Maybe it's all part of a plan

di besideboo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


Maybe it's all part of a plan
 


Capitolo I


DISTRETTO 12 – GIORNO DELLA MIETITURA

Mi ero svegliato presto quella mattina, mi ero vestito cercando di non fare rumore per concedere ancora qualche ora di sonno a mia madre e mia sorella e mi ero diretto verso il lago.
L’obbiettivo principale di quella fuga improvvisata al momento era allontanarmi dalla realtà per un po’, ma lo spettacolo che mi si parò davanti non mi dispiacque per niente: non era la prima volta che vedevo l’alba riflessa sul lago, ma quella mattina era qualcosa di spettacolare, un intenso color arancione che illuminava ogni cosa ridando vita alla natura.
Non ero un grande cacciatore, anzi, odiavo far del male agli animali o qualsiasi altro genere di vita, quindi, quando un cervo si avvicinò per abbeverarsi, non ci sarebbe stato da sorprendersi se, nonostante le condizioni in cui io e la mia famiglia vivevamo, non mi passasse neanche lontanamente per la mente un modo per ucciderlo, ma quella volta era diverso. Era il giorno della mietitura e la possibilità di trovarmi in meno di poche ore ad essere addestrato per far del male –uccidere- delle persone portava la mia mente a giocarmi brutti scherzi. A partire dal terribile incubo di quella sera.

-GEMMA STYLES!-
No, no, no, no, no.
Com’era possibile? Gemma aveva 20 anni! Non poteva essere sorteggiata. Lei doveva essere al sicuro! No, no, no, no, no. Mi rifiutavo di crederlo. Mi avvicinai al palco sconvolto, non mi ero ancora accorto di stare trattenendo il fiato.
Una bambina di massimo 12 anni stava salendo sul palco. Solo allora mi accorsi che era mia sorella, e stava piangendo.
Corsi più velocemente che potevo per raggiungerla, non ragionavo. Ma che potere avevo io di salvarla? Soprattutto se ogni passo che facevo mi allontanavo di più da lei. Gridavo, ma nessuno mi sentiva. Ero disperato, ma nessuno mi vedeva. Gemma alzò i suoi occhi verso di me e tutto quello che vi riuscii a leggere era terrore. Terrore, e una muta richiesta di essere salvata.



-Hey-
Fu la voce di Niall a svegliarmi dai miei pensieri.
-Ciao-
-A che pensavi?-
-Niente.- mentii, ovviamente. Non ero quel genere di persona che amava trasmettere i suoi problemi agli altri. Preferivo tenermi tutto dentro.
Lui non fece altre domande, per fortuna.
-Guarda che spettacolo.- commentò.
-Non credo rivedrò mai più un’alba del genere-
Si girò verso di me con i suoi occhioni azzurri spalancati al massimo, aveva capito benissimo a cosa mi riferivo.
-Non dire mai più una cosa del genere, Harry.-
-Oggi ho sognato Gemma- presi un grande respiro –Era solo una bambina, ed era stata sorteggiata alla mietitura. Come possono fare una cosa così orribile? Come possono mandare dei ragazzi a uccidere altri ragazzi innocenti?-
Niall non rispose, sapevo che la pensava come me, ma non lo diede a vedere. Lui aveva sempre avuto una visione ottimista della vita, era una delle tante cose che adoravo nel mio migliore amico.
Infatti.. –Nuotata?- propose.
-Sei un bambino.-
-E tu vuoi farti una nuotata.- aveva ragione.
-L’ULTIMO CHE ARRIVA E’ UN IDIOTA!- gridai correndo.
-E sarei io il bambino..- lo sentii sussurrare dietro di me, poi iniziò a correre anche lui.

DISTRETTO 2 – GIORNO DELLA MIETITURA

Gli Hunger Games erano stati da sempre una prova di coraggio nel mio distretto, ed io ero elettrizzato, come ogni anno, al pensiero che dopo anni e anni di allenamento, ci sarebbe stata una probabilità di mostrare le mie capacità a Capitol City, lo facevo per lo più per garantirmi un futuro.
-LA COLAZIONE!- gridò mia madre dal piano terra.
Non ci pensai più di due minuti a fiondarmi giù dal letto e seguire le mie quattro sorelle giù per le scale fino alla cucina.
Per tre di loro non era ancora il momento degli Hunger Games, mentre Lottie, la maggiore, avrebbe partecipato alla mietitura per la prima volta.
Era per lei che avevo paura. Era solo un’adolescente alle prese con i trucchi e le prime cotte scolastiche, come avrebbe fatto a sopravvivere in un’arena? Mi cacciai subito dalla mente l’immagine della mia sorellina con un coltello in mano, infondo non avevamo problemi economici, quante probabilità c’erano che venisse estratta proprio lei? Pochissime.
Quando finii di fare colazione, salii per una doccia e vestirmi –con i vestiti migliori che avevo, come da tradizione.
Appena finito uscii dalla stanza, al piano inferiore mamma stava rassicurando Lottie facendole i complimenti su quanto fosse bella con quel vestito –troppo scollato per una dodicenne, a parer mio- e abbracciandola. Quando mi vide le si illuminò lo sguardo.
-Sei coraggioso, Louis- mi disse –Sono fiera di te.-
Dopo un bacio sulla guancia io e Lottie uscimmo di casa per prendere il nostro posto in piazza per la mietitura, mentre mamma finiva di preparare Fizzy e le gemelle.
Prima di arrivare lì, passammo a prendere la persona che più adoravo al mondo.
-ELEANOR CALDER!- esclamai, quando uscì dalla porta di casa sua. I suoi occhi si illuminarono alla mia vista e corse verso di me per abbracciarmi. Quando le sue braccia si allacciarono al mio collo, la alzai da terra e la feci girare, provocando dei gridolini e una sonora risata da parte di Lottie.
Ammetto di aver avuto una cotta terribile per Eleanor fino a qualche anno fa, ma non potevo proprio permettermi di rovinare i rapporti con l’unica persona che contava davvero qualcosa per me. L’amavo tantissimo. Per fortuna ero riuscito ad accorgermi prima di commettere qualcosa di imbarazzante che quell’amore era lo stesso che provavo per la mia famiglia. No, El non era per niente la mia anima gemella, ma la amavo come se fosse la persona più importante al mondo. La situazione era abbastanza complicata, ma a me piaceva e sapere che anche Eleanor mi amava era rassicurante. Anche se non fossi mai riuscito a trovare l’amore della mia vita, almeno avevo la certezza che qualcuno provasse vero affetto nei miei confronti.
-Lottie, lasciati guardare!- disse lei –Sei bellissima.-
Eleanor adorava mia sorella e a quanto pare il sentimento era reciproco visto che lo sguardo di mia sorella si illuminò e non ci pensò due volte a fiondarsi fra le sue braccia.
Eleanor aveva proprio fatto colpo su tutta la famiglia.
Quella situazione era troppo bella per pensare che qualcosa fra qualche minuto avrebbe potuto –come non avrebbe potuto- cambiare le nostre vite.

DISTRETTO 12
Ero davanti al palco dove fra qualche minuto sarebbero stati annunciati i partecipanti agli Hunger Games di quell’anno, inutile dire che avevo paura. Tanta paura. Per fortuna trovai lo sguardo rassicurante di Niall accanto a me. Dieci minuti dopo una figura fece il suo ingresso dal portone del palazzo della giustizia, era la stessa donna di ogni anni, ma ogni volta che la vedevo indossava vestiti sempre più eccentrici. –Purtroppo- non mi soffermai a osservare ciò che indossava un po’ perché ero preoccupatissimo e un po’ perché il suo vestito era davvero accecante.
Dopo la proiezione del video che veniva trasmesso ogni anno, finalmente arrivò il momento che tutti stavano aspettando.
Elizabeth –la donna dal vestito eccentrico- si avvicinò ai contenitori di vetro esordendo con il suo solito “Prima le signore!”

Avevo già visto la ragazza che venne estratta, era una classe dopo di me a scuola, ma non ci eravamo mai parlati. Bene, per adesso nessuno per cui dover piangere.
Non ebbi nemmeno il tempo di riflettere su quanto fosse orribile il pensiero che avevo appena formulato che Elizabeth pescò il secondo nome.
Fu allora che mi bloccai.
Ero sicuro di non star respirando. Tutto ciò che riuscii a percepire furono gli occhi di centinaia di persone posarsi su di me.
Allora capii che non era un altro dei miei incubi. Stava accadendo davvero.
Feci in tempo a vedere Niall alzare la mano per offrirsi volontario, allora ripresi a respirare e feci ciò che di più logico riuscii a pensare: lo bloccai. Due pacificatori stavano camminando verso di me, gli presi il braccio e lo pregai –Prenditi cura di mamma e Gemma.-
Poi venni trascinato verso il palco e quando rivolsi gli occhi verso il pubblico, non potei fare a meno di vedere mia madre in lacrime e mia sorella che l’abbracciava. Sapevano anche loro che non mi avrebbero rivisto mai più, ma dopo quella scena mi ripromisi di provare a vincere. Dovevo farlo per loro.

DISTRETTO 2
-Prima i giovani uomini- disse la donna che ogni anno si presentava per estrarre i due nomi da mandare nei giochi.
-Louis Tomlinson!- esclamò a gran voce per farsi sentire chiaramente.
Avevo passato la vita a prepararmi per questo momento, ma non avevo previsto che fra le tante emozioni che provai allora ci sarebbe stata anche la paura. Però, per fortuna, l’orgoglio ebbe la meglio. Abbracciai il mio amico Zayn, vicino a me, e mi diressi con sguardo fiero, come c’era da aspettarsi, verso il palco.
-Ciao Louis. Ecco, mettiti qui.- mi disse trascinandomi accanto a lei.
-E ora le ragazze.-
Mi guardai attorno, la piazza era immensa, non riuscivo a individuare nessuno dei miei parenti, fino a quando..
-Bene, bene..- disse la donna con un sorrisino, mi voltai verso di lei proprio nel momento in cui pronunciò il nome della ragazza –Charlotte Tomlinson!-
E se l’estrazione del mio nome non mi scosse particolarmente, quella di mia sorella mi mandò nel panico.
Iniziai a guardarmi intorno trattenendo il fiato. Mi portai le mani sulla bocca per nascondere un grido che ero certo sarebbe uscito molto presto.
Eppure c’erano tantissimi abitanti nel distretto, perché proprio lei? Le avevo promesso che non le sarebbe successo niente, era solo una ragazzina, non.. –MI OFFRO VOLONTARIA!-
Una figura in lontananza si stava facendo strada per arrivare fino al palco: Eleanor.
La guardai e in quel momento capii che non era una persona. Doveva essere per forza un angelo. Un angelo che amavo tantissimo.
Quando arrivò la abbracciai –Grazie.- le sussurai all’orecchio tenendola stretta a me. –L’hai salvata.-

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


Capitolo II




HARRY

Nel distretto 12 si imparava a sopravvivere. A casa era quasi sempre Gemma che portava da mangiare, anche se qualche volta riuscivo a rendermi utile anche io: evitavo il più possibile di uccidere animali, per quello ci pensava mia sorella, ma conoscevo parecchie piante commestibili, sapevo orientarmi nei boschi e trovavo sempre dei corsi d’acqua, anche se erano molto brevi.
Però non sarebbe stato abbastanza, lo sapevamo sia io che mamma e Gemma, anche se, prima di uscire dalla camera dove i futuri tributi ricevono le loro ultime visite, mi avevano detto che potevo farcela, che contavano su di me, ma sapevamo benissimo che io non ero in grado di uccidere, quindi come sarei potuto uscire vincitore?
Forse era per quello che mia madre ha pianto da quando è entrata fino a quando mi ha salutato.
Il loro addio era stata la cosa più dura che avessi dovuto mai affrontare.
Oltre loro, solo Niall è venuto a trovarmi, gli altri miei amici sicuramente stavano già festeggiando perché anche quell’anno non sarebbe toccato a loro.
Dopo essere stato fatto uscire dal palazzo della giustizia –dove avvenivano le visite ai tributi- mi portarono in macchina fino ad un treno, una volta salito vi trovai Elizabeth intenta a sorteggiare un qualche drink a me sconosciuto e una donna abbastanza alta, robusta, con dei capelli neri legati da una semplice coda, esattamente l’opposto di Elizabeth. Come fare a non riconoscerla? Madison era una dei pochi sopravvissuti del distretto 12, agli Hunger Games, ancora in vita. Gli altri erano due uomini troppo anziani per poter essere mentori.
-Harry Styles!- mi accolse Elizabeth con euforia –fin troppo finta- mentre Madison si limitò a fissarmi.
-Mettiti pure comodo, giovanotto. Aspettiamo la ragazza e poi partiamo. Sarà un viaggio molto lungo.-
 



LOUIS

A salutarmi erano venute mia madre, tutte le mie sorelline e qualche amico di scuola. Tutti dicevano che sarei uscito vincitore, tutti se lo aspettavano da me e, sinceramente, credevo anche io di avere buone possibilità, ma il problema principale era Eleanor. Inutile dire che ero intenzionato a fare di tutto per tenerla in vita.
Appena la vidi salire sul treno che ci avrebbe portati agli Hunger Games mi fiondai su di lei e la abbracciai. Le sarei stato riconoscente a vita.
-Eleanor, tu sei un angelo.-
-Si, sono in tanti a dirmelo.-
Cavolo, riusciva a farmi sorridere anche con la consapevolezza che fra qualche giorno mi sarei ritrovato a uccidere persone –e solo per far divertire il pubblico.
-Bene, bene, bene. Ecco i due tributi di quest’anno.- disse una voce maschile dietro di me.
-Ecco i nostri mentori.- risposi.
Non era una persona che si faceva problemi a parlare con gli estranei anche se questi avevano un’autorità superiore alla mia, fu proprio per quello, forse, che mi beccai una gomitata nello stomaco da parte di Eleanor.
Ebbene, i mentori di quell’anno erano un uomo sulla trentina e una ragazza poco più grande di me, non ricordavo i loro nomi, erano parecchi i vincitori nel distretto 2.
-Non crediate che in questi giorni voi due possiate riposarvi.- continuò l’uomo –Siete stati preparati a combattere già da bambini, certo, ma noi pretendiamo il massimo come vostri mentori.-
-Max, inizieranno una volta arrivati a Capitol City, almeno in treno lasciali riposare.- lo interruppe la ragazza.
L’uomo, Max, grugnì e se ne andò. La ragazza lo seguì ed io e Eleanor fummo liberi di andare a dormire.
Inutile dire che la abbracciai per tutta la notte. Avevo paura che nell’arena mi sarei trasformato in una persona crudele, pronta a uccidere, un mostro. La mia migliore amica era l’unica speranza di restare me stesso.
Il giorno dopo arrivammo a Capitol City, ad accoglierci una folla di persone vestite con abiti non poco eccentrici.
Non appena entrammo nella struttura per i tributi, venni separato da Eleanor e mandato da quelli che sarebbero stati i miei truccatori.
 



HARRY

Capitol City era enorme. Enorme e colorata. Non c’erano altri aggettivi per descriverla. E la struttura dove venimmo fatti entrare –che capii solo dopo fosse quella dove avremmo dovuto alloggiare per un po’- non era da meno.
Sia io che Alexia –così si chiamava la ragazza insieme a me, che mi accorsi molto presto di non sopportare- rimanemmo sbalorditi da tutta quella maestosità.
Quando venimmo separati, mi portarono in una stanza dove alcuni ragazzi chiacchieravano fra loro, quando entrai tutti si fermarono e si voltarono a guardarmi, dopo alcuni secondi e qualche risolino tornarono a parlare fra di loro, mi avevano riconosciuto come il ragazzo del distretto 12 che sicuramente non durerà più di due giorni –lo sapevo perché in treno avevano mostrato le mietiture e si può dire che la mia faccia non fosse esattamente quella di una persona sicura di sé.
Decisi che non mi servivano amici –come sempre- e mi sedetti poco lontano da loro.
-Hey, 12- gridò un ragazzo, solo dopo qualche secondo capii che era riferito a me e mi voltai verso la voce.
La prima cosa che notai furono due occhi azzurro ghiaccio fermi sul mio volto, poi il suo sorriso sghembo, lo riconobbi come Louis Tomlinson, il ragazzo del distretto 2 la cui ragazza –credo- si era offerta volontaria al posto della sorella.
Notai anche la sua esitazione prima di dire –Quanti anni hai?-
Mi ero fermato ad osservare il suo volto, tutto di lui trasmetteva timore, ma c’era qualcosa nei suoi occhi che lo faceva sembrare diverso. Diverso da tutte le persone assetate di sangue del distretto 2. Così diverso che ti veniva voglia di sapere la sua storia.
-Cosa c’è? Non parli? Non credevo che nel distretto 12 foste così rigidi.- disse in tono canzonatorio, poi un insieme di risate si unì alla sua.
-Harry Styles?- entrò allora dalla porta una donna dai capelli viola che mi prese e mi portò in una stanza separata.
Mi aveva sicuramente salvato da una situazione imbarazzante.
-Ciao Harry, io sono Lou, la tua stilista.- mi sorrise.
-Ciao.- dissi. Era la prima cosa che mi permettevo di dire da quando ero lì.
-Allora Harry, voglio esserti amica. Ho assistito alla scena di prima e, mi dispiace che ti abbiano già preso di mira, ma succede a tutti quelli del 12, ma, se vuoi un consiglio, devi essere più sicuro di te. Loro ti analizzano come possibile alleato e devi cercare di dare la migliore impressione. Intesi?-
-Intesi.- risposi, poco convinto.
Lou era la prima persona che riusciva a sembrarmi quasi simpatica a Capitol City.
-Avanti, togliti la maglia.-
Obbedii, leggermente imbarazzato. Lei rimase a guardarmi per un po’.
-Quanti anni hai, Harry?
-Sedici.-
Lei tornò a fissarmi. –Sei muscoloso per essere un sedicenne del distretto 12.-
-Nel mio distretto l’attività fisica giornaliera non manca mai.-
Già, quando devi correre nei boschi perché un qualche animale feroce ti insegue e salire su qualche albero per sfuggirgli, ma questo evitai di dirglielo.
-Ah.. Okay. Ora ti prendo le misure per il vestito della parata dei tributi, sai come funziona vero?-
-Si, risposi.-
I vestiti migliori ottenevano più sponsor, e i vestiti del distretto 12 erano sempre pessimi o scadenti. E per accorgermene addirittura io, che ignoravo completamente quale fosse la moda di quell’anno, la situazione era grave.
-Hai un bel fisico Harry, credo che sarà meglio se lo mostri ai giudici, sicuramente gli piacerà.-


 
Ecco, la nudità non era proprio una delle mie cose preferite e speravo davvero che non piacesse neanche alla mia stilista, ma eccomi, alla parata coperto da dei jeans scuri e una camicia nera.
Dov’era la nudità?
Beh la camicia era stata creata perché una volta spinto un bottone sul polsino si sarebbe incendiata e volata via con una scia di coriandoli neri. Inquietante, ma almeno le fiamme erano finte, o almeno era quello che mi avevano detto.
Arrivato vicino al mio carro mi soffermai a guardare gli altri tributi e notai il gruppo  dell’altra volta venire verso di me.




LOUIS

Il ragazzo del distretto 12 era sicuramente uno sfigato e prenderlo in giro era divertentissimo, o almeno lo era per i miei “amici”, in realtà qualcosa mi spingeva a conoscerlo, ma preferivo mantenere quell’amicizia improvvisata con i ragazzi dei distretti Favoriti, che interessarmi dei problemi di un ragazzino.
Così dopo che lo insultai un po’ decisi che sarebbe stato meglio allontanarmi perché quegli occhi verdi e quei suoi capelli ricci mi stavano trasmettendo qualcosa che preferii ignorare.
Eleanor era splendente nel suo vestito pieno di brillantini, coordinato al mio, ero sicuro che un vestito del genere non sarebbe andato bene a qualsiasi ragazza l’avesse indossato. Eleanor, invece, era semplicemente perfetta.
La parata iniziò, il mio carro uscì per secondo e il fragoroso applauso del pubblico mi fece capire che anche quell’anno il mio distretto aveva fatto colpo.
Tutti i dodici carri si fermarono davanti al presidente Snow e dopo il suo discorso annuale, fummo liberi di riposarci per la prima volta nelle nostre stanze.


Il caso volle che ci trovammo in ascensore proprio con il 12.
Eleanor e la ragazza iniziarono a fare chiacchiere, mentre il mio sguardo si posò sul riccio, a petto nudo. E cavolo, qualcosa in quel momento mi stava obbligando a fissare quei suoi muscoli perfetti e in seguito il rossore sulle sue guance. Fu allora che i miei occhi si incatenarono ai suoi, per la prima volta, davvero, senza insulti.
-Purtroppo- l’ascensore arrivò al secondo piano, così decisi di ignorare ancora quel qualcosa in me che si era risvegliato e che di sicuro non avrebbe portato a nulla di buono, e mi diressi nella mia stanza con Eleanor.





 

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


Capitolo III



LOUIS
 
Il giorno dopo iniziarono le sessioni di addestramento.
Essendo il primo giorno, fummo lasciati liberi di allenarci da soli, senza sfide a cui partecipare o “talenti” da mostrare ed, essendo io e i miei “amici” abbastanza allenati, decidemmo di prendercela con qualcuno. E chi poteva essere la nostra vittima se non il ragazzo del distretto 12?
Lo trovammo intento a tirare con l’arco, man mano che ci avvicinavamo si poteva scorgere sempre di più quando fosse concentrato, i suoi enormi occhi verdi puntati contro il bersaglio, la sua bocca socchiusa e i suoi muscoli tesi al massimo che non mi aiutarono certo a… Aspetta cosa? Louis Tomlinson distratto da uno sfigato?
Forse sarebbe stato meglio risolvere la situazione al più presto.
Mi avvicinai di soppiatto alla sua faccia e quando ero ormai a mezzo centimetro dal suo collo urlai –STYLES!- facendolo saltare dallo spavento, così che una volta tirata la freccia, per poco non colpì il ragazzo dell’11 che si trovava un bel po’ lontano dalla zona dove ci trovavamo adesso. Inevitabilmente tutti i favoriti che erano lì con me scoppiarono a ridere, mentre io restai a guardare il riccio con un ghigno stampato in faccia, ma quando i suoi occhi incontrarono i miei, la mia faccia tornò seria perché i pensieri che stavano affollando la mia mente erano decisamente inopportuni. Dovetti usare tutta la forza che avevo in corpo per non avvicinarmi a lui, così preferii andarmene.
Se non mi ero chiesto fino ad allora cosa mi stesse facendo quel ragazzo, ora stavo quasi per trovare una risposta a una domanda che non mi ero mai posto.
 
 

HARRY
 
Quella sera, sfinito dal continuo allenamento e dal gruppo di favoriti che non faceva altro che girarmi intorno, decisi di uscire sulla terrazza per pensare. Era una cosa che facevo spesso nel 12 prima di andare a dormire, mi sedevo accanto all’albero vicino casa e pensavo a qualsiasi cosa, a partire dalla giornata appena trascorsa al mio irrealizzabile sogno di diventare uno scrittore. Ecco, appunto irrealizzabile perché se volevi sopravvivere nel mio distretto, fare lo scrittore non era proprio d’aiuto, ma saperlo non mi bastò a decidere di scrivere un diario, che tenevo nascosto sotto il letto, dove parlavo della mia vita e, quando questa si faceva troppo noiosa, iniziavo a inventare storie, e lo amavo. Amavo quella pace che si creava quando scrivevo, la stessa pace che trovai quella sera mentre guardavo le stelle e pensavo alla giornata appena trascorsa. Ma non mi ero assolutamente accorto, prima di allora, di quella presenza costante dietro di me, finchè non tossì.
Mi girai lentamente, con il terrore di essere stato scoperto –tecnicamente, anche se la terrazza era accessibile solo dal piano del distretto 12, non mi era permesso andarci-, ma quando la figura nell’ombra si avvicinò realizzai che era molto peggio di essere stato scoperto, perché quello davanti a me era Louis Tomlinson, ovviamente pronto a insultarmi, se non peggio, e dopo una giornata del genere, bisognava ammettere che ritrovarselo davanti era proprio la conclusione perfetta.
Eppure non disse niente, semplicemente mi si sedette accanto e iniziò a guardare le stelle.
Iniziai a fissarlo inevitabilmente, sembrava così tranquillo in quel momento che, se non fosse stato per quegli occhi indimenticabili, sarebbe stato difficile riconoscerlo.
Mi chiesi perché si trovasse lì a guardare le stelle, perché non mi stesse insultando, perché non era con il solito gruppetto che lo seguiva ovunque andasse e perché non riuscivo a smettere di fissarlo, soprattutto ora che notai un lieve rossore sulle sue guance.
Quella mia grande voglia di conoscerlo, anche se aveva passato gli ultimi due giorni torturandomi, si fece sentire.
-Che ci fai qui?- chiesi
-E me lo chiedi dopo un quarto d’ora che sono seduto?-
Rimasi immobile a guardarlo, in effetti me la aspettavo una risposta del genere.
-Almeno mi dici come hai fatto ad arrivarci qui? Cioè, solo quelli che hanno l’attico possono salire.-
-In realtà neanche tu dovresti essere qui.-
-Questa te la concedo, ma non mi hai ancora risposto.-
Lui si girò verso di me, ero convinto che stesse per insultarmi vista la mia sfacciataggine, ma semplicemente fece spallucce e rispose
-Trucchi del mestiere.-
Allora non potei tenere a freno i miei pensieri.
-Oddio hai una specie di relazione segreta con la mia mentore?- mi tappai subito la bocca.
Lui scoppiò a ridere e wow, era la risata più bella che avessi mai sentito.
No, Harry, evitiamo pensieri del genere.

Quando smise di ridere, l’immagine di un Louis Tomlinson sorridente era ancora impressa nella mente di Harry e lo fece sorridere a sua volta.
-Non farti strane idee, Styles.-
-Perché non ci sono i tuoi amici con te?-
-Per il semplice fatto che non li sopporto.-
-Ma.. Oh-
Non avevo pensato al fatto che Louis potesse stare insieme a quel gruppo di favoriti solo per salvarsi nell’arena. Ma infondo, ora che quell’idea si era formata nella mia mente, tutto prendeva più senso, a partire dal fatto che la maggior parte delle volte in cui venivo preso in giro, lui non rideva. Quindi, magari lo faceva solo per procurarsi il rispetto degli altri tributi, ma come se mi avesse letto nel pensiero, disse
-Ma non credere che prenderti in giro non mi diverta.-
-Immaginavo- risposi con una punta di delusione e per poco non persi un battito quando lui rise di nuovo.
Louis Tomlinson, cosa mi stai facendo?

Restammo lì altre due ore a non fare assolutamente niente se non parlare fra di noi, e scoprii che era davvero bello poter parlare con lui, così bello che mi dimenticai di tutto in quella serata, del mio distretto, degli Hunger Games e di ciò che sarebbe successo poi.
Quando decidemmo di alzarci per andare a dormire, e passammo per la porta stretta contemporaneamente, non potemmo fare a meno di stringerci e mi ritrovai a guardarlo per l’ennesima volta scoprendo che anche lui stava facendo lo stesso con uno strano luccichio negli occhi.
Non feci neanche in tempo a distogliere lo sguardo, che Louis mi prese e mi sbattè violentemente contro il muro.
Oddio oddio oddio oddio oddio oddio
Fu l’unica cosa che riuscii a pensare in quel momento, soprattutto con il castano completamente spalmato contro di me mentre ancora mi fissava e poi, come se fosse la cosa più normale di tutte, mi baciò e in quel momento mi sentii sciogliere. La sua bocca si muoveva veloce sulla mia, e dopo un momento di shock, risposi al suo bacio, concedendo anche alla sua lingua di scontrarsi con la mia e scoprii che come la sua risata e i suoi occhi, anche la sua bocca era una delle cose che adoravo di lui.
Avvicinandosi ancora di più, fece scontrare i nostri principi di erezione e fu allora che mi sentii svenire.
Ma allora Louis si staccò e riprese a fissarmi, entrambi col fiatone per non esserci staccati neanche per un attimo da quel bacio, e come fu naturale per me baciarlo, così fu naturale spostare una mia mano sul suo volto per togliergli una ciocca di capelli che gli oscurava gli occhi, ma fu allora che Louis scappò via.
 
Passai tutta la notte a pensare a quel bacio, a Louis e a come mi aveva fatto sentire. Giunsi alla conclusione che, nonostante fosse scappato via, forse provava qualcosa e forse, ma solo forse, quel qualcosa lo provavo anche io.







 

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