Non sempre l'unione fa la forza...

di sakichan24
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** È il momento della vendetta ***
Capitolo 2: *** La partenza è rimandata ***
Capitolo 3: *** Alleanza nuova, membri vecchi ***
Capitolo 4: *** Amicizia o un altro inutile sentimento? ***
Capitolo 5: *** Pura tensione... ma anche no ***
Capitolo 6: *** Amore per Pokémon e sassi ***
Capitolo 7: *** Uno strano gruppo di turisti (anzi, due) ***
Capitolo 8: *** Un professore Pokémon, il suo assistente e tre starter sconosciuti ***
Capitolo 9: *** UN LEGGENDARIO PER IL TEAM GALASSIA E UNO SCONTRO PROSSIMO ***
Capitolo 10: *** Ash in azione ***
Capitolo 11: *** Confessioni ***
Capitolo 12: *** Una bella sorpresa ***
Capitolo 13: *** Una brutta sorpresa ***
Capitolo 14: *** Dalla padella alla brace ***
Capitolo 15: *** Dalla brace al baratro ***



Capitolo 1
*** È il momento della vendetta ***


Saaalve!!!!!!! Sono tornata a scrivere una nuova storia!!!! Questa sarà molto meno seria della precedente, spero di saper gestire il genere e, se vi piace (ma anche se non vi piace), vi chiedo di lasciare una recensione anche piccola così!!!! Detto ciò, buona lettura!!!

L’uomo camminava frettolosamente sotto la pioggia, proteggendosi con la sua giacca elegante. Maledetti temporali, arrivavano sempre all’improvviso, ovviamente mentre non avevi l’ombrello e non potevi permetterti di tornare a casa a prenderlo. Ma quel giorno la mente dell’uomo non indugiò troppo su quei pensieri. Quello non era un giorno qualunque. Era quel giorno. Svoltò nella deserta stradina di campagna e vide in lontananza delinearsi i contorni di un edificio: una grossa casa signorile, abbandonata da anni, ma ancora in buono stato. Almeno così gli avevano detto. Cominciò quasi a correre, incurante del fango che schizzava sulle sue scarpe tirate a lucido. Era sempre stato un tipo elegante, lui.
Arrivò nel giardino incolto della vecchia casa; fece il giro e spinse la porta di legno che si trovava sul retro. Dentro faceva più caldo, ma l’atmosfera era spettrale. I lampi proiettavano strane ombre sui muri attraverso le tende strappate. L’uomo percorse il corridoio e puntò verso le scale: una volta salito, si trovò davanti ad un altro corridoio con stanze sia a destra sia a sinistra. La porta di una stanza sul lato sinistro era socchiusa e si riusciva ad intravedere uno spiraglio di luce. L’uomo entrò spingendo la porta, che cigolò. All’interno c’era un tavolo rotondo, parecchi foglietti erano stati messi sotto le gambe del suddetto (chissà quando doveva traballare), intorno erano disposte cinque sedie, quattro delle quali erano occupate. Gli occupati erano tutti vestiti in modo parecchio stravagante: uno aveva una specie di cappotto tutto nero, che gli copriva addirittura parte della faccia, con degli strani cerchi concentrici; in più aveva una spada, sull’elsa vi era un simbolo dallo sfondo nero e bianco, con una P azzurra. Sull’occhio destro aveva una strana lente rossa; i suoi capelli color tè verde presentavano tre ciuffi: uno su, uno a destra ed uno a sinistra. Alla sua destra sedeva un tizio con un vestito da astronauta, la giacca grigia e nera con una G gialla ricamata sulla parte sinistra del petto e i pantaloni neri. Il volto gli dava un’aria anziana, anche se doveva avere non più di quarant’anni, stando a quello che gli avevano detto.
Alla sinistra del tizio con la spada sedeva un uomo dai capelli rossi, con un  pastrano rosso e nero e i pantaloni neri (che noia però, tutti di nero… si trattava forse di un funerale?).
L’ultimo occupante, seduto vicino al tizio coi capelli rossi, era vestito tutto di nero (ovvio) e aveva sulla testa una bandana azzurra con un simbolo bianco. Era l’unico ad avere la barba ed un paio di baffi. Vicino al tavolo vi era un caminetto, con un fuoco che scoppiettava allegramente, dando un po’ di calore alla stanza.
– Era ora, Giovanni – disse l’uomo con la spada alzandosi – credevamo non arrivassi più.
– Colpa di questo stupido temporale – borbottò l’interpellato togliendosi la giacca bagnata e andando a sedersi all’ultimo posto rimasto vuoto, tra l’astronauta e quello con la bandana, che continuava a gettare occhiate nervose fuori dalla finestra ad intervalli regolari. Il tipo con la spada prese di nuovo la parola.
– Sapete tutti perché siamo qui, tutti avevamo creato con le nostre mani team potenti. E tutti siamo stati sconfitti dallo stesso ragazzino. È il momento della vendetta. IVAN, LA PIANTI DI GUARDARE FUORI ?! STAI ASCOLTANDO?!
Il tipo con la bandana fece un salto sulla sedia e farfugliò: – Scusa, è che il temporale… Kyogre… l’abilità Piovischio…
– Tanto non c’è Kyogre, è la trecentesima volta che te lo diciamo – replicò l’uomo in rosso, tracciando distrattamente segni sulla polvere che ricopriva il tavolo.
– Ok, ok… scusate. Continua pure, Ghecis.
– Dicevo, è il momento della vendetta. Sono sicuro che ancora qualcuno ci è fedele. Dobbiamo radunare un esercito, un grande esercito. Solo così potremo farcela.
– Sì, ma come facciamo a ritrovare i membri dei nostri team? Per dire, non è che la polizia si insospettirebbe se torniamo nelle nostre regioni?
– La risposta è semplice – rispose Ghecis – ognuno andrà in una regione diversa da quella di provenienza.
Tutti si guardarono con un’espressione che sarebbe stata a pennello sulla faccia di un Magikarp.
– Cyrus si è offerto di stampare le cartine – continuò Ghecis accennando con una mano all’uomo vestito da astronauta – adesso ve le distribuirà, le regioni le ho già decise io. Giovanni, tu andrai a Hoenn.
Ancora bagnato, Giovanni prese la sua mappa e cominciò a studiarla.
– Max, tu ad Unima.
L’uomo in rosso rispose con un cenno di assenso.
– Ivan, a Sinnoh.
L’uomo con la bandana cominciò a fare il calcolo di tutte le superfici coperte d’acqua.
– Infine, io andrò a Kanto e Cyrus a Johto.
Tutti si chinarono sulle cartine per studiare le maggiori città e i punti deboli della regione a loro assegnata.
 

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Capitolo 2
*** La partenza è rimandata ***


Ri-salve a tutti!!!!!!!!!!! Ecco un nuovo capitolo di questa stupidaggine ehm… fan fiction!!! Ringrazio Vale per aver recensito il primo capitolo, e già che ci sono ringrazio i lettori silenziosi!!!!
P.S. Alcune coppie di questa storia saranno veramente messe giù a caso… ma sono fatta così u.u

 
Il giorno dopo, il sole splendeva nel cielo e non c’era traccia delle nuvole temporalesche del giorno precedente. Max andò alla finestra osservando sovrappensiero il paesaggio. Si vestì come al solito, tanto non poteva vederlo nessuno, in quel minuscolo paese c’erano più capre che abitanti veri e propri. Guardò l’ora: le dieci e un quarto. Cominciava ad essere tardi, perciò uscì velocemente di casa dirigendosi verso la catapecchia dove aveva trascorso la serata precedente. Lì c’era solo Cyrus che girava pigramente il cucchiaino nel caffè. Vedendolo, a Max venne in mente che non aveva ancora fatto colazione.
– Ehm… Cyrus…
– Hmm?
– Non è che ti avanza qualcosa da mangiare?
– Hmm.
Cyrus si diresse verso un armadietto (che avrebbe dovuto essere una specie di dispensa) e ne tirò fuori una brioche, poi andò verso una caffettiera poggiata su un fornelletto da campeggio e versò in una tazzina un po’ di caffè. Max ringraziò e si sedette dall’altra parte del tavolo. Si accorse solo in quel momento delle varie penne colorate sparpagliate sul tavolo: Cyrus era chino sulla sua mappa e stava borbottando qualcosa, tracciando righe e cerchi sbilenchi qua e là.
– Che stai facendo?
– Sto decidendo in che ordine viaggiare per le città.
– Ah, ok.
A Max venne in mente che forse, ma proprio forse, avrebbe dovuto fare anche lui la stessa cosa. Tirò svogliatamente fuori la sua mappa e la guardò, tentando di memorizzare qualche posto.
– Allora… uhm… ok, quindi teoricamente si comincia da Soffiolieve… poi Quattroventi, ma non c’è un cappero… aspetta, ma qui… laboratorio P&P… Cantiere dei Sogni… uffa, non ci capisco niente!
Si abbattè contro lo schienale, sbuffando. Cyrus sollevò appena la testa, quasi infastidito.
– Mai pensato di chiedere aiuto a Ghecis, che ci è stato?
– Ah… eh… ehm… – odiava ammetterlo a se stesso, ma il capo del team Magma si trovava quasi in imbarazzo di fronte al suo collega, nonostante fosse molto più giovane. Dopo un po’ riuscì a rispondere: – Sì, mi sa che hai ragione.
Si alzò dal tavolo e sentì distintamente Cyrus borbottare: – Dunque, Borgo Foglianova, lì c’è il laboratorio…
Cominciò a camminare a caso nei corridoi di quella casa, divenuta il loro punto di ritrovo, ripetendo i nomi delle città: – Soffiolieve, Quattroventi, Levantopoli, poi… il Ponte Freccialuce e… mmmhh… no, il Ponte era dopo…
– Che stai blaterando, rosso?
Max si voltò di soprassalto: a parlare era stato Ivan, arrivato chissà quando. Forse lo stava già seguendo da un po’.
– Sto studiando un piano – borbottò poco convinto.
– Già, ma se non sai nemmeno la geografia di Unima come pensi di fare?
– Fatti i cavoli tuoi.
– Uuuh, siamo permalosetti oggi…
– Ti ricordo che siamo alleati.
– Ok, come vuoi… allora ti lascio alle tue lezioni di geografia.
Max borbottò tra sé parole irrepetibili e riprese a guardare la cartina. Maledizione, ancora due giorni, poi ognuno sarebbe partito per i fatti suoi e non aveva nemmeno una mezza idea in testa…
All’improvviso sentì il suo telefono squillare: un messaggio. “Probabilmente è la Vodafone” si disse, comunque tirò fuori di tasca il telefono e guardò il display. No, il messaggio era di Giovanni: “Ghecis ha detto di ritrovarci tutti nella solita stanza, non chiedetemi perché”.
Scese velocemente le scale ed entrò nella “solita stanza”, la stessa dove aveva fatto colazione e dove si erano incontrati per la prima volta. Si sedette al tavolo rotondo, evitando con cura Ivan. Ghecis si alzò (aveva la mania di alzarsi durante i discorsi) e disse: – Gente, la partenza è rimandata.
– COSA?! 

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Capitolo 3
*** Alleanza nuova, membri vecchi ***


Salve a tutti!!!!!!!!!! Eccomi con un nuovo capitolo di questa ff!!!!!!!!!! Ringrazio ovviamente Vale per il supporto e tutti i lettori silenziosi che comunque leggono la storia!!! Buona lettura!!!!
 
– Papà! Papà, vieni a vedere!
Il ragazzino puntò verso casa correndo: aveva dei corti capelli neri, gli occhi azzurri e una spruzzatina di lentiggini sulla faccia. Il padre alzò rassegnato gli occhi dal giornale e lo vide che portava un Rattata in braccio.
– È venuto fuori dall’erba alta – disse allegramente il ragazzino.
– Light, riportalo là – disse stancamente il padre, senza riuscire a trattenere un sorriso: gli ricordava incredibilmente lui quando era giovane. La stessa voglia di girare il mondo, di scoprire cose nuove, di stringere amicizie…
– Ash, Light, venite in casa! La cena è pronta!
Una donna dai capelli rossi li chiamava dall’ingresso della casa.
– Arriviamo!
Ash si alzò dal dondolo dov’era stato seduto a leggere il giornale e carezzò la testa del figlio.
– Dai, riporta quel Rattata dove l’hai trovato, anche per lui sarà ora di cena.
– Ok!
Light corse velocemente verso l’erba alta, lasciando giù il Pokémon.
– Ecco fatto, piccolo… su, vai dalla mamma.
Fissò Rattata finchè non scomparve, poi tornò a casa. I suoi genitori lo stavano aspettando. Quello per il piccolo Light era un giorno importante: il suo decimo compleanno. Finita la cena, prese fiato e disse: – Mamma, papà, io voglio fare un viaggio Pokémon.
I suoi genitori lo guardarono, ma non sembravano stupiti. Lui, giusto per sicurezza, cominciò a dire: – Beh, voi vi siete conosciuti durante un viaggio, no? Magari potrei incontrare anch’io una fidanzata come è successo a voi…
A quelle parole a Misty venne da ridere: – Light, sai come si è svolto il primo incontro tra me e tuo padre? Mi ha distrutto la bicicletta.
 
Intanto altrove…
– Quindi, fammi capire – ripeté per l’ennesima volta Ivan – Dobbiamo radunare i maggiori membri dei nostri team? E perché non cercare anche le reclute, scusa?
– Te l’ho già detto mille volte, testone – disse seccato Ghecis – perché più siamo, più daremo nell’occhio.
– Ma mica ieri hai detto che dovevamo radunare un grande esercito?
– Sì, ma lentamente – replicò Giovanni – le reclute dobbiamo trovarle nelle regioni assegnate.
– Sì, ma se la polizia…
– Se lavori bene la polizia non si accorgerà di niente!
– Ok, ok… d’accordo.
– Quindi, spero riusciate a radunarli in fretta. La partenza è rimandata a data da destinarsi.
Ivan uscì dal covo segreto e si incamminò verso casa sua, mentre ragionava. Aveva ancora i numeri di telefono dei suoi due Idrotenenti, ma come poteva essere sicuro che gli fossero ancora fedeli? “Beh, l’unica è tentare” si disse.
Appena fu a casa si preparò un paio di uova al tegamino, giusto per fare qualcosa di veloce, e poi si sedette sul divano col telefono in una mano e nell’altra un foglietto con su scritti due nomi, Alan e Ada, accanto a ciascun nome un paio di quadratini con su scritto “sì” e “no”. Compose di malavoglia il numero di Ada. Dopo qualche secondo, sentì rispondere dall’altra parte: – Pronto?
– Pronto, Ada? Sono Ivan.
– IVAN?!
– Sì, ehm… ti andrebbe di ricostituire il team Idro?
– Ahm, ehm… mmmhh… sì, certo capo! Perché?
– Perché abbiamo una seconda possibilità. Ci pensi tu ad avvisare Alan? Ci incontriamo… sai quella casa di campagna a dieci chilometri da Roteolia? Ecco, là davanti.
 – Ok capo, ad Alan ci penso io.
– Va bene, ci vediamo domani, alle due. Sii puntuale.
Ivan quella sera andò a dormire più soddisfatto del solito.

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Capitolo 4
*** Amicizia o un altro inutile sentimento? ***


Oilà!!!!!!! Rieccomi con un altro capitolo!!! Ovviamente ringrazio tutti coloro che hanno recensito/recensiscono/recensiranno questa storia. Buona lettura!!
 
Quella mattina, quando sentì la sveglia, Cyrus schizzò giù dal letto come se fosse stato sdraiato su un porcospino. Fissò l’ora sul display del telefono, giusto per essere sicuro: le nove meno un quarto. Cinque minuti dopo era già pronto per uscire. Passò qualche secondo a controllare che l’uniforme da Capo Galassia gli stesse ancora bene e si sedette sul letto, ricontrollando l’ora. Le nove meno dieci. Quindi aveva ancora… cinquantacinque minuti prima che fosse ora di uscire di casa? E che faceva in cinquantacinque minuti? Sbuffò. Forse aveva esagerato un po’, cercando di fare presto. Tanto per passare il tempo, prese il suo portatile, collegò il caricatore (non voleva che si spegnesse all’improvviso) e andò su Pokébook. Per poco non gli cadde tutto quanto dalle mani: cinquanta notifiche e quindici messaggi.
– Ma che cappero…
Mentre si affrettava a controllare che cosa fosse tutta quell’attività, sentì squillare ancora il telefono. Lo prese in mano e constatò che si trattava di una chiamata da parte di Giovanni. Rispose: – Ciao Gio, che c’è?
– Boh, niente, mi andava di parlare.
– Ok, aspetta che metto in vivavoce.
Cyrus, dopo aver messo il vivavoce, appoggiò il telefono accanto a sé.
– Ok, ci sono.
– Che fai?
– Pokébook… uno non entra per due giorni che ha avuto da fare e si ritrova con cinquecentomila cose…
– Ti capisco, amico… tu quando ti incontri con la tua gente?
– Oggi, alle dieci meno cinque devo uscire.
– Quanti siete?
– Cinque, me compreso. Voi?
– Anche noi cinque! Ma tu hai visto la lista di Ghecis? Io l’ho vista di sfuggita, sono tantissimi…
– Davvero? Più o meno?
– Boh, dieci ci sono tutti.
– E poi siamo noi quelli che non devono reclutare troppa gente…
–  Vabbè, io mi incontro alle cinque invece.
– Così tardi?
– Eh, che ci vuoi fare… ti lascio al tuo Pokébook, comunque, ci sentiamo dopo.
– Ok, ciao.
– Ciao.
Cyrus chiuse la chiamata e restò per qualche secondo a fissare il telefono accanto a sé. La situazione cominciava a diventare strana, Giovanni lo chiamava quasi tutti i giorni, anche per motivi stupidi, ma la cosa non gli dava fastidio… sentire la sua voce in qualche modo lo rallegrava
Scosse il capo per scacciare quei pensieri: lui era il capo del team Galassia, non aveva tempo per amicizia o qualunque altro inutile sentimento che avrebbe solo interferito coi suoi piani…
E allora perché non hai mai inventato scuse per attaccargli in faccia? gli sussurrò una scomoda vocina nella sua testa. Cercando di metterla a tacere, guardò l’orario: le dieci meno cinque.
– Caspita, di già?
Spense il computer e uscì in fretta di casa. I suoi fidati Comandanti Galassia sarebbero arrivati da un momento all’altro. Appena arrivò al punto di ritrovo, constatò che per ora era arrivato solo Plutinio, che continuava a guardarsi intorno con l’evidente intento di cercare qualcosa da fare. Lo raggiunse in fretta.
– Salve, capo! Vi vedo in forma – disse il vecchio.
– Gli altri? – replicò Cyrus senza dare peso al commento del sottoposto.
– Boh, arriveranno…
Cominciarono ad aspettare. Mezz’ora dopo non erano ancora arrivati.
– Che dite capo, li chiamo?
– Direi di sì.
Plutinio prese il cellulare e compose un numero. Aspettò qualche secondo, poi disse: – Saturno, ma dove siete? Ancora a dormire? Ah,… ma come diavolo… vabbè, dove vi trovate ora? Ok… fermi là, non vi muovete.
Si girò verso Cyrus con aria rassegnata.
– Si sono persi

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Capitolo 5
*** Pura tensione... ma anche no ***


Salveee!!!!!!!!! Scusate il ritardo nell’aggiornamento, ma ho avuto da fare e mi si era bloccata l’ispirazione T_T lo so che questo capitolo è corto, ma perdonatemi… comunque ne approfitto per ringraziare chi ha recensito/recensisce/recensirà la storia e chi l’ha inserita/la inserisce/la inserirà tra le preferite/le seguite/le ricordate. E ringrazio anche i lettori silenziosi. Buona lettura!!
 
L’atmosfera che si respirava quella mattina al covo era di pura tensione… ma anche no. Ognuno si stava facendo gli affari propri e calcolando che lì si trovavano 27 persone sembrava di essere al club delle comari di paese. Acromio e Plutinio si scambiavano consigli di informatica, Saturno e Martes erano in un angolo a guardarsi spaesati tenendosi per mano, il Trio Oscuro occupava gli altri tre angoli della stanza, tutti gli altri socializzavano scambiandosi numeri di telefono. L’unico che non veniva considerato da nessuno era Ghecis, che cercava di ottenere l’attenzione schiarendosi la gola, con scarsi risultati. All’improvviso gridò: – BAAAASTAAAAA!!!!!!
Questo bastò a far calare il silenzio nella stanza affollata.
– Allora, – cominciò Ghecis – sapete tutti perché siamo qui.
L’affermazione fu seguita da qualche accenno di assenso da parte dei presenti.
– Dobbiamo decidere la data della partenza. Io non conosco la maggior parte di voi, quindi…
– Per l’esattezza non ne conosci il ~55.6% – lo interruppe Plutinio con un foglietto scarabocchiato in mano. Ghecis lo fulminò per bene con lo sguardo prima di proseguire.
– Dicevo, quindi sarò chiaro ed esplicito. Uno: nessun tipo di distrazione sarà tollerato. Due: cercate di non fare mosse azzardate. Tre: mi aspetto che i capi si impegnino a tenere a bada i propri sottoposti.
Sedici paia di occhi si girarono offese verso Ghecis, che non fece una piega.
– Ma sentilo – borbottò Giovia a Rossella – ci tratta manco fossimo bambini di due anni.
– Dobbiamo decidere la data della partenza – continuò il capo del Team Plasma – idee?
La partecipazione alla domanda sarebbe stata maggiore se Ghecis avesse parlato ad un pubblico di mattoni. Tutti cominciarono a grattarsi la testa guardandosi intorno, aspettando che qualcun altro esprimesse la sua opinione. Il risultato fu che Ghecis perse completamente la pazienza: – MA INSOMMA!!!!! VI REPUTATE DEI GRANDI CRIMINALI E NON SAPETE DECIDERE UNA *biiip* DI DATA?!
A quel punto cominciarono tutti quanti a blaterare giorni a caso, col risultato che non si capiva più niente.
– Insomma, gente, un po’ di silenzio – si intromise Acromio, notando il fatto che Ghecis fosse vicino all’autodistruzione.
– Adesso cerchiamo di fare silenzio e parlare uno per volta. Quali sono le proposte?
– Un qualche giorno compreso tra domani pomeriggio e venerdì prossimo – disse Ottavio anticipando tutti gli altri.
– Ok, c’è qualcuno che non è d’accordo?
Nessuno rispose.
– Ok, allora facciamo… giovedì. Va bene per tutti?
Un mormorio di assenso si diffuse tra la folla.
– Perfetto. Partiremo dalla stazione Ruotadentata, basta che prendiate il treno da Roteolia. Vestitevi da persone comuni, non è il caso di farsi notare. Ognuno da lì prenderà il treno per la regione che lo aspetta. Ora vi consiglio di andare a dormire, da domani comincerete a preparare le cose per il viaggio. 
La stanza cominciò a svuotarsi lentamente, con un continuo scambio di “Buonanotte”, “Ci sentiamo” e “Ricordati di chiamare”. Alla fine rimase solo uno stanchissimo Ghecis, che guardava i muri spogli della casa come se avesse dovuto abbandonare la sua terra natia. Dopo un po’, sospirò e si diresse verso l’uscita sul retro, che ormai era diventata la porta principale.  Sarebbero state delle settimane lunghe, quelle a venire.

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Capitolo 6
*** Amore per Pokémon e sassi ***


Light camminava allegramente nell’erba alta assieme al suo nuovo compagno: un Bulbasaur allegro e vivace.
– Stai attento… non conosco bene questo percorso, potrebbe essere pericoloso…
All’improvviso sentì una mano sulla sua spalla: si voltò di soprassalto e vide che si trattava solo della sua cara amica d’infanzia, che non aveva sentito arrivare.
– Kuroi! Grazie al cielo, sei solo tu…
– Come sta Bulbasaur? – lo interruppe la ragazzina. Aveva dei lunghi capelli neri, gli occhi verdi erano incorniciati da un paio di occhiali grigi. Era alta poco più di Light (era anche più grande di un anno) ed era particolarmente magra. Al polso destro aveva un orologio blu e un braccialetto con perline di vetro multicolori, al medio e al mignolo della mano destra aveva un paio di anelli, entrambi d’oro, al collo aveva una catenina con un ciondolo a forma di cuore (a cui era attaccato un altro ciondolo più piccolo a forma di pianoforte) ed un’altra catenella con una stellina. Lei aveva di fianco a sé Charmander.
– Bene, direi… si sta divertendo.
– Lo spero… ci sono troppe persone che non amano i Pokémon.
– M-ma io amo i Pokémon! Non mi sognerei mai di trattarli male! Lo sai! – replicò Light prendendo il commento dell’amica come un’offesa personale.
– Lo so… ma io non mi fiderei troppo di nessuno. Stai attento, Light.
Detto questo, Kuroi si allontanò senza aspettare risposta. Light restò un po’ a guardarla, stordito. Era sempre stata un po’ strana, ma possibile che dubitasse del suo migliore amico? Si riscosse solo quando sentì Bulbasaur strusciarsi contro la sua mano.
– Sì, hai ragione… andiamo.
 
Nel frattempo…
– ADESSO BASTA! – sbottò Atena sull’orlo di una crisi di nervi. – SI PUÒ SAPERE PERCHÉ NON CAMBIATE ARGOMENTO?!
Gli altri tre Generali la guardarono intimandole con lo sguardo di abbassare la voce.
– Perché c’è ancora un universo di cose che si possono dire – disse Milas con la faccia di chi la sa lunga.
– Cosa ci sarebbe da dire su un sasso?!
– Un sacco di cose! Tipo, ti sei mai chiesta che cosa fa un sasso tutto il giorno?
– Niente.
– Ha! Ti sbagli! Fa delle cose da sasso – la attaccò Archer.
– Sì, ma è da quando siamo saliti su questo stupido treno che parlate di sassi…
– Ho trovato un altro argomento! Parliamo di cancellini! – esclamò Maxus con aria ispirata.
– Oh, ma uffa… capo, li faccia smettere! Capo?
Giovanni si riscosse dai suoi pensieri smettendo di guardare fuori dal finestrino.
– Capo… c’è qualcosa che non va?
– No, no… tutto a posto.
In realtà pensava a come sarebbe stato ricostruire un nuovo team completamente da zero e poi conquistare il mondo… il tutto in una regione che non conosceva. In più Ghecis aveva vietato di scriversi messaggi, per cui potevano contattarsi solo tramite Pokébook, e la connessione mica stava ovunque…
– Comunque, cosa c’è Atena?
– QUEI TRE CONTINUANO A FARE I DEFICIENTI!
Solo allora Giovanni si accorse che Archer, Maxus e Milas erano passati dall’argomento cancellini ad un altro piuttosto ambiguo.
– Voi tre, comportatevi come persone normali.
– Ma capo… già abbiamo questi stupidi vestiti da gente comune che nemmeno una recluta vorrebbe, se in più non possiamo parlare di quello che vogliamo…
– Ve l’ho già detto, dobbiamo comportarci da turisti. Quando arriveremo ad Hoenn andremo subito in albergo e lì potrete parlare di quello che vi pare.
– Ok – risposero i tre generali.
Il resto del viaggio trascorse in assoluto silenzio: ognuno sembrava perso nei propri pensieri, ma Atena avrebbe potuto giurare che Maxus, Milas e Archer avessero creato un gruppo su PokéApp per continuare a parlare di sassi e chissà quali altri argomenti.
Era ormai ora di cena quando il singolare gruppetto arrivò all’hotel che li avrebbe ospitati, a Ceneride. Non era il massimo, ma era quello che per ora potevano permettersi. Dopo una cena veloce, tutti e cinque si ritirarono nelle proprie camere. L’indomani sarebbe stata la prima di una lunga serie di giornate faticose.  
ANGOLO NICCHIA AUTRICE
Ciao a tutti!!!!! Stavolta la mia nicchia l’ho messa alla fine!!!!! A grande richiesta è arrivato il rivale dal nome opposto (“kuroi” vuol dire oscuro in giapponese) e… già… è una donna u.u
Comunque, ringrazio le persone che hanno recensito/recensiscono/recensiranno la storia, chi l’ha messa/la mette/la metterà tra le seguite/preferite/ricordate e chi semplicemente la legge senza dire nulla!!!!!! Alla prossima!!!!

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Capitolo 7
*** Uno strano gruppo di turisti (anzi, due) ***


Quella mattina fu la più rilassante che Max avesse passato nelle ultime settimane: quasi non gli sembrava vero di potersi alzare alle dieci e non dover uscire di nascosto per andare al covo…
Scese le scale e raggiunse il ristorante dell’hotel per la colazione. Ad uno dei tavoli erano già seduti i suoi due Magmatenenti. Per poco non scoppiò a ridere: avevano addosso quelli che sarebbero dovuti sembrare degli abiti normali, ma erano stati abbinati così male da farli sembrare dei disagiati sociali. Un’altra cosa che notò quasi subito fu una (probabilmente costosissima) Reflex appesa al collo di Ottavio.
– Dove l’hai presa quella? – chiese sedendosi con gli altri due.
– Hmmm? – fece Ottavio guardando il punto dove Max aveva accennato col capo – Questa? Da PokéMedia World.
– E funziona?
– Caspita! Fa delle foto fantastiche! Ti abbiamo detto che abbiamo cominciato a lavorare in coppia, io e Rossella? Nel senso: io scatto le foto, lei che sa usare Pokéshop le risistema. Dovresti vedere che capolavori abbiamo fatto!
– Li vedrò sicuramente, però… – si guardò intorno per controllare che non li ascoltasse nessuno, poi si chinò verso Rossella e Ottavio e abbassò la voce – dobbiamo andare a controllare i punti deboli di questa città… quella Reflex ci sarà utile, complimenti.
– Secondo te a cosa pensavo, quando l’ho presa? – replicò Ottavio con un ghigno appena accennato.
– Bene, andiamo.
I tre si allontanarono dal tavolo e si diressero verso l’affollatissima Austropoli. Neanche cinque minuti e già si erano persi.
– Cappero, ma è troppo difficile orientarsi qui… Ross, mica avevi una cartina?
– Sì, eccola… allora… dove siamo?
– Ma speravo che me lo dicessi tu…
– Ma se non ho punti di riferimento come faccio a capire…
– Voi due – li interruppe Max – da questa parte.
Seguirono il capo e si ritrovarono in una piazzetta semideserta, con solo una fontana nel centro e un paio di distributori di bibite.
– Ma… tutta la gente che entrava ed usciva da quella via?
– Boh, non lo so… adesso cerchiamo di ritrovarci.
 
In un’altra regione…
– Bulbasaur, finiscilo con Frustata!
L’Onix del suo avversario non riuscì a schivare il colpo del Pokémon Erba e si accasciò a terra esausto. L’arbitro annunciò: – Onix è esausto, per cui Bulbasaur vince l’incontro! Light si aggiudica la vittoria! 
– Caspita… sei forte, ragazzo – disse il Capopalestra avvicinandosi – Ecco, te la sei proprio meritata – disse poi porgendo a Light la medaglia Sasso.
– Yuppi! Grazie, signor Capopalestra! Ehi, Kuroi, anch’io ora ho la mia prima medaglia!
– Hmmm – replicò la sua amica.
– Eddai, sciogliti un po’… sei sempre così seria… che hai?
– Niente.
– Ok, come vuoi.
– Scusate se vi interrompo… – si intromise il Capopalestra guardando il ragazzino – Ma conosci per caso un certo Ash Ketchum?
– Sì, è mio papà!
A quella risposta si allargò un sorriso sul volto dell’uomo.
– Sai che eravamo compagni di viaggio? Ah, quante ne abbiamo passate…
– Davvero lei era il compagno di viaggio di papà? Lui non me l’ha mai detto… – disse Light con aria stupita.
– Eh, Ash non cambierà mai… fai così, piccolo, appena passi da casa portagli i più grandi saluti da parte di Brock!
– Va bene! Arrivederci!
– Ciao, piccolo!
Quando furono usciti dalla palestra, Kuroi si avvicinò a Light.
– Senti… ti devo dire una cosa. L’altro ieri, più o meno, ho visto uno strano gruppo di turisti qui a Plumbeopoli… erano dei vecchietti, ma assieme a loro c’erano tre ninja e un tipo più giovane che aveva l’aria di uno scienziato… non so, ma fossi in te terrei gli occhi aperti.  
NICCHIA AUTRICE
Ehilà!!!! Ebbene sì, i nostri malvagi hanno cominciato a darsi da fare e Light ha ottenuto la sua prima medaglia!!!! Poveretto, non sa nemmeno cosa ho in serbo per lui XD
Lascio a tutti i soliti ringraziamenti e… alla prossima!!

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Capitolo 8
*** Un professore Pokémon, il suo assistente e tre starter sconosciuti ***


– Quindi… uhm… dobbiamo attraversare questo percorso per arrivare al laboratorio del prof?
Ivan si dondolò un po’ sul posto guardando la distesa di erba alta che lo aspettava.
– Hmmm… credo di sì – rispose Alan guardando la cartina – Ma… credo ci sia un problema… noi siamo qui, giusto? E perché il percorso lo indica dall’altra parte?
– Fa’ vedere – Ada si alzò in punta di piedi per guardare oltre la spalla dell’Idrotenente. Poi gli tirò uno scappellotto sul collo.
– Deficiente! La cartina è al contrario!
– Ah… è vero… scusa, scusa!
Alan raddrizzò la cartina e ricontrollò.
– Ah, giusto, avevi ragione tu… bene, andiamo.
Stavano per entrare nell’erba alta quando…
– FERMI!!!
I tre si voltarono di soprassalto. Un uomo sulla sessantina li guardava severo.
– Cavolo… – sussurrò Ada agli altri due – siamo già stati scoperti?!
– Voi tre, non potete entrare nell’erba alta senza un Pokémon. Adesso ve ne consegnerò uno, così non correrete pericoli.
I tre malvagi si guardarono straniti. Lo divennero ancora di più quando un ragazzino con una valigia in mano si avvicinò correndo al vecchio.
– Professore! Si è scordato la valigetta coi suoi Pokémon al lago!
– Hmmm? Grazie, Lucas… dove ero rimasto?… Ah, giusto, scegliete il vostro Pokémon. Ne ho giusto tre.
Ivan, Ada e Alan si avvicinarono alla valigetta che intanto il vecchio aveva aperto. Dentro c’erano tre Pokéball. Ne scelsero una a caso.
– Bene, appena avrete fatto amicizia col vostro Pokémon, venite a trovarmi nel mio laboratorio. Si trova a Sabbiafine. Andiamo, Lucas.
Il ragazzino oltrepassò il team Idro ed entrò nell’erba alta assieme al professore.
Seguì un lungo ed imbarazzante silenzio.
– Ehm… vediamo che Pokémon ci sono toccati – balbettò incerto Alan. Dalla sua Pokéball uscì un Pokémon molto simile ad un pinguino, solo che era azzurro.
– Che diavolo è quello?!
– Piluuuup! – il Pokémon si strusciò contro la gamba dell’Idrotenente.
– Almeno il tuo è un pinguino… il mio è una tartaruga! – si lamentò Ada mentre cercava di tenere le distanze da un Pokémon che, a giudicare dal verso che emetteva, doveva chiamarsi Turtwig.
– Il mio invece è questo – disse Ivan mostrando agli altri la sua scimmietta di nome (forse) Chimchar.
– Quindi quello doveva essere il professore Pokémon che cercavamo… Rowan, mi pare.
Sul volto dei tre si aprì un ghigno.
– Bene… andiamo a trovarlo. Avrà una bella sorpresa.
 
Intanto…
– Quindi sono quelli – disse a bassa voce Light.
– Già… – rispose Kuroi.
I due, che si trovavano nella piazza di Celestopoli, stavano osservando il gruppo di “turisti” che Kuroi aveva avvistato pochi giorni prima.
– Guarda… fanno foto e si guardano in giro… ma sono vestiti in modo troppo strano per essere dei turisti…
– Hai ragione… dovremmo avvisare qualcuno.
– Giusto! Io avviserò mamma e papà e tu… ehm… – Light si interruppe, non sapendo come continuare la frase. Cosa si dice a qualcuno che non ha genitori e nessun parente biologico conosciuto? In fondo Kuroi aveva sempre vissuto col professor Oak, che non era né suo padre, né suo nonno, tantomeno su zio…
– Io avviserò il professore – disse convinta l’amica interrompendo il filo dei suoi pensieri – ma prima staremo a spiarli per un po’ e scopriremo quello che fanno. Magari sono solo dei tizi veramente schizzati.
– Sì, hai ragione… spiamoli.
– Ma guarda un po’, cosa ci fanno due bambini nascosti dietro ad un cespuglio?
I due si voltarono di scatto: lo scienziato li aveva scoperti.  
 
NICCHIA AUTRICE
Eh, che dire… le cose per Light e Kuroi si mettono male… anche per Rowan, a pensarci bene XD intanto che vi preoccupate per la loro sorte (?), approfitto per ringraziare tutti i lettori!! Alla prossima!!!

