Nabiki's Christmas Carol (Reloaded) di Kuno84 (/viewuser.php?uid=912)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'apparizione di Kinnosuke ***
Capitolo 2: *** Lo Spirito del Natale Passato ***
Capitolo 3: *** Lo Spirito del Natale Presente ***
Capitolo 4: *** L'ultimo degli Spiriti ***
Capitolo 1 *** L'apparizione di Kinnosuke ***
Nota.
La fanfiction che state per leggere è un adattamento/parodia
del celeberrimo racconto di Dickens che ho scritto molti anni fa. In
occasione delle scorse feste ho pensato di risistemarla un po', ma a fare la
differenza è stato il contributo fondamentale di Moira, che
ha betaletto e revisionato l'intera storia. Colgo l'occasione per
augurare a tutti buon Natale!
Capitolo primo: L’apparizione di Kinnosuke
Era
la vigilia di Natale.
Così almeno segnava il calendario ed era per questo che se
n’era accorta, non
appena alzato lo sguardo dalla propria scrivania. Fino
a quel momento non avrebbe avuto modo di farvi caso: l’aria,
fuori, era stata
fredda e pungente esattamente come negli altri giorni di quel noioso
inverno.
Nabiki
sopportava a fatica quel periodo, e del resto era
sempre stato così, fin dai tempi in cui frequentava il
liceo.
Strofinandosi
vigorosamente le mani, pensò di
concedersi un momento di pausa. Il più era fatto, e adesso
le restava
soprattutto da attendere le telefonate e le risposte dei potenziali
nuovi
partner alle proposte d’affari che aveva pazientemente
rivolto loro, per tutta
la mattina e per tutti i consueti canali. Levatasi in piedi, si
avvicinò
all’ingresso del proprio studio e aprì leggermente
la porta. La visuale che si
offriva verso l’atrio le consentiva di tener
d’occhio, non vista, l’attività
più prettamente materiale
della
propria azienda.
Lo
staff, dovette constatare, era ridotto ai
minimi termini. Erano già passate le quattro di pomeriggio?
Sbuffò, ricordando
con fastidio le negoziazioni relative all’orario ridotto nel
periodo delle
festività, come se poi ci fosse chissà cosa da
festeggiare. Ma almeno una
persona, il suo impiegato tuttofare, era ancora presente e, da quel che
riusciva a scorgere, stava copiando con lena certe lettere con messaggi
natalizi abbinati a fotografie di Ranma ragazza a torso nudo. Nabiki
annuì
convinta.
Sasuke
Sarugakure non aveva particolari doti o
qualità, ma adempiva diligentemente a qualunque incarico gli
venisse affidato.
Svolgeva le mansioni più svariate, si assumeva i compiti
più ingrati e, cosa
più importante, non la assillava con richieste di aumenti o
roba simile. Del
resto, valutò tra sé, il suo servilismo era a
tratti perfino tedioso e a ben
vedere, tra i continui sospiri e le incessanti rievocazioni della sua
esistenza
passata con cui non mancava mai di distrarre i colleghi, quello sgorbio
lamentoso
non meritava un solo yen in più di quanto era costretta a
retribuirgli ben una
volta l’anno.
Strapparlo
dai Kuno, tutto sommato, aveva
costituito un buon affare per entrambe le parti in causa. Doveva
esserle grato,
molto grato, dopotutto lei era stata la salvezza di quel disgraziato
d’un ex ninja
o giardiniere o quel vattelappesca che era prima. E la gente andava
pure
mormorando che Nabiki Tendo non fosse generosa! Sasuke aveva raccontato
con
dovizia di particolari le sue vicissitudini andate, di quando era
costretto
tutte le mattine a dar da mangiare a Verdolino, per la somma gioia
della
padroncina Kodachi, ma anche rischiando lui di essere mangiato dal
cucciolo
preferito di quella stramba famiglia; di quando doveva seguire quel
matto di
Tatewaki il resto della giornata, assecondando le sue continue
stramberie; di quando
infine passava la notte contendendosi il cibo e l’unico posto
riparato
dell’enorme e freddo giardino di villa Kuno, vale a dire la
cuccia del cane, appunto
con l’ingrato Armadillo, il quale aveva presto capito che,
invece del suo osso
anestetizzato, gli conveniva piuttosto mordere lo sgradito coinquilino.
Nabiki
aveva davvero donato una nuova vita a
quel Sasuke. Sì, doveva esserle grato. E invece ecco che era
costretta a
controllare periodicamente il suo operato, giacché con
l’avanzare dell’inverno
quel mostriciattolo diventava ancora più lamentoso del
solito. Che cosa faceva
adesso, perché aveva smesso di scrivere? Ah, guardatelo! Si
era appena preso il
lusso di raggomitolarsi su se stesso, le braccia avvolte al petto per
scaldarsi
il più possibile, le mani strette nei pugni come se si
trovasse nel mar
glaciale artico. Invece di usarle per completare quella benedetta
lettera.
Cosa
aspettava, insomma?! Che lei fornisse
l’intero edificio di un inutile (e costoso) impianto di
riscaldamento?! Illuso!
Se voleva tanto scaldarsi, l’aveva lei un bel lavoro manuale
che avrebbe fatto
tanto piacere a Sasuke. Pensò di manifestare la propria
presenza e comunicargli
la lieta novella, quando la porta dell’ingresso si
aprì di scatto.
“Buon
Natale, sorellina!”
La
voce
era inconfondibile. Acuta, calda, allegra. In una parola,
insopportabile.
Cosa
aveva mai da essere così felice? Che
persona ingenua e sprovveduta, Nabiki ancora si meravigliava di come
loro due
potessero essere nate dagli stessi genitori. Con Kasumi si era
rassegnata da
tempo, ma quanto ad Akane, beh si era illusa che almeno lei, dopo tanti
anni,
avesse imparato una volta per tutte come si stava al mondo.
Nabiki
lasciò la propria stanza e le andò
incontro. “Buon Natale?” non poté
trattenersi dal replicare. “Che stupidaggine!”
L’interlocutrice
la fissò con uno sguardo tra
l’incredulo e lo scandalizzato. Il volto tradiva tutte le sue
emozioni, come ai
tempi della scuola: non cambiava mai di una virgola, povera piccola,
ingenua Akane.
Per quanto tempo ancora non avrebbe capito che Ryoga e P-chan erano la
stessa
persona? Per quanto ancora avrebbe continuato a credere a
quel… quel…
“Natale
una stupidaggine, Nabiki?” le disse.
“Non puoi pensarlo sul serio. Nemmeno tu.”
“Certo
che lo penso, invece.” replicò secca.
“Non
vedo come ci possa riguardare se non come l’ultimo estremo
del consumismo
occidentale che va tanto di moda in questi tempi. Ecco,
l’unica cosa buona:
quando viene questo periodo dell’anno, la gente consuma; e io
vendo e faccio
soldi. Però ci sono tante altre cose cattive, come quei
bambini che ti
assordano le orecchie cantando stupide melodie, quei lavoratori che
hanno l’ardire
di chiedere la tredicesima, quelle famiglie che invece di produrre
ricchezza
perdono tempo ad addobbare l’albero… e
soprattutto, come dovresti ben sapere,
con questo tempo il tuo fidanzato ha meno voglia di bagnarsi con
l’acqua fredda
e di girare mezzo svestito per la vostra casa. E Sasuke che foto mi fa,
me lo
dici?!”
“La nostra casa?!”
La cara sorellina, ovviamente,
era rimasta catturata da quella sola parte del monologo. “Sai
benissimo che è
anche casa tua e puoi tornarci quando vuoi.”
“Non
ci tengo proprio.” replicò. “Forse
andrà
bene per te, Ranma e i nostri padri. Perfino Kasumi pare avere capito
l’antifona, tanto che ha fatto lei il primo passo con Tofu,
si è sposata e ora
vive da lui. Il dottore ha pure una carriera davanti a sé,
mica come voi, con
le vostre arti marziali.”
L’espressione di Akane cambiò radicalmente. Ah,
già. Sciocca
Nabiki, si rimproverò in silenzio, dovresti saperlo che quello è l’unico
tasto che nemmeno tu
puoi toccare.
“Cos’hai
contro le arti marziali?!”
“Niente.”
rispose, decidendo di far valere la
ragione sull’emotività della sorellina.
“Solo che non fanno guadagnare soldi.”
“Sei
impossibile, Nabiki!” si rassegnò
l’interlocutrice.
“Faresti di tutto per il denaro.”
“L’ho
già fatto.” sorrise. “Guarda come ho
spolpato quell’imbecille di Kuno.”
“Avrei
tanto preferito non vedere… nemmeno il
senpai si meritava un trattamento del genere. Sposarlo con
l’inganno e poi
divorziare e prenderti quasi tutti i suoi beni. Questo è
troppo anche per te.”
“Sorellina.”
decise di accantonare il tono
accondiscendente e provare a fare un discorso serio.
“Dovresti averlo capito,
ormai… il mondo non è un luogo incantato dove
puoi tirare a campare con le arti
marziali, ti accadono ogni giorno le cose più incredibili e
sposi qualcuno per
amore sapendo che condividerai con lui il resto della tua felice
esistenza.
Torna alla realtà, Akane. Smettila di credere in una magia
che non c’è!”
“Nabiki!”
“E
tu e Ranma, scommetto che dopo tutti questi
anni… non siete ancora andati a letto insieme! E
perché? Solo perché non avete
abbastanza soldi per sposarvi e mettere su famiglia.”
“Ma
di cosa stai parlando?!” gridò Akane,
accigliata e allo stesso tempo tutta rossa dall’imbarazzo. La
solita bambina. “Non
saranno i nostri genitori a decidere… e soprattutto tra me e
lui non c’è
assolutamente…”
“Risparmiati
la solita tiritera.” la zittì.
“Credi nel Natale? Liberissima! Ma in quanto a me, lascia che
lo viva a modo
mio.”
“Cioè,
non vivendolo affatto.” osservò la
sorella. “Non credevo arrivassi a questo punto, sei senza
cuore.”
“Certo
che un cuore ce l’ho… ma serve a me per
vivere.” scherzò. “E poi non dirmi che
non so essere buona, non vedi come ho
aiutato Sasuke, che viveva sotto i ponti?”
“Sei
tu che ce l’hai buttato, lì sotto!”
replicò
Akane. “L’hai messo in mezzo alla strada insieme a
tutta la famiglia Kuno,
pignorando la loro villa. E nemmeno ci abiti.”
“Ovvio
che no. La rivenderò al miglior
offerente, riservandomi un buon margine di profitto: Mikado Sanzenin e
Picolet
Chardon si sono già fatti avanti per le trattative, se mi va
bene ci ricavo una
bell’asta tra loro due e tanto di guadagnato per
me.”
“La…
la storica dimora della famiglia Kuno
occupata da estranei? Non può farlo davvero.” gemette
una nuova voce.
“Certo
che posso. Piuttosto tu cosa ci fai qui?!” Fulminò
Sasuke con un'occhiata
glaciale. “Ti decidi a tornare a lavorare?!”
“Ma
veramente” balbettò lui “il mio lavoro
l’avevo finito, è ora di chiusura.”
“Il
tuo orario di lavoro termina alle sette del
pomeriggio.”
“È
vero.” disse Sasuke. “Ma oggi è la
vigilia di
Natale, anch’io esco prima. Non ricorda più di
quando ho chiesto e ottenuto
questa concessione?”
Sospirò.
Dunque si rivolse con aria stanca alla
sorellina: “Ecco,
lo vedi quant’è
bello il tuo Natale?!”
Non
ricevendo risposta, tornò a fissare il suo tuttofare.
“Va
bene, esci pure se ci tieni a perdere
tempo!” disse. “Comunque ricordati che domani ti
aspetto alle otto in punto.”
“Ma
domani è Natale.”
“Sai
che m’importa!” sbuffò, tornando nella
sua
stanza e mettendosi a controllare certi conti. “E bada che se
tarderai di un
solo minuto, sarai licenziato.”
“No,
per carità!” supplicò il servitore.
“Sarò
puntuale, signorina Nabiki!” e si congedò, non
prima di aver ricevuto degli
auguri sinceri dalla minore delle Tendo e averli lietamente ricambiati.
“Nabiki,
non ti vergogni?!” esclamò infine Akane,
entrando nell’ufficio.
“Te
l’ho già detto che cosa penso della tua
festività. E ora se vuoi scusarmi…”
“Va
bene.” chinò il capo lei. “Almeno vieni
a
pranzo da noi, domani.”
“Sei
matta? Dovrò lavorare tutto il giorno, per
recuperare questo pomeriggio perso. A proposito, ti avevo appena
chiesto di non
farmi perdere altro tempo!”
“Ma
Nabiki…”
“Ciao.”
“Sarai
tutta so…”
“Ciao.”
“Ciao
anche a te, Nabiki. E buon Natale, perché voglio
credere che ci sia del buono anche in te.”
E
con quelle parole fu finalmente lasciata in
pace, libera di lavorare nella più completa solitudine.
Almeno fino a una
mezz’ora più tardi.
“Scusate,
è permesso?” disse una voce.
“Lei
chi è? E come mai il mio impiegato l’ha
fatta entrare?!” replicò Nabiki, alzando lo
sguardo.
“Veramente
qui non c’è nessuno, però la porta
era rimasta socchiusa…” mormorò
sommesso un vecchietto tutto incurvato,
varcando l’uscio ed entrando nel suo sancta sanctorum.
Incuriosita,
lo osservò più attentamente: sembrava
un personaggio uscito da un manga, con quel mento sporgente, il naso
aquilino, il
paio di occhiali sottili e le due spesse sopracciglia bianche, che
tanto
contrastavano con quel suo capo quasi del tutto pelato.
“Tutto
chiaro.” disse ad alta voce, più a se
stessa che al proprio interlocutore. Non sapeva con chi avercela di
più tra
Sasuke e Akane.
“Non
è il caso di allarmarsi, non sono un
delinquente.” disse il vecchietto. “Lei, piuttosto,
non si agiti e stia attenta
a non cadere dalla sua sedia.”
Neanche ebbe finito di proferire quelle parole, che Nabiki
cadde dalla sedia. Si rialzò malamente.
“Che
cosa vuole, allora?” chiese.
“Ecco,
questa è la ditta Tendo & Kashao,
credo.” riprese lui. “Con chi dei due ho il piacere
di parlare?”
“Il
signor Kinnosuke Kashao se n’è andato tre
anni or sono.” rispose lei. “Proprio in questa
notte.”
“Mi
perdoni.” abbassò il capo. “Non
immaginavo…”
“Che
cosa ha capito?!” lo interruppe.
“Quell’infame ha lasciato il Paese dopo aver
comprato a credito un sacco di
merce mettendola sul conto di questa ditta.” Se ci pensava!
Quel maledetto
l’aveva fregata. Ma lei gli aveva reso pan per
focaccia… una telefonata a certi
amici, un piccolo intervento su certi computer e voilà, i
conti di Kinnosuke
sulle banche svizzere si erano magicamente azzerati.
“Eppure,
il nome della ditta impresso sulla
targhetta del portone diceva…”
“Niente.
Quella è la vecchia targhetta, ma la
tengo ancora là per due motivi: perché mi ricorda
il grande sbaglio che feci ad
associarmi a quell’idiota e, più importante,
perché non mi va di buttare i miei soldi
per comprarne una nuova.”
Il
vecchietto si ricompose. “Dunque mi trovo di
fronte alla signorina Tendo, presumo.”
“Lei
piuttosto, chi è?”
“Oh,
io… nessuno di importante, ho fatto per
anni il maggiordomo di una villa ora disabitata. Ne avrà
sentito parlare, è arredata
in stile occidentale e la gente la chiama villa dello
specchio.”
“E
cosa vuole?”
“Vede,
questo è un periodo di feste ed è giusto
che tutti lo vivano in modo felice, anche chi è meno
fortunato di noi. Proprio
per questo, la nostra organizzazione sta cercando di raccogliere fondi
per
comprare ai poveri qualcosa da mangiare e da bere, e
l’occorrente per
scaldarsi. Contiamo sulla sua generosità, un piccolo
contributo che però,
sommato ad altri, renderà felici tante persone.”
Nabiki
si lasciò sfuggire una smorfia annoiata.
“Lei
purtroppo conta male. Non ho niente da
offrirle.”
“Cosa?
Strano, credevo che questa ditta fosse
ben messa economicamente.”
“Lo
è eccome. Gli affari vanno a gonfie vele e
posso ben dire che mezzo quartiere di Nerima fa parte delle mie
proprietà.”
“Ma
allora…”
“Allora
non ho niente da offrirle, perché non
voglio offrire niente. Punto.”
“Capisco.”
fece per andarsene. “Arrivederci e
buon Natale.”
Ancora
il Natale?! “Ma quale buon…”
Irritata,
si alzò istintivamente di colpo, solo
per venire a sua volta colpita da un dolore allucinante.
“Ah!”
disse lui. “E non si alzi imprudentemente
di scatto per accompagnarmi alla porta, mi raccomando! Deve stare
attenta a non
prendere il colpo della strega, è così
fastidioso.”
“È
inutile dirlo dopo che l’ho fatto!”
gridò
lei, mettendolo veramente alla porta. Incredibile, era riuscita a
perdere la
calma. Lei! Tutta colpa del Natale. Bah, stupidaggini!
Molte
ore più tardi, Nabiki lasciò finalmente
l’ufficio e scese sulla strada buia e gelata. La nebbia e
l’oscurità si erano
fatte fitte, il freddo sempre più intenso. La gente era
rientrata nelle proprie
case, a festeggiare al caldo, ormai da molto. Dall’interno
delle dimore
riuscivano comunque a trapelare voci gioiose e risate spensierate.
Povera
gente sprovveduta! La maggior parte di
quelle persone lavorava per lei o comunque le doveva qualcosa, dunque
Nabiki
sapeva che guadagnavano paghe da morti di fame e annegavano nei debiti.
Eppure
erano allegri, il loro giorno finiva in letizia. Folli! La sua
giornata,
invece, non era ancora finita...
Il
dolore alla schiena non era diminuito nemmeno
un po’. Adesso era lei ad essere incurvata, e
l’umore non ne giovava. Entrò nel
ristorante di Ukyo.
“Mi
dispiace ma il locale è chiu… oh,
Nabiki!”
“Buonasera,
signorina Nabiki! E buon Natale!”
“Non
c’è bisogno che ti inginocchi sempre,
stupido. Né che tu ti metta a lustrarle le scarpe come stai
facendo adesso.” Ucchan
riprese il kunoichi maschio che lavorava per lei con un leggero pugno
sul capo.
“Ah!
Mi perdoni, l’abitudine!” disse Konatsu.
“Il fatto è che… sono stata sconfitta
dalla povertàaaa!”
“Piantala
di usare quel vecchio apparecchio per
il karaoke tutto scassato, e va’ a fare qualcosa di
più utile!”
Accertatasi
che il suo cameriere fosse andato
via, Ukyo la squadrò attentamente e incrociò le
braccia. “Non credo tu sia
venuta qui per mangiare un’okonomiyaki, sbaglio?”
“Non
sbagli.”
“E
allora, avanti.”
“Presto
detto. Vi do un giorno, un solo altro
giorno. Dopodiché vi sfratterò.”
L’interlocutrice
strinse con maggiore forza il
manico della sua enorme spatola da okonomiyaki.
“Tu
non puoi!”
Nabiki
si lasciò sfuggire un mezzo sorriso.
Sapeva che gli affari di Ukyo stavano andando piuttosto male, del resto
le sue
okonomiyaki non potevano reggere la concorrenza di quella
“robaccia occidentale”,
come la chiamava Ucchan, propugnata dai nuovi fast food comparsi in
città
nell’ultimo anno. Certo, non aiutava i buoni rapporti il
fatto che quella
catena di negozi appartenesse a lei.
“Sì
che posso, invece!" disse. “Il locale Piccola
Ukyo è
mio, me l’hai venduto due anni fa:
tu e Konatsu l’avete solo in affitto e mi dovete, tra
l’altro, diverse
mensilità arretrate.”
“Va
bene, ma come posso procurarmi i soldi la
notte di Natale?”
“Non
è affar mio. Domani tornerò. E se non
riuscite a procurarvi i soldi, allora vi converrà passare
questa notte a fare i
bagagli!” Detto questo, uscì soddisfatta.
Eccola,
la magia del Natale, disse tra sé. A
qualcosa era servita, alla fine. Aveva fatto rammollire Ukyo, per
esempio, che
non aveva opposto eccessiva resistenza – un tempo
l’avrebbe fatta uscire
minacciando di prenderla a spatolate – rendendole
così il lavoro sommamente più
semplice. Chissà se sarebbe stato così facile
anche con…
“RAANMAAA,
dov’è la mia bambina e perché tu non
sei con leeei?!”
Anche
se
sbirciato di nascosto dalla finestra, lo spettacolo era imperdibile
come
sempre.
“Ca-calmati!”
uno spaventato ragazzo col codino
tentò di rabbonire una faccia gigantesca di demone dalla
lingua biforcuta con
le sembianze vagamente somiglianti a quelle di suo padre.
“Akane è solo uscita per
invitare a casa nostra i familiari… compresa Nabiki, ci
teneva tanto a lei. Ho
provato a farla desistere, ma quella stupida è
così cocciuta. Sicuramente avrà
fallito e ora starà passeggiando per le strade cercando di
smaltire
l’arrabbiatura.”
“Piccina
mia!” piagnucolò l’uomo più
grande.
“Tutta sola ed esposta alle intemperie!”
“Non
ti sembra di esagerare?” sorrise
nervosamente quello più giovane.
Non
cambiavano mai, pensò. Smise di giocare a
fare la spiona e alzò lo sguardo all’ingresso di
casa Tendo: l’abitazione sì,
quella era cambiata, molto più decrepita e malridotta di
quanto fosse mai stata
in passato, anche nei suoi momenti peggiori. E con Ranma ne aveva
conosciuti
parecchi.
Ma
non aveva voglia di muoversi a pietà, il suo
umore non era migliorato, anzi. Il dolore alla schiena non voleva
saperne di
lasciarle un momento di sollievo, e questo la rendeva più
aspra e vendicativa.
Adesso
i suoi pensieri erano concentrati sulle
parole di Akane, che avevano contribuito non poco a peggiorare quella
giornata già
orrenda di per sé: piena di gioia e letizia da parte di
tutti quanti, sentimenti
che poi erano completamente ingiustificati.
Lo
spirito natalizio. Gliel’avrebbe fatto vedere
lei, ad Akane, lo spirito natalizio. Era il momento di attuare quel
vecchio
piano predisposto da tempo per un’occasione speciale.
“Salve
a tutti.” Si
annunciò, dopo avere aperto con le sue
chiavi.
“Nabiki...”
mormorò sospettoso Ranma, accorrendo
in corridoio insieme a suo padre. Sicuramente il suo istinto da
artista marziale gli
stava consigliando di tenere la guardia alzata. Ma lei non era un
avversario qualunque.
“Un
uccellino, anzi, le vostre grida” proseguì
“mi hanno raccontato che Akane non è
momentaneamente in casa. Meglio. Così io e
te, Ranma, potremo parlare con calma.”
Prese
il ragazzo col codino in disparte.
“Cosa
vuoi?!” disse Saotome con tono secco.
“Ricorderai”
rispose “che il terreno su cui
sorge il dojo si trova proprio nel bel mezzo del futuro centro
commerciale che
la mia impresa ha intenzione di edificare in questo
quartiere.”
“Ricordo.
Ma forse sei tu che dimentichi”
replicò Ranma “che la palestra Tendo appartiene a
tuo padre. Ad ogni modo Soun
l’ha già destinata a me e Akane, perché
potessimo gestirla per insegnare le
arti marziali, e non ne farebbe niente senza prima
consultarci.”
“Oh,
io non dimentico mai.
Dovresti saperlo bene.”
“Allora
non avrò bisogno di darti una seconda
volta la stessa risposta.”
“Già.
Mio padre finirei per convincerlo, a
vendermi questo terreno: il problema è smuovere voi altri
due testardi.”
“Bene,
mi sembra che tu alla fine sia venuta qui
per nulla.”
“Non
direi proprio...” Nabiki estrasse qualcosa
dalla tasca. “La riconosci questa?”
Ranma
si lasciò sfuggire un urlo di sorpresa.
“Ma…
ma tu come hai…” balbettò nervoso e
imbarazzato, con gli occhi che quasi gli uscivano dalle orbite.
“Mmh,
sarebbe un vero peccato” continuò
incurante “se Ukyo o Kodachi ricevessero questa foto che
ritrae te e la mia
sorellina, così dolci e teneri, mentre…”
“Dammela!”
Ranma si scagliò contro di lei.
“Amaguriken!”
Con
un veloce movimento delle mani le sottrasse la
foto, e senza esitare un solo momento di più
la strappò in mille
pezzi.
“Ah!
Stavolta te l’ho fatta!” esclamò
trionfante.
“Che
illuso. Guarda che ne ho altre decine di
copie, tutte già pronte per essere spedite ad Ucchan, alla
Rosa Nera… e infine
a Shan-Pu, che si trova in Cina a passare le festività nel
suo villaggio. La
posta arriva anche a Joketsuzoku, oggigiorno.”
guardò divertita l’espressione
di giubilo del ragazzo mutare nello sconforto più totale.
“Maledetta…!”
borbottò ringhiante Ranma.
“Che
disastro sarebbe!” esclamò con finta
preoccupazione. “Dopotutto tu e Akane non siete ancora
sposati e le tue altre
fidanzate, finora ignare, non si rassegnerebbero tanto facilmente: come
minimo
quelle pazze finirebbero per distruggervi la casa, sempre che poi, tra chui, spatole e clavette, non succeda
qualcosa di peggio alla mia povera amata
sorellina…” Poi assunse un’espressione
di sfida: “Dato che hai appena cercato di fregarmi,
sarò meno conciliante che
mai. Domani mattina porterò il contratto, una firmetta di
papà col consenso di
voi due fidanzatini e tutte le copie di quella foto, negativo compreso,
andranno bruciate. Arrivederci. E risparmiati, almeno tu, gli auguri di
buon
Natale!”
Un
soffio di vento più gelido degli altri
accompagnò il suo congedo da casa Tendo.
*******
“Ho
visto abbastanza. Dobbiamo fare qualcosa,
quella donna sta esagerando!” sbottò esasperata.
“Tu che ne pensi, Harumaki?”
“Sono
d’accordo, piccola Kogane.” disse il suo
interlocutore più vicino, un vecchio uomo sdentato con gli
occhi a palla. “Non
è giusto che mezzo mondo compri le cartoline natalizie
raffiguranti quella
povera ragazza senza veli… tra l’altro mi
è molto simpatica, è identica alla
mia amata Gyoko.”
“Bene,
è deciso!” intervenne un panda mal scarabocchiato.
O almeno credeva fosse un panda, non conosceva quello spirito se non di
vista.
“Ma come operiamo? Qualcuno ha un’idea?”
“Una
l’avrei io, l’umana non
deve passarla liscia!” sentenziò l’unico
tra loro che fino a quel momento aveva taciuto, un altro spirito
strambo che
assomigliava vagamente a un cane marino strabico. “Tra
l’altro ha commesso del
male nei confronti di quel ragazzo, Natsuhiko… no volevo
dire Kuno, che tempo
fa mi fece i complimenti rendendomi tanto felice. Nabiki Tendo deve
pagarla e
io ho già preparato da tempo qualcosa di speciale per lei.
Per questo vi ho
riuniti qui.”
“Interessante,
illustraci il tuo progetto!” lo
incitò Kogane.
“Vi
dirò. Innanzitutto dovrete aiutarmi a contattare certi altri
nostri colleghi…”
*******
“Alla
fine è stata una giornata abbastanza
fruttuosa, nonostante le arrabbiature e il mal di schiena...”
si disse,
rientrando nel proprio appartamento. Un misero appartamento, di una
casa che
nemmeno le apparteneva – lei, che possedeva mezza Nerima. Un
bel paradosso,
effettivamente.
Girò
la chiave nella serratura. Fu proprio a quel
punto che le accadde un evento stranissimo. Non vide più la
targa appesa alla
porta.
“Non
può essere!” mormorò a voce alta per
rassicurarsi. “Devo essere stanca per il troppo
lavoro.”
Chiuse
le palpebre. Forse non l’aveva visto. Non
doveva nemmeno starci a pensare. Eppure… eppure era
così reale. Nabiki avrebbe
potuto giurare di aver visto il volto del suo ex socio
d’affari Kinnosuke
Kashao.
--
|
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Capitolo 2 *** Lo Spirito del Natale Passato ***
Capitolo
secondo: Lo Spirito del Natale Passato
Cercò
di fare ritorno alla realtà. Non era da
lei abbandonarsi a simili allucinazioni. Riaprì le palpebre.
Fissò nuovamente
la serratura. Vide ancora il volto di Kinnosuke ma, questa volta, con
gli occhi
della ragione. E scoprì così che si trattava di
un riflesso. Si voltò alle
proprie spalle. Una figura familiare era accanto a lei.
“Beh?”
disse con fare noncurante, sperando di
non tradire la sua tensione. “Che cosa vuoi da me?”
“Niente,
io.” la voce era proprio quella di
Kinnosuke.
“Sei
proprio tu?” chiese. “Kashao, il mio socio
d’affari?”
“Lo
ero.” rispose.
“Lo eri?”
ripeté con voce appena malferma.
“Quel
che voglio dire” spiegò lui
“è che ero il
tuo socio d’affari, mia cara Nabiki, prima che tra noi due ci
fosse quello screzio.”
Sentendo
tali parole recuperò la consueta
sicurezza.
“A
dire il vero sei tu quello che ha cercato di
fregarmi. E sei stato fregato a tua volta!”
sentenziò.
“Ricordo.”
replicò Kinnosuke. “Fin troppo bene,
è una punizione che meritai ampiamente. Però,
questa notte, non sarò io a
patire.”
Nabiki
ebbe un brivido. Era forse tornato per
vendicarsi?
“Bene.”
disse. “Cos’hai intenzione di fare?”
“Nulla,
te l’ho già detto. Sono altri, quelli
che faranno: in quanto a me, sono venuto solo ad avvertirti.”
“E
di cosa?” A Nabiki non piacevano gli enigmi.
Specie se non era lei a porli.
Kinnosuke
rispose: “Stanotte sarai visitata da
tre Spiriti.”
“E…
questi Spiriti me li hai mandati per caso
tu?”
“A
dire il vero” Kinnosuke esitò “sono
già
passati da me l’anno scorso, proprio il giorno di Natale. Mi
hanno fatto capire
molte cose, rendere conto dei miei errori. Infine, qualche tempo fa,
una specie
di cane marino demoniaco o qualcosa di simile mi ha incaricato di
guadagnarmi
il tuo perdono preparandoti a questa notte che
verrà.”
“Non
puoi essere un poco più chiaro?”
“Aspetta
il primo Spirito quando l’orologio
indicherà l’una.”
“Questo
non è essere chiari! E poi è assurdo,
è
già l’una e tre quarti!”
protestò.
“Aspetta
il secondo alle due.” continuò quello,
incurante. “Ed il terzo...”
“Alle
tre, ho indovinato? Ma che non osino
presentarsi!” sbuffò. “A
quest’ora voglio dormire, come tutte le persone
normali.”
“So
che tu non mi stai prendendo sul serio. Non
importa, ricorderai le mie parole al momento opportuno.”
“Ho
un’idea migliore.” disse, ormai seccata.
“Adesso tu la smetti subito di delirare
e…”
“Ah!
L’esattore delle tasse!” indicò lui con
fare spaventato dietro le sue spalle.
“Dove?!”
Nabiki si guardò attorno. Poi cercò con
lo sguardo Kinnosuke. Niente, nessuna traccia di quel maledetto: se
l’era
filata dopo averla distratta. Quanto odiava quando la prendevano in
giro con la
storia dell’esattore delle tasse!
Oppure
era lei a essersi sognata ogni cosa?
D’altronde quale motivo aveva Kinnosuke per farsi vivo dopo
tutti quegli anni
solo per… parlarle di spettri! Assurdo.
*******
Quando
Nabiki si destò, era così buio che
l’unica cosa che poté distinguere con chiarezza fu
la luce rossastra dell’ora
digitale segnata dalla sua radiosveglia.
Cercò
di mettere a fuoco i segmenti, i singoli
numeri, assegnare loro un ordine e un significato logico. Strano.
Doveva essere
molto annebbiata dal sonno. L’orologio elettronico segnava
l’una in punto.
Assurdo,
quando era andata a letto erano le due
passate. Nemmeno poteva aver dormito così a lungo da aver
fatto sì l’una, ma di
pomeriggio. Inconcepibile, il buio indicava che era ancora notte fonda.
Quest’incongruenza la svegliò del tutto, il suo
cervello prese a ragionare ed
arrivò all’unica conclusione possibile.
“Dannato
catorcio, si è rotto!”
La
radiosveglia fece un brutto volo per terra.
Ma proprio nell’istante in cui questa toccò il
pavimento, Nabiki udì un suono
particolare.
Abituò
gli occhi alla penombra, per capire da
dove provenisse. Fu allora che si accorse di un… campanello,
proprio un
campanello, che sembrava pendere da non capiva bene dove: e non era
tutto,
aveva anche cominciato a dondolare. Trillò dapprima
leggermente, ma poco alla
volta prese a suonare sempre più forte, fino ad assordarla.
Al
culmine di quel singolarissimo segnale
orario, una voce cavernosa rimbombò per la stanza.
“Nabiki
Tendo, alzati! È giunta l’ora.”
Cercò
di mantenere la calma, per quanto
possibile. Forse stava solo sognando, e questo avrebbe spiegato tutte
le stranezze.
“Nabiki
Tendo, alzati!” minacciò una seconda
volta la voce. “È giunta
l’ora.”
Le
parole dell’ex socio d’affari aleggiavano
nella sua mente. E se Kinnosuke avesse veramente invocato degli
Spiriti, come
già, del resto, lei aveva visto fare qualche volta a quel
Gosunkugi, perché
costoro la perseguitassero? Ma Nabiki non voleva ancora crederci.
“È
giunta l’ora.” disse una terza volta la voce.
“L’ora di andare nel luogo del Non
Ritorno.”
Osservò
il campanello avvicinarsi al suo letto,
sempre meno distante da lei. Due grandi occhi stretti e luminosi la
scandagliavano nell’oscurità circostante. Nabiki
spalancò la bocca, prese un
respiro lunghissimo. E infine disse:
“Dacci
un taglio, scemo! Credi che non ti abbia
riconosciuto?!”
Gli
occhioni persero la loro luminosità e una
sembianza corporea andò formandosi tutt’attorno,
assumendo l’aspetto di un
enorme… gatto!
“Come
hai fatto a scoprirmiao?”
disse una voce
ben più nasale e ridicola della precedente.
“Maomolin.”
mormorò, mettendosi una mano sulla
fronte. “Lo Spirito del gatto che cerca moglie da un mucchio
di tempo senza mai
riuscire a trovarla. Mi dici cosa ci fai qui?”
“Eh,
no! La domanda l’ho fatta prima io!”
“Va
bene. Ho capito che eri tu dal campanello.”
“Ma
tutti i fantasmi usano catene o
campanielli.”
protestò il
gatto-fantasma.
“Non
un campanello alto mezzo metro come
questo!” disse, indicandolo.
Perfetto!
Lei, Nabiki Tendo, si era spaventata
per una scemenza simile.
“Dunque
saresti tu la vendetta di Kinnosuke? Non
dovrò mica sposarti?!”
Lo
Spirito disse: “Questa non sarebbe un’idea mialvagia.
Ma stavolta sono veniuto per un
altro motivo.”
“E
sarebbe?” domandò, sedendosi sul letto.
“Stanotte
vengo in qualità di Spirito del Natale
Passato. Diciamo che è il mio lavoro part-time, per fortuna
mi tocca unia sola
volta l’anno.”
“Davvero
molto interessante...” commentò con
fare sarcastico. “E cos’era quella storia del luogo
del Non Ritorno?”
“Giusto!
Quasi dimenticavo!”
La
prese per una mano e d’incanto Nabiki si
sentì diversa.
“Cosa
mi hai fatto?! Guarda che ti cito per
danni!”
Il
gatto-fantasma disse: “Alzati e vieni con
me!”
Prese
a galleggiare nell’aria, e pure Nabiki
dovette constatare che, mentre lasciava il proprio letto, i suoi piedi
non
toccavano per nulla il pavimento.
“Ehi,
aspetta un momento!” protestò. “Non ho
nessun’intenzione di seguirti!”
“Ma
tu devi. La tua attuale volontà nion conta.”
“E…
non si potrebbe evitare tutto questo?”
propose, leggermente intimidita.
“Beh,
forse potrei fare uno strappo alla
regola.” disse Maomolin. “Se in cambio tu
acconsentissi a diventare mia
moglie.”
“Scordatelo!”
rispose con disprezzo. “Piuttosto,
il luogo del Non Ritorno.”
“Se
proprio insisti...” cominciarono entrambi a
fluttuare nel vuoto, senza che Nabiki riuscisse a sottrarsi alla presa
del
gatto.
“Aspetta,
ci stiamo dirigendo verso la
finestra!” avvertì. “E qui siamo al
terzo piano!”
“Fidati!”
passarono attraverso il muro e
cominciarono a volare lungo i tetti e le strade di Nerima. E poi
più lontano, sempre
più lontano, finché le luci dei lampioni
diventarono scie confuse e Nabiki
perse ogni senso di orientamento, sentendosi tanto simile a Ryoga. Le
girò la
testa e chiuse gli occhi.
Per
la prima volta quella notte, e dopo tanti
anni, perse veramente ogni sicurezza.
Quando
tornò a guardare, vide luoghi e figure a
lei familiari. Il liceo Furinkan. L’aula 2E. Un banco attorno
al quale molti
studenti si erano appostati a fare la fila. E un samurai,
come primo della fila.
“Cinque
foto della ragazza col codino, tremila
yen.” disse una liceale in cui Nabiki riconobbe facilmente se
stessa più
giovane.
“Come
sei esosa, Nabiki Tendo… le compro!” la
voce era ovviamente quella di Tatewaki Kuno.
“Queste
sono soltanto ombre delle cose che
furono.” spiegò Maomolin. “Non si
possono accorgere in alcun modo della nostra
presenza.”
“Meglio
così!” disse. “Mi sarei vergognata a
morte, dato che sono ancora in pigiama e pantofole. Piuttosto, sarebbe
questo
il luogo del Non Ritorno?!”
“Certo.”
rispose lo Spettro. “Siamo nel tuo
passato. E nessunio è
in grado tornare nel suo passato e
così cambiare le proprie scelte errate, per quanto lo possa
desiderare. Quando
ti ho preso la mano, ti ho semplicemente dato la capacità di
viaggiare assieme
a me.”
“Capisco…
e giochi di parole a parte, in quale
momento saremmo della mia vita?”
“Siamo
alla vigilia di Natale, l’ultimo giorno
di scuola prima delle vacanze invernali, nel periodo in cui tu
frequentavi il
secondo anno del liceo.”
Si
voltò a guardare i due che frattanto concludevano
la negoziazione. Lei lo imitò.
“Dimmi
un po’, Tuono Blu.” accennò la Nabiki
liceale. “Non ti sei ancora stancato di fare il filo a due
ragazze
contemporaneamente?”
“Tu
non puoi capire.” rispose Kuno. “Il buon
Cupido non conosce regole: la sua freccia scoccata lascia sempre il
segno, che
lo si voglia oppure no.”
“Ora
capisco!” disse lei fingendo di essere
stupita. “Dunque è il segno di Cupido,
quell’impronta di pedata che tieni
impressa sul viso, e non il risultato di un calcione di mia
sorella!”
“Scherza
pure!” replicò Tatewaki. “Il tuo
destino è ben peggiore del mio: il tuo cuore ha soffocato
l’amore, evitando di
soffrire; ma così facendo, potrà mai provare una
gioia sincera nel corso della
sua esistenza?”
“Facciamo
pure i filosofi, adesso.” disse la
Nabiki del passato senza scomporsi. “Mi fai pena, Kuno: tutto
perso nel tuo
mondo immaginario fatto di sogni… Cinque foto di Akane,
altri tremila yen.”
“Mi
fai più pena tu, Nabiki Tendo, che hai
completamente perduto la fantasia per sognare… Hai detto
tremila yen? Compro
pure queste!”
“Credo
tu abbia sentito abbastanza.” disse lo
Spirito.
“Cosa
c’è di speciale in questo?!”
protestò,
mentre le immagini divenivano sempre più sfocate, perdendosi
in una sorta di
nebbia. “Per tua informazione, è una scena che si
ripeteva tutti i giorni, ai
tempi del liceo. Mi avresti spedito nel passato solo perché
mi pentissi di aver
venduto le foto di Ranma e di mia sorella? Ebbene, non sei riuscito per
nulla
nel tuo intento.”
Maomolin
scosse il capo.
“Sei
ancora lontana dal capire. Vorrà dire che
andremo a vedere un’altra ombra.”
D’incanto
la scena cambiò. Un parco pubblico.
Una bella giornata di sole primaverile. Una tovaglia da picnic adagiata
sui
fili d’erba profumati. Soun Tendo apparecchiava felicemente,
aiutato dalla
maggiore delle figlie, una bambina dai capelli lunghi con
un’espressione dolce
e allo stesso tempo più matura della sua età. Il
tutto sotto gli occhi di una
donna dai modi gentili che tirava fuori con grazia da un cesto il cibo
preparato
per l’occasione.
“Papà,
Kasumi… mamma!” mormorò, scossa da
quelle
immagini.
“Ricorda
che non possono vederci.” la ammonì il
gatto-fantasma.
L’attenzione
di Nabiki fu calamitata da una
bimba dai capelli corti che, dandole le spalle, correva senza una meta
con le
braccia spalancate e gridando con energia tutta quanta la sua gioia.
“E
quella laggiù è Akane.” sorrise con una
punta
di amarezza.
“Veramente
ti sbagli.” disse lo Spettro. “Akane si
trova da quella parte!” le mostrò una bimbetta
alla sua sinistra, che era tutta
indaffarata a provare a salire su un albero, nonostante i richiami di
Kasumi.
“Allora…
allora quella ragazzina che corre come
una scalmanata chi è?” domandò,
spiazzata, a Maomolin.
Lo
Spirito disse: “Quella sei tu.”
“Sono..
io?!” ripeté Nabiki.
“Nion te
lo ricordi, forse?” chiese l’enorme gatto-fantasma.
“Nion
ti
vantavi, oggi stesso, di non
dimenticare mai le cose?! Come vedi, anche tu hai conosciuto
l’ingenua
spensieratezza dell’infanzia.”
“A
quanto pare.” si limitò ad ammettere.
Lo
Spirito disse: “Andiamo un po’ avanti nel
tempo.” e come per magia, mentre le figure dei membri della
famiglia Tendo
rimanevano pressoché immutate, si stravolse invece lo
scenario che le
circondava. Adesso si trovavano all’interno della loro casa.
Allegro come
Nabiki non l’aveva mai visto. O forse non riusciva
più a ricordare. Al centro
del soggiorno troneggiava un grosso albero di Natale.
“Niente
male.” osservò lo Spirito. “E dire che c’è qualche
pazzo che vorrebbe demolirla per farci
l’ennesimo centro
commiaorciale.”
Non
rispose. Era troppo intenta ad osservare la
piccola Akane che, presa sulle spalle dal padre, metteva con impegno
gli
addobbi. Vicino, una Nabiki bimbetta giocava per terra con altre
decorazioni.
“Oh,
il telefono.” Per andare nell’altra stanza
a rispondere, suo padre posò a terra Akane.
Quest’ultima però, non volendo saperne
di interrompere il suo lavoro, zampettò di persona fino ad
una palla dorata che
era posata sul pavimento e si alzò in punta di piedi per
agganciarla ad un ramo
dell’albero: ma non ci arrivava, e finì per farla
cadere e andare in frantumi.
Molto
presto gli occhi della piccina si
riempirono di lacrimoni.
“Weeh,
la mia pallina!”
“Prendi,
ce n’è un'altra: tieni la mia!”
La
piccola Nabiki si trovava sorridente accanto
ad Akane, porgendole un’altra palla dorata.
“Grazie
sorellina!” esclamò la bambina più
piccola, ricambiandole il sorriso.
Come
per una strana connessione, pensò
all’istante allo scambio di sorrisi di quel pomeriggio, tra
Akane e Sasuke.
“Chi
l’avrebbe detto...” accennò
l’enorme gatto.
“Nabiki Tendo che condivide le cose ed è gioiosa e
rende partecipi gli altri
della sua gioia.” Si girò verso di lei.
“Quand’è che sei cambiata?”
Nabiki
chinò il capo.
“Quando
ho imparato a vivere.” disse. “In questo
mondo non c’è posto per i sentimenti, se vuoi
guadagnarti qualcosa.”
“Oh,
Nabiki!” sospirò Maomolin. “Tu hai
ottenuto tante cose,
effettivamente. Ma ti hannio reso
forse felice? A cosa mai ti
servono, se nion hai
persone con cui condividerle?”
“Fesserie!
Nessuno fa niente per niente.”
“Ne
sei sicura? E allora chi fu ad organizzare
quell’appuntamento per fare pace, tra la tua sorellina e il
ragazzo
cambia-sesso, quando il loro fidanzamento era stato rotto?”
“Un
momento, come sai questi fatti?!”
“Rientra
nei miei poteri di Spirito.”
“Bene.
Però dimentichi che il loro fidanzamento
l’avevo rotto io, fingendomi innamorata di Ranma per
sfruttarlo per bene e
guadagnare soldi alle sue spalle, anche cercando di venderlo alla
miglior
offerente. Quando ho fatto due rapidi conti e mi sono accorta che la
cosa non
fruttava più, ho riportato la situazione alla
normalità. Tutto qui.”
“Nion me
la racconti giusta, c’era bisogno di un metodo tanto
complicato come quello che
hai escogitato? La verità è che non sopportavi di
vedere Akane così triste. Il
tempo passa, ma alcune cose non cambiano.”
Nabiki
aprì bocca per replicare. Ma cambiò
repentinamente idea.
“E
vogliamo parlare di tutte le volte” insistette
lo Spirito “che hai sperato assieme alle tue sorelle che quel
Ranma potesse
finalmente incontrarsi nel proprio aspetto maschile con sua madre? In
un paio
di occasioni hai provato pure a smascherarlo, quand’era
‘la cuginetta Ranko’.
Volevi fosse felice almeno lui, lui che una madre l’aveva
ancora.”
“Adesso
lasciami stare!” si spazientì una volta
per tutte. “Le tue storie mi stanno francamente
annoiando.”
“Un
momento ancora, il tempo di vedere un’ultima immiagine.”
Le
ombre si confusero. E ne comparvero di nuove.
“Tieni,
leggi!” Ancora la Nabiki del passato. Ma
un passato più recente, che riconobbe subito.
“Come
sei cara!” rispose Kuno. “Una lettera
d’amore per me, non dovevi disturbarti. Davvero. Anche se
è bello sapere che mi
ami ancora quanto quel lontano giorno delle nozze.”
“Capisco
che il tempo è relativo, ma per la
cronaca è stato poche settimane fa. E comunque comincia a
leggere, prima di
giudicare.”
“Certamente… con
la presente scrittura privata, io sottoscritto Tatewaki Kuno
eccetera… dono con
animo grato alla mia consorte Nabiki Tendo… la mia lussuosa
villa con relative
pertinenze, il mio yacht eccetera…”
Smise di leggere e fissò l’altra.
“Nabiki, ma tu…”
Esitò
un momento.
“Tu
hai un modo davvero bizzarro di comunicarmi
i sentimenti appassionati che provi nei miei confronti!”
concluse, infine.
“Che
hai capito?!” sbuffò lei. “Non
è una
lettera d’amore. Una volta firmato e fatto autenticare da un
pubblico ufficiale
questo foglio di carta, ci eviteremo entrambi anni di inutili e costose
dispute
giudiziarie, quando avremo divorziato.”
“Divorziato?
Di solito a divorziare sono le
persone che non si amano.”
“Vedo
che cominci a capire.”
“Nabiki,
cosa vuol dire questo?” domandò Kuno.
“Sai
fare due più due? Significa che ti lascio.”
“Come,
dopo tutto quello che c’è stato tra
noi!”
“Nei
tuoi sogni, forse.”
Tatewaki
si sistemò nella sua consueta posa da
riflessione.
“Sta
bene. Nell’ambito del mio animo generoso e
magnanimo, ti rendo la tua libertà.”
“Sì,
sì, mettila pure come vuoi!” e la Nabiki
del passato si diresse verso l’uscita di quella villa che
sarebbe stata sua ma
dove, lei lo sapeva benissimo, non avrebbe più rimesso
piede.
“Possa
tu esser felice nella vita che ti sei
scelta!”
disse
Kuno, mentre
l’altra Nabiki si allontanava.
Anche
queste ombre svanirono. Maomolin domandò:
“Hai
poi trovato la felicità?”
Mentre
rispondeva, sentì di aver perduto il suo
sangue freddo.
“Non
sono affari che ti riguardano! E poi non si
può tornare indietro!”
“Ma
hai ancora molta strada davanti a te. Ci
tieni proprio a continuare a percorrerla in questo modo,
Nabiki?” furono le
ultime parole che udì prima di ritrovarsi nel proprio letto
e sprofondare come
d’incanto in un sonno profondo.
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Capitolo 3 *** Lo Spirito del Natale Presente ***
Capitolo
terzo: Lo Spirito del Natale presente
Nabiki
si svegliò un’altra volta. Non ebbe
bisogno di guardare l’orologio per intuire che dovevano
essere le due.
Bene,
avanti il prossimo, si disse. Non aveva una
gran voglia di affrontare il secondo Spirito, non che ne fosse
spaventata ma
l’apparizione di Maomolin non aveva fatto che peggiorarle
ulteriormente
l’umore. In ogni caso era curiosa. Di quale stupido fantasma
si sarebbe
trattato, stavolta? E quale ridicolo aspetto avrebbe avuto? Un cane
parlante,
forse?
Proprio
in quell’istante, udì il segnale orario
della radiosveglia. Buffo, funzionava ancora nonostante il capitombolo
di
prima. Ebbene, dov’era il nuovo Spirito? Non aveva il
coraggio di fare la sua
comparsa? Niente nella stanza era cambiato. Anzi, una cosa lo era.
Quello
specchio enorme attaccato alla parete… da
dove sbucava fuori? Nabiki era sicura di non averlo mai posseduto. Non
era così vanitosa,
anche se certamente era
attenta a mantenere la linea e badava al proprio aspetto. Lo specchio,
ovale,
era coperto da una grossa tenda. Spinta da una qualche forza
misteriosa, la sollevò
e rifletté la propria immagine per esteso.
“Sono
sicura” disse, ponendo il palmo sul vetro
“di non aver mai visto questo specchio.”
Si
spostò e camminò per la stanza, cercando con
lo sguardo il secondo Spettro.
“Sono
dietro di te, Nabiki.”
Si
voltò di scatto, presa veramente alla
sprovvista. Lo fu ancora di più quando poté
costatare che dietro di lei c’era
solo lo specchio. E il suo riflesso, che… si muoveva?! Ed
era uscito dal vetro!
“Chi
sei?”
“Non
lo vedi?” rispose una donna con i capelli a
caschetto. “Sono te!” sorrise furbescamente.
Nabiki
si fissò… anzi, la fissò
intensamente. E capì.
“Tu
sei lo Spirito dello Specchio!” Quella folle
che una volta aveva assunto l’aspetto di Ranma ragazza per
sedurre gli uomini.
Erano state un paio di settimane
memorabili,
quelle.
“Hai
indovinato!” disse la sua sosia. “So tutto
della mia villa e di chi abitualmente vi risiede. Per questo ho potuto
vedere
di persona come hai trattato il mio maggiordomo, proprio la vigilia di
Natale.
Ciò mi ha spinto a chiedere ai miei colleghi di
farti da Spettro del Natale
Presente: quello che stanno vivendo le persone che conosci.”
“E
dopo avermi fatto la ramanzina darai la
caccia ai ragazzi con il mio aspetto?” ironizzò
Nabiki. “Quale onore!”
“Stanotte
il tuo aspetto mi serve” spiegò lo
Spirito “affinché tu mi possa temere! Non hai
forse terrore di te stessa, nel
profondo?”
“Che
assurdità!” disse. “Perché
mai dovrei
provarne?! Quel che avevo da dire riguardo alla mia
personalità attuale, l’ho
già detto a quell’impiastro di
gatto-fantasma.”
“È
inutile che tu finga!” rispose il riflesso.
“Da quando ti sei specchiata, sono divenuta una copia di te:
ne deriva che
nessuna parte del tuo animo mi è ignota. E so che ti senti
in colpa, in
realtà.”
“Per
cosa dovrei sentirmi in colpa?!”
L’interlocutrice la ignorò. “Adesso
visualizzerò
gli oggetti del tuo rimorso, cioè le persone cui stai
rovinando la vita. Vediamo
cosa stanno facendo, in questo momento.” le
allungò il braccio. “Immagino tu
ormai conosca la procedura.”
“Tutto
ok.” disse, afferrando la mano della sua
sosia.
In
pochi secondi si trovarono nuovamente a
volare sopra le strade di Nerima. Attraversarono il parco pubblico,
dove il
laghetto era tutto ghiacciato. Sul ghiaccio si poteva distinguere un
ragazzo
con la bandana che leggeva un cartello. Sostarono
vicino a lui.
“Uhm…
qui c’è scritto: parco
pubblico di Nerima.”
lesse ad alta voce Ryoga Hibiki. “Nerima, cioè
Tokyo. La città dove vive la
dolce Akane.”
Strinse
le nocche: “Ce l’ho fatta, sono arrivato
in tempo per Natale!” esclamò con voce commossa.
“Pochi passi mi separano dalla
felicità!”
Manifestò
la sua letizia colpendo con un destro
la superficie sotto i suoi piedi. Un momento prima di scorgere un
secondo
cartello, con sopra scritto: Non prendere a pugni la lastra
sottile di
ghiaccio. “Oh, nooo! Akaneee!”
gridò lo sventurato, mentre il ghiaccio si
spaccava costringendolo a un bagno indesiderato nell’acqua
gelida del lago.
Le
due Nabiki ripresero il loro volo:
raggiunsero presto l’insegna del locale Piccola
Ukyo e
in un solo istante
furono all’interno di quel modesto ambiente.
“Loro
non ci possono vedere né sentire.” le
ricordò la copia, indicandole cuoca di okonomiyaki e
assistente.
“Lo
so, tranquilla!” disse Nabiki. Dunque guardò
con lei la scena.
“Bene,
Konatsu-chan.” disse la giovane Kuonji.
“Direi che siamo pronti per il nostro… cenone
natalizio: il quale consiste in
nientemeno che due scodelle di riso bianco più una rapa
tutta intera da
dividere in parti uguali.”
“Wow,
che banchetto luculliano!” cinguettò il
kunoichi maschio, con gli occhi che luccicavano dalla gioia.
“Tontolone,
il mio era solo del sarcasmo!”
sbuffò sconsolata.
“Signorina
Ukyo… si sente bene? Scommetto che
sta pensando al signor Ranma, vuole forse che andiamo a
trovarlo?”
“Come?”
si riprese dal momento di distrazione.
“No, non si tratta di questo. In quanto a Ran-chan, ormai mi
sono messa l’animo
in pace. Lui aveva già una promessa sposa quando suo padre e
il mio combinarono
il nostro fidanzamento: è con lei che lo ritrovai quando
giunsi a Nerima per
vendicarmi vestita da ragazzo, e dentro di me forse avevo capito subito
che la
partita era persa in partenza. Combatterò sino
all’ultimo per lui, questo è
certo, ma so bene che prima o poi arriverà il giorno che
metterà fine alla mia
lunga lotta.”
“Signorina
Ukyo…”
“Perché
mi guardi così, Konatsu? Dopotutto,
almeno per quest’ultima notte ho ancora il mio locale di
okonomiyaki, giusto?
Domani lo dovrò lasciare per sempre. Credimi, non vorrei
passare questo Natale
in nessun altro posto.” disse decisa Ucchan.
“Facciamo la nostra piccola festa,
anche se dovremo accontentarci di quel poco che passa il
convento.”
“Non
è poco!” replicò il kunoichi con un
piglio
altrettanto deciso che però non gli era molto usuale.
“Quelle perfide delle mie
sorelle e della mia matrigna mi facevano passare dei Natali ben
peggiori di
questo.”
“Lo
credo bene!” esclamò Ukyo. “Ti facevano
sgobbare come una serva per poi lasciarti a digiuno e farti dormire
fuori al
freddo, in qualche scatola di cartone. Queste cose me le hai raccontate
parecchie volte.”
“Ma
non mi riferivo a ciò.” disse Konatsu.
“Intendevo dire che loro non mi hanno mai trattato come un
essere umano, non mi
hanno mai mostrato nemmeno un piccolo gesto d’affetto. Tutto
il contrario di
quello che fa lei con me ormai da tanti anni, signorina
Ukyo…”
“Konatsu...”
Ucchan accennò un caldo sorriso,
rivolto all’assistente. Subito dopo, però, lo
colpì alla testa con la grossa
spatola. “Che scemo che sei, con tutti i tuoi discorsi mi hai
distratto e qui
si sta raffreddando tutto. Su, mangiamo!” disse, con tono
allegro.
“Buon
appetito!” esclamò con altrettanto gaudio
il kunoichi, incurante del grosso bernoccolo che gli era spuntato sul
capo.
Nabiki
incrociò le braccia al petto, pensierosa.
“Cosa
vuol dire? Sono felici.”
“Così
sembra. Magia del Natale, ma del resto
sono tutte stupidaggini, vero?” disse la copia.
“Chi può capirlo meglio di te,
dall’alto della tua solitudine?”
“Che
scemi!” continuò la propria riflessione.
“Eppure domattina li sfratterò.”
“Hai
ragione. Domattina perderanno la loro
felicità, grazie a te: e ne vai così
orgogliosa?”
Tacque.
Abbassò lo sguardo, poi si voltò verso
lo Spirito.
“Tutto
inutile, non riuscirai mai a
convincermi.”
“Vedremo.
Ecco a te altre ombre!”
Si
ritrovarono in strada. Più precisamente, la
strada che un tempo Nabiki percorreva per recarsi al liceo Furinkan. La
rete di
protezione si ergeva alta come sempre e si poteva udire da sotto lo
scrosciare
delle acque del fiume Shirako-gawa.
“Perché
adesso mi hai portato qui?!” domandò.
Lo
Spettro disse: “Ti condurrò da persone che
conosci molto bene.”
“Persone
che conosco molto bene?”
“Li
vedi quelli laggiù?” le chiese lo Spirito,
indicando alcune figure che si facevano loro incontro
nell’oscurità della sera.
“Li
vedo. Ma non li riconosco, chi sono?”
“Sei
cieca, forse?!” disse la copia. “Ma è
così
evidente!”
“Non
vorrai forse dire che…”
“Esattamente!
Loro sono dei bei ragazzi!”
Nabiki
cadde con le gambe all’aria.
“GO!
GO! GO!” urlò la copia, vestitasi di abiti
succinti e lanciatasi addosso ai ragazzi cercando di attirare la loro
attenzione. Nabiki portò stancamente un indice alla tempia.
“Hai
finito?!” disse, dopo che i giovani se ne
furono andati per la loro strada come se nulla fosse stato.
“Non
mi hanno degnato nemmeno di uno sguardo!”
piagnucolò l’altra. “Ma
perché, sono forse una racchia?!”
“Vedi
di non offendere il mio corpo!” puntualizzò
Nabiki. “E poi me l’hai detto tu stessa che nessuno
ci può vedere né sentire, sciocca!”
“Ah,
già!” disse lo Spirito.
“E
le persone che conosco molto bene, si può
sapere dove sarebbero?”
“Giusto,
quasi dimenticavo! Loro sono qui
accanto.” la copia batté le mani e si ritrovarono
sotto uno dei ponti, sul
bordo del fiume. Dove due persone coperte di vecchi stracci cercavano
di
attizzare il fuoco.
“La
furia degli elementi sembra non volerci concedere
un istante di tregua…. ma il freddo della beffarda stagione
non spegnerà la
fiamma ardente della mia passione!” declamò
Kodachi, tirando fuori un enorme
manifesto raffigurante Ranma uomo.
“Hai
avuto un’ottima idea, sorella.” disse Kuno.
“Questa carta è, appunto, ciò che ci
vuole per ravvivare il nostro falò” e
accennò a strappargliela di mano.
“Come
osi, Tatewaki?!” ringhiò lei, colpendo le
sue mani con una clavetta. “Hai appena cercato di bruciare
vivo il mio adorato
Ranma, me la pagherai!”
“Provaci,
Kodachi!” si mise in posizione di
battaglia. “Ma sappi che quell’idiota di Ranma
Saotome giammai entrerà nella
mia casa!”
“Quale
casa?! Non vedi che siamo ridotti a dei
senzatetto, e questo proprio per colpa tua?! Tu, il deficiente che ha
lasciato
entrare quella donna nella nostra villa, quando la possedevamo: Nabiki
Tendo ti
ha abbindolato e ora si è presa tutto quanto!”
gridò Kodachi, scagliando contro
il fratello una tempesta di attrezzi da ginnastica ritmica.
“Non
osare parlar male di Nabiki!” L’altro si
lanciò a sua volta con la spada da kendo.
“Sanno
come riscaldarsi, quei due...” giudicò lo
Spirito. “Anche se li hai buttati in mezzo alla
strada.”
