The Harry Potter’s Forbidden Story di Bumbix (/viewuser.php?uid=148404)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
prologo
The
Harry
Potter’s Forbidden Story
Disclaimer:
Non
posseggo ne il mondo di
Harry Potter, ne quello di High School DxD, che appartengono invece ai
rispettivi autori. Questa storia è stata
scritta senza fini di lucro.
Prologo
Area
Boschiva nei pressi di Privet
Drive, Surrey
Inghilterra, Regno Unito
15 Dicembre, 1988
Arrancava
nel buio, con il corpo scosso dai tremiti e lo
sguardo perso ed addolorato. Non aveva una meta, un posto dove andare,
stava
solo vagando nel bosco vicino casa alla ricerca di un cantuccio caldo
dove
passare quella fredda notte. Ed era colpa sua se si trovava
lì. Colpa del suo
piccolo corpo da mostro che l’aveva tradito ancora, colpa di
tutto il male che
risiedeva in lui e delle cose strambe che faceva capitare.
E di
nuovo inciampò
mentre, per l’ennesima volta, il piccolo Harry Potter, di
soli otto anni,
cedeva alla stanchezza ed alla fame. Erano due giorni che non mangiava,
due
giorni senza cibo passati a fare le pulizie e sbrigare le faccende di
casa. Era
stanco, tremendamente stanco, ma sapeva per esperienza che non poteva
fermarsi.
Il suo corpo era debole, instabile, e se si fosse fermato, se si fosse
arreso,
allora avrebbe fatto la fine dei suoi orrendi genitori.
Sarebbe
morto e nessuno lo avrebbe pianto, nessuno sarebbe
stato in pena per lui. Forse sarebbe stata la cosa giusta da fare visti
i
presupposti, visti i tormenti e la fatica, ma nonostante tutto
quell’istinto
primordiale che non riusciva a mettere a tacere lo spingeva a vivere. E
di nuovo
tornò ad alzarsi, con le gambe che tremavano sotto il
gracile corpo, che
somigliava più a quello di un bambino di sei anni piuttosto
che a quello di uno
di otto.
I suoi
capelli, che da sempre erano ribelli ed indomabili,
ora giacevano flosci e privi di vita sulla sua testa. I suoi occhi, in
genere
di un vivace verde smeraldo, erano vitrei mentre riprendeva la marcia
in
quell’oscuro bosco. E come se questo non fosse sufficiente a
dare un’idea della
sua situazione, in dosso portava un lurido pigiama che appariva vecchio
e
sporco, come se fosse stato lavato troppe volte, ed usato come straccio
in più
di un’occasione. Era due volte più piccolo della
sua taglia, e lasciava
scoperte le bracca le gambe, esponendolo così
all’ira degli elementi.
Erano
queste le condizioni del piccolino che tornò a
stringersi il petto, frizionandolo con le braccia per riscaldarsi,
senza però
riuscirci. Era già arrivato al punto da non sentirsi le
punta delle dita, ma
quella era la punizione che meritava. Lo sapeva, perché era
stato suo Zio
Vernon a dirglielo, nel momento in cui lo aveva sbattuto fuori di casa.
I
piccoli mostri, ma soprattutto gli ingrati, non meritavano un tetto
sulla
testa, ne un piatto caldo a tavola.
E lui
era davvero un ingrato, questo lo sapeva, ne era
certo, perché nella lettera a Babbo Natale
aveva avuto l’ardore di chiedere se non ci fosse
stato qualcun altro,
chiunque altro, pronto a prendersi cura di lui, a
trattarlo bene, come i Dursley trattavano
bene il loro vero figlio Dudley, senza costringerlo a pulire, lavare e
stirare,
picchiandolo con la cinta se sbagliava qualcosa, anche solo di poco.
Il suo
cuore perse un battito al ricordo, mentre si
ostinava a non versare una lacrima. Voleva piangere, lo voleva davvero,
ma tra
le tante cose che aveva imparato durante la sua breve vita
c’era la certezza
assoluta che quel gesto non portava mai a nulla di buono. Era inutile
piangere,
dimenarsi e gridare, perché il più delle volte si
finiva a sputare sangue, o a
supplicare perché quel tormento finisse.
Il tormento di un braccio rotto, di una mano sul fuoco,
della testa
nella bacinella dell’acqua. Tutte cose che una volta gli
capitavano spesso,
anche troppo spesso, ma che da quando aveva imparato a comportarsi bene avvenivano molto
meno.
E in
quel momento non andava poi troppo male, il freddo
stava iniziando a passare, non sentiva più nemmeno il suo
corpo, il mondo
stava diventando un amalgama di nero
e buio. Non si rese nemmeno conto di essere caduto ancora e di stare
guardando
il fitto intrico di rami che coprivano il cielo. La sua mente era
persa, stava
per cedere al sonno nonostante fino ad ora lo avesse combattuto. Spontanei sorsero i
ricordi di un’altra vita,
i ricordi di quando era ancora un infante, e non abitava con quella
famiglia,
ma con un’altra. Un sorriso su un volto contornato da capelli
rossi, degli
occhi castani dietro occhiali tondi trasparenti, ed una figura in ombra
con un
volto da serpente e spaventosi occhi vermigli.
L’immagine
esplose nella sua mente e per un attimo ebbe
paura, sapeva che stava per farlo ancora, stava per comportarsi da
mostro e suo
Zio lo avrebbe picchiato per questo, ma davanti a quegli occhi
così spietati,
ed a quella paura così intensa, non poté che
lasciarsi andare.
Le
gambe vennero tirate al petto e strette tra le braccia,
il capo si seppellì sulle ginocchia e le palpebre si
strinsero. Voleva solo che
smettesse, voleva solo che la cosa che gli pulsava dentro, e che tanto
lo aveva
fatto soffrire si fermasse, e non fosse mai più. Voleva
un’altra vita, un altro
mondo, un’altra strada da seguire.
Voleva
tutto ed il contrario di tutto, e come rispondendo
a questo suo insensato desiderio, un fremito di magia
attraversò l’aria,
causando uno strappo nello spazio. Dall’altro lato di quello
strappo venne
un’oscura presenza, un potere senza fine che gli fece rizzare
i capelli in
testa. Due mani sbucarono dalla fessura, si aggrapparono ad essa,
mentre
qualcosa veniva
fuori.
Si
aspettava un mostro, forse lo stesso mostro con gli
occhi vermigli che aveva visto poco prima nei suoi ricordi, ma
ciò che comparve
di fronte a lui era qualcosa di molto più strano e senza
logica. Si trattava di
un uomo, anzi un ragazzo, che non poteva avere più di
trent’anni. I suoi
capelli erano cremisi, la sua aria nobile, e trasmetteva un immenso
senso di
potere. Eppure era tranquillo, svagato, con un sorriso sulle labbra.
Un
sorriso che subito venne meno quando i suoi occhi
videro il bambino raggomitolato in posizione fetale proprio davanti
alla
spaccatura. Per qualche istante i due si guardarono, il bambino
spaventato e
l’uomo sbigottito.
L’essere
supremo, uno dei quattro Maou che reggevano
l’inferno, era stato convocato da un bambino di non
più di sei anni. La cosa
era impossibile, perfino un mago adulto, ed in pieno possesso dei suoi
poteri,
avrebbe impiegato anni, se non decenni ad imparare le formule
necessarie, senza
contare che la sua anima sarebbe stata strappata e gettata nel Cocito
come
pagamento anche solo per aver tentato.
Invece
il bambino era lì, in evidente stato di ipotermia,
e non vi era nemmeno l’ombra di un sigillo o di un cerchio
magico di
convocazione. Questo fatto senza precedenti lo fece avanzare. Mosse il
suo
primo passo nel mondo umano da secoli, solo per vedere il piccolo
esserino
rifuggire da lui. Lo vide tentare di alzarsi, cadere, e poi iniziare a
strisciare. Nonostante l’evidente paura però non
piangeva.
Si
sarebbe aspettato lacrime come minimo, invece il
piccolo si limitò ad allontanarsi, mostrando una forza di
volontà di cui non
gli avrebbe dato atto. Questa cosa colpì l’essere
supremo, che allora parlò al
bambino.
“Sei
tu che mi hai convocato, ed ora scappi da me?”.
La
voce, che i più si aspetterebbero essere tetra e senza
vita, era in realtà divertita e piena di compassione. I suoi
passi si erano
fermati, ed ora si limitava a guardare il piccolo Harry negli occhi,
senza
mostrare nulla di più del suo sorriso.
“Dimmi
perché sono qui, forse posso aiutarti. Sai, sono un
tipo potente io”.
Un
occhiolino da parte dell’uomo, che si era chinato sulle
ginocchia, per trovarsi alla sua stessa altezza, bastarono per
interrompere la
sua fuga. E fu quando i loro occhi si incrociarono di nuovo, che il
Satanasso
si mise ad esplorare le memorie del bambino. Non servirono parole tra
loro, ne
nessuno dei due disse altro per i minuti successivi. L’uno
guardava e l’altro
mostrava.
E
così Sirzechs Lucifer del clan Gremory, conobbe la
storia del bambino. Attraverso i suoi occhi vide gli abusi che aveva
subito, e
come mai nessuno fosse venuto in suo soccorso. Vide come questo lo
aveva
cambiato, costringendolo a crescere prima del tempo, a maturare, a
chiudersi in
se stesso, a dire basta alle lacrime ed alla vita. E nel cuore del
demone
nacque il desiderio di salvare quel bambino, di salvarlo da una vita
fatta solo
di dolore e paura, per portarlo in un futuro pieno di gioia e
ricchezza.
Ma
quando prese questa decisione, e si preparò a fare
quanto necessario, scoprì che ben oltre quello che il
bambino sapeva, c’erano
altre forze in gioco. Quando sollevò la mano sul ragazzo,
per aiutarlo a
rimettersi in piedi, vide una fitta rete di incantesimi e maledizioni
che
scorrevano nel suo sangue e nel suo corpo. Incantesimi di protezioni,
rituali
di sangue, rimasugli di oscure presenze, e più di tutto un
contratto vincolante
che lo legava ad un dato posto.
Inarcò
un sopracciglio, continuando a spolverargli il
pigiama, trasmettendogli allo
stesso
tempo parte del suo potere per farlo smettere di tremare e fermare
l’ipotermia.
Alla fine estrasse da una tasca un oggetto, che pose tra le sue mani.
“Harry…”
ora che aveva visto la sua vita tramite i suoi
occhi, conosceva tutto del bambino, compreso il suo nome.
“… io posso salvarti.
Posso portarti via di qui, ora, e prometterti che non dovrai
più rimetterci
piede, ma quello che ti offro non è senza prezzo. Dentro di
te sento un enorme
potere, un potere che un bambino non dovrebbe avere, e che rivaleggia
con
quello dei più grandi della tua stirpe. Io posso amplificare
quel potere, e
rompere quasi tutti i legami con la tua vita, ma per farlo…
per farlo tu dovrai
morire…”
Le
parole del demone erano tristi, mentre il bambino
schiudeva la mano, rivelando l’oggetto che Lucifer vi aveva
riposto. Un pezzo
degli scacchi, per la precisione un alfiere scarlatto, era quello che
il
bambino stringeva in pugno. Il suo sguardo dubbioso, eroso da anni di
soprusi e
finte gentilezze. Aveva visto quando i suoi finti-genitori gli avevano
offerto
dei doni, solo per poi romperli davanti a lui, quando lo avevano
curato, solo
per poi picchiarlo ancora. Sapeva che era una scelta difficile, se non
impossibile per lui, ma voleva credere che avrebbe accettato. Che
avrebbe
accettato, diventando parte della sua famiglia, come suo servo.
“Dopo
che sarò morto… diventerò come
te?”
Queste
erano le prime parole che gli sentiva pronunciare,
e rivelarono ancora quanto grande fosse il suo potere. Per quanto
avesse
nascosto la sua natura, e sopito i suoi poteri, lui li aveva avvertiti
comunque, ma non ne sembrava spaventato. Al contrario, una strana luce
aveva
preso ad animargli gli occhi.
“Diventerai
come me, si, ma passeranno anni prima che tu
possa controllarti e diventare davvero forte. Fino ad allora vivrai
insieme
alla mia famiglia, nel castello che noi abbiamo negli Inferi. Io ti
farò
crescere, e ti istruirò, preparandoti al tuo destino, in
modo che nessuno, mai
più, possa farti quanto ti hanno già
fatto.”
Ora la
voce del demone aveva assunto un tono duro. La
presa sulle spalle di Harry si era fatta più forte,
più protettiva, quasi
volesse difenderlo anche a costo della vita. E questo, più
di ogni altra cosa,
spinse il ragazzo ad accettare. Facendo un passo indietro, e spostando
gli
occhi di lato, distolse il suo sguardo da quello della creatura che
aveva
evocato, annuendo un’unica volta.
“Nulla
di quello c-che mi aspetta, può essere peggio di
questo…”
Nascondeva
la sua paura dietro frasi coraggiose, ma
nonostante questo il suo corpo tremava.
“Quindi
accetti? Farò in modo che sia una cosa rapida,
promesso.”
“Sì,
accetto.”
Il
patto fu siglato, e nel momento in cui il bambino
parlò, una sfera di un’ardente di colore cremisi,
gli attraverso il cuore. Il
potere della distruzione, che aveva reso grande
Sirzechs Lucifer tra i demoni, facendolo diventare uno dei
quattro
signori dell’Inferno, aveva lasciato un buco nel petto di
Harry, che barcollò
stupito per un attimo, prima di crollare al suolo. Esanime.
“Ora
risorgi come mio Alfiere Harry Potter, risorgi e
ritorna al mondo come mio servo e mio Demone Custode.” Il
pezzo degli scacchi
ancora tra le mani del bambino, risplendette per un attimo di
un’intensa luce
bianca, levitando lentamente verso il suo cuore, ormai assente. Li
prese
dimora, ricostruendo e reintegrando quanto era andato distrutto, fino a
che il
cambiamento non fu definitivo. Della sua umanità non era rimasto nulla.
All’altro
capo del Regno Unito, in un’antica scuola di
magia, un vecchio sobbalzò nel sonno, conscio che il destino
del mondo era
cambiato.
Il
giorno seguente, per quanto cercassero, non fu trovata
alcuna traccia di Harry Potter, ne in Inghilterra, ne altrove nel resto
del
mondo. Tutto ciò che rimaneva della casa che lo ospitava,
era un cratere
fumante, ed i racconti deliranti di alcuni passanti che parlano di
un’intesa
luce. Una luce cremisi.
*******************
Palazzo
Gremory, Mondo Sotterraneo
Sei mesi più tardi
Lo
sguardo di Harry vagò irrequieto, alternandosi dal
basso delle sue nuove scarpe lucide al finestrino della carrozza che lo
stava
trasportando. Aldilà del vetro, a poche centinaia di metri
di distanza, si
erigeva un enorme castello medievale, circondato da cinta murarie ed
enormi
fossati. L’ansia prese a crescere nel piccolo corpo del
bambino, mentre questo
cercava di regolare la respirazione per mettere a tacere quelle
emozioni.
Erano
passati sei mesi, sei mesi da quando aveva
abbandonato la casa dei suoi zii, sei mesi da quando era morto e
risorto come
demone, sei mesi da quando era stato preso sotto l’ala
protettiva di Lucifer e
condotto nel mondo sotterraneo. Durante questo lasso di tempo, la sua
vita era
cambiata radicalmente, infatti, sebbene si aspettasse di passare
dall’asservimento alla sua famiglia
all’asservimento nei confronti del suo
‘Re’, quello che si era ritrovato a vivere era
qualcosa di totalmente diverso.
Non una volta gli era stato dato un ordine, non una volta era stato
punito, e
non una volta era stato emarginato. Al contrario, era circondato da
servitori
che gli sorridevano e soddisfacevano
ogni suoi bisogno, quasi fosse un principe o qualcosa del
genere.
Davanti
ai suoi dubbi ed alle sue domande, il Maou gli
spiegò che lui era sì, un suo servitore, ma
faceva parte di una cerchia
ristretta che prendeva ordini solo e soltanto da lui e che quindi non
si
sarebbe mai dovuto preoccupare di nulla perché sarebbe
venuto il tempo in cui
gli avrebbe trovato qualcosa da fare. Fino ad allora poteva svagarsi e
divertirsi,
a patto che non mettesse la sua vita in pericolo.
Gli ci
vollero quasi tre mesi perché si abituasse ai
cambiamenti della sua nuova vita, ma alla fine vi riuscì. La
prima cosa che
fece fu quella di farsi portare una televisione in camera, in modo da
poterla
guardare quanto voleva, senza dover badare a nessuno. Guardò
tutti i programmi
televisivi che sapeva piacevano a suo cugino Dudley, più
altri film che avevano
catturato il suo interesse. Da lì, Harry iniziò
ad interessarsi ai videogiochi,
ottenendo presto una sua console ed una montagna di giochi. Pur non
essendovi
ossessionato come alcuni, sfruttò molto
l’apparecchio, quasi cercasse di
recuperare il tempo perduto.
Tuttavia,
dopo sei mesi, anche questo aveva perso il suo
fascino, Harry si ritrovò nuovamente solo. Il Castello di
Lucifer, pur essendo
molto grande, non aveva al suo interno molte persone. Non vi era quasi
nessuno
della sua età, e la maggioranza del totale faceva parte
dell’esercito personale
del Maou. Alla fine prese a girovagare senza meta, senza nulla da fare
e senza
voler davvero fare nulla. Da qui l’idea di fargli visitare il
castello di
famiglia, lì dove il clan Gremory risiedeva, e dove avrebbe
potuto incontrare
persone nuove e fare amicizia.
Certo,
l’idea non era sua, anzi non sapeva nemmeno chi
avesse concepito un piano simile, l’unica cosa che gli era
stata detta era di
salire in carrozza per andare a far visita ai parenti del suo
‘Re’, e che al
castello di famiglia avrebbe avuto modo di conoscere una bambina che
aveva la sua
stessa età, con la quale avrebbe certamente legato.
Il suo
nervosismo era dovuto a questo. All’incontro con i
parenti del suo padrone, all’incontro con la bambina ed ai
giudizi che loro
avrebbe avuto di lui. Gli era stato spiegato più volte che
le sue capacità
erano dovuto alla magia, e non all’essere un mostro, ma
nonostante questo
ancora cercava di reprimere il suo potere per evitare di trasformare
accidentalmente i capelli di qualcuno o dar fuoco a qualcosa. Era certo
che non
sarebbe piaciuto a nessuno se avesse iniziato a fare cose del genere.
Infine
Harry, quasi senza accorgersene, si ritrovò a
seguire i suoi servi/guardie, salendo a piedi verso il castello vero e
proprio.
La carrozza era stata parcheggiata a poche decine di metri
dall’ingresso, ed
un’enorme scalinata in marmo bianco portava ad un portone in
ossidiana. Di
fronte al portone, in piedi quasi lo stessero aspettando, si trovavano
tutti i
membri di casa Gremory, più i loro servitori.
Nel
mucchio risaltava enormemente il padrone di casa, che
condivideva con il figlio il colore cremisi di capelli, e la donna al
suo
fianco, una bellissima ragazza dai capelli biondi che poteva essere sua
figlia.
Un passo dietro di loro, quasi fosse in attesa di ordini, si trovava
una
cameriera con lunghi capelli argentei, ordinatamente legati in una
stretta
crocchia, che le dava un’aria severa, ma regale. La sua
compostezza era però
rovinata dall’enorme ventre gonfio, al quale rivolgeva
regolarmente uno
sguardo, poggiandovi di tanto in tanto una mano sopra.
Inchinandosi
goffamente, come gli era stato insegnato
dieci minuti prima di lasciare la residenza di Lucifer, Harry
parlò. “Lord e
Lady Gremory, grazie per avermi accolto nella vostra casa. Il mio nome
è Harry
Potter, e sono l’alfiere di Sirzechs Lucifer, vostro figlio.
P-Per favore
prendetevi cura di me.”
Al
sentire il suo nome, i demoni sgranarono gli occhi per
lo stupore, venendo a patti con l’evidenza che
l’eroe del mondo magico,
conosciuto per fama pure nel mondo demoniaco, era rinato come uno di
loro sotto
il vassallaggio di loro figlio.
Harry
era famoso per essere sopravvissuto alla maledizione
che uccide, evento mai avvenuto prima e che aveva scosso nel profondo
pure il
mondo Sotterraneo. La maledizione che uccide era uno dei trucchi
peggiori che
il Dio della Bibbia aveva creato, in quanto era utilizzabile da
qualsiasi mago,
e nessuno poteva sopravvivere una volta colpito.
Lo
stupore dei presenti
fu però interrotto da una voce carina
proveniente da dietro di loro.
“Lo
sei davvero?!” Un vortice di capelli rossi uscì
allo
scoperto da dietro la gonna tutti fronzoli della madre, posizionandosi
proprio
di fronte ad Harry, che batte le palpebre in stato di shock.
“Sei davvero Harry
Potter?!”
Harry
fece un passo indietro mentre studiava la bambina di
fronte a lui. Lei era una ragazza carina che aveva
all’incirca la sua età, come
tutti i membri della famiglia aveva i capelli cremisi, e gli occhi
azzurro-verdi. Indossava un abito casual, che nonostante tutto sembrava
essere
più costoso di qualsiasi cosa Harry avesse mai visto,
ciò dimostrava l’agio
della famiglia alla quale apparteneva. Nonostante avesse ancora otto
anni, era
facile intuire che crescendo sarebbe divenuta una donna alla quale
sarebbe
stato difficile resistere, soprattutto visto e considerata la
somiglianza con
la madre, la quale differiva solo per il colore dei capelli.
Harry
si accorse di tutto questo con un solo sguardo,
mentre leggermente intimidito si preparava a rispondere.
“Uhm… si. Almeno
questo è il mio nome. Sirzechs Lucifer mi ha parlato della
mia storia, e di
come sono davvero morti i miei genitori, ma non mi ricordo molto di
quello che
successe allora. Mi dispiace.”
Harry
era stato sconvolto per non dire peggio, quando gli
era stata detta la verità sull’omicidio dei suoi
genitori, e sulle circostanze
che lo coinvolgevano. Era ancora troppo piccolo per capire tutto
ciò che
riguardava la guerra e l’uomo che li ha uccisi, Voldemort,
tuttavia lui sapeva
che se non fosse già morto, sarebbe stata la missione della
sua vita porre fine
alla sua esistenza, nel modo più brutale possibile. Era
colpa sua se lui era
vissuto senza l’affetto di una famiglia, se aveva subito
soprusi e angherie da
parte degli zii e se era infine morto, solo per risorgere come demone.
Non era
dispiaciuto della sua nuova condizione, ma sapeva di non poter essere
mai più
un bambino normale.
Gli
occhi di Rias brillarono mentre lo guardava
insistentemente. Lei aveva letto tutte le storie su Harry Potter, al
punto da
conoscere meglio il ragazzo di molti membri della sua famiglia. Era
sbigottita
nel sapere che il bambino era diventato un demone, che era stato
asservito da
suo fratello, e che ora, proprio ora, si trovava davanti a lei, in
carne ed
ossa. Nelle sue fantasie loro andavano in giro per il mondo cercando
città
perdute e combattendo i draghi, lui era un nobile come lei, e le
professava
amore eterno ogni tre per due.
I
diavoli adulti sorrisero all’eccitazione della piccola,
prima di scambiarsi degli sguardi d’intesa, annuendo
rapidamente. “Rias? Perché
non porti Harry a fare un giro per il castello? Sono sicuro che
è molto ansioso
di vedere il posto.”
A
parlare fu il Lord Gremory, il padre del suo padrone,
che differiva da questo solo dall’aspetto più
maturo, quasi fosse un uomo di
mezz’età.
Rias
sorrise luminosa, mentre iniziava a trascinare via
Harry, che sconcertato la ascoltava parlare a razzo di cose che non
poteva
nemmeno capire. Gli adulti li guardarono allontanarsi con un sorriso in
volto,
prima di tornare dentro iniziando a discutere dei nuovi avvenimenti.
Nemmeno
Grayfia Lucifuge, la donna vestita da cameriera
con i capelli argentei, che era anche la moglie e
‘Regina’ di Lucifer, sapeva
nulla dell’asservimento di Harry Potter. Il Maou aveva tenuto
la notizia
riservata, facendo in modo che nessuno all’infuori della sua
cerchia più
ristretta ne sapesse nulla.
“Sai…”
disse Grayfia con un sorriso inquietante. “Potresti
anche smettere di fare l’asociale, e parlare con noi, invece
di nasconderti.”
L’aria
dietro l’angolo della stanza iniziò a rifulgere
d’oro, rivelando il Maou in persona, leggermente sorpreso per
essere stato
beccato. Il suo sguardo era stupito, l’espressione penitente,
mentre osservava
la moglie avvicinarsi con quel suo enorme pancione, e l’aria
terribilmente
assassina.
“Nemmeno
un messaggio! Non ti fai sentire per mesi, mi
abbandoni alla porta dei tuoi genitori, lasciandomi credere che stai
svolgendo
il tuo lavoro come pilastro che regge l’inferno, e poi scopro
che vai in giro a
rendere tuoi schiavi i pezzi grossi
dell’umanità?!”
L’aria
iniziò a tremare, un’enorme aura prese a scuotersi
dalle spalle della donna, mentre questa puntava un dito verso suo
marito, il
suo ‘Re’. “Muori un milione di
volte!”
Ne
segui un lampo ed il tuono di un’esplosione, che fece
saltare in aria parte delle mura esterne della sala. A dispetto degli
avvenimenti, nessuno sembrava allarmato o sorpreso, nemmeno il Maou che
giaceva
steso al suolo, completamente annerito, ma senza un graffio.
“L-L’ho
fatto per te amore mio. Harry non si è ancora
ambientato nel mondo dei demoni, e penso che spiegargli tutto ed
iniziarlo ad
addestrarlo avrebbe solo peggiorato le cose. Volevo dargli tempo per
mettersi a
suo agio.. e tu.. ehm… tu non sei proprio
l’ideale… per mettere a proprio agio
qualcuno..”
La
voce venne fuori esitante dal Signore dei Demoni, che
nonostante la sua carica, temeva più di qualsiasi cosa il
giudizio della
moglie, e le sue orrende punizioni. Un secondo scoppiò
accompagnò il primo,
facendo crollare un’altra frazione di muro.
La
regina in vesti di cameriera, voltò le spalle al marito
ed al resto dei presenti, allontanandosi dall’ingresso del
palazzo.
Dall’altra
parte del castello, dove i boati e le
esplosioni erano solo tenui botti, un povero Harry
veniva trascinato in giro come una bambola di
pezza da un’esaltata Rias, che senza mai fermarsi per
respirare, aveva iniziato
a spiegargli come sapesse tutto di lui, come avesse sognato che
avrebbero
combattuto insieme, che loro si sarebbero sposati, che lui sarebbe
stato
felice, e che nulla poteva cambiare tutto ciò.
“Allora,
cosa ne pensi?! Era destino che io ti
incontrarsi, tu da ora in poi sei solo mio, nessuno può
averti se non me!”
Il
sorriso della bambina era contagioso, e se ci fosse
stato chiunque altro al posto di Harry, sarebbe stato solo contento di
ricevere
tutte quelle attenzioni. Lui tuttavia si sentiva a disagio, non
abituato a
nulla di tutto questo, e soprattutto non abituato a lei. Sorridendo
timidamente, provò un’altra volta a tirare via la
sua mano dalla stretta
mortale della ragazza, ma questa poteva essere incastrata in una
trappola per
orsi, per quanti risultati ottenne.
“Ehm…
Io.. non lo so.”
In un
lampo, il sorriso di Rias scomparve, mentre la
bambina si portava le mani al petto, rilasciando finalmente la sua
preda. La
sua espressione ora era triste, sebbene cercasse ancora di sorridere.
“Tu…
devi pensare che io sia strana. Non ho molti amici,
tutti mi trattano come… una principessa. E nessuno vuole
giocare con me, non
sul serio.”
Gli
occhi di lei iniziarono a bordarsi di lacrime, e la
tensione di lui iniziò a crescere. Non voleva farla
piangere! Non sapeva
nemmeno come aveva fatto, ma evidentemente aveva sbagliato ancora una
volta!
“Nemmeno
io… ho amici. Cioè, non ne ho nessuno. Nella mia
casa… quella di prima, non avevo nessuno con cui giocare
nemmeno io. Non è… non
è una cosa strana.”
Gli
occhi della bambina si riaccesero mentre questa
li strofinava cercando di ricacciare indietro
le lacrime. “B-Bè, allora posso essere io la tua
prima amica no?”
Le sue
parole erano lente, senza la giovialità che le
aveva caratterizzate fino a quel momento, quasi come se ora si sentisse
più in
imbarazzo di quando gli aveva detto che si sarebbero sposati. Ma Harry
non fece
caso a nulla di tutto questo, la sua mente era ancora bloccata,
paralizzata
dall’incredulità delle sue parole. Lei voleva
essere sua amica.
Lei
gli aveva chiesto di essere suo amico.
Una
sensazione di calore riempì il petto di Harry, mentre
anche lui iniziava a reprimere il forte impulso di piangere. Non aveva
pianto
quando era stato picchiato, quando era morto, e non avrebbe pianto ora.
Ma
sebbene la sua volontà fosse forte, il suo corpo era debole,
e non poté
sostenere lo sguardo della bambina per un minuto di più.
“S-Stai
bene?”
L’aveva
fatta di nuovo preoccupare, la sua voce era un
tremito di emozioni trattenute e non le aveva nemmeno risposto quando
gli aveva
proposto di diventare la sua prima amica. Strofinandosi con forza gli
occhi,
sarebbe tornato a guardarla, con le guance rosse, come possono essere
rosse
solo le guance di un bambino alla sua prima cotta.
"S-Sto
bene, Rias," assicurò Harry felicemente.
"Sono solo felice ... davvero felice di averti conosciuto."
Rias
arrossì come lui, ed il suo sorriso smagliante si
ripristinò, come se non fosse mai stato cancellato. Un
sorriso che Harry
avrebbe ricordato per sempre, come il sorriso più bello del
mondo.
Da
quel momento, Harry giurò a se stesso, che avrebbe
fatto qualsiasi cosa per assicurarsi che lei continuasse a sorridere in
quel
modo.
*******************
Nel
frattempo ad Hogwarts, Regno
Unito
Erano
passati sei mesi dalla presunta morte del Salvatore.
Sei mesi da quando la sua Traccia era svanita ed il suo nome cancellato
dagli
elenchi del Ministero, sei mesi da quando agli occhi del mondo il
venerando
Albus Silente, era diventato niente di più di un rimbambito
che aveva lasciato
le sorti del Bambino Sopravvissuto in mano a degli sporchi babbani, ed
ancora,
nonostante i sei mesi, nulla era cambiato.
Albus
Silente, Preside di Hogwarts, era ancora convinto
fino al midollo, che il suo pupillo, la sua arma finale contro
Voldemort, fosse
ancora viva. La realtà dei fatti, come Minerva sapeva fin
troppo bene, era che
Harry era morto, ed a nulla servivano le frasi fiduciose di Silente, il
suo
pensiero positivo, o la sua testardaggine. Era impossibile che la
traccia
venisse rimossa da un minorenne se questo era ancora in vita, e cosa
altrettanto impossibile era far scattare gli allarmi di Hogwarts per
errore
come era successo la notte dell’attacco alla casa dei suoi
zii.
Tamponandosi
gli occhi con un fazzoletto ricamato, l’anziana
strega sarebbe rimasta immobile, osservando la senilità del
preside avanzare. I
suoi vaneggiamenti si facevano più irrealistici ogni volta
che l’uomo si
confidava con lei, e man mano che il tempo passava anche i suoi
atteggiamenti
peggioravano. Secondo Severus, che era rimasto addolorato e scioccato
dalla
morte del figlio di Lily, il vecchio stregone stava attraversando una
cosa che
i babbani chiamavano ‘Fase del Cordoglio’, che
sarebbe dovuta molto peggiorare
prima di poter migliorare.
La
cosa più triste però, era dovuta al fatto che il
vecchio fosse sconvolto, non perché fosse affezionato al
bambino, che aveva
visto solo un paio di volte in vita sua, ma perché tutti i
suoi piani, che
erano retti dalla sola presenza di Harry, erano infine crollati come un
castello di carte, lasciandolo con niente di più che le sue
forze in declino.
Alla
fine, la donna, facendosi forza, interruppe il
discorso del preside, reprimendo a forza un singhiozzo che minacciava
di
uscire. “Albus… ti prego, basta.” La sua
voce era addolorata, in parte per la
perdita dell’ultimo dei Potter, in parte per
l’evidente declino del suo vecchio
amico, ormai ridotto all’ombra di quello che era un tempo.
“Tu
non capisci Minerva! Lui è vivo, so che è vivo!
Chiunque lo abbia rapito, ha fatto in modo di rompere ogni incantesimo
o
maledizione che avevo gettato su di lui, ma non ha potuto rompere
questo!
Questo è il contratto vincolante che i suoi genitori hanno
firmato alla sua
nascita! È la sua iscrizione Minerva, l’iscrizione
di Harry ad Hogwarts!”
Gli
occhi del vecchio erano stralunati, i suoi occhiali a
mezzaluna gli pendevano storti sul viso, mentre continuava a sventolare
davanti
agli occhi della strega un foglio consunto e malandato, che sembrava
averne
attraversata di ogni, ma su cui era ancora visibile il nome di Harry
scritto
con inchiostro sempiterno.
“Albus,
non c’è alcuna documentazione sul fatto che il
nome degli iscritti venga cancellato dal castello se questi muoiono,
queste
sono solo congetture! Come quello che mi hai detto due giorni fa, e
cioè che
Harry era stato rapito da un demone con i capelli scarlatti e portato
negli
inferi. Sono secoli che nessuno usa più quel tipo di magia
Albus! Nessuno fa
più contratti con demoni od angeli ad eccezione delle
guardie di Azkaban!”
La
voce di Minerva divenne più acuta, mentre il vecchio
mago riprendeva a camminare avanti ed indietro nel suo studio,
verificando ed
attivando diversi dei suoi gingilli, che iniziarono ad emettere fumo e
cigolare.
“Questo
è l’ultimo tassello Minerva,
non capisci? Se riuscirò ad imporre altri
incantesimi su questo contratto, se riuscirò a rafforzare
questo legame con
Harry, lui sarà costretto a tornare per sconfiggere
Voldemort! Devo farlo
Minerva, io devo… devo…”
I suoi
occhi divennero lentamente opachi, mentre la forza
lo abbandonava. Per un attimo barcollò sul posto, arrivando
quasi sul punto di
cadere, ma con un gesto della bacchetta la donna riuscì a
sorreggerlo, evitando
il peggio.
“Albus…
guarda come ti sei ridotto… sono settimane che non
dormi, ti nutri solo di quelle orrende pozioni che cucini nel tuo
laboratorio,
e che Merlino solo sa che effetto avranno su di te a lungo termine.
Devi
smetterla, devi riposare…”
La sua
voce era lacrimevole, mentre faceva levitare il
Supremo Pezzo Grosso fin dentro la sua camera. “Non opporti
Albus… riposa…”
Lentamente lo mise al letto, lo coprì con un lenzuolo,
lasciando solo il viso
pallido e sporco di fuliggine scoperto.
“Lui
tornerà… io lo farò
tornare… io… lo
farò…”
I suoi
vaneggiamenti ripresero anche nel sonno, mentre la donna
si allontanava ora, singhiozzando silenziosamente.
Una
catastrofe era piombata su Hogwarts il giorno della
morte di Harry Potter. Una catastrofe che pareva essere solo
all’inizio.
**************
NdA: Per
chi già mi
conosce non ho bisogno di presentazioni, per gli altri io sono Bumbix,
23 anni,
autore di questa storia. L’idea per scriverla mi è
venuta rileggendo le light
novel su High School DxD, ed immaginando come questo universo si
sarebbe fuso
con quello ideato dalla Rowling. Alle mie spalle ho avuto un grande
supporto,
fatto da amici e conoscenti che hanno letto e betato, rendendo tutto
questo possibile.
Indi per cui un sentito ringraziamento per l’aiuto va ad
IpseDixit, Pamaras,
Minus e LadyRiddle, senza il cui supporto non sarei arrivato fin dove
sono
arrivato. Come notizia generale, sappiate che la storia è
già a buon punto, ho
scritto già 6 capitoli, di 10/15 pagine l’uno, che
coprono quasi l’intero primo
anno ad Hogwarts e prevedo di sfornare ogni settimana almeno un altro
paio di
capitoli, in modo da avere sempre da pubblicare. Per ovvi motivi, non
pubblicherò
tutto insieme, ma ogni domenica, alle 20:00, avrete un capitolo nuovo.
Per i
primi anni di scuola i capitoli saranno pochi ed accorpati in modo tale
da
poter correre velocemente tra le tappe dell’adolescenza,
più in là invece il
loro numero aumenterà in modo da chiarire le sempre maggiori
differenze rispetto
al testo originale. Sperando che questo prologo sia stato di vostro
gradimento,
vi lascio alla vostra recensione… Che mi lascerete
sicuramente… vero?! xD
Scherzi a parte, alla prossima domenica!
Vostro
Bumbix
|
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Capitolo 2 *** Capitolo 1 ***
2
The
Harry Potter’s Forbidden Story
Disclaimer:
Non
posseggo ne il mondo di Harry Potter, ne quello di High School DxD,
che appartengono invece ai rispettivi autori. Questa storia
è stata
scritta senza fini di lucro.
Capitolo
1
Area
d'Allenamento – Palazzo Gremory
Mondo Sotterraneo
06
Dicembre, 1989
Le
mani di Harry si mossero, un cerchio magico apparve sotto i piedi del
Maou, che immediatamente fu circondato da fiamme turbolente di un
rosso acceso. Il sudore colava incessante dalla fronte del bambino,
mentre questo concentrava la propria forza nell’esecuzione
dell’incantesimo, senza pensare ad altro se non alla sua
riuscita.
Era
ormai passato un anno, un intero anno da quando la sua vita era
cambiata, ed insieme alla sua vita anche lui era cambiato. Non era
più il gracile nanerottolo, che tutti gli abitanti di Little
Whinging ricordavano, ma era cresciuto e si era irrobustito, aveva
recuperato tutto il peso perso, e sotto lo stretto allenamento del
suo ‘Re’ aveva iniziato a controllare la sua magia.
Il
suo corpo ormai era quello di un normalissimo bambino della sua
età,
con folti capelli neri indomabili, ed uno sguardo di uno smeraldo
così intenso da abbagliare. Nulla nel suo aspetto lasciava
intendere
degli abusi che avesse subito, ed anzi era diventato arzillo ed
inarrestabile come la bambina che ormai lo accompagnava dappertutto,
compresa la sala d’allenamento posta tre livelli sotto il
castello
del Maou Lucifer.
“Forza
Harry!”
Rias
gridò un incoraggiamento, cosa che anziché
aiutare Harry, fece
vacillare per un secondo la sua concentrazione. Aveva letto di quella
gabbia incatenante di fuoco solo qualche minuto prima
dell’allenamento, e senza mai averla provata prima, aveva
tentato
di eseguirla contro il suo Master con l'unico scopo di impressionare
l’amica.
Con
il venir meno della sua concentrazione però, le fiamme che
circondavano il Demone Supremo si affievolirono, dando modo a
quest’ultimo di scappare dalla trappola.
L’incantesimo aveva
richiesto una quantità enorme di potere, e non riuscendo
ancora a
controllarsi pienamente, Harry si ritrovava ora in una situazione
difficile. Il suo ‘Re’ era libero di agire, senza
un solo graffio
in corpo, e neanche l’ombra di una scottatura, lui invece era
sfinito. Il guaio era che avevano appena incominciato.
Lucifer
fece un passò in avanti, disegnando una parabola con la
punta delle
dita. Immediatamente un’onda d’urto gigantesca
prese a sfregiare
il terreno dell’arena, dirigendosi verso Harry a
velocità folle.
“Schivala
Harry.” Il suo Master gli diede quel suggerimento
dall’altro
lato del campo, mentre ancora la sua forza distruttrice si
avvicinava. “Ti conviene schivarla, non riuscirai mai a
bloccare un
attacco del genere.” La sua espressione era severa,
indecifrabile,
mentre osservava il piccolo mago erigere velocemente un set di
barriere difensive. A distanza di sei mesi da quando aveva iniziato
ad allenarlo, non era ancora riuscito ad insegnargli il rispetto e
l’umiltà.
Il
piccolo mago era forte, molto forte, aveva capacità
eccezionali ed
una memoria quasi eidetica, ma combatteva ogni volta come una bestia
impazzita. Riusciva a ragionare solo per i primi due o tre scambi di
incantesimi, lasciandosi poi trasportare dall’impeto e
dall’ira.
I suoi attacchi diventavano incredibili, le sue schivate prodigiose,
ma nonostante tutto la cosa non lo faceva diventare più
forte, al
contrario lo indeboliva.
Contro
un avversario di basso livello, questo stile dissennato avrebbe
probabilmente portato alla vittoria, ma contro qualcuno d forte,
molto forte, le cose sarebbero andate diversamente. Infatti la
maggiore debolezza di un Harry in questo stato, era che disperdeva il
suo potere in quantità industriali, finendo spompato e senza
forze
nel giro di un minuto. Sarebbe quindi bastato chiudersi in difesa
fino a che il piccolino non fosse stato esausto, e poi farlo fuori
non appena si fosse accasciato al suolo.
Sospirando
vide l’onda d’urto, uno dei suoi attacchi
più banali, colpire il
set di barriere difensive del suo Alfiere, spazzandole via come se
queste non ci fossero, arrivando a colpire infine Harry stesso, che
vide il suo braccio portato via dall’attacco. Muscoli, ossa e
sangue si mischiarono in un amalgama che ora imbrattava il muro,
lasciando solo un Harry agonizzante steso a terra.
Eppure
ancora non piangeva. Vomitava bile ed urlava, ma non una lacrima
aveva mai lasciato i suoi occhi nel corso di un anno. Questa era la
cosa forse più spaventosa del ragazzo, che oltre tutte le
apparenze,
mostrava ancora quanto l’influenza dei suoi vecchi tutori
pesasse
su di lui.
Dopo
aver spostato lo sguardo verso la piccola sorellina, che sembrava
orripilata e scioccata da quanto accaduto, il Maou si mosse
rapidamente arrivando di fianco all’Alfiere. Con un semplice
incantesimo ricompose il braccio strappato via, versando poi alcune
lacrime di fenice sulla ferita, che subito incominciò a
rinsaldarsi
al corpo del ragazzino.
“Harry…
mi sai spiegare perché non ti sei spostato? Ci saranno volte
in cui
ti sarà impossibile bloccare un attacco, ed in quei casi non
devi
per forza restare in piedi. Usa la testa, schiva l’attacco,
scappa
e nasconditi se devi. Tu sei un Alfiere, non una Torre e neanche un
Cavaliere, non è compito tuo essere in prima linea e subire
gli
attacchi.”
Le
parole del Maou erano vere, ed Harry lo sapeva bene. Era da quando
aveva iniziato a studiare l’Inferno e le sue caratteristiche
che
aveva capito che in uno scontro tra squadre il suo compito era
supportare ed aiutare i suoi compagni, senza però entrare
nello
scontro diretto.
Nell’attuale
Inferno, infatti, per placare le dispute e mettere un freno al
fervore che attanagliava i demoni, erano stati creati scontri
amichevoli chiamati Raiting Games. In vista di questi giochi, ogni
demone di Alta Classe o Demone Supremo, otteneva da parte del
concilio dei demoni, un set di scacchi composto da sedici pezzi.
Pezzi che potevano essere usati per reincarnare essere umani o mostri
in demoni (come era successo ad Harry), oppure che potevano essere
usati su normali demoni per ampliare le loro capacità.
In
tutto si avevano otto pedoni, due alfieri, due torri, due cavalieri,
una regina ed un re.
-
Il Re veniva incarnato dal demone che
entrava in possesso dei pezzi demoniaci, e non aveva alcuna
caratteristica particolare rispetto agli altri pezzi, che invece si
caratterizzavano e distinguevano a seconda di cosa essi
rappresentavano;
-
Il Cavaliere era dotato di forza e
velocità straordinarie, però peccava di difesa,
cosa che lo rendeva estremamente vulnerabile agli attacchi avversari;
-
La Torre combinava una forza ed una
difesa mostruose, peccando però in velocità, cosa
che gli rendeva difficile o quasi impossibile, schivare un attacco;
-
L’Alfiere era il supporto,
usava i suoi attacchi a distanza contro gli avversari, o aiutava gli
alleati ristabilendo la loro salute: questo era il compito di Harry;
-
La Regina era il pezzo più
forte della scacchiera, e combinava i poteri di torre, alfiere e
cavaliere. Questo pezzo era incarnato dalla moglie del Maou, che aveva
di recente dato alla luce un erede dai capelli cremisi;
-
Ed infine vi era il pedone, il pezzo
con la minore importanza, che però nascondeva
un’abilità speciale, la promozione, che gli
permetteva di poter raggiungere ed eguagliare le caratteristiche di un
altro pezzo a sua scelta.
Poi
ovviamente c’erano interi libri di strategie, che
distinguevano i
vari tipi di gioco, suddividendo ancora ogni pezzo a seconda delle
qualità del possessore. Harry aveva letto anche quelli, ma
senza
attenzione, arrivando a capire che il suo ruolo era quella di
supporto a distanza, tramite attacchi a ripetizione. Per questo stava
cercando di specializzarsi sempre di più in
quell’area, non
riuscendo tuttavia a reprimere il suo istinto che lo portava sempre
in prima linea.
Una
volta che il suo braccio fu rimesso a posto, Harry torno a sentire il
mondo, uscendo da quella cappa opaca di dolore che rendeva tutto
strano e confuso. Per qualche istante ebbe ancora il fiatone, poi
lentamente iniziò a riprendersi, riuscendo a regolare il
battito del
suo cuore. Su di lui, con le lacrime agli occhi, giaceva una piccola
Rias sconvolta.
