Perché sul campanello di casa mia c'è scritto Malfoy e basta?!

di RoseScorpius
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** E' una persecuzione! ***
Capitolo 3: *** Aerei Babbani e pulci nelle orecchie ***
Capitolo 4: *** Giuro solennemente di... ***
Capitolo 5: *** Extra 1 - Tanto va Cupido al lardo... ***
Capitolo 6: *** Amici e nemici ***
Capitolo 7: *** Il principe azzurro è gay ***
Capitolo 8: *** Tranello di Hohmann ***
Capitolo 9: *** Di male in peggio - parte 1 ***
Capitolo 10: *** Di male in peggio - parte 2 ***
Capitolo 11: *** Problemi di ordinaria amministrazione ***
Capitolo 12: *** Di Quidditch, Quabbish e partite perse in partenza ***
Capitolo 13: *** Extra 2 - In amicizia ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


SEQUEL di: Perché sul campanello di casa mia c'è scritto Weasley-Malfoy?



Titolo: Perché sul campanello di casa mia c'è scritto Malfoy e basta?!
Autore: RoseScorpius
Fandom: Harry Potter

Genere: Commedia, Romantico (con leggere inclinazioni verso il demenziale o verso il depresso, a seconda dell'umore durante la stesura dei vari capitoli), Mistero, Avventura

Rating: Arancione (alzabile)

Avvertimenti: Slash, Het, Triangolo, Incest, Misto Mare, Probabilmente Lemon, Sicuramente nuoce alla salute
Personaggi: Rose Weasley, Scorpius Malfoy, Albus Potter, Dominique Weasley, James Potter, Tessa MacMillan, Basta Siete Troppo Curiosi e tutta la baracca
Coppie: Ma ve le devo dire proprio tutte? Rose/Scorpius, Draco/Hermione, James/Dominique, Albus/... no, questa non ve la dico.

Note: Sì, è il sequel. E sì, vi odio per avermi obbligata moralmente a scriverlo. Ci sono altre domande? Cincischiamenti a parte, le premesse da fare sono poche, ma importanti. 

  1. Prima di tutto vi spammerò indegnamente questa cosa qua, che è la necessaria premessa a questo sequel. Se non la volete leggere credo che né io né voi cadremo stecchiti al suolo, basta che nel prossimo capitolo non mi chiediate da quando Tizio Caio esiste, perché in tal caso vi rispammerei la cosa di cui sopra e saremmo punto e accapo.
  2. In secondo luogo, a tutti quelli che si aspettano un seguito uguale in tutto e per tutto alla storia precedente, vorrei ricordare che in tal caso forse dovreste andare a rileggervi la storia originale e lasciare perdere questa qua, prima che io vi distrugga l'infanzia. Insomma, no, non è uguale a “Perché sul campanello di casa mia c'è scritto Weasley-Malfoy?!”. È una storia che affronta tematiche un po' più serie e ci sono anche elementi di azione. Anche dal punto di vista della tecnica narrativa, andando avanti, noterete delle sostanziali differenze. Poi, chiaro, non che io sia capace di essere seria... ad ogni modo, credo che rating e avvertimenti parlino abbastanza chiaro. Per il resto, sono sempre io. E non sono ancora diventata schizofrenica.
  3. Dal punto di vista bassamente tecnico e pratico, gli aggiornamenti saranno di venerdì, a settimane alterne. Quindi il prossimo capitolo sarà online il 15 marzo. Ho già un paio di capitoli scritti e betati (dalla solita zuzallove, sempre sia lodata, amen) in cantiere e ce la metterò tutta per essere regolare negli aggiornamenti, visto che devo cominciare da zero una nuova storia. Può darsi che da maggio a luglio gli aggiornamenti arriveranno ogni tre settimane, invece che due, per cause di forza maggiore (leggete: matura e test d'ingresso di medicina), ma se a fine luglio sarò ancora viva spero di riuscire a portare a termine questa storia senza combinare i disastri che sono successi con la precedente. Non mi sto prendendo molto sul serio mentre lo scrivo, eh. Però sono piena di buoni propositi.

Spero di non deludere nessuno con questo sequel e spero che continuerete a seguirmi ed incoraggiarmi come avete sempre fatto.

 

RoseScorpius

 

Perché sul campanello di casa mia c'è scritto Malfoy e basta?!
 

A Chiara,

e credo che non ci sia bisogno

di spiegare perché.

 

 

Prologo

 

Draco Malfoy, nonostante avesse quarant'anni suonati e fosse indubitabilmente un Purosangue ossigenato, non era poi così male. Insomma, per essere un noiosissimo adulto che aveva sposato mia madre, avrebbe potuto andargli peggio. 

Almeno, questo era quello che pensavo da quando era entrato a far parte ufficialmente della mia incasinatissima famiglia. Pensavo, in effetti, che Draco Malfoy fosse l'ultima persona sulla faccia della terra a cui sarebbe venuto in mente di farmi quel discorso. Così come, d'altronde, pensavo che tra me e Scorpius non ci sarebbero più stati malintesi e che a Hogwarts non sarebbe mai successo nulla di più pericoloso di una lezione del professor Rüf.

Me illusa.

È scientificamente provato che a Hogwarts deve per forza succedere qualcosa di oscuro e misterioso, almeno una volta ogni cinque anni. Quanto al discorso... sì, beh, quello magari si sarebbe potuto evitare...

 

***

 

Le vacanze di Natale quell'anno passarono più in fretta del solito. Forse perché, per la prima volta dopo parecchi anni, avevo una famiglia vera con cui festeggiare. Sì, beh, e un fidanzato con cui continuare i festeggiamenti chiusi nello sgabuzzino delle scope. Supponevo che anche quello avesse fatto la sua parte...

Ovviamente nessuno degli adulti sapeva quanto poco di platonico ci fosse nella relazione tra me e Scorpius, o avrei avuto ben pochi motivi per trovarmi stampato in faccia il sorriso ebete che mi ero portata in giro per tutte le vacanze. Più verosimilmente sarebbe stato Scorpius ad avere qualcosa stampato sulla faccia, ed ero pronta a scommettere che si sarebbe trattato del segno di un poderoso schiaffo di Ronald Weasley. Mio padre non si era ancora del tutto ripreso dal trauma di vedere la propria ex moglie sposata con Draco Malfoy; se avesse saputo di me e Scorpius ero pronta a scommettere sarebbe morto d'infarto. Non prima di averci uccisi, era chiaro.

L'unico adulto a conoscenza della nostra relazione illecita era Draco, che generalmente ci copriva  le spalle di buon grado, al modico prezzo (perché ovviamente c'era un prezzo) della nostra perpetua schiavitù e della facoltà di sfotterci a piacimento. Il che era quasi generoso, per i suoi standard, se si pensava a quanto gli sarebbe piaciuto causare un infarto a Ron Weasley.

Sì, beh...

Per dirla tutta, non ero ancora del tutto convinta che la sua reale intenzione non fosse quella di aspettare il momento più propizio per sbattere la notizia in faccia al suo vecchio rivale, ma confidavo che si sentisse abbastanza in debito con me da trattenersi. Dopotutto era stato solo grazie a me se lui e mia madre si erano riappacificati, l'estate scorsa. Certo, avevo anche avuto una certa responsabilità quando si erano quasi lasciati, ma quello era un dettaglio del tutto insignificante. 

Agguantai un calzino spaiato, sorridendogli con entusiasmo, e lo gettai nel baule, tra il guazzabuglio di vestiti stropicciati e libri perfettamente intonsi che lo popolavano (uno dei tanti vantaggi di stare con Scorpius era che potevo studiare dai suoi appunti. Perché io studiavo. Insomma, ogni tanto). Agguantai una maglietta e una scarpa, continuando a sorridere come se qualcuno mi avesse lanciato un Incantesimo Rallegrante particolarmente forte. O un Incantesimo della Demenza da Piccioncini Innamorati, per come la vedeva Domi.

Oh, chi se ne importa!

Da quando io e Scorpius ci eravamo messi assieme tutta la mia vita sembrava aver cominciato a girare per il verso giusto: a scuola passavo la maggior parte del mio tempo nella Sala Comune di Serpeverde, in compagnia di Scorpius, di mio cugino Al e dei loro compagni di stanza, Marshall e Mortimer. Spesso a noi si univa anche Lily, che si era sempre tenuta sul vago per quanto riguardava lei e Marshall, ma intanto non perdeva occasione per ripassarselo su ogni superficie disponibile. Intanto ero il portiere titolare della squadra di Grifondoro e, dopo aver clamorosamente stracciato Corvonero nella prima partita del campionato, eravamo in testa alla classifica. Incredibilmente, avevo anche deciso di proseguire con il corso MAGO di Trasfigurazione. In questa decisione c'erano, più che lo zampino, proprio tutte e due le gambe di Scorpius, che mi aveva convinta un po' con le suppliche e un po' con i calci nel sedere. Più che altro con i calci nel sedere.

Ma valeva comunque la pena di frequentare gli stessi corsi di Scorpius, anche se questo significava studiare il doppio delle materie che avrei seguito di mia spontanea volontà, per il semplice fatto di averlo costretto a continuare con Cura delle Creature Magiche: vederlo scappare da una mandria di Ippogrifi inferociti, alla prima lezione, era stato un vero spasso. Portarlo in infermeria a farsi rimettere a posto le parti del corpo mancanti un po' meno, ma beh... evidentemente c'era una specie di faida in atto tra i Malfoy e gli Ippogrifi. Dovevano essere in lizza per il titolo di creature più permalose del Mondo Magico, o qualcosa del genere.

« Ehi, Weasley ».

La voce di Scorpius, alle mie spalle, mi richiamò alla realtà. Realtà nella quale stavo continuando imperterrita a sorridere in direzione del manuale di Incantesimi. Mi chiesi se esistesse un modo onorevole per convincerlo che non stavo flirtando con un testo scolastico, ma poi decisi di optare per la strategia del “tu non hai visto niente”. Lanciai il manuale nel baule e mi voltai verso di lui con quella che avrebbe voluto essere nonchalance.

« Malfoy, perché hai invaso il mio regno? Non hai dei bagagli da preparare? » chiesi.

« Io sono una persona previdente, al contrario di qualcuno » replicò, dandomi un buffetto sul naso per mettere in chiaro di chi si stesse parlando. « Ho preparato il mio baule ieri sera ».

Chiaro, come ho potuto dubitarne?

« A proposito » aggiunse Scorpius, gettando un'occhiata vagamente preoccupata dentro il mio baule. « Dove hai messo il pullover blu che ti avevo prestato? »

Arrossii violentemente e mi affrettai a trovare qualcos'altro da ficcare nel baule per non guardarlo in faccia.

« Oh, nel baule, da qualche parte... » risposi con tono casuale. « Salterà fuori ».

Mi ero fatta prestare il suo pullover durante una lezione di pozioni nei sotterranei, qualche settimana prima, perché stavo letteralmente congelando... oh, d'accordo, in realtà la mia pozione fumava così tanto che sembrava di essere ai Tropici. È che adoravo mettermi addosso i suoi vestiti.

L'ultima volta che avevo visto il pullover, dopo averlo usato come pigiama/orsetto Teddy per una settimana, aveva un discreto aroma di stalla e giaceva spiegazzato e mezzo rivoltato ai piedi del mio letto. Era meglio per tutti che Scorpius non lo vedesse in quello stato. Molto meglio. 

Con la coda dell'occhio colsi l'espressione scettica di Scorpius.

« In che condizioni l'hai ridotto? » indagò.

Mi voltai verso di lui con un sorriso sornione e mi alzai sulle punte dei piedi per stampargli un piccolo bacio colpevole sulle labbra.

« Credimi, non vuoi saperlo ». 

Scorpius aprì la bocca per replicare, ma fu interrotto dalla voce semi-isterica di mia madre, che ci richiamò all'ordine dal piano di sotto.

« Rose, Scorpius, se non vi muovete faremo tardi! »

« Faremo tardi, certo ».

Lanciai un'occhiata ironica all'orologio del cellulare, che segnava le nove e tre quarti, ma colsi l'occasione per defilarmi prima che Scorpius potesse fare altre domande inopportune sullo stato e sulla precisa ubicazione del suo pullover. Posai il cellulare sul comodino – non sarebbe stato molto utile a Hogwarts – e chiusi il baule con una pedata. Ero abbastanza certa di aver dimenticato qualcosa di importante, probabilmente nascosto sotto al letto o in fondo all'armadio, ma mamma, come al solito, me lo avrebbe spedito per gufo prima ancora che potessi accorgermi di averlo lasciato a casa.

Imprecando tra i denti, io e Scorpius sollevammo il baule e lo trasportammo giù dalle scale.

« Ancora tre mesi e mezzo... » ansimò Scorpius. « E poi giuro che appena diventerò maggiorenne non solleverò mai più nulla che sia più pesante di una piuma senza usare la magia ».

Mamma e Draco ci stavano aspettando all'ingresso, entrambi in abiti Babbani. Draco, per la precisione, sembrava essere inconsapevole di avere addosso una pelliccia da donna e, a giudicare dall'occhiata ammonitrice che mi scoccò mamma, era molto meglio che continuasse ad esserlo. Repressi un sorrisetto e mi infilai sciarpa e giubbotto, mentre al mio fianco Scorpius si gettava sulle spalle un mantello. Quando mi voltai di nuovo verso i nostri genitori scoprii che Draco ci stava fissando con aria assolutamente scandalizzata.

Si è accorto di indossare abiti da donna?

Scorpius lanciò un'occhiata dubbiosa al padre.

« Ehm... c'è qualche problema? »

Per tutta risposta Draco indicò il suo mantello da mago come se si trattasse di uno Schiopodo Sparacoda particolarmente grosso.

« Scorpius, come ti sei vestito? »

« …Come sempre? » propose Scorpius, che sembrava star ventilando l'ipotesi di chiamare il reparto psichiatrico del San Mungo.

Si voltò e studiò il proprio riflesso nella finestra, aggrottando le sopracciglia. Indossava pantaloni e maglione della divisa sotto a un cappotto scuro. Non mi sembrava nulla di particolarmente scandaloso.

Mamma tossicchiò, a disagio.

« Ehm, Scorpius, credo che Draco intendesse dire che dovresti indossare degli abiti Babbani finché non sali sul treno... sai, per passare inosservati... »

« Come se i Babbani si accorgessero di qualcosa... » grugnii.

Che cavolo, quei pantaloni gli stavano davvero bene sul sedere! Ma evidentemente mamma non era molto interessata alla mia possibilità di godere di un bel panorama durante il viaggio, perché per tutta risposta trasfigurò i nostri bauli in due normalissimi trolley Babbani.

« Questo non significa che dobbiamo andarcene in giro a sbandierare il fatto di essere dei maghi » dichiarò Draco, che notoriamente non aveva mai pensato che ci fosse qualche motivo per vantarsi nell'essere un mago Purosangue.

Scorpius inarcò un sopracciglio, ma si chinò su quello che restava del suo baule per scegliere degli altri vestiti, senza commentare.

« Oh, scusami, Scorpius... » lo interruppe mia madre, prima ancora che Scorpius potesse aprire la cerniera del trolley.

Agitò la bacchetta con un gesto impaziente e subito i vestiti di Scorpius furono sostituiti magicamente da un paio di jeans e da una felpa scura.

Mentre Draco e mamma ci precedevano nel vialetto del giardino, ci scambiammo uno sguardo perplesso.

« Questo non significa che dobbiamo andarcene in giro a sbandierare il fatto di essere dei maghi » sussurrò Scorpius, scimmiottando il padre con una smorfia. « Ma che gli prende? »

Scrollai le spalle.

« Bah, avrà litigato con mamma e vorrà redimersi ai suoi occhi ».

Non sarebbe stata una novità, comunque.

Feci per seguirli, ma Scorpius mi afferrò un polso e mi tirò dentro casa.

« Aspetta un secondo... » sussurrò, e prima che potessi protestare – non che avessi intenzione di farlo, a scanso di equivoci – le sue labbra erano sulle mie.

Mi alzai sulle punte dei piedi e ricambiai il bacio con trasporto. D'accordo, con un po' troppo trasporto, forse. Ma non ci potevo fare niente se ogni volta che lo sfioravo i miei ormoni partivano per la tangente: era Calvin che li aizzava. Calvin che al momento, per l'esattezza, stava mimando delle cose davvero indecenti.

Scorpius mi cinse la vita con un braccio e mi sollevò leggermente per farmi sedere sul mobile dell'ingresso. Per un attimo, quando le nostre labbra si staccarono, ebbi la vaga percezione dei risucchi animaleschi che stavamo producendo, ma l'istante dopo ero troppo impegnata a produrne di più indegni ancora per preoccuparmene.

Al diavolo, è così... così...

Era sempre stato così con Scorpius, fin dal nostro primo bacio: lui poteva essere uno studente modello e un galantuomo, e io probabilmente ero dotata di troppo amor proprio per inscenare la farsa dei “fidanzatini cuore amore”, ma quando ci baciavamo era... beh, molto meglio che nelle fantasie di Calvin. Niente pensieri stupidi del tipo “oddio, cosa penserà se gli metto le mani sotto la maglietta?”, nessun momento di imbarazzo, nemmeno quando ci accorgevamo di essere finiti a rotolarci sul divano come due salamandre nella la stagione degli amori. Baciare Scorpius era un po' come respirare: semplice, naturale, istintivo. Non c'era bisogno di pensarci; il mio corpo sapeva esattamente cosa fare. Ed era... beh, semplicemente wow.

« Rose, Scorpius, vi muovete? Cosa state facendo? »

Finché non diventava terribilmente imbarazzante, certo. Ci separammo bruscamente e ci affrettammo a ricomporci prima che mia madre potesse scoprirci ad amoreggiare sopra la sua scarpiera di noce. 

« A-arriviamo... » balbettò Scorpius, arrossendo furiosamente.

Lo seguii fuori di casa facendo del mio meglio per assumere l'espressione innocente di chi ha appena avuto una garbata conversazione sui compiti di Trasfigurazione.

« Sì, ehm... avevo dimenticato una cosa in camera... » spiegai.

A giudicare dall'occhiatina sarcastica di Draco i miei sforzi non ebbero molto successo.

 

***

 

Com'era prevedibile, arrivammo a King's Cross con quaranta minuti di anticipo. Mamma mise su una scenata incredibile perché, a detta sua, mi ero quasi fatta vedere da una vecchietta mentre attraversavo la barriere, ma a parte l'evidente isteria derivata dai problemi di coppia di qualcuno non successe nulla di particolare. Non fino a che il resto della truppa Weasley-Potter ci ebbe raggiunti, almeno.

Erano le dieci e mezza passate quando i Potter, al seguito di un Harry alquanto corrucciato, ci si presentarono sulla banchina, completando il quadretto familiare.

« Quanta allegria nell'aria... » commentò Hugo con profondo sarcasmo.

In effetti, l'umore degli altri componenti della famiglia non sembrava troppo diverso da quello dello zio Harry: James, che era tornato il giorno prima da un ritiro con i Cannoni di Chudley, si trascinava dietro il baule senza guardare in faccia nessuno, mentre Al non perdeva occasione per scoccargli occhiatine di profondo disgusto. Lily, dal canto suo, doveva essere ancora offesa per la lavata di capo che si era beccata dopo che Ginny aveva messo le mani su una lettera particolarmente compromettente che aveva scritto a un'amica a proposito di Marshall.

Non appena i Potter ci raggiunsero, Domi mi artigliò la mano. Da quando aveva smesso di mandare James a quel paese non appena tentava di rivolgerle la parola, sembrava aver optato per la strategia del “vai in paranoia ogni volta che James è nel raggio di dieci metri”. Il che non era esattamente un miglioramento, soprattutto considerando che il compito di farle da psicologa poi spettava a me.

« Come sto? » sussurrò, sistemandosi una ciocca dietro l'orecchio.

« A meraviglia » grugnii, senza nemmeno perdere tempo a guardarla.

Domi non parve troppo soddisfatta, perché continuò imperterrita a ficcarsi le dita tra i capelli e sistemarsi la sciarpa attorno al collo. 

« Ciao, James... » lo salutò con voce esitante. « Hai passato... ehm... delle buone vacanze? »

James voltò la testa dall'altra parte e accelerò il passo per salire sul treno, trascinandosi dietro il baule con un clangore assordante. Albus, al fianco di zia Ginny, fece di tutto per evitare il mio sguardo inquisitore.

Stupendo. Vai così, agenzia matrimoniale... 

Ginny alzò gli occhi al cielo.

« Ciao anche a te, James » gli urlò dietro.

La zia Angelina, che quanto a figli problematici la sapeva lunga almeno quanto Ginny, le rivolse uno sguardo di profonda comprensione.

« Crisi adolescenziali? » s'informò.

Ginny grugnì qualcosa a proposito del fatto che qualcuno sarebbe finito da uno strizzacervelli (non capii se si stesse riferendo a se stessa o a James) e subito dopo si voltò per sfogarsi sul colletto della camicia di Al, che a quanto pareva era fuori posto di mezzo millimetro. Lily sgusciò via di soppiatto e si affrettò a nascondersi tra me e Domi prima di fare la stessa misera fine del fratello. 

« Ciao, Lils » la salutai. « Tutto bene? »

Lo sguardo omicida che ricevetti in risposta fu abbastanza eloquente da convincermi a cambiare argomento. Anche perché Ginny, dopo aver sistemato di vestiti di Al, era appena passata a strigliare il marito per qualche questione riguardante il Ministero della Magia, e “il nostro anniversario” e ancora “ne riparliamo a casa”. E in famiglia sapevamo tutti che era molto meglio non immischiarsi nelle questioni di casa Potter quando zia Ginny era di quell'umore. 

Beh... se non altro i Granger-Malfoy non sono gli unici ad avere problemi di coppia...

« Andiamo a mettere i bauli sul treno, vi prego... » sbuffò Lily.

Lungi da me andarle contro in un momento del genere, mi affrettai a raccogliere il trolley e il resto delle mie cose. Domi ci seguì in silenzio, trascinandosi dietro un baule e un muso lungo da manuale, entrambi molto più ingombranti di quanto avrebbero dovuto essere.

« Tutto a posto, Domi? » chiese Lily.

Domi scrollò le spalle e rispose con una vocina depressa: « Sì, sto bene, perché? »

Lily non parve troppo convinta. Issò il baule a bordo del treno con un calcio e le lanciò uno sguardo indagatore.

« Sicura? Hai una faccia... » Domi aprì la bocca per ribattere, ma Lily fu più veloce. « Non sarà per quel cretino di James, vero? Insomma, non lo so, si è fatto venire le turbe ormonali a scoppio ritardato. La gente normale ce le ha a tredici anni, ma lui è un idiota. Sai cosa? Magari si è preso una cotta per uno dei giocatori, al ritiro. Spiegherebbe perché non si è mai fatto la ragazza, almeno ».

Se l'intento di Lily era quello di tirarle su il morale, Barnaba il Babbeo che tentò di insegnare la danza ai Troll aveva avuto molto più successo di lei. Domi si rabbuiò e borbottò qualche commento acido a proposito del fatto che se ne fregava altamente dei problemi mentali di James, poi sollevò il baule con un incantesimo e sparì lungo il corridoio, dicendo che ci saremmo viste al castello. 

Chissà perché, avevo la netta impressione che avrebbe passato il viaggio a deprimersi nel bagno del treno.

 

***

 

Mancavano poco meno di dieci minuti alle undici quando io e Lily riuscimmo a sistemare i nostri bagagli nello scompartimento dei Serpeverde del sesto anno. Salutai Mort e Marshall con un cenno del capo. Mort, che stava trafficando per rollarsi una sigaretta, mi rivolse un saluto distratto. Marshall, al suo fianco, stava sbirciando Harry e Ginny dal finestrino con aria colpevole e sembrava troppo preso dai propri sensi di colpa per accorgersi del resto del mondo. Di mio cugino, invece, non c'era traccia. 

« Qualcuno ha visto Al? » chiesi.

Mort si strinse nelle spalle, Lily sibilò un aggettivo molto poco carino e Marshall continuò a non dare segni di vita.

« D'accordo, vado a cercarlo » conclusi.

Percorsi il corridoio a ritroso e scesi sulla banchina, guardandomi attorno tra gli ultimi studenti che si affrettavano a raggiungere il treno. Dopo averne combinata una così grossa, Al doveva aver pensato bene di andarsi a nascondere da qualche parte: mica per niente era un Serpeverde. 

E sì, non avevo bisogno di prove per essere sicura che Al avesse ben più di qualcosa a che fare con le turbe ormonali di James: era da quando aveva tre anni che la massima aspirazione della vita di mio cugino consisteva nel far mettere assieme persone che, nel migliore dei casi, non avevano nulla in comune una con l'altra. Nel peggiore si odiavano, come me e Scorpius.

E no, mi rifiuto di pensare che sia merito di Al se ci siamo messi assieme. 

La passione smodata di Al per tutto ciò che non rientrava nel campo degli affaracci suoi aveva effetti catastrofici molto più spesso di quanto avesse successo. Come nel caso di James e Dominique, a quanto pareva: non avevo idea di come avesse fatto a scoprire dell'imbarazzante cotta di Domi, ma da quando ne era venuto a conoscenza si era subito dato da fare per rovinare la vita ai due nuovi e sventurati clienti della sua agenzia matrimoniale. A giudicare dal comportamento di James, tra l'altro, ci doveva essere riuscito anche troppo bene: Jamie di solito era la persona più buona che conoscessi. Un po' troglodita, forse, e decisamente insensibile, ma non era mai stato capace di arrabbiarsi seriamente con qualcuno. A parte con le squadre di Quidditch avversarie, certo.

« Ehi, Rose, che ci fai ancora qua? »

Scorpius comparve alle mie spalle armeggiando con il nodo della cravatta verde-argento. Si era già infilato la divisa (probabilmente non vedeva l'ora di togliersi i vestiti che mia madre lo aveva costretto a indossare) e lo stemma di Serpeverde era in bella vista sul maglione. Per i suoi standard era comunque un gesto di ribellione piuttosto eclatante.

« Cercavo Al » risposi, scrollando le spalle.

« Sta ancora tentando di far mettere assieme i vostri cugini? » chiese lui.

Alzai gli occhi al cielo.

« Ovviamente ».

« Beh, se non altro » osservò Scorpius con fare filosofico. « Potrebbe essersi trovato un passatempo per i prossimi cinquant'anni ».

« E questa ti sembra una cosa...? » cominciai, ma fui interrotta dalla voce strascicata di Draco.

« Cosa ci fate ancora qua, voi due? »

Ricambiai il suo sguardo sospettoso con un'occhiataccia (ero ancora piuttosto scossa dal fatto di averlo scambiato per Scorpius due settimane prima). Con mia grande sorpresa, però, Draco sembrava molto più imbarazzato di me al momento.

Wow... questa me la devo segnare...

« Stavamo andando. Non pensavamo di darci alla macchia... » sbuffai, mentre Draco continuava a fissarci con l'espressione di chi si prepara ad affrontare un discorso alquanto spinoso.

« Avete un minuto? » chiese.

Io e Scorpius ci scambiammo uno sguardo perplesso, ma acconsentimmo con una scrollata di spalle. Qualunque cosa fosse, difficilmente avremmo avuto motivo di preoccuparcene: quando doveva fingere di essere un educatore autoritario e responsabile, Draco si assicurava sempre che mamma fosse a portata d'orecchio.

« Sì... » esordì Draco, affondandosi le mani nelle tasche della pelliccia da donna (quando lo avevamo incontrato, mamma aveva dovuto lanciare un Petrificus Totalus a papà per evitare che cadesse a terra in preda alle risate). « Ecco... Non so bene come iniziare questo argomento, ma... ehm... voi due lo sapete com'è che nascono i bambini, no? »

« Che cosa? » sbottò Scorpius, arrossendo così tanto che mi preparai a lanciargli addosso un Aguamenti. 

No, ma sul serio?

I secondi passarono tesi e interminabili, mentre attendevo invano che Draco ci battesse una pacca cameratesca sulla spalla e scoppiasse a ridere, dicendo qualcosa come “pesce di settembre” o “aha, ci siete cascati eh?”. Peccato che Draco non desse il minimo segno di volerlo fare.

Quando fu chiaro che nessun clown sarebbe comparso dal nulla schiamazzando con una trombetta, mi vidi costretta a intervenire.

« Stai scherzando, spero! » sbottai. « Ti prego, dimmi che non stai per farci quel discorso... »

Draco sembrò estremamente oltraggiato dalla nostra mancanza di collaborazione.

« Preferisci che lo dica a tua madre? » sibilò. « Voglio proprio vedere se il suo, di discorso, ti piacerebbe di più... »

Ammesso che non mi avesse incastrato addosso una cintura di castità e tanti saluti, riuscivo a immaginare perfettamente la scena in cui mia madre, in piedi davanti a una lavagna su cui erano disegnati gli apparati riproduttori maschile e femminile, spiegava a me e a Scorpius i perché e i per come della faccenda, usando imbarazzanti parole in codice come il colibrì e la farfallina, o l'ape e il fiorellino al posto di pene e vagina. Rabbrividii al solo pensiero.

« Come non detto, continua pure ».

« Bene, allora... »

Draco esitò e ci squadrò con sospetto, come se credesse che ci sarebbe spuntata in fronte una vignetta con su scritto “vergine” o “non vergine” a caratteri cubitali. Quando evidentemente non successe nulla di tutto ciò, si schiarì la gola con un colpetto di tosse e disse:

« Insomma, immagino che sappiate com'è che funziona, no? Ci si diverte, si provano nuove esperienze... » 

Qualcosa nel modo in cui disse “nuove esperienze” suggeriva che non si stesse riferendo alla sperimentazione di ricette alternative per la torta alle mele...

« E... ehm... » Draco tossicchiò e si sfregò le mani. « Forse non sono la persona più indicata per dirvelo, ma suppongo sappiate che quando alcune parti del corpo si trovano troppo vicine... »

Qualcosa nel modo in cui disse “alcune parti del corpo” suggeriva altresì che non si stesse riferendo ai lobi delle orecchie...

« … e quando dico troppo vicine intendo una dentro l'altra, non so se mi spiego... Ecco, la sostanza è che può succedere che in certi casi, se non si prendono le dovute precauzioni e se... ehm... se un certo liquido entra in contatto con... ehm... »

Qualcosa nel modo in cui disse “un certo liquido”, d'altronde, suggeriva piuttosto inequivocabilmente che non si trattasse di Succo di Zucca... 

« Sì, ecco, non vorrei che... cioè... forse dovreste... non so se mi sono spiegato... »

L'orologio segnava le undici meno tre minuti, e Draco sembrava aver esaurito le frasi allusive a sua disposizione per spiegarci la faccenda. Per un attimo osai addirittura sperare che avrebbe lasciato cadere l'argomento e avrebbe optato per la versione dei bambini sotto i cavoli. 

« Sì, ecco... »

Draco si schiarì la voce nervosamente e spostò il peso da un piede all'altro.

« Oh, al diavolo! » sbottò alla fine. « Quando si scopa nascono i bambini, chiaro il concetto? »

Fu in quel momento che cominciai a ponderare l'idea della fuga. Scorpius, al mio fianco, stava avendo un violento e alquanto rumoroso attacco d'asma.

Dopo un po', visto che continuavamo a non dare segni di vita più rassicuranti di qualche sporadico rantolo, Draco sembrò rendersi conto di essere stato un po' troppo diretto.

Ma solo un po'. In fondo, chi non vorrebbe farsi spiegare il sesso dal proprio patrigno?

« Beh, sinceramente, non so cosa facciate voi due quando siete da soli, e finché siete minorenni non ho la minima intenzione di saperlo » borbottò. « Ma mi auguro che prendiate le dovute precauzioni... »

« Che... che... che cosa?! » gracchiò Scorpius. 

Io, dal canto mio, stavo cominciando a rimpiangere seriamente mia madre e la lavagna.

« Preservativi, Scorpius » chiarì Malfoy Senior.

Rimasi a fissarlo, in attesa che qualcuno si decidesse a chiamare il San Mungo per farmi rimettere a posto la mascella e restringere i bulbi oculari, mentre Draco si frugava in una tasca e ne estraeva una scatolina di preservativi.

« Usateli ».

Scorpius si rigirò il pacchetto tra le mani, studiandolo come se si aspettasse di venir morso da un momento all'altro. Era talmente pallido che il Barone Sanguinario in quel momento sarebbe parso di gran lunga più sano e vitale di lui.

« P-papà... » balbettò. « N-n-noi n-non facciamo... »

La frase rimase in sospeso in un silenzio imbarazzante che lasciò a Draco tutto il tempo di strabuzzare gli occhi, studiarci con sospetto per assicurarsi che non stessimo mentendo, realizzare che probabilmente avevamo detto la verità e quindi seguitare a fissarci con l'aria di chi ha appena visto un pinguino spiccare il volo. Dopo un paio di interminabili secondi, Draco arricciò un angolo della bocca.

« …no? »

« …no » confermai, pregando che qualcuno mi lanciasse un incantesimo Evanescente al più presto.

Draco tentò piuttosto maldestramente di ricomporsi.

« Oh... davvero? »

Sembrava interdetto, ma più che sollevato lo si sarebbe detto deluso e piuttosto confuso circa la possibilità che Scorpius fosse effettivamente sangue del suo sangue.

« Io alla vostra età ero già piuttosto attivo... » commentò. « Beh, teneteli lo stesso. Non si sa mai... »

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Capitolo 2
*** E' una persecuzione! ***


Un grazie enorme a tutti per l'entusiasmo con cui avete accolto questa nuova storia. Vi mandarei anche un bacio, ma sono piena di germi e raffreddore quindi cretetemi sulla parola: non lo volete xD
Spero che questo capitolo vi piaccia. Io, personalmente, ho adorato scrivere di Basta Siete Troppo Curiosi :)

 

Marghe


PS. La solita standing ovation per la Zuz, prego.
 


Capitolo 1

È una persecuzione!

 

Si può essere perseguitati da molte cose, nella vita: dalla sfiga, dalle persone moleste, dai Nargilli o anche dalle pulci, se ci si dimentica troppo spesso di lavarsi. Per quanto mi riguardava, non ero mai stata perseguitata da nessuno di questi, anche se – essendo imparentata con qualche centinaio di teste rosse Weasley – avevo una certa esperienza in materia di persone moleste. E me n'ero sempre lamentata con vigore, ovviamente.

Ma, beh, con il senno di poi gli scherzi di Jamie e Fred non mi sembravano più così male. Insomma, non da quando ero perseguitata da un modello di biancheria intima deciso a seguirmi in capo al mondo, né tantomeno da quando la mia vita sessuale era diventata affare di tutti.

Non che io avessi una vita sessuale, tra parentesi. 

Il che – come avrei presto scoperto – era il nocciolo della questione.

 

***

 

Ero così imbarazzata dalle parole di Draco che non ebbi nemmeno il coraggio di guardare Scorpius in faccia mentre salivamo su treno. Quando entrammo nello scompartimento dei nostri amici, sempre evitando rigorosamente di toccarci o di incrociare gli sguardi, Albus girò la testa dall'altra parte e cominciò a giocherellare con la bacchetta. Ci mancava solo che si mettesse a fischiettare e poi non avrebbe potuto essere più sospetto di uno schizofrenico insanguinato con una pistola in mano.

Combinato un casino, Cupido?

Marshall si staccò dalla faccia di Lily con un risucchio degno della Piovra Gigante e fece scorrere uno sguardo perplesso dall'espressione abbattuta di Scorpius alla scatola di preservativi che teneva ancora in mano.

« Che cosa...? »

Scorpius si affrettò a far sparire i preservativi nella tasca del giubbotto.

« Niente » borbottò con una smorfia.

Anche lui sembrava piuttosto sospetto. Anche io, in effetti – realizzai, incrociando il mio riflesso color melanzana nel vetro del finestrino. 

Mort, che negli ultimi minuti aveva rollato un piccolo esercito di sigarette e le aveva disposte sul sedile vuoto al proprio fianco, scoppiò in una risatina che trovai immensamente irritante.

« Sì, Scorp, niente... »

Marshall gli diede man forte: « Eh, voi due... fate tanto i pirla, ma poi... »

« Dai, lasciali stare » lo rimproverò Lily, tirandogli uno schiaffo sul braccio.

Stavo per innalzarla ufficialmente al rango di mia santa patrona e amatissima cugina a cui avrei fatto un regalo di compleanno stupendo quando Lily pensò bene di smentirmi con un cospiratorio: « Questa sera voglio sapere tutto, Rose ».

Scorpius emise un gemito disperato e sgusciò verso la porta.

« O-ok, io devo andare a pattugliare il treno... » balbettò.

« Oh, avanti, Scorp! » esclamò Mort. « E chi dice niente se vi divertite? Buon per voi ».

Ma prima ancora che finisse di parlare Scorpius gli aveva già sbattuto la porta dello scompartimento sul naso e si era dato a una fuga ben poco onorevole. Marshall lanciò un'occhiatina divertita alla porta, che tremava ancora per la malagrazia con la quale era stata sbattuta.

« Secondo me questa era un'ammissione di colpa... » commentò.

Di colpo, mi ritrovai tre paia di occhi puntati addosso con insistenza. Feci del mio meglio per non arrossire, ma per il successo che ebbi avrei potuto essermi appena lanciata addosso un incantesimo Mutacolore. 

Oh, certo, Scorp, pensa a salvarti la pellaccia e abbandonami pure qua, che mica mi offendo. Gran cavaliere...

Prima che la situazione potesse peggiorare ulteriormente, mi sembrò saggio sviare il discorso verso lidi più sicuri. Mi schiarii la gola, approfittandone per scoccare un'occhiataccia a mio cugino: « Allora... qualcuno di voi ha idea di perché James oggi ce l'ha con l'universo? »

Al continuò a fingere di essere sordomuto, mentre Mort scrollò le spalle e si accese una sigaretta con un colpo di bacchetta.

« Per niente. Dovrei? »

« Tu no » risposi, senza staccare gli occhi dall'espressione colpevole di mio cugino. « Ma magari Albus ne sa qualcosa, non è vero? »

Al, vistosi costretto a dimostrarsi un po' più interattivo, optò per un colpetto di tosse impacciato.

« Ehm... potremmo parlarne in privato? »

Aprii la porta dello scompartimento e gli rivolsi un inchino ironico.

« Dopo di te ».

Non parve troppo contento che lo avessi preso così alla lettera, ma, seppur con estrema riluttanza, mi seguì nel corridoio, borbottando qualcosa a proposito del suo diritto ad avere un avvocato in aula. Nei mesi precedenti avevo fatto di tutto per non finire coinvolta nelle sue perverse macchinazioni, ma a quel punto mi vedevo costretta a intervenire prima che la situazione degenerasse in un disastro di proporzioni cosmiche. Sempre che non fosse già degenerata a tal punto, chiaro. E poi, sì, beh, meglio l'agenzia matrimoniale che restare nello scompartimento a farmi fare domande sull'uso che io e Scorpius avremmo fatto dei preservativi.

Appena trovai un angolo sufficientemente appartato piantai i piedi per terra e mi voltai verso di lui con le braccia incrociate sotto il seno.

« Allora? » lo aggredii.

Sì, dà soddisfazione trovarsi un capro espiatorio, decisamente. Non che Al non se lo meriti a prescindere, s'intende.

Al controllò nervosamente fuori dal finestrino, nella palese attesa di un'esplosione, della fine del mondo o di un qualsiasi altro buon motivo per cambiare argomento. Ma la periferia scorreva in silenzio oltre i binari, con i graffiti e le case tutte uguali, senza che succedesse nulla di anche solo vagamente degno di nota. Appurato che la cosa più eclatante che poteva aspettarsi da quella visione era un cane intento a marcare la ruota di una vecchia Ford, Albus passò ad assicurarsi che i propri lacci non celassero qualche mistero non ancora svelato.

« Ehm... » cominciò, quando fu chiaro che nemmeno i suoi mocassini lo avrebbero salvato. « Non è che potremmo discuterne in un momento più... » 

« Allora?! » 

Al si riscosse dalla profonda contemplazione delle proprie scarpe.

« Va bene... d'accordo... non mi uccidere... » borbottò. « Ecco, ho parlato con James l'altra sera... e, ehm... il fatto è che potrei avergli detto qualcosa come “ehi, James, quando ti deciderai a farti avanti con Domi?” e lui potrebbe aver risposto qualcosa come “Cosa c'entra Domi?” e a quel punto io potrei aver detto qualcosa come “Ti muore dietro da una vita, idiota” e lui... ehm... » si mordicchiò il labbro inferiore con l'aria di chi sta cercando le parole migliori per annunciare che il mondo verrà a breve sommerso da una pioggia di letame, ma, ehi!, non c'era nulla di cui preoccuparsi, era tutto sotto controllo. 

« E lui? » incalzai.

Al deglutì.

« Beh, ehm... credo che al momento sia terrorizzato a morte dall'idea di restare solo in una stanza con Domi... »

« Oh, insomma, nulla di che » conclusi, senza risparmiarmi un'abbondante dose del sarcasmo più meschino.

Hai solo bloccato la crescita a James e confessato il più scabroso segreto di Dominique al diretto interessato... cosa vuoi che sia?

Evidentemente era una peculiarità genealogica dei Potter, quella di riuscire sempre a stupire il prossimo con qualche colpo di genio simile. Jamie ne era la prova vivente, ma nemmeno Al era da meno. Lo stesso Al che (come volevasi dimostrare) al momento stava facendo sfoggio di un ottimismo assolutamente fuori luogo, rispondendomi: « Ma non tutto è perduto. Credo che James sia solo sotto shock – sai quanto è troglodita. In realtà potremmo ancora avere delle ottime possibilità di riuscita se... »

Avevo tutte le sacrosante intenzioni ribattere qualcosa di molto poco gentile a proposito del fatto che se lo avessi squartato e dato in pasto a un drago forse James e Dominique avrebbero ancora avuto qualche possibilità, ma prima che potessi dar voce a quei pensieri cruenti fui placcata dal baule che qualcuno stava facendo svolazzare in mezzo al corridoio.

« Ouch, mi dispiace, non ti avevo vista » si scusò il proprietario del baule, nonché causa scatenante del mio attuale mal di testa.

Mi massaggiai la nuca, brontolando un paio di invettive confuse. Dovevo aver preso un colpo davvero forte, perché l'attimo dopo mi ritrovai a strizzare gli occhi davanti al sorriso smagliante del ragazzo più maledettamente figo che mi fosse mai capitato di...

No, aspetta un secondo, io questo qua l'ho già visto...

Il ragazzo continuava a sorridermi con l'aria vagamente ebete dei modelli Babbani, che se ne stavano fermi nelle loro foto e non cambiavano espressione nemmeno a punzecchiarli con la bacchetta. 

Soffocai un gemito disperato.

« Ca-Calvin... cosa ci fai tu qua? »

Albus mi lanciò un'occhiatina sospettosa e vagamente irritata, non capii se per la possibilità che avessi cornificato Scorpius o per il dubbio che lo avessi fatto con un essere così incommensurabilmente figo.

« Lo conosci? » s'informò.

Calvin – tanto per essere originali – sorrise.

« Oh, sì, ci siamo conosciuti qualche settimana fa e le ho lasciato il mio numero, ma poi non mi ha più chiamato... » Lo sguardo assassino che ricevetti da Al mi lasciò intendere che non averlo chiamato non costituiva un'attenuante sufficiente per le mie colpe. Calvin mi fece l'occhiolino, apparentemente ignaro degli Avada Kedavra che stavano sprizzando dagli occhi di mio cugino. « A proposito, come va col tuo ragazzo? »

Arrossii fino alla punta dei capelli (il che era più che comprensibile, visto il mio cognome) e riuscii a strozzarmi con la mia stessa saliva nel tentativo di rispondere più in fretta possibile.

« Io... sì... tutto bene... »

Mentre Al continuava a promettermi una morte lenta e dolorosa con lo sguardo, Calvin approfittò del mio momento di debolezza per tirarmi una gomitata complice tra le costole.

« Gli è piaciuto il tuo regalo? »

La mascella di Al si contrasse con un piccolo spasmo.

« Sì, ehm... » borbottai, ripensando con una discreta dose d'imbarazzo al modo in cui ero balzata addosso a Scorpius per impedirgli di aprire il regalo davanti ai miei nonni, e con un'immensa dose d'imbarazzo alla faccia che aveva fatto poco dopo, in soffitta, mentre scartava i boxer. Se avessi avuto una pala e della terra a disposizione, non avrei esitato a sotterrarmi.

Anche in quel momento, in realtà, con Calvin che continuava a farmi l'occhiolino come se stessimo parlando di chissà quale doppio senso sconcio, avrei pagato una cospicua somma per potermi sotterrare. Per fortuna – o tanto per peggiorare la situazione, a seconda dei punti di vista – in quel momento comparve Scorpius dalla fine del corridoio, con la spilla di Prefetto appuntata tutta storta sulla divisa e un occhio viola e gonfio che gridava “Tiri Vispi Weasley” da tutti i pori. Quando ci raggiunse potei constatare che stava imprecando tra i denti contro i Grifondoro, e anche in modo piuttosto colorito.

« I tuoi cugini sono molto spiritosi » commentò, sistemandosi un ciuffo di capelli che gli pendeva mollemente in mezzo alla fronte con la poca dignità che gli restava. « Immensamente spiritosi... » ritrattò, girando la spilla dal verso giusto tra un sibilo e l'altro. « La bella notizia e che ho tolto venti punti a Grifondoro » concluse, sollevando il mento come se ritenesse di aver appena fatto un grosso favore all'umanità.

Fui ben contenta di dargli ragione, se questo significava che avrebbe continuato a ignorare la presenza di Calvin e le smorfie di Al. Mi stavo giusto accingendo a professare quanto fossi d'accordo con lui e quanto fosse stato bravo e coraggioso a sottrarre punti alla mia Casa (motivo per cui me la sarei presa a morte con lui, appena si fosse presentato il momento opportuno), ma prima che potessi dire alcunché Albus lo prese sottobraccio e cominciò a trascinarlo lungo il corridoio.

« Stupendo, era da un po' che mi serviva un buon motivo per prendermela con James » dichiarò, mentre Scorpius tentava inutilmente di opporsi a quel sequestro di persona. « E comunque » aggiunse, voltandosi per lanciarmi un'ultima occhiata torva. « Non credere che sia finita qui, Rose. Ci attende una lunga discussione, appena avrò finito di Cruciare James ».

Scorpius, che ormai aveva rinunciato all'autodifesa, mi rivolse un'espressione interrogativa.

« Una discussione su cosa? » chiese.

Albus, dopo avermi trucidata con lo sguardo per l'ultima volta, fece un gesto noncurante con la mano e riprese a trascinarlo verso lo scompartimento dei nostri cugini.

« Oh, niente... biancheria intima... » rispose, vago.

A giudicare dal gemito strozzato che gli uscì dalle labbra, Scorpius non doveva aver scelto l'interpretazione giusta per quella frase. In effetti, detta così suonava anche peggio di come era in realtà.

« E tu cosa ci fai qua, comunque? » borbottai, voltandomi verso Calvin (che al momento stava lanciando occhiatine bollenti al proprio riflesso nel finestrino). « Pensavo che fossi un Babbano ».

Insomma, già trovarmelo davanti in un negozio di biancheria era stato un trauma, ma rivederlo sull'Espresso di Hogwarts era semplicemente surreale. E inquietante. Molto inquietante.

Per tutta risposta Calvin mi rivolse un sorriso a trentadue denti.

« Oh, no, non sono Babbano: i miei sono maghi Purosangue » disse. Poi, facendosi meditabondo, aggiunse: « Anche se credo che abbiano taroccato un po' l'albero genealogico all'altezza di un mio trisavolo... »

« Allora conoscerai Marshall Matthews: i suoi genitori frequentano tutti i Purosangue della Gran Bretagna » intervenni.

L'espressione ebete sul volto di Calvin si fece se possibile ancora più accentuata.

« Eh? No, non sono mai stato in Europa prima. I miei sono di New York ». 

Questo se non altro spiegava l'accento da cowboy che in precedenza avevo attribuito al suo essere una sottospecie di pornoattore camuffato da commesso, ma di sicuro non spiegava perché un mago americano avrebbe dovuto comparire in Gran Bretagna di punto in bianco e mettersi a lavorare in un negozio di biancheria intima Babbana. Specie se era figlio di Purosangue.

Aggrottai le sopracciglia, confusa, e chiesi: « Cosa ci sei venuto a fare in Gran Bretagna, allora? »

« Oh, niente » rispose Calvin, con una scrollata di spalle. « Non andavo molto d'accordo con i miei, così appena ho compiuto diciassette anni me ne sono andato ».

Il modo in cui lo disse, come se fuggire in un altro continente al compimento della maggiore età fosse una specie di viaggio di piacere, mi lasciò esterrefatta.

« E quindi sei venuto qua solo perché non ti piaceva la tua famiglia? » ripetei, sempre più perplessa.

Insomma, seguendo quella logica io avrei dovuto fuggire su Plutone l'estate precedente. 

« Diciamo che non ci piacevamo a vicenda » precisò Calvin.

Il suo sorriso non diede alcun segno di cedimento a quelle parole, la qual cosa non poté che rafforzare la mia bassa opinione delle sue facoltà mentali. Decisi di soprassedere al fatto che mi aveva appena parlato dei propri problemi familiari come se si trattasse dell'oroscopo settimanale e continuai con l'interrogatorio. 

« Ma cosa ci facevi in quel negozio Babbano? »

« Ci lavoravo » rispose lui con tono ovvio. « Un mio amico mi ha trovato un lavoro come modello di biancheria, e nel tempo libero stavo in negozio a dare una mano ».

Modello di biancheria...

Ormai non aveva nemmeno più senso scandalizzarsi, supponevo: avrei dovuto rassegnarmi al fatto che quello strampalato individuo era la copia sputata del Calvin delle mie seghe mentali e che aveva tutta l'intenzione di perseguitarmi ovunque andassi. Probabilmente era anche un mago della lap dance...

« A proposito, non ti sei offesa per la storia del numero, vero? » saltò su Calvin. « È che c'era un tipo appiccicoso che avevo conosciuto in un pub la sera prima e volevo togliermelo di torno... ».

L'immagine di Calvin che ballava la lap dance con i tacchi dodici e un boa di piume rosa attorno al collo si fece più nitida.

« Un tipo... un tipo maschio? » tossii, appoggiandomi al muro per non rovinare a terra.

Calvin mi rivolse un sorriso sconcio che lasciò ben poco spazio all'immaginazione.

« Decisamente maschio, credimi sulla parola » confermò.

Mi ci volle un po' per riprendermi dal soffocamento, ma quando fui di nuovo in grado di respirare ero relativamente tranquilla. In fondo, doveva pur esserci un motivo se aveva passato gli ultimi sei mesi a sbavare dietro a Scorpius nella mia testa.

« Ovvio » commentai, cercando di smettere di pensare alla scena della lap dance. « Avrei dovuto capirlo mesi fa che eri gay. Eri troppo perfetto… »

Calvin annuì con convinzione per un paio di secondi, poi si bloccò e mi rivolse un sorriso perplesso.

« Di che stai parlando? » chiese.

« Lascia perdere… » borbottai. « Oh, per la cronaca, il biondo di prima è il mio ragazzo. Non sei autorizzato a farti alcun genere di fantasia su di lui, tipo, che ne so, film mentali erotici, lap dance o simili… »

Calvin parve sinceramente deluso da quel divieto.

« Oh, d'accordo » disse, con voce mogia. « Peccato, era carino ».

Si consolò in fretta, comunque: erano passati a stento due secondi quando, con un nuovo sorriso, aggiunse: « Quello moro e tappo è tuo parente? »

« Sì, è mio cugino... » risposi, cauta. « Si chiama Albus. Perché? »

« Mh... Ha un bel culo. Posso farmi fantasie su di lui? »

 

***

 

La mattina dopo, alle otto, giacevo in stato di coma apparente con la testa abbandonata sul piatto vuoto dei toast: tornare a svegliarsi alle sette e mezza era sempre un trauma, soprattutto se la suddetta sveglia avveniva con il dolce peso di Carly Alcott che mi saltava addosso urlandomi a squarciagola nelle orecchie.

Quella ragazza a volte avrebbe seriamente bisogno di una Pozione Calmante...

Anche James ne avrebbe avuto bisogno, d'altro canto: era da dieci minuti che continuava a parlare a macchinetta di Quidditch e della nuova strategia di allenamenti in vista della partita contro Serpeverde, che si sarebbe tenuta a metà marzo.

« Ci alleneremo cinque volte a settimana. Anzi, dici che potremmo fare dieci? Credo che il campo sia libero alle cinque di mattina... » stava dicendo al momento, troppo preso dai suoi delirii per accorgersi della forchetta che teneva sospesa a mezz'aria e della strisciolina di pancetta che stava per cadergli nella tazza. 

« Forse Austin dovrebbe allenarsi anche durante le lezioni » aggiunse, meditabondo, mentre la pancetta dondolava pericolosamente. « Non possiamo permettere che Severus prenda il Boccino... »

Mi sollevai dal tavolo quanto bastava per lanciargli un'occhiata sarcastica e versarmi una tazza di caffè. Già che c'ero ne approfittai anche per commentare: « Non per smontarti, Jamie, ma è da tre anni che Al prende il boccino a ogni partita ».

Così, nel caso ti fosse sfuggito.

« Appunto! » esclamò lui, battendo il pugno sul tavolo. « Dobbiamo impedirglielo a tutti i costi, lo capisci? Non posso permettere che Severus mi batta! »

Dal lato opposto della Sala Grande, al tavolo di Serpeverde, Albus si girò per salutarci con un sorrisino angelico. In effetti James aveva urlato abbastanza da permettere a tutta la Sala Grande di sentirlo. Appena Albus tornò a voltarci le spalle, James fece una smorfia e si ficcò in bocca la pancetta.

« Idiota... » grugnì, sputacchiando.

Svuotai mezza zuccheriera nel mio caffè, stando ben attenta a tenerlo fuori dalla portata della sua saliva, e proposi: « Magari si potrebbe avvelenarlo ».

Almeno non mi avrebbe più perseguitata per farmi confessare che avevo fatto sesso selvaggio con Calvin nel magazzino di un negozio Babbano. Non doveva avermi presa troppo sul serio, quando gli avevo detto che Calvin era gay: il fatto che fosse stato smistato a Grifondoro e che si fosse seduto accanto a me per la cena erano una prova inconfutabile della nostra tresca, a detta sua. E anche il fatto che avessi continuato a sorridere come una scema durante il suo smistamento: la possibilità che stessi ridendo perché Calvin aveva attraversato la Sala Grande come una diva sul red carpet e aveva polemizzato con la McGranitt circa l'aspetto antiestetico del Cappello, chiaramente, non era stata nemmeno presa in considerazione. Alla fine, esasperata, avevo sbottato: « Ma sei geloso o cosa? » riuscendo nell'intento di offenderlo e scollarmelo di dosso. Ma non ero così ottimista da pensare che avrebbe desistito tanto facilmente.

Sì, decisamente, dovremmo avvelenarlo.

Nel frattempo James stava continuando a blaterare a proposito del Quidditch e dello schema a V dei Cacciatori, intercalando occasionali « Sev è un minchione » tra una frase e l'altra. Stava appunto rimarcando con passione l'idiozia di suo fratello, spiegandomi nel mentre come dallo schema a V si poteva passare a quello allineato per confondere la difesa, quando Dominique si sedette di fronte a noi, salutandoci con un timido: « Come va? »

Prima che potessi anche solo pensare di rispondere, la faccia di James aveva attraversato tutta la scala cromatica e la sua tazza era caduta sotto il tavolo, sfracellandosi al suolo.

« Benissimo » rispose automaticamente.

Poi si alzò in tutta fretta e, dopo aver rovesciato una seconda tazza e un piatto di uova in camicia, si diede alla fuga. Dal tavolo di Serpeverde, Al (perché era superfluo dire che aveva seguito tutta la scena con attenzione maniacale) non sembrava più tanto in vena di ridere. Domi, dal canto suo, aveva l'aria di star meditando il suicidio.

« Mi odia, non è vero? » constatò con voce depressa.

« Ma no, non ti odia, figurati... » la rassicurai, come da copione.

E, sempre come da copione, Domi allontanò da sé il piatto che aveva appena riempito e sospirò.

« Non vuole nemmeno vedermi ».

Feci del mio meglio per non guardare verso il tavolo di Serpeverde, dove Al stava chiacchierando con una sua compagna di Casa in modo un po' troppo rumoroso e ostentato.

Tossicchiai.

« Ehm... beh... è un po' preso dal Quidditch ultimamente... »

Poi può anche darsi che Al l'abbia traumatizzato a vita, ma questi sono dettagli...

Mentre pensava che non la vedessi, Domi fece Evanescere il cibo dal piatto. Poi si pulì le labbra con un tovagliolo e raccolse da terra la borsa dei libri.

« Dovrei lasciarlo perdere » disse, prima di alzarsi. « Ci sto provando, lo giuro ».

Non avevo la più pallida idea di cosa risponderle, perciò mi limitai a ricambiare il suo sorriso mesto e rimasi ad osservarla mentre si allontanava, china sotto ai libri che probabilmente pesavano molto più di lei. Avevo sperato che con il Natale e la cucina di nonna Molly avrebbe ripreso un po' di peso, ma al contrario doveva essere dimagrita ancora. Di quel passo si sarebbe trasformata in un fantasma senza nemmeno accorgersene, come il professor Rüf.

Sospirai e bevvi il mio caffè, che ormai si era trasformato in una poltiglia fredda di zucchero semisciolto. Dominique depressa era sempre stata un lavoro a tempo pieno per me, visto che ero la sua unica amica: avevo pensato che James sarebbe stato un “Dominic Nott due, la vendetta”, con tutte le paranoie e i pianti annessi, e all'inizio ero stata ben felice che Domi preferisse non parlare troppo di lui. In fondo io avevo Scorpius e un sacco di altre cose per la testa, al momento, e lei probabilmente doveva pensare ai MAGO e non ci si deprimeva troppo. Insomma, era comodo pensare che le cose stessero così, quando a me andava tutto bene.

Solo da qualche settimana avevo cominciato a chiedermi se in realtà Domi non passasse la maggior parte del suo tempo a piangere da sola, mentre io me ne stavo a divertirmi con Scorpius e gli altri nella Sala Comune di Serpeverde. Avevo cominciato a notare che i suoi jeans taglia trentotto le andavano più larghi del solito, che si truccava troppo poco per nascondere le occhiaie, che spesso aveva gli occhi rossi e gonfi. Avevo cominciato a rendermi conto che forse avrei dovuto essere un po' meno egoista e preoccuparmi un po' di più per lei.

Sì, Domi, te la devi proprio far passare questa cosa per James.

Adocchiai un Tassorosso del quinto anno che la guardava allontanarsi con aria rapita, mentre la ragazza seduta accanto a lui si sistemava i capelli con l'espressione scocciata di chi si sta rodendo dall'invidia. Se Domi non avesse avuto l'ossessione maniacale di innamorarsi sempre di chi non la ricambiava, avrebbe potuto trovarsi il ragazzo in men che non si dica.

Studiai il Tassorosso con più attenzione: era piuttosto carino e sembrava grande, per essere solo del quinto anno.

Quasi quasi...

Al mi avrebbe squartata viva, ma se mi fossi rinchiusa nella torre di Grifondoro e non ne fossi più uscita per i prossimi cinquant'anni potevo avere qualche pallida speranza di sopravvivenza...

...forse.

 

***

 

Qualche ora più tardi la doppia ora di Trasfigurazione del lunedì mattina si protraeva nella noia più totale, come ogni settimana. In più, quel giorno, giusto perché non ci saltasse in testa di divertirci al rientro dalle vacanze, Ferguson aveva deciso di dedicare la lezione a un esperimento a gruppi sugli effetti collaterali delle Trasfigurazioni Animali. Il che, di base, significava starsene seduti a fissare un rospo trasfigurato in coniglio nell'attesa che desse segni di vita. Sorvolando sul fatto che il nostro coniglio continuava a gonfiare il petto e gracidare (ragion per cui Scorpius aveva giurato che non mi avrebbe mai più fatto metter bacchetta nei suoi esperimenti), la cosa più esaltante nell'ultima ora e mezza era successa quando il coniglio aveva mangiato il tema di Erbologia di Marshall. Sbadigliai e lanciai un'occhiata distratta a Ferguson, che era chino sul banco di Tessa ad osservare con aria rapita quella che aveva tutta l'aria di essere una chiazza di vomito di coniglio.

« È disgustoso... » commentai, lasciando cadere una manciata di Zellini in mezzo al tavolo.

« Assolutamente » convenne Marshall, e rilanciò con una Falce. « Stai bluffando di nuovo, non è vero? »

Inclinai un po' di più le carte, in modo che Mort non riuscisse a sbirciare la coppia di quattro, il due, il nove e il sette che avevo in mano.

« Te l'ho detto, ho un full. Liberissimo di non credermi » sbuffai, con quella che mi sembrava una degna espressione di spregio.

Mort sghignazzò.

« Un full, come no ».

E lanciò sul tavolo un Galeone. Il coniglio zampettò verso la moneta, l'annusò con perplessità e poi si allontanò gracidando allegramente. Al si ficcò una mano in tasca e piazzò un secondo Galeone sotto il naso di Mort, sogghignando.

« Scommettiamo duro, eh? Spero per te che tu abbia una scala reale ».

Per tutta risposta Mort si grattò il mento con la sommità delle carte e posò il Galeone di Al sopra il proprio. 

« Forse... » rispose, evasivo.

Il suo sorrisetto, però, era piuttosto eloquente. Lanciai uno sguardo allarmato alle mie carte e soppesai le monete che mi restavano in tasca. Al mi rivolse un sorrisino denigratorio.

« Allora, sei sempre sicura di avere in mano un full? »

« Oh, andate al diavolo, lascio » sibilai.

Al inarcò le sopracciglia in direzione delle mie misere carte, che ora giacevano a faccia in su sopra il tavolo.

« Mi aspettavo almeno una doppia coppia... » commentò con sufficienza.

Marshall scosse la testa.

« Grifondoro... sono così teneri quando cercano di dartela a bere ».

Scorpius, che aveva passato gli ultimi quaranta minuti a documentare minuziosamente il comportamento del coniglio, alzò uno sguardo infastidito dalla pergamena. 

« Ora capisco perché voi quattro non siete capaci di Trasfigurare un ago in un fiammifero » borbottò. « E comunque hanno ragione, Rose: anche il coniglio si era accorto che stavi bluffando ».

Incrociai le braccia sotto al seno e misi il muso, senza degnarmi di rispondere.

Stupidi Serpeverde.

Recuperai un pezzo di pergamena spiegazzato dal fondo della borsa e cominciai a scarabocchiarlo distrattamente, fingendo un interesse del tutto fittizio nei confronti del coniglio e dei suoi tentativi di mangiare la bacchetta di Mort. Quando Ferguson mi passò accanto assunsi immediatamente una postura più professionale e picchiettai il dito con aria saputa su un paragrafo a caso del libro di Al.

« …naturalmente la perdita d'identità da Trasfigurazione accidentale è un'opzione da tenere in considerazione » proclamai a voce alta.

Albus nascose il gruzzolo di monete (che ormai aveva raggiunto le dimensioni di un piccolo patrimonio) sotto la manica dell'uniforme e annuì con fin troppa convinzione, mentre Ferguson si sporgeva sopra la sua testa per controllare la sua pergamena intonsa.

« Certo, certo, e come ti dicevo il coniglio potrebbe aver riportato dei danni cerebrali dovuti a... »

« Non sono d'accordo » s'inserì Marshall, aggiustandosi la cravatta con fare da grande intellettuale. « Trovo che lo stato confusionale dell'esemplare preso in considerazione sia da reputarsi una banale conseguenza del meccanismo di sostituzione organica operato dalla Trasfigurazione, che come ben saprete non va ad intaccare i meccanismi legati al funzionamento delle reti neuronali dell'animale ». Ferguson gli rivolse uno sguardo vagamente confuso ma compiaciuto, senza accorgersi che Marshall aveva appena fatto scivolare due Galeoni sotto la manica di Al, che ne aggiunse a sua volta altri due. « Ma credo che il disorientamento dell'esemplare non sia direttamente legato a... »

« Di che accidenti stai parlando? » lo interruppe Mort non appena Ferguson fu fuori portata d'orecchio.

Poi, senza fare una piega, lasciò cadere tre Galeoni sul tavolo. Marshall gli rivolse un sorriso serafico e si strinse nelle spalle.

« Non ne ho la più pallida idea ».

« Reti neuronali... » sghignazzò Al, seppellendo il viso tra le braccia per soffocare le risate.

« Ne parlavano due studenti di Babbanologia in Sala Comune, stamattina » rispose Marshall, gettando un tris e una coppia sul tavolo. « Mai sentite nominare... Ah, tra parentesi, lascio. Scommetto che voi due schifosi avete truccato le carte ».

« Questo esperimento è l'apoteosi dell'inutilità... » sbuffai.

Al posò tre Galeoni sul tavolo, lanciando uno sguardo di sfida a Mort.

« Scopriamo le carte? » propose questi.

Al gli rivolse un sorriso innocente e calò un tre, un cinque, un sette, un nove e un quattro. Per tutta risposta Mort calò una regina, un otto, un sette, un due e un cinque.

« Fate schifo » sibilai, mentre Mort si appropriava del bottino e Al imprecava sottovoce.

« È che noi sappiamo bluffare, tesoro » disse Mort, battendomi una pacca sulla spalla.

Scorpius intinse la penna nel calamaio con ferocia.

« No, davvero, fate schifo. Tutti e quattro. Il primo che prova a chiedermi gli appunti lo Crucio... »

Al cominciò a protestare, ma in quel momento Ferguson comparve alle sue spalle con una pila di pergamene tra le mani.

« Oh, avanti, Scorpius... » mimai la decapitazione con un dito, fingendo di grattarmi il collo. Al si schiarì la voce e aprì il primo libro che gli capitò sottomano. « Sì, ehm... non credo proprio che il comportamento del coniglio possa dipendere dal fattore di cui stavi parlando poco fa. Se devo dire la mia... »

Ferguson gli posò davanti una delle pergamene, con l'aria di credere alla sua messinscena tanto quanto credeva all'esistenza di Babbo Natale.

« I temi per casa » annunciò, arcigno.

Marshall fece sparire le carte con un colpo di bacchetta e prese atto del proprio (del tutto immeritato) Oltre Ogni Previsione con un sorriso discreto. Mort lanciò uno sguardo distratto al proprio Scadente, come se si trattasse dell'Oroscopo sull'ultima pagina della gazzetta del Profeta, mentre Al accolse il proprio Accettabile continuando a imprecare per i soldi persi al gioco.

L'ultimo tema a venir consegnato fu il mio. Incrociai le dita sotto il banco, improvvisando una preghiera a tutti i grandi maghi del passato.

Ti prego, Merlino, fa' che sia sufficiente... 

Ferguson fece una smorfia orrenda e mi posò davanti la pergamena, voltata in modo che potessi vederne solo il retro. Sperai che la sua espressione da Troll sotto tortura fosse un buon segno e sollevai un angolo pergamena, sbirciando con timore reverenziale nello spiraglio che si creò tra il foglio ed il banco. In fondo alla pergamena, scritta più in piccolo che gli era riuscito, si distingueva a fatica una minuscola O rossa. Sorrisi, trionfante. 

« Facile così » grugnì Mort. « Chiederò anche io a Scorpius di uscire con me ».

Non feci il minimo tentativo di negare che avevo copiato tutto spudoratamente da lui.

« Lo so » sogghignai. « Scorpius non è del tutto inutile, in fin dei conti ».

« Ah, non sono del tutto inutile. Grazie, che onore » sbuffò il diretto interessato, che a quanto pareva era ancora parecchio offeso per la questione del poker e del coniglio e del fatto che chiaramente poi lo avremmo costretto a passarci gli appunti.

« Sì, sì, vi amo tanto anche io » intervenne la voce canzonatoria di Marshall. 

Mi voltai verso di lui per fargli una boccaccia. 

« Parli tu, non è vero? »

Marshall mise su la propria migliore espressione neutra, ma non riuscì a camuffare del tutto il rossore che gli salì alle guance. 

« Io cosa? »

Mort, dalla parte opposta del tavolo, tentò con scarsi risultati di soffocare un attacco di risate. 

« Lo sai, vero, che Lily ha fatto leggere più o meno a tutta la scuola la lettera che le hai scritto per il suo compleanno? » chiesi.

Era stato il pettegolezzo più succulento della scuola per tutto il mese di ottobre. D'altronde, Marshall Matthews che scrive parole smielate a una ragazza o lo vedi dopo che qualcuno lo ha messo sotto Imperius o non lo vedrai mai più per il resto della tua vita. 

« James voleva buttarti nel Lago Nero » ritenni necessario informarlo. 

La faccia imbarazzata di Marshall si trasformò in una decisamente preoccupata. Era da settembre che se la faceva sotto ogni volta che qualcuno menzionava il fratello maggiore della sua ragazza. D'altronde Jamie non ci era andato per il sottile con la storia del “fratello maggiore protettivo che ti ammazzerà e darà il tuo cadavere in pasto alla Piovra Gigante”.

« Non ti preoccupare: ha minacciato di farlo anche con me, un paio di volte » intervenne Scorpius, con quello che doveva sembrargli un tono incoraggiante. « I Weasley sono gente strana ».

« Voi tutti siete gente strana » brontolò Mort, abbandonando la conta dei Galeoni vinti per unirsi alla conversazione. « Rose, se hai un minimo di pietà per me, piantalo ». 

« Così potrai chiedergli di uscire? » lo prese in giro Marshall.

« Chiaramente » convenne Mort. « E se la nobile causa di alzare il mio rendimento scolastico non ti basta, Rose, pensa a questo: hai una vaga idea di cosa voglia dire dormire in stanza con tre invasati, di cui due non fanno che parlare di quanto sono meravigliose le loro ragazze, mentre il terzo gongola e li monta ulteriormente? »

Al sbatté le ciglia con un'espressione innocente che sarebbe stata di gran lunga più credibile in faccia a Giuda.

« State parlando di me, per caso? »

Da quando sua sorella e sua cugina uscivano con due dei suoi compagni di stanza, il livello di esaltazione di Al era cresciuto esponenzialmente: un paio di settimane prima l'avevo sentito vantarsi con dei ragazzi del quarto anno, arrogandosi tutto il merito di averci accoppiati. 

Alzai gli occhi al cielo.

« No, figurati, Al, il mondo è pieno di pazzi assatanati che se ne vanno in giro a predicare la pace e l'amore. »

« Infatti stavamo parlando di Gesù » mi diede man forte Mort. 

« Ah, beh, allora è tutto a posto. Salutatemelo quando lo vedete » replicò Al, sarcastico, prima di tornare a scarabocchiare distrattamente sul libro di Mort. 

Marshall ridacchiò. 

« Comunque, Mort, se avere tutti questi compagni di stanza accoppiati ti fa sentire single e infelice sono sicuro che Rose potrà liberarti dalla compagnia di Scorpius per un paio di notti, non è vero, Rose? » disse, strizzandomi l'occhio con aria complice.

Scorpius, al mio fianco, emise un verso strano, e le mie guance presero letteralmente fuoco. Stavo per rispondergli qualcosa di molto volgare, ma prima che lo potessi fare la bacchetta di Ferguson mi picchiettò sulla spalla. 

« Weasley, smettila di disturbare: i tuoi compagni stanno cercando di imparare qualcosa. Fuori dalla porta ».

Sul fatto che i miei compagni stessero cercando di “imparare qualcosa” avevo dei dubbi molto consistenti, ma reputai che fosse più saggio non farglielo notare. Anche perché non vedevo l'ora di battermela in ritirata, prima che qualcuno avesse la brillante idea di approfondire i dettagli della mia (inesistente) vita sessuale.

Al diavolo! Che gliene frega a tutti di cosa facciamo io e Scorpius?

Mi alzai e feci scattare la mano verso la fronte, simulando un saluto militare.

« Agli ordini, prof ».

Mentre attraversavo l'aula, diretta alla porta, incrociai per un attimo lo sguardo di Tessa MacMillan.

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Capitolo 3
*** Aerei Babbani e pulci nelle orecchie ***


Grazie a tutti per le splendide recensioni che avete lasciato alla storia fino a questo punto e per l'entusiasmo con cui avete accolto i nuovi pairing che si prospettano all'orizzonte. Un grazie particolare va a noleo, che ha segnalato la storia per le scelte, e poi anche a GianAuror e a fiammablade3466 perché mi va di farlo. Il betaggio è della solita zuzallovesempresialodataamen, che concorderà con me nel voler dedicare questo capitolo alla professoressa Hohmann (con la dieresi che non ho voglia di mettere sulla o).

Il prossimo aggiornamento arriverà in ritardo perché dopo Pasqua partirò per il Belgio e poi dovrò andare di filato a Milano a fare il test d'ammissione di Medicina in Inglese (roba da nulla, neh?). Per ovvi motivi mi sarà difficile aggiornare, senza computer e in preda a una folle ansia pre-esame. Comunque il 16 aprile tornerò a casa e l'aggiornamento direi di fissarlo per venerdì 19 aprile, così ho il tempo di rispondere alle recensioni. Magari poi cercherò di anticipare un po' l'aggiornamento seguente, per farmi perdonare, ma tutto dipende da quanto riuscirò a portarmi avanti con i capitoli. Per ora fortunatamente ne ho ancora un paio in serbo, pronti per la pubblicazione :)
Ultima cosa: a fine capitolo c'è un sondaggio che vi pregherei quantomeno di leggere, perché mi fareste un grande favore e poi perché è anche un po' nel vostro interesse esprimere la vostra opinione :)

 

Buona lettura.



PS. Sono PATENTATA! Quindi, a tutti i triestini, occhio quando attraversate la strada ;)
 




Capitolo 2

Aerei Babbani e pulci nelle orecchie

 

Ve l'hanno mai messa una pulce nell'orecchio? È un animaletto piccolo e innocuo, dicono. Beh, dicono anche che i Babbani non sanno il fatto loro. Dicono.

Dicono tante cose, in effetti. Ma ve la dico io una cosa, adesso: le pulci prudono. E i Babbani alla fine non sono mica tanto coglioni. Un po' come i piccioni d'oggi, insomma: se ne stanno lì a tubare sul marciapiede come se niente fosse, con la loro bella aria da fessi, e non si spostano neanche se stai per calpestarli – ancora un po' e devi fare il giro tu, per scansarli. Però in realtà non sono mica scemi: appena possono prendono il volo e te la mollano in testa. Io dico che sanno benissimo quello che fanno, alla faccia.

Ma si diceva delle pulci. Passando ad altre branche della zoologia, dunque, una pulce nell'orecchio, per quanto piccola, può diventare estremamente fastidiosa: all'inizio ti causa solo un leggero prurito, non ci fai molto caso, ma più passa il tempo, più il prurito si fa intenso e più ci pensi. Cominci a grattarti sempre più spesso, cerchi di farla uscire, ti arrabbi, ma non c'è verso: la pulce se ne sta là, e tu continui a pensarci sempre più ossessivamente.

E alla fine la pulce diventa più grande di te e ti mangia, ecco cosa.

 

***

 

Entro mercoledì sera, dopo l'allenamento di Quidditch, ogni residuo del buonumore portato dalle vacanze era svanito nel nulla, inghiottito dalla routine delle lezioni e degli allenamenti. Il fatto che O'Flaery mi avesse quasi centrata nei denti con la sua mazza da Battitore, poi, non aveva aiutato un granché. C'era da dire che a lui era andata molto peggio che a me, comunque: Fred non si era fatto pregare per restituirgli la mazzata con tutti gli interessi che il caso richiedeva, perché era evidente che i Serpeverde stessero cercando di spiare le nostre tattiche di gioco. Di conseguenza Bulstrode di Serpeverde aveva pensato bene di attentare alla vita di James, scatenando la reazione irata di sua cugina Meredith, che giocava per noi. A quel punto Carly e Austin Alcott di Grifondoro si erano messi in mezzo per evitare che qualcuno si facesse male sul serio, ma avevano finito per stendere il Capitano di Serpeverde, Serena Mayfair, e Al l'aveva presa decisamente sul personale. Certo, James avrebbe anche potuto evitare di dirgli che era il barboncino da compagnia della Mayfair e che, se la amava così tanto, perché non le chiedeva di diventare la sua ragazza? Almeno non si sarebbe preso uno Schiantesimo in faccia.

...Insomma, fissare l'allenamento di Serpeverde subito dopo il nostro non è stata esattamente l'idea del secolo.

Sicuro che erano venuti per spiarci, quei luridi, infingardi, disonesti...

Spalancai il portone d'ingresso con uno Schiantesimo (sì, poteva darsi che fossi un tantino incazzata) ed entrai a passo di marcia, schivando uno dei soliti attentati di Pix.

« Tirami uno di quei cosi in testa » lo avvertii, brandendo la scopa. « E giuro che ti attacco al culo del Barone Sanguinario con un Incantesimo di Adesione Permanente ».

Pix sogghignò e svolazzò pigramente verso il soffitto, del tutto indifferente alle mie minacce.

Beh, in effetti, non sono sicura che gli Incantesimi di Adesione Permanente funzionino sui fantasmi. E, ora che ci penso, non sono nemmeno sicura di saperlo fare, un Incantesimo di Adesione Permanente...

Pix mi rivolse un sorrisetto maligno e chiese con voce angelica: « Di cattivo umore, Weasel? »

L'attimo dopo il vaso di occhi di iguana in gelatina che stava spargendo a terra si schiantò sul pavimento a venti centimetri dai miei piedi, schizzandomi di poltiglia verde fin sul viso. Mi ripulii le guance con la manica della divisa, senza risparmiare dagli insulti nessun capo di vestiario presente nel guardaroba di Merlino.

« Suvvia, Weasel, che volgarità » motteggiò Pix, mentre il mio Schiantesimo si abbatteva sul muro alle sue spalle. « Sei arrabbiata perché il tuo fidanzatino Malfoy se la fa con la sua amica MacMillan? »

Feci del mio meglio per non calpestare gli occhi di iguana mentre attraversavo l'ingresso, seguita dal Poltergeist.

« Il mio fidanzatino non se la fa con nessuno, Pix » sbuffai, fallendo miseramente nel tentativo di non spiaccicare gli occhi sotto le suole. « E questa roba l'hai fatta tu? »  aggiunsi quando passai davanti a un quadro che qualche idiota si era divertito a sfregiare a tal punto che l'unica cosa rimasta visibile era la targhetta: “Firma del patto di non belligeranza tra maghi e Babbani. 1207, olio su tela.”

Per tutta risposta Pix mi fece una pernacchia estremamente rumorosa nell'orecchio.

« No, sono stati degli amici del tuo fidanzatino ».

« Piantala ».

Mi ripulii dalla sua saliva e ripresi a camminare, nella vana speranza che Pix decidesse di dedicarsi a qualche nuovo atto vandalico e mi lasciasse in pace. Chiaramente non lo fece.

Che palle. Dov'è il Barone Sanguinario quando serve?

Imboccai la prima rampa di scale e Pix si sedette sul corrimano al mio fianco, allegro come un bambino il giorno di Natale. Quando tentai di scacciarlo si ficcò la mano in tasca e ne estrasse un occhio mezzo spiaccicato, che mi lanciò sul naso.

« Sei proprio sicura che il tuo fidanzatino faccia il bravo, Weasel? » insinuò.

Feci del mio meglio per non ingoiare la gelatina mentre lo mandavo a quel paese. Pix accolse i miei insulti con l'aria deliziata di chi ha appena ricevuto un gran complimento e, lungi dal demordere, disse: « Lo sanno tutti che Malfoy e la sua amica hanno una tresca. Solo Weasel non lo sapeva, ma vedi, ora te l'ho detto, non ti arrabbiare... »

Digrignai i denti così forte che sentii la mascella scricchiolare.

« Pix... »

« Malfoy e la sua amica vanno sempre in biblioteca assieme, ma Weasel non sospetta niente... »

« Sono amici, Pix... »

« Sono amici, le ha detto il fidanzatino. Ma Weasel non lo sa che Malfoy e la sua amica stavano assieme, l'anno scorso? »

« La proposta per l'Incantesimo di Adesione Permanente è sempre valida... »

« Le vecchie fiamme ritornano sempre... Chissà come ha fatto Weasel a non accorgersi di niente. Tutti ridono della povera Weasel, ma lei non si accorge di niente... »

« Pix, sono qui. Smettila di usare la terza persona! »

« Povera, povera Weasel... Chissà come piangerà, quando scoprirà che il suo fidanzatino le ha mentito per tutto questo temp... »

« STUPEFICIUM! » 

Pix evitò lo Schiantesimo con una capriola a mezz'aria e, dopo avermi rivolto un'ultima pernacchia, svolazzò via canticchiando a gran voce una canzone sulla povera Weasel cornificata.

Al diavolo!

Decisamente, quella era stata la giornata peggiore che avessi avuto da mesi.

 

***

 

Giovedì mattina non si prospettava una giornata affatto migliore della precedente. Tanto per cominciare, non avevo chiuso occhio per tutta la notte, il che già da solo bastava per esser certi che quella giornata avrebbe fatto schifo. In più era dalla sera prima che non facevo altro che pensare a Tessa, a Scorpius, a quello che aveva detto Pix, e più ci pensavo più le sue insinuazioni mi sembravano plausibili.

In fondo gli è già piaciuta una volta, no? Potrebbe benissimo succedere di nuovo...

Quando raggiunsi il secondo piano, trovai il corridoio di fronte all'aula di Difesa Contro le Arti Oscure immerso in un brusio concitato. L'improvviso ritiro della professoressa di Difesa, alla fine di dicembre, aveva fatto parecchio scalpore e per tutte le vacanze di Natale erano circolate le teorie più strane sulla sua scomparsa improvvisa. Teorie che continuavano tutt'ora a circolare, più bizzarre che mai, nonostante al banchetto di inizio trimestre la McGranitt ci avesse assicurato che si trattava di una semplicissima gravidanza. Da quando era stato annunciato l'arrivo di un supplente, poi, l'immaginazione perversa degli studenti di Hogwarts stava dando il meglio di sé.

E poi non mi vengano a dire che Hogwarts non è una scuola di pettegole.

Mi feci spazio tra la calca di studenti – molti dei quali non erano neanche del mio anno e non si capiva cosa facessero lì – per raggiungere Scorpius, Al, Marshall e Mort, che mi stavano aspettando davanti alla porta dell'aula.

« 'Giorno, Rose » grugnì Al, imitato con scarsa convinzione da Marshall e Mort.

Sembrava ancora piuttosto risentito per la lite al campo da Quidditch. Scorpius, che a quanto pareva era troppo intento a sfogliare il libro di testo per curarsi della mia presenza, mi salutò con un vago borbottio e una carezza distratta sulla spalla.

Che cacchio sono, un Border Collie?  

« Salve, gente » sbuffai a voce molto più alta del necessario. « Allora, questo supplente si è fatto vivo? »

« Non ancora » rispose Marshall. « Pare che sia arrivato al castello ieri sera dopo cena ».

« Ma c'è già chi giura di averlo visto mettere KO la piovra gigante, e Frances Godwin è sicura che sia un vampiro » aggiunse Mort, mentre, tanto per essere originali, si rollava una sigaretta.

Di quel passo avrebbe cominciato a fumare anche nel sonno, ammesso che non lo facesse già.

Scorpius finalmente si degnò di staccare gli occhi dal proprio libro, ma a quanto pareva guardare il soffitto con aria annoiata era più interessante che guardare me

« Un vampiro, come no... »

« Beh » s'intromise Al. « Se non altro è più originale della storia dell'ex detenuto di Azkaban ».

La cara, vecchia storia dell'avanzo di galera fissato con le Arti Oscure: ogni volta che arrivava un nuovo professore era sempre la prima ipotesi a venir avanzata, con sicurezza quasi profetica. D'altronde c'era anche da dire che la cattedra di Difesa Contro le Arti Oscure aveva una certa storia, alle spalle: dopo Mangiamorte, lupi mannari, romanzieri truffatori e una manica di altri individui molto poco raccomandabili, non c'era da stupirsi che la McGranitt avesse accolto a braccia aperte la dolce professoressa McKinnon, nonostante fosse a stento capace di difendersi da un moscerino. La sua plateale incompetenza doveva esserle sembrata una prova piuttosto inconfutabile del fatto che non avrebbe tentato di assassinare gli studenti o che, se anche ci avesse provato, avrebbe ottenuto gli stessi risultati di un Magonò armato di una stecca di liquirizia. Era stato un vero e proprio miracolo, in effetti, che così tanti di noi fossero riusciti a superare i GUFO della sua materia. E con così tanti intendevo quattro gatti e mezzo, ovviamente.

Beh, io sono stata promossa.

Il suono della campanella arrivò senza che il nuovo professore avesse dato segni della propria esistenza e la folla dei curiosi delusi si disperse lentamente, lasciando una misera dozzina di studenti ad attendere che il supplente si rivelasse.

« Magari vuole fare scena e comparirà dal nulla in mezzo a una nuvola di fumo viola... » propose Mort; al che Scorpius non poté astenersi dal ricordargli che non ci si poteva Materializzare dentro il castello e Al colse l'occasione per fargli notare che era un emerito rompipalle.

« Beh, è la verità » si difese Scorpius, con l'espressione oltraggiata di chi è appena stato accusato di un crimine che non ha mai commesso.

Evitai accuratamente di intromettermi nella conversazione, per non essere chiamata a difenderlo, e mi ripromisi di nascondergli un paio di libri alla prima occasione. In fondo, per tutto il tempo che ci passava assieme, avrei avuto ottime ragioni per essere gelosa marcia del testo di Incantesimi Avanzati o del manuale di Erbologia per Maghi Esperti. Oltre che di quella racchia della sua “migliore amica, Rose, sai che non ti tradirei mai”.

Chiaro, come potresti mai farmi una cosa del genere? Non è come se Tessa fosse la tua ex.

Era così ovvio, accidenti a me: perché non ci avevo mai pensato? Insomma, mi fidavo di Scorpius – credo – ma piuttosto che fidarmi di Tessa mi sarei fatta sbranare da una Sfinge. Magari l'aveva circuito in qualche modo, o lo stava ricattando per ottenere favori sessuali, o lo aveva messo sotto Imperius...

Questo almeno spiegherebbe perché di punto in bianco mi tratta come se fossi un Cocker Spaniel...

Marshall controllò l'orologio e, dopo essersi sistemato il ciuffo con un colpo di bacchetta, ci annunciò che erano già le nove e dieci. Mort s'infilò tra le labbra la sigaretta che aveva appena rollato e spalancò la porta dell'aula con molta meno classe, mentre si frugava in tasca per ripescare la bacchetta.

« Beh, entriamo, che cazzo » biascicò, con la sigaretta che ballonzolava in equilibrio precario a un centimetro dalla punta del naso.

L'aula era vuota e polverosa, esattamente come l'avevamo lasciata due settimane prima, ad eccezione degli osceni auguri di Natale che Pix aveva tracciato sulla lavagna. Mort si sedette nell'ultima fila e posò la sigaretta sul banco, sbuffando: « Spero solo che il prof mi lasci fumare a lezione, come la McKinnon ».

D'altronde la McKinnon, per il livello d'autorità che aveva in classe, per poco non doveva chiedere agli studenti il permesso di andare in bagno. Presi posto in primo banco accanto a Scorpius, mentre una voce saccente alla mia sinistra mi informava che Tessa MacMillan, di tutti i banchi disponibili, aveva scelto di prendersi proprio quello accanto al nostro.

Lo fa apposta, certo che lo fa apposta. È un complotto, ecco cosa.

« Spero che il supplente sia più competente della McKinnon. Non abbiamo imparato niente in cinque anni e mezzo con lei » stava dicendo, rivolta a un compagno di Casa, che dava l'impressione di star annuendo tanto per farla contenta. « La teoria a volte la spiegava anche decentemente, ma se sono così brava nella pratica degli incantesimi difensivi lo devo solo e soltanto allo studio individuale... »

A cosa devi tutta questa modestia, invece? – pensai, e l'avrei anche detto a voce alta, se Scorpius non mi avesse rifilato un'occhiataccia che me lo vietava esplicitamente.

Oh, certo, povera, cara, dolce Tessa. Al diavolo...

Scorpius la difendeva a spada tratta ogni volta che provavo a parlare male di lei: come avevo imparato a mie spese, l'unico modo per mantenere il nostro equilibrio di coppia era dargliela vinta e comportarmi come se Tessa non esistesse. E non sarebbe stato tropo difficile, visto che da settembre Tessa non mi rivolgeva la parola, se solo lei e il mio (e ci tenevo a sottolineare mio) ragazzo non fossero stati migliori amici.

Migliori amici un gran mazzo di rape, se permettete.

Seriamente, come avevo fatto a non sospettare nulla per tutti quei mesi? Insomma, non era normale che due ex fidanzati tornassero ad essere migliori amici come se niente fosse, dopo essere stati assieme per sette mesi.

O no?

Sistemai i libri sul banco in modo da formare una barriera tra me e Tessa, e ci posai sopra anche astuccio e calamaio, per buona misura.

« A me la McKinnon piaceva » commentai.

Non era proprio la verità, ma non era nemmeno una bugia così plateale: la McKinnon era una donna molto materna e non mi aveva mai bistrattata, nonostante fossi spesso l'anima del casino a fondo aula durante le sue lezioni. In più, quello era il massimo di contestazione che mi fosse concesso nei confronti di Tessa.

Stupida vacca...

Non avevo idea del perché Scorpius la trovasse tanto simpatica, e a dirla tutta trovavo incredibile anche il semplice fatto che riuscisse a sopportarla. Insomma, diavolo, che fine aveva fatto la cara, vecchia legge dello “stiamo assieme, ci molliamo e poi ci togliamo il saluto per sempre”? Col cavolo che Scorpius poteva dire “siamo solo compagni di studio”: volevo ben vedere se per quella racchia erano solo “compagni di studio”.

Probabilmente non vede l'ora di somministrargli un filtro d'amore...

Ma a Scorpius lei non piaceva più, giusto? Miseriaccia, non poteva piacergli ancora: era Tessa! Già non riuscivo a spiegarmi come avesse potuto piacergli una volta...

...ma se è successo può succedere di nuovo...

Tessa sistemò le proprie cose sul banco e si sporse al disopra della muraglia di libri per salutare Scorpius, che le rispose con molto più entusiasmo di quanto avesse fatto con me.

...Insomma, d'accordo, era un banale « ciao Tessa », ma almeno a lei non aveva fatto “pat pat” sulla spalla come se fosse il cane della sua prozia. E comunque, no, non era autorizzato a salutarla. 

Appena Tessa si voltò, mi premurai di risistemare i libri, che aveva spostato di qualche millimetro, e aggiunsi alla pila anche il maglione e la sciarpa di Grifondoro.

Via, sciò: non invadere il mio spazio vitale.

Scorpius, finalmente, si degnò di lanciarmi un'occhiata perplessa.

« Va tutto bene, Rose? »

« Sì, alla grande. In effetti non potrebbe andare meglio di così. Va tutto benissimo, perché mai dovrebbe esserci qualcosa che non va? » risposi, ignorando la vaga percezione della mia voce che continuava ad arrampicarsi verso l'alto sulla scala delle ottave (e, beh, anche su quella dell'isteria, probabilmente). « E comunque perché me lo chiedi adesso? Se ci fosse qualche problema l'avrei avuto anche prima, ma tu non hai notato niente, quindi perché ora di punto in bianco dovrei avere qualche problema? »

Scorpius parve sinceramente inquietato dalla mia risposta, ma, se anche aveva intenzione di ribattere (nel qual caso lo avrei sbranato vivo), la porta della classe si richiuse con uno schianto prima che potesse dire alcunché. Ci voltammo tutti verso il fondo dell'aula, da cui era appena entrato l'uomo più grosso che avessi mai visto dopo Hagrid: a occhio e croce avrei detto che era alto sui due metri, misura che tra l'altro doveva approssimare con una certa precisione anche il diametro dei suoi bicipiti.

Miseriaccia...

L'uomo attraversò l'aula a passo di marcia, sbattendo gli anfibi sul pavimento come se si trattasse di una parata militare, e quando raggiunse la cattedra si voltò a guardarci, dritto di fronte a noi con le gambe allargate e le braccia conserte. Colta dalla subitanea consapevolezza di essere l'unica rimasta seduta, mi affrettai a schizzare in piedi prima che il professore potesse scotennarmi (perché, sì, aveva tutta l'aria di uno che lo avrebbe fatto senza esitazioni). Quando ebbi raccolto la sedia che avevo fatto cadere e mi fui finalmente ricomposta, il professore estrasse un orologio dalla tasca dei pantaloni mimetici e lo squadrò con una smorfia di disappunto.

« Lenti e scoordinati » commentò, scuotendo la testa.

Aveva un pesante accento tedesco che non contribuì particolarmente a renderlo meno spaventoso. Dalle retrovie sentii qualche Nato Babbano che sussurrava « Hitler », ma non ebbi il coraggio di voltarmi per scoprire chi lo avesse detto.

Per un po' l'unico rumore udibile fu lo squittio degli anfibi del professore, che aveva ripreso a marciare tra i banchi. Ogni volta che passava accanto a uno studente si sentiva il sibilo secco di un respiro trattenuto, ma a parte guardarci con aria schifata non fece del male a nessuno. Non fino a che arrivò a Marshall e Mort, almeno. La pausa accanto al loro banco fu più lunga delle altre e, a giudicare dal volto pallido e teso di Mort, non andava interpretato come un buon segno. Tesi il collo per riuscire a vedere qualcosa oltre le file di studenti che ci separavano, ma riuscii soltanto ad ottenere una visione più nitida del bicipite del professore, gonfio e pulsante come il bulbo di una pianta carnivora sul punto di esplodere. Alla fine, proprio quando stavo cominciando a chiedermi quali fiori portare sulla tomba del mio amico, il professore gli strappò di mano la sigaretta appena rollata e se la ficcò in bocca.

« Qvesta la prendo io » disse.

Mort si affrettò ad annuire e balbettò: « Certo, certo... n-ne ho un'altra se vuole... »

Il professore lo ignorò e si accese la sigaretta con la punta della bacchetta. Indossava una maglietta nera a maniche corte infilata sotto la cintura, nonostante la temperatura esterna fosse abbondantemente sotto lo zero, e aveva uno scorpione tatuato sul braccio sinistro. Una lunga cicatrice rosa intenso correva dalla mascella squadrata fino a dentro il collo della maglietta. I suoi capelli grigi, rasati cortissimi, e le rughe sul volto autoritario davano l'impressione di un cinquantenne infilato a forza nel corpo di un trentenne a cui qualcuno aveva lanciato un potente Engorgio.

Decisamente inquietante...

« Foi ziete il sesto anno, io zuppongo » continuò il professore, tornando verso la cattedra. « Io zono Jurgen Höhmann, Führer delle Deutsche Magische Streitkräfte, e foi mi chiamerete Herr Professor ».

Dalla classe si levò un timido coro di: « Sì, Herr Professor ».

Höhmann diede un tiro soddisfatto alla sigaretta di Mort e poi la spense sul banco di Scorpius, sotto lo sguardo terrorizzato di quest'ultimo.

« Wundershön ».

Qualunque cosa volesse dire “wundershön”, quando i suoi occhi si posarono sul libro di testo di Scorpius, aperto in bella vista sul banco, la sua espressione si fece pericolosamente arcigna. Lo sollevò dal banco come si trattasse di un topo morto e, sventolandoglielo sotto il naso, chiese: « Cos'è qvesto? »

Scorpius deglutì in modo estremamente rumoroso e si allargò il colletto della camicia con un dito.

« Il... il libro di testo, Herr Professor... »

Per tutta risposta Höhmann batté la bacchetta sul libro e gli diede fuoco. Scorpius ne rimase così distrutto che non ebbe nemmeno il coraggio di obiettare a quello sterminio assolutamente gratuito di cultura.

« Non ti serve qvesta robaccia » dichiarò il professore, scrollandosi via le ceneri dai vestiti. « Nessun reparto delle Deutsche Magische Streitkräfte ha mai finto una battaglia con i libri. Le gverre si fincono con il sangve, il sudore e la fatica. Fince chi ha i riflessi più pronti e i nerfi più saldi, ja? »

A quel punto nessuno osò più fiatare, nemmeno per balbettare un misero « sì, Herr Professor ». Höhmann, apparentemente soddisfatto del livello di terrore che era riuscito a incutere in quei cinque minuti, impugnò la bacchetta e con un solo gesto mandò tutti i banchi e le sedie contro le pareti dell'aula. Tutti i banchi e le sedie con noi sopra.

Ma che cavolo gli passa per la testa?

Fui abbastanza veloce da saltare a terra e schivarmi prima di sbattere sul muro, ma la maggior parte degli studenti non ebbe i riflessi altrettanto pronti. Mentre i superstiti facevano del proprio meglio per districarsi dal groviglio di sedie, banchi e arti altrui, Höhmann evocò un grande materasso blu e una scatola piena di legnetti.

« Ziete lenti » commentò. 

Poi, dopo aver saggiato il materasso con un piede, ci salì sopra e da quella posizione si voltò a guardarci con le mani sui fianchi. In effetti, per essere un mago, la parodia di un SS gli era venuta a meraviglia. Peccato che non sembrasse esattamente uno scherzo, dal modo in cui raccolse un bastoncino e lo spezzò senza il minimo sforzo.

Del tutto incurante delle espressioni terrorizzate degli studenti, Höhmann chiese: « Foi zapete qval è la prima causa di morte dei soldati maghi sul fronte? »

Qualcuno, dal fondo dell'aula, balbettò: « N-no, Herr Professor... »

« La prima causa di morte » proseguì Höhmann, gettando a terra i miseri resti del legnetto. « È che i maghi non sanno difendersi senza la bacchetta. Könnt ihr? » 

Konnchecosa?

« È suffiziente un'esplosione o un colpo e ze perdete la bacchetta ziete morti. Verstanden? » 

Non persi neanche più tempo a chiedermi cosa volesse dire “verstanden”: ero troppo impegnata a preoccuparmi del modo in cui aveva detto “esplosione” e “morti”. 

« Qvindi oggi dofete disarmare il fostro affersario zensa usare la macìa » concluse Höhmann. « Zemplice, ja? »

Per la reazione che ottenne, avrebbe potuto averci appena ordinato di trasformarci in Animagi al primo tentativo. Scorpius, al mio fianco, serrò la mano sulla bacchetta come se fosse la propria ancora di salvezza, mentre un Corvonero alle nostre spalle sibilò: « Non esiste, mi rifiuto! »

Quando Höhmann lo chiamò fuori, però, si fiondò sul materasso esclamando: « Sì. Ehm... Herr Professor, signore... »

« Tu! » lo apostrofò Höhmann in risposta. « Zai difenderti a mani nude? »

Il ragazzo sembrò sinceramente oltraggiato da quella domanda.

« No, Herr Professor. Mai fatto in vita mia » dichiarò, storcendo il naso con l'aria schifata di un Elfo Domestico a cui viene chiesto se ha mai indossato uno smoking.

Lo conoscevo solo di vista, ma a scuola sapevano tutti che veniva da una famiglia di Purosangue estremamente conservatori. E, no, i Purosangue non ritenevano che menare le mani alla Babbana fosse una parte necessaria dell'educazione dei propri pargoli: nella scala gerarchica delle attività degne di un mago la consideravano più o meno alla stregua di spalare cacca di drago.

Höhmann evidentemente aveva un'opinione diversa, perché dopo quella risposta perse fino all'ultima briciola di interesse per lui.

« Qvalcuno di foi sa combattere alla Babbana? » chiese, rivolto alla classe.

Il silenzio che seguì fu così totale da risultare ai limiti del comico. Höhmann si accigliò e insistette: « Nein? Nessuno? »

« Rose sa combattere alla Babbana! » saltò su Mort, spingendomi in avanti.

« No, che cosa? No... »

Inciampai nei piedi di qualcuno e feci del mio meglio per rituffarmi nel gruppo di studenti, ma prima che ci riuscissi Höhmann mi afferrò per la collottola e mi scaraventò al centro del materasso.

« Du zai combattere? » chiese. 

Scoppiai in una risatina isterica e mi affrettai a negare tutto: « Chi, io? No, cioè, un poco, ma no, non... »

« È cintura nera di Karate » mi smentì Mort, che dopo quel commento divenne il primo candidato a venir selvaggiamente disarmato alla Babbana dalla sottoscritta. « L'ho vista io, è braviss... »

« Shhh! »

« No, davve... »

« SHHHH! »

Ma ormai Höhmann mi aveva piazzato in mano uno dei suoi legnetti e, prima che potessi reclamare il diritto a essere difesa da un avvocato, mi ritrovai a fronteggiare il Corvonero. Höhmann si fece da parte e disse: « Gut, foi potete iniziare ». 

 

***

 

Fu in assoluto la lezione di Difesa Contro le Arti Oscure peggiore della mia carriera scolastica. Oltre a rimediarci una discreta quantità di lividi, Höhmann mi usò come scimmia da circo per tutta l'ora, costringendomi a mostrare e rimostrare le mosse di arti marziali ai miei compagni. Quando uscimmo dall'aula eravamo tutti doloranti, demoralizzati e spaventati a morte, e c'era già chi parlava di andare a protestare dalla Preside o di trascinarlo davanti al Wizengamot. L'unico lato positivo della faccenda fu che Tessa, mentre provava un calcio laterale in coppia con Scorpius, era riuscita non si sapeva bene come a inciampare sui propri stessi piedi ed era caduta a terra battendo la testa con un sonoro e soddisfacente schianto. Una volta accertato che non era morta, ma solo svenuta, Scorpius e Marshall avevano dovuto portarla di peso in infermeria. Höhmann non era parso per nulla turbato all'idea di aver causato un trauma cranico serio a una sua studentessa, né d'altronde gli altri studenti si erano preoccupati troppo: Tessa non era esattamente piena di amici.

Un motivo in più per cui Scorpius non dovrebbe filarsela neanche di striscio, tra parentesi.

Comunque fosse, venerdì mattina Tessa era ancora in Infermeria ed io ero dolorante, irritabile ed estremamente assonnata. Anche perché James aveva avuto la brillante idea di farci alzare alle cinque e mezza per un allenamento extra di Quidditch, che – come scoprii con orrore – consisteva nel passarsi la Pluffa tra i rami di un Platano Picchiatore più infuriato che mai. 

Io mi chiedo solo perché.

Ma non feci in tempo a darmi una risposta che qualcuno mi richiamò insistentemente alla realtà.

« La Pluffa, Rose! »

« Eh? »

Prima che potessi connettere le sinapsi qualcosa di grosso e pesante mi colpì in pieno viso. Se riuscii a restare in sella alla scopa probabilmente fu tutto merito di un qualche intervento divino.

Però, poteva andarmi peggio...

Tre secondi più tardi fui colpita da qualcosa di molto più grosso e molto più pesante.

Ok, questo era il Platano...

Quando mi ripresi dalla collisione ero distesa a faccia in giù sul materasso che James aveva sistemato ai piedi dell'albero assassino, con il manico della scopa piantato in mezzo alle costole.

« Avanti, Rose! Hai i riflessi lenti! » mi rimproverò James, che stava piroettando tra i rami del Platano senza il minimo sforzo, come se si trattasse di una passeggiata in mezzo ai campi.

Te la do io la passeggiata...

Tentai di rialzarmi, ma l'assalto di un ramo grosso il doppio di me mi costrinse a gettarmi a pelle di leone sul materasso.

« Ci credo che ho i riflessi lenti! » sbraitai, strisciando di lato per mettermi in salvo da un nuovo affondo dell'albero. « Sono le sei di mattina! »

La risposta di James si perse tra i coloriti insulti di Meredith Bulstrode, che aveva appena fatto un brutto frontale con il Platano. Carly, poco più in alto, urlò: « Potter! Se sopravvivo a questo allenamento giuro che ti ammazzo! »

In qualche modo, mentre Meredith continuava a esprimere il proprio disappunto con la tipica finezza dei Bulstrode, riuscii a rimontare in sella e intercettai il passaggio di Fred, schivando il tronco del Platano per un soffio. La ripassai con scarsa convinzione, molto più preoccupata di salvarmi il collo piuttosto che di fare un buon passaggio.

« Avanti, gente! » ci incitò James – l'unico che sembrasse davvero sveglio. « Li vogliamo battere i Serpeverde?! »

Meredith gli lanciò la Pluffa con l'ovvio intento di colpirlo in faccia e replicò: « Tu li vuoi battere, coglione! »

« Come lo dice Mer non lo dice nessuno » sghignazzò Fred, sfrecciandomi accanto a tutta velocità mentre James ribadiva – per la centesima volta – che avrebbe preferito farsi impalare sulla coda di uno Schiopodo piuttosto che darla vinta a Severus.

Schivai un ramo e quindi puntai la scopa verso l'alto, per portarmi fuori dal raggio d'azione del Platano e riprendere fiato. O crollare addormentata sul manico, anche.

Miseriaccia, non è nemmeno sorto il sole...

Il cielo era azzurro pallido, mentre ad est stava cominciando ad albeggiare. Il parco, tutto attorno a noi, era immerso nel silenzio e nell'aria limpida e chiara a tratti pareva di scorgere il riverbero della barriera magica che circondava la scuola. Di colpo, sopra l'orizzonte, vidi uno stormo di uccelli grandi e neri che si avvicinavano in silenzio sopra la Foresta Proibita. Ne contai tre, quattro, cinque contro lo sfondo del cielo mentre si avvicinavano in fretta. 

« Secondo te sono Grifoni? » chiese Carly, affiancandomi sulla sua Comet.

Aguzzai gli occhi, tentando di distinguere i contorni delle sagome.

« Non lo so. Sembra che non muovano le ali... e poi sono troppo grossi... »

Contemporaneamente, senza che nessuna delle due avesse detto nulla, inclinammo i manici verso l'alto e cominciammo a prendere quota. Ci fermammo ai limiti della barriera, quasi duecento metri più in alto del terreno: l'aria era più fredda, lì, e il vento mi scompigliava i capelli sudati frustandomi il viso. Gli uccelli ora si trovavano proprio sopra le nostre teste, distanti forse qualche decina di metri: erano verde militare, con i motori rombanti e le ali dipinte di numeri e lettere.

Mi chinai sulla scopa e mi tappai le orecchie, assordata dal rumore del loro passaggio.

« Sono aerei Babbani! »

Carly sgranò gli occhi ed esclamò: « Aerei? Woah! Ce ne ha parlato la prof di Babbanologia. Ma com'è che fanno a volare? »

« Non ne ho idea » risposi, scrollando le spalle.

Restammo a guardarli finché non furono scomparsi all'orizzonte, poi James cominciò a minacciarci di morte se non avessimo ripreso l'allenamento e ritenemmo più saggio raggiungere il resto della squadra. 





SONDAGGIO:
Vorrei fare un sondaggio per un paio di questioni relative al proseguimento della storia: sono questioni su cui non so bene cosa fare, quindi vorrei sapere innanzi tutto cosa vorreste leggere voi, prima di scrivere o non scrivere cose di cui non frega niente a nessuno. Vi prego di rispondere (per recensione, per emssaggio privato, via GUFO, telepaticamente, insomma, come vi pare) perché mi aiutereste molto.

1) POV multipli? 
Il POV principale resta quello di Rose, e non ci piove. Potrei tuttavia inserire degli estratti dai POV di Dominique e di Albus. Questo vorrebbe dire che per alcuni capitoli l'attenzione sarebbe distolta da Rose e Scorpius, ma permetterebbe chiaramente di sviluppare meglio gli altri pairing, che altrimenti resterebbero abbozzati. Sul POV di Al sono piuttosto convinta perché mi piace e perché, soprattutto, mi serve, mentre il POV di Domi è un punto di domanda. Voi cosa vorreste leggere? Vi interessano o non vi interessano?

2) Slash?
Sulla tipologia di coppie non si può sindacare perché è una scelta che riguarda chi scrive, ma visto che il rating di questa fanfiction è alto vorrei capire cosa ne pensate dello slash ed entro quali limiti non vi blocca la crescita. La o le coppie slash saranno presenti in ogni caso, ma se lo slash vi schifa ditemelo adesso ed eviterò di porlo dal punto di vista fisico, concentrandomi solo sull'aspetto sentimentale. Così non vomita nessuno, ecco. Il messaggio che voglio dare alla fine è che l'amore è normale, anche tra persone dello stesso sesso, non che con due piselli si scopa che è un piacere, quindi le zozzerie gay mi sono abbastanza indifferenti. Il rating (che probabilmente diventerà rosso) le permetterebbe, ma non ho uno specifico interesse a scrivere di cose del genere. Di nuovo, ditemi voi cosa vorreste o non vorreste leggere.

 

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Capitolo 4
*** Giuro solennemente di... ***


Ma salve gentaglia! Come va la vita?

Io sono super-mega-iper stanca e non ho ancora finito di rispondere alle recensioni, ma mi ci metterò sotto questo weekend per portarmi in pari :)
Intanto ringrazio tutti, indistintamente, per l'immensa mole di lavoro che mi avete procurato con le vostre adorabili millemila recensioni a cui la sola idea di dover ancora rispondere mi fa venire i sudori freddi, ma soprattutto vi ringrazio di cuore per il sostegno che mi state dando e che - spero - continuerete a darmi anche nei prossimi capitoli. Lo sapete che vi amo tanto anche se sono irrimediabilmente acida (è che la Zuz mi contagia) <3

Per quanto riguarda il sondaggio, mi sa che vi devo ringraziare una volta ancora per aver risposto in così tanti. Ma soprattutto, veniamo alle cose importanti, sono assolutamente esaltata dalla quantità di lettrici slasher che si sono rivelate. Let me love you, girlz :D
A questo punto immagino che vorrete sapere cosa ho deciso di fare. Bene, chiaramente ho dovuto cercare un compromesso perché non si possono accontentare tutti, ma spero che la mia decisione non schifi troppo nessuno di voi. La storia proseguirà normalmente dal POV di Rose, come è giusto che sia, ma sarà inserito anche il POV di Albus, sotto forma di sporadici extra pubblicati come capitoli. Non sto a spiegarvi troppo il perché e il per come: il prossimo capitolo è un extra, quindi fra due settimane vedrete con i vostri occhi cosa sto combinando nella mia stanzetta buia. Che in effetti non è buia perché c'è un sole che spacca le pietre, ma dettagli.
Il POV di Dominique invece non sarà presente nella storia, ma ho scritto delle cosette su di lei e penserò a cosa fare. Può darsi che le pubblichi separatamente come spin-off, quando sarà il momento.
Per quanto riguarda lo slash... muhahahaha! Seriamente, io credo che tutti abbiano il diritto di amarsi a prescindere dal sesso e se non siete d'accordo e pensate che Gesù odi i gay potete tranquillamente premere la X rossa che sul Mac è in alto a sinistra ma suppongo che per la maggior parte di voi sia in alto a destra. Comunque mi sembra giusto rispettare i gusti e i traumi adolescenziali di tutti, quindi l'eventuale cambio di rating di questa storia non riguarderà la/le coppie gay. Le cose zozze che sicuramente scriverò per il mio personale diletto (cose che ho anche già scritto, in effetti) saranno eventualmente pubblicate separatamente, così chi vuole farmi compagnia nella mia perversione è libero di unirsi :)

E basta, questo è quanto. Il prossimo capitolo sarà pubblicato tra due settimane, as usual. Quindi la data di pubblicazione è... boh, non lo so, fate voi che sono pigra. 
Ah, no, ultimissima cosa: a fondo capitolo trovate un mio schizzo di Rose. Sto facendo un po' di schizzi dei personaggi, così potete vedere a grandi linee come me li immagino senza tirare di mezzo i prestavolto, che ultimamente non mi esaltano troppo. Non so, c'è qualcun altro in particolare che vi interessa vedere?
Il disegno è stato fatto in mezz'ora o giù di lì, quindi non è un'opera d'arte e non c'è nessun motivo per cui dovreste fregarvelo e pubblicarlo da altre parti in rete. Ovvero: nell'improbabile eventualità che lo voleste usare chiedete.
Grazie.

Buona lettura :)



Capitolo 3

Giuro solennemente di...

 

 

In realtà la soluzione ai problemi di coppia, di qualunque genere essi siano, è molto semplice: parlare. Se va bene, si parla e ci si chiarisce. Se va male, si parla e, dopo essersi mandati vicendevolmente a quel paese, ci si accorda per chiamare l'avvocato divorzista. Semplice, no?

Quello che so per certo è che le coppie sono capaci di crearsi abbastanza problemi anche senza che il mondo esterno s'immischi nelle complicate dinamiche delle relazioni sentimentali altrui, e allo stesso modo è molto più facile risolvere i propri problemi parlandone in due piuttosto che davanti a un'assemblea plenaria composta da amici e parenti. Prima o poi dovrò ricordarmi di dirlo ad Al.

E, a proposito di Al, il suo problema alla fin fine è che non ha abbastanza problemi propri a cui pensare, perciò deve per forza ficcare il naso negli affari altrui. Che si tratti di fare l'agenzia matrimoniale o quella di spionaggio, poi, non ha importanza. Il fatto è che Al ha un patologico bisogno di complottare alle spalle degli altri.

 

***

 

Poche ore dopo stavo caracollando verso la tavolata di Grifondoro, con gli occhi gonfi di sonno e tutta l'intenzione di appropriarmi di un piatto di croissant e tornarmene in dormitorio con il bottino. Per fortuna non avevo lezione alla prima ora. Per sfortuna, invece, Albus Potter era mio parente: non avevo nemmeno raggiunto il tavolo della mia Casa quando mi afferrò per un polso e, prima che potessi protestare, mi trascinò con sé.

« Al! » esclamai. « Dove mi stai portando? »

In risposta ottenni solo la bellezza di un: « Taci e cammina ».

È sempre un piacere avere degli amici come te...

« Sto camminando! » gli feci notare.

« Ma non stai tacendo ».

« Beh, non ti aspetterai che... »

Al s'infilò in un passaggio nascosto dietro a una statua, mentre io, al posto del passaggio, centrai in pieno la statua. Al secondo tentativo, con Albus che mi tirava per il braccio e un bernoccolo in più sulla fronte (come se quelli che avevo collezionato durante la lezione di Difesa e l'allenamento mattutino non fossero abbastanza), riuscii ad infilarmi nel passaggio. Una volta dentro Al mormorò « Lumos » ed estrasse dalla tasca una vecchia pergamena lisa dal tempo e dalle numerose mani che se l'erano passata negli anni: la Mappa del Malandrino, chiaramente. Da quello che ne sapevo lo zio Harry aveva fatto di tutto per tenere i figli all'oscuro dell'esistenza di un tale oggetto, ma aspettarsi che James, Albus e Lily non se ne sarebbero appropriati indebitamente era un po' come confidare che una mamma drago in cova non avrebbe tentato di incenerire un ladro di uova.

Albus spiegò la pergamena e la picchiettò con la punta della bacchetta, borbottando: « Giuro solennemente di non avere buone intenzioni ».

« Tu non ce le hai mai, le buone intenzioni » commentai, ma guadagnai soltanto una gomitata nello stomaco.

Per un paio di secondi Al seguì le intricate linee dei corridoi e delle rampe di scale con l'indice, poi finalmente mi indicò l'ufficio della Preside come se avesse appena dimostrato un teorema fondamentale per i futuri sviluppi della scienza umana.

« Visto? »

« Visto cosa? » chiesi, chinandomi per leggere i nomi sui cartigli che si spostavano all'interno della stanza.

Oltre a Minerva McGranitt nell'ufficio c'erano Hagrid, il professor Höhmann, Harry Potter e Draco Malfoy. Inarcai un sopracciglio, mentre i piedini d'inchiostro di Draco marciavano con supponenza su e giù per l'ufficio.

« E allora? »

Albus mi guardò con l'aria scandalizzata di chi si è appena sentito chiedere cosa c'è di strano in un Troll che mangia usando forchetta e coltello.

« E allora? » mi fece il verso, togliendomi la Mappa dalle mani come se non vedesse l'ora di allontanarla da un'aura di cotanta idiozia. « Cosa ci fanno mio padre e tuo padre a Hogwarts? Non è esattamente... »

« Stop, ferma tutto, alt » lo interruppi. Poi, dopo avergli sventolato l'indice sotto il naso, ci tenni a precisare: « Tanto per cominciare Draco sarà il padre di chi gli pare, ma io di cognome faccio Weasley. In secondo luogo me ne frego altamente di cos'hanno da dirsi Draco e lo zio Harry con la McGranitt: anch'io ho un sacco di cose da dire al mio cuscino, in quest'ora buca ».

Naturalmente, per i risultati che ottenni, fu come se non avessi parlato. Al mi tirò un pestone sul piede e approfittò della mia momentanea debolezza per ricominciare a trascinarmi lungo il passaggio. Oh, e per darmi dell'idiota, ovvio: pareva che la gente si divertisse un sacco a farlo, ultimamente.

Cinque minuti dopo eravamo appostati dietro l'angolo del corridoio dove facevano la guardia i due Gargoyle con la Mappa aperta davanti.

« Bene, ci siamo » dichiarò Al con gli occhi accesi dalla stessa luce maniacale che li animava quando cercava di far mettere assieme James e Domi.

Il che, nella classifica dei pessimi segni, aveva ottime probabilità di piazzarsi sul podio, subito dopo il Gramo ed il Malocchio. Mi lasciai scivolare a terra e appoggiai la testa al muro, ripercorrendo mentalmente le brutte azioni che avevo compiuto in quei mesi, alla ricerca di qualcosa che spiegasse perché tutto quello stesse succedendo a me.

Forse è per quella volta che ho regalato la spilla di Molly agli gnomi...

Ma, insomma, a Natale gliel'avevo pure restituita. Emisi un gemito depresso e, per quanto sapessi che era del tutto inutile, chiesi: « Cosa ci facciamo qui, Al? »

Come volevasi dimostrare, Al non si degnò nemmeno di rispondere. Si limitò a incenerirmi con un'occhiataccia e, tanto perché era una persona carina e simpatica, sbuffò: « Dico, Rose, ma ci fai o ci sei? »

« Ho mal di testa e ho dormito cinque ore scarse » grugnii. « Prima che tenti di assassinarti, sarebbe carino se tu mi spiegassi perché accidenti mi trovo appostata fuori dall'ufficio della Preside invece di essere nel mio letto a dormire ».

Questa volta Al sembrò prendermi sul serio. Sì, beh, a giudicare dal modo in cui spalancò gli occhi, come se avessi appena detto la somma bestialità regina di tutte le altre bestialità, in effetti mi prese anche troppo sul serio.

« Beh, ma non è ovvio? » chiese.

Scivolai lungo il muro per allontanarmi da lui e, inarcando un sopracciglio, risposi: « ...no? »

Albus a quel punto parve seriamente tentato di mandare un Patronus al San Mungo.

Oh, piantala di fare tanto il figo saccente ed esprimiti!

Con una messinscena di occhi alzati al cielo e sbuffi che nemmeno una locomotiva avrebbe saputo fare di meglio, Albus finalmente si degnò di spiegare i suoi loschi macchinamenti, in modo che anche ai comuni mortali potesse essere dato di comprenderli.

« Mio padre è il capo degli Auror. Se è qui con Draco può solo essere una visita di lavoro, non è ovvio? »

Tralasciando il fatto che no, non mi pareva per nulla ovvio, il dubbio permaneva.

« E quindi? » insistetti.

Insomma, poteva benissimo darsi che fosse una visita di piacere, nonostante Harry e Draco si detestassero... e nonostante la McGranitt non ricevesse quasi mai visite di piacere... e nonostante il custode e Höhmann non c'entrassero nulla... beh, comunque.

« E quindi potrebbe esserci sotto qualcosa di molto losco » replicò Al con la solita aria da invasato hippy che assumeva quando aveva intenzione di far copulare qualche assurdo e mal accozzato assortimento di esseri umani, meglio se caratterialmente incompatibili e ferocemente rivali.

...No, aspetta un momento. Non avrà in mente di far mettere Draco con la McGranitt, o Harry con Hagrid?!

Che poi cosa avrebbe dovuto fare Höhmann, il testimone di nozze? Per un attimo mi balenò in mente l'immagine di Höhmann che celebrava il bacio degli sposi sparando in aria una mitragliata con un fucile Babbano, ma poi tutta la comicità della scena fu spazzata via da Hagrid in vestito da sposa che si chinava per baciare lo zio Harry.

Oh, Merlino. Perché penso certe cose?

Mi affrettai a scacciare quelle visioni perverse e dissi: « La domanda resta invariata, Al: e quindi? »

« E quindi » scandì Al, sottolineando le parole con uno sventolio minaccioso della bacchetta. « Noi dobbiamo scoprire di cosa si tratta. Ma ci pensi, Rose? Potrebbe essere in atto un complotto... »

« Oh, ti prego! » sbottai. « Un complotto. Io ci penso, ma tu ti ascolti quando dici queste cagate? Saranno qui per gli aeroplani ».

Un complotto, tzé. Ma non gli bastava far mettere assieme la gente?

Incrociai le braccia sotto al seno e sollevai il mento, certa di aver chiuso la discussione con una schiacciante vittoria, dopo quell'uscita. Ci misi un paio di secondi per rendermi conto che non era esattamente così: Al mi stava fissando con l'espressione scintillante e vagamente sadica di uno zoofilo che si è appena imbattuto in un gattino con un fiocco rosa legato attorno al collo.

Dovrei davvero smetterla con queste immagini...

Al si curvò verso di me con le pupille dilatate, e mi afferrò per le spalle, sussurrando con fare cospiratorio: « Quali aeroplani? »

Me lo tolsi di dosso prima che mi potesse balzare al collo in preda alla sua estasi mistica.

« Stamattina degli aerei Babbani hanno sorvolato la scuola a bassa quota » spiegai. « Li abbiamo visti mentre ci allenavamo, giù nel parco ».

Se avevo sperato che quella risposta lo avrebbe tranquillizzato, mi sbagliavo di grosso: Al balzò in piedi come se avesse avuto una molla sotto il sedere ed esclamò: « Degli aeroplani? Intendi più di uno? E come erano fatti? »

« Ma che ne so, Al » sbuffai. « Con le ali, come tutti gli aerei. Erano verdi e piccoli. Forse erano degli aerei militari, ma che te ne frega, comunque? »

Tanto per cambiare, fu come se gli avessi appena detto che l'Inghilterra aveva vinto la Coppa del Mondo di Quidditch.

« Ah! » proruppe lui, trionfante. « Lo sapevo che c'era sotto qualcosa di losco! »

Merlino... cos'ho fatto di male?

Reprimere l'istinto di Schiantarlo su due piedi fu meno semplice del previsto, ma fui molto orgogliosa della calma con cui riuscii a dire: « Albus, il mondo è pieno di aeroplani. E, nel caso ti fosse sfuggito, i Babbani non possono vedere la scuola ».

Non fui altrettanto compiaciuta quando Al, guardandomi con sufficienza, rispose: « Oh, pensaci, è ovvio che è successo qualcosa di losco se gli Auror sono dovuti venire a parlare con la Preside. E noi stiamo per scoprire di cosa si tratta: avanti, non puoi essere così scazzata ».

« Al... lo sai cos'è veramente losco? » chiesi.

« Cosa? »

« Che tu te ne stia appostato dietro un angolo a spiare la gente ».

 

***

 

Erano le otto e tre quarti e stavo sonnecchiando nella nicchia di un'armatura quando finalmente Draco e Harry uscirono dall'ufficio della Preside, battibeccando furiosamente perché – a quanto pareva – Draco aveva rubato la parte di discorso che avrebbe dovuto fare Harry e per di più aveva promesso la mobilitazione di una squadra di Auror senza chiedere il permesso a lui, Harry, che per inciso era il suo capo e avrebbe potuto licenziarlo con uno schiocco di dita, anzi stava per farlo, e stava anche per Schiantarlo, quindi gli conveniva smettere di interromperlo sbuffando ogni volta che cercava di dirgli qualcosa. Anche perché – lo ribadiva visto che il concetto sembrava stentare ad entrargli in testa – era il suo capo e gli stava dando degli ordini (« Sbuffa di nuovo e ti piazzo tutti i turni di notte da qui all'anno prossimo, Malfoy »), mica gli stava raccontando la sbronza dell'ultimo sabato sera – e no, lui non si sbronzava, per la cronaca. A proposito, era riuscito a farsi dare quelle foto da Nott e Zabini, poi?

« Muoviti, Rose! »

Al mi costrinse ad alzarmi con un calcio negli stinchi e mi trascinò dentro ad un'aula vuota prima che Harry e Draco ci vedessero. Soffocai uno sbadiglio.

« Bene, ora che sono usciti possiamo...? »

Ma non feci in tempo a completare la frase che Al mi stava di nuovo tirando il braccio.

« Che cavolo, Al, non sono un pupazzo... »

« Shhh! »

« E non mi fare... »

« Silencio! »

Stronzo.

Gli sventolai il dito medio sotto il naso e continuai ad insultarlo silenziosamente, avvalendomi di un labiale più chiaro possibile, mentre pedinavamo Harry e Draco. I quali, per la cronaca, ora stavano battibeccando a proposito di una conferenza stampa che « No, Malfoy, non farò nessuna conferenza stampa. Mi manca solo quella vecchia megera della Skeeter con il fiato sul collo ».

« Oh, non mi pareva che ti desse tanto fastidio avere tutte le prime pagine dei giornali, quando andavamo a scuola ».

« No, infatti, eri tu quello che ci si rodeva » replicò lo zio Harry, prima di inciampare ingloriosamente sul nulla.

Fui quasi sicura di aver visto la bacchetta di Draco muoversi.

« Non essere ridicolo, Potter » disse. « Avrei potuto avere tutte le prime pagine che volevo, se mi fosse interessato essere al centro dell'attenzione ».

Appena la scala si fermò davanti all'ala ovest del sesto piano Harry imboccò il corridoio e trascinò Draco dentro un bagno maschile.

« A proposito, Malfoy. Fammi inciampare di nuovo e ti licenzio ».

« Vuoi darmi la colpa anche dei tuoi problemi di deambulazione, ora? E lasciami stare la camicia, per Merlino! Ma non eri sposato, tu? »

« Felicemente sposato, Malfoy. E dobbiamo parlare ».

« Oh, certo, parlare. Ci terrei a ricordarti che l'ultima volta che siamo stati in questo bagno hai tentato di assassinarmi ».

« Era autodifesa, Malfoy. Mi avevi appena lanciato una Cruciatus ».

« Non ricordo di averlo fatto. Comunque fosse, sono sicuro che la meritavi ».

Albus mi trascinò silenziosamente dietro la porta e premette l'orecchio sul legno, facendomi cenno di rimanere immobile. Per tutta risposta gli tirai un pizzicotto sul braccio.

Pagherai questo Silencio a caro prezzo, sappilo.

Mentre Al origliava con le sopracciglia aggrottate e l'aria assorta di chi è convinto di star facendo grandi cose, sfilai una spada dal fodero di un'armatura là vicino e la soppesai, meditando di sbatterla da qualche parte e produrre più rumore possibile. Era il minimo che potessi fare, dopo che aveva osato zittirmi in quel modo. Mentre tentavo di decidere se avrei fatto maggior fracasso colpendo l'elmo o il pavimento, le voci di Harry e Draco continuarono a discutere  furiosamente oltre la porta.

« Per l'ultima volta, Malfoy, non farò nessuna conferenza! » stava sbottando lo zio Harry con la voce che usava per interpellare James quando gli chiedeva il permesso di distillare vodka Babbana in cantina.

Lo sbuffo di Draco, invece, ebbe un suono curiosamente simile a “idiota”.

« E cosa conti di fare, insabbiare tutto e fingere che le cose vadano a meraviglia? » lo aggredì.

Finalmente decisi di abbattere la spada sull'elmo e sollevai le braccia per mettere in atto i miei loschi propositi, ma prima che ci riuscissi Al mi balzò addosso e tentò di bloccarmi le mani. Gli tirai una gomitata nelle costole e feci del mio meglio per riappropriarmi della spada, mentre Harry declamava con aria estremamente professionale: « Come ti ho già detto la Comunità Magica non corre alcun rischio, Malfoy. È una questione diplomatica delicata, ma sono fiducioso che tutto si risolverà nel migliore dei... »

« Potter, sei un brutto idiota » lo interruppe Draco senza tante cerimonie.

« Penso la stessa cosa di te » rispose lo zio Harry, coprendo i grugniti di dolore di Albus. « Ed è esattamente per questo che devi lasciare che sia io ad occuparmi della faccenda nel modo più... »

« Se non sei nemmeno capace di allacciarti le scarpe... »

« Sto per licenziarti, Malfoy. Conto fino a tre e  ti licenzio ». 

Finalmente riuscii a riappropriarmi della spada con un poderoso strattone e, dopo aver colpito Al in testa per buona misura, la sbattei sull'elmo. Del tutto incurante delle proteste di Draco e dei miei tentativi di farmi notare, lo zio Harry cominciò a contare: « Uno... due... »

Wow, sono così impegnati a mandarsi a cagare che non si sono nemmeno accorti di tutto il casino che stiamo facendo...

Prima che potessi ritentare, Al mi placcò e la spada cadde a terra con un clangore metallico che, ovviamente, fu ignorato nel modo più assoluto.

« Sono delle bestie rozze e ottuse, Potter! » esclamò Draco, che, per insultare lo zio Harry, sarebbe riuscito a non accorgersi nemmeno di una guerra in atto. « Come credi di poter trattare con loro? Te lo dico io dove te la puoi mettere la tua diplomazia... »

« …due e mezzo... due e tre quarti... »

« Sai benissimo che tenteranno di attaccare la Comunità Magica! » insistette Draco, mentre facevo del mio meglio per strangolare Al con un braccio e raggiungere la spada con l'altro. « Mantenere segreta la faccenda vorrebbe dire privare migliaia di maghi e streghe della possibilità di difendersi nel caso di un eventuale... »

« Nessuno attaccherà la Comunità Magica, Malfoy! Se divulgassimo queste notizie non faremmo altro che spargere il panico e sai meglio di me come reagirebbero i tuoi amici Purosangue ».

« Beh, chiaro. La Comunità Purosangue si sente estremamente minacciata da... »

Albus riuscì a liberarsi dalla mia presa e, da gran mago qual'era, estrasse la bacchetta dalla tasca dei pantaloni e me la ficcò in un occhio.

Che cavolo...

« La Comunità Purosangue ha già dato prova di atteggiamenti razzisti durante l'ultima Guerra Magica. Se divulgassimo la notizia non oso nemmeno pensare a quali violenze si potrebbero scatenare, e allora la soluzione diplomatica... »

« Soluzione diplomatica un corno! Quegli ominidi non hanno nessun diritto di spiarci e rapire i nostri figli per torturarli... »

Gli effetti del Silencio stavano lentamente svanendo e, fra un pugno e un pestone, fui molto soddisfatta di riuscire a esprimere verbalmente il mio disappunto, anche se la mia voce somigliava a quella di una cornacchia con uno straccio in gola.

« Ci hanno solo fatto degli esperimenti, Malfoy » disse Harry, spazientito.

Il Levicorpus di Al mi mancò per un soffio e, oltre la porta, Draco si esibì in uno sbuffo plateale, del tutto ignaro della lotta all'ultimo sangue che si stava svolgendo a pochi metri dal suo naso.

« Sì, Potter, certo. Questo è quello che dicono loro... »

« Stiamo trattando per la restituzione degli ostaggi. A nessuno di loro è stato fatto del male, da quello che risulta. Non dico che quello che hanno fatto sia giusto, ma per come i nostri simili li hanno trattati negli ultimi secoli... »

Al si bloccò di colpo con gli occhi spalancati e l'espressione spiritata di chi ha appena sventato il complotto del secolo. Dal canto mio mi limitai ad approfittare della situazione per tirargli un calcio negli stinchi, ma Albus sembrava troppo preso dalle proprie oscure macchinazioni per accorgersene.

« Potter, seriamente, vuoi farti mettere i piedi in testa da un branco di scimmie? » 

« Malfoy, seriamente, vuoi scatenare una guerra? »

« Certo che sì! Devono capire chi comanda! »

Tirai un calcetto al posteriore di Al e lo punzecchiai con la spada che ero appena riuscita a riprendere, ma per la reazione che ottenni avrei potuto star importunando una statua di sale.

Che palle. Non c'è gusto, così.

« Tu devi capire chi comanda, Malfoy! Sono il tuo capo, e se non prometti di tenere la bocca chiusa ti farò mettere sotto Imperio ».

« Io ti farò sbattere ad Azkaban per alto tradimento. Il Consiglio Anziano della Comunità Purosangue ha molti membri nel Wizengamot e come erede della famiglia Malfoy ho parecchi amici estremamente influenti che... »

« Petrificus Totalus! »

L'urlo belluino dello zio Harry fu seguito dal tonfo di un corpo che cadeva sul pavimento con la grazia di un sacco di patate. Smisi immediatamente di punzecchiare Al e rivolsi la mia attenzione a ciò che succedeva dentro il bagno, di colpo molto più interessata alla faccenda.

Figo... Lo zio Harry ha davvero fatto quello che penso abbia fatto?

La risposta arrivò nel giro di pochi secondi, quando lo zio ci aprì la porta sul naso.

« E voi due cosa ci fate qua? » chiese, squadrandoci con sospetto.

Al si strinse nelle spalle e lanciò un'occhiata innocente all'interno del bagno, dove il corpo irrigidito di Draco giaceva a faccia in giù sulle mattonelle.

« Niente, passavamo di qua » rispose, spingendo la Mappa del Malandrino più a fondo nella tasca dei pantaloni.

Harry ci rivolse uno sguardo vagamente colpevole e, prima di battersela in ritirata, bisbigliò: « D'accordo. Non dite niente a Hermione... »

 

***

 

Il lato positivo della faccenda fu che, per il resto della giornata, Al fu troppo occupato a farsi seghe mentali sul presunto “complotto degli aeroplani” per chiedermi come mai io e Scorpius non ci parlassimo. Il lato negativo fu che io e Scorpius non ci parlavamo davvero, e – tanto per la cronaca – era tutta colpa di Scorpius: se io non gli parlavo era solo perché ero arrabbiata con lui. Oh, e anche perché Scorpius faceva di tutto per non trovarsi solo in una stanza con me. Soprattutto per quello. E poi perché aveva passato l'ora buca della mattina confabulando con Tessa. 

...Sì, in effetti era più che altro per quello.

Beh, comunque ho ragione ad essere arrabbiata.

Se io mi comportavo in modo scostante e infantile (e ci tenevo a sottolineare il se, visto che non mi sembrava proprio di essere più infantile di Scorpius) era solo in risposta al modo in cui si comportava lui, quindi se ne poteva tranquillamente concludere che io avevo ragione e lui torto.

Dopo l'allenamento serale di Quidditch (perché a quanto pareva un allenamento al giorno non era abbastanza, secondo James) attraversai la Sala d'Ingresso e imboccai il corridoio che portava ai sotterranei, senza nemmeno prendermi la briga di tornare nella Torre di Grifondoro e posare il manico di scopa. Dovevo farlo subito, se volevo incastrare Scorpius da solo: Al si sarebbe dimenticato in fretta del “complotto degli aeroplani”, e allora col cavolo che non si sarebbe immischiato. Era così impiccione che sarebbe stato disposto a improvvisarsi avvocato divorzista, pur di essere coinvolto nella nostra vita sentimentale.

È lui quello che avrebbe bisogno di farsi la ragazza, altroché.

Giunta alla fine del corridoio borbottai la parola d'ordine di Serpeverde, che Mort aveva barattato per uno scatolone di Giochi di Prestigio Babbani dei Tiri Vispi Weasley, e m'infilai nell'apertura che portava alla Sala Comune sotto il lago. Come al solito, là sotto, l'atmosfera era l'apoteosi della depressione: persino il fuoco che ardeva nel caminetto di marmo nero era verde e freddo. Anche se probabilmente quello era puro e semplice campanilismo Serpeverde.

Bah... 

Mi feci strada tra le poltrone e i divanetti verdi, seguita dalle occhiate ostili di un paio di ragazzi dell'ultimo anno. Al sosteneva che, se non fosse stato per lui, mi avrebbero Schiantata già la prima volta che ero entrata da sola nella loro Sala Comune, ma d'altronde Al si vantava di un sacco di cose che non erano merito suo. C'era da dire, però, che quella sera la tensione nell'aria era palpabile: il brusio che impregnava la stanza era più basso e tangibile del solito, come se tutti i presenti stessero bisbigliando e non osassero alzare la voce per fare qualche battuta stupida o per chiamare un compagno. Passando accanto a un divanetto occupato da ragazzi del quinto anno sentii qualcuno dire: « Mio padre lavora al Ministero, sono sicuro che ne sa qualcosa. È impossibile che non l'abbiano scritto sulla Gazzetta del Profeta... »

Imboccai il corridoio che portava ai dormitori maschili ed entrai in quello del sesto anno. Scorpius era disteso sul letto con un libro in mano e sembrava molto assorto nella lettura, tanto che nemmeno si accorse della mia presenza. Per fortuna, almeno, Al, Marshall e Mort erano in giro per il castello, il che mi lasciava la piena facoltà di sbranare vivo il mio ragazzo senza interferenze esterne.

Tossicchiai e feci qualche passo verso il centro della stanza.

« Ciao, Scorpius ».

Lui sobbalzò leggermente e, quando mi vide, posò il libro sul comodino (non prima di aver minuziosamente segnato la pagina a cui era arrivato, chiaro).

« Oh... Rose... » balbettò con l'aria imbarazzata di chi, davanti all'ennesimo maglione natalizio di nonna Molly, constata “oh, un maglione, che bello”. « Cosa ci fai qui? »

Si affrettò ad alzarsi e, dopo aver rischiato di inciampare sul nulla e finire disteso a pelle di leone sul pavimento, riuscì finalmente a ricomporsi in una posizione eretta degna del suo stadio evolutivo.

« Sì... ehm... nel senso... mi fa piacere che tu sia venuta... » aggiunse.

Aha. Si vede proprio.

Per un paio di secondi ventilai l'idea di tentare un approccio diplomatico e civile alla questione, ma poi decisi che, in quanto discendente della famiglia Weasley, ero perfettamente autorizzata a comportarmi come uno gnomo da giardino. Indi per cui, dopo avergli rifilato la peggior occhiataccia di sempre, esordii: « Tu mi stai evitando ».

Semplice e conciso.

La perla su lui e Tessa me la sarei tenuta in serbo per l'accusa finale, in caso avesse avuto l'ardire di negare l'evidenza. Ardire che, a quanto pareva, non gli mancava per niente.

« No, non è vero, io non... » si difese.

« Sì, è assolutamente vero, tu mi stai evitando » lo aggredii, senza lasciargli il tempo di terminare la frase.

Insomma, che cavolo.

Non che non mi fidassi di lui, ma che cavolo comunque. E poi non era una mia paranoia: mi stava proprio evitando. Che cavolo per la terza volta.

Scorpius deglutì e mosse un mezzo passo indietro, cosa che provò senz'ombra di dubbio la sua totale colpevolezza.

« Rose, sul serio, credo che tu abbia frainteso... » insistette.

Se fossi stata in possesso di una macchina della verità, a quel punto avrebbe sicuramente emesso un rumore inquietante e si sarebbe accesa di una luce rossa.

Col cavolo che non è vero!

Avevo in mano prove schiaccianti per dimostrare la sua colpevolezza e non c'era niente che lui potesse dire o fare per scagionarsi, fine della storia.

Incrociai le braccia sotto al seno e mi sedetti sul letto di Marshall, squadrandolo con quella che speravo fosse un'espressione seria e minacciosa.

« Io non ho frainteso una gran mazza, Malfoy » sbuffai. « Ora vogliamo fare le persone mature e discuterne o hai intenzione di fuggire a gambe levate e continuare a ignorarmi? »

Beh, dai, bisogna ammettere che sono una persona estremamente matura e ragionevole.

Certe volte ero davvero orgogliosa di me stessa. E poi avevo addirittura stilato una lista mentale delle volte in cui mi aveva ignorata, così lo avrei messo con le spalle al muro senza possibilità di scampo.

Oh, sono un genio, dovrei proprio studiare Magisprudenza.

Ci avevo pensato per ore intere, fino ai minimi dettagli, e ormai non avevo più dubbi: che Scorpius mi stesse evitando era una verità universale e innegabile. 

All'inizio, quando eravamo rimasti soli nell'aula di Pozioni e lui era corso fuori, dicendo che saremmo arrivati in ritardo alla lezione dopo, non ci avevo fatto troppo caso: ero piuttosto abituata ai suoi imbarazzanti exploit di secchionaggine. Poi, quando ci eravamo trovati da soli nel passaggio segreto dietro l'arazzo del secondo piano e lui aveva cominciato a parlare a raffica di Incantesimi Sbudellanti, fingendo di non notare che stavo tentando di farlo fermare per baciarlo, avevo cominciato a indispettirmi. Infine, quando aveva insistito perché Al venisse con noi a passeggiare in riva al Lago Nero, dovevo ammettere di aver avuto dei chiari istinti omicidi, nonché la distinta certezza che mi stesse evitando come se avessi la Spruzzolosi. Il che era anche confermato dal modo in cui Scorpius continuava a fissarmi in quel momento, con gli occhi sgranati dietro alle lenti degli occhiali e le mani strette nervosamente una nell'altra, nemmeno fossi una bestia feroce che stava per balzargli addosso e sbranarlo vivo.

Oh, sì, lo conoscevo bene: era proprio nervoso. E poi beh, sì, c'era una remota possibilità che gli saltassi effettivamente addosso per sbranarlo vivo.

« S-senti, Rose... » balbettò, sistemandosi il nodo della cravatta con dita tremanti; gli tremavano così tanto, in effetti, che invece di allargarlo finì per strozzarsi. Alla fine rinunciò ai propri intenti e lasciò cravatta e colletto così come stavano. « I-io... non è che ti sto proprio evitando... più che altro... insomma, forse un po' ti sto evitando, ma... »

Aha! Lo hai ammesso allora, eh?

« Io, ecco... forse potremmo parlarne in un altro momento... »

« Col cavolo » risposi. « Lo faremo adesso che siamo soli, se non ti dispiace ».

Oppure potrei sempre optare per il piano B e appenderti a testa in giù fuori dalla Torre di Astronomia, se non ti dispiace.

Il fuoco nel caminetto era ben alimentato e stavo cominciando ad avere caldo, con la divisa invernale di Quidditch addosso. Gettai la scopa a terra e mi sfilai la mantella, restando in pantaloni e maglietta.

L'urlo di Scorpius fu così acuto che mi perforò i timpani.

« No, ti prego, non farlo! »

Mi bloccai con la divisa arrotolata in mano e le sopracciglia aggrottate, alla ricerca di una ragione plausibile per la quale il mio ragazzo poteva essersi appena arrampicato sul letto e nascosto dietro a una delle colonnine del baldacchino, coprendosi gli occhi con una mano.

« Lo ammetto, è vero, ti sto evitando da quando mio padre ci ha fatto quel discorso sul sesso. Ammetto tutto quello che vuoi, hai ragione, sono un emerito cretino, ma ti prego, non farlo. Ti prego ti prego ti prego. Non sono pronto, non sono psicologicamente pronto per una cosa del genere... La verità è non ho idea di come si faccia, ok? Sono schifosamente vergine e tu hai molta più esperienza di me e non voglio fare la figura dell'idiota e non sapere dove mettere le mani e... »

« Scorpius? »

Finalmente il fiume di parole s'interruppe e Scorpius sbirciò attraverso uno spiraglio tra le dita, senza osare abbandonare il rifugio del baldacchino.

« Ti prego, non mi stuprare... » sussurrò.

Rimasi a fissarlo con la bocca spalancata, senza riuscire a decidere se dovevo scoppiare a ridergli in faccia o fiondarmi ad abbracciarlo perché era l'essere più adorabilmente impacciato e idiota che mi fosse capitato di conoscere. Nel dubbio rimasi impalata come uno stoccafisso.

« Tu... mi vuoi dire che mi stai evitando perché pensi che voglia fare sesso con te? » riepilogai, sconcertata.

Scorpius annuì quasi impercettibilmente, senza mollare la presa dalla colonnina del letto a cui era abbarbicato come un mollusco sullo scoglio. Era talmente paonazzo che mi chiesi se la cravatta non lo stesse strangolando sul serio.

« Sono un imbecille, lo so » disse con voce affranta. « Ma, per favore, non mi mollare... ti giuro che mi piaci... »

E poi, molto semplicemente, non ce la feci più a trattenermi: il modo in cui mi fissava con quegli occhioni verdi sgranati dal terrore e quella posizione assurda in cui se ne stava rintanato sul letto erano la cosa più comica e dolce che avessi mai visto. Scoppiai a ridere così forte che dovetti premermi entrambe le mani sulla pancia e appoggiarmi al muro per non rotolare a terra.

« Oh, Merlino... Merlino, sei veramente assurdo... »

L'espressione di Scorpius si fece se possibile ancora più abbattuta.

« Io non ci trovo niente di così divertente... » borbottò.

La cosa non fece altro che aumentare l'intensità e il volume delle mie risate.

Ok, al diavolo le soffiate di Pix e la Magisprudenza. È così idiota...

Un paio di minuti più tardi, visto che Scorpius sembrava sul punto di impiccarsi al lampadario e io non riuscivo più a respirare, mi costrinsi a ricompormi e, dopo un paio di tentativi fallimentari, riuscii a sghignazzare: « Scorp, guarda che sono vergine ».

Scorpius fu così sorpreso che per poco non cadde all'indietro, ma poi vidi la sua espressione rilassarsi e le sue labbra si stirarono in un enorme sorriso.

« Davvero? » chiese, sospirando di sollievo.

Repressi a fatica l'ennesima risata e risposi: « Certo che sì. Con chi accidenti dovrei averlo fatto? »

« Oh, non lo so... con Baston o con chiunque altro... ma sei davvero vergine? » si lasciò cadere sul letto con una risatina isterica che trovai alquanto inquietante. « Merlino, sei vergine. Oh, mi hai tolto un enorme peso dallo stomaco... »

Poi la sua espressione tornò a farsi corrucciata e si sollevò sui gomiti, lanciandomi un'occhiata inquisitrice.

« Aspetta... quindi non vuoi stuprarmi, giusto? » indagò.

Arrossii.

« No che non ti voglio stuprare. Cioè, insomma, nemmeno io sono un'esperta in materia... »

« Oh! » esclamò Scorpius, tornando a gettarsi a pancia in su sopra il letto come se avesse appena visto la Madonna. « Questo è il giorno più felice della mia vita, non puoi capire... non sarò costretto a farmi spiegare il sesso da Marshall e non dovrò nemmeno pensare a te che ti rotoli su un letto con quell'idiota di Baston e quando saremo adulti e vaccinati e faremo sesso tu non potrai pensare che Baston era più bravo di me e... non sopportavo davvero l'idea che quel cretino fosse stato la tua prima volta, lo sai? Credo di dovere un enorme favore a Merlino, in questo momento... »

Ah, e così sono queste le fantasie che si fa il mio ragazzo? Io che scopo con il mio ex?

Personalmente, prima di immaginare Scorpius e Tessa che compivano loschi traffici di liquidi corporei sotto le lenzuola, avrei preferito farmi scotennare da un Troll.

Per un paio di minuti restai ad osservare Scorpius che giaceva sul letto in estasi mistica, con un sorriso beato sulle labbra e gli occhiali storti a cavallo del naso lungo e dritto. Nel trambusto che aveva fatto per arrampicarsi sulla colonnina del letto e poi buttarsi giù il maglione gli si era tutto arrotolato, scoprendo qualche centimetro di mutande bianche e una porzione di pelle liscia e chiara, sulla quale una linea di peli biondi tracciava il percorso fino all'ombelico. Sembrava una specie di putto rinascimentale troppo cresciuto a cui qualcuno aveva avuto la malaugurata idea di tarpare le ali, e lo trovai così bello che meditai di rimangiarmi seduta stante la promessa di non stuprarlo. Anche se nessuno di noi due aveva la più pallida idea di come si facesse a stuprare o essere stuprati.

Beh, questo è un dettaglio del tutto trascurabile.

Dopo un po' Scorpius socchiuse un occhio e si spostò sul lato del letto, facendomi cenno di raggiungerlo.

« Ora che sono in pace con la vita puoi anche stuprarmi » dichiarò.

Ridacchiai e andai ad accoccolarmi tra le sue braccia senza farmelo ripetere due volte. Scorpius mi strinse forte e affondò il naso tra i miei capelli, baciandomi la testa e la fronte.

« Guarda che sono sudata e infangata » lo avvertii, lanciando un'occhiata colpevole agli stivali sporchi che avevo posato sulle sue lenzuola. In condizioni normali mi avrebbe ammazzata senza esitazioni.

Scorpius sorrise e continuò a baciarmi, sussurrando: « Sì, in effetti puzzi un po'. Ma non importa, sono troppo felice. Pensavo davvero che non fossi vergine... »

« Oh, avanti, hai davvero un'opinione così bassa di me? » lo punzecchiai. « Aspetto quello giusto, per fare certe co... »

Non riuscii a completare la frase, perché Scorpius aveva smesso di baciarmi i capelli e mi stava guardando negli occhi con quello sguardo verde e serio che solo lui aveva.

« Pensi che potrei essere io? »

Stranamente, non trovai nessun motivo per arrossire in quella domanda, né tantomeno nella risposta che gli diedi.

« Certo che sì ».

« Bene » sussurrò Scorpius, e mi attirò più vicina a sé. « Magari con calma, però... E niente sesso acrobatico, per favore. Non sono un atleta ».

Soffocai una risata nella sua spalla.

« Niente sesso acrobatico » promisi.

Anche perché di sesso acrobatico me ne intendevo quanto se non meno di lui. Come del sesso in generale, d'altra parte.

Inclinai il capo per cercare le sue labbra, ma Scorpius sollevò il capo e mi trattenne leggermente.

« La sai una cosa? » chiese.

Scossi la testa e risposi: « No, cosa? »

Scorpius rimase a fissarmi per un paio di secondi, come se stesse cercando le parole giuste per esprimere un concetto molto complicato. Alla fine, così piano che dovetti praticamente leggergli le parole sulle labbra, sussurrò: « Ti amo... credo ».

Il mio cuore mancò un battito a quelle parole. Mi ero aspettata qualche frasetta stupida e mielosa post-riconciliazione dopo il suo “la sai una cosa?”, ma un “ti amo”, anche se sussurrato a malapena e corretto a posteriori da quel “credo”, andava decisamente al di là delle mie più rosee aspettative.

« A-anch'io... credo » balbettai.

Anzi, ne sono sicura.

Scorpius divenne rosso come un peperone, ma il sorriso che gli illuminò il volto era il più felice che avessi mai visto. Sorrisi anch'io, sentendomi vagamente stupida.

Era la prima volta che mi diceva “ti amo”. Mi aveva detto di essere innamorato di me, una o due volte, ma non era la stessa cosa. “Sono innamorato di te” era uno stupido giro di parole per dire qualcosa in più di “mi piaci” e qualcosa in meno di “ti amo”. Quelle due parole abusate in ogni libro o film romantico, invece, dette da lui in quel momento suonavano così semplici, così belle, così... vere.

« Bene » disse Scorpius, dopo un po' che ci guardavamo senza sapere come continuare la conversazione.

Ridacchiai, grata che quell'imbarazzante atmosfera di serietà si fosse dissolta. 

« Bene è tutto quello che sai dire? »

Scorpius parve vagamente offeso da quella risposta.

« Ho appena detto ti amo, cosa pretendi? » s'imbronciò.

Con un piccolo scatto mi misi a sedere, invertendo le posizioni, e gli sfilai gli occhiali. Scorpius strizzò gli occhi nell'espressione accigliata da talpa che assumeva ogni volta che tentava di mettere a fuoco qualcosa senza gli occhiali.

« Non vedo niente, così » protestò.

Per tutta risposta riposi i suoi preziosi occhiali nel primo cassetto del comodino e gli rivolsi una boccaccia.

« Tanto se ti bacio con gli occhiali ti lamenti perché ti sporco le lenti » replicai, bloccandogli entrambi polsi sul materasso.

Per aver appena convenuto che non ci saremmo stuprati fino a nuovo ordine, starmene accovacciata sopra di lui a quel modo era una posizione un po' equivoca, ma, beh... al diavolo la coerenza.

Mi piaceva quando mi guardava da sotto in su in quel modo e si lasciava intrappolare, anche se era grosso letteralmente il doppio di me.

Mi chinai sopra di lui e sussurrai: « Comunque quando ci si bacia non serve tenere gli occhi aperti ».

Scorpius sollevò il capo di quel poco che bastava per raggiungere le mie labbra.

« Se la metti così potrei quasi perdonarti per avermi sottratto gli occhiali con l'inganno... »

La sua voce era sulle mie labbra, nella mia bocca, mentre il suo fiato e il mio erano una cosa sola. Ebbi appena il tempo di pensare che dopo l'allenamento avevo mangiato delle Caramelle Tutti i Gusti + 1 senza lavarmi i denti, poi le sue mani che mi stringevano i fianchi sotto la maglietta mi fecero dimenticare tutto il resto.

Di colpo, avevo molta poca voglia di tenermi i vestiti addosso. La sua pelle sotto il maglione era calda e liscia e profumava di quel leggero aroma di deodorante maschile che avevo imparato ad associare a Scorpius. Mi piaceva il suo odore, come del resto mi piaceva tutto di lui, e adoravo quando passavamo la sera a baciarci e di notte, nel mio letto, mi annusavo le spalle e le mani e lo ritrovavo sulla mia pelle. Avrei voluto avere sempre l'odore di Scorpius; avrei voluto che tutti i miei vestiti sapessero di lui e fossero caldi come i maglioni che si sfilava e mi prestava se avevo freddo. Avrei voluto che si sfilasse i maglioni più spesso, in effetti.

A ben pensarci, avrei anche voluto che Marshall non fosse entrato nella stanza proprio in quel momento.

Che palle...

Mi separai da Scorpius con un grugnito di disappunto e mi misi a sedere, mentre anche lui si ricomponeva. Marshall ci degnò a stento di uno sguardo e si chinò sotto al letto per  recuperare un paio di scarpe.

« Desolato di avervi interrotti » si scusò, con un tono che di desolato non aveva proprio nulla. « Stavate facendo qualcosa di interessante? »

« Oh, sì » risposi, senza pensare. « Gli ho appena fatto un pompino ».

Al mio fianco Scorpius ridacchiò e mi resse il gioco: « Un lunghissimo pompino. Te lo sei perso per mezzo minuto ».

Marshall si sollevò bruscamente dal pavimento e riemerse da dietro il letto, fissandoci con l'espressione incredula e scandalizzata di chi ha appena visto Lord Voldemort in giro per Diagon Alley con un cartello “free hugs” appeso al collo.

« Cosa diavolo avete bevuto? » esclamò, mentre io e Scorpius ci scambiavamo un'occhiata complice e scoppiavamo a ridere.

Beh, la parte peggiore del sesso l'avevamo superata, no?

 

***
 

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Rose

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Capitolo 5
*** Extra 1 - Tanto va Cupido al lardo... ***


Questa volta si pubblica in anticipo, perché nella mia somma intelligenza ho dimenticato che domani mi tocca partire per la Svizzera e non avrò assolutamente il tempo di aggiornare. La nota dolente è che d'ora in poi, ovvero per tutto maggio e tutto giugno, gli aggiornamenti arriveranno ogni 3 settimane e non ogni 2, per ovvi motivi. Che sono anche gli stessi ovvi motivi per cui, pur con tutta la più buona volontà, non sono ancora riuscita a rispondere a tutte le vostre meravigliose recensioni. Ma mi sto mettendo sotto per rispondere a tutti, questa volta non è davvero colpa della mia pigrizia se non ho potuto fare diversamente :)
Per il resto, ecco qua l'extra dal POV di Al. Sono nervosa ed eccitata nel pubblicarlo, perché è una grande novità in una storia che (tuttora non mi capacito di come o perché) ha avuto un successo enormemente immeritato, o immeritatamente enorme, come preferite. Quindi spero davvero di non deludere nessuno con questo cambiamento e... niente. Sono aperta più che mai a critiche (costruttive, se possibile) e a pareri in generale, e sono ansiosa di sapere cosa ne pensate :)

Prima di lasciarvi al capitolo solo due ringraziamenti veloci veloci: alla solita zuzallove, augurandole buona fortuna per le sue oscure manovre con Egli, e ai due angioletti che hanno segnalato la storia per le scelte (Hp_Ily e aurorasakura). L'amministrazione non ci caga, ma per me l'importante è il gesto, quindi un grazie super enorme :)

Marghe
 


Extra 1

Tanto va Cupido al lardo...

 

(Albus)

 

Nonostante mezza scuola dichiarasse di trovarle esageratamente snob e pieno di sé, nell'olimpo dei sogni erotici degli hogwartsiani le gemelle Mayfair occupavano una posizione di tutto rispetto: c'era chi preferiva immaginarne una, chi l'altra, chi entrambe contemporaneamente nella vasca del Bagno dei Prefetti, ma ben pochi maschi potevano affermare di non averci mai fatto neanche un pensiero.

Serena era alta e ben piazzata, con i capelli biondo grano e un signor paio di tette, che distoglievano l'attenzione da un un volto tra l'altro parecchio carino. Era una delle studentesse migliori del settimo anno, ma doveva gran parte della propria notorietà al fatto di essere il Capitano della squadra di Quidditch più talentuoso e sessualmente appetibile che Serpeverde avesse avuto negli ultimi cinquant'anni. Alexa, invece, era castana e filiforme, ed era conosciuta principalmente per essere la presidentessa di tutte le associazioni studentesche che contassero qualcosa a Hogwarts, come il Club dei Duellanti e il Comitato Studentesco, oltre che per essere indiscutibilmente un gran bel pezzo di ragazza.

Albus Potter non disdegnava l'idea della vasca nel Bagno dei Prefetti, anche se al momento le sue fantasie vertevano principalmente sulla cattura del Boccino nella prossima partita e sulla possibilità che Serena festeggiasse la vittoria con lui. Era piuttosto certo di piacerle almeno un po', ma sapeva anche che lo considerava troppo piccolo e troppo imparentato con i Weasley per scomodarsi a concedergli qualcosa in più dell'amicizia, a meno che non le avesse fatto una corte spietata. E, no, Albus era dotato di troppo amor proprio per provarci così spudoratamente con chicchessia. In più, al momento, aveva quell'incapace di James e la sua disastrosa vita sentimentale di cui occuparsi, per non parlare del fatto che prevedeva un'imminente crisi di nervi di Rose, non appena si fosse resa conto che tutti stavano aspettando che lei e Scorpius facessero sesso. E ci stavano pure scommettendo sopra un sacco di soldi. Il che portava anche al problema che Scorpius si sarebbe fatto più paranoie della propria ragazza, ma non gli avrebbe detto nulla perché si trattava di Rose e poi perché, a prescindere, ammettere di essere dotato di una sessualità come tutte le persone normali lo imbarazzava terribilmente. Se non fosse stato tanto magnanime, avrebbe risolto i problemi di coppia di quei due babbuini con una botta in testa e un calcio nel sedere. Ora che ci pensava, probabilmente lo avrebbe fatto lo stesso.

Come ciliegina sulla torta, poi, c'era la questione che due tra i più accreditati Auror del Ministero si erano rintanati nell'ufficio della McGranitt per confabulare a proposito della misteriosa comparsa di aerei militari Babbani sopra il castello, il tutto condito da un litigio all'ultimo sangue tra Draco e suo padre circa la possibilità di indire una conferenza stampa per rendere noto alla Comunità Magica che qualcuno stava rapendo i loro figli per farci degli esperimenti e che era ragionevole presumere di essere sull'orlo di un tracollo diplomatico o peggio di una vera e propria guerra. Albus avrebbe fatto volentieri a meno di preoccuparsi per questioni così spinose e così platealmente lontane dalla sfera delle proprie competenze – la gente non aveva idea di quanta fatica gli costasse occuparsi degli affari altrui – ma era chiaro come il sole che nessuno, al Ministero, aveva la più pallida idea di come risolvere la questione, quindi si sentiva moralmente obbligato a fare qualcosa in proposito. A tal riguardo, ovviamente, aveva sviluppato una teoria di tutto rispetto: aveva dovuto lambiccarsi un po' per venire a capo dell'enigma, con tutti i pezzi che gli mancavano, ma era quasi sicuro di essere riuscito a ricostruire l'intero quadro della situazione. Quindi ora non restava altro da fare che...

« Albus? »

« Mh? »

Alzò gli occhi su Serena, che lo stava fissando con quell'aria di cortese disapprovazione che assumeva ogni qualvolta un membro della squadra o un qualsiasi altro studente non si comportava esattamente come voleva lei. Non sembrava propriamente minacciosa, ma metteva i giusti sensi di colpa per farti desiderare in maniera genuina di compiacerla.

« Sei riuscito a scoprire qualcosa sulle tattiche di gioco di tuo fratello? »

E chi sono, Dio?

James poteva essere un idiota finché gli pareva, nella vita di tutti i giorni, ma a mettergli una scopa in mano il suo quoziente intellettivo schizzava di colpo ai livelli dell'homo erectus medio. Comunque era altamente probabile che non gli avrebbe rivelato le proprie tattiche di gioco nemmeno se fossero stati compagni di Casa: al posto suo Albus non l'avrebbe fatto.

S'impose di sorridere, solo perché era certo che dal tavolo di Grifondoro qualcuno lo stesse maldestramente spiando.

« Sai che non me le rivelerebbe nemmeno sotto tortura » le rispose, mantenendo l'espressione di chi sta dicendo “certo, siamo una squadra così affiatata e sappiamo tutti i vostri segreti, babbei”. « Ma ci sto lavorando ».

Quest'ultima, invece, era un'aggiunta per il solo beneficio di Serena. Non che non tenesse le orecchie ben aperte in presenza dei cugini Weasley, ma aveva ben altro per la testa ultimamente. Non che ci fosse bisogno di farlo sapere a Serena.

« Comunque li batteremo senza problemi quest'anno » dichiarò. « Il loro nuovo cercatore fa schifo e conoscendoli useranno la solita tattica del “buttiamo tutti giù dalla scopa”. Hanno la coppia di battitori più forte della scuola, cosa vuoi che facciano? »

Serena gli lanciò un'occhiatina storta e osservò: « Pensavo che diffidassi sempre di tuo fratello ».

« Sempre e comunque » precisò lui. « Ma diffido anche della sua intelligenza: non è un essere così evoluto ».

Finalmente Serena si concesse un piccolo sorriso, che nascose dietro la tazza di tè. Quando ne riemerse sembrava ancora vagamente divertita.

Era molto carina quando sorrideva.

Comunque sia, ho intenzione di acchiappare il Boccino entro i primi venti minuti.

 

***

 

Mezz'ora dopo Albus entrò nell'aula di Pozioni, sentendosi decisamente ben disposto nei confronti del mondo: la prospettiva di due ore della propria materia preferita lo metteva sempre di ottimo umore, specialmente da quando condividevano le lezioni con tutti gli studenti del sesto anno, compresi i Tassorosso. Era sempre una gioia vedere Tessa MacMillan che armeggiava come un'assatanata attorno al calderone e quindi batterla senza metterci il minimo impegno. Con Scorpius non c'era mai stata uno straccio di competizione, nei precedenti cinque anni: in primis perché Scorpius non era così idiota da sfidarlo nell'unica materia in cui avrebbe perso, e in secondo luogo perché avevano sempre lavorato in coppia. Ma a quanto pareva quel giorno Albus avrebbe dovuto trovarsi un altro compagno di calderone: Rose e Scorpius sembravano finalmente aver risolto i loro problemi di coppia e si erano rintanati in fondo all'aula a confabulare con le teste chine sul calderone. A giudicare dal modo in cui si erano guardati per tutto il tragitto verso l'aula non avrebbero seguito una singola parola della lezione.

Se non li avesse conosciuti come le proprie tasche avrebbe pensato che avevano chiarito un litigio sotto le lenzuola e si sarebbe offeso a morte perché avevano perso la verginità senza dirgli niente, ma trattandosi di Rose e Scorpius era molto più verosimile che dopo una notte di sesso si sarebbero messi a litigare ferocemente, quindi non c'era pericolo. Probabilmente avevano solo trovato il coraggio di cominciare a chiamarsi “cucciolo” o “caro” al posto di Weasley e Malfoy, che per quei due idioti era già un discreto passo avanti.

Albus si ripromise di torchiarli per essere informato sugli ultimi sviluppi della faccenda e prese posto in prima fila sorridendo sotto ai baffi: tutt'ora considerava quei due la propria migliore composizione artistica, checché ne dicesse Rose. Perché ovviamente Rose aveva sempre qualcosa da ridire quando qualcuno suggeriva che tra lei e Scorpius ci fosse stata della tensione sessuale repressa fin dal primo anno.

E anche adesso, se è per questo.

Sì, avrebbe decisamente dovuto impicciarsi di più nella loro vita sessuale: senza il suo intervento ci sarebbero voluti come minimo cinque anni prima che quei due arrivassero da qualche parte.

« Ehi, ciao, Albus » lo salutò qualcuno, distraendolo dalla minuziosa analisi della situazione sentimentale dei suoi due migliori amici.

Albus alzò uno sguardo infastidito sul ragazzo che gli sostava accanto con un enorme sorriso stampato sulle labbra. Inarcò un sopracciglio in direzione del posto libero al proprio fianco, a cui il ragazzo stava chiaramente puntando.

Fantastico. Cosa voleva Calvin Davies da lui, adesso?

Ricambiò il suo saluto con estrema freddezza: « Ciao a te... »

Davies non si perse d'animo: prima che Al potesse inventarsi il nome di un compagno di classe inesistente per il quale stava tenendo il posto, si sfilò la tracolla e posò la borsa sul banco.

« Ti dà fastidio se mi siedo qua, vicino a te? »

L'endiadi contribuiva a far sembrare l'intera frase una profferta sessuale, ma era principalmente per colpa della voce. E del fatto che fosse interessato al genere maschile in modo assai più che manifesto.

Albus sbuffò e spostò il proprio armamentario dalla metà di banco che non gli spettava. Era impossibile non conoscere Davies, visti i commenti entusiasti che circolavano su di lui nei dormitori femminili di mezza scuola, ma questo non voleva dire che fosse smanioso di parlargli. Al contrario, era estremamente irritato dalla complicità che sembrava esserci tra lui e Rose: dopo tutta la fatica che gli era costato farla mettere con Scorpius gli sembrava un affronto bello e buono che quell'ingrata se ne andasse in giro con uno strafigo del genere.

Che cavolo, non mi sarò dannato l'anima per niente, l'estate scorsa?

Il fatto che Davies fosse tutto meno che etero, poi, non faceva che accrescere il proprio risentimento nei confronti di Rose (e del resto della fauna femminile di Hogwarts). Insomma, se era gay che lo lasciassero ai maschi, per Salazar.

E comunque, se qualcuno glielo avesse chiesto, la sua avversione nei confronti di Davies era assolutamente fondata: quello yankee non lo convinceva per niente. Oltre a stargli antipatico a pelle – perché, obiettivamente, era un reato lasciare che qualcuno con un'espressione così idiota circolasse a piede libero – c'era anche una concreta possibilità che il suo sorriso ebete fosse una copertura per qualcosa di estremamente losco, nel qual caso non diffidare di lui sarebbe stato un crimine anche peggiore. Se non fosse stato dichiaratamente gay e se Rose non fosse stata Rose, avrebbe pensato che quei due avevano una tresca: gli elementi per sospettare ragionevolmente di loro c'erano tutti, a partire dalle ignote circostanze in cui si erano conosciuti anzitempo per concludere con l'inspiegabile familiarità che Rose sembrava avere nei suoi confronti, nonostante li avesse visti assieme a stento tre volte in quelle settimane.

Sì, in definitiva poteva addurre una caterva di motivi logici e inconfutabili per presumere che quei due condividessero un qualche losco segreto. In fondo nessuno era completamente gay, esattamente come nessuno era del tutto etero: scommetteva che Calvin non faceva differenza, con tutte le ragazze che lo perseguitavano. Perché avesse scelto di filarsi proprio Rose, poi, restava un mistero, ma di certo non era un mistero il motivo per il quale Rose avrebbe potuto trovarlo attraente: scommetteva che anche lei si fosse accorta che Davies era la versione immensamente più figa di Scorpius.

Preciso e sputato. Due o tre centimetri più basso e un botto più palestrato, ma con un po' di fantasia...

Davies posò la borsa sul banco e ne estrasse un libro di pozioni che aveva l'aria di non essere mai stato nemmeno aperto, dicendo: « Tu sei il cugino di Rose, giusto? »

« E invece tu sei il... – cosa? – di Rose, esattamente? » replicò Albus.

Non era sua intenzione risultare terrificante, inquietante, oscuramente minaccioso, ostile e bellicoso, ma se non altro sarebbe stato buon costume se Davies avesse avuto la decenza di guardarlo con un minimo di diffidenza in più dopo quella risposta. Invece, dimostrando una volta in più lo scarso istinto di autoconservazione dei Grifondoro, nonché le inesistenti capacità intellettive dei buzzurri yankee di oltreoceano, Davies si limitò a sorridergli come se stessero parlando di figurine delle Cioccorane.

« Sono un suo amico, credo. Tra parentesi, non mi sono ancora presentato: sono Calvin, molto piacere ».

Albus rimase a fissare la sua mano tesa nel vuoto con le labbra arricciate e la tentazione sempre più forte di andare nell'armadio degli ingredienti, procurarsi qualcosa di estremamente velenoso e ficcarglielo in gola. Alla fine la strinse con un sorrisino di circostanza, borbottando qualcosa a proposito del fatto che il piacere era tutto suo.

...Un corno.

Avrebbe decisamente dovuto impegnarsi di più per sembrare terrificante, inquietante, oscuramente minaccioso, ostile e bellicoso, la prossima volta.

« Quindi » esordì Davies, sistemando la sedia in modo da avvicinarsi al proprio sempre più irritato e assolutamente non consenziente compagno di banco. « Quand'è che comincia la lezione? »

Albus si tirò su la manica e controllò il quadrante dell'orologio. Poi, dopo essersi preso qualche secondo di raccoglimento per disperarsi in silenzio e pregare che le lancette fossero indietro, grugnì: « Tra cinque minuti ».

E non avrai intenzione di occuparli tutti a chiacchierare, spero per te.

« Ottimo, allora abbiamo tempo per chiacchierare » sentenziò Calvin, protendendosi verso di lui con fare cospiratorio.

Chiaro, come aveva potuto essere così ingenuo da sperare il contrario?

Calvin prese a trafficare per sistemare il nodo della cravatta rosso-oro con il mento sprofondato nel petto e l'espressione concentrata di un bambino alle prime armi con i lacci delle scarpe. Quando ebbe finito – o meglio, rinunciato, visto che il nodo continuava a sembrare un topo morto – alzò lo sguardo su di lui con un sorriso colpevole.

« Strane queste uniformi inglesi, vero? Dopo due settimane non ho ancora imparato a fare il nodo alla cravatta ».

Questo è perché sei un minorato mentale.

Per un paio di secondi Albus meditò di intraprendere la via di una fredda e diplomatica indifferenza, ma poi decise che in quella particolare circostanza era d'obbligo comportarsi da britannico snob. Ragion per cui, dopo avergli lanciato uno sguardo disgustato, commentò: « Strane? No, non direi: a me sembrano assolutamente normali. Per Merlino, come si veste la gente in America? »

Se anche Davies colse il profondo sarcasmo nella sua voce – cosa comunque molto poco probabile, visti gli antefatti – non ne fu minimamente scalfito.

« Oh, non lo so » rispose. « In modo normale, credo ».

« Intendi con le scarpe a chiusura a strappo e le camicie senza bottoni? O sono solo le cravatte che vi creano dei problemi? » s'informò Albus, con un sorrisino di scherno.

Scusami tanto se ho qualche pregiudizio nei confronti del tuo concetto di normalità.

Calvin si grattò la nuca distrattamente, continuando a sorridere come se qualcuno gli avesse appiccicato gli angoli della bocca agli zigomi.

« Oh, no, conosco un ottimo incantesimo per fare i lacci alle scarpe. Li fa così bene che il problema poi è slacciarle, in effetti: ci ho rimesso più di un paio di scarpe, con questo trucco ».

« Ammirevole » sputò Albus, masticando ogni sillaba.

D'altronde, era una legge universalmente riconosciuta che non si potesse essere belli e intelligenti allo stesso tempo. Un'altra legge universale, a proposito della gravitazione, non spiegava invece per quale motivo la sedia di Calvin stesse continuando ad avvicinarsi alla sua.

Proprio quando Al stava cominciando a pensare che non sarebbe potuta andare peggio di così, Calvin sollevò i gomiti dalla posizione relativamente innocua in cui li aveva tenuti fino a quel momento e ne piazzò uno al centro della sua pergamena. La pergamena sulla quale aveva accuratamente trascritto la bella copia del tema assegnato per quel giorno.

Albus non poté fare altro che restare ad osservarlo in preda a un muto orrore mentre quell'idiota – no, idiota non si avvicinava nemmeno lontanamente al grado di violenza verbale che ci sarebbe voluta per descriverlo – posava il mento sul palmo della mano e lo guardava da sotto il su sbattendo le ciglia.

Spero almeno che ti sia macchiato la camicia d'inchiostro.

« Sono contento di essere in banco con te » cinguettò Calvin, sfiorandogli un ginocchio con il proprio. « I tuoi compagni di classe dicono che sei un genio delle Pozioni... »

Deduzione che denotava senza dubbio una gran perspicacia, dopo che aveva prodotto la migliore pozione della classe ad ogni lezione per due settimane di fila.

Albus spostò la sedia di una trentina di centimetri più a sinistra e Calvin, che nel frattempo gli si era praticamente spalmato addosso, perse l'equilibrio, finendo a musata sul banco. Albus non poté che accogliere quel piccolo infortunio con estremo giubilo e con il più sincero augurio che si fosse rotto il naso.

« Sì, mi sono sempre piaciute le pozioni » rispose, lisciando la pergamena con sdegno. « In particolar modo i veleni. In particolarissimo modo i veleni letali ».

Per un paio di istanti Calvin lo fissò con aria perplessa e Albus credette che avesse finalmente colto le minacce di morte che gli aveva indirizzato ininterrottamente da quando si era seduto al suo fianco, ma poi – dimostrando una volta di più la propria monumentale idiozia – Calvin sorrise e commentò: « Veleni. Figo ».

Soprattutto quando ti scivolano per sbaglio nel succo di zucca di qualcuno...

A quel punto avrebbe volentieri rimarcato le proprie intenzioni omicide in modo più esplicito – magari puntandogli la bacchetta alla gola e urlando « Avada Kedavra! » – ma fu interrotto dall'ingresso in classe del professor Blaster.

« Buongiorno ragazzi » li salutò l'ometto, caracollando verso la cattedra con l'andatura ondeggiante per la quale era e sarebbe sempre stato ampiamente sfottuto dagli studenti. Poi, dopo aver fatto comparire la ricetta di una pozione sulla lavagna, aggiunse: « Oggi prepareremo un filtrato di sangue di drago e polveri di zolfo. Attenti a non farlo esplodere. Hehe... hehe... »

Terminò la frase con la risatina isterica che preannunciava una pozione particolarmente esplosiva e pericolosa, quindi si calò sul volto gli occhialoni protettivi che portava sempre sulla fronte e si tirò gli orli dei guanti di plastica nera fin sopra i gomiti.

La leggenda voleva che Vince Blaster fosse stato ricoverato per anni nel reparto psichiatrico del San Mungo per una grave forma di nevrosi, prima di venir abilitato all'insegnamento, e non era difficile immaginare il perché: il segno rosso lasciatogli sulla fronte dagli occhialoni e i capelli striati di bianco sparati in tutte le direzioni, unito al modo in cui ridacchiava e farfugliava in falsetto, non gli conferivano l'aria di uno particolarmente sano di mente. In più la sua ossessione maniacale per qualunque cosa potesse essere fatta esplodere era cosa tristemente risaputa tra le mura di Hogwarts: da quando Blaster aveva preso il posto del vecchio professor Lumacorno, la media dei calderoni fusi (o direttamente polverizzati) durante le ore di Pozioni era schizzata a livelli impensabili. C'erano anche stati una discreta quantità di feriti più o meno gravi che avevano provveduto a occupare le giornate dell'infermiera, Miss Hudson.

« Svelti, svelti » li incitò Blaster, distribuendo un'ampolla di sangue di drago per ogni coppia. « Accendete i fuochi ».

Albus percepì le occhiate preoccupate dei propri compagni di classe anche senza voltarsi a guardarli, così come percepì che Davies non si era minimamente reso conto della situazione e stava continuando a sorridere come se dovessero preparare un brodo di pollo e non una pozione estremamente complicata e altamente esplosiva.

Idiota.

Albus estrasse la propria copia di Pozioni Avanzate dalla borsa e quindi si diresse verso il ripostiglio degli ingredienti, che sistemò ordinatamente sul banco accanto al tagliere, al bilancino d'ottone e al resto dei propri strumenti da lavoro, tutti puliti e lucidati alla perfezione.

« Tu non toccare niente » ordinò a Davies, che nel frattempo aveva cominciato a giocare con i due piatti del bilancino.

Se me lo rompe lo affogo nel calderone, giuro.

Blaster – che aveva l'irritante capacità di comparirti alle spalle quando meno te l'aspettavi e ridacchiarti nell'orecchio, riuscendo in genere a farti rovesciare qualcosa dentro il calderone – si chinò sul loro banco, osservando: « Coltello nuovo, signor Potter? »

« Sì, signore » rispose Albus. « Un regalo di Natale ».

Blaster ridacchiò e, dopo aver saggiato la lama con un dito, lo ripose sul banco.

« Anche un nuovo compagno di lavoro, eh, signor Potter? » aggiunse.

Intende la forma di vita sottosviluppata che sta tentando di aprire la scatola dei bisturi dalla parte sbagliata?

Albus lanciò uno sguardo assassino a Davies, ripromettendosi di chiarirgli il significato di “non toccare niente” non appena Blaster si fosse allontanato.

« Così pare, signore » commentò tra i denti.

Blaster rimase a fissarlo negli occhi per un paio di istanti, immobile come se qualcuno gli avesse lanciato un Petrificus Totalus, poi emise un'ultima risatina nevrotica e si allontanò cantilenando: « Stia attento che non le faccia esplodere la pozione, signor Potter... stia attento che non faccia bum... hehehe... »

« Non si preoccupi » sibilò Albus.

Non arriverà abbastanza vicino alla mia pozione da farla esplodere.

Gli avrebbe imposto una distanza di sicurezza dal calderone di minimo un metro e mezzo per andare sul sicuro.

Ripulì la superficie perfettamente lucida del calderone con un Gratta e Netta, quindi lo riempì di acqua distillata e accese il fornelletto.

« Bene » disse tra sé e sé, facendo il punto della situazione per organizzare i passi successivi. « Ora bisogna aspettare che bolla ».

Si sedette accanto al calderone e sollevò tra le dita l'ampolla di sangue di drago, scrutandone i riflessi controluce con un sorriso affascinato. Il sangue di drago era un ingrediente molto raro e pregiato e non capitava spesso che fosse utilizzato in un corso scolastico di Pozioni. Aveva provato a convincere suo padre a comprargliene una scorta, una volta, ma il negoziante era stato così imbecille da enumerare la quantità di veleni letali che si potevano preparare con poche gocce di sangue e a quel punto Harry lo aveva trascinato precipitosamente fuori dal negozio.

Al diavolo, non ho mai detto di voler usare quei veleni. È solo curiosità scientifica...

Quando l'acqua iniziò a bollire Albus estrasse un paio di ingredienti a caso dalla propria scorta personale e li piazzò sotto il naso di Davies.

« Trita la corteccia di salice in una polvere finissima » gli ordinò, dopo essersi assicurato che l'ingrediente in questione non fosse menzionato in nessun passaggio della preparazione.

Si sentì un po' come un adulto che liquidava un mocciosetto di tre anni mettendogli in mano un lecca-lecca, e il sorriso entusiasta con cui Davies si dedicò al compito assegnatogli non fece che acuire quella sensazione, ma per il filtrato di sangue di drago e polveri di zolfo era disposto a fare questo e altro.

Piuttosto sorprendentemente, i primi dieci minuti filarono lisci come l'olio: Davies continuò a tritare la corteccia di salice senza lamentarsi e intanto Albus fu libero di dedicarsi alla pozione, che, dopo l'aggiunta di un pizzico di arsenico, aveva assunto l'esatta sfumatura di viola cupo descritta dal libro. Stava giusto cominciando a sentirsi ottimista quando Davies gli posò una mano sul fianco per richiamare la sua attenzione, facendolo sobbalzare così violentemente che per poco non rovesciò il calderone.

« Davies, cosa vuoi? » ringhiò, troppo scosso dal quasi omicidio di un'innocente pozione per ricordarsi di essere sarcastico e controllato.

Il Grifondoro gli tese una ciotola piena di polvere finissima, con il sorriso ansioso di chi non vede l'ora di sentirsi dire “bravo”, e annunciò: « Ho tritato la corteccia di salice ».

Complimenti, ci voleva una laurea.

« E c'era bisogno di palparmi per farmelo sapere? » sibilò Albus, strappandogli di mano la ciotola prima che potesse rovesciarla dentro il calderone.

« Uhm... scusa » rispose Davies con un sorriso smagliante che la diceva lunga su quanto fosse dispiaciuto.

Albus stava avendo seri problemi di autocontrollo quando Blaster gli comparve alle spalle, scrutando la pozione che bolliva nel calderone con aria delusa.

« Tutto sotto controllo, signor Potter? » chiese. Poi, tendendo una mano dietro la schiena per spostare una boccetta di essenza di dittamo in modo che fosse in bilico sullo spigolo del banco, aggiunse: « Dovrebbe coinvolgere più il suo compagno di lavoro, signor Potter. Voglio vedere più lavoro di squadra, hehehe... »

« L-lavoro di squadra? » rantolò Al.

Indietreggiò di alcuni passi per fare scudo al calderone con il proprio corpo e spostò l'essenza di dittamo al centro del banco, cominciando a sudare freddo.

Blaster non si poteva certo aspettare che preparasse pozioni in coppia con un quasi-estraneo. L'unico a cui accordasse il permesso di avvicinarsi a meno di un metro dal proprio calderone era Scorpius, perché sapeva che era abbastanza sveglio da fare le cose semplici e lasciare il resto a chi ne capiva più di lui.

Davies, più che evidentemente, non era altrettanto sveglio. Gli lanciò uno sguardo assassino per convincerlo a mettere giù quelle radici di valeriana prima che fosse costretto a mozzargli la mano e spostò il calderone verso la propria metà di banco.

« Parliamoci chiaro » sibilò, non appena Blaster fu fuori portata d'orecchio. « Se provi ad avvicinarti alla mia pozione ti uccido ».

Davies non parve per nulla toccato dalla sua collaudata espressione da maniaco omicida.

« La nostra pozione » lo corresse, strizzandogli l'occhio con un sorrisetto complice.

Albus dovette prendersi la testa tra le mani per evitare di sbatterla sul banco. Violentemente. E ripetutamente.

Oh, Merlino, sono circondato da una manica di cretini...

« A proposito » aggiunse Davies, senza dimostrare la minima intenzione di abbandonare i propri loschi propositi. « La corteccia di salice non è segnata tra gli ingredienti. E comunque l'acido acetilsalicilico non mi sembra la soluzione migliore se vuoi mitigare un po' gli effetti del... »

« Davies, taci! » lo interruppe Albus.

La pozione si sarebbe rovinata se non si fosse sbrigato ad aggiungere il prossimo ingrediente, e filtrare il sangue di drago era un'operazione che richiedeva la massima concentrazione. Non aveva tempo da perdere per prestare attenzione ai deliri di uno yankee convinto di trovarsi in una farmacia Babbana.

Si protese sul banco per recuperare il materiale occorrente all'operazione e stappò l'ampolla, ma non aveva ancora versato la prima goccia di liquido che l'inconfondibile tonfo di qualcosa che non avrebbe assolutamente dovuto essere versato nel calderone gli fece raggelare il sangue nelle vene. Si voltò di scatto, scoprendo Davies nell'atto di mescolare la pozione, che ora aveva assunto un preoccupante color arancio intenso.

« C-che c-cosa hai fatto? » balbettò, aggrappandosi al banco per non svenire. « S-sei impazzito? La mia po... poz... »

Davies, al posto di fuggire a gambe levate dalle Maledizioni Senza Perdono che stavano per piovergli addosso, gli batté una pacca sulla spalla con un sorriso rassicurante. Una pacca sulla spalla che si trasformò ben presto in una dubbia carezza sulla schiena, giusto per essere sicuro di venir assassinato entro i prossimi dieci secondi.

« Su, respira, non è nulla di grave... »

« Nulla di grave?! » ripeté Albus, certo che di lì a qualche secondo gli sarebbe venuto un infarto.

Davies continuò a massaggiargli le spalle e, con quella che doveva ritenere una voce confortante, gli disse: « Ma sì, ma sì, non ti preoccupare, che sistemiamo tutto. Ho solo rallentato la fermentazione, così hai più tempo per filtrare il sangue di... »

« Rallentato la... » gemette Albus, strozzandosi con il nulla davanti all'immensità del danno che era stato inflitto a quella povera e innocente pozione. (Alla mia povera e innocente pozione.) « Tu hai... hai assassinato la mia... ci hai messo dentro il dittamo, non è vero? Tu non... non ti rendi conto... razza di beota... il dittamo! Come ti è saltato in mente di metterci dentro il dittamo?! È come prendere la bacchetta e spararsi uno Schiantesimo nelle palle! Tu... tu... ti è venuto in mente di...? Neutralizzerà completamente gli effetti dello zolfo, e... e... e... come hai potuto metterci dentro proprio il dittamo?! »

« Uhm... mi ero dimenticato dello zolfo... » commentò il beota che presto, anzi, prestissimo, sarebbe morto in maniera molto lenta e dolorosa.

Albus emise una risatina isterica e fece un ampio gesto sopra il calderone, che ora conteneva un liquido viscoso color magenta e sembrava nel bel mezzo di un'eruzione vulcanica.

« Oh, ti eri dimenticato dello zolfo... una cosuccia da niente, insomma... a chi non capita di dimenticarsene? »

Si aggrappò al banco, realizzando che le gambe non lo avrebbero retto da sole, e continuò a ridacchiare convulsamente mentre la pozione passava dal magenta a un minaccioso color fucsia.

« Ma certo, chissenefrega dello zolfo... anzi, sai cosa facciamo adesso? Perché non ci buttiamo dentro anche un po' di succo di Mandragola, eh? O magari dei semi di papavero, non è vero? Se dobbiamo sputtanare questa pozione almeno facciamolo come si deve, dico io... »

« Oh, su, ti stai comportando come un bambino adesso » lo rimproverò Davies, come se fosse stato lui ad aver appena menomato, rovinato e sfregiato per sempre un povero filtrato di sangue di drago. « In America non ti danno nessuna ricetta quando devi preparare una pozione: ti danno solo la lista degli ingredienti e le loro proprietà, e poi ti devi arrangiare a tentativi. Non è mica una tragedia, insomma, ci inventeremo qualcosa per rimediare. Anzi, sai cosa? Adesso ci mettiamo dentro della polvere di luna, così la facciamo reagire con il dittamo e... »

« NO! »

Prima ancora di rendersi conto di quello che aveva fatto, Albus si ritrovò aggrappato alla divisa di Davies con le unghie affondate nella stoffa e la bocca deformata da un ringhio gutturale.

« Tu » sibilò poi, piantandogli l'indice nello sterno. « Non farai più niente, non toccherai più niente e non penserai più niente che riguardi anche solo vagamente la mia pozione. Ora allontanati dal mio calderone, molto lentamente, senza fare movimenti bruschi... »

Davies sollevò le mani davanti al viso e si sedette sulla propria sedia con un sorriso accondiscendente.

« D'accordo, se ti fa sentire più tranquillo... »

« Decisamente più tranquillo ».

Albus gli voltò le spalle e si chinò sul calderone, tentando di trattenere l'istinto di scoppiare in un pianto disperato davanti a un tale scempio. Quell'intruglio rosa fluorescente gli sembrava al di là di ogni possibilità di rimedio: forse avrebbe potuto cavarne un Accettabile... Con un po' di impegno (e se fosse riuscito a pensare in maniera lucida, invece di continuare ripetersi “io odio Calvin Davies”), c'era una pallida speranza di strappare un Oltre Ogni Previsione del tutto immeritato, concesso sulla fiducia nella sua media perfetta...

La mano che gli si posò alla base della schiena non contribuì particolarmente a far cessare il mantra di “io odio Calvin Davies”.

« Ehi, Albus, non ho trovato la polvere di luna, ma ho pensato che con un pizzico di sodio, se poi ci mettiamo dentro la valeriana... »

Oh, sì, certo, buttiamoci dentro altri ingredienti che non sono previsti dalla ricetta!

Come se quell'idiota non avesse già fatto abbastanza danni...

Albus si voltò verso di lui con una mezza idea di azzannargli la giugulare e afferrò la boccetta di polvere bianca, cercando di strappargliela dalle mani.

« Non ti azzardare... » cominciò, piantandogli le unghie nel dorso della mano.

« Ahi... »

Davies mollò la presa di colpo e la boccetta schizzò in aria, spargendo polvere bianca dappertutto. Albus rimase a guardarla, paralizzato dall'orrore, mentre descriveva un'ampia parabola nell'aria e poi ricadeva esattamente al centro del calderone con un minaccioso “pluf”.

L'esplosione che seguì fu così potente da far tremare i muri dell'aula.

Qualche secondo più tardi Albus riemerse da dietro il banco, tossendo nuvolette di fumo rosa. La classe era piombata nel silenzio più totale e sentiva gli sguardi increduli i tutti i propri compagni pesargli addosso come macigni.

All'improvviso Blaster proruppe in una risatina particolarmente acuta.

« È esplosa! » squittì, battendo le mani con aria deliziata.

Rose e Scorpius, dal fondo dell'aula, avevano l'espressione stralunata di chi ha appena assistito all'atterraggio di un'astronave aliena, mentre Marshall, pochi banchi più in là, continuava a sussurrare « Non ci credo ».

« Non è stata colpa mia! » sbottò Albus, arrossendo per la rabbia e per l'umiliazione.

Si nascose dietro il banco con la scusa di raccogliere il tagliere che era stato scagliato a terra dall'esplosione e si asciugò gli occhi con un gesto stizzoso, maledicendo Merlino, Circe, Morgana e tutti i grandi maghi del passato.

Calvin, con i capelli impastati di una poltiglia rosa acceso, si chinò al suo fianco e gli porse un fazzoletto.

« Sarebbe fuori luogo se a questo punto ti chiedessi un appuntamento? » bisbigliò.

Oltre a essere una mossa suicida, intendi?

Albus lo freddò con uno sguardo degno di Lord Voldemort in uno dei suoi momenti peggiori.

« Sì, sarebbe decisamente fuori luogo ».

Quando si fa esplodere la prima pozione ci si resta così male che alla fine non si può far altro che riderci sopra, dicevano. Tutte idiozie: l'unica cosa sulla quale Albus avrebbe voluto ridere, in quel momento, era il cadavere di Calvin Davies.

 

 

 

Quel pomeriggio Scorpius era particolarmente pidocchioso e invadente, oltre che decisamente restio a condividere i fatti propri con il prossimo.

« Ma non hai dei problemi sentimentali tuoi di cui occuparti? » sbuffò, dopo aver eluso un'innocente domanda su Rose.

« Ovviamente no » rispose Albus.

Gli avrebbe anche scoccato un'occhiataccia, se Scorpius non fosse stato troppo impegnato a scribacchiare sul margine del libro di Erbologia per dargli retta.

Secchione...

Scorpius, senza dar segno di voler scollare gli occhi dal libro per raccontargli ciò che era un suo sacrosanto diritto di sapere riguardo a Rose, borbottò: « Già, dimenticavo che tu sei Albus Potter e sei troppo figo per avere problemi sentimentali come i comuni mortali ».

« Esatto » concordò Al.

Notava con piacere che Scorpius stava finalmente cominciando a ragionare.

Il sopraccitato, per tutta risposta, scosse la testa e continuò la propria serrata conversazione con il libro di Erbologia.

« Tanto lo so che sei pieno di ammiratrici ».

Non mi dire.

« Chiaro, lo sa tutta la scuola ».

Ma evidentemente Scorpius doveva essere in vena di grandi scoperte scientifiche, perché subito dopo aggiunse: « E, se posso chiedertelo, quale trauma psicologico sta alla base di questo atteggiamento alla “me ne sbatto e me le sbatto”? »

Punto primo, non c'era nessun trauma psicologico, anche se era estremamente probabile che qualcuno gli avesse lanciato il malocchio, visti gli amici inetti che si ritrovava. Punto secondo, non si sbatteva le quattordicenni, ma che continuasse pure a sognare se aveva una così alta opinione delle sue imprese sessuali. E, punto terzo: « Stai cominciando a fare troppi doppi sensi sporchi per i tuoi standard. Questa è una citazione di Rose, suppongo ».

Scorpius alzò gli occhi dal libro il tempo necessario a lanciargli un'occhiatina di sufficienza.

« Patetico tentativo di sviare il discorso » sentenziò, tornando a dedicarsi ai propri studi.

« Sapessi i tuoi... » sibilò Albus.

Al diavolo. Durerà ancora per molto il gioco dello psicologo?

Perché, senza offesa, aveva parecchi modi alternativi per impiegare il tempo prima di cena. Pianificare l'omicidio di Calvin Davies, tanto per citarne uno.

« Comunque » disse, visto che Scorpius sembrava essere stato nuovamente risucchiato dalle pagine del manuale. « Cos'è tutto questo malsano interesse per la mia vita sentimentale, di punto in bianco? »

Scorpius inarcò un sopracciglio.

« Si chiama autodifesa ».

Come se Albus passasse tutta la vita ad assillarlo per essere messo a parte delle ultime novità sulla sua vita di coppia...

...E comunque aveva il diritto di farlo, che cavolo.

« Mmh » commentò, lisciandosi la stoffa della camicia con aria annoiata. « Non funziona molto ».

Il tonfo di una copertina di cuoio e di qualche centinaio di pagine che venivano sbattute su altre pagine annunciò che Scorpius aveva finalmente smesso di studiare. Albus lo sentì sbuffare sonoramente.

« Oggi sei più rompipalle del solito. Puoi per favore superare il trauma di aver fatto esplodere una pozione e smetterla di comportarti da infante? »

Curiosa scelta di vocabolario, infante.

Albus assottigliò gli occhi e sollevò l'indice davanti al naso dell'amico.

« Primo, non l'ho fatta esplodere io » chiarì. « Secondo » aggiunse, sollevando anche il medio. « No, mai. Terzo: non stavamo parlando dei miei problemi sentimentali, fino a qualche secondo fa? » concluse, facendo del proprio meglio per sollevare l'anulare senza muovere il mignolo e senza sembrare un idiota che cerca di sollevare l'anulare senza muovere il mignolo.

Forse avrebbe dovuto cominciare dal pollice, ora che ci pensava.

Scorpius, comunque, non parve essersi accorto della complicata operazione ginnica richiesta dall'enumerazione degli svariati motivi per i quali aveva torto. Piuttosto, dopo avergli lanciato uno sguardo di sufficienza, commentò: « Pensavo che non avessi dei problemi sentimentali, tu. Comunque, se hai cambiato idea e ne vuoi parlare, conosco l'incantesimo perfetto per evocare un divanetto nero... »

« Spiritoso » sbuffò Albus. « Tu fai di tutto per non parlarmi di te e Rose ».

E ci teneva a sottolineare che quella non era un'ammissione di colpa: stava solo rigirando abilmente la frittata a proprio favore.

Scorpius scosse la testa, esasperato.

« Tu fai di tutto per scoprirlo comunque ».

« Non è colpa mia se voi due non avete un minimo di discrezione » si difese Albus.

Per tutta risposta Scorpius gli lanciò un'occhiata penetrante e continuò a guardarlo in quel modo fino a che Albus non si sentì in dovere di esortarlo a parlare con una smorfia.

« Albus? »

« Eh? »

« Serena Mayfair » rispose Scorpius, scandendo ogni sillaba come se gli stesse spiegando la formula di una fattura particolarmente complicata.

Oh, beh, mi aspettavo di peggio.

Serena Mayfair era del tutto accettabile, messa a confronto con le alternative: almeno Scorpius non aveva menzionato Davies. Non che quell'individuo avesse qualcosa a che fare con la sua vita sentimentale, ovviamente, ma per un attimo aveva davvero temuto che Scorpius fosse così imbecille da tirar fuori il suo nome e pretendere pure una risposta diversa da “muori idiota”.

Sì, decisamente, Serena Mayfair e il suo grado di appetibilità sessuale andavano benissimo come argomento di conversazione.

Albus si stiracchiò e si stampò in faccia un sorrisino allusivo.

« Non so di cosa tu stia parlando » dichiarò.

Scorpius ricambiò con un grugnito vagamente divertito.

« Chiaro. Proprio una persona a caso, vero? »

« Assolutamente » concordò Al. « E, a tal proposito, c'è bisogno che ti ricordi che l'ultima volta che ho avuto la ragazza fissa tu e Rose avete complottato per farci mollare? »

Era successo al quinto anno e non li aveva scotennati solo perché la loro insperata collaborazione aveva spalancato molte nuove prospettive alla sua operazione “Rose e Scorpius”. E perché in effetti la ragazza stava diventando parecchio assillante.

Scorpius storse la bocca nella tipica espressione che assumeva quando si sentiva in colpa per qualcosa ma tentava di dimostrare il contrario, e borbottò: « Era una relazione malsana, l'ho fatto per il tuo bene ».

« E chi potrebbe mai metterlo in dubbio? » rispose Albus, senza risparmiarsi una generosa dose di sarcasmo.

Scorpius fece finta di non averlo sentito e continuò con il proprio maldestro e inconcludente interrogatorio.

Ma sul serio in questi anni ha imparato così poco da me?

« Quindi... con Serena fai sul serio? » chiese. « Secondo me le piaci ».

Albus inarcò entrambe le sopracciglia.

« E allora? »

« Niente » rispose Scorpius, scrollando le spalle. « Dico solo che potresti invitarla a Hogsmeade, uno di questi giorni ».

Al dovette fare un considerevole sforzo per non scoppiare a ridergli in faccia.

« Seriamente, Scorp, stai tentando di accoppiarmi? »

« Non è quello che fai tu con me da sei anni a questa parte? » replicò Scorpius.

Appunto, gli stava rubando il lavoro. E comunque...

« Ho degli ottimi motivi per farlo » grugnì. « Da solo non sei capace ».

Scorpius parve estremamente divertito da quella risposta, cosa che riuscì solo ad accrescere il risentimento di Albus.

« Perché, tu ne sei capace? » chiese, con un sorrisetto insinuante.

Albus lo freddò con uno sguardo assassino.

« La mia vita sentimentale è perfettamente sotto controllo, grazie tante ».

E di sicuro non avrebbe preso lezioni da “mister ci metto cinque anni e mezzo per dichiararmi alla ragazza dei miei sogni”. Sotto la precisa minaccia dei parenti della suddetta, tra l'altro.

« Ed è per questo che ti occupi di quella degli altri » osservò Scorpius, angelico.

Al diavolo...

« Se stai tentando di insinuare che sono una vecchia zitella impicciona... »

« Sì, lo sto insinuando » lo interruppe Scorpius.

« Bene, fottiti » concluse Albus, e detto ciò si gettò a pancia in giù sul letto, nascondendo la faccia nel cuscino.

Doveva ammettere di essere piuttosto sollevato che quella conversazione fosse finalmente giunta al capolinea: per qualche inquietante motivo (presumibilmente connesso agli istinti omicidi che gli suscitava), la faccia da schiaffi di Davies aveva continuato a spuntargli nella mente per tutto il tempo. Era piuttosto ingiusto che una persona così maledettamente figa fosse destinata all'estinzione, in effetti, ma d'altronde non si poteva rischiare che diventasse etero da un giorno all'altro e trasmettesse i suoi geni a una prole. Sarebbe stata la fine del genere umano.

Quindi Albus lo avrebbe ucciso, nell'interesse di tutta l'umanità.

« Ti brucia proprio tanto la storia della pozione, eh? » commentò Scorpius.

Albus si rigirò sul materasso per trovare una posizione più comoda.

« Non sai quanto ».

 

***

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Calvin

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Capitolo 6
*** Amici e nemici ***


San Crispino, in queste settimane me ne sono successe di tutti i colori. Plagi, simulazioni d'esame, gente che quasi mi tira sotto con la macchina... yey. Io non ci arrivo viva alla matura xD
Cooomunque, si pubblica in anticipo di un giorno perché non ho voglia di studiare per il compito di matematica, mentre domani, volente o nolente, sarò costretta a studiare per quello di italiano. E vabbé. Sto sempre indietro con la risposta alle recensioni, ma ogni volta che ho un po' di tempo mi porto avanti di quanto posso, quindi abbiate pazienza e risponderò a tutti, prima o poi. Soprattutto poi, chiaro xD Però vi amo sempre, lo sapete, vero? Ma certo che lo sapete <3 Vi sposerei tutti, se non avete problemi con la poligamia.
E comunque lo sapete che, anche se non rispondo subito, le recensioni me le leggo sempre tutte, dalla prima all'ultima, e ci godo anche come un maialino, perché vi adoro tanto tanto. Allora, la facciamo questa cosa della poligamia? *_*
Idiozie a parte, vi lascio al capitolo numero quattro, che - rullo di tamburi e suspence - è stato betato da zuzallove. Non lo avreste mai detto, vero? In più, mi sembra quantomeno doveroso che la dedica di questo capitolo in particolare vada proprio a lei, visto che ne è la principale ispiratrice e, in un certo senso, anche la protagonista ;)

PS. Vorrei dedicare un grazie speciale alle persone che hanno segnalato la storia per le scelte, oltre alle tre che ho già ringraziato nei precedenti capitoli. Ovvero: mark6jane7, Francesca_c, edaifs, Be_strong e iminlovewithyou_. Let me love you, girlz <3

PS2. Oh, quasi me ne stavo dimenticando. Un grazie enorme anche a Mitsuki91, lei sa perché. Saluterei anche la sua amica Risa, che è un sacco simpatica nonostante tutto, ma lei fa la snob con certe ship, quindi niente <3

PS3. Per chi era interessato al POV di Domi, la shot complementare a questo capitolo, dal suo punto di vista, è pubblicata qui: Regina di Picche.

XBOX 360. Domani ho la simulazione di seconda provaaaaa! Argh. Fatemi un in bocca alla balena collettivo. O anche in culo al lupo, come volete.

 

Enjoy :)




 


Capitolo 4

Amici e nemici

 

Pregiudizi. No, sul serio, parliamone. La gente è piena di pregiudizi, ma nessuno sembra mai disposto a metterli in discussione: il vicino di casa è un secchione perché porta gli occhiali da vista e sta sempre chino sui libri di scuola, la ragazza della drogheria sotto casa è una bionda idiota perché sorride tutto il tempo, il postino è un pedofilo perché ti guarda sempre nella scollatura e Calvin è Calvin perché è Calvin. Invece il vicino di casa porta gli occhiali perché è una talpa e dentro i libri di scuola nasconde giornaletti porno, la ragazza della drogheria è una bionda naturale e sorride sempre a tutti perché è una persona solare, il postino è un padre di famiglia strabico e Calvin... beh, Calvin è Calvin, poco ma sicuro.

L'unico problema è che, forse, il modello di intimo nella mia testa non era mai stato Calvin Davies. 

 

***

 

L'ultimo lunedì di gennaio Tessa mancava dalle lezioni da ormai dieci giorni e io non avrei potuto essere più felice. Non per Tessa, chiaro: la mia vita non ruotava attorno a quella befana, nonostante i suoi malanni fisici e la sua ben gradita assenza contribuissero in modo cospicuo a mantenermi con il sorriso sulle labbra. 

Che poi, comunque, nemmeno stesse morendo...

Secondo Al si era solo offesa a morte dopo la lezione di Höhmann e aveva trovato qualche patetica scusa per farsi trattenere in infermeria e mettere su una scenata colossale nella disperata speranza che qualcuno se la filasse. Nemmeno troppo disperata, in realtà, visto che Scorpius era andato a trovarla a giorni alterni per tutta la settimana precedente. In ogni caso, dopo che ci eravamo chiariti, avevo deciso di non avere alcun motivo per non fidarmi di lui, perciò che andasse pure a trovarla quanto gli pareva. Insomma, gli avevo fatto implicitamente capire che avrei preferito che non andasse a trovarla proprio tutti i giorni, e lui aveva avuto l'accortezza di cogliere il mio suggerimento, ma per il resto andava tutto alla grande. Super mega iper alla grande, per l'esattezza.

Oh, al diavolo, perché non ho più un Calvin mentale con cui condividere tutte le sconcezze che penso?

Perché, sì, avevo una quantità esorbitante di pensieri sporchi che mi frullavano per la testa, al momento, e la colpa era tutta di Scorpius e delle sue maledette labbra e di quelle mani calde che mi aveva infilato sotto i vestiti la sera prima, mentre i libri giacevano abbandonati sul tappeto al nostro fianco. Era mezzanotte passata e la Sala Comune di Serpeverde era deserta, fatta eccezione per Mort, che dormiva della grossa su un divanetto in un angolo, e una ragazza del settimo anno che apparentemente era caduta in coma sul proprio libro di Aritmanzia.

Il tappeto sotto alla mia schiena era caldo e soffice, e sopra di me Scorpius tremava leggermente perché aveva tutto il peso appoggiato sul braccio sinistro, nel tentativo di non schiacciarmi. Non era così pesante, ma avevo evitato di farglielo notare perché mi piaceva far scorrere le dita sul suo petto e sul tricipite contratto e chiedergli se stava scomodo, per sentirmi rispondere con una vocina affannata che non faceva la minima fatica e che non era mica una femminuccia, cosa credevo. Generalmente lo lasciavo fare finché non si sfiancava da solo e mi attirava sopra di sé sperando di far passare quella manovra per qualcosa di erotico.

(Oh, sì, lo era. Non nel modo che avrebbe voluto lui, magari, ma mi faceva venire voglia di lanciarmi un incantesimo di Adesione Permanente e restare aggrappata a koala su di lui per il resto dei miei giorni.)

Quando Mort aveva cominciato a russare come un Troll sul punto di morte, biascicando tra un rantolo e l'altro qualcosa a proposito di un pacco di roba buona che qualcuno non aveva ritirato, Scorpius mi aveva lasciato un ultimo bacio sulla fronte e si era rimesso a sedere.

« È meglio se ti accompagno nel tuo dormitorio, adesso » aveva detto, appuntandosi la spilla di Prefetto sulla camicia stropicciata e mezza sfilata dai pantaloni. « Stanotte sono di ronda i due Prefetti di Serpeverde del settimo; se ti beccano da sola in giro potete scordarvi la Coppa delle Case ».

« Come se ci tenessi ai punti di Grifondoro » lo avevo provocato, spingendolo di nuovo sul tappeto per un ultimo bacio.

Scorpius non aveva opposto molta resistenza, per essere un Prefetto responsabile che doveva riaccompagnarmi nel mio dormitorio. Dieci minuti e parecchi ultimi baci più tardi eravamo fuori dalla Sala Comune di Serpeverde, nel sotterraneo illuminato dalla luce spettrale delle torce. Scorpius mi prese per mano, poi estrasse la bacchetta dalla tasca posteriore e sussurrò: « Lumos ».

Sorrisi nel buio e mi lasciai guidare attraverso il castello deserto, assaporando il calore della sua mano che sembrava risalire lungo il mio braccio e diffondersi in tutto il corpo come una piacevole ondata di tepore. 

Al quarto piano - giusto per rovinare la bella atmosfera in cui eravamo immersi - ci imbattemmo in Alexa Mayfair, che stava pattugliando i corridoi accompagnata da un globo di luce fluttuante. Strinsi più forte la mano di Scorpius, ringraziando mentalmente di averlo al mio fianco in quella situazione: per quanto Serena Mayfair e la sua innata abilità nel Quidditch mi stessero genuinamente antipatiche, Alexa era dieci volte peggio di lei. Non si sarebbe detto, visto che era alta cinque centimetri in meno e non aveva neanche un quarto dei bicipiti della sorella, ma c'era qualcosa nelle sue maniere composte e distaccate che mi metteva i brividi. Con i Serpeverde pareva non fosse poi così stronza (Mort la apprezzava molto, in particolare quando indossava la gonna, e Marshall la trovava simpatica, anche se davanti a Lily avrebbe negato fino alla morte), ma dal canto mio non riuscivo proprio ad immaginare come una persona che si prendeva tanto sul serio potesse risultare gradevole. Io, per quanto mi sforzassi, riuscivo solo a trovarla inquietante da morire: da quando la spilla di Caposcuola era stata affidata a mia cugina Molly invece che a lei, Alexa pareva avercela a morte con tutta la mia parentela, me compresa. 

Cercai di assumere un'espressione neutra e continuai a camminare verso di lei come se niente fosse, sperando che Alexa si sarebbe limitata ad ignorarci. Vana speranza, ovviamente: mentre ci passava accanto Alexa si prese tutto il tempo di lanciarci un'occhiata seccata e ci salutò con freddezza. 

« Malfoy, non mi pare che tu sia di turno stanotte ».

« No, infatti » rispose lui, atono. « Sto riaccompagnando Weasley al suo dormitorio ».

Alexa emise un leggero sbuffo e ci passò oltre senza aggiungere altro. Era ormai giunta alla fine del corridoio quando si voltò e commentò: « La nobile e antichissima Casata dei Malfoy si estinguerà nel giro di due generazioni, di questo passo ».

Scorpius tirò dritto come se non l'avesse sentita, ma vidi chiaramente che la sua mascella si era contratta con un piccolo spasmo. Appena girammo l'angolo, però, mi rivolse un piccolo ghigno.

« La nobile e antichissima Casata dei Malfoy » la scimmiottò.

Poi, prima che potessi cominciare a elencargli tutte le situazioni in cui si era comportato da Purosangue idiota nei precedenti cinque anni, aprì una porta alle mie spalle e mi trascinò dentro il Bagno dei Prefetti. Mi spinse contro la parete, nella sua impacciata reinterpretazione del concetto di sbattere qualcuno al muro, e mi posò una mano dietro la nuca perché non andassi a cozzare contro la pietra viva. Giusto perché sbattere qualcuno al muro come Merlino comanda era una cosa troppo volgare e violenta per un gentiluomo come lui.

« Domattina sarò in coma » sussurrò, baciandomi il collo.

« Datti malato » risposi. « Ho delle Pasticche Vomitose, se vuoi ».

L'istante dopo, senza avere la più pallida idea di come fosse successo, mi ritrovai seduta sull'armadietto degli asciugamani, con una mano di Scorpius sulla schiena (sotto maglione e camicia, sulla pelle della schiena, per la precisione). Avevo le gambe allargate per far spazio a Scorpius e la gonna dell'uniforme si era alzata così tanto che, se non avessi indossato i collant invernali, mi sarei ritrovata praticamente in mutande (e se non fossi stata così impegnata a tentare di mangiargli la faccia probabilmente sarei anche morta di vergogna, sì). Sentivo la stoffa dei suoi pantaloni sulla pelle oltre il tessuto della calzamaglia e la sua mano vagava sempre più in alto sulla mia schiena, finché le sue dita sfiorarono la chiusura del reggiseno. Non credevo di aver mai desiderato qualcosa come in quel momento desiderai che – al diavolo, sì! – si decidesse a slacciarlo. Le sue dita giocherellarono per un po' con le spalline, come esploratori che stessero saggiando il territorio nemico, e per un attimo pensai quasi che avrebbe finito per chiedermi il permesso. Poi, quando la sua mano completò la circonferenza percorrendo il profilo a mezzaluna del push-up, pensai che avrei finito per morire se non avesse smesso di girarci attorno in quel modo. 

Stupido galantuomo imbranato...

Una scarica di brividi mi attraversò la schiena e mi strinsi più forte a lui per non cominciare a tremare come un'idiota sotto le sue mani. Fu allora che mi accorsi della consistenza stranamente solida che aveva assunto la stoffa dei suoi pantaloni contro il mio inguine e...

« Rose? »

Fui un po' stupita di ritrovarmi catapultata in mezzo a un corridoio del terzo piano, diciotto ore più tardi, e a dire il vero fui anche piuttosto irritata di essere stata interrotta proprio nel momento culminante del ricordo.

« Mmh? » grugnii.

Scorpius inarcò un sopracciglio.

« Allora, va bene? » chiese.

« Sì, sì, certo... » risposi, continuando a pensare alla sera prima e alla cosa che inizialmente avevo scambiato per la fibbia della sua cintura.

È tanto stupido sentirmi orgogliosa perché sono stata io a provocargli una reazione del genere?

Scorpius mi diede un bacio sulla guancia e mi mise in mano una pila di libri e appunti.

« Grazie mille, Rose. Ci vediamo in Sala Grande tra mezz'ora, allora? »

« Eh? »

Squadrai i fogli che mi aveva messo in mano, cominciando a chiedermi con una certa apprensione a cosa, di preciso, avessi appena dato il mio consenso. Scorpius alzò gli occhi al cielo.

« Devo passare a prendere una cosa in camera mia, prima di cena » spiegò. « E ti ho chiesto se riusciresti a portare i miei appunti a Tessa mentre vado nel mio dormitorio ».

Feci scorrere uno sguardo schifato dai fogli che tenevo in mano all'espressione speranzosa di Scorpius. Con la netta impressione di essere stata appena incastrata contro la mia volontà, mi costrinsi a rispondere: « Beh, sì, ti ho già detto di sì. Ci vado. Ma mi devi un grosso favore ».

Nota per me: mai accettare di fare qualcosa se non sei sicura di cosa sia.

Mort, al mio fianco, represse una risatina in modo decisamente rumoroso.

« Hai capito, Scorp? Le devi un favore grosso... »

« Guarda che non attacca più: l'altra settimana si sono messi a parlare di pompini come se niente fosse » intervenne Marshall. « Devono essere impazziti. A proposito, Rose, è da dieci minuti che sorridi come un'ebete. Se Scorpius si tappa le orecchie ci dici a cosa stavi pensando? » 

Scorpius sbuffò e mi passò un braccio attorno alle spalle.

« Ti stupiresti, ma non credo che sapere quanto sono splendido e meraviglioso possa bloccarmi la crescita ».

« Vi stupireste » replicai, spostandomi il suo braccio dalle spalle. « Ma stavo pensando a quando stracceremo Serpeverde nella partita di Quidditch ».

Sì, poteva darsi che tutta la faccenda di Tessa e di essere stata incastrata in una maniera così subdola non mi fosse andata giù, e allora?

 

***

 

Quando entrai in infermeria, guardandomi attorno con circospezione, trovai Tessa seduta sul proprio letto con la schiena appoggiata al cuscino mentre sfogliava un libro scritto in Rune. Per essere una che dichiarava di aver subito un trauma cranico tale da assentarsi dalle lezioni per dieci giorni aveva l'aria di stare piuttosto bene. Sventolai gli appunti in direzione dell'infermiera prima che mi chiedesse cosa ci facevo lì e puntai verso il letto di Tessa imprecando tra i denti. 

Quando sbattei la pila di libri sul comodino, facendo cadere a terra una confezione vuota di Cioccorane, Tessa si riscosse con un sussulto e mi lanciò un'occhiata ostile.

« Che cosa...? »

« Gli appunti di questa settimana » tagliai corto, facendo del mio meglio per suonare sgarbata.

Tessa allungò una mano e sfogliò le prime pagine di appunti, riempite dalla calligrafia piccola e ordinata di Scorpius. Quando rialzò lo sguardo sembrava se possibile ancora più sospettosa.

« Dov'è Scorpius? » indagò con l'aria di chi sta chiedendo a un impostore imbottito di Polisucco dove ha nascosto il cadavere.

Di colpo fui molto felice di essere stata io a portarle gli appunti; un po' troppo felice perché la cosa risultasse politically correct, in effetti, ma d'altronde chi aveva mai detto che volevo essere politically correct? Le rivolsi un sorrisetto di false scuse e risposi: « Non poteva venire. È un problema? »

Tessa, dimostrando un istinto di sopravvivenza pari allo zero Kelvin (che era d'altronde il motivo per cui si trovava in infermeria) e una faccia tosta non indifferente, parve scegliere la pericolosa via di ignorare la minaccia (nemmeno troppo implicita) che era nascosta (o meglio sbandierata) nella mia voce.

« A dire il vero sì » dichiarò con tono di sfida. « Speravo di vederlo ».

« Beh, sarà per un'altra volta » conclusi, battendole una pacca sulla gamba. « Che peccato ».

Feci per voltarmi, e avevo anche già scelto che canzone fischiettare mentre lasciavo l'infermeria, ma la voce di Tessa bloccò la mia azione sul nascere.

« Weasley, sei patetica » sibilò.

Tornai a voltarmi verso di lei con un sopracciglio inarcato.

« Ah, davvero? »

Sbaglio o qualcuno qui è geloso marcio?

« Molto più che davvero » affermò Tessa.

Aveva il tono bellicoso di chi ha tutte le intenzioni di imbarcarsi nella lite del secolo, perciò, ovviamente, mi sentii moralmente obbligata a non lasciar cadere l'argomento. Insomma, se voleva essere sfottuta un altro po' chi ero io per negarle un tale desiderio?

Mi adoperai per stamparmi in faccia un sorrisetto provocatorio e, con una vocina melliflua di cui andai parecchio fiera, risposi: « Buono a sapersi. È una sfortuna che Scorpius non la pensi come te, non è vero? »

Gli occhi di Tessa, dietro alle lenti degli occhiali, si strinsero in due fessure incandescenti di rabbia.

« Posso farti una domanda, Weasley? » chiese, riuscendo in qualche modo a parlare con i denti completamente serrati.

Allargai le braccia come a dire “prego, tesoro, chiedi pure”.

Suicidati, tesoro.

Sul serio, come faceva Scorpius a essere amico di una befana di quel calibro? Forse avrei dovuto cominciare a riconsiderare l'Imperio: la faccenda rasentava i limiti del paranormale.

Tessa si prese alcuni secondi per rivolgermi un ghigno malevolo prima di porre la propria domanda. 

« Se credi di essere tanto più figa di me » insinuò alla fine, avvolgendosi distrattamente i capelli sull'indice. « Come mai sei così gelosa del tuo ragazzo? »

Beh, non è ovvio? Insomma, perché... cioè... ma che razza di domanda è questa?

Aprii e richiusi la bocca un paio di volte, senza che mi venisse in mente nessun brillante modo per chiudere la disputa con una schiacciante vittoria. Indi per cui decisi che la strategia migliore per chiamarmene fuori fosse negare tutto fino alla morte.

« Io non sono gelosa » obiettai, storcendo il naso.

Che poi è anche vero: non sono mica tanto gelosa.

Conoscevo ragazze molto più gelose di me. E il fatto che al momento non mi venisse in mente nessun nome non era un buon argomento con cui confutare la mia tesi. 

Tessa mi lanciò un'occhiata così penetrante che per un attimo temetti che mi avesse letto nel pensiero. Mi ritrassi di qualche centimetro, mentre lei sussurrava: « Ah no? Ne sei proprio sicura? Scorpius dice che ultimamente sei diventata asfissiante ».

« Scorpius dice cosa? » rantolai.

« Che sei asfissiante » ripeté Tessa, scandendo ogni sillaba con palese soddisfazione. Poi fece un gesto vago, come a voler scacciare una mosca, e si sistemò gli occhiali sul naso con noncuranza. « Beh, comunque lo capisco. Per dirla tutta non so come abbia fatto a sopportarti così a lungo ».

Se non altro nella sfortuna, se avessi avuto un arresto respiratorio nel bel mezzo dell'infermeria, avrei avuto buone possibilità di sopravvivere. Pregai almeno che mi rimanesse abbastanza fiato per pronunciare un'Avada Kedavra.

« A-aspetta un secondo » gracchiai. « Scorpius parla con te del nostro rapporto? »

Tessa inarcò un sopracciglio.

« Perché, con chi dovrebbe parlarne? »

Non lo so, con la Piovra Gigante, con Nick Quasi-Senza-Testa, con un Dissennatore, con chi gli pare. Ma non con te!

L'idea che la mia vita sentimentale venisse discussa nei minimi dettagli in presenza di quella befana, che con ogni probabilità si permetteva pure di commentare e criticare i miei comportamenti, era poco meno raccapricciante della prospettiva che mia madre si rivolgesse a Ferguson come consulente circa i miei dolori mestruali, il tutto mentre Ferguson progettava di sedurla e portarsela a letto.

« E comunque, Weasley, io e Scorpius siamo solo amici » aggiunse Tessa, riscuotendomi dalla contemplazione delle orrende immagini mentali che mi si erano formate nella mente. « Non ho la minima intenzione di rubartelo, quindi smettila di renderti ridicola. Sinceramente, hai una vaga idea di quanto lo metti in imbarazzo quando ti comporti così? »

« Io non... » cominciai, ma Tessa mi interruppe brutalmente: 

« Sappiamo entrambe che lo fai. E, per inciso, se fossi convinta di essere alla sua altezza non avresti così tanta paura che lui torni da me ».

Aprii e richiusi la bocca un paio di volte, conscia di non poterle rispondere a dovere data la limitatezza linguistica degli insulti in Inglese, o in Francese, o in Slovacco, o in qualsiasi altra lingua mai inventata da essere umano. Alla fine, dopo aver ponderato attentamente la possibilità di attentare alla sua vita strangolandola con le lenzuola, decisi di optare per l'approccio clinico psichiatrico, che se non altro appariva più professionale.

« Tu hai dei seri problemi mentali, te l'hanno mai detto? » sibilai, guardandola dall'alto in basso con tutta la supponenza di cui la mia assidua frequentazione dei Serpeverde mi aveva resa capace. « Sei l'ultima persona di cui sono gelosa. E, per inciso, Scorpius non ha la minima intenzione di tornare da te ».

Se mi ero aspettata che Tessa arrossisse di rabbia e rispondesse per le rime – e, d'accordo, mi ero anche già preparata la prossima battuta – rimasi sinceramente spiazzata quando la sentii dire: « No, hai ragione ». 

Ho ragione? Davvero?

Sbattei le palpebre, certa che di lì a poco il mondo avrebbe cominciato a girare al contrario e la McGranitt avrebbe proclamato una settimana di vacanze extra per tutti, mentre Hohmann distribuiva cioccolatini agli studenti e Ferguson mi dichiarava eterno amore.

Tessa scrollò le spalle. 

« Il sesso tra noi due non è mai stato un granché. Suppongo che mancasse la scintilla... siamo sempre stati meglio come amici... »

Poi probabilmente James avrebbe cancellato tutti gli allenamenti di Quidditch mattutini e lui e Al sarebbero diventati migliori amici, mentre Calvin...

Aspetta un secondo. Ha detto...

« Il... il sesso?! » strepitai, affogando nella mia stessa saliva.

Tessa mi lanciò il tipo di occhiata compassionevole che la gente di solito rivolgeva ai malati incurabili dell'Ala Malattie Infettive del San Mungo.

« Sì, il sesso » ripeté, inarcando entrambe le sopracciglia dietro gli occhiali. « Perché? Non l'avete fatto, voi due? »

« C-certo che lo abbiamo fatto... » mentii. « Chiaro... tre volte a settimana... »

« Mi fa piacere per voi » concluse lei, per nulla scalfita dalla mia dichiarazione. « Bene, ora credo che dovresti andare. L'orario per le visite è finito da un po' ».

Ovviamente non andai all'appuntamento con Scorpius in Sala Grande.

 

***

 

La pergamena intonsa pareva fissarmi con una certa insistenza, mentre aspettavo invano che l'ispirazione mi suggerisse cosa scrivere. Di cose da dire nei avrei avute tante, forse troppe per un foglio così piccolo: Tessa, Scorpius, il sesso, la visita in infermeria e quella sensazione di malessere che mi aveva attanagliato le viscere per tutta la settimana al solo pensiero che Scorpius avesse davvero fatto quelle cose con Tessa e che non me l'avesse detto... Non sapevo nemmeno da dove cominciare. E forse il problema era proprio quello.

Intinsi la penna nel calamaio e feci colare alcune gocce sull'angolo superiore del foglio, mordicchiandomi le labbra. Non ne avevo parlato con nessuno, in quei giorni, e ora mi sembrava così ingiusto che l'unica valvola di sfogo per quello che sentivo dentro fosse una maledetta pergamena bianca.

La verità era che mi mancava avere qualcuno con cui appostarmi in un angolo del castello e parlare per ore intere, dei miei problemi o delle ultime notizie di cronaca, senza nemmeno accorgermi che il tempo scorreva e il coprifuoco era passato da un pezzo. Mi mancava avere un amico solo per me, un amico con cui essere egoista, da non condividere con nessuno. Mi mancava Jason.

Da quando aveva dato i suoi MAGO, l'estate prima, lo avevo visto solo una volta. A Natale ci eravamo scambiati dei regali via gufo e ci eravamo tenuti in contatto per lettera, ma non era la stessa cosa, non era come vederlo a scuola ogni giorno mentre tentava di sedersi al tavolo dei Serpeverde per fare l'alternativo o quando marinavamo assieme le lezioni per fare una passeggiata al limitare della Foresta Proibita. Eravamo stati migliori amici per cinque anni, ma, ora che lui era in Russia con i suoi nuovi amici e io ero confinata in Scozia, non faceva molta differenza che fossimo stati amici per tutto quel tempo.

Le amicizie a distanza vanno a farsi friggere, sempre e comunque.

Anche nel sentirmela scivolare tra le dita come fumo, quando ancora non era troppo tardi per rimediare e forse avrebbe potuto tornare tutto come era una volta, mi rendevo conto che la nostra amicizia era giunta al capolinea. Continuavamo a scriverci, certo: lui mi descriveva la Russia, io gli raccontavo di Scorpius e del nuovo professore di Difesa, ma la nostra non era nulla più di una corrispondenza garbata, uno scambio d'informazioni a cui dedicavamo entrambi dieci minuti scarsi alla settimana, su pergamene sempre più piccole, lettere sempre più corte e piatte. E non era nemmeno lontanamente abbastanza.

Non era più come una volta, e lui non era più il mio migliore amico Jason, da cui mi sarei catapultata senza pensarci due volte per raccontargli di quello che mi aveva detto Tessa e chiedergli un consiglio su cosa fare.

Così alla sua ultima lettera risposi che andava tutto bene e gli raccontai un aneddoto sulla squadra di Quidditch di Corvonero. Non dissi nulla di Pix, di Tessa e del sesso, né del fatto che Scorpius mi aveva mentito spudoratamente. Non gli parlai nemmeno di Al, di Harry e Draco e della storia degli aerei Babbani. Di tutte le cose importanti che avrei potuto dire, scelsi di scrivere solo quelle futili, e conclusi la lettera dopo dieci righe con una firma frettolosa. La arrotolai senza rileggerla, per non dover più vedere quel testo striminzito su una pagina troppo grande e troppo vuota, e me la ficcai in tasca stropicciandola.

La scuola era deserta mentre percorrevo corridoi e rampe di scale, diretta alla guferia: era venerdì sera ed erano tutti andati in Sala Grande per godersi la cena, in attesa del fine settimana. Avrei dovuto essere con loro, ma avevo scoperto di non avere la minima voglia di sedermi accanto a Hugo e James e parlare di Quidditch per tutta la sera, così me n'ero tornata nella torre di Grifondoro con l'intenzione di rispondere all'ultima lettera di Jason. Avevo pensato di sfogarmi un po' e raccontargli la storia di Tessa e Scorpius dall'inizio, ma poi mi erano venute fuori quelle dieci righe sfigate e non ero più riuscita ad andare avanti.

Salii la stretta scala a chiocciola della guferia ed entrai nel solaio, popolato di trespoli e resti organici di ogni sorta, tra cui parecchie carcasse di topi e altri animaletti che preferii non identificare. Ciò che di organico non mi sarei mai aspettata di trovare, invece, era un ragazzo biondo che sedeva sul pavimento in un angolo del solaio e leggeva una lettera dall'aria parecchio strapazzata.

« Calvin! » esclamai, stupita.

« Ehi, Rose » mi salutò lui, con un sorriso un po' più mesto del solito. « Come va? »

« Bene » mentii. « Tu? »

« Bene ».

Se fosse stato una qualsiasi altra persona – una persona che non aveva una perenne paralisi facciale a forma di sorriso, magari –, gli avrei creduto senza esitazioni, ma trattandosi di Calvin ebbi la netta impressione che anche la sua fosse una bugia.

Perché avrebbe dovuto starsene rintanato in un angolo della guferia invece di cenare con gli altri, dopotutto? D'accordo, i suoi compagni di dormitorio facevano di tutto per evitarlo (il che era più che comprensibile, vista l'espressione da stupratore professionista con cui Calvin guardava ogni essere di sesso maschile che gli si parasse davanti), ma ci aveva messo meno di ventiquattr'ore per diventare il migliore amico di tutte le mie compagne di dormitorio. Persino Carly, che generalmente snobbava chiunque fosse più interessato ai vestiti che al Quidditch, a prescindere dal sesso, lo trovava simpaticissimo. Probabilmente anch'io gli sarei corsa dietro come un'imbecille, se in sei mesi di fantasie erotiche non avessi imparato a diffidare di lui.

Ora che ci penso, in effetti, le mie compagne di Casa lo stanno perseguitando un po' troppo...

Il giorno precedente, a colazione, Laura Bones gli si era seduta in braccio sbattendo le ciglia con fare civettuolo e lo aveva baciato sulla guancia, strusciandosi tutta su di lui, sotto lo sguardo assassino della sua migliore amica Marissa Rees. Per non parlare del litigio feroce che c'era stato tra Amanda Welch e Marissa, dopo che si erano rubate il posto a sedere vicino a Calvin durante l'ora di Incantesimi, o delle infinite discussioni sulla sessualità di Calvin, a cui – apparentemente – nessuna delle mie compagne accordava il permesso di essere meno che bisessuale.

« Insomma, non può mica essere proprio gay » aveva sostenuto Laura, con aria sicura. « I ragazzi sono solo invidiosi, e poi lo sapete che danno del gay a tutti i nuovi arrivati, per tradizione. Al massimo sarà un po' bisessuale, via. Insomma, magari gli piacciono i bei culi, e allora? Gli piaceranno anche le tette, no? A proposito, trovate anche voi che mi siano cresciute, durante l'estate? La quarta mi va quasi bene, adesso ».

Legai la mia lettera alla zampa di un allocco color carbone e rimasi ad osservarlo mentre si allontanava nel cielo blu della sera, diretto all'angolo opposto d'Europa. Ogni tanto mi metteva i brividi pensare a quanti chilometri di pianure, monti e terre straniere ci separavano. Quante migliaia di chilometri.

« Sicura che va tutto bene? »

La voce di Calvin mi riscosse bruscamente dai miei pensieri. Sobbalzai e risposi: « Mhh? Oh... sì, certo, tutto bene... »

Faceva freddo, là dentro: le grandi finestre che si aprivano verso il cielo, otto piani più in alto del terreno, lasciavano entrare il vento che soffiava tra gli alberi della Foresta Proibita e increspava la superficie del Lago Nero. Mi strinsi le braccia attorno al busto, cominciando a rimpiangere di non aver indossato il mantello.

« Fa freddo, eh? » commentai, tanto per dire qualcosa.

Calvin annuì.

« Già ».

Poi, all'improvviso, aggiunse: « Dove abita il tuo amico? »

Sbattei le ciglia un paio di volte, spiazzata da quella domanda.

« I-in Russia, perché? »

Calvin si strinse nelle spalle e rispose: « Ho visto che hai preso un gufo per la corrispondenza intercontinentale. La mia sta in America ».

Sorrise, mentre lo diceva, ma questa volta non ebbi alcun dubbio: il suo era un sorriso mesto, il sorriso di chi ride perché piangere non avrebbe senso. Senza nemmeno pensarci ripulii un angolo di pavimento dalle cacche di gufo e mi sedetti al suo fianco, sporcandomi ugualmente.

« Ti manca? » chiesi.

Calvin fece cenno di sì con la testa e strinse più forte la lettera nelle mani. Da quella distanza notai che i suoi occhi erano più lucidi del solito.

« Mi piace qui » disse Calvin. « Insomma, Chiara mi ucciderebbe se non mi piacesse. Lei adora il Regno Unito... » In risposta alla mia espressione perplessa, spiegò: « Si chiama Chiara. È mezzo italiana. Ed è... è semplicemente la persona più fantastica che conosca. Probabilmente è anche l'unica femmina che non mi spaventi a morte... »

Nonostante Calvin fosse palesemente sull'orlo di una crisi di pianto, non riuscii in alcun modo ad evitare di scoppiare a ridere.

« A-aspetta... » balbettai. « Tu hai paura delle femmine? »

Calvin mi guardò come se avessi appena urlato a squarciagola una bestemmia particolarmente oscena.

« Scherzi? Le femmine sono perverse e ninfomani e... e pensano solo a sposarsi e fare tanti figli... »

Detta da uno che aveva passato gli ultimi sei mesi a mimare materiale pornografico nella mia testa, dovevo ammettere che la frase suonava piuttosto bizzarra. Mi morsi le labbra, ma non riuscii a smettere di ridacchiare.

« Scusa... »

Calvin sorrise, e questa volta fu uno dei suoi soliti sorrisi ebeti e sinceri.

« No, tranquilla. Ridono tutti quando lo dico... A proposito, ti sembrerebbe strano se ti dicessi che mi pare di conoscerti da un sacco di tempo? »

Se non altro da quel momento in poi fui troppo impegnata a soffocarmi con la mia saliva per continuare a ridere. Dopo un paio di tentativi andati a vuoto riuscii finalmente a biascicare: « C-conoscermi? No, per niente... »

« Ottimo » rispose Calvin. « È buffo, ma ho sempre immaginato che la mia coscienza fosse una ragazza con i capelli rossi. La cosa più strana è che si chiamava Rose, proprio come te. Curioso, no? »

« Già... che coincidenza... » commentai debolmente.

Basta: pretendo di essere portata d'urgenza al San Mungo. Adesso.

Calvin ripiegò la lettera con cura, lisciando la carta come se stesse accarezzando un orsetto di pezza, e se la ripose in tasca. Restammo in silenzio per un po', mentre il cielo fuori dalle finestre si tingeva dei colori del tramonto. Poi, senza un motivo apparente, mi chiese:

« L'hai mai visto il film di Hercules? »

Annuii, perplessa.

« Sì, i miei nonni Babbani hanno tutte la videocassette che guardava mia mamma quando era bambina ».

Calvin sospirò e posò il capo contro il muro, chiudendo gli occhi. Il sorriso malinconico era tornato a farsi spazio sulle sue labbra e nella luce rossastra del sole sembrava ancora più triste.

« È il mio classico Disney preferito. A parte che a quattordici anni avevo una cotta stratosferica per Hercules... Ma mi faceva pensare che c'è un posto per tutti, da qualche parte nel mondo. Mi faceva pensare che tutti trovano la strada giusta, alla fine ».

Aprii e richiusi la bocca un paio di volte, senza sapere cosa dire. Già il semplice fatto di starmene lì con Calvin a parlare di qualcosa che non fossero perversioni sessuali aveva dell'incredibile, ma non avrei mai pensato che... 

Insomma, per Merlino, è Calvin! Da quando Calvin ha una psicologia?

Era stupido e non aveva il minimo senso che lui fosse lì, seduto accanto a me, e non dentro la mia testa. Eppure c'era, e per la prima volta mi resi conto che quel ragazzo non era il modello pervertito delle mie immagini mentali: era qualcosa di più complesso, di più sfuggente. Era una persona vera. Una persona che forse, dietro a tutti quei sorrisi ebeti, aveva una storia da raccontare. Una storia triste, magari: la storia di un ragazzo Purosangue che se n'era andato di casa appena aveva compiuto diciassette anni e che era costretto a lavorare con i Babbani per pagarsi l'istruzione.

Era così ovvio...

Gli posai una mano sulla spalla, sentendomi incredibilmente idiota per tutto quello che avevo – o, meglio, non avevo – pensato di lui fino a quel momento.

« È tanto difficile? » chiesi.

« Essere gay, intendi? » rispose Calvin.

Per un paio di secondi rimase in silenzio, come se ci stesse pensando, poi scosse la testa.

« No, non è difficile. È come essere etero: ti innamori e basta. Non ci vuole una laurea ».

« E... e tu? » Esitai per qualche istante di troppo, chiedendomi se forse non avrei fatto meglio a starmene zitta e basta. Alla fine, con la netta impressione di essere inopportuna, sussurrai: « Ti sei mai innamorato? »

Calvin scrollò le spalle, come a dire che ormai era acqua passata.

« Forse, non lo so. Era etero, comunque ».

Sentii il suo braccio tremare leggermente sotto le dita e, prima di riuscire a darmi un contegno, feci scivolare la mia mano sopra la sua.

« I tuoi genitori.... come l'hanno presa? » chiesi.

Per fortuna a quella domanda non seguirono scoppi di pianto isterico né Calvin si mise a rotolare tra le cacche di gufo battendo i pugni e urlando che la sua famiglia non lo aveva mai voluto e che lo odiavano tutti. Il che, bisognava dirlo, non era per nulla scontato: Lorcan Scamandro, dopo aver baciato il suo primo ragazzo al quinto anno, aveva coinvolto mezza scuola in una scenata isterica pazzesca che andava dal suo essere “così schifosamente sbagliato, perché la vita mi odia così tanto?” al fatto che il tizio in questione “baciava da schifo e non si era nemmeno lavato i denti, ma si può?”.

Pfui... almeno questo. Ho già dato anche troppo, per quanto riguarda le checche isteriche...

Calvin mi rivolse un sorriso rassicurante, come se fossi io quella depressa (il che poi era anche vero, ma per motivi che esulavano completamente dal suo orientamento sessuale), e rispose: « L'hanno presa bene. All'inizio non volevano accettarlo e mi hanno mandato in una clinica psichiatrica. Ma poi se ne sono fatti una ragione ed è andata meglio. Alla fine hanno smesso di parlarmi del tutto ».

Oh, per fort... aspetta, che cosa?

Strabuzzai gli occhi e rimasi a fissarlo a bocca aperta, chiedendomi da quando venir disconosciuto dalla propria famiglia corrispondesse a un “l'hanno presa bene”. Eppure Calvin sembrava così tranquillo mentre lo diceva, come se fosse un dettaglio di scarsa importanza, come se andasse davvero tutto bene. 

« Non devi dispiacerti per me » disse Calvin. « Comunque avevo degli amici... beh, solo Chiara » rettificò subito dopo. « Però lei c'era sempre. Credo che sia diventata mia amica perché quando sono arrivato a scuola tutti i miei compagni mi prendevano in giro. Sai, lei è di un anno più grande e ci era già abituata: prendevano in giro parecchio anche lei – è una Nata Babbana e ha degli interessi un po' strambi – solo che invece di andare a nascondersi lei li trasformava in rospi. Lo faceva così spesso che è diventata la prima della classe in Trasfigurazione ».

Il sorriso ebete era tornato ad occupare saldamente il proprio posto sulle sue labbra, e cominciai a chiedermi se – in fondo – non fosse solo una maschera molto ben costruita.

« È veramente forte, Chiara » continuò Calvin. « Sono sicuro che ti piacerebbe, se la conoscessi: lei non ha mai nessun tipo di pregiudizi, fa centinaia di cose diverse e... d'accordo, è anche matta da legare. È stata lei che mi ha fatto conoscere il mondo dei Babbani, sai? I miei genitori metterebbero a ferro e fuoco tutto quello che non è Purosangue, ma a me piacciono: sono molto meno ossessionati di noi maghi, per certe cose. Chiara dice sempre che è tutta colpa sua se mi piacciono i maschi, che non mi avrebbe dovuto far leggere i suoi Manga. Credo che alla fine ci sarei arrivato comunque, ma lei mi ha aiutato davvero tanto a capire e accettare quello che sono. Mi diceva sempre di fregarmene degli altri e di non cambiare una virgola di quello che sono, per nessun motivo. E la cosa più meravigliosa è che lei lo fa davvero; fregarsene degli altri, intendo. Fa parte del coro della scuola, ha fondato un club di teatro, parla inglese con l'accento italiano o britannico a giorni alterni e tutti la prendono in giro, ma non gliene importa niente. Il peso forma non lo ha mai visto nemmeno con il binocolo, però non ha mai pensato, nemmeno per un secondo, di mettersi a dieta, quando invece un sacco di ragazze magre come Asticelli non fanno altro che parlare di peso e di calorie. E dovresti assaggiare quello che cucina, tra parentesi: è veramente italiana ».

Scoppiai a ridere. Così, senza motivo, perché Calvin stava gesticolando in modo assolutamente comico mentre mi descriveva la sua amica e perché Chiara sembrava davvero matta da legare.

« Tu non ti prendi molto sul serio, vero? » commentai.

Calvin abbandonò il sorriso ebete per rivolgermi uno sguardo perplesso.

« In che senso? »

Nel senso che mi stai dicendo che hai una sola amica e che hai passato la vita a farti bullizzare dai tuoi compagni di scuola e dalla tua famiglia, e lo fai come se mi stessi raccontando una barzelletta?

Evitai di farglielo notare ad alta voce, però: in fondo Calvin sembrava stare bene, perché avrei dovuto costringerlo a deprimersi? Così mi limitai a dire: « Ora capisco perché ti manca così tanto ».

Calvin annuì, il sorriso ebete di nuovo saldamente disegnato sul contorno delle sue labbra.

« Mi manca tantissimo. È stata lei a suggerirmi di venire in Inghilterra, sai? E mi ha anche prestato un bel po' di soldi » aggiunse. « Invece il tuo amico? »

« Si chiama Jason, ed è una storia molto lunga... » cominciai, e poi gli raccontai tutto.

Gli raccontai di come Jason era stato il mio unico vero amico nei miei primi mesi a Hogwarts, di come non mi aveva giudicata in base al mio cognome o alla buona fama di mia madre, di come c'era sempre stato per me e di come ora non c'era più.

Calvin ascoltò tutto senza lamentarsi, e non fece una piega nemmeno quando l'orologio della scuola batté le dieci e mezza.

« Beh, questo è quanto » conclusi, con uno sbadiglio. « Annoiato? »

« Un pochino » ammise Calvin, con aria colpevole. « Speravo che alla fine della storia te lo scopassi ».

Arrossii violentemente, mentre nella mia testa faceva la comparsa il solito, vecchio Calvin vestito da pornostar.

« Nemmeno tu ti sei scopato la tua migliore amica » gli feci notare.

Calvin scoppiò a ridere.

« Io me la sarei sposata, se fossi etero » replicò. « Chiara è la persona più bella che conosca. E intendo bella sul serio: dentro, fuori, dappertutto, non come il sedere di tuo cugino ».

Ma che cavolo...?!

D'accordo, non mi ero ancora del tutto abituata a quelle uscite di Calvin: d'altronde ti coglieva di sorpresa, nel mezzo di un discorso assolutamente innocuo, quando meno te l'aspettavi.

« Che cosa c'entra il sedere di mio cugino, adesso? » rantolai.

« Tuo cugino fa molto il prezioso con il suo sedere » si accigliò Calvin.

« Oh, beh... »

Ma prima che potessi pensare a qualcosa di vagamente più intelligente da dire, Calvin era di nuovo saltato di palo in frasca.

« Pensi davvero che le amicizie a distanza siano destinate a finire? » chiese.

Quella conversazione ormai mi aveva confusa troppo perché potessi sentirmi spiazzata, perciò mi limitai a scrollare le spalle e risposi: « No, non a finire. Solo... non è più come prima ».

« No, non è più come prima » concordò Calvin. « Pensi che lo tornerà mai? »

« Non lo so » risposi sinceramente. « E comunque io e Jason non avremmo mai potuto fare sesso » ci tenni a precisare. « È gay anche lui. O bisessuale, forse, non l'ho mai capito. Sì, probabilmente bisessuale... ha avuto un paio ragazze, a scuola. Al momento però sta con un maschio ».

Le mie parole furono seguite dal silenzio, e per un po' restammo a guardare il cielo stellato, mentre i gufi tutt'attorno a noi ci fissavano con i grandi occhi gialli carichi di disapprovazione. In lontananza, a sinistra, si scorgeva una luce accesa nella torre di Astronomia, dove qualcuno stava puntando un telescopio verso il cielo. Forse uno studente che faceva i compiti dell'ultimo minuto, o qualche secchione fissato con gli oroscopi.

« Cos'è che stai combinando con mio cugino, comunque? » indagai.

Non mi risultava che Albus fosse gay, tanto per dirne una. Anche se, certo, era un personaggio assai bizzarro nell'insieme e la scena dello zio Harry che si soffocava con il porridge, dopo che Al aveva dichiarato di essersi fatto il fidanzatino all'asilo, sarebbe rimasta nella storia.

Calvin si strinse nelle spalle.

« Secondo te posso provarci con lui? »

« Se non ti sbrana... » risposi.

In effetti non sentivo un particolare obbligo morale nei confronti di mio cugino, dopo che lui aveva ordito oscuri complotti matrimoniali alle mie spalle per gli ultimi cinque anni. In più l'immagine di Calvin che gli faceva profferte sessuali davanti a tutta la Sala Grande era semplicemente troppo allettante per preoccuparmi del fatto che Al, oltre a sembrare piuttosto etero, ce l'aveva a morte con lui. Repressi un sorrisetto, tentando di figurarmi l'espressione omicida che si sarebbe dipinta sul volto di Al se, dopo avergli fatto esplodere la pozione, Calvin avesse avuto l'ardire di provarci con lui.

Oh, sì, è anche ora che Al cominci a preoccuparsi della propria vita sentimentale.

« Con il tuo ragazzo, invece, va tutto bene? » chiese Calvin, distogliendomi dalla gloriosa immagine di Albus che fuggiva nel parco della scuola, inseguito da un branco di modelli di biancheria intima.

« Oh, sì, a meraviglia » risposi, sarcastica. « A parte l'insignificante dettaglio che l'anno scorso ha fatto sesso con Tessa MacMillan e non mi ha detto nulla ».

Calvin mi lanciò uno sguardo curioso e si sistemò in una posizione più comoda.

« Stavate già assieme l'anno scorso? »

« No, ma Tessa è una stronza » brontolai. « Di tutta la gente che si poteva scopare... »

« Con me è stata piuttosto gentile, l'altro giorno » obiettò Calvin, accigliandosi un po'.

Oh, certo, probabilmente non vede l'ora di scoparsi anche te, visto l'interesse che nutre nei confronti dei biondi...

Alzai gli occhi al cielo e mi schiarii la gola con un colpetto di tosse piuttosto eloquente.

« Tutte le ragazze sono gentili con te, Calvin. Non fa testo ».

« Tu però non mi tratti come le altre ragazze » osservò lui, scrutandomi con gli occhioni verdi colmi di curiosità. « Dico bene? »

Scossi la testa e sbuffai: « Io ho il ragazzo, Calvin ».

« Un ragazzo che fa sesso con Tessa MacMillan e non te lo dice? »

« E poi tu sei gay » conclusi con una smorfia. « Ma grazie tante per avermelo ricordato ».

Misi il broncio e rimasi seduta al suo fianco senza aggiungere altro. L'orologio del castello batté undici cupi rintocchi nella notte e poi tacque di nuovo.

Mi ritrovai a pensare a Jason e a tutti i miei amici: avrei perso di vista anche loro allo stesso modo, una volta finita la scuola? Avremmo preso tutti strade diverse e ci saremmo gradualmente dimenticati delle avventure passate in sette anni tra le mura di Hogwarts, oppure la nostra amicizia sarebbe sopravvissuta agli anni? Ci saremmo ancora trovati per bere una Burrobirra a Hogsmeade, con Mort che fumava e progettava spedizioni clandestine di manufatti illegali, Marshall e Lily che spuntavano dal nulla con le labbra arrossate, Al che pianificava matrimoni altrui e Scorpius che tentava di leggere un romanzo Babbano sotto il tavolo quando credeva che nessuno lo stesse guardando? Oppure Marshall e Lily si sarebbero lasciati, Marshall sarebbe diventato un uomo d'affari Purosangue come suo padre e avrebbe interrotto l'amicizia con Mort, che forse avrebbe messo la testa a posto e sarebbe diventato un impiegato, mentre io e Scorpius ci saremmo lasciati e lui si sarebbe fidanzato con una ragazza Purosangue e ci saremmo rivisti solo per Pasqua e per Natale, quando saremmo andati a trovare i nostri genitori? Magari con il tempo ci saremmo considerati come fratelli e avremmo avuto un buon rapporto, oppure avremmo smesso del tutto di parlarci. E io, io cos'avrei fatto una volta uscita da Hogwarts? Sarei stata in grado di essere adulta, di trovare un lavoro e una casa e di farmi un nuovo giro di amicizie? Colleghi, gente noiosa, con famiglie noiose, che non aveva mai fatto scorribande nella Foresta Proibita e non aveva mai venduto manufatti illegali nei bagni femminili della scuola.

Immaginare un futuro del genere, così grigio e adulto, mi metteva addosso una tristezza tale che avrei potuto trovarmi in compagnia di una banda di Dissennatori e me ne sarei a stento accorta. Speravo davvero che le amicizie che avevo costruito in quegli anni di scuola fossero abbastanza salde da resistere alla versione noiosa e adulta di me stessa...

All'improvviso Calvin balzò in piedi, facendomi cadere a musata tra le cacche di gufo.

« Ouch! Che cosa...?! »

« Ehi, Rose, ho appena avuto un'idea! » proruppe, mentre mi ripulivo la faccia imprecando tra i denti.

Inarcai un sopracciglio, troppo irritata dalla cacca che mi ritrovai sul naso per concedergli un'esternazione d'interesse maggiore di quella. Calvin, per nulla toccato dalla mia mancanza di entusiasmo, mi tese la mano ed esclamò: « Potrei essere io il tuo nuovo migliore amico gay! E tu potresti essere la mia migliore amica femmina. Che te ne pare? »

Osservai la sua mano tesa, inarcando un sopracciglio.

« L'ultima volta che mi hanno chiesto di diventare migliori amici avevo otto anni » commentai.

Calvin mi rivolse uno dei suoi soliti sorrisi indegnamente sensuali.

« Quindi? »

« Sì, credo che potrebbe funzionare » conclusi, e gli strinsi la mano. 

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Capitolo 7
*** Il principe azzurro è gay ***


Non voglio studiare per la matura, non voglio studiare per la matura, non voglio studiare per la matura, non voglio stud...
Ah, sì, ehm... buongiorno a tutti. Per una volta sento di avere il pieno diritto di dirvi che non ho risposto alle vostre recensioni e che non ricomincerò a farlo fino alla fine di giugno, ma voi mi amerete lo stesso e mi augurerete buona fortuna per questa vacca Maturità, non è vero? *faccina cucciolosa da maturanda psicotica*
Vabbè, amate almeno un po' zuzallove, se proprio non potete amare me. 
Spero che il capitolo vi piaccia. Per non sbagliare, comunque, tornerò a sotterrarmi sotto i libri.
Godetevi l'estete, se potete. Non avete idea di quanto vi odio <3

 


Capitolo 5

Il principe azzurro è gay

 

“Il principe azzurro è gay.”

Tipica frase da quattordicenne brufolosa in piena crisi ormonale, che attribuisce la propria inesistente vita sentimentale ai presunti gusti sessuali distorti dei potenziali partner. In un angolino della mia mente, ogni volta che qualche ragazza depressa pronunciava quella frase, non potevo fare a meno di immaginare la Tessa occhialuta e brufolosa dei primi anni, possibilmente dopo che Scorpius l'aveva bidonata malamente. Cosa che probabilmente lui non aveva mai fatto, nemmeno al sesto anno, ma la gente ha pur sempre il diritto di sognare ad occhi aperti.

In ogni caso, forse mi stavo trasformando anch'io in una quattordicenne brufolosa e sessualmente frustrata, perché di colpo l'omosessualità del principe azzurro mi appariva come una legge scientifica ed universale. Dunque restavano solo due opzioni: o Scorpius non era il principe azzurro, o prima o poi mi avrebbe messo le corna con Albus.

In tutta sincerità, non sapevo quale delle due possibilità fosse la più raccapricciante.

 

***

 

Gli ultimi giorni di gennaio scivolarono via senza che succedesse nulla che valesse la pena di ricordare, e febbraio si presentò al mondo (o, perlomeno, alla Scozia) portando con sé una fitta coltre di nebbia, spesso e volentieri accompagnata da abbondanti piogge. Tessa MacMillan era tornata a onorarci con la propria insostituibile presenza già da qualche giorno e Scorpius continuava a comportarsi come se tra loro due non fosse successo niente che mi aveva tenuto nascosto, ignaro delle mie intenzioni omicide, così come Calvin continuava a importunare Al, ignaro delle sue intenzioni omicide.

Giovedì 3 febbraio Höhmann entrò in classe con la solita andatura marziale e ci piazzò sui banchi un test a sorpresa, che fu accolto con uno sgomento pari forse solo al sollievo nel sapere che non avremmo passato un'altra lezione a strisciare nel fango del parco e a districarci maldestramente nei percorsi ad ostacoli (generalmente letali, o come minimo piuttosto dolorosi) che preparava per gli studenti degli ultimi anni. Il test, alla fin fine, non andò nemmeno troppo male: consisteva in un paio di quesiti a risposta multipla che parevano presi dai test della personalità proposti dal Settimanale delle Streghe, più una serie di domande aperte senza capo né coda, come “Cosa faresti se ti trovassi chiuso in una stanza con una Chimera, avendo a disposizione solo una Caccabomba e i lacci delle scarpe?” o “Come ti comporteresti se ti si spezzasse la bacchetta e non avessi la possibilità di farla riparare da un fabbricante?”, ma se non altro avevo la consolazione di sapere che i miei compagni più studiosi – come Scorpius o Tessa – erano preparati quanto me per rispondere a quelle domande. Scorpius, invece, non la prese per niente bene, e il suo umore non poté che peggiorare la settimana seguente, quando Höhmann ci sbatté sotto al naso i compiti corretti, borbottando qualcosa nel proprio bizzarro incrocio tra tedesco e inglese, di cui si capiva una parola su tre, ma non c'erano dubbi che le altre due fossero estremamente minacciose. Calvin fu valutato con un lapidario Troll, che Höhmann si degnò di commentare scrivendo “spera di non trovarti mai in pericolo”, mentre Albus meritò un Oltre Ogni Previsione che destò le invidie di molti nostri compagni, tra i quali Scorpius e Tessa, che avevano ottenuto rispettivamente uno Scadente e un Desolante.

« Come hai fatto a prendere una O? » sibilò Scorpius, sbirciando il proprio foglio con una smorfia palesemente oltraggiata mentre Tessa, pochi banchi più in là, borbottava:

« Voglio vedere la griglia di valutazione per questi test. Sapevo tutto, non posso aver preso una D! »

Sogghignai e mi sporsi per leggere il compito di Al oltre la spalla di Scorpius: sotto la grande O rossa che spiccava in cima alla pergamena Höhmann aveva scarabocchiato un lungo commento, in un inglese sorprendentemente simile all'inglese.

Dimostri creatività e capacità per pensare fuori degli schemi quando bisogna risolvere i problemi, ma il tuo punto di forza è affrontare le situazioni impreviste con molta lucidità. Se insisti a voler confrontare da solo tutti i pericoli, però, prima o poi ci abbandonerai la pelle. A volte bisogna anche saper chiedere aiuto.

« Wow... » commentò Scorpius con una smorfia inacidita. « Sa anche scrivere in inglese pseudo-decente. Mi chiedo solo che problemi abbia con i libri di testo... »

Il commento al suo Scadente diceva: “Hai una conoscenza scolastica sui problemi e sopra le soluzioni imbecilli dei libri di testo. Il massimo dell'utilità del manuale del professore Dorcas dentro una situazione di vera emergenza, nonostante, sarebbe come oggetto contundente.

Scorpius sibilò qualcosa a proposito di tirargli dietro il manuale, se era quello che voleva che facesse, e ficcò la pergamena tra le pagine del libro di testo, spiegazzandola senza la minima pietà. Non doveva essergli andato giù che persino Mort, con il proprio Accettabile, avesse preso un voto migliore del suo.

« A te come è andata, Rose? » mi chiese Marshall.

Scrollai le spalle.

« Non ne ho idea, non mi ha ancora consegna... » terminai a frase con un gemito strozzato quando Höhmann mi piazzò sotto al naso la pergamena incriminata, sulla quale spiccava un'enorme E sottolineata due volte.

« Eccezionale?! » sbottò Scorpius con gli occhi fuori dalle orbite. « Come accidenti hai fatto a prendere Eccezionale?! »

« Non ne ho idea... » balbettai, troppo presa dalla contemplazione adorante della pergamena per curarmi della ventina di sguardi increduli che si erano fissati su di me.

Il commento consisteva in una sola frase: “Sai cavartela da Babbano, sai quando non devi immischiarti nelle cose che non riguardano te e proponi soluzioni semplici.

Aprii e richiusi gli occhi un paio di volte per assicurarmi di averci visto bene. In cinque anni e mezzo di scuola l'unica materia in cui mi fosse mai capitato di essere la prima della classe era Cura delle Creature Magiche, ma non ricordavo di aver mai preso un voto così alto in un compito scritto.

« Wow... »

Mi voltai verso Scorpius con un enorme sorriso, pronta a soprassedere a tutte le scopate con Tessa per condividere quel momento di gloria con lui, ma appena lo feci lui si girò dall'altra parte con la smorfia infastidita di chi non ha la minima intenzione di comportarsi da persona matura e gioire per l'unico Eccezionale della carriera scolastica della propria ragazza.

Bene, come ti pare. Mettimi pure il muso e crepa d'invidia... Secchione.

Sistemai la pergamena sul banco in modo che la E si trovasse esattamente sotto il suo naso e gli diedi le spalle, facendo finta di nulla. Ma sì, che si offendesse pure solo perché avevo dimostrato di essere migliore di lui in qualcosa.

A proposito.... chi è che era infantile?

Alla fine dell'ora, dopo aver letto a voce alta il mio compito (con mia somma soddisfazione e con sommo fastidio di Scorpius), Höhmann ci cacciò fuori dall'aula senza tanti complimenti, picchiettando la bacchetta sulla cattedra per ricordarci di passare a consegnare i compiti prima di uscire. Fui tra gli ultimi a farlo (e no, non perché ero troppo elettrizzata dalla mia meravigliosa E sottolineata ben due volte per riuscire a separarmene. O, insomma, forse un pochino...). Quando posai il compito sulla cattedra, sentendomi come se fossi costretta a privarmi di un arto, Höhmann alzò una mano e disse: « Du aspetta un zecondo ».

Ora che ci pensavo, in realtà, scoprii che non vedevo l'ora di abbandonare la mia meravigliosa E e darmi alla fuga quanto prima. Deglutii e rimasi impalata accanto alla cattedra, chiedendomi se Höhmann volesse solo complimentarsi o se avesse intenzione di testare nella pratica se meritavo il voto che mi aveva messo. In tal caso sarei stata probabilmente degradata a uno Scadente (sempre che la sua prova pratica non mi avesse uccisa e basta). Feci scorrere uno sguardo apprensivo dagli ultimi studenti che stavano abbandonando l'aula alla mia meravigliosa E rossa, cercando di imprimermela nella memoria meglio che potevo.

Sapevo che non poteva durare. Era troppo bello per essere vero...

In ogni caso, se mi avesse revocato la E, feci voto solenne che non lo avrei detto a Scorpius.

L'ultimo a lasciare l'aula fu Calvin, che posò il proprio compito sulla cattedra come se si trattasse di una ghirlanda di fiori e se ne andò rivolgendomi un sorriso di incoraggiamento. Non appena fu uscito Höhmann fece sparire i compiti con un colpo di bacchetta ed esordì: « Hai fatto un buon compito, Rose ».

Aspetta un momento... mi ha davvero chiamata per nome?!

Strabuzzai gli occhi e rimasi a fissarlo con la bocca spalancata, in attesa che mi dicesse qualcosa come “no, scherzavo, in realtà ti ho detto di restare per fustigarti”. Quando fu chiaro che non lo avrebbe fatto prima di aver ottenuto una risposta, mi costrinsi a tossicchiare e balbettai: « Ehm... grazie, Herr Professor... »

« Non defi ringraziare » mi contraddisse lui. « Non fi ho ancora inzegnato niente ».

« Oh, ehm... »

In tutta sincerità, non sapevo se prenderla come una notizia incoraggiante. Molto più verosimilmente significava che quelle settimane di logoramento fisico e psicologico non erano state altro che il preludio a qualcosa di ben peggiore.

« Zai già cosa fuoi fare dopo la scuola? » chiese Höhmann, riscuotendomi dalla contemplazione prostrata degli orrori che mi riservava il futuro.

« Oh, no... uhm, non credo... » risposi, sempre più perplessa dalla piega che stava prendendo la conversazione. « Da piccola volevo diventare un'Auror e cacciare maghi oscuri, come i miei genitori, ma non credo che faccia per me, in realtà... insomma... »

Höhmann parve sinceramente deluso dalla mia risposta.

« Penzaci bene. Zecondo me zei molto portata per qvesta materia ».

« G-grazie... »

Non ero mai stata un granché in Difesa, per dirla tutta. Forse anche perché in cinque anni avevo seguito a stento tre lezioni della McKinnon: il quaderno degli appunti di Difesa che avevo era lo stesso dal primo anno, e se ero riuscita a riempire metà delle pagine era principalmente perché le spiegazioni della McKinnon risvegliavano la mia vena di fumettista.

Höhmann si chinò per aprire uno dei cassetti della cattedra e ne estrasse un volantino nero, su cui delle lettere bianche e rosse si mescolavano tra loro di continuo per formare delle frasi.

« Tieni qvesto, ze mai dofessi cambiare idea » disse, tendendomelo con la cosa più simile a un sorriso amichevole che gli avessi mai visto in faccia.

Presi il volantino con riluttanza e lo sollevai davanti al viso per leggerlo. Le lettere al momento formavano due frasi piuttosto minacciose: “Forze Armate Magiche Internazionali” e, poco più sotto, “Unisciti alla Guerra per la Pace”. Sul retro del volantino campeggiava l'immagine in continuo movimento di un soldato che sparava maledizioni nascosto dentro una trincea.

« Grazie, ci penserò... » mentii, mentre già pensavo a come disfarmi del volantino.

Höhmann annuì con quella che avrei osato definire un'espressione speranzosa e aggiunse: « A proposito, di' a tuo cucino che fi ho iscritti al mio club di Difesa Afanzata. Il primo incontro zi terrà la prossima zettimana ».

Rimasi a fissarlo con il volantino ancora sollevato a mezz'aria e la bocca semiaperta: quella sembrava definitivamente una condanna a morte.

« Oh, d'accordo... » balbettai, e non appena Höhmann mi lasciò intendere che la conversazione era finita me la diedi a gambe senza voltarmi indietro.

Scorpius mi stava aspettando fuori dall'aula, con l'espressione mesta e vagamente corrucciata di chi spera di intavolare una conversazione su primule e Gorgosprizzi senza essere costretto a chiedere scusa. Appena mi vide si staccò dal muro e disse: « Andiamo a Cura delle Creature Magiche? »

Per un attimo fui quasi tentata di rispondergli “no, mariniamo le lezioni e diamoci alla macchia”, ma poi decisi di lasciar perdere il sarcasmo e lo seguii lungo il corridoio senza rinfacciargli nulla.

Scendemmo una rampa di scale dietro l'altra senza parlare, finché non raggiungemmo il piano terra. Mi fermai bruscamente contro la schiena di un ragazzo fermo sull'ultimo gradino, mentre Scorpius, al mio fianco, inciampava su un ragazzino del primo anno.

« Che cavolo...? »

La Sala d'Ingresso era gremita di studenti che si spintonavano e parlavano uno sopra l'altro, accalcandosi attorno alle grandi clessidre che segnavano i punti delle quattro Case.

« Ditemi che Fred e James non hanno fatto perdere 200 punti a Grifondoro... » sibilai, sgomitando tra la folla per avvicinarmi.

I rubini di Grifondoro, però, fluttuavano nella calotta superiore della clessidra come un piccolo sciame di insetti cremisi, tanti quanti ce n'erano quella mattina. Una volta accertato che non avevamo ancora clamorosamente perso la Coppa delle Case (come succedeva più o meno ogni anno), mi voltai verso le altre clessidre, speranzosa: magari una delle altre Case aveva perso abbastanza punti da essere fuori dalla corsa per la vittoria. Speravo che si trattasse di Tassorosso, in particolare: Tessa non aveva ancora smesso di vantarsi della vittoria dell'anno precedente, arrogandosi il merito di 117 punti che sosteneva di aver conquistato con il proprio impegno di studentessa modello e di Prefetto.

Avanti, ditemi che Tassorosso ha preso una bella stangata nei denti...

Ma nessuna delle Case sembrava aver perso o guadagnato una quantità di punti sufficiente per spiegare la calca di studenti atterriti che affollavano l'ingresso.

« Ma che cosa... »

Mi interruppi di colpo, appena mi resi conto che il motivo di tanta confusione stava dondolando pigramente nel vuoto, impiccato al lampadario, con i piedi che sfioravano la sommità della clessidra di Corvonero. Per un paio di orribili istanti credetti che si trattasse di un cadavere e sentii il sapore  del vomito raschiarmi le pareti della gola, mentre la fronte mi si imperlava di sudori freddi. Poi Scorpius sussurrò « È una bambola, vero? » e la nausea si attenuò leggermente.

Aguzzai la vista e riconobbi le sfumature innaturali della luce sulla plastica del volto, stirato nel sorriso fisso e innaturale che avevo visto tante volte in faccia ai manichini della Londra Babbana. La bambola indossava un paio di jeans logori e una maglietta di una band Babbana. Alle sue spalle, sul muro di pietra, campeggiava un'enorme scritta nera:

 

Sono vermi, e come vermi

vanno schiacciati.

 

Subito più in basso la firma, un inquietante teschio rosso sopra a due bacchette incrociate, in una macabra imitazione del simbolo dei pirati, e un'unica parola color sangue che brillava sinistramente sul grigio del muro: 

 

AntiBabbani

 

« Cos'è questa merda? » sibilò Hugo, comparendo al mio fianco con l'espressione più inferocita che gli avessi mai visto in volto.

« I Serpeverde prima stavano anche applaudendo... » aggiunse Lily, che arrivò portandosi al traino un Marshall estremamente avvilito.

« Te lo giuro, io non stavo applaudendo » si difese lui, con il tipo di espressione che vedevo sempre in faccia allo zio Harry quando Ginny gli ricordava chi dei due comandava in casa. « Dico solo che non hanno tutti i torti, ecco... Insomma, senza offesa, ma vista la situazione attuale... »

« Quale situazione? » chiese Hugo, ma prima che Marshall potesse rispondergli la massa di studenti ci schiacciò contro il muro per fare largo al vicepreside.

« Ragazzi, ragazzi! » urlò Neville, agitando la bacchetta nel vano tentativo di richiamare l'attenzione dei presenti. « Avanti, dovreste essere tutti a lezione! Non c'è niente da vedere, qui! »

L'unico risultato apprezzabile che ottenne fu il levarsi di un coro di fischi, subito seguito da un brusio ancora più intenso di prima.

« Non c'è niente da vedere, eh? » urlò una ragazza di Corvonero, che per vedere oltre le teste della folla si era fatta prendere in braccio da un compagno di Casa. « Lo sapete chi ce l'aveva con i Babbani, eh?! Lord Voldemort, ecco chi! »

« E faceva bene! » replicò un marmocchietto di Grifondoro.

« Cala un po' le ali, idiota! » sbottò Fred, che per essere all'altezza della situazione si era arrampicato sopra a una delle clessidre, seguito a ruota da James. « Vorrei proprio vederti, durante la guerra! »

Al che, ovviamente, anche James dovette dire la sua.

« Sì, coglione, c'è gente che ci ha perso i parenti, nella guerra! Chi cazzo te l'ha dato quel cravattino di Grifondoro? »

« Ehi, ehi, ehi! » si intromise Neville, sparando un getto di scintille viola verso il soffitto. « Moderiamo i termini, tutti quanti! E voi due scendete subito da lì! Quando avremo trovato i colpevoli... »

« Sono i Serpeverde! » lo interruppe una ragazza, puntando il dito contro un gruppetto di studenti in cravattino verde-argento che confabulavano assiepati vicino al portone.

Ebbe a stento il tempo di completare la frase che uno di loro aveva già replicato: « Ma che diavolo vuoi? Coda di paglia, eh, Sanguesporco? »

« Sanguesporco a chi?! »

« Razzisti! » gridò qualcun altro, e come se avesse appena innescato una bomba l'intera Sala d'Ingresso esplose in un boato di applausi, urla d'assenso e fischi canzonatori.

Neville sparò in aria l'ennesimo getto di scintille, tentando di dire qualcosa che si perse tra le urla degli studenti.

« Schifosi! »

« Mangiamorte! »

« Vieni qua e dimmelo in faccia, se ne hai il coraggio! »

« Ragazzi, smettetela... »

« Tuo padre non ti ha raccontato niente di Azkaban? »

« Mio padre almeno ha combattuto per qualcosa! Il tuo che cosa ha fatto, eh?! »

Con la coda dell'occhio mi resi conto che la maggior parte dei presenti aveva estratto la bacchetta e la teneva nascosta tra le pieghe dell'uniforme. Mi affrettai ad imitarli, pronta a gettarmi di lato se qualcuno avesse lanciato una maledizione (cosa del tutto probabile, vista la situazione).

« Ragazzi! » urlò Neville, sull'orlo di una crisi di nervi.

Poi, di colpo, un lampo di luce blu balenò nell'aria sopra le nostre teste e ci ritrovammo tutti schiacciati contro le pareti da una forza invisibile. La McGranitt, curva e raggrinzita nell'austera veste scura, ci squadrò severamente dalla cima delle scale e ripose la bacchetta in tasca. Nessuno osava più fiatare, ora, e Neville era così pallido che sembrava sul punto di svenire di sollievo.

« Tutti a lezione » disse la Preside, molto lentamente. « Adesso ».

Il mio istinto di sopravvivenza mi consigliò caldamente di obbedirle.

 

***

 

Venerdì pomeriggio diluviava come se tutte le riserve idriche del globo si stessero riversando sul Regno Unito (il che probabilmente era anche vero), perciò James fu costretto ad annullare l'allenamento, aggiungendo al diluvio una copiosa pioggia d'imprecazioni. Per quanto mi riguardava, invece, non mi dispiaceva affatto avere una serata libera per dedicarmi ai compiti di Incantesimi assieme a Scorpius, risparmiandomi la fatica di farli da sola la domenica sera.

Al termine dell'ultima lezione andai a depositare i libri inutili nel dormitorio e poi raggiunsi la biblioteca, dove mi ero data appuntamento con Scorpius. Lui non era ancora arrivato, perciò mi appropriai di un tavolino vicino alla finestra e mi misi a sedere, ancora gongolante per l'infame clima britannico e per la perfetta fattura con cui avevo ridotto in polvere la borsa di Tessa durante la lezione di Incantesimi. Soprattutto per la seconda, in effetti. Ma niente di personale, eh. La professoressa Light mi aveva addirittura assegnato cinque punti per l'impegno e la concentrazione con cui mi ero dedicata allo studio del nuovo incantesimo. A quel punto mi chiedevo solo quanti punti mi avrebbe assegnato Höhmann se avessi Cruciato Tessa a regola d'arte; in fondo sembrava il genere di persona che avrebbe potuto apprezzare una cosa del genere.

Il tonfo di una borsa stracolma di libri che veniva posata a terra mi avvisò della presenza di Scorpius.

« Ciao... » lo salutai, fingendomi intenta a sfogliare il libro d'Incantesimi.

Tutto il buon umore che avevo provato fino a pochi istanti prima si era misteriosamente dissolto, come ultimamente accadeva ogni volta che mi trovavo in presenza del mio ragazzo. All'improvviso cominciai a rammaricarmi di non aver ridotto in polvere Tessa al posto della sua borsa. 

Scorpius si sedette di fronte a me e cominciò a sistemare libri, pergamena e calamaio sul tavolo.

« Ehi, scusa per il ritardo. La Sala Comune di Serpeverde era in subbuglio ».

« Figurati » commentai, atona.

Se non ti ho ucciso per tutte le balle che mi hai raccontato su Tessa dubito che lo farò per cinque minuti di ritardo.

Scorpius lisciò la pergamena sul banco, ignaro dei miei intenti omicidi. Chiaramente, doveva pensare di aver fatto una gran cosa a non dirmi niente del sesso con Tessa. Credeva di essersi tolto una gran bella gatta da pelare, in quel modo.

E viva la sincerità.

Speravo solo che ce la sbrigassimo in fretta con i compiti, a quel punto. Scorpius intinse la penna nel calamaio, la tenne sospesa sopra il foglio per un paio di secondi e poi la riabbassò, dicendo: « Sul serio, sono un po' preoccupato per tutto quello che è successo ».

« Per cosa? » chiesi, come da copione.

Ovviamente stavamo perdendo tempo. Scorpius scosse la testa e ripiegò la pergamena.

« Per gli AntiBabbani e tutto il resto... questa storia non è per niente normale ».

« Come se fosse la prima volta che qualcuno si diverte a fare il vandalo » osservai. « I miei zii hanno fatto di molto peggio, quando andavano a scuola. E Fred e James ce la mettono tutta per eguagliarli ».

« Sì, ma non è la stessa cosa » replicò Scorpius. « Questa è una presa di posizione politica molto forte e potrebbe addirittura portare a conseguenze penali al di fuori della scuola se i responsabili venissero trovati. Nei dormitori di Serpeverde la tensione è alle stelle... »

« Ma sì, anche da noi ne hanno parlato per tutta la notte: non ci vedo nulla di strano » tagliai corto.

Avevo dovuto lanciare un Muffliato alla porta della mia stanza per riuscire a dormire, con tutto il casino che avevano fatto in Sala Comune fino all'alba. E, no, un paio di idioti – presumibilmente Serpeverde e Purosangue – che imbrattavano le mura della scuola con un graffito altrettanto idiota e un manichino impiccato non mi parevano un argomento di conversazione così esaltante da non parlare d'altro per ventiquattr'ore filate, come invece era successo e stava tristemente continuando a succedere. Fino a un certo punto poteva anche essere divertente formulare delle ipotesi su chi fossero i responsabili, ma dopo un po' la faccenda era diventata noiosa: insomma, come se non si sapesse quello che i Serpeverde pensavano dei Babbani.

E poi credevo che fossimo venuti qui perché io potessi copiare i tuoi compiti di Incantesimi.

Scorpius, però, continuava a non dimostrare la benché minima intenzione di lasciar cadere l'argomento e cominciare a scrivere il tema.

« La cosa strana è che una manifestazione di razzismo del genere non si vedeva dai tempi della guerra » insistette con l'aria di un avvocato che si trova a discutere una faccenda di vita o di morte davanti al Wizengamot (che diavolo, non bastavano Albus e i suoi complotti...). « La metà degli studenti di Serpeverde è nervosissima perché teme ripercussioni sull'intera Casa, ma molti altri sono così esaltati che... Tu non hai sentito cosa hanno detto nella nostra Sala Comune, Rose, ma ti assicuro che ti sarebbero venuti i brividi. Se i colpevoli non vengono presi subito e puniti in modo esemplare ho paura che questo sia solo l'inizio... »

« L'inizio di cosa? Della ri-decorazione dei muri della scuola? » chiesi, cercando di trattenere una risatina sarcastica.

D'accordo, i manichini impiccati ai lampadari erano un po' macabri nel complesso, ma non poteva pensare sul serio che qualcuno avrebbe fatto una cosa del genere a un Babbano in carne ed ossa: lo sapevano tutti quanto erano bravi a parlare, i Serpeverde.

Ma, a giudicare dalla voce gelida con la quale mi rispose, Scorpius lo pensava decisamente sul serio.

« Rose » esordì, scandendo il mio nome come un adulto esasperato che tenti di ragionare con una poppante particolarmente restia a comprendere l'importanza di colorare sui fogli e non sul pavimento. « Non credo che tu ti renda conto di quanto possano essere fanatici i Purosangue, quando si tratta di difendere i loro privilegi. Dopo la caduta del Signore Oscuro questa storia del sangue puro è diventata praticamente un tabù, ma i Purosangue sono rimasti attaccati alle loro convinzioni razziste tanto quanto lo erano durante la guerra. Il punto è che nessuno sarebbe così idiota da dire questo genere di cose in pubblico, visti i tempi che corrono. Tutti noi figli di Purosangue ci siamo sentiti ripetere fino allo sfinimento di tenerci queste idee per noi e di non parlarne mai con persone di cui non ci fidiamo, per nessun motivo. Ne ho discusso con Tessa, stamattina, e anche lei la pensa così: il fatto che qualcuno ora abbia infranto il tabù e si sia schierato apertamente contro i Babbani può solo significare che è successo qualcosa di estremamente grave... »

« O che chi ha infranto il tabù è un coglione, magari » proposi.

Ma magari, eh. D'altronde perché mai qualcuno avrebbe dovuto scegliere la risposta semplice e ovvia, quando c'era la possibilità di farsi un mare di seghe mentali e costruire un immenso castello sull'aria a proposito di un oscuro complotto? Ma, soprattutto, che accidenti di bisogno c'era di discuterne con Tessa?

Ah, no, giusto, il problema era che io non mi rendevo conto della gravità della situazione, dimenticavo.

Un altro problema è che voi maschi non vi rendete mai conto di quando vorremmo solo uccidervi.

« Comunque perché non provi a parlarne con Al? » aggiunsi. « Sono sicura che lui ti prenderebbe sul serio ». 

E io potrei fare i compiti di Incantesimi. E tu non ne parleresti con quella racchia che ti sei portato a letto. E poi forse non ti ucciderei.

« Ho provato a parlarne con Al, ma è troppo impegnato a tramare nell'ombra per conto suo » sbuffò Scorpius. 

Ah, chiaro, io ero l'ultima spiaggia. Figurarsi.

Per un attimo Scorpius abbassò gli occhi sul tavolo, dandomi l'effimera speranza che avremmo finalmente iniziato il maledetto tema, ma poi rialzò lo sguardo e, con buona pace delle mie aspettative disattese, chiese: « A proposito, ti ha detto su cosa sta indagando? A me non vuole dire niente finché non “sarà in possesso di prove schiaccianti” a supporto della sua tesi ».

Scrollai le spalle e ticchettai le dita sulla mia pergamena intonsa, nel vano tentativo di fargli notare che stavamo sprecando uno dei miei pochi pomeriggi liberi dal Quidditch per parlare di aria fritta e moscerini mannari. Oh, e della minaccia del pericolosissimo estro artistico dei Purosangue, che chiaramente io ero troppo ottusa per comprendere, ma che Tessa, nella sua somma intelligenza, aveva capito al volo.

Perché non te la scopi di nuovo, già che ci sei?

Alla fine, visto che Scorpius continuava a fissarmi come se dovessi illuminarmi e gridare al mondo che aveva ragione da un momento all'altro, e visto che in quel momento al massimo avrei potuto alzarmi e Schiantarlo, mi convinsi a tossicchiare: « D'accordo, quindi tu credi che tutto questo sia un oscuro presagio. Ricevuto. Possiamo fare i compiti, adesso? » 

Per tutta risposta Scorpius chiuse gli occhi e si massaggiò le palpebre al di sotto degli occhiali, senza impegnarsi un granché per reprimere il sospiro esasperato che gli salì alle labbra.

« Seriamente, Rose, è mai possibile che proprio tu, la figlia di due maghi che alla nostra età combattevano il Signore Oscuro, non ti renda conto che... »

Prima di potermi ricordare che non avevo voglia di litigare con lui in mezzo alla biblioteca e che comunque avevo deciso di adottare la tattica dell'incazzata silenziosa, mi ritrovai in piedi con i pugni serrati e la certezza di aver appena detto qualcosa di molto stupido e infantile come: « Oh, chiaro, ricordami un'altra volta quanto poco sono degna del cognome che porto! »

Ammutolii di colpo, mentre Scorpius mi fissava sbattendo le ciglia con un'espressione di puro sconcerto. A conti fatti, avrei dovuto lasciar perdere i complessi d'inferiorità nei confronti dei miei genitori e continuare con la farsa dell'incazzata silenziosa. Ma visto che ormai il latte era versato, tanto valeva rompere anche il bicchiere.

Presi un respiro profondo, certa che me ne sarei pentita amaramente nel giro di qualche minuto, e dissi: « E comunque, fossi in te, non mi vanterei tanto di essere fedele al cognome che porto. Ti sei reso conto di averlo chiamato “Signore Oscuro” per tutto il tempo, vero? »

Poi, senza perdere un secondo di più ad aspettare la sua reazione, raccolsi le mie cose e me ne andai.

E grazie tante per l'aiuto in Incantesimi.

 

***

 

Entrai nella Sala Comune di Grifondoro imprecando tra i denti e, senza farmi troppi problemi etici, mi avvalsi della mia minacciosa statura di un metro e un tappo per scacciare un gruppo di primini dal mio tavolino preferito, strategicamente posizionato nella nicchia tra una finestra e una piccola libreria di legno scuro. Sbattei la borsa sul tavolo, ignorando gli sguardi terrorizzati dei primini che avevo appena sfrattato, e cominciai a tirare fuori i libri.

Che diavolo, mi tocca anche fare il tema da sola, e non so un accidenti.

Intinsi la penna nella boccetta d'inchiostro con tutta la ferocia di cui ero capace e la premetti sul foglio per scribacchiare nome, cognome e titolo, nella vana speranza che la pergamena sembrasse un po' meno vuota e deprimente dopo quello scempio. L'unico risultato apprezzabile che ottenni fu, per l'appunto, uno scempio indistinto di lettere e macchie d'inchiostro, che mi fece inviperire ancora di più visto che non ricordavo l'incantesimo per ripulirlo senza rovinare la carta.

« Miseriaccia... »

Odiavo litigare con Scorpius, ecco cosa. In primis perché litigare costituiva un inutile spreco del tempo che avremmo altrimenti potuto impiegare molto più proficuamente, per esempio studiando anatomia in qualche remoto angolo della scuola (o anche studiando Incantesimi, per restare in tema); ma poi, e soprattutto, litigare faceva emergere la mia parte più stupida e infantile. La parte che non riusciva a levarsi dalla testa le parole di Tessa e non vedeva l'ora di trovare un pretesto per rinfacciare a Scorpius qualcosa che aveva fatto mesi prima che ci mettessimo assieme. Se l'aveva fatto, certo.

Perché accidenti ero così stupida?

« Perché hai quella faccia? »

Per poco non caddi dalla sedia quando Calvin spuntò fuori dal nulla e mi si sedette di fronte con il solito sorriso a trentadue denti. Gli lanciai uno sguardo in cagnesco per mettere in chiaro che quello non era proprio il momento migliore per cominciare a recitare il ruolo del mio migliore amico gay, ma se anche Calvin se ne avvide non parve troppo impressionato dalla mia espressione omicida.

« Lo sai che se continui ad aggrottare le sopracciglia in quel modo ti verranno le rughe a vent'anni, vero? » commentò.

Per un paio di secondi fui seriamente tentata di lanciargli il libro di Incantesimi in faccia, ma poi decisi che mi serviva per scrivere il tema e desistetti dal mio intento.

« Calvin » sbuffai soltanto. « Non so se te ne sei accorto, ma non sono esattamente dell'umore adatto, al momento ».

« Oh, se ne sono accorti tutti, non ti preoccupare » rispose lui, gaio.

Dici che se ne accorgerebbero anche se ti defenestrassi?

Mi presi la testa tra le mani e inspirai profondamente: forse era meglio darmi una calmata, prima di ritrovarmi a fare una scenata isterica in mezzo alla Sala Comune di Grifondoro. O prima di sbranare Calvin, che – per quanto importuno e molesto – era colpevole solo di aver deciso di essere gentile con la persona sbagliata al momento sbagliato.

« Sul serio, Calvin » sospirai, massaggiandomi le tempie. « Sono in un momento di profondo infantilismo e acidità, è nel tuo interesse girarmi alla larga per le prossime due o tre ore ».

Calvin sorrise, per nulla impressionato, e disse: « Non ti preoccupare, Chiara è in un momento di profondo infantilismo e acidità da tutta la vita: non puoi essere peggio di lei ».

« Scommettiamo? » grugnii.

Nelle mie intenzioni quello avrebbe dovuto essere il commento sarcastico che avrebbe posto fine alla conversazione, una volta appurato che ero perfettamente felice di essere immatura e non avevo la minima intenzione di cominciare a ragionare come una diciassettenne dotata di un quoziente intellettivo nella media, ma Calvin non si perse d'animo. Invece di alzarsi e andarsene a fare qualcosa di più costruttivo, come per esempio dialogare con il muro, si limitò a rivolgermi un sorriso paziente.

« D'accordo, scommessa accettata. Allora, sentiamo, cos'è successo di tanto terribile? »

« Cosa ti fa pensare che te lo voglia raccontare? » lo rimbeccai, irritata.

Per tutta risposta Calvin si sporse verso di me e mi fece un occhiolino complice, dicendo: « Oh, ma tu muori dalla voglia urlarmi faccia cosa ti è successo e poi torturarmi finché non ti darò ragione su tutto ».

Non era esattamente la risposta che mi ero preparata a demolire, in effetti. Lo squadrai con diffidenza per una manciata di secondi, cercando invano un modo dignitoso per rispondergli ed averla vinta. Se non altro, dovevo riconoscergli che non aveva mentito circa la sua presunta esperienza nel trattare con persone acide e immature.

« Sì, beh » sbuffai alla fine. « Mettiamo che io voglia davvero urlarti in faccia. Cosa conti di fare? »

« Non saprei... lanciamo un Muffliato? » propose Calvin.

Mi guardai attorno nell'affollata Sala Comune, reprimendo un sorrisetto. Calvin, al mio fianco, estrasse la bacchetta e sussurrò l'incantesimo, avvolgendoci in una barriera trasparente che attutiva tutti i suoni provenienti dall'esterno.

« Quindi? » chiese. « Si tratta sempre del tuo ragazzo che è andato a letto con Tessa? »

« Già » risposi, cupa.

Di quello e della mia suprema intelligenza, che mi aveva spinta a sibilargli in faccia una serie di cazzate senza capo né coda sul suo cognome e sui trascorsi oscuri della sua famiglia. Se mi era andata bene, come minimo si era offeso a morte e non mi avrebbe rivolto la parola finché non fossi tornata da lui strisciando e implorando umilmente il suo perdono.

Calvin si grattò il naso e si stiracchiò pigramente. 

« Gli hai rinfacciato di aver avuto una vita sessuale prima di mettersi con te e lui ha rivendicato i diritti sui suoi organi riproduttivi? » s'informò.

Mi riscossi dalla prostrata contemplazione della mia stupidità per lanciargli un'occhiata scandalizzata.

« Stai scherzando?! » sbottai. « Non gli ho neanche detto che so di lui e di Tessa. Dovrebbe dirmelo lui, invece di continuare a comportarsi come se niente fosse! »

Calvin aggrottò le sopracciglia.

« Aspetta, quindi tu sei arrabbiata con il tuo ragazzo perché non gli hai detto che sai di Tessa e lui non ti ha letto nella mente? » chiese, con un sottofondo d'ironia che non gradii particolarmente.

Arrossii fino alle punte dei capelli.

« Detta così sembra un cosa molto più stupida di com'è in realtà... »

« Aha... » commentò Calvin. « E com'è in realtà? »

« Beh... » borbottai. « Più o meno così, ma... »

Sì, insomma, forse avevo un po' voglia di litigare con Scorpius e sbattergli sotto il naso tutto il mio risentimento piuttosto che discuterne da persone civili ed esporgli le mie ragioni, ma la mia idiozia non era di certo un'attenuante per i suoi crimini. Perché, sì, per quanto mi riguardava scoparsi Tessa era paragonabile a un crimine della peggior sorta, come affiliarsi ai Mangiamorte e farsi tatuare il Marchio Nero su una chiappa.

« Il punto è che mi ha detto una bugia, capisci? » m'intestardii. « Mi ha fatto tutta una scenata dicendo di essere vergine come la Piovra Gigante e poi viene fuori che si è fatto Tessa ripetutamente... insomma, dovrei essere felice? »

L'espressione caritatevole sul volto di Calvin si fece più accentuata. Mentre lo fissavo con ansia, aspettando che mi desse ragione su tutto come avevamo concordato, Calvin si sistemò la cravatta e tossicchiò.

« Ma tu sei sicura che ti abbia mentito? »

Quella era una bella domanda. Arrossii nuovamente, ma non considerai nemmeno per un istante l'idea di darmi per vinta.

« Beh, no » grugnii. « Ma Tessa sembrava sincera... insomma, l'ha buttato là mentre stavamo parlando d'altro, non credo che sia così diabolica da... d'accordo, è diabolica, ma... »

« Perché non provi a chiederlo a Scorpius? » propose Calvin. 

E tu perché devi cominciare a fare la persona ragionevole proprio adesso?

Con la netta impressione di star intraprendendo la scalata di un colossale specchio, ma non per questo meno determinata a trovare una giustificazione – presunta o reale – alle mie azioni, cominciai a spiegare: « Beh, la so già la sua versione dei fatti, no? Se mi ha mentito una volta potrebbe benissimo farlo di nuovo, e così in ogni caso non avrei modo di sapere la verità. E poi quando parliamo di Tessa finisce sempre male, figurati se gli andassi a dire che è una sporca bugiarda... che poi magari lo sporco bugiardo è lui, tra parentesi ».

A quel pensiero, accompagnato dalla spiacevole immagine di Scorpius e Tessa avvinghiati come due salamandre in calore, sentii che tutta la rabbia di poco prima mi stava pervadendo di nuovo. La parte logica e razionale di me era piuttosto propensa a credere che Scorpius non mi avesse mentito – per una serie di ragioni che andavano dalla sua incapacità di raccontare palle con stile al fatto che non ci fosse assolutamente bisogno di mettere su una scenata tanto plateale per dichiararsi vergine – ma d'altronde era risaputo che la parte logica e razionale era minoritaria nel consiglio d'amministrazione del mio cervello. Il restante novanta percento dei seggi – quelli occupati dai neuroni deputati del partito “idioti impulsivi e irrazionali” – mi spingeva invece ad immaginare Scorpius e Tessa incastrati in fantasiose posizioni del Kamasutra ogni qualvolta si entrava in argomento.

La verità era che non avevo la minima intenzione di dire a Scorpius della mia discussione con Tessa: preferivo di gran lunga mantenere il beneficio del dubbio, se c'era anche una sola possibilità che avesse davvero perso la verginità con Tessa. Vivere nell'ignoranza, in fondo, non era così male.

Balzai in piedi, colpita da un'improvvisa illuminazione.

« È così, certo che è così! » Esclamai, sotto lo sguardo perplesso di Calvin. « Se io avessi perso la verginità con Baston al quarto anno, come Scorpius pensava che fosse, non gli avrei potuto rinfacciare di essere stato con Tessa. Ma Scorpius è troppo prudente per fidarsi di certe supposizioni e perciò ha deciso di sondare il terreno prima di dirmi che non è vergine. Così, quando ha scoperto che io invece sono vergine, ha deciso di non dirmi niente perché sapeva che ci sarei rimasta male e che probabilmente avrei anche tentato di assassinarlo. Così quadra tutto, è ovvio! »

Conclusi il discorso con estrema soddisfazione e quindi ritenni necessario prendermi un paio di secondi per crogiolarmi nell'autoesaltazione e nel compiacimento di aver sgamato Scorpius servendomi solamente del mio fine intelletto. Un ragionamento tanto sottile e arzigogolato doveva per forza essere corretto, in fin dei conti. Succedeva sempre così nei film polizieschi Babbani: più la ricostruzione dei fatti era complicata, più alte erano le probabilità che si avvicinasse alla realtà dei fatti.

Avanti, bisogna proprio ammetterlo: a volte sono geniale. Mi stupisco di me stessa.

Calvin non aveva l'aria di averci capito molto, quando sorrise e annuì, ma la cosa non mi sembrava molto rilevante davanti all'improvvisa comunione con l'assoluto in cui mi trovavo. 

Alla fine Calvin scrollò le spalle e disse: « D'accordo. Quindi, ora che sai perché ti ha mentito, è tutto a posto? »

Decisamente, non aveva capito.

« Tutto a posto un corno » sbottai. « Ora sono sicura che mi ha detto una bugia! »

Calvin parve più che mai confuso dalla mia risposta. Aggrottò le sopracciglia e si grattò la nuca con l'aria imbarazzata di uno studente che, davanti a una versione scritta in Rune, non sa nemmeno da che parte girare il foglio.

« Ma hai detto tu che lo ha fatto perché voleva evitare di ferirti o di metterti in imbarazzo… » obiettò.

Sbuffai, spazientita.

« So benissimo che non lo ha fatto per prendermi per il culo a gratis, grazie tante, ma mi ha comunque mentito! »

« Se sai che non lo ha fatto con cattive intenzioni perché te la prendi? » insistette Calvin.

Alzai gli occhi al cielo, cercando ispirazione nel soffitto della Sala Comune.

« Tu non te la prenderesti se il tuo ragazzo avesse fatto sesso con Tessa McMillan? » dovetti grugnire alla fine, in assenza di argomenti migliori.

« Beh » disse Calvin. « I miei ragazzi di solito sono dell'altra sponda... E comunque, tecnicamente, Scorpius è andato a letto con Tessa prima di mettersi con te, quindi non ti dovrebbe riguardare se… »

« Mi riguarda eccome, invece! » sibilai. « Scommetto che quella megera non vede l'ora che ci molliamo per tornare con lui! »

E io non le avrei dato una soddisfazione del genere, anche a costo di evirare Scorpius con le mie mani... 

No, d'accordo, forse sto un tantino dando in escandescenze...

Calvin, intanto, continuava a guardarmi come se fossi una pazza appena fuggita dal San Mungo, con tanto di abitino bianco da ospedale e trabiccolo della flebo al seguito.

« Beh, se è questo che ti preoccupa, tienitelo stretto » commentò, inarcando le sopracciglia.

Certo, facile a dirsi.

« E come accidenti faccio? » gemetti.

Calvin mi lanciò uno sguardo compassionevole e allungò una mano sul tavolino per posarla sopra la mia, come se mi stesse preparando a ricevere una pessima notizia.

« Temo che sia piuttosto ovvio… »

« Cioè? » chiesi, più o meno balzandogli al collo per l'ansia.

Calvin si ritrasse leggermente dalle mie grinfie e si ricompose come se non avessi appena tentato di aggredirlo. Quindi, dopo aver lanciato uno sguardo interessato al sedere di uno studente di passaggio, mi rivolse uno dei ghigni maliziosi che per mesi erano stati il tratto distintivo del mio Calvin mentale.

« Ora... » iniziò, ammiccando in un modo che non prometteva nulla di buono. « Non vorrei doverti dire qualcosa di altamente evocativo come “aprigli le vie del Paradiso”, “fatti sbattere come un uovo in camicia” o “strega la sua bacchetta”, ma… ehm… “concedigli la tua virtù” è abbastanza chiaro come concetto? »

Sospirai, sconsolata.

« Se non lo farò dici che tornerà da Tessa? » 

« Se non lo farai andrà da chiunque lo faccia al posto tuo » rispose Calvin con l'aria di chi sta enunciando una legge universale.

Prima che potessi aggiungere altro, Calvin si alzò e dissolse il Muffliato con un colpo di bacchetta.

« Ti dispiace se continuiamo il discorso più tardi? » chiese, e prima che avessi il tempo di rispondere si fiondò all'inseguimento di James, che aveva attraversato la Sala Comune in quel momento.

Strategie di conquista, suppongo.

Restava solo da capire se la preda fosse sempre Albus o se, dopo i ripetuti rifiuti (di cui ormai era al corrente tutta la scuola, visto che uno dei tanti si era svolto in mezzo alla Sala Grande e in modo piuttosto plateale), Calvin avesse deciso di ripiegare sul fratello per ripicca. Stavo per alzarmi e andare a posare la borsa in dormitorio, ormai rassegnata a scrivere il tema durante il fine settimana, quando Dominique si sedette accanto a me con uno strano sorriso stitico spalmato a forza sul viso.

« Ehi, Rose » mi salutò. « Come va? »

La sua voce suonava allegra, ma colsi una preoccupante nota di isteria in sottofondo che mi mise sull'attenti.

« Ciao, Domi... » la salutai, cauta. « Io sto bene, e tu? »

« Alla grande » rispose lei, continuando a sorridere come un'invasata.

La squadrai da capo a piedi, per nulla convinta: era più magra che mai e per giunta era anche struccata. Più che stare bene, a me sembrava che avesse battuto la testa da qualche parte e le avesse dato di volta il cervello. Con un discreto senso di colpa ripensai a tutti i buoni propositi di trovarle il ragazzo, che erano irrimediabilmente naufragati nel nulla da quando erano iniziati i miei problemi con Scorpius. Forse ora era troppo tardi e avremmo dovuto farla internare nel reparto psichiatrico del San Mungo... Sapevo di un sacco di studenti che avevano avuto un crollo psicologico durante l'anno dei MAGO.

Mentre la scrutavo di sottecchi, tentando di decidere come impostare l'interrogatorio che avrebbe portato a galla la sua follia, Andrew Goldstein si accostò al nostro tavolo e ci salutò con il sorriso di chi non ha la minima intenzione di scrostarsi tanto in fretta.

« Ciao, Domi, come va? » la salutò. Poi, probabilmente sentendosi in colpa per avermi ignorata del tutto, aggiunse: « Ehi, Rose. Una fortuna che James abbia annullato l'allenamento di oggi, vero? »

Risposi al saluto svogliatamente, mentre Domi cominciava a blaterare delle lezioni che aveva avuto quel giorno e Andrew faceva il genere di commenti che si fanno quando non si vede l'ora di arrivare al dunque. E, in effetti, dovetti riconoscergli che ci arrivò piuttosto in fretta.

« Quindi domani andiamo a Hogsmeade assieme? » riuscì a chiedere, dopo due minuti stentati di conversazione.

Domi gli rivolse un altro dei suoi inquietanti sorrisi nevrotici e rispose: « Sì, certo. Ci troviamo alle nove nella Sala d'Ingresso? »

« Perfetto » disse Andrew, annuendo.

Poi, notando la mia espressione ostile, si affrettò a battere in ritirata.

« Ok, allora ci vediamo domani. Io vado... vado su, adesso... a domani ».

« A domani, Andrew » rispose Domi.

Nonostante il sorriso forzato, per un istante mi sembrò che fosse davvero felice. Più felice del solito, almeno. Seguii il mio compagno di squadra e di classe con lo sguardo finché non fu sparito su per le scale dei dormitori maschili, perplessa.

« Conosci Andrew? » chiesi poi, lanciandole un'occhiata inquisitrice.

Domi arrossì leggermente.

« Oh, sì, ehm... te lo stavo per dire. Mi ha chiesto di uscire e, beh, gli ho detto di sì... »

« Ah... » commentai, atona.

Non era un granché carino, per gli standard di Domi. In realtà, trovavo che fosse piuttosto brutto anche per gli standard dei comuni mortali come me.

Domi sprofondò nella sua sedia con un sospiro.

« Sì, lo so... » disse, cogliendo la mia implicita obiezione. « Ma sembra simpatico e gentile e... beh, non potevo aspettare l'uomo perfetto per tutta la vita, no? »

Il ragionamento mi parve abbastanza sensato da convincermi a non obiettare.

« Quindi con James hai chiuso definitivamente? » mi informai, abbassando un po' la voce.

Per un attimo Domi sembrò spiazzata dalla mia domanda, ma poi scoppiò in una risatina isterica.

« Oh, non ti preoccupare, l'ho lasciato perdere definitivamente. Mi ha sbattuto in faccia un due di picche monumentale la settimana scorsa, te l'ho detto? »

Per poco non mi soffocai con la mia stessa saliva.

« Come?! »

Al diavolo, perché sono sempre l'ultima a sapere le cose, in questa scuola?

Domi scrollò le spalle e poi ricominciò a ridacchiare come una pazza assatanata, piegata in due sul tavolino.

« Ti giuro, avresti dovuto vedere la scena. Ci sono rimasta talmente di merda... Ma poi te lo vedi James che dà un due di picche a qualcuno? Era praticamente più imbarazzato di me... »

Continuavo a non capire cosa ci fosse di tanto comico in tutto ciò, ma comunque, se lei lo trovava divertente...

Dominique scoppiò in un ultimo, convulso attacco di risatine e poi si ricompose con una rapidità tale che nemmeno uno schizofrenico avrebbe saputo fare di meglio.

« Merlino » commentò, abbandonandosi contro lo schienale della sedia. « Ma senti quanto sono lunatica? »

« Sì, ehm... in effetti... »

Continuai a tenermi sul vago, pronta a fronteggiare un'eventuale crisi di pianto. O a portarla direttamente al San Mungo, magari.

« Oh, sto bene, sul serio, non ti preoccupare » ripeté Domi, facendosi seria. « Mi ci voleva una bella secchiata d'acqua gelida per convincermi a lasciarlo perdere. In un certo senso, mi ha quasi fatto un favore ».

Proprio quando stavo per convincermi della sua stabilità mentale e tirare un sospiro di sollievo, Domi scoppiò in una nuova risatina isterica.

« Non l'ho nemmeno fatto apposta a scegliermi un suo compagno di squadra, ci credi? » chiese. L'attimo dopo aggiunse con improvvisa stizza: « E non fare quella faccia, Rose. È ovvio che sono ancora cotta di James, ma se non altro mi sono fatta una ragione del fatto che non gli interesso. E poi, al diavolo, ho le palle piene di rovinarmi l'esistenza per James. Ora mi trovo bene con Andrew e tanti saluti. Che poi, tra parentesi, non so neanche perché mi sono andata a fissare con quell'idiota, se volevo l'uomo perfetto ».

Domi infilò una mano nella borsa e dopo aver frugato per un po', con mio sommo stupore, ne estrasse una Cioccorana. La scartò con malagrazia, lanciò un'occhiata distratta alla figurina e poi staccò la testa della rana con un morso deciso.

« Il principe azzurro è gay » sentenziò con una smorfia depressa, masticando il primo pezzo di cioccolata che le avessi visto toccare da mesi.

Sbirciai nella direzione di Calvin, che stava ancora abbindolando un James sempre più confuso, dalla parte opposta della Sala Comune. Accorgendosi del mio sguardo, Calvin si voltò per salutarmi, ma la sua attenzione naufragò miseramente dietro al fisico atletico di uno studente che gli passò sotto il naso in quel momento.

« Decisamente gay » concordai.

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Capitolo 8
*** Tranello di Hohmann ***


Capitolo 6

Tranello di Höhmann

 

Dopo lunghe ore di intensa e profonda riflessione, cominciai a pensare che Calvin avesse ragione: in fondo, il nocciolo del problema era che Scorpius mi considerava una verginella alle prime armi, e di conseguenza aveva ritenuto più saggio fingere di esserlo anche lui, ai fini di preservare il nostro equilibrio di coppia. Così mi apparve chiaro da subito che c'era una sola soluzione ai nostri problemi: smettere al più presto di essere vergine. 

Mai prima di allora avevo trovato che la mia condizione fosse tanto inappropriata, ma a quel punto la verità mi si stagliava davanti agli occhi in tutta la sua ineluttabile sconvenienza: i tempi in cui avevo guardato con un sorrisino snob le mie compagne di Casa, che la distribuivano agli uccelli come fossero briciole di pane, e in cui mi ero gloriata della mia integrità morale (e vaginale, per dirla in termini meno metaforici), erano ormai ben lontani. Mi trovavo invece in una nuova epoca di maturità fisica e mentale, dove la verginità appariva come un oneroso fardello di cui conveniva sbarazzarsi alla svelta.

Se fossi arrivata vergine ai diciassette anni mi sarei buttata giù dalla torre di Astronomia.

Fu così che decisi di lanciare il mio progetto SS, ovvero Scopa Scorpius.

 

***

 

Fu così, anche, che nei giorni seguenti la mia vita fu interamente dedicata al sommo obiettivo di essere scopata da Scorpius. Non molto onorevole, detta in quei termini, ma giustificabile, se si pensava che stavo sacrificando la mia verginità sull'altare della nostra stabilità di coppia.

Un giorno, quando festeggeremo le nozze d'argento, mi ringrazierà per questo.

Insomma, mi stavo pur sempre comportando da persona matura, no? O ci stavo provando, perlomeno. Tolto il momento di follia in biblioteca, non gli avevo fatto nessuna scenata per Tessa né gliene avrei fatta una in futuro: sapevo a che gioco stava giocando Tessa, e non avevo la minima intenzione di dargliela vinta tanto facilmente. Avrei gestito la mia gelosia da sola, senza parlarne con Scorpius e senza lasciare che le insinuazioni di Tessa rovinassero il nostro rapporto. Dovevamo solo fare quello che andava fatto, e poi non avrebbe più avuto importanza cosa avevano fatto lui e Tessa prima che ci mettessimo assieme. Me la sarei tolta dalla testa senza problemi, una volta che anche noi due avessimo condiviso quello che Scorpius aveva avuto la brillante idea di condividere con la racchia, e non ci sarebbe stato nessun bisogno di raccontargli tutta quella faccenda. Glielo avrei detto in seguito, una volta risolta e dimenticata la questione, e avrei finto che non mi importasse di quello che aveva o non aveva fatto prima di mettersi con me.

Se non altro, dovrà riconoscere che per una volta sono stata abbastanza matura da risolvere i miei problemi senza tirarlo in mezzo.

Ciononostante, il mio primo tentativo di adempiere al nuovo scopo della mia esistenza riuscì solo a compiere un clamoroso buco nell'acqua, lasciando integro tutto quello che invece avrebbe dovuto venir profanato. Tutto a parte la mia autostima, chiaramente.

Era domenica pomeriggio e, dopo aver avuto tutta la mattinata per cogliere i segnali di Scorpius (segnali che mi ricordavano inequivocabilmente quanto fosse offeso e intenzionato ad ignorarmi per i prossimi vent'anni), decisi che era il momento propizio per agire. Così, non appena le mie manovre di pedinamento mi permisero di trovarmi da sola con lui in biblioteca, gli tesi un'imboscata.

« Ehi, Scorp » lo salutai, inarcando la schiena contro lo scaffale sul quale ero appoggiata.

Ebbi la netta impressione di essermi incriccata un paio di vertebre, ma farmi trovare a strusciarmi contro una superficie verticale mi sembrava una trovata così geniale per concludere le cose in fretta che non me ne preoccupai troppo. Lui però – e con mia somma irritazione – mi dedicò a stento uno sguardo corrucciato.

« Sì? » chiese freddamente.

Alzai gli occhi al cielo e decisi di staccarmi dallo scaffale per ancheggiare verso di lui, sussurrando: « Lo so che vuoi le mie scuse... e io voglio te, quindi potremmo organizzare uno scambio equo, che ne dici? »

Se avevo sperato di stenderlo all'istante con quell'insolito exploit di intraprendenza, però, ne rimasi ben delusa: Scorpius si limitò ad inarcare le sopracciglia con aria estremamente perplessa e tutto quello che riuscì a dire fu: « Prego? »

Raggiunsi il tavolino (slogandomi entrambe le caviglie in un incerto tentativo di camminata sexy) e gli chiusi il libro sotto il naso nel modo che mi parve più consono all'atmosfera pornografica che la scena avrebbe dovuto avere nella mia mente. Il fatto che, se le cose fossero davvero andate in porto, ci saremmo ritrovati a compiere atti profani in biblioteca – sotto il naso adunco di madama Pince, che risaputamente aveva ucciso studenti per molto meno – non mi pareva un dettaglio così importante, lì per lì.

Sorrisi e mi sedetti a cavalcioni sulle sue gambe, facendo del mio meglio per sbattere le ciglia come un'oca senza perdere il contatto visivo.

« Scusa » miagolai, nella migliore imitazione di Domi-in-modalità-rimorchio di cui fui capace. « Non ho mai pensato sul serio che la tua famiglia sia ancora coinvolta con i Mangiamorte, lo sai ».

Scorpius alzò gli occhi al cielo ed emise un suono a metà tra uno sbuffo esasperato e un sospiro divertito.

« Certo che lo so » grugnì. « Ma magari saresti più convincente, se non dessi l'impressione che le tue scuse siano dettate dal semplice desiderio di avere qualcuno da limonare entro stasera ».

Mi strusciai con più insistenza su di lui, ignorando ostinatamente il suono stridulo e idiota che assunse la mia voce quando buttai fuori un fallimentare tentativo di risatina sexy.

« Oh, e chi vuole limonare? » lo provocai.

Tanto per rendergli più chiaro il concetto, cominciai ad adoperarmi per sbattergli la scollatura in faccia e nel frattempo riuscire a snodargli la cravatta. La cosa divenne del tutto impossibile, quando Scorpius mi baciò sulle labbra, togliendomi ogni residua visuale su quello che stavo tentando di fare con il resto del corpo.

« Sei veramente pessima » mi sussurrò sulle labbra.

Imprecai mentalmente contro il nodo della sua cravatta.

« Davvero? »

« Davvero » confermò lui, e allontanò le mie mani dalla cravatta prima che riuscissi a strangolarlo. « Non ho mai visto nessuno inventarsi una messinscena del genere per farsi perdonare qualcosa ».

Lasciai perdere le mani e continuai imperterrita a baciargli il collo, mugolando: « Mmh... E ci sto riuscendo? »

Scorpius mi prese la vita per farmi allontanare dal suo volto.

« La ragazza più imbecille che conosca è appena entrata in biblioteca facendomi la parodia di una pornostar del sadomaso, il tutto mentre probabilmente Madama Pince sta tentando di decidere se chiamare il San Mungo o sbatterci in presidenza » ridacchiò. « Secondo te posso ancora tenerti il muso? Anche se sei una pessima attrice, intendo ».

« Chiaro. Un gran senso dell'umorismo, vero? » convenni.

Mi staccai da lui con un sorriso stitico e mi rassettai la gonna, che mi si era alzata lungo le cosce durante il mio – estremamente comico, a quanto pareva –  tentativo di adescamento. 

La parodia di una pornostar del sadomaso...

Buono a sapersi. Evidentemente ero un'attrice molto più “pessima” di quanto lui credesse.

Al diavolo... uno cerca di fare una cosa carina... 

La seconda volta andò, se possibile, anche peggio, nonostante avessi evitato accuratamente di portarmi dietro manette, frustini o qualunque altro oggetto potesse essere ritenuto degno di una “pornostar del sadomaso”. Per Merlino, mi ero anche truccata e lisciata i capelli. E l'unico commento che ottenni, dopo aver passato la mezz'ora più infruttuosa e frustrante della mia vita a tentare di arraparlo con la recita della verginella ingenua, fu: « Rose, scusa se te lo chiedo, ma cos'hai fatto ai capelli? Hanno un odore strano. E... ehm... qualcuno ti ha presa a pugni o quella roba è solo dell'ombretto? »

Infine, lunedì sera, quando usai un volgare mezzuccio per fingere che mi si fosse accidentalmente slacciato il reggiseno e Scorpius si premurò di richiudere i gancetti con la magia, decisi ufficialmente che l'operazione SS avrebbe cambiato denominazione in operazione “Sopprimi Scorpius”. (E, no, il fatto che fossimo in mezzo al parco non costituiva una scusante per aver evitato di compiere atti osceni in luogo pubblico).

Che diavolo. Scopare Tessa: quello era un atto osceno, al di là che lo avessero fatto in privato. 

 

***

 

« Quindi, aspetta... ripetimi cos'hai fatto... » sghignazzò Calvin, seppellendo il volto dietro al banco per camuffare un attacco di risate.

Gli scoccai un'occhiata torva e continuai a mescolare il calderone con stizza, schizzando la pozione sul pavimento. Era la doppia ora di Pozioni del martedì, quella che generalmente usavamo per le lezioni pratiche, e Albus si era categoricamente rifiutato di lavorare di nuovo in coppia con Calvin. Perciò, senza un particolare riguardo per la democrazia, si era impadronito di Scorpius, lasciandomi a scegliere se mettermi in coppia con Calvin o con Agatha Oldust, la schizzata di Corvonero che se ne stava sempre per le sue con un libro di Storia della Magia aperto sotto al naso.

« Te l'ho detto » sibilai, assicurandomi che Blaster fosse fuori portata d'orecchio. « Gli ho detto che... beh... » Feci del mio meglio per non arrossire troppo, ma dubitai di essere riuscita nel mio intento. « Gli ho detto che lo voglio e non solo per limonare, o qualcosa del genere... e poi mi sono seduta a cavalcioni sulle sue gambe e ho tentato di slacciargli la cravatta e... e poi lui pensava che stessi facendo la parodia di una pornostar sadomaso, o cosa so io... »

Calvin scoppiò a ridere così forte che Blaster si voltò verso di noi esclamando con aria speranzosa: « È esplosa una pozione?! »

Appurato che non era successo nulla di tutto ciò, fece una smorfia scontenta e tornò a chinarsi sul calderone di una ragazza di Tassorosso. Calvin si ricompose in tempo per impedirmi di gettare l'ingrediente sbagliato nella pozione, ma trovai che la sua espressione ilare continuava ad essere decisamente irritante.

« Al diavolo, che c'è di male? » protestai.

« Beh, sai » rispose Calvin. « Come inizio, per essere una principiante, forse hai esagerato un pochino... »

E si accasciò di nuovo sul banco, in preda a una convulsa ridarella. Gli tirai un pugno sulla spalla, offesa.

« Oh, sì, sei proprio di grande aiuto quando fai così... »

« Scu-scusa... » boccheggiò lui, tra una risatina silenziosa e l'altra. « È che... no, non ce la posso fare » si arrese infine, e ricominciò a ridere come se niente fosse.

Molto confortante, sul serio.

Mi gettai a peso morto sulla sedia e decisi di chiudermi in un silenzio sdegnoso finché non avesse smesso di prendermi in giro per aver tentato di seguire il suo consiglio alla lettera. Estrassi il manuale di Pozioni dalla borsa e mi misi a sfogliarlo ostentatamente, cercando la ricetta del filtro d'amore che stavamo preparando quel giorno. L'unico lato positivo di stare in coppia con Calvin era che fino a quel momento aveva fatto praticamente tutto lui, lasciandomi libera di raccontare le mie disavventure e indignarmi come meglio mi pareva, ma per quello che ne sapevo la pozione che bolliva nel nostro calderone poteva anche essere Veritaserum. Da quanto avevo potuto appurare, in effetti, Calvin non si era nemmeno degnato di aprire il libro per controllare gli ingredienti necessari, prima di cominciare a buttare strane erbe dentro al calderone. Quando si strappò un paio di pallini di lana dal maglione e li lasciò cadere nella pozione, fischiettando allegramente, cominciai a chiedermi se avesse una vaga idea di quello che stavamo facendo. E alla fine dell'ora i miei dubbi non poterono che trasformarsi in certezze, davanti all'espressione corrucciata di Blaster. Fissai con apprensione la fialetta in cui avevamo versato un campione della nostra pozione, di un rosa sgargiante, che risaltava sinistramente tra le varie gradazioni di blu delle altre.

« Non assomiglia molto alle altre pozioni, vero? » chiese Blaster, cercando di non apparire troppo schifato davanti al prodotto delle nostre due ore di chiacchiere.

Se non c'era possibilità che saltasse tutto in aria, in realtà, gli dispiaceva parecchio che gli studenti non riuscissero a produrre delle pozioni accettabili. E la nostra non si avvicinava nemmeno lontanamente alla definizione di accettabile. Mi sistemai nervosamente i capelli, mentre Calvin, al mio fianco, continuava a sorridere come se niente fosse.

« Sì, ehm, forse ci ho messo qualche ingrediente che non ci andava » ammise, serafico.

Albus, che ovviamente aveva prodotto una pozione da manuale, si lasciò sfuggire un sorrisetto soddisfatto e sussurrò qualcosa all'orecchio di Scorpius, sogghignando.

« E perché non avete seguito la ricetta? » insistette Blaster.

Calvin scrollò le spalle e, con mio sommo orrore, rispose: « Beh, non lo so, sembrava una pozione noiosa ». 

Tentai di metterlo a tacere con una gomitata tra le costole, ma lui continuò, imperterrito: « E poi i filtri d'amore a base di rosa canina giocano brutti scherzi, così ho pensato che potevamo fare delle variazioni sul tema. In fondo aveva detto solo di preparare un filtro d'amore, non aveva specificato che dovesse per forza essere quello del manuale ».

Rimasi con il fiato sospeso per un paio di secondi, mentre l'espressione di Blaster passava dallo scontento al dubbio e infine alla curiosità. Alla fine, con una scrollata di spalle e una delle sue solite risatine isteriche, disse: « D'accordo, allora diamo un'occhiata a questa pozione. Al massimo esplode, hihihi... »

Poi, sotto gli sguardi increduli di tutta la classe, stappò la fialetta e se la portò sotto le narici. La annusò a lungo e se ne versò alcune gocce sui polpastrelli, poi estrasse la bacchetta e picchiettò il vetro della fialetta borbottando un paio di incantesimi incomprensibili.

« Sembra buona » concluse dopo un paio di minuti. « Ci farò qualche altro test, più tardi, ma direi che questo è un Eccezionale ».

Dalle parti di Albus provenne un gemito strozzato.

« Un che cosa?! »

Blaster annuì, soddisfatto, e rincarò la dose: « La pozione migliore della classe, decisamente. Per una volta abbiamo spodestato il nostro principino delle pozioni, eh? » ridacchiò e sollevò la boccetta davanti al volto di Albus in modo che la potesse osservare. « Abbiamo finalmente trovato un degno rivale, signor Potter. Non è meraviglioso? »

A giudicare dal modo in cui Albus lasciò la classe poco dopo, imprecando tra i denti e sbattendo la porta, non doveva averlo trovato meraviglioso per niente. In effetti, l'ultima volta che lo avevo visto così furibondo era stata quando James aveva “preso in prestito” la sua scopa da corsa senza chiedergli il permesso e aveva rigato il manico con il polsino metallico dell'orologio. E per poco non era finita in un bagno di sangue.

Non invidio chi dovrà sopportarlo nei dormitori di Serpeverde questo pomeriggio.

Mentre salivo le scale, diretta alla Torre di Grifondoro, Calvin mi si affiancò con il solito sorriso vagamente ebete di chi non si è reso conto minimamente di aver appena firmato la propria condanna a morte.

« Credi che ora mi sia redento davanti agli occhi di tuo cugino? » chiese allegramente.

« Ora Al ti odierà per sempre senza possibilità di rimedio. Sappilo ».

 

***

 

Mercoledì sera, dopo un altro paio di tentativi di seduzione falliti e dopo l'allenamento di Quidditch più bagnato e demotivante della storia, caracollai negli spogliatoi femminili arrancando sotto la pioggia. Meredith spalancò la porta con un calcio e gettò scopa e mazza sopra le panche, sibilando una serie di raffinatezze che avrebbero bloccato la crescita a un qualsiasi quattordicenne che di cognome non facesse Bulstrode.

« Höhmann del cazzo... » sibilò, sfilandosi la divisa con uno strattone. « Prenderò un altro Troll in Incantesimi per colpa del suo stupido gruppo pomeridiano ».

Anche lei, come me, aveva suscitato le simpatie del professore e si era ritrovata iscritta – in modo per nulla democratico – al suo corso di difesa avanzata. Appesi la divisa infangata a un appendiabiti e mi ficcai sotto la doccia senza nemmeno perdere tempo a togliermi di dosso la biancheria fradicia. Pochi secondi più tardi il rumore di un paio di ciabatte sbattute di proposito sulle piastrelle mi informò che anche Mer era entrata nel bagno.

« Dov'è che dobbiamo trovarci? » urlai per sovrastare lo scroscio dell'acqua.

Mer s'infilò nella doccia accanto alla mia e aprì il getto dell'acqua al massimo. Tra un'imprecazione e l'altra, riuscii a dedurre che il succo della risposta doveva essere qualcosa come: “Aula C2 dei sotterranei, alle sette”.

Che palle, però...

Storsi il naso e mi sturai un orecchio dallo shampoo. La prospettiva di starcene chiuse nei sotterranei per due ore con Höhmann che attentava alle nostre vite, mentre gli altri erano in Sala Grande a godersi la cena, non contribuiva in particolar modo a rendere la prospettiva allettante. Come se il termine “attività extracurricolare”, non fosse già abbastanza inquietante per una che, come massimo di impegno pomeridiano, aveva dovuto riordinare il ripostiglio di pozioni per scontare una punizione.

Al diavolo. Spero almeno che Höhmann non distribuisca altri volantini dell'esercito.

Quando uscimmo dagli spogliatoi la pioggia si era un po' placata e dal cielo nero scendevano sparuti schizzi di acqua fredda, che comunque parevano trovare sempre il modo di infilarmisi tra il colletto della camicia e la pelle con una mira infallibile. Mi misi la scopa in spalla e seguii Meredith verso il castello, facendo del mio meglio per ignorare la luce calda e invitante che filtrava dalle ampie finestre della Sala Grande.

« Ci vuole pure far morire di fame? » ringhiò Meredith, dando voce ai miei pensieri, quando un paio di compagni di squadra ci superarono schiamazzando allegramente e discutendo di quello che avrebbero mangiato per cena.

Mi passai la scopa sull'altra spalla e sibilai quello che ne pensavo, senza preoccuparmi della terminologia indecente di cui feci sfoggio: Meredith, in ogni caso, avrebbe solo potuto insegnarmi a fare di meglio in quel campo. E ne avrei avuto davvero bisogno, se Höhmann avesse tentato di assassinarci anche durante quelle lezioni extra.

Massì, in fondo non è come se fossimo giovani ed avessimo ancora tutta la vita davanti...

Quando entrammo nel castello, la Sala d'Ingresso era così vuota da far venire voglia di piangere. Mi costrinsi a voltare il capo per non vedere la lama di luce che filtrava dalla porta socchiusa della Sala Grande e per un attimo meditai anche se tapparmi le orecchie e mettermi a cantare l'inno dei Cannoni di Chudley pur di non sentire l'allegro chiacchiericcio dei miei compagni, ma poi mi sentii così patetica che decisi di lasciar perdere. Avrei marinato la lezione senza pensarci due volte, se non fossi stata certa che Höhmann avesse ucciso degli studenti per molto meno durante la propria carriera. Così, per puro e semplice istinto di sopravvivenza, imboccai la scala che scendeva nei sotterranei e seguii Meredith lungo un'intricata serie di corridoi sempre più freddi e umidi. Non avevo idea di dove fosse l'aula C2, ma Meredith sembrava sapere dove stavamo andando, perciò decisi di riporre le mia fiducia nelle sue capacità di orientamento e non fare domande.

L'aula C2, come scoprii pochi minuti dopo, si trovava alla fine di una galleria a fondo cieco, parecchi piani al disotto del terreno. Dal soffitto basso pendevano alcune stalattiti nerastre che costringevano a procedere a zigzag e gocciolavano acqua gelida su quello che non si capiva più se fosse un pavimento artificiale o semplicemente la roccia viva di una grotta sotterranea. La presenza di ciuffi di muschio e strani animaletti bianchi che zampettavamo sulle pareti dava nel complesso l'idea di trovarsi in un ambiente dove l'uomo aveva fatto ben poco per imporsi sulla natura. Il legno della porta di fronte a noi era talmente marcio che qualcuno doveva averci gettato sopra un incantesimo per mantenerla in piedi e la targhetta d'ottone era coperta da uno strato di ruggine e sporco che la rendeva quasi illeggibile.

Aggirai una pozza d'acqua verde e gorgogliante che sembrava aver corroso un'ampia zona del pavimento, stando attenta a non toccare nulla della cui innocuità non fossi assolutamente certa. Cioè, fatta eccezione per la roccia su cui ero costretta a camminare, nulla.

« Dove accidenti siamo? » sussurrai.

Meredith si passò una mano sulla fronte per asciugarla da una goccia di liquido verdastro che vi era appena colato sopra e rispose: « Questa è una delle parti più antiche del castello. Mio cugino dice che Salazar teneva le sue lezioni in questi sotterranei, ma poi che cazzo ne so, non ci viene nessuno da secoli. Höhmann non ci sta proprio con la testa... »

Non potevo che trovarmi d'accordo con lei, in quella data circostanza: l'intero corridoio in cui ci trovavamo aveva l'aria di essere meglio integrato con il lago soprastante che con il resto del castello. Per un attimo mi sembrò quasi di vedere la pinna di qualcosa di molto grande e viscido affiorare dalla pozza di liquido verde.

« È disgustoso... »

Mi coprii la mano con la manica della felpa ed abbassai la maniglia prima che la pozza verde sputasse fuori un mostro a tre teste o qualche altra bestia poco raccomandabile. All'interno dell'aula era buio pesto e l'odore di muffa e aria viziata suggeriva che fosse stata in disuso per gli ultimi cinque secoli, come minimo. 

Meredith, alle mie spalle, continuava imperterrita a masticare insulti.

« Höhmann di merda... »

Feci un passo verso l'interno dell'aula, frugando nelle tasche della felpa alla ricerca della bacchetta.

« Siamo sicuri che è qua dentro? » chiesi. « Io non vedo nien... » 

Mi interruppi di colpo, perché i miei piedi (accompagnati da buona parte delle caviglie e dei polpacci) erano appena sprofondati in qualcosa di viscido e molto poco rassicurante. 

« Che cosa...? »

Ma prima che potessi completare la frase Meredith mi era inciampata addosso e la porta si era richiusa alle nostre spalle con un tonfo decisamente molto poco rassicurante, lasciandoci immerse nel buio più totale.

« Porca merda... » esclamò Meredith, e la sentii agitarsi al mio fianco per estrarre la bacchetta. « Lumos! »

Nessun avvenimento degno di nota seguì le sue parole, a meno di voler considerare degno di nota il fatto che la cosa viscida sotto di me avesse cominciato a muoversi. Sì, in effetti quello mi sembrava un particolare degno di nota, ora che ci pensavo. Soprattutto, ora che una specie di tentacolo mi si era avvolto attorno alle gambe. 

Agitai la bacchetta e tentai anch'io: « Lumos! Miseriaccia... Incendio! Lumos! »

La bacchetta tra le mie dita rimase inerte come un comunissimo pezzo di legno, ma lo stesso non si poteva dire del tentacolo, che aveva cominciato a risalire lentamente verso i miei fianchi, stringendomi in una morsa sempre più ferrea.

« Che cavolo... no! Relascio! Relascio ho detto! »

Visto che la bacchetta sembrava aver perso ogni potere magico, risolsi di servirmene per punzecchiare la cosa viscida che mi stava lentamente stritolando, ma l'unico risultato apprezzabile che ottenni fu che un secondo tentacolo mi si avvolse attorno alle ginocchia e mi fece rovinare al suolo. Pochi secondi più tardi un tonfo e un paio di bestemmie alquanto fantasiose mi informarono che anche Meredith aveva fatto la stessa fine. 

Miseriaccia, lo sapevo che prima o poi Höhmann ci avrebbe ammazzati tutti!

Mi divincolai invano, lottando contro un terzo tentacolo che aveva avuto la simpatica idea di tentare di strangolarmi. Tentativo che a breve gli sarebbe anche riuscito, tra l'altro.

« Cosa cacchio ha in mente Höhmann? Vuole ucciderci?! » esclamò Meredith. « Questa merda mi sta stritolando, porca quella... »

La sua voce si spense in un gemito strozzato, e da quel momento in poi la sentii dibattersi con sempre minor energia.

« M- Meredith? » balbettai.

L'entità viscida – animale o vegetale che fosse – ormai mi aveva avvolto tutte le gambe e gran parte del busto, e più tentavo di oppormi più la presa si faceva stretta.

« Meredith! » urlai, stendendo un braccio nel buio per cercarla, ma dal luogo in cui si era trovata fino a pochi secondi prima non proveniva più alcun suono.

Aprii la bocca per chiamarla di nuovo, ma, prima che potessi pronunciare una sola sillaba, un tentacolo mi si avvolse attorno al viso, impedendomi di respirare. Lottai con tutte le forze che avevo per liberarmi, ma presto dovetti rendermi conto che non c'era niente da fare: i tentacoli sembravano essere diventati una parte integrante del mio corpo, come se qualcuno me li avesse cuciti addosso. Lentamente, il mondo attorno a me sembrò farsi sempre più attutito e confuso, come se stessi precipitando lontano da tutto.

Quando atterrai su qualcosa di umido e freddo, con un sonoro tonfo, realizzai di essere caduta davvero da qualche parte. Mi guardai attorno nella strana palude costellata di giunchi e liane verdastre che pendevano dal cielo nebbioso, sempre più confusa.

E ora dove accidenti sono finita?

Ebbi a stento il tempo di pensare che, per essere il Paradiso, quel posto faceva davvero schifo prima che la scena mutasse di nuovo. Per un paio di istanti mi trovai letteralmente a testa in giù, con i piedi ancorati al nulla, poi la palude e le piante penzolanti cominciarono a ruotarmi attorno così in fretta che sentii l'impellente bisogno di vomitare. L'attimo dopo mi trovai al centro di una radura circondata da imponenti abeti che si protendevano per decine di metri verso il cielo nero. Al centro dello spiazzo ardeva un falò che gettava tutt'attorno dei bagliori giallastri, illuminando i tronchi degli abeti e gli strani rami ricoperti di foglie aguzze che crescevano dall'alto, arrivando quasi a sfiorare il terreno. Quando alzai lo sguardo, scoprii che sopra la mia testa c'era una radura esattamente identica a quella sulla quale posavo i piedi. Mi affrettai a distogliere lo sguardo, colta da uno sgradevole senso di vertigine.

« Gut. Ziamo al completo, io credo ».

La voce di Höhmann mi prese così alla sprovvista che per poco non finii ingloriosamente con le gambe all'aria. Aguzzai la vista e attorno al falò riuscii a scorgere i profili nerastri di una quindicina di persone. Mossi qualche passo verso di loro, esitante.

Höhmann sedeva sopra una roccia ricoperta di muschio, vestito come al solito in maniche corte e pantaloni mimetici, e stava fumando una pipa in tutto relax. Era l'unico del gruppo che avesse l'aria di essere a proprio agio, in effetti.

Alla destra di Höhmann, in piedi una accanto all'altra, stavano le gemelle Mayfair, fasciate in due identiche tute Blocca-Incantesimi che avevo visto addosso a mia madre quando era di pattuglia a Nocturne Alley. Alle loro spalle torreggiava l'imponente figura di Broderick Bulstrode, illuminato a metà dalla luce spettrale del fuoco. Poco più in là due Tassorosso dell'ultimo anno si guardavano attorno con aria estremamente nervosa, mentre un gruppetto di Corvonero stava bisbigliando concitatamente dietro al tronco di un abete. A completare il gruppo, Albus sedeva a terra accanto al fuoco e sembrava troppo intento a fissare Höhmann con gli occhi ridotti a due fessure per accorgersi della mia presenza, mentre Meredith – apparentemente illesa – sibilava insulti irripetibili tra i denti.

Tossicchiai e mi sedetti al fianco di Albus con nonchalance, sperando che nessuno dei presenti avesse sentito le mie grida terrorizzate. Höhmann prese un lungo tiro dalla pipa, poi la posò sopra una sporgenza della roccia e soffiò fuori una nuvoletta di fumo che invase la radura con il suo odore dolciastro e pungente.

« Chi di foi za dirmi dofe ci trofiamo? » chiese.

Parecchi sguardi confusi corsero attorno alla radura, finché uno dei Corvonero alzò timidamente la mano.

« L-la pianta che ci ha trascinati qui... è un Tranello del Diavolo, non è vero, Herr Professor? »

« Ja, das ist richtig » rispose Höhmann. « Ziamo dentro al Tranello del Diafolo, per la prezisione. Fi zarete chiesti perché le fostre bacchette non funzionano, zuppongo ».

« Intende dire che ci troviamo dentro una specie di realtà simulata? » intervenne Alexa Mayfair. « Il Tranello del Diavolo, quando non è letale, può creare delle forti allucinazioni e costringere le sue vittime a vagare per anni nei labirinti mentali che crea ».

Höhmann annuì e si alzò in piedi, gettando una lunga ombra sulla radura.

« Ezatto. Con i giusti incantesimi zi possono sfruttare qveste proprietà del Tranello per creare delle intere dimenzioni firtuali. È molto uzato nei corsi Auror ».

Mi guardai attorno nervosamente: sapere che gli alberi al contrario e tutto il resto erano solo un'allucinazione mi risultava stranamente poco confortante. In effetti, la prospettiva di restare intrappolata per anni dentro un'allucinazione era molto più agghiacciante della possibilità che tutto ciò fosse reale. 

Uno dei Tassorosso emise un gemito strozzato.

« Quindi questo è... insomma... è tutto una specie di sogno? »

« Una specie di incubo » lo corresse qualcuno a bassa voce.

Se anche Höhmann lo sentì, fece finta di nulla e rispose: « Ja. In qvesto momento i fostri corpi zono profondamente addormentati tra le spire del Tranello del Diafolo ».

Ecco, nemmeno l'idea che da qualche parte il mio corpo fosse inerte tra i tentacoli di una pianta assassina era troppo confortante. Mi tastai le braccia e mi pizzicai le guance cercando di non farmi notare, ma il mio corpo sembrava del tutto reale.

« Occi laforeremo a coppie » continuò Höhmann, percorrendo il perimetro della radura a passo marziale. « I fostri compiti in classe hanno efidenziato i fostri punti di forza, ma anche le fostre debolezze, e noi ziamo qvi per trasformare qveste debolezze in punti di forza. Laforerete nelle coppie che ho deziso, con gli studenti di tutte le Case, e non foglio zentire storie, ja? Fidarzi a formare una zquadra anche con le perzone che non fi piacciono è la cosa più importante che dofete imparare ».

Qualcuno, timidamente, si arrischiò a dire: « Sì, Herr Professor ».

« Wunderschön. Il fostro zcopo di occi è uscire dal Tranello e raggiungere la Zala Grande per cena entro le otto. Mi conzegnerete le fostre bacchette e fi darò delle bacchette finte da uzare dentro il Tranello. Uccidere un fostro affersario vi farà rizalire di un livello, ezzere uccisi fi rallenterà ».

« U-uccidere? » gemette qualcuno.

« Ja, uccidere » confermò Höhmann, come se si stesse parlando di ricette alternative per la torta di mele. « Afada Kedafra ».

Ora anche i Serpeverde presenti stavano cominciando a guardarsi attorno con aria spaventata. Höhmann, apparentemente ignaro di aver appena terrorizzato una dozzina di studenti, agitò la bacchetta e immediatamente nella sua mano libera si Materializzò un fascio di rametti. Poi, puntandoli verso il gruppo dei Serpeverde, ordinò: « Bulstrode, tu, fieni qva ».

Di colpo il battitore di Serpeverde perse tutta la propria baldanza. 

« I-io? » balbettò, facendosi avanti con l'aria di chi avrebbe voluto trovarsi ovunque tranne che in un'allucinazione causata da una pianta letale e in balia di un gerarca militare con una visione del tutto originale del proprio ruolo di insegnante. 

In effetti, era più che comprensibile.

« Ja, tu » disse Höhmann, piazzandogli in mano uno dei rametti. « Zo che hai fatto perdere molti punti alla tua Casa, fazendo il bullo con gli studenti più piccoli ».

Bulstrode sbiancò ed arretrò impercettibilmente.

« Ma... io... cioè... » 

« Per qvesto » continuò Höhmann, ignorando il suo balbettio indistinto. « Laforerai in coppia con Mills ».

Un Tassorosso del quinto anno, che deteneva il triste record di Cercatore più bullizzato alla vigilia delle partite del campionato scolastico, si fece avanti con una smorfia di terrore dipinta sul volto. 

« I-io? » sussurrò, tremando come una foglia.

« Tu » confermò Höhmann. « Ora datemi entrambi le fostre bacchette ».

I due ragazzi obbedirono con estrema riluttanza, lanciandosi occhiate diffidenti di sottecchi. Höhmann intascò le bacchette, quindi, rivolgendo un cenno imperioso a Bulstrode, aggiunse: « Dagli la bacchetta finta ».

Il Serpeverde obbedì in silenzio e poi tornò a voltarsi verso il professore, in attesa di ricevere il proprio rametto. Höhmann gli restituì un'occhiata torva, inarcando un sopracciglio come a chiedergli cosa volesse ancora da lui.

« Tu non afrai una bacchetta, Bulstrode » gli disse. « E se proverai a rubare qvella del tuo compagno stai zicuro che lo zaprò ».

Il ragazzo fece per protestare, ma prima che potesse parlare Höhmann gli voltò le spalle e chiamò un'altra coppia.

« Potter, Bulstrode di Grifondoro ».

Meredith e Albus si fecero avanti con la stessa espressione diffidente stampata sul volto. L'unica differenza fu nella scelta lessicale che adoperarono per esprimere il proprio scontento, quando Höhmann annunciò che Albus avrebbe avuto la bacchetta e una benda sugli occhi, e che Meredith avrebbe dovuto guidarlo. Prevedibilmente, la scelta di quest'ultima cadde sui peggiori improperi mai concepiti da mente umana, mentre Albus si limitò a borbottare qualcosa a proposito del fatto che quella storia dei compagni di coppia stava diventando una congiura.

« Poche ztorie, Potter » lo riprese Höhmann, bendandogli gli occhi senza tante cerimonie. « Defi imparare a laforare in sqvadra ».

Poi, dopo averlo sospinto verso il bosco, abbaiò: « Steeval, Fletchner, foi due di Corvonero. Ziete zempre in competizione per i foti, ja? Fediamo ze riuscite a laforare in coppia per una folta ».

Mentre Höhmann chiamava una coppia dopo l'alta (e tutte puntualmente abbandonavano la radura con l'aria di chi sta andando al patibolo con il peggior compagno possibile), rimasi seduta al mio posto, contando gli studenti che restavano attorno al fuoco con crescente terrore. Alla fine restammo solo io e le due gemelle Mayfair.

Oh, no, non da sola con quelle due vipere!

Pensai, cominciando a temere seriamente di non vedere mai più la luce del sole. Conoscendole non mi riusciva per nulla difficile immaginare Alexa che mi incatenava ad un albero, mentre sua sorella mi picchiava a sangue con una mazza da Battitore. Perciò fui molto più che felice quando Höhmann chiamò Alexa e, dopo essersi fatto consegnare la bacchetta, le ammanettò i polsi e la fece Evanescere senza spiegare nulla. 

Una in meno... forse ho qualche speranza di sopravvivere, adesso.

Non avevo ancora finito di tirare un sospiro di sollievo, però, che Höhmann chiamò il mio nome.

« Weasley, la bacchetta ».

Gliela consegnai senza opporre resistenza e ricevetti in cambio uno degli ultimi due rametti, rammaricandomi un po' all'idea che anche Serena ne ottenesse uno. Avrei preferito di gran lunga essere l'unica persona armata nella coppia, ma se non altro avrei avuto una possibilità di difendermi se il Capitano di Serpeverde avesse deciso di eliminarmi fisicamente in previsione della prossima partita di Quidditch.

Con mia sorpresa, però, Höhmann mi annunciò che la mia compagna di coppia sarebbe stata Alexa Mayfair.

« Ze fuoi puoi uscire dal labirinto anche da zola » precisò, lanciandomi un'occhiata strana. « Ma così la tua compagna dofrà restare dentro il Tranello ».

Beh, chissenefrega. Lei non verrebbe a salvarmi.

E poi non sarebbe mica morta: a fine simulazione Höhmann sarebbe andato a ripescarla. Avrebbe solo dovuto passare una o due ore a marcire dentro il Tranello del Diavolo, non era poi così terribile. Mi infilai la bacchetta nella tasca dei pantaloni e feci per allontanarmi dalla radura, molto più ottimista rispetto a cinque minuti prima. Höhmann, però, mi richiamò quasi subito.

« Ze te ne fai senza di lei ti metterò in punizione fino alla fine dell'anno, Weasley ».

E ti pareva.

Trattenni a stento uno sbuffo, mentre Serena Mayfair rivolgeva uno sguardo nervoso al professore.

« E io? » chiese, esitante.

« Tu laforerai da zola » disse Höhmann, mettendole in mano l'ultimo rametto.

Serena non parve per nulla sollevata, ma prima che potesse attaccarmi alle spalle mi affrettai a sparire tra gli alberi, imprecando a bassa voce. Miseriaccia, Höhmann aveva davvero un talento nello scegliere per ognuno il peggior compagno di coppia che avrebbe potuto ritrovarsi. E, tanto per gradire, oltre ad avere la compagna di coppia più sgradevole della scuola dovevo anche perdere tempo per andarla a cercare, mentre le prime coppie magari erano già riuscite a uscire dal Tranello.

Al diavolo, sto morendo di fame.

In fin dei conti una punizione con Höhmann non poteva essere peggiore delle sue lezioni settimanali, no? Avrebbe anche potuto valerne la pena...

 

***

 

Ore dopo (o, almeno, pensai che fossero passate delle ore) stavo ancora vagando senza meta all'interno del Tranello, accompagnata solo dallo scricchiolio dei miei passi e dagli sporadici versi di qualche animale notturno. Il mio stomaco ormai aveva rinunciato a brontolare e più mi addentravo nella foresta più temevo che non ne sarei mai uscita: magari nel mondo “reale” erano passati solo pochi minuti, mentre a me sembrava di essere là dentro da ore intere. Con un'improvvisa fitta di panico, pensai che forse il Tranello del Diavolo poteva anche dilatare il tempo a suo piacimento e che sarei rimasta intrappolata là dentro per settimane e settimane prima di trovare una via di uscita. A quel punto il silenzio, il buio e la solitudine erano diventati così insopportabili che avrei dato qualsiasi cosa per imbattermi in una coppia avversaria, o anche solo in Alexa Mayfair. Se non altro non c'era dubbio che lei fosse abbastanza intelligente da trovare una via d'uscita molto più in fretta di me.

Probabilmente, ora che ci pensavo, erano già riusciti ad uscire tutti quanti, Alexa compresa, mentre io ero l'unica idiota che stava ancora vagando tra le spire del Tranello senza avere la più pallida idea di come fare per tirarmene fuori.

Al diavolo, voglio uscire. Non me ne frega niente della punizione e di passare l'anno in Difesa. Voglio solo uscire da questo posto orribile.

Serrai le dita sulla bacchetta e ricacciai indietro le lacrime, sentendomi incredibilmente stupida e vulnerabile. Se n'erano andati tutti – certo che se n'erano andati – altrimenti perché non avevo ancora incontrato nessuno nella foresta? Ero rimasta da sola là dentro e magari Höhmann si era anche dimenticato di me. Aveva contato in fretta i presenti, smanioso di andare a mettere qualcosa sotto i denti, e vedendo Alexa non aveva fatto caso alla mia assenza; così il mio corpo sarebbe rimasto a marcire nei sotterranei di Serpeverde per giorni interi prima che qualcuno si accorgesse della mia assenza e mi venisse a cercare.

E poi, finalmente, quando (o se?) mi avessero tirata fuori da lì, mi avrebbero trovata in lacrime e spaventata a morte, quando invece gli altri ragazzi del gruppo di Difesa se l'erano cavata senza problemi. Riuscivo a immaginare benissimo come avrebbero riso di me, una volta che si fosse sparsa la voce: Rose Weasley, la figlia di due dei migliori Auror della Gran Bretagna, rimasta intrappolata nei sotterranei come una perfetta idiota. Perché era quello che ero, un'idiota. I miei genitori alla mia età avevano visto in faccia Lord Voldemort e combattuto contro orde di Mangiamorte riuscendo sempre a riportare a casa la pelle, mentre io non ero neanche capace di sopravvivere a uno stupido corso pomeridiano di Difesa Contro le Arti Oscure.

La degna figlia di Ron Weasley e di Hermione Granger, senza dubbio.

Era stato facile rispondere alle domande del test di Difesa, con tutte le volte che mio padre mi aveva raccontato i segreti del mestiere per essere un buon Auror. In teoria era facile, bastava mantenere il sangue freddo, non perdere la calma e immaginare di fare quello che avrebbero fatto i miei genitori al posto mio. Ma nella pratica? Ero così terrorizzata da riuscire a stento a mettere assieme due pensieri coerenti e non mi era nemmeno venuto in mente di usare la bacchetta per farmi luce.

« Lumos... » balbettai immediatamente, dandomi dell'idiota.

Un fiotto di luce gialla e rassicurante sprizzò dalla punta della bacchetta, illuminando il terreno davanti ai miei piedi, ma fu una ben magra consolazione di fronte alla consapevolezza di essere bloccata là dentro senza via d'uscita.

Magari sarei anche morta di fame, se non si fossero sbrigati a tirarmi fuori da lì.

Di colpo, un rumore di rami spezzati alle mie spalle mi fece scattare sull'attenti. Mi voltai con la bacchetta alzata, ma feci appena in tempo a scorgere una sagoma scura alle mie spalle prima di essere colpita in pieno petto da un fiotto di luce verde.




Note:
Riemergo dal coma post-esame per pubblicare. E niente. Volevo ricordarvi che se avete da lasciare recensioni critiche sono più che ben accette, come sempre. Solo un'altra cosa: non mi trovo più molto bene su EFP per colpa dell'amministrazione, che non insulterò qui perché non mi sembra il caso, ma insomma, forse proseguirò la pubblicazione su qualche altro sito come fanfiction.net o simili. In caso vi farò sapere tramite il mio profilo facebook di autrice o direttamente qui su EFP.
Avrete notato che oggi sono di umore particolarmente pessimo, suppongo. 
Una RoseScorpius stufa marcia dei plagi e dell'amministrazione che non caga le segnalazioni.

PS. Ah, sì, se ve lo state chiedendo Rose è sicuramente morta, di conseguenza Scorpius sentirà il bisogno di farsi consolare da Tessa e successivamente la sposerà (quindi verranno entrambi ammazzati dai cugini di Rose), mentre Dominique si suiciderà perché comunque voleva farlo da un po' e ora ha finalmente un buon pretesto per farlo. Ergo anche James si siuciderà per solidarietà, e Albus - avendo visto fallire miseramente le due coppie per le quali si era tanto prodigato - penserà anch'egli che sia giunto il momento di congedare la sua breve ma intensa carriera di agenzia matrimoniale e suicidarsi. Al che si suiciderà anche Calvin, per ovvi motivi, e tal suicidio lascerà un turbamento così grande nelle gioveni studentesse di Hogwarts che la metà di loro si suiciderà. L'altra metà a questo punto - trovandosi privata della propria migliore amica - deciderà che è giunto il momento di togliersi la vita per raggiungerla nell'oltretomba. A questo punto tutti i ragazzi e gli ammiratori segreti delle studentesse precedentemente morte non potranno fare altro che suicidarsi, e i restanti dodici studenti vivi, trovandosi di colpo in una scuola tutta maschile, si sentiranno così repressi che impazziranno e verranno rinchiusi al San Mungo. Ma poi ci sarà un terremoto, il San Mungo crollerà, e così moriranno anche loro.
Infine preside e professori, trovandosi senza alunni, dovranno anch'essi suicidarsi. Solo Ruf si salverà, perché un fantasma non può morire due volte e perché, d'altronde, era troppo impegnato a fare lezione per accorgersi di ciò che stava succedendo :D

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Capitolo 9
*** Di male in peggio - parte 1 ***


Uhm... ieri mi sono completamente dimenticata di aggiornare. Chiedo umilmente perdono, ho passato la giornata al mare a far nulla e questo è il risultato. Grazie a tutti quelli che hanno recensito e letto gli scorsi capitoli, spero che anche questo vi piaccia.
Promemoria: amate Zuzallove, come sempre.




Capitolo 7

Di male in peggio – parte 1

 

Quando avevo sette anni, nonno Wendell mi regalò un'agenda Babbana in cui, per ogni giorno dell'anno, era riportata una legge di Murphy o una qualche altra citazione di gente che ce l'aveva a morte col mondo. L'agendina si chiamava “Lo Sfigario”, ma con il tempo (mio malgrado) dovetti ammettere che si era rivelata piuttosto realistica. Decisamente troppo realistica, in effetti.

Ora, non ricordo se l'illustre (e sfigatissimo, a quanto pare) signor Murphy avesse pensato di riportare anche questa legge, ma in caso se ne fosse dimenticato credo che debba essere aggiunta allo Sfigario seduta stante, anche a costo di inventare un nuovo giorno dell'anno. E questa legge universale, ineluttabile e sfigatissima, visto che ormai ve lo starete chiedendo, è la seguente: “La sfighe hanno la triste tendenza ad essere piuttosto socievoli. Per questo, invece di starsene bel belle per conto loro, sentono spesso e volentieri il bisogno di appiccicarsi al primo disgraziato di passaggio e non lo abbandonano più. Ma, se ciò non è possibile, sanno anche accontentarsi di aggregarsi tra di loro, e in tal caso, quando finalmente incontrano un individuo a cui tenere compagnia, si precipitano su di lui tutte assieme, una dopo l'altra, finché non lo sommergono del tutto”.

Questa legge, tristemente, è molto vera.

 

***

 

Di colpo, un rumore di rami spezzati alle mie spalle mi fece scattare sull'attenti. Mi voltai con la bacchetta alzata, ma feci appena in tempo a scorgere una sagoma scura alle mie spalle prima di essere colpita in pieno petto da un fiotto di luce verde.

L'attimo dopo, senza avere la più pallida idea di come ci fossi finita, mi ritrovai a pancia in giù con la faccia sprofondata in una cosa molliccia che aveva tutta l'aria di essere melma.

« Weasley! » esclamò una voce stranamente isterica alle mie spalle. « Cosa sta succedendo? »

Mi rialzai a fatica, trovandomi davanti all'Alexa Mayfair più pallida e spaventata che avessi mai visto in sei anni a Hogwarts. In effetti, venir ammanettati e fatti Evanescere da Höhmann senza alcuna spiegazione avrebbe terrorizzato studenti ben meno tosti di lei.

Beh, se non altro non sono l'ultima idiota rimasta qua dentro – pensai, tentando di consolarmi. Non lo avrei ammesso nemmeno sotto tortura, ma non ero mai stata così felice di trovarmi in compagnia di qualcuno, anche se quel qualcuno era Miss Stronzaggine. 

Tossicchiai e mi ripulii dal fango, cercando di assumere l'espressione misurata di chi sapeva esattamente cosa fare per tirarsi fuori da quella situazione.

« Sì, beh... Höhmann voleva che ti venissi a recuperare, e così eccomi qui » mentii.

In fondo, non c'era nessun bisogno di farle sapere che la mia intenzione primaria era stata di lasciarla a marcire là sotto per i secoli dei secoli mentre io andavo ad abbuffarmi in Sala Grande.

Alexa non parve per nulla convinta, ma se anche pensò che avrebbe avuto più possibilità di sopravvivenza senza di me – e probabilmente lo pensò davvero – non sollevò obiezioni.

« Quindi, come usciamo da qui? » chiese.

« Ci sto lavorando » risposi, pregando ardentemente che non fosse una Legilimens.

Oltre alla quantità esorbitante di balle che le stavo propinando, sarebbe stato carino se non si fosse accorta di come – fino a trenta secondi prima – ero stata troppo intenta a piagnucolare ed autocommiserarmi per pensare ad una strategia di fuga.

Mi rigirai la bacchetta tra le dita, in cerca di un'ispirazione che non venne, e borbottai: « Sì, beh, pare che se trovi qualcuno da ammazzare puoi risalire di un livello, mentre se ti ammazzano scendi al livello più in basso... Sembra un videogioco Babbano... »

« Un cosa? » proruppe Alexa con voce schifata.

« Niente » grugnii.

Alexa alzò gli occhi al cielo con l'aria esasperata di chi si trova suo malgrado a dover ragionare con un Troll particolarmente ottuso. Poi, senza risparmiarsi uno sbuffo alquanto teatrale, sollevò i polsi ammanettati davanti al viso e sbottò: « Beh, visto che evidentemente non hai la più pallida idea di come uscire da qui, che ne dici di liberarmi le mani, almeno? »

Dovetti fare un certo sforzo per non ficcarle la bacchetta in un occhio: per quanto anche io mi stessi dando sentitamente dell'idiota da più o meno due ore, non c'era il minimo bisogno che mi trattasse come se fossi un Elfo Domestico. Per un attimo considerai l'idea di risponderle con un sorrisetto e lasciare che le manette restassero dove Höhmann le aveva fatte comparire, ma poi sospirai e le spezzai con un colpo di bacchetta. D'accordo, in realtà ce ne vollero almeno tre: non avevo la minima intenzione di pronunciare l'incantesimo ad alta voce, facendo la figura della poppante, ma nel mio stupido intento di sembrare figa finii per farla doppiamente. Alla fine, dopo il secondo tentativo andato a vuoto, imprecai tra i denti e mi decisi a pronunciare la formula, facendo del mio meglio per ignorare il sorrisetto canzonatorio che nel frattempo si era dipinto sul volto di Alexa.

« Queste bacchette finte funzionano per modo di dire... » mi giustificai, quando finalmente fui riuscita a liberarla.

In realtà, molto più probabilmente, erano le mie facoltà mentali che funzionavano per modo di dire in quel momento. Nonostante avessimo cominciato a studiare gli Incantesimi Non Verbali ad ottobre, la maggior parte delle volte me la cavavo ancora borbottandoli a mezza voce quando credevo che la professoressa Clearwater non mi stesse guardando. In effetti, in quei mesi ero diventata molto più brava come ventriloqua che come studentessa del sesto anno di Incantesimi.

Alexa inarcò le sopracciglia e si massaggiò i polsi, con l'espressione sarcastica di chi sarebbe stato più propenso a credere ad un pinguino che affermava di aver sorvolato l'Oceano Pacifico. Poi, giusto perché non mi illudessi di poter avere un dialogo civile con lei, pensò bene di infierire:  « Quindi in queste due ore non ti sei fatta nemmeno una vaga idea di come uscire da questo posto? »

« Perché, tu sì? » sbuffai.

« Io ero bloccata qui con le mani legate e senza bacchetta » replicò Alexa senza batter ciglio. « Comunque sì, ho un paio di idee che potrebbero funzionare, io ».

Fantastico: non l'avevo incontrata nemmeno da cinque minuti e me ne stavo già pentendo amaramente.

Merlino, dammi la forza di non ucciderla – pensai, serrando le dita sulla bacchetta. Il fatto che le Maledizioni Senza Perdono non causassero danni permanenti, all'interno del Tranello, non mi aiutava particolarmente a trattenermi dal lanciarle addosso un Anatema che Uccide.

Presi un paio di profondi respiri, contai fino a dieci e quindi (continuando a ponderare l'idea dell'Avada Kedavra come opzione B) chiesi: « D'accordo, e quali sarebbero queste idee? »

Per tutta risposta Alexa mi tese il palmo aperto della mano.

« Dammi la bacchetta ».

Oh, certo, e poi perché non mi chiedi anche una cintura per impiccarmi?

« Höhmann l'ha data a me » obiettai, per nulla intenzionata a metterle in mano l'unico motivo per il quale non aveva ancora tentato di disfarsi della sottoscritta.

Alexa sollevò il palmo fino a che me lo trovai praticamente sotto il naso e ripeté con voce seccata: « Avanti, non essere idiota: dammi quella bacchetta. Vuoi o non vuoi uscire da questo posto? »

Forse ero davvero un'idiota, ma di sicuro metterle in mano la mia unica arma non si poteva dire un comportamento intelligente, vista l'immensa simpatia che lei ed i suoi consanguinei sembravano nutrire nei confronti della mia famiglia. Mi infilai la bacchetta nella tasca posteriore dei jeans e le rivolsi uno sguardo di sfida.

« Perché non cominci a spiegarmi cosa pensi di fare, prima di pretendere che ti dia la bacchetta? » proposi.

Alexa parve sul punto di saltarmi al collo, ma dovetti ammettere che fu piuttosto brava a camuffare gli istinti omicidi dietro ad una semplice smorfia d'impazienza.

« Voglio solo farci svegliare prima del previsto, Weasley ».

In effetti non era un'idea del tutto insensata: pareva una scorciatoia molto poco lecita e di sicuro non era quello che aveva in mente Höhmann quando aveva progettato quel labirinto virtuale, ma probabilmente era anche la via più semplice e veloce per tirarsene fuori. Se avesse funzionato, certo. Non ero ancora del tutto sicura di voler uscire immediatamente da lì, se questo significava che Alexa Mayfair avesse ragione su tutto il fronte. 

« Allora, posso avere questa bacchetta? » sbottò Alexa, spazientita. « Non ho la minima intenzione di restare intrappolata qua dentro solo perché tu non hai la più pallida idea di cosa fare ».

Alla fine il brontolio sordo del mio stomaco ebbe la meglio. In fondo il compito assegnatomi da Höhmann era di trovare Alexa, e lo avevo portato a termine con successo (non importava come e con quali intenzioni).

« D'accordo, tieni » borbottai alla fine, e le porsi la bacchetta con il gesto più dignitoso che riuscii a cavare dai miei muscoli indolenziti.

Alexa saggiò il legnetto per un paio di istanti, poi, prima ancora che potessi cominciare a pentirmi di quello che avevo fatto, me lo puntò alla tempia e pronunciò un incantesimo che non avevo mai sentito prima.

 

***

 

Quando ripresi coscienza ero immersa nel buio totale e mi sentivo decisamente intontita. Ci misi un paio di minuti per riprendere il filo dei miei pensieri e ricordare cosa fosse successo fino a quel momento.

Al diavolo! – pensai, quando finalmente capii. Mi sono fatta ammazzare di nuovo.

D'altronde di cosa mi stupivo? Mettere la mia bacchetta in mano ad Alexa Mayfair era come fare una pernacchia sotto il becco di un Ippogrifo. E così ora ero finita chissà dove in quell'astruso labirinto mentale, senza bacchetta e senza la più pallida idea di come fare per raggiungere la Sala Grande.

Complimenti per la furbizia, Rose, davvero. 

Imprecando sonoramente, mi rialzai e cominciai a brancolare nel buio. Il terreno su cui posavo i piedi era viscido e sconnesso, come se stessi camminando su delle enormi radici mollicce, ed inciampai più di una volta. Se almeno ci avessi visto qualcosa, maledizione!

Finalmente le mie mani incontrarono quella che sembrava la superficie di una porta e, dopo averla tastata alla cieca per un po', riuscii a trovare la maniglia. La abbassai e spinsi verso l'esterno, continuando a maledire mentalmente Alexa Mayfair.

Quella schifosa, lurida, bugiarda...

La porta si aprì con un cigolio di cardini arrugginiti, e mi ritrovai in un sotterraneo mal illuminato e parzialmente allagato. Osservai la pozza d'acqua verde in cui erano affondati i miei piedi, incredula, e mi voltai verso la porta che mi ero appena chiusa alle spalle: sul legno marcio era chiaramente visibile una targhetta arrugginita, che recitava “aula C2”.

Wow...

Pochi secondi dopo, Alexa comparve alle mie spalle. Si guardò attorno con aria compiaciuta e, dopo essersi spazzolata l'uniforme dai resti di terra e foglie, si schiarì la gola con un colpetto di tosse vagamente ironico.

« Beh, Weasley, un grazie non guasterebbe ».

Che ne dici di un bel “va' all'inferno”?

Evitai di esplicitare quei pensieri solo perché ci trovavamo da sole in un sotterraneo buio e continuavo ad essere sprovvista di una bacchetta.

« Anche tu potresti ringraziarmi, visto che siamo in tema » grugnii. « In fondo, sono pur sempre venuta a cercarti ».

L'unico ringraziamento che ottenni fu uno sbuffo sarcastico, accompagnato da una mimica facciale quanto mai esplicita.

Prego, non c'è di che. È stato un piacere.

Lanciai un'occhiata all'orologio che portavo al polso, scoprendo con stupore che erano solo le sette e tre quarti. Forse eravamo addirittura le prime ad essere uscite dal Tranello, a meno che gli altri non si fossero già fiondati in Sala Grande. In effetti, piantare in asso Miss Stronzaggine e andare a reclamare la mia cena sembrava del tutto sensato, o almeno lo sarebbe sembrato, se non avessi temuto che Höhmann mi avrebbe ammazzata per essermene andata senza il suo permesso.

« Quindi ora dobbiamo solo aspettare gli altri, immagino » commentai, tanto per infrangere il silenzio imbarazzato che era calato sul sotterraneo.

Alexa mi scoccò un'occhiataccia.

« A meno che tu non abbia in mente un'idea migliore. Ma pare che tu non ne abbia molte, dico bene? »

Sul serio, c'era da pensare che sarebbe morta stecchita se avesse detto anche solo una parola gentile, visto come si comportava. Scossi la testa e mi allontanai lungo il muro, finché non trovai un angolo di pavimento dall'aspetto relativamente asciutto e poco viscido. Mi sedetti, trattenendo un paio di insulti tra i denti, mentre Alexa si sistemava la coda di cavallo e nel contempo faceva di tutto per rendermi chiaro che non ero degna della sua compagnia. Al diavolo, si era capito che senza di lei sarei stata ancora intrappolata chissà dove all'interno del Tranello, grazie tante. Speravo solo che gli altri si sbrigassero a raggiungerci, prima che il mio stomaco implodesse o che Alexa tentasse di assassinarmi.

Per fortuna dovemmo attendere poco più di cinque minuti prima che Steeval e Fletchner, di Corvonero, ci raggiungessero nel corridoio. Erano così impegnati a battibeccare a proposito di un compito di Trasfigurazione in cui uno dei due aveva preso Eccezionale (barando spudoratamente, a detta dell'altro), che dovettero praticamente inciampare addosso ad Alexa per accorgersi della nostra presenza.

« Ah, siete qui anche voi » commentò Steeval con una smorfia che non era difficile interpretare, se si aveva un po' di dimestichezza con la competitività dei Corvonero. Doveva essere infuriato come un Ungaro Spinato selvatico perché io e Alexa eravamo riuscite ad uscire dal Tranello prima di lui.

Fletchner, al suo fianco, gli scoccò un'occhiata di profondo biasimo.

« Se qualcuno mi avesse ascoltato fin dall'inizio, invece di provare quell'incantesimo idiota, saremmo stati fuori di qui mezz'ora fa ».

« Disse quello che ha barato al compito di Trasfigurazione » sibilò Steeval.

Alexa alzò gli occhi al cielo e si spostò un po' più in là, mentre Fletchner si lanciava in un'infervorata apologia dei propri successi accademici e della propria serietà come studente. Scossi la testa e lanciai uno sguardo depresso all'orologio, che ora segnava le sette e cinquantacinque. 

Alle otto e dieci la porta dell'aula C2 si aprì di nuovo e ne uscì Serena Mayfair, scarmigliata e sporca di fango (Steeval e Fletchner interruppero momentaneamente il litigio per guardare lei e l'orologio con aria compiaciuta, quindi ripresero ad insultarsi come se niente fosse). Serena puntò dritto verso Alexa con l'espressione sollevata di un naufrago che ha finalmente intravisto la terraferma all'orizzonte, e per un attimo ebbi quasi pietà di lei e delle disavventure che dovevano esserle capitate dentro il Tranello. Fu solo un momento. Poi, d'altronde, fui troppo occupata ad occuparmi delle disavventure che sembravano essere piombate sul mondo intero, perché la voce della professoressa McGranitt, amplificata da un incantesimo, risuonò tra le pareti del corridoio:

« Tutti gli studenti si rechino immediatamente in Sala Grande. Qualsiasi attività è sospesa, è una questione della massima urgenza. Ripeto, qualsiasi attività è sospesa da questo preciso momento ».

Mi massaggiai le orecchie, stordita, mentre le gemelle Mayfair si scambiavano un'occhiata preoccupata. Steeval e Fletchner rimasero a fissarsi con gli occhi sgranati e le bocche aperte per qualche istante, poi Steeval sbottò: « E comunque non credere che la discussione sia finita qua! »

Quindi s'incamminarono lungo il corridoio, battibeccando e congetturando su cosa potesse essere successo di tanto grave da interrompere una discussione così pregnante a proposito della disonestà intellettuale di Fletchner. Le due gemelle Mayfair, invece, non si mossero. Alexa mi lanciò uno sguardo truce.

« Beh, Weasley, non hai sentito la preside? » chiese.

« Sì, sto andando » borbottai, alzandomi. « Ma toglimi pure dei punti perché non sono scattata abbastanza in fretta ».

Alexa non si degnò nemmeno di prendere in considerazione le mie parole. Scossi la testa e mi incamminai nella direzione che credevo (o se non altro speravo) portasse alla Sala Grande, cominciando a rimpiangere l'assenza di Meredith. Appena ebbi svoltato l'angolo sentii le due sorelle confabulare con voce concitata a proposito di qualcosa che aveva a che fare con “Alexa, tu sei pazza!” e “Ti sembra forse che sia stata io?”. Per un attimo fui tentata di tornare indietro e origliare, ma la voce amplificata della McGranitt mi fece desistere.

« Tutti in Sala Grande, subito ».

Accelerai il passo e dieci minuti più tardi (dopo aver sbagliato strada un paio di volte ed aver tentato inutilmente di chiedere indicazioni a un Pix più ilare che mai), sbucai nella Sala Grande. La avevo vista così gremita solo durante i banchetti di inizio e fine anno, ma la folla di studenti agitati che correvano da un tavolo all'altro per scambiarsi informazioni ed il frastuono che ne conseguiva la facevano sembrare sul punto di esplodere. Mi feci strada a fatica verso il tavolo di Grifondoro, dove trovai James che si guardava attorno con aria confusa e vagamente colpevole.

« Ehi, James » lo salutai, salendo sulla panca accanto a lui per vedere il tavolo dei professori oltre il mare di teste. « Cosa sta succedendo? » 

« Non ne ho idea » rispose lui. « Comunque non credo che sia colpa mia » si affrettò ad aggiungere.

Con la coda dell'occhio, lo vidi nascondere un involucro colorato dei Tiri Vispi Weasley nella tasca interna della divisa. Sulla pedana in fondo alla sala, intanto, i professori sembravano se possibile ancora più agitati degli studenti e, tra i volti noti, scorsi anche qualche sconosciuto con addosso una divisa del Ministero. 

Wow... Allora dev'essere davvero roba seria...

La McGranitt appariva più pallida e vecchia del solito, in effetti, ma nulla a che vedere con Ferguson, che di lì a poco avrebbe dato prova della propria abilità nelle Trasfigurazioni Umane assumendo le sembianze di una gelatina informe e tremante. Hagrid e Neville, in un angolo, stavano discutendo con una strega di mezza età che portava l'uniforme dell'Ufficio per la Regolazione della Magia Minorile. La donna, però, sembrava di gran lunga più interessata a scansare le enormi mani di Hagrid, che dal canto suo era troppo impegnato a gesticolare per rendersi conto di aver quasi mandato al tappeto la propria interlocutrice. Alla fine chi venne centrato in pieno dalle mani di Hagrid fu Blaster. Visto che aveva passato gli ultimi dieci minuti correndo in giro senza meta e ridacchiando istericamente, nessuno la reputò una gran perdita ed il corpo privo di sensi del professore fu abbandonato sul pavimento senza tanti riguardi, in attesa che si riprendesse da solo. Nemmeno l'infermiera – giunta in quel momento – si curò di soccorrerlo, ma preferì unirsi alla professoressa Clearwater e all'insegnante di Antiche Rune, che stavano parlottando a pochi passi dal corpo esanime di Blaster. L'unico che si comportava normalmente (o, almeno, in modo non più strano del solito) era il professor Rüf, intento a svolazzare con aria svagata sopra alle teste dei presenti.

James mi tirò una gomitata nelle costole, riscuotendomi dalla contemplazione dei professori e dell'isteria che regnava sovrana.

« Domi sta con quel tipo? » chiese.

Seguii la direzione che mi stava indicando (inutile fagli notare che puntare la bacchetta contro la gente in quel modo non era particolarmente educato, supposi) e vidi Andrew Goldstein, che in effetti, al momento, stava profondendo un certo impegno nell'interpretazione del fidanzato amorevole. Assistetti per un po' ai suoi tentativi di cingerle la vita e fare il galantuomo protettivo, finché Domi si voltò e gli fece notare che se avesse continuato a starle addosso in quel modo avrebbero perso l'equilibrio. Poi dovette sentirsi un po' in colpa, perché gli sorrise e lo prese per mano, lasciandolo libero di appagare il proprio ego con le parole di conforto che riteneva necessario sussurrare alla propria dama in una situazione del genere.

In fondo, non pareva che le dispiacesse troppo venir sommersa di attenzioni inopportune, soprattutto quando l'alternativa era venir del tutto ignorata dal proprio cugino idiota.

« Sì, escono assieme » risposi. « Perché? »

James parve alquanto deluso, come se avesse sperato che una mia negazione sarebbe bastata a far sparire Goldstein in una nuvoletta di fumo viola. 

« Beh… » disse, imbronciandosi. « Ma non le piace sul serio, giusto? »

« Perché non dovrebbe? »

James si mordicchiò le labbra e ripose la bacchetta in tasca. A giudicare dall'espressione corrucciata, si stava davvero sforzando di trovare una buona risposta alla mia domanda. Non c'era che dire: era così idiota che non gli si poteva davvero rinfacciare nulla. 

« Perché non… Insomma, Sev ha detto che… Lascia perdere, sarà una delle fisse di mio fratello... » si arrese alla fine.

Inarcai un sopracciglio.

« Che le piaci, intendi? »

James mi squadrò come se mi fossi tramutata in un Tritone sotto i suoi occhi e poi, con una certa diffidenza, commentò: « Ah, Severus l'ha detto anche a te? Ma voi due siete in combutta o cosa? »

Sorvolando sul fatto che sì, Albus crede che lo siamo...

Alzai gli occhi al cielo, cominciando a chiedermi se non fosse il caso di prenderlo a colpi di clava in testa per fargli vedere un barlume di ragione. Magari lo avrei fatto dopo la partita di Quidditch contro Serpeverde: mi serviva vivo e abile nello sport ancora per tre settimane.

« No, James, non me l'ha detto Albus » sbuffai.

Era un po' difficile reprimere la sensazione di essere una maestra dell'asilo alle prese con un bambino particolarmente tardo, in determinate situazioni.

James corrugò la fronte, confuso.

« E chi te l'ha detto, allora? »

« La fatina dei denti… » borbottai. 

Poi decisi che riusciva ad essere abbastanza confuso anche senza il mio aiuto ed ebbi pietà di lui. « Perché le hai detto di trovarsi un altro se ti piace? » chiesi.

James ricambiò la mia occhiata con aria ovvia, come se gli avessi appena chiesto perché tifava per i Cannoni di Chudley.

« Uhm... perché vorrei che fosse felice? » propose.

Ci voltammo entrambi a guardare Andrew, che stava goffamente tentando di inserirsi in una conversazione tra Dominique ed alcune ragazze del settimo anno. Evidentemente nessuno gli aveva mai spiegato la basilare regola che un fidanzato farebbe meglio a trovarsi ad anni luce di distanza quando la sua ragazza è intenta a spettegolare con le amiche.

La scena mi sembrava abbastanza esplicita da non aver bisogno di essere commentata, nonostante con James non si potesse mai dire. Alla fine decisi di optare per una via di mezzo, tanto per essere sicura.

Tossicchiai, lanciandogli un'occhiatina eloquente. 

« E tu non puoi renderla felice? »

James rimase seriamente spiazzato da quella domanda, al punto che mi parve lecito chiedermi se si fosse mai posto un problema del genere. Mi fissò per un paio di secondi, con l'espressione fiduciosa di chi si aspetta che da un momento all'altro qualcuno tiri fuori una sfera di vetro e gli spieghi come stanno le cose. 

Ehm... No, James.

Ci mise una quantità di tempo imbarazzante per rendersi conto che non sarei stata io a rispondere a quella domanda, né gli avrei detto come doveva comportarsi con Dominique. Per un attimo parve addirittura deluso e sconfortato dalla prospettiva di doversela cavare con i propri neuroni. Alla fine si grattò la nuca, dubbioso, e rispose: « Uhm... non lo so. Io sono James, no? »

« Direi di sì » sospirai, ormai certa di avere a che fare irrimediabilmente con una scimmia trasfigurata. « Se non lo fossi manderesti all'aria duemila anni di filosofia ».

James, se possibile ancora più confuso di prima, mi lanciò un'occhiata diffidente. 

« Di cosa stai parlando? »

« Del principio di identità ».

« Eh? »

Sì, in effetti non era stata una grande idea mettermi a parlare di filosofia in quel momento. 

« Lascia perdere » borbottai. « Il libro che mi ha prestato Melinda l'estate scorsa... »

James aprì la bocca per replicare, ma in quel momento la voce amplificata della McGranitt invase la Sala Grande, mettendo a tacere il brusio all'istante. 

« Bene » esordì. « Vi chiederete perché siamo tutti qui, immagino ».

In effetti, ero piuttosto curiosa di scoprire cosa fosse successo di tanto importante da impedirmi di cenare. Speravo solo che non fosse nulla di grave, o saremmo rimasti là dentro per ore. Ma, in effetti, i funzionari del Ministero e le facce pallide dei professori non lasciavano molte speranze in tal senso.

Beh... Albus sarà contento di avere qualcos'altro su cui indagare. 

Meglio quello che la mia vita sentimentale, ad ogni modo.

« Quello che è successo oggi » proseguì la McGranitt, nel silenzio tombale della Sala Grande. « È una faccenda estremamente grave e non credo che i responsabili si rendano conto di quello che hanno fatto. Imbrattare il monumento alla memoria dei caduti nella Battaglia di Hogwarts con slogan razzisti è quanto di più volgare e irrispettoso... »

Ma non riuscì a terminare la frase, perché di colpo dagli studenti si levò un boato incredulo.

Che cosa?! Miseriaccia...

Prima che potessi impedirmelo, mi ritrovai a cercare con lo sguardo il tavolo dei Serpeverde, dall'altra parte della Sala Grande. La maggior parte degli studenti erano pallidi e agitati come tutti gli altri, ma notai distintamente che alcuni ragazzi in divisa verde-argento non sembravano né stupiti né tantomeno dispiaciuti per ciò che era successo.

La McGranitt richiamò la platea all'ordine con una fontana di scintille rosse.

« Silenzio! Non voglio trattenervi più del necessario, ma lasciatemi mettere in chiaro una cosa: non so quali notizie vi siano arrivate circa il rapporto che ha la comunità magica con i Babbani in questo periodo, ma vi invito caldamente a riflettere e valutare attentamente le fonti da cui provengono, prima di credere ciecamente a qualunque voce assurda e infondata abbiate sentito in giro. Per quanto riguarda il reale stato delle cose, vi posso assicurare che non c'è nulla di cui degli studenti debbano preoccuparsi: il Ministero della Magia si sta occupando di tutto e la faccenda sarà risolta per il meglio senza che ci sia bisogno di queste manifestazioni razziste ed infantili ».

La preside tacque per un paio di secondi, e anche se nessuno parlò ad alta voce avvertii distintamente la tensione e la diffidenza serpeggiare tra gli studenti. Al tavolo di Serpeverde qualcuno sogghignò e qualcun altro scosse la testa, ma notai che anche ai tavoli delle altre Case non mancavano gli studenti poco convinti. Persino mia cugina Molly sbuffò, e bisognava riconoscere che, se la figlia di Percivald Weasley nutriva dei dubbi sull'operato del Ministero della Magia, allora chiunque avrebbe avuto degli ottimi motivi per dubitarne almeno il triplo.

« Bene » disse la McGranitt con voce severa. « Ora veniamo alla parte più spiacevole. Come sapete, questo non è il primo episodio di vandalismo e razzismo che si è verificato a Hogwarts durante il trimestre corrente, e non possiamo più chiudere un occhio. Chiunque sia stato così sconsiderato da fare una cosa del genere, deve capire che rovinare un monumento alla memoria è un crimine punibile per legge. I due funzionari del Ministero che vedete al mio fianco sono Gertrude MacAvoy, dell'Ufficio per la Regolazione della Magia Minorile... » La donna di mezza età che poco prima era scampata agli attentati di Hagrid si fece avanti. « E Claudius Montgomery, del Comitato per la Memoria ». Al che un buffo ometto con i baffi rivolse un cenno di saluto alla platea. « Saranno loro ad occuparsi delle indagini, e mi aspetto da voi tutti la massima collaborazione. I responsabili – o chiunque abbia qualche informazione utile – sono caldamente invitati a farsi avanti il prima possibile e affrontare le conseguenze delle loro azioni. Se non lo faranno entro ventiquattr'ore, la faccenda sarà rimessa totalmente nelle mani del Ministero e in tal caso sappiate che, una volta scoperti, i responsabili saranno processati davanti al Wizengamot ».

Quando la preside finì di parlare, la Sala Grande era immersa in un silenzio di tomba. Mi guardai attorno, a disagio, tra le facce pallide dei miei compagni di Casa.

« Il Wizengamot è roba seria... » sussurrò qualcuno.

Già, il Wizