The Past of Leo

di Libro_Dipendente
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Zia Rosa ***
Capitolo 2: *** Piano C ***
Capitolo 3: *** Nuova Famiglia ***
Capitolo 4: *** Scappo. Dove? Al centro commerciale, ovvio! ***
Capitolo 5: *** Benvento alla Scuola della Natura! ***



Capitolo 1
*** Zia Rosa ***


1. Zia Rosa 

 
La mamma è morta. Questo è l'unico pensiero che da giorni aleggiava nella mente del piccolo Leo, il quale proprio in quel momento stava tenendo la mano ad una giovane donna. Entrambi erano rigidamente in piedi davanti alla porta d'ingresso di casa di sua prozia Rosa, la parente più vicina ancora in vita del baminoo. Peccato, però, che la zia non sopportasse il nipote dalla nascita di lui. Sì, Leo ha sempre avuto una amorevolissima famiglia, tant'è che la madre quand'era piccolo doveva chiamare una baby-sitter, Tìa Callida, perché i parenti si rifiutavano di badargli, definendolo nei peggiori modi. La mamma è morta, pensò ancora Leo con le lacrime agli occhi.

"Chi è?" Leo vide l'occhio acquoso della zia attraverso lo spioncino della porta e per poco non si fece scappare un verso disgustato. Non aveva mai nutrito affetto nei confronti di quell’essere che il mondo osava chiamare umano, anzi.
"Assistente sociale" disse la giovane donna. La porta si spalancò, rivelando una donna grassoccia, con i bigodini tra i capelli e una vestaglia rosa porcellino come unico indumento a coprirla.
"Cosa volete da me?" gracchiò, riducendo gli occhi a due fessure (Giusto per sembrare ancora di più un maiale, pensò Leo).
"Beh, vede, lei è l'unica parente che Leo ha in vita… E sarebbe, sa, la persona più adatta a mantenerlo" spiegò brevemente la donna dal dolce sorriso.
"Io non voglio avere nulla a che fare con quel mostro!" Urlò la vecchia, esponendo alla donna l’amore immenso che provava verso il pronipote, oltre che ad un fortissimo accento spagnolo.
"Ma signora, il regolamento-" tentò di dire la donna.
"Non m'importa nulla di questo regolamento. Lui ha ucciso mia nipote, è un mostro! El Diablo! Portatelo fuori da casa mia!" urlò di nuovo la vecchia, facendo girare tutti i passanti e aprire le porte di casa ai vicini curiosi. Dopodiché sbatté la porta in faccia a Leo e alla donna dal dolce sorriso. L’assistente sociale suonò ancora e ancora, tentando di convincere la zia ad almeno prendere in considerazione di allevare il pronipote, ma, dopo che la donna minacciò di chiamare la polizia, la giovane si arrese e i due si incamminarono verso l'orfanotrofio.
"Ti troveremo una casa, Leo" Lo rassicurò la donna.
Non credo proprio, pensò il ragazzino, la mamma è morta.


Angolo Autrice
Salve ragazzi! Come state passando le vacanze? Io devo ancora iniziare i compiti e ne sono strapiena.
Che ne pensate di questa storia? Okay, so che non è una Percabeth e che con la coppia non c'entra nulla, ma mi è venuto in mente ieri (stamattina) a 00:48.
Alla prossima!
Marta