Le
aveva promesso una spettacolo indimenticabile, in cui avrebbe dato
fondo a tutte le tue abilità, e a parte il fatto che ha
perso in
meno di dieci secondi, l’aveva accontentata. Era sicuro
infatti,
che la scena di lui che veniva colpito, e del suo braccio fatto a
pezzi, l'avrebbero tormentata per molto tempo. Il senso di colpa
iniziò a dilagare, mentre facendosi forza il bambino si
rimetteva in
piedi.
Le
sue gambe tremavano, e solo lo sforzo per quella semplice azione
rischiava di farlo svenire, ma nonostante tutto si fece forza,
esibendosi in un caldo sorriso. “Rias, sei sempre una
piagnucolona.
Guardami, sto bene… tuo fratello ci è andato
piano con me.”
La
giovane Gremory ancora singhiozzava, arrivando a stringerlo in un
umido abbraccio. Il ragazzo tornò ad arrossire, ma
più lei lo
stringeva, più sembrava calmarsi, dunque la
lasciò fare, lanciando
uno sguardo supplichevole al suo master, che ora sembrava ridersela
per la commedia romantica in atto tra i due bambini.
“Harry,
sai che se vorrai sposare Rias dovrai prima battere me?” Il
suo
tono di voce era allegro, molto scherzoso, ma a quanto pare
l’ironia
non era stata colta dalle bella Rias, che al contrario
seppellì il
suo sguardo nel petto di Harry, dichiarando a gran voce.
“Allora
lui ti batterà!”
La
frase lasciò stupefatto il demone supremo, e fece barcollare
una
volta di più Harry, che quasi cadde al suolo per
l’emozione.
“Ah,
non voglio vedere la mia sorellina piangere. Per oggi finiamola qui
Harry, ci vediamo domani alla stessa ora, e cerca di usare di
più la
testa, altrimenti te la stacco, ok?”
Harry
sorrise, annuendo alle parole del Maou, che di rimando gli fece un
occhiolino lasciandoli da soli.
Si,
la sua vita era ancora piena di dolore, il più delle volte
causato
dalla stessa persona che lo aveva salvato, ma ogni giorno che viveva
nel mondo dei demoni, era un giorno che non avrebbe mai voluto
dimenticare.
*************
Laboratorio
di Mephisto Pheles
I
passi del Maou erano leggeri ed eleganti, mentre superava una dopo
l’altra le varie porte e corridoi dell’enorme
castello. Il suo
sguardo però, a differenza della sua andatura, era teso,
pregno di
preoccupazione. Lo aveva avvertito di nuovo, quel contratto
vincolante che non era riuscito a spezzare quando Harry era risorto.
Quel contratto a cui non aveva dato inizialmente importanza, che
aveva pensato di lasciar perdere perché ridicolamente
debole, e che
ora stava diventando sempre più forte.
Così
forte da poter essere avvertito al tatto sulla pelle del bambino, che
ignaro di tutto continuava a vivere la sua nuova vita da demone. Per
un attimo Lucifer si fermò, trasse un sospiro, estraendo
dalla
casacca la foto di un neonato. Quello era suo figlio, il suo piccolo
figlio nato da solo qualche mese, che lui stesso amava più
della sua
stessa vita.
Solo
vedendo quell’immagine, il cuore del Maou iniziò a
placarsi,
mentre l'uomo iniziava ad organizzare le sue prossime mosse. Per
quanto forte fosse, e per quanto si fosse guadagnato il titolo di
Pilastro dell’Inferno, le sue conoscenze riguardo la magia
erano
estremamente limitate. Non poteva fare più di quanto avesse
già
fatto per Harry, e rivolgersi a qualche altro era forse la cosa
migliore.
Ora
sorgeva spontanea la domanda, a chi si sarebbe dovuto rivolgere? Ad
Ajuka Beelzebub, suo amico e rivale da una vita, che aveva inventato
il sistema dei Raiting Games ed i pezzi degli scacchi demoniaci?
Oppure a qualcuno di ancora più ferrato, che invece di
tecnologia e
poteri demoniaci usasse la stessa magia di cui Harry era fornito?
Alla
fine si decise, muovendo i suoi passi verso la sala principale della
residenza, entrò nel cerchio di teletrasporto per la casa di
Mephisto Phelles, il vecchio demone che era in circolazione da
millenni e che da quando aveva fatto un patto con Georg Faust, viveva
nel mondo umano. Anche dopo la morte di Faust, il demone aveva deciso
di rimanere lì, specializzandosi nella magia umana,
arrivando al
punto da ricoprire la carica di Stregone Capo del Concilio dei Maghi.
La
sua casa tuttavia, o meglio il suo laboratorio, era
tutt’altro che
regale, come ci si aspetterebbe da qualcuno con la sua carica. Era un
rimasuglio di calderoni e libri strappati, con librerei stracolme di
tomi di magia, e creature strane e deformi poste in ogni dove. La
maggior parte di queste erano morte o già putrefatte, ma
alcune
ancora si muovevano rantolando aiuto.
Non
era il massimo della bontà e della compassione Mephisto, per
questo
pure tra i demoni era guardato con scetticismo e repulsione. La
situazione, per averlo portato fino a questo punto, doveva essergli
davvero sfuggita di mano.
Coprendosi
il naso con un fazzoletto ricamato, per non respirare l’odore
di
putrefazione e morte che aleggiava nella sala, Lucifer si mise alla
ricerca del vecchio stregone, arrancando in quella discarica di magia
che era grande quasi quanto due stadi da calcio messi insieme.
Ovviamente Mephisto sapeva del suo arrivo, non avrebbe mai potuto
teletrasportarsi così vicino a lui senza il suo consenso, ma
era
risaputo che chiunque cercasse il suo aiuto, non doveva certo
aspettarsi la sua ospitalità.
Dopo
quasi un’ora di ricerca all’interno della sala,
finalmente in
lontananza comparve la luce di un fuoco azzurro, e vicino ad essa una
forma all’apparenza umana. Si trattava proprio
dell’antico
demone, che come suo solito stava passando il tempo a cucinare e
cuocere pozioni per i suoi esperimenti sulla magia.
Non
appena fu a portata d’orecchio, il Maou si preparò
a parlare, ma
l’altro demone lo interruppe senza dargli nemmeno modo di
cominciare.
“E
così sei finalmente venuto Sirzechs Lucifer, del clan
Gremory,
primo pilastro che regge l’inferno e signore della
distruzione.”
Il
vecchio si rivelò alzando il suo corpo antico dalla pila di
fumo che
si levava del calderone, mostrando il suo aspetto, eccentrico perfino
per un demone che poteva decidere come mostrarsi in qualunque
occasione. Aveva capelli blu, con profonde striature rosse, ed occhi
eterocromatici, il destro rosso ed il sinistro blu. Tolto questo
somigliava in tutto e per tutto ad un uomo di
mezz’età, che
indossava una banale e logora tunica grigia da mago.
“Ti
stavo aspettando fin da quando hai fatto reincarnare il giovane Harry
Potter in un demone. Sapevo che presto o tardi saresti venuto da me,
soprattutto visto e considerato quello che sta avvenendo
nell’Inghilterra Magica.”
L’interesse
del Maou si risvegliò, non appena comprese che Mephisto era
già al
corrente di quanto lo crucciava. Non si preoccupò di
scoprire come
il demone avesse avuto notizie che teneva segrete perfino a sua
moglie, sarebbe solo stata un’inutile perdita di tempo.
“Cosa
succede in Inghilterra? Non ho tenuto d’occhio il mondo umano
da
quando Harry è venuto in questo mondo…”
la voce di Lucifer era
mortificata, quasi si scusasse con l’altro per la sua
disattenzione
a qualcosa che in effetti avrebbe dovuto fare. Ma Mephisto non colse
l’aria di scuse intorno al Maou, e continuò
semplicemente a
mescolare la sua pozione, dando di tanto in tanto un’annusata
o un
assaggio.
“Sei sempre stato un tipo sciatto, poco
attento ai dettagli, sebbene tu
sia un esperto di tipo Tecnica, a volte hai la soglia di attenzione
di un pesce rosso…” un sorriso, ed un attimo di
silenzio,
seguirono le parole del demone, uno dei pochi che si potesse
permettere di parlare a Lucifer così.
“… ma del resto è solo
grazie a te se posso godermi i miei esperimenti senza dover rendere
conto alla Gilda dei Maghi di quello che faccio, quindi per questa
volta ti aiuterò, mettendo ordine nei tuoi pensieri. Per
prima cosa,
sappi che Harry Potter dovrà tornare nel mondo umano tra
meno di due
anni.”
L’espressione
del Maou divenne stupita, mentre questo cercava di razionalizzare
quanto gli era stato detto. “Ho promesso al bambino che non
avrei
più permesso che gli facessero del male. Non è
ancora pronto per
tornare tra quelli della sua razza, e non lo sarà nemmeno
tra due
anni. Non posso permettere che accada.”
L’anziano
stregone, che era sia un demone che un mago, sollevò il suo
sguardo
dalla sostanza bluastra nel suo calderone. “Sono meno di due
anni
Lucifer, e purtroppo è qualcosa che non puoi impedire. Ci
sono forze
che si sono mobilitate perché ciò accada, e
nemmeno tutta la
potenza dell’inferno potrà impedire alla magia
ancora attiva sul
ragazzo di ucciderlo se non sarà ad Hogwarts il primo
settembre
1991. Albus Silente ha fatto in modo che ciò accada, ed
è tuo
compito solo prepararlo al suo destino. “
“Albus
Silente…” gli occhi del ‘Re’
si oscurarono mentre riportava
alla mente le notizie frammentarie che aveva sul mago più
potente
dell’ultimo secolo. “… è
stato lui a legare Harry a quel
contratto? È colpa sua se dovrà tornare ancora
una volta in quel
mondo?!” Il tono di voce iniziò ad alzarsi,
così come l’aria
intorno a lui iniziò a fremere di potere demoniaco.
“Calmati
bambino, rischierai di mandare a male la mia pozione con i tuoi
influssi demoniaci.” L’espressione di Mephisto si
era indurita,
ma le sue parole erano tranquille come quelle di qualche istante
prima. “Per fartela breve si, è tutta colpa sua.
L’incantesimo
che lega Harry ad Hogwarts è un rimasuglio di magia vecchia
di un
millennio, è attiva su qualsiasi mago sia iscritto alla
scuola fin
dalla nascita, ma in genere ha l’unico compito di ricordare
al mago
il suo impegno nel caso qualcosa fosse cambiato dal momento della sua
nascita, e lui non fosse più a conoscenza della sua natura.
Tuttavia
per Harry le cose sono diverse, Silente ha recentemente sviluppato un
nuovo sistema di barriere intorno alla scuola, delle barriere che
servono a tener lontani noi demoni troppo potenti, e che al contempo
rinforzano il legame di Harry con la scuola. Con questo tasso di
crescita, e supponendo che la scuola non sarà distrutta da
qui a due
anni, Harry sarà così legato alla scuola che il
solo non
frequentarla gli causerà morte istantanea.”
Il
furore prese possesso di Sirzechs Lucifer. Quel mago, quel dannato
vecchio mago, aveva scoperto il suo gioco ed ora lo costringeva ad
accettare le sue regole, non lasciandogli altra scelta che mandare
Harry ad Hogwarts. Il palmo del Mou si sollevò, una sfera di
potere
cremisi, grande quanto un pallone da spiaggia prese vita, dirigendosi
e colpendo il lato opposto della sala.
L’esplosione
fu pazzesca, metà delle cose di Mephisto furono
disintegrate, senza
lasciare più traccia, facendo volare e carbonizzando il
resto.
Eppure, nonostante questo, il demone-mago era tranquillo. Sul suo
volto c’era solo un’espressione di rassegnazione.
“Sapevo
sarebbe finita così. Ho fatto bene a spostarci in una
dimensione
alternativa per quest’incontro, almeno ti ho evitato di
mandare in
fumo il mio vero laboratorio e di dovermi ripagare per
questo…”
Presto i contorni della stanza iniziarono a sfumare, riducendo il
paesaggio ad una massa grigia ed informe.
“Dimensione
Alternativa. Come ci si aspettava da uno dei candidati alla carica di
Beelzebub.” Il Satanasso sorrise, con un sorriso allegro,
mentre
tornava a reprimere le sue emozioni. Se gli rimanevano solo due anni,
doveva dare il massimo per allenare il bambino, anche a costo di
doverlo riattaccare pezzo a pezzo dopo ogni allenamento.
“Grazie
grande Mephisto, prima di andare ho un’ultima richiesta. Puoi
creare un piano d’allenamento per il bambino che lo porti a
sviluppare e controllare la sua magia interna? Purtroppo credo
sarà
necessario se voglio mandarlo da solo nella base del
nemico…”
Mephisto
per la prima volta sorrise alle parole di Lucifer. “Oh, ma
non sarà
solo. Le carte non mentono, la tua sorellina ed altre due ragazze,
accompagneranno Harry ad Hogwarts. Una è la figlia di un
angelo
caduto, l’altra la sorella di Youkai Nekomata traditrice, che
ucciderà il suo padrone a breve. Lascia che il destino
faccia il suo
corso Lucifer, queste compagne saranno più importanti per
Harry di
qualsiasi allenamento.”
Con
queste parole anche il vecchio iniziò a sfumare.
L’eco di ciò che
aveva detto, riecheggiava ancora nelle orecchie del Maou, mentre
questo rimaneva impassibile difronte al collasso di quella
realtà.
Un
cerchio di teletrasporto si attivo all’ultimo istante,
portandolo
al sicuro.
*************
Ufficio
di Minerva McGrannit – Hogwarts
Regno Unito
10 Dicembre, 1989
Albus
Silente, pazzo scalmanato o uomo distrutto? La verità oltre
le
finzioni e le bugie.
Di Rita Skitter
Miei
accaniti lettori, è ormai un anno che la notizia della morte
del
giovane eroe, Harry Potter, ha attraversato come un fulmine a ciel
sereno il mondo magico, e ad un anno ancora non si sa nulla riguardo
quegli scabrosi eventi, che sembrano essere accaduti la notte del 15
Dicembre1988 al n. 4 di Privet Drive, Little Whinging.
Abbiamo
già riportato in diversi articoli precedenti alcune delle
teorie più
deliranti e dei fatti più comprovati, e siamo qui oggi per
raccontare un’altra storia. La storia di un uomo a cui era
stata
affidata la vita del bambino-sopravvissuto e che è quindi
responsabile della morte di quest’ultimo. Ovviamente stiamo
parlando dell’Ex-Supremo Pezzo Grosso, ed ex-Direttore della
Confederazione Internazionale dei Maghi, Albus Percival Wulfric Brian
Silente.
Di
notizie su Silente ormai ne girano a bizzeffe, ovunque e chiunque sa
della sua demenza, che sta lentamente prendendo il sopravvento, e
delle dubbie arti che sta praticando in quella che una volta era una
rispettosa Scuola di Magia, ma dove finisce la verità ed
iniziano le
frottole?
La
vostra Report d’Assalto, grazie ai suoi agganci ed i suoi
informatori, è oggi qui per rispondere a questa domanda,
portandovi
a fare un giro nelle profondità della tana del Bianconiglio,
svelando così quali sono gli scheletri
nell’armadio del vecchio
babbione, che la maggior parte dei suoi ammiratori hanno tentato di
tenere nascosti. Prima di tutto partiamo con le basi certe, le
notizie che sono di pubblico dominio e che nessuno potrà mai
negare
in nessun modo.
Albus
Silente, ha arbitrariamente sottratto Harry Potter dai resti della
sua casa a Godric's Hollow, la notte del 31 Ottobre 1981, senza il
consenso dell’allora Ministro della Magia, commettendo quindi
reato
di rapimento di minore.
La
notizia è stata resa pubblica all’inizio
dell’anno, a causa
della sempre maggiore pressione che l’opinione pubblica
imprimeva
nei confronti del vecchio citrullo, che da dentro al suo castello non
si è preso la briga ne di confermare, ne di negare la
notizia,
mentre l’ex ministro dell’epoca, ha portato avanti
prove concrete
e veritiere a supporto delle sue parole, dando quindi atto ad un
primo smacco all’armatura scintillante del vecchio eroe.
Sono passati ormai
troppi anni perché
l’accusa abbia un qualche valore legale, ma la notizia
è costata
al vegliardo la sua carica come Supremo Pezzo Grosso ed ha fatto
pendere l’opinione pubblica verso quella parte
dell’alta società
purosangue, che da sempre cerca di far cadere Silente dal suo
piedistallo, riportando il suo ego tronfio ad un livello umanamente
accettabile.
Ma
questa è stata solo la goccia che ha fatto traboccare il
vaso, sono
tante le notizie succose che ne sono seguite. Dalla segregazione della
sua giovane sorellina, misteriosamente deceduta sotto la tutela
del suo vanesio fratello, alla stretta amicizia che lo legava a
Gellert Grindelwald, successivamente sconfitto dallo stesso Albus in
uno scontro che ormai i più ritengono solo un montaggio.
Tutto
il potere e l’influenza di Silente sono lentamente scivolati
via
dalla sua stretta ferrea, lasciando l’anziano mago con niente
di
più del controllo della scuola di magia e stregoneria di
Hogwarts,
che ora i più vorrebbero togliergli.
Ed
è qui che interviene la brillante Me, che ha per voi uno
scoop
relativo proprio alla suddetta scuola, infatti questo bel pezzo di
strega è stata in grado di confermare una delle notizie
più
discusse del momento, e cioè l’uso di magia nera
da parte del
preside durante l’anno accademico, a discapito degli stessi
studenti.
Fonti
interne alla scuola hanno infatti rivelato che durante le vacanze
estive, numerosi Spezza Incantesimi, sono stati visti aggirarsi nei
dintorni del castello, e grazie alle sue grandi capacità
investigative, la vostra reporter è riuscita a trovare prove
schiaccianti che il preside, e questi mercenari, stessero
radicalmente cambiando il sistema di barriere intorno
all’antico
edificio, che di per se rappresenta un enorme pezzo di storia per
l’intera Gran Bretagna Magica.
Le
prove consistevano in diverse pagine di appunti scritte in una lingua
arcaica, ed una mappa del nuovo sistema di barriere, che è
purtroppo
già attivo e si è rivelato impossibile da
spezzare. La cosa più
inquietante è che questo enorme sistema è
concentrato all’unico
scopo di alimentare un incantesimo che solo il preside conosce, e
richiede come fonte d’energia la forza degli studenti stessi,
che
durante le lezioni più soporifere e meno impegnative, vedono
la loro
energia vitale drenata, dal complesso sistema di rune ed intagli,
diffusi per tutta la scuola.
Ridicolmente,
dal consiglio dei Governatori, che ha il compito di monitorare ogni
accadimento all’interno della fortezza, sono state accampate
scuse
come la non conoscenza dei fatti in corso, e la possibilità
che
queste nuove barriere siano incentrate per la difesa stessa degli
studenti, contro pericolo sconosciuti.
Ma
naturalmente non finisce qui. Sentendo odore di scoop e non vedendo
l’ora di mostrare a voi lettori tutta la verità,
l’incantevole
me, non poteva certo fermarsi solo a questo. Armata solo del mio
coraggio, e della mia astuzia, sono riuscita ad intrufolarmi
all’interno della scuola, venendo a conoscenza di fatti
ancora più
inquietanti.
Nascosta
all’interno dell’infermeria, ho ascoltato
personalmente un
discorso tra l’infermiera della scuola, Madama Pomfrey e
l’insegnante di trasfigurazione, nonché
Vicepreside, Minerva
McGranitt. Al centro del discorso c’erano le sempre peggiori
condizioni di salute sia fisica che mentale del preside, e la
preoccupazione per le sue azioni sempre più sconsiderate.
Leggendo
tra le righe, ho intuito senza ombra di dubbio, che dietro questi
comportamenti insoliti della cariatide, via sia un enorme senso di
colpa per la morte del giovane Harry Potter, cosa che ha spinto il
Preside ha negare con forza l’evidenza dei fatti, e
l’ha portato
molto oltre quella che è la soglia della magia moralmente
accettata.
Sonnambulismo,
deliri, psicosi e vaneggi, sono all’ordine del giorno per
Albus
Silente, che è ormai giunto al limite di quanto possa
umanamente
sopportare.
Resta
solo da chiedersi quanto ancora la focena avrà il controllo
della
scuola, e quanto ancora dovranno sopportare i genitori degli studenti
iscritti prima di dover ritirare i propri figli con la forza,
servendosi di fonti di istruzione alternative per poterli crescere.
Si
spera che il Ministero, ed il consiglio dei Governatori, faccia
qualcosa in merito agli eventi da me dimostrati, portando di nuovo
lustro alla comunità magica ed alla scuola di Magia e
Stregoneria di
Hogwarts.
Sono
invece smentite le voci secondo cui Silente vada a dormire con il
cappello parlante, abusando di lui in modi che nemmeno i fondatori
avrebbe mai immaginato.
[-Gli
Appunti riguardo gli incantesimi intorno alla scuola a Pagina
8.
-L’intervista ad uno dei Governatori da Pagina 9 a Pagina
11
-Il nuovo sistema di Barriere, che è stato stampato solo in
parte per motivi di sicurezza, a pagina 12]
************
Ad
Hogwarts il mondo era in declino. Lettere su lettere continuavano ad
arrivare da genitori in protesta, ed ogni giorno di più si
avvicinava il momento in cui Albus sarebbe stato cacciato. Ormai
nessuno era più in grado di proteggerlo, nemmeno i suoi
più potenti
sostenitori, che davanti all’articolo di
quell’arpia della
Skeeter, avevano dovuto abbassare le armi ed ammettere gli errori del
loro paladino.
Le
mani di Minerva si contrassero, il suo viso mostrava segni precoci di
invecchiamento, mentre la donna appallottolava l’articolo di
giornale incenerendolo con un colpo della bacchetta. Nemmeno lei
capiva le azioni del suo mentore, nemmeno lei sapeva più
come
giustificarlo o rimetterlo al posto. Albus era impazzito,
completamente e totalmente, e lo dimostravano le sue ultime e
pericolose azioni.
Cambiare
gli schemi di barriere, ricorrere a magia nera ed a set di rune in
disuso da secoli. Nemmeno il più folle dei maghi avrebbe mai
fatto
qualcosa del genere, ed il tutto per motivi apparentemente
sconosciuti. Alla fine la donna mise da parte questi pensieri,
iniziando a correggere i compiti dei suoi studenti del terzo anno.
A
discapito di quanto stesse accadendo, quella era ancora una scuola di
Magia, e lei aveva ancora dei doveri come docente. Si
aggrappò a
questa convinzione, a quest’ultimo barlume di certezza nella
sua
vita, ignorando l’ora tarda ed il sonno pesante che
minacciava di
sopraffarla. Lentamente, quasi non volesse nemmeno giungere alla fine
di quell’incombenza, iniziò a spuntare in rosso le
varie risposte
sbagliate.
Una
alla volta, con metodica precisione.
È
in quel momento che accadde. Le fiamme del suo camino si accesero, ma
anziché colorarsi del solito verde scoppiettante, divennero
nere.
L’oscurità si allargo spegnendo la fiaccola sul
muro e la lampada
sulla scrivania della professoressa, lasciando la stanza nel buio
più
totale.
Si
sentiva solo il suono del suo respiro ed il crepitio delle braci,
fino a che qualcosa non si materializzò fuori dalle fiamme.
Dei
passi misurati, impercettibili. Minerva, che era un gran bel pezzo di
strega con una bacchetta in mano, era già in piedi tenendo
sotto il
tiro il nuovo arrivato.
Data
l’oscurità non riusciva ancora a vederlo, ma se
l’uomo era
riuscito a passare attraverso le protezioni del castello, arrivando
al punto da rinchiuderla nel suo stesso studio senza alcuna
possibilità di chiamare aiuto, allora doveva essere qualcuno
di
straordinariamente potente.
Ad
un battito di mani le luci tornarono ad accendersi, l’aria si
riempi di calore, ed un uomo con i capelli cremisi fece la sua
comparsa. “La prego di abbassare la bacchetta, sono qui per
negoziare e non voglio dover ricorrere alla violenza se
possibile.”
Le parole dell’uomo erano tranquille, mentre ispezionava
l’ufficio
della professoressa con vago interesse. Le sue mani sfogliarono
qualche libro, raccolsero alcuni dei compiti caduti in terra, dando
modo all’uomo di leggerne qualche riga. Alla fine ci fu solo
un
sospiro, mentre questo riponeva le carte sul ripiano in legno della
scrivania, prendendo poi posto ad una delle poltrone
dall’altro
lato.
Minerva
era ancora lì, tesa e sbigottita, con la bacchetta alzata e
puntata
contro il capo dell’uomo. “Chi è lei?!
Come ha fatto ad arrivare
qui?!” I suoi occhi erano fessure, la sua voce ferma, la
postura
decisa. Aveva affrontato guerre e combattuto decine di maghi insieme
ad i suoi alleati. In più di un’occasione aveva
perfino incrociato
la bacchetta con Voldemort, anche se c’era sempre Albus con
lei
quando ciò accadeva. Non aveva certo paura del primo pallone
gonfiato che faceva irruzione nella sua scuola. No di certo. Non lei.
“La
farò breve, sono qui per vedere Albus Silente. Il suo
ufficio è
inaccessibile perfino per me, dunque dovrà condurmi da lui
con mezzi
più… ordinari.” Con un gesto
indicò la porta, che senza alcuna
esitazione si spalancò. Eppure non aveva usato alcuna
bacchetta, ne
aveva avvertito alcuno impulso magico provenire da lui. “Sono
qui
per parlare delle sue sconsiderate azioni, e del pericolo in cui sta
mettendo il mio servo. Non accetterò un no come risposta
Minerva,
dunque la prego di avviarsi”
L’aura
intorno allo straniero era nobile, forse apparteneva a qualche antica
casata purosangue, eppure in lui vi era un carisma simile a quello
che Silente possedeva nel massimo del suo potere. Cercò di
ricordare
se lo aveva già visto, se mai avesse sentito parlare di
qualcuno
come lui, capace di fare irruzione ad Hogwarts senza troppi problemi,
ed usare la magia in Merlino solo sa che modo, ma non le venne nulla.
Alla
fine l’anziana strega capitolò, ed
abbassò la sua bacchetta. “Può
almeno dirmi il suo nome, e chi è lo studente in pericolo?
È contro
lo statuto di protezione dei minorenni magici avere un servitore in
età scolastica…” La sua voce era
tornata stanca, spossata, come
se ormai fosse rassegnata al susseguirsi di azioni bizzarre grazie al
comportamento del suo preside.
“Come
vuole, mi chiamo Sirzechs Lucifer e sono qui per proteggere non uno
studente della scuola, ma un ragazzino che raccolsi dalla strada un
anno fa, ed al quale diedi nuova vita. Ovviamente sto parlando di
lui, di Harry James Potter.”
La
donna sbiancò, le sue mani si contrassero, mentre avvertiva
il suo
cuore perdere un battito.
“Harry
Potter… è vivo?”
“Si
lo è, ma è meglio che il suo preside fermi le sue
azioni scellerate
o non lo sarà ancora per molto.”
Il
mondo divenne bianco mentre perdeva i sensi. Anche l'ultima delle
sue certezze era crollata.
******************
NdA:
Rieccoci,
puntuali come un orologio svizzero, e pronti per un altro capitolo.
Come avrete sicuramente notato questo è un capitolo di
raccordo, in
cui cerco di far luce su alcune conseguenze della partenza di Harry.
Da una parte abbiamo il piccolo demone che cerca di adattarsi alla
sua nuova vita, con tutti i pregi ed i difetti della stessa,
dall'altra la volontà dissennata di Albus Silente di riavere
indietro il suo eroe. Qualcuno noterà, con ragione, che
tendo ad
oscurare il mio Albus Silente nelle storie in cui questo compare, ed
a loro non posso rispondere con un: Si, lo odio, è uno
sporco
manipolatore bastardo. Tolto questo ho cercato di rendere la dinamica
degli scacchi demoniaci chiara anche a chi non conosce Highschool
DxD, questo perchè a parte le caratteristiche specifiche dei
vari
pezzi, più in là vedremo degli scontri fra
diverse squadre
demoniache, e senza una premessa sarebbe difficile spiegare tutto.
Come ultima nota a margine, ringrazio tutti per le recensioni del
primo capitolo e spero che questo capitolo vi piaccia come il precedente! Alla prossima domenica, sempre 20:00!!!
Vostro Bumbix
|
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Capitolo 3 *** Capitolo 2 ***
capitolo 2
The
Harry
Potter’s Forbidden Story
Disclaimer:
Non
posseggo ne il mondo di
Harry Potter, ne quello di High School DxD, che appartengono invece ai
rispettivi
autori. Questa storia è stata scritta senza fini di lucro.
Capitolo
2
Diagon
Alley – Londra
Inghilterra
31 Luglio 1991
Il
cuore di Harry batté rapidamente mentre attendeva.
Attendeva con trepidazione, mista ad eccitazione e paura, che
un'anziana strega
venisse a prenderlo all'ingresso
del
Paiolo Magico per portarlo con lei a fare spese in quello che gli era
stato
spiegato essere un viale di negozi. Durante gli anni passati
all'Inferno, gli
era capitato raramente di poter tornare nel mondo umano, ed il
più delle volte
le sue mete erano posti esotici come il Giappone o la Corea, questa era
la
prima volta che tornava in Inghilterra, nel mondo che lo amava e che lo
aveva
portato alla morte.
Come
se questo non bastasse a motivare la sua agitazione,
da qualche parte, nella periferia della città, c'era la sua
vecchia casa. La
casa che aveva abbandonato, ma per la quale provava sentimenti
contrastanti.
Non avrebbe mai dimenticato le botte e le violenze subite, ma da
qualche parte
dentro di lui, c'era qualcosa di simile alla nostalgia. Forse per una
vita che
sarebbe potuta essere diversa, forse per una vita che non avrebbe mai conosciuto, forse per
una vendetta che non
potrà mai ottenere... questo non lo sapeva, poteva solo
provare queste emozioni
mentre il corpo si abbandonava ad un lento sospiro.
I suoi
occhi si guardarono intorno per quella che era la
decima volta, mentre Harry controllava che il suo camuffamento ancora
reggesse.
Le mani corsero sulla fronte, percorrendo il bordo della famosa
cicatrice,
costatando che questa era ancora invisibile sotto lo strato di magia
che vi
aveva intessuto sopra. Non era ancora pronto per un'uscita pubblica, ne
era
pronto a tornare, ma gli era stato spiegato che purtroppo questo era
qualcosa
sul quale non avrebbe potuto negoziare. Albus Silente, il mago che
dirigeva
Hogwarts, aveva accettato di distogliere la sua attenzione dalla
cattura del
bambino-sopravvissuto, a patto che questo andasse a scuola quando fosse
giunto
il momento. In cambio il Maou aveva ottenuto di far iscrivere anche sua
sorella
e le sue due nuove amiche a scuola con lui.
Tuttavia
ora era solo. Infatti un'altra richiesta del
preside era stata che Harry fosse
affidato alle sue cure per
l'acquisto del materiale necessario
alla scuola e che il 1°
Settembre prendesse il treno insieme a tutti gli altri bambini. Per il
primo
dei due compiti doveva essere completamente solo, per l'altro poteva
portarsi
tranquillamente dietro le altre bambine iscritte alla scuola di magia.
Rias non
era stata contenta quando aveva scoperto di questo, aveva fatto salti
mortali
per convincere i genitori ad iscriverla ad Hogwarts nonostante questa
fosse una
scuola per maghi nel mondo umano, ed alla fine aveva perso l'occasione
di
andare a fare shopping con il suo Harry.
Di nuovo il
bambino-sopravvissuto sospirò, passandosi una mano tra gli
indomabili capelli quasi per riflesso. In quel momento una voce calda
lo
raggiunse dalle sue spalle.
“Anche tuo
padre si scompigliava i capelli in quel modo.”
Harry si
voltò, il suo sguardo incontrò quello di Minerva
McGrannit e,
per un attimo, i due si fissarono. L'anziana strega era l'incaricata
per quel
giro di compere, e non appena i suoi occhi incontrarono quelli del
bambino, una
potente emozione nacque nel suo cuore. “Sei identico ai tuoi
genitori sai? Hai
gli occhi di tua madre, ed i capelli di tuo padre.” Con un
fazzoletto ricamato
la donna si tamponò lentamente
le
lacrime che avevano incominciato a colarle lungo il viso, avvicinandosi
ancora
ad Harry.
“Io sono
Minerva McGranitt, insegno Trasfigurazione alla scuola e sono
qui per portarti a comprare le tue cose. Puoi chiamarmi Professoressa o
Signora
quando ci sono altri, ma in privato sono Minny per te.” La
donna fece un
sorriso luminoso, riponendo via il fazzoletto. Per un attimo chiuse gli
occhi,
come a prendere coraggio, e poi tornò a guardarlo.
Il suo viso ora era
una maschera severa, le labbra erano una linea
sottile, e perfino la postura era più rigida rispetto a
qualche istante prima.
“Non saremo soli in
questo giro di compere Signor
Potter, con noi ci sarà anche un'altra bambina, che come lei
non ha mai messo
piede nel mondo magico. Ora non so a che punto siano le sue
capacità, visto che
a quanto ho capito lei è già stato addestrato da
persone influenti
nell'altro... mondo. Ma ci tengo a chiarire sin da ora, che
finché saremo in
pubblico, lei terrà il comportamento di un normale bambino
della sua età, non
si mostrerà scortese verso la Signorina Granger e non le
darà modo di sentirsi
inferiore. Tutto chiaro?”
Harry
era stupito da quel cambio repentino di
atteggiamento. Un attimo prima la donna era affabile e gentile, quello
dopo si
era trasformata
in un generale dell'esercito pronto a guidare le sue
truppe oltre le linee nemiche. In tutto quel caos mentale che gli si
era
creato, quasi non
notò la piccola bambina dai capelli
crespi che ora
usciva dall'ombra della donna, sorridendogli timidamente.
Era
una bambina graziosa secondo i suoi standard, con
occhi castani e una dentatura forse un po' sporgente, ma tolto questo
non era
male. Certo, in confronto a Koneko, Akeno e Rias impallidiva, ma per un
bambino
che non è ancora interessato all'amore, tutte queste cose
sono superflue.
Rispondendo
con un rispettoso “Sì, professoressa”,
Harry
si ritrovò a sorridere ad Hermione, facendole un timido
saluto con la mano. I
due si guardarono per qualche istante, tornando poi alla professoressa
che
sembrava soddisfatta dalla situazione “Bene Harry, vedo che
nonostante tutto
non sei stato rovinato dallo snobismo d'alta classe dei... purosangue
della tua
parte. Penso che ora possiamo andare.”
Annuendo
alle sue stesse parole, la donna fece dietro
front nella bettola, seguita a pochi passi dai due bambini, che ora si
limitavano a camminare dietro di lei. “Che cos'è
un Purosangue?” Hermione lo
chiese timidamente, guardando Harry di sottecchi quasi si aspettasse
che lui
non le rispondesse.
Dal
canto suo Harry non aveva mai sentito
quel termine
prima d'ora, per quanto sapesse che il suo padrone e Rias, fossero
entrambi
demoni purosangue. “Mhm... non ne sono sicuro, ma credo si
riferisca ai maghi
che sono figli di maghi... credo? Tu invece sei figlia di persone
normali,
vero?”
Harry le sorrise
incoraggiante, mentre la strega li portava nel retro
del locale, battendo poi la bacchetta su un dato numero di mattoni
dietro un
secchio dell'immondizia. Il muro davanti a loro si aprì su se stesso, rivelando l'immenso viale
ricco di luci e vetrine.
Questo impressionò Hermione che rimase a bocca aperta
perdendo il filo
discorso, e fece invece sorridere Harry che di fronte a quella
dimostrazione di
magia, era solo divertito. Era abituato a ben altro, soprattutto dopo
il
durissimo allenamento del suo signore, che ha voluto comprimere un
decennio di
conoscenze in pochi mesi ed anni.
Anche
per il punto di vista dei demoni, che avevano una
durata vitale di circa diecimila anni, Harry era piuttosto avanti in
quanto a preparazione.
Certo, non aveva mai usato una bacchetta, ma in tutta
sincerità non ne vedeva
la necessità. Era capace di disegnare sigilli in aria ad una
velocità impressionante,
arrivando a lanciare decine di incantesimi contemporaneamente, cosa che
più
volte avevano messo in difficoltà i suoi avversari. Ora
doveva sorbirsi questa
scuola, solo per il capriccio di un
vecchio
bisbetico che
sembrava interessato morbosamente a lui. Tuttavia, volendo prendere il
buono
dal cattivo, finalmente Harry avrebbe avuto modo di passare del tempo
lontano
dal castello del suo 'Re', ed avrebbe finalmente fatto
amicizia con
decine di nuovi bambini. Certo, per loro non avrebbe mai provato
l'affetto che
lo legava a Rias e alle altre,
ma quanto meno
sarebbero stati un piacevole cambiamento nella sua vita.
Sorridendo
a quel pensiero, il piccolo demone riprese a
camminare qualche passo dietro la donna, rivolgendo occhiate divertite
ad
Hermione, che sembrava affascinata da qualsiasi cosa intorno a lei.
Anche lui
provava interesse per diversi oggetti, che nel mondo demoniaco non
esistevano,
ma per la maggior parte del tempo era tranquillo e rilassato. Aveva
eretto una
piccola barriera difensiva intorno al suo corpo, che si sarebbe
attivata in
caso di attacco magico, quindi non aveva davvero nulla da temere.
Intorno
a loro c'erano negozi di gufi, di calderoni, di
scope ed addirittura striscioni pubblicitari in movimento, che
raccomandavo
l'inchiostro di un dato calamaro per le proprie piume. Incantesimi e
magie
erano incollati a manifesti che promettevano ricchezza e giovinezza
eterna,
dimostrando quanto la follia fosse onnipresente in quelle strade.
Ma
nonostante il caos e la bolgia che regnavano ovunque,
Minerva li condusse rigidamente verso un enorme edificio in fondo alla
strada.
Non permise ne rallentamenti ne deviazioni, puntò
semplicemente all'obbiettivo,
senza permettere distrazioni ne per se, ne per i suoi due pupilli. Alla fine il dinamico trio
si fermò di fronte
ad un'enorme agglomerato in marmo bianco, che sembrava avere come unico
ingresso delle enormi porte dorate.
La
donna li guidò all'interno, dando modo ad Harry di
rimanere stupito per la prima volta. L'edificio altro non era se non
una banca,
e non una banca qualunque, ma la più grande banca che lui
avesse mai visto.
Anche nel mondo dei demoni c'erano strutture simili, ma solo i demoni
di media
e bassa classe le utilizzavano, in quanto i possedimenti degli altri
erano
semplicemente troppo cospicui per essere conservati. Per ogni castello,
di ogni
demone nobile, vi erano interi piani interrati creati appositamente per
contenere tutte le ricchezze della famiglia.
I
Gremory avevano cinque piani interrati, il suo padrone,
il Maou, ne aveva dodici. Di
quei dodici
uno era dedicato solo ad Harry, che in quanto servitore, aveva ricevuto
parte
dei possedimenti del suo padrone, come pagamento per la sua
fedeltà.
“Cos'è
questo posto professoressa?” la voce di Hermione
era estasiata, mentre si guardava intorno, spaziando dai bianchi muri
in marmo,
alla perfetta pavimentazione in legno placcato.
“Questa
signorina Granger, è la Gringott, la banca dei
maghi, e quelle creature dietro gli sportelli li in fondo sono
folletti, colore
che la gestiscono.” la McGranitt rispose così. La
donna sorrise al volto
stupefatto della bambina, avviandosi oltre il primo set di porte. Ad
accogliergli c'era uno dei famosi folletti appena indicati dalla donna.
Il
folletto posto all'ingresso era poco più alto di Harry,
aveva una carnagione scura ed un volto intelligente, con la barba a
punta ed
enormi dita di mani e piedi. L'essere si inchinò mentre loro
gli passavano
davanti, facendogli superare un'altra serie di porte, questa volta
d'argento,
con delle parole incise sopra.
Straniero,
entra, ma tieni in gran conto
Quel che ti aspetta se sarai ingordo
Perché chi prende ma non guadagna
Pagherà cara la magagna
Quindi se cerchi nel sotterraneo
Un tesoro che ti è estraneo
Ladro avvisato mezzo salvato:
Più del tesoro non va cercato.
Il
messaggio era estremamente chiaro, non pensate nemmeno
lontanamente di rapinare questa banca, o la pagherete a caro prezzo.
Un'altra
coppia di folletti si
inchinò al loro passaggio nelle porte
d'argento, arrivando infine
nella sala di marmo,
prima solo visibile dall'esterno. Circa un centinaio di altri
folletti erano seduti su
sgabelli alti dietro un lungo bancone,
scarabocchiando in grandi libri, pesando monete in bilance d'ottone ed
esaminando pietre preziose attraverso antichi monocoli. Nella parete a
sinistra
della sala c'era un
enorme foro nel muro, che portava a quella che sembrava una galleria.
Diversi
folletti continuavano a scortare dentro e fuori dei Maghi che avevano
tutti
l'aria nauseata. La professoressa, Harry ed Hermione, si diressero
verso uno
dei folletti liberi ed in attesa di clienti.
“Buongiorno”
disse la McGrannit al folletto. “Siamo venuti
a prelevare dal conto del signor Potter, ed a cambiare dei soldi
babbani per la
signorina Granger.”
Intorno
a lei ogni altro suono si spense, mentre
l'attenzione di tutti, folletti e maghi, si focalizzava sulla
professoressa.
Quella screanzata non era stata abbastanza attenta, ed ora tutti
sapevano che
lui era lì. La pressione di Harry cominciò a
salire, e l'agitazione a farsi
sentire. Sarebbe voluto tornare indietro nel tempo per raccomandarsi
con la
professoressa di non fare quella stupidaggine, ma ormai era troppo
tardi, non
poteva cambiare il corso della storia. Passandosi una mano sul volto,
Harry
sospirò pesantemente, estraendo dalla sua borsa due pesanti
lingotti in oro che
prima non c'erano. Aveva usato le sue capacità per creare un
gap dimensionale
che dalla sua borsa, portava direttamente al suo piano sotterraneo
all'interno
della residenza del Maou.
La
professoressa lo guardò con tanto d'occhi, ma Harry si
limito a ricambiare il suo sguardo con aria truce. “Non ci
sarà bisogno di
accedere a nessuna camera blindata. Anzi non la voglio nemmeno una
camera
blindata, ho tutti i soldi che voglio lei-sa-dove. La svuoti, e doni
tutto in
beneficenza. Se voi maghi avete un ospedale, allora li dia a loro, a me
non
servono.” Il suo tono di voce era duro e freddo, mentre
intorno a lui iniziava
a diffondersi un cicaleccio insistente.
Lo
avevano ormai riconosciuto, anche senza cicatrice
sapeva di essere l'immagine sputata dei genitori, cosa che rendeva
facile
distinguerlo per chi li aveva conosciuti. Il folletto che vide i due
lingotti
posati sul suo fragile banchetto, guardo Harry con insistenza, quasi
volesse
minacciarlo in qualche modo, ma alla fine prese i materiali, e dopo una
breve
analisi iniziò a sostituirli con moneta sonante.
“Signor
Potter, la pregherei di riflettere sulle sue
azioni! Quelli nella sua camera blindata sono i soldi che i suoi
genitori hanno
lasciato per lei, sarebbe un grave affronto alla loro memoria se
lei...” Harry
alzò una mano interrompendo la donna. L'aria intorno a lui
aveva inizio a
fremere, ma tenne a freno la sua magia ed i suoi poteri demoniaci. Del
resto
gli era stato detto di comportarsi come un bambino normale no?
“Se
io cosa? Se facessi opera di carità, donando quei
soldi a chi ne ha più bisogno di me? Questo sarebbe
sbagliato? Mi stia sentire
professoressa....” La donna immerse la mano nella veste,
estrasse la bacchetta,
erigendo un cubo del silenzio intorno a loro. Ora non sentiva
più le voci di
tutti i presenti, e loro non sentivano la sua.
Solo lui, la professoressa ed
Hermione si trovavano all'interno dell'incantesimo.
Harry annuì alle
azioni della donna, consapevole, anche senza conoscerla, dell'effetto
della
magia. Del resto aveva usato due movimenti della bacchetta, che insieme
formavano
il sigillo cinese del silenzio. Non sarebbe stato troppo difficile per
lui
capire gli effetti della magia. “... dicevo, lei mi deve
stare a sentire. Io
non volevo questa situazione, stavo bene dove stavo, e se
frequenterò la sua
scuola non è per qualche misteriosa sete di conoscenza o per
qualche
straordinario obbligo morale, lo farò perché la
mia vita è stata messa in
pericolo. Non provo nessun sentimento di fiducia nel mondo magico, non
voglio
avere legami con esso, ne desidero avere qualsiasi legame con la
scuola.
Tuttavia mi comporterò bene, cercherò di trarre
il massimo da questa
situazione, e farò in modo che nessuno possa lamentarsi di
me. A patto che non
si cerchi di cambiarmi o manipolarmi in qualsiasi modo. Sono stato
chiaro?”
“Signor
Potter lei sta...!” La voce della donna si era
alzata di un’ottava, ed il suo viso era chiazzato di rosso
per quanto cercasse
di controllarsi. “Si, lo so, sto esagerando, questo
comportamento non sarà
ammesso ad Hogwarts e via dicendo. Le prometto che d'ora in poi
starò
tranquillo, ma la prego di non tornare sull'argomento, e di stare
più attenta a
non pronunciare a voce alta il mio nome. Consideriamo questa come una
missione
in incognito.”
