100 varianti di una favola

di Lexifer
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una serie di eventi ***
Capitolo 2: *** Quiete ***
Capitolo 3: *** Police AU ***



Capitolo 1
*** Una serie di eventi ***


Emma era in cucina, non la sua, bensì la cucina di casa Mills e teneva tra le mani una piccola ampolla, con dentro un liquido non troppo invitante, denso e maleodorante che per aggiunta, era di un fastidioso punto di rosa
Indosso, il solo intimo composto dai comodi boxer e la canottiera che usava sempre per dormire, sotto la camicia d’ordinanza sbottonata un po’ per il caldo, un po’ per i vari bottoni evidentemente saltati dopo un violento strattone.
“Brutto, bruttissimo presagio”.
Lo pensava da circa mezz’ora, quando si era svegliata nella camera degli ospiti  del Sindaco col completo buio riguardo come ci fosse finita li.
Era scesa di sotto in tutta fretta, badando bene a non far rumore e così sarebbe sparita, se non fosse stata mezza nuda.
Era estate, vero, ma lei era davvero troppo svestita e non era Ruby, inoltre era lo sceriffo, doveva dare un immagine anche minima di compostezza per la carica che ricopriva.
Pensava a chi avrebbe potuto incontrare e la sua espressione mutava a seconda di chi immaginava, pensò subito a ruby, appunto.
L’amica l’avrebbe sicuramente salutata e avrebbe commentato in modo sarcastico l’abbigliamento e con lei avrebbe potuto scherzare, conoscendo i capi di vestiario della rossa.
Fin li non ci sarebbero stati problemi, se solo avesse avuto le chiavi della stazione ci sarebbe andata, si sarebbe messa qualcosa di integro e avrebbe cominciato la giornata come una qualsiasi di quelle precedenti, ma ovviamente le chiavi erano nelle tasche dei suoi ora sperduti pantaloni e non poteva certamente tornare nell’appartamento dei suoi.
Snow e Charming seguirono a ruota il pensiero precedente di Ruby, ed Emma non potè che sorridere al pensare alla “madre”, la pura ed ingenua Snow White, con gli occhi sbarrati e la bocca aperta in un’espressione stupefatta nel vederla vestita a metà senza proferire parola, mentre immaginava suo padre più amichevole nel cercare di coprirla in qualche modo senza fare domande.
Il filo dei suoi pensieri fu spezzato dal leggerissimo rumore di passi alla fine delle scale e subito la preoccupazione la colpì : se fosse stato Henry?
Come spiegare al ragazzino perché sua madre si trovava nella cucina della sua altra madre, supponendo che le due non si sopportassero e avessero rapporti puramente professionali, col solo intimo addosso e senza un ricordo dopo il tramonto del giorno prima?
Nascose la boccetta dietro il tostapane e si appoggiò al bancone pregando di non risultare troppo nervosa e impacciata, e sperò anche che il tavolo la nascondesse abbastanza da non far intravedere al ragazzino i pochi abiti che aveva addosso…per altro poco consoni per la vista di un dodicenne.
Fissò lo sguardo al pavimento e aspettò pazientemente una sfuriata o qualcosa di simile, invece sentì un leggero bussare allo stipite della porta e alzò gli occhi, trovandosi davanti una confusa ed imbarazzata Regina, completamente diversa da come era abituata a vederla.
Non solo aveva uno sguardo perso almeno quanto il suo, ma era scalza, più bassa di Emma di circa cinque centimetri o poco più ed indossava dei semplicissimi shorts bianchi col cinturino in pelle chiara, in cui era infilata una camicetta bordeaux.
Era pur sempre Regina, sarebbe apparsa elegante in qualsiasi situazione, persino in questa.
Emma non si capacitava di come ci riuscisse, era strano che fosse quello il suo primo pensiero e non: “Ho lo sceriffo aka mio-acerrimo-nemico-stando-alla-favola in mutande, nella mia cucina, appoggiato tranquillamente al mio piano da lavoro e non so perché” Come si poteva pensare al proprio abb-
“Buongiorno”
Il tono pacato, quasi dolce e ancora con una punta di sonno nella voce della mora, riscosse Emma dal labirinto di tesi in cui era caduta, costringendola a mettere in moto i neuroni decisamente troppo presto quel mattino.
“Buongiorno Sindaco. Senta, io non so davvero  come spiegare perché sono qui, ma tolgo immediatamente il disturbo e lei non deve-“
“Emma.”
Cadde dalle nuvole. Da quando la chiamava per nome con quella voce così calma e confidenziale ? Ora Emma era sicura che fosse successo qualcosa di dannatamente equivocabile e che l’ex sovrana stesse facendo del suo meglio per cercare di nascondere l’imbarazzo e l’intera faccenda, come se nulla fosse realmente accaduto. Anche se di preciso, ancora non ricordava cosa, esattamente, era accaduto.
“Anche io, mi duole ammetterlo, non so cosa ci faccia lei qui, Miss Swan, ma ho notato l’ampolla che cerca inutilmente di nascondere dietro il mio tostapane e so perfettamente di che si tratta, quindi…”
Tirò fuori un’ampollina identica dalla tasca degli shorts, scuotendola un po’ ed Emma capì immediatamente
“Vedo che abbiamo lo stesso spacciatore, di buon gusto, Sua Maestà”
“Di pessimo gusto come sempre, principessa”
L’aver ricambiato la sua ironia lasciò piacevolmente sorpresa la bionda, che inarcò le sopracciglia e sorrise a labbra tirate, sicuramente non si aspettava tutta quella confidenza dalla Evil Queen, che di cattivo, al momento non aveva proprio nulla.
“Dicevo, gold ha propinato ad entrambe una pozione dei ricordi, ed entrambe siamo qui, quindi, vuole farmi l’onore di scoprire assieme a me cosa ci fa lei semi-nuda  nella mia cucina, di primo mattino o preferisce che le dia qualcosa da indossare e la spedisca a lavoro con un ora d’anticipo e le trovi dei documenti che ce la tengano fino alla fine del suo turno ?
Il tono continuava a non essere astioso, ma il super potere diceva a Emma che la mora non scherzasse per nulla e l’avrebbe spedita in centrale senza troppi convenevoli se lei avesse preferito e conoscendo storybrooke abbastanza, sapeva che ci si sarebbe annoiata terribilmente quindi decise di assecondare la proposta del Sindaco.
“Un onore tutto mio, Sindaco”.
Prese la boccetta, la studiò ancora un po’ e poi parlò :
“Al tre?”
“Al tre.”
“Uno”
“Due”
“…tre”
Lo dissero assieme e bevvero il liquido dolciastro delle ampolle, poi entrambe cominciarono a ricordare, una con gli occhi chiusi, l’altra con lo sguardo perso nel vuoto, gli eventi della serata precedente.

