Rebecca's life

di Magicwolf02
(/viewuser.php?uid=768123)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capodanno ***
Capitolo 3: *** Ritorno a scuola burrascoso parte 1 ***
Capitolo 4: *** Ritorno a scuola burrascoso parte 2 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Fuori nevica oggi. Le macchine sono piene di quel biancore che luccica alla luce del sole. In questo giorno di fine Dicembre è tutto così tranquillo che sembra quasi surreale. La finestra sembra un dipinto e io lo fisso ormai da ore. Sono tremendamente annoiata. Poggio il mio mento sul tavolo in marmo della cucina e percepisco la differenza di temperatura sulla mia pelle. Adoro il freddo, l'ho sempre adorato. Mia madre mi dice sempre di mettere maglioni più pesanti ma io non l'ho mai ascoltata, il contatto con il freddo mi fa sentire bene. È una cosa strana lo so, tutti me lo dicono. Sento dei passi arrivare verso la cucina. Mia madre entra in cucina con un foglio in mano e una penna incastrata dietro l’orecchio. Io rimango con il mento appoggiato al tavolo e neanche la degno di uno sguardo. Si siede nella sedia davanti a me e comincia ad appuntare nel foglio quella che sembrerebbe una lista della spesa. 
-pomodori, uova, latte…ah ecco cotolette- comincia a parlare rimanendo sempre concentrata sul suo foglio. Sembra quasi che non si sia accorta di me talmente è presa dallo scrivere, ma non me ne faccio un problema, a volte mi sento invisibile. Sento altri passi venire dal corridoio, mio fratello James. È una piccola peste demoniaca di appena sei anni appassionata di dragon ball, cartone animato che io odio da sempre ma che ho cominciato ad odiare di più con la crescita di mio fratello. A volte mi prende in ostaggio e comincia a tirarmi addosso onde energetiche e se non fingo di morire lui minaccia di uccidermi. Quel bambino è un pericolo pubblico, a volte penso che dovremmo attaccare alla casa il cartello “attenti a mio fratello” e portarlo a spasso col guinzaglio. Sarebbe meglio per tutti. 
-mamma ho fame!- urla entrando in mutande in cucina. Non ho parole, a casa mia non ci sono regole.
-devi aspettare, devo ancora andare a fare la spesa poi ti preparo la cena- dice mia madre senza neanche guardarlo.
-bene, allora mi mangio Rebecca- dice il moccioso avvicinandosi a me minaccioso (notare la rima). Ok, per me è la fine. Ti ho voluto bene mondo. 
-James, stai fermo e lascia stare tua sorella- dice mia madre sempre indifferente riguardo la situazione. 
-mamma, potresti girarti un attimo!- grido esasperata a mia madre, indicando con un dito mio fratello che sta mordendo il mio braccio. Ripeto, non ho parole. Mia madre, finalmente, alza il suo sguardo su di noi e ci sorride. No dico io, ti sembra il momento di ridere?
-senti Rebby, dovresti badare a tua fratello mentre io vado a fare la spesa ok?- non so come mai ma quello di mia madre suonava come un ordine. Aspetta un secondo! Dovrei rimanere a casa con una bestia cannibale affamata? Non se ne parla proprio.
-non ci penso neanche- dico decisa.
-bene, allora vai tu a fare la spesa- mi dice porgendomi la lista che ha appena scritto. Cosa mi consigliate, stare a casa con quel demonietto pronto a mangiarmi, oppure andare a fare due passi al supermercato ammazzando la noia? Io opterei per la seconda proposta.
-ok- dico alzandomi di colpo dalla sedia, in cui ormai poltrivo da ore, e strappando dalle mani di mia madre quel foglietto. 
La strada è praticamente deserta, il mio quartiere non è mai stato tanto affollato. Fa’ freddissimo e io, per volere di mia madre, mi sono messa un giubbotto pesante, la sciarpa e persino il cappellino di lana che la nonna mi ha fatto quando avevo 10 anni. Non chiedetemi come fa ad entrarmi ancora ora che ho 16 anni perché sinceramente non lo so nemmeno io. Cammino verso il piccolo market dietro l’angolo, in cui ormai vado da quando sono nata praticamente. I proprietari del market sono amici dei miei genitori da quando loro andavano al liceo, quindi per me sono quasi come una seconda famiglia. Quando apro la porta il campanellino appeso ad essa fa’ un leggero suono che adoro da quando ero piccola. Ricordo che andavo a giocare con il figlio dei proprietari che aveva sei anni più di me, ma che comunque adoravo come fratello maggiore. A volte ci andavo soltanto per sentire quel suono e ricordo anche che una volta mentre lo ascoltavo mi sono pure addormentata.
-ciao Micheal, ciao Gina- saluto gentilmente i proprietari sorridendogli amichevolmente. Gina e Micheal sono due persone adorabili, lei è una signora elegante e raffinata amante del cucito, lui invece è un fanatico del rugby e del football e un tifoso nato che ama abbuffarsi di hamburg e schifezze varie, ma resta comunque una bravissima persona. Diciamo che sono uno l’opposto dell’altro, ma insieme si completano a vicenda. 
-oh ciao Rebecca- fa’ Gina.
-ciao- le fa’ eco Mick. 
-come va’ a casa Rebecca?- mi chiede gentilmente Gina non appena mi avvicino alla cassa. A parte mio fratello che mi vuole mangiare e mia madre che per poco glielo ha lasciato fare va’ tutto bene.
-bene, grazie- dico. Esco dalla tasca la lista di mia madre e faccio per leggere cosa c’è scritto quando all’improvviso Gina mi prende il foglio dalle mani e dice:
-no, tesoro, provvederà Micheal ha prendere le cose che ti servono, vero Mick?- guarda suo marito eloquentemente e Mick sbuffando prende il foglio tra le mani della moglie e comincia ad andarsene nei vari reparti.
-non c’era bisogno, veramente- dico io leggermente in imbarazzo.
-oh,ma figurati, Mick lo fa volentieri- risponde lei accarezzando la mia mano poggiata al bancone. Si è visto come l’ho fa volentieri, sembrava dovesse andare al patibolo.
-forza siediti pure qua- continua lei indicandomi una sedia accanto a lei. Io ubbidisco e mi siedo senza parlare. All’improvviso sento il rumore di un campanellino, mi giro in direzione della porta e vedo entrare un ragazzo, che deve avere più o meno la mia età, alto con i capelli neri corti e lisci. Non so perché ma ha tutta l’aria di un poco di buono, e non mi piace.
-salve giovanotto- dice Gina facendo girare il ragazzo verso di noi, o più specificatamente su di me. Mi guarda e sorride in un modo che non mi piace per niente, poi si volta verso Gina e dice:
-salve signora-.
-hai bisogno di aiuto?- chiede Micheal arrivando dal reparto di surgelati con la mia spesa in mano. Il ragazzo scuote la testa e si avvia verso il reparto di bibite. Cominciamo bene, questo qua uscirà dal negozio con un intera cassa di birra in mano, scommettiamo? Micheal mi porge gentilmente la spesa e mi sorride.
-ecco qua signorina- dice.
-grazie mille Mick, ci hai messo poco- dico alzandomi e prendendo il sacchetto dalle mani di Mick. 
-beh diciamo che la lista di tua madre è molto, molto corta- dice lui. Strano perché ci ha messo un eternità per scrivere. Controllo dentro il sacchetto che ci sia tutto. Non che non mi fidi di Mick, ma sai come non si sa mai. Si, c’è tutto. 
-allora, ciao e grazie di nuovo-dico avviandomi verso l’uscita.
-di niente, ciao- mi dicono all’unisono. Quei due anche se sono uno l’opposto dell’altro a volte sembrano vivere in simbiosi. Appena uscita dal negozio percepisco la differenza di temperatura. Sto un attimo ferma davanti la porta del market e guardo il cielo. Fra poco nevica di sicuro. Eccola!! Come vi avevo detto! In un batter d’occhio ecco scendere la neve. Guardo il cielo e istintivamente sorrido. Prendo un fiocco di neve con la mano e stranamente non si scioglie subito. Resta intatto nella mia mano per più di 5 secondi e potrebbe restarci ancora se solo qualcosa o qualcuno non mi avesse spinta ed io fossi caduta per terra. Faccio per girarmi e vedo il ragazzo del negozio correre. All’improvviso vedo anche Micheal uscire dal negozio gridando al ladro. Subito capisco cosa è successo. Avevo ragione quel ragazzo è un poco di buono ed io non me lo lascerò scappare. Mi alzo di scatto in piedi, riprendo la mia spesa che quel deficiente ha fatto sparpagliare per terra e comincio ad inseguirlo. Corro più veloce che posso ma lui è sempre più avanti di me. Vedo che prende la strada di un vicolo, ma io grazie alle mie conoscenze riesco a raggiungerlo passando per una scorciatoia. Mi fermo di colpo davanti a lui che mi guarda sorpresa, e poggio a terra il sacchetto della mia spesa. Mi avvicino di più verso di lui che rimane immobile e gli porgo una mano dicendo:
-dammi subito quello che hai rubato al negozio-. Lui si mette a ridere e questo mi fa infuriare ancora di più.
-no- mi risponde sorridendomi come aveva fatto al negozio, in quel modo così odioso che solo un delinquente può avere. A questo punto non so cosa fare, così faccio per prendergli il sacchetto da dietro la schiena ma la mia mossa è così lenta che lui riesce a fermarmi prendendomi per un polso. La sua stretta mi sorprende, è calda estremamente calda per essere una giornata d’inverno. 
-mi dispiace, ma non ci sei riuscita- mi dice stringendo ancora di più la stretta. Mi fa venire i nervi. Con una mossa, questa volta più veloce, traggo il mio polso dalla sua presa e sempre alla stessa velocità gli mollo uno schiaffo in piena faccia, in modo tale da distrarlo per potergli scippare il sacchetto da dietro. Mi stupisco io stessa dell’agilità che ho usato. Ho un futuro da poliziotta. Comincio a correre ma a metà strada mi fermo e mi giro vedendolo ancora con la mano sul punto in cui gli ho mollato uno schiaffo e con uno sguardo infuriato. L’ho lasciato di stucco, ed era questo il mio intento. 
-mi dispiace, ma non ci sei riuscito- lo imito. Poi riprendo a correre verso il negozio con un sorriso soddisfatto in faccia. Apro di corsa la porta e mi ritrovo davanti Gina e Micheal che discutono animatamente sul perché si sono lasciati scappare quel delinquente ed io li distraggo con un sonoro raschiamento della gola. Tutti e due si girano verso di me a dir poco esterrefatti. 
-ecco qua, sono riuscita a riprendere le cose che aveva rubato- dico ancora con un po’ di fiatone.
-e l’hai lasciato libero, voglio dire, non hai neanche chiamato la polizia?- dice Mick alzando un po’ il tono della voce guadagnandosi così un’occhiataccia da Gina. Non ci avevo minimamente pensato, in quel momento ero talmente presa dal mio gesto eroico per l’umanità che non mi è nemmeno passato per la testa.
-non preoccuparti Mick, credo che non ruberà più … almeno in questo negozio- dico a mia discolpa. 
-Mick voleva dire che ti siamo infinitamente grati per aver fermato il ladro- dice Gina guardando Mick che si gratta la nuca visibilmente imbarazzato.
-ma figurati, questo ed altro per voi- rispondo prima di congedarmi del tutto dal negozio. Comincio a camminare verso casa mia calpestando di tanto in tanto cumuli di neve. Mia madre si starà preoccupando, insomma si chiederà che fine abbia fatto dato che lei mi aveva chiesto di comprare quattro misere cose e inoltre non mi sono neanche portata il cellulare. È sicuro, mi ucciderà. Arrivo velocemente a casa passando per vicoli e scorciatoie varie e non appena arrivo davanti la porta mi fermo un attimo e prendo un respiro profondo. Poi busso. Ad aprirmi è quel nano di James che mi guarda in un modo che mette i brividi, mi ricordo che prima di andarmene aveva fame perciò ora l’avrà moltiplicata per cento. Ha tutto il diritto di mangiarmi.
-mamma è arrivata tua figlia- urla James lasciandomi entrare.
-vedi che sono tua sorella- ribatto chiudendo la porta.
