Stessa Storia, Stesso Posto, Stesso Bar... ehm, Stessa Accademia di Walpurgisnacht (/viewuser.php?uid=146936)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sì Makoto, è la solita solfa: ti svegli, conosci gli altri e bla bla bla ***
Capitolo 2: *** Morti, processi, condannati alle pene capitali... sì insomma, tutto regolare ***
Capitolo 3: *** Forza siore e siori, mettete il gettone nella Giostra degli Assassini ***
Capitolo 4: *** Fammi un po' vedere come ve la cavate stavolta, nanetto Naegi ***
Capitolo 5: *** Dopo il secondo processo ce la prendiamo comoda, va bene? ***
Capitolo 6: *** Spero che il pacco-bomba sia di tuo gradimento, cara ***
Capitolo 7: *** Cara dolce Kyouko, ma sei proprio sicura sicura sicura della tua innocenza? ***
Capitolo 8: *** Processo processino, vedi di non fare casino ***
Capitolo 9: *** Gran finale accompagnato da un buon bicchiere di Chianti ***
Capitolo 1 *** Sì Makoto, è la solita solfa: ti svegli, conosci gli altri e bla bla bla ***
Makoto Naegi si
svegliò su un banco.
Gli doleva la testa e
si sentiva stranamente appesantito. Che… che
cos’era successo? Perché…
Aveva perso i sensi
appena messo piede alla Kibougamine, la scuola per super geni a cui una
fortunosa lotteria gli aveva permesso di entrare pur non avendone
affatto i titoli. Non era né un giocatore di baseball dal
talento sopraffino, né il capo indiscusso della
più grande gang motociclistica del Giappone, né
l’erede della famiglia più famosa e influente
della nazione.
Era solo un semplice
ragazzo estratto da un cilindro.
Sì, proprio
fortunato. Il suo primo giorno di scuola cominciava in un aula buia,
con un mal di testa titanico e… delle finestre sbarrate.
Perché
cavolo c’erano delle finestre sbarrate? E delle…
telecamere?
“Cos’è
successo? Sono svenuto all’ingresso e
poi…” disse, rivolto a nessuno. Era solo nella
stanza, a parte la fredda lente della telecamera che lo faceva sentire
osservato come se ci fosse qualcuno che lo spiava da dietro una colonna.
Si guardò
attorno alla ricerca di qualche indizio, qualcosa che gli facesse
capire. Non trovandolo. E allora pensò che, perso per perso,
tanto valeva uscire.
Vagò senza
una meta precisa per i corridoi, con una strana luce violacea ad
accompagnarlo in questa sua prima avventura nel nuovo mondo scolastico.
Era abbastanza inquietante, dovette ammetterlo, e l’assenza
di una qualunque forma di vita non lo faceva di certo sentire meno a
disagio.
Poi, in questo
peregrinare a casaccio, capitò in quello che gli
sembrò l’atrio d’ingresso. Se lo
ricordava in maniera confusa mentre entrava, ma dodici secondi di
coscienza non sono sufficienti a dartene la certezza.
Lì,
finalmente, trovò qualcuno.
“...e con
questo siamo sedici.”
Ad accoglierlo
all’ingresso della scuola, trovò quindici paia di
occhi che lo fissavano più o meno incuriosite.
“Q-quindi
anche voi…”
“...ci siamo
svegliati in un aula dalle finestre sbarrate? Non ricordiamo nulla di
quanto successo tra l’arrivo a scuola e il risveglio? Ebbene
sì, non sei l’unico, specialissimo fiocco di
neve.”
La risposta
arrivò da un ragazzo biondo con gli occhiali, e
l’aria snob.
“Siamo tutti
sulla stessa barca” commentò un’altra
voce, appartenente ad una montagna di muscoli dai lunghi capelli
bianchi. Poco dopo aggiunse: “Perdono, non mi sono
presentata. Il mio nome è Sakura Oogami.”
È…
è una ragazza?! fu il pensiero di Makoto
mentre si presentava a sua volta; poco a poco il giro di presentazioni
si estese a tutto il gruppo, quando vennero interrotti da una voce
gracchiante proveniente dagli altoparlanti alle pareti.
“PIM POM PAM
POOOOOOON! Prova prova? Questo è un annuncio! Ma…
funziona questa roba?”
Makoto
scambiò occhiate perplesse con gli altri studenti,
chiedendosi in che diamine di situazione si erano cacciati, quando la
voce riprese a parlare: “Riuscite a sentirmi? Oh beh, in ogni
caso… Cari studenti, siete pregati di recarvi in palestra
per dare inizio alla cerimonia di inizio anno. PIM POM PAM
POOOOOOOOM!”
Makoto e gli altri si
guardarono nuovamente, forse nella speranza che qualcuno di loro avesse
una risposta sensata a tutto questo. Ma evidentemente nessuno la
trovò, e si arresero quindi ad andare tutti in palestra.
“Solo chi
uccide un’altro studente potrà lasciare la scuola.
Mi sembra una regola molto semplice! La più atroce delle
azioni porterà alla migliore delle conclusioni, quindi spero
che tutti quanti collaborerete! Upupupu!”
Makoto era allibito,
così come lo erano tutti gli altri.
Quello che in palestra
si era presentato come loro “preside” era in
realtà una specie di orso meccanico - che diceva di
chiamarsi Monokuma, il quale aveva appena rivelato loro il
più assurdo dei piani: erano prigionieri della Kibougamine.
Avrebbero vissuto rinchiusi lì per sempre, senza poter
uscire… a meno che non avessero ucciso un altro studente.
“Ma che,
stiamo scherzando? Brutto orso di merda!” urlò con
tutto il fiato che aveva in gola, o almeno così
pensò Naegi, quello che si era identificato come Mondo
Oowada. Il Super Teppista. L’uomo con la pettinatura a banana
e i capelli arancioni.
Si staccò
dal capannello degli studenti e si avvicinò al podio
occupato dall’animale, il quale non sembrava intenzionato a
spostarsi o a reagire in una qualsivoglia maniera. Lo
afferrò e cominciò a scuoterlo, insultandolo in
lungo e in largo.
“Bastardo!
Cosa cazzo ti metti a dire che dovremmo ucciderci, eh? Ti stacco gli
artigli e te li faccio mangiare, fottuto quattrozampe!”.
Non una sola parola da
parte di Monokuma durante la tirata.
Poi, ad un tratto, si
sentirono queste parole: “Violenza contro il preside.
Proibizione. Attuare protocollo 5162”. Seguite da un BEEP
BEEP che pian piano cominciava a crescere
d’intensità e velocità.
“Mollalo,
Oowada! Mollalo!”. Era stata Kyouko Kirigiri a lanciare
questo avvertimento, e il biker non ebbe da ridire mentre lo lanciava
per aria.
Esplose.
“Porca…
porca miseria…”.
Si accese uno schermo
a lato del palco, ancora con quell’orso in bella vista:
“Ehi ehi ehi, è maleducazione cercare di mettere
le mani addosso al preside. Oowada, verrai punito in maniera adeguata.
Ora potete andare, ma non prima che vi informi di una cosa: ognuno di
voi bastardi troverà in camera la propria scheda
identificativa. Vedete di non perderla, ci sono sopra le regole e ha un
sacco di funzionalità utili e interessanti. Ora marsch,
marmaglia. Disperdete i ranghi”.
Alcuni dei ragazzi
rimasero a fissare il monitor nero per qualche secondo, mentre il resto
della combriccola già abbandonava la palestra. Fra i
ritardatari c’era Makoto Naegi, interdetto
dall’imprevisto succedersi degli eventi e dalle conseguenze
che essi portavano.
Questo
dev’essere un incubo, non vedo altra spiegazione possibile.
Una sorta di orsetto meccanico spunta fuori dal nulla e ci comunica che
siamo chiusi in questa accademia per il resto della nostra vita.
Aggiunge che per uscire di qui dobbiamo... ammazzarci a vicenda.
Abbiamo anche un alieno verdastro e sette tonnellate d’oro
massiccio, tanto per gradire? Se non avessi percepito la
serietà nel suo tono di voce, come d’altronde
hanno fatto tutti gli altri, penserei a una gigantesca candid camera.
Mai come in questo momento rimpiango il non avere uno stand.
Concluse che restare
fermo come uno stoccafisso non gli avrebbe dato nessun vantaggio,
pertanto si avviò verso la propria stanza… che
non sapeva dove fosse. Oltre al danno la beffa.
Nell’ora
successiva, appurarono diverse cose sull’accademia e sulla
loro attuale situazione: ad ognuno di loro era stata assegnata una
camera, apparentemente insonorizzata, dotata di ogni comfort; ognuno di
loro aveva un kit - cacciaviti e simili per i ragazzi, un kit da cucito
per le ragazze; avevano a disposizione una caffetteria e una cucina
fornita di ogni sorta di cibo, e la stanza delle scorte altrettanto
piena; c’era una lavanderia, una sauna ancora chiusa,
un’infermeria anch’essa chiusa, la sala audiovideo,
lo spaccio (la cui utilità sembrava alquanto dubbia), un
inceneritore e una porta rossa misteriosa, il cui scopo rimaneva ancora
ignoto. Appresero anche che ogni loro movimento era monitorato dalle
telecamere di sorveglianza, presenti persino nelle loro stanze, e che
al loro preside peloso piaceva apparire senza preavviso sugli schermi
disseminati per la scuola.
A parte questo, la
loro situazione era in una fase di stallo totale.
Makoto
sospirò, guardandosi attorno: seduti attorno al tavolo
più grande della caffetteria, i ragazzi erano intenti a
discutere sul da farsi; chi proponeva soluzioni più o meno
futili per scappare, chi faceva notare in maniera poco cortese che le
finestre erano blindate e impossibili da scardinare, altri ancora
piagnucolavano o cercavano inutilmente di moderare la discussione.
Più di una volta i suoi occhi si posarono su Kyouko
Kirigiri, che per la maggior parte del tempo era rimasta in silenzio.
Si chiese quale potesse essere il suo titolo, ma la ragazza aveva
sempre glissato sulla domanda ignorandola del tutto.
Mentre la discussione
era ancora in corso, Kirigiri si alzò e uscì
dalla caffetteria.
“Kirigiri!
Kirigiri, dove vai? Non ti ho dato il permesso di uscire dalla
stanza!” berciò qualcuno, che Makoto riconobbe
come Ishimaru - il Super Prefetto, a cui nessuno però dava
mai retta.
Chissà
dove sta andando… si chiese Makoto, visto che
tutto lo spazio a loro disposizione era già stato
ispezionato da cima a fondo. Ebbe la tentazione di alzarsi e seguirla,
ma una frase lo fermò: “Adattarci. Mi sembra
l’unica cosa saggia da fare.”
Celestia Ludenberg
sorrideva, serena, come se avesse appena proposto l’ipotesi
più logica dell’universo.
Tutti si guardarono
perplessi, finché Fujisaki non diede voce ai probabili
pensieri di tutti: “Intendi dire che… dovremmo
semplicemente arrenderci e accettare di vivere qui, come
reclusi?”
“Lo spirito
di adattamento è ciò che fa la differenza tra la
vita e la morte” rispose Celes. “Non sono i
più forti o i più furbi a sopravvivere, ma quelli
capaci di adattarsi ad ogni situazione” concluse, quel
sorriso sinistro ancora dipinto sulle labbra.
Makoto
provò un leggero brivido, rendendosi conto che avrebbe
dovuto prestare parecchia attenzione a quella ragazza… e
tuttavia, continuava a sperare che potesse esserci una soluzione
semplice a tutto, un modo per uscire illesi da quel posto, che tutto
fosse solo uno scherzo di pessimo gusto. La speranza parlava in quei
toni, ma la ragione gli urlava di smetterla e che quella era solo la
punta dell’iceberg.
“La tua idea
è puerile, Ludenberg” sentenziò Togami
con il suo ormai classico gesto di sistemarsi gli occhiali con
l’indice “e solo amebe come voi possono illudersi
di vivere in pace in questo posto. Al contrario io, Byakuya Togami, non
ho nessuna remora nel fare quel che va fatto pur di vincere questo
gioco e certificare così la mia evidente
superiorità su tutti voi”.
Wow.
Togami, stai pur sicuro che non voterò per te quando ci
sarà il concorso Scegli il tuo Compagno di Classe
più Simpatico.
La discussione fra la
Super Giocatrice d'Azzardo e il Super Erede proseguì, ma lui perse presto
interesse. Era molto più curioso di sapere che fine aveva
fatto Kirigiri.
Si dileguò
senza far casino dalla caffetteria, mettendosi a cercarla in lungo e in
largo per tutto il piano. Fallendo, senza riuscire a capacitarsi del
come.
Oh
beh, poco male. Mi dà la sensazione di una che se la sa
cavare da sola, comunque. E di certo non ho nessun istinto da principe
azzurro nei suoi confronti.
Si rassegnò
a tornarsene in camera, non volendo sentire gente che si azzuffava
verbalmente su diversità filosofiche e stili di vita
incompatibili.
Sperò con
tutto se stesso, però, che il punto di vista di Celes
facesse più presa sugli altri. D’accordo, non era
entusiasta davanti alla prospettiva di vivere segregato per il resto
dei suoi giorni… ma meglio quello che un omicidio, forse
più di uno. Rabbrividì rendendosi conto che, a
conti fatti, tutte quelle persone erano per lui degli estranei e non
sapeva cosa poteva agitarsi realmente nelle loro teste.
Sdraiandosi sul letto
si impose la calma. Nessuno era davvero tanto pazzo da seguire le
insensate imposizioni di quel buffo orso meccanico.
Forse.
“PIM POM PAM
POOOOOOOOM! È appena stato rinvenuto un cadavere!”.
Dopo giorni di
apparente tranquillità, il quinto risveglio tra le mura
della Kibougamine cominciò con l’annuncio che
nessuno avrebbe mai voluto udire.
Makoto, ancora
intontito dal sonno, ci mise qualche secondo prima di realizzare.
Cadavere.
Omicidio. Qualcuno l’ha fatto davvero!
Si vestì
alla svelta e uscì subito in corridoio, dove gli altri
studenti si erano già radunati: alcuni stavano arrivando
dalla caffetteria o dalle proprie camere, come Makoto.
Quest’ultimo si avvicinò, cercando di capire a chi
appartenesse la camera…
“Naegi-kun!”
“A-Asahina-chan?”
La ragazza si fece
largo tra gli altri, avvicinandosi a lui. A giudicare
dall’espressione sconvolta, doveva aver assistito al
ritrovamento del cadavere.
“Asahina-chan”
chiese, “chi… chi è?”
“Na...Naegi!
È colpa mia!” rispose con voce tremolante.
“N-Non
è colpa tua! Ma… p-puoi dirmi chi-”
“Ci eravamo
date appuntamento in caffetteria ma… ma… non
arrivava e…” non riuscì a concludere,
scoppiando a piangere. Sakura Oogami le si avvicinò e la
abbracciò nel tentativo di consolarla, per poi rivolgersi a
Naegi: “Quello che Asahina-chan voleva dire è che,
dopo aver aspettato più di venti minuti, siamo andate a
bussare alla sua porta. Dato che non rispondeva ho deciso di buttarla
giù, temendo che... “ si fermò un
attimo e sospirò, poi riprese: “beh, i miei timori
erano fondati… e quando anche Maizono-san ci ha raggiunte
è scattato l’avviso di Monokuma.”
Le due poi si
allontanarono, e Naegi rimase col dubbio
sull’identità del cadavere.
Non
mi rimane che farmi largo fino alla porta.
Quando
riuscì ad entrare nella stanza, trovò Kirigiri
già intenta ad investigare; Togami, nell’angolo
opposto, osservava la scena in silenzio.
E appeso alla maniglia
della porta del bagno…
Oddio…
Per un attimo
rischiò di vomitare lì sul posto.
Era la prima volta che
vedeva un cadavere e… di certo non credeva sarebbe stato
così, impiccato alla maniglia con un lenzuolo.
“Fujisaki-san…”
“Stupito? E
perché mai? Mi sembrava ovvio che uno di voi proletari,
prima o poi, si sarebbe fatto prendere da impulsi animaleschi di bassa
lega e avrebbe ucciso un suo simile”. Non ebbe nemmeno
bisogno di girarsi verso chi aveva pronunciato quella frase. Erano solo
in tre e né lui, né Kirigiri sapevano essere
così sgradevolmente crudeli.
Non volle
rispondergli. Ci pensò lei: “Tu sei il primo che
ha sbandierato ai quattro venti l’intenzione di eliminare uno
di noi, Togami. Ti consiglierei di scendere dal tuo piedistallo fatto
d’aria fritta”.
“Come…
come ti permetti, sgualdrina? Vuoi che i corpi in questa stanza
raddoppino magicamente?”.
“Allora, la
volete finire voi due? Vi rendete conto o no che Fujisaki-san
è morta!” sbottò Makoto, guadagnandosi
un grugnito da Byakuya e un rispettoso silenzio da Kyouko.
Togami
sbuffò, non degnando lo sbotto di Naegi di ulteriore
considerazione. Poi si rivolse di nuovo alla ragazza dicendo
“Kirigiri, immagino di aver ragione dicendo che non si tratta
di un suicidio”.
“Immagini
bene. Questa è palesemente una messiscena atta a fuorviarci.
Risulta davvero troppo scomodo impiccarsi infilando un lenzuolo nella
maniglia di una porta. Quindi abbiamo per le mani una morte violenta,
causata da qualcuno. Fra l’altro, ancora prima di esaminare
il cadavere, ho cercato una nota d’addio non trovandola, il
che non significa necessariamente nulla ma dà forza
all’ipotesi”.
Kami,
alla fine qualcuno ha ceduto. Qualcuno è ricorso
all’omicidio. Qualcuno non ha saputo reggere la pressione e,
per volontà o per caso che sia stato, ha posto fine alla
vita di Fujisaki. È terribile.
Prese a guardarsi
attorno, addocchiando un po’ tutti con
un’espressione spaventata. In mezzo a tutte quelle facce,
alcune che lo guardavano incuriosite e altre che lo rifuggivano, si
nascondeva un assassino. Come un mattone in testa una scomoda
verità lo colpì: la sua vita era realmente in
pericolo. Fino a quel momento, pur avendo presente la
possibilità, la scartava dicendosi che nessuno di loro
poteva davvero scendere a tanto.
In quel momento ebbe
la dimostrazione, pratica e dolorosa, del contrario.
Improvvisamente lo
schermo della camera di Chihiro prese vita e vi apparve
l’ormai odiata silhouette di Monokuma: “Bene
bastardi, ora si dia inizio alla fase investigativa. Quando ve lo
dirò io, e solo quando ve lo dirò io,
interromperete la vostra raccolta di capelli e peli e vi porterete di
fronte alla porta rossa che per l’occasione sarà
stata aperta. Buon divertimento”. |
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Capitolo 2 *** Morti, processi, condannati alle pene capitali... sì insomma, tutto regolare ***
Dopo quasi
un’ora di investigazioni, Makoto si sentiva decisamente
scoraggiato.
La camera di Fujisaki
era pulita, e al di là del corpo e del lenzuolo usato per
impiccarla alla porta del bagno, non c’era
nient’altro fuori posto.
Sospirò
guardandosi attorno: nella stanza con lui c’erano anche
Togami (che a parte dare ordini qua e là sembrava non aver
contribuito in altro modo), Ishimaru (che si sentiva defraudato del suo
ruolo di Prefetto da parte di Togami) e Sayaka (l’unica che
ancora si stava dando effettivamente da fare), più un
gruppetto di curiosi fuori dalla porta; Kirigiri invece sembrava
sparita nel nulla, dopo essere uscita di corsa dalla stanza dicendo che
voleva verificare qualcosa. Altri ancora erano sparpagliati per il
piano alla ricerca di indizi.
Da qualunque angolazione la si
guardi, la stanza di Fujisaki-san è immacolata,
pensò. Ritenne quindi opportuno andare a cercare prove
altrove - e magari
incrociare Kirigiri, sperò. Balbettò
qualcosa verso Togami, che annuì senza neanche voltarsi a
guardarlo, e poi uscì in corridoio.
Ok. Dove posso
dirigermi?
Non ci mise molto a
decidere quando vide movimento in caffetteria, e soprattutto una
familiare sagoma dai capelli lilla.
“Oh,
Kirigiri-san! Eccoti!”
La ragazza si
voltò e gli fece un cenno con la testa: “Trovato
nulla in camera di Fujisaki?”
“Niente di
niente, è tutto al suo posto” rispose Makoto,
sconsolato.
“Tu invece?
Hai avuto più fortuna?”
“Forse”
disse lei, indicando con un cenno una sedia. “Guarda un
po’ qua.”
Makoto sulle prime non
vide nulla, poi notò che uno dei piedi era un po’
storto.
“Come
diamine ci sono riusciti? Non mi sembra un materiale semplicissimo da
piegare…”
“Esattamente”
annuì Kyouko, “serve una forza notevole o un peso
altrettanto notevole…”
“...e questo
restringe la rosa dei sospettati.”
Kirigiri non rispose,
limitandosi a sorridere.
“Oh
Naegi-kun! Ci sei anche tu!”
Entrambi si voltarono
verso la voce, e videro Aoi Asahina e Celestia Ludenberg uscire dalla
cucina.
“Asahina-san!
Cercavate indizi?”
“In
realtà la signorina Asahina era alla ricerca di
ciambelle” rispose Celes, facendo arrossire di vergogna la
povera Aoi, “ma per un fortuito caso abbiamo trovato qualche
indizio, forse.”
“I-infatti!”
proseguì Aoi, cercando di scrollarsi di dosso
l’imbarazzo. “Nel cestino della spazzatura
c’era la carta di un paio di merendine e la bustina di un
tè o tisana!”
“E a quanto
dicono le regole scritte nella scheda identificativa”
continuò la gothic lolita “il cancello
dell’inceneritore viene chiuso prima delle dieci, quando
scatta l’ora notturna.”
“Quindi”
rifletté Kirigiri “possiamo presumere che Fujisaki
e il suo assassino si trovavano entrambi in caffetteria, e che
l’omicidio è avvenuto dopo
quell’ora.”
“Il
colpevole avrà dimenticato di liberarsi della spazzatura
dato che doveva portare il corpo di Fujisaki-san nella sua camera, e
organizzare la messinscena del suicidio” concluse Makoto,
annuendo.
“Però
io ho notato un’altra cosa” disse Celes, ma venne
interrotta da un nuovo annuncio di Monokuma.
“PIM POM PAM
POOOOOM! Bene miei bastardi, il tempo delle indagini è
finito! Siete pregati di recarvi davanti alla porta rossa che si trova
vicino alla sala audiovisivi! Marsch!”
I quattro si
scambiarono sguardi perplessi. Makoto in particolare avrebbe voluto
conoscere quell’ultima informazione di cui parlava Celestia,
nel caso potesse rivelarsi utile, ma non era saggio far aspettare il
loro preside. Per precauzione le disse di tenerla in caldo e di
rivelarla alla prima occasione, ricevendone un assenso con sorriso che
fece scendere la temperatura della sua colonna vertebrale
pericolosamente vicina allo zero assoluto.
Si avviarono verso il
famoso portone, la tensione palpabile, arrivandoci per primi e venendo
presto raggiunti da tutti gli altri. Fra i ragazzi serpeggiava
parecchio malumore, com’era facilmente prevedibile. A nessuno
faceva piacere l’eventualità che non riuscissero a
sbrogliare la matassa, visto che la pena accessoria era un simpatico
giretto nell’aldilà.
Stavano per montare
sull’ascensore quando…
“Avanti, non
abbattetevi. Il caso è di facile risoluzione e solo chi si
è macchiato di questo crimine ne pagherà le
conseguenze”. Gli occhi di tutti si rivolsero verso Kyouko,
l’autrice di questa frase.
“Ma…
ma… come ne può essere così sicura,
Kirigiri Kyouko-dono?” chiese Yamada, evidentemente poco
convinto.
“Fidatevi di
quel che dico. Sono o non sono la Super Detective?”.
“Anche i
detective ogni tanto sbagliano…” fu
l’acido rimarco di Oowada.
Spero
vivamente che Kirigiri non stia dando fiato alla bocca tanto per fare
bella figura. Comunque grazie per non avermelo mai detto nonostante le
ripetute richieste, eh. Sei stata gentilissima.
In silenzio giunsero
al piano inferiore; in silenzio si disposero nei posti
dell’improvvisato tribunale; in silenzio Naegi
osservò per qualche secondo il ritratto di Fujisaki, che
occupava la sua postazione, su cui era stata schiribacchiata una X con
qualcosa di rosso. Si augurò fosse sangue finto o ketchup.
Si
comincia. Che qualcuno guardi giù e ci dia una mano.
“Molto
bene” iniziò Monokuma, il tono di voce
più serio da quando lo avevano sentito parlare per la prima
volta “adesso voi bastardi vi metterete a chiacchierare del
più e del meno cercando di giungere a una soluzione per
questa orribile morte. Cominciate pure a sbranarvi”.
I primi due minuti di
dibattito furono caotici, pieni di accuse mosse sulla base di nulla a
gente estratta a caso. Probabilmente, pensò Naegi, erano le
antipatie personali a governare queste prime fasi.
“Va
bene” ci pensò ancora Kyouko a interrompere
l’isterismo montante “se avete finito di rendervi
ridicoli… possiamo cominciare a fare sul serio, che ne
dite?”.
“Io sono
d’accordo”, “Mi sembra
un’ottima idea” e “Potevi anche sbrigarti
prima” furono i commenti più gettonati di fronte a
questa autoritaria presa di potere.
“Mpf.
Dunque, innanzitutto vorrei dissipare alcuni dei dubbi che in questi
ultimi centoventi secondi sono emersi: quello di Fujisaki è
un omicidio, non un suicidio. Ci sono elementi che lasciano pochi spazi
a domande. Come ad esempio la più totale assenza di una nota
che, per quanto non sia una prova schiacciante, corrobora la mia tesi.
Ovviamente non lo dico solo in base a questo”.
“Ah davvero?
E sentiamo, cos’altro ti suggerisce che Chihiro non si sia
tolta la vita da sé?” fece Kuwata, che appariva
forte nel suo scetticismo.
“Semplice.
La pelle cianotica, le labbra violacee, le piccole emorragie
petecchiali sparse qua e là…”.
Accidenti.
O ha mentito sul suo titolo e in realtà è la
Super Dottoressa, o quel mestiere l’ha portata a farsi una
cultura anche in ambito medico.
“Chiedo
scusa per la domanda” la interruppe Ishimaru
“ma… quelli non sono tutti segni dovuti a un
soffocamento? L’impiccagione…”.
“... non
causa la morte per asfissia, nonostante la credenza comune. E comunque
la prova regina è che sul collo di Fujisaki non
c’è la minima traccia della presenza di una corda,
o nel nostro caso di un lenzuolo. Neanche la più piccola
scalfittura. Quel lenzuolo è stato applicato in un secondo
momento per sostenere la scenata”.
Ci fu un momento di
confusione fra gli studenti, anche se meno di quanto Makoto poteva
essersi immaginato. Da parte sua non aveva motivo per credere che
Kirigiri stesse mentendo o comunque distorcendo in qualche modo la
verità, perché nella fase investigativa erano
sempre rimasti spalla a spalla e aveva potuto appurare in prima persona
la scrupolosità e la metodicità del suo operare.
Era indubbiamente onesta in quanto stava dicendo e questo gli dava una
qualche certezza su cui potersi poggiare.
“Direi che a
questo punto l’idea dell’omicidio è ben
più di un ipotesi” proruppe Sakura, il cui tono di
voce, seppur pacato, bastò a calmare gli animi dei presenti
“ma è altresì vero che non abbiamo
indizi a supportare questa tesi.”
“In effetti
la stanza di Fujisaki era assolutamente pulita”
commentò Sayaka, “io e Togami siamo rimasti a
cercare indizi, ma non c’era niente fuori posto.”
Togami
annuì, sorridendo: “Infatti è indubbio
che il corpo sia stato portato solo dopo in camera sua, mettendo in
scena il finto suicidio.”
“E questo
non fa che supportare la mia ipotesi” disse Kirigiri,
irritando non poco Togami. “E comunque gli indizi ci
sono” proseguì “abbiamo solo cercato nel
posto sbagliato. Asahina?” chiese, rivolgendosi ad Aoi. La
nuotatrice trasalì un attimo, poi si ricompose:
“S-sì, in effetti io e Celes-san abbiamo trovato
delle carte di merendine e bustine di tè usate nella
spazzatura.”
“Beh possono
essere rimasti lì dalla cena…” disse
Leon, ma venne subito interrotto da Ishimaru: “Impossibile.
L’inceneritore viene chiuso alle dieci, e il sottoscritto
aveva l’incarico di occuparsene per questa settimana. Per cui
posso assicurarvi che per quell’ora la spazzatura era
già tutta nell’inceneritore.”
“Questo
colloca Fujisaki e il suo assassino in caffetteria dopo le
dieci” concluse Kirigiri. Naegi osservò il
dibattito in totale ammirazione per la Super Detective, che decisamente
rendeva onore al suo titolo; si sentì altresì un
po’ messo in disparte, ma non aveva proprio idea di come
intervenire nel discorso…
“Però
ho un dubbio” chiese qualcuno, che Makoto riconobbe come
Junko Enoshima, “non avremmo dovuto sentire le urla di
Fujisaki, o un qualunque tipo di rumore? Insomma, la caffetteria
è abbastanza vicina ai dormitori…”
“Ma le
stanze sono insonorizzate” si affrettò lui a
rispondere, “se ricordi lo avevamo scoperto durante la prima
perlustrazione.”
“Oh”
fu l’imbarazzata risposta di Junko, e Makoto si
sentì finalmente utile in qualche modo.
“Scusate se
mi intrometto, ma c’è qualcosa che vorrei
dire” proruppe Celes, alzando la mano. Naegi
ricordò improvvisamente di quel dettaglio che la ragazza
stava per rivelare prima che arrivasse l’annuncio di
Monokuma, e si voltò ad ascoltarla.
“Non so se
può essere di qualche aiuto” proseguì
Celes “ma ho notato che manca una tazza da
tè.”
“E questo
come dovrebbe aiutarci?” chiese Hagakure, supportato da Leon
che annuiva scettico.
“Perché
probabilmente la tazza si è rotta durante
un’ipotetica colluttazione” intervenne Kyouko
“e l’assassino, non potendo nasconderla
nell’inceneritore, deve averla nascosta da qualche
parte.”
“Q-quale
colluttazione? Non mi sembra si sia parlato di una
colluttazione!” urlò Yamada, stranamente agitato.
La sua vocina più acuta del solito destò qualche
sospetto in Naegi, che decise di prendere parola: “In
realtà in caffetteria ci sono prove anche di
questo” disse. voltandosi verso Kirigiri. Temeva che la
ragazza potesse essersela presa perché stava per rivelare un
dettaglio da lei scoperto, ma in realtà sembrava compiaciuta
e gli fece cenno di continuare. Makoto annuì e riprese:
“Vedete, Kirigiri-san ha trovato in caffetteria una sedia con
un piede storto. La struttura di quelle sedie sembra fatta di un
metallo piuttosto resistente, e piegarlo non deve essere
semplice.”
“E-e questo
c-cosa dovrebbe dimostrare, d-di grazia?” chiese Fukawa, che
finora non aveva proferito parola.
“Come
dicevo, piegare quel materiale non è impossibile ma neanche
facile” proseguì Makoto, “per cui con
Kirigiri-san ne abbiamo dedotto che per ridurlo in quel modo
c’è bisogno di molta forza o di un peso
notevole” disse, voltandosi istintivamente verso Yamada
“cosa che riduce di molto la rosa dei sospettati.”
Tutti rimasero in
silenzio ad osservarlo, probabilmente assimilando le informazioni e
ragionando sul probabile colpevole.
“Alla luce
di questo indizio, direi che i possibili sospettati sono solo
due” prese nuovamente parola Kyouko, “Sakura Oogami
e Hifumi Yamada. La prima è dotata di una forza notevole,
l’altro di un peso altrettanto notevole” disse; i
due nominati rimasero in silenzio, la prima solo leggermente sorpresa,
l’altro invece decisamente agitato.
“Per
favore” si rivolse direttamente a loro “potreste
dirci dove eravate ieri sera, dopo le dieci?”
“Io mi
trovavo in camera di Asahina” rispose Sakura pacata,
scatenando l’apparente indignazione di Ishimaru:
“C-cosa?! Ma dormire fuori dalla propria camera è
contro le regole! Sta scritto anche nella carta
identificativa!” berciò lui, ma Sakura non si
scompose: “Ma non dice nulla riguardo il trovarsi in camera
di qualcun altro senza pernottare, mi sembra” disse,
lanciando uno sguardo ad Ishimaru che lo zittì sul colpo.
“Se mi trovavo in camera di Asahina era solo per consolarla,
in quanto aveva ammesso di essere preoccupata e di non riuscire a
dormire.”
Aoi non rispose ma si
limitò ad annuire. Kyouko fece altrettanto, poi si rivolse a
Yamada: “E tu? Dove ti trovavi?”
Il ragazzo ormai
sudava freddo.
“Ti ho solo
chiesto dov’eri. Non ti sto accusando di nulla…
per ora” aggiunse sottilmente, secondo Makoto tanto per
metterlo ancora più in agitazione. Rise fra sé e
sé.
“Io…
io… ero in camera mia… a dormire,
ovviamente…” rispose balbettando
l’interpellato, anche se a più di uno dei presenti
quella parve una grossa, grassa bugia greca.
“E qualcuno
può confermare quanto dici?” lo incalzò
Kirigiri. Se Naegi non fosse stato assolutamente certo
dell’impossibilità dell’ipotesi, avrebbe
giurato di vederla sorridere in maniera maligna.
Non
ti pensavo capace di essere anche solo vagamente sadica. La
cosa… lo ammetto, non è proprio rassicurante.
Al diniego del
corpulento otaku, Kirigiri provvide a spiegare l’ovvio:
“Quindi sei senza alibi. Quindi niente ti impedisce di aver
appena mentito. E stando così le cose mi tocca trovarti fin
troppo sospetto. Sei davvero sicuro di non essere stato in caffetteria
in compagnia di Fujisaki e… non so, aver avuto un piccolo
incidente? Un incidente che, casualmente, ha fatto finire i cocci della
famosa tazza mancante in camera tua?”.
Silenzio. Tutte e
quattordici le paia di occhi si piantarono su di lei, che non
sembrò neanche accorgersene. Con la massima nonchalance
tirò fuori da una tasca del suo vestito dei piccoli
frammenti che senza ombra di dubbio appartenevano al pezzo mancante del
set da tè.
“Questi
erano in camera tua, Yamada. Ti spiacerebbe spiegarci il
perché, tenendo conto che facilmente assassino e vittima
erano insieme in caffetteria a farsi uno spuntino dopo
l’annuncio dell’orario notturno e con
l’inceneritore chiuso?”.
L’orda di
sguardi cambiò istantaneamente bersaglio, andando a fissarsi
famelica sulla pancia del povero Hifumi. Soverchiato da tutta questa
attenzione, il ragazzo fece due passi indietro portandosi le mani alla
bocca e cominciando a mordicchiarsele nervosamente.
La sua colpevolezza
era ormai così palese che solo i più idealisti
del gruppo, fra cui andava doverosamente annoverato lo stesso Naegi,
provavano a cercare nelle loro teste soluzioni alternative che non
contemplassero un omicidio. Fallendo.
“Yamada,
oltre a Oogami sei l’unico che avrebbe potuto arrecare quel
danno alla sedia. E al contrario suo non hai un alibi valido. Sotto al
tuo letto erano nascosti i pezzi di una tazza, la tazza che abbiamo
stabilito essere stata usata da uno fra vittima e colpevole questa
notte. Se hai una spiegazione logica e convincente per tutti questi
gravi indizi a tuo carico… beh, direi che è il
momento di sfoderarla. Se invece, come penso, sei stato tu…
beh, allora l’unica cosa che a questo punto puoi sfoderare
è la spiegazione di come si sono svolti i fatti e del
perché hai ucciso Fujisaki”.
Makoto non
reagì, almeno non a livello superficiale, di fronte al lungo
j’accuse lanciato da Kirigiri; dentro di sé,
tuttavia, non poté fare a meno di rabbrividire
all’idea che il panciuto e tutto sommato innocuo Yamada fosse
davvero l’omicida che stavano cercando. Anche in quel
momento, vedendolo accerchiato dagli occhi inquisitori degli altri, non
dava affatto l’idea di un killer spietato.
Tutt’altro, sembrava un cucciolino sovrappeso minacciato dai
cacciatori brutti e cattivi.
La
logica di Kyouko è ineccepibile, non lo potrei negare
neanche volendo. Eppure fatico a credere che sia stato davvero lui.
L’unica cosa a cui posso aggrapparmi è sperare che
si sia trattata di una fatalità e che non abbia davvero
cercato volontariamente un capro espiatorio per ottenere la
libertà da questa prigione. Voglio sperarlo. Devo sperarlo.
Perché cominciare a dubitare di tutto e di tutti, come fa
quel simpaticone di Togami, significherebbe darla vinta alla perversa
mente dietro tutto questo.
“Non…
non… non… non volevo fare del male a nessuno, men
che meno… men che meno a Fujisaki… io…
io mi ero… ecco, lei mi… mi piaceva…
un po’... assomigliava tanto a… alle eroine 2D di
cui sono innamorato… e allora… allora…
ieri sera avevo un po’ di fame… e sono andato in
caffetteria… lei mi ha raggiunto dicendo che voleva farsi un
tè… abbiamo… abbiamo chiacchierato un
pochino… ed era così gentile, così
carina… mi sono… mi sono lasciato andare e ho
cercato… sì, insomma, ho cercato… di
baciarla… ma mi ha rifiutato… ho insistito e
nello sporgermi in avanti… oh santo cielo, non volevo,
davvero… è stato un caso, non era mia
intenzione… caderle addosso… e
soffocarla…”.
La confessione sullo
svolgimento dei fatti lasciò quasi tutti ammutoliti, a parte
l’immancabile Togami che commentò alla sua maniera
acida la goffaggine trasformatasi in peso omicida. Nessuno
trovò la forza, o la voglia, di metterlo a tacere come si
sarebbe meritato.
“Vediamo se
riesco a completare il quadro: senza volerlo le sei franato addosso,
immagino non pensando alle conseguenze che ciò poteva
comportare. Cadendo hai urtato la tazza, che si è rotta, e
hai piegato la gamba della sedia. Quando poi ti sei realmente reso
conto era troppo tardi, ti sei fatto prendere dal panico e hai cercato
di pulire la scena del crimine alla bell’e meglio, buttando
via cartacce e pezzi vari che potevano comprometterti. Infine, temendo
di venire bollato come assassino, hai inscenato il finto suicidio per
Chihiro. Confermi, Yamada?” buttò fuori Kirigiri.
Naegi non poté non notare come sul viso della detective non
ci fosse la minima traccia di soddisfazione per aver risolto il caso, e
anzi ci vide una lieve ombra di… fece fatica a dare un nome
a quella pallida emozione, ma alla fine si risolse nel chiamarla
tristezza.
“Mi…
mi dispiace tantissimo… io… ho avuto una paura
folle di… di venire linciato, o sottoposto a qualche tortura
strana… non so bene, credo di aver perso…
completamente la bussola in quei momenti… sudavo, tremavo,
ero fuori di me… non vi chiedo di perdonarmi, sarebbe
troppo… vorrei solo che non pensaste troppo male di me,
questo sì… perché vi assicuro, ve lo
giuro… io non volevo…”.
Le parole di Yamada si
trasformarono in un balbettio quasi incomprensibile, per poi sfociare
in un pianto disperato ma anche, per certi versi, liberatorio.
Nessuno osò
proferire parola davanti a quella scena, nemmeno Togami.
Che cosa si poteva
dire, d’altronde?
Non era un caso di
omicidio quello che era appena stato risolto, e quello che si stava
disperando davanti ai loro occhi non era uno spietato assassino: era
solo un terribile incidente, e Yamada era colpevole solo del suo
sovrappeso, ma in fondo era una vittima anche lui. Vittima degli
eventi, di quella scuola, vittima di chiunque si nascondesse dietro
l’orso meccanico.
“DIN DON DIN
DON! Abbiamo un vincitore!”
Monokuma
riempì il silenzio, agitando le zampine. I ragazzi si
voltarono a guardarlo.
“Direi che
non c’è nemmeno bisogno di una votazione, visto
che il colpevole ha confessato” ridacchiò,
“quindi saltiamo la burocrazia e veniamo alla parte
divertente… Yamada, brutto ciccione, è giunto il
momento della tua ESECUZIONE!”
A quella parola tutti
sbiancarono, e un coro di urla e commenti si sollevò.
“C-cosa?!”
“Che cosa
intendi con esecuzione, orso di merda?!”
Naegi
riuscì a fatica a sovrastare le voci degli altri:
“M-Monokuma! Che cos’è questa storia
dell’esecuzione?! Non ci hai detto niente al
riguardo!”
Ma l’orso
meccanico sembrò ignorarli, e continuò:
“Prego, vieni pure da questa parte” disse,
indicando un palchetto alle loro spalle “sarà un
momento memorabile!”
Yamada si
avvicinò al palchetto tremando, quando notò una
katana e un coltello tantō.
“De…
devo fare seppuku?!” strillò con voce acuta,
mentre altre grida provenivano dai suoi compagni.
“Sali sul
palco” proseguì Monokuma, senza interrompersi
“dopodiché uno di voi bastardi
ricoprirà il ruolo di kaishakunin*! Avete cinque minuti per
scegliere chi lo farà!” concluse, per poi tornare
silenzioso e immobile quasi fosse in stand-by.
“Co-come
puoi chiederci una cosa del genere?!” urlò Naegi,
ma non ottenne risposta dall’orso; nella stanza quasi tutti
erano in preda al panico, chi piangeva, chi urlava improperi di ogni
tipo, altri ancora preferivano rimanere in silenzio.
“Deve
esserci un modo…” disse Makoto, rivolgendosi a
Kirigiri, quando con la coda dell’occhio notò
Yamada sul palco, in ginocchio, il coltello già in mano.
“Y-Yamada!
Scendi da lì, troveremo un modo per-”
“Va…
va bene così, Naegi Makoto-dono” disse il ragazzo,
tirando su col naso “è giusto che le cose vadano
così. Io… io non volevo
che…” singhiozzò, asciugandosi le
lacrime con la manica del maglione. “Non potrei v-vivere con
il peso di ciò che ho fatto a
Fujisaki-san…”
A quella frase Makoto
sentì gli occhi pizzicargli, e a quanto pare non fece
quell’effetto solo a lui; persino Togami preferì
voltarsi davanti a una scena tanto straziante.
“Tempo
scaduto! Il kaishakunin salga sul palco!” annunciò
l’orso, riportando il panico nella stanza.
“Ma…
ma non abbiamo ancora…” balbettò
Makoto, quando qualcuno si avvicinò e salì sul
palchetto: “Lo farò io”
annunciò Sakura Oogami, solenne. “Non volevi fare
del male a Fujisaki, e meriti di andartene con onore… visto
che non c’è altra scelta” aggiunse con
un filo di voce.
Yamada
annuì tra le lacrime, e la ringraziò.
Il tutto
durò solo pochi minuti: Yamada, nonostante i singulti, non
ebbe alcuna esitazione, e Sakura fu rapida e precisa
nell’eseguire la decapitazione; quando il corpo senza vita di
Yamada cadde in avanti qualcuno si lasciò scappare un urlo,
altri si voltarono in preda alla nausea. A rito ultimato, Sakura rimase
qualche istante in silenzio ad osservare il cadavere, poi scese dal
palco. Non si preoccupò di asciugarsi le lacrime.
“Bene, miei
cari studenti, il primo processo è finito! E tutto
è bene ciò che finisce bene, no? Quindi tornate
pure in accademia e godetevi la vostra ricompensa!”
Detto questo Monokuma
sparì come suo solito, lasciando quattordici studenti in
preda alla disperazione.
La giornata era stata
intensa, e nessuno ebbe molta voglia di godersi il premio di Monokuma.
Mentre tutti erano
ormai immersi in un sonno profondo, qualcuno ne approfittò
per sgattaiolare fuori dalla sua stanza e recarsi alle scale sbarrate
accanto alla stanza delle scorte; senza troppi preamboli
tirò fuori un telecomandino e attivò velocemente
la saracinesca, scattando poi verso il quarto piano.
Arrivato a
destinazione si chiuse velocemente la porta alle spalle, e si sedette
alla postazione da cui poteva controllare le telecamere e il sistema
d’allarme della scuola.
“E
Monokuma” ridacchiò tra sé e
sé, accarezzando l’orsetto meccanico.
Si passò
una mano tra i capelli e fece roteare il collo per sgranchirsi, quando
il suo sguardo si posò sul suo riflesso in uno schermo
spento.
Sorrise.
“Ben fatto,
Mondo Oowada” disse, sentendosi pieno di orgoglio.
“Tutto procede secondo i piani… presto avremo la
nostra vendetta, fratello” aggiunse, voltandosi verso il lato
opposto della stanza.
Anche nella penombra,
era certo che Daiya stesse sorridendo.
* Kaishakunin: il
samurai che si occupa di tagliare la testa a chi sta per commettere
seppuku.
** Piccole note
sull’accademia: non avendo trovato riscontri da nessuna
parte, ci siamo presi qualche piccola libertà: gli studenti,
prima dell’incidente, dormivano in accademia, mentre gli
insegnanti non avevano quest’obbligo. Inoltre abbiamo deciso
di sostituire le lastre d’acciaio e i bulloni che coprivano
le finestre nel gioco con un più semplice sistema
elettronico di saracinesche, insieme a un sistema di sicurezza con
telecamere. Tutto ha un motivo, abbiate fede :p |
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Capitolo 3 *** Forza siore e siori, mettete il gettone nella Giostra degli Assassini ***
Erano passati tre
giorni dal processo e quel pranzo, come tutti quelli che
l’avevano preceduto a partire dal luttuoso evento, era il
più lugubre della loro finora breve permanenza
nell’accademia.
Mancava la
vitalità che di solito la faceva da padrona nelle loro
interazioni. Anche quelli facilmente eccitabili, come ad esempio Mondo
e Leon, erano comprensibilmente quieti e sulle loro. Naegi non
mancò di notare come persino Togami, seduto come le altre
volte ad un tavolo separato, non avesse il suo solito sorriso sbruffone.
Ciancia
Togami, ciancia. Poi alla prova dei fatti sei scosso da quanto
è accaduto esattamente come lo siamo noi.
Non volava davvero una
mosca. Anche per chiedere di farsi passare lo zucchero ci si limitava a
qualche sguardo fugace. Non c’era la minima voglia di
chiacchierare, non quando le sedie vuote di Fujisaki e Yamada
ricordavano a tutti i presenti il loro tragico destino.
Ci pensò
l’immancabile Kirigiri a rompere l’impasse. Non
appena ebbe finito il suo modesto pasto si alzò, invero
abbastanza platealmente, e annunciò che avrebbe ripreso
l’investigazione del secondo piano. Tale era infatti la
famosa ricompensa a cui Monokuma aveva accennato al termine
dell’esecuzione.
“Ma…
ma perché?” si trovò a chiedere Makoto
“Abbiamo setacciato ogni angolo con minuzia e non abbiamo
trovato niente di utile”.
“Forse. O
forse no. E comunque si è aperta una delle stanze
precedentemente bloccate qui al primo piano, non ve n’eravate
accorti?”.
“Se parli
della sauna e del relativo spogliatoio” si intromise Celes
“mi sono presa la briga di darci un’occhiata mentre
voi bighellonavate al piano superiore. Ti posso assicurare che non
c’è nulla di nulla: delle panche, degli armadietti
vuoti e la porta che collega alla sauna vera e propria.
Naturalmente… oh, no. Invece no”.
“Invece
cosa?”.
“Stavo per
dire naturalmente
ci sono telecamere anche lì, ma… no, ora che
ci penso non ci sono”.
La rivelazione ebbe
l’effetto di un candelotto di dinamite appena esploso. Si
poteva quasi dire che i ragazzi avessero scoperto un modo per uscire,
quando in realtà non era affatto così. Si
trattava, né più né meno, di una
stanza… libera dall’influsso nefasto di Monokuma.
Devo
smetterla di leggere i classici russi dell’ottocento, mi
fanno parlare e pensare in maniera troppo barocca.
Comunque…
comunque questa è una bomba. Abbiamo una stanza per
cospirare in santa pace, senza il pelo finto di quell’orso
psicopatico a infastidirci.
“Che cosa
stiamo aspettando, un invito ufficiale? Propongo riunione al riparo da
sguardi indiscreti” proruppe Sayaka, facendosi portavoce
dell’intenzione comune. Senza neanche chiederlo si
trovò capintesta della ribellione, finendo col condurre i
suoi prodi verso il loro obiettivo.
…
veramente Makoto, finiscila. Questo non è Guerra e Pace.
Stava per aggiungersi
alla fiumana, già lanciata, quando incrociò per
caso lo sguardo di Kirigiri che, ancora ferma nella sua precedente
posizione, non pareva intenzionata a seguirli.
“Uh?
Kirigiri-san?”.
“Appena la
calca se ne va… ti voglio parlare a
quattr’occhi”.
Naegi fece una
discreta fatica a trattenere pensieri inappropriati.
“Co-cosa
vuoi…” balbettò, ma la ragazza lo
fermò subito.
“Non qui,
non ora” disse, facendo un cenno verso le telecamere. Poi
aggiunse a bassa voce: “Ci vediamo tra un’ora nel
bagno, giusto il tempo che l’entusiasmo per la scoperta si
esaurisca negli altri e ci lascino la stanza a disposizione.”
Poi si
incamminò verso l’entrata della caffetteria,
mentre Makoto ancora la fissava, cercando di scacciare via quegli
strani pensieri.
“Andato bene
il tuo giretto?”
Quando Kyouko
aprì la porta venne accolta da Makoto, che apparentemente la
aspettava già da un po’ seduto su una delle panche.
“Da quanto
sei qui?”
“Una ventina
di minuti, credo” disse, “abbiamo ispezionato la
sauna, e poi abbiamo dato di nuovo uno sguardo al secondo piano, ma
poi…” fece spallucce, non sapendo esattamente come
concludere la frase.
“Non ne
avevi voglia?” ipotizzò lei.
“Mettiamola
così” ammise Makoto, grattandosi la testa.
“So che sarebbe utile perlustrare per bene ogni area per
eventuali indizi ma… sono ancora scosso dopo…
dopo l’esecuzione di Yamada.”
“È
più che normale” annuì lei,
“è stato uno shock abbastanza grande per tutti
quanti.” Rimase qualche secondo in silenzio, poi aggiunse con
un sorrisetto: “E comunque agli indizi ci penso io.”
Makoto
ricambiò il sorriso: “Cosa volevi dirmi prima, in
caffetteria?”
“Giusto…”
sussurrò lei, cominciando a camminare avanti e indietro,
forse cercando le parole più adatte: “Ho il forte
sospetto che l’artefice di tutto questo sia in mezzo a
noi.”
Naegi
sgranò gli occhi, incredulo.
Come poteva Kirigiri
credere che la mente dietro quegli orrori fosse uno di loro?!
“Sei…
sei sicura? È un’accusa terribile, pensare che ci
sia un pazzo tra di noi..”
La ragazza
annuì: “Non ho ancora sospetti su qualcuno o prove
fondate, ma ho notato molti dettagli strani.”
“Ad
esempio?”
“Hai fatto
caso a come Monokuma spesso si zittisca senza motivo? O che certe volte
sembra che non ascolti le domande che gli vengono poste?”
“In effetti,
ora che ci penso..” commentò lui, mentre la sua
mente tornava indietro all’esecuzione di Yamada e al modo in
cui l’orso si era zittito dopo aver detto che avevano cinque
minuti per decidere chi tra loro avrebbe decapitato Yamada.
“È
come se... fossero messaggi registrati” disse, e Kirigiri di
nuovo fece un cenno d’assenso: “Se il nostro
aguzzino fosse qualcuno che si limita ad osservarci da lontano, come le
telecamere suggeriscono, non avrebbe bisogno di programmare Monokuma
con messaggi registrati. Significa che, per qualche motivo, non
può sempre controllarci…”
“...come se
fosse costretto a stare insieme a noi” concluse Makoto in un
sussurro. La prospettiva era orribile, forse persino più
orribile dell’idea di un assassino o un terrorista a capo di
tutto quello, ma doveva ammettere che il ragionamento filava.
“E hai
già qualche sospetto?”
“No, non
ancora” sospirò Kirigiri, “è
ancora presto e non ho abbastanza indizi. Ma vorrà dire che,
da questo momento in poi, dovremo tenere gli occhi bene aperti.
Intesi?”
“S-sì!”
disse, aggiungendo velocemente: “Ma cosa devo cercare,
esattamente?”
“Qualunque
comportamento inusuale: atteggiamenti strani, guardinghi…
soprattutto assenze sospette. Se ho ragione, il colpevole
avrà la necessità di sparire di quando in quando,
per registrare i messaggi di Monokuma o fare gli annunci. Ah, mi
raccomando: discrezione.”
Makoto
annuì, pensando a possibili scenari: venire scoperto, essere
torturato a morte…
No
ok, basta. Pensare cose del genere non aiuta.
Rimasero per un
po’ in silenzio; poi Naegi parlò di nuovo,
esternando un dubbio che lo attanagliava da un po’:
“Kirigiri-san, tu… credi che chiunque ci abbia
rinchiusi qui ci abbia causato la perdita di memoria?”
La ragazza lo
guardò per qualche istante, poi disse:
“È molto probabile.”
“Ma…
perché?”
“Forse
è stato un effetto collaterale del sonnifero usato per
addormentarci… o forse non vuole farci ricordare qualcosa in
particolare.”
Makoto stava per
chiederle cosa secondo lei non dovevano ricordare, quando la porta
dello spogliatoio si aprì.
“Oh, ma
guarda un po’ chi c’è qui! Cosa stavate
facendo, piccioncini?” fu l’intelligente commento
di Leon che, spalleggiato da Oowada, li ricoprì di
provocazioni idiote. Il biker si lanciò persino in un
fischio, seguito da uno “Zozzoni!” che
causò una fragorosa risata in Kuwata.
“Niente di
ciò che i vostri cervellini bacati stanno
immaginando” fu la pacata risposta di Kirigiri che, mentre si
faceva largo per uscire, aggiunse: “Naegi-kun mi stava solo
dichiarando il suo amore.”
La ragazza se ne
andò sorridendo, lasciando un imbarazzatissimo Makoto alle
prese con Leon e Mondo e le loro domande indiscrete.
Lasciatasi il povero
Naegi alle spalle, Kyouko riprese a ispezionare il secondo piano: erano
presenti due bagni, due aule, una grande biblioteca e persino una
piscina con relativi spogliatoi; si chiese chi fosse il genio che aveva
progettato una piscina al secondo piano di un edificio, ma
lasciò perdere certi pensieri futili. Al momento era molto
più interessata alla biblioteca e in particolare alla stanza
sul retro: aveva idea che contenesse documenti interessanti ma,
purtroppo, Togami aveva preso possesso della biblioteca e vi si era
barricato dentro, negando a chiunque l’accesso alla stanza.
Rivolse mentalmente un
paio di insulti al biondo ereditiere, quando finalmente si
trovò la porta della biblioteca davanti. Non aveva per
niente voglia di discutere con Togami, ma le sue indagini avevano la
priorità. Si disse che si sarebbe limitata ad ignorarlo, e
nel peggiore dei casi… diciamo che sapeva come metterlo
fuori gioco senza fargli (troppo) male; Byakuya Togami avrebbe
sicuramente potuto batterla a tennis o qualche altro sport da ricchi,
ma dubitava fortemente che avesse qualche minima conoscenza di
autodifesa.
“Togami,
sono Kirigiri” si annunciò, bussando. Non
ricevendo risposta bussò di nuovo, poi decise di entrare
comunque: “Sto entrando lo stesso e a poco serviranno le tue
lamentele, voglio vedere la stanza sul retro della
biblioteca.”
Ancora nessuna
risposta.
Da dove si trovava,
Kyouko riusciva a vedere una scrivania; la sedia era girata di spalle,
e non riusciva a capire se Togami fosse effettivamente seduto
lì o avesse parlato da sola per cinque minuti buoni.
Si avvicinò
con cautela, il suo senso di detective che trillava
all’impazzata.
Qualcosa
non va
pensò, mentre poggiava la mano sullo schienale della sedia e
la faceva roteare verso di sé.
“Togami mi
hai…” disse, ma le parole le morirono in gola.
Di fronte a lei faceva
bella mostra di sé il corpo senza vita di Celestia
Ludenberg, leggermente scivolato in avanti. Per chissà quale ragione
non aveva i suoi voluminosi codini, motivo per il quale non
l’aveva riconosciuta istantaneamente anche se di spalle, e
soprattutto presentava uno squarcio sul collo. Il sangue era uscito a
profusione, dando a Kyouko la sensazione che il vestito originariamente
viola che indossava fosse stato ridipinto con della vernice rossa.
Fece un po’
di fatica a trattenere un urlo. È pur vero che dato il suo
mestiere vedere un cadavere non era nulla di nuovo, ma raramente aveva
avuto il dubbio onore di essere la prima a scoprirlo.
Le ci volle
all’incirca mezzo secondo per scrollarsi di dosso lo shock.
Poi la parte analitica del suo cervello prese saldamente le redini ed
entrò in modalità lavorativa: per prima cosa
guardò per terra e, come un po’ si aspettava,
notò delle leggere strisciate di sangue.
L’hanno
portata qui e appoggiata a questa poltrona. Non escludo che
l’omicidio non sia avvenuto in questa stanza.
Si assicurò
di non inquinare la scena del crimine, come da buona etica
professionale, e abbandonò rapidamente la biblioteca per
andare a recuperare due persone. Bisognava essere in tre, difatti, per
far sì che ci fosse l’inizio ufficiale delle
indagini.
Al
contrario del caso di Fujisaki siamo di fronte a un assassinio
volontario, a meno che non ci sia stato un fortuito incontro del terzo
tipo fra una lama e la carotide di Celes.
La
cosa… mi preoccupa. E mi… sì, mi
dispiace. Non troppo però, la signorina non faceva
granché per rendersi simpatica. Tanto qui, nella mia testa,
posso dire e pensare quel che voglio. Quindi non mi vergognerò di essere onesta.
Pensò che
forse i tre moschettieri erano ancora nella sauna a lanciarsi
frecciatine sceme, pertanto si diresse lì. E come aveva
presupposto trovò Kuwata e Oowada che stavano importunando
Naegi, sfottendolo su presunte acrobazie di natura… ehm,
sessuale che avrebbe messo in pratica con lei.
Se la situazione non
fosse stata tragica si sarebbe unita volentieri alla presa in giro.
“Kerumph”
fece, con il più classico dei colpi di tosse posticci.
“Uh?
Kirigiri-san? Perché sei tornata qui? Se hai sentito cosa
stavano dicendo questi due cialtroni ti prego di non mettermi le mani
addosso io non c’entro sono loro due a dire cavolate a
raffica e perfavoreperfavore non farmi del male che sono innocente
e…”.
“Qualcosa ho
sentito, sì. E con loro farò i conti
più tardi. Ma purtroppo sono ritornata per comunicarvi
qualcosa di brutto”.
Bastò
questo a dipingere sgomento sul volto degli altri tre. Immediatamente
ogni manifestazione di cameratismo e gioia cessò, come se un
sergente istruttore avesse richiamato i suoi indisciplinati soldati
all’ordine.
“Co-cos’è
successo?”.
“Abbiamo un
cadavere”.
“Santi
kami!” esclamò Leon “Dove? E…
e chi? Non sarà… Sayaka?”.
“No. Celes.
In biblioteca. Sgozzata”.
“Stai…
stai scherzando, Kirigiri-san…”.
“Ho la
faccia di una che scherza?”.
“Direi di
no…” puntualizzò Mondo,
consapevole di aver detto una cosa palese.
“Venite con
me. Come sapete servono almeno tre persone per
l’annuncio”.
Makoto e Leon si
avviarono verso l’uscita, mentre Mondo non sembrava aver
l’intenzione di adeguarsi.
“Qualcosa
non va, Oowada?” chiese la detective.
“Hai anche
il coraggio di chiedermi se qualcosa non va? Qualcuno ha aperto il
collo di quella povera disgraziata di Celes e tu mi chiedi se qualcosa
non va? Ti senti parlare ogni tanto, Kirigiri?”.
“Il mio
udito funziona alla perfezione. Le cose stanno così, che a
te piaccia o no. Deduco che non voglia aggregarti al simpatico
carrozzone, dunque”.
“Ci puoi
scommettere che non voglio! Lasciatemi solo, devo
riflettere…”.
BZZZZ.
Un punto per Mondo Oowada sotto la colonna Azioni che Possono dar Adito
a Sospetti.
Vedendolo come un caso
perso, Kyouko raggiunse gli altri due che si erano già
allontanati.
Quando giunsero in
biblioteca, puntuale come un orologio svizzero scattò
l’allarme di Monokuma: “PIM POM PAM POOOOOM! Altro
giro, altro omicidio! Conoscete le regole miei cari, avete tempo fino
all’inizio del processo per cercare indizi, upupupupu! Datevi
da fare!”
I tre si scambiarono
sguardi pieni di tensione, consci di cosa sarebbe successo di
lì a un paio d’ore… ma non era il
momento di farsi venire un attacco di panico: com’era facile
intuire, Kyouko prese le redini delle indagini e quasi si
appropriò del corpo, mentre dava indicazioni a Makoto e Leon
sul da farsi; quest’ultimo mise in pratica quanto la ragazza
gli aveva ordinato non appena arrivarono i primi curiosi, aggiornando di
volta in volta i ritardatari su quanto successo. Makoto invece si
dedicò alla ricerca di indizi.
“Che cosa
diamine è successo nella mia biblioteca?!”. La voce alterata di
Togami li distolse dai loro compiti.
“Punto primo
questa non è la tua biblioteca” rispose pacata
Kyouko, senza neanche voltarsi a guardarlo “punto secondo,
questa è ora la scena di un crimine. E farei attenzione a
dosare le parole” aggiunse, girando attorno al corpo di Celes
alla ricerca di qualcosa.
“È
forse una minaccia, Kirigiri?”
“Più
un avvertimento, direi” rispose la ragazza, voltando la sedia
verso la porta di modo che lui e tutti gli altri vedessero
“visto che l’identità della vittima e il
luogo in cui si trova possono facilmente far pensare a te.”
“Co…
come osi?!” ringhiò, mentre Touko accanto a lui
berciava di non accusare il suo Byakuya-sama di simili
oscenità; il resto degli studenti, invece, sembrò
allontanarsi di un passo dal ragazzo.
“Kirigiri-san,
non credi sia stato poco saggio spostare la sedia?” chiese
Makoto. “Voglio dire, non sono un detective ma di solito si
dice di non inquinare la scena del crimine…”
“Tranquillo,
non c’era nessun indizio o prova che rischiassi di
alterare” rispose lei, “...purtroppo. Tu hai
trovato qualcosa?”
Il ragazzo fece cenno
di no con la testa: “Niente di niente. A parte alcune tracce
di sangue davanti la scrivania non c’è nulla,
né una possibile arma del delitto né un indizio
di qualsiasi genere. Mancano persino i codini di Celestia.”
Kyouko
annuì, voltandosi di nuovo verso il corpo della gothic
lolita: “Dal tipo di ferita direi che l’assassino
ha usato un oggetto affilato. I bordi della ferita non sono
puliti” commentò, indicando il collo di Celes,
“quindi possiamo escludere un coltello o simili. Direi
più qualcosa come…” si
guardò brevemente in giro “...un
tagliacarte.”
“Che qui
però manca” proseguì Naegi, indicando
la scrivania. Per precauzione controllarono brevemente la scrivania, ma
come temevano il tagliacarte non si trovava lì. Si
voltò verso l’entrata, dove si era radunata tutta
la classe; persino Mondo si era fatto vivo, alla fine.
Hm.
Si voltò
nuovamente verso il corpo, fingendo di cercare altri indizi:
“Naegi, dammi una mano qui.”
“Cosa ti
serve, Kirigiri-san?” chiese, e lei rispose abbassando la
voce: “Per ora non diciamo nulla del tagliacarte. Il
colpevole è sicuramente qui, lasciamogli credere che non
sappiamo ancora che tipo di arma è stata usata.”
“Credi la
stia nascondendo?”
“Lo
spero.”
“Ehi, avete
ancora molto da confabulare?” commentò qualcuno, e
dopo un ultimo cenno d’assenso si voltarono entrambi:
“Ok, ascoltatemi tutti con attenzione”
annunciò Kyouko, “abbiamo poco tempo prima che il
processo cominci, quindi dividiamoci e cerchiamo indizi su entrambi i
piani”.
I ragazzi annuirono, e
soddisfatta proseguì: “Io, Naegi e Togami
continuiamo la ricerca nella biblioteca, voialtri dividetevi in gruppi
e setacciate ogni stanza.”
Detto questo
tornò a dedicarsi al cadavere, mentre qualcuno esprimeva
rimostranze sulla divisione dei ruoli, finché non si
dileguarono per i corridoi.
“Sentiamo
Kirigiri, perché mi hai voluto qui? Vuoi tenermi
d’occhio?”
“Sì
e no” rispose lei, assicurandosi che la porta fosse chiusa.
“Non sono del tutto sicura che sia tu il colpevole, ma ora
come ora, vista l’assenza di indizi, sei l’unico
sospettato.”
“E che cosa
ti porta a pensarlo, di grazia?”
“Beh, ad
esempio il fatto che andavi starnazzando ai quattro venti che avresti
ucciso pur di vincere quello che stupidamente ti ostini a chiamare gioco. E il fatto che il cadavere
è stato rinvenuto nel tuo nuovo parco giochi. Anche se sono
poco più che indizi sommari. Per questo motivo ho esordito
dicendo che non ho nessuna convinzione di colpevolezza nei tuoi
confronti”.
“E allora
non dovresti volermi mettere la museruola, stando così le
cose. Pertanto continuo a non capire perché hai chiesto di
trattenermi”.
“Vuoi che ti
dica la verità? La vera verità?”.
“No, mi
accontento di quella falsa”.
Sarcasmo.
Da Togami. Attendo la fine del mondo fra tre, due, uno…
“Hai
sufficiente materia grigia e ingegno da poter dare un reale apporto
alle indagini, al contrario degli altri che spesso sono animati da
buone intenzioni ma difettano delle abilità
necessarie”.
“Nel mio
caso, alla peggio, può essere l’opposto: buone
facoltà supportate da intenzioni non sempre… come
le definiresti, nobili?”.
“Più
modestamente umane”.
“Non
sopravvalutare te stessa e quel branco di incapaci”.
“Non farmi
pentire di averti fatto mezzo complimento”.
“Va bene, va
bene. Siete entrambi bellissimi, intelligentissimi e ironicissimi. Ora
però potreste smetterla di scornarvi e fare qualcosa di
più utile? Celes ha bisogno di noi”.
Byakuya si
voltò verso Naegi, colpevole di aver interrotto il loro
battibecco, e gli scoccò uno sguardo contrariato:
“Celes è morta, nemmeno tu puoi essere tanto
stupido”.
“Lo so che
Celes è morta, santo cielo! Era per dire che
c’è un omicidio da risolvere. E anzi, mentre voi
due vi davate all’avanspettacolo io stavo continuando a
cercare qualcosa di utile… non trovando neanche uno spillo
bucato. Ho il timore che…”.
“...
chiunque sia stato abbia fatto sparire ogni possibile prova? Lo trovo
molto probabile, anche perché il taglio sulla sua gola mi
porta verso uno scenario non troppo confortante”
continuò e concluse Kyouko per lui.
“Che
sarebbe?”.
“Dalla
profondità della lacerazione ho idea che sia stata inferta
da un assalitore che si trovava alle spalle della vittima. Per farti
capire, Naegi…”. Senza aggiungere un avvertimento
o alcunché si portò dietro a Togami, si
alzò sulle punte e mimò il gesto di tagliargli la
gola. Il Super Erede, preso in contropiede, non poté far
nulla per impedirlo e quando si rese conto di quel che era successo
cacciò un urletto da ragazzina isterica. Non mancando di
suscitare ilarità negli altri due, manifesta nel caso di
Naegi e nascosta in quello di Kirigiri.
La simpatica scenetta
venne troncata dall’ingresso delle gemelle Ikusaba, Junko
davanti e Mukuro dietro, che tornavano a mani vuote dal giro
perlustrativo.
“Chiedo
scusa” fece la maggiore “ma… cosa
stavate combinando? Togami, perché urlavi?”.
“Io non ho
urlato!” replicò l’interpellato, assai
stizzito.
“Ah no? E
cosa facevi, gorgheggi per la voce? Il fisico del cantante lirico non
ce l’hai manco un po’, bel pupone”
chiosò Junko ammiccando. E provocando in Byakuya quella che
allo sguardo di Kyouko parve una fusione nucleare
d’imbarazzo, rabbia, disprezzo e altre dodici o tredici
emozioni violente.
Beh
dai, almeno ci rilassiamo un pochino prima di andare tutti al macello.
Perché stavolta mi tocca dire che siamo parecchio nei guai.
Neanche fossero stati
cronometrati, a questo pensiero seguì l’annuncio
di Monokuma: “PIM POM PAM POOOOOM! Ebbene, avete finito i
secondi a vostra disposizione! Alzate le chiappe e portatevi di fronte
alla porta rossa. Muoversi muoversi muoversi!”.
“Oh
bene” disse Mondo dalla sua stravaccata posizione di comando
del quarto piano “finalmente abbiamo un vero omicidio, non
quel ridicolo inciampo del grassone che solo per caso ha portato a un
pezzetto della mia giustizia”.
“Non avere
fretta, Mondo. La rivalsa è un piatto che va servito molto,
molto freddo”.
“Non ho
fretta Daiya, lo sai. Degli Oowada quello incapace di pensare
prima di agire sei tu”.
“Ora mi
offendi, fratellino”.
“Non
prendermi per il culo, eh. Lo sappiamo tutti e due che è
così”.
“...
cazzo, mi conosci troppo bene”. |
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Capitolo 4 *** Fammi un po' vedere come ve la cavate stavolta, nanetto Naegi ***
Durante il breve
viaggio verso il montacarichi, Makoto non poté fare a meno
di pensare a come fossero davvero nei guai: in mano non avevano un
indizio che fosse uno, nessuna prova concreta, solo le supposizioni di
Kyouko.
E
per quanto mi fidi delle sue intuizioni, non possiamo costruirci su
l’intera difesa…
Lanciò uno
sguardo a Togami, che camminava qualche passo più avanti a
lui, e ripensò a quello che Kirigiri aveva detto:
benché mancassero anche le prove a suo carico, il luogo e la
vittima non giocavano per nulla a suo favore; inoltre, l’aver
giurato platealmente che non avrebbe avuto remore ad uccidere qualcuno
pur di concludere questo “gioco” era un movente
abbastanza solido da convincere la quasi totalità della
classe a votarlo come colpevole.
“Tutto
ok?”
La voce di Kyouko lo
distolse dai suoi pensieri poco allegri: “Insomma…
stavo solo riflettendo sul processo, e sul fatto che non abbiamo
nessuna prova” ammise sottovoce, per evitare di farsi sentire
da orecchie indiscrete. “Come faremo a cavarcela?”
aggiunse, e Kyouko si lasciò sfuggire un sorrisetto:
“Qualcosa ci inventeremo.”
Makoto
annuì, non molto rincuorato a dire il vero.
Entrarono finalmente
sul montacarichi, e nel farlo diede un’occhiata ai presenti,
chiedendosi chi potesse essere il colpevole: inevitabilmente
pensò a Oowada e Oogami, che avevano abbastanza forza da
prendere qualcuno per le spalle e sgozzarlo… ma era certo
che Sakura non avrebbe mai fatto del male a una mosca, e anche Mondo
gli sembrava innocuo, nonostante il brutto carattere; Aoi Asahina era
allenata e aveva un fisico atletico, e forse avrebbe potuto farlo, ma
era una persona troppo gentile e mite per pensare di mettere in pratica
un piano tanto efferato. Scosse la testa, cacciando via quei pensieri.
Rimuginarci a quel punto era inutile, poteva solo augurarsi che lui o
Kyouko avessero una qualche intuizione geniale durante il
dibattito…
...o
che il colpevole si lasci sfuggire una parola di troppo.
Le porte del
montacarichi si aprirono improvvisamente e fece per uscire, quando
qualcuno lo spintonò.
“Ouch!”
“Ops!
Perdonami Naegi-kun, non volevo!” si scusò
Enoshima, voltandosi a guardarlo. “Sai, la
tensione… mi sono lasciata trasportare e sono uscita di
fretta!” ridacchiò.
“Non…
non preoccuparti, Enoshima-san, è tutto ok.”
“Meglio
così” chiosò lei facendogli
l’occhiolino, poi si voltò e raggiunse la sorella.
Makoto
avvampò d’imbarazzo, attirandosi le risatine ormai
consuete di Mondo e Leon; quest’ultimo gli
sussurrò persino un “Marpione!”
passandogli accanto, e lui si augurò di sprofondare nel
pavimento di cemento.
“Molto bene,
patetici bastardi. Chi fra voi ha avuto la geniale idea di sgozzare la
piccola, tenera, innocente Celestia Ludenberg? Io lo so, ma voi?
Prendetevi il vostro tempo e trovate un capro espiatorio”
annunciò Monokuma in tono solenne, una volta che i ragazzi
si misero ai rispettivi posti.
“Io dico che
è stato Togami!” bruciò tutti sullo
scatto Hagakure, lanciando pure un dito accusatorio in direzione del
suo colpevole “L’omicidio è avvenuto in
libreria, posto dove passa tutto il suo tempo, e non ha mai negato la
sua intenzione di uccidere uno di noi per vincere!”.
“Feh.
Per quanto mi piacerebbe potermi fregiare di questa tacca”
rispose quello, impassibile e anche piuttosto sbruffone “mi
tocca deluderti, ripetente ultraventenne dai dubbi gusti
estetici… e forse sessuali. Non mi sono sporcato le mani con
quella fastidiosa gothic lolita. Il mio momento di gloria deve ancora
giungere, e stai pur sicuro che quando lo farà non
sarà per qualcosa di così facilmente associabile
alla mia augusta persona. Aspettatevi un’indagine
infruttuosa, tanta frustrazione e una morte che dovete sperare
rapida”. L’ultima parte la declamò
guardando fissa negli occhi Kirigiri, come se l’avesse
virtualmente schiaffeggiata col canonico guanto di sfida. La sua preda
non mosse neanche le sopracciglia.
“Non
è possibile che il colpevole abbia sfruttato apposta questo
fatto per scaricare i sospetti su Togami? Voglio dire, sembra fin
troppo ovvio che la biblioteca sia il teatro dell’omicidio
proprio per indirizzarci su di lui. Non che questo lo scagioni
automaticamente…” rifletté ad alta voce
Sakura. Aoi, naturalmente, si trovò concorde con la sua
amica ma l’opinione generale non era così marcata
e i due fronti contrapposti presero a lanciarsi insulti e sberleffi
assortiti.
Maledizione.
Appena partiti e già siamo in altissimo mare. Non riusciamo
nemmeno a stabilire se Togami è sospetto o meno, non dico il
colpevole.
Kyouko
sembrò cogliere l’inquietudine di Naegi e si
allungò nella sua direzione per sussurrargli qualcosa:
“Non è ancora il momento di buttarsi
giù. Ho un sospetto, anche se purtroppo non sorretto da
prove…”.
“E
chi?” bisbigliò lui di rimando.
“Troppo
prematuro scoprire ora le mie carte, specie quando non ho alcuna
certezza a corroborarle”.
“Per caso ha
a che fare con quello che mi hai fatto vedere in biblioteca, il gesto
del tagliagole?”.
“...
forse”.
Uhm.
Ho come la sensazione che quando una persona come Kirigiri-san risponde
a quel modo, sia un sistema strano per dire di sì.
Però
il problema rimane: è solo un sospetto.
“Mi pare di
avervi chiesto di andare a vedere se si poteva recuperare qualche
indizio in giro. Com’è andata la
caccia?” chiese Kyouko. Makoto notò distintamente
la singola goccia di sudore che le attraversò la guancia.
Ti
prego, se anche tu getti la spugna è la fine.
Si alzò un
coro unanime di diniego, il che non contribuì a migliorare
il loro umore. Poi però, un po’ come una piccola
candela accesa in mezzo all’oscurità totale,
Sakura disse: “Io sì, penso di aver recuperato
qualcosa di buono”. Tirò fuori da una tasca della
sua divisa scolastica un taccuino.
“Qual
è l’utilità di quella roba?”
rimarcò sarcastica Fukawa, giusto per potersi dire che in
entrambi i processi aveva almeno aperto la bocca non in mezzo alla
baraonda.
“Vi
interesserà sapere” proseguì Sakura
ignorandola platealmente “che l’ho rinvenuto in
camera di Celes. E che era stato usato di recente. Allora ho provato a
vedere se si riusciva a risalire a qualche messaggio
e…”.
Si interruppe. Makoto
pensò che volesse creare un momento drammatico ad hoc.
Per
favore Oogami-san, no. Alle mie coronarie ci tengo.
“Leggo
testualmente: ti invito
a venire in biblioteca stanotte alle sei. Il motivo? Molto semplice, ho
trovato quella che penso possa essere una via di fuga. Ti aspetto. Se posso dire la mia, tanto
per mettere a tacere possibili obiezioni, penso che una scrittura tanto
raffinata ed elegante possa appartenere solo alla defunta Celes, ma
naturalmente potete leggere coi vostri occhi e farvene
un’idea”.
Wow.
Devo forse dedurre che ti sei fatta dare lezioni private di
investigazione dal nostro capo ispettore, cara la mia Ogre?
Effettivamente ci fu
un passaggio del taccuino di mano in mano, e nessuno si
trovò nella condizione di poter contestare le affermazioni
di Oogami sulla paternità dell’oggetto.
Quando finalmente
giunse nelle mani di Kirigiri…
“Sì,
posso dire senza la minima ombra di dubbio che questa nota è
stata scritta dalla signorina Ludenberg. Dato il luogo
dell’appuntamento, è lecito pensare che sia stata
inviata questa notte”.
Fantastico,
abbiamo una prova che… non ci serve a niente.
Erano davvero con le
spalle al muro: ogni prova che avevano confermava solo che Celes voleva
attirare qualcuno in biblioteca, ma nulla che lasciasse trapelare
qualche indizio sull’identità
dell’assassino - che, gli doleva ammetterlo, si stava
rivelando parecchio furbo. Si ritrovò a pensare che
quest’idea si sposava abbastanza bene con le ipotesi di
Kirigiri…
…ma
continua a non bastare. Se andiamo avanti così, Togami
è spacciato.
Inspirò,
cercando di calmarsi. Lasciarmi andare al panico è
controproducente, si disse. Meglio fare mente locale su ciò
che so. Ad esempio…
“Ma come
fate a dire che Togami è innocente? Voglio dire, il cadavere
di Celes era in biblioteca! Dove lui si è barricato da
quando è stato aperto il secondo piano!”
“E poi aveva
detto che non si sarebbe fatto problemi a ucciderci, pur di uscire da
qui…”
Bingo.
“Se posso
dire la mia” disse, interrompendo lo scambio di commenti tra
Leon e Sayaka “quello che dite ha senso… in
apparenza. Ma in realtà, se ci pensate, è del
tutto sbagliato.”
“...eh?”
fu l’intelligente commento di Leon, mentre Sayaka e gli altri
gli chiesero di esplicare quel concetto.
“So che
tutti questi indizi possono facilmente condurre a Togami, non posso
darvi torto” proseguì, attirandosi parecchie
occhiatacce da parte di quest’ultimo
“ma… lo credete davvero così
idiota?” chiese, sorridendo a Byakuya in un modo che non
mancò di irritare il biondo ereditiere.
L’intera
classe pareva piuttosto perplessa.
“Ammettiamo
per un attimo che sia il colpevole: non sarebbe stupido, da parte sua,
portare il cadavere in una stanza dove sappiamo tutti passa la maggior
parte del tempo? O lasciarlo lì, a seconda della
dinamica?”
“Beh, messa
così…” commentò Sayaka, a
cui fece eco Aoi e, ovviamente, Touko: “Io lo dicevo che
Byakuya-sama era innocente!”
“In effetti
sarebbe una mossa poco intelligente, se fosse lui
l’assassino” commentò Sakura, e a nulla
servirono le deboli rimostranze di Leon, Mondo e Hagakure; Kyouko
annuì compiaciuta, e Makoto si sentì un
po’ più speranzoso.
“Però
rimane il fatto che non sappiamo ancora l’identità
dell’assassino” commentò di nuovo Leon,
e ricominciarono i battibecchi.
“In
realtà, io ho un ipotesi.”
Tutti si voltarono in
silenzio verso Kyouko, in attesa della sua prossima mossa.
“Badate
bene, è solo un’ipotesi ma… potrebbe
indirizzarci sulla pista giusta.”
“Kirigiri,
per favore, basta suspance” sbuffò Togami, e Naegi
non poté che trovarsi d’accordo con lui. Ma non lo
disse ad alta voce.
“Il taglio
sul collo di Celestia è molto particolare”
prosegui “perché ci fa capire che
l’assassino è una persona che si intende di
combattimento. Vedete, per provocare un taglio in quella posizione e di
quella profondità, bisogna bloccare la vittima da dietro e
usare il coltello per tagliarle la gola” spiegò,
mimando il gesto sul povero Makoto.
Ok
che volevo rendermi utile, ma non facendo il manichino!
“Fammi
capire bene, Kirigiri: con questo stai per caso puntando
l’indice…” cominciò Ishimaru
senza concludere, anche se in faccia gli si leggeva benissimo la fine
della frase.
“Beh, fra
tutti noi c’è una sola persona in grado di
eseguire in maniera efficace quanto vi ho maldestramente mostrato. E
quella persona… è Mukuro Ikusaba. Alt alt alt,
evitate di ricoprirmi di insulti. Ho specificato apposta che questa,
allo stato attuale, non è altro che una mera
congettura”.
“Allora
potevi anche startene zitta!” sbottò
l’accusata “Perché io non ho ucciso
Celes! Me ne sono rimasta tutta la notte a dormire nel mio
letto!”.
Tutto
questo fervore è inusuale da parte di Ikusaba-san. Non
è tipa che si scalda facilmente. Sarà mica che
Kirigiri-san… ha fatto centro? O che perlomeno ha tirato
vicino al bersaglio?
“Invece di
urlarmi nelle orecchie” riprese la Super Detective
“potevi farmi finire di parlare”.
“E parla!
Tanto, cretinata più o cretinata meno…”.
“Avevo
questo da precisare: ovviamente io non sono esperta nel merito, ma
penso che una manovra del genere non possa essere applicata di punto in
bianco. Se, sempre per pura ipotesi, tu e Celestia siete rimaste
coinvolte in una collutazione… uhm…”.
“Che
c’è? Il gatto ti ha mangiato la lingua?”
la punzecchiò Mukuro, apparentemente divertita dal suo
presunto incespicare.
“No.
Riflettevo sul fatto che di solito si taglia la gola in quel modo
quando si vuole sbrigare un lavoretto veloce. Quindi sto cominciando a
credere che chiunque sia salito in biblioteca per rispondere alla
chiamata di Celes… sia andato con l’intenzione di
uccidere. Oppure…”.
Oppure?
Non bastava Oogami-san, adesso anche tu ti metti a fare le pause
drammatiche? Sono finito in una compagnia teatrale che sta per mettere
in scena il Macbeth?
“... oppure
non era da solo”.
Eh?
“Non credo
di seguirti, Kirigicchi” piagnucolò Hagakure, per
la meraviglia di esattamente nessuno.
“Continuando
a prendere per buona la mia buffa teoria. Ikusaba ha assalito Celes da
dietro, quindi potrebbe essere… potrebbe essere che la
persona coinvolta nell’ipotetica collutazione…
fosse qualcun altro”.
L’audace
uscita di Kyouko lasciò di sasso tutti. Ma proprio tutti.
Viva
i salti di fede, Kirigiri-san. Allora, vediamo di raccapezzarci un
attimo. Ipotizziamo che quanto dice sia vero: Celes-san e la misteriosa
Persona X sono impegnate a tirarsi i capelli, prendersi a ceffoni e
tutto quello che si può fare durante una rissa.
Improvvisamente alle spalle della nostra giocatrice d’azzardo
prediletta spunta l’ombra mortale di Ikusaba-san che le
recide carotide, giugulare e anche un pezzo di fegato. Messa
così è una soluzione quantomeno sensata,
c’è da ammetterlo. Però chi…
…
…
…
Oh
santi numi.
“Junko! Se
c’era una terza persona… era per forza Junko
Enoshima!” saltò su, concludendo ad alta voce il
proprio ragionamento.
Ruppe il silenzio come
si può rompere una campana di vetro a martellate.
“Junko?
Sarebbe… Junko la fantomatica presenza?”.
“Ma che sul serio? Avevano anche le tigri e le
foche?”. “Mi pare una stronzata
colossale”. Questi e altri commenti si affollarono per la
piccola aula processuale, sovrapponendosi e coprendosi furiosamente.
“Chi altri
potrebbe essere altrimenti? Inoltre, se ci abbiamo
azzeccato… c’è un possibile
movente” spiegò ancora Kyouko, prendendosi
parecchie occhiate sconcertate.
“Che
sarebbe?” giunse la voce di Leon, esterefatto.
“Mukuro
Ikusaba è un avversario temibile, e fra i presenti solo
Sakura Oogami può essere considerata al suo livello. Ma
questa forza non è mai stata esibita in modo vanaglorioso,
minacciandoci di morti lente e dolorose”. Evidente in questa
parte del discorso il suo riferirsi a Togami, che ricambiò
sogghignando. “Mi viene in mente un solo caso in cui
può voler usare questa sua forza, cioè la
salvaguardia della sorella”.
“Vorresti
intendere” si intromise Naegi “che Ikusaba potrebbe
aver ucciso Celes… per salvare la vita di
Enoshima?”.
“A me sembra
una possibilità plausibile. Basata sul nulla per il momento,
ma nondimeno plausibile”.
Sì,
in effetti fila. Quelle due sono molto legate, è facile
pensare che possano arrivare all’omicidio pur di proteggere
l’altra. Soprattutto Mukuro nei confronti di Junko, che
è indubbiamente la più vulnerabile rispetto
all’ambiente in cui ci troviamo.
“Va bene,
Kirigiri” irruppe la maggiore delle gemelle “Devo
dare atto alla tua fantasia fervida. Ma per tua stessa ammissione stai
sparando a casaccio nel mucchio, e una delle prime cose che ho imparato
nella brigata Fenrir è che sparare a casaccio è
quanto di più sbagliato si possa fare in un campo di
battaglia. Molto meglio tenere la canna della propria pistola
abbassata, almeno non rischi di bucare il cranio di un commilitone.
Più dignitoso”.
“Vero. In
questo preciso istante non ho nulla a supportare la mia tesi.
Però ritengo quanto emerso finora un passo in avanti
rispetto alle primissime fasi, dove non riuscivamo nemmeno a togliere
dagli impicci una certa testa bionda…”.
Ringhio. Risatina
sommessa di Makoto.
“Allora
avanti, ti sfido. Ti sfido a dimostrare che la tua bizzarra
ricostruzione dei fatti ha qualche fondamento nella realtà e
non solo nella tua galoppante immaginazione”.
“Bene,
allora facciamo questa ricostruzione” sorrise Kirigiri,
sicura di sé. “Ipotizziamo che Celestia abbia
scritto quel biglietto con l’intenzione di attirare qualcuno
e ucciderlo, convinta di riuscire a uscirne pulita, e per questo motivo
abbia scelto come luogo d’incontro la biblioteca.”
“Per
incolpare me” commentò Togami borbottando, giusto
per evitare altre battute ai suoi danni.
Kyouko
annuì: “Ovviamente le serve una vittima di cui
può avere facilmente la meglio, quindi possiamo escludere il Super Soldato Mukuro Ikusaba, Oogami e Oowada a priori” disse, tenendo il conto con le
dita, “e mi sentirei di escludere anche Asahina: è
più minuta dei primi due ma è allenata, e avrebbe
potuto perlomeno evitare i colpi di Celes. Ma soprattutto”
aggiunse “credo abbia dato per scontato che Sakura non
l’avrebbe lasciata andare da sola, annullando del tutto i
suoi propositi”. Tutti quanti convennero che il ragionamento
filava, fino a quel momento.
“A questo
punto anche i ragazzi sono da eliminare dalla rosa dei
sospettati” proseguì “perché
potrebbero sopraffarla con facilità, persino uno mingherlino
come Naegi” commentò beccandosi
un’occhiataccia da Makoto, risentito del rimarco alla sua
stazza non esattamente da lottatore.
“Avrebbe
potuto chiamare Fukawa” disse, voltandosi verso
quest’ultima “ma come sappiamo è un tipo
diffidente e poco propenso a socializzare, quindi dubito fortemente si
sarebbe presentata all’appuntamento. Rimangono tua sorella Junko”
disse indicando Mukuro, “e
Maizono”. Quest’ultima trasalì nel
sentire il proprio nome.
“Maizono,
potresti dirci dov’eri ieri notte?”
La ragazza
avvampò d’imbarazzo, balbettando qualcosa:
“Ero… ero nella mia stanza! Dove altro potevo
essere?”
Kyouko
inarcò un sopracciglio: “Sai, dubito sia stata tu
ad uccidere Celestia, però ci stai comunque nascondendo
qualcosa. E in questo caso non è proprio la mossa migliore,
se posso permettermi.”
Sayaka distolse lo
sguardo, imbarazzatissima, e poi disse: “Ieri sera
ero… ero con Kuwata…”
Un coro di voci e
risatine si levò in aula, facendo diventare ancora
più rossa Sayaka; persino Kyouko sgranò gli occhi
dalla sorpresa.
“Questo…
questo è imperdonabile! Un comportamento
indecente!” fu l’ovvia battuta di Ishimaru, a cui
nessuno cercò di dar peso, ma lui proseguì:
“Maschi e femmine non devono stare insieme nella stessa
stanza! Mai!”
“E i
risultati nel tuo caso si vedono…”
commentò Mondo, supportato da Leon il cui rossore in volto
faceva pendant coi suoi capelli.
“Non stavamo
facendo niente di male, lo giuro!” strillò Sayaka,
ormai al limite. “Solo… avevo paura a rimanere
sola e mi ha tenuto compagnia… solo questo!”
E poi sono io il
marpione, eh? pensò Makoto, non senza una punta di
divertimento che sarebbe stata anche fuori luogo, ma la tensione era
tale che tutto andava bene pur di scioglierla un minimo.
“Ok ok,
abbiamo capito” proruppe Kyouko, riportando ordine in aula.
“Kuwata, immagino tu possa confermare.”
“C-certo che
confermo!” fu la sintetica, imbarazzata risposta di lui.
“Bene.
Adesso che sappiamo del suo alibi, rimane solo tua sorella”
si rivolse di nuovo a Ikusaba. “Ora,
torniamo all’ipotetica ricostruzione dei fatti: Celestia
sceglie la sua vittima e le lascia un biglietto
sotto la porta. Enoshima lo trova e si reca all’appuntamento,
probabilmente attirata dalla prospettiva di una via di fuga. Quando
arriva in biblioteca c’è Celes ad attenderla:
lì forse parte una discussione e Celes la attacca, riuscendo
a sopraffarla. A quel punto entri in scena tu” si rivolse
verso Mukuro “che, non potendo lasciar morire tua sorella,
hai attaccato Celes sorprendendola alle spalle e tagliandole la
gola.”
Mukuro rimase
impassibile ad osservare Kyouko, e per qualche istante non
proferì parola; poi sorrise, e disse: “Tutto
questo è molto bello Kirigiri, di sicuro devi essere un asso
del Cluedo. Ma dimmi, cos’hai a sostegno di questa tesi?
Impronte? Il mio nome scritto da qualche parte? L’arma del
delitto?”
“Immagino tu
sia stata abbastanza furba da liberarti delle prove” rispose
Kyouko, pacata “d’altronde abbiamo un inceneritore
a disposizione.”
“Che la
notte è chiuso” si intromise Junko, a difesa della
sorella.
“E chi ha
detto che l’omicidio è avvenuto di
notte?” chiese Kyouko, ma Mukuro prese prontamente parola:
“È solo una deduzione logica: nessuno ha sentito
nulla e le camere sono insonorizzate.”
Un
punto per te, Ikusaba
pensò Makoto, quando ebbe una folgorazione: “Se
è avvenuto di notte, come è lecito pensare, vuol
dire che le prove sono state bruciate solo stamattina. È un
bel rischio, aggirarsi per i corridoi con prove tanto voluminose come i
codini di Celes… a meno che non si abbia la camera proprio
vicina all’inceneritore” disse, guardando Mukuro
negli occhi. Per un attimo la sicurezza del Super Soldato
sembrò vacillare, ma tenne duro: “Continuano ad
essere ipotesi, non fatti.”
“Ci vuole
molta abilità per uccidere qualcuno in quel modo”
proseguì lui, perso nei suoi ragionamenti, “e i
militari sono addestrati anche nell’uso delle armi da taglio,
dico bene?”
Mukuro non rispose,
visibilmente tesa.
“A proposito
di armi” si intromise Asahina “sbaglio o non
sappiamo bene cosa è stato usato per
l’omicidio?”.
Uh.
Si entra nel campo minato dell’unica reale informazione,
escluso il biglietto di Celes, che abbiamo in mano: l’arma
del crimine. Facciamo bene attenzione, Kirigiri-san. È il
momento cruciale.
A confermare questo
suo pensiero le rivolse un fugace sguardo, vedendola se possibile farsi
ancora più attenta e concentrata. Come facilmente
prevedibile, a sua volta aveva colto la delicatezza della situazione.
“Sarebbe
utile averne un’idea, no?”.
“Beh,
è evidente che si è trattato di qualche arma da
taglio. I coltelli in cucina…”.
“... sono
tutti al loro posto, lindi e immacolati. Se ne è stato usato
uno il colpevole si è premurato di lavarlo da cima a
fondo”.
“Penso si
possa dare per buono che non si tratti di un coltello”.
“Ehi, sei un
esperto di taglio delle gole per caso?”.
“Mi stai
forse dando dell’imbecille?”.
Mormorii confusi che,
per l’ennesima volta, si accavallavano. Poi arrivò
la sicura voce di Kyouko a sovrastarli: “Non sono del tutto
sicura su cosa possa essere, ma so per certo che non è un
coltello da cucina. La ferita è incompatibile, troppo
irregolari i bordi”.
Sakura prese la
parola: “Potrebbe essersi trattato di un tagliacarte.
Dopotutto è abbastanza normale trovarne uno in una
biblioteca, no? Togami, ci sai dire qualcosa in merito?”.
E in quel momento
accadde un evento che tolse un peso dal cuore di Naegi: Junko Enoshima
trasalì, anche se non in maniera plateale, e
gettò rapidamente l’occhio verso Mukuro Ikusaba.
La minore delle gemelle appariva decisamente nervosa, al punto di
muovere in maniera convulsa le mani appoggiate al bordo del seggio.
ZACK.
È proprio il caso di dirlo.
Sono
sicuro di non essere stato l’unico a notare
l’irrigidimento di Enoshima-san alla pronuncia della parola
‘tagliacarte’. E questo può voler dire
una sola cosa: io e Kirigiri-san avevamo visto giusto. Quelle due ci
sono dentro fino al collo.
La voce del biondo
ereditiere lo scosse dalle sue profonde elucubrazioni: “Non
sbagli, Oogami. Sulla scrivania in effetti c’era un
tagliacarte, ma durante l’ispezione successiva al
ritrovamento del corpo ho notato che era sparito”.
“Allora
può essere che… Enoshima, stai bene? Sei
impallidita” chiese Ishimaru, preoccupato
dall’incarnato un poco spettrale della ragazza.
“S-sì,
tutto ok…”.
“Gente”
premette sull’accelleratore Makoto, cogliendo appieno il
momento favorevole “vi chiedo scusa per la sterzata
improvvisa in quello che sto per dire, ma vi assicuro che ho i miei
motivi. Volevo porre una domanda a Enoshima-san”.
“Oltre a
inventarti storielle senza né capo né coda, ora
aggredisci verbalmente chi non è in condizione di
difendersi?” saltò su Mukuro, ponendosi
virtualmente a scudo umano della sorella.
“Mi spiace
essere insensibile, ma è questione di vita o di morte. Ho
notato che oggi porti le maniche srotolate, Enoshima-san. Visto che non
era mai successo prima, al punto di farmi arrivare a pensare che il tuo
cardigan fosse proprio fatto in quella maniera… posso sapere
il perché?”.
L’inquietudine
di Junko crebbe.
“Non
sarà mica che ci stai nascondendo qualcosa? Ad
esempio… i segni di una collutazione?” la
provocò Kyouko.
“Che
cosa?”. “Questo cos’è, il
processo delle sparate?”. “Sarebbe…
sarebbe assurdo”. Come a ogni uscita di questo tenore, la
classe si divise in mille opinioni diverse.
“Tutto
ciò sfiora il complotto massonico! Non è
possibile un simile accanimento contro di noi!”
inveì ancora Ikusaba, sempre in vece di Junko che al
contrario dava la sensazione di perdere lucidità ogni
secondo che passava.
“E allora
che alzi le maniche se non ha niente da nascondere. Non le sto
chiedendo di recitare a memoria il Tsurezuregusa, non ci vuole una
laurea” fu la tagliente risposta della detective.
“Non sei
obbligata, Junko. Sono tutti teoremi e nulla di
più” cercò di rincuorarla Mukuro,
venendo però contrastata da altri che invece chiedevano la
soddisfazione della richiesta.
Ben presto divenne
impossibile non esaudirla, pertanto le maniche furono arrotolate.
E i sospetti degli
accusatori confermati: su suoi avambracci c’era una discreta
quantità di graffi. I versi di meraviglia si sprecarono.
“Un’altra
cosa, signore e signori” richiese ancora Makoto
“Qualcuno di voi è in grado di affermare che ieri
Junko Enoshima portava le maniche srotolate?”.
Nessuno si
trovò in condizione di poter confermare. Stando alla
totalità della classe 78, il look della ragazza nel giorno
precedente era identico a tutti quelli passati. E non presentava nulla
del genere.
“Possiamo
quindi concludere logicamente che ti sei procurata questi graffi
stanotte. Il che, a mio parere, ti mette sulla scena del crimine. Hai
modo di ribattere e di giustificarli altrimenti? E, già che ci sei, spiegare perché ti sei innervosita quando è stato tirato fuori il tagliacarte... che, casualmente, è quella che Kirigiri-san ha identificato come arma del delitto?”.
"Che-che cosa? Ma prima aveva detto che..."
"Ogni tanto mi piace mischiare un po' le carte in tavola" rispose l'interpellata con un lieve sorriso.
Cominciò a
imperversare per l'aula un clima di sgomento. Le deduzioni di
Kirigiri e Naegi, assommate alla crescente ansia della loro principale
sospettata, gettavano un pesante velo di colpevolezza sulle gemelle.
Crescente ansia che
non mancò di manifestarsi in maniere sempre più
rumorose, sobillata anche dalle continue punzecchiature che giungevano
dalla barricata opposta.
Quando alle sue
orecchie arrivò l’ennesimo “Confessa, vi
abbiamo incastrate”...
“E VA BENE,
CAZZO! VA BENE! LO AMMETTO, LO AMMETTO! SONO STATA IO!”. Con
tanto di pugno sbattuto rabbiosamente.
Eh?
Cosa vuol dire… che è stata lei? Se abbiamo
ragione, l’assassino è Ikusaba-san.
“Enoshima,
non essere ridicola. Non puoi essere…”.
“STAI
METTENDO IN DUBBIO QUANTO DICO, KIRIGIRI? QUESTA NOTTE HO SGOZZATO
QUELLA PUTTANA DI CELES! MUKURO NON C’ENTRA
NIENTE!”.
“... Junko,
smettila. Non credetele. Ho ucciso io quella poveretta, ma…
le circostanze mi hanno costretta”.
Tutti i presenti si
voltarono verso Mukuro. La sorella perse la sua carica da vulcano in
eruzione, facendosi piccola e spaventata.
“N-No…”
riuscì a sussurrare, abbastanza piano da non venir sentita
da quelli posizionati più lontano.
“Il tuo
tentativo di tenermi fuori è ammirabile, sorellina. Mi fa
capire che ciò di cui mi sono macchiata stanotte, sebbene
non ne vada affatto fiera, è stata la scelta
giusta”.
Ci fu qualche minuto
di pausa per dare a Enoshima la possibilità di recuperare un
contegno.
“Se voleste
spiegare a tutti come si sono precisamente svolti i fatti...”
offrì Kyouko, ricevendo un cenno d’assenso dalla
minore delle gemelle.
“Avete
azzeccato pressoché tutto. È vero, stanotte ho
ricevuto in camera un biglietto che mi convocava in biblioteca per
discutere su una fantomatica via d’uscita da questo cesso.
Nonostante quello che alcuni di voi probabilmente pensano, non sono una
cretina totale e la cosa mi è subito puzzata di marcio. Un
colloquio a tu per tu con qualcuno che non si firma nel bel mezzo delle
tenebre? Sospetto, non pare anche a voi? Ammetto
però che la tentazione di presentarmi era forte, magari quel
che diceva il messaggio era vero e poteva davvero essersi creato uno
spiraglio di libertà. Indecisa, mi sono rivolta alla mia
cara sorella per avere la sua opinione in proposito. E lei,
dimostrandosi decisamente più pragmatica e saggia di me, mi
ha sconsigliato di andarci. Aveva subodorato una trappola. Avrei dovuto
darti retta, Mukuro...”.
Si interruppe un
attimo per passarsi un dito sugli occhi.
Da
una parte non dovrei, ma il modo in cui sta parlando... mi mette
addosso tristezza.
Nessuno le fece fretta
e poté riprendere quando si sentì pronta:
“Invece io, da brava testona quale sono, alla fine ho scelto
di non ascoltarla e di andare comunque. Mi sono diretta fischiettando
in biblioteca e quando ci sono giunta mi sono trovata davanti Celes,
seduta sulla poltroncina che immagino normalmente sia occupata dal
Togami nazionale. Era calma e tradiva una strana sicurezza, come se
fossimo due dame al caffè che parlano del tempo atmosferico.
Si è alzata con un movimento lento, palesemente studiato a
tavolino, e ha cominciato a chiacchierare di fuffa variopinta. Alle mie
rimostranze ha cambiato atteggiamento, oserei dire in maniera
immotivata, e ha preso a spintonarmi e a graffiarmi con quella sua
maledettissima unghia metallica. Ovviamente è per questo che
non tenevo le maniche arrotolate oggi, come è stato bravo
Naegi a dedurre. L’ostilità è montata
rapida e in men che non si dica mi sono ritrovata per terra con lei
sopra di me. Eravamo di spalle rispetto all’ingresso della
stanza. A quel punto ha urlato che il contenuto del messaggio era
veritiero e che ero io la sua via di fuga. O meglio, il mio cadavere.
Ho provato a reagire ma è riuscita a neutralizzarmi,
afferrando poi il tagliacarte dalla scrivania. Ho chiuso gli occhi
attendendo la fine... che non arrivava. In compenso qualcosa mi
è franato addosso. Riaprendoli ho visto Mukuro
torreggiare sopra di noi, il tagliacarte nella sua destra, e il corpo
senza vita di Celes afflosciato sul mio”.
La platea rimase in
religioso silenzio.
“Mukuro...
mi... mi sei... venuta dietro”. Si
capì subito, dal tono e dal contenuto, che Junko stava
ripetendo quanto aveva detto in quel momento. Lo sguardo che le
rivolse, quasi… languido?... non faceva che avvalorare
l’idea.
“Pensavi
che ti avrei permesso di morire così facilmente? Mi
sottovaluti”
rispose l’altra, altrettanto calata nel ricordo.
“Non... non
avresti dovuto ucciderla... bastava farla svenire...”.
“No. Sono
stata obbligata a fare così. Si trattava di te o di lei. Non
ho avuto esitazioni nello scegliere”.
“Pazza...
pazza che non sei altro... hai appena ammazzato una persona... per
salvare me...”.
“Ti voglio
abbastanza bene da poterlo fare, Junko. Non me ne pento. Ora alzati e
aiutami a pulire”.
“Tutto...
tutto ciò è terribile...” si
lasciò sfuggire Aoi, mano sulla bocca e occhi lucidi.
Il modo in
cui il delitto si è consumato poteva lasciar intendere
un’esecuzione o qualcosa di non molto diverso. Il resoconto
di Enoshima-san, invece, getta sulla faccenda tutt’altra
luce. Certo che dover arrivare a uccidere per non essere uccisi, o per
non veder morire la propria sorella...
“A quel
punto” riprese la Super Modella “con Mukuro abbiamo
spostato Celes sulla sedia, abbiamo recuperato i codini posticci che le
avevo strappato durante la baruffa, abbiamo pulito alla meglio le
tracce di sangue sul pavimento e fatto quello che ritenevamo giusto
fare per non collegarci all’omicidio. Almeno da quel punto di
vista non ce la siamo cavata male, vista tutta la fatica cui vi abbiamo
obbligato”.
“Puoi dirlo
forte, Enoshima. Raramente ho sudato così tanto per
raccattare due indizi in croce” si complimentò
Kirigiri.
Strano.
Non mi dà l’impressione di essere una di quelle
che applaude i criminali. Anche se, a soluzione acquisita,
può anche permetterselo.
“Io avrei
una domanda” si intromise timida Sayaka.
“Sarebbe?”.
“Dio, non
avete idea della nausea che mi sto sentendo salire. Ma in questa
situazione… chi viene giustiziato? Ikusaba? Enoshima?
Entrambe?”. Venne scossa da fremiti mentre diceva queste
pesanti parole, dimostrazione concreta che avrebbe preferito farsi
infilare in una vergine di ferro che pronunciarle.
Tutti rimasero in
silenzio a guardarsi, totalmente presi alla sprovvista.
“In
effetti…” disse qualcuno.
“Ma
le regole della scuola cosa dicono?” chiese qualcun altro.
“Allora
possiamo salvarne una?” sperò qualcuno.
“Bene bene
bene, abbiamo dei vincitori! Siete pronte ad affrontare il vostro
miglio verde?”
Monokuma si
rianimò dal nulla, quasi che la scoperta dei colpevoli gli
avesse dato un motivo per partecipare al processo, e scese dal suo
trono dirigendosi verso il montacarichi.
“Aspetta un
secondo! Chi delle due verrà giustiziata?”
tuonò Kirigiri, dando voce ai pensieri dell’intera
classe, ma Monokuma la ignorò platealmente:
“Prego, se volete seguirmi, vi condurrò al luogo
dove avverrà l’esecuzione! Upupupu!”
Kyouko e Makoto si
scambiarono uno sguardo complice.
Ha
ignorato le nostre domande. Ancora.
Non poterono fare
altro che seguire l’orso meccanico dentro al montacarichi, e
poi fino alla palestra del secondo piano.
“Prego, miei
piccoli bastardelli, entrate!”
“Che…
che ci facciamo in piscina?” chiese qualcuno, quando Mukuro
finalmente capì: “Tu… tu vuoi
annegarci?”
L’orrore si
dipinse sui volti dei ragazzi, sconcertati da tanta
crudeltà; Aoi quasi ebbe un mancamento, ma venne sorretta
prontamente da Sakura.
“Come…
come puoi essere così…
così…” balbettò Makoto,
senza riuscire a finire la frase.
Monokuma tuttavia
sembrava immune alle loro recriminazioni: “Ho già
preparato per voi un… aiuto per il vostro ultimo
viaggio” commentò mellifluo, indicando con una
zampa quelli che aveva definito “aiuti”: due
bilancieri da palestra, entrambi muniti di due dischi da 20 kg
l’uno per lato, e delle corde.
Junko non
riuscì a trattenere un singulto, ormai conscia che quelli
erano i suoi ultimi istanti di vita. Cori di insulti e minacce ai danni
di Monokuma si sprecarono, ma quest’ultimo
continuò come nulla fosse: “Bene signorine, questi
ve li legherete al collo” disse, indicando loro le funi
annodate ai bilancieri, “dopodiché avrete cinque
minuti per decidere chi butterà in acqua i pesi - e di
conseguenza le nostre piccole assassine!”. Poi si
zittì.
“Perché
vuoi farci fare i boia ogni volta, perché?!”
urlò Makoto, senza ottenere risposta.
“Lascia
perdere” sussurrò Kyouko, “se abbiamo
ragione stai parlando al vento.”
Makoto rimase un
attimo interdetto, poi ricordò il discorso sui messaggi
pre-registrati e annuì.
E
poi ora abbiamo ben altro di cui occuparci…
Si voltò
verso il bordo vasca, dove Junko e Mukuro erano già pronte
coi pesi al collo, in attesa che qualcuno spingesse quei pesanti
bilancieri… condannandole a morte.
E ancora una volta, fu
Sakura Oogami a farsi avanti.
“Sakura-chan,
no!” strillò Aoi in preda alle lacrime, ma Sakura
non volle sentire ragioni: “Non abbiamo scelta, e nessuno
è abbastanza forte da sollevare quei pesi” disse,
il volto tirato per la tensione.
“Io ce la
faccio” proruppe Mondo, avanzando verso di lei. “Ti
aiuto, non devi… sì insomma, non devi farlo da
sola.”
Sakura
annuì, probabilmente grata all’idea di non dover
essere l’unica a sporcarsi le mani questa volta.
Le due sorelle,
intanto, contemplavano quella che sarebbe diventata di lì a
poco la loro tomba.
“Mukuro-chan?”
Mukuro si
voltò verso la sorella: “Non… non mi
chiamavi così da tanto tempo…”
“Lo so. Sono
una scema.”
“Non
è vero.”
“Mi
dispiace.”
“Non fa
nulla…”
“Sì
beh, stiamo solo per morire…”
“Se riesci a
fare del sarcasmo significa che la stai prendendo con molta
filosofia.”
“Me la sto
facendo addosso” sorrise Junko. "Non voglio
morire… ma non ho scampo. Quindi me ne andrò
senza scene madri, per non dare soddisfazione a chiunque manovri
quell’orso di merda.”
Mukuro non
riuscì a trattenere un risolino, nonostante tutto.
“Mukuro-chan?”
“Hm?”
“...grazie.”
Mukuro sorrise, un
sorriso vero: “Non avrei mai lasciato che quella baldracca
facesse del male a mia sorella” disse, e tese una mano verso
Junko. Quest’ultima, con le lacrime agli occhi, la
afferrò e la strinse forte.
“Tempo
scaduto, bastardi! È ora di morire!”
Le due sorelle Ikusaba
fissarono Monokuma con sdegno un’ultima volta, poi si
voltarono verso Sakura e Mondo facendo un cenno d’assenso.
Infine, si concessero un ultimo saluto.
“Insieme?”
chiese Junko, la voce rotta dal pianto.
“Insieme.”
confermò Mukuro, il volto bagnato di lacrime.
Poi i loro boia
lanciarono i bilancieri in piscina, e le due sorelle vennero trascinate
a fondo.
Come in un macabro
spettacolo, i ragazzi si avvicinarono a bordo vasca e le guardarono
agonizzare per almeno un minuto che a loro sembrò
interminabile.
Infine Junko e Mukuro
smisero di muoversi.
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Capitolo 5 *** Dopo il secondo processo ce la prendiamo comoda, va bene? ***
Qualche ora dopo.
I ragazzi erano
riuniti in caffetteria per la cena. Inutile specificare che
l’atmosfera era parente molto, molto stretta di quella che si
respira a un funerale.
Il silenzio di tomba
che regnava non dava fastidio a nessuno, anzi. Consentiva ai presenti
l’elaborazione del lutto, della perdita a dir poco tragica e
ingiusta delle gemelle Ikusaba.
Naegi, seduto in fondo
al grande tavolo che li ospitava tutti, mangiava quieto nonostante lo
scarsissimo appetito. Doveva tenersi in forze e attivo, anche se una
minuscola parte del suo cervello gli sussurrava di lasciarsi andare che
tanto sarebbero crepati tutti prima o poi e che non valeva la pena
sbattersi alla ricerca di una soluzione.
No
no no no no. Stai zitta, metà infame. Stai zitta. Non puoi
parlare così. Non puoi sputare sui corpi di Chihiro, Hifumi,
Celes, Junko e Mukuro. Non accetto che siano morti invano. Non lo
accetto. Nonloaccetto.
E mentre nella sua
testa avveniva questo scontro fra morali e punti di vista contrastanti,
attorno a lui non c’era il minimo suono se non quelli
involontari come potevano essere uno starnuto o una scoreggia.
La
poesia, eh. Io sono qui coi dubbi amletici e mi faccio distrarre dalle
emissioni intestinali. Furbo che non sei altro.
Il pasto si
trascinò lento verso la propria conclusione.
Ok,
ora basta. Non sopporto più questi sguardi spenti e questa
assenza della più minima vitalità. Non sto
chiedendo di festeggiare con frizzi, lazzi e coriandoli. Sarebbe
irrispettoso per chi non c’è più. Ma,
al contrario, non dobbiamo neanche farci prendere dallo sconforto nero.
Reagire gente, reagire.
E non mancò
di mettere in pratica il proposito tentando qualche piccolo accenno di
conversazione. Ad esempio chiese a Oogami come proseguivano i suoi
esercizi e a Fukawa se negli ultimi giorni aveva per caso buttato
giù qualche riga.
Così,
chiacchiericcio senza impegno. Tanto per non perdere l’uso
della parola.
Le risposte? Mugugni e
minimi cenni, per fargli capire che la domanda era stata recepita ma
che non si aveva intenzione di scendere nei dettagli.
“Avanti,
Naegi fa bene a cercare di scuoterci” disse Kuwata
“Non possiamo passare il resto della nostra vita a macerare
in… in questo. Non ci fa bene”.
“Ovvio che
non ci fa bene” lo apostrofò Sakura “E
quel che dici è anche giusto, ma chiedo troppo nel
prendermi un po’ di tempo? Ti ricordo che finora ho operato
come boia in due processi su due, ti assicuro che non è una
passeggiata. Mi porterò fino all’altro mondo
il ricordo di quando, con le mie stesse mani, ho tagliato la testa di
Yamada e ho spinto Enoshima e Ikusaba nel loro loculo
acquatico”.
“Nell’ultimo
caso non sei stata sola, mi sono sporcato le mani
anch’io…”.
“Non intendo
prendermi tutto il dubbio merito Oowada, non ti preoccupare”.
“Dai”
saltò su ancora Naegi, ormai lanciato nella sua opera di
rinvigorimento degli spiriti “perché non facciamo
qualcosa tutti assieme? Chessò, anche solo un gioco stupido.
Per non passare tutto il tempo immusoniti e depressi”.
Ci fu un moderato
successo alla proposta, dove con moderato si
intende qualche anima pia si prese la briga di rispondere
con qualcosa di più consistente di un monosillabo.
Pur con tutti gli
encomiabili sforzi di Naegi, la loro improvvisata sessione di sciarada
fu un mezzo fallimento. Se non altro si risentirono voci che non davano
segni di vita da parecchie ore.
Chi
l’avrebbe mai detto che Asahina-san è ferratissima in
titoli di film? Io no di certo.
Al termine, dato
l’orario ormai avanzato, alcuni di loro annunciarono
l’intenzione di ritirarsi nella propria stanza per riposare,
essendo stanchi fisicamente e psicologicamente dopo
l’intensissima giornata appena trascorsa.
Makoto, a sua volta
non al massimo della forma, stava per unirsi alla corrente dei partenti
quando Kyouko gli scoccò uno sguardo inequivocabile: sauna. Adesso.
Adesso?
Proprio adesso? Tu non senti mai lo stimolo del sonno, Kirigiri-san? E
va beh, è un affare importante che si merita
l’ultimo sforzo di oggi.
Grande fu la sua
sorpresa quando la vide avvicinarsi all’orecchio di Togami e
sussurrargli qualcosa. Mise da parte quella strana e inaspettata punta
di gelosia, e dopo qualche minuto li raggiunse nello spogliatoio.
“Finalmente,
Naegi. Ti piace farti desiderare?”
Makoto
inspirò, cercando di mantenere la calma.
Non
è proprio giornata, Scion di ‘staceppa. Non dopo
averti salvato il nobile deretano, soprattutto.
Ignorò
bellamente Togami e si rivolse invece a Kyouko: “Avevi
qualcosa da comunicarci, Kirigiri-san?”
“Ho pensato
che poteva essere il caso di mettere al corrente Togami dei nostri
sospetti sul mastermind.”
“E cosa ti
fa credere che non sia lui, il mastermind?”
“Passerò
per ingenua, ma dubito che se lo fosse si permetterebbe certe uscite
tanto gradasse” rispose lei, senza dar peso alle occhiatacce
offese dell’ereditiere. “E poi, per quel che ne
sappiamo, chiunque potrebbe essere il mastermind… persino
tu.”
“In quel
caso dovresti ammettere che sono un grande attore” sorrise
Naegi, stupendosi della sua stessa acidità.
Ok,
sono stanco. Dopo una situazione del genere, con un clima simile dove
tutti si sono quasi arresi alla morte imminente, sfido chiunque a non
diventare un attimino suscettibili…
Kirigiri
inarcò un sopracciglio nell’udire quella risposta,
inusuale per Makoto.
“Non vorrei
interrompere Naegi e la sua ironia pungente” si intromise
Togami, “ma dite che riusciamo a passare ad argomenti
più seri entro le sei di mattina?”
Makoto non rispose, ma
si accomodò su una panca e con un gesto della mano fece
capire a Kyouko che le lasciava la parola.
La ragazza
sospirò.
“Dunque,
Togami. Come avrai intuito io e Naegi-kun abbiamo dei sospetti sul
mastermind.”
“E
sospettate che si nasconda tra di noi, come avete detto
prima” commentò lui.
Kyouko
annuì: “Sì. Abbiamo notato alcune cose
strane nel comportamento di Monokuma, come l’evitare certe
domande, quasi fosse…”
“...programmato
per agire in quel modo?”
“Esattamente.”
Togami
annuì: “Sì, in effetti ci avevo fatto
caso. Ammetto che sulle prime l’avevo bollato come semplice
menefreghismo da parte sua, ma alla luce dei fatti direi che non sono
paranoico.”
“Per questo
abbiamo pensato che possa essere uno di noi” rispose Kyouko.
“Giustificherebbe l’uso di messaggi pre-registrati,
qualcosa di cui un mastermind che si limita ad osservarci dalla sua
sala di controllo non ha bisogno.”
Byakuya rimase in
silenzio qualche istante, poi annuì di nuovo:
“Sì, in effetti il ragionamento ha senso. E avete
anche qualche sospetto?”
Kyouko
osservò per un attimo Naegi, stranamente cupo e silenzioso,
poi tornò a concentrarsi su Togami: “Non
esattamente. Da quando ne abbiamo parlato abbiamo deciso di prestare
più attenzione alle assenze sospette, ma… ammetto
che, personalmente, qualche sospetto ce l’ho.”
“Trovi
prudente comunicarceli? L’hai detto tu stessa, chiunque
potrebbe essere il mastermind” insinuò Togami,
apparentemente divertito mentre si dava a una retorica imitazione di
Leon con le palle curve.
“Non lo
posso escludere con certezza, no. Ma, cari i miei stalloni, vi piazzate
molto bassi nella mia personale classifica di gradimento”.
Di fronte a questa
battuta intrisa di sarcasmo volgarotto, Makoto prese a fischiare dalle
orecchie come i treni degli anni trenta che andavano a vapore.
Non
è un concorso di bellezza, Kirigiri-san. E poi, davvero sono
messo così male ai tuoi occhi? D’accordo, lo
intendevi in senso diverso e lo capisco… ma non fa bene
all’autostima sentirsi trattato così. Pensa poi
quando sono a pezzi come adesso.
Togami invece
ghignò. Sembrava o molto contento di vedere Naegi
imbarazzarsi per così poco, o molto contento di essere
considerato in siffatta maniera da Kirigiri. Difficile esserne sicuri.
“Seriamente.
Togami, dubito tu sia il mastermind per i motivi esposti poco fa.
Naegi, dubito tu sia il mastermind perché… non
prendere la mia affermazione dal lato sbagliato, ma non penso
riusciresti a portare avanti questa scenata efficacemente”.
“Mi stai
forse dando dello scemo? Perché se è questo il
caso ho un letto che mi attende, almeno occupo il mio tempo in maniera
proficua invece di farmi prendere in giro da te”.
Ci fu una risata
cristallina, qualcosa che raramente si era sentito per quei corridoi e
quelle aule. Veniva dalla bocca di Kirigiri, che ebbe
l’educazione di coprirsela con il dorso della
mano... o meglio, del guanto.
So
che non è il momento adatto, e forse mai lo sarà.
Ma se mi venisse mai l’audacia per farlo, le chiederei
perché non ne fa mai a meno. Nasconderà qualcosa?
…
Kirigiri-san
nasconde le sue mani.
Cosa
mi assicura che non stia nascondendo anche altro?
Oh
santo cielo, è proprio il dubbio perfetto per la sera tarda.
Di quelli che ti tolgono il sonno.
Non
ora, Makoto. Non ora. Ci rifletterai meglio a mente più
lucida.
“Mi fa
piacere essere fonte di divertimento. Me ne vado fra tre, due,
uno…” disse per distrarsi dagli ultimi,
inquietanti pensieri.
“Su su, non
fare l’offeso. Non eri tu quello che prima, in caffetteria,
si è prodigato in lungo e in largo per sollevarci il morale?
Apprezza la buona riuscita dei tuoi sforzi”.
Sul viso di Naegi
nacque il sorriso più sincero che avesse mai sfoggiato
dall’inizio di quel folle incubo.
“Siete
talmente commoventi che rischiavo di svenire dalla noia. Reitero la
richiesta di affrontare argomenti seri prima delle sei, sempre che non
dobbiate continuare a farvi i grattini invisibili”
commentò Byakuya con fare seccato.
Kyouko si ricompose
nella sua maschera di indifferenza: “Sì, hai
ragione. Chiedo scusa per la parentesi. Eravamo… ai miei
sospetti, sì. Bene, volendo sperare che nessuno di voi due
sia davvero il nostro nemico… io ho puntato i fanali su
Oowada”.
“Uh?”
venne naturale a Makoto intromettersi “Oowada-san? Non
capisco perché dici così”.
“Ti ricordi
quando sono venuta a chiamare te, lui e Kuwata al momento del
ritrovamento del cadavere di Celes?”.
“Sì,
lo ricordo. E… oooooh, forse ho capito”.
“Togami,
visto che tu non sai di cosa stiamo parlando: in quel momento Oowada
è rimasto indietro, in questa stessa sauna, manifestando
sgomento per quanto accaduto. Il che è comprensibile e non
è automatica prova di colpevolezza di alcunché,
ma se lo interpreti come il mastermind che ne approfitta per crearsi lo
spazio necessario a programmare Monokuma…”.
Sistemandosi gli
occhiali sul naso, l’ereditiere disse: “Uhm. Dando
per buono che quel gorilla analfabeta possa essere capace di un piano
tanto machiavellico… lascia parecchio da pensare,
è vero. Sarebbe stato il momento giusto per dare
all’orso le direttive basilari su come muoversi durante
l’investigazione prima e il processo poi. Probabilmente,
ovunque vada per queste operazioni, ha anche la possibilità
di visionare le telecamere di sicurezza e conoscere prima di tutti noi
la faccia del colpevole”.
Giusto.
Non avevo pensato a questa sua esigenza, ma è evidente che
il mastermind deve poter scendere nell’aula processuale
sapendo chi ha ucciso. Altrimenti come potrebbe, tramite Monokuma,
decretare se il dibattito ha colpito nel segno o meno?
“Dopo quello
di cui mi avete reso partecipe, però, devo dire che io ho un
altro possibile indiziato per il ruolo di Gran Visir”
proseguì Togami.
“E
sarebbe?” gli chiese l’unica ragazza presente.
“Sei sempre
stata sfuggevole, Kirigiri. Perché non potresti essere
tu?”.
…
…
…
…
Kami
del cielo, della terra, dell’aldilà e
dell’aldiqua. Vi prego vi prego vi prego vi prego, ditemi che
non sto cominciando a pensare come l’odioso snob che in
questo momento mi sta rubando l’aria.
“Hai tutte
le ragioni del mondo per crederlo, Togami” rispose lei,
pacata. “Come dicevo, siamo tutti possibili sospetti. Magari
qualcuno più di altri, e capisco che il mio modo di fare
possa destare qualche dubbio.”
“Hmpf, non
mi dai nemmeno la soddisfazione di vederti indignata per le accuse?
Smorzi tutto l’entusiasmo, Kirigiri” fu la risposta
persino divertita di Togami.
Makoto, ancora perso
nei suoi pensieri, sospirò.
Mi
sono allarmato inutilmente… anche se è vero che
il suo atteggiamento non depone a suo favore, in queste circostanze.
Soprattutto i momenti in cui sparisce nel nulla e…
Scosse la testa.
Basta,
Makoto. Basta. Per oggi è meglio che il cervello si metta a
riposo, non ci siamo proprio.
La discussione tra la
Super Detective e il Super Erede lo riportò alla
realtà.
“Cosa pensi
di fare riguardo Oowada?”
“Non molto,
al momento” rispose lei, portandosi la mano al mento come per
riflettere. “A parte le mie supposizioni non ho nulla di
concreto per accusarlo… e inoltre, con sempre più
piani a disposizione, diventa difficile monitorare gli spostamenti di
chiunque.”
“Vero…
adesso dovrebbe esserci il terzo piano aperto”
commentò Makoto. “L’avevo completamente
dimenticato…”
“Onestamente
credo che nessuno di noi ci abbia pensato” replicò
Kyouko, “e anche l’avessimo fatto,
l’umore dei più non era il più adatto
per andare a ispezionare la nuova area.”
“Ma
scommetto che tu ci hai pensato” la provocò
Togami, con un sorrisetto che Kyouko ricambiò: “In
effetti pensavo di dargli un’occhiata appena finito qui in
sauna” disse. “Non ho molto sonno.”
“Sai cosa?
Vengo con te.”
“Vuoi
scoprire cosa faccio quando sparisco per un po’,
Togami?”
“Questo, e
anche una discreta curiosità su cosa ci riserva il terzo
piano” rispose lui, poi si voltò verso Makoto:
“Ti unisci a noi, Naegi?”
Lui rimase in silenzio
qualche secondo: gli doleva ammetterlo, ma quella strana gelosia voleva
costringerlo a dire sì. E tuttavia…
“Per
stavolta passo. Sono davvero stanco e provato da quanto successo oggi,
e sento davvero il bisogno di sprofondare a letto per qualche
ora.”
E dicendolo si
avviò verso la porta, lasciando soli gli altri due.
“Ne sei
sicuro? Non ti scoccia lasciarmi sola con lui?” chiese
Kyouko, civettuola.
…
grgrgrgrgrgrgrgrgrgrgr… non la credevo… capace di
maneggiare così le armi più squisitamente
femminili…
“Ma no,
figurati. E poi sto crollando sul serio, finirei con lo sporcare di
bava in giro quando mi addormento. Confido in un aggiornamento domani,
doveste scoprire qualcosa”.
“Sarà
fatto” confermò lei, anche se Makoto ci colse una
leggera vena di irritazione. Quella e lo sguardo… dire
“torvo” sarebbe esagerato, ma era quanto di
più vicino una persona come Kirigiri potesse esprimere.
Ti
dà fastidio non essere il primo oggetto dei miei pensieri?
Eeeeeh, per stasera farai di necessità virtù.
Dormo letto sonno.
Si
accomiatò con un ultimo, sbrigativo saluto.
Puntò come
un missile telecomandato verso camera propria, la aprì, fece
giusto lo sforzo di assicurarsi che l’avesse richiusa, si
gettò sul materasso vestito e cominciò a russare
come un trattore guasto.
“Wow! Un
biliardo! Chi se la fa una partita con l’asso del
circondario, eh? Eh? Eh?”.
Makoto dovette
coprirsi le orecchie quando Mondo, neanche avesse cinque anni, si
precipitò ad afferrare una stecca per giocare a carambola.
Carambola che avevano scoperto essere parte della sala ricreativa, al
terzo piano.
Dopo il forfait della
sera precedente si era rassegnato a scoprire quali stanze erano state
sbloccate in compagnia di tutti gli altri, che solo la mattina avevano
deciso per una spedizione esplorativa.
E poi
scoprì che Oowada era un fanatico del biliardo, con estremo
dispiacere delle proprie orecchie.
“Dai Naegi,
vieni a prenderti una bella batosta!” urlò ancora,
se possibile trapanandogli ancora di più le orecchie.
“Oowada-san,
per favore! Non siamo qui per perdere tempo, te lo ricordi
sì?”.
“Oh dai, non
fare l’ammazzagioie. Si tratta solo di una partita veloce
veloce, tanto ti rifilo un cappotto in tempo zero!”.
“... metti
giù quella stecca”.
“Ma…
ma…”.
“Metti
giù la stecca”.
“Pffff. La
tua disfatta è solo rimandata, tappo”.
“Sì
sì, me lo segno sull’agendina. Ma potrei far
fatica a trovare un buco da dedicarti”.
Cavolo.
Non ricordavo di aver cenato con pane e napalm, perché mi sa
che mi sono rimasti addosso rimasugli da ieri.
Distolse i propri
pensieri sul suo attuale umore, tornando a concentrarsi sulla
perquisizione della stanza. Che però non diede i frutti
sperati.
“Nulla, solo
inutili passatempi. E giornali vecchi”.
Quel
che sto per dire è crudele, ma oggi mi sento in vena anche
per questo: meno male che Yamada non c’è
più, almeno non ci assorderà lamentandosi
dell’assenza degli ultimi numeri di Shonen Jump.
Speriamo
che la ricerca degli altri sia andata meglio della nostra.
“Qua direi
che abbiamo finito, Oowada-san. O tu sei stato fortunato?”.
“Macché.
Ciarpame, tanto ciarpame”.
Gli sbuffi dei due
ragazzi si sovrapposero fino a diventare uno.
Va
beh, buco nell’acqua e…
Non fece neanche in
tempo a finire il pensiero che di fronte ai suoi occhi, puntati per
puro caso in direzione della porta aperta, si stagliò la
figura di Kirigiri.
Che stava guardando
lui. Proprio lui.
Che
cosa? Che hai da fissarmi così?
Gli fece
l’inequivocabile cenno di seguirla con l’indice
della sinistra. Aveva uno sguardo strano, Kirigiri, e non la sua
solita, impenetrabile espressione neutra. Difficile da definire, ma
comunque strano. Non da lei.
Boh, chissà che vuole
pensò facendo spallucce e avviandosi. Alla fine, si disse,
la sera prima non era stato esattamente un cavaliere. Sperò
che così facendo potesse riguadagnare qualche punto nei suoi
confronti.
Scesero al primo piano
e si infilarono rapidi nella ormai usuale sauna.
“Mi devi
parlare, Kirigiri-san?” esordì lui.
“Ci puoi
scommettere che ti devo parlare”.
“Kamisama.
Che c’è? Non avrai mica… scoperto un
altro cadavere?”.
“No, per
fortuna no”.
“E allora?
È saltato fuori qualcosa sull’identità
del mastermind?”.
“Magari. No,
volevo sapere cosa ti è saltato addosso ieri sera per farti
comportare in maniera così sgradevole”.
…
eh? Sei seria?
Makoto decise di
andarci cauto, che con Kirigiri non si sa mai:
“Cos’avrei fatto, esattamente?”
“Hai forse
dimenticato le tue risposte acide e il tuo sarcasmo fuori
luogo?”
Fuori luogo??
Makoto sorrise, il
più tenero dei sorrisi di cui era capace:
“Perdonami, Kirigiri-san, se l’esecuzione di
Enoshima-san e Ikusaba-san mi ha innervosito e buttato giù. Alla prossima
esecuzione cercherò di non perdere il mio solito buon
umore.”
Kirigiri rimase in
silenzio, forse incerta su che risposta dare; probabilmente,
azzardò Makoto tra sé e sé, si trovava
persino in difficoltà.
Il
titolo di Super Detective è indubbiamente meritato, ma non
hai ancora capito come comportarti col prossimo.
“Probabilmente
anche Togami potrebbe essersi risentito del tuo
comportamento” azzardò lei.
“Per quel
che so di Togami, non credo gliene importi molto di ciò che
dico o faccio” fu la risposta di Makoto.
Per un po’
rimasero in silenzio, incerti sul da farsi; Makoto era seduto su una
delle panche, intento a fissare i suoi piedi.
Non
è che abbia senso, questo mio fastidio nei confronti di
Kirigiri e Togami… eppure non riesco a fare altrimenti.
Senza contare che questo suo comportamento non mi fa venir voglia di
agire diversamente…
In fondo quanto aveva
detto prima non era poi falso: due omicidi e due esecuzioni terribili
nel giro di pochi giorni, a cui aveva assistito e di cui aveva discusso
i dettagli più atroci in un processo-farsa…
chiedere che fosse anche di buon umore era decisamente troppo.
“Forse
ho… preteso troppo da te” proruppe Kyouko,
rompendo il silenzio. “Probabilmente ho davvero…
esagerato.”
Makoto si
voltò a guardarla, sconvolto.
No,
aspettate un attimo. Kyouko Kirigiri starebbe cercando di SCUSARSI? Con ME?
Sta forse finendo il mondo e io non ne sono al corrente? Sì
ok, c’è il condizionale di mezzo, ma è
pur sempre di Kirigiri che parliamo.
“Beh…
la situazione in cui ci troviamo non aiuta”
abbozzò lui, grattandosi la testa imbarazzato
“veder morire gente così, come fossero
mosche… e non oso immaginare come stiano Oogami-san e
Oowada-san, che si sono dovuti sporcare le mani e improvvisarsi
boia…”
“Se i
nostri sospetti sono esatti, direi che Oowada non fosse poi troppo
dispiaciuto…” rispose Kyouko, e Makoto
annuì.
‘Icci
icci, sento odor di Kirigicchi’ direbbe quel fattone di
Hagakure.
Mondo, appostato
appena fuori dall’ingresso degli spogliatoi, non
poté credere al suo culo sfacciato.
Aveva deciso di
pedinare Naegi e Kirigiri per semplice sfizio, incuriosito dal fare da
gatta morta di lei.
E ora… ora
aveva scoperto che quei due complottavano alle sue spalle. |
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Capitolo 6 *** Spero che il pacco-bomba sia di tuo gradimento, cara ***
“E
così mi avete scoperto, eh?”
Mentre sistemava i
capelli dopo la doccia, Mondo ripensò alla discussione
casualmente origliata giusto mezz’ora prima.
“Beh…
la situazione in cui ci troviamo non aiuta. Veder morire gente
così, come fossero mosche… e non oso immaginare
come stiano Oogami-san e Oowada-san, che si sono dovuti sporcare le
mani e improvvisarsi boia…”
“Se
i nostri sospetti sono esatti, direi che Oowada non fosse poi troppo
dispiaciuto…”
Mondo sorrise,
compiaciuto.
Spingere quelle due
sgualdrinelle in acqua è stata la cosa migliore della
giornata di ieri pensò, ricordando il momento
in cui aveva lanciato il bilanciere. Ripensò a come il collo
di Enoshima si era piegato in maniera innaturale, a come aveva
continuato ad agonizzare in acqua finché i suoi arti avevano
smesso di muoversi.
Era stato un momento
magnifico. Per un attimo aveva temuto che qualcuno si accorgesse della
sua erezione.
“Cos’hai
intenzione di fare, fratello?”
“Asciugarmi
i capelli, per ora.”
“Intendevo
riguardo Naegi e Kirigiri.”
“Non
preoccuparti, Daiya” rispose Mondo, lanciando via
l’asciugamano, “al momento hanno solo sospetti in
mano.”
“Quei due
sembrano più svegli del resto della classe”
continuò Daiya, “dovrai fare attenzione da ora in
poi.”
“Sta
tranquillo, non permetterò che il piano vada a rotoli a
causa loro” disse Mondo, sorridendo. “Devono pagare
tutti per quell’incidente, tutti”
proseguì, acconciando i capelli nel suo usuale pompadour,
“soprattutto Naegi e Kirigiri. Se non fosse stato per
loro…”
Oh,
l’avrebbero pagata cara, più degli altri.
Il giorno dopo.
Makoto aveva dormito
bene e a lungo l’ultima notte, e preparandosi non sentiva su
di sé scorie dell’antipatia che l’aveva
contraddistinto nelle precedenti quarantotto ore.
Anche guardandosi allo
specchio, dopo aver finito di asciugarsi i capelli, vedeva il solito
ragazzo gentile e generoso, sempre pronto ad aiutare gli altri e a
vincere il Nobel per il Buon Cuore.
“Meno male,
và” disse ad alta voce cercando di pettinar via
l’ahoge sulla cima della sua testa “Devo dire che
non mi piacevo come brutta copia di Togami. Di campioni mondiali di
bastardaggine ce ne basta e ce ne avanza uno solo, non necessitiamo
pure della medaglia d’argento”.
Si ritrovò
inconsciamente a fischiettare, colmo di buon’umore come non
gli capitava da tempo.
Mi
ricordo ancora come si fa, allora. Devo dire di esserne felice.
Forse finalmente, in
quella inusuale e insanguinata vita in comune, qualcosa stava
cominciando ad andare per il verso giusto.
L’arrivo in
caffetteria sembrò confermare il pensiero: i suoi compagni,
sebbene non proprio ebbri di gioia, quantomeno sembravano usciti dalla
letargia che solo un paio di giorni prima li stava stritolando.
C’erano chiacchiere, un po’ di risate e qualche
finta arrabbiatura. Tutte testimonianze che il clima generale era molto
migliorato.
Ebbe solo un secondo
di sconforto a vedere le sedie vuote, doloroso monito di coloro che
avevano perso per strada. Ma si disse che il barometro stava volgendo
al bello e che, se non ci fossero stati più incidenti come
quello di Yamada o intenti errati come quello di Celes, la situazione
sarebbe rimasta al peggio stabile.
Certo
c’erano sempre le possibili mine vaganti come Togami di cui,
nonostante tutto, faceva abbastanza fatica a fidarsi pienamente a causa
dei suoi trascorsi aggressivi.
Voglio
sperare che il tendergli la mano da parte mia e di Kirigiri-san
l’abbia almeno allontanato dalle intenzioni più
bellicose.
Salutò,
ricambiato da pressoché tutti.
Si era appena seduto
al suo posto che lo schermo si accese e vi apparve il più
brutto, malvagio, perverso orso della storia.
“PIM POM PAM
POOOOOM! Salve, miei adoratissimi studenti. È il vostro
caritatevole, amato preside Monokuma che vi parla. Escludendo gli
annunci è da un po’ che non ci si sente e il mio
cuoricino metallico ne soffriva, quindi ho deciso di porre rimedio.
Anche se questa non è solo una visita di cortesia
perché ho una succulenta informazione per voi. Sin da quando
siete imprigionati qui vi sarete chiesti chi è il
burattinaio che muove i miei fili, giusto? Ebbene, oggi mi sento
particolarmente altruista e vi posso dare una piccola traccia a tal
proposito. Il mastermind, ovvero il regista, lo sceneggiatore e il
vignettista della vostra attuale permanenza alla Kibougamine
Gakuen… è fra di voi. È seduto in
questo momento al vostro tavolo e, se lo conosco bene, ha la bocca
sporca perché è un maiale che non sa mangiare in
maniera composta. Capo, come ti ingozzi tu di caviale nessuno. Ok,
è stato un piacere alla prossima bla bla bla bla. Sayonara,
bastardi!”.
…
questo non è successo. Non è davvero successo.
Sono ancora a letto a sognare, per forza.
Si voltò
verso Kirigiri e Togami, che ricambiarono il suo sguardo spaesato.
Com’è
possibile che abbia deciso di esporsi in questo modo? Ma è
matto?!
“Il…
il mastermind è uno di noi?”
“Non
è possibile! Sarebbe troppo spregevole!”
“Sicuramente
sta mentendo per metterci l’uno contro
l’altro!”
“Ma…
se fosse vero?”
In un batter
d’occhio il panico ebbe il sopravvento sui presenti, che
presero a guardarsi tutti con sospetto: Aoi si schierò
subito con Sakura, certa che non fosse lei il mastermind; Hagakure
cominciò a lanciare accuse a casaccio, mentre Fukawa
strillava “Io lo sapevo, lo sapevo!”; Sayaka e Leon
fecero coppia a loro volta, convinti di essere l’uno
l’alibi inossidabile dell’altra.
“Adesso fate
silenzio!” tuonò Ishimaru, e per la prima volta da
quando erano lì tutti sembrarono obbedirgli: si sedettero
nuovamente ai loro posti e attesero che il Super Prefetto ricominciasse
a parlare: “Statemi a sentire una buona volta: è
probabile che chiunque ci sia dietro Monokuma voglia solo spargere
zizzania e dividerci per portare a termine i suoi piani! Non lasciatevi
ingannare o sarà la fine!”
Alcuni annuirono,
probabilmente aggrappandosi alla speranza che Ishimaru avesse ragione,
ma il dubbio di fondo rimaneva e serpeggiava tra di loro; Makoto
osservava la scena sconvolto, mentre uno scenario terribile cominciava
a formarsi nella sua mente.
...dividerci.
È questo che vuole, spingerci a dubitare gli uni degli altri!
“E se
l’orso di merda avesse ragione?”
Tutti si voltarono
verso Oowada.
“Voglio
dire, se non volesse solo provocarci? Se davvero fosse uno di noi, e si
stesse divertendo alle nostre spalle?”
Aoi si strinse a
Sakura più che poté, cercando conforto, mentre
quest’ultima prendeva parola: “Mi rifiuto di
credere che uno di noi sia capace di azioni così orribili.
Non posso, non posso assolutamente accettare che tra i presenti ci sia
qualcuno che ha lasciato morire due persone e fatto in modo di
giustiziarne altre tre senza batter ciglio! È…
è inumano!”
“Kami, se
così fosse…” non riuscì
nemmeno a finire la frase Sayaka, che si portò una mano alla
bocca quasi avesse la nausea.
“In ogni
caso, come potremmo scoprire chi di noi è il
mastermind?” chiese Leon. “Che facciamo, mettiamo a
soqquadro le camere di ognuno alla ricerca di indizi? E che indizi
dovremmo cercare, il tesserino del Club dei Mastermind di tutto il
mondo?”
“Lieto che
la situazione ti renda in vena di battute, Kuwata” lo
rimproverò Ishimaru, il cui rimarco purtroppo non
impedì ad Hagakure di dire la sua:
“Però Kuwatachin ha ragione, che prove servono per
smascherare il mastermind?”
Tutti rimasero un
attimo in silenzio, colpiti dal fatto che per una volta Hagakure aveva
espresso un concetto sensato e non si era limitato a dare aria ai denti.
“Forse non
servono prove evidenti” parlò di nuovo Oowada,
“non subito almeno. Al momento ci basta molto meno per
restringere la rosa dei sospettati.”
“Che cosa
intendi, Oowada-san?” chiese Ishimaru.
“Pensiamoci
un attimo. Chi di noi sparisce per lunghi periodi, senza premurarsi di
avvisare o dirci almeno dove va?” disse lui.
E inevitabilmente
tutti puntarono gli occhi su Kirigiri.
Va
bene Oowada, hai smesso con le finte di corpo e hai portato il primo
diretto alla mandibola. Ci sto. Ti dimostrerò che, solo
perché non sono gonfia di muscoli e steroidi, non vuol dire
che non sappia rispondere colpo su colpo.
“Oh. Sono
diventata improvvisamente il centro della vostra attenzione. Ne sono
lusingata, ma non è che Maizono si sentirà
trascurata? Dopotutto la stella è lei”.
“Guarda che
non sei nella posizione di fare battutine del cazzo, lo sai?”.
“Forse no,
Kuwata. Ma se devo sopportare i vostri sguardi obliqui quando vi girate
verso di me, tanto vale che ne tragga tutto il divertimento che
posso”.
“Puzzi come
una triglia marcia, ragazza. Io dico che quando te ne vai a zonzo per i
corridoi ti chiudi nella tua stanzina lurida, dove magari hai appesi
poster di uomini nudi, e muovi le zampette di quel fetido
orso”.
“Fukawa, il
tuo colorito linguaggio da scrittrice di romanzi erotici non mi si
addice. Inoltre, prima di dire a qualcun altro che
puzza…”.
“Kirigiri,
io voglio sperare con tutte le mie forze che tu non sia la colpevole di
quanto ci sta accadendo. Ho sentito fin da subito di potermi fidare di
te, nonostante i tuoi modi di fare non esattamente socievoli.
Però mi tocca ammettere che questa rivelazione getta una
luce sinistra sui tuoi recenti comportamenti”.
“Capisco di
poter risultare molto sospetta ai vostri occhi, Oogami. Allo stato
attuale non ho modo di provare incontrovertibilmente di non essere il
mastermind e questo vi porta, non nego con una buona dose di ragione, a
rivalutare le mie abitudini solitarie. Anzi, ti sono ancora grata per
darmi il beneficio del dubbio. Però ti chiedo di fidarti
della tua prima impressione, perché non è mia la
mente dietro tutto questo”.
Finito
il giro inquisitorio? Adesso posso portare il mio modesto affondo al
grugno di quello che mi sto convincendo essere il vero responsabile?
Perché il tempismo di quest’accusa lascia
parecchio da pensare, caro mio.
“Se ho
ancora diritto di parola vorrei poter rendervi partecipi di una o due
idee che mi viaggiano in testa già da un po’ di
tempo” si impose sul chiacchiericcio sparso, approfittando
dell’attenzione comune ancora concentrata su di lei.
“Puah. Io
propongo di toglierglielo, il diritto di parola. È veramente
troppo, troppo ambigua con le sue fughe notturne e i lunghi periodi in
cui ancora un po’ non sappiamo nemmeno se è ancora
all’interno di questo edificio” sputò
Leon, notevolmente su di giri e a quanto pareva convinto di aver
sfondato il centro del bersaglio.
“Ora non
esageriamo” si intromise Ishimaru “Non voglio che
le vengano negati i suoi diritti costituzionali”. Sembrava
che gli altri fossero tutto sommato d’accordo con il diniego,
sarebbe stato davvero troppo.
“Almeno
qualcuno disposto a pedinarla, giusto per essere sicuri che non si
infili in posti strani?” insistette il Super Giocatore di
Baseball. Questa proposta riscosse maggior successo e venne approvata
dall’assemblea.
Bene,
perfetto. Avrò una non richiesta guardia del corpo che mi
seguirà anche dentro il bagno.
“Visto che
mi è stata graziosamente concessa la facoltà di
esprimermi, posso farlo?”.
“Prego. Bada
solo a non farci perdere tempo con le tue fandonie,
mastermind”.
Santa
pazienza.
“Tenevo solo
a informarvi che per quanto mi riguarda Monokuma non ha detto nulla di
rivoluzionario. Avevo già formulato questa
ipotesi”.
“Oh. E
sicuramente ti eri fatta una lista di papabili,
conoscendoti…” buttò lì
Sakura.
“Devo dire
che qualche persona aveva attirato la mia attenzione,
sì”.
“Chi, di
preciso?” chiese Mondo.
“Ritengo non
necessario parlarne ora”.
“Io invece
sì. Chi altri è con me?”. E la
volontà popolare diede maggioranza bulgara al biker, che
sorrise smargiasso.
…
maledizione, non posso aver commesso un errore strategico di queste
proporzioni.
“Avanti,
avanti. Snocciolami il tuo principale indiziato, che sono tanto
curioso”.
“Ho
pensato… a Oowada”.
Ci fu qualche istante
di silenzio in cui l’intera classe non le tolse gli occhi di
dosso, quando l’accusato prese di nuovo parola:
“Sai Kirigiri, non ti facevo così infantile. Una
ripicca del genere, da parte tua…”
“E quali
sarebbero le prove a suo carico?” intervenne Ishimaru, che al
contempo cercava di calmare il brusio che si stava creando.
