If one day the speed kills me...

di Rave_Ross_16194
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** If one day we met... ***
Capitolo 2: *** Problemi di... cuor..caffè! ***
Capitolo 3: *** La Cena ***
Capitolo 4: *** Sogni... fuori luogo ***
Capitolo 5: *** Benvenuta nel club ***
Capitolo 6: *** Passiamo al sodo... ***



Capitolo 1
*** If one day we met... ***


If one day we met...


Non era certamente la prima volta che avevo il compito di trasportare enormi pesi da un piano all’altro dell’edificio senza usare l’ascensore, ma quel giorno mi sentivo particolarmente stanca e assonnata che neanche lo stesso peso del mio corpo riuscivo a trasportare. La testa mi girava e i muri incominciarono ad essere tondi, le scale persero forma e colore e mi fecero rotolare al secondo piano. Avevo sbattuto un paio di volte la testa, ma in quel momento non volevo e non avevo voglia e ne la forza di alzarmi. Rimasi sdraiata li priva di sensi per un periodo a me ignoto. Ricordavo solo qualcuno che mi prendeva in braccio, una figura maschile e forzuta probabilmente, con dei bei capelli biondi, ma oltre a questo non ricordo più nulla.         
Rimasi basita e confusa quando mi svegliai nel letto dell’ospedale con la testa e il braccio fasciati.           
Un’infermiera entrò a farmi un prelievo, mi guardai attorno, ero sola, non c’era nessuno.
 
« Sa per caso dov’è il ragazzo che mi ha salvata? » domandai sicura che lo sapesse.
 « Il signor Wa… » guardò dalla porta e si fermò di colpo « Non sono informazioni che posso concederle!”
 « Ma ho bisogno di ringraziarlo! » supplicai
 « Lasci allora un biglietto nel reparto informazioni! » rispose secca conficcandomi un ago nell’avambraccio.
 « Ma io voglio ringraziarlo di persona! » insistetti
 « Ha avuto un calo di pressione! » cercò di cambiare discorso
 « Sì, ma lei è molto brava ad alzarmela anche senza medicinali! » mi fulminò con lo sguardo disinfettando il punto in cui aveva conficcato l’ago e mettendomi un cerotto.

Lasciò la stanza senza dire una parola. Spinsi indietro la testa nel cuscino e cercai di farmi male, non sapevo per quale motivo mi nascondessero la persona che mi aveva salvato.  Non avevo intenzione di indagare oltre, ma provavo una specie di vergogna nei confronti del mio salvatore,  anche se ero confusa, ero grata al mio salvatore di avermi salvata.      
Lasciai perdere, fin che  un giorno, qualche mese dopo il mio incidente, non fu lui stesso a venire a cercarmi.  Ero nel mio ufficio a sistemare gli ultimi documenti delle aziende quotate in borsa, quando un uomo alto, biondo e con occhi di un azzurro oceano entrò nel mio ufficio. Erano le 9 di sera e ormai tutti erano fuggiti nelle loro case. Rimasi bloccata solo a vederlo riflesso nei miei occhiali, sembrava un angelo sceso in terra, con quei lineamenti perfetti, gli occhi di un azzurro profondo che ammaliavano nel buio della stanza .

 « Buona sera! » disse per primo
 « B-B-Buona Sera! » balbettai sistemandomi gli occhiali, ammaliata da tale bellezza.
 « E’ un pò tardi per le presentazioni, vero? » domandò avvicinandosi alla mia cattedra, mentre tenevo un pacco di fogli stretti a me. « Il mio nome è Paul! » mi porse il palmo della mano aperto.
 « Jordana! » risposi porgendo la mano cercando di trattenere i documenti nell’altra, ma finirono tutti da per terra.
 « Oh, no! Dannazione!!! »
 « Lascia che ti aiuti! » si precipitò ad aiutarmi a raccogliere i documenti e i fascicoli. L’istinto mi diceva di guardarlo negli occhi, ma il cervello diceva Non farlo!  Cercai di evitare il suo sguardo anche se lo percepivo su di me.
 « Ce la faccio anche da sola, grazie! » presi di corsa i fogli stropicciandoli e evitando il suo sguardo.
 « Sei sempre così scontrosa con la gente biondina? »
 « Non sono bionda! » diventavo sempre più nervosa. « E poi il mio nome è Jordana! Non biondina! »
 « Ma sei bionda! » scherzò
 « Di cos’ha bisogno? » domandai scontrosa
 « Mi dai del lei? Interessante! »
 « Di cos’ha bisogno? » ripetei
 « Stavo cercando un’agenzia di cinema e teatro, LEI – enfatizzò – ne conosce qualcuna? »
 « Non molte a dir la verità! Dovrei avere qui qualche biglietto da visita… » frugai per i cassetti.
« Eccolo qua! » esclamai.

Quel biglietto da visita rappresentava uno dei miei sogni, qualche mese prima dell’incidente un uomo era venuto a farmi visita e a chiedermi se volevo partecipare al suo nuovo film, ma io non ne ero sicura, perciò mi aveva lasciato un biglietto da visita.

