Noblesse Oblige

di controcorrente
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Questione d'onore ***
Capitolo 2: *** INCOMPRENSIONE ***
Capitolo 3: *** LA LETTERA MUTA ***
Capitolo 4: *** NELLA PURA E SEMPLICE NATURA DELLE COSE ***
Capitolo 5: *** 5. PASSO PASSO ***
Capitolo 6: *** FAME ***
Capitolo 7: *** Non tutto è concesso ***
Capitolo 8: *** 8. L'IMPORTANZA DELLE REGOLE ***
Capitolo 9: *** FINO AL LIMITE ***
Capitolo 10: *** SUPPLIZIO ***
Capitolo 11: *** LUSTRO ***
Capitolo 12: *** DORME SERENA ***
Capitolo 13: *** PERCHE' IO? ***
Capitolo 14: *** ONORE ***
Capitolo 15: *** PICCOLO GRANDE NOBILE ***
Capitolo 16: *** STONATURA DI FONDO ***
Capitolo 17: *** SONO SOLO UN NOBILE ***
Capitolo 18: *** I SENTIMENTI DI UNA BAMBOLA ***
Capitolo 19: *** PROTEGGERE ***



Capitolo 1
*** Questione d'onore ***


 

  1. Questione d'onore

 

No, non si sarebbe piegata. Nemmeno la lettera del primo ministro austriaco l'avrebbe smossa dai suoi propositi. Non avrebbe rivolto la parola alla contessa Du Barry e niente al mondo le avrebbe fatto cambiare idea. Aveva letto con fastidio le fredde lettere di quel messaggio, non potendo fare a meno d'indignarsi. Salutare la favorita del re equivaleva a chinare la testa di fronte agli scandali del sovrano e legittimare una donna priva di moralità. Sua madre, l'imperatrice d'Austria, non sapeva nulla della questione. Non sapeva che quella donna era indegna del ruolo che possedeva, priva di decoro e di dignità al punto da ricoprire un ruolo che la sua nascita non poteva concederle. Non conosceva il peso dell'umiliazione di vedersi privata dei riguardi che le spettavano per diritto di sangue e che la Du Barry, con la sua presenza sfrontata, metteva perennemente in forse. Sua madre non comprendeva quanto fosse disonorevole che il suo lignaggio fosse calpestato a tal punto. Per questo fissò con stizza il conte De Mercy, stringendo il ventaglio tra le mani.

-Comprendo perfettamente- disse, decisa a porre fine alla sequela di rimbrotti che tanto la infastidivano.

-Vostra Altezza- provò a dire l'uomo.

Maria Antonietta sbatté con durezza il ventaglio sul palmo morbido della mano. -Ho detto che comprendo perfettamente. Vi prego di non sollevare più questo argomento.- ripeté, troncando così la frase a metà del conte. Non si sarebbe piegata a quell'ordine, chiunque lo avesse emanato. Era la figlia dell'imperatrice d'Austria, cresciuta con sani principi e con un preciso rispetto dell'etichetta. Poco importava che ora fosse in Francia. Non avrebbe mai tollerato donne così prive di moralità e anche se non avrebbe mai accarezzato l'idea di usare pene dure nei suoi confronti (la sola idea la disgustava), non significava che avrebbe accettato la sua presenza. Donne come la Contessa Du Barry non dovevano vivere a Versailles. Per questo decise di continuare a usare l'etichetta a suo favore. Se non poteva cacciarla, allora si sarebbe limitata a non considerare la sua presenza, negandole quel saluto che la Du Barry tanto bramava. Non c'era altro modo. Non le importava che fosse la favorita. Lei era la futura regina di Francia, figlia dell'imperatrice d'Austria, e non avrebbe chinato la testa, accettando una donna che non aveva i requisiti per calpestare il suo stesso suolo. Forse il re poteva pure accettarlo, ammaliato dalla sua bellezza ma lei no. Lei era nobile, per nulla corrotta dal comportamento licenzioso del sovrano e avrebbe ripristinato le antiche divisioni. Il re, il conte De Mercy, sua madre, il mondo stesso potevano dire ciò che desideravano. Potevano guardare la favorita come se fosse una nobile...ma lei avrebbe continuato a trattarla da popolana quale era e non per disprezzo. Solo i nobili potevano calcare il suolo di Versailles e lei non avrebbe mai tollerato che una persona di così bassa estrazione si atteggiasse e civettasse come una dama. La Du Barry era e sarebbe rimasta un'intrusa nel suo mondo...e come tale andava trattata. Come futura regina di Francia doveva preservare l'onore dell'aristocrazia e non avrebbe chinato la testa di fronte ad una simile cedevolezza del cerimoniale di corte, neanche se questa fosse dovuta al desiderio di un monarca. Luigi XV era il re di quella nazione ma aveva svilito i nobili ammettendo a corte una donna indegna, solo per soddisfare i suoi capricci. Maria Antonietta non provava alcuna gioia nel portare una simile condotta.

Stava semplicemente compiendo un'azione naturale per il suo status, qualcosa che il re non sembrava ricordare, corrotto dalla lussuria e dalla decandenza, ma che lei, ancora innocente, avrebbe portato fino in fondo, a prescindere dalle conseguenze, a prescindere da tutto. Non importava cosa il Mondo volesse. Esistevano dei principi naturali che volevano che la nobiltà e la corona seguissero delle precise regole, e altre appannaggio del resto delle classi in cui l'umanità era naturalmente divisa...ed era sua preciso dovere, in qualità di futura regina di Francia, applicare quelle norme.

Anche a costo di disobbedire a sua madre.

 

Nuova avventura, sul modello di MATERNALIA. Il tema è diverso ma simile. Qui abbiamo la delfina di Francia ed i suoi pensieri, dopo la lettera ricevuta dalla madre. Il titolo della raccolta è Noblesse Oblige. Grazie a tutti e buona serata.

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Capitolo 2
*** INCOMPRENSIONE ***


Benvenuti a questo nuovo capitolo. Noblesse Oblige è una seconda raccolta della sezione di Lady Oscar, dove si parlerà dei nobili. Non so bene come ringraziarvi per il fatto che mi state leggendo. Buona lettura.

 

  1. INCOMPRENSIONE

     

Percorreva afflitto il corridoio, trattenendo i sospiri sotto il farsetto. La conversazione con la principessa Maria Antonietta aveva avuto il potere di angosciarlo oltre ogni ragionevole dubbio. Sua Altezza non avrebbe mai rivolto la parola alla contessa di Du Barry a causa della rigida educazione ricevuta in Austria. Ormai conosceva bene la Delfina e sapeva quanto odiasse ricevere ordini e consigli. Chissà se ascolterà le parole dell'imperatrice? Era la domanda che, pian piano, ripetendosi dentro di lui, lo rendevano sempre più inquieto. Il conte si chiese se la principessa si rendesse conto delle conseguenze che una mossa del genere avrebbe portato a Versailles. Un brivido lo aveva colto quando aveva visto le figlie del re prenderla da parte.

Non aveva avuto cuore di rivelarle le origini della contessa, ben sapendo quanto fosse rigida e intransigente la giovane austriaca...ma il destino aveva rivelato quel segreto, nemmeno tanto segreto, prima ancora che potesse prendere consapevolezza del suo ruolo. De Mercy si fermò. Stava accadendo quello che temeva. Maria Antonietta stava ascoltando il suo orgoglio e le chiacchiere interessate della famiglia reale, più propense a seguire i loro principi bigotti che la Ragion di Stato.

In cuor suo, aveva sperato che l'imperatrice ponesse rimedio a quella leggerezza ma si sbagliava. Maria Teresa non poteva fare più di quanto stava facendo, una mossa insufficiente, comunque, a giudicare dalla reazione stizzita della figlia. Ora non potevano che sperare in un improvvisa ragionevolezza da parte di quest'ultima...a quel pensiero, il conte tremò. L'alleanza tra Francia e Austria rischiava di frantumarsi per colpa di una questione di orgoglio, con una nuova guerra, inutile e deleteria che avrebbe portato altro sangue.

De Mercy sospirò. Quante famiglie dovevano essere sacrificate per porre fine a questa contesa? Pensò, con il cuore lacerato.

 

Seconda shot, immediatamente legata alla prima. Più corta e meno intensa forse, ma ho voluto lasciare spazio a questo personaggio in ombra.

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Capitolo 3
*** LA LETTERA MUTA ***


3. LA LETTERA MUTA

 

Schonbrunn

Maria Teresa guardò tristemente il giardino che circondava il palazzo. Attorno a lei, gravava un penoso silenzio, ormai presenza costante da alcuni anni. Nelle stanze non aleggiava più la sua risata, né le canzoncine che era solita cantare. Sua figlia era ormai parte della Francia e, sia pure a malincuore, doveva sperare che tale rimanesse...ma quanto le aveva riferito la lettera di De Mercy era allarmante. Maria Antonietta aveva diviso in due la reggia, negando la posizione della favorita e inimicandosi il re, lo stesso con cui aveva dovuto stringere un'alleanza, dopo decenni d'inimicizia.

L'imperatrice sospirò.

Perché Maria Antonietta non vedeva? Perché si comportava in modo tanto sciocco e irresponsabile? Il ricordo della sua risata rieccheggiò nella sua mente, come la voce di uno spettro.

Maria Teresa si rimproverò. Aveva rigidamente educato sua figlia ad essere un'austriaca, senza tenere conto della corte a cui era destinata. Aveva dato la migliore educazione possibile alla più diligente e sfortunata delle sue figlie. Versailles si era rivelata la gabbia di depravazione che tanto temeva e che la sua ultimogenita, tanto amata dal suo consorte, non aveva ancora compreso, accecata dalle sue luci sporche.

Maria Antonietta stava mettendo in pratica gli insegnamenti morali che le aveva trasmesso, ignorando le conseguenze politiche. L'imperatrice provò un profondo dolore a quella triste verità. Per una tragica ironia, sua figlia stava facendo traballare le fragili fondamenta di quell'alleanza odiosa e necessaria, proprio per colpa dei suoi insegnamenti. Non era così che doveva andare ma non poteva fare nulla contro i limiti della sua giovane figlia, né poteva scriverle di suo pugno, ordinandole qualcosa che andava contro quanto le aveva insegnato. Maria Teresa dubitava fortemente che la sua sciocca e ingenua bambina avrebbe compreso il suo sacrificio. L'ammirazione che le portava, unita al rispetto, frenavano qualsiasi rimprovero e se poteva accettare di chinare la testa di fronte a Luigi XV per salvare l'alleanza, non avrebbe mai potuto tollerare il pensiero di perdere il rispetto dei suoi figli.

-Primo Ministro inviate a mia figlia Maria Antonietta una lettera, suggerendole di porre rimedio alla divisione che ha causato, per gli interessi dell'alleanza, con un comportamento più appropriato. Usate le parole più opportune che conoscete.- disse.

-Maestà, non sarebbe meglio che voi scriveste di persona questo messaggio?-chiese l'uomo.

-No. Non è possibile.-rispose, fissando la finestra.

Se lo avesse fatto, Maria Antonietta avrebbe perso quella moralità che le aveva insegnato e che costituiva l'unico punto di riferimento che aveva in quella terra sconosciuta e ora maledetta. Maria Teresa chiuse gli occhi. C'erano dei sacrifici che un re doveva al proprio Paese, perché questi lo amasse...in cuor suo, pregò che il suo silenzio come madre, sintomo della delusione che la sua condotta gli provocava, ispirasse maggiore responsabilità e abnegazione nella figlia, troppo lontana da lei perchè potesse proteggerla, troppo debole per accettare le rinunce.

L'imperatrice sperò che quella lettera avesse gli effetti sperati. Malgrado il legame di sangue, Maria Antonietta avrebbe guidato un Paese e doveva obbedire...alla Francia e a quello che il suo Stato le chiedeva per poterlo rappresentare degnamente. Non era più tempo per i molli rimproveri e le tenere carezze. L'infanzia era finita, insieme ai colori netti. Era tempo di agire con maturità, anche rinunciando ai propri principi perché prima di ogni altra cosa, Maria Antonietta era una regina.

 

Grazie a tutti coloro che seguono questa brevissima raccolta che si basa esclusivamente sul concetto di Noblesse Oblige. Qui la protagonista è Maria Teresa, l'imperatrice dell'Austria. Siamo nell'episodio in cui la lettera di De Mercy arriva al personaggio che viene a sapere della discordia tra la figlia e la favorita.

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Capitolo 4
*** NELLA PURA E SEMPLICE NATURA DELLE COSE ***


Benvenuti a questo nuovo capitolo. Raccolta breve e senza troppe pretese che mi è venuta in mente mentre facevo THE SECRETARY. Noblesse Oblige parlerà dei nobili e del concetto di nobiltà, con tutti i contro del caso. Una ripresa di Maternalia, se volete. Noblesse Oblige è l'essenza stessa della nobiltà, in tutte le sue sfumature.

 

4. NELLA PURA E SEMPLICE NATURA DELLE COSE

 

No, non c'era alcuna colpa in quello che aveva fatto. Il corpo di quel piccolo ladruncolo giaceva ancora caldo a terra, accompagnato dalle urla strazianti della femmina snaturata che aveva avuto la faccia tosta di non badargli come si deve.

Se avesse lavorato, come si addiceva alla sua condizione naturale, non avrebbe incontrato la sua pistola.

Era perfettamente logico che ogni persona dovesse seguire il destino del rango a cui apparteneva per diritto di nascita. Il nobile doveva vivere come un nobile. Il prete come un prete. Il popolano come un popolano. Così stava nell'ordine naturale delle cose.

In base a questo, trovava assolutamente inconcepibile un'infrazione ad un simile stato. Era come se i cani cominciassero a volare ed i pesci a passeggiare come persone nelle piazze. Ognuno doveva seguire quello che lo status decideva per lui.

Per quanto lo riguardava, la sua schiatta, antichissima, doveva la sua ragion d'essere al fatto che aveva saputo mettere a profitto le proprie qualità, recando onore al sangue e al proprio ceto. Era cresciuto con dei privilegi, frutto dei meriti che Iddio ed il Re avevano giustamente riconosciuto alla sua famiglia che li aveva messi a profitto. Non era quindi una sua colpa se aveva premuto il grilletto.

Quel piccolo ladruncolo aveva osato derubarlo ed era un affronto che non poteva tollerare. Madamigella Oscar, con il suo patetico modo di mettersi in mostra, grazie al favore che aveva ricevuto da sempre dall'austriaca, sbagliava completamente. Nel suo fervore insensato, non aveva mai compreso che ogni infrazione doveva essere punita.

Non importava chi fosse. I nobili non potevano abbassarsi a lasciare che il popolo osasse tirarsi indietro dalle conseguenze delle loro azioni. Cosa sarebbe successo se avesse perdonato quel delinquente? Sarebbe cresciuto e gli altri, imitando il suo esempio, avrebbero continuato con le loro malefatte, confidando nell'inettitudine di chi è nobile di nascita.

Non è concepibile esercitare una simile leggerezza. Premere quel grilletto è la cosa che più conviene in questa occasione...e, comunque sia, non commetteva alcuna colpa.

Era un nobile che esercitava i suoi diritti.

Niente di più semplice.

 

Immagino che vi ricordiate l'episodio del duca di Guemenee, amico del duca d'Orleans. Impossibile non dedicare una particina anche a questo santarellino. Buon Ponte dell'Immacolata.

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Capitolo 5
*** 5. PASSO PASSO ***


Grazie a tutti coloro che seguono questa raccolta. I pezzi sono molto brevi ma spero che la cosa piaccia. I personaggi sono i nobili di Versailles ma non solo.

 

  1. PASSO PASSO

 

Iddio è davvero beffardo.

Ha in moglie la più ricca ereditiera di Francia, madre di una numerosa prole che assicura la prosecuzione della sua stirpe senza alcun pericolo. E'l'uomo più facoltoso del suo Paese, proprietario di terre e palazzi, con un consenso crescente tra il popolo e la nobiltà, grazie al suo comportamento accorto e camaleontico.

Dovrebbe essere lieto di tutto ciò ma si sente in gabbia. La dimora parigina è degna di ogni lode e si sta facendo un nome anche nella capitale.

Philippe osserva apaticamente il giardino.

Tutto gli sembra fittizio e vagamente ironico. Sta ottenendo un considerevole successo anche tra quegli intellettualucci borghesi di cui è mecenate...ma nemmeno quello lo aiuta a fuggire dalla noia. Passare il suo tempo a conversare con quei giovani di belle speranze che, grazie ai suoi soldi, continuano a giocare ai filosofi...

Philippe, a quella considerazione, sposta lo sguardo sugli alberi. Sua moglie, a suo tempo, aveva organizzato il giardino ispirandosi a Versailles....ed ora, quel paragone, così insolito, gli da molto fastidio. Anche la dimora si ispira alla reggia ma sapere di vivere in un palazzo che riproduce in tono minore, quello voluto dal suo avo Luigi XIV, è quantomeno avvilente per le sue capacità.

La Sorte aveva voluto che nascesse in una famiglia cadetta e, per quanto lo desiderasse, per quanti appoggi avesse, per quanto avesse avuto un matrimonio vantaggioso, doveva riconoscere che tutto questo non mutava i fatti. Il suo odiato e stolto cugino Luigi aveva tutto quello che desiderava...e lui, Philippe, doveva chinare la testa e sorridere.

Non importava quanto fosse ridicolo e imbarazzante.

A quel confronto, le sue doti erano del tutto insignificanti...ed era in quelle occasioni che la sua nascita gli sembrava assolutamente priva di quelle virtù che altri consideravano come un merito. Tutti i pregi che un sovrano doveva possedere erano confluiti in lui, Philippe, il duca d'Orleans, lasciando sul trono un inetto.

L'uomo storse la bocca. Non aveva mai criticato i diritti di nascita dei nobili, riconoscendone il valore e la verità che portavano con sé...ma quello stato di cose non gli piaceva affatto. Non poteva accettare che il suo intelletto fosse sprecato fino a quel punto, obbedendo alla consuetudine.

-La pazienza è una virtù da raffinare costantemente e, se occorre, la porterò avanti. Ho sulla carta tutti i diritti per regnare e, prima o poi, avrò quello che mi spetta.-mormorò, guardando il giardino con occhi nuovi.

Quella brutta copia in miniatura di Versailles, odiata fino a qualche secondo prima, appariva completamente diversa. Non era altro che un tassello che l'avrebbe condotta, prima o poi al palazzo originale. Nient'altro che un'attesa, foriera di dolci promesse...che prima o poi lo avrebbe ricompensato della sua abnegazione. Avrebbe obbedito all'inetto cugino, frustrando le sue ambizioni, in vista della corona tanto ambita che sapeva gli sarebbe toccata...prima o poi.

-Sì, va bene anche così. L'importante è arrivare al risultato.-disse, con un sorriso lieto, riprendendo la sua passeggiata solitaria.

 

E qui abbiamo quell'angioletto del Duca d'Orleans. Un personaggio adorabile e amante della pace...ok, scherzavo. Questo personaggio è un vero furfante, come il suo amichetto, che vediamo nel precedente pezzo. Entrambi esprimono un certo tipo di nobiltà e gli obblighi che ne derivano.

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Capitolo 6
*** FAME ***


Benvenuti a questo nuovo appuntamento con la raccolta. Non so come ringraziare tutti i presenti per aver letto questa mia impresa che nasce sulla falsariga della prima produzione della sezione di Lady Oscar, ovvero Maternalia, di cui sono molto orgogliosa.

Questo è un omaggio a quella raccolta a cui devo molto. Il concetto di Nobiltà è raccontato in vario modo.

 

6. FAME

 

Li odio e disprezzo, senza alcuna possibilità di scampo.

Vivono nei loro palazzi, con vesti colorate e splendenti.

Hanno le tavole perennemente imbandite, come se non avessero mai fine. Non dovrei odiarli così tanto...loro sono diversi da me. Eppure, non dovrebbe essere così. Mio padre era il discendente di Valois, mentre mia madre era una delle cameriere del palazzo. Per quale ragione, mi è stato negato il diritto di vivere in quei palazzi magnifici? Perfino i bastardi degli aristocratici conoscono il lusso e a me, me che sono nata da un matrimonio, mi viene imposta una casa che sembra un porcile.

Odio i nobili, pur essendo io stessa una di loro...ma cos'è un nobile se non ha gli agi che gli spettano? Per quanto sangue blu scorra nelle vene, io sono una popolana al pari di mia madre. Vivo come la più miserabile delle donne, con il pungolo costante di un facile guadagno...ma, in fondo, per essere come loro, basta il lusso. E'questa la differenza. Vivono nelle loro splendide case, sbranandosi a vicenda se si presenta la possibilità di un aumento di prestigio.

In questo, non sono diversi dai poveri. Hanno tutto ma sono logorati dalla medesima fame...ed io non faccio eccezione.

Voglio quello che hanno loro: abiti, gioielli, cibo, case ricchissime...tutto.

Perché non dovrei? Sono stata privata del diritto di risiedere a corte perché povera e se sono i soldi, la differenza, posso rimediare. In qualche modo, riuscirò ad avere ciò che voglio...comunque vada.

 

Jeanne Valois De La Motte. Toccava anche a lei avere una parte in questa raccolta. Anche se figlia di Nicole, nel manga, anche lei è nobile ma è povera. La perdita del padre ha rovinato tutti, anche se ha permesso a Nicole di coronare il suo sogno d'amore. Vi informo che non ci sarà Rosalie perché il personaggio non si sente una nobile, anche se entrambi i genitori lo sono.

 

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Capitolo 7
*** Non tutto è concesso ***


Benvenuti a questo nuovo pezzo. Qui andrò veloce per cui spero che vada bene. Vorrei ringraziare tutti coloro che mi hanno letto sinora e spero di poter fare un buon lavoro in questa avventura. La raccolta, come ormai saprete, si occupa di guardare ai nobili.

 

  1. NON TUTTO E'CONCESSO

 

Non aveva mai pensato a quella possibilità.

Stava finendo i suoi studi, visitando la fiorente attività salottiera parigina, come ogni nobile della sua stirpe. Suo padre doveva essere fiero di lui, essendo un allievo eccellente. Conosceva molte lingue e poteva dire che il completamento della sua istruzione doveva necessariamente essere quel Paese.

Partecipare al Ballo di Parigi era una diretta conseguenza di questo processo educativo. Fersen non aveva mai obiettato, dal momento che, ormai lo sapeva, non avrebbe potuto avere altre possibilità di vivere in modo spensierato come stava facendo.

La Svezia lo aspettava...forse, addirittura, con una moglie.

Hans non lo sapeva.

Sua sorella Sophie non gli aveva detto molto, tramite le lettere...e poi, in tutta franchezza, quel futuro lo aveva sempre lasciato completamente indifferente.

Almeno fino a quando non aveva visto quella dama bellissima e leggiadra. Non gli era stato difficile notarla. Le sue movenze delicate avevano subito attratto la sua attenzione. Quella fanciulla, forse sua coetanea, si levava eterea nella sala, catturando gli sguardi di ognuno, senza nemmeno rendersene conto.

Hans strinse con forza i pugni. Non aveva mai pensato veramente al suo futuro. Aveva dato per scontato di condurre un'esistenza tranquilla e fiacca, senza domande o ombre...ma la sua sicura vita gaudente aveva subito un brusco tracollo. Aveva sperato di poter vivere accanto ad una fanciulla come quella dama mascherata, che avesse il medesimo, bellissimo volto, di poter udire la sua risata ogni singolo giorno della sua esistenza.

Subito aveva immaginato di poterle parlare ancora, di conoscere la sua famiglia e di chiedere, magari, al padre della giovane, la sua mano. Ne era maledettamente sicuro. D'altra parte, era un nobile.

Un nobile ricco ed influente con un futuro di prestigio.

Fersen aveva fantasticato molte cose, lieto di vedere come la giovane corrispondesse i suoi sentimenti e condividesse i suoi pensieri...ma quando quel biondo ufficiale si era messo in mezzo, puntandogli la spada contro, quel sogno si era infranto. Non aveva mai pensato ad una simile possibilità.

Ho ballato per tutta la sera con la futura regina di Francia, pazzesco! Pensò, tentando di fare dello spirito...e lo avrebbe fatto, qualche mese prima, quasi per vantarsi dell'accaduto. Quella sera, però, non aveva nessuna voglia di ridere.

Quanto successo gli lasciava addosso un profondo malessere, un dolore al petto così forte da lasciarlo senza fiato, quasi incerto come un povero sciocco. Fino a quella sera, pensava che, come nobile, ogni strada gli fosse aperta, accessibile...ma quel ballo gli aveva rivelato una verità crudele e meschina.

Per quanto volesse, non tutto gli era concesso. Poteva ottenere ogni prestigio, ogni titolo, senza alcun ostacolo...ma non quella giovane donna che tanto lo aveva colpito nel profondo. Fersen trovò quel divieto estremamente ingiusto ma doveva arrendersi a quella realtà. Ai nobili non mancavano lusso e privilegi ma queste due cose, sufficienti fino a quel momento, non lo portavano automaticamente alla felicità. C'erano cose che anche agli aristocratici erano negate.

Come l'amore...e lui aveva violato quella legge non scritta.

Si era innamorato di una donna che non poteva avere alla luce del giorno e, per quanto lo volesse, per lui non c'era niente da fare, ormai prigioniero di quell'anima innocente e pura. Era in catene...e nel pensarlo, compianse e benedì di conoscere quella felicità, pur sapendo di non poterla realizzare davvero. Perché la gioia era qualcosa d'intenso ed effimero...almeno per lui.

Tutto perse di significato.

Il lignaggio.

La ricchezza.

L'onore.

Ora, poteva affermare di conoscere con certezza i limiti del suo status...ma quel sapere, così bramato con ogni fibra del suo essere, aveva ora un che di beffardo. Ora sapeva...ma quel conoscere lo aveva solo reso infinitamente triste e vuoto. Aveva la possibilità di avere tutto quello che desiderava...tranne quello che voleva veramente.

Maria Antonietta di Francia.

Lei.

L'amore.

 

Ecco, ci voleva anche Fersen. Non poteva mancare. Questi sono i pensieri del famoso ballo in cui lo svedese incontra la futura regina di Francia. Il primo incontro, insomma. E'difficile rappresentare lo svedesino ma spero che vi piaccia. Ci saranno altri incontri tra loro. Mi viene sempre difficile definirlo ma non mi dispiace. Certo, è sveglio come Oscar per certe cose...però insomma non è malaccio. Colleziona delle figure color cioccolatino che sono assolutamente chic.

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Capitolo 8
*** 8. L'IMPORTANZA DELLE REGOLE ***


Benvenuti a questo nuovo capitolo.

 

  1. L'IMPORTANZA DELLE REGOLE

Aveva una delfina assolutamente indisciplinata andava pensando, mentre percorreva a passo svelto i corridoi. Non seguiva le lezioni del precettore e sembrava completamente ostile all'idea di seguire le norme del cerimoniale.

Regole antiche e ferree che tutti a Versailles dovevano rispettare, affinché la reggia funzionasse decentemente. Libri e saggi erano stati scritti nel corso dei secoli ed ogni dama li seguiva, senza fare domande o smorfie di disappunto.

Madame De Noelle era una donna dal temperamento rigido e imperturbabile, dotata di una fermezza che le era valsa il compito di preparare e consigliare la futura sovrana...ma quando aveva scoperto che Sua Altezza aveva nuovamente evitato la lezione di storia, aveva compreso che il compito riservatole aveva più oneri che onori.

Ne aveva parlato con il principe consorte ma questi, troppo preso dalla sua discutibile attività di fabbro, le aveva permesso quelle infrazioni...qualcosa che indignava l'aristocratica più del lecito.

Quelle regole avevano un senso. Servivano a distinguere i ranghi interni della nobiltà, a definire le distanze, plasmando ogni gesto ed ogni azione. Un nobile era tale solo perché segue quei ritmi e quelle norme...ma la principessa era refrattaria a tutto questo.

Madame De Noelle era piuttosto preoccupata. I suoi propositi venivano perennemente ignorati e quasi rimpianse la mancanza di una regina che potesse consigliare e correggere le infantili mancanze della consorte del Delfino. Solo lei avrebbe potuto fare qualcosa...ma non era possibile.

Doveva pensarci lei...ma aveva mezzi limitati.

-Povera me, quale compito ingrato mi attende!-disse, mentre sentiva il ritorno, vivo e odioso, dell'ennesima emicrania.

 

Stavolta abbiamo Madame Noelle o Madame Etiquette. Ho lasciato un posto anche per lei, in modo da poterle recare giustizia. Grazie a tutti.

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Capitolo 9
*** FINO AL LIMITE ***


Benvenuti a questo nuovo pezzo. Sto dando spazio a tutti i nobili dell'anime, in modo da dare a tutti un po'di rilievo. Grazie a tutti coloro che mi seguono.

 

9.FINO AL LIMITE

 

Madame riaprì gli occhi.

Non ricordava cosa fosse accaduto ma quella sera non stava molto bene, mentre aspettava il ritorno della regina. Da giorni, tornava molto tardi alla reggia, insieme alla sua dama di compagnia prediletta, che fosse un tavolo da gioco o una commedia e Marguerite, suo malgrado, aveva atteso pazientemente il suo arrivo, senza dare segno della stanchezza. Era una dama del seguito della regina e non le era consentito di riposarsi quando lo desiderava.

-Madame De Jarjayes, vi sentite meglio ora?-aveva domandato la sovrana, con un tono preoccupato.

La dama aveva annuito.

Non era vero, si sentiva stanca...ma aveva detto di sì. Ormai non ascoltava più il suo corpo da anni, come non ascoltava il suo cuore, ignorandone le grida. -Mia regina, non vi preoccupate. Ora sto meglio-aveva risposto. Non era vero ma aveva vissuto insieme alle sue bugie da così tanto tempo che non si preoccupava più del loro peso. Lei doveva fare il suo compito, almeno impegnarsi affinché quell'unica parte le riuscisse bene.

Maria Antonietta non disse niente. -Siete molto pallida. Madame, perché avete atteso il mio arrivo? Non voglio che vi affatichiate in questo modo.-mormorò.

Il tono preoccupato di quella voce la attraversò, facendola sussultare. Impensierire la sovrana era un'eventualità che disorientava la matura dama. Cosa significava tutto questo? Si era impegnata con ogni fibra del suo essere per rispettare il ruolo assegnatole...ma quel tono sembrava non riconoscere il suo sforzo.

E forse era giusto così.

Aveva generato sei figlie.

Sei sanissime e splendide creature...purtroppo femmine.

Solo femmine.

Nessun maschio.

Quell'evento era una pietra che tuttora la mortificava, togliendole serenità...come era umiliante sapere che suo marito si era ritrovato costretto a rimediare al suo errore, facendo vivere la sua ultima bambina come un uomo. Il Generale aveva agito così, di getto, preso dall'impulso del momento.

Marguerite aveva sentito la sua decisione, presa senza consultarla, come tutte le volte...e, come sempre, aveva chinato la testa, senza combattere. Le ripetute gravidanze avevano fiaccato il suo spirito, prosciugando un corpo da sempre troppo fragile per quello stile di vita.

Così si era unicamente concentrata sul suo ruolo di dama di compagnia. Aveva fallito completamente come moglie, venendo meno ai compiti che le erano richiesti. Suo marito non le aveva fatto pesare la sua mancanza...in nessuna ragione. Se l'era presa con la Sorte, accogliendo ogni nascita con sempre crescente malanimo ma non l'aveva mai biasimata.

Marguerite provava una profonda mortificazione in questo. Avrebbe volentieri preferito liberarsi di quell'obbligo a suo tempo, invece di tentare continuamente, fino al limite concesso al suo fisico. La gravidanza di Oscar aveva minato la sua salute in modo irreparabile, rendendole impossibile ogni altro tentativo ed il generale doveva essere consapevole di tutto questo.

Non le aveva più chiesto di entrare nella sua camera...e la donna, malgrado tutto, non riusciva a non sentirsi umiliata per questo. Aveva affrontato tutte le sue gravidanze con tragica rassegnazione, tremando per l'esito.

Sarebbe sopravvissuta?

Avrebbe dato un figlio?

Alla fine, voleva solo generare un erede, un maschio che ponesse fine ai doveri coniugali. Il Generale l'aveva presa con relativa frequenza, per poter ottenere il risultato che occorreva alla sua stirpe...ma aveva miseramente fallito ed ora non le restava altro che assistere al gioco crudele che il suo sposo, per disperazione, aveva orchestrato, usando la sua ultimogenita come un oggetto su cui scaricare le proprie ambizioni.

-Madame, ho fatto chiamare Madamigella Oscar. Era molto preoccupata per voi e le ho dato un giorno di riposo, per potervi seguire fino alla vostra dimora. Anche vostro marito è stato informato.-fece la regina -Ora vi lascio riposare, prima del suo arrivo.-

Marguerite chinò il capo.

Quante preoccupazioni, quanti pensieri per una donna inutile come lei...e senza nemmeno rendersene conto, una lacrima, dopo tanti anni, scivolò giù dalla guancia.

 

Pezzo complicato e difficile. Ho ripreso Madame perché anche lei è nobile, in particolare l'episodio in cui ha un malore. Qui è il caso della maternità, un compito che ogni dama doveva sostenere in ogni matrimonio.

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Capitolo 10
*** SUPPLIZIO ***


Ecco un nuovo capitolo della vicenda.

 

10. SUPPLIZIO

 

Lei era lì, tra le sue braccia.

Il suo corpo morbido contro il suo, così tenero e arrendevole. In quella stanza, nella penombra dell'alcova. -Vorrei che questo momento non finisse mai, Hans.-disse, la voce ancora roca per l'amplesso consumato. Vide i capelli d'oro sparsi sulle lenzuola bianche della camera di quel casino da caccia, avvolto nella nebbia durante la notte.

-Anche io lo vorrei-ammise, tenendola stretta.

Una frase breve, dolorosa nella sua sincerità.

-Vorrei non essere quella che sono e che voi non siate ciò che siete-disse lei, scrutandolo con quegli occhi di cielo.

Hans distolse lo sguardo, stringendola con forza e sentendola fremere nella sua stretta. Non aveva la forza di parlare. Il giorno sembrava fare ritorno, di nuovo...e presto quell'abbraccio avrebbe lasciato il posto ad una separazione. Un continuo lasciarsi e prendersi, senza possibilità di riposo. Avanti e indietro, avanti e indietro, come il moto del mare.

Non c'era modo di poter fuggire.

Quel casino di caccia appartato, lontano da occhi indiscreti, era tutto quello che aveva...anzi no. Non gli apparteneva, come non gli apparteneva quel Paese, come non gli apparteneva quell'angelo che dormiva tra le sue braccia. Hans sentiva le sue stille salate attaccarsi alla pelle, lasciando quella stonatura di fondo che, per tutta la notte, aveva cercato di allontanare da sé.

Nulla di quello che aveva condiviso gli apparteneva.

Soprattutto quell'angelo piangente, troppo in alto per uno straniero come lui.

Hans osservò mesto quei crini d'oro tra le mani, consapevole dell'inevitabile distacco.

Il loro cuore andava in una direzione opposta agli obblighi che entrambi avevano. Lui era un conte, mentre lei era una sovrana. Non avrebbero mai dovuto incontrarsi, non avrebbero mai dovuto permettere alle loro anime di specchiarsi nella reciproca solitudine. C'erano dei doveri che entrambi dovevano rendere al loro mondo, opposti ai loro sentimenti.

Ma, in fondo, questo amore va contro tutti i limiti imposti. Non posso fare altro che piegarmi. -Anche io lo vorrei, Maria Antonietta-esalò, cercando di vivere con serenità quei precari istanti di libertà improvvisa...e, per l'ennesima volta, la consapevolezza di quanto fosse impossibile per lui vivere il suo amore senza che fosse macchiato dai gretti meccanismi del suo ceto, gli apparve un peso insopportabile.

Quell'obbligo non li rendeva liberi, tanto da spingere entrambi ad aggirarlo ad ogni passo...e si sarebbero perennemente cercati di conseguenza, in un eterno e delizioso supplizio.

 

Capitolo che ho aggiunto, di nuovo su Fersen.

Mi è simpatico il conte, ve lo dico subito e spero che anche questa shot vi piaccia...la collocherei prima della partenza per le Americhe dello svedese.

 

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Capitolo 11
*** LUSTRO ***


Obbiettivamente, dovrei continuare THE SECRETARY. Lo sto facendo ma la tesi è impegnativa. Questa raccolta di composizioni brevi è un omaggio al concetto di Noblesse Oblige che caratterizza tutti i nobili di Versailles e non. Mi auguro di creare un buon lavoro e ringrazio tutti coloro che mi hanno letto finora.

 

11. LUSTRO

 

Provava una profonda indignazione.

Vedere tutti quegli abiti bellissimi, frutto delle abili mani di Madame Bertin, era fonte di grande dispiacere. Non avrebbe dovuto avere simili sentimenti.

Avrebbe dovuto rallegrarsi di aver avuto la fortuna di aver avuto un matrimonio...ma la consapevolezza che la sua condizione aveva spinto i Pollastrion ad una soluzione di ripiego, era un tarlo che non l'aveva mai abbandonata.

Yolande aveva dissimulato abilmente il suo dispiacere per quelle nozze, come la delusione per l'inettitudine del suo sposo...ma quando aveva posato gli occhi sulla bellezza di Versailles, aveva compreso che doveva fare qualcosa.

Jules era lieto dell'ozioso agio della sua rendita ma la modesta dote che poteva sperare di ottenere per sua figlia Charlotte destava tutta la sua preoccupazione. Aveva una splendida bambina ma non poteva che darle un futuro misero, forse più del suo.

Yolande si rifiutò categoricamente di piegarsi a quella sorte.

Non avrebbe permesso che Charlotte avesse un destino del genere.

Doveva fare qualcosa e pensare a concedere lustro ai Polignac, dal momento che Jules sembrava completamente disinteressato a tutto ciò...e ci sarebbe riuscita, in un modo o nell'altro.

 

In qualche modo, rientra nel Noblesse Oblige. Per quanto sia un'intrigante, ha pensato a risollevare le sorti dei Polignac, quindi meritava un posto anche lei.

Non sono completamente soddisfatta del risultato ma spero di aver fatto un buon lavoro.

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Capitolo 12
*** DORME SERENA ***


Ecco un nuovo capitolo.

 

12.DORME SERENA

 

Charlotte dormiva serena nel letto, come mai le aveva visto fare.

Jolande la guardava in silenzio, con un'espressione indecifrabile. Come aveva potuto darle un simile dolore? Come aveva potuto rifiutare la sua premura?

Lei aveva agito con le migliori intenzioni...ma Charlotte non aveva compreso ed ora stava lì, dormendo serena, circondata dai fiori. La sua bellezza emergeva anche in quel momento, un bocciolo magnifico, pronto a schiudersi.

Jolande contemplava quella vista con distacco.

Come aveva potuto farle una cosa del genere?

Perché aveva rifiutato la sua autorità e gli obblighi che doveva rispettare? In cosa aveva sbagliato nell'educarla? Aveva cercato di darle tutto quello che la sua condizione le avevano impedito di raggiungere, che a suo tempo, se avesse avuto il tempo, avrebbe voluto per sé stessa ...ma lei era volata giù, con il suo abito colorato.

La rabbia attraversò il suo cuore. Quale ingratitudine, quale mancanza di riconoscenza aveva dimostrato sua figlia!

Aveva fatto ogni sforzo per dare onore ai Polignac, per rimediare ai suoi errori e per garantire un futuro glorioso alla sua prole ed al marito a cui ormai si era abituata. Aveva fatto notevoli sforzi per raggiungere una stabilità...ma Charlotte non aveva compreso l'entità dei sacrifici fatti né, tantomeno, aveva imparato una lezione, viziata com'era dalle delizie di Versailles.

Aveva sbagliato indubbiamente, a permettere che si lasciasse illudere dalle fantasie di quel lusso. Ogni cosa aveva un prezzo. Aveva messo di fronte a sé molte cose, scegliendo oculatamente le sue mosse.

Charlotte doveva avere tutto quello che non aveva mai avuto lei ed ottenere quell'unione decorosa a lei negata. Come ogni dama, avrebbe dovuto sopportare il proprio matrimonio perché era un dovere naturale ed un naturale destino.

Yolande era stata irremovibile su quel punto.

Charlotte però non aveva dimostrato l'obbedienza sperata ed ora giaceva immobile su quel giaciglio, accompagnata dal profumo dei fiori e dell'incenso.

Hai disobbedito a tua madre, al tuo sangue...come hai potuto rifiutare i miei sacrifici così, Charlotte? Si chiese, mentre il prete concludeva l'omelia funebre.

 

Molto in linea con quello che ho scritto in Maternalia, ho rimesso la Polignac e sua figlia, la sfortunatissima Charlotte. La Ikeda ha creato un vero gioiellino con questo personaggio e sono contenta di averlo nuovamente rimesso in scena.

 

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Capitolo 13
*** PERCHE' IO? ***


Ennesimo capitolo della raccolta. Siamo quasi alla fine, ve lo dico subito. Ho scritto questo esperimento pur sapendo che devo continuare THE SECRETARY...ma spero di tenere un buon livello anche con quella fiction. Mi auguro che questo passatempo vi piaccia. Ringrazio tutti coloro che mi hanno letto finora.

 

13. PERCHE' IO?

 

Il rumore della fucina raggiungeva le sue orecchie, ronzandogli dentro le viscere.

I fumi della fornace coprivano il viso, mostrandogli le fiamme. -Bene, ci siamo quasi- fece, contando mentalmente il tempo necessario.

-Va bene, Maestà-disse uno dei fabbri.

Luigi annuì, seguendo vigile la procedura di lavorazione. Ne avrebbe fatto un lucchetto...o forse qualcos'altro, dipendeva da come si sarebbe sentito in quell'istante.

Il battere del martello sull'incudine aveva il potere di rassicurarlo, insieme al calore bruciante delle fiamme. Una magnifica bolla di fuoco che lo avvolgeva.

Come amava quel posto.

Tutto dettato da ritmi precisi e insieme fiacchi, semplicemente attento al risultato della fusione del metallo. Luigi chiuse gli occhi, sospirando di piacere. Aveva sempre amato quell'attività e sapeva bene che nessuno della sua famiglia approvava quel passatempo.

Quell'idea era ai suoi occhi incomprensibile ma non si interrogò molto in proposito. Aveva seguito tutti i consigli dei suoi precettori, agendo nel modo in cui gli era stato insegnato. Prima il dovere e poi il piacere erano soliti ripetergli...per cui non vedeva nulla d'indecoroso se, avendo fatto tutti i suoi compiti, si dedicava alle attività che più gli piacevano, soprattutto se erano così diffuse anche in altre corti europee. Chi erano loro per negargli un guizzo di felicità?

Aveva appena finito di fondere il ferro, quando sentì lo scalpiccio degli zoccoli sulla strada. Non ho un momento di pace nemmeno ora si ritrovò a pensare.

Quella minuscola fucina era un angolo di paradiso, malgrado la fuliggine e le faville dicessero tutt'altro. A Luigi tutto questo pareva assolutamente privo di senso. Quel luogo, dimesso e sporco, era fonte di quiete...soprattutto in quel momento.

Il Delfino chiuse gli occhi.

Quanti impicci, quanti problemi aveva in quell'occasione...eppure, doveva essere felice. Suo nonno lo teneva in considerazione ed aveva una moglie giovane e bella. Troppo per me pensò, mentre scrutava pensieroso le fiamme. Sapeva bene che la timidezza e la goffaggine erano elementi che non erano adatti ad un sovrano. Sapeva bene che la famiglia reale vedeva malamente il suo stare perennemente zitto ma nessuno lo criticava apertamente, tranne il nonno, quando si dava a qualche sua battuta triviale.

Luigi sospirò.

Tutti sapevano che era un inetto ma nessuno osava parlare perché temevano la sua futura posizione. Era l'erede al trono e questo semplice fatto faceva la differenza. Un semplice titolo aveva determinato il suo destino, indipendentemente dalle sue capacità, dandogli delle responsabilità troppo grandi per la sua natura timida ed una moglie troppo bella per un uomo grasso e goffo.

Il Delfino si sentì travolto da quel peso che lo schiacciava ogni giorno. Quella fucina era il suo angolo di paradiso dove poteva illudersi di non essere così carico di problemi. Perché io? Si chiese, mentre le scintille della fucina scoppiettavano, indifferenti al suo stato d'animo.

 

Anche il re doveva fare la sua comparsa. Mi sembrava doveroso. Questa raccolta va tranquilla come un treno e sono abbastanza soddisfatta dei vari pezzi. Spero che vi sia piaciuto.

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Capitolo 14
*** ONORE ***


Benvenuti a questo nuovo capitolo.

 

14. ONORE

 

Alla fine, era giusto così.

Era meglio perdere, piuttosto che vincere in quel modo. Victor fissava laconico suo padre ed il sovrano. Il conte Girodelle, appoggiato al suo bastone, lo scrutava con biasimo, misto a sconcerto...ma a lui non importava molto, mentre raccontava il duello che aveva appena fatto.

Il re, invece, pareva stranamente concentrato, la sua proverbiale noia, un punto lontano all'orizzonte.

-Figlio mio, spero che vi rendiate conto che ci sono delle irregolarità in proposito-aveva aggiunto il genitore, fremendo.

Lui annuì. Certo che c'erano e in parte avrebbe condiviso il suo punto di vista ma si guardò bene dal rispondere. Quando aveva saputo di quel duello, si era sentito terribilmente umiliato. Aveva seguito con profitto l'accademia ed era più che ovvio che desiderasse una carriera brillante nell'esercito ma sapere che l'unico ostacolo era una ragazzina aveva smontato parte del suo entusiasmo.

Gli sforzi di una vita erano stati spazzati via dai capricci di un re annoiato e questo non andava giù a Girodelle. Duellare con una donna era qualcosa di degradante...ma era lui a dover fare questo compito ingrato, mentre Luigi XV avrebbe detto qualche battuta triviale, trangugiando qualche frutto o leccornia. Per tutto il viaggio, aveva sperato di fare rapidamente quel patetico spettacolo, pur sapendo che, vincendo, avrebbe iniziato il suo sogno con minor onore di quanto desiderava.

Invece quella donna, quella bellissima donna, aveva battuto la sua lama, tirando di scherma con un'abilità che faceva a gara con quella dei migliori istruttori della disciplina. Aveva sempre saputo che il Generale era un maestro con la spada ma non immaginava che la figlia fosse a quel livello.

Victor aveva combattuto, senza risparmiarsi...ma aveva perso. Un duello regolare e onorevole come aveva sempre voluto. Sapeva accettare una sconfitta e in qualche modo si ritrovò a ringraziare l'erede dei De Jarjayes per quello scontro tanto defilato.

Che vincesse o perdesse, davanti agli occhi della corte, sarebbe stato comunque umiliante per lui, per quanto cinico o disincantato fosse. Non aveva mai mandato giù il fatto che, per scegliere il Capitano della Guardia della Principessa, dovesse fare un duello in quelle condizioni, come se fosse un mero intrattenimento. Aveva sempre preso seriamente il suo ruolo e quella superficialità era per lui fonte di profondissima umiliazione. Per questo, alla fine, non poteva dirsi davvero dispiaciuto di come erano andate le cose. Era finito in una situazione che, nel bene e nel male, avrebbe compromesso la sua reputazione ed il giudizio delle sue capacità. Oscar Francoise De Jarjayes era più che adatta al compito e, cosa ancora più importante, malgrado lo scherno spavaldo degli inizi, aveva rispettato la sua abilità e la sua persona come nessuno aveva mai fatto.

Vi auguro un sicuro successo, Capitano delle Guardie Oscar Francoise De Jarjayes si disse, sorridendo al ricordo di quei ricci biondi e di quelle iridi di mare.

 

Non potevo lasciare lui, Girodelle. E'il più nobile di tutti i nobili della storia, insieme a Dagout. Mi è sempre piaciuto come personaggio, malgrado passi in sordina rispetto agli altri belli della storia. Questo è ciò che succede quando Girodelle spiega che ha perso e che accetta la sconfitta. Poteva anche non farlo...è un grande, non credete anche voi?

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Capitolo 15
*** PICCOLO GRANDE NOBILE ***


15. PICCOLO GRANDE NOBILE

 

Il cielo sembrava cupo e tempestoso, quando si apprestò a tornare nel suo studio. Aveva udito le parole del Comandante della Guardia Metropolitana e le sue intenzioni di disertare...ma aveva finto di non aver sentito niente. Il piccolo nobile non aveva avuto cuore di ostacolare le sue scelte.

Con occhio mesto, fissò le nuvole nere correre rapide. Oscar Francoise De Jarjayes aveva lo stesso pallore e la stessa energia nel trascurare il suo stato come aveva fatto sua moglie, la sua amata sposa. D'Agout aveva da tempo scorto le lugubri analogie tra quella porcellana, troppo chiara per una persona sana, e quella della donna che aveva perso. Ciò che muoveva quel corpo era la fiamma della volontà, che ancora si dibatteva contro la malattia che divorava ogni pezzo di lei, giorno dopo giorno.

Non ha scampo pensò con dolore.

Aveva imparato a rispettarla. Inizialmente scettico, si era accorto che prendeva seriamente il suo ruolo e sapeva farsi rispettare dai suoi uomini, onorando il loro ruolo a sua volta. Era una persona con una profonda umanità...e, come aveva fatto con sua moglie, doveva lasciarla andare. Oscar Francoise De Jarjayes stava morendo e, di fronte all'inellutabilità di quella sorte, aveva deciso il modo più adatto alla sua indole. C'era qualcosa che animava quella persona e che lui comprendeva solo in parte. Non aveva mai messo in dubbio i privilegi ma era consapevole che, fuori da Versailles, in un ambiente borghese, erano ben misera cosa, come anche la difesa della monarchia, che rispettava esclusivamente per il suo ruolo.

Oscar aveva invece sembrava credere in tutto questo...eppure qualcosa sembrava essersi rotto in lei. Era una nobile per nascita ma anche per sensibilità. -Ha risposto fino in fondo agli obblighi del suo nome. Non ha tradito.-mormorò tra sé- Siamo noi nobili che non abbiamo capito che, per essere nobili all'altezza del rango, dobbiamo mostrarci degni di tutto ciò anche nell'anima. Sia quello che sia, Comandante rispetto la vostra scelta.-

 

D'Agout è una figura che ho sempre amato. Un vero nobile come Girodelle...e qui sono i suoi pensieri quando si congeda da Oscar e dai suoi uomini.

 

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Capitolo 16
*** STONATURA DI FONDO ***


Benvenuti a questo nuovo appuntamento con la serie. Mancano 3-4 pezzi forse, salvo ripensamenti.

 

16.STONATURA DI FONDO

 

La pioggia batteva a intermittenza sul vetro, accompagnando i suoi pensieri.

Il Generale guardava il paesaggio fuori dalla finestra con aria assente e distaccata. Erano passati alcuni giorni, da quando il messaggero della regina aveva loro concesso il perdono...ma la paura che aveva provato, anziché svanire, aveva in qualche modo scosso i suoi pensieri, svegliandolo bruscamente.

Oscar, la figlia che per più di 30 anni aveva considerato un uomo, aveva ormai lasciato la sua casa. Il vecchio nobile sospirò, lottando contro gli ultimi brandelli d'incredulità che ancora rimanevano dentro di lui, rifiutandosi di soccombere.

Per anni si era domandato se la sua decisione, fatta alla nascita in un impeto di stizza, fosse stata la più giusta per lei. Hai sbagliato si andava dicendo...eppure Oscar gli aveva detto grazie quando aveva provato ad ucciderla per evitare la condanna a morte per tradimento, una pena che avrebbe valso la massima umiliazione per il casato.

Non aveva mai abbassato lo sguardo, parlandogli con quell'onestà che l'uomo, alle volte, trovava incompatibile con il suo rango. Non si era mai fatto domande sugli ordini da eseguire, a differenza di Oscar. Lei aveva visto la corruzione...ma lui non aveva voluto ascoltarla, anche perché sapeva che nulla sarebbe comunque cambiato.

Oscar aveva rifiutato tutto ciò ed era stato allora che il Generale aveva capito. Sua figlia non obbediva solo perché era suo dovere farlo ma perché credeva nella giustizia degli insegnamenti ricevuti. Se ora si ribellava non era perché non li riconosceva più ma perché né lui, né gli altri aristocratici, seguivano più quelle regole. Come è potuto succedere tutto questo? Si chiese, con il cuore mesto.

Nemmeno allora comprendeva le idee della figlia ma sentiva la stonatura di fondo nelle cose che, per tutta la vita, aveva seguito senza farsi domande...un dubbio a cui non riusciva a dare nome e che, con la pioggia, scivolava giù, insieme ai boati del temporale.

 

Altro passaggio dedicato al generale, poco dopo alla famosa scena dell'accusa di tradimento. Il Generale è un nobile vecchio stampo e comunque a me è sempre stato molto simpatico.

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Capitolo 17
*** SONO SOLO UN NOBILE ***


Benvenuti a questo nuovo capitolo.

 

17. SONO SOLO UN NOBILE

 

Lei era davanti a lui, in ginocchio.

Gli dava le spalle, mentre pregava tra le lacrime di fronte alla croce. Fersen scrutò la chioma d'oro che le cingeva le spalle candide. Era bella anche nel mare di dolore dove agonizzava giorno dopo giorno, anche con gli occhi lucidi per le stille salmastre.

I singhiozzi scuotevano la sua preghiera, facendola tremare ad ogni parola.

Quella vista lo fece morire dentro.

Non voleva quel dolore sui suoi occhi, malgrado tutto.

Allungò la mano, pronto a muoversi, a fornirle il suo abbraccio...

-Conte di Fersen- disse una voce compassata alle sue spalle che lo fece girare di scatto. Vide la sagoma grassoccia del re che lo guardava con occhi rassegnati. Anche lui mesto e provato, come la sua sposa. -Lasciateci solI, conte-disse, con quel tono distaccato che aveva ereditato dalla sua timidezza cronica e che, invece di essere autoritario, appariva semplicemente dimesso.

Lo svedese rimase fermo, immobile ed il re, senza più degnarlo di alcuna attenzione, si avvicinò alla consorte. -Maestà-disse Maria Antonietta, con voce rotta dal pianto.

-Mia regina-rispose questi- non possiamo che affidarci alla preghiera. Facciamolo insieme e speriamo che ascolti la nostra supplica.-

Fersen guardò quel quadro.

Lei aveva annuito debolmente, immersa nel fango della disperazione più cieca, dove sprofondò in seguito a quel vacuo consenso.

Se ne rimase a guardarla, nascosto dietro alla colonna. Era a pochi passi da lei, eppure le pareva distante miglia e miglia. Fu allora che comprese. Nessuno la conosceva come lui...proprio lui, che non poteva toccarla. Lei era una regina, per quanto fosse fatta di carne e sangue. Era la donna di un altro uomo e anche se la amava, tanto da arrivare a dimenticare sé stesso, non poteva soccorrerla in nessun modo nella sua ora più buia. Sono solo un nobile...anche se la amo più di me stesso, al punto da ribellarmi agli obblighi verso il mio sangue...sono solo un nobile si disse, mentre si incamminava sconfitto verso la porta.

 

Ultimo pezzo di Fersen, che si congeda da questa raccolta. E'la scena dove Maria Antonietta prega per la salute del figlio Joseph, per chi non se lo ricordasse. Anche questo è un capitolo necessario. Ci avviamo verso la chiusura della storia.

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Capitolo 18
*** I SENTIMENTI DI UNA BAMBOLA ***


18.I SENTIMENTI DI UNA BAMBOLA

 

Non poteva credere a tutto questo.

Lui era lì, sotto la pioggia, a fissarli con sgomento, a guardare lei, con cupa disperazione...e lei non poteva muovere un muscolo. Era di fronte a lei, per l'ultima volta. -Maestà, vi scorterò io stesso al confine-disse, con calore malamente celato.

La donna non mosse un muscolo, da dietro il suo travestimento.

-No, conte di Fersen-rispose invece il re- non è più possibile. Avete fatto l'impossibile e ve ne sono grato. Ormai, sarebbe troppo pericoloso per voi rimanerci vicino. E'tempo di dirci addio.-

Addio, addio...

Quella parola maledetta rimbombò nelle viscere, danzando al ritmo di quel diluvio. Lei era nella carrozza, con quello sbigottimento specchio del suo. Nemmeno lei poteva credere alle parole del consorte...eppure rimase ferma nella sua posa statica, come una bambola. Neanche la regina, così forte e altera, trovava la forza per dire alcunché. C'era solo il suo silenzio, pronto a urlare nel fragore della tempesta.

Ultimamente, dopo la perdita del figlio e la caduta di ogni finzione, si era sentita nuovamente avvolta dal vuoto che, in passato, aveva mangiato la sua anima, smaniosa di amore e offesa da una corte fredda e fittizia. Ora Iddio la portava a perdere anche l'unico uomo che avesse mai amato.

Il cuore batteva piano, dandole colpi violenti, così forti da toglierle il respiro. Fersen stava per andarsene, questa volta senza alcuna possibilità di ritorno...e lei non poteva parlargli, con la presenza del marito di fronte. Non dubitava che Luigi non sospettasse qualcosa ma rivelare quel legame, così intimo da non aver bisogno di riconoscimenti da parte del mondo, gli sembrava una profanazione dei sentimenti che li avevano uniti per anni.

Fersen era tutto ciò di cui aveva bisogno...e stava per dirgli addio.

Una parte di lei, quella più appassionata, avrebbe voluto scendere dal mezzo e correre, alla ricerca di un abbraccio. Non voleva lasciarlo, non poteva.

Dio, sta per andarsene...fu il pensiero addolorato. Nascosta dietro al cappello, guardò gli occhi chiari che tanto aveva amato. La pioggia batteva sul tettuccio, martellando tutto. Un rumore cupo e lugubre, che le ricordava quello delle campane della chiesa di Parigi, dove avevano celebrato le esequie del figlio.

Prima Joseph, poi Fersen e, più a ritroso, sua madre, l'imperatrice d'Austria. Perché Iddio le toglieva tutte le persone che amava? Perché tutto quel dolore? Maria Antonietta si fece forza, tentando di tenere quella postura che, ormai, si sosteneva su solamente per inerzia.

Avrebbe voluto veramente scendere da quella maledetta carrozza che la portava verso una salvezza che avrebbe preservato solo il corpo, lasciando l'anima indietro con i suoi pesi. No, non voglio pensò, in un urlo che non uscì dalle labbra perfettamente cesellate. Morbide catene la tenevano in quella carrozza. Fili innocenti che dipendevano da lei, in ogni momento.

Maria Antonietta non guardò i fautori di quei nuovi ceppi che, pur dando un senso alla sua vita, la arpionavano a quel matrimonio combinato, dominato da una fiacca incomunicabilità. Marie Therese e Louis Charles fissavano tremanti entrambi,con un'espressione assorta che la trafisse, come un lancia.

Non era più tempo. Non ve ne era mai stato. Quella vita d'ombra, la sola in cui aveva vissuto veramente, stava per scivolare via. Lei era la regina di un Paese che non capiva e dal quale aveva sempre ricevuto odio, prima come austriaca, poi come sovrana francese.