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Capitolo 2
*** Piano C ***


2. Piano C


Il quattordicenne Leo Valdez stava amabilmente parlando con Evelyne Castle, la ragazza più carina della scuola, nonché fidanzata con Chris Smith, campione di football. (Cliché? No, per niente).
"Te lo ripeto per l'ultima volta, coso: spa-ri-sci" disse scocciata la ragazza, sbattendo lo sportello blu dell'armadietto dove fino a qualche secondo prima stava riponendo i .
"Shh, so che sei completamente pazza di me e che devi controllarti per non saltarmi addosso" ammiccò il ragazzo, più scherzando che provandoci veramente con Evelyne.
"Sì, ti amo quanto uno spillo nel deretano" Replicò la bionda (sì, la ragazza in questione, oltre ad essere la ragazza più carina della scuola, la fidanzata del capitano della squadra di football, era bionda con gli occhi azzurri, e, giusto perché non c’è mai fine al peggio, era a capo delle cheerleader. Una cosa mai sentita prima, no?)
"Visto? Che ti dicevo?"
"Coso, vattene" Evelyne non sapeva se piangere o urlare istericamente. Quel ragazzo era davvero -- no, non c'era modo per descriverlo, soprattutto per una ragazza che l'unica volta nella quale avrebbe potuto usare un vocabolario era al fine di appoggiarci sopra le mani dopo averle smaltate, onde evitare che si rovinasse lo smalto. "Nah, so che ti piace la mia meravigliosa compagnia..."
"Non l'hai sentita la mia ragazza? Vattene" Stavolta era stata la profonda voce di Chris Smith a parlare. "Amico! Ciao!" salutò Leo, fingendo un sorriso a trentadue denti. "Questo sgorbio ci stava provando con te, piccola?" Evelyne annuì piagnucolosa. "Cosa?" esclamò Leo, fingendosi sorpreso. "Io? Ma non è vero, la tua ragazza è intoccabile! E non- non è nemmeno il mio tipo. Io sono per le castane, sai?" Cercò di salvarsi la pelle, inutilmente.
"Non me la bevo, Valdez. Ci vediamo nel campetto di basket fuori la scuola alle tre in punto. Se ritardi o non vieni ti pesterò ancora di più domani" lo rassicurò il ragazzo, mettendo un braccio in spalla a Evelyne e avviandosi verso i suoi amici capelloni. Smith per essere uno tutto muscoli niente cervello non era così stupido. Oppure, semplicemente sentiva l’incredibile bisogno di prenderlo a botte, da uomo delle caverne qual era? Certamente la seconda opzione.

***

Tre meno cinque. Leo era nel campetto da basket, a riflettere in attesa di Smith. Rianalizzò bene la situazione: Chris l'avrebbe picchiato a sangue, ne era certo. E di umorismo il ragazzo non se ne intendeva proprio, anzi, odiava ogni tipo di battuta che non uscisse dalla sua bocca o da quella dei suoi amici trogloditi, quindi scherzare era fuori discussione. Sarebbe potuto scappare, ma poi sarebbe stato peggio in seguito. C'era solo un'altra possibilità: il Piano C. Leo non lo usava da tempi remoti, quindi non era nemmeno sicuro che riuscisse a farlo ancora, così si portò le dita vicino al viso e le schioccò. In meno di un secondo piccole fiammelle si sprigionarono dalle sue dita, impossessandosene. Il ragazzo sentiva calore, certo, ma quel tipo di calore che si ha quando, in una giornata fredda, ci si infila sotto una morbida coperta. La sua mente, però, era tornata indietro nel tempo, alla morte della madre. Allora era stata tutta colpa del fuoco. Sentiva ancora le sue urla, se si concentrava abbastanza. Anche la sirena dei pompieri, che dopo gli avevano fatto delle domande. Ovviamente non gli credettero quando lui disse loro della donna fatta di terra. All’improvviso, Leo sentì delle voci, e si affrettò a spegnere le fiamme, sia per non farle vedere subito ai ragazzi sia perché aveva paura di scoppiare a piangere come un moccioso di tre anni se si fosse permesso di ricordare di più, cosa che non faceva mai.

"Ehi, Valdez!" lo chiamò la voce di Smith, sempre in tono di scherno. Leo si voltò verso il ragazzo sorridendo, ma con gli occhi ancora lucidi. "Ehi bello!" salutò, senza che, per fortuna, la voce gli si incrinasse.
"Sei pronto ad essere picchiato, Valdez?" sghignazzò Chris, con i suoi amici a seguito. Leo scoppiò a ridere, facendo vacillare i perfetti sorrisi dei suoi quasi aggressori. "Non lo farai" continuò, alzando le spalle con il suo solito sorriso birichino come a dire 'eh, che ci puoi fare'.
"Cosa me lo impedisce?" Smith riacquistò il suo solito ghignetto da deficiente.
"Hai paura del fuoco?" domandò l'altro, ignorando la precedente domanda.
"Certo che no" Non vedo l'ora di vederlo urlare come una femminuccia, pensò Leo malignamente. "Allora non è problema se faccio un trucco di magia..." Alzò le dita, sempre pronte a schioccare, e le mise davanti a sé, con un piccolo sorrisetto indisponente.
"Valdez, se questo è un giochetto per non farti picchiare, giuro che-" Leo ridacchiò.
"No, ma per chi mi hai preso? E' solo un trucco di magia" spiegò, prima di schiccare le dita e prendere fuoco, dalla testa ai piedi. Durò tre secondi al massimo, ma per Smith e i suoi amici fu terrorizzante lo stesso.
"Ti piace? ci ho messo un po' a perfezionarlo" Balle, non ci si era mai allenato. Smith continuava a fissarlo, con gli occhi sgranati e la faccia di uno che aveva appena visto un'altra persona prendere fuoco e non morire bruciata, cosa che, in effetti, era accaduta.