« Questa è la INTERNATIONAL STUDIOS, qui ha l’indirizzo e-mail e il numero del responsabile. » Glielo porsi guardando le sue mani e non il suo sguado.
« Grazie! » esclamò e abbagliò la stanza con il suo sorriso, io risposi con un sorriso veloce e trattenuto, quasi imbarazzato.
« E’ stato un piacere conoscerti… Jordana! »



 

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Capitolo 2
*** Problemi di... cuor..caffè! ***


Passavano i giorni e le mie giornate erano sempre più monotono, ufficio, casa, casa, ufficio. Non avevo la ben che minima adrenalina nel mio lavoro, era molto lineare e noioso, e di certo non era il lavoro dei miei sogni. Durante la pausa pranzo uscivo a bere un caffè al bar dell’altra via, ma la maggior parte delle volte mi trascinavo il lavoro anche lì. Erano passate due settimane  da quando quel ragazzo di nome Paul era venuto nel mio ufficio ad incasinarmi la vita. Cecavo di non pensare a lui mentre facevo contabilità sul mio solito tavolino vicino alla finestra che affacciava sulla strada. Cercavo con tutta me stessa di concentrarmi quando all’improvviso…

“Hei!” una voce maschile, ma allo stesso tempo mi urlò contro e per lo spavento mi fece versare tutto il caffè che stavo bevendo sul vestito.

“Che… genere… di vichingo urla in questo modo a una donna che sta bevendo il caffè?!”dissi alternando le parole ad attacchi di asma e tosse.

“Sono io!” si avvicino.
“Io chi?!” mi sistemai gli occhiali.
“Ciao Jordana, sono venuto a ringraziarti!” disse sedendosi sulla sedia del mio tavolo di fronte a me.
“Se non sbaglio, Paul?!”
“Esatto!” sorrise.
“Ma… ringraziarmi per cosa?” domandai pulendomi il vestito con un fazzoletto.
“Mi hanno preso!  Ho chiamato il manager, ho fatto un colloquio e un provino e mi hanno preso!”  parlava velocemente e si vedeva che era felice.
“Congratulazioni!” risposi fredda, mettendomi il cappotto e prendendo le carte dal tavolo in mano.
“Aspetta! Dove vai? Devo dirti una cosa molto importante!” si alzò in piedi per fermarmi.
“Senti, devo tornare al lavoro e ho solo mezz’ora per andare e tornare a casa a cambiarmi, perciò non ho tempo!”
“Ti posso dare un passaggio?!” era più una domanda che un’affermazione.
“Prenderò un taxi!”
“No, insisto!”
“Ma non c’è ne bisogno! E comunque grazie!” sorrisi lievemente.
“E’ colpa mia  se ti sei versata il caffè addosso, e se l’altra sera hai avuto lavoro in più da fare per colpa mia, perciò insisto ad accompagnarti a casa e riportarti, niente obbiezioni! Andiamo!” questa volta utilizzò l’imperativo e mi accompagnò alla sua macchina, mi aprì la porta da gentiluomo  e la chiuse. Si sedette alla guida e partimmo.
“Dove abiti?”
“Ahm, giusto… in 27 Willow Street!” cercai di concentrarmi sui  semafori.
“Che lavoro fai all’agenzia?” domandò curioso
“Niente di speciale, la segretaria!”
“E ti piace?”
“Un lavoro come un altro!”
“Avrei una proposta da farti, ma credo che dovrebbe essere una cosa da festeggiare, domani sera alle 8?”
“Cosa?” domandai confusa e stupita allo stesso tempo.
“Ti andrebbe di andare a cena con me per parlare e conoscerci meglio?”
“Non credo di voler conoscerti meglio!”
“Beh, dovremmo pur conoscere almeno i nostri cognomi se lavoreremo insieme, non credi?!” mi lanciò un sorriso che mi fece arrossire.
“Brewster, Jordana Brewster!”
“Walker, Paul Walker!” sorrise.
“Posso farti una domanda?” mi girai distogliendo il mio sguardo dai semafori che diventavano tutti rossi a causa anche del fatto che i miei occhi si appannavano per colpa del inalzamento della temperatura del mio corpo.
“Certo! Fino ad ora le domande le ho fatte solo io!” sorrise notando il fatto che non stavo più osservando la strada.
“Avevi programmato tutto dall’inizio?” domandai con tono accusatorio.
“Il fatto che ti avevo portata all’ospedale, e che due mesi dopo sono venuto DA TE a chiedere un biglietto da visita?!” il suo modo in lista di dettare le cose mi fece pensare che l’avesse programmato.
“No, non avevo programmato niente. Quando sei caduta dalle scale io stavo andando a trovare mia sorella che lavorava al 19esimo piano, e l’ascensore era rotto. Due mesi dopo sono venuto perché volevo realizzare il mio sogno.”
“Capisco!” mi rimisi nella posizione di acuta osservatrice di semafori.
“Se continui ad osservarli non diventeranno subito verdi!” mi sorrise in un modo in qui non potevo non ricambiare.
“Gira a destra. La prima casa a sinistra.” Rallentò la macchina fermandosi. Sganciai la cintura, aprii la porta e corsi nel mio appartamento.  Entrai in casa e mi catapultai sull’armadio.

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Ero in macchina sotto la finestra non coperta da tende di casa sua, la vedevo rovistare nell’armadio e buttare vestiti per aria, ma quello che mi faceva più timore era il mio desiderio di lei vedendola in intimo dalla finestra. Il suo corpo esile che saltellava per tutta la stanza, e il suo reggiseno di pizzo nero perfettamente in tinta con le coulotte di pizzo nero. Era una sensazione strana, un momento prima ero io quello che riusciva a non sentirsi imbarazzato e quello che faceva i primi passi, ma ora sentivo le mani sudare e il corpo ribollire. Aprii i finestrini e staccai lo sguardo dalla finestra, anche se ormai lo spettacolo era finito, il vestito metà nero e metà grigio ricordava molto la città in qui ci trovavamo, New York, nera e grigia. Entrò nella macchina legandosi i capelli.
“Possiamo andare?” domandai cercando di mantenere il controllo sul mio comportamento e di mantenerlo uguale a prima.
“Possiamo andare!”
La strada di ritorno fu più lunga della strada di arrivo, perché nessuno dei due osò parlare. Per non farla insospettire ritornai sul discorso della cena.
“Domani ti passo a prendere alle 8?”
“Probabilmente dovrò rimanere in ufficio un’ora in più!”
“Allora un altro giorno?!” chiesi dispiaciuto.
“Un altro giorno!” sorrise lievemente e uscì dalla macchina.
Spinsi la testa indietro sbattendola sul poggia testa.

