Ava

di GiulyStory90
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Lista capitoli:
Capitolo 2: *** Ritorno a casa ***
Capitolo 3: *** Il biglietto ***
Capitolo 4: *** Il silenzio non porta dolore ***
Capitolo 5: *** Daniel ***



Capitolo 2
*** Ritorno a casa ***


All'uscita dall'ufficio Ava usava sempre dirigersi al garage, riservato agli avvocati dello studio, ed accendersi una sigaretta allietandosi dell'effetto della nicotina: questo era l'unico momento della giornata in cui poteva rilassarsi per pochi istanti.
Come ogni giorno spense il vizietto nel portacenere, si recò in macchina alle sei precise ed incominciò il lungo viaggio verso casa, che si sarebbe prospettato interminabile se non fosse stato per il programma politico alla radio che ascoltava sin da quando aveva avuto l'intenzione di rompere le rigide barriere del capitalismo.
Dopo alcuni minuti, intenta ad ascoltare le varie voci dei politici che si sovrastavano gridando, la suoneria del telefononino la fece sobbalzare -Sì, pronto?- domandò prima di un lungo momento di silenzio, concentrata sulle parole dell'uomo che parlava dall'altra parte del telefono. Quelle stesse parole però la indussero ad accostarsi ed a rimanere nella posizione d'ascolto, nonostante la chiamata si fosse interrotta già da un po'.
Così, tremando, ripose il costoso smartphone nella borsetta firmata e si accasciò sul sedile con gli occhi fissi su di un lussuoso hotel, che si trovava di fronte a lei, mentre i ricordi del passato e le preoccupazioni del presente le vagavano nella mente tra un sospiro e l'altro; e, nel frattempo, abbassava di tanto in tanto le palpebre con l'intento di sfuggire dalla realtà, che prima o poi avrebbe dovuto affrontare, fino ad addormentarsi.
Il rumore di un clacson la risvegliò senza darle il tempo di riprendersi dopo un breve riposo mentre un uomo sulla cinquantina,irato, la insultava gesticolando. In modo celere ella comprese la situazione e subito si apprestò a spostare l'auto per far passare la macchina parcheggiata a cui si era accostata, scusandosi con lo sconosciuto in un breve gesto.
Di nuovo in strada il ricordo tornò a colpirla duramente tant'è che, dopo vari singhiozzi, un feroce pianto la accompagnò fino a casa ove si era compiuta la tragedia. Così, dinanzi a quello che doveva essere il suo nuovo focolare, spense il motore senza avere il coraggio di scendere da quel mezzo di trasporto che, oramai, stava diventando un nascondiglio dal suo dolore.
Un misto di sentimenti la pervadevano osservando quella bellissima casa coloniale, un misto tra rabbia, tristezza, nostalgia e delusione.
Null'altro oramai sentiva, in nient'altro oramai credeva.

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Capitolo 3
*** Il biglietto ***


Il velo notturno oramai si faceva strada nel cielo ed Ava era ancora sull'auto intenta a contemplare il costoso anello di fidanzamento, colmo di lacrime di disperazione ed insani pensieri.
Ci fu un ulteriore squillo da parte del telefonino ma, questa volta, ella né sobbalzò né si prestò a rispondere poiché ancora concentrata sulle grida della sua anima -perché sempre a me?- continuava a domandare a se stessa, come se cercasse una risposta razionale dinanzi al fatale progetto del destino.
Nuovamente la stanchezza prese il sopravvento e Ava si accasciò sul sedile, disfando del tutto la perfetta acconciatura che ogni mattina realizzava per dirigersi a lavoro; in realtà ogni cosa che ella indossava era impeccabile, dal prezioso tailleur alle facoltose scarpe tacco 12 cm, ai cristalli che pendevano dai lobi delle orecchie fino alle perle della collana e così alle gemme dei bracciali. Ed infine il trucco, un sublime impasto di colori, che le rendeva gli occhi profondi come il mare.
Il suo cuore però era stato infranto duramente e, questa volta, come un fulmine a ciel sereno; quindi l'aspetto per ora poco contava.
Rimembrava le storie passate, i tradimenti, le incompatibilità ma non si spiegava come fosse potuto accadere in questo momento della sua vita, quando ogni tassello del presente finalmente era tornato al suo posto.
Poi una reminescneza si scagliò tra i pensieri, come un dardo lanciato più velocemente degli altri, ed Ava scese dalla macchina.
Pochi passi e si recò in casa ove un biglietto la aspettava nell'oscurità di quella stanza in cui si era celebrato più volte l'amore tre lei e la sua anima gemella.
"Perdonami" solo questo vi era scritto e nient'altro.
Con il post-it in mano, Ava stringeva le tempie per fermare il dolore dei pensieri e continuava a fissare quella parola come se fosse alla ricerca di ulteriori scritte. Poi sospirò, si sedette sul bordo del letto con l'intento di capirci qualcosa ed, infine, scosse la testa sfociando in un ulteriore pianto.
Solo il campanello della porta d'ingresso ebbe il potere di distrarla da quella sofferenza ma il timore di andare ad aprire la condannò su quel letto, da cui non si alzò fino all'indomani.
-Lasciatemi in pace- stentò di affermare agli squilli del telefonino che si succedevano ed a quelli del telefono di casa, interminabili fino a tarda notte.