Harry
vide le narici della donna allargarsi, ed era quasi
sicuro che stesse per lanciargli un incantesimo, tuttavia la donna alla
fine
chinò il capo in maniera arrendevole, facendo svanire il
cubo di silenzio.
“Molto bene signor Potter, faremo come dice lei. Ma si
ricordi che ad Hogwarts
pretenderò il rispetto che merito in quanto sua insegnante,
sono stata chiara?”
Il cipiglio della donna era ancora molto serrato, ma sul suo viso c'era
l'ombra
di un sorriso.
“Lo
prometto.”
“Bene,
allora direi che possiamo continuare le nostre
compere.” La donna si voltò, torno allo sportello,
dove il folletto aveva
ammonticchiato circa seimila galeoni d'oro in due enormi pile.
“Credo che tutti
questi soldi non entrino nella sua borsa, e sarebbe sbagliato portare
così
tanto contante dietro. Questa cifra, Signor Potter, le
basterà almeno per dieci
anni di scuola, quindi le consiglio di depositarla, o rimandarla da
dove è
venuta.”
Al
sentire le sue parole Harry
annuì, e riaprendo la sua borsa
iniziò a trasferire le monete nel suo sotterraneo
all'inferno. Tenne per se
circa mille galeoni, che erano dieci volte la cifra che gli serviva per
i suoi
acquisti. Durante questa operazione la professoressa aveva nel
frattempo
cambiato i soldi babbani di Hermione, passandole un piccolo borsellino
con una
cifra più ragionevole di quella che possedeva lui. Solo in
quel momento Harry
si ricordò di lei.
La
guardò con ancora la sua maschera seria sul viso,
rendendosi conto dal suo sguardo di averla spaventata. Gli capitava
spesso di
dimenticare che i bambini normali non erano come lui. Non avevano la
sua forza,
il suo carattere o il suo passato. Anche tra loro si sarebbe trovato
male e
sarebbe stato escluso, riducendosi ancora una volta ad essere il mostro
che
tutti disprezzano. La sua espressione mutò, divenendo
triste, ed insieme ai
suoi compagni uscì dalla banca, lasciandosi alle spalle
chiacchiere e vociare
inutile.
Non
guardò più Hermione quel pomeriggio, si costrinse
con
forza ad evitare il suo sguardo, ed anche se spesso si trovavano in
negozi in
cui dovevano comprare le stesse cose, lui stava in disparte guardando
fuori
dalla vetrina, fino a che non toccava a lui ordinare. In tardo
pomeriggio però,
le loro commissioni non erano ancora finite a causa del crescente
pubblico e
vociare che li accompagnava.
La
notizia che Harry Potter era vivo, che sarebbe andato
ad Hogwarts e che al momento stava girando per negozi con la McGranitt,
aveva rallentato di molto il processo d'acquisto dei prodotti,
costringendo la
strega ad allontanare più volte gli ammiratori del
bambino-sopravvissuto-ancora-una-volta, fino a che la cosa non divenne
insostenibile.
“Signor
Potter, Signorina Granger, i negozi stanno per chiudere e non
ho assolutamente voglia di affrontare tutto questo un'altra volta in un
altro
giorno, quindi ecco cosa faremo. Voi due vi chiuderete nel negozio di
Olivander,
scegliere una bacchetta, e poi mi aspetterete all'interno del Paiolo
Magico. Io
nel frattempo andrò in farmacia e nel negozio di calderoni e
comprerò quel che manca.
In questo modo dovremmo farcela a finire per oggi. Tutto
chiaro?” La voce della
donna era severa ed autorevole, e già se la immaginava a
spiegare ed
interrogare in classe. Sarebbe stato uno spasso vedere le reazioni
agitate o
sotto pressione degli altri bambini, mentre cercavano di ricordare che
procedimento gli era stato chiesto per fare chissà cosa.
““Sissignora””
Harry ed Hermione parlarono in contemporanea, forse
avendo avuto la stessa fantasia di una McGranitt con pantaloni mimetici
ed
elmetto, cosa che
causò ad entrambi un sorriso.
Hermione cercò lo sguardo di Harry, ma lui ancora rifuggì da lei. Sarebbe stato giudicato ed
escluso, ne era certo.
Alla
fine il gruppo si separò, ed Harry accompagnato da
Hermione entrò nel negozio di bacchette. Quello era il posto
che riteneva più
inutile in tutto il suo itinerario. Ancora una volta penso di non aver
bisogno
di nessuna bacchetta, ma purtroppo era all'interno del materiale
richiesto
dalla scuola, quindi non poté farne a meno.
“Oh,
ma salve...” Una voce stanca li raggiunse dai lontani
scaffali che ingombravano il negozio. Insieme alla voce, comparve un
uomo
anziano, con lunghi capelli grigi, e profondi occhi azzurri, quasi
bianchi.
Dire che fosse un tipo bizzarro era poco, ma non appena si
avvicinò, Harry poté
capire che non aveva cattive intenzioni.
“Salve.”
Harry rispose per entrambi, visto che Hermione
sembrava troppo intimorita per farlo. “Siamo studenti della
scuola, ed avremmo
bisogno di una bacchetta ciascuno. Può consegnarcene una così
possiamo andare?”
La voce di Harry era calma e
sicura, sperava di poter concludere quella transazione il
più in fretta
possibile, in modo da concludere quel giro nel mondo magico e poter
finalmente
tornare nel mondo degli inferi.
Tuttavia
di fronte alle sue parole, l'uomo sorrise
scuotendo il capo. I suoi occhi erano aperti e fissi su di loro mentre
negava
quella possibilità. “Oh, signor Potter, non
è così che funziona nel mondo
magico, lo sa? Qui certe cose richiedono tempo. È un'arte
precisa quella della
bacchetta, un'arte antica e precisa...” L'espressione eterea
del vecchietto gli
diede un brivido, mentre questo prendeva dei nastri incantati da sopra
il
bancone.
“Sa
signor Potter, ricordo ogni bacchetta che io abbia mai
venduto, comprese quelle dei suoi genitori, ed ovviamente quella che le
ha
lasciato la sua famosa cicatrice.” Una nota divertita
accompagnò le parole del
vecchio, ed Hermione si strinse un po' più vicino a lui. I
nastri iniziarono a
muoversi, ed alcune cifre e misure a venire scritte su un foglio,
anch'esso
incantato. “La bacchetta di suo padre era in mogano, 11
pollici di lunghezza, bella
flessibile, un po' più potente della norma, ma ottima per le
trasfigurazioni,
quella di sua madre invece era di Salice, 10 pollice ed ¼,
sibilante, ed ottima
per gli incantesimi. Ma per lei... cosa posso trovare per
lei?”
L'uomo
lo guardò fisso negli occhi, quasi sentì
immergere
la sua coscienza nella propria, e per precauzione eresse le sue
barriere
d'Occlumanzia. “Oh, così giovane eppure
così capace. Lei è molto oscuro Signor
Potter, molto, molto oscuro. Lasci che le faccia provare una bacchetta
che sarà
degna di lei. L'uomo si voltò, si allontanò verso
il suo studio, e tornò con
una bacchetta finemente lavorata, costruita con un legno nero pregiato,
ed
incisa con decina di centinaia di minuscole rune. Rune che se la
conoscenza non
lo ingannava, erano di contenimento. “Questa signor Potter,
è una bacchetta
senza alcun nucleo, nulla di più che un pezzo di legno, ma
sono sicuro... si,
sono sicuro che con lei andrà bene. La agiti,
forza...”
Harry
prese la bacchetta tra le mani, alzò scettico un
sopracciglio, e sferzò l'aria con la bacchetta. Non accadde
nulla,
assolutamente nulla. Harry guardò l'articolo, poi il
venditore, ma quello ora
sembrava esaltato oltre ogni possibile dubbio. “Si signor
Potter, questa è di
certo la bacchetta per lei. Si ricordi solo di non perderla mai, e di
non
romperla mai. Cose orribili accadrebbero in quel caso, cose davvero
orribili.”
L'espressione
di Harry si fece più confusa ed il bambino
ebbe l'impulso di restituire il pezzetto di legno per farsi dare
un'altra
bacchetta, una qualsiasi, una che non gli desse quella pessima prima
impressione… eppure non parlò. Il disagio
iniziale, e quel senso di oppressione
derivate dal tenere in mano la bacchetta, si trasformarono lentamente
in una
sensazione familiare che connetteva la sua mano con il manico
dell’oggetto
incantato, come se quello fosse stato fatto apposta per lui. Senza
commentare il
demone mise l’artefatto in tasca promettendosi di indagare a
fondo sulla
questione.
Con
Hermione ci volle più tempo. Il vecchio si
comportò
più normalmente con lei, senza professare future minacce, ne
ricordare che
bacchette avesse venduto a chissà chi. Alla fine anche la
ragazza trovò un
articolo che andasse bene per lei, ed i due poterono congedarsi
dall'inquietante luogo senza mai voltarsi indietro.
Fu
quando si avviarono verso il punto di incontro che
avevano deciso con la McGrannit, che Harry si senti afferrare una
manica. La
stretta era gentile, ma decisa, ed il ragazzo non fu sorpreso di vedere
Hermione ferma con gli occhi bassi, che lo tratteneva.
“Ti
ho offeso in qualche modo?”
La sua
voce era normale e tranquilla ma il suo sguardo era
basso, ed anche attraverso quel piccolo contatto tra di loro, Harry
poteva
sentirla tremare. “Non mi hai fatto nulla. Ora andiamo, la
professoressa ci
starà aspettando.” La sua voce era impacciata, non
sapendo bene come
comportarsi con la ragazza, che a dispetto del suo invito, rimase
ferma,
sebbene lo avesse lasciato andare.
“Tu...
mi odi?”
La
domanda arrivò a sorpresa, lasciando Harry confuso e
leggermente disarmato. Non la odiava di certo, ma non voleva che lei lo
allontanasse come facevano tutti quelli della sua vecchia vita, quindi
la
distanza era scelta più razionale. Eppure di fronte a lei,
che ora piangeva in
silenzio... no, non avrebbe potuto portare avanti il suo proposito.
Harry
sospirò per l'ennesima volta, alzando gli occhi al
cielo. “Ti piacciono i libri vero?” Il sorriso
germogliò sul suo volto. “Ti ho
visto prima al Ghirigoro, eri come un bambino davanti l'albero di
natale. Eri
davvero molto carina quando sorridevi in quel modo...” Harry
parlò con
tranquillità, ma le sue parole ebbero l'effetto di una
valanga che cade dal
fianco di una collina. Hermione smise di piangere, si
strofinò gli occhi con
forza, tornando a guardare Harry con il viso arrossato.
“N-Non
è vero!” Ecco, questo era un comportamento che
capiva di più. Rias faceva sempre così quando era
contenta di Harry. Lo cercava
di nascondere ed arrossiva, ma poi gli sorrideva quando era convinta
che lui
non stesse guardando. “Bhe, se non è vero, allora
non ti dispiacerà se andiamo
a fare un altro giro in libreria? Potrebbe essere ancora aperta, e
penso che
qualche libro in più farebbe bene ad entrambi no?
Cioè, nessuno dei due conosce
Hogwarts, o la magia che insegnano, pensò che dovremmo
arrivare un po' più
preparati degli altri se vogliamo trovarci bene.”
Harry
sorrise, porse una mano ad Hermione, aspettando una
sua reazione. Lei esitò per qualche istante, ma poi la
strinse.
“T-Tu
non lo fai per prendermi in giro vero? Da dove vengo
io mi prendono sempre in giro perché studio tanto e cose
così...” sentiva il
suo piccolo palmo caldo stretto nella sua mano, ed incrociando le dita
con
quelle della ragazza si ritrovo a sorriderle.
“Perché dovrei prendere in giro
qualcuno che è come me? Tranquilla, se avrai bisogno
sarò sempre tuo amico, ti
basterà chiamarmi ed io arriverò sempre per
difenderti.”
Prese
esempio dal suo Maou, e fece un occhiolino alla
ragazza così come lui faceva con sua moglie. Come risultato
Hermione avvampò.
Le sue piccole guance avevano il colore delle fragole mature. Lei si
limitò ad
annuire, ed insieme cambiarono strada. Che la McGrannit li aspettasse,
loro
avevano cose più importanti da fare.
E poi
lo vide. Quando lei era convinta che lui non stesse
guardando, il più piccolo dei sorrisi era nato sul volto
della ragazza.
Contento,
ma imbarazzato, Harry aggiunse un'altra persona
alla sua lista di amici, che per ora comprendeva solo ragazze.
Bhe,
alla fine non è che gli cambi poi tanto no?
******************
N.D.A. Salve e rieccoci
puntuali come sempre (o anche in anticipo xD) con un altro capitolo!
Questa volta, tra le note dell’autore, non posso fare a meno
di ringraziare voi
lettori e recensori, che seguite con così tanta passione
questa mia piccola
storia, ed è proprio a voi che oltre a dei ringraziamenti
devo porgere delle
scuse (forse). Infatti, come sono sicuro avrete notato, questo capitolo
è
leggermente più corto di quelli che lo hanno preceduto e
tutta l’attenzione è
rivolta unicamente ad Harry ed al suo giro di compere. Ammetto di
averlo fatto
di proposito, ho dato molto spazio a questo primo incontra tra Harry ed
Hermione
cercando di mostrare sia come Harry si relaziona con i suoi coetanei,
sia come
si rivolge agli adulti. Mi è stato detto che il mio Harry
sembra fin troppo
maturo per la sua età, ma sperò di aver reso
chiaro che purtroppo queste non sono
cose che dipendono da lui.
Harry ha sofferto tanto, è stato costretto a crescere prima
del tempo e
nonostante tutto il bene che Lucifer ha fatto per lui, le cicatrici
lasciate
dai suoi zii non sono sparite, soprattutto quelle emotive che lo
portano a
credersi diverso, a reputarsi un mostro destinato a restare solo.
Detto questo mi scuso anche per il salto temporale di due anni, forse
qualcuno
di voi avrebbe voluto vedere nel dettaglio come Harry ha incontrato
Akeno e
Koneko, ma prometto che più avanti ci saranno delle
side-story dedicate solo a
questo.
Ora non mi rimane che ringraziarvi ancora per l’ascolto,
sperando che
nonostante tutto il capitolo sia di vostro gradimento. Io
sarò di nuovo qui
domenica prossima con un altro capitolo e questa volta si arriva ad
Hogwarts! Non
mancate ^_*
Ps. Nota a margine. Finito di
scrivere il capitolo 6, con
il quale si conclude ufficialmente il primo anno di scuola. Ora
inizierò a
distaccarmi maggiormente dalla storia originale =)
Bumbix
|
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Capitolo 4 *** Capitolo 4 ***
The
Harry
Potter’s Forbidden Story
Disclaimer:
Non
posseggo ne il mondo di
Harry Potter, ne quello di High School DxD, che appartengono invece ai
rispettivi autori. Questa storia è
stata
scritta senza fini di lucro.
Capitolo 4
Hogwarts
Regno Unito
1o Ottobre, 1991
Era
passato un mese dall’inizio della scuola, ed in un
mese le cose non erano per nulla cambiate per Harry. Ovunque andasse il
bambino-sopravvissuto era inseguito dai sussurri, e da occhiate alla
sua
vistosa cicatrice, c’erano addirittura momenti durante il
pranzo, durante i
quali varie persone si sporgevano dai loro banchi, per dargli una
migliore
occhiata, cosa che lentamente stava erodendo la pazienza del demone.
“Dimmi
Blaise, davvero queste persone non hanno niente di
meglio da fare che guardare la mia cicatrice?” La voce di
Harry era irritata, a
stento trattenuta, ma l’amico gli sorrise mitemente,
prendendo un altro
pasticcino dal vassoio sul tavolo. “Bhe, sei il fantastico
bambino-sopravvissuto, che ha distrutto il più potente
signore oscure di questo
secolo senza nemmeno saperlo, ed inoltre sei stato smistato a
Serpeverde. Non
mi sorprenderei se iniziassero a chiederti degli autografi.”
Il
viso di Harry si contrasse in una smorfia di fastidio,
mentre il demone spostava di lato la sedia per far sedere Rias,
perennemente in
ritardo. La ragazza aveva preso la brutta abitudine di sgattaiolare via
dal suo
letto in piena notte, per andarsi a coricare con Harry, e non era
passato molto
tempo prima che Koneko ed Akeno lo scoprissero e decidessero di
imitarla,
portando caos e confusione nel sotterraneo della scuola. Alla fine, la
loro
tresca, che in realtà era solo un placido sonno in compagnia
era stata scoperta
dai professori, che avevano posto un veto alla cosa.
Rias e
le altre non avevano preso bene la cosa, ma
soprattutto la rossa era risentita, ed aveva iniziato ad avere incubi
notturni,
che la tormentavano impedendole di riposare. Per questo era sempre in
ritardo,
ed Harry teneva un occhio di riguardo per lei, facendola sedere vicino
a lui, e
trattandola con gentilezza.
“Rias,
ti ho messo da parte un po’
di toast e qualche dolcetto, tra cinque
minuti dobbiamo essere a Trasfigurazione, ti va di mangiarli per
strada?” La
ragazza sorrise mestamente, reprimendo uno sbadiglio. “Grazie
Harry, sei sempre
gentilissimo.” Disse queste parole prendendo il pacchettino
preparato dal
ragazzo, iniziando a mangiucchiare.
Dopodiché
la comitiva si avviò lungo i corridoi,
incrociando lungo la strada la fiumana di Corvonero che avrebbe fatto
loro
compagnia durante la lezione. Cinque minuti più tardi erano
tutti in aula,
ognuno con un proprio banco ed una scatola con un fiammifero davanti.
“Oggi,
inizieremo finalmente a praticare la magia. Abbiamo passato
l’ultimo mese a
studiare la teoria riguardo alla trasfigurazione, ed i pericoli che si
corrono
quando non la si usa propriamente, quindi penso sia giunta
l’ora di mettervi
alla prova. Davanti a voi c’è un fiammifero, entro
la fine dell’ora dovrete
trasformarlo in un ago d’argento. Il migliore
vincerà dieci punti per la sua
casa. Sono stata chiara?”
Le
parole del generale McGranitt riecheggiarono per
l’aula, mentre tutti gli studenti prendevano in mano la loro
bacchetta per la
prima volta, iniziando ad esercitarsi con l’incantesimo. La
trasfigurazione era
una delle branche più complesse della magia, aveva radici
che risalivano fino
al tempo di cristo, quando il presunto figlio di Dio la adoperava per
trasformare l’acqua in vino, ed effettuare molti altri
miracoli, tuttavia con
il passare dei secoli, quell’arte si era evoluta ed era ormai
alla portata
perfino di bambini come loro, che tuttavia dovevano impiegare molte
energie per
brandirla.
Harry
li osservò al lavoro, sorrise del loro impegno e
della concentrazione che questi ci mettevano, rigirandosi pigramente la
bacchetta tra le mani. Da quando l’aveva ottenuta, aveva
provato più volte ad
utilizzarla, azionarla, o farne un suo tramite in qualche modo, ma alla
fine
l’oggetto si era rivelato niente di più di un
bastoncino senza alcun potere. Per
ovviare a questo problema, che l’avrebbe altrimenti condotto
ad un secondo
incontro con il fabbricante di bacchette, Harry aveva imposto un
incantesimo
che gli permetteva di aggirare la bacchetta, compiendo magie come se la
stesse
utilizzando, senza però farlo realmente.
E
così mosse pigramente la mano, effettuò a mente
tutti i
calcoli necessari per innescare la reazione che si sarebbe aspettato,
osservando poi il mutare del fiammifero in un ago d’argento.
Aveva impiegato
quasi sei minuti dall’inizio della lezione per portare a
termine il compito a
loro assegnato, ed ora si ritrovava senza nulla da fare. Le sue
capacità erano
così aldilà di quel semplice esercizio, che non
sentiva più nessuno stimolo
dalla lezione. Sospirando, sposto la sua attenzione su Rias e le altre,
che a
differenza di lui stavano trovando difficoltà
nell’esercizio. A differenza dei
maghi infatti, le ragazze dovevano incanalare non la magia nella
bacchetta, ma
i loro poteri demoniaci, e questo allungava di molto il processo di
apprendimento.
Spostando
la sua sedia vicina a Koneko, che tra le tre
sembrava quella più in difficoltà, Harry
iniziò a darle qualche suggerimento,
cercando di facilitarle il compito. “Koneko, devi stare
tranquilla va bene? Tra
tutti i noi tu sei quella che ha il pezzo demoniaco meno affine alla
magia,
quindi è normale che trovi difficoltà, ma
l’importante è che ti ricordi quello
che ti ho spiegato mentre eravamo a casa. Qual è la
differenza fondamentale tra
magia e poteri demoniaci?” Harry parlò con un
sorriso, mentre la piccola
bambina, che oltre l’handicap dovuto al suo pezzo di Torre,
aveva anche quello
dovuto alla sua età, guardava intensamente il suo fiammifero
ancora
completamente invariato.
“La
magia sfrutta la forza interiore per creare e cambiare
fenomeni naturali. Si adopera attraverso una serie infiniti di calcoli,
che
grazie ad una bacchetta vengono riassunti in un semplice movimento, ed
ad una
frase chiave che richiama il processo da eseguire, i poteri demoniaci
invece
sono più semplici, si basano solamente sulla
volontà del loro utilizzatore, e
seguono la sua immaginazione ed il suo desiderio di cambiare il mondo.
Sono più
potenti del potere dei maghi, ma hanno meno
flessibilità.” Koneko ripeté le
parole che lui stesso le aveva detto tempo prima, come se le stesse
leggendo da
un libro, lasciando Harry sorpreso dalla sua memoria e dalla sua
serietà.
“Bene, visto che ricordi tutto, ricorda anche che tu non devi
concentrarti e
pensare intensamente al cambiamento. Tu devi volerlo. Guarda il
fiammifero e desidera
che cambi, desideralo con il cuore, non con la testa, ok?”
Koneko
spostò la sua attenzione su Harry, annuì alle sue
parole, per tornare infine sul piccolo oggetto. I suoi occhi erano
chiusi, ed
il corpo era più rilassato, ma nonostante questo ancora non
c’era nessun
cambiamento evidente nel fiammifero, che si ostinava a rimanere un
pezzetto di
legno. “Io non ci riesco Harry! Forse… forse sono
davvero troppo piccola ed
incapace per essere qui. Forse dovrei solo tornare a casa…
ma io non voglio
abbandonare Harry, lui mi dimenticherà se lo
abbandono!”
Gli
occhi di Koneko erano tristi, mentre questa provava
ancora ed ancora a far mutare il legno in argento. Harry
capì la situazione, le
prese la mano libera, facendola sobbalzare. I suoi occhi incontrarono
di nuovo
quelli di lei, e per un istante i due si limitarono a guardarsi. Poi
Harry
parlò, ma non aveva la solita voce tranquilla e
rassicurante, piuttosto il suo
era un tono duro e freddo, tagliente come la lama di un coltello.
“Koneko, se
davvero pensi di non farcela, allora vattene. Se al primo ostacolo ti
arrendi e
getti la spugna, allora scappa e non tornare. Ma se davvero pensi,
anche solo
lontanamente che io mi dimenticherò di te, che ti
abbandonerò, allora vuol dire
che non hai capito nulla. Tu sei forte, più forte di
chiunque qui dentro, e se
ci metterai d’impegno, allora vedrai che riuscirai in
qualsiasi cosa.”
Harry
le strinse un po’ di più la mano, lei
arrossì, e
nello stesso istante dalla bacchetta che ancora puntava il fiammifero,
eruppe
uno scintillo di magia, che colpì il suo obbiettivo,
allungandolo,
appuntendolo, arrivando perfino a fargli assumere un colorito argenteo.
Non era
un lavoro perfetto, ed anzi aveva ancora molte pecche da mettere a
posto, ma
Koneko fu estasiata da quello che riuscì a fare e rivolse ad
Harry un
bellissimo sorriso. “Hai ragione Harry… come
sempre. Io non mi arrenderò, ci
metterò il massimo impegno e diventerò una
compagna di cui andrai fiero.”
Harry
tornò sereno, le sorrise di nuovo, inconsapevole
dell’effetto delle sue parole nella classe. Il suo discorso
da duro era stato
fatto a voce fin troppo alta, cosa che aveva attirato
l’attenzione di qualche
persona, distraendo alla fine in blocco tutti gli studenti. La
professoressa
stessa ora li guardava con labbra strette ed espressione severa,
avvicinandosi
velocemente a loro. “Signor Potter! La signorina Toujou la
ringrazia per il suo
aiuto, che è stato di certo molto utile ed apprezzato, ma
noi tutti la
invitiamo a tornare al suo lavoro, tenendo le storie romantiche lontano
da
queste aule.”
La
voce della donna era insolitamente alta, ma
probabilmente ciò era dovuto più che alla scena
in sé, a ciò che ne era
conseguito. Infatti una Akeno furiosa ed una Rias stanca, ma
combattiva,
pretendevano da lui lo stesso aiuto.
“Mi
scusi professoressa, ho pensato soltanto che visto che avevo
già completato il
compito, sarebbe stato più utile aiutare qualcuno che ne
aveva bisogno…”
“G-Già
completato?” la vecchia strega era leggermente
stupita dalle sue parole, ed avvicinandosi al suo banco vide un ago
d’argento
perfettamente formato, al posto del suo fiammifero. “Ma
questo è impossibile!
Mai in quarant’anni di carriera mi era capitato di vedere
qualcuno riuscire a
trasfigurare il suo ago il primo giorno! Non completamente, non in
questo modo!
Signor Potter, devo chiederle di rifare l’esercizio, per lei
questo è un
problema?”
Harry
inarcò un sopracciglio, tornò a sedersi al suo
banco, osservando la vecchia strega sostituire il suo ago con un altro
fiammifero, diverso dal primo. Di nuovo Harry vi passò sopra
la bacchetta, e
con le dita attinse al flusso di magia dentro di se. Diversamente da
quelli che
avevano una bacchetta funzionante, Harry doveva eseguire per ogni
incantesimo,
centinaia di migliaia di calcoli a mente, prendendo in considerazione
ogni
possibile variabile di temperatura e pressione, arrivando a suddividere
a
livello atomico i componenti dell’oggetto da trasfigurare.
Certo, per lui che
seguiva questo metodo da tutta la vita non era poi così
difficile, alla fine si
trattava di tenere a mente delle costanti fondamentali e lavorarci
sopra, ma
per chiunque altro quell’impresa sarebbe stata a dir poco
titanica.
Per
questo la magia senza bacchetta era limitata agli
incantesimi più semplici, e non c’era mago o
strega al mondo che non usasse una
bacchetta. Eccetto lui ovviamente. La mano si mosse, la mente di Harry
accelerò
quel tanto da visualizzare il risultato di tutte le equazioni risolte,
ed
infine la magia fece il suo corpo seguendo le specifiche che arrivi vi
aveva
imposto. Il fiammifero cambiò, divenne un ago
d’argento estremamente appuntito,
che non aveva assolutamente nessun difetto.
“Oh, ho
mio… Ma questo è impossibile! Parlerò
con il preside
per sottoporla ad un esame approfondito signor Potter, potrebbe pure
darsi che
le faremo saltare delle classi! Mai.. in tutta la mia vita!”
La donna iniziò ad
iper-ventilare, mentre altri studenti si alzavano dai loro posti per
osservare
al miracolo del fiammifero cambiato al primo istante.
Harry
sorpreso più per la piega degli eventi, che per
l’atto in se, tornò ad alzarsi, avvicinandosi alla
donna, che prese un braccio
e tirò verso l’angolo della classe. La
professoressa, piuttosto stupita
dall’audacia delle sue azioni, non oppose resistenza.
“Professoressa, per
favore, non faccia nulla. Non voglio cambiare classe, ho degli amici
preziosi
qui, che non voglio lasciare indietro. Potrebbe ripensarci e lasciare
invece
che aiuti i miei amici per farli progredire più in fretta?
Tutto il potere del
mondo non mi servirebbe a nulla se non potessi condividerlo con chi mi
sta
vicino…” Harry sorrise, cercando di drenare dalla
sua dose di fortuna, un
assenso dalla professoressa.
Per
qualche istante tra loro regnò il silenzio, mentre gli
altri bambini in classe si spostavano ora verso Koneko,
l’unica altra ad aver
quasi completato l’impresa. Si può dire che se non
ci fosse stato lui, lei
avrebbe conseguito il risultato migliore della giornata. “Beh
signor Potter…
devo dire che i suoi propositi sono nobili… quindi credo che
non ci siano
problemi se rinviamo questa cosa dell’avanzamento ancora per
un po’. Ma lei
deve promettermi che aiuterà chiunque abbia bisogno di lei,
non solo chi le sta
vicino.”
La
donna aveva colto il suo gioco di parole, causandogli
uno spasmo involontario delle labbra. Non aveva voglia di aiutare chi
gli stava
antipatico, anzi si sarebbe divertito nel vederli in
difficoltà mentre lui ed i
suoi progredivano spediti nel loro percorso accademico, tuttavia la
donna aveva
moralmente ragione. Harry abbassò la testa,
annuì, incominciando ad avviarsi.
“Va bene professoressa, ha vinto, ma mi faccia un
favore… d’ora in poi, mi
chiami Harry, non signor Potter. Io e lei siamo amici
dopotutto.” Il bambino
sorrise, tornò a sedersi, iniziando a spiegare, nella
maniera più elementare
possibile, come avere una trasfigurazione efficiente al minor prezzo di
magia e
concentrazione possibile.
****************
Hogwarts
Regno Unito
11 Ottobre, 1991
Dopo
la lezione pratica di Trasfigurazione il giorno
prima, la fama di Harry Potter era cresciuta a dismisura. Ovunque nel
castello
si raccontava del suo metodo d’insegnamento e delle sue
grandi capacità come
mago. Molti dei compagni a cui Harry aveva dato un aiuto pratico
durante la
lezione, infatti, ora erano in grado di trasfigurare almeno in parte il
loro
fiammifero, facendo guadagnare al Serpeverde cinque punti per ognuno di
loro,
più i dieci messi in paio per la migliore trasfigurazione
della giornata.
“Hai
fatto guadagnare 45 punti a Serpeverde in una sola
lezione?! 45 punti?!” Hermione, che camminava al suo fianco
verso il
sotterraneo di Piton, era scioccata ed allibita allo stesso tempo. Il
suo
sguardo era sgranato e la sua bocca spalancata, dandole
un’espressione buffa
che male le si addiceva. “Beh, alla fine sono stato
più o meno costretto dalla
professoressa ad aiutare chiunque ne avesse bisogno. È che
ho finito di
trasfigurare il mio fiammifero in due minuti, e non avevo altro da
fare, quindi
non prenderla troppo sul serio.”
Harry
cercò di minimizzare, ma alla fine non fece altro
che peggiorare la situazione. “Hai finito di trasfigurare il
tuo ago in soli
due minuti? Io ho fatto la stessa lezione con i Tassorosso, ed il mio
fiammifero si è solo un po’ appuntito, ed
è diventato d’argento. Ho vinto
comunque i dieci punti messi in palio, ma sono ancora lontana da un
risultato
come il tuo…” la voce della ragazza si era
abbassata, mentre questa spostava la
sua attenzione sul pavimento in pietra ai suoi piedi. Ovunque intorno
al loro,
c’erano ragazzini che li spiavano e parlavano alle loro
spalle mentre scendevano
nel sotterraneo, e questo solo perché erano amici
appartenenti a due case
eternamente rivali.
“Ho
provato a spiegarlo anche agli altri ieri, l’approccio
che ha questa scuola con la magia è sbagliato. Qui non vi
insegnano cosa è
davvero la magia, ma solo come eseguirla. Se voi sapeste come nasce la
magia,
come è stata domata nei tempi antichi, allora tutto sarebbe
più facile. Per ora
posso darti solo un suggerimento. Non pensare troppo. La magia
è una forza che
va solo indirizzata, ma se ti sforzi troppo finirai con il porle dei
limiti.
Pensa al cambiamento, sii il cambiamento. Questo è il
trucco.” Harry parlò con
voce tranquilla, avvicinando poi le sue labbra all’orecchio
di lei “E visto che
sei tu, ti presterò gli stessi libri su cui ho studiato io.
Questo di sicuro ti
aiuterà”
La
ragazza avvampò, ed i suoi occhi si accesero di
interesse. “D-Davvero? Me li presterai? Oh sei fantastico
Harry!” i due si
sorrisero, senza però accorgersi del silenzio che era calato
davanti l’aula.
Intorno a loro nessuno parlava, e l’aria era tesa.
“Signor Potter... La
pregherei di tenere le sue questione di cuore fuori
dai miei sotterranei, sono stato chiaro?” Harry avverti un
brivido percorrergli lungo la schiena, mentre si voltava per incrociare
lo
sguardo dell’unico professore per il quale provava sia
rispetto che timore. Si
diceva che Piton favorisse sempre gli studenti della sua casa, ma
sembrava che
quella particolare condizione non valesse per Harry, che più
volte si era
trovato ad affrontare l’irritabilità del docente.
“Sissignore.”
Harry parlò mitemente, contento di essere
almeno l’unico bersaglio di Piton, che ora aveva aperto la
porta della sua aula
facendoli entrare. Per loro sorpresa, all’interno del
laboratorio, i banchi su
cui erano soliti studiare e prendere appunti erano stati sostituiti da
piani di
lavoro che non avrebbero dovuto vedere prima di un mese. “Mi
è giunta voce, che
ci sia un genio tra le fila dei nostri studenti del primo
anno… quindi, anche
se in anticipo sul programma, passeremo alle parte pratica di pozioni
subito,
senza ulteriori indugi.” L’uomo aveva iniziato ad
aggirarsi tra i banchi,
parlando così piano da rendere quasi difficile sentirlo. “La pozione che
andrete a cuocere oggi, è una
semplice crema antibolle, così elementare da essere quasi
patetica da fare.
Certo, non mi aspetto la perfezione visto che quasi tutti voi siete
delle teste
di legno senza speranze, ma…” qui la sua voce si
fece più lenta, mentre un
sorriso perfido gli storceva il viso “…
sarò estremamente deluso da
chiunque non riuscirà nemmeno a portare a termine le
istruzioni. Avete due ore di tempo, le istruzioni sono alla lavagna.
Iniziate.”
La
sorpresa per la fine improvvisa del discorso, si sommò
a quella per la lezione pratica, lasciando gli studenti imbambolati
all’ingresso dell’aula senza sapere cosa fare.
Visto che erano ancora fermi
alle norme di sicurezza, ed alla manutenzione de calderoni, nessuno
aveva
nemmeno la più pallida idea di come cuore una pozione. Beh,
nessuno a parte
Harry, che sebbene non desse il massimo di se nella sua materia, aveva
già
avuto modo di preparare sia veleni che antidoti durante le sue missioni
negli
Inferi.
Dando
uno scorcio alle istruzioni alla lavagna, e
comprendendo quanto questa sia seriamente ridicola, il
bambino-sopravvissuto
prese per il secondo giorno di fila le redini della situazione, facendo
un
passo avanti, per poi voltarsi verso i suoi compagni.
“Serpeverde, con me.
Mettetevi in cinque per ogni piano di lavoro, iniziate con il riempire
i vostri
paioli d’acqua corrente, accendendo poi il fuoco per farla
bollire.” Tutti
erano immobilizzati per la sua presa di posizione, ed ancora nessuno
osò
muoversi. “Cosa fate ancora lì? Noi facciamo parte
dell’antichissima casa di
Salazar, dobbiamo dimostrare alla scuola intera che siamo migliori di
quanto
loro potranno mai essere! Ora al lavoro!” Questo scosse i
suoi compagni
grigio-argento, che subito si mossero verso il lato destro
dell’aula, iniziando
a diversi come gli era stato indicato.
Al
tavolo con lui c’erano ovviamente i suoi amici più
stretti,
che comprendevano Blaise, Rias, Koneko ed Akeno. Per quanto avrebbe
voluto
invitare anche Hermione ad unirsi a loro, questo avrebbe causato
conflitti
interni al gruppo della sua casa per via dei tradizionalisti purosangue
come
Malfoy e la Parkinson, che avrebbero iniziato a mettere in discussione
la sua
leadership ad ogni occasione.
Mentre
i Serpeverde iniziarono a muoversi, prima titubati,
poi sempre più sicuri di sé, i Grifondoro ancora
bazzicavano nell’oblio dei
loro dubbi, consapevoli che a prescindere dal risultato della lezione,
sarebbero stati loro a subire le ire del temibile professore. Harry
sorrise ad
Hermione mentre schiacciava i suoi scarafaggi dell’Amazzonia
fino a ridurli ad
una fine polverina, facendole segno con il capo verso un calderone.
Conosceva
la preparazione della ragazza, ed anche senza aver mai fatto una prova
pratica
sarebbe stata in grado di tirar fuori qualcosa di decente.
Eppure
negli occhi della Grifondoro non c’era la solita
condiscendenza, o la tranquillità che Harry era abituato a
vedere, bensì un
fuoco che la portò a sorridere più ampiamente,
mentre seguendo l’esempio del
bambino-sopravvissuto, la ragazza si faceva carico della sua casa.
“Grifondoro!” nessuno rispose al suo richiamo
sebbene tutti avessero
concentrato la propria attenzione su di lei. “Non vorremo
mica farci battere da
questi viscidi Serpeverde!? Noi siamo i discendenti di Godric in
persona, il
coraggio è il nostro vessillo!” Hermione
parò con voce tonante, scuotendo dal
loro torpore i propri compagni di casa.
Come
lui, aveva giocato sul loro orgoglio, riuscendo
a smuovere quella massa esitante di bambini
inesperti. “Ora fate come vi dico, e vi prometto che noi non
perderemo!” Il suo
sorriso era dei più ampi, mentre organizzava e divideva le
sue truppe, iniziando
anche lei a far bollire l’acqua del suo calderone. In breve
le segrete furono
piene di fumi argentei, mentre tutti, chi più chi meno
portavano avanti il
compito a sorpresa.
Hermione
ed Harry gestivano tutti, correggendo i vari
errori dei propri compagni, cercando al contempo di portare avanti la
loro
pozione, senza mai lamentarsi o far caso a quel pipistrello formato
gigante,
che girava loro intorno perpetrando insulti per la scarsa
qualità di una
pozione, o il modo penoso in cui erano state tagliate delle erbe.
“E questa
Signor Potter la chiama una crema contro le bolle? Per quando
è liquida
potrebbe benissimo essere un ristagno d’acqua
piovana!” Il pipistrello disse
questo quando controllò la sua pozione, che aveva lasciato
troppo sul fuoco
mentre aiutava Akeno, ed aveva quindi perso consistenza. “Mi
scusi professore,
cercherò di fare meglio la prossima volta.” Harry
rispose mitemente, senza mai
incrociare gli occhi dell’uomo.
Alla
fine della lezione, grazie ai propri generali, tutti
in aula erano riusciti a fare una pozione semi-quasi decente, e
sembrava che
nessuno sarebbe stato punito. Ma a quanto pareva il meglio era stato
tenuto per
la fine. “Signor Potter, signorina Granger, prego fate un
passo avanti ed
affrontate i vostri compagni.” La voce di Piton era
palesemente divertita,
mentre sorrideva malignamente nella loro direzione. I due bambini
fecero un
passo avanti, e da come Hermione si mosse, Harry intuì che
non aveva davvero
capito a cosa andava incontro. Lui si era preparato a
quell’eventualità fin da
quando aveva deciso di prendere il comando dei Serpeverde, ma lei
sembrava
essere sicura che avrebbero ricevuto solo onori per il loro contributo
alla
lezione.
Mai
sua idea poteva essere più sbagliata. “Per aver
alzato
la voce in classe, ed aver aiutato i vostri compagni, impedendo loro di
fare
gli errori necessari che li avrebbero fatti maturare, tolgo ad entrambi
venti
punti dalle vostre rispettive case.” Il chiocciare festante,
che era scaturito
quando la lezione era volta al termine senza incidenti gravi, si era
ora
trasformato in un silenzio attonito. I più scioccati erano i
Serpeverde, che
avevano appena assistito ad un evento narrato solo nelle leggende, e
mai
realmente documentato. Piton aveva tolto punti alla sua casa. Piton.
Aveva. Tolto.
Punti. Alla. Sua. Casa!
Harry
annui alla decisione del Professore, mentre Hermione
stava cercando di reprimere il bollore sulle sua guance. Non era
imbarazzata
questa volta, ma furiosa per via della scelta insensata del
pipistrello. Loro
avevano solo aiutato i propri compagni di fronte
all’inaspettato, e questo
avrebbe dovuto rendere il professore orgoglioso di loro, non farlo
inviperire.
Schiumante
di rabbia la ragazza abbandonò il sotterraneo
non appena finita la lezione, seguita da qualche insulto molesto,
lanciato dai
più idioti della sua casa. “Hermione, sei solo una
stupida secchiona!” Uno
sguardo inceneritore fu mandato a Ron Weasley, che di recente era
divenuto il
capo di una piccola fazione di studenti che lo vedeva come la
reincarnazione
del signore oscuro. “Weasley, smettila ora se non vuoi finire
il infermeria.”
La voce di Harry scosse il rosso, che si voltò guardandolo con cattiveria.
“Ah sì, perché lei è una
delle tue tante ragazze, vero Potter? Secchiona e pure amica di un
Serpeverde,
non so davvero cosa ci abbia visto il cappello
parlan…”
Harry
scattò, il pugno chiuso, un’aura rosso intorno
alla
mano, stavo già saltando addosso a Ron quando diverse paia
di mani lo trassero
indietro. Koneko, Rias ed Akeno riuscirono a fermarlo, mentre Blaise si
metteva
in mezzo, frapponendosi tra i due. Tutti avevano visto l’aura
rossa intorno
alla mano di Harry, soprattutto Ron, che era sbiancato, convinto di
essere
morto. “Harry, i Serpeverde non combattono come babbani,
piuttosto fanno dei
duelli. Di un po’ Weasley, ti va di fare un duello contro
Harry? Io sarò il suo
secondo, ma sinceramente credo che non resterà nulla di un
Grifonidiota come te
dopo che lui ti avrà sistemato…” Zabini
parlò subdolamente, con un sorriso
denigratorio in viso, facendo passare il colorito di Ron, da terreo a
color
mattone. “Ci sto! Dove lo facciamo?”
Ron
parlò con foga, senza accorgersi di essere finito
nella trappola del Serpeverde. “Beh, visto che è
vietato dal regolamento fare
magie nei corridoi, direi di vederci stanotte sul tardi nella sala dei
trofei.
Direi intorno a mezzanotte. Se non ci sarai, faremo in modo che tutti
sappiamo
che non è solo il nome della tua famiglia ed i tuoi vestiti
ad essere patetici,
ma anche tu.” Ora erano i grifondoro a trattenere Ron, che
aveva iniziato ad
insultare manco fosse un bambini di cinque anni. Poco dopo, i due
gruppi si
divisero dirigendosi alla lezione successiva. Tra le fila dei
Serpeverde
l’umore era nero, ma una persona sembrava particolarmente
divertita, Draco
Malfoy. “Ah Blaise, questa si che mi è piaciuta!
Quindi cosa farete, direte a
Gazza di andare a prenderlo, oppure vi presenterete davvero?”
Blaise
ritornò alla sua espressione calma e pacata,
facendo un piccolo sorriso al biondo. “Quando mai uno Zabini
si è presentato ad
un duello? Ovvio che avvertiremo Gazza, e si spera che domani quel
Weasley sia
sul treno verso casa.” Draco rise, molti dei serpeverde lo
imitarono, solo
Harry si ritrovò a sbuffare come un toro inferocito.
“Dovevate lasciare che lo
colpissi.” Si rivolse alle ragazze che prima lo avevano
afferrato, impedendogli
di arrivare al bersaglio. Loro sorrisero, afferrandogli le braccia, ed
abbracciandolo da dietro. “Se lo avessimo fatto quel pugno
gli avrebbe fatto
scoppiare la testa. Dubito che saresti potuto rimanere a scuola dopo
quello.”
Harry
sbuffo, sciolse la loro stretta su di lui,
cominciando a camminare a passo svelto. Di nuovo aveva lasciato che il
suo
temperamento venisse fuori. Per quanto cercasse di reprimersi e di
comportarsi
bene, ancora c’era un lato di se che sfuggiva al suo
controllo.
Gli
occhi si alzarono al soffitto, mentre il demone
camminava leggermente più tranquillo.
Un’altra
giornata era finita, e con essa un’altra lezione
era passata.
Non
poteva andargli sempre bene, no?
****************
Sala
Comune Grifondoro, un’ora prima
di mezzanotte.
Hermione
aveva saputo del duello grazie alle voci che
giravano per tutto il castello. La notizia si era diffusa in lungo ed
in largo
grazie al canale di gossip della scuola, che aveva gonfiato la notizia
al punto
che sembrava che Harry avesse sfidato Ron solamente per dimostrare il
suo amore
nei confronti della Grifondoro. La bambina era stata confusa, felice ed
eccitata, ma al tempo stesso aveva paura che potessero essere tutti espulsi.
Era
contro il regolamento uscire di notte, era contro il
regolamento duellare nei corridoi, ed ancora più importante
era contro il
regolamento farsi beccare! Per questo ora si trovava a braccia
conserte,
davanti l’uscita della Sala Comune, affrontando Ron e Dean, che si sarebbero
presentati alla sfida.
“Ron,
ti ho detto no! Non puoi andare, è contro il
regolamento, farai perdere dei punti a Grifondoro!” Aveva
provato ad essere
gentile, ma il rosso provavo solo disprezzo per lei, come molti altri
compagni
di casa. Purtroppo gli atteggiamenti delle persone nei suoi confronti
non erano
cambiati con l’iscrizione alla scuola di magia.
“Come se a te ti importasse
qualcosa se la nostra casa perdesse dei punti! Sei solo una traditrice
che se
la fa con i Serpeverde! E poi quel Potter! Cosa ci trovi in lui, ti ha
messo
sotto incantesimo?” La voce di Ron era tagliente e cattiva,
come lo erano
sempre i suoi commenti verso di lei. “Lascia in pace Harry, e
poi oggi ho
aiutato anche te a Pozioni! Non è colpa mia se Piton ci ha
tolto dei punti, io
ho solo fatto la cosa giusta!”
“Sì,
la cosa giusta, come no. Volevi solo fare la
secchiona come fai sempre, sempre a dare ordini, a dire agli altri dove
sbagliano e come si fanno davvero le cose! Fatti da parte, per me tu
non sei
altro che una stupida, ed io ho un duello da vincere” Ron
afferrò la sua
bacchetta, la puntò contro Hermione, ma lei ancora non si
mosse. Non avevano
imparato alcun incantesimo offensivo, ed il rosso aveva dato prova in
più di
un’occasione della sua inutilità con una bacchetta
in mano. “No, Ron! Puoi
anche odiarmi, non mi importa, ma non posso lasciare che veniate
espulsi! Se
voi veniste espulsi, io…”
Ron le
si avvicinò, quasi schiacciò il suo viso contro
quello di lei mentre premeva la sua fronte contro la sua.
“Noi? Tu vuoi solo
che Harry non sia espulso! Non ti importa nulla di noi, altrimenti non
faresti
la corte a quello sporco Serpeverde!” Hermione
arretrò, il cuore che pulsava
dolorosamente, la testa confusa, gli occhi bagnati di lacrime. Non
sapeva cosa
dire, ne come dirlo, poteva solo trattenere le lacrime per non
mostrarsi
debole. “Andiamo Dean, facciamola finita.”
Dean guardò un attimo Hermione, prima di
porgerle un fazzoletto,
seguendo il rosso oltre il rifugio sicuro della sala comune.
“No!
Verrò anch’io, non posso permettere che vi
facciate
male, io vi fermerò!” Hermione seguì i
due bambini da dietro, continuando a
rimproverarli facendo previsioni di possibili disastri. Alla fine i tre
arrivano nella Sala dei Trofei, e si misero in attesa. Il tempo
passò, ma
nessun Serpeverde si fece vivo. Alla fine sentirono un miagolio, ed i
passi
affrettati del custode. “Sbrigati Mrs. Purr, dobbiamo
prenderli, sono nella
sala, nella sala dei trofei!”
La
voce strascicata di Gazza li fece sobbalzare. Erano
caduti nel tranello dei Serpeverde. Nel tranello di Harry. Hermione
capì questo
mentre li portava via, guidandoli per una porta secondaria, e da
lì lungo un
corridoio. Fu solo quando si trovarono davanti ad una porta sbarrata
che il
panico iniziò a dilagare. “Miseriaccia, se ci
prende saremo espulsi!” La
Grifondoro lo guardò male, represse l’istinto di
picchiarlo, per poi spingerlo
via. “Spostati, idiota!” La punta della sua
bacchetta colpì due volte la
serratura, mentre la ragazza sussurrava l’incantesimo
“Alohomara!” La serratura
scatto e la porta si aprì. I tre entrarono nella stanza
proprio mentre Gazza
stava per voltare l’angolo dove si trovavano. Si salvarono
per miracolo, ma per
ogni evenienze Hermione tenne la porta socchiusa, osservando il custode
guardarsi in giro.
“Hermione…”
Ron cercò di richiamare la sua attenzione, ma
lei lo ignorò. Dava ancora le spalle alla stanza, si
preoccupava solo di
guardare nel corridoio, dove un inviperito Gazza stava ora prendendo
una
diramazione che lo avrebbe portato lontano da loro.
“Hermione, dobbiamo
uscire…” Stavolta fu Dean a parlare, e la sua voce
era percorsa da paura pura.
“Non ancora, potrebbe tornare indietro. Aspettiamo qui ancora
un po’.”
Poi un
ringhiò sommesso percosse l’aria, facendo tremare
le ossa nel corpo dei bambini. Hermione si voltò lentamente,
il cuore quasi
fermo per la paura. E poi lo vide. Un cerbero, un enorme, orribile
cerbero, che
faceva la guardia a qualcosa. “Andiamo via!” I tre
si catapultarono fuori dalla
stanza giusto in tempo per evitare la sfilza di denti affilati della
bestia,
che aveva iniziato ad abbaiare frustrato.
E poi
i tre ricordarono solo la lunga corsa lungo il
castello, durante la quale furono fortunati a non incontrare nessuno.
Una volta
di nuovo al sicuro, Dean fu il primo a riprendersi. “Ma cosa
cavolo era quella
cosa?!” Hermione, e la sua mania da sotutto, risposero alle
perplessità degli
altri. “Era un cerbero, un mastino dell’inferno.
Sapevo fossero estinti da
secoli, ma non è questo l’importante. Non avete
visto su cosa poggiava le
zampe?” I due la fissarono, quasi fosse impazzita.
“Le zampe? Hai fatto caso le
zampe? Scusa Hermione, ma io ero troppo impegnato a contare le teste,
che erano
tre se non te ne sei accorta!” Ron sbottò,
alzandosi in piedi, irritato e
paranoico. “Era tutto un piano di Harry,
lui ha cercato di uccidermi! Deve essere così, ha capito che
l’avrei battuto ed
ha deciso di farmi fuori! Te l’ho detto Dean, lui
è un mago Oscuro!”
I due
iniziarono a discutere, mentre Hermione scartava a
priori la possibilità che Ron avesse ragione. Harry non
avrebbe mai tentato di
ucciderlo, anche se era un Serpeverde. Lui era buono, le ne era
convinta…
Con la
mente in subbuglio la ragazza andò a dormire,
sentendo nelle sue orecchie ancora le ultime parole di Dean e Ron.
Non
poteva crederci, non lui, non il suo Harry.
****************
Hogwarts
Regno Unito
12 Ottobre, 1991
Le
mano di Harry si tese sul manico di scopa.
Istintivamente il bambino richiamò la sua magia,
infondendola nella voce,
mentre esclamava 'Su', seguendo le istruzioni di Madama Bumb. Come lui,
tutti
gli altri Serpeverde e Grifondoro del primo anno fecero altrettanto, ma
a
differenza sua solo in pochi riuscirono a richiamarlo al primo colpo.
Una
delle persone in maggiore difficoltà sembrava essere
Hermione, il cui manico di scopa si rifiutava assolutamente di levarsi
in volo,
ed anzi si ostinava a rotolare a terra come privo di forze. Dopo
qualche
minuto, molti altri erano riusciti nell'impresa, ed anche chi non era
riuscito
a far sollevare il suo manico, fu autorizzato a raccoglierlo da terra
per
passare alla fase successiva.
“Bene
bambini, ora salite sulla scopa, portandovi in
questa posizione.” La donna si pose al centro dello spiazzo
tra i due gruppi, e
mostrò loro come cavalcare una scopa, dove mettere le mani,
e come controllare
altitudine e velocità. “Ricordate, date solo una
spinta con i piedi verso
l'alto, alzatevi di qualche metro, e poi inclinate il manico verso il
basso per
tornare a terra.” La donna, con capelli argentei ed occhi
acuti, diede loro una
dimostrazione man mano che spiegava, atterrando infine per vedere come
se la
cavavano presi singolarmente. “Al mio tre. Uno,
due...”
Molto
prima del tre, Neville Paciock di Grifondoro, si
diede una forte spinta con i piedi, cominciando a sollevarsi in aria.
In pochi
istanti tutti capirono che aveva già perso il controllo
della scopa. “Signor
Paciock, cosa sta facendo?! Scenda subito, le sto ordinando di
scendere!” A
dispetto delle sue parole però, Nevile continuò a
salire, in alto sempre più in
alto, urlando a squarciagola. E poi cadde. I riflessi di Harry gli
permisero di
erigere un incantesimo imbottito appena prima che il ragazzo toccasse
il suolo,
ma non avendo usato una bacchetta, nessuno se ne accorse.
“Lasciatemelo
vedere!” La professoressa si avvicinò a
Neville, lo scosse, facendo la conta dei danni. “Sembra non
si sia fatto nulla,
sebbene questo sembri impossibile. Adesso lei verrà con me
in infermeria, e voi
altri. Se qualcuno osa prendere la scopa mentre non ci sono
sarà espulso prima
di avere il tempo di dire Quidditch!”
La
donna si allontanò, sorreggendo un illeso, ma
spaventato Neville, il tutto mentre gli altri studenti incominciavano a dividersi in gruppi per
parlare
dell'accaduto. “Guardate, quel deficiente ha perso
qualcosa!” Draco richiamò i
Serpeverde, raccogliendo dal punto di impatto al suolo una piccola
sfera
trasparente che sembrava contenere del fumo grigio. “Una
ricordella! Forse se
quel cretino l'avesse tenuta in mano si sarebbe ricordato di cadere
sulle
chiappe!”
Molti
risero alla sua battuta, ma dalle file Rosso-oro si
fece avanti un insolitamente tranquilla Hermione “Dai qua
Malfoy, quella non è
roba tua.” La ragazza era stata distante e distratta per
tutta la mattina.
Profonde occhiaie nere le bordavano gli occhi, mentre questa passava di
fianco
ad Harry senza rivolgergli uno sguardo. La cosa iniziò ad
insospettire il
ragazzo, che però non volle indagare ulteriormente per
evitare di causare altri
dissidi tra lei ed i suoi compagni di casa. Aveva già capito
che era colpa sua
se le cose per lei andavano male, ma nonostante questo non poteva
evitare di
preoccuparsi, ne poteva non tentare di farla stare meglio, anche solo
un per un
po'.
Malfoy,
quando la vide, si limito a ghignare, passandosi
la palla da una mano all'altra come farebbe un giocoliere.
“Perché mai dovrei
dare ascolto ad una SangueMarcio come te? Hai forse intenzione di
correre in
giro agitando quella tua bacchetta rubata, solo per far perdere altri
punti
alla....” Draco non riuscì a terminare la frase,
che un pugnò lo colpì in pieno
viso.
Incredibilmente,
per quanto Harry lo stesse desiderando,
non fu lui a colpire il biondo, che invece fu atterrato da Hermione
stesse.
“SangueMarcio chiamerai quella cagna di tua madre, stupido
biondo platinato!”
La voce di Hermione era insolitamente alta mentre Draco, steso al
suolo, alzava
lo sguardo su di lei, pulendosi il sangue dalla bocca “Mio
padre lo verrà a
sapere!”
“Verrà
a sapere cosa Signor Malfoy?” Madama Bumb sembrava
aver fatto di corsa, forse temendo che qualche studente avrebbe
trasgredito ai
suoi ordini, facendo un volo non supervisionato. “Lei mi ha
colpito!” Draco
accusò Hermione, sul cui viso era tornata un'espressione
angelica mentre si
rivolgeva alla donna. “Questo è vero signora, ma
solo perché Draco ha provato a
picchiarmi con il suo manico di scopa.” La sua voce era
tranquilla,
l'espressione serena, eppure intorno a lei tutti erano sbigottiti. Come
poteva
mentire con così tanta naturalezza? “Questo
è vero Signor Malfoy?” La voce
della Bumb si era fatta più dura mentre la donna tornava a
rivolgersi al
biondo, la cui famiglia conosceva di fama.
“Io
non ho fatto nulla, si sta inventando tutto! Mi ha
solo colpito, senza alcun motivo!” Draco si difese, cercando
di scaricare
l'intera colpa sull'altra, che si preparò a ribattere,
tuttavia questo fu
impedito. “Bene, basta così! Signor Potter,
è vero quello che la signorina
Granger sta dicendo, è stato davvero Malfoy ad
incominciare?” Harry non dovette
nemmeno pensarci, annui stoicamente incrociando le braccia al petto.
“Si
signora, è vero. Sembrava che trovasse divertente picchiare
una nata babbana,
ma Hermione qui non è tanto stupida da rimanere inerme e
farsi bullizzare. Per
quanto mi riguarda le sue azioni sono state semplice
auto-difesa.”
Draco
spalancò la bocca, rivolgendo un'occhiataccia ad Harry
“Signor Malfoy, lei dovrà scontare una punizione,
e parlerò con il suo capocasa
dell'accaduto. Simili atteggiamenti non sono ammessi all'interno della
scuola.
Ora tutti in fila, riprendiamo con le esercitazioni.” I
ranghi si ricomposero,
Harry cercò nuovamente gli occhi di Hermione, ma lei gli
sfuggì ancora,
nascondendosi dietro ai suoi compagni. “Perché lo
hai fatto?! Sapevi che era
stata lei!”
Le
braccia di Harry si sciolsero, il bambino-sopravvissuto
avvicino il suo viso a quello di Malfoy, avvicinandosi tanto da poter
sentire
il lento fiato caldo di Draco sul suo viso. “Sei stato anche
fortunato... ti ho
già detto che non sopporto sentir chiamare qualcuno
SangueMarcio. La prossima
volta non sarà solo la tua bocca a sanguinare...”
Il
demone si allontanò, tornando a mettersi di fianco alla
sua scopa. “Harry, non avrai preso di mira pure gli uomini
vero?” Akeno, che
era alla sua destra, gli sorrise maliziosa, ridacchiando per la scena
di poco
prima. “In che senso scusa?” Lui la
guardò confusa, lei si coprì la bocca
scuotendo il capo. “A volte si così innocente, un
vero e proprio bambino.” La
ragazza continuò a ridere, mentre Harry incominciava a la
regolarizzare la
respirazione. Ce l'aveva ancora con Draco, ce l'aveva a morte. Voleva
picchiarlo, saltargli addosso, strappargli i vestiti, e fargli capire
una volta
di più, che il suo status di Purosangue non contava nulla.
Anche lui alla fine
si sarebbe piegato di fronte ad Harry, ed avrebbe acconsentito a
qualsiasi sua
richiesta, come tutti.
Il
cuore iniziò a calmarsi, la mente a tornare lucida,
mentre di nuovo tendeva la mano sulla scopa, che una volta tra le sue
gambe,
avrebbe stretto forte, facendo aderire i palmi delle mani al duro legno
laccato. Si preparò al decollo, e quando Madama Bumb
fischiò, spinse forte con
i piedi prendendo velocità. L'aria iniziò a
scompigliargli i capelli, mentre
saliva sempre più in alto, sempre più lontano,
sempre più veloce. Per un attimo
si sentì libero, il sangue nelle sue vene non era
più veleno e la sua mente era
di nuovo libera.
Urlò
al mondo la sua gioia, mentre dal basso venivano urli
amplificati, e richiami. Il suo di un fischietto lo raggiunse mentre
volteggiava libero nei cielo, ed a quel richiamo subito punto il manico
di
scopa verso il suolo. La sua picchiata fu incredibile, fino
all’ultimo momento
rimase con il corpo piegato sul manico di scopa acquisendo
velocità,
strattonando solo alla fine verso l’alto per fermarsi ad un
palmo da terra.
Non
era mai stato così euforica da che avesse memoria, e
lo dimostrò esibendosi in un giro delle morte, conclusosi
con l’atterraggio.
“Professoressa, è stato semplicemente….
Wow, mai volato così. Era tutta
un’altra cosa rispetto al volo normale.” Harry
continuò a parlare, la sua voce
era una macchinetta incontrollabile, mentre spiegava ad
un’esasperata Madama
Bumb ogni singolo scarto della sua scopa mentre la guidava nei cieli
sopra il
castello. “Fermo Potter! Mi stai dicendo che questa era la
tua prima volta su
una scopa?”
La
professoressa era allibita, Harry esaltato. “Si, la mia
prima volta, ma può scommetterci che non sarà
l’ultima! Devo assolutamente
comprarne una, e poi esercitarmi, so di poter diventare molto, molto
più bravo!
Per esempio alla fine, mentre risalivo dalla picchiata, per un istante
ho
urtato il suolo con la punta del manico! Quello ovviamente mi ha fatto
perdere….” E di nuovo il bambino riprese la sua
narrazione, completamente
dimentico di tutti gli altri suoi coetanei che potevano solo sognare un
talento
del genere.
“Lei
ha così tanto potenziale Signor Potter…
scriverò uno
nota al suo Capocasa, lei deve assolutamente entrare in squadra come
cercatore!” L’appassionata di Quidditch si
lanciò in un’intensa narrazione
sportiva, mentre con un gesto vago della mano faceva riprendere gli
altri ad
esercitarsi.
Per il
resto della giornata non ci furono ulteriori
problemi, tutto si svolse regolarmente, ma le voci secondo cui Harry
Potter
fosse un genio in qualsiasi cosa tentasse, prese sempre più
piede nel castello.
Al
ritorno dalla lezione tuttavia, un incontro inaspettato,
riscosse il piccolo eroe dall’emozione del volo, facendolo
tornare per la prima
volta con i piedi per terra. “Hermione!” La ragazza
era ferma davanti agli
enormi portoni che davano alla Sala d’Ingresso, e sembrava
stesse aspettando
proprio lui. “Harry, ti posso parlare?” La sua voce
era titubante, il volto
rosso. Completamente diverso dal viso sicuro di se che aveva mostrato
prima a
lezione. “Si certo. Voi andate avanti senza di me.”
Harry congedo i suoi amici
con un cenno del capo, mentre questi li superavano lasciandoli soli
sulle scale
che davano sull’immenso prato.
“Volevo…
ecco, volevo parlarti di ieri sera. Perché non
sei venuto nella sala dei trofei?” La ragazza non lo
guardava, avevo gli occhi
fissi in avanti, sul sole calante all’orizzonte.
“Ieri sera… dovevo andare
nella sala dei trofei?” Harry era confuso, aveva dimenticato
la sfida visto che
non era stato lui a proporla e non aveva intenzione di presentarsi,
quindi
impiegò qualche istante per ricordare. “Ah, si.
Perché me lo chiedi? Non mi dirai
che Ron è davvero uscito per il castello di
notte!” Harry sorrise, Hermione
abbassò per un attimo gli occhi, ma si volse verso di lui
con un sorriso.
“Sapevo che non lo avevi programmato tu.” La
confusione di Harry crebbe ancora
una volta. “Programmato… cosa?”
Hermione
rise della sua espressione ingenua, ed iniziò a
raccontare. Del cerbero, della botola, del corridoio del terzo piano,
iniziando
poi una filippica su come Harry dovesse chiedere scusa a Ron prima che
l’astio
tra i due degenerasse.
I due
risero e parlarono a lungo, saltando addirittura la
cena, ma la cosa non fu un problema, perché erano insieme e
non avevano bisogno
d’altro.
****************
Hogwarts
Regno Unito
31 Ottobre, 1991
Erano
passati quasi due mesi da quando Harry si era
iscritto ad Hogwarts, ed ormai la sua vita aveva assunto una piacevole
routine.
Ogni mattina si alzava, faceva colazione con i suoi compagni di casa,
seguiva
le lezioni, aiutando e supportando chiunque avesse bisogno del suo
aiuto, ed
infine si allenava nella realtà alternativa grazie al
pugnale che gli era stato
regalato il giorno della sua partenza dagli inferi.
Certo,
non sempre quando aiutata qualcuno lo faceva volentieri,
ed in più di un’occasione ha dato solo un finto
aiuto a chi gli stava realmente
antipatico, ma nonostante questo nessuno nel corpo insegnanti aveva di
che
lamentarsi. Perfino Piton, che non nascondeva il suo disgusto per
l’ultimo dei
Potter, aveva avuto più modo di riprenderlo in alcun modo.
Harry aveva assunto
il ruolo di leader del primo anno, quasi
all’unanimità e tutti seguivano le sue
istruzioni senza discutere.
Quando
condivideva la classe con i Grifondoro sedeva
sempre accanto ad Hermione, ridendo e scherzando con lei come se
fossero amici
da sempre. Si divertita in compagnia della bambina, che grazie al suo
aiuto ed
ai libri che le aveva prestato, aveva iniziato presto a spiccare in
capacità ed
incantesimi. Certo non era al suo livello, ma in pochi anni sarebbe
diventata
una strega con un potenziale magico esorbitante.
Harry
sorrise, vide i suoi amici avviarsi verso la Sala
Grande per il veglione di Halloween, ma lui rimase indietro. Rias e le
altre,
che sapevano la ragione dietro questa sua scelta non commentarono,
Blaise
invece, che ormai ricopriva ufficialmente il ruolo di migliore amico
maschio,
si fermò vicino a lui guardandolo dubbioso. “Tu
non vieni.” Non era una domanda
la sua, ma solo una costatazione. Una delle cose che più gli
piacevano di
Zabini era questo suo modo di porsi. Tranquillo, senza insistenza e
senza
curiosità. Parlare con lui era una delle cose che
più rilassavano l’Alfiere.
“No, stasera no. Andate avanti senza di me, io
farò un giro per il castello e
ci vedremo a fine serata.” Harry sorrise, Zabini
annuì increspando le labbra
nell’ombra di un sorriso, allontanandosi infine insieme agli
altri Serpeverde.
Quando
finalmente fu da solo, il bambino prese uno dei
suoi libri di incantesimi, sfogliandolo fino ad una pagina in
particolare, dove
aveva accumulato diversi ritagli della Gazzetta del Profeta. Quello era
il suo
bottino, un qualcosa che era riuscito a ricavare dalla biblioteca,
spulciando
le edizioni dei vecchi giornali. Nelle pagine strappate, più
degli articoli, risaltavano
alcune vecchie foto stropicciate
in movimento, che mostravano due persone.
“Mamma…
papà… mi mancate” la voce di Harry era
un sussurro
inudibile mentre sfogliava ciò che restava dei suoi
genitori. Solo foto ed
articoli presi dai giornali vecchi di una decade. “Vorrei
tanto che voi foste
qui.” I suoi occhi si inumidirono, e per quindici minuti non
fece altro che
guardare le foto, cercando di cogliere le somiglianze che lui aveva con
i
genitori, ricostruendo dagli articoli frammenti della loro vita.
Alla
fine non ce la fece più. Ripose di nuovo i ritagli al
loro posto nel libro di incantesimi, e si avviò fuori dalla
sala comune. La sua
mente era stanca e vuota, ora che non doveva indossare la sua maschera
di
perbenismo, si sentiva logorato e sfinito. Però stava
funzionando. Reprimere le
sue emozioni, nascondere la sua cattiveria, il suo dolore, mostrando
solo
quello che tutti vorrebbero vedere, lo sta facendo amare.
Ha
molti amici, nessuno lo ha ancora chiamato mostro,
sebbene corrano voci sul fatto che lui sia un mago oscuro. Purtroppo
non può
piacere proprio a tutti, ma questo è solo un piccolo prezzo
da pagare se
paragonato a come la sua vita era un tempo, quando a scuola lo
evitavano tutti
per paura di suo cugino.
Camminò
così tanto, e con la mente così persa nei suoi
pensieri, che alla fine voltò un angolo senza prestare
attenzione, e finì con
l’andare a sbattere contro qualcuno. Entrambi caddero a
terra, ed Harry era già
pronto a scattare contro chiunque fosse responsabile di ciò,
quando capì di avere
davanti un’Hermione in lacrime.
Per un
momento l’eroe del mondo magico fu spiazzato. Non
sapeva bene come comportarsi con una ragazza in evidente crisi di
pianto “Ti ho
fatto male?” chiese la cosa più stupida che gli
passava per la mente,
preoccupato che fosse lui la causa di quanto stava capitando. Hermione
cercò di
tirarsi su, ma riuscì solo a piangere più forte.
Alla fine scosse il capo,
sedendosi appoggiata alla parete di pietra del corridoio. I due si
trovavano
vicino ad un bagno, dal quale la ragazza sembrava essere appena uscita.
“Cos’hai Hermione, se non me lo dici non posso
aiutarti.” Harry tornò ad
indossare la sua maschera, ma questa volta non fu difficile come quando
si
rivolge ad estranei o persone di cui non gli importava. Era davvero
preoccupato
per la ragazza.
“È
stato Ron?” Hermione nascose il viso tra le mani, senza
negare ne confermare la sua supposizione. Erano settimane ormai che Ron
portava
avanti la sua campagna diffamatoria contro Harry, cosa che al
bambino-sopravvissuto poteva anche andar bene se non fosse stato per i
danni
collaterali che questa comportava. Infatti, indifferentemente da chi
fossero, i
suoi amici venivano spesso presi di mira con scherzi ed insulti dalla
banda del
Weasley, la cui vittima preferita sembrava essere Hermione, colpevole
di aver
fatto amicizia con i Serpeverde.
Harry
passò un braccio intorno alle spalle della bambina,
cercando di confortarla, mentre nella sua mente ideava nuovi modi di
farla
pagare al rosso “Non ti preoccupare Hermione, avevo promesso
che non avrei
permesso a nessuno di prenderti in giro, ed io mantengo la parola data.
Mi
occuperò di Ron quanto prima.” Harry
parlò con voce risoluta, cercando di
infondere coraggio alla ragazza, che invece scosse il capo timidamente.
“N-No.
Non farlo, altrimenti parleranno ancora male di te. I-Io posso
cavarmela da
sola…”
La
ragazza cercò di farsi forza, ma da come tremava e
singhiozzava era evidente che non era in grado di farcela. Harry
l’avrebbe
protetta, anche a costo di farlo a sua insaputa. Cercando di mettere da
parte
quel discorso, il demone provò a tirare su di morale la
ragazza cambiando
argomento. “Sai, tu dovresti essere in Sala Grande ora,
dicono che il banchetto
di Halloween sia addirittura meglio di quello fatto il primo giorno di
scuola.
Non dovresti perdertelo sai?” Harry sorrise, strinse un
po’ più forte la
ragazza, che fece una risata umida e stentata. “Q-Quindi anche tu dovresti essere li,
no?” Hermione disse
questo strofinandosi gli occhi. Stava cercando di mettere da parte il
cattivo
umore.
“Nah,
mi conosci, la festa è ovunque io sia, perfino qui
con te mi diverto di più che se fossi in Sala
Grande” Hermione
rise ancora, e questa volta ci mise
un po’ più di cuore. “No davvero,
perché sei qui? Non sarai venuto apposta per
cercare me?” Negli occhi della bambina c’erano
desideri contrastanti. Le
sarebbe piaciuto se lui fosse andato a cercarla dopo aver visto che
mancava a
cena, ma non voleva iniziare a dipendere da lui. Di fronte
all’insistenza della
ragazza, il sorriso di Harry scemò un po’, mentre
lui alzava lo sguardo al
soffitto, distogliendolo da lei. “Non mi sembrava giusto
festeggiare qualcosa
nell’anniversario della morte dei miei genitori.”
Le sue
parole uscirono fuori naturali e tranquille, ma la
Grifondoro avvertì al loro interno tutto il dolore del
bambino. “Harry mi
spiace, io…” Hermione provò in qualche
modo a scusarsi, ma Harry le pose l’indice sulle labbra,
mettendo a tacere ogni
suo tentativo. “Non ti preoccupare, non devi essere
dispiaciuta per me, alla
fine non è colpa tua se i miei genitori sono morti. Sono
solo contento di
essere sopravvissuto abbastanza da incontrare persona come te e Rias,
che posso
considerare vere amiche…” Harry parlò
piano, socchiudendo gli occhi e poggiando
il capo contro il muro.
“Harry…”
Hermione provò ancora una volta a parlare, ma lui
la zittì di nuovo. “No Hermione, davvero, non
c’è bisogno che ti scusi.
Voldemort ha ucciso i miei genitori ed io ho ucciso lui. Sono famoso
per
questo, più di quanto io stesso voglia, ma a volte la fama
non è un’amica
fidata, ti obbliga a crescere ed a guardarti le spalle... Stasera
volevo essere
solo un bambino normale che ricorda i suoi genitori, volevo
solo..” Harry continuò
a parlare, ma non riuscì a concludere il discorso. La voce
acuta di Hermione
richiamò la sua attenzione. “Harry!” Il
bambino si voltò, la fisso, seguendo
poi la direzione indicata dal suo dito tremante. A poco più
di dieci metri di
distanza, si trovava un enorme Troll, alto più di tre metri,
con un’enorme
mazza in mano.
Quando
loro si resero conto del Troll, lui notò loro.
“Cibo!” La bestia umanoide inizio a muoversi nella
loro direzione ad una
velocità sorprendente per uno della sua taglia, brandendo la
mazza alla
rinfusa, finendo con lo scheggiare dipinti e muri in pietra.
“Hermione,
scappa.”
Harry
parlò deciso, tornando in piedi per frapporsi tra il
mostro e la sua amica. “Harry devi venire con me! Quel mostro
ti mangerà!”
Hermione era giustamente spaventata, ma Harry la guardò
fissa per un istante,
alzando in contemporanea la mano destra verso la bestia; Da diversi
punti del
corridoio partirono immediatamente raggi di luce che la colpirono,
arrestandone
la corsa. Aria, acqua, elettricità, fuoco e terra
fuoriuscivano da sigilli
mistici comparsi in aria, colpendo l’essere con una potenza
immane. “Ho
promesso di difenderti qualunque cosa accada, quindi vai. Io posso
cavarmela,
se scappassimo entrambi ci inseguirebbe ed infine prenderebbe. Se sei
preoccupata per me, allora vai a cercare un professore.”
Harry
le sorrise, lei guardò scioccata i lampi di luce che
ancora colpivano il Troll, facendo poi retromarcia nel corridoio per
andare a
cercare aiuto. Adesso veniva il difficile. Harry aveva usato un attacco
a piena
potenza sul mostro, solo per convincere la sua amica ad andarsene, ma
come già
sapeva nessuna delle sue magie ebbe effetto sulla creatura.
I
Troll infatti erano noti per essere la seconda creatura
più mortale al mondo, superati di poco solo dai maghi
oscuri. I loro punti di
forza erano le grandi capacità rigenerative, la pelle
estremamente coriacea e
la forza immane. In genere, in una battaglia contro un mostro del
genere, si
sarebbero mandate avanti le Torri, che grazie alle proprie difese ed
alla loro
forza, avrebbero potuto facilmente stendere la bestia facendole perdere
i sensi,
ma in caso come il suo, dove c’era un solo Alfiere a
disposizione, bisognava
giocare d’astuzia.
Non
appena Hermione fu abbastanza lontana, Harry
interruppe la pioggia di fuoco sull’essere, iniziando la
composizione di nuovo
sigillo. Le mani si chiusero tra loro, si allargarono, disegnarono in
aria una
figura umanoide, che seguendo le sue direttive iniziò a
prendere vita. Parte
della pavimentazione del corridoio si sollevò su se stessa,
mentre una copia
del Troll in pietra prendeva vita. Questa era una delle trasfigurazioni
più
grande che avesse mai fatto, ma nonostante ciò il suo potere
sembrava reggere.
Certo, una grossa fetta delle sue energie era stata prosciugata, ma
vedendo
come i due colossi se le davano di santa ragione, forse ne era valsa la
pena.
Mentre
lo scontro andava avanti, Harry passò al punto
successivo del suo piano. Piegò attentamente la mano in un
lungo gesto
complicato, iniziando a riscrivere la realtà
perché si adattasse alle sue
esigenze. Questa parte della sua strategia richiedeva molto tempo, in
quanto i
calcoli da fare e le variabili da considerare erano molteplici, per
questo
aveva creato un diversivo. Lentamente nel suo palmo comparve
un’elsa, poi una
lama, ed infine il contorno color rubino di una lacrima di sangue, che
si sciolse
all’interno dell’arma facendola risplendere con una
luce maligna.
L’arma
che aveva creato, era una replica a basso
potenziale di una spada demoniaca in genere usata dai Cavalieri, il suo
potere
di penetrazione era elevato, così come era elevato il suo
tasso di mortalità.
Un ultimo pugno del Troll originale, ridusse la sua copia in polvere,
ma era
ormai già troppo tardi, i preparativi erano finiti. Harry si
mise in posizione,
un braccio dietro la schiena, l’altro che stringeva
l’arma coprendo ogni possibile
apertura nella sua guardia.
Più
della sua mente, il suo corpo ricordò gli anni di duri
allenamenti, che non furono incentrati
solo sulla magia, ma si ampliarono concedendo ad Harry
conoscenze
basilare di ogni tipo di lotta. Un enorme pugno trollesco si mosse
nella sua
direzione, ma con un movimento minimo Harry si spostò dalla
traiettoria del
colpo, vedendo la sua frangia alzarsi per lo spostamento
d’aria. La spada calò
in quell’istante sul braccio del troll ed Harry
caricò il colpo con la magia, aumentando
per un istante la lucentezza della lama. Carne, muscoli e tendini
vennero
recisi ed il braccio cadde al suolo, ma c’era qualcosa che
non andava.
La
magia con cui aveva impregnato la spada avrebbe dovuto
ridurre al minimo la rigenerazione della bestia, dando modo ad Harry di
prevalere facilmente, ma da come il sangue smise subito di uscire e
l’arto
riprese a crescere sul moncone, evidentemente aveva sbagliato qualcosa.
L’assenza di ricettori del dolore era un altro punto di forza
del troll, che senza
badare al braccio amputato ed in ricostruzione alzò la mazza
con la mano sana
spazzando l’aria nella sua direzione.
Harry
sudò freddo, si chinò all’indietro e
vide l’enorme
arma in legno, grossa quanto lui, passargli proprio di fronte agli
occhi,
colpendo il muro. Un’entrata di servizio era stata fatta per
il bagno delle
signore, sfortuna ha voluto che non ci fosse nessuna delizia da vedere
al suo
interno. Harry prese un respiro, rotolò indietro per
guadagnare spazio,
guardandosi intorno confuso. Hermione era sparita già da un
po’, ed a meno che
non ci fosse stata qualche altra creatura appostata
nell’ombra, dovrebbe aver
già trovato aiuto ed essere tornata per lui.
Mise
da parte la questione quando il troll strappò la
mazza dalla parete con ora entrambe le braccia completamente guarite.
“Huuuuaaa!” La creatura ululò la sua
insoddisfazione per quel boccone così
difficile da acchiappare lanciandosi di nuovo contro di lui. Harry
incrementò
il potere della spada, rischiò quasi di rompere la lama
mentre la saturava di
energia demoniaca, ma se voleva almeno una possibilità di
vittoria doveva
tentare l’impossibile. L’enorme bestia gli corse
contro, Harry non scappò, non
si voltò ne fuggì, anzi come se questa fosse la
cosa più naturale da fare piegò
le ginocchia spiccando un salto verso in avanti.
Il
pugno del troll colpì Harry alla spalla spezzandogli la
clavicola, il braccio e probabilmente anche qualche costola, ma anche
se ora un
braccio gli pendeva inerte lungo il corpo, la spada era penetrata fino
all’elsa
nel corpo del Troll trapassandogli il cuore. La creatura si
fermò per un
istante, ed Harry, nonostante il dolore folle che quasi gli fece
perdere i
sensi, si costrinse in un piccolo sorriso. Lentamente estrasse la lama
dal
petto della creatura, usandola poi per sorreggersi, ma non appena fece
questo
qualcosa cambiò.
Contro
ogni previsione, gli occhi del Troll tornarono
lucidi mentre la bestia si voltava verso di lui. Era sicuro di averla
uccisa,
di averle perforato il petto fino al cuore ed averla quindi uccisa.
Invece la
creatura, sebbene stesse perdendo copiosamente sangue, non
esitò ad avanzare.
Un pugno gigantesco si abbatte su Harry, che fece appena in tempo ad
evocare
qualche scudo difensivo evitando il peggio.
Il suo
intero colpo fu sbalzato e mandato a sbattere
contro il muro del corridoio, mentre la creatura tornava ad
avvicinarsi.
Sputando sangue, il bambino provò ancora ad allungare una
mano verso la
creatura, che ora torreggiava su di lui, ma l’unica cosa che
percepì con le
dita, era l’inutile bacchetta che era scivolata fuori dalla
sua tasca. La spada
era purtroppo andata persa dopo la botta.
“Usami…” Una
voce roca e profonda raggiunse Harry, che vide la bestia alzare un
pugno pronto
a finirlo. “Usami ora…”
La voce lo
assalì di nuovo, Harry strinse il bastoncino, su cui brillavano le rune di
contenimento. Una incantesimo
comparve nella sua mente, la bacchetta si mosse da sola contro il
troll, che
stava per finirlo, ed Harry urlò la sua speranza al cielo.
“Shadow Prison!”
Una
scintilla di magia nera fuoriuscì dalla bacchetta,
colpì la creatura al ventre per poi allargarsi nelle quattro
direzioni fino ad
inglobarla. L'energia di Harry venne drenata, la magia stava
richiedendo il suo
prezzo, ma man mano che lui perdeva le forze la stessa cosa avveniva al
Troll,
reso incapace di muoversi e reagire. Le ombre continuarono ad
allargarsi, si
diffusero nel corridoio spegnendo le fiaccole, mentre il freddo
iniziava a
diffondersi nelle ossa del bambino. Le sue mani tremarono, il volto
divenne
cinereo e gli occhi si offuscarono, ma alla fine anche l'ultimo barlume
di vita
del mostro si spense. Per un momento la creatura barcollò
sul posto, la vita
prosciugata da quell'incantesimo scaturito chissà come dalla
bacchetta di
Harry, crollando infine al suolo proprio sopra un esausto
bambino-sopravvissuto.
Quando
i professori finalmente arrivarono, trovarono il
corridoio distrutto, il troll morto, ed Harry Potter privo di sensi
sotto la
sua carcassa.
Le sue
condizioni erano pessime, aveva costole rotte, un
braccio fratturato in più punti, una commozione cerebrale e
come se questo non
fosse sufficiente, schiacciandolo con il suo peso il troll gli aveva
anche
causato un principio di soffocamento.
Silente
sorrise nel vederlo in quello stato, e senza
esitazione lo fece ricoverare in Infermeria. Quando il vecchio mago
rimase da
solo con il cadavere del mostro, si chinò su di lui
sussurrando dolcemente. “Oh
fatto bene a lasciare che Raptor ti facesse entrare eh? E neanche darti
la
protezione del castello è stato male. Hai fatto il tuo
dovere vecchio amico,
ora puoi riposare…” Con un gesto della bacchetta
fece svanire la creatura,
cancellando così le tracce del suo intervento sulla creatura.
“Ah
si, sarà proprio una magnifica giornata domani!”
Fischiettando
l’anziano stregone riprese a camminare,
senza alcun dubbio morale sulla sua condotta.
**********************
Nda: Rieccomi,
questa volta puntuale, con il capitolo pronto solo per voi. Questo
capitolo,
come già quello che l’ha preceduto, è
più lungo di quanto sono solito fare,
quindi se siete arrivati fino in fondo, senza annoiarvi o maledirmi
direi che
avete vinto un premio. Il premio consiste nella possibilità
di
A: Leggere in anteprima il prossimo
capitolo, che ho intenzione di cambiare radicalmente rispetto a come
l’ho già
strutturato o
B: Prendermi a randellate nelle
gengive con la mazza del troll.
Mi raccomando, se recensite fatemi sapere cosa scegliete ed ancora
più
importante cosa ne pensate del primo scontro serio di Harry. ^_*
Oltre a questo mi piacerebbe un
parere sulle lezioni, che
differiscono di molto da quelle del libro e sono ambientate ad un mese
di
distanza in modo da saltare tutta la parte teorica ed arrivare
direttamente all’esecuzione
degli incantesimi.
Come conclusione posso solo invitarvi
a passare delle buone
feste, dandovi appuntamento a domenica prossima con una delle due
versioni del
capitolo 5!
See you soon,
Bumbix
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Capitolo 3 ***
The
Harry
Potter’s Forbidden Story
Disclaimer:
Non
posseggo ne il mondo di
Harry Potter, ne quello di High School DxD, che appartengono invece ai
rispettivi autori. Questa storia è
stata
scritta senza fini di lucro.
Capitolo
3
Ufficio
di Albus
Silente – Hogwarts
Regno Unito
1 Agosto, 1991
Albus
Silente sedeva pigramente nel suo ufficio. Negli
ultimi anni il destino aveva preso una piega imprevista, ma alla fine
tutto era
tornato come sarebbe dovuto essere. In giornata l'anziano stregone
avevo
ricevuto decine di lettere di scuse da oppositori ed alleati, e ad
ognuno di
loro aveva risposto con allegria e giovialità. Harry Potter
era tornato. Era
davvero tornato, e finalmente il suo destino si sarebbe compiuto. Al
diavolo i
sacrifici fatti e le parole dette, il suo impegno alla fine era
stato ripagato, e nessuno avrebbe potuto
più dire
nulla contro di lui.
Lentamente
il Preside prese una caramella al limone, la
avvicinò alle labbra, e ne assaporò il gusto
meravigliosamente agro, che da
anni non si era più concesso il lusso di provare. Vicino a
lui, il suo
famiglio, una bellissima fenice, trillò contenta in sintonia
con i sentimenti
del suo padrone. Proprio in quell'istante, dalla finestra ancora
aperta, entrò
un gufo in picchiata. L'animale si fermò un attimo sulla
testa di Albus,
lasciando cadere una lettera, per poi volare via, senza aspettare di
vedere se
il vegliardo volesse rispondere alla missiva oppure no.
Silente
ridacchiò, prendendo la busta e nell’aprirla
notò
che il mittente era Olivander. Non appena fece quella scoperta, il
preside si
mise un po’ più dritto sulla sedia, mostrando
estremo interesse. Gli occhi si
mossero sulla breve lettera, divorandola in pochi istanti.
Albus,
ho
venduto al giovane Harry la bacchetta
del Re Drago, così come mi avevi chiesto. Il fatto stesso
che non sia morto
appena la ha toccata lo rende un mago straordinario, spero mi terrai
informato
su ogni avvenimento strano o interessante, riguardo quella bacchetta.
Buona
Giornata
Ollivander: fabbrica
di bacchette di qualità superiore dal 382 a.C.
L’anziano mago era seduto dritto sulla sedia, mentre ancora
rifletteva sulla
missiva appena spulciata. Aveva consigliato al vecchio venditore di far
provare
la bacchetta maledetta ad Harry, ma non si sarebbe mai aspettato che
questo
facesse realmente una prova, ne che Harry risultasse compatibile. Lo
sguardo si
spostò in direzione della fenice, che ancora riposava
appollaiata sul suo
trespolo, ed il sorriso del preside si rinsaldò sul suo viso.
“Strano
Fanny, immaginavo che alla fine sarebbe stata la tua bacchetta
a finire nelle mani di Harry. Evidentemente il gioco si è
spostato ad un
livello più alto di quello che immaginavo.” La
voce del preside era tranquilla,
e la fenice si limitò a ricambiare il suo sguardo piegando
il capo. Silente
prese un’altra caramella,
succhiandola per un po’, convocando infine il suo elfo
personale. “Hatta.” Un
pop seguì la chiamata del preside, rivelando un piccolo elfo
in tenuta da
ginnastica. In genere gli elfi indossavano solo uno straccio con il
blasone
della scuola, ma a questo elfo in particolare, Albus aveva ordinato di
indossare una bella tuta da ginnastica. Rendeva tutto più
divertente.
“Mi ha
chiamato padrone?” La voce dell’elfo era uno
squittio al limite
dell’udibile e Silente sorrise nel costatare che ad anni di
distanza la cosa
non era cambiata. “Si Hatta, devi andarmi a chiamare la
professoressa
McGrannit, ed il Professor Piton, e dire loro di raggiungermi nel mio
ufficio
appena possibile.”
L’elfo si
inchinò e scomparve, lasciando il preside a mangiare le sue
caramelle al limone. Esattamente nove caramelle al limone dopo, e
quindici
minuti più avanti, qualcuno bussò alla sua porta,
e dopo aver concesso loro
l’ingresso, i due professori si fecero avanti.
La McGrannit
indossava una vestaglia antica, e non sembrava per nulla
contenta di essere stata svegliata a quell’ora tarda, Piton
invece portava il
suo solito completo nero, quasi non fosse ancora andato a dormire.
“Ci ha
chiamato Preside?” Ad
aprire bocca era stato proprio il maestro di pozioni, che stava rigido
come uno
stoccafisso, mentre Minerva incrociava le braccia in attesa. Entrambi i
docenti
nutrivano del risentimento verso di lui per via dei guai che aveva
fatto loro
passare durante gli ultimi anni, infatti sebbene grazie alla visita di
Lucifer,
il preside avesse smesso di praticare le arti oscure, ancora molte voci
e
congetture avevano come argomento principale il castello di Hogwarts,
un tempo
prestigioso, ed ora in vistoso declino. La loro generazione sarebbe
stata
ricordata come quella che permise ad Hogwarts di decadere dopo quasi un
millennio di nobiltà.
“Si, vi ho
convocati qui perché ho delle cose di cui discutere con
voi. Ma prima di tutto voglio sapere da te, Minerva, cosa ne pensi del
giovane
Potter. Mi sono arrivate lettere da ogni dove per informarmi che la
vostra
visita non è passata inosservata.” Lo sguardo del
preside era divertito, ma il
suo sorriso scomparve quando incrociò l’aria
litigiosa della sua Vice.
“Bhe,
doveva immaginarlo che sarebbe accaduto, visto che ho fatto
scivolare il nome di Harry in mezzo ad una folla di folletti e maghi,
su suo
preciso ordine!” Il preside si mosse a disagio sulla sua
poltrona, spostando lo
sguardo su Piton, che ora aveva le labbra socchiuse e digrignava i
denti. “Potter!
Lei mi ha chiamato qui per parlare
di Harry Potter!?” All’arrabbiatura della
professoressa di trasfigurazione si
era unita quella del professore di Pozione. Forse stava davvero
invecchiando
visto che non aveva previsto le reazioni dei membri del suo staff.
“Su su,
calmati Severus, questa è solo curiosità, una
volta appagata
torneremo alla questione principale, non ti scaldare.” Le sue
parole
conciliatrici fecero sbuffare l’uomo, che distolse lo sguardo
dal preside,
avvicinandosi al camino acceso. “Minerva, ti prego, dimmi
cosa ne pensi del
ragazzo.”
“Benissimo
preside, ai suoi ordini, come sempre!” La donna, ancora
indignata, fece qualche passo avanti prendendo posto su una sedia
davanti alla
scrivania. “Il Signor Potter si è dimostrato di
gran lunga più maturo e garbato
di quanto avrei mai creduto. Mi sarei aspettato di trovarmi a
combattere contro
un piccolo bamboccione tronfio..!”
“Proprio
come quel maiale di suo padre!” La voce di Severus interruppe
le parole della Vicepreside, ma ad un gesto di Silente tornò
il silenzio. “Per
favore Minerva, continua.”
La donna
annuì, scambiando uno sguardo incollerito con Severus.
“Come
dicevo, Harry si è dimostrato di gran lunga superiore a
quello che era suo
padre quando frequentava la scuola, anzi per il modo di porsi e di
affrontare
le situazioni, mi ricorda più una versione giovanile di sua
madre. Ha dato
retta alle mie istruzioni per quanto ha potuto, anche quando ha perso
la calma
ha fatto in modo di limitare i suoi atteggiamenti infantili, ed ha
subito
legato e fatto amicizia con Hermione Granger, la nata babbana che era
con noi
durante il giro d’acquisti.”
Un piccolo sorriso
increspò le labbra della strega, quando nominò di
proposito la vecchia amica del professore di pozioni.
Un’occhiata al suo
bersaglio le diede modo di capire che sì, aveva colpito ed
affondato la sua
vittima. L’aria scorbutica del professore si era infranta, ed
ora c’era una
maschera gelida al suo posto. Eppure sembrava più triste che
arrabbiato.
“Tutto qui
Minerva, non ha fatto o detto nulla di strano? Niente di
rilevante a nessun livello?” Le sopracciglia del preside
erano inarcate mentre
cercava di nascondere la delusione. Una persona di questo tipo
prometteva di
essere una gran noia all’interno della scuola. Avrebbe quasi
preferito che
Harry assomigliasse a quell’esagitato di suo padre, che si
buttava nella
mischia ed era sempre il primo ad intervenire in caso di bisogno. Ora
gli
toccava trovare qualche leva con cui sollecitare il ragazzino, e la
cosa
avrebbe richiesto tempo. Congiungendo le mani al petto, avrebbe
osservato la
professoressa ricordare, ed infine riprendere a parlare.
“Bhe,
l’unica cosa fuori dalla norma che abbia fatto, è
chiudere il
suo conto alla Gringott e dare tutto il suo patrimonio in
beneficenza…” La
notizia colse di sorpresa tutti i presenti, e perfino alcuni quadri si
ritrovarono a trattenere il respiro. Il quantitativo di galeoni nel
conto dei
Potter, era vicino al centinaio di migliaia. “… ma
non devi preoccuparti di
questo Albus, il ragazzo ha scaricato dal suo zaino due lingotti
d’oro, come se
ne avesse a centinaia, ed a conti fatti penso abbia più
soldi nell’altro mondo
di quanto potrà mai spenderne in questo.”
Il silenzio si
dilatò nello spazio chiuso dell'ufficio, mentre tutti
facevano i conti con questa ammissione della donna. Piton aveva uno
sguardo
illeggibile, mentre Silente era spaesato, ma contento. “V-Va
bene Minerva,
grazie per il resoconto. Di certo questo è qualcosa che non
ci saremmo mai
aspettati, ma visto che li ha devoluti in beneficenza penso vada tutto
bene.”
L'anziano stregone prese un'altra caramella al limone, fece per
metterla in
bocca, ma il professore di Pozioni si schiarì la voce
rumorosamente.
“Preside,
penso sia il caso di tornare al motivo per cui ci ha
convocati nel suo ufficio in piena notte.” La mano del
preside si fermò a metà
del tragitto verso la bocca, mentre l'uomo rivolgeva un'occhiata a
Severus.
“Ehm... si, forse hai ragione.” Annuendo
pacatamente il preside ripose la
caramella nel sacchetto, bramandola immensamente, tornando poi ai due
docenti.
“Vi ho convocati per parlare della Pietra Filosofale. Come
sapete, il mio buon
amico Nicolas Flamel mi ha chiesto di custodirla nel castello per via
di alcuni
tentativi di furto quasi riusciti, ed io ho deciso di accettare. Oggi
la pietra
è stata ritirata da Hagrid alla Gringott, ed è
per ora sotto la mia custodia,
tuttavia vorrei che nel mese che resta prima dell'inizio della scuola,
il
corridoio abbandonato del terzo piano venga allestito e preparato per
proteggerla. Ogni professore metterà il suo contributo senza
però far sapere
agli altri cosa hanno preparato, questo penso che garantirà
un livello adeguato
di sicurezza.”
I due professori,
capendo la gravità della situazione annuirono
seriamente, non senza però avere qualche remora.
“Preside, non sarebbe più
sicuro se la pietra rimanesse nel suo ufficio, sotto la sua vigilanza
ed i suoi
incantesimi? Lei è un incantatore migliore di quanto noi
saremo mai. Spostare
la pietra in un
corridoio, con diversi
livelli di difese sembra più un test, che un sistema di
protezione...” Piton
parlò lentamente, con voce calma, ma perfino Minerva che era
seduta a qualche
passo da lui, poteva capire dove voleva andare a parare.
“Penso che il
professor Piton abbia ragione Albus. Se stai architettando qualche
stupido
piano per addestrare e mettere alla prova Harry Potter, ti voglio
consigliare
di lasciar perdere fin da subito. Ti avverto che sto tenendo una fitta
corrispondenza con Sirzechs Lucifer, e sono pronta a
scrivergli subito di
qualsiasi anomalia dovesse accadere a scuola. Non hai dimenticato la
sua ultima
visita, vero Albus? Ha minacciato di distruggere Hogwarts e l'intera
Gran
Bretagna magica se dovesse accadere qualcosa ad Harry, e sappiamo
entrambi che
ne ha sia la forza, che la volontà. Dobbiamo solo
ringraziare la nostra buona
stella che lui non sia come il suo predecessore, altrimenti non saremmo
nemmeno
qui a fare questa conversazione.”
Le
parole della McGrannit colpirono in profondità, facendo
svanire ogni ombra di allegria che il vecchio mago avesse avuto durante
la
giornata. “Minerva, ti prego di tenere i tuoi commenti per
te, e di fare quanto
ti è stato ordinato. Per quanto possa disturbarti, sono
ancora io il Preside
della scuola, ed ora che il mio nome è riabilitato lo
rimarrò ancora a lungo.
Domani la pietra verrà spostata, voi imporrete delle
protezioni, e tanto
basterà, d'accordo?” L'aura di potere sprigionata
dal preside fece gonfiare e
scuotere il mantello di Severus e la vestaglia di Minerva, che una
volta di più
ebbero una dimostrazione del livello di demenza raggiunta dal loro
superiore.
Silente era diventato come un enorme bambino viziato, con un potenziale
magico
sufficiente ad incenerirli tutti. L'unica cosa che potevano fare era
assecondarlo
fino a che aveva tutte le vite degli studenti in ostaggio, e sperare
che la sua
esistenza finisse presto, o che quanto meno rinsavisse prima della fine.
““Sissignore””
Professore di Pozioni e professoressa di
Trasfigurazione parlarono insieme, come solo poche ore prima avevano
fatto
Harry ed Hermione, ma nell'aria non c'era lo stesso senso di sollievo e
giovialità. I due professori si congedarono, Silente
tornò alle sue caramelle,
ma invece di riprendere a mangiarle le buttò nel fuoco.
“Nessuno
riesce a capire che tutto quello che sto facendo
è per il bene superiore...”
Quest'ultima
frase la sentì solo la fenice, che trillò
inviperita prima di volare fuori dalla finestra. A volte gli
atteggiamenti di
Silente infastidivano pure il suo famiglio.
*************
Castello
del Maou
Lucifer – Mondo Sotterraneo
1 Settembre, 1991
Il
primo Settembre, Harry si svegliò alle 6:30 del
mattino, in preda all'agitazione. Nel letto con lui c'erano Rias, Akeno
e
Koneko, che avevano preso tutte l'abitudine di intrufolarsi in camera
sua a
notte fonda, per poterlo usare come cuscino, abbracciandolo ne sonno.
Harry
sorrise nel vedere la rossa Rias stringergli il braccio destro, la mora
Akeno
stringergli il sinistro, e la piccolo Koneko che giaceva raggomitolata
sul suo
petto come un gattino.
Ormai
era più di un anno che quest'episodio si ripeteva
ogni mattina, ed Harry aveva imparato come sgattaiolare via dalle
lenzuola
senza svegliare le ragazze, tuttavia quello era un giorno speciale,
infatti
quel giorno sarebbe inizia la loro avventura nel mondo umano, e tutti
avevano
bisogno di prepararsi. Avvicinando una mano alla coda bianca di Koneko,
Harry
iniziò ad accarezzarla
e stringerla,
fino a che la piccola bambina dai capelli bianchi non iniziò
a muoversi nel
sonno. Alla fine apri gli occhi, guardando confusamente Harry. Quando
lo
riconobbe gli sorrise, stringendo il suo petto un po' più
forte.
“Koneko,
io devo andare a prepararmi, puoi svegliare tu le
altre e dire loro di sbrigarsi? Sono sicuro che anche se siamo ore in
anticipo,
Rias ed Akeno ci impiegheranno un sacco di tempo a mettere le loro cose
in
valigia, e non voglio proprio arrivare in ritardo.” La voce
di Harry era bassa
e gentile, e di fronte a quel tono di voce, la piccola Nekomata, in
parte donna
ed in parte gatto, non poté che annuire. Con uno sforzo di
volontà ritrasse le
sue orecchie e la sua coda, prendendo in tutto e per tutto le sembianze
di una
bambina normale, scivolando poi dal petto di Harry per farlo scendere.
“Grazie
Koneko, sei sempre la più gentile.”
La
bambina arrossì, distolse lo sguardo, gonfiando le
guance indignata. “Harry è sempre così
diretto, non deve illudere le ragazze
così, le ragazze non devono essere illuse, Harry è cattivo, molto
cattivo.” La sua voce era solo
un borbottio, ma nonostante le sue parole, il suo viso era sorridente.
“Ah,
in questa storia non sono io il cattivo, ma vedrai
che prima o poi un cattivo comparirà.” Con
quest'ultima battuta Harry si alzò,
andando in bagno per farsi una doccia. Nel contempo un vociare
femminile arrivò
dalla sua camera, segno che sia Rias che Akeno si erano svegliate, ed
avevano
iniziato a litigare per il diritto di preparargli la colazione.
La
mattinata procedette in un fremito di preparativi,
ovunque nel castello del Maou c'erano servitori che si muovevano,
raccogliendo
calzini spaiati o preparando razioni di cibo e provviste di
sopravvivenza per
settimane. Questo nel caso estremamente improbabile in cui il treno
deragliasse
finendo in un buco nero che li avrebbe fatti viaggiare indietro nel
tempo fino
all'età della pietra. Si, era un'ipotesi assurda e ridicola,
ma con
l'avvicinarsi della partenza, il loro 'Re' era diventato sempre
più paranoico,
alternando momenti di totale depressione, a momenti di paura e pianto
disperato.
“No
Harry, non andare!” Inconfondibile con i suoi capelli
cremisi, le lacrime che rigavano il viso, ed il piccolo bambino in
braccio, il
Maou fece la sua comparsa nella Sala d'Ingresso dove giacevano
ammucchiate
l'equivalente di un camion di valige. “Parlerò con
Silente, distruggerò Hogwarts,
mangerò tutta la minestra anche se a prepararla è
Grayfia, ma ti prego non
andare!” Era tornato nella fase di pianto disperato. Al suo
fianco sua moglie
aveva le braccia incrociate, ed emetteva un'aura negativa. Non gli
piaceva
quando suo marito, uno dei signori dell'Inferno si comportava in quel
modo così
misero, e soprattutto odiava essere tirata in ballo per le sue doti
culinarie.
Certo, lei indossava sempre un abito da cameriera, ma questo non voleva
dire
che fosse una brava cuoca, al contrario ogni suo pasto andava servito
con un
Bezoar vicino in caso di necessita.
“Sirzechs...”
nell'ultimo periodo, su richiesta del Maou
in persona, Harry avevano iniziato a chiamarlo con il suo nome di
battesimo,
rendendo il loro rapporto ancora più vicino rispetto a
quello che dovrebbe
esserci tra un 'Re' ed il suo servitore. Per lui, Lucifer era come un
padre, ed
allo stesso modo veniva considerato come un figlio dal demone.
“... sai bene
che dobbiamo andare. Prometto che torneremo per le vacanze di natale, e
che ti
scriveremo ogni volta che potremo. E poi non devi mica preoccuparti no?
Siamo
stati addestrati nel combattimento da uno dei Demoni Supremi, cosa
potrebbe mai
accaderci di male?”
Le sue
parole fecero piangere ancora più forte il Maou,
che ora aveva iniziato a singhiozzare incontrollabilmente. Insieme a
lui, anche
tutto il resto della servitù si commesse, ed ovunque si
potevano sentire
commenti sula maturità di Harry. “Ah! Quando il
piccolo bambino che ho raccolto
per strada è diventato un uomo così saggio? Un
giorno sarai un grande demone
Harry, ed l'intero inferno risuonerà per le tue
gesta!” Il Maou continuò a
singhiozzare, mentre suo moglie lo portava via.
Dal
lato della stanza, al limitare del campo visivo di
Harry, comparve Tomak, uno dei demoni che gli aveva fatto da mentore
durante
quegli anni. Il vecchio mago, che come lui era un demone reincarnato,
stringeva
tra le dita una fondina con dentro un pregiato pugnale, e le istruzioni
sul
cerchio di teletrasporto da fare per arrivare alla stazione di King's
Cross.
Per evitare problemi, Harry avrebbe fatto l'incantesimo, portando con
se le sue
compagne di viaggio, mentre tutto il resto dello staff demoniaco,
compreso il
Maou, sarebbe rimasto indietro in modo da non destare sospetti.
Tomak
si avvinò, porgendo il pugnale ad Harry, che lo
prese con mani incerte. Lui non era un combattente di prima linea,
aveva
impiegato anni ad imparare come combattere a distanza senza che questo
lo
portasse ad uno scontro diretto, eppure ora si vedeva dare un pugnale,
che
probabilmente non avrebbe mai potuto usare. “Tomak,
perché questo regalo? Non
sarebbe meglio darlo a Koneko, lei riuscirebbe di sicuro a sfruttarlo
in
maniera migliore di me...” Le parole di Harry fecero fare un
passo alla
Nekomata, che subito osservò il pugnale, scuotendo il capo.
Lei incarnava il
pezzo della torre, e sebbene la sua aria piccola e fragile, era forse
la più
forte del loro gruppo per quanto riguardava il combattimento corpo a
corpo.
“Questo non è un normale pugnale Harry, riesco a
leggere un intricato flusso di
incantesimi al suo interno. Probabilmente il suo scopo non è
quello di essere
usato in combattimento.”
Koneko
parlò così, mantenendo sul viso un'espressione
tranquilla, che subito fu sostituita da una di dolore quando Rias
iniziò a pizzicarle
una guancia. “Non fare la sapientona solo perché
puoi leggere il flusso degli
oggetti e delle persone! Tu non dovresti neanche essere qui, hai solo
dieci
anni, non puoi venire a scuola con noi!” Koneko
gonfiò le guance, riassumendo
la stessa aria da bambina che aveva quella mattina appena sveglia
“Harry ed il
Maou hanno detto che io posso andare! C'è un'eccezione
speciale per me, perché
io sono importante per Harry!”
“Hey,
anche io sono importante per Harry!” Anche Akeno si
intromise nella discussione, portando le tre ragazze a litigare. Di
nuovo. Per
l'ennesima volta.
Il
bambino-sopravvissuto sorrise, scuotendo il capo,
riportando la sua attenzione a Tomak, che osservava il bisticcio tra le
ragazze, con un sorriso “La Nekomata ha ragione Harry, ho
incantato
personalmente questo pugnale, perché possa essere usato
anche dentro Hogwarts.
Se lo pianterai al suolo, infondendogli il tuo potere, ti
porterà in una realtà
parallela per un'ora al giorno, in modo da permetterti di continuare il
tuo
addestramento. Sarebbe un peccato se durante il tuo soggiorno umano tu
ti
impigrissi, non pensi?”
Il
demone sorrise, ed altrettanto fece Harry, che legò
l'arma alla cintura. “Grazie Tomak, sei il miglior insegnante
che potessi avere
in questi anni.” la voce di Harry era rotta dall'emozione, ma
nonostante questo
i suoi occhi erano chiari e belli come sempre. Non si sarebbe
abbandonato alle
lacrime neanche in quest'occasione. “Andiamo ragazze, non
vorremo mica perdere
il treno.” Le
sue parole misero subito
fine alla lite, e le ragazze si portarono alle sue spalle
tranquillamente. Rias
lo amava come un fratello visto che erano cresciute insieme, Akeno e
Koneko
invece lo stimavano perché Harry le aveva salvate ed aveva
dato loro una casa,
quando nessun altro lo avrebbe fatto.
Un
sigillo comparve in aria di fronte ad Harry, che
tendeva una mano seguendo le istruzioni che gli erano state date per
trovare la
stazione, prima che una luce bianca, fortissima li avvolgesse.
Loro,
e tutti i loro bagagli erano scomparsi, lasciando un
vuoto non solo nel castello, ma anche nei cuori delle persone che vi
abitavano.
*************
Binario
9 e ¾ –
Londra
Regno Unito
1 Settembre, 1991, ore 10:50 A.M.
La
luce li avvolse, per qualche istante nessuno fu in
grado di vedere nulla, e poi lentamente il mondo tornò a
fuoco, rivelando un
vasto binario ferroviario, su cui alloggiava una lussureggiante
locomotiva
scarlatta. Il logo Hogwarts Express compariva
sul fronte della sala Macchine, ed ai lati dei vari scompartimenti,
mentre
ovunque maghi e streghe salutavano i propri figli pronti a partire.
Fortunatamente,
nonostante il loro ingresso plateale,
Harry e la sua compagnia, riuscirono a passare inosservati grazie ad un
astuto
incantesimo non-notarmi, che era stato applicato intorno al sigillo di
teletrasporto. Le persone camminavo loro di fianco, o addirittura
rischiavano
di finire loro addosso, solo per spostarsi all’ultimo istante
senza neppure
sapere il perché.
Il
primo a riprendersi dopo la magia, fu Harry, che
voltatosi verso le sue amiche, le abbracciò tutte tenendole
strette. “Grazie
per essere qui… per aver scelto di venire con me. Non so
come sarebbe la mia
vita senza di voi.” Lui sorrise, loro arrossirono,
distogliendo lo sguardo quel
tanto che basta per non farsi notare. “Come se avessimo mai
potuto lasciarti
d-da solo. Tu attiri guai e noi d-dobbiamo tirartene fuori.”
Rias disse queste
parole, mentre le altre due balbettavano qualche commento simile.
Sembrava che
nonostante tutto, non avessero nessuna fiducia in Harry, o nel modo in
cui
trattasse le situazioni di pericolo.
Sorridendo
e lasciandole andare, il giovane demone avrebbe
rivolto la sua attenzione al problema successivo, i bagagli. A quanto
vedeva,
tutti gli altri bambini, compresi quelli più grandi e
ricchi, avevano al massimo
un baule l’uno, non una dozzina l’uno come invece
era per loro. “Sembra che al
castello si siano sbizzarriti. Qui abbiamo abbastanza roba per occupare
un
intero vagone, e non credo che la cosa sia permesse. Oh beh,
vorrà dire solo
che si dovrà rimediare no?”
Un
occhiolino dell’incantatore, ed un gesto complesso
delle sue dita, fece comparire ai loro piedi quattro bauli delle stesse
dimensioni di quelli degli altri ragazzi. Ogni baule differiva
dall’altro, per
via del colore che Harry aveva scelto per loro. Alla fine aveva
impostato un
semplice sistema che prevedeva che il colore dei capelli del
proprietario,
corrispondesse a quello del baule, quindi Rias lo aveva cremisi, Akeno
lo aveva
nero, e Koneko lo aveva bianco. Il suo differiva da questa specifica,
avendo
assunto il colore verde dei suoi occhi, anziché quello dei
suoi capelli. Voleva
evitare di confonderlo con l’angelo caduto.
Ad un
gesto della sua mano, l’enorme pila di bagagli venne
suddiviso equamente tra i vari bauli, scomparendo al loro interno,
quasi questi
non avessero fondo. Ad uno sguardo interrogativo delle ragazze, che
avevano
osservato ogni suo gesto ed azione, lui rispose alzando le spalle
casualmente.
“Incantesimo di creazione primordiale, specifica collaterale
legata alla
volontà dell’attuatore, incantesimo di pozzo senza
fondo, ed incantesimo peso
piuma. Fondamentalmente, io non so neanche perché sto
venendo a questa scuola,
so probabilmente fare più incantesimi dei professori, e li
so fare anche
meglio. Ma mi raccomando, tutto questo deve rimanere segreto, le nostre
identità, i nostri poteri e le nostre capacità
sono off-limits. Se gli umani
scoprissero che si possono ottenere capacità come queste,
l’inferno sarebbe
preso d’assalto nel giro di un mese.”
Ripeté
le stesse raccomandazioni che ormai faceva loro da
un mese, sovrastando il suono delle loro lamentele. “Smettila
di ripetercelo,
pensi che siamo stupide?!” “Harry è
sempre così cattivo, non deve dirci le
stesse cose, noi sappiamo mantenere i segreti” “Oh,
Harry è così virile quando
ci da ordini, ti prego daccene ancora...” Il ragazzo
sospirò, incominciando a
sciogliere i legacci dell'incantesimo che li teneva nascosti. Lo fece
ancora
lui perché a differenza sua, loro non avevano alcuna
capacità magica. Certo,
potevano incanalare i loro poteri demoniaci tramite una bacchetta e
fare le
stesse cose che facevano i maghi, ma erano allo stesso livello degli
altri
bambini del primo anno in quanto a capacità e conoscenze. In
loro difesa c'è
però da dire, che se avessero combattuto senza limitazioni,
ognuna di loro
avrebbe potuto dargli filo da torcere in uno scontro reale.
“Ragazze,
sono le undici meno dieci, conviene che saliamo
sul treno prima che questo vada via senza di noi. Parleremo meglio
dopo, quando
saremo da soli, ok?” Harry sorrise con il suo solito sorriso
tranquillo e
pacifico, e le ragazze non poterono che annuire mitemente. Per quanto
odiassero
ammetterlo, c’era qualcosa di unico in quel ragazzo,
così simile a loro eppure
così diverso. Così maturo, padrone di se,
tranquillo e gentile.
Una
volta sul treno la ricerca di uno scompartimento non
fu facile. Ogni scompartimento, che fosse piccolo o grande, era sempre
occupato
da tre o più persone. Certo, loro avrebbero comunque potuto
prendere posto,
finendo per dividersi in più scompartimenti, ma le ragazze
si opposero
categoricamente all’idea di allontanarsi da Harry ora che
avevano più bisogno
di lui. Del resto questo era il loro primo viaggio lontano da casa, era
il loro
primo incontro con il mondo della magia, e per quanto gli fossero stati
insegnati gli usi ed i costumi che vigevano in quel mondo, erano ancora
tremendamente impaurite da tutto.
Alla
fine arrivarono in coda al treno, nell’ultima
carrozza, all’ultimo scompartimento. Al suo interno, per puro
miracolo,
trovarono solo una persona. Un ragazzo di colore, che sembrava avere la
loro
stessa età, e che stava guardando tranquillamente fuori dal
finestrino.
“Scusa,
sono occupati” Harry richiamò
l’attenzione del
ragazzo ed indicò con un cenno della mano i posti vacanti
intorno a lui “ No,
sono liberi, sedetevi pure.”
Il ragazzo
fece loro segno di entrare, tornando poi a guardare fuori dal
finestrino. I
demoni, seguendo l'esempio di Harry, si accomodarono, sistemando i
bagagli
magicamente ridotti, sulle retine sopra i sedili.
“Io
sono Blaise Zabini, voi invece come vi chiamate?” Lo
sguardo di Blaise era curioso, attento, quasi fosse incerto su come
comportarsi
davanti a persone così diverse rispetto alla norma. In
effetti, per una persona
nata e cresciuta in Inghilterra, doveva sembrare strano vedere persone
così
diverse le une dalle altre, infatti sebbene lui e Rias avessero tratti
occidentali, Akeno e Koneko condividevano tra loro dei tratti
orientali. La
prima era giapponese, mentre la seconda coreana.
“Io
sono Harry, mentre loro sono Rias, Akeno e Koneko.
Siamo felici di fare la tua conoscenza.” Harry si
presentò per tutti, indicando
ogni ragazza man mano che ne pronunciava il nome. “Harry,
sappiamo parlare da
sole!” A riprenderlo era stata Rias, forse leggermente stufa
del suo atteggiamento
così paterno. Lei voleva essere considerata una ragazza da
lui, non una
amica/sorella, come invece veniva trattata. “Ah, scusami, non
volevo darti
fastidio.” La ragazza si inalberò, reprimendo quel
sentimento che sentiva
crescere dentro di lei ogni volta che lui le sorrideva.
Ma
nonostante tutte le parole dette, Blaise sembrava aver
colto solo una cosa. “Tu sei Harry? Harry Potter?”
La sua voce prima incolore,
aveva ora assunto una nota di curiosità che non riusciva a
reprimere. “Si, sono
io.” Harry si alzò la frangia che opportunamente
copriva la cicatrice a forma
di saetta, e gli occhi del ragazzo scattarono verso quella.
“Non avevo creduto
realmente alle voci sul fatto che saresti venuto ad Hogwarts. Sono
girate così
tante voci su di te negli ultimi anni. Si può sapere dove
sei stato, nessuno è
riuscito a trovarti”
Harry
sorrise, fece accomodare Koneko sulle sue gambe come
la bambina era solita fare, tornando poi a guardare il coetaneo.
“Oh, in nessun
posto in particolare a dire il vero. Sono stato un po' qui, un po'
lì, davvero
nulla di eccezionale.” In sottofondo, si diffuse la risata
trattenuta di Akeno,
che stava ora ridendo per la casualità con cui Harry aveva
risposto a quella
domanda che di sicuro in molti gli avrebbero fatto d'ora in poi.
“Oh,
capisco. Scusami, non volevo sembrare sfacciato, non
avevo alcun diritto di chiederti quelle cose, mi dispiace.”
Il rammarico era
evidente nella voce del ragazzo, che sorrise imbarazzato ad Harry, ed
alla sua
amica seduta sulle sua ginocchia. Di certo quello non era un
comportamento
normali per quella parte del mondo. “Non devi preoccuparti,
è stata una domanda
normale, ed anzi sarebbe stato più strano se tu non me
l'avessi fatta. Spero
che nonostante la mia storia passata potremo essere amici, purtroppo
oltre
queste qui non conosco nessuno io.” Harry sorride, indico le
ragazze alzando
gli occhi al cielo esasperato, e come pagamento ricevette un pugno in
testa da
Rias.
“Ehi,
se ti diamo così fastidio possiamo pure tornare
indietro sai?” La Gremory disse questo, mentre nello
scompartimento si
diffondeva ora la risata di Blaise. Dopo qualche istante il momento di
ilarità
era passato, ed il ragazzo allungò una mano verso Harry che
la strinse di buon
grado. “Certo che possiamo essere amici, spero solo che
finiremo nella stessa
casa, le cose sarebbero difficili altrimenti.”
“La
stessa casa?” A parlare, leggermente intimorita, era
stata Koneko, che dalla sua posizione sulle ginocchia di Harry, ora
voltava il
viso rosso verso Blaise “Cosa vuol dire la stessa
casa?” Il ragazzo di colore
la guardò confuso dopo questa affermazione, ma colse
l'espressione di scuse di
Harry che era dietro di lei. “Ehm... le case, quelle di
Hogwarts. La prima cosa
che fanno con i bambini del primo anno, è quella di
dividerli in una casa a
seconda delle proprie potenzialità. Corvonero per le persone
argute, Tassorosso
per quelle leali, Serpeverde per quelle astute, e Grifondoro per i
coraggiosi.”
Blaise
parlò mitemente, illustrando alla piccola Nekomata
il sistema di smistamento della scuola. Le ragazze subito si fecero
prendere
dal panico alla notizia, nessuna di loro si era presa la briga di
leggere
Storia di Hogwarts. “““Quindi potremmo
finire in una casa diversa da quella di
Harry?!””” La loro domanda fu
però eclissata dall'aprirsi dello scompartimento,
nel quale si affacciarono altre due persone. Harry riconobbe Hermione,
accompagnata da un ragazzo con i capelli rossi.
“Harry,
ti ho trovato! Pensavo quasi non fossi sul treno”
Hermione sorrise radiosa al bambino-sopravvissuto, che in risposta la
invitò ad
entrare. “Hermione! Scusami, sarei dovuto a venire a cercarti
dopo aver trovato
uno scompartimento, ma ho fatto amicizia con questo ragazzo e la cosa
mi è
proprio passata di mente. Ti va di sederti con noi?” Harry
indico gentilmente l'ultimo
dei posti liberi, mentre la voce del rosso scoppiò
indelicata dallo sportello.
“Quindi
è vero, sei Harry Potter!” Harry inarcò
un
sopracciglio, e fece cenno di si con la testa, alzandosi la frangia
come già
aveva fatto qualche attimo prima. “Miseriaccia, quindi
è tutto vero, quella
storia su te che uccidi tu-sai-chi. E dimmi, come
sono andate le cose, ricordi tutto vero?”
L'espressione
di Harry divenne indecifrabile per qualche
istante, per poi tornare tranquilla. Intorno a lui, le ragazze
iniziarono a
muoversi a disagio. “Oh si, ricordo tutto. È
successo che Voldemort è arrivato
a casa mia in piena notte, ed ha attaccato i miei genitori. Loro hanno
cercato
di difendermi, ma sono morti, e quando Voldemort mi ha lanciato
l'anatema che
uccide, io l'ho preso a mani nude e lo rilanciato indietro. Per buona
misura ho
pure aggiunta una fattura esplosiva in modo che non restassero tracce,
non
volevo mica farlo sapere al mondo no?”
Harry
continuò a sorridere, ma perfino il più tonto
avrebbe capito che quello era un sorriso finto, di circostanza, che
nascondeva
in realtà una profonda irritazione. “Fico, quindi
è così che andata?” Gli occhi
del rosso erano sgranati, mentre guardava Harry rapito. Alla fine la
maschera
del bambino-sopravvissuto cadde, lasciando solo una faccia stanca e
sconcertata. “Certo che no! Avevo solo un anno
quand'è successo, come pretendi
che ricordi quello che accadde quella notte? Sei forse
cerebroleso?” Harry
sputò quelle parole con cattiveria, ed una parte di lui
godette nel vedere il
ragazzo arrossire fino alle orecchie, facendo un passo indietro.
“Ah...
si, certo. Immagino tu abbia ragione. Beh, è meglio
che vada, i miei fratelli saranno in pensiero per me. Tu puoi restare
pure qui
Hermione, cercherò io il rospo di Neville.” Il
rosso disse quelle parole,
allontanandosi velocemente dallo scompartimento. La porta si chiuse
alle sue
spalle, ed il gruppo neo-formato, comprendeva un'Hermione seduta
proprio di
fronte ad Harry. Lo sguardo della ragazza era duro mentre tornava a
rivolgersi all'amico.
“Harry, saresti potuto essere più gentile. Capisco
che lui sia stato scortese,
ma questo non ti autorizza ad esserlo a tua volta.”
“Mi
sa che hai ragione Hermione, devo ancora abituarmi a
tutta questa storia della popolarità.” Harry
chiuse gli occhi, chinando il
capo, e per qualche secondo regnò il silenzio.
“Harry...” era di nuovo la voce
di Rias “... chi è questa ragazza?” Le
sue parole erano lente e misurate,
mentre lanciava occhiate incenerirtici proprio lì dove c'era
la sua testa. “ Ah
si, hai ragione. Ragazzi, lei è Hermione, abbiamo fatto il
giro delle compere
insieme alla McGrannit a fine Luglio. Come me, lei non era mai stata
nel mondo
magico, e quindi abbiamo fatto amicizia facilmente.”
Harry
era tornato a sorridere, ma era l'unico a farlo. Le
ragazze che con lui si erano trasferite dall'inferno, guardavano
Hermione con
sguardo truce, alla quale la ragazza rispondeva solo con un senso di
estremo
disagio. Blaise invece, era incuriosito da lei, e fu il primo a
riprendere la
parola. “Non eri mai stata nel mondo magico? Sei forse una
nata babbana?”
Le sue
parole attirarono l'attenzione della ragazza, che
voltò il capo verso di lui, contenta di avere una scusa per
togliersi quelle
occhiatacce di dosso. “Oh si, ho scoperto di essere una
strega solo da qualche
mese. Prima non avevo mai dato troppa importanza a tutte le cose strane
che mi
accadevano, ora invece so che c'è un motivo
dietro.” Il sorriso di Hermione era
radioso, ma per qualche motivo Blaise non riuscì a
ricambiarlo. Quello che
riuscì a fare fu solo inclinare debolmente le labbra verso
l'alto.
“Se
posso darti un consiglio, cerca di nascondere le tue
origini. Ci sono molte persone, soprattutto in Serpeverde, che odiano
quelli
come te. Li chiamano ‘Sanguemarcio’, che
è il peggior insulto che potrebbero
dirti, e da quando Harry è sparito...” un cenno al
redivivo
bambino-sopravvissuto, che ascoltava con attenzione le parole del
non-più-tanto-simpatico Blaise. “... le persone
che la pensano così non hanno
fatto che aumentare... potrebbe tornarti più utile dire di
essere una
mezzosangue, figlia di un babbano e di una strega.”
Alle
sue parole seguì un silenzio teso. Nessuno osò
romperlo, ma tutti stavano pensando la stessa cosa. “E tu
Blaise, la pensi in
quel modo?” Ancora una volta era Harry quello che si esponeva
per tutti. Di
certo il fatto di essere un demone onnipotente aiutava la sua
autostima. Il
ragazzo di colore alzò le spalle quando sentì
quella domanda, tornando a
guardare fuori dal finestrino. “Probabilmente io
finirò a Serpeverde, ma la mia
famiglia ha sempre preferito non esporsi. Vivere in una zona neutra,
non
partecipare al conflitto, arrivando poi per prendere quello che resta
del
potere che le persone perdono. È in questo modo che agiamo
noi Zabini.”
Harry
annui, non avendo altro da dire, ma il suo sguardo
si sposto su Hermione, che era scioccata dalle parole del ragazzo. Lei
gli
aveva confidato che sperava tanto di trovare un luogo sicuro ad
Hogwarts, un
luogo dove non sarebbe stata presa in giro perché studiava,
e dove finalmente avrebbe
avuto tanti amici, ed ora le avevano detto che fin dall'inizio sarebbe
stata
presa di mira dai bulli della situazione per via delle sue origini.
Delle
lacrime avevano iniziato ad accumularsi al bordo dei suoi occhi, ma
facendo
affidamento alla forza di volontà che era nata in anni di
solitudine, le spinse
indietro, strofinandosi gli occhi. Harry provò compassione
per lei, per la sua
situazione, e per quei sentimenti che lui condivideva e conosceva fin
troppo
bene. Lentamente sposto Koneko dalle sue ginocchia, sollevandosi per
avvicinarsi alla strega dai capelli crespi.
“Ehi.
Non permetterò a nessuno di prenderti in giro,
capito? Io sarò sempre tuo amico, non mi importa di cosa
siano i tuoi genitori,
a me interessa quello che sei tu. Ed io vedo solo una strega bellissima
e
brillante di fronte a me.” Harry sorrise, Hermione lo
guardò con il viso rosso,
ed in quel momento le altre ragazze nello scompartimento capirono che
si era
unita un'altra pretendente alla lista di persone che amavano Harry.
“Io
posso farcela da sola!” Nonostante i suoi sentimenti
fossero palesi, la ragazza rispose così, ed Harry le
accarezzo gentilmente i
capelli. “Certo che puoi, ma non c'è motivo
perché io non possa aiutarti se ce
ne sarà bisogno, no?” Un occhiolino, un sorriso, e
poi il bambino-sopravvissuto
tornò al suo posto.
L'aria
si alleggerì ed il viaggio riprese in pace, mentre
il treno si avvicinava sempre di più alla scuola.
*************
Sala
Grande –
Hogwarts
Regno Unito
1 Settembre, 1991, ore 07:50 P.M.
I
passi degli studenti risuonarono sul pavimento in
pietra, mentre l’enorme guardiacaccia, presentatosi con il
nome di Hagrid, li
guidava su per il castello fino ad incrociare la Vicepreside McGrannit.
“Grazie
Hagrid, puoi andare ad unirti agli altri professori in Sala Grande, io
sarò
lì a
breve con i bambini” La
professoressa sorrise al mezzogigante, spostando poi la sua attenzione
sul
vociare concitato dei primini.
Da
quando Hogwarts era apparsa all’orizzonte, molte delle
paure e dei timori degli studenti erano stati sostituiti da meraviglia,
ma non
per tutti la scuola era un immenso e magnifico castello impregnato di
magia,
infatti per Harry e le sue compagne che venivano dal mondo demoniaco,
l’enorme
patrimonio culturale inglese, era forse la metà della
grandezza del castello
del proprio ‘Re’, senza contare che era ancora meno
opulento ed incuteva un
minor senso di potere.
Il
bambino-sopravvissuto sospirò, mentre dall’altro
lato
della fila, Ron Weasley, il tipo dai capelli rossi che aveva trattato
male nel
treno, raccontava di come lo smistamento avvenisse attraverso una gara
di lotta
libera. Rias si strinse un po’ di più a lui,
mentre la professoressa, sempre
con quel suo cipiglio severo, richiamava l’attenzione di
tutti. “Bambini
silenzio! Questo è un momento molto importante per voi, tra
poco entrerete
nella Sala Grande, ed una volta lì compirete il primo passo
della vostra
carriera scolastica. Il cappello parlante vi smisterà nella
casa a cui siete
più propensi, e da quel momento la vostra casa
sarà un po’ come la vostra
famiglia. I vostri successi accademici le faranno guadagnare punti,
mentre le
vostre infrazioni alle regole gli faranno perdere punti. Alla fine
dell’anno,
la casa con più punti vincerà l’ambita
coppa delle case, un grande onore per
ogni studente.”
Le
parole le vennero fuori con quel suo solito tono da
generale, che fece sorridere Harry. Istintivo il bambino
cercò con lo sguardo
Hermione, che poco più in là gli sorrideva.
Entrambi stavano pensando la stessa
cosa. “Adesso mettetevi in fila per due e preparatevi, quando
vi darò il
segnale entrerete e
sfilerete tra i
tavoli delle case, fermandovi di fronte al tavolo d’onore. Mi
sono spiegata
bene?” Il silenzio accompagnò le parole della
donna, anche se Harry dové combattere
la voglia di rispondere con un saluto militare alle istruzioni che
erano state
impartite loro. “Perfetto, allora preparatevi, ed attendete
il segnale. Fatemi
vergognare del vostro comportamento, ed avrete segnato il vostro primo
errore
da quando avete messo piede nel castello.”
La
donna in vesti scozzesi annuì alle sue stesse parole,
voltandosi impettita per rientrare in Sala. In quel momento i bambini
iniziarono a dividersi. Lui si pose vicino a Rias, mentre dietro di
loro
c’erano Akeno e Koneko. Proprio di fronte, Blaise divideva il
posto con
Hermione, che si trovava leggermente a disagio per il compagno che le
era
capitato.
“Dunque
è vero, Harry Potter è tra noi.” Una
voce più
forte delle altre interruppe i preparativi dei bambini, mentre un
piccoletto
biondo, con un viso affilato e capelli laccati all’indietro,
si fece avanti
portandosi proprio davanti ad Harry. “Io sono Draco, Draco
Malfoy. Sei nuovo
qui, e lo capisco, ma presto imparerai che alcune famiglie sono
migliore di
altre. Lascia che sia io ad insegnartelo.” Draco
allungò una mano verso Harry,
che alzò un sopracciglio dubbioso su come comportarsi. Era
sicuro che quel
piccolo damerino, che dietro di se aveva due bambini stranamente simili
a
gorilla, fosse uno dei tanti decantati Purosangue, i trascinatori di
folle che
portavano avanti l’ideologia superata che Blaise gli aveva
raccontato sul
treno.
Per un
attimo il piccolo demone incrociò lo sguardo
dell’amico di colore, che gli sorrideva come a voler dire
‘Visto? Che ti avevo
detto?’. Harry sorrise di rimando quando colse il messaggio
che gli era stato
lanciato, e senza pensarci più di tanto, strinse la mano di
Draco. “Sono felice
di conoscerti Draco, ma penso di essere più che capace di
capire chi sono le
persone giuste da solo. Grazie.” Harry strinse un
po’ più forte la mano di
Draco, causandogli un piccolo fremito di dolore, tornando poi nella
fila vicino
a Rias. “Stai facendo la scelta sbagliata Potter. Vedi di non
fare amicizia con
SangueMarcio o NemiciDelProprioSangue, altrimenti la tua vita a scuola
diventerà difficile.” Harry voltò di
nuovo la testa, il sorriso completamente
svanito dal proprio corpo, l’aria in fermento intorno a lui.
“E tu capirai
molto presto Draco, che ora che sono qui le cose cambieranno. Non
voglio più
sentire la parola SangueMarcio riferita a nessuno. Parola del bambino
che ha
ucciso Voldemort.”
A
sentire quel nome la folla di primini trattenne il
fiato, e tutti iniziarono a parlare agitati, senza accorgersi che il
segnale
della professoressa era appena apparso in aria di fronte a loro. “Ora se
vuoi scusarmi, sembra proprio
che sia arrivato il momento del nostro momento.” Harry prese
le mano di Rias, a
si avviò verso la Sala Grande. Dietro di lui
c’erano solo Akeno, Koneko, Blaise
ed Hermione. Quest’ultima sorprendentemente, sorrideva in
maniera radiosa.
Tutti gli altri bambini rimasero fuori dalle porte d’ingresso
senza sapere bene
cosa fare.
Quando
i sei raggiunsero i posti davanti al tavolo
d’onore, il generale McGrannit si alzò, andando a
recuperare l’altra ventina di
bambini rimasti indietro. Il suo sguardo era di pura indignazione, e
per un
momento era quasi convinto che questa fosse stata diretta verso di lui.
Il
bambino sorrise, tornò a guardare il tavolo dei professori,
sempre tenendo
stretta la mano di Rias, che sorrideva a disagio di fronte allo sguardo
di
tutti gli altri studenti presenti in sala.
Poco
dopo il contingente marciò dentro come un plotone
perfettamente addestrato, fermandosi dietro ai bambini già
presenti. Minerva,
soffiando come un gatto irritato si pose davanti alla fila, lanciando
occhiatacce ad Harry ed i suoi amici. “Portate il Cappello
Parlante!” La voce
della donna riverberò nell’aria, mentre un tipo
strano, che aveva tutta l’aria
del custode, portava dentro, da una stanzetta laterale, uno sgabello
con un
logoro cappello sopra.
Harry
fissò l’artefatto, individuando
quantità industriali
di incantesimi e magia al suo interno, fino a che questo non spalanco
lo
strappo poco sopra la falda iniziando a cantare.
Forse
pensate che non son bello,
ma non giudicate da quel che vedete
io ve lo giuro che mi scappello
se uno più bello ne troverete.
Potete tenervi le vostre bombette
i vostri cilindri lucidi e alteri,
son io quello che al posto vi mette
e al mio confronto gli altri son zeri.
Non c'è pensiero che nascondiate
che il mio potere non sappia vedere,
quindi indossatemi ed ascoltate
qual è la casa in cui rimanere.
È forse Grifondoro la vostra via,
culla dei coraggiosi di cuore:
audacia, fegato, cavalleria
fan di quel luogo uno splendore.
O forse è a Tassorosso la vostra vita,
dove chi alberga è giusto e leale:
qui la pazienza regna infinita
e il duro lavoro non è innaturale.
Oppure Corvonero, il vecchio e il saggio,
se siete svegli e pronti di mente,
ragione e sapienza qui trovan linguaggio
che si confà a simile gente.
O forse a Serpeverde, ragazzi miei,
voi troverete gli amici migliori
quei tipi astuti e affatto babbei
che qui raggiungono fini ed onori!
Venite dunque senza paure
E mettetemi in capo all'istante
Con me sarete in mani sicure
Perché io sono un Cappello Parlante!
Quando
la canzone finì, nella sala scoppiarono ovazioni da
ogni tavolo, quasi volessero vedere quale poteva urlare più
forte e fare più
rumore. I bambini del primo anno al contrario, rimasero in silenzio,
mentre i
loro muscoli si rilassavano, contenti nello scoprire che non
c’era nessun
combattimento a mani nude da affrontare, ma solo uno stupido cappello
da
indossare.
Harry
applaudì insieme agli altri, spostando la sua
attenzione dal cappello al tavolo dei professori. Fu in quel momento
che vice
il vecchio mago, che sapeva essere Silente, guardarlo con aria
famelica, con un
sorriso fin troppo finto in viso. Harry fissò di rimando
l’anziano stregone,
parando la sua stoccata di Legilimanzia, con uno scudo di Occlumanzia.
L’espressione di Silente divenne sorpresa, mentre il sorriso
di Harry si
allargò. E questo era solo l’inizio, non si
sarebbe fatto mettere i piedi in
testa dal vecchio mollusco.
A quel
punto, la professoressa McGranitt si fece avanti
tenendo in mano un lungo rotolo di pergamena.
“Quando chiamerò il vostro nome, voi metterete il
cappello in testa e vi
siederete sullo sgabello per essere smistati” disse.