Cretino, cretino, cretino! Cosa cavolo pretendevi? Non lo vedi che non è interessata?! E poi la storia della finestra non se la beve nessuno, lei ti faceva sentire così da quando l’avevi vista quel giorno portare scatoloni. Smettila di maltrattare la gente e vai a studiarti il copione.

Arrivai al UNIVERSAL  STUDIOS  e lì incontrai il regista che mi aspettava.
“Ragazzino, questa non è una biblioteca aperta a tutti! Sei riuscito a convincere la ragazza a venire a fare un tentativo?”
“Non ancora! Non credevo che fossero cose di qui parlare mentre era al lavoro.” Entrò dalla porta un uomo grande e grosso, ma più muscoloso, che grosso.
“Vin… spiega a questo ragazzo cosa deve fare!”
“Salve, io sono Vincent, ma per tutti Vin!” mi porse la mano e la strinsi.
“Paul, piacere!”
“Ho sentito che sei quello con qui dovrò lavorare di più!” mi fece l’occhiolino “Di che ragazza stava parlando?” chiese dopo che il regista uscì dalla stanza sbattendo la porta.
“Nessuna in particolare!”
“Ti aveva domandato di trovare una per interpretare  Mia?” domandò curioso.
“Sì, ma non è stato facile come me l’immaginavo!”
“Ci scommetto, dovresti leggere prima il copione e poi cercare una ragazza che interpreterà Mia, dato che …” mi fece l’occhiolino “beh, ci siamo capiti!”

“Che cosa intendi?” lo spinsi urlandogli contro

“Non è mica scemo il regista, ti ha concesso quest’opportunità perché lei sarà la tua compagna sullo schermo, ma ragazzo, hai letto o no il copione?!” finì la frase con voce stridula, anche se per il suo timbro di voce era quasi impossibile.

“Scusami, è che non…” mi misi le mani tra i capelli.
“…non sai nemmeno come si chiama il tuo personaggio!” finì lui la frase, e aveva ragione.

Vin iniziò a spiegarmi la storia e io rimasi attentamente in ascolto, anche se pur difficilmente, ogni volta mi tornavano davanti agli occhi le immagini della finestra.






Avevo intenzione di scrivere una FF su Paul (il mio tesoro, pace all'anima sua, il cielo ora ha un'angelo in più <3) da un sacco di tempo, ed ecco qui il secondo capitolo.
Mi manca un casino, è frustrante sapere che il 10 Aprile 2015 non lo vedrò sul grande schermo sfoggiare i suoi bellissimi sorrisi che facevano invidia al mondo intero.
Questa FF faceva parte dei tre mila miei filmini mentali che un giorno ho deciso di prendere carta e penna e buttarli giù. Scommetto che il titolo vi preoccupa, ma i miei filmini mentali anche se complessi e tristi, hanno SEMPRE UN LIETO FINE, e con le lacrime agli occhi vi lascio al prossimo capitolo.

.rave

 

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Capitolo 3
*** La Cena ***


Sganciai la cintura e spensi la macchina, erano le 19.45, mancava un quarto d’ora all’appuntamento, e io ero lì, sotto quella finestra che mi faceva ripensare al suo corpo…
Smettila, smettila, smettila!
 Mi diedi tre schiaffi in fronte per cacciar via quei pensieri.  La vidi sbirciare dalla finestra, ma per mia fortuna non si accorse che ero lì 15 minuti prima del dovuto. Ero preoccupato, come l’avrebbe presa la notizia che lei sarebbe stata la mia compagna sullo schermo, ovviamente se accettava di lavorare con noi? Avrebbe chiuso i ponti con Paul e mantenuto le distanze ravvicinate da Brian o Paul e Brian sarebbero stati una cosa sola per lei? Non capivo più nulla, ricordavo solo i consigli brutali di Vin
“Ragazzo mio, se vuoi conquistare una donna, vai e prenditela!”
Vidi la luce della sua stanza spegnersi. Guardai l’orologio: le otto in punto. Uscii dalla macchina appoggiandomi  sul cruscotto con le mani incrociate.                                                                                     Quando la porta dell’edificio si aprì una bellissima donna, alta, esile, con un vestito bianco e nero di pizzo, lungo fino alle ginocchia che lasciava intravedere la sua schiena nuda, i suoi capelli, ah, i suoi capelli… non erano più biondi, ma di un castano scuro raccolti in un’acconciatura sbarazzina che le donava da morire.
«Ciao!» fu capace di dire « »
«Sei bellissima! » le porsi gentilmente la mano mettendomela sotto braccio e portandola a sedere dal lato del passeggero. Aprii la porta dell’auto e la feci accomodare. Mi sedetti al mio posto di guida e mi allacciai la cintura.
«Pronta?! » domandai sfoggiando uno dei miei sorrisi.
«Pronta! » ricambiò il sorriso
Il tragitto al ristorante fu breve e silenzioso. Nessuno dei due osò parlare neanche quando arrivammo a destinazione, era troppo imbarazzante, dopo quello che avevo visto mi sentivo come uno sconosciuto che entrava in casa di un altro sconosciuto. Lei era fredda con me, mi allontanava e respingeva, ma da quando io battevo in ritirata imbarazzato delle uniche immagini che mi passavano per la mente quando la guardavo, lei ogni tanto rispondeva con un sorriso meno imbarazzato, probabilmente perché capiva che non era la sola a diventare rossa come una rosa. Ci sedemmo al tavolo e il cameriere portò una bottiglia di vino rosso.
«Allora… di cosa volevi parlare? » domandò sistemandosi il tovagliolo sulle ginocchia.
«Ecco… io volevo chiederti se…» fui interrotto dal cameriere che veniva a prendere le ordinazioni.
«Cosa prendi? » domandai scrutando il cameriere che la guardava lusingato.
«Credo che prenderò solo un’insalata perché di solito non ceno, e non vorrei svegliarmi la mattina con dolori atroci di stomaco! » sorrise vedendo la mia faccia gelosa da dietro il menù.
«beh, io non ho certi problemi! Un pollo e un’insalata, giusto per rispettare la dieta ferrea di Vin! » le feci l’occhiolino e lei sorrise, porsi il menù al cameriere e mi sistemai il tovagliolo sulle ginocchia. Il cameriere se ne andò amareggiato.
«Cosa stavi dicendo? »  domandò curiosa.
«Vedo che hai cambiato colore di capelli! »
«Come hai fatto a notarlo? Sono raccolti! »
«Diciamo che prima eri bionda e ora sei nera, è come non notare una zebra su un prato! » scherzai.
«Comunque… cosa volevi chiedermi? »
«Il provino che ho fatto e dove mi hanno preso, grazie a te, era per un nuovo film, e avrebbero bisogno di una protagonista femminile… tu…  sei interessata? » domandai aspettandomi uno schiaffo in piena faccia.
«Non saprei, raccontami un pò di cosa parla il film…» poggiò il gomito sul tavolo e il palmo della mano sotto il mento. Arrossii al pensiero di tutto quello che Vin mi aveva detto quel giorno.
«Abbiamo bisogno di una protagonista di nome Mia, lei è… forte! » cercai di sostituire “SEXY” con forte, ma probabilmente l’aveva capito, e per questo sorrise. Presi la bottiglia di vino e gliene versai un po nel bicchiere.
«Qual è il suo ruolo? »
«Diciamo che è la sorella del boss! »
«In che senso? » domandò accigliata.
«Lei sarebbe la sorella di Dominic, una specie di mafioso ossessionato dalle macchine veloci. »
«Interessante…» prese il bicchiere di vino e ne bevve un sorso.
«Ehm, insomma, lei è bellissima, affascinante…» avvicinai la mia mano alla sua, ma quando stavo per prenderle la mano fummo interrotti dal cameriere impiccione che poggiò l’insalata davanti a lei e il mio piatto davanti a me e se ne andò.
Lo fulminai con lo sguardo e ritornai a parlare
«Lei e suo fratello hanno una specie di banda che per cavarsela nella vita e rivendicare la morte del loro padre, fanno delle corse clandestine con macchine super veloci e potenti. »
«Ah! Interessante! » sorrise continuando a mangiare l’insalata.
«Quindi… saresti interessata? » domandai speranzoso.
«Non saprei, si vedrà! » continuammo a mangiare, ma quel discorso non fu più ripreso, ve ne furono molti, ma del film non parlammo più. Avevamo riso allo sfinimento quando le ho raccontato di cosa pensava di me mia sorella Ashley, e di come mi aveva messo in imbarazzo con la mia prima cotta e come ne fossi uscito fuori.
«Pensa che Ashley ha risposto: ”Cibo, di cos’altro?!” sono arrossito come un peperone e lei mi ha chiamato PIGGIE, il momento più imbarazzante di tutta la mia vita. » risi assieme a lei.
«Ahaha, pensa che io sono stata mollata all’altare! » all’improvviso divenni serio.
«Stavo scherzando! » rise dandomi una pacca sul braccio.
«Stanno già chiudendo?! Ma che ora è? » domandai guardando l’orologio, gli occhi mi uscivano quasi dalle orbite, era mezza notte.
«Che ore sono? »  Mi guardò accigliata.
«Merda! » Prese velocemente la borsa e balzò in piedi.
«Andiamo! »  Le sorrisi porgendole la mano.
Il viaggio verso casa sua fu breve e divertente, finalmente ero riuscito a rompere quel ghiaccio e ora non smetteva di essere felice, probabilmente il vino aveva fatto la sua parte, ma avevo imparato a conoscerla meglio. Parcheggiai davanti casa sua fermando a singhiozzi la risata. Mi girai verso di lei e vidi la sua acconciatura sciogliersi. Cercai di resistere, ma nulla. Spostai i suoi capelli dal viso e mi avvicinai lentamente alle sue labbra. Rimase sorpresa, ma immobile senza dire nulla.
«Forse abbiamo bevuto un pò troppo, non credi?! » le sue parole furono come una doccia fredda.
«Sì, forse abbiamo bevuto troppo! » dissi battendo in ritirata massaggiandomi gli occhi col pollice e l’indice.
«Ci si vede! » mi salutò uscendo dalla macchina.
 