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Capitolo 9
*** UN LEGGENDARIO PER IL TEAM GALASSIA E UNO SCONTRO PROSSIMO ***


– Direi che il primo discorso è andato bene – si vantò Saturno mentre si avviavano all’hotel.
– Puoi dirlo forte – replicò Giovia – abbiamo già come minimo venti candidati!
– Sì, ma se fossi in voi non gioirei troppo – li interruppe Cyrus, guardando verso l’alto – come vi ho detto, per attaccare anche solo la torre Sprout abbiamo bisogno di almeno un centinaio di reclute: con la polizia che ci segue è troppo pericoloso.
– Così tanti? – si lamentò Plutinio.
– Sì, così tanti. E un’altra cosa, domani mattina vi dovrete svegliare presto: andremo a Fiorlisopoli.
– Uffa, a che ora? Se è di nuovo alle quattro…
– No, non è alle quattro: è alle cinque meno un quarto.
– Nooooooooo – si lamentarono i Comandanti.
– E invece sì. Perciò andate a dormire presto. Non voglio che vi addormentiate in piedi.
Non che Cyrus si aspettasse che i Comandanti avrebbero seguito il consiglio, a dire la verità. Infatti la mattina dopo fu particolarmente sorpreso quando alle cinque meno un quarto erano già tutti in piedi e quasi pronti per andare.
 – Sa, capo – spiegò Plutinio – per il team Galassia questo e altro.
Arrivati a Fiorlisopoli, cominciarono ad esplorare l’ambiente. Non c’era molto, a dire la verità: una palestra, una grotta, uno studio fotografico, una farmacia e le solite quattro case. L’unica cosa degna di interesse era il piccolo arcipelago proprio accanto alla città.
– Capo, vuole che faccia una ricerca su quelle isole? – si offrì Saturno, deciso a riconquistare la fiducia del superiore.
– Va bene, ma qualcosa di breve.
– Ok.
Il Comandante prese il suo iPoké (che aveva il 3G) e andò su Poképedia.
– Come si chiama l’arcipelago? – chiese poi indeciso su cosa scrivere nella barra di ricerca.
– Scrivi “Fiorlisopoli” e guarda tra le voci correlate – gli consigliò Plutinio.
– Ok, allora… Fiorlisopoli… dunque… ecco, ci sono! Isole Vorticose! Piccolo arcipelago situat-
– Sì, lo sappiamo dov’è situato – lo interruppe Cyrus – leggi qualcos’altro.
– Ok… chiamate così per il pericoloso Mulinello che le circonda, alcune parti sono misteriose e largamente inaccessibili… PORCA VACCA! – esclamò all’improvviso rischiando di far cadere l’aggeggio che aveva in mano.
– Cosa? – chiesero tutti in coro accalcandosi per vedere.
Saturno, che nel frattempo aveva acquisito un colorito del tutto simile a quello di un Castform, riprese a leggere: – Alcune leggende di Johto raccontano che nelle profondità più remote dell’isola è possibile trovare il Pokémon leggendario che controlla le correnti marine, Lugia.
– Qualcuno ha un Pokémon che può imparare Surf e Mulinello? – chiese all’improvviso Martes.
– Potrebbe servirci anche Forza, dovrei avere da qualche parte una MN…
– Aspetta un attimo – la interruppe Cyrus – non possiamo andare così. È solo una leggenda…
– Anche quella di Dialga e Palkia era “solo una leggenda”! – gridò Giovia – e poi c’è scritto su Poképedia! Dai, capo, andiamo almeno a controllare…
Ben presto i membri del team Galassia avrebbero dovuto ringraziare Saturno per aver ottenuto il loro primo Pokémon leggendario.
 
Molto lontano…
– Perché ci guardate così, piccoli? C’è qualcosa che non va?
Acromio aveva fatto portare Light e Kuroi all’interno della base del team Plasma e stava parlando con loro.
– Sì, c’è qualcosa che non va – disse Light – papà mi ha detto che quando era piccolo, c’era un’organizzazione di ladri di Pokémon che operava in questa regione. Scommetto che siete voi, perché se eravate adulti quando papà era piccolo, ora dovete essere dei vecchietti!
Acromio sorrise gentilmente, guardando quei due bambini innocenti.
– Interessante… come si chiama tuo padre?
– Ash Ketchum, ed è un allenatore fortissimo!
Un sorriso si allargò sul volto dell’uomo.
– Lo immagino… ascolta, piccolo, i ladri che operavano qui erano riuniti sotto il nome di team Rocket. Noi siamo il team Plasma, un’organizzazione che vuole aiutare i Pokémon maltrattati e…
– Non ci credo! – strillò Kuroi – Scommetto che stai mentendo! Lasciaci andare!
Lo scienziato a quel punto si alzò.
– Ok, se la mettete così… – si rivolse ad una recluta – Metti questi due ragazzini sotto chiave e assicurati che non scappino.
Light e Kuroi furono trascinati via mentre ripetevano insulti che nemmeno loro pensavano di conoscere.
– Signore… – disse una recluta – ma si è accorto che i ragazzini hanno i loro PokéGear?
– Appunto… non vedo l’ora di scontrarmi con Ash.
 
NICCHIETTA AUTRICE
Ta-daaaaaan!!! E mo’? Ash sarà all’altezza di Acromio? Forse sì, forse no… ringrazio in particolare Vale, che mi recensisce sempre e comunque (anche se talvolta un po’ in ritardo)!

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Capitolo 10
*** Ash in azione ***


– Quindi avete catturato il figlio di Ash Ketchum?
Ghecis aveva ascoltato con interesse il racconto di Acromio.
– A quanto dice lui, sì. E non era solo: c’era un’altra ragazzina con lui. Riteniamo che abbia vissuto in contatto diretto col professor Oak.
Un ghigno si allargò sul volto del capo del team Plasma.
– Interessante… quindi verrà a sfidarci Ash in persona. Non vedo l’ora…
 
Intanto, nella cantina della base, Light e Kuroi stavano preparando un piano.
– Questi qua sono un po’ stupidi… ci hanno lasciato il PokéGear. Io chiamerò papà e tu il professore. Sono sicuro che li batteranno in mezzo secondo!
– Hai ragione… aspetta, il professore sta rispondendo! Pronto?... Professore, ci hanno rapiti! Non lo so chi sono, dei tipi strani… però un po’ stupidi, se ci hanno lasciato il PokéGear. Siamo a Celestopoli, comunque. Sì, è una di quelle case anonime… ci troverete di sicuro. A dopo!
Kuroi chiuse la chiamata con un piccolo sorriso vittorioso. Light intanto componeva alla velocità della luce il numero di suo padre.
– Papà! Degli stupidi schifosi ladri di Pokémon ci hanno rapiti… non lo so se sono quelli che c’erano prima, dicono di chiamarsi team Plasma… comunque Kuroi ha avvisato anche il professor Oak. Ti prego, vieni ad aiutarci! Siamo a Celestopoli!
Dall’altra parte, Ash restò sbigottito. Come poteva essere? Anche il team Plasma era tornato in azione? Solo la sera prima, vedendo il notiziario, aveva sentito di un gruppo di criminali che aveva attaccato la torre Sprout a Johto, riconoscendo nelle immagini il team Galassia…
Si alzò di scatto: non avrebbe permesso che a suo figlio venisse fatto del male. Stava per uscire di casa, quando Misty gli chiese: – Ash… è tutto a posto?
Si voltò: sua moglie era visibilmente preoccupata. Probabilmente sospettava qualcosa.
– Sì, stai tranquilla – le rispose sorridendo – devo solo… uscire a sistemare una cosa. Sarò di ritorno tra poco.
– Va bene – replicò lei, non del tutto convinta.
Appena in giardino, Ash prese una delle cinque Pokéball che teneva in tasca.
– Vai, Noctowl! Dobbiamo volare verso Celestopoli!
Il Pokémon obbedì e, in pochissimo tempo, furono davanti al centro Pokémon della suddetta città. Ash individuò immediatamente la casa dove probabilmente i due bambini erano rinchiusi: all’ingresso c’erano un paio di reclute Plasma. Entrò in fretta e la prima persona che vide fu…
– Acromio!
Lo scienziato alzò la testa dai suoi fogli e sorrise.
– Eccoti, Ash… allora quei due mocciosetti non mentivano…
– Dimmi dove li avete nascosti.
– Te lo dirò sicuramente, ma prima, se non ti dispiace, vorrei lottare contro di te.
– Più che volentieri.
 
Nel frattempo gli altri…
– E fammi vedere! – gridò Rossella spintonando di lato Ottavio.
– Sshhh! – le intimò Max. – Fai piano… voglio vedere cosa succede. Comunque forte, quest’idea di mandare il combattimento in onda in tempo reale… Acromio sì che è un grande.
La stessa cosa aveva detto Ivan, nel laboratorio del professor Rowan: i tre (che nel frattempo, con l’aggiunta di qualche recluta, erano diventati trenta) avevano interrotto la loro onesta attività  e stavano assistendo tramite un computer usato dietro “gentile concessione” di uno degli assistenti di Rowan alla lotta.
Giovani invece aveva fatto una cosa con più stile: aveva allestito all’interno della base un megaschermo in modo che tutti potessero vedere.
Il team Galassia aveva ricevuto il messaggio dell’imminente lotta mentre si apprestava ad attraversare il bosco di Lecci. Ovviamente tutti si rifiutarono di proseguire e seguirono lo spettacolo dai loro cellulari.
 
Tornando a noi…
Acromio aveva condotto Ash dietro al rifugio, dove era stato allestito quello che poteva vagamente sembrare un campo di lotta per Pokémon.
– Allora, Ash… a te l’onore di iniziare.
L’uomo non se lo fece ripetere due volte.
– Vai, Charizard! Scelgo te!
– Forza, Rotom!
 
 
Alla fine della lotta, Ash non poteva credere ai suoi occhi. Non poteva essere successo davvero… Il suo ultimo Pokémon, Snorlax, aveva lottato con tutto se stesso, ma alla fine era crollato sotto i potenti attacchi del Metagross del suo avversario.
– Caspita, Ash – disse lo scienziato del team Plasma – non ti ricordavo così patetico…
– FAI SILENZIO! – gli gridò di rimando l’Allenatore – E dimmi dov’è mio figlio!
A quella richiesta Acromio ghignò.
– Massì, dai… te lo restituisco. In fondo non ci serviva a niente.
 