“Abbott Hannah!” Una
ragazzina dalla faccia rosea e con due codini biondi venne fuori dalla
fila
inciampando, indossò il cappello che le ricadde sopra gli
occhi e si sedette.
Un attimo di pausa... “TASSOROSSO!”
gridò il cappello, dando modo al tavolo
rosso/bronzo di festeggiare.
Da
quel momento le cose andarono liscie, molte persone
vennero smistate, mentre Harry e le sue amiche attendevano il loro
turno. Per
un tacito accordo che il suo signore Lucifer aveva preso con la
professoressa,
Rias, Akeno e Koneko, sarebbero state chiamate subito dopo di lui, in
modo tale
che potessero convincere il vecchio cappello a metterle nella sua
stessa casa.
Harry era venuto a conoscenza di questo da poco, e non era stato troppo
contento, ma a conti fatti era la cosa migliore pure per lui averle
vicino,
così avrebbe potuto tenerle d’occhio e proteggerle
in caso di necessità.
Quando
la professoressa chiamò il nome di Hermione, la
bambina dai capelli crespi si mosse rapidamente verso lo sgabello, e si
sbatté
il cappello in testa senza tante cerimonie. Passò quasi un
minuto prima che il
vecchio pezzo di magia si decidesse, ed urlasse a tutta la sala la sua
scelta.
“GRIFONDORO!”
Il
tavolo rosso ed oro esplose in cori di ovazione, così
come succedeva ogni volta che guadagnavano un nuovo compagno di casa,
mentre la
fila riprendeva a scorrere. Hermione prese posto vicino ai suoi nuovi
compagni,
ed Harry riuscì ad incrociare il suo sguardo per un attimo.
Lui le sorrise, e
lei ricambiò con un’espressione felice che non le
aveva mai visto fino a quel
momento.
Alla
fine tocco ad Harry. Quando il suo nome fu chiamato,
il silenzio nella sale parve comparire per magia. Tutti erano
interessati a
lui, alla sua storia, e soprattutto alla casa nella quale sarebbe stato
smistato. Senza dubbio ogni tavolo lo bramava, quasi fosse il jolly nel
mucchio
di primini che si erano presentati quell’anno. Muovendosi
sicuro di se verso lo
sgabello, Harry sorrise a Minerva, che aveva assunto di nuovo il suo
lato
umano, e si poggiò il cappello sulla testa. Poco prima che
questo gli calasse
fino a coprirgli gli occhi, riuscì a vedere Rias, Akeno e
Koneko sorridergli
dal loro posto tra i tavoli delle case.
Il
cuore di Harry si placò, e subito dopo una voce si
intromise nella sua mente, sussurrandogli all’orecchio.
“Mmm… Difficile. Molto
difficile. Vedo coraggio da vendere. E neanche un cervello da buttar
via. C'è
talento, oh, accipicchia, si... e un bel desiderio di mettersi alla
prova. E
poi... cos’è questo potere enormemente sviluppato?
Non sei più nemmeno umano,
vero?” La voce del cappello era divertita, mentre andava
sempre più in
profondità dentro di lui. L’oggetto magico stava
volontariamente evitando i ricordi,
concentrandosi solamente sulle sue potenzialità, lasciando
ad Harry il compito
di seguirlo in quel viaggio introspettivo. “Oh accipicchia,
sei un demone! Un
demone che frequenta la scuola di magia, questa si che è una
storia che vorrei
poter raccontare ai fondatori! Bhe, ormai sei qui, e di certo non posso
rimandarti indietro, no?”
“Non
puoi mettermi in una casa qualsiasi? Mi è
indifferente dove finirò, a patto che le mie compagne
vengano con me.” Harry
pensò quelle parole, proiettandole poi verso il cappello.
“Compagne? Quali
compagne?” Harry visualizzo un’immagine di Koneko,
Rias ed Akeno, mostrandola
al cappello. “Oh capisco, in effetti avevo origliato qualche
conversazione
nell’ufficio del preside. Bhe, vedrò cosa posso
fare, nel frattempo sei sicuro
di voler lasciare a me?”
“Fai
quello che vuoi, non mi importa dove finirò.”
Harry
pensò questo risolutamente, mentre il cappello annuiva alle
sue parole. “Bene,
allora direi…” il silenzio riecheggiò
sia nella mente del bambino, che in sala
grande, dove nel frattempo erano passati quasi cinque minuti
“…SERPEVERDE!”
Harry
si sarebbe aspettato che il silenzio si infrangesse
non appena il cappello avesse dichiarato la sua casa di destinazione,
ma
incredibilmente, l’aria si fece solo più tesa e
scioccato. Il bambino si tolse
il cappello, lo porse ad un’allibita Minerva McGrannit,
incominciando a
camminare verso il tavolo verde-argento. Tutti lo fissavano, lo
scrutavano,
cercando capire come l’eroe del mondo Magico fosse finito
nella casa che aveva
forgiato il suo attentatore. Più degli altri, le persone
stupite erano il
preside Silente ed il professor Piton. Il primo guardava scioccato
l’artefatto
magico come se gli avesse fatto un tiro mancino, il secondo invece
stringeva
così forte il calice d’argento al punto che il
metallo aveva iniziato a
piegarsi, ed il vino a traboccare.
Passarono
secondi, e poi minuti, ed Harry iniziò a
sentirsi a disagio per tutta quella attenzione. Poi lentamente i suoi
compagni
di casa iniziarono ad applaudire, ed infine Harry si ritrovo a
stringere mani a
persone d’ogni dove. Quando la sala si rianimò,
allora riprese anche lo
smistamento, che procedette senza intoppi fino alla fine.
Fortunatamente il
cappello aveva mandato le sue tre amiche a Serpeverde, ed anche Zabini,
l’ultimo della lista, si era aggiunto alla tavolata.
“Non
mi sarei mai aspettato di saperti a Serpeverde. Cioè
con tutta quella storia del salvatore del mondo magico, tutti si
aspettavano
che fossi un Grifondoro. Capisco perché la cosa abbia
scioccato tutti in questo
modo.” A parlare fu proprio Blaise, che prese posto di fronte
a lui,
sorridendogli. “Bhe, non sono stato io a creare il mito che
li ha indotti a
pensare che sarei stato un Grifondoro, e per quanto mi riguarda una
casa vale
l’altra, basta avere buona compagnia” Harry
sorrise, mentre il cappello veniva
portata via ed il preside si alzava per il suo discorso di benvenuto.
“C’è
un tempo per i discorsi, ma non è questo.
Abbuffatevi!” Tutti applaudirono per quel discorso molto
conciso, mentre sui
tavoli appariva ogni sorta di leccornia. “Però
Hermione non è con noi, è finita
a Grifondoro, pensi che riuscirai a mantenere i rapporti con lei? Le
nostre
case si odiano.” La voce di Blaise si era abbassata di
un’ottava, mentre
tornava a parlare riempiendosi il piatto di patate arrosto. Harry lo
guardò
scioccamente per qualche istante, allungando poi il collo verso il
tavolo dei
Leoni. Hermione rideva e scherzava con i suoi nuovi compagni, ma quando
Harry
incrociò il suo sguardo, lei gli sorrise arrossendo
amabilmente. “Oh si, non
credo sarà un problema.”
Harry
sorrise di rimando alla piccola bambina dai capelli
crespi, ignorando l’aria omicida proveniente dalle altre
ragazze vicino a lui.
“Sarà un anno ricco di sorprese.”
*************
Torre
di Grifondoro
– Dormitorio dei Ragazzi
Poche ore dopo
Ron Weasley, Neville Paciock, Dean
Thomas e Seamus Finnegan
si sedettero meglio sul pavimento in pietra del loro nuovo dormitorio,
continuando a parlare di Harry Potter, il bambino-sopravvissuto.
“È
incredibile, è finito in Serpeverde!” Le parole di
Seamus riecheggiarono nella
stanza, mentre gli altri vociavano sopra di lui. “Tutti si
sarebbero aspettati
che finisse in Grifondoro, cioè per tutta quella storia di
aver sconfitto
Voi-Sapete-chi! Ed invece ci ha colti di sorpresa!” erano
tutti contenti, tutti
felici, meno Ron, che invece aveva un’espressione buia in
viso.
“Non mi sorprende che sia
finito in Serpeverde.” Le sue
parole erano dure e fredde. Neville fu il primo a prestargli ascolto,
scuotendo
il capo divertito “Come non ti sorprende? Stiamo parlando di
Harry Potter, il
paladino della luce!” Ron represse un ringhio, mentre il suo
viso si storceva
leggermente. “L’ho incontrato sul treno, volevo
solo salutarlo, e mi ha
trattato come se facessi schifo. Era in compagnia di quelle sue strane
amiche,
e di quell’altro tipo in Serpeverde. Ora che ci penso anche
quella Hermione ero
con lui, e sicuramente sarà stata un qualche
incantesimo… dovevate vedere come
lo guardava.”
Ora l’attenzione
dell’intero gruppo era su Ron, che sembrava
in qualche modo godersi quel momento. “E poi mi è
venuto addosso e mi ha detto
di andarmene dal suo scompartimento, altrimenti mi avrebbe spiaccicato
la testa
contro il muro, e mi avrebbe cavato gli occhi.” Tutti
trattennero il respiro, e
Ron sorrise intimamente. Non gli era mai capitato che qualcuno pendesse
dalle
sua labbra, lui era sempre il fratellino più piccolo, quello
che non merita
attenzione, che veniva snobbato pure dai suoi stessi genitori, sempre
impegnati
a risolvere qualche pasticcio dei gemelli.
“Ma perché
avrebbe dovuto farlo? A me è sembrato un tipo
molto tranquillo, ha pure risposto male a Malfoy! Non tutti lo
farebbero no?”
Ron sospirò teatralmente prolungando il più
possibile quella pausa. “Neville,
mio padre lavora al Ministero, e quando Harry è scomparso,
ci ha raccontato che
della sua casa era rimasto solo un cratere fumante. Alcuni babbani
dissero di
aver visto una luce nel cielo, e poi un’esplosione, e quasi
la stessa cosa è
successa a Grodic’s Hollow quando Harry era un bambino. Una
luce, e poi la
cameretta di Harry che esplodeva uccidendo Voi-Sapete-Chi! Harry
è un mago
oscuro, che ha ucciso Voi-Sapete-Chi e poi la sua stessa famiglia, e
chissà
cos’altro ha combinato in tutti gli anni che è
scomparso! Ora torna, e finisce
casualmente in Serpeverde, la casa dei maghi oscuri! È tutto
così chiaro, non
ditemi che non ci arrivata!”
Ora tutti sembravano sul punto di
farsela addosso. Il
piccolo Weasley non sapeva bene dove gli fosse arrivata
l’ispirazione per
quella storia, che in parte era vera ed in parte gonfiata,
però era certo che
Harry Potter fosse un mago oscuro, se lo sentiva nel sangue.
“C-Credo sia meglio andare
a dormire. Domani iniziamo le
lezioni e non voglio essere sgridato di nuovo dalla
McGrannit…” Dean disse
questo, mentre gli altri annuivano solidali. “Come volete, ma
sentite a me,
dovete stare attenti ad Harry Potter….” Ron disse
queste parole mentre si
spostava sul suo letto, coprendosi con le leggere coperte estive. Dal
suo
pigiama spuntava un po’ troppo caviglia, ed era
più povero che mai, ma per una
volta si sentiva felice.
Un tiepido sorriso lo
accompagnò nel mondo dei sogni, mentre
all’altezza del corridoio del terzo piano, un uomo avanzava a
passi furtivi.
Nel riflesso dei suoi occhi, si poté cogliere il baluginare
di due occhi
vermigli.
Occhi vermigli e spietati.
**************
N.d.A. : Capitolo
caricato con un giorno di ritardo, spero vi possa piacere =) Domani
aggiornerò le NdA in maniera più appropriata, per
ora vi lascerò al capitolo ^_*
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Capitolo 6 *** Capitolo 5 ***
The
Harry
Potter’s Forbidden Story
Disclaimer:
Non
posseggo ne il mondo di
Harry Potter, ne quello di High School DxD, che appartengono invece ai
rispettivi autori. Questa storia è
stata
scritta senza fini di lucro.
Capitolo
5
Ed era il silenzio,
che seguiva
il rumore, a cui seguiva altro silenzio. E poi le grida
disperate, il
tuono di un’esplosione e quegli occhi vermigli su di lui. Il
silenzio ritornò
ma era carico di terrore. Il suo corpo tremava, il suo cuore fremeva,
ma una
presenza vegliava su di lui come un oscuro guardiano. Ad un suo gesto,
i
ricordi del passato di Harry vennero spazzati via, lasciando che il
sollievo
tornasse a diffondersi nel suo corpo.
“Svegliati…”
La voce lo stava
chiamando, la stessa voce che lo aveva soccorso
contro il Troll e che ora lo aveva difeso dalle sue stesse paure. Ma
nonostante
questo non riusciva ad aprire gli occhi, quasi non li avesse. Poteva
sentire,
anche vedere, ma non era lui a sentire e vedere, era l’altro
che gli mostrava
ciò che voleva mostrargli e gli faceva sentire
ciò che voleva sentisse. Harry
provò a parlare, ma non aveva bocca, ne viso, ne corpo.
“Mantieni
il controllo, raccogli la tua concentrazione e con l’occhio
della mente modella un’immagine di te…”
La voce era cupa e
mesta, ma non sembrava pericolosa. Non per lui
almeno. Harry fece come gli era stato detto mettendo da parte ogni
remora,
attingendo alla sua memoria in modo da ricavare un’immagine
di se. Man mano che
l’immagine diveniva più vivida, Harry avvertiva i
suoi sensi tornare, il suo
corpo plasmarsi fino a riemergere nell’oscurità.
Quando
poté aprire gli occhi vide una landa desolata al tramonto,
crepacci nelle terra si allargavano tutto intorno a lui, eruttando di
tanto in
tanto fiamme nere come lo notte più buia. Il cielo era
cosparso di nubi scure,
cariche di pioggia, che scaricavano fulmini viola in lontananza.
“E
così non sei senza speranze come
pensavo…”
L’aria
riverbero e si scosse per la potenza di quella voce ed Harry
rimase spaventato quando persino le sue ossa tremarono sotto il suo
influsso.
Alzando lo sguardo nella direzione da cui essa proveniva Harry vide
l’ombra di
una montagna spostarsi, ergersi, allungarsi e poi voltarsi nella sua
direzione.
Era un Drago, un
enorme drago orientale, che in principio aveva
scambiato per uno sfondo della vasta radura, ma che ora si muoveva
agilmente
sul terreno screziato di nero diretto verso di lui. Con tre agili
balzi, il
possente drago arrivò ad una decina di metri da Harry,
accucciandosi in modo da
osservare l’esserucolo che lo fronteggiava.
I due si guardavano,
Harry era intimorito, spaventato, ma nonostante
tutto cercava di richiamare la sua magia per prepararsi ad un eventuale
scontro, il drago invece era imperscrutabile, era impossibile dedurre
cosa
stesse pensando dal suo viso così diverso rispetto a quello
degli umani. “Ci ho
messo un po’ a richiamare la tua coscienza
all’interno della tua Sacred Gears,
ma pare che lo scontro con quel Troll abbia velocizzato il
processo.”
Il suo corpo era
nero come la pece, i suoi occhi di un viola intenso,
fissi su di lui. “Io sono Vritra il Re Drago che si trova sia
nella tua
bacchetta che all’interno del tuo corpo. Sono un essere
leggendario, così forte
e Malvagio che la mia anima è stata divisa in quattro parti
dal Dio della
Bibbia per poi essere sparpagliate sulla terra. Tu mi aiuterai a
rimettere
insieme tutti i pezzi della mia anima ed a riguadagnare la mia forza,
in cambio
quella stessa forza che richiamerai sarà tua.”
Harry
aspettò, metabolizzò, cercò ancora di
evocare la sua magia per
creare una spada che potesse fronteggiare un drago, ma era inerme come
un
bambino davanti a lui. “Io… non ho
capito.” Le parole vennero fuori lente,
circospette, quasi si aspettasse che il drago lo attaccasse per quella
sua
ignoranza, invece la creatura si limitò ad arrotolarsi su se
stesso come un
serpente, scrutandolo con attenzione.
“Non mi
aspettavo tanta ignoranza da parte tua, ma non posso farci
nulla, purtroppo ho bisogno di te. Inizierò con lo spiegarti
delle Sacred
Gears, che non sono altro che armi che Dio ha donato agli uomini
perché potessero
combattere alla pari con angeli e demoni. Questi doni sono regolati da
un
sistema, che permette il trasferimento della Sacred Gear da un ospite
all’altro
quando il primo muore. Esistono centinaia di Sacred Gear nel mondo,
ognuna
delle quali contiene al suo interno una sostanza che permette al suo
utilizzatore di usare poteri che vanno oltre l’umana
comprensione. Le Sacred
Gears più potenti, sono quelle al cui interno è
stata sigillata una creatura
leggendaria e tra tutte le creature io sono stata l’unica la
cui coscienza è
stata annientata dividendo la mia anima in quattro parti nel momento in
cui mi
hanno sigillato. Tutto chiaro?”
La voce del drago
era tranquilla, si era abbassata al punto che Harry
poteva sentirla senza che le sue ossa riverberassero. Il demone
annuì, ma
sebbene avesse capito, ora aveva delle domande da porre. “Io
non sono umano,
non più, com’è possibile che abbia una
di queste cose… una Sacred Gear?” La domanda,
più che legittima, venne accolta
dal drago con uno sbuffo a cui seguì un risolino, che fece
tremare la terra
sotto i suoi piedi.
“Tu
possiedi più di una Sacred Gear, bambino, ne hai due. La
prima ti
è stata data alla nascita, quando ancora eri umano, dal
Sistema creato da Dio,
ed ha riposato all’interno del tuo corpo fino a che non ne ha
incontrato
un’altra undici anni dopo. La bacchetta che si diceva essere
maledetta, era in realtà
una parte della mia anima che nel tentativo di ricongiungersi alle
altre tre,
sterminava chiunque la toccasse. È stata per pura fortuna, o
forse per un
insolito destino che tu sia risultato compatibile, ed è
forse solo per questo
che tu sei ancora vivo. Da quando hai preso quella bacchetta in mano e
le due
parti di me si sono ricongiunte, ho iniziato a ritornare cosciente
riuscendo
infine a recuperare parte di ciò che ero. Ma sono ancora
debole, follemente
debole rispetto a come ero prima. Non mi è più
permesso avere un corpo mio e
perfino se tornassi integro sarei condannato a vivere
all’interno di te in
eterno, ma meglio integro e dentro di te, che diviso
all’interno di chiunque
altro. Come hai detto tu ora sei un demone, hai una durata vitale di
diecimila
anni, tempo più che sufficiente per trovare un modo di
liberarmi, dunque ecco
l’accordo: Tu cerca le altre mie Sacred Gears, impossessatene
ed in cambio
avrai il mio potere. Il potere di imprigionare i nemici tra le ombre,
il potere
di nutrirti della loro vita, di annullare qualsiasi loro
capacità e di farli
bruciare tra le mie fiamme nere.”
I suoi occhi viola
risplendettero malvagi e l’intero paesaggio intorno
a lui cominciò a sfumare. “Da oggi sarò
sempre con te, ti sussurrerò
all’orecchio, ti ascolterò, ti darò i
miei poteri. Saremo partner contro
chiunque ci si pari davanti, ma prima di andare devi sapere due
cose… la prima
è che il tuo peggior nemico non è morto la notte
in cui i tuoi genitori furono
uccisi, lui è ancora vivo e si trova in questo stesso
castello che tu ora
frequenti. La seconda cosa è che
nell’oscurità si celano le ombre del futuro e
tra quelle ombre le ho viste morire. Loro, tutte loro moriranno
perché saranno
con te… ed accadrà presto. Se tieni a loro,
allontanale.”
La lingua biforcuta
saggiò l’aria mentre una fiammella nera, spuntata
da una minuscola frattura sul terreno, incalzava Harry iniziando a
bruciarlo.
Le fiamme partirono dal basso, propagandosi su tutta la sua figura,
eppure
Harry non sentiva dolore, anzi al contrario era un calore piacevole
quello che
gli lambiva la carne. Quando fu totalmente ricoperto sentì
qualcosa cambiare
nel suo braccio destro ed il suo corpo divenne pesante e dolorante. Per
un
momento riuscì perfino ad aprire gli occhi, poi tutto
affondò nel buio.
Hogwarts
02 Novembre 1991
Le
mura del castello tremarono, un'immensa aura demoniaca
scosse l'intero complesso fin nelle fondamenta, quando il Maou Lucifer
fu
informato della situazione in cui verteva Harry. Dopo il suo incontro
con il
Troll, a nulla erano servito gli interventi dei medimaghi e dei
guaritori,
Harry era ufficialmente morto per due minuti, prima che il suo cuore
riprendesse a battere. A due giorni di distanza, non avendo il bambino
ancora
ripreso i sensi, Minerva si decise a scrivere al Signore dei Demoni,
arrivando
dunque alla situazione attuale.
“Un
Troll...!?” La voce del Maou era incollerita, mentre
ondate di potere cremisi gli vorticavano intorno. La professoressa era
impietrita mentre arretrava lentamente con gli occhi fissi sullo
sfacelo del
suo ufficio, il primo che aveva subito l'ira del demone.
“M-Ma
Harry è vivo! S-Solo non riapre gli occhi!”
Un'ondata più potente delle precedenti sbalzò la
donna, inchiodandola alla
sedia dietro la sua scrivania. La sola aura del demone era sufficiente
a
tenerla paralizzata senza poter reagire in alcun modo. E fu in quel
momento che
la donna capì con chi davvero avesse a che fare e da chi
Harry avesse preso. Lo
capì mentre l'aura si ritirava e le veniva di nuovo permesso
di respirare. Lo
capì mentre gli occhi del Maou brillavano di paura per la
sorte del bambino.
“Me
lo faccia vedere. Ora.” L'uomo incrociò le braccia
al
petto, aspettò che l'anziana strega si rimettesse in piedi
barcollando,
seguendola nel corridoio. Subito fuori dalla porta del suo ufficio,
trovarono
un comitato di benvenuto costituito dall'intero corpo insegnanti,
probabilmente
richiamati dal sistema di difesa del castello, tutti con la bacchetta
in mano e
l'aria spaventata. Gli unici che non mostravano paura erano Albus
Silente e Severus
Piton. Il primo ostentava la sua solita aria di giovialità
mentre il secondo
nascondeva le sue emozioni dietro un muro di Occlumanzia.
“Maou
Lucifer, che piacere vederla qui. Considerate le
condizioni del castello, e l'aria spaventata della mia cara
Vice-Preside,
immagino lei sia stato informato delle condizioni di Harry. Avevo
suggerito a
Minerva di non prendere tale corso d'azioni proprio per evitare una
situazione
come questa, ma direi che ormai è tardi per dare colpe a
chicchessia.”
L'anziano stregone incrociò le mani a petto, sorrise,
voltando poi le spalle
avviandosi nel corridoio. Dopo un paio di passi si fermò,
tornando con lo
sguardo sui presenti “Beh, non andiamo? Immagino che lei
voglia vedere il suo
Alfiere.”
L'espressione
di Lucifer si incupì, mentre seguiva lo
stregone lungo i corridoi stretti e bui. Il suo sguardo ogni tanto
spaziava
dalle finestre inondate di luce lunare, mentre la mente rifletteva
sugli
accadimenti. Da che erano partiti, il Maou aveva tenuto una stretta
corrispondenza sia con la scuola tramite la professoressa di
trasfigurazione,
sia con i suoi pupilli tramite cerchio magico, eppure non aveva intuito
nulla
di quanto fosse successo appena due giorni prima.
Certo,
era vero che ultimamente si era rilassato, aveva
considerato Hogwarts un luogo sicuro ed aveva smesso di farsi problemi,
ma il
fatto che non gli stessero scrivendo avrebbe
dovuto insospettirlo, il fatto che per lui fossero irraggiungibili avrebbe dovuto farlo preoccupare, ed
invece aveva poltrito occupandosi di quisquilie quali le rivolte dei
demoni
all’inferno o le dispute con gli angeli caduti!
Man
mano che il suo flusso di coscienza prendeva questa
direzione, la densità dell’aura demoniaco intorno
al suo corpo aumentava,
divenendo uno strato tenue ma pressante, capace di far tremare chiunque
lo
stesse guardando. Arrivati all’angolo che dava
all’infermeria, la loro strada
fu interrotta dalla voce delle bambine che avevano vissuto con lui
negli ultimi
anni; Rias, Akeno e Koneko.
“““Lucifer!”””
Le tre parlarono insieme, saltandogli
addosso non appena fu abbastanza vicino da permetterglielo.
“Non ce lo fanno
vedere, non ce lo fanno vedere! Abbiamo provato a chiamarti, ma non
rispondevi
mai! Dicono che Harry sta bene, ma non vogliono farcelo
vedere!” La voce di
Rias era rotta dalle lacrime, e le altre due bambine piangeva sui suoi
vestiti.
Lucifer sorrise alla sorellina, cercando di imprimere in quel gesto una
tranquillità che neppure lui sentiva. “Tranquille,
Harry starà bene e se così
non fosse lo porterò via con me. Vi porterò tutte
via, ed andremo in
un ospedale degli inferi, lì
certamente sapranno cosa fare.”
Il
demone le strinse forte tutte e tre, lasciando loro
qualche istante per sfogarsi. Quando i singhiozzi divennero solo
lacrime, e le
lacrime iniziarono ad asciugarsi, allora le allontanò
gentilmente da sé. “Ora
io entro, vedo come sta Harry, e poi ve lo faccio vedere, va
bene?” L’uomo
parlò con un sorriso, ma qualcuno vicino a lui sembrava
contrariato. Silente
storse il viso per un attimo, cercando di non mostrare il suo
disappunto. “Non
per essere sgarbato Maou, ma in questa scuola sono ancora io il
preside, e
credo che non sia saggio per loro vedere Harry fino a che lui non si
sarà
completamente ristabilito. Inoltre è notte fonda, voi tre
dovreste essere a
letto. Non vi toglierò punti casa visto il vostro nobile
intento, ma voi
dovete…”
L’aura
cremisi si ingrossò, facendo tremare l’intero
corridoio. “Loro restano.” L’espressione
di Lucifer non ammetteva repliche
mentre guardava Silente con occhi assassini. Sapeva da tempo che il
vecchio
mago era completamente pazzo, ed era solo per quel maleficio che aveva
lanciato
su Harry se aveva accettato di mandare il suo Alfiere nel mondo umano.
Stregone
e Demone si guardarono per qualche secondo,
finché il primo non annuì serio.
“Ragionevole. Ma aspetteranno fuori fino a che
non saranno chiamate.” Il sorriso del preside era sparito,
mentre apriva le
doppie porte che davano all’infermeria. Ad aspettarlo
c’era un’agitata Poppy,
che corse dal preside non appena l’uomo le si
avvicinò. “Preside! Cos’è
stato
quel terremoto di poco fa? Hogwarts è sotto attacco? Devo
spostare
immediatamente i miei pazienti ad San Mungo?!”
Il
preside spostò lo sguardo sull'infermiera della scuola,
sospirando per calmare i nervi. “Non preoccuparti Poppy,
abbiamo solo un
visitatore piuttosto agitato. Una volta che avrà visto la
persona che cerca andrà
tutto per il meglio. Ora, puoi gentilmente farci strada verso il letto
di
Harry?” Il vegliardo tornò ad assumere il suo
solito tono gentile, dando prova
di un'encomiabile capacità di recitare di cui nessuno gli
avrebbe reso gloria
dopo la sua morte. Una morte che molti speravano avvenisse presto.
La
donna apparve dubbiosa, ma alla fine cedette davanti
alle parole del preside, e condusse il folto gruppo di visitatore fin
all'ultimo lettino della sala. Dietro delle tende tirate, giaceva un
piccolo
Harry Potter dagli occhi chiusi e dal respiro calmo. Si sarebbe detto
dormisse
se non fosse stato per la flebo che continuava a somministrargli
pozioni che
gli era impossibile bere.
Per un
attimo lo il Maou lo fissò e la compostezza del suo
viso andò sgretolandosi mentre apprendeva con certezza che
quanto gli avevano
riferito era vero. Harry era davvero stato attaccato e davvero ora era
in fin
di vita. Prendendo un profondo sospiro, l'uomo si sarebbe ora chinato
sul suo
servitore. Con gentilezza gli avrebbe scompigliato i capelli, cercando
di
rivedere quei suoi occhi verdi, divenuti così vivaci ed
attenti negli ultimi
anni.
Sospirando,
per ricacciare indietro l'emozione, l'uomo si
decise ad agire. Per un'ultima volta guardò il viso del
bambino, sperando che
quello fosse tutto uno scherzo, ma ancora Harry si ostinava a dormire.
Così
evoco un cerchio magico, lo pose sul petto del suo alfiere, che subito
iniziò a
brillare di una luce argentata. Il punto in cui il cerchio magico aveva
sfiorato il Serpeverde si sta coprendo di un denso liquido nero, un
liquido che
colava dalla mano del Maou e che si rivelerò essere il suo
sangue, una delle
sostanze più potenti al mondo.
Quando
il sigillo fu completamente oscurato, dal suo
centro iniziò ad emergere qualcosa. Qualcosa di piccolo, che
sembrava assumere
un aspetto più definito man mano che il sangue colava via
dalla sua superficie.
Tutti fissarono sbalorditi quella magia che andava molto oltre quello
che
chiunque di loro sapesse fare, e rimasero di stucco quando alla fine
l'oggetto
assunse la forma di un alfiere. Il maou tese la mano libera,
afferrò il pezzo
degli scacchi tra le dita, avvicinandolo agli occhi.
Per un
paio di minuti l'espressione del demone si fece
attenta, quasi come se stesse leggendo qualcosa che solo lui poteva
vedere, ma
alla fine sospirò di sollievo, sorridendo. “Tutto
a posto, Harry si riprenderà.
Chiamate le bambine dentro, avrò bisogno dell'aiuto di tutte
e tre per farlo
svegliare.” I professori esitarono davanti a quelle parole,
non sapendo bene se
prendere ordini dallo sconosciuto o meno, ma alla fine la McGrannit si
fece
forza, andando a chiamare le ragazze.
Quando
loro arrivarono, il pezzo degli scacchi era di
nuovo sparito all'interno del petto di Harry, e sia il sangue che il
sigillo
erano scomparsi nel nulla. L'uomo aveva accuratamente pulito il tutto,
per non
allarmarle. “Harry!” Rias corse al fianco del
bambino ricoverato,
stringendogli forte la mano. “Harry! Harry! Sono io,
svegliati!” La voce di
Rias era ancora addolorata, mentre provava a scuotere il suo
più caro e vecchio
amico, che non dava segni di volersi riprendere.
“Rias...”
La mano di Lucifer sulla sua spalla la fece
allontanare, mentre l'uomo si inginocchiava per fronteggiare le tre
bambine.
“Harry sta bene...” Alle sue parole la sorellina
del Maou smise per un attimo
di piangere “Lui è stato colpito da un potente
maleficio, ha usato più potenza
di quanta ne avesse, e parte della sua anima è stata
danneggiata, ma è vivo.
Ora dobbiamo solo svegliarlo, noi quattro insieme. Io
metterò tutta la forza
che sarà necessaria, ma saranno i vostri sentimenti a
richiamarlo indietro.
Quello che dovrete fare e stringergli la mano, stringerla e
trasmettergli il
vostro amore. L'amore lo farà tornare da voi.”
Il
demone supremo sorrise, posizionando poi le bambine in
modo che ognuna potesse stare a contatto Harry. Per via della sua
particolare
natura, per metà demoniaca e per metà mostruosa,
Koneko, la Nekomata, fu
sdraiata sul petto di Harry, in modo che i suoi poteri curativi
potessero
fungere da catalizzatore per gli altri. “Non preoccupatevi,
andrà tutto bene.”
La voce di Lucifer era tranquilla, cosa che calmò il trio,
dando loro la
possibilità di concentrarsi sul compito che gli era stato
affidato.
“Il
processo di riabilitazione non durerà molto, voi
concentratevi, pensate a lui, ed a quanto state bene quando siete
insieme.” Il
demone disse queste parole, mentre l’aria intorno a loro
iniziava a crepitare
di energia. I presenti che non facevano parte del rituale videro i
corpi dei
bambini incendiarsi, il fuoco divampare ed il calore per loro fu
così
insopportabile che dovettero arretrare. Minerva, Severus e Filius
pensarono
erroneamente che qualcosa fosse andato storto, e mandarono getti
d’acqua contro
i demoni, ma questa semplicemente evaporò prima di arrivare
al bersaglio. Poco
dopo del letto non restava che cenere, così come non
rimanere che cenere della
vestaglia di Harry, eppure nonostante tutto continuasse a bruciare,
loro
stavano bene.
Rias,
Akeno e Koneko, così come Lucifer avevano i vestiti
intatti, il fuoco si limitava a lambirli senza bruciarli. Alla fine
accadde il
miracolo, lentamente Harry aprì gli occhi. Il suo corpo era
poggiato su un
mucchio di cenere, intorno a lui danzava la luce rossa del fuoco, ma
l’unica
cosa che il bambino fece fu voltarsi verso il suo Master. Lo sguardo
perso, gli
occhi annebbiati, il dolore nel cuore. E poi la sua mente
tornò alla bacchetta,
al limbo che aveva vissuto, alle parole che gli erano state dette. Il
suo
respiro si fece mozzo mentre combatteva una lotta intestina. Sapeva che
ciò che
gli era stato detto era vero, che se fossero rimaste con lui sarebbero
morte,
morte di una morte orrenda e dolorosa, una morte che solo i mostri come
lui
possono infliggere.
Il suo
corpo si portò in posizione fetale, i ricordi del
tempo passato con i suoi zii lo avvolsero come una cappa di sofferenza,
rendendogli impossibile anche solo pensare. Fu in quel momento che Rias
gli fu
accanto. Lo sollevò gentilmente dalla cenere, gli tolse le
mani dal viso
sorridendo. Delle lacrime colavano dai suoi occhi bagnando il viso di
Harry, e
parole tremule provennero dalla sue labbra piccole e rosse come il
rubino
“Harry, oh Harry... pensavo di averti perso, pensavo mi
avessi abbandonata. Non
lasciarmi, non lasciarmi, non farlo più. Tu sei stato il mio
primo amico. Non
voglio stare senza di te...” Altre lacrime si sommarono alle
prime e profonde
cicatrici segnarono il cuore del ragazzo, che vide la nebbia di ricordi
dolorosi diradarsi ad ogni parola della rossa. L'amava, sapeva di
amarla con
l'innocenza dettata dell'età che condividevano, ma proprio
per quest'amore così
puro doveva allontanarsi da lei.
L'espressione
si fece triste ed il cuore agonizzò
un'ultima volta, prima che lo sguardo si indurisse e lui tirasse via le
mani
dalle stretta delle ragazze. Rudemente si trasse in piedi, facendo
cadere
scompostamente Koneko a terra, evocando in un secondo un pigiama per
coprire le
sue nudità ben esposte.
“Questo
non era necessario.” Harry parlò con voce dura,
guardò Lucifer con rabbia, afferrando la bacchetta dal
comodino per sbattersela
in tasca. “Non era assolutamente necessario! Cosa ci fai qui? Non dovevate
chiamarlo!” La sua espressione
rabbiosa si spostò verso la McGrannit e gli altri docenti.
“Fateli andare via.
TUTTI! Non voglio più vedere nessuno di loro!” Ad
ogni parola il cuore di Harry
si infrangeva un po’ di più, ma nonostante questo
continuò a dire ciò che
sapeva andare detto. Evitò accuratamente lo sguardo delle
bambine che gli
avevano appena salvato la vita, e quando Rias si avvicinò a
lui, la scansò
rivolgendole poi un’occhiata terrificante. “Non ti
avvicinare mai più a me.
MAI”.
Non
potevano morire. “E voi due…” Non poteva
permettere
che morissero per lui. “Fate così schifo, siete
così patetiche, non meritate
nemmeno di starmi vicino...” Avrebbe fatto qualsiasi cosa per
evitarlo. “Andate
VIA!” Le sue mani si impennarono, il discorso del drago
sigillato nella sua
bacchetta era impresso a fuoco nella sua mente, ma mentre il potere
iniziava a
raccogliersi, uno schiaffo lo colpì in pieno viso. Non erano
Akeno, Koneko o
Rias, che sembravano così scioccate da non riuscire a
proferir parola, e
nemmeno Lucifer che si limitava a guardare il suo sfogo accigliato,
come se
sapesse che stava mentendo.
Fu la
McGrannit, dall’alto del suo scranno di docente, ad
alzare la mano verso un suo studente schiaffeggiandolo. E la furia si
placò, il
ghiaccio prese a scorrere nel corpo del bambino sopravvissuto, che ora
tornava
a portare le mani ai lati del corpo. Non guardò la donna, ne
nessun altro, si
fece semplicemente strada fra loro come se fossero ostacoli da
superare. I
piedi scalzi, l’aria tetra, si voltò solo
un’ultima volta prima di
abbandonare la sala. “Non avvicinatevi
più a
me. Nessuno di voi…” Si rivolse solo alle bambine,
alle sue più care e vecchie
amiche che si era ripromesso di far sempre sorridere, e che ora
piangevano per
lui.
Appena
superate le doppie porte dell’infermeria barcollò.
Una mano si poggiò stretta sul cuore, mentre il respiro
diveniva affannoso e
gli occhi si coprivano di lacrime. Lo faceva per loro, non poteva non
farlo per
loro, avrebbe fatto qualsiasi cosa necessaria per tenerle al sicuro.
Sempre.
E
mentre lui andava via, tornando nei sotterranei,
nell’infermeria il tempo sembrava essersi fermato.
“Preside.
Io e lei parleremo. Da soli. Ora!”
Il
demone supremo avanzò verso il vecchio l’uomo,
l’afferrò per una spalla, ed entrambi svanirono
nel nulla. Alle loro spalle
solo il silenzio ed il pianto disperato di Rias.
*************
Hogwarts
25 Dicembre 1991
Harry sorrise
consapevole di essere finalmente solo. Per un istante
sospirò nel rigirare lo sguardo tra i letti vuoti del suo
dormitorio, solo per
accertarsi che nessun altro fosse li con lui, abbracciando poi le
proprie gambe
al petto, per gettare finalmente la maschera che aveva iniziato ad
indossare da
mesi. Una maschera di crudeltà, di bugie e bisogno
disperato, che aveva messo
in piedi ed allestito solo per
allontanarle. Per allontanare Rias e le altre in modo che lo odiassero
e cominciassero
ad aver paura di lui.
Il viso affondo tra
le ginocchia, mentre una lacrima solitaria colava
dagli occhi solcandogli il naso, al quale si aggrappò per
alcuni istanti prima
di cadere. Era arrivato il Natale, una festa che negli Inferi non
esisteva, ma
che aveva concesso loro l'occasione di tornare a casa e stare con le
persone
che ritenevano una famiglia. Tuttavia Harry si era rifiutato di
tornare,
rimanendo uno dei pochi studenti ancora ad Hogwarts.
Tutto era calcolato,
preparato fin nel dettaglio, ed ogni cosa stava
andando come desiderato. Eppure non era felice. Non era felice da
quando aveva
solo Blaise ed Hermione con cui parlare, non era felice da quando Rias,
Akeno e
Koneko avevano iniziato ad evitarlo, guardandolo con tristezza e
dolore. Certo,
le cose erano migliorate rispetto a quando lo placcavano ovunque
andasse,
piangendo ed urlando, ma ogni giorno senza di loro, per lui era pura
agonia.
Lentamente
alzò la bacchetta con le rune ormai sbiadite, rigirandosela
tra le dita. Aveva tentato di parlargli ancora, di entrare in contatto
con il
drago che viveva nella sua bacchetta, di usare addirittura la sua magia
attraverso di essa, ma qualsiasi cosa tentasse era inutile. La sua
bacchetta si
era dimostrata inutile così com'era
stata prima dell'attacco del troll.
Spostando poi la sua
attenzione ai piedi del letto, Harry notò una
pila ben fornita di regali. Regali da parte di elfi domestici,
professori,
compagni di casa ed... amici. Vide l'indubbia carta scarlatta di un
regalo di
Rias, avverti l'aura di Koneko su un pacco bianco come la neve, ed una
piuma
nera era allegata al regalo di Akeno. Non avevano ancora rinunciato a
lui,
nonostante tutto non era riuscito ad estirpare quel sentimento che li
legava
dal loro cuore, ed ora non poteva che continuare a fingere.
Con un gesto della
mano creò un sigillo sotto il cumulo di regali, che
dopo pochi istanti presero fuoco. Le fiamme lambirono ogni cosa
riducendola in
polvere, e poco prima che anche il regalo di Rias fosse consumato,
Harry riuscì
a vedere sotto la carta colorata, una foto di loro due insieme,
scattata tanto
tempo prima. Le fiamme divennero più intense, più
spietate, mentre il cuore di
Harry sanguinava.
Come poteva dirsi
ancora umano se non poteva che allontanare le sue
amiche con cattiveria e dolore? Come poteva soffrire così
tanto nel presente,
solo per evitarsi il dolore di un possibile futuro? Ancora i suoi occhi
era
immersi in quelle fiamme che avanzavano e distruggevano qualsiasi cosa
sulla
loro strada, venendo contenute solo dal sigillo impresso sul terreno.
Ed alle
fine non rimase che polvere e cenere, nient altro che questo, lasciando
una
terribile sensazione di morte nel bambino.
Ma fu proprio quando
era pronto ad andare, facendosi forza per
rimettersi in piedi, che qualcosa planò verso di lui. Era un
mantello, fluido
come acqua, leggero come seta, che si era innalzato senza bruciare a
causa del
calore delle fiamme. Ed ora volteggiava verso di lui fino a coprigli la
mano
pronta ad afferrarlo. Mano che sparì non appena il tessuto
vi si poggiò sopra,
riflettendo solo quello che c'era oltre di essa.
Da un angolo del
mantello, pendeva un biglietto nero e bruciacchiato,
dal quale erano però visibile delle parole scritte in una
calligrafia stretta
ed elegante.
‘Questo
me l'ha affidato tuo
padre prima di morire. È giunto il momento che torni a te.
Fanne buon uso.
Buon
Natale’.
Harry
guardò lo strano tessuto, leggendo attraverso la trama di
filamenti accuratamente cuciti insieme, una miriade di incantesimi a
lui
sconosciuti. Incantesimi di invisibilità, anti
individuazione,
d'invulnerabilità, più un centinaio di altri che
non era capace di tradurre ne
capire. D'istinto si pose il mantello sulle spalle, evocando poi uno
specchio
per osservare la sua testa galleggiare a mezz'aria. Tutto il resto del
corpo
era diventato invisibile.
Sorrise, tornando a
fissare il biglietto non firmato, e per un momento
fu dimentico del suo dolore. Riponendo
il mantello nel suo bagaglio, si sistemò infine
per prepararsi alla
colazione.
Dietro di se
lasciava solo puzza di bruciato ed un senso di colpa
schiacciante.
Era il momento di
tornare alla finzione che era divenuta la sua vita.
*************
Hogwarts
27 Dicembre 1991
Esiste
una teoria che i più non conoscono e che spesso è
difficile dimostrare, chiamata Normalizzazione, o anche Livellamento.
Con
questa si spiega come la felicità individuale, o anche la
tristezza e la
malinconia, si armonizzi con il tempo divenendo di nuovo uno stato
normale.
Questo spiega come un ricco possa essere triste pur avendo tutto e come
un
povero possa essere felice anche non avendo niente.
I loro
stati d'animo si livellano, tornano ad un punto che
diventa il loro nuovo punto di partenza e da lì in poi
ricominciano la scalata
verso la felicità. Per un Harry emotivamente distrutto,
senza appigli ne
possibili vie d'uscita, questa è una sensazione ancora
lontana da raggiungere,
eppure la sua mente non può non sentirsi più
serena mentre girovaga per il
castello, in piena notte, con il suo nuovo mantello
dell'invisibilità ultra
potenziato.
In
teoria il bambino avrebbe potuto diventare invisibile
in altre maniere, per esempio riflettendo la luce che lo circondava o
cambiando
le sue cellule epiteliali in modo che assumessero il colore di quanto
si
trovava dietro di lui, ma entrambi questi metodi avevano falle a cui
era
difficile porre rimedio, viceversa il suo mantello era perfetto, lo
rendeva
completamente e totalmente invisibile concedendogli la
possibilità di non
essere visto in nessun caso. Mai.
Certo,
per lui tutto era iniziato come un modo per aiutare
Hermione nello scoprire a che gioco stesse giocando il preside e cosa
desiderasse tanto Voldemort da spingersi così a fondo nella
roccaforte del suo
nemico per averla, ma dopo le informazioni che la ragazza aveva avuto
dall'ingenuo Hagrid, era stato facile per i due scoprire che la Pietra
Filosofale, uno degli oggetti alchemici definitivi, riposava nelle
profondità
del castello e che era questo l'oggetto bramato. Ora che la parte del
'cosa'
era risolta, ad Harry non restava che scoprire 'Dove' il malvagio
stregone si
nascondesse e non c'era modo migliore di scoprirlo che esplorare
l'antico
castello di notte, quando lui come demone era più forte e ci
sarebbero state
maggiori possibilità di incontrarlo.