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Capitolo 4
*** Sogni... fuori luogo ***


Entrai in casa sconvolta.
Aveva cercato di baciarmi!
E io come una cretina l’avevo  fermato.
Quale donna rifiuterebbe un bacio da un uomo affascinante, simpatico, sorridente, e ricordiamolo: Bellissimo?! Solo io! Solo Jordana Brewster  poteva fare una cosa del genere e mandare in fumo tutto, e in preda al panico e alla voglia di recuperare quello che avevo rifiutato, aprii la porta dell’appartamento, e con mia grande sorpresa, lui era lì, davanti alla porta impacciato e insicuro. Rimasi spaventata dalla sua altezza, che non notavo ogni volta che indossavo i tacchi vertiginosi.
“Che ci fai ancora qui?” domandai.
“Se non sbaglio, mi devi dare ancora una risposta!” disse riprendendo il discorso al ristorante.
“E’ interessante, ma…” lasciai in sospeso.
“Ma?” domandò spazientito.
“Non saprei, devo ancora decidere, non credo di essere portata per queste cose…”
“Non lo saprai mai se non provi!” mi fece l’occhiolino e capii a cosa stava alludendo. Il mio viso divenne talmente caldo e rosso che per qualche istante ebbi paura di incenerirmi.
“Ma a quanto pare, non lo voglio sapere!” risposi sgarbata cercando di nascondermi dietro la porta.
“Stavo scherzando!” sorrise fermando la porta con una mano.
“Va bene, accetto, basta che non mi tormenti più, ma io ti ho avvertito: sono un’attrice pessima!” ricambiai il sorriso.
“Sì!” sussurrò vittorioso per non svegliare tutto il palazzo.
“Domani alle 8.00 sii pronta, vengo a prenderti e ti porto al provino!”
“Aspetta, ma…”
“Niente: MA.. hai già detto di sì” mi salutò con un cenno della mano e scese le 20 rampe di scale velocemente.
Corsi ad affacciarmi alla finestra e lo vidi saltare di gioia, mi fece sorridere, e poi si fermò di colpo; alzò la testa e mi salutò con un sorriso che probabilmente se non ci fossero state tutte quelle luci, avrebbe illuminato tutto il quartiere.
Ricambiai il sorriso e aspettai che se ne andasse.
Lasciai cadere la tenda e mi catapultai sul letto. Caddi sulla schiena con la testa che guardava il muro, e mi misi a pensare.
E’ davvero ciò che voglio fare?!                                                                                                                                     Ok, ammetto che era sempre stato un mio sogno da quando ero piccola, ma… ero pronta per farlo avverare?  Ah, avevo una confusione enorme in testa; ora che posso far avverare il mio sogno non voglio farlo?!  Diamine quant’era difficile pensare quando immaginavi lui che si spogliava davanti a te in quel momento…
 
“TORNA LUCIDA, JORDANA!” mi urlai da sola e poi tornai a pensare.
 
Forse dovrei dargli una possibilità, infondo non succede nulla se non mi prendono, avrò la delusione più grande della mia vita, ma niente di che, almeno avrò la certezza di averci provato.
 
Quella sera mi addormentai con i vestiti addosso e senza nemmeno togliere il trucco. Avrò dormito sì e no 4 o 5 ore, quando uno squillare di campanelle insistenti mi svegliarono.
“Arrivo, arrivo!”  urlai scendendo dal letto come uno zombie.
“Chi è? “ domandai.
“Sono io, Paul! Aprimi!”
“Ma è domenica!” borbottai aprendo la porta e togliendo la piccola catena che collegava muro e porta.
“Accidenti!” mi guardò scioccato! “Qualche camionista ti ha ingurgitato al posto di un Hamburger?” scherzò.
“Ha.Ha.HA! Ridi pure, tanto non m’importa!” risposi girandomi per seguirlo con lo sguardo mentre entrava nel mio mondo.
“Allora sei pronta?”
“Pronta per cosa?” domandai accigliata.
“Per il provino! Ecco il copione!” mi mise sul tavolo un’enorme blocco di fogli bianchi, che probabilmente pesavano kili, se non tonnellate.
“Tutto quello?” chiesi avvicinandomi cautamente al mucchio di fogli sconosciuto, indicandolo con il dito.
“Sì, tutto questo!” disse mettendoci una mano sopra.
“Ma tu sei matto, è già tanto se ricordo il numero di casa!” mi difesi con voce stridula, anche se lui se la rideva.
“Bene, vuol dire che dovrò suggerirti!”
“Oh, fantastico!” alzai gli occhi al cielo facendo cadere le mani sui fianchi.
“Ora va a prepararti!” mi ordinò.
“Sì, signore!” mi lamentai trascinandomi in bagno.
Feci scorrere l’acqua fin che la vasca non si riempì fino all’ultimo. Iniziai a spogliarmi e a levarmi il vestito arrotolandolo e mettendolo nella cesta dei panni sporchi, dovevo avere un aspetto orrendo…                      Mi guardai allo specchio, neanche il Panda era così messo male!
“Dovrei far causa alla Mac,  garantivano che era waterproof!” urlai sciacquandomi il viso.
“Diciamo che sei stata un pò distratta da non esserti tolta il trucco, perché è sott’inteso che la notte bisogna toglierlo!” urlò per risposta. “Comunque non è una cosa di qui ti dovrai preoccupare, perché Amanda è la miglior truccatrice che abbiamo!”
“Ah! Perfetto!!!” mi tolsi il reggiseno e gli slip ed entrai in vasca.
“Dimmi tra quanto…” sentii la porta aprirsi.
“Hei!” urlai schizzando acqua da per tutto per non farmi beccare nuda da un PERFETTO, quasi sconosciuto.
“S.S. Scusami pensavo fossi ancora vestita!”  balbettò arrossendo e chiudendo la porta.
“Sarò pronta tra 15 minuti…” dissi prendendo il doccia schiuma massaggiandomelo sulle braccia.
“Va bene, ti aspetto  in salotto!” anche se non vi era nulla che separava la camera da letto dal salotto e la cucina, l’unica stanza separata dal resto da muri era il bagno.
Presi l’asciugamano dal lavandino e me lo avvolsi attorno al corpo. Presi gli slip e me li misi velocemente, uscendo dal bagno.
“Non ti girare!” urlai vedendolo  che guardare fuori dalla finestra, ma la mia voce attirò la sua attenzione e si girò.
“Oddio, scusami!” urlò rigirandosi.
“Aspetta che mi vesta e poi andiamo!”  frugai nell’armadio velocemente, prendendo un paio di jeans e una maglietta a maniche corte, il tempo era bello, ma incerto, perciò presi la mia giacchetta di pelle, legai i capelli in una coda e mi misi un pò di mascara.
“Sono pronta, puoi girarti!” disegnai un sorriso a 32 denti  con le braccia aperte come se aspettassi un abbraccio. Si girò sorridente, dandomi una veloce occhiata.
“Aggressiva… Andiamo!” mi prese la mano e mi trascinò fuori.
“Aspetta, le chiavi e il cellulare!” gridai ridendo del modo goffo in qui mi trascinava, sembravo una bambina trascinata via dalle caramelle dal padre.
“Siamo in ritardo!” disse prima di lasciarmi andare il polso.
“Due secondi!” dissi prendendo il cellulare e girandomi intorno per trovare le chiavi.
“Cercavi queste?!” mi chiese facendo girare un mazzo di chiavi sull’indice.
“Sì…” sospirai e corsi alla porta.
Appena chiusi la porta di casa notai di essere in ciabatte!
“Dannazione!”
“Che c’è?” chiese preoccupato.
“Ho dimenticato di mettermi le scarpe!” ringhiai. Sorrise abbassando la testa e scuotendola, come se volesse dire “Sei un caso disperato!”  e mi lanciò le chiavi. Aprii la porta freneticamente e mi catapultai a prendere le All Stars bianche nascoste dietro la porta. Le infilai il più veloce che potessi, e osservando la stanza a destra e a sinistra per controllare di non aver dimenticato  nulla, camminai all’indietro, fin chè le spalle no andarono a sbattere contro qualcosa… qualcuno dietro di me, fermo sulla porta.
“Uh!” mi girai, e fui sconvolta quando la sua figura imponente mi guardava con aria divertita e le mani incrociate al petto, appoggiato sullo stipite della porta.
“Dimenticato nient’altro?” chiese divertito.
“No!” risposi convinta chiudendo la porta a chiave.
Il viaggio fu lungo, o forse era una mia impressione, lui era eccitato e io nervosa come non mai.
“Vedrai che andrai alla grande!” disse cercando di rassicurarmi.
“Non ne sono convinta!” iniziai  schioccare le dita una ad una.
“Non devi essere nervosa.” Mi disse con voce tranquilla “io mi fido di te!” aggiunse regalandomi uno sguardo così dolce che mi fece incatenare gli occhi ai suoi. Da quell’istante in poi rimasi calma e ben seduta sul sedile, senza un segno di nervosismo, qualche sorriso qua e la ai pensieri della notte scorsa, ma nulla di più.