-non lo sei più dal momento che mi hai lasciato morire di fame per un’ora- dice il mostriciattolo correndo in camera sua. Io vado lentamente verso la cucina dove trovo la mamma a leggere un libro in piena tranquillità. Gli potrebbe crollare il mondo addosso e non se ne accorgerebbe. E poi di sicuro darebbe la colpa a me. Poggio il sacchetto sul tavolo e comincio a svuotarlo e a mettere tutto in frigorifero o nella dispensa. Non ho oso dire una parola, se no mia madre si accorgerebbe della mia presenza/ esistenza e mi farebbe domande sul perché del mio insolito ritardo. La guardo mentre poso nel frizer il pacco di pisellini surgelati ma per sbaglio questi mi cadono aprendosi e lasciando cadere il contenuto. Presa dal panico comincio a raccogliere tutto di fretta cercando di fare il meno rumore possibile, ma è tutto inutile ormai si è accorta di me. Non so se questa sia una buona o una cattiva cosa ma dato le circostanze direi proprio cattiva. 
-ciao Rebecca- fa’ guardandomi da dietro i suoi occhiali da lettura.
-ehm..ciao mamma- dico continuando a raccogliere i pisellini e molto igienicamente a rimetterli nel sacchetto.
-come mai questo ritardo?- dice tornando al suo libro. Ecco lo sapevo! E ora cosa gli dico? Non posso di certo raccontargli del ladro, non mi crederebbe di sicuro.
-c’era traffico- dico titubante. C’era traffico? C’era trafficoo?? E tu credi che ha questa baggianata ci crederà. Prima di tutto tu non guidi e quindi si suppone che tu non possa avere riscontrato traffico nel marciapiede. Davvero bella trovata ora ti spedirà in riformatorio perché pensa che tu abbia rubato una macchina, l’abbia guidata senza patente e che tu abbia pure riscontrato traffico. Sono morta!
-ah-. Cosaaaa??? Ma io esisto oppure sono un personaggio di qualche scrittore psicopatico che si diverte a farmi sembrare invisibile? Nah ma che dico. Devo cambiare discorso prima che possa riflettere su quello che ho detto e uccidermi. 
-cosa..cosa si mangia per cena?- chiedo. 
-cotoletta e pisellini-mi risponde senza neanche guardarmi. Certo! Ottima scelta. I pisellini che io ho appena raccolto da terra e rimesso nel pacchetto! Perfetto, andiamo di bene in meglio. Dopo aver sistemato tutto salgo in camera mia e mi butto nel letto. Che giornata! Sto pensando che forse dovrei chiamare Jessica, e da tanto che non ci sentiamo. Lei è la mia migliore amica dai tempi dell’asilo, è come una sorella per me. Chissà dov’è il mio telefono. Non lo vedo dall’inizio delle vacanze di Natale. Comincio a cercarlo nella mia scrivania, sposto tutti i libri e le varie cianfrusaglie e lo trovo. No aspetta, questo non è il mio telefono, è quello giocattolo di mio fratello. Ma che ci fa’ nella mia scrivania? Subito vado in camera di mio fratello per chiedergli dov’è e lo trovo intento ad attaccare una nave nemica con la sua spada di plastica. 
-ehi caccola dov’è il mio telefono?- gli chiedo. Il mio punteggio sale, 1 a 0 per me.
-l’ho messo in lavatrice, zombie- mi risponde. Ok, niente male come soprannome, 1 pari. Aspetta che ha detto? In lavatrice? Di colpo la mia faccia diventa bianca. Era il telefono nuovo che mi aveva regalato mamma a Natale, era costato tanto. Ommioddio ora avrà un altro motivo per uccidermi.
-tu che cosa hai fatto?- dico minacciosa avvicinandomi a lui. Lui sferra un colpo con la sua spada di plastica che mi arriva dritto nell’occhio. È ora sono pure cieca, la mia vita è meravigliosa. 
-piccola peste pestifera vieni qua- dico io coprendomi con una mano l’occhio ferito. Lui riesce a scappare ma purtroppo non riesco a vedere dove va’. Se perdo la vista in un occhio giuro che lo uccido, sempre che riesca a trovarlo. Comincio a correre barcollando un po’ e cadendo qua e là in vari giocattoli della stanza di mio fratello. Ora capisco a che serve sistemarsi la stanza. Sono caduta in un pupazzo dinosauro che con la sua coda punge il mio sedere e mi fa’ saltare in aria. Ricomincio a riprendere un po’ di vista sfocata dall’occhio e mi arrendo al fatto che non potrò mai prendere quella peste. Così mi avvio verso il bagno dove si trova la lavatrice, ma fortunatamente la vedo spenta. Controllo tra le cose appena lavate ma niente non l’ho trovo. Di colpo capisco, quella peste mi ha fatto uno scherzo, un brutto bruttissimo scherzo. Mi era quasi preso un colpo. Scendo di corsa le scale urlando:
-Jamessss-. Lo trovo in salotto a guardare dragon ball e a tenere in mano un oggetto che non riesco a vedere bene. Mi avvicino e vedo che stringe … il mio telefono. Già vedo il titolo del giornale “Rebecca Greenford uccide suo fratello per un telefono”. Lui non si è accorto della mia presenza nella stanza, o forse mi sta solo lasciando sbattere, e continua a guardarsi la puntata di dragon ball dandomi le spalle seduto nelle sua poltrona preferita. Arrivo da dietro e gli tengo un agguato. Lo tengo fermo con una mano e con l’altra gli scippo il cellulare dalle mani. 
-siii, c’è l’ho fatta- dico soddisfatta ancora una volta del mio agile lavoro. Si vede che da grande voglio fare la poliziotta?
-ma che fai sorellina? Se volevi il telefono potevi anche chiedermelo- dice facendo un insopportabile faccia d’angelo. Gli faccio una linguaccia e me ne torno in camera con il mio cellulare. A volte mio fratello sembra molto più grande della sua età, se esce certe volte con delle sparate assurde. Entrata in camera mi butto nel letto esausta. Non so se mi convenga chiamarla a quest’ora Jessica, magari starà cenando con i suoi oppure è uscita. Nell’indecisione mi addormento. 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capodanno ***


L’ultimo giorno dell’anno, quale occasione migliore per dormire fino a tardi? Purtroppo però qualcuno ha deciso diversamente. Sento un rumore assordante. Non riesco a decifrare cosa sia dato che sono ancora nel letto con la testa sotto il cuscino e non ho la minima voglia di alzarmi per andare a controllare. Sarà sicuramente quella vecchietta sorda che abita al piano inferiore al nostro, ogni mattina è la stessa storia. Si scorda sempre di mettere l’apparecchio acustico e alza il volume della televisione al massimo. E come ogni mattina tocca a me ricordarglielo dato che i suoi vicini di pianerottolo si sono trasferiti. Adesso ho capito il perché. Mi alzo e scendo le scale a passo di zombie, probabilmente in questo momento lo sembro pure. Vado in cucina e non vedo nessuno. Possibile che mia madre non si sia ancora svegliata con tutto questo chiasso? Avrà di sicuro previsto tutto e si è messa dei tappi per le orecchie, anche se secondo me non servirebbero a molto. Mio fratello invece quando dorme non si accorge di nulla, quindi molto probabilmente starà dormendo anche lui. Mi prendo una giacca ed esco ancora con il pigiama. Ormai ci ho fatto l’abitudine. Scendo in fretta le scale sbadigliando praticamente ad ogni gradino. Arrivo davanti la porta della mia “adorata” vicina e busso al campanello. Sempre che lo senta. Le mie preghiere sono state esaudite, dopo un po’ di tempo apre alla porta.
-si?- mi urla. Mi ha forato un timpano, ho perso l’udito da un orecchio.
-senta signora Jodie potrebbe abbassare il volume della televisione?- gli urlo io altrettanto. Lei corruga la fronte, segno che non ha capito quello che ho detto.
-come? Devi accendere il condizionatore?- la sua risposta mette fine ai miei dubbi, non ha capito un bel niente. Come sempre d’altronde. Ma poi ditemi voi cosa c’entra il condizionatore. Siamo in inverno, dentro casa ci sono 2 gradi e fuori ancora di meno, quindi perché mai dovrei accenderlo?
-no signora ho detto di abbassare il volume della televisione- questa volta alzo il volume della voce. Oltre a perdere l’udito da un orecchio perderò anche la voce. Passerò un fantastico capodanno. La cosa si ripete, corruga la fronte e mi guarda storto. Perché mi guarda così? Cosa avrà capito?
-credi che sia una vecchia sorda signorina, non c’è bisogno di urlare così- dice lei facendomi segno di entrare. Cosa?? Mi sta prendendo in giro per caso? Rimango per qualche minuto sull’uscio della porta con la bocca spalancata. Io questa signora non la capirò mai. Lei spegne la televisione e mi fa di nuovo cenno di entrare. 
-vieni ti offro un thè- mi dice in un tono di voce stranamente normale. Cos’è? Ad un tratto gli è ritornato l’udito?
-no, guardi signora io dovrei tornare a casa, vede c’è mia madre che mi aspetta si starà preoccupando- cerco di liquidare la situazione.
-oh avanti su, starai sicuramente morendo di fame, ti offro anche qualcuno dei miei dolcetti speciali-. Intende dire quei dolcetti tossici che ci ha offerto a Natale? Non ci penso proprio. L’ultima volta che li ho mangiati ho vomitato tutto il giorno. E inoltre hanno un sapore orrendo. Un misto tra benzina e gorgonzola. Acido, insomma. Non ci ha mai voluto rivelare la ricetta, chissà cosa ci mette. In realtà non lo voglio sapere, se scoprissi che ci mette roba tossica vomiterei al pensiero che io quei cosi li ho mandati giù. Bah,non ci voglio pensare. Entro dentro casa sua arrendendomi al fatto che con questa signora non ci si può proprio parlare.
-bene, siediti pure qua- mi dice indicandomi la sedia del tavolino dove è seduta. Il soggiorno di casa sua è un set cinematografico, nel senso che io questo soggiorno l’ho già visto in un film horror che parlava di fantasmi. Giuro, è preciso. Ha una libreria di legno dove ci sono parecchie foto effetto seppia, un tavolino non troppo piccolo con una tovaglia piccola ricamata all’uncinetto. Ma la cosa più inquietante è un quadro di una signora con un sorriso strano. Non è la signora Jodie non l’ho mai vista.
-era mia sorella quella- dice la signora. Avrà sicuramente visto che fissavo il quadro. Non ci posso fare niente ma c’è qualcosa in quella casa che mi affascina e mi inquieta allo stesso tempo, e alla fine tutte le volta che ci entro finisco per fissare tutto quello che ho attorno. Anche se la donna nel quadro era sua sorella non ci assomigliava per niente. Ho visto foto della signora Jodie da giovane dove aveva capelli corti ondulati e soprattutto biondi, mentre la signora del quadro le ha neri. Per non parlare del viso che è completamente diverso da quello suo. La signora versa un po’ di thè in una tazzina e lo mette davanti a sé. Mi avvicino e mi siedo davanti alla signora. Comincio a sorseggiare il mio thè e come previsto mi brucio. Solo una cretina come me si potrebbe dimenticare che il thè è bollente.
-attenta è caldo- mi dice dopo qualche minuto. Troppo tardi già ho perso la sensibilità del labbro superiore.
-allora, cosa farai stasera?- mi chiede. Stasera? Che dovrei fare scusa? Aspetta ma oggi che giorno è?
-perché?- gli chiedo prendendo incoscientemente un biscotto dal piatto davanti a me. Appena mi accorgo di quello che ho fatto lo rimetto subito a posto.
-no, prendilo pure- mi dice la signora. Non farlo, è una strega, ti vuole uccidere per poi cucinarti per cena. Io lo prendo sorridendo nervosa alla signora che continua a farmi il segno di mangiarlo. Non farlo!! Non mangiarlo!! Un morso e poi due. È la fine me lo sento. Dopo qualche minuto di degustazione mi accorgo che non è affatto male, anzi. Sa di frutti rossi. Mi piace un sacco è buonissimo. Ma questi non erano i dolcetti di Natale, erano altri biscotti. Magari finalmente si sarà decisa a seguire le ricette di un libro invece di sperimentare cose nuove. 
-li ha fatti lei signora?- chiedo prendendone un altro.
-si, ti piacciono?- mi chiede sorridendomi. Altroché se mi piacciono, li adoro. Mi mangerei tutto il piatto. Non me ne accorgo nemmeno e sono al quinto biscotto. Qualcosa però mi dice di fermarmi, ma è più forte di me. In poco tempo il piatto è vuoto. Oddio non ci credo, li ho mangiati tutti e neanche me ne sono accorta? Cosa ci ha messo dentro droga?? 
-mi scusi li ho finiti tutti, erano così buoni- dico io.