“Sono
due pazzi.” commentò lei. “Hanno avuto
ciò
che si meritavano.”
“Ma
Kuno l’hai pure sposato.”
“Saprai
bene il motivo, se sei la mia copia.”
“Non
ne sono convinta.” le replicò. “A Tokyo
c’è
gente anche più ricca della sua famiglia, non eri tenuta a
incastrare proprio
lui… e così pure te stessa.”
“Cosa
vuoi insinuare?!”
Lo
Spirito ridacchiò.
“Cosa
vedo! Nabiki la macchina umana che perde
la calma, allora scorre veramente in te il sangue focoso dei
Tendo!”
“No,
signorini! Fermi!” questa voce sovrastò le
loro.
“Ma
quello non è Sasuke?” esclamò Nabiki.
“E
non è solo.” la copia indicò, dietro di
lui,
anche l’ex preside del liceo Furinkan.
“Tacchi,
Kocchi! Fate i bravi children e non
litigate fra di voi!”
“Oh
mio caro paparino!” la figlia si voltò verso
di lui. “Ma sei ancora vestito in camicia hawaiana completa
di ghirlanda,
sandali e ukulele. Non morirai di freddo?”
“Ha
ha! Sciocchezze!” rise il padre,
aggiustandosi gli occhiali da sole. “Here siamo
alle Hawaii e alle Hawaii non
può fare freddo!”
“In
questi anni quell’idiota si è ancora
più
rimbecillito del solito. E poi come ci vede, con gli occhiali da sole e
con
questo buio?!” mormorò Tatewaki. Dunque
gridò al padre: “Non siamo alle Hawaii!
E soprattutto non chiamarmi Tacchi!”
“Non
alzare la voce con nostro padre, fratello
degenerato!” Kodachi lo ricoprì con il suo vortice
di petali di rosa nera.
“Signor
Tatewaki, signorina Kodachi! No vi
prego, fate pace!” piagnucolò Sasuke,
interponendosi tra i due contendenti. E
beccandosi così clavette e colpi di bokken vari.
“Oh,
Sasuke.” la rosa nera si arrestò.
“Sasuke,
mio fedele servitore!” anche il Tuono
Blu si fermò. “Cosa ci fai qui? Non dovresti
essere ancora a lavorare da
Nabiki?!”
“Oggi
ho ottenuto il permesso di terminare prima
del solito l’orario di lavoro, signor Tatewaki.”
disse il ninja. “Così, prima
che i negozi chiudessero, ho potuto finalmente spendere la mia paga
annuale e
comprarvi del cibo e delle coperte.”
“Sasuke…
allora è per questo che se n’è andato
prima, oggi.” mormorò Nabiki.
“Vuoi
dire” domandò Kodachi “che quella strega
di Nabiki Tendo ti ha lasciato andare senza sfruttarti fino in fondo
come di
consueto? Strano, non è da persona così
spregevole come lei.”
“Però…
dovrò tornare a lavorare anche domani che
è Natale.” mugolò sommesso il servitore.
“Oh
oh oh! Volevo ben dire!”
“Quel
Sasuke è cosi scemo!” sbottò Nabiki.
“E
come mai?” chiese la copia. “Solo perché
vuole bene a quella che è sempre stata la sua famiglia?
Anche tra di loro, si amano:
padre e figli, fratello e sorella. Solo che se lo dimostrano in questo
modo,
diciamo, bizzarro.”
“Ma
quei pazzi non si meritano tanto aiuto.”
“Neppure
tu meriteresti di essere salvata da te
stessa. Eppure è quello che sto facendo ora.”
Decise
di ignorarlo e tornò ad ascoltare il
Tuono Blu.
“Inoltre”
stava continuando Kuno “ho scelto
proprio Nabiki come mia compagna, sacrificando i miei precedenti amori
e
affidando definitivamente, pur con ribrezzo, Akane e la ragazza col
codino a
Ranma Saotome. E volete sapere perché?”
“Perché
sei uno stupido!” disse Kodachi. “Lei
non ti amava, ti ha raggirato fin dall’inizio!”
“Oh,
ma questo l’ho sempre saputo!” disse
Tatewaki, sorprendendola non poco. “Sapevo che lei non
ricambiava per niente i
miei sentimenti. Sapevo che non era mutata, che era rimasta una donna
fredda
come il ghiaccio. Forse è per questo motivo che mi sono
innamorato di lei.
Perché volevo sciogliere il suo ghiaccio. Perché
volevo insegnarle a sognare…”
“Kuno.”
accennò Nabiki. Era brava ad analizzare
le persone. E dunque sapeva che non bisognava mai fermarsi alle
apparenze. Ma
possibile che… che addirittura Tatewaki non fosse
così scemo come sembrava?!
“Non
credo d’esserci riuscito.” finì lui.
“Eppure sono ancora convinto che c’è del
buono in Nabiki Tendo.” Le stesse
parole di Akane. Queste persone… credevano forse in lei?!
Passò
qualche istante. Poi Kodachi ruppe il
silenzio:
“Tsè,
ridicolo!”
“Dubiti
forse, sorella?”
“Veramente
mi riferivo al tuo aspetto, fratello
deficiente!” In effetti Kuno era ancora tutto ricoperto, da
capo a piedi, di
petali di rosa nera.
Lo
Spirito tossì, richiamando la sua attenzione.
“Vieni,
Nabiki, c’è ancora un’ultima immagine da
vedere.”
D’incanto
furono nel dojo. Dove la sua famiglia
si stava preparando a festeggiare il Natale.
“Là,
ecco fatto!” esclamò la zia Nodoka, dopo
aver finito di appendere alla parete una pergamena con sopra
raffigurato il
termine seppuku.
“Oh,
che bel quadro!” disse Kasumi, serafica.
Ranma
deglutì a stento, meno entusiasta. Sembrò
aver fretta di cambiare argomento:
“Nemmeno
Tofu?” domandò alla fidanzata, che
stava di fianco a lui.
“Già,
non verrà. È costretto a lavorare anche
questa notte e tutto domani.” gli sussurrò Akane.
“Sono riuscita a portare qui
solo tua madre e Kasumi.” in quel momento si accorse di
Happosai che le stava sollevando
la gonna. “Ah, già! Anche il nonnino, lui
più che altro si è autoinvitato!”
disse, calciando in orbita il vecchietto tutto estasiato per
ciò che era evidentemente
riuscito a scorgere.
“Ma
Kasumi, poverina, giustamente non pensa che
a suo marito...” continuò, affranta.
“Che pranzo di Natale sarà, domani?”
“Non
sarebbe stato migliore, anche se fossimo
stati presenti tutti.” sbuffò Ranma. “Il
bilancio di questo mese per la
palestra è di zero iscritti: la gente preferisce frequentare
le nuove palestre,
di aerobica, aperte, indovina un po’, dalla ditta di Nabiki.
Non abbiamo i
soldi nemmeno per una cena decente, stasera.”
“Ti
sbagli, Ranma!” l'ammonì Soun. “Possiamo
ancora contare sullo stipendio di tuo padre, non lavora ancora come
assistente
del dottor Tofu?”
“Già,
dimenticavo!” ammise il ragazzo col
codino. “Lo doveva ritirare questo pomeriggio,
dopodiché aveva la sera e la
giornata di domani libere.”
Proprio
in quel momento un enorme panda fece il
suo ingresso nel soggiorno.
“Signor
Saotome!” disse Akane.
“Finalmente!”
esclamò Ranma. “Che aspetti?!
Dammelo!” tese il braccio in avanti, sorridente.
“Bobò!”
Il
grosso animale schiaffò la zampa contro il
palmo della mano di Ranma.
“Che
hai capito, imbecille?!” gridò lui. “Non
ti
ho chiesto di darmi il cinque, ma il compenso che hai ricevuto dal
dottor
Tofu!”
Il
panda estrasse un cartello con sopra scritto
‘Tieni!’
e infilò nella sua mano una manciata di foglie di
bambù.
“Beh?
E che vuol dire questo?!” s’infuriò il
figlio.
“Tesoro,
non potresti spiegarti?” lo incitò la
moglie.
Il
Saotome più anziano prese un pennarello e
cominciò a scrivere con gran cura, quasi dovesse concepire
un poema. Ranma
raccolse i cartelli e iniziò a leggere ad alta voce:
“Dunque… Avendo
testé concluso la mia giornata di lavoro e richiesto la mia
dovuta tredicesima,
il dottore mi ha posto di fronte ad un’ardua
scelta… (Continua nel cartello
seguente) Che?!
Dai qua,
sacco di pulci!” Ranma afferrò il secondo cartello
e finì di leggere.
“…e
cioè mi ha chiesto come preferissi
percepire la mia paga, in pecunia corrente ovvero in natura. Avendo
altresì
considerato che vado ghiotto per le foglie di bambù, ho
optato di conseguenza
per la seconda possibilità. (Fine, fin, the end) …Papàaaa!”
“Da
non crederci...” sospirò Akane.
“E
a noi non pensi, pezzo d’idiota!” gridò
Ranma. “Con cosa ci sfamiamo, col tuo bambù
forse?!”
‘Guarda
che è buono e ipocalorico.’ si espresse il
panda con un nuovo cartello.
“E
invece ho un’idea migliore...” sogghignò
l’altro.
“Mamma, mi presteresti un attimo la katana?”
“Certo,
Ranma. Ma a cosa ti serve?” domandò la
signora.
“Penso
che stasera mangeremo spezzatino di
panda…” il ragazzo con la camicia cinese si
avvicinò al padre, sicuramente sperando
di spaventarlo.
L’altro, però, esibì un ultimo cartello
con scritto ‘Provaci!’
e si mise in posa da combattimento.
“Buoni!”
li fermò la zia Nodoka, appena prima
che la lite degenerasse. “Almeno oggi cercate di non
bisticciare!”
“Già!”
intervenne Akane. “E poi abbiamo un
problema ancora peggiore.”
“Vero.”
ammise Ranma. I due fidanzati si
scambiarono un’occhiata d’intesa, sicuramente lui
aveva già provveduto a
riferirle della sua visita di poche ore prima. E a giudicare dal suo
sguardo
sconsolato, nemmeno Akane aveva idea di come uscire da quella
situazione.
“La
cena di stasera non sarà affatto un
problema, io e Kasumi ci siamo arrangiate con quello che abbiamo
trovato in
casa ed è venuto fuori qualcosa che spero non
disprezzerete.” disse la signora
Saotome. “Su, venite a tavola!” Un invito che
nessuno dei presenti poté
rifiutare. Neppure il vecchio Happosai, che era appena riatterrato
sulla
terraferma.
In
breve, attorno alla tavola si creò
un’atmosfera serena e lieta, nonostante tutto.
“Non
è una bella famiglia?” domandò la copia.
“I
sentimenti sono roba adatta a loro, inoltre…”
Nabiki esitò. “Ormai non potrei tornare a farne
parte nemmeno se lo volessi.
Sarebbe troppo tardi.”
“Ssh,
ascolta!” disse lo Spirito.
Doveva
esserci stato uno stacco temporale,
perché i familiari erano già giunti al momento
dei brindisi. Nodoka brindò alla
virilità di suo figlio, Genma e Soun al sake, Happosai alla
biancheria intima
da donna. Fu quindi il turno di Akane.
“Brindo”
esitò “brindo alla salute di Nabiki!”
Di
colpo, il silenzio. Un silenzio molto
imbarazzato.
“Come!”
sbottò infine Ranma, colpendo con un
pugno il tavolo. “Con tutto il male che ha fatto!”
“È
vero. Ma è lei a subirne per prima le
conseguenze, in fondo.” disse la fidanzata. “Oggi
mi ha fatto tanta pena, si è
completamente chiusa nella sua solitudine e non se
n’è nemmeno resa conto. Noi,
finché rimarremo uniti, saremo sempre e comunque
più felici di quanto lo possa
essere Nabiki. Per questo, nonostante tutto, le auguro di trovare la
sua
felicità.”
“Ben
detto! Brindiamo!” fece suo padre, visibilmente
commosso. E fu seguito a ruota dagli altri familiari.
“Che
sorellina sciocca che sei...” Nabiki scosse
la testa. “Davvero sciocca…”
“Uuink…
uuink…” grugnì un maialino nero,
entrando nel soggiorno. Akane lo vide e andò subito a
raccoglierlo tra le sue
braccia.