Angolo autrice:
Ogni volta che m'immagino le scene prima di scriverle, piango! Ho intenzione di scrivere almeno 10 capitoli, prima del finale col botto (bum!).
Vorrei sapere cosa ne pensate, io sono sempre stata una shippatrice accanita di questi due "Carini e coccolosi!" 
e vorrei sentire qualche vostra opinione, un cmmentino, una recensione...
baci e alla prossima! 

Rave.
 

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Capitolo 5
*** Benvenuta nel club ***




Eccomi al 5° capitolo di questa FF,
ad essere sincera non credevo neanche di riuscire ad 
arrivare a questo punto, ma la forza del sorriso di Paul che vedo ogni
giorno guardando il mio desktop è molto forte.... 
pensare che non c'è più è davvero triste.
Spero vi piaccia, vi lascio al capitolo...
spero di non avervi fatto rintristire (?) ;) ehehe! LOL
rave.

Chapter 5

Scorsi dal finestrino un parcheggio… beh, più che un parcheggio era una concessionaria, ma non di una marca soltanto, ma ben 12! Rimasi a bocca aperta vedendo che stavamo svoltando proprio in quel posto.
“Cavolo!” esclamai guardandolo con un sorriso di gioia. E lui ricambiò la mia eccitazione con uno dei suoi sorrisi.
“Non ci posso credere!” mostrai una macchina blu vicino alla porta e mi precipitai fuori dalla macchina non badando al fatto che non era del tutto ferma. Ma poi la mia attenzione fu attirata da un’altra macchina.
“Nissan Skyline del ’72!” urlai saltando di gioia e correndo verso la macchina grigio metallico dal sapore vintage, ma non appena mi avvicinai, notai un’altra: “Dodge Challenger  del ’71!” urlai.
“Frena gli ormoni, ragazzino!” vidi Paul avvicinarmisi, ma non lo filai di striscio.
“Oh. MIO.DIO!” gridai catapultandomi sulla Ford Escort del ’73 con strisce bianche e blu.
“Vedo che avete una specie di ossessione per gli anni ’70!” mi guardai attorno e per la prima volta, dopo  l’eccitazione, incontrai il suo sguardo e il suo sorriso.

“Vedo che sei molto esperta di macchine!”  sorrise malizioso.
“Credi che non abbia notato il modo in qui flirtavi con le donne quand’eri in macchina? –usai il plurale- La tua nuova Maserati del 2001 non mi ha lasciato di stucco, per questo ho fatto finta di niente!” sorrisi vedendolo avvicinarsi con un sorriso malizioso sulle labbra.

“Sposami!” lo vidi sospirare quella parola. Rimasi scioccata e per un’istante e allibita, il mio cuore iniziò a battere sempre più forte e le gambe  perdevano sempre più appoggio a terra, l’adrenalina cresceva, e la voglia di buttarmi tra le sue braccia urlando :”Sì”  era troppa, la passione per i suoi occhi limpidi cresceva, una tensione sessuale riempiva l’aria.