-non ti preoccupare, ne ho altri ne vuoi?- mi chiede. Annuisco velocemente. Sembro un cane che aspetta il biscottino del padrone. Ci manca solo la bava, ma tra poco pure quella avrò. La signora va in cucina a prenderli ed io aspetto impazientemente sbattendo i piedi a terra velocemente. Ora cosa ho anche i tic nervosi? No basta questi biscotti fanno male non devo prenderne altri, non uno di più. La signora arriva con una scatola rossa in mano, poggia i biscotti sul tavolo ma non fa in tempo a togliere il coperchio perché suona il campanello. Grazie Dio, mi hai salvato. La signora apre la porta ma io non guardo neanche chi è, il mio sguardo è fisso sulla scatola di biscotti. 
-scusi signora Jodie sono venuta a prendere mia figlia-. Mia madre? Mi rimangio quello che ho detto, Dio non mi ha affatto salvata, anzi ha peggiorato le cose. Mi giro e vedo lei e mio fratello abbracciato al suo pupazzo di dragon ball guardarmi male, sono tutti e due in pigiama. Sono nei guai, primo perché mia madre si sarà spaventata dal fatto che non mi ha trovata a casa e secondo mio fratello mi ucciderà per aver disturbato il suo sonno. Il primo motivo quasi mi rassicura, almeno so che mia madre si preoccupa un po’ per me, sempre che sia questo il motivo per cui è venuta qui.
-che ci fai qui?- mi chiede appena arriva davanti al tavolo dove sono seduta io insieme a mio fratello che sbadiglia ancora assonnato. 
-sono venuta qui per chiedere alla signora Jodie di abbassare il volume della televisione e poi lei molto gentilmente mi ha offerto un thè e qualche biscotto- rispondo subito.
-non mi dire che hai mangiato quei biscotti- mi sussurra per non farsi sentire dalla signora che in quel momento è andata in cucina per posare le tazzine da thè. 
-si l’ho mangiati, ma non sono quelli che ci ha dato a Natale, questi sono buonissimi assaggiali- dico io facendo per aprire la scatola rossa. Mia madre mi ferma lasciandomi uno schiaffetto sulla mano.
-ahia- mi lamento massaggiandomi la mano ferita. 
-non devi mai più prendere uno di quei biscotti è chiaro?- mi dice lei. La signora Jodie arriva proprio in questo momento.
-signora Greenford vuole un po’ dei miei biscotti? a sua figlia piacciono- dice sorridendomi. 
-no, grazie noi dobbiamo andare, sa’ ci sono i preparativi per il cenone di capodanno- risponde mia madre prendendomi per mano e trascinandomi fuori con la forza. Ah ecco, oggi è l’ultimo giorno dell’anno.
-volete un po’ dei miei biscotti da portare via- ci chiede prendendo la scatola rossa dei biscotti.
-no no grazie mia figlia vi avrà già creato abbastanza problemi oggi- dice mia madre uscendo dalla porta e salutando.
-ora dobbiamo proprio andare, arrivederci e buon anno- mia madre fa segno a me e mio fratello salutare così noi lo facciamo. 
-anche a voi- sono le ultime parole che sentiamo prima che la porta si chiuda. Mia madre finalmente mi lascia stare il braccio così io posso camminare libera. Saliamo a casa senza dire una parola poi appena entriamo comincio a parlare.
-mi dispiace mamma di averti fatto preoccupare- dico io seguendola in cucina mentre mette nel pentolino del latte da riscaldare per mio fratello, che nel frattempo si sta facendo un pisolino sulla sedia.
-non devi andare da quella pazza ok?- dice girandosi verso di me.
-pazza? Esagerata! È solo una vecchietta sola- dico io. Capisco che la signora Jodie può sembrare strana ma infondo è solo una vecchia, che può fare di male. E poi pazza secondo me è una parola grossa.
-ma cosa stai dicendo? Tu lo sai che quella signora fino a poco tempo fa’ era in uno studio psichiatrico e che ha torturato così tanto i suoi vicini che poi alla fine se ne sono dovuti andare?- mi chiede abbassando il fuoco del fornello.
-no non lo sapevo, ma in che senso torturava?- chiedo un tantino preoccupata, mi siedo nella sedia accanto a mio fratello.
-nel senso che li costringeva a mangiare sempre i suoi dolci e le sue invenzioni culinarie, parecchie volte i poveri signori Queen si sono dovuti recare all’ospedale per via del mal di pancia che gli procuravano- risponde mettendo davanti mio fratello una tazza di latte caldo. Mio fratello si sveglia improvvisamente e prende la tazza tra le mani.
-i suoi dolci sono veramente terribili- continua mia madre sedendosi davanti a me.
-veramente gli ultimi che ha fatto non sono poi così male- dico io. Lei mi guarda così male che mi mette i brividi.
-cosa dici??? Quella brutta vecchia ti ha influenzato- dice.
-ma perché non mi hai mai detto niente? Insomma io ci vado ogni giorno dalla signora Jodie a chiederle di abbassare il volume della tv e tu mi hai sempre lasciata andare-.
-si ma perché non pensavo che saresti stata così stupida da accettare qualcosa da quella vecchia-.
-va beh basta, sono stufa di questa discussione, ormai quel che è fatto è fatto- dico io leggermente seccata. Mi alzo dalla sedia e faccio per andarmene ma mia madre mi ferma.
-hai mal di pancia per ora?- mi chiede.
-no, sto benissimo, ho solo sonno, pensavo di poter dormire oggi-. Salgo in camera mia e mi chiudo la porta alle spalle. La giornata comincia benissimo direi. Mi metto sotto le coperte sperando di addormentarmi. Non ci riesco, per me è possibile riaddormentarmi una volta sveglia. Prendo il mio telefonino dal comodino restando sempre sotto le coperte. Un messaggio: Jessica. Che bello mi andava proprio di sentirla. 
“ciao bella, pronta per un capodanno da sballo?” dice il messaggio.
“si tesoro prontissima” rispondo.
“allora, cosa facciamo stasera?” mi risponde lei.
“non lo so, io stasera ho la cena con Gina e Micheal ”.
“io pure ho la cena con i miei parenti, però dopo possiamo andare alla festa in spiaggia”.
“che festa?”.
“non lo sai? La città è tappezzata di volantini, stasera ci sarà una mega festa di capodanno in spiaggia, l’ingresso è aperto a tutti”.
“non so, devo chiedere a mia madre”.
“vedi di convincerla, questa festa sarà sensazionale!”.
“ok, ora ti saluto vado a farmi una doccia”.
“ok, ciao bella”.
“ciao tesoro”. Mi alzo dal letto più svogliata che mai e mi dirigo verso il bagno. Mi faccio una doccia ghiacciata per svegliarmi un po’. Appena esco benedico l’esistenza degli accappatoi, stavo morendo di freddo. Solo io ho il coraggio di farmi una doccia fredda d’inverno. Mi pettino il cespuglio che ho apposto dei capelli e una volta finito cominciano a riprendere la loro forma naturale. Non ho mai capito se sono riccia o liscia, i miei capelli sono a giornate, decidono loro come essere. Io da piccola li avevo lisci ma ora piano, piano mi stanno diventando ondulati. Appena ho finito con i capelli mi vesto anche se li ho ancora bagnati. Mi metto una felpa azzurra, i miei jeans chiari strappati e le mie converse bianche. I capelli, dopo averli asciugati, me li lego in una treccia laterale. Appena ho finito scendo in cucina per vedere cosa fa mia madre. Ok, la verità è che mi annoio non mi interessa cosa fa mia madre. 
-James vatti a vestire- urla mia madre a mio fratello che sta correndo in salotto.
-perché lo fai vestire dove dovete andare?- chiedo appena entrata in cucina.
-al market- dice mia madre.
-oh, non ti preoccupare mamma, ci vado io che sono già pronta- gli propongo.
-ok, devi andare a dire Brad che è invitato anche lui alla cena di stasera, Gina e Mick non mi rispondono al telefono-.
-ok- dico prima di prendere il mio giubbotto e uscire. Brad è il figlio di Gina e Micheal, praticamente il mio fratello acquisito. Lui è completamente diverso da Gina e Mick, è alto magro e abbastanza muscoloso. Va all’università e studia come medico. È bellissimo. Non che io mi sia mai innamorata di lui. Ma cosa andate a pensare. Peccato che lui abbia la ragazza, Allyson. L’ho sempre odiata fin da bambina, lei e Brad si conoscono dai tempi delle medie. Lei è sempre stata una ragazza dispettosa e competitiva, quando giocavo a fare castelli di sabbia con Brad lei veniva e pestava sempre il mio mentre faceva i complimenti a Brad per il suo. Quanto è odiosa. Come fa Brad a starci insieme? È veramente un mistero. In poco tempo arrivo davanti al negozio. Spingo la porta facendo suonare il campanellino appeso ad esso e sorrido istintivamente. Appena entro alla cassa non vedo Gina e Mick, ma Brad. Gli corro incontro e lo abbraccio. Non lo vedevo da un po’ perché lui era partito per fare un corso di approfondimento in Germania, ed è durato circa un mese. 
-Brad!- urlo io continuando ad abbracciarlo. 
-Piccola!-. Adoro quando mi chiama così!!! È così dolce quando lo dice. Mi stacco da lui e lo guardo bene. Non è cambiato di una virgola è sempre il mio Brad.
-mm…disturbo?- questa voce la conosco fin troppo bene. Mi giro e vedo quella racchia di Allyson. Lei mi sembra cambiata invece, ma in peggio. Si è fatta il colore nei capelli, prima aveva i capelli castani ora li ha fatti biondi. Mi pare ovvio, non c’è oca che si rispetta che non abbia i capelli biondi. Ci stanno malissimo, sembra una copia di Barbie mal riuscita.
-oh ciao Allyson, no non disturbi affatto- rispondo acida come non mai. 
-hai fatto qualcosa di diverso? Ti vedo cambiata- continuo io.
-aha divertente, se hai finito di abbracciarti il mio ragazzo io vorrei passare- mi dice facendomi cenno di spostarmi. Io sospiro e ubbidisco. Lei come suo solito cerca di ingelosirmi facendo cose sdolcinate con il suo fidanzato. Cominciano così a sbaciucchiarsi ed io per richiamare l’attenzione di Brad mi schiarisco la voce. Tutti e due si girano verso di me ed io sorrido per essere riuscita nel mio intento. 
-Brad allora, che mi racconti della Germania?- chiedo io appoggiando i gomiti nel bancone.
-oh Berlino è fantastica, ho fatto un sacco di foto se vuoi dopo te le faccio vedere-.
-certo- rispondo io guardando sorridendo Allyson che se ne va sbuffando.
-scusala, lo sai come è fatta- dice lui. Cosa? si scusa per conto di Allyson? Ma è assurdo. Ognuno deve essere responsabile delle proprie azioni ed è lei che si deve scusare.
-non ti devi scusare tu, ma lei, tu non c’entri niente- rispondo io. Lui annuisce.
-dove sono i tuoi?- gli chiedo. 
-ah sono andati a denunciare un ladro mi hanno detto- mi risponde. Ah il ladro che io ho fermato! Non ci credo l’ho detto davvero. Sono così fiera di me. È egocentrica come frase?
-lo sai che l’ho fermato io?-. Come al solito mi devo vantare.
-si, me l’hanno detto, e brava la mia poliziotta- mi dice sorridendomi.
-grazie, tutta questione di tecnica, sai vivendo con un mostro come mio fratello devi imparare le basi dell’autodifesa-.
-a proposito, che dice il mostriciattolo?-.
-niente di che, cresce e soprattutto guarda dragon ball-.
-mi ricordo quanto odi quel cartone-.
-io non lo odio, io lo detesto-. Mi sono lasciata prendere così tanto dalla chiacchierata che non ricordo il motivo per cui sono venuta. Ah si…
-ah quasi dimenticavo, mia madre ti ha invitato a cena stasera-. 
-fantastico, vengo di sicuro, ma ha invitato anche Allyson?-. No, digli di no, digli di no, digli di no.
-ehm..si può venire anche lei-. Cosa? congratulazioni Rebecca hai vinto il premio “rovinarsi la vita con le proprie mani”. Si può essere più masochisti di me?
-ok, perfetto poi glielo dirò-.
-va bene- rispondo io.
-ok, io devo andare, ci vediamo stasera- saluto io.
-ok ciao piccola-.