Camminando
con passo svelto lungo un corridoio al primo
piano, Harry si scoprì a pensare all'alchimista Nicolas
Flamel, che era famoso
nel mondo dei demoni per essere uno dei maggiori maghi ad aver
acquisito potere
grazie alle conoscenze dei suoi simili. L'essere umano infatti, aveva
stipulato
un patto con un demone di basso livello, ed attraverso un incrocio
degli studi
tra le ricerche demoniache e quelle umane, era finalmente giunto ad
acquisire
quello che tutti i suoi simili bramavano ad un prezzo che
però nessuno
sospettava. L'immortale e ricchissimo Nicolas Flamel era stato
condannato dal
Dio della Bibbia, e la sua punizione per essere evaso dal sistema che
lui aveva
creato per gli esseri umani era l'esatto contrario al potere che aveva
ottenuto. Come essere immortale era condannato ad arrivare in fin di
vita ogni
giorno, soffrendo ed agonizzando senza poter mai morire, ed in quanto
uomo
ricchissimo ora doveva scontare il pegno di non poter vivere che di
quello che
produceva la terra che lui stesso coltivava.
Nel
mondo sovrannaturale era chiamata Legge del
Contrappasso, ed era una delle giostre preferite che Dio aveva ideato
per
sollazzarsi. Nulla lo divertiva di più che creare regole
impossibili a cui era
difficile attenersi, solo per poi punire e castigare chi finiva per
diventare
un peccatore. In genere questo era un sistema automatico, integrato nel
grande
codice divino che il Dio della Bibbia aveva ideato, ma per Flamel c'era
stato
un intervento diretto del Signore, che era rimasto profondamente
oltraggiato
dalla scoperta della pietra filosofale.
La
Legge del Contrappasso, insieme alla volontà di
liberare le anime di miliardi di umani condannate al castigo di Dio,
era uno
dei motivi che avevano spinto i demoni a combattere eoni prima. Solo
nell'ultimo secolo le tre fazioni composte di Angeli, Demoni ed Angeli
Caduti
erano giunte ad una tregua all'unico scopo di rinfoltire i propri
ranghi, ed
era durante questo periodo di 'pace' che i precedenti signori degli
Inferi
erano stati sostituiti dagli attuali reggenti, dei quali Lucifer era il
capo
supremo.
Dopo
l'ennesima svolta, che venne aggiunta alla mappa che
Harry reggeva sotto il mantello, il ragazzo si imbatte in un giro di
ispezione
dei professori. Solitamente non sarebbe stato preoccupato dalla cosa,
in quanto
era letteralmente impossibile individuarlo anche con gli incantesimi
più
potenti, ma in questa specifica occasione il pericolo sorgeva nel fatto
che ad
arrivare dalla parte opposta del piano erano la McGrannit e Piton
insieme. I
due camminavano fianco a fianco, tenendosi il più lontano
possibile l'uno
dall'altro come se rischiassero di contagiarsi a vicenda se non
l'avessero
fatto, tuttavia anche in questo modo non c'era abbastanza spazio tra i
due
perchè lui potesse sgattaiolare via.
Non
poteva correre indietro altrimenti l'avrebbero
sentito, non poteva passargli vicino perchè occupavano la
larghezza di tutto il
corridoio, rimasto senza alternative Harry sorrise e lasciò
fare al mantello,
infatti l'artefatto magico era così intriso di magia, da
poter cambiare alcuni
fattori del destino per evitare che il suo possessore venisse scoperto.
Tuttavia,
man mano che i due professori si avvicinavano,
il sorriso di Harry iniziava ad affievolirsi, incresparsi, fino a che
non si
trasformò in una linea sottile. Ormai erano a pochi metri da
lui, ed il bambino
poteva già sentire i loro discorsi e battibecchi.
“Ti
dico che Potter è diverso. Da quando si è
risvegliato
dal suo stato comatoso è diventato freddo ed irascibile, non
parla quasi con
nessuno ed ha smesso di aiutare pure i suoi compagni di casa. Ormai gli
unici
che riescono a scucirgli qualche parola sono Zabini e la Granger, ed
anche con
loro non è più come un tempo. Quel ragazzino mi
sta dando più grattacapi di
quanto ne meriti, sembra la copia sputata di suo padre!”
Il
viso di Harry si rabbuiò maggiormente quando comprese
di essere lui l'argomento di conversazione tra i due docenti, ma ancora
non si
mosse per evitare di essere notato. Eppure mentre il professore di
pozioni si
lamentava, Minerva non sembrava indispettita, quanto esasperata.
“Te
l'ho già detto Severus, quel ragazzino non è
assolutamente come suo padre e sebbene non possa che condividere le tue
preoccupazioni non so davvero cosa fare. Noi insegnanti non abbiamo
potere su
di lui, certo possiamo togliergli punti e metterlo in punizione, ma hai
sentito
Albus, dobbiamo considerarlo diversamente dopo gli eventi
dell'infermeria. È di
certo molto potente, ed anche molto facile all'ira, meglio non trovarsi
sulla
sua strada, o su quella demone suo padrone.”
Il
cuore di Harry si strinse. Iniziava ad essere temuto
pure dai professori, Silente aveva detto di trattarlo con cautela, come
se
fosse una bomba pronta ad esplodere, cosa che non poteva che rafforzare
il suo
pensiero sull'essere un mostro. Per un momento fu sul punto di scappare
via,
usando in exstremis il pugnale regalatogli prima della sua partenza per
il
mondo umano, come modo di scappare in una realtà
alternativa, ma le sue
intenzioni furono interrotte dalle parole secche ed irritate del suo
Capo Casa.
“E
tu dai ancora retta a quello che dice il Preside? Dopo
tutto quello che ci ha fatto passare in questi ultimi anni? Dopo tutte
le
pozioni e gli antidoti che abbiamo dovuto cucinare ed incantare per lui
in modo
che non ci rimanesse secco mentre praticava le arti oscure? Il
ragazzino sarà
forse un discolo indisciplinato che vuole solo mettersi in mostra, ma
è anche
solo un bambino, ed io non permetterò che si senta solo
nella MIA casa! Ho
deciso che gli concederò un permesso speciale in modo da
poter partecipare ai
provini straordinari per entrare nella squadra di Serpeverde. Forse
è un po'
tardi visto che la prima partita della stagione è
già stata disputata, ma avere
una squadra intorno a lui che conta sulle sue capacità lo
aiuterà a legare ed a
farsi degli amici. Ricorda Minerva, Serpeverde Uniti Contro il
Mondo!”
I due
professori si erano ora fermati, ad appena un passo
da lui, e si fronteggiavano seriamente, con le braccia incrociate al
petto e
l'aria di chi sta per lanciarsi un incantesimo. Tuttavia fu solo per
qualche
istante che lo scontro durò prima che la McGrannit
scoppiasse a ridere,
battendo amichevolmente il braccio del collega schifato.
“Oh
Severus, non capisco bene se stai cercando di dare una
mano Potter in modo
che non viva
l'isolamento che hai vissuto tu, o se più semplicemente hai
paura dell'incontro
del prossimo mese tra Grifondoro e Serpeverde! Del resto la prima
partita
contro Corvonero l'avete persa, ed anche di una bel centinaio di punti.
Direi
che trovare un nuovo cercatore sarebbe la mossa giusta per un'astuta
serpe,
soprattutto se nascondi questo sotto un atto di finto
altruismo!”
La
donna continuò a ridacchiare, voltando le spalle ad
Harry per iniziare a tornare indietro, mentre Severus la seguiva
borbottando.
“Io, aiutare un Potter? È solo perchè
è nella mia casa, ed è mio protetto,
niente di più Minerva. Non cercare significati nascosti in
quella tua piccola
testolina da Grifondoro” i due iniziarono ad allontanarsi,
mentre in Harry
sorgevano e si contrastavo emozioni differenti.
Le
parole di Piton l'avevano toccato nel profondo, e
checché ne dicesse la McGrannit era sicuro che l'intento del
suo Capo Casa
fosse sincero. Socchiudendo gli occhi per respirare profondamente,
Harry
avrebbe preso la prima direzione che gli fosse capitata, insinuandosi
in
un'aula aperta che non aveva mai visitato. Per un paio di minuti non
fece che
respirare nell'intento
di calmarsi e
solo dopo iniziò ad interrogarsi su quanto accaduto. Fuori
dubbio era stato
salvato dal suo mantello che aveva certamente istruito i professori sul
cambiare strada giusto poco prima di andare a sbattere contro di lui e
certamente quelli che aveva davanti non potevano essere... i suoi
genitori?
Le
palpebre sbatterono più volte mentre Harry metteva a
fuoco quanto aveva davanti. Un uomo ed una donna, alti e sottili, che
si
ergevano dietro di lui sorridendogli, erano riflessi in uno specchio
proprio di
fronte a lui. Harry si voltò, il panico che rischiava di
tornare ad assediarlo,
ma non vide nessuno. Solo il vuoto ed una serie di banchi accatastati.
Tornò
allo specchio, dove ancora i suoi genitori gli sorridevano ed
iniziò ad
avvicinarsi. Ad ogni passo che faceva qualcun altro si aggiungeva ai
due ed
Harry penso di riconoscere parenti mai incontrati ma con i quali aveva
in comune
le gambe ossute o la forma del viso.
Quando
fu proprio davanti allo specchio tutti i suoi
familiari gli sorrisero e si fecero da parte facendo strada a Lucifer.
L'uomo
che l'aveva accolto, salvato, gli aveva dato una casa e trattato come
un
figlio. Gli occhi di Harry si annebbiarono di lacrime trattenute quando
il
sorriso del Demone Supremo si allargò e l'uomo bussava
lentamente contro lo
specchio. Stranamente, nel silenzio della stanza, quel breve Knock
Knock
rimbombò come se davvero ci fosse qualcuno allo specchio, ma
Harry aveva già
capito che non era così.
'Emarb
eutel amosi vout linon ortsom
'
L'iscrizione
situata in cima alla specchio era l'unica
indicazione di cui aveva bisogno per capire davanti a cosa
effettivamente si
trovasse. Quello era il famoso Specchio delle Brame, oggetto antico e
potente
che al suo interno racchiudeva un incantesimo che leggeva e mostrava i
desideri
della persona che aveva di fronte. Si diceva fosse scomparso secoli
prima dalla
Germania, suo luogo di origine ed ora Harry se lo ritrovava davanti.
Indubbiamente Hogwarts era una scuola mediocre, con insegnanti carenti
in fatto
di magia e strutture non a norma, ma al suo interno nascondeva
più segreti di
quanti se ne immaginassero.
Sfiorando
la superficie dello specchio, Harry fece
coincidere la sua mano con quella del Lucifer dall'altra parte e per un
momento
immagino che nulla fosse cambiato tra loro, che si volessero ancora
bene e
fossero ancora una famiglia, nonostante tutto quello che Harry aveva
fatto e
detto. Lo specchio era freddo e liscio al tatto, ma gli sembrava quasi
di
sentire la solita aura tranquilla e benevola venire dal demone dai
capelli
cremisi.
*****************
Per
molti giorni Harry tornò a visitare lo specchio,
assicurandosi di non essere mai visto ne sentito. Lo visitava ogni
notte, senza
dormire e non avendo nessun altro con cui stare, faceva visita all'aula
dismessa pure in pieno giorno. La sua dipendenza per quella pura
illusione era
diventata seria, al punto che aveva iniziato a pranzare lì,
insieme all'immagine
dei suoi familiari e quando si trovava altrove pensava solo a tornare
nella
stanza.
Alla
fine le vacanze di Natale terminarono, il suo tempo
iniziò a diminuire, ma Harry continuò a far
visita alla stanza ogni volta che
poteva, fino a che un giorno, senza preavviso, lo specchio non fu
più lì. Al
suo posto, una semplice iscrizione era stata fatta su un foglio di
carta
lasciato al centro della stanza.
'Non
serve a niente rifugiarsi nei sogni e dimenticarsi di vivere.
Lo specchio sarà spostato in un luogo più sicuro,
spero non lo cercherai.
Silente'
Il
mondo tornò ad essere una nera cappa di sofferenza,
questo almeno fino a Giugno, quando Harry incontrò
finalmente l'assassino dei
suoi genitori.
*******************
N.D.A. Ho un
gran mal di testa ed una miriade di cose da fare. Carico il capitolo
ora perchè non so se staserà potrò.
Annuncio che il prossimo capitolo concluderà il primo arco
narrativo, quello dedicato al primo anno di scuola e sarà
seguito da un break necessario per adempiere ai miei doveri di studente
universitario. Alla prossima: Bumbix
|
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Capitolo 7 *** Capitolo 6 ***
The
Harry
Potter’s Forbidden Story
Disclaimer:
Non
posseggo ne il mondo di
Harry Potter, ne quello di High School DxD, che appartengono invece ai
rispettivi autori. Questa storia è
stata
scritta senza fini di lucro.
NB: Capitolo molto
lungo (circa 20 pagine di Word), assumetelo a piccole dosi. Ci saranno
più punti, mentre leggerete, che potrete usare come Break,
non perdeteli.
Capitolo
6
Hogwarts
10 Giugno 1992
Il
pesante turbante venne rimosso, una zaffata
penetrante di morte e decomposizione si diffuse nell'aria, mentre il
volto
butterato di Lord Voldermort prendeva forma sulla nuca del professor
Raptor.
“M-Maestro, non dovremmo aspettare che il castello sia vuoto,
p-prima di rubare
la pietra?” La voce debole e sottile dell'insegnante di
difesa tremò mentre
avvertiva il suo corpo cambiare e deformarsi sotto l'influsso del suo
padrone.
Se non fosse stato per il sangue di unicorno bevuto alacremente nelle
ultime
settimane, probabilmente sarebbe già morto.
“Silenzio,
idiota! Non mettere in
discussione i miei piani!”
Una voce penetrante e profonda
provenne dal volto che aveva finito di prender forma. “Stasera
prenderemo la
pietra, ed io rinascerò! Il mondo intero
agonizzerà per il ritorno di Lord
Voldemort e la prima cosa che farò una volta riottenuto il
mio corpo, sarà
uccidere quello sporco filo-babbano di Albus Silente e prendere il suo
posto
come Preside di Hogwarts!” Il sorriso sulla carne
putrida e gli occhi
incandescenti di Voldemort, fecero gemere di dolore il suo servo.
“E-e
riguardo Potter? È estremamente potente,
l'ha visto anche lei mio signore!” Il sorriso serpentino si
adombrò mentre una
scarica di dolore veniva inviata nel corpo di Raptor.
“Il ragazzo ha più
potere di quanto avessi immaginato, ma ha perso i suoi alleati in
questa
scuola. Avrà l'occasione di unirsi a me, altrimenti
morirà...” Raptor
singhiozzò, cercando di nascondere la paura.
Aveva visto in prima
persona in che modo il suo Troll fosse stato ucciso da un bambino
così piccolo
e non aveva assolutamente voglia di trovarsi sulla sua strada quella
notte.
“So
a cosa stai pensando patetico
mago di mezza tacca. L’attuale te non ha
possibilità contro di lui, e pure se
ti possedessi pienamente sarebbe difficile affrontarlo viste le tue
condizioni,
ma ricorda quando ti dico che Lord Voldemort ha sempre un piano.
Sempre!” La voce di Voldemort divenne
un sussurro
ipnotico, mentre ristabiliva la sua presa sulla coscienza del suo
servitore.
“Stanotte
una nuova era ha inizio….”
*****************
Hogwarts
10 Giugno 1992
Ore 10:45 a.m.
Era
l'ultima settimana di scuola, il caldo sole
estivo aveva iniziato ad affacciarsi nelle giornate tipicamente uggiose
della
Gran Bretagna, ed Harry si trovava seduto sulle sponde del lago insieme
a
Blaise. Il suo capo era chino, l'aria rilassata, la mente sgombra dalle
preoccupazioni. Avevano appena affrontato l'ultimo esame del loro primo
anno,
Trasfigurazione, ed ora stava prendendo in considerazione la proposta
dell'amico riguardo l'estate.
“Dai,
so che non vuoi tornare a casa per
l'estate, perché non vieni da me? Sono sicuro che in due ci
annoieremmo meno!”
La
voce di Blaise era insistente, ma più di
quello era il pensiero di passare l'estate lontano dagli Inferi ad
allettarlo.
Non voleva dover rivedere Lucifer, Grayfia e tutto gli altri servitori
del
castello del Maou, voleva star lontano da loro per affermare ancora di
più la
sua decisione di tenere le persone care lontane da lui. Il ragazzo
sospirò,
tese la bacchetta tra le mani, osservandola per qualche istante. Non
aveva più
avuto notizie dall'entità della bacchetta, nonostante tutti
i suoi incantesimi
e tentativi.
Voleva
risposte, conferme, voleva sapere che non
aveva intrapreso la strada sbagliata. Perché ogni giorno che
passava lontano da
Rias era un giorno in cui si sentiva solo ed abbandonato. Nonostante
lei fosse
sempre lì, a guardarlo tristemente da lontano senza osare
avvicinarsi.
Nonostante lei ci fosse, continuasse ad esserci e non fosse mai andata
via.
L'umore
di Harry iniziò a peggiorare man mano
che la sua mente andava alla deriva nel mare di problemi che ora
sembravano
solo frutto della sua immaginazione. Del resto dopo l'attacco del Troll
non c'era
stato un altro evidente tentativo di arrivare alla pietra... certo, gli
unicorni morivano a pioggia nella foresta proibita, ma questo non
implicava che
fosse Voldemort ad ucciderli. Sinceramente Harry iniziava a dubitare di
sé, del
suo raziocinio e delle motivazioni che l'avevano spinto a prendere la
scelta di
allontanarsi da tutti.
Come
sempre voleva tutto, ed il contrario di
tutto, dimostrando ancora una volta quanto il suo animo fosse
tormentato ed
afflitto per un bambino della sua età. Le mani strinsero
l'impugnatura della
bacchetta, le nocche sbiancarono, ed il legno iniziò ad
incrinarsi sotto la sua
forza, magicamente amplificata, ma nonostante tutti i suoi tentativi,
la
bacchetta continuava ad auto-ripararsi dimostrando l'effettiva presenza
di qualcosa
al suo interno.
“Blaise...
non vorrei altro che venire da te per
l'estate, ma... non lo so, penso che forse dovrei tornare. Tutta questa
storia
della pietra e di Voldermort...” Il compagno Serpeverde
tremò visibilmente al
sentir pronunciare quel nome. “... sembrano cose
così insignificanti ora. Non
so nemmeno perché continuo a restare a scuola, mi hai visto
agli esami, non c'è
stato nemmeno bisogno che mi impegnassi.”
La
mano tornò nella tasca dell'uniforme,
riponendo la bacchetta al sicuro, mentre il suo sguardo si spostava ora
al
parco, dove molti studenti li imitavano, godendosi quei raggi di sole.
Tra i
più giovani, in molti sembravano fissare lui ed il suo
compagno di casa con
fare insistente, quasi cercassero di attirare la loro attenzione.
Blaise
sorrise nel notare ciò, dando poi una gomitata ad Harry per
renderlo partecipe.
“Amico,
so che tutto questo è uno schifo, ma
guardati intorno. Da quando sei nella squadra di Quidditch sei
diventato una
star. O meglio, lo sei diventato più di quanto
già non lo fossi. Sei seguito e
riverito dai Tassorosso, invidiato dai Grifondoro, acclamato tra i
Serpeverde e
studiato dai Corvonero, che ancora stanno cercando di capire come
diamine hai
fatto a non schiantarti nella partita contro i Tassi. Quella picchiata
è stata
davvero assurda, più figa di quella che hai fatto nella
nostra prima lezione di
volo! Pensi davvero che a casa tua potresti trovarti meglio che qui?
Hai il
mondo ai tuoi piedi ed un Serpeverde non potrebbe chiedere di
meglio...”
Harry
sorrise mentre le sue preoccupazioni
scivolavano via a contatto con le rivitalizzati parole di Blaise. In
effetti
era comodo avere schiere di ammiratori da poter comandare a bacchetta
per
qualcosa che si era davvero guadagnato, imbrogliando con perizia.
Certo, avrebbe
potuto vincere anche senza imbrogli, ma perché scegliere la
strada giusta
quando c’è quella facile solo due passi
più in là? Con questa mentalità aveva
usato le sue conoscenze demoniache per alterare il risultato della
partita,
incantando la sua scopa perché fosse più veloce,
cambiando la consistenza
dell’aria intorno ai suoi avversari perché fossero
più lenti, ed aggiungendo un
piccolo incantesimo di intangibilità al suo manico in modo
che fosse possibile
risollevarsi da una picchiata alcuni istanti più tardi del
normale. In questo
modo era riuscito a risalire da un tuffo a spirale senza un graffio,
con il
boccino stretto in mano e l’aria vittoriosa, ed il bello
è che nessuno si è
accorto di nulla, perché gli incantesimi contro i Tassi non
colpivano
direttamente loro, ma l’aria che li circondava, rendendo di
fatto l’incantesimo
impossibile da individuare.
“Te
lo concedo Blaise, sai esporre sempre
motivazioni convincenti. Non sarebbe male vivere per un po’
nel mondo magico
godendosi la fama che ho giustamente
meritato…” Sorrise al suo compagno di casa, che
era l’unico a sapere che lui
avesse truccato la partita. “… ma ancora non lo
so, lasciami del tempo per
riflettere e fammi parlare con Hermione. Il suo punto di vista mi aiuta
sempre a capire
qual è la cosa giusta da
fare.”
Blaise
sbuffo risentito, cominciando a fissare
le nuvole in cielo. “Sai, ancora non credo ad una parola del
fatto che tu sia
un demone e che esistano altri mondi o dimensioni oltre questa?
Cioè, mi hai
dato delle prove e mi hai spiegato tante cose, ma mi sembra tutto
così assurdo…
davvero un giorno farai diventare un demone anche me, prendendomi come
tuo
servitore?” La voce del ragazzo era strana, esitante, quasi
come se quel discorso
fosse un percorso impervio per lui. E non poteva certo dargli torto,
diventare
un demone voleva dire rinunciare alla propria umanità,
vedersi confinato in un
modo fatto di rigide regole e poteri sconosciuti, senza contare il
fatto che
sarebbe stato come sbandierare che lui fosse dalla stessa parte di
Harry, cosa
che in tutta onestà non poteva proprio fare.
Come
già il ragazzo gli aveva spiegato la
famiglia Zabini era ricca all’inverosimile soprattutto grazie
alla neutralità
che dimostrava in ogni occasione. Andare contro quei principi che da
sempre gli
sono stati insegnati… beh, non era cosa da poco per lui.
Harry sorrise,
continuò a guardare i territori della scuola, soffermando lo
sguardo su una
massa di capelli castani cespugliosi che si muovevano rapidamente verso
il
castello. Hermione ritornava ad Hogwarts dopo una probabile visita ad
Hagrid,
con il quale aveva stretto amicizia. Per un momento continuò
a fissarla
domandandosi il motivo della sua fretta, ricominciando poi a parlare.
“Blaise,
te l’ho già spiegato. Potresti essere
già morto quando diverrò un demone di rango
abbastanza alto da avere dei
servitori tutti miei. Ora come ora sono ancora di basso classe e solo i
demoni
di classe Superiore o classe Ultima hanno diritto ad avere dei
servitori…”
Omise di proposito di parlare di Rias, che come demone purosangue
avrebbe avuto
il suo primo set di scacchi a tredici anni, indipendentemente dalle sue
abilità. La cosa era ingiusta, ma impossibile da contestare
viste gli attuali
rapporti tra Harry ed il mondo degli Inferi.
“Va
bene, va bene, però… beh se dovessi finire
per avere dei servitori prima della mia morte, ripassa a trovarmi.
Probabilmente sarò un vecchio decrepito, ma magari potrei
offrirti qualcuno dei
miei nipotini al mio posto. Sarei uno sciocco a rifiutare un potere
così
grande…” I due ragazzi si guardarono negli occhi
per un breve istante,
continuando poi a parlare del più e del meno.
Certo,
c’era ancora una certa cautela in Harry,
che non voleva assolutamente affezionarsi al punto da star male, ma
senza
dubbio Blaise era una delle poche cose per cui Harry sopportasse di
rimanere ad
Hogwarts.
Lui
ed ovviamente Hermione…
*****************
Hogwarts
10 Giugno 1992
Ore 11:30 a.m.
Hermione
corse a perdifiato, gli ultimi tasselli
del puzzle andarono al loro posto nella sua mente mentre correva. Piton
voleva
rubare la pietra per consegnarla a Voldemort, lo stesso Voldemort che
Harry le
aveva assicurato nascondersi nel castello e che certamente avrebbe
agito
presto, visto e considerato che ora aveva scoperto come superare
l’ultimo
ostacolo ancora sulla sua strada. Il
sangue puramente Grifondoro che scorreva nelle sue vene, le fece
accelerare il
passo, fino a che voltando l'angolo non rischiò di andare a
sbattere ad una
nervosa Minerva McGrannit, che camminava lentamente con le braccia
cariche di
pergamene.
“Professoressa,
io.. io...” Hermione ansimò,
poggiò le mani sulle ginocchia, cercando di riprendere
fiato, mentre la donna
la guardava irritata dall’interruzione del suo compito.
Probabilmente quelli
tra le sue braccia erano prove d’esame di un qualche anno
scolastico, ed era
per questo che non poteva trasportarle in modo magico, ogni pergamena
era stata
abilmente stregata perché fosse immune ai tipi di magia
ordinaria. “Devo
vedere il preside!” La bambina si fece
coraggio, mise da parte le remore, sperando di poter contare sul suo
Capo Casa
almeno per questo. “Piton vuole rubare la pietra, penso che
agirà oggi stesso!
Ha scoperto come superare la sorveglianza di Fuffy, Hagrid gli ha detto
come
fare!”
Si
sarebbe aspettata un complimento o una
qualche sorta di ammirazione da parte dalla donna, che invece si
limitò a
sobbalzare davanti alle sue parole, facendo crollare i rotoli in cima
al
mucchio proprio sul pavimenti di fronte a lei. Esibendosi in coloriti
insulti
nei confronti di un qualche Dio, la donna guardò fissa
Hermione che ora si
sentì in soggezione di fronte a lei. “Tu sai della
pietra?!” L'anziana strega
si guardò intorno, ripose il mucchio di rotoli a terra,
imponendo su di loro un
incantesimo per evitare che qualcuno origliasse. Nonostante le
precauzioni
però, abbassò comunque la voce prima di
continuare. “Non so come tu abbia
scoperto della pietra, ma stai certa del fatto che è
completamente al sicuro.
Molte difese sono state imposte per proteggerla e nessuno conosce lo
schema
completa per evitare fughe di notizie! Dunque smettila di farti
problemi che
non sono tuoi e non pensare più a questa storia, ci siamo
capiti?!”
Hermione
indietreggiò spaventata davanti ad una
McGrannit più severa e dispotica del solito, ma non
abbandonò quella battaglia.
“Lei non capisce professoressa è tutto l'anno che
Piton ci lavora! Sono sicura
che Fuffy fosse l'ultimo tassello che gli mancava, ora potrà
rubare la pietra!
Dobbiamo avvertire il preside!” La bambina guardò
la docente con convinzione,
ma lei si limito ad incrociare le braccia al petto trasformando le sue
labbra
in una linea sottile. Quando parlò fu con voce lenta e
misurata, ma da ogni
parola si poteva avvertire la rabbia repressa a stento.
“Senta signorina
Granger, il Preside non c'è, ha ricevuto una chiamata
urgente da Londra, ma
come sua Vice le posso assicurare che non accadrà un bel
nulla alla pietra, ne
ora, ne mai! Ora torni nei suoi dormitori, hai il divieto di uscire
dalla sala
comune fino a domani sera e se parlerà ancora di tutte
queste sciocchezze,
allora la metterò in punizione per il resto
dell’anno scolastico, ha capito?”
Hermione
ingoiò a vuoto diverse volte,
abbassando gli occhi lucidi ed appannati. Annuì
silenziosamente tirando su con
il naso, mentre la donna si chinava rimettendo a posto la pila di esami
poggiati sul freddo pavimento in pietra. “Non se la prenda in
questo modo
signorina Granger, anche se succedesse qualcosa alla pietra, non
sarebbe
compito suo proteggerla. Nessuno studente potrebbe affrontare e vincere
contro
un professore, tanto meno qualcuno al primo anno che non ha ancora
avuto modo
di approfondire i suoi studi… Sarebbe impensabile anche solo
supporlo, dunque
lasci perdere a torni a giocare con gli altri bambini della sua
casa.” Le
parole volontariamente provocatorie la colpirono
nell’orgoglio. Le era stato
che era debole, impreparata, che le questioni serie non erano per lei,
ma per
gli adulti molto più forti di lei.
Mentre
la docente si allontanava, con la pila
barcollante di carte, Hermione alzò lo sguardo ancora
puntata a terra,
rivelando uno sguardo caparbio ed ostinato. Sebbene la professoressa
fosse
ormai lontana per sentirla, lei parlò come se fosse ancora
lì. “Ed invece c’è
uno studente al primo anno che potrebbe… uno
c’è…”
Decisa,
tornò sui suoi passi andando a cercarlo.
*****************
Hogwarts
10 Giugno 1992
Ore 06:12 p.m.
“Hermione,
voi non potete venire.” Harry aveva
ascoltato le parole della Grifondoro, su come qualcuno avesse scoperto
come
superare Fuffy e su come lei sospettasse che questo qualcuno fosse
Piton. Al
bambino-sopravvissuto l'idea sembrava ridicola, il suo capo-casa per
quanto
fosse di parte quando si parlava di assegnazione punti e valutazione
dei
compiti, non era malvagio. Lo sapeva bene lui, che era stato ammesso
nella
squadra di Quidditch di Serpeverde ed aveva iniziato ad apprezzare le
doti in
pozioni dell'uomo, senza parlare dell'ammirazione che provava nei
confronti
della sua Leadership.
Harry
ammirava e stimava Piton quasi quanto lui
veniva odiato e discriminato dallo stesso, il tutto senza una solida
ragione.
Semplicemente apprezzava il mondo in cui quello gli rivolge la parola,
commentava in maniera pungente il suo lavoro, spronandolo ed
istigandolo a
migliorare sempre di più. Sotto la sua guida Harry era
migliorato nell’unica
materia in cui forse era allo stesso livello degli altri bambini e per
quanto
alcuni lo compatissero per il comportamento che subiva… beh,
non era certo
peggio del venire picchiato da suo Zio per non aver spolverato i
ripiani più
alti della libreria, cosa che nella sua vecchia vita capitava un giorni
sì e
l’altro pure.
Hermione
scosse vistosamente il capo puntando i
piedi “Non puoi andare da solo! Non ti lascerò
andare da solo, o finirà come
con il Troll! Noi lo fermeremo insieme!” Due ardenti occhi
castani sfidarono
gli occhi smeraldini di Harry, che risultò essere vagamente
colpito dalle sue parole.
Un sopracciglio si inarcò mentre le braccia si incrociarono
al petto. “So di
non essere al tuo livello, ma ti coprirò le spalle! Prometto
che non dovrai
preoccuparti per me, non voglio essere un peso! Ti
dimostrerò che non sono solo
una bambina che gioca a fare l’eroe!” Ora nella
voce caparbia c’era una nota di
apprensione che il bambino-sopravvissuto non manco di cogliere.
Hermione era
una delle ultime persone a cui tenesse a cui ancora poteva rivolgere la
parola,
non voleva rovinare il rapporto che c’era tra loro, ma non
l’avrebbe nemmeno
messa in pericolo.
Harry
sospirò, le sue spalle si rilassarono ed
un sorriso conciliante andò formandosi sul suo viso.
“Va bene Hermione, sia tu
che Blaise potrete venire, ma dovremo farlo stasera, poco prima di
mezzanotte.
Non penso che il ladro rischierebbe di rubare la pietra in pieno
giorno, quando
la sicurezza è al massimo, quindi dovremmo essere
relativamente al sicuro.
Incontriamoci davanti la sala dei trofei, poi andremo insieme a salvare
la
pietra.” Gli occhi di Hermione si spalancarono mentre il
cuore di Harry si
strinse. Lei gli sorrise felice, gettandogli le braccia al collo ed
Harry
arrossì senza volere. “Però devo
avvertirti di una cosa Hermione. Tu non sarai
mai un peso per me, e ti ricordo quello che ti ho detto il giorno che
ci siamo
incontrati e che ti ho ripetuto pure durante l’attacco del
Troll… Io sarò
sempre tuo amico, ti basterà chiamarmi ed io
arriverò per difenderti e starti
vicino. Non permetterò mai che tu ti faccia male. I
Serpeverde non si rimangiano
le promesse.”
Come
quel lontano giorno a Diagon Alley Harry le
fece un occhiolino ed ora fu Hermione ad arrossire. “V-Va
bene. Allora ci
vediamo stasera....” Hermione sciolse l’abbraccio,
scostandosi dal tocco di
Harry che aveva iniziato ad accarezzarle i capelli ricci ed indomabili,
quasi
come i suoi. “Sai… dovresti fare pace con Rias.
Lei piange spesso quando tu non
puoi vederla e sono sicuro che anche tu stai soffrendo…
perché l’hai
allontanata? Alla fine non me l’hai mai
detto…” Un’altra fitta al cuore prima
che la Grifondoro si giri iniziando a correre verso la sua Sala Comune.
Per
qualche istante Harry la guardò andar via,
estraendo poi dalla tasca il mantello
dell’invisibilità, ripiegato su se stesso
fino ad assumere le dimensioni di un fazzoletto. Con un rapido e fluido
movimento fece
tornare l’artefatto alle
dimensioni originali, poggiandoselo poi sulle spalle per scomparire
alla vista.
“Non permetterò mai che tu ti faccia male, anche a
costo di agire alle tue
spalle… e forse, dopo questo, anche tu mi odierai come
già mi odia Rias…”
Dei
passi riecheggiarono nel freddo pavimento in
pietra mentre Harry si avviava verso il corridoio proibito del terzo
piano. Non
avrebbe atteso fino a notte fonda, se il ladro avesse voluto colpire lo
avrebbe
già trovato lì.
*****************
Hogwarts
10 Giugno 1992
Ore 07:35 p.m.
Lo
sguardo d Harry vagò, mentre il cuore batteva
calmo nel suo petto e la mente studiava ed elaborava quando aveva
davanti. Una
scacchiera, un’enorme scacchiera, grande
all’incirca venti metri quadri, si
estendeva ai suoi piedi. Poco oltre questa c’era una porta
che lo avrebbe
condotto alla stanza successiva.
Harry
sospirò, chiuse gli occhi, ed attirò a se
l’aria e la miriade di incantesimi in essa contenuta. Alla
sua mente si mostrò
un intricato lavoro di bacchetta, ed una sequela di complicate
istruzioni, che
grazie alla magia infusa nelle pareti ed alla potenza millenaria di
Hogwarts,
aveva dato vita ad un’intelligenza artificiale.
Non
un’intelligenza al livello umano, ma solo
un’intelligenza meccanica, che poteva ragionare e rispondere
a determinate
circostanze con raziocinio e logica. In breve tutto questo era
l’esaltazione
della magia umana e la negazione della magia demoniaca, che invece
della logica
usava l’immaginazione. Per un momento Harry fu quasi tentato
di rivelarsi a
quell’intelligenza, giocare una partita a scacchi con lei,
superandola in
abilità, ma fu solo un istante il suo prima che la fretta
tornasse ad
assalirlo.
Non
aveva tempo per giocare, nemmeno a scacchi
che era il gioco che meglio conosceva per via del suo ruolo di Alfiere
nella
squadra del suo Re. Sospirando percorse la stanza, passò tra
le file ignare di
pedoni, arrivando alla porta. Il suo mantello lo aveva celato alla
presenza di
quegli occhi senza volto, permettendogli di bypassare le difese erette
dalla
McGrannit, l’unica con le competenze per creare un gioco
simile.
La
porta si schiuse subito al suo tocco, ed
Harry si voltò un’ultima volta prima di entrare
nella stanza successiva, che si
rivelò essere ugualmente grande, ma stavolta ingombra di un
enorme Troll,
decisamente più grosso e forte dell’ultimo da lui
affrontato. Fortunatamente la
creatura era già morta e non c’era di che
preoccuparsi, così Harry continuò ad
avanzare, arrivando alla camera successiva.
Stavolta
si trovò in un bugigattolo, grande a
malapena come un ripostiglio delle scope, ed al suo interno vi
trovò una
scrivania con sopra sette fiale di diversa forma
e dimensione. Subito dopo aver varcato la
soglia, alle sue spalle a precludergli l’unica via di fuga,
si accese un fuoco.
E non un normale fuoco, bensì un fuoco viola, dello stesso
colore degli occhi
di Vritra, il Re Drago che abitava all’interno della sua
Sacred Gear.
Harry
studiò le fiamme, provo a spegnerle, ma
quel tipo di magia non era legata agli incantesimi, bensì
alle pozioni. Questa
era sicuramente una prova architettata dal suo Capo Casa, Piton.
Maledicendosi
per non aver fatto attenzione alle presenza di eventuali trappole,
Harry passò
il minuto successivo studiando la stanza, dalla quale era possibile
uscire solo
attraversando le fiamme viola alle sue spalle, oppure le fiamme nere di
fronte
a lui, apparse quando si era avvicinato all’unica altra porta
presente nel
ripostiglio.
Come
già le prime, anche queste fiamme gli
ricordarono Vritra,
che usava un fuoco maledetto,
del medesimo colore per bruciare le sue vittime… Il sospetto
che il suo
professore sapesse qualcosa di lui iniziò a rodergli il
petto, ma mise da parte
quella preoccupazione superflua per concentrarsi su un foglio di carta
sistemato sul tavolo insieme alle fiale.
Un
indovinello vi era stato scritto sopra.
Davanti
a voi è il pericolo, dietro la sicurezza
Due
tra di noi vi aiutano, usate la destrezza
Una
sola, di sette, vi lascerà avanzare
Se
un'altra ne berrete, vi farebbe arretrare
Due
son piene soltanto di nettare d'ortica
Tre,
assassine, s'apprestano alla loro fatica.
Scegliete
o resterete per sempre tra i supplizi.
Per
aiutarvi a scegliere, vi diamo quattro indizi:
Primo,
seppur subdolamente il velen non si svela,
Il
vino delle ortiche alla sinistra cela;
Secondo,
differenti sono quelle agli estremi
Ma
per andare avanti rimangono problemi;
Terzo,
come vedete, non ve n'è una uguale
Sol
di nana e gigante il vin non è letale;
Quarto,
la seconda a dritta e la seconda a sinistra
Sono
gemelle al gusto, ma diverse alla vista.
Harry
studiò i versi, li rimise
al suo posto, osando addirittura azzardare qualche ipotesi per trovare
una
soluzione, ma alla fine adottò la risposta che risulta
essere esatta in ogni
situazione. Il palmo destro si alzò verso l’alto,
diretto contro il muro che
costeggiava la porta coperta da fiamme nere, sul quale prese forma e si
illuminò un arcaico pentacolo. Il pentacolo trasse energia
dal bambino, si
intensificò, allargò fino a che non
iniziò a brillare di una luce accecante
come il sole.
Alla
fine avvenne l’esplosione,
che percosse la parente fece volare indietro la scrivania con il suo
contenuto,
riversando polvere e calcinacci ovunque. L’unica cosa
incolume era Harry, che
si era sistemato nell’angolo più lontano della
stanza, ed ora guardava il foro
circolare nella parete che dava alla camera successiva.
Evocando
un pennino, sistemò il
foglio stropicciato sui resti della scrivania, scrivendovi sopra la sua
risposta.
E
se la porta ancor non si sposta
Dopo un boato non sarà più tosta.
Sorrise
a quella triste ironia,
che vede la forza bruta vincere sul fine ragionamento del suo
professore,
varcando poi il foro nella parete, diretto al suo destino.
*************
Hogwarts
10 Giugno 1992
Ore 11:45 p.m.
Quando
Hermione arrivò di fronte
alla sala dei trofei, capì subito che c’era
qualcosa che non andava. Lo intuì
dal viso teso di Blaise, dalla sua postura scomoda, quasi pronta a
scattare,
con la testa che si girava velocemente da una parte all’altra
del corridoio in
attesa. Se fosse stato chiunque altro a trovarsi lì a
quell’ora, Hermione
avrebbe detto che tutti quegli indizi erano un sintomo di paura,
probabilmente
paura di essere beccati in piedi oltre il coprifuoco, ma nei tanti mesi
in cui
era stata costretta a frequentare il Serpeverde, aveva capito che lui
non si
scomponeva. Mai.
Nascondeva
la paura, la rabbia,
il risentimento e perfino il disgusto, dietro una maschera di cordiale,
ma
perfida ironia. Con il tempo aveva imparato ad apprezzare quel lato di
lui, a
decifrarlo ed usarlo a suo vantaggio, leggendo tra le righe di quanto
lui ed
Harry non si dicevano davanti a lei, ma proprio per questo, vederlo ora
agitato
la mise in profonda e pesante soggezione.
Aumentando
il passo, si avvicinò
a lui dandogli modo di vederla e fu in quel momento che lui quasi le si
avventò
addosso afferrandola per le spalle. “Harry è con
te? Dimmi che è con te, non si
è presentato ne a cena ne nel dormitorio! Ho paura che abbia
fatto qualche
cazzata!” Hermione aprì bocca, si
preparò a rispondere, ma la sua mente
reattiva giunse alla soluzione dell’enigma prima che lei
potesse proferir
parola. “È andato da solo…
lui… è andato da solo.”
Dentro
di se si sentì morire, sapeva
che era tutta colpa sua, ma che ormai non poteva fare nulla per lui, se
non
raggiungerlo. Harry aveva quattro ore di vantaggio, ma
forse… forse sarebbero
stati in tempo. Gli occhi le divennero lucidi mentre pensava alle
ragioni più
disparate che potevano giustificare un ritardo così ampio
del suo amico, ma
facendosi forza ricacciò le lacrime indietro, fissando
Zabini, ora terreo e
sterile.
“Dobbiamo
avvisare i professori…
si, dobbiamo avvisarli, loro sapranno cosa fare.”
Il
tono di voce di Zabini era neutro,
quasi incolore, ma Hermione lo scosse parandoglisi davanti,
così vicino che i
loro nasi quasi si sfioravano. “Andremo noi. I professori non
ci
ascolterebbero, non lo fanno mai! Saremo noi a salvare Harry!”
Prendendo
per mano il Blaise, la
ragazza si mosse velocemente tra i corridoi, ignara di chi si trovasse
dietro
l’angolo a poca distanza da loro, preparandosi a seguirli.
***********
Hogwarts
10 Giugno 1992
Ore 08:00 p.m.
Come
Harry varcò il foro nella
parete creato con la magia, subito si accorse di essere arrivato alla
fine
della corsa. Di fronte a lui uno specchio, di fronte allo specchio un
uomo, un
uomo che di certo non era Severus Piton. “Professor Raptor,
dunque è lei che
lavora per Zio Voldy, devo ammettere che la sua recita da perfetto
imbranato è
stata impressionante. Ora però si sposti da quello specchio
e venga con me, non
vorrei essere costretto a far esplodere anche lei come ho
già fatto con questo
bel muro.”
Harry
sorrise fiducioso, conscio
di aver sprecato oltre il venticinque percento della sua forza magica
per
forzare l’ingresso alla stanza. Aveva ancora molte energie da
spendere, ma
forse non abbastanza da sopraffare un servo di Voldemort, ciononostante
non
provò paura. “Stupido, impudente
ragazzo!” Il mago si voltò verso di lui, il viso
contratto in un’espressione di disprezzo. “Come hai
osato chiamare il mio
signore? Te la farò pagare per questo!”
Senza
nemmeno rispondere alle sue
parole, il professore di difesa levò la bacchetta contro di
lui, esibendosi in
un complicato movimento in diagonale. Un raggiò color cenere
proruppe dalla
bacchetta dell’uomo, volando verso di lui, ma Harry era
allenato a ben altro.
Inarcò un sopracciglio mosse un passo laterale, iniziando ad
avanzare.
L’incantesimo gli sfiorò la spalla carbonizzando
parte della sua divisa, ma non
sfiorò nemmeno la sua pelle. Aver passato tre anni ad
allenarsi costantemente
con il Re dei demoni lo aveva reso molto più che capace di
affrontare la
situazione.
Questa
volta non si trattava di
un Troll immune alla magia, o di una qualche creatura dalla forza
mostruosa,
era solo un mago mediocre con una mediocre capacità magica.
Altri incantesimi
volarono verso di lui, in una catena di lancio collaudato, in cui la
fine del
movimento di un incantesimo si collegava perfettamente al successivo.
Ancora
Harry non si trovò in difficoltà, anzi era quasi
annoiato. Schivò quasi tutti i
colpi, erigendo un piccolo scudo azzurro di puro potere per bloccare
quello che
non era in grado di schivare.
Una
fattura eviscerante, un
incantesimo strozzante ed un non ben identificato incantesimo mongolo,
vennero
assorbiti dal suo scudo, mentre il bambino si fermava davanti al
docente.
Enormi gocce di sudore colavano la fronte all’uomo, mentre
Harry era lindo e
pinto come il culetto di un bambino asiatico. “Beh, tutto
qui? Forse sul fatto
di essere imbranato non ha mentito, è davvero
un’incapace come mago. La prego
di mettere giù la bacchetta e seguirmi, altrimenti
sarò costretto a… si, direi
che sarò costretto ad amputarle entrambe le braccia, giusto
come precauzione.”
Non
scherzava, era davvero
fermamente… annoiato. Si sarebbe aspettato qualcosa di
più dal servo dell’uomo
che aveva ucciso i suoi genitori, condannandolo ad una via di miseria e
soprusi, invece niente. Nemmeno qualcosa di vagamente impegnativo, solo
un mago
in punto di morte, che ora lasciava cadere la bacchetta ai suoi piedi.
“Mio
signore… Mio signore… ho fatto il possibile, ma
non è bastato… Mi dispiace” La
voce strozzata, lo sguardo lucido, il volto terreo.
Harry
arrivò quasi a domandarsi
con chi parlava, ma una voce che sembrava provenire da Raptor stesso lo
fermò. “Inutile,
docile Quirinus. Hai fatto tutto quello che ti ho detto, direi che
ormai Potter
è spacciato.” L’uomo chiuse
gli occhi, chinò il capo, e sembrò quasi
volersi arrendere, ma poi un fruscio attrasse l’attenzione di
Harry.
