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Thomas non aveva mai ricevuto un pugno.
Sua madre gli raccontava sempre di quella che volta che il cane di famiglia, un pastore maremmano grande il quadruplo rispetto il Thomas di appena cinque anni, lo aveva buttato a terra semplicemente dandogli un colpetto sul muso con l’intenzione di giocare.
Thomas si era lasciato andare ad un pianto disperato, nonostante fosse caduto col sedere a terra e sull’erba soffice del giardino e Lion, il loro cucciolone, se l’era data a gambe levate, realizzando che doveva tornare a rincorrere gatti e lasciar stare il suo padroncino capace di lanciare urli tramortanti quanto una sirena.
Ma quello di Lion non poteva essere considerato un colpo sul viso, o almeno, si disse, portandosi una mano sul labbro spaccato e sanguinante, non poteva essere considerato un tentativo di “spaccargli la faccia”, letteralmente parlando.
Quello di Josh, invece, lo era a tutti gli effetti.
Josh era il capitano della squadra di Lacrosse, un tipo prepotente dell’ultimo anno, che aveva deciso di tormentare Thomas da quando, tre mesi prima, si era trasferito nel liceo di Raleigh, in North Carolina, dopo aver trascorso tutta la vita in Nebraska.
Thomas era quello che tutti chiamavano “pive”, il nuovo arrivato del penultimo anno, introverso e poco sportivo, che preferiva rintanarsi nella sala informatica per giocare a qualche gioco online e non correre avanti e indietro per il campo di lacrosse dietro uno stupido dischetto o come caspio veniva chiamato dai tipi come Josh.
Quel pomeriggio, però, fra i corridoi semi deserti della scuola, Thomas aveva avuto la sfortuna di incrociarlo dopo il suo allenamento pomeridiano.
Sembrava parecchio di malumore e la vista di Thomas gli aveva acceso nello sguardo una scintilla di puro scherno mista a qualcos’altro di indefinito che in un primo momento Thomas non aveva saputo identificare; poi aveva compreso cosa avesse visto in lui. Il mezzo per scaricare la sua frustrazione.
Gli aveva dato una spinta, il ragazzo aveva cercato di ignorarlo in un primo momento, poi, dopo la seconda spinta, gli aveva intimato di lasciarlo perdere e, in seguito alla terza che lo aveva fatto indietreggiare di qualche passo data la forza dell’altro, lo aveva poco gentilmente invitato a tornare a fare il coglione in campo.
Dopo quelle parole, il ghigno sul volto di Josh si era allargato a dismisura e a quella visione, era seguito un colpo secco e un lungo secondo di buio.
Ed ora era ancora lì, frustrato e fremente di rabbia per l’ennesima prepotenza subita.
“E così io sarei un coglione?” gli domandò Josh, divertito.
Sapeva che non era ancora soddisfatto, che lo avrebbe colpito di nuovo.
Al diavolo, si disse Thomas, Josh era più forte di lui e l’avrebbe picchiato comunque, quindi avrebbe incassato i colpi con tutta la dignità possibile, senza fuggire o mostrare un briciolo di paura.
“Oh si che lo sei. Cos’è? Ora sei diventato anche sordo?” lo provocò, cercando di mostrarsi sicuro e spavaldo quanto possibile.
Un lampo di ira attraversò lo sguardo dell’altro, ma a quello seguì il ghigno che poco prima aveva preannunciato il colpo.
Difatti lo osservò alzare il pugno e prendere qualche secondo, come per caricare il colpo.
Istintivamente, Thomas chiuse gli occhi, preparandosi mentalmente al dolore che lo avrebbe investito di lì a poco, ma, con sua grande sorpresa, non accadde nulla di tutto ciò.
Avvertì come uno spostamento d’aria, poi un’esclamazione di stupore di Josh.
“Toccalo ancora una volta e giuro che ti spacco la faccia”
Thomas sgranò gli occhi di colpo, riconoscendo immediatamente a chi appartenesse quella voce.
Newt gli dava le spalle e con una mano stringeva il pugno di Josh diretto a lui.
Doveva averlo bloccato qualche istante prima che riuscisse a colpirlo e, a quanto pare, non aveva alcun timore del bullo; al contrario di Josh, che invece, sbiancò leggermente e lasciò scivolare via la mano, evidentemente colto di sorpresa.
“Cosa ti importa di questo pive, eh? E’ solo uno sfigato” provò a dire, ma aveva perso tutta l’arroganza che era solito distinguerlo.
“E tu se lo tocchi ancora ti ritroverai con qualche dente in meno.
Dillo anche ai tuoi amichetti.
Tommy per voi è off limits”
Newt scandì alla perfezione le sue parole, il tono basso, minaccioso. Per un attimo persino Thomas si sentì rabbrividire come Josh. Ma dopo quella sensazione, sopraggiunse un vago rossore sulle guance.
La possessività con cui Newt aveva appena parlato di lui, il modo in cui lo aveva difeso, tutto, gli fece improvvisamente andare il viso in fiamme, facendogli dimenticare persino il dolore per il colpo subito.
Osservò Josh voltarsi e andarsene senza dire una parola e, a quel punto, anche Thomas poté guardare in volto il suo amico.
Amico forse era un parolone, poiché lui e Newt seguivano dei corsi insieme e non si erano mai visti al di fuori della scuola, ma tra una lezione e l’altra, avevano iniziato a scambiarsi qualche parola, dapprima sui nuovi videogiochi, poi sui film ispirati ai supereroi della Marvel e infine si erano ritrovati, alle volte, a pranzare insieme e Thomas, in poco tempo, era divenuto solo ed esclusivamente per quel biondo dagli occhi nocciola e dall’aria vagamente misteriosa, Tommy.
“Mai mi sarei aspettato di doverti medicare per una rissa. Queste sono cose da Minho”
Le parole di Newt risuonarono vagamente ironiche e Tommy accennò un debole sorriso, mentre Newt passava il fazzoletto inumidito sul sangue rinsecchito agli angoli della sua bocca.
Aveva insistito per aiutarlo quanto possibile e con una certa ostinazione lo aveva guidato nei bagni del primo piano, nonostante Thomas si sentisse a disagio, come un bambino che scioccamente si era cacciato nei guai.
Chinò leggermente il viso, realizzando quanto fosse improvvisamente vicino il suo amico; poteva sentire il suo respiro solleticargli la pelle quando si avvicinava col fazzoletto alle labbra e il suo profumo che ricordava l’odore degli aghi di pino dopo un lungo temporale, inebriargli i sensi.
Si diede mentalmente dello sciocco, cercando di riprendere il controllo di sé.
Che caspio aveva? Perché stava notando tutti quei particolari? Perché non riusciva a concentrarsi su qualunque cosa che non fosse Newt?
Quasi avesse potuto avvertire il suo disagio, Newt riprese a parlare, il tono rilassato, come suo solito.
“Adesso puoi stare tranquillo.
Josh e i suoi non ti daranno più fastidio”
“Ti ringrazio” asserì Thomas “Non dovevi darti tanto disturbo”
“Disturbo?” Newt quasi rise incredulo, sentendolo parlare a quella maniera. “Lo rifarei altre mille volte. Mi dispiace solo non essere arrivato in tempo per evitarti il primo pugno. Però ho potuto ascoltare la tua provocazione.
Sei stato davvero coraggioso, Tommy”
Thomas lo guardò quasi incredulo, mentre quell’aggettivo gli si imprimeva a fuoco nella pelle, inorgogliendolo e, soprattutto, aumentando il rossore sulle sue guance.
Non avrebbe mai pensato che Newt potesse esprimersi con quei termini riferendosi a lui.
Poi, quasi gli avesse letto di nuovo nel pensiero, Newt gli sorrise.
E Thomas realizzò che non aveva mai visto un sorriso così bello in vita sua.
Per un sorriso come quello, valeva la pena prendersi tutti i pugni del mondo.
NEXT: THE SNOW
Ed eccomi qui, di nuovo alle prese con i nostri Newmas. Io li amo, c'è poco da aggiungere <3
Questa sarà una breve raccolta con spezzoni della loro vita, in cui descriverò anche l'evoluzione del loro rapporto, di capitolo in capitolo. Spero che questa prima one-shot, scritta di getto, sia di vostro gradimento!
Un grazie in anticipo a chi leggerà/recensirà <3
“Sarà divertente”
Quella frase, ormai, era entrata nel repertorio di Teresa per imporre le sue idee in maniera carina.
Dopo il “sarà divertente”, da quel che ormai aveva capito Thomas della ragazza, sarebbe arrivato il “non puoi mancare” e, da ultimo e non meno importante il “se manchi giuro che ti spezzo le ossa e smetterò di parlarti”.
Come se non avesse dovuto offendersi chi finiva con le ossa spezzate e non lei, che era la carnefice, si ritrovò a pensare il ragazzo, mentre chiudeva l’armadietto dopo avervi buttato distrattamente dentro il suo quaderno ad anelli per gli appunti.
Ultimamente non riusciva più a concentrarsi su nulla: sulla scuola, sulla famiglia, su Brenda, la sua compagna di corso che gli aveva strappato la promessa di portarla a cena fuori quel weekend…
“Cazzo, la cena!” si ritrovò ad esclamare, battendosi una mano sulla fronte, sotto lo sguardo perplesso dell’altra.
“Se stai cercando di picchiarti da solo, posso darti volentieri una mano” ironizzò la ragazza dai capelli scuri e gli occhi color ghiaccio, inarcando un sopracciglio.
“Avevo promesso a Brenda che saremmo usciti insieme questo fine sett..”
“Ah ah!” Teresa mosse l’indice di fronte il suo volto con fare minaccioso “non provare nemmeno a dirlo. Tu non scaricherai me, Minho, Aris, Newt, Son…”
“Newt?” stavolta fu lui ad interromperla, sorpreso. “Ci sarà anche lui? Pensavo non foste molto amici”
Teresa si ammutolì qualche istante. Sembrava stesse soppesando a fondo le sue parole e Thomas si sentì improvvisamente a disagio per la domanda che aveva posto tanto spontaneamente.
La sua distrazione di quel periodo, a dir la verità, era proprio da attribuirsi a quel biondo dall’aria vagamente misteriosa, dal sorriso appena accennato sul volto e dall’accento inglese capace di far sospirare tutte le ragazze della scuola – e non solo - .
“Si” disse di colpo la ragazza e Thomas parve quasi riscuotersi da quello stato di trance, mentre la mora puntava il suo sguardo magnetico nel suo. “Newt ed io abbiamo legato da poco, ma lui ci sarà senza dubbio”
Sottolineò quelle ultime parole e con nonchalance gli diede le spalle, incamminandosi a passo lento verso l’aula di letteratura inglese.
“Ehi!” esclamò Thomas, facendola bloccare di colpo, ma non voltare, segno che aveva comunque la sua completa attenzione. “Ci sarò anche io!” affermò e, se avesse potuto vedere il volto della ragazza, avrebbe constatato come le sue labbra si fossero piegate in un debole sorrisino beffardo.
Brenda doveva far appello a qualche fonte inesauribile di sano ottimismo. O a qualche sostanza stupefacente.
Altrimenti Thomas non avrebbe saputo spiegarsi il modo con cui aveva ben accolto la proposta di rimandare il loro appuntamento – perché era questo che stava accadendo tra loro, no? E allora non avrebbe dovuto esserne felice? Non gli piaceva abbastanza? – e aveva rilanciato a sua volta chiedendogli di poterlo accompagnare da Teresa.
Thomas non avrebbe saputo dire se quest’ultima avrebbe apprezzato la presenza della ragazza, ma Brenda aveva un suo modo di fare strambo, gentile, a volte da dura, a volte improvvisamente in cerca di abbracci e baci sulla guancia che era solita rubargli di sfuggita tra i corridoi della scuola, che per lui fu davvero difficile dirle di no.
Tentò di farle capire che avrebbe dovuto almeno consultare Teresa prima, visto che si trattava di casa sua ed aveva organizzato tutto lei, ma Brenda si ritrovò a ringraziarlo entusiasta ancor prima che potesse aprire bocca.
Di una cosa ebbe la certezza in quel momento: le ragazze rendevano sempre tutto terribilmente complicato.
E questa sua convinzione venne rafforzata dall’espressione di Teresa alla vista di Brenda, sull’uscio di casa sua insieme a lui, due sere dopo.
Gli lanciò un’occhiata omicida, poi finse un sorriso, mentre dall’interno proveniva un sottofondo musicale, prettamente natalizio e le grida di Minho e qualche parola di Newt che non riuscì a decifrare al momento.
Improvvisamente avvertì il cuore battergli più forte nel petto, inciampare nei suoi stessi battiti, poi battere ancora più forte.
Che diavolo aveva? Non avrebbe dovuto provare quelle sensazioni quando aveva incrociato lo sguardo di Brenda vicino la caffetteria dove si erano dati appuntamento per recarsi insieme da Teresa?
Perché il solo udire la voce di Newt gli scatenava tutto quel subbuglio interiore?
Senza neanche accorgersene, Teresa lo aveva afferrato per mano per farlo entrare e Brenda si era richiusa la porta alle sue spalle, chiedendo poi dove potesse poggiare il giubbotto.
Thomas se lo sfilò automaticamente e lo diede a Teresa che gli aveva porto il braccio, seguendo poi le grida di Minho e raggiungendo così l’ampio salotto.
Quando fece capolino nella stanza, Thomas si sentì come se si fosse ritrovato in un altro mondo, più bello, più luminoso, più felice.
Le lucine del grosso albero di Natale, nell’angolo vicino la finestra a muro che si affacciava sulla terrazza, brillavano ad intermittenza, illuminando a tratti i volti dei suoi amici tutti a terra accanto un tavolinetto. La stanza era in penombra, qualche candela accesa qua e là e un fuoco scoppiettante erano le uniche fonte di illuminazione, eppure rendevano tutto più magico; il pc era acceso, la finestra della musica su riproduzione casuale e Thomas notò che si trattava di una playlist prettamente natalizia.
Minho stava gridando lanciando dei dadi – stavano giocando a Monopoli e qualcuno si era già accaparrato diverse abitazioni su Parco della Vittoria – ma nel momento in cui si accorsero della presenza dell’amico, tutti si ammutolirono per qualche istante.
“Thomas!” disse Aris per primo, di buon umore “finalmente!”
“Avanti pive, unisciti a noi, dobbiamo fare il culo a Newt!” lo spronò invece Minho.
Newt sorrise e puntò il suo sguardo malandrino su Thomas:
“Tommy, non dargli retta, è solo geloso perché è finito due volte in prigione ed è ormai prossimo alla bancarotta”
“Questo non è vero!” ribadì l’altro, rosso dall’imbarazzo ed evidentemente irritato.
Minho aveva un grande problema con la parola “perdere”.
Newt fece per ribattere, evidentemente divertito, ma dal suo viso scomparve improvvisamente ogni traccia di sorriso nello stesso momento in cui Brenda fece il suo ingresso, seguita da un’evidentemente seccata padrona di casa, e si appoggiò al braccio di Thomas, cercando il suo sguardo con fare complice.
Thomas quasi non badò a lei e come se volesse scusarsi – senza sapere neanche perché – fece per avvicinarsi al tavolinetto, a Newt.
Newt non si scompose e in completo silenzio lanciò i dadi, mentre le voci di Aris e Minho tornarono a farsi sentire più forti, come due bambini preda dell’euforia natalizia.
Tuttavia, Thomas riuscì a malapena a godere di quell’atmosfera. Si sentiva improvvisamente triste, ma non avrebbe saputo dire cosa diavolo fosse successo esattamente tra lui e Newt.
Nell’arco di un’ora li avevano raggiunti Sonya, qualche altra ragazza amica di Teresa, un certo Jorge che Newt sapeva fosse più grande di loro e iscritto al secondo anno di college, quell’attaccabrighe –in realtà innocuo – di Gally e Frypan con dei dolci natalizi fatti da lui apposta per l’occasione.
Quel momento di generale confusione si rivelò l’ideale per poter sgattaiolare in cucina con la scusa di fare l’eggnog, la sua specialità natalizia preferita.
In realtà, Newt aveva bisogno di prendersi un istante per sé, di recuperare il controllo che poco prima, con sua grande sorpresa per primo, aveva rischiato di perdere.
Non sapeva esattamente cosa gli fosse preso, o forse si, lo comprendeva benissimo. Ma l’intensità di quei sentimenti erano una novità per lui: nessuno riusciva a farlo sentire come Tommy, e la cosa riusciva ogni volta a lasciarlo di sasso.
E quel pomeriggio, quando Brenda si era presentata lì con lui, quando gli aveva sfiorato il braccio, tutta quella consapevolezza lo aveva investito come un fiume in piena ed il desiderio di avere Tommy solo per sé gli aveva attanagliato il respiro qualche lungo attimo, al punto da aver avuto bisogno di concentrarsi su quei stupidi dadi per riprendere a respirare regolarmente.
“Che caspio di idiota che sono” borbottò, aggiungendo lo zucchero alle uova per poi riprenderle a sbatterle. Afferrò la vanilla, la noce moscata e le aggiunse, concentrandosi meticolosamente sulla ricetta. Quell’attività lo faceva stare bene, riusciva a calmarlo, a distrarlo.
Dopo qualche altro minuto di lavorazione, aggiunse la panna, il latte e continuò ad amalgamare il tutto, con forza, tirandosi su le maniche della maglia e mettendo così in mostra i tendini tesi del suo braccio.
Per ultimi, ma non meno importanti, prese il rum e il brandy e li versò in quella che ormai stava diventando, come da prassi, una sorta di crema dall’aria gustosa.
Decise di caricarla un po’ di più, adorava sentire il sapore dolce dello zabaione unito ad una forte carica alcolica capace di scendere bruciante ma gustosa come solo il rum poteva fare.
“Che stai preparando?”
Newt sobbalzò appena, ma sperò che Thomas non se ne fosse accorto. Alzando di poco lo sguardo, lo vide poggiato contro lo stipite della porta, le braccia incrociate e un accenno di sorriso sulle labbra.
Riabbassò subito gli occhi, fingendo una certa indifferenza.
“L’eggnog” disse semplicemente.
Udì un passo. Sapeva che si stava avvicinando e dovette fare una grossa fatica per non guardarlo nuovamente.
“Mi piace molto, ma non so prepararlo” appuròThomas, osservandolo scrupolosamente. In realtà l’unica cosa che avrebbe voluto dire era: “Newt, è tutto okay tra di noi?”
“Prima o poi ti insegnerò” rispose seccamente il biondo.
A quel punto Thomas sospirò. Non aveva voglia di litigare, specie con Newt.
“Cos’hai?
Prima mi sei sembrato… ecco, di malumore”
Thomas si sforzò di trovare le parole giuste, cercando di scacciare dalla mente l’assurdo pensiero che Newt fosse geloso di Brenda.
Il biondo, dal canto suo, si decise finalmente ad alzare lo sguardo nocciola, puntandolo su di lui.
“Ti sbagli” lo udì dire, sorprendendolo comunque.
Per un momento, Thomas aveva fortemente immaginato che confermasse i suoi dubbi.
“Ah” una breve pausa per riordinare i pensieri “dunque è tutto okay”
Vi fu un’altra interruzione, prima che Thomas decidesse di giocare d’astuzia. Non era da lui, ma per una volta si rese conto che fosse più importante sapere cosa avesse Newt, senza neanche essere del tutto consapevole della motivazione.
“Per un attimo avevo creduto che Brenda non ti fosse molto simpatica”
Newt alzò lo sguardo, smise di lavorare la crema e per un lungo secondo gli lanciò un’occhiata indecifrabile.
In qualche modo, Thomas lo aveva appena colpito e affondato.
Quest’ultimo comprese di aver avuto ragione fin dall’inizio e nello stesso istante si sentì sollevato al pensiero che Newt non ce l’avesse con lui; ma tenesse forse troppo a lui.
Più rilassato e più sicuro di sé, si avvicinò alla ciotola con la crema e con il dito se ne portò un poco alle labbra, sotto lo sguardo attonito dell’altro.
Era calda, cremosa, alcolica, buona.
Sorrise, ma prima che uno dei due potesse anche dire una sola parola, qualcuno, Minho per l’esattezza, lanciò l’ennesimo grido entusiasta.
“STA NEVICANDO! RAGAZZI, NEVICA!”
A quello seguì un frastuono generale, poi le voci giunsero ancor più ovattate.
Dovevano essere usciti tutti in terrazza.
Con sua grande sorpresa, Newt lo fiancheggiò improvvisamente.
Sembrava più sereno, come se il fatto che Thomas lo avesse colto in fallo, più che infastidirlo, avesse alleggerito il suo cuore.
Se solo avesse riflettuto un secondo di più sulla questione, avrebbe compreso cosa avesse improvvisamente messo Newt di buon umore, ovvero la consapevolezza che fosse lì a cercare di chiarire con lui e non in salotto a godersi le attenzioni di Brenda.
Senza volerlo, Thomas aveva appena dichiarato chi fosse la sua priorità tra i due.
“Andiamo?” gli chiese il biondo a quel punto.
Thomas lo osservò qualche istante stupito, poi annuì e sorrise.
Giunsero in terrazza senza preoccuparsi del freddo e con una nuova leggerezza nel cuore, si ritrovarono fianco a fianco, con i nasi all’insù per ammirare quei fiocchi candidi che il cielo stava donando loro, lasciando che si sciogliessero sui loro volti pochi secondi dopo il contatto.
Quando entrambi si guardarono negli occhi, Newt sorrise appena con fare malandrino, mentre l’altro lo fissò interrogativo.
Thomas lo osservò allungare l’indice affusolato verso di lui e sfiorargli le labbra con una lentezza disarmante, mentre il suo cuore prese a battere impazzito nel petto; alla stessa maniera, Newt si portò poi il dito sulle proprie, come se stesse gustando un dolce.
“Avevi della crema di eggnog sulle labbra” gli disse qualche attimo dopo, mentre Thomas sembrava fosse improvvisamente in apnea.
Con la stessa naturalezza di poco prima, Newt fece spallucce e tornò a guardare la neve che scendeva volteggiando dal cielo.
Fu a quel punto che Thomas capì cosa avrebbe desiderato fare veramente e, con sua grande sorpresa per primo, lo fece, appellandosi a tutto il suo coraggio.
Allungò, tentennando appena, la mano, poi afferrò delicatamente quella di Newt e tornò anch’egli ad ammirare il cielo.
Nessuno dei due parlò, né fece nulla per porre fine a quel momento.
Entrambi lo avevano desiderato a lungo.
NEXT: THE DRUNK
Ed eccomi qui con il secondo capitolo della raccolta! Avevo in mente la trama fin dall'inizio, ma causa studio, trovare il tempo per scrivere è stato difficilissimo ed ora non sono nemmeno convinta del risultato >.<
Insomma, non mi piace, ma lascio giudicare voi <3
A tal proposito GRAZIE GRAZIE GRAZIE alle splendide lettrici che hanno recensito la storia o che l'hanno aggiunta alle preferite/seguite/ricordate <3
Un'ultima cosa: l'eggnog sarebbe più o meno l'equivalente del nostro liquore allo zabaione ed è una bevanda della tradizione natalizia inglese/irlandese/americana. Non so perché, ma ce lo vedo proprio Newt a prepararla xD
Un grazie in anticipo a chi leggerà e/o recensirà <3
“Regola numero uno.
Non fare il pivello”
Teresa aveva alzato un dito, come a voler portare il conto di quello che
sarebbe stato un lungo elenco.
Thomas deglutì e annuì, alla stregua di un soldato davanti al proprio
superiore, lasciandole modo di continuare.
Si trovavano nella sua stanza; lui era seduto sul letto, Teresa invece era in
piedi di fronte a lui e lo osservava come una severa insegnante.
Forse chiederle aiuto non era stata una grande idea, si ritrovò a pensare il
ragazzo, ma tuttavia non avrebbe saputo chi altro consultare per quel tipo di… cosa.
Di certo non avrebbe potuto dire a Minho:
“Ehi amico, mi aiuti ad organizzare una serata perfetta a casa con Newt? Ho
voglia di passare del tempo con lui, ma non sono mai uscito con un ragazzo. In
realtà non credevo nemmeno che mi piacessero” Nah, pessima idea.
Minho avrebbe detto qualcosa del tipo:
“Donna e uomo uguale sesso, no?
Sbagliato! Questa è una legge universale, il sesso è per tutti!”
E poi avrebbe aggiunto sicuramente qualcosa di sconcio capace di farlo
arrossire come uno scolaretto.
Forse avrebbe dovuto parlare con Aris, ma temeva che riferisse tutto a Teresa.
E a quel punto lei sarebbe stata furiosa per essere stata esclusa da colui che
credeva suo amico.
No, aveva agito nel migliore dei modi.