-ciao Brad-. Me ne esco dal negozio con un sorrisone che va da orecchio a orecchio. Sento che sarà una giornata bellissima. A parte per il fatto che dovrò cenare con miss Italia, ma almeno potrò stare un po’ con Brad, come ai vecchi tempi. Certo lui ora è cresciuto molto, ha la bellezza di 22 anni, è un uomo ormai, ma per me sarà sempre il piccolo bambino che amava giocare ai pirati con una bambina più piccola di 6 di lui. Mi sento spingere da qualcuno che mi fa cadere a terra. Sto per mandare a quel paese il disgraziato che mi ha spinta quando alzo lo sguardo e vedo il delinquente che ho acciuffato l’altro giorno. 
-tu- dico alzandomi. Vedo che ha una borsa in mano. Vedo anche una signora correre verso di voi, ma mentre mi fermo a guardarla già l’ho perso di vista. 
-non si preoccupi signora faccio io- grido mentre mi lancio all’inseguimento. Già è la seconda volta che mi ritrovo ad inseguire un ladro, dovrei prenderlo come un segno del destino? Ho un futuro da polizitta? Beh in ogni caso non mi dispiacerebbe. Continuo a correre ma è inutile ormai l’ho perso di vista. Mi ritrovo in un vicolo dietro un palazzo. Del ladro non c’è nessuna traccia. Ed il bello è che è lo stesso dell’altra volta. Ma questa volta non me lo lascerò scappare, una volta preso chiamerò la polizia. Poi il capo di polizia mi ringrazierà e mi ripagherà lasciandomi un posto libero come poliziotta. Sto sognando troppo? Mi appoggio un attimo al muro per riprendere fiato. 
-ancora tu-. Mi giro e lo vedo. A quanto pare è stato lui a trovarmi. Ora è nei guai fino al collo.
-potrei dire la stessa cosa- dico avvicinandomi e cercando di imitare il suo sorriso da delinquente. 
-ma che fai mi perseguiti?- dice avvicinandosi anche lui.
-no, faccio solo il mio dovere-. Ok in questo momento mi sento veramente una cretina, e secondo me lo sono pure sembrata dato che ho appena affermato di essere una poliziotta. Poco dopo lui, molto prevedibilmente, si mette a ridere.
-perché? Sei una baby poliziotta?- mi chiede continuando a ridere. Quanto mi da fastidio. 
-no, voglio dire che è mio dovere di cittadino aiutare una signora a cui è stata appena rubata la borsa- rispondo con un tono autoritario. Si, brava, fatti valere, fai vedere a questo cretino chi comanda.
-scommetto che da grande la vorresti fare però- mi dice. Ci ha perfettamente azzeccato, ma cerco di non dare a vedere che la sua intuizione mi ha stupita.
-comunque, io non credo che un poliziotto darebbe mai uno schiaffo in faccia al ladro, semmai usa le manette- mi dice avvicinandosi ancora di più. Siamo separati da un centimetro. La sua vicinanza mi agita, non so se sia per il fatto che lui è un delinquente e che quindi ho un po’ paura di lui oppure per via della sua bellezza. Aaa ma cosa dico? È la prima, sicuro. Lui è un delinquente non posso essere attratta da lui. Infatti non lo sono, no. No. No.
-in quel momento ne ero sprovvista- dico recuperando un po’ della mia lucidità. Lui si mette a ridere e fa per andarsene. 
-cosa? ma tu pensi che ti lasci andare così?- dico io a dir poco stupita. Non crederà mica che lo lascerò andare così, non prima di aver chiamato la polizia.
-senti, io ti lascio andare e non chiamo la polizia solo se tu mi ridai la borsa della signora- propongo io seccata. Non ce la facevo più.
-stai cercando di fare un patto con me?- chiede lui scettico. Io annuisco inarcando un sopracciglio.
-come faccio a sapere che appena me ne vado tu non la chiami?- mi chiede.
-te lo giuro sul mio futuro da poliziotta- dico io. Doveva per forza fidarsi.
-ok- dice prima di avvicinarsi e porgermi la borsa. Io faccio per prenderla quando lui la ritrae. Che nervi ragazzi!!!
-ti pare che sono così stupido? E poi sarebbe troppo facile, ragazzina sognatrice- dice allontanandosi. Come mi ha chiamata? Ragazzina che? Ok, forse sogno ma solo un pochino. O forse un pochino troppo? Ditemi voi come si fa a sopportare uno così. Sento la rabbia bollirmi nelle vene. 
-bene, allora sappi che i miei amici del negozio che hai rapinato ti hanno già denunciato- dico arrabbiatissima, quasi gli sputo in faccia le parole.
-oh perfetto, quindi non devi preoccuparti più- dice lui per poi allontanarsi lentamente. All’improvviso mi gira la testa. È come se ci fosse una ruota panoramica apposto della mia testa e mi è venuta pure la nausea. Cado a terra e sbatto la testa. Poi è tutto nero. Non sento niente, è come se il mio corpo fosse a terra ma io da un’altra parte. Mamma mia che nausea, ma cosa ho mangiato stamattina che mi ha fatto acido? Oh i biscotti della vecchia pazza. Mia madre, mi dispiace ammetterlo, ma aveva ragione. Quella è una pazza. Provo ad aprire gli occhi ma niente, le mie palpebre sembrano fatte di cemento. Ci riprovo un’altra volta. Ce la posso fare, ce la posso fare. Ecco. Una lo aperta a metà.
-lo sai che fai impressione? Sembri morta-. Cosa?? non è possibile questo è un incubo. Ora richiudo gli occhi e questo sarà solo un brutto, bruttissimo incubo.
-no, non è un incubo-. Ma mi legge nel pensiero questo?
-dai, forza svegliati-. Apro bene gli occhi. Mi trovo in una stanza, non molto personalizzata. C’è una scrivania con dei cd sopra e una lampadina da lettura, poi un piccolo armadio e un letto in cui sono coricata. Dopo essermi guardata intorno realizzo: sono nella stanza di un delinquente. La prima cosa che mi esce dalla bocca e un urlo, seguito poi da un sonoro: cazzo!
-che cazzo ci faccio qui?- chiedo. Che domanda stupida, quel ladro mi avrà rapita per vendicarsi dello schiaffo che gli ho dato l’altra volta, oppure per il fatto che gli ho rovinato più di una volta i suoi piani diabolici.
-beh visto che tu mi dai sempre fastidio volevo ricambiare il favore e rapirti-. Ecco appunto. Io lo guardo malissimo e poi urlo. Lui mi tappa la bocca con la sua sudicia mano da delinquente e mi dice di stare zitta.
-stavo solo scherzando, stupida-mi dice dopo aver tolto la sua mano dalla mia bocca.
-e allora perché mi trovo qua? Con te?- chiedo inarcando un sopracciglio.
-perché non lascio per strada una povera malata, è il mio dovere di cittadino civile- dice sorridendo in quel suo modo così insopportabile.
-il dovere di un cittadino civile prima di tutto sarebbe quello di non rubare- dico io alzandomi. Mi sono alzata così in fretta che ora mi gira la testa. Mi tengo la fronte con una mano e cerco di mantenermi in piedi ma non ci riesco. Cado a terra dopo cinque secondi. Il ladro si mette a ridere ed io mi innervosisco ancora di più. Mi sento una cretina, no rettifico io sono una cretina. 
-vieni ti aiuto- dice il ladro porgendomi la mano. Come scusa? Dovrei accettare l’aiuto di un poco di buono?
-preferisco rimanere a terra per sempre- dico io cercando ancora di alzarmi. Non ci riesco neanche questa volta e faccio per cadere quando sento due braccia sostenermi. Le sue braccia. Le sue luride braccia.
-e togliti- rispondo acida scansandomi. Forse sono stata un po’ troppo dura, infondo mi stava solo aiutando. 
-ok come vuoi- dice per poi mollare la presa e lasciarmi cadere. Che stronzo! Ma me lo sono meritato.
-sei proprio uno stronzo lo sai?- dico alzandomi di nuovo e questa volta rimanendo in piedi. 
-me lo dicono in molti-.
-chissà come mai-. All’improvviso arriva di nuovo quella nausea che avevo prima di svenire. Cerco di trattenermi ma non ci riesco. Vomito proprio sulle sue scarpe. Che figura di merda!Ma perché capita tutto a me?
-cazzo! Le mie scarpe!- urla incazzato. 
-mi dispiace tanto, te le pulisco io- rispondo per poi vomitare ancora. Che cazzo c’era in quei maledetti biscotti? Il mio vomito ha un colore strano, sembra un misto tra marrone e rosa. Ora basta con i dettagli se no vomitate anche voi.
-mi dici che cazzo hai mangiato per vomitare così?- mi chiede togliendosi le scarpe.
-dei biscotti, fatti dalla mia vicina- dico ancora con l’amaro in bocca. 
-ma ti voleva avvelenare questa?-.
-forse-. Lui prende dei fazzolettini dalla scrivania e fa per pulirsi le scarpe quando io lo fermo.
-no, faccio io, almeno ripago i danni- dico. Comincio a togliere il vomito dalle scarpe e anche da terra. Una figura di merda così grossa non l’ho mai fatta in vita mia. No a parte una volta al mare, quando io e mio fratello giocavamo sugli scogli e mentre mi butto mi si strappa il costume. Quella si che era una figura di merda, ho dovuto camminare per tutta la spiaggia coprendomi il didietro con le mani mentre mio fratello rideva. Ma devo dire che questa gli si avvicina molto. Una volta finito mi alzo da terra e mi fermo a guardarlo.
-allora, io devo andare- dico un tantino imbarazzata, va bene diciamo molto imbarazzata. 
-come ti chiami?- mi chiede prima che me ne potessi andare.
-Rebecca- rispondo. Non ci avevo fatto caso, lui non sapeva il mio nome ed io non sapevo il suo. Comunque ormai l’ho battezzato come il ladro. Lui mi guarda e si intristisce. Il mio nome non gli piace forse? Fatto sta che il suo comportamento mi mette sempre più in imbarazzo.
-tu?- chiedo per cambiare discorso. Lui sembra come risvegliarsi da un incubo e poi mi risponde.
-ah Ryan-. Bel nome, azzeccato per uno come lui. Di solito in tutti i telefilm crime che mi seguo i delinquenti si chiamano così.
-ok, allora io vado Ryan- dico. 
-ah si ti accompagno alla porta- dice facendomi strada verso il corridoio e poi all’ingresso. 
-ehm grazie di tutto e scusami per aver rovinato le tue scarpe- dico una volta fuori la porta.
-non fa niente poi l’hai pulite-. Tra noi cala di nuovo un silenzio imbarazzante, così io gli dico un ultimo ciao e faccio per andarmene ma lui mi ferma.
-ah Rebecca…la borsa alla fine l’ho restituita-. Io mi limito a sorridere e a salutare con un gesto della mano. Percorro tutto il tragitto pensando al ladro, cioè volevo dire Ryan. Mi ci devo ancora abituare. Il ladro si chiama Ryan. Il ladro si chiama Ryan. Ryan. Ryan. Nella mia testa risuona quel nome. Poi realizzo che non so dove sono. Non so dove abita Ryan e di conseguenza non so come arrivare a casa mia. Cavoli ma dove caspita sono? Prendo il mio cellulare e vedo che ci sono due chiamate perse da “mami”. Mia madre, non ci avevo pensato. Oddio ma perché le mie giornate devono essere sempre così… complicate? Forse è meglio continuare a camminare magari arrivo in qualche strada che conosco. Cammino per più di cinque minuti e poi vedo una scorciatoia, la scorciatoia per andare al market. Quindi se passo di là arrivo al market e di conseguenza a casa mia. Evvai, viva il mio senso dell’orientamento. Dopo un po’ di strada finalmente arrivo. Come al solito mi fermo cinque minuti fuori, prendo un bel respiro profondo e penso a cosa dire a mia madre. Poi busso. Al solito ad aprire c’è mio fratello, che è stranamente vestito elegante. Cosa mi sono persa?
-entra scema ci sono Gina e Micheal e Brad e l’altra- dice mio fratello facendomi accomodare in casa. Poso il mio giubbotto nell’attaccapanni dietro la porta e mi dirigo verso la cucina, da dove sento provenire un vociare di persone. Come previsto li trovo tutti lì. Mia madre e Gina cucinano e parlano insieme a Mick di qualcosa che non ho ancora ben capito, mentre dall’altra parte della cucina vedo Allyson e Brad sbaciucchiarsi e sussurrarsi chissà cosa all’orecchio. Ah che nervosismo. 
-ah eccoti, la nostra salvatrice, stavamo appunto raccontando a tua madre cosa hai fatto l’altro giorno al negozio- dice Mick venendomi incontro.
-perché non me l’ho hai detto?- dice mia madre asciugandosi le mani in una pezza. Forse perché se non te l’avessero detto loro non ci avresti creduto?