“Satrda
safun saeufnn sodoasun somicua”
Ora
la voce che proveniva da
Raptor aveva iniziato a parlare una lingua a lui sconosciuta, ma non
appena
quelle parole vennero pronunciate il suo braccio destro si
infiammò e scaglie
nere sostituirono la pelle umana. “Compagno!
L’uomo-Serpente ha evocato il Re
Dei Serpenti! Chiudi
gli occhi, ora!”
Vitra,
il Re Drago che fino a
quel momento si era rifiutato di apparire, era tornato improvvisamente
alla
vita, prendendo pieno possesso del suo braccio destro, che ora
somigliava più
al braccio di un drago che al suo. Eppure Harry non fece in tempo a
metabolizzare le informazioni che gli erano state date, quando
sentì qualcosa
avvicinarsi si voltò d’istinto, incontrando due
enormi e profondi occhi gialli.
Qualcosa
in lui si spezzò ed il
suo corpo crollò.
***********
Hogwarts
11 Giugno 1992
Ore 00:12 a.m.
Blaise
ed Hermione esitarono, le scarpe a loro
piedi parevano rimbombare nel silenzio della stanza di Fuffy, dove
l’ingombrante cane dormiva con le tre teste poggiate sulle
zampe anteriori.
Hermione mosse ancora la bacchetta e l’incantesimo Carrilon
si rinnovò, facendo
riprendere la musica che fino a quel momento aveva salvato loro la vita.
“Dobbiamo
calarci nella botola.” Hermione parlò
decisa, ma più fissava l’oscurità che
si allargava si suoi piedi, più sentiva
il suo cuore vacillare.
“Tu
sei pazza, non sappiamo nemmeno quanto è
profondo. Dobbiamo andare ad avvertire i professori e tornare in sala
comune,
loro di certo sapranno cosa fare.” La voce di Blaise era
lenta ed atona come al
solito, ma tra le righe la Grifondoro poteva avvertire una nota di
paura. Il
ragazzo non doveva essere avvezzo ad essere in prima linea, infrangendo
le
regole, per il bene di un amico.
“Noi
due ora ci caleremo. Se ti preoccupa la
distanza ti ho già dimostrato che non è profondo
con quell’incantesimo d’eco,
dunque basta inventare scuse ed ora vai. Io sarò subito
dietro di te.” La
ragazza incrociò le braccia al petto, cercando di assumere
un cipiglio simile a
quello della McGrannit. Probabilmente non le stava riuscendo bene, ma
il
ragazzo sembrò esitare di fronte a lei.
“Perché devo andare io per primo? Vai
tu per prima, ed io ti verrò
dietro.”
Hermione
sbuffò, facendo caso a quanto più
vicino a lei fosse il ragazzo rispetto alla porta. “Io sto
trattenendo l’incantesimo,
se andassi per prima questo si scioglierebbe, Fuffy si sveglierebbe e
non
sappiamo quanto le sue tre teste impiegherebbero a fare di te uno
spezzatino di
Serpeverde. Adesso calati! Dobbiamo andare a salvare Harry!”
Borbottando
tra se, Blaise si sedette, facendo
dondolare i piedi all’interno della botola. “Quando
tutto questo sarà finito,
dobbiamo chiarire questo tuo atteggiamento da stronza.” Il
Serpeverde la guardò
con un accennò di rabbia sul viso stoico, lasciandosi poi
andare oltre il
bordo. Non emise un fiato mentre cadeva, ma Hermione avrebbe pagato per
vedere
la sua faccia. Dubitava che il ragazzo sarebbe riuscito a mantenere la
sua aria
indifferente anche mentre andava incontro all’oblio.
Dopo
pochi secondi, un tonfo attutito avvisò
Hermione che era arrivato sul fondo. “Puoi venire
giù! Una qualche specie di
pianta attutisce la caduta!” Hermione sospirò di
sollievo, felice di non aver dato
il ragazzo in pasto alla morte, quando una mano si poggiò
sulla sua spalla. La
ragazza sobbalzò e per poco non cadde nella botola di
schiena, ma delle mani la
afferrarono tirandolo via da lì.
Rias,
Akeno e Koneko la fissavano. I loro
sguardi erano animati da una fiamma che non si sarebbe aspettata di
vedere, ma
non le ci volle molto per capire a cosa fosse dovuta. “Noi
veniamo con te.” Le
parole di Rias confermarono ciò che aveva supposto, mentre
le altre ragazze si
avvicinavano alla botola guardando di sotto. Koneko, sulla cui testa
erano
spuntate due orecchie bianche, fu la prima ad andare. Subito dietro di
lei si
calò Akeno, sulla cui schiena si trovavano due ali nere, una
piumata l’altra da
pipistrello.
Infine
non rimasero che lei e Rias nella stanza,
e solo vedendola ora, così da vicino, Hermione
poté capire quanto la ragazza
avesse sofferto per la mancanza di Harry. Il suo volto era scarno, la
carnagione era terrea, i capelli sfibrati. Eppure si
avvicinò alla botola con
deciso, un’aura cremisi le circondava il corpo.
“Voi…
che cosa siete voi?”
Rias
si voltò, le sorrise ed in quel sorriso
Hermione riuscì a vedere l’ombra della ragazza
spensierata che aveva conosciuto
all’inizio dell’anno.
“Noi
siamo le donne della sua vita.”
Senza
aggiungere altro la ragazza saltò giù,
lasciando per ultima Hermione.
Dal
basso venivano i lamenti di Blaise, il
vociare concitato di Akeno ed il brillare cremisi di Rias. Hermione
trasse il
coraggio Grifondoro a sé e si calò anche lei.
*************
Hogwarts
10 Giugno 1992
Ore 09:45 p.m.
Harry
si sentì fluttuare, come privo di
peso e sostanza.
Una sensazione simile l’aveva
già sentita quando aveva affrontato il Troll e la sua anima
era stata
richiamata all’interno della sua Sacred Gear, ma questa volta
era diverso.
Sotto di se poteva vedere il suo corpo esanime e di fronte a lui Raptor
studiare e tastare lo specchio alla ricerca della pietra.
Per
un momento pensò di essere divenuto un
fantasma, nient’altro che l’ombra del suo Io
terreno condannato a calpestare le
strade che già aveva percorso in vita, ma poi giunse la
voce. La voce del Re
Drago Vritra. [Tutto questo è colpa tua ragazzo. Eppure ti
avevo avvisato di
chiudere gli occhi.]
Si
voltò e nella stanza, tra il suo corpo e
l’ingresso
da lui distrutto, si trovava una versione ridotta
dell’insolito abitate del suo
corpo. Come sempre era grosso, nero, coperto di scaglie e con due
penetranti
occhi viola. Attraverso di lui, quasi fosse nient’altro che
un’illusione,
strisciava un enorme serpente, lungo più d dieci metri, che
si portò dietro lo
specchio rimanendo in attesa di altri ordini dal suo padrone. [Quello
che vedi
è quello che realmente sta accadendo di fronte a te, ma
grazie alla tua idiozia
non puoi che limitarti ad osservare. La tua Ghiandola Pineale,
l’ancora che
legava la tua anima al tuo corpo, è stata distrutta dal
Basilisco, il Re dei
serpenti richiamato dal tuo nemico.]
Harry
sentì la rabbia e l’impotenza montare
dentro di lui e formulò un pensiero nella speranza che
Vritra potesse sentirlo.
“Sono diventato un fantasma? Voldemort ha vinto?”
La sua voce era strana,
decisamente più roca di quanto ricordasse, ma
sembrò raggiungere il drago che
ridacchiò. [Bravo ragazzo, hai capito. Non puoi parlare, ne
muoverti, ma non
sei totalmente senza speranza. Io posso ancora sentirti e
sì, sei ancora in
questo mondo, ma ciò non è dovuto alle tue
capacità quanto alla tua fortuna.
Infatti il tuo corpo non è mantenuto in vita solo dalla tua
Ghiandola Pineale,
a vincolarti alla vita hai anche il tuo lato demoniaco più
la mia Maledizione. Da
questo ne consegue che anche se la ghiandola che hai ereditato dal lato
umano è
distrutta, il secondo tuo ancoraggio demoniaco e cioè il
pezzo degli scacchi nel
tuo petto, ed il terzo, cioè me possiamo mantenerti in vita
fino ad un certo
punto. Finché non distruggeranno almeno uno di noi, possiamo
sempre riportarti
indietro.]
La
rabbia di Harry vacillò mentre osservava
Raptor incantare lo specchio e parlare con Voldemort, che ancora non si
era
rivelato. Forse era nascosto sotto strati di incantesimi di
disillusione,
oppure magari era solo proiezione astrale. Harry riflette,
cercò una soluzione,
tornando infine al drago. “Tu puoi farmi tornare? Devo
sconfiggere Raptor prima
che qualcun altro si faccia male.”
Il
drago si rigirò su se stesso, sistemandosi
più comodamente sul pavimento. [Si, posso farlo. Posso
rimettere insieme i
pezzi della tua ghiandola dall’interno e permetterti di
combattere ancora, ma
anche così non saresti in grado di sconfiggere un Basilisco.
Sei forte, molto
forte, ma non abbastanza da sconfiggerlo. Le sue zanne sono ricoperte
da un
veleno che non posso eliminare ed il suo sguardo ti ha già
incenerito una
volta. Se dovesse succedere ancora non sarebbe solo la tua parte umana
a
rimetterci, ma anche io morirei con te.]
Il
drago iniziò a leccarsi gli artigli,
ostentando disinteresse, ma oltre Harry intuì che doveva
esserci qualcosa.
Altrimenti non gli avrebbe parlato, non gli avrebbe detto tutto questo
dandogli
nuovamente speranza.
“Cosa
vuoi da me…”
Gli
occhi del drago divennero più intensi e
penetranti mentre continuava a leccare i lucidi artigli. [Ti ho
già detto cosa
voglio, ora sto semplicemente aspettando ad agire. Prima o poi Raptor
entrerà
in possesso della pietra, andrà via convinto che tu sia
morto, ed in quel
momento ti rimetterò in sesto. Non posso rischiare la mia
vita per la tua, non
adesso. Non per niente…]
Per
come disse quelle parole, ad Harry sembrò
quasi che il drago stesse ghignando mentre attendeva che lui arrivasse
alla
soluzione dell’enigma. “Mi hai condotto fino a qui
per questo vero? Tu volevi
che arrivassi a questo… mi hai allontanato dai miei amici,
hai fatto in modo che
fossi solo… tu volevi
che io
morissi…”
Il
drago non respinse le accuse, non fece
nemmeno finta di averle sentite, continuò semplicemente a
curare gli artigli
ricurvi. Tuttavia, sebbene non avesse proferito parola, sotto di lui le
ombre
iniziarono a cambiare trasformandosi in un’immagine
offuscata. Hermione,
Blaise, Rias e le altre combattevano Raptor mentre lui, Harry, rimaneva
steso a
terra nella stessa posizione di adesso. La battaglia andava bene, il
numero
soverchiava il professore, ma da dietro di loro, nascosto in qualche
tubatura
nel muro, si levò il Basilisco che li attaccò.
La
prima a morire fu Hermione, che vide il suo
petto trafitto dalle zanne del serpente. Poi fu il turno di Blaise, che
fisso
gli occhi della bestia e cadde come una bambola a cui erano stati
spezzati i
fili. Quando il serpente si volto verso le ultime tre rimaste, la lotta
divenne
più cruenta ed Harry a quel punto capì cosa
guardava… quello era il futuro che
aspettava i suoi amici se lui non si fosse svegliato.
Rias
creò una sfera della distruzione, la prima
che mai le avesse visto usare da che erano bambini, e
l’attacco colse in fallo
il Re dei Serpenti che vide la sua coda mozzata. Ma fu solo un attimo
di
trionfo prima che la bestia scattasse in avanti avventandosi su di lei,
che era
così stanca per l’attacco appena usato, da essere
incapace di muoversi.
Sembrava finita, ma Akeno si sacrificò per salvarla. La
spinse via subendo
l’ira della bestia, ed il suo corpo fu strappato in due ed
ingoiato. Koneko
provò ad attaccare Raptor, sperando che una volta morto lui
l’ira del Basilisco
si placasse, ma la coda ferita dell’animale si avvolse
intorno al suo piccolo
corpo da bambina schiacciandola e triturandola. Per minuti interi lei
rimase in
vita agonizzante, solo per morire alla fine tra atroci sofferenze.
Ed
infine rimase solo Rias, ferita, sofferente,
sola. Intorno a lei c’era solo morte e morte era quello che
l’aspettava. Lei lo
sapeva, ne era conscia, ma sebbene i suoi occhi fossero lucidi ed il
suo corpo
tremasse, non si tirò indietro ne tentò di
scappare. Non poteva abbandonare le
persone che amava, che aveva sempre amato e per le quali aveva
rischiato la
vita. Non poteva abbandonare lui, Harry, che doveva assolutamente
salvare. Così
sarebbero stati di nuovo felici, avrebbero vissuto di nuovo insieme e
tutto
sarebbe stato dimenticato.
Voldemort
in persona si complimento con lei per il
suo coraggio, prima che dal sorriso storpio di Raptor venissero
pronunciate
quelle parole ed un raggio verde partisse dalla sua bacchetta. Alla
fine pure
Rias cadde, vittima solo della follia di Harry. Così
presuntuoso, vigliacco e
stupido da rischiare la sua vita senza pensare a quanto gli altri
avrebbero
sofferto per lui, a cosa avrebbero fatto per salvarlo, a che pericolo
si
sarebbero sottoposti pur di riaverlo indietro.
[Non
ti ho mentito, loro moriranno, questo non
si può cambiare. Per questo è inutile che
combatti. Hai provato a cambiare il
futuro, ma il futuro non cambia… non cambia mai.]
La
voce di Vritra era malinconica, come se quel
suo dono di vedere tra le ombre del futuro fosse la maledizione a cui
lui era
sottoposto. “Fai di me ciò che vuoi, non mi
importa, ma io lo cambierò. Prendi
il mio cuore, le mie ali, tutte e due le me braccia, ma fammi
combattere con
loro… io…. Io devo combattere con loro.”
Gli
occhi di Vritra, così intensi e pieni di
malvagità lo scrutarono. [Non permetterò che tu
muoia, dunque mi toccherà farti
vincere. Il prezzo sarà alto e tu non sarai più
lo stesso, lo sai questo?]
“Fallo!”
Ed
il drago lo fece. Le sue zanne si scoprirono
mentre attaccava Harry… lo attaccava prendendosi il
pagamento per i suoi
servigi.
*************
Hogwarts
11 Giugno 1992
Ore 00:40 a.m.
Rias
avanzò spedita, dietro di lei una comitiva
di scolari e demoni la seguiva senza fiatare. I suoi passi si
inoltrarono nella
camera del Troll, che giaceva morto stecchito e continuarono fino alla
distruzione dello stanzino delle pozioni. Li vide il foro nel muro,
riconobbe
in quella distruzione il segno distintivo del passaggio di Harry, e si
fermò.
Sul
tavolo un foglio di carta stropicciato, con
un indovinello e la sua inconfondibile grafia che dava una pungente
risposta.
Rias sorrise, carezzando quelle poche parole scritte dal suo Harry come
se
questo semplice gesto potesse farlo sentire più vicino.
“Harry
è stato qui, questa è la sua grafia e
solo lui potrebbe far saltare in aria una parete piuttosto che
risolvere un
indovinello. Sono abbastanza sicura che questa sia la penultima stanza
posta a
difesa della pietra, quindi una volta fuori di qui ci troveremo faccia
a faccia
con lui o con chi lo ha… lo ha…” Rias
prese fiato, non potendo nemmeno
contemplare lo scenario di Harry morto.
Avevano
passato tante avventure insieme, trascorso
tanti bei momenti, erano stati felici. Felici fino a che qualcosa era
cambiato
di punto in bianco senza nessuna ragione. Dal giorno alla notte Harry
gli era
sfuggito tra le dita, ed aveva iniziato ad odiarla. Lo stesso Harry che
aveva
promesso di renderla felice per vederla sorridere e che ora non
riusciva
nemmeno a sopportare la sua presenza nella stessa stanza.
La
ragazza ingoiò a vuoto un paio di volte,
represse quelle emozioni nel profondo del suo cuore, voltandosi verso
Akeno e
Koneko. Le due amiche avevano sofferto quasi quanto lei e non si
vergognava ad
esternare le sue emozioni davanti a loro. Se ancora si tratteneva era
solo per
la presenza di Hermione e Blaise, i nuovi amici di Harry, che avevano
sostituito loro, i suoi vecchi amici.
“Fate
ancora in tempo ad andare via, noi tre siamo
abbastanza forti da affrontare qualsiasi cosa qui dentro, voi invece
siete solo
maghi bambini. Morirete e noi non potremo evitarlo.”
Più volte avrebbe voluto
attaccarli lei stessa, sterminare quegli insulsi umani che avevano
rubato il
suo compagno di una vita e lo avevano allontanato da lei, ma sempre era
stata
fermata dal suo cuore, il suo stupido, stupido cuore, così
perdutamente
innamorato di Harry da non poter sopportare l’idea di farlo
soffrire nemmeno
così.
“Noi
verremo! Se non fosse stato per noi voi
stareste ancora affrontando la prova della McGrannit, siamo stati noi maghi bambini a risolvere quella
prova!”
Hermione si erse, fronteggiò Rias, che la guardò
con disprezzo. Dalle loro
spalle la voce pacata di Blaise interruppe il confronto.
“Veramente Hermione,
sono stato Io a superare la prova
della McGrannit. Devo ricordarti che finché hai giocato tu
non abbiamo fatto
altro che perdere pezzi? Ho dovuto dare il meglio di me per vincere una
partita
con solo quattro pedoni e due torri…”
Hermione
arrossì, Rias sorrise, voltandosi verso
il compagno di casa. In effetti non detestava Blaise, lui era un
po’ la
controparte di Harry, sempre in pieno controllo di se e della
situazione.
Facendogli un cenno di riconoscimento, l’ultima erede di casa
Gremory si avvicinò
al varco nel muro, voltandosi un’ultima volta prima di
attraversare.
“Ricordate, testa bassa, non proteggetevi, ma schivate ed il
primo che trova
Harry gli dia un pugno da parte mia.”
Rias
sorrise un’ultima volta, varcando la soglia
nel muro. Dietro di lei, in fila indiana, si trovavano Hermione, Akeno,
Blaise
e Koneko. Quando si lasciarono alle spalle la stanza devastata ed
arrivarono
nella camera nello specchio, successero molte cose contemporaneamente.
Gli
occhi di Rias vagarono per pochi istanti
nella stanza alla ricerca di Harry, notando il suo corpo disteso ed
immobile
vicino lo specchio. “Harry!” Nello stesso momento
il professor Raptor, che
stava esaminando il retro dell’antico artefatto, si sporse
lanciando uno
schiantesimo nella sua direzione. Schiantesimo che la mancò
grazie ad Hermione
che la spostò dal pericolo.
“Harry
è lì!” Rias indicò il corpo
dell’amico
vicino allo specchio, mentre anche gli altri li raggiungevano,
iniziando a
lanciare incantesimi contro il professore di difesa. “N-Non
capisco, perché sta
dormendo? L-Lui è sempre mattiniero, l-lui non dorme mai
durante gli scontri.”
La mente bloccata nell’impossibilità di concepire
quel pensiero. Semplicemente
non poteva, in nessun modo, immaginare Harry morto. Era una cosa contro
natura,
che semplicemente non poteva accadere.
“Rias!”
Rias si sentì scuotere per le spalle di
Hermione, ma la ignorò, si sentì chiamare, ed
avvertì la pressione di un
incantesimo colpirla, ma ancora non se ne curò, tutto quello
che voleva era
sporgersi oltre i combattenti per guardare Harry, chiamare il suo nome,
svegliarlo da quel suo sonno. Poco più in là
Akeno e Koneko piangevano, ma
avevano già messo via le loro bacchette, ed ora stavano
lottando alla maniera dei
demoni, la prima con esplosioni e tuoni, la seconda avvicinandosi e
preparando
qualche incantesimo da Nekomata. “Rias! Potrebbe essere solo
svenuto, non sta
dormendo! Ora devi aiutarci, aiutaci a battere Raptor
e poi recupereremo Harry!”
La
principessa dei Gremory spostò il suo sguardo
su Hermione, lo fece ritornare su Harry e poi di nuovo su Hermione.
Lentamente
riprese il controllo di sé, reprimendo tutte quelle
emozioni, che rimaste
imbottigliate per mesi nel suo cuore erano fermante fino ad esplodere
alla
vista di Harry incosciente. Il suo primo amico era sicuramente solo
svenuto,
non c’era modo che l’avesse lasciata, abbandonata,
lui non lo farebbe mai.
“V-Va
bene.” Rias si rimise in piedi, scostò
Hermione con un braccio volgendo la sua attenzione al nemico.
Normalmente un
mago adulto ha vita facile contro cinque studenti del primo anno,
soprattutto quando
solo tre dei cinque studenti stanno combattendo e gli altri due sono
nel mezzo
di una crisi emotiva, ma in questo caso la situazione era diversa.
Akeno
con le sue splendenti ali dal piumaggio
nero, non era un semplice studente. Koneko, con la sua coda e le sue
orecchie
bianche come la neve, non era un semplice studente. Rias, con
l’aura di potere
cremisi che l’avvolgeva e smorzava ogni incantesimo lanciato
contro di lei, Non era un semplice
studente. Ed ora che
Rias guardava con furia l’uomo che era certa avesse fatto del
male al suo
amico, le cose per il docente non poterono che peggiorare.
Prima
lo raggiunsero con attacchi superficiali,
Hermione mandò a segno un incantesimo Gambemolli, Blaise una
fattura
balbettante, Koneko colpì l’uomo con un uomo
carico di Toki, che gli paralizzò
il braccio ed Akeno lo stordì con un tuono così
fragoroso da far vibrare lo
specchio al centro della sala quasi infrangendolo.
Rias
dal canto suo si limitò ad avanzare,
schermandosi dall’offensiva del nemico, sperando che non
fosse il fuoco amico a
colpirla. Dopo un minuto arrivò all’altezza del
professore, trenta secondi dopo
fu oltre di lui e poté chinarsi su Harry. Fu in quel momento
che un urletto di
Raptor la fece voltare erigendo uno scudo solo per vedere il professore
cadere
in avanti lasciando andare la bacchetta. Era sicura che avessero vinto,
battendo insieme quel nemico che Harry non poté affrontare
da solo, ma fu
quando si stavano cullando nell’ebrezza della vittoria, che
il Basilisco colpì.
Come
nella visione che il Re Drago aveva
mostrato ad Harry, la prima a morire fu Hermione trafitta dalle sue
zanne, poi
toccò a Blaise, incenerito dal suo sguardo, e subito dopo
tocco alle altre. Una
ad una crollarono, sotto la forza della creatura millenaria, nata con
il solo
scopo di uccidere chiunque le capitasse a tiro e quando giunse il suo
momento
Rias tremò, barcollo.
La
sua mano stretta intorno a quella fredda e
senza vita di Harry. Anche lui era morto. Ora non poteva negarlo, non
poteva
sperare che fosse svenuto o stesse dormendo, Harry era morto come tutti
gli
altri, ed ora toccherà anche a lei. Ricacciando indietro le
lacrime la bambina
avrebbe osservato a palpebre socchiuse il serpente arretrare ed il
Professore
di Difesa avanzare.
Camminava
all’indietro, in un modo che in una
diversa circostanza avrebbe potuto ricordare Michael Jackson e far
sorridere,
ma ora non c’era nulla da ridere, nulla da sperare.
L’uomo gli dava la schiena
con il turbante che veniva sciolto dal capo, rivelando
l’orrore di chi non è
mai morto. Voldemort, l’oscuro Signore si mostrò a
lei, che era l’unica che
ancora poteva fronteggiarlo.
“Hai
dei capelli molto belli bambina, lo sai? Mi
ricordano quelli di una certa donna, una certa donna che
causò quello che tu
ora vedi. Fu per sua colpa che persi il mio corpo ed ora sono ridotto
ad essere
meno di uno spirito. Ed in sua memoria, ma soprattutto per premiare il
tuo
coraggio, che non ti ha fatto scappare via, sarò io stesso
ad ucciderti.”
Il
braccio di Raptor si sollevò con
un’angolazione strana, le articolazioni stridettero e si
ruppero mentre
Voldemort le forzava indietro in modo che potesse puntare correttamente
la
bacchetta. E Raptor pianse per il dolore, il suo signore rise per il
piacere e
la luce verde, da sempre associata all’anatema che uccide,
volò verso di lei,
che non si scansò ne si difese. Accolse quel verde brillante
che gli ricordava
gli occhi di Harry, ora chiusi ed inviolabili.
E
quando l’incantesimo la colpì, avvertì
la sua
vita venir meno ed il suo spirito andare oltre. Per un istante, poco
dopo che
il suo corpo cadde, ebbe la visione di tutte le altre vittime dello
scontro
appese come insoliti palloncini con i loro corpi come zavorra, poi
avverti il
dolore, un dolore straziante, di ferro che trafigge la carne, ed una
catena si
avvolse intorno a lei. E non riuscì a proseguire, rimase li
a fluttuare fuori
dal suo corpo, invisibile ai vivi, mentre Harry riprendeva a muoversi.
Il
colore tornò a diffondersi sul viso del Bambino
Sopravvissuto, le sue dita si strinsero così a fondo nella
carne da sanguinare
ed i suoi occhi si aprirono. Il verde smeraldo era scomparso, ora i
suoi occhi
erano enormi, viola, con profonde pupille verticali. La mano destra era
stretta, coperta di scaglie nere con solo tre dita artigliate. Lui non
era più
Harry, lo sapeva, lo avvertiva, vedeva l’oscurità
vorticargli intorno quasi
abbracciando un fratello da tempo scomparso.
Harry
era vivo, e quindi non avrebbe potuto
vederli, ma nonostante questo, nonostante Rias non fosse più
nemmeno sicura che
fosse lui, il bambino si voltò verso tutti gli spiriti, che
la maledizione di
Vritra aveva condannato alla vita e con un sorriso parlò, la
voce roca,
grottesca, sovrapposta a quella di un’altra creatura che
sembrava trarre gusto
dalla situazione.
“[Ci
metterò poco. Poi tornerò da voi…]”
Ed
in quel momento ogni luce si spense e la
stanza piombò nell’oscurità.
*************
Hogwarts
11 Giugno 1992
Ore 01:00 a.m.
Quando
la stanza piombò nell’oscurità, per lui
non fu un problema. Era stato Harry stesso a sfruttare le ombre per
creare
quell’effetto, per trarre vantaggio da quella situazione, per
sopravvivere a
quello scontro.
Voldemort
aveva già iniziato a lanciare
incantesimi i luce, ma come soffocati dalla sua maledizione, ogni magia
brillava solo per pochi istanti prima di spegnersi. Harry
approfittò di quei
momenti per guardare il suo corpo, studiare il suo braccio da drago,
avvertendo
attraverso questo il pulsare possente di Vritra. Poi il suo sguardo si
spostò allo
specchio, lo specchio delle brame che al suo interno nascondeva la
pietra
Filosofale e che ora gli mostrava la sua immagine distorta.
Più
del braccio si preoccupò degli occhi. Occhi
non più verdi, occhi non più umani, ma occhi da
drago. Aveva dovuto accettare
quel sacrificio per affrontare il serpente, lo stesso serpente che
Voldemort
stava ora aizzando contro di lui. Le sue pupille si allargarono
enormemente
nell’oscurità, concedendogli la
capacità di vedere oltre il buio da lui creata
e fu così che schivò il primo attacco del
Basilisco.
Si
mosse di lato, vide il muso del serpente
chiudersi dove pochi istanti prima c’era la sua testa, ma non
ne fu spaventato,
ora lui non stava combattendo da solo. [Partner, grazie ai miei occhi
non devi temere
ne lo sguardo del serpente, ne l’oscurità, ma devi
sbrigarti, non posso
mantenere la maledizione sui tuoi amici se affronto anche un mago
oscuro. Ti
concedo dieci secondi, dopodiché dovrò lasciare
andare le loro anime una alla
volta, partendo dall’ultima che ho incatenato.]
Le
parole di Vritra era intrise di triste
crudeltà. Il drago aveva già superato i suoi
limiti quando aveva rimesso
insieme la ghiandola Pineale del suo ospite, ma nonostante questo era
andato
oltre i suoi obblighi, piegando e fondendo le sue maledizioni con la
magia di
Harry, in modo da creare delle ancore provvisorie che legavano i suoi
amici
alla vita. Certo, erano banali e semplici imitazioni del loro legame,
ma finché
gli permetteva di salvarli, Harry avrebbe accettato qualsiasi cosa.
Nella
sua mente il drago fece comparire un conto
alla rovescia per tener fede alla parola data.
X
Dopo
aver schivato il morso del serpente, Harry
si sollevò, afferrò una zanna della bestia, ed
usandola come appiglio
improvvisato gli saltò sopra. Una maledizione che uccide
volò contro di lui nel
momento in cui raggiunse la cima del cranio del serpente, ma non appena
Harry
guardò l’incantesimo verde brillante, i suoi occhi
emisero un flash viola
intenso, e questo perse rapidamente energia venendo inghiottito tra le
ombre.
[Delete
Field!]
Grazie
al sacrificio del braccio destro Harry
poteva manovrare e modellare le ombre, usandole per attaccare,
difendersi o per
creare archetipi magici che negavano addirittura la morte. Attraverso
il
sacrificio degli occhi invece aveva ottenuto la seconda
capacità di Vritra,
quella di poter annullare qualsiasi potere o magia del suo avversario
semplicemente guardandolo.
Certo,
entrambe queste capacità avevano pesanti
restrizioni, ed Harry non era in grado di usarle senza il supporto e
l’aiuto
del Drago, ma grazie a loro ora poteva affrontare e battere Voldemort.
IX
Il
serpente si rigirò, cercò di scrollarsi Harry
di dosso, ma più ci provava più Harry conficcava
il braccio in profondità nel
suo cranio. Il suo corpo colpì le pareti, il pavimento, i
muri e fece perfino
cadere lo specchio delle Brame durante una curva piuttosto stretta
dell’anima,
ma Harry non mollò la presa. Gli artigli del drago
sgretolarono e corruppero le
ossa del serpente come se fossero carta velina, e quando alla fine
Harry giunse
a toccare la materia grigia con le dita evocò un semplice
incantesimo, che
trasfigurò il sangue in acido. Il Basilisco si contrasse
un’ultima volta, emise
rauchi sibili agonizzanti e poi morì, lasciando al mondo
solo le sue spoglie.
Forse
avrebbe potuto regalarle a Piton per farci
delle pozioni, il Capocasa avrebbe apprezzato il gesto…
VIII
Dopo
l’uccisione Harry cadde dal serpente
completamente stordito. La testa gli girava, non c’era parte
del corpo che non
gli facesse male, ma in alto, appesi sui propri resti mortali, i suoi
amici
facevano il tifo per lui. Harry li vide muoversi, agitarsi, strattonare
le
catene nere che gli ancoravano le caviglie, ma nonostante muovessero le
labbra
non poteva sentirli, poteva solo vederli grazie agli occhi di Vritra.
La
cosa che però sentì fu
l’urlò di Voldemort
quando saltò oltre il corpo del serpente avventandosi su di
lui.
VII
Voldemort
stringeva in una mano una bacchetta,
nell’altro uno stocco che rifulgeva di magia nera. Harry non
sapeva da dove
l’arma provenisse, ma se Voldemort aveva capito che le sue
migliori magie non
avevano effetto contro di lui, allora doveva essere passato a qualcosa
che non
fosse magia e che probabilmente non avrebbe potuto annullare. Il
bambino
sopravvissuto costrinse il suo corpo a muoversi, si portò
fuori dalla portata
dello stocco, estraendo un certo coltello dalla cintura.
[Partner,
devi sbrigarti il tempo sta per
finire, non so quanto potrò trattenerli ancora!]
VI
Le
catene legate intorno alle anime cominciarono
ad incrinarsi e l’oscurità a diradarsi, mentre
Harry avvertiva il potere del Re
Drago affievolirsi. Probabilmente Vritra aveva sovra-stimato le sue
possibilità,
i suoi poteri stavano venendo meno prima del previsto. Mentre Harry
lottava con
Voldemort scambiando con lui una serie infinita di attacchi, il Re
Drago
lottava per mantenere il controllo sulla [Shadow Prison],
l’unico motivo per
cui le anime dei suoi amici non erano ancora passate oltre.
V
Harry
era in vantaggio, il corpo di Raptor era
logorato dalle lunghe lotte con Harry ed i suoi amici, ma soprattutto
dalla
continua possessione del suo signore. Harry lo capiva dai suoi
movimenti sempre
più lenti, dagli occhi sempre più appannati, dal
rivolo di bava che aveva
iniziato a colargli dalla bocca. Per quanto Voldemort lo spingesse e
tirasse,
un corpo così mal ridotto non sarebbe arrivato lontano.
Lo
stoccò lo colpì allo stomaco, mentre Harry
era distratto da Rias, la cui catena aveva iniziato a spezzarsi. Le
crepe si
erano diffuse ed ora non mancavano che una manciata di secondi prima
che lei
passasse oltre. L’arma di Voldemort penetrò in
profondità approfittando di
quella distrazione, la lama intrisa probabilmente di qualche veleno
iniziò ad
emettere fumo grigio, ma quando Voldemort fece per ritrarsi Harry lo
fermò.
IV
La
mano di drago era saldamente ancorata allo
stocco, lo teneva ben piantato nel suo stomaco nonostante il dolore.
Vritra
urlò con lui mentre la mano che condividevano
iniziò a fumare con lo stesso
fumo grigio che saliva dall’altra ferita, ma per quanto la
sua vista fosse
annebbiata Harry non vi badò. Scatto in avanti, trasse a se
Raptor afferrandolo
per il collo, conficcando il pugnale tra gli occhi di Voldemort.
Lo
stesso pugnale che usava ogni giorno per
allenarsi, lo stesso pugnale che gli era stato regalato dal suo maestro
il
giorno prima di partire per Hogwarts, lo stesso pugnale che
probabilmente non
riavrà più indietro.
III
Non
appena conficcato nel cranio di Raptor, la
lama, pregna di magia e potere, si attivò dando il via al
trasferimento. Harry
aspetto fino all’ultimo istante, combatté la voglia di
vomitare, lasciando
andare il suo ostaggio l’attimo prima che venisse
trasportato via con lui. Subito
dopo le ombre, che ancora impregnavano la stanza, si ritirarono venendo
assorbite dal corpo di Harry, che forse per la decima volta in quella
giornata,
si ritrovò agonizzante al suolo. Vritra aveva ripreso il
controllo della sua
magia, aveva annullato il potere dei suoi occhi ed ora si stava
concentrando
unicamente sul mantenere salde le catene.
[Hai
fatto un buon lavoro Partner, ma dove l’hai
mandato?]
Harry
tossì, sorrise, mentre il suo corpo
tornava a respirare regolarmente. La mano umana tamponava il secondo
ombelico
che Voldemort gli aveva fatto. “U-Una realtà
parallela. Il pugnale ha copiato
questa stanza e l’ha trasferita in un’altra
dimensione insieme a Voldemort. Non
potrà scappare di lì, non da solo, nemmeno con
tutto il suo potere. Per un’ora
lo avremo in trappola.
Harry
alzò lo sguardo, la vista di Vritra gli
era stata sottratta, ma non faticava ad immaginare Rias sorridergli
dall’alto
del suo cadavere. “Vritra, ti devo… ringraziare.
Solo tu potevi trovare questa
soluzione… ora dobbiamo solo… dobbiamo solo
rimetterli in sesto come tu hai
fatto con me… dobbiamo solo farli sopravvivere….
Si, solo questo…”
[Sei
tu che l’hai reso possibile. Hai capito che
non potevi cambiare il futuro, allora hai trovato il modo di plasmarlo.
I tuoi
amici sono realmente morti come abbiamo visto, ma grazie ai nostri
poteri
combinati sono ancora qui, dobbiamo solo…
com’è che hai detto? Farli tornare
indietro…]
Gli
occhi di Harry si appannarono, mentre nella
stanza rifulgeva limpida la fiamma di una fenice. “Lascio il
resto a te…
partner…”
Il
suo canto alleggerì il cuore del bambino
sopravvissuto, che sopravvisse una volta di più.
*********
Epilogo
Un
Mese più tardi – Mondo Demoniaco
Harry
si stava rialzando, la mano umana che
sfiorava il segno rosso sul suo viso dove Lucifer lo aveva
schiaffeggiato.
“Hai
fatto uccidere i tuoi amici…”
La
voce del Maou era secca, rigida, come Harry
non l’aveva mai sentita.
“È
vero, ma sono… sono ancora vivi.”
Gli
occhi di Harry erano bassi, fissi al suolo.
La tensione gli impediva di rialzarli mentre riviveva
l’ultimo mese nella
mente. Solo ad un mese di distanza aveva avuto il coraggio di tornare,
di
rientrare al castello per scontare la sua punizione.
“Vivi?” La
voce del suo signore assunse una nota pericolosa. “Tu credi
davvero che il
sistema creato da Dio, si faccia beffare così facilmente da
te? Loro non sono vivi, loro sono
Maledetti! Hai negato
loro un degno trapasso e perfino la possibilità di
resuscitare come servitori
di qualche demone di alta classe, condannandoli alle più
atroci sofferenze. Sai
perché si dice che Vritra sia stato diviso in quattro Sacred
Gears da Dio? La
sua è un’esistenza pericolosa, che manipola e
manovra nell’ombra, e tu invece
di venire a raccontarmi subito di lui hai preferito aspettare,
facendoti carico
dell’impresa come un qualche eroe tragico. Beh, fatti dire
una cosa
nanerottolo, tu sei solo spazzatura!
Io
ti ho accolto nella mia casa, ti ho dato una famiglia, ti ho dato amore
e tu mi
ripaghi uccidendo il sangue del mio sangue!”
Harry
iniziò a sentirsi male, la zampa di drago
che ormai aveva sostituito permanentemente la sua mano destra si apriva
e
chiudeva convulsamente sotto gli strati di incantesimi
d’occultamento che vi
aveva imposto. [Non dargli retta partner, io e te abbiamo fatto quello
che
dovevamo. Abbiamo salvato tutti e fermato il cattivo. Il resto non
conta.]
La
voce di Vritra risuonò nella sua mente,
inudibile a chiunque altro, mentre Harry ingoiava a vuoto.
“L-Lui mi ha
salvato. Ha salvato tutti… ed ha detto che se troveremo gli
altri pezzi della
sua anima, potrà rafforzare la maledizione,
così… così gli altri potranno tornare
come prima…”
Harry
si aspettò un altro schiaffo, chiuse gli
occhi vedendo la mano di Lucifer alzarsi, ma alla fine non venne
colpito,
semplicemente i sui suoi capelli vennero scompigliati docilmente.
“Ti sei fatto
abbindolare Harry Potter, tutto quello che Vritra vuole è il
tuo corpo, ed ha
già ottenuto i tuoi occhi e la tua mano destra.
Più aumenterà il suo potere,
maggiore sarà la presa che avrà su di te.
Ciò non toglie che quest’ultima cosa
sia vera, se vogliamo avere una possibilità di far tornare
Rias, Akeno e Koneko
com’erano, dobbiamo trovare gli altri pezzi del drago e
rafforzare la
maledizione, una volta che questa sarà al suo massimo,
allora potremo
eliminarla e curarle con metodi più
convenzionali…”
Il
Maou si voltò, allontanandosi da Harry per
prendere posto sul suo scrigno d’oro. Harry
non era mai stato ricevuto nella sala principale, i suoi
incontri con il
Re erano sempre stati informali e felici. Questo era
un’ulteriore segno che le
cose tra loro erano cambiate. “Ieri c’è
stato una riunione dei vertici
dell’inferno per parlare della tua situazione. La maggior
parte dei demoni
premeva per una tua esecuzione essendo tu il responsabile della morte
di un
demone di alta classe, io ho suggerito che ti venissero tolti i titoli
e
diventassi un demone rinnegato. Alla fine nessuna delle due mozioni ha
ottenuto
la maggioranza, non possiamo ucciderti altrimenti infrangeremmo la
maledizione
di Vritra troppo presto e non possiamo rinnegarti altrimenti altri ti
ucciderebbero
per avere il tuo potere, dunque è stata presa una decisione.
Ti sarà affidata
una pericolosa missione nei territori della chiesa, li dicono che si
trovi un
frammento d’anima del Re Drago Vritra. Dovrai andare a
recuperarla e tornare
entro sei mesi a partire da oggi, pena la morte.”
La
voce del Maou era perentoria ed Harry si
sentì svuotato. Il sapere che lui avrebbe voluto rinnegarlo,
cacciarlo dalla
casa che gli aveva dato… ma sapeva che era solo colpa sua.
Doveva essere lui a
riguadagnare ciò che aveva perso e per farlo doveva prima
riportare Rias e le
altre alla loro forma originaria. Infatti le sue amiche, per quanto
fossero
vive, erano ridotte ad essere deboli come esseri umani, avevano a
malapena
accesso alla loro magia e non potevano nemmeno respirare
l’aria sulfurea dell’Inferno.
La situazione era più o meno la stessa per Blaise ed
Hermione, che essendo però
umani fin dall’iniziò, non videro peggiorare la
loro situazione più di tanto.
Chinando
il capo, Harry accolse la missione
affidatagli. Le lacrime che minacciavano di colare lungo il suo viso
vennero
contenute. “Si, mio signore… e per quanto riguarda
Hogwarts?” Harry osò
chiedere, consapevole che se doveva partire per una missione
all’estero
difficilmente sarebbe tornato prima dell’inizio della scuola.
Lucifer lo guardò
qualche istante sciogliendo poi la sua maschera in un tiepido sorriso.
“So che
la colpa di tutto non è tua Harry, ma quello che hai fatto
è grave e non posso
trattarti diversamente da chiunque altro solo perché sei tu.
Per quanto
riguarda la scuola, ho distrutto metà del castello, ed ora
sto provvedendo a
rimetterlo in piedi con i soldi degli Inferi. Albus Silente
è ancora preside,
ma non ha più diritto di parola su nulla, a quanto pare il
suo intero staff si
è ritorto contro di lui quando l’ho costretto a
rivelare il suo coinvolgimento
negli eventi del 11 Giugno. Certo, pensare che avesse saputo di Raptor
fin
dall’iniziò e non abbia detto nulla…
non ha proprio pesato in suo favore.”
L’incontro
durò un’altra ora, durante la quale
Harry ebbe le specifiche per la missione, tra le più
importanti vi era la
notizia che per la sua stessa sopravvivenza, non sarebbe stato mandato
da solo,
ma qualcuno lo avrebbe accompagnato in modo da sopprimere i suoi poteri
se il drago
avesse preso il sopravvento del suo corpo.
Harry
rimase scioccato quando gli venne detto
chi era il suo compagno in quest’avventura, ma fu costretto a
rimanere in
silenzio non avendo diritto di parola in merito.
“Il
nemico del mio nemico è mio alleato, giusto?”
Una
voce fermò Harry sulla via del ritorno alle
sue stanze, voltandosi vide chi era al centro del suoi pensieri.
“Vali
Lucifer della fazione degli Angeli Caduti….”
Il
silenziò si tese nel corridoio mentre
osservava il coetaneo dai capelli bianchi. Un sorriso smagliante gli
illuminava
il viso mentre i suoi occhi crudeli lo scrutavano attentamente.
“Già,
proprio così moccioso… ne è passato di
tempo dall’ultima volta che ti ho rotto il culo.”
E
questo fu l’iniziò di un’altra avventura.
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N.D.A.
Eccomi con le ultime note d'autore per un bel pò. Partiamo
con le cose importanti, ringrazio vivamente IpseDixit per il betaggo ed
Ansem per l'aiuto a strutturare il testo, per quanto riguarda quando
riprenderò a pubblicare, penso per fine febbraio, dopo la
sessione d'esami, ma potrebbe volerci pure più tempo. Voi
scrivetemi, mandatemi mp e spronatemi, così mi
sentirò motivato XD
Ad ogni modo, complimenti per chi è arrivato fino alle fine
del capitolo incolume, non è cosa da poco aver letto un
capitolo così lungo, ed ora voi che siete sopravvissuti
ditemi, cosa ne pensate?
Questo capitolo l'ho suddiviso in molte parti, ognuna con il PoV di un
personaggio diverso. Siamo passati da Raptor, ad Harry, ad Hermione a
Rias. Tutto questo vi ha confuso in qualche modo?
Per caso la lettura è risultata pesante? Ed a livello
generale, tra tutti i capitoli caricati qual'è la parte che
vi è piaciuta di meno?
A me come autore, non è piaciuta molto il capitolo 5, con il
litigio tra Rias e le altre e l'allontanamento di Harry. Probabilmente
avrei potuto scriverlo e stutturarlo meglio, ma Aihme così
non è stato.
E per voi?
Detto questo, avviso che il secondo anno scolastico ad Hogwarts
sarà, per ovvi motivi, completamente diverso da quello di
Zia Row, in primis perchè Harry non tornerà
subito a scuola, ma avrà la sua missione da compiere, in
secondo luogo perchè il Basilisco è
già morto, quindi non è che possa giocarci
più di tanto no? Inoltre il professore di difesa non
sarà il tanto amato Allock, ma qualcuno che i lettori di DxD
riconosceranno subito.
Silly vi sembra sconfitto? Tranquille, il vecchiaccio ha più
di un asso nei suoi mutandoni ammuffiti. xD
Ora vi lascio, basta convenevoli, e se vi va recensite =)
Io sarò sempre qui per leggere i vostri pareri, buoni o
cattivi che siano.
Bye, Bumbix
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