Nabiki's Christmas Carol (Reloaded)

di Kuno84
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'apparizione di Kinnosuke ***
Capitolo 2: *** Lo Spirito del Natale Passato ***
Capitolo 3: *** Lo Spirito del Natale Presente ***
Capitolo 4: *** L'ultimo degli Spiriti ***



Capitolo 1
*** L'apparizione di Kinnosuke ***



Nota. La fanfiction che state per leggere è un adattamento/parodia del celeberrimo racconto di Dickens che ho scritto molti anni fa. In occasione delle scorse feste ho pensato di risistemarla un po', ma a fare la differenza è stato il contributo fondamentale di Moira, che ha betaletto e revisionato l'intera storia. Colgo l'occasione per augurare a tutti buon Natale!



Capitolo primo: L’apparizione di Kinnosuke


Era la vigilia di Natale.

Così almeno segnava il calendario ed era per questo che se n’era accorta, non appena alzato lo sguardo dalla propria scrivania. Fino a quel momento non avrebbe avuto modo di farvi caso: l’aria, fuori, era stata fredda e pungente esattamente come negli altri giorni di quel noioso inverno.

Nabiki sopportava a fatica quel periodo, e del resto era sempre stato così, fin dai tempi in cui frequentava il liceo.

Strofinandosi vigorosamente le mani, pensò di concedersi un momento di pausa. Il più era fatto, e adesso le restava soprattutto da attendere le telefonate e le risposte dei potenziali nuovi partner alle proposte d’affari che aveva pazientemente rivolto loro, per tutta la mattina e per tutti i consueti canali. Levatasi in piedi, si avvicinò all’ingresso del proprio studio e aprì leggermente la porta. La visuale che si offriva verso l’atrio le consentiva di tener d’occhio, non vista, l’attività più prettamente materiale della propria azienda.

Lo staff, dovette constatare, era ridotto ai minimi termini. Erano già passate le quattro di pomeriggio? Sbuffò, ricordando con fastidio le negoziazioni relative all’orario ridotto nel periodo delle festività, come se poi ci fosse chissà cosa da festeggiare. Ma almeno una persona, il suo impiegato tuttofare, era ancora presente e, da quel che riusciva a scorgere, stava copiando con lena certe lettere con messaggi natalizi abbinati a fotografie di Ranma ragazza a torso nudo. Nabiki annuì convinta.

Sasuke Sarugakure non aveva particolari doti o qualità, ma adempiva diligentemente a qualunque incarico gli venisse affidato. Svolgeva le mansioni più svariate, si assumeva i compiti più ingrati e, cosa più importante, non la assillava con richieste di aumenti o roba simile. Del resto, valutò tra sé, il suo servilismo era a tratti perfino tedioso e a ben vedere, tra i continui sospiri e le incessanti rievocazioni della sua esistenza passata con cui non mancava mai di distrarre i colleghi, quello sgorbio lamentoso non meritava un solo yen in più di quanto era costretta a retribuirgli ben una volta l’anno.

Strapparlo dai Kuno, tutto sommato, aveva costituito un buon affare per entrambe le parti in causa. Doveva esserle grato, molto grato, dopotutto lei era stata la salvezza di quel disgraziato d’un ex ninja o giardiniere o quel vattelappesca che era prima. E la gente andava pure mormorando che Nabiki Tendo non fosse generosa! Sasuke aveva raccontato con dovizia di particolari le sue vicissitudini andate, di quando era costretto tutte le mattine a dar da mangiare a Verdolino, per la somma gioia della padroncina Kodachi, ma anche rischiando lui di essere mangiato dal cucciolo preferito di quella stramba famiglia; di quando doveva seguire quel matto di Tatewaki il resto della giornata, assecondando le sue continue stramberie; di quando infine passava la notte contendendosi il cibo e l’unico posto riparato dell’enorme e freddo giardino di villa Kuno, vale a dire la cuccia del cane, appunto con l’ingrato Armadillo, il quale aveva presto capito che, invece del suo osso anestetizzato, gli conveniva piuttosto mordere lo sgradito coinquilino.

Nabiki aveva davvero donato una nuova vita a quel Sasuke. Sì, doveva esserle grato. E invece ecco che era costretta a controllare periodicamente il suo operato, giacché con l’avanzare dell’inverno quel mostriciattolo diventava ancora più lamentoso del solito. Che cosa faceva adesso, perché aveva smesso di scrivere? Ah, guardatelo! Si era appena preso il lusso di raggomitolarsi su se stesso, le braccia avvolte al petto per scaldarsi il più possibile, le mani strette nei pugni come se si trovasse nel mar glaciale artico. Invece di usarle per completare quella benedetta lettera.


Cosa aspettava, insomma?! Che lei fornisse l’intero edificio di un inutile (e costoso) impianto di riscaldamento?! Illuso! Se voleva tanto scaldarsi, l’aveva lei un bel lavoro manuale che avrebbe fatto tanto piacere a Sasuke. Pensò di manifestare la propria presenza e comunicargli la lieta novella, quando la porta dell’ingresso si aprì di scatto.

“Buon Natale, sorellina!”


La voce era inconfondibile. Acuta, calda, allegra. In una parola, insopportabile.

Cosa aveva mai da essere così felice? Che persona ingenua e sprovveduta, Nabiki ancora si meravigliava di come loro due potessero essere nate dagli stessi genitori. Con Kasumi si era rassegnata da tempo, ma quanto ad Akane, beh si era illusa che almeno lei, dopo tanti anni, avesse imparato una volta per tutte come si stava al mondo.

Nabiki lasciò la propria stanza e le andò incontro. “Buon Natale?” non poté trattenersi dal replicare. “Che stupidaggine!”

L’interlocutrice la fissò con uno sguardo tra l’incredulo e lo scandalizzato. Il volto tradiva tutte le sue emozioni, come ai tempi della scuola: non cambiava mai di una virgola, povera piccola, ingenua Akane. Per quanto tempo ancora non avrebbe capito che Ryoga e P-chan erano la stessa persona? Per quanto ancora avrebbe continuato a credere a quel… quel…

“Natale una stupidaggine, Nabiki?” le disse. “Non puoi pensarlo sul serio. Nemmeno tu.”

“Certo che lo penso, invece.” replicò secca. “Non vedo come ci possa riguardare se non come l’ultimo estremo del consumismo occidentale che va tanto di moda in questi tempi. Ecco, l’unica cosa buona: quando viene questo periodo dell’anno, la gente consuma; e io vendo e faccio soldi. Però ci sono tante altre cose cattive, come quei bambini che ti assordano le orecchie cantando stupide melodie, quei lavoratori che hanno l’ardire di chiedere la tredicesima, quelle famiglie che invece di produrre ricchezza perdono tempo ad addobbare l’albero… e soprattutto, come dovresti ben sapere, con questo tempo il tuo fidanzato ha meno voglia di bagnarsi con l’acqua fredda e di girare mezzo svestito per la vostra casa. E Sasuke che foto mi fa, me lo dici?!”

“La nostra casa?!” La cara sorellina, ovviamente, era rimasta catturata da quella sola parte del monologo. “Sai benissimo che è anche casa tua e puoi tornarci quando vuoi.”

“Non ci tengo proprio.” replicò. “Forse andrà bene per te, Ranma e i nostri padri. Perfino Kasumi pare avere capito l’antifona, tanto che ha fatto lei il primo passo con Tofu, si è sposata e ora vive da lui. Il dottore ha pure una carriera davanti a sé, mica come voi, con le vostre arti marziali.”

L’espressione di Akane cambiò radicalmente. Ah, già. Sciocca Nabiki, si rimproverò in silenzio, dovresti saperlo che quello è l’unico tasto che nemmeno tu puoi toccare.

“Cos’hai contro le arti marziali?!”


“Niente.” rispose, decidendo di far valere la ragione sull’emotività della sorellina. “Solo che non fanno guadagnare soldi.”

“Sei impossibile, Nabiki!” si rassegnò l’interlocutrice. “Faresti di tutto per il denaro.”

“L’ho già fatto.” sorrise. “Guarda come ho spolpato quell’imbecille di Kuno.”

“Avrei tanto preferito non vedere… nemmeno il senpai si meritava un trattamento del genere. Sposarlo con l’inganno e poi divorziare e prenderti quasi tutti i suoi beni. Questo è troppo anche per te.”

“Sorellina.” decise di accantonare il tono accondiscendente e provare a fare un discorso serio. “Dovresti averlo capito, ormai… il mondo non è un luogo incantato dove puoi tirare a campare con le arti marziali, ti accadono ogni giorno le cose più incredibili e sposi qualcuno per amore sapendo che condividerai con lui il resto della tua felice esistenza. Torna alla realtà, Akane. Smettila di credere in una magia che non c’è!”

“Nabiki!”

“E tu e Ranma, scommetto che dopo tutti questi anni… non siete ancora andati a letto insieme! E perché? Solo perché non avete abbastanza soldi per sposarvi e mettere su famiglia.”

“Ma di cosa stai parlando?!” gridò Akane, accigliata e allo stesso tempo tutta rossa dall’imbarazzo. La solita bambina. “Non saranno i nostri genitori a decidere… e soprattutto tra me e lui non c’è assolutamente…”

“Risparmiati la solita tiritera.” la zittì. “Credi nel Natale? Liberissima! Ma in quanto a me, lascia che lo viva a modo mio.”

“Cioè, non vivendolo affatto.” osservò la sorella. “Non credevo arrivassi a questo punto, sei senza cuore.”

“Certo che un cuore ce l’ho… ma serve a me per vivere.” scherzò. “E poi non dirmi che non so essere buona, non vedi come ho aiutato Sasuke, che viveva sotto i ponti?”

“Sei tu che ce l’hai buttato, lì sotto!” replicò Akane. “L’hai messo in mezzo alla strada insieme a tutta la famiglia Kuno, pignorando la loro villa. E nemmeno ci abiti.”

“Ovvio che no. La rivenderò al miglior offerente, riservandomi un buon margine di profitto: Mikado Sanzenin e Picolet Chardon si sono già fatti avanti per le trattative, se mi va bene ci ricavo una bell’asta tra loro due e tanto di guadagnato per me.”

“La… la storica dimora della famiglia Kuno occupata da estranei? Non può farlo davvero.” gemette una nuova voce.

“Certo che posso. Piuttosto tu cosa ci fai qui?!” Fulminò Sasuke con un'occhiata glaciale. “Ti decidi a tornare a lavorare?!”

“Ma veramente” balbettò lui “il mio lavoro l’avevo finito, è ora di chiusura.”

“Il tuo orario di lavoro termina alle sette del pomeriggio.”

“È vero.” disse Sasuke. “Ma oggi è la vigilia di Natale, anch’io esco prima. Non ricorda più di quando ho chiesto e ottenuto questa concessione?”

Sospirò. Dunque si rivolse con aria stanca alla sorellina: “Ecco, lo vedi quant’è bello il tuo Natale?!”

Non ricevendo risposta, tornò a fissare il suo tuttofare.

“Va bene, esci pure se ci tieni a perdere tempo!” disse. “Comunque ricordati che domani ti aspetto alle otto in punto.”

“Ma domani è Natale.”

“Sai che m’importa!” sbuffò, tornando nella sua stanza e mettendosi a controllare certi conti. “E bada che se tarderai di un solo minuto, sarai licenziato.”

“No, per carità!” supplicò il servitore. “Sarò puntuale, signorina Nabiki!” e si congedò, non prima di aver ricevuto degli auguri sinceri dalla minore delle Tendo e averli lietamente ricambiati.

“Nabiki, non ti vergogni?!” esclamò infine Akane, entrando nell’ufficio.

“Te l’ho già detto che cosa penso della tua festività. E ora se vuoi scusarmi…”

“Va bene.” chinò il capo lei. “Almeno vieni a pranzo da noi, domani.”

“Sei matta? Dovrò lavorare tutto il giorno, per recuperare questo pomeriggio perso. A proposito, ti avevo appena chiesto di non farmi perdere altro tempo!”

“Ma Nabiki…”

“Ciao.”

“Sarai tutta so…”

“Ciao.”

“Ciao anche a te, Nabiki. E buon Natale, perché voglio credere che ci sia del buono anche in te.”

E con quelle parole fu finalmente lasciata in pace, libera di lavorare nella più completa solitudine. Almeno fino a una mezz’ora più tardi.

“Scusate, è permesso?” disse una voce.


“Lei chi è? E come mai il mio impiegato l’ha fatta entrare?!” replicò Nabiki, alzando lo sguardo.

“Veramente qui non c’è nessuno, però la porta era rimasta socchiusa…” mormorò sommesso un vecchietto tutto incurvato, varcando l’uscio ed entrando nel suo sancta sanctorum.


Incuriosita, lo osservò più attentamente: sembrava un personaggio uscito da un manga, con quel mento sporgente, il naso aquilino, il paio di occhiali sottili e le due spesse sopracciglia bianche, che tanto contrastavano con quel suo capo quasi del tutto pelato.

“Tutto chiaro.” disse ad alta voce, più a se stessa che al proprio interlocutore. Non sapeva con chi avercela di più tra Sasuke e Akane.

“Non è il caso di allarmarsi, non sono un delinquente.” disse il vecchietto. “Lei, piuttosto, non si agiti e stia attenta a non cadere dalla sua sedia.”

Neanche ebbe finito di proferire quelle parole, che Nabiki cadde dalla sedia. Si rialzò malamente.

“Che cosa vuole, allora?” chiese.

“Ecco, questa è la ditta Tendo & Kashao, credo.” riprese lui. “Con chi dei due ho il piacere di parlare?”

“Il signor Kinnosuke Kashao se n’è andato tre anni or sono.” rispose lei. “Proprio in questa notte.”

“Mi perdoni.” abbassò il capo. “Non immaginavo…”

“Che cosa ha capito?!” lo interruppe. “Quell’infame ha lasciato il Paese dopo aver comprato a credito un sacco di merce mettendola sul conto di questa ditta.” Se ci pensava! Quel maledetto l’aveva fregata. Ma lei gli aveva reso pan per focaccia… una telefonata a certi amici, un piccolo intervento su certi computer e voilà, i conti di Kinnosuke sulle banche svizzere si erano magicamente azzerati.

“Eppure, il nome della ditta impresso sulla targhetta del portone diceva…”

“Niente. Quella è la vecchia targhetta, ma la tengo ancora là per due motivi: perché mi ricorda il grande sbaglio che feci ad associarmi a quell’idiota e, più importante, perché non mi va di buttare i miei soldi per comprarne una nuova.”

Il vecchietto si ricompose. “Dunque mi trovo di fronte alla signorina Tendo, presumo.”

“Lei piuttosto, chi è?”

“Oh, io… nessuno di importante, ho fatto per anni il maggiordomo di una villa ora disabitata. Ne avrà sentito parlare, è arredata in stile occidentale e la gente la chiama villa dello specchio.”

“E cosa vuole?”

“Vede, questo è un periodo di feste ed è giusto che tutti lo vivano in modo felice, anche chi è meno fortunato di noi. Proprio per questo, la nostra organizzazione sta cercando di raccogliere fondi per comprare ai poveri qualcosa da mangiare e da bere, e l’occorrente per scaldarsi. Contiamo sulla sua generosità, un piccolo contributo che però, sommato ad altri, renderà felici tante persone.”

Nabiki si lasciò sfuggire una smorfia annoiata.

“Lei purtroppo conta male. Non ho niente da offrirle.”

“Cosa? Strano, credevo che questa ditta fosse ben messa economicamente.”

“Lo è eccome. Gli affari vanno a gonfie vele e posso ben dire che mezzo quartiere di Nerima fa parte delle mie proprietà.”

“Ma allora…”

“Allora non ho niente da offrirle, perché non voglio offrire niente. Punto.”

“Capisco.” fece per andarsene. “Arrivederci e buon Natale.”

Ancora il Natale?! “Ma quale buon…”

Irritata, si alzò istintivamente di colpo, solo per venire a sua volta colpita da un dolore allucinante.


“Ah!” disse lui. “E non si alzi imprudentemente di scatto per accompagnarmi alla porta, mi raccomando! Deve stare attenta a non prendere il colpo della strega, è così fastidioso.”

“È inutile dirlo dopo che l’ho fatto!” gridò lei, mettendolo veramente alla porta. Incredibile, era riuscita a perdere la calma. Lei! Tutta colpa del Natale. Bah, stupidaggini!

Molte ore più tardi, Nabiki lasciò finalmente l’ufficio e scese sulla strada buia e gelata. La nebbia e l’oscurità si erano fatte fitte, il freddo sempre più intenso. La gente era rientrata nelle proprie case, a festeggiare al caldo, ormai da molto. Dall’interno delle dimore riuscivano comunque a trapelare voci gioiose e risate spensierate.


Povera gente sprovveduta! La maggior parte di quelle persone lavorava per lei o comunque le doveva qualcosa, dunque Nabiki sapeva che guadagnavano paghe da morti di fame e annegavano nei debiti. Eppure erano allegri, il loro giorno finiva in letizia. Folli! La sua giornata, invece, non era ancora finita...

Il dolore alla schiena non era diminuito nemmeno un po’. Adesso era lei ad essere incurvata, e l’umore non ne giovava. Entrò nel ristorante di Ukyo.

“Mi dispiace ma il locale è chiu… oh, Nabiki!”

“Buonasera, signorina Nabiki! E buon Natale!”

“Non c’è bisogno che ti inginocchi sempre, stupido. Né che tu ti metta a lustrarle le scarpe come stai facendo adesso.” Ucchan riprese il kunoichi maschio che lavorava per lei con un leggero pugno sul capo.

“Ah! Mi perdoni, l’abitudine!” disse Konatsu. “Il fatto è che… sono stata sconfitta dalla povertàaaa!”

“Piantala di usare quel vecchio apparecchio per il karaoke tutto scassato, e va’ a fare qualcosa di più utile!”


Accertatasi che il suo cameriere fosse andato via, Ukyo la squadrò attentamente e incrociò le braccia. “Non credo tu sia venuta qui per mangiare un’okonomiyaki, sbaglio?”

“Non sbagli.”


“E allora, avanti.”

“Presto detto. Vi do un giorno, un solo altro giorno. Dopodiché vi sfratterò.”

L’interlocutrice strinse con maggiore forza il manico della sua enorme spatola da okonomiyaki.

“Tu non puoi!”


Nabiki si lasciò sfuggire un mezzo sorriso. Sapeva che gli affari di Ukyo stavano andando piuttosto male, del resto le sue okonomiyaki non potevano reggere la concorrenza di quella “robaccia occidentale”, come la chiamava Ucchan, propugnata dai nuovi fast food comparsi in città nell’ultimo anno. Certo, non aiutava i buoni rapporti il fatto che quella catena di negozi appartenesse a lei.

“Sì che posso, invece!" disse. “Il locale Piccola Ukyo è mio, me l’hai venduto due anni fa: tu e Konatsu l’avete solo in affitto e mi dovete, tra l’altro, diverse mensilità arretrate.”

“Va bene, ma come posso procurarmi i soldi la notte di Natale?”

“Non è affar mio. Domani tornerò. E se non riuscite a procurarvi i soldi, allora vi converrà passare questa notte a fare i bagagli!” Detto questo, uscì soddisfatta.

Eccola, la magia del Natale, disse tra sé. A qualcosa era servita, alla fine. Aveva fatto rammollire Ukyo, per esempio, che non aveva opposto eccessiva resistenza – un tempo l’avrebbe fatta uscire minacciando di prenderla a spatolate – rendendole così il lavoro sommamente più semplice. Chissà se sarebbe stato così facile anche con…

“RAANMAAA, dov’è la mia bambina e perché tu non sei con leeei?!”


Anche se sbirciato di nascosto dalla finestra, lo spettacolo era imperdibile come sempre.

“Ca-calmati!” uno spaventato ragazzo col codino tentò di rabbonire una faccia gigantesca di demone dalla lingua biforcuta con le sembianze vagamente somiglianti a quelle di suo padre. “Akane è solo uscita per invitare a casa nostra i familiari… compresa Nabiki, ci teneva tanto a lei. Ho provato a farla desistere, ma quella stupida è così cocciuta. Sicuramente avrà fallito e ora starà passeggiando per le strade cercando di smaltire l’arrabbiatura.”

“Piccina mia!” piagnucolò l’uomo più grande. “Tutta sola ed esposta alle intemperie!”

“Non ti sembra di esagerare?” sorrise nervosamente quello più giovane.

Non cambiavano mai, pensò. Smise di giocare a fare la spiona e alzò lo sguardo all’ingresso di casa Tendo: l’abitazione sì, quella era cambiata, molto più decrepita e malridotta di quanto fosse mai stata in passato, anche nei suoi momenti peggiori. E con Ranma ne aveva conosciuti parecchi.


Ma non aveva voglia di muoversi a pietà, il suo umore non era migliorato, anzi. Il dolore alla schiena non voleva saperne di lasciarle un momento di sollievo, e questo la rendeva più aspra e vendicativa.

Adesso i suoi pensieri erano concentrati sulle parole di Akane, che avevano contribuito non poco a peggiorare quella giornata già orrenda di per sé: piena di gioia e letizia da parte di tutti quanti, sentimenti che poi erano completamente ingiustificati.


Lo spirito natalizio. Gliel’avrebbe fatto vedere lei, ad Akane, lo spirito natalizio. Era il momento di attuare quel vecchio piano predisposto da tempo per un’occasione speciale.

“Salve a tutti.” Si annunciò, dopo avere aperto con le sue chiavi.

“Nabiki...” mormorò sospettoso Ranma, accorrendo in corridoio insieme a suo padre. Sicuramente il suo istinto da artista marziale gli stava consigliando di tenere la guardia alzata. Ma lei non era un avversario qualunque.

“Un uccellino, anzi, le vostre grida” proseguì “mi hanno raccontato che Akane non è momentaneamente in casa. Meglio. Così io e te, Ranma, potremo parlare con calma.”

Prese il ragazzo col codino in disparte.

“Cosa vuoi?!” disse Saotome con tono secco.

“Ricorderai” rispose “che il terreno su cui sorge il dojo si trova proprio nel bel mezzo del futuro centro commerciale che la mia impresa ha intenzione di edificare in questo quartiere.”

“Ricordo. Ma forse sei tu che dimentichi” replicò Ranma “che la palestra Tendo appartiene a tuo padre. Ad ogni modo Soun l’ha già destinata a me e Akane, perché potessimo gestirla per insegnare le arti marziali, e non ne farebbe niente senza prima consultarci.”

“Oh, io non dimentico mai. Dovresti saperlo bene.”

“Allora non avrò bisogno di darti una seconda volta la stessa risposta.”

“Già. Mio padre finirei per convincerlo, a vendermi questo terreno: il problema è smuovere voi altri due testardi.”

“Bene, mi sembra che tu alla fine sia venuta qui per nulla.”

“Non direi proprio...” Nabiki estrasse qualcosa dalla tasca. “La riconosci questa?”

Ranma si lasciò sfuggire un urlo di sorpresa.

“Ma… ma tu come hai…” balbettò nervoso e imbarazzato, con gli occhi che quasi gli uscivano dalle orbite.

“Mmh, sarebbe un vero peccato” continuò incurante “se Ukyo o Kodachi ricevessero questa foto che ritrae te e la mia sorellina, così dolci e teneri, mentre…”

“Dammela!” Ranma si scagliò contro di lei. “Amaguriken!”

Con un veloce movimento delle mani le sottrasse la foto, e senza esitare un solo momento di più la strappò in mille pezzi.

“Ah! Stavolta te l’ho fatta!” esclamò trionfante.

“Che illuso. Guarda che ne ho altre decine di copie, tutte già pronte per essere spedite ad Ucchan, alla Rosa Nera… e infine a Shan-Pu, che si trova in Cina a passare le festività nel suo villaggio. La posta arriva anche a Joketsuzoku, oggigiorno.” guardò divertita l’espressione di giubilo del ragazzo mutare nello sconforto più totale.

“Maledetta…!” borbottò ringhiante Ranma.

“Che disastro sarebbe!” esclamò con finta preoccupazione. “Dopotutto tu e Akane non siete ancora sposati e le tue altre fidanzate, finora ignare, non si rassegnerebbero tanto facilmente: come minimo quelle pazze finirebbero per distruggervi la casa, sempre che poi, tra chui, spatole e clavette, non succeda qualcosa di peggio alla mia povera amata sorellina…” Poi assunse un’espressione di sfida: “Dato che hai appena cercato di fregarmi, sarò meno conciliante che mai. Domani mattina porterò il contratto, una firmetta di papà col consenso di voi due fidanzatini e tutte le copie di quella foto, negativo compreso, andranno bruciate. Arrivederci. E risparmiati, almeno tu, gli auguri di buon Natale!”

Un soffio di vento più gelido degli altri accompagnò il suo congedo da casa Tendo.

*******

“Ho visto abbastanza. Dobbiamo fare qualcosa, quella donna sta esagerando!” sbottò esasperata. “Tu che ne pensi, Harumaki?”

“Sono d’accordo, piccola Kogane.” disse il suo interlocutore più vicino, un vecchio uomo sdentato con gli occhi a palla. “Non è giusto che mezzo mondo compri le cartoline natalizie raffiguranti quella povera ragazza senza veli… tra l’altro mi è molto simpatica, è identica alla mia amata Gyoko.”

“Bene, è deciso!” intervenne un panda mal scarabocchiato. O almeno credeva fosse un panda, non conosceva quello spirito se non di vista. “Ma come operiamo? Qualcuno ha un’idea?”

“Una l’avrei io, l’umana non deve passarla liscia!” sentenziò l’unico tra loro che fino a quel momento aveva taciuto, un altro spirito strambo che assomigliava vagamente a un cane marino strabico. “Tra l’altro ha commesso del male nei confronti di quel ragazzo, Natsuhiko… no volevo dire Kuno, che tempo fa mi fece i complimenti rendendomi tanto felice. Nabiki Tendo deve pagarla e io ho già preparato da tempo qualcosa di speciale per lei. Per questo vi ho riuniti qui.”

“Interessante, illustraci il tuo progetto!” lo incitò Kogane.


“Vi dirò. Innanzitutto dovrete aiutarmi a contattare certi altri nostri colleghi…”

*******

“Alla fine è stata una giornata abbastanza fruttuosa, nonostante le arrabbiature e il mal di schiena...” si disse, rientrando nel proprio appartamento. Un misero appartamento, di una casa che nemmeno le apparteneva – lei, che possedeva mezza Nerima. Un bel paradosso, effettivamente.


Girò la chiave nella serratura. Fu proprio a quel punto che le accadde un evento stranissimo. Non vide più la targa appesa alla porta.

“Non può essere!” mormorò a voce alta per rassicurarsi. “Devo essere stanca per il troppo lavoro.”

Chiuse le palpebre. Forse non l’aveva visto. Non doveva nemmeno starci a pensare. Eppure… eppure era così reale. Nabiki avrebbe potuto giurare di aver visto il volto del suo ex socio d’affari Kinnosuke Kashao.


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Capitolo 2
*** Lo Spirito del Natale Passato ***


Capitolo secondo: Lo Spirito del Natale Passato


Cercò di fare ritorno alla realtà. Non era da lei abbandonarsi a simili allucinazioni. Riaprì le palpebre. Fissò nuovamente la serratura. Vide ancora il volto di Kinnosuke ma, questa volta, con gli occhi della ragione. E scoprì così che si trattava di un riflesso. Si voltò alle proprie spalle. Una figura familiare era accanto a lei.

“Beh?” disse con fare noncurante, sperando di non tradire la sua tensione. “Che cosa vuoi da me?”

“Niente, io.” la voce era proprio quella di Kinnosuke.

“Sei proprio tu?” chiese. “Kashao, il mio socio d’affari?”

“Lo ero.” rispose.

“Lo eri?” ripeté con voce appena malferma.

“Quel che voglio dire” spiegò lui “è che ero il tuo socio d’affari, mia cara Nabiki, prima che tra noi due ci fosse quello screzio.”

Sentendo tali parole recuperò la consueta sicurezza.

“A dire il vero sei tu quello che ha cercato di fregarmi. E sei stato fregato a tua volta!” sentenziò.

“Ricordo.” replicò Kinnosuke. “Fin troppo bene, è una punizione che meritai ampiamente. Però, questa notte, non sarò io a patire.”

Nabiki ebbe un brivido. Era forse tornato per vendicarsi?

“Bene.” disse. “Cos’hai intenzione di fare?”

“Nulla, te l’ho già detto. Sono altri, quelli che faranno: in quanto a me, sono venuto solo ad avvertirti.”

“E di cosa?” A Nabiki non piacevano gli enigmi. Specie se non era lei a porli.

Kinnosuke rispose: “Stanotte sarai visitata da tre Spiriti.”

“E… questi Spiriti me li hai mandati per caso tu?”

“A dire il vero” Kinnosuke esitò “sono già passati da me l’anno scorso, proprio il giorno di Natale. Mi hanno fatto capire molte cose, rendere conto dei miei errori. Infine, qualche tempo fa, una specie di cane marino demoniaco o qualcosa di simile mi ha incaricato di guadagnarmi il tuo perdono preparandoti a questa notte che verrà.”

“Non puoi essere un poco più chiaro?”

“Aspetta il primo Spirito quando l’orologio indicherà l’una.”

“Questo non è essere chiari! E poi è assurdo, è già l’una e tre quarti!” protestò.

“Aspetta il secondo alle due.” continuò quello, incurante. “Ed il terzo...”

“Alle tre, ho indovinato? Ma che non osino presentarsi!” sbuffò. “A quest’ora voglio dormire, come tutte le persone normali.”

“So che tu non mi stai prendendo sul serio. Non importa, ricorderai le mie parole al momento opportuno.”

“Ho un’idea migliore.” disse, ormai seccata. “Adesso tu la smetti subito di delirare e…”

“Ah! L’esattore delle tasse!” indicò lui con fare spaventato dietro le sue spalle.

“Dove?!” Nabiki si guardò attorno. Poi cercò con lo sguardo Kinnosuke. Niente, nessuna traccia di quel maledetto: se l’era filata dopo averla distratta. Quanto odiava quando la prendevano in giro con la storia dell’esattore delle tasse!

Oppure era lei a essersi sognata ogni cosa? D’altronde quale motivo aveva Kinnosuke per farsi vivo dopo tutti quegli anni solo per… parlarle di spettri! Assurdo.

*******

Quando Nabiki si destò, era così buio che l’unica cosa che poté distinguere con chiarezza fu la luce rossastra dell’ora digitale segnata dalla sua radiosveglia.

Cercò di mettere a fuoco i segmenti, i singoli numeri, assegnare loro un ordine e un significato logico. Strano. Doveva essere molto annebbiata dal sonno. L’orologio elettronico segnava l’una in punto.

Assurdo, quando era andata a letto erano le due passate. Nemmeno poteva aver dormito così a lungo da aver fatto sì l’una, ma di pomeriggio. Inconcepibile, il buio indicava che era ancora notte fonda. Quest’incongruenza la svegliò del tutto, il suo cervello prese a ragionare ed arrivò all’unica conclusione possibile.

“Dannato catorcio, si è rotto!”

La radiosveglia fece un brutto volo per terra. Ma proprio nell’istante in cui questa toccò il pavimento, Nabiki udì un suono particolare.

Abituò gli occhi alla penombra, per capire da dove provenisse. Fu allora che si accorse di un… campanello, proprio un campanello, che sembrava pendere da non capiva bene dove: e non era tutto, aveva anche cominciato a dondolare. Trillò dapprima leggermente, ma poco alla volta prese a suonare sempre più forte, fino ad assordarla.

Al culmine di quel singolarissimo segnale orario, una voce cavernosa rimbombò per la stanza.

“Nabiki Tendo, alzati! È giunta l’ora.”

Cercò di mantenere la calma, per quanto possibile. Forse stava solo sognando, e questo avrebbe spiegato tutte le stranezze.

“Nabiki Tendo, alzati!” minacciò una seconda volta la voce. “È giunta l’ora.”

Le parole dell’ex socio d’affari aleggiavano nella sua mente. E se Kinnosuke avesse veramente invocato degli Spiriti, come già, del resto, lei aveva visto fare qualche volta a quel Gosunkugi, perché costoro la perseguitassero? Ma Nabiki non voleva ancora crederci.

“È giunta l’ora.” disse una terza volta la voce. “L’ora di andare nel luogo del Non Ritorno.”

Osservò il campanello avvicinarsi al suo letto, sempre meno distante da lei. Due grandi occhi stretti e luminosi la scandagliavano nell’oscurità circostante. Nabiki spalancò la bocca, prese un respiro lunghissimo. E infine disse:

“Dacci un taglio, scemo! Credi che non ti abbia riconosciuto?!”

Gli occhioni persero la loro luminosità e una sembianza corporea andò formandosi tutt’attorno, assumendo l’aspetto di un enorme… gatto!

“Come hai fatto a scoprirmiao?” disse una voce ben più nasale e ridicola della precedente.

“Maomolin.” mormorò, mettendosi una mano sulla fronte. “Lo Spirito del gatto che cerca moglie da un mucchio di tempo senza mai riuscire a trovarla. Mi dici cosa ci fai qui?”

“Eh, no! La domanda l’ho fatta prima io!”

“Va bene. Ho capito che eri tu dal campanello.”

“Ma tutti i fantasmi usano catene o campanielli.” protestò il gatto-fantasma.

“Non un campanello alto mezzo metro come questo!” disse, indicandolo.

Perfetto! Lei, Nabiki Tendo, si era spaventata per una scemenza simile.

“Dunque saresti tu la vendetta di Kinnosuke? Non dovrò mica sposarti?!”

Lo Spirito disse: “Questa non sarebbe un’idea mialvagia. Ma stavolta sono veniuto per un altro motivo.”

“E sarebbe?” domandò, sedendosi sul letto.

“Stanotte vengo in qualità di Spirito del Natale Passato. Diciamo che è il mio lavoro part-time, per fortuna mi tocca unia sola volta l’anno.”

“Davvero molto interessante...” commentò con fare sarcastico. “E cos’era quella storia del luogo del Non Ritorno?”

“Giusto! Quasi dimenticavo!”

La prese per una mano e d’incanto Nabiki si sentì diversa.

“Cosa mi hai fatto?! Guarda che ti cito per danni!”

Il gatto-fantasma disse: “Alzati e vieni con me!”

Prese a galleggiare nell’aria, e pure Nabiki dovette constatare che, mentre lasciava il proprio letto, i suoi piedi non toccavano per nulla il pavimento.

“Ehi, aspetta un momento!” protestò. “Non ho nessun’intenzione di seguirti!”

“Ma tu devi. La tua attuale volontà nion conta.”

“E… non si potrebbe evitare tutto questo?” propose, leggermente intimidita.

“Beh, forse potrei fare uno strappo alla regola.” disse Maomolin. “Se in cambio tu acconsentissi a diventare mia moglie.”

“Scordatelo!” rispose con disprezzo. “Piuttosto, il luogo del Non Ritorno.”

“Se proprio insisti...” cominciarono entrambi a fluttuare nel vuoto, senza che Nabiki riuscisse a sottrarsi alla presa del gatto.

“Aspetta, ci stiamo dirigendo verso la finestra!” avvertì. “E qui siamo al terzo piano!”

“Fidati!” passarono attraverso il muro e cominciarono a volare lungo i tetti e le strade di Nerima. E poi più lontano, sempre più lontano, finché le luci dei lampioni diventarono scie confuse e Nabiki perse ogni senso di orientamento, sentendosi tanto simile a Ryoga. Le girò la testa e chiuse gli occhi.

Per la prima volta quella notte, e dopo tanti anni, perse veramente ogni sicurezza.

Quando tornò a guardare, vide luoghi e figure a lei familiari. Il liceo Furinkan. L’aula 2E. Un banco attorno al quale molti studenti si erano appostati a fare la fila. E un samurai, come primo della fila.

“Cinque foto della ragazza col codino, tremila yen.” disse una liceale in cui Nabiki riconobbe facilmente se stessa più giovane.

“Come sei esosa, Nabiki Tendo… le compro!” la voce era ovviamente quella di Tatewaki Kuno.

“Queste sono soltanto ombre delle cose che furono.” spiegò Maomolin. “Non si possono accorgere in alcun modo della nostra presenza.”

“Meglio così!” disse. “Mi sarei vergognata a morte, dato che sono ancora in pigiama e pantofole. Piuttosto, sarebbe questo il luogo del Non Ritorno?!”

“Certo.” rispose lo Spettro. “Siamo nel tuo passato. E nessunio è in grado tornare nel suo passato e così cambiare le proprie scelte errate, per quanto lo possa desiderare. Quando ti ho preso la mano, ti ho semplicemente dato la capacità di viaggiare assieme a me.”

“Capisco… e giochi di parole a parte, in quale momento saremmo della mia vita?”

“Siamo alla vigilia di Natale, l’ultimo giorno di scuola prima delle vacanze invernali, nel periodo in cui tu frequentavi il secondo anno del liceo.”

Si voltò a guardare i due che frattanto concludevano la negoziazione. Lei lo imitò.

“Dimmi un po’, Tuono Blu.” accennò la Nabiki liceale. “Non ti sei ancora stancato di fare il filo a due ragazze contemporaneamente?”

“Tu non puoi capire.” rispose Kuno. “Il buon Cupido non conosce regole: la sua freccia scoccata lascia sempre il segno, che lo si voglia oppure no.”

“Ora capisco!” disse lei fingendo di essere stupita. “Dunque è il segno di Cupido, quell’impronta di pedata che tieni impressa sul viso, e non il risultato di un calcione di mia sorella!”

“Scherza pure!” replicò Tatewaki. “Il tuo destino è ben peggiore del mio: il tuo cuore ha soffocato l’amore, evitando di soffrire; ma così facendo, potrà mai provare una gioia sincera nel corso della sua esistenza?”

“Facciamo pure i filosofi, adesso.” disse la Nabiki del passato senza scomporsi. “Mi fai pena, Kuno: tutto perso nel tuo mondo immaginario fatto di sogni… Cinque foto di Akane, altri tremila yen.”

“Mi fai più pena tu, Nabiki Tendo, che hai completamente perduto la fantasia per sognare… Hai detto tremila yen? Compro pure queste!”

“Credo tu abbia sentito abbastanza.” disse lo Spirito.

“Cosa c’è di speciale in questo?!” protestò, mentre le immagini divenivano sempre più sfocate, perdendosi in una sorta di nebbia. “Per tua informazione, è una scena che si ripeteva tutti i giorni, ai tempi del liceo. Mi avresti spedito nel passato solo perché mi pentissi di aver venduto le foto di Ranma e di mia sorella? Ebbene, non sei riuscito per nulla nel tuo intento.”

Maomolin scosse il capo.

“Sei ancora lontana dal capire. Vorrà dire che andremo a vedere un’altra ombra.”

D’incanto la scena cambiò. Un parco pubblico. Una bella giornata di sole primaverile. Una tovaglia da picnic adagiata sui fili d’erba profumati. Soun Tendo apparecchiava felicemente, aiutato dalla maggiore delle figlie, una bambina dai capelli lunghi con un’espressione dolce e allo stesso tempo più matura della sua età. Il tutto sotto gli occhi di una donna dai modi gentili che tirava fuori con grazia da un cesto il cibo preparato per l’occasione.

“Papà, Kasumi… mamma!” mormorò, scossa da quelle immagini.

“Ricorda che non possono vederci.” la ammonì il gatto-fantasma.

L’attenzione di Nabiki fu calamitata da una bimba dai capelli corti che, dandole le spalle, correva senza una meta con le braccia spalancate e gridando con energia tutta quanta la sua gioia.

“E quella laggiù è Akane.” sorrise con una punta di amarezza.

“Veramente ti sbagli.” disse lo Spettro. “Akane si trova da quella parte!” le mostrò una bimbetta alla sua sinistra, che era tutta indaffarata a provare a salire su un albero, nonostante i richiami di Kasumi.

“Allora… allora quella ragazzina che corre come una scalmanata chi è?” domandò, spiazzata, a Maomolin.

Lo Spirito disse: “Quella sei tu.”

“Sono.. io?!” ripeté Nabiki.

Nion te lo ricordi, forse?” chiese l’enorme gatto-fantasma. “Nion ti vantavi, oggi stesso, di non dimenticare mai le cose?! Come vedi, anche tu hai conosciuto l’ingenua spensieratezza dell’infanzia.”

“A quanto pare.” si limitò ad ammettere.

Lo Spirito disse: “Andiamo un po’ avanti nel tempo.” e come per magia, mentre le figure dei membri della famiglia Tendo rimanevano pressoché immutate, si stravolse invece lo scenario che le circondava. Adesso si trovavano all’interno della loro casa. Allegro come Nabiki non l’aveva mai visto. O forse non riusciva più a ricordare. Al centro del soggiorno troneggiava un grosso albero di Natale.

“Niente male.” osservò lo Spirito. “E dire che c’è qualche pazzo che vorrebbe demolirla per farci l’ennesimo centro commiaorciale.”

Non rispose. Era troppo intenta ad osservare la piccola Akane che, presa sulle spalle dal padre, metteva con impegno gli addobbi. Vicino, una Nabiki bimbetta giocava per terra con altre decorazioni.

“Oh, il telefono.” Per andare nell’altra stanza a rispondere, suo padre posò a terra Akane. Quest’ultima però, non volendo saperne di interrompere il suo lavoro, zampettò di persona fino ad una palla dorata che era posata sul pavimento e si alzò in punta di piedi per agganciarla ad un ramo dell’albero: ma non ci arrivava, e finì per farla cadere e andare in frantumi.

Molto presto gli occhi della piccina si riempirono di lacrimoni.

“Weeh, la mia pallina!”

“Prendi, ce n’è un'altra: tieni la mia!”

La piccola Nabiki si trovava sorridente accanto ad Akane, porgendole un’altra palla dorata.

“Grazie sorellina!” esclamò la bambina più piccola, ricambiandole il sorriso.

Come per una strana connessione, pensò all’istante allo scambio di sorrisi di quel pomeriggio, tra Akane e Sasuke.

“Chi l’avrebbe detto...” accennò l’enorme gatto. “Nabiki Tendo che condivide le cose ed è gioiosa e rende partecipi gli altri della sua gioia.” Si girò verso di lei. “Quand’è che sei cambiata?”

Nabiki chinò il capo.

“Quando ho imparato a vivere.” disse. “In questo mondo non c’è posto per i sentimenti, se vuoi guadagnarti qualcosa.”

“Oh, Nabiki!” sospirò Maomolin. “Tu hai ottenuto tante cose, effettivamente. Ma ti hannio reso forse felice? A cosa mai ti servono, se nion hai persone con cui condividerle?”

“Fesserie! Nessuno fa niente per niente.”

“Ne sei sicura? E allora chi fu ad organizzare quell’appuntamento per fare pace, tra la tua sorellina e il ragazzo cambia-sesso, quando il loro fidanzamento era stato rotto?”

“Un momento, come sai questi fatti?!”

“Rientra nei miei poteri di Spirito.”

“Bene. Però dimentichi che il loro fidanzamento l’avevo rotto io, fingendomi innamorata di Ranma per sfruttarlo per bene e guadagnare soldi alle sue spalle, anche cercando di venderlo alla miglior offerente. Quando ho fatto due rapidi conti e mi sono accorta che la cosa non fruttava più, ho riportato la situazione alla normalità. Tutto qui.”

Nion me la racconti giusta, c’era bisogno di un metodo tanto complicato come quello che hai escogitato? La verità è che non sopportavi di vedere Akane così triste. Il tempo passa, ma alcune cose non cambiano.”

Nabiki aprì bocca per replicare. Ma cambiò repentinamente idea.

“E vogliamo parlare di tutte le volte” insistette lo Spirito “che hai sperato assieme alle tue sorelle che quel Ranma potesse finalmente incontrarsi nel proprio aspetto maschile con sua madre? In un paio di occasioni hai provato pure a smascherarlo, quand’era ‘la cuginetta Ranko’. Volevi fosse felice almeno lui, lui che una madre l’aveva ancora.”

“Adesso lasciami stare!” si spazientì una volta per tutte. “Le tue storie mi stanno francamente annoiando.”

“Un momento ancora, il tempo di vedere un’ultima immiagine.”

Le ombre si confusero. E ne comparvero di nuove.

“Tieni, leggi!” Ancora la Nabiki del passato. Ma un passato più recente, che riconobbe subito.

“Come sei cara!” rispose Kuno. “Una lettera d’amore per me, non dovevi disturbarti. Davvero. Anche se è bello sapere che mi ami ancora quanto quel lontano giorno delle nozze.”

“Capisco che il tempo è relativo, ma per la cronaca è stato poche settimane fa. E comunque comincia a leggere, prima di giudicare.”

“Certamente… con la presente scrittura privata, io sottoscritto Tatewaki Kuno eccetera… dono con animo grato alla mia consorte Nabiki Tendo… la mia lussuosa villa con relative pertinenze, il mio yacht eccetera…” Smise di leggere e fissò l’altra. “Nabiki, ma tu…”

Esitò un momento.

“Tu hai un modo davvero bizzarro di comunicarmi i sentimenti appassionati che provi nei miei confronti!” concluse, infine.

“Che hai capito?!” sbuffò lei. “Non è una lettera d’amore. Una volta firmato e fatto autenticare da un pubblico ufficiale questo foglio di carta, ci eviteremo entrambi anni di inutili e costose dispute giudiziarie, quando avremo divorziato.”

“Divorziato? Di solito a divorziare sono le persone che non si amano.”

“Vedo che cominci a capire.”

“Nabiki, cosa vuol dire questo?” domandò Kuno.

“Sai fare due più due? Significa che ti lascio.”

“Come, dopo tutto quello che c’è stato tra noi!”

“Nei tuoi sogni, forse.”

Tatewaki si sistemò nella sua consueta posa da riflessione.

“Sta bene. Nell’ambito del mio animo generoso e magnanimo, ti rendo la tua libertà.”

“Sì, sì, mettila pure come vuoi!” e la Nabiki del passato si diresse verso l’uscita di quella villa che sarebbe stata sua ma dove, lei lo sapeva benissimo, non avrebbe più rimesso piede.

“Possa tu esser felice nella vita che ti sei scelta!” disse Kuno, mentre l’altra Nabiki si allontanava.

Anche queste ombre svanirono. Maomolin domandò:

“Hai poi trovato la felicità?”

Mentre rispondeva, sentì di aver perduto il suo sangue freddo.

“Non sono affari che ti riguardano! E poi non si può tornare indietro!”

“Ma hai ancora molta strada davanti a te. Ci tieni proprio a continuare a percorrerla in questo modo, Nabiki?” furono le ultime parole che udì prima di ritrovarsi nel proprio letto e sprofondare come d’incanto in un sonno profondo.

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Capitolo 3
*** Lo Spirito del Natale Presente ***


Capitolo terzo: Lo Spirito del Natale presente


Nabiki si svegliò un’altra volta. Non ebbe bisogno di guardare l’orologio per intuire che dovevano essere le due.

Bene, avanti il prossimo, si disse. Non aveva una gran voglia di affrontare il secondo Spirito, non che ne fosse spaventata ma l’apparizione di Maomolin non aveva fatto che peggiorarle ulteriormente l’umore. In ogni caso era curiosa. Di quale stupido fantasma si sarebbe trattato, stavolta? E quale ridicolo aspetto avrebbe avuto? Un cane parlante, forse?

Proprio in quell’istante, udì il segnale orario della radiosveglia. Buffo, funzionava ancora nonostante il capitombolo di prima. Ebbene, dov’era il nuovo Spirito? Non aveva il coraggio di fare la sua comparsa? Niente nella stanza era cambiato. Anzi, una cosa lo era.

Quello specchio enorme attaccato alla parete… da dove sbucava fuori? Nabiki era sicura di non averlo mai posseduto. Non era così vanitosa, anche se certamente era attenta a mantenere la linea e badava al proprio aspetto. Lo specchio, ovale, era coperto da una grossa tenda. Spinta da una qualche forza misteriosa, la sollevò e rifletté la propria immagine per esteso.

“Sono sicura” disse, ponendo il palmo sul vetro “di non aver mai visto questo specchio.”

Si spostò e camminò per la stanza, cercando con lo sguardo il secondo Spettro.

“Sono dietro di te, Nabiki.”

Si voltò di scatto, presa veramente alla sprovvista. Lo fu ancora di più quando poté costatare che dietro di lei c’era solo lo specchio. E il suo riflesso, che… si muoveva?! Ed era uscito dal vetro!

“Chi sei?”

“Non lo vedi?” rispose una donna con i capelli a caschetto. “Sono te!” sorrise furbescamente.

Nabiki si fissò… anzi, la fissò intensamente. E capì.

“Tu sei lo Spirito dello Specchio!” Quella folle che una volta aveva assunto l’aspetto di Ranma ragazza per sedurre gli uomini. Erano state un paio di settimane memorabili, quelle.

“Hai indovinato!” disse la sua sosia. “So tutto della mia villa e di chi abitualmente vi risiede. Per questo ho potuto vedere di persona come hai trattato il mio maggiordomo, proprio la vigilia di Natale. Ciò mi ha spinto a chiedere ai miei colleghi di farti da Spettro del Natale Presente: quello che stanno vivendo le persone che conosci.”

“E dopo avermi fatto la ramanzina darai la caccia ai ragazzi con il mio aspetto?” ironizzò Nabiki. “Quale onore!”

“Stanotte il tuo aspetto mi serve” spiegò lo Spirito “affinché tu mi possa temere! Non hai forse terrore di te stessa, nel profondo?”

“Che assurdità!” disse. “Perché mai dovrei provarne?! Quel che avevo da dire riguardo alla mia personalità attuale, l’ho già detto a quell’impiastro di gatto-fantasma.”

“È inutile che tu finga!” rispose il riflesso. “Da quando ti sei specchiata, sono divenuta una copia di te: ne deriva che nessuna parte del tuo animo mi è ignota. E so che ti senti in colpa, in realtà.”

“Per cosa dovrei sentirmi in colpa?!”

L’interlocutrice la ignorò. “Adesso visualizzerò gli oggetti del tuo rimorso, cioè le persone cui stai rovinando la vita. Vediamo cosa stanno facendo, in questo momento.” le allungò il braccio. “Immagino tu ormai conosca la procedura.”

“Tutto ok.” disse, afferrando la mano della sua sosia.

In pochi secondi si trovarono nuovamente a volare sopra le strade di Nerima. Attraversarono il parco pubblico, dove il laghetto era tutto ghiacciato. Sul ghiaccio si poteva distinguere un ragazzo con la bandana che leggeva un cartello. Sostarono vicino a lui.

“Uhm… qui c’è scritto: parco pubblico di Nerima.” lesse ad alta voce Ryoga Hibiki. “Nerima, cioè Tokyo. La città dove vive la dolce Akane.”

Strinse le nocche: “Ce l’ho fatta, sono arrivato in tempo per Natale!” esclamò con voce commossa. “Pochi passi mi separano dalla felicità!”

Manifestò la sua letizia colpendo con un destro la superficie sotto i suoi piedi. Un momento prima di scorgere un secondo cartello, con sopra scritto: Non prendere a pugni la lastra sottile di ghiaccio. “Oh, nooo! Akaneee!” gridò lo sventurato, mentre il ghiaccio si spaccava costringendolo a un bagno indesiderato nell’acqua gelida del lago.

Le due Nabiki ripresero il loro volo: raggiunsero presto l’insegna del locale Piccola Ukyo e in un solo istante furono all’interno di quel modesto ambiente.

“Loro non ci possono vedere né sentire.” le ricordò la copia, indicandole cuoca di okonomiyaki e assistente.

“Lo so, tranquilla!” disse Nabiki. Dunque guardò con lei la scena.

“Bene, Konatsu-chan.” disse la giovane Kuonji. “Direi che siamo pronti per il nostro… cenone natalizio: il quale consiste in nientemeno che due scodelle di riso bianco più una rapa tutta intera da dividere in parti uguali.”

“Wow, che banchetto luculliano!” cinguettò il kunoichi maschio, con gli occhi che luccicavano dalla gioia.

“Tontolone, il mio era solo del sarcasmo!” sbuffò sconsolata.

“Signorina Ukyo… si sente bene? Scommetto che sta pensando al signor Ranma, vuole forse che andiamo a trovarlo?”

“Come?” si riprese dal momento di distrazione. “No, non si tratta di questo. In quanto a Ran-chan, ormai mi sono messa l’animo in pace. Lui aveva già una promessa sposa quando suo padre e il mio combinarono il nostro fidanzamento: è con lei che lo ritrovai quando giunsi a Nerima per vendicarmi vestita da ragazzo, e dentro di me forse avevo capito subito che la partita era persa in partenza. Combatterò sino all’ultimo per lui, questo è certo, ma so bene che prima o poi arriverà il giorno che metterà fine alla mia lunga lotta.”

“Signorina Ukyo…”

“Perché mi guardi così, Konatsu? Dopotutto, almeno per quest’ultima notte ho ancora il mio locale di okonomiyaki, giusto? Domani lo dovrò lasciare per sempre. Credimi, non vorrei passare questo Natale in nessun altro posto.” disse decisa Ucchan. “Facciamo la nostra piccola festa, anche se dovremo accontentarci di quel poco che passa il convento.”

“Non è poco!” replicò il kunoichi con un piglio altrettanto deciso che però non gli era molto usuale. “Quelle perfide delle mie sorelle e della mia matrigna mi facevano passare dei Natali ben peggiori di questo.”

“Lo credo bene!” esclamò Ukyo. “Ti facevano sgobbare come una serva per poi lasciarti a digiuno e farti dormire fuori al freddo, in qualche scatola di cartone. Queste cose me le hai raccontate parecchie volte.”

“Ma non mi riferivo a ciò.” disse Konatsu. “Intendevo dire che loro non mi hanno mai trattato come un essere umano, non mi hanno mai mostrato nemmeno un piccolo gesto d’affetto. Tutto il contrario di quello che fa lei con me ormai da tanti anni, signorina Ukyo…”

“Konatsu...” Ucchan accennò un caldo sorriso, rivolto all’assistente. Subito dopo, però, lo colpì alla testa con la grossa spatola. “Che scemo che sei, con tutti i tuoi discorsi mi hai distratto e qui si sta raffreddando tutto. Su, mangiamo!” disse, con tono allegro.

“Buon appetito!” esclamò con altrettanto gaudio il kunoichi, incurante del grosso bernoccolo che gli era spuntato sul capo.

Nabiki incrociò le braccia al petto, pensierosa.

“Cosa vuol dire? Sono felici.”

“Così sembra. Magia del Natale, ma del resto sono tutte stupidaggini, vero?” disse la copia. “Chi può capirlo meglio di te, dall’alto della tua solitudine?”

“Che scemi!” continuò la propria riflessione. “Eppure domattina li sfratterò.”

“Hai ragione. Domattina perderanno la loro felicità, grazie a te: e ne vai così orgogliosa?”

Tacque. Abbassò lo sguardo, poi si voltò verso lo Spirito.

“Tutto inutile, non riuscirai mai a convincermi.”

“Vedremo. Ecco a te altre ombre!”

Si ritrovarono in strada. Più precisamente, la strada che un tempo Nabiki percorreva per recarsi al liceo Furinkan. La rete di protezione si ergeva alta come sempre e si poteva udire da sotto lo scrosciare delle acque del fiume Shirako-gawa.

“Perché adesso mi hai portato qui?!” domandò.

Lo Spettro disse: “Ti condurrò da persone che conosci molto bene.”

“Persone che conosco molto bene?”

“Li vedi quelli laggiù?” le chiese lo Spirito, indicando alcune figure che si facevano loro incontro nell’oscurità della sera.

“Li vedo. Ma non li riconosco, chi sono?”

“Sei cieca, forse?!” disse la copia. “Ma è così evidente!”

“Non vorrai forse dire che…”

“Esattamente! Loro sono dei bei ragazzi!

Nabiki cadde con le gambe all’aria.

“GO! GO! GO!” urlò la copia, vestitasi di abiti succinti e lanciatasi addosso ai ragazzi cercando di attirare la loro attenzione. Nabiki portò stancamente un indice alla tempia.

“Hai finito?!” disse, dopo che i giovani se ne furono andati per la loro strada come se nulla fosse stato.

“Non mi hanno degnato nemmeno di uno sguardo!” piagnucolò l’altra. “Ma perché, sono forse una racchia?!”

“Vedi di non offendere il mio corpo!” puntualizzò Nabiki. “E poi me l’hai detto tu stessa che nessuno ci può vedere né sentire, sciocca!”

“Ah, già!” disse lo Spirito.

“E le persone che conosco molto bene, si può sapere dove sarebbero?”

“Giusto, quasi dimenticavo! Loro sono qui accanto.” la copia batté le mani e si ritrovarono sotto uno dei ponti, sul bordo del fiume. Dove due persone coperte di vecchi stracci cercavano di attizzare il fuoco.

“La furia degli elementi sembra non volerci concedere un istante di tregua…. ma il freddo della beffarda stagione non spegnerà la fiamma ardente della mia passione!” declamò Kodachi, tirando fuori un enorme manifesto raffigurante Ranma uomo.

“Hai avuto un’ottima idea, sorella.” disse Kuno. “Questa carta è, appunto, ciò che ci vuole per ravvivare il nostro falò” e accennò a strappargliela di mano.

“Come osi, Tatewaki?!” ringhiò lei, colpendo le sue mani con una clavetta. “Hai appena cercato di bruciare vivo il mio adorato Ranma, me la pagherai!”

“Provaci, Kodachi!” si mise in posizione di battaglia. “Ma sappi che quell’idiota di Ranma Saotome giammai entrerà nella mia casa!”

“Quale casa?! Non vedi che siamo ridotti a dei senzatetto, e questo proprio per colpa tua?! Tu, il deficiente che ha lasciato entrare quella donna nella nostra villa, quando la possedevamo: Nabiki Tendo ti ha abbindolato e ora si è presa tutto quanto!” gridò Kodachi, scagliando contro il fratello una tempesta di attrezzi da ginnastica ritmica.

“Non osare parlar male di Nabiki!” L’altro si lanciò a sua volta con la spada da kendo.

“Sanno come riscaldarsi, quei due...” giudicò lo Spirito. “Anche se li hai buttati in mezzo alla strada.”