-non lo ritenevo importante- mi limito a dire sedendomi nella sedia più lontana possibile da Allyson e Brad.
-ma certo che è importante tu hai fatto una cosa fantastica, oggi io e Mick siamo andati a denunciare il ladro- aggiunge Gina accarezzandomi una guancia.
-si chiama Ryan- dico a bassa voce poggiando il mento nel tavolo.
-come tesoro?- chiede Gina.
-no, niente, quando si mangia?- chiedo alzandomi.
-fra un po’ sarà pronto- risponde mia madre. Io salgo le scale per andare in camera mia. 
-non fare tardi per la cena- urla mia madre dalla cucina. Poi sento Gina e lei parlare di me ma non mi importa molto, ancora non mi sento molto bene e in questo momento voglio solo coricarmi a letto. Appena arrivata chiudo la porta e mi butto nel letto. Prendo il mio telefono e mando un messaggio a Jessica.
“stasera non se ne fa niente, mi sento male”. In pochi minuti mi arriva la risposta.
“tesoro, cos’hai?”.
“ti dico solo che ho mangiato i biscotti della signora Jodie”.
“quella dei biscotti di Natale?”.
“si lei”.
“oh poverina, mi dispiace, allora neanche io ci vado”.
“no tesoro tu vacci, non devi preoccuparti per me”.
“no, senza di te non mi diverto, vorrà dire per un’altra volta”.
“ok, grazie tesoruccio, ti saluto che fra un po’ devo mangiare”.
“ok, a mezzanotte ti chiamo per gli auguri bella”.
“ok gioia bye”.
“au revoir”. 
Sono distrutta, vorrei solo dormire. Non credo di poter resistere tutta la serata. Ho un gran mal di testa che si mescola con il senso di vomito. Vorrei tanto vomitare addosso a quell’oca di Allyson. D’un tratto bussano alla porta. Scommetto che è mia madre che è venuta a dirmi che è pronto.
-si può?-. Mi sbagliavo, era Brad.
-si, avanti-. L’ho detto solo perché non mi andava di trattare male Brad, anche se in quel momento non avevo alcuna voglia di parlare.
-la cena è pronta- dice sull’uscio della porta. Sbuffa ed entra chiudendosi la porta alle spalle.
-che hai?- mi chiede sedendosi sul bordo del letto. 
-niente, sono solo un po’ stanca- mento.
-è da quando sei tornata che ti vedo strana, dove sei stata?-.
-non ti riguarda- rispondo acida. Oddio quei biscotti mi hanno fatto anche diventare più stronza. La prossima volta che quella vecchia me li offre gliene infilo uno in gola e la soffoco.
-scusa- dico subito pentita di avergli risposto così.
-è solo che oggi non è proprio giornata- continuo.
-allora mi rispondi?- mi chiede un tantino impaziente. Ora fa il fratello maggiore protettivo? Beh non gli si addice proprio questo personaggio dato che non mi calcola più quando c’è l’oca. Che fratello sarebbe se non mi calcolasse quando c’è la sua ragazza? Aspetta un attimo, ma lui non è mio fratello, quindi io ho tutto il diritto di fare quello che voglio senza dargli spiegazioni.
-perché sei così impaziente? Non devo nessuna spiegazione a te- dico arrabbiata.
-non mi sembra che tu ti preoccupi per me quando c’è Allyson, o sbaglio?- continuo poi.
-ah ho capito, sei gelose- dice lui sorridendo.
-ah finiscila Brad, mi dai fastidio quando fai così, io non sono gelosa di nessuno mi da solo fastidio il fatto che non mi calcoli più quando sei insieme a lei- dico tutto d’un fiato.
-ok, ok ho capito, mi dispiace ma sai com’è fatta, è possessiva ed è molto, molto gelosa- risponde.
-si ma questo non giustifica il tuo comportamento, potresti almeno respingerla un attimo e dirle che sta esagerando-.
-si hai ragione, scusa…però ora mi rispondi, non funziona la tecnica di cambiare discorso con me-. È impossibile fregarlo, uffa!
-mi sono fatta un giro-. Certo, certo! Ti crederà senz’altro.
-oh avanti, perché non vuoi dirmelo? Di me ti puoi fidare-. Ed io infatti mi fido di lui, ciecamente, ma non posso dirglielo perché poi lo riferirebbe ai suoi ed io sarei nei guai per non aver detto di aver incontrato di nuovo il ladro. Non posso.
-oh ma è la verità, avevo bisogno di schiarirmi le idee e così ho fatto una lunga passeggiata, ed ero talmente presa dai miei pensieri che non mi sono accorta dell’orario- dico poco convinta. Ok, pessima recitazione, davvero pessima.
-ok, ho capito è inutile- dice sospirando.
-dai andiamo che è pronto- dice alzandosi ed andandosene. Mi dispiace un sacco per averlo trattato così ma non so che mi prende. Questa giornata sarà una di quelle da aggiungere alla lista “da dimenticare”. Una lista davvero, davvero lunga. Dopo qualche minuto di riflessione finalmente mi alzo dal letto e mi dirigo di sotto. Trovo Gina e mamma che apparecchiano il grande tavolo del salotto con i piatti buoni. Mio fratello parla ad Allyson e lei fa finta di ascoltarlo. Che odiosa, neanche con i bambini ci sa fare. Ma come fa a stare con Brad? Loro due sono completamente diversi. Non riuscirò mai a capirlo. 
-forza, a tavola- dice mia madre una volta finito di apparecchiare. La tavola è piena di cose, il solo guardare tutto questo cibo mi fa sentire male. Ho deciso che stasera mi limiterò con il cibo dato il malore che ho avuto. La cena è andata abbastanza bene, io sono riuscita a mangiare solo il primo e il secondo, non di più. Ad un certo punto della serata Brad comincia a parlare.
-vorremo un minuto di attenzione, io ed Allyson dobbiamo dirvi una cosa-. Tutti si zittiscono, io mi metto un po’ d’acqua nel bicchiere e comincio a bere non importandomene più di tanto.
-io ed Allyson… beh ecco- fa’ Brad.
-abbiamo deciso di sposarci- continua Allyson al posto suo entusiasta. Sto soffocando. Comincio a tossire come una pazza e mia madre che è accanto a me comincia a darmi dei colpetti sulla schiena. Che cosa hanno deciso?? No aspetta … cosa?? non ci credo me lo sono immaginato, non può essere vero. Brad non può sposare quella racchia. Non può, proprio no.
-congratulazioni- dice mia madre appena ha finito di colpirmi la schiena. 
-ma che bella notizia- dice Gina alzandosi ed andando a baciare suo figlio e la sua futura moglie.
-congratulazioni figliolo- dice Mick dando una pacca sulla spalla del figlio. Io non dico niente e continuo a guardare male Brad, Allyson, Mick, Gina… tutti!! Mi alzo dalla tavola e me ne vado in camera mia tutta incazzata. Inoltre mi sento ancora male ed ho un po’ di senso di vomito. Mi chiudo a chiave non volendo fare entrare nessuno e mi siedo sul grande davanzale della finestra. Guardo la notte tranquilla, la luna e le sue figlie stelle. Perché la vita non è bella e semplice come quel cielo blu? Controllo l’orario dall’orologio a forma di coccinella sul comodino. Le 23:58. Due minuti a mezzanotte non ci credo. Dovrei essere lì con la mia famiglia a festeggiare e invece sono qui a commiserarmi da sola. Lasciando da parte il mio orgoglio, decido di scendere giù e di godermi questi ultimi minuti dell’anno. Appena arrivo in salotto vedo tutti pronti a stappare lo spumante. 10. Devo pensare ad un desiderio. 9. Che cosa? cosa?. 8. Che quest’anno sia..?. 7. Uffa devo pensare a qualcosa di più bello. 6. Forza, Rebecca pensa. 5. Hai pochi secondi, pensa cazzo.4.3.2. Desidero che quest’anno sia migliore di quello precedente. 
-Buon anno!!- urlano tutti. Che schifo magari potevo pesare a qualcosa di più bello. Sono stata tutte le vacanze natalizie a pensare a cosa avrei potuto desiderare per l’anno nuovo e alla fine ho espresso la stessa cosa di tutti gli anni. Comunque lo desidero davvero. Spero davvero che quest’anno sia migliore. Buon 2015. 

Eh si buon 2015 a tutti!! Questo è il primo vero capitolo della storia e spero veramente che vi sia piaciuto. Mi scuso per eventuali errori, ma non ho avuto tempo per ricontrollare il testo. Se qualcuno vuole recensire ne sarei più che felice, non siate timidi!!
Un grazie enorme a chi ha letto la storia ed inserito tra le preferite o le seguite.
Un bacio, ciaoo.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Ritorno a scuola burrascoso parte 1 ***


7 Gennaio 2015. La mia fine. Ti ho voluto bene mondo ma non credo che resisterò. Sento la sveglia suonare ma la ignoro. È tutto un incubo, è ancora il primo giorno di vacanze ed hai ancora un sacco di giorni prima di ritornare a scuola. -si, convinciti- dice la mia coscienza. Sta zitta tu, che non sai niente. La sveglia insiste e così sono costretta ad allungare una mano e a spegnerla. Comincio a tastare tutto il comodino ad occhi chiusi ma della mia sveglia non c'è traccia. Mi sporgo ancora un po' dal letto e poi poof…cado. Comincia bene questa giornata! Mi alzo con i capelli in aria e sbadigliando spengo finalmente quella maledettissima sveglia del cavolo. Mi rimetto sotto le coperte quando sento delle urla provenire dalla cucina. -Rebecca alzati subito che hai scuola- è mia madre. Non ascoltarla sta mentendo. Fa tutto parte di un brutto, bruttissimo scherzo. Mi metto la testa sotto il cuscino e ripeto a mente "la scuola non esiste è solo un incubo". La scuola non esiste è solo un incubo. Sento dei passi salire le scale. Si apre la porta di camera mia ma io non vedo niente perché sono ancora con la testa sprofondata sotto al cuscino. Sento alzare le serrande ma poco mi importa tanto oggi non c'è scuola. Poi sento un tonfo e all'improvviso non sento più quella sensazione soffice delle coperte sulla pelle. Sento il contatto con una superficie fredda e dura. Finalmente per virtù dello Spirito Santo apro gli occhi e mi ritrovo rannicchiata a terra come una cretina. Vedo mia madre avvicinarsi e farmi alzare in malo modo. -cosa non ti è chiaro del fatto che ti devi alzare?- lo dice in un modo così spaventoso che automaticamente mi metto sull'attenti. -vatti a lavare, subito!!!- urla un secondo dopo. -signor si sissignore- dico prima di correre in bagno e chiudermi a chiave. Mi guardo allo specchio un minuto. Faccio schifo in questo momento. Come farò a rendermi decente in poco tempo? Con uno scatto fulmineo prendo la spazzola e comincio a spazzolare quelli che dovrebbero essere capelli, senza badare al fatto che ad ogni nodo salto in aria ed urlo. Appena ho finito mi lego i capelli e mi sciaquo la faccia. Una volta finito mi sento più sveglia. Prendo il mio spazzolino e ci verso un po' di dentifricio sopra. Destra sinistra, su e giù. Sembro un manuale su come lavarsi i denti. Sputo il dentifricio che mi è rimasto in bocca e la sciaquo più volte. Una volta finito esco dal bagno lasciando lo spazio libero a mio fratello che probabilmente se non avessi aperto la porta subito l'avrebbe fatta in corridoio. Vado in camera mia ed apro il mio immenso armadio. Appena vedo quello che c'è dentro vado in confusione. Davanti a me ho un ammasso di vestiti grande quanto il gran canyon. Avrete sicuramente già capito che non sono una persona tanto ordinata. Anzi, per niente ordinata. Io e l'ordine siamo uno l'opposto dell'altro. E adesso che faccio? Come faccio a trovare qualcosa di decente in questo disordine? -forse dovresti cominciare a riordinare di più le tue cose- dice la mia coscienza. Stai zitta, ti odio!! -e va bene ok non parlo più-. Ooooo finalmente!!! Dato che non vedo niente di indossabile nel mio armadio vado a vedere in quello di mia madre, che ormai è praticamente mio. Ogni volta che non trovo qualcosa nel mio vado a cercare nel suo, ovviamente senza dirgli niente. Il bello è che a volte neanche se ne accorge che indosso le sue magliette. Vado in camera di mia madre ed apro le ante dell'armadio color panna. Dopo aver preso una camicetta fucsia e un jeans scuro scendo giù per fare colazione. Vedo mio fratello che dorme davanti una tazza di latte e mia madre che tenta di svegliarlo dandogli un colpetto sul braccio. -Jamesss- urlo io. È l'unico modo per svegliarlo. Mia madre mi guarda male ed io rispondo subito anticipandola. -che c'è? È l'unico modo per svegliarlo- dico prendendomi una tazza dallo scaffale alto. A volte la mia modesta altezza conta. -si peccato che tu abbia svegliato anche tutto il palazzo- all'improvviso s'interrompe e mi guarda storto. Ha visto che ho addosso i suoi vestiti, sicuro. -ma è nuova questa camicia?