la bocca per aggiungere qualcosa, ma Mondo lo zittì in maniera perentoria: “Guarda che ho capito il tuo gioco, coso. Stai cercando di temporeggiare per qualche ridicolo motivo. Ma non te lo concederò”.
“Feh. Devo proprio dirlo” concesse Byakuya “Avevo ragione quando ho detto che il mastermind era calato al livello dei villici che ci circondavano. Comunque vada devo ammettere che sei stato furbo come una faina. Avresti un futuro come broker”.
“Più facilmente il mio futuro sarà come carcerato… o cadavere”.
“Uh?” chiesero gli altri due, confusi.
“Niente che vi riguardi. E ora…”.
Puntò la pistola verso Makoto.
BANG.
Nononononoehichescherzisonoperchédevomorireaiuto…
THUMP.

Se non sono morto adesso non potrò mai farlo, è deciso.
Sono caduto all’indietro, prendendo anche una sonora sederata. Osservo con sguardo immagino vitreo quell’abnorme massa di muscoli di Sakura Oogami che si assicura del decesso di Mondo Oowada. Aveva ragione sulle sue prospettive di carriera.
La ricostruzione di questi ultimi trenta secondi è la seguente: sentendo lo sparo è emersa dall’angolo buio in cui probabilmente si era rintanata insieme alla sua compagnuccia. Non ha perso un solo istante e gli si è avventata addosso, mentre io non riuscivo a staccare gli occhi dalla figura di Naegi che si copriva la ferita con una mano, faceva roteare gli occhi dentro il suo cervello e si accasciava per terra macchiando tutto il pavimento.
La colluttazione è durata pochissimo, ma il tempo è stato sufficiente per far sì che Oogami si prendesse un proiettile nella gamba. Per fortuna non è bastato a neutralizzarla, così ha potuto sbattere la testa di Oowada a terra fino a fracassargliela.
“Togami… stai bene?” mi chiede, lo sguardo contorto in una smorfia di dolore. Riesco a risponderle solo con un piccolo cenno.
Ho… io…
Contegno Byakuya, contegno. Sei un maledetto Togami.
Mi prendo un minuto per recuperare il decoro. Poi riesco a rialzarmi, ad asciugarmi la faccia sudata e più in generale a riprendere l’aspetto che mi compete.
“Asahina? È viva?”.
“Sì, per fortuna sì. L’ho lasciata nell’aula audiovisivi, raccomandandole di non mettere il naso fuori di lì per nulla al mondo. Se io avessi fallito ora…”.
“... Oowada sarebbe andato a prenderla, già”.
Silenzio. Nessuno dei due ha particolare voglia di cianciare.
Oogami, pur con un buco nella gamba, sembra in ottima forma. Maneggia il corpo di quel bastardo alla ricerca di qualcosa, specificando che è a caccia di un telecomando per sbloccare il portone d’ingresso.
Lo trova quasi subito.
Osservandolo esclama: “Incredibile che per un affarino così piccolo sia dovuto succedere tutto questo…”.
Decido di non commentare. Ho già perso troppi punti sul Togamometro per oggi.
“Sono morti persino Naegi e Kirigiri, mi tocca constatare. Non riesco a credere a una conclusione simile…”.
Le faccio cenno di uscire di qui, recuperare Asahina e andare a braccetto tutti e tre in terapia per i prossimi trent’anni.
“Eravamo in sedici… e ora… ora…”.
Ribadisco il cenno, stavolta con più forza.
“Una carneficina…”.
“Andiamo!”. A quanto pare i cenni non bastano.
Quando siamo alla porta si gira un’ultima volta, e io con lei: davanti ai nostri occhi i cadaveri di Kirigiri, Naegi, Maizono, Hagakure, Fukawa e Ishimaru. Più quel sacco di carne senza valore di Oowada, con la faccia spappolata.
Io, Oogami e Asahina siamo stati baciati dai kami per l’onore di abbandonare questo posto con i nostri piedi e non dentro un sacco per le autopsie.
La recuperiamo velocemente. Meno velocemente Oogami la convince a venire via di lì, considerato che si era rannicchiata su se stessa a piangere.
Ora che sono da solo, al sicuro dei miei pensieri? Posso intuire perché è arrivata a questo estremo.
“E… e gli altri? Naegi? Kirigiri? Fukawa?”.
“Non… non ce l’hanno fatta” le comunica con voce funerea, il viso rivolto a terra.
“No. No. No!” comincia a strepitare, obbligando la sua amica ad applicare maniere non esattamente gentili per convincerla a spostarsi.
Giungiamo davanti al portone, dopo che il telecomando d’apertura è finito a me. Sapete, tenere ferma una ragazza gonfia d’energia come Asahina richiede entrambe le mani. Anche se sei alta quasi due metri e pesi poco meno di cento chili.
“Togami, per piacere apri. Questo posto comincia a puzzare di morte ovunque”.
Non ho motivo per ritardare il processo. Premo il pulsante.
In un attimo, non appena poggiamo un piede all’esterno, ci sono addosso.
Polizia, giornalisti, ficcanaso, forse anche qualche professore.
E i genitori.
“Riprendimi, taglio lungo! Trasmettiamo in diretta dall’esterno della Kibougamine Gakuen. È uscito qualcuno, dopo giorni di isolamento e mancate notizie sullo stato dell’accademia! Dalle nostre informazioni risultano essere Byakuya Togami il Super Erede, Sakura Oogami la Super Artista Marziale e Aoi Asahina la Super Nuotatrice. Sono palesemente sconvolti, feriti e in pessime condizioni! Non sembra esserci traccia degli altri membri della classe 78, dispersi da ormai quasi due settimane. Adesso proveremo a intervistarli per…”.
“Non azzardatevi!” mi esce imperioso. Oh, almeno non sono marcito del tutto là dentro.
“Vedete, ci tocca annunciarvi che purtroppo si è consumata una terribile tragedia…” esordisce ancora Oogami, immediatamente autonominatasi portavoce ufficiale del gruppetto.
Non credevo che avrei mai potuto dirlo. Ma io, Byakuya Togami, sono un sopravvissuto.

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