“Sono due pazzi.” commentò lei. “Hanno avuto ciò che si meritavano.”

“Ma Kuno l’hai pure sposato.”

“Saprai bene il motivo, se sei la mia copia.”

“Non ne sono convinta.” le replicò. “A Tokyo c’è gente anche più ricca della sua famiglia, non eri tenuta a incastrare proprio lui… e così pure te stessa.”

“Cosa vuoi insinuare?!”

Lo Spirito ridacchiò.

“Cosa vedo! Nabiki la macchina umana che perde la calma, allora scorre veramente in te il sangue focoso dei Tendo!”

“No, signorini! Fermi!” questa voce sovrastò le loro.

“Ma quello non è Sasuke?” esclamò Nabiki.

“E non è solo.” la copia indicò, dietro di lui, anche l’ex preside del liceo Furinkan.

“Tacchi, Kocchi! Fate i bravi children e non litigate fra di voi!”

“Oh mio caro paparino!” la figlia si voltò verso di lui. “Ma sei ancora vestito in camicia hawaiana completa di ghirlanda, sandali e ukulele. Non morirai di freddo?”

“Ha ha! Sciocchezze!” rise il padre, aggiustandosi gli occhiali da sole. “Here siamo alle Hawaii e alle Hawaii non può fare freddo!”

“In questi anni quell’idiota si è ancora più rimbecillito del solito. E poi come ci vede, con gli occhiali da sole e con questo buio?!” mormorò Tatewaki. Dunque gridò al padre: “Non siamo alle Hawaii! E soprattutto non chiamarmi Tacchi!”

“Non alzare la voce con nostro padre, fratello degenerato!” Kodachi lo ricoprì con il suo vortice di petali di rosa nera.

“Signor Tatewaki, signorina Kodachi! No vi prego, fate pace!” piagnucolò Sasuke, interponendosi tra i due contendenti. E beccandosi così clavette e colpi di bokken vari.

“Oh, Sasuke.” la rosa nera si arrestò.

“Sasuke, mio fedele servitore!” anche il Tuono Blu si fermò. “Cosa ci fai qui? Non dovresti essere ancora a lavorare da Nabiki?!”

“Oggi ho ottenuto il permesso di terminare prima del solito l’orario di lavoro, signor Tatewaki.” disse il ninja. “Così, prima che i negozi chiudessero, ho potuto finalmente spendere la mia paga annuale e comprarvi del cibo e delle coperte.”

“Sasuke… allora è per questo che se n’è andato prima, oggi.” mormorò Nabiki.

“Vuoi dire” domandò Kodachi “che quella strega di Nabiki Tendo ti ha lasciato andare senza sfruttarti fino in fondo come di consueto? Strano, non è da persona così spregevole come lei.”

“Però… dovrò tornare a lavorare anche domani che è Natale.” mugolò sommesso il servitore.

“Oh oh oh! Volevo ben dire!”

“Quel Sasuke è cosi scemo!” sbottò Nabiki.

“E come mai?” chiese la copia. “Solo perché vuole bene a quella che è sempre stata la sua famiglia? Anche tra di loro, si amano: padre e figli, fratello e sorella. Solo che se lo dimostrano in questo modo, diciamo, bizzarro.”

“Ma quei pazzi non si meritano tanto aiuto.”

“Neppure tu meriteresti di essere salvata da te stessa. Eppure è quello che sto facendo ora.”

Decise di ignorarlo e tornò ad ascoltare il Tuono Blu.

“Inoltre” stava continuando Kuno “ho scelto proprio Nabiki come mia compagna, sacrificando i miei precedenti amori e affidando definitivamente, pur con ribrezzo, Akane e la ragazza col codino a Ranma Saotome. E volete sapere perché?”

“Perché sei uno stupido!” disse Kodachi. “Lei non ti amava, ti ha raggirato fin dall’inizio!”

“Oh, ma questo l’ho sempre saputo!” disse Tatewaki, sorprendendola non poco. “Sapevo che lei non ricambiava per niente i miei sentimenti. Sapevo che non era mutata, che era rimasta una donna fredda come il ghiaccio. Forse è per questo motivo che mi sono innamorato di lei. Perché volevo sciogliere il suo ghiaccio. Perché volevo insegnarle a sognare…”

“Kuno.” accennò Nabiki. Era brava ad analizzare le persone. E dunque sapeva che non bisognava mai fermarsi alle apparenze. Ma possibile che… che addirittura Tatewaki non fosse così scemo come sembrava?!

“Non credo d’esserci riuscito.” finì lui. “Eppure sono ancora convinto che c’è del buono in Nabiki Tendo.” Le stesse parole di Akane. Queste persone… credevano forse in lei?!

Passò qualche istante. Poi Kodachi ruppe il silenzio:

“Tsè, ridicolo!”

“Dubiti forse, sorella?”

“Veramente mi riferivo al tuo aspetto, fratello deficiente!” In effetti Kuno era ancora tutto ricoperto, da capo a piedi, di petali di rosa nera.

Lo Spirito tossì, richiamando la sua attenzione.

“Vieni, Nabiki, c’è ancora un’ultima immagine da vedere.”

D’incanto furono nel dojo. Dove la sua famiglia si stava preparando a festeggiare il Natale.

“Là, ecco fatto!” esclamò la zia Nodoka, dopo aver finito di appendere alla parete una pergamena con sopra raffigurato il termine seppuku.

“Oh, che bel quadro!” disse Kasumi, serafica.

Ranma deglutì a stento, meno entusiasta. Sembrò aver fretta di cambiare argomento:

“Nemmeno Tofu?” domandò alla fidanzata, che stava di fianco a lui.

“Già, non verrà. È costretto a lavorare anche questa notte e tutto domani.” gli sussurrò Akane. “Sono riuscita a portare qui solo tua madre e Kasumi.” in quel momento si accorse di Happosai che le stava sollevando la gonna. “Ah, già! Anche il nonnino, lui più che altro si è autoinvitato!” disse, calciando in orbita il vecchietto tutto estasiato per ciò che era evidentemente riuscito a scorgere.

“Ma Kasumi, poverina, giustamente non pensa che a suo marito...” continuò, affranta. “Che pranzo di Natale sarà, domani?”

“Non sarebbe stato migliore, anche se fossimo stati presenti tutti.” sbuffò Ranma. “Il bilancio di questo mese per la palestra è di zero iscritti: la gente preferisce frequentare le nuove palestre, di aerobica, aperte, indovina un po’, dalla ditta di Nabiki. Non abbiamo i soldi nemmeno per una cena decente, stasera.”

“Ti sbagli, Ranma!” l'ammonì Soun. “Possiamo ancora contare sullo stipendio di tuo padre, non lavora ancora come assistente del dottor Tofu?”

“Già, dimenticavo!” ammise il ragazzo col codino. “Lo doveva ritirare questo pomeriggio, dopodiché aveva la sera e la giornata di domani libere.”

Proprio in quel momento un enorme panda fece il suo ingresso nel soggiorno.

“Signor Saotome!” disse Akane.

“Finalmente!” esclamò Ranma. “Che aspetti?! Dammelo!” tese il braccio in avanti, sorridente.

“Bobò!”

Il grosso animale schiaffò la zampa contro il palmo della mano di Ranma.

“Che hai capito, imbecille?!” gridò lui. “Non ti ho chiesto di darmi il cinque, ma il compenso che hai ricevuto dal dottor Tofu!”

Il panda estrasse un cartello con sopra scritto ‘Tieni!’ e infilò nella sua mano una manciata di foglie di bambù.

“Beh? E che vuol dire questo?!” s’infuriò il figlio.

“Tesoro, non potresti spiegarti?” lo incitò la moglie.

Il Saotome più anziano prese un pennarello e cominciò a scrivere con gran cura, quasi dovesse concepire un poema. Ranma raccolse i cartelli e iniziò a leggere ad alta voce:

“Dunque… Avendo testé concluso la mia giornata di lavoro e richiesto la mia dovuta tredicesima, il dottore mi ha posto di fronte ad un’ardua scelta… (Continua nel cartello seguente) Che?! Dai qua, sacco di pulci!” Ranma afferrò il secondo cartello e finì di leggere.

“…e cioè mi ha chiesto come preferissi percepire la mia paga, in pecunia corrente ovvero in natura. Avendo altresì considerato che vado ghiotto per le foglie di bambù, ho optato di conseguenza per la seconda possibilità. (Fine, fin, the end) …Papàaaa!”

“Da non crederci...” sospirò Akane.

“E a noi non pensi, pezzo d’idiota!” gridò Ranma. “Con cosa ci sfamiamo, col tuo bambù forse?!”

‘Guarda che è buono e ipocalorico.’ si espresse il panda con un nuovo cartello.

“E invece ho un’idea migliore...” sogghignò l’altro. “Mamma, mi presteresti un attimo la katana?”

“Certo, Ranma. Ma a cosa ti serve?” domandò la signora.

“Penso che stasera mangeremo spezzatino di panda…” il ragazzo con la camicia cinese si avvicinò al padre, sicuramente sperando di spaventarlo.

L’altro, però, esibì un ultimo cartello con scritto ‘Provaci!’ e si mise in posa da combattimento.

“Buoni!” li fermò la zia Nodoka, appena prima che la lite degenerasse. “Almeno oggi cercate di non bisticciare!”

“Già!” intervenne Akane. “E poi abbiamo un problema ancora peggiore.”

“Vero.” ammise Ranma. I due fidanzati si scambiarono un’occhiata d’intesa, sicuramente lui aveva già provveduto a riferirle della sua visita di poche ore prima. E a giudicare dal suo sguardo sconsolato, nemmeno Akane aveva idea di come uscire da quella situazione.

“La cena di stasera non sarà affatto un problema, io e Kasumi ci siamo arrangiate con quello che abbiamo trovato in casa ed è venuto fuori qualcosa che spero non disprezzerete.” disse la signora Saotome. “Su, venite a tavola!” Un invito che nessuno dei presenti poté rifiutare. Neppure il vecchio Happosai, che era appena riatterrato sulla terraferma.

In breve, attorno alla tavola si creò un’atmosfera serena e lieta, nonostante tutto.

“Non è una bella famiglia?” domandò la copia.

“I sentimenti sono roba adatta a loro, inoltre…” Nabiki esitò. “Ormai non potrei tornare a farne parte nemmeno se lo volessi. Sarebbe troppo tardi.”

“Ssh, ascolta!” disse lo Spirito.

Doveva esserci stato uno stacco temporale, perché i familiari erano già giunti al momento dei brindisi. Nodoka brindò alla virilità di suo figlio, Genma e Soun al sake, Happosai alla biancheria intima da donna. Fu quindi il turno di Akane.

“Brindo” esitò “brindo alla salute di Nabiki!”

Di colpo, il silenzio. Un silenzio molto imbarazzato.

“Come!” sbottò infine Ranma, colpendo con un pugno il tavolo. “Con tutto il male che ha fatto!”

“È vero. Ma è lei a subirne per prima le conseguenze, in fondo.” disse la fidanzata. “Oggi mi ha fatto tanta pena, si è completamente chiusa nella sua solitudine e non se n’è nemmeno resa conto. Noi, finché rimarremo uniti, saremo sempre e comunque più felici di quanto lo possa essere Nabiki. Per questo, nonostante tutto, le auguro di trovare la sua felicità.”

“Ben detto! Brindiamo!” fece suo padre, visibilmente commosso. E fu seguito a ruota dagli altri familiari.

“Che sorellina sciocca che sei...” Nabiki scosse la testa. “Davvero sciocca…”

“Uuink… uuink…” grugnì un maialino nero, entrando nel soggiorno. Akane lo vide e andò subito a raccoglierlo tra le sue braccia.

“Non è giusto, perché non abbracci me piuttosto?!” piagnucolò Happosai, lanciandosi di nuovo verso di lei. Ranma, con un pugno ben assestato, scaraventò il vecchio dall’altra parte della stanza, facendogli sfondare la parete.

“P-chan, dove sei stato tutto questo tempo?!” Akane toccò il musetto col palmo della mano. “Ma sei tutto bagnato! E la tua fronte scotta!”

‘Dev’essere caduto in acqua’ commentò il panda con una scritta.

“Oh, poverino!” disse Kasumi. “Col freddo che fa stanotte.”

In quel momento l’animaletto perse i sensi.

“P-chan! Per l’amor del cielo, cos’hai?!” gridò Akane, spaventata.

“Ry-Ryoga!” Nabiki udì chiaramente mormorare Ranma. Poi il ragazzo disse a voce alta: “Che aspettate?! Portate dell’acqua calda, presto!”

“Veramente… non abbiamo più acqua calda.” gli disse Soun.

“Happosai è appena precipitato giusto contro lo scaldabagno, facendolo a pezzi.” spiegò Kasumi, indicando i danni.

“P-CHAN!” gridò con maggior forza Akane. Ma il maialino non si riprendeva.

“Spirito.” disse Nabiki alla copia. “Visti i tuoi poteri, mi saprai dire cosa è preso a quel Ryoga.”

Il volto dello Spirito si fece grave.

“Posso vedere” disse “un posto vuoto, il prossimo Natale, nello spazio riservato dal fato a Ryoga Hibiki.”


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Capitolo 4
*** L'ultimo degli Spiriti ***


Capitolo quarto: L’ultimo degli Spiriti.


Non ebbe il tempo di fare altre domande. Casa Tendo svanì e al suo posto ricomparve la propria stanza.

Le ultime parole del secondo Spirito le avevano lasciato un forte senso d’inquietudine. Voleva interrogarlo, ma alzato lo sguardo non vide alcuna traccia né dello specchio, né della copia. Scorse invece un’altra sagoma, enorme e avvolta in un’ampia veste nera.

“Sei il terzo degli Spiriti?” domandò. Non ricevette risposta.

“Passato, presente… suppongo che tu mi illustrerai il futuro. Dico bene?” chiese ancora Nabiki. Di nuovo lo Spirito non rispose, invece si voltò e iniziò a procedere a lenti passi in direzione della finestra.

“Perfetto, mister eloquenza. Suppongo mi tocchi seguirti.”

Lo prese per un lembo della veste e cominciarono entrambi a fluttuare in aria, come la volta precedente. Varcarono la finestra e, strettamente aggrappata, Nabiki si lasciò condurre in un altro volo tra i tetti del quartiere.

Adesso era pieno giorno. Scorse, dall’alto, Kodachi Kuno che saltellava allegra decorando le vie di Nerima con i suoi nastri da ginnastica ritmica.

“Oh oh oh! Finalmente ha avuto ciò che si meritava! Festeggiamo!”

Quando l’altra fu lontana, Nabiki si domandò a chi si riferisse, e più in generale se la Rosa Nera stesse complottando qualcuna delle sue pazzie.

In breve furono sopra il Neko Hanten. Scesero e, sempre senza proferire parola, lo Spirito attraversò la parete e si trovarono all’interno del ristorante.

“Da non crederci.” commentò Mousse, versando l’acqua calda su un porcellino nero.

“Ryoga...” si lasciò sfuggire Nabiki. “Ma allora sta bene, e dire che mi ero quasi preoccupata per lui!”

Lo Spirito le fece cenno di ascoltare.

“Allora, vecchia?!” era la voce spazientita di Ranma.

Il maialino non aveva ripreso affatto le proprie sembianze umane. Obaba giocherellò col lungo bastone

“Mmm, è come temevo.” disse infine.

“Cioè? Spiegati!” la incitò Ranma.

L’amazzone rispose con una domanda: “Quanto tempo passò, quella notte, prima che versaste a Ryoga l’acqua calda?”

“Ecco...” cominciò il ragazzo col codino. “In casa non ne avevamo, e non siamo riusciti a procurarcene nemmeno un poco fino a mattina avanzata. Però” si sbrigò ad aggiungere “l’abbiamo tenuto quanto più possibile al caldo, avvolto in un sacco di coperte.”

“Questo è del tutto ininfluente.” Obaba scosse il capo.

“Eppure il vostro dottor Tofu, quando arrivò in tardo pomeriggio” domandò Mousse a Ranma “non diagnosticò forse che si trattava di un banale raffreddore, sia pure molto violento?”

“Proprio qui sta il punto!” spiegò la vecchia. “Ho riletto uno dei miei tomi, che parla di maledizioni varie e dunque fa riferimento anche a quelle di Jusenkyo.”

“E…”

“E ho scoperto che esiste un effetto collaterale, legato alle sorgenti. In pratica il raffreddore di Ryoga ha, per l’appunto, congelato la sua maledizione.”

Ranma e Mousse la fissarono stupiti e in silenzio. Il maialino grugnì di sorpresa con le lacrime agli occhi.

“Tutto vero.” disse Obaba. “Un effetto molto simile a quello provocato dall’acqua fredda dello Zhishuitong. Si verifica se il soggetto in questione si ammala nella sua forma maledetta e vi rimane per parecchie ore consecutive, cosa che è accaduta a Ryoga. Sarebbe bastato farlo tornare umano entro la mattina successiva ma non è andata così. Mi dispiace, non si può fare più niente.”

Nabiki batté i palmi delle mani. Forse aveva compreso.

“Spirito.” si rivolse al gigante incappucciato. “La tua collega mi riferì che vedeva un posto vuoto, nel fato di Ryoga Hibiki. Effettivamente Ryoga non c’è più, è rimasto solo P-chan il maialino. Il fantasma dello specchio voleva dire questo?”

Anche questa volta non ottenne risposta. Nabiki si morse il labbro. “Ryoga…”

Ranma tentò di consolare il porcellino che piangeva disperato. Mousse lo compatì, accennando al fatto di aver già vissuto con lui un’esperienza simile tempo addietro, sul monte Horai: solo che stavolta non v’era rimedio.

“Mi dispiace.” ripeté Obaba, come se fosse incapace di dire altro.

Nabiki provò a domandare allo Spirito: “Ascolta! Stiamo davvero osservando il futuro, oppure è ancora possibile evitare che ciò avvenga?”

Silenzio. In compenso, si trovarono di nuovo per strada e lo Spirito indicò una direzione precisa.

“Là è dove si trova il ristorante di Ukyo. Vuoi che andiamo da quella parte?” Il fantasma annuì.

Furono presto accanto all’insegna. Il locale era aperto.

“Ucchan e il suo kunoichi sono là dentro? Eppure li ho sfrattati!” constatò con stupore, entrando.

“Signorina Ukyo, perché quella faccia?” domandò Konatsu. “Lei ha ancora il suo ristorante.”

“Sì, è vero.” disse la cuoca di okonomiyaki. “Ma a quale prezzo!”

“Ho capito!” esclamò Nabiki. “Quei due devono essere riusciti, non so come, a procurarsi i soldi per pagare l’affitto. Visto? Le cose non vanno poi così male.”

Suo padre e Kasumi fecero il loro ingresso nel locale.

“Novità?” chiese ansiosa la sorella maggiore.

Ukyo scosse la testa, dando risposta negativa.

“Nooo! Figlia miaaa!” Suo padre cominciò a piangere a dirotto.

Nabiki s’incupì. Era forse accaduto qualcosa alla sua sorellina?

“Akane!”

Il grido di Kasumi la scosse dalla testa ai piedi. Si voltò e per un istante credette di non capire più niente.

“Immaginavo che vi avrei trovati qui.” A parlare era Akane. Stava bene.

“Hai saputo qualcosa?” le domandò Kasumi.

“Niente, purtroppo.” Akane chinò il capo.

“Perché?!” gridò suo padre. “La mia Nabiki!”

Tremò, senza più alcun controllo. Lei, che si era sempre vantata di gestire ogni emozione.

“Cosa… Spirito, spiegami!”

Il fantasma si voltò e si trovarono di nuovo all’esterno. Riconobbe facilmente il cortile del Furinkan. Kuno era seduto all’ingresso, intento a controllare gli studenti che uscivano dall’istituto, quasi che si aspettasse di scorgere qualcuno in particolare. Sasuke stava dietro di lui, come in attesa di ordini.

“Il destino è così spietato… in una notte si è ripreso tutto ciò che lei aveva accumulato con tanta fatica. Gli sforzi della vita sono così vani, i progetti degli uomini così fragili.” Si rannicchiò attorno al suo bokken. “Sasuke, mio buon Sasuke! Sii nunzio di ben più liete novelle, stavolta. Te ne prego!”

Il servitore s’inginocchiò: “Ecco, in verità non ho molto da dire. Non si hanno più notizie di Nabiki Tendo dal periodo dell’ultimo Natale: quando ci fu quel crollo in borsa delle azioni della sua ditta, e lei si ritrovò in poche ore completamente ridotta sul lastrico. La sua famiglia la sta cercando da parecchi giorni, ma senza successo. Oggi, però, alcuni vagabondi mi hanno raccontato di aver visto una donna dai corti capelli castani girare senza meta per la città. Parlava da sola, pareva avere del tutto perduto il lume della ragione: lanciava rimproveri verso persone che non c’erano, malediceva gli spiriti del Natale o qualcosa del genere. La descrizione fisica sembrerebbe corrispondere a quella della signorina Nabiki, ma in quanto al resto…”

“Tutto chiaro.” disse Kuno. “Finalmente sogna, ma non si tratta dei sogni che le auguravo: si vede che gli incubi ora affollano la sua mente, e che la pazzia è per lei l’unica maniera di sfuggire ad un’esistenza che si è resa conto, troppo tardi, di aver vissuto nella maniera sbagliata.”

“Le persone cui stava rovinando la vita sono salve.” mormorò Sasuke. ”Noi ci siamo ripresi la nostra abitazione, i Tendo hanno ancora la loro palestra e la signorina Kuonji il suo locale. Ma nessuno di noi è felice.”

“Il destino è stato così spietato con Nabiki.” ripeté Kuno, sospirando malinconicamente. “Ha cercato sempre la solitudine: ora è completamente sola, proprio come desiderava.”

Non voleva più ascoltare. Afferrò lo Spirito per la veste e domandò ancora: “Rispondimi! È possibile o no evitare questo futuro?”

Il fantasma indicò una ragazza che pareva correre verso di loro.

“La riconosco, è Akari Unryu! Ma cosa ha a che fare con noi?”

“Katsunishiki!” gridò la giovane.

“Viene verso di noi: è come se ci vedesse, Spirito, o meglio, come se ti vedesse!”

“Katsunishiki!” continuò Akari.

Fece mente locale. Quello non era forse il nome dell’enorme maiale da sumo che quella strana ragazza si portava sempre appresso?

“Ma cosa c’entra?” disse ad Akari, anche se lei non poteva sentirla. “Lo Spirito del Natale Futuro… AAAAAAAHHHHHH!”

Così gridò, quando vide che il fantasma si era levato il cappuccio, rivelando la sagoma di un suino formato extralarge.

E di colpo aprì gli occhi e si ritrovò nel proprio letto, nella propria stanza.

Diede uno sguardo all’ora segnata dalla radiosveglia: le sette e mezza di mattina. Un brutto sogno, nient’altro. Anzi no, dato che la radiosveglia si trovava per terra. Forse… un momento, le sette e mezza! Sogno o no, sapeva cosa bisognava fare e doveva sbrigarsi.

Un paio di telefonate alle persone giuste, quindi si vestì in fretta e corse verso il suo ufficio. Arrivò che mancavano solo dieci minuti alle otto. Dopo aver spalancato la porta della stanza principale, si posizionò sulla propria sedia – accorgendosi con piacere che il dolore alla schiena del giorno prima era solo un brutto ricordo – dunque aspettò pazientemente. Era sicura che Sasuke sarebbe arrivato in ritardo. Spiriti del Natale o no, quella era l’occasione giusta.

