All of me. di xmaryf (/viewuser.php?uid=656705)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Feelings. ***
Capitolo 2: *** San Diego. ***
Capitolo 3: *** Happiness. ***
Capitolo 4: *** My life wold suck without you. ***
Capitolo 5: *** Run right into you. ***
Capitolo 6: *** Fire Breather. ***
Capitolo 7: *** Fear. ***
Capitolo 1 *** Feelings. ***
All of me.
POV
COLIN.
Mi alzo, oggi
è un nuovo giorno, un giorno diverso. Dovrei essere felice,
eppure c'è qualcosa che non va. Penso che domani saremo a
San Diego, e lei sarà accanto a me ogni istante.
Ovviamente ci vediamo
ogni giorno per le riprese, la vado a prendere e la porto a casa io,
ogni giorno. Il tragitto è estenuante... vorrei dire tante
cose, ma non riesco.
Penso a Helen, e Evan.
Non posso farle questo.
Eppure non riesco a
starle lontano, è più forte di me, diamine Jen
perché sei così?
Quegli
occhi che mi rapiscono, mi guardano l’anima, mi scrutano.
Quelle labbra caste. Quei capelli biondi con dei fili marroni che hanno
il profumo più bello del mondo, di lavanda suppongo.
Ringrazio il cielo che
Hook mi renda le cose facili. E’ più facile dirti
quello che sento sotto mentite spoglie.
E continuo a pensare a
domani, a come sarà vederla bella, libera, e spensierata
fuori dal set. Lo aspetto come se fosse il mio ultimo giorno in vita e
dovessi viverlo al meglio.
Meglio cambiarmi,
passare da un bar, prendere due muffin, un caffè e un
cappuccino come piace a lei e poi passare da casa sua e vedere se
è pronta per andare a lavoro.
[…]
Arrivo a casa sua alle
6.30 del mattino. Busso e mi apre, dio sembra un angelo sceso dal
cielo, i capelli biondi arruffati, gli occhi lucidi di chi si
è appena svegliato, ed un sorriso che sa di buono.
“Buongiorno”
ecco quel sorriso smagliante.
“Buongiorno
Jen, ecco il cappuccino” sorrido timidamente.
“Poggialo
sul tavolo, vado a vestirmi”
“Okay, ti
aspetto qui.”
Poggio i muffin, il
caffè ed il cappuccino sul tavolo e vado a sedermi,
aspettando che lei si vesta.
Quella camicia da
notte che arrivava a metà coscia le lasciava intravedere le
gambe.
Lei non è
il tipo di ragazza che lascia intravedere facilmente le sue gambe, dice
che sono troppo lunghe e brutte.
Come al solito non
siamo mai d’accordo.
[…]
Arriva, dopo 10 minuti
d’attesa. I capelli ancora arruffati che sta cercando di
trattenere in una coda mentre io rido perché non ci riesce
neanche, un paio di jeans neri molto stretti che definiscono i fianchi
e le gambe, una camicia nera con collo bianco, e una giacca nera molto
semplice.
E’ davvero
bella. Dopo circa 5 minuti ad imprecare ha deciso di lasciar stare i
capelli, mettere su un cappello e di lasciarli ricadere sulle spalle.
“Sei
pronta?” guardandola con un’occhiata alla Hook.
“Sì
Colin, sono pronta, basta fare quegli sguardi alla
Hook’’
‘’Eddai,
fa parte di me’’
‘’Ma
se non gli assomigli per niente’’
‘’Sssh,
abbiamo gli stessi occhi o sbaglio?’’
‘’Sì,
ma almeno tu hai due mani!’’
“Touché”
Ci incamminiamo,
scendendo nel parcheggio, entriamo in macchina senza dire una parola,
20 minuti di viaggio senza dir nulla. Solo sorrisi e sguardi.
A volte penso di
sembrare un adolescente in preda ad una cotta.
Poi ricordo di avere
33 anni, una moglie ed un figlio. E tutta la spensieratezza scivola
via.
Neanche il tempo di
arrivare sul set, ed arriva Josh ed inizia a stuzzicarci con le solite
domande.
“Allora,
com’è che tu e Jen venite sempre
assieme?”
“La strada
è la stessa, la mattina passo a prenderla e veniamo qui.
Nulla di più, nulla di meno.”
“Mmmh,
sarà. Pronto per domani?”
“Sì”
– mento – in realtà non sono affatto
pronto. Le luci, le telecamere, tutte quelle domande. Io e lei
più vicini del solito, questo mi fa quasi male.
Passa la giornata
tranquillamente, come al solito. Tante scene CaptainSwan, finiamo
sempre per appartarci nel mio o nel suo camerino da soli, in modo che
nessuno venga a disturbare. Parliamo, ripassiamo le battute,
e giochiamo come due ragazzini.
Abbiamo appena finito di girare, sono le 5 del pomeriggio quando Adam
ed Edward ci avvisano che abbiamo 2 ore per prepararci per partire.
“Alle sette
tutti qui.” esclama Edward eccitato.
Adam controbatte
“Alle sette è presto, facciamo alle sette e
trenta!”
“Va bene,
allora sette e trenta tutti qui” continua Edward
“Ah, J e Colin, puntuali mi raccomando”
“Okay”
esclamiamo in coro senza neanche accorgercene.
Saliamo in macchina
senza proferire parola.
Sono nervoso, ansioso.
Fa parte di me, ma in questo momento lo sono più del solito.
Non parliamo per tutto
il viaggio, ci guardiamo a volte. Sguardi veloci, sorrisi sfuggenti.
Arriviamo davanti al
suo appartamento, non posso non parlarle, devo fare
qualcosa…ma cosa?
“Ehi
Jen”
“Sì
Colin dimmi”
“Ecco
ehm..io..”
“Sì?”
Posso dirle quello che
sento? NO! Non posso, non devo, domani saremo a San Diego per
“lavoro” e poi torneremo e dovremo lavorare sul
serio. Hook e Emma stanno insieme adesso, questo vale a dire che ci
saranno molte scene con lei. Non posso rovinare tutto adesso.
“Ehm..Colin..Uuuh,
ci sei?”
“Ahh, ehm
sì, nulla volevo dirti di non perdere molto tempo”
“Sì
certo! A dopo”
“Ciao..”
Torno a casa, mi sfilo
i vestiti e mi vado sotto la doccia. Ci sto una buona
mezz’ora, come se la doccia servisse per scrollare via tutti
i pensieri e le preoccupazioni per domani.
Esco, guardo il
cellulare e trovo 7 chiamate perse da Jen.
Ma che diamine succede?
La chiamo.. uno, due,
cinque squilli. Nessuna risposta.
Prendo il completo per
il panel, un paio di jeans, una maglietta, 2 paia di boxer, lo
spazzolino e li metto in valigia. Prendo le chiavi della macchina e con
fretta e furia parto, in 5 minuti arrivo a casa sua.
Busso due, tre volte.
Nessuna risposta.
Decido di usare le
chiavi che mi ha dato in caso di emergenza. E’
un’emergenza no?
Apro, do
un’occhiata alla cucina e al salotto, non la trovo.
Vado quasi in panico.
Allora decido
– a mio rischio e pericolo – di andare nella sua
stanza, apro la porta di fretta, e la trovo lì.
Con i capelli bagnati,
vestita solo con un asciugamano che lascia poco
all’immaginazione. Sta preparando la valigia.
Ci guardiamo per pochi
secondi.
“Diamine
Colin che spavento, esci subito!”
“Okay..
scusa mi dispiace.”
“Mi spieghi
come hai fatto ad entrare?”
“Sai, le
chiavi di riserva”
“Hai usato
le chiavi di riserva? Ma come ti è venuto in mente? Ma poi
perché?”
“Diamine
Jen, 7 chiamate perse, stavo fuori di me. Ero preoccupato..”
“Ohw.”
Si
calma, e viene ad abbracciarmi. L’abbraccio più
bello dell’universo. Sa di buono.
Lei
stessa ha un buon profumo. Lavanda, se ben ricordo.
Ricambio
l’abbraccio e la stringo a me.
Questo
momento sembra infinito.
Lei
si stacca un po’ bruscamente e mi guarda.
I
miei occhi fissi nei suoi.
Verde
e azzurro che si incrociano e si completano.
“Allora..”
dice “la valigia è pronta.” La fisso
incantato. “Quindi adesso…’’
“Adesso?”
dico senza capire.
“Adesso
dovresti girarti o uscire, dato che dovrei vestirmi”
“Oh, okay
adesso mi giro.”
Mi giro, non
ricordandomi che di fronte a me c’è un grande
specchio.
Non lo ricordo neanche
a lei. Sorrido timidamente, inconsapevole di farlo. E’ lo
specchio che me lo fa notare.
Intravedo
le sue curve perfettamente, la pelle chiara, morbida, e i capelli
biondi mischiati al suo castano naturale che le ricadono sulle spalle.
Il corpo perfetto.
Finisce di mettere il
reggiseno, mi tira per un braccio “So che stavi guardando,
esci!” dice ridendo.
Quei sorrisi che sanno
di quotidianità.
Alzo le mani in segno
di resa “Okay, okay beccato! Sto uscendo”
Dopo 5 minuti esce, mi
fissa con lo sguardo “hai visto troppo, adesso
dovrò ucciderti”
Scoppiamo a ridere.
Prende le sue cose,
usciamo tranquillamente e ci avviamo verso l’auto.
Durante il tragitto
parliamo delle riprese della mattinata, mi chiede di Helen e Evan.
Non so cosa dire
quindi cambio subito discorso.
Sono le 7.20 pm quando
arriviamo sul set.
Edward e Adam ci
applaudono scherzando “Oh mio dio, è un anno e
mezzo che andate e venite insieme ogni mattina e sera, è la
prima volta che arrivate in anticipo!”
Jen mi guarda e
scoppia a ridere. Una fragorosa risata. E io rido insieme a lei.
Mi sento come se
fossimo in una bolla. Solo io e lei.
Ma poi si torna alla
realtà.
“Forza
andiamo! L’areo parte alle 8.45 pm”
Tempo 30 minuti e
siamo all’aeroporto.
Aspettiamo
più o meno 20 minuti e chiamano il nostro volo per
l’imbarco.
Quando
c’imbarchiamo veniamo a conoscenza dei posti di volo.
Lana vicino a Josh. Io
vicino a Jen.
Quattro ore di volo
costantemente vicini. Non so se sia una cosa bella o una cosa brutta.
L’aereo
parte, e dopo circa un’ora Jen comincia con le solite
lamentele. Si lamenta sempre in questi casi…
“Colin ho
sonno, secondo te ce la faccio a dormire per un’ora
circa?”
“Sì,
penso di sì.”
“Allora
svegliami tra un’ora. Mi raccomando.”
E
la vedo appoggiarsi allo schienale rannicchiata come una bambina.
Dorme, sembra un angelo. E con
questi pensieri mi addormento anche io. Sognandola, o
magari sognando quello che succederà a San Diego.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** San Diego. ***
San
Diego.
POV COLIN.
Josh ci sveglia
urlando “Siamo arrivati a San Diego piccioncini!”
dopo due ore e mezza di sonno, e quattro ore di viaggio
accanto a lei, ma c’è qualcosa di strano.
Piccioncini? Ma che vuol dire?
Mi guardo intorno
sbattendo velocemente le palpebre abituandomi alla luce che arriva da
sopra i nostri posti. Lei non è più rannicchiata
al suo posto come una bambina ed io non sono quasi sdraiato come quando
ci siamo addormentati. Non capisco.
Poi guardo meglio.
Ha la testa appoggiata
sul mio petto, ed io ho appoggiato la mia fronte ai suoi capelli.
Strana posizione.
Le bacio i capelli per
svegliarla e lei sussulta. Si guarda intorno e sgrana gli
occhi.
“Scusa
Colin, non volevo” mi dice, abbastanza intimorita.
“Tranquilla,
tesoro” esclamo senza pensarci. Poi sgrano gli occhi
accorgendomi di quello che ho appena detto e tento di spostarmi. Troppo
bruscamente, forse. La vedo restarci un po’ male, ma cambia
subito espressione. Un sorriso timido, come se si vergognasse.
Scendiamo e ci
rechiamo in albergo. Pensavo ci dessero le stanze separate, dato che le
dovremmo occupare solo per due notti, ma a quanto pare non è
così. O almeno non per tutti…
Lana ha una stanza da
sola. Josh anche. Ma io e Jennifer siamo nella stessa stanza, ironia
della sorte. Colpa di Josh. Il proprietario aveva detto che
c’erano solo 3 camere disponibili, di cui una con due letti.
Josh mettendosi in mezzo, si è messo a scherzare
“Tu e Jen siete sempre insieme, andateci voi nella stanza
doppia.” Lo sta facendo apposta, me lo sento. Maledetto.
Jen acconsente senza
replicare.
Appena entra nella
stanza, saltella indicandomi il letto vicino alla finestra.
“Voglio
quello.” dice eccitata.
“Oh, no cara
Jennifer, quello è mio. Mi dispiace.” le dico per
farla infuriare. E’ buffa quando si arrabbia.
“NO! Dai
dai, quello è mio, lo voglio io ti prego.” fa il
broncio, e fa la finta offesa per averla sfidata.
E così
accetto, non intendo farla infuriare ancora di più o mi
butterebbe davvero da quella finestra che tanto adora.
“Va bene,
per stavolta”
“Oh che
bello” urla, sorridendo a trentadue denti. E mi salta al
collo abbracciandomi.
A volte sembra una
ragazzina.
[…]
Dovrei fare una doccia
per rilassarmi ma non credo di farcela con lei in stanza, è
una cosa strana.
Però decido
di provarci comunque, almeno per scrollarmi il malessere di dosso.
Non mi rendo conto del
tempo che ho passato in doccia, credo sia passata un’ora, ma
non ne sono proprio sicuro.
Esco dal bagno in
fretta e furia ma mi blocco sulla porta quando la vedo indaffarata a
cercare qualcosa da mettere per andare a dormire.
Non ha la
più pallida idea che io sia dietro di lei ad osservarla
attentamente, mi sento un po’ a disagio a dire il vero, ma
non so dire il perché.
Di scatto si gira, mi
sorride a malapena.
“Hai finito,
finalmente” mi dice un po’ bruscamente. Sembra
arrabbiata.
“Sì,
scusa se ho perso tempo”
“Fa nulla.
Adesso spostati o ti butto giù dalla finestra” mi
dice ridendo.
Non so che dire e
rido.
In un attimo ci
blocchiamo, ci osserviamo, come un predatore osserva una preda. Strana
metafora.
Io sono ancora con
l’asciugamano ai fianchi.
“Vai a fare
quello che devi fare in bagno, così posso
vestirmi” le dico distrattamente, rompendo il silenzio.
“Sì...ehm,
certo” continua a scrutarmi, sorride a malapena, arrossisce e
si chiude in bagno. Non comprendo molto bene quello che sta succedendo,
c’è un’atmosfera strana in questa
stanza. Anzi no, c’è un’atmosfera strana
intorno a noi, tra me e lei, c’è tensione.
Cerco di non farci
caso e corro a vestirmi mentre lei fa una doccia.
POV
JEN.
Quell’atmosfera, quella sensazione che ho sentito mentre ci
guardavamo. Non capisco cosa stia succedendo.
Faccio la doccia e
intanto rifletto, penso e ripenso a quello che sta succedendo senza
darmi pace.
Dio, quanto lo odio
quando mi guarda nel modo in cui mi guardava prima.
Mi rende vulnerabile.
Ed io non voglio essere vulnerabile, sennò potrei farmi
sopraffare dalle emozioni.
Esco dalla doccia,
cercando gli abiti da mettere. Non li trovo.
Eppure ricordo di
averli portati. Maledetto Colin, mi distrae!
Esco dal bagno,
coperta dall’asciugamano, e lo ritrovo steso sul MIO letto in
boxer, sta con il cellulare in mano.
Faccio finta di nulla
perché so che vuole farmi un dispetto, prendo i miei vestiti
e me ne ritorno in bagno, mi vesto ed esco di nuovo.
Stavolta lo ritrovo
nel suo letto intento a fissarmi. Sì è vestito,
Indossa una t-shirt bianca e dei jeans.
Mi scruta, sta attento
ad ogni mia mossa.
“Che dici,
mangiamo?” mi dice.
In realtà
non ho fame, ma ci rinuncio “Sì dai, ho voglia di
qualcosa dei fast food” dico senza farci neanche caso.
“E dove
potrei prenderti qualcosa di un fast food a quest’ora della
notte?” mi dice con uno sguardo accigliato.
“Oh, questo
è un problema tuo, CARO COLIN.” gli dico per farlo
arrabbiare.
Ma invece mi sorride,
strano, di solito mi risponderebbe in men che non si dica.
Esce, e torna dopo
mezz’ora con due buste del McDonald’s.
Passiamo la serata a
mangiare sul mio letto, parlando, giocando.
Appena finiamo di
mangiare inizia a farmi il solletico, senza alcun motivo, è
estenuante.
All’improvviso,
non so come ci ritroviamo l’uno sopra l’altra. Mi
rende tremendamente vulnerabile, e mi da fastidio perché
nessuno mi ha mai fatto l’effetto che mi fa lui.
Ci fissiamo. I suoi
occhi sono come due pozze d’acqua cristallina. Non riesco a
muovermi, sembro incatenata.
Sta tentando di
avvicinarsi, lo vedo, ed è troppo vicino. Ma si sposta,
adesso siamo guancia contro guancia, non riesco a levargli gli occhi di
dosso. Ma è sbagliato, tutto questo non dovrebbe succedere.
Tento di scostami e stranamente ci riesco.
“Che cosa
stavi per fare?” gli dico, con un tono un po’ tra
lo sconvolto e il sorpreso. Non saprei come definirlo esattamente.
“Io…nulla,
non volevo. Mi dispiace.” Lo sguardo basso, si tormenta le
mani come se fosse nervoso.
Poi alza il viso e mi
osserva. Mi guarda come se stesse scrutando la mia anima.
“Lo volevi
anche tu..” continua.
“No, non lo
vorrei mai.” – mento – sì,
forse lo vorrei, ma non è giusto, non è corretto.
Ha una moglie, un figlio. Non posso, non devo.
Sorride. Un sorriso
che sa di tristezza.
“Beh, allora
andiamo a dormire.” dice, senza nessuna espressione in volto.
“Sì..buonanotte
Colin.” un sorriso sfuggente e timido mi scappa, senza
volere.
Maledetta me.
[…]
Mi sveglio di
soprassalto, ma dalla finestra vedo che è ancora buio,
guardo la sveglia e vedo che sono le 3 del mattino.
Mi giro, mi rigiro, ma
non riesco a riaddormentarmi. Non dopo ieri sera.
Mi giro verso il suo
letto, senza farci caso. E lo vedo, lo osservo.
Dorme
profondamente, sembra un bambino. Ha un’espressione dolce e
serena in volto.
Mi riaddormento
guardandolo, mi trasmette tranquillità.
Mi sveglio di nuovo di
soprassalto, e stavolta non è colpa mia ma di Colin che fa
rumore con le valige.
“Ben
svegliata dormigliona.” Sorrido. Vedo un filo di
quotidianità in tutto questo.
“Ciao.. che
ore sono?”
“Le
8.30!”
“Cosa?!
Perché non mi hai svegliata?” grido. E gli tiro il
mio cuscino.
“Ahi!”
subisce il colpo senza spostarsi “Dormivi così
bene, sembravi serena” dice sorridendo a malapena.
“Ohw.”
Arrossisco senza volere. Ma me ne accorgo sentendo il sangue defluire
alle guance.
“Alle 9
dobbiamo essere pronti, tra 10 minuti arrivano a truccarti, quindi se
devi darti una lavata fai in fretta”
“Sì,
certo..” dico. E mi avvio verso il bagno.
Mi truccano, mi
pettinano, e mi vestono. Indosso un vestito rosso, con una gonna a
ruota che arriva fino al ginocchio, davvero bello. Molto vintage.
Esco dal bagno e me lo
ritrovo di fronte, vestito di tutto punto. Indossa una camicia azzurra un
po’ sbottonata che lascia intravedere i peli sul petto, una
giacca blu, e dei pantaloni molto scuri di cui non riesco a distinguere
il colore che gli cadono sui fianchi in modo meraviglioso.
Meraviglioso?
MERAVIGLIOSO?! J MA A CHE DIAVOLO PENSI?!
“Sei
davvero…stai davvero bene con questo vestito” dice
sorridendo.
“Ti
ringrazio” dico, senza lasciar trasparire nessuna emozione,
credo. “anche tu stai molto bene, comunque”
continuo. Accenna un sorriso ma nulla di più.
Usciamo
dall’albergo per andare nel luogo in cui si terrà
il Comic Con.
La giornata passa
tranquillamente, mi sento davvero felice. Rido, rido, rido senza
saperne il motivo.
Il panel credo sia
stata la cosa più divertente. Colin è andato
fuori di testa quando hanno parlato di anime gemelle e hanno chiesto
chi fosse l’anima gemella di Emma. Ha cominciato ad incitare
il pubblico e ad indicarsi, sembrava una 15enne fuori di testa.
Adesso stiamo facendo
delle interviste insieme, ed è divertente, mi sento libera.
Non credo di aver mai avuto tanta complicità con lui come
adesso. Nonostante quello che è successo ieri sera.
La tensione se
n’è andata.
Non credo di aver mai
riso così tanto in vita mia.
A volte mentre parla
mi blocco, ad osservarlo.
Lui è
sempre molto riservato e timido, ma adesso sembra una persona diversa.
E mi piace.
Tra un po’
faremo l’intervista per TVLine e non so perché ma
sono tesa.
Ma cerco di godermi
questi momenti.
[…]
Adesso siamo con
Michael Ausiello per l’intervista per TVLine sulla prossima
stagione.
Finora abbiamo parlato
Emma e Hook, soprattutto della loro “passione”. Di
quello che hanno, di quello che provano l’uno per
l’altro.
E anche della chimica
che abbiamo io e Colin.
E’ stato
strano. E non lo penso solo io.
Credo che Josh si sia
insospettito. Scherzando ha chiesto se ci fosse qualcosa in
più di una semplice amicizia tra me e Colin.
L’unica cosa
che ho saputo fare in quel momento è stata ridere, senza
guardarlo negli occhi. Perché so che questa domanda
è difficile da sentire sia per me che per lui.
Lana è
intervenuta dicendo ‘’E’
complicato” credo si riferisca a Hook e Emma. Ma non ne sono
poi così sicura.
“Molto
complicato” ho detto ridendo, senza neanche pensarci.
“E’
una relazione complicata” ha continuato Lana.
Credo che anche lei
abbia capito qualcosa.
Mi sento tesa, felice,
e divertita allo stesso tempo. Lui ha continua a stare in silenzio. Non
lo guardo, perciò non vedo cosa sta facendo.
Spero che durante
questi quattro minuti rimanenti non ci siano altre domande simili.
[…]
Dopo la lunga giornata
siamo tornati in albergo finalmente.
Sono stanca, sento che
le gambe stanno per cedere.
Mi butto sul letto,
sciolgo i capelli e levo quelle scarpe infernali che ho dovuto
sopportare per tutto il giorno.
Mi volto a pancia in
giù, chiudo gli occhi e cerco di far riposare la mente.
“Dobbiamo parlare”
dice. Il cuore perde un battito.
“Di
cosa?” chiedo un po’ sorpresa. O forse perplessa.
In ansia direi. Perché so di cosa vuole parlare. E non
possiamo parlarne adesso, non voglio.
“Di ieri
sera, di Josh, di come ci guardavamo. Di tutto.” Dice
tranquillamente.
“Non credo
che ci sia qualcosa da dire” dico freddamente. –
mentendo.
“Sì
che c’è qualcosa da dire, diamine Jen ma non te ne
accorgi? Ieri lo volevi
anche tu. E non dire che non è vero. Vedevo come mi
guardavi. Sentivo la tensione che c’era tra di noi. Non ho
mai guardato nessuno così e non ho mai provato nulla del
genere per qualcuno. Anche Josh si è accorto
che c’è qualcosa tra me e te. Qualcosa in più di
una semplice amicizia. E non è chimica, non è
intesa. E’ qualcosa di diverso.”
“Passione”
rispondo, senza neanche rendermene conto.
“Sì,
probabilmente.” Dice “fatto sta che io non posso
sopportare tutto questo, è troppo, non riesco a non
guardarti. Mi incanti. Quando oggi ridevi… dio, era la cosa
più bella del mondo.”
“No, non
farlo” dico.
“Non fare
cosa?” risponde con un tono seccato.
“Non fare
questo. Non parlarmi come se fossi al centro di tutto. Come se non
potessi fare a meno di parlarmi, di ascoltarmi, di starmi vicino. Non
deve essere così.”
“Perché?
Perché ti è così difficile capire che
tra di noi c’è qualcosa?”
“Perché
tu hai una moglie, un figlio. E mi
rendi vulnerabile, come mai nessuno ha fatto. Mi lascio sopraffare
dalle emozioni e dai sentimenti. E non va bene.”
gli dico, trattenendo a stento le lacrime in gola. Cerco di restare
calma. Non voglio dargliela vinta. Non voglio fargli capire cosa sento
adesso.
Si avvicina, mi
circonda il viso con le sue mani
“Lasciati
andare” mi dice.
E – un
po’ titubante – mi lascio andare. Non potevo andare
oltre. Ha buttato giù la mia barriera.
Lo abbraccio. Mi
stringo a lui. Mi appiglio a lui, come se fosse la mia ancora di
salvezza.
E stiamo
così per tanto tempo.
Mi accarezza i capelli
e mi bacia una tempia.
“Dai su,
scendi giù a prendere qualcosa e poi andiamo a
letto.” dico, rompendo il silenzio.
“Andiamo?”
dice con tono sorpreso, ridendo.
“Sì,
ma non per quello che pensi tu” gli rispondo ridacchiando.
“Ah
sì? Va bene, come dici tu. ” sorride, mi bacia i
capelli e mi fa un occhiolino. Sembra felice.
Si mette le scarpe e
scende giù a prendere qualcosa. Sale su dopo trenta minuti
con una borsa di un ristorante cinese.
Mangiamo sul mio letto.
“Uniamo i
letti?” mi dice.
“Uhm dovrei
pensarci…terrai le mani a posto?” gli dico
ridendo, anche se so che terrebbe davvero le mani a posto. Lo conosco
troppo bene ormai.
“Oh, certo
mia signora” dice con un tono alla Hook.
Io non replico. Lo
aiuto ad unire i letti.
Ci
accoccoliamo vicini, lui mi abbraccia. Non riesco a dormire, sono
felice ma mi sento un po’ impaurita, e non riesco a prendere
sonno così continuo ad osservarlo.
Il suo volto si
rilassa.
“Colin..”
“Mmmh..?”
dice con un tono rilassato ma stanco.
“Grazie..”
sorrido.
“Per..?”
apre gli occhi e mi guarda sorpreso, non capisce.
“Non lo so,
forse per tutto. Ma grazie.” Lo guardo negli occhi mentre
pronuncio queste parole.
“Mmmh..
sssh, adesso dormi.”
“Buonanotte.”
“Buonanotte
Jen”
E ci addormentiamo
così.
*Note
dell'autrice.
Salve
ragazze/i. :)
Intanto
ringrazio dal profondo del cuore le ragazze hanno aggiunto la mia
storia tra le seguite, e chi ha recensito.
E
sopratutto ringrazio WickedSwan che mi ha spinto ad iniziare a
scrivere.
E
HitGirl90 e Dakota Deveraux perché mi hanno spinta a
pubblicare la storia quando non ne ero sicura.
Grazie di cuore.
Che
dire riguardo alla storia? Tra Colin e Jennifer c'è davvero
tanta tensione emotiva. Ma adesso lei è riuscita a lasciarsi
andare.
Non
sono passata subito ai fatti salienti perché sto cercando di
andare un po' con calma, anche se forse non sembra. Ammetto di aver
stravolto un po' le cose.
Ma
non vedevo l'ora di mostrare il punto di vista di Jen in tutto questo.
So
che è strano che entrambi i capitoli finiscano con loro due
che si addormentano ahahah, ma per adesso sto descivendo il giorno
prima e durante il comic-con quindi non sapevo come concludere.
Sono
troppo inesperta xD
PS: vi avviso che non so quando aggiornerò, a causa di
problemi familiari. L'avevo detto in una delle recensioni del primo
capitolo. ma per fortuna per adesso ci son riuscita. In ogni caso spero
di poter aggiornare regolarmente la settimana prossima. Se non ci
riuscissi mi scuso anticipatamente:)
Ciao:*
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Happiness. ***
Happines.
POV JEN.
Siamo tornati a Vancouver da quasi tre settimane.
Tutto sta tornando alla normalità, io e Colin non abbiamo
parlato di quello che è successo a San Diego. Non
perché io non abbia voglia parlarne, bensì
perché non so se vuole parlarne lui, anche perché
non è una cosa così importante.
Credo.
La relazione tra Killian e Emma sta andando a gonfie vele, si amano.
Non credo possa andar meglio di così, anche se mi sento
vuota.
Completamente vuota.
Quando siamo tornati da San Diego ero felice, ma si sa
“quello che accade San Diego resta a San Diego”
Josh e Ginny stanno girando una scena con il piccolo Neal, io sto
seduta nella mia sedia a guardare le riprese. Adoro guardare le altre
scene quando mi è possibile, mi rilasso.
Mentre mi rilasso inevitabilmente penso a lui, lo cerco con lo sguardo
ma non lo trovo.
Di solito anche a lui piace star a guardare le altre riprese, dato che
da quando è diventato regular è presente nella
maggior parte delle scene.
Corro a cercarlo nel suo camerino. Provo ad aprire ma è
chiuso a chiave, strano.
Decido di bussare, ho bisogno di vederlo anche solo per un secondo. Un
po’ mi manca, ci siamo allontanati dopo quello che
è successo 3 settimane fa.
“Colin, sei lì dentro?”
“Emh..chi è?” mi dice. Come fa a non
riconoscermi?
“Jen..uhm…sono jen!” gli dico. Ma non
risponde più. Quindi decido di continuare a parlargli, non
mi interessa se non vuole parlarmi. Il sentirmi vuota, completamente
vuota mi lacera dentro, quindi ho bisogno di parlargli
perché so che è colpa sua se mi sento
così.
“Volevo solo parlare di quello che è successo a
San Diego.”
Sento la chiave muoversi, e apre.
“Non c’è nulla di cui parlare, sai come
stanno le cose quindi è meglio lasciar perdere. Siamo solo
due colleghi che interpretano due innamorati. Fine, nulla di
più.” Dice con tono tra il severo e
l’insicuro. Più il secondo.
Rimango basita nel sentire ciò che dice, non pensavo ne
fosse capace. Ci conosciamo da due anni, ma forse non lo conosco per
nulla.
“Va bene.” Dico con un filo di voce, e me ne vado
rassegnata.
Non ho bisogno di lui, non ho bisogno di nessuno.
Adesso però mi sento ancora più vuota. Lo odio. O
forse no.
Provo qualcosa per lui, qualcosa di strano, diverso, impossibile da
definire. E mi sento in colpa, tanto in colpa. Ma mi rende felice.
Torno nel set e mi siedo di nuovo cercando di rilassarmi e lo vedo
arrivare di corsa, mi osserva dall’alto in basso.
“Comunque scusa per prima..” dice.
“Capita” sorrido forzatamente e me ne vado.
Voglio che ci rimanga male, non deve soffrire. Ma deve imparare la
lezione.
Mi sono accorta solo ora che mi ha seguita per tutto il corridoio fino
al mio camerino.
Entro e gli chiudo la porta in faccia.
“Parlami Jennifer.” Me lo sta imponendo? Ma come si
permette? “Parlami, ti prego.” Dice con tono
lievemente esasperato. “Senti, quello che ho detto prima non
era vero. Noi non siamo solo dei colleghi, siamo amici, ma siamo anche
qualcosa di più. Qualcosa di magnifico ma strano da
definire” Sto appoggiata alla porta, mi mangio le unghie non
sapendo cos’altro fare.
Non voglio farlo entrare. Ma ho bisogno di sentirlo parlare con me,
faccia a faccia. Senza ascoltarlo da dietro una porta.
Ultimamente è diventato un piacere sentirgli dire anche
“Ciao”
Questo è tutto sbagliato.
Tutto.
Ma lo lascio entrare.
Chiudo la porta e mi giro di scatto verso di lui, lo vedo, sembra quasi
disperato. Come se avesse perso qualcosa di importante. Pensa di avermi
persa.
Ma non è successo e non succederà adesso. Non lo
permetterò.
Così mi muovo di scatto e lo abbraccio, più forte
che posso. E’ l’unica cosa che riesco a fare in
questo momento.
Lo abbraccio come se fosse l’ultima volta.
Lo stringo a me, e lui ricambia l’abbraccio. Sembra sia una
gara a chi abbraccia più forte, o a chi non ha intenzione di
mollare.
Ma io non mollo, non con lui. Ma mi scosto con cautela per poterlo
guardare in viso.
Vorrei che non fosse impossibile. Vorrei
che ci fosse una possibilità per noi. Quel noi che non
c’è mai stato, ma adesso, in questo momento,
c’è.
Lo vedo avvicinarsi a me ma si blocca come se chiedesse il consenso.
Esito, ma poi impercettibilmente faccio sì con la testa. E
si avvicina, i nostri nasi si incrociano.
Ma improvvisamente qualcuno bussa alla porta. E’ Edward.
“Allora ragazzi, siete pronti per le scene di Hook e Emma da
Granny’s e per quelle dopo?”
“Sì certo, stavamo giusto provando.”
sbotta lui.
Non ho intenzione di replicare.
Edward esce, e Colin si distacca bruscamente come se non fosse successo
nulla. Forse è meglio così.
Ma mi guarda. Ed il suo sguardo mi intimorisce un po’.
“Andiamo?” gli dico in modo calmo, per smorzare la
tensione.
Non risponde, sia avvia ad aprirmi la porta e mi fa un gesto che indica
che dovrei uscire.
Gli sorrido a malapena e mi avvio. Dopo aver camminato per poco lo
sento vicino. Fin troppo.
“Dopo riprendiamo il discorso” mi dice.
E mi irrigidisco. Vorrei parlare di San Diego, ma il tono in cui mi ha
detto quella frase mi spaventa.
[…]
Siamo fuori dal bar di Granny. Emma è arrabbiata, e non ho
capito il perché. Sono confusa. Le battute mi escono fuori
che io me ne accorga.
Corro per allontanarmi da lui. Emma sta facendo quello che avrei voluto
fare io poco fa con Colin.
Solo che il mio personaggio ha sempre più coraggio e
determinazione di me in ogni cosa.
“Emma, dolcezza” sento Colin dietro di me.
Credo che Hook l’abbia combinata grossa stavolta.
Colin riesce a bloccarmi tenendomi per il polso. Tenta di farmi girare
e ci riesce.
“Fidati di me”
Adesso non mi sembra che sia Hook a parlare con Emma ma Colin che tenta
di parlare con me.
Mi allontano, non perché io voglia farlo ma
perché Emma deve.
Colin – o meglio Hook – mi segue – segue
Emma.
Riesce a fermarmi, non riesco neanche ad ascoltare quello che mi dice,
ho la mente completamente offuscata. E’ una fortuna che io
ricordi le battute.
Tempo 5 secondi e mi
tira a sé, e mi bacia.
Dio, è
meraviglioso.
Una sensazione mai
provata prima.
E mi lascio trasportare.
Con l’uncino
mi avvicina a sé, mi stringe e avvicina i miei fianchi ai
suoi. Con la mano invece mi tocca i capelli.
Io senza volere, in modo
naturale trattengo il suo viso con una mano, e con l’altra mi
appoggio al suo petto.
Vorrei che non finisse
mai.
Ci stacchiamo per un
attimo per guardarci negli occhi.
Verde e azzurro che si
incrociano.
E poi ci avviciniamo di
nuovo l’uno all’altro. Dev’essere un
bacio passionale.
Ma questo è
fin troppo passionale.
E dopo pochi secondi purtroppo finisce.
Allo “stop” del regista lui si stacca bruscamente,
come se nulla fosse.
E io rimango lì, imbambolata, vulnerabile. Mi sento come se
gli avessi dato tutto.
Mi sento di nuovo vuota.
Riproviamo questa scena 1, 2, 5, 8, 20 volte.
Ormai non reggo più. Provo le stesse sensazioni ogni volta,
ed è così sbagliato.
Alla fine dell’ultima scena lo vedo avvicinarsi a me con aria
seria, mi cinge i fianchi con una mano.
“Continuiamo il discorso di prima?” mi dice
sorridendo. Ma a giudicare dalla sua espressione sembra parecchio
nervoso.
Sarà colpa della scena. Provare una scena del genere
più e più volte è estenuante.
Soprattutto considerando la tensione che c‘è tra
me e lui in questo periodo.
Annuisco senza dir nulla.
Ci avviamo verso il mio camerino.
“Sei abbastanza nervosa, si vede” dice in tono
scherzoso. Ma so che non scherza per nulla. Lo dice per farmi
innervosire ulteriormente.
“Non proprio.” Dico, cercando di mantenere un tono
calmo.
“Oh sì che lo sei, Jen” continua,
scherzando. Con uno sguardo alla Hook. Odio quando mi guarda
così.
Arrivati nel camerino mi dice “Dunque, dov’eravamo
rimasti?”
Non rispondo e abbasso lo sguardo.
“Intanto puoi cominciare levandoti
l’uncino” dico, tentando di cambiare discorso.
“Hai ragione. Ma non cambiare discorso, non
attacca” e ride. Ride in un mondo indescrivibile. E poi rido
anch’io.
Ridiamo insieme. Le nostre risate si uniscono in un suono a dir poco
magico. Diventano un tutt’uno.
“Prima è stato…” dice lui,
rompendo quel magico suono.
“…sbagliato” dico, senza indugiare. Le
parole escono senza neanche chiedere il permesso.
“Io avrei detto magnifico, ma sì, è
stato sbagliato.” dice con un filo di voce e con un tono che
va dalla tristezza alla rassegnazione.
“Non voglio dire che non mi sia piaciuto ma erano Emma e
Killian, non noi, e non avremmo dovuto provare quello che abbiamo
provato. Per questo dico che è sbagliato.”
“Allora anche tu hai sentito qualcosa..” dice.
“..una sensazione che non potrei descrivere. Ma
sì, anche io l’ho sentita” dico, in tono
un po’ triste.
E lui lo capisce. Lo so perché lo vedo guardare da
un’altra parte.
E so che è la cosa più moralmente sbagliata del
mondo, ma vorrei dirgli che per me è lo stesso una cosa
magnifica. Ma non lo faccio. Non voglio che si senta in colpa ancor di
più. Quindi terrò quel senso di colpa per me.
“Allora, meglio uscire, ne riparleremo domani, adesso dovrei
accompagnarti a casa” dice, interrompendo i miei pensieri.
Mentre parla non riesco a guardarlo in viso, non volontariamente. Ma
giusto per non sbattere contro la porta mentre esco alzo a malapena gli
occhi, e lo vedo.
Ha il viso distrutto. Gli occhi un po’ lucidi e le guance
arrossate.
La cicatrice sul viso si nota più del solito.
“Certo”
Mi apre la porta e mi fa segno di uscire.
[…]
Dopo più di 30 minuti di tragitto siamo arrivati davanti al
mio appartamento, non so che dire, perciò gli chiedo di
salire.
“Vuoi mangiare da me?”
“No...cioè sì, se non
disturbo” dice, con fare insicuro.
“No, non disturbi affatto” dico con tono
tranquillo, sorridendo a malapena.
Saliamo ed inizio a preparare qualcosa.
Non so cosa preparare dato che non sono molto brava a cucinare, e
quindi preparo la prima cosa che mi viene in mente, e forse una delle
poche che so fare: maccheroni al formaggio.
Mentre preparo tutto, Colin è seduto sul divano e guarda la
TV.
Sembra tutto così normale, così mio,
così nostro.
Momenti che non credo dimenticherò mai proprio per la
semplicità che li caratterizzano.
Ci sediamo a tavola e mangiamo senza dire nulla.
A volte alzo lo sguardo per vedere come si comporta. Ed a volte noto
che è lui osservarmi.
Altre ancora i nostri sguardi si incrociano senza volere. Rimaniamo
qualche secondo ad osservarci, ma subito dopo abbassiamo lo sguardo
imbarazzati.
O almeno, io sono imbarazzata. Lui semplicemente non vorrà
guardarmi negli occhi.
Iniziano le paranoie, ma tento di ignorarle il più possibile
o mi mangeranno viva e mi impediranno di vivermi tutto questo.
“Così, Hook e Elsa passano molto tempo
insieme!” dico, tentando di spazzare il silenzio assordante
che mi impedisce di pensare lucidamente.
“E’ una domanda o
un’affermazione?” mi dice, con tono tranquillo.
Forse fin troppo.
“Un po’ di entrambe, credo.”
“Comunque sì, sei gelosa per caso?”
dice, guardandomi con uno sguardo a dir poco provocatorio.
“Affatto” taglio corto presa quasi alla sprovvista,
ma poi continuo più tranquillamente “Emma
però dovrebbe esserlo”
“Non penso proprio” taglia corto anche lui.
Per tutto il resto della cena non parliamo. Forse perché
abbiamo paura. Forse perché sappiamo che inizieremmo a
parlare di cose che al momento è meglio evitare.
Alla fine della cena si alza da tavola prende il giubbotto di pelle che
adoro e fa per andarsene.
“Aspetta” gli dico. Non mi rendo conto del tono che
uso. Forse troppo piano, forse troppo forse. Ho la mente troppo
offuscata per poterlo capire.
Mi accorgo che mi guarda.
So che aspetta che io glielo ridica.
“Resta” Una parola. Mille conseguenze.
So che tutto questo è sbagliato. Ma non ce la faccio, non
riesco a lasciarlo andare proprio ora.
“Perché?”
“Non
c’è un perché. Devi restare. Con me.
Adesso. Perché adesso che ti vedo qui, dentro questa casa,
mi rendo conto che è vuota. E’ troppo grande per
me. Quindi resta, almeno per questa notte, fammi compagnia ed aiutami a
non pensare a quello che ci diremo domani. Me lo devi. E lo so, so che
è tutto sbagliato, ma non posso ignorare quello che provo.
Quindi per favore, resta, non lasciarmi sola in tutto questo.”
Continua ad osservarmi, a scrutarmi. E mentre penso a quello che ho
appena detto e mi distraggo un attimo, me lo ritrovo davanti. Bello
come il sole. I suoi occhi hanno il colore del mare, sono vivi.
Rispecchiano un senso di felicità mai visto.
Se potessi vivrei ogni istante guardando i suoi occhi, guardando lui.
“Sì,
resto” dice, con voce roca. Sembra felice.
E sento i miei occhi che iniziano a pungere e il sangue defluire alle
guance.
Sapevo che sarebbe successo. Ma pensavo fosse per paura, tristezza, o
senso di colpa.
Invece è per felicità, gioia. Qualsiasi emozione
bella. Che sensazione magnifica.
Le lacrime mi bagnano le guance e senza pensarci due volte lo bacio. Un bacio che sa di tutto, sa di
amore. Lui mi avvicina a se con una mano, e con
l’altra mi accarezza il viso, io a mia volta gli accarezzo la
schiena con le dita. E’ tutto
così…spontaneo. Le sue labbra sanno ancora di
formaggio. E proprio per questo mentre continuo a baciarlo scoppio a
ridere.
E mentre rido, ride anche lui e le nostre risate si uniscono in un
suono melodioso.
Mi giro, distratta dal cellulare che suona, ma Colin non mi lascia
andare, e mentre sono sovrappensiero mi ruba un bacio.
Mi sento diversa. E forse non mi sento neanche più molto in
colpa, anche se credo sia una sensazione momentanea dovuta alla
carrellata di emozioni che mi ha sovrastata in una sola notte.
[…]
Passiamo la nottata a parlare e a scherzare, pur sapendo che domani
dovremmo essere sul set alle 5.30 del mattino. Siamo folli.
[…]
Mi sveglio sentendo la sveglia suonare, all’inizio non mi
rendo conto di dove sono.
Dopo aver strofinato gli occhi per avere una visione migliore, mi
ritrovo distesa sul divano, tento di alzarmi ma non riesco. Continuo a
non capire il perché, poi mi sforzo per girarmi ed osservare
meglio e capisco il perché sentivo questo peso sulle spalle.
Colin è disteso in un modo tutto suo, e con metà
del petto fa peso sulla mia spalla, ed ha il viso poggiato quasi sul
mio petto. Ci siamo sicuramente addormentati mentre parlavamo.
Tento di scostarmi e ce la faccio, pur rischiando di cadere.
Non so se svegliarlo o meno, ma dovrei fare una doccia quindi meglio
aspettare.
Faccio una breve doccia, mi vesto velocemente ed esco. E lo ritrovo
ancora dormiente.
Provo a svegliarlo con dei piccoli baci sul viso. Uno, due, tre..e si
sveglia.
“Buongiorno” dice, ancora con una voce stanca ma
felice.
“Buongiorno” strofino il naso contro il suo collo.
“Ma che ore sono?” chiede.
“4.45 del mattino” rispondo, nascondendo un sorriso
perché so che si arrabbierebbe perché non
l’ho svegliato prima e ci sto anche ridendo su”
“Cosa?! Stai scherzando spero” risponde e in fretta
prende il telefono per controllare che non sia vero, e continua
“sono davvero le 4.45, dovevi svegliarmi, dovrei fare una
doccia e dovrei cambiare i vestiti, senno’ tutti si
accorgeranno di…sai cosa intendo.”
“Okay, calmo, vai a fare una doccia, io intanto preparo i
pancakes”
“E i vestiti?” mi dice, un po’ alterato,
un po’ in ansia. Vedo che sta andando in panico.
Così mi avvicino lentamente e lo abbraccio. So che quando va
in panico ha bisogno di essere calmato, quindi ci provo.
“Metti questi, non se ne accorgerà
nessuno” dico con molta calma.
“No, se ne accorgeranno e…” dice. Si sta
irrigidendo. Tutti i suoi muscoli sono contratti. Non riesce neanche a
muoversi o a ricambiare l’abbraccio.
“Se ti chiederanno qualcosa dirai che non avevi nulla da
mettere dato che non avevi vestiti puliti” dico, ridendo
contro il suo collo.
“Così penseranno che non mi lavo” dice,
iniziando a ridere. E i suoi muscoli si rilassano, lo sento.
Mi stacco lievemente da lui e gli do un bacio sulla guancia,
“Dai, su, vai a fare una doccia, o crederanno davvero che non
ti lavi” gli dico ridendo.
“Mi stai dicendo che puzzo?” dice con uno sguardo
accigliato, ma intanto fa intravedere un sorriso.
“Io? No? Non ho mai detto una cosa simile” dico,
con il tono da finta offesa, ma trattenendo una risata.
“Oh, io invece credo che tu lo stessi insinuando eccome, cara
Jennifer” ride mentre me lo dice, e mi continua a guardare
con uno sguardo provocatorio. E poi rifletto su quello che ha detto, e
mi rendo conto che ha detto “Cara Jennifer.” E mi
ricordo che quando mi chiama così sta per combinare
qualcosa.
“Cara Jennifer eh?” dico, guardandolo con uno
sguardo insospettito.
“Mhmh” dice, facendo sì con la testa e
continuando a guardarmi con quello sguardo provocatorio.
E così mi rendo conto che mi conviene e scappare.
E corro per tutta la casa, mentre rido e inizio a buttare piccole urla
di paura.
E lui corre dietro di me intento a prendermi.
“Faccio puzza eh? Allora non conviene che io ti raggiunga,
cara Jennifer”
E scappo, mi diverto, rido. E tutto questo alle 4.50 del mattino.
Solo che mentre rido e corro perdo fiato, e mi fermo per un secondo.
E lui mi raggiunge, mi prende sulle spalle “mettimi
giù, Colin”
“Non ci penso nemmeno” e ride, ride tanto.
“No okay, lasciami ti prego” lo supplico, mentre
gli do piccoli pugni alla schiena.
E mi lascia andare. All’inizio non mi rendo conto di dove
sono, molto probabilmente perché nel lasso di tempo in cui
sono stata a testa in giù poggiata sulla sua spalla il
sangue mi è andato al cervello.
Poi lo capisco, siamo nella doccia.
Non so che fare.
“Tranquilla, non faremo la doccia insieme, o almeno non
ora” dice. E io arrossico.
E continua “ma siccome hai detto che puzzo, adesso dovrai
sopportare l’acqua ghiacciata. Ma non preoccuparti, per non
renderti tutto difficile me la prenderò
anch’io”
“Ma io ho già fatto la doccia. E fra meno di
mezz’ora dovremmo essere sul set.”
“Aspetteranno, tanto noi non siamo i primi a dover girare,
oggi!”
“Sì che lo siamo” esclamo.
“Ho chiamato. E no, non lo siamo” continua a
guardarmi con quello sguardo.
“Cosa?” dico, alzando un po’ il tono.
Forse più del dovuto, ma sono infuriata. Anche se da una
parte mi fa piacere tutta questa attenzione. Ma l’ho
ammetterò mai a voce alta.
Provo ad andarmene ma non mi lascia andare. Mi tiene stretta per i
fianchi.
“Non così in fretta” dice. Con un
sorriso velato sul volto.
“Acqua fredda?” dico, con un tono particolarmente
ansioso.
“Mhmh”
“Dio, quanto ti odio”
“Continui a peggiorare la situazione” dice, ma
continua “Pronta? 1…2…3..!”
E l’acqua
scende giù. Ma non me ne accorgo neanche perché
sono incantata nel guardare l’acqua che scende giù
su di lui. I suoi occhi che hanno lo stesso colore
dell’acqua, sono cristallini. Le gocce che gli sfiorano la
cicatrice sul volto. La maglia nera con scollo a V lascia intravedere i
peli sul petto, bagnati anch’essi dall’acqua.
E’ una
visione.
“Dovresti uscire, a meno che non vorrai assistere allo
spettacolo.” Mi dice con fare provocatorio.
E ritorno in me.
“Spiritoso” continuo “vedi di sbrigarti,
o niente pancakes”
“Okay okay mi arrendo faccio in un attimo.”
Ed esco.
Dovrei cambiarmi e preparare la colazione, ma non credo di farcela.
Sono troppo…non so descrivere come mi sento, troppe emozioni
che mi sovrastano.
Non so se riuscirò ad affrontare la giornata con la solita
calma, e so che se ne accorgeranno tutti.
Salve a tutti :)
dopo tanto tempo - e mi dispiace per questo - ecco a voi il terzo
capitolo, tanto atteso.
Finalmente questi due concludono qualcosa. *FESTEGGIA*
Ho fatto tutto dal punto di vista di Jen per far capire meglio quello
che prova. L'altro capitolo invece ci sarà solo il punto di
vista di Colin per vedere cosa prova lui - vi avverto, non
sarà facile.
Oddio, vorrei che tutte ste cose succedessero anche nella vita reale,
sinceramente.
Non so che dire quindi la finisco quì prima di diventare
ridicola.
Ringrazio coloro che
hanno recensito, e aggiunto la storia tra le
segiute/preferite/ricordate.
Ci vediamo al prossimo capitolo (non so quando lo
pubblicherò perché settimana prossima mio padre
deve iniziare la terapia, e non so quanto durerà dato che
è al primo ciclo. Spero però di poter rispettare
i tempi.
Tanti baci.
- Mary.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** My life wold suck without you. ***
My life would suck without you-
"You got a piece of me
and honestly
my life would suck without you."
POV COLIN
Io e Jen stiamo andando sul set.
Musica a tutto volume.
Lei che canticchia.
E io che sono felice,
ma in parte anche turbato, ripensando a ieri sera.
12 ore prima
“Resta”
Cerco
le parole per dirle che non ce la faccio, che non posso.
Perché anche se volessi, non è giusto nei
confronti di mia moglie.
La
guardo, tentando di farle capire che non posso.
Ma
in un certo senso vorrei lo dicesse di nuovo.
Anche
se ho paura.
Perché
se lo dicesse, se lo dicesse una sola volta…io potrei
rimanere qui, con lei.
Non
so che dire, ma non posso evitare di
risponderle...“Perché?” le dico.
“Non
c’è un perché. Devi restare. Con me.
Adesso. Perché adesso che ti vedo qui, dentro questa casa,
mi rendo conto che è vuota. E’ troppo grande per
me. Quindi resta, almeno per questa notte, fammi compagnia ed aiutami a
non pensare a quello che ci diremo domani. Me lo devi. E lo so, so che
è tutto sbagliato, ma non posso ignorare quello che provo.
Quindi per favore, resta, non lasciarmi sola in tutto
questo.” mi dice.
E
io crollo.
Non
posso farcela, non posso trattenermi.
Perché
pur sentendomi in colpa, se non rimanessi qui con lei, lo rimpiangerei
per il resto dei miei giorni.
Quindi
mi avvicino a lei senza pensarci due volte.
“Sì,
resto” le dico.
E
la guardo. E’ così bella.
I
suoi occhi mi rapiscono letteralmente, ci potrei anche scrivere una
canzone parlando dei suoi occhi.
Di
come mi guardano. Delle emozioni che lasciano trasparire.
E
la vedo, quella felicità, che si trasforma in piccole
lacrime.
Ma
so che non piange per timore, o paura.
E’
semplicemente felice. Come lo sono io.
E
mi bacia, a lungo. E’ un bacio spontaneo, forse siamo anche
un po’ impacciati.
Infatti
il suo bacio scoppia in una risata che riconoscerei in mezzo ad altre
mille.
E
rido anch’io.
Ridiamo
insieme. Io e lei. Lei e io. Noi.
Per
tutto il resto della serata, in cui abbiamo scherzato e parlato, non ho
fatto altro che guardarla, osservarla, scrutarla.
Nonostante
il senso di colpa, sento di essere completo. Non sentivo questa
sensazione da tanto.
[…]
Mi
sveglia piano piano, con attenzione, per paura che io mi possa
spaventare.
Mi
da qualche bacio sul collo, con le sue labbra piccole che mi
solleticano. Ad ogni tocco sento brividi che salgono su per la schiena.
Vedo
che ore sono.
E
mi arrabbio. Dio, se mi arrabbio.
Non
posso presentarmi a lavoro con gli stessi vestiti di ieri.
La
gente potrebbe pensare alle cose più assurde, e non voglio.
Non voglio essere fissato.
Anche
se avrebbero ragione a farlo.
E
mi arrabbio con lei, anche se non vorrei, anche se so che lei non ha
colpa.
So
che l’ha fatto per farmi dormire un po’ di
più, ed è stato premuroso da parte sua. Ma ho
paura.
Lei
cerca di consolarmi e mi abbraccia. Mi abbraccia forte.
“Adesso
vai a farti una doccia, senno’ penseranno davvero che non ti
lavi”
Gliela
farò pagare questa.
La
rincorro per tutta la casa, e finalmente quando lei si ferma per
prendere fiato, riesco a prenderla in spalla e portarla sotto la
doccia.
Vorrei
lasciarla qui sotto un getto di acqua ghiacciata, ma non ce la faccio.
Però, dato che deve pagarla per quello che ha insinuato,
tenterò ti sopportare anche io l’acqua fredda.
“Acqua
fredda, eh..?” mi dice.
“Mhhmhh”
dico annuendo.
“Dio,
quanto ti odio” mi dice. So che non mi odierà mai
davvero.
“Continui
a peggiorare la situazione” le dico, solo per farla
arrabbiare ulteriormente “Pronta?
1…2…3..!”
E
l’acqua scende giù. Ma non ci faccio neanche caso,
perché non riesco a staccarle gli occhi di dosso. I suoi
occhi brillano a contatto con l’acqua cristallina.
E’ troppo bella, è così piccola. Vorrei
stingerla a me, quasi per proteggerla dall’acqua. E non ha
senso perché sono stato io a volerla
“punire”.
Devo
smettere di pensare in questo modo. Devo smettere di farle del male e
consecutivamente di proteggerla.
“Dovresti
uscire, a meno che non vorrai assistere allo spettacolo.” le
dico con fare ironico, semplicemente per evitare che succeda qualcosa
di cui potremmo pentirci.
“Spiritoso.
Vedi di sbrigarti, o niente pancakes”
“Okay
okay mi arrendo.. faccio in un attimo.”
Mi
sorride di sfuggita ed esce.
[…]
Troppi pensieri,
troppe preoccupazioni. Ma non faccio che pensare a lei, ogni singolo
minuto di ogni singola ora di ogni singolo giorno.
E fa male,
perché so che sono un bastardo senza cuore, so che mia
moglie mi ama, so di avere un figlio. Ma come si fa a contenere ed
ignorare un sentimento così forte? Vorrei che qualcuno me lo
spiegasse.
Potrei chiedere
vagamente a Josh, lui c’è passato con Ginnifer,
anche se non c’era un bambino in mezzo.
Ricordo che una volta
mi raccontò di quello che successe quando conobbe Ginny.
Diceva che amava
lavorare con lei.
Proprio come io amo
lavorare con Jennifer.
Ma poi tutto
cambiò, e lui se ne innamorò. Lasciò
sua moglie per stare con la donna della sua vita.
E vorrei sapere come
ha fatto, con il senso di colpa e tutto il resto.
Ma forse
l’amore può superare tutte queste cose, se
è amore vero.
Vorrei chiederle di
uscire stasera, per vedere se c’è davvero qualcosa
di intenso tra di noi. Vorrei conoscerla meglio. Perché
prima la conoscevo come un’amica, adesso so di volere
qualcosa di più.
E non è
sesso, non è una notte.
Voglio conoscerla fino
in fondo, voglio che mi racconti le sue paure, voglio i suoi sorrisi
solo per me, voglio i suoi difetti, la sua testardaggine, i suoi
capelli biondi, voglio che mi dica qualsiasi cosa, voglio sapere a cosa
aspira nella vita. E la voglio con me.
[…]
Siamo sul set da circa
due ore, e non abbiamo ancora girato scene tra Hook e Emma per colpa
mia, dato che ho chiamato Edward stamattina dicendo che avremmo
ritardato per un problema all’auto. Jennifer è
infuriata perché a pranzo voleva tornare a casa e non
può.
E io la osservo, da
lontano. Cercando di non farmi notare.
“Non la
guardare così amico” mi dice Josh, avvicinandosi a
me.
“Chi?
Cosa?” dico, fingendo di non capire. Anche se so di cosa
parla.
“Non
puoi” dice, e si siede vicino a me.
“Amico, sto
facendo un casino, sono un bastardo”
“Sì
lo sei, ma in fondo ti capisco. Io stavo come te 3 anni fa, e
adesso…”
“Ho un
figlio” gli dico.
“Non cambia
molto Col, se vorrai vederlo lo vedrai tranquillamente”
“Non
è solo questo. Mi sento un uomo senza cuore. Sto mettendo
tutta la mia vita in gioco per una donna che non so se mi
amerà mai.”
“Se provi
qualcosa per lei dovresti rischiare. Anche perché non vale
la pena di vivere una vita che non vuoi.”
“Vorrei
invitarla a cena stasera, che ne dici?” gli dico, un
po’ in ansia forse. Lui è l’unico che mi
può capire.
“Con
così poco preavviso? Ti ucciderà. Ma fossi in te
proverei comunque” dice ridendo.
“Vado, dimmi
buona fortuna”
“Buona
fortuna amico” e mi abbraccia. E’ l’unico
amico sincero che ho al momento. Se non ci fosse Josh non so come farei.
***
“Ehi
Jen”
“Ciao
Colin”
“Dovrei
parlarti, puoi venire un attimo dentro?”
“Che
succede? Tutto bene?” dice preoccupata.
“Sì,
certo, tranquilla. Ma devo chiederti una cosa”
“Okay,
dimmi” continua a guardarmi negli occhi.
“Non so come
chiedertelo…ehm…stasera vorresti venire a cena
con me?”
“Una cenetta
romantica?” mi dice, con fare scettico. Si appoggia ad un
muro.
“No…cioè
forse. Eddai, esci con me. Voglio stare un po’ con
te.” dico mentre mi avvicino a lei stando il più
attento possibile.
“Sì
dai, mi sembra una buona idea..però scusa, dovrei vestirmi
elegante? Ti chiedo per pura curiosità”
“Come
preferisci” le dico.
Siamo naso contro
naso. Ma non ho intenzione di baciarla, anche se non mi dispiacerebbe
affatto.
“Adesso
andiamo, dovremmo girare tra poco” le dico. Un po’
per farla incavolare dato che per una volta non ho ceduto, un
po’ perché è vero che dovremmo girare
qualche scena.
[…]
Sono le 19.30, abbiamo
appena finito di girare, ed adesso dovrei lasciare Jen a casa per
prepararsi e tornare a casa mia per fare una doccia veloce e cambiarmi.
“Quindi ti
accompagno a casa così fai una doccia o la fai a casa
mia?” le chiedo con un sorriso sghembo mentre saliamo in
macchina.
“No,
accompagnami a casa, devo truccarmi e comunque il vestito ce
l’ho da me” mi dice con un sorriso a trentadue
denti.. poi continua “dato il poco
preavviso”
“Okay”
le dico. Sapevo che mi avrebbe detto così, me
l’aspettavo.
Passiamo tutto il
tragitto a parlare dei copioni, di Emma e Hook e di lavoro in generale.
Arrivati davanti al
suo appartamento, non so che fare, sono leggermente impacciato.
“Ci vediamo
alle 8 e 30?” mi chiede.
“Sì..ehm,
certo”
“Okay,
allora a dopo” mi dice. E mi lascia un bacio casto e leggero
sulla guancia.
Torno a casa e sono
stanchissimo, forse sarà l’ansia.
Mi spoglio e entro
dentro doccia. Provo a rilassarmi il più possibile.
E ci riesco..in parte.
Adesso che sono uscito
sono un po’ più calmo, credo.
Non so che mettermi,
mi sento peggio di una donna.
Decido di mettere una
camicia bianca su dei semplici jeans neri.
Sono le 8. Vorrei
andare adesso a casa sua ma sono indeciso. Non voglio trovarla in uno
stato di confusione, rischierei di essere preso a pugni sempre per il
poco preavviso.
Ma me ne frego, prendo
la macchina e parto.
Arrivato al suo
appartamento busso due volte e dopo due minuti mi apre.
Ha i capelli bagnati
che le ricadono in fronte e sulle spalle ed è vestita solo
di un asciugamano.
Dio solo sa che cosa
le farei in questo momento se non riuscissi a trattenermi.
“Ciao”
mi dice sorridendo.
“Io, ehm,
ciao, scusa se ho anticipato…non
sapevo…”
“Oh
tranquillo stavo andando a vestirmi. Entra pure. Aspettami qui, faccio
in un attimo”
“Certo..”
Mi siedo.
Poi mi viene in mente
di proporle una cosa.
“Senti
Jennifer” le urlo, dato che non sono sicuro che possa
sentirmi dall’altra stanza.
“Dimmi”
“Avevo
pensato che ti potresti portare dei vestiti e dormire da me, sempre se
vuoi”
“Dormire da
te?” mi dice usando ancora quel tono un po’
scettico.
“Sì,
cioè..non intendo portarti a letto, però se vuoi
puoi dormire da me”
“Vedremo, io
intanto preparo i vestiti. In base a come ti comporterai stasera,
deciderò” mi urla, perché è
ancora in bagno.
Mi domando che diavolo
possano fare le donne tutto questo tempo in bagno. I misteri della
vita.
Esce dopo 10 minuti.
E’
meravigliosa.
Non ho parole.
Ha messo un vestito
color avorio, semplice, che arriva fino a metà coscia.
Quelle gambe.
“Sei…splendida”
“Ti
ringrazio” mi dice, e sorride timidamente.
Dio, sembriamo due
ragazzini.
Ho deciso di portarla
in un ristorante non troppo elegante.
Sono fin troppo
nervoso, ed impacciato. Non credo sia una cosa normale.
Arriviamo, e subito ci
accolgono.
“O’Donoghue,
ho prenotato per due”
“Signor
O’Donoghue, signora
O’Donoghue..accomodatevi.”
Vedo che nel mentre
lei abbassa lo sguardo, si perde completamente nei suoi pensieri.
So che si sta
concentrando su quelle due paroline “signora
O’Donoghue”.
Il cameriere se ne va,
e lei è ancora distratta..quasi assente.
“Ehi, ehi
che succede?..”
“Mi ha
chiamata in quel modo..ed io..non posso farlo. Mi dispiace.”
Mi dice, e poi si alza di scatto e fa per andarsene.
Riesco a raggiungerla
per un pelo.
La prendo per mano e
cerco di darle conforto.
“So che
è difficile, so che ti sembra sbagliato. Ma voglio provare,
voglio vedere come sarebbe una vita con te in un prossimo futuro. E
anche se so di essere un bastardo, so di sbagliare, so che non
è giusto...non riesco a starti lontano. E’
più forte di me. Ci provo con tutte le mie forze. Ma i tuoi
occhi, la tua testardaggine, la tua vitalità ed i tuoi
sorrisi me lo impediscono”
Mi guarda. Tenta di
capire se sto dicendo la verità.
Con il pollice mi
accarezza la cicatrice sul volto.
“Va bene,
allora proviamo”
“Aspetta
Jennifer. Proviamo solo se vuoi farlo anche tu. Se non vuoi, evitiamo.
Non voglio farti soffrire ulteriormente.”
“Non sto
soffrendo, mi sento un po’ in colpa, tutto qui. Ma adesso
voglio stare con te e non pensare ad altro”
“Okay”
le dico sorridendo.
Ci sediamo ed
ordiniamo da bere, e – pur non avendo molta fame –
anche qualcosa da mangiare.
Lascio scegliere tutto
a lei, perché credo se ne intenda più di me.
Intanto da
un’altra sala si sente della musica, ed il cameriere ci dice
che di là si balla…e dato che dovremo attendere
un po’ prima che ci portino i piatti potremmo andare
lì.
Mi alzo, senza
pensarci.
“Balla con
me” le dico mentre le tendo una mano.
“Cosa?”
mi guarda un po’ stranita.
“Ti ho
detto: balla con me”
“No, io non
so ballare”
“Oh, ricorda
cosa dice Hook: basta prendere un partner che sa cosa sta facendo, no?
E io so cosa fare. E voglio ballare con te. Quindi vorrei che
accettassi”
“Touché..Mhh,
d’accordo.” Si alza e mi prende la mano.
“Brava
bambina” le dico. Pensavo ribattesse ed invece nulla.
Mentre ci avviciniamo
alla sala da ballo, sento le note di un lento. Ecco, è
perfetto per noi.
“Bambina? Ti
ricordo che ho due anni più di te” mi dice mentre
ci posizioniamo per ballare.
“Shh non
rovinare questi momenti”
“Io?
Rovinare? Ma davvero?”
“Mmhh.”
Iniziamo a ballare, ed
è così bello poterla stringere a me senza che
s’incavoli. Il ballo è la scusa perfetta.
“Non pensavo
fossi davvero così bravo a ballare”
“Oh io sono
bravo a fare molte cose” le dico all’orecchio,
sfiorandole la guancia con il naso.
Impercettibilmente ci
troviamo anche fin troppo vicini per sfuggire l’uno dallo
sguardo dell’altro.
E non posso fare a
meno di perdermi in quegli occhi.
“Ah,
davvero? Per esempio?” mi dice. Capisco subito che vuole
stare al gioco.
“Potrei
mostrarti un giorno” le dico con un sorriso sghembo.
“Un giorno.
Forse. Magari.” Mi dice. Scandisce le tre parole in un modo
un po’ ambiguo, ma cerco di non farci caso adesso.
Neanche il tempo di
abituarmi a tenerla tra le braccia, che arriva il cameriere a rovinare
tutto.
“Signori
O’Donoghue, la cena è servita. Se volete
seguirmi.”
Lei si stacca da me
senza pensarci due volte.
Ma mi tende la mano.
Non me l’aspettavo davvero…per me questo gesto
significa più dello stare abbracciati, più del
baciarla, più di tutto.
“Allora,
dimmi qualcosa, cosa vuoi fare dopo Once?” mi chiede.
E meno male che ero io
a volerla conoscere a fondo…
“Non ne ho
idea…magari tornerò in Irlanda.”
“O magari
no…” mi dice. E lì rimango un
po’ stupito dalla risposta. Non me lo sarei mai aspettato.
Adesso è
lei quella che sta iniziando un gioco senza alcuna uscita.
“…sì,
magari no” le dico, impacciato sorridendo a malapena.
“E se
venissi qualche volta con me in Irlanda?” le dico,
così senza pensarci due volte.
“No..cioè
non so se sarebbe opportuno”
“Non devo
mica presentarti come la mia fidanzata o chissà
cosa” le dico, scherzando con un sorriso sghembo che la
farà infuriare come mai prima d’ora.
“Ah
sì?” mi risponde con un tono calmo..fin troppo
calmo.
“In teoria
sì, ma questo dipende da tante cose…”
Ride tanto
“Cose tipo?” mi dice.
“Cose
tipo..uhm… come andrà questa serata, o magari
come andrà a finire..cose così sai”
“Stai
flirtando con me, Colin?” e ride di nuovo. Di questo passo
non arriverò sano di mente alla fine della serata.
“Forse
sì, forse no” le dico con fare provocatorio.
“Dio, quanto
ti odio” mi dice, e ride, ride ancora.
“Se questo
significa qualcosa tipo “io non posso stare senza di te
perché la mia vita farebbe totalmente ed irrimediabilmente
schifo” allora sì, ti odio
anch’io”
“Aspetta..che
hai detto?” mi dice un po’ sorpresa.
“Cosa? Che
ti odio anch’io?” le dico, sorridendo timidamente
“No..quello
prima..”
“Se questo
significa qualcosa tipo?”
“Ohh,
diamine smettila e fai il serio” mi dice, facendo la finta
offesa.
“Io non
posso stare senza di te. E non meravigliarti, perché lo sai,
lo hai sempre saputo.”
“Però
non me l’ha mai detto nessuno”
Vedo la sua mano sul
tavolo. E con attenzione poso il mio indice su una sua nocca, ed inizio
a disegnare dei piccoli cerchi. Ha una pelle così morbida.
“Io sono
sincero”
“Lo so, ma
ho paura” mi dice con voce tremolante, come se dovesse
mettersi a piangere da un momento all’altro.
“Paura di
cosa?”
“Di…legarmi
a te, magari”
___________________________________________________________________________________________________________________________________
Angolo autrice.
Salve gente:) scusate
il terribile ritardo T.T ma mi sono bloccata, mi dispiace tantissimo.
Questa volta vediamo
tutto dal punto di vista di Colin, che insomma, sa di essere un idiota
ma non puo' fare a meno di stare vicino a Jennifer. (E c'ha ragione)
L'appuntamento non
è finito, ma sarebbe diventato troppo lungo da continuare,
quindi la continuazione verrà pubblicata come 5°
capitolo. Molto probabilmente arriverà un "nuovo
personaggio" che non so se resterà o farà da
comparsa casuale.
Vi anticipo che nel
prossimo capitolo DOVREI modificare il rating, ma non ne sono ancora
sicura. Non so quando pubblicherò il prossimo ma spero entro
le due settimane che mi sono prefissata.
PS: GRAZIE GRAZIE
GRAZIE A TUTTI QUELLI CHE HANNO AGGIUNTO LA STORIA TRA LE
PREFERITE/SEGUITE/RICORDATE E L'HANNO RECENSITA. SIETE FANTASTICI.
PPS: -2 alla premiere
di OUAT! Non vedo l'ora di vedere quei due in azione!
Al prossimo capitolo! Baci! -
Mary :*
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Run right into you. ***
[A
circa metà del capitolo ho inserito una canzone che ho
ascoltato mentre scrivevo la seconda parte del capitolo, se volete
ascoltatela anche voi per "creare l'atmosfera" :) ]
Run right into you.
"You surround me, pull me, drown me, swallow me whole.
You turn, turn, turn, turning me on like a slow fire burn
Know that it's wrong, still I run, run, run, run right into you."
POV JENNIFER.
“Paura di
cosa?”
“Di…legarmi
a te, magari”
Ed ho paura, una paura
tremenda.
Ma non ho intenzione
di scappare, non questa volta. Perché ho bisogno di lui. E
non credo di aver mai avuto bisogno di qualcuno fino a questo punto.
“Anche io ho
paura” mi dice.
Lo guardo in quegli
occhi cristallini. Si vede che ha paura, forse più di me.
Forse potremmo
aiutarci a vicenda.
“Eppure non
sembra…all’apparenza”
“E
invece…”
Sto improvvisamente
sentendo troppo caldo, non riesco a respirare, ho bisogno di prendere
un po’ d’aria fresca.
“Sento fin
troppo caldo, perché non usciamo?” gli chiedo.
“Mmmh”
mi dice con sorriso provocatorio“Non lo so…e se ci
beccasse qualcuno?” continua.
“Allora…potremmo
andare a casa” continuo “l’importante
è che io mi levi questi tacchi infernali”
“Solo i
tacchi?” mi guarda sornione.
“Ma sta
zitto..” gli dico tentando di trattenere una risata.
Si alza e mi tende la
mano.
Il solito gentiluomo.
“Oh no, non
fare così, non otterrai nulla in cambio della tua
gentilezza” gli dico prendendolo in giro.
“Non voglio
nulla in cambio” mi dice con un tono serio. Ha uno sguardo
corrucciato.
Avrei dovuto evitare
di fare una battuta simile.
“Scusa…”
gli dico, forse con un tono intimorito.
“Per..?”
mi dice con un sorriso a trentadue denti.
Dio mio, quel sorriso.
E’ la cosa più bella che io abbia mai visto.
Potrei vivere intere giornate guardandolo sorridere.
“Per la
battuta di prima”
“Ah..no
tranquilla” mi dice sorridendo. Ancora. Tipo quei sorrisi che
ti fanno dimenticare tutto quello che ti sta intorno.
Ci avviamo verso
l’uscita. Fuori piove.
Non me ne ero neanche
accorta.
Diamine, non abbiamo
neanche un ombrello.
Lo vedo intento ad
avvicinarsi, come se volesse abbracciarmi. E mi allontano.
“Potrebbero
vederci, non ricordi?” gli dico guardandolo male.
“Adesso
è l’ultima cosa di cui m’importa. Voglio
proteggerti dalla pioggia. Non vorrei mai che il mio pirata rimanesse
senza la sua piccola principessa”
Rido, di nuovo, senza
un contegno.
E’ uno dei
miei vizi più grandi.
“Okay,
scusa” gli dico, continuando a ridere.
“Basta
scusarti, prima o poi avrai modo di ripagarmi” mi dice. E mi
fa un occhiolino.
So cos’ha in
mente.
Nonostante fuori si
geli io sento ancora tremendamente caldo. Ho bisogno di muovermi, devo
fare qualcosa.
“Balla con
me”
“Qui, sotto
la pioggia?
“Perché
no? E’…rilassante”
Mi levo i tacchi, lo
prendo per mano ed inizio a correre con lui al seguito e i tacchi in
mano.
E rido, rido
tantissimo. E’ l’unico modo che ho per sfogarmi.
Perché sento le lacrime pizzicarmi gli occhi ma non voglio
piangere davanti a lui. Non voglio sembrare debole.
Giro, giro e giro su
me stessa mentre lui mi guarda con uno sguardo tra il perplesso ed il
divertito.
“Perché
mi guardi così?”
“Perché
sembri una ragazzina”
“Non
è vero” gli rispondo facendo la finta offesa
“e poi non sono io che quando sono in pausa mi metto a
saltare per tutto il set insieme a Georgina”
Colpito e affondato. Maledetto irlandese.
“Non fare
supposizioni affrettate” dice con un tono che non sembra
affatto scherzoso.
Ci osserviamo. Il suo
sguardo che incontra il mio, preferisco non dire nulla per non iniziare
una discussione infinita.
E’ lui a
rompere quell’assordante silenzio “Andiamo a casa,
ragazzina”
“Ti ricordo,
ancora, che sono più grande di te” gli dico con un
sorriso falso che farebbe rabbrividire chiunque.
“Non
sembrerebbe” sta al gioco. Che bastardo.
Arrivati a casa, lui
parte diretto in camera sua, ed io non posso fare a meno di buttarmi a
peso morto sul divano.
Odio i tacchi.
Odio le mie gambe.
Dio mio che dolore.
Lo vedo ritornare con
una coperta in mano. Si è cambiato, indossa una maglia
grigia che mette in evidenza i suoi bicipiti, e dei pantaloni neri, fin
troppo stretti.
“Sei gelata
e fradicia, almeno copriti”
Non vorrei neanche
alzarmi più, ma dovrei andare a cambiarmi.
“Colin, sto
andando in bagno a cambiarmi”
“Okay. Sai
dov’è no?”
“Sì..”
gli dico. E mi avvio verso il bagno. Chiudo la porta il più
silenziosamente possibile e mi siedo a terra, stremata.
Sto male, sembro
esaurita, e non riesco neanche più a controllarmi.
Mi sento in colpa per
questa serata, per essere stata felice dopo tanto tempo.
Improvvisamente sento
le lacrime che trapassano le mie guance. Come se da un momento
all’altro dovessero creare dei solchi sottili ma profondi.
Ho bisogno di piangere
da quando quel cameriere mi ha chiamata “Mrs
O’Donoghue”...avrei voluto rispondergli:
“No non sono io, sono solo una stupida idiota che sta
rovinando il matrimonio di un uomo fantastico che probabilmente non mi
ama neanche”
Tento di trattenere i
singhiozzi per non farmi sentire.
Ma non ce la faccio,
è più forte di me. Ed inizio a singhiozzare come
un bambina.
Sento bussare alla
porta. Dio, non lui non adesso. Ma cosa dovrei aspettarmi? Sono a casa
sua.
Che stupida idiota.
“Ehi,
Jen..che succede?”
Preferisco non
rispondere. Dai miei sussurri potrebbe capire che sto piangendo.
Sento il cigolio della
maniglia che si muove.
No, non entrare, non
adesso. Ti prego. Ti supplico.
Mi porto le ginocchia
al petto e mi copro gli occhi con una mano, anche se so che
capirà tutto nel giro di 5 secondi.
Maledetto irlandese
dagli occhi blu.
“Ehi…”
sussurra.
Si inginocchia davanti
a me, e mi prende le mani, intento a spostarmele dal viso.
Cerco di opporre
resistenza, ma cosa può fare una piccola donna minuta contro
un uomo…così? Nulla.
E ti pareva.
“Ehi..non
piangere” mi dice guardandomi con gli occhi desiderosi di
spiegazioni.
“Lasciami
sola” gli dico piano.
“Non me ne
vado.”
Silenzio.
Non riesco a dire una
parola.
“Jen,
parlami, dimmi che succede.” Mi dice con tono pacato.
“Vuoi sapere
che succede? Vuoi proprio saperlo? Mi sento uno schifo, vorrei
prenderti a pugni. Quello che ho provato stasera è stato a
dir poco magico. Ma indovina? Non c’è speranza.
Non c’è speranza per noi, non ce ne
sarà mai, e fa male.”
Non risponde, mi
osserva e basta.
Mi abbraccia, o almeno
tenta di farlo dato che le mie ginocchia fanno da scudo.
“Shh, non
piangere, shh”
Mi sposta
delicatamente le mani dal viso, con l’indice mi alza il mento
e con pazienza ed attenzione asciuga le mie lacrime.
“Non ce la
faccio a vedere quel dolce viso ridotto in questo stato”
Non riesco a parlare,
sembro paralizzata.
E vorrei parlare,
vorrei muovermi. Ma resto ferma, semplicemente.
Non riesco ad avere il
pieno controllo del mio corpo.
“Allora,
adesso ti prendo in braccio, ti calmi, ti metti qualcosa di comodo
così andiamo a farci una bella dormita, e domani parliamo di
questa storia okay?”
Non riesco a far altro
che annuire.
Mi prende con
delicatezza.
Una mano sotto le
ginocchia ed una a cingermi le spalle.
Mi sento
così piccola.
Mi aggrappo a lui ed
appoggio la testa nell’incavo del suo collo. Il suo profumo
mi fa sentire a casa.
Ora come ora potrei
definirlo la mia ancora di salvezza nonostante sia lui il motivo per
cui sto così maledettamente male.
Mi poggia sul letto,
ed esce dalla stanza. Credo sia andato a prendere la borsa.
Non riesco ancora a
muovermi.
Torna e mi guarda come
se fossi una bambina bisognosa di attenzioni. “Allora, adesso
ti spogli da questo vestito scomodo e metti un pigiama” mi
dice. Da un lato mi fa piacere; dall’altro, invece, mi fa
sentire stupida. Che lo stia facendo solo perché gli ho
detto quelle cose?
“Orsetti?
Per la nostra serata romantica ti eri portata un pigiama con degli
orsetti?” mi dice sorridendo prendendomi in giro.
E non posso far a meno
di sorridere, leggermente.
“Quel
sorriso…” mi dice. Quasi sbalordito.
Non dico nulla.
Ma trovo un conforto
in lui che non ho mai trovato in nessuno.
“Se vuoi
esco..sai..per cambiarti..”
“No..tranquillo”
gli dico, ma continuo “non lo faccio apposta, credimi, ma
potresti aiutarmi a tirar giù la cerniera del
vestito?” gli chiedo, con evidente imbarazzo.
“sì…ehm...certo”
POV COLIN.
Vederla in quello
stato mi ha praticamente distrutto. Vedere quel viso solcato dalle
lacrime è stato straziante.
Non l’ho mai
vista così…vulnerabile.
Voglio proteggerla da
tutto questo. Vorrei proteggerla anche da me. Ma sono
egoista.
Sono solo uno stronzo
egoista che pensa per sé. E lei soffre.
E quando mi ha detto
che per noi non c’è alcuna speranza mi sono
sentito morire.
E vorrei dirle che la
vorrei mia per sempre, ma non riesco, forse è troppo presto.
Forse è solo la paura.
Ma la voglio
così tanto, così profondamente.
Si alza, ancora un
po’ barcollante.
“Potresti
aiutarmi a tirar giù la cerniera del vestito?”
Ecco, adesso potrei
anche non essere responsabile delle mie azioni.
“sì…ehm...certo”
Mi avvicino a lei con
cautela. Con delicatezza. Sembra fatta di porcellana, così
fragile e delicata che la paura che si possa frantumare in piccoli
pezzi mi spaventa.
L’aiuto con
la cerniera ed il vestito, cadendo, le scopre completamente la schiena.
“Sei ancora
un ghiacciolo”
Silenzio. Assordante
silenzio.
“Sfogati”
“Cosa?”
mi chiede con voce tremolante.
“Se vuoi
sfogarti, se vuoi piangere, urlare, o prendermi a pugni come hai detto
prima...fallo. Ci sono io qui con te, e non sarai sola, mai.”
“Abbracciami
e basta”
Sì.
L’abbraccio. La stringo a me come non ho mai fatto.
Adesso ha bisogno di
me. Ed io ho bisogno di lei.
L’uno
l’essenza vitale dell’altro.
Ho la fronte
appoggiata alla sua spalla.
La bacio dolcemente e
la sento annaspare al mio tocco, la vedo appoggiarsi ai bordi del
letto, come se dovesse cadere da un momento all’altro.
“Dovresti
metterti qualcosa addosso, o potrei davvero non rispondere delle mie
azioni”
Ride,
finalmente. Oh, grazie a dio l’ho fatta ridere. Mi sento
quasi una brava persona.
“Okay,
girati”
Mentre si veste mi
giro cercando di non farmi notare.
“Stavi
guardando?”
Merda, mi ha pure
scoperto.
“Io? No,
assolutamente, come ti viene in mente una cosa del genere?”
le dico con un sorriso furbastro stampato in volto. Mi piace troppo
provocarla. Cerco di non farmi scappare una risatina o potrebbe
uccidermi all’istante.
Mi guarda di sottecchi
e si mette a letto. Mi metto a letto anch’io e continuo a
fissarla mentre si gira e si rigira sotto le coperte.
“Adesso vuoi
dirmi perché piangevi prima o devo estorcerti questa
informazione a modo mio?”
“E come
dovresti estorcermela? Sentiamo.”
“Oh, conosco
due o tre modi…”
Mi guarda con gli
occhi spalancati, e capisco che ha inteso male. O forse ha inteso
benissimo.
Diamine Col, smettila
di pensarci, è da quando l’hai vista in
quell’asciugamano che non la smetti. Adesso è nel
letto con te vestita d’un pigiama con degli orsetti, non
dovrebbe farti nessun effetto.
“Tranquilla..non
intendevo..”
“Sì,
lo so” sussurra ed accenna un sorriso.
“Ehi vieni
qui, abbracciami, forza”
L’avvolgo
tra le mie braccia e la tengo stretta come se da un momento
all’altro dovesse scapparmi.
“Mi
sento…a casa”
“Anche
io.”
“Mi pare
giusto, sei a casa tua” e ride.
“Non
intendevo in quel senso” le dico. Il tono di voce tremolante
mi ha tradito.
Silenzio.
“Ho voglia
di dormire”
“Se lo dici
tu, buonanotte dolcezza” le bacio una tempia e mi sistemo in
posizione laterale in modo da starle vicino e non farla scappare.
“Mhmh
buonanotte, mio eroe”
Mio eroe. Mio. E il
cuore perde un battito.
Durante la notte la
sento dei rumori, sapevo sarebbe scappata, ma non mi aspettavo
così presto.
“Dove stai
andando, Jen?” mi giro a guardarla mentre si avvia verso la
finestra.
“Credo sia
meglio che uno dei due dorma sul divano, quindi, dato che è
il tuo letto, ci vado io. Buonanotte”
Non voglio
rassegnarmi, non adesso, la voglio vicino a me per poterla proteggere.
Anche se so che sono io a farle del male. Ma non posso starle lontano,
sarebbe troppo da sopportare.
“Allora cosa
fai davanti alla finestra?”
“Piove..mi
piace la pioggia.”
Non so cosa dire.
“Rimani, per
favore. Ricordi quando mi hai chiesto di rimanere a casa tua? Ecco, io
ti chiedo di rimanere in questa stanza e in questo letto con
me.”
“Non credo
sia una buona idea”
Mi da le spalle mentre
guarda la pioggia che batte sulla finestra.
“Non ti
toccherò, lo sai.”
Si volta verso di me,
mi guarda “Non sei tu il problema” accenna un
sorriso e si volge di nuovo alla finestra.
[http://youtu.be/bF31ZhYnhcA]
Mi alzo dal letto, non
sono molto stabile a causa del sonno, ma riesco ad avvicinarmi a lei,
seppur con cautela. Appoggio una mano sulla vetro della finestra e
osservo con lei la pioggia.
“Dai, torna
a letto”
Mi avvicino ancora
più vicino a lei, quasi ad aderire il mio corpo al suo.
Quasi ad intrappolarla.
“Colin…”
“Mh?”
In un attimo si gira,
e ritrovo le sue labbra sulle mie. Baci furiosi, pieni di rabbia e
tensione.
Quella tensione che
anch’io mi porto appresso ormai da mesi, forse anni.
La sua lingua che
s’intreccia alla mia. Potrei amarla qui, adesso, se solo me
ne desse la possibilità.
Allontana bruscamente
le sue labbra dalle mie. La scruto, per aver un cenno, per capire se
è davvero quello che vuole.
Il mio corpo troppo
vicino al suo. Desidero averla. Bramo la sua pelle, il suo tocco, le
sue labbra.
Ci facciamo prendere
dalla passione, dalla tensione. La prendo in braccio, si aggrappa a me
circondando il mio collo con le braccia, e i miei fianchi con le esili
gambe.
Allontanandomi dalla
finestra siedo sul letto con lei a carponi su di me. Sento le sue
piccole dita insinuarsi sotto la mia maglietta intenta a sfilarmela. So
di doverla fermare, ma non voglio, e quindi me la sfila con una
delicatezza che solo lei può possedere. Si ferma ad
osservarmi, senza dir nulla.
Prendo il suo volto
tra le mie mani, e la bacio, a lungo. E solo adesso mi accorgo di
quanto volessi che fosse solo mia.
Mi avvicino al suo
orecchio “Ne sei sicura? Sai che non si può
tornare indietro”
Silenzio. Sento il suo
battito accelerare. La scruto ancora, per captare un assenso o un
dissenso.
Annuisce,
semplicemente.
Dopo averle sfilato la
maglia, inizio a baciarla avidamente.
Ma lei mi ferma
iniziando il suo gioco.
Con un indice inizia a
stuzzicarmi le labbra, poi, seguendo una linea, mi accarezza
delicatamente la mascella, il collo, il pomo d’Adamo, le
clavicole. Ed ad ogni suo tocco, un brivido mi percorre, non riesco a
controllarmi. Con dei piccoli baci mi accarezza il torace. E’
una dolce, piacevole tortura.
Ma adesso è
ora di fare a modo mio.
POV JENNIFER.
Mi piace torturarlo.
Mi eccita vederlo andare fuori di testa. Ma neanche il tempo di
guardarlo soddisfatta del lavoro che stavo facendo, che mi ritrovo
stesa sul letto con lui carponi su di me. Cerco di divincolarmi ma non
riesco, è troppo pesante.
“Adesso
iniziamo il mio di gioco..” mi dice, con una voce roca, che
mi eccita ma al contempo mi terrorizza per quello che potrebbe fare.
Mi sfila la canotta,
con attenzione e lentezza. Come se volesse farmi sentire ogni emozione,
ogni brivido, come se volesse che questo momento durasse in eterno.
Sento il suo fiato sul
collo, inizia a lasciarmi dei piccoli bacio. Ed ad ogni bacio io
sussulto.
E so che se ne
accorge, ma non fa niente per evitarlo. Prova piacere nel torturarmi,
nel farmi male.
E mentre mi bacia
sussurra delle cose che all’inizio, essendo stordita per
l’effetto che mi fa, non capisco.
“Jennifer?”
“Mmh
sì?” gli chiedo, senza accorgermi del tono con cui
ho risposto.
“Dimmi che
sei mia”
“Mmmh”
mi limito a rispondere.
“Mia, mia,
mia, solo mia” ripete continuando a baciarmi il collo, e
cercando di toccarmi ovunque.
Io dal canto mio, non
riesco a rispondergli.
Sono consapevole di
stargli dando tutta me stessa. Fisicamente e sentimentalmente. Ma non
riesco ancora a dirlo apertamente.
Solo quando lo guardo
negli occhi, capisco che non c’è nessun velo di
malizia in quello che dice. Sembra serio, sembra volesse chiedermelo da
tanto tempo, ma che ne abbia avuto l’occasione solo ora.
E continua. Continua a
torturarmi con il suo tocco, la sua barba ispida che lascia dei segni
sulla mia pelle, i suoi baci.
Dal collo, passa alle
spalle, mi strappa via il reggiseno,
“Dimmelo
Jennifer” mi dice ancora, quasi con un tono esasperato.
E continua a baciarmi
nell’incavo tra i seni, poi nell’addome.
Ancora, ed ancora. Se
il suo intento è farmi impazzire allora ci sta riuscendo
alla perfezione.
“Colin..”
dico ansimando.
“Dimmelo”
dice ancora con tono esasperato.
“Sono tua,
Colin, lo sono sempre stata” gli rispondo guardandolo negli
occhi. Come se fossero una calamita. Come se non potessi scappare da
quello sguardo. Non che io volessi scappare.
“E’
pura poesia” mi dice guardandomi incantato.
Inizio a ridere
ricordandomi le battute in un intervista a San Diego, rido
perché ero - sono, felice.
“Sta ridendo
di me, signorina Morrison?”
“Affatto,
signor O’Donoghue!” gli rispondo tentando di
trattenere una risatina.
Mi guarda con un volto
serio, non capendo il motivo per cui rido.
“Rido
perché non è la prima volta che mi dici
“E’ pura poesia”
Sorride e basta, senza
dire nulla, e riprende a baciarmi tra il collo e il lobo
dell’orecchio. Forse più intensamente di prima.
Lo sento sorridere
nell’incavo del mio collo.“Sei sicura? Lo vuoi
davvero? Perché io ne sono sicuro, ma dobbiamo volerlo
entrambi o...”
Senza dargli una
risposta diretta, prendo il suo viso tra le mani e riprendo a baciarlo.
Tutta la tensione repressa nei mesi la riverso in quei baci.
Lascio a malincuore le
sue labbra “Ho bisogno di te, adesso, quindi non domandarmelo
più”
E da quella frase, da
quelle 9 parole, inizia il finimondo vero e proprio.
In me che non si dica,
si leva i pantaloni, e rimane anche lui mezzo nudo come me.
Lo osservo, e la prima
cosa che penso è che è terribilmente stupendo.
Indescrivibile. Una visione.
Inizia a baciarmi
l’interno coscia, lasciando morsi qua e là,
giustificandosi con un: “Voglio lasciarti dei segni in modo
che chiunque ti veda mezza nuda capisca che sei mia”
Credo che non mi
abbiano mai detto niente di più romantico e passionale allo
stesso tempo.
E, mentre mi spoglia e
lo invito ad entrare dentro di me, mentre ci uniamo, mentre i nostri
corpi e i nostri cuori diventano una cosa sola, lo intimo a guardarmi
negli occhi. Tutto il tempo. E mentre ci amiamo in questo letto, non
riesco a staccare i miei occhi dai suoi, perché quegli occhi
che mi scrutano, mi provocano e mi fanno sentire vulnerabile, adesso
sono diventati la mia nuova casa. Dopo esserci amati, dopo
aver raggiunto insieme il piacere, mi accascio sul suo petto, ansimando
e non riuscendo a riprendere fiato dopo quest’incredibile
nottata.
Senza rendermi conto
che sono le quattro del mattino e che fra due ore dovremmo andare a
lavoro, mi addormento su di lui, incurante del resto.
Sento farfugliare il
mio nome, ma non riesco ad aprire gli occhi, sono troppo stanca, ho
troppo sonno.
“Jennifer?”
“Mmmh”
non riesco a parlare, ho la bocca impastata. E pur riconoscendo quella
voce che riconoscerei anche tra un miliardo di voci, non riesco a
rispondergli in modo normale.
Sono a pancia in
giù e sento qualcosa - o meglio qualcuno - che mi accarezza
la schiena.
“Jennifer?”
“Ho sonno,
voglio stare a letto oggi” riesco a farfugliare
“Oh tesoro,
ti farei anche compagnia se tu volessi, ma tra dieci minuti dobbiamo
andare a lavoro, quindi muovi quel bel sedere, su”
“Mmh,
no.”
Apro gli occhi mi giro
lateralmente. Adesso siamo l’uno di fronte
all’altro, ma non ci sfioriamo neanche. Lo guardo, mi perdo
nella sua infinita bellezza, e mi chiedo come possa essere
così bello dopo una notte del genere.
Credo che con lui
valga il detto: “Fare sesso rende più
belli”.
Corruccia il viso,
probabilmente non capisce perché io lo stia guardando in
quel modo.
Arrossisco
inconsciamente, richiudo gli occhi, e mi giro dall’altro
lato.
Lo sento spostarsi,
sento la sua presenza dietro di me.
“Dovrò
trascinarti dentro la doccia o ti alzi senza alcun aiuto?”
Dio che vergogna.
“Io..ehm..vado”
Porto il lenzuolo con
me, e provo a non guardarmi indietro. Ci provo…ma non ci
riesco, è più forte di me. E mentre esco dalla
stanza, continuo ad ammirarlo. E sono così concentrata che
sbatto un piede contro la porta, ma nonostante tutto continuo a
guardarlo e a soffrire silenziosamente per non farmi notare.
Arrivata alla doccia,
mentre l’acqua tiepida scende su di me e mi lava da tutte le
colpe, penso costantemente a lui, a stanotte, ai suoi occhi, alle sue
labbra su di me, e ai suoi segni. E non posso far a meno di sorridere.
Canticchiando una
canzone di cui non ricordo il nome, mi metto sulla punta dei piedi per
tentare di prendere il bagnoschiuma, e domandandomi il
perché io sia una nanerottola che potrebbe far concorrenza
ai nani di Biancaneve, sento le porte della doccia aprirsi e lo vedo
prendere il bagnoschiuma per me.
“Oh, al
diavolo Col, ce la stavo facendo”
“Non credo
proprio. Sei una nana. Una bellissima nana, aggiungerei.”
“Nella botte
piccola sta il vino buono”
“Non ho
alcun dubbio su quello”
Sono girata e non
posso guardarlo.
“Colin,
quella di stanotte era la prima ed ultima volta, adesso esci”
lo intimo, con una voce insicura che non rispecchia per nulla le mie
parole.
Ma lo sento
avvicinarsi a me. Sento il suo petto poggiato sulla mia schiena e le
sue mani cingermi i fianchi.
D’istinto mi
giro verso di lui, non pensando al fatto che fosse completamente nudo.
Jennifer, non
guardare, non guardare giù per nessuna ragione al mondo.
Ma a quanto pare
impormi di fare una cosa non vuol dire evitare di farla.
Lui se ne accorge.
Poggia la testa nell’incavo del mio collo, e sorride, mentre
mi stringe a sé come se non volesse più lasciarmi
andare. Così mi abbandono a lui, per la seconda volta,
incurante di tutto.
Angolo autrice.
Scusate
se non ho aggiornato, ma ho avuto un blocco. Forse non sembra ma sono
stata molto meticolosa nello scrivere questo capitolo. Ho curato ogni
minimo particolare.
Avevo
promesso di inserire un nuovo personaggio, ma non volevo privarvi della
felicità per il momento "clou" del capitolo.
Ma
credo inserirò questo personaggio dal prossimo capitolo. Mi
scuso in anticipo.
Ringrazio
coloro che lasciand recensioni ed aggiungono la storia alle
seguite/preferite/ricordate. E ringrazio soprattutto coloro che mi
spronano a continuare pure in momenti di "debolezza"
Al
prossimo capitolo :)
-Mary
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** Fire Breather. ***
HTML Editor - Full Version
Fire Breather.
“Big blue eyes, oh I don’t know what it means, no.
What does he want from me?”
-16/08/2014-
POV JENNIFER.
Dopo essermi abbandonata a lui due volte in meno di 12 ore, mi sento diversa. Totalmente e irrimediabilmente diversa.
Il tragitto tra casa di Colin e il set lo passiamo senza parlare. Solo sospiri di sconforto, occhiate languide, e sorrisi sfuggenti.
Pur essendo sabato, Adam e Eddy ci hanno voluti a lavoro per iniziare a studiare i copioni tutti insieme.
Sono convinti che siano in ritardo con la registrazione delle puntate.
Sarà difficile lavorare con Colin senza ripensare a questa notte.
Ma ci proverò.
Appena arrivati, Josh ci corre incontro con due caffè fumanti e un sorriso a trentadue denti. Che sapesse qualcosa? Non lo so, e per adesso non è importante.
Lascio andare silenziosamente Colin per dirigermi nella mia roulotte. Voglio stare lontano da tutto e tutti, ho bisogno di pensare, di riflettere, in proposito a tutto e al niente.
Ma ho bisogno di fare mente locale per capire come comportarmi con Colin d’ora in poi.
Sento bussare alla porta, non mi va di andare ad aprire.
“Jen, sono io.”
Lui. Sempre e solo lui. Ma è una maledizione?
Non vado ad aprirgli, lo ignoro e basta. E’ più semplice.
“Jen, vorrei parlare.” continua.
No, io con te non voglio parlarci. Lo capisci? Più ti sto vicino e più sto male, e lo sai.
Continuo ad ignorarlo, è meglio così.
Silenzio.
Sento di nuovo bussare, stavolta con più forza di prima. Non più con dolcezza, ma con rabbia.
“Apri questa porta!”
Mi alzo, barcollando per la stanchezza, e gli apro.
Entra con furia, come se volesse prendere a pugni qualcuno. E credo di non capire cosa ho fatto per meritarmi una sfuriata simile.
“Volevi parlare. Parliamo.” gli dico, con tono freddo e distaccato.
Fredda e distaccata Jen, fredda e distaccata. E’ l’unico modo per levartelo di torno.
Mi guarda e basta. Non dice nulla, perché – effettivamente – non c’è nulla da dire.
“Sto impazzendo, pensando a ieri sera. A quello che hai detto.”
Ah, immaginavo si trattasse di questo. Ma non volevo crederci, o almeno non dopo la notte passata insieme.
“Cosa vuoi che ti dica? Che c’è speranza per noi? Non ce n’è, bisogna essere realisti. Tu hai una moglie, un figlio, una famiglia che tutti vorrebbero avere. Non farti questo, non rovinare una cosa così bella per una notte, per uno stupido appuntamento, o perché non sai distinguere i nostri personaggi da noi.”
“Quindi è questo che pensi?” mi chiede con voce soffocata, quasi non riuscisse a dire nulla.
“E’ quello che è. E’ la realtà, ti sto semplicemente dicendo come stanno le cose.”
“Quindi cosa? Fai l’amore con me, e poi giustifichi tutto con questo?” mi chiede, ancora con voce soffocata. Ha gli occhi lucidi.
Adesso vorrei avvicinarmi a lui, abbracciarlo, rassicurarlo. Ma non posso, non devo, perché sto facendo tutto questo per il nostro bene. Per il suo bene.
“Non abbiamo fatto l’amore.”
“Ah, tu credi? Okay, continua a pensarla così. Mi arrendo.” Mi dice, alzando le mani in segno di resa.
Si avvicina a me e accosta la sua bocca al mio orecchio, con la barba mi solletica il lobo, ma non muove le mani. Non fa nulla.
“Guardarci negli occhi mentre urlavi il mio nome non era fare l’amore, giusto?” mi attacca.
Sento il suo fiato sul collo, un brivido lungo la schiena, le ginocchia che tremano. Cerco di ignorare l’effetto che mi fa e provo a continuare per la mia strada. Lo faccio per noi. Lo faccio per lui.
“Esci dal mio camerino.”
“No.” mi risponde con fermezza.
“Esci.” ribadisco.
“Dimmelo. Dimmi che noi hai provato nulla ieri. Dimmelo con una fermezza tale da convincermi che le tue parole sono vere. Perché al momento non ci credo; mi avvicino a te, non ti tocco neanche e tu rabbrividisci. Dimmi che non provi nulla.”
“Esci, Colin. Non te lo ripeterò di nuovo.”
“Wow, brava. Continua a rinunciare a tutto questo. Me ne vado, o potrei fare qualcosa di avventato.”
Esce dalla roulotte e io mi accascio sul divano, riesco a stento a trattenere le lacrime.
Ho paura di non riuscire a lavorare con lui come facevo prima. Ma devo provarci, riuscirci. Devo essere professionale.
Arrivati in sala conferenze, mi siedo vicino a Ginny e Josh, cercando di evitare Colin il più possibile.
Appena seduta, alzo gli occhi e me lo ritrovo di fronte che mi guarda con uno sguardo di sfida.
Ma non mi sposterò. Continuo a fissarlo imperterrita fino a quando lui, imbarazzato, abbassa lo sguardo.
“Allora, ragazzi, avete dato già un’occhiata ai copioni?” ci chiede Adam.
Rispondo di sì, nonostante non abbia aperto il fascicolo neanche per mezzo secondo.
“Allora, Colin e Jen, cosa ne pensate dell’appuntamento di Hook e Emma?” continua Edward.
Strabuzzo gli occhi, incredula.
Avrei dovuto leggere il copione. Cioè, avevamo parlato di un ipotetico appuntamento tra Emma e Killian, ma non pensavo avvenisse così presto.
“A-appuntamento?” chiede Colin, balbettando incredulo.
“Avete letto i copioni o no? Che ne pensate?”
“Ci piace” diciamo in unisono, senza volerlo, e ci giriamo l’uno verso l’altro. I nostri occhi si uniscono, di nuovo.
Azzurro e verde. Verde ed azzurro. Un’unica cosa, ancora.
Sento che mi manca l’aria. Devo uscire.
Mi alzo dalla sedia, intenta ad andarmene. Intenta a chiudermi di nuovo in me stessa.
“Scusate, ho bisogno di aria.”
Esco, e corro verso la mia roulotte, sento dei passi dietro di me ma li ignoro.
Non m’importa di nessuno in questo momento, solo di me stessa.
Entro nella roulotte e cerco di chiudere la porta, ma qualcuno mi ferma.
Lui, sempre e solo lui.
“Che diamine ti è preso lì dentro?” mi chiede con tono freddo, distaccato.
“Avevo bisogno di prendere aria. Non riesco a respirare.” rispondo con la stessa freddezza.
“Per quale motivo?” chiede, stavolta quasi in modo più dolce.
“Perché? Perché mi guardi così. E fa male. Mi stai attorno, mi scruti, mi sfidi, mi provochi. Ed è maledettamente fastidioso. Non guardarmi come se non potessi fare a meno di farlo. Non starmi attorno, non sorridermi, non rincorr-“
Le sue labbra sulle mie, di nuovo.
“Ho bisogno di stare con te.” sussurra, tra le mie labbra.
Lo guardo, nei suoi meravigliosi occhi azzurri. E anch’io vorrei stare con lui, dio quanto lo vorrei, ma non posso.
“Non possiamo.”
Sospira e mi lascia andare. Inizia ad accarezzarmi la guancia, con delicatezza.
Brividi. Ancora. Vorrei che non mi facesse questo effetto, vorrei evitare di annaspare al suo tocco, sarebbe tutto più facile.
Ma ormai siamo persi, siamo fin troppo dentro questa relazione, e non ne usciremo illesi.
Esco dalla roulotte con lui al seguito. Ho il battito accelerato. Ho caldo, troppo caldo.
Mi fermo nel bel mezzo del cortile in cui stanno tutte le roulotte, inspiro, espiro. Ma nulla, sto impazzendo.
Lui mi prende per il polso con delicatezza, mi fa girare, mi tira a sé e mi abbraccia, mi culla, quasi.
“Fa male.”
“Lo so.”
Stiamo abbracciati per un bel po’ cullati dal battito dei nostri cuori che batto in unisono.
Spezzo per prima l’abbraccio. Mi allontano da lui, sospirando.
“Dobbiamo rientrare, si staranno chiedendo che fine abbiamo fatto.”
Non risponde, non mi guarda, inizia a camminare e basta.
Passiamo il resto del tempo a leggere copioni, fino all’ora di pranzo.
Mi chiudo nella mia roulotte, voglio stare da sola, con i miei pensieri, devo riflettere.
Nessuno, per fortuna, bussa alla mia porta durante la pausa pranzo, ed è un sollievo.
Uscita dalla roulotte, Ginny mi nota da lontano, la vedo avvicinarsi.
“Ehi Jen, volevo parlarti!” mi dice, quasi urlando, pur essendo a pochi metri di distanza.
Aspetto che si avvicini per poterle parlare senza urlare, non ne ho la forza. Ho trattenuto talmente tante lacrime oggi da non riuscire ad alzare la voce.
Avvicinatasi a me, Ginny mi sorride felice. Non credo di capire cosa stia succedendo.
“Dimmi. Che succede?”
“Nulla. Stavo pensando…Josh mi ha detto che oggi lui e Colin vogliono stare insieme davanti alla tv a mangiare pizza e a guardare quelle stupide partite. Ti andrebbe di stare insieme? Che sia a casa mia o tua non ha importanza. I ragazzi sono a casa di Colin.”
Sapendo che se non uscissi con Ginny passerei la serata tra cioccolata e film strappalacrime…deduco che potrebbe essere una buona idea.
“Ci sto, ma…porta del vino. Ho decisamente bisogno di bere. E se vuoi invita anche Lana, Georgina, Elizabeth, e Emilie. Passiamo una serata tra donne e ci divertiamo. Alle 20 a casa mia.”
“Oddio Jen, che bellissima idea.” mi risponde Ginny con gli occhi quasi a cuoricino.
Lei ama questo tipo di serate.
Passiamo il resto del pomeriggio a leggere altri copioni.
Arrivata a casa accompagnata da Josh e Ginny, corro subito a fare una doccia veloce, mi vesto leggera dato che fa stranamente più caldo del solito. Camicetta nera, e pantaloncini che non ricordo neanche di aver comprato, e che non userei mai per uscire da casa mia dato che lasciano poco spazio all’immaginazione.
Mentre asciugo i capelli sento bussare alla porta.
18.30? Non possono essere le ragazze, avevamo detto alle 20.
Apro senza pensarci due volte o senza neanche guardare dallo spioncino.
Lui.
Di nuovo.
Mi sento morire dentro.
E’ di spalle, e che spalle…
Non credo si sia accorto della mia presenza. Lo vedo girarsi di scatto, ma ad un certo punto bloccarsi.
Lo guardo confusa.
Continua a fissarmi, scrutarmi. Si lecca il labbro inferiore come è solito fare Hook quando deve buttare giù una battutina con un doppio senso.
“Colin, che vuoi?” gli chiedo con freddezza.
Continua a guardarmi le gambe, sbalordito.
“Dio, mi farai impazzire uno di questi giorni.”
I pantaloncini. Dio, non c’avevo pensato, ecco il perché dello sguardo.
Maledetto irlandese.
Entra con furia in casa e butta il giubbotto sul divano senza averne la minima cura.
“Anzi no, sto già impazzendo. Che diamine ti sei messa?”
“Che ci fai qui?”
“Oh, nulla, sono passato a trovare la mia principessa.”
Alzo gli occhi al cielo ed accenno un sorriso.
“Oh, tranquilla, non ti ho vista sorridere.” mi dice, sorridendo di gusto. Si morde il labbro inferiore.
Sarà lui a farmi impazzire un giorno.
Ritorno seria, o almeno ci provo.
“Colin, ripeto, cosa ci fai qui?”
Si avvicina a me, gongolando, continua a mordersi il labbro, e questa cosa mi sta letteralmente facendo impazzire.
“Volevo stare un po’ con te” mi dice, guardandomi serio, senza alcuna malizia.
“Sai che non possiamo stare soli nella stessa stanza.” Gli rispondo con voce tremolante.
“Perché? Perché potrei fare questo?”
Mi bacia una palpebra, poi l’altra, poi uno zigomo, l’angolo della bocca, e poi mi lascia un leggero bacio prendendomi il labbro superiore.
Quando penso che possa essere finita, mi scaraventa contro il muro, prendendomi alla sprovvista.
“Oppure questo..”
Mi accarezza la coscia, dal ginocchio in su. Io non riesco a dire nulla, mi ha colto di sorpresa.
“Colin..” provo a mantenere un tono tranquillo, anche se è difficile farlo.
“Jen..” mi guarda negli occhi, mi trafigge con lo sguardo.
Ne ho bisogno anch’io. Ho bisogno di un’ultima volta con lui.
Ho bisogno di averlo vicino.
“Non mi piace molto il muro della cucina, però..”
Ride di cuore.
“Mmmh, su questo possiamo porre rimedio.”
[https://www.youtube.com/watch?v=0MATKtjyJ50]
Mi prende in braccio, e io continuo a buttare gridolini per la paura che possa farmi cadere.
“Ah, spero di non vederti in giro con questo pezzo di stoffa che chiami pantaloncini.” mi dice con tono serio.
Ma fanno così schifo le mie gambe? Cioè ne sono consapevole, però non credevo fino a questo punto.
Arrivati in camera da letto mi lascia andare delicatamente sul letto e si stende accanto a me.
Siamo distesi l’uno verso l’altro.
“Perché? Non ti piacciono le mie gambe?” gli chiedo sussurrando.
“No, anzi, forse mi piacciono anche troppo. Solo che non voglio tu faccia vedere questo ben di dio in giro.” Mi risponde serio.
Mi avvicino pericolosamente a lui “Sei per caso geloso?..” lo stuzzico, e sorrido con malizia.
“Si.” risponde ancora più serio di prima.
Mi manca il respiro. Continuiamo a guardarci per un po’ senza dire nulla.
Catturo le sue labbra, ne ho bisogno. Ho bisogno di lui, con me.
Mentre con la mano sinistra mi tiene per i fianchi, spingendomi verso di lui, con la destra accarezza un punto indefinito sulla mia nuca tanto da provocarmi brividi e tremolii in tutto il corpo.
La sua lingua intrecciata alla mia, le mie mani sul suo petto. Mi lascio sfuggire un gemito quando si sdraia su di me, annullando la poca distanza che ci consentiva di separarci. Non che io volessi farlo, non questa volta.
Mi fermo, ripensando alla serata con le ragazze.
“Fermo, fermo! Aspetta.” Gli dico, facendo fatica a respirare.
Mi guarda confuso mentre striscio via da sotto di lui, girandomi a pancia in giù per cercare di prendere il cellulare.
19.15.
Diamine.
“Pensavo che questi cosi che ti sei messa fossero un tantino più lunghi dietro. Invece…”
“Smettila Colin, ti stai comportando peggio di Hook, oggi.”
“Sai, dico sempre che io e lui non ci somigliamo. Ma forse siamo molto più simili di quanto tu possa pensare.”
Sospiro e mi giro a guardarlo “Non so se sia una buona cosa.”
“Oh, io dico che lo è.” mi dice, stringendomi di nuovo a sé, affondando la testa nell’incavo del mio collo e ridendo come un bambino.
Sospiro.
“Colin..vai a casa, Josh sarà da te tra poco.” gli dico piano.
“Gli ho detto di venire alle 21.” sussurra.
“Sì okay, ma le ragazze saranno qui tra meno di mezz’ora.”
Alza la testa e mi guarda negli occhi, mi sposta i capelli dietro l’orecchio, e continua a guardarmi quasi supplichevole. Poi affonda di nuovo la testa nell’incavo del mio collo.
“Si possono fare tante cose in mezz’ora”
Rido, di cuore. Come una ragazzina.
Mi bacia il collo. Baci leggeri, che però mi destabilizzano.
“Col-“
“Fai l’amore con me.”
Non dico nulla, lo bacio e basta. Per adesso voglio mettere da parte la ragione, il senso di colpa, e seguire il cuore.
Con una mano mi sbottona la camicia e mi bacia ogni volta, bottone per bottone; con l’altra mano disegna piccoli cerchi all’interno della mia coscia. Il tutto lentamente, come a voler assaporare ogni momento, come a volermi far impazzire più del dovuto.
“Mhh, per quanto mi piacciano, questi non credo serviranno per quello che ho in mente.” Dice, sorridendomi e cercando di togliermi quei benedetti pantaloncini.
E io rido ancora.
Sono felice. E so che è una felicità momentanea.
Ma dopo esserci spogliati di tutto, vestiti e sensi di colpa, ci uniamo di nuovo.
Stavolta con più passione, con meno dolcezza ma con più bisogno, un bisogno esasperato di stare insieme, per un’ultima volta.
Guardarlo negli occhi, di nuovo, ed urlare, di nuovo.
Perché è questo che facciamo. Non riusciamo ad urlarci contro i nostri sentimenti, ma urliamo quando facciamo l’amore. Perché è l’unico modo che abbiamo per far capire all’altro quello che proviamo.
Perché non è una cosa carnale, non lo è mai stata. Non è mai stata attrazione.
“E’ stato..”
“Wow” è l’unica cosa che riesco a dire.
Non credo che ci siano parole per descriverlo.
Mi accoccolo sul suo petto, provando a rilassarmi per riuscire a respirare meglio.
Gli lascio un leggero bacio sulla spalla.
Sospiro.
“Resterei in questo letto, con te, per sempre.” dico.
“E allora restiamoci. Chiama le ragazze ad annulla la cena.” mi risponde con dolcezza.
“Non posso, lo sai.” sbuffo.
“Mmh..e se ti facessi le coccole per trattenerti qui con me?” mi dice, tenendomi ancora più stretta.
“Come dovrei fare a rifiutare quando mi dici queste cose?”
“Non farlo.” Mi prende il viso tra le mani e mi bacia dolcemente.
Bussano alla porta.
Dio, non avevo previsto questa cosa.
Ma non possono essere le 20, è impossibile. Guardo il cellulare: 20.10.
Quindi questo vuol dire che abbiamo passato quasi un’ora insieme? Dio.
“Vestiti.”
“Cosa? Perché?” mi chiede confuso.
Credo sia diventato sordo, a causa mia.
“Hanno bussato, saranno le ragazze, di certo non puoi farti vedere….così.” dico con un tono irritato.
“Mhh, sei così bella quando sei gelosa.”
Lo ignoro, mi alzo e raccolgo le mie cose da terra per vestirmi.
Bussano di nuovo.
Corro ad aprire.
“Ragazze!”
“Oh, tesoro, sei bellissima” mi dice Lana prima di darmi un bacio sulla guancia.
“Che la festa abbia inizio” esclamano Ginny e Emilie mentre mi abbracciano. Le solite festaiole.
Entrano in casa ma si fermano a metà del salotto imbalsamate.
All’inizio non capisco perché.
“Signore.”
Mi giro e vedo Colin che gironzola senza maglia.
Qualcuno mi fermi dal commettere un omicidio.
“Jennifer?..” è l’unica cosa che una delle tre – Lana – riesce a dire.
“Io..ehm..non ha l’acqua calda in casa, quindi è venuto per farsi una doccia. Vero Col?”
“Sì che ho acqua calda, Jen che diamine dici?”
Lo fulmino con lo guardo, e lui mi sorride di rimando.
Si mette la maglia, prende il giubbotto e fa per andarsene.
“A domani signore” dice, ma si avvicina a me “A domani mia bella fanciulla.”
“Guida con attenzione.”
Annuisce, mi stampa un bacio in fonte ed esce.
Vedo le ragazze ancora un po’ sconvolte.
“Ragazze?”
“Jennifer, cosa sta succedendo?” è l’unica cosa che Ginny riesce a dire.
Vedo Emilie avviarsi verso la mia camera, ma non faccio in tempo a fermarla.
Torna sorridente, cosa che non mi sarei mai aspettata.
“E brava JenJen.” dice Emilie.
“Perché? Cosa hai visto Em?” chiede Ginny.
Anche Ginny si avvia verso la mia camera. Non provo neanche a fermarla.
Sono tre delle mie più importanti amiche, meritano di sapere qualcosa.
Mi siedo sul divano, guardo il vuoto.
Lana si siede vicino a me. Mi accarezza la schiena, come se volesse confortarmi.
Si siedono tutte intorno a me.
“Non so che dirvi, non so che cosa sta succedendo, so solo che sono fuori di testa.”
“Jen, non dire così.” mi dice Emilie, stringendomi la mano.
“Se vuoi puoi raccontarci.” mi dice Ginny, con tono comprensivo.
“Non c’è molto da raccontare. E’ iniziato tutto da un po’, credo, o almeno sentimentalmente parlando. Ma tutto è venuto allo scoperto solo a San Diego.”
“L’ho notato” mi interrompe Lana.
“Anche Josh” mi dice Ginny.
Wow. Lo sapevano tutti.
“E adesso perché era qui?”
“Oggi abbiamo avuto una discussione, è venuto perché voleva vedermi.”
“E invece..” continua Emily.
“Sì..” rispondo, con voce tremolante.
POV COLIN.
Sono passato da una pizzeria lontano da casa di Jen e adesso sto tornando a casa. Sono le 20.45, e dato che Ginny è già da Jen, Josh e Ollie saranno già a casa mia.
Sento squillare il telefono.
E’ Josh.
“Dimmi amico.”
“Sto arrivando a casa tua, bastardo.”
“Oh, anche io starei andando a casa..cerco di arrivare subito.”
Premo più forte sull’acceleratore.
Delle luci che mi accecano.
Il vuoto.
Note autrice.
Ecco a voi questo benedetto sesto capitolo, che per me è stato un travaglio.
E' stata dura, ma ce l'ho fatta! Yayyyy!
Anche se devo essere sincera, è il capitolo qualitativamente inferiore tra tutti (non che gli altri siano bellissimi, eh.)
So che adesso molte di voi hanno voglia di uccidermi. Lo comprendo.
Ma sto cercando di muovere un po' le cose con un po' di angst.
Perché io AMO l'angst. Ci vivo di angst. Mi dispiace.
Al prossimo capitolo.
Vostra, Mary.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** Fear. ***
Una chiamata da Josh,
e il mondo mi crolla praticamente addosso.
“Ha avuto un
incidente, non so come sia potuto succedere.” dice con la
voce tremolante.
No.
Non è
possibile, non adesso.
Sono senza parole, e
non riesco a respirare.
“E’
al Vancouver General Ospital, io sto andando. Dì a Ginny che
ovviamente Ollie è con me.”
Non riesco a dire
nulla.
Sbatto il cellulare
sul tavolo.
Ginny mi osserva
“J sei sicura di star bene?” mi chiede visibilmente
preoccupata.
“Ha…
- ha avuto un incidente.”
Lana si alza
irruentemente dalla sedia e s’inginocchia di fronte a me.
“Chi? Chi
avuto un incidente? Jennifer parlami. Josh? E’
Josh?”
“No”
riesco solo a dire.
Mi alzo dalla sedia,
le ginocchia stanno per cedermi.
Sto male, ho voglia di
piangere, urlare, prendere qualcosa, qualsiasi cosa e spaccarla. Ma non
posso, devo essere forte e devo stare con lui.
Mi avvio verso la mia
stanza, mi vesto con le prime cose che trovo. E prendo una sua maglia
che ha lasciato il giorno del nostro appuntamento. Ha il suo profumo.
Torno in cucina e
trovo Lana, Ginny e Emilie che mi guardano senza capire cosa io stia
facendo.
“Devo andare
al VC General Hospital” dico, con una voce apatica. Senza far
trasparire alcuna emozione, perché so che se lo facessi
piangerei, solo questo.
“Jen, cosa
è successo?” mi rimprovera Emilie alzando un
po’ il tono di voce.
“Non ce la
faccio a parlare, adesso. Portatemi lì e basta.”
Durante il tragitto,
in macchina c’è un silenzio assordante.
L’attesa mi sta uccidendo. Tengo stretta a me la sua
maglietta, solo per sentirne l’odore. Il suo. Devo sapere
come sta, devo vederlo.
“Colin”
dico, senza aggiungere altro, mentre stiamo per arrivare
all’ospedale.
“Cosa
Jen?” mi chiede Emilie.
“E’
Colin, ad aver avuto l’incidente” rispondo.
Nessuno dice nulla.
Lana mi poggia una
mano sulla spalla, per confortarmi.
Emilie guidando non
può fare nulla, ma so che mi è vicino con il
cuore.
Ginny mi prende la
mano, e me la stringe. Quasi per farmi forza.
Arrivata mi fiondo
subito alla reception per sapere qualcosa, qualsiasi cosa, mentre le
ragazze mi aspettano più in lontananza.
“Salve, uhm,
sono Jennifer Morrison, avete ricoverato il mio….avete
ricoverato un uomo sulla trentina per un incidente stradale.
O’Donoghue. Vorrei sapere se sta bene.” dico
velocemente, quasi mangiandomi le parole.
Ho l’ansia.
Tanta ansia.
“Lei
è la fidanzata?” mi chiede l’infermiera.
Diavolo no, non lo
sono. Ma ho bisogno di vederlo. Perché diamine esige questa
regola secondo cui possano entrare solo i familiari?
“No…ma,
la sua famiglia abita in Irlanda. E l’unica famiglia che ha
qui sono i-siamo noi.”
“Capisco. Si
accomodi nella sala d’attesa, appena sapremo qualcosa la
chiamerò.”
“Sì,
ma…voglio sapere se sta bene. Sta bene vero? Si
riprenderà?” chiedo con voce tremolante. Ricaccio
dentro le lacrime che so che tra poco cominceranno a scendere a fiumi.
“Non lo so,
signorina.”
Afflitta, mi entro
nella sala d’aspetto intenta a sedermi, e trovo Josh con in
braccio il piccolo Ollie. Per un attimo ci guardiamo senza dire nulla,
poi trovo il coraggio di parlare.
“Sai nulla?
Ti hanno detto qualcosa?”
Ginny intanto entra di
corsa ad abbracciare Josh, visibilmente preoccupato.
“Non so
molto. Un attimo prima stavamo parlando al cellulare e un attimo dopo
ho saputo dell’incidente. Mi hanno solo detto che ha battuto
la testa, e si è fatto male alla gamba.”
“La solita,
vero?” chiedo accennando un sorriso.
“La solita.
Sarà la seconda volta” mi risponde Josh accennando
quasi un sorrido.
“La
terza” puntualizzo.
Non voglio che mi
scappino le lacrime che ormai trattengo da più di
un’ora.
Mi siedo in una delle
piccole e scomode sedie della sala d’aspetto e le mie amiche
si siedono accanto a me per darmi un minimo di conforto, senza dire
nulla. Conforto che non avrò mai se non saprò che
diavolo gli è successo.
Dopo un’ora
e mezza, un medico sulla cinquantina – che non mi
è sembrato proprio un medico (sarò impazzita)
– mi chiama.
Sembra sollevato.
Quindi la mia ansia inizia a scemare.
“Signorina
Morrison, stiamo facendo un’eccezione a parlarne con qualcuno
che non è un familiare. Deve sapere solamente che il signor.
O’Donoghue sta bene. Dovrà tenere il gesso per 15
giorni, poiché è solo una frattura lieve, anche
se abbiamo visto che la sua gamba ha subito già varie
fratture.”
“Sì,
ehm, è caduto durante una scena sul set.”
“Capisco. La
gamba è da tenere sotto controllo. Così come la
testa, pare l’abbia sbattuta molto forte.” dice con
tono comprensivo.
“Posso
vederlo? La prego.”
“La stanza
è la 516. Sta dormendo, ma per me va bene.
Solo…non lo faccia alzare o sforzare.”
Senza dare alcuna
risposta al medico corro verso la sua stanza. Me ne frego di tutto e
tutti, dimentico anche di avvisarli. Ho solo bisogno di stringerlo a
me.
Entro con furia nella
stanza e lo trovo disteso, che dorme - e russa. E tutta la mia ansia, e
le mie proccupazioni scompaiono, per dare spazio a un sollievo mai
sentito.
Mi avvicino con
cautela, attenta a non fare rumore. Non vorrei svegliarlo.
Tesoro mio.
E’ bello
anche con la testa fasciata e dei graffi sul viso.
Gli accarezzo
dolcemente la guancia e mi chino su di lui lasciandogli un bacio casto
in fronte.
Bacio che
avrà sentito, dato che accenna un sorriso e mugola.
“Mmmhhh”
Ecco, lo sapevo.
Menomale che dovevo lasciarlo riposare.
Non apre gli occhi.
Non so se sia un buon
segno o no.
Mi siedo sulla
poltrona accanto al suo letto e lo guardo. Traccio il profilo perfetto
del suo viso, ha le gote rosse, la barba incolta, e un piccolo graffio
sulla punta del naso.
Passo più
di un’ora, lì, in silenzio.
L’unica cosa
che sento è il suo respiro. Ogni 15 minuti prendo la sua
mano e tasto il polso per sentire i battiti.
Quella sensazione di
sollievo che prima mi aveva pervaso adesso si è trasformata
in preoccupazione.
Perché
diamine non si sveglia?
Josh e Ginny sono
passati per chiedermi se mi andava di mangiare qualcosa. Oppure se mi
andava di tornare a casa, o andare a casa di Colin per prendergli dei
vestiti di ricambio.
Ma non ho voglia di
mangiare. Ne’ tantomeno di andare a casa mia come se nulla
fosse successo. E figuriamoci di andare a casa di Colin, con il suo
profumo e le sue cose.
Non quando sono
emotivamente instabile come adesso.
Ho dato loro la chiave
di casa mia per portarmi qualcosa di ricambio.
E ho chiesto alle
infermiere una coperta per poter restare a dormire. Non me ne vado fin
quando non si sveglia – probabilmente non me ne
andrò neanche dopo.
Un’ora, due,
tre.
Le 3.30 e non si
sveglia.
Non riesco a dormire.
4.30.
Ancora nulla.
In un momento di
debolezza ripenso al momento in cui in incontrai i suoi occhi per la
prima volta.
Il momento in cui mi
mancò il respiro per la prima volta.
Il momento in cui
capì che qualcosa nella mia vita stava per cambiare, che la
monotonia stava andando via, facendo spazio ad una spensieratezza
portata solo da questo irlandese, che ha stravolto tutti miei piani.
E che mi ha fatto
sentire….viva.
Luglio
2011.
Cammino
in giro per set, cercando di combinare qualcosa. Sono i primi giorni di
registrazione delle puntate della seconda stagione.
Abbiamo
tempo di girovagare a vuoto solo perché Adam e Eddy stanno
ancora organizzando un po’ di cose.
Intenta
a scrivere un messaggio sbatto contro qualcuno, e avendo i tacchi perdo
l’equilibrio, Sento di stare per cadere e istintivamente
chiudo gli occhi quasi per attutire meglio la caduta.
Ma
– ormai pronta a farmi male un piede - sento due mani forti
sui miei fianchi.
Apro
gli occhi incredula, e mi ritrovo di fronte un ragazzo, sulla 30ina,
che mi guarda divertito, con gli occhi spalancati.
Dio,
quegli occhi.
Mi
mordo il labbro.
“Stai
bene?” mi chiede tenendomi ancora per i fianchi. Io? Bene?
Con te che mi guardi così? Non lo so.
Ehi,
no. Fermi tutti. Io sto con Sebastian. Io amo Sebastian. Non posso
perdermi in due occhi azzurri di un uomo sconosciuto.
“Io..ehm..sì,
sto benissimo. Scusa, anzi. Sono parecchio maldestra.” dico,
imbarazzata.
“T-tranquilla.”
Mi dice, staccando impacciato le mani dai miei fianchi “Io
sono Colin, piacere.” Mi dice tendendo la mano verso di me e
sorridendomi.
Colin.
Mh. Bel nome.
Jennifer
smettila e concentrati.
“Io
sono Jennifer, piacere mio.” dico, porgendogli la mano in
segno di saluto.
“Ehm,
dovrei parlare con Adam e Eddy, è il mio primo giorno oggi,
cioè…no non è il mio primo giorno ma
dovrei discutere con loro sulla storyline del mio
personaggio” dice prontamente.
“Sì,
sono qui in giro, magari ti aiuto a cercarli, tanto non ho nulla da
fare” gli dico sorridendo.
Passiamo
del tempo a parlare del più e del meno.
E
io passo il tempo a perdermi nei suoi occhi azzurri quasi quanto il
mare, che quando sono posati su di me, riescono a farmi sentire diversa.
Mentre sono
concentrata a pensare al nostro primo incontro, lo vedo muoversi sul
letto.
Finalmente.
Gira la testa verso di
me, apre gli occhi lentamente, prima uno, e poi l’altro e mi
guarda.
D’istinto mi
alzo dalla poltrona lasciando cadere a terra la coperta, la sua
maglietta che tenevo vicino a me ed il cellulare e lo abbraccio, lo
stringo a me, respiro il suo profumo.
“Ooh, stai
bene. Grazie al cielo.” dico con voce strozzata.
Lo bacio sulla guancia
per poi lasciargli piccoli baci sul collo.
“Dolcezza,
questi baci mi fanno impazzire… ma mi fai male, mi stai
strozzando.”
Ecco, io come al
solito esagero. Brava Jen. Fagli ancora più male.
“Oddio,
scusa..io..” dico, allontanandomi da lui per la paura di
fargli ancora più male.
“Scherzavo.
Più o meno.”
Accenno un sorriso, mi
siedo sulla poltrona accanto al suo letto, e avvicino il mio viso al
suo.
Continuo a perdermi in
quegli occhi, più azzurri del solito, più vivi.
“Non
fissarmi così, è inquietante.”
“Invece ti
fisso eccome. Ho rischiato di perderti. Guardarti è il
minimo che io possa fare.” Dico, mentre lui sorride
soddisfatto come un bambino che ha trovato il suo giocattolo preferito
sotto l’albero, il giorno di Natale.
“Come stai?
Eh?” gli chiedo.
“Io...bene...più
o meno. Oh, guarda mi sono rotto di nuovo la gamba.” dice
ironicamente.
“L’avevo
notato.” accenno un sorriso, perché mi fa
tenerezza “dormi, sarai stanco” continuo.
“Tu..piuttosto,
sono le…” si ferma per controllare il cellulare
“…5 del mattino, che diavolo ci fai qui?”
“Mi sono
accucciata sulla poltrona e ho aspettato che ti svegliassi.”
“C-cosa?”
mi chiede quasi stupito.
Non ha ancora capito
che, nonostante io lo respinga in quel senso, per lui provo qualcosa di
forte; e che di certo non l’avrei lasciato da solo qui.
Come potrei lasciarti
da solo?
Davvero credi che io
ne sia capace? Credi che non voglia amarti? Credi che non vorrei starti
vicino giorno e notte?
“Sono
rimasta qui. Non c’è nient’altro da
dire”
Mi guarda ancora,
quasi con compassione, poi fa per alzarsi.
Maledetto irlandese,
se s’ammazza è colpa mia.
“Stai fermo
lì o giuro che ti spezzo l’altra gamba”
Credo di parlare
un’altra lingua non comprensibile a lui dato che si mette
seduto e continua a guardarmi senza dire nulla, senza alcuna
espressione maliziosa sul viso.
Mi guarda, e basta. Mi
manca il respiro.
Semplicemente
perché non vorrei mi guardasse quasi trapassandomi con lo
sguardo.
“Jen..”
“Non dire
nulla, per favore.”
Sospira sconfitto e
prova a stendersi di nuovo sul letto.
Gli cingo le spalle
per aiutarlo a stendersi con cautela, data la fasciatura in testa.
Peccato che i nostri volti si ritrovano vicini. Fin troppo.
Con un dito mi
accarezza la guancia, per scendere sulle labbra e tracciarne il
contorno.
Non provo neanche a
ribellarmi, sarebbe stupido farlo.
“Jennifer..”
Troppo vicino, sento
il suo fiato sulle mie labbra.
E senza pensarci due
volte mi avvento sulle sue, con foga.
Sono così
morbide.
E’ come se
non lo baciassi da un’eternità. Ma ne avevo un
incessante bisogno.
Non provo ad
approfondire il bacio. Lo faccio sia per me che per lui.
Mi sollevo
barcollante, incredula, forse scossa, ma soddisfatta di quello che
è appena successo.
“Vado a
prendermi un caffè. Ne ho decisamente bisogno.”
Lui prova a parlare,
ma non faccio in tempo a farlo finire, che sono già fuori
dalla stanza.
Ho bisogno di prendere
aria.
Non dovevo farlo.
Proprio no.
Io. Lui. No.
Vado al bar
dell’ospedale sperando che almeno una tazza di
caffè possa svegliarmi e nel contempo rinfrescarmi le idee.
Ripensare a come
affronteremo tutto questo casino.
Non
l’incidente, ma proprio il casino che
c’è tra me e lui, questo sentimento che non se ne
vuole andare.
Un sentimento che
invece di scemare, diventa più forte di giorno in giorno.
E insieme a quel
sentimento cresce la paura.
La paura di stare male.
Non di avere il cuore
spezzato. Ma lacerato, consumato, devastato.
Perché
è come se lui mi fosse entrato dentro, e questa cosa mi
inquieta.
Ritorno alla
realtà un po’ frastornata dai troppi pensieri,
torno nella sua stanza. Trovo i dottori che lo visitano.
Una specializzanda
bionda mi chiede di uscire, ma lui protesta.
“Non fa
nulla. La voglio con me. Anche perché qualsiasi cosa mi
diciate non riuscirò a ricordarla, quindi ho bisogno di lei
comunque” dice, girandosi verso di me e sorridendomi
innocentemente.
Ricambio il sorriso e
mi accingo a sedermi di nuovo sulla poltroncina accanto a lui.
Appena dopo aver
finito di visitarlo, una specializzanda – l’altra,
quella bruna – inizia a dirmi cosa fare dopo averlo riportato
a casa.
“Signorina,
terremo il suo fidanzato per un’altra notte, per accettarci
che non abbia lesioni interne o quant’altro. Domani mattina
potrà riportarlo a casa. Come le avranno detto
dovrà tenere il gesso per almeno 15 giorni, e
dovrà stare a riposo per almeno 25 giorni. Quindi niente
lavoro, mi dispiace. Può uscire, se si sentirà
abbastanza forte da farlo. Ma in quanto al lavoro, è in base
alle ore. Quante sarebbero?”
“14”
le rispondo repentinamente.
La ragazza mi guarda
atterrita, quasi. Eppure, il dottori dovrebbero fare almeno 17 ore al
giorno, o almeno così ho imparato dal set di House.
“Quindi 15
giorni con il gesso, niente sforzi. E riguardo alla testa, potrebbe
avere le vertigini per qualche giorno, quindi sarebbe meglio
aiutarlo.” continua il medico.
Andati via i medici,
ci guardiamo per un po’.
Non dicendo nulla, ma
dicendoci tutto solo con due sguardi.
“Fidanzato”
dice solo questo.
Non dico nulla per
controbattere e guardo altrove; perché per adesso,
incontrare il suo sguardo sarebbe troppo devastante.
Mi torturo le mani per
la troppa tensione.
Ho bisogno di
respirare, di urlare.
“Non puoi
rimanere da solo a casa tua.” sbotto dal nulla.
Mi guarda non sapendo
cosa dire.
Dopo un po’
però prende la parola.
“Cosa dovrei
fare quindi? Chiamare Helen?”
“Io..non lo
so. Cioè sì. A parte quello. Sai che io ci sono,
posso aiutarti, per qualsiasi cosa chiama e -”
“Lo
so.” risponde “dammi la mano”
“Eh?
Perché? Devo avere paura?” chiedo trattenendo a
malapena una risata.
“Sta’
zitta e dammi la mano” mi risponde.
Riluttante avvicino la
mia mano al suo letto, e lui la prende. Ne accarezza il palmo, poi i
polpastrelli, e infine il dorso e le nocche, su cui lascia un bacio
casto. Senza alcuna apparente motivazione.
“Perché?”
gli chiedo.
“Perché
cosa?”
“Perché
stai facendo questo.”
“Perché
mi piacciono le tue mani. Generalmente su di me, ma mi piacciono di per
sé.”
“Idiota”
rispondo, e ritiro la mano.
“Scherzavo.
Volevo solo essere un gentiluomo…e volevo
ringraziarti.”
“Per cosa
precisamente?”
“Per essere
qui, con me.”
“Se non ci
fossi io, ci sarebbe tua moglie. Quella che a quanto pare non hai la
forza di chiamare.”
Dopo altri minuti di
assordante silenzio, decide di raccontarmi quello che sta succedendo.
Quello che succede da
prima che lui si avvicinasse a me a San Diego.
A quanto pare Helen ha
visto le foto che ci hanno scattato sul set della prima puntata. E non
ne è stata molto contenta, insomma, non le do torto.
Riguardando quelle foto, capisco perché siamo arrivati fin
qui.
Capisco che questo
sentimento non è nato adesso, ma si è prolungato
e sviluppato nel tempo.
Ed è saldo.
Dentro di me e dentro
di lui.
Talmente saldo che, a
quanto pare, alla risposta della moglie ‘tieni Jennifer
lontana’ lui se ne sarebbe fregato. Anzi, pare si sia
avvicinato ancora di più a me.
L’unica
domanda che mi pongo è se lui si sia avvinato a me per
ripicca o per un sentimento vero e proprio.
Ma questa è
una domanda che gli porrò quando sarà un minimo
più lucido.
Martedì 17
agosto.
Durante questi giorni,
tutti i ragazzi del cast sono passati a trovarlo.
Ho dovuto supplicarlo
per non alzarsi dal letto. E’ un tale testardo.
Passati i controlli di
routine necessari per la dimissione, adesso dovrei aiutarlo a preparare
le sue cose per tornare a casa.
In due giorni
l’ho aiutato a vestirsi, lavarsi – almeno il viso,
dato che ha deciso di fare la doccia a casa sua perché
‘le docce degli ospedali sono scomode’
Ha battuto forte la
testa, si vede.
E’
buffissimo vederlo camminare con le stampelle. Non per le stampelle in
sé, ma perché non riesce per nulla, e deve sempre
aggrapparsi a me.
E diciamo che mi sento
parecchio importante. Mi sento un sostegno, qualcosa a cui aggrapparsi
nei momenti di difficoltà, letteralmente.
Durante il tragitto
tra l’ospedale e casa sua, non proferisce parola.
Nulla di nulla.
Si limita a guardare
la strada e a sospirare. Non ha ancora chiesto nulla in proposito alla
macchina.
Arrivati quasi davanti
a casa mia decide, stranamente, di dire qualcosa.
“Jen, so che
non puoi stare da me perché hai Ava, e perché
trasferire il tuo armadio sarebbe un’impresa degna di un
esperto nel settore…” dice, e nel frattempo rido
“quindi pensavo…se non disturbo..potri venire da
te per qualche giorno? Il tempo di riprendermi, poi non ti
disturberò più.”
“Puoi
rimanere per tutti i 25 giorni. Non mi faccio problemi.
L’importante è che durante la notte non mi dai
calci con quel gesso.” dico, tutto d’un fiato.
Sorride soddisfatto
senza rispondere alla mia provocazione.
Arrivati a casa mia,
lo aiuto a scendere di nuovo dalla macchina, ed attraversare il
vialetto.
Per fortuna
nell’androne c’è un ascensore o non
saprei come farlo salire.
Entrati in casa, ava
ci accoglie saltellando ed esultando.
Lui come un bambino le
va incontro.
“Ciao
piccolina, ma da quanto non ti vedo? Eh?” dice, provando ad
abbassarsi, ma ovviamente non ce la fa, e ci rimane male.
Mi fa tenerezza.
Lo avvicino al divano
e gli impongo di sedersi, prima che io ci rimetta davvero la schiena.
“Vuoi
qualcosa da mangiare?”
“Non ho
molta…fame” risponde con un sorriso sghembo.
Dio quanto
è odioso quando fa così.
“Ti hanno
dato la protezione per quel gesso in modo che tu possa lavarti quindi
alzati e vai a farti una doccia, prima che ti prenda a calci in
culo.”
“Non riesco
a stare in piedi da solo” dice, con torno un po’
esasperato.
“Oohh, e va
bene, ma toccami e giuro che ti spezzo un mano.”
Non lo
farò, non gliela spezzerò, anzi.
Dio Jen, ma che vai a
pensare.
Entrati in bagno lo
aiuto a spogliarsi con cautela, avendo paura di fargli male.
Mi spoglio
anch’io, imponendogli di voltarsi, anche se mi ha
già vista nuda più volte, e mi vedrà
nuda di nuovo.
Entrati nella doccia,
mi avvicino a lui senza guardarlo o sfiorarlo. Ma so che non ce la fa a
lavarsi da solo o a stare in piedi, è troppo debole.
“Girati!”
gli dico.
“Cos’è,
stiamo ribaltando i ruoli?”
Non posso fare a meno
di ridere nonostante sia una battuta squallida.
Rido perché
è vivo, ed è vicino a me, sano e
salvo….e nudo.
Prendo il bagnoschiuma
e dopo averne versato un po’ sulla mia spugna – che
a quanto pare adesso è diventata anche sua –
inizio a strofinargli piano la schiena.
“Attenta, le
spalle mi fanno un po’ male.”
“Mi
dispiace, non volevo.”
“Lo
so.” mi dice in tono rassicurante.
Adesso però
capisco che è lui a dover essere rassicurato.
Perché
nonostante le battute, gli sguardi maliziosi, lo vedo buttato
giù.
Quindi lo abbraccio,
forte, per rassicurarlo. Per fargli capire che ci sono per lui, sempre.
Nonostante tutto.
Lo stringo a me, e mi
alzo sulle punte per baciargli la nuca.
Sento il battito del
suo cuore accelerare notevolmente, ma non voglio dire nulla che possa
destabilizzare l’equilibrio che si è creato tra
noi in questo istante.
Voglio buttare via
tutte quelle lacrime che ho trattenuto per tre giorni consecutivi,
voglio stargli vicino, e piangere. Perché avrei potuto
perderlo, e questo avrebbe potuto distruggermi. Ma lui è
qui, di fronte a me, e anche se ridotto male, è vivo e
vegeto.
“Jen..”
“Sta’
zitto. Non rovinare questo momento.”
NOTE
AUTRICE.
Salve
amici. Dopo tanto tempo sono riuscita ad aggiornare! E' stato peggio di
un parto. Mamma mia. çç
Scusate
tantissimo per il ritardo, davvero, ma tra la scuola e i problemi in
famiglia non avevo possibilità di concentrarmi e scrivere un
capitolo decente.
Anche
questo capitolo non mi piace pienamente, forse perché fatto
un po' di fretta. Non so. Credo di aver risolto la cosa un po' troppo
frettolosamente. Mh.
Ma
sta a voi giudicare. Quindi lasciatemi una recensione per farmi sapere
cosa ne pensate. :)
Sto
postando alle 00.10 del 24/12/14, quindi BUONE FESTE A TUTTI! **
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=2748842
|