Dopo un una dozzina di secondi, quando oramai Leo pensava che sarebbe rimasto con quell'espressione facciale tutta la vita (oramai cercava di immaginarsi il suo matrimonio con quell'espressione in viso), Smith urlò (sembrando irrimediabilmente Lydia Martin di Teen Wolf) e corse via, seguito da i suoi amici capelloni che lo imitarono. Una ventina di minuti dopo, Leo era intento a riempire il proprio zaino dei Power Rangers con tutte le cose che aveva intenzione di portare con sé nella sua (ennesima) fuga. Stava scappando (ancora) perché – andiamo! – non aveva alcuna intenzione di vedere Smith il giorno dopo (né mai più, sinceramente). In effetti, ora che ci pensava, avrebbe potuto saltare l’appuntamento e semplicemente andarsene, senza provocare dei probabili danni psicologici a quegli idioti che, già prima, di intelligenza ne avevano poca. Ah, pazienza, sospirò Leo, infilando a fatica una maglia di ricambio dentro lo zaino.


Angolo_Autrice Ehi, semidei! Sono in anticipo, nemmeno io ci credo 0.0 Vi adoro, insomma, tre recensioni! Ci vediamo l'anno prossimo!
Marta

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Capitolo 3
*** Nuova Famiglia ***


3. Nuova famiglia


Era giugno. Faceva caldo, molto caldo. E Leo (che sorpresa!) si trovava in orfanotrofio, precisamente per la decima volta in quel trimestre. Quella mattina Clara, l'assistente sociale che l'aveva accompagnato da sua zia Rosa anni prima (e che da allora non l'aveva mai lasciato), l'aveva avvisato che una delle coppiette che era venuta poco tempo prima aveva deciso di adottarlo. Strano: ho quindici anni e generalmente cercano di adottare ragazzini al di sotto dei dieci... Probabilmente non ci sanno fare con i bambini, pensò Leo, mentre sistemava i suoi pochi averi dentro il suo vecchio zaino dei Power Rangers, che tanto gli piacevano da piccolo.
Sarebbe scappato, come sempre. Gli dispiaceva per quella coppia, che gli era sembrata tanto dolce, ma lui non sarebbe riuscito a rimanere a lungo con loro, non si sarebbe sentito 'a casa'.  Certamente non eliminava la possibilità che la sua permanenza sarebbe potuta durata di più di altre, ma sarebbe comunque finita.
Da quando sua madre era morta Leo faceva avanti ed indietro tra famiglie adottive e orfanotrofio. Veniva sballottato da una parte all'altra del paese e nessuno, a parte Clara, era a conoscenza del perché Leo scappava dalle proprie famiglie adottive. Ma nessuno faceva questa domanda a Leo, che, tanto per la cronaca, non avrebbe risposto. O almeno non in modo sincero, ecco.
L’ispanico si sentiva diverso, non solo per l'iperattività (di cui mi premuro di sottolineare l'iper), la dislessia o il decifit dell'attenzione, ma anche per il resto. Nessuno, nessuno lo capiva veramente, nonostante alcuni ci potessero provare. Probabilmente sarebbe morto sotto un ponte come barbone, magari avrebbe fatto i miliardi come comico, ma era abbastanza sicuro che non avrebbe mai trovato un posto da chiamare casa.
 Che persona triste, pensò Leo, alzando gli occhi al cielo. Si dava ai nervi da solo, fantastico.
Quella mattina di giugno Leo sospirò, passandosi una mano tra i capelli sudati. Indossò lo zaino e uscì dalla porta della sua temporanea camera, dirigendosi verso il primo piano del palazzo, pronto per incontrare quella che si sarebbe erroneamente definita la sua famiglia.