L’orologio indicò le otto e niente Sasuke. Le otto e un quarto, e ancora niente Sasuke. Contò ancora i minuti. Diciotto, no, diciannove. Ben diciannove minuti di ritardo. Come previsto. Finalmente lo vide fare il suo ingresso nel corridoio e lanciarsi trafelato sulla sua scrivania.

“Bene, bene.” lo fulminò. “Lo sai che cosa significa arrivare a quest’ora?”

“Chiedo perdono, signorina Nabiki!” disse il ninja facendo ripetuti inchini. “Sono in ritardo.”

“Ma davvero? Non me n’ero proprio accorta… vieni qui, più vicino.”

“No, pietà! Non succederà più, questa notte ho avuto molto da fare!” supplicò Sasuke.

“Una volta per me è più che sufficiente. Non intendo tollerare oltre, perciò prenderò da subito adeguati provvedimenti.”

Aspettò teatralmente qualche secondo, quindi concluse: “In altre parole, sei licenziato!”

Sasuke sbiancò. Aprì la bocca per dire qualcosa, forse per implorarla ancora, poi ci ripensò e con aria rassegnata si avviò verso la porta. Lei però fu più rapida e lo trattenne per un braccio.

“Guarda che non ho ancora finito.”

“Co-come?” balbettò il ninja. “C’è qualcosa di peggio?”

“Dipende dai punti di vista.” Si spiegò. “La novità è che ti riassumo. Non come semplice dipendente, bensì in qualità di aiuto-direttore delle mie imprese: vale a dire che d’ora in avanti sarai il mio consigliere, il mio braccio destro. Certo, mi rendo conto che questo cambio di mansioni implicherà, purtroppo per me, un consistente aumento di stipendio.”

Dopo quella sua affermazione, Sasuke dovette sicuramente aver pensato che fosse impazzita.

“Signorina Nabiki, ecco, credo che lei abbia la febbre, ora vado a chiamare un medico, mi aspetti qui…”

Come volevasi dimostrare. “Sasuke, ti assicuro che sto bene. Non sono mai stata meglio.”

Forse non era stata molto convincente, perché l’interlocutore tentò di immobilizzarla lanciando in aria una ragnatela di corde, sicuramente una delle sue tecniche da ninja. Ma l’attacco fu molto goffo e le bastò muovere un passo di lato perché il proprio ‘assalitore’ si trovasse imprigionato nella sua stessa trappola.

“Vedo che hai cambiato idea e deciso di rimanere qui ad ascoltarmi.” commentò divertita. “Lascia che ti spieghi. Semplicemente ritengo che i tuoi continui lamenti siano un’ottima ‘voce della coscienza’ e ciò può farmi comodo negli affari. E poi ho compreso che non posso fare tutto da sola, nemmeno io: al mio fianco ho bisogno di una persona leale e fedele e quella persona sei tu. Ah, un’ultima cosa: hai la giornata libera. Buon Natale, Sasuke!” disse.

“Buon Natale anche a lei, signorina Nabiki!” esclamò Sasuke con voce commossa e con lo sguardo di chi si trovava al settimo cielo. Di certo stava pensando che ora sarebbe potuto tornare dai Kuno e avrebbe potuto festeggiare il Natale con loro, con la sua ‘famiglia’. E di certo non pensava, almeno non ancora, che immobilizzato com’era non poteva andare da nessuna parte.

Uscì dall’ufficio e attese qualche istante davanti alla porta, prima di udire un “Signorina Nabiki? Ehilà, c’è nessunooo!” e rientrare ridacchiando.

Qualche ora più tardi si trovava all'ingresso di casa Tendo. Quando suo padre le aprì, accompagnato da Kasumi, fu attenta a mostrare loro uno dei suoi sorrisetti furbi.

“Nabiki!” Akane sopraggiunse col piccolo P-chan febbricitante tra le braccia. “Non dirmi che sei venuta per pranzare con noi?!”

Decise che quel momento era perfetto per sventolare davanti a padre e sorella foto, negativi e un certo foglio di carta.

“Una firmetta qui, prego.” disse. “Anche una del tuo fidanzato che ci sta spiando di nascosto, se non è di troppo disturbo.”

Ranma uscì dal suo nascondiglio e borbottò un seccato “Che ti credevi!” in direzione di Akane.

Suo padre cercò con lo sguardo i due fidanzatini. Si fissarono un attimo e annuirono. Firmarono tutti, senza nemmeno leggere. I soliti ingenuotti.

“Perfetto, come sempre.” disse, rimirando il foglio tra le proprie mani e poi stracciando foto e negativi.

“Non ti vergogni?!” ringhiò Ranma.

“Di quello che ho appena fatto? E perché dovrei?” Si voltò e si rivolse alla gente che aspettava dietro di lei. “Potete portare dentro la roba.”

Una decina di persone entrò in casa, consegnando una montagna di cibo e apparecchiando un’enorme tavola.

“Cosa significa?” domandò suo padre.

“Quelli sono gli impiegati dei miei fast-food.” spiegò. “E ciò fa parte del contratto che avete appena firmato. Temo ci sia stato un malinteso, forse credevate di avermi appena venduto il terreno su cui sorge il dojo senza sapere la novità. Il vostro terreno non mi interessa più. Invece avete acconsentito alla mia partecipazione agli utili della palestra di arti marziali, in cambio di un’intensa attività promozionale da parte della ditta Tendo… e in cambio pure di questo pranzo natalizio, che i miei uomini stanno preparando.”

“Tu hai fatto questo?!” esclamò sorpreso Ranma.

“Furba, eh?” disse. “Con tutta la concorrenza che c'è in giro, i centri commerciali non sono poi un grande affare. Con quest’operazione, invece, le arti marziali torneranno di moda: e poiché il vostro, cioè il nostro dojo è invece l’unico rimasto in città, faremo soldi a palate… Stavo per dimenticare: a qualcuno serve per caso un dottore?”

“Dottor Tofu!” esclamò Akane, vedendolo arrivare. Lo sguardo di Kasumi s’illuminò.

“L’ho fatto chiamare io, e il mio nome in questa città ha un certo peso.” sorrise. “Sembra proprio che sarà costretto a trascorrere il giorno di Natale in questa casa, a curare il porcellino.”

“Un momento!” intervenne Ranma. “Come fai tu a sapere…”

“Anche questo fa parte del contratto. Forse non ci vorrà molto tempo per le cure.” proseguì, senza curarsi dell’interruzione. “Ma credo sarà bene per il dottore rimanere qui almeno tutto il giorno, per controllare i progressi dell’animaletto. Oh, a proposito!” Porse al ragazzo col codino un bollitore con dell’acqua calda. “Sai cosa farci, vero?”

Ranma annuì e prese Ryoga per la bandana, conducendolo in un’altra stanza, subito seguito da Tofu e Kasumi. Nabiki pensò di improvvisare una scusa per trattenere Akane con sé, ma con sua sorpresa non ve ne fu bisogno.

“Grazie sorellina!” Akane la abbracciò forte, restituendole sensazioni che non provava da tempo.

La lasciò fare.

“Non cambi mai, Akane…” sussurrò.

“E tu sei appena ritornata in te!” le mormorò la sorella minore in risposta.

“Beh, ora basta!” si staccò dalla stretta. “Troppi sentimentalismi, mi bastano fino al Natale prossimo. E poi devo andare a prendere gli altri invitati.”

“Gli altri invitati?” ripeté Akane, mentre si allontanava.

Si diresse al locale di Ukyo, quindi alla dimora temporanea dei Kuno. Comunicò a Ucchan e Konatsu che non li avrebbe sfrattati, in cambio di qualche okonomiyaki gratis quando passava dalle loro parti. E promise a Tatewaki e Kodachi che avrebbe restituito la loro villa e quanto altro si era presa con l’inganno. Certo, a patto di poterci entrare anche lei liberamente. Che facce fecero!

Sulla via del ritorno, incrociò per la strada il signore che il giorno prima era entrato nel suo ufficio. Gli si fece incontro e, senza lasciargli il tempo di proferire parola, gli disse:

“Come sta? Credo che lei si ricordi di me, e credo anche che i suoi ricordi al mio riguardo non siano dei più piacevoli. Sono un po’ in ritardo, ma volevo ricambiarle l’augurio di buon Natale!”

“La… la signorina Tendo?” domandò lui spaesato.

“Sono proprio io.” confermò. “Volevo scusarmi per quanto successo ieri, ma non con semplici parole. Passi nel mio ufficio, domattina, ho un’offerta da farle: ho intenzione di comprare la famosa ‘villa dello specchio’ e trasformarla in un museo a pagamento. Certo per un investimento del genere mi farebbero comodo delle agevolazioni fiscali, perciò pensavo di destinare parte degli utili in beneficienza, per esempio alle cause che mi stava proponendo lei. Tra l’altro poi avrei bisogno di un custode, magari qualcuno che abbia abitato quella villa per anni come maggiordomo. Cosa ne pensa?”

Il vecchietto aveva chiaramente l’aria felice e frastornata.

“Non… non so cosa dire…”

“Ma lo so io: stia attento a non inciampare e cadere per terra!” e detto questo, lo sorresse per un braccio proprio mentre l’interlocutore aveva già perso l’equilibrio. Risero entrambi.

Non le dispiaceva questo suo nuovo atteggiamento. Dopotutto era sempre lei ad avere sotto controllo la situazione, anche se adesso faceva del bene. Si stava veramente divertendo.


*******

Ranma e Akane, tenendosi per mano, avevano richiamato l’attenzione dei presenti. Nabiki sapeva ciò che avrebbero detto, così si recò in disparte sulla terrazza.

Anche questa volta il pranzo di Natale aveva riunito tutti i familiari e i conoscenti. C’era anche Ryoga, cui evidentemente il fato aveva permesso di continuare a occupare il suo posto.

Si appoggiò alla ringhiera e guardò il cielo stellato. Vero, era già passato un anno, e in quell’arco di tempo non aveva ricevuto ulteriori visite dagli Spiriti.

Pure il resto del bilancio poteva dirsi positivo, non solo per lei.

Grazie alla pubblicità attuata dalla sua ditta, il locale di Ukyo aveva ritrovato i propri clienti e la palestra Tendo ne aveva guadagnati tanti nuovi. E grazie al cielo non si era verificato alcun crollo in borsa, anzi la sua situazione economica aveva tratto un gran profitto da quegli investimenti.

Poteva ben affermare di non aver perso il suo senso pratico, ma dal Natale passato aveva accuratamente evitato la solitudine e ritrovato i rapporti col padre e le sorelle.

“Allora, Nabiki.”

“Credevo non ti saresti più deciso a rivolgermi la parola.”

O almeno aveva temuto che Tatewaki non l’avrebbe fatto, anche adesso che l’aveva seguita fuori. Doveva dirgli qualcosa a sua volta.

“Sembra che tu stia finalmente imparando a sognare.”

“Così pare, e devo ammettere che ciò rende la vita molto più frizzante. Ma ammetto di essere ancora alle prime armi, in questa materia.”

“Dove vuoi arrivare?”

“Forse potrei avere bisogno di qualcuno che m’insegni.”

“Lo devo prendere come un invito a ricominciare da capo, tra noi due?”

“Chissà, Kuno. Chissà…”

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Grazie a LadyMija per aver aggiunto le storie tra le seguite :) Rinnovo i miei auguri di buon Natale a tutti i lettori silenziosi e annuncio che (a parte la roundrobin attualmente in corso con i due soci sotto il nome di Doctor Sleep) tornerò presto con nuove storie in cantiere, che spero di pubblicare anche qui su EFP. 

Per qualunque cosa sono sempre presente su Facebook e in particolare nella nostra community dedicata a Ranma. Veniteci a trovare :D

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