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Lista capitoli: Capitolo 1: *** 1. Trenitalia colpisce sempre due volte *** Capitolo 2: *** La mia America *** Capitolo 3: *** Un cavalier servente per Roberta *** Capitolo 4: *** Un tavolo per due *** Capitolo 5: *** Beatrice e Roberta *** Capitolo 6: *** SBAM *** Capitolo 7: *** Colpita e affondata *** Capitolo 8: *** Io, tu... e lei *** Capitolo 9: *** Ciao sono Roberta e non bevo da due anni *** Capitolo 10: *** A letto con il nemico *** Capitolo 11: *** Non rispondere a quel telefono *** Capitolo 12: *** Il club delle puzzole *** Capitolo 13: *** Una seconda possibilità *** Capitolo 14: *** Il figo, la gnocca e la simpatica *** Capitolo 15: *** Io e il mio unico amore ***
Capitolo 1 *** 1. Trenitalia colpisce sempre due volte ***
I
I
Trenitalia colpisce sempre due volte
Credo che diventerò sorda. Ho la musica alle
orecchie a un livello così alto che il mio apparato uditivo ne risentirà fino
alla vecchiaia. So solo che è l'unico modo per non sentire la
voce fastidiosa della donna che si è seduta purtroppo di fianco a me,
condannandomi a un viaggio da incubo. Avrà all'incirca sessanta anni ed è
affetta da una grave forma di diarrea verbale, in pratica da quando si è seduta
non ha fatto altro che parlare in continuazione, facendomi venire alcuni dubbi
sulla sua natura umana. Insomma, dovrà respirare in qualche modo o ha le
branchie? È stata rapita dagli alieni che le hanno
permesso di poter stare così tanto tempo senza aria? Quando comincia a parlare
di politica, capisco che, comunque, il suo cervello ha subito dei gravi danni. "E la sinistra crede di aver vinto! Meno
male che c'è Silvio..." Vedete quanti e quali danni? Povera donna,
preferirei morire dopo essere stata vivisezionata dagli alieni piuttosto che
pensarla come lei. Annuisco, troppo stanca persino per parlare. Il
treno è partito alle sette di questa mattina e avevo intenzione di dormire
durante il tragitto, prima che la mia compagna di viaggio frantumasse tutti i
miei buoni propositi. Non credo di pretendere troppo, è mattina e sono stanca e
soprattutto, riesco a dormire in qualsiasi posizione e luogo. Mia madre ama ricordarmi che quando ero piccola,
riuscivo ad addormentarmi persino in piedi sugli autobus. Non capisco, se una
persona è stanca deve riposare un po', è così importante il luogo e la
posizione? C'è chi riesce solo su un soffice letto e chi, come me, riesce a
dormire con una trivellatrice a fianco. Secondo me, è tutta invidia! Alzo ancora un altro po' il volume del mio
lettore mp3 in modo da coprire del tutto il suono della sua voce fastidiosa. Vi
starete chiedendo perché non mi alzi per cambiare posto, invece di rischiare di
perdere l'udito. Vi spiego, ho appena sborsato una cifra assurda per questo
treno, trattandosi di uno di quelli ad alta velocità e niente e nessuno potrà
smuovermi da qui. Sono anche andata contro i miei principi morali, essendo da
molti anni una sostenitrice della NO TAV e spero che i miei compagni non lo
vengano a sapere, non potrei sopportare la vergogna. Guardo con un certo nervosismo l'orologio,
notando che manca ancora un'ora per arrivare a destinazione, anzi prima di
cambiare treno. Ormai sono diventata un'esperta di questi catorci, potrei
definirli la mia vera casa, dopotutto passo più tempo viaggiando che a casa. La
mia cara madre mi rimprovera perché da quando ho deciso di intraprendere la
carriera di receptionist, deve guardare la mia foto sul suo cellulare per
ricordarsi di me. Le gioie di avere una madre che, avendo cinque
figlie, non è mai stata molto protettiva e affettuosa nei miei confronti. Un
aspetto che ha lati positivi, ma anche negativi, soprattutto quando la vedi
chiamare tutte le altre sue figlie ogni giorno al telefono, mentre si dimentica
della più piccola. Non ha mai apprezzato le mie scelte di vita,
perché io dovevo diventare un'insegnante. Come lei. Come mio padre e come mia
sorella.Una famiglia di insegnanti e di
infermiere, una famiglia in cui la pecora nera non è una spacciatrice bensì una
receptionist di hotel. "È questo che vuoi fare fino a 65 anni,
Roberta?" Già mi vedo, una piccola Miss Marple che manda
al diavolo i soliti clienti antipatici che aspettano le vacanze per potersi
lamentare al bancone del ricevimento. "I cuscini sono troppo soffici." Perché
non dorme per strada allora? "I cuscini sono troppo duri."Pensi il marciapiede! "Ho prenotato quest'appartamento per il
camino, e ora lei mi dice che non avete la legna! Me la procuri subito,
signorina."Certo.
Direttore?Mi allontano un momento per abbattere l'albero
che abbiamo di fronte. Questi sono i momenti più "belli" del
mio lavoro e non sono mai casi isolati, anzi. Ogni settimana c'è sempre
qualcuno che si lamenta o che approfittando di noi, ci chiede l'impossibile,
come se fossimo le loro assistenti personali. Per fortuna, io e miei colleghi ci divertiamo a
far soffrire i clienti bipolari che vengono ad allietare giornate già di per sé
pesanti, e questo è l'unico aspetto divertente del nostro lavoro, con i nostri
computer possiamo fare tutto e alzare le temperature in camere ci fa sentire
molto bene.Un largo sorriso
illumina i nostri visi quando ci vendichiamo, un piccolo gesto perché anche noi
meritiamo un po' di rispetto. Non credo sia qualcosa di così assurdo da
chiedere. Bisogna però sempre stare attenti al direttore.
Vi spiego: è una figura completamente inutile, non sa nemmeno quante stanze ha
il proprio hotel e mandare una e-mail è un'impresa da "Mission
impossible". Sospetto che non siano capaci di allacciarsi le scarpe,
perché di solito sono sposati con donne molte autoritarie e capaci. Il guaio è che si credono Dio sceso in terra,
quindi si permettono di fare osservazioni e avere pretese quando, invece,
dovrebbero solo baciare i nostri piedi. Peccato che passino il tempo a urlare
nei nostri confronti, ogni qualvolta si sentano in dovere di ricordare chi è il
capo. "Ragazzi, non avete nulla da fare?"
Tipico esempio di urlo che echeggia nella hall, quando dopo ore e ore di
lavoro, per sbaglio decidiamo di fermarci per chiacchierare un po'. Regola numero 1: fare sempre finta di lavorare,
mai fermarsi. Spolvera il bancone, batti le dita sulla
tastiera in modo frenetico, parla al telefono simulando richieste di
prenotazione. Cosa faccio io? Be' mi diverto con le chiamate
interne, così fingo e nel frattempo mi organizzo le serate. "Che fate stasera? Certo, quindi vorrebbe
essere nostro ospite la prossima settimana... non ho voglia di ballare, voglio
ubriacarmi!" Ormai faccio questo lavoro da cinque anni e
nonostante abbia più aspetti negativi che positivi, lo amo. Cioè sono sottopagata, a volte lavoro sette
giorni su sette, i nostri alloggi sono certe topaie e il vitto lascia a
desiderare, però amo questa vita. Non sono normale e mia madre ha ragione a
criticarmi. Fare questo lavoro è come innamorarsi di uno
stronzo: bello fuori, ma che passa il tempo a tradirti e a umiliarti. Ecco,
questa sono io. Un'illusa che preferisce essere stressata da
clienti e direttori, piuttosto che cercare un lavoro migliore. E poi, senza
offesa non è che fare l'insegnante sia meglio.I ragazzi di oggi sono strani e finché la Gelmini sarà in vita non ci
saranno dei miglioramenti, quindi scusa mamma. "Lo sa, cosa hanno detto sul mio Silvio?”
chiede la signora, riportandomi alla triste realtà e strappandomi ai miei
pensieri. I lettori mp3 si scaricano sempre nei momenti
meno opportuni, e credo che il mio sia un po' sadico. "Non saprei, forse che è un ladro che va a
prostitute, alle quali dona migliaia di euro come cadeau?" Parlo con un
tono così dolce da lasciarla di sasso. "Figlia mia, chi ti ha detto tutte queste
cose tremende?" domanda con quegli occhioni nocciola sgranati per lo
stupore. "I giornali, la televisione e anche le
prostitute?"Perché parlo di
quell'uomo a quest'ora del mattino? Una brusca manovra fa perdere l'equilibrio a uno
dei passeggeri che si è alzato per prendere qualcosa dal portabagagli. Noto un
piccolo sorriso di soddisfazione increspare le sue labbra, non essendo caduto
rovinosamente.Cadere sui pavimenti di
Trenitalia potrebbe infettarti con qualche malattia dimenticata da tutti, in
effetti. Il passeggero non ha calcolato che Trenitalia
colpisce sempre due volte e non può evitare di perdere l'equilibrio in avanti,
quando il treno fa una seconda brusca frenata. Non prenderà alcuna malattia però, perché non
cade per terra, bensì su qualcosa di più morbido e direi anche più pulito.Ha messo le mani avanti per evitare di sbattere
la faccia per terra con il risultato che ora si trovavano sul mio seno. Posso sentire i suoi palmi caldi e grandi sulla
mia pelle, nonché il suo sguardo su di esso. Si alza di scatto cercando di far leva su
qualcosa che non sia di mia proprietà e comincia a scusarsi in preda a un
grande imbarazzo. "Mi perdoni, non volevo! Questo maledetto
treno... non l'avrei mai fatto, non che lei non abbia un bel seno... oh Dio,
cosa sto dicendo!" Parla così velocemente che non riesco a
reprimere un timido sorriso, certo rimane pur sempre un maiale, ma almeno si
tratta di una specie di maiale simpatico. "È meglio che si sieda, ha già combinato
abbastanza danni," commento con un tono un tantino acido, dopotutto devo
sembrare irritata. Non posso certo ringraziarlo a nome delle mie piccole che
finalmente non sono più tanto impolverate e hanno gradito la sua caduta. Seguendo il mio consiglio si siede e mi rivolge
un sorriso a labbra strette. "Dicevamo figliola?" riprende la
sempre più insistente signora. "Dicevamo che Berlusconi è un porco e che
preferirei andare a letto con Fassino piuttosto che votarlo." Dopo quella battuta, l'uomo si gira di scatto
per guardarmi. Sembra divertito e stupito dalle mie parole. "Quell'uomo è così magro. Sa, il mio primo
marito gli assomigliava tanto e ora che ci penso era comunista anche lui." "Brav'uomo," commento brevemente. Noto che il mio “personal palpatore” non smette
di guardarmi, dimostrando un eccessivo interesse per la conversazione.I suoi occhi neri continuano a posarsi su di me e, a
volte, sul mio seno. Mi mancava il maniaco alla lunga lista di
persone che ho incontrato nel corso della mia vita. "Potrebbe smettere di
fissarle? Sa, sono parecchio timide," lo rimprovero con un tono piuttosto
seccato, nella speranza che la smetta di rivolgermi quegli sguardi infuocati. "Mi dica quale parte non è timida, così
posso guardarla." Forse sono pazza o una mezza maniaca anche io,
perché anziché chiamare il capotreno per farlo sbattere giù, gli rivolgo un
sorriso a 32 denti. "Piacere, sono Roberta."
Innanzitutto, grazie per aver letto questo primo capitolo.
Questa storia sarà una commedia, ma nonostante questo primo capitolo abbia toni spensierati non scenderà mai nel demenziale, anzi chi mi conosce sa che scrivo drammi e che prediligo racconti introspettivi.
Spero di non avervi spaventato,eheh
Un bacio e al prossimo capitolo.
EDIT 24/10/14: STORIA REVISIONATA, BETAGGIO DI JAYBREE.
"Non credo ci sia una mia parte timida,
però non vorrei che la consumasse." Parlo senza mai smettere di fissare il cavallo
dei suoi pantaloni. La sua reazione è la più scontata e finalmente, capisce
quanto il gesto di poco prima sia stato maleducato e inopportuno, soprattutto
nei riguardi di una perfetta sconosciuta. Mette la giacca sul suo basso ventre,
nascondendolo alla mia vista, ma la cosa non mi turba minimamente. Voglio
ripagarlo della sua stessa moneta, perché nessuno mi ha mai parlato in quel
modo e da una parte, questo suo modo di fare m’intriga parecchio. Decido quindi di sottoporlo ad
un'attenta analisi, in modo da innervosirlo maggiormente. Sembra abbastanza alto, anche se essendo seduto non posso esserne certa, soprattutto perché nella mia
vita ho incontrato più Hobbit che uomini di alta
statura. Essendo un metro e settantacinque, le mie
possibilità di trovare un uomo più alto sono state sempre piuttosto limitate.
Quando abitavo in Sicilia, mi ero arresa al fatto che gli uomini dovessero
arrivarmi all'altezza del petto e mai il contrario. A diciannove anni avevo deciso di lasciare la
mia isola e di partire, abbandonando la mia terra.Quel giorno, mi sentivo un'esiliata alla
pari di Dante, con un fazzoletto impregnato delle mie lacrime in una mano e
nell'altra un arancino al ragù. Guardavo la Sicilia allontanarsi sempre di più
e piangevo su quel dannato traghetto, pensando alle amiche che lasciavo e alla
terra che mi aveva ospitato e dato i natali.Ogni angolo della città mi riportava in mente qualche
pazzia o momento memorabile che avevo vissuto in loro compagnia e, nonostante
le mie continue lamentele sulla Sicilia e i siciliani, sapevo che mi sarebbe
mancata.Essere su quel traghetto mi
sembrava un tradimento nei confronti dei miei conterranei.Lasciavo la mia casa per un'opportunità di lavoro, il
Nord per il Sud, la caponata per la bagna càuda, il
cannolo per il gianduiotto e la pasta con le melanzane per gli agnolotti al plin.Mi sentivo euforica all'ennesima potenza, pensando al
Nord come terra vergine mentre io vestivo i panni di Cristoforo Colombo.Il Nord era la mia America. Molti mi rimproverano perché non sono molto
attaccata ai miei natali e un po' me ne vergogno, ma sono fatta così e se fossi
stata nei panni di Napoleone esiliato Sant'Elena, non avrei fatto fuoco e
fiamme per tornare, anzi, mi sarei stesa al sole e avrei goduto
di quella pace.Ho sempre
amato e odiato la mia isola, mi sentivo in gabbia, mentre desideravo andare
ovunque. Vorrei viaggiare sempre e andare alla scoperta di nuovi posti. Sarà per questo che sono
sempre sui treni, saranno sporchi
e avranno le zecche, ma possono portarmi ovunque. E io
adoro il termine “ovunque”. “Ha ragione, mi scusi. Il mio nome è Valerio.” dice,
rivolgendomi un sorriso da urlo e interrompendo i miei pensieri. L'attenta analisi ha scombussolato l'uomo che,
alla fine, decide di ricominciare usando quel codice che ormai molte persone
avevano dimenticato: il galateo. “Valerio,”pronuncio il suo nome in modo lento, come se
assaporassi un delizioso gelato e vedo, con un certo piacere, come penda dalle
mie labbra. I suoi occhi neri sono intrappolati dai miei,
mentre si accendono di un leggero luccichio. “Mi dica Roberta, come mai tutte quelle
valigie?” dice, indicando i due enormi trolley che avevo posto sopra il mio
sedile. “Vado a lavorare per la stagione estiva”
rispondo e noto un enorme stupore in quei occhi. So di aver esagerato con i bagagli, ma quando
stai via per almeno tre mesi devi essere preparata a
tutto. Quindi, avevo passato due giorni a preparare la valigia e a disfarla subito dopo, era troppo difficile fare un'attenta
selezione del mio vestiario e infine, avevo deciso di portare direttamente l’
armadio. “Semperparatus”, quindi meglio portarsi un cambio in più piuttosto
che rimanerne senza, non si sa mai quando potrebbe scoppiare una guerra e io sono un po' fissata con la moda. “Fa la stagione estiva in montagna?” chiede,
rivelando il vero motivo del suo stupore. “Lo sa, vero, che qui non c'è il
mare?” Capisco che l'ignoranza ormai dilaghi e che
certa gente non sappia più neanche le cose basilari, basta guardare “Uomini e
Donne” per averne un esempio, ma quella sua domanda mi fa perdere il lume della
ragione. “Intendo infatti
crearlo, basta poco. Una bomba nel punto giusto e voilà, lesjeuxsontfaits!”
Valerio scoppia a ridere prima di rivolgermi un'occhiata divertita. “Ero semplicemente stupito, anche perché i
giovani preferiscono fare la stagione al mare piuttosto che in montagna.” In effetti, ho provato entrambe e il mare è di gran lunga migliore alla montagna, soprattutto se sei un amante
dello “stenderti al sole e morire in acqua”, ma la mia filosofia non si basa su
questo. Non scelgo un hotel in base a
dove si trovi, non mi importa se sia in un posto “in” o se ha una clientela
giovane e allegra. Le mie scelte si basano sullo stipendio: chi offre di più ha
il mio amore eterno.Aggiungete
tranquillamente anche l'aggettivo venale alla mia lunga lista di difetti, so di
esserlo e continuo ad amarmi lo stesso. “Anche la montagna può essere
bella e poi mi piace il verde. Ce
n'è così tanto in questa regione.” Altra cosa che mi
ha stupito quando sono arrivata al Nord, abituata a qualche misera area verde
nelle villette comunali, ero rimasta a bocca aperta di fronte a quei parchi
enormi in cui la gente andava a fare jogging. Sembrava veramente l'America. Peccato che lì c'èObama, mentre qui... L'uomo mi rivolge un'occhiata strana, forse ha
capito di aver incontrato una persona inconsueta e comincia ad averne paura. Le
sue labbra si piegano in un sorrisino che non riesco a spiegarmi e mi rende
inquieta. Odio quando con certi sguardi, gli uomini sono
capaci di farti persino una visita ginecologica, ma questo è diverso: sembra
studiarmi e prendere nota di ogni mia frase e, a dirla tutta, nessuno
sconosciuto mi ha mai prestato così tanta attenzione. Con un brivido mi viene da pensare che magari si tratta veramente un maniaco e che io potrei essere
la sua prossima vittima: Roberta, ventotto anni, mora, 1,75 m. di altezza, occhi
castani, non magra, e alla ricerca di qualcosa che sia a tempo indeterminato. “Perché mi guarda in quel modo?” Non riesco a
frenare la mia lingua. Maledetta curiosità! “Non si preoccupi, stavo solo riflettendo su
quanto lei sia diversa… e non so neanche se sia il termine adatto.” Sono diversa? Be’ sono
diversamente magra, diversamente geniale… “Solo perché mi trovo in montagna piuttosto che
a Rimini?” domando curiosa. Valerio scuote la testa in segno di diniego. “No, è semplicemente diversa da molte ragazzine che vedo
ultimamente in giro. Tutto qui.” Ragazzina io? Perché contraddirlo e dire che non
lo sono più? Mi piace quel termine. La voce registrata annuncia la successiva
fermata e mi ricorda di prepararmi per scendere dal treno e fare il cambio. Gli
rivolgo quindi un breve sorriso, prima di alzarmi per prepararmi. “La prossima è la mia fermata, è stato un
piacere parlare con lei.” Sento una mano delicata scostare le mie e vedo
Valerio afferrare uno dei trolley per tirarlo giù. “Anche se all’andata è riuscita a metterle tutto qui sopra, non voglio che lo rifaccia
di nuovo da sola. Lasci fare a me.” Quindi all’andata si è accorto dei miei mille tentativi per
sollevare le valigie e non mi ha aiutato!Posso
ucciderlo? Credo che lo farò dopo che ha messo giù anche il secondo trolley! “Oh figliola, anche io
scendo alla prossima fermata. Faremo un altro viaggio
insieme, non è contenta?” mi chiede la simpatizzante berlusconiana. Valerio scoppia a ridere quando mi vede sgranare
gli occhi, in preda al panico. “Tranquilla, anche io
scendo.”
Oh santi numi!
Innanzitutto, un enorme grazie a tutti coloro che hanno recensito o hanno inserito la mia storia tra le preferite/seguite. Molti di voi avevano letto le mie storie su Harry Potter e mi hanno seguito anche in questa zona di Efp, nonostante questo sia il mio primo esperimento come originale. Ho gli occhi a cuoricino, ragazzi.
Vi piace Valerio? Povero figliolo, non sa che pessimo affare ha fatto aiutando Roberta.
La scena della Sicilia e di lei che parte, beh, quella sono proprio io, ho voluto condividere con voi uno dei momenti più difficili della mia vita. Partire e cominciare tutto dall’inizio, lontana dalle proprie amiche, perché io senza di loro non riuscirei a tirare avanti.
Come non riuscirei a tirare avanti senza le mie lettrici…
Ci vediamo al prossimo capitolo, la vostra roxy_xyz
E non dimenticate di recensire ;)
EDIT 24/10/14: CAPITOLO REVISIONATO E CORRETTO.
Capitolo 3 *** Un cavalier servente per Roberta ***
III
III
Un cavalier servente per Roberta
7 Giugno 2011, temperatura esterna 15 gradi centigradi,
temperatura all’interno del treno 30 gradi centigradi. Vorrei tanto sapere perché il riscaldamento
viene acceso quando non c’è un assoluto bisogno, mentre l’aria condizionata
viene azionata in modo tale da farci venire i brividi. Spiegatemi poi, perché i
regionali, soprattutto quelli che prendono i pendolari, sono spesso catorci
sporchi e roventi. Per mia fortuna, devo scendere tra una decina di
minuti, ma ho le sembianze di una appena uscita da un centro benessere, dopo
aver fatto hammam, bagno turco e sauna in una sola volta. La cosa più sconvolgente è Valerio. Vi spiego,
io, con una maglia a tre quarti e dei jeans abbastanza leggeri, sto grondando
di sudore, mentre lui indossa addirittura una giacca con sotto camicia e
cravatta. Noi donne ci facciamo del male con le scarpe alte, ma gli uomini non
sono da meno, anzi. Meglio un tacco dodici che la cravatta, solo una volta ho
dovuto indossarla come divisa e vi giuro, sembrava quasi che qualcuno cercasse
di strozzarmi. Chi ha inventato la cravatta? Credo lo stesso
sadico che ha deciso di mettere il riscaldamento a Giugno su questo treno. “Vieni, la tua fermata è la prossima.” Alt! Un attimo, come fa a saperlo? Non sono mai
stata una ragazza che si spaventa facilmente, se si esclude quella volta in cui
guardai “l’Esorcista” in versione integrale, ma quest’uomo comincia a
spiazzarmi.Sembra
che legganei miei pensieri e quelli
sono e saranno sempre di mia proprietà, a meno che non spunti Severus Piton e
li estorci con la Legilimanzia e non
credo li troverebbe così interessanti. “Scusa, che cosa ti rende così sicuro che io
scenda proprio a questa fermata?” chiedo, rivelando il mio stupore per le
parole da lui pronunciate poco prima. “Cara ragazza, se la prossima non è la tua
fermata, allora ti faccio tanti in bocca a lupo. Sarebbe la tua unica
possibilità di passare una stagione estiva decente.” Lo sguardo che mi lancia sembra uno di quelli
che si riservano solo ai condannati a morte. Nonostante, i miei propositi di
prendere le distanze da quest’uomo, non sono capace di nascondere la verità,
anche perché qualcosa mi suggerisce che dove sto andando a lavorare non è una
metropoli, ma piuttosto un paesino in cui tutti si conoscono e quindi, che lo
rincontrerò di certo. “No, non ti sbagli. Scendo anche io,” ammetto un
po’ riluttante. Posso desiderare di picchiarlo, dopo aver visto
un sorrisino di trionfo? Sì, hai indovinato, però potresti non ostentare
quell’espressione del tipo “sono-un-figo-e-anche-intelligente"? Non ho mai
sopportato gli uomini e il loro modo di pensare.Forse è per questo motivo che sono ancora single a
ventotto anni.Non chiamatemi
zitella, perché odio quell’appellativo, sono solo una ragazza indipendente che
preferisce aspettare, piuttosto che buttarsi tra le braccia di un uomo che dopo
qualche giorno potrebbe odiare.Non
esagero, sugli uomini non lo faccio mai. Sarà, che sin da piccola, mi hanno insegnato a
far le cose da sola, di non chiedere aiuto agli altri specialmente agli uomini.Basta poco e si credono Dio sceso in terra,
oltre a farti pesare la cosa ricordandotela ogni tre secondi. Hai bisogno di cambiare la ruota?Tranquillo, amore, ho due braccia anche io. Vuoi una mano a dare il colore al salotto?Io e mia sorella maggiore potremmo aprire una ditta di
imbianchini, abbiamo dipinto ogni stanza di casa nostra e rasentiamo la
perfezione. Quindi, uomo, a cosa mi serviresti? Solo a tagliare l’erba del giardino, peccato che
abito al primo piano e le piantine che ho messo sul balcone sono tutte passate
a miglior vita. Gli uomini sono degli esseri che riescono sempre
a farmi perdere quel briciolo di pazienza che ho, sono capaci di far uscire il
mio lato velenoso. Perché possiedo una lingua capace di
ucciderti.Ecco, se dico questo
ad un uomo, subito farà qualche commento malizioso, senza riuscire a prendermi
sul serio. Ci sarà in giro un uomo capace di parlare con una
donna, senza fare commenti stupidi, ma arguti? Un uomo ancora vivo per giunta,
perché sia Gesù Cristo che Giacomo Leopardi sono difficili da rintracciare! Senza che io possa avere il tempo di protestare,
Valerio prende le mie valigie, facendomi venire il sospetto che si sia calato
nella parte di principe azzurro della Walt Disney, forse sarebbe il caso di
dirgli che ho sempre preferito la Bestia a Filippo. Almeno il primo è stato
sincero e se stesso fino alla fine. “Su, cammina che ti accompagno in centro.” Non mi sono persa a Londra e quest’uomo èconvinto che un paesino del genere mi possa
creare problemi.Forse era meglio avere
al mio la fan di Berlusconi che, per fortuna o sfortuna, era scesa alla
stazione prima della mia. La vecchina, dopo avermi baciata su entrambe le
guance, ha promesso di venire a trovarmi spesso, dato che la figlia lavora nel
mio stesso paese. Le fortune della vita, vero? C’ è chi nasce ricco e molto dotato e chi, come
me, incontra solo gente strana. Continuo a seguire Valerio come una scolaretta,
senza capirne il motivo o molto probabilmente il riscaldamento ha bruciato i
miei poveri neuroni. “Qual è il nome dell’hotel?” indaga il mio nuovo
Ambrogio/Valerio. “Palace.” Dopo il mio unico monosillabo, si gira
di scatto, rivolgendomi un’occhiata di sincero stupore. Posso pregare tutti santi, Harry Potter, Gandalf
e gli elfi del Mondo Emerso affinché non lavori nel mio stesso hotel? “Perché?” chiedo, temendo la sua risposta. “Perché lavoro proprio nell’hotel di fronte e…”
Lancia uno sguardo in giro, forse timoroso di qualche orecchio indiscreto, e
continua, “… conosco di fama il tuo nuovo direttore.” Le campane, che poco prima hanno suonato a festa
per il fatto che non avrei lavorato con lui, sono diventate funeree. “In che senso, lo conosci di fama?” Ho sempre avuto delle brutte esperienze con i
direttori, di solito si oscilla tra il prototipo pazzo a quello perennemente
ubriaco. Ci sono ovviamente i casi in cui si lavora con direttori che diventano
dei pazzi quando alzano il gomito, e quelli, ve lo posso assicurare, sono da
evitare. Ti rivolgono i peggiori insulti e l’indomani ti sorridono come se
nulla fosse successo, mentre tu ti ricordi ogni singola parola e vorresti
solamente lanciargli la stampante in pieno viso. “Nel senso che è una personaparticolare.” Particolare… può un aggettivo mettermi paura? “Eccoci, siamo arrivati” annuncia Valerio al
culmine della gioia. Che poi, ditemi perché tutta questa felicità? L’hotel è uguale alle foto che ho visto sul sito
internet e, per fortuna, non sta cadendo a pezzi. Sembra anche molto carino,
però non riesco a scacciare quella brutta sensazione. “Prima mi devi spiegare cosa volevi dire.” Metto
su la mia miglior faccia seria per fargli capire che pretendo delle spiegazioni
dettagliate, non ho alcuna intenzione di essere mollata lì senza un valido
motivo, dopo che mi ha torturato per quasi tutto il viaggio. “Stai tranquilla, non è una cattiva persona…
come il mio, per esempio. Io lavoro proprio in quell’hotel. Se hai un problema,
basta che ti affacci per fare un cenno e io accorrerò. Sarò il tuo cavalier
servente!” afferma con un mezzo sorrisino. Credo di essere sconvolta più per il fatto che
lavora proprio nell’hotel di fronte che per il suo accenno di essere al mio
servizio. Vi spiego: si tratta di un hotel, che detto fra noi, è figo da far
paura. Classico albergo cinque stelle extra lusso che, di solito, cestina i
miei curricula. Ho sempre desiderato lavorare in un posto così,
più che altro vorrei andarci come cliente, ma dato che conosco le mie finanze,
mi sono limitata a sognare di lavorarci. Capisco di avere la bocca aperta per lo stupore,
quando sento un suo risolino. “Scusa, mi ero incantata. Hai detto che lavori
lì… sei anche tu un segretario?” domando, notando con piacere che la mia
ipotesi è sbagliata, a giudicare dal suo cenno negativo. “Segretario? No, ti sbagli completamente. Ho
detto di essere il tuo cavalier servente, no?” Ora ho le prove che quest’uomo fuma roba
pesante! “Lavori in sala?” azzardo un po’ titubante. Intuisco di aver indovinato quando mi fa un
profondo inchino. “Sono il maître, Roberta. E purtroppo si è fatto tardi, devo
lasciarti al tuo destino.” Destino? Sono io a decidere il mio destino, non
sarà mica un direttoreparticolare! “Ti ringrazio ancora, sei stato gentilissimo,
Valerio.” “È stato un piacere, mia cara.” Lo guardo per un’ultima volta mentre si
allontana da me, e non posso fare a meno di reprimere un certo sorriso, anche
perché l’idea di passare l’estate in questo posto dimenticato da Dio, mi sembra
meno orribile del previsto. Forse, potrei anche divertirmi. Dopo aver preso un bel respiro, decido di fare
il mio ingresso nella mia nuova casa. All’entrata, si fa avanti un uomo sulla
cinquantina, vestito completamente di bianco. “Ora posso anche morire in pace, soprattutto
dopo tale incantevole visione.” “Mi scusi?” chiedo, pensando che il facchino
abbia perso del tutto il senno. E poi perché è vestito come un gelataio? “Non sia timida, madame. Donne di tale bellezza
sono sempre così rare, che i miei poveri occhi rischiano di perdere il dono. Mi
dica, invece, cosa la porta da queste parti,” pronuncia tutto d’un fiato,
ignorando i miei occhi sgranati. Per un secondo penso che qualcuno mi sta facendo
uno scherzo, non può parlare sul serio e soprattutto non in quel modo. Sembra
quasi di leggere un libro di Jane Austen, dove gli uomini ti rivolgono dei
complimenti e sono sempre molto educati.Insomma, l’esatto opposto degli uomini di oggi, il cui unico pensiero
non prevede un minimo di delicatezza ed educazione. “Sto cercando il direttore Anastasi” chiedo al
massimo dell’imbarazzo. “Qui per servirla, mia signora.” Particolare? Solo particolare?
È sabato mattina ed è una bellissima giornata.
Certo, l’estate è ormai alle porte, però quando vedo un bel sole luminoso sono
al settimo cielo. Diciamo che ho la tendenza a cambiare umore in
base al tempo, se c’è il sole puoi vedere il mio sorriso a trentadue denti
dall’altra stanza o anche da più lontano, ma se fuori c’è il diluvio
universale, be’ diciamo che non sarei stata un’ottima compagna di viaggio per
Noè. In poche parole, tendo a essere una vera rompiscatole e mi lamento ogni
tre secondi.Guardo quella pioggia
insistente e sbuffo. Posso farlo all’infinito, credetemi! Non c’è neanche una nuvola oggi e non faccio
altro che sorridere ai clienti, credo che la mia felicità sia molto visibile.
Eppure c’è una nota stonata in tutto questo. Cosa? Vedo una famiglia che passeggia amorevolmente
per strada mentre degustano un delizioso gelato. Un bambino sta imparando ad andare in bici ed è
molto tenero. Una coppietta è seduta su una panchina e si
scambiano languidi baci da almeno dieci minuti. Cosa non va? Loro sono fuori, io sto lavorando. È sabato mattina, quindi significa solo una
cosa:arrivi. Può una parola terrorizzare qualcuno? Sì, perché
per tutta la giornata impazzirai dietro alle richieste dei clienti e sai che
nessuno sarà soddisfatto della propria sistemazione. Nessuno. Di norma il cliente arriva in hotel e
comincia a lamentarsi già da subito. “Ben arrivati, posso avere i vostri passaporti,
per favore?”
Passo primo: i documenti. Una persona normale
prenderebbe il proprio portafoglio e porgerebbe il documento alla dolce
receptionist. Ripeto: una persona normale, solo che la normalità viene sempre
dimenticata a casa e nessuno la porta con sé in vacanza. “Siamo venuti qui due anni fa, non ce n’è
bisogno. Lei deve essere nuova.” Ho per caso chiesto patente e libretto? Le
sembro una persona che la vuole arrestare? Le ho chiesto le impronte digitali?
Perché tutti gli stupidi li becco io? Questi sono i pensieri di una tipica
receptionist, facciamo finta che anche io lo sia e che i miei commenti siano…
senza tante parolacce e colorite dal mio dialetto siculo. Passo due: la stanza. Ossia quando, dopo averli
registrati, diamo la chiave della camera che occuperanno per pochi giorni come
anche per una settimana. La mano è sospesa in aria e la chiave è ancora
in mano alla segretaria eppure c’è già un problema. La camera non va bene. Ovvio, tutti i clienti hanno il terzo occhio e
possono vedere il futuro meglio di Sibilla Cooman. Mi vergogno di me perché nei
fondi di tè non ho mai visto nulla, al massimo un po’ di zucchero. Vorrà dire
qualcosa? Forse che sono una persona dolce. Passo tre. Per arrivare in camera devi
percorrere la hall, prendere a volte l’ascensore e aprire la porta, in tutto
puoi impiegare tre/cinque minuti, considerando che trasporti le valigie. Al quarto, quinto minuto e un secondo, il
telefono della reception squilla. Il terzo occhio aveva visto giusto, la camera
non va bene perché… perché lo dice il cliente. E il cliente ha sempre ragione!
Vorrei uccidere chi ha pronunciato questa infamia condannandomi a una vita
tremenda. Il computer ti dice che c’è un’altra camera
disponibile e che puoi effettuare un cambio, ma un fascio di luce ti illumina e
sembra parlarti. Poche e semplici parole. “Signori, siamo al completo, mi dispiace.” Passo quattro. Il cliente passerà l’intero periodo
della vacanza a lamentarsi, meglio procurarsi dei tappi per le orecchie,
dirigersi quindi verso la prima farmacia disponibile. Belli i sabati, vero? “Toglimi il pane, se vuoi, toglimi l’aria, ma non
togliermi il tuo sorriso*.Mia dolce Roberta, le mie membra stanche trovano vigore grazie a lei,”
esclama una voce alle mie spalle. Lavoro in questo hotel da circa una settimana e
credo non mi abituerò mai al mio direttore. Ha un linguaggio così… strano,
atipico, però mi piace da morire. Ogni giorno, mi dedica versi di poeti diversi,
nessuno l’ha mai fatto e la cosa mi rende sempre allegra. “Buongiorno a lei. Come va la schiena?” chiedo
premurosa, dato che il giorno prima mi aveva parlato di tutti i malanni che lo
affliggono e che per fortuna svaniscono quando mi vede. “Il sole continua a tramontare, ma il cielo
vuole che sia un altro giorno con lei.” Cinquanta punti al mio direttore! Posso
comprarlo e portarmelo a casa, metterlo in modalità silenziosa ogni giorno, ma
azionarlo quando la mia autostima è pari a zero? Magari in quei giorni in cui aspetti il ciclo
mestruale e anche lo specchio del bagno si rifiuta di mostrare il tuo riflesso,
invitandoti a recarti in un centro di bellezza o magari di rinchiuderti in casa
per evitare di fare una brutta figura. Anche lui sa che non incontrerai mai il
tuo principe azzurro quando sei tutta agghindata e vestita carina, bensì quando
non ti sei truccata, il baffo è visibile anche dalla Luna e il vestiario che
hai scelto è osceno, perché dopotutto non dovevi incontrare nessuno. In quei
giorni, vorrei sentire i complimenti del mio direttore, magari a ripetizione
come un disco rotto. “Non dica queste cose che mi imbarazzo.” La
realtà è diversa, da quando ho varcato la soglia dell’hotelammaliandolo con la mia beltà,la mia collega mi detesta… o forse, mi odia
cordialmente. Il direttore non le rivolge mai una parola carina e sbaglia
puntualmente il suo nome, storpiandolo e quindi, la povera ragazza soffre
inevitabilmente. Il fatto poi, che non sia la ragazza più carina di questo
pianeta, influisce molto sul suo umore. Non ho mai visto una persona così
musona. “Oggi fa caldo, nevvero?” ci domanda,
sventolandosi un foglio di carta. Lui, in camicetta a maniche corte, ha caldo. Io e la mia collega siamo rimaste basite quando
abbiamo visto l’etichetta “100 % lana” nella nostra giacca. Ci ha praticamente
condannate a sudare a vita. “Be’, potrebbe mettere l’aria condizionata…”
comincio io, vedendo gli occhi di Gabriella illuminarsi tutto a un tratto. “Sì, sarebbe un’ottima idea. Molti clienti si
lamentano per il troppo caldo,” aggiunge lei. “Solo la brezza fresca di montagna può giovarci,
Graziella,” replica, sbagliando come sempre il nome. “Non vorrà spegnere il nostro sorriso? È così
difficile con questo caldo,” continuo io nell’impresa. Per favore, cerca di captare quello che voglio
dirti: stiamo soffrendo, un po’ di pietà. “Ogni suo desiderio è un ordine, mia dolce
goccia di rugiada.” Per la prima volta vedo Gabriella rivolgermi un
sorriso, forse potràfinalmente essere
mia amica. Ogni volta che arrivo in un hotel, tutte le
rappresentanti del gentil sesso non mi parlano, preferiscono lanciarmi sguardi
insistenti e sparlare alle mie spalle.Di cosa non saprei, so soltanto che la cosa mi dà un enorme fastidio.Comincio a guardarmi nello specchietto per vedere se
ho qualcosa tra i denti, tra i capelli, o magari della forfora sulla giacca, ma
niente.Se gli uomini cercano di
metterti a tuo agio sin dall’inizio, le donne fanno tutto il contrario, altro
che solidarietà! Sembrano delle iene mentre ti fanno a pezzi con
i loro commenti acidi, di norma questo è il loro modo di augurarti il
benvenuto. Perché noi donne dobbiamo essere sempre così competitive?Non è colpa mia se faccio simpatia al direttore,
quindi cara Gabriella, potresti non odiarmi? “Stasera cosa fai?” chiedo alla mia compagna di
bancone. “Credo che mangerò una pizza e parlerò con il
mio fidanzato,” replica asciutta. “Anche io ho voglia di pizza. Mangiamo insieme?”
Mi stanno luccicando gli occhi ne sono sicura, però sogno da giorni di mangiare
una pizza fuori. “Mi dispiace, ma la mangerò in camera al
telefono con Luca.” Qualcuno mi passi un martello o una copia di Delitto e Castigo per colpirla o magari
le farò ingoiare il campanello della reception. Non puoi stare in camera di sabato sera! Deve
esser scritto da qualche parte, credo sia uno dei peccati capitali o qualcosa
del genere. Insomma, capirei se si trattasse di casa tua e della tua camera, ma
gli alloggi sono spesso dei tuguri e ci si passa il meno tempo possibile,
proprio per evitare un qualche contagio. Ti prego, esci dal tuo corpo, Gabriella e torna
in te. “Suvvia, ci fa bene prendere un po’ di aria. Lo
facciamo di norma durante la settimana, ma oggi è sabato… offro io!” aggiungo
un carico da undici, in modo da rendere la mia offerta sempre più invitante. “Io e Luca mangiamo alla stessa ora e ci
chiamiamo, in modo che sembri quasi di cenare insieme.” Devo fingere di essere carina o posso scoppiare
a ridere? Credo che cercherò un’altra amica, ci sarà
qualcuno sano di mente qui, no? Anche io amo parlare al telefono con le mie
amiche e commentare insieme, magari la prestazione di qualche mio “amico” tra
le lenzuola, però cenare in diretta telefonica trovo che sia qualcosa di
veramente assurdo.E poi, quando
sono sola e sto cenando mi scappano certi rutti che potrebbero fare concorrenza
a quelli dei camionisti. Tutta colpa della birra che bevo a posto dell’acqua. “Ho capito, andrò da sola.” Cosa crede che un rifiuto mi getterà nello
sconforto facendomi lasciare questo lavoro? Donna, tu non sai chi è veramente
Roberta! Ora devo solo passare le ultime due ore in
silenzio, come il giorno prima e anche quello prima ancora… santa pazienza! Almeno grazie a Gabriella mi sto facendo dei
veri e propri film in testa, con effetti speciali unici e mi sta venendo la
tentazione di mandare il mio Curriculum Vitae a Steven Spielberg. Meno male che il tempo passa più velocemente di
sabato, sarà perché hai tante cose da fare che non fai altro che correre, senza
mai fermarti un attimo. Anche la vescica sembra essere così stressata da non
tormentarti per otto ore, soprattutto perché non avresti il tempo per andare in
bagno e dovresti girare in divisa e catetere. Quando vedi arrivare i tuoi colleghi per il
cambio turno, li vedi diversi.Avete
presente quando nei cartoni animati, ti mostravano la ragazza con una cornice
di fiori e cuoricini, le stelline negli occhi e via dicendo?Io li vedo avanzare al rallentatore, illuminati da un
riflettore. “Ciao ragazze,” ci salutano Sara e Fabio, alias
i nostri salvatori, “sono arrivati tutti?” È risaputo che la maggior parte delle persone
arrivino di sabato pomeriggio, la loro domanda è una pura illusione. Vorrebbero
aver fatto il nostro turno e invece, dovranno sudare anche più di noi. “Solo una parte, condoglianze,” replico, in
perfetto stile da stronzetta. “Direttore!” urla Fabio verso il back office
guadagnandosi un’occhiataccia da tutte noi. “Come farà se Roberta finisce ora
il turno? Non sarebbe il caso di farle fare gli straordinari?” Lo uccido. Potrei smembrarlo o torturarlo molto
lentamente. Bellatrix Black sarebbe una pivella al mio confronto e anche Ziva
David. “Oh, il mio cuore non è pronto a sopportare una
tale perdita, ma ahimè anche se ferito da spine mortali mi dice di lasciarla
andare. Giammai la terrei prigioniera, se non per cullarla tra le mie braccia.” Questa me la devo segnare. Direttore, può
ripeterla? Meglio rispondere con un occhiolino verso il mio
“ammiratore” e uno scappellotto per Fabio. “Direttore, io vado allora. A domani.” Sia io
che Gabriella avevamo parlato in coro. “A domani, Roberta” replica lui, ignorando la
mia collega come al solito. E io scappo, stanca di sorridere sempre.
Alle otto di sera, sono lavata, perfettamente
vestita e truccata per il mio appuntamento da sola. Patetica o solo disperata? Comincio a percorrere le vie del centro e quando
vedo il ristorante di cui sento sempre parlare bene, mi infilo con nonchalance
superando due coppiette in fila, in perfetto stile catanese. Un cameriere mi viene incontro e mi sorride. “In
quanti siete?” È cieco? Non vede che non c’è nessuno con me?Magari è come Melinda di Ghost Whisperer e vede un’anima dipartita accanto a me… Devo smetterla di guardare la tv, mi vengono
strane idee in testa. “Sarebbe solo per me, è un problema?” chiedo, al
culmine dell’imbarazzo. “È sola.” Il suo tono di voce è alto e alcune
persone si girano verso di me. Se c’è una cosa che odio è attirare l’attenzione
e ora, grazie a questo gentilissimo cameriere, tutte le coppiette e famigliole
mi stanno guardando con un’ombra di pietà. Oh, ma andate al diavolo! Le migliori idee mi
vengono da sola, mi piaccio, mi reputo una persona intelligente e dato che gli
uomini passano il tempo a deludermi preferisco rimanere così. Sola. “Eccomi, scusa l’enorme ritardo. Il tavolo è per
due.” Una voce mi salva dall’imbarazzo e un uomo mi afferra per mano. Valerio, il mio cavalier servente. Valerio, ossia l’uomo più bello che abbia mai
visto in giacca e cravatta. “Ma…” inizio a dire, prima che i suoi occhi neri
mi sorridano con dolcezza,“... per due,” e sia! Non vorrei mai dare un
dispiacere a quest’uomo.
Finalmente ci sono riuscita e ho aggiornato! Grazie a voi che mi seguite e che recensite sempre, vi adoro. Vi amo così tanto che vi anticipo qualcosina del prossimo capitolo…amate Valerio? Beh, preparatevi sarà tutto su di lui!
* Tratto da “Il tuo sorriso” di Pablo Neruda, mentre il resto delle battute del direttore è tratto da “Mente Malata” di roxy_xyz. A presto miei diletti e benvenuta Charme, mia compagna di sventura e Jaybree88, mia sorella spirituale e Auror! Il banner è una creazione di Lights, ti lovvo tesssoro.
EDIT 24/10/14: CAPITOLO REVISIONATO, BETAGGIO JAYBREE
Sono seduta su questa sedia da cinque minuti e
non ho ancora detto una parola. Da una parte, vorrei ringraziarlo, il suo gesto
è stato così gentile e spontaneo da lasciarmi piacevolmente sorpresa, non
avendo mai incontrato un uomo come lui. Anche ora mentre legge il menù per decidere cosa
prendere, sembra perfettamente a suo agio, come se non badasse alla mia
presenza o si fosse già abituato a me. Sembriamo una coppietta che sta insieme da anni,
eppure ci conosciamo a malapena. Avevo deciso di non pensare più agli uomini,
di prendermi una pausa da loro e di pensare solo a me stessa. Gli uomini mi
hanno sempre usata e mai amata e sono troppo stanca
per cercare la mia anima gemella. A volte ho il sospetto che Dio si sia confuso e
che la mia perfetta metà sia di un’altra epoca, che mi abbia aspettato a lungo,
ma invano. E così faccio anche io:
aspetto. Più passa il tempo e più
sono stanca di questa attesa. Ho deciso di vivere solo per me e di non farmi
più coinvolgere in relazione amorose. Ho una corazza dura all’esterno, ma se riesci a
superare il primo strato, quello più forte e restìo a fidarsi, trovi quello burroso, facile da
penetrare, ma soprattutto facile da distruggere. Ho lasciato far entrare troppi
uomini nella mia vita e sono arrivata alla conclusione che non mi fiderò mai
più di loro. Potrei definire la mia situazione sentimentale
su Facebook come in “Affetta da pessimismo cosmico”,
perché mentre guardo Valerio sfogliare quelle pagine di menù so già che lui non
sceglierà me. Perché nessuno è rimasto con me. Ogni uomo che è entrato nella mia vita è rimasto
affascinato da mio lato “maschiaccio”, trovando questa mia forza ed esuberanza
molto attraente. Solo che la mia testa e soprattutto la mia lingua mi hanno
sempre creato dei problemi. Badate, non rinnego nessun parto della mio folle testolina, però gli uomini rimangono intimiditi
dalla mia “vera me”.Alla fine, non
faranno più quei discorsi: “Finalmente qualcuno che mangia e non si fa paranoie”, oppure: “Ho trovato qualcuno che non si
scandalizza e che magari posso portare con me allo stadio”. Tutto verrà accantonato e loro si fionderanno tra le braccia di
una ragazza che non ha nulla a che vedere con me, ma che rappresenta la
femminilità e la dolcezza in persona. Quando troverò qualcuno che sopporterà le mie
stranezze per un’intera giornata, be’ credo mi farò
suora, perché credetemi a volte faccio fatica io
stessa a sopportarmi. “Come mai non sei di servizio?” Era meglio
interrompere quel lungo silenzio e non sono mai stata una persona che riesce a
stare a lungo con la bocca chiusa. Finalmente alza gli occhi da quel benedetto menù
e mi sorride. “Il bello di essere maître, sono libero
di sabato. Mi invidi, vero?” “Tanto, anche con la vostra
bella presenza, sono gli altri della sala a fare tutto. Scommetto che tu guardi e critichi, mentre il
secondo maître fa il lavoro sporco, vero?” Ecco, vedete perché sono sempre sola? Non riesco a smettere di essere stronza. “Touché, hai ragione.
Però grazie a loro, posso cenare con te stasera.” I suoi occhi neri si soffermano su di me per
cercare una qualche reazione. “Grazie per avermi salvato dalle grinfie di quel
maleducato,” riesco a dire in un soffio. “Figurati, quello può lavorare solo in una
trattoria con quei modi di fare!” Comincio a ridere come una bambina per questo
suo lato che non conoscevo. “Che c’è di divertente?” Mi domanda sorpreso. “Hai la puzza sotto il naso! A me piace questa trattoria, me ne parlano sempre
bene…” incomincio a dire, prima di venire interrotta. “Ma lo so che cucinano bene, io vengo a mangiare
solo qui,” continua lui. “Davvero? E perché?” So di non aver fatto una domanda difficile o
strana, eppure vedo una certa titubanza a parlare, come se la cosa lo
infastidisse o lo rendesse inquieto. “Se non vuoi dirmelo, fa nulla. Sono solo schifosamente curiosa.” Potrei aggiungere una lista di aggettivi, ma meglio non spaventarlo al primo appuntamento. “Perché…” inizia a dire con voce bassa, “…qui,
venivo spesso con la mia ex.” Ex. Ex collega? Ex direttrice? Ex amica? Va be’, finiamola qui e ammettiamo la mia già preannunciata sconfitta. “Oh, e piaceva alla tua ex fidanzata?” domando
con candore, come se l’apprendere che lui pensa ancora
a quella donna non mi abbia disturbato minimamente. “Ex moglie, Roberta.” Ma sì, continua a girare il coltello dalla parte del
manico! Lo sapevo e allora perché diamine perdo ancora
tempo?Perché continuo a credere
negli uomini e in quella cosa che si chiama “destino”? “Capisco.” Non so cosa aggiungere, vorrei solo
alzarmi e andarmene, peccato che il mio stomaco stia tenendo un concerto di
Beethoven e abbia voglia di pizza da almeno un decennio. Quando allunga una mano per afferrare la mia,
sento uno strano formicolio al collo, mi piace sentire il calore del suo palmo.
È rassicurante, riesce a calmare un po’ il mio batticuore. Sono arrabbiata con
me stessa perché riesco a perdere la testa per un perfetto sconosciuto e,
ovviamente, devo fare i conti con la realtà. Un uomo così bello non può essere single.
Roberta, anche tu, svegliati! O mamma, comincio a
parlare in terza persona come i serial killer. “È finita da mesi, solo che le abitudini sono
dure a morire.” Abbassa gli occhi verso il piatto e
istintivamente stringo la sua mano, come a dargli conforto. “Anche se è un capitolo chiuso, avete tanti
ricordi insieme e non sarebbe giusto cancellarli. Non devi fare così, quanti
anni avete passato insieme?” “Praticamente da
sempre, ci siamo fidanzati in seconda media. È stata la mia prima ragazza e la
prima e unica donna con cui ho fatto l’amore,” ammette
con naturalezza. Il mio stomaco smette di brontolare regalandomi
una bella fitta. Non mi piace l’argomento, eppure vorrei
fargli tante domande. Chi è? Quanti anni ha? È bionda o castana? Avete avuto
figli? Intuendo il flusso dei miei pensieri, Valerio
anticipa il mio interrogatorio. “La prima volta che l’ho vista
era seduta su una panchina del campo scolastico tutta sola, nessuna delle sue
compagne l’aveva invitata a unirsi con loro e mi ricordo la sua espressione. Aveva un musetto triste così dolce che le chiesi se
potevo sedermi. E lei mi sorrise. Fu la mia condanna a morte perché mi innamorai subito di lei e di quella sua naturale
timidezza. Non era studiata, anzi avrebbe voluto fare cambio con un carattere
solare. Tu, le saresti piaciuta… lei invidiava le ragazze come te, perché non è
mai riuscita a conversare con persone che conosce da poco e neanche con le sue
amiche di vecchia data.” “Come si chiama?” domando, cercando di non fare
caso agli occhi che luccicano mentre parla. Mentre
parla di lei. “Beatrice.” Sarà sicuramente bionda allora. Già mi immagino la scena, lui che vede la donzella triste e
accorre in suo soccorso. Da come l’ha descritta sembra
un angelo sceso sulla terra solo per incontrare lui. “Come mai è finita?” chiedo ancora per puro
masochismo. E lui tace. Il cameriere arriva come la
Provvidenza e ci chiede cosa vogliamo ordinare. Vorrei dire “Testa di Beatrice con contorno di
patatine”, ma alla fine riesco solo a dire: “Margherita”. “Anche per me.” Sembriamo due che vanno al
patibolo, Beatrice si è portato via il nostro
buonumore. Quando il cameriere ci sorride e si allontana,
capisco che avrò un’altra dose di racconto. “Siamo sempre stati insieme,
non abbiamo mai avuto altri partner… non ho mai guardato una donna che non
fosse lei. Ovviamente, la gelosia
c’è in tutte le coppie e lei è sempre stata una persona molto insicura. Ho
sopportato le sue crisi per così tanti anni, ma quando mi ha accusato di essere
andato a letto con una mia cara amica non ce l’ho
fatta più . Sono esploso, Roberta. Per anni ho chiesto di avere fiducia in me e
lei non mi ha mai ascoltato. Ero stanco di spiegare ogni mio minimo gesto, ogni
sguardo o scherzo rivolto a una donna, così mi sono alzato una mattina e le ho
detto che la lasciavo. Sono passati 6 mesi da
quel mattino.” Sento che vorrebbe dirmi qualcosa, così chiedo:
“E…?” “Credi che abbia sbagliato? È così difficile pensare che un
uomo sposato non guardi le altre donne?” mi domanda. Cosa devo rispondere? Oh, cavolo con me ci hanno
provato fidanzati, sposati, divorziati, minorenni e persino delle donne. “Beh, molti uomini sposati tradiscono la moglie.
Ovviamente, non tutti per carità. Ci sono persone come te che credono nel
valore del matrimonio, solo che quella piccola percentuale di maiali con la
fede al dito può rendere insicura una donna che lo è già di per sé. Tu, quindi,
non l’hai mai tradita? Mai?”
Vedo un pizzico di delusione nei suoi occhi. “Anche tu non mi credi?” Manco lo conoscessi da anni! “Senti, parliamoci chiari,
ok? Sei un bell’uomo, possibile che nessuno ci abbia mai
provato con te?” Io vorrei saltargli addosso ora in questa trattoria quindi,
avrà di certo incontrato altra gente schizzata come me. O sono la più
pericolosa? “Ma ovvio, però sai, sono capace
di direno.Non è molto difficile, soprattutto quando ami
qualcuno.” “Capisco e ti credo. Dopo che l’hai lasciata,
non si è fatta più sentire? Non ti ha detto nulla a riguardo?” Non so neanche
perché faccio questo genere di domande, a volte non mi capisco proprio. Ho un magone all’altezza dello stomaco e la mia voce è piatta,
eppure devo sapere se c’è ancora lei nella sua vita. “Mi ha chiamato l’indomani per sapere se doveva
mandare i miei vestiti a casa della mia “presunta” amante. Dove ho sbagliato?” Cosa dovrei dirgli? Non sono mai stata abile come consigliera e non
vorrei che qualche mia parola potesse offenderlo. Dovrei dirgli che forse capisco la sua ex e che anche io sarei gelosa? Ogni volta che quegli occhi neri mi
puntano, sento le mie gambe molli e ogni rumore sparisce, come se in quella
stanza ci fossimo solo io e lui. Dovrei dirgli che un uomo così bello e gentile,
raramente è anche un uomo fedele? O forse che ha attaccato bottone con me troppo
facilmente per essere un uomo perdutamente innamorato della sua dolce
mogliettina. Sono passati solo sei mesi, nessun divorzio o
separazione, eppure lui sta cenando con me e chi sono io se non una perfetta
sconosciuta? Troppe domande e nessuna risposta. “Perché mi dici queste cose, Valerio?” Rimane per un attimo spiazzato, come se si
stesse ponendo la stessa domanda e non sapesse cosa rispondermi. “La prima volta che ci siamo parlati, mi hai colpito. Sei una ragazza speciale,”
incomincia a dire, prima di innescare la mia ira. “Basta con queste stronzate, Valerio. Nessuno ti
ha chiesto di aiutarmi con le valigie o di cenare con me stasera. Quindi meno miele e più verità, intesi?” Odio quando gli
uomini cercano di addolcirti la pillola, è così difficile parlare con il cuore? “Perché tu sei il suo completo opposto,” ammette con sincerità. Il cameriere arriva finalmente con le pizze, ma non
riesco a stare seduta su questa sedia un minuto di più. Devo uscire fuori e respirare, lontana da lui e dalla sua Beatrice. Quando mi alzo, capisce che ha sbagliato a
scegliere le parole. “Roberta, perdonami non intendevo dire quelle
cose.” Prendo la mia borsa e lo guardo per un’ultima
volta. “Addio, Valerio.”
Scusate l’enorme ritardo per l’aggiornamento, ma è un periodo un po’ duro a lavoro e sono sempre molto stanca quando torno a casa.
Questo capitolo è diverso, meno ironico e avete potuto vedere Roberta e le sue debolezze. Tutte noi possiamo sembrare forti fuori, ma quando si parla di sentimenti siamo più fragili di un castello di carta. Roberta è cosi, lei è vera, è un po’ me e un po’ te che stai leggendo.
Spero che questo capitolo non vi abbia deluso, era necessario scriverlo!
Alla prossima, la vostra roxy_xyz
EDIT 24/10/14: CAPITOLO REVISIONATO, BETAGGIO JAYBREE
Ore sette del mattino.
Profonde occhiaie che sembra mi sia passato un tir sopra, capelli inguardabili,
alito che potrebbe uccidere una schiera di Mangiamorte: ecco, questa sono io
quando faccio il mattino.
7-15: odio fare questo turno, anche perché chi non ama restare tra le lenzuola
quando la sveglia suona? La guardi e la posticipi, tanto non hai fretta.
Questo non posso farlo quando, invece, devo andare a lavorare così presto.
Sono costretta a malincuore a spegnerla e a uscire dal lettone per vestirmi.
Ovviamente, non mi sveglio prima per rendermi presentabile e quindi, evito
prontamente di riflettere la mia immagine allo specchio. Alle nove del mattino, ho già preso cinque caffè
e il mio capo ricevimento mi guarda come se fossi una schizofrenica che sta per
esplodere. No, boss, è solo la caffeina che mi rende particolarmente eccitata.
In pratica, rendo di più la mattina che la sera quando sono rilassata. Sembro una palla pazza per via della caffeina
che mi circola in corpo, finché a mezzogiorno smette di far quel bellissimo
effetto e, allora, comincio a guardare la tastiera del computer come se fosse
un comodo cuscino. È lì davanti ai miei occhi che mi sussurra una ninna nanna.
In quel momento arriva il sesto caffè. Per mia fortuna alle tre quando ho
finito di lavorare, riesco a dormire nonostante nelle mie vene circoli più
caffeina che sangue. Purtroppo, per arrivare alla fine del turno
mancano ancora sei ore e dieci minuti. In pratica, un’eternità. Ho già preparato tutto il lavoro per la mattina,
controllati i pagamenti, spiegato ogni cosa ai vari reparti e…mancano ancora sei ore e nove minuti. La tastiera mi ha appena strizzato un
occhiolino, segno che non devo e non posso fare questo turno. “Buongiorno, tesoro!” Camera 305, doppia uso
singola, ossia single che è qui in hotel da una settimana e sembra non voler
andarsene più. Credo che voglia tornare a casa dopo aver trovato moglie.
Potremmo diventare ricchi, perché è più probabile che Calderoli si lavi i denti
piuttosto che lui trovi una donna capace di sopportarlo. Senza offesa caro
Ministro, ma non sarebbe ora di lavarsi i denti con acqua potabile e non con
quella del Po? Anche perché tutte le volte che mi affaccio per ammirarlo, posso
vedere detriti e scarti di ogni genere e forma. Possibile che non tutti i soldi
che ha, non possa andare da un dentista? Ops, sto divagando come al solito! Eravamo rimasti al nostro gentilissimo sig. De
Fusco che inizia a tormentare le donne già alle sette del mattino. Con donne,
mi riferisco a ognuna di esse, senza distinzione di età o razza. Ebbene sì, perché quest’uomo ha infastidito
anche un’adorabile nonnina, venuta in vacanza a rilassarsi. È fermamente
convinto di poter trovare una compagna, mentre è qui come ospite, come se
trovare la donna della propria vita sia più semplice di comprare un paio di
scarpe.Certo, ci sono molte persone
dotate di un pessimo gusto e terribilmente disperate, però c’è un limite a
tutto. “Ma lo sa che è sempre più bella?” Continua
ancora, non facendo caso alla mia espressione disgustata. Bella, io? Con questi capelli? Signore, ti
prego, frena la mia lingua avvelenata! È un cliente e non posso essere
scortese… anche perché altrimenti posso continuare a pregarti da un ponte,
mentre chiedo l’elemosina. “Signor De Fusco, è sempre gentile. Buongiorno
anche a lei.” Perfetta, ho appena vinto un Premio Oscar per la miglior faccia
di bronzo del secolo. Si avvicina strisciando verso di me. Come dite?
Gli essere umani non strisciano? Guardate lui e poi vediamo chi ha ragione. Mi prende la mano per posarvi un bacio, mentre
io invoco tutti i santi di salvarmi per porre fine a questo strazio. “Roberta, Roberta, non c’è nessun uomo nella sua
vita, nessun anello in questa bellissima mano?” Sono lesbica.Meglio di no. Vorrei evitare di bruciarmi le carte in
caso venga un cliente carino. Sono una vedova nera che uccide i maschi dopo
aver abusato di loro.Un po’
troppo drastico. Sto per diventare suora.Decisamente troppo drastico. Sono una serial killer, non le conviene starmi
vicino.Mmh, mi piace. Adoro i
film polizieschi e, in effetti, sono un po’ bipolare. “A dire la verità, non voglio alcun uomo, sono
felice così.”In realtà, se lei
fosse un bell’uomo e parlasse di meno, le strapperei di dosso quei vestiti e la
porterei immediatamente nella prima suite libera. Forse, è meglio tenere questi bei pensieri per
me. “Non deve chiudersi le porte, è una donna così
bella.” La porta gliela posso chiudere in faccia, allora? “Non sa quanto mi piacerebbe parlare con lei, ma
ho un bel paio di e-mail alle quali devo rispondere. Magari dopo pranzo, va
bene?” Gli dico con dolcezza, appuntandomi di rimanere nel back office dalle 13
alle 15 pur di evitarlo. “Per lei, Roberta, questo e altro.” Qualcuno può passarmi un sacchetto per vomitare? Quando finalmente si allontana, il mio adorabile
collega Fabio esce dal back office e non smette di sogghignare e ridere come
uno stupido. “Potevi salvarmi! Invece, sei rimasto nascosto per
spiare la conversazione, sei un essere odioso.” Gli do un piccolo pugno allo stomaco, giusto per
vendicarmi, anche perché non mi oso fare altro. Fabio è il classico omaccione
che con una spinta mi potrebbe incrinare tutte le costole, è meglio non scherzare
troppo con lui e soprattutto con le mani. Per il resto, è sempre piacevole lavorare in sua
compagnia, di certo non esagero dicendo che è molto più loquace di Gabriella e
con lui le ore passano più velocemente. A volte, anzi direi sempre, si va più d’accordo
con i colleghi maschi che con quelle femmine, sempre per quelle stupide
questioni di rivalità. Manco fossimo nella savana e ci fosse la
necessità di marcare il territorio, dopotutto è risaputo che il nemico di una
donna è sempre una donna, non l’uomo. Una volta sola ho lavorato in un ambiente con
personale di solo sesso femminile. I miei ormoni si erano congelati, come anche
la mia allegria. Mai più, lavorerò in un hotel piccolo, dovessi andare a
elemosinare sotto un ponte, perché quella fu l’estate più noiosa e lugubre che
passai. “Che ne dici se ci portiamo avanti il lavoro per
il fine settimana?” Mi guarda solo per un attimo con un’espressione
che va dal meravigliato al “qualcuno-la rinchiudi-in-manicomio” per poi
continuare imperterrito afare
fintadi lavorare. “Capito, come al solito mi tocca fare tutto da
sola!” “Oh, mamma. Roberta è mercoledì! Rilassati un
poco… goditi questi bei momenti di tranquillità e soprattutto non mi fare
pensare al week-end. Ieri, la mia fidanzata mi ha annunciato che sabato avrò i
miei suoceri a cena. Te ne rendi conto di cosa dovrò patire?” Gli uomini. Se questi sono problemi, non voglio
vederli quando invece ne dovranno affrontare uno vero, e non una sciocchezza
come una cena in famiglia. “Fallo per Luciana, no?” Con una mano sembra
quasi volersi strappare i capelli, un gesto che, se non conoscessi il mio
collega, definirei alquanto esagerato, almeno che non abbia tutti i torti a
temere la madre della sua compagna. “È così terribile?” C’è un punta di curiosità
nella mia domanda, perché avendo avuto così tante storie e mai alcuna relazione
importante, non ho mai dovuto affrontare suocere e cognate bisbetiche.E poi dovrei mettermi la testa a posto e cercare
marito! Se questi sono i risultati preferisco rimanere e mummificarmi qui al
bancone del ricevimento. Altro che Museo Egizio a Torino, venite al
Palace Hotel, dove è possibile ammirare il miglior esemplare di mummia donna! “Non puoi capire, Roby. Lei è puro male, viene
solo per criticare e dirmi come fare le cose, perché io, secondo lei, sono un
incapace. Segretario di ricevimento… solo le donne fanno le segretarie, non gli
uomini, ergo sono un fallito.” “Ma digliene quattro, non rovinarti il fine
settimana. Dille le cose come stanno, Luciana capirà.” Mentre parlo, sono convinta che se un giorno
avrò una suocera, la suddetta donna mi odierà a vita. Sempre in giro, sempre a
cambiare hotel, sempre con la voglia di scappare appena mi trovo bene in un
posto. No, di certo, io non sono una nuora ideale, almeno che anche lei sia una
pazza scatenata e che, quindi, sia comprensiva nei mie confronti. Utopia,
ovviamente, però l’idea di far perdere i gangheri alla madre del mio uomo,
comincia a stuzzicarmi parecchio. Potrebbe essere divertente, no? “Non ti sposare mai, non ti fidanzare, non
andare a convivere, non dividere il conto della pizza con nessuno. Nessuno, mi
raccomando!” Esclama con il suo solito tono melodrammatico. Pizza.Avevo cercato di dimenticare quell’infelice episodio,
c’ero quasi riuscita con successo. Sapete però come succede quando si cerca di non
pensare a una cosa? La vedi ovunque. Sei in libreria e decidi di
comprare un libro, lo sfogli per vedere un po’, leggi la trama e SBAM! Il
protagonista si chiama Valerio. Passeggi per le strade con un bel cono gelato,
incurante di tutto e quando vedi una processione in paese, non puoi fare a meno
di domandare: “Che festa è?” Inevitabile la risposta: “E’ la festa patronale,
oggi è San Valerio.” SBAM. Leggi il giornale e vedi di un uragano che ha
colpito un paese devastandolo. Come si chiama l’uragano? Suvvia, lo sapete
anche voi. Perché succede sempre, è inevitabile. Quando non vuoi pensare a qualcuno, finisci
inevitabilmente per pensarci. È un dogma e non si discute. È passata una settimana da quella “famosa pizza”
e continuo a pensare a lui ogni singolo giorno.Mi dico che, forse, sono stata un tantino esagerata e
che non dovevo scappare così, o almeno prima dovevo mangiare e poi scappare.
Però, capitemi, l’idea, che un uomo abbia scelto di uscire con me solo perché
sono completamente diversa dalla sua ex mogliettina, mi fa arrabbiare e mi
disgusta. Io non sono Beatrice, sono Roberta. Quindi non
puoi uscire con me,parlarmi di un’altra
donna e aspettarti che io sorrida e continui a mangiare. Mi piace. Ok, l’ho detto: Valerio mi piace e
voglio piacergli anche io. Per quello che sono io, non voglio essere un ripiego
o che mi usi per dimenticare la sua ex. Voglio che mi guardi negli occhi e
decida di stare con me. Con Roberta e non con Roberta-opposto-di-Beatrice, mi
sono spiegata?Potete riferirlo a
Valerio da parte mia? Grazie. Meno male che c’è il lavoro a distrarmi perché
non so come farei. “Non ascolti quel vanesio, mia diletta. Ami e
non si trattenga mai. Si brucerà, soffrirà, piangerà ma almeno avrà vissuto
realmente.” Il direttore come al suo solito deve darmi un saggio consiglio al
giorno, altrimenti non può darsi pace. “E poi,” continua con un mezzo sorriso “io sono
stato un ottimo suocero. Il mio Valerio mi adorava.” SBAM. Che vi avevo detto? Non si può scappare,
qualcuno mi ricorderà il suo nome ovunque! Con la mia solita classe, decido di
andare avanti. “E come è il marito di sua figlia?” Gli occhi cominciano a brillargli, come un
bambino alla vista di una macchinina il giorno di Natale. “Lo adoravo,
perfetto, affettuoso e soprattutto un maître di sala.” SBAM. No, basta, abbiate un po’ di pietà per me! Non
capite quanto io stia soffrendo? “Addirittura? Quindi sua figlia è stata molto
fortunata a incontrarlo e a sposarlo! Fossimo tutte come lei…” Concludo con un
sorriso tirato, un po’ troppo perché invidio quelle donne che riescono a
trovare uomini così speciali senza faticare come me. “Purtroppo, l’idillio è finito male, mia cara
Roberta. La mia adorabile Beatrice…” SBAM! “Come si chiama sua figlia?” Chiedo al mio
direttore, interrompendolo bruscamente. “Beatrice.” Sorride lui, mentre io comincio a
fare due più due. Ecco perché il maledetto sapeva così tante cose
sull’hotel. Ecco perché conosceva il direttorecosìbene. Ecco perché mia madre mi diceva sempre di non
dare confidenza agli sconosciuti! Perché le coincidenze non esistono e perché io
sono solo un’illusa che è stanca di prendere porte in faccia. SBAM!
Lo so, il ritardo è imperdonabile, ma il lavoro estivo è sempre caotico e vi chiedo umilmente scusa. Non capiterà più! *roxy fa gli occhioni dolci e festeggia l’arrivo della bassa stagione, evvai!*
Infine, ringrazio chi ha votato la mia Roberta nel concorso sulla pagina Facebook “Le più belle frasi delle fanfiction” per il Contest-Be Happy. Al prossimo capitolo, un bacione!
EDIT 24/10/14: CAPITOLO REVISIONATO, BETAGGIO JAYBREE.
Ok, sono pronta. Indosso scarpe comode così mentre corro per
svignarmela non rischio di cadere come una scema. Vestita in modo casual per
non farmi beccare subito. Insomma, mi mancano solo gli occhiali da sole e il
cappellino da Sherlock Holmes e poi sono al top. Forse dovevo comprare dei baffi finti… mannaggia
a me che sono andata dall’estetista da poco. Avrebbe creato un certo effetto
reale. Ok, andiamo. Pronti? Come va va, tanto ormai ho
capito già la fine di questa stupenda storia mai iniziata, quindi prendiamo il toro per le corna o per le palle,
insomma andiamo a prenderlo e parliamogli con sincerità e con un tocco di
acidità. Scusate, volevo dire andiamo a parlare con
Valerio. Parlo con gatti, cani e umani, e a volte mi è capitato di parlare con
qualche Granata, ma i tori sono ancora fuori dalla mia portata. Arrivata di fronte all’hotel, mi siedo su una
panchina poco distante in modo da vederlo appena finisce il turno. Ho una
visuale perfetta da qui e, soprattutto, nessuno può vedermi. Sono un genio del
male e l’ho sempre saputo che vedere tutti quei film polizieschi mi sarebbe
servito a qualcosa.Insomma, Leroy
Jethro Gibbs sarebbe fiero di me e mi chiederebbe di entrare a far parte della
sua squadra del NCIS. “Roberta?” Una voce calda e incredula mi riporta
bruscamente alla triste realtà. Ma come ha fatto a capire che ero io e perché
non l’ho visto arrivare? Gibbs, perdonami, ritenterò ancora e ancora
finché non sarò una perfetta pedinatrice. Con finta nonchalance, mi giro verso di lui,
ricordandomi di non essere né troppo sgarbata né troppo felice di vederlo né
fredda. Insomma, non so come comportarmi con lui! Ho sempre saputo cosa dire e cosa fare con gli
uomini, sono un libro aperto per me e riesco sempre a stupirli o ammaliarmi con
il mio carattere, ma ora per la prima volta tremo. Come comportarsi dunque? “Ciao.” Un intero repertorio, ma io ovviamente
ho optato per il banale. Applausi alla paladina dell’originalità, per favore. “Ciao, ma cosa ci fai qui seduta sulla panchina?
Perché non sei entrata in hotel… aspettavi me, no?” Parla con un mezzo
sorrisino e la voglia di alzarmi e di cancellarglielo da quel bel faccino è
tanta, anche troppa. Non ho mai provato così tanta rabbia prima di questo
momento. Ho capito che mi hai beccato in flagrante, ma
devi comportarti per forza da stronzo, tenendo conto che ultimamente lo fai
anche fin troppo spesso? “Veramente no. Mi ero solo seduta, non avevo
fatto caso che il tuo hotel fosse nelle vicinanze. È stato un caso.” Mi alzo
con calma e gli rivolgo un sorriso stretto, freddo. “Ti saluto, Valerio.” Al diavolo il discorso che gli dovevo fare! Sono
troppo nervosa in questo momento e rischierei di essere solo volgare, quindi
meglio ritentare un’altra volta. “Aspetta!” Esclama, afferrandomi il polso. I suoi occhi neri brillano, non so per quale
motivo, ma non li ho mai trovati così belli come in questo momento. Sembrano
parlarmi,implorarmi di restare
con lui. “Dimmi, Valerio.” Ho il tono annoiato, forse non
brillerò per il miglior copione scritto, ma nella recitazione non mi batte
nessuno. Sembra quasi aver incassato un duro colpo,
perché vedo un’ombra in quegli occhi, causata dalle mie ultime parole. “Possiamo parlare?” “E di cosa?” Giusto, di cosa dobbiamo parlare?
Non c’è niente fra di noi. Nulla. Eppure, perché mi piace così tanto il calore
delle sue dita sul mio polso? Mi rivolge un sorrisino scettico, perché non mi
crede, sa benissimo che voglio evitare l’argomento “ex”. “Della nostra ultima
cena, forse?” Ferro, fatemi toccare del maledetto ferro!
Ultima cena un corno! “O vogliamo parlare del fatto che mi hai
volutamente nascosto il fatto di conoscere così bene ilmio direttoreper motivi più precisi? Vogliamo parlare del tuo ex suocero, magari?” Colpito e affondato. Con gli occhi sbarrati esclama: “Come hai fatto
a scoprirlo?” Mi piace il fatto che non provi nemmeno un
briciolo di pentimento, anziché chiedere il perdono, si stupisce delle mie
cellule grigie. Uomo, io sono quasi entrata al NCIS, ma con chi credi di
parlare? “Perché il direttore non faceva altro che blaterare
del suo perfetto genero, che si chiamava stranamente Valerio, e di sua figlia
Beatrice. Anche se non avessi frequentato il liceo scientifico, so quanto fa
due più due, non sono così cieca e stupida.” “Non ho mai pensato che tu lo fossi!” Mi
interrompe, spostando la presa delle sue dita verso la mia mano, avviluppandola
con il suo calore. “Ho sbagliato a non rivelartelo, però non voglio che il mio
passato mi ostacoli.” “Valerio, il passato non ti può ostacolare.
Almeno che tu non l’abbia del tutto superato. Il fatto che tu abbia tralasciato
questo importantissimo dettaglio significa solo una cosa.” Ditemi voi, se mi
devo mettere a fare anche da psicanalista! “Cosa?” Chiede ingenuamente. “Che sei ancora innamorato perso di Beatrice.” Afferra entrambe le mie mani, le stringe e se le
porta alle labbra, mentre una vocina nella mia testa gli implora di non fare
così, di avere un briciolo di pietà per me. “No, ti sbagli. Cosa devo fare per
dimostrartelo?” Oh mamma! Ma è di coccio? “Figliolo,” Usiamo un bel tono paternale così
capisce quanto sia stupido e immaturo, “non mi devi dimostrare nulla, perché iosodi
aver ragione.” Ah la presunzione, una delle mie virtù. O era un
difetto, non ricordo. Lascia finalmente le mie mani per portarsele ai
capelli, in segno di frustrazione. “Sei fissata ormai, però ti dimostrerò che haitorto, cara
mia, e allora vedremo chi vincerà.” Qualcuno spieghi a quest’uomo che non è una
competizione quella su cui sta scommettendo, ma la sua vita, la sua dolce metà.
E io dovrei sposarmi? Ma se gli uomini sono come lui, sai che affare! “Senti, mi sono anche stancata di questa
situazione. Non mi importa un fico secco né di te né di Beatrice.Tupuoi
fare quello che vuoi, puoi tornare con lei, puoi darti al divertimento con
altre donne, come puoi anche passare all’altra sponda. Non mi importa!” Sarò stata chiara? È normale che io cominci a
vedere un Valerio che bacia un altro uomo? So di essere una persona con qualche
devianza mentale, ma sapete che approverei se quest’uomo diventasse gay?
Dopotutto sono sempre così belli e ben vestiti! Magari, lo è sotto sotto. “Sì, ti importa invece. Altrimenti perché
saresti scappata quella sera?” “Non sono scappata, mi sono semplicemente alzata
e uscita da quel ristorante. Guardi troppi film rosa, Valerio.” Colpito e
affondato. “Certo come no! Ragazzina, puoi usare queste
tecniche con gli altri, maa menon inganni. Ho la vista lunga.” Mai pensato di arruolarti nell’Aeronautica? Mmh,
il verde e la divisa gli donerebbero molto e lì potrebbe sfogare i suoi istinti
con altri bei fascinosi colleghi. Mi sono proprio fissata con l’idea che sia
gay, qualcuno mi aiuti, perché quando mi fisso con qualcosa non riesco a
smettere di pensarci. Come quando mi chiedono il nome di un attore di un film,
finché non ricordo anche il codice fiscale io non riesco ad addormentarmi. È
più forte di me. Aggiungiamo anche questa virtù alla lista delle mie devianze
mentali, un elenco che comincia a diventare sempre più lungo e mi spaventa. Gli rivolgo un sorriso aperto, sincero per la
prima volta, anche perché parlargli mi è servito a sbollire la rabbia e
finalmente, ho capito cosa devo fare. “Figliolo.” Lo so, ma mi sono fissata con
quest’appellativo, lasciatemi fare. “Puoi pensare quello che vuoi, siamo in un
paese libero.” Mi alzo sulle punte dei piedi e lo bacio sulla
guancia. È un addio, Valerio, cerca di leggere tra le riga. Commetto il grande errore di non scostarmi
subito e di guardare quegli occhi, quei due pozzi neri che trovo irresistibili.
I nostri visi sono terribilmente vicini, anche
troppo. Posso sentire il suo fiato caldo, vedo ogni dettaglio del suo viso e la
voglia di accarezzarlo si impossessa di me. Devo calmarmi,prendere un bel respiro e per prima cosa mi devo allontanare. Peccato che appena cerco di farlo, lui mi blocca
con entrambe le mani e mi costringe a guardarlo. “E allora perché tremi, Roberta?” Il suo respiro
mi solletica, è caldo. È buono. Ho la pressione bassa e sto avendo un calo di
zuccheri.Ho appena divorato un
fagottino al cioccolato di dimensioni enormi. Ho freddo.Ci sono una trentina di gradi. Ho la febbre.Sì, quella del sabato sera! Perché mi fai sangue, idiota! Perché se
potessi, afferrerei quella benedetta cravatta e ti bacerei. Morderei quelle
labbra che parlano sempre a vanvera.Colpita e affondata. Sorrido di rimando, cercando di fingere un
sangue freddo che non riesco ad avere in sua presenza. Maledetto Valerio,
maledetto il giorno che l’ho incontrato. “Sogni ad occhi aperti? Ma per favore…” Signore, ti prego, fa’ che non mi fermi anche
questa volta, ma che mi lasci andare. Muovo i primi passi incerta, quasi incredula,
per poi aumentarne il ritmo, sempre più veloce in modo da allontanarmi nel
minor tempo possibile. Quando sono ormai quasi arrivata a casa, mi giro
per vedere se mi ha seguito e non notandolo, posso finalmente rilassarmi. Il
mio cuore sembrava volesse uscirmi dal petto, cavolo! Perché quest’uomo mi fa
questo genere di effetto? Apro la porta e mi getto sul letto, cercando di
godere di quella tranquillità e di fermare i battiti. Respira, Roberta. Calma, lui
non c’è. Con orrore noto che manca poco all’inizio del
mio turno e che devo correre per non arrivare in ritardo. Meno male che anni e
anni di esperienza, mi hanno insegnato a vestirmi anche in cinque minuti e a
volare sulla mia scopa… ehm piedi. A volte, mi stupisco perché riesco anche a
truccarmi e a farmi più carina del solito, mentre quando esco la sera devo
chiamare un restauratore d’arte. Misteri della natura! Finalmente pronta, sorrido alla mia immagine
riflessa allo specchio e pronuncio ad alta voce, come un giuramento a me
stessa: “Da oggi niente Valerio.” Chiudiamo tutte le porte, così si fa.
Otto ore di lavoro possono passare in fretta o,
talvolta, molto lentamente. Ci sono poi giornate come queste in cui sette
ore passano velocemente, neanche te ne accorgi, mentre l’ultima sembra quasi
non finire mai. Fissi l’orologio e nulla. Quelle lancette non si muovono,
neanche se le guardi con il tuo “miglior sguardo truce”.Vorresti essere a casa, vero? E invece no,
ti tocca lavorare, quindi pazienza. Lancette mie, anche voi vorreste scappare da
qui, se foste in compagnia del signor De Fusco.Ci proverebbe persino con voi perché secondo la
grammatica italiana appartenete al genere femminile, quindi un po’ di
solidarietà, per favore. “Roberta, Roberta, a che ora finisci?” Mi chiede
con quella voce che ormai riesco a riconoscere anche a distanza, in modo da
eclissarmi il più velocemente possibile. “Tra venti minuti e quaranta secondi.” Forse,
sono stata troppo precisa. Si vede che non vedo l’ora di finire il turno? “E dopo cosa farai?” “Oh nulla, credo che mi vedrò un film e poi
andrò a dormire. Domani mi tocca fare il mattino.” Quanti minuti saranno
passati? Voglio andarmene. “Non farai nulla… magari in compagnia?” Domanda
con il suo solito tono da viscido maniaco. Sì, in compagnia del mio lettone. “Non ne ho
voglia.” “Peccato.” Mi lancia uno sguardostrano,che
non riesco a interpretare e poi mi bacia la mano. “Ci vediamo, Roberta.” Se ne va così presto? Qualcuno dall’alto mi
vuole bene, per una volta quest’uomo mi lascia andare. Certo, dovrò
disinfettare la mano a novanta gradi, ma che importa! Completamente incredula, lo vedo allontanarsi e
dirigersi verso gli ascensori. Eh sì, Dio mi ama. Ancora con il sorriso
stampato in viso, vedo le porte scorrevoli aprirsi e un cliente entrare. Rettifico, vedo Valerio entrare. Cosa stavo festeggiando? Ah sì, la mia
tranquillità che si è appena volatilizzata. “Ciao.” Mancano dieci minuti, ma proprio ora
doveva venire a trovarmi? “Ciao, Valerio. Qual buon vento ti porta qui?” “La strada che ho attraversato. Stavo andando
via quando ho visto un tipo baciarti la mano.” E quindi cosa vuoi? “E allora?” Chiedo,
bloccando ogni sua discussione sul nascere. “Be’…” Inizia a dire prima che lo squillo del
telefono lo interrompi per la seconda volta. Ma chi diamine chiama a quest’ora? Guardo il
display e non riesco a nascondere il mio disgusto. No, lui no! “Chi è?” Mi domanda Valerio con un sorrisino, intuendo
che la chiamata in arrivo non mi entusiasma per nulla. “Un maniaco,” gli dico con un sussurro, mentre
vedo i suoi occhi illuminarsi di allegria. “Metti il vivavoce. Ti prego, fammi ridere un
po’, ho avuto una giornata pesante.” Mi chiede con il suo miglior sguardo da
cucciolo. Per la prima volta gli obbedisco anche perché
sono curiosa di sentire cosa vuole il mio adorato cliente, quindi premo il
tasto del vivavoce e alzo la cornetta. “Ricevimento. Buonasera sono Roberta.” “Roberta, sono il signor De Fusco.” Valerio fa la faccia annoiata e io non riesco a
reprimere un sorrisino. “Mi dica pure.” E facciamo presto che manca poco
alle undici. “Ti volevo solo ricordare il numero della mia
camera, anche se forse lo sai già.” Lei che dice? Lo leggo sul display del telefono,
sul computer e comunque non potrei mai dimenticare il numero di camera del
maniaco n.1. “Ma certo che lo conosco, è qui da così tanto
tempo!” La mia voce è gentile nonostante tutto. “Bene, io sono qui e ti aspetto.” Cosa ha appena detto? Mi ha per caso invitato a
salire in camera sua? Ma perché questo tipo di gente scambia la figura della
receptionist per una prostituta? Insomma, un minimo di decenza e di educazione! “Può aspettare invano!” Esclama con rabbia
Valerio, mentre mi fa segno di chiudere la conversazione all’istante. Ci guardiamo in faccia e scoppiamo a ridere, non
mi sono mai divertita così tanto e finalmente, quel maniaco smetterà di
perseguitarmi. Piccole lacrimucce scendono dai miei occhi per
la troppa allegria e quando le vede, Valerio smette di botto. La sua faccia è
ora talmente seria e non capisco il motivo di questo suo cambio di umore,
finché all’improvviso si allunga verso di me per baciarmi.Tremo.
Ha catturato le mie labbra in un bacio rude a
bocca aperta, senza curarsi di essere dolce, dimostrando una passionalità che
non avrei mai creduto possedesse. Avete presente quei film in cui la protagonista
viene baciata, dopo che ha passato centodiciannove minuti ad aspettarlo e, quando
finalmente i neuroni dei personaggio maschile cominciano a girare, lui la
bacia? Lei vede i fuochi d’artificio, fiori ovunque, insomma capisce solo con
un bacio che è lui, l’uomo che stava aspettando da una vita. Io non sto vedendo nulla, né processioni di
santi con fuochi d’artificio né cascate di fiori o sfarfallii allo stomaco,
però sentivo qualcosa:un’esplosione
di ormoni.Dio, nessuno mi ha
mai baciato così e anche se non sono ancora sicura di provare qualcosa per lui,
ho deciso di ascoltare loro senza badare alla mia razionalità. Sì, era ancora innamorato dell’ex moglie. Sì, in questo modo mi sarei ficcata in una
storia in cui avrei solo perso. Sì, il mio cuore si sarebbe spezzato. Sì, ti sento, non c’è bisogna che tu urli,
perché continuerò a giocare con la sua lingua e a succhiare il suo labbro,
quindi potresti abbassare il volume perché tanto, se non l’hai ancora notato,
non intendo ascoltarti!
Quando pongo fine al bacio, mi guarda dispiaciuto, desideroso di un’altra dose.
La vocina nella mia testa continua a suggerirmi di andarmene, dopotutto il mio
turno è ormai finito e potrebbe arrivare a momenti il mio cambio, ma come
sempre decido di fare di testa mia. Esco dalla mia postazione per ritrovarmi di
fronte a lui. Roberta, vattene! Ora! Come un’adolescente in calore, mi avvicino al
suo corpo, schiacciando il seno al suo petto e godendo della sua vicinanza.
Riesco a sentire quanto sia forte il suo desiderio e tutto questo mi stordisce
anche più del bacio.
“Eccomi! Scusami per il ritardo, Roby.” È Marco,
il portiere notturno, con il quale amo spesso chiacchierare anche dopo il
turno. Gli basta poco per capire che, questa volta, non rimarrò con lui per
fargli compagnia. “Buonasera.” dice, rivolgendosi a Valerio e noto subito
l’occhiata con il quale lo sta squadrando. Domani non parleranno altro che del
misterioso uomo in mia compagnia e dato che Marco è omosessuale, ovviamente
metterà dettagli su dettagli, per rendere il racconto ancora più interessante.
“Buonasera a lei,” replica Valerio con la voce
ancora un po’ roca.
“Oh. Ciao, Marco. Tranquillo, sarà una serata
tranquilla!” Cerco disperatamente di riordinare le idee in modo da non passare
per un’idiota, e dopo quel bacio è veramente difficile. “Sono arrivati tutti e
domani ci sono pochissime partenze. Le stampe che ti servono sono sulla
scrivania del back-office.”
“Grazie mille. Buona serata allora. A entrambi!”
Parla e sorride. Vorrei prenderlo a schiaffi proprio ora e davanti a Valerio.
Prendo le mie cose e ci dirigiamo come due
perfette statuine verso l’uscita, e una volta oltrepassata l’uscita tiriamo un
sospiro di sollievo. Per un pelo non ero stata beccata dal mio collega!In preda
a una follia che mi ha sempre caratterizzato, guardo Valerio e mi getto su di
lui per baciarlo ancora, assecondando i miei desideri. Ma che importa se lui
non ama me? Voglio solo sentirmi viva tra le sue braccia. Solo dopo parecchi secondi, ci stacchiamo per
guardarci in faccia. È così serio mentre mi guarda, al contrario di me che non
riesco a trattenere una risata. Sono felice. “Perché ridi?” mi domanda con un
sopracciglio alzato. “Vuoi che pianga? No, perché significherebbe che
baci da schifo.” Anche in momenti come questi la mia lingua ironica colpisce e
non ho alcuna intenzione di smettere di essere me stessa. “Hai ragione. Quindi vuol dire che bacio bene?”
Si avvicina sempre di più con un sorrisetto diabolico stampato un viso. “Oppure che fai ridere, cioè Valerio, non
pensavo tu fossi così narcisista.” È divertente stuzzicarlo, non sono abituata a
farlo con lui, o almeno non inquel
senso. “Posso provare con un altro tentativo?” Anziché rispondergli, faccio qualche passo
indietro per poi girarmi e cominciare a correre. Lo sento sbuffare come se una
parte remota di lui si fosse aspettato quel gesto infantile. In poco tempo era
riuscito a capire il mio carattere anche meglio delle mie amiche. Io sono fatta così: dura, o meglio, cerco di
esserlo perché devo proteggermi e per farlo, uso il mio sarcasmo e con quello
graffio, scalcio, ferisco. Perché nessuno deve farmi male, nonoraperché
non sarei capace di risanare le mie ferite. Valerio è lontano dall’ideale di uomo che cerco
di solito. Insomma, è bello, ma non è dotato di quella bellezza che cerco io,
un particolare a cui non riesco a fare a meno.Ridere. Sì, perché possono anche essere dei tipi
“particolari”, ma se sono capaci di strapparmi risate sincere, entrano a far
parte della mia vita e io voglio ridere,vivere. Invece, lui si era imposto sin dal primo
incontro, come un maniaco, un tipo di persona che ho sempre evitato e in cui mi
sono sempre imbattuta. Voleva accompagnarmi per le valigie, si era permesso di
darmi alcuni consigli sul lavoro, mi aveva salvato da un grande imbarazzo e
tutto questo perché? Non per una ragazza normale come me. Non ci mette molto a raggiungermi. Sento la sua
presa forte sul mio polso e il suo peso mentre mi spinge verso il muro di un
vialetto.E sento ancora le sue
labbra calde ed esigenti.Sto
diventando ingorda e sarei capace di chiedergliene sempre tanti, come una donna
con gravi dipendenze e io non devo essere così. “Abbiamo finito di dare spettacolo?” Ci stiamo
comportando come degli ingenui, in un paese in cui tutti lo conoscono e io sono
solo l’ultima arrivata, nessuno di importante. “Ho trentaquattro anni, sai quanto me ne frega?” “A me importa invece! Sono venuta qui per
lavorare, non per fare questo genere di cose…” “Quali genere di cose? Fammi capire!” Il tono è
un tantino incredulo. Possibile che non capisce quanto fosse differente per una
donna? “Be’, non voglio che pensino che sono una
ragazzafacile.” Anziché rispondermi, scoppia a ridere. Grazie
tanto, Valerio, che tatto! Odio essere presa in giro, cosa ne sa lui che è un
uomo. “Viviamo in una società maschilista, in cui un
uomo può andare a puttane in tutta tranquillità anche se è un politico, mentre
una donna non può frequentare più di un uomo contemporaneamente. Non c’è nulla
da ridere! È tutta colpa vostra, quindi, smettila di comportarti come un uomo
delle caverne perché non sei per niente simpatico.” Ovviamente, la mia mente sta pensando a un
politico in particolare, ma non voglio rovinare questa serata pensando a
quell’antipatico, perché se dicessi il nome ad alta voce, so che il mio
orgoglio rosso e femminista uscirebbe allo scoperto. Sono le undici passate e
posso anche rischiare di sognarlo, un incubo che mi potrebbe segnare a vita. “Dai, non dire così! Non rovinare il momento…” “Perché è successo qualcosa?” Gli faccio una
linguaccia per chiudere l’argomento “uomini contro donne” almeno per questa
sera. Il lavoro mi ha stancato così tanto che non ho alcuna voglia di
protestare altro, ma solo di godere di questi fugaci momenti. “Mmh, sempre spiritosa la signorina. Domani che
turno fai?” mi chiede, accompagnando le sue parole con una carezza in viso. Da
quanto è così affettuoso e perché lo è? È normale che le faccia o sono io a non
essere più abituata a uomini gentili, ma solo a personaggi di dubbia
reputazione? “Pomeriggio, come oggi.” “Sei stanca, vero?” commenta, piegando la testa
e osservandomi bene con quegli occhi neri. “Sì, però ho voglia di una cosa prima di andare
a nanna come una brava bambina.” Valerio si avvicina, spingendo il mio corpo
verso il muro e schiacciandomi con il suo peso. “Ah sì, e di cosa?” “Gelato al cioccolato!” Mi guarda scioccato per poi scoppiare a ridere.
“Andiamo, ma prima ti mostro di cosa ho voglia io.”
Il giorno dopo sono arrivata in hotel con un
enorme sorriso sulle labbra e per tutto il tempo ho dimenticato ogni cosa. Qual
è il mio lavoro? Cosa sono i check-out? Per mia fortuna c’è Gabriella con me
che non mi fa mai domande e nemmeno mi sgrida. Non riesco a concentrami sulle mie solite
mansioni e sono lenta in qualsiasi cosa io faccia. Alla fine la mia collega ha
capito che qualcosa mi distrae, ma anziché indagare e magari fare domande sulla
mia vita privata preferisce prendere le redini e fare tutto lei da sola. Non abbiamo mai legato, non mi aspetto nulla da
lei e invece, mi aiuta in un momento in cui la mia testa è altrove e per questo
le sarò eternamente grata. È il signor De Fusco a rompere la nostra strana
armonia. Come ho potuto dimenticare che l’indomani sarebbe partito, lasciandoci
finalmente libere di festeggiare la sua assenza? “Buonasera a voi.” Guardo Gabriella con una smorfia, non riesco
proprio a sopportarlo e ho deciso di non nasconderlo, non dopo quello che era
successo il giorno prima. “Potreste prepararmi il conto? Domani ho
intenzione di partire presto.” Vedo Gabriella sorridere e ne deduco che anche a
lei deve fare una certa antipatia. “Certo, solo un attimo,” dice la mia collega con
molta premura. “Vorrei che lo facesse Roberta.” Un ordine duro,
peggio di uno schiaffo, anche perché non c’è alcun motivo per richiedere il mio
intervento dato che lei è perfettamente capace di fare ricevute. Lavora in
quell’hotel da molto più di tempo di me, dopotutto. “Non c’è bisogno.” Mai e poi mai avrei soddisfatto
le sue pretese assurde. Guardo Gabriella e le rivolgo uno sguardo per farle
capire di andare avanti e di non fare caso alle pazzie del cliente. “Allora le mostro un proforma del conto, così se
qualcosa non le quadra possiamo provvedere a correggere.” Gli mette davanti il foglio, mentre questo non
si sforza neanche di leggerlo, mostrando un certo fastidio verso la
professionalità che Gabriella sta dimostrando. Fino all’ultimo deve comportarsi
come un verme. Mette sul bancone la carta di credito prima di
girarsi verso di me e di sorridermi. “Magari, stasera possiamo riprendere il discorso
interrotto ieri e prendere qualcosa da bere. Che ne dice?” Oh, Signore! Ma non sono stata abbastanza
chiara? È Gabriella a rispondere per me, gli consegna la
ricevuta e una cartina del paese. Un gesto che lo innervosisce parecchio,
mentre lei, non badando alle sue torve occhiate, continua imperterrita a
tracciare un percorso. “Ecco, deve andare qui. Non è lontano dal nostro
hotel, solo dieci minuti in macchina.” “Ma cosa sta dicendo… cosa ci sarebbe qui?”
chiede, un tantino incredulo. “Prostitute,” dice con calma. “Può ripetere?” “Ha capito bene, prostitute. Ci passo sempre
davanti e sembrano pulite…” continua tranquillamente. “Come si permette…” inizia a dire. “Lei come si permette! Abbiamo sopportato le sue
mancanze di rispetto in silenzio, ma a tutto questo c’è un limite e io
personalmente me ne infischio se è un cliente abituale.” Wow. Sinceramente:wow.Io
mi sono lamentata tutti i giorni, ma mai ho avuto il coraggio di dirgli le cose
come stanno e invece, lei, da sempre silenziosa e timida, è riuscita a dirgli
quello che pensavamo sin dal primo giorno. Guardo nuovamente la mia collega e
capisco di non aver mai voluto conoscere veramente Gabriella. L’ho sempre
giudicata noiosa, però dopo i primi scambi di battute non ho più provato a
chiacchierare con lei. “Desidera altro?” chiede, tornando a essere una
receptionist cortese. Non riuscendo più a trattenermi la abbraccio.
“Ti stimo.” “Siete due stupide ragazzine maleducate, ecco
cosa siete.” Prende la ricevuta e ci rivolge uno sguardo ostile. Sappiamo che
l’indomani andrà a parlare con il direttore, ma a nessuno delle due sembra
importare e, in caso, io prenderò le parti di Gabriella. La guardo con grande affetto, un sentimento che
non avrei mai creduto di poter provare nei suoi confronti. “Grazie.” Mi guarda per poi abbassare lo sguardo
imbarazzata. “Su, sbrighiamoci, così dopo andiamo a prendere qualcosa da bere
insieme.” Ora i miei occhi sono completamente spalancati.
“Finalmente mi degni di un’uscita insieme! Cosa è cambiato?” le chiedo. Sembra riluttante a parlare, finché non mi
guarda e mi sorride. “Ho capito che non ho nessun motivo per odiarti. Cioè, non
ti odio… ero solo invidiosa.” Rimango in silenzio di fronte a quella
confessione, finché non le allungo la mano. “Piacere, sono Roberta… e stasera
ci daremo all’alcol!” Per la prima volta ridiamo sincere senza alcun
imbarazzo, e le ore di lavoro che rimangono non sembrano così lunghe come prima.
Lo vedo alle 22:58 con quel suo solito sorriso.
Avanza sicuro di sé e non mi toglie gli occhi di dosso facendomi sentire nuda. Gabriella vede il mio cambio repentino di umore
e segue la direzione del mio sguardo. “Ora sono doppiamente invidiosa,” commenta
ironicamente. “Buonasera, ragazze” dice, rivolgendo un
occhiolino a entrambe. “Gabriella, lui è Valerio.” Mi rivolgo verso la
mia collega, notandol’attentaocchiata al quale lo sta sottoponendo. “Piacere,” cinguetta allegra. Ora posso capire facilmente la gelosia della sua
ex moglie, con un uomo così bello è normale che tutte le donne lo apprezzino e
ne rimangano impressionate. So che la mia collega è fidanzata, eppure mi sento
lo stesso minacciata. “Sono venuto a prenderti,
usciamo?” Ops! “Ehm, ho già un impegno, Valerio. Usciamo
domani?” Gli rivolgo il miglior sguardo dispiaciuto per fargli capire che non
deve arrabbiarsi, anche perché non ne ha il motivo. “Uffa, di già mi dai buca?” Sempre il solito melodrammatico. “Ma non fare lo
stupido! Stasera usciamo solo io e Gabriella. Serata solo femminile, giusto?”
Guardo la mia amica per cercare la sua approvazione. “Giusto!” “Quindi, posso unirmi?” Mi giro verso la persona
che ha parlato per trovarmi di fronte una donna bionda, molto carina. Il viso
non mi sembra familiare, sono sicura al cento per cento che non sia una nostra
cliente.La risposta non tarda ad
arrivare.Dalle labbra di
Valerio. “Beatrice...”
EDIT 24/10/14: CAPITOLO REVISIONATO, BETAGGIO DI JAYBREE
Capitolo 9 *** Ciao sono Roberta e non bevo da due anni ***
Dove eravamo rimasti…
Dove eravamo rimasti…
Roberta
ha deciso di affrontare Valerio per chiudere definitivamente il capitolo con
lui, ma un bacio inaspettato le confonde ancora di più le idee. Nel frattempo Roberta
e Gabriella hanno finalmente l’occasione di conoscersi meglio e di fare
amicizia. Sono pronte a passare una serata insieme, quando Valerio è invece
convinto di poter uscire con Roberta e di approfondire quel bacio. Ad unirsi sarà invece Beatrice… serata solo donne!
IX
Ciao sono Roberta e non bevo da due anni
Durante il corso della mia vita, ho
capito chenon
devo più stupirmi, perché appena lo faccio succede sempre qualcosa che mi fa
ricredere. Per esempio, prendiamo spunto da questa serata: chi l’avrebbe mai
detto che avreiannullato
il mio appuntamento con Valerio per uscire con Gabriella e Beatrice?
Forse, avrei dovuto formulare meglio la
frase, specificando chi è Beatrice. Capita a tutti di non uscire con l’uomo per
cui si è perso la testa e rimpiazzarlo con la sua ex moglie, no?
Ciao sono Roberta non bevo da due anni e
sono a cena con l’ex moglie di un uomo stupendo che ho conosciuto e per cui ho
perso la testa. Ma sì! Dopotutto è una donna come
tutte le altre e non può succedere nulla di male; con quelle manine così
delicate non può strozzarmi, può solo strapparmi i
capelli, prendere a calci con le sue scarpe a punta e ballare la salsa sul mio
cadavere. Sono sicura che ne è capace. È così perfetta
che non credo ci sia qualcosa che non riesca a fare. A parte, occultare un
cadavere, spero.
Non riesco a capire come una donna del
genere possa solo essere così insicura, e io che
pensavo che fossimo noi, ragazze di una bellezza normale quasi inesistente e
invisibile a occhio nudo, a passarcela male. Dobbiamo sempre puntare sul
carattere per fare colpo su un uomo, mentre a loro basta sbattere un paio di
volte le ciglia per attirare l’attenzione. Per riuscirci io
dovrei mettermi a sbattere ripetutamente la mia capoccia in un muro per vedere
se riesco a scalfirlo. No, io non lo capisco proprio e forse dovrei
chiederglielo, approfittare di questa strana serata per conoscere il mio
“nemico”, ma più la guardo e più mi sembra di avere davanti un
cucciolo indifeso, mentre io sono un mastino napoletano che sbava.
“Cosa posso
portarvi di buono, ragazze?” È il cameriere a salvarmi dalle mie mille paturnie
mentali.
“Una media rossa, per me.” Datemi
l’alcol, ne ho bisogno!
“Perfetto, poi?”
Né Gabriella né Beatrice sembrano voler
ordinare, intente come sono a leggere, o forse dovrei dire studiare quel
benedetto menù. Che ci sia la mappa di qualche tesoro e che Gabriella sia la
figlia segreta di Indiana Jones?
“Ragazze, entro l’anno… non state
scegliendo il vostro abito da sposa!” ricordo loro con un mezzo sorriso.
“Per quello ci ho impiegato mezzo
secondo. Prendo un calice di MullerThurgau, grazie.”
Adorabile angelo dantesco! In una sola
frase mi ha ricordato Valerio e il loro matrimonio. E se mi fossi sbagliata e
fossi io il cucciolo dolce e indifeso?
“Oh cavolo non so!
Ma quanti coktail ci sono? Per di più non conosco manco gli ingredienti!” geme Gabriella al
culmine della disperazione.
“Ci penso io per te.” Trovato il
miscuglio più letale possibile, lo indico al cameriere che si limita a sbarrare
gli occhi un tantino incredulo, come se volesse
ricordarmi che la mia amica non sembra una di quelle capaci di sopportare quel
genere di cocktail, dopodiché si limita a segnarlo e a sorriderci.
“Che cosa mi hai preso?” indaga
Gabriella.
“Oh lo scoprirai presto…” e non posso che
rivolgerle un piccolo ghigno malefico. Sia chiaro non
voglio farla stare male, ma sono convinta che lei sia una di quelle ragazze
sempre a modo che raramente agiscono in modo sconsiderato. E per una volta mi
piacerebbe vederla più rilassata e non sempre così rigida.
Forse ne avrei dovuto prendere anche uno
per me, perché Beatrice non ha smesso per un attimo di guardarmi. Anche se con
Valerio c’è stato un semplice scambio di battute, so che sta pensando al tipo
di relazione che abbiamo. Posso vedere il criceto del suo cervello pedalare
furiosamente per risolvere il mistero: sono la sua nuova fiamma o semplicemente
un’amica? Da come me l’ha descritta, sicuramente penserà a qualcosa di impossibile, ipotizzando trame assurde del tipo: siamo
sempre stati amanti ed è per questo che ho deciso di venire a lavorare
nell’hotel dell’ex suocero, perché sono una donna sadica che la mattina si alza
per fare del male alle ragazze innocenti come lei. Perché io sono il tipo di
ragazza predatrice, giusto? Uomini venite a me!
La vista del cameriere che avanza lungo
la nostra direzione riesce a placare un po’ il mio nervosismo, sì, perché
nonostante io sia innocente fino a prova contraria – Giudice, ci sono solo prove circostanziali contro di me! – io non riesco proprio a
godermi la serata. Credo di essermi divertita di più nella
sala d’aspetto del mio dentista, o alla Posta in compagnia di mille vecchiette
per il ritiro della pensione.
Santa birra, oltre a essere buona, è
meglio di una tisana per i miei poveri nervi.Lo so, lo so, diventerò una receptionist con
una cirrosi epatica. Già mi vedo con la mia fiaschetta in tasca tra un check-in
e un check-out, oppure potrei legarmi una botte a mo’ di San Bernardo.
“Dio, ma cosa c’è dentro? È… è fuoco puro, Rob.”
Oh che carina, vedete come l’alcol faccia
solo bene? Mi ha appena dato una specie di nomignolo!
“Ho scelto quello che
aveva più liquori tra gli ingredienti, infatti. Quando non so che scegliere faccio sempre così, quindi Gabriella bevi lentamente, perché non ho nessuna voglia di portati di
peso in camera!”
Mi è già capitato una volta e per giunta
con un collega maschio e devo dirvelo: bevete responsabilmente, cavolo! Pensate
a chi è costretti a scorrazzarvi e a recuperarvi da terra ad
ogni vostra caduta. Almeno quando io mi ubriaco, me ne vado in bagno e do il
meglio/peggio di me, senza rovinare la serata a nessuno, anzi da quello che mi
hanno detto, in queimomenti
sono la mascotte che fa ridere il gruppo, perché comincio a parlare e a
gesticolare tantissimo, per poi sedermi e fissare un punto lontanissimo con lo
sguardo più afflitto che ho nel repertorio. Il divertimento diventa, poi,
scattarmi foto mie imbarazzanti per prendermi in giro per giorni e giorni. Ciao sono Roberta e quella sera non dovevo bere.
“Ma è
delizioso!Credo che delegherò sempre te per scegliere.”
Mentre Gabriella gioca con il suo
cocktail, Beatrice sembra essere su un altro pianeta.Forse quello degli snob, scusate ma io proprio
non capisco le persone che preferiscono bere un calice di vino in un pub.
Capireise ci
trovassimo ad una degustazione di vini, ma al “La ruina
de l’hombre” mi sembra un filino fuori tema. E poi
tutta quella scena di annusare e far girare il vino come se fossi un sommeiller... o lo sei o ti credi tanto intelligente da
esserlo.
“Da quanto conosci Valerio?” mi domanda
con tutto il candore possibile.
“Non saprei, dal mio primo giorno…
intendodal mio
arrivo qui. È stato così gentile da aiutarmi con le valigie mentre scendevo dal
treno.”
“Lui è sempre gentile con le altre.”
Santa pazienza d’Egitto, ma quanto è
melodrammatica!Non mi pare il tipo di
uomo che ti abbia mai preso a calci sul tuo bel fondoschiena o che ti abbia
maltrattato perché non avevi preparato la cena!
“Sì, infatti.”
“E da quando state insieme?”
Dritta all’essenziale. Perché girare e
ancora girare intorno ad un argomento quando puoi
farlo subito?
Prima di rispondere non posso fare a meno
di bere un altro sorso di birra, giusto per fingere che la sua domanda non mi
ha infastidita. Come una spina nel culo.
Per niente fastidiosa.
“Noi non siamo una coppia.”
Ho smesso di ritenermi fidanzata con
qualcuno per qualche scambio di baci e carezze.Sarà strano, ma ai giorni d’oggi sembra più difficile di quando ero
adolescente. Almeno a quell’età potevi domandare “stiamo insieme?” e far
mettere la crocetta intorno al sì oppure al no, ma alla mia etàe con gli uomini che
popolano la nostra triste Terra bisogna captare messaggi subliminali da parte
dell’uomo che vengono spesso fraintesi.
Vieni a casa mia? Un tempo significava
che ti invitava come fidanzata per presentarti ai
suoi, oggi vuole dire solo “casa libera”.
Ti va di andare
al cinema? Ossia in un posto dove mani morte, che poi non sono tanto morte, possono passare inosservate.
Tutto è collegato al sesso, e non alle
passeggiate romantiche sotto gli alberi di ciliegio, o ai gelati mangiati in
riva al lago mentre il tuo lui ti dichiara amore eterno. Sesso. E forse ti
richiamo. Crocetta intorno al forse.
“Quindi era lì
per puro caso?”
“Lavora di fronte, non a mille chilometri
di distanza, oppure ci deve essere un motivo particolare? Possiamo ipotizzare
che sia scoppiato un incendio nel suo hotel che però, non avendo estintori a
norma di legge, sia venuto nel mio - anzi in quello di
tuo padre- per chiedercelo in prestito. Oppure può aver visto un gattino
scappare da un balcone di una delle camere del primo
piano, averlo preso ed essersi recato in hotel per riportarlo alla dolce
vecchietta che era ormai in preda ad una crisi isterica per la scomparsa di
Batuffolo. Oppure può essere uno di quei maniaci di bell’aspetto e aver scelto
il mio hotel – dicevo quello di tuo padre- per la prossima vittima. Tu che dici?”
“Lasciatelo dire,Rob,sei
completamente folle. E io voglio un altro di quel coso
che hai ordinato per me” dice Gabriella.
“Facciamo due, ho
parlato troppo! Beatrice vuoi
un altro po’ di bollicine? O preferisci una tisana al
finocchio?” Stronza con tanto di patentino, e sono fiera di esserlo.
“Credo che la tisana la prenderò un’altra volta, prenderò lo stesso.” Ciao vi
presento Beatrice, new entry nell’alcolismo anonimo e
che sono fiera di aver deviato, dopo aver infilato la lingua nella boccuccia
del suo ex marito.
È Gabriella ad alzarsi e ad andare
direttamente al bancone. Per fortuna riesce ancora a seguire un’immaginaria
linea retta.
“Io penso che lui si sia presa una cotta per te, ma mi dispiace comunicarti che non
sarà nulla di serio. Fa così con tutte: le usa per il sesso e poi le lascia per
provarci con una più giovane e carina.”
Sta parlando veramente della stessa
persona che conosco? Mi sembra più il ritratto del Don Giovanni, non di
Valerio. Insomma parlare della propria ex al primo appuntamento non mi sembra
una mossa da marpione, come lo descrive lei.
“Tranquilla, un po’ di sesso sfrenato non
mi ucciderà.”
“Come hai detto?”
“Eccomi, eccomi.” Santa Gabriella! “Ho
portato qualcosina in più, giusto per placare la
nostra sete!”
Posso aggiungere anche
lei nella lista delle persone che ho deviato? No, perché la mia dolce collega,
oltre alle nostre ordinazioni, regge un vassoio con una serie di shots dall’aria alquanto pericolosa.
“Ma che hai preso?” domando,
un tantino allarmata.
“Vedrai, vedrai. Mi sono fatta
consigliare da Francesco.”
“Chi è Francesco?”
Si gira verso il bancone e rivolge un
sorriso al ragazzo che ci ha servito. Non è un semplice sorriso, è qualcosa di
accecante, e tutta quella felicità non gliel’avevo mai
vista.
“Lui. Secondo te, posso dargli il mio
numero di telefono?”
“E il tuo ragazzo?”
Anziché rispondermi, afferra il primo shot e lo beve tutto in un sorso. La vedo strizzare gli
occhi e subito dopo cominciare a tossire. Normale direi, non si può passare
dalla completa astemia a questo.
“Mi ha chiesto una pausa di riflessione,
che detto fra noi vuol dire che mi ha mollato per una ragazza meno musona di me
e che si diverte di più. Ci credi che anche lui, come quel pazzo che gira
vestito in bianco, mi ha chiamato Graziella? Ok, per l’omino pazzo, ma lui no!
Cazzo, c’è qualcosa di sbagliato in me? Cazzo, mi
brucia la gola!”
Ha appena detto quella parolaccia due volte? Ha veramente detto omino
pazzo davanti a sua figlia? Oh mamma, qui urge un
bavaglio immediato.
“Non c’è nulla di sbagliato in te, sono
loro ad esserlo!” esclama stizzita Beatrice.
Il mio collo compie un giro di 180°, sono
completamente senza parole e raramente mi succede, potete chiedere alle mie
amiche che vorrebbero mettermi in modalità silenziosa
ogni giorno.
“E se siamo troppo loquaci
non va bene, e se parliamo poco non va bene, e se curiamo troppo il nostro
aspetto siamo vanitose, ma se non lo facciamo siamo delle donne scialbe; a loro
tutto è concesso, ovviamente!” continua imperterrita, e segue l’esempio di
Gabriella.
“Perché non cercate di essere semplicemente
voi stesse e di fregarvene dell’opinione dei vostri
uomini?” domando allora io, e capisco subito di aver detto qualcosa di
sbagliato dallo sguardo che mi rivolgono. Che ho detto di male? Io me ne sono
sempre fregata di quello che pensano gli altri!
“La fai facile tu.” Beatrice mi guarda
come se stesse fissando un’altra me, una molto più bella, una che non sono io
in pratica.
“Infatti, ti adorano tutti sin da
subito.” continua Gabriella.
Ok, ma stanno proprio parlando di me o
della mia gemella buona e figa?
“Ragazze, ma che state dicendo? Diamine,
non so che darei per essere bella … come te, Beatrice,
o per avere un minimo di palle come te, Gabriella. Oggi con quello stronzo del
signor De Fusco sei stata una grande, lasciatelo
dire! Quindi da oggi, smettetela di fare questi
pensieri perché se un uomo non vi accetta per quello che siete, non è quello
giusto. Come diceva sempre mia nonna, pace all’anima sua, l’uomo giusto ci
aspetterà sempre, quindi perché non prendersela comoda? Per una volta facciamoli
aspettare, donne!”
Afferro il mio bicchierino, e come a
brindare alle mie stesse parole, lo bevo in un colpo secco. Cavolo, se è
forte. Non devo più mandare Gabriella al bancone del bar!
“Cazzo, hai ragione!”
“Cazzo, sì!”
E bonjour
finesse, mie care.
“Avanti con unaltro giro, girls!”
Ciao sono
Roberta e credo che la linea retta sia solo un’invenzione degli astemi.
NdA: Innanzitutto vorrei
chiedere scusa a tutte le persone che seguivano questa storia e che poi, di
punto in bianco, hanno visto fermarsi di botto ogni aggiornamento.Sono passati tre anni dall’ultimo capitolo e
sappiate che mi sento uno schifo, ma non riuscivo più ad andare avanti e ho
cambiato la trama più di una volta. Non potete immaginare quante volte mi
dicevo di aggiornare e poi mi frenavo perché non volevo deludervi.
Ho
deciso di completare la storia e poi di aggiornare, quindi potete stare
tranquilli, perché ogni lunedì troverete un aggiornamento. La storia è composta
da quindici capitoli già scritti, già betati dall’adorabile Jaybree e
spero che questa “nuova e aggiornata” versione di Roberta vi piaccia e vi tenga
incollati al computer.
Oltre
a ringraziare Jaybree che ha betato
l’intera storia, un abbraccio va a Bea che ho torturato quando ero in pieno
blocco, e Lights che ha rifatto il banner e con cui
avevo iniziato questa originale e condiviso la voglia di scrivere
qualcosa di diverso dalle solite fanfiction su Harry
Potter.
Cos’è questo suono? Sono stata
forse rapita dagli alieni? Mulder, Dana, qualcuno mi
aiuti!
Biiiiip.
C’è qualcuno che mi sta dando
piccoli pugni allo stomaco, ma le mie ciglia sembrano saldate con il cemento e non
vogliono alzarsi minimamente per indagare su chi sia. Intanto il picchiatore
continua a sfogarsi su di me. Forse un maniaco mi ha legato al letto e
torturato in modo da non poter vedere più? In tal caso, voglio che sia Derek
Morgan a salvarmi. No, perché state mandando Grissom?
Io non sono morta, sono viva e voglio quell’Aidone di profiler!
Biiiip.
“Roberta, la sveglia,
dannazione!”
Chi ha parlato? C’è un’altra
prigioniera? Morgan, aiutaci!
“Roberta!” Questa volta,
insieme all’urlo, accompagna una serie di pugnetti con il quale tempesta il mio
addome. Perché la prigioniera picchia me e non il sociopatico che ci ha rapite?
Sindrome di Stoccolma, forse?
Quando mi decido ad aprire gli
occhi, mi ritrovo a fissare Beatrice.
Biiiip.
Mi allungo per afferrare quel
maledetto telefono e controllo l’ora: sono le sei e un quarto e oggi mi tocca
fare il mattino, me ne ero proprio dimenticata. Meno male che programmo il mio
cellulare per tutta la settimana, il mio inconscio sa quanto io sia
inaffidabile e agisce ormai da solo.
Aspettate. Ho visto veramente
Beatrice nel mio letto o comincio a sognarla? Mi giro e mi ritrovo a fissare la
linea della schiena di una donna. Sono andata a letto con una donna? Rettifico:
sono andata a letto con la mia nemica?
Biiiiiip.
“Basta! Ce la fai a
disattivarla o devo farlo io?”
Ma io l’ho già fatto, quindi se
non sono io…
In preda al panico, cerco altre
presenze umane finché non vedo dei piedi sul cuscino.
È ufficiale, sono andata a
letto con due donne.
Scendo dal letto e mi avvicino per vedere chi c’è e mi ritrovo a ridere come una scema quando vedo che si
tratta di Gabriella.
“Gabry, svegliati! Dobbiamo
andare a lavorare.”
Niente, manco un carro armato
sembra fare effetto sul suo sonno, finché mi ricordo di essere andata a letto
con la piccola Rocky Balboa. All’ennesimo biiiip, ecco che si gira di
scatto per sferrare un piccolo destro su quello che dovrebbe essere una coscia
di Gabriella.
“Ahia!”
“Gabriella, è tardi e dobbiamo
fare l’apertura! Sono le sei e venti.”
“Che cosa? Oh santissima
merda!”
Si alza così velocemente da
restare impigliata al lenzuolo, e non mi stupisco più di tanto quando la vedo
volteggiare in aria e finire per terra, facendo un rumore assurdo.
“Io vorrei dormire!” esclama ancora
una volta Beatrice, l’unica che non deve lavorare per vivere. Sono quasi
tentata di toglierle il piumino per svegliarla definitivamente, ma il terrore
di vederla nuda mi blocca.
“Vado in camera mia a lavarmi,
ci vediamo giù tra venti minuti,” dice in fretta la mia collega, avviandosi verso l'uscita.
Sarà meglio prepararsi e
chiedere a Gabriella perché la mia testa sembra voler scoppiare da un momento
all’altro e non riesco proprio a ricordarmi che cosa ci facciano le ragazze nel
mio letto.Prima di dirigermi in bagno non posso però fare tutto il rumore possibile per vendicarmi
con Beatrice, perché non è giusto che sia solo lei a dormire. Nel mio letto per
giunta! Con la coda dell’occhio vedo i suoi piedini battere furiosamente sul
materasso. Rocky Balboa girl ha proprio un bel caratterino.
Quando ci ritroviamo l’una di
fronte all’altro, non possiamo fare altro che ridere. Siamo due mostri sfuggiti
da un laboratorio di chimica mentre facevano degli esperimenti su di noi. I
capelli di Gabriella sembrano aver ospitato un nido di piccioni, mentre per
quanto riguarda i miei… be’, non vorrei parlare troppo di me e lasciare il
giusto spazio alla mia compagna di disavventure, quindi meglio tralasciare
questi inutili dettagli, anche se più di una persona sembra notarli durante il
tragitto verso l’hotel. Ma tutta questa gente alle sei e quarantacinque? No, ma
parliamone! Perché non andate voi a lavorare al posto mio?
“Senti, ma perché dormivate da
me?” chiedo, cercando di trattenere la mia curiosità ai limiti possibili.
“Mi ricordo che non riuscivo ad
andare nel mio piano. Ho come dei flash in cui mi vedo salire le scale e cadere
tante volte.”
“Ma la tua camera non è al
piano terra?” le chiedo.
Si blocca un attimo e mi fissa per poi scoppiare a ridere. “Cavolo, sì! Ma perché andavo allora al secondo piano?”
“E lo domandi a me?”
“Abbiamo bevuto davvero troppo.
Però, mi sono divertita tanto, soprattutto quando poi, siamo salite sul tavolo
e abbiamo iniziato a ballare. Cavolo, Beatrice, è bravissima!”
Che cosa ho fatto? Per almeno
una settimana devo bere solo acqua! Non è possibile che non ricordi nulla di
quello che era successo la sera prima, eppure sono abituata a bere e mi sono
sempre ricordata quello che facevo, o meglio le mie brutte figure. Per la prima
volta ho solo un feroce mal di testa e la sensazione di aver passato una delle
migliori serate in vita mia.
“Buongiorno, carissime… oh,
santa paletta! Che cosa vi è successo?”
Perché Marco urla? Siamo a
pochi centimetri di distanza, non c’è bisogno di parlare ad alta voce!
“Siamo così terribili?” domanda
Gabriella, con il terrore negli occhi.
“Siete verdi! Insomma, potevate
mettervi un po’ di colore in viso e anche una pettinata non avrebbe guastato,”
parla e ci guarda disgustato.
“Ora lo facciamo, non ti
preoccupare! Ho portato tutto il necessario con me…” afferma Gabriella, prima
di mostrare un enorme beauty case che teneva nascosto nella sua borsa.
Non sono sicura che il mio
aspetto migliorerebbe molto, neanche dopo un intervento di Michelangelo.
Quelpoco che ho visto nello specchio
della mia camera mi ha terrorizzato. Ci si può ridurre così dopo una semplice serata
tra donne?
“Successo qualcosa?” domando,
in modo da cacciare Marco.
“A parte due che sono entrati,
credendo di passare inosservati, e sono andati nel bagno della hall per fare
quelle cose zozze che voi due non fate mai…”
“Ehi!” insorgo io. Non è vero!
Era passato solo un anno e mezzo dall’ultima volta che mi ero risvegliata a
letto con uomo, quindi la mia situazione non era poi così disperata.
“Dicevo: nulla di importante.
Fate solo attenzione al furbetto della 203.”
“Perché?” Se non ricordavo male
era un cliente un po’ esuberante, ma non aveva mai dimostrato di essere
pericoloso o comunque di possedere quelle “qualità” da finire nella lista nera
dei clienti da evitare.
“Ieri non ha fatto altro che
brindare e offrire bicchieri di spumante. Ho addebitato ogni cosa, ma sai come
sono fatte le persone quando vengono in hotel…”
Oh sì, lo sappiamo tutti
benissimo. Quando si avvicina il momento di pagare, alla vista degli addebiti,
credono di star partecipando alle nomination degli Oscar e recitano la loro
parte, quella del “ma io non bevo, sono astemio”, meglio di un attore di
Hollywood. Marco c’informa del fatto che, probabilmente, il cliente avrebbe inventato mille scuse prima di alzare bandiera bianca e quindi saldare il conto.
I clienti sono tutti uguali,
visto uno sai come gli altri si comporteranno, perché anche l’onestà viene
lasciata a casa.
“Capito, capito. Ora vai a
nanna.”
“Il mio lettone mi aspetta. A
presto mie dilette donzelle verdastre…”
“E vattene!”
Una volta rimaste sole, mi reco
verso il bar, l’unico posto dove posso trovare il rimedio per la mia maledetta
sbornia: la caffeina. Ne ho bisogno, non solo per recuperare un minimo di
compostezza, ma anche per affrontare la giornata, otto ore di lavoro possono
essere interminabili se sei già distrutta dopo cinque minuti.
Al mio ritorno, trovo una
Gabriella sorridente. Mi fa anche più paura di prima, quando mi odiava.
“Perché mi guardi così?”
“Dai, siediti che ti sistemo.”
E chi sono io per obiettare,
soprattutto quando posso chiudere gli occhi per qualche secondo e godere delle
premure di una collega che fino a poche ore prima mi aveva sempre ignorato?
“Lo rivedrai oggi?”
Il caffè non ha ancora fatto
molto effetto e quindi, mi ritrovo a replicare. “Chi?”
“Il tipo di ieri sera.”
“Intendi l’ex marito di
Beatrice?” Se dobbiamo passare la giornata insieme, sarà meglio fornirle il
materiale necessario.
Sento il pennello fermarsi
sulla mia guancia destra. “Che cosa? Ma sei impazzita?”
“Ehi! Mica lo sapevo quando
l’ho conosciuto…”
Soddisfatta della mia risposta
continua a truccarmi. “Mmmh, capisco. Siamo sicuri
che non stanno più insieme?”
Ma sì, diamole tutte le notizie
in una volta sola. “Me l’ha confermato il suo caro ex suocero, ovvero il nostro
amato direttore.”
“Starai scherzando!”
Apro gli occhi e la guardo. È
stupita delle rivelazioni, dopotutto quante possibilità ci sono di finire a
lavorare per l’ex suocero della persona con il quale si sta iniziando a uscire?
Sono praticamente nulle, e invece è successo a me. Se si pensa poi, che sono
riuscita anche a finire a letto con l’ex moglie.
“Lourdes.”
“Cosa?” Gabriella mi guarda
senza capire.
“Ho già deciso le mete delle
mie ferie, no?”
“Quanto sei stupida!” Mi dà
un’occhiata generale per poi fare un cenno affermativo. “Ho finito, sei
perfetta. Ora fila al desk che è il mio turno per farmi bella e non pensare
troppo al tipo…”
“Valerio. Si chiama così.”
“Ti ho detto di non pensarci!”
“Ma cosa faremo per otto ore?”
Mi rivolge un ghigno malefico prima
di parlare. “Guarderemo le foto che ho scattato e parleremo della telefonata
che hai fatto, quando eri completamente sbronza.”
Alt, io non ho chiamato
nessuno.
Giusto?
Odio non ricordarmi nulla.
Gabriella, perché non mi hai fermato?
Prendo il cellulare in fretta e
furia e comincio a scorrere la lista delle ultime chiamate prima di gelarmi.
Daniele. Alle due e mezza ho
chiamato lui.
Merda.
NdA: Buon inizio della settimana, gente! Non
so voi, ma io sono piena di lavoro quindi ho pensato di aggiornare ora o mai
più e dato che non voglio essere picchiata dalle mie lettrici…
Spero che anche
questo capitolo vi piaccia, mi sono divertita un mondo a scriverlo soprattutto
la scena iniziale! Fatemi sapere cosa ne pensate, sono sempre curiosa di
conoscere il vostro parere.
Capitolo 11 *** Non rispondere a quel telefono ***
XI
Non rispondere a quel
telefono
Il turno finisce anche fin troppo presto, grazie alle tante
partenze del giorno e alle mille cose di cui dovevamo occuparci. Per fortuna
direi, visto le stupidaggini della serata prima, era meglio non avere tanto
tempo libero per pensare alle conseguenza di ogni mio gesto.
Ma quello che mi preoccupava di più era proprio il giorno
che stavo vivendo.
Perché? Beh, sicuramente Valerio si sarebbe fatto vivo in un modo o nell’altro,
visto che molto intelligentemente gli avevo dato il mio numero di telefono, e
sicuramente ci sarebbe stata un’altra persona che mi avrebbe chiamato. O forse
no, dipendeva dall’importanza che avrebbe dato a quel borbottio di parole e
frasi sconclusionate che gli avevo rivolto.
Non sarebbe stata una cattiva idea recarmi nel luogo più
remoto della terra, soprattutto dove non c’era campo. Non avevo voglia di
affrontare una discussione, pensate due.
Avevo lasciato Gabriella al piano di sotto, perché mi
sentivo esausta e avevo una dannata voglia di farmi una doccia e di buttarmi
sul letto. Non m’importava della cena; il mio unico obiettivo era quello di
recuperare tutto il sonno perduto. Di certo non avrei trovato Beatrice, anche
se una piccola parte di me ci sperava perché così avrei messo fine a quella
storia mai nata con Valerio. Ero così stanca.
Possibile che desiderassi sempre di scappare da ogni
rapporto? Eppure Valerio era una brava persona e avrei potuto iniziare qualcosa
di importante con lui.
Una vocina nella mia testa mi diceva di smettere di dire
bugie. Non anche a me stessa.
Quando apro la porta, non è la faccia di Beatrice che vedo e
nemmeno quella di Valerio.
Daniele.
“Come hai fatto ad entrare?” esclamo, stizzita. Diamine, io
volevo dormire.
“Anche per me è un piacere rivederti, Roberta.” Si avvicina
e, fingendo di non vedere il mio cipiglio irritato, mi bacia con calma su
entrambe le guance.
“Daniele, che ci fai qui?”
“Ero preoccupato, no? Mi hai chiamato di notte fonda e dato
che avevi evitato di rispondere alle mie chiamate, mi sono precipitato.”
“E il lavoro?” Daniele era un programmatore di computer e
raramente lasciava la sua amata scrivania.
“Sai quante ferie arretrate avevo?” In effetti, era un tipo
che non smetteva mai di lavorare.
“Continuo a non capire… come sapevi dov’era il mio alloggio e
come sei entrato?”
“Dovevi essere completamente ubriaca ieri, e sai benissimo
che non dovresti bere. Comunque, mi aveva dato l’indirizzo una delle tue
amiche, quella con l’accento sardo, mentre ad aprire la porta è stata una
bambolina bionda. Abbiamo cambiato gusti?”
Bene! Devo picchiare ben due persone. Ma nessuno si faceva
gli affari propri?
“Senti…”
“Sembri stanca.” Parole che sono accompagnate da una leggera
carezza sulla mia testa. Adora spettinarmi i capelli, l’ha sempre fatto, sin dai
tempi delle elementari, ora che ci penso. Daniele è l’unica persona che mi è
sempre stato vicino, era lì con me quando la mia vita era cambiata
inevitabilmente, stravolgendola e mostrandomi come, fino ad allora, mi fossi
comportata come una bambina.
La nostra amicizia era iniziata nel cortile di casa mia,
quando avevo preso le sue difese e messo fuori combattimento dei ragazzini più
grandi del mio quartiere. Daniele aveva assunto le sembianze di un uomo solo ai
tempi del liceo, ero sempre stata più alta di lui, o almeno fino al momento in
cui sua madre iniziò a mettere qualcosa di magico nella sua acqua per farlo
allungare in quel modo. Era il mio nano da giardino, e poi puff…
ero io a essere il suo nano!
Comunque, anche da bambina, non amavo vedere quegli
atteggiamenti da bulli e quindi, mi ero subito innalzata a paladina della
giustizia. Era così tenero con quel musetto triste e lo sporco sulle guance che
non potevo restare impassibile. Mi ero fiondata su di loro con la mia
bicicletta rosa shocking e li avevo travolti, salvando così il principe azzurro
dal pericolo.
Ovviamente la principessa, cioè me, finì in punizione per
una settimana. I genitori di quei ragazzini chiamarono infuriati mia madre,
definendomi selvaggia e brutale. Ma se ero una dolce principessa con la bici
rosa? Iniziò così la nostra amicizia, ovvero da quel giorno si attaccò a me
come una gomma da masticare alla suola di una scarpa.
“Lo sono, infatti. Non ho dormito un granché.”
“Facciamo così: ci vediamo stasera, così vado a cercare una
camera d’albergo dove dormire stasera. Va bene?”
“E se usassimo il mio metodo?”
“Ossia?”
“Non vai a dormire in nessuno hotel. Ora mi faccio una
doccia, così non sembra che sia andata in decomposizione e ci riposiamo un paio
di ore. Usciamo per mangiare, ahimè ci tocca, e poi resti da me.”
“Non so…”
“E dai, non ti mangio mica e ci parlo io con il direttore per
spiegare la tua presenza qua! Tanto quello mi adora.”
Non avrei permesso che andasse a spendere soldi quando
potevamo dividere lo stesso letto. Dopotutto l’avevamo sempre fatto! Certo, non
eravamo più due adolescenti, ma non ero neanche una bomba sexy che avrebbe
sedotto il migliore amico di sempre. Ero Roberta e lui, quel bambino con la
faccia sporca di terra.
“Ok. Però dobbiamo parlare e sai benissimo qual è
l’argomento… tua madre è molto preoccupata per te.”
“Ma chi? Quella donna che non mi chiama mai?”
“Smettila. Lei è fatta così! So che è fredda e che non fa mai
capire cosa prova, ma ti vuole bene, e tu dovresti chiamarla.”
Non se ne parla neanche! Dovrebbero essere i genitori a
farlo e dato che nemmeno la mia procreatrice intende sollevare la cornetta per
sapere come sto, perché dovrei farlo io?
“Vado a farmi la doccia.”
“Un giorno smetterai di parlare persino con me, lo so.”
Quanto mi mancava Daniele in versione melodrammatica…
Signore, salvami dal suo perenne vittimismo!
“Santa pazienza.” Che altro posso dirgli? Sono anni che gli
rimprovero di essere una persona che tende a ingigantire il tutto e non mi ha
mai ascoltato. Quindi, Amen, e doccia sia.
Quando esco dal bagno, finalmente con le sembianze di una
donna e non di un cadavere in putrefazione, lo trovo sdraiato sul mio letto.
Completamente addormentato.
Chissà a che ora è partito per essere qua…
Con molta delicatezza, mi sdraio vicino a lui e i miei occhi
osservano il suo profilo prima di chiudersi inesorabilmente. Sento la sua mano
sui miei capelli e sorrido prima di addormentarmi.
“Rob!”
Mmmh. Possibile che non possa dormire in pace?
“Che c’è?” mugugno, senza aprire gli occhi.
“Il tuo telefono ha già squillato per tre volte consecutive.
Non vorrei che qualcuno del lavoro ti stia cercando.”
Mmmh. Scommettiamo che è Valerio? Su, gente, il sondaggio è
aperto!
“Vedi chi è, per favore.”
Lo sento allungarsi verso il mio lato e afferrare il
telefono.
“Valerio. È un tuo collega?”
Una standing ovation, per favore. Perché io ho sempre
ragione.
“Mmmh. Solo uno con cui ho limonato… continuiamo a dormire.”
Rieccolo, per la quarta volta il mio telefono inizia a
squillare.
“Di nuovo lui. Che faccio?”
Ecco io non capisco: ma se il telefono non è il tuo, perché
ti poni tutte queste domande? Al massimo puoi metterlo sotto il cuscino per
evitare di sentire ancora una volta la suoneria, ma basta. Nulla di più.
“Non rispondere a quel telefono.”
“È il titolo di un film che girerai prossimamente? Non è
molto originale!”
Apro gli occhi, ormai completamente sveglia e soprattutto
con i nervi a fior di pelle. Perché Daniele non si faceva gli affari suoi? E
soprattutto Valerio, se non ti rispondo per tre volte, non continuare a farlo.
Odio il mattino. Odio svegliarmi presto e odio gli uomini!
“Dammelo. E ricordami di cambiare suoneria… me l’ha fatta
odiare! Per una volta tanto che stavo sognando unicorni e fate…”
“Che c’era nell’acqua della doccia?”
Afferro il telefono e pigio quel benedetto tasto verde.
“Pronto!” rispondo con il livello di acidità ormai alle stelle.
“Ehi.”
Cioè, mi rompi le palle e, alla fine, l’unica cosa che ti
viene in mente è quella specie di saluto? E meno male che ti ho dato del tempo
per pensarci, non oso immaginare quando non ne avrai.
Non ne ho la più pallida idea. Le mie occhiaie mi dicono di
sì, ma dato che ho un vuoto di memoria non posso mettere la mano sul fuoco.
“Sì, infatti! Tua moglie è davvero simpatica, a proposito.”
“Moglie?” Chiede Daniele completamente scandalizzato. “Ti sei
limonato uno sposato?”
Oh, taci! Gli faccio segno di non parlare, non voglio
spiegare la presenza di un uomo in camera mia ad uno con il quale non sono
uscita per più di dieci minuti.
“Ex, Roberta.”
“Sì, sì, ex, come vuoi. Comunque è stata una bella serata.”
“Sì, me l’ha detto anche Beatrice.”
Ah bene, non la sentiva da mesi e tutt’a un tratto l’ha
chiamata! Dovrei essere gelosa, giusto? Quindi perché non lo sono neanche un
po’?
“Ti ha fatto piacere sentirla?” Dio, forse non dovrei fargli
questo genere di domande.
“Sì. Lo sai bene, non era solo mia moglie, ma anche mia
amica.” Vero! Si
conoscono dall’alba dei tempi, un po’ come me e Daniele, solo che il mio amico
non è una bambolina bionda con gli occhi azzurri e le guanciotte
rosa, bensì un bestione di un metro e novanta con la delicatezza di un elefante.
Però ha gli occhi azzurri. Un punto a Daniele!
“Che fai stasera?”
Non si offende se rifiuto un suo invito per la seconda
volta, vero? Vorrei tanto evitare la paternale di Daniele, ma tanto il mio
amico è capace di uscire con noi e di farla anche in sua presenza.
“Devo ridarti buca. È venuto a farmi una visita il mio
migliore amico e, dato che resta pochi giorni, vorrei passare un po’ di tempo
con lui… scusa.”
Con la coda dell’occhio vedo Daniele fare segno di andare
tutti insieme, ma gli basta un mio sguardo per capire di non proseguire. Due
uomini per Roberta, tante grazie, ma no.
“Oh. Domani che turno fai?”
“Mattino, Valerio.”
Con la solita gentilezza a cui mi sono abituata per anni e
anni, Daniele afferra il mio cellulare. “Ciao, sono il suo amico! Aperitivo tra
un’ora?”
Ora lo uccido. O forse, è meglio se mi uccido da sola,
perché non ho completamente voglia di prendere da bere dopo la grande sbornia
della sera prima e neanche di uscire con loro.
Posso rimanere in camera a guardare Peppa Pig?
“Perfetto. A dopo, Valerio. Sì, credo che Roberta lo sappia,
in caso ti chiamiamo. Oh, ti saluta Roberta che è entusiasta e sta già
scegliendo cosa mettersi.”
Datemi un martello o qualsiasi oggetto contundente!
Mi porge il telefono con il suo solito sorrisino da angelo e
le mie mani prudono per la voglia che ho di prenderlo a schiaffi.
“Happy hour, darling. Non sei
contenta? Tu li adori!”
Voglio vedere Peppa Pig!
NdA: Buon lunedì, gente!
Anche questo è un capitolo con poca azione, ma serve per introdurre un
personaggio molto importante: Daniele, ossia il migliore amico di Roberta. Se
il capitolo precedente vi ha delusi e forse anche questo, vorrei dire a mia
difesa che necessito di questi capitoli “tranquilli” per poter andare avanti
con la trama. Io scrivo perché mi piace dare libero sfogo alla mia creatività e
non per la fama o per le recensioni, però vedere così pochi commenti fa sempre
un certo effetto. Non cambierò idea su Roberta perché amo questa storia, quindi
io proseguo con la mia strada… al prossimo lunedì!
Scommetto che la maggior parte di voi mi sta chiamando
ingrata. Lo so cosa state pensando: il mio migliore amico ha fatto un lungo
viaggio per venirmi a trovare e io che faccio? Lo tratto male e non vedo l’ora che
riparta, soprattutto dopo che ha preso impegni con Valerio, mentre io avevo
altri progetti per la serata e non prevedevano nessuna sosta davanti al mio
armadio per circa venti maledetti minuti per scegliere cosa mettere. Anche se
c’è Daniele, non posso mica dimenticare la presenza di Valerio e uscire in
pigiama!
Quindi mi armo di tutta la pazienza possibile e mi metto a
stirare – potete anche chiudere le bocche, sì, lo so da sola quanto la scena
sia allucinante e ai limiti del credibile – una maglietta casual tutta
stropicciata che avevo recuperato e che non avevo ancora messo, con tanto di
etichetta.
Forse per capire il motivo di tutta questa mia rigidità devo
parlarvi un po’ del mio migliore amico, ossia di quella piaga di uomo che da
quando è arrivato e si è autoinvitato nella mia stanza non ha fatto altro che
predicare e di ripetermi quanto io sia pessima come figlia.
E che due palle, per l’appunto. Sono contenta di sapere che
la pensiate come me.
Chi è Daniele? Vi ho già raccontato del nostro primo epico
incontro e da allora ci siamo sempre amichevolmente uccisi e feriti a parole.
No, avete capito bene: nessun approccio da sbaciucchiamento. Nulla. Mai. E per
favore non pensateci neanche voi, altrimenti rischio di avere incubi per tutta
la notte e per quelle a seguire.
Non siamo mai stati come quelle coppie di amici dei film
americani che finiscono, inevitabilmente, a letto per fare tanta ginnastica
acrobatica, e infine per innamorarsi perché sono perfetti per stare insieme.
Nessuna di queste stronzate, per carità! Pardon, ma la presenza di Daniele
risveglia il mio lato dormiente di scaricatore di porto.
Io e lui saremmo perfetti come… vediamo un po’, mi manca un
paragone adatto. Come due denti cariati che finiscono per venire estratti ed
essere buttati dentro un cestino della spazzatura? O come due rasoi da barba
che condividono lo stesso bicchiere? Io sono quello rosa e lui quello blu con
le lame ultra affilate che finisce sempre per ferirti, rischiando una quasi
emorragia. Direi che avete capito, o almeno intuito il nostro rapporto.
Credo che il culmine del nostro romanticismo sia quando
mangiamo una pizza con peperoni e uova, per poi finire a guardare un film
horror a pancia in giù sul letto di casa sua ed emettere flatulenze, sapendo
benissimo di intossicare l’altro e del fatto che non sono per nulla silenziose.
Alla fine, persino il protagonista del film si alza e scappa. Siamo più letali
di una squadra di puzzole.
Siete ancora convinti che io sia completamente,
profondamente, irrimediabilmente attratta da Daniele? No? Bene, ho convinto il
mio pubblico!
Non c’è mai stato quel tipo di amore, io non l’ho mai
guardato con un minimo di attrazione e nemmeno lui. Il nostro rapporto supera
di gran lunga una stuccosa storia d’amore, perché io non riesco a vivere senza
di lui, e lo stesso vale per lui. Siamo dipendenti l’uno dall’altro e parliamo
di tutto. È sempre stato il mio confidente, ed è per questo che stare tutti
questi mesi senza parlare con lui è stata una sofferenza, ma avevo bisogno di
spazi e soprattutto di parlare con me stessa.
No, non sono sociopatica e numerosi studi hanno dimostrato
che parlare da solo fa benissimo! Provare per credere, ecco. A parte gli
scherzi, la mia vita è sempre stata piuttosto incasinata, ma l’ultimo anno e
mezzo era stato più che altro uno scherzo della natura, uno di quelli in cui
arrivi a chiedere: “Ma mi stai prendendo in giro? Sono Roberta, la mezza pazza
che rutta meglio di un uomo!”, eppure era successo a me e avevo dovuto lottare
con tutte le mie forze per dimostrare alla natura, o a Dio, – non so se siete
credenti, comunque spero che abbiate capito il concetto – che io non mi sarei
mai e poi mai arresa.
In quel periodo Daniele non mi aveva mollato un attimo e
insieme eravamo usciti vittoriosi dalla sfida. Perché allora avevo deciso di
ignorare le sue chiamate e di scappare senza avvisarlo? Be’, direi che avete
posto una bella domanda.
Sono Roberta e sono incasinata. Fino al midollo. Mai
parola fu scelta da me con precisione.
Tornando a noi, ho voluto lasciare Daniele fuori dalla porta
di proposito perché mi ero accorta quando lui si potesse annullare per me.
Letteralmente. Mi era rimasto incollato per tutto il periodo, e anche se
continuava a lavorare da casa, non si era mai allontanato da me e fu proprio la
consapevolezza di star rovinando la vita del mio migliore amico a spingermi a
vincere su quel ring. So che con tutte queste metafore non state capendo molto,
ma vi basti sapere questo: Daniele si meritava di più e non un’amica, mezza marcia
e pazza, e per questo avevo fatto pan fagotto e avevo cominciato a mandare
curricula a tempesta prima di accettare la prima proposta di lavoro. Dovevo
assolutamente andarmene da casa.
Ed eccoci arrivati qua e ai miei preparativi per l’aperitivo
con Daniele e Valerio.
Mi guardo allo specchio per un’ultima volta e l’immagine che
vedo mi piace: sono gnocca. Scusate, ma è la verità e a volte ho bisogno di
dirmelo. Devo forse aspettare che sia un uomo a dirmelo? Non ci penso proprio,
quindi torniamo a noi e alla mia beltà.
“Hai finito o devo chiamare Michelangelo per gli ultimi
ritocchi?” La voce del mio adorabile migliore amico mi riporta alla cruda e
triste realtà. Perché farsi bella se tutti gli uomini sono come lui?
“E tu ti sei lavato o puzzi come quando sei arrivato qua?”
“Sulle mie ascelle ci puoi mangiare, Rob.”
Sì, come no. Magari la mia ultima cena da condannata a
morte.
Sarà meglio andare o rischiamo di rimanere qua per l’intero
capitolo e non vorrei annoiarvi ulteriormente; so benissimo che non vedete
l’ora di mettere gli occhi sul bocconcino di carne, detto anche Valerio, quindi
andiamo al… a proposito, dove dobbiamo andare?
“Dov’è l’appuntamento, Dudu?”
Avete sentito bene, ho sempre adorato chiamarlo con
nomignoli altamente stupidi per prenderlo in giro. È sempre stato il mio
passatempo preferito.
“Aspetta… cacchio, non me lo ricordo più! Però il mio primo
pensiero è stato che si trattava di un locale spocchioso e noioso da morire.”
E qui c’è una vasta scelta, dato che in questo paese hanno
un pessimo gusto in fatto di nomi. “Da Peppino? Due salti al bar? LoungeCafé? Lino’s
bar?”
“Dio, veramente ci sono o te li sei appena inventati?” mi
chiede con una piccola smorfia di disgusto.
“Secondo te? Se vuoi ti posso portare in tutti quelli che ho
elencato.”
“No, grazie, anche se Peppino m’ispira parecchio. Comunque è
quello Lounge, mi sa troppo di snob… o sono l’unico?”
Effettivamente un misero Crodino costava all’incirca
sette euro, quindi non era solo il nome a darti l’impressione che saresti
rimasto in mutande al momento di pagare, era proprio la realtà vera e propria.
“No, hai ragione. Sei pronto a infiltrarti nell’alta
società?”
“Ho paura, tienimi la mano. Secondo te, è permesso ruttare
dopo una media bionda?”
Ecco, vedete che persona fine sia? Certo io non sono da
meno, ma non mi metto mica a ruttare addosso alle persone!
“Dai, che siamo in ritardo e Valerio è più preciso di uno
svizzero!”
Individuare Valerio non è poi molto difficile, nonostante le
tante persone sedute per fare l’aperitivo, lui è l’unico che sta leggendo un
quotidiano e indossa degli adorabili occhiali con la montatura nera. Sexy.
Assolutamente sexy, secondo i miei ormoni che ormai hanno la cattiva abitudine
di parlare a posto mio.
“Ehi!”
Alza lo sguardo e mi sorride. Posso saltargli addosso o
sarebbe poco femminile? I miei ormoni vorrebbero farlo e chi sono io per
vietarglielo?
“Ciao Roberta.” Vedete come ha pronunciato il mio nome?
Nessuno l’ha mai detto in quel modo!
Guarda alla mia destra e vede la puzzola. “E tu sei l’amico
venuto da lontano, giusto?” Si alza e allunga una mano verso Daniele e io non
riesco a togliere gli occhi dal suo petto. Sembra di marmo, ecco. Sono una
maniaca: è ufficiale.
“Valerio, ti presento Daniele.”
La stretta che si scambiano sembra pacifica, anche se Daniele
si sta divertendo un casino. Lo posso intuire dal luccichio dei suoi occhi e so
per certa che questo aperitivo sarà il suo piccolo show.
Si risiede e io non sono assolutamente imbarazzata. Sono
terrorizzata.
“Mi dispiace averti svegliato prima. È che avevo bisogno di
sentire la tua voce.”
Oh, che cosa romantica ha appena detto! Con la coda degli
occhi vedo Daniele soffocare una risata: si divertirà un sacco con Valerio e le
sue uscite melense.
“Ti capisco, anche io provo lo stesso ogni volta che la
chiamo,” dice Daniele.
E io sarei quella ingrata? Dormi in balcone stasera e me ne
frego se siamo in montagna e fa fresco di notte.
Valerio sembra non dar peso alle sue parole e fa un cenno
alla cameriera che si avvicina verso il nostro tavolo. “Cosa prendete?”
“Uno spritz e una media bionda, per
favore.” Perché fingere di non sapere cosa prenderà il mio migliore amico?
“Un Merlot per me, grazie.”
Riecco il sorriso di Daniele. Scommetto che se l’aspettava!
Non dovete pensare che siamo contro il vino, anche noi lo beviamo, ma abbiamo
sempre avuto un certo intuito nel capire le persone e le loro scelte alcoliche.
Come sapevo che Beatrice era una da vino bianco, così sapevo che Valerio non
avrebbe mai preso un Sex on the beach. Non è poi così difficile, siamo solo due
persone che osservano e che non si fanno gli affari propri, e poi ci sarei
rimasta male se avesse preso qualcosa di diverso dal vino.
“Gradite anche qualcosa da mangiare?”
Oh sì, per favore. Tra un po’ divento cannibale e mangio il
bocconcino che ho davanti, e io non vorrei proprio che finisse così questa
serata.
“Certo e… faccia finta che siamo dei sopravvissuti a un
terremoto.” Guardo Daniele e scoppio a ridere per la sua sincerità.
“Io sembro una di quelli di Lost,” esclamo tutta
divertita.
La cameriera ci guarda senza però battere ciglio. Forse, ha
visto di peggio ed è abituata ai cretini che le si presentano tutti i giorni.
“Siete uno spasso voi due. Da quanto vi conoscete?” ci chiede
Valerio.
“Da sempre, da quando eravamo dei ragazzini e da allora non
si è più staccato. Forse per via delle mie amiche, non ne ha lasciata una
incolume al suo grande fascino da puzzola.”
Sono sincera: si è fatto tutte le mie amiche, sia belle che
brutte. Mi ricordo quando scoprii che aveva baciato Rossana, la mia compagna di
liceo più antipatica e acida che io avessi conosciuto. Era fastidiosa e tutte
noi frenavamo il nostro impulso di mandarla a quel paese ogni qualvolta apriva
bocca per una delle sue solite sentenze. Eppure lui ci era andato persino a
letto. Cose dell’altro mondo, appunto. Quando l’avevo scoperto ero rimasta
sconvolta per una decina di minuti prima di arrabbiarmi di brutto. Non era
questione di gelosia, solo che non avevo intenzione di vedere quella stronza
più spesso; temevo che si sarebbe innamorata di lei e che avrei perso il mio
migliore amico per colpa sua. Per fortuna mi aveva rivelato che era successo
dopo sei medie bionde e che non si ricordava un granché di quella serata e che
quando gliel’aveva detto era scoppiata a piangere ed era arrivata a incolpare
della storia me. Proprio io? Se devo scegliere una ragazza con la quale
condividere il mio Daniele, questa deve essere una mezza santa e non una pazza
affetta da stronzite acuta.
“Tu invece ti sei fatta solo lo sfigato del gruppo. Cosa ci
trovavi in Stefano devi proprio spiegarmelo. Anzi, forse è meglio non saperlo,
visto i tuoi precedenti da piccola maniaca e malata di sesso.”
L’ha detto. Sesso. Ora capite perché ero
terrorizzata? Daniele soffre di un grave disturbo e non riesce collegare il
cervello con la bocca, e il risultato è sempre quello: mettermi in imbarazzo.
Non so se lo faccia di proposito, ma portarlo con me non è stata la scelta più
saggia se avevo anche la benché minima intenzione di fare colpo su Valerio.
“Stefano è un bravo ragazzo, solo perché non è come te e gli
altri e preferisce leggere un libro piuttosto che guardare un pornazzo, questo non fa di lui uno sfigato!”
Non credevo che sarei riuscita a difendere uno dei miei ex!
Anche perché la penso esattamente come lui, lo odio e mi ha rovinato la vita.
Solo che questa è un’altra storia e io non ho intenzione di raccontarvi di
tutti i miei fidanzati. L’intera foresta Amazzonica finirebbe per essere
deforestata per le lunghe pagine che dovrei scrivere, quindi passiamo e andiamo
avanti.
“Anche il Kamasutra è un libro! Comunque, dimmi Valerio..
come hai conosciuto Roberta?”
Prima di rispondere Valerio mi lancia un lungo sguardo. “Le
sono caduto addosso e sono rimasto affascinato dalla sua lingua lunga. Non
avevo mai incontrato una ragazza con un caratterino del genere.”
“Volevi dire una rompipalle del genere, giusto?”
Per fortuna la cameriera arriva giusto in tempo per salvare
Daniele dalla mia furia.
Datemi lo spritz, voglio annegare
nell’alcol!
Valerio solleva il suo calice. “A Roberta, la persona più
positiva che io conosca.”
Ok, questa non me l’aspettavo. Stringo forte il mio
bicchiere e mormoro un “grazie” molto imbarazzato e comincio a dare piccoli
sorsi al mio cocktail. Le mie mani afferrano una manciata di patatine e le
ficco in bocca con pochissima classe, ma in questo momento l’ultima cosa che mi
importa è mostrarmi elegante e raffinata, quando non so cosa vogliono dire. Ho
fame e le mie orecchie sono di un accecante color rosso per le parole di
Valerio.
“A Roberta. Mi sei mancata, e guai a te se lo rifai.” Daniele
mi minaccia con un dito e so benissimo che ha ragione, mi sento già da sola uno
schifo. “Perché se mi lasci di nuovo solo non te lo perdonerei mai e poi mai.”
Valerio ci guarda e sorride: non sta capendo molto, però è
troppo educato per chiedere e quindi si limita ad osservarci e ad annuire.
Povero, mi fa quasi tenerezza! Scommetto che avrà preparato un papiro di
domande da pormi e che mi terrà legata ad una sedia per il timore che io me la
dia a gambe.
“Non scappo più, sono qui.” E sono sincera, persino con me
stessa.
NdA:
Eccomi con il capitolo delle puzzole! Nonostante il titolo sia quasi comico, si
comincia ad individuare una svolta più seria per questa storia. Ebbene sì, mie
cari, vi farò soffrire fino all’ultimo capitolo.
Spero che Daniele con tutta la sua sincerità vi piaccia, io lo adoro. *se lo
strapazza di coccole*. Per quanto riguarda il riferimento a Lost, il presta
volto che ho scelto per il banner è proprio una delle interpreti, alias
Michelle Rodriguez… solo che io prima ho scritto la
storia e poi scelto lei. Le casualità della vita! Spero di avervi incuriosito
almeno un pochino… a lunedì!
Non
è necessario che vi racconti come abbiamo passato la serata, perché sarebbe
estremamente noioso, a parte forse le battute di Daniele. Il mio amico non ha
mai perso l'occasione per farsi beffa di Valerio. Una volta tornati a casa, gli
è bastato dire semplicemente “Non lui, ti prego” per farmi capire che non
avrebbe mai appoggiato una nostra relazione. E io non ero neanche poi tanto
dispiaciuta, perché sì Valerio mi attira, a chi non verrebbe voglia di
mangiargli il labbro e il resto, ma no, non è lui l'uomo per cui perderei la
testa e che vorrei al mio fianco per il resto della mia vita. Non è neanche
Daniele, smettetela quindi di tifare per questa coppia improponibile.
So
cosa volete sapere, posso vedere le vostre cellule grigie scalciare per sapere
cosa mi è successo, conoscere il motivo perché mi sento in colpa nei confronti
del mio migliore amico. Beh, è successo la cosa più comune del mondo, cioè
quasi: stavo per morire. Ne erano convinti tutti, i dottori che parlavano della
mia leucemia come un mostro che io, misera ragazzina, non avrei mai potuto
combattere. Perché lui era forte, maledettamente forte e io non avevo
possibilità di riuscirci, e così stava accadendo, finché qualcuno dall'alto si
è ricordato di questa misera receptionist e le ha gentilmente regalato un
donatore compatibile. Yuppy! Sono stata anche così fortunata da non avere
rigetti e ricadute, insomma qualcuno lassù mi voleva proprio bene. Doppio
Yuppy!
Mi
ero rialzata sotto gli occhi increduli dei dottori e avevo ripreso la mia vita,
facendo sempre attenzione che quel mostro non si ripresentasse, consapevole di
questa seconda occasione. Insomma, non potevo buttarla via! Ero viva, ero forte
anche più di quanto mi aspettassi e non potevo rimanere rinchiusa in quelle
quattro mura, quindi avevo preso la decisione di riprendere il mio amato
lavoro. Per troppo tempo avevo smesso di ridere e di essere felice, e so che
molti di voi stanno pensando che a lavoro si lavora, la gente non si
diverte mica. Questo può valere per gli altri, ma non per me. Io torno a vivere
dietro a quel bancone della reception, torno a sorridere nonostante le mille
pretese e gli atteggiamenti arroganti, persino maleducati, di certi clienti.
Amo il mio lavoro perché per la prima volta mi sento a casa; non mi sento la
quinta figlia ignorata dalla propria madre, o la sorella meno intelligente che
non ha preso il massimo dei voti alla laurea, divento semplicemente Roberta e
quella persona che vedo riflessa negli specchi degli hotel, ecco, lei mi
piace da morire. È forte, audace, positiva e non si arrende mai.
Per
tutta la notte, Daniele non smette mai di abbracciarmi. Mi sento quasi
soffocare, ma capisco ciò che sta provando. Teme di non trovarmi più al suo
risveglio, e di tornare a quei giorni bui quando era lui ad elevarsi in mia
difesa, come se avesse potuto sconfiggere il cancro a suon di pugni. Non
dimenticherò mai il sorriso che mi rivolse una volta sconfitta la malattia, era
quasi accecante. Era finalmente il mio Daniele, non più quella persona triste
che leggeva libri su libri per trovare una soluzione o che non si allontanava
dal mio capezzale, era tornato a essere quel ragazzino con lo sporco sulle
guance.
Non
avevo intenzione di ficcarmi in questa situazione assurda, di fiondarmi tra le
braccia di Valerio e soprattutto di divertirmi con Beatrice, ma una volta
trovata la soluzione a quest'incredibile matassa, riesco finalmente ad
addormentarmi e a ricambiare l'abbraccio di Daniele. Non mi soffoca più, posso
finalmente riposarmi e godere di quella carezza.
La
sveglia delle sei suona anche fin troppe volte prima che io trovi il coraggio
di alzarmi. Non ho voglia di andare a lavoro, non oggi. Il mattino è sempre un
trauma anche se il giorno prima non hai fatto le ore piccole, semplicemente
perché il turno inizia alle sette ed è davvero troppo presto. Ti vesti in
fretta, soprattutto in inverno quando i vestiti sono gelidi e il semplice
contatto con la tua pelle nuda ti fa rabbrividire. E ti trucchi ancora più in
fretta, perché i tuoi occhi sono ancora semichiusi e non hai voglia di mettere
nulla, ma di rimanere con un quel colorito verdognolo e poco sano. Una veloce
pettinata e sei pronta in quindici, venti minuti al massimo, pronta ad uscire
di casa e a lasciare quel dolce tepore di cui stavi godendo fino a poco prima.
Quando
esco dall’alloggio, trovo Gabriella ad aspettarmi. Secondo mattino insieme, e
se continuiamo così potremmo diventare ottime amiche e non solo colleghe.
“Sei
sempre verde, Roby. Hai bevuto anche ieri?”
“Ma
no.” Meglio sorvolare sui due spritz che ho bevuto
con Daniele e Valerio, dopotutto quello non è vero alcol.
“Ho
sentito che hai compagnia.”
Quando
si vive tutti insieme, tutti sanno tutto e niente può essere nascosto. Si viene
a sapere se porti ragazzi in camera, o se esci di sera tardi. Negli alloggi c’è
sempre un collega che passa le giornate ad origliare e successivamente a
sparlare degli altri.
“Sì,
è il mio amico, quello che ho chiamato mentre ero completamente ubriaca.”
“Di
già? Wow che velocità! Deve volerti proprio bene. Mi sembrava così preoccupato
quando gli ho spiegato dove ci trovavamo.”
Mi
ero dimenticata che era stata proprio lei a dirgli come poteva raggiungermi.
“È
il mio migliore amico, ci conosciamo praticamente da sempre, ed è un tantino
iperprotettivo, come avrai notato.”
“È
carino?” mi chiede invece, prendendomi alla sprovvista.
“Oh
mamma, non l’ho mai visto sotto quell’aspetto…”
“Sì
o no?” incalza.
Ci
penso un attimo prima di rispondere. “No.”
Sembra
un tantino dispiaciuta, quindi mi affretto subito a proseguire. “Lui è figo.
Alto, bel fisico e soprattutto un ragazzo con cui puoi parlare di tutto.”
Ecco,
il sorriso! “E tu e lui… mai?”
Basta
con questa fissa! Perché la gente non crede nell’amicizia tra uomini e donne?
Non saremo mica i primi ad avere un amicizia asessuata. Basti pensare a HermioneGranger e a Harry
Potter, anche se io ho sempre tifato per i due, e fino alla fine ho sperato che
Ginny e Ronald Weasley levassero le tende e li lasciassero
in pace. Aspettate, magari mi viene un paragone migliore… ecco ci sono! Dawson
e Joey? No, forse no. Goku e Bulma! Non ho i capelli
celesti, ma potrei tingerli ed essere perfetta per il ruolo.
“Per
carità!” Non riesco a reprimere una smorfia di disgusto.
“Perfetto.
Stasera possiamo uscire noi tre?”
Potrei,
dopotutto ho rivalutato Gabriella e ora che ha capito che io non sono sua
nemica, è molto più rilassata nei miei confronti. Potrei, ma non posso. Devo
prima chiarire con Valerio e non posso continuare ad evitare quell’argomento.
“Facciamo
che uscite voi due?” le propongo, consapevole di farla felice. Devo solo
convincere Daniele che ha sempre odiato le uscite al buio, ma dopo lo show di
ieri sera ha molto da farsi perdonare.
“Aggiudicato!”
Entriamo
in hotel e prendiamo le consegne dal nostro collega, pronti ad entrare in
azione. Ed è una cosa che mi mette sempre di buon umore.
Sono
le dieci quando io e Gabriella finalmente possiamo farci quattro risate, ed è
sempre merito del nostro lavoro. Vediamo avvicinarsi la famiglia che ha
alloggiato in hotel per una settimana e cominciamo subito a prendere il
proforma con il conto che abbiamo preparato e controllato in ogni minimo
dettaglio. Quanto volete scommettere che ci sarà qualcosa su cui vorranno
discutere? Conosco fin troppo bene quel genere di clientela, credetemi.
“Ci
può preparare il conto, signorina?”
Salutare
con il buongiorno è considerato optional dalla maggior parte dei clienti.
Perché salutare i receptionist? No, loro sono solo degli schiavi!
“Ecco,
prego.” Con la mia solita calma, poso il foglio sul bancone, pronta a prendere
appunti. Magari lui mi stupirà pagando senza battere ciglio, dopotutto prima di
prenotare gli è stato detto il prezzo. Magari ci lascerà addirittura la mancia.
Magari stessi ancora sognando!
“Credo
ci sia un errore.”
Ecco
che comincia la festa, ragazzi!
“Abbiamo
controllato il suo conto ed è corretto. La tariffa applicata per una camera
quadrupla è quella riportata…”
“Quadrupla?
Ma noi abbiamo prenotato una matrimoniale,” esclama, guardandomi come se fossi
una povera stupida che non vede le cose anche più evidenti.
“Sì,
certo, ma vi siete presentati in quattro.”
“Con
due bambini, vuole dire!”
Rivolgo
un’occhiata ai due bambini e per poco non scoppio a ridere in faccia al
cliente. “Certo, però avendo 17 e 19 anni godono di uno sconto del 10%. Sono adulti,
ecco.”
Vedo
la vena del collo gonfiarsi, è pronto a scoppiare. “Siete dei ladri, non mi
avevate detto nulla.”
“Lei
aveva prenotato una matrimoniale e quando è arrivato le abbiamo fatto vedere il
nuovo preventivo.” Prendo la pratica e continuo a essere calma quando la voglia
di ridere e di dirgli che è ridicolo è forte. “Vede, c’è scritto tutto e lei ha
una copia con sé, sicuramente l’avrà letta durante il suo soggiorno.”
Preso
in castagna. Preso in castagna. La vena si sgonfia e comincia a guardarsi
intorno, è sulla difensiva perché ovviamente non ha letto nulla.
“E
comunque il minibar era incluso nel prezzo…”
Il
minibar: quella cosa sconosciuta che nessuno consuma mai, ma che viene sempre
svuotata e che di certo non è gratis.
“C’è
un listino prezzi visibile, signore. Ricevuta o fattura?”
“Potremmo
scrivere una recensione negativa…”
È
ammirevole il suo coraggio, lo devo ammettere. Le sta provando veramente tutte!
Mi mancava essere minacciata con la “TripAdvisor
sciabola”, è ormai diventata una moda per convincere i receptionist a fare uno
sconto. ‘Se non abbassi il prezzo, racconto un sacco di bugie sul vostro
hotel’, è quello che lasciano sottintendere ogni volta che usano nominare il
sito.
“Oh
che bello! Si ricordi di scrivere qualcosa sulla reception, mi raccomando. Noi
ci teniamo davvero tanto, non è vero Gabriella?”
Mi
giro verso la mia collega e noto i suoi occhi lucidi. Si sta trattenendo, è
anche fin troppo evidente.
“Certo,”
bofonchia, alzandosi dalla sua postazione e dirigendosi verso il back office.
Beata lei che non deve più fingere.
“Quindi?”
È la resa dei conti, continuerà con la farsa o alzerà bandiera bianca?
“Ricevuta,”
dichiara, e io non posso che far partire la banda e i fuochi d’artificio.
Roberta vittoriosa!
Ecco
per poterci veramente capire, dovete immaginare che queste situazioni sono
all’ordine del giorno.
Quando
finalmente i clienti escono dall’hotel, Gabriella torna al bancone. Si sta
tenendo una mano sulla pancia, forse per le troppe risate e finalmente posso
farlo anche io. Sono stata seria per circa dieci minuti, sapete quanto sia
dura?
“Bambini!
Te ne rendi conto?”
“La
prossima volta: matrimoniale con culle, vediamo un po’ se ci stanno!”
Questa
sì che è vita. La mia seconda possibilità.
NdA: e siamo a -2 alla fine di questa
storia! In questo capitolo ho cercato di dare qualche risposta, perché sin dal
primo capitolo ho seminato qualche briciola sul malessere di Roberta, sul suo
essere sempre troppo stanca e sul perché non si potesse permettere una
storiella con Valerio. Ho cercato di delineare il più possibile Daniele, un
personaggio molto importante per Roberta perché è la sua ancora, la persona che
non le ha permesso di arrendersi, ma di lottare. Spero che questa svolta più
seria non vi dispiaccia perché era programmata sin dal primo capitolo, quindi
non odiatemi.
Capitolo 14 *** Il figo, la gnocca e la simpatica ***
XIV
Il
figo, la gnocca e la simpatica
Quando
torno nel mio alloggio informo Daniele di avergli già organizzato la serata e,
nonostante le mille proteste, riesco dopo un po’ a convincerlo. Non gli ho mai
presentato spontaneamente un'amica e anche lui è un po' stupito della cosa,
quindi non è difficile fargli cambiare idea. Sa benissimo che non si
verificherà più un'occasione del genere, quindi meglio prenderla al volo.
Speriamo solo che si comporti bene, altrimenti dovrò sopportare altri musi
lunghi da parte di Gabriella.
“Ti
arrabbi se ti lascio in camera ed esco?”
Mi
guarda come se fossi un alieno. “Lo sai vero che non ho dodici anni?”
“Ma
non hai paura?” Quanto amo stuzzicarlo.
“Vattene,
Rob. Fammi 'sto grande piacere.”
Non
me lo faccio ripetere due volte, prendo borsa e telefono ed esco, sapendo bene
che frugherà tra le mie cose, comportandosi come un antipatico fratello
maggiore. Manco fossi un’abituale consumatrice di droghe! Il massimo che può
trovare sono libri e dolcetti.
Per
un attimo sono tentata di tornare indietro e di nascondere meglio la
cioccolata, so che lui ne va matto, proprio come me, e che quindi rischio di
non trovarla più, ma alla fine decido di lasciar perdere. Se non accelero il
passo arriverò in ritardo all'appuntamento con Valerio. Fermi, non è quel
tipo di appuntamento, più una cosa easy, dopotutto sono le cinque del
pomeriggio e non è l'ora ideale per pomiciare.
Mi
dirigo verso la gelateria in centro e lo trovo seduto in disparte mentre legge
qualcosa sul suo cellulare. Ha ancorala divisa e, santissima polenta, non
posso guardarlo in modo normale senza che i miei ormoni facciano i tripli salti
mortali. Li sento sussurrare al mio orecchio “Ma sei proprio sicura?”. Sì, c'è
gente che può sentire i morti e chi, come me, ha un contatto diretto, anzi
direttissimo con i propri ormoni.
“Eccomi!”
annuncio e quando mi vede, mi rivolge un sorriso che potrebbe rianimare tutti
gli zombie di Walking Dead.
“Finalmente
una bella cosa da ammirare.”
Ecco,
non è che non mi piacciono i complimenti, ma quando sono così stuccosi e
svenevoli, mi viene da storcere il naso. Sarà per via del mio carattere acido
al 100% che evita persone con questo modo di parlare, preferendo scaricatori di
porto e camionisti. Insomma, anche se sono una persona loquace, questo non vuol
dire che riesca a essere me stessa con la maggior parte degli uomini,
soprattutto se Daniele è l'unico uomo con la quale mi sono sempre confrontata.
Un scaricatore di porto, appunto.
“Hai
finito tardi oggi?” domando gentilmente.
“Abbiamo
avuto un matrimonio e gli invitati non volevano più andarsene. A dire il vero,
neanche gli sposi! Si stavano proprio divertendo.”
“Com'è
stato il tuo matrimonio?” Non so perché pongo proprio quella domanda, a volte
mi sfugge come lavora il mio cervello, direi che lui e la mia bocca sono i
fautori del mio destino e delle mie brutte figure.
Lui
mi guarda, soppesando le parole. “Bellissimo, e anche lunghissimo. La cerimonia
era alle dieci del mattino, il ricevimento e la festa sono finiti alle sei di
sera. Mi ricordo che mio suocero si comportò da guest star, era spassosissimo,
ma tu questo lo puoi ben immaginare conoscendo il tipo.”
Oh
sì, diamine! “Dai, racconta!”
“Beatrice
arrivò in ritardo, anche se io ero troppo nervoso per guardare l'orologio.
Vedevo solo le facce dei miei amici e che mi parlavano e io non capivo, ero in
un altro universo.”
“Volevi
scappare?” Mi sarebbe piaciuto vederlo in quello stato, diverso dal Valerio che
ho conosciuto. Sempre perfetto e calcolatore fino all'inverosimile di ogni sua
mossa.
“No.
È stato il giorno più bello della mia vita e Beatrice è valsa l'attesa,
credimi.”
Be',
non è così difficile da credere. Lui figo, lei gnocca: non potrebbero essere
più affini di così.
“Immagino.
E non avete mai pensato di riprodurvi in modo da creare altri piccoli fighi e
piccole gnocche?”
La
sua risata fa girare parecchie persone e persino la cameriera gli rivolge
un'occhiata torva.
“Sei
troppo simpatica, Roberta! Comunque sì, ma non era destino.”
“Non
riuscivi a fare il tuo dovere di bravo maritino, quindi.” Cerco di buttarla sul
ridere, perché, anche se non conosco Valerio da molto tempo, capisco che si
tratta di un argomento spinoso.
“Ha
avuto due aborti e dopo... non è più stato come prima. Aveva persino paura di
me.”
Non
è riuscito più ad avere rapporti intimi con lei, è quello che non dice ma che
capisco. Una parte di me capisce Beatrice e il suo desiderio di preservarsi dal
dolore, ma un'altra parte vorrebbe rimproverarla perché anche suo marito ha
sofferto ed escluderlo non è stato né corretto né comprensivo. Si soffre in
due, non da soli. Ma forse, bisognerebbe vivere certe sofferenze dall'interno
per poter capire, è facile quando non sei tu a portare le cicatrici.
“E
poi è stata una veloce discesa...” conclude.
“Posso
capire la sua gelosia, sai? Lei temeva che tu prendessi da altre qualcosa che
lei voleva ma non riusciva a darti. Lo capisci? Era fragile e, vederti anche
semplicemente parlare con un'altra donna, per lei era uno pseudo tradimento.”
Lo
vedo irrigidirsi e poi chiamare la cameriera che accorre subito da noi. “Due
caffè, per favore.”
“Arrivano
subito.” replica prontamente.
Non
ho voglia di nulla e non sopporto quando sono gli altri ad ordinare per me.
I
nostri caffè arrivano quasi subito, ma io non ho alcuna intenzione di fare la
ragazza perfetta e a modo, quando ci sono altre cose che premo di sapere.
“Anziché
risolvere, hai preferito continuare con quest'idiozia della separazione. Lei
voleva attirare la tua attenzione, Dio è palese! E tu non hai protestato.”
“Certo
che l'ho fatto!” Ora è incazzato nero. Appoggia la tazzina con mala grazia,
rovesciando alcune gocce di caffè sulla tovaglia linda. “Secondo te, non ho
mosso un dito? Io non l'ho mai tradita e lei mi accusava ingiustamente; ho
urlato, ho cercato di farle capire che non ho mai desiderato altre donne, ma
lei non mi ascoltava. Non voleva sentire le mie ragioni.”
“Avresti
dovuto ricordarle il giorno del vostro matrimonio.”
Mi
guarda senza capire e allora mi sento in dovere di proseguire. “Mentre parlavi,
era evidente che l'ami e che non potresti mai tradirla. Tu sei ancora quel
ragazzino nervoso che aspetta all'altare la sua sposa. Nonostante le tue mille
pretese di essere figo come un divo di Hollywood.”
“Non
dire stupidaggini, Roberta. Tu non puoi capire, non è mica così facile.”
Non
mi sarò sposata, è vero, ma vivo la mia seconda possibilità come una
conciliazione, un riavvicinamento con me stessa, con la mia vita di allora, e
in questi mesi ho capito che bisogna parlare, anche fino a sfinire l'altro, pur
di farsi capire. Soprattutto se rischi di perdere tutto.
“Hai
ragione, ma ciò non toglie che tu l'ami.”
È
preso alla sprovvista, la sua bocca si apre e si chiude senza però proferire parola.
“Dove vuoi arrivare? Non capisco il tuo gioco.”
Alzo
le spalle, come per dirgli che è solo curiosità. “Mi affascinate, tutto qui. Si
vede che siete ancora innamorati, eppure tu sei qui, seduto con una perfetta
sconosciuta.”
“Credo
che abbiamo superato quella fase in quel vicolo,” dice, alludendo al nostro
bacio.
“Era
solo un bacio, nulla di che.” Non voglio ferirlo, ma fargli capire che niente è
paragonabile a quello che hanno passato lui e Beatrice e che c’è ancora
qualcosa tra di loro, anche se sta cercando in tutti modi di mascherarlo.
“Non
sono quel genere di uomo che bacia con superficialità.”
E
io non sono una ragazza facile vorrei dirgli, ma alla fine preferisco andare
avanti con ciò che mi ero ripromesso di dirgli. “Valerio, quello che voglio
dirti, e che non ho mai smesso di ripeterti, è che tra di noi è iniziato tutto
perché volevi dimenticare disperatamente Beatrice. Non puoi negarlo! Mi hai
portato negli stessi posti, e scommetto che anche questa gelateria ha un
significato speciale per voi…”
“Come
fai a…”
“… a saperlo? È facile leggerti dentro. Perché non voglio che
tu perda la tua seconda possibilità con lei, e guarda non piace neanche a me
comportarmi come una piccola Cupida. Qualche anno fa non avrei esitato a
saltarti addosso e a infischiarmi di ex mogli, ma oggi, ecco, non ho voglia di
incasinarmi la vita con questo genere di cose e preferisco starmene tranquilla
e guardare un film con Daniele.” È vero, quelle cose che caratterizzano la vita
di coppia non mi interessano, non ora perlomeno. Forse un giorno incontrerò
quel solito povero uomo che continua ad aspettarmi e a fare la muffa.
“Sei
innamorata di Daniele, vero?”
“E
che palle con ‘sta storia! No e ancora no. Lui è solo il mio migliore amico.”
Spero che queste poche parole gli entrino nel suo piccolo cervello da uomo.
“Se
lo dici tu…”
Se
lo dico io avrà qualche valore? Basta con questa storia! Out. Caput. Finite incantatem. Insomma, ci siamo capiti.
“Tra
un mese la stagione finirà e io andrò via, Valerio. Torno dalle mie parti, sono
stata per troppo tempo lontana dalle mie responsabilità e mi tocca, purtroppo,
affrontarle. Gli hotel ci sono anche là, però prima che io me ne vada, voglio
che tu mi prometta una cosa.”
“Cosa?”
mi chiede seccato, e posso anche capirlo.
“Che
proverai a parlare con Beatrice.”
“Sei
un disco rotto tu. Non lo so, forse. Non sono affari tuoi.”
Gli
sorrido e mi alzo dal mio posto, tanto il mio lavoro è finito.
“Lo
immaginavo. Proprio per questo ho chiesto a Beatrice di incontrarci qua e, be’,
è arrivata.”
Si
gira improvvisamente e la vede. Lei non potrebbe essere più bella di così e
vorrei tanto registrare l’espressione di Valerio per sbattergli in faccia la
verità. È innamorato di lei e non ha mai smesso di amarla, e spero vivamente di
incontrare qualcuno che mi rivolga il 10% di intensità di quello sguardo.
“Ricordati
che lei vale l’attesa.” Lo bacio timidamente sulla guancia e faccio un
occhiolino a Beatrice. Spero che non mi faccia una scenata di gelosia, visto i
suoi precedenti, ma lei mi sorride e si avvicina al tavolo.
“Fate
i bravi, mi raccomando.” E vado via così, lasciando un Valerio con la bocca
aperta e una Beatrice felice. Ovviamente il predicozzo l’ho fatto anche a lei,
era tutto calcolato nei minimi dettagli. So’ meglio di un serial killer io!
Cosa
succederà ora? Non lo so, ma è così tanto importante saperlo, conoscere ogni
nostro prossimo passo? A me basta sapere che domani finalmente potrò dormire
fino a tardi e che approfitterò della mia giornata libera per stare con
Daniele, poi lui partirà e io non gli mentirò su quello che farò una volta
finito il mio contratto qua. Tornerò al mio ex hotel, quello in cui ho lavorato
agli inizi della mia carriera e che ho sempre amato, e farò pace con i miei
demoni e magari con mia madre.
Ma
questo accadrà tra un po’, ciò che importa è che adesso ho fame e ho tutte le
cattive intenzioni di mettere in ridicolo Daniele.
Sorrido
mentre leggo il messaggio di Gabriella con su scritto il nome del locale in cui
sono.
E
vi assicuro che è un sorriso diabolico.
NdA: -1! Penultimo capitolo e cercate di capire il mio
entusiasmo, dopo tre anni di stallo sono veramente felice di portare a termine
questa storia. Che dire? So che molti di voi si aspettava un intreccio amoroso,
ma non è mai stato nelle mie intenzioni inserirlo, anche perché si tratta della
mia prima originale e ho puntato sulla commedia e sull’introspettivo. Il lato
romantico c’è sempre stato perché Valerio non ha mai smesso di amare Beatrice e
ho cercato di sottolinearlo più di una volta, ma quell’uomo è di coccio e non
capiva! Ultimo capitolo lunedì, a prestissimo!
Sapete
perché ho deciso di essere una receptionist di hotel? Con il mio titolo di
studio avrei potuto far qualsiasi cosa, anche insegnare se proprio era il mio
sogno, e invece avevo scelto la via più insolita. La maggior parte delle mie
amiche sono segretarie... di studi medici, di fabbriche, di qualsiasi cosa, e
invece io sono l’unica che non ha un lavoro fisso e che cambia sempre città di
lavoro. Una bella fregatura, direte voi. E se fosse sempre stato quello il mio
sogno? A essere sinceri io sono una pessima sognatrice, perché non mi vedo mai
protagonista di qualche evento entusiasmante o con un bell’uomo accanto. Ai
miei occhi, io, Roberta, non sono altro che una ragazza di ventotto anni che
non otterrà mai nulla dalla vita. Non sono abbastanza brava e capace rispetto
alle altre persone. Se qualcuno mi facesse un complimento per il mio francese,
io replicherei subito che no, non lo parlo abbastanza bene. Anzi, diciamo che
fa schifo e che non so come sono riuscita a laurearmi. Lo vedete anche voi? Non
sono all’altezza di me stessa e dei miei sogni, in pratica sono da ricovero, ma
questo non è una novità.
Non
sono stata io a scegliere questa professione, è stata lei.
Alla fine dell’università, ero gasata e avrei voluto fare di tutto, perché ero straconvinta di valere anche io un po’. Non tanto, ma
neanche di essere completamente stupida.
Essere venuti al mondo dopo una sfilza di sorelle brillanti e super
intelligenti non avrebbe favorito nessuno, e neanche il fatto di essere semitrasparenti
agli occhi di mia madre.
Avevo mandato un’infinità di curricula e nessuno, ovviamente, mi aveva degnato
di una chiamata. Chi ero io? Solo una delle tante laureate in Lingue, quindi
potevo tornare a essere trasparente.
E poi successe. Pioveva e io stavo ascoltando una canzone lagnosissima,
crogiolandomi su quanto fossi fallita e sul perché continuassi a vivere. No,
non volevo suicidarmi. Era la classica depressione postlaurea. Capita a tutti,
credo.
Il
mio telefono aveva cominciato a vibrare e io avevo guardato quella scritta
“privato” con un misto di paura ed eccitazione. Sarà un call center o magari
Daniele che mi chiama nascondendo il numero.
Invece
era proprio una proposta di lavoro. In un hotel. Li avevo mandati anche al
fruttaiolo, quindi non mi ero stupita più di tanto. Non ricordo un granché di
quella chiamata, perché ero troppo stupita che qualcuno mi avesse preso in
considerazione e che addirittura mi stesse proponendo un lavoro. Non sarà mica
pazzo?
A
fine stagione scoprii che lo era, al cento per cento. Fu la mia professione a
chiamarmi, perché aveva bisogno di me: una receptionist senza peli sulla lingua
e che poteva prendere in giro. Sì, anche la mia professione lo fa, ma non in
senso negativo, non come potreste intenderlo voi. È più una faccenda amorevole,
una specie di corteggiamento.
Ora
credete che sia molto folle, ma finché non vi troverete nella mia stessa
situazione non potrete capire, o forse è già successo ma in maniera diversa.
Volete
sapere cosa è successo dopo che ho raggiunto Daniele e Gabriella al locale?
Be’, alla fine mi sono comportata davvero bene, non c’era motivo per metterlo
in imbarazzo perché lui e la mia collega si stavano proprio divertendo e, una
volta raggiunti, sono riuscita a dimenticare tutto il nervosismo e anche la
tristezza che mi aveva assalita dopo la mia conversazione con Valerio. Non ero
innamorata di lui, per carità. Lo conoscevo da troppo poco tempo, era più una
questione di sentirsi bella ai suoi occhi. Non vi è mai capitato che il bello
della classe guardasse voi e non la miriade di ragazze stupende accanto? Ecco,
era proprio quella sensazione, non ero più quella ragazzina troppo magra e con
l’apparecchio ai denti. Ero gnocca anch’io.
Fosse
capitato in un’altra occasione e non ci fosse stata Beatrice, forse io…
No,
a essere sinceri non avrebbe mai potuto funzionare. Non solo perché lui
preferisce un prosecco ad una pinta di birra, ma perché eravamo completamente
diversi. Agli opposti. E io non credo a quelle stronzate sugli opposti che si
attraggono. Non potrei mai avere una relazione con uno che vota Berlusconi, che
tifa per l’Inter e che sia snob, poco incline a ridere e taciturno. Spero
vivamente che quest’uomo non esista, e se invece mi sbaglio, spero di non
incontrarlo mai, per la mia e sua salute mentale. Ho paura anche di immaginare
alla prole che potremmo avere insieme.
Per
il momento mi accontento di flirtare con il mio lavoro, l’unico che mi capisce.
La
stagione finisce in un volo, forse perché ho fatto pace con me stessa o magari
perché mi trovo bene con i miei colleghi. Riesco persino a incontrare Beatrice
per qualche uscita solo donne in compagnia di Gabriella e, finalmente,
la vedo rilassata e felice. Lei e Valerio hanno deciso di ricominciare, facendo
piccoli passi certo, ma sono sicura che ce la faranno, perché vedo Beatrice
sempre più sicura di sé e dell’amore di Valerio nei suoi confronti.
Preparo le mie valigie e questa volta non c’è nessun cavalier servente al mio
fianco ad aiutarmi, ci sono solo io e non importa se mi spaccherò la schiena
per caricarle sul treno, perché per la prima volta dopo tanto tempo sono
contenta di tornare a casa.
Una
volta tornata nella mia umile dimora, sono consapevole che dovrò sopportare le
ramanzine di mia madre che avrà in serbo per me. E infatti non tardano ad
arrivare quando entro e la vedo in soggiorno che guarda la televisione.
“Figlia ingrata.” Ok, recepito.
“Ragazzina
stupida.” Respira e stai calma, Roberta. “Non pensi altro che a te
stessa.” Ehi, questo non è vero. “Avrebbe potuto succederti
di tutto.” Che ottimismo ma’. “Domani andiamo dal dottore
per un controllo.” Niente dormita fino a mezzogiorno. “Mi sei mancata, Roberta.” Occhi
fuori dalle orbite. Scusa, puoi ripetere? E poi con molta calma mi sorride
e abbraccia stretta. Un gesto che non le ho mai visto fare, neanche con le
altre mie sorelle. Non muovo neanche un muscolo o ricambio il suo abbraccio
perché sono completamente stupita e mi comporto come un bastone di legno, non
penso che questa possa essere la mia vera e prima occasione per godere di
quello che avevo sempre desiderato. In questi momenti non pensi o sarà che io
non penso mai. Alla fine si stacca da me e si dirige verso la cucina,
annunciando che avrebbe preparato il mio piatto preferito per pranzo.
“Ovviamente
sei dei nostri, vero Daniele?” domanda al mio migliore amico che mi ha
accompagnato e che ha assistito alla scena.
“Certo!
Non ho intenzione di mangiare qualche strano piatto cucinato da mio padre. Ho
sempre il terrore di non alzarmi più da quel tavolo.”
“Non
parlare così di tuo padre, lui dà sempre il massimo per voi!” lo rimprovera mia
madre, il suo tono però è dolce perché sa quanto Daniele gli voglia bene. Io e
il mio amico abbiamo storie simili ed entrambi abbiamo sofferto per la morte di
uno dei nostri genitori.
Quando
è successo a me frequentavo le medie, mentre a lui è accaduto al quarto liceo.
Non so come avremmo reagito se non fossimo stato l’uno il pilastro dell’altro;
ma per fortuna siamo sempre stati insieme. Per questo ero decisa ad andarmene,
una volta superata la malattia, perché non volevo che Daniele rivivesse i
ricordi legati alla madre e alla sua morte.
“Lasciamolo
esercitarsi con mio fratello, almeno per oggi sono salvo,” dice, prima di
allontanarsi da mia madre col timore che gli dia qualche scappellotto.
Mi
sono mancati questi momenti e non posso fare altro che sorridere a mia madre ed
essere felice per la prima volta dopo tanto tempo.
Trovo
Daniele nella mia stanza intento a guardare nei cassetti della biancheria e
alza un braccio in aria quando trova il cioccolato che avevo nascosto lì.
Maledetto golosone! Si lega un mio tanga al polso e mi offre un pezzo della mia
tavoletta, che generosità.
“A
noi due, finché il diabete non ci separi.” Ride e mi abbraccia, e le due Roberte, questa volta, si godono il momento, respirando a
pieni polmoni il suo odore. Cioccolata e pane appena sfornato. Potrei
divorare il mio migliore amico, credo.
“Hai
chiamato il vecchio?”
Si
riferisce al mio ex direttore, quello che mi aveva chiamato quel giorno, quando
ero super depressa e demoralizzata. Non è vecchio, avrò una quarantina di anni,
ma si veste come un uomo d’altri tempi e Daniele ha sempre preso in giro le sue
bretelle e i suoi papillon.
“Certo,
domani pomeriggio vado a parlare con lui. Ha detto che ha sempre tempo per una
stronza del mio calibro.”
“Adorabile
creatura. Non è cambiato di una virgola.”
E
lo spero fortemente, perché non vedo l’ora di tornare dietro al mio bancone.
“Andiamo
ad apparecchiare e ad aiutare tua madre.”
“Magari
senza il mio tanga?” Allungo la mano verso il suo polso e glielo slaccio.
Ci
dirigiamo in cucina e mia madre ci sorride ancora. Potrei abituarmi a questa
vita.
Passo
la mattina a fare visite, ma almeno posso rassicurare mia madre sulla mia
salute. Come dice sempre il mio amico, creperò per mano di un mio cliente che,
domandato una coperta*, troverà me alla porta della sua camera con un
vero e proprio piumino e non una ragazza con cui passare la notte.
Sono
le cinque del pomeriggio quando entro in hotel e non trovo nessuno alla
reception, così mi dirigo verso il ristorante, desiderosa di parlare un po’ con
i miei ex colleghi.
Le
mie speranze si infrangono quando noto che non è arrivato ancora nessuno e che
la sala è completamente vuota.
“Cerca
qualcuno?” chiede qualcuno alle mie spalle e io sobbalzo per lo spavento.
Quando
mi giro, sento le campane suonare e gli angeli cantare l’Halleluja.
Davanti a me sta un ragazzo, forse della mia età, con gli occhi più belli che
io abbia mai visto. E quando mi sorride capisco che è fatto tutto bene.
Forse dovrei parlare perché lui comincia a ridacchiare e io non sto facendo una
bella figura.
“Ehm
sì, ho un appuntamento con Riccardo.” La mia voce è roca, addirittura sexy,
come quelle dei film hard. Questo è il mio cervello che non collabora con la
bocca, e voi che non credevate alla mia storia!
“Roberta!”
In fondo al corridoio vedo finalmente il mio ex capo e io non posso fare altro
che scappare da questo perfetto, in tutti i sensi, sconosciuto e dirigermi
verso l’unica persona che conosco. “Scusa, ero con un fornitore. Ma vedo che
eri in buona compagnia, vi siete già presentati?”
Guardo
di nuovo il ragazzo e noto che lui mi sta guardando ancora con quel sorrisino.
“A
dire il vero no. Piacere, io sono Marian. Chef de rang.”
“Roberta.
Ricevimento.” Riccardo non mi corregge, perché quello sarà sempre il mio posto,
e non posso fare a meno di pensare che la sala ristorante sarà il mio posto
preferito d’ora in poi.
“Bentornata,”
dice Riccardo.
E
mi sento finalmente a casa.
NdA: Buona
Immacolata, o voi che potete festeggiarla! Finalmente un po’ di tempo per
postare l’ultimo capitolo! Scusate ma la vostra receptionist ha avuto mille
partenze ed è mezza sclerata.
Prima di tutto spieghiamo il significo di coperta* nel gergo alberghiero, ossia
prostituta, quindi se un uomo chiede alla reception una coperta, questo vuol
dire che vi sta chiedendo di contattare una professionista per allietare la sua
giornata. Lo so, capitano tutte a noi. La prima volta che mi è successo ho
fatto notare al cliente che usavamo i piumini e non le coperte, ahaha!
Per coloro che si stanno chiedendo se ho per caso cambiato il finale in questi
anni di pausa, la risposta è sì. Il titolo è Memorie di una receptionist quindi
Roberta doveva morire di cancro e l’ultimo capitolo doveva essere narrato da
Daniele. Dovete ringraziare Beapot, la mia prima
adorabile beta acida, che mi ripeteva di lasciarla viva e io le rispondevo che
dovevo essere coerente e che no, l’avrei uccisa. Come avete visto, ha vinto
lei! Grazie acidella.
Altro ringraziamento va a Jaybree e a Lights perché mi hanno spronato a continuarla, perché
quella sigla “in corso” è veramente fastidiosa.
Infine ringrazio tutti coloro che mi hanno recensito, o semplicemente letto. Mi
avete dato la forza di riprendere una storia e di continuarla anche se lo stile
e le idee erano cambiate.
Spero di non avervi deluso con questo finale e che Roberta e le sue memorie
rimangano con voi e vi rallegrino nei momenti difficili.
La vostra Rossella vi saluta… e sì, anche lei come Roberta ha un debole per i
camerieri di sala!