Angolo_Autrice
 Avevo detto che avrei aggiornato per il 2/3 Gennaio? Be' intendevo 4/5 Gennaio, ovviamente. Anzi, quasi 6, quindi Buona Epifania semidei! Certo sarà domani che la maggior parte di voi lo leggerà dom...questa mattina, più tardi. Ed è cortissimo! Che ne pensate del capitolo? A me non convince più di tanto... Ditemi che ne pensate ragazzi!
23:59, sono completamente andata.
Ciaoo,

Marta

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Capitolo 4
*** Scappo. Dove? Al centro commerciale, ovvio! ***


 

4. Scappo. Dove? Al Centro Commerciale, Ovvio!

 
Leo stava scappando. Di nuovo. Le persone che l’avevano accolto qualche tempo prima erano dei vecchietti gentili, simpatici e affettuosi, ma Leo non si sentiva a suo agio, a casa. E ora voi direte “Che palle, sempre la stessa storia!” E avete ragione. Ma è la verità, miei cari semidei. Non è che si divertisse a scappare di casa, eh.
Okay, magari un pochino…Ma poco poco.

Comunque, ritorniamo al racconto. Era partito di notte fonda, come sempre, ma dopo 12 ore di camminata era leggermente, leggermente, affamato. Grazie a qualsiasi divinità ci fosse lassù, si trovò davanti ad un centro commerciale appena ebbe formulato quel pensiero.
E dove c’è un centro commerciale, c’è un fast-food, pensò Leo, entrando nell’edificio. Era così affamato che non si accorse di star andando addosso a qualcuno, mentre cercava il McDonald’s.
“Oh, scusa non ti avevo visto!” Si scusò subito il ragazzo.
“Ah, non ti preoccupare, anch’io ho la testa fra le nuvole.” Era una ragazza che parlava. Leo, guardandola meglio, si accorse che era molto carina, con la pelle caramellata, le treccine…cherokee, forse? E gli occhi cangianti. Però vestiva con dei logori jeans e una maglietta dei Pokèmon, che, secondo il suo modesto parere, non le rendevano affatto giustizia.

“Sono Leo, piacere.” Si presentò con un sorriso, allungando una mano, che subito la ragazza strinse.
“Piper” Si presentò lei. “E’ stato un vero piacere conoscerti, Leo, ma ora devo proprio andare!” si scusò, camminando esitante verso l’uscita. L’ispanico continuò a guardare quella strana ragazza, che si dirigeva verso il salone di auto dall’altra parte della strada. La osservò mentre parlava con un uomo vestito in perfetto stile MIB, il quale, armato di un sorriso che Leo aveva visto solo in faccia ai fattoni a scuola, le consegnò un paio di chiavi. La ragazza uscì poco dopo dal salone con una BMW nera.
Aggrottando la fronte, Leo pensò che a essere strano, è strano, ma poi decise che non erano affari suoi, e si diresse verso il McDonald’s.
 
 
“Ho detto UN BIG MAC MENU’ GRANDE, per favore” ripeté Leo per la milionesiam volta, scandendo le parole come quando si parla ad un bambino piccolo molto stupido.
“Oh, Okay” disse finalmente la commessa, digitando qualcosa sullo schermo del piccolo computer.
“Aspetta un attimo” continuò, parlando con delle “a” e “o” esageratamente aperte. Dieci lunghissimi minuti dopo era seduto su una sudicia panca vuota con davanti a sé un vassoio contenente il suo verenatissimo cibo. Mentre mordeva il suo panino fece scorrere lo sguardo lungo tutti i tavoli del fast-food. C’erano coppiette, famiglie, ragazzi…Un ragazzino, probabilmente uno o due anni più piccolo di Leo, mangiava un Happy Meal in un angolo. Aveva gli occhi e i capelli color pece, pelle olivastra e vestiva tutto di nero.
Inquietante…, pensò Leo, osservandolo per un momento. Aveva l’aria di uno che non dormiva da giorni, si guardava intorno circospetto. Leo si riconcentrò sul suo panino, perplesso.
Certo che se ne incontrava di gente strana al centro commerciale…