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Il giorno prima, non era stato diverso da quelli che lo avevano preceduto. Emma come ogni mattina  si era alzata in ritardo e sempre in ritardo era arrivata a lavoro, trovandovi ad aspettarla una alquanto scocciata Regina, seduta a gambe incrociate sulla sua scrivania, impeccabile e con un plico di fogli che non avrebbe finito nemmeno di leggere in due vite e mezzo.
“Miss Swan, questi devono essere riconsegnati entro giovedì mattina al mio ufficio, non un giorno in più del previsto, o sarò costretta a farle una sollecitazione e prendere provvedimenti personalmente. Inoltre, sarebbe gradita la puntualità sul posto di lavoro.
“Regina lo sai benissimo che quelli prima di sabato prossimo neanche li avrò letti, e poi sono solo le nove e mezzo, non sono tanto in ritardo.
“E’ comunque un ritardo, potrebbe esser successo qualcosa in questa sua mezzora di assenza e potremo non saperlo mai. Quindi, ora, se non riceve alcuna importante chiamata le consiglio leggere e firmare questi documenti, magari, poi, da un’occhiata a quelli che invece deve restituirmi lunedì. Le auguro una buona giornata”
E detto ciò uscì con la sua andatura altezzosa che non aveva perso mai ed emma si permise di abbandonarsi sulla sedia e di lasciar andare un ringhio sommesso e frustrato.
Quella donna sapeva esattamente come farle saltare tutti i nervi insieme.
Eppure, fece esattamente quel che le aveva detto : prese i documenti e si mise a leggerli attentamente, a compilarli e fotocopiare quelli necessari.
Passò così la mattinata, senza interruzioni se non un paio di chiamate per dei gatti che non riuscivano più a scendere dagli alberi e altre piccole cose che le rubarono al massimo un’ora o poco più.
Tornata in stazione, si mise a rivedere gli altri documenti, quelli più urgenti del lunedì, ma dopo poco si addormentò.
Si svegliò di soprassalto alle tre del pomeriggio e decise che era troppo tardi per passare dal granny’s avendo ancora troppo lavoro da fare.
“Stamani giusto un caffè e adesso salto anche il pranzo, dannata Regina dei miei stivali, se svengo me la paghi”
Pensò tra se, mentre si rimetteva a leggere, firmare e compilare documenti.
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Poco prima del tramonto, ricevette una chiamata importante da Leroy, al Toll Bridge stava succedendo qualcosa di grosso che per telefono non si poteva spiegare, così Emma era corsa sul posto, trovandoci due giganti e una chimera spuntati dal nulla che venivano tenuti a bada da David e Leroy al meglio che potevano.
Capendo che non ce l’avrebbero mai fatta da soli, aveva chiesto aiuto all’unica persona in grado di aiutarli col la magia, unica arma efficace e sicura contro quelle bestie.
Una volta unite le forze, il combattimento con i tre mostri per Emma e Regina non fu difficile, ma come previsto quando l’adrenalina scemò, la prima svenne tra le braccia dell’altra per un improvviso calo di zuccheri.
Di li, in poi i ricordi erano confusi, sapeva solo che si era ritrovata sul letto di Regina con la testa che le girava e la mora accanto a lei che la guardava preoccupata.
Avevano cenato assieme e parlato, scherzato persino, per la prima volta senza che Henry fosse li con loro, perché quella sera sarebbe rimasto dai nonni, poi si erano trovate con un bicchiere di sidro a testa nel salotto a parlare del passato e inevitabilmente i muri di entrambe si erano rafforzati, troppo fragili e deboli per mostrarsi all’altra e Regina l’aveva invitata a restare per la notte, sostenendo che non fosse il caso dopo quella giornata di lasciarla guidare per tornare a casa.
Ricordava inoltre un bacio, dettato dal momento, dai loro sguardi rimasti legati troppo a lungo, dalle cose che non erano riuscite a dirsi prima  e dal susseguirsi di eventi, poi tutto si era intensificato e dei bottoni erano saltati, dei pantaloni erano stati sfilati e unghie e morsi si erano fatti strada sulle pelli delle due.
Ma proprio a quel punto si erano rese conto di quel che stava accadendo e si erano fermate, così, Emma era andata a dormire nell’altra stanza ritrovando la testa che le doleva e Regina aveva cercato di dimenticare con un incantesimo.