-. No, in realtà è tua e ce l'hai da quando avevi la mia età. -ehm.. si- dico versando un po' di latte nella tazza. -ah- esclama mia madre. Mia madre la mattina ha la velocità di apprendimento pari a quella di un bradipo. Verso dei cereali nella tazza e comincio a mangiare velocemente dato che ho perso mezz'ora per vestirmi e che quindi ora saranno le 7:30. Per fortuna la mia scuola è a due passi, anche se la maggior parte delle volte proprio per questo motivo me la prendo comoda e arrivo in ritardo. Appena ho finito prendo la cartella, preparata fortunatamente il giorno prima, e me ne vado mettendomi il giubbotto. Dopo circa 2 minuti arrivo davanti il patibolo. È ancora deserto fuori. A quanto pare non sono l'unica che ha avuto problemi con la sveglia stamattina. Mi siedo sul gradino dell'entrata e comincio a giocare a Candy Crash sul telefono. Sono talmente presa dal gioco che non mi accorgo di non essere più sola. -hai ancora la fissa per questo gioco?-. È Jessica, si è lei!! Mi alzo di scatto e per poco non mi cade il telefono. La strangolo in un abbraccio e lei ricambia. Che bello rivederla! Mi mancava così tanto. -così non respiro- si lamenta lei. Finalmente mi stacco e la guardo bene, non è cambiata di una virgola. È la mia Jessie Jess. -ehi Jessie Jess come va?- chiedo staccandomi definitivamente da lei. -bene, a te Rebby Ro?- chiede a sua volta. -tutto apposto- rispondo. -come è stato svegliarsi oggi?- chiedo. -schifoso, snervante, odioso, bruttissimo-. -ok hai reso l'idea- dico ridendo. Tutte e due scoppiamo a ridere come due pazze isteriche. Non si sa per quale motivo ma sapete com'è, con le amiche a volte è così, a volte non servono motivi per piangere o ridere l'importante è farlo insieme. Attorno alla scuola cominciano a formarsi gruppi di studenti assonnati, e tra questi anche parte della nostra classe. -ciao ragazze!- esclama Kaitlyn correndo verso di noi. -come sono andate le vostre vacanze?- chiede John poi. -tutto apposto voi?- chiedo io. -tutto bene- dice Kaitlyn. -anche a me- continua John. All'improvviso scorgiamo tra la folla due ragazze, che non si possono non notare a causa dei loro vestiti luccicanti e soprattutto firmati. -oca 1 e oca 2 ad ore dodici - sussurro all'orecchio di Jessica. Sono Brenda e Kim, e vi ho detto tutto. -ciao ragazzi!- dice Kim avvicinandosi a noi. -ciao- rispondiamo ognuno con un tono diverso, vi lascio intuire quale sia stato il mio. -vedo che non avete fatto acquisti in queste vacanze, siete vestiti esattamente come eravate vestiti l'ultima volta che vi ho visti, sapete la moda va avanti- dice Brenda torturandosi una ciocca di capelli. Che antipatica! "La moda va avanti" ma sentitela. Perché non se ne va lei insieme alla moda? -ed io invece vedo che voi avete fatto un po' troppi acquisti, la vostra paghetta è aumentata?- chiedo acida incrociando le braccia. Brenda si limita a guardarmi male e a girare i tacchi, ma nel vero senso della parola. Porta un tacco dodici. -che stupida!- commento io per poi girarmi verso i miei amici. Purtroppo, e dico purtroppo, la campanella suona e noi siamo costretti ad entrare. Chissà cosa ci aspetta dentro quell'inferno? Vedo professori entrare nelle varie aule e bidelli andare da una parte all'altra dell'atrio. Giro l'angolo e percorro tutto il corridoio fino ad arrivare alla mia classe, la 3 C. Il primo giorno di scuola dopo le vacanze è quello più atroce di tutto l'anno. Arrivi in classe con un pessimo aspetto e te ne torni a casa anche peggio. Entrata in classe butto il mio zaino a terra, accanto al mio banco, e mi siedo non molto agraziatamente sulla sedia. Ok, sono pronta per ricominciare.…no non è vero, in questo momento vorrei solo scappare dalla classe urlando "è tutto un incubo, è tutto un incubo". Jessica si posiziona accanto a me subito dopo. -sei pronta?- mi chiede leggermente agitata. -no!- dico io sbattendo nervosamente il piede a terra. -1, 2, 3..- -buongiorno ragazzi e buon anno nuovo- dice Voldemort. Cominciare l'anno con lui è come un presagio. Quest'anno sarà un inferno, me lo sento. -Buon anno anche a lei prof- rispondono tutti i miei compagni seccati. -su, che quest'anno avrete modo di alzare la vostra media- dice il professore per poi ridere di gusto. -ahaha, questa si che era buona-. Ditemi voi come si fa a non odiare un individuo del genere. -dai prendete il libro di chimica, non penserete mica che vi lasci riposare solo perché è il primo giorno di scuola?-. No, non lo pensavamo infatti, per questo ci siamo fatti un rosario prima di entrare. Noi tutte povere vittime di torture obbediamo e prendiamo subito il libro. Interroga un po' di persone sull'ultima lezione studiata e poi va avanti spiegando quella nuova. Io riesco a capire si e no due parole di tutta la lezione e poi finalmente sento il suono della salvezza: la campanella. Per la prossima ora ci spetta educazione fisica. Perfetto, avrò modo di ridicolizzarmi davanti la mia classe. Il professore entra come al solito con la sua borsa nera e il cronometro e il fischietto appesi al collo. Il nostro professore di educazione fisica è tutto sommato una brava persona, anche se secondo me gode quando ci vede sfiniti dopo mezz'ora di corsa. Tutti in fila come dei soldati ci dirigiamo in palestra. Oh, la palestra, compagna di sventure e situazioni imbarazzanti, per tutti questi giorni di vacanze non sai quanto ho fatto a meno di pensarti. Non mi sei mancata per niente. Per iniziare ci fa fare cinque giri di corsa per tutta la palestra, che per la cronaca è grande come un campo di calcio. Io già sono morta al primo giro e supplico al professore di potermi fermare, ma lui sorride e mi fa segno di continuare. Ho cambiato idea, lui non è affatto una brava persona, è solo un sadico professore come tutti gli altri. Io invece di correre sto praticamente strisciando a terra come un serpente. Mi fermo per riprendere fiato un attimo ma vengo investita da un mio compagno che mi va addosso, provocando la caduta di tutti gli altri. -togliti imbecille- sputo io acida. Guardo in faccia la causa della mia caduta e subito capisco. -scusami- dice Ted alzandosi. Lui senza occhiali non vede niente e ovviamente non può fare ginnastica con quelli addosso. Gli altri miei compagni, eccetto Jessica, riprendono a correre urlando parole poco carine al povero Ted. -non fa niente Ted- dico alzandomi e stirandomi con le mani la tuta stropicciata. -no veramente mi dispiace tanto è che non ti ho vista…-. -ho detto che è tutto apposto davvero- continuo io poggiandogli una mano sulla spalla. Ted è sempre stato un ragazzo gentile e disponibile ad aiutarti quando ne hai bisogno, ed è per questo e per il fatto che è bravo a scuola che lo chiamano nerd. Tutto sommato però Ted è un bel ragazzo, ha dei capelli biondi ricci e degli occhi verde acqua bellissimi. Il problema è che è molto timido e e dice una parola ad ogni morte di papa. Tranne con me e Jessica, stranamente con noi due ci parla. Che sia innamorato di una delle due? -ok - dice lui arrossendo di poco. -puoi continuare a correre se vuoi- fa Jessica che fin ora era stata zitta. -oh si- dice per poi riprendere a correre. -oh mio Dio ma quello è cotto- mi dice Jess non appena Ted fu lontano. -si di te- dico andando di nascosto del professore a bere. -stai scherzando? Ma non lo vedi come ti guarda?- dice seguendomi. - e allora? Può essere che guarda allo stesso modo anche te?- dico chiudendo il tappo della bottiglietta. -ma perché vuoi negare l'evidenza?-. -e tu perché insisti? E comunque, anche se fosse? Lui mi piace solo come amico e noi due siamo troppo diversi-. -gli opposti si attraggono ti dice niente?-. -stai cominciando a parlare come Voldemort-. -basta non mi importa di cosa pensi a me Ted non piace e non mi piacerà mai- continuo poi. Proprio in quel momento Ted passa accanto a noi correndo. Ma perché a me? Perché? La mia è proprio sfiga. Ted si ferma a guardarci. -il film, volevo dire il film Ted, Jessica mi voleva convincere a vederlo ma a me non piace-. La migliore scusa per uscire da una figura di merda del secolo. Evvai posso vincere l'oscar. -ma dai vedi che è bello, non l'hai neanche visto come fai a giudicare un libro dalla copertina?- mi da corda lei. -ho visto il trailer e non mi piace punto e basta-. Sono entrata troppo nel personaggio. Nel frattempo Ted riprende a correre e noi due ci diamo il cinque dal basso. L'ora di ginnastica continua con degli esercizi di braccia e gambe. Alla fine sono veramente distrutta, insomma due settimane di cibo e ozio ti fanno prendere chili, e di conseguenza perdere allenamento. Come se io l'avessi prima delle vacanze. Dopo altre due ore di lezione, la mia noia e la mia stanchezza si fanno sentire. Finalmente arriva il tanto atteso momento della ricreazione. Momento che dura soltanto 20 miseri e inutili minuti. Hai solo il tempo di scendere nel cortile della scuola, zigzagando tra gli scimmioni dell'ultimo anno che non ti lasciano mai passare, poi finalmente quando arrivi aspetti la fila per prenderti il pezzo di rosticceria che i venditori ambulanti vendono e dargli un morso. Dopo la campanella suona, e tu sei costretto a mangiartelo di corsa rischiando di soffocare. Ed a me è andata esattamente così. Quando la campanella suona io sono ancora con la mia merenda a metà tra la mia bocca e l'aria,e sto per dargli un morso quando un troglodita mi passa accanto facendomi quasi cadere la merenda dalle mani. -ehi stai attento idiota!- urlo stizzita io. Non ho neanche il tempo di girarmi che il ragazzo mi si para davanti. -ciao, baby poliziotta!-. No, un momento, fermiamo il nastro e riavvolgiamo. Da chi l'ho sentita questa frase? Oh ma certo! Alzo gli occhi ed ecco che i miei dubbi spariscono del tutto. Rimango a bocca aperta come un ebete e con la mia merenda ancora in mano. Non mi sono accorta nemmeno che tutti gli altri sono già entrati ed io sto qua fuori con un cretino. O forse la cretina sono io? -cos..Cosa ci fai qui?- balbetto io. -sai questa scuola non è di tua proprietà, credo che ci possa venire chiunque voglia o sbaglio?-. No, non sbaglia. Ok, la cretina sono io. -si ma.. io non ti ho mai visto prima d'ora qua-. -si infatti mi sono appena trasferito-. Rimango immobile, come paralizzata. Non ci posso credere, lo sto immaginando sicuro. -ok, io…devo tornare in classe…ehm ciao- dico prima di volatilizzarmi lontano, lasciando tra le mani del ragazzo la mia merenda. Corro per i corridoi più veloce possibile beccandomi, di tanto in tanto, qualche rimprovero dai bidelli. Arrivo col fiatone davanti alla mia classe. Busso titubante aspettando un "avanti" in risposta, ma niente. Dopo qualche minuto apro la porta spaventata dal quel silenzio. Dentro non trovo nessuno, il vuoto totale. Mi reco nella grande sala riunioni e lì trovo tutti i miei compagni, tutti i professori e il preside. In lontananza vedo anche due poliziotti che parlano con Jessica. Cosa cavolo ci fanno adesso due poliziotti nella mia scuola? E perché c'è tutto questo trambusto? Non ci capisco niente. Appena entro vedo tutti gli occhi puntati su di me e i poliziotti che si avvicinano velocemente verso di me. Ok, lo ammetto, me la sto facendo sotto. -lei è la signorina Rebecca Greenford?- mi chiede uno di loro. Dopo un po' annuisco molto lentamente. -bene, la dichiaro in arresto-…. Angolo di...qualcosa?!? Ciao a tutti, miei cari lettori. Lo so che non ve l'aspettavate il finale, e so anche che mi vorreste uccidere per averlo fatto finire cosí. Poi mi vorrei scusare tanto anche per il ritardo. Magari questo capitolo non è proprio un granchè, ma abbiate pietà con tutti gli impegni che ho con la scuola sono riuscita a scrivere solo questo. Spero comunque che vi piaccia. Ringrazio tantissimo chi ha recensito la storia, siete le mie soddisfazioni, ma ovviamente anche chi ha aggiunto tra le seguite/preferite/ricordate. Un bacione grande a tutti.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Ritorno a scuola burrascoso parte 2 ***


Sono seduta in una sedia davanti ad un tavolo, pensando a come abbia fatto a trovarmi in una situazione assurda come questa. Due poliziotti davanti a me discutono a bassa voce, ma riesco comunque a sentirli dato che sono a due passi da me.
