Storia di un uomo

di Mapix
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Axel ***
Capitolo 2: *** Un po di più ***
Capitolo 3: *** Forse mi capite ***
Capitolo 4: *** O forse no ***
Capitolo 5: *** Ma ormai non importa ***



Capitolo 1
*** Axel ***


Non ho molti ricordi di quand'ero piccolo, più che altro sono delle rimembranze di piccoli attimi : Sono un bambino molto timido, quasi non mi noti. Sai, se c'è una cosa che mi riesce bene, è proprio quella di non dare nell'occhio ; sono quel bambino messo in fondo alla classe, silenzioso che ascolta ( o cerca di ascoltare) la maestra mentre gli altri bambini fanno gli sbruffoni e fanno casino, non che mi sarebbe dispiaciuto unirmi a loro, ma mi vergognavo troppo ad alzarmi dalla sedia, quasi come se una paralisi mi avesse preso le gambe e le mani e mi avesse impedito di muovermi, cosi restavo mesto mesto sul mio banchetto a guardare gli altri bimbi. Era giusto così, in fondo, io ero il bimbo bravo che non doveva giocare con i bimbi cattivi, non volevo che il lupo nero mi venisse a prendere la notte e mi portasse nella sua tana per mangiarmi come gli altri bimbi cattivi.
"Mamma!Mamma! Sai oggi Francesco ha nascosto lo zaino di Clarissa nel gabinetto dei maschi e la maestra lo ha rimproverato, ma io sono bravo e non lo faccio", dicevo per esempio a mia madre quando tornavo da scuola, almeno finché gliel'ho potuto dire, perché arriva certamente un momento della vita in cui alla mamma non le si dice più nulla, perché magari si diventa grandi, si diventa più indipendenti; tanti motivi.
Come? perché io non le ho detto più niente? Semplice. È morta.
Non mi guardi così, dottore, in fondo prima poi arriva per tutti la nostra ora, no? Ma non si preoccupi, mi è rimasto qualcosa di indelebile di lei, il nome che porto, lo ha scelto lei ; io avrei senz'altro preferito un altro nome, tipo Carlo o Matteo, ma in fondo non è male nemmeno questo. Chissà se mi fossi chiamato Matteo forse ora avrei ancora la mamma piuttosto che solo il nome che mi ha dato, ricordò ancora papà com'era triste quel giorno, ma è comunque stato saggio, sa dottore? Ha deciso che dovevo essere forte, quindi sono stato alla messa per il funerale di mamma da solo mentre papà è uscito fuori a fumarsi la sua benedetta sigaretta delle undici e mezza e dopo il funerale addirittura è uscito fuori di casa per tornare alle 2 di notte ubriaco fradicio, sorridente e felice, lui si che aveva superato il dolore, il mio papà.
Il tempo è scaduto? Bene dottore, ci vediamo per la prossima visita allora, è stato un vero piacere, davvero. Arrivederla.
Scusatemi se avete aspettato che uscissi dallo psicanalista, ma si sa: la salute prima di tutto, ora possiamo parlare un po finalmente.
Sapete cosa si prova quando si ci sente fuori posto nella vita? Quel continuo dialogare con la propria coscienza, quel chiedersi "ma che ci faccio io qui?" , " perché sto facendo questo?"
È proprio per questo che ho bisogno di aiuto, ho così tante cose da dire, così poco tempo per farlo.
Ma comunque sia sono felice, o almeno credo di esserlo, chi lo sa cos'è la felicità? Per qualcuno è l'amore, per qualcun'altro l'amicizia, per me? Io non lo so cos'è, ma credo di stare abbastanza bene da potermi definire felice. Ad ogni modo non è nè il momento nè il luogo per parlare di ciò.