Non voleva stare lì.

Voleva andare con Fersen...ma quale era il prezzo?

Marie Therese e Charles, i suoi figli.

Luigi a cui voleva bene come ad un fratello.

Un vuoto le strinse le viscere in una morsa dolorosa, che non lasciava scampo. Non le era concesso seguire l'uomo che amava. Come una bambola aveva ricevuto vacui palliativi, senza avere mai ciò che desiderava davvero. Nel suo matrimonio non c'era posto per la felicità ed ora che quella definitiva separazione si faceva concreta, comprendeva che non poteva scegliere tra le due cose che amava di più al mondo ma che doveva farlo, anche se non avrebbe ottenuto la felicità.

Addio pensò, mentre la vista si faceva acquosa e molle...come la pioggia che batteva fuori dalla carrozza.

 

La più difficile delle parti da scrivere, almeno per me. Non so dire come sia nata questa cosa ma spero che piaccia. Intanto vi auguro buone feste!

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Capitolo 19
*** PROTEGGERE ***


Benvenuti ad una nuova puntata di Noblesse Oblige. Vorrei ringraziare tutti coloro che mi hanno letto finora e che continuano ad apprezzare le cose che scrivo. Ho cominciato questa avventura non per ispirazione ma perché avevo bisogno di scrivere in modo sciolto e chiaro e di questo devo ringraziare EFP e coloro che lo visitano e recensiscono perché sono spesso ricchi di buoni consigli. Terminata la parentesi ruffiana, vi lascio a questo nuovo passaggio. In realtà, avrei voluto lasciarlo a domani ma non so se ne avrò il tempo. Ho deciso così di finire la serie con questo regalo, proprio il giorno della vigilia.

Vorrei ringraziare tutti coloro che mi hanno silenziosamente letto e le persone che hanno lasciato una recensione. Non so quanti anni avete e onestamente non mi interessa nemmeno saperlo. Il bello del nickname permette di mettere sulla piazza cose che non si pensa nemmeno di saper fare, senza avere sempre di fronte idee preconcette di una vita.

Vorrei augurarvi buone feste e lo faccio ma considerando le rogne che si preparano per il futuro, più che un augurio di salute e serenità (che sono compresi nel prezzo e alla fine sono le uniche cose che davvero contano), vorrei augurarvi di avere tutta la fortuna possibile, tutto lo stomaco necessario per affrontare al meglio le possibili rogne che ci saranno.

Non amo molto i convenevoli e men che meno le frasi fatte, senza contare che io, per carattere sono piuttosto misantropa. Io vi auguro di continuare a poter fare le cose che più vi piacciono e a seguire i vostri interessi. Vi auguro di avere delle feste tranquille e piacevoli insieme alle persone a voi care e di avere il minor numero possibile di problemi. Questa è l'unica cosa che vi auguro. Buon natale a tutti voi, cari lettori.

 

19. PROTEGGERE

 

No, questa volta non posso obbedire agli ordini.

Non mi è possibile e voi, padre, sapete che avrei agito in questo modo fin dall'inizio. Voi sapete che, se ho obbedito finora, è perché io ho deciso di farlo e non per obbedire ad un comando, non importa da dove venga. Non vi rendete conto che i privilegi che abbiamo devono essere ben gestiti? Non vi rendete conto che quanto sta avvenendo è frutto della mercenaria  attitudine dei nobili di depredare quante e più ricchezze possibili, senza guardare alle conseguenze? Non vedete quante grettezze e quante meschinità sono commesse, dietro al nome che portano?

Generale, padre, voi non potete non sapere che se ho sempre tenuto duro, rischiando la vita, è perché ho avuto fede in Sua Maestà e in sua moglie, la Regina Maria Antonietta. Ho nutrito finora la speranza che potesse fare del bene, ponendo fine alla scriteriata arroganza degli aristocratici...ma così non è avvenuto. La solitudine e il dolore hanno accecato il suo raziocinio ed ora non posso più assolvere al mio dovere di proteggerla da sé stessa.

Non ho più la forza per fare questo e anche se l'avessi, dubito che ascolterebbe veramente il mio consiglio, dal momento che non conosce più il regno che non ha mai imparato ad amare.

Nessuno gliel'ha insegnato e la corte non ha minimamente favorito in questa direzione.

I nobili che le gravitano attorno sono persone che compiono impunità inconcepibili ed insensate, dietro il nome di un casato che non onorano minimamente. Mi avete insegnato che il titolo di molte famiglie è frutto dei gesti coraggiosi e illustri dei loro antenati, storie di cui i loro discendenti si vantano. Mi chiedo ora quale sia lo scopo di una simile vanità, se vedono i privilegi, ottenuti spesso col sangue, come un vezzo per dimostrare un valore che non hanno.

Padre, quanto ho visto finora, contrasta con i vostri insegnamenti. Mi avete sempre detto di comportarmi con dignità e onore, che il valore di una persona, per quanto siano alti i natali, deve essere accompagnato da un atteggiamento degno. Non importa la rendita, la nobiltà si manifesta nel sangue e non ha bisogno d'inutili orpelli mi avete sempre detto. Ho sempre cercato di comportarmi secondo giustizia perché se i nobili sono nobili per diritto divino, devono essere all'altezza di questo dono.

Gli anni passati a Versailles, però, contrastano con i vostri insegnamenti...ed ho cominciato a nutrire dubbi. Perché devo obbedienza al mio ceto, se questo tradisce i suoi valori con una condotta corrotta e meschina?

Voi allora mi rispondeste che dovevo fedeltà alla famiglia reale e che tutto il resto non aveva alcuna importanza. Quel pensiero mi irritò, sapete? I nobili trattano il popolo come una massa di servi...e con le vostre parole mi avete svelato una verità di cui voi, forse, non siete consapevole. Anche noi siamo servi e anche i re lo sono. Il popolo serve il clero, i nobili, il re e Dio. Il clero serve Dio, il re, i nobili ed il popoli, ai quali reca i suoi offici. I nobili servono il re e Dio ma anche il popolo perché le sue azioni ritornano su di loro. Il re serve Dio, la nobiltà, il clero ma anche il popolo che lo segue perché lo rispetta.

Riuscite a comprendere questo? Siete sempre stata la persona che più ho ammirato nella mia vita ma non vi siete mai interrogato su questo aspetto. Non vedete la rovina che si è diffusa perché non comprendete il delicato meccanismo che si è rotto e che non vi è più modo di riparare.

Non posso più continuare a chiudere gli occhi. Un nobile che non si comporta nobilmente non è un nobile...ed io non posso continuare a fingere. Essere un soldato non mi pesa quanto credete. E'un abito che non tocca i miei principi. Ciò che non riesco più a tollerare è lo scarso rispetto che gli aristocratici hanno del popolo e dei privilegi di cui loro stessi si avvalgono.

Tutto ciò deve cambiare ed io aiuterò questo mutamento. Non posso più obbedire come un tempo, a testa bassa e senza pensare, non quando il male della nobiltà è la nobiltà stessa. Ho sempre agito secondo coscienza ed ora che comprendo quali siano i livelli di degrado e sopraffazione che i privilegi possono portare, ho deciso di rinunciarvi. Non mi chiamerò più Oscar Francoise De Jarjayes.

Da adesso in poi, sono solo Oscar Francoise...ora e per il tempo a me concesso.

 

Con questa shot ho concluso la raccolta, nata durante la difficilissima tesi che sto facendo. Ho ripreso il filo di Maternalia ma penso che fosse doveroso dare uno spazio all'aristocrazia di Versailles. Pensiamo al povero Philippe, che non se lo fila nessuno e quindi è costretto ad accoppare il cugino...va bene, va bene, vedrò di darci un taglio. Mi diverte moltissimo scrivere sui personaggi poco caratterizzati. Ho lasciato stare i bambini ma chissà che non mi capiti di fare qualcosina su di loro.

La velocità di aggiornamento e la spaventosa regolarità con cui ho postato i nuovi capitoli non è frutto della mia scelta di provare le anfetamine...no, scherzo di nuovo, mannaggia a me. Non riesco ad essere seria nemmeno in un serissimo manga come Lady Oscar, povera me. Ad ogni modo, spero che vi sia piaciuto questa piccola raccolta. Non so se ce ne erano simili perché sinceramente non ho guardato nella sezione e quindi se ho avuto la solita idea, bhé è una cosa casuale. Nel caso in cui qualcuna di voi avesse un'idea simile alla mia, voglio chiedere una cosa. Postatela pure se vi va ma metteteci che avete preso spunto da questa, così si evitano molti pasticci. Grazie a tutti. Quanto agli auguri...bhé, li ho fatti prima e bhé, auguri di nuovo!

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