“Non
è giusto, perché non abbracci me
piuttosto?!” piagnucolò Happosai, lanciandosi di
nuovo verso di lei. Ranma, con
un pugno ben assestato, scaraventò il vecchio
dall’altra parte della stanza,
facendogli sfondare la parete.
“P-chan,
dove sei stato tutto questo tempo?!” Akane
toccò il musetto col palmo della mano. “Ma sei
tutto bagnato! E la tua fronte
scotta!”
‘Dev’essere
caduto in acqua’ commentò il panda
con una scritta.
“Oh,
poverino!” disse Kasumi. “Col freddo che fa
stanotte.”
In
quel momento l’animaletto perse i sensi.
“P-chan!
Per l’amor del cielo, cos’hai?!”
gridò
Akane, spaventata.
“Ry-Ryoga!”
Nabiki udì chiaramente mormorare
Ranma. Poi il ragazzo disse a voce alta: “Che aspettate?!
Portate dell’acqua
calda, presto!”
“Veramente…
non abbiamo più acqua calda.” gli
disse Soun.
“Happosai
è appena precipitato giusto contro lo
scaldabagno, facendolo a pezzi.” spiegò Kasumi,
indicando i danni.
“P-CHAN!”
gridò con maggior forza Akane. Ma il
maialino non si riprendeva.
“Spirito.”
disse Nabiki alla copia. “Visti i
tuoi poteri, mi saprai dire cosa è preso a quel
Ryoga.”
Il
volto dello Spirito si fece grave.
“Posso
vedere” disse “un posto vuoto, il
prossimo Natale, nello spazio riservato dal fato a Ryoga
Hibiki.”
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Capitolo 4 *** L'ultimo degli Spiriti ***
Capitolo
quarto: L’ultimo degli Spiriti.
Non
ebbe il tempo di fare altre domande. Casa
Tendo svanì e al suo posto ricomparve la propria stanza.
Le
ultime parole del secondo Spirito le avevano
lasciato un forte senso d’inquietudine. Voleva interrogarlo,
ma alzato lo
sguardo non vide alcuna traccia né dello specchio,
né della copia. Scorse
invece un’altra sagoma, enorme e avvolta in
un’ampia veste nera.
“Sei
il terzo degli Spiriti?” domandò. Non
ricevette risposta.
“Passato,
presente… suppongo che tu mi
illustrerai il futuro. Dico bene?” chiese ancora Nabiki. Di
nuovo lo Spirito
non rispose, invece si voltò e iniziò a procedere
a lenti passi in direzione
della finestra.
“Perfetto,
mister eloquenza. Suppongo mi tocchi
seguirti.”
Lo
prese per un lembo della veste e cominciarono
entrambi a fluttuare in aria, come la volta precedente. Varcarono la
finestra
e, strettamente aggrappata, Nabiki si lasciò condurre in un
altro volo tra i
tetti del quartiere.
Adesso
era pieno giorno. Scorse, dall’alto,
Kodachi Kuno che saltellava allegra decorando le vie di Nerima con i
suoi
nastri da ginnastica ritmica.
“Oh
oh oh! Finalmente ha avuto ciò che si
meritava! Festeggiamo!”
Quando
l’altra fu lontana, Nabiki si domandò a
chi si riferisse, e più in generale se la Rosa Nera stesse
complottando
qualcuna delle sue pazzie.
In
breve furono sopra il Neko Hanten.
Scesero
e, sempre senza proferire parola, lo
Spirito attraversò la parete e si trovarono
all’interno del ristorante.
“Da
non crederci.” commentò Mousse, versando
l’acqua calda su un porcellino nero.
“Ryoga...”
si lasciò sfuggire Nabiki. “Ma allora
sta bene, e dire che mi ero quasi preoccupata per lui!”
Lo
Spirito le fece cenno di ascoltare.
“Allora,
vecchia?!” era la voce spazientita di
Ranma.
Il
maialino non aveva ripreso affatto le proprie
sembianze umane. Obaba
giocherellò col lungo bastone
“Mmm,
è come temevo.” disse infine.
“Cioè?
Spiegati!” la incitò Ranma.
L’amazzone
rispose con una domanda: “Quanto
tempo passò, quella notte, prima che versaste a Ryoga
l’acqua calda?”
“Ecco...”
cominciò il ragazzo col codino. “In
casa non ne avevamo, e non siamo riusciti a procurarcene nemmeno un
poco fino a
mattina avanzata. Però” si sbrigò ad
aggiungere “l’abbiamo tenuto quanto più
possibile al caldo, avvolto in un sacco di coperte.”
“Questo
è del tutto ininfluente.” Obaba scosse
il capo.
“Eppure
il vostro dottor Tofu, quando arrivò in
tardo pomeriggio” domandò Mousse a Ranma
“non diagnosticò forse che si trattava
di un banale raffreddore, sia pure molto violento?”
“Proprio
qui sta il punto!” spiegò la vecchia.
“Ho riletto uno dei miei tomi, che parla di maledizioni varie
e dunque fa
riferimento anche a quelle di Jusenkyo.”
“E…”
“E
ho scoperto che esiste un effetto
collaterale, legato alle sorgenti. In pratica il raffreddore di Ryoga
ha, per
l’appunto, congelato la sua
maledizione.”
Ranma
e Mousse la fissarono stupiti e in
silenzio. Il maialino grugnì di sorpresa con le lacrime agli
occhi.
“Tutto
vero.” disse Obaba. “Un effetto molto
simile a quello provocato dall’acqua fredda dello
Zhishuitong. Si verifica se
il soggetto in questione si ammala nella sua forma maledetta e vi
rimane per
parecchie ore consecutive, cosa che è accaduta a Ryoga.
Sarebbe bastato farlo
tornare umano entro la mattina successiva ma non è andata
così. Mi dispiace,
non si può fare più niente.”
Nabiki
batté i palmi delle mani. Forse aveva
compreso.
“Spirito.”
si rivolse al gigante incappucciato.
“La tua collega mi riferì che vedeva un posto
vuoto, nel fato di Ryoga Hibiki.
Effettivamente Ryoga non c’è più,
è rimasto solo P-chan il maialino. Il
fantasma dello specchio voleva dire questo?”
Anche
questa volta non ottenne risposta. Nabiki
si morse il labbro. “Ryoga…”
Ranma
tentò di consolare il porcellino che
piangeva disperato. Mousse lo compatì, accennando al fatto
di aver già vissuto
con lui un’esperienza simile tempo addietro, sul monte Horai:
solo che stavolta
non v’era rimedio.
“Mi
dispiace.” ripeté Obaba, come se fosse incapace
di dire altro.
Nabiki
provò a domandare allo Spirito: “Ascolta!
Stiamo davvero osservando il futuro, oppure è ancora
possibile evitare che ciò
avvenga?”
Silenzio.
In compenso, si trovarono di nuovo per
strada e lo Spirito indicò una direzione precisa.
“Là
è dove si trova il ristorante di Ukyo. Vuoi
che andiamo da quella parte?” Il fantasma annuì.
Furono
presto accanto all’insegna. Il locale era
aperto.
“Ucchan
e il suo kunoichi sono là dentro? Eppure
li ho sfrattati!” constatò con stupore, entrando.
“Signorina
Ukyo, perché quella faccia?” domandò
Konatsu. “Lei ha ancora il suo ristorante.”
“Sì,
è vero.” disse la cuoca di okonomiyaki.
“Ma
a quale prezzo!”
“Ho
capito!” esclamò Nabiki. “Quei due
devono
essere riusciti, non so come, a procurarsi i soldi per pagare
l’affitto. Visto?
Le cose non vanno poi così male.”
Suo
padre e Kasumi fecero il loro ingresso nel
locale.
“Novità?”
chiese ansiosa la sorella maggiore.
Ukyo
scosse la testa, dando risposta negativa.
“Nooo!
Figlia miaaa!” Suo padre cominciò a piangere
a
dirotto.
Nabiki
s’incupì. Era forse accaduto qualcosa
alla sua sorellina?
“Akane!”
Il
grido di Kasumi la scosse dalla testa ai
piedi. Si voltò e per un istante credette di non capire
più niente.
“Immaginavo
che vi avrei trovati qui.” A parlare
era Akane. Stava bene.
“Hai
saputo qualcosa?” le domandò Kasumi.
“Niente,
purtroppo.” Akane chinò il capo.
“Perché?!”
gridò suo padre. “La mia Nabiki!”
Tremò,
senza più alcun controllo. Lei, che si
era sempre vantata di gestire ogni emozione.
“Cosa…
Spirito,
spiegami!”
Il
fantasma si voltò e si trovarono di nuovo
all’esterno. Riconobbe facilmente il cortile del Furinkan.
Kuno era seduto
all’ingresso, intento a controllare gli studenti che uscivano
dall’istituto, quasi
che si aspettasse di scorgere qualcuno in particolare. Sasuke stava
dietro di
lui, come in attesa di ordini.
“Il
destino è così spietato… in una notte
si è
ripreso tutto ciò che lei aveva accumulato con tanta fatica.
Gli sforzi della
vita sono così vani, i progetti degli uomini così
fragili.” Si rannicchiò
attorno al suo bokken. “Sasuke, mio buon Sasuke! Sii nunzio
di ben più liete
novelle, stavolta. Te ne prego!”
Il
servitore s’inginocchiò: “Ecco, in
verità non
ho molto da dire. Non si hanno più notizie di Nabiki Tendo
dal periodo
dell’ultimo Natale: quando ci fu quel crollo in borsa delle
azioni della sua
ditta, e lei si ritrovò in poche ore completamente ridotta
sul lastrico. La sua
famiglia la sta cercando da parecchi giorni, ma senza successo. Oggi,
però,
alcuni vagabondi mi hanno raccontato di aver visto una donna dai corti
capelli castani
girare senza meta per la città. Parlava da sola, pareva
avere del tutto perduto
il lume della ragione: lanciava rimproveri verso persone che non
c’erano,
malediceva gli spiriti del Natale o qualcosa del genere. La descrizione
fisica
sembrerebbe corrispondere a quella della signorina Nabiki, ma in quanto
al
resto…”
“Tutto
chiaro.” disse Kuno. “Finalmente sogna,
ma non si tratta dei sogni che le auguravo: si vede che gli incubi ora
affollano la sua mente, e che la pazzia è per lei
l’unica maniera di sfuggire
ad un’esistenza che si è resa conto, troppo tardi,
di aver vissuto nella
maniera sbagliata.”
“Le
persone cui stava rovinando la vita sono
salve.” mormorò Sasuke. ”Noi ci siamo
ripresi la nostra abitazione, i Tendo
hanno ancora la loro palestra e la signorina Kuonji il suo locale. Ma
nessuno
di noi è felice.”
“Il
destino è stato così spietato con
Nabiki.”
ripeté Kuno, sospirando malinconicamente. “Ha
cercato sempre la solitudine: ora
è completamente sola, proprio come desiderava.”
Non
voleva più ascoltare. Afferrò lo Spirito per
la veste e domandò ancora: “Rispondimi!
È possibile o no evitare questo futuro?”
Il
fantasma indicò una ragazza che pareva
correre verso di loro.
“La
riconosco, è Akari Unryu! Ma cosa ha a che
fare con noi?”
“Katsunishiki!”
gridò la giovane.
“Viene
verso di noi: è come se ci vedesse, Spirito,
o meglio, come se ti vedesse!”
“Katsunishiki!”
continuò Akari.
Fece
mente locale. Quello non era forse il nome dell’enorme
maiale da sumo che quella strana ragazza si portava sempre appresso?
“Ma
cosa c’entra?” disse ad Akari, anche se lei
non poteva sentirla. “Lo Spirito del Natale
Futuro… AAAAAAAHHHHHH!”
Così
gridò, quando vide che il fantasma si era
levato il cappuccio, rivelando la sagoma di un suino formato extralarge.
E
di colpo aprì gli occhi e si ritrovò nel
proprio letto, nella propria stanza.
Diede
uno sguardo all’ora segnata dalla
radiosveglia: le sette e mezza di mattina. Un brutto sogno,
nient’altro. Anzi
no, dato che la radiosveglia si trovava per terra. Forse… un
momento, le sette
e mezza! Sogno o no, sapeva cosa bisognava fare e doveva sbrigarsi.
Un
paio di telefonate alle persone giuste,
quindi si vestì in fretta e corse verso il suo ufficio.
Arrivò che mancavano
solo dieci minuti alle otto. Dopo aver spalancato la porta della stanza
principale, si posizionò sulla propria sedia –
accorgendosi con piacere che il
dolore alla schiena del giorno prima era solo un brutto ricordo
– dunque
aspettò pazientemente. Era sicura che Sasuke sarebbe
arrivato in ritardo.