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Capitolo 2
*** Un po di più ***


Fuori piove. Piove. E a me piace il fatto che piove. Non me lo spiego, forse non ve lo spiegate nemmeno voi, ma a me piace, mi diverte immaginare ogni goccia che cadendo dal cielo si frantuma al suolo. Se si ci pensa, anche io sono una goccia, anche voi lo siete, tutti lo siamo. Siamo tutti delle piccole gocce destinate a schiantarsi al suolo e rompersi in mille pezzi. Mi diverte pensare questo. In questo momento sono fuori casa, sdraiato per terra, tutto bagnato, che continuo ancora a bagnarmi. Chissà, magari potrei salvare la vita a qualche goccia se invece di cadere a terra, cade su di me, anche loro hanno bisogno di qualcuno che le salvi, proprio come ne ho bisogno io.
Ma non siete certo venuti a trovarmi per i miei discorsi privi di senso. Dovete perdonarmi, terrò questi discorsi caldi per lo psicanalista.
Perchè vado dallo psicanalista? Non lo so nemmeno io se ci penso.
Ricordo di quel giorno semplicemente che, 2 o 3 anni fa, mi dissero che dovevo andarci, perché ero pazzo. Cioè, vi sembro pazzo? Eppure hanno deciso così. Mio padre dice che mia madre è morta. Ma perché? Io ci parlo! Ogni sera, prima di andare a letto, dice sempre che le manco tanto, anche lei mi manca, ma mio padre dice che non c'è nessuno in stanza con me e che mi invento le cose.
Come fa a non vederla? È lui il pazzo, non io. Forse lui l'ha dimenticata da quando si è messa con "l'altra". Esatto, "l'altra" con due virgolette grandi quanto una casa , perché per me lei non è nessuno, o meglio, non lo è più da quando sta con mio padre, praticamente da quando so della sua esistenza , quindi è sempre stata una nullità.
Basta, ho bisogno di qualcosa da bere. Non voglio pensarci o rischio di finire come l'ultima volta quando stavo per rimetterci le penne. Mi hanno detto che ero per strada in preda a non so quale collera con la camicia stropicciata e i pantaloni strappati, in preda a non so quale raptus di collera, andando a rompere le vetrine dei negozi e a sbraitare in mezzo alla strada, fino a quando è passato un camion che mi ha colpito in pieno catapultandomi contro il fruttivendolo di fronte, finendo svenuto a terra,privo di sensi e con una banana in bocca.
Beh, sulla banana ho qualche dubbio sul fatto che mi abbiano raccontato la verità, ma fatto sta che sono finito all'ospedale per tre mesi, ho rimediato una commozione cerebrale, 4 o 5 costole fratturate, un paio di denti saltati ed ematomi sparsi su tutto il corpo. Dopo ques'incidente mio padre decise di mandarmi dallo psicanalista.
Ah ecco perché ci vado! Non ricordavo più. Devo risalire alla fonte dei miei problemi, dicono. Devo sapere controllare i miei istinti,dicono. Devo essere una persona normale, dicono.
Ma io so di essere una persona normale, cazzo! E anche se non lo fossi, tanto meglio così, almeno faccio compagnia alla mia mamma, sempre meglio di quell' "altra".

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Capitolo 3
*** Forse mi capite ***


Non vi annoiate se vi racconto il sogno che ho fatto ieri, vero? Meno male, perché stamattina mi sono svegliato sudando freddo, credo di essere caduto giù dal letto, ho avuto un pò di paura quando ho visto quel coltello affilato di fianco a me quando mi sono svegliato, era lì , nella mia mano, io lo guardavo, lui mi minacciava di morte, lo sentivo .
vedere questa ferita sul petto, cicatrizzata da poco? Ecco, questa è la minaccia di cui parlavo, c'è qualcuno che vuole che io muoia!
Non è la prima volta che mi accade : il mio corpo è costellato di cicatrici grandi e piccole, che si incrociano a volte a formare delle croci come quelle delle bandiere dei pirati; sembra quasi che qualcuno si diverti a giocare a "Tris" sul mio corpo e non riesca mai a mettere tre croci in fila e mettere fine a questo gioco macabro. Sono stanco.
Cmq sia, ho promesso di raccontare il mio sogno, ebbene, prestatemi ( se non vi spiace) un briciolo della vostra attenzione, mi basta e ne sarò felice:
Quel giorno il cielo era rosso, troppo rosso, su cui si stagliava un sole nero, che mandava i suoli riflessi sulla terra. La mia ombra era bianca, con due grandi occhi che mi fissavano, quasi ad invitarmi a non so quale strano rituale ideato da lei; e mi chiamava, era terrificante. mi sentivo in un quadro di Salvador Dalì, con le sue forme surreali al limite dell'impossibile e dell'irrazionale. Quella sera sono stato partecipe della sua visione della vita, ora che l'ho provata, non la dimenticherò mai, mai più.
E all'improvviso eccolo, in quello spettacolo di luci e ombre, che rappresenta in fondo tutto ciò che noi desideriamo, ciò che odiamo, la nostra bontà e la nostra crudeltà, le immagini di tutti i nostri sentimenti nascosti, quelli che non osiamo dire per paura, per vergogna e , perché no, anche per pazzia, quella pazzia del rifiuto della felicità in virtù di una vita che siamo soliti definire "normale;
Era tutto chiaro davanti a me, potevo vederlo : mi ritrovai circondato da una vampata di fiamme intorno a me che si erano chiuse a mezzaluna chiudendo me all'interno; facendo sparire tutto il paesaggio intorno. Il delirio di forme di Salvador Dalí svaniva davanti ai miei occhi, lasciando solo me, le fiamme, un profondo vuoto intorno a me.
Quasi come le fiamme mi avessero protetto, forse sarei svanito anche io se questa mezzaluna non mi avesse concesso le sue fiamme come rifugio materno contro il folle spettacolo intorno a me. Ma ecco, le fiamme pian piano si spengono, lasciando me solo, solo, solo.. Soltanto io e il profondo nero intorno a me. Ed ecco che i miei occhi si chiudono piano piano, sempre di più.
Io e l'oblio siamo una cosa sola.