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Emma sgranò gli occhi ancora di più quando i ricordi finirono di passarle davanti, e istintivamente si portò la mano poco sotto il seno destro, mentre Regina poggiava la propria sopra l’inguine sinistro.
“Regina”
“Ms. Swan”
“Ci vai delicata con le unghie”
“ Quanto lei con i morsi”.
Calò il silenzio, il classico silenzio imbarazzante da situazione imbarazzante e fu Regina a romperlo, dopo qualche minuto:
“Sceriffo, ora sappiamo entrambe cosa è accaduto la scorsa notte e evidentemente eravamo, per motivi diversi, annebbiate dalle dosi d’alchool troppo alte che avevamo in circolo e dagli eventi della giornata, mi sembra quindi giusto precisare che una notte del genere non può avere significato alcuno, le darò dei vestiti per permetterle di uscire decentemente di qui e ci dimenticheremo dell’accaduto, non deve esser noto a nessuno perché-“
“REGINA”
La sovrana si zittì di colpo, lanciando un’occhiata torva alla bionda, che stava tornando a respirare solo adesso.
“Oh, grazie. Accetto volentieri i vestiti, vado a casa, recupero le chiavi e vado a lavoro. Domani li riavrai puliti e stirati e non preoccuparti, questo fatto non uscirà da queste mura”
“Non sono queste mura quelle che mi preoccupano, ma le sue labbra, Miss Swan”
Rispose acida Regina, per poi sparire a cercare qualcosa che sarebbe andato bene alla sua ospite e tornò in cucina circa dieci minuti dopo, trovandola a fissare il pavimento nello stesso punto di prima.
Le diede una camicetta blu e dei jeans, pensando che fossero quel che più si avvicinava al suo abbigliamento abituale e vide la bionda sparire nel bagno per 5 minuti, per poi riuscire perfettamente vestita e in ordine.
“Non sapevo tenessi dei jeans nell’armadio. Come ci son finiti loro, poveri bimbi sperduti, tra tutte le gonne e i completi ?”
“Sono una donna dalle mille sorprese, se ancora non lo avesse notato”
“Non ne ho mai dubitato, sindaco”
Emma le rivolse un sorriso complice, che ovviamente Regina ignorò, ricordandole invece i suoi doveri.
“Bene sceriffo, questo pomeriggio dovrò passare a consegnarle delle pratiche molto urgenti, se sa cosa intendo, me le farà avere insieme a quelle del lunedì, al massimo”.
Tenga pure i vestiti, un minimo di eleganza nel suo, di armadio, non guasterà e sono più che sicura che le sue canotte non si azzufferanno con una povera camicia”.
“Si, credo possano convivere. E grazie ancora, per tutto”.
Emma fece per andare alla porta, seguita a ruota da Regina, ma all’ultimo si fermò di scatto e si giro, trovandosi a fronteggiare la mora.
“E va bene. Se non te lo dico adesso, lo rimpiangerò finchè campo, se invece te lo dico combinerò un disastro, ma non sapendo praticamente far altro, tanto vale che te lo dica.
Quella dannata pozione mi ha fatto ricordare la serata perfettamente e non nego che mi sia piaciuto ciò che ho visto, mostri  del ponte apparte, anzi, mi è piaciuto, dannazione! Mi sento terribilmente indolenzita e frastornata contando che non tocco cibo da ieri mattina e che sono tutta un graffio che cammina, ma ne è valsa la pena e lo rifarei mille volte.
Ok. L’ho detto e ora me ne vado, prima che tu mi incenerisca…e se mai ci ripensassi hai il mio numero.
Si, insomma, mi hai capito, a questo pomeriggio Sindaco.”
“Signorina Swan, non la incenerirò certamente nell’altrio di casa mia, rischiando che vada a fuoco e che si rovini per un suo parere personale.
Capisco l’emozione di un che di diverso per lei, ma non la condivido e la chiamerò solamente per ricordarle delle pratiche che mi consegna costantemente in ritardo.
Arrivederci”
Mentre parlava, aveva aperto la porta inducendo Emma ad uscire nel portico e stava per richiuderla quando si sentì chiamare :
“Regina”
Alzò gli occhi al cielo, quella biondina era persino peggio della madre, non sapeva mai quando era bene smetterla di importunarla.
“Si?”
“Quelli devi metterli più spesso, sul serio. Hai un culo che nemmeno Venere e ti ostini a nasconderlo in quelle gonne, prima o poi ti arresto per possedimento illegale di opera d’arte di pubblica appartenenza!”
“SCERIFFO SWAN, SUBITO FUORI DI QUI”
“S-si, a-arrivederci”
Regina rise, quando vide Emma scomparire a grandi falcate dalla sua vista dopo aver notato la palla di fuoco che aveva per le mani, diretta verso la centrale.
Quel pomeriggio sarebbe sicuramente passata da lei.






Lexifer's corner
Buonasera people (o forse sarebbe più appropriato buongiorno).
Nel caso qualcuno se lo stesse chiedendo, sono viva e vegeta e sono tornata per l’estrema gioia di tutti voi, immagino  a scrivere questa piccola enorme orribile  storiella per iniziare questa raccolta di Drabble/fleshfic/OneShot che ho in mente di fare da un po’.
Mi sembrava più carina quando l’ho pensata, ma inevitabilmente sono arrivata a stenderla ed è venuta fuori questa creaturina speciale, che come direbbe qualcuno è bella a modo suo che non mi convince per nulla, ma spero che almeno come inizio sia passabile.
(Capitemi, sono le due di notte e l’ho scritta passando da musica dubstep a musica depressa, non poteva venire una cosa sana)
Per chiarimenti, critiche, lancio di ortaggi e votazioni sulla mia umiliazione pubblica mi trovate qui, nella pagina autore, spero che almeno minimamente questa storia sia passabile, in ogni caso, se volete, una recensione fa piacere.
Non posso garantire nulla sulla frequenza di aggiornamento e su quale sarà il rating del prossimo capitolo, solo spero di trovare una regolarità e seguire il progetto originale che mi ero fissata.
Chiedo ancora perdono per eventuali errori, ma sinceramente non ho riletto la storia e ora non ne ho le forze, a me i pomodori se li trovate.
Ma senza perdersi troppo in chiacchere, ora vi saluto e vi do appuntamento alla prossima puntata, oltre alla buonanotte
Stay tuned!

