Colla

di papavero radioattivo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PARTE PRIMA ―「capitolo uno」 ***
Capitolo 2: *** PARTE PRIMA ―「capitolo due」 ***
Capitolo 3: *** PARTE PRIMA ―「capitolo tre」 ***
Capitolo 4: *** PARTE PRIMA ―「capitolo quattro」 ***
Capitolo 5: *** PARTE PRIMA ―「capitolo cinque」 ***
Capitolo 6: *** PARTE PRIMA ―「capitolo sei」 ***
Capitolo 7: *** PARTE PRIMA ―「capitolo sette」 ***
Capitolo 8: *** PARTE PRIMA ―「capitolo otto」 ***
Capitolo 9: *** PARTE PRIMA ―「capitolo nove」 ***
Capitolo 10: *** PARTE PRIMA ―「capitolo dieci」 ***
Capitolo 11: *** PARTE PRIMA ―「capitolo undici」 ***
Capitolo 12: *** PARTE PRIMA ―「capitolo dodici」 ***
Capitolo 13: *** PARTE PRIMA ―「capitolo tredici」 ***
Capitolo 14: *** PARTE PRIMA ―「capitolo quattordici」 ***
Capitolo 15: *** PARTE PRIMA ―「capitolo quindici」 ***
Capitolo 16: *** PARTE PRIMA ―「capitolo sedici」 ***
Capitolo 17: *** PARTE PRIMA ―「capitolo diciassette」 ***
Capitolo 18: *** PARTE PRIMA ―「capitolo diciotto」 ***
Capitolo 19: *** PARTE PRIMA ―「capitolo diciannove」 ***
Capitolo 20: *** PARTE PRIMA ―「capitolo venti」 ***
Capitolo 21: *** PARTE PRIMA ―「capitolo ventuno」 ***
Capitolo 22: *** 「CAPITOLO SPECIALE」 ***
Capitolo 23: *** INTERMEZZO ―「capitolo ventidue」 ***
Capitolo 24: *** PARTE SECONDA ―「capitolo ventitré」 ***



Capitolo 1
*** PARTE PRIMA ―「capitolo uno」 ***


AGGIORNAMENTO (08/01/2015) – cambio dell’impaginazione.










C A P I T O L O

uno

 

 

 

 

 

Il sole dormiva ancora, avvolto nella coperta della notte mentre la radiosveglia sul comodino segnava in verde le sette di un mattino che sarebbe stato esattamente come tutti gli altri.

Un mattino di merda.

«SVEGLIA!» la voce trillante di Lee risuonò per tutta la casa, accompagnata da un assordante rumore metallico. «FORZA RAGAZZI, IL SOLE SORGE E LA GIOVENTÙ RISPLENDE» aggiunse spalancando tutte le persiane, lasciando che il freddo dei primi di ottobre si insinuasse nelle stanze, sotto le coperte dei suoi coinquilini ancora addormentati. «NEJI, ALZATI CON LA FORZA DELLA GIOVINEZZA!» strillò al ragazzo che condivideva la camera con lui, picchiando ripetutamente un mestolo di legno sul fondo di una vecchia padella incrostata.

«Lee, per favore, sono sveglio» fu l’unica cosa che ricevette in risposta da quel cumulo di coperte.

Ma lui non era ancora soddisfatto.

«Allora alzati!» rimbeccò, avviandosi con la sua personalissima sveglia verso l’altra stanza.

«KIBA, SHINO. LA FORZA DELLA GIOVINEZZA È CON VOI» continuò ad urlare, «ORSÙ, ALZATEVI! FIORITE TUTTI QUANTI», ma nessuno sembrò dargli ascolto, nemmeno Akamaru che, steso sul suo grosso cuscino rosso, sbadigliò e poi richiuse gli occhi.

E lui che aveva anche preparato la colazione.

Ingrati.

 

― ♦ ―

 

Bipbip. Bipbip. Bipbip.

Quel suono irritante gli rimbombò nelle orecchie, costringendolo a scivolare fuori dal tepore delle coperte solo per tirare una manata su quell’aggeggio infernale che Naruto aveva voluto comprare, ma che puntualmente non sentiva suonare.

Stupida sveglia.

Sasuke sospirò passandosi una mano fra i capelli spettinati, osservando i suoi compagni di stanza dormire ancora.

«Sai, sono le sette» borbottò con la bocca impastata dal sonno, tirandogli un colpetto sul fianco. Il ragazzo mugolò aprendo piano gli occhi, mormorando qualcosa che Sasuke non riuscì a capire. Se non si alzavano non era un problema suo, la sveglia era suonata, non spettava a lui far saltare fuori dai letti tutti gli abitanti di quella casa.

Si diresse in cucina strisciando i piedi nudi sul pavimento, aprendo il frigorifero per cercare qualcosa con cui fare colazione. Fu subito raggiunto da Choji, probabilmente richiamato dal profumo delle uova che stava cucinando, seguito dal gatto che, miagolando forte, si strusciava contro la sua gamba, aspettando la sua bustina di umido.

«Cosa c’è per colazione?».

«Uova, caffè, latte, cereali, marmellata, riso e il pollo fritto di ieri sera» rispose stancamente «e cibo per gatti, se vuoi» aggiunse, senza avere la pretesa di essere divertente. Choji fece un lungo verso non identificato grattandosi la pancia. Sasuke, dal canto suo, ignorò quella che sembrava una mucca muggire e si servì le uova nel piatto, dando poi da mangiare al gatto.

Choji recuperò il pollo avanzato dal microonde, sedendosi al tavolo «Shikamaru non si sveglierà mai, è rimasto in piedi fino alle quattro a giocare a LOL» spiegò, ma non era la prima volta che succedeva da quando si erano trasferiti, quindi non c’era nulla di nuovo od eclatante in quell’informazione. League of Legends era il male della società, e Shikamaru ne era la prova.

«Possiamo sempre chiedere in presto Rock Lee per cinque minuti» constatò, così si sarebbe di certo svegliato, dato che riuscivano a sentire quell’assordate fracasso anche con la porta chiusa e un intero pianerottolo a separarli.

«O lo sbrandiamo…» propose Choji mentre Sai si dirigeva in bagno, attraversando il corridoio con le movenze di uno zombie.

«Continuerebbe a dormire anche sul pavimento» disse l’altro, rompendo il tuorlo dell’uovo con un pezzo di pane e iniziando a mangiare. Sasuke non parlava mentre mangiava e questo dava le premesse a Choji per abbuffarsi di qualsiasi cosa.

La giornata poteva pure prendere una piega piacevole, constatò Sasuke tra sé e sé, versandosi del caffè mentre Choji continuava a masticare silenziosamente. Non fece in tempo a concludere il pensiero che il campanello dell’appartamento trillò e Sai, asciugandosi i capelli con una mano, spalancò la porta senza chiedere nemmeno chi fosse.

«Allora, siete pronti?!» sbraitò Kiba, lasciando che il suo cane-troppo-cresciuto iniziasse a correre per il piccolo salotto, sbattendo la coda ovunque e facendo cadere i dischi e i giochi della PlayStation3 perfettamente impilati.

«Naruto e Shikamaru dormono ancora» rispose Choji dopo aver ingoiato, iniziando a bere un bicchiere di succo che, a detta di Sasuke, era rimasto aperto in frigo da più di una settimana.

«Non va bene, non va bene!» Kiba scosse la testa, appoggiando le mani sui fianchi, «Akamaru, vai a svegliare Naruto, subito!» e indicò la porta al cane, dettando ordini con il fare solenne di un vero capo.

Il capo degli idioti.  

«È tardi» la voce di Neji si fece spazio nel fracasso di Akamaru che grattava contro la porta della stanza di Naruto, aiutato finalmente dal padrone che gliela aprì. «Ho promesso a Tenten e alle altre ragazze che le accompagnavo io, dato che c’è sciopero dei mezzi» e fece per scendere le scale, ma Lee lo afferrò per la camicia, tirandolo dentro casa.

«TU NON VAI DA NESSUNA PARTE!».

Il vicecapo degli idioti. Continuò a pensare Sasuke, sciacquando il piatto per metterlo in lavastoviglie.

«Non dirmi che preferisci andare con quelle quattro ochette, Neji» gli puntellò la spalla con un sorriso a metà tra il malizioso e il fallimentare tentativo di fare il bastardo. Rock Lee aveva qualcosa di particolarmente insopportabile quella mattina.

«Lasciami stare Lee, Tenten mi ha chiesto se potevo accompagnare lei e le sue amiche e le ho detto di sì. Qual è il problema».

«Già, qual è il problema, Lee?» si intromise Kiba, abbandonando il suo cane nella stanza con Naruto. Sai richiuse la porta e ritornò in bagno a finire di prepararsi. Sasuke rimase ad osservare la scena, quasi divertito. Quasi.

Erano tutti strani e non riusciva a capire perché.

«Fai così solo perché Neji prende sicuramente più figa di te, non è vero?» continuò Kiba, battendo la mano sulla spalla di un Neji stanco già alle sette del mattino, mentre l’altro gli sussurrava cose come «rubacuori», «cuore d’oro» e altre parti anatomiche che Sasuke preferiva non ripetersi.

«Kiba, smettila» sentenziò Shino. In quel momento, a interrompere una lite nascente, fu un Naruto che spalancava la porta, tenendosi le mutande mentre il cane di Kiba le mordeva nel tentativo di tirargliele giù.

«Che schifo» mugolò Sasuke, sentendo la colazione muoversi nel suo stomaco.

C’era un tale casino in casa che, a quel punto, Sasuke non poteva aspettarsi che il mattino di merda potesse migliorare. A far tacere il tutto fu lo sbattere dell’ultima porta ancora non scardinata di casa – quella di Shikamaru – che, richiudendosi leggermente, produsse un inquietante cigolio.

Tutto si paralizzò in casa, persino lo stomaco in subbuglio di Sasuke.

Shikamaru respirò profondamente prima di parlare, accompagnando con lo sguardo Akamaru che, con la coda fra le gambe e un pezzo delle mutande di Naruto tra le zanne, andò a cercare riparo dal suo padrone.

«Sapete che diavolo di ore sono?» la sua voce era la voce del diavolo.

Silenzio, fu Choji a parlare: «un quarto alle otto» incominciò, «siamo in ritardo».

Per tutta risposta, Shikamaru fece dietro-front e chiuse la porta dietro di sé.

Era chiaro a tutti che quel giorno non si sarebbe presentato a lezione. 

 

― ♦ ―

 

La coda di Tempura le sfiorò il naso, mentre con le zampe aveva iniziato a massaggiarle la pancia e a fare le fusa.

«No, Tempura, lasciami stare…» si girò verso la parete, appoggiando le mani e la fronte sulla superficie fredda e  verniciata da meno di un mese. La gatta continuò a strusciarsi contro la sua schiena, iniziando a giocare con i suoi capelli. Qualche secondo dopo suonò la sveglia, la gatta miagolò e Hinata si ritrovò costretta a uscire fuori dalle coperte.

Tenten mugolò anche lei, iniziando a lamentarsi su quanto fosse difficile svegliarsi dopo una serata del genere (che genere? – ma non erano fatti di Hinata). La Hyuga si girò dalla parte della compagna di camera e la vide, oltre la frangia e la coda di Tempura, che gettava le coperte in fondo al letto, alzandosi dal materasso e sbadigliando.

«Hinata, sei sveglia?».

«Sì, ora mi alzo… vai in bagno prima tu?» le domandò sussurrando, chiudendo gli occhi e arricciando il naso quando Tempura decise di strusciarsi anche sulla sua faccia.

Tenten non disse nulla, afferrò i vestiti che aveva preparato la notte prima e si diresse verso la doccia. Si fermò d’un tratto sulla porta della camera, girandosi verso l’altra, «oggi viene Neji a prenderci, c’è sciopero» le informò.

«Mi ricordo, grazie» le sorrise da sotto le coperte e osservò la sua figura allontanarsi, sparendo in un alone di luce proveniente dalla sala. Allora Sakura e Ino erano già sveglie.

Si fece forza, spostando gentilmente la gatta sul fondo del letto, cercando con i piedi le pantofole e stiracchiandosi, sentendo un leggero crock alla schiena. Tempura saltò giù dal materasso e si diresse zampettando verso la cucina a ritmo del campanellino attaccato al collo.

Si legò i capelli, cercando la vestaglia in cui avvolgersi per ripararsi da quel primo freddo d’ottobre. «Buongiorno…» non riusciva ancora ad essere totalmente disinvolta con le altre coinquiline, ci doveva fare l’abitudine – per questo era felice di aver visto Sakura pronta e sorridente ai fornelli, mentre cuoceva le uova e agitava la spatola in segno di saluto.

«Dormito bene?».

«Sì… tu? E Ino dov’è?» chiese, guardandosi in giro mentre si sedeva al tavolo.

«In bagno… dove vuoi che sia? È dentro da tre quarti d’ora, neanche si stesse strappando i peli delle gambe con le pinzette uno ad uno…» scherzò Sakura, fingendo un tono polemico, continuando a brandire la spatola come fosse una spada. «È stata una buona idea cercare un appartamento con due bagni, comunque. Molto utili» e annuì, alzando la padella dal fuoco e mettendo le uova nel piatto di Ino, in attesa che si facesse vedere.

Sakura era particolarmente di buon umore e Hinata non riusciva a spiegarsi perché. Forse per la storia che Neji le andava a prendere? Sospirò, alzandosi dal tavolo per recuperare latte e cereali con cui fare colazione. No, non le sembrava possibile che per uno strappo in macchina potesse essere così contenta.

Ti fai troppe domande, Hinata. Goditi la giornata e basta.    

 Ino uscì finalmente dal bagno, canticchiando le strofe della pubblicità del dentifricio, incrementando il buon umore di Sakura e anche quello di Hinata. E, beh, era bellissima e perfetta come al solito.

«Mi hai preparato la colazione, Sakura?» domandò, sedendosi davanti alle uova strapazzate dall’aria particolarmente invitante.

«Le sto preparando per tutte! Le vuoi anche tu, Hinata?».

«No, no… mangio i cereali, grazie!».

Non fece in tempo a sorriderle che Ino sembrò impallidire, arraffando il tovagliolo e poggiandoselo sulle labbra, sputando qualcosa e sbavandosi il rossetto. «Fanno schifo!» sbottò poi, alzandosi e mettendo il piatto vicino al lavandino, «ci hai messo lo zucchero, Sakura!» e prese un pezzo della omelette sventolandoglielo davanti, «neanche ai maiali si dà da mangiare questa roba: vomiterebbero!».

«Ehi!» rispose l’altra, abbassandole la mano e corrugando la fronte, «se il mio cibo fa vomitare i maiali allora tu sei la maialina che fa vomitare gli altri maiali!».

Si fronteggiarono qualche secondo, lanciandosi fuoco e fulmini dagli occhi, per poi scoppiare in una risata. Quando smisero, Ino buttò le uova nella spazzatura, cercando qualcosa da mettere sotto i denti, «comunque davvero, facevano pietà. Ci hai messo lo zucchero» continuò, ma a Sakura non sembrava toccare granché.

Hinata sorrise, dando da mangiare alla gatta prima di fare colazione. Ino riprese a canticchiare e Sakura lasciò perdere il tentativo di cucinare, dedicandosi a pane e marmellata.

«Neji ha detto che non riesce a venirci a prendere» borbottò Tenten dal fondo della cucina, legandosi l’ultimo dei due codini, e poi sospirò affranta, sedendosi nell’ultima sedia rimasta, «non è colpa sua, saranno stati quegli idioti dei suoi coinquilini…» e rubò una fetta biscottata dalla confezione che Sakura aveva preso, iniziando a mangiarla.

«Mettici un po’ di marmellata… e comunque non è la fine del mondo, no?» disse Sakura, appoggiata da Ino che annuiva, «anche se prendere i mezzi pubblici sarà un inferno» constatò poi, addentando la sua colazione.

«Poi le sentono quelli lì…» continuò Tenten con la bocca piena, «poi Neji per le loro cazzate è costretto a lasciare a piedi degli amici, uff» c’era poca convinzione nella sua voce, forse perché erano diventati un po’ più che amici, loro due. Ma nessuna delle tre ragazze se n’era accorta e a Tenten andava bene così.

«Allora vado a prepararmi, così usciamo prima!» esordì finalmente Hinata, afferrando la propria ciotola per metterla nel lavello e sparire in camera a prendere i vestiti, seguita da Tempura che, con la pancia piena, aveva un’andatura ciondolante e felice. «Oh!» comparse qualche secondo dopo sulla porta della cucina, «lavo io i piatti quando ritorniamo, non preoccupatevi!». E a Ino non dispiaceva affatto.    

 

― ♦

 

Erano quasi le quattro e mezza quando Naruto aveva messo piede in casa di ritorno dalla facoltà. Era tutto molto tranquillo, Sasuke se ne stava sul letto a castello con gli occhiali sul naso e la testa chinata su un libro che, ad occhio e croce, doveva pesare quanto il suo gatto grasso. Sai disegnava seduto al tavolo della cucina, e Choji se ne stava sul divano con in mano un sacchetto di patatine.

C’era silenzio: una cosa rara e strana in quella casa.

Naruto si posizionò davanti alla boccia d’acqua del pesce rosso che aveva vinto al Luna Park durante l’estate, gli sembrava strano, un po’ giù di corda, forse stava male, magari aveva la febbre… sembrava anche un po’ più rosso del solito, a suo dire. Ma Naruto non aveva idea di come si curasse un pesce rosso.

«Teme…» lo chiamò picchiettando sul vetro con la punta dell’indice, «credo che Ramen abbia la febbre», ma l’altro non si scompose più di tanto, nemmeno si girò a guardarlo.

«Non credo che i pesci rossi abbiano la febbre» la voce di Sasuke era disinteressata e distante, così Naruto si alzò con il piccolo acquario e si diresse verso la porta chiusa della stanza accanto alla loro. «Shika, tu che sei intelligente e sai sempre tutto…» incominciò mentre il ragazzo, seduto davanti al computer, era intento a cliccare tasti in modo isterico con una concentrazione che di certo non aveva quando frequentava le lezioni. «Secondo te che cos’ha Ramen?» gli chiese, mostrandogli la boccia nella quale galleggiava il pesce, riverso a pancia in su.

Shikamaru si girò un secondo, esasperato, «Ma perché dovete sempre venire a rompere le palle mentre sto giocando?!» domandò retorico facendo un mezzo giro sulla seggiola. «Vuoi sapere cos’ha il tuo pesce rosso?! È morto, Naruto. Morto. Caput. Andato, esattamente come me in questo stupido gioco! E adesso, se non ti dispiace, avrei da fare» concluse, tornando composto con un’imprecazione.

Naruto fissò il pesce galleggiare, e come un soldato marciò di nuovo nella sua stanza, poggiando con un po’ troppa forza l’acquario sulla scrivania.

«È STATO IL TUO STUPIDO GATTO, VERO? HA UCCISO RAMEN, IO LO SO» gridò come un ossesso mentre Sasuke chiudeva il libro con un sospiro.

«Se fosse stato Gatto a quest’ora il tuo pesce non ci sarebbe più, e invece mi pare che sia ancora lì dentro» c’era qualcosa nella sua calma che gli dava ancora più sui nervi.

«Ah, certo! Magari lo ha preso a zampate! Prova a metterti nei suoi panni, poverino. Ucciso dal tuo gatto grasso!» ribatté additando il micione che, con uno sbadiglio, si appollaiò sul letto di Sai, «per questo è più rosso del solito: ha perso un sacco di sangue, guardalo!».

Sasuke avrebbe voluto fargli notare che non c’era nessun sangue e che, se proprio c’era un cambiamento cromatico nel suo stupido pesce, era il fatto che stava perdendo colore. Ma il suo cervello si concentrò solo sul commento di Naruto riguardo Gatto. «Non è grasso» proferì.

«Sii obbiettivo, peserà dodici chili, teme! Mangia quanto una gatta incinta!» e non era un eufemismo, mangiava davvero le dosi prescritte ad una gatta in gravidanza. E di certo non era incinto.

«Ne pesa quasi nove, dobe» commentò, ma l’altro non lo ascoltò, gonfiando le guance e camminando con le gambe aperte nel goffo tentativo di imitare la camminata di un gatto grasso.

Poi si fermò di colpo, facendo un lungo respiro prima di parlare, «sai cosa fai, adesso?! Scendi di lì e ti vesti di nero, vi vestiti tutti di nero e vi fate trovare in bagno fra dieci minuti, perché Ramen era parte della famiglia e merita di essere ricordato!» disse categorico, e poi se ne andò con la boccia del pesce defunto, sbattendo la porta alle sue spalle.

Altra porta scardinata.

 

♦ ―

 

Sasuke sospirò seduto sul divano con Shikamaru e Neji.

La situazione era a dir poco ridicola e stupida, e nessuno dei tre aveva intenzione di prendere parte a quella stupida pantomima che si stava per svolgere nel bagno.

Non avrebbero partecipato a nessun funerale per nessun pesce rosso.

Naruto fece la sua comparsa vestito interamente d’arancione, nelle mani aveva un pezzo di carta igienica sul quale era poggiato il pesce morto. «Vi dispiacerebbe unirvi agli altri?!» chiese, e Sasuke aspettò che uno degli altri due rispondesse al posto suo.

«Sì, e adesso puoi dirci perché cavolo sei vestito di arancione dopo che ci hai fatto vestire come becchini?» rimbeccò Shikamaru spaparanzandosi meglio sul divano.

«Per ricordare Ramen» annuì convinto.

Si stava oltrepassando il limite della decenza e della sua intelligenza. L’unica cosa a cui dovevano fare il funerale era al cervello di Naruto, non al suo stupido pesce.

Nonostante la risposta idiota, Neji mise il telefono in tasca e si alzò, «devo uscire, quindi prima iniziamo prima finiamo» disse avviandosi verso il bagno. La ragione si dava ai matti.

Assecondarli avrebbe reso meno indolore la cosa, forse. E probabilmente molto più veloce.

«Va bene, dobe, muoviti e stammi lontano con quel coso» gli disse spingendolo verso il bagno, seguito a ruota da Shikamaru.

Così si ritrovarono tutti e nove – più Akamaru – in un bagno infinitamente piccolo, in fila davanti alla tazza del water mentre Naruto pronunciava frasi senza un senso.

«Ramen era un pesce estremamente silenzioso!» diceva con tono solenne, «sapeva mantenere ogni segreto, era affidabile e gioioso. Ma oggi, fratelli, è stato assassinato dal grasso gatto di quindici chili che credeva un amico» la finta disperazione nella sua voce rendeva tutto ancora più ridicolo.

Prima erano dodici, Sasuke roteò gli occhi infilandosi le mani in tasca mentre il cane abbaiava, adocchiando la sardina morta.

«Era bravissimo a fare i pesci d’Aprile…» continuò Naruto, ma fu interrotto da Shikamaru.

«Bene, ora possiamo buttarlo nel cesso, per favore» commentò, esprimendo il pensiero della quasi totalità dei presenti, picchiettando il piede per terra.

«Un po’ di rispetto per i morti, Shikamaru!» lo rimproverò scherzando Kiba, poggiato con il gomito sul lavandino.

Lasciarono che Naruto finisse il suo triste e comico discorso, e poi lo guardarono mentre lasciava cadere il pesce nella vasca e tirava lo sciacquone. In fine, se ne tornarono tutti al loro posto, certi che quella sarebbe stata solo la prima di una lunga serie di situazioni ridicole che si sarebbero svolte fra quelle quattro mura.

 

 

 

 

 

 

 

N O T E D ‘ A U T R I C I ; siamo in missione per conto del Signore.

 

 

Ehilà. È la prima volta che approdiamo come una persona assieme nel fandom, quindi piccola presentazione.

Siamo yingsu e radioactive, e questa è… non sapremo definirla nemmeno noi.

Diciamo che volevamo fare AU universitaria, dato che una di noi frequenta già l’università e l’altra la frequenterà l’anno prossimo (speriamo ndRadioactive), qualcosa che ci sia un po’ vicino, e quindi abbiamo immaginato questo gruppo di… rimbambiti(?). Quindi eccoli qui, divisi in tre case, due degli uomini e una delle donne.

L’idea è che si siano persi un po’ tutti durante l’estate tra la fine del liceo e l’inizio di questa università e che si siano ritrovati, alcuni un po’ prima per affittare gli appartamenti (o per altri motivi, e chi vuol intendere intenda NejiTenCOFF), altri non ancora, come vedrete poi, ma non vi anticipiamo niente.

Le stanze, per chiarire, sono le seguenti: [CASA 1] Shikamaru e Choji + Sai, Naruto e Sasuke. [CASA 2] Neji e Rock Lee + Shino e Kiba. [CASA 3] Tenten e Hinata + Ino e Sakura.

Prossimo punto: il titolo.

Colla, preso in prestito da Irvine Welsh e dal suo omonimo romanzo. Lui (e anche noi) lo usa per spiegare che i loro legami rotti, aggiustati e rotti nuovamente verranno rimessi assieme, appunto, dalla colla, come vedrete nel corso di questa AU. La definizione di colla all’inizio della storia è tratta proprio dal suo libro.

Inoltre, volevo chiarire che il gatto di Sasuke si chiama davvero Gatto – è stata una scelta assolutamente consapevole. Così come il (ex-)pesce di Naruto si chiama Ramen e il gatto di Hinata Tempura. Hanno tutti dei problemi, sì, Sasuke per primo.

Ultima cosa: i banner sono quattro (forse diventeranno cinque) e verranno fatti girare ciclicamente. Sono suddivise per team, quindi team Kakashi, seguito da Kurenai, Gai e Asuma. Mi dispiace per Sai che non c’è nel banner, sorry Sai.

E… nulla, diciamo che sarà principalmente molto comica, ma è così che ce li siamo immaginati quando abbiamo provato a prenderli e lanciarli nel nostro universo ai giorni nostri.

Scusate il linguaggio scurrile, ma penso che voi avrete amici che parlano anche peggio di così, roba da lavargli la bocca con il sapone (scostumati! ndRadioactive). Quindi boh, abbiamo cercato di renderli solo realistici in un contesto realistico ed ecco cosa è successo. Perdoniamo il leggero OOC, motivato secondo noi da questo catapultarli in un altro mondo completamente diverso dal loro, e da piccole cose che noterete nel corso della storia.

Dovremmo aver detto tutto, quindi vi ringraziamo e salutiamo.

Al prossimo capitolo.~

 

papavero radioattivo





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Capitolo 2
*** PARTE PRIMA ―「capitolo due」 ***


AGGIORNAMENTO (09/01/2015) – cambio dell’impaginazione.










C A P I T O L O

due

 

 

 

 

 

Neji chiuse la portiera della macchina e ci si appoggiò sopra, abbottonandosi la giacca.

Faceva già freddo per essere agli ultimi di ottobre, e lui si sentiva davvero uno stupido per non aver messo qualcosa di più pesante. Ma non importava, sarebbero entrati in qualche bar a parlare, o comunque non sarebbero rimasti all’aperto.

Tirò fuori il telefono dalla tasca per guardare l’ora. Segnava le 17:29. Era in perfetto orario e la cosa lo faceva sentire più tranquillo. Nel momento stesso in cui mise il telefono nei pantaloni, una voce lo chiamò dall’altra parte della strada, costringendolo a girarsi.

«Neji!» si girò e vide Tenten che, saltellando sul posto, aspettava che il semaforo diventasse verde. Attraversò le strisce pedonali quasi correndo e si catapultò ad abbracciarlo come una bambina abbraccerebbe Babbo Natale.

«Mi dispiace non essere riuscito a venirvi a prendere» le disse, lasciandole un bacio sul capo, stringendola forte a sé, «ci tenevo davvero».

«Non preoccuparti, siamo state fortunate con lo sciopero» gli afferrò le braccia per allungarsi a lasciargli un bacio che Neji non rifiutò, stringendola per la vita. Le era mancata così tanto.

«Andiamo dentro? Fa freddo» consigliò lui, e lei annuì.

 

― ♦ ―

 

«Allora, come va la convivenza con Lee e gli altri?» domandò Tenten, inzuppando un biscotto nella cioccolata calda prima di tentare di mangiarlo senza sporcarsi.

Neji incrociò le gambe sotto il tavolo, legandosi i capelli prima di chinarsi a bere un po’ del suo caffè, «Lee rompe le palle come sempre, si sveglia alle cinque per fare le flessioni o qualche diavoleria del genere. Poi usa le pentole per svegliare tutti gli altri, anche se abbiamo la sveglia» disse con un sospiro, «non ti dico la puzza di ascella sudata che c’è in quella casa la mattina». Si vedeva lontano un miglio che Neji faticava a mantenere la calma – ma si stava lentamente abituando al caos di Rock Lee, sudore compreso, unito a quello del maremmano gigante che lasciava peli ovunque, e al formicaio artificiale che non si poteva neanche sfiorare con un dito.  «Abito con dei pazzi, che ci vuoi fare?» le disse, sorridendo da dietro la tazza.

«Beh, Rock Lee non era una persona tranquilla nemmeno ai tempi del liceo» commentò, infilandosi il biscotto in bocca, e Neji annuì.

«E con le ragazze come va?».

«Bene!» gli disse con la bocca piena, ingoiando e bevendo un sorso della sua cioccolata, «sono in camera con Hinata, conviviamo bene» e sollevò lo sguardo dalla tazza per osservare la reazione di Neji nel sentir parlare di sua cugina.

«Sta bene?» chiese.

«Sta bene» gli fece eco. Non sapeva perché, ma si aspettava una reazione più… emotiva? Si parlava sempre di sua cugina, che diamine! E per quello che lei sapeva, a parte i primi anni della loro vita, la loro reazione non era stata così cattiva, anzi. Aveva spiato, una volta, il telefono di Hinata e sulla rubrica Neji era segnato come Neji-niisan e lui, sul suo, l’aveva chiamata Hinata-sama. Eppure entrambi si ostinavano a far finta di essere solo conoscenti – anche se le somiglianze fisiche erano tante. Beh, oddio, non vuole neanche dire che stiamo assieme, pensò Tenten. A dirla tutta, in realtà, non le dispiaceva nemmeno così tanto: meno domande, meno impicci. E ci mancava solo che qualcuno iniziasse a tartassare Neji di domande sulla sua ragazza o Ino facesse domande scomode su Neji. Inoltre, fare tutto così di nascosto rendeva la storia più eccitante.

«Oggi è morto il pesce di Naruto» disse ad un certo punto, come per non farla pensare a qualsiasi cosa stesse pensando. «Ci ha costretto a vestirci come per il funerale di una persona vera» e scosse la testa, «ne uscirò pazzo da questa convivenza, Tenten. Pazzo» continuò, borbottando, zittendosi con il caffè. 

 

― ♦ ―

 

Ino sospirò, componendo un bouquet di rose e girasoli, avrebbe voluto passare il pomeriggio con la sua migliore amica, andare  a fare un po’ di shopping, ed invece sua madre l’aveva bloccata in negozio per tutto il pomeriggio.

«Ho assunto un ragazzo che mi darà una mano» le aveva detto, «ma ho bisogno che tu lo segua per un po’».

Speriamo che sia almeno carino, si disse annodando un grosso fiocco di foglie attorno ai gambi dei fiori, quando la porta della bottega si aprì, seguita da quel irritante tintinnio di campanelli.

«Buongiorno!» disse senza nemmeno alzare la testa dal suo lavoro, ma una voce fastidiosa e familiare la costrinse a lasciar perdere il bouquet.

«Ino! Quanto tempo che non ci vediamo!» affermò il ragazzo biondo, poggiando il gomito sul bancone con fare sicuro di sé, come se fosse lì per rimorchiare. Che diavolo aveva nella testa, quello lì?

«Naruto, non dirmi che sei tu il nuovo apprendista di mia madre, ti prego», Ino supplicò lui e Kami che non fosse così.

Non era possibile. Sua madre non poteva aver assunto Naruto, non era così vecchia e pazza da fare una cosa del genere.

Naruto sorrise e indicò la porta, «no, io ho solo accompagnato Sai, sta parcheggiando la macchina» le rispose, ed Ino tirò un sospiro di sollievo. «Oh, eccolo qui!» aggiunse, e la porta si aprì, lasciando Ino a bocca aperta e con una faccia da ebete.

Non lo aveva visto durante tutte le vacanze estive, ma adesso le sembrava ancora più bello, più alto, più tutto.

Più sexy.

«Ciao Sai…» sorrise scostandosi dietro l’orecchio un ciuffo biondo, sfuggito alla coda di cavallo, prendendo poi a giocare con i petali del girasole.

Sarebbe stato un fantastico pomeriggio, ne era più che certa.    

 

― ♦

 

Sakura attraversò la strada di corsa, avvolta nel suo montgomery rosso e seguita da Ino che, da quando era passata a prenderla all’ospedale, non faceva altro se non ripetere che Sai era bellissimo, e che avevano flirtato tutto il pomeriggio. Si erano pure scambiati i numeri di telefono, di nuovo, dato che Sai lo aveva cambiato.

«Tu flirti con tutto ciò che è maschile, Ino» la interruppe nel bel mezzo del suo racconto, «e se non ti sbrighi la libreria chiuderà» aggiunse accelerando il passo, estraendo il cellulare dalla tasca per controllare l’ora.

Avevano quindici minuti, ce la potevano fare.

Ino la prese per il braccio, accozzandosi al suo fianco, «devi assolutamente vederlo, Sakura» continuò, ignorando completamente quello che lei le aveva detto, «è bello da togliere il fiato, e intelligente, e frequenta restauro, lo sai? Restauro è così sexy» e nella sua testa si proiettò l’immagine di un Sai vestito con maglietta bianca e salopette, sporco di tempera, che dipingeva su una tela enorme il ritratto di lei. Ino sospirò, aggrappandosi al braccio dell’amica.

«Davvero?» non le importava un fico secco di quello che faceva Sai, del suo taglio di capelli e della sua pelle, voleva solo riuscire a comprare quel maledetto saggio di medicina prima che la libreria chiudesse. Non le sembrava di chiedere molto.

«Gli ho detto che magari uno di questi giorni facciamo una rimpatriata, e lui ha detto che può avvisare anche gli altri», era insopportabile quando faceva così, ma oramai aveva imparato a volerle bene nonostante il suo egocentrismo.

Sorrise guardandola da sotto il pelo del cappuccio, «lo hai fatto solo per uscire con lui. Sei pessima, Ino» scherzò avviandosi verso l’entrata del negozio. Era mezzo vuoto, ma ancora aperto. Ino la seguì a ruota, farneticava qualcosa sul fatto che Sai fosse il ragazzo perfetto per lei, che fossero anime gemelle, e che era stato il destino a farli incontrare dopo tre mesi e più che non si vedevano.

Certo, come no. Sakura annuì cercando il titolo del libro sulle mensole, e quando finalmente lo trovò lo prese e si diresse verso la cassa, seguita dall’amica che ancora non aveva smesso di parlare e sospirare. Ma non le si secca mai la lingua?

Aspettò davanti alla cassa che il commesso finisse di sistemare qualcosa in uno scatolone. Di lui vedeva solo la schiena avvolta nella maglia ocra della divisa e i capelli neri. Un pessimo abbinamento di colore, ma lui non poteva farci niente – poverino. Ino non aveva detto niente riguardo al fatto che quel colore gli stesse davvero male e continuava a parlare di Sai e la sua perfezione e il fatto che non sapeva quando chiamarlo. Forse era davvero presa, questa volta. Forse era la volta buona che smetteva di cambiare ragazzo ogni fine settimana e smetteva di collezionare foto di sesso maschile nel portafoglio.

Finalmente il ragazzo chiuse lo scatolo, alzandosi da inginocchiato che era, pronto a farle pagare quello stupido saggio e farla tornare a casa.

Il libro le cadde dalle mani. Ino si zittì di colpo, e tutto attorno a lei sembrò cristallizzarsi.

Sasuke…

Non era sicura di aver parlato.

«Sakura?» la sua voce era così diversa dall’ultima volta in cui l’aveva sentita, ma lui non era cambiato poi così tanto, era solo diventato molto più alto, più grande, più uomo. Più sexy, avrebbe fatto notare Ino.

Più bello di come lo ricordava.

Erano quattro anni che non lo vedeva.

«Saske… sei tornato?» doveva essere un’affermazione, non voleva chiederglielo, era ovvio che fosse tornato, era lì davanti a lei, dopotutto, ma la frase le uscì così. Forse perché era sorpresa di vederlo.

Ino le raccolse il libro tossicchiando, posandolo sul bancone, «ciao Saske, è bello che tu non mi abbia riconosciuto» disse, e gli occhi d’onice del ragazzo si posarono su di lei per qualche secondo.

«Ciao Yamanaka», parlò prendendo il libro, controllando poi il prezzo.

Sakura era paralizzata, si sentiva una cretina: il cuore le batteva all’impazzata, sembrava voler forarle il petto e saltar fuori.

«Sono 2200 yen» parlò ancora, ma Sakura non si mosse.

Voleva chiedergli perché non le aveva scritto, perché non l’aveva avvisata che era tornato. Il suo numero di cellulare lo aveva, no? E lei si era assicurata di far sopravvivere la sim per tutta l’estate. Aveva aspettato fino all’ultimo per trasferirsi con Ino – il tutto per continuare a essere reperibile per chiunque (specialmente per Sasuke).

Perché? Era tutto quello che voleva sapere.

Eppure la risposta era così ovvia.

Ino le tirò una gomitata invitandola a pagare, e lei aprì la borsa estraendo il portafoglio e poi le banconote.

Gliele porse in silenzio, cercando la giusta cosa da dire, ma non ne trovò nessuna, nemmeno mezza che non suonasse patetica ed infantile. Anche la violenza, che di solito adoperava con personaggi quali Rock Lee e Naruto, non le sembrava la risposta adatta, in quel momento.

«Sei tornato per l’università?» la voce le uscì in un fastidioso mormorio mentre lui metteva il libro in un sacchetto di carta.

«Sì, sono in affitto in un appartamento con il dobe e gli altri» le rispose porgendole il sacchetto.

Quindi Naruto lo sapeva e non glielo aveva detto.

Quel dannato idiota, se lo avesse avuto sotto mano in quel momento gli avrebbe strisciato quella testa vuota sull’asfalto fino a consumarla.

Non aggiunse altro. Né lei, né lui. Il discorso morì lì, rimase sospeso.

Ino la prese a braccetto strattonandola verso l’uscita, «bene, Saske, è stato un piacere rivederti» disse trascinandola fuori, all’aria fresca che la investì, facendola tremare.

«Togliti quell’espressione da cane bastonato dalla faccia, Sakura» le ordinò categorica, allontanandosi in fretta dalla vetrina del negozio, «Ne abbiamo già parlato, Saske non ti merita, ricordi?» aggiunse cercando di farle il lavaggio del cervello.

«Puoi avere tutti i ragazzi che vuoi, fronte spaziosa, non puoi fra tutti volere proprio quello che ti ignora!» continuò, il tono della voce esasperato, «ti ignorasse per un motivo, poi»  continuò, borbottando come un vecchia nonna, «quello è svitato. Lo sappiamo tutti».

«Me lo avrai detto cinquanta volte, Ino» le rispose «e non è svitato, sei tu quella fuori di testa», continuò, fingendo che non le importasse. Non voleva piangere, non doveva farlo. Aveva già versato fin troppe lacrime per lui, non ne valeva di certo altre.

«Sì, ma tu non te lo ficchi mai in testa, perché?» chiese trascinandosela per la mano mentre attraversa la strada.

Piacerebbe anche a me sapere il perché, si disse Sakura mentre una macchina sfrecciò davanti a loro, facendole il pelo.

«GUARDA DOVE VAI, IDIOTA PATENTATO!» urlò Ino, peccato che fossero state loro a passare con il rosso.

Sakura sospirò liberandosi dalla sua presa, infilando entrambe le mani in tasca.

«Quello che sto cercando di dirti, Sakura, è che non puoi passare la vita aspettando un ragazzo che è partito quattro anni fa e si è fatto sentire una volta sola» spiegò agitando le mani, puntellandole l’indice contro la tempia, «ma la tua testolina non lo vuole capire, ed io non capisco perché ti diverti a farti del male».

«Non mi diverto a fare un bel niente, maialina, e poi stai facendo tutto tu, io non ho detto nulla» le fece notare con un sorrisino. Falso. Così falso che pure quell’idiota di Naruto avrebbe capito che stava mentendo.

«Certo! Allora spiegami perché sei improvvisamente diventata idiota quando lo hai visto» ribatté Ino facendo lo slalom fra i passanti, «o forse sono diventata stupida io, perché a me è sembrato che tu fossi diventa muta e paralitica».

Sakura non rispose, si limitò a sospirare e a stringersi meglio nel cappotto.

Non le andava di parlarne. Non in quel momento.

Ino fece un verso non identificato che le parve un grugnito, «quel dannato Saske, ogni volta che tento di fartelo dimenticare lui appare dal nulla e BOOM, Sakura perde di nuovo il cervello! Sei tu quella pazza, non lui!» strillò in mezzo alla gente.

«Se non la pianti faccio finta di non conoscerti» le sussurrò, spingendola verso il portone della palazzina nella quale vivevano.

 

♦ ―

 

«Siete tornate!» disse Hinata, accogliendole con un sorriso gentile. Seguì con lo sguardo Sakura che si catapultò in camera, chiudendo Ino fuori. «Che è successo?» domandò poi, preoccupata.

Ino si tolse il cappotto, agitando la mano e sedendosi vicino a lei, «niente, niente, te lo racconterà lei se vorrà» borbottò, allungandosi poi verso il portatile sulle gambe di Hinata, «che guardi?» chiese, curiosa.

«Cerco un ristorante d’asporto che ha visto Tenten oggi pomeriggio, mentre era in giro…» rispose, mentre Tenten appariva da dietro, sciogliendosi i codini, «ha detto che è un ristorante di carne e aveva un nome che aveva a che fare con il barbeque» e riprese a scorrere la pagina di ristoranti specializzati in carne a Konoha.

«È questo!» urlò la ragazza dietro di loro, indicando con l’indice sullo schermo il nome BarbeQ. Hinata cliccò sul sito, cercando il menù on-line.

A Ino brillarono gli occhi, «guance di maiale!» si appoggiò sulla spalla si Hinata, tirandosi su e mettendosi in ginocchio sul divano, «dobbiamo assolutamente provarlo!» si allungò ad abbracciare Tenten, quasi ridendo, «grazie Tenten per aver trovato questo magnifico posto mentre uscivi con…» si fermò di colpo, «con chi uscivi?».

«Un amico» rispose, frettolosamente, forse fin troppo.

«Un amico, eh?...» continuò con fare inquisitorio, «e lo conosco?».

Tenten scosse la testa, facendo il giro del divano per mettersi seduta con le altre, «non credo… è del dipartimento di giurisprudenza e economia» sorrise, tenendosi per sé che si trattava del cugino dell’altra inquilina e del loro compagno di classe, «ordiniamo?».

«SAKURAAA!» chiamò Ino, guardando la ragazza sbucare dalla porta, «vieni che ordiniamo da mangiare?».             

Scrissero su un foglio i numeri corrispondenti ai piatti che ognuna desiderava, mentre Ino frugava nel frigo qualcosa da bere che non fosse acqua. Tenten passò il telefono a Hinata e, per un qualche motivo, toccò a lei ordinare il cibo. Compose il numero, facendo un bel respiro per non sembrare un’idiota al telefono.

«BarbeQ, come posso servirla?» la voce dell’uomo era grossolana e spazientita.

«Buonasera, ecco…» iniziò, cercando di mettere a fuoco le scritte del biglietto, «vorremmo ordinare il numero tre, sette, dodici e tredici…» la voce le andò calando e Sakura, seduta vicino a lei, accennò ad un sorriso divertito.

La vedeva così in pensiero…

«Indirizzo?» domandò, e Hinata provvide subito a darglielo, «arriverà per le 20:30».

«Va bene, arrivederci e grazie!» rispose e, mentre spegneva la chiamata, sentì la voce della persona che aveva preso la sua ordinazione urlare qualcosa come “sei in ritardo, Uzumaki!”.

Le sembrava impossibile che parlasse di quell’Uzumaki. E probabilmente aveva sentito male: c’era stata un po’ di interferenza, più il trambusto del locale e il respiro di quell’uomo che passava attraverso il microfono del telefono. Solo a pensare all’aspetto di quel rozzo, sentì un brivido attraversarle il corpo.

 

― ♦ ―

 

Tenten e Sakura apparecchiarono la tavola, mentre Ino era in doccia a lavarsi e Hinata poltriva sul divano in pigiama, giocando con Tempura.

Il citofono suonò e, per rendersi utile, fu la Hyuga ad alzarsi e rispondere, «sì? Chi è?».

«BarbeQ»  risposero dall’altro capo della linea, con una voglia di vivere pari a zero.

«Quarto piano, e non funziona l’ascensore…» informò, sentendo il ragazzo delle consegne borbottare. Aprì il portone e chiuse il citofono, aspettando che suonassero alla porta. Forse avrebbe dovuto mettersi una vestaglia, dato che era in pigiama. Ma non aveva voglia di correre in camera e infilarsela, dato che ormai si era auto-incaricata di prendere l’ordine. In più aveva già in mano i soldi, non aveva senso scappare dalla porta o chiedere a qualcuno di prendere il cibo al suo posto.

Il campanello suonò con un driiin prolungato, Hinata aprì la porta, stampandosi in faccia un sorriso cortese.

«Grazie dell’ordin―» si bloccò subito quando, guardando in faccia il ragazzo delle consegne, si ritrovò davanti proprio quell’Uzumaki.

«Hinata!» Naruto aveva detto il suo nome, l’aveva riconosciuta, «come sei diventata… grande!».

Certo. Grande. Lei era in pigiama e sentiva le guance in fiamme, voleva che il pavimento si aprisse sotto i suoi piedi e che lei precipitasse per quattro piani.    

«Naruto?» la voce di Ino interruppe il silenzio imbarazzante, Hinata le diede il proprio portafoglio e andò a chiudersi in bagno, mentre Tenten affiancava la bionda sulla porta di casa, «non ci credo, anche tu qui?».

«Beh, certo!» e sorrise, tenendo il cibo con una mano sola, «abito con Choji, Shikamaru, Sai e Sasuke, ora» disse poi, contando i nomi dei coinquilini sulla mano libera, «e anche quello stupido gatto di quello stupido teme» aggiunse, borbottando. «Comunque, ecco il vostro cibo!» e tese le scatole verso Tenten.

Ino aprì il portafoglio di Hinata, prendendo le banconote, e preparando nella sua testa una domanda che doveva suonare come un «Come sta Sai?» ma – in una strana sequenza di eventi che lei non riuscì a seguire dall’inizio alla fine – Sakura si materializzò vicino a lei e diede una sberla sulla guancia di Naruto. Nel silenzio che calò in quel momento la mano della sua compagna di stanza sul viso del ragazzo produsse un sonoro clack. Da brivido.

Clack.

«Non mi hai chiamato nemmeno una volta» la sua voce ricordò a Naruto quella di Shikamaru quella mattina.

La voce del diavolo, parte seconda.

«Perché non mi hai chiamata durante tutta l’estate, brutto imbecille!» ringhiò come una tigre stringendo la stoffa della sua giacca fra le dita, e Naruto impallidì massaggiandosi la parte colpita.

Bruciava da morire. Ma ha le mani di piombo?

Vide la ragazza caricare un altro colpo, ma prima che lo colpisse riuscì a bloccarla con una lunga serie di pietosi «aspetta, non mi picchiare!» che gli uscirono in concomitanza con le mani tese davanti alla faccia. «Ho fatto il bagno al lago con il cellulare nei pantaloni ed ho perso tutti i numeri, non ti arrabbiare, stai calma» disse in sua difesa, ma lei ancora non lo lasciò.

«Usare facebook? Il computer? Troppo difficile?» ribatté lei, e Naruto si strinse un po’ nelle spalle.

«Non ci ho pensato, mi sono detto: Ehy, la vedrò in giro prima o poi, e infatti eccoci qua!».

Sakura lo lasciò libero e fece un passo indietro. Era ancora arrabbiata, ma c’era qualcos’altro sul viso oltre all’irritazione.

«Potevi almeno trovare un modo per dirmi che Saske era tornato…» mormorò, e finalmente Naruto comprese qual’era il vero problema. Lui non l’aveva avvisata.

Quel teme… chi lo capisce!

«Mi ha detto che ti avrebbe scritto» le disse, «pensavo lo avesse fatto».

E invece non aveva fatto un bel niente.

 

 

 

 

 

 

 

N O T E D ‘ A U T R I C I ; siamo in missione per conto del Signore.

 

 

Prima di tutto un applauso a chi coglie la citazione del «siamo in missione per conto del Signore». Detto ciò.

Eccoci, puntuali come un orologio svizzero per la prima (e forse ultima) volta. Prima di dimenticarci, vi diciamo subito che forse aggiorneremo venerdì 2 invece che sabato 3, perché ci piace di più. Ma niente è sicuro, in tutti i casi sarete avvisati per tempo con un amorevole messaggio di servizio della pubblicazione del capitolo (come quello che vi ha condotto nelle nostre grinfie uvu).

Anyway, la ruota inizia a girare e la storia ingrana, lentamente, ma ingrana. Le vicende saranno per lo più di tipo amoroso, certo, ma speriamo di gestirle al meglio per farle sembrare il meno possibile banali e favoleggianti (ci proviamo, eh). Tuttavia ci sono alcuni… misteri? Da risolvere. Abbiamo mantenuto in parte la trama originale del manga, e infatti Sasuke è andato via da Konoha (che ricordiamo essere una città mediamente grande, provvista di tram e taxi e una super università) per quattro anni e poi è tornato, senza dire niente a nessuno, nemmeno alla povera Sakurina-chan che ci è rimasta super male, ma se la prende con Naruto.  Abbiamo svelato inoltre qualche piccolo lavoretto che i nostri protagonisti svolgono per mantenersi gli studi e la casa e speriamo che vi facciano sorridere come noi abbiamo sorriso quando li abbiamo ideati.

Oh, sì. Informiamo che Kami significa Dio, nel caso qualcuno non lo sapesse. E vorremo chiedere un minuto di silenzio per Neji invaso dagli animali, povero tesoro.

Bene! ♥ per questo primo aggiornamento è tutto, speriamo di non avervi deluso e di rivedervi nuovamente alla conclusione di questo capitolo con i vostri pareri e le vostre impressioni ^3^ siamo state molto felici dal feedback ricevuto dal primo capitolo e ci dispiacerebbe molto scoprire che non siamo state brave a mantenerlo ;____; perciò ringraziamo tutti coloro che hanno già messo la fan fiction tra le preferite/seguire/ricordate e chi ci ha recensito, siete tutti bellissimi ♥

Alla prossima!

 

papavero radioattivo





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Capitolo 3
*** PARTE PRIMA ―「capitolo tre」 ***


AGGIORNAMENTO (09/01/2015) – cambio dell’impaginazione.










C A P I T O L O

tre

 

 

 

 

 

Naruto sbatté la porta nel chiuderla, diversamente dalle altre notti, però, stavolta lo fece di proposito.

Sai, che guardava la televisione seduto sul divano, si girò a guardarlo, «c’è qualcosa che non va, Naruto?» gli chiese, mentre l’altro si liberava dalle scarpe usando solo i piedi e borbottava qualcosa. Tra le varie domande che frullavano nella testa di Naruto in quel momento, c’era anche che diavolo ci facesse Sai sveglio dopo la mezzanotte, quando il giorno dopo avrebbero avuto tutti lezione presto. Dormiva cinque ore a notte, quello?

«Dov’è il teme?» chiese a denti stretti, cercando di non urlare per riservare tutta la sua ira a quando lo avrebbe incontrato.

«Dorme… che hai fatto alla guancia?».

La domanda di Sai non ricevette risposta e, le lamentele di Shikamaru che metteva la testa fuori dalla sua stanza per chiedere il motivo di tutto quel casino, furono completamente ignorate. La porta della camera in cui Sasuke riposava si aprì con una violenza tale che Sai pensò davvero che quella volta sarebbe saltata giù dai cardini.

«Teme, svegliati! TEME!» sbraitò Naruto, arrampicandosi sulle scale e pizzicando il corpo di Sasuke per farlo svegliare. Gli mosse la gamba, cercò di fargli il solletico sotto i piedi, provò pure palpandogli il sedere, ma nulla. Solo dopo l’ennesimo urlo – seguito da un insulto – Sasuke si svegliò girandosi di colpo, facendo cadere Naruto dalle scale.

«Cosa. Vuoi» sibilò.

Definitivamente, la voce del diavolo lo perseguitava.

«Non hai chiamato Sakura-chan» gli disse, coinciso e chiaro, mentre si alzava massaggiandosi la testa, «e lei mi ha picchiato per questo! Mi ha picchiato per colpa tua!» continuò, andando ad accendere la luce, «non ti senti in colpa, teme? Potevo rimanere sfregiato per sempre».

«Imparerai cos’è il rispetto, e il dolore sarà il tuo maestro» cantilenò Shikamaru con voce profonda, citando il cartone animato che si erano guardati durante le prime mattine in cui si erano trasferiti in quella casa. Sai sorrise alla sua battuta e rimase lì a guardare la scena, mentre l’altro se ne tornava in camera a giocare a League of Legends.

Sasuke, nel frattempo, si era sotterrato sotto le coperte e girato dalla parte del muro.

«EHI, TEME. Sto parlando con te!» continuò a urlare, afferrando la trapunta per strappargliela via.

Tutti in quella casa sapevano che a Sasuke piaceva dormire tanto quanto a Choji piaceva mangiare.

Il mondo si congelò, Sai si massaggiò la fronte mentre il corpo di Sasuke rimaneva immobile, sembrava quasi non respirare. Naruto, dal canto suo, non pareva rendersi conto della situazione. «Affronta i tuoi problemi da vero uomo, teme» continuò, lasciando cadere la trapunta per terra, «e inizia chiedendo scusa a Sakura-chan» disse, annuendo.

Sasuke finalmente si mosse, scendendo dalle scale e recuperando la trapunta da terra, avvolgendosi in questa e sedendosi sul letto di Sai.

Sembra un burrito, pensò Naruto, trattenendo a stento una risata.

«Dobbiamo parlare? Va bene, parliamo» disse, sbadigliando. Voleva finire tutta quella storia in fretta, era anche disposto ad assecondare Naruto in quel suo essere un giustiziere fallito e tutto il resto.

«Te l’ho già detto» iniziò il biondo, «hai passato gli ultimi quattro anni della tua vita lontano da qui, torni e non dici a Sakura-chan che sei tornato? Che razza di persona sei?» e si sedette per terra, confidando in una risposta.

«Ho perso i numeri» mentì, ma era abbastanza bravo a farlo, «e poi non capisco perché tu te la debba prendere tanto. Non sono fatti tuoi, dobe» continuò.

«Certo che sono fatti miei!».

«Oh sì» Sasuke aveva un’aria malefica, in quel momento, «infatti ti importa così tanto di lei che non hai pensato nemmeno di chiederle com’era andato il test di medicina e se aveva un posto dove stare per l’università». In verità, lui aveva solo supposto dal saggio che aveva comprato che lei frequentasse medicina – riguardo la sua sistemazione non ne aveva idea, ma dato che era in giro con la Yamanaka, aveva motivo di pensare che, forse, abitassero insieme.

Cosa abbastanza stupefacente, dato che qualche anno prima non facevano altro che litigare e prendersi ad insulti.

Naruto aggrottò le sopraciglia, come se si sentisse sfidato, «ma a lei non importa di me quanto le importa di te, teme».

«Non le ho chiesto io di interessarsi a me».

«Perché ti costa tanto chiedere scusa?!» gridò, mettendosi le mani nei capelli, esasperato. Voleva che Sakura si sentisse meglio, e perché succedesse Sasuke doveva per forza chiederle scusa, o comunque parlarci assieme.  

«Mi costa, va bene? Mi costa. E non sono tenuto a dirti il perché» ora parlava come se fosse stizzito e faticasse a mantenere la calma. Guardava in basso e si mordicchiava l’interno della guancia quasi nervosamente.

Invece di migliorare le cose, Naruto ebbe l’impressione di averle peggiorate.

«Non le vuoi nemmeno parlare?» chiese, più gentilmente, abbassando il tono della voce e addolcendo lo sguardo, «ci sta davvero male, Sasuke».

Sasuke lo sapeva, lo sapeva che ci era rimasta male. E per quanto provasse a fare il forte senza cuore, lo sguardo deluso e arrabbiato di Sakura alla libreria non lo aveva ancora abbandonato. Aveva i sensi di colpa che gli bruciavano la pelle e gli occhi – ma le scuse, anche se nascevano dal profondo del cuore, non sarebbero mai uscite. Fondamentalmente, non sapeva per cosa doversi scusare. Perché aveva mentito a Naruto dicendo che l’avrebbe chiamata?

Sasuke lanciò le trapunte sul letto a castello, iniziando a fare le scale, «chiedile a che ora ha una pausa, domani, dille che ci vediamo al bar dell’università» e cercò di ricomporre il letto.

Naruto si alzò di scatto, andando a guardare gli orari di Sasuke attaccati al muro, vicino ai suoi e a quelli di Sai, «ma tu domani hai tutto il giorno pieno, teme! E se poi perdi qualche lezione?».

«Non sono fatti che ti riguardano, ora scrivi quel maledetto messaggio e lasciarmi dormire».

Naruto aveva vinto. Di nuovo.

 

― ♦ ―

 

Dopo cena Ino aveva riattaccato a parlare di Sai mentre limava le unghie ad Hinata, circondata da una fila di smalti di tutti le sfumature di colore che una persona era in grado di immaginare.

Momento manicure, lo chiamava, ed era stato istituito dal primo giorno in cui si erano trasferite.

«Dovevate vedere come mi guardava!» continuava a ripetere, e Sakura non era certa che Tenten ed Hinata la stessero ascoltando, ma di certo lei non lo stava facendo.

Si rigirò fra le dita una boccetta di smalto verde acqua, ma quando provò ad aprila Ino gliela strappò dalle mani, lasciando cadere la limetta sul tavolo.

«Sei pazza?!» le chiese, guardandola come se avesse appena dato fuoco ad un tempio urlando preghiere al contrario, «non è un colore autunnale, Sakura!» affermò palesemente sconvolta, sequestrandole lo smalto.

«Non sapevo esistessero smalti per diverse stagioni» provò a giustificarsi, prendendola un po' in giro.

Ino era fuori di testa, doveva darsi una calmata. Da quando vivevano assieme si era messa a fare la paladina della moda e, dopo averle buttato una decina di vestiti, l'aveva anche costretta a comprarne altri decisamente poco adatti a lei.

«Sakura!» l’espressione di Ino peggiorava di secondo in secondo, «come può la mia migliore amica dire una cosa così orribile?!» continuò con un fare melodrammatico che le si addiceva alla perfezione.

«Quale colore dovrei mettere, allora, sentiamo» le disse, rassegnata al fatto che non avrebbe mai più riavuto indietro quella boccetta.

«Il radiant orchid, per esempio, oppure l’argento, il lavanda, il verde scuro, o il rosso vinaccio…» le spiegò, elencando una serie infinita di colori.

«Allora dammi il verde scuro», la stava assecondando, anche se in realtà avrebbe voluto chiederle che diavolo di colore fosse il radiant orchid. 

Tenten ridacchiò sedendosi meglio sul divano, rassegnata al fatto che Ino non sarebbe mai cambiata, e che loro avrebbero dovuto sopportarla così per sempre. Ma era una bella persona, dopotutto, una buona amica, e come tutte lì dentro aveva i suoi difetti.

«Allora…» sorrise Ino, cercando qualcosa di cui parlare. Chiedere ad Hinata il perché si era chiusa in bagno all’arrivo di Naruto era fuori discussione, lo sapevano tutte che a lei Naruto piaceva dall’asilo, ed infierire sarebbe stato crudele – tralasciando che lei avrebbe solo mormorato e balbettato qualcosa che nessuno avrebbe capito. Parlare di Sasuke era escluso a prescindere, quindi restava solo una cosa. «Tenten, perché non ci dici chi è il ragazzo con cui stai uscendo?» domandò ammiccando, incominciando a mettere lo smalto sulle unghie di Hinata.

Tenten sorrise, cercando di sembrare convincente, «te l'ho detto, non lo conosci» le rispose, rubando la lima per le unghie, spostandosi sul tappeto a tema floreale.

Avrebbe voluto dirle che era Neji, almeno non avrebbe più dovuto fare nulla di nascosto, ma lui non voleva che si sapesse, quindi tanto valeva continuare a mentire.

Ino sorrise senza alzare lo sguardo dall'indice destro della mano di Hinata, «e questo ragazzo che non conosco lo sa che l'altra sera Neji ti ha riaccompagnata a casa?».

Tenten arrossì, tenendo lo sguardo chinato sul tappeto, cercando di capire come diavolo avesse fatto a vederli. Se ne stava appostata alla finestra a controllare che cosa facevano lei e le altre due?! Perché un comportamento del genere sarebbe stato davvero preoccupante.

Sakura sventolò la mano, sospirando nel silenzio, «Ino, ma tu non hai nulla di meglio da fare che sederti sul balcone e spiare la gente?!» domandò retorica mettendosi seduta in modo più composto, spostando una gamba sotto il sedere, «sei una pazza maniaca del controllo!».

«Ero fuori ad innaffiare le piante e li ho visti che si baciavano, tutto qui» rispose tranquillamente, ed Hinata sorrise poggiando la mano libera – quella non intrappolata fra le grinfie di Ino – sulla spalla di Tenten che, con un sospiro, si decise a confessare.

«Va bene, stiamo assieme, usciamo da questa estate, ma lui non voleva che lo sapesse nessuno e non ve l'ho detto» sputò, posando la limetta sul tavolino mentre Ino esultava.

«Lo sapevo!» gridò, stando attenta a non rovesciare lo smalto. «Neji ci accompagna, Neji ci porta, Neji di qua, Neji di là» borbottò facendole il verso, «era così chiaro che steste assieme!».

«Così chiaro che li hai scoperti per caso...» mormorò Sakura, strappando una risata ad Hinata che, ricomponendosi subito dopo, sfiorò la coda a Tempura, appollaiata sul bracciolo del divano.

«Beh...» disse a bassa voce, «è bello che tu sia fidanzata con mio cugino» ammise sorridendo, mentre Ino la fissava con gli occhi sbarrati. Hinata lo sapeva già. Lo sapeva e non aveva detto nulla – ma cosa più importante, era imparentata con Neji.

«NEJI È TUO CUGINO?!» strillò afferrando il braccio di Sakura, facendole tirare una lunga riga verde su tutto il mignolo.

«Bhè, sai, hanno lo stesso cognome, Ino» le rispose la sua migliore amica stringendo i denti per evitare di insultarla, recuperando poi l'acetone per porre rimedio a quel disastro.

«Pensavo fosse una coincidenza! Migliaia di persone hanno lo stesso cognome» si giustificò, mentre il telefono di Sakura vibrava sul tavolino, catturando la sua attenzione.

Si allungò in fretta, rapida come un ninja, afferrando il cellulare e sporgendosi verso la povera Hinata, «ti è arrivato un messaggio, fronte spaziosa» cantilenò dimenandosi, mentre l'altra cercava di riprendersi il suo telefono.

«INO, DAMMI IL TELEFONO!» sbraitò Sakura, cercando di strapparglielo dalle mani, ma l'altra scavalcò lo schienale del divano e scappò verso la porta dell'entrata, continuando a premere sullo schermo.

 «Bah...» sospirò delusa, «è solo Uzumaki».

«Non si è fatto sentire per mesi e mi scrive ora, quell'idiota» brontolò Sakura avvicinandosi con più calma alla bionda.

Ino arricciò il naso, mettendosi poi una mano davanti alla bocca mentre leggeva il messaggio. «Oh-oh-oh!» esordì girandosi, impedendo a Sakura di vedere lo schermo.

«"Sakura-chan, sono Naruto, il teme mi ha detto di chiederti a che ora hai una pausa domani, e di farti trovare al bar dell'uni. Buonanotte. PS. Mi hai sfregiato per sempre, spero che ti sentirai in colpa!"» lesse ad alta voce, cercando di imitare Naruto.

«Ah-ah! Dammi quel telefono!» ringhiò Sakura, sull'orlo di una crisi di nervi.

Ino la guardò qualche secondo, e poi le porse il cellulare, «tieni, carina» ribatté, tornando poi verso il divano, canticchiando come una scema. «C'è amore nell'aria!» commentò, recuperando lo smalto e facendo l'occhiolino ad Hinata che arrossì, spostando lo sguardo sul gatto che sbadigliava.

Sakura lesse più volte il messaggio, in piedi davanti all'entrata, come se stesse cercando di capire se quello fosse solo un sogno o un assurdo scherzo di quella testa quadra.

Probabilmente Naruto era tornato a casa e aveva parlato con Sasuke, di certo non era una cosa casuale.

Ho un buco dalle 12.30 alle 14.30, scrisse, E mi dispiace per la tua guancia, ma te lo meritavi, razza di idiota!. Buonanotte, Naruto-kun.

«Comunque Sas'ke rimane uno svalvolato, Sakura» commentò Ino, finendo la manicure ad Hinata. «Direi che questa è l'ennesima dimostrazione, ma se ci tieni così tanto a farti trattare come uno zerbino, fai pure» aggiunse, concentrata al massimo sul pennellino che stringeva fra le dita. «Probabilmente Naruto l'avrà convinto ad uscire con te...» suppose, e al nome "Naruto" la mano di Hinata vibrò appena fra  le sue dita.

Sakura tornò a sedersi sul divano, in silenzio, senza aggiungere altro. Sapeva che Ino si comportava così solo perché teneva a lei, ma Ino non conosceva Sasuke abbastanza da poter sapere che nessuno, tanto meno Naruto, era in grado di costringerlo a fare qualcosa che non voleva fare.

«Dovevi dire di no, fiorellino», continuò imperterrita per la sua strada, concludendo – finalmente – la prima mano della sua povera coinquilina.

«Magari vuole davvero vedere Sakura-chan...» la voce di Hinata era sempre così dolce, Sakura non si era ancora abituata appieno al suo temperamento calmo e gentile, le sembrava così surreale, così diverso da ciò a cui era abituata di solito.

Le sorrise, schiudendo poi le labbra per ringraziarla del supporto e dell'ottimismo, ma non fece in tempo ad aprir bocca che Ino spalancò la sua, scoppiando in una sonora risata.

«Certo! Si è reso conto di quanto sei diventata carina e di certo vorrà chiederti scusa per non averti considerata quando avrebbe potuto farlo» sputò con un'acidità che Sakura trovava decisamente eccessiva.

Sapeva che Ino non voleva vederla soffrire, ma non era un appuntamento, Sasuke non le aveva chiesto di uscire, solo di vedersi per parlare, e in più lo aveva fatto tramite Naruto.

«Grazie del supporto, Ino!» le rispose ironica, finendo di mettersi lo smalto e alzandosi dal divano, «vado a preparare la borsa per domani» aggiunse, sparendo poi nella sua stanza.

«Quindi...» parlò di nuovo Ino, «Tenten si fa Neji sotto casa, Sakura ha un appuntamento con Sas'ke, e Hinata, tu quando esci con Naruto?» la frase le uscì di getto, senza prima passare per il filtro del cervello, con l'unico risultato di portare Hinata al quasi totale soffocamento.

Era stato un colpo basso, doveva ammetterlo.

Ma non lo aveva fatto apposta. 

 

― ♦ ―

 

«Sakura-chan dice che è  libera da mezzogiorno e mezza, fino alle due e mezza» gridò Naruto, tirando un colpo al materasso del ragazzo che dormiva sopra di lui.

Nessuna risposta.

«TEMEEE!» sbraitò tirandogli una scarpa, «almeno rispondimi!».

«Ho capito, dobe» il borbottio gli arrivò lontano, attutito dalle coperte che sommergevano Sasuke.

«È diventata più carina, lo sai?» continuò a parlare il biondo, «Sakura-chan, intendo».

«Non mi interessa, lasciami dormire» gli rispose l'amico, ma Naruto non si arrese, non ancora.

«Certo, e tu vuoi farmi credere che io ti abbia convinto solo perché eri stufo di sentirmi urlare?!» tornò all'attacco, cercando di fargli ammettere qualcosa di cui nemmeno lui era poi così certo.  Aveva sempre pensato che nel profondo, sebbene lui non avesse mai voluto ammetterlo, a Sasuke lei piacesse molto, ma in quattro anni le cose potevano essere cambiate, dopotutto. Magari lui aveva trovato una ragazza all'estero, e forse era lei che lo chiamava una volta al giorno.

Non riusciva sempre a capirlo, ma ci provava, si impegnava a cercare di decifrare le uniche tre espressioni facciali che Sasuke sapeva fare. Non era facile, ma era il suo migliore amico, lo aveva sempre visto come un fratello e, per quanto ci provasse, non riusciva a credere che quattro anni lontani da Konoha avessero potuto influire così  tanto sul loro rapporto.

«Teme...» lo chiamò di nuovo, ma l'altro non dava più segni di vita.

«BRUTTO STRONZO!» l'urlo arrivò dal soggiorno, e portava la voce di Shikamaru. «SouariTem di 'sto cazzo!» c'era un insulto ogni due parole nelle sue frasi, «mi ha ucciso di nuovo, Choji! DI NUOVO» gridò, seguito dallo sbattere di un'altra porta. L'ennesima.

La vecchietta del piano di sotto li avrebbe denunciati alla polizia, prima o poi, di questo Sai ne era quasi certo.

 

 

 

 

 

 

 

N O T E D ‘ A U T R I C I ; siamo in missione per conto del Signore.

 

 

Eccoci, puntuali nel nostro anticipo ♥

Tuttavia, sappiate che da settimana prossima in poi gli aggiornamenti si terranno di sabato nel primo pomeriggio (salvo alcune eccezioni che vanno fuori dal nostro controllo) a causa di impegni e cose varie, ma siamo esseri umani anche noi e dobbiamo andare, chi al liceo, chi all’università. Quindi noi ci rivediamo il 10 ♥

Ora, eccoci alle cose importanti, perché sì, queste note sono importanti!

Intanto ringraziamo tutte le persone che hanno messo la fan fiction tra le seguite/preferite/ricordate: siete tantissimi! Non pensavamo davvero di raggiungere tutto questo seguito in così poco tempo, e ci piace vedere che, chi più chi meno, dimostra un po’ di interesse per colla. A proposito di questo, volevamo rendervi nota l’esistenza di un gruppo gestito da noi e creato qualche giorno fa (ma ancora non è stato messo in moto) riguardo alla fan fiction (oh yes, siamo un po’ egocentriche, umilissime ma egocentrice): COLLA ▪ papavero radioattivo, dove potete trovare snippet di capitoli ancora inediti, curiosità e altre cianfrusaglie che non possiamo inserire nella storia per forza di cose ^u^ Inoltre è anche un’occasione per parlare tra di noi su Naruto e su altre tematiche (siamo sempre molto aperte uwu) e per scoprire alcuni nostri lavori futuri che potrebbero interessarvi~

L’altra cosa importante che volevamo dirvi, è più una richiesta (supplica?). Abbiamo notato, attraverso le recensioni e rispondendo a queste, che molte persone leggono colla per una coppia specifica o per un personaggio specifico. Ora, è ovvio che ognuno ha i propri gusti, noi stesse teniamo per due ship completamente diverse (e che fatica!). Tuttavia, vorremmo chiedervi di prestare attenzione a tutto ciò che succede nei capitoli, perché prima di essere una long che tratta delle varie coppie, è una long che tratta di tutti – e non vorremmo che vi ritrovaste a disprezzarla perché magari, temporaneamente, la vostra ship preferita non è contemplata nel capitolo. Inoltre, in colla ci sono tanti momenti di amicizia che sembrano un po’ trascurati… non vi piacciono? Non vi interessano? Vorremmo capire anche questo da voi lettori... senza contare che molti eventi tra personaggi diversi sono collegati, e magari non riuscite a capire alcune evoluzioni delle vostre coppie del cuore.

Inoltre, vi informiamo che questo capitolo, assieme al prossimo, saranno un po’ corti – forse, per alcuni, anche poveri. Tuttavia, vi anticipiamo già che il capitolo cinque avrà tante sorprese, e speriamo vi piaccia così come è piaciuto a noi scriverlo! (◕‿◕✿)

Bene, sembra che dobbiamo salutarci qui!

Alla prossima! ♥

 

papavero radioattivo





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Capitolo 4
*** PARTE PRIMA ―「capitolo quattro」 ***











C A P I T O L O

quattro

 

 

 

 

 

Sasuke si sedette ad uno dei tavoli gialli del bar dell’università, controllando l’orologio del cellulare che segnava le dodici e venti. Aveva ancora dieci minuti di tempo per cambiare idea e presentarsi alle lezione di Statistica, ma non si mosse e rimase lì, estraendo un libro e gli occhiali dalla tracolla per passare quei dieci minuti vuoti in cui Sakura sarebbe dovuta arrivare.

L’espressione che le si era stampata sul viso in libreria lo tormentava ancora adesso, e lo aveva fatto per tutta la mattina. Gli ricordava terribilmente la faccia che aveva fatto quando l’aveva salutata prima di partire per Londra, ma questa volta sembrava ancora più ferita.

Sospirò facendo scorrere gli occhi sul libro, cercando di non pensare a niente che non fosse Microbiologia, almeno fino a quando lei non fosse arrivata.

Era in ritardo, però.

L’aspettò continuando a leggere, sicuro che si sarebbe presentata. Dopo un buon quarto d’ora si sentì chiamare e, sollevando la testa, se la trovò lì davanti, con il cappotto sul braccio e la borsa ancora aperta.

«Sono in ritardo, scusami» mormorò sistemandosi, sciogliendo i capelli dalla piccola coda che li teneva in ordine, «ma ho finito Diagnostica leggermente più tardi del solito».

«Non fa niente…», la rassicurò togliendosi gli occhiali e chiudendo il libro, poggiandolo sul tavolo.

Sakura sorrise prendendo posto davanti a lui, si sentiva una stupida, si vedeva che erano entrambi in imbarazzo, e la cosa non aiutava.

«Cosa stavi leggendo?» provò a chiedergli, cercando di riempire quel momento di silenzio.

Non ricordava che portasse gli occhiali quando frequentavano la stessa classe, ma doveva ammettere che gli stavano bene.

«Un saggio sulla microbiologia» il suo tono era distaccato, ma cosa pretendeva? Nella loro amicizia si era infiltrato un divario di quattro anni.

Sorrise, smorzando la tensione che la costringeva a giocherellare con il ciondolo a forma di fiore che aveva al collo. «Virus, prioni, funghi e alghe» rispose, elencando quello che sapeva sull’argomento.

«E lieviti e protozoi» aggiunse lui, le labbra inarcate in un leggero sorriso che gli colorava il viso.

La Sakura interiore esultò, Sarebbe ancora più bello se sorridesse sempre, si disse.

Cercò di mandare avanti il discorso, ma stranamente Sasuke parlò prima di lei, «quindi frequenti Medicina?» le chiese, e lei annuì con un sorriso.

«Medicina, e tu Biologia, immagino» rispose, «è strano, ma ho sempre pensato che avresti fatto qualcosa come Matematica…» ammise stringendosi un po’ nelle spalle.

«In realtà faccio un sacco di Fisica e Statistica, quindi...».

«Quindi non ci sono andata lontana», si sentiva una completa cretina, impacciata e imbarazzata.

Oh, shannaro, Sakura!, si disse, e in quel momento il cellulare di Sasuke squillò.

Lo vide guardare il nome che lampeggiava sul display, e poi spostare gli occhi su di lei, «scusami, ma devo rispondere» le disse, portando l’apparecchio all’orecchio.

Sakura chinò lo sguardo lasciandolo fare, cercando di non prestare attenzione alla sua conversazione, vedendolo annuire tre o quattro volte.

«Vieni qui a novembre?» lo sentì chiedere, «va bene, anche io» aggiunse, e poi spostò il telefono lontano dall’orecchio mentre una voce femminile, distorta dalla linea, urlava dall’altro capo del telefono. Sasuke arricciò il naso, facendo una smorfia, «ciao, sì. Ciao Asami».

Asami…

Lo guardò chiudere la chiamata e rimettere il telefono in tasca. Sakura avrebbe voluto chiedergli chi fosse, ma era chiaro che fosse una certa Asami, e che di conseguenza non doveva interessarle, anche se le importava eccome, in realtà.

Si sforzò di sorridere e poi chinò il capo sul tavolo, «penso che mi prenderò un » fu l’unica cosa che riuscì a dire, «ti va?» chiese, e Sasuke annuì.

Eppure lei avrebbe solo voluto capire chi diavolo fosse questa Asami.

 

― ♦ ―

 

Ino si strinse la borsa al fianco mentre faceva lo slalom tra le persone ferme, senza un motivo apparente, nel corridoio. Aula Q603, secondo piano. Aula Q603, secondo piano. Si ripeteva come fosse un mantra le coordinate che Tenten le aveva scritto su whatsapp. Aveva qualcosa di estremamente importante da chiederle e, a quanto sembrava, la ragazza pareva aver capito che l’urgenza c’era davvero. Anche se, trattandosi di Ino, poteva essere una cavolata.

Un po’ le dispiaceva, constatò Ino, aveva abbandonato la dolce compagnia di Sai, seduti sul muretto che dava nel chiostro di quelli di Design a parlare del più, del meno, e della rimpatriata che lei voleva fare. Sai le dava corda e le sorrideva con dolcezza, era bello e le faceva le carezze alle mani e alla schiena e aveva tutto quello che Ino poteva desiderare da un uomo.

Ci stava provando? Come non aveva mai fatto in vita sua. Per ora, si limitava ad occhiate fugaci e carezze casuali alle sue dita, si scontrava con lui a lavoro e fingeva di essere così sbadata da finirgli spesso addosso. Le riusciva piuttosto bene, in realtà, fare finta di essere disattenta costantemente. Non vedeva l’ora di raccogliere ciò che stava seminando.

Salì le scale in senso opposto al flusso di studenti, pregando che nessuno le tirasse i capelli o le stropicciasse la gonna e, quando finalmente giunse all’inizio del corridoio, ritornò a respirare. L’aula che aveva davanti a sé era la Q600, quindi Tenten non doveva essere tanto lontano.

E infatti eccola lì, appoggiata alla finestra con Neji davanti a lei, che le aggiustava il colletto della camicia e le posava una mano sul fianco e si chinava verso il suo orecchio a… «TENTEN!» gridò, agitando un braccio e correndo verso i due, impendendo a Neji di sussurrarle qualsiasi cosa stesse per dirle. «Finalmente ti ho trovata» continuò, unendo le mani dietro la schiena e dondolandosi sui talloni.

«Credevo di averti detto che ci saremo viste per le due, Ino…» le borbottò l’altra, mentre Neji, arreso all’evidenza che il cosmo doveva avercela con lui, si spostava dalla ragazza.

«Davvero?» c’era un’innocenza finta nella sua voce, il diavolo travestito da angelo, «credo di aver spento il 3G prima che mi arrivasse il messaggio» disse in tono di scuse. «Comunque!―» riprese a parlare con il suo tono allegro e squillante, ma fu bloccata dalla mano di Tenten.

«Prima che tu dica qualcosa di veramente stupido, Neji sa già che sai»  la informò, cercando la mano dell’altro.

«Che so che cosa?».

«Che stiamo assieme».

«E spero per te che tu non l’abbia detto a nessun altro, Yamanaka» disse Neji, prima di appoggiarsi alla finestra di fianco alla fidanzata e tirare fuori il cellulare dalla tasca.

«Oh, no, no. Non sono quel genere di persona» mentì, «lo sappiamo solo io, Sakura e tua cugina» disse, ponendo l’accento sull’ultima parola, annuendo vigorosamente, «pensavo di dirlo anche a Sai ma poi ho scoperto di aver di meglio da parlare con lui, non so se mi spiego» concluse, facendo l’occhiolino.

«Non voglio che ti spieghi» le rispose inacidito Neji, ma prima che la bionda potesse ribattere, Tenten si era già messa tra i due.

«Ino» la chiamò Tenten, «cos’era così importante da mandarmi tre messaggi vocali?».

«Io e Sai abbiamo deciso di organizzare una rimpatriata della nostra classe del liceo!» lo aveva urlato, perché ora mezzo dipartimento di Giurisprudenza e scienze economiche li stava guardando.  Neji stava morendo di vergogna e, se la finestra non avesse avuto le sbarre, ci si sarebbe buttato. «E quindi dovete venire anche voi» continuò, ignorando lo smorfie dello Hyuga, «anche come coppia, se volete. Come amici, futuri sposi… decidete voi. Ma siete stati in classe con noi, quindi non si discute».

«Io non vengo» proferì Neji.

«Oh no, tu vieni, Neji!» insistette Ino, allungandosi verso di lui e sbattendo le ciglia come fosse una principessa Disney, «ne va della tua reputazione, sai? Gira voce che sei gay, dato che non ti vedono mai in giro con loro a rimorchiare le ragazze». In realtà non era affatto vero: le ragazze che Ino aveva incontrato di giurisprudenza alla mensa lo trovavano piuttosto affascinante. Il bel tenebroso sexy – e sfortunatamente già impegnato con qualcuna.

Tanto Sai è mille volte più figo. Si disse. E mille volte più sexy.

«Smettila di mentire, Ino. Neji fa quel che gli pare» lo difese Tenten.

«Quindi venite?» chiese nuovamente, «tanto so che lo farete. Tenten non mi abbandonerebbe mai, vero Ten-chan?» e le si buttò  al collo, sfregando la guancia contro la sua, cantilenando quello stupido soprannome. Ino e la sua brutta abitudine di appiccare un “-chan” a qualsiasi nomignolo per ottenere quello che voleva.

Neji sospirò, stanco. «Ci penseremo solo se te ne vai e ci lasci in pace» proferì.

«EVVIVA!» i suoi occhi erano a forma di cuore, ci mancava poco che iniziasse a saltellare, «sarà questo sabato, comunque, dato che nessuno di noi ha lezione» annuì soddisfatta del proprio lavoro, fece per andarsene ma, come se avesse ricordato una cosa importante, si riavvicinò alla coppia. «Tenten, un’ultima cosa» le disse, «domani pomeriggio ci vediamo con Hinata e Sakura per andare a fare shopping. Ho già controllato i tuoi impegni sul calendario in cucina e puoi, quindi niente scuse stupide dato che il tuo fidanzato ormai lo conosciamo e lui sicuramente acconsentirà, vero?» e fece l’occhiolino a Neji, «farò diventare la tua Tenten una bomba sexy, Hyuga» e corse via prima che uno dei due la uccidesse. 

 

― ♦ ―

 

Già dalle scale, Sai sapeva che ci sarebbe stato qualcosa in casa che lo avrebbe disturbato. Sembrava che Naruto stesse guardando un documentario sugli animali domestici. Aprì la porta, immaginando già le urla di Shikamaru perché un certo SouariTem continuava a batterlo in quel suo stupido gioco, Choji che mangiava le patatine buttato sul divano, incurante delle briciole, e Naruto sul tappeto che guardava il documentario sui cani.

«PENNY! DANNAZIONE VIENI QUI!» Kiba chiamò il cane bianco che aveva travolto Sai all’entrata, mentre teneva in braccio un chihuahua  nero che, a prima vista, sembrava strabico. Penny si alzò su due zampe, appoggiandosi a Sai e abbaiando forsennatamente. «Penny, buona piccola. Buona… vieni giù, non abbracciare Sai. A Sai non piacciono gli abbracci» la chiamò ancora un paio di volte, e finalmente il grosso cane liberò il ragazzo, permettendogli di entrare in casa.

«Kiba… non hai sbagliato porta?» chiese, togliendosi la giacca, cercando di contare quanti cani ci fossero nella loro sala mentre Naruto lo salutava e nel contempo pettinava un barboncino bianco.

«Non ho sbagliato porta! Mi credi così stupido, eh, signor Perfezione?» gli sbraitò contro mentre il suo cane, Akamaru, iniziava a giocare con Penny. Si assomigliavano, forse erano della stessa razza. «Sono di qua perché Lee ha rotto il formicaio di Shino, così Shino ha fatto a pezzi Lee e ora sta cercando di recuperare le formiche. E dato che io devo prendermi cura di tutti questi cani…» e fece una carezzina al chihuahua «e poi Naruto ha detto che non c’erano problemi. Saske si è chiuso in camera con il suo gattaccio e viviamo tutti felici e in armonia, non vedi?».

Dalla camera di Shikamaru arrivò un’imprecazione e una sedia sbattere contro il pavimento ripetutamente. Si era incollato alla sedia e stava saltando?

«Comunque Ino Yamanaka voleva organizzare una rimpatriata» informò sedendosi sul divano, catturando l’attenzione di tutti. Pure i cani si erano improvvisamente zittiti. «Sabato al BarbeQ, forse, oppure in un ristorante wok… ha detto che ci dobbiamo essere tutti».

«MA CHE BELL’IDEA!» gridarono, quasi all’unisono Naruto e Kiba, «sì, saranno diventate di sicuro delle super fighe» continuò Kiba, annuendo.

«Le ho viste, io, l’altra sera!» commentò Naruto, alzandosi in ginocchio, «sono super super super super fighe. E comunque al BarbeQ no, io ci lavoro lì». Nessuno aveva ascoltato la sua richiesta di evitare quel ristorante, ma poco importava.

Kiba rise, trascinando in una risata anche il biondo. «Noi ci siamo» disse, «e anche Choji viene. Lee e Shino li convinco io».

«Neji viene già, Ino lo ha incontrato in università» informò Sai.

«Shikamaru?» chiese Naruto.

«Ce lo trasciniamo dietro» commentò Choji, «così magari si stacca da LOL e la smette di minacciare di morte SouariTem».

«E Sasuke?» fu Kiba a fare la domanda. Calò un attimo di silenzio imbarazzante tra i ragazzi, e nessuno osava rispondere.

«Glielo chiedo io» disse Naruto, convinto, «l’ho fatto uscire con Sakura-chan, no?» e rise. Ma era l’unico a trovare la situazione divertente.

 

― ♦ ―

 

«Io te l’avevo detto, Sakura!» affermò Ino lanciandole un paio di pantaloni fra le braccia, incominciando poi a rovistare fra delle magliette. «Sarà la sua fidanzata! Non mi risulta che abbia una sorella» aggiunse sollevando un maglione e lanciandolo a Tenten che accompagnava Hinata, già carica di cose da provare in camerino, «ammesso che suo fratello non abbia fatto un cambio di sesso, allora non dovresti farti così tante paranoie», si fermò guardando le scarpe in esposizione, «un’amica che lo viene a trovare da Londra? Impossibile» sentenziò retorica, bocciando l’idea della conoscente e le scarpe su cui aveva messo gli occhi.

Sakura sospirò osservando i capi d’abbigliamento che stringeva fra le braccia. Erano tutti decisamente fuori dal suo stile, ma a questo Ino non pensava mai, bastava vedere che diavolo di vestiti voleva far provare alla povera Hinata.

«Non mi sto facendo nessuna paranoia, dico solo che non…» il resto della frase le morì in gola.

«Non cosa? Non ti ha nemmeno chiesto scusa?» ribatté retorica Ino, «non mi dire!» aggiunse ironica, consegnando a Tenten un paio di pantaloncini decisamente troppo corti.

«E con cosa dovrei metterli, scusa?» le chiese la ragazza, sventolandoli a mezz’aria.

«Con delle calze, Tenten! Calze, precisamente collant» rispose Ino stizzita, «ho detto a Neji che saresti stata una bomba sexy, non ti lascerò venire in jeans!».

Aveva l’aria di una paladina della giustizia aliena, catapultata sulla terra per salvare il mondo dal pessimo gusto in fatto di moda.

«Comunque…» aggiunse girandosi verso le amiche, «voi iniziate a provare quello che vi ho dato, trovo una maglia a fronte spaziosa e arrivo!» affermò, spingendo verso i camerini del negozio Tenten ed Hinata.

Sakura attese che furono abbastanza lontane, e poi continuò a seguire Ino, «pensavo di far notare a Naruto che Hinata è innamorata di lui» ammise, ed Ino sospirò.

«Tu devi smetterla di pensare agli altri e pensare un po’ di più a te stessa, cara mia» l’apostrofò spiegandole una maglietta davanti al petto, arricciando poi il naso e rimettendola al posto.

«Io penso già a me stessa, e quando penso a me stessa arriva una chiamata di Asami» le rispose, osservando alcuni vestiti decisamente più alla sua portata dei pantaloni in pelle che Ino le aveva passato. «Starebbero bene assieme» aggiunse, spostando di nuovo l’argomento lontano dalla chiamata della fantomatica Asami, «Naruto ed Hinata, intendo».

«Cielo! Meno male, pensavo i pantaloni di pelle e quell’osceno vestito rosa» le rispose, neanche avesse visto un fantasma.

«Lei è molto dolce e―».

Ino la interruppe, «e tu vuoi che Naruto sia felice, lo sappiamo» brontolò Ino, e poi sorrise sollevando una maglia, «eccola qua!» affermò, controllando la taglia e poi passandogliela, «dovrebbe andarti alla perfezione, tanto sei piatta».

«Non sono piatta!» affermò l’altra, stringendosi i capi d’abbigliamento al petto.

«No, hai due mandarini, scusami, e adesso vai a provarli e smettila di pensare a come puoi far fidanzare il mondo e incomincia a pensare a come puoi fidanzarti tu!» la rimproverò, spedendola nel camerino affianco a quello di Hinata.

Passarono un’ora intera provando vestiti sotto gli occhi attenti di Ino che, seduta su una poltrona, non faceva altro che commentare con smorfie e aggettivi quali “ridicolo” e “orrendo”, e frasi come “sembri una bomboniera” o “troppo scolaretta”. Solo quando lei fu soddisfatta dagli abbinamenti poterono finalmente pagare e lasciare il negozio.

«Saremo quattro super fighe, ragazze!» commentò sventolando una delle quattro borse che teneva in mano, prendendo poi sottobraccio Hinata e Sakura, cercando di convincere Tenten ad unirsi al gruppo.

 

 

 

 

 

 

 

N O T E D ‘ A U T R I C I ; siamo in missione per conto del Signore.

 

 

Buon pomeriggio

Siamo super puntuali con colla, e crediamo che lo saremo ancora per molto (fino a fine febbraio sicuro!) e la cosa ci piace molto, incrementa la nostra voglia di scrivere e non vediamo l’ora di aggiornare per far leggere a voi il capitolo~

Allora, cosa dire? Questo capitolo è un po’ più corto dei primi tre (che si aggiravano attorno alle 3.000 parole, questo è di circa 2.500) e quindi ci scusiamo nel caso questa differenza si senta molto – vi avvisiamo già che ci saranno dei capitoli più corti di altri (anche di 2.300 parole) ma preferiamo tenerli così per la suddivisione degli eventi, non vogliatecene!

Quindi sì / il prossimo capitolo sarà la rimpatriata, avete capito bene ┌(з)┘ ci sembra di ricordare che qualcuno la aspettasse con particolare ansia, quindi, chiunque tu sia, sappi che il 17 gennaio tutti i tuoi desideri saranno soddisfatti (eh, magari!!).

In queste note, inoltre, vogliamo dirvi due piccole curiosità riguardo colla, che ci teniamo che voi sappiate.

- Tutti i personaggi che avevano le abilità oculari nell’universo di Naruto, in colla portano gli occhiali e/o le lenti a contatto. Quindi sì, voi non lo sapete, ma Sasuke, Hinata e Neji indossano le lenti a contatto e, quando non le hanno su per svariati motivi (come Saskino in questo quarto capitolo) brandiscono fieramente i loro occhiali.

- L’altra cosa che volevamo dirvi (svelarvi? ZANZAN!) sono le facoltà che i nostri baldi giovani frequentano. Abbiamo deciso di dirvele nelle note per il semplice motivo che nel testo potrebbero non essere esplicitati tutti, o citare i loro corsi senza riuscire a parlare invece delle facoltà. Sono state scelte secondo un nostro criterio, quindi potrebbero benissimo non coincidere con la vostra visione delle cose. L’IC dei personaggi è una cosa a cui abbiamo tenuto molto e le facoltà sono state scelte anche in base a questo. Se avete qualche perplessità o siete curiose sul perché abbiamo scelto una facoltà piuttosto che un’altra ad un personaggio, non esitate a chiedere! ^^

Naruto e Rock Lee Scienze motorie, sport e salute

SasukeBiologia

SaiRestauro manufatti dipinti su supporto ligneo e tessile

ShikamaruInformatica

ChojiScienze e cultura della gastronomia e della ristorazione

KibaScienze veterinarie

Shino Scienze e tecnologie agrarie

NejiGiurisprudenza

Sakura Medicina e chirurgia

InoDesign della moda

TentenEconomia e politiche pubbliche, ambiente e cultura

HinataFisioterapia.

Come avete notato, abbiamo anche cambiato l’impaginazione e il font della storia e vorremo chiedere a chi recensirà se preferisce l’Arial (il carattere attuale) o il Times New Roman (quello precedente) e se è abbastanza grande da essere letto piacevolmente ^^

Inoltre, vorremo avvisare che non manderemo più gli aggiornamenti privati, i seguiti/preferiti/ricordati alle storie sono diventati troppi per poter essere informati uno ad uno ma, chi volesse comunque un messaggio, può farcelo sapere che provvederemo a mandarglielo In tutti i casi la data dell’aggiornamento successivo sarà esplicitata nelle note a fine capitolo.

Ultima cosa ma non ultima, vorremo ricordare a chi segue la storia che abbiamo aperto il gruppo di Colla su facebook, di cui trovate il piccolo banner qui sotto.

 

Per oggi è tutto!

Buona settimana e grazie per aver letto!

 

papavero radioattivo





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Capitolo 5
*** PARTE PRIMA ―「capitolo cinque」 ***











C A P I T O L O

cinque

 

 

 

 

 

I fari della macchina lampeggiarono un paio di volte, seguiti dal rumore morbido della serratura delle portiere che scattavano.

«Io davanti!» esordì Ino, correndo come una gallina sui tacchi e fiondandosi alla postazione del passeggero, spalancando la portiera e rischiando che venisse portata via dalla moto che viaggiava per fatti suoi.

Sakura sospirò, scivolando nei sedili posteriori, osservando il volto nervoso di Hinata dato dal pericolo che la sua macchina aveva appena scampato. Ma non aveva detto nulla, come al solito. Doveva tirare fuori le grinfie, quella ragazza. Ci avrebbe pensato lei, questo era poco ma sicuro.

Hinata si accomodò sul sedile, infilando le chiavi nella serratura e accendendo la vettura. L’aria calda riempì presto l’abitacolo e sciolse il freddo che aveva impregnato le loro ossa. Ino fece un sospiro di sollievo prima di accendere la luce interna della macchina, tirando giù il parasole dell’auto, iniziando a muoversi sul sedile per cercare di riflettersi nello specchietto.

«Ino…» la chiamò Sakura, preoccupata, «che diavolo stai facendo? Non hai nemmeno messo la cintura!» e lanciò un’occhiata a Hinata che continuava a guidare con una prudenza sovrumana, probabilmente data anche dalla  posizione di Ino, quasi in ginocchio sul sedile.

«Devo finire di mettermi il mascara!» borbottò, tirando fuori dalla borsa nera e oro il cosmetico, stampandosi in faccia un’espressione ebete che avrebbe dovuto aiutarla a dare volume alle sue ciglia già di per sé folte.

«Stanno bene così» ribatté l’amica, agitata, «e poi, scusa, non potevi farlo a casa?».

«No! Non potevo» e si spostò i capelli perfettamente acconciati sull’altra spalla, passando all’altro occhio, «non fare come Tenten che ha da ridire su tutto ciò che faccio, ok?» sembrava così stizzita! Se Sakura avesse saputo che la sua reazione fosse stata quella che le aveva riservato, probabilmente avrebbe chiesto a Neji di accompagnare anche lei.

«Ho capito, maialina» disse d’un tratto, accomodandosi sul sedile e incrociando le gambe, «ti fai gli occhi da cerbiatta per Sai, non è vero?» chiese. E per qualche motivo Hinata arrossì.

«Beh, è tutta la settimana che flirtiamo…» confessò la bionda, chiudendo il mascara per prendere un’altra diavoleria comprata in profumeria da mettersi in faccia, «prima o poi mi bacerà, e sarà tutto assolutamente perfetto!» e sospirò come sospirano le principesse dei film, «e io sarò perfetta, quindi lasciami in pace, intesi? Tu pensa a muovere bene quei tuoi fianchi da fatina che ti ritrovi per svegliare il cervello a quell’idiota di Saske».

«Comunque siamo in ritardo» mormorò Hinata, ormai nel panico.

Ino si attorcigliò una ciocca attorno alle dita con fare indifferente, «siamo le ospiti d’onore, Hinata, non siamo in ritardo» la rassicurò, ignorando completamente quanto alla ragazza desse fastidio non essere puntuale agli impegni.

«Tanto Naruto arriverà ancora più in ritardo di noi, quindi» commentò Sakura, provocando la risata di Ino.

 

― ♦ ―

 

Hinata parcheggiò l’auto, arrotolandosi la sciarpa gigante che Ino le aveva prestato attorno alle spalle, prese la borsetta incastrata abilmente di fianco al freno a mano e scese dalla macchina, facendo attenzione a non inciampare sull’acciottolato con gli stivali dal collo esageratamente lungo ed esageratamente alti che aveva indossato. Ino sgambettava verso la passerella senza buche e saltellava per il freddo, aspettando che Sakura la raggiungesse per potersi stringere a lei.

«Gli altri saranno entrati, sì?» domandò la bionda, attaccandosi a Sakura, «fa talmente freddo qui fuori!».

«È perché sei mezza nuda, Ino» le fece notare Sakura, iniziando ad incamminarsi verso il ristorante, «hai deciso di vestirti da figa e… beh, questo il risultato. Potevi almeno metterti un paio di calze più pesanti» le consigliò, riferendosi al vestito troppo corto.

«Mai!» la rimbeccò la ragazza, «un look total black da testa ai piedi? Che oscenità!» e rise, «e poi… così è molto più sexy, non trovi?».

«Già» annuì Sakura, «ed è anche un ottimo pretesto per un raffreddore, considerando la scollatura che hai sulla schiena».

Appena entrarono nel ristorante Ino si staccò da Sakura, afferrò la pochette con entrambe le mani e iniziò a camminare come se fosse su una passerella, cercando con lo sguardo il tavolo che poteva contenere più o meno le tredici persone che aveva riunito. Squadrando tutta la sala, finalmente, vide Tenten che agitava il braccio verso di loro, invitandole a riunirsi. Alla fine si è messa quello che le avevo consigliato, si disse Ino, soddisfatta del look un po’ rock e un po’ hipster che le aveva proposto, ma comunque molto sensuale. Spostò l’attenzione al tavolo, occupato solo da Kiba e Shino e, in tutta franchezza, non erano esattamente le persone che lei aveva voglia di incontrare.

«Siete arrivate» borbottò Neji, rivolgendo un veloce sguardo ad Hinata come segno di saluto.

«Ino ha finito di prepararsi tardi…» borbottò Sakura, sedendosi di fianco a Tenten.

«E non ci salutate?» Kiba si inserì nella conversazione con un tono a metà tra l’irriverente e il divertito, appoggiando il gomito allo schienale della sedia, «capisco che siete diventate tutte super fighe e puntate in alto, ma ci siamo anche noi, sapete?».

«Come stai?» gli chiese allora Hinata, affiancandolo mentre si toglieva la sciarpa e la ripiegava sulla sedia, ignara del fatto che Kiba la stesse squadrando da capo a piedi e si fermava a guardare il lembo di pelle che compariva tra la gonna e gli stivali, «è da un po’ che non ci vediamo, Kiba-kun».

«Hinata!» disse, alzandosi per abbracciarla, «da quanto tempo» e sfregò la guancia contro la sua, facendole le stesse moine che le riservava quando doveva studiare per un esame ma non aveva voglia e chiedeva il suo aiuto, «come sei cambiata… guardati!» le prese la mano e la fece volteggiare su sé stessa, facendola ridere. Erano così buoni amici al liceo… «Shino, Shino! Guarda Hina-chan come è diventata bella» disse, cercando di catturare l’attenzione dell’amico, il quale rivolse un veloce sguardo ai due, poi un sorriso debole.

«Ciao Hinata».

«Ciao anche a te, Shino-kun» gli sorrise, sedendosi finalmente.

Sakura seguì la scenetta, sorridendo alle smancerie di Kiba, pronta ad intervenire nel caso quel cane iniziasse a provarci con Hinata. Non avrebbe mai accettato che una ragazza calma e tranquilla come lei finisse in mano ad uno sconsiderato come quel dog-sitter da quattro soldi – come lo aveva chiamato Ino dopo ave saputo, da Sai, con cosa si guadagnava da vivere. Nella testa di Sakura, il piano era perfetto: far sedere Naruto vicino a Hinata e fare in modo che si conoscessero e flirtassero. Sì. Desiderava ardentemente che i due si mettessero assieme – li trovava assurdamente carini come coppia. E poi Naruto si scollerebbe finalmente da Saske, si disse.

«Shikamaru, metti giù quel telefono, forza» borbottò Choji, avvicinandosi al tavolo. Erano arrivati anche loro. Appena Ino riconobbe la voce del ragazzo balzò in piedi, andando ad abbracciarli.

«CHOJI!» urlò, stringendogli le braccia al collo, ritrovandosi sollevata da terra in un poderoso abbraccio, «come te la passi, eh, omone?» gli disse, dandogli un colpetto sul petto, «sei dimagrito!» gli fece notare poi.

Choji, in tutta risposta, si colpì la pancia, «ho fatto un po’ di esercizio durante l’estate, anche se non ho rinunciato al mangiare» le disse. In effetti, anche se aveva perso un po’ di peso, rimaneva comunque gigantesco. Ben piazzato, lo definì. Risero entrambi mentre Shikamaru si accomodava a capotavola opposto a quello dove erano concentrate le persone, isolandosi dal mondo.

«Non lo accetto!» borbottò Ino, andando a sedersi vicino a lui, cercando di spiare dal cellulare, «saluta la mamma, Shikamaru, devi stare con noi!».

«Non è la mamma» la informò Choji, «è SouariTem» e si sedette alla destra di Shikamaru, prendendo il pacchetto di grissini e iniziando a mangiarli, «un tipo che lo batte continuamente ad un gioco, e adesso ci parla continuamente» disse, agitando il bastoncino di pane, «sta cercando di capire perché è così bravo».

Ino si accigliò, spostandosi la frangia dagli occhi, «Shikamaru…» lo chiamò piano, incassando la testa tra le spalle e avvicinandosi a lui, sbattendo le ciglia, «non è che stai iniziando una relazione a distanza con una persona che nemmeno sai com’è fatta?» gli bisbigliò, facendo andare di traverso il cibo a Choji, scatenando il panico negli occhi di Shikamaru, «voglio dire» si apprestò a chiarire, «non ho niente contro certe tendenze o le relazioni a distanza, sia chiaro! Però… sei sicuro che quella persona sia quella che dice di essere?... Ti ha mai mandato una sua foto o―».

«Capelli biondi e occhi verdi» borbottò Shikamaru, stizzito, premendosi il telefono al petto, «e non sto iniziando nessuna relazione con nessuno. Non so se ti è chiaro, Ino, ma io detesto SouariTem» sentenziò, «sono sicuro che ha fatto qualcosa al sistema del gioco e devo scoprire cosa».

«Lo odia davvero» annuì Choji e in quel momento le urla di Rock Lee riempirono il locale, mentre salutava Tenten con un poderoso «batti cinque»  seguito da una risata. Sembrava che solo quel gruppo fosse rimasto intatto durante le vacanze estive. Beh, è ovvio, constatò Ino, fanno judo assieme da quando sono piccoli, non li puoi separare in nessun modo, loro.

«Non mi saluti?» la voce di Sai le arrivò come balsamo per le orecchie. Si alzò dalla sedia, girandosi verso di lui. Era semplicemente bellissimo, con quella pelle pallida e i capelli tirati un po’ indietro. Quel sorriso. Quei pantaloni che gli cadevano perfettamente sulla pelle.

«Scusa, cercavo di staccare Shikamaru dal telefono…» gli disse, sbattendo le ciglia e unendo le mani dietro la schiena, «ti piace il mio vestito?» chiese, facendo una piccola giravolta su sé stessa. Adorava essere guardata, soprattutto se gli occhi erano di Sai.

«Ti sta molto bene…» confessò lui, spostandole una ciocca di capelli dalla spalla, «ti dona il nero».

«Qualcuno va in terza base stasera, eh!» commentò Kiba, osservando i due e sorridendo con fare malizioso, mentre Sai sospirava e metteva una mano sulla spalla di Ino, «ci sediamo?» le propose, spostandole la sedia.

«SAKURA-CHAAAN!» l’urlo di Naruto catturò l’attenzione delle altre persone della sala, mentre faceva lo slalom tra i tavoli, avvicinandosi alla ragazza, «scusatemi tanto per il ritardo. Davvero, scusate» ridacchiò passandosi la mano fra i capelli, quando il suo sguardo finì per qualche secondo sull’abbigliamento dell’amica, «oooh… ma sei bellissima, Sakura-chan!» la lusingò, prendendole la mano per farla alzare e guardarla per bene, «e hai messo i tacchi!».

Sakura non riusciva a capire se Naruto facesse sul serio o scherzasse, dato che non c’era molta differenza nel suo tono di voce o nelle espressioni de suo viso. Lanciò un rapido sguardo ad Hinata che, rossa in viso, faceva a pezzettini un grissino. Per un momento pensò che poteva essere gelosa di Sakura, forse, o arrabbiata perché Naruto non l’aveva assolutamente notata – ma cambiò subito atteggiamento, non era da lei fare così. Probabilmente si sentiva in soggezione e basta.

«La mia Sakura-chan è diventata una donna!» commentò infine Naruto, abbracciandola e appoggiando la fronte sulla sua spalla, «non preoccuparti, ti perdono per avermi preso a sberle per colpa del teme, davvero» e poi si ricompose, prendendo posto a capotavola, in modo da essere seduto vicino a Sakura.

Non va bene, si disse. Nella sua mappa mentale, quel posto era riservato a Sasuke, lui doveva stare vicino ad Hinata.

«Naruto…» lo chiamò Sakura, piano, «che ne dici di sederti lì?» e gli indicò il posto vuoto vicino alla coinquilina, «così possiamo parlare faccia a faccia, no? E mettiamo Saske a capotavola…» lo guardò con gli occhi più dolci che riuscì  a fare, convincendolo a spostarsi. Hinata si irrigidì di colpo quando la spalla di Naruto sfiorò la propria e girò il viso dalla parte di Kiba, farfugliando qualcosa su come stesse Akamaru.

«Dov’è Saske?» chiese, lisciandosi i pantaloni di pelle sulle ginocchia, guardandosi attorno. Era tentata di prendere il telefono e chiamarlo.

«È uscito con me, Lee e Sai. Però ha preso la moto…» borbottò Naruto, «sarebbe dovuto arrivare prima di noi. Guida come un pazzo, quello, non so che cosa gli hanno insegnato a Londra».

«Mi hanno insegnato le buone maniere, a differenza di te, dobe».

Allora era venuto.

Sakura si girò a guardare Sasuke. E non le era mai sembrato così bello. 

 

― ♦ ―

 

«È tutto buonissimo!» commentò Naruto che aveva già svuotato il piatto  riempito qualche attimo prima al buffet, «ma non c’è il ramen» aggiunse borbottando, ed Hinata sorrise, mangiando lentamente il riso alla cantonese che aveva nel piatto.

Sakura fece scorrere velocemente lo sguardo lungo tutta la tavolata. Alla fine, escluso Sai, si erano formati gli stessi gruppetti da tre persone che c’erano al liceo durante l’ora di pranzo. Shikamaru continuava a messaggiare ansiosamente al telefono sotto gli occhi di un Choji ormai stanco di chiedergli di smettere. Ino rideva e scherzava con Sai, facendogli provare dalle proprie bacchette un pezzo di carne che aveva preso per lei. Kiba rideva sguaiatamente, coprendo il chiacchiere di tutti gli altri, trascinando con sé anche Rock Lee che agitava il proprio bicchiere. Neji, piuttosto tranquillo, parlava a bassa voce con Tenten e sorrise, passandole con le mani una nuvola di granchio intinta nella salsa agrodolce.

«Hm?» si fermò ad un tratto Kiba, osservando lo Hyuga seduto davanti a lui, «cosa stai facendo, eh, Neji?» sibilò, il silenzio calò nel tavolo mentre Tenten prendeva la chela del granchio e mangiava la polpa attaccata. Kiba sembrò illuminarsi all’improvviso, Lee lanciò un urlo e la mascella di Naruto quasi cadde sul piatto, tanto era aperta.

«VOI DUE STATE ASSIEME!» gridarono all’unisono.  

«Finalmente la dea Amaterasu ha illuminato le vostre teste vuote» commentò Shikamaru, da lontano, provocando il sorriso di Shino e, notò Sakura, anche di Sasuke seduto alla sua sinistra.

«TU LO SAPEVI?» gridò Kiba, appoggiando con poca grazie il bicchiere sul tavolo, «lo sapevi e non ce l’hai detto? ChessSleepy?» lo stuzzicò.

«Smettila di chiamarmi ChessSleepy, Kiba» borbottò irritato, prendendo un pezzo di grissino che si era stranamente materializzato davanti a lui e lanciandoglielo, centrandolo in piena fronte, «è stato Choji a mettermi quel diavolo di soprannome».

«Certo» borbottò l’altro, con la bocca piena, cercando di discolparsi, «mi hai dato tu carta bianca, e io ho cercato un sito di generatori di nickname» e si tappò la bocca con un lungo sorso di birra.

«Non importa, non importa» si agitò Lee, muovendo le mani, «Neji sta assieme alla mia adorata Tenten e non me lo avete detto?! Ci conosciamo da sempre, che diamine!» si lamentò, afferrando il braccio allo Hyuga.

«Sapevamo che avresti fatto tutto questo casino, Lee» sospirò la ragazza, prendendo la mano a Neji sotto il tavolo. Hinata sorrise alla compagna di stanza e poi al cugino, conscia che la loro parentela sarebbe rimasta ancora in segreto, ma non le dispiaceva. Si alzò, lisciandosi la gonna fin troppo corta e, afferrando il piatto con entrambe le mani, si diresse verso il bancone del wok.

«Dove vai, Hina-chan?» gli chiese Kiba, fin troppo allegro, afferrandole un lembo della maglia grigia.

«A prendere da mangiare, vuoi qualcosa?» e sorrise come suo solito.

«Due ravioli al vapore, grazie!».

Sakura seguì la conversazione dei due e osservò la figura sinuosa scivolare tra i camerieri e le persone che si alzavano per andare al bancone. Poi guardò Naruto, con il piatto vuoto e l’espressione corrucciata per non aver capito che Neji e Tenten stessero assieme. Sasuke, a sinistra, mangiava silenziosamente con la forchetta e guardava il cellulare periodicamente – forse aspettava una chiamata da Asami.

«Naruto» lo chiamò d’un tratto Sakura, «anche se non c’è il ramen fanno una griglia ottima qui, puoi decidere come condirti la carne» e gli fece segno con il capo di avvicinarsi al bancone, «Hinata sa scegliere bene cosa mangiare, puoi chiedere consiglio a lei!». Così magari riuscivano a parlare, si disse Sakura, e lei poteva concentrarsi su Sasuke.

Naruto sembrò illuminarsi prendendo il piatto, «grazie, Sakura-chan!» disse, iniziando ad avviarsi.

«Senza il piatto, Naruto!» lo informò, facendoselo passare con un sorriso, lasciandolo poi libero di raggiungere Hinata, così da potersi concentrare su Sasuke.

Aveva senso continuare a provarci nonostante Asami?

No, forse no.

Raccolse il coraggio che le restava, ignorando lo scarso amor proprio che le ripeteva di smetterla di farsi del male con la voce irritante e saccente di Ino.

«Allora, Saske, com’è Londra?» sputò pizzicando con le bacchette la carne che aveva nel  piatto.

«Umida e fredda, e molto grande» le rispose, bevendo poi un sorso d’acqua.

Sakura si fermò ad osservare il pomo d’Adamo alzarsi e abbassarsi mentre deglutiva.

Quanto sono idiota! Ino ha ragione, si disse.

Sentiva il suo profumo anche da lì, era così forte da darle alla testa, e non in senso buono. Sapeva che qualsiasi tentativo di discorso sarebbe comunque stato vano: due o tre domande con relative risposte, e poi sarebbe di nuovo morto tutto. Non si poteva parlare di nulla, con Sasuke, o forse no.

«Ti sei iscritto al laboratorio di chimica?» chiese d’un tratto, colta da un’improvvisa illuminazione. Una ragazza che aveva conosciuto in università le aveva detto che era un laboratorio in comune con tutti i corsi che prevedevano la Chimica.

«Sì, l’altro ieri» le rispose lui, sollevando finalmente la testa dal piatto, «sei iscritta anche tu?».

Dentro di lei qualcosa esultò.

«Non ancora, ma pensavo di farlo se gli orari non si accavallano con la  Clown Terapia» sorrise, portando poi alle labbra un pezzo di carne. Non le restava che sperare di riuscire a gestire sia il corso pomeridiano, sia il suo impegno con i bambini dell’ospedale. Perché fra i due avrebbe di certo scelto il secondo, senza alcun ripensamento. Niente era più importante del volontariato e, anche se Ino le  avrebbe detto di fregarsene, non avrebbe di certo messo al primo posto la sua inesistente vita sentimentale.

Sasuke incrinò le labbra in un mezzo sorriso, ma lei non riuscì a capire perché. Aveva detto qualcosa di divertente? Non le sembrava proprio.

Un telefono squillò fra il chiacchiericcio della sala, e Sasuke si portò una mano alla tasca, estraendolo dai pantaloni.

«Ciao» disse, e Sakura si domandò perché diavolo il suo telefono squillasse ogni volta che lei provava a parlargli.

Il cosmo intero la detestava, probabilmente.

Grazie Kami, grazie davvero!, pensò concentrandosi di nuovo sul cibo che aveva nel piatto, origliando la telefonata.

Sentì Sasuke parlare di un parziale che avrebbe dovuto dare a Novembre, annuire un numero spropositato di volte, e poi congedare chiunque i fosse dall’altro capo del cellulare con un “sono fuori, ti richiamo quando torno a casa” seguito da un “anche io” che gli tinse le guance di un rosa pallido.

Era Asami, di sicuro era lei. Era inutile farsi tanti problemi, lui aveva trovato una fidanzata e lei avrebbe dovuto farsene una ragione. Era un bel ragazzo, fuori dalla sua portata, tutte le ragazze avevano avuto una cotta per lui, e lei restava solo una delle tante che non aveva fatto altro se non sperare che lui scegliesse lei. Era stupido. Non poteva restare ancorata al passato per sempre, eppure era come una coltellata al petto.

Si alzò dal tavolo abbandonando le bacchette nel piatto, «vado al bagno» comunicò a Tenten che, distogliendo lo sguardo da Neji, assentì.

Lanciò una rapida occhiata a Naruto, affiancato da Hinata davanti al bancone della griglia, e le sue labbra si inarcarono in un leggero sorriso.

Se non altro il suo piano aveva funzionato. Almeno quello.

 

 

 

 

 

 

 

N O T E D ‘ A U T R I C I ; siamo in missione per conto del Signore.

 

 

Siamo tornate! Puntualissime anche questa volta con un pezzo di questa (tanto attesa) rimpatriata.

Innanzitutto speriamo che vi sia piaciuto, e che fosse all’altezza delle vostre aspettative. Ringraziamo come sempre tutti quelli che ci leggono e trovano il tempo di lasciarci un commentino. Siete tutti fantastici, e davvero, ancora non ci capacitiamo di tutto questo successo.

Passiamo ora al lato un po’ più tecnico, ecco.

Vi informiamo che sappiamo che in Giappone non esiste la Clown Terapia, ma che ci siamo prese questa licenza poetica di inserirla ugualmente, soprattutto perché troviamo estremamente carino che Sakura si impegni in un volontariato in ambito ospedaliero, lavorando con i bambini malati. Per com’è fatta lei, per la sua personalità, la vediamo molto in veste di clown dottore con il nasino rosso, a portare un po’ di felicità ai bambini malati – senza contare che la preparazione per questo tipo di volontariato è molto impegnativa e preceduta da un colloquio di selezione. Insomma, un buon modo per Sakura per confrontarsi con il mondo e unire, in un certo modo, l’utile al dilettevole.

Sasuke mangia con la forchetta perché, semplicemente, è abituato a Londra dove ha mangiato con la forchetta per motivi logistici, insomma. Nella nostra testa Sasuke è un piccolo inglesino super-perfetto, ci sembrava divertente e adatto al suo personaggio al contempo.

Per quanto riguarda i vestiti delle ragazze, sappiamo di non averli descritti alla lettera, ma ci avrebbe rubato spazio e avrebbe interrotto più volte la narrazione, tuttavia se desiderate, pensiamo di pubblicare sul gruppo facebook della fan fiction questi super vestiti scelti con occhio critico della Yamanaka.

Il ristorante in cui si trovano è basato sul wok&sushi di Roncadelle (Brescia), dove andiamo a mangiare (quasi) tutte le volte che ci incontriamo. E sì, Shikamaru su LOL si chiama ChessSleep, da Kiba storpiato in ChessSleepy. Le motivazioni del perché questo nome sono spiegate nella storia e quindi non le ripetiamo – tuttavia non sappiamo se c’è qualcuno che si chiama così nel server di LOL e ci scusiamo nel caso così fosse. Stessa cosa per questo misterioso SouariTem. Shikamaru in tutti i casi è troppo pigro per cambiarsi nome, quindi ha tenuto quello.

E poi beh… ci sono degli intrusi, a quanto pare, eheheh. Asami e SouariTem, eh? Chi lo sa. ~

In vista del capitolo successivo, vi informiamo che compariranno in modo altalenante dei personaggi nuovi, originali, che hanno il solo scopo di rendere più ricca la trama, e quindi di migliorare la storia.

Ecco tutto.

Vi informiamo che il prossimo capitolo verrà pubblicato il 24, e come sempre vi ricordiamo che non inviamo più gli aggiornamenti, e che abbiamo aperto un gruppo su Facebook riguardante la storia in cui mandarvi gli aggiornamenti, gli spin-off e informazioni varie, senza contare che siete diventati veramente in troppi per avvisarvi tutti, scusateci! >w<

Se qualcuno volesse unirsi trova il link qui sotto, new entry sono sempre bene accetti! ~

 

Ancora grazie, e vi salutiamo.

Un bacio.

 

papavero radioattivo





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Capitolo 6
*** PARTE PRIMA ―「capitolo sei」 ***











C A P I T O L O

sei

 

 

 

 

 

Hinata guardò Sakura avviarsi verso la porta del bagno, il loro sguardo si incontrò per qualche secondo, il tempo che l’amica le facesse l’occhiolino e poi s’infilasse dietro una fila di paravento decorati con motivi floreali. Si sentì improvvisamente ribollire il viso mentre chinava il capo, il piatto vuoto stretto fra le dita tremò appena, minacciando di cadere.

«Tutto bene, Hinata?» le chiese Naruto chinando il capo di lato, osservandola con sguardo interrogativo. Le sembrava sul punto di svenire, e – da quel che ricordava – era successo più di una volta che cadesse sul pavimento a peso morto, quindi non sarebbe stato un evento tanto strane e particolare. Non aveva mai capito il perché, però.

Forse soffriva di cali di zucchero.

Le posò una mano dietro la schiena, cercando di prevenire un suo eventuale crollo, ma appena le sue dita entrarono in contatto con la stoffa della sua maglietta la ragazza si irrigidì, facendosi più in là, schivando la sua mano.

«T-tutto bene, Naruto-kun» la sentì balbettare, e poi sorrise indicando della carne cruda sul bancone, «l’anguilla è buona» gli disse, riempiendosi poi il piatto con del pollo.

Naruto sorrise guardandola, «Beh, ho mangiato carne tutta sera, quindi posso cambiare un po’» le rispose, e lei lo aiutò riempiendogli il piatto con il pesce.

«Ci metti su la mollettina con il numerino del tuo tavolo» gli spiegò passandogli una pinzettina di legno, «e poi poggi il piatto qui, e loro te lo portano quando è pronto!».

Naruto non ricordava di averle mai sentito fare un discorso tanto lungo davanti a lui, solitamente al liceo farfugliava qualcosa e poi scappava, oppure sveniva o balbettava qualcosa che lui faticava a capire. Ma forse era anche colpa sua, non si era mai fermato ad ascoltarla davvero.

La seguì andando a posare il piatto sul banco della griglia, in fila, dietro tutti gli altri, quando una mano gli sfiorò il braccio.

«Naruto! Cosa ci fai qui?» gli chiese una voce femminile familiare.

Era Mai, una ragazza che frequentava Pedagogia con lui.

«Ciao Mai» la salutò, e lei lo abbracciò, alzandosi sulle punte dei piedi.

«Sei qui con i tuoi coinquilini?» gli chiese, staccandosi da lui, stringendogli la mano.

Era sempre stata molto espansiva, e la cosa non lo aveva mai infastidito. Era una sua amica, tutto qui.

«Più o meno, è una sottospecie di rimpatriata della classe de liceo» le spiegò con un sorriso, «e questa è la mia amica Hinat-» provò a dire, ma si bloccò cercando la ragazza che prima era accanto a lui.

Sparita. Si era dissolta nel nulla.

«Me la presenterai la prossima volta, Naruto» sorrise la sua compagna d’università, tirandolo verso il buffet.

 

― ♦ ―

 

Sakura si sforzò di sorridere davanti allo specchio, provando disperatamente a non scoppiare in un inutile pianto isterico, se non altro per evitare di sbavare il trucco che Ino le aveva fatto con tanto impegno e concentrazione. L’ultima cosa che voleva era sembrare un panda e rovinare la serata alle altre ragazze.

Inspirò profondamente aprendo la porta del bagno, tornando verso la sala.

Se non altro almeno alle altre sta andando bene, si disse con un sorriso, ma quando attraversò i tavoli del buffet non poté fare a meno di notare Naruto accanto ad una ragazza.

Una ragazza bionda e alta. Una ragazza che di certo non poteva essere Hinata.

Quello stupido idiota!, pensò sistemandosi i pantaloni, raggiungendolo prima che fosse troppo tardi.

«Naruto…» lo chiamò, la sua voce sembrava venire dall’oltretomba. «Che diavolo stai facendo?» ringhiò afferrandogli il braccio sotto gli occhi della ragazza, palesemente confusa da questa sua improvvisa comparsa.

«Sakura-chan!» esordì Naruto con un sorriso, «Ti presento Mai, una ragazza che-».

«Ciao Mai, potresti lasciarci soli, grazie» sorrise lei, interrompendo qualsiasi cosa lui stesse per dire.

Non le importava sapere chi fosse, voleva sapere che diavolo di fine avesse fatto Hinata. Cinque minuti prima erano assieme, e adesso lui era con un’altra.

La ragazza la guardò confusa, spostando rapidamente lo sguardo dalla sua espressione furibonda a quella di Naruto, spaesata e stordita. Come al solito.

«D’accordo…» le rispose con un po’ d’imbarazzo, «allora a Lunedì, Naruto» aggiunse, lasciando la mano del suo migliore amico.

Sakura aspettò che si fosse allontanata abbastanza e poi, prima che Naruto potesse anche solo provare ad aprire la sua boccaccia, gli tirò un pugno sul fianco, facendolo piegare in avanti.

«Perché mi hai picchiato?» si lamentò reggendosi la parte colpita, «Mi hai bucato un polmone» continuò a piagnucolare come un bambino.

«I polmoni non sono sul fianco, idiota!».

«Che cosa ho fatto questa volta?» domandò cercando di raddrizzare la schiena.

«Pensaci intensamente e ringrazia di avere ancora i testicoli» gli rispose, secca, girando i tacchi e tornando verso il tavolo, pregando che Hinata non fosse scappata a casa con la macchina che avrebbe dovuto riaccompagnare lei ed Ino. Certo, l’avrebbe capita se lo avesse fatto, ma da un lato sapeva che sarebbe rimasta nonostante tutto, se non altro per tutti gli altri.

Non era il tipo da scene tragicomiche, quella era la parte di Ino.

Sentì Naruto dietro di lei, borbottava qualcosa inerente alle sue costole, «Non ti ho fatto niente, smettila di lamentarti come una femminuccia» lo rimbeccò tirandolo per il braccio, «se non fossi così stupido non ti avrei colpito, ma dal momento che non capisci nemmeno quando una ragazza è tua amica e quando ci sta provando con te-».

«Sei gelosa?» la interruppe Naruto.

«Non ti ho picchiato per me, l’ho fatto da parte di qualcuno che è troppo buono e gentile per farlo, e adesso siediti e mangia!» lo ammonì mentre anche Sasuke, concentrato sul piatto, alzava lo sguardo su di loro, cercando di capire che cosa fosse successo.

«Ti ha picchiato, vero dobe?» domandò retorico all’amico, lasciandosi sfuggire un mezzo sorrisino.

«Chiudi quella bocca, teme!». 

 

― ♦ ―

 

Ino svuotò il bicchiere di birra e si asciugò le labbra con il tovagliolo, toccandosi la pancia piena. «Che mangiata!» disse, appoggiandosi allo schienale, accennando ad una risata.

«Hai mangiato un sacco di carne, per forza ora ti senti piena come un uovo» suggerì Sai, appoggiando la punta delle bacchette  nell’apposita ceramica bianca, «vuoi fare due passi per smaltire un po’? Magari stai meglio…» propose allora, ottenendo un gesto d’assenso.

«Vado a chiedere ad Hinata se mi presta il suo cappotto… fuori fa talmente freddo!» disse, alzandosi sui tacchi, attraversando l’intero tavolo in tutta la sua lunghezza per chiedere all’amica se le prestava la giacca, facendo poi segno a Sai di raggiungerla. Lui l’aiutò ad infilare il montgomery e la accompagnò fuori con una mano sulla sua schiena.

«Certo che le temperature sono basse…» commentò lui, sfregandosi le mani, avvicinandosi ad Ino appoggiata su una colonna di legno, «sarà un inverno rigido» continuò poi, «non hai vestiti più coprenti? Poi ti ammalerai» le disse, apprensivo, specchiandosi negli occhi chiari di lei.

Ino rimase incantata da quello sguardo dolce e profondo, come se la notte avesse deciso di insediarsi nelle sue iridi, trovando casa in Sai. Era di una bellezza rara e lei lo sentiva incredibilmente vicino a sé. E lo era. Le dita del ragazzo scivolarono sul suo braccio fino a prenderle la mano, chiudendola poi tra le proprie per scaldarla – riuscendo a farla arrossire.

«Vuoi rientrare?» le chiese, piano, raccogliendo anche l’altro palmo.

«No…» sibilò lei, rapita, con le gambe tremanti e il cuore in preda alle palpitazioni. Non le era mai capitato di sentirsi così debole, spogliata di tutto quello che riusciva a costruirsi per ammaliare qualcuno. Sai vedeva oltre i vestiti all’ultima moda e i capelli perfettamente acconciati. Ecco che cosa sentiva, allora, quando lui la faceva sorridere.

Una settimana è un po’ poco tesoro, non credi? Le aveva detto una dipendente di sua madre, la donna di mezza età a cui Ino confessava tutti i suoi segreti amorosi, troppo imbarazzanti per dirli ai suoi genitori o a Sakura, che di certo l’avrebbe presa in giro e rimbeccata (cosa che faceva già, puntualmente, quando cambiava fidanzato).

Non ci pensò più, Sai liberò le dita di Ino che si appoggiarono automaticamente al suo petto, caldo, dove sentiva il cuore battere sotto la maglia nera. Le mani di lui le strinsero i fianchi, con la stessa delicatezza che lei immaginò riservasse alla tela su cui dipingeva. Lo vide avvicinarsi al suo viso e perse un battito, andando in arresto cardiaco quando le sue labbra incrociarono quelle di lei, appoggiandola alla colonna di pino.

La strinse per la vita, facendo aderire i loro bacini, accarezzandole la schiena e la punta dei capelli. La baciò piano, facendo scivolare le dita di una mano fino al mento, che afferrò dolcemente con il pollice e l’indice.

«Non so se te l’ho detto apertamente» le sussurrò, «ma sei bellissima».

Per la prima volta non seppe cosa rispondere, arrossì e abbassò lo sguardo, trovando solo i loro corpi incredibilmente vicini, e a quella consapevolezza il profumo di muschio e tempera di Sai che le impregnò le narici, annebbiandole il cervello.

«Che ne dici di uscire di nuovo, solo io e te, la prossima volta?» le domandò, staccandosi lentamente da lei, abbottonandole il cappotto per non farle prendere freddo, «e in jeans, magari, così non prendi freddo».

Annuì, sentendosi una cretina, rifiutandosi di rompere il legame fisico che si era creato tra di loro, decidendo quindi di prendergli una mano.

«Finalmente ti sei decido a chiedermi di uscire» disse Ino, cercando di recuperare un po’ di quello spirito di cui andava tanto fiera, «stavo iniziando a stufarmi di aspettarti» disse, sorridendo.

In tutta risposta, lui le lasciò un bacio sulla fronte che le sembrò ancora più bello del primo che le aveva dato.

 

― ♦ ―

 

Quando rientrarono, Ino notò con rammarico che tutti stavano recuperando le proprie cose e Neji raccoglieva i soldi per andare a pagare alla cassa. Sai si affrettò ad estrarre il portafoglio dalla tasca, tirando fuori il doppio delle banconote necessarie, «offro io per te» le disse gentile.

Ino sorrise, andando a ridare la giacca ad Hinata, depositandole anche un bacio sulla guancia, «vi devo raccontare un sacco di cose stasera, ragazze» le sussurrò all’orecchio, andando ad accomodarsi al suo posto per salutare Shikamaru.

«Ci dovremo vedere più spesso» commentò Kiba, passando un braccio attorno alle spalle di Shino e l’altro attorno a quelle di Hinata – il primo si ritrasse, Hinata si strinse nelle spalle, cercando di scomparire nella sciarpa che aveva già indossato, morta di vergogna, «è stato divertente».

Neji sospirò, controllando che i soldi corrispondessero al prezzo sullo scontrino, «per quanto mi riguarda ho già dato, vivo con voi e le ragazze le vedo abbastanza spesso».

Kiba sbuffò, lasciando i due amici per scrollare le spalle, «eddai, non fare il guastafeste! Lo sappiamo che ti piace avere la casa tutta per te, così poi Tenten viene a trovarti e…», iniziò a muovere il bacino avanti e indietro, provocando la risatina di Rock Lee, un grugnito di Neji e una Tenten che tratteneva a stento degli insulti.

«Almeno lui fa sesso» commentò poi la ragazza presa in causa, «tu invece da quanto ti ammazzi di seghe, Kiba?» ribatté incrociando le braccia al petto, soddisfatta, prendendo Neji per mano e andando a pagare, mentre Lee applaudiva ridendo come un idiota.

«Che ne sai tu!» ribatté Kiba, rivolgendosi a Rock Lee, «l’hai mai vista una vagina, tu?!» e fu sul punto di attraversare il tavolo con un salto, ma Choji e Sai lo bloccarono, tenendolo per il colletto della giacca.

«Buono cagnolino, buono…» sussurrò Choji, senza subire danni dai pugni che l’altro gli tirava.

«Sakura-chan!» la voce di Naruto sovrastò tutte le altre, catturando l’attenzione di Sakura, «promettimi che ci vedremo ancora, va bene? Io, tu e il teme!» esclamò, tirando per il braccio Sasuke, costringendolo ad avvicinarsi agli altri due, «hanno aperto un bar vicino all’università dove fanno pasticcini e cioccolata calda, ho sentito da alcune ragazze che è buonissimo! Ci andremo, vero?».

Sasuke sospirò – ma non aveva detto di no, quindi era possibile che ci potessero andare tutti e tre. Dopotutto, non le sarebbe dispiaciuto passare un paio d’ore con loro, come quando ritornavano assieme a casa dal liceo e prendevano la stessa metro. «Va bene!» esclamò Sakura, guardando Sasuke con un sorriso che, per un qualche motivo che lei non riuscì a capire, distolse lo sguardo da lei, «allora ci sentiamo per organizzare questa uscita» concluse, estraendo il cellulare dalla borsa per segnarsi sul calendario che aveva in lista un appuntamento con Naruto e Sasuke… beh, in effetti era il suo unico appuntamento in programma, quindi non avrebbe fatto molta fatica a trovare dello spazio per loro.

Forse potrei portare anche Hinata… pensò per un attimo, alzando lo sguardo verso la ragazza che parlava a bassa voce con Shino. Non le sembrava molto il caso – anche se ci teneva davvero che potesse uscire con Naruto. Ma un appuntamento a quattro, con la loro situazione attuale… no. Per lei avrebbe escogitato altro.

Neji ritornò, mettendo le mani in tasca, «possiamo andare?!» borbottò, ancora infastidito per il battibecco con Kiba.

Uscirono tutti assieme, facendo un ultimo saluto generale, con la promessa che si sarebbero rivisti di nuovo tutti quanti.

Magari sarà così davvero, pensò Sakura, magari le cose gireranno davvero per il verso giusto.

Si girò a dare un ultimo sguardo a Sasuke, il volto pallido illuminato dalla luce del cellulare – un accenno di sorriso al messaggio o alla foto che gli avevano mandato, probabilmente era stata Asami. Lo osservò mettere il telefono in tasca, indossare il casco e partire, senza scambiarle nemmeno un’occhiata.

Forse le cose non sarebbero andate così bene come credeva.

 

― ♦ ―

 

Mercoledì. Dieci e mezza, dodici e mezza, Anatomia. Aula A501.

Come aveva fatto a dimenticarsene?

Naruto sospirò correndo come un pazzo, continuando a domandarsi come aveva potuto ignorare la lezione di anatomia per un mese intero. Era colpa di Sasuke, quel teme aveva la brutta abitudine di impilare i suoi libri accanto al suo orario, e – casualmente, a sua detta – aveva coperto per tutto quel tempo proprio quella lezione.

Dannazione.

Entrò in aula quando la professoressa, una vecchina alta un metro e un citofono, stava estraendo i suoi libri da una borsa ricolma di gattini di tutti i colori.

Cercò di non attirare la sua attenzione e si infilò nella prima fila di banchi, poggiando la borsa nel piccolo spazio riservato al suo posto.

«N-Naruto-kun», sobbalzò sulla sedia facendo cadere la tracolla sul pavimento con un tonfo, attirando l’attenzione della professoressa.

«Hinata!» sorrise, mai come in quel momento fu più felice di vedere una faccia conosciuta, «Che bello vederti qui!».

L’anziana donna lasciò cadere un libro sulla cattedra, facendolo sussultare di nuovo. «Possiamo iniziare?» domandò retorica, prima di prendere un pennarello e incominciare a spiegare qualcosa inerente a neutroni, o forse neuroni, Naruto non aveva capito bene.

Provò a prendere gli appunti, cercando anche di capire quale fosse l’argomento trattato, ma fra sinapsi, termini derivati da lingue strane, e i nomi di dodici nervi che non aveva assolutamente compreso, il cervello sembrava andargli a fuco. Avrebbe potuto giurare di sentirlo fumare.

«Naruto-kun» la voce di Hinata era un sussurro mentre gli porgeva il suo quaderno, «puoi controllare i miei appunti, se vuoi» gli disse, la testa chinata sul tavolo e la penna stretta fra le dita.

Quella ragazza era un angelo! La sua salvatrice!

«Grazie mille, Hinata!» affermò, iniziando a correggere le poche frasi sconclusionate che aveva preso.

«Se… se hai bisogno di una mano» gli rispose lei, offrendosi implicitamente di aiutarlo.

Kami era dalla sua parte, per una volta le cose giravano in suo favore!

«Ah, ma parliamo del cervello!» affermò dopo qualche minuto passato a ricopiare quello che Hinata aveva scritto, strappando una risatina sommessa alla sua compagna di bancone.

«Stiamo facendo i nervi cranici, Naruto-kun» gli spiegò, incominciando ad aiutarlo nel comprendere quello che la professoressa diceva e disegnava.

 

― ♦ ―

 

Sakura entrò nella stanza, scivolando in fondo al secondo bancone, cercando di scaldarsi con la luce che filtrava dalle finestre poste in alto. Si raccolse i capelli con l’elastico, ringraziando tutte le divinità che conosceva per averle dato il mondo di arrivare in tempo, o quantomeno prima del professore, dato che la lezione doveva essere iniziata da almeno cinque minuti.

Sospirò, rendendosi conto di non aver visto Sasuke, quando era entrata – ma era talmente concentrata a prendere posto che non se ne era nemmeno preoccupata. Si girò, cercando di spiare tra le persone che chiacchieravano e messaggiavano la sua presenza, ma non lo vedeva da nessuna parte.

Poi, prima che se ne accorgesse, quella voce familiare e profonda – ma a suo modo dolce – le riempì i timpani e il cuore. «Non è ancora arrivato?» Sasuke era di fianco a lei, a meno di mezzo metro di distanza, e si guardava attorno spaesato come un cucciolo. Ok, forse un cucciolo no… si corresse, spostandosi un ciuffo dalla fronte. «No, è in ritardo» gli disse, sedendosi sullo sgabello, osservando la lavagna nera, pulitissima, davanti a loro.

«Ho sentito dire che il professore di laboratorio è sempre in ritardo» borbottò Sasuke, accomodandosi pure lui, incrociando le braccia al petto, «ma che i suoi esami sono impossibili» e sospirò, affranto, come se l’esame di chimica potesse rovinargli la brillante media che sicuramente avrebbe avuto.

«Non potrà essere peggio di quello di statistica, no?» cercò di sdrammatizzare lei, senza ottenere buoni risultati.

«Già».

Il vociare dietro di loro calò improvvisamente, la porta grigia scivolò silenziosamente e il professore, nei suoi quasi due metri, il suo camice bianco, e il suo quarto d’ora di ritardo si manifestò con una mano in tasca. Camminò lentamente, grattandosi la testa con noncuranza. «Scusate il ritardo» cominciò, parlando da dietro la mascherina bianca, «ma ho incontrato un gatto nero».

Un mormorio si levò dietro le spalle di Sakura, e tra le varie frasi, riuscì a cogliere alcuni frammenti quali «questo è completamente fumato!» o «dicono che non toglie mai quella maschera perché ha fatto degli esperimenti su se stesso che lo hanno sfigurato». Poi, un rumore secco li fece zittire tutti – anche Sasuke, di solito immune alle dimostrazioni di superiorità degli altri, stava dritto in piedi come un soldato. La mano del professore si staccò dalla lavagna, lasciando impresse le cinque dita.

«Ci sono alcune regole che dovete seguire, per sopravvivere al mio corso» iniziò a parlare, «la prima, è che chi non ha voglia di lavorare può benissimo andarsene». Sakura immaginò che qualcuno prendesse le proprie cose e scappasse via, ma stranamente non successe. «La seconda, è che le domande vanno fatte solo se intelligenti, non tollero gli idioti e tendo a non ricordarmi i loro nomi» continuò, vagando con lo sguardo sui volti di ogni studente.

Ci fu un minuto intero di silenzio poi, qualche idiota – per l’appunto –  osò aprir bocca, «solo queste?» domandò, e tutti si girarono verso di lui, «voglio dire, sono queste le regole?».

Il professore infilò le mani in tasca, ridacchiando sotto la mascherina, «questa è una domanda stupida, per esempio, ma dato che siete carne fresca farò finta di non aver sentito» i suoi occhi bicromatici si assottigliarono, sembravano due katane, una dalla lama scura e una chiara. «La terza, beh… è più una raccomandazione»  inspirò profondamente, chiudendo gli occhi, come se si inebriasse di qualche profumo che loro non sentivano, «prima dei miei esami…» iniziò, i suoi occhi si rivolsero a loro due, Sakura se li sentiva addosso, «evitate di fare colazione».

La tensione si sciolse improvvisamente, prima che arrivasse al suo culmine, quando il professore sorrise, «comunque io sono il professore Hatake Kakashi, e adesso infilate i camici e incominciamo con le norme di sicurezza».

Sakura cercò di capire per quale oscuro motivo non avrebbero dovuto fare colazione prima dei suoi esami, se fosse una battuta oppure un reale consiglio, e poi recuperò il camice bianco, infilandoselo ed estraendo il quaderno.

 

 

 

 

 

 

 

N O T E D ‘ A U T R I C I ; siamo in missione per conto del Signore.

 

 

Buon sabato a tutti quanti!

Eccoci qui, con questo sesto capitolo.

Iniziamo con le dovute spiegazioni, ecco.

Vi comunichiamo, per prima cosa, che la scelta di Kakashi come professore di chimica è stata principalmente fatta per via della mascherina. Volevamo mantenere questo dettaglio che fa di lui quello che è, e quindi chimica ci è sembrata la più idonea. Mentre per gli occhi abbiamo deciso di darglieli di due colori diversi, un po’ come David Bowie (che è un figo, ma shh), per chi lo conoscesse, giusto per sottolineare la differenza fra lo sharingan e il suo vero occhio.

Come avrete notato ci piace riprendere e modificare alcuni avvenimenti della serie, ma ci divertiamo un sacco, e non potevamo non farlo. Perdonateci, insomma.

Per il resto ci scusiamo per qualche frammento volgare di questo capitolo, ma come abbiamo già detto, sono giovani, e noi vi avevamo avvisati *3* Ci dispiacerebbe molto se qualcuno si fosse sentito offeso da questo, o traumatizzato (dato che abbiamo saputo di avere un’utenza abbastanza giovane), ma abbiamo messo apposta il disclaimer.

Chiariamo un po’ di cose adesso, ecco. Noi abbiamo la bella abitudine di inserire nuovi personaggi nelle storie, come avrete notato ce ne sono anche qua, ed aumenteranno, perché è normale che conoscano persone al di fuori del loro gruppo. Ci dispiace se non vi piacciono gli OC, ma è tutto fatto per rendere più realistica la storia, e speriamo che approverete queste nostre scelte, perché dietro ogni nuovo personaggio c’è un perché, non li abbiamo messi perché ci va, o perché non volevamo inserirne altri esistenti. È che ognuno farà la sua comparsa quando sarà il momento, e per ora questo è, insomma.

Detto questo vi ringraziamo ancora per il feedback altissimo, siete tutti splenditi e site tantissimi, davvero.

Vi lasciamo citando Ron Weasly: soffrirete, ma poi ne sarete felici. Ecco tutto.

Vi aspettiamo ancora sul gruppo facebook, accettiamo tutte le nuove anime, tranquilli, non mangiamo nessuno.

Al prossimo capitolo che verrà pubblicato il 31!

A settimana prossima.~

 

papavero radioattivo





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Capitolo 7
*** PARTE PRIMA ―「capitolo sette」 ***











C A P I T O L O

sette

 

 

 

 

 

Ino si sedette al tavolino vicino alla finestra, poggiandosi la borsa sulle ginocchia. Respirò profondamente, portandosi la frangia dietro l’orecchio e chiudendo gli occhi. Cercò di riportarsi alla mente la sua immagine nello specchio prima di uscire: era perfetta, come sempre del resto, quindi era inutile preoccuparsi. Avrebbe dimostrato a Sai che era capace di essere bellissima anche con jeans, camicia e maglione – e infatti così si era vestita. Aprì gli occhi, più tranquilla, guardando l’orologio per controllare l’ora: era la prima volta che non era in ritardo. Si annusò i polsi, scoprendo con piacere che l’aroma dolce del profumo Chanel che Hinata le aveva regalato al suo compleanno permaneva ancora, nonostante l’odore nauseante di ferro del tram che aveva dovuto prendere.

«È la prima volta che indossi dei jeans» commentò Sai, materializzatosi di fianco a lei. Era così silenzioso! E quella sua caratteristica non lo faceva che rendere più dolce e delicato agli occhi di Ino. Ogni secondo che passava, Sai sembrava perfetto.

Sorrise, mettendo la borsa a terra e alzandosi per abbracciarlo, godendo della carezza gentile della sua mano sulla sua schiena. Sai si accomodò davanti a lei, togliendosi la giacca, «scusa il ritardo» le disse, incrociando le dita sul tavolo, «quello di fisica applicata al restauro se l’è presa un po’ comoda» commentò, sbuffando – ora che notava, aveva le guance un po’ rosse, come se avesse corso.

«Oh, non preoccuparti» commentò lei, appoggiandosi allo schienale, guardando per un momento il sole che spuntava dietro le nuvole, scaldandole le spalle, «di solito sono io ad arrivare in ritardo, è un miracolo che sia riuscita ad arrivare in orario».

«Beh» disse lui, sottovoce, guardandola con quei occhi scuri che la facevano rabbrividire, «forse ci tenevi davvero a venire».

«E tu?» ribatté, chinandosi in avanti, appoggiando un gomito al tavolo, «ci tenevi al fatto che ci tenessi?».

«Io tengo a te».

Quelle parole le bloccarono il cuore e fecero sciogliere le sue gambe. Si sentì improvvisamente rossa, incapace di reagire, di fare qualsiasi cosa. Sbatté più volte le palpebre, cercando di riacquistare il controllo del suo corpo. Tra un tilt e l’altro del suo cervello, gli occhi azzurri di Ino riuscivano a captare il viso di Sai illuminarsi in un sorriso.

Una cameriera s’intromise – grazie agli dèi – per prendere le ordinazioni.

«Un tè al gelsomino, con il miele, per favore!» chiese Ino, ritrovando il controllo sui muscoli del proprio viso, accennando ad un sorriso, mentre Sai chiedeva un caffè liscio. «Allora?» domandò, riprendendo a parlare, «come ti trovi a Restauro?» gli domandò, mentre la cameriera ritirava i menù dal tavolo, lasciandoli soli per parlare.

«Bene, molto bene in realtà» disse, «anche se il programma di storia dell’arte è mostruoso» commentò in un sospiro, passandosi la mano tra i capelli, «dobbiamo studiare anche quella degli egiziani, greci, romani… tutto l’occidente!» c’era un entusiasmo nella sua voce, quando parlava di quello che studiava, che Ino non riusciva a pensarlo a seguire una qualche lezione che non avesse a che fare con il restauro o l’arte. «Tu, invece? Come va con Design?».

«Mi piace!» rispose, spontanea, facendo roteare l’orologio attorno al proprio polso, «che poi design della moda sembra tanto un corso da poco… no? Dove non si fatica… e invece non è vero!» continuò, annuendo, «bisogna riconoscere i tessuti al tatto, sapere a cosa si adattano, i colori… tutto!» e ridacchiò, coprendosi le labbra mentre la cameriera di poco prima ritornava, poggiando il caffè davanti a Sai e la teiera, la tazzina e il miele, al centro del tavolo. Per accompagnare il tutto, la donna appoggiò sul tavolo anche un piccolo piatto decorato con sopra dei pasticcini assortiti.

Al diavolo la dieta!

«Permettimi» mormorò Sai, alzandosi mentre la dipendente se ne andava, antecedendo i movimenti di Ino. Afferrò la teiera e versò il suo contenuto nella tazzina, concentrato a non metterne né troppo né troppo poco. Ino poi si occupò del miele, mettendone la quantità che preferiva, mischiando successivamente con il cucchiaino.

«Grazie» disse, imbarazzata. Nessun ragazzo con cui era uscita le aveva versato il tè e l’aveva corteggiata fino a quel punto. Certo, Ino cercava di puntare in alto, uscendo con ragazzi di classe, non trogloditi come Kiba – dopo la sua prima esperienza con uno di quel genere, aveva perso le speranza – ma nessuno le aveva mai versato il tè e aspettato che iniziasse a berlo per poter bere anche lui.

Afferrò la tazzina tra le mani, soffiando sul liquido caldo e inebriante prima di assaggiarlo, era davvero buono, e berlo con davanti Sai non faceva altro che migliorarne il sapore.

«Tra due settimane, vicino al tempio di Toshogu allestiscono una mostra di Utagawa Hiroshige» disse Sai, mettendo la tazzina vuota sul tavolo, «mi accompagneresti?».

Ino sorrise, «solo se mi prometti che in queste due settimane ci vedremo ancora».

«Il passo successivo era chiederti che facevi venerdì pomeriggio».

Posò la tazzina sul tavolo, arrotolandosi una ciocca di capelli attorno all’indice, guardandosi attorno come se stesse pensando. Lo stava prendendo in giro e Sai lo sapeva, rispondendo a quella provocazione con una risatina – era ovvio che sarebbe uscita con lui venerdì, non c’erano storie. «Dovrei essere libera» gli disse, mordendosi l’angolo delle labbra, «ovviamente, dipende dal programma di questo venerdì pomeriggio che mi offri».

Passarono in rassegna vari posti che entrambi conoscevano, cercando un luogo in cui andare quel fantomatico venerdì, optando poi per una passeggiata nel centro di Konoha, girovagando tra i tre parchi, decorati con le lanterne invernali che, dicevano, erano diverse dall’anno scorso – più belle.

Bevve un altro sorso di tè, cedendo poi alla tentazione di mangiare un pasticcino alla crema. Lo mangiò piano, controllando la sua voracità da animale a digiuno da giorni – tentando di essere il più aggraziata possibile, ma con naturalezza. Sakura, ogni tanto, per prenderla in giro, le ricordava quanto fosse una maialina nel mangiare – ma si trattava di casa loro, diamine! Le sue quattro mura preferite, lì poteva mangiare come diavolo voleva.

Quando ritornò a prestare attenzione a Sai, lo vide appoggiato alla sedia, con la gamba flessa e il ginocchio contro il bordo del tavolo. Una matita si muoveva velocemente nella sua mano, e la postura nascondeva quello che stava disegnando.

«Che fai?» gli chiese, sporgendosi in avanti, cercando di sbirciare, senza risultati.

«Aspetta che lo abbia almeno finito» borbottò, concentrato ma sorridete.

Ino attese, come aveva chiesto, versandosi altro tè e mangiando un altro pasticcino, stavolta alla marmellata.

«Fatto» disse, soddisfatto, strappando la pagina, piegandola in due e porgendogliela.

Lei non resistette, la prese tra le mani, scattante, e la aprì. Il disegno la stupì. Era lei, di schiena, con il vestito del sabato sera, il profilo delineato con un’unica linea sottile e morbida, i capelli che scivolavano in onde graziose. Le ciglia sembravano disegnate una ad una, e le ombre sfumate con la matita, il bagliore del vestito, il sorriso appena accennato.

«Sai, non so che dire. È…» provò a commentare, ma le parole le morirono in gola.

«Prima che tu inizia a pensare cose strane» iniziò, alzando le mani, le dita sporche di mina, «non sono uno stalker, non ho fatto quaranta disegni di te» disse, come a volersi giustificare.

«No! Non volevo dire questo!» ribatté lei, «volevo dire che è bellissimo… cioè, è molto più bella di quanto lo sia io» disse con un sorriso, richiudendo il foglio a metà, «posso tenerlo?».

A quella domanda, Sai annuì – non gli interessava il disegno. Allungò una mano a prendere quella di Ino, accarezzandone le dita lunghe e affusolate, «comunque ti assicuro che non è bella neanche la metà di te» le disse, piano, «è solo uno schizzo, niente di che».

Nella testa di Ino, al pensiero del sentimento profondo che stava nascendo nei confronti del ragazzo, se ne affiancò un altro ben più stupido. In un primo momento non volle neanche prenderlo in considerazione, ma ormai lo aveva pensato.

Si ricordò improvvisamente del film Titanic, con Di Caprio e la rossa di cui non ricordava il nome. Ricordò della scena in cui lui la ritraeva, nuda, stesa sul divano – e lo aveva convinto a farlo con una frase. Disegnami come una delle tue ragazze francesi, Jack.

Ino arrossì, ritirando la mano, frugando nella borsa per mettere il disegno al sicuro.

Oh sì. Pensò tra sé e sé, senza nascondersi quella nota di malizia che tanto sapeva di avere, disegnami come una delle tue ragazze giapponesi, Sai.

 

― ♦ ―

 

Hinata era seduta comodamente sul divano, Tempura faceva le fusa stesa accanto a lei, e Sakura – ancora con i capelli umidi e in accappatoio – smistava e svuotava la borsa che aveva usato per andare alla lezione di Yoga.

La casa era tranquilla, Tenten canticchiava svuotando la lavastoviglie, seguendo il ritmo della canzone che davano in televisione.

«Ragazze!» la porta sbatté con un tonfo sordo mentre Ino trotterellava sui tacchi alti, ancora volta nel cappotto. Sventolava nella mano destra un foglietto sui toni dell’arancione e del nero, ma lo muoveva così velocemente davanti a lei che Hinata non riusciva a leggere che cosa ci fosse scritto.

«Guardate qua cosa mi hanno dato in università!» esordì tirando una pacca sul sedere a Sakura, cercando di attirare la sua attenzione, ancora rivolta ai suoi abiti sporchi. «Sapete che giorno è domani?» continuò saltellando per il soggiorno, affacciandosi alla porta della cucina per richiamare Tenten.

«Il 31 ottobre» la voce arrivò dal bagno, dove Sakura si era spostata per svuotare la cesta dei panni da lavare.

Ino arricciò il naso puntando lo sguardo su Hinata, aspettando e sperando in una sua risposta.

«È Halloween» sorrise facendo una coccola al gatto, mentre Tenten le raggiungeva sbuffando e Sakura faceva lo stesso, solo molto più scocciata.

«Esatto!» affermò soddisfatta Ino, sventagliando davanti alla faccia della sua migliore amica il volantino.

«Se la smetti di agitarlo come se fossi una cheerleader!» l’ammonì Sakura, afferrandole il braccio e leggendo ad alta voce quello che c’era sul biglietto: «Halloween Party. Trick or Treat», più una serie di orari e altre informazioni.

Ino trillò come un campanello, «In università! E noi ci andremo, non voglio scuse» disse categorica. Non avrebbe ammesso un no, lo sapevano tutte.

«Io forse esco con Neji» si giustificò Tenten, cercando di ottenere un permesso speciale per rifiutare la proposta, o meglio l’ordine che le era stato dato.

«Chiamalo e digli di venire alla festa, allora» le suggerì con un sorriso, sbottonandosi finalmente il cappotto.

Sakura sospirò scuotendo il capo, «Ci vai perché ci va Sai?» le domandò, e il viso di Ino si contrasse in un’espressione offesa. Sembrava che l’avesse appena accusata di furto.

«No!» negò passando il volantino ad Hinata, «Avrei voluto chiederglielo, ma l’ho visto qualche ora fa, poi mi sembra di assillarlo, e io non voglio stressarlo, quindi no» parlò svelta, prendendo a stento il fiato fra una parola e l’altra.

Silenzio. Da quanto Ino sii preoccupava di essere pesante? Lei era pesante!

Hinata posò l’invito sul tavolino davanti al divano, pensierosa, «Ma non abbiamo i costumi» fece notare con la sua solita dolcezza.

«Oh, ma a questo si rimedia!» Ino sorrise raggiante, appendendo la giacca e correndo verso la sua stanza. «Ci penserò io!» urlò chiudendosi la porta alle spalle, lasciando le altre tre in soggiorno, arrese all’evidenza che non avrebbero dovuto prendere altri impegni.

Farle cambiare idea era impossibile.

«Io chiamo Neji…» commentò Tenten nel silenzio interrotto solo dalla musica, mentre Sakura tornava a fare il bucato ed Hinata si sistemava meglio sul divano, sorridendo alla gatta.

Tenten si chiuse in stanza, sedendosi sul letto prima di scorrere le ultime chiamate effettuate e premere la cornetta verde. 

 

― ♦ ―

 

«Quindi Neji ha detto che non sa cosa fanno gli altri?» domandò di nuovo Ino, palesemente dispiaciuta. Ci teneva davvero che Sai ci fosse, e Sakura trovava strano – e al contempo bello – che lei si preoccupasse più della presenza del ragazzo, piuttosto che del trucco che si stava mettendo.

Era un evento, avrebbero dovuto festeggiarlo.

Tenten annuì mentre si infilava i pantaloni militari, «ha detto che lui c’è, e che gli altri stavano decidendo cosa fare» ripeté per quella che a Sakura parve la centomillesima volta.

«Ino, se continui a chiederglielo non cambierà la risposta, lo sai?» ridacchiò mentre si abbottonava l’uniforme vecchio stile da infermiera, facendosi aiutare da Hinata che non riuscì a trattenere una risata.

«Comunque grazie per avermi chiesto com’è andata con Sai, eh» rimbeccò la bionda, riferendosi soprattutto a Sakura che le rispose con uno sbuffo, ignorandola. Nella testa di Ino, quello era il permesso per iniziare a parlare – chi tace acconsente, no? Ritornò a spolverarsi la cipria sul volto e sul collo, frugando poi nella borsetta delle matite per gli occhi, decidendo tra tre eyeliner che, agli occhi delle altre, sembravano assolutamente identici. «Siamo andati in un bar a bere qualcosa assieme, ci siamo dato appuntamento per dopodomani» iniziò a raccontare.

«Quindi è possibile che sabato sera tu non torni a casa?» scherzò Tenten, pettinandosi i capelli per poi raccoglierli nei due codini, ammiccandole attraverso lo specchio.

«No, no» borbottò la bionda, decidendo l’eyeliner, «torno. Con lui voglio andarci piano» disse, girandosi per guardare le altre ragazze, «è speciale».

Ci fu un momento di silenzio, poi Sakura e Tenten iniziarono a ridere – solo Hinata la guardava comprensiva, «sei sicura di non avere la febbre, maialina?» scherzò Sakura, infilandosi gli autoreggenti bianchi, sporchi volutamente di rosso, «è dai tempi della tua prima cotta che non dici che un ragazzo è speciale» disse, senza precisare che la prima cotta era Sasuke, e che avevano litigato proprio per lui.

«Non lo conoscete» affermò, sicura di sé, allungandosi a prendere la borsa, estraendo da questa il disegno, «guardate qua».

Tenten e Sakura buttarono dapprima uno sguardo disinteressato, ma dopo aver inquadrato bene il pezzo di carta, rimasero come estasiate, «lo ha fatto lui?» chiese la bruna, sfiorando appena la graffite.

«Santo Cielo, Ino. Sei tu!» commentò l’altra, guardandola negli occhi, «voglio dire… ti ha fatto un ritratto?».

Hinata si infilò tra le due, lanciando uno sguardo al disegno, «secondo me è innamorato davvero» disse, con voce bassa, conquistandosi l’attenzione di Ino.

«Dici davvero?», sembrava lanciare cuoricini da tutte le parti, inondando la stanza.  

«Sì» sorrise, «le persone fanno sempre cose un po’ pazze quando pensano di essere innamorate» e iniziò a svestirsi per mettere il costume che Ino le aveva procurato e che non poteva rifiutare. Lo prese tra le mani, facendolo vedere alla bionda, «devo per forza?» chiese con un filo di voce.

«Certo che sì!» sbraitò l’altra. Aveva un occhio mezzo truccato e l’altro no, faceva un po’ ridere, «tesoro, tu devi capire che sei la perfetta novanta, sessanta, novanta. Anzi, hai pure qualcosa in più del primo novanta, il che non guasta»  annuì convinta, facendola arrossire, «quindi per favore indossa quello che ti ho dato. Tanto non ti copre meno di quello che indossi per andare in università» e prese il vestito, aiutandola a infilarselo, «e poi hai le gambe lunghe» continuò, facendola girare per chiudere la zip, «fai bene a mettere un sacco di gonne, quindi smettila di lamentarti e fai la brava».

«Cos’è» borbottò Sakura, mettendosi le mani sui fianchi, «siamo diventate tutte brutte, adesso? Solo Hinata è degna della tua attenzione da pseudo-stilista?».

La Hyuga sembrava morire dalla vergogna, non aveva idea di come comportarsi e non capiva se l’altra se la fosse presa davvero per quello che Ino le aveva detto.

«Tesoro» iniziò Ino, agitando l’indice in alto, «tu cerchi sempre di arrivare a compromessi, quando compriamo assieme dei vestiti, hai insistito perfino nel vestiti da infermiera, quando io ti avevo proposto infermiera zombie sexy» e puntò il dito contro Tenten, intenta a passarsi una benda mimetica attorno al capo, «la nostra cara fidanzatina qua non mi ascolta nemmeno, vestendosi come cavolo le pare» e andò ad abbracciare Hinata, «lei invece è così dolce e mansueta, non farebbe del male nemmeno ad una mosca».

«Dici così solo perché ha detto quello che volevi sentirti dire riguardo al disegno che ti ha fatto Sai» borbottò Tenten, facendo scorrere la cintura nei passanti dei pantaloncini verde militare, «io vado a truccarmi di là, questa stanza puzza di Chanel» e scappò ridacchiando.

 

― ♦ ―

 

Hinata trovò miracolosamente parcheggio, Ino esultò, dandosi un’ultima controllata con la fotocamera interna. «Ci siamo» disse, e in quel momento le portiere dell’auto si aprirono quasi all’unisono.

La musica riempiva ogni angolo dell’edificio e la penombra rendeva difficile muoversi con scioltezza. Solo Ino sembrava a suo agio in quel via vai di gente, e anche se non lo diceva apertamente era in cerca di Sai, cercando di scorgerlo da qualche parte. Sakura si tenne stretta ad Hinata, sfruttando quei primi minuti per ambientarsi.

«Neji!» la voce di Tenten spezzò quel momento di trance in cui tutte erano cadute, iniziò a camminare velocemente, schivando le persone, finendo tra le braccia del ragazzo. Sakura li guardò e sorrise, sperando silenziosamente che un giorno potesse toccare anche a lei una scena del genere.

«Hinata-sama» salutò lui, e Hinata si allungò per lasciargli un abbraccio. Era da tempo che non la chiamava così davanti alle altre ragazze, ma dato che era stato scoperto, non aveva più nulla da perdere.

«È bello rivederti, Neji-niisan» gli rispose lei, staccandosi dal cugino.

«Sakura, Ino» salutò le altre con un cenno del capo, stringendosi Tenten per la vita, osservando la bionda che continuava a cercare con gli occhi qualcosa, come una mosca invisibile.

«Allora, alla fine gli altri sono venuti?» domandò Sakura, nel profondo del suo cuore sperava che dicesse di sì, che Naruto e Sasuke fossero andati alla festa, insieme a tutti gli altri – che avevano da fare altrimenti, no?

«Più o meno…» mormorò, grattandosi il collo.

Quel più o meno fu una pugnalata al petto per Sakura. Se qualcuno non era andato alla festa, quello era Sasuke. Ne era certa, certissima. «Comunque sono lì» continuò, indicando un gruppetto di persone di schiena, per poi salutarle con un gesto della mano e sparire nella massa con Tenten.

Ino fu la prima ad avvicinarsi, toccando le spalle di quello che era Choji, che la abbracciò sollevandola da terra. Il gruppo di uomini si aprì, invitando ad entrare anche le altre due, ferme come pali – una per la delusione del non trovare Sasuke e l’altra perché non ancora abituata completamente all’ambiente.

Sakura fece passare in rassegna tutti i volti, e i suoi sospetti erano giusti.

Sasuke non c’era.

 

 

 

 

 

 

 

N O T E D ‘ A U T R I C I ; siamo in missione per conto del Signore.

 

 

Buon sabato!

Siamo tornate con il capitolo sette, e possiamo dirvi e rassicurarvi che la festa di Halloween sarà interamente trattata nel prossimo capitolo. Con calma, quindi. Prima che ce lo chiediate, vi diciamo che gli abiti sono accennati nel prossimo capitolo, quindi saprete come sono vestiti tutti, tranquilli.~

Per quanto riguarda il tempio di Toshogu, è un tempio che esiste davvero e si trova a Tokyo, lo abbiamo preso in prestito dato che non ci sembrava il caso di inventare nomi.

E… nulla, non dovremmo avere altro da dire. Ci scusiamo con il ritardo nella risposta alle recensioni, ma siamo super impegnate, e trovare dei buchi è una fatica assolutamente immensa, quindi scusateci, scusateci davvero.

Per il resto, speriamo che la SaiIno vi faccia un po’ piacere, noi abbiamo di recente (in realtà scrivendo) scoperto di adorarli, e quindi abbiamo dato spazio anche a loro. In più, volevamo chiedere perdono a tutti quelli che stanno aspettando con ansia la ShikaTema, noi siamo avanti con la stesura di circa dieci capitoli (e meno male per voi, aggiungerei!), e possiamo comunicarvi con dispiacere (soprattutto nostro) che fino al capitolo venti circa Temari non farà la sua magica comparsa fisica davanti a Shikamaru. Capirete il perché poi, dato che c’è un motivo preciso che non dipende – purtroppo – da noi, ma dal sistema scolastico universitario e dalla trama. Quindi le nostre più sentite scuse, davvero. Shikamaru comparirà ancora, certo, ma per loro assieme dovrete attendere ancora un po’. Le nostre scuse valgono anche per la NejiTen, che appariva molto di più all’inizio, lo sappiamo. Ma la prima parte di Colla è caratterizzata da… momenti di disequilibrio, diciamo, dove tutti cercano di trovare l’anima gemella XD e dato che loro si sono già trovati…

Tutto qui! Speriamo che stiate apprezzando, noi ci stiamo divertendo molto a scriverla, speriamo che per voi sia altrettanto divertente leggerla.

Detto questo vi lasciamo, come sempre se volete unirvi al gruppo su Facebook siete i benvenuti. ~

Al prossimo aggiornamento che, per farci perdonare dell’errore di yingsu sul gruppo, lo pubblicheremo venerdì 6! (tecnicamente è questa la «sorpresina» di cui si parlava nel gruppo, tehe ).

Buon week-end e come sempre grazie mille per il feedback!.

 

papavero radioattivo





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Capitolo 8
*** PARTE PRIMA ―「capitolo otto」 ***











C A P I T O L O

otto

 

 

 

 

 

Ci vollero meno di cinque minuti prima che Ino trascinasse Sai nel caos della pista da ballo, incominciando ad ondeggiare come suo solito. Sakura sospirò bevendo un sorso del drink colorato che le riempiva il bicchiere, muovendosi un poco a tempo della musica troppo alta che le rimbombava nelle orecchie.

«Sakura-chan!» la voce di Naruto riuscì a farsi strada sopra il caos che regnava nell’atrio dell’università, ora adibito a salone per la festa. Le posò la mano sulla spalla con il suo solito sorriso dipinto sulle labbra. Era vestito da indiano, la faccia dipinta di rosso era troppo perfetta perché se la fosse colorata da solo. Probabilmente gliel’aveva fatta Sai.

«Il teme è rimasto a casa a studiare» la informò, come se si sentisse in dovere di giustificare l’assenza del suo migliore amico, «ha un parziale lunedì, e se né uscito borbottando qualcosa sul fatto che se ce ne andavano fuori dalle palle lui sarebbe finalmente riuscito a studiare in pace» aggiunse, poggiandosi ad una delle colonne in marmo dietro di loro.

Sakura sorrise, fingendo che non le importasse più di tanto. Tanto non sarebbe venuto comunque, si disse guardando Ino che ballava.

Era sempre così bella e delicata, come i fiori che aveva piantato sul balcone di casa loro. Lei invece di un fiore portava solo il nome – e il colore di capelli, ma quello era irrilevante.

«Hai salutato Hinata?» chiese ad un tratto a Naruto, pensando di rendere in qualche modo produttiva la serata.

Il ragazzo  si chinò verso di lei, scostando il lungo ed ingombrante copricapo di piume che gli ornava la testa, «hai fatto una bella mangiata?!» le rispose, confermandole che non aveva decisamente capito nulla di quello che lei aveva detto per colpa del rumore.

«Lascia stare!» affermò alzando il tono della voce per farsi sentire, incamminandosi verso il tavolo del buffet. Si versò da bere qualcosa di analcolico, decisa a tornare a casa sobria. Probabilmente avrebbe passato la serata a cercare di mettere a letto una Ino esagitata e brilla, non le andava di essere lei quella che le altre avrebbero dovuto trascinare lungo il corridoio.

Scelse fra la vasta quantità di bevande sul tavolo, chiedendosi che fine avesse fatto Hinata ora che aveva la possibilità di parlare con Naruto, quando una mano le coprì gli occhi, lasciandola al buio.

«Naruto, non è divertente, smettila» brontolò afferrando quelle dita, liberandosi dalla momentanea cecità che le avevano imposto. Ma quando si voltò – suo malgrado – non trovò Naruto.

«Ryuichi…» quel nome le uscì in un sussurro non troppo convinto. Non era serata, decisamente. E nemmeno la sua giornata, la sua settimana e il suo intero anno.

Forse non era proprio la sua vita.

«Che bel costume», il commento del ragazzo le scivolò addosso come acqua, le passò semplicemente attraverso, «infermiera sexy?»

«Infermiera morta, veramente» lo corresse sforzandosi di sorridere, «ma grazie» aggiunse. Non aveva voglia di passare la serata con lui, in realtà sarebbe volentieri andata a casa, ma le dispiaceva lasciare le altre ragazze da sole. Niente scene drammatiche.

Doveva gentilmente liberarsi di lui senza che Ino venisse a saperlo, altrimenti l’avrebbe coperta di insulti continuando a ripeterle che Sasuke era svalvolato e omosessuale.

Il ragazzo l’affiancò mentre finiva di versarsi da bere, «è da un po’ che non ci vediamo» le fece notare, versandosi a sua volta qualcosa nel bicchiere.

«Già, non frequento più anatomia» gli rispose girandosi svelta, cercando di trovare Hinata in mezzo alla folla che ballava, parlava e si avvinghiava.

«Dai l’esame da non frequentante?» le chiese seguendola, mentre lei cercava solo di liberarsi di lui.

Lo do da non frequentante per non vederti tutti i giorni, pensò, reprimendo la sua acidità, cercando di non trattarlo malamente. Non più di quanto stesse già facendo.

Annuì con un sorriso, passando casualmente davanti a Kiba, intento a baciare una ragazza che lei non aveva mai visto, e che probabilmente lui aveva conosciuto cinque minuti prima di esplorarle la cavità orale con la sua lingua.

«Beh, è un peccato» il sorriso del ragazzo le sembrava realmente dispiaciuto, e per un secondo si vide riflessa in quel volto che tentava disperatamente di intrattenere una conversazione con lei. Il senso di colpa l’attraversò da testa a piedi, facendola sentire improvvisamente una persona orribile.

Poggiò il bicchiere su una sedia vuota e si girò verso di lui, decisa a mettere in tavola le carte e spiegargli che cosa le passava per a testa.

«Ryuichi, senti…» gli disse, ma lui la precedette e le posò l’indice sulle labbra, zittendola.

«Balliamo, ti va?» le chiese, speranzoso e raggiante.

Perché non poteva andarle bene lui? Perché non si può decidere di chi innamorarsi?

Sarebbe stato perfetto, lui era dolce e simpatico, l’avrebbe considerata e trattata bene.

Perché non sono come Ino, dannazione!

Non voleva davvero dirgli di no, sarebbe stata crudele, ma quel dito sulle labbra la infastidiva: era una libertà che si era preso e che lei non gli aveva dato.

«Una canzone sola, però» rispose, prendendogli la mano e camminando verso il centro della sala.

 

― ♦ ―

 

«Sapevamo che avresti fatto qualcosa di estremamente idiota, ma non fino a questo punto».

La voce gli arrivò dalle spalle. Naruto strinse il bicchiere tra le mani, voltandosi per capire chi gli parlasse, i ragazzi del baseball, con cui stavano parlando si ammutolirono, riprendendo poi con un vociare simile al ronzio delle mosche, dandogli gomitate sui fianchi e sussurrandogli strane cose all’orecchio.

«Mai!» salutò lui, agitando la mano per salutarla. La bionda ricambiò il suo gesto con un abbraccio totalmente inaspettato, ma non per questo poco gradito. I compagni di squadra ridacchiarono, allontanandosi un po’, uno di loro gli urlò qualcosa come «facci un pensierino!» lasciandolo solo con la ragazza.

«Quindi da indiano d’America?»  domandò lei, appoggiandosi al muro.

«Beh, sì» rispose, finendo di bere il contenuto del bicchiere, «mi piace il capello».

«E la faccia te l’ha colorata qualcuno?» continuò, ridacchiando, allungando una mano a sfiorargli il colore asciutto sulle guance, per qualche motivo la vide arrossire – ma non in modo esagerato. Non come Hinata, si disse, senza capire perché gli era venuta in mente proprio lei.

«Un mio coinquilino bravo a disegnare» annuì, passandosi la mano sulla guancia, «non va via neanche con l’acqua, sai?».

«Davvero? E come pensi di togliertelo dalla faccia?». Mai lo trattava sempre con dolcezza, o almeno ci provava. Gli stringeva sempre la mano e gli prometteva che un giorno o l’altro sarebbe andata a vedere uno dei suoi allenamenti, o che potevano andare a correre assieme la mattina. Ogni tanto però, gli parlava come se fosse un bambino – e anche se lui non capiva alcune cose e lei glielo spiegava, poteva essere più seria. C’era qualcosa in Mai che non lo convinceva fino in fondo, ma non era mai stato una cima con le ragazze, e per ora la sua compagnia era risultata piuttosto piacevole.

«Sfregherò via con acqua calda e sapone» disse convinto, «oppure chiedo a Sakura-chan di prestarmi dello struccante».

«Ah» borbottò lei, «Sakura» continuò, guardandosi le scarpe nere e lucide, «quella con i capelli rosa che mi ha cacciato via sabato sera?».

Stavolta fu Naruto ad arrossire, abbassando lo sguardo come se fosse colpevole, «sì» borbottò, «però non voleva trattarti male! Era solo arrabbiata, ma è una mia amica, le voglio bene» concluse, guardandola con un sorriso.

Mai fu sul punto di chiedergli se c’era qualche altra amica nella vita di Naruto, o in che rapporti era con quella dai capelli neri con cui l’aveva visto parlare sempre quella sera – ma considerando che l’aveva piantata davanti al buffet per parlare con lei, non se ne preoccupava nemmeno più di tanto.

«Ah! Ecco qua il mio indiano preferito!». Un altro ragazzo, poco più alto di Naruto, si appoggiò alla sua spalla e gli riempì il bicchiere con un po’ della birra che aveva in mano, «sai dov’è Hinata, indigeno?» gli domandò ma prima che ricevesse risposta stava già squadrando Mai, nel suo costumino provvisto di gonna a balze e corsetto rosso e nero da vampira, «non mi presenti la tua amica?». 

«È Mai, Kiba» rispose, confuso. Aveva appena finito di comporre la frase su Hinata nella sua testa che Kiba aveva già cambiato argomento! Non era così che ci si comportava. «Comunque Hinata è d―» provò a dire, indicando una finestra aperta su cui lei era appoggiata, al lato opposto della sala.

«Posso rubartela un attimo?» domandò Kiba, ormai disinteressato ad Hinata, bevendo un ultimo sorso dalla bottiglia prima di abbandonarla tra le mani di Naruto. Allontanandosi con Mai sotto il braccio.

«Fai pure…» disse, più a sé stesso che all’amico, ormai lontano, finendo la birra che l’altro gli aveva lasciato. 

 

― ♦ ―

 

Sakura si muoveva piano a ritmo di musica, tesa, pregando che la canzone finisse al più presto e che Ryuichi non la toccasse più del dovuto. Il modo in cui la guardava la metteva a disagio, ma era il modo in cui desiderava che Sasuke la guardasse. Voleva che lui la vedesse come una donna e non come un’amica, e invece erano altri ragazzi a guardarla così, quelli che lei desiderava avere accanto solo in amicizia.

Era tutto sbagliato, profondamente sbagliato.

Non ebbe neanche il tempo di concludere il ciclo delle sue paranoie che la voce del ragazzo – decisamente troppo vicino a lei – la costrinse ad incrociare il suo sguardo con la faccia palesemente sconvolta.

«E se ti baciassi?» le disse, chinato verso di lei, e in un secondo Sakura riuscì solo ad allontanarlo, spingendo con il palmo sul suo petto.

No. «Ryuichi…» era troppo tardi per tirarsi indietro e fare la carina, non le piaceva dare false speranze alle persone. «Non… no» si sentiva un mostro, non riusciva a capire come facesse Ino a scaricare i suoi mille fidanzati senza sentirsi così. «Sono già innamorata di un ragazzo» che non mi contraccambia, avrebbe voluto sottolineare, ma non lo disse, «mi dispiace…».

Lo aveva detto, la frittata era fatta, Ino l’avrebbe presa a cuscinate fino a soffocarla.

Chinò il capo facendo un passo indietro, aspettando una qualche risposta, ma alle orecchie le arrivò soltanto una leggera risata.

«Beh, dev’essere un ragazzo davvero fantastico, allora» le disse, e lei sorrise sistemandosi meglio il vestito.

«Già..» mormorò, e poi adocchiò finalmente Hinata alla finestra.

Perché non era con Naruto?

«Magari ci vediamo a qualche altra lezione» parlò svelta, cercando di trovare un modo per andarsene senza sembrare sfacciata, «devo andare» provò a spiegargli, ma dirgli che aveva intenzione di fare cupido e cercare di accoppiare il suo migliore amico con la sua coinquilina le sembrava eccessivo. «Una mia amica mi aspetta» e in parte era vero, non era una totale bugia.

Si salutarono con un po’ di imbarazzo, e poi Sakura si lanciò verso Hinata, prendendole la mano che non reggeva il bicchiere.

Qualche metro più in là, Kiba e la ragazza che aveva interrotto Naruto ed Hinata alla rimpatriata erano intenti a baciarsi e strusciarsi.

Una scena che di certo avrebbe preferito non vedere, ma se non altro la biondina non avrebbe infastidito Naruto.

«Hina-chan!» le disse sorridendo, e in quel momento partì una delle canzoni preferite di Ino, una di quelle che cantava sempre, in mutande, saltando sul letto. «Perché non vai a parlare con Naruto?» le suggerì, indicandole il ragazzo, impegnato in una conversazione – di sicuro non profonda e da alto livello culturale – con un suo compagno di squadra.

Hinata arrossì posando la mano sul suo braccio, in preda al panico, «Non dire così, Sakura-chan!» le rispose agitata, e a Sakura sfuggì un sorriso.

Aveva bisogno di una spintarella, tutto qui. E di certo se Naruto avesse capito le sue attenzioni sarebbe stato più semplice.

«Perché no?» le chiese prendendola sotto braccio, tirandosela più vicina, così da riuscire a capire che cosa dicesse  in quella baraonda.

«N-non… è impegnato, non mi va di disturbarlo» le mormorò Hinata, ancora più rossa in viso.

Sakura s’incamminò verso Naruto senza dire niente, trascinandosi la sua coinquilina appresso. La sentiva farfugliare qualcosa sul fatto che non fosse una buona idea, ma finché non ci provava non poteva saperlo. «Naruto!»  lo chiamò tirandolo per il braccio, mentre Hinata si zittiva improvvisamente.

«Sakura-chan, eri sparita!» affermò felice come al solito, spostando poi lo sguardo su Hinata, «ciao Hinata, Kiba ti cercava, lo sai?» le disse, e Sakura lasciò il suo braccio mentre il ragazzo con cui Naruto stava parlando si girava a salutare una ragazza.

«Sì, ci ha già… parlato» borbottò, rivolgendo uno sguardo all’amica, «Kiba si è trovato altro da fare» parlò Sakura tenendo Hinata ben stretta, onde evitare che se ne andasse. «Hinata mi stava giusto dicendo che ha bisogno di un po’ d’aria, ci accompagni?» aggiunse sorridendo, incamminandosi verso una portafinestra che dava su un piccolo chiostro con tanto di laghetto e carpe koi. Naruto annuì seguendole mentre Hinata si ostinava a guardarsi le scarpe e Sakura prestava attenzione a non farla schiantare contro persone ed oggetti che affollavano il salone e, quando finalmente furono fuori, Sakura respirò a pieno polmoni e liberò finalmente l’amica, facendola accomodare sulla panchina.

«Vado a prenderle un bicchiere d’acqua, tu le fai compagnia, Naruto?» domandò Sakura e – anche se non la stava guardando – sapeva che Hinata, dietro di lei, doveva essere in totale imbarazzo.

«Ci penso io, Sakura-chan!» affermò Naruto sedendosi accanto alla ragazza, e Sakura sorrise tornando dentro.

Lei gli aveva dato la spinta, ora toccava a lei fare il resto.

 

― ♦ ―

 

Hinata si sedette sulla panchina, rabbrividendo per il freddo del ferro contro la coscia, protetta solo da una calzamaglia nera, per giunta nemmeno spessa.

«Mi piace» disse Naruto d’un tratto, cogliendola di sorpresa. Si tolse il copricapo dalla testa e lo posò tra i piedi, sfregando poi la mano sul suo naso, sbavando un po’ di rosso senza accorgersene, «la tua coda, intendo» disse, indicandole la coda da volpe del costume che Ino le aveva preso.

«Oh» Hinata sorrise, stringendo le mani sulle cosce, per poi portarle dietro le spalle e tirare su il cappuccio, «ha anche le orecchie» disse, alzando gli occhi per cercare di guardarle, assumendo un’espressione buffa che fece sorridere Naruto.

«È un bel costume» concluse lui, piegandosi in avanti, appoggiando i gomiti sulle ginocchia, «mi piacciono le volpi» continuò, guardando a terra e poi il laghetto, trasformato in una macchia nera indistinta, «volevo tatuarmene una, sai?».

«Potresti chiedere a Sai di disegnarla…» propose, «con quante code?».

Naruto si mise improvvisamente dritto – gli sembrava una domanda così difficile? Hinata si sentì in imbarazzo ad averglielo chiesto, doveva farsi i fatti suoi, invece di cercare di parlare con Naruto. «Che domande!» esclamò lui, «nove code, assolutamente!» disse convinto, stringendo il pugno per enfatizzare la sua risposta, «dev’essere la volpe più saggia e potente di tutte» la sua voce andò scemando, come la convinzione che brillava infondo ai suoi occhi, si appoggiò sullo schiena in ferro battuto, guardando le stelle, «è quello che aspiro ad essere» borbottò poi, dando un calcetto all’aria.

«Saggio e potente?» Naruto non si aspettava di certo un intervento di Hinata.

«Migliore» la corresse, girandosi verso di lei, «il migliore».

Rimasero in silenzio per qualche minuto, dimenticandosi di Sakura. Naruto sembrava immerso nel pensiero della kitsune a nove code che tanto sembrava desiderare e Hinata si sentiva fuori luogo, come se non avesse il permesso di stargli così vicino durante i suoi pensieri, come se non avesse dovuto neanche sapere di quel suo piccolo desiderio.

«E perché il tuo costume ha una sola coda?» chiese all’improvviso, spostando di nuovo l’attenzione su di lei, scuotendola dai suoi vaneggi mentali.

«È solo un costume, Naruto-kun» si affrettò a rispondere, agitando le mani, «non importa se ha una coda sola, e poi… con nove sarebbe diventato ingombrante, no?».

«Già» constatò l’altro, giocando un po’ con l’accessorio, «però non ti si addice» continuò. Non gli capitava di pensare spesso ad Hinata, in realtà, di solito divagava su quanto Sasuke fosse noioso o su quanto fossero noiose le materie che doveva studiare. Non pensava alle ragazze molto spesso, anche se gli capitava di desiderare di averne qualcuna con cui passare il tempo come fidanzati. Ma Hinata… no, non l’aveva mai contemplata. Era diversa, strana, balbettava e anche adesso stava attento che non avesse uno dei suoi improvvisi cali di zuccheri e gli cadesse tra le braccia. Eppure, ora che si soffermava a guardarla, ricordava tutte le sue qualità che aveva conosciuto al liceo… determinata, gentile, e forse anche simpatica. «Se tu fossi una kitsune non avresti una coda sola» sentenziò, lasciandole il vestito, ritornando a guardare il cielo nero come il laghetto, «almeno due, sì. Almeno due code le avresti».

«E tu quante ne hai, Naruto-kun?».

Quella domanda lo bloccò un momento, lasciandolo intorpidito, un brivido di freddo lo percorse. «Non lo so» rispose con sincerità, «ma non mi importa, sai? Capirò quando arriverò a nove, e allora sarà tutto a posto».

Hinata avrebbe tanto voluto essere un po’ come lui, così determinato e fermo sui suoi obiettivi. Lei era caduta e ricaduta, anche rialzata, ma con tante fatiche – e aveva pensato più volte di abbandonare tutto, lasciare perdere, diventare una brava donna di casa ricca e finirla lì.

«Come va con anatomia?» gli domandò, cambiando argomento, trovandone un altro che, senza saperlo, risultava più complesso di quello precedente.

Naruto sembrò strozzarsi con la propria saliva, si riprese velocemente e ridacchiò, battendo il pugno sullo sterno, «non sono ancora riuscito a guardarli, a dire la verità» confessò, in imbarazzo, «torno sempre stanco dagli allenamenti e…» non concluse la frase, borbottando le ultime parole. In realtà ci aveva anche provato, ma non aveva capito nemmeno da dove partire e quindi non li aveva più aperti da mercoledì.

«Non importa» gli sorrise lei con dolcezza, si fece coraggio e sfiorò la spalla di Naruto, prima di stringergli il braccio in quella che sembrava più una carezza che una vera e propria morsa, «puoi tenerli quanto ti pare, li ho già copiati in bella, forse non saranno tanto in ordine…».

La disperazione sul volto di Naruto per la questione appunti si placò, «grazie Hinata» le disse, trasformando la smorfia in uno dei suoi soliti sorrisi che sembravano frammenti d’estate sopravvissuti all’autunno e all’inverno imminente.

 

 

 

 

 

 

 

N O T E D ‘ A U T R I C I ; siamo in missione per conto del Signore.

 

 

Buon venerdì miei piccoli anatroccoli a pois

Queste note saranno molto brevi perché oggi, ahimé, siamo di fretta, ma non volevamo mancare alla nostra promessa del capitolo precedente e non pubblicarvi il capitolo venerdì ;) Quindi eccoci qui, sacrificheremo un po’ questo spazio, ma speriamo che possa valere la pena.

Insomma, ecco dei frammenti di questa festa di Halloween. In Giappone Halloween viene festeggiato un po’ così, i giovani si vestono con costumi non sempre inerenti all’horror e vanno per strada a festeggiare o alle feste, e quindi noi abbiamo deciso di fare lo stesso. Ci dispiace che non siano comparsi tutti i personaggi della storia, ma come avete detto voi stessi: sono davvero troppi!

Tuttavia, ci sono state delle svolte, soprattutto per la naruhina *standing ovation* e tra poco ci sarà anche per la sasusaku, la shikatema dovrà aspettare ancora un po’ ;A; ci dispiace!

Inoltre, per i vestiti di Halloween delle ragazze (abbiamo notato che il tema “outfit” interessa a molti :°D) sono stati un po’… come dire… scelti a sentimento? In tutti i casi, anche se non è accennato, Ino è vestita (in realtà truccata) da leopardo e Tenten si è vestita a tema militare… le altre due sono esplicitate nel capitolo.

Per quanto riguarda il tatuaggio a volpe di Naruto… è stato fatto per riprendere un po’ il suo legame con la volpe, citare anche quella poveretta ;____; Speriamo che questo tipo di risoluzione sia piaciuto anche a voi! ♥♥

 

Il prossimo capitolo sarà pubblicato sabato 14!

Alla prossima!

 

papavero radioattivo





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Capitolo 9
*** PARTE PRIMA ―「capitolo nove」 ***











C A P I T O L O

nove

 

 

 

 

 

Hinata rimaneva stesa sul divano, con Tempura sullo stomaco e le gambe su quelle di Tenten, che aveva usato i suoi polpacci per appoggiare il libro di Psicologia della comunicazione, leggiucchiando senza interesse. La televisione andava a vuoto e gli unici suoni che si sentivano erano le fusa della gatta e le borse di plastica che si svuotavano, mentre Sakura cercava di rimettere la spesa in ordine.

«Non ci arrivo» borbottò da sola la ragazza, facendo strisciare una sedia vicino al mobile in alto, salendoci sopra, «perché abbiamo dei mobili così alti?!» chiese, esasperata, raggiungendo le altre una volta finito di sistemare.

«Perché la cucina era già arredata, Sakura-chan» le rispose Hinata, alzando le zampe anteriori della gatta e muovendole dolcemente a destra a sinistra come se volesse farla ballare.

«Giusto» constatò, sedendosi sul tappeto davanti al divano, appoggiando la testa contro la coscia della ragazza. «Si sente che non c’è Ino» commentò, osservando che c’era un particolare silenzio in casa.

«Non ritornava per cena?» chiese Tenten, chiudendo il libro, arresa all’evidenza che non era proprio nella condizione mentale di studiare.

«La cena!» Hinata sembrò ricordarsene di colpo, alzò Tempura, afferrandola da sotto le zampe anteriori e la appoggiò sul tavolino, saltellando verso la cucina, «che volete mangiare?».

«Ho comprato della zucca» urlò in risposta Sakura, arrampicandosi sul divano, «puoi fare la kabocha nimono».

Hinata comparve sulla porta mentre si allacciava il grembiule alla vita, e poi estrasse il telefono dalla tasca, iniziando a far scorrere il dito sullo schermo, «e poi? La zucca è uno stufato».

Sakura stava per proporre di fare la carne che aveva comprato, ma la porta dell’appartamento si spalancò di colpo, seguita da un sospiro da film Disney. Ino si tolse gli stivaletti e li poggiò vicino alle altre scarpe, lasciando la borsa per terra e appendendo il cappotto.

«Ino!» urlò esaltata Sakura, saltando dallo schienale del divano e andando a stringersi al suo braccio, «com’è andata con Sai? Dove ti ha portato?» in realtà, era il loro primo appuntamento ufficiale, senza calcolare la rimpatriata. Il caffè non contava, aveva detto la bionda, prendere assieme da bere non è un appuntamento.  Sapeva quanto Ino ci tenesse a quella uscita, quindi essere interessata era il minimo che poteva fare.

Hinata chiuse la porta della cucina, probabilmente aveva messo la musica  e non voleva farsi sentire o vedere mentre canticchiava e ballava – anche se tutte sapevano che lo avrebbe fatto.

«È andata be-nis-si-mo!» disse, sedendosi tra le due ragazze, sfregando le mani tra di loro, «siamo usciti assieme da lavoro e mi ha portato in centro, abbiamo mangiato i takoyaki al parco e mi ha fatto vedere anche alcuni suoi disegni».

Tenten sorrise, «e tu lo hai lasciato parlare senza interromperlo?» chiese, quasi stupita, «che fine ha fatto il tuo egocentrismo, Ino?».

La bionda sembrò offesa, gonfiò le guance e guardò l’amica accigliata, «guarda che Sai è una persona molto interessante! E poi vale la pena ascoltarlo… Comunque!» e tornò alla sua espressione eccitata di sempre, «mi ha raccontato un po’ della sua vita, di quanto gli piace dipingere e disegnare… soprattutto gli animali, ha tutto uno studio su quello stupido gattaccio di Saske. Lo fa sembrare bello, il gatto, intendo».

«Ah» si fece scappare Sakura, che evidentemente sperava in una collezione di disegni su Sasuke. Si ritrovò presto sotto gli occhi inquisitori di Ino che sembravano dirle «ancora Saske? Dimenticalo, fronte spaziosa».

«Siamo andati al tempio e poi abbiamo camminato per il centro che stanno addobbando per il Bunka no Hi» continuò il suo racconto, giocando con la collana, «mi ha chiesto se volevo accompagnarlo, tanto è festa».

«E tu che gli hai detto?» domandò Sakura.

«Di sì, ovviamente!» commentò ad alta voce, raddrizzando la schiena per poggiarla nuovamente sul divano, «quindi mi viene a prendere e pranziamo fuori…». Tenten si allungò a prender il telefono sul tavolino, iniziando a muovere le dita sullo schermo, «che fai?» chiese curiosa la bionda.

«Chiedo a Neji se ha da fare il tre» rispose secca, iniziando a comporre il messaggio, «magari dormo da lui».

«Oh-oh!» esclamò Ino, mentre un dolce profumo di zucca iniziava a invadere la sala, «alla fine mi ha riaccompagnata fino a sotto casa, sono scesa dall’auto ed è sceso anche lui, mi ha abbracciato e mi ha fatto promettere che per il tre andava tutto bene e che ci saremo visti…» e tenne il discorso sospeso.

«E poi?» fu Sakura a parlare, in attesa del gran finale.

Ino la guardò di sottecchi, cercando di nascondere un sorriso, «…e poi ci siamo baciati, Sakura!» e scoppiò in una risata, abbracciandola per il collo, facendo saltare via il gatto dallo schienale del divano.

 

― ♦ ―

 

Sasuke sospirò cercando di portare a termine il complesso calcolo che aveva iniziato cinque minuti prima, ma che – fra una distrazione e l’altra – non era ancora riuscito a completare.

«Le miofibrille sono formate dai sarcofagi» lesse Naruto ad alta voce, cercando di capire il senso della frase, «teme, cosa vuol dire?» gli domandò poi, alzandosi dal letto di Sai e mostrandogli un quaderno degli appunti troppo ordinato e leggibile, perché fosse il suo.

«Sarcomeri, dobe», non era possibile che non riuscisse nemmeno a leggere che cosa c’era scritto, «posso studiare, adesso?» domandò retorico, ripassandogli il quaderno.

Era seccante studiare così, con un idiota che continuava a fargli domande e con il volume troppo alto della televisione che arrivava dal soggiorno.

Avrebbe voluto capire perché nessuno era uscito, quel sabato sera, di solito uscivano sempre.

«Ah, quindi le miofibrille sono formate dai sarcomeri che sono a strisce chiare e scure!» affermò Naruto tornando verso il letto, bloccandosi però a metà strada. «Teme, che c’è scritto qui?» chiese, e Sasuke emise un verso di esasperazione lanciando la matita sul piano in legno, osservandola rotolare e poi cadere sul pavimento. Di sicuro si era rotta la mina, lo sapeva.

Puntò gli occhi in quelli di Naruto, e lo sguardo bastò a far indietreggiare l’amico verso la porta della stanza.

«SAAAAI, SAS’KE MI FA GLI OCCHI DELLA MORTE» sbraitò, cercando di attirare l’attenzione del compagno di stanza, intento a guardare un film in soggiorno con gli altri due coinquilini. Ma nulla, nessuno rispose.

«Piantala, dobe» la voce di Sasuke era gelida, chiaro segno che da lì a poco avrebbe dato in escandescenza, e Sasuke arrabbiato non era mai una buona cosa. Mai.

«Grazie, teme» gli rispose in tono tragico, aprendo la porta della stanza, «spero che ti sentirai in colpa quando non passerò l’esame di anatomia!» si lamentò uscendo dalla camera da letto, sbattendo la porta con un tonfo sordo che fece sobbalzare il gatto nel corridoio – per quanto un gatto grasso potesse saltare, ovviamente.

Naruto si trascinò in soggiorno con il quaderno degli appunti di Hinata stretto fra le dita, e poi si fermò davanti al divano, osservando i tre ragazzi intenti a guardare un film sui Pokèmon.

«Perché Choji piange?» domandò leggermente confuso, ricevendo come risposta un borbottio simile a “non sto piangendo, mi è andata di traverso una patatina”.

«È morto Lucario» spiegò Shikamaru, strizzando la guancia al suo amico come solo una vecchia zia farebbe, «vero, tenerone?» continuò con una voce idiota mentre Sai sorrideva, guardando la scenetta.

Naruto diede un ultimo sguardo agli appunti e poi si arrese, lanciandoli sul tavolo da pranzo assieme alla scatola aperta dei cereali, accorgendosi che il grosso gatto di Sasuke ci stava infilando dentro la testa. Lo lasciò fare sedendosi sul divano, conscio che quella palla di pelo aveva la brutta abitudine di infilarsi in ogni scatolone o contenitore che lasciassero in giro.

Guardò la fine del film con loro, in silenzio, fino a quando un rumore strano non fece mettere sull’attenti tutti e quattro, seguito da Gatto che strisciava sul pavimento con la testa incastrata dentro il cartone.

«Dovremmo liberarlo?» domandò Sai, senza però muoversi dalla sua postazione.

«La scatola è vuota?» ribatté Shikamaru, e Choji annuì. «Allora no».

Lo seguirono con lo sguardo mentre imboccava il corridoio, e poi tornarono tutti con gli occhi sulla televisione, come in trance.

Sasuke, intanto, sembrava aver trovato un attimo di pace. Era riuscito a concludere l’esercizio e ne aveva appena incominciato un altro, quando una serie di colpi contro la porta lo costrinsero ad alzarsi in preda all’isterismo.

«Dobe che―» parlò mettendo la testa fuori dalla camera, e la scatola dei cereali si schiantò contro i suoi piedi, spinta dal gatto che era riuscito ad infilarvisi dentro per almeno due terzi.

Lo liberò prendendolo in braccio, poggiando la confezione vuota sul letto di Naruto, e poi tornò a studiare.

Riuscì a fare forse quattro calcoli, ma perse il conto nel momento in cui lo scatolone che conteneva la divisa da baseball nuova di Naruto cadde a terra, e Gatto corse veloce verso di lui, saltando sulla scrivania e sedendosi sul suo quaderno.

Si fissarono per qualche secondo – uno disperato e l’altro soddisfatto – , e poi Sasuke emise un verso gutturale incominciando a fare i grattini sotto il mento al gatto, poggiando la testa sulla scrivania. In quella casa era impossibile studiare, doveva farsene una ragione e pensare di andare in biblioteca.

«Non dovevo prenderti, è questa la verità» parlò con il gatto che, in risposta, miagolò alzando il sedere, strofinando la testa contro la sua mano. 

 

― ♦ ―

 

Sasuke si mise controvoglia la borsa sulle spalla, camminando vicino al muro. Era stanco, stanchissimo. Alla fine l’unico modo per ultimare lo studio era stato farlo di notte, dopo aver imbottito Naruto di tisane alla camomilla e avergli fatto buttare la spazzatura almeno cinque volte, solo per stancarlo il più possibile.

Lui, invece, aveva usato i suoi ultimi spiccioli in lattine di doppio espresso della Starbucks. Sarebbe arrivato anche a darsi delle sberle pur di rimanere lucido, ma alla fine era bastata la caffeina. Fatto stava che ora gli rimanevano solo banconote intere, ma non rientrava nei suoi problemi cambiarle.

L’esame, inoltre, gli era sembrato abbastanza riuscito. Certo, magari non avrebbe inaugurato il suo libretto con un 30, ma di certo non si parlava di un 17, e tantomeno di un 19. Voleva essere ottimista, provarci. E poi aspettava una visita, Sasuke, che per quanto volesse nasconderlo a sé stesso e agli altri gli era molto gradita. Non aveva fatto altro che cercare di mantenere in ordine la stanza mentre studiava, pulire il pavimento e fare attenzione che Naruto non rovinasse le mura del locale con la sua stradannata mazza nuova. Voleva che fosse tutto perfetto, e in realtà lo era. L’unica cosa che stonava erano i due crateri lunari che aveva sotto gli occhi, ma dato che non aveva mai avuto una faccia particolarmente riposata nemmeno a Londra, non se ne faceva un problema. E poi era di famiglia.

«Saske-kun!».

La voce di Sakura lo colpì dalle spalle come una brezza primaverile. Non si aspettava una sua comparsa, in realtà. Si girò per accertarsi che fosse lei e rimase fermo ad osservarla mentre faceva lo slalom tra le persone che uscivano dall’esame di statistica per raggiungerlo.

«Sakura» disse lui, passandosi una mano sul viso per cercare di svegliarsi, non aveva motivo di trattarla male, e non aveva nemmeno voglia di farlo, «che ci fai qui?».

«Sono venuta a chiederti com’è andata l’esame» confessò, arrossendo leggermente sulle guance mentre si dondolava sui talloni.

Non sapeva perché, forse era tutta quella caffeina che gli girava in corpo, forse perché Sakura era particolarmente carina con la maglietta azzurra e la giacca del colore de suoi capelli – soprattutto mentre arrossiva. Non sapeva davvero perché (in realtà lo sapeva e come, ma non voleva ammetterlo a sé stesso) ma l’averla guardata troppo a lungo lo aveva rincretinito, facendolo arrossire.

Abbassò lo sguardo di colpo, mettendosi una mano sulla fronte per nascondersi il viso, «è… andato bene, grazie» borbottò, cercando di ritornare alla sua carnagione cadaverica di sempre.

 «Stai bene?» chiese lei, preoccupata.

Si comporta già da medico – pensò Sasuke, ricordando il racconto di Naruto sulla festa di Halloween dell’università, «Sakura-chan è venuta vestita da infermiera sexy» gli aveva detto, anche se, spiegò poi Sai, era infermiera morta, non infermiera sexy.

«Sì, sì» continuò lui, alzando la testa per incrociare il suo sguardo, dandosi finalmente una calmata, «ho solo dormito poco».

Sakura gli sorrise, con quel suo sorriso bellissimo che lui aveva dimenticato. Era diventato anche più sicura, più donna. In realtà, c’era poco nella ragazza di fronte a lui di quello che ricordava  della Sakura piagnucolona di anni prima – non sapeva se era un bene che fosse cambiata così tanto, in realtà, soprattutto nei suoi confronti. Lui voleva rimettere a posto la sua vita e lei piombava davanti in quel modo.

Ma lui non si sentiva pronto, e non lo era.

«La Yamanaka sta uscendo con Sai» iniziò all’improvviso, per distogliere l’attenzione dai propri pensieri, «e Naruto ha gli appunti della Hyuga, ma non ci capisce niente».

«Perché sono disordinati o perché lui non li capisce?» domandò ridacchiando.

«Perché è il dobe, ovviamente, non è colpa degli appunti» sospirò, infilando le mani in tasca, «forse potresti dargli una mano, è anatomia… l’avrai negli studi, no? Così magari esce un po’ da casa e mi lascia studiare…» commentò, ricordando infelicemente quelle giornate che dovevano essere  produttive, ma che erano diventate purtroppo vane.

Sakura rise scuotendo il capo, sistemandosi la borsa sulla spalla, «potrebbe dargliela la Hyuga» rispose, calcando volontariamente il cognome dell’amica, utilizzando lo stesso tono che lui aveva usato per chiamare Hinata. «Io lo aiuterei, ma ho da fare e lui per studiare due pagine ci impiega più di un’ora» si giustificò avviandosi verso l’uscita, «non ho il tempo».

«Nemmeno io per sopportarlo mentre legge sarcofagi invece di sarcomeri» borbottò Sasuke, strappandole un’altra risata.

Le sembrava di essere tornata al liceo, prima che lui partisse. Era bello poter parlare così, anche di cose stupide, ma parlare: le bastava questo.

Si ricompose in fretta allacciandosi la giacca, ma prima che potesse rispondere una ragazza dai lunghi capelli neri si lanciò al collo di Sasuke, lasciandola spiazzata.

«Sascake strillò scompigliandogli i capelli, stampandogli un bacio sulla guancia, ma Sasuke non si scompose più di tanto, le posò una mano sulla schiena e la lasciò semplicemente fare.

«Asami, you shouldn’t arrive tomorrow?» le rispose, e Sakura si infilò le mani in tasca, sentendosi decisamente di troppo.

«Surprise, Sasuke!».

Sasuke sorrise scuotendo il capo, guardandosi attorno come a voler cercare qualcuno.

La ragazza disse un sacco di cose in inglese, così in fretta che Sakura riuscì a cogliere soltanto “wait” e “car” prima che lei lo prendesse per mano, trascinandolo verso il portone.

«Asami!», Sasuke la fermò girandosi verso Sakura, continuando a tenerla per mano, «devo andare» disse, ma non le sembrava dispiaciuto che li avessero interrotti.

Neanche me la presenta, la sua fidanzata di Londra, pensò Sakura sforzandosi di sorridere.

«Certo…» mormorò mentre la ragazza la guardava, dicendo qualcosa a Sasuke che lo fece arrossire. Era molto più reale, adesso, come se avesse il cuore ricolmo di schegge che si infilavano sempre più in profondità, secondo dopo secondo. Era un dolore che non poteva curare, purtroppo.

«Bye bye» fu lei a salutarla e non lui, e la cosa la ferì ulteriormente.

Rimase ferma, immobile in mezzo all’atrio, guardandoli mentre si allontanavano e lei rideva, stringendogli il braccio e sistemandogli i capelli e il colletto della camicia.

Cercò di trattenere le lacrime almeno fino a casa, ma non era certa di riuscirci.

Si sentiva così stupida… Ma che si aspettava? Sasuke era un bel ragazzo, e aveva trovato una bella ragazza, dai tratti orientali, alta ed elegante. Più bella di lei.

E con un seno più abbondante del suo, le avrebbe fatto notare Ino, probabilmente.

Inspirò profondamente avviandosi verso l’uscita, decisa ad arrivare a casa e chiudersi in bagno per il resto della giornata.

 

 

 

 

 

 

 

N O T E D ‘ A U T R I C I ; siamo in missione per conto del Signore.

 

 

Di solito pubblichiamo un po’ prima delle quattro, lo so, ma non avevamo ancora betato il capitolo e questo era un capitolo che andava betato!

Beh, è arrivata Asami! / finalmente è arrivata, aggiungeremo. Noi l’aspettavamo da tanto, davvero. Ma non aggiungeremo niente e lasceremo a voi eventuali reazioni alla sua comparsa ;) Essendo di Londra, parla in inglese – e di conseguenza anche Sasuke. Abbiamo decido di mettere le parti in inglese per evidenziare la differenza di lingua, e se c’è qualche linguista che può, eventualmente, aiutarci con quella piccola frase è molto ben accetto!

A proposito di lingua, volevamo anche dire che sappiamo che probabilmente il gioco di parole tra sarcomeri e sarcofagi non regge in Giapponese, ma consideratela una licenza poetica (come una licenza poetica è anche la valutazione degli esami,non sappiamo se usano i trentesimi o qualcos’altro… ma almeno così è chiaro a tutti!).

La festa di cui si parla nel capitolo è il 3 novembre, la festa della cultura, dove le strade vengono addobbate e ci sono spettacoli di vario genere con molti artisti di vari campi, il paradiso per Sai, insomma

Ci scusiamo per non aver risposto alle recensioni, ma tra la stesura delle fan fiction, impegni, e stanchezza + altre idee che ci assillano continuamente il tempo vola – ma vi pensiamo sempre, davvero! e per questo vi ringraziamo qui per aver recensito anche questa settimana! :*

Il prossimo aggiornamento, a tal proposito, è sabato 21 febbraio!

 

papavero radioattivo





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Capitolo 10
*** PARTE PRIMA ―「capitolo dieci」 ***











C A P I T O L O

dieci

 

 

 

 

 

«Sono tornata» pigolò a voce talmente bassa che forse non l’aveva sentita neanche Hinata, sempre attenta a tutto. Abbassò la zip del cappotto rosso mentre cercava di decifrare quello che Tenten le stava dicendo. Le sembrava che parlasse di un certo programma in televisione, ma non aveva la forza di chiederle di ripetere. «Va bene» disse, semplicemente, appendendo la giacca nel braccio dell’attaccapanni che era solita usare.

Calmati e sorridi, si disse, respirando profondamente.

«Tutto bene, Sakura-chan?» domandò Hinata – quando diavolo era arrivata? Ci mancava solo lei! Riusciva a vedere tutte le sofferenze di tutte le persone del mondo, Hinata. E anche se Sakura si fosse dipinta la faccia sarebbe ugualmente riuscita a capire che no, non andava tutto bene.

«Sì» affermò, convinta, rilassando le spalle, «vado un attimo in bagno» e si girò verso le altre due, tenendo la testa tra le spalle, camminando verso il bagno prima con una certa calma, quasi disinvoltura, poi aumentando il passo. Aprì di colpo la porta del bagno e la richiuse con una certa urgenza, facendo girare la chiave prima che una delle due cercasse di aprirla.

«Sakura!» era Ino, comparsa da chissà da che angolo di casa. Meno male che non l’aveva incontrata prima! Quella era ancora più brava di Hinata a capire quando lei stava male, e di certo l’avrebbe placata come solo un giocatore di football americano sapeva fare, legandola a letto e costringendola a parlare. Batté il pugno più volte sulla porta, urlando vicino alla serratura, «lo so che sei dentro, cretina! Esci fuori e dimmi cos’hai!».

Sakura si appoggiò contro vasca, abbracciandosi e osservando le ombre che si muovevano, frenetiche, dalla fessura sotto la porta.

«Smettila di urlare, Ino» la rimproverò Tenten, «non risolvi niente a fare così».

«Guarda che butto giù la porta, Sakura! Non fare la bambina!» continuò a sbraitare lei. Sakura sorrise, con le lacrime che ormai le offuscavano la vista e le cadevano sulle ginocchia, si tappò la bocca per prevenire eventuali singhiozzi, non voleva far sapere che stava piangendo.

«INO!» urlò Tenten, i pugni contro la porta smisero, forse aveva bloccato la mano della maialina, «vai in camera, forza».

«E lasciami!».

«Tu fila in camera!».

Un’altra porta sbattere e un altro giro di chiavi. Davvero Tenten aveva chiuso Ino in camera? Non poteva crederci. Da lontano, sentiva la voce di Ino, distorta dalle mura che le dividevano che urlava qualcosa sul fatto che Sakura era la sua migliore amica, e che a lei aspettava il sacrosanto diritto di consolarla. Ma evidentemente alle altre due non interessava.

Calò il silenzio per qualche minuto, le ombre erano ferme, coprendo quasi completamente la luce del corridoio. Sakura strisciò sul pavimento e guardò dalla serratura, incontrando il profilo di Tenten appena di fianco alla toppa della chiave. Erano sedute contro la porta tutt’e due, allora, e aspettavano che parlasse.

«Sakura-chan» iniziò Hinata, aveva un tono calmo e gentile, simile a quello di una madre. Di solito erano Naruto o Ino a consolarla, non era abituata ad affrontare i problemi in quel modo, «puoi dirci cosa ti fa stare male? Siamo preoccupate».

Sakura si sedette con la schiena contro la porta, lasciando che il legno dividesse lei e le altre due. Le sentiva vicine, in qualche modo, come se il calore di Tenten e Hinata penetrasse attraverso l’uscio e la scaldassero per consolarla. Si asciugò le lacrime, tirando su con il naso senza dire nulla. Non voleva sbandierare a tutto il mondo che stava così male perché qualcun’altra era arrivata prima di lei al cuore di Sasuke.

Sasuke. Una serie di immagini iniziarono a girare nella sua testa, vorticosamente. Erano tutte frutto della sua fantasia, e lo sapeva – ma ogni cambio di diapositiva era un dolore al petto, come se qualcuno le calpestasse il cuore ad ogni foto. Sasuke che esce da scuola ed Asami che è lì ad aspettarlo, dato che è evidentemente più grande di lui; Sasuke che va a mangiare da lei; il fratello di Sasuke che approva la loro relazione; Sasuke che sale sul London Eye con lei.

Asami, poi, era più grande e più bella. Era di Londra ma aveva i tratti più giapponesi di lei, ed era una cosa che la faceva imbestialire. Perché andare fino in Inghilterra per trovare una ragazza giapponese? Inspirò a fondo, con il pianto che le interrompeva più volte quell’azione che le era sempre sembrata così semplice, come amare Sasuke. Ma non c’erano storie: Asami era più bella di lei, fine della questione. Sembrava una modella, con quel viso perfetto e quei occhi grandi – i capelli, poi! Brillavano di luce loro, come quelli di Sasuke, e non avevano quel colore sciatto e pallido della zazzera che Sakura si portava in testa.

Senza contare le curve. Non voleva neanche pensarci.

«Sakura» fu Tenten a parlare stavolta, «non va bene tenersi tutto dentro» continuò. Sakura la immaginò con la testa appoggiata contro la porta.

Sapeva che aveva ragione, l’idea di Sasuke felice con qualcun’altra la distruggeva lentamente e dall’esterno. Sembrava che l’aria fosse diventata acido, le scorticava la pelle e s’insinuava nei muscoli e nelle ossa, arrivando agli organi e soffocandoli per non farli respirare.

«Non possiamo aiutarti in nessun modo?» riprese Hinata, «noi ti vogliamo bene, lo sai» e fece un’altra pausa, lasciandole il tempo di riflettere su quella frase.

Lo so che me ne volete, si disse Sakura, ma non posso parlarne con nessuno.

Era un dolore suo, che apparteneva a lei e che solo lei voleva sentire. Era l’ultima cosa che Sasuke le aveva lasciato – un bel calcio nel culo, commentò, fin troppo inacidita dalla situazione. Prese tra le dita i braccialetti che aveva in mano e li fece roteare sulle dita, prima di lanciarli per terra. Per fortuna caddero sul tappeto, senza fare rumore.

Hinata, o almeno le pareva fosse lei, sospirò, senza nemmeno chiamarla più. Si sentiva inutile, Sakura lo sapeva, e detestava pensare che stesse male per la sua testardaggine, ma davvero non riusciva a prestare attenzione a un altro dolore diverso dal suo. Era il più grande del mondo, in quel momento, il dolore a cui nessuno sarebbe sopravissuto.

Perché non io?

Già: perché non lei? Perché non era bella abbastanza? Simpatica abbastanza? Sasuke aveva un fetish per le inglesi? Aveva più esperienza sessuale di lei per via dell’età e lui era diventato un maniaco che pensava solo a quello? Cos’aveva Asami che lei non aveva, eh?

Tutto.

Che risposta stupida, si disse subito dopo, parlando con sé stessa, non è proprio da te pensare certe cose, Sakura.

In effetti era vero, per la testa le erano passati decine di insulti e domande che di solito non si poneva, o quando si poneva era Ino a fargliele, e si risolveva sempre in modo scherzoso. Non era mai stato serio fino a quel punto. Non era mai stato davvero importante.

«Perché non ne parli con Ino?» propose Hinata.

Sakura non rispose, allungandosi a raccogliere i braccialetti, «mi prenderebbe a pugni» borbottò poi, come una bambina, dannandosi subito dopo. Detto così, era ovvio che si parlasse di Sasuke, perché Ino la prendeva a male parole tutte le volte che usciva fuori l’argomento. L’ho fatta grossa, si maledisse Sakura, sono una cretina, come dice Ino. Una cretina galattica, la cretina dei cretini, dell’intero universo e di tutti gli universi paralleli.

«Ino prende a pugni chiunque» commentò Tenten, ridacchiando, «se sei chiusa in bagno per evitare la sua furia ti capisco, lo farei anche io».

Fu un commento che la fece sorridere, convincendola quasi ad aprir bocca e spifferare tutto. Strinse i denti, mordendosi il labbro, sforzandosi di non parlare. Se si fosse tenuta tutto dentro e avesse superato la cosa, ne sarebbe uscita più forte e più donna. Più donna di Asami.

«Puoi provare a parlarne con Naruto-kun» disse Hinata.

«Giusto!» la sostenne l’altra, «quando i primi tempi non sopportavo il silenzio di Neji andavo a lamentarmi da Rock Lee, e lui ascoltava sempre e mi tirava su il morale».

Certo, ma Neji non si è messo con una milf più bella di te, Tenten – borbottò tra sé e sé Sakura, ridando il via agli epiteti-poco-cortesi che aveva affibbiato ad Asami negli ultimi trenta secondi, soprattutto considerato che non era così vecchia. E poi parlare della fidanzata di Sasuke a Naruto non le sembrava davvero una buona idea.

«No» disse, categorica, scartando Naruto dalla lista delle persone che potevano aiutarla. Sarebbe andata a pregare al tempio, oppure dallo psicologo. Lo psicologo le sembrava la cosa migliore, così magari le diagnosticavano il disturbo ossessivo-compulsivo nei confronti di Sasuke e la chiudevano in manicomio, assieme alle pazze come lei.

«Beh» ribatté Hinata, «anche se non gli dici quello che è successo, potresti comunque chiedergli di uscire con te, no? Siete migliori amici».

Come faceva a consigliare ad una ragazza con il cuore spezzato – anche se non lo sapeva, ma era ovvio che il problema fosse quello – di uscire con il ragazzo per cui aveva una cotta abnorme, quasi quanto quella che lei aveva nei confronti di Sasuke? Senza nemmeno un minimo di amarezza nella voce! Sakura poteva far ubriacare Naruto e portarselo a letto, per esempio, per fare un dispetto a Sasuke (anche se a Sasuke non poteva fregare assolutamente nulla, data la sua situazione sentimentale attuale).

No, cielo, no. Con Naruto mai, non lo sopporterei. Non lo sopporterebbe per Hinata e per il pensiero di intraprendere una relazione amorosa con il suo migliore amico.

«Lee mi fa sempre ridere» commentò Tenten, «potresti davvero uscire con Naruto, fare un giro, per distrarti un po’».

«E dovresti anche uscire da lì, Sakura-chan» aggiunse Hinata, «sono due ore che sei chiusa dentro».

Sakura si alzò, raccogliendo tutto il coraggio che aveva in corpo, alzandosi con le gambe fatte di gelatina – scaduta, per la precisione, si sentiva uno schifo – e aprendo la porta. Doveva avere un aspetto terribile, perché Hinata aveva assunto la stessa espressione che aveva fatto sua madre quando Sakura era tornata con la faccia graffiata e le ginocchia sbucciate per colpa di quella brutta caduta in bicicletta, quando era piccola.

«Saske ha una fidanzata» disse. Le labbra le diventarono improvvisamente di cemento, sgretolandosi subito dopo sotto le onde di lacrime che le scendevano dagli occhi, rendendo confusa le immagini delle altre due ragazze, «ha una stupida fidanzata inglese» continuò poi, e prima che potesse insultare nuovamente Asami si sentì avvolgere dalle quattro braccia delle amiche che le accarezzarono la schiena come un cucciolo randagio.

«Tesoro…» mormorò Hinata, spostandosi per pulirle le lacrime con il dorso della mano. Forse riusciva a capire quanto potesse stare male Sakura, in quel momento, sempre per quella cotta – che in realtà era amore – per Naruto. Chissà come si era sentita quando aveva visto Mai, pensò per un attimo, ma l’immagine di Sasuke che abbracciava Asami ritornò a tartassarle la mente.

«Ino mi uccide» continuò, scivolando seduta a terra, «quando lo saprà inizierà a fare “te lo avevo detto!” dicendo che sono una deficiente, e non ho voglia di starla a sentire».

Tenten guardò Hinata per un momento, poi la camera di Ino ed infine quella vuota sua e della compagna, «io vado a dormire da Neji, così tu puoi stare con Hinata, va bene?» sorrise, gentile.

Stare in camera con Hinata fa quest’effetto alle persone? Sakura era stupita, se la compagnia della Hyuga rendeva le persone gentili, avrebbe chiuso Ino in camera con lei per un buon mese. «Sei sicura?» chiese – ora aveva pure paura di disturbare. Che giornata pessima! «Voglio dire, vai a dormire da Neji con in casa Shino, Kiba e Lee?».

«Oh, no, no! Andiamo in un hotel» e fece l’occhiolino ad Hinata, facendola ridacchiare, staccandosi per andare a chiamare il fidanzato.

Non riusciva nemmeno più ad essere gelosa, Sakura, tanto stava da cani.

«E con Ino?» borbottò.

«Tu vai a farti un bagno e pensa ad una scusa per farla tacere per la notte, almeno, va bene? E poi appena si addormenta vieni in camera con me» sorrise gentile, spostandole un ciuffo dagli occhi, «però chiama Naruto-kun» continuò, «ti farà bene ridere un po’».

Sakura annuì, attivandosi per fare quello che Hinata le aveva consigliato, mentre lei andava a calmare Ino e poi a cucinare. Naruto ti farà ridere un po’, aveva detto, ed era vero. Naruto l’avrebbe fatta sentire meglio, anche solo per un pomeriggio.

Tanto lo sappiamo tutti che vorresti essere tu quella a ridere per le battute di Naruto, eh, Hina-chan? Si disse in tono sarcastico, rincuorata di aver trovato un po’ della vecchia sé stessa.           

 

― ♦ ―

 

Sakura saltò svelta giù dal tram, incamminandosi con le mani in tasca verso il nuovo bar vicino all’università, doveva aveva appuntamento con Naruto.

Dopo che Sasuke le aveva inviato un messaggio dicendo che “per altri impegni” non ci sarebbe stato, aveva deciso che un pomeriggio con il suo migliore amico, da sola, forse non le avrebbe fatto male. Naruto sapeva sempre come tirarle su il morale, anche nei momenti peggiori.

Si sistemò il cappotto, incassando la testa nella spalle e fissandosi la punta delle scarpe. Per quanto si fosse sforzata non riusciva comunque a togliersi dalla testa l’immagine di Sasuke con Asami, ma sapeva che era quello il punto di svolta, il momento in cui – forse – avrebbe potuto davvero arrendersi all’evidenza e guardare avanti.

Ino le aveva persino proposto un pomeriggio alle terme, seguito da un altro di shopping curativo, solo per loro quattro.

Le amiche servono a questo, no?, le aveva detto stampandole un bacio su una guancia. E forse aveva davvero ragione questa volta.

Si fermò davanti al piccolo bar, accanto alla porta, e nell’istante in cui estrasse il cellulare dalla tasca la voce di Naruto le forò un timpano.

«Sakura-chan!» urlò come suo solito, stringendola tanto da farla sollevare sulle punte dei piedi.

«Naruto-kun…» mormorò con un sorriso, sforzandosi di non scoppiare in lacrime contro il suo petto. Gli strinse leggermente la stoffa della felpa nel pugno, e poi si allontanò di poco, liberandosi dalla sua presa.

«Il teme ti ha avvisata?» domandò con un sorriso che lei trovò decisamente inopportuno. Possibile che non sapesse? Che non lo avesse detto al suo migliore amico? Possibile.

Sakura annuì sforzandosi di non trasformare quell’uscita in una lagna generale e continua.

Non voleva parlare di Sasuke, non le andava di farsi più male di quanto non gliene avesse già fatto lui.

«Entriamo?» chiese, cambiando argomento, «qua fuori fa freddo…» ammise, e Naruto aprì la porta del bar, invitandola ad entrare. Si accomodarono ad un tavolino, lei si tolse la giacca e l’appese alla seggiola, assieme alla borsa, e poi aprì il menù, cercando qualcosa da ordinare, «come va lo studio con gli appunti di Hinata?».

«Chi te lo ha detto?», Naruto sembrava sorpreso che lei lo sapesse.

Sakura rise piano, distogliendo lo sguardo dal menù, «un uccellino» un bellissimo uccellino.

«È stata Ino, vero? Glielo ha detto Sai!» affermò convinto, ma Sakura scosse il capo, «Ino e Sai parlano di tutto tranne che di te».

«Allora è stato il teme!» riprovò, e il sorriso di Sakura si spense un poco.

«Perché non le chiedi di aiutarti a studiare?», le sembrava una così grande idea, così finalmente sarebbero stati soli, e senza interruzioni di qualsiasi tipo.

Naruto la guardava come se stesse cercando di capire che cosa in realtà le frullasse in testa, e lei non voleva che lo capisse o lo sapesse. Non voleva che si vedesse così tanto la scritta “sono stata friendzonata” che si portava sulla sua larga fronte.

«Solo se mi dici perché sei triste».

«Non sono triste!» replicò, cercando di mettersi sulla difensiva, «e poi non puoi ricattarmi! Lo sto dicendo per il tuo bene…», e per quello di Hinata, ma questo non lo disse.

«Che cosa è successo? È perché Saske non è venuto?» Naruto continuò imperterrito, ignorando quello che lei aveva detto.

Perché doveva fare così?!

Sakura scosse il capo negando tutto, negando fino alla morte. «Promettimi che chiamerai Hinata, stasera» gli disse, cercando di costringere quella testa quadra a riportare l’attenzione su quello che stava dicendo, «promettimelo, ed io te lo dico».

«Ah! Ora sei tu che mi ricatti!» sbraitò, esattamente nell’istante in cui arrivò il cameriere per prendere le ordinazioni.

Naruto ordinò una cioccolata aromatizzata alla ciliegia, mentre lei si limitò ad un tè con frutti rossi e violetta. Il discorso si arenò fino a quando il cameriere non li lasciò soli, poi entrambi tornarono all’attacco, litigando quasi per prendere parola.

«Giuralo!» dissero all’unisono, ritrovandosi poi a sorridere come due idioti.

«Promesso, Naruto» assicurò Sakura, «ma promettilo anche tu!».

«Croce sul cuore?».

Sakura roteò gli occhi ridacchiando, «…croce sul cuore» ripeté facendosi il segno sul petto, esattamente come quando erano bambini. Si era condannata.

«Bene, Sakura-chan…» parlò Naruto, poggiando un gomito sul tavolo, «perché sei triste?».

«Saske ha una fidanzata, lo sai?» mormorò chinando il capo, incominciando a strappare in piccoli pezzetti il tovagliolino che aveva davanti.

«DAVVERO?!», Naruto sembrava sconvolto quanto lei, «E NON ME LO HA DETTO?! NON ME LO HA DETTO!» strillò, abbassando il tono della voce solo quando Sakura gli tirò un calcio sotto il tavolo.

«Ieri l’ho raggiunto finito l’esame per chiedergli com’era andata, ed è arrivata questa ragazza» spiegò, e una piccola lacrima le si incastrò fra le ciglia, rigandole la guancia.

«Sakura-chan, non piangere…» le sussurrò Naruto, asciugandole la lacrima con il pollice, «io pensavo…» continuò, ma Sakura lo interruppe.

«Non importa, Naruto».

«Ma tu ci stai male, quindi importa» ribatté lui, prendendole la mano, «vuoi che gli parli? Forse non lo sa che tu sei ancora innamorata di lui, e quind―» provò a continuare, ma Sakura lo interruppe.

«Naruto… non devi fare niente, va bene così».

Seguì un attimo di silenzio nel quale il cameriere di prima posò sul tavolo le tazze e un piatto di pasticcini colorati e bellissimi. Lo ringraziarono, lasciandosi le mani e portandole entrambi sulle loro tazze.

Naruto mescolava a vuoto con il cucchiaino, ed il rumore metallico interrompeva il silenzio che era calato fra di loro.

Lei lo sapeva che non dovevano parlarne.

«Hinata è bravissima e paziente sarà una maestra più brava di me» disse con un sorriso, portando poi la tazza alle labbra.

«Di certo non mi prenderà a pugni in testa» scherzò, strappandole un sorriso.

«Ti prenderò a pugni io quando lei mi racconterà che fai l’idiota!» rimbeccò prendendo un pasticcino alla marmellata, mangiandone un pezzo e pensando alla voce di Ino che diceva quello va tutto sui fianchi da fattrice! – ma dal momento che non c’era poteva anche mangiarne venti.

«Comunque è strano…» cambiò argomento Naruto, inzuppando un pasticcino al cioccolato nella cioccolata. Cioccolato al quadrato, insomma. Nauseante.

«Cosa?».

«Che Sasuke non mi abbia detto di questa ragazza» spiegò, recuperando il dolcetto dalla tazza con il cucchiaino, «oppure l’ho vista con lui e non sapevo stessero assieme» aggiunse, cercando di trovare una motivazione al perché lui non gli avesse detto nulla. «Intanto non la porta a casa, se ti interessa, e non vanno a letto assieme perché lui dorme sempre a casa» provò a rassicurarla, ma con scarsi risultati.

«Per forza, lei è inglese, Naruto» mormorò, «è venuta a trovarlo da Londra».

«Quindi è una relazione a distanza?!» il suo migliore amico sembrava super confuso, «ma tu come lo sai?».

«L’ho sentita parlare, forse?» gli rispose, passando l’indice sul bordo della tazza, «si chiama Asami, ha i tratti orientali e i capelli neri, lunghissimi, è praticamente alta un po’ meno di lui e bellissima, anche se è più vecchia di Saske» parlò tutto di un fiato, tornando poi a bere il tè.

«Asami?!», Naruto la guardò basito, e poi sorrise senza motivo, «ma Asami è la fidanzata di suo fratello, Sakura-chan!» affermò convinto, ridacchiando mentre prendeva un altro pasticcino, «sono arrivati ieri a trovarlo da Londra per dirgli che si sposano».

«Quindi non è la sua fidanzata?», Sakura non si era mai sentita così tanto stupida in vita sua. Come poteva averlo pensato? Perché lo aveva pensato?

«No, è quella di Itachi. Me l’ha presentata ieri sera, ma non ho capito niente di quello che ha detto» rise passandosi la mano fra i capelli biondi, più corti rispetto a quelli che aveva al liceo, «non credo lui abbia una fidanzata, oggi non è venuto perché è a fare un giro con loro!».

Quindi Sasuke non era fidanzato con Asami.

Sakura sorrise poggiandosi allo schienale della sedia.

Aveva ragione: Naruto riusciva sempre a tirarle su il morale.

 

 

 

 

 

 

 

N O T E D ‘ A U T R I C I ; siamo in missione per conto del Signore.

 

 

Capitolo molto travagliato, soprattutto dal punto di vista del betaggio :°3 avremo voluto dargli una seconda ricontrollata, ma non volevamo tardare ancora di più nel pubblicare questo decimo capitolo! Vi informiamo che siamo a metà della PRIMA PARTE di Colla, che conta 19 capitoli. Speriamo che il fatto che questa fan fiction sia così lunga non sia un particolare problema per voi, se noi ci impegneremo ad aggiornarla con regolarità e quant’altro uvu

Che altro dire? Niente, stavolta davvero niente ;___; più passa il tempo più ci sembra inutile fare le note d’autrici, dato che ormai ci conoscere e conoscete il nostro modo di lavorare/scrivere, quindi capite benissimo le scelte che facciamo nei capitoli.

Fatto sta che almeno il segreto di Asami è stato rivelato – e se lei è la fidanzata di Itachi… chissà se in nostro bel Uchiha farà la sua entrata in scena!

Il prossimo aggiornamento sarà il 28 febbraio – e cogliamo l’occasione per scusarci ancora per non aver risposto alle recensioni del capitolo precedente, ma la vita ci sta sommergendo di lavoro e fatica ;___; d’altronde, ci capirete benissimo. Speriamo tuttavia che questo non diminuisca lo splendido feed-back che ci fornite ogni volta! Siete bellissimi

 

papavero radioattivo





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Capitolo 11
*** PARTE PRIMA ―「capitolo undici」 ***











C A P I T O L O

undici

 

 

 

 

 

«Mi ci potrei abituare».

«Davvero?».

«Oh sì».

Itachi e Asami andavano avanti così da ore. Sasuke li scarrozzava in giro per Konoha con la macchina di Sai per mostrare alla fidanzata di suo fratello la città, lei lo prendeva in giro, faceva domande su qualsiasi cosa e poi intrappolava Itachi in una conversazione che durava minuti. Senza contare che parlava in inglese, a voce alta e troppo velocemente perché le persone non si girassero a guardarli. Stava morendo di vergogna, ma non importava.

«Sasuke» lo chiamò poi, costringendolo a fermarsi e aspettare che gli altri due lo raggiungessero, Asami tolse il braccio dal fianco di Itachi e incastrò il più piccolo degli Uchiha tra lei e il fidanzato, anche se ormai era diventato davvero troppo alto per essere il suo cupcake.

«Non hai sentito? Ho detto che mi ci potrei abituare» continuò, guardandosi intorno, «ai parchi, alle carpe, ad andare a pregare ai templi e avere te come autista» continuò, ridacchiando, «e poi è il giapponese è sexy» disse, allungandosi in avanti per incontrare lo sguardo di Itachi, il quale le sorrise come suo solito.

Sasuke rabbrividì. Non voleva nemmeno immaginare in che situazione suo fratello le avesse parlato in giapponese.

«Se vieni ad abitare qua ti compri una macchina e guidi per conto tuo, Asami» tagliò corto Sasuke, «oppure prendi i mezzi pubblici, Konoha è ben attrezzata».

«Per ora non se ne parla di trasferirsi» confessò Itachi, con un po’ di amaro in bocca, «anche se non  mi dispiacerebbe tornarci. Abbiamo anche una casa, noi».

«È da rimettere in sesto» gli rispose il più piccolo, «non ci metto piede da un sacco. Non lo fa nessuno, in realtà».

Asami si fermò di colpo, lasciando la spalla di Sasuke, gonfiò le guance come una bambina e strinse i pugni, «e non mi avete portato a vedere la vostra casa?!».

Itachi ridacchiò, avvicinandosi a lei per prenderle la mano e sfiorarle la fronte, chiedendole silenziosamente scusa, come faceva sempre – ma Asami sembrava essere in vena di… rompere? Sasuke non lo sapeva, magari pensava di essere divertente. Asami si credeva sempre divertente.

«È bruttissima, sta cadendo a pezzi» disse, esagerando, ma Itachi non si oppose, «quando verrai a vivere qui abiterai in quella casa, quindi che t’importa?» e, prima che l’altra potesse iniziare con altre moine, aggiunse: «ma se ci tieni tanto dopo cena ti ci portiamo».

«Sì!» disse sottovoce, stringendo il pugno e piegando il braccio in segno di vittoria. Sorrise e si strinse ad Itachi, riprendendo a camminare, trascinando Sasuke alla sua sinistra, in modo da stare in mezzo agli uomini. Imboccarono una strada che tagliava il parco a metà, seguendo l’asfalto del viale serpeggiante. «Allora, Sasuke…» riprese Asami, aveva la stessa voce che usava quando voleva qualcosa da Itachi, di solito concludeva la frase con “che ne dici della pizza per cena?” oppure “andiamo a pranzo dai miei domani?” – ma dato che a Konoha sia la pizza che i suoi genitori erano fuori portata, Sasuke non sapeva cosa aspettarsi.

«Sì?».

«Chi era quel grazioso cupcake alla fragola con cui stavi parlando all’università?».

Il caso volle che davanti a loro passò un cane a tutta velocità, seguito da un bambino – Sasuke si fermò di colpo, perdendo l’equilibrio e quasi cadde in avanti. Il bambino ritornò subito dopo, inchinandosi davanti a Sasuke con le mani giunte, borbottando più volte «gomen nasai» prima di andarsene.

Asami ridacchiò, «hai perso cinque anni di vita perché ho chiamato la tua fidanzata cupcake alla fragola, o perché ti ho ricordato della sua esistenza?».

Sasuke si rimise dritto, aggiustandosi i vestiti – perché Itachi non lo aiutava e faceva zittire la sua futura moglie, invece di lasciare che il suo fratellino venisse torturato in quel modo? «Non è la mia fidanzata» le rispose, infilando le mani in tasca, riprendendo a camminare.

Asami lo raggiunse subito, trascinandosi dietro Itachi, e infilò una mano attorno al braccio di Sasuke, «allora chi è? Un’amica? Una con cui esci?» chiese, rivolgendosi poi ad Itachi, «è così carina! Dovevi vederla, tesoro, secondo me starebbero bene». Girandosi, notò Sasuke arrossire da dietro la sciarpa, ma evitò di farglielo notare, «ti interessa più di Emily, vero?».

«Emily non mi è mai interessata» rispose Sasuke, velocemente, «lo sai, smettila con questa storia».

«Itachi!» urlò Asami con tono solenne, come se fosse un giudice, «tuo fratello è innamorato di un cupcake alla fragola».

«Cos―?! No! Asami, smettila!» protestò Sasuke, il rossore sulle sue guance aumentò a livelli esponenziali, era ovvio che, chiunque fosse il cupcake alla fragola, gli interessasse, in un modo o nell’altro, «e non si chiama cupcake alla fragola, si chiama Sakura».

«Sakura?» domandò Itachi, ma fu subito interrotto da Asami.

«Lo so! Lo so! Sono i fiori di ciliegio, vero? Ma certo! È un cupcake alla ciliegia, non alla fragola» e annuì, fiera della sua conclusione.

«Quella Sakura?» ribadì il più grande, «quella con i capelli rosa che faceva la strada con te al liceo?».

Sasuke alzò la sciarpa fino alle orecchie, «proprio quella». Quella con cui aveva praticamente litigato prima di partire per Londra, anche se non si erano detti una parola; quella per cui si era sentito in colpa per tutto il periodo in Inghilterra; quella che gli era mancato tantissimo ma che per qualche motivo non aveva mai provato a ricontattare.

Si stava dando dello stupido, perché se Asami avesse saputo tutta la storia – e probabilmente la sapeva, dato che aveva fatto raccontare ad Itachi vita, morte e miracoli di tutta la loro famiglia – lo avrebbe insultato lei.

«Quindi è ancora a Konoha! E che cosa studia?».

«Medicina».

Asami sbuffò, «inizi a rispondere a monosillabi, adesso, Sasuke?» borbottò, mettendogli una mano sulla testa, facendola affogare tra le ciocche ribelli, diverse da quelle di Itachi, «non abbiamo detto niente di male riguardo a Sakura».

«Lo so».

La ragazza fece un verso di disapprovazione, girando su sé stessa, esasperata, «se mio nonno non mi avesse insegnato che il karatè è solo per difesa, di avrei già buttato a terra e strisciato la testa contro l’asfalto. Ripetutamente» e si andò a riparare tra le braccia  del futuro marito.

«Tanto lo fai comunque, solo che qui siamo in pubblico e in una città che non conosci» la rimbeccò il più piccolo, «e non vuoi fare brutte figure». Anche se le fai comunque, aggiunse tra sé e sé, solo che non te ne accorgi.

«Ma non con le mosse di karatè!» si apprestò a rispondere, «e comunque volevo solo sapere se questa Sakura ti interessa» concluse, borbottando parole incomprensibili contro la giacca di Itachi, che si limitava a sorridere.

«Per ora è un’amica» mormorò, riprendendo a camminare.

«Già, un’amica. Per ora» sussurrò Itachi, tappandosi la bocca per evitare di farsi scappare una risata. Sasuke non si girò a rimproverarlo, quindi forse non lo aveva sentito – in tutti i casi non importava. «Comunque, dato che domani ce ne andiamo, pensavo di andare a cena fuori» disse, cambiando discorso.

Sasuke annuì ed Asami esultò, appendendosi al suo collo per abbassarlo e stampargli un bacio sulle labbra.

 

― ♦ ―

 

Naruto mugolò, cercando di impegnarsi nel toccarsi le punte dei piedi senza flettere le gambe – con scarsi risultati, ovviamente –, mentre Hinata si sforzava di non ridere, osservandolo.

«Che muscoli sono coinvolti?» gli chiese, e il ragazzo si arrese stendendosi sul pavimento della stanza.

«I polpacci?» tirò ad indovinare lui, alzandosi da terra.

«Sì, ma abbiamo detto che si chiamano… ?».

Naruto non ne aveva la minima idea, lo avevano letto qualche ora prima, ma era un nome troppo complicato perché riuscisse a ricordarselo.

«L’ho scordato, scusa» ridacchiò passandosi la mano fra i capelli, sedendosi poi su uno dei due letti singoli con un sospiro, «Sono un disastro, lo so» ammise, senza però scoraggiarsi del tutto.

«Non sei un disastro, Naruto-kun» mormorò Hinata con fare dolce, sedendosi accanto a lui. «Guarda…» aggiunse poi tendendo il braccio, «questo è il deltoide» affermò, indicandosi la spalla, «e questo è il trapezio, che continuo dietro la schiena» continuò a spiegargli, cercando di toccarsi a fatica la parte sotto le scapole.

«Qui?» domandò Naruto, sfiorandole la schiena, e lei si irrigidì di colpo, arrossendo e sentendo il cuore battere all’impazzata.

Annuì balbettando qualcosa, sforzandosi di continuare senza farsi prendere dal panico, «Sì…» mormorò, «e sotto c’è il grande dorsale».

Gli ripeté tutti i nomi dei muscoli del corpo, con calma, aiutandolo ad impararli a memoria e a riconoscere la loro posizione. Naruto la trovava estremamente dolce e comprensiva, la maestra che aveva sempre sognato di avere, mentre Sakura lo prendeva a pugni e a sberle, picchiandogli la fronte sui libri.

«Sei un angelo, Hina-chan» le disse con un sorriso, stiracchiandosi e tendendo le braccia, mentre un gatto persiano saltava sul materasso, appollaiandosi sulle gambe della ragazza che, istintivamente, gli fece una carezza.

«Hai un gatto?» le chiese cambiando argomento, osservando che – con grandi probabilità – doveva pesare un terzo di quello di Sasuke.

«Si chiama Tempura» gli rispose lei annuendo, accarezzando la schiena della gatta.

Naruto sorrise, «Io avevo un pesce rosso, ma il gatto di Sasuke me lo ha ucciso» le confesssò, serbando ancora risentimento verso l’animale assassino e il suo padrone. «Si chiamava Ramen» continuò, strappando una risata alla ragazza, «perché mi piace il ramen».

«Lo immaginavo» gli rispose lei con un sorriso, scostando la micia sul letto e alzandosi, sistemandosi la felpa che indossava, «Vuoi un po’ di tè, Naruto-kun?» gli chiese poi, «così facciamo una pausa, no?».

La pausa. Santa pausa che stava aspettando. «Certo!» annuì lui, e si alzò a sua volta, sfiorando la coda della gatta prima di seguire Hinata in cucina. Si guardò attorno in silenzio, notando quanto l’appartamento delle ragazze fosse più ordinato e silenzioso del loro. «Dove sono tutte?» domandò, cercando di capire se fossero soli in casa o meno.

«Sakura-chan ed Ino-chan sono a fare Clown Terapia in ospedale, e Tenten è al lavoro» gli rispose con un sorriso, riempiendo il bollitore e posandolo sul fornello, «Così c’è tranquillità e possiamo studiare in pace» aggiunse, recuperando le tazze dalla credenza.

«Perché, non c’è tranquillità, di solito?» le chiese accomodandosi al tavolo, osservandola mentre trafficava con le ante della cucina.

«Dipende…» confessò lei, «a volte sì, a volte no, ma non è fastidioso!» affermò, rivolgendogli un sorriso.

Naruto le sorriso di rimando, domandandosi se Hinata si arrabbiasse mai, oppure se fosse sempre così disponibile e gentile con tutti. Era sempre stata la più dolce e tranquilla delle ragazze della loro vecchia classe del liceo, lo aveva sempre trattato bene, ma in effetti aveva sempre trattato bene tutti quanti.

Non somigliava per niente a suo cugino, avevano due caratteri completamente opposti.

La vide sollevarsi sulle punte dei piedi per recuperare qualcosa dalla dispensa e, senza dire nulla, si alzò, aiutandola a prendere il pacchetto di biscotti riposto troppo in alto per lei, «Ecco» le disse poi sorridendo, passandole la confezione mentre lei si faceva piccola, stringendosi nelle spalle e premendosi contro il mobile, come se tentasse si prendere le distanze da lui.

Aveva fatto qualcosa di sbagliato?

«G-grazie, Naruto-kun» borbottò, restando pietrificata davanti a lui.

Era una bella ragazza, Hinata. Si era di sicuro fatta più grande, il suo corpo aveva più curve, eppure aveva quell’innocenza da bambina, quell’alone di tenerezza che la rendeva incredibilmente carina e disponibile agli occhi di tutti. Ma com’era fatta davvero?

Ripensò al loro discorso sulle code della volpe, al fatto che lei quella sera ne avesse solo una, sebbene lui la trovasse la migliore fra tutte le altre ragazze che conosceva, quella che meritava di averne nove, ma che veniva irrimediabilmente schiacciata da caratteri più forti di lei, meno meritevoli di nota.

«Stai contraendo il trapezio, adesso!» affermò soddisfatto, strappandole un sorriso dolce, felice, mentre le sue spalle si rilassavano e tornavano alla loro normale postura.

«Visto che non sei un disastro, Naruto-kun?» domandò retorica, posando i biscotti accanto alle tazze, e Naruto sorrise soddisfatto di se stesso.

«È perché ho una brava maestra».

 

 

Sasuke era seduto sul letto di Sai, gli occhiali da vista sul naso e un libro di biologia poggiato sulle gambe. Aveva accompagnato Itachi e Asami all’aeroporto, e anche se sapeva che (almeno un pochino) gli sarebbero mancati, si era sentito stranamente sollevato quando lo avevano salutato per imbarcarsi Era contento che si sposassero, dopotutto era stata lei a riportare un po’ di movimento e di allegria nella vita di suo fratello, e se lui era felice con lei – cosa appurata –, non poteva non esserlo anche lui. E poi stavano assieme da più di quattro anni, era ora che si decidessero a farsi una famiglia!

«Ciao teme…», Naruto entrò in camera chiudendo la porta con un piede, buttandosi poi a peso morto sul materasso, davanti a lui, «Tuo fratello è tornato a Londra?» gli chiese grattandosi la pancia, scoperta dalla maglietta a maniche corte.

«Avevano il volo un’ora fa, mi fanno sapere quando arrivano» gli rispose senza alzare gli occhi dal libro.

«Sembri quasi più intelligente con quegli occhiali, lo sai?» ridacchiò Naruto, tornando poi a fissare il soffitto.

«Dovresti comprartene un paio anche tu, allora».

«Ah-ah-ah, che ridere, teme!» replicò ironico, poggiandosi sui gomiti prima di tornare a guardarlo, «Dovresti ringraziarmi, invece di prendermi per il culo» gli fece notare.

«Per cosa, di preciso?», Sasuke era completamente disinteressato, e distaccato, come al solito. Naruto aveva visto un barlume di allegria nella sua voce e sul suo viso solo quando Itachi e Asami avevano messo piede in casa, ma adesso che erano ripartiti era tornato il Sasuke di sempre.

«Beh, di aver detto a Sakura-chan che Asami non è la tua fidanzata, dato che sembrava assolutamente disperata all’idea che tu ti fossi finalmente trovato una ragazza che non fosse lei» spiegò con un sorriso complice, mettendosi seduto.

«Non vedo come la cosa possa interessarmi, dobe» gli rispose, ma Naruto sapeva che non era così, «È lei che deve ringraziarti, non io».

«Allora non ti interessa che alla festa di Halloween fosse con un altro ragazzo, vero?» cantilenò, e la mano del suo migliore amico si strinse sul libro, «Hanno anche ballato assieme e lui la teneva per i fianchi» continuò, cercando di girare il dito nella piaga, di ottenere una qualche risposta sensata che non fosse un monosillabo o una palese bugia.

«Buon per lei».

Naruto sospirò esasperato, «Perché non le chiedi di uscire, teme?» era così stupido che si piacessero e che per colpa dello stupido orgoglio di Sasuke non potessero stare assieme, «Lei ti ama ancora, e non credo che abbia mai smesso di farlo».

Sasuke chiuse il libro con un colpo secco, alzandosi e poggiandolo sulla scrivania, «Perché non pensi a studiare con la Hyuga e non mi lasci in pace?» domandò retorico, gelido, uscendo dalla stanza senza aggiungere altro.

 

 

Akamaru dormiva vicino a lui senza fare versi. Era strano, di solito sognava di mangiare nel sonno, con il risultato di sbavare ovunque e fare un sacco di rumore.

 Rock Lee era a correre e Shino a fare la spesa.

C’era un sacco di silenzio, Kiba non ci era abituato. Sospirò, alzandosi dal letto, lasciando che Akamaru si spaparanzasse su tutto il materasso, dirigendosi in cucina alla ricerca di qualcosa da mangiare.

«Capito» sentì dire a Neji, probabilmente stava parlando al telefono, «quindi ci andate tutte dopo pranzo?». Kiba si fermò vicino alla sua porta, tendendo le orecchie verso la conversazione, «okay, mangiate fuori e poi andate lì. Avete bisogno di un passaggio, Tenten?».

Tenten! Quindi le ragazze sarebbero uscite? Dove? Quando?

Kiba incrociò le dita, sperando che Neji ricapitolasse tutto a voce alta.

«Avete bisogno del navigatore? È la prima volta che andate a quelle terme lì, no? Ah, andate a quelle senza le miste, le più economiche. Ci sapete arrivare?» borbottò, iniziando a girare sulla sedia. Kiba trattenne un grido di esultanza: sapeva perfettamente di che terme stesse parlando.  «Noi ci vediamo lunedì allora» disse, quasi deluso. Che gli mancasse la sua dolce metà? Si tappò la bocca per non ridere. «Ciao allora» lo sentì dire, e Kiba fuggì in cucina prima che Neji potesse solo pensare che lui avesse origliato tutto.

Aprì l’anta delle merendine, estraendo un pacchetto di patatine, «vado da Naruto a chiedergli se hanno voglia di uscire domani!» urlò a Neji, chiudendo la porta dietro di sé.

 

 

 

 

 

 

 

N O T E D ‘ A U T R I C I ; siamo in missione per conto del Signore.

 

 

Buon pomeriggio cupcakes alla ciliegia!

Puntuali come sempre, sembra strano anche a noi, ma fino a quando abbiamo i capitoli pronti, non c’è da temere.

Finalmente ha fatto la sua comparsa anche Itachi, con Asami, e vorremo spendere due/tre parole su questa nostra scelta. Come tutti saprete e avrete letto nel manga/visto nell’anime, Tobi confessa a Sasuke che durante il massacro Itachi ha ucciso la persona che amava, precisamente lo definisce his lover. Noi abbiamo semplicemente immaginato come potesse essere questa ragazza, probabilmente del Clan Uchiha, e la figura di Asami si è praticamente creata da sola. Abbiamo pensato che Itachi avesse bisogno di un tornado nella sua vita, lui è così calmo, così dolce e pacato, e abbiamo voluto dargli questo bel peperino di ragazza, che movimenti un po’ le sue giornate.

Tutto qui, sappiamo che molti lo pensano omosessuale, ma francamente aveva quattordici anni all’epoca del massacro, e per quanto si può solo supporre che magari avesse una cotta per una ragazza, ma assolutamente zero tempo per frequentarla, fra Anbu e tutto il resto.

Fatto sta che noi lo vogliamo etero e vivo, quindi scusateci.

In merito a questo volevamo farvi presente una piccola cosa, chiedervi più che altro se siete interessati ad un nostro piccolo progetto, quindi sappiate che avremmo intenzione di fare uno SPIN-OFF di Itachi e Sasuke a Londra, più che altro per spiegare come questa ragazza sia piombata nella loro vita. Se vi interessa fatecelo sapere, perché noi sappiamo com’è andata, ma voi no, ed era più che altro per spiegare a voi le dinamiche di certe cose che non verranno trattate in Colla per mancanza di spazio. Si tratterebbe di una mini-long di dieci capitoli intitolata «Ikigai» con Sasuke quindicenne e Itachi innamorato, eheheh~

Ci farebbe piacere una risposta, insomma

Detto questo, speriamo che abbiate apprezzato il capitolo, e vi ringraziamo per il seguito. Prometto (io, yingsu) che farò fruttare il mio periodo di insonnia e risponderò alle vostre recensioni, perché ci dispiace lasciarvi senza una risposta.

Insomma, buon fine settimana, giovincelli, ci risentiamo il 7 marzo, a questo punto.

Che la giovinezza sia con tutti voi.~

 

papavero radioattivo





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Capitolo 12
*** PARTE PRIMA ―「capitolo dodici」 ***











C A P I T O L O

dodici

 

 

 

 

 

Ino alzò le braccia passandone uno attorno alle spalle di Hinata, seduta accanto a lei nella vasca dell’onsen, «Quindi sono qui anche i ragazzi?!» domandò retorica, un sorriso raggiante le colorava il volto, già arrossato dal vapore.

Tenten annuì affondando fino al mento nell’acqua, poggiando la nuca al bordo del legno, «Neji ha detto che Kiba li ha trascinati tutti qui» spiegò, mentre Hinata guardava Ino, a metà fra la disperazione e l’esaltazione.

«Quindi c’è anche Sai!» affermò raddrizzando la schiena, liberando l’amica dall’abbraccio, «Ed io sono senza trucchi!» aggiunse mentre Sakura rideva nell’angolo opposto del bagno.

«Non è una tragedia, Ino» le disse con un sorriso, «dici sempre che è l’uomo della tua vita, no? Quindi vi sposerete, e quando vi sposerete non potrai girare sempre truccata» le fece notare, immergendosi poi fino al naso, facendo delle piccole bolle d’aria con la bocca.

«Ma lui sarà già mio e non dovrò più conquistarlo» rispose Ino soddisfatta, seguita da Tenten che sospirava, scuotendo il capo.

Non era sano che Ino facesse così, certo, tutte le ragazze si truccano per sentirsi più carine, ma lei era completamente ossessionata dai cosmetici e i vestiti.

Soffriva di shopping compulsivo, e la sua teoria era dimostrata dall’armadio di scarpe che aveva nella sua stanza.

«Possiamo anche non vederli, se volete» propose Tenten, tanto sarebbe comunque uscita con Neji il giorno dopo, di certo non era lei a perderci.

Sakura fece spallucce, anche se sapevano tutte che avrebbe voluto vedere Sasuke – soprattutto ora che aveva scoperto che lui non era fidanzato.

Ino sembrò pensarci un attimo, e poi si sistemò i capelli, legati sopra la testa con un mollettone azzurro «Va bene, quando usciamo dì a Neji che li aspettiamo fuori» borbottò, come se lo avesse fatto più per le sue amiche, ché per lei. «Ma adesso facciamo quello che si fa nelle giornate fra donne…» continuò in tono categorico, come se la sua parola fosse legge.

Avrebbe dovuto fare l’avvocato, Ino. Sarebbe stata bravissima.

«Hina-chan, come va lo studio con Naruto?» domandò sfiorando la spalla dell’amica che, in gesto di protezione ed imbarazzo, si strinse nelle spalle come una chiocciola offesa, nascondendosi dalla curiosità di Ino.

«Bene, non è poi così imbranato» mormorò, rivolgendo un sorriso a Sakura che le si avvicinò, sedendosi accanto a lei, «Va solo…».

«Stimolato?» suggerì Ino ammiccando, facendola diventare rossa come un pomodoro.

«Ino, smettila!» la rimproverò Tenten, che da quando si erano trasferite assieme si era auto-proclamata difensore della pace e del rispetto fra di loro. Era come avere un fucile puntato alla tempia ventiquattr’ore su ventiquattro, se ne stava lì, pronta ad intervenire per rimbeccarle e dividerle – soprattutto quando si trattava di Ino e Sakura. Quelle due erano come due uragani, e tenerle a bada era assai complicato.

«Invogliato» parlò Hinata, ed Ino ammiccò di nuovo guardando altrove, evitando di commentare.

Faceva così, insultava Sakura per essere lo zerbino di Sasuke, prendeva in giro Hinata con le sue battutine, ma non appena le vedeva in difficoltà non esitava ad aiutarle. Si trasformava in un secondo, dal niente, diventando protettiva ed estremamente dolce. Tenten l’aveva vista con Sakura qualche sera prima, il modo in cui le aveva pettinato i capelli ed asciugato le lacrime mentre piangeva, cercando di farla ragionare, abbracciandola e proponendo quella giornata alle terme.

Faceva tanto la diva, ma nel profondo non era così.

«Beh, io lo picchiavo…» commentò Sakura, svelando il suo personalissimo modo di invogliare Naruto allo studio, certa che Hinata usasse metodi più gentili che, con grandi probabilità, funzionavano di certo più delle testate sulla scrivania.

Hinata sorrise, incrociando il suo sguardo, «Me lo ha detto…» le rispose con una leggera risata, «Io gli preparo la merenda!».

Il cibo era decisamente un metodo intelligente ed efficiente.

Sakura era felice che parlassero e studiassero assieme, soprattutto da soli, dove Hinata riusciva ad essere a proprio agio, senza nessuno che la mettesse in imbarazzo più di quanto non lo facesse già la presenza di Naruto.

Restarono ammollo per una buona mezz’ora, e poi uscirono, cambiandosi ed avvisando i ragazzi che li avrebbero aspettati fuori, così da poter andare a fare qualcosa assieme.

 

― ♦ ―

 

Kiba sbuffò guardandosi attorno, amareggiato, «Non potevamo andare in quelle miste?» domandò, interrompendo Choji, intento a raccontare qualcosa a Shikamaru e Neji.

«Così trovavamo qualche vecchietta nuda?» commentò Naruto, seduto sull’orlo della vasca con l’asciugamano sulla vita, accanto a Sasuke e Sai che, al suo commento, accennarono ad una smorfia.

Non era una bella immagine, no.

Kiba lo guardò male, «Sì, ma siamo…» incominciò, fermandosi poi a contare, «nove piselli, se continuiamo ad uscire solo fra di noi diventeremo tutti gay!» continuò, sistemandosi meglio con il gomito sull’orlo della piscina.

«Tranne Neji» gli fece notare Rock Lee.

«E Sai» puntualizzò Naruto.

«Perché sono già gay?!» domandò confuso Kiba, come se il fatto che fossero entrambi impegnati non fosse rilevante, «Già Shikamaru ha una sottospecie di relazione con un tipo che lo batte al suo stupido gioco» disse, ed il ragazzo sembrò risvegliarsi dal  suo stato di coma.

«Non ho una relazione con nessuno!» affermò affondando poi nell’acqua fino al naso, ma Kiba sembrò ignorarlo.

«Naruto si ammazza di seghe con Lee, Choji è fidanzato con il cibo, e Sas’ke non ho mai capito se sia gay o faccia finta» concluse – finalmente – la sua complessa analisi, risparmiando solo se stesso e il suo amico Shino.

Naruto si tolse l’asciugamano entrando in acqua, seguito da Lee che, urlando, tentava di fare le sue mosse di Judo mentre Neji lo teneva fermo per un braccio.

Sasuke sospirò, allungando il piede e tirando un piccolo colpo al polpaccio di Naruto, facendolo cascare e andare a fondo.

Chissà perché soltanto a quei due importava  di quello che quel coglione di Kiba avesse da dire.

Riuscirono a separare la rissa ancora prima che iniziasse, e poi uscirono dalla vasca, andando a cambiarsi.

Naruto continuava a lanciare occhiatacce a Kiba, ma la brutta aria che tirava migliorò nel giro di un secondo quando Neji lesse il messaggio di Tenten ad alta voce.

«Happy hour con le ragazze!» urlò Kiba, fiondandosi fuori dallo spogliatoio per raggiungerle.

 

― ♦ ―

 

«Volete ordinare?» chiese la cameriera, preparandosi già alla confusione che ci sarebbe stata.

Per fortuna, Sakura era stata previdente e aveva fatto scrivere su un foglio tutti i vari drink, in modo da poterli dettare velocemente, «allora» iniziò, seguendo con il dito la lista, «tre heartland, un azzurra cup, un arcobaleno, un sotto le lenzuola» e Sakura arrossì, morendo di vergogna nel dire il nome del drink, probabilmente di Kiba, «poi… un japanese ice tea, un purple rain, miami ice, tequila sunrise e un analcolico alla frutta» poi guardò alla sua destra, dove Sasuke stava seduto appoggiato al bracciolo senza interesse per il casino che stavano combinando gli altri, «e tu?» gli sorrise.

Sembrò che lui la stesse guardando per la prima volta, e quegli occhi le fecero una tenerezza assurda. «Bloody Mary» borbottò poi, ritorno appollaiato sul bracciolo, esattamente come faceva Tempura.

«Variante giapponese?» domandò la cameriera, «c’è il sake e il wasabi».

«Va bene».

La donna finì di segnare tutto nel suo blocchetto e se ne andò a preparare tutto l’occorrente. Sakura si sedette al suo posto, tra Sasuke e Naruto, «lo hai mai provato? Con il wasabi, intendo» gli chiese, riferendosi al cocktail.

«No» mormorò lui, rimettendosi dritto con la schiena, «ma lo provo adesso» continuò, passandosi una mano tra i capelli, «quindi non è un problema. E poi è fatto con il pomodoro, quindi sarà buono a prescindere».

Sakura ridacchiò, «quindi potrei darti da mangiare… non lo so, una pera marcia intinta nel pomodoro e tu la mangeresti comunque?».

«Se ne andasse della mia sopravvivenza direi proprio di sì» rispose, accennando ad uno di quei sorrisi nascosti che lei era diventata brava a vedere. C’era un’aria diversa, tra loro due, Sakura la percepiva, come se la storia di Asami avesse bloccato la comunicazione che c’era tra loro – ma ora lei sapeva la verità, e quindi poteva ancora sperare.

«Senti, Sas’ke» iniziò, lisciandosi i pantaloni sulle ginocchia, appoggiandosi allo schienale morbido del divanetto nero, «chi era quella ragazza che ti ha portato via all’università?» domandò tutto d’un fiato. Non sapeva perché era così nervosa a chiederglielo, dato che conosceva già la risposta. Voleva evitare di dirgli che sapeva tutta la storia di Asami ed Itachi e il matrimonio – eppure ora si sentiva una specie di stalker nell’avergli fatto la domanda. «Aspetta, non rispondere, ho sbagliato a farti la domanda» mormorò poi, «Naruto mi ha detto che è arrivata la fidanzata di tuo fratello da Londra» iniziò, facendo un bel respiro per affrontare il suo sguardo, «è quella che ti ha rapito all’università?».

«Già»  disse lui, sembrava rilassato, «si sposano, erano venuti a dirmi questo».

«Davvero?» Sakura sorrise, mentre una gomitata di Naruto la colpiva al fianco.

«Ehi, dobe, sta attento!» lo rimproverò Sasuke, allungandosi a scuotergli la spalla, ricevendo un mugolio infastidito e un “non rompere, teme”. Sasuke le era praticamente addosso, da quella distanza riusciva a sentire distintamente il suo profumo più maturo – e inglese, non sapeva come spiegarlo – mischiato a quello del dopobarba.

«Congratulazioni» continuò, spostandosi un ciuffo dietro l’orecchio e dando la schiena a Naruto, per girarsi verso Sasuke, «e quando si sposano?».

«In primavera».

«A Londra?».

«Sì».

Quindi lui sarebbe tornato di nuovo a Londra per il matrimonio. Sakura sospirò, simulando poi un sorriso. Era felice per molti aspetti: una famiglia che si riformava attorno a Sasuke, il fatto che Sasuke non stesse con Asami, che suo fratello stesse bene… ma non era mai stata tanto felice all’idea di lasciare andare via Sasuke, in Inghilterra poi.

Sasuke le sfiorò la mano, «guarda che poi torno»  le disse, ritirandosi subito dopo, svelto.

Lui non lo sapeva, ma aveva appena stretto il cuore di Sakura tra le mani e gli aveva impedito di battere regolarmente. L’aveva stregata, assolutamente. Era morta e risorta sulle punte delle sue dita. La frase, il gesto, perfino il taglio degli occhi stranamente dolci e il tono della voce sembravano gridare verso ogni angolo della terra che sarebbe tornato davvero. Prima che lei potesse reagire, la cameriera ritornò iniziando a distribuire alcuni dei drink già pronti.

 

 

«“Erano delle pannocchie imburrate buonissime!”» gridò Kiba, alzandosi in piedi e agitando il suo bicchiere mentre un’altra cameriera – più giovane della precedente – serviva la seconda ondata di drink. Tra le risate degli altri, Kiba allungò la mano a toccare la spalla della dipendente, «scusa, non è che potresti portarmi anche un kamasutra?» domandò, allungandosi poi verso la cannuccia, senza bere. La poveretta diventò rossa come un pomodoro e scappò via con il vassoio stretto sul petto.

«Certo che tu il rispetto non sai proprio cosa sia» brontolò Shikamaru.

«Sta zitto, vecchia pentola di fagioli» rimbeccò il ragazzo, sedendosi sulla poltrona singola con fare da re, guardandosi attorno, «certo che le ragazze carine scarseggiano oggi, eh Shino?» domandò all’amico, seduto sul divanetto alla sua sinistra, il quale annuì senza proferire parola.

«Certo che tu e le tue barzellette fate schifo» commentò Ino, appoggiandosi allo schienale e passando un braccio sotto quello di Sai, «non pensi a nient’altro che al sesso, tu?».

«Perché, tu pensi a qualcosa di diverso, dolcezza?» rise, pensando di essere divertente, portandosi in una risata anche Naruto e Rock Lee, che si batterono il cinque. 

«Io almeno ho un lavoro!» borbottò lei.

«Anche io, sai? E mi piace il mio lavoro» commentò, poggiando il bicchiere sul tavolino, annuendo vigorosamente.

«Certo, raccogliere la merda dei cani» commentò il biondo, ridacchiando, e anche Shino sembrò sorridere.

«Ha parlato quello che gira per tutta Konoha a portare il cibo d’asporto e viene maltrattato dal suo capo!».

Anche la terza e ultima ondata di cocktails arrivarono, assieme al sushi per accompagnarle. Alzarono tutti assieme i propri bicchieri e gridarono all’unisono «kanpai!», bevendo il primo sorso assieme. Ino estrasse il telefono dalla borsa, impostando la telecamera interna per farsi una selfie con Sai, che le baciò la guanci al momento della foto.

«Certo che farsi foto è il passatempo preferito di Ino» borbottò Tenten, mescolando il suo tequila sunrise con la cannuccia, sorridendo a Neji ed Hinata, seduti accanto a lei. Era il divano più normale, il loro.

«Lasciala fare» commentò Hinata, appoggiando il bicchiere sul tavolo, «non sta facendo nulla di male» sorrise, buttando un altro sguardo verso la bionda, la quale si faceva imboccare dal quasi-fidanzato, come l’aveva definito.

Neji sospirò, «non vi volevo rovinare la serata» borbottò, «Kiba ha origliato la nostra conversazione, e quindi ora siete bloccate qua con lui e questa mandria di idioti» si spiegò, e Tenten sorrise allungandosi a lasciargli un bacio sulle labbra.

«Non preoccuparti, va bene così»  lo rassicurò, «vero Hinata?».

La ragazza annuì, «era da un po’ che non uscivamo a bere qualcosa, anche se siamo in compagnia con Kiba e gli altri va bene».

Nel frattempo, Naruto e Rock Lee iniziarono a canticchiare una canzone dell’asilo, alzandosi in piedi e passandosi le braccia sulle spalle, dondolando a destra e a sinistra. Kiba sorrise, additandoli con una mano, mentre con l’altra afferrava un pezzo di sushi con le bacchette, «certo che siete due cretini» disse, finendo il primo drink.

«Ha parlato l’intelligente» borbottò il biondo, afferrando la propria lager e superando il divano in cui era seduto, andando ad accomodarsi sul bracciolo di quello di Hinata, «ehi» la chiamò, picchiettandole la spalla, facendola girare, «come va?».

Hinata si sentì improvvisamente rossa, forse era colpa del purple rain, forse era la vicinanza assurda a Naruto, ma si sforzò di sorridere e di sembrare disinvolta, «tutto bene, Naruto-kun» gli rispose, «tu? Tutto bene?».

L’altro si grattò la testa, bevendo un sorso di birra prima di appoggiarla al tavolino, «non lo so, in realtà» e fissò un punto non determinato della parete, «mi alleno, mangio un sacco, dormo e studio con te» riassunse la sua vita così, semplicemente, «quindi direi che va piuttosto bene, anche se il teme è insopportabile».

Hinata sorrise, coprendosi le labbra con una mano, «davvero? A me Sas’ke-kun pare piuttosto tranquillo» confessò.

«Oh, no!» ribatté, alzandosi e alzando le braccia, «quello è peggio di Yamata no Orochi» urlò, prevedendo già un insulto da parte di Sasuke, ma quando si girò a controllare quanto fosse arrabbiato, notò il divano vuoto e i drink suo e di Sakura abbandonati per metà sul tavolino. «Dove sono andati?» chiese, senza rivolgersi a nessuno in particolare.

 

 

«Tu pensavi che Asami fosse la mia fidanzata, vero?».

La domanda le arrivò in modo talmente improvviso che le sembrò fatta d’aria, una corrente così forte da farle perdere l’equilibrio e cadere. Si appoggiò al muro del locale, stringendosi il cappotto, «beh, era arrivata e ti aveva abbracciato e…» le parole le morirono in bocca.

«E lo pensavi» concluse lui, lanciando poco lontano un sassolino con un calcio, dandole le spalle.

A Sakura non piaceva che Sasuke le parlasse così, senza guardarla, senza nemmeno rivolgersi a lei. Si sentiva una cameriera, una non degna della sua presenza, una ragazzina qualunque. E lei non voleva essere una qualunque per Sasuke, e le faceva male essere trattata così.

Cos’è, siamo tornati a prima del periodo Edo, adesso?

Sakura chiuse gli occhi, ricacciando indietro le lacrime. L’aria fredda trasportò fino alle sue narici quel profumo da occidentale e di dopobarba di Sasuke – l’universo ce l’aveva con lei, apparentemente. Più cercava di non pensare agli aspetti positivi di Sasuke, a quelli di cui era innamorata, più intorno a lei le cose sembravano ricordarle il suo profumo, la sua voce, la sua pelle bianca e quegli occhi scuri.

Quando riaprì le palpebre, lui era davanti a lei, nemmeno mezzo metro a separarli. Vicinissimo. Assurdamente vicino. Quando respirava, si rendeva conto che dentro di lei entrava l’odore di Sasuke e anche parte del respiro che lui liberava. Poteva allungare una mano, senza nemmeno piegare totalmente il gomito, ed avrebbe incontrato il suo braccio, avvolto in quel giubbino di pelle che gli donava terribilmente.

«Eri gelosa?».

Da morire.

«No» mentì.

«Allora eri arrabbiata».

Non sai quanto.

«Mi dispiaceva» confessò, abbassando lo sguardo.

Non successe niente. Sakura sapeva che dentro di sé la fine di quella conversazione avrebbe segnato in modo indelebile il loro già precario rapporto. Come se qualcuno stesse cercando di disfare la corda che li collegava, sfregando forsennatamente la lama di una mannaia sulla fune che lei tanto aveva custodito. Ricacciò indietro le lacrime e l’ansia, alzando lo sguardo, cercando di prevedere la sua reazione.

«Quanto sei noiosa» le sussurrò.

Fine dei giochi, Sakura. Si disse, preparandosi già a chiudersi in bagno per tutta la notte e piangere, raccontare tutto ad Ino e beccarsi la ramanzina da nonna. Sospirò, ripetendosi  mille volte che lo sapeva, che lei era la stupida delle stupide, la noiosa delle noiose. Evidentemente troppo noiosa per Sasuke, se continuava a trattarla come se lei potesse aspettarlo per sempre, come se potesse fare sempre i suoi comodi.

«Forse è meglio tornare di là» suggerì lei, respirando un’ultima volta il suo profumo prima di scivolare via per ritornare dentro.

Ma non successe, perché Sasuke le aveva stretto il polso con quella tenerezza che lei non sapeva avesse. Sakura si bloccò, sentendo il freddo diffondersi dalle dita di lui ed abbracciarle tutto il corpo in una morsa dolorosa, che la rendeva fragile – un soffio di vento e si sarebbe spezzata. Una parola sbagliata da parte di Sasuke e lei sarebbe caduta come cristallo a terra senza mai potersi ricomporre.

Non ebbe il tempo di pensare, e non provò nemmeno a farlo mentre lui le sfiorava il braccio e la spalla con quella mano che l’aveva bloccata. L’attirò a sé con delicatezza, sfiorandole la schiena con lo stesso tocco che le aveva riservato dentro il locale. Si sentiva presa in giro, ma non poteva dirgli di smettere, anche se era una tortura. Ogni centimetro di pelle nascosta sotto ai vestiti che Sasuke sfiorava si bruciava e veniva sostituita da un lembo nuovo, che aveva qualcosa di lui.

«Odio essere presa in giro» trovò la forza di sussurrarlo, sentendosi la più grande contraddizione del mondo. Certo, e guarda come mi sto facendo prendere in giro da te, Sasuke.

Lui non rispose. Smise di toccarla e sospirò, allontanò la mano. «Lo so» disse, e la sua voce le sembrava incredibilmente diversa.

Quelle parole non fecero nemmeno in tempo ad essere assimilate completamente che le labbra di Sasuke premettero contro le sue, con una forza e una dolcezza tale che le sembrò impossibile che i ciliegi fiorissero durante l’inverno, che il sapore di Sasuke fosse così buono nonostante avesse bevuto quella specie di passato di verdura piccante, che i suoi capelli fossero così morbidi sotto il suo tocco, e che lei dovesse stare sulle punte per baciarlo, senza raggiungerlo totalmente.

          

 

 

 

 

 

 

N O T E D ‘ A U T R I C I ; siamo in missione per conto del Signore.

 

 

Boom babies. ~

Non eravamo certe di aver detto che ci sarebbero state svolte, ma ci sono state, e quindi eccole qua. -3-

Non abbiamo nulla di particolare da dire, in realtà, speriamo come sempre che vi sia piaciuto, e nada.

Speriamo sia chiaro che Sasuke fosse già innamorato di Sakura, e che non si è svegliato fuori in una frazione di secondo, ma nei prossimi capitoli avrete modo di vederlo per bene dal suo pov, in modo tale che tutto risulti più chiaro.

Per chi fosse interessato allo Spin-Off sui fratelli Uchiha e Asami a Londra, sappiate che sarà fatto, ma vorremo portarci ancora un po’ avanti con i capitoli, prima di pubblicarlo, quindi fra un po’ arriverà, vi terremo aggiornati!

Per il resto è tutto come sempre, abbiamo trovato una briciola di spazio per rispondere alle vostre recensioni, e ne approfittiamo per ringraziarvi di cuore per questo seguito che non scema nemmeno un po’. Siete un po’ i nostri adepti, mettiamola così.

Il prossimo aggiornamento sarà sabato 14!

Buon fine settimana, e auguri in anticipo a tutte le donne che ci seguono.

 

papavero radioattivo





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Capitolo 13
*** PARTE PRIMA ―「capitolo tredici」 ***











C A P I T O L O

tredici

 

 

 

 

 

Le ultime due settimane passate erano state balsamo sui nervi, per Sakura – l’avevano ricompensata di tutta quella sofferenza che aveva patito negli ultimi anni, nella fattispecie negli ultimi quattro. Si infilò il cappotto in fretta, per nascondere alle altre quanto si era impegnata a vestirsi bene: Ino avrebbe iniziato a chiederle il perché di quel vestito verde bosco e degli stivaletti abbinati alla cintura, e lei non aveva proprio voglia di mentire più di quanto lo stesse già facendo.

Uscì di casa, urlando un «ciao!» generale, prendendo appena in tempo il tram e sedendosi al primo posto libero che aveva trovato. Non resistette all’impulso di guardarsi nel riflesso del cellulare per controllare che fosse tutto a posto, capelli ed eyeliner, e si ritrovò a sorridere sullo schermo. Era dannatamente felice.

Sasuke le aveva chiesto di non dire niente a nessuno, almeno per un po’ di tempo, dato che c’era un’aria strana che aleggiava in tutto il gruppo del liceo. Francamente, lei non ci aveva fatto caso, quelle ultime settimane erano state un turbinio di alti e bassi che lei non aveva ancora digerito del tutto. Non riusciva, per esempio, a concepire l’idea che lei – di fatto – stesse assieme a Sasuke, anche se non lo sapeva nessuno. Se ci pensava troppo rischiava di esplodere in un milione di coriandoli arcobaleno, e allora doveva concentrarsi su qualcos’altro.

Aveva dato più baci a Sasuke lei nelle ultime due settimane che qualsiasi altra ragazza nel cosmo, lontani dal centro di Konoha e dal portone di casa di uno o dell’altro. Le piaceva, tutto sommato, quella specie di relazione segreta: non si tenevano per mano in università, ma per strada lui non esitava a tenersela vicino, pulirle le labbra quando bevevano qualcosa assieme e lei si sporcava. Le aveva anche prestato i guanti, una volta, quando lei aveva dimenticato i suoi. Sembrava stessero assieme da anni, e invece erano solo due settimane.

Forse si comporta così perché ha visto Itachi fare le stesse cose con Asami… pensò, ma prima di darsi una risposta il tram si fermò, dandole la possibilità di scendere e andare verso il luogo dell’appuntamento.

 

― ♦ ―

 

Nella libreria risuonava una canzone americana. Sasuke riusciva a sentirla anche dal bagno dei dipendenti, dove si stava liberando da quell’oscena maglietta ocra per sostituirla con una nera, molto più umana e adatta a lui. La piegò malamente, infilandola nella tracolla, salutò i compagni di lavoro e strisciò via da quel posto il prima possibile.

Sakura era lì, seduta sulla panchina del piccolo spiazzo dall’altra parte della strada, leggeva un libro ed era talmente concentrata che quasi gli dispiacque disturbarla. Poteva mandarle un messaggio, dicendole che l’aveva vista talmente impegnata a studiare che alla fine si sarebbero visti un altro giorno, che non era un problema.

Sospirò, schiacciando il bottone del semaforo e aspettando che diventasse verde.

Tenne gli occhi fissi su Sakura. Osservò le sue ciglia sbattere ogni sei secondi circa, il piede della gamba accavallata  fare su e giù, mantenendo il ritmo di una canzone che probabilmente aveva in testa. Era piegata in avanti, con la schiena curva e il gomito appoggiato sulla coscia, giocava con la penna, facendosela passare la tre dita, incastrando poi l’estremità in plastica della biro tra i denti, socchiudendo le labbra.

Sakura rimase in quella posizione, come se sapesse di essere osservata – come se sapesse che Sasuke la stesse fissando, che ora non riusciva a staccare gli occhi dalla sua bocca. Continuò a guardare il suo viso e i suoi occhi socchiusi anche quando le persone presero a camminare e attraversare la strada. Quando un uomo gli toccò la spalla per sbaglio, facendolo schiodare dal suo posto, iniziò anche lui a marciare verso Sakura, cercando di concentrarsi su qualcos’altro che non fosse quella bocca.

Sasuke si era più volte soffermato a guardare le sue labbra, di quel rosa carne che gli faceva venir voglia di baciarle fino a quando non si sarebbero tinte di rosso. Le osservava mentre sorrideva, mentre si appoggiavano alla ceramica della tazzina del tè o mentre lo chiamavano. Sembravano un bocciolo di ciliegio, un piccolo cuore pallido che rendeva dolce e perfetto tutto quello che lei diceva. Anche in quel momento, con le labbra increspate a circondare la penna, per poi schiudersi a mostrare una sottilissima fila di denti bianchi che si appoggiava sulla plastica della biro, sembravano assolutamente perfette. Immaginò il fiato caldo uscirle dalla bocca, la dolcezza del contatto delle sue labbra e quel sapore del burro cacao misto al profumo di Sakura che diventava liquido sulla sua lingua.

«Sakura» la chiamò piano, deglutendo, osservandola mentre toglieva la penna dalla bocca e alzava lo sguardo per incontrare il suo. I suoi occhi brillavano illuminati dal sole autunnale, e Sasuke si sforzò di ricambiare lo sguardo, provando a sorridere. «Che leggevi?» le domandò.

«Il saggio di medicina che ho comprato quando ti ho rivisto» rispose, infilando la ormai famosa penna tra le pagine per tenere il segno, mettendo poi il tomo nella borsa.

Sasuke le aggiustò la sciarpa attorno al collo, liberando i capelli dalla morsa della lana verde, «Andiamo?» chiese lei, e lui annuì, chinandosi a lasciarle un bacio sulle labbra e a stringerle la mano, iniziando a camminare verso la direzione opposta al centro di Konoha.  

 

― ♦ ―

 

Naruto cercò di  concentrarsi, sistemandosi sulla seggiola dell’aula studio.

Hinata leggeva ad alta voce gli appunti e il manuale, parlando delle funzioni del cervello e delle sue varie parti. Di tutto quello che avevano studiato fino a quel momento – che non era molto, in realtà – secondo Naruto questo era di sicuro l’argomento più noioso.

Poggiò la fronte sul tavolo, stringendo la penna fra le dita, provando a concentrarsi con tutto se stesso, ma il minimo rumore, i ragazzi che fumavano nel cortile al di là delle finestre, e gli altri studenti intenti a ripetere, riuscivano a distrarlo con una facilità impressionante.

«Naruto-kun» lo richiamò all’attenzione Hinata, e lui raddrizzò la schiena, lasciando la matita sul tavolo.

«Ti sto ascoltando, scusa» le disse con un sorriso, notando quanto fosse carina quel giorno, con quell’accenno di trucco sugli occhi chiari e gli occhiali da vista sul naso.

Le stavano bene, ma ora che ci pensava non c’era qualcosa che le stesse male.

«Abbiamo quasi finito, Naruto-kun» cercò di consolarlo lei, mostrandogli con l’indice che erano quasi giunti al punto che si erano prefissati. «Ti ho anche preparato la merenda, così quando abbiamo finito puoi mangiarla» aggiunse arrossendo, «Dovevo farla per le ragazze, così ne ho preparata una in più per te» si spiegò, chinando di nuovo lo sguardo sul manuale.

La parola merenda bastò a ravvivare Naruto che, in una frazione di un secondo, si ricompose, «Grazie Hina-cha!» affermò, sporgendosi poi sul libro, cercando di trovare il segno, così da poter leggere con lei, «Continuiamo?».

Hinata sorrise ed annuì, riprendendo la sua lettura mentre lui veniva nuovamente distratto da qualcosa di silenzioso, ma cento volte più letale del brusio.

Hinata profumava di lavanda, aveva quel dolce odore sui capelli, delicato come lei. Era buonissimo, solitamente se troppo forte ricordava il detersivo, ma su di lei aveva il giusto equilibrio. Era perfetto. Gli ricordava il pane alla lavanda che la sua madre adottiva cucinava tutte le domeniche.

Studiarono fino alle quattro e mezza, e quando – finalmente – lui riuscì a ripetere la lezione senza troppi strafalcioni, Hinata mise via i libri, estraendo un piccolo contenitore all’interno del quale stava un piccolo tortino a forma di orsetto.

«È con la panna e le fragole, Ino-chan lo vuole solo così» spiegò, passandogli poi il dolcetto.

Naruto rimase piacevolmente sorpreso dal fatto che lo avesse fatto lei, da sola, «Wow, sei bravissima!» commentò, assaggiandone poi un pezzetto mentre Hinata diventava ancora più rossa per via del complimento.

«Grazie, Naruto-kun».

«Sei una cuoca strepitosa!» continuò, mangiando la merenda che si era sudato con fatica, «Le altre sono fortunate, soprattutto Sakura-chan, lei non sa cucinare, probabilmente morirebbe di fame se non ci fossi tu», sorrise, porgendole un pezzo di torta. «Te lo sei meritata anche tu, però» le fece notare, ed Hinata non si sentì di rifiutare.

 

― ♦ ―

 

Ino spalancò la porta dell’entrata, zampettando sui tacchi e lanciandosi al collo di Sai, «AUGURI!» trillò come un campanello, mentre le sue tre coinquiline si sfilavano le scarpe, invitate da Neji a togliere i cappotti e ad appenderli all’entrata.

«Ciao Ino, di solito noi ci togliamo le scarpe» commentò Shikamaru, interrompendo la sua amica, intenta a baciare Sai nel corridoio. Detestava il fatto che Naruto e Kiba avessero avuto la brillante e geniale idea di organizzare la festa del compleanno di Sai in casa loro. Che poi era anche casa sua. E avrebbero dovuto pulire e sistemare tutto, e lui avrebbe voluto dormire e poi giocare a LOL, e non mettere in ordine il porcile in cui già vivevano. Se poi Ino camminava sul parquet con i tacchi, erano a posto.

C’era già il gatto di Sasuke a rigarlo, e lui bastava e avanzava.

«Adesso le tolgo» borbottò la ragazza, tornando poi ad accarezzare i capelli di quello che era quasi il suo fidanzato, come le piaceva chiamarlo.

Shikamaru ne era certo, sarebbe stato meglio non invitarle, chiamare una spogliarellista come aveva suggerito Kiba all’inizio, e poi andare tutti a dormire.

Niente donne, niente inutili complicazioni.

Naruto corse ad abbracciare Sakura, riempiendo lei e le altre di complimenti su quanto fossero carine, il tutto sotto gli occhi di Sasuke, che non sembrava distogliere lo sguardo da Sakura. In qualsiasi caso non erano fatti suoi di quello che facessero gli altri, lui voleva solo che tutto finisse in fretta. Ma le sue speranze svanirono nel momento in cui Kiba, scolandosi tutto d’un fiato la prima bottiglia di birra, spostò i divani verso le pareti e fece accomodare tutti a terra, in cerchio, con l’evidente disagio di alcuni e la ridarella di altri – nel frattempo il lettore DVD faceva andare un cd con le sigle dei vari cartoni animati che gli avevano chiesto di masterizzare. Ovviamente si era opposto anche a quello, ma non sembrava che la sua opinione importasse a qualcuno, in quella casa.

«Bene bene bene» annunciò Kiba, alzandosi in piedi sul divano e tenendo la bottiglia sul petto, all’altezza del cuore, «per iniziare i festeggiamenti del nostro caro amico Sai che oggi compie…».

«Vent’anni» concluse il festeggiato.

«Giusto, vent’anni» annuì l’altro, «vi propongo il vecchio classico che non va mai fuori moda, vero Ino?» e balzò giù dal sofà, facendole l’occhiolino, sedendosi tra Shino e Rock Lee, «signori e signore, siamo pronti per il gioco della bottiglia».

Nessuno sembrava realmente felice  di quella novità, e gli occhi di Sasuke scattarono subito alla figura di Sakura, intenta a sorridere mentre Ino le mormorava qualcosa all’orecchio.

Kiba fece girare la bottiglia, e il silenzio calò, interrotto solo dal rumore del frigorifero e dalla sigla di Dragon Ball. La bottiglia continuò a girare e sembrò non fermarsi mai, «È come la trottola di Inception» si lasciò scappare Shikamaru, ma solo Neji gli aveva dato ascolto, abbozzando un sorriso dopo aver capito la citazione.

Un coro di applausi scoppiò quando la bottiglia indicò Sai, che rise unendosi al battere delle mani dei suoi compagni, «va bene, va bene, ho capito» disse, allungandosi a far girare la boccia.

«Valgono sia uomini che donne» precisò Kiba, «Ma dato che sei il festeggiato, puoi baciare gli uomini solo a stampo».

Nessuno si stupì del risultato: il caso volle che il sorteggiato fosse Ino che, bionda e splendente come sempre, si era già allungata verso il centro del cerchio mentre Tenten le abbassava la gonna per evitare che la ragazza mostrasse più del dovuto. Il bacio durò a lungo, Kiba fece commenti infelici su lingue che contavano i denti  dell’altro e di buche che qualcuno avrebbe visitato quella notte. Ma non riusciva ad andare oltre, l’idiota, perché era evidente che Sai e Ino si baciavano in quel modo da giorni e che non stavano assieme solo perché non avevano ancora reso ufficiale la cosa.

Si staccarono, guardandosi negli occhi e decidendo in silenzio di vedersi anche dopo la festa, probabilmente. Tra di loro c’era una tensione sessuale gigantesca, peggiore di quella che si avvertiva tra Neji e Tenten quando la loro relazione era un segreto – solo Sakura e Sasuke li battevano, nel fallimentare tentativo di nascondere che tra di loro non c’era nulla di… passionale? Shikamaru non s’impegnò più di tanto nel definirlo, perché la bottiglia aveva già ripreso a girare.

«Vediamo, vediamo…» cantilenò Kiba, mentre tutti seguivano il volteggiare del vetro verde, il quale finì per indicare Hinata. «Hina-chan! Tocca a te, eh?» disse, senza cercare di nascondere la malizia nella voce. Naruto si mosse troppo velocemente per non essere notato: era agitato.

Un altro cretino che ha perso la testa per una ragazza? Non ci voglio credere. Sospirò Shikamaru mentre la Hyuga faceva girare la bottiglia, rossa dall’imbarazzo e dal panico. Hinata morì completamente  quando il collo della heartland indicò il presentatore di quello strambo e inutile gioco.

Kiba sorrise, volando verso il centro del cerchio, aspettando Hinata a braccia aperte – troppo aperte.

«Io me ne vado» borbottò ad un certo punto Shikamaru, girandosi e facendo per andarsene, dando voce al pensiero della quasi totalità del gruppo.

«Cosa?» replicò Kiba, «Non puoi! Stiamo giocando, Shikamaru».

«Certo che posso, guarda come me ne sto andando» sorrise lui, incamminandosi verso la sua stanza. Il caso volle che, nello stesso momento, Naruto di fianco a lui si stesse alzando. I due si scontrarono e inciamparono uno sui piedi dell’altro, Shikamaru finì sul divano mentre Naruto cadde addosso a Sasuke.

Una risata generale scoppiò nel momento in cui le labbra dell’uno si incastrarono perfettamente in quelle del’altro – salvando Hinata da un bacio che non voleva dare e scrivendo nella storia di Naruto e Sasuke un bacio accidentale durante il gioco della bottiglia.  

L’incidente bastò a convincere i presenti che era meglio accantonare questo genere di cose per passare a chiacchierare e mangiare, come aveva suggerito Choji, trattenendo Shikamaru in soggiorno, costringendolo a restare incollato al divano.

Non importava se erano stati in classe assieme, era inevitabile che – ogni volta – si formassero più o meno gli stessi gruppetti che c’erano al liceo.

Shikamaru sbuffò, spostando stancamente lo sguardo su Ino, incapace di scollarsi anche solo per un secondo dal povero Sai. Avrebbero dovuto dargli una medaglia al coraggio e alla sopportazione, perché lei era tutto meno che tollerabile a volte. Si stavano formando troppe coppiette per i suoi gusti, presto o tardi quella casa sarebbe diventata un porto di mare, e la cosa non era affatto positiva, dato che faceva schifo già così.

Naruto si era chiuso in bagno a lavarsi la lingua per circa mezz’ora, ripetendo cose quali “è disgustoso, teme” o “perché proprio con te?!”, era appena uscito quando Hinata ridacchiò accanto a lui, stringendo un bicchiere fra le dita.

«Non è poi così grave, Naruto-kun» gli disse, passandogli un piatto con delle patatine, «Avresti potuto farti male» gli fece notare, e lui sorrise ancora imbarazzato e disgustato, esattamente come Sasuke, che era uscito sul balcone con Sakura a prendere una boccata d’aria.

Adesso lo chiamano così: “prendere una boccata d’aria”, pensò Shikamaru, rubando due o tre patatine dal piatto di Choji, accanto a lui.

 

 

― ♦ ―

 

Finita la festa ognuno se n’era tornato a casa propria, fatta eccezione per Ino, che aveva insistito per restare un altro po’ con Sai.

«Mi accompagni a casa?» gli aveva chiesto, ma quando aveva detto “casa” Sai non pensava intendesse la casa dei suoi genitori, ma quella in cui abitava con le ragazze.

Accostò davanti al cancelletto della villa, notando che tutte le luci erano spente, e che le tapparelle erano abbassate.

Probabilmente dormivano già, erano le due del mattino.

Ino sorrise, esitando a scendere dalla macchina e ad allungarsi per baciarlo e salutarlo come faceva di solito.

«Allora ci vedia-» incominciò lui, ma la ragazza lo bloccò, posandogli le dita sulle labbra, arricciandosi una ciocca di capelli con la mano libera.

«I miei sono andati ad un meeting di psicologi o una cosa del genere» mormorò, inginocchiandosi sul sedile, «Ed io non ti ho ancora dato il mio regalo di compleanno» aggiunse, recuperando le chiavi di casa dalla tasca del cappottino che indossava.

Aprì la portiera senza dargli il tempo di dire nulla, mentre lui se ne stava lì, con una mano sul volante, ancora abbastanza spiazzato.

«Sai!» lo chiamò, facendogli cenno di spegnere l’auto e seguirla dentro casa.

Ino lo aspettò davanti all’entrata, con la porta già aperta, impaziente, saltellando sul posto per il freddo. Lo accompagnò dentro casa, accendendo la luce dell’immenso soggiorno decorato con quadri bellissimi e composizioni floreali che, di certo, arrivavano dal negozio di sua madre.

Rise togliendosi le scarpe quando Sai si fermò davanti ad un quadro floreale, «Ti piace?» gli chiese, poggiandogli le mani sulle spalle, massaggiandogliele piano.

«Ohara Koson…» disse, citando il pittore del quadro, ed Ino annuì.

«Ne ho anche uno in camera, sopra il letto» sussurrò ammiccando un poco, facendo scivolare le mani lungo le sue braccia, fino ad intrecciare le dita con le sue.

«Davvero?».

«No…» ridacchiò lei, «Era solo per convincerti ad andare in stanza» ammise, e Sai si girò, sorridendole prima di baciarla e seguirla al piano di sopra.

Ino era sempre stata bellissima, ma in quel momento, mentre si muoveva lentamente, sfilandosi il vestito, lo era in un modo che faceva quasi male, che lo lasciava senza parole. Gli sembrò che i polmoni si svuotassero mentre lei lo baciava, accompagnando la sua mano lungo la sua vita stretta, sui suoi seni.

La toccò piano, come sfiorava le sue tele, con delicatezza e sicurezza, dipingendo sul suo corpo milioni di fiori invisibili, gli stessi che aveva visto sul quadro del salotto.

Poteva quasi vederli, Ino, prendere vita e svolazzare sotto il respiro di Sai sulla sua pelle, sul suo corpo e fra le sue cosce pallide.

Era lei il foglio bianco sporcato dalla graffite, la tela macchiata di tempera, la scultura incompleta che Sai stava cercando di concludere.

Fecero l’amore, si accarezzarono e baciarono fino a quando non crollarono, stanchi, uno fra le braccia dell’altro.

Ino non si era mai sentita così bella e donna prima d’ora, mai nella sua vita. Bella per quello che era, senza trucco e vestiti.

 

 

 

 

 

 

 

N O T E D ‘ A U T R I C I ; siamo in missione per conto del Signore.

 

 

Ciao cupcakes! ~

Non abbiamo tanto da dire, come vedete ci sono state altre svolte, altre sorprese, ma pensiamo che per prima cosa dobbiamo scusarci per questo bacio fra Sasuke e Naruto. Non abbiamo resistito, dovevamo farlo! Perdonateci se potete, ma ogni tanto ci divertiamo a riprendere questi spaccati della storia originale

Seconda cosa importante da dire, Ino e Sai hanno copulato, fatto frick e frack, chiamatelo come volete, insomma. Questo per dirvi che non faremo favoritismi, e che ogni coppia avrà questo suo grande momento, perché la prima volta non si scorda mai, eh. Resterà sempre nell’arancione, quindi non aspettatevi questi grandiosi film porno, perché non ci sarà nessun Rocco Siffredi in questa storia!

Noi siamo anche per questo mondo soft in cui il lime è bellissimo, e una scena di sesso può essere descritta con lunghe e splendide metafore che nessuno si vuole leggere (sono le due di notte, se le note non hanno senso prendetevela con yingsu che non dorme e fa questi lavori ad orari indecenti).

Per il resto, verranno trattati anche la maggior parte dei compleanni, perché sono belli, ci sono queste rimpatriate che ci divertono tanto, e perché ci sembra giusto dare a tutti i personaggi la stessa attenzione/cura. Quindi aspettatevi anche questo!

E… nulla, Sasuke è sempre Sasuke, e alla fine abbiamo pensato che non volesse seccature, e che forse si vergognasse anche un po’ a dire che si era fidanzato, quindi meglio mantenere il segreto di Stato e fare tutto in incognito. E poi è più divertente! Poi noi lo vediamo così anche nel manga, estremamente premuroso, ma disinteressato, tipo “faccio le cose carine per te, ma poi fingo di non averle fatte”, oppure “io? No, hai sbagliato persona, non sono stato io a pulirti le labbra” e intanto arrossisce, ovviamente fingendo che non sia diventato color pomodoro. Insomma, questo è quanto. Se pensiate che sia estremamente fuori dai canoni del personaggio, prenderemo i provvedimenti e metteremo l’OOC.

Sappiate che la fine prima parte si avvicina pericolosamente, nel giro di sei/sette capitoli entreremo nella seconda e splendida parte (eh-eh), e la cosa positiva è che sono quasi tutti pronti e quindi li avrete in perfetto orario, salvo incidenti (e speriamo di no, per la nostra salute più che altro XD).

Basta! Non stressiamo più .

 

Buon fine settimana a tutti quanti, e grazie ancora per il seguito. Siete tantissimi e bellissimi!

 

papavero radioattivo





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Capitolo 14
*** PARTE PRIMA ―「capitolo quattordici」 ***











C A P I T O L O

quattordici

 

 

 

 

 

Sasuke si tuffò di testa dalla pedana di partenza, nuotando a stile libero fino al fondo della vasca, virando poi per tornare indietro.

Aveva incominciato a fare nuoto da un mese, oramai, precisamente da quando giocare a baseball con Naruto era diventato pressoché insopportabile.

Fece dieci vasche mantenendo un buon ritmo, e poi si sedette a bordo piscina, togliendosi la cuffia e passandosi le dita fra i capelli.

Gli piaceva, nuotare, era molto meno confusionario degli allenamenti di baseball – quasi sempre, almeno.

«Sas’ke!», quella era decisamente una voce che avrebbe preferito non sentire e che, con alte probabilità, avrebbe rotto per sempre l’aurea di calma che lo circondava.

«Suigetsu…», lo salutò mentre il ragazzo si sedeva accanto a lui, infilandosi la cuffia e gli occhialini sopra la testa.

«Non sei venuto l’altro giorno» gli fece notare, e Sasuke si strinse nelle spalle, «Io e Jūgo abbiamo fatto una gara sui duecento stile» spiegò, incominciando a vantarsi del fatto che avesse vinto, e che quando si trattava di acqua era davvero imbattibile, «Avresti dovuto esserci, così avrei battuto anche te».

Sasuke non disse nulla, si limitò ad emettere un verso non identificato mentre le sue labbra accennavano ad un sorriso.

Suigetsu frequentava Biologia, ma lo aveva conosciuto in piscina, e con lui il suo grosso amico – se così si poteva chiamare – Jūgo, un ragazzo un po’ bipolare con uno scarso controllo della rabbia.

Si rimise la cuffia, bagnandola prima di infilarsela e, nella frazione di un secondo, il ragazzo accanto a lui finì in acqua, spinto da un calcio nella schiena.

«SUIGETSU! DOVEVI ASPETTARMI ALLA FERMATA DELL’AUTOBUS, RAZZA DI MICROCEFALO» strillò una ragazza in un costume intero mentre Suigetsu riemergeva, facendo delle bollicine con la bocca.

«Eri in ritardo» si giustificò alzando le mani in segno di resa, facendo poi due bracciate a largo, come a voler prendere le giuste distanze dalla furia omicida della rossa.

«Per questo dovevi aspettarmi, idot- oh!», si bloccò guardando Sasuke, intento ad osservare la scena in silenzio, «E tu chi sei, ci conosciamo?».

«Non credo» le rispose Sasuke, recuperando gli occhialini da bordo vasca, mentre la ragazza sorrideva, sedendosi accanto a lui.

Sembrava che l’incazzatura verso Suigetsu le fosse passata in un battito di ciglia: forse Jūgo non era l’unico amico bipolare di quell’idiota.

«E non me lo presenti, Suigetsu?» domandò retorica, lanciando un’occhiataccia al ragazzo, appeso alla corsia.

«Presentati da sola, strega» borbottò, certo che da quella distanza non avrebbe potuto colpirlo, ma lei si sfilò una ciabatta, lanciandogliela dritta in testa, convincendolo a fare esattamente quello che voleva.

«Va bene, va bene! Sas’ke, lei è Karin» gli disse, e poi lanciò l’infradito sul bordo, tornando verso la riva.

La ragazza sorrise, «È bello conoscerti, Sas’ke», e Sasuke disse finalmente addio alla tranquillità che tanto aveva sperato.

 

― ♦ ―

 

Naruto cercò di sforzarsi nell’assimilare ogni fase dell’apparato digerente, impegnandosi a non giocare con Tempura e a divagare su cose inutili.

Era un po’ che studiava con Hinata, non aveva tenuto conto dei giorni, ma oramai sapeva che l’esame era dannatamente vicino, e che – anche se era abbastanza preparato – non  lo era quanto Hinata, o quanto lo sarebbe stato Sasuke se avesse dovuto studiare le sue stesse cose.

Provò a concentrarsi sui termini e le parole, ignorando quando fosse carina Hinata con quella gonnellina scura e il maglioncino azzurro, seduta sulla seggiola della scrivania mentre ripeteva per filo e per segno ogni fase della digestione.

L’ascoltò in silenzio, rendendosi conto di quanto fosse più semplice studiare con lei, piuttosto che farlo da solo o con Sakura, e poi si sistemò meglio sul letto, incrociando le gambe.

Hinata continuava a parlare, e lui giurò di non averle mai sentito dire tante cose una in fila all’altra, aveva una bella voce, era un peccato sentirla così poco.

«… il succo pancreatico, che viene rilasciato nel duodeno e che ha lo scopo di terminare la scomposizione dei cibi» la sentì dire, e poi sorrise, «Finito, Naruto-kun, tocca a te» aggiunse, invitandolo ad incominciare a ripetere.

Naruto annuì passandosi le dita fra i capelli, «Sì…» le rispose, e poi incominciò, «Allora, l’apparato digerente è un insieme di organi che servono ad introdurre, scomporre e assorbire i cibi» disse, ed Hinata annuì, incoraggiandolo un poco, «Il tubo digerente inizia dalla bocca, con i denti e la saliva, e poi c’è la laringe-».

«No, la fa…».

«Faringe» si corresse con l’aiuto di Hinata, «Lunga quindici centimetri e…», e quello che tentava di dire da più di una settimana uscì da sé, nel momento più sbagliato dei momenti sbagliati della storia, «vuoi uscire con me?».

Basta. Era finita. Lo aveva detto, ora non poteva tornare indietro.

Hinata arrossì guardandolo in completo in silenzio, sconvolta quanto lui da quella domanda inaspettata.

«Una sera, magari, andiamo a mangiare qualcosa…» propose ancora lui, sentendosi un completo idiota mentre cercava di spiegarsi, «Non sei costretta a dire sì», aggiunse, ma Hnata sembrava pietrificata, immobile sulla seggiola.

Seguì un momento di silenzio imbarazzante che Naruto non seppe come riempire, e poi, mentre si accingeva a chiederle scusa, la ragazza parlò.

«Solo se passi l’esame, va bene, Naruto-kun?» mormorò sorridendo, ancora rossa in volto, «Quindi impegnati, d’accordo? Ci conto molto…».

Naruto sorrise. Non era un no, ma non era neanche un sì, purtroppo.

Avrebbe passato quell’esame ad ogni costo, doveva assolutamente passarlo.

«Lo passerò, vedrai!» affermò convinto, tornando poi a ripetere da dove si era interrotto.

 

― ♦ ―

 

Sasuke la prese per le mani, aiutandola a scendere dalla moto e sfilandole il casco con dolcezza. Sakura sorrise, inconscia di quanto gli facesse bene vederla così felice, avvolgendo il braccio attorno a quello di lui.

«Dove andiamo?» gli domandò, lasciandosi guidare. Sasuke l’aveva portata nella periferia di Konoha, dove i grandi palazzi grigiastri lasciavano il posto a casette mono e bifamigliari, e gli alberi costeggiavano il marciapiede. Non le sarebbe dispiaciuto vivere in un posto del genere, più avanti – ma tenne il pensiero per sé, concentrandosi su quanto fosse buono il profumo di Sasuke e quanto fosse diverso da come se lo ricordava.

«In un bar gestito da italiani» le spiegò, facendo scivolare la mano verso il basso, intrecciando le dita guantate con le sue, «Così stiamo al caldo» e si girò a guardarla, rallentando il passo per poter prestare attenzione a lei e alla strada. Voleva farla sentire importante, farle capire quanto lui ci tenesse alla volontà di Sakura e ai suoi pensieri. Per questo gli aveva fatto così male quello guardo quando lui se n’era andato da Konoha, ma lei ancora non lo sapeva, e forse non glielo avrebbe mai detto.

Sakura acconsentì e passò il resto della camminata canticchiando un motivetto allegro che probabilmente aveva sentito durante il Bunka no Hi. Sasuke ordinò un caffè, e per Sakura un cappuccino, chiedendole di fidarsi di lui – sapeva quel che faceva, e sapeva cosa poteva migliorarle la giornata.

«È un bel posto» commentò Sakura, guardandosi intorno e facendo posare lo sguardo sui tavoli ben apparecchiati e pieni per metà, una leggera musica italiana aleggiava nella stanza come la voce di uno spirito protettore, «come lo conosci?».

«Cercavo un posto per studiare lontano da casa, e allora sono arrivato qui…» commentò, indicandole la presa vicino alla sedia di lei, «In più si può attaccare il computer, che è una buona cosa».

«Facevi così anche a Londra?» le venne spontaneo chiedergli di come viveva prima di tornare a Konoha, dato che lui non ne parlava mai – era sempre lei a doverlo spronare, a strappargli di bocca le parole. Ma almeno non rispondeva più a monosillabi, e lei aveva scoperto di amare la sua voce.

«A Londra andavo alla Starbucks» disse, giocando con una bustina di zucchero di canna, «Ma non era vero caffè, quello» e sorrise, «Però era sempre più tranquillo di casa, quando c’era anche Itachi, dico».

Una cameriera arrivò silenziosamente e altrettanto silenziosamente posò sul tavolo il caffè di Sasuke e il cappuccino, ornato con un disegno fatto con glassa di cioccolato o qualcosa del genere. Sakura non riusciva a spiegarsi come diavolo avessero disegnato un fiore sulla spuma di latte, ma ne rimase completamente rapita. La ragazza posò accanto alla tazza più grande anche una fetta di torta, impiattata magnificamente, quasi quanto la bevanda.

«È bellissimo!» disse, rivolgendosi a Sasuke mentre questo mischiava il liquido nero nella tazzina, la dipendente svuotò il vassoio lasciando due bicchieri di acqua e se ne andò.

«Ne vale la pena» rispose lui, accennando ad un sorriso e porgendole due bustine di zucchero. 

«Hai fatto portare anche la torta!» ribatté lei, estraendo il telefono dalla tasca per fare una foto al caffè, sentendosi improvvisamente una bambina il giorno del suo compleanno. Per un momento pensò di inviarla alle ragazze, ma si ricordò di quanto la relazione fosse segreta e lasciò perdere l’impresa, salvando però la foto. «Vuoi farmi ingrassare?» domandò poi, rovinando la bellissima opera d’arte e osservando lo zucchero sparire lentamente sul fondo.

«Una fetta di torta non ti farà male, Sakura» commentò lui, agitando il cucchiaino in aria, «Asami dice sempre che il caffè è buono quando lo zucchero ci mette molto tempo ad affondare» disse poi, senza che nessuno gli avesse chiesto niente.

Asami. Aveva ancora un po’ di amaro quando  pensava a lei – rimaneva comunque bellissima, nonché la donna che aveva frequentato Sasuke negli ultimi quattro anni e lo conosceva bene, forse meglio di lei stessa – osò pensare. Probabilmente era diventata per Sasuke come una sorte di madre, o di sorella maggiore. Quella figura che tutti i bambini desiderano avere ma che lui aveva perso.

«Come l’ha conosciuta tuo fratello, Asami?» domandò poi, spinta dalla curiosità che le scombussolava lo stomaco.

«Non mi è ancora chiaro, in verità» borbottò lui, facendo girare la tazzina nel piattino, «Dice di averla conosciuta in un bar, semplicemente…» disse, «Ma Asami mi racconta che lui andava a spiarla al suo dojo tutti i giovedì e allora lei si è decisa a parlargli, dato che lui le sembrava molto timido».

Sakura rise, coprendosi le labbra con la mano. Non voleva dirgli che credeva più alla versione della ragazza che a quella di Itachi, nonostante sembrasse la meno plausibile. Aveva sempre pensato che gli Uchiha fossero tutti un po’ riservati e timidi, o almeno Sasuke lo era: lo aveva già sorpreso ad arrossire mentre lei gli parlava o gli stringeva la mano, e il modo che aveva di toccarla! Sentì un brivido scivolarle lungo le vertebre, abbracciandole una ad una e fondendole assieme – Sasuke aveva quel tocco delicato che la faceva impazzire e che faceva desiderare di avere di più. Non pensava che lui fosse così premuroso, non le era mai sembrato il tipo.

«E Londra ti piaceva?».

Sasuke sospirò. Londra gli piaceva? Non sapeva rispondere – era diversa da Konoha, le persone erano diverse, e i suoi amici e la sua famiglia non c’erano. Sakura non c’era. Ogni volta che ci pensava gli sembrava di essere un falso presuntuoso e troppo romantico. Scosse la testa, scacciando via la malinconia che lo aveva attanagliato tutto quel tempo, il senso di colpa che gli aveva fatto compagnia durante la notte e i rimorsi di non averle mai chiesto scusa come si doveva. «Non più di tanto» si limitò a commentare, «Piove un sacco, è buia e la Regina è vecchissima» borbottò, alzando la tazzina, «Kanpai» mormorò, facendo scontrare la ceramica contro quella di lei e bevendo con un sorso metà del caffè.

«E il tè?».

«Alle cinque del pomeriggio» ribatté, «Ma lo fanno in modo diverso, ha un sapore diverso… lo prendono con il latte e miele» spiegò.

Sakura sentì il caffè andarle per traverso e assumere quel sapore immaginario che distorse l’aroma del cappuccino che sapeva appena di cioccolato. «Latte nel tè?» domandò, quasi stupefatta.

«Latte nel tè» rispose lui, «una brodaglia» continuò, scuotendo la testa.

«E tu lo prendevi con il latte?».

«No, no» continuò, svuotando la tazzina, «Però con il miele sì, non è male».

Sakura rimase stupefatta, «Non sapevo che ti piacessero le cose dolci» constatò a voce alta, «Non hai nemmeno zuccherato il caffè» e indicò il piattino con la ceramica svuotata del suo contenuto davanti a lui.

Sasuke sembrò accennare ad un sorriso, «Ci sono sempre delle eccezioni, Sakura» le disse, e in quel momento lei si sentì presa in causa, come se lei stessa fosse un’eccezione nella vita di Sasuke, qualcuno che era sfuggito alla sua collera divina, al suo odio cronico verso qualsiasi cosa. Si sentì improvvisamente protetta dall’ala del drago più potente al mondo e scoprì che, lì sotto, si stava al caldo e ci si sentiva protetti. «Non mangi?» le chiese poi, mantenendo quell’angolo sinistro delle labbra leggermente inarcato verso l’alto, come se fosse paralizzato.

Sakura tagliò un pezzo della torta con la forchetta, portandosela alle labbra per assaggiarla. Non fece nemmeno in tempo a gustarla come si deve ed esprimere il suo parere che il telefono sul tavolino vibrò, illuminando lo schermo.

«È il dobe» borbottò Sasuke, allungandosi a guardare il nome vicino alla nuvoletta di whatsapp, «Che diavolo vuole?» continuò, scocciato.

La ragazza ingoiò, pulendosi le labbra con il tovagliolo, digitando poi la password del blocco schermo e aprendo l’applicazione.      

 

NARUTO

ultimo accesso alle 16:58

 

Sakura-chan , volevo dirti che ho invitato

Hina-chan ad uscire!!! *^^*

                                                                           16:57            

 

«Ha chiesto ad Hinata di uscire» comunicò, mostrandogli il messaggio, vide Sasuke sospirare ed appoggiarsi allo schienale della sedia, incrociando le braccia.

«Magari combina qualcosa di buono con la Hyuga» disse.

«Può darsi» ribatté lei, spegnendo lo schermo del cellulare senza rispondergli, sperando che non andasse in panico per la visualizzazione senza risposta, «Hinata è davvero innamorata di Naruto» lo informò gratuitamente, dato che sapeva che a Sasuke non interessava più di tanto.

«È presa dal dobe perché non ci ha mai passato tanto tempo assieme» commentò lui, giocando con il cucchiaino, «Si pentirà presto».

Sakura sorrise, tagliando un altro pezzo della torta e infilzandola con i denti della forchetta, allungandolo poi dall’altra parte del tavolo, «Prova la torta, è buonissima» lo pregò, mantenendo il sorriso. 

 

 

Hinata finì di sfregarsi i capelli con l’asciugamano, sedendosi poi sul letto e raccogliendo le ciocche umide sulla spalla, iniziando a spazzolarle. Aveva approfittato della casa vuota per lavarsi con calma e pensare alla sua giornata, accompagnandosi con della musica che si riproduceva in modalità casuale dal telefono.

Ripassò a grandi linee gli argomenti che aveva studiato quel giorno, facendo mente locale su quanto le mancasse per finire di ripetere tutti i capitoli di anatomia assegnati. Era ad un buon punto, l’esame sarebbe andato bene. Si ritrovò ad arrossire, improvvisamente: aveva dimenticato Naruto, i suoi occhi attenti sul libro e poi le sue guance, piene di fragola e panna, rimanevano impresse nella sua memoria con la stessa convinzione con cui le nozioni di anatomie le frullavano nel cervello. Il ricordo di lui, però, era infinitamente più piacevole e dolce – voleva che passasse l’esame, così sarebbero usciti assieme. E dentro di sé pensava già ad una qualche frase da dirgli nel caso non avesse preso un buon voto per chiedergli comunque di andare fuori con lei.

Sospirò, sentendo il proprio cuore tremare e un buco mangiarsi lo stomaco e gli organi vicini. Un brivido di freddo le attraversò le braccia, seguito da aria calda che le sciolse le cellule. Si alzò, meravigliandosi di riuscire ancora a camminare con le ginocchia molli che si sentiva, per andare a buttare i capelli impigliati nella spazzola nel cestino dello sporco del bagno.

In quel momento le chiavi girarono nella toppa della casa, la porta si spalancò e una sequenza di suoni riempirono la casa – dal casino che c’era, sembrava fosse tornata Ino.

«Hinata!» gridò Sakura, cercandola per tutta la casa, quasi scivolando con i calzini sul pavimento e aggrappandosi all’angolo del corridoio, «Hinata!» gridò di nuovo, avvicinandosi a lei – sembrava felice, forse troppo. Che fosse successo qualcosa con Sasuke?

«Sakura-chan…» mormorò l’altra, lasciando la spazzola sul lavabo e prendendole le spalle per calmarla, «È… è successo qualcosa?» domandò, cercando di rimanere tranquilla.

Sakura sembrò riprendersi, sul suo viso si dipinse un’espressione stupita, poi lo sguardo si assottigliò e si prese il mento tra le mani, «È così allora, eh…» disse a voce bassa, come se stesse tramando qualcosa, «Fai finta che non sia successo nulla, mh?» e le toccò il braccio con il gomito più volte, come per incitarla a parlare.

«Ho… ho fatto qualcosa che non va?» domandò l’altra, confusa e spaventata dall’improvviso cambio emotivo  di Sakura, «In questo caso mi dispiace, Sakura-chan, non…» ma fu interrotta dalla mano dell’altra che si agitava davanti al suo viso, rendendo la situazione ancora più caotica.

«L’unica tua colpa, Hinata» iniziò a dirle, passandole un braccio attorno alle spalle e conducendola in camera sua, facendola sedere sul letto, «È di aver accettato di uscire con Naruto» sentenziò poi, spalancando le ante del suo armadio. Era ora di mettere in pratica ciò che Ino le aveva insegnato in fatto di vestiti.

Hinata smise di respirare per un secondo – Naruto lo aveva raccontato a Sakura? Quindi era probabile che lo avesse detto a tutti gli altri ragazzi e… e… «Che cosa ti ha detto esattamente Naruto-kun?» provò a chiedere, ignorando la ragazza che frugava nei suoi vestiti.

Sakura si fermò, girandosi verso di lei, «”Sakura-chan, volevo dirti che ho invitato Hina-chan ad uscire, dattebayo!”» disse, cercando di imitare il tono di voce dell’amico, strappandole un sorriso.

«In realtà» iniziò Hinata, arrotolandosi una ciocca di capelli attorno all’indice, «Gli ho detto che uscivamo assieme solo se passava l’esame».

«E quando avete questo benedetto esame?» domandò, togliendo dalla massa di vestiti un paio di pantaloncini ricoperti di strass, raffinati e vistosi al punto giusto, «Non te li ho mai visti addosso, questi» commentò, più a sé stessa che a lei, tenendo la cruccia con due dita mentre continuava  a cercare una maglia adatta.

«Il tre dicembre…» rispose, guardando i pantaloncini che penzolavano dalla mano di Sakura. Era stato un regalo di Hanabi, ma non le sembrava il caso di dirglielo.

«Tra una settimana! Un po’ più di una settimana, in realtà… ma non è questo l’importante!» divagò, prendendo una maglia bianca e morbida. Hinata aveva dei vestiti così belli. «Ti piace?» chiese, mettendo i capi uno sopra l’altro, «Con un paio di calze nere e le scarpe blu che ti ha regalato Ino è perfetto» disse, ridendo, rendendosi conto di essere inevitabilmente caduta nel baratro della moda in cui la sua migliore amica l’aveva trascinata.      

 

 

 

 

 

 

 

N O T E D ‘ A U T R I C I ; siamo in missione per conto del Signore.

 

 

Buon sabato, piccoli cupcakes. ~

Non c’è molto da dire, su questo capitolo.

Ci teniamo a precisare che Suigetsu è iscritto a Biologia, così che possa poi fare la laurea magistrale in Biologia Marina, mentre Karin frequenta (ovviamente) Medicina.

Il fatto che Sasuke faccia nuoto in università, è più che altro dato un ragionamento logico nostro: niente gioco di squadra, poca gente a rompere, niente Naruto. Quindi abbiamo pensato che all’inizio potesse giocare a baseball con il dobe, ma che poi abbia lasciato perché si era trasformata in un continua gara fra loro due.

Finalmente si sono definitivamente mosse le acque della NaruHina – amerete il prossimo capitolo, si spera!

E... nulla, tutto qui.

Vi ringraziamo come sempre per l’immenso seguito, qui, su facebook, un po’ in giro, e nulla, speriamo che Colla vi stia piacendo, dato che ha ancora molto (davvero tanto) da dare.

Il prossimo capitolo verrà pubblicato sabato 28. -3-

Ciao a tutti, e buon fine settimana!

 

papavero radioattivo





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Capitolo 15
*** PARTE PRIMA ―「capitolo quindici」 ***











C A P I T O L O

quindici

 

 

 

 

 

Hinata si sedette al tavolino, posandosi la borsa sulle ginocchia per rimettere in ordine il suo contenuto. Era andata bene, alla fine, molto bene a dir la verità. Studiare con Naruto aveva dato i suoi frutti anche per lei: ripetere così tante volte i concetti più complicati le aveva permesso di memorizzarli come si doveva. Si erano detti che si sarebbero visti al bar dell’università, una volta finito l’esame, ma lei era uscita da quaranta minuti, e di Naruto ancora neanche l’ombra.

«Eccomi» brontolò Naruto, sedendosi malamente sulla sedia davanti a lei, appoggiando le braccia e la fronte sul tavolo, sbadigliando «Sono così stanco…» si lamentò, e Hinata temette che si potesse addormentare seduta stante.

«Com’è andata, Naruto-kun?» chiese gentilmente, abbassandosi per appoggiare la borsa a terra.

Naruto sembrò risvegliarsi, appoggiando i gomiti sul tavolo e sorridendole, «Ventidue, Hina-chan!» le disse, chiamandola con quel soprannome che le aveva dato Kiba, usato ormai da tutta la compagnia, «Ed è tutto merito tuo» continuò.

«Ma sei tu che hai studiato, Naruto-kun» rispose, sfiorandogli la mano, «E sei stato tu che hai risposto alle domande del professore».

Naruto la fissò negli occhi, così profondamente da metterla a disagio, ma prima che lei potesse fare qualsiasi mossa sbagliata, Naruto parlò, «Quindi usciamo assieme, vero?» le chiese, osservandola mentre arrossiva.

Lei sembrò esitare, ed ogni secondo che passava Naruto si sentiva meno sicuro di sé, desiderando quasi morire. Forse Hinata lo voleva rifiutare, e Kiba gli avrebbe detto che poteva benissimo uscire con altre ragazze, o con Mai, dato tutte stravedevano per i giocatori della squadra di baseball. Ma lui non voleva uscire con nessuna ragazza al di fuori di Hinata.

«Va bene, Naruto-kun» disse finalmente, accennando ad un sorriso.

Naruto tornò a respirare, rilassando le spalle, «Per un momento ho pensato che tu mi dicessi di no» rise poi, passandosi una mano tra i capelli, «Quindi… andiamo a mangiare fuori stasera, ti va?» e quando la vide annuire, il posto perfetto gli si materializzò davanti agli occhi come un’Illuminazione, «Conosci Ichiraku? Lui fa il ramen più buono della storia del ramen! Dovremmo andare lì, sicuramente…―» poi, all’improvviso, le parole gli morirono in gola e sentì le proprie guance scaldarsi, «Forse dovresti scegliere tu, Hina-chan, dove andare a mangiare…».

Era uno stupido. Si stava comportando da stupido. Forse Hinata non si sarebbe nemmeno presentata perché spaventata da lui.

«Va bene Ichiraku, Naruto-kun» la sentì dire, era dolce e leggera come il vento in primavera, «Lo conosco anche io, è davvero buono il ramen, sì» e sorrise, alzandosi e prendendo la borsa, «Ora scusami, ma devo proprio andare, ho promesso a mia sorella che ci vedevamo…» si scusò, facendo un piccolo inchino di saluto.

«Quindi alle otto da Ichiraku?» chiese conferma lui, alzandosi a sua volta, rendendosi conto di quanto Hinata fosse bassa rispetto a lui. Mi dovrò abbassare per baciarla, si disse, vergognandosi per quel pensiero che gli aveva attraversato il cervello. Non correre idiota, non correre. Hinata è una brava ragazza, dev’essere trattata come una principessa.

Avrebbe dovuto baciarla, quella sera? Non lo sapeva, era confuso. In realtà, non aveva la minima idea di cosa avrebbe dovuto fare – doveva assolutamente chiedere a qualcuno.

Quando si riprese dai suoi pensieri per salutare Hinata, si accorse con dispiacere che se n’era già andata.

 

― ♦ ―

 

Sasuke se ne stava seduto sul divano, il gatto appollaiato sulle sue gambe faceva le fusa mentre lui leggeva, ignorando Choji e Shikamaru, intenti a giocare con la playstation, seduti sul pavimento. C’era calma – se non si consideravano gli insulti occasionali che i due ragazzi si lanciavano –, Sai era fuori con Ino, e Naruto aveva un esame che forse non avrebbe passato, o forse sì, dato che aveva studiato con Hinata per delle settimane.

«Choji, ammazza quel bastardo!» strillò Shikamaru pochi attimi prima che la porta dell’entrata si aprisse, seguita da un altro urlo fastidio.

«TEME!», e in tre secondi Naruto era davanti a lui, ancora con la giacca addosso, «Ho un appuntamento con Hinata» disse, schietto e chiaro, in preda a quello che sembrava il più totale panico.

Allora aveva passato l’esame.

«Auguri, dobe».

«AUGURI UN CAZZO», le sue grida catturarono perfino l’attenzione di Shikamaru che, mettendo in pausa, si girò a guardarli.

«Dovremmo fare delle regole in questa casa e appenderle sul frigorifero» suggerì, stringendo il joystick fra le dita, «E la prima sarebbe: Non. Gridare» continuò, ignorando che lui era il primo a strillare per nulla, ma Sasuke doveva ammettere che aveva ragione. Si fissarono in silenzio per una manciata di secondi, e poi lui riprese a giocare, ignorandoli di nuovo.

«Bene!» affermò Naruto, togliendosi la giacca e lanciandola sul divano, «Mi devi aiutare, ti scongiuro…» aggiunse, sedendosi accanto a lui, sopra il cappotto. «Non so cosa si fa agli appuntamenti!» ammise, facendo una carezza al gatto che lo guardò con gli stessi occhi della morte che era solito fargli il suo migliore amico.

«Si esce, dobe» rimbeccò Sasuke, chiudendo il libro con un sospiro, incominciando a piegare le orecchie del grasso micio.

È un miracolo che quel gatto non gli blocchi la circolazione delle gambe, pensò Naruto, accomodandosi meglio sul divano.

«Lo so che si esce, infatti andiamo da Ichiraku» gli disse, notando lo sguardo perplesso sul viso dell’amico, «Ma poi? Che cosa devo fare?».

«Quello che ti senti di fare, senza terrorizzarla, magari» suggerì Choji, dimostrando che era in grado di fare due cose contemporaneamente.

Naruto guardò Sasuke, cercando un’approvazione che non arrivò.

«Che bei consigli, grazie davvero, ragazzi!» si lamentò, alzandosi  di scatto dal divano, spaventando il gatto che si mise dritto, scappando dalle gambe di Sasuke.

«Che vuoi che ti dica, dobe?!».

«Nulla, appunto! Chiederò a Kiba, grazie lo stesso» rispose, dirigendosi verso il corridoio, ma la voce di Sasuke lo fermò.

«Davvero vuoi chiedere consiglio ad uno che non esce più di una volta con la stessa ragazza?» gli chiese, cercando di fargli capire che era una pessima idea.

«Almeno lui ci esce con le ragazze!» affermò, uscendo poi sul pianerottolo, suonando il campanello all’altro appartamento.

Ad aprirgli la porta fu Shino, si limitò a guardarlo e poi a chiedergli chi cercasse, «Kiba è in camera con Akamaru» disse, e poi chiuse la porta alle loro spalle, tornando a fissare dei vasetti contenete insetti, messi in riga sul tavolo della cucina.

Disgustoso.

«Kiba!» lo chiamò entrando in stanza, trovandolo steso sul letto, abbracciato al cane.

«Naruto…cosa ci fai qui?» gli chiese, mettendosi a sedere, seguito da Akamaru che sembrava voler imitare il padrone.

Naruto si passò le dita fra i capelli, sedendosi sul letto di Shino, fissando involontariamente l’acquario ricolmo di terra e formiche.

Non voleva neanche sapere come si potesse dormire con uno come Shino, sul serio.

«Devi darmi dei consigli» ammise, ed Akamaru abbaiò, stendendosi con il muso sulle gambe di Kiba, «Devo uscire con Hinata, e non so cosa fare» confessò, stringendosi nelle spalle.

«E sei venuto a chiedere al migliore, eh?!» si vantò un poco, facendo le carezze ad Akamaru, «Con Hinata… bella ragazza, complimenti!» commentò stiracchiandosi. «Bene…» aggiunse poi, dopo un attimo di pausa, «Punto primo, niente cena romantica».

Troppo tardi, si disse Naruto. Ma mangiare Ramen forse non era poi così romantico.

«Punto due, niente regali, ti porterebbe in una situazione di svantaggio in cui tu appari come quello che tenta di fare di tutto per lei, e non va bene» spiegò con fare da vero professionista, tanto che Naruto si chiese con quante ragazze fosse uscito, ma a pensarci bene non era una cosa che voleva sapere. «Punto tre, niente scene da film romantici e dichiarazioni di amore, tu te la vuoi portare a letto, ma di certo non ne sei già perdutamente innamorato».

«Verame-» tentò di commentare Naruto, ma lui non lo lasciò parlare.

«Niente monologhi di sei ore su te stesso, fai parlare lei, non annoiarla, non tirare fuori argomenti che avete in comune, devi agire come se non ti importasse l’idea che ci sarà un secondo appuntamento, e il secondo appuntamento ci sarà» continuò imperterrito, «Falla divertire e non cercare di fissare altri appuntamenti, se si crea la giusta tensione sessuale baciala e poi accompagnala a casa, fine» concluse, e Naruto lo fissò per qualche secondo.

«Grazie, Kiba», avrebbe dovuto chiedere subito a lui, invece di provare con quei tre idioti dei suoi coinquilini. Se ci fosse stato Sai sarebbe stato diverso, ma di certo Kiba ne sapeva più di lui.

Il ragazzo sorrise, «Di nulla, fai quello che ti ho detto e andrà bene» gli rispose mentre il cane sbadigliava, smuovendogli una mano con il muso, in cerca di coccole.

«Certo!» affermò Naruto, avvisandosi per tornare verso il suo appartamento.

«E fatti una doccia!» gli urlò Kiba, qualche secondo prima che lui chiudesse la porta dell’entrata.

 

 

Naruto continuò a stropicciare un tovagliolo di carta, spargendo i pezzettini per tutto il bancone di Ichiraku.

«Naruto, devono mangiare anche gli altri» lo riprese il vecchio, lanciandogli uno sguardo a metà tra il preoccupato e il severo, tornando poi al lavoro. Naruto raccolse tutti i pezzettini e ricompose il fazzoletto, lasciandolo poi da parte. «Stai aspettando qualcuno, ragazzo?» gli chiese, comprensivo, probabilmente perché il biondo non aveva ancora ordinato la sua ciotola.

«Una ragazza» rispose, sbrigativo, passandosi le mani tra i capelli e arrotolandosi le maniche della camicia fino ai gomiti – si era pure messo la camicia! Sai lo aveva accompagnato lì venti minuti prima delle otto per degli impegni che doveva sbrigare, ma ormai aspettava da più di mezz’ora e di Hinata neanche l’ombra.

«Arrivano sempre in ritardo, non preoccuparti» lo consolò Teuchi, «Arriverà».

E in quel momento la porta del locale si aprì, Hinata si guardò attorno alla ricerca di Naruto. Era di una bellezza che lui non si sapeva spiegare, non credeva di aver mai visto una creatura più carina di lei. Quando lei lo vide, le guance rosse per il freddo si colorarono ulteriormente e il sorriso si fece largo sul suo viso, rendendolo nervoso. Non pensava che si sarebbe sentito così ansioso, gli era già sembrato gigantesco il nervosismo di quel pomeriggio, ma avere Hinata vicino a lui, che profumava di pulito e lavanda, era una tortura psicologica che lui non era sicuro di riuscire a sopportare.

«Sei bellissima» si lasciò sfuggire, mentre Hinata si spostava i capelli su una spalla.

«È stata Sakura-chan a scegliere i vestiti…» rispose, aggiustandosi l’orologio sul polso e raddrizzando la schiena, «Scusa per il ritardo, Naruto-kun, non sono riuscita a parcheggiare qui vicino…» disse, abbassando lo sguardo.

Esagerava, non era una cosa per cui dispiacersi così tanto, «Non preoccuparti» la confortò lui, posandole una mano sulla schiena, scoprendo quanto fosse bello tenere la mano in quella curva sinuosa, riusciva ad immaginare la morbidezza della sua pelle e si sentì nuovamente un idiota, «Non è un problema».

«Di solito non arrivo in ritardo…» iniziò lei, Naruto avrebbe voluto interromperla ancora e dirle che non doveva scusarsi o giustificarsi, sapeva che era una ragazza puntualissima. Ma la voce di Kiba gli rimbombò nella mente come una regola divina: non interromperla, «C’è un traffico tremendo per essere a metà settimana, non credi?».

«Sì, sì» rispose lui, quasi disinteressato, facendo scivolare via la mano dalla sua schiena. Mettere in pratica i consigli di Kiba sembrava estremamente difficile, e fingersi disinteressato ad Hinata ancora di più.

«Allora, ragazzi, che cosa vi porto?» Teuchi interruppe la tensione tutt’altro che sessuale che si era creata, trascinando Naruto lontano dalle dritte che Kiba gli aveva dato.

«Per me un Shoyu Ramen» rispose sorridendo, girandosi poi a guardare la ragazza, «Tu, Hinata?».

«Shio Ramen, grazie» ordinò, cortese, aspettando che l’uomo si allontanasse.

«Sei sempre così gentile, Hinata?» domandò Naruto, appoggiando il gomito sul bancone e girandosi verso di lei, cercando di farla parlare.

«Beh…» iniziò lei, muovendo le spalle come se cercasse di rilassarsi, «Sono fatta così, immagino… e poi non mi dà fastidio essere gentile con le persone» disse, spiando la cucina dall’altra parte del bancone, girandosi poi a guardare i clienti del locale di Ichiraku, «Tu stai risparmiando per il tuo tatuaggio, Naruto-kun?».

Non fare monologhi di sei ore su te stesso. «Oh, no»  rise lui, «Non ho ancora iniziato, ma tra un po’…» e lasciò morire il discorso, anche se gli sarebbe piaciuto riprendere il dialogo che avevano iniziato ad Halloween. Abbassò lo sguardo alle mani di Hinata, osservando una piccola macchiolina viola uscirle dalla manica – come aveva fatto a non accorgersi prima? «Cos’hai sul braccio?» domandò, curioso, sfiorandole il gomito per tirare indietro la manica bianca. Hinata però fu più veloce di lui e lo precedette, arrotolandosi la manica fino a mostrare un leone sui toni dell’azzurro e del viola, tatuato sulla sua pelle pallida con un disegno piuttosto geometrico. Sembrava fosse fatto di vetro e il suo sguardo era austero e fiero. Alzò lo sguardo per incontrare quello di lei, fisso invece sul proprio disegno. «Un leone» sentenziò lui, cercando di riportarla alla realtà.

«Un leone, sì» ripeté lei, sorridendo e abbassandosi nuovamente la manica, «Non ti piace?» domandò poi, come se il suo parere contasse.

«Ormai te lo sei già fatto, no?» chiese retorico, ma senza cattiveria, sfiorandole poi il polso da sopra la maglia, «Comunque è molto bello».

Nuovamente, furono interrotti da Ichiraku che porse ad entrambi le ciotole, Naruto afferrò un paio di bacchette e le porse ad Hinata, prendendo poi le proprie. Le staccarono l’una dall’altra assieme e si augurarono buon appetito come due bambini, iniziando a mangiare.

 

 

Naruto si affrettò a pagare mentre Hinata era in bagno a sistemarsi. Sospirò nel vedere i pochi spiccioli che gli erano rimasti nel portafoglio – meno male che almeno un consiglio di Kiba si era rivelato utile: non regalarle niente. Avrebbe fatto davvero fatica a pagare la sua parte di affitto e tutto il resto…

«Quindi hai fatto breccia nel cuore di una ragazza, eh, Naruto?» si intromise Teuchi, appoggiando un gomito sul bancone.

«No, no» rispose lui, infilandosi il portafoglio nella tasca dei pantaloni, «Piuttosto è lei che ha fatto breccia nel mio cuore» mormorò, guardando come incantato il corridoio da cui Hinata sarebbe sputata da un momento all’altro, «Comunque il ramen era buonissimo anche oggi» disse, alzando il pollice in segno di assenso, accennando poi ad una risata.

«Naruto-kun» Hinata richiamò la sua attenzione, costringendolo a salutare il proprietario del locale e invitarla ad uscire.

L’aria fredda li colpì come una frusta, Hinata si strinse nelle spalle e si abbottonò il cappotto blu, lo stesso che aveva indossato alla rimpatriata. Sembrava avere così freddo che Naruto non ci pensò due volte a passarle il braccio attorno alle spalle, stringendola appena  sé.

«Ti da fastidio?» chiese poi, rendendosi conto solo in un secondo momento che forse aveva esagerato, che magari non avrebbe dovuto essere così avventato.

«No, no, non preoccuparti» rispose lei, rigida, ma senza allontanarsi dal suo tocco. Camminarono in silenzio, a passo spedito, per uscire dalla piccola via e immettersi nel flusso di persone. La sera era illuminata dalla luce gialla dei lampioni alti e dalle insegne luminose dei negozi.

«Dove hai parcheggiato? Ti accompagno» propose lui, fermandosi un attimo e lasciandola libera di muoversi e di allontanarsi da lui, nel caso lo desiderasse.

Hinata rimase sotto al suo braccio, con una mano posata leggermente sulla sua schiena, «Vicino al parco…» mormorò, alzando gli occhi per incontrare quelli di lui.

«Hai fatto un sacco di strada…» constatò, riprendendo a camminare, cercando di non andare troppo veloce per non costringerla a tenere un’andatura pericolosa per i trampoli che indossava. Sentiva il profumo dei capelli di Hinata e la morbidezza di quei fili di seta sul braccio e sulla mano. Il suo respiro saliva sottoforme di nuvole bianche e si disperdeva nella nebbiolina leggera, leggerissima, che li avvolgeva. «Ti sei divertita?» le domandò, cambiando traiettoria per non farla entrare in una pozzanghera.

«Certo che mi sono divertita, Naruto-kun» mormorò, alzando il viso verso di lui, «Anche se eri un po’ strano… andava tutto bene?».

Ho seguito i consigli di quell’idiota di Kiba, si disse. Limitandosi a “idiota” come insulto, quando gliene aveva lanciati di ben più coloriti mentre si accorgeva che quello che lui diceva non andavano bene per due come loro: Naruto era troppo chiacchierone e Hinata non si meritava un comportamento così poco galante, e soprattutto finto da parte sua.

«Avevo…» iniziò, chiedendosi se confessare fosse la cosa migliore, «Avevo chiesto a Kiba come dovevo comportarmi, dato che esce con un sacco di ragazze e ti conosce dal liceo, e ho cercato di fare quello che aveva detto lui» disse, guardando altrove, vergognandosi a morte di quello che aveva appena detto.

Hinata accennò ad una risata, stringendo nella mano dietro la sua schiena, stringendogli la giacca, «Ma a me piace come ti comporti tu, Naruto-kun, non hai bisogno di chiedere consigli a Kiba-kun» lo rassicurò, svoltando a destra.

Naruto intravide, sul fondo della strada, le strisce pedonali e poi il parcheggio davanti al parco – erano già arrivati, e ad ogni passo si sentiva sempre più malinconico a doverla lasciare andare. «Dici?» chiese, riprendendo il discorso, «Allora non gli chiederò mai più nulla» annuì convinto, «Anzi, arrivo a casa e lo riempio di pugni per non avermi detto che dovevo essere come sono» esordì, facendola ridacchiare.

«Non devi picchiarlo per forza» ribatté lei, «Basta non chiedergli più consigli, ti pare?».

Naruto annuì, «Quindi se non devo seguire i consigli di Kiba…» iniziò, ragionando a voce alta, «Significa che possiamo vederci ancora?» sorrise, sperando in un sì.

Hinata arrossì ancora, per un momento sembrò quasi sul punto di inciampare, ma riuscì a tenersi sulle sue gambe, «Certo che possiamo vederci ancora, Naruto-kun… che domande!» e sorrise, senza sapere quanto fosse bella mentre lo faceva, con le gote rosse e gli occhi socchiusi.

Rimasero in silenzio per il resto del tragitto, attraversando la strada e cercando la macchina di Hinata nella foresta di automobili che popolava il parcheggio. Quando la trovarono, la ragazza scivolò a malincuore dalla stretta di Naruto e sentì il freddo impregnarle le ossa nuovamente.

«Grazie della cena, Naruto-kun…» mormorò, cercando le chiavi nella borsetta, «Mi ha fatto davvero piacere uscire con te».

Naruto la fissò, accennando ad un sorriso mentre cercava di scorgere il telecomando della macchina nella pochette, quando la estrasse trionfante, lui approfittò del momento prima che lei si girasse, «Posso baciarti?».

Era stato diretto, preciso. E aveva una gran voglia di farlo. Era tutto il giorno che ci pensava – se sarebbe stato bello come Kiba diceva che fosse, se la sua bocca era morbida come sembrava e dolce come la voce di Hinata.

La vide tremare e spalancare gli occhi, diventando ancora più rossa di prima. Non sapeva cosa rispondergli? Eppure gli sembrava una domanda così facile! Le prese delicatamente la mano che stringeva le chiavi e premette il pulsante per sbloccare la portiera della macchina, accennando ad un sorriso. Poi, prima che lei potesse prenderlo a sberle o scappare via in preda al panico, si chinò a sfiorarle la guancia, baciandola lì, all’angolo delle labbra, inspirando con discrezione il profumo della sua pelle e sfiorandole la gote libera.

«Ci sentiamo, va bene, Hina-chan?» le disse piano, con una dolcezza che non sapeva di avere, lasciandola un’ultima carezza al polso prima di girare i tacchi ed andarsene, sperando che la ragazza non fosse troppo scombussolata da non fare attenzione e fare un incidente.          

 

 

 

 

 

 

N O T E D ‘ A U T R I C I ; siamo in missione per conto del Signore.

 

 

Tah-dah! Eccoci qua.~

Allora, non abbiamo molto da dire, ci limiteremo a poche e semplici cose, riguardo questo capitolo.

Parliamo della NaruHina, della nostra personalissima versione di questa coppia.

Noi non siamo delle fans di The Last, è stato tutto così frettoloso che ci ha lasciate spiazzate. Noi abbiamo una visione della NaruHina più umana, e volevamo che facessero le cose con calma, passo per passo, esattamente come una coppia normale. Anche perché Hinata ha un carattere particolare, Naruto è molto impulsivo, vero, ma non farebbe mai nulla che Hinata non volesse fare, e questa è una cosa a cui personalmente teniamo molto. Quindi non vi stupite se le cose, con loro due, saranno un po’ più lunghe.

Vorremmo che si conoscessero bene, che legassero davvero, e poi che si impegnino in una vera e propria relazione seria.

Devono prima di tutto capirsi, Naruto deve capire Hinata, soprattutto, e poi il cerchio si chiuderà.

Ovviamente questa è la nostra visione delle cose, e ci dispiace se non coincide con la vostra.

Per quanto riguarda il pervertito Naruto, ci teniamo a precisare (dato che in giro si vede un po’ di tutto) che per noi, pervertito, non significa che ci provi immediatamente con Hinata e che sappia esattamente cosa fare con una ragazza. La cultura porno insegna solo un sacco di cose sbagliate, sia sul sesso, sia sulle relazioni, e pensiamo che si noti anche da molte storie scritte da persone che hanno, come cultura di base, qualche video porno visto in giro sul web.

Naruto è un imbranato, non sa cosa fare con una ragazza, sa come sono fatte due tette, ma non come comportarsi ad un appuntamento.

Insomma, questo è quanto, ci dispiace molto se voi li vedete in modo diverso, ma pensatela così: soffrirete, ma poi ne sarete felici.

Detto questo, buon fine settimana, nostri cupcakes.

Al prossimo aggiornamento, che sarà sabato 4!

 

 

papavero radioattivo





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Capitolo 16
*** PARTE PRIMA ―「capitolo sedici」 ***











C A P I T O L O

sedici

 

 

 

 

 

Naruto si sistemò il borsone sulle spalle, avviandosi verso casa piedi. Aveva perso l’autobus, e incominciava a fare troppo freddo per aspettarlo alla fermata, restando fermo e con i capelli umidi nascosti dal cappellino, quindi tanto valeva fare una passeggiata – tanto non aveva nulla da fare.

Sfilò fra i passanti, facendo attenzione a non colpire nessuno con la borsa, pensando che avrebbe potuto chiamare Hinata, così gli avrebbe fatto un po’ di compagnia lungo la strada, ma quando fece per estrarre il cellulare dalla tasca, il profumo che veniva da uno dei tanti bar lo costrinse a fermarsi ad osservare la vetrina allestita di torte e dolcetti.

Li esaminò uno ad uno, cercando di convincersi a non spendere soldi inutilmente, perché poi non sarebbe potuto uscire con Hinata, e lasciar pagare lei era la cosa più sbagliata che potesse fare. Sospirò poggiando la fronte al vetro, quando il suo sguardo cadde su uno dei tavoli all’interno.

Bingo.

Sorrise soddisfatto catapultandosi dentro il bar, raggiungendo il tavolo incriminato nella frazione di un secondo, «Ah-ah! Lo sapevo che stavate assieme, lo sapevo!» urlò, additando Sasuke e poi Sakura, non lasciando nemmeno il tempo ad entrambi di metabolizzare la sua improvvisa comparsata. «Perché non me lo avete detto? Sono il vostro migliore amico, perché ho dovuto passare per caso e vedervi in un bar mentre vi baciavate e facevate le colombine innamorate?» chiese mentre Sakura allungava un braccio, strattonandolo verso il basso.

Non era un buon segno, lo sapeva.

«La smetti di urlare, idiota?!» lo ammonì lei, mentre Sasuke sospirava.

Naruto si ricompose in silenzio, sorridendo alla sua migliore amica mentre lei lo liberava, lasciandogli la possibilità di andarsene o di continuare a parlare, «Bene…» mormorò allora, cercando di non alzare la voce e di non fare rumore mentre recuperava una seggiola da un tavolo vuoto, accomodandosi assieme a loro, «Perché? Se posso saperlo…».

«Perché lo avresti detto a tutti» gli rispose Sasuke, freddo e distaccato, e forse anche un po’ irritato dalla sua presenza.

Era lui che doveva essere arrabbiato, non loro due, dopotutto i suoi migliori amici gli avevano mentito.

«Non lo farei mai!» affermò Naruto, rubando uno dei biscotti dal piattino di Sakura che lo guardò ancora più male, corrugando la fronte in un’espressione omicida che lo terrorizzava.

«In qualsiasi caso adesso lo sai, quindi non vedo perché te ne devi stare qui» ribatté Sasuke mentre lui si mangiava il dolcetto, per giunta buonissimo.

«Vi faccio da chapecoso, quello lì» sorrise, e Sasuke lo corresse.

«Chaperon, e mi stupisco che tu sappia che cosa sia» gli disse, ma Naruto lo ignorò, guardando Sakura con un sorriso.

«Si vede che sei felice, Sakura-chan, e sono felice che tu sia felice» le disse, sincero e contento, «E adesso vado e vi lascio fare le vostre cose da fidanzati» aggiunse, rubando un altro biscotto prima di alzarsi, «E tu» continuò indicando Sasuke, «Mi devi raccontare un po’ di cose», e poi prese il borsone e si avviò verso l’uscita, lasciandoli soli.

Sasuke sospirò fissando il caffè che aveva nella tazzina, «Lo dirà a tutti».

«Beh, non è che possiamo continuare a stare assieme solo dove le persone non ci conoscono» ammise Sakura, cercando di farlo ragionare. Aveva rispettato questa sua decisione all’inizio, ma era chiaro che prima o poi sarebbero dovuti uscire allo scoperto. «È meglio così, tanto Ino incominciava ad essere sospettosa, dato che continuavo ad accampare scuse stupide per uscire con te» gli disse, portandosi poi la tazzina alle labbra.

Non sembrava contento della cosa, ma lei lo era, voleva essere come Ino e Sai, come Neji e Tenten, poter tornare a casa e non dover mentire alla sua migliore amica su dove fosse stata e cosa avesse fatto.

Sasuke non le rispose, e la cosa le fece pensare che probabilmente non la pensava allo stesso modo.

 

― ♦ ―

 

Quando Sakura entrò in casa, pensò di venire travolta da Ino. In un certo senso ci sperava: tolto il dente tolto il dolore, no? Prima lei avesse iniziato ad interessarsi alla sua storia non-così-super-segreta con Sasuke, prima avrebbe fatto tutte le domande più inopportune che la mente umana potrebbe formulare – e prima l’avrebbe lasciata in pace.

E invece non successe nulla. Il silenzio della casa le lasciò per un momento l’amaro in bocca. Poi, prima che si buttasse sul divano, la porta della camera di Hinata e Tenten si aprì, lasciando uscire le due ragazze e Neji.

«Ah, ciao Neij» lo salutò con poco entusiasmo, alzando una mano oltre lo schienale del divano per agitarla.

«Me ne stavo andando…» borbottò lui. Sakura si sedette sul divano appoggiando il mento sul cuscino, osservando il modo in cui sfiorava delicatamente le spalle di Tenten mentre l’aiutava a mettere la giacca, o le aggiustava il colletto. Aveva modi molto delicati di fare, simili a quelli di Hinata – osservando quelle piccole cose, si vedeva che erano parenti.

«Te ne vai anche tu, Tenten?» domandò, scambiando uno sguardo all’amica, vedendola che si tirava su la zip della giacca, «Mangiate fuori?».

«Sì» rispose, e strinse la mano a Neji, che provvide a circondarle le spalle con il braccio, «Torno stasera, non vi lascio da sole» e fece l’occhiolino alla ragazza, come se avesse saputo anche lei di Sasuke, come se fosse curiosa anche lei di sapere tutto.

Probabilmente Sakura si stava facendo tanti viaggi mentali e basta, nessuno le avrebbe chiesto nulla e lei non avrebbe detto nulla a nessuno.

Gonfiò le guance e sospirò mentre Neji abbracciava la sorella e poi se ne andava con Tenten. Non sentì nemmeno la porta chiudersi, ma si accorse dell’inconfondibile profumo di Hinata mentre si sedeva accanto a lei.

«Perché era qui?» chiese, ancora più disinteressata di prima. Più passavano i secondi, più Sakura capiva di voler parlare con qualcuno di Sasuke, di raccontare quanto in realtà fosse dolce e premuroso e soprattutto di quanto profumasse l’incavo del suo collo, e dell’odore di carta e inchiostro sulla punta delle sue dita.

«A prendere Tenten, si è fermato per un tè, per salutarmi…» informò, con quel tono di voce sempre pacato, come se galleggiasse nell’aria e si dissolvesse lentamente. Sakura annuì, guardando il soffitto, perdendosi nello scheletro del lampadario in carta da riso che rimaneva sospeso sopra le loro teste. Poi, all’improvviso, Hinata parlò: «Naruto-kun mi ha detto che ti ha visto con Saske-kun».

Il suo cuore si fermò, perdendo un paio di battiti, e il sangue affluì direttamente alle guance, rendendole porpora almeno quanto quelle di Hinata quando vedeva Naruto. Si tirò su dritta, fissandola dritto negli occhi, «E… e che altro ti ha detto?».

Stavolta fu Hinata ad arrossire, si grattò la guancia e abbassò lo sguardo verso le proprie gambe, «Che vi siete baciati» continuò, «E che doveva rimanere un segreto e che non doveva dirlo a nessuno, ma che lo avrebbe detto comunque a tutti» e sorrise, «Sono contenta per te, Sakura-chan».

Appena Hinata finì di parlare, Sakura le si gettò istintivamente tra le braccia, circondandole il collo e stringendosela come se le avesse tolto un peso dalle spalle. Ora che anche Hinata lo sapeva era ufficiale: lei e Sasuke stavano assieme.

«Perché non ce l’hai detto?» chiese poi, mentre l’altra si accomodava sul divano, stendendosi con la testa sulle gambe dell’altra, «Voglio dire, noi non l’avremo detto a nessuno per davvero».

«Saske non voleva» borbottò, «E io non volevo tradire la sua fiducia».

Hinata sorrise, allungando le mani a prendere le ciocche dei capelli e arrotolarsele attorno alle dita, «Immagino che Ino darà di matto quando lo saprà» suggerì. Hinata era sempre così composta – non aveva chiesto nulla riguardo a come avevano intrapreso quella relazione o al loro primo bacio. Se Sakura non avesse parlato, lei non avrebbe chiesto. Era rispettosa e gentile, diversamente da Ino.

Sorrise alla sua affermazione, «Sarà meglio che mi prepari psicologicamente allora!».                  

 

 

Il campanello suonò, attraversando la musica delle cuffie e perforandogli il cervello.

«Qualcuno apre?» chiese Shikamaru, urlando talmente forte da sentirsi da solo, ritornando a scrivere velocemente sulla tastiera. Di nuovo, nel momento stesso in cui premette ENTER, il campanello suonò ancora.

Si tolse le cuffie, legandosi i capelli con l’elastico mentre, privo di tutte le buone maniere che gli avevano insegnato, attraversava la casa per aprire la porta. Choji  era rimasto chiuso in cucina mentre Sai non provava nemmeno ad alzarsi dal divano mentre esplorava la bocca di Ino con la sua lingua. La doccia continuava ad andare e Naruto contribuiva a togliere l’acqua potabile ai bambini in Africa. Deve sempre starci un’ora sotto l’acqua, quello… borbottò, mentre faceva girare la chiave nella toppa e lasciava che Sasuke entrasse in casa, senza salutare. Doveva essere particolarmente arrabbiato.

Shikamaru fece per andarsene, ma sfortunatamente Sasuke finì nel campo visivo dell’unico esemplare del gentil sesso presente in casa e, dal niente, una baraonda si scatenò dalle labbra di Ino.

«SAS’KE UCHIHA!» gridò, alzandosi in piedi dal divano e attraversandolo come un uomo attraversava uno steccato in una pubblicità di olio per friggere. Gli si parò davanti, fissandolo negli occhi, «Ci devi spiegare un bel po’ di cose» disse poi, a bassa voce ma con tono preciso, pungente.

«E lei che ci fa qua?» domandò, ignorando le sue scenate, guardando Sai seduto sul divano, tranquillo e sorridente.

«Dopo lavoro l’ho portata qui, non è vietato, no?» rispose, alzandosi dal divano – si posizionò dietro la ragazza, mettendole una mano sui fianchi e appoggiando il mento sulla sua testa. «Comunque si riferisce al fatto che stai assieme alla sua migliore amica e lei non ne sapeva niente» precisò. Dentro di sé si divertiva un sacco.

Prima che Sasuke potesse rispondere, la porta del bagno si spalancò e Naruto, totalmente fradicio, con l’asciugamano mal allacciata attorno alla vita, si sporgeva a guardare chi era arrivato. «SAS’KE!» gridò, ignorando la pozza d’acqua che aveva creato sotto di sé, correndo verso l’amico.

In una frazione di secondo, Naruto scivolò sull’acqua che aveva perso, l’asciugamano gli volò da dosso e il biondo quasi cadde, ritrovandosi appoggiato su Sasuke. Sai provvide a coprire gli occhi di Ino con una mano, nascondendo alle sue iridi le grazie di Naruto.

«Fai schifo» mormorò Shikamaru, appoggiandosi al muro.

Ma Naruto non sembrò accorgersi di essere completamente nudo e, soprattutto, di avere una ragazza in casa, «Noi due dobbiamo parlare».

«Prima vestiti e pulisci questo schifo, dobe» ribatté, togliendosi le mani di lui dalle spalle e attraversando le chiazze d’acqua che l’altro aveva lasciato, chiudendosi la porta della camera alle spalle, gettandosi sul letto.

Naruto raccolse l’asciugamano, arrotolandosi bene attorno alla vita. Shikamaru sospirò, facendo dietro front e tornando verso la propria camera, «Fare tutto questo trambusto solo perché Saske ha la fidanzata…» commentò.

«Ah, certo» iniziò Naruto, mettendosi le mani sui fianchi mentre Sai accompagnava Ino alla porta, «E tu vuoi farmi credere che lo avevi già capito, Shikamaru?» chiese, gonfiando il petto.

Shikamaru si sedette sulla propria sedia, ritornando poi alla porta usando le rotelle della poltroncina, «Sì» rispose semplicemente, «Era ovvio che stessero assieme. Si porta sempre due caschi dietro, torna più tardi dall’università, manda molti più messaggi del solito…».

«E non poteva essere un’altra ragazza?» domandò. Si sentiva Watson quando chiedeva a Sherlock di spiegargli come aveva risolto un certo crimine. Un’idiota, insomma.

«Assolutamente no» e fece mezzo giro sulla sedia, «Sakura è l’unica ragazza che gli sia mai interessata» spiegò, «Mi sembra strano che tu non lo abbia mai notato» e chiuse la porta, lasciando Naruto al centro del corridoio come un babbeo.

Non lo aveva mai notato.

 

 

Hinata e Sakura stavano guardando la televisione, smangiucchiando pop-corn in attesa che Ino arrivasse e iniziasse a travolgere Sakura di domande.

Non ci volle molto, in effetti. La porta si spalancò e Ino urlò qualcosa di incomprensibile mentre cercava di slacciarsi scarpe e cappotto assieme. Si liberò della borsa e del cappellino e si catapultò sul divano di fianco alle altre, mettendo un braccio attorno alle spalle di Sakura, facendole cadere da mano i pop-corn.

«Guarda che hai fatto, maialina!» la rimbeccò, raccogliendo un fiocco di mais dalle gambe e mangiandoselo.

Ino rise, agitando la mano davanti a lei, «Non m’importa niente dei tuoi pop-corn, tesoro» incominciò, afferrando il telecomando e spegnendo la televisione. Hinata scomparse da qualche parte, forse a prendere una scopa per pulire, «Piuttosto, cos’è questa storia che stai assieme a Saske?».

«È una storia» e alzò le spalle, cercando di sembrare il più tranquilla possibile, per stuzzicare l’amica e farle perdere le staffe. Era così divertente.

«Certo…» ribatté, incrociando le braccia al petto, sedendosi sul bracciolo del divano, «E avete fatto sesso?».

Sakura arrossì violentemente, e Ino sorrise trionfante mentre la ragazza si allontanava, agitando le mani, «No!» disse in un primo momento, impulsiva, poi si tappò la bocca e tentò di respirare dal naso, «Cioè― non ancora» si corresse, tentando di calmarsi. All’improvviso sembrò illuminarsi, rendendosi contro di quanto quella domanda fosse privata, «E comunque non sono affari tuoi!» e arricciò il naso, girandosi dall’altra parte della stanza, dove Hinata provvedeva a spazzare e raccogliere il cibo a terra senza proferire una parola.

«Certo, certo» iniziò, «E che mi dici del primo bacio? Com’è stato?» e le si avvicinò, appoggiando il mento sulla sua spalla.

«Beh…» ci pensò su, il ricordo di più di due settimane prima si fece vivido nella sua testa, facendola rabbrividire, «Difficoltoso, in realtà, c’è una differenza d’altezza spaventosa tra me e lui».

«Niente che un buon paio di tacchi non possano risolvere» la interruppe Ino.

«E poi… è stato dolce» continuò, giocando con il lembo della maglietta. Ora si vergognava a dire certe cose ad Ino, soprattutto perché, in confronto alle storie che la bionda raccontava, le sue sembravano favole della buonanotte, da e vissero per sempre felici e contenti.

«Ha usato la lingua?».

Appunto.

«No» e in quel momento decise di raccontarle una piccola, innocente bugia, «Però morde».

«Uh» Ino sembrò particolarmente interessata a quel particolare, peraltro inesistente, «Violento, mi piace».

«Deve piacere a me, però» commentò, quasi stizzita da quell’improvviso interesse dell’altra per Sasuke.

«Non preoccuparti» la rincuorò lei, «Non mi interessa il tuo piccolo sociopatico cannibale».

«Non è un piccolo sociopatico cannibale!».

Ino sorrise, alzandosi dal divano, «Certo, ne riparliamo stasera dolcezza» e andò a lavarsi, prima che Sakura potesse tirarle addosso qualcosa.

 

 

Il buio regnava nella stanza, assieme all’odore di chiuse e il continuo molleggiare del letto di Naruto, che non ne voleva sapere di stare fermo.

«Smettila» biascicò Sai, tentando di fermare quel continuo cigolare, «Oppure trastullati in silenzio».

Ci fu un momento di silenzio, poi Sasuke sentì il proprio materasso muoversi all’altezza del sedere, strappandolo da quell’inizio di sonno che era riuscito a trovare, «Teme. TEME! Sei sveglio?» chiese il biondo, sussurrando talmente forte da urlare – era un tono di voce francamente ridicolo.

«Che cosa vuoi?» borbottò l’altro, sentendo il materasso ritornare normale e i piedi di Naruto sparire da sotto di lui.

«La stai trattando bene Sakura-chan, vero?» domandò a voce bassa, sporgendosi dal letto per guardarlo. Invece di Sasuke, a rispondere allo sguardo di Naruto fu Gatto e lui, temendo che quell’animale di venti chili potesse saltargli sulla faccia, si ritrasse nel letto.

«Sì».

«E non la tradirai, vero?» stavolta aveva un tono più cattivo, quasi serio. Ci teneva davvero allora.

«No che non la tradirò» sospirò, «Mi lasci dormire ora?».

Fu Sai ad interrompere il dibattito tra i due, «Ino ha detto che se le fai del male ti uccide con le cesoie del negozio»  si intromise. Quella minaccia di morte fece rabbrividire il diretto interessato, soprattutto perché sapeva che era vero.

«Non ho intenzione di farle del male» continuò, schiacciandosi il cuscino sul viso, «E ora lasciatemi dormire».

«Ti tengo d’occhio…» fu l’ultima cosa che Naruto disse, prima di muoversi  ancora sul letto alla ricerca della giusta posizione e addormentarsi, lasciando in pace i nervi di Sasuke.     

 

 

 

 

 

 

N O T E D ‘ A U T R I C I ; siamo in missione per conto del Signore.

 

 

Eccoci qua, piccoli cupcakes.

Non c’è molto da dire su questo capitolo, ma siamo assolutamente certe che il prossimo sarà una vera e propria bomba a idrogeno.

Ci ucciderà tutti, sappiatelo, noi comprese – che siamo già morte per averlo scritto, ahah .

Questo capitolo serviva più che altro a mettere in ordine l’ultimo tassello mancante della SasuSaku. Ora tutti lo sanno, e quindi stanno ufficialmente assieme. *depennano con orgoglio la SasuSaku tra le coppie che si devono ufficializzare*

Insomma, aspettatevi grandi sorprese, perché da qui in poi si entra un po’ più nel vivo e ci si avvicina alla fine della prima parte di questa storia che, come vi abbiamo già detto, è divisa in tre. Quindi c’è ancora molto, davvero tanto, non siamo nemmeno a metà. ~ Inoltre, la seconda parte sarà pienissima di ShikaTema, perché farvi aspettare venti e più capitoli per loro ci sembrava un’ingiustizia, quindi la vostra pazienza sarà ricompensata .

E se vi state domandando che cosa intendeva Sai con quel «trastullati»… vi lasciamo alla vostra immaginazione ♥!

Detto questo, speriamo che vi sia piaciuto, vi ringraziamo tutti per il seguito, sia qui, che su facebook, e vi lasciamo l’appuntamento al prossimo sabato, cioè 11 aprile, dopo Pasqua – aggiornamento che sarà fatto un po’ più tardi del previsto ma che vedrà yingsu e radioactive sotto lo stesso tetto :°D (siate felici per noi ewe)

Vi invitiamo inoltre a seguire le vicende di un Sasuke quindicenne e un Itachi innamorato nella fanfiction «Ikigai» con aggiornamento di mercoledì! Alcune persone che già seguono Colla ci hanno fatto un salto… non volete mica mancare voi!

Ci dileguiamo~

Buone vacanze a tutti, e non studiate troppo. -3-

 

papavero radioattivo





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Capitolo 17
*** PARTE PRIMA ―「capitolo diciassette」 ***











C A P I T O L O

diciassette

 

 

 

 

 

Ino non aveva ancora smesso di ballare da quando avevano messo piede in quella discoteca troppo affollata. L’idea di uscire tutti assieme, per l’ennesima volta, non era stata poi tanto geniale, soprattutto in quel posto, con la musica troppo alta, dove parlare era praticamente impossibile.

Neji se ne stava seduto con Tenten accanto, bevendo l’analcolico che gli avrebbe permesso di riportare a casa almeno Kiba, già completamente ubriaco.

Naruto sospirò poggiando il gomito sul tavolo, continuando a guardare Hinata, intenta a ridere e a ballare con Sakura.

Ci sarebbe andato anche lui, se solo fosse stato minimamente coordinato.

Osservò Kiba avvicinarsi ad Hinata, prenderla per i fianchi ed iniziare a muoversi con lei, barcollando come un cretino mentre Sakura li lasciava ballare, trotterellando sui suoi tacchi alti fino al loro tavolo.

«Mi fanno male i piedi…» borbottò, sedendosi fra lui e Sasuke, poggiando la schiena al divanetto in pelle.

«Per forza, sei sui trampoli!» le fece notare Tenten con un sorriso, poggiando poi la tempia alla spalla di Neji che, in risposta, le accarezzò i capelli stranamente sciolti.

Sakura mosse un poco i piedi, lisciandosi il vestito in fantasia scozzese sulle cosce, «Sono molto più comode di quelle che Ino voleva farmi mettere» le rispose, sporgendosi su Sasuke per allungarsi verso di lei, così da non urlare troppo.

«Siete tutte carine, stasera» commentò Choji dall’altro lato del tavolo, e per quanto Naruto si fosse semplicemente limitato ad osservare Hinata come un cane da guardia, dove ammettere che era vero. Erano tutte molto belle, ognuna a modo suo, ma Hinata lo era più delle altre.

Rimase concentrato su Kiba, su quelle mani che toccavano i fianchi della ragazza con cui lui stava uscendo, e anche se non erano fidanzati, se non si erano ancora baciati per bene, la cosa gli dava un fastidio tremendo. Fu tentato di alzarsi, di andare a riprendersi quella che avrebbe dovuto essere la sua compagna per la serata, ma dal sorriso che Hinata aveva sulle labbra, dal mondo semplice ed innocente con cui rideva, si vedeva che si stava divertendo.

Con Kiba, e non con lui.

Svuotò la pinta di birra abbandonandola sul tavolo, cercando di non essere troppo ossessivo, di preoccuparsi di altro. Ma era più forte di lui, non ce la faceva.

Shikamaru si alzò brontolando qualcosa che nessuno riuscì a capire, prendendo una sigaretta e avviandosi verso l’uscita. Convincerlo a mettere il naso fuori di casa era stato più complicato di quanto si aspettassero, e da quando erano lì non aveva fatto altro se non tenere il telefono fra le mani, ed uscire a fumare ad intervalli regolari.

Mai più in discoteca: era stata un’idea del cazzo.

L’indice di Sasuke sfiorava la gamba di Sakura all’altezza della coscia, disegnando dei piccoli cerchi sopra il collant color carne. Nonostante ormai tutti sapessero che stavano assieme sembrava esserci ancora qualcosa che teneva bloccati entrambi. Non si stringevano sempre la mano, non si baciavano ogni due minuti come facevano Ino e Sai, e tanto meno si toccavano con quei gesti dolci ed istintivi di Tenten e Neji. Sembravano ancora quelli di prima, solo più rilassati, più consci della presenza dell’altro.

Magari quando stavano da soli erano più aperti, ma questo lui non poteva saperlo, dal momento che Sasuke non gli raccontava nulla.

Giocò con il tovagliolo mentre Shino raccontava una freddura che riuscì a far ridere solamente Choji, e poi la voce di Kiba arrivò alta sopra le altre, sopra la musica.

«Yo, ragazzi!» affermò, facendosi posto da solo al tavolo mentre Sasuke faceva sedere Sakura sulle sue gambe, impedendole di rimanere inevitabilmente compressa in quello spazio troppo piccolo.

Shino guardò Kiba in silenzio, sequestrandogli il bicchiere che stava per prendere dal tavolo, «Sei già ubriaco» gli fece notare, e Neji scosse il capo, portandosi una mano alla fronte.

«Io ho intenzione di dormire» mise le mani avanti, e Tenten gli scostò una ciocca di capelli sfuggiti alla coda, «E in macchina con me non ci vieni» aggiunse, come a voler sottolineare che non aveva intenzione di pulire il vomito di nessuno, tanto meno quello di Kiba sui suoi sedili.

«E allora torno a cavallo di Akamaru!» ribatté il diretto interessato, incrociando le braccia sul tavolo, cercando di nuovo di prendere il bicchiere, stretto fra le mani di Shino.

Naruto lo guardò cercando di ingoiare la pillola amara che gli inaspriva la bocca, «Sei così ubriaco che ti sei messo pure a fare il coglione con Hinata» parlò, sputandogli addosso quello che pensava senza troppi complimenti.

Kiba lo guardò per una manciata di secondi, metabolizzando quello che aveva appena detto, «Chiudi quel cesso, mica è la tua ragazza!» gli rispose, e in una frazione di secondo Naruto scattò verso di lui, prendendolo per la felpa.

Quella reazione scatenò una serie di movimenti che si trasformò in un trambusto generale. Tenten guardava, premuta contro lo schienale, assieme a Sakura che, in piedi, sospirava, scuotendo il capo mentre Sasuke recuperava Naruto, trascinandolo verso l’uscita, e Shino e Neji  tentavano di far star buono Kiba, intento a vomitare una serie di insulti e volgarità senza fine addosso a chiunque gli capitasse sott’occhio.

Sakura prese il suo cappotto e quello di Naruto, facendo lo slalom fra le persone che bevevano e parlavano, notando anche Rock Lee, concentrato in una serie di mosse scoordinate, per niente a tempo con la musica.

Dovevano immaginarlo da subito che sarebbe finita così, non erano fatti per passare una serata tutti assieme senza drammi e sangue. Ma se non altro nessuno aveva rotto il naso a qualcuno, e si erano solo presi un occhio nero a testa.

Uscì dal locale cercando con lo sguardo Sasuke e Naruto, trovandoli qualche metro più là dall’entrata, dove Shikamaru stava finendo la sua sigaretta.

«Siete pessimi, bevete e poi si finisce sempre a litigare» la voce di Shikamaru era bassa, ma si notava che era infastidito, «Per questo non voglio mai uscire con voi, perché tanto si discute sempre» continuò, mentre Sasuke se ne stava lì, con le mani in tasca, guardando Naruto poggiato alla parete, zitto e con l’occhio arrossato.

Sakura non disse nulla, porse la giacca a Naruto e poi si infilò la sua, aiutata da Sasuke che gliel’allacciò, stringendola poi al petto e infilando le mani nelle tasche, assieme alle sue.

Ci fu un lungo momento di silenzio nel quale Naruto si sentì sotto inchiesta, schiacciato da quelle accuse.

Non era stato lui a cominciare, aveva fatto tutto Kiba.

Shikamaru rientrò sospirando lasciandoli soli, sentiva lo sguardo di rimprovero di Sakura fisso su di lui, e la cosa non preannunciava nulla di buono.

«Naruto» incominciò, e lui alzò lo sguardo massaggiandosi l’occhio. Gli pulsava e bruciava, lo sentiva anche un po’ gonfio. «Eri geloso, vero?» gli disse, ma il tono della sua voce era dolce e comprensivo – stranamente. «Kiba stava solo ballando, Naruto» continuò, staccandosi dalle braccia di Sasuke, andando a sfiorargli il punto in cui il ragazzo lo aveva colpito, «Se Hinata fosse stata infastidita di certo non sarebbe rimasta lì a ridere» cercò di farlo ragionare, «Non è il tipo di ragazza che cede alle avance del primo che passa per strada».

Le prese la mano scostandola dal suo volto, lasciò che si abbassasse, e poi si sforzò di sorriderle, «Lo so…» le rispose. Sapeva che aveva ragione, ma non riusciva a sopportare l’idea che qualcun altro toccasse Hinata.

«Comunque è meglio se vai a casa, e se metti un po’ di ghiaccio su quell’occhio» gli disse, ma la frase suonava più come un ordine, ché come un consiglio, «Lo riporti tu?» chiese poi, guardando Sasuke, in piedi con le mani nelle tasche dei jeans.

 

― ♦ ―

 

Si tolse le scarpe con i piedi, sfilandosi la giacca, lasciando che cadesse a terra. Strisciò fino in camera e si buttò sul letto, sopra le coperte, accucciandosi vicino al muro, attento anche a respirare.

Si sentiva uno schifo, voleva sparire dalla faccia della terra. Non stava così male da quando Sasuke era andato a Londra, abbandonando lui e Sakura. Abbandonato – già, si sentiva proprio così. Lo trattavano come se fosse colpa sua, come se qualsiasi cosa facesse o dicesse non fosse abbastanza, non fosse giusto. Si era impegnato così tanto ad essere un bravo figlio, ad eccellere in qualcosa… eppure non gli sembrava permesso nemmeno proteggere una ragazza.

Sospirò, la luce della camera si accese e Sasuke gli andò vicino, lanciandogli con poca grazia – ma senza forza – un pacchetto che, da quanto era freddo, sembrava essere stato nel freezer. Naruto lo raccolse senza dire niente, leggendo la scritta «gamberetti» prima di appoggiarselo sull’occhio.

«Sei proprio un dobe» borbottò Sasuke, sedendosi sul letto di Sai. Un’altra persona arrivò nella stanza, seguita da una terza. Erano tutti lì a fargli la predica?

«Si può sapere cosa ti è venuto in mente?» domandò Sai. Naruto girò appena la testa a guardarli: erano tutti e tre seduti sul letto davanti al suo, con Sasuke al centro. Ma è un interrogatorio? Si limitò a mugolare, spiattellandosi i gamberetti sull’occhio, rigirandosi verso il muro.

«Kiba non stava facendo niente di male» commentò Shikamaru, «Non ancora, almeno».

«Era geloso» disse Sasuke, impedendogli di rispondere. In realtà, era strano che partecipasse alla discussione, «Lo ha preso per la felpa e poi hanno iniziato a picchiarsi». Sembrava quasi stesse cercando di prendere le sue parti.

«Prendersela per così poco è stupido» continuò Shikamaru, e Naruto borbottò: no, non era stupido nella sua testa, Kiba stava mettendo le mani addosso ad Hinata e lui non voleva che lo facesse. Sapeva come andava a finire quando Kiba toccava una ragazza in quel modo – e lui si ricordava di averlo visto in più occasioni parlare ad Hinata come parlava con Mai o con qualcun’altra. Nessuno doveva toccare Hinata se lei non voleva, e non lo avrebbe fatto nemmeno lui. «E poi non stava facendo niente contro la volontà di Hinata» continuò Nara, «Perché alla fine il problema è lei, no?».

«Continuate a parlare come se non ci fossi, eh» borbottò Naruto, girandosi verso la loro parte, abbandonando i gamberetti sul cuscino, mettendosi a sedere, «Non ho sentito niente, davvero, solo che mi credete un cretino e che Kiba può strusciarsi quanto vuole su…―» e si bloccò, rendendosi conto che non poteva apostrofare Hinata se non come sua amica, «…su Hinata» concluse semplicemente, grugnendo ancora come un cucciolo arrabbiato.

«Non abbiamo detto questo» provò a rispondere Sasuke, e Naruto mugolò ancora, stringendo le mani sulle cosce.

«Non vi ho chiesto di venire qui a farmi la predica, non siete i miei genitori» rispose inacidito.

«Ma siamo tuoi amici» suggerì Sai, coprendosi poi la bocca con uno sbadiglio – che diavolo di ore erano? Per un momento, Naruto si sentì in colpa per averli tenuti svegli, anche se era una scelta loro, quella di stare lì a rimproverarlo come se avesse cinque anni.

«Begli amici, allora» commentò in tono acido, ritornando steso, dando loro le spalle. Sentì Sasuke sospirare e Shikamaru borbottò qualcosa – uno dei tre si alzò e, andandosene, chiuse la porta un po’ troppo forte, facendola sbattere.

«Kiba non avrebbe mai toccato Hinata, lo sai» continuò Sai, «Lei non è quel genere di ragazza…» gli sembrava di risentire Sakura fuori dal locale. Gli dicevano tutti la stessa cosa e nessuno riusciva a vedere la situazione dal suo punto di vista.

«Questo l’ho già capito» rispose, riprendendo i gamberetti per metterseli sulla botta, «Quello che voi non capite è che avreste fatto la stessa cosa per Ino e per Sakura» disse, a voce più bassa, meno irruento delle battute precedenti.

Calò il silenzio. Forse aveva fatto colpo.

«La violenza non è la risposta» disse Sasuke d’un tratto, pacatissimo.

A Naruto venne da sorridere, «Detto da te, teme, ci credo poco» scherzò, ricordando le risse tra lui e Sasuke – ma forse non era la stessa cosa, «E comunque agli insulti qui nessuno ci fa caso, eh. Mi ha detto “chiudi quel cesso, mica è la tua ragazza!”» continuò, imitando la voce del forse-ex amico ubriaco.

«Te lo diciamo sempre anche noi, Dobe» ribatté Sasuke.

«Ma non in quel modo!» e si girò un momento verso di loro, con lo sguardo a metà tra il frustrato e lo stanco di sentire tutte quelle ramanzine inutili. Niente gli avrebbe fatto cambiare idea sul suo comportamento, niente.

«In tutti i casi Kiba non ha toccato la Hyuuga―» riprese Sasuke, ma Naruto lo interruppe.

«Si chiama Hinata».

Un sospiro da parte dell’Uchiha, «…come ti pare. Fatto sta che non l’ha toccata, tu ci hai litigato e ora siamo a casa. Fine del discorso» e chiuse così la serata, dannandosi per aver perso un’occasione per stare con Sakura. 

 

 

 

Naruto sospirò steso nel letto, fissando il legno che impediva al materasso di Sasuke di cadergli sulla testa. I gamberetti surgelati che teneva sull’occhio incominciavano a scongelarsi, e l’acqua gli colava sul viso in piccole gocce fredde che lo facevano rabbrividire.

Nel trambusto generale non era nemmeno riuscito a salutare Hinata, a spiegarle la situazione. Sperava solo che lei lo avesse capito, che non fosse arrabbiata con lui per quello che aveva combinato con Kiba. Si spiattellò la mano sul sacchetto che gli copriva parte della visuale, quando il cellulare vibrò sulla sua pancia.

Una notifica di WhatsApp. Aprì l’applicazione con un brontolio, mentre la luce del display illuminava parzialmente la stanza.

 

HINA-CHAN

online

 

Tutto bene, Naruto-kun? •()•

Mi dispiace per quello che è successo…

                                                                         02:17

 

  ma mi fa male un po' la guancia (▽≦)

Non importa Hina-chan !

02:19                                                                                                     

 

Hai provato a metterci del ghiaccio sopra?

                                                                                                 02:20

 

Il teme mi ha dato dei gamberetti surgelati (;)

02:20                                                                                                      

 

Ora li dovete cucinare per forza! Non potete congelarli di nuovo…

Ti piacciono i gamberetti? (   )

                                                                                                 02:20

 

Perdonami, Naruto-kun! Non volevo disturbarti, sicuramente sarai stanco…

Buonanotte!

                                                                                                 02:20

 

No Hinata ! Aspetta….

Mi piace parlate con te (^_-)

Mi piacciono i gamberetti ! A te piacciono??

02:21                                                                                                     

 

I gamberetti sono buoni alla griglia! Soprattutto se sono freschi…

So cosa fare domani per pranzo, Naruto-kun! Grazie! (*ω*)

                                                                                                 02:21

 

(_; ) non ho fatto niente, Hina-chan !

Magari possiamo andare a mangiarli insieme un giorno di questi

02:22                                                                                                     

 

Che ne dici l’anno prossimo?

Tra poco c’è Natale e poi capodanno…

                                                                                                 02:22

 

Naruto esultò mettendosi seduto di scatto, picchiando la nuca contro la spalliera in legno, facendo tremare tutto il letto.

«Dobe, se non spegni quella cazzo di luce del telefono te lo butto nel cesso e tiro lo sciacquone» si lamentò Sasuke con la voce impastata dal sonno, muovendosi a sua volta sotto il piumone e facendo oscillare tutta la struttura. Che fosse dannato il giorno in cui aveva deciso di dormire nel letto a castello con lui!

«Scusa, ora lo spengo miss mi-da-fastidio-qualsiasi-cosa» mormorò in risposta, immergendosi nelle coperte, creando una capanna per oscurare la luminosità che tanto dava fastidio a Sasuke, e poi rispose ad Hinata.

 

Sì , anche perché devo andare dai miei per qualche giorno durante

le vacanze.....l'anno prossimo è perfetto (^O^)

02:25                                                                                                     

 

Mi sono divertito con te stasera.... (˘˘)

02:25                                                                                                     

 

Inviò, riferendosi a quei scarsi venti minuti in cui avevano chiacchierato un po’ bevendo qualcosa, il tutto sotto lo sguardo assassino di Neji, che non la smetteva più di guardarlo come se avesse voluto tagliargli la testa. Ma si era davvero divertito, con lei si trovava bene, si sentiva a suo agio, e sperava che per lei fosse lo stesso.

Aspettò pazientemente la risposta, poggiando il telefono al mento, con l’ansia che lei si addormentasse e non gli scrivesse più.

Era bello sapere che non era arrabbiata come tutti gli altri, almeno qualcuno lo capiva!

Sollevò per una manciata di secondi il sacchetto dei gamberetti, facendosi colare l’acqua in faccia e sul collo, giusto il tempo per riprendere un minimo di sensibilità al viso, e poi il telefono vibrò. Lasciò cadere i gamberetti sul viso con un colpo secco che gli strappò un lamento, e poi prese il cellulare fra le mani.

 

Anche io mi sono divertita, Naruto-kun… (=^ω^=)

                                                                                                 02:26

 

Mi dispiace per come si è comportato Kiba-kun

Lo perdoni? ╹‸╹

                                                                                                 02:26

 

Non lo so....non mi piace che ti tratti così,dovrebbe rispettarti.

Però era ubriaco....dovrebbe chiederti scusa Hina-chan (ε´)

02:26                                                                                                     

 

Con Kiba-kun ci parlerò un giorno di questi, non preoccuparti

Grazie per esserti interessato a me, Naruto-kun… (≡˘˘≡)

                                                                                                 02:27

 

(▽≦) A me interessa di te, Hina-chan

02:27                                                                                                     

E poi le dita si bloccarono sulla tastiera per qualche secondo.

Dirglielo o non dirglielo?

Non voleva metterla in imbarazzo, o farla sentire a disagio, oppure fare una delle sue solite figure, come quando alla loro prima uscita lui le aveva chiesto se poteva baciarla e lei non aveva risposto. Non aveva ancora capito che cosa avesse fatto di sbagliato quella notte, che cosa avesse fatto di sbagliato in generale!

Ma non aveva nulla da perdere.

Dirglielo.

Volevo baciarti stasera.... eri così bella

02:28                                                                                                     

 

Aggiunse, e il telefono gli cadde sulla faccia, dal lato sano, precisamente, colpendogli anche il naso.

Oramai lo aveva fatto. Lo aveva scritto. E forse lei non gli avrebbe risposto anche questa volta, forse si sarebbe addormentata prima, o più semplicemente lui non era abbastanza per una ragazza gentile e dolce come lei. Probabilmente era così, non si meritava una come Hinata, ma in realtà nemmeno Kiba, o qualsiasi altra persona era abbastanza buona per una come lei.

Non rispondeva. Perché non rispondeva?

«Dannazione!» affermò, passandosi le dita fra i capelli, e un qualcosa di non identificato lo colpì, seguito dal borbottare di Sasuke, «Dobe, devi stare zitto e dormire!» gli disse, muovendosi di nuovo mentre tutto tremava.

Non poteva nemmeno messaggiare con Hinata, adesso.

Non rispose, mugolò lanciando il sacchetto dei gamberetti fuori dalla sua capanna di lenzuola, sul pavimento.

«Naruto, masturbati in silenzio» la voce di Sai arrivò ovattata, soffocata dal cuscino.

«NON MI STO MASTURBANDO, STRONZO» gli rispose, e forse la voce gli uscì un po’ più alta di quanto avesse voluto. Sentì Sasuke muoversi nel letto sopra il suo, brontolare come una pentola di fagioli, e poi Sai, che si rigirava nel letto, facendolo cigolare.

«Allora fai in silenzio qualsiasi cosa tu stia facendo» disse, e poi il telefono – finalmente – vibrò.

 

Forse eri ubriaco anche tu, Naruto-kun…

                                                                                                 02:33

 

Non ho bevuto così tanto….

02:33                                                                                                     

 

Dovresti riposare, sei sicuramente stanco!! -

                                                                                                 02:34

 

Non molto in realtà ! Tu non lo sei?? Hai ballato un sacco (ε)

02:34                                                                                                     

 

Un po’… ma ero preoccupata per te

                                                                                                 02:34

 

Io sto bene !! (^^ Riposa Hina-chan , ci sentiamo domani mattina.

Se vuoi sentirmi….

02:34                                                                                                     

 

Naruto sorrise come un imbecille, aspettò che lei visualizzasse il messaggio e poi chiuse l’applicazione, poggiando il cellulare sul comodino accanto al suo letto.

Era felice che lei gli avesse scritto, e che gli avesse anche risposto quando aveva detto che voleva baciarla.

Chiuse gli occhi tirando indietro il piumone, sistemandoselo bene addosso, e poi incominciò a cercare la posizione giusta per dormire, quella in cui l’occhio non gli faceva male.

 

 

 

 

 

 

 

N O T E D ‘ A U T R I C I ; siamo in missione per conto del Signore.

 

 

Buon sabato e buon fine settimana!

Ed eccoci  a questo tanto sofferto ed atteso capitolo diciassette! Eh già, anche se non sono successi molti avvenimenti, lo riteniamo comunque denso e – come prevedibile da una fic come Colla – molto dolce *3* Naruto cerca di fare progressi con Hinata, eh! Avete capito quella vecchia volpe ~

Non c’è molto da aggiungere, volevamo solamente precisare alcune cose per quanto riguarda la storia dei messaggi. Abbiamo scelto di scriverli per intero dal POV di Naruto (quindi come se si guardasse il suo telefono) perché ci sembrava un’idea carina e poteva in qualche modo coinvolgere di più. Ovviamente, avendo scelto di scriverli come li avrebbero scritti loro, abbiamo deciso di mettere anche delle emoticons e di usare un’ortografia che avrebbero usato anche loro… lo diciamo perché siamo consapevoli che i messaggi di Naruto hanno qualche errore, ma non sono sviste. I messaggi sono stati anche impaginati in modo che potessero ricordare la pagina di whatsapp, se ci sono difficoltà a leggerli per favore ditecelo ^w^

E intanto la fine della prima parte si avvicina!

 

Bene, per oggi è tutto, come al solito rinnoviamo i nostri ringraziamenti per il seguito e vi invitiamo a palesarvi anche su facebook seguendo il link qui sotto! :3

Noi ci vediamo sabato 18 aprile!

Buona giornata cupcakes!

 

papavero radioattivo





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Capitolo 18
*** PARTE PRIMA ―「capitolo diciotto」 ***











C A P I T O L O

diciotto

 

 

 

 

 

Ino si gettò sul divano, tenendo stretta a sé le tre scatole perfettamente confezionate, munite di cartellino con il nome delle coinquiline, anche se riusciva perfettamente a riconoscere di chi fosse cosa in base al colore della carta regalo. La affiancò Hinata, con niente in mano – e la cosa un po’ la deluse, ma era sicura che non avesse dimenticato di regalare alle altre tre qualcosa. Sakura, seduta sul bracciolo del divano, reggeva una piccola borsa da gioiellerie tra le mani e in ultimo arrivò Tenten, tenendo in equilibrio su una mano tre grossi pacchi morbidi.

«Incomincia… Sakura!» sentenziò dal nulla Ino, auto-proclamandosi regina dello scambio di doni di Natale, non aveva fatto altro che urlare da quando si era svegliata quel 25 dicembre, neanche una bambina faceva così tanto chiasso.  «Poi Tenten, Hinata e io» e annuì, sedendosi con le gambe incrociate. Nessuna osò obiettare, nemmeno Tempura che, passando di là per caso, si era accucciata vicino ai pacchi di Tenten.

«Non è nulla di che…» iniziò Sakura, sapendo ancora prima di scambiarsi i regali che il suo non sarebbe mai stato all’altezza di quello delle altre – non era brava in quel genere di cose, e sperava vivamente che contasse il pensiero. Estrasse dalla sua busta tre piccole confezioni blu scure, con un fiocco rosso a chiuderle. Quando lo aprirono, tre ciondoli diversi solo dal colore illuminarono gli occhi delle tre ragazze, ricambiando Sakura di tutti gli scervellamenti per capire cosa regalare  loro.

«Che bella!» commentò Ino, prendendo il piccolo cuoricino dorato tra le mani, guardandolo prima di metterselo al collo, «Sta bene con i miei capelli e i miei occhi! Brava Sakura!» e sorrise, allungandosi oltre Hinata per battere il cinque all’amica.

«Sono molto belli, Sakura-chan» rispose la Hyuuga, indossando anche lei il suo piccolo ciondolo argento, sfiorandolo ancora con le dita gentili prima di sorridere alla ragazza, ringraziandola.

Con sua sorpresa, anche Tenten indossò il suo regalo, quel color rame le donava particolarmente – aveva fatto bene a sceglierlo. «Non è esattamente il mio tipo di collana ma… ci può stare, per voi lo indosserò» e si alzò sulle ginocchia, allungandosi verso Sakura per ringraziarla. Si alzò prima che Ino iniziasse ad urlarle che fosse il suo turno, distribuendo i pacchi regalo alle tre compagne, ritornando sul tappeto soddisfatta mentre Tempura andava a rifugiarsi sulle sue cosce, in assenza dei pacchi morbidi.

«È un pigiama?» domandò Ino, diffidente, mentre strappava lo scotch senza rovinare la carta. Non aveva sbagliato: dalla carta regalo uscì un kigurumi rosa a forma di maialino che fece ridere Sakura. «Certo, certo… ridi pure fronte spaziosa! Tu cos’hai ricevuto?» dentro di sé sapeva che non avrebbe mai indossato quella cosa… di certo non con Sai, magari, a casa…

«Hamtaro!» disse la ragazza, saltando in piedi per provarsi il suo pigiama, aprendo poi le braccia per mostrare quanto le stesse bene e quanto si sentisse a suo agio con quello addosso, a differenza di Ino che, nonostante si divertisse, sembrava un po’ guardinga.

«Un criceto» constatò la bionda, ripiegando il suo kigurumi, «Un criceto ciccione, esattamente come diventerai a forza di mangiare dolci» disse, ma Sakura non ci fece caso, attenta com’era ad Hinata che scartava il proprio pacco.

Il suo era un espeon, super carino – come tutti gli altri kigurumi, ovviamente. «Avevo pensato ad un coniglietto, all’inizio» confessò Tenten, giocando con la collana di Sakura, «Ma poi ho chiesto a Neji e lui mi ha detto che conosci i pokémon e che il tuo preferito è espeon, allora…» e lasciò morire la frase, sorridendo.

«Va benissimo Tenten» rispose cortese lei, accarezzando le orecchie del kigurumi, «È bellissimo».

«E tu cosa ci regali, Hina-chan?» si intromise Ino, appoggiandosi alla spalla della ragazza, in attesa di scoprire quali sorprese nascondesse alle tre. Hinata arrossì appena per quella vicinanza – Ino la metteva sempre un po’ a disagio. Prese il cellulare che aveva sul grembo e fece scorrere un po’ di file fino a quando non aprì un certo documento, aumentò lo zoom e lo fece leggere ad Ino.

«Un centro benessere!» esultò la bionda, prendendo il telefono di Hinata tra le mani, «Per quattro persone! Noi quattro, vero? Non sopporterei se non fosse così!».

«Ino, calmati!» la rimproverò Sakura – vestita da criceto però era impossibile prenderla sul serio – tuttavia l’altra sembrò calmarsi e ridare il telefono ad Hinata.

«Andiamo dal dieci al quindi febbraio… spero non scombussoli troppo i vostri piani» disse, sempre gentile, spostandosi i capelli sulla spalla, riferendosi poi a Tenten, «Ho già parlato con Neji, ha detto che va bene» e l’altra le sorrise  sua volta, facendole l’occhiolino.

«Ora tocca a me!» disse esultante Ino, prendendo le sue tre scatole, consegnandole alle rispettive destinatarie, ridendo nel vedere le espressione delle ragazze. Ovviamente, il più scandaloso tra i regali fu quello di Sakura: più la ragazza fissava quel reggiseno con gli elastici sul costato a mo’ di bondage, più si convinceva  che non lo avrebbe mai messo.

«Ino…» iniziò Tenten, sollevando per la spallina del reggiseno azzurro con una fantasia a fiori il regalo dalla sua confezione, «Che ti è saltato in mente?».

«L’intimo di una donna è importante!» si giustificò, annuendo, prima di toccarsi i seni e coprirseli con le mani come se fossero le coppe di un reggiseno, «E poi agli uomini piacciono i reggiseno un po’… particolari» e sorrise, quasi innocente, come se credesse davvero nelle sue parole. Dopodiché diede un paio di leggere gomitate a Hinata, osservandola rossa davanti al reggiseno che le aveva regalato – a suo parere era il più elegante e il più delicato. Non aveva fatto fatica a scegliere quello adatto alla Hyuuga. «Con questo Naruto morirà ai tuoi piedi» commentò, ridacchiando, facendo diventare ancora più rossa Hinata mentre Sakura la sgridava per l’ennesima volta.

 

 

Rock Lee aprì la porta di casa strillando, facendo sobbalzare Choji seduto sul divano con dei biscotti in mano, accanto a Sai.

«SCAMBIO DEI REGALI!» strillò, seguito da Kiba ed Akamaru che abbaiava dietro al padrone, saltellando per tutto il soggiorno.

Neji scosse il capo, facendo entrare Shino e chiudendo la porta, lo scambio dei doni era una seccatura, avrebbero potuto farlo il pomeriggio prima, ma Shikamaru voleva dormire, e non c’era stato verso di farlo uscire dal letto. Di farlo la sera del ventiquattro non se n’era nemmeno parlato, lui doveva uscire con Tenten, e gli altri con le relative fidanzate, quindi in casa erano rimasti soltanto Choji, Shikamaru, Lee, Kiba e Shino, che avevano festeggiato bevendo e giocando alla playstation.

Molto romantico.

Si lasciò cadere sul divano, fissando i pacchetti disposti in qualche modo sotto l’albero di natale improvvisato, costruito con delle ciotole di ramen vuote. Non avrebbe saputo dire se fosse migliore o peggiore del loro, costituito da bottiglie di birra impilate che, misteriosamente, sparivano nella notte e ricomparivo magicamente vuote – ma non valeva la pena nemmeno domandarselo.

Fissò Sasuke uscire dal bagno ancora con i pantaloni del pigiama addosso, notando quanto la sua espressione rispecchiasse la propria in quel momento.

«CI SONO!» sbraitò Naruto, lanciandosi sul tappeto assieme a Kiba, mentre Sasuke gli tirava la scatola vuota dei cereali, colpendolo sulla schiena.

«Non gridare, o la vicina ci denuncia» lo ammonì, e poi si infilò una maglietta, poggiandosi alla parete accanto alla televisione.

Mancava solo Shikamaru.

Choji si alzò senza che nessuno dicesse nulla, capendo già dallo sguardo dei suoi amici che sarebbe toccato a lui, lo sporco lavoro di richiamare all’appello quel pigro scansafatiche che non ne voleva sapere nulla del Natale.

Aprì la porta della stanza e si fermò sulla soglia, fissando Shikamaru con i capello sciolti, in tuta, seduto davanti al computer.

«Dobbiamo scambiarci i regali, Shika» disse, e l’altro sospiro, dondolandosi sulla seggiola.

«Che seccatura» borbottò, «Non potete farlo senza di me?» aggiunse, e Choji scosse il capo.

«Dopo dobbiamo anche cucinare e preparare il tavolo, le ragazze arrivano all’una e mezza» spiegò, e Shikamaru sospirò di nuovo, stiracchiandosi le braccia.

«Natale è di una noia mortale» commentò, e poi si alzò, strisciando dietro al suo compagno di stanza fino al soggiorno.

Lo scambio dei doni avvenne abbastanza in fretta, soprattutto grazie alla geniale idea di Sai che, per risparmiare, aveva suggerito di farli in gruppo.

Shino si era quasi commosso quando aveva visto la piccola teca con l’insetto stecco che gli avevano regalato, aveva esordito con un «Vi siete ricordati anche di me!», smontato subito dopo da Kiba, che confessò di aver comprato il suo regalo due giorni prima.

Neji non fu per niente divertito dalla parrucca da giudice che gli avevano comprato per scherzo, e tanto meno Sasuke del suo libro sulla fisica quantistica per poeti.

Gli altri erano tutti felici, anche Shikamaru, stranamente, ma dopotutto gli avevano regalato un gioco della playstation, usato, ma era sempre un videogioco.

Naruto finalmente aveva un paio di jeans nell’armadio, Rock Lee poteva buttare una delle sue vecchie tute per farne posto ad una nuova, e Kiba un intero set – munito perfino di accappatoio – per lavare Akamaru. Neji aveva precisato che era un invito a lavarlo, perché puzzava davvero troppo, persino più del borsone di Lee.

Choji poteva cimentarsi a cucinare dei mini biscotti con il set che gli avevano comprato, e Sai aveva dei nuovi colori per dipingere, dato che li aveva finiti per fare un ritratto che aveva regalato ad Ino.

Tutti (o quasi) erano soddisfatti, e questa era la cosa importante.

Neji lanciò la sua parrucca sul divano, avviandosi verso la cucina, «Dobbiamo cucinare, altrimenti non mangeremo nulla» disse, ma Kiba lo corresse.

«Mangeremo solo i dolci che hanno preparato le ragazze» precisò, mentre Lee si precipitava già verso la cucina, infilandosi un ridicolo grembiule che aveva trovato chissà dove.

«TUTTI IN CUCINA!» gridò Naruto, catapultandosi verso la porta, seguito da Shino e Sai, mentre Neji  bloccava Akamaru e Kiba sul divano.

«Voi state qui» gli ordinò, lasciando entrare Sasuke e Choji, fissando poi Shikamaru, ancora seduto con il cellulare in mano, «Siete esonerati».

«Perché?» si lamentò.

«Lui è un cane pieno di peli, e tu sei pieno di peli di cane» gli spiegò, indicandogli il divano, «Ma puoi fare il bagno al cane, se ne hai voglia» aggiunse, dandogli una valida alternativa, «E anche a te stesso».

Shikamaru ridacchiò, sistemandosi meglio sulla poltrona, «Posso essere esonerato anche io?».

«No».

Una volta che tutti i nominati presero il loro posto in cucina, Neji incominciò a parlare, prendendo le redini della situazione. Dovevano essere veloci ed efficienti, e puliti.

«NARUTO NON SI È LAVATO LE MANI!» gridò Rock Lee, mentre l’altro si guardava i palmi, confuso.

«Ma sono pulite…» ribatté, mentre Sasuke sospirava, poggiandosi al frigorifero. Non avrebbero mai combinato nulla, di quel passo.

«Lavatevi tutti le mani, Shino e Sai, voi mettete i guanti» intimò a tutti quanti, infilandosi poi le mani in tasca, «Il gatto fuori dalla cucina!» aggiunse, indicandolo con un cenno del capo, «Choji, metti giù il tofu e fuori dalla cucina!».

Ci vollero meno di cinque minuti prima che i cuochi furono dimezzati, e solo dopo dieci, erano rimasti davanti ai fornelli soltanto Lee, Sasuke – ancora appoggiato al frigorifero – e Sai, che si era rivelato davvero bravo ad eseguire gli ordini che gli venivano dati.

Non dovevano cucinare nulla di complicato, avevano in programma solo una zuppa, del pollo fritto – immancabile, a Natale! – e del sushi. Non mangiare molto era la cosa ideale, dato che la maggior parte di loro avrebbe poi cenato con le rispettive famiglie.

La porta alle sue spalle si aprì, mentre un Naruto divertito additava il soggiorno, «Teme, abbiamo fatto un regalo al tuo stupido gatto» disse, indicando una pila di scatole tagliate e sovrapposte a costruire un castello, all’interno del quale stava il povero Gatto, con una corona di carta sulla testa.

Sasuke finì di arrotolare il sushi in silenzio, e poi prese il coltello fra le dita, puntandolo nella direzione di Naruto. Non aprì nemmeno bocca, lo sguardò bastò a far indietreggiare Naruto di due passi. La lama si abbassò sul sushi, facendolo a rotelline, mentre Neji le disponeva su di un grosso piatto quadrangolare.

Naruto sospirò, annoiato, guardandoli fare il lavoro sporco. Anche lui avrebbe voluto dare una mano, ma Neji glielo aveva proibito dopo che aveva accidentalmente sventrato parte del pollo, e aveva quasi ucciso Lee facendo cadere la pentola con l’olio bollente.

«Non c’è ramen, nel menù» commentò poi, notando con dispiacere che sulla lista delle ricette di Neji, il suo piatto preferito non era presente. «Perché non c’è il ramen?» domandò poi, e Neji sospirò.

«Lo mangi tutti i giorni, se per un giorno salti non morirai di certo» gli rispose, continuando a sistemare il sushi sul piatto.

Non lo avesse mai detto.

La frase scatenò un melodramma del biondino che, come un vero tossicodipendente, incominciò già ad accusare i primi sintomi di una crisi d’astinenza. Era tutta una scenata, ovviamente, nessuno avrebbe mai creduto che uno potesse sul serio essere dipendente dal ramen.

«Morirò…» si lamentò, rubando del sushi ed infilandoselo in bocca, guardando poi la collana che pendeva dal collo di Sasuke.

Prese svelto la piccola pietra fra le dita, fissandola intensamente, «Te l’ha regalata Sakura-chan?» domandò retorico, ammiccando come un povero idiota, ma Sasuke lo ignorò come sempre.

«Sì», si limitò a dirgli, strappandogli la presa dal piccolo ciondolo.

«Sai come faccio a saperlo?» chiese poi, poggiando il gomito sul tavolo. «Lo so perché c’ero anche io, quando l’ha comprata!» affermò convinto, rubando un’altra rotella di sushi mentre lo sguardo di Neji si faceva sempre più seccato, «L’ho aiutata a scegliere» continuò imperterrito, parlando con la bocca piena. «Agata blu!» aggiunse, giusto per far vedere che sapeva il nome della pietra.

Neji alzò lo sguardo su di lui, colpendogli la mano che si stava allungando a rubare altro sushi, «Non ti devi preparare?» gli chiese, sperando che non volesse pranzare con la felpa della squadra di baseball e un paio di jeans, ma Naruto si guardò e scosse il capo.

«No» e sorrise, riprendendo subito dopo, « A te Tenten che ha regalato, Neji?».

Farsi gli affari propri non era mai stata cosa di Naruto, dovevano arrendersi e sopportarlo anche se era così… fastidioso?

Come Lee, del resto.

«Non sono affari tuoi» gli rispose il ragazzo, i capelli lunghi legati dietro la testa oscillarono appena mentre le sue guance si colorarono leggermente di rosso.

«Certo…» aveva capito che cosa gli aveva regalato, «Non sono affari miei» aggiunse, e poi ammiccò ridacchiando. «A me Hinata ha regalato un computer, comunque!» disse, senza che nessuno glielo avesse chiesto, «Così prendo gli appunti in fretta a lezione».

«Così giochi con il computer e non segui» ribatté Sasuke, «Ma tu non avevi il divieto di stare in cucina?» aggiunse poi, sperando che Neji si riprendesse da un possibile flashback di lui e Tenten la notte prima.

«Sì, ma di là mi annoio» si giustificò, tornando a fissarli mentre cucinavano.

 

 

Ino finì di pettinarsi e truccarsi, saltellando fuori dal bagno, ancora senza le scarpe, «Comunque Sai mi ha regalato un ritratto» disse, raggiungendo Sakura, intenta a infilarsi le scarpe. Il suo modo di vestire non era affatto cambiato, da quando era diventata ufficialmente la ragazza di Sasuke, anzi, forse era perfino peggiorato. Fissò intensamente quel vestitino verde, con le maniche lunghe e la gonna a balze, semplice. Troppo semplice. Per niente sexy.

Se non altro era in tinta con l’albero di natale.

«Comunque non può competere con il tuo stupido bonsai» aggiunse, ancora sconvolta dall’assurdo regalo che Sasuke aveva fatto a Sakura.

Quale fidanzato regala un bonsai alla propria ragazza?

«A me Neji ha regalato una vacanza, solo io e lui» cantilenò Tenten, come a volerle dire che un ritratto era una cosa piuttosto mediocre e scontata, rispetto ad un viaggio chissà dove con il proprio ragazzo.

«Non me ne faccio niente di una vacanza» le rispose lei, allacciandosi le scarpe, «E poi il ritratto lo ha fatto lui, mica lo ha comprato» sottolineò, facendole la linguaccia.

Sakura sospirò, domandandosi quando sarebbe finita quell’assurda lotta al miglior fidanzato dell’anno. Erano tutti diversi, non potevano essere comparati, dovevano finirla di discutere su queste cose stupide!

«Comunque è il pensiero che conta» parlò, cercando di calmare le acque.

«E Sai mi pensa così tanto che mi ritrae pure» precisò Ino.

«Oppure sa che sei così egocentrica che ha pensato che soltanto un tuo ritratto, ti avrebbe fatto piacere» sorrise Tenten, abbracciando Hinata da dietro, fissandola mentre impacchettava i dolci nella carta stagnola. «E a te Naruto che ha regalato?» mormorò poi, stampandole un bacio sulla guancia.

La ragazza sorrise chinando il capo, «Una collana» rispose, prendendo il ciondolo fra le dita, mostrandole il regalo.

«Ma è una volpina!» affermò Tenten, avvicinandosi a guardarla bene, «È carinissima…» sorrise, recuperando il ciondolo, «E queste codine sono troppo belle» aggiunse sfiorandole.

Ino le fece il verso alzandosi in piedi, lisciandosi il tubino che le lasciava parte della schiena scoperta, «Vi muovete?» domandò, andando a recuperare il cappotto, «Io ho fame, e i miei genitori mi aspettano per le sei».

Sakura si alzò raggiungendo le due coinquiline in cucina, «Se avessi dato una mano a preparare tutte le torte, e non solo a decorarle, ora saremmo già fuori di casa» commentò Sakura, riferendosi al fatto che aveva trascorso la mattinata a ripetere che quel colore non stava bene con quest’altro, e che i loro pupazzi di neve di pasta di zucchero sembravano testicoli addobbati a festa.

«Intanto vi ho aiutate, e senza di me quelle torte sarebbero obbrobri!» affermò convinta, raggiungendole sulla porta della cucina, «Hop, hop, principesse, dobbiamo andare!».

 

 

 

 

 

 

 

 

N O T E D ‘ A U T R I C I ; siamo in missione per conto del Signore.

 

 

Saranno note brevi e indolori, dato che non c’è molto da dire

Insomma, dedicheremo un paio di capitoli per Natale, anche se in Giappone è vissuto più come un “incontriamoci e mangiamo assieme”  piuttosto che una festa religiosa (per ovvi motivi!). Quindi sì, aspettatevi una mega cena e altri ritrovi ;) Chissà, magari qualcuno conoscerà il proprio suocero/a…

Per i regali siamo andate molto di fantasia e di cuore, per così dire, volevamo che risultassero il più credibili e spontanei possibili e speriamo che possano piacere anche a voi ^^ Riguardo la scelta dell’agata come pietra per la collana di Sasuke, beh, quella è stata una scelta ben precisa XD Ci siamo divertite a pensare a Sakura che legge su internet i significati delle varie pietre per trovare quella più adatta a Sasuke!

Ci dileguiamo e vi auguriamo un buon week-end, e scusate per il ritardo!

 

papavero radioattivo





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Capitolo 19
*** PARTE PRIMA ―「capitolo diciannove」 ***











C A P I T O L O

diciannove

 

 

 

 

 

La tavola imbandita e apparecchiata padroneggiava nel soggiorno, occupando letteralmente tutto lo spazio.

Avevano dovuto spostare il divano contro una delle pareti, arrotolare il tappeto, e trasferire il tavolo della cucina da un appartamento all’altro, così da poterli unire per ottenere un’immensa tavolata che avrebbe ospitato tutti quanti.

Il trasloco del mobile attraverso il pianerottolo non era stato semplice: Kiba aveva accidentalmente urtato il grosso vaso di bambù che la vecchia vicina aveva riposto a metà del corridoio, riducendolo praticamente in pezzi e sradicando la pianta che vi era all’interno, e poi erano anche riusciti a rigare la porta dell’ingresso.

Shikamaru sospirò, steso sul divano con il cellulare sulla pancia, «Sono in ritardo» brontolò, coprendosi poi gli occhi con il braccio.

Kiba si strinse nelle spalle, accarezzando Akamaru, steso a pancia in su, intento a farsi coccolare, «Sono donne, sono sempre in ritardo» gli rispose, mentre Choji incominciava già a rubare del cibo dal tavolo.

«Scommetto che è colpa di Ino» commentò poi infilandosi del pollo in bocca, e Neji lo fulminò con lo sguardo.

«Se non arrivano fra cinque minuti, le chiamiamo» disse Lee, e una manciata di secondi dopo il citofono suonò.

Naruto si precipitò ad aprire, scivolando sul parquet del corridoio, gridando un «Vado io!» abbastanza inutile, dato che era stato l’unico a fiondarsi verso l’entrata.

Le accolse sul pianerottolo, dove avevano tentato di ricomporre la pianta che avrebbero poi abilmente sostituito, prima che la vicina se ne potesse accorgere, e poi si lanciò letteralmente su Hinata, facendole quasi cadere il vassoio che stringeva fra le mani.

«Hina-chan!» strillò stringendola per la vita, facendola arrossire, «Buon Natale!» e poi le stampò un bacio sulla guancia, aiutandola a portare in casa la torta.

Neji lo fulminò con lo sguardo mentre andava a salutare Tenten, i suoi occhi seguivano Naruto e sembravano dire “attento a quello che fai e a dove metti le mani sul corpo di mia cugina”, ma nonostante tutto lo ignorò, salutò Hinata con un abbraccio piuttosto formale e chiuse la porta, lasciando che le ragazze si sfilassero i cappotti.

Ino abbandonò  un grosso sacchetto di carta vicino all’entrata, abbracciando poi Sai con il sorriso stampato sulle labbra, mentre Sasuke aiutava Sakura con il vassoio che teneva poggiato sulle braccia.

«Grazie…» gli sussurrò, mordicchiandosi poi il labbro inferiore in attesa di una qualche risposta da parte di Sasuke. Anche se ora tutti sapevano di loro, il ragazzo sembrava restio a trattarla come faceva quando era da sola. «Ti accompagno!» gli disse, prendendo il vassoio di Hinata dalle braccia poco affidabili di Naruto, camminando dietro Sasuke per andare in cucina.

Appoggiarono entrambi i vassoi sullo spicchio del piano cottura ancora libero, Sakura continuò a sorridere mentre aspettava che Sasuke togliesse alcune bottiglie di birra, acqua e bibite gassate dal davanzale, «Tanto stanno al fresco comunque» borbottava come per giustificarsi, «Così abbiamo fatto spazio in frigorifero». Appoggiò le bevande nel lavandino vuoto, avvicinandosi a lei mentre si guardava intorno, sospettoso. Aveva paura entrasse qualcuno? Sakura sorrise nel vedere che indossava la collana che lei gli aveva regalato e, sempre con le labbra incurvate verso l’alto, strinse la piccola pietra nera tra le dita.

«Mi piace il tuo vestito» confessò Sasuke, appoggiando le mani sui fianchi di lei mentre si chinava a lasciarle un bacio sulla guancia.Alla faccia tua Ino! E nel preciso istante in cui l’Uchiha aveva girato appena il viso per allungarsi e incastrare le proprie labbra in quelle di Sakura, la porta della cucina si spalancò e la voce di Naruto fece tremare i vetri, facendo vacillare anche la già precaria pazienza di Sasuke.

«SAS’KE!» lo chiamò, incurante dei corpi dei due migliori amici avvinghiati sul piano cottura, «Hina-chan e Tenten sono andate a prendere i nostri regali, vieni di là!» e scomparve così come era arrivato.

Al sospiro di lui, Sakura sorrise sfiorandogli la spalla, «Dai, andiamo…» lo incitò, allungandosi a lasciargli un bacio sulle labbra. Lo prese per mano e lo condusse verso la sala da pranzo già invasa dalla musica e da un Akamaru particolarmente felice, che era già saltato in braccio ad Hinata, atterrandola sul divano.

 

― ♦ ―

 

Quando Tenten ed Hinata ritornarono con i regali (meravigliosamente incastrati in due borsoni di plastica) erano già tutti seduti sui divani o sulle sedie in attesa del proprio pacchetto. Non era l’oggetto contenente in quel intreccio ben fatto di carta colorata o fiocchi – tutti immaginavano fossero stati impacchettati da Hinata – a creare così tanta attesa, piuttosto l’idea di condividere quel momento assieme: sicuramente ci sarebbe stata qualche sorpresa di cattivo gusto per uno dei ragazzi e di certo tutti gli altri avrebbero riso di gusto.

Insomma, era necessario un capro espiatorio, possibilmente non irritabile e vendicativo come Sasuke. A Choji, Ino regalò dei buoni pasto comprati su un sito di offerte per dei ristoranti italiani e spagnoli di Konoha, Rock Lee ricevette un’altra tuta, ma stavolta da parte di Tenten – in qualsiasi caso non gli dispiaceva. Nemmeno Shino e il libro che Hinata le aveva regalato (qualcosa che spiegava il perché gli scarafaggi sarebbero sopravvissuti alla fine del mondo o qualcosa del genere) aveva fatto scalpore.

«Ma lo hai letto?» aveva chiesto incuriosito Kiba, sporgendosi verso la ragazza incastrata tra lui e Naruto, tra i quali scorreva ancora cattivo sangue per l’accaduto della discoteca. Si ignoravano cercando terreno da guerra in qualsiasi cosa, anche nella povera Hinata.

«No… no…» rispose lei, stringendo un altro pacchetto sulle gambe, puntando gli occhi sul fiocco verde, «Me lo ha consigliato Saske-kun quando sono andata in libreria a prenderlo, quindi…» e sorrise all’Uchiha che, quasi avesse sentito il grido muto di aiuto della Hyuuga, annuì.

«Le persone che lo avevano letto sembravano molto contente» rispose.

Ino fece scoccare la lingua contro il palato, «Come fa una persona a trovare divertente un saggio sugli scarafaggi?!» domandò, estraendo il cellulare dalla propria borsetta, «Non importa! Passiamo al regalo di Shikamaru!»  e compose la password del telefono, iniziando a trafficare con questo.

Nessuno parlò, curiosi del risultato. Finalmente Ino diede segni di vita, alzandosi in piedi mentre si aggiustava il vestito nero e, con la delicatezza di un maialino sostituì il telefono che aveva in mano Shikamaru con il proprio.

Tenten – seduta sulle gambe di Neji, accomodatosi vicino a Shikamaru – si allungò curiosa su Nara per sbirciare, tappandosi poi la bocca per soffocare una risata. Indicò Ino con l’indice fresco di manicure e di smalto rosso scuro, «Lo hai fatto davvero?!» le domandò, «Pensavo tu stessi scherzando!».

Ino fece una giravolta al centro della stanza, evidentemente fiera del proprio lavoro, «Certo!» esclamò, facendo un occhiolino alla coinquilina mentre strappava dalle mani di Shikamaru il telefono, prima che potesse mandare all’aria il suo regalo, «Se dico che regalo un profilo su un sito di meetingsignifica che regalo davvero un profilo su un sito di meeting!» e rise, accompagnata da Kiba e Rock Lee che, evidentemente, trovavano la situazione imbarazzante e divertente.

Insomma, quell’anno era toccata a Shikamaru la  figura del deficiente con il regalo stupido.

«Non ho intenzione di usarlo» esordì il ragazzo, incrociando le braccia, sicuro di sé. Sospirò come se avesse a che fare con persone intellettualmente inferiori e si appoggiò allo schienale del divano, fingendo insofferenza nei confronti della situazione.

«Davvero? Che peccato…» finse Ino, con la stessa sicurezza di un’attrice hollywoodiana su un grande schermo, «E io che già immaginavo una perfetta love story tra te e SouariTem che vi rincontravate su un sito del genere e…» Ino sospirò, sbattendo le ciglia folte mentre le sue iridi sembravano prendere la forma di un cuore.

«Ino, ritirati» le suggerì l’amico, ridacchiando, «E poi io e SouariTem non siamo interessati l’uno all’altro».

«Passiamo oltre?» la voce di Sasuke arrivò quasi seccata, anche se alle orecchie di Shikamaru sembrò quasi una benedizione. Ino borbottò qualcosa, sedendosi al suo posto mentre iniziava a far scorrere le dita sul telefono. Fu Sakura ad alzarsi, sorridente, mentre raccoglieva il pacco di Naruto e quello di Sai, più sottile e dalla forma allungata. Il biondo, con la stessa impazienza di un bambino, se ne stava seduto mentre la ragazza gli porgeva il pacchetto più grande. Afferrandolo tra le mani, notò che le pareti erano ornate di minuscoli buchini e al suo interno qualcosa si muoveva e grattava contro il cartone.

«Si muove!» esultò, appoggiando con cura il regalo sulle gambe, iniziando con più delicatezza possibile a togliervi il fiocco. Aprì la scatola di cartone e al suo interno vide un piccolo criceto correre per tutto il perimetro  del contenitore, fino a schiantarsi e cadere a pancia in su, muovendo le zampine in aria.

Naruto rise di gusto, allungando tre dita per afferrare il piccolo batuffolo grigio e chiuderselo tra le mani, «È bellissimo, Sakura-chan!» e si alzò per stringere la ragazza con il braccio libero, ridacchiando nel sentire le unghie del piccolo topo graffiargli la mano, «Lo chiamerò… Ramen II!» e se lo sfregò piano contro la guancia».

Hinata, seduta vicino a lui, ridacchiò con la mano a nasconderle le labbra, osservando come Naruto stritolava quel piccolo roditore senza prestare attenzione a Sai che scartava il suo regalo e ringraziava Sakura per la tavolozza di pastelli acquerellati.

«Hinata, manca solo quello di Kiba» le fece notare Tenten, mentre l’Inuzuka cercava di sembrare carino ed impaziente mentre si stampava un surrogato di occhioni dolci sul viso, assumendo un’espressione ridicola che fece scoppiare tutti in una risata – ovviamente escludendo Shikamaru, Neji e Sasuke che, come loro solito, si limitarono a sospirare dissociandosi da quel teatrino.

Un po’ in imbarazzo, forse per gli occhi di Naruto che seguivano ogni suo movimento, fissando il pacco regalo come se volesse fargli i raggi X e scoprire il suo contenuto prima che Kiba lo scoprisse, porse gentilmente il pacco al ragazzo che, ancora prima di aprirlo, si allungò verso l’amica e la stritolò in un abbraccio, stampandole un – a parere di Naruto – indecente e bavoso bacio sulla guancia.

Naruto rimise Ramen II nella sua scatola, posandola su uno scaffale in alto per tenerla lontano dalle grinfie del gatto di Sasuke.

«Lo prenderà comunque…» gli disse Ino che, vicino a Sai, già programmava il funerale del criceto come quello del pesce di cui le aveva parlato il fidanzato.

«Assolutamente no» commentò il biondo, annuendo vigorosamente, osservando sempre con la coda dell’occhio Kiba e ridendo dell’incapacità di quell’inetto a scartare un regalo senza distruggerlo come un cane farebbe con una ciabatta, «Quel Demonio di un gatto non salirà mai su quelle mensole. Pesa un sacco, tipo sui trentacinque chili, si porterebbe giù tutto il muro!» e rise, convinto.

«Non credo che pesi così tanto, Naruto…» ribatté Sai, ricordando che, quando Sasuke non era a casa, Naruto lo coinvolgeva in dubbie “cacce al gatto” con lo scopo di catturare quella palla di pelo e metterlo sulla bilancia per vedere quanto effettivamente pesava.

«Certo che pesa così tanto! Sai quanto mangia? Quanto una gatta incinta... e sai quanto mangia una gatta incinta, Ino?» aveva un’espressione davvero convinta, il che rendeva la situazione tanto seria quanto demenziale.

«No, non credo almeno, Tempura è castrata e Hinata non ha mai parlato di quantità per gatte gravide e―» fu bloccata da Naruto che, puntandole il dito contro, esordì come un console farebbe in una piazza.

«Cibo a volontà!» disse, a voce un po’ troppo alta, «Nelle bustine del cibo per gatti c’è scritto che le gatte incinte possono mangiarne a volontà, ed è quello che Gatto fa!».

«Mi stai dicendo che Gatto aspetta dei cuccioli?» domandò sarcastica la bionda, anche se non troppo entusiasta della conversazione.

«Per tutti i Kami, no!» ribatté l’altro, «Non vorrei assolutamente avere tanti piccoli Gatto in giro per casa! Se immagino che in mezzo a tutta quella ciccia ci siano dei gattini mi…» e gonfiò le guance, fingendo un conato di vomito che fece sorridere Sai.

«I gatti maschi non rimangono incinta» lo rassicurò l’amico.

«Lo so, stupido» borbottò Naruto in risposta, sentendo di fianco a sé Kiba alzarsi con addosso una nuova felpa con il collo di pelo, si pavoneggiava davanti ad Hinata che sorrideva beata e tranquilla, facendogli i complimenti su come gli stesse bene. 

«Beh, direi che è ora di mangiare!» esordì Naruto, alzandosi e battendosi le mani sulla pancia. Quel gesto catturò subito l’attenzione di Choji che si tirò in piedi e si propose per andare in cucina a prendere il pollo fritto e le altre pietanze. Neji lo afferrò per la maglia, intimandolo di stare fermo perché in cucina avrebbe rotto tutto e, chiedendo aiuto a Sasuke e Shikamaru, andò a prendere la cena.

«Il trio delle vergini frigide…» scherzò Kiba a bassa voce mentre li osservava allontanarsi, togliendosi la felpa con cura e riposandola nella carta stracciata.

Sakura lo fulminò con lo sguardo, appoggiata da Tenten che, sbuffando, incrociò le braccia e decise di ribattere, «Almeno loro hanno una fidanzata» commentò, inviperita, mentre Hinata guardava la scena seduta vicino ad Ino, la quale ignorava la situazione  e si divertiva ad invitare in chat persone a caso con il profilo di Shikamaru su quel famoso sito d’incontri.

«Shikamaru non ha la fidanzata» ribatté lui velocissimo.

«SouariTem è quasi il suo fidanzato» rispose Sakura. Di solito non si metteva in battibecchi del genere e di certo avrebbe preferito seguire il trio delle vergini frigide in cucina per stare un po’ con Sasuke, ma ora come ora dare manforte a Tenten le sembrava la cosa migliore da fare.

«Figurati!» rise l’Inuzuka, «Vuoi farmi credere che Shikamaru si fa le seghe davanti al com―».

«Non lo fai anche tu, Kiba?» domandò Naruto, intromettendosi nella conversazione. Ormai tra i due era guerra aperta, e il fatto che Hinata stesse guardando la scena era un motivo in più per difendere la reputazione di Sasuke – suo migliore amico, Neji – cugino della ragazza su cui stava disperatamente cercando di fare colpo e Shikamaru che, per quanto odiasse ammetterlo, gli aveva dato buoni consigli e lo aveva anche aiutato a superare gli esami alle superiori.

Sì, lui doveva essere l’eroe della situazione.

«Ha parlato la più vergine delle vergini» rise di gusto, facendo una “V” con il medio e l’indice mentre tirava fuori la sua linguaccia orribile e la incastrava tra le dita, guardando Naruto con segno di sfida che, indignato ed imbarazzato, arrossì di rabbia.

Prima che il biondo potesse lanciargli lo scatolo con Ramen II dentro, Kiba saltellò via con al felpa in mano dicendo che sarebbe andata a metterla a posto e avrebbe dato da mangiare ad Akamaru. Tenten lo inseguì, evitando che la porta dell’appartamento si chiudesse e, per essere sicura che Kiba la sentisse, si assicurò di scandire bene le parole e di alzare la voce, «E comunque Neji non è vergine da un bel po’! E ha una vita sessuale soddisfacente e stabile!» e provvide a sbattere la porta, chiudendola a chiave mentre Neji, appena rientrato in soggiorno, dovette appoggiarsi al muro per il colpo preso.  

Mentre Tenten si avvicinava al fidanzato, facendogli le carezze alla guancia mentre gli diceva che tanto lo sapevano tutti, in sottofondo Ino rassicurava lo Hyuuga dicendo che le era appena re-iniziato il ciclo, ma che forse era una buona notizia, dato che dopo Capodanno sarebbero andati in vacanza assieme.

C’era un’allegria sottesa, che rendeva tutto divertente come se stesso guardando una fotografia di quel Natale dopo parecchi anni.

Naruto sospirò, passandosi le dita sugli occhi, sentendosi a tutti gli effetti un cretino mentre ripensava alla figuraccia che aveva fatto: scena muta davanti a quella provocazione da parte di Kiba – come aveva fatto a non rispondergli? Hinata penserà che sono sicuramente una verginella pappamolle… pensò, iniziando a nutrire seri dubbi sulla sua virilità e sulla sua capacità di fare colpo sulle ragazze. Forse stava sbagliando tutto, forse doveva essere più sé stesso e basta.

Riaprì gli occhi quando quel dolce profumo di lavanda gli impregnò le narici, facendogli dimenticare tutto. Hinata era appoggiata allo schienale, di fianco a lui, con quel sorriso che lui avrebbe voluto mangiare a forza di baci, «Vieni a tavola, Naruto-kun?» gli chiese dolcissima, come se non fosse importato nulla di quello che era successo, come se lui le piacesse davvero.

 

― ♦ ―

 

Naruto sorrise mentre Hinata canticchiava una canzone che davano alla radio, sfiorandogli la mano quasi di nascosto, mentre Neji guidava seduto accanto a Tenten, intenta a tamburellare le dita sul cruscotto, tenendo il ritmo.

Poteva sentire lo sguardo di Neji su di lui, lo guardava ogni tanto, distogliendo lo sguardo dalla strada per controllare lo specchietto retrovisore. Se si comportava così, adesso che lui e Hinata non stavano ancora assieme, che cosa gli avrebbe fatto quando si sarebbero fidanzati?

Sospirò scivolando un po’ più in basso, accarezzando con il pollice le dita di Hinata, «Tenten, tu non vai a casa?» le chiese, notando che erano passati davanti al suo quartiere, ma che Neji non si era fermato per lasciarla scendere.

La ragazza sorrise sbucando dal sedile anteriore, «No, ceno con la famiglia di Neji e Hinata» gli rispose, tornando poi composta «I miei sono in crociera, quindi sarei rimasta a casa da sola» spiegò prima di incominciare a canticchiare anche lei.

Naruto non avrebbe voluto essere nei suoi panni, ricordava il padre di Hinata come un uomo dallo sguardo severo, l’ultima volta che lo aveva visto era stato quando avevano fatto una ricerca assieme alle medie, lui era entrato nella stanza salutando sua figlia in maniera fredda e distaccata, e poi aveva squadrato lui e Shino, intimando a tutti e tre di studiare.

Ma forse era stata solo una sua impressione, era ancora un ragazzino, e ai suoi occhi Hiashi gli era sembrato un gigante arrabbiato.

«Siamo arrivati» la voce di Neji lo riscosse dai suoi pensieri mentre accostava davanti all’entrata della villetta bifamiliare dove era cresciuto.

Naruto sorrise stringendo un po’ più forte la mando di Hinata, «Allora ci sentiamo» le disse, allungandosi poi a stamparle un bacio sulla guancia che la fece arrossire appena.

La ragazza annuì, «Ti mando un messaggio, Naruto-kun» ma ancora non gli lasciava la mano, «Buona cena con la tua famiglia» aggiunse, e poi fece lentamente scivolare la presa mentre lui scendeva dall’auto, salutandola prima di chiudere la portiera.

Neji ripartì subito mentre lui se ne restava lì, imbambolato davanti al cancelletto, guardandoli andare via.     

 

 

 

 

 

 

 

N O T E D ‘ A U T R I C I ; siamo in missione per conto del Signore.

 

 

Buon pomeriggio, cupcakes. ~

Non c’è nulla di particolare da dire, riguardo a questo capitolo, solo che c’è uscita una Tenten un po’… acidella, forse. X’’ Ma fate conto che abbia il ciclo, e abbiamo risolto tutto quanto. Per il resto vi diamo alcune informazioni di servizio: ci dispiace di non aver risposto alle recensioni, ma fra esami universitari ed esami di stato si sta avvicinando un periodo da incubo, e quindi non riusciamo a tenere il passo con tutto. Concluso questo inferno provvederemo a rispondere, per ora risponderemo solo alle recensioni in cui ci sono domande di fondamentale importanza.

Speriamo che possiate perdonarci, ma non abbiamo tempo di fare nulla, nemmeno di andare a bagno, fra un po’.

Detto questo vi salutiamo e vi auguriamo un buon fine settimana.

Grazie mille per tutte le bellissime recensioni. Grazie. ~

 

Il prossimo aggiornamento (dato che settimana scorsa ci siamo dimenticate…) è previsto per il 2 maggio! Ma insomma… ormai lo sapete che esce ogni sabato :°D

 

papavero radioattivo





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Capitolo 20
*** PARTE PRIMA ―「capitolo venti」 ***











C A P I T O L O

venti

 

 

 

 

 

Naruto osservò l’auto di Neji girare l’angolo, sparendo in fondo alla via, e poi aprì il cancelletto con un mezzo sorriso, felice di tornare a casa anche solo per una notte. Pensò che un po’ gli sarebbe mancato quel cigolante letto a castello, ma si riprese quasi subito quando la voce di Konohamaru lo investì, facendolo sobbalzare, «FRATELLO NARUTO» urlò fiondandosi in giardino con le pantofole ai piedi, lanciandosi al suo collo.

«Konohamaru!» lo salutò, ammettendo a se stesso che un po’ gli era mancato, lui e i loro incontri di wrestling finiti male sul tappeto del soggiorno.

Il ragazzino sorrise prendendolo per il polso, «Ti stavo aspettando da una vita, sei in ritardo» borbottò trascinandolo verso l’entrata, «Il nonno ha detto che sei un ingrato scansafatiche, e che questa casa non è un albergo» continuò imperterrito mentre entravano in casa, aspettando che lui si sfilasse le scarpe.

«Naruto, tesoro» la sua madre adottiva comparve nel corridoio, stringendolo fra le braccia, «Quanto sei cresciuto…» commentò strappandogli un sorriso. Era da un po’ che era diventato più alto di lei, ma si erano visti qualche settimana prima, gli pareva un po’ improbabile che fosse diventato ancora più grande in così poco tempo.

«Ciao mamma, come stai?» le rispose lui, e la voce del burbero vecchio arrivò fino a lì.

«Ha ancora il lavoro?» sbraitò con la sua raucedine, «Se lo hanno licenziato chiudilo fuori!» e sua madre rise massaggiandogli la spalla.

«Ignoralo, è di cattivo umore, oggi» sussurrò accompagnandolo verso il soggiorno, mentre Konohamaru pattinava sul parquet, scivolando come sul ghiaccio, cadendo poi con il sedere sul pavimento.

 

― ♦ ―

 

Quando misero piede in casa la prima persona che lì salutò fu Koo, seguito immediatamente da Hanabi, che si lanciò al collo della sorella, stampandole un bacio sulla guancia.

«Allora?» chiese, senza neanche dirle un “ciao”, «Con Naruto? Perché non lo hai portato?!» incominciò con le sue domande scomode, mentre Hinata arrossiva e agitava le mani, cercando di farle abbassare la voce.

«Hanabi…» la richiamò, pregandola di fare silenzio mentre Neji aiutava Tenten a sfilarsi le scarpe e Koo sorrideva.

La ragazzina alzò le sopracciglia con fare allusivo, puntandole un dito contro la spalla, «Bene, me lo dirai più tardi!» affermò convinta, salutando poi Neji e incominciando a tormentare anche lui e Tenten, concedendo ad Hinata un attimo di tregua.

«Quindi è la tua fidanzata?» continuava a ripetere mentre Tenten ridacchiava e le guance di Neji si coloravano appena di rosso, quando la voce del nonno la richiamò all’ordine.

«Lasciali almeno entrare, Hanabi» c’era un leggero tono scherzoso nella sua voce, ma non troppo, ovviamente, Hinata non ricordava l’ultima volta in cui lo aveva visto o sentito ridere – come suo padre, del resto.

Raggiunsero il soggiorno, dove il resto della famiglia chiacchierava e beveva da alcuni calici. La madre di Neji si alzò subito alla vista di suo figlio, abbracciandolo prima di rivolgere lo sguardo su Tenten e stringerle la mano.

«È un piacere conoscere la fidanzata di mio figlio» le disse, ma Neji non poteva dire di essere felice quanto lei di quella situazione.

Non era stata una bella idea portarla a cena dalla sua famiglia, non era ancora psicologicamente pronto, ma non le avrebbe mai lasciato passare il Natale da sola, così eccoli lì, in quella stanza piena di persone.

Avrebbe dovuto prenotare la vacanza per quei giorni, così lei non avrebbe conosciuto la sua famiglia e non avrebbe comunque passato le feste da sola.

Tenten sorrise un po’ impacciata, «Anche per me lo è, signora Hyuuga».

Hinata salutò suo padre, la strinse appena fra le braccia e poi la lasciò libera, «Tua madre è in cucina» le disse, e lei annuì, avviandosi a cercarla.

Non fece in tempo neanche ad aprire la porta che un profumo di spezie gli riempì le narici, «Mamma» la chiamò, e la donna sorrise sfilandosi i guanti da forno, stringendola in un abbraccio.

«Sei bellissima, tesoro» le sussurrò all’orecchio, scostandole poi una ciocca di capelli, «Come stai?» aggiunse tornando poi a mescolare le pentole sui fornelli, aiutata da Koo e da sua sorella.

«Bene, grazie» le rispose, accomodandosi su una seggiola, davanti al tavolo, «C’è anche la ragazza di Neji di là» le spiegò, tentata di alzarsi e prendere un coltello per aiutare Koo a tagliare le verdure, come faceva quando viveva ancora lì. Tutto quello che sapeva fare in cucina glielo aveva insegnato lui e sua madre, e doveva assolutamente ringraziarli, altrimenti in casa con le altre ragazze non avrebbero mangiato mai nulla all’infuori di cibo d’asporto.

«Davvero? È carina?» le chiese, ed Hinata si alzò, affiancandola davanti ai fornelli.

«È una mia coinquilina, è davvero dolce e carina» e avrebbe voluto quanto Neji che non si sentisse a disagio in mezzo a loro.

Sua madre sorrise accarezzandole la guancia, «Sono così contenta di averti a casa, Hinata» confessò, e poi abbassò la fiamma sotto una delle pentole, «E con questo Naruto?» aggiunse poi, «Sono giorni che Hanabi me ne parla, non siete fidanzati?».

Hinata arrossì di colpo sentendosi colpevole, non avrebbe dovuto dire nulla ad Hanabi, ma lei li aveva visti assieme, e quindi era stata praticamente costretta a confessare, «No, non ancora» la voce le uscì in un soffio mentre abbassava lo sguardo sulle cipolle che appassivano nella pentola.

«Intanto tuo padre sarà felice di sapere che non è il figlio di Mikoto e Fugaku» scherzò, ed Hinata desiderò improvvisamente sparire sei metri sotto terra.

Non era il caso che lo sapessero tutti, dal momento che non erano ancora fidanzati, uscivano solo assieme.

Sarebbe stata una lunga serata, per lei e anche per Neji e Tenten.

 

― ♦ ―

 

 «La prego di disegnare un albero da frutto come meglio può. Potrà usare l‘intero foglio se vorrà».

Ino sospirò davanti a quella scena: suo padre che aveva chiesto a lei e alla moglie di sparecchiare il più velocemente possibile mentre recuperava una matita, un foglio bianco ed il suo blocchetto per gli appunto e sottoponeva il suo fidanzato a quello stupido test dell’albero di Koch.

«Non è un po’ troppo grande, Inoichi?» domandò la madre comprensiva, sedendosi vicino alla figlia mentre le rubava la bottiglia di vino dalle mani. I suoi occhi, seppur gentili, la minacciavano di non esagerare con l’alcool.

«Papà…» lo ammonì la figlia, «Quel test lo fai ai bambini di quattro anni, Sai ne ha venti». Non era il test di Koch il problema, quanto il fatto che la stesse mettendo in ridicolo, facendola sembrare membro di una famiglia di pazzi. Beh, dopotutto, suo padre era uno strizzacervelli, sua madre una fioraia e lei stava studiando per diventare una stilista… avevano interessi contrastanti. Ogni tanto scherzavano su come far combaciare queste tre passioni e si parlava di aprire un centro diurno in cui praticare floriterapia (forse la parola non esisteva nemmeno) e Ino avrebbe potuto disegnare tutte le divise degli inservienti e decorare le stanze e…

«Va bene» annuì Sai, tranquillissimo, afferrando la matita ed il foglio mentre iniziava a disegnare l’albero.

Ino osservò Sai disegnare quel dannatissimo albero sul foglio con una serenità che la metteva a disagio. Forse sapeva di cosa si trattava quel test e stava facendo in modo che il disegno risultasse perfetto, cosicché Inoichi non avesse l’impulso di psicanalizzarlo e poi cacciarlo via perché aveva riscontrato tutta una serie di disturbi su quel suo dannatissimo Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali.

«Tutta questa psicanalisi casalinga è fuori luogo» commentò la ragazza, cercando in tutti i modi di far ricordare al padre che stava sbagliando. Il problema è che lui sapeva perfettamente che tutto l’ambiente circostante era sbagliato e che quelle non era la modalità migliore per eseguire un test psicologico. Inoichi mosse la mano su e giù, sorridendo sornione – sembrava ubriaco – mentre rassicurava la figlia dicendole che «era solo un gioco» e che «non l’avrebbe preso così sul serio».

Era quel così che la preoccupava.

Quando Sai finì il disegno Inoichi trovò che fosse una splendida idea analizzarlo ad alta voce. Sembrava tutto un complotto nei confronti di Ino, come se cercassero di farle saltare i nervi o di farle lasciare Sai per disperazione. Finché il ragazzo doveva avere a che fare con la Signora Yamanaka non c’erano problemi: parlavano di fiori e colori e composizioni da fare con le ortensie. Suo padre… suo padre era imbarazzante. E anche se non avesse fatto lo psicologo sarebbe stato comunque imbarazzante.

Altro che strizzacervelli… il suo cervello è strizzato.

 

― ♦ ―

 

Sasuke ringraziò i Kami di non aver dovuto invitare Sakura a casa sua. Certo, dopo quel pranzo fatto con i ragazzi durante il quale avevano rotto il vaso della vicina di casa, rotto un bicchiere, graffiato dei CD, atterrato la Hyuuga con Akamaru e sfidato Tenten a quanto a lungo riusciva a baciare Neji (da quando Ino aveva confessato che la ragazza aveva le mestruazioni, Rock Lee aveva approfittato dei suoi ormoni impazziti per fare baldoria) nulla era riuscito a sconvolgerlo. Anche Gatto che si arrampicava sulla mensola per prendere Ramen II e – come aveva stranamente previsto Naruto – faceva cadere il ripiano, non lo aveva scosso più di tanto. Mettendo assieme quel pomeriggio assurdo, insomma, invitare Sakura a casa propria per farla conoscere allo zio non sarebbe stato niente di strano.

Evidentemente si sbagliava.

Aveva appena parcheggiato che suo cugino Shisui era uscito da casa in ciabatte brandendo un mestolo come se fosse una spatola ed era corso ad abbracciarlo. Era sempre così educato e tranquillo che, quando dimostrava gratuitamente affetto, Sasuke rimaneva inebetito e non riusciva a rispondere adeguatamente ai suoi abbracci.

«Mamma e papà ti aspettano, forza» gli disse, prendendogli il casco con la mano libera, seguendolo verso la villetta.

C’era un’atmosfera che Sasuke non si ricordava. Gli era sempre piaciuto stare dagli zii, ma per quanto ricordasse non aveva mai definito quel posto casa. Forse perché si erano trasferiti lì dopo la morte dei suoi genitori, forse perché dopo poco Itachi lo aveva trascinato a Londra e, al suo ritorno, aveva pensato bene di trasferirsi con il dobe e gli altri, invece che ritornare dagli zii.

Zia Ran lo abbracciò così forte che Sasuke non credeva che una donna fosse capace di tanta potenza, profumava di pane fatto in casa e di zucchero – era un odore che gli mancava: da anni mangiava solo cibo precotto, d’asporto o ricette semplici che poteva portare a termine senza tagliarsi un dito o dare fuoco alla cucina. Non riuscì a liberarsi di quella stretta che si aggiunse anche quella dello zio Kagami che, a differenza della moglie, aveva già un vago sentore di alcool sulle labbra. Sasuke socchiuse gli occhi e nascose un sorriso sulla spalla della donna, restio a dimostrare tutto l’affetto che provava verso quelle persone.

Quando quel laccio di braccia attorno a lui si sciolse, fu Shisui a parlare, «Allora, come va con la fidanzatina?» domandò, passando il mestolo alla madre mentre appoggiava la mano sulla testa di Sasuke, «Itachi mi ha detto che ti vedi con una certa Sak―» e in quel momento, dalla sala da pranzo, una musichetta che Sasuke conosceva bene invase la stanza.

Kagami attraversò velocemente la stanza, seguito dagli altri, salvando in corner Sasuke dalle domande imbarazzanti. Cliccò sulla notifica di una chiamata su Skype e Itachi apparse a schermo interno, sorridente con di fianco a lui Asami.

«Posso parlargli per primo?» domandò quasi timidamente Sasuke. Kagami gli cedette volentieri la sedia e le cuffie e, quando Sasuke si posizionò davanti alla videocamera, Asami esultò.

«Sascake!» parlava a voce talmente alta che anche chi non aveva le cuffie era riuscito a sentirla, «Buon Natale!» gli disse, felice, mentre afferrava Gandalf  il gatto più vecchio che aveva, nonché padre di Gatto – e gli muoveva la zampa per salutarlo.

Questa volta, Sasuke non riuscì a trattenere il sorriso, «Buon Natale anche a voi».   

 

― ♦ ―

 

Dopo la cena del 25 e le domande di Hanabi che le avevano impedito di chiudere occhio prima delle tre di notte, una giornata di risposto le sembrava necessaria. Aveva passato il 26 dicembre a non fare assolutamente nulla – cosa strana per lei – e Ino si era preoccupata di organizzare quella «festa privata per il compleanno della nostra mammina» per il giorno dopo. Il fatto che la Yamanaka scherzasse chiamandola mamma le sembrava una cosa carina, non le dispiaceva nemmeno prendersi cura della casa e cucinare per tutte loro, anche se facevano comunque i turni.

In altre parole, Hinata si stava concedendo qualche giorno di riposo. Aveva anche cercato di porre fiducia in Ino fino alla fine, anche quando le aveva detto che non era necessario che Hinata si mettesse a fare la torta per il proprio compleanno. «Non sta né in cielo né in terra!» aveva detto mentre sfogliava un catalogo di pasticceria: aveva davvero intenzione di prepararla lei? Durante il corso della giornata del 26, inoltre, Ino era diventata stranamente schiva, quasi sospettosa. L’idea di passare un compleanno piacevole stava diventando più che altro un sospetto di complotto nei confronti di Hinata.

Perché? Era sempre stata così carina e gentile e…

Il 27 la svegliarono con palloncini e colazione a letto. Neji le aveva mandato gli auguri poco dopo la mezzanotte, come faceva da qualche anno a quella parte – ma si sa, la sua insonnia continuava a persistere, e poi lui era davvero gentile nei confronti di Hinata, non aveva comportamenti sospettosi come Ino. La Hyuuga non amava dubitare delle persone, ma ricordandosi anche del regalo di pessimo gusto che aveva fatto a Shikamaru, non poteva non aspettarsi una brutta sorpresa.

La brutta sorpresa, difatti, arrivò.

Stavano mangiando salatini mentre parlavano di come erano andate le cene dalle rispettive famiglie, la musica andava a vuoto riempiendo tutta la stanza e sembrava che la situazione fosse perfetta. Hinata aveva premurosamente deciso di mettere il pigiama che Tenten le aveva regalato per Natale – tanto nessuno doveva far loro visita.

Si era appena dimenticata di quel sentore da complotto che aleggiava attorno ad Ino quando suonarono alla porta. Fu la bionda a precipitarsi ad aprire, rispondendo a monosillabi davanti ad un poliziotto che informava dei lamenti dei vicini per la musica troppo alta. Hinata non fece nemmeno in tempo ad intervenire che Ino fece entrare l’uomo che, sotto lo sguardo fiero della Yamanaka e quelli complici ma meno felici di Sakura e Tenten, iniziò ad improvvisare uno spogliarello davanti ad Hinata.

Brutta sorpresa.

Non durò molto, in realtà. Hinata riuscì a sopportare la visione di un trentenne che si toglieva la camicia ad una spanna da lei solamente arrossendo e perdendo il controllo sui propri muscoli che sembravano di pietra. Quando lo spogliarellista iniziò a giocare con la propria cintura, ignaro dell’imminente attacco di cuore che la poverina stava per avere, Hinata si alzò di colpo e andò a chiudersi in bagno, aspettando pazientemente che il finto poliziotto alzasse i tacchi e se ne andasse.

Non poteva crederci che avevano pagato un uomo per spogliarsi davanti a lei. Lei.

Dal bagno, sentiva Tenten rimproverare Ino sul fatto che non fosse una buona idea e che lei e Sakura gliel’avevano detto. Ino sospirava e brontolava delle scuse vicino allo spioncino della porta. Passarono un quarto d’ora buono in quel modo, fino a quando il campanello non suonò di nuovo e l’Haruno, ormai esasperata, andò ad aprire.

Avrebbe castrato qualsiasi altra sorpresa Ino avesse portato in quella casa.

«C’è Hinata?» la voce di Naruto era diversa, sembrava quasi imbarazzata. Sakura si intenerì davanti al biondo rosso in viso come se avesse fatto una corsa  (probabilmente era così), teneva con una mano un piccolo bouquet di orchidee e nell’altra stringeva per il collo un orso di peluche.

Sakura dovette trattenersi dall’urlare di tenerezza, gli sorrise facendolo entrare ed offrendogli di sedersi, «No, no… è una visita di cortesia» sembrava così a disagio! Era assolutamente adorabile, «E poi ho lavorato fino ad ora, sono un po’ stanco…» e ridacchiò.

Tenten scansò Ino dalla porta, «Hinata!» la chiamò, catturando l’attenzione della Hyuuga, «C’è Naruto!» la informò.

Cinque secondi e la serratura scattò.

Sakura arraffò Ino per la maglietta, trascinandola letteralmente in camera da letto, mentre Tenten urlava «Faccio la lavatrice» chiudendosi nel bagno, lasciando Hinata da sola nel soggiorno, davanti ad un Naruto piuttosto inebetito.

Si guardarono per una manciata di secondi, e quando aprirono bocca lo fecero all’unisono, salutandosi e sovrapponendo le loro voci prima di sorridere entrambi.

«Sono passato a farti gli auguri» parlò poi Naruto, allungandole i fiori ed il peluche – purtroppo era tutto quello che aveva potuto regalarle racimolando gli avanzi dell’affitto e dei regali di Natale. Gli dispiaceva, sapeva che lei meritava di meglio, ma sperava che il pensiero contasse.

Hinata sorrise prendendo il bouquet e l’orsetto, avvicinando i fiori al viso per sentirne il profumo, «Sono bellissimi, Naruto-kun» mormorò sfiorando poi la corolla di un’orchidea lilla con la punta delle dita, «Non dovevi…».

«Invece dovevo!» ribatté lui, sentendosi un completo idiota, «Nel senso, era il minimo, no? È il tuo compleanno, ti avrei portata fuori a cena, ma dovevo lavorare, e quindi…tutto qui» si spiegò meglio, stringendosi un po’ nelle spalle ed infilando le mani in tasca.

La vide sorridere con le guance rosse, e poi fare un passo avanti per avvicinarsi a lui. Si allungò appena sulle punte dei piedi scalzi, e poi gli lascio un piccolo bacio sulla guancia che lo rese assolutamente felice.

 

 

 

 

 

 

 

N O T E D ‘ A U T R I C I ; siamo in missione per conto del Signore.

 

 

Buon sabato cupcakes. ~

Abbiamo un po’ di cose da dire, ma cercheremo di andare per ordine.

Per quanto riguarda la famiglia di Naruto, abbiamo pensato che possa essere stato adottato dal papà e la mamma di Konohamaru, ci piaceva l’idea che fossero fratellastri, dato il rapporto che hanno nel manga, e così il vecchio nonno burbero è proprio il nostro Hiruzen. /

Passando a Sasuke, abbiamo preferito zio Kagami e zia Ran (nome inventato, molti nel fandom la chiamano Asami, ma per non creare confusione abbiamo preferito cambiarlo) con il cugino Shisui, invece del vecchio (e brutto) Teyaki con sua moglie Uruchi. Vogliamo dire, Kagami è Kagami, e noi lo amiamo, quindi non potevamo non dargli il suo momento di gloria. Inoltre, il rapporto Shisui-Itachi-Sasuke può ritrovarsi molto utile… chi legge Ikigai capirà ;)

Per il resto è tutto assolutamente regolare... Tenten è dagli Hyuuga, certo, ma questo anche per nascondere il fatto che dei suoi genitori non si sappia nulla

Mmhn… ci sarebbe ancora da spendere due parole sul test dell’albero che Inoichi fa fare a Sai. Per chi si intende un po’ di queste cose, capirà benissimo che il contesto è assolutamente sbagliato ed il test fuori luogo. Se vi può interessare, dal disegno traspare che Sai è perfettamente negli standard di lucidità per la figlia di Inoichi, quindi il discorso morirà lì e quel disegno non sarà causa di fidanzamenti distrutti dal suocero ;)

Vi aspettiamo sabato 9 maggio con l’ultimo capitolo della prima parte! Vi comunichiamo anche che dall’aggiornamento previsto per il 23 maggio faranno la loro comparsa i fratelli della Sabbia / dato che sappiamo che molti di voi li aspettano ;) Speriamo di non deludervi!

Ringraziamo, inoltre, il seguito che è inaspettatamente aumentato questo fine settimana, ci fate sempre delle bellissime sorprese!

 

Un bacio e buon fine settimana

papavero radioattivo





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Capitolo 21
*** PARTE PRIMA ―「capitolo ventuno」 ***











C A P I T O L O

ventuno

 

 

 

 

 

Sasuke si infilò il maglione con un sospiro, fissando Naruto seduto sul divano. Si ostinava ancora a fissare la piccola gabbietta bianca, rigirandola fra le dita, cercando di capire come un criceto avesse potuto scappare da quella prigione di sbarre.

Quando al rientro a casa, la notte del 27 dicembre, aveva trovato Ramen II spiaccicato sul marciapiede, aveva cercato di convincersi che non fosse il suo criceto, e che non c’era un motivo logico per cui il suo nuovo compagno di vita – come lo aveva definito lui stesso – fosse finito morto, sul marciapiede davanti a casa.

Era assurdo ed impossibile, no? Ma quando aveva messo piede in casa e aveva ossessivamente controllato la gabbietta, si era accorto che il suo nuovo amico non si trovava dentro la casetta, e nemmeno sepolto sotto la sua amata segatura.

Ramen II era morto.

Oltretutto in tempo record, come aveva fatto notare Shikamaru.

Probabilmente si era lanciato dalla ringhiera del balcone cercando di scappare da Gatto, ma questo non spiegava come diavolo avesse fatto ad uscire dalla gabbia.

«Dobe» lo chiamò Sasuke, sedendosi accanto a lui sul divano, «Piantala di fare il melodrammatico e finisci di vestirti» gli disse, tentando di strappargli quella gabbia dalle mani e scaraventarla giù dalla finestra, mandandola a fare compagnia al criceto.

«Odio il tuo gatto di merda» ribatté lui, senza nemmeno guardarlo, «E prima o poi scoprirò chi di voi lo ha fatto uscire!» affermò, ancora convinto che ci fosse stato un complotto. La notte del ritrovamento aveva persino preso il telefono minacciando di voler chiamare la polizia, ma per fortuna erano riusciti a fermarlo in tempo.

«Nessuno ha liberato il tuo criceto, è scappato da solo, Gatto lo avrà visto e lo avrà inseguito» il tono di Sasuke era sull’orlo dell’esasperazione, non ne poteva più di quella storia, erano passati quattro giorni, doveva smetterla di guardarli con diffidenza e sputare sentenze credendosi Sherlock Holmes.

«Appunto!» strillò Naruto, poggiando la gabbia accanto a sé, «Ha preferito fare un volo di quattromila metri piuttosto di venire mangiato da quell’obeso del tuo gatto!».

Sasuke si alzò stiracchiandosi le braccia, «Da qui al piano terra non ci sono quattromila metri» puntualizzò, e poi gli lanciò dietro una felpa, «Vestiti, o vuoi che dica alla Hyuuga che non sei venuto perché stai investigando sulla morte del tuo criceto?».

«NO!» urlò di nuovo Naruto, «No...» si ricompose, abbassando il tono della voce, «Adesso mi vesto, ma non finisce qui» aggiunse, alzandosi dal divano, «Gatto deve pagare per quello che ha fatto».

«Gatto è un animale, è la catena alimentare, dobe» era assolutamente al limite, non lo sopportava più, «Non lo ha mica costretto lui a lanciarsi».

Naruto si bloccò nel salotto mentre si infilava la felpa pesante, «Come fai a saperlo? Parli il gattese, forse?».

Shikamaru uscì dal bagno allacciandosi i jeans, fissò Naruto e poi tese la mano, indicando un foglietto bianco appeso accanto alla mensola «Regola numero uno, Naruto: Non urlare» gli ricordò, riferendosi alle dieci inderogabili leggi della buona convivenza che avevano appeso in casa in seguito alla morte di Ramen II. «Regola numero cinque: Ognuno è responsabile delle proprie cose/animali/vestiti» continuò, e poi recuperò una penna dalla libreria, avviandosi verso il foglio e incominciando a scrivere, «Regola numero undici» disse, continuando a scrivere «È vietato rompere le palle durante le festività» e quando ebbe finito lanciò la penna sul piano in legno, andando poi a recuperare le scarpe.

Naruto rimase in silenzio fino a quando Shikamaru non sparì dietro l’angolo, e poi guardò Sasuke «Odio il tuo gatto di merda» ribadì, e poi andò in bagno a finire di prepararsi.

 

― ♦ ―

 

Naruto camminava appena dietro Hinata, che stringeva Sakura per il braccio. Passeggiavano tranquille, illuminate dalla luce soffusa delle lanterne in carta riso, parlottando tra di loro e commentando quello che vedevano sulle bancarelle. Dietro di sé, sentiva la presenza silenziosa di Sasuke, simile a quella di un cane da guardia. Stranamente, non aveva voglia di importunarlo, ma l’idea di dover interrompere Hinata e Sakura per parlare con la Hyuuga gli dispiaceva davvero.

Si immaginò da solo con Hinata, iniziando a costruirsi in testa un possibile discorso da fare con la ragazza. Sai, Hina-chan, ho pensato molto a noi due… iniziò, alzando lo sguardo per osservare ancora le due ragazze e sorridere, sei davvero molto bella, lo sai? Un sacco… E sono davvero fortunato ad aver avuto la possibilità di uscire con te in questi giorni…. Sospirò: si sentiva davvero un deficiente! Una volta Shikamaru gli disse che pensare non era la sua qualità migliore (Neji aveva aggiunto che non aveva nessuna qualità, ma non importava in quel momento) e forse aveva ragione: premeditare le proprie azioni gli aveva portato solo guai. Doveva agire e basta.

In tutti i casi, non era ancora il momento.

La cosa migliore da fare, in quel momento, era semplicemente concentrarsi su altro.

Si guardò intorno, cercando qualcosa che potesse farlo svagare in attesa del gran momento. Neanche i Kami lo avessero ascoltato! Attraversò la strada chiusa al traffico, fiondandosi su una bancarella.

«Dobe!» lo chiamò Sasuke, come se fosse suo padre, fermandosi per strada mentre fissava Naruto che si sbracciava, facendo segno a tutti  di raggiungerlo. Sakura si fermò all’urlo di Sasuke, bloccando anche Hinata che, guardando prima a destra e poi a sinistra, si liberò dalla stretta al braccio dell’amica e raggiunse Naruto.

«Cosa c’è, Naruto-kun?» gli domandò premurosa, posandogli una mano sulla spalla. Il suo respiro vicino al collo lo faceva rabbrividire.

«Guarda» le sorrise, e le indicò una vasca di pesciolini rossi, «Dato che il gattaccio di Sasuke ha ucciso Ramen II, pensavo che potrei prendere un altro animale da compagnia»  annuì convinto, iniziando a togliere il portafoglio dalla tasca per pagare l’uomo dietro al bancone per un pesciolino.

«Un pesce rosso anche per me, per favore» Sasuke si era materializzato di fianco a lui, allungando la banconota allo stesso uomo che sorrise soddisfatto e porse ai due le palette con cui catturare gli animaletti.

«Teme!» lo chiamò Naruto, corrugando la fronte, «Che pensi di fare?» domandò, gli occhi sottili come spilli.

«Prendo un pesce rosso» rispose l’altro, iniziando a seguire con gli occhi il movimento delle piccole prede. Chiamò Sakura con una mano, indicandole poi la vasca, «Quale vuoi?» chiese, e la ragazza sorrise indicando il più piccolo dell’assortimento, il quale presentava anche un piccolissimo puntino bianco sulla fronte. Come lei avesse visto quel dettaglio, solo lei lo sapeva.

Alla fine vuole diventare un medico… pensò tra sé e sé Naruto, è normale che si accorga di particolari come questi.

«Non lo fai per fare un regalo a Sakura-chan!» lo accusò, puntandogli contro la paletta, «Lo fai solo per darmi fastidio e farmi sfigurare davanti ad Hinata» ed incrociò le braccia, convinto delle sue parole.

«Naruto-kun…» provò a chiamarlo piano Hinata, «Non c’è bisogno di dimostrarmi che…» ma la sua voce fu interrotta dallo sguardo di sfida di Sasuke, il quale fece sospirare Sakura che, prima di mettere le mani addosso ad uno dei due (o entrambi), si allontanò dal campo di battaglia e affiancò la Hyuuga.     

«Pensi davvero che lo abbia fatto per sfidarti, dobe?» lo stuzzicò Sasuke, rompendo il contatto visivo, preparandosi a prendere il pesce.

Ah no, non ce la farai, Saske di convince Naruto, mettendosi dall’altra parte della vasca, iniziando ad affondare la paletta nell’acqua per cercare di prendere uno di quei piccoli animaletti che, nel corso della  prova, furono chiamati con i peggiori aggettivi che la mente di Naruto potesse elaborare.

Sospirò, affranto, arreso all’idea che non sarebbe mai riuscito a prendere un pesce rosso. Sasuke stava sicuramente barando… magari riusciva a controllare i pesci e faceva apposta a farli sguazzare da tutte le parti, facendo fare a Naruto un – letteralmente - buco nell’acqua.

«Naruto-kun…» la voce di Hinata gli arrivò soave e gentile, come la primavera. La sua mano si posò su quella di lui, accompagnandola sul pelo dell’acqua, «Devi aspettare…» gli suggerì, «Se continui a cercare di prenderli non ci riuscirai mai…» continuò, ma il suo profumo copriva ogni altro senso, impedendogli di prestare attenzione a quello che gli diceva. Le loro mani si mossero, bagnandosi assieme, mentre catturavano un piede e Sakura batteva le mani, complimentandosi.

I due animaletti furono chiusi nei sacchetti di plastica pieni d’acqua, salutarono il commerciante e poi ritornarono a passeggiare.

«Come lo chiamerai?» domandò Hinata, sfiorando la spalla a Naruto, «Il pesciolino».

«Ramen 3.0» sorrise e, senza pensarci, le strinse la mano, «Non Ramen III, il terzo porta sfortuna» constatò, guardandola mentre ricambiava la sua stretta con una più gentile, «Ramen 3.0 è più un nome da pesce bionico, capisci?» e sorrise, agitando la mano libera, sballottando il povero pesce su e giù.

Hinata sorrise, annuendo comprensiva mentre allungava la mano che non stringeva quella di lui per abbassargli il braccio, ridacchiando. «Speriamo che sia abbastanza bionico da non morire, allora» gli diede corda, ritornando a camminare dritta.

«Già…» rispose l’altro, guardandosi i piedi. «Ho un’idea, Hina-chan!» disse d’un tratto, fermandosi in mezzo alla strada. Le sorrise con quel fare infantile che le dava sempre tanta felicità, «Non puoi tenere tu Ramen 3.0?» chiese, e sembrò quasi una supplica, «Anche se è un super pesce rosso, ho paura che Gatto possa mangiarlo o ucciderlo… invece con Tempura e te sono sicuro che starà bene» e le porse il sacchetto, senza riuscire a trattenersi dall’abbracciarla quando la ragazza accettò, dandogli una scusa per andare a trovarla spesso.        

 

― ♦ ―

 

Sakura si sentiva felice.

Era stato un anno faticoso, pieno di novità e – doveva ammetterlo – di delusioni e problemi. Quando aveva detto ai suoi genitori di voler trasferirsi con le sue amiche in un proprio appartamento, non avevano subito acconsentito. Aveva lottato per ottenere quello che voleva, e anche entrare a medicina era stata una cosa per cui aveva fatto una lunga preparazione. Per quanto le riguardava, aveva passato l’ultimo periodo della sua esistenza a combattere e fare molti sacrifici, alla ricerca di una vita che potesse soddisfarla. Già alla fine del liceo sentiva il bisogno di appagare la propria esistenza, in qualche modo.

E poi, nel giro di qualche mese, tutto sembrava essersi messo in ordine. L’università, l’appartamento, le amicizie confermate o allontanate… Sasuke. Era stato il suo chiodo fisso fin dalle elementari, e quando pensava a lui con una mente più lucida del solito, si rendeva conto che il suo comportamento era quello di una cretina gattamorta. Avrebbe dovuto fare come Ino: dimenticarlo ed andare avanti… ma lo aveva aspettato così tanto! Se solo pensava al tempo che aveva sprecato a piangere sul cuscino perché vedeva le proprie mail senza risposta, le saliva una gran rabbia.

Poi lui si era presentato con un ciliegio bonsai per Natale. Non sapeva perché quel regalo tanto inaspettato l’avesse così commossa. Lo aveva abbracciato forte, non ricordava di averlo mai stretto in quel modo, ed il calore di Sasuke le aveva scaldato tutto il corpo come fosse una coperta. Quella sensazione le faceva venire ancora i brividi. Estasiata, aveva chiesto ad Ino il significato dell’albero, e lei glielo aveva descritto come un albero affascinante che simboleggia la bellezza. Le aveva regalato un bonsai di ciliegio perché la trovava bella? Sakura era arrossita, provocando le risate dell’amica che la schernì, rubandole la pianta dalle mani per metterla in un luogo ottimale per la sua cura.

«Mi prenderò cura io del tuo bonsai, fiorellino» le promise. Sakura non glielo vietò: chi meglio di Ino avrebbe mai potuto prendersi cura di un albero così delicato?

«Basta che poi mi insegni a potarlo… è una cosa che ho sempre voluto imparare» le aveva risposto.

«Certo, certo» annuì la bionda, «Magari potiamo anche i tuoi capelli… stanno diventando indecente! Prendo subito un appuntamento dal parrucchiere…» e andò a borbottare in camera.

Erano ricordi che le davano una soddisfazione immensa. Un bellissimo album di fotografie con cui concludere quell’anno che di certo non avrebbe dimenticato, un anno che l’aveva cambiata, l’aveva fatta crescere. Nel profondo, Sakura si illudeva che Sasuke fosse tornato perché lo sapeva che lei era cambiata così tanto, che non era più la ragazzina piagnucolosa delle elementari e del liceo, che ora era pronta per prendersi cura di lui, come Ino avrebbe fatto con il bonsai.

«Qualcosa non va?» chiese d’un tratto Sasuke di fianco a lei, sembrava quasi preoccupato. Sakura scosse piano la testa, sorridendogli rassicurante. In tutta risposta, l’Uchiha aveva preso la mano libera della ragazza e l’aveva stretta alla sua, mettendole entrambe nella tasca della sua giacca.

Decisamente, Sakura si sentiva felice.  

 

― ♦ ―

 

Ino si era vestita super elegante per la situazione, ignorando palesemente i commenti (o forse erano consigli?) di Sakura, che le aveva ripetuto un’infinità di volte che mettere dei tacchi così alti per poi camminare tutta la sera non era per niente l’ideale.

Forse aveva ragione.

Si sistemò il cappotto stringendosi un po’ di più a Sai, mentre passeggiavano per il parco aspettando l’arrivo della mezzanotte ed il suono della campana. Si erano separati tutti pochi attimi dopo essersi trovati, alcuni non avevano trovato parcheggio, e di conseguenza non aveva assolutamente idea di dove fosse finito il resto del gruppo. Non che le dispiacesse restare sola con Sai, ma avrebbe voluto chiedere a Sakura se poteva tornare a dormire dai suoi, così che lei e Sai avessero potuto passare la notte assieme.

«Vuoi chiamare gli altri?» domandò a quello che ormai considerava ufficialmente il suo fidanzato – non se l’erano detti, ma era chiaro che stessero assieme, no?

Sai abbassò lo sguardo su di lei, fermandosi poi accanto ad una panchina, «Tanto verranno qui anche loro, prima della mezzanotte» le fece notare, e poi si sedette, aspettando che lei facesse lo stesso.

Ino sorrise accomodandosi accanto a lui, poggiando le gambe sulle sue cosce, cercando di far riposare i piedi assolutamente a pezzi dopo la camminata. Poggiò la testa sulla sua spalla e rimase lì, a perdersi nel profumo di Sai. «Domani sono dai miei genitori» gli disse, giocando con i fili della sua sciarpa, «Vuoi venire?». Se era necessario gli avrebbe giurato che non ci sarebbe stata nessuna ulteriore psicanalisi domestica, non dopo che suo padre aveva detto che Sai non era consapevole del proprio inconscio solo perché le radici del suo albero erano piccole e poco profonde. Ino era quasi sicura che il padre gli avrebbe rifilato il test sul disegno della propria famiglia, e non era uno spettacolo che voleva vedere.

«Niente ipotesi di traumi infantili solo perché hai disegnato un albero con delle protuberanze nel tronco, promesso» si premurò d’aggiungere, sapendo che avrebbe dovuto fare un discorso a suo padre su quell’argomento.

Sai sorrise e le prese la mano, intrecciando le dita alle sue, «Va bene, tranquilla» le disse, e poi le sfiorò il mento prima di baciarla.

 

― ♦ ―

 

Naruto stringeva la mano di Hinata, reggendo in quella libera il sacchetto con il pesciolino rosso. Avevano perso Sakura e Sasuke da quasi un’ora, oramai, e la mezzanotte era terribilmente vicina.

Forse avrebbero dovuto chiamarli, anche se sospettava che quei due se ne fossero andati di proposito per restare da soli, e probabilmente per lasciare da soli anche lui e Hinata.

La ragazza sorrise stringendosi meglio nel cappotto, rabbrividendo mentre attraversavano una delle vie del parco, raggiungendo il resto del gruppo nel prato – riuscivano ad intravedere Tenten, si sbracciava saltellando sul posto come un grillo, muovendo anche il braccio di Neji che le teneva la mano.

«Siete arrivati!» affermò felice quando i due li raggiunsero, «Dove avete lasciato Sakura e Saske?» aggiunse poi, e Kiba – seduto sul grosso telo che avevano posizionato sull’erba – si girò a guardarla.

«Si saranno imboscati a―» ma prima che potesse finire la frase Hinata lo interruppe.

«Sakura-chan ha detto che andavano a fare una passeggiata» mormorò, bloccando sul nascere l’ennesima battuta volgare dell’amico – con scarsi risultati.

«Certo… ci crediamo tutti» borbottò Kiba, tornando poi a chiacchierare con Shino, commentando alcune ragazze che attraversavano il prato.

Naruto si morse la lingua, evitando di commentare o rispondere male a Kiba.

È vietato rompere le palle durante le festività, si ripeté mentalmente e poi sorrise, facendo accomodare Hinata sul telo, accanto a lui. La ragazza le sorrise continuando a stringergli la mano. Riusciva a sentire le sue dita fredde sfiorargli le dita, accarezzargliele piano, e in un secondo desiderò scaldargliele, una per una.

«Se tieni Ramen 3.0 potrò venire a trovarlo quando voglio?» le chiese stupidamente, scherzando, sperando di poter utilizzare il pesce come scusa per vederla più spesso.

Hinata annuì, sotto la luce soffusa del lampione la sua pelle sembrava ancora più bianca, come la luna, «Certo che puoi venire quando vuoi!» lo rassicurò mentre dietro di loro Lee si alzava, incominciando ad urlare il countdown per la mezzanotte.

 «Dieci!» lo sentì strillare.

Naruto le scostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, gli sembrava impossibile che fosse potuto sfuggire a quella pettinatura perfetta che incorniciava quel viso di perle. Hinata era sempre bellissima, ma quella sera più delle altre.

«Sono stato uno stupido» mormorò più a se stesso che a lei mentre Rock Lee continuava imperterrito a contare, seguito da Choji e Kiba, «A volte penso di non meritarmi una ragazza come te» aggiunse facendola arrossire, mettendola chiaramente in imbarazzo. Sbagliava sempre, non importava quanto si impegnasse, riusciva solo a farla sentire a disagio.

Provò a dire qualcosa cercando di fare come gli diceva Sasuke: pensando, prima di dar fiato alla bocca. Ma ogni cosa gli sembrava stupida, e fra qualche secondo il suono della campana e i fuochi d’artificio avrebbero coperto tutto, impedendogli di confessare ad Hinata tutto quello che sentiva davvero.

«Sono innamorato di te» sputò senza riflettere, in preda al panico, mentre il conto alla rovescia raggiungeva lo zero e la campana suonava con qualche secondo come margine di errore. Le sfiorò la guancia con la punta delle dita, cercando di cancellare quel rossore, e poi si allungò in avanti, verso di lei, verso le sue labbra che aveva sempre immaginato come morbide.

Sentì il cuore pompargli il sangue nelle orecchie, rimbombare in tutto il corpo mentre la sua bocca si posava su quella di Hinata e la mano di lei gli sfiorava esitante la spalla, tremando appena. Non era nemmeno sicuro che le pulsazione che sentiva fossero le sue, magari quello era il cuore di Hinata, e lui riusciva a sentirlo da lì, per quanto battesse forte.

E mentre quell’attimo si cristallizzava, mentre le sue labbra si separavano da quelle di Hinata, le sembrò di sentirla mormorare: «Anche io, Naruto-kun».

 

 

 

 

 

 

 

N O T E D ‘ A U T R I C I ; siamo in missione per conto del Signore.

 

 

GRANDE FESTA

E con questo magnifico scenario si conclude qui la prima parte di Colla! Ora come ora, prima di iniziare la parte seconda, dobbiamo pubblicare un capitolo extra (16 maggio) e un intermezzo (23 maggio), ovvero il capitolo che sta tra le due parti ;) Chi ci segue sul gruppo di facebook sa già di cosa tratterà il capitolo extra, per l’intermezzo invece… vi diciamo solo che tratterà di una coppia che, purtroppo, nella prima parte non è emersa molto. Ora chiudiamo la bocca ~

Per il resto… che dire? Speriamo che il pesciolino rosso sopravviva XD Ah, a proposito, speriamo che i nomi siano stati letti come «Ramen Secondo»  e «Ramen tre punto zero»  ;) Ma non possiamo pretenderlo, d’altronde, quindi andrà benissimo in qualsiasi modo voi lo abbiate letto, suvvia!

Per chi è fan della NaruHina… speriamo che l’attesa abbia ripagato le aspettative XD Ve lo abbiamo fatto soffrire questo bacio, eh! Per quelli della SasuSaku… insomma, che dire? I gesti di Sasuke fanno sempre piacere… ci ha fatto molto piacere scrivere questo capitolo, è stato davvero un bel modo per fare il resoconto di questi primi tre mesi universitari dei ragazzi di Konoha.

 

Noi concludiamo qui, ci vediamo il 16 maggio con il capitolo speciale, tutto al maschile! ;)
(Ci scusiamo per l'HTML in disordine, rimedieremo il prima possibile! ;A;)

 

papavero radioattivo





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Capitolo 22
*** 「CAPITOLO SPECIALE」 ***


Buon pomeriggio, cupcakes. ~

Non fatevi spaventare dalle note iniziali, leggetele diligentemente e tutto andrà per il meglio.

Questo è un capitolo speciale, scritto per festeggiare i 100 seguiti di Colla. Lo abbiamo fatto tutto al maschile, concentrandoci per una volta su chi (per motivi di trama) è stato un po’ lasciato da parte durante questa prima parte della storia.

Introduce cose che avverranno nella secondo, quindi è parte integrante di Colla, ma lasciamo stare e veniamo alla parte tecnica.

I ragazzi giocano ad un gioco di carte (che consigliamo perché bellissimo) che si chiama “Sì, Oscuro Signore” o SOS, per gli amici. È un gioco  a cui io (yingsu) tengo molto, è stato parte integrante delle mie uscite in compagnia, e piace tanto ai nerdoni, questo di sicuro, magari lo conoscete.

Vi spiegheremo brevemente le regole, così che riusciate a seguire quanto meno il gioco.

Il gioco inizia dove finiscono tutti i racconti epici, cioè quando le forze del bene hanno vinto ed i servitori del male tornano al loro palazzo sconfitti, pronti ad affrontare l’ira del loro oscuro Signore. Il gioco prevede che un giocatore impersoni Rigor Mortis, "L'Oscuro Signore", mentre gli altri saranno i suoi inetti servitori tornati al palazzo senza aver compiuto la loro missione. Queste povere creature per salvarsi la vita cercheranno di discolparsi, incolpando gli altri a loro volta, fino a quando l'Oscuro Signore non deciderà chi punire.

Tutti i servitori iniziano il gioco con tre carte azione e tre carte spunto. Le carte azione sono di due tipi: rincara la dose, che serve per contrastare un giocatore che si sta discolpando; e scarica il barile, che serve per discolparsi. Assieme ad ogni carta azione bisogna giocare una carta spunto, che permette di costruire la storia che vi discolpa o che accusa qualcun altro.

Le scuse inventate (ovviamente?)  non dovranno essere verosimili visto il tono umoristico del gioco, sarà l'Oscuro Signore che dovrà decidere se credere o meno ai loro servi e dare loro una carta occhiataccia, nel caso la balla di circostanza di qualcuno non regga.

Il gioco finisce quando un servitore riceve tre occhiatacce e non riesce a discolparsi.

Tutto qui.

Buona lettura, ci rivediamo in fondo alla pagina. ~
(ancora l'html ha fatto lo scherzone di aumentare lo spazio tra una frase e l'altra... ci scusiamo per il disagio!)

 










 

 

 

 

 

C A P I T O L O

speciale

 

 

 

 

 

Shikamaru sospirò seduto sul divano: non aveva assolutamente voglia di fare nulla, tanto meno di passare la notte della Vigilia di Natale a giocare a “Sì, Oscuro Signore” con gli altri fortunati che non avevano una ragazza e che, di conseguenza, non avevano obblighi e doveri nei confronti di qualche donna.

Kiba sollevò il cappuccio distribuendo le carte, autoproclamandosi Rigor Mortis, l’Oscuro Signore.

Per fortuna non si degnò di spiegare le regole, dato che quello era il gioco di carte che qualcuno (quasi sempre Naruto) propinava a tutti quanti quando non avevano nulla da fare, soltanto che solitamente la parte dell’Oscuro Signore toccava a quel dittatore di Neji.

Raccolse le sue sei carte e le controllò molto rapidamente posandole poi sul divano, attendendo che Kiba iniziasse.

«DOV’È FINITA LA TESTA DI TROLL DI PALUDE CHE VI AVEVO CHIESTO?» urlò, accarezzando Akamaru con la mano destra con la stessa lentezza ed enfasi che il capo del Team Rocket metteva nel passare la mano sul dorso del suo Persian.

Se non altro si era calato perfettamente nella parte.

Il primo a parlare fu Shino, «Beh…» incominciò, iniziando a posare le carte sul piccolo tavolino, «Oscurissima e putrefatta malignità, io – suo umilissimo e schiacciabile servo – vorrei dire, se mi è da voi permesso, che sono sicuro di aver visto il menestrello Lee discorrere con il nemico vicino alla staccionata del letamaio» continuò, prima di pescare dal mazzo ed aggiungere «Umilmente la disprezzo oscuramente».

Choji intervenne prima che Lee potesse discolparsi, «È tutto vero vostra malignità, ho visto anche io l’oscuro Lee che fuggiva con la testa assieme alle seducenti succubi».

Kiba sorrise additando Rock Lee, lanciandogli poi una carta occhiataccia.

Lee scosse il capo fintamente turbato, «Vostra malignità, gliel’ho mai detto che ha degli occhi assolutamente raccapriccianti?» parlò, ma fu interrotto da Choji.

«Vostra malignità, questa è leccaculaggine!» si lamentò, ma fu subito messo a tacere da Kiba che, con un cenno della mano, gli aizzò contro Akamaru.

«Vuoi finire sbranato dal mio orrendo cane a tre teste, stupido Goblin?» domandò retorico, e poi tornò a fissare il povero Lee.

«Quindi è questo quello che fate quando non ci sono? Andate a farvi succubare? Luridi infingardi!» affermò, e Shikamaru si stupì che conoscesse il significato di quella parola.

«Vostra putrefatta malignità, ammetto che le succubi sono davvero belle, ma io preferisco un altro genere!» provò a discolparsi, «Shikamaru invece si mostra sempre incline a questo genere di cose, infatti aveva lui la testa quando siamo entrati dall’orrido barista».

Shino lo interruppe lanciando una carta sul tavolino, «È tutto vero, vostra putridità, l’ho visto anche io mentre fumava l’erba magica assieme alla donna gatto! Aveva lui la testa, quando siamo entrati alla locanda».

Kiba picchiò la mano sul tavolo, «Alla locanda? Voi andate ad ubriacarvi mentre io vi mando in missione?! È questo quello che fate, stupidi ed inetti servi?» urlò mentre Akamaru, accanto a lui, abbaiava. «Cos’è questo, un sacro bordello?! Ora subirete tutti quanti la mia funesta ira, e quella del mio feroce lupo a tre teste» parlò, e poi consegnò una carta occhiataccia ciascuno, «Shikmaru, quindi l’hai persa tu la mia  preziosa e puzzolente testa di troll di palude?».

Shikamaru sospirò incrociando le braccia, «Sì, sono stato io» si limitò a dire, alzando lo sguardo dallo schermo del cellulare, «Uccidimi, così vado a dormire» brontolò, e poi  si alzò dal divano, autoproclamandosi colpevole e morto.

Kiba si alzò in piedi di scatto, «Dove stai andando imbecille e sfaticato servo dei miei puzzolenti stivali?» sbraitò additandolo, «Mio fedele e verminoso Akamaru, prendi quel lestofante, e voi non state a guardare, sozzi e inutili servi! Voglio la sua testa, portatemela qui!» continuò, ma Shikamaru si era già chiuso nella sua stanza mentre Choji alzava le mani.

«Io non vado a riprenderlo» disse, e Kiba sospirò.

«Va bene, allora rincominciamo da capo» brontolò, e ritirò tutte le carte, mischiandole e distribuendole nuovamente, «Qualcuno ha chiamato per la cena?» chiese poi, e Shino annuì.

«Dovrebbe arrivare fra dieci minuti circa», rispose sistemando le carte fra le dita.

«Speriamo prima» commentò Choji.

Fecero un’altra partita veloce che fu interrotta dal fattorino che gli consegnò da mangiare, perfino Shikamaru – al suono del campanello – era strisciato fuori dal suo antro, già con i pantaloni del pigiama addosso.

Choji si fiondò sul cibo, e poi di comune accordo, decisero di mangiare seduti sul divano a guardare la televisione. Shino fece un rapido giro di canali alla ricerca di qualcosa di interessante, fino a quando Lee non gli si lanciò addosso, sequestrandogli il telecomando.

«Non puoi cambiare, c’è Mulan!» affermò, portandosi poi del sushi alle labbra, nascondendo il telecomando nella tasca della tuta che indossava.

Shikamaru mangiava in silenzio, continuando a messaggiare seduto sulla poltrona.

«Stai ancora parlando con SoiariTem?» gli domandò Kiba, raccogliendo il suo pollo con le bacchette, «Oramai potresti anche ammettere che sei gay, noi ti vorremo bene lo stesso, Shika».

«È SouariTem» lo corresse lui con un sospiro, «E non sono gay» aggiunse, continuando a digitare sullo schermo.

Choji sorrise con la bocca piena, «Si scrivono in continuazione».

«Perché è l’unico che gli  scrive» ribatté Kiba ridacchiando, e Shikamaru alzò finalmente la testa dal cellulare.

«Veramente mi scrivete anche voi, in continuazione, su quel dannato gruppo di  whatsapp intasato di stronzate di Naruto» precisò, «Prima o poi mi eliminerò da quel dannato coso».

Il discorso morì lì, interrotto da un Rock Lee piuttosto esagitato, intento a cantare con Choji una delle canzoni del cartone animato, imitando addirittura il movimento della marcia dei soldati con le braccia.

Shikamaru non seppe definire che cosa  fosse peggio: se la loro incapacità di prendere anche solo mezza nota, oppure il fatto che sapessero la canzone a memoria. Si stiracchiò  poggiando il cellulare sulla pancia, osservando Akamaru scodinzolare ed abbaiare dietro a quei due intenti a fare karaoke, mentre Shino sorrideva e Kiba rideva come un cretino. D’un tratto il campanello suonò, interrompendo quella nenia da ubriachi, ma non l’assordante e fastidioso abbaiare di Akamaru che si lanciò verso l’ingresso.

I ragazzi si guardarono intensamente, e alla fine fu Choji ad alzarsi dal divano, andando ad aprire seguito da Kiba che recuperò Akamaru, tenendolo saldamente per il collare.

Al di là della porta, sul pianerottolo, c’era la loro vecchia vicina, ancora in pigiama e con le ciabatte ai piedi.

«Siete sempre voi!» borbottò con la sua voce fastidiosa, «Sapete che ore sono?» domandò poi retorica mentre Kiba si stringeva nelle spalle.

«Ragazzi, sapete che ore sono?» urlò dal corridoio, mentre Shino sbucava dal soggiorno e Rock Lee gli rispondeva urlando «le dieci e mezza».

«Kiba sorrise soddisfatto, «Sono le dieci e mezza!» rispose alzandosi, invitando Akamaru a seguire Shino in soggiorno.

L’anziana signora sembrava in preda ad una crisi di nervi, «Non fate altro che gridare, c’è gente che dorme a quest’ora, lo sapete?» continuò imperterrita mentre Kiba e Choji la guardavano, appoggiati alla porta, «E continuate a farlo fino alle tre del mattino, come se nulla fosse, correte avanti e indietro, il cane abbaia, picchiate contro il muro, e perfino contro il soffitto!».

«Ci dispiace Signora» la voce di Shino arrivò alle spalle di Kiba, «Vedremo di moderare la voce e di non giocare a baseball alle due del mattino» rispose, mentre la vecchia zitella continuava a fissarli in cagnesco.

«È l’ultima volta che vi richiamo, la prossima chiamerò la polizia!» affermò poi mentre Shino annuiva comprensivo.

«Certamente, ha assolutamente ragione, le facciamo le nostre più sentite scuse» le rispose, e poi uscì sul pianerottolo a parlare con la donna, chiudendo in casa gli altri.

Choji si stiracchiò grattandosi la pancia, tornando verso il soggiorno con Kiba, «Quella donna è insopportabile» disse, tornando sul divano e afferrando del pollo avanzato con le mani.

Kiba accarezzò la schiena di Akamaru sedendosi sul tappeto, «Vedrete, ora Shino ci mostrerà le sue oscure doti e la rispedirà di sopra in due minuti» commentò mentre Shikamaru sospirava.

«Se voi non urlaste a tutte le ore, e soprattutto se non giocaste a bowling e a baseball con le bottiglie vuote, quella non romperebbe le palle» borbottò digitando sulla tastiera del cellulare.

Kiba arricciò il naso guardandolo, «Ma tu da che parte stai?» domandò.

«Da quella che vota per farvi stare zitti» ammise, coprendo poi uno sbadiglio con il dorso della mano, «È così noioso sentirvi urlare tutto il giorno, diventeremo sordi quando avremo finito l’università» e poi si alzò dirigendosi in camera da letto, «Buonanotte, ragazzi» aggiunse poi, chiudendosi la porta alle spalle mentre Shino ricompariva nel soggiorno, accomodandosi sulla poltrona.

«Fatto» si imitò a dire, sistemandosi gli occhiali da sole sul viso – nessuno era certo di voler sapere quale fosse stato il suo metodo di persuasione con quella vecchietta. Qualche attimo dopo il cellulare di Lee squillò, facendo vibrare il tavolino, non lasciando nemmeno al tempo a nessuno di aggiungere altro.

Il ragazzo lo prese leggendo il messaggio nella mente prima di sbuffare, «Devo dormire qui» confessò, senza spiegarne il perché, ma Kiba lo precedette.

«Viene Tenten?».

Lee annuì, «Non puoi dormire tu di qui?» chiese poi a Kiba, ma il ragazzo allargò le braccia in modo teatrale.

«Io ed Akamaru non ci stiamo nella brandina sotto il letto di Sai, mi dispiace» sorrise, e poi ridacchiò mentre Akamaru si rotolava sul tappeto, cercando coccole, «Prenditela con Neji che non può andare a scopare in qualche hotel o chiedi a Shino» suggerì, ma quando Lee spostò lo sguardo sull’altro suo coinquilino, quello scosse il capo.

«Non potrei sopportare di dormire senza il suono delle mie formiche che lavorano» disse, e Rock Lee sospirò arreso.

Si fissarono sulla fine di Mulan ancora per un po’, mentre Choji precedeva le battute e Lee canticchiava le canzoni, fino a quando il cellulare di Shino non interruppe quella pace che aveva incominciato a regnare sovrana.

Il ragazzo si alzò senza dire nulla e si chiuse in bagno, rispondendo alla chiamata mentre Kiba ridacchiava.

«Sarà la sua fidanzata super segreta!» affermò mentre Choji inarcava un sopracciglio.

«Ha una fidanzata?» chiese confuso, e Lee annuì.

«Dice che non può dirci chi è, e quindi Neji sostiene che non esiste» spiegò semplicemente, «Ma magari esiste, voglio dire, perché non credergli?» aggiunse mentre Kiba grattava le orecchie di Akamaru.

«A me ha detto che è più grande di lui, che ha gli occhiali e che si chiama Kiko» ammise con una certa indifferenza, «Magari è una milf» scherzò poi.

«Magari ha solo due anni più di lui, ma dal momento che non l’abbiamo mai vista non possiamo saperlo» suggerì Lee mentre Choji continuava a mangiare, ascoltando la conversazione in silenzio.

«Ma infatti io gli credo!» replicò Kiba, «È Neji che dice che non esiste, ma Neji è Neji, e vivere con lui è come avere una moglie in menopausa» spiegò mentre Akamaru gli tirava le zampate sul braccio, implorandolo di continuare  a coccolarlo.

Purtroppo la conversazione finì lì, e Shino aprì la porta del bagno infilando il telefono in tasca.

«Era la tua Kiko?» domandò Kiba, ammiccando fintamente, e Shino annuì.

«Mi ha chiamato per farmi gli auguri» gli rispose Shino, tornando seduto sul divano.

Se Kiko esistesse oppure no era e sarebbe rimasto un mistero, perfettamente nello stile di Shino, del resto.

 

 

 

 

 

 

 

N O T E D ‘ A U T R I C I ; siamo in missione per conto del Signore.

 

Rieccoci qui.

Il capitolo non è molto lungo, come non lo sarà il prossimo, dato che sono due veri e propri intermezzi.

Per il resto speriamo che sia stato di vostro gradimento e che vi abbia fatto almeno  sorridere (lo scopo era quello). -3-

Noi ci rivediamo sabato prossimo con l’ultimo intermezzo, vi auguriamo un buon fine settimana, e buona fortuna per esami vari e scuola.

Siamo agli sgoccioli, fra due mesi si respireranno le tanto amate vacanze (almeno per noi).

Insomma, al 23 maggio. ~

Buon fine settimana e ancora grazie per tutto il supporto che ci date.

 

papavero radioattivo





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Capitolo 23
*** INTERMEZZO ―「capitolo ventidue」 ***






Colla

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ottenuta facendo bollire scarti animali

 

 

 

 

 

  I N T E R M E Z Z O 

capitolo ventidue

 

 

 

 

Tenten piegava i vestiti  seduta sul letto, infilandoli nella grossa valigia blu aperta sul letto.

Ino se ne stava stesa sul letto di Hinata, arricciando il naso ogni qual volta la ragazza estraeva dall’armadio dei maglioni o dei pile. «Povero Neji!» affermò sospirando, scuotendo il capo prima di incominciare a sfogliare una rivista, «Almeno porta il completo intimo che ti ho regalato» suggerì, ma alle orecchie di Tenten suonò più come un ordine.

«Andiamo in montagna, Ino» le rispose senza nemmeno guardarla, «Sai, la neve, il freddo…» continuò mentre riempiva il trolley, lei non era come Ino, non sarebbe morta ibernata per sembrare più sexy o carina.

A Neji piaceva il suo modo di fare un po’ maschio… anzi, semplice. Anche Hinata glielo aveva confessato. Farsi bella come un manichino di negozio per intimi non le sembrava davvero il caso.

«Ma farete sesso e ti scalderà Neji, quindi…» ribatté ammiccando da dietro il giornale, mentre Sakura si affacciava alla porta della stanza, dando il pretesto ad Ino per continuare a tormentare Tenten. «Diglielo anche tu, frontespaziosa» disse, posando la rivista sulle gambe, puntando gli occhi su Sakura, intenta a cercare qualcosa sulla scrivania.

«Dirle cosa? Che non trovo un dannatissimo evidenziatore per tutta la casa?» domandò retorica rovistando in uno dei cassetti, ed Ino sospirò. Era quasi certa che Hinata li avesse, ma mettere le mani nei suoi astucci non le sembrava il caso – anche se, in effetti, aveva appena aperto un cassetto di una stanza non sua senza chiedere il permesso a nessuno.

«Dirle che deve portarsi qualcosa di sexy, dato che saranno da soli» commentò la bionda mentre Tenten sospirava, sforzandosi di ignorarla.

«Portati qualcosa di sexy, e dei vestiti pesanti da metterci sopra, perché potresti prenderti un raffreddore, oppure potrebbero venirti dei geloni, o fare congestion―».

«Dottor Morte, hai finito?» strillò Ino interrompendola, mettendosi seduta di scatto, «Da quando studi medicina non fai altro che nominare qualche assurda malattia dal nome impronunciabile che ci ucciderà tutti!» affermò, tirandole contro il giornale.

Sakura si girò a guardarla, avvicinandosi al letto, «Senti, maialina» incominciò, le mani sui fianchi e la fronte corrugata, «Se malauguratamente dovessi ammalarti, non ti permettere di rompermi e chiedermi aiuto, perché io non te lo darò!» ribatté a pochi centimetri dal suo viso, e Tenten sorrise poggiando la valigia sul pavimento.

«Non mi mancheranno le vostre discussioni senza senso» ammise, lanciando il cuscino addosso ad Ino, sperando che Hinata tornasse dal suo appuntamento con Naruto prima che lei se ne andasse.

Non si sarebbe mai perdonata se non l’avesse salutata. Non che non volesse bene alle altre due, solo che Hinata sembrava essere la più normale in tutta la casa. Inoltre si erano avvicinate molto per la questione «Neji», dato che la ragazza parlava ben volentieri di suo cugino e, nonostante Tenten fosse sempre stata buona amica di Neji, quando si erano messi assieme le cose non erano sempre andate lisce.  E poi… beh, Tenten era sempre stata la preferita di Tempura, dopo la sua padrona. Se il letto di Hinata era occupato, la cuccia di riserva era proprio il suo materasso.

Tenten sorrise, stringendo tra le mani il maglione che decise di mettere per il viaggio del giorno dopo, ascoltando in sottofondo quelle due che discutevano. Era felice di andare via qualche giorno con Neji – una bella vacanza che sognava da tempo.

«Ha proprio la faccia da innamorata» commentò poi Ino, incrociando le braccia mentre entrava prepotentemente nei suoi pensieri, «A cosa stavi pensando, Tenten, eh?» disse maliziosa.

«A come ti avrei fatto rotolare giù dalla montagna se tu fossi venuta con noi» le rispose sorridendo, mettendo il maglione sulla sedia, chinandosi ad aggiustare i vestiti nella valigia per ottimizzare lo spazio. 

 

* * *

 

«Hinata sembrava felice di vederci andare via» commentò Neji, chiudendo i finestrini dell’auto mentre i primi fiocchi di neve iniziavano a colorare la strada di bianco.

Tenten sorrise, girandosi a  guardarlo, distogliendo la sua attenzione dal paesaggio, «Beh, dice sempre che ti meriti una vacanza» gli rispose, gesticolando con una mano, «In un modo o nell’altro viene a sapere del dramma che è il tuo appartamento» e sorrise, osservando la mascella di Neji serrarsi, come se il solo ricordo di quella topaia lo facesse stare male, «Siamo d’accordo entrambe che sei un santo» continuò, mantenendo le labbra inarcate, appoggiando la fronte sul finestrino freddo.

«Siamo quasi arrivati» borbottò lo Hyuuga, cambiando argomento. Staccò una mano dal volante per indicarle il cartello stradale, mostrandole la manciata di chilometri che li dividevano dal complesso di baite dove avrebbero alloggiato.

Tenten rise, tenendosi la pancia, «Cambi argomento perché ti dà fastidio essere adulato e dipinto come l’eroe della situazione, vero?» disse, punzecchiandolo.

«Siamo sempre in tempo a tornare indietro, Tenten» ribatté lui, accennando ad un sorriso prima di scuotere la testa e prestare nuovamente attenzione alla guida.

«Oh no, per carità!» e si sedette composta, schiarendosi la gola, «Mi sono già abituata all’idea di passare in santa pace i prossimi giorni, non mi faresti mai una cosa del genere!» continuò, molto più melodrammatica del solito, «E poi neanche tu vorresti tornare indietro» concluse, osservandolo con la coda dell’occhio.

«Allora posso lasciarti sul ciglio della strada e andare a dormire in baita».

«Non lo faresti mai» lo sfidò lei, «Lasciarmi al freddo, sotto la neve… un camionista potrebbe rapirmi!».

«Vivere con la Yamanaka ti fa male» ribatté, scuotendo la testa, «E non sono sicuro nemmeno dell’influenza che Sakura abbia su di te».

Ovviamente,  in tutto questo, Hinata non aveva contribuito alla demenza che stava inghiottendo Tenten.

La ragazza sorrise, osservando Neji continuare a guidare. Le piaceva sentirlo così… libero. Che parlava e scherzava come se nulla fosse, senza che avesse la fronte perennemente corrugata o il broncio perché tutti quelli che c’erano attorno a lui avevano almeno un motivo per essere uccisi dalle sue mani. Ogni tanto Neji sembrava così di cattivo umore che a Tenten non passava per la testa di chiedergli come fosse andata in facoltà o se gli andasse di pranzare con lei.

«Ino voleva convincermi a portare della biancheria sexy che mi ha regalato» commentò, come se le idiozie di Ino potessero essere un buon argomento per passare il tempo.

«E tu l’hai portata?» domandò Neji.

La sua reazione sconvolse Tenten e, per la prima volta, pensò che forse Ino aveva ragione. Forse a Neji sarebbe piaciuta. Arrossì di punto in bianco, coprendosi le guance con le mani. «Con il freddo che fa? Neanche morta!» e simulò una risata. Che diavolo le prendeva? Si sentiva come ubriaca. Doveva darsi una calmata.

«Sei più…» iniziò l’altro, fermandosi a cercare la parola giusta, «Esuberante del solito, Tenten» disse. Dalla sua voce non traspariva niente, anzi, sembrava anche piuttosto divertito, «Sei sicura che Ino non ti abbia avvelenato?» domandò poi con finta preoccupazione.

«Cos―? No!» rispose, dandogli una leggera pacca sulla spalla, «Sono… solo un po’ su di giri» e raccolse le ginocchia al petto, mettendosi a fissare fuori dal finestrino. Decisamente doveva darsi una calmata.

«I piedi dal sedile, Tenten» la ammonì Neji, allungando una mano ad afferrarle con dolcezza il polpaccio, accompagnandolo oltre il sedile, per farlo ricadere delicatamente a terra.

«Sei così noioso!» ribatté, scherzando. Gli ubbidì, aprendo un po’ il finestrino per respirare a pieni polmoni l’aria di montagna, cercando di darsi un contegno, «Era da un sacco che volevo andare in montagna» disse quasi sovrappensiero, cambiando argomento. Non voleva che quelle vacanze diventassero una specie di circo dove lei era lo spettacolo principale.

«C’è pace» disse l’altro, e in qualche modo Tenten sapeva che Neji avrebbe detto una cosa del genere. «Mi merito un po’ di pace, no?» chiese poi conferma, girandosi un momento verso la fidanzata.

Tenten sorrise, sfiorandogli la mano con la propria, «Dopo tutte le volte che ti è toccato fare la spesa perché quei geni dei tuoi coinquilini finiscono il cibo senza dirtelo, una po’ di pace è proprio quello che ti ci vuole» lo rassicurò.  

 

* * *

 

«Che meraviglia!» Tenten non riuscì a trattenersi. Sembrava una bambina il giorno di Natale. Non andava in montagna da una vita e, di certo, non riusciva a ricordarsi nemmeno quando ci fosse andata in pieno inverno. Mise i piedi per terra, sentendo gli stivali affondare nella neve soffice che le bagnava i jeans. Faceva talmente freddo che la pelle d’oca strusciava contro i vestiti e le faceva male – ma il paesaggio! Ripagava del viaggio e del freddo.

«È bellissimo!» disse a Neji, intendo a tirare fuori le giacche a vento dal baule. Osservò il ragazzo mettersi la propria e poi avvicinarsi a lei con la sua, aiutandola a vestirsi: un gesto più di affetto che altro. Neji non avrebbe mai messo in dubbio l’autonomia di Tenten.

«Ti piace?» domandò poi, ritornando davanti al bagagliaio per estrarre le due valigie, «Ci venivo sempre da bambino per le vacanze di Natale» mormorò, poggiando i due trolley sulla neve, «Hiashi è stato così gentile che portava pure me, assieme alle sue figlie» continuò, senza specificare a quale periodo della sua vita alludesse. Tenten sapeva. «Non è cambiato per niente, tutte le volte che venivo qui rimaneva sempre uguale» continuò, chiuse la portiera della macchina e infilò le chiavi in tasca, afferrando poi le maniglie dei trolley, «Andiamo?» chiese retorico, incamminandosi verso il vialetto di pietra libero dalla neve che portava alla reception.

Tenten trotterellò vicino a lui, afferrando la propria valigia in modo da potergli stringere la mano. Era davvero felice di essere arrivata a destinazione. Tutto quel bianco rendeva l’atmosfera molto più magica di quanto lei avesse mai potuto immaginare. Le foto che aveva cercato su internet non erano nemmeno lontanamente paragonabili a quello che vedeva con i propri occhi. Si girò a guardare Neji e, in mezzo a tutta quella neve, le sembrò ancora più bello. Nonostante lei fosse un po’ goffa nel camminare, lui la sorreggeva e, nel frattempo, si faceva strada in mezzo alla neve come se ci fosse sempre vissuto.

«Ci venite così spesso?» domandò curiosa.

«Di solito passiamo tutto dicembre qui…» spiegò, arrivando finalmente al sentiero libero dalla neve, «Qui vicino c’è un paesino con un piccolo tempio. Hiashi è molto legato alla tradizione e andavamo a festeggiare il capodanno lì, per sentire i rintocchi delle campane» continuò, sbattendo i piedi per terra per liberarsi dalla neve.

«Uno di quei villaggi sperduti in mezzo al nulla?» Tenten era entusiasta, «Dev’essere una figata!» constatò.

«Lo è» sorrise lui, «Gli abitanti lo addobbano per le feste ed è pieno di luci» continuò, stringendole affettuosamente la mano.

«Ah!» Tenten si bloccò un attimo sul vialetto, riprendendo poi a camminare, «Prima che me ne dimentichi… Hinata mi ha chiesto se potevamo salutarla quando arrivavamo. Vuole assicurarsi che sia andato tutto bene…» disse, quasi temendo la reazione di Neji ma, vedendolo annuire acconsentendo – anche con piacere, dovette ammettere – passò alla domanda successiva, «C’è il wi-fi? Così facciamo una videochiamata… se veniva pure lei penso le farebbe piacere rivedere il posto».

«Attenta alle scale» rispose, evitando completamente l’argomento. Se c’era una cosa che aveva imparato stando con Neji, era che chi tace acconsente.

 

* * *

 

Tenten abbandonò la valigia in un angolo e si tolse alla svelta la giacca, buttandosi sul letto. Le coperte morbide le accarezzavano il viso ed il caldo le scioglieva il gelo delle ossa, trascinandola lentamente in un senso di torpore che – se fosse dipeso da lei – avrebbe sfruttato per dormire quattro giorni di fila.

Sbadigliò, trascinandosi seduta tra gli svariati cuscini. Non aveva mai visto così tanti guanciali su un letto solo – nemmeno Ino e Hinata ne possedevano così tanti! Si accoccolò tra questi, afferrando il cellulare dalla tasca dei pantaloni.

«Chiamo Hinata!» informò Neji, che usciva dal bagno trascinando i piedi, gettandosi poi di fianco a lei sul letto. Era stanco – una stanchezza che partiva dall’inizio dell’università e finiva con il portare il trolley nella baita. Doveva recuperare mesi di calma e tranquillità e i suoi nervi desideravano ardentemente un momento di silenzio. «Dai, vieni qui…» gli disse poi, più dolce che riusciva, sfiorandogli i capelli sciolti e poi la spalla, mentre con l’altra mano iniziava a chiamare Hinata.

Il telefono squillò un paio di volte prima che dall’altra parte dello schermo apparisse la Hyuuga, sorridente come sempre. «Tenten! Siete arrivati!» Hinata sorrise, sullo sfondo era ben visibile la cucina e, in sottofondo, la pentola brontolava.

«Che cucini di buono?» le domandò, osservando con la coda dell’occhio Neji che si allungava sulla valigia per estrarre dalla tasca gli occhiali. Quanto le piaceva quando indossava gli occhiali!, ma quello se lo tenne per sé.

«Fagioli e altre cose…»  rispose, spostandosi un ciuffo di capelli, «Il viaggio è andato tutto bene? Avete avuto problemi con la strada? Ogni tanto ghiaccia…» continuò, con quel suo fare gentile e preoccupato che la caratterizzava. Tenten era davvero fortunata a vivere in stanza con lei… probabilmente non avrebbe sopportato di stare in stanza nemmeno con Sakura, anche se le voleva davvero bene.

«Tutto bene! Questo posto comunque è magnifico, dovevi parlarmene prima!» rise, appoggiandosi il telefono sulle ginocchia, assicurandosi che la telecamera interna centrasse lei. Preferiva che la vedesse mentre si slacciava i codini piuttosto che filmare i muri. Hinata ridacchiò e, mentre Tenten cercava di liberarsi i capelli dalle forcine, sentì le mani di Neji sfiorare le sue, aiutandola con l’acconciatura. «Puoi anche farti vedere, sai!» lo rimproverò la ragazza, girando il telefono per includerlo nell’obiettivo.

«Neji!» lo chiamò Hinata, trattenendo le risate. Aveva abbandonato i fornelli per sedersi al tavolo, in modo da dedicarsi totalmente alla videochiamata. «Come stai?» gli chiese, coprendosi il sorriso con una mano per evitare che il cugino vedesse quanto la sua aria trasandata la divertisse. Vedere Neji spettinato e con gli occhiali, indaffarato con mollette ed elastici le sembrava una visione talmente rara quanto comica.

«Tutto bene, Hinata» le rispose un po’ sottotono, «La strada era più faticosa del previsto…» continuò, tenendosi le mollette tra le labbra come se fosse una scusa per non parlare, pettinando i capelli di Tenten con le dita.

Da dietro le spalle di Hinata si sentì un urlo che fece sospirare Neji, il quale si alzò più veloce che mai e si diresse in bagno, con la scusa di dover mettere in ordine le forcine. Scampò appena in tempo all’uragano Yamanaka che, investendo Hinata e facendo ballare il telefono nella ferrea presa della Hyuuga, si intromise nella conversazione gridando.

«Voglio vedere la stanza!» disse, la guancia premeva contro quella di Hinata, «Tenten! Fai un sacco di foto, eh!» continuò, facendo l’occhiolino, «Fammi sapere anche com’è fare sesso in baita!».

«Ino!» dissero all’unisono Tenten e Hinata, la prima seria e la seconda un po’ più titubante, «Non ho intenzione di raccontarti un bel niente, considerati fortunata se mi abbasserò a farti le foto del posto!» sentenziò.

Appoggiato allo stipite della porta del bagno, Neji aspettava arricciandosi una ciocca di capelli attorno all’indice, sospirando spazientito. «Ragazze… devo andare ora» disse, cercando di essere gentile – soprattutto per rispetto ad Hinata, «Buon appetito e buona notte!» concluse e, subito dopo che Hinata alzò la mano in segno di saluto, chiuse la videochiamata, impedendo ad Ino di dire qualcos’altro di scandaloso.          

 

* * *

 

Le luci si riflettevano sulla neve ai bordi delle strade, conferendo ai cumuli di fiocchi di neve una sfumatura dorata, quasi preziosa. Da qualche parte, una piccola banda si esibiva in canzoncine di natale mentre l’odore di cannella e mele si diffondeva per le strade. Tenten si strinse al braccio di Neji, guardandosi attorno come una bambina mentre cercava di esplorare ogni singola bancarella.

«Non posso credere che a Hiashi Hyuuga piaccia venire in questo posto» commentò, quasi senza pensarci, «È così… semplice».

«Il fatto che sia a capo di una famiglia benestante non significa che viva nel lusso trecentosessantacinque giorni all’anno, Tenten» la ammonì lui, ma senza cattiveria. «Ha bisogno di staccare anche lui. Tutti abbiamo bisogno di un momento di pace» e si girò a guardarla, un sorriso sottile ad impreziosirgli il volto che, pallido com’era, sembrava fatto di neve.

«Non volevo offenderlo…» mormorò in tono di scuse.

«Non c’era niente da offendere, tranquilla» e la mano di Neji scivolò sul suo braccio, intrecciandosi a quella di lei, «Spesso lo definiscono un uomo cattivo e giudicano male Hinata e Hanabi… ma ho passato abbastanza tempo con lui per capire che non è così», gli occhi di Neji si soffermarono su qualcosa, come una stella lontana anni luce, che, da qualche parte, sembrava vegliare su di lui, «È solo molto severo».

Tenten sorrise, ricambiando la stretta, accarezzando il dorso guantato della mano di Neji con il pollice, «Sono sicura che voglia bene anche a te» gli disse, rassicurante. Dopo le diatribe che aveva avuto con Hinata e l’odio incondizionato che provava verso il ramo della famiglia di Hiashi, il fatto che fosse così pacifico e quasi amorevole nei confronti dello zio era un ottimo segno. Tenten sapeva cosa significasse sentire l’affetto genitoriale ma, soprattutto, cosa significasse vivere senza averlo. Neji si girò a guardarla e, nella luce gialla delle lanterne, le sembrò che anche lui fosse prezioso come quella neve.

«E anche io te ne voglio» continuò la ragazza, fermandosi senza un preciso motivo. Le sembrò la cosa più giusta da fare, in quel momento: con i piedi ben piantati a terra e gli occhi puntati in quelli di lui. Le piaceva il modo in cui Neji era forte, quella sua apatia che nascondeva un oceano di sentimenti. I suoi movimenti gentili. Non desiderò essere in nessun altro luogo se non quello ed insieme a lui.

«Lo so» rispose Neji, cogliendo tutto quel bene che lei gli prometteva, assieme a quell’amore che lei non aveva citato, ma che entrambi sentivano di provare.

Le alzò il mento con due dita, continuando a stringere l’altra mano, e le sorrise di nuovo, di quei sorrisi belli come il sole.

Si chinò a baciarla, e attorno a Tenten non esisteva nient’altro se non Neji e la neve.

 

 

 

 

 

Note d’autrici ; 

 

Alla fine siamo tornate!

Beh, che dire? Quest’intermezzo era programmato ancora prima che facessimo al nostra paura. Volevamo dare un po’ di spazio a Neji e Tenten che, in fin dei conti, sono stati quasi totalmente oscurati dalle altre coppie che si sono formate nel corso della prima parte. Sappiamo bene che questo intermezzo, così come il capitolo speciale, non possa piacere a tutti per la questione che si concentra su un’unica ship. Ma sappiamo che qualche persona che segue Colla desiderava vedere un po’ di dinamiche tra Neji e Tenten… e quindi eccoci qua.

Nonostante tutto, speriamo che sia piaciuto ;)

Ci scusiamo infinitamente per essere mancate e aver lasciato tutto in sospeso, ma cercheremo di essere puntuali con queste pubblicazioni (dato che continuiamo ad essere un po’ indietro nello stendere i capitoli…), in tutti i casi cercheremo di non fare più pause lunghe come quella di giugno. Dal prossimo capitolo, in tutti i casi, inizia la Seconda Parte di Colla e, come già annunciato, vedrà la partecipazione di Temari, Gaara e Kankuro /

Per il nostro ritorno abbiamo anche deciso di rinfrescare un po’ la grafica di Colla, dato che la precedente iniziava a dare un po’ di problemi. Speriamo che si veda regolarmente tutto (font compresi) *^*

 

Noi ci salutiamo e ringraziamo per tutti quelli che sono rimasti e ritorneranno per seguire Colla!

Dovremo pubblicare il nuovo capitolo sabato prossimo, salvo problematiche (considerata la nostra sfiga…), in tutti i casi, continuiamo ad aspettarvi su facebook! ;)

papavero radioattivo.





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Capitolo 24
*** PARTE SECONDA ―「capitolo ventitré」 ***






Colla

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  PARTE SECONDA 

capitolo ventitré

 

 

 

 

Shikamaru sospirò davanti al portatile, aspettando l’inizio della lezione. Le vacanze erano durate troppo poco, gli esami erano andati discretamente, e non era comunque riuscito a recuperare gli arretrati di sonno che si trascinava ormai da una vita.

Accese il computer cercando di tenere gli occhi aperti, e poi incominciò a giocare a Pokèmon Zaffiro, maledicendo Ino che lo aveva trascinato fuori da casa ad un orario assolutamente indecente.

Da quando quella ragazza si era fidanzata con Sai aveva letteralmente messo radici in casa loro, rovinandogli l’esistenza. Il punto fondamentale dell’avere un appartamento fra uomini, stava nella necessaria mancanza di donne, ma con Ino in casa l’equilibrio di quella topaia era stato intaccato per sempre.

Osservò il suo Treecko comparire sullo schermo, la grafica superata da secoli capace di farlo tornare indietro nel tempo, a quando era un bambino, e poi una voce femminile lo distrasse all’improvviso, costringendolo ad alzare la testa dal pc – era raro vedere una ragazza girare nei corsi di Informatica.

«Nemmeno mi saluti, gentile da parte tua» gli disse, prendendo posto accanto a lui senza nemmeno chiedere se quella sedia fosse occupata o meno.

Shikamaru aggrottò le sopracciglia, «Temari?» domandò confuso, «Che diavolo ci fai qui?» lei abitava in America, non avrebbe dovuto essere lì.

«Quello che ci fai tu» rispose aprendo la tracolla, estraendo un piccolo tablet, «Con l’unica differenza che io non gioco ai pokèmon».

Era bello vederla dal vivo – per una volta – , e non dietro lo schermo di un computer, anche se nell’ultimo periodo non si erano sentiti poi così tanto, non che a lui importasse, ovviamente.

«Però giochi di merda a LoL» le fece notare, ritornando a premere sulla tastiera, e in effetti era da prima di Natale che il fantomatico SouariTem non faceva una partita decente.

La ragazza scosse le spalle, «Infatti non sono io a giocare» spiegò, spostando lo sguardo su di lui, «È mio fratello, io non gioco mai di merda».

Shikamaru incrociò il suo sguardo, abbandonando il piccolo personaggio quadrato che Sasuke – in uno dei suoi rarissimi impeti di socialità – aveva suggerito di chiamare “Dobe”, e poi poggiò il gomito sul tavolo.

«È la palla più vecchia che esista, lo sai?» le disse, e Temari sorrise stringendosi nelle spalle.

«Puoi non crederci, ma ho avuto cose più importanti da fare» replicò, e la porta dell’aula si aprì, lasciando comparire il professore, «Come fare le valige e venire qui da mia nonna, per esempio» aggiunse abbassando il tono della voce mentre l’uomo dietro la cattedra sistemava il microfono, «E devo confessare che dopo un po’ diventa noioso batterti in tutti i giochi che ti vengono in mente».

Shikamaru scosse il capo chiudendo l’emulatore, «Perché non abbiamo mai giocato a shogi» le disse, osservandola mentre incominciava a prendere gli appunti.

Lei non gli rispose subito, prima finì di battere la frase, e poi lo guardò, «Vorrà dire che ci giocheremo» ribatté, anche se non conosceva le regole degli scacchi giapponesi.

Concluse le due ore di lezione e le successive di laboratorio Temari infilò tutto nella borsa, alzandosi in piedi ed aspettando che anche lui facesse lo stesso, «Dove si pranza in questo posto?» gli chiese, e Shikamaru sospirò mettendo via il computer.

«In mensa, dove si mangia in tutte le università, suppongo» almeno che in America non mangiassero fuori.

 

* * *

 

Shikamaru sospirò, incamminandosi verso il tavolino accanto alla vetrata, la quale ricopriva l’intera parete che dava sul cortile esterno. Era stato tutta la mattinata con Temari – lui, però, non le aveva offerto compagnia e lei si era praticamente autoinvitata nella sua vita. Come faceva su internet, del resto.

Certo, si conoscevano da mesi ormai, ma l’idea che lei fosse una presenza viva accanto a lui, fatta di carne, ossa ed essenza vitale, un po’ lo destabilizzava. Era abituato a pensarla come una nerd oltreoceano che lo stracciava a Leagues of Legends e rideva con lui alle due del mattino, scrivendogli un po’ di barzellette in un pessimo giapponese.

Di sicuro quando parlava non aveva una pronuncia ed una conoscenza della lingua era tanto migliore.

«È carino qui» borbottò lei con una patatina tra i denti, sedendosi davanti a lui. Nessuno le aveva chiesto la sua opinione e, quello che era peggio, Shikamaru non aveva la minima idea di come risponderle. Osservò il sandwich confezionato che Temari aveva preso e la porzione di patatine fritte. Francamente, non ricordava che la mensa offrisse certe pietanze… in realtà, lui non si era accorto di un bel po’ di cose. Semplicemente non erano interessanti o utili per la sua sopravvivenza.

Aveva notato, però, gli occhi verdi di Temari, che sembravano marroni nella webcam. Ricordava di averli già visti del loro colore in una foto che lei gli aveva mandato tempo prima, ai tempi della rimpatriata che aveva fatto con i ragazzi del Liceo. Ma per una cosa o per l’altra aveva abbandonato quell’idea in un angolo del suo cervello.

Sospirò, afferrando la lattina di caffè per versarselo nel bicchiere e gustarselo in santa pace. Non doveva pensare agli occhi di lei. Non voleva nemmeno risponderle male, ma se avesse saputo cosa dirle lo avrebbe già fatto. Ora capiva che cosa intendeva dire Ino quando gli diceva che «se continui così non riuscirai più a relazionarti con gli altri!».

«Hai perso la lingua?» chiese l’altra, agitando il suo panino in aria, «Puoi anche parlare, sai» continuò, dando un morso al suo pranzo.

«Non è una cosa che mi piace fare» borbottò lui, afferrando con le bacchette la sua soba. Caffè e soba, Shikamaru, un’ottima accoppiata si disse mentalmente, maledicendosi per quella trovata di bere il caffè pochi secondi prima. La sua cattiva alimentazione era comunque leggendaria, e dato che non importava a lui per primo, non capiva perché gli altri avrebbero dovuto intromettersi.

«Lo avevo immaginato, dato che avrai detto trenta parole in tutta la mattina» commentò lei, osservandolo. Sembrava non avesse mai visto qualcuno usare delle bacchette.

«Seguivo le lezioni» si giustificò, alzando gli occhi per incontrare i suoi, «E poi mi sembrava che te la stessi cavando benissimo».

«Come sempre» sorrise lei, con fare di sfida, «Io me la cavo sempre benissimo».

Quel commento lo fece sorridere. Doveva ammetterlo: per quello che lui aveva potuto constatare, era vero. Temari se la cavava, trovava sempre un modo. Anche quando lui la sfidava in giochi che lei non conosceva, tempo un pomeriggio e già si destreggiava discretamente tra i vari comandi.

«Vuoi che ti faccia un complimento?» chiese ironico.

«Beh» rispose, facendo schioccare la lingua contro il palato, «Non sarebbe una cattiva idea» ed incrociò le braccia, sporgendosi in avanti, in attesa della battuta dell’altro.

Shikamaru, con biblica lentezza, unì le bacchette e le posò sulla ciotola della sua soba in brodo, si pulì le labbra e tenne le palpebre chiuse per qualche secondo. «Sei più brutta su Skype» le disse, apatico.

Temari ridacchiò, trattenendosi dal farlo sguaiatamente. Quando faceva battute del genere ad Ino, come minimo doveva aspettarsi un ceffone o un insulto. La sua reazione lo sorprese – non era una ragazza come tutte le altre. Doveva capirlo da quando l’aveva vista aggirarsi tra i corridoi della facoltà di Informatica, o dopo la prima vittoria a League of Legends.

«Avevo pensato che ti fossi dimenticato il tuo senso dell’umorismo» gli disse, aprendo la sua lattina di Coca-Cola.

«Io non ho senso dell’umorismo» la corresse lui, ritornando a mangiare.

D’accordo, doveva arrendersi. Temari era simpatica esattamente come ricordava. Le sorrise, cercando di iniziare godersi l’idea di vederla più frequentemente e, soprattutto, vederla. Non aveva intenzione di raccontare all’appartamento chi aveva incontrato in Università – tanto nessuno gli chiedeva com’era andata la giornata. Se, ipoteticamente, dovesse uscire con Temari, non avrebbe detto nulla a nessuno. Quando e se scopriranno che SouraiTem esiste, allora penserà al da farsi.

In tutti i casi Shikamaru dubitava che si sarebbero interessati a lui. Ormai aveva la fama dell’omosessuale con una relazione a distanza, e dato che la copertura gli faceva comodo, non vedeva perché smontare tutto il teatrino. E poi, ci teneva a ribadire, la cose non gli interessava.

Non fece neanche in tempo a concludere il pensiero che un fondo sordo fece vibrare il vetro accanto a lui, Temari guardò disgustata la finestra e Shikamaru si girò per osservare cosa fosse tutto quel trambusto: Kiba era attaccato alla vetrina, il naso schiacciato e le sopraciglia aggrottate mentre studiava la scena. Si staccò immediatamente e corse verso l’entrata della mensa.

«Chi era?» domandò Temari, mettendo giù la lattina.

«Un mio coinquilino rompipalle» sospirò l’altro, preparandosi alla conversazione di basissimo livello intellettuale e interesse che avrebbe dovuto sostenere.

Voleva mantenere il segreto? Evidentemente aveva fatto qualcosa di male, perché i Kami avevano appena fatto piovere dal cielo una delle persone più pettegole di quella combriccola di deficienti in cui lui, volente o nolente, ci era finito dentro.

«SHIKAMARU!» sbraitò l’Inuzuka, esattamente come un cane. Se Shikamaru voleva passare inosservato gli anni dell’Università, aveva appena fallito.

«Che vuoi» disse senza interesse, distogliendo lo sguardo dalla ragazza, senza incontrare quello dell’altro.

«Tu te ne stai seduto qui con una ragazza e non me la presenti nemmeno?» disse, mettendosi le mani sui fianchi, «Aspetta» continuò, bloccandosi di colpo, «Tu te ne stai seduto con una ragazza!» esultò poi, avvicinandosi a lui per appoggiare un braccio sulla sua spalla, «Non eri mica gay, amico?» chiese poi, ammiccando alla sconosciuta.

«Non ho mai detto di essere gay».

«Beh!» ribatté l’altro, rimettendosi dritto con le mani in tasca, «Non hai mai detto neanche il contrario».

«Mi lasci in pace?» chiese, alzando gli occhi verso Kiba. Non era molto convincente e, se era arrabbiato, di certo non lo dava a vedere.

«Perché dovrei? Vengo qui a salutarti e tu non mi dici nemmeno come si chiama la tua… amica».

«Temari» s’intromise lei, come se volesse andare in soccorso a Shikamaru. Si alzò e tese la mano all’altro, trovandola estremamente ruvida e poco piacevole. Al contrario, quelle di Shikamaru davano l’impressione di essere morbide e delicate – a passare così tanto tempo al computer come faceva lui, era ovvio che avesse una certa abilità manuale.

Temari sorrise tra se e se, osservando il ragazzo sospirare alle continue avance del tale che non si era nemmeno presentato, nonostante lei avesse detto il suo nome. «E tu saresti?» gli chiese, rimanendo in piedi a braccia conserte. Ormai si era messa in gioco e, dato che Shikamaru non l’aveva implorata nemmeno con lo sguardo di starne fuori, le sembrava divertente partecipare a quella scenetta.

«Kiba Inuzuka, dolcezza» disse lui, facendole l’occhiolino, «Studio veterinaria».

Shikamaru sorrise sarcastico, svuotando il bicchiere.

«Veterinaria?» chiese retorica, fingendosi interessata, «Al mio fratellino piacciono i tassi» commentò senza particolare pretese.

Come si aspettava, Kiba non fece una piega. Non era minimamente interessato a stabilire una sorta di contatto intellettuale. Non la guardava nemmeno negli occhi, a meno che non gliene fossero spuntati un paio sulle tette.  

Semplicemente ridicolo.

«Che intendi fare con SouraiTem, allora?» domandò a Shikamaru, appoggiandosi al vetro. Si era piazzato lì come se qualcuno lo avesse invitato, quand’era evidente che stava solamente rompendo le palle.

Temari sospirò rumorosamente per farsi sentire, ma quel gesto non ebbe nessuna influenza sul terzo incomodo. Un po’ frustrata, decise di affogare la sua rabbia sul panino, finendolo in pochi bocconi.

«Che cosa dovrei fare con SouariTem, scusami?» chiese l’altro in risposta. Era divertente sentire parlare di sé stessi.

«Mica stava assieme?» sembrava parecchio confuso.

«No che non stava assieme a SouariTem» disse lei, ingoiando il boccone, bevendoci poi su per liberarsi dalla sensazione di peso in gola, «E prima che tu mi chieda come lo so, perché lo leggo dalla tua faccia che vuoi chiedermelo, sono io SouariTem» e gli rivolse lo stesso occhiolino con cui lui si era presentato poco prima.

«COSA?!», Kiba sembrava aver appena perso qualche anno di vita. Era così impensabile? «Quel dannato che faceva venire l’umore nerissimo a Shikamaru era una Quella?».

Stavolta fu Shikamaru a sospirare.

«Beh» rispose l’altra, dondolandosi sulla sedia, «Anche noi ragazze abbiamo delle dita, e dato che ho un cervello sicuramente più sviluppato del tuo, direi che giocare a League of Legends mi riesce abbastanza facile».

Shikamaru si passò una mano tra gli occhi, continuando con il suo concerto di sospiri. Non ce la faceva più e, per un momento, Temari pensò di aver esagerato.

Kiba rimase un momento interdetto. Cercò di recuperare la sua scioltezza, la stessa con cui si era presentato e aveva flirtato con lei. Provò a sorridere suadente, come se non fosse offeso, e lasciò un paio di pacche sulla spalla di Shikamaru, «Sta’ attento amico, questa è una di quelle che ti porta a letto e poi ti ruba tutti i soldi» gli consigliò come  fosse chissà quale maestro di vita, prima di scappare via senza salutare.

«Lo dirà a tutti» sentenziò lui, e il piede di Temari gli sfiorò la gamba in un gesto di affetto e consolazione. Quando alzò lo sguardo per incontrare quello di lei, la vide sorridere.                    

 

* * *

 

 Kiba era rimasto chiuso fuori di casa, non aveva portato le chiavi pensando che al suo ritorno ci fosse qualcuno, ma a quanto pareva avevano tutti di meglio da fare che starsene a casa.

Attraverso i pochi metri del pianerottolo e, senza nemmeno bussare o suonare, aprì la porta dell’appartamento degli altri ragazzi, trovando Rock Lee seduto sul pavimento assieme a Naruto.

«Che state facendo?» domandò mentre Akamaru gli correva incontro scodinzolando, alzando le grosse zampe anteriore e poggiandogliele sulle spalle – almeno aveva avuto il buon senso di non chiuderlo in casa da solo.

Naruto alzò lo sguardo su di lui, lasciando libero il grasso gatto di Sasuke che, con un orrendo cappellino di carta in testa, scappò veloce verso il bagno, «Ciao Kiba» lo salutarono all’unisono i due deficienti, «Stavamo giocando con Gatto» spiegò Naruto alzandosi dal pavimento, mettendosi seduto sul divano.

Quello era un chiaro segno che Sasuke non era in casa, altrimenti li avrebbe uccisi entrambi.

Kiba fece calmare Akamaru coccolandogli facendogli i grattini alle orecchie, e poi li seguì sul divano. «Dove sono Shino e Neji?» chiese, e il cane poggiò il muso sulle sue gambe cercando altre carezze.

«A fare la spesa» gli rispose Lee, «Neji si è incazzato perché finiamo le cose e non lo diciamo» spiegò, e la porta della stanza si aprì di colpo, lasciando comparire Ino e Sai. Nessuno aveva ancora capito perché la Yamanaka passasse così tanto tempo lì quando aveva una sua casa, ma dal momento che quello non era il suo appartamento non era di certo un suo problema.

Ino si guardò attorno con la faccia delusa, «Ah, siete solo voi» disse stringendo la mano di Sai, «Pensavo fosse tornato Shikamaru».

«Non credo tornerà tanto presto» ridacchiò Kiba stringendo le orecchie di Akamaru fra le mani, muovendogliele su e giù come un idiota, «Oggi era con SouariTem, o come diavolo si chiama» spiegò, condannando il poveretto, «A quanto pare esiste, ed è anche una figa».

«Vorrai dire un figo» lo corresse Ino, oramai certa dell’omosessualità del suo migliore amico, ma Kiba la guardò intensamente.

«Figa Ino, una ragazza bionda con un davanzale da paura» sorrise lui, continuando a giocare con le orecchie del cane.

Ino rimase interdetta per una manciata di secondi, «È una femmina?!» domandò retorica, «Non può essere una femmina!» continuò poi, lasciando bruscamente la mano di Sai. «Mi ha mentito! Mi ha detto che era un maschio» sembrava un disco rotto, continuava a ripetere le stesse tre cose.

«Veramente non mi pare che lui abbia mai detto che fosse un uomo» le disse Naruto, cercando di calmare quella crisi isterica assolutamente infondata. Sembrava un’invasata, esattamente come quando lui le aveva detto che Sasuke e Sakura stavano assieme – non osava immaginare che cosa avesse detto quando aveva saputo di lui e di Hinata! Non poteva ficcare il naso nella vita sentimentale di ogni essere vivente che la circondasse.

Ino lo guardò male, «Certo, lo dici tu che neanche ti ricordi che cosa hai mangiato a pranzo».

«Ramen» rispose lui, e Kiba borbottò qualcosa che gli parve un “Come se fosse difficile per lui ricordarselo”, ma Ino ignorò entrambi, avvicinandosi al divano, quasi calpestando Akamaru.

«Dove li hai visti?» chiese appoggiandosi allo schienale, dava l’idea di una pazza invasa che stava cercando la sua prossima vittima.

Kiba poggiò la schiena al divano, alzando la testa per incrociare lo sguardo di lei, «In università, erano in mensa a mangiare» le rispose tranquillo, coprendo poi uno sbadiglio con una mano, «Ed io devo portare fuori Akamaru, quindi vi saluto» aggiunse alzandosi, fischiando mentre il cane gli correva dietro esagitato.

Ino sorrise soddisfatta, se lui li aveva visti in università significava che lei abitava qui, o comunque studiava qui e lei l’aveva sempre avuta sotto il naso e non l’aveva mai saputo! Probabilmente stavano già assieme e quel pigro asociale non le aveva detto niente come suo solito, e forse anche Choji sapeva e glielo aveva tenuto nascosto.

«Ti accompagno a casa?» la voce di Sai era dolce mentre le sfiorava il dorso della mano. Doveva solo decidere se sbattergli in faccia che sapeva tutto oppure aggirare l’ostacolo “Ino ho sonno non mi rompere” e andare dritta al punto. Parlare con Shikamaru era inutile, doveva trovare un altro modo.

«Sì, grazie» sorrise, lasciandogli un bacio sulle labbra prima di intrecciare le dita alle sue.

 

 

 

 

 

Note d’autrici ; 

 

Beh, alla fine è stata dura, ma ce l’abbiamo fatta! /

Temari è arrivata, e finalmente oseremo dire Ci dispiace per coloro che hanno atteso la sua entrata fino ad ora, e speriamo di non aver deluso le vostre aspettative! ;___; Shikamaru e Temari, per ora, sono i personaggi che ci riescono più difficili in termini di caratterizzazione, a maggior ragione ci teniamo che chi aspettava per leggere di loro non rimanga deluso da Colla.

Note d’autrici brevissime, avete ragione… ma sarà l’estate, sarà che siamo all’inizio della seconda parte, sarà che la voglia di fare sta diventando poca perché andiamo a dormire tardi… XD Ma stiamo cercando di riprendere il giro, e vi promettiamo di cercare di mantenere le scadenze come abbiamo sempre fatto.

Inoltre, stavolta facciamo un po’ di spam gratuito verso noi stesse: se qualcuno conoscesse il fandom di D.Gray-man e volesse leggere qualcosa di nostro, consigliamo di passare a guardare il nostro profilo!

Un bacio e alla prossima!

 

papavero radioattivo.

 





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