“Voglio dire…!” il suo viso arrossii e i suoi occhi risaltavano ancor più.
“Ogni uomo sognerebbe una donna come te, amante delle macchina… manca solo che ami giocare a basketball e siamo a cavallo!” mise le mani in tasca facendo spallucce.

 “I Los Angeles Lakers hanno vinto l’NBA di quest’anno!” dissi di getto.
“Visto?” arrossi sorridendo alla mia espressione imbambolata.
“Entriamo!” mi esortò prendendomi per il braccio.

I miei piedi si fecero pesanti, e il panico da palcoscenico si fece di nuovo presente dopo tanti anni.
“Ehm, io credo di aver cambiato idea.”  Dissi senza muovermi  e sfilando il braccio dalla sua presa.
“Eh, no!” si girò infuriato, e con velocità impressionante mi prese le cosce e mi sollevò in aria.
“Mettimi giù! Mettimi giù!” urlai tirandogli pugni e schiaffi sulle spalle magnificamente larghe.
“Non di penso proprio! TU farai questo maledetto provino, fosse l’ultima cosa che faccio!” scandì aprendo la porta d’ingresso.
“Ti prego, mettimi giù.” Supplicai lasciando cadere le braccia.
“Vedo che mi hai preso alla lettera!” ridacchiò una voce molto profonda che probabilmente faceva paura a molti.
“Diciamo che ha opposto resistenza!” esclamò appoggiandomi con i piedi per terra.
“Tu dovresti essere la ragazza di qui Paul mi ha tanto parlato?!” mi porse la mano, e gliela strinsi dando una veloce occhiata accigliata al biondo.
“Io sono Vincent, ma chiamami Vin.” Mi fece l’occhiolino dopo aver visto la faccia arrossata e imbarazzata di Paul.
“Jordana! E non ho un soprannome.” Scherzai.
“Ci penseremo in seguito a dartene uno.” Sorrise.
“In seguito quando?” domandai
“Cammina Miss Indecisa!” disse Paul stringendomi a se e spingendomi dolcemente verso una porta, quando la aprì, e vidi tutta quella gente, le gambe iniziarono a tremarmi, e iniziai a girarmi per uscire, quando rimasi incastrata tra le braccia di Paul sullo stipite della porta. Cercai una via d’uscita, ma ero in trappola.
“Ma cos’hai?” domandò guardandomi negli occhi profondamente che mi morsi le labbra per non perdermi nei suoi occhi così  sexy e quelle labbra da baciare.
“Non te l’ho mai detto, ma soffro da panico da palcoscenico. Non te l’ho mai detto per…” l’enorme sfilza di parole che volevano uscire da sole senza passare per l’anticamera del cervello, vennero fermate da quelle bellissime labbra rosee di Paul. Rimasi scioccata, con gli occhi aperti .                                                                   Le sue labbra esigevano attenzione, poggiate sulle mie. Il bacio cominciava a piacermi, così chiusi gli occhi e mi lasciai trasportare. Dimenticai il panico, dimenticai tutti gli spettatori che guardavano, alcuni increduli e stupiti altri con lo sguardo  da “Il Ragazzo ci sa fare”, altri invece soddisfatti. Dimenticai tutto e gli cinsi il collo con le braccia, senza mai staccarmi da quel bacio da sogno… fin che lui non si staccò dalle mie labbra con la fronte appoggiata sulla mia.
“Ho desiderato  tanto farlo.” sussurrò  facendomi ricambiare il suo sorriso di gioia.
Nell’istante in qui stavo per fare la mia mossa e baciarlo, fischi e applausi, soprattutto da parte di Vin, mi giunsero all’orecchio.
“La porta era aperta, la porta era aperta!” mi innervosii.
“Nah, non è nulla di scandalizzante, dato che nel film ci dovremmo baciare circa… quante volte si baciano due persone mentre lo fanno?!” gli lanciai un’occhiataccia fulminea e gli tirai uno schiaffo.
“Quindi era questo?” urlai “Era questo il tuo piano?! Portarmi a letto?” lo spinsi da parte per avere strada libera per andare via da quel posto.
“Jordana, aspetta!” mi prese per il polso.
“Non voglio niente da te!” lo minacciai con lo sguardo.
“Il bello è che io stavo bene dov’ero, avevo il mio lavoro… la mia vita… e poi arrivi tu, come un principe sul cavallo bianco, l’unico difetto? Sei un principino viziato!” urlai prima di darmela a gambe, ma una voce maschile che non avevo ancora sentito mi fermò.
“Jordana Brewster?” domandò l’uomo sistemandosi gli occhiali.
“Sì, sono io.” Dissi improvvisamente con voce calma.
“Rob Cohen,  regista di “The Fast and The Furious!” mi porse la mano e la strinsi sospettosa.
“Non ho mai visto qualcuno talentuoso quanto lei, signorina. Il nostro Paul ha fatto un ottimo lavoro se devo essere sincero” lo guardò compiaciuto.
“Lei è proprio la persona adatta per il ruolo di Mia, vede… lei è la sorella di Dom, un’amante delle corse clandestine – mi fece segno di entrare nel suo ufficio, da qui prima ero scappata urlando contro Paul – che si innamora del nuovo braccio destro di suo fratello, ossia l’agente Brian O’Connor…” indicò Paul.
“Quello che volevamo vedere noi era la chimica tra lei e Paul e come avrebbe potuto reagire Mia quando avrebbe scoperto che l’uomo che lei ama in verità vuole mandare suo fratello in carcere.” Mi fece accomodare su una sedia davanti a una giuria. E dopo una breve occhiata con i colleghi disse:
“A quanto pare il voto è unanime.” Mi sorrise.
“Abbiamo trovato Mia Toretto!” urlò a tutti i presenti mentre io cadevo in uno shock di paralisi completa.
 