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Capitolo 4
*** Il silenzio non porta dolore ***


Al mattino seguente il canto di un passero risvegliò Ava dolcemente, ma il ricordo di ciò che era accaduto tornò in modo più celere di quel momentaneo benessere spirituale.
Così ella restò sotto le coperte a crogiolarsi nel dolore e riflettendo sul da farsi: scendere dal letto ed affrontare la realtà oppure restarvi senza lasciar spazio ad ulteriori danni alla propria anima, ora così delicata, ora così provata?
Si addormentò nuovamente ma, dopo pochi istanti, tornò sveglia per il rumore di un paio di tacchi al piano di sotto, che si fecero sempre più vicini sino a sentirli dietro la soglia della sua camera.
La figura che si propose dinanzi ai suoi occhi era la stessa che mai l'aveva lasciata sola nei momenti della sua vita di più viva gioia e in quelli di più acuta sofferenza -Tesoro mio- esclamò teneramente la sua migliore amica, Priscilla, in seguito ad intensi abbracci d'affetto. E, mentre il pianto di Ava veniva coccolato dalle tenere consolazioni dell'amica, l'aria si faceva meno pesante e la speranza di una ripresa morale avanzava.
Ancora con indosso i vestiti del lavoro, ella si sedette al marmoreo tavolo della cucina ed assaggiò il tè che le aveva appena scaldato l'amica -Ho avuto la notizia da Sarah ieri nel pomeriggio. Quindi voglio sapere tutto. Come è andata?- domandò Priscilla con uno sguardo compassionevole, ma Ava sospirò e non disse nulla.
L'amica però la conosceva bene e sapeva come farla parlare; così, dopo pochi minuti, quei pensieri, che l'avevano straziata fino a quel momento, prendevano vita in flebili parole -Mi ha chiamata con un numero sconosciuto e mi ha semplicemente detto...- un momento di silenzio le servì per prender coraggio e non piangere difronte all'atroce storia che si era consumata in brevi istanti ma,poi, la carezza dell'amica sulla mano la fece riprendere.
Continuò a raccontare -E mi ha detto "ti lascio ma non cercare motivi perché non li troverai. Semplicemente non ti ho mai amata e non ho mai avuto il coraggio di dirtelo"- deglutì con fatica e continuò con voce tremolante -E poi ha aspettato che dicessi qualcosa ma non ho avuto il coraggio di dir nulla. Ero troppo sbalordita e quindi mi ha detto "Addio" ed, infine,ha chiuso la telefonata-.
La fecero sorridere le offese dell'amica che incombevano sul protagonista della narrazione dopo pochi istanti di silenzio, anche se le mani tremevano ed il cuore batteva velocemente -Devi andare in fondo a questa storia!- gridò Priscilla -E portarlo in tribunale per la revoca al matrimonio due giorni prima di sposarvi! Devi reagire, Ava!!- continuava a gridare Priscilla,infastidita da tutto questo, mentre puliva la cucina.
Le differenze che le due amiche manifestavano nelle proprie personalità non le avevano mai allontanate ma,al contrario, le portavano ad essere sempre più vicine, come in questo caso -Ora non ho intenzione di fare nulla, ma solo fermare il tempo- rispose Ava mentre l'amica continuava a lamentarsi.
E, tra le varie coccole che Priscilla prestava ad Ava in quella mattinata, ella le preparò anche la vasca per un bagno caldo e tornò in cucina -Ora, mentre preparo il pranzo, tu vai di sopra e ti rilassi- ma la protagonista di quel dolore amoroso scosse la testa, nonostante i tentativi di convincimento.
Ava,quindi, rimase lì per circa un'ora a fissare il tavolo ma, poi, il suo sguardò cambiò direzione e una smorfia diversa dal solito lasciava intendere un'insana felicità -Vado in bagno e fra un'oretta torno giù- informò l'amica, la quale fu contenta di tale decisione.
Bastarono pochi gesti per abbandonare tutto: salì le scale, chiuse la porta alle sue spalle, aprì l'armadietto dei medicinali, assunse un'intera scatolina di Valium ed aspettò l'effetto che giunse in poco tempo. 
Ed il nulla arrivò senza farle provare più nulla: alcun timore, alcun sentimento, alcun pensiero.

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Capitolo 5
*** Daniel ***


L'energia che avvicinava le due amiche condusse Priscilla in bagno col dubbio che Ava potesse aver bisogno di qualcosa, ma la scena che si mostrò ai suoi occhi fu agghiacciante: la sua compagna di risate, dolori, amori, esperienze,intese e condivisioni profonde era stesa sul pavimento con uno squallido pallore in viso, dalla cui bocca fuoriusciva della bava.
Il suo insitnto primoridale fu quello di accasciarsi sul corpo dell'amica e di scuoterla nel tentativo di risvegliarla, come se stesse semplicemente dormendo; poi, la ragione prese il sopravvento e, con lucidità, ella scese al piano di sotto per afferrare il telefono e comporre il numero delle emergenze.
L'ambulanza raggiunse la casa celermente ed Ava venne caricata subito sul mezzo perché dichiarata in pericolo di morte. E per la prima volta Priscilla era bloccata dalla paura, dalla disperazione, dal terrore che potesse aver perso una delle persone più importanti della sua vita ma, nonostante tutto, reagì ancora una volta, come dettava il suo carattere, e salì in ambulanza con lei.
Dopo un paio di giorni Ava aprì gli occhi e si accorse ben presto di non essere nell'aldilà ma, semplicemente, in ospedale.
La prima persona che il suo sguardo incontrò fu una giovane infermiera che le chiedeva come si sentisse, ma ovviamente non ci fu risposta da parte sua, poi una dottoressa sulla quarantina fece il suo ingresso in stanza e la visitò con dolcezza, infine, un medico di psichiatria fu richiesto per un colloquio con ella. -Il Signore ti ha benedetto, mia cara- affermò l'infermiera che le stava cambiando la sacca della flebo ma, in realtà, Ava stava maledicendo ogni persona che si era messa in mezzo tra lei e la morte.
In seguito, durante l'orario delle visite, Priscilla le sedette vicino per qualche ora ma non disse nulla, ancora troppo atterrita da quello che aveva dovuto affrontare e quindi si limitò ad osservarla con un sorriso sforzato. Ava però, in quell'istante, apprezzò veramente per la prima volta la persona che aveva a fianco da tutta una vita.
In poco tempo ella fu portata al reparto di psichiatria contro volontà ed ulteriormente legata, data la sua aggressività ad allontanare chiunque poiché, oramai, l'insidiosa creatura della solitudine stava covando all'interno del suo corpo.
Così non ebbe più il permesso di vedere alcun amico o parente e tutto ciò la faceva stare sempre peggio. 
Una mattina, però, durante una giornata uggiosa, la visione di una particolare persona distolse il suo sguardo dalla finestra, che oramai fissava da giorni, ed il sorriso comparve nuovamente -Daniel- esclamò eccitata Ava mentre il fratello si avvicinava al letto.
Pochi sguardi e semplici sorrisi tra l'un l'altro fecero stare bene entrambi -Come hai fatto ad entrare? Non mi fanno vedere nessuno- bisbigliò al suo orecchio mentre Daniel la accarezzava con dolcezza -Semplicemente è che, essendo un medico, mi hanno concesso di stare un po' con te- rispose sorridendo con tenerezza.
Non si dissero più nient'altro e lasicarono che il silenzio delle parole portasse gioia ai loro cuori, colmi di amore e di comprensione nei confronti dell'uno e dell'altro.