Qui termina la mia breve storia. Poi mi sono svegliato con questo coltello in mano e questa ferita sanguinante sul petto ; per fortuna è una ferirà superficiale, rimarginerà come le altre.
Durante la notte accade qualcosa nella mia stanza, lo so. Devo capire cosa ho, prima che sia troppo tardi, prima che la mezzaluna smetta di proteggermi e io sparisca come tutto il mondo intorno a me.
Ho paura, non voglio morire. La morte mi brama, mi desidera, stanotte mi ha messo un mano un coltello. Domani? cosa accadrà?
Ora devo proprio andare, mio padre e la sua sottospecie di compagna stanno per rientrare ( ah dimenticavo, sono usciti stamattina presto) e non voglio che mi vedano, o meglio, non voglio vederli io, li odio.
Vi chiedo solo un favore prima di andare: pregate per me.

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Capitolo 4
*** O forse no ***


Che bello. Adesso che ci penso, è bello. Pensateci: cosa può significare il fatto che molto spesso sia molto più vicino alla morte che alla vita, che mi ritrovi pieno di ferite delle quali molte di cui ignoro la causa? Cosa può significare il fatto che io sia ancora qui, con un supposto stato di incoscienza perenne, che però non mi condanna ancora al finire dei miei giorni?
Significa che la morte è la mia compagna di giochi.
Proprio così! È tutto un grande gioco. La vita e la morte sono due parti diverse dello stesso gioco. Tutto ciò mi fa sorridere, mi fa pensare alla mia mamma che da lassù mi guarda giocare al suo stesso gioco, solo che ancora non sono arrivato dov'è arrivata lei.
Mamma! Dove sei? Mi manchi. Giochiamo insieme, vieni a prendermi e giochiamo. Non ci voglio stare qua.
Ma io non posso raggiungerla, ancora non è il momento.
Ma perché non è il momento? Io sono bravo a giocare! Mamma...
Toh, guarda, ho gli occhi lucidi, in un attimo un fiume di lacrime arriverà a bagnare il mio viso e mostrerà il vero volto del "pazzo": un ragazzo di 27 anni per il quale il tempo ha deciso di fermarsi, di proteggermi dal male di questo mondo, un bambino che preferisce i giocattoli piuttosto che un telefono da 800€, sono un bambino che preferisce avere delle amiche piuttosto che delle ragazze, sono'unico al mondo a pensarla così.
Per questo sono pazzo. Per questo lo dicono.
Signori, vi presento la mia pazzia.
Ma non voglio fare questi discorsi e dedicare del tempo a chi non se lo merita, preferisco continuare a piangere piuttosto.
Anzi, non voglio che il mondo mi veda, quindi piangerò a pancia in giù, così mi vedrà soltanto il mio letto. Maledetto letto, ma qualcuno deve pur vedermi, spero che per ora non mi stia deridendo, così come il cuscino, pensavi che mi fossi scordato di te? Tu sei il più infame di tutti, che mi guardi in continuazione in viso e vedi le lacrime gocciolare una ad una. Ora ti capovolgo così anche tu guarderai il letto e non potrai più ridere.
Mi diverte, mi diverte troppo questo gioco. Nessuno deve vedermi, tutti mi vedono e io rido. Se non mi vedessero piangerei, ma ci sono quindi devo ridere. Che posso fare? Sono le regole. Avete mai visto qualcuno piangere in pubblico?
Soltanto i pazzi piangono in pubblico. E io? Io sono pazzo, sto piangendo in pubblico, ci sono le sedie, il letto, l'armadio, il cuscino.. loro mi guardano, si divertono a vedermi soffrire, Ma un giorno tutto questo finirà.
Venite, venite con me, oggi ho la visita dallo psicanalista, forse ne capirete di più su di me, oppure vi confonderete ancora di più. Non lo so, se avete imparato a essere folli mi capirete senza nessun problema.

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Capitolo 5
*** Ma ormai non importa ***


Ho bisogno di affetto, ho terribilmente bisogno di affetto, dottore, altrimenti morirò.
Come vi è sembrata la visita dal mio psicanalista, ragazzi? Simpatico, vero? Senz'altro una persona molto disponibile che riesce a cogliere i lati di me e sopporta le mie "gentilezze":
Mi ascolti attentamente, dottore da strapazzo, a me non importa se lei voglia aiutarmi no, ci siamo intesi? Io ho bisogno di qualcuno che mi ascolti, sono un fottuto autolesionista sonnambulo che si diverte a farsi del male, lo capisce questo vero? Si che lo capisce, altrimenti io non sarei seduto su questo materassino che peraltro non è nemmeno comodo, quindi lei ora si sta seduto comodo sulla sua bella poltroncina da medico milionario del cazzo e mi ascolta, intesi?
Beh, che dire, se sono pazzo non è certo colpa mia. Ormai ho la certezza di esserlo, ma che possiamo farci? Mi sto rassegnando all'idea.
Ricordate la mia serenità? Quella che avevo durante le nostre prime discussioni, ricordate? bene, è morta anche quella, forse ora è con la mamma e ha anche fatto la scelta migliore ad andarsene via da me.
Ora potrò attuare il mio progetto, anche se ancora no, è troppo, troppo presto.
Sono rimasto da solo adesso, non ho più un motivo per restare su questa terra, ma ancora no, ho ancora bisogno di dire qualcos'altro, così la mia anima sarà libera quando deciderò di porre fine a questo gioco violento.
Mi perdonerete se affretto un po le cose, ma davvero sto raccontando tutto questo con le lacrime agli occhi, le lacrime di un uomo che si rifugia nei suoi sentimenti e cerca l'uscita di emergenza da questo palazzo in fiamme, cui è stato sottratto l'unico estintore che ancora riusciva a placare le fiamme della disperazione.
Oh alexa... dove sei finita? Buttami ancora un po d'acqua e salvami dall'incendio..
Come? Chi è Alexa? forse eravate distratti quando ne ho parlato allo psicanalista:
Dottore, mi manca moltissimo, non riesco a vivere adesso, se solo quel giorno fossi stato più attento, forse adesso l'avrei salvata..
La mia mente ha deciso autonomamente di rimuovere il suo viso dalla mia mente, l'unica cosa che è rimasta viva e brucia nei miei ricordi sono i suoi occhi azzurri, del colore del cielo, che si specchiavano nei miei come se fossero degli specchi che mi spogliavano delle mie insicurezze, lasciando me solo, insieme a lei, in una danza dell'anima che durava secoli, millenni, eternità.
Maledetto quell'incendio che me l'ha portata via, lasciando me a bruciare in eterno. Volevo soltanto essere felice, ma nessuno vuole che io lo sia. Mi vogliono morto, anche io devo morire!
Questa è l'estasi romantica di un pazzo che aveva tutto, ha perso tutto, non riavrà mai nulla.
Ora non ho più bisogno di un dottore. Non ho bisogno di nessuno. Dopo oggi non ci vedremo mai più, nessuno mi vedrà mai più. Spero voi abbiate capito.
Non restate più ad ascoltarmi. Domani leggete i necrologi. Leggerete il mio nome.
Addio, con affetto
-Axel-

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