-dobbiamo cercare di farla parlare- dice uno.
-è quello che abbiamo fatto finora, ma lei non si decide a spiaccicare parola- dice l’altro. Si girano lentamente verso di me, mi guardano un attimo e poi riprendono a parlare. Mi hanno fatto un po’ di domande poco fa’ riguardo a dei soldi rubati trovati nel mio armadietto a scuola  ma ho risposto solamente che volevo vedere mia madre. Così loro l’hanno chiamata e fra un po’ dovrebbe arrivare. Sono pronta a sorbirmi tutte le sue lamentele.
-hai chiamato la madre?- chiede il poliziotto che a parer mio è il più stupido.
-ti ho già detto di sì, attiva quel cavolo di cervello per una buona volta- gli risponde l’altro.
-scusate dovrei andare al bagno- dico alzandomi, interrompendo quell’assurda conversazione.
-ehm si, per favore Trevor potresti accompagnare la signorina al bagno?- si rivolge il poliziotto al collega.
-subito!- esclama l’altro accompagnandomi all’esterno di quella stanza che ormai stava diventando opprimente. Appena usciti ci dirigiamo ad un lungo corridoio stracolmo di poliziotti che si prendono il caffè e discutono degli ultimi casi. Ecco, io un giorno vorrei essere proprio come quei poliziotti, vorrei poter parlare di casi e riuscire magari a risolverli. Ma forse il lavoro del poliziotto non è così bello come credo, forse la mia mente è piena di scemenze prese da film, molto probabile. Arriviamo davanti a due porte una con un omino maschio sopra e l’altra con un omino femmina. Mi fa’cenno di entrare così apro la porta.
-io ti aspetto fuori, non provare a scappare- mi dice cercando di avere un tono autoritario, ma fallendo miseramente. Qualcosa mi dice che anche se scappassi non se ne accorgerebbe. Comunque, scappare da una caserma non è tra i miei programmi. Appena entro non trovo nessuno così mi sciacquo la faccia e mi guardo allo specchio. La mia espressione è alquanto sconvolta ma penso sia del tutto normale data la situazione. Provo a darmi una sistemata ai capelli arrangiandomi come posso. Avrei voluto chiamare mia madre con il cellulare ma purtroppo quei poliziotti me l’hanno sequestrato non appena sono entrata. Decido di uscire per non allarmare Trevor-mister-poliziotto.
-eccoti finalmente, mi hanno detto che tua madre è appena arrivata, ti aspetta in segreteria, percorri tutto il corridoio e gira a destra, più avanti c’è una porta, là si trova tua madre insieme al mio collega Jim- mi spiega. Quale stupido poliziotto lascia andare un sospettato in giro per i corridoi da solo? Ah, si, questo stupido poliziotto!
-ok, grazie Trev- dico mettendomi poi a correre seguendo tutte le sue indicazioni.  Trev? Ma da quando prendo così confidenza con i poliziotti? Oggi mi sento un po’ strana, sarà stato tutto quello che è successo che mi ha scombussolata. Arrivo davanti la porta e rallento spaventata da quello che potrei trovarci all’interno. Magari mia madre non è affatto arrabbiata ma solo preoccupata e appena varco quella porta corre ad abbracciarmi piangendo. No, questo potrebbe benissimo accadere in un film drammatico. Oppure magari è arrabbiatissima e quando entro mi prende per le orecchie e comincia a dirmene di tutti i colori. Si, questa mi sembra plausibile. Mentre penso a queste cose la porta davanti a me si apre rivelando mia madre con in braccio mio fratello che parla con il poliziotto.
-e quindi abbiamo pensato che fosse stata lei..- Jim s’interrompe vedendomi. Io continuo a guardare mia madre ma lei pare non interessarsi a me e continua a guardare il poliziotto annuendo. Mi verrebbe da urlare “ehi, sono qui!” ma mi trattengo. Ad un certo punto quando vede che il poliziotto non continua si gira e mi guarda.
-continui pure- dice mia madre al poliziotto come se non mi avesse per niente notata.
-forse è meglio che vi lasci parlare un minuto da sole, poi dovrebbe venire nel mio ufficio per firmare delle cose- dice Jim lasciandoci poi da sole. Mia madre annuisce e mette giù mio fratello che mi viene incontro abbracciandomi. Io gli sorrido e ricambio l’abbraccio calandomi per raggiungere la sua altezza.
-che hai combinato sorellona?- mi chiede staccandosi dall’abbraccio.
-niente fratellino- gli dico scompigliandogli i capelli.
-senti vuoi che ti compri uno snack al distributore automatico?- gli chiedo poi. Lui annuisce e comincia a saltellare per il corridoio. Lo prendo per mano e lo conduco verso il distributore.
-ecco- gli dico porgendogli lo snack. Mi prende lo snack e comincia a smanettare con la carta cercando di aprirlo. Mi giro verso mia madre che ci aveva seguiti fin lì e la vedo che legge un cartello insignificante appeso al muro. Bene, io sono meno importante di un cartello.
-sei arrabbiata?- gli chiedo dopo un po’ facendomi coraggio. Mi mordo il labbro, forse non avrei dovuto dirlo ma quel silenzio era insopportabile. Lei si gira di scatto sorpresa e mi guarda.
-perché mai dovrei essere arrabbiata se mia figlia ruba qualcosa?- dice ironicamente.
-io non ho rubato niente, lo sai vero?-.
-e chi me lo dice?-.
-io! Io te lo dico!- comincio ad alzare la voce facendo girare tutti i poliziotti che giravano di là.
-non alzare la voce con me, ti ricordo che sono tua madre- dice con un tono troppo calmo.
-beh, grazie per avermelo ricordato dato che a volte pare che io non ce l’abbia nemmeno una madre-continuo dopo –a volte sembra che io non esistessi, ti fai sempre i cavoli tuoi e poi mi vieni a dire che sei mia madre?-. Ormai ho perso il lume della ragione.
-mamma, me lo apri?- ci interrompe James con lo snack. Mia madre fa’ come gli ha detto. Io non so davvero certe volte come fa a rimanere così calma. All’improvviso arriva Jim e ci chiede di seguirlo nel suo ufficio. Io e mia madre non diciamo una parola e lo seguiamo. Arrivati lì ci sediamo nelle sedie davanti alla grande scrivania piena di cianfrusaglie da poliziotti. Mi guardo intorno e vedo una miriade di cassetti con documenti messi sicuramente in ordine alfabetico dato che ogni cassetto ha una lettera incisa sopra. È tutto molto affascinante mi sento tanto in un film. Peccato che non mi stia godendo tanto questa cosa a causa della conversazione appena avuta con mia madre.
-allora signora, lei mi ha detto che non sa niente riguardo al fatto che sua figlia molto probabilmente ha rubato i soldi della sua scuola?- comincia Jim guardando prima mia madre e poi me.
-no assolutamente niente- risponde tranquilla.
-e tu Rebecca? Perché non hai voluto rispondere a nessuna delle nostre domande?- mi chiede poi.
-perché non ho la risposta- rispondo imitando la tranquillità e l’indifferenza di mia madre.
-si ma lo sai che così facendo non possiamo sapere chi è stato?-.
-senta non lo so nemmeno io chi è stato, so solo che io non ho fatto niente e mi deve credere se le dico che è così- rispondo cercando di mantenere la calma ma non riuscendoci.
-calmati- mi dice mia madre toccandomi una mano che io scosto prontamente.
-senti Rebecca aldilà di cosa tu non abbia fatto, devo sapere se per caso c’è qualche fatto che ultimamente ti ha particolarmente colpita nella tua scuola, non lo so magari qualcuno che può averti voluto incastrare- riprende a parlare Jim.
-come faccio a saperlo? La scuola è ricominciata solo oggi-. Aspetta, aspetta, aspetta! Oggi è successo qualcosa di strano. Mi alzo di scatto dalla sedia lasciando mia madre e Jim sorpresi.
-si, ora ci sono! Ryan! È Ryan!- esclamo tutta felice come se la mia risposta mi portasse a vincere un ambito premio di chissà quale quiz televisivo. Il poliziotto e mia madre continuano a guardarmi come se fossi una malata da compatire.
-Ryan!-ripeto –il ladro che ho acciuffato al negozio di Gina e Micheal- dico per farmi capire meglio da mia madre.
-ah si mi ricordo-. Per un momento pare che i disaccordi tra me e mia madre siano spariti.
-scusate ma di che state parlando?- chiede Jim. Giusto! Lui non sa niente.
-del ladro che ho fermato ben due volte dopo aver rubato- dico orgogliosa.
-e come fai a sapere che si tratta di lui?- mi chiede. Mi aspettavo delle congratulazioni e un posto come poliziotta in cambio, ma va bene lo stesso.
-perché l’ho rivisto questa mattina, era nella mia scuola a ricreazione e diceva di essersi trasferito là-.
-si chiama Ryan giusto?- chiede. Io annuisco e mi risiedo.
-i miei amici Gina e Micheal l’hanno denunciato qualche giorno fa’- dico dopo un po’. Jim comincia a cercare dei documenti nei cassetti. Dopo un po’ ritorna alla scrivania con un plico in mano.
-ecco, qua ho la denuncia dei vostri amici, adesso sappiamo dove dobbiamo cercare, grazie per il vostro aiuto e scusate per il malinteso-.
-non si preoccupi- dice mia madre prima di alzarsi.
-però prima di andarsene signora deve firmare delle carte- ci ferma Jim. Mia madre annuisce e prende la penna che Jim le stava porgendo.
-quindi..come hai fatto ad acciuffare questo ladro Rebecca?- mi chiede sorridendomi Jim. Aspettavo quella domanda.
-oh beh, niente di che l’ho solo fermato ma non sono stata abbastanza brava dato che tutte le due volte me lo sono lasciato scappare prima di aver chiamato la polizia- rispondo. Jim mi sorride di nuovo e poi stringe la mano a mia madre e in seguito a me.
-per qualsiasi cosa chiamate- dice prima di lasciarci andare. Stiamo per uscire dall’edificio quando mi fermo all’improvviso.
-O mio Dio, James!!- urlo a mia madre che era quasi arrivata al parcheggio. Corro di nuovo dentro e vado verso la segreteria.
-mi scusi per caso ha visto un bambino di sei anni qui?- chiedo alla segretaria. Lei annuisce e sorride indicandomi una porta accanto. Io la ringrazio e ci vado dentro. La scena che mi ritrovo davanti e a dir poco scioccante. Vedo mio fratello circondato da poliziotti in pausa pranzo che ridono ad ogni sua mossa. Cosa caspita sta facendo mio fratello?
-ehm..scusate il disturbo ma mio fratello deve andare- dico trascinando per un braccio mio fratello fuori da quella folla.
-è tuo fratello? Allora sei tu la famosa Rebecca! James ti stava imitando- dice una poliziotta.
-eheh..si è molto simpatico mio fratello- dico lanciandogli un’occhiataccia a mio fratello che stava ridendo come un matto.
-ok, noi togliamo il disturbo-.
Nel tragitto in macchina per tornare a casa ripenso a tutto quello che è successo oggi, e ci impiego un ora buona perché sono successe veramente tante cose. Sono stanchissima, l’unica cosa che vorrei fare in questo momento è buttarmi nel letto ed infatti è la prima cosa che faccio quando finalmente arrivo a casa. Casa dolce casa. L’unica cosa che non mi riesco a spiegare è il perché delle azioni di Ryan, sempre che sia stato lui ad incastrarmi. Ma finora è l’unico sospettato. Ok, devo finirla di parlare come se fossi in una serie crime. Basta sognare! Comunque è strano che sia stato lui dato che l’ultima volta che ci siamo visti sembrava quasi che le cose tra di noi si fossero sistemate. Ma forse mi sbagliavo. Stamattina quando l’ho visto a scuola sembrava un po’ strano, sono stata una stupida a non accorgermene prima. Ad un certo punto mi squilla il cellulare. “Jessie Jess”. Sapevo che mi avrebbe chiamata, e se non lo avesse fatto lo avrei fatto io.