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Capitolo 6
*** Passiamo al sodo... ***


Ed ecco un nuovo capitolo di questa FF che narra
le vicende di Jordana e Paul... Ho deicso di pubblicare oggi
(Anche se il pc mi sta facendo avere un esaurimento nervoso), perchè 
è passato un anno esatto da quando il bellissimo angelo biondo
con gli occhi azzurri non c'è più... 
R.I.P. Paul <3
Rave.


Chapter 5


Rimasi pietrificata davanti a quell’affermazione… “Abbiamo  trovato Mia Toretto!”  La frase mi rimbombava in testa martellando ogni altro pensiero. Percepii a mala pena la mano di Paul sulla mia spalla.
“Complimenti!” mi sorrise facendomi dimenticare il bacio di prima.
“Sto per recitare in un film…” mormorai ancora in trans.
“Sto per diventare attrice…” sorrisi riprendendomi e saltando in piedi dalla sedia.
“Grazie!” urlai abbracciando Paul.
“Di nulla…” mi sussurrò all’orecchio, e mi lasciò andare, ma in breve tempo fui stritolata dall’abbraccio di Vin e altre ragazze che si presentavano e si complimentavano con me, tra qui Michelle, una ragazza mora con gli occhi a mandorla, non molto alta che aveva un sorriso dolcissimo.
Dopo aver letto e firmato il contratto, Paul mi riaccompagnò a casa, il viaggio fu silenzioso, e un po imbarazzante, nonostante io sprizzassi gioia da tutti i pori. Si fermò davanti casa mia, e rimasimo per qualche istante avvolti in un silenzio imbarazzante…
“Riguardo il bacio…” iniziò
“Non significava niente!” risposi prontamente.
“Veramente…”
“Cercavi solo di dimostrare come sarebbe stato tra Mia e Brian, complicato! Ho capito cosa volevi fare, e ti ringrazio.”
“Ci vediamo domani in studio!” sorrisi cortesemente.
“Ti serve un passaggio?” domandò cercando di sorridere.
“Ahm, veramente… “ pensai a una scusa, ma fu troppo tardi.
“Ti vengo a prendere alle 8!” sorrise mentre uscivo dalla macchina.
“Va bene…” mi arresi.
Lo guardai abbandonare il parcheggio ed entrai nell’appartamento… mi buttai sul letto e guardai il soffitto… L’unica cosa che potevo immaginare era la sua bocca sulla mia, e nient’altro… solo io e lui, i respiri che si fondono, le anime che si mescolano, e i corpi che si uniscono… “Cavolo, Jordana BASTA!”  mi rimproverai, “L’ha fatto solo per aiutarmi con l’improvvisazione, niente di che…” cercai di rassicurarmi.                           “Sì, ma se lo faceva per finta, perché era un bacio alla francese?!” e fu così che mentre cucinavo qualcosa da mangiare, bruciai le uova a forza di stare con la testa sulle nuvole e pensare e ripensare a quel bacio a qui avevo risposto positivamente.  Mangiai le uova bruciacchiate a forza, me lo meritavo per non essermi concentrata, e andai a dormire, erano ormai le 9 di sera.
La sveglia suonò alle 6 in punto, e mi alzai con calma, mi feci la doccia, preparai  i miei cereali  e scelsi cosa mettermi per quel giorno.  Mi ero presa una vacanza dal lavoro ordinario, per farne uno extra-ordinario.   Decisi che era meglio vestirsi casual, e che probabilmente avrei avuto dei costumi…                                          Fu puntuale come non mai, perché alle 8 in punto suonò al citofono.
“Scendo subito!” risposi mettendomi le scarpe.
“Ciao.” Lo salutai
“Ciao.” Ricambiò il saluto ed entrammo in macchina.
“Oggi visiteremo i luoghi dove registreremo, e magari il regista ti chiederà di fare qualche scena con il copione, ma dopo dovrai impararti a memoria le battute.” Rimasi in silenzio.
“Se vuoi qualcuno con qui provare, sai con chi avrai più scene.” Mi sorrise guardandomi.
“Va bene!” sorrisi.
Arrivati allo studio conobbi un altro palestrato… Matt Shulze, non capii bene quale fosse il suo ruolo, dato che specificavano poco e generalizzavano quasi tutto, sapevo che interpretava il braccio destro di Dom, ma non lo era Brian?!  Mi mandavano in confusione ogni volta che volevo sapere qualcosa… perciò quando tornai a casa mi misi d’impegno e lessi tutto il copione.   Ammetto che mi soffermavo di più sui particolari tra Mia e Brian, tra qui la notte a casa sua, quando lo chiamano quelli dell’FBI…  All’improvviso capii qual era il ruolo di Matt, ficcare il naso tra Mia e Brian!
“Fantastico!” pensai  “Ora dovrò gestirmela con due stalker, uno nella vita reale, e uno fictional!”

All’improvviso sentii qualcuno citofonare…

“Chi è?”
“Sono io, Paul!” sentii la sua voce da dietro la porta e la aprii, non appena incrociai il suo sguardo, mi prese il viso tra le mani e mi baciò. I brividi scendevano dalla nuca fino al fondoschiena, poi fino ai piedi e tornavano nel cervello dandogli una scossa elettrica di piacere, rimasi sorpresa dei miei movimenti… chiusi la porta dietro di lui e intrecciai le dita nei suoi capelli, come se fosse la cosa più naturale del mondo.           
Mi sollevò per le natiche, e mi aggrappai a lui continuando a baciarci.  Mi adagiò contro il muro e iniziò a baciarmi il collo mentre io perdevo ogni senso della ragione.

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