“In
più occasioni è sparito senza dire
nulla” rispose Kyouko, “in particolare durante il
ritrovamento del corpo di Celestia si è rifiutato di venire
con noi, per poi raggiungerci dopo l’annuncio di
Monokuma… tempismo sospetto.”
“Proprio tu
parli di tempismo sospetto?” replicò Kuwata.
“Tu, che sparisci sempre e non dici a nessuno dove vai?
Dovresti smetterla di arrampicarti sugli specchi!”
“Perché
non ci dici cosa fai nei momenti in cui non ci sei, invece di fare la
misteriosa? In questo momento credo sia la cosa più
saggia…” le tese una mano Sakura, che ancora
sperava non fosse Kyouko il mastermind; quest’ultima
inspirò, preparandosi alla vagonata di accuse che sarebbero
giunte: “Sono o non sono il Super Detective? Quello che
faccio è investigare. E quando investigo non voglio gente
attorno a rallentarmi.”
“Ah beh
certo, adesso siamo addirittura palle al piede!” sbottò Leon,
che sembrava avere il dente particolarmente avvelenato dei confronti
della ragazza. “Non so quanto ti convenga offendere chi
sospetta di te, bella mia!”
Come volevasi
dimostrare, i commenti di Kirigiri scatenarono l’inferno tra
i presenti che, dopo un acceso dibattito, convennero che pedinarla e
non lasciarla mai sola fosse la cosa migliore.
Mentre si accordavano
per i turni, Kyouko rimase in silenzio; per la prima volta in vita sua
si trovò in seria difficoltà.
Stavolta
sono davvero nei guai.
“E ora cosa
facciamo?”
“Al momento,
nulla. Qualunque mossa da parte nostra sarebbe sospetta.”
“Ma non
possiamo lasciarla da sola!”
Makoto
sbuffò, lasciandosi andare su una panca della sauna.
Durante
l’improvvisato processo ai danni di Kirigiri, Makoto non ebbe
altra scelta che rimanere in silenzio: aveva provato a intervenire, ma
nessuno lo ascoltava; Togami, al contrario, vi aveva preso parte
moderatamente, giusto per non destare (ancora) sospetti su di
sé.
“Ma non
possiamo nemmeno esporci del tutto” rispose il biondo,
“se dobbiamo aiutarla meglio non dare nell’occhio,
almeno finché i sospetti verso di lei sono così
radicati.”
“Questo…
questo è ingiusto nei suoi confronti! Kirigiri-san
è la persona che finora ci ha salvato lo scalpo, soprattutto
nel caso di Celes. Tu saresti stato in grado di dedurre quel che ha
dedotto lei?”.
“Assolutamente
no. E dimmi, ciò la scagiona in che modo?”.
“Uh?”.
“Semplicemente,
prendendo per un attimo buona l’ipotesi che possa davvero
essere lei il mastermind -ipotesi che, mi preme ricordarti,
lei stessa non ha del tutto smentito-, il fatto che non abbia
voluto ucciderci in quell’occasione la rende forse meno
colpevole?”.
“Togami-san…
io capisco che tu possa non fidarti del tutto di lei, ma credi sul serio
sia il mastermind?”.
“Devi
ammettere che i punti oscuri sollevati da Oowada, Kuwata e quel branco
di inetti non sono del tutto peregrini. Comunque, se ti preme sapere la
mia opinione, non sono un tonto come te che crede a tutto quello che
gli viene detto senza neanche farsi delle domande. Anche se devo
ammettere che, nel caso ci siano i suoi capelli lilla dietro il gioco,
le va dato atto delle sue notevolissime doti d’attrice. Mi
chiedo perché si sia impelagata in un mestiere pericoloso e
poco remunerativo come il detective quando sarebbe potuta andare a
Hollywood a farsi sommergere di Oscar”.
“È
per caso il tuo modo criptico di dire che, sotto sotto,
non credi sia lei?”.
“Mpf.
Prendila come vuoi e non abusare della mia gentilezza”.
Naegi
ridacchiò, suscitando un grugnito di disapprovazione in
Togami.
Da
uno come lui non credo di poter ottenere risposta più
esplicita. Ma mi consola sapere che al peggio ha almeno dei dubbi.
Penso di poterlo considerare dalla mia parte, a grandissime linee. Il
problema sono in primis Oowada-san, che se voglio credere a
Kirigiri-san è il mastermind, e direi anche Kuwata-san. Mi
sembrava particolarmente lanciato oggi e non si è
risparmiato nelle accuse. Chissà, magari con Maizono-san le
cose vanno male e ha preso ad odiare l’intero genere
femminile.
“Il problema
però rimane” riprese Makoto ad alta voce
“Al momento Kirigiri-san è isolata e malvista da
un po’ tutti. Se tanto mi dà tanto, stando a quanto
hai appena detto, neanche tu credi che sia davvero il mastermind e
quindi voglio pensare che anche a te la situazione così
com’è non vada bene. Hai qualche stupefacente idea per
ovviare al problema?”.
Ci furono parecchi
secondi di silenzio, in cui appariva evidente che
l’ereditiere stava pensando a una risposta appropriata al
quesito postogli.
“Potrei
provare così” disse a un tratto, scuotendo Makoto
dalle sue elucubrazioni.
“Così
come?”.
“Sono stati stabiliti dei turni per starle addosso, no? Potrei provare a
infilarmici dentro per avere dei momenti in cui poterle parlare in
libertà”.
“Avevo
già pensato a questa eventualità, ma dubito mi
lasceranno avvicinarmi a lei. Probabilmente penserebbero che sono il
suo lacchè che le riferisce umori e pettegolezzi, dato il
rapporto… stretto che abbiamo avuto nei giorni
scorsi”.
“Da quel
punto di vista io posso muovermi meglio. Ringrazio il mio notorio
snobismo e il fatto che solo ultimamente mi sono fatto vedere ogni
tanto in vostra compagnia. Se qualcuno intende sollevare delle
rimostranze lo metto a tacere in due secondi”.
“Ne sei
perfettamente in grado, già. Hai lingua e volontà
in abbondanza”.
“Non
adularmi, tanto continuerò a considerarti poco
più di un celenterato”.
“Un
celenteche? Sei troppo complicato nei tuoi insulti, Togami-san. Poi noi
poveri nullatenenti non riusciamo a starti dietro e il genio si perde
nelle nebbie del tempo. Allora hai deciso così?”.
“Credo che
sia l’opzione migliore che ci rimane. Come hai giustamente
detto se ti proponessi per sorvegliarla Oowada, che fa molto leader
della rivolta, ti riderebbe in faccia”.
“Ecco, anche
il fatto che sia stato proprio Oowada-san a tirar fuori tutte quelle
cose…”.
“... di per
sé non vuol dir nulla. Per un attimo ho pensato di dirlo io,
e anzi se ti ricordi ieri l’ho fatto in questa stessa
sauna”.
“Magari non
vuol dir nulla, è vero. O magari è il mastermind
che sta cercando di scaricare il barile sull’unica persona
che gli può realmente mettere i bastoni fra le ruote e
mandarlo a schiantarsi fuori strada con la moto”.
“Allo stato
attuale non si può dire con certezza che sia l’una
o che sia l’altra. Non ci resta che muoverci con cautela e
cercare di ottenere più informazioni”.
“Senza la
nostra mente deduttiva migliore, però”.
“Avanti
scudiero, non dirmi che non ti senti in grado di salvare la tua dama e
meritarti sul campo la promozione a cavaliere”.
Makoto non rispose,
lasciando che fosse il suo rossore a fare per lui. Intravide sul viso
di Byakuya lo spettro di un sorrisino.
Maledetto.
È davvero così evidente che io…
sì, ecco… insomma… bah, non
è il momento.
“Lasciatelo
dire, fratello: non credevo fossi così bravo a
recitare.”
“Cosa vuoi
che ti dica, le circostanze richiedevano di tirar fuori talenti
inaspettati” ridacchiò Mondo, intento ad osservare
l’intera accademia dalla sua postazione; uno dei monitor era
puntato dentro la camera di Kirigiri, la cui porta era sorvegliata da
Ishimaru. Era evidente che la ragazza non era abituata ad avere un
metaforico guinzaglio al collo, e che la cosa la infastidiva: camminava
su e giù per la stanza, probabilmente pensando ad una
soluzione che al momento non riusciva a trovare.
E
che dubito troverai, dolcezza.
“Quanto
credi che potrai tenerla in gabbia?” commentò
Daiya, destandolo dai suoi pensieri.
“Fin quando
mi andrà. Al momento non ha modo di sfuggire.”
“Vero per
ora, ma è una mina vagante” rispose il maggiore
degli Oowada, “sono sicuro che qualcosa
escogiterà.”
“Tranquillo
fratellone, ho già un’idea in mente.”
Daiya non rispose, ma
si limitò a sorridere e alzare le mani in segno di resa,
come a voler dire “Mi fido, il capo sei tu.”
Mondo sorrise a sua
volta e poi tornò a osservare i monitor, non prima di aver
lanciato un ultimo sguardo al fratello; per un attimo, Daiya gli
sembrò tanto pallido da sembrare un fantasma.
Il tempo dei giochi è
finito, si disse. È
ora di fare sul serio. |
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Capitolo 7 *** Cara dolce Kyouko, ma sei proprio sicura sicura sicura della tua innocenza? ***
Passarono due giorni
tranquilli, in cui non ci fu la minima traccia di disturbo della quiete
pubblica.
“Uff. Non
credevo che avrei mai potuto dirlo” esordì Kyouko
sedendosi su una delle panche dello spogliatoio “ma sono
quasi felice che adesso sia il tuo turno di sorvegliarmi”.
A pochi passi da lei
Byakuya Togami, lo sguardo arcigno e le braccia immancabilmente
conserte, non trovò appropriato rispondere alla frecciata.
Il loro tempo non era poi così tanto da poterlo perdere in
bazzecole senza importanza.
“Vorrei
poter condividere la tua gioia, Kirigiri, ma come sai non sono tipo.
Piuttosto… come sono andati questi giorni col collo stretto
da un laccio?”.
Fu il turno di lei di
assumere un’espressione poco piacevole: “Uno
schifo, grazie per l’interessamento. Sapevo che sarebbero
stati momenti non esattamente belli, ma avere i rasta di Hagakure che
rischiavano di entrarmi negli occhi quando ho avuto la sfortuna di
dover andare in bagno al secondo piano…”.
“Oh suvvia.
Hai sicuramente visto di peggio nella tua vita di detective vissuta,
per quanto quell’idiota non possa essere una compagnia
raccomandabile neanche se si sforzasse con tutto se stesso”.
Una risata lieve lo
prese in contropiede, proprio non se la aspettava.
“Hai ragione
anche tu, lo ammetto”.
“Parliamo di
cose serie, però: immagino sia superfluo chiederti se sei
riuscita a fare qualche passo in avanti pur col peso della tua guardia
del corpo”.
“Immagini
bene. Ho avuto le mani completamente legate, ci è mancato
giusto che i più zelanti come Ishimaru pretendessero di
dormire su un futon accanto al mio letto. Ho perso completamente ogni
libertà di movimento. Finché questa situazione
persiste dovrò fare affidamento su di te e su
Naegi”.
“Ma io e lui
non siamo te. Sei tu quella che è riuscita a risolvere un
caso apparentemente insolubile come quello di Celes. Non ci puoi
addossare una responsabilità così grande sapendo
benissimo che non siamo all’altezza del compito”.
Kyouko si
alzò di scatto e cominciò a fissarlo, seria come
non mai.
Il
che, considerato l’elemento, è la norma.
“Puoi
evitare di adularmi, Togami, anche se da buona ragazza apprezzo. Non mi
è davvero possibile fare alcunché, non fintanto
che avrò un pitbull attaccato alle caviglie. Già
la possibilità di parlare qui con te, adesso, è
un mezzo miracolo”.
“Nessun
miracolo, io non credo ai miracoli. Mi è bastato impormi in
maniera… diciamo persuasiva con quell’altra manica
di imbecilli”.
“Ecco, se
sei stato in grado di fare questo non ti sarà impossibile
almeno studiarli, giusto per capire che aria tira. Non vi sto chiedendo
di sostituirmi in tutto e per tutto, senza falsa modestia so bene che
è impossibile. Ma per fortuna, almeno finora, non
c’è stato particolare bisogno del mio talento.
Quel che vi chiedo è di sopperire al mio forzato farmi da
parte e cercare di tendere gli occhi e le orecchie per captare
qualunque disturbo possa passare per l’aere. Per cosa credi
che mi sia rivolta a te, quel giorno? Perché sei bello,
alto, biondo e ricco? O perché hai un cervello e sai come
farlo funzionare? Non farmi pentire di quella decisione”.
A sentire la propria
intelligenza messa in discussione, a Byakuya Togami saltò un
quarto di fusibile. Se fosse stato una persona senza filtro fra
emozione e azione, probabilmente le avrebbe rifilato almeno una sberla.
Ma, come ci si aspetta legittimamente da uno come lui, si
limitò a un verso di disapprovazione.
Fu poi lei a
riprendere il discorso momentaneamente interrotto: “Forza,
è meglio se usciamo da qui. Non vorrei che la manica di imbecilli,
come li hai definiti tu, si facciano castelli in aria sul loro presunto
mastermind e i suoi aiutanti”.
Sì,
ha ragione. Non è nel nostro interesse passare troppo tempo
tappati in questa sauna.
In un gesto
incredibilmente cavalleresco le fece cenno di precederlo, stupendola
non poco. Gli fu difficile cogliere lo sbigottimento nei suoi occhi, ma
si diede una virtuale pacca sulla schiena quando ci riuscì.
“Mi
raccomando” disse Kyouko poco prima di mettere piede fuori
dalla stanza “ovviamente qui non si è parlato di
nulla di tutto questo. Sperando che agli altri non salti in testa di
fare domande inopportune”.
“Per chi mi
hai preso, Kirigiri? Io non sono Naegi”.
“Non si sa
mai” commentò con un altro dei suoi rari, piccoli
sorrisi.
Senti
un po’ tu, non sarà mica che ti stai facendo
strane idee su di me vero? In questi ultimi quattro minuti hai rotto la
tua maschera di ghiaccio più volte che da quando siamo stati
imprigionati in questa scuola. Bada Kirigiri, non ho tempo da perdere
con simili sciocchezze. E poi figurati se voglio portarti via a
quell’altro debosciato di Naegi.
Visto che Byakuya
operava da bodyguard, era la signora a decidere dove andare e cosa
fare. Lei, in un’inusuale vena di noia, si trovò a
girovagare senza meta per i corridoi e le stanze a loro disponibili.
Saliva, scendeva, risaliva e riscendeva senza soluzione di
continuità.
A
qualcuno manca il poter scorrazzare come le pare, vedo.
Passavano davanti
all’anticamera degli spogliatoi, al secondo piano, quando vi
videro uscire Sakura. Sembrava reduce da una delle sue solite sessioni
di allenamento.
“Ehilà,
Kirigiri e Togami. Come state?” esordì in tono
allegro.
“Non bene.
Mi annoio” rispose sincera lei. Lui si limitò a
uno sbuffo, esternando così il proprio apprezzamento per
l’incarico che si era assunto.
“Oh.
Dev’essere dura per te, Kirigiri”.
“Lo
è”.
“Allora ti
spiace se mi aggrego a voi? Non è per darti
un’ulteriore peso, semplicemente spero che un po’
del mio buon umore vi contagi. Non mi va di vedervi
intristiti”.
“È
un pensiero gentile da parte tua, Oogami. Ti ringrazio”.
Evviva.
Se a una di voi due salta in testa di fare il trenino o qualche
scemenza simile… rischio di non rispondere più di
me stesso.
Il giro random
proseguì nella sua casualità, stavolta con un
protagonista in più. Che, persino quel burbero di Togami
dovette ammetterlo con se stesso, contribuì a rendere il
tutto meno fastidioso.
Kyouko, apripista del
gruppetto, si trovò ad aprire l’aula
d’arte. Quel che si dipinse -è proprio il caso di
dirlo- sui loro volti fu terribile.
Leon era riverso sul
pavimento in mezzo a una pozza di vomito secco, gli arti in posizioni
innaturali e un colorito cianotico; l’espressione sul viso
del ragazzo era di puro terrore e sofferenza.
“Oh…
oh Kami, Kuwata!” esclamò Sakura, avvicinandosi
con cautela; Togami la seguì poco dopo, con Kyouko a fianco.
“Togami, lei
non può avvicinarsi” disse Sakura quando li
notò, “sai com’è…
se lei è il mastermind meglio che non tocchi il
cadavere.”
“Ovviamente”
replicò lui, “ma preferisco averla vicina, non si
sa mai.”
La ragazza
annuì, poi tornò a controllare il corpo di Leon
facendo attenzione a non contaminare eventuali prove. Dopo qualche
istante scosse la testa, e si rivolse a Togami: “Mi duole
dirlo, ma dubito di poter fare qualcosa di concreto oltre il constatare
il colorito cianotico e la posizione innaturale. Che ne dici se ti
dò il cambio con Kirigiri, Togami? Forse tu hai
più fortuna di me.”
Il biondo ereditiere
non se lo fece ripetere due volte, nella speranza di raccogliere
abbastanza prove per il processo.
Dubito avrò
altri colpi di fortuna come questo.
“Non sono un
esperto ma” disse, osservando il cadavere da più
angolazioni “sembra sia morto per asfissia… almeno
a giudicare dal colorito cianotico.”
“Ma il
vomito come lo spieghi?” chiese Sakura.
“Bella
domanda” rispose Togami, riflettendo. “Ammetto di
non essere abbastanza esperto di omicidi da sapere quando
può presentarsi un conato di vomito...!”
“Soffocamento,
in determinati casi.”
Togami e Sakura si
voltarono verso Kyouko, che si limitò a fare spallucce.
“Non so se
sia il caso che tu prenda parte alle indagini Kirigiri, vista la tua
situazione.”
“Non ti
dò torto, Oogami, ma sono pur sempre un detective. Non
riesco a stare con le mani in mano.”
Sakura
annuì, quando si fece di nuovo pensierosa.
“Qualcosa ti
turba, Oogami?” chiese Kyouko. “A parte
l’omicidio, intendo.”
“Non
l’avete notato?”
Togami e Kyouko si
scambiarono un’occhiata perplessa, quando Kyouko
sgranò gli occhi: “L’annuncio di
Monokuma…”
“...non
c’è stato” concluse per lei Togami.
Niente
annuncio vuol dire niente mastermind ad osservarci. E visto che
sospettano di Kirigiri, evitare un annuncio proprio mentre lei ha la
guardia del corpo ventiquattr’ore al giorno significa cucirle
addosso il ruolo di mastermind in maniera indissolubile.
Togami ebbe un
brivido, non esattamente di piacere.
Se
davvero c’è Oowada dietro tutto questo, temo
dovrò smettere di chiamarlo ‘gorilla
analfabeta’.
I tre rimasero in
silenzio, incerti sul da farsi; per la prima volta da quando la
conosceva, Togami notò un’espressione sinceramente
terrorizzata sul volto di Kirigiri.
Volendo
citare i plebei… siamo nella merda.
“Complimenti
fratellino, complimenti davvero. L’idea di non far partire
l’annuncio di Monokuma è davvero
brillante.”
Mondo fece un inchino
particolarmente teatrale verso Daiya, sorridendo: “Ho pensato
fosse un’ottimo modo per convincere quegli idioti che il
colpevole di tutto questo è la nostra Super Detective dalla
Super Minigonna.”
“È
stato difficile liberarti di quel pallone gonfiato di Kuwata?”
“Non
particolarmente” rispose Mondo, dando uno sguardo ai vari
monitor di sorveglianza. “Un turno di guardia notturno
è lungo, e un languorino può capitare, se devi
stare sveglio. Per fortuna il buon vecchio Oowada di quartiere ha
sempre voglia di uno spuntino notturno, e casualmente passava di
lì con degli onigiri al fugu.”
“Avvelenamento
da fugu?” sorrise Daiya. “Diabolico.”
“Sapevo che
mettere un paio di pesci palla tra le scorte sarebbe servito, e per
sicurezza ho messo altri ingredienti per camuffare il sapore. La parte
faticosa è stato trasportarlo fino alla sala
d’arte, continuava a dimenarsi” si
stiracchiò, “ma nulla che non potessi tenere sotto
controllo. Con la quantità di pesce palla che ho messo in
quegli onigiri la paralisi è giunta velocemente, e per mia
fortuna ha avuto la decenza di iniziare a vomitare una volta giunti in
aula.”
“Ecco,
perché diamine l’hai portato fino al terzo piano?
Non avevi la certezza che Kirigiri arrivasse fin
lì.”
“Oh, quello
è stato solo un simpatico colpo di fortuna.
L’importante era che qualcuno lo trovasse,
l’annuncio non ci sarebbe stato comunque.”
“E Kirigiri
sarebbe stata ugualmente la sospettata numero uno”
annuì Daiya. “Ottimo piano.”
“Grazie,
fratellone. È giunta l’ora di cominciare a fare
sul serio” disse, voltandosi verso il fratello maggiore.
Ma
quest’ultimo si era già volatilizzato.
Ok
Kyouko ok ok calmati non dare fuori di matto niente scenate madri
niente urla tu non sei il mastermind però quel bastardo si
è veramente superato stavolta perché
sì è evidente che è stato lui Leon
è uno di quelli che invocava a gran voce la mia colpevolezza
e ammazzarlo può solo voler dire che in qualità
di mastermind avrei messo a tacere chi mi dava addosso…
respira Kyouko, respira. Rischi di esplodere.
Gli sguardi di Togami
e Oogami, pur essendo fissi su di lei, non riuscivano a scuoterla. Era
ancora in fase di recupero del proprio autocontrollo, compito
più difficile di quanto potesse aver mai pronosticato.
Era la prima, davvero
la prima volta che Kyouko Kirigiri si ritrovava a un passo dal
precipizio. In passato le era capitato di darci uno sguardo distratto,
senza però mai soffrirne la forza attrattiva. In
quell’istante, invece, si sentiva in equilibrio a dir poco
precario mentre il terreno sotto di lei cominciava pian piano a franare.
“Kirigiri?
Sei ancora fra di noi?”. Stavolta la voce di Byakuya le fece
riprendere piena coscienza del luogo in cui si trovava e della
compagnia con cui era.
“Uh…
sì, certo. Dove dovrei essere?” rispose un
po’ incerta, tentando ancora di riguadagnare il pieno
possesso di sé.
“Per qualche
momento in un posto molto lontano da qui, direi”.
“Non essere
irriverente, Togami” lo rimbeccò Sakura. La
risposta dell’ereditiere fu il suo ormai usuale grugnito di
disapprovazione.
I tre si guardarono
sconcertati per un attimo. Era evidente che la realizzazione aveva
colpito in egual misura tutte le loro teste come se fosse stata una
pallina da baseball tirata a piena potenza.
“Ascoltate”
esordì Kyouko con un tono… non sarebbe del tutto
sbagliato definirlo supplichevole,
tenendo presente da chi veniva “so cosa vi sta frullando in
testa in questo momento: non è suonato l’annuncio
di Monokuma, indi per cui il mastermind è qui davanti a noi
e non ha la faccia tosta di chiedere un attimo di privacy
perché deve andare al bagno. Capisco il motivo di un tale
pensiero, lo capisco davvero… ma vi assicuro che
è sbagliato. Totalmente sbagliato. Completamente sbagliato.
Questa è una trappola ordita dal vero mastermind. Anche
l’uccidere Kuwata… credete davvero che io mi
comporterei in maniera tanto banale, fossi il burattinaio che muove le
fila di questa follia?”.
“Potrebbe
anche essere come dici, Kirigiri. E in effetti la tragica morte di
Kuwata mi ricorda molto il caso di Celes, quando aveva scelto come
teatro del suo omicidio la biblioteca per scaricare la colpa sul qui
presente Togami. Ma è con cuore pesante che mi tocca dire:
una coincidenza è tale, due cominciano a essere troppe.
Perché converrai con me che il trovare il corpo senza vita
di una delle persone che più vocalmente ti reputava il
mastermind, assommato al mancato annuncio… insomma, ho la sensazione
che tu stia per passare un gran brutto quarto
d’ora” ribattè Sakura. Nei suoi occhi si
potevano scorgere stati d’animo contrastanti, il voler
credere a colei che considerava un’amica e
l’evidenza dei fatti che gettavano pesantissime ombre su di
lei.
“Sarò
onesta, Oogami. Non sto per passare un gran brutto quarto
d’ora, lo sto già passando. Prima d’ora
non mi era mai capitato di assaporare così da vicino la
paura e credo che basti guardarmi in faccia e sentirmi parlare per
accorgersene. Sì, ho paura. E non paura di essere
smascherata come la mano del ventriloquo che muove l’orso
senza fili, ma paura di essere condannata a morte ingiustamente e
lasciare tutti voi in balia di quel pazzo psicopatico”.
Ho
anche paura perché non voglio macchiare il mio perfetto
record, ma questo non diciamolo.
“Ti credi
così insostituibile? Tutti sono importanti, nessuno
è indispensabile”.
Uuuuuh.
Non provocarmi quando sono così poco in possesso della mia
proverbiale freddezza, Sakura. Potrei diventare antipatica.
“Mi spiace
contraddirti ma sì, io mi sento indispensabile. Lo dimostra
ampiamente il fatto che senza di me sareste tutti concime per i vermi,
adesso”.
“Ah davvero?
E di grazia, perché?”.
“Ti sfido a
risalire all’assassina di Celes partendo da due strisciate di
sangue del cavolo”.
“La tua
deduzione è stata ammirevole, senza dubbio,
ma…”.
“Ma niente!
Ho salvato le chiappe di tutti voi là sotto! Era un caso di
difficilissima risoluzione e me la sono cavata davvero niente male. E
anche nel delitto di Fujisaki, se proprio vogliamo, alcuni di voi
sarebbero rimasti al palo convinti di aver assistito alla scena di un
suicidio se non fosse stato per me”.
Il suo passare da una
voce timida a una autoritaria seminò una discreta dose di
meraviglia negli altri due. Sakura fece pure un passo indietro, presa
in contropiede dal cambio repentino.
No,
non è glorificandoti e dando a loro degli imbecilli che ne
esci.
“S-Scusate,
ho esagerato. Ritiro le parti più altezzose del mio ultimo
discorso. Coraggio, visto che non c’è stato
l’usuale annuncio sarà il caso di andare ad
avvisare gli altri”.
Attese una loro
reazione, che almeno inizialmente non giunse. Poi Togami
riacquistò il suo aplomb, non mancando di sistemarsi gli
occhiali sul naso, ed esortò Oogami a fare come aveva
suggerito Kirigiri.
“Il turno di
guardia è ufficialmente il tuo, quindi ci penserai
tu” fece la Super Artista Marziale superandolo e dirigendosi
verso l’uscita.
Beh.
Nel migliore dei casi le hai rovinato il buon umore, nel peggiore ti
sei giocata una possibile alleata in fase processuale. Ottimo lavoro,
mi merito proprio la medaglia di impiegata del mese.
L’operazione
Raduna gli Altri Otto fu lunga e laboriosa, ma alla fine si
riuscì nell’ardua impresa. Le reazioni coprirono
un ampio spettro: si andò dall’orrore totale di
Makoto, Asahina e Sayaka al quasi compiacimento di Mondo. Nelle fasi
intermedie si inserirono via via tutti gli altri.
“AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH!
OSSANTOCIELO, KUWATA!”. Non è che parlo di orrore
totale senza motivo nel caso di Sayaka. Dovettero aiutarla a stare in
piedi perché rischiava di svenire lì sul posto.
“Kirigiri-san”
le bisbigliò Makoto nell’orecchio
“perché non c’è stato
l’annuncio? Eravate in tre, mi pare di aver capito”.
Beata
innocenza la tua, Naegi. Beata.
Preferì
evitare di rispondergli, facendogli capire con lo sguardo e un paio di
gesti che non era il momento adatto con tutti che la osservavano. Anzi,
già quello per alcuni era la conferma del mastermind che
complottava con il suo Igor.
“Qualcuno
leghi o comunque neutralizzi Kirigiri, abbiamo un’ispezione
da portare a termine” disse soddisfatto Mondo.
“P-Perdonate
se mi permetto” tentò di intromettersi Fukawa
“ma il fatto che Monokuma non si sia presentato neanche in
cartolina…”.
“Sì,
vuol dire che Kirigiri è il mastermind e che non ha potuto
salire nel suo luogo di depravazione per poterlo fare”
completò il biker per lei.
Salvo
stupirsì quando scosse la testa.
“N-No,
intendevo dire… come gestiamo il processo?”.
La domanda
gettò lo sconcerto fra i presenti.
“Chissenefrega!
Voglio giustizia per Kuwata!” sbraitò Sayaka,
incredibilmente ripresasi dal precedente mancamento.
“Ma Maizono,
come…”.
“Al diavolo!
Al diavolo tutto! Piuttosto la portiamo in palestra, in caffetteria, in
salotto, in soffitta… dove vi pare! Basta che la giudichiamo
e la impicchiamo, ‘sta puttana!”.
“Santo
cielo, calmati! Qua nessuno impiccherà nessuno!”
intervenne Ishimaru.
“Eh?”.
“Ma io voglio il sangue!”.
“Perché cambiare una formula
collaudata?”.
Porca
miseria, questo affare ci sta facendo perdere completamente la testa. A
me in primis.
Il Super Prefetto
sovrastò il brusio: “Adesso state zitti un
secondo! ZITTI, HO DETTO! Ok, così ci capiamo. Allora, visto
che il nostro preside continua a non dare segni di vita, temo ci tocchi
organizzarci in maniera artigianale. Proporrei, una volta conclusa la
fase investigativa, di spostarci tutti assieme in caffetteria. O
alternativamente in palestra, è uguale. Proporrei anche di
abolire l’esecuzione, è una pratica inumana e
parlando a livello personale non sono disposto a scendere sotto una
soglia minima di decenza. Il colpevole, chiunque esso o essa sia,
verrà trattato in maniera civile e magari segregato in
qualche sgabuzzino senza luce e col minimo indispensabile di aria,
acqua e cibo. Qualcuno è in disaccordo con quanto ho
detto?”. Lo scintillio sinistro dei suoi occhi
tranciò ogni possibile obiezione.
“Molto bene,
allora è deciso. Oowada, prendi Kirigiri. È sotto
la tua custodia fino al momento del processo”.
Ah,
sul serio? Vittima e carnefice assieme? Non ti facevo capace di senso
dell’umorismo, Ishimaru.
Kyouko
giurò di aver visto negli occhi di Mondo un piacere sadico
quando la afferrò senza creanza per un braccio.
I loro sguardi si
incrociarono.
“Avrò
la tua testa, Kirigiri”.
“Dovranno
passare mille anni prima che ciò possa accadere,
Oowada”.
Questo è
quanto si dissero semplicemente guardandosi fissi. |
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Capitolo 8 *** Processo processino, vedi di non fare casino ***
“Bene
signori, ora che tutti avete preso posto possiamo…”
“Impiccarla!”
“...iniziare
il processo. Maizono-san, te lo chiedo per l’ultima volta:
FA’. SILENZIO.”
Sayaka
sbuffò e si zittì per l’ennesima volta,
mentre Ishimaru per l’ennesima volta cercava di riacquistare
il controllo di se stesso.
Dopo
un’accesa discussione decisero di fare il processo in
palestra: l’imputata Kyouko Kirigiri era seduta su una sedia
posta sul palco, mentre il resto della classe era seduto a semicerchio
sotto al palco; Ishimaru, da bravo Super Prefetto e mediatore
improvvisato, era rimasto in piedi e si era posto vicino a Kirigiri.
“Dunque,
dicevo” riprese, lanciando uno sguardo a Sayaka nel caso
decidesse di nuovo di minacciare Kyouko “siamo qui per
discutere del presunto omicidio di Leon Kuwata e…”
“Presunto?
Abbiamo anche dei dubbi?”
“...Oogami,
saresti così gentile da occupartene?”
Sakura non se lo fece
ripetere e si sedette accanto a Maizono, intimandole il silenzio con la
sua sola presenza - o tappandole la bocca con una mano, nel peggiore
dei casi; Sayaka sembrò recepire, apparentemente.
“Grazie”
sospirò Ishimaru, poi continuò:
“Insomma, siamo qui per discutere il PRESUNTO OMICIDIO di
Leon Kuwata” sottolineò “e discutere la
possibilità che la qui presente Kyouko Kirigiri sia o no il
mastermind. Detto ciò, diamo inizio al dibattito.”
“Che cosa
c’è da discutere? È
colpfjjgh!” Sayaka non finì la frase,
perché Sakura la placcò al volo:
“Perdonami Maizono, ma se continui a lanciare accuse senza
riflettere non andremo da nessuna parte. E visto che ero presente al
ritrovamento del cadavere, se non vi dispiace comincerò
io.”
Nessuno ebbe da
ridire, esclusa una debole e soffocata protesta di Sayaka,
così proseguì: “Ho incontrato Togami e
Kirigiri in giro per i corridoi e mi sono unita a loro in questa
passeggiata tra le aule… ed è in quel frangente
che abbiamo trovato il corpo di Kuwata nell’aula
d’arte. Era riverso in una pozza di vomito in una posa
strana, come avesse avuto delle convulsioni, e il colorito era
cianotico.”
“Arma del
delitto?” chiese Ishimaru.
“Nessuna”
rispose Sakura, “e non abbiamo nemmeno notato
ferite… anzi, di sangue non c’era proprio
traccia.”
“E quindi
come… come sarebbe morto?” balbettò Aoi.
“Beh…”
sospirò Sakura, scambiando un’occhiata incerta con
Togami “secondo Kirigiri potrebbe trattarsi di soffocamento,
ma non ne era sicura…”
“Secondo
Kirigiri?” intervenne Mondo. “Cioè, lei
è sospettata di essere il mastermind e le avete lasciato
maneggiare il cadavere di Kuwata?”
“Non
l’ha toccato, ha solo espresso il suo parere da
detective” fu la risposta glaciale di Togami.
“Sarà anche indiziata, ma è libera di
dire la sua. E fino a prova contraria è quella che tra noi
si intende di più di casi di omicidio.”
“Certo,
perché è lei la colpevole”
borbottò Sayaka, e le discussioni ricominciarono.
“P-per
favore, adesso basta!”
Makoto si decise a
prendere parola, e si affrettò a continuare prima che
riprendessero a urlare: “Non abbiamo alcuna prova per dire
che sia Kirigiri l’assassina… anzi, da quello che
Oogami ci ha raccontato e che abbiamo visto noi stessi, non abbiamo
prove di nessun tipo!”
“Però
il messaggio di Monokuma non c’è
stato…” intervenne Fukawa, “significa
che il mastermind non ha potuto far partire l’annuncio
perché era tra di noi. E visto che Kirigiri è
sorvegliata da due giorni…”
Tutti annuirono,
convinti della solidità di quest’affermazione, ma
Makoto non cedette: “Vero. Però se fosse lei il
mastermind… non sarebbe stupido farsi trovare in presenza
del cadavere? Ok, è stato casuale e in compagnia di altre
persone… ma se davvero fosse lei avrebbe evitato di andare
proprio nell’aula in cui aveva nascosto il corpo, non vi
pare?”
“Oogami e
Togami, come siete arrivati in quella stanza?” li
interrogò Ishimaru.
“In che
senso? Non credo di seguirti” chiese lei.
“Intendo,
che tipo di percorso avete compiuto?”.
“Continuo a
non capire dove vuoi arrivare, ma se ci tieni… data la
particolare situazione di Kirigiri, era lei a dettare il ritmo della
passeggiata. Abbiamo girato pressapoco come trottole impazzite, senza
uno straccio di meta. Quindi, per rispondere alla tua domanda, mi sento
di poter dire che è stato totalmente casuale. Per quanto
concerne il prima dovete chiedere a Togami”.
“Kerumph”
fece l’interpellato, aspettandosi di dover essere il prossimo
a parlare “Stessa cosa anche prima dell’arrivo di
Oogami. Kirigiri ha girato in tondo, è salita dal primo
piano al secondo al terzo e poi di nuovo al secondo senza soluzione di
continuità alcuna. Ho interpretato questo suo muoversi a
casaccio come un modo per rimediare alla carenza di giri notturni che
da qualche giorno non si può più
permettere”.
Ishimaru, che per
qualche miracolo strano si era autonominato moderatore riuscendo ad
averne l’autorità, pontificò:
“Uhm. Apparentemente non è stato voluto,
quindi”.
“Cosa le
può aver impedito di trascinare ‘sti due su e
giù per l’accademia solo per sviare i
sospetti?” si alzò potente la voce di Mondo, che
chiaramente aveva tutto l’interesse a far sì che i
giurati si pronunciassero a sfavore dell’imputata.
“In effetti
nulla, no”.
“Io non ne
sono troppo sicuro…”.
“Ma
finiamola! È evidente che cercava di guadagnare tempo per
chissà quale diavolo di motivo!”.
Una massa di opinioni
contrastanti andò formandosi, venendo però presto
sbrogliata da Byakuya che si impose in pieno Togami Style™ e
disse: “Vorrei far presente una cosa che ritengo piuttosto
importante: la scelta della vittima. Perché una Kirigiri
mastermind avrebbe ucciso Kuwata?”.
L’assemblea
osservò un istante di silenzio per compiangere il perduto
intelletto del biondo erede.
“Togami, ti
sei rincretinito o cosa? È chiaro che ha voluto zittire una
delle voci più potenti che le remavano contro”
affermò Hagakure, riuscendo persino a suonare scandalizzato
dall’ovvietà di quanto appena detto.
“Innanzitutto
osa ancora dire che mi sono rincretinito e non potrai più
usare i rasta per i tuoi giochetti erotici. In secondo luogo spero che
ora vediate dove volevo realmente andare a parare. Se persino questo
ritardato lo capisce… credete davvero che una persona astuta
come Kirigiri si sarebbe prestata a una simile scemenza? Inoltre, a
quel punto tanto valeva ammazzare direttamente Oowada, visto che Kuwata
gli fungeva solo da secondo. Volete sapere la mia? Se io fossi il
mastermind e mi trovassi nella sua stessa identica situazione, il
cadavere di cui staremmo discutendo in questo momento sarebbe quello di
Naegi”.
“Eh?
Perché proprio io?” pigolò Makoto, non
esattamente contento di sentirsi citare in tale frangente.
“Semplice:
sei il suo più accorato difensore. Ora, visto che il
mastermind non è il tipo da farsi scrupoli di sorta, quale
modo migliore di scagionarsi? Ammazzi il tuo seguace più
fedele proprio per far intendere che non sei tu. E io da Kirigiri non mi
aspetto niente di meno, non di certo una mossa tanto puerile”.
Makoto
lanciò uno sguardo verso Kyouko, vedendola al solito
impassibile. Ma dopo aver scambiato due velocissime chiacchiere con
Togami durante il tragitto sapeva che il suo equilibrio psicologico, in
condizioni normali in grado di sopportare l’impatto con una
nave spaccaghiaccio, era a dir poco precario.
Come
al solito è brava a non far trasparire nulla, ma io credo
che questa uscita di Togami-san l’abbia almeno un pochino
tranquillizzata.
“Qua non
siamo tutti genialoidi come te e quella sporca assassina, sai. Ci
scuserai se non siamo in grado di escogitare piani tanto
complessi” ribatté Mondo.
“Al
contrario, gorilla analfabeta. Al contrario. Il mastermind, il cui QI
sopravanza il vostro di parecchie decine, è dovuto scendere
al livello di questi babbuini perché in questo momento pare
abbia bisogno della loro approvazione. Anzi, non capisco
perché non l’abbia strangolata personalmente se,
come sembra, la odia così tanto…”.
“Per me
Togami ha ragione, Kirigiri non è stupida”.
“Ma va
là! Ha solo fatto fuori chi le dava fastidio!”.
“Impicchiamola!”.
“E piantala,
Maizono. Hai anche rotto le palle”.
Di nuovo confusione.
La
situazione è delicata. Non disperata, perché come
non ci sono elementi a favore di Kirigiri-san non ce ne sono a suo
carico. Ma comunque delicata, e probabilmente basta mettere un piede
nel posto sbagliato per cominciare ad affondare nelle sabbie mobili.
Makoto si
asciugò la fronte. Stava sudando copiosamente.
Neanche nel processo
per la morte di Celes, in cui erano arrivati a tanto così
dall’essere tutti sommariamente giustiziati, si era trovato
in un simile tourbillon emotivo.
“Posso
avanzare una richiesta?” si trovò a dire
inconsciamente.
“Prego
Naegi, parla pure” rispose Ishimaru.
“Ecco,
secondo te sarebbe eccessivo se… se Kirigiri-san potesse
difendersi?”.
La sua domanda
scatenò l’equivalente di sei bombe H.
“Quella
puttana deve solo finire sul patibolo!”. “Ma stiamo
scherzando o cosa?”. “Fuori discussione”.
“Ishimaru-san,
io credo che le sia dovuto. Se davvero vogliamo avere un processo degno
di questo nome, e non le crudeli imitazioni imposteci da
Monokuma… ne ha pieno diritto” insistette Makoto.
Tutti gli occhi si
puntarono sul prefetto.
Dopo pochi secondi
giunse la sua sentenza: “Penso tu abbia ragione, Naegi. E
prima di lasciarla parlare: NESSUNA. DISCUSSIONE. Sono stato
sufficientemente esplicito?”.
Non ci fu
un’anima intrepida che ebbe il coraggio di contraddirlo.
“Prego
Kirigiri, a te la parola.”
Kyouko
inspirò, incerta su cosa dire: non che avesse timore di
affrontare i suoi accusatori, ma la infastidiva l’idea di
provare a difendersi e al contempo cercare di sovrastare la voce di
Sayaka; una rapida occhiata verso la ragazza le confermò che
la Super Idol sembrava avere tutte le intenzioni di metterle i bastoni
tra le ruote.
Non importa, si
disse. Un’occasione
così non la spreco di certo.
Si alzò
cautamente e avanzò di un paio di passi, poi
parlò: “Vi ringrazio intanto di avermi concesso
almeno il diritto di difendermi. Detto ciò, ricollegandomi
al discorso di Togami… come lui ha detto, uccidere il mio
più accanito sostenitore per allontanare da me i sospetti
sarebbe la mossa migliore” disse, lanciando uno sguardo di
fuoco a Mondo; non osò dire nulla, la situazione era troppo
delicata, ma l’espressione del biker le confermò
che aveva recepito il messaggio - e non l’aveva gradito.
“Certo,
capisco che sia logico pensare che volessi solo sbarazzarmi di qualcuno
che mi accusava a gran voce… ma non è
così, e vi basterà rifletterci su per giungere
anche voi a questa conclusione.” disse, facendo un attimo di
pausa e osservando le reazioni dei presenti. Decise quindi di premere
un po’ sull’accelleratore: “Inoltre, come
Naegi ha detto non ci sono prove di nessun tipo: né a mio
favore, né a mio sfavore… niente di niente.
Sappiamo solo che Leon è morto soffocato.”
“Quindi
l’hai strangolato!” urlò Hagakure,
puntandole il dito contro; il resto della classe si limitò a
sollevare gli occhi al cielo, era un soggetto senza speranza.
“No, come ho
già detto non ci sono prove, compresi segni di
strangolamento” rispose Kyouko, pacata
“l’avete potuto constatare voi stessi. Gli indizi
che abbiamo al momento sono il vomito, il colorito cianotico e la
strana posizione degli arti.”
“Quando
l’abbiamo trovato hai detto che si trattava di soffocamento,
ma non sei scesa nei dettagli” chiese Sakura, e Kyouko
annuì: “Non che abbia avuto modo di farlo, non
avendo potuto toccare il cadavere… comunque sì,
alle volte il soffocamento può essere causato dal vomito.
Tuttavia…” si zittì, portando la mano
al mento con fare pensieroso.
“Cosa?
Guarda che non abbiamo tutta la giornata” ringhiò
Sayaka, ma Ishimaru bloccò la sua rabbia sul nascere:
“Maizono, ti ho già ripresa più volte.
Kirigiri, saresti così gentile da rendere partecipi anche
noi?”
“Stavo
ragionando sul soffocamento” rispose lei, “e sulla
strana posizione degli arti. Sembrava quasi avesse avuto le convulsioni
prima di morire… ma il soffocamento da vomito non causa
convulsioni.”
“E allora
come le spieghi?” incalzò il Super Prefetto, e
Kyouko si rese conto di trovarsi ancora una volta in
difficoltà: le cause potevano essere tante e lei non aveva
nessun indizio ad indicarle la strada giusta.
“Non…
non saprei” balbettò, “le cause sono
molteplici e…”
“Oh
andiamo!” si lagnò Hagakure, “Ti decidi
a dichiararti colpevole, che ho fame?”
Mentre tutti
lanciavano epiteti al Super Indovino e al suo pessimo tempismo, Kyouko
sgranò gli occhi.
Forse
per una volta hai detto una cosa intelligente, Hagakure.
“Kuwata
aveva mangiato qualcosa?”
Tutti si voltarono
verso la detective, perplessi.
“Prego?”
chiese Ishimaru, esternando i dubbi di tutti.
“Ho detto:
Kuwata aveva mangiato qualcosa ieri, durante il turno di notte alla mia
porta?”
“Personalmente
non saprei” rispose il prefetto “ma
perché questa domanda?”
“Nessuno lo
sa?” incalzò lei, ricevendo solo risposte
negative. Si voltò verso Mondo, notando il sorrisetto
smargiasso.
Tu
sai, ma non parlerai. E va bene, fa lo stesso.
“Esistono
alcuni veleni che causano convulsioni, tra gli altri sintomi”
riprese Kyouko, “come ad esempio il pesce palla. Per questo
ho chiesto se avesse mangiato qualcosa: l’avvelenamento da
fugu spiegherebbe il soffocamento, il vomito e le
convulsioni.”
“Scusa se mi
permetto, Kirigiri” intervenne Sakura “ma credo che
chiunque qui conosca gli effetti del pesce palla, se tagliato
male… non credo sarebbe stato così stupido da
tagliarlo da solo.”
“Io non
sapevo nemmeno avessimo del fugu…”
commentò Hagakure, inutilmente.
“Penso anche
io che non l’avrebbe mai ingerito volutamente”
confermò Kyouko, “infatti credo l’abbia
mangiato senza saperlo.”
“Staresti
suggerendo… un avvelenamento?”.
“Se questa
mia teoria è giusta sì, Leon Kuwata è
stato avvelenato. Purtroppo, non potendo studiare più da
vicino il cadavere, non lo posso dire con certezza”.
“Per forza
che lo sai, sei stata tu!”.
“Ma ti pare
che sarebbe così poco specifica se davvero fosse
lei?”.
“Taci,
cretina!”.
“Vuoi un
pugno per caso?”.
Oh
maledizione, voi bertucce riuscite a stare un po’ tranquille
per più di trenta secondi consecutivi? Se mi facessi
infettare dalla vostra sindrome io, che sono sotto accusa di omicidio e
di essere il mastermind, starei prendendo a testate il muro.
Kyouko scelse di
ignorare i più scalmanati dei suoi compagni, dedicando
invece la propria attenzione a quelli che riuscivano a mantenere la
testa sulle spalle. Quindi praticamente i soli Naegi, Togami, Oowada e
Oogami. Ishimaru si era clamorosamente guadagnato l’accesso
all’esclusivo club, ma si era anche assunto il compito di
tenere al minimo il berciare e ciò assorbiva tutte le sue
energie.
“Stiamo
girando in tondo” sbuffò Makoto, un poco frustrato
dall’evolversi del dibattito “Per ogni cosa a
vantaggio di uno dei due schieramenti, subentra immancabilmente
qualcosa che lo controbilancia e ci riporta al punto di partenza.
Proviamo a riepilogare quel che sappiamo”.
“Onestamente
non capisco la tua perplessità, Naegi. Dovrebbe essere
facile inchiodare la nostra cara mastermind con tutto quello che
abbiamo in mano…” sentenziò Mondo con
estrema nonchalance.
“Se parli di
prove, Oowada, non ce n’è una e dico una a sancire
senza appello la colpevolezza di Kirigiri” si intromise
Togami “Il mastermind è fra di noi: ebbene, questo
non significa che sia lei. Alla signorina piaceva girovagare in segreto
per l’accademia finché ne era in grado: non nego
che possa dare da pensare, ma non è automatico che lo
facesse per andare a manovrare Monokuma. Non è scattato
l’annuncio al ritrovamento di Kuwata e lei era sorvegliata:
pure questo può apparire sospetto, è vero, ma
cosa ci dice che non possa essere una trappola del reale mastermind per
metterla ancora più alle strette?”.
“Quindi vuoi
farmi capire che tutta la montagna di pesanti indizi che le penzola
dalle spalle non ti convince a sufficienza?”.
“Direi di
no. Se partiamo dal presupposto che il mastermind, chiunque esso o essa
sia, possegga una notevole intelligenza -e ti
dirò, tutto questo teatro degli omicidi non fa che
confermarmelo- non possiamo escludere che gli ultimi
avvenimenti costituiscano una gigantesca tagliola atta a segare le
gambe del suo principale ostacolo. Perché, devo essere
sincero, se il mastermind è lei non capisco per quale motivo
sia arrivata ad arrampicarsi sugli specchi pur di risolvere
l’omicidio di Celes. Mi sfugge proprio”.
“Mi trovo
totalmente d’accordo con Togami-san. Capisco i dubbi nei suoi
confronti, ma un conto è essere dubbiosi e un conto
è tuffarsi a testa bassa contro di lei come fa un toro
durante una corrida” venne a suo rinforzo Makoto.
“Io…
ammetto che il suo atteggiamento mi ha messo una pulce
nell’orecchio, ma quanto dicono Togami e Naegi è
indiscutibilmente valido. Non voglio condannare una persona se non
abbiamo la matematica certezza di aver trovato chi cerchiamo”
fu la chiusa di Sakura.
Non…
non credevo che avrei avuto tanto supporto. Cioè, da Naegi
me lo potevo anche aspettare… ma Oogami e soprattutto Togami
mi hanno… sì, mi hanno stupita.
“Se voleste
smetterla di urlare” si affannò il povero
Ishimaru, che era pure stato costretto a scendere in mezzo alla bolgia
“potremmo… smettetela! O porca miseria, la volete
smettere o no?! Siamo in un’aula di tribunale, per quanto
improvvisata, o in un pollaio? E PIANTATELA, CAZZO!”.
Sentire il Super
Prefetto ricorrere al turpiloquio fu troppo per quasi tutti, che si
azzittirono senza un ulteriore fiato.
“Grazie, vi
ringrazio dal profondo del cuore per avermi fatto dire una parolaccia.
Grazie sul serio. Va bene” proseguì tornando al
suo posto a fianco di Kyouko “mentre io cercavo di tenere a
bada gli animali idrofobi, voi membri sani della classe avete fatto
qualche passo in avanti?”.
“Non
direi” disse Mondo, aria sconsolata e ciuffo abbassato come
la coda di un cane triste “questi testoni si rifiutano di
collegare i puntini”.
“Perché
non c’è nessun puntino da collegare, Oowada-san.
Solo congetture e mezze linee sghembe, non abbastanza per appiccicare
sulla giacca di Kirigiri-san una targhetta con su scritto Ciao, io sono il mastermind.
Ti rendi conto o no che significherebbe appiopparle la
responsabilità delle sei persone morte finora, delle notti
insonni, dei pianti disperati, di tutto quanto? Tu te la senti davvero
di farlo su basi così poco solide?”.
“A me non
sembrano per nulla deboli” ribatté il
motociclista, “anzi al momento direi che l’ago
della bilancia pende molto a suo sfavore. E non sono l’unico
a pensarla in questo modo.”
Diversi cenni
d’assenso arrivarono dal resto della classe che finalmente
aveva deciso di calmarsi, con somma gioia di Ishimaru.
“Io direi
che le prove contro di lei ci sono, e pure tante” intervenne
Sayaka, momentaneamente libera dal controllo di Ishimaru e Sakura,
“quindi non capisco cosa aspettiamo a metterle un cappio
attorno al collo!”
“Maizono,
ora basta. Capisco che tu sia sconvolta dalla perdita di Kuwata, ma
lasciarti accecare dall’odio in questo modo non
porterà a nulla” proruppe Sakura, ormai stanca e
provata sia dalla situazione alla Kibougamine sia dagli attacchi
isterici di Sayaka.
“Oogami ha
ragione, Maizono-san” si intromise Makoto, nella speranza di
calmare la ragazza “troveremo il vero colpevole, ma non devi
lasciarti andare alla disperazione.”
La Super Idol non
rispose, ma si limitò a sedersi sulla sua sedia e rimanere
in silenzio, continuando a fissare Kyouko con sguardi poco amichevoli.
Proprio
pensi sia stata io, eh? A questo punto scommetto mi faresti fuori anche
se ci fossero prove della mia innocenza, solo per principio.
Scacciò
dalla mente quel pensiero così poco “da
Kirigiri”, e prese parola: “Se possiamo
continuare… direi che sarebbe utile ricostruire i movimenti
di ieri sera di Kuwata, e appurare se ha effettivamente mangiato
qualcosa che possa averne causato la morte.”
“Di sicuro a
cena ha mangiato! Ce lo siamo proprio litigata, quell’ultima
okonomiyaki!” fu il vitale contributo di Hagakure, a cui Aoi
rispose: “Ma su quella decisamente non c’era
fugu…”
Venne fatto un elenco
di piatti e spuntini, e all’apparenza nulla conteneva pesce
palla o altro che potesse causare avvelenamento, aumentando lo
sconforto tra i presenti.
“Ora che ci
penso… ha fatto uno spuntino notturno.”
Tutti i presenti si
voltarono verso Mondo, che sorrideva.
“E ce lo
dici solo adesso, Oowada?”
“Potevi
svegliarti prima!”
“Scusate, mi
era del tutto passato di mente” rispose, pacato.
“Ieri notte sono andato in cucina perché avevo un
leggero languorino, e visto che Kuwata doveva star sveglio a
sorvegliare Kirigiri ho pensato di portargli un paio dei miei
onigiri.”
“E cosa
c’era in quegli onigiri, te lo ricordi?” lo
incalzò Ishimaru.
Mondo sorrise:
“Fugu.”
A
quell’affermazione i presenti sbiancarono.
Non
posso crederci.
“Quindi
finalmente lo stai ammettendo, Oowada.”
“Sì,
ormai mi sono stancato di questa sceneggiata.”
“A-aspetta
un secondo! Perché hai avvelenato Kuwata?!”
urlò ingenuamente Ishimaru.
Mondo, di nuovo,
sorrise: “Perché Kirigiri e Togami avevano
ragione: uccidere il tuo più accanito sostenitore
è un ottimo modo per sviare da te i sospetti.”
Detto questo,
tirò fuori da sotto la giacca una pistola.
“Adesso
basta.”
E iniziò a
sparare a caso sui presenti. Fu immensamente contento quando un colpo
prese in fronte Sayaka.
“Ooh, la
punizione che ti meritavi per aver scassato i coglioni tutto
‘sto tempo col tuo boyfriend sfigato”. |
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Capitolo 9 *** Gran finale accompagnato da un buon bicchiere di Chianti ***
Makoto Naegi non
poteva credere a quanto era successo negli ultimi quattro minuti.
Urla, schizzi di
sangue, corpi che cadevano con tonfi sordi per terra.
L’isteria
più totale. A partire da Oowada-san che con un sorriso ha
tirato fuori una pistola da chissà dove e si è
messo a sparare senza cognizione di causa, falciando per prima la
povera Maizono-san.
“Ooh, la
punizione che ti meritavi per aver scassato i coglioni tutto
‘sto tempo col tuo boyfriend sfigato”.
Il secondo, almeno a
quel poco che ricordava di quei concitati attimi, è stato
Ishimaru-san. Preso in pieno petto mentre stava scendendo dal palchetto.
E la terza…
Kirigiri-san.
Per fortuna lei non
mortalmente. Un proiettile nella spalla sinistra.
Se lo
ricordò, nel caso ce ne fosse stato bisogno, quando lei
perse l’equilibrio e toccò a lui sorreggerla.
Stavano fuggendo
assieme, allontanandosi più che potevano da quel pazzo
squilibrato di Mondo.
Non sapeva dire se e
chi altri era caduto sotto il suo piombo. Pregò ardentemente
che il bilancio si limitasse a Maizono e Ishimaru, ma non ci contava
poi troppo.
“Fa male,
Kirigiri-san?” le chiese gentile mentre salivano le scale
verso il secondo piano.
“No guarda
*khh*, nulla di serio”. Il solo verso di dolore rispondeva
ampiamente alla sua stupida domanda.
Bravo
Makoto, ma pensa a sostituire Hagakure e la sua arguzia solo se lui
è morto là. Speriamo di no.
“Non…
non riesco a crederci…”.
“Credici
*khh*. Oowada si dev’essere
stancato della
sceneggiata… e *khh* ha voluto metterci la parola fine. Maledizione,
sto perdendo troppo sangue…”.
“Perché
hai voluto che salissimo? Non sarebbe stato meglio andare verso
l’infermeria, così almeno potevamo
rattopparti?”.
“N-No, se lo
aspettava sicuramente *khh*... anzi, non mi stupirebbe scoprire che con
me abbia volontariamente mirato *khh* a una zona non
vitale…”.
“Stai
dicendo sul serio? Perché avrebbe fatto una cosa
simile?”.
“Ho la
faccia di una che scherza? Per rispondere... all’altra tua
domanda: sveglia Naegi, quella che... sta sanguinando *khh* sono io. Mi
sembrava evidente… che ce l’avesse in special modo
con me… anche se non ti saprei spiegare il
perché”.
“Cavolo
però, pesi…”.
“... tu devi
sperare che io muoia a breve, perché altrimenti
questa… te la *khh* faccio pagare…”.
“Dai,
scherzavo. Era per stemperare”.
“Ti stempero
la faccia”.
Accidenti.
Per essere una con una spalla fuori uso ha ancora un sacco di energie.
Erano appena arrivati
in cima alla rampa di scale che conduceva al secondo piano
quando…
“Toh, ma
guarda chi c’è. I piccioncini. Di’ un
po’ Kirigiri, la tua spalla? Tutto bene? Serve una garzina
disinfettante, per caso?”.
“Oowada-san…”
disse tremando Makoto. Fece uno sforzo per non voltarsi, tanto se
voleva sparargli… nella schiena o nella pancia poco cambiava.
“Ti starai
chiedendo perché non ti ho ancora mandato a fare compagnia
alla gallina Maizono e al rigido Ishimaru, oltre ad eventuali altre
comparse che potrei aver ammazzato là. È il tuo
giorno fortunato, Naegi. Ho finito i colpi”.
“Wow.
Perché non ho giocato alla lotteria
allora…”.
“Fai poco il
sarcastico, sacchetto di merda! Ci metto un secondo a spedirti
all’altro mondo!”.
Mentre parlavano,
Makoto percepì chiaramente che l’altro si stava
avvicinando.
Decise di voltarsi. Se
gli toccava, voleva vedere il proprio assassino negli occhi.
“Urca, so di
essere bello. Però non merito tutta questa
attenzione”.
“Eh? Cosa
intendi?”.
“Non ti
chiedi perché la tua compagnuccia di giochi non sta
più dando segni di vita?”.
…
non devi neanche scherzare su una cosa del genere, stronzo maledetto.
Piano, piano, troppo
piano… Makoto si girò alla sua sinistra.
Kyouko aveva gli occhi
chiusi, la pelle ancora più diafana e si faceva molta fatica
a sentire il ritmico rumore del suo respiro nonostante la distanza
fosse minima.
“K-Kirigiri…
Kirigiri sveglia!” balbettò, il cuore che
cominciò a battere all’impazzata.
“Kirigiri non morire!”
“Oh, ma come
sei carino… e stucchevole” commentò
Mondo, mettendo un dito in bocca e mimando il gesto di vomitare
“mi state facendo venire la nausea.”
“O-Oowada-san…
perché questo?! Che ti abbiamo fatto di male?!”
A quella frase, Makoto
vide chiaramente il volto del biker tendersi in una smorfia nervosa.
“Perché
questo, mi chiedi… che domanda del cazzo.”
Come osava quel nano
chiedere una cosa del genere? Aveva davvero rimosso tutto? O
semplicemente aveva bollato la cosa come irrilevante e continuato
felice con la sua vita?
“Tu proprio
non ricordi, eh?”
Vide Naegi fare un
passo indietro, prima di parlare: “N-nessuno di noi ricordava
nulla, quando ci siamo svegliati qui…”
“Ah,
già. Il Roipnol ha questo effetto
collaterale…” sbuffò Mondo.
“Volevo solo che dimenticaste le ore precedenti al rapimento,
non tutto quanto… oh beh, ormai è
andata.”
Salì i
gradini che mancavano per raggiungere il pianerottolo del secondo
piano, superando Naegi e la moribonda Kirigiri, poi si voltò
a guardarli.
“Vedi, se ho
organizzato tutto questo è perché dovete pagare
per ciò che avete fatto. Mi avete portato via la cosa
più importante che avevo… e quindi io mi
porterò via le vostre vite, come ho fatto con tutti gli
altri.”
“T-ti prego
Oowada, Kirigiri sta…”
“...per
morire? È esattamente quello che voglio, non mi stavi
ascoltando? Ma sta tranquillo nano, tra non molto la raggiungerai anche
tu.”
“Ma guardalo
come trema, il ragazzino… fa quasi tenerezza.”
“Uno
spettacolo magnifico, non trovi fratello?”
“...Oowada-san?
Con chi stai parlando?”
Che
diamine sta succedendo?
La situazione stava
diventando sempre più assurda: non solo Mondo Oowada aveva
rivelato di essere il mastermind iniziando a sparare su
tutti… ma adesso stava persino parlando da solo.
Ha detto fratello…?
Ora che ci penso, ricordo che Oowada-san aveva un fratello
maggiore… ragionò Makoto, e
finalmente qualche ricordo cominciò a riaffiorare, anche se
non abbastanza da consentirgli di capire le azioni del ragazzo.
“Stai
parlando… stai parlando di Daiya… si chiamava
così tuo fratello, no?”.
“No, non sto
parlando di Daiya. Sto parlando con Daiya. Non lo vedi, in tutta la sua
scultorea bellezza, qui al mio fianco?”.
“Oh
Mondo-chan, non adularmi”.
“Brutto
bastardo, sono dieci anni che non hai il permesso di chiamarmi in quel
modo!” sbraitò Mondo parlando verso
l’aria. Senza accorgersi di un Naegi che lo guardava a dir
poco sbalordito.
“Oowada-san,
non c’è nessuno vicino a te!”.
“Naegi, sei
un pallista. Poi ti si allunga il naso e ti si accorcia il pisello se
non la smetti di raccontare fregnacce”.
“Eddai
Mondo-chan, non trattarlo male. Se si piscia addosso? Tocca a te pulire
per terra”.
“L’hai
voluto tu, stronzo a forma di fratello maggiore!”. E si
scagliò verso qualcosa che non esisteva, prendendo a pugni
qualcuno che solo nella sua testa scansava i suoi ganci e i suoi
diretti ridendo.
“Sei rimasto
una sega al cubo, fratellino. Spero non ti scocci se piroetto con le
mani in tasca mentre tu ti rendi ridicolo di fronte al
ragazzetto”.
So
di star per morire, lo so. Eppure non riesco a capacitarmi di quando mi
si sta disegnando davanti. È veramente troppo ridicolo,
impossibile, grottesco.
“Puah”
commentò il Super Biker, disgustato con se stesso per non
riuscire neanche a fare una piccola carezzina a quella merda di suo
fratello “non posso credere di non riuscire a beccarti una
volta neanche da morto”.
“Scarso sei
e scarso rimani, cocchino”.
“Vaffanculo,
eh”.
“Gnè
gnè. Piuttosto, perché non rientri nei binari
della normalità e, come ogni buon cattivone stereotipato,
non racconti ai nostri due ospiti il motivo che ti ha spinto a mettere
in piedi questa complessa scenata?”.
“Due? Io
vedo solo N… aaaaaaaah, ma non ti facevo così
tenero se consideri Kirigiri ancora fra di noi. Beh, ci metto tanto
poco a rimediare”.
…
cosa? Non ti azzardare.
Lui si
azzardò eccome.
Coprì in
pochi passi la breve distanza che lo separava da Makoto e dalla sua
compagna, provvide a sbattere lui al muro con una violenta manata e
sollevò il corpo della sfortunata Kyouko che era caduta per
terra. Per il collo, con entrambe le mani.
“Sveglia
Kirigiri, sveglia. So che sei ancora lì da qualche parte.
Non ho intenzione di ripetere il discorso due volte, quindi vedi di
essere attiva e vigile”.
Non
posso lasciargli fare quel che vuole, cazzo! Non posso! NON POSSO!
Stava per alzarsi
quando l’altro, sempre stringendo l’altra sua
preda, con uno scatto degno di un fulmine lo schiacciò a
terra con un piede sul petto.
“E invece
puoi. No, tranquillo, non so leggere nella mente. Ma sono sicuro che
stavi pensando a qualcosa che iniziava per non posso e ti ho
appena dimostrato che, appunto, puoi. Che sia startene buono, ascoltare
quel che ho da dire o vedere la ragazza morire davanti ai tuoi
occhi”.
Si sentirono due o tre
colpi di tosse.
“Ecco la
protagonista femminile che ritorna in scena poco prima della dipartita
finale. Come va? Riposato comoda?”.
“...
sei… sei… veramente... “.
“Sì
sì, sono sporco e malvagio. Non mi dici nulla di nuovo. Ho
una domanda per te, Kirigiri, e vorrei che rispondessi al meglio delle
tue possibilità”.
“...”.
“...”.
“Visto che
hai dato prova di avere anche un buon bagaglio medico…
quanti minuti di vita ti dai, in questa situazione?”.
Avanti
Makoto, se sei un uomo fai qualcosa! Anche solo immolarti al posto suo,
se proprio non riesci a combinare nulla di meglio!
“Devo…
devo…”.
THUMP.
“... star
zitto, Naegi. Sto parlando con la signora. Dunque Kirigiri, la tua
stima?”.
“Con il
sangue... che ho perso… e le tue mani…
attorno… al mio… mio collo… al
massimo… uno o due minuti…”.
“Risposta
sbagliata”.
Makoto credette di
avere un infarto quando sentì un CRACK.
N-no
nonononono Kirigiri no!
Cercò di
liberarsi dal piede di Oowada che lo teneva ancorato al terreno, ma
senza riuscirci: potè solo vedere il corpo senza vita di
Kyouko cadere con un tonfo sordo, e sentirlo rotolare lungo i gradini.
Nessun gemito, nessun lamento di dolore.
Kyouko Kirigiri era
morta per mano di Mondo Oowada. Letteralmente.
Rimase inerme sotto il
piede di Oowada, impossibilitato a fare qualunque cosa… e in
tutta onestà, non sapeva nemmeno COSA poteva fare: Kirigiri
era morta, Maizono e Ishimaru anche, e gli altri probabilmente
avrebbero seguito la stessa sorte di lì a poco; forse anche
lui non sarebbe riuscito ad uscirne vivo, e le possibilità
che avvenisse un qualunque colpo di fortuna erano praticamente
inesistenti.
Poi Oowada tolse il
piede dal suo petto e finalmente ricominciò a
respirare… ma quella piacevole sensazione non
durò che un secondo, perché poco dopo si
sentì sollevare per il colletto della giacca.
“Ora veniamo
a te, nano.”
Mondo lo
sbattè contro il muro con forza, costringendolo a sedere su
uno degli scalini: “Sai quando eravamo in sala ricreazione e
ti ho promesso che te l’avrei fatta pagare? Ecco,
è arrivato il momento.”
Naegi chiuse gli
occhi, certo che probabilmente Oowada l’avrebbe pestato a
sangue fino ad ucciderlo, ma il il pugno non arrivò:
“Oh, il fratellone ha ragione. Non puoi crepare senza sapere
il perché.”
Riaprì gli
occhi, lentamente.
“Tu e
Kirigiri, e tutti gli altri… avete ucciso mio
fratello.”
...cosa?
“O-Owada-san
che… che stai dicendo?”
“Se non
fosse stato per voi Daiya sarebbe ancora vivo!”
tuonò Mondo, afferrandolo di nuovo per il colletto e
sbattendolo contro il muro; la botta alla testa fu tale che per un
secondo Makoto non vide nulla a parte puntini bianchi.
“Ti ricordi
il festival scolastico di quattro mesi fa? Ti ricordi quel cazzo di
maid cafè che volevate mettere in piedi tu e il resto della
classe?!”
I-il
festival… sì, ricordo qualcosa di
simile…
Poco a poco delle
immagini cominciarono ad affiorare: ricordava il festival scolastico
che si svolgeva annualmente alla Kibougamine, e che ogni classe doveva
proporre un’attività; la classe 78 aveva proposto
di organizzare un maid cafè e che spesso rimanevano a scuola
a parlarne e lavorare fino a tardi. Ricordò anche che, in
uno di quei giorni, Mondo aveva detto che sarebbe andato via prima.
“T-tu…
tu dicevi che avevi un impegno inderogabile…”
balbettò, cercando di mettere a fuoco i ricordi di quel
momento.
“Esatto. E
ti ricordi cosa mi avete risposto, tu e Kirigiri?”
“N-noi…”
...
“Rimani
ancora un po’, Oowada-san! Non ti tratterremo ancora a
lungo!”. “Mancano poche cose da decidere,
dai.”
Sgranò gli
occhi quando ricordò quella frase, e tutto quello che
seguì.
“Ora
ricordi, nano?”
Makoto
annuì, tremando. Mondò strinse le dita attorno al
colletto del ragazzo: “Quel giorno la mia gang aveva
organizzato il passaggio di testimone tra me e mio fratello. Sarei
diventato il leader dei Crazy Diamond! Era un giorno importante! E voi
avete rovinato tutto!”
“N-noi
non…”
“Cosa? Voi
non volevate farmi rimanere più del dovuto? Non volevate
farmi tardare e avvisare Daiya che avrei fatto tardi alla cerimonia?
Non volevate fare in modo che mio fratello venisse a prendermi a
scuola… e morisse in un incidente stradale?!”
Mondo era ormai fuori
di sé: il suo viso era bagnato dalle lacrime, ma la sua
espressione non era di tristezza… quello che Makoto riusciva
a scorgervi era solo odio e desiderio di vendetta.
“Sai, il
conducente del tir che l’ha falciato dice che non
l’aveva visto” continuò, “che
era apparso all’improvviso e che non aveva fatto in tempo a
frenare” disse, rimanendo in silenzio per qualche istante.
Poi: “È morto sul colpo, preso in pieno dal tir.
Nemmeno la moto è rimasta intatta.”
Makoto non sapeva cosa
dire: ricordava tutto adesso, compresa la telefonata che Mondo
ricevette verso le sette di sera mentre erano ancora in aula;
ricordò persino il funerale e i Crazy Diamond al completo,
venuti a rendere omaggio al loro defunto leader. Ricordò con
orrore anche il lento isolarsi di Mondo, fino a diventare quasi un
fantasma in classe.
“Se non
fosse stato per quel festival del cazzo… se tu e quella
puttana di Kirigiri non aveste insistito per farmi
rimanere…” disse Mondo “Daiya sarebbe
ancora vivo.”
“C-come puoi
incolpare noi?” azzardò Makoto, “Non
eravamo noi alla guida del tir… non potevamo sapere
che-”
“STAI
ZITTO!” urlò Oowada, e Makoto chiuse di nuovo gli
occhi temendo qualche tipo di ritorsione… che non avvenne:
invece, Mondo lasciò la presa e si sedette davanti a lui
sullo scalino. Aveva l’aria stanca, come… come se
avesse un peso enorme da togliersi di dosso.
“Quattro
mesi… quattro mesi ci ho messo per organizzare tutto
questo” disse, allargando le braccia. “Fingere di
riprendermi e tornare socievole… imparare abbastanza sui
computer da capire come hackerare il sistema di sorveglianza della
scuola… costruire un robot come Monokuma facendomi aiutare
da Fujisaki. Povera, lei non aveva capito niente delle mie reali
intenzioni” rise, “era solo felice di vedermi di
nuovo attivo e partecipe.”
Makoto decise che, a
quel punto, tanto valeva azzardare ancora per saperne di
più: “C-come hai fatto a rinchiuderci
qui?”
“Oh, quello
è stato pure troppo semplice” ammise Mondo,
“La Golden Week capitava proprio a fagiolo: è
bastato organizzare una serata in caffetteria e servire bibite corrette
al Roipnol. E se ti chiedi come l’ho avuto… far
parte di una gang di motociclisti ti apre le porte più
disparate.”
Non
posso crederci… è tutto talmente
assurdo…
“Ma…
perché tutti gli altri? Se ce l’avevi con me e
Kirigiri, perché uccidere anche loro?”
“Perché
tutti dovevano pagare” rispose Mondo, “voi avete
insistito, ma loro non hanno fatto nulla per dissuadermi.”
È pazzo,
è completamente pazzo pensò, mentre osservava
Mondo rimettersi in piedi e torreggiare su di lui.
“Il momento
delle confidenze è finito” disse,
“è ora che tu raggiunga la tua amichetta
detective.”
Makoto
abbassò di scatto la testa e strinse gli occhi
così forte da fargli male, convinto che la sua fine stesse
per giungere sul serio, stavolta.
Invece
sentì un tonfo e poi il rumore di qualcosa che cadeva di
peso sulle scale.
“Fi-finalmente
stai zitto, gorilla…”
Quando
riaprì gli occhi, ciò che vide fu Mondo Oowada
privo di sensi e, dietro di lui, Byakuya Togami con in mano una mazza
da baseball; sembrava ferito, ma non abbastanza da metterlo fuori gioco.
“Meglio
muoverci, Naegi” lo tirò su per un braccio,
“prima che ‘sto cavernicolo si svegli. E allora
nessuno di noi due vorrà trovarsi qui.”
No
no no, aspetta. Togami salva la vita a me? Chi ha scritto questo film
dell’orrore?
“Togami-san…
un secondo, per favore” disse scostandosi e cominciando a
scendere le scale.
“Sei fuori
di testa? Ti ho detto che dobbiamo andarcene e…
oh”.
Direi
che se n’è accorto.
“L’ha…
l’ha…”. Non era spettacolo comune sentir
Togami così a corto di parole.
“...”.
Si limitò a un cenno.
Si avvicinò
al cadavere di Kirigiri, che nella miglior tradizione dei film
drammatici aveva ancora gli occhi aperti. Per un istante fu tentato di
completare il clichè chiudendoli, ma soppresse
l’impulso per un non ben precisato motivo.
“Cerca di
sbrigarti e fai quel che devi fare, Naegi. Non sono esattamente un
palestrato e non credo che resterà steso per
molto”.
“Voglio…
voglio solo…” si interruppe, privo di una
spiegazione adatta. Lui in primis non sapeva cosa voleva fare. Si era
mosso spinto da un impulso indefinito, una di quelle azioni irrazionali
che però senti di dover portare a termine.
“Kirigiri-san…
io… io… non so cosa dire, o fare…
volevo… chiederti scusa… e dirti…
che… oddio, che situazione… mi… mi
vergogno… a dirtelo adesso…
ma…”.
“Naegi, la
dichiarazione da Romeo col cuore infranto in un altro momento! Potrei
aver visto male, ma mi sembra che lo scimmione si stia
muovendo!”.
Insomma,
un po’ di rispetto Togami-san! Nell’ultimo minuto
ho creduto di essere morto almeno tre volte, se proprio deve andare
così preferisco togliermi questo peso di dosso.
“E
comunque… ha ragione… con la storia della
dichiarazione… santo cielo, suonerò
patetico…”.
“Togli pure
la forma dubitativa”.
“... no,
beh… il momento non è dei
migliori…”.
Fece segno a Byakuya
di raggiungerlo, dicendogli che potevano andare.
Quando
l’altro lo raggiunse si caricò il corpo in spalla.
“Cosa stai
facendo, imbecille? Non te la vorrai mica portare dietro,
spero”.
“Sì”.
La lapidaria risposta
tranciò qualunque possibile commento sarcastico.
“Tieni
stretta la mazza”.
“Non ci
tengo a morire”.
Si avviarono, proprio
mentre alle loro spalle giungevano grugniti scocciati e rumori non
identificabili.
“Dove siamo
diretti, Togami-san?”.
“Torniamo in
palestra. Magari siamo fortunati e qualcun altro è
sopravvissuto a quel massacro”.
Kibougamine
batte Columbine per KO tecnico alla seconda ripresa.
Il viaggio fu il
più veloce possibile, il che non è molto
considerato il carico con cui Makoto si era appesantito. Ma
evidentemente abbastanza dato che non ci fu traccia di Mondo alle loro
spalle.
Quando vi arrivarono
vennero accolti da un tanfo pestilenziale e da quattro corpi riversi
per terra.
Strano,
è presto per la decomposizione. Forse ho le allucinazioni
olfattive.
Oltre ai preventivati
Maizono e Ishimaru, trovarono i poveri Fukawa e Hagakure.
Basta
cadaveri, basta… mi viene da vomitare…
E, neanche fosse stato
colpito da una maledizione voodoo, sentì un fiotto di
qualcosa risalirgli rapidissimo la gola. Dovette coprirsi la bocca con
una mano per non dare spettacolo e solo dopo un’accanita
battaglia riuscì a ricacciarlo nel suo luogo
d’origine.
“Uhm”
ragionò Byakuya ad alta voce “facendo due rapidi
calcoli… oltre a me, a te e a Oowada… le uniche
altre persone vive sono Asahina e Oogami”.
“Dove
possono essersi nascoste?” chiese Naegi, ancora un
po’ provato dall’esperienza paragnosta.
“Lo devo
sapere come? Per mia fortuna non sono il loro biografo. Dovremmo
cercarle, penso sia meglio restare uniti se possiamo”.
“Ma andare a
zonzo, così come siamo messi, ci espone a un notevole
rischio”.
“Cosa
parzialmente rimediabile se tu lasciassi giù
Kirigiri”.
“Non
succederà”.
“Maledetto
idiota, perché ci tieni tanto a portarti a spasso la tua
bella defunta?”.
“PERCHÉ
MI SONO PRESO UNA COTTA PER LEI E VORREI ASSICURARMI CHE POSSA ALMENO
AVERE UNA DEGNA CERIMONIA FUNEBRE. CONTENTO ORA?”.
Si aspettava una
reazione di meraviglia da Togami, che però non
arrivò. In compenso gli diede uno scappellotto in testa.
“Ahio!”.
“Dimmi che
non hai appena lanciato un grosso segnale per farci beccare da
Oowada”.
“Oh
sì che l’ha fatto, birbantelli che non siete
altro” annunciò smargiasso Mondo mentre entrava
trionfalmente in palestra.
Si voltarono verso
l’entrata, e lo videro fermo sulla porta che sorrideva.
“Non credere
di uscire vivo da qui, Scion di ‘staceppa”
ringhiò, avanzando verso di loro e puntando il dito verso
Togami “devo ancora ringraziarti per la mazzata in
testa!”
I due ragazzi
arretrarono di qualche passo quando videro la pistola puntata contro di
loro, ma Togami decise di azzardare comunque: “Guarda che lo
so che hai finito i colpi.”
“Oh, ti
prego” sbuffò Mondo, “secondo te vi
inseguo per mezza scuola e non mi fermo a prendere proiettili di
scorta? Direi che il cervello non è la dote principale per
diventare Super Ereditieri.”
Makoto non
parlò, limitandosi a guardare male Togami.
Che
affermazione del cavolo, in effetti… se vuoi farci uccidere
ammettilo che fai prima.
Mondo
continuò ad avanzare verso di loro, la canna della pistola
che puntava ora verso Makoto ora verso Togami. Makoto
deglutì, sforzandosi di pensare a una soluzione.
Se solo fossi ancora viva
pensò, sentendo il peso del cadavere di Kirigiri sulle sue
spalle farsi improvvisamente più pesante. Tu riusciresti a tirarci fuori
di qui. E mentre lo pensava, la stanchezza ebbe il
sopravvento su di lui e il corpo della ragazza scivolò per
terra. Makoto si voltò di scatto a guardarla, preoccupato
per lei… per poi ricordare che ormai Kyouko era morta. E che
no, anche fosse stata ancora viva forse non sarebbe riuscita a farli
uscire fuori di lì; al contrario, era morta nel tentativo e
questo la diceva lunga sulle loro probabilità di successo.
Siamo
spacciati.
“Prima di
spararmi in testa devi togliermi una curiosità, gorilla
analfabeta.”
Makoto
roteò gli occhi nel sentire la voce di Togami.
Ma
ci tieni proprio a provocarlo?
“Sentiamo,
cosa vuoi chiedermi, quattrocchi?”
“Come hai
fatto a tenerci chiusi qui e non farti scoprire? Voglio dire, qualcuno
là fuori si sarà accorto della nostra
assenza… sono ormai più di dieci giorni che siamo
chiusi qui…”
Makoto
inarcò un sopracciglio, chiedendosi a cosa servisse fargli
una domanda simile se tanto stavano per morire… poi
realizzò: Togami stava cercando di prendere tempo.
Un’azione del tutto ammirevole, se abbinata a un
piano…
...quindi
mi auguro che tu ne abbia uno, Byakuya.
Mondo
sospirò, come se gli avessero rivolto la domanda
più stupida dell’universo: “Come ho
già raccontato al tuo degno compare, mi è bastato
sfruttare la Golden Week. Una decina di giorni di vacanza giustificata
erano più che sufficienti per mettere in atto il mio
piano.”
“Non era
quello che intendevo” replicò Togami con cautela
“volevo sapere come sei riuscito a non far trapelare nulla
con la polizia, i genitori e gli insegnanti. Non è possibile
che non si siano mai chiesti dove diamine fosse finita una classe
intera!”
“E chi ha
detto che non è successo?”
...eh?
“C-che
intendi, Oowada?” balbettò Makoto. Mondo
ghignò: “Ho usato l’account email di un
professore e inoltrato una circolare in cui si diceva che la classe 78
aveva il permesso di fare una gita di qualche giorno durante la Golden
Week. Nessuno ha avuto da ridire.”
“Ma…
è passato più di qualche giorno”
insistette Makoto “come hai fatto a non far scoprire
nulla?”
“Oh, sulle
prime credevano a una bravata, che avessimo prolungato la gita o robe
simili, presumo… poi la polizia ha cominciato a sospettare
qualcosa.”
“L-la
polizia? Vuoi dire che sono qui?!”
“Certo.”
annuì il ragazzo, come niente fosse. “Immagino
siano qua fuori anche adesso… hanno provato ad entrare ma
abbiamo un ottimo sistema di sicurezza.”
Togami aprì
la bocca per aggiungere qualcosa, ma Mondo lo zittì in
maniera perentoria: “Guarda che ho capito il tuo gioco, coso.
Stai cercando di temporeggiare per qualche ridicolo motivo. Ma non te
lo concederò”.
“Feh. Devo
proprio dirlo” concesse Byakuya “Avevo ragione
quando ho detto che il mastermind era calato al livello dei villici che
ci circondavano. Comunque vada devo ammettere che sei stato furbo come
una faina. Avresti un futuro come broker”.
“Più
facilmente il mio futuro sarà come carcerato… o
cadavere”.
“Uh?”
chiesero gli altri due, confusi.
“Niente che
vi riguardi. E ora…”.
Puntò la
pistola verso Makoto.
BANG.
Nononononoehichescherzisonoperchédevomorireaiuto…
THUMP.
Se non sono morto
adesso non potrò mai farlo, è deciso.
Sono caduto
all’indietro, prendendo anche una sonora sederata. Osservo
con sguardo immagino vitreo quell’abnorme massa di muscoli di
Sakura Oogami che si assicura del decesso di Mondo Oowada. Aveva ragione sulle sue prospettive di carriera.
La ricostruzione di
questi ultimi trenta secondi è la seguente: sentendo lo
sparo è emersa dall’angolo buio in cui
probabilmente si era rintanata insieme alla sua compagnuccia. Non ha
perso un solo istante e gli si è avventata addosso, mentre
io non riuscivo a staccare gli occhi dalla figura di Naegi che si
copriva la ferita con una mano, faceva roteare gli occhi dentro il suo
cervello e si accasciava per terra macchiando tutto il pavimento.
La colluttazione
è durata pochissimo, ma il tempo è stato
sufficiente per far sì che Oogami si prendesse un proiettile
nella gamba. Per fortuna non è bastato a neutralizzarla,
così ha potuto sbattere la testa di Oowada a terra fino a
fracassargliela.
“Togami…
stai bene?” mi chiede, lo sguardo contorto in una smorfia di
dolore. Riesco a risponderle solo con un piccolo cenno.
Ho…
io…
Contegno Byakuya,
contegno. Sei un maledetto Togami.
Mi prendo un minuto
per recuperare il decoro. Poi riesco a rialzarmi, ad asciugarmi la
faccia sudata e più in generale a riprendere
l’aspetto che mi compete.
“Asahina?
È viva?”.
“Sì,
per fortuna sì. L’ho lasciata nell’aula
audiovisivi, raccomandandole di non mettere il naso fuori di
lì per nulla al mondo. Se io avessi fallito
ora…”.
“... Oowada
sarebbe andato a prenderla, già”.
Silenzio. Nessuno dei
due ha particolare voglia di cianciare.
Oogami, pur con un
buco nella gamba, sembra in ottima forma. Maneggia il corpo di quel
bastardo alla ricerca di qualcosa, specificando che è a caccia di un telecomando per sbloccare il
portone d’ingresso.
Lo trova quasi subito.
Osservandolo esclama:
“Incredibile che per un affarino così piccolo sia
dovuto succedere tutto questo…”.
Decido di non
commentare. Ho già perso troppi punti sul Togamometro per
oggi.
“Sono morti
persino Naegi e Kirigiri, mi tocca constatare. Non riesco a credere a
una conclusione simile…”.
Le faccio cenno di
uscire di qui, recuperare Asahina e andare a braccetto tutti e tre in
terapia per i prossimi trent’anni.
“Eravamo in
sedici… e ora… ora…”.
Ribadisco il cenno,
stavolta con più forza.
“Una
carneficina…”.
“Andiamo!”.
A quanto pare i cenni non bastano.
Quando siamo alla
porta si gira un’ultima volta, e io con lei: davanti ai
nostri occhi i cadaveri di Kirigiri, Naegi, Maizono, Hagakure, Fukawa e
Ishimaru. Più quel sacco di carne senza valore di Oowada, con la faccia spappolata.
Io, Oogami e Asahina siamo
stati baciati dai kami per l’onore di abbandonare questo
posto con i nostri piedi e non dentro un sacco per le autopsie.
La recuperiamo
velocemente. Meno velocemente Oogami la convince a venire via di
lì, considerato che si era rannicchiata su se stessa a
piangere.
Ora che sono da solo,
al sicuro dei miei pensieri? Posso intuire perché
è arrivata a questo estremo.
“E…
e gli altri? Naegi? Kirigiri? Fukawa?”.
“Non…
non ce l’hanno fatta” le comunica con voce
funerea, il viso rivolto a terra.
“No. No.
No!” comincia a strepitare, obbligando la sua amica ad
applicare maniere non esattamente gentili per convincerla a spostarsi.
Giungiamo davanti al
portone, dopo che il telecomando d’apertura è
finito a me. Sapete, tenere ferma una ragazza gonfia
d’energia come Asahina richiede entrambe le mani. Anche se sei alta quasi due metri e pesi poco meno di cento chili.
“Togami, per
piacere apri. Questo posto comincia a puzzare di morte
ovunque”.
Non ho motivo per
ritardare il processo. Premo il pulsante.
In un attimo, non
appena poggiamo un piede all’esterno, ci sono addosso.
Polizia, giornalisti,
ficcanaso, forse anche qualche professore.
E i genitori.
“Riprendimi,
taglio lungo! Trasmettiamo in diretta dall’esterno della
Kibougamine Gakuen. È uscito qualcuno, dopo giorni di
isolamento e mancate notizie sullo stato dell’accademia!
Dalle nostre informazioni risultano essere Byakuya Togami il Super
Erede, Sakura Oogami la Super Artista Marziale e Aoi Asahina la Super
Nuotatrice. Sono palesemente sconvolti, feriti e in pessime condizioni!
Non sembra esserci traccia degli altri membri della classe 78, dispersi
da ormai quasi due settimane. Adesso proveremo a intervistarli
per…”.
“Non
azzardatevi!” mi esce imperioso. Oh, almeno non sono marcito
del tutto là dentro.
“Vedete, ci
tocca annunciarvi che purtroppo si è consumata una terribile tragedia…” esordisce ancora
Oogami, immediatamente autonominatasi portavoce ufficiale del gruppetto.
Non credevo che avrei
mai potuto dirlo. Ma io, Byakuya Togami, sono un sopravvissuto. |
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