Teresa sapeva sempre tutto, e per quanto potesse apparire saccente alle volte,
era in realtà una ragazza piena di risorse.
Astuta. Bella. Letale.
“Regola numero due” stavolta alzò l’indice “non rendere questa serata pressante
come un appuntamento”
“Quindi non devo considerarlo un appuntamento?” domandò.
“Certo che devi considerarlo un appuntamento!” esclamò di rimando l’altra.
Thomas aggrottò la fronte. Ok, era abbastanza confuso.
“Non ti seguo” dichiarò, mentre la ragazza roteò gli occhi.
“Quello che sto cercando di dirti è che deve essere considerato un
appuntamento. Ma niente nervosismo, niente alte aspettative, niente
imbarazzanti silenzi. Spoglialo di tutte le sfaccettature negative. E magari
spoglia anche Newt”
Thomas divenne rosso come un pomodoro e boccheggiò incredulo.
“Parli come Minho” le disse e stranamente Teresa si limitò ad accennare un
debole sorriso malizioso.
“Bene, dopo essermi goduta la tua espressione impagabile, passiamo al terzo
punto.
Non vestirti come un pinguino”
“Okay, ricevuto”
“E non vestirti nemmeno come uno che è appena tornato da una corsetta.
Niente pantaloni della tuta” si raccomandò.
“Ma io amo i pantaloni della tuta!” protestò l’altro, ricevendo in risposta
un’occhiataccia.
“Prima o poi te li brucerò tutti.
Comunque, tornando all’appuntamento, regola numero quattro: non stringergli la
mano per salutarlo”
“Cosa ti fa pensare che potrei salutarlo in questa maniera?” Thomas inarcò un
sopracciglio, basito.
“Me lo fa pensare il fatto che sarai imbarazzatissimo quando te lo ritroverai
davanti e avrai la consapevolezza che ormai è fatta”
“Ormai è fatta cosa?”
“Nel momento in cui Newt varcherà la soglia di casa tua, qualunque cosa
succeda, nel bene o nel male, non potrete più tornare ad essere semplici amici”
Thomas sgranò gli occhi e chinò di poco il volto, realizzando quanto Teresa
avesse dannatamente ragione.
Era spaventato? Da matti.
Voleva lasciare le cose come stavano con Newt? Neanche per sogno. Quello che
aveva compreso di provare per lui era troppo forte per essere represso e messo
da parte.
Rialzò il viso e guardò deciso la sua amica.
“Va’ avanti” le disse.
Thomas si guardò allo specchio un’ultima volta.
Teresa lo aveva aiutato a scegliere cosa mettere e insieme avevano raggiunto un
compromesso: uno stile casual ma non trasandato.
Aveva indossato una t-shirt verde scuro, dei jeans, le sue Nike e sistemato i capelli con il gel con meticolosa attenzione.
Si sentiva come al suo primo appuntamento e, forse, poteva proprio essere
considerato tale.
Aveva frequentato diverse ragazze, ma mai un ragazzo.
Il campanello suonò svariate volte. Newt sembrava impaziente quasi quanto lui.
Prese un respiro profondo e si diresse alla porta, grato come non mai che i
suoi genitori fossero via per il weekend.
Quando l’aprì, tuttavia, si ritrovò a guardare meravigliato il suo ospite.
Non si trattava di Newt, bensì di…
“Minho! Cosa ci fai qui?” domandò, osservando la sua espressione vuota, le
guance arrossate dall’alcool e la bottiglia di vodka che stringeva,
barcollando, in una mano.
“Ehiiiiii Thomas!!! Sciao!!!” esclamò
questo, sbiascicando tutte le parole e appoggiando una mano sulla sua spalla
per mantenersi in equilibrio.
“Ma cosa è successo? Perché ti sei ubriacato e da solo?” gli domandò,
sorreggendolo e trascinandolo fino al divano in soggiorno.
Non che Minho ci andasse leggero con l’alcool, ma non l’aveva mai visto ridursi
in quelle condizioni senza la compagnia e la scusa di una festa.
“La vita è uno scifo, Thomas…amico
mio… e le donne... oh, loro sono il male, il male!”
Thomas aggrottò la fronte, cercando inutilmente di togliergli la bottiglia
dalla mano. Minho sembrava aver incollato le dita al vetro.
In quello stesso istante, il campanello suonò nuovamente, interrompendo quel
tiro alla fune con la vodka.
Il cuore di Thomas perse un battito, ma la presenza di Minho rendeva tutto
ancor più complesso, se possibile.
Aprì la porta, cercando di rilassarsi e sulla soglia, come previsto, comparve
Newt.
Indossava la sua giacca marrone, la sua solita sciarpa grigia e il ciuffo
biondo era in disordine, quasi avesse corso per arrivare il prima possibile.
Si sorrisero, ma pochi secondi dopo, Minho chiamò a gran voce Thomas, rivelando
così la sua presenza anche all’ultimo arrivato.
“Thooooomaaaaaaasssss”
“Sbaglio, o questa è la voce di Minho?” domandò l’altro, sinceramente
perplesso.
“Non sbagli affatto” confermò Thomas, mostrando un certo dispiacere per
quell’intromissione non prevista.
“Credevo saremmo stati solo noi due, Tommy” asserì Newt e Thomas poté notare
una punta di delusione nei suoi occhi nocciola.
“Ma infattiera così!” si affrettò a
precisare “ma pochi minuti fa, Minho si è presentato qui, ubriaco, con della
vodka e sembra abbastanza sconvolto per una donna”
Newt scosse la testa divertito, quasi se lo aspettasse da Minho, e superò Thomas,
raggiungendo il moro che blaterava parole incomprensibili sdraiato sul divano.
“Minho, ehi” lo salutò Newt, piegandosi sulle ginocchia e dandogli una leggera
pacca sulla spalla “che succede?”
Thomas nel frattempo li aveva raggiunti, posizionandosi in piedi all’altro capo
del sofà.
Minho guardò qualche istante lui, poi Newt, infine sorrise sornione.
“Ragazzi, lo sapete che siete bellissimi? Siete davvero bellissimi e io vi
adoro! Bellissimi” ripeté, mentre gli altri due ridacchiarono.
“Grazie Minho, anche tu sei bellissimo” ribadì Thomas.
“Oh, ma io lo so di essere bellissimo!” protestò quello, facendo poi un lungo
sorso dalla bottiglia.
“Ehi, questa perché non la dai a me?” Newt afferrò il collo della bottiglia,
proprio come Thomas aveva fatto poco prima, ma Minho sembrava deciso a non
mollare la presa.
“Nooo, non mi porterai via l’amore della mia vita” si lamentò.
“Andiamo, faccia di caspio, noi abbiamo sempre condiviso tutto” gli fece notare
Newt, ottenendo a quel punto una resa da parte dell’altro, che la lasciò andare.
Newt la soppesò qualche attimo, fece un lungo sorso e poi la poggiò sul
tavolinetto alle sue spalle.
“Okay, ora sono pronto a psicanalizzare un Minho ubriaco” ironizzò - facendo
ridere di rimando Thomas- per poi rivolgersi al ragazzo steso sul divano
“allora, si può sapere dove sei stato prima di venire qui?”
“A bere! Non è ovvio?” esclamò Minho, facendo scuotere la testa ai suoi amici.
“Questo l’avevamo capito, Capitan Ovvio,
ma vorremmo sapere con chi”
Minho lanciò un lamento indecifrabile, prima di fornire loro una risposta.
“Teresa” disse semplicemente.
Newt e Thomas si guardarono stupiti. Lo aveva detto sul serio?
“Stai parlando della stessa Teresa che conosciamo tutti, vero?” provò a
domandare Thomas.
“Si!” esclamò l’altro, risentito. “Sto parlando diTeresa Agnes, quella stronza saccente del
cazzo”
“Okay, non ci sono dubbi sul fatto che sia la nostra Teresa” appurò Newt,
trattenendo una risata. “Cosa è successo, Minho?”
“Stavamo bevendo” lo disse alla stregua di un lamento “sapete, ultimamente ci
siamo visti spesso ed è successa una cosa assurda”
“Assurda? Ovvero?” lo spronò Thomas.
“Ho scoperto che quella stronza saccente del cazzo mi piace. Mi piace davvero”
Thomas guardò Newt, esterrefatto. “L’ha detto sul serio?” chiese.
“L’ha detto sul serio” confermò l’altro, sorridendo malizioso, per poi
rivolgersi a Minho “cosa è andato storto?”
“Ho provato a baciarla” dichiarò, quasi con solennità “e lei mi ha dato uno
schiaffo. Mi ha detto che ho rovinato tutto e se n’è andata via”
“E a quel punto hai bevuto per entrambi” concluse per lui il biondo.
“Già” Minho lanciò un altro indefinito lamento.
“Vedrai che risolverete tutto, non preoccuparti. Conosci Teresa, sai quanto sia
impulsiva. Scommetto che sia molto dispiaciuta per l’accaduto” lo rassicurò Thomas.
“Sono d’accordo con lui” asserì Newt “quindi adesso ti facciamo un bel caffè,
va bene?”
Minho scosse la testa. “No, ragazzi, sedetevi vicino a me, non lasciatemi solo”
Thomas guardò Newt, che gli fece un segno d’assenso. Tanto valeva assecondarlo
e placare il suo sconvolgimento.
I due, quindi, si sedettero alle due estremità del divano, le uniche lasciate
libere dal moro.
Per un po’ di secondi nessuno disse nulla e il respiro di Minho, irregolare e
pesante fino a quel momento, divenne gradualmente regolare e leggero.
Si era addormentato.
“Guardalo, sembra un bambino indifeso” disse Newt, con una nota di dolcezza
nella voce.
“Già” Thomas accennò un sorriso “chi l’avrebbe mai detto, Minho e Teresa”
“Chi l’avrebbe mai detto” gli fece eco Newt, il tono serio ma leggero “io e te”
Quell’ultima affermazione fece sobbalzare appena Thomas.
Quindi era tutto reale, stava accadendo davvero.
Teresa aveva ragione, a quel punto tornare indietro sarebbe stato impossibile.
Ma lui non aveva affatto voglia di tornare sui suoi passi.
“Sai, Newt… credo che tu mi piaccia come Teresa piace a Minho” E avrei anche io voglia di baciarti,
avrebbevoluto aggiungere.
Newt lo guardò con intensità, gli occhi nocciola più luminosi e al contempo
profondi.
“Tommy...anche tu…” fece per dire, ma la voce di Minho tornò a farsi sentire,
interrompendolo.
“Anche voi mi piacete tanto ragazzi, io vi amo” blaterò, gli occhi chiusi e un
rivolo di bava che gli usciva dalle labbra schiuse.
A quel punto trattenersi dal ridere fu impossibile.
NEXT:
THE HAND
Ed eccomi qui, con
il terzo capitolo!
Rispetto la seconda, questa terza one-shot mi soddisfa di più e spero che anche
per voi possa rivelarsi una piacevole lettura.
A tal proposito ringrazio tutte le magnifiche persone che hanno aggiunto la
raccolta tra le preferite/seguite/ricordate e le ragazze che hanno recensito
<3
Sono felice di aver suscitato l’interesse anche di chi non shippa Newt e Thomas
come coppia e di aver reso l’attesa del bacio tra i due sempre più “forte”
<3 E rimanendo in tema “bacio”, sappiate che è più vicino di quanto possa
sembrare xD
Nda: i fatti di cronaca a cui si fa riferimento,
ovviamente, sono frutto della fantasia dell’autrice e non si riferiscono in
alcun modo a persone e/o avvenimenti reali.
Avvertì lo zigomo contro le proprie nocche, la forza
del colpo inflitto, l’angoscia capace di divorargli il cuore nel petto.
Thomas girò un poco il viso, sputando sangue, mentre Newt si portò l’altra mano
sulle nocche, lo sguardo di chi aveva appena commesso il più grosso errore
della sua vita.
Aveva fatto del male a Tommy. Aveva fatto qualcosa che avrebbe rimpianto per
sempre.
Tutto era cominciato due giorni prima…
Newt stava scorrendo la sua home di Facebook, distrattamente.
Aveva acceso il pc per fare una ricerca di biologia e per caricare nel mentre
la nuova puntata di Sherlock della BBC, ma poi era finito con l’accedere al
suo account del social network, cosa che non gli capitava molto spesso di fare.
Ricopiò distrattamente un disegno del ciclo
di Krebs sul suo quaderno degli appunti, quando un trillo annunciò che
qualcuno lo avesse appena contattato in chat.
Ridusse ad icona la finestra di Wikipedia
e andò sull’altra, leggendo immediatamente il nome di Gally. “Ehi faccia da caspio, ogni tanto sei online. Wow” Inarcò
un sopracciglio e digitò frettolosamente una risposta. “Sono online solo per gli amici”
“Ed io non sono tuo amico? :(“
“Seriamente? Hai appena usato un emoticon con me?”
“Andiamo, non fare il guastafeste”
“Va bene. Tornando al discorso di prima, sei mio amico solo quando non ti
comporti da totale coglione”
“E quando mi sarei comportato da coglione, sentiamo”
“Quando hai preso in giro Tommy davanti a me”
“Cazzo, non mi sta molto simpatico, dov’è il problema?”
“Il problema sta nel fatto che Tommy è mio amico è un tipo okay”
“Insomma ti piace. Se ne renderebbe conto anche un totale estraneo solo a
guardarvi”
“Si. E allora?”
“Non sono affari miei. Sarò anche uno stronzo, ma non sono uno stronzo omofobo” Newt
sospirò. Si era posto troppo sulla difensiva. Gally non meritava quel
trattamento, nonostante tutto. “Lo so, scusami”
“Nessun problema, faccia di caspio :*”
“Idiota -.- ” Scosse
la testa, sorridendo e chiuse la chat. Stava per fare altrettanto con la pagina
del social network, quando un link di cronaca locale attirò la sua attenzione.
Lo aveva postato un ragazzo che abitava nel suo vecchio quartiere e che
frequentava un altro liceo di Raleigh. “Ragazzo gay picchiato e lasciato appeso
in un campo di grano per tutta la notte.
La notte scorsa il giovane quindicenne…”
Lesse le parole con rabbia, infine chiuse la finestra, sospirando.
Non era la prima volta che veniva a conoscenza di episodi simili, ma ora era
cambiato tutto.
Non gli importava della sua incolumità, sapeva come difendersi, sapeva che i
bulletti della squadra di Lacrosse nutrivano un certo timore reverenziale nei
confronti di lui e Minho, ma lo stesso non poteva dirsi per Tommy.
Si, aveva chiaramente detto loro che era off
limits, ma avrebbero rispettato quel divieto imposto?
E se saputo di loro, di quella che ancora non era una relazione, ma qualcosa
che vi si avvicinava terribilmente, lo avessero preso di mira?
E se avessero fatto del male a Tommy ?
Quel terribile pensiero lo accompagnò per il resto della giornata, e quando
scese la notte, Newt passò le ore a fissare un punto indefinito del soffitto.
Solitamente, arrivato a scuola, la prima cosa che faceva era raggiungere
l’armadietto di Thomas e appoggiarvisi con la schiena e le braccia incrociate,
totalmente rilassato e sereno all’idea di cominciare la giornata vedendolo.
Tuttavia, quella mattina, Newt decise che avrebbe trascorso diversamente il suo
tempo.
La stanchezza dopo la nottata insonne incombeva, ma più di tutto, i pensieri
che lo avevano tormentato lo avevano portato ad un’unica soluzione.
Doveva capire come gestire la situazione, senza mettere in pericolo Tommy.
“Newt?”
Il biondo sollevò il viso, sorpreso.
Di riflesso abbassò la mano tra le cui dita stringeva una sigaretta, ma la
riportò alle labbra non appena si rese conto che si trattasse di Minho.
“Stai fumando?” chiese quest’ultimo sorpreso, sfilando un cartina dal pacchetto
e afferrando la bustina del tabacco.
“Davvero perspicace” ironizzò il biondo, espirando il fumo dal naso.
“Ma tu non fumi!” continuò il ragazzo, rollando la cartina e attento a non far
uscire il tabacco.
“Cos’è? La fiera delle osservazioni inutili?”
“Andiamo, non usare il sarcasmo come difesa e parla, ti conosco ormai meglio
delle mie tasche.
Cosa c’è che nonva?”
Minho si sedette sul gradino di cemento del retro scuola prendendo posto
accanto all’amico, e tirò fuori dalla tasca l’accendino.
Newt non rispose immediatamente; inspirò, espirò, ripeté per tre volte di fila
ed infine parlò.
“Questo mondo è pieno di pregiudizi, capisci? È un mondo di diversi ma regnato
dal conformismo. E la diversità viene punita. E la normalità viene stabilita.
Ma stabilita da chi poi? Chi decide cosa è normale da cosa non lo è?”
Minho strinse la sigaretta tra le labbra, intuendo immediatamente cosa il suo
amico intendesse. Poteva apparire anche superficiale alle volte, ma non era
stupido. E voleva bene a Newt. Gli voleva davvero bene e avrebbe sempre preferito
una serata con lui a un appuntamento con una ragazza da 10.
“Newt, è vero, a volte questo mondo fa schifo. Fa schifo davvero. C’è povertà,
c’è violenza… ma non starò qui a fare il filosofo del caspio, lo sai, non è da
me. Io sono più per le cose dirette e sarò diretto anche nel dirti questo:
fanculo, fanculo tutti davvero.Fanculo
i pregiudizi, fanculo le teste di caspio dalla mente chiusa come dei primitivi,
fanculo le loro regole, i loro divieti.
La libertà è sacra. E nessuno, nessuno, deve permettersi di limitarci. Nessuno
deve dirci con chi dobbiamo dividere il letto, quale università dobbiamo frequentare
o quando è il caso di trovarsi un lavoro e mettere su famiglia.
Newt, tu sei mio amico, e in quanto tale, posso dirti una sola cosa: non avere
mai paura di quello che sei, non aver mai paura di ciò che desideri.
E ricorda una cosa: avrai sempre me. E io sarò al tuo fianco sempre, contro
tutto e tutti”
Minho inspirò ancora una volta, poi lasciò cadere il mozzicone di sigaretta
accanto a quello che Newt aveva gettato a terra pochi istanti prima, mentre si
era voltato verso di lui, gli occhi velati di gratitudine, le labbra increspate
in un sorriso.
Newt aveva Minho.
E Minho aveva Newt.
La loro amicizia era tutto ciò di cui avevano bisogno.
Eppure, tuttavia accadde.
Newt si comportò freddamente con Thomas per tutto il giorno, ancora
preoccupato. Aveva bisogno di prendere le parole di Minho e farle sue, di
placare ogni timore e di tornare alla sua normalità.
Thomas non parve far molto caso al suo comportamento, ma il secondo giorno, il
giorno in cui avrebbe colpito Tommy, il suo Tommy, con un pugno, accadde
qualcosa impossibile da ignorare.
“Pensavo di trovarti al mio armadietto”
Quella mattina, fu Thomas a trovare lui.
Lo raggiunse negli spogliatoi maschili, dove Newt aveva appena finito di
cambiarsi per l’ora di ginnastica.
“Ho ginnastica a prima ora. Dovevo cambiarmi” rispose il biondo, leggermente in
tensione.
Una risata lo distrasse qualche attimo. Due loro compagni di classe si stavano
picchiando con degli asciugamani, alternando risate e grida.
“Anche io ho ginnastica, lo so”
“Non hai intenzione di saltarla come tuo solito?” domandò Newt, sorpreso. Tommy
se la svignava sempre durante l’ora di educazione fisica per andare a giocare
nell’aula di informatica.
“Non posso falsificare un’altra giustificazione. Rischio di essere rimandato,
devo fingere almeno di impegnarmi” si lamentò il ragazzo.
“Capisco… senti, inizio ad andare in palestra, ci vediamo, okay?”
Newt fece per andarsene, ma Thomas lo afferrò per una spalla, costringendolo a
voltarsi.
Qualcosa era cambiato nel suo sguardo. Sembrava determinato, determinato a non
arrendersi di fronte il muro alzato dall’altro.
“Si può sapere che caspio hai?” chiese.
“Nulla. Cosa dovrei avere?”
Thomas roteò gli occhi di fronte quella bugia così evidente. “Mi stai evitando.
Da ieri”
Newt non rispose immediatamente e Thomas tornò a parlare, il tono di voce meno
stizzito, più dolce.
“Newt… è cambiato qualcosa?” domandò e con spontaneità allungò la mano,
cercando la sua. Ma non appena la sfiorò, quasi avesse preso una scossa, Newt
la ritrasse.
I loro sguardi si incontrarono. Un mix tra dolore e mortificazione li investì e
Thomas quasi annaspò, ferito com’era da quel gesto.
“Credo che tu sia stato abbastanza eloquente” disse a quel punto, voltandosi e
uscendo dagli spogliatoi.
Non so a che punto sono
me ne sto qui per ultimo
e sono stanco di aspettare
di aspettare qui, in fila,
sperando di raggiungere
ciò che da tempo sto inseguendo.
I don't know where I'm at
I'm standing at the back
and I'm tired of waiting
Waiting here in line
hoping that I'll find
what I've been chasing
Il tempo di un battito diciglia e Newt
mosse un piede, poi l’altro e si ritrovò in corridoio, tra la folla.
Individuò Thomas di spalle, lo raggiunse a grandi falcate e poggiandogli una
mano sulla spalla lo fece voltare.
“Cosa vuoi?” fu la risposta, fredda come un getto d’acqua e consapevole di
essersela pienamente meritata.
“Tommy, scusami. Io voglio solo proteggerti” asserì.
“Proteggermi? Da cosa?” domandò, il sopracciglio inarcato. Con la coda
dell’occhio intravide Teresa e Minho vicino i loro armadietti. Li guardavano
incuriositi. Anche Josh e i suoi pochi metri più in là li stavano fissando.
“Da tutto, Tommy. Cosa succederebbe se ti prendessero di mira perché stai con
me? E se ti facessero del male? Io non potrei mai perdonarmelo”
Thomas lo guardò incredulo.
“Dunque è per questo” appurò “per questo stai mandando tutto all’aria?
Vuoi saperla unacosa, Newt? L’unico che
mi sta facendo del male, qui, sei tu”
Newt chinò di poco il volto, prima che Thomas gli desse una spinta.
“Guardami, Newt!” aveva alzato la voce, sembrava infuriato.
Alzò lo sguardo, ma incontrò solo rabbia.
“Tommy, calmati”
“Calmarmi? Non mi sto affatto agitando” gli diede un secondo spintone “Non ne
vale la pena” un terzo spintone “per un vigliacco”.
“Non sono un vigliacco” sibilò Newt.
“E allora reagisci” un quarto spintone.
Newt sorrise incredulo. “Mi stai sfidando, Tommy?”
“Non è evidente? Reagisci, razza di vigliacco” un quinto spintone, Newt vacillò
all’indietro “Reagisci!”
E poi accadde.
Quasi avesse inserito il pilota automatico, quasi la rabbia di Thomas avesse
innescato la sua, lo colpì.
Poté udire l’esclamazione stupita dei presenti, la voce di Teresa, quella di
Minho che le intimava di non intromettersi perché doveva fidarsi di lui e poi
quella di Tommy.
“Finalmente” sussurrò il moro, sputacchiando sangue “Finalmente il codardo ha
reagito”
“Tommy… Io…”
“Non volevi picchiarmi o non volevi essere un vigliacco?
La verità Newt è che sei spaventato, spaventato terribilmente e invece di
essere sincero hai preferito fare il duro, hai preferito fare la testa di
caspio e chiuderti… Hai paura per me o per te? Hai paura per noi? Hai paura del
loro giudizio?” indicò con un gesto i compagni di scuola che li osservavano
ammutoliti “o hai paura di quello che provi?”
Quelle ultime parole parvero riscuoterlo e Newt lo guardò dritto negli occhi.
“Io non ho paura di quello che provo.
Perché è la cosa più bella che potesse accadermi”
Il cuore di Thomas vacillò, ma il suo orgoglio ferito gli impedì di cedere
tanto facilmente.
“Certo, come no…”
I shot for the sky
I'm stuck on the ground
so why do I try
I know I'm gonna fall down
I thought I could fly
so why did I drown
I'll never know why it's coming down down down
Volevo arrivare fino al cielo e invece sono qui inchiodato a terra, allora perché ancora ci provo? So che cadrò giù, pensavo di poter volare, e allora perché' invece sono annegato? Non saprò mai perché sto andando a fondo
Fece per muovere un passo, per andarsene, per scappare via da quei sguardi
curiosi e da quello di Newt capace di perforargli l’anima, ma prima che potesse
allontanarsi anche solo di un millimetro, Newt accorciò le distanze tra loro,
lo attirò a sé e lo baciò.
Fu un bacio passionale e delicato al contempo, un gioco di lingue in lotta che
non conoscevané vinti né vincitori, un
mischiarsi di anime così intenso che per un momento dimenticò dove finisse lui
e dove iniziasse l’altro.
Newt lo aveva baciato e lui aveva perso la cognizione del tempo e dello spazio;
nulla aveva importanza, nulla era imperfetto.
Quando le loro labbra si sfiorarono un’ultima volta e si lasciarono andare,
Thomas incontrò la propria felicità nello sguardo dell’altro.
“L’hai fatto davvero!” si ritrovò ad esclamare, sorpreso.
“L’ho fatto davvero” confermò Newt, le labbra increspate in un sorriso.
In quel momento comprese che Minho aveva ragione: non doveva aver paura di ciò
che desiderava.
E tutto quello che desiderava era lì, proprio di fronte a lui.
Tommy.
Non sono pronto a lasciar perdere, perché se lo facessi non saprei mai cosa mi sarei perso.
Not ready to let go Cause then I'd never know What I could be missing
Down
– Jason Walker
NEXT:
THE TRIP
In realtà avrei dovuto attendere domani per la
pubblicazione del capitolo, in modo da terminare oggi la stesura del quinto, ma
sono impaziente quanto voi e quindi eccomi qui, con un po’ di anticipo :D
Questo è un capitolo della raccolta abbastanza particolare.
Newt e Thomas sono due adolescenti innamorati e come sappiamo tutti non è
facile, nonostante siamo nel 2015, poter stare con una persona dello stesso
sesso. A volte le persone sanno essere meschine e ho voluto che Newt, come
credo molti ragazzi, sentisse un poco questa pressione sociale e riflettesse
sul fatto di venire allo scoperto senza paura per Thomas ed anche per sé
stesso. In alcuni momenti forse avrete avuto l’impressione che si sia
comportato abbastanza male, ma in realtà credo e spero che la sua reazione sia risultata
abbastanza vicina alla realtà.
Tuttavia, come avete potuto vedere, alla fine Newt è sempre il nostro
coraggioso Newt e quindi… finally… IL BACIO <3
Spero vi sia piaciuto e di poter conoscere la vostra opinione al riguardo!
Colgo l’occasione per ringraziare tutte le splendide lettrici (e lettori se ce
ne sono) che hanno inserito la storia tra le preferite/seguite/ricordate e/o
che hanno commentato <3 GRAZIE DI CUORE
Alla prossima one-shot!
“Mi ricordi
perché lo stiamo facendo?”
La voce di Thomas risuonò dal fondo della cabina armadio, dove si era
letteralmente infilato per decidere cosa portare per quel viaggio inaspettato.
Newt rise e scosse la testa, gettando il suo borsone già chiuso sul letto.
“Lo facciamo per Minho. Ha detto di voler un weekend tra ragazzi per non
pensare a Teresa” asserì, sorridendogli, nonostante Thomas non potesse vederlo.
Ormai sorridere a Thomas era una sorta di riflesso incondizionato. E lo
adorava.
“Posso mettere qualcosa nel tuo borsone? Voglio portarmi dietro il pc, dei
giochi e…”
“Stai già prendendo tutti i miei spazi?” lo prese in giro Newt.
“Ovvio! Non siamo in comunione dei beni?” rincarò la dose Thomas, divertito.
“Quindi siamo già a questo punto” appurò Newt, una punta di ironia nella voce,
avvicinandosi alle sue spalle e sfiorandogli con le labbra l’incavo del collo,
facendolo rabbrividire piacevolmente.
Ogni giorno per Thomas e Newt era sempre una scoperta: imparavano a conoscersi
sempre più a fondo non solo caratterialmente, cosa amavano o cosa odiavano –
Newt amava mischiare il dolce con il salato mentre Thomas aveva una passione
segreta per il Jersey Shore - ma anche fisicamente, esplorando centimetro
dopo centimetro il corpo dell’altro, scoprendo quali tocchi fossero capaci di
farli rabbrividire, quasi fosse tutto nuovo, quasi fossero rinati. Ed in fondo
era un po’ così, stavano scoprendo una nuova parte di loro, stavano cambiando
tutto nella loro vita, stavano affrontando l’ignoto.
“Attento, potrei perdere il controllo” asserì Thomas, increspando leggermente
le labbra.
“Oh, ma è quello che voglio, Tommy.
Voglio farti perdere il controllo, voglio farti uscire di senno. Voglio”un bacio sulla spalla “che tu sia” un secondo più su, di nuovo
sul collo arrossato dai tocchi continui delle sue labbra “totalmente” lo sfiorò per la terza volta, questa volta sul mento “pazzo” l’angolo delle labbra “di me”.
A quel punto Thomas si perse fra le sue braccia, lo baciò, lo baciò con la
stessa passione di quella prima volta fra i corridoi della scuola, dimenticò
ogni distanza, anche la più mera, lasciando che tutto di lui diventasse Newt,
incastrandosi a lui come la perfetta combinazione di due pezzi di un puzzle.
Indietreggiarono leggermente, cadendo sul letto e ridendone, tornando a
baciarsi, ancora un poco goffi, ma sempre più rapiti l’uno dall’altro.
In quell’esatto momento Newt comprese che voleva Tommy, voleva il suo cuore,
voleva il suo corpo e avrebbe voluto fare l’amore con lui per la prima volta,
nonostante sapesse che non fosse quello il momento adatto e avrebbe dovuto
attendere ancora. Voleva tutto di Tommy, perché Tommy stesso rappresentava il
suo tutto.
Minho passò a prenderli con la sua Jeep, dicendo
loro che dovevano muoversi e che erano in ritardo.
Quando Thomas gli chiese per cosa fossero in ritardo, il moro parve
innervosirsi e si rifiutò di rispondere, mentre Newt si limitò ad indossare i
suoi Ray-Ban a specchio, a prendere posto davanti, accanto a Minho, e a cercare
una stazione radio che fosse di suo gradimento.
Si fermò quando udì le note di Smells
like Teen Spirit dei Nirvana e
poggiò il capo sul poggi testa, quasi avesse tutta l’intenzione di rilassarsi
fino ad addormentarsi.
“Non capisco perché finisco sempre con lo stare seduto dietro” protestò a quel
punto Thomas, spuntando con la testa tra i due sedili e Newt, senza voltarsi,
allungò una mano e gli arruffò i capelli, facendolo arrossire leggermente.
“Perché sei il più piccolo, Tommy”
“E tu sei il più stronzo, che caspio di risposta è?” appurò Minho, precedendo
Thomas, che si ritrovò a ridere quando Newt alzò appena gli occhiali da sole
dal viso e lo fulminò con lo sguardo.
“Stai zitto e guida” lo rimbeccò l’altro a quel punto.
Il viaggio procedette tranquillo fin quando giunsero alla deviazione
autostradale che chiamava Country Lake, la piccola località balneare a confine
con il Sud Carolina, che Minho ignorò, prendendo un’altra diramazione che
procedeva verso Nord.
“Che cacchio stai facendo? Hai sbagliato strada!” esclamò Newt, svegliando
Thomas che si era appisolato.
“Non ho sbagliato strada” ribadì Minho, con totale sicurezza, sorpassando un
furgoncino Volkswagen.
“Scusa?”
“Noi stiamo andando in Virginia”
Thomas e Newt si guardarono un istante, attoniti, prima di voltarsi di nuovo
verso l’altro.
“Che caspio andiamo a fare in Virginia??” esclamò il biondo, gesticolando
spazientito.
Minho a volte si comportava da incosciente e per un attimo temette che li
stesse trascinando in uno dei suoi guai.
Tuttavia, la motivazione dell’amico si rivelò ben più innocua di quanto potesse
sperare.
“Teresa e Aris sono partiti insieme. Voglio capire perché”
“E non potevi dirci la verità?”
“No. A volte ti comporti come una donna mestruata”
Newt boccheggiò incredulo e Thomas si sporse nuovamente in avanti. “E io?”
domandò.
“E tu cerchi di tenere buono Newt mestruato. Quindi lo appoggi”
“Che cazzata” fu il commento del biondo, che tornò a guardare fuori,
sospirando.
Non poteva immaginare che le cose avrebbero preso una piega decisamente
pessima.
Minho parcheggiò di fronte il distributore e tirò il
freno a mano.
“Io vado in bagno e mi fermo al mini market a comprare qualche snack” asserì.
“Vengo con te” disse Thomas “Non riesco più a tenermela”
“Ci mancava solo l’incontinente” lo schernì Minho, ottenendo come risposta un
dito medio alzato dall’altro.
“D’accordo, alla benzina ci penso io, ho capito” sbottò Newt, afferrando un
paio di banconote dal portafoglio e scendendo a sua volta.
Si stiracchiò per bene, mentre i due compagni di viaggio si allontanarono nella
direzione opposta, e sbadigliando selezionò l’importo e il tipo di benzina.
Lasciò la pompa nella bocchetta del carburante e si appoggiò con la schiena
contro l’auto, incrociando le braccia.
Il cielo era sereno e l’aria piacevolmente mite e per la prima volta si sentì
leggero e sereno come non mai. Sembrava che ogni cosa nell’Universo avesse
preso il suo posto: aveva l’amore, aveva l’amicizia di Minho, aveva una
splendida famiglia, andava bene a scuola e quel fine settimana si sarebbe
rivelato magari uno dei più belli della sua vita e…
Le sue pacate e serene riflessioni furono interrotte da delle grida. Impiegò
una frazione di secondo ad accorgersi che si trattava di Minho e Thomas e che stavano
correndo verso di lui urlando qualcosa che non riuscì a captare in un primo
istante.
“…to!”
“Che caspio…” provò a dire, ma la voce dei suoi amici tornò a sovrastare la
sua.
“Metti in moto!!!”
Celermente sganciò la pompa di benzina e corse dal lato del guidatore,
prendendo posto e avviando il motore; appena un istante dopo, Minho e Thomas
presero posto nella vettura, quest’ultimo di nuovo sui sedili posteriori,
agitato quanto l’altro.
Newt partì sgommando e solo in quel momento realizzò che una macchina era
partita subito dopo la loro e si era immessa sulla stradale alla loro stessa
velocità, quasi non volesse perderli di vista.
Guardò nervosamente nello specchietto retrovisore e gli parve di scorgere la
sagoma di due energumeni, cosa che non lo tranquillizzò affatto.
“Volete dirmi che caspio avete combinato?” domandò nervosamente.
Minho e Thomas si lanciarono un’occhiata prima di decidersi a parlare.
“Uno di quei due tipi era in bagno con noi” iniziò “e mi ha detto di scansarmi,
dandomi una spinta con la spalla”
“E tu l’hai provocato scommetto” affermò il biondo.
“Diciamo di si” intervenne Thomas “gli ha fatto un po’ di pipì sulla scarpa”
“Dio mio…” fece per dire Newt, ma il moro lo interruppe.
“Lo so, lo so, sono un irresponsabile. Lui e il suo compare sono il quadruplo
rispetto a noi”
“No, stavo per dire che fai schifo” lo corresse Newt, premendo a tavoletta sull’acceleratore.
“Cosa facciamo?” domandò a quel punto Thomas, guardando gli inseguitori alle
loro spalle, tutt’altro pronti a demordere.
“Continuiamo a correre” affermò Minho.
“Great, we’re all bloody inspired” asserì
Newt, piegando le labbra in un debole sorrisino sarcastico.
“Sembri una cacchio di star. Togliti quel sorriso
dalla faccia” protestò Minho, osservando Newt guidare a tutta velocità, con gli
occhiali da sole sul viso, il finestrino abbassato e il gomito poggiato su di
esso.
“Sei solo invidioso del mio charme. E
poi tranquilli, ho un piano”
“Ovvero?” domandò Thomas, osservando Newt portarsi il proprio cellulare all’orecchio.
“Questo. Ascoltate” attese qualche secondo, poi entrambi udirono la voce di una
donna e Newt tornò a parlare “si, vorrei denunciare un veicolo che sta correndo
a tutta velocità sulla statale che collega il North-Carolina con la Virginia,
all’altezza di Red Country. Non so dirle la targa, ma è una vecchia Ford. Va
bene, grazie”
Riagganciò e si girò vittorioso verso gli altri due. “Ora li sistemeranno per
le feste”
“Ora li sistemeranno per le feste, eh?
Grazie tante, Newton”
Minho incrociò le braccia e andò a sedersi sulla panca della parete opposta a
quella dove si trovavano Newt, Thomas, un uomo vestito da donna parecchio
innervosito e un tipo dalla corporatura massiccia e l’aria furibonda.
“Credevo fermassero loro, non noi!” si difese il biondo.
“ E poi se magari non avessi risposto a quella maniera, ora non saremmo qui” lo
rimbeccò Thomas.
“Cosa? Ora sarebbe colpa mia solo perché gli ho detto di fare il loro lavoro?!?”
“Hai fatto bene, ragazzo” gli fece eco un tipo tatuato con una bandana sulla
testa, battendo il pugno contro quello di Minho.
“Perfetto, si è fatto già dei nuovi amici” ironizzò Thomas, facendo ridacchiare
Newt.
La prigione del carcere di Red Country era inospitale quanto lo sarebbe stata
qualsiasi prigione, umida e fin troppo stretta, ma Thomas si ritrovò a pensare
che quell’avventura da pazzi fosse stranamente eccitante. Almeno fin quando non
lo avessero scoperto i suoi. A quel punto lo avrebbero rinchiuso a vita, ma
nella sua camera.
“Allora, Isaac, prima volta in gattabuia?” domandò, con una punta di ironia
nella voce, rivolgendosi al biondo seduto accanto a lui.
Newt si voltò sorpreso, guardandolo confuso.
“Come mi hai chiamato? Isaac?” domandò, come se non fosse stato certo di aver
sentito bene.
“Isaac. Come Isaac Newton, no?” chiarì Thomas e a quel punto Newt arrossì
vagamente, sorprendendo l’altro.
Era la prima volta che Newt arrossiva a causa sua.
“Carino.
Grazie, Tommy”
Thomas lo osservò sorpreso. “Grazie per cosa?”
“Mi fai sempre sentire… unico”
Il loro discorso fu interrotto da una delle guardie. L’uomo vestito da donna
lanciò contro le sbarre una scarpa col tacco, imprecando. Tuttavia la guardia
lo ignorò e si rivolse direttamente a Minho.
“Avete diritto ad una sola chiamata, tu e gli altri due teppistelli”
Minho si alzò in piedi, poi si rivolse agli altri due.
“Stavolta fate fare a me. So chi chiamare”
“Siete degli idioti!”
Fuori la prigione di Red Country, Teresa urlò tutta la sua frustrazione. Minho,
Thomas e Newt erano di fronte a lei, Aris, Jorge e Brenda, come degli
scolaretti in punizione.
Jorge, essendo maggiorenne, era riuscito a tirarli fuori spacciandosi per il
cugino di Thomas ed impendendo in tal modo che i loro genitori venissero
contattati, finendo tutti nei guai.
“Cosa avevate in testa, eh? E poi vergognatevi, mettere Tom così nei guai! Lui
è nuovo di qui, scommetto che siete stati voi due, soprattutto tu, Minho, a
cacciarlo in questa situazione”
Tom la guardò stupito, ma non osò contraddirla. Teresa sapeva essere davvero
pericolosa alle volte.
Tuttavia Newt gli sfiorò la mano e gli
fece cenno di allontanarsi di qualche metro; Jeorge, Aris e Brenda li imitarono
e Thomas, a quel punto, comprese perché.
Osservò Teresa battere l’indice contro il petto di Minho, furiosa; il ragazzo
guardarla fisso, senza fare un passo e poi infine lo vide afferrarla per il
polso, attirarla a sé e baciarla, annientando ogni resistenza dettata dall’orgoglio
della ragazza dagli occhi di ghiaccio.
D’istinto Thomas si voltò vero Newt, che sorrideva soddisfatto.
“Ce l’hanno fatta quei due” gli disse il biondo.
“Già” rispose a quel punto Thomas “tutti ce l’abbiamo fatta”
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THE MORNING
Non mi piace, non ho il
tempo di rileggerla – colpa dello studio - ma lascerò giudicare voi xD
Spero comunque che mi facciate sapere cosa ne pensate, anche una recensione
piccina piccina non può che farmi piacere <3
Ne approfitto per ringraziare Hazel_ Mellark per la recensione *___* e
tutte le persone che hanno aggiunto la storia alle varie liste <3
Spero davvero di poter conoscere il vostro parere… Al prossimo capitolo, che
arriverà sicuramente dopo gli esami!