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Capitolo 2
*** Quiete ***


Quiete.
Era questo, quel che aveva attorno.
Si trovava in un…qualcosa. Uno spazio, si potrebbe così chiamarlo, bianco.
Totalmente bianco.
Luce, ecco cosa era, si trovava nella luce e non ne aveva paura. Era invece in pace, un senso di pienezza leggera le scaldava il corpo, un tepore che scorre sotto la pelle e nei muscoli, come quello del sangue che riprende a scorrere dopo aver avuto un arto addormentato troppo a lungo.
Ma non era fastidioso.
Al contrario, questo calore era positivo, rinvigorente quasi.
E mentre la beatitudine si faceva strada davanti ai suoi occhi, mentre già cominciava a vedere dei maestosi giardini di rose formarsi, mentre cominciava a sentire i profumi delicati di ogni singolo bocciolo, cominciò a camminare in quel nulla immenso e sconfinato, senza avvertire più nemmeno il peso del suo cuore battente.
Pace.
Eccola, l’aveva trovata ed era più che sicura di aver trovato anche il lieto fine.
L’ultimo, estremo lieto fine, non aveva idea di dove fosse ma non voleva più venir via, era in un luogo di pace.
“REGINA”
Una voce, il suo nome chiamato da una voce seccante e fin troppo conosciuta ad un volume troppo alto per tale luogo; la pace, i giardini, tutti gli odori e le sensazioni sparite in un secondo, o forse meno.
“Miss Swan! Dannazione si può sapere che ci fa lei qui?! Era il mio luogo di pace per una volta!”
“Ah, quindi lo sai”
“Cosa dovrei sapere?”
“Ah, quindi non lo sai…”
“Miss Swan.” Scandì bene ogni lettera nel pronunciarla, sentiva i nervi che cominciavano ad affiorare, ed alcuni addirittura già erano saltati nel solo sentire la bionda. “Cosa dovrei o non dovrei sapere? Cosa ha combinato questa volta?”
“Ehy! Non è sempre colpa mia”
“Non mi interessa se è colpa sua o non è colpa sua, cosa diavolo è-“
“Siamo morte.”
“COSA !?”
Un espressione puramente incredula mista a terrore era dipinta sul volto di Regina, che solo ora realizzava il perché delle sensazioni precedenti.
“Già…siamo morte. O almeno credo. Insomma guardati attorno : grande luce bianca, nessun peso, camminiamo nel nulla, nessun battito…poi non so se anche tu cominciavi a prefigurarti il paradiso però credo di si perché son arrivata qui e stavi camminando con lo sguardo totalmente perso, ed ho immaginato che tu stessi…passando oltre”
“E di grazia, perché mi ha fermato, se stavo passando oltre e finalmente avevo trovato la pace e il lieto fine che agognavo da una vita intera?”
Emma si ammutì e abbassò lo sguardo colpevole, trovando al momento, estremamente interessanti i suoi stivali.
Ma c’era qualcosa di strano, diede una rapida occhiata a se e poi si soffermò sulla figura davanti a lei e, incredula, fece per sfiorarle una spalla, ma Regina si ritrasse stizzita ed incapace di spiegarsi il comportamento che Emma stava avendo d’improvviso, poi notò la preoccupazione nei suoi occhi mentre questa si portava le mani al viso e si accucciava a terra, tremando visibilmente e con le lacrime che cominciavano a scendere, frenetiche.
“Emma, emma!”
La chiamò e cercò di scuoterla ma non ci riuscì perché la sua mano trapassò la figura della bionda senza avere un contatto, in quel momento mille immagini le passarono nella mente : I tre anni precedenti, ogni litigio che avevano avuto, ogni cattivo arrivato a storybrooke sconfitto assieme, ogni volta in cui Emma aveva creduto in lei e le aveva coperto le spalle, le lezioni di magia date alla bionda che ora se la cavava bene anche da se, i sorrisi timidi e poi brillanti col passare del tempo e la realizzazione delle promesse, tutte le volta che per Henry avevano combattuto tra loro, poi insieme, ed ogni singolo abbraccio in cui il ragazzino le aveva strette donandole un senso di famiglia, di pace.
La pace che aveva sentito appena arrivata li era bella, ma incompleta.
Quella era la pace del nulla, la pace che attorno ha il vuoto, ed ora che se ne rendeva conto, le mancava così dannatamente tanto quella pace che il suo cuore sentiva quando invece erano Henry o Emma a risolvere le situazioni, a farla sentir parte di qualcosa di bello finalmente, di non forzato, di qualcosa in cui era inclusa e voluta, che avrebbe voluto stringere la bionda davanti a se e consolarla, piangere persino, sfogare tutto ed insieme, come era sempre stato dal loro primo incontro.
Perché per quando avesse potuto odiarla all’inizio e avesse avuto la convinzione di doverla distruggere, non l’avrebbe mai fatto davvero.
Emma le aveva tenuto testa, prima e dopo aver scoperto chi fosse, e le aveva creduto, l’aveva sostenuta ed era riuscita ad avvicinarsi.
A lungo era stata l’unica a considerarla “Regina” mentre tutti l’additavano come “la regina cattiva”, si allontanavano ancor di più da lei e la disprezzavano anche se i suoi sforzi di cambiare fossero evidenti.
Poi, era arrivato Robin, ed anche lui aveva visto il buono che c’era in lei.
Si erano avvicinati, e Regina era stata felice, perché l’uomo che tempo prima era stato indicato come il suo vero amore, si era dimostrato tale.
Pensava a lui e a suo figlio,Henry, che era persino tornato a volerle bene come prima che tutto iniziasse, prima che il libro di fiabe passasse per le sue mani e pensò anche che si sarebbe dovuta aspettare che qualcosa potesse andare storto.
Per sbaglio Emma aveva riportato con se Marian di ritorno dalla foresta incantata e Robin, con tutta la storia e le conseguenze della regina delle nevi, si era visto costretto a tornare da sua moglie e col piccolo Roland, avevano lasciato Storybrooke, da poche settimane.
Ritrasse la mano e si sentì terribilmente in colpa, per non aver mai riconosciuto ad Emma tutti suoi sforzi e le sue buone azioni, tutti gli sforzi che aveva fatto per riavvicinarsi, e per tutte le volte che le aveva gettato addosso le sue parole piene di veleno senza che le meritasse davvero, ma solo perché in quei momenti, era il suo capro espiatorio e sembrava giusto farlo.
Poi, se ne accorse.
Si accorse di come entrambe erano vestite e l’ultima parte del puzzle si completò : La battaglia nella Foresta Incantata.
Ci erano tornati apposta armati di spade, archi e magia, tutti quanti avevano contribuito a modo proprio e la grande battaglia con le Regine dell’Oscurità era stata intrapresa.
Un’altra cosa per cui si sarebbe voluta scusare, per l’ennesima volta, aver costretto Emma quando era solo una bambina a crescer sola e trovarsi immersa in questa grande e complicatissima storia senza fine.
Ricordava perfettamente la successione dei fatti : Malefica le era davanti, ferita e stremata esattamente come lei.
Le due amiche d’un tempo erano cresciute tanto dal loro ultimo incontro, soprattutto nelle loro abilità e quello pareva essere il loro ultimo sguardo, il loro ultimo colloquio perché entrambe avevano un solo scopo : distruggere l’altra.
Sarebbe stata l’unica soluzione, la distruzione completa e il nuovo inizio.
Avrebbero poi ricominciato da zero, sarebbero rinate come la fenice e avrebbero vissuto fino al prossimo fuoco distruttore.
E con il fuoco Regina si apprestava a combattere, senza vedere che Ursula, di lato stava afferrando una lancia trovata chissà dove e stava per scagliargliela contro mettendo fine ai suoi giorni, se solo Emma non si fosse messa in mezzo.
Si era lanciata per proteggerla e la lancia, l’aveva colpita.
La corazza era indebolita dalle numerose offese subite, ed il costato aveva ceduto, la lancia le si era conficcata nel fianco. C’erano stati il calore, la voce di regina che la chiamava ed il buio.
Ed il buio era stato per Regina, che alle spalle aveva sentito il freddo pungente di uno stiletto di ghiaccio, poi il cuore scoppiare letteralmente di calore e tutto, si era oscurato per sempre.
Ora erano li, perse per sempre, senza conoscere la sorte della battaglia, se effettivamente si era conclusa.
Si sedette accanto ad Emma, che ancora piangeva e sembrava così indifesa.
La salvatrice, il grande guerriero abile di spada e magia, piangeva abbracciandosi le ginocchia e nascondendo il viso tra esse.
“Swan”
Solo singhiozzi in risposta.
“Emma su, non piangere”
Sentì i singhiozzi affievolirsi e le venne spontaneo poggiare una mano sulla spalla della bionda e senza pensarci lo fece, stupendosi di esser riuscita stavolta a stabilire un contatto, anzi sentiva la fredda armatura perfettamente e quel calore di quando era arrivata li, cominciava a riespandersi.
“Regina,tu … tu puoi farlo. Puoi stabilire un contatto”
Emma la stava guardando stupita e alternava lo sguardo dal viso alla sua mano, una luce nuova nei suoi occhi, la luce della felicità.
“Se avessi saputo che basta così poco a farla felice, Miss Swan, ai precedenti Natali mi sarebbe bastato poggiarle la mano sulla spalla invece di dannarmi non sapendo mai cosa la grande salvatrice avrebbe gradito”
“Aspetta…eri il mio Secret Santa? Seriamente Regina, mi hai fatto dei regali per tre anni e non hai mai lasciato neanche un minimo indizio, voglio dire a-avrei voluto ricambiare ma non sapevo chi fosse e…e non sapevo come fare. E poi perfavore, almeno da morta mi vuoi chiamare col mio nome? Prendilo come ultima volontà”
Gli occhi gonfi e lucidi abbinati a quel balbettio la facevano sembrare un’adolescente che non sa comportarsi davanti a una novità, e c’era da dire che a Emma tale aspetto calzava a pennello.
Regina rise e annuì, le doveva così tanto che chiamarla per nome era il minimo.
“Va bene, Emma”
Il sorriso che si dipinse sul viso della bionda le andava da un orecchio all’altro, ora tutto di lei esprimeva felicità, non solo gli occhi, più verdi e brillanti che mai.
“Sai Regina, credo di sapere perché ti ho fermato. Volevo parlarti, sentivo di doverlo fare, c’era qualcosa in sospeso tra noi, e sinceramente parlando, non mi piaceva l’idea di tenermi quel peso per l’eternità. Quasi non reggo quello di Henry nel portarlo a letto quando si addormenta sul divano, figuriamoci questo.”
“L’età avanza anche per te, no salvatrice?”
“Ehy! Ho poco più di trent’anni, sono ancora giovane e in forze! Per lo meno, lo son quanto basta per aver la sfrontatezza di parlare così alla Regina che un tempo seminava terrore”
Si fermò e la squadrò un attimo.
“…ma che decisamente non farebbe male nemmeno all’aria se la mordesse”
“Ehy!”
Un sonoro cling si udì quando Regina diede un piccolo schiaffo giocoso all’armatura di Emma e risero entrambe.
“Vedi, non ho sentito nulla”
“Emma, hai un’armatura addosso”
“Non ho comunque sentito nulla”
“Idiota”
“Devo ricordarti di essere una charming?”
“Touchè”
Calò il silenzio, dopo questo piccolo scambio di battute e Emma prese a fissare il vuoto, perdendo quella luce che poco prima sembrava inestinguibile.
Non seppero mai bene quanto tempo era passato, perché li non esisteva concezione di tempo, ma dopo un po’, Regina decise di rompere quel silenzio.
“Emma, perché siamo qui?”
“Siamo morte, no?”
“Si, ho capito che siamo morte. Ma perché qui. Non dovremo essere andate direttamente tu in paradiso ed io nell’ade?”
“Tsè…l’ade. Chi usa ancora questi termini, regina?”
“Non sviare la domanda, swan.”
“Va bene, va bene parlo. Siamo qui, perché ti devo dire una cosa, o forse due…o di più. Forse.”
Regina alzò un sopracciglio e poggiò la testa su una mano, mentre si abbracciava le gambe e aspettava che emma raccontasse.
“Si…ecco, prima di tutto, tu non andrai mai nell’ade. Sei una dei buoni, un eroe e gli eroi vanno sempre nelle isole dei beati”
“Non ero a conoscenza di questa tua cultura greca”
“Sono piena di sorprese, mettiamola così. Ma ti ho fermato per dirti altro : io mi sento in colpa. Mi sento dannatamente in colpa per tutto quello che hai passato. Sono arrivata e hai perso Henry che si è appiccicato a me senza sentire ragioni, hai sofferto quando Cora è tornata e ci ha ingannato, perché non ti ho creduto e ti ho accusato di aver ucciso Arcie, non sono stata capace di ascoltarti per troppe volte mentre cercavi di farmi capire qualcosa di elfico e magia e ancora non capisco un singolo scarabocchio di quella lingua astratta. Poi ci sono stati il viaggio nella foresta incantata, marian che dal passato è tornata e ti ha portato via il lieto fine, il tuo distaccamento da me assolutamente giusto, perché capisco che ti ho fatto del male e mi dispiace, mi dispiace davvero e giuro che ci ho provato. Ho tentato di non fare casini ma sono un disastro vivente e in questi mesi sono riuscita solo a peggiorare le cose, ad allontanarti sempre maggiormente.
E mi manchi regina, mi manca persino litigare per le caz- … em, per le sciocchezze più inutili, mi mancano le tue occhiatacce che con mezza uccideresti chiunque, mi manca tenerti testa per tutto e per niente, mi mancano le tue risate contagiose alle mie battute orribili e vedere come sorridi a henry quando  lo riporto a casa.
Mi manca sentirmi in famiglia quando quel ragazzino mi prega di restare a cena da voi e passiamo la serata così, a parlare, ridere e scherzare come una vera famiglia, perché qui a storybrooke ho trovato un posto che posso finalmente chiamare casa, con tutti voi.
Mi manchi tu, e tutto quel che ti gravita attorno, mi manca esser tua amica Regina, terribilmente.”
Si era fermata ed aveva alzato gli occhi, per incontrare lo sguardo commosso della donna che le stava accanto, uno sguardo tanto luminoso che quella luce avrebbe tenuto confronto a quella che le stava attorno tanto era forte e meravigliosa.
“Poi, la notizia della battaglia imminente. La mia redenzione. Avevo l’occasione di scendere in campo, nel vero senso della parole e di dimostrarti che le tue lezioni sono servite, che posso impegnarmi e voglio impegnarmi a proteggere te, henry, gli idioti e chiunque ci stia intorno, perché te l’ho promesso prima di iniziare a combattere e non ci sono riuscita.
Volevo dimostrarti che questo appellativo che non sopporto e mi pesa quanto un fardello non è vano, volevo dimostrare di avere la situazione in pugno, di poter sconfiggere ogni minaccia e darti il lieto fine che meriti, perché ti ho fatto una promessa che intendo mantenere: sono stata portata in una città sperduta e ignota al mondo come storybrooke per riportare il lieto fine, ed il mio lavoro non è finito fin quando ne mancherà qualcuno, il tuo incluso”
Ora anche lei aveva le lacrime agli occhi e avrebbe voluto buttarle le braccia al collo e stringerla, stringerla per provarle che tutto quel che aveva appena detto era vero, che ci credeva e aveva detto tutto col cuore, che le voleva bene e si preoccupava per lei.
Ma una strana forza la tirava indietro.
Lentamente le loro figure cominciarono a sparire, i contorni a confondersi e gli sguardi, ultime vittime di questo strano incanto si agganciarono ancora allarmati.
“Emma, emma! Non andare, non puoi lasciarmi qui, devo parlarti ”
“Regina…io…”
“Emmaaa”
Aveva allungato una mano, cercando di afferrare la confusa figura della mora ma non c’era riuscita.
Ancora una volta aveva fallito, l’aveva lasciata sola ed ora l’eco della sua voce che la chiamava le rimbombava per la testa, mentre si sentiva scuotere ed un’altra luce si faceva strada.
Aprì gli occhi.
Davanti a lei, Mary Margaret e David la guardavano sollevati.
“…mamma, papà ?”
Snow le si strinse subito addosso, abbracciandola il più delicatamente possibile.
“Dove sono?”
“Siamo al sicuro Emma. Siamo al sicuro, questo anfratto l’ho usato svariate volte quando ancora Regina mi dava la caccia e non mi ha mai trovato. Eri svenuta poco prima che battaglia si concludesse e ti abbiamo bendato, sei viva per miracolo”
Viva. Regina.
Due cose che la confondevano. Provò ad alzarsi ma una fitta lancinante la colpì al fianco, facendola subito ridistendere.
“Emma, sta giù, potresti rischiare di riaprire la ferita e qui nella foresta incantata non abbiamo anestesie, è stata una fortuna la tua incoscienza mentre i nani ti ricucivano”
David abbozzò un sorriso, cercando di sdrammatizzare la situazione .
“Portatela qui”
“Come, tesoro?” Snow chiese confusa.
“Regina. Portatela qui. Sono sicura che è viva”
David e Mary Margaret si scambiarono un occhiata, poi lui andò a prendere il corpo di regina anche se entrambi sapevano che per la sovrana, non c’era nulla da fare.
Nessun battito all’altezza del cuore, nessun respiro.
Eppure david portò la salma a fianco di Emma, che nel mentre era riuscita a mettersi seduta e stava valutando da sopra le bende su tutto il busto quante ferite gravi avesse riportato.
Uscì, lasciando a sua figlia il tempo per realizzare la perdita da sola, ed una volta che si fu allontanato, lei parlò.
“Ehy, puoi smettere di fingere. Lo so che ci sei. E so anche che ora vorresti riposare e ti sto infinitamente infastidendo con la mia voce, ma ti prego, apri gli occhi o dammi un qualsiasi segno che sei viva.
Mi sta bene anche una palla di fuoco o uno schiaffo ben assestato, ma fammi capire che ci sei. Per favore”
Parlò lasciando trasparire tutto l’affetto nella voce e prese ad accarezzare i corti capelli corvini, ancora in disordine e scompigliati dalla battaglia.
“E va bene, miss swan. Ma solo perché queste attenzioni non possono essere ignorate e mi stanno conciliando il sonno”
Regina aprì gli occhi e sorrise alla sua compagna di avventure, che subito le si strinse addosso abbracciandola e ignorando il dolore che il fianco le mandava finchè le arrivò un morso inaspettato al collo.
“Ahia! Sei impazzita forse!?”
“Questo per chiarire che farei male a molto più che l’aria se mordessi.”
“Cattiva.”
“Idiota”
“E questa per cosa me la sono meritata?”
“Per aver ignorato il dolore al fianco. Con noi in queste condizioni non possiamo tornare a casa e qui nella foresta incantata gli interventi sono davvero molto brutti.”
“Regina.”
“Si, swan”
“Allora ti preoccupi per me. Mi perdoni?”
“Si Emma, ti perdono perché anche a me manca avere una famiglia come solo la nostra può essere e perché mi son accorta che non siamo morte, eravamo solo svenute. Quindi, abbiamo troppo da fare, per prima cosa sconvolgere gli idioti.”
“E come?”
“Facile, volendoci bene”
Scoppiarono a ridere, ed Emma decise di azzardarsi a stendersi accanto a Regina, che inaspettatamente la strinse a se, facendole poggiare la testa sul suo petto.
“Regina”
“Emmaaa” piagnucolò la mora “mi lascerai mai dormire?”
“Volevo sapere cosa avevi da dirmi prima che il grande vuoto bianco sparisse. Ho avuto paura e non voglio rischiare di non saperlo, perché per quanto ne so potrei svegliarmi fra qualche ora in un letto di ospedale e apprendere che davvero non ci sei più, che questo è un sogno meraviglioso e che-.
Aspetta.
Ma se sei viva dove cavolo è il battito del tuo cuore?!”
Emma la guardava allarmata, mentre Regina rideva sommessamente.
“Non riesci a dormire senza, swan?”
“Eddaaaai, mi vuoi chiamare Emma? Anche se siamo vive lo voglio lo stesso. E comunque si, mi rilassa. So che teoricamente ero troppo piccola per ricordarmelo, ma prima di essere infilata in un armadio magico ricordo due braccia che mi stringevano e un battito regolare e con quel suono in testa riuscì a star calma per un po’, inoltre ripensarci ha aiutato negli anni, quando mi sentivo sola…”
Regina aveva pensato di ironizzare sul chiamare Snow, perché era certa che il battito che aveva sentito Emma fosse stato quello,invece guardò la bionda apprensiva e si alzò.
“Dove vai?”
“A riprendere il mio cuore, non ci vorrà tanto”
Tornò dopo circa quindici minuti, portando con se una stampella improvvisata.
Si stese e nuovamente prese Emma fra le braccia.
“Mia madre mi aveva detto che non conoscevi questo posto.”
“Lo conosco da prima di lei, solo non ho mai voluto veramente trovarla e rischiare di averla dinuovo tra i piedi”
Emma stava quasi per addormentarsi, cullata dal calore dei due corpi e il battito regolare dell’altra, quando si sentì chiamare quasi in un respiro.
Alzò la testa e puntò i suoi occhi nei due pozzi scuri che erano due pagine senza segreti per lei ed aspettò che la mora le parlasse.
“Quando eravamo nel ‘grande vuoto bianco’ volevo dirti che anche tu mi mancavi, che mi mancava l’unica persona che mi aveva sempre supportato ed era sempre stata al mio fianco e che sono orgogliosa di far parte di questa strana famiglia. Idioti inclusi”
Le sorrise ed Emma le nascose il viso nell’incavo del collo, stringendola con delicatezza, posandoci poi un tenero bacio al quale Regina arrossì fino alla punta delle orecchie.
“Non ci credo, ho trovato il modo di far arrossire la Regina Cattiva, via fiaccole e forconi, bastano dei piccoli baci a farla crollare”
“Emma”
“Si?”
“Sei proprio una charming”
“Ehy! Non è colpa mia se trovo così bene i punti deboli e se uno dei tuoi sono i baci”
“Si, hai ragione, i baci sono uno dei miei punti deboli. Ma l’altro deve essere per forza il voler bene a voi in proporzione alla vostra idiozia.”
“Ecco perché ami me e henry”
“Non ti allargare. Non nego di amare Henry, ma lei Miss Swan, non è il mio tipo”
“Oh si che lo sono”
“No, non lo sei”
“Si che lo sono.”
“No, Emma non insistere”
“Ma io ti voglio bene”
“…idiota”
Risero entrambe e si addormentarono così, l’una fra le braccia dell’altra, sognando il loro bambino e concedendosi per poche ore di non avere preoccupazioni, al loro risveglio avrebbero pensato a recuperare magia e forze, poi, a tornare a casa.











£exifer’s corner
Seeeeeera pargoli.
Rieccoci qui, con  questa storiella che era partita per esser comica demenziale e mi è terminata col fluff più fluffoso che si potesse scrivere.
Non so perché, non riesco a scrivere angst e cose simili, almeno non con le OTP (?)
Tornando a noi, so che aspettavate un seguito all’altra storia, ma l’avevo pensata come OneShot quindi non so se continuarla, inoltre questo prompt mi ronzava nel cervello da due giorni e non potevo continuare a ignorarlo.
Quindi, fatemi sapere se volete che continui  sul filo del primo capitolo e prometto che mi inventerò qualcosa, nel mentre spero che questo capitolo abbastanza inusuale vi piaccia.
Ho letto troppo spesso di una delle due che moriva e di tutta la depressione che ne seguiva, quindi ho voluto provare a vedere cosa potrebbe succedere dal punto di vista dei “morti” e non potevo farla finire male, proprio no.
Spero vi piaccia e vi abbia divertito almeno un po’, se ci sono errori perdonatemi, qui è tutto dal vostro capitano Lexifer, alla prossima puntata
Stay tuned!


 

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Capitolo 3
*** Police AU ***


Prompt: Police AU, Rating arancione per ambientazione e fatti accennati


Il posto pululava di vita, l’attrazione principale era sul palco come ogni sera.
Si muoveva sinuosa, la Gatta Nera. Così la chiamavano ed i motivi non furono difficili da scorgere per Emma Swan quando la vide : magra, leggermente scolpita dalle notti del fiore dei suoi giovani anni passate a ballare, alternandosi al palo o al palco, sui suoi meravigliosi stilettos, i capelli neri tagliati alle spalle, addosso solo un bikini in pelle ed il trucco.
La Gatta Nera era una dea che portava sventura, la si poteva guardare ma erano guai se si osava avvicinarsi o aver l’ardore di volerla domare, prima di potersene accorgere un lungo graffio sanguinante ti segnava la pelle e lei non c’era più.
Così Emma, apparentemente sola in quel locale per soli uomini, si teneva a distanza, scrutava il posto e che tutto andasse bene, rivolgendo di tanto in tanto uno sguardo a lei.
Non si poteva resisterle, lei era li, il tuo peccato più nascosto, il tuo desiderio più celato che non avevi nemmeno idea di covare, era lei la personificazione degli inferi celesti in cui pur di sprofondare avresti fatto di tutto. Era magnetica, nonostante fosse perennemente circondata da una decina – forse quindicina, non ci facevi davvero troppo caso ai numeri – di ballerine, i tuoi occhi si puntavano su di lei e se per fato i suoi ricambiavano lo sguardo e si incatenavano a te non potevi fare altro che bruciare.
Emma Swan era finita in un brutto posto, uno di quei garage dei palazzoni abbandonati, in cui era meglio non avvicinarsi, uno di quei locali improvvisati che puzzavano di fumo e sesso e dove niente, era proibito per davvero. O per lo meno, quasi niente.
E lei era li, quello doveva essere il sopralluogo prima del blitz che organizzavano da mesi ormai, senza farsi notare, doveva controllare cosa succedeva esattamente li dentro e da dove i suoi sarebbero potuti entrare senza scatenare l’inferno. Ma l’inferno era già li. Tra quelle luci basse, le musiche troppo alte e le droghe pesanti che circolavano senza scrupolo, tra le pistole che quasi tutti portavano in bella mostra alla cintura e tra le cameriere serviziate nei bagni o sul balcone, per dare mostra e spettacolo. La cosa più squallida, è che lo spettacolo piaceva.
La folla lo acclamava, rivendicava la virilità e supremazia maschile come il popolo di Roma aveva acclamato il sangue dei gladiatori e se un pezzo grosso lo voleva, persino le ballerine che erano quasi intoccabili finivano preda di questo crudo gioco, perdendo l’ultimo briciolo di dignità costrette nude ed indifese a subire.
Tutte, tranne lei.
Doveva sicuramente essere la favorita, quella che portava il grosso delle mance alle tasche del paparino, passanti prima dagli slip in pelle che coprivano ben poco, perché a quanto pare era quello il modo in cui preferiva raccoglierle.
Rabbia.
Sentiva montare una rabbia sorda, tanto potente da cancellare ed estraniarla dal volume eccessivo delle canzoni più sporche che avesse mai sentito e dallo schifo che le stava attorno, perché quella ragazza, doveva chiamarsi Regina se aveva capito bene, doveva avere al massimo venticinque anni e vederla portare quel ruolo scatenava in Emma la rabbia di chi è già passato in certe cose.
Non poteva farli irrompere, se i suoi fossero entrati ora sarebbero partiti troppi colpi per tenerne il conto, si sarebbero svuotati troppi caricatori da ambo le parti e della gatta non sarebbe rimasta traccia.
Aveva già individuato il bastardo che la proteggeva e la teneva li, alta nei suoi tacchi 12, esposta come il trofeo di caccia della stagione.
La rabbia di prima, affievolitasi nei pensieri riguardanti l’operazione, tornò prepotente col sapore amaro in bocca e il disprezzo, a distrarla il vibrare sommesso del suo bracciale di riconoscimento.
La voce di Kilian era dura perché conosceva Emma.
L’aveva tirata fuori lui da un posto simile quando lei aveva solo diciotto anni e da allora, era diventata come una sorella minore per lui. La conosceva e per questo sapeva come lavorava : rapida ed efficiente, ma quando ci metteva così tanto a dare il segnare voleva dire che si stava cacciando in un mare di guai.
cercò di rispondergli premendo più discretamente possibile l’auricolare al suo orecchio, anche se nessuno badava veramente a lei.

Emma lo prese un po’ in giro, poi continuò : < Sto uscendo , fine del sopralluogo per ora, azione rimandata.> Mandò un ultimo sguardo alla Gatta Nera e in quell’istante potè giurare di vedere un leggero dispiacere nei suoi occhi, perché per tutta la sera Emma si era accorta delle occhiate curiose che la ragazza le aveva mandato, se le avesse viste direttamente avrebbe persino potuto dire che quelle occhiate celavano speranza e voglia di tenerezza dopo tante sere passate tra la rozzezza di quei bruschi uomini d’affari.
Emma non potè far altro che fissarla in modo intenso, una promessa silenziosa tra due sconosciute che presto qualcosa sarebbe cambiato, e poi si voltò incamminandosi verso l’uscita senza guardare mai indietro, altrimenti era sicura che avrebbe potuto sparare per tutta la dannata notte pur di uccidere quei bastardi uno per uno e salvare Regina.
Quando arrivò alla volante, Kilian non chiese nulla, il loro dialogo silenzioso bastò ad entrambi.
.



Lexifer’s corner
Allora, primante cosa buonasera/buongiorno.
Non c’è molto da dire se non che questa viene fuori da un vecchio prompt ritrovato dopo secoli assieme alla voglia di scrivere. E’ corta e non porta sostanzialmente a nulla, me ne rendo conto, ma un finale aperto come questo spero possa sbizzarrire la vostra fantasia e i vostri consigli se avete voglia di lasciarne qualcuno.
Chiedo scusa per essere stata assente per troppo tempo, come sempre i pomodori sono in fondo a destra insieme al bottoncino delle recensioni e spero di essere più creativa prossimamente.
Alla prossima, il vostro cantastorie, Lexifer

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