Spiriti del Natale o no, quella era l’occasione giusta.
L’orologio
indicò le otto e niente Sasuke. Le
otto e un quarto, e ancora niente Sasuke. Contò ancora i
minuti. Diciotto, no,
diciannove. Ben diciannove minuti di ritardo. Come previsto. Finalmente
lo vide
fare il suo ingresso nel corridoio e lanciarsi trafelato sulla sua
scrivania.
“Bene,
bene.” lo fulminò. “Lo sai che cosa
significa
arrivare a quest’ora?”
“Chiedo
perdono, signorina Nabiki!” disse il
ninja facendo ripetuti inchini. “Sono in ritardo.”
“Ma
davvero? Non me n’ero proprio accorta… vieni
qui, più vicino.”
“No,
pietà! Non succederà più, questa notte
ho
avuto molto da fare!” supplicò Sasuke.
“Una
volta per me è più che sufficiente. Non
intendo tollerare oltre, perciò prenderò da
subito adeguati provvedimenti.”
Aspettò
teatralmente qualche secondo, quindi
concluse: “In altre parole, sei licenziato!”
Sasuke
sbiancò. Aprì la bocca per dire qualcosa,
forse per implorarla ancora, poi ci ripensò e con aria
rassegnata si avviò
verso la porta. Lei però fu più rapida e lo
trattenne per un braccio.
“Guarda
che non ho ancora finito.”
“Co-come?”
balbettò il ninja. “C’è
qualcosa di
peggio?”
“Dipende
dai punti di vista.” Si spiegò. “La
novità è che ti riassumo. Non come semplice
dipendente, bensì in qualità di
aiuto-direttore delle mie imprese: vale a dire che d’ora in
avanti sarai il mio
consigliere, il mio braccio destro. Certo, mi rendo conto che questo
cambio di
mansioni implicherà, purtroppo per me, un consistente
aumento di stipendio.”
Dopo
quella sua affermazione, Sasuke dovette
sicuramente aver pensato che fosse impazzita.
“Signorina
Nabiki, ecco, credo che lei abbia la
febbre, ora vado a chiamare un medico, mi aspetti
qui…”
Come
volevasi dimostrare. “Sasuke, ti assicuro
che sto bene. Non sono mai stata meglio.”
Forse
non era stata molto convincente, perché
l’interlocutore tentò di immobilizzarla lanciando
in aria una ragnatela di
corde, sicuramente una delle sue tecniche da ninja. Ma
l’attacco fu molto goffo
e le bastò muovere un passo di lato perché il
proprio ‘assalitore’ si trovasse
imprigionato nella sua stessa trappola.
“Vedo
che hai cambiato idea e deciso di rimanere
qui ad ascoltarmi.” commentò divertita.
“Lascia che ti spieghi. Semplicemente
ritengo che i tuoi continui lamenti siano un’ottima
‘voce della coscienza’ e
ciò può farmi comodo negli affari. E poi ho
compreso che non posso fare tutto
da sola, nemmeno io: al mio fianco ho bisogno di una persona leale e
fedele e
quella persona sei tu. Ah, un’ultima cosa: hai la giornata
libera. Buon Natale,
Sasuke!” disse.
“Buon
Natale anche a lei, signorina Nabiki!”
esclamò Sasuke con voce commossa e con lo sguardo di chi si
trovava al settimo
cielo. Di certo stava pensando che ora sarebbe potuto tornare dai Kuno
e avrebbe
potuto festeggiare il Natale con loro, con la sua
‘famiglia’. E di certo non
pensava, almeno non ancora, che immobilizzato com’era non
poteva andare da
nessuna parte.
Uscì
dall’ufficio e attese qualche istante davanti alla porta,
prima di udire un
“Signorina
Nabiki? Ehilà, c’è
nessunooo!” e rientrare
ridacchiando.
Qualche
ora più tardi si trovava all'ingresso di casa Tendo. Quando
suo padre le aprì, accompagnato
da Kasumi, fu
attenta a mostrare loro uno dei suoi sorrisetti furbi.
“Nabiki!”
Akane sopraggiunse col piccolo P-chan
febbricitante tra le braccia. “Non dirmi che sei venuta per
pranzare con noi?!”
Decise
che quel momento era perfetto per sventolare
davanti a padre e sorella foto, negativi e un certo foglio di carta.
“Una
firmetta qui, prego.” disse. “Anche una del
tuo fidanzato che ci sta spiando di nascosto, se non è di
troppo disturbo.”
Ranma uscì dal suo nascondiglio e borbottò un
seccato “Che
ti credevi!” in direzione di Akane.
Suo
padre cercò con lo sguardo i due fidanzatini. Si fissarono
un attimo e annuirono. Firmarono tutti, senza nemmeno leggere. I soliti
ingenuotti.
“Perfetto,
come sempre.” disse, rimirando il
foglio tra le proprie mani e poi stracciando foto e negativi.
“Non
ti vergogni?!” ringhiò Ranma.
“Di
quello che ho appena fatto? E perché
dovrei?” Si voltò e si rivolse alla gente che
aspettava dietro di lei. “Potete
portare dentro la roba.”
Una
decina di persone entrò in casa, consegnando
una montagna di cibo e apparecchiando un’enorme tavola.
“Cosa
significa?” domandò suo padre.
“Quelli
sono gli impiegati dei miei fast-food.”
spiegò. “E ciò fa parte del contratto
che avete appena firmato. Temo ci sia
stato un malinteso, forse credevate di avermi appena venduto il terreno
su cui
sorge il dojo senza sapere la novità. Il vostro terreno non
mi interessa più.
Invece avete acconsentito alla mia partecipazione agli utili della
palestra di
arti marziali, in cambio di un’intensa attività
promozionale da parte della
ditta Tendo… e in cambio pure di questo pranzo natalizio,
che i miei uomini
stanno preparando.”
“Tu
hai fatto questo?!” esclamò sorpreso Ranma.
“Furba,
eh?” disse. “Con tutta la concorrenza
che c'è in giro, i centri commerciali non sono poi un grande
affare. Con
quest’operazione, invece, le arti marziali torneranno di
moda: e poiché il
vostro, cioè il
nostro dojo
è invece l’unico rimasto in
città, faremo soldi a palate… Stavo per
dimenticare: a qualcuno serve per caso
un dottore?”
“Dottor
Tofu!” esclamò Akane, vedendolo
arrivare. Lo sguardo di Kasumi s’illuminò.
“L’ho
fatto chiamare io, e il mio nome in questa
città ha un certo peso.” sorrise.
“Sembra proprio che sarà costretto a
trascorrere il giorno di Natale in questa casa, a curare il
porcellino.”
“Un
momento!” intervenne Ranma. “Come fai tu a
sapere…”
“Anche
questo fa parte del contratto. Forse non ci
vorrà molto tempo per le cure.”
proseguì, senza curarsi dell’interruzione.
“Ma
credo sarà bene per il dottore rimanere qui almeno tutto il
giorno, per
controllare i progressi dell’animaletto. Oh, a
proposito!” Porse al ragazzo col
codino un bollitore con dell’acqua calda. “Sai cosa
farci, vero?”
Ranma
annuì e prese Ryoga per la bandana,
conducendolo in un’altra stanza, subito seguito da Tofu e
Kasumi. Nabiki pensò
di improvvisare una scusa per trattenere Akane con sé, ma
con sua sorpresa non
ve ne fu bisogno.
“Grazie
sorellina!” Akane la abbracciò forte,
restituendole
sensazioni che non provava da tempo.
La
lasciò fare.
“Non
cambi mai, Akane…” sussurrò.
“E
tu sei appena ritornata in te!” le mormorò la
sorella minore in risposta.
“Beh,
ora basta!” si staccò dalla stretta.
“Troppi sentimentalismi, mi bastano fino al Natale prossimo.
E poi devo andare
a prendere gli altri invitati.”
“Gli
altri invitati?” ripeté Akane, mentre si
allontanava.
Si
diresse al locale di Ukyo, quindi alla dimora
temporanea dei
Kuno. Comunicò a Ucchan e Konatsu
che non li avrebbe sfrattati, in cambio di qualche okonomiyaki gratis
quando
passava dalle loro parti. E promise a Tatewaki e Kodachi che avrebbe
restituito
la loro villa e quanto altro si era presa con l’inganno. Certo, a patto di
poterci entrare anche lei
liberamente. Che facce fecero!
Sulla
via del ritorno, incrociò per la strada il
signore che il giorno prima era entrato nel suo ufficio. Gli si fece
incontro
e, senza lasciargli il tempo di proferire parola, gli disse:
“Come
sta? Credo che lei si ricordi di me, e
credo anche che i suoi ricordi al mio riguardo non siano dei
più piacevoli.
Sono un po’ in ritardo, ma volevo ricambiarle
l’augurio di buon Natale!”
“La…
la signorina Tendo?” domandò lui spaesato.
“Sono
proprio io.” confermò. “Volevo scusarmi
per quanto successo ieri, ma non con semplici parole. Passi nel mio
ufficio,
domattina, ho un’offerta da farle: ho intenzione di comprare
la famosa ‘villa
dello specchio’ e trasformarla in un museo a pagamento. Certo
per un
investimento del genere mi farebbero comodo delle agevolazioni fiscali,
perciò
pensavo di destinare parte degli utili in beneficienza, per esempio
alle cause
che mi stava proponendo lei. Tra l’altro poi avrei bisogno di
un custode,
magari qualcuno che abbia abitato quella villa per anni come
maggiordomo. Cosa
ne pensa?”
Il
vecchietto aveva chiaramente l’aria felice e frastornata.
“Non…
non so cosa dire…”
“Ma
lo so io: stia attento a non inciampare e
cadere per terra!” e detto questo, lo sorresse per un braccio
proprio mentre l’interlocutore
aveva già perso l’equilibrio. Risero entrambi.
Non
le dispiaceva questo suo nuovo atteggiamento.
Dopotutto era sempre lei ad avere sotto controllo la situazione, anche
se
adesso faceva del bene. Si stava veramente divertendo.
*******
Ranma
e Akane, tenendosi per mano, avevano
richiamato l’attenzione dei presenti. Nabiki sapeva
ciò che avrebbero detto, così
si recò in disparte sulla terrazza.
Anche
questa volta il pranzo di Natale aveva
riunito tutti i familiari e i conoscenti. C’era anche Ryoga,
cui evidentemente
il fato aveva permesso di continuare a occupare il suo posto.
Si
appoggiò alla ringhiera e guardò il cielo
stellato. Vero, era già passato un anno, e in
quell’arco di tempo non aveva
ricevuto ulteriori visite dagli Spiriti.
Pure
il resto del bilancio poteva dirsi
positivo, non solo per lei.
Grazie
alla pubblicità attuata dalla sua ditta,
il locale di Ukyo aveva ritrovato i propri clienti e la palestra Tendo
ne aveva
guadagnati tanti nuovi. E grazie al cielo non si era verificato alcun
crollo in
borsa, anzi la sua situazione economica aveva tratto un gran profitto
da quegli
investimenti.
Poteva
ben affermare di non aver perso il suo senso
pratico, ma dal Natale passato aveva accuratamente evitato la
solitudine e
ritrovato i rapporti col padre e le sorelle.
“Allora,
Nabiki.”
“Credevo
non ti saresti più deciso a rivolgermi
la parola.”
O
almeno aveva temuto che Tatewaki non l’avrebbe
fatto, anche adesso che l’aveva seguita fuori. Doveva dirgli
qualcosa a sua
volta.
“Sembra
che tu stia finalmente imparando a
sognare.”
“Così
pare, e devo ammettere che ciò rende la
vita molto più frizzante. Ma ammetto di essere ancora alle
prime armi, in
questa materia.”
“Dove
vuoi arrivare?”
“Forse
potrei avere bisogno di qualcuno che
m’insegni.”
“Lo
devo prendere come un invito a ricominciare
da capo, tra noi due?”
“Chissà,
Kuno. Chissà…”
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Grazie
a LadyMija per aver aggiunto le storie tra le seguite :) Rinnovo i miei
auguri di buon Natale a tutti i lettori silenziosi e annuncio che (a
parte la
roundrobin attualmente in corso con i due soci sotto il nome
di Doctor Sleep) tornerò presto con nuove storie in
cantiere, che spero di pubblicare anche qui su
EFP.
Per
qualunque cosa sono sempre presente su Facebook e in particolare nella
nostra community
dedicata a Ranma. Veniteci a trovare :D
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