-ehi bella!- dico cercando di usare un tono allegro ma tutto quello che mi esce dalla bocca è qualcosa simile ad un mugolio di uno che si appena svegliato.
-ehi Ro, tutto bene?- mi chiede abbastanza preoccupata.
-si, è solo che mi stavo quasi per addormentare-.
-ah ok, allora com’è andata alla polizia? Che ti hanno detto?-.
-semplicemente che hanno trovato dei soldi rubati nel mio armadietto e che quindi sospettavano di me ma io ovviamente non c’entravo niente-.
-e chi è stato allora?-.
-Ryan, il ladro che ho fermato durante le vacanze, quello di cui ti ho parlato-.
-oh, ho capito-.
-a scuola invece com’è andata?-.
-se intendi dire se hanno sparlato di te allora male, non hanno fatto altro per tutta la giornata-.
-non sei d’aiuto-.
-scusa, ma è la verità, soprattutto quelle due oche come le chiami tu-.
-che dicevano?-.
-“non è per niente alla moda rubare dei soldi alla scuola”- dice imitando la voce stridula di Kim.
-e poi “quella là è talmente povera che ha bisogno di rubare”- dice poi imitando Brenda. Mi metto a ridere non pensando alle parole ma solo all’imitazione appena fatta dalla mia amica. Io lo so che lei lo sta facendo per me, per farmi sorridere e gliene sono grata, ma mi sento comunque uno schifo. Sento sospirare dall’altra parte del telefono.
-vuoi che venga a farti compagnia? Magari ci guardiamo un bel film e poi sparliamo di quelle due davanti a una vaschetta di gelato- mi propone.
-no, oggi non ne ho voglia mi dispiace-.
-magari posso semplicemente farti compagnia-.
-non c’è bisogno veramente…sto bene-.
-sicura?-.
-si,sicura-.
-ok, allora ti saluto ma per qualsiasi cosa chiama, va bene?-. Non posso fare a meno di sorridere.
-va bene, ciao Jessie Jess-.
-ciao, Rebby Ro-. Detto questo chiudo la telefonata e riprendo a sonnecchiare ad occhi aperti guardando il soffitto.
Il giorno dopo mi sveglio abbastanza tardi. Ho ancora i vestiti addosso. Ieri sera dopo aver cenato non ho avuto neanche le forze per infilarmi il pigiama e mi sono addormentata così. Mi alzo controvoglia e corro in bagno. Mi preparo molto velocemente non badando molto a cosa mettermi e alla fine mi metto una tuta ed una felpa larga. Mangio due biscotti al volo, saluto mia madre e corro verso la scuola. Arrivata all’entrata vedo che non c’è nessuno, in effetti sono le 8:30 saranno già tutti dentro. Nei corridoi vedo solo qualcuno che come me si affretta ad entrare. Appena arrivata davanti alla mia classe busso e poi entro.
-buongiorno, scusi per il ritardo professoressa-. A prima ora abbiamo arte quindi appena sono entrata ho trovato la professoressa Mccurdy intenta a disegnare qualcosa simile a un picasso alla lavagna.
-Rebecca, alla buon’ora- mi dice avvicinandosi alla cattedra per scrivere il mio ritardo. Vedo tutti i miei compagni bisbigliare all’orecchio qualcosa di poco carino nei miei confronti. Cosa ho fatto per meritarmi questo? Mi limito a sorridere timida e a sedermi nel mio banco accanto a Jessica.
-ciao- gli dico a bassa voce dandogli un bacio sulla guancia.
-ciao- ricambia lei sorridendomi. Devo farmi coraggio, tutto passerà. Comincio a prendere i miei libri dallo zaino quando il suono di due voci stridule e familiari mi fa girare.
-sei troppo povera che non puoi neanche permetterti dei vestiti decenti per venire a scuola?- comincia Kim. Io sbuffo e non mi prendo neanche la briga di rispondergli, ma è una cosa impossibile ignorarle dato che sono nel banco di fronte al mio.
-quei vestiti l’hai presi nella spazzatura prima di venire- continua Brenda.
-smettetela, siete delle odiose vipere che sanno solo parlare, se voi non avesse quei vestiti firmati e quelle scarpe di marca non avreste neanche un briciolo dell’autostima che ha Rebecca indossando una semplice tuta ed è proprio questo che la rende migliore di voi- mi difende Jessica. Le sue parole le lasciano basite e senza parole. Se solo quello che avesse detto fosse vero, se solo avessi tutta questa autostima. Di certo dopo quello che mi hanno detto me l’hanno abbassata di molto. Invece quello che ha detto Jessica in qualche modo mi ha risollevato il morale. Gli sorrido e lei ricambia. Le due oche si girano e noi ci diamo il cinque. Non so cosa farei senza di lei. Le ore passano velocemente e finalmente arriva la ricreazione.
-ehi Rebecca, come..come stai?- mi chiede Ted grattandosi la nuca prima che io possa uscire dalla classe.
-tutto bene- dico sorridendogli. Lui arrossisce di poco e io non posso che sorridere ancora di più. La dolcezza di questo ragazzo è insuperabile. Sento qualcosa pungermi il fianco, mi giro e vedo Jessica che sta ammiccando verso di noi. Ted abbassa lo sguardo imbarazzato e noi due ci prendiamo per braccetto e usciamo dalla classe prima che la ricreazione finisca.
-ragazza, è cotto- dice Jessica una volta fuori.
-si, di te ragazza- dico ridendo.
-continui a negare l’evidenza-. Una volta fuori vedo tutti che smettono di fare quello che stanno facendo per girarsi verso di me. Continuano a guardarmi tutti senza dire una parola per un minuto buono. Poi all’improvviso mi sento trascinare via per un braccio da Jessica. Ci mettiamo in un angolino del cortile e ci sediamo sul muretto. Abbasso lo sguardo e poi lo rialzo dopo un po’ per vedere se hanno smesso di fissarmi. Niente da fare, sembra che oggi io sia l’unica cosa interessante della giornata. Fantastico! Ted dopo aver osservato bene la situazione improvvisa una delle sue cadute al centro nel cortile. Si vedeva lontano un miglio che l’aveva fatto apposta. Tutti gli studenti si mettono a ridere e cominciano a prenderlo in giro con battute poco carine. Dopo essersi alzato si gira verso di me e mi sorride. Ricambio il sorriso e gli mimo un “grazie” con le labbra. La ricreazione sta quasi per finire, per ora le cose stanno andando bene e nessuno si è fatto vivo con qualche battuta poco carina nei miei confronti. Sto buttando la carta del mio panino nel cestino quando scorgo una figura familiare fuori la scuola. È dietro la ringhiera e mi guarda. Non è possibile. No devo per forza avere le allucinazioni. Ma se sto bene quello che vedo è proprio lui, è Ryan. Rimango immobile ancora a fissarlo.
-ehi, tutto bene?- Jessica mi risveglia dal mio stato di trance. Mi giro di scatto spaventata. Devo avere una brutta cera.
-ehm..si, stavo solo…ero..-.
-Rebby che hai?- mi chiede preoccupata. Mi giro di nuovo verso il punto in cui l’avevo visto ma non c’è più. Sto seriamente prendendo in considerazione di essere pazza.
-no, niente mi sembrava di aver visto qualcuno di familiare…ma mi ero sbagliata, sto bene- dico facendo un mezzo sorriso. Lei annuisce non ricambiando il sorriso e tutti e due poi torniamo in classe al suo della campanella. Per le seguenti ore mi dimostro distratta e più volte vengo richiamata dai professori per questo. Poi, finalmente, all’orario la campanella suona e mi dirigo verso casa dopo aver salutato Jessica e Ted. Sto per arrivare a casa quando sento dei passi dietro di me. Mi giro ma non vedo nessuno. Mi trovo in un vicolo, è la solita scorciatoia che prendo sempre e da qui non è mai passato nessuno a parte qualche gatto randagio in cerca di cibo. Ricomincio a camminare auto convincendomi che è solo un gatto quando sento di nuovo dei passi. Mi giro di scatto ma si ripete la scena di poco prima, non c’è assolutamente niente. Sono pazza non c’è altra spiegazione. Non ho neanche il tempo di rigirarmi che sento una mano premere sulla mia bocca. Provo ad urlare ma la presa è talmente forte che a malapena riesco a respirare. Eppure quelle mani hanno qualcosa di così familiare.
-sta zitta,sono io-. Quelle parole rimbombano nella mia testa. Quella voce. Quelle mani. Ryan. La presa comincia ad allentarsi. Rimango ferma senza neanche girarmi, ormai so chi è la persona dietro di me. Comincio a sentire tutta la rabbia salirmi. Tutto quello che mi è successo, tutto quello che ho dovuto sopportare in questa giornata, è tutta colpa sua. Mi giro di scatto e gli mollo uno schiaffo in piena faccia lasciandolo sotto shock. Ne approfitto di questo suo momento e comincio a tirargli pugni e calci sfogandomi fino a quando lui non mi ferma.
-ehi, ma che c’è?-.
-c’è che io non voglio più vederti e che più mi stai lontano meglio è- dico nervosa.
-e io che volevo sapere come stavi-.
-come sto? Come sto?? Sto uno schifo ed è solo colpa tua!- urlo ricominciando a dargli pugni, ma lui questa volta si arrabbia e mi prende il polso con forza.
-non urlare hai capito? Voglio sapere che ti ha detto la polizia, mi sta cercando?- mi chiede come se fosse la cosa più normale del mondo.
-si, e ti troverà dato che sanno dove cercarti-.
-gliel’hai detto?-.
-no ma posso anche farlo se voglio-.
-sei solo una stupida ragazzina presuntuosa, non sai niente, tu giudichi le persone perché non sai cosa passano-. Le sue parole mi colpirono anche se non ne capivo a fondo il senso.
-ah si? e allora dimmi perché hai rubato dei soldi dalla mia scuola e poi hai fatto in modo che la polizia incolpasse me-.
-perché dovevo, e non potevo fare in modo che mi arrestassero-.
-si, e allora facevi arrestare me? Un innocente?-.
-ma come vedi non sei stata arrestata quindi non ha più senso arrabbiarsi-.
-non sarò stata arrestata ma a scuola tutti adesso mi trattano come una ladra e in più ho litigato con mia madre per questo motivo per colpa tua…-.
-mi dispiace…-. Mi bloccai subito al suono di quelle parole. Non so perché ma suonavano particolarmente sincere uscite dalla bocca di un delinquente. Ok, devo assolutamente finire di definirlo così, forse ha ragione lui, forse non dovrei giudicarlo.
-dispiace anche me- dico dopo qualche minuto abbassando lo sguardo.
-per cosa?- mi chiede confuso.
-per averti giudicato male-finisco la frase. Lui mi sorride e io ricambio. Ad un certo punto vedo che comincia ad agitarsi e così deduco a cosa sta pensando.
-non ti preoccupare, farò in modo che non ti arrestino-. Lui si gira sorpreso e mi guarda.
-perché dovresti farlo?-.
-perché tu non meriti di andare in galera, non importa cosa tu abbia fatto in passato so solo che non sei una cattiva persona e se hai fatto quello che hai fatto avrai avuto dei motivi-. Lui mi guarda ancora più sorpreso.
-e te lo dice una che da grande vuole fare la poliziotta- gli dico sorridendo. Lui si mette a ridere e anch’io con lui. È la prima volta che lo vedo ridere e devo dire che preferisco questo lato di lui a quello antipatico e scontroso.

Ehilà gente!!! *glitiranoipomodori* no niente ehilà, ok. Va bene ho fatto un piccolo e innoquo ritardo, ok piccolo non è ma abbiate pazienza, il mio computer mi ha abbandonato e solo adesso ha deciso di ripartire. Questo capitolo fa' letteralmente schifo! Ma non avevo idea di cosa scrivere e non mi ricordavo neanche il capitolo precedente quindi ho dovuto rileggerlo. Ma adesso sono qui! ed è questo l'importante no? no,ok! Se volete dirmi qualcosa anche stupida ditemela in una recensione accetto tutto, si anche i pomodori! va bene ora vi saluto popolo di efp.
notte.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2968695