Angolo_Autrice
Penso che sia ormai diventata un’abitudine aggiornare di sera. Spero di non essere l’unica che alle 22:00 passate di sera se ne sta beatamente seduta a scrivere. E soprattutto spero che il capitolo vi piaccia! Eh, ho anche fatto entrare Nico e Piper ;).
E siamo giunti quasi alla fine, il prossimo è l’ultimo capitolo! Premetto che non l’ho ancora scritto quindi mi ci vorrà un po’…Una settimana, forse. Oppure lunedì, dipende da come mi gira. Ora che vi ho annoiato un po’ con il mio angolino vi posso pure lasciare andare. Recensite, eh, mi fareste un grandissimissimo piacere!
Libro_Dipendente

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Capitolo 5
*** Benvento alla Scuola della Natura! ***


5) Benvenuto alla Scuola della Natura
 
Leo aveva il suo zaino in spalla, sempre dei Power Rangers, nonostante fossero passati più di dieci anni da quando l’aveva ricevuto in regalo dalla madre, guardava stranito l’edificio davanti a sè. Si girò verso Clara. Era sempre stata dolce e comprensiva con lui e Leo l’adorava, sul serio, ma questa volta aveva decisamente esagerato. Ok che non era stata lei a deciderlo, ma non si era nemmeno opposta al tribunale!
- Davvero? “Scuola della Natura”? – Chiese, indicando l’edificio davanti a loro. La Scuola della Natura era un istituto per “ragazzi problematici” e per il giudice Carst Leo era esattamente così, a quanto pare. Leo odiava quella donna col parrucchino che la gente osava chiamare "giudice".
- Leo...- Lo rimproverò Clara, sospirando.
– “Leo” cosa, Clara? Un conto è essere un ragazzo problematico, e già qui ho da ridire perché io sono perfetto – Si vantò, sorridendo sghembo. – Ma è un altro conto essere un ragazzo problematico spedito in una scuola piena di altri ragazzi problematici che potrebbero aggravare i suoi problemi! E sembra un carcere più che un college. Nel Nevada, poi. Chi ti dice che a me piaccia il Nevada? – Domandò alzando un sopracciglio.
- Leo non è una mia scelta, lo sai. La decisone è stata presa, e a meno che tu non ti voglia fare un giretto in un carcere minorile ti conviene rispettarla…- Gli mise una mano sulla spalla dell'espanico.
- Questo doveva essere di conforto? – Domandò divertito il ragazzo. Claire cercò di sorridere, cosa che non fece altro che scatenare dell’altra ironia in Leo. Allora la donna sbuffò.
- Andiamo, va’. – Disse, prendendolo scherzosamente per l’orecchio.
- Ahio!- Esclamò Leo, Clara lo lasciò.
- Ma per favore, non ti sei fatto nulla! – Borbottò la donna, fintamente rabbuiata.
*************
Era l’ora di pranzo. Leo se ne stava seduto sulle scale che davano sul giardino, mentre smangiucchiava una mela. Pensò a come era arrivato in quella scuola. L’aveva accolto il Coach Hedge, urlando: “BENE,  ALTRI MARMOCCHI!”, molto confortante per Leo, che si sentiva spaesato, come un pesce fuor d’acqua in mezzo a quella piccola massa di ragazzi “delinquenti”. Davvero, lo apprezzò molto. Soprattutto perché l’uomo, di bassa statura tra l'altro, aveva una mazza da baseball con sé. Leo sospirò, dirigendosi verso il secchio della spazzatura lì vicino, ancora immerso nei suoi pensieri, ma nel farlo urtò qualcuno.
- Oh, scusa, non ti avevo visto! – Esclamò, voltandosi a guardare quel qualcuno. Era una ragazza abbastanza carina se la si guardava bene, con gli occhi cangianti, i capelli castani raccolti in piccole treccine che a Leo ricordavano molto quelle degli Indios che aveva studiato a scuola, e la pelle caramellata. Indossava però una maglietta larga e strappata, con sopra stampato il disegno di un gattino molto, molto somigliante ad Hello Kitty, e i suoi jeans potevano essere stati in guerra, tanto erano consumati. Leo ebbe un senso di dejà-vù.
- Ti ho già visto – Constatò, riducendo gli occhi a due fessure nel tentativo di ricordare.
- Già, ci siamo visti… Ehm, non lo so – Rispose la ragazza, imbarazzata e divertita.
- Sei Piper, giusto? – La castana annuì. – Quella del Centro Commerciale! – Disse, improvvisamente ricordando.
- Oh, Leo, vero? Da quanto sei qui? Io sono arrivata stamattina – Disse lei.
- Idem. Sei la prima che incontro, dopo il mio coinquilino… - Disse invece il ragazzo, ravviandosi la massa di capelli ricci che aveva con una mano.
- Eh, io no… Prima di te ho incontrato un ragazzo, Jason, sto tornando da lui, vieni con me? – Chiese Piper.
- Jason, alto, biondo, cicatrice sul labbro? – Ridomandò Leo.
- Mh-Mh.-
- E’ il mio coinquilino! – Esclamò il ragazzo.
- Davvero? -
- Si!-
- Ehi ragazzi!- Una terza voce si aggiunse alla conversazione. Come in un telefilm, il ragazzo oggetto del loro discorso si materializzò proprio in quel momento.
- Ehi bello! – Lo salutò Leo.
- Ciao Jason – Disse invece Piper.
- Andiamo un po’ di là? – Domandò il biondo, indicando il “parchetto” che era lì vicino. Era una sottospecie di prato seminato di quercie e fiorellini. Ovviamente era tipo sei metri quadrati per sette, sì e no, perchè poi quell'angolo s'interrompeva, lasciando spazio ad un campo da football, uno da baseball e uno da basket.
- Sisi – Disse Leo, tirando fuori dalla tasca un filo di rame iniziando a modellarlo con viti e bulloni.
- E quello da dove spunta fuori? – Chiese sconcertata Piper, indicando quello che era, ancora per poco, una massa di filo di metallo e oggettini vari. Leo alzò le spalle.
- Lo faccio sempre, da un anno a questa parte, è rilassante.- Rispose.
- Tu sei strano – Affermò la ragazza.
- Mai quanto te, Miss Mondo, e la tua meravigliosa Kitty – Disse l’espanico, alludendo alla maglia della ragazza.
- Oh, ma sta’ zitto!- Disse lei, divertita.
- Piper, Leo ha ragione, quel gattino proprio non si può vedere.- Disse Jason, mentre i tre si allontanavano dal cestino della spazzatura.
- La smettete di criticare il mio modo di vestire, “Superman” e “Maccanicomister”?- Chiese Piper retoricamente.
 – Miss Mondo, da dove ti è uscito “MeccanicoMister”?- Replicò, divertito Leo.
- Superman?- Domandò, invece Jason, oltraggiato.
- Ancora così mi chiami? Miss Mondo?- Chiese Piper, rabbuiandosi.
- Sì, d’ora in poi ti chiamerò sempre così – Replicò l’espanico.
- No, ti prego! Jason digli qualcosa, odio già quel soprannome! – Si lamentò la ragazza.
- Non posso niente – Disse Jason, alzando le mani in segno di resa.
- Ok ragazzi, mi state ufficialmente simpatici. – Affermò Leo, mettendo i gomiti sulle spalle e facendo ridere i due ragazzi.
Sì, sarebbero diventati proprio dei buoni amici.


Angolo_Autrice
Ma per caso sono in ritardo? No, perché non mi ricordo per quando avevo detto che avrei aggiornato. Ma almeno è un po’ più lungo degli altri, no? Spero vi sia piaciuto, perché io mi sono divertita un mondo a scriverlo. Ma qui finisce il mio lavoro su questa fanfiction. Mi dispiace tanto, però spero che almeno a voi sia piaciuta.
Oh, babbe’, ci si vede alla mia prossima storia!
In più volevo salutare e ringraziare quelle sante anime che hanno recensito la mia storia, vi adoro!
Goodbye
Libro_D

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