NICCHIETTA AUTRICE
Ehilà!!! Innanzitutto, chiedo scusa per il ritardo, ma le parecchie insufficienze mi avevano fatto passare la voglia di scrivere… comunque, rieccomi qui. Scusate se ho fatto perdere Ash, ma ci tenevo a fargli fare una brutta figura…
Che altro dire, alla prossima!
Sakichan

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Capitolo 11
*** Confessioni ***


Qualche settimana dopo quello scontro…
Giovanni continuava a camminare avanti e indietro per la sua stanza. C'era qualcosa che lo turbava. E la cosa più irritante era il non riuscire a capire che cosa lo turbasse. Si sedette sul letto, sbuffando. Rifece per la terza volta il punto della situazione su come era stato l'ultimo periodo.
- Dunque, abbiamo conquistato Hoenn, abbiamo un esercito di chissà quante reclute, i Generali mi sono fedelissimi, coi soldi che abbiamo ricavato siamo riusciti a costruirci una base decente, MA CHE DIAVOLO MI PRENDE?! - sbottò alla fine. Poi si voltò verso la finestra e cominciò a fissare il cielo fuori. Cominciò a ricordare, senza un motivo apparente, l'ultima volta che aveva telefonato a Cyrus, prima che partissero ognuno per la sua strada.
- Ciao Gio, che c'è?
- Boh, niente, mi andava di parlare.
Era iniziata così, l'avrebbe potuta ripetere a memoria. Senza nemmeno rendersene conto, si avvicinò di più alla finestra e appoggiò la fronte contro il vetro. Poi si riscosse all'improvviso.
"Ma che diavolo mi prende?!" pensò, per la seconda volta. Poi gettò uno sguardo allo specchio posizionato di fronte al letto, vicino all'armadio.
Quello specchio sembrava riflettere il solito Giovanni di sempre. Ambizioso, crudele, pronto a tutto per avere soldi e potere.
Ma il Boss Rocket sapeva che, dietro quella maschera di persona ambiziosa, crudele e pronta a tutto per avere soldi e potere qualcosa era cambiato.
Avrebbe tanto voluto sapere cosa.
Sbadigliò e guardò l'orologio. Era quasi mezzanotte. Avrebbe fatto meglio a dormire. Si ricordò di un detto che aveva sentito molte volte da bambino.
- La notte porta consiglio… - mormorò a se stesso.
Quindi si infilò un pigiama azzurro e si mise sotto le coperte, cadendo subito tra le braccia di Morfeo.
 
Piuttosto lontano da lì, precisamente vicino al Sentiero Fonte, c'era qualcun altro che, nonostante l'ora tarda, non voleva saperne di andare a dormire.
Ivan era seduto alla scrivania e stava scrivendo velocemente su un piccolo quadernetto blu.
 
       28 luglio
Caro diario,
Non riesco a capire cosa devo fare. È strano che io abbia cominciato a scrivere un diario: non ci avevo mai provato, nemmeno quando ero piccolo. Pensavo che tenere un diario fosse una cosa da femminucce e mi ci è voluto un po' a capire che mi sbagliavo. In ogni caso, in questo periodo mi capita sempre più spesso di pensare a Max. Il perché lo so, ma l'ho sempre tenuto segreto. Nemmeno i miei Pokémon lo sanno. Addirittura ho cercato di negarlo a me stesso più volte. Ma è da troppo tempo che faccio finta di niente: a qualcuno devo dirlo. La verità è che lo amo. Non ricordo quando ho iniziato ad amarlo, ma so che è stato tanto tempo fa. Forse addirittura quando eravamo all'università. Sicuramente, già allora avevamo idee opposte sul mare e sulla terra e siamo finiti a litigare come due bambini, fino a creare due Team opposti. Ho sempre cercato di non far trasparire i miei sentimenti, ma non so fino a che punto posso ancora resistere. Ero costretto a litigare con lui, se mi avesse scoperto chissà che fine avrei fatto… Però credo non sia stata la scelta giusta: se glielo dicessi ora, mi prenderebbe in giro per il resto della mia vita e pure oltre. Se avessi avuto il coraggio di dirglielo allora…
Avrei tanto bisogno di un consiglio.
 
Si fermò. Gli vorticavano in testa mille domande:
"Come starà Max? Ci rivedremo? E se sì, quando? Non avrà trovato... qualcun altro ad Unima, vero?"
Si prese la testa tra le mani, tentando di scacciare quegli interrogativi fastidiosi. E all’improvviso gli venne un’illuminazione.
 

ANGOLINO AUTRICE
Ehilà! So che questo capitolo è corto, ma, PER FAVORE, non uccidetemi (ci sta già pensando la scuola). Comunque, niente da dire… spero vi sia piaciuto.
Alla prossima!
Sakichan

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Capitolo 12
*** Una bella sorpresa ***


La mattina dopo…
- E dai, ti prego…
- Piantala di insistere, ti ho detto di no!
Ivan era nel bel mezzo di una discussione al telefono con Ghecis e stava tentando di convincere il capo del Team Plasma ad organizzare una festa per celebrare tutte le vittorie ottenute.
- Dai, Ghecis, gli altri saranno contenti… così è anche più facile scambiarsi informazioni!
- Ivan, è inutile che insisti! Forse non hai capito che è proprio ora, nel momento in cui il nostro dominio è esteso, che dobbiamo stare più attenti!
Mentre Ghecis continuava il suo discorso infervorato, Ivan lasciò il telefono sulla scrivania e prese il computer.
"Al diavolo, se quello non mi vuole aiutare, farò tutto da solo".
Aveva capito che quella festa era l'unica chance che aveva per dichiararsi. Non sapeva come avrebbe fatto, ma ci sarebbe riuscito.
"Al limite muoio, di peggio non mi può succedere" pensò fra sé. Non molto rassicurante.
- Ehi, ma ci sei? Mi hai sentito?
Ivan si accorse in quel momento che Ghecis aveva probabilmente finito il suo discorso filosofico. Riprese il cellulare in mano alla velocità della luce.
- Sì, sì, ho capito… scusa, ho da fare. Devo… ehm… cercare dei leggendari - improvvisò - ci sentiamo, ok?
- Va bene. Ma stai attento.
Ivan aveva già riattaccato. Si rifiondò al computer. Doveva trovare un posto per organizzare tutto. E doveva essere tutto perfetto. Non si era mai sentito così in ansia.
"Chissà cosa starà facendo Max…" si chiese.
 
- Mi fischiano le orecchie. È già la quarta volta in tre giorni.
Max sbuffò irritato.
- Buona notizia! Vuol dire che qualcuno la sta pensando! - disse allegramente Rossella.
- Non so come dirlo, preferirei che mi pensasse di meno - replicò Max - Comunque, come va con le missioni?
- Riguardo a quello, ho due notizie: una buona e una cattiva - si intromise Ottavio.
- Dimmi prima quella buona.
- Il colpo alla Pensione Pokémon è riuscito benissimo!
- Quella cattiva?
- Beh... C'erano solo uova, qualche Ditto ed altri Pokémon non esattamente... come dire... forti.
Max si batté una mano sulla fronte. Non che si aspettasse di trovare schiere di Pokémon leggendari al livello 100, ma nemmeno così scarsi... che diavolo se ne sarebbero fatti di un Ditto?!
All'improvviso sentì vibrare il suo telefono. Controllò: si trattava di un messaggio da parte di Cyrus. Diceva: "Giovanni mi ha detto di dirti che Ivan gli ha detto che domani alle otto di sera si festeggiano le vittorie a Roteolia. Ghecis ha già detto che non viene, tu vieni, vero?"
Max restò per tre quarti di minuto buoni a fissare il messaggio. Perché cavolo Ivan aveva organizzato una festa e l'aveva invitato? Tirò fuori l'agenda dal cassetto e guardò i suoi impegni per il giorno successivo: alle otto era libero.
"Ok, vengo" rispose.
 
Il giorno dopo, alle sette e mezza...
Ivan non era più agitato. Era semplicemente in piena crisi. Aveva ricontrollato tutto almeno cinque volte il mattino e sette il pomeriggio, ma continuava a temere che qualcosa sarebbe andato storto. Si era perfino preparato il discorso che avrebbe fatto a Max (non davanti a tutti, s'intende). Eppure non riusciva a stare tranquillo. Gettò un'occhiata nervosa verso l'orologio. Ancora mezz'ora e l'avrebbe rivisto. Controllò ancora una volta la sua immagine nello specchio: il completo nero comprato il giorno prima gli stava a meraviglia ed era pure riuscito a pettinarsi. Decise di cominciare a recarsi a Roteolia: stare a casa non aveva più alcuna utilità pratica. Uscì dalla base e fece uscire dalla Pokéball il suo Crobat.
- Forza, Crobat, voliamo a Roteolia!
 
Un paio d'ore dopo...
La festa stava procedendo senza intoppi. Acromio, tra un bicchierino di champagne e l'altro, stava raccontando la sua vittoria contro Ash, Giovanni e Cyrus sembravano due vecchi compagni che rammentavano i tempi di guerra, le reclute socializzavano tra di loro. Ivan continuava a guardare Max: si era dimenticato di quanto fosse dannatamente figo... Doveva semplicemente trovare il coraggio di dichiararsi.
"Facile a dirsi, difficile a farsi" pensò allungando la mano verso i pasticcini.
- Ciao, coso. Ti vedo silenzioso oggi.
Per poco Ivan non si strozzò col suo bignè: Max era arrivato dietro di lui e non se ne era nemmeno accorto. Tentò di esercitare un qualche tipo di controllo sul suo cuore che minacciava di uscire dal petto, poi raccolse coraggio e si voltò.
- Ti frega di perché sono tanto silenzioso? Vieni, te lo spiego subito.
E, senza attendere risposta, condusse Max lontano dalla festa, in un punto nascosto che aveva individuato il giorno prima.
Se prima il cuore minacciava di uscire dal petto, ora rischiava di esplodere.
- Dunque... - esordì. In un attimo realizzò di essersi completamente dimenticato il discorso che si era preparato con tanta cura.
"Ma com'è possibile?!" si chiese, disperato "Tre ore fa lo ripetevo pure al contrario..."
- Dunque cosa? - chiese Max, con fare scocciato.
Ivan lo guardò negli occhi e, in quel momenti, decise di giocarsi il tutto per tutto.
In un attimo il Capo Magma si trovò con le labbra incollate a quelle dell'altro. Sulle prime si irrigidì così tanto che un tronco d'albero sarebbe risultato incredibilmente flessibile al confronto. Voleva reagire, ma il suo corpo non rispondeva, e non perché Ivan lo stringeva quasi fino a fargli male. Sentì la lingua del Capo Idro che passava sulle sue labbra per chiedergli di approfondire il bacio e, senza sapere il perché e il percome, glielo permise.
Quando Ivan si staccò per riprendere fiato, Max era completamente frastornato e non ricordava esattamente dove fosse. Sapeva solo quello che era appena successo e una parte del suo cervello che non si faceva sentire da anni gli diceva che andava bene così.
- S-scusa…
Ivan era diventato pallidissimo e aveva l’espressione di chi ha appena commesso un terribile reato. Max riuscì a liberare il braccio e passò la mano sulla guancia del Capo Idro.
- Non importa… - sussurrò, sorridendogli e trascinandolo in un altro appassionato bacio.
 
ANGOLINO AUTRICE
Ehilà! Salve a tutti! *si sente il canto dei grilli e una palla di polvere solitaria passa*
Eccomi tornata. Che dire, spero che il capitolo sia di vostro gradimento! Non ho mai descritto un bacio, per cui se avete qualcosa da farmi notare fatelo liberamente!
Alla prossima!
Sakichan

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Capitolo 13
*** Una brutta sorpresa ***


Quel giorno nella casa di Ash e Misty c'era un gran fermento: era stata infatti scelta come quartier generale di coloro che si opponevano al team Plasma. Certo, forse una casa di Biancavilla non era il massimo, ma era comunque meglio di niente. Da lì Oak aveva cercato di mettersi in contatto con gli altri professori, ma Birch e Rowan risultavano irreperibili.
- Eravamo usciti e... quando siamo tornati era tutto scomparso! Tutto! I Pokémon, le apparecchiature, i risultati delle ricerche... Tutto!
Elm stava raccontando per l'ennesima volta il furto subito.
- Mi sono immediatamente precipitato da Mister Pokémon, ma anche lui era stato "visitato"... Oh mamma, che farò? Non posso pensare che i risultati delle mie dure ricerche in mano a dei malviventi...
- Professore, si calmi. - lo interruppe Misty tendendogli la quarta tazza di camomilla.
In quel momento Ash si alzò dal tavolo dove era stato a confabulare con Oak ed Aralia per tutto il tempo.
- Dunque, abbiamo qualche dato. Sappiamo che sicuramente tutti i Team sono tornati in azione. Il Team Galassia opera a Johto, il Team Plasma qui a Kanto e il Team Magma ad Unima. Non credo che sia una semplice coincidenza. Non siamo riusciti a metterci in contatto né con Birch né con Rowan. Non è più come prima. Devo andare a controllare cosa sta succedendo.
- Ash, non puoi!
Misty aveva gridato all'improvviso. Tutti si voltarono verso di lei; il povero professor Elm rischiò di rovesciare la sua bevanda.
- Misty... - cominciò Ash.
- Non puoi andare! - lo interruppe la donna dai capelli rossi - Io... Io... Non posso lasciarti andare da solo. Non di nuovo.
- Cosa intendi dire?
- Ash, tu non hai idea di come mi sia sentita da quando ci siamo dovuti lasciare dopo il nostro viaggio. Io dovetti tornare a casa, a Celestopoli, tu continuasti il tuo viaggio. Certo, ero triste perché non sarei potuta stare con te, ma c'era una cosa che mi spaventava ancora di più: che tu trovassi un'altra. Non potevo sopportare il pensiero di vederti tornare felice al fianco di una ragazza che non fosso io... Mi faceva male. Forse ti chiederai cosa c'entra. Beh, durante quegli anni ho avuto costantemente paura di perderti. Non puoi sapere cosa significa: non ho intenzione di provare di nuovo quei sentimenti. E non mi interrompere - sbottò, vedendo il marito che apriva bocca per replicare - hai detto tu stesso che ora non è più come prima. Loro cercano te! Si aspettano che tu vada ad Hoenn o a Sinnoh! Entreresti dritto nella loro trappola!
E qui la donna si fermò, incapace di continuare. In ogni caso le sue parole avevano avuto un grande effetto su tutti: Light ed Ash sembravano piuttosto scossi, Elm tremava leggermente nella sua coperta, Oak ed Aralia si guardavano e Kuroi restava nel suo solito silenzio, ma si capiva che anche lei non era indifferente. Alla fine la prima a prendere la parola fu Aralia.
- Vedi, Misty... hai assolutamente ragione: ci siamo accorti tutti che qualcosa è cambiato. Ora sono più determinati e decisi a fare sul serio. Ma non possiamo nemmeno lasciare Rowan e Birch nelle loro grinfie... Qualcuno deve andare...
Misty abbassò la testa. Quello che aveva detto la professoressa era vero. Ma doveva per forza andare Ash? Nella sua testa si prefigurarono mille alternative, ma ognuna sembrava destinata a fallire. Non avrebbe sicuramente mandato i due bambini, era troppo pericoloso. Elm era decisamente scosso, non sarebbe riuscito nemmeno a partire. Oak ed Aralia ormai avevano una certa età. Magari, fossero stati di qualche anno più giovani...
Ormai aveva una sola possibilità.
- Andrò io.
- CHE COSA?!
- Mamma, non puoi...
- Misty, no!
Ash le prese le mani e la guardò negli occhi.
- Ascoltami. Sarà vero che mi stanno tendendo una trappola, ma è altrettanto vero che non abbiamo altra scelta. Non andrò da solo, ma nemmeno posso permettere che tu vada da sola. Andremo insieme, e vada come vada.
 
Nel frattempo...
- MA INSOMMA, COME VI È SALTATO IN MENTE?! IO VI...
- Calmati, Ghecis!
I cinque boss avevano deciso di fare una riunione per fare un quadro generale della situazione. Era andato tutto bene finché Ghecis non aveva chiesto come avessero fatto a trovare tante reclute in così poco tempo: ne era uscito che ogni team aveva riciclato le stesse antiche motivazioni. Al che, il capo del Team Plasma aveva dato in escandescenze, ed ora tutti cercavano di calmarlo.
- E dai, cosa c'è di male? - chiese Ivan.
- Cosa c'è di male? COSA C'È DI MALE?! Ma santo Arceus, avete idea di cosa avete combinato? Appena le reclute sapranno che avete mentito, cosa pensate che faranno? Che vi perdoneranno e diranno "Amici come prima"?!
- Era inevitabile che succedesse - disse Giovanni. Tutti si voltarono a guardarlo: fino a quel momento, era rimasto zitto e buono al suo posto guardandosi le mani.
- Vedete, - continuò - ognuno è andato in una regione diversa dalla propria, giusto? Questo ci ha condizionati in partenza: non avremmo avuto le stesse reclute di prima. E come potevamo parlare di una vendetta? Le nostre reclute non ci conoscevano, non avevano idea di quello che avevamo passato, detto in altre parole, non avevano interesse in una vendetta. Oltretutto, le scuse non sorgono dal nulla. Era scontato che riutilizzassimo gli obiettivi passati.
Il silenzio calò nella stanza. Tutti si guardavano tra loro, senza sapere cosa ribattere; e in fondo non c'era nulla da ribattere. Giovanni aveva ragione.
 
ANGOLINO AUTRICE
Salve a tutti!!! Mi scuso per l’imperdonabile ritardo, ma la scuola è assassina. Ormai la storia sta volgendo alla fine… spero vi piaccia!!!
Alla prossima!!
Sakichan24 

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Capitolo 14
*** Dalla padella alla brace ***


DALLA PADELLA ALLA BRACE

Misty strinse la mano ad Ash, tesa. Entrambi si trovavano sulla nave che li avrebbe portati a Porto Selcepoli, ad Hoenn: avevano deciso di cominciare da lì le loro indagini. Lui portava un paio di baffi finti, un elegante cappello scuro e degli occhiali da sole, lei invece una parrucca bionda e delle lenti a contatto colorate. Pikachu era stato costretto nella Pokéball da Ash, in quanto averlo accanto sarebbe stato un chiaro segno di riconoscimento. I coniugi speravano che quei travestimenti fossero efficaci quanto semplici.
Appena arrivarono in città, si accorsero che qualcosa non andava: la gente appariva fredda e li guardava con sospetto. Ma la cosa che più li spaventò fu l’ingente quantità di uomini con delle uniformi nere, su cui era stampata una R fucsia: le Reclute del Team Rocket. Ogni Recluta aveva accanto a sé uno Zubat e guardava severamente tutti coloro che le passavano davanti. Ash sentì Misty tremare al suo fianco e se la portò più vicina per farle coraggio. All’improvviso sentì un urlo alle sue spalle e si voltò di scatto: tre Reclute avevano circondato un bambino che non doveva avere più di otto anni con in braccio uno Zigzagoon.
- Lasciatelo stare… È il mio unico amico…
Al poverino tremava la voce, mentre il Pokémon Procione cercava un nascondiglio tra le braccia del suo Allenatore.
- È ancora piccolo… Non sa difendersi…
- Smettila di piagnucolare! - gli intimò una delle Reclute, dandogli una spinta e facendolo cadere a terra, mentre i suoi colleghi ridevano. Al che, Ash decise che non poteva più restare a guardare.
- Ehi, voi! Lasciatelo stare!
I criminali distolsero l’attenzione dal bimbo.
- Ah, e quindi dovremmo lasciarlo stare? E sentiamo, chi saresti tu per dircelo?
E, senza attendere risposta, aizzarono contro l’uomo i loro Zubat. Ash indietreggiò, proteggendosi con un braccio dagli attacchi, mentre con l’altro afferrava la Ball contenente uno dei suoi Tauros. Ma non fece in tempo a far uscire il Pokémon che il suo fidato topino giallo si era messo in posizione di battaglia.
- Pikachu, no!
Ma trattenerlo era inutile.
- Piii… kaaa… CHUUUUU!
Tutti gli Zubat caddero esausti per la forte scarica a loro inflitta. Ash si affrettò a far rientrare il Pokémon Topo, ma ormai era troppo tardi. Un’altra decina di Reclute aveva circondato lui, Misty e il povero bambino che ora piangeva spaventato.
- Lasciate stare quel mocciosetto inutile, piuttosto portate questi qua dal capo! Sono sicura che uno di loro è Ash! - gridò una Recluta di sesso femminile ai colleghi che cercavano di togliere lo Zigzagoon dalla stretta del più piccolo.
In poco tempo, Ash e Misty si ritrovarono privati dei loro Pokémon e di qualsiasi cosa utilizzabile per difesa.
- Forza, muovetevi!
Le Reclute li scortarono al Monte Pira e li fecero salire fino in cima. Lì era stato eretto un moderno edificio con molte finestre dal vetro oscurato e svariate antenne di tutte le misure. La struttura era circondata da una cinta muraria in cemento armato con l’immancabile filo spinato. Distribuite ad intervalli regolari stavano delle torrette di guardia, su ogni torretta trovavano posto due Reclute armate dei rispettivi Zubat. Come se non bastasse, erano state installate anche delle telecamere che tenevano d’occhio una buona fetta di terreno oltre la cinta. Un lavoro coi fiocchi, insomma.
Il gruppetto arrivò al grosso cancello di ferro che impediva l’entrata, oltre il quale erano appostate altre due Reclute che si segnavano chi entrava e chi usciva.
Un accompagnatore dei prigionieri si avvicinò al cancello e disse con tono forte e chiaro: - Mi piace il gelato.
- Io preferisco la pizza. - replicò un malvivente che stava dall’altra parte, prima di aprire il cancello e consentire l’ingresso.
Ash e Misty furono portati all’interno dell’edificio. Il posto era pieno di corridoi che si districavano quasi a formare un labirinto, nei corridoi c’erano molte porte da cui i membri del Team uscivano ed entravano continuamente, portando scartoffie, oggetti, Pokémon e mille altre cose.
Oltre alle scale di marmo, v’erano anche svariati blocchi di ascensori che conducevano ai diversi piani.
I prigionieri furono scortati fino all’ultimo piano, che sembrava deserto. I corridoi erano molti di meno, così come gli uffici. Il traffico che si respirava ai piani inferiori sembrava scomparso. Una Recluta si avvicinò ad una porta su cui era infissa una targhetta d’oro, che Ash non riuscì a leggere, e bussò tre volte.
- Dove sono i gelati? - chiese poi.
- Vicino alle pizze. - replicò pigramente una voce che ad Ash risultò terribilmente familiare.
Entrarono nell’ufficio e i timori dell’Allenatore si rivelarono fondati. Seduto alla scrivania c’era un uomo intento ad accarezzare un Persian.
- Ci rivediamo, Ash.
 
ANGOLO AUTRICE
Bene, dopo questo imperdonabile ritardo, posso affermare di aver scritto un altro capitolo di questa meravigliosa storia. E niente, Ash non lo sopporto proprio, non so se si è capito (probabilmente sì, ma vbb). Nulla da dire, spero che la mia ispirazione mi permetta di scrivere spesso un altro capitolo!
Alla prossima!
Ssakichan24

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Capitolo 15
*** Dalla brace al baratro ***


DALLA BRACE AL BARATRO

Rossella correva alla velocità della luce per i corridoi della base del Team Magma, scartando agilmente chiunque incontrasse. Aveva appena ricevuto la notizia e doveva necessariamente dirla al suo capo.
Avevano praticamente vinto.
Giunse davanti alla porta dell’ufficio di Max, ansimante, ed entrò senza bussare.
Max era impegnato in una oltremodo sdolcinata chat con Ivan su Pokébook, in cui si stavano chiedendo scusa per quello che avevano fatto in tutti quegli anni e continuavano a ripetersi che non si sarebbero mai lasciati, che si amavano tanto, che non potevano fare a meno l’uno dell’altro e altre smancerie adolescenziali. Non appena sentì la porta aprirsi, sussultò e chiuse di scatto il computer, alzandosi.
- Rossella! Quante volte ti ho detto di…
- Ho una notizia ultrameravigliosa! - gridò la Magmatenente interrompendolo - Hanno preso Ash! Hanno preso Ash! Giovanni! A Hoenn! Abbiamo vinto! Abbiamo vinto!
In meno di trenta secondi la notizia si era diffusa in tutti i Team. Tutti continuavano a mandare messaggi di complimenti a Giovanni e al Team Rocket in generale.
Ma il Boss Rocket non aveva tempo per curarsene: era troppo occupato a gustarsi personalmente la vendetta.
Era da anni, tanti anni, che sognava di mettere Ash e la sua combriccola con le spalle al muro, e finalmente ce l’aveva fatta.
Meglio tardi che mai.
Il piano non doveva andare esattamente così, pensava Ash. Se solo Pikachu non si fosse messo in mezzo… No, non poteva dare tutta la colpa a lui. La missione in sé era molto pericolosa, Pikachu alla fine aveva solo difeso un povero bambino innocente…
- Era da un sacco di tempo che non ci vedevamo, eh? Come siete cresciuti entrambi… E ho sentito che avete anche un figlio. È vero?
- Non sono affari tuoi, Giovanni - sibilò Ash fra i denti.
Quella situazione lo spaventava. Non solo aveva messo in pericolo Misty, che a sentire il nome di Light si era aggrappata al suo braccio, ma Giovanni sapeva anche di suo figlio.
Doveva convincersi del fatto che fosse al sicuro a Biancavilla con gli altri, non poteva mostrare insicurezze: non lì.
- È inutile che me lo nascondi, Ketchum. Ghecis ce l’ha detto.
- Ghecis… COSA?!
“Come possono Ghecis e Giovanni conoscersi?”, si chiese Ash. Giovanni dovette leggere la sua perplessità, perché scoppiò a ridere e continuò.
- Ti sembra un caso che siamo tornati tutti in azione nello stesso periodo? È stata un’idea di Ghecis: è riuscito a riunirci tutti e ad ideare un piano di vendetta. La cosa più difficile è stata mandarci in regioni diverse, avremmo dovuto ricominciare tutto da capo… Ma ormai non ha più importanza, Ketchum. Il nostro obiettivo eri tu, e l’abbiamo raggiunto. E non ti conviene cercare di reagire, non vorresti mai che a tuo figlio venisse fatto qualcosa, vero?
Misty rafforzò la presa sul braccio di Ash. Quest’ultimo improvvisamente si era sentito frastornato: se un secondo prima avrebbe voluto prendere a botte quell’uomo viscido e crudele che gli si trovava davanti, ora aveva paura persino a respirare.
Avevano preso Light, suo figlio. E probabilmente anche tutti gli altri.
Si sentì uno stupido: avrebbe dovuto trovare un nascondiglio migliore fin da subito, invece della cantina di casa sua… Ed ora, per colpa sua, erano tutti in pericolo.
- Sta’ tranquillo, Ketchum. - Giovanni aveva ripreso a parlare, ma Ash quasi non lo sentiva - Non gli abbiamo fatto niente… Non ancora. Si trova a Kanto, nella base del Team Plasma, insieme ad Oak, Aralia, Kuroi ed Elm. Spero non ti offenderai se li separiamo. Ora vedi di collaborare e a nessuno verrà fatto niente. Ci stai?
 
Nel frattempo, a Kanto…
- Cosa… Cosa volete fare?
Light guardava con odio la Recluta Plasma che giocherellava con la Pokéball di Bulbasaur, cercando di trattenere le lacrime.
- Ovvio, mocciosetto – rispose pigramente la Recluta - ora vi mandiamo in altre regioni. Separati, s’intende. E poi boh, si vedrà.
- Per favore, li faccia venire con me… Sono solo dei bambini… - supplicò Oak.
- Zitto, vecchio. Tu andrai a Sinnoh con Aralia, la ragazzina ed Elm andranno ad Unima e il ragazzino andrà da solo a Johto. Non gli faremo nulla, tranquillo.
In realtà Oak non era affatto tranquillo: non era riuscito a mettersi in contatto con Ash ed aveva un brutto presentimento.
Sperava solo che succedesse qualcosa, qualsiasi cosa che li tirasse fuori da quella situazione.
 
ANGOLINO AUTRICE
E dopo un ritardo infinito dovuto a non-lo-so-nemmeno-io-che-cosa, rieccomi. Ora cercherò di seguire un aggiornamento più o meno settimanale, a volte ci vuole un po’ di disciplina. Spero che il capitolo vi piaccia!

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