Per un momento, con il fratello accanto, Ava non si sentì più sola ma quando egli dovette andarsene la rabbia prese il sopravvento e l'aggressività si presentò nuovamente. Così i seguenti colloqui con lo psichiatra furono ancora più vuoti ed insensati -Ava, mi sta ascoltando?- le domandò un giorno il dottore mentre quella si prestava solamente a voltarsi nella sua direzione -Le dicevo che le dovrò incrementare la dose di benzodiazepine se non si dà una calmata- affermò l'uomo che l'aveva in cura in quei giorni. Si trattava di un medico sulla sessantina con alle spalle una lunga carriera di successi internazionali ma senza un briciolo di empatia; difatti egli curava regolarmente con psicofarmaci e le sue sedute erano veloci e giudizievoli.
Così man mano che gli psicofarmaci facevano il loro effetto, la calma tornava ad impossessarsi di lei e, dichiarata dal medico cosciente di ciò che aveva commesso e delle sue sofferenze, un giovedì poté fare ritorno a casa senza sentirsi affatto meglio e con ancora l'intenzione di perdere la vita.
Qualcosa però cambiò nelle sue intenzioni e fu la figura del fratello che la stava aspettando su una Ford degli anni '80-Salta su, chica- la salutò Daniel scherzosamente, come usava fare sin da quando era piccolo. E, anche se Ava non riuscì ancora a proferir parola, i suoi occhi parlavano con gioia.
Ella guardò fuori dal finestrino con innocenza, come se tutto fosse tornato meraviglioso ma, ad un certo punto, si accorse che il tragitto si stava allungando -Daniel, dove mi stai portando..io-egli,  però, senza lasciarla finir di parlare, le rispose immediatamente -Non ho la benché minima intenzione di portarti nel luogo in cui la tua disperazione è sfociata tanto da toglierti la vita. Chiamami arrogante, ma oggi deciderò per te.- affermò con dolcezza mentre Ava lo osservava fiera ed orgogliosa di come l'aveva cresciuto.
Debolmente ella scese dall'auto e, presa in braccio dal fratello, venne portata nello stretto appartamento di quello "Eccoci qua, Madame- egli le riferì mentre la appoggiava dolcemente sul divano -Ora due chiacchere...- si avviò a prenderle un bicchier d'acqua per poi tornare seduto accanto a lei sul sofà.
Schiarì la voce, la aiutò a togliersi la giacca,le porse il bicchiere e ricominciò a parlare -Ava, non c'è dubbio che hai spaventato tutti quelli che ti amano e questo ti deve far sentire solo bene dato che ti adoriamo ma...- sospirò cercando di raccogliere le idee -Se un uomo solo ti ha portato a tale disperazione, un uomo che a me non è mai piaciuto tra l'altro, come ti ho sempre detto ma figuriamoci se mi ascolti...- schiarì nuovamente la voce -Quest'uomo, che hai difronte, ti farà un inno alla vita ogni giorno in cui ti sveglierai-. Poi un momento di silenzio colmò le parole di Daniel con più intensità -Ora,tu fai quel che vuoi ma io inizio a preparare la cena- concluse accarezzandole il viso.
E, mentre quello si avviava alla cucina, Ava lo bloccò -Daniel- egli si voltò a quel richiamo -Si, dimmi- rispose lui -Ti voglio bene- affermò lei stentando le parole -Anch'io, chica- concluse il fratello sorridendo con la stessa smorfia di quando era piccolo ed un felicissimo ricordo tornò a prender posto tra gli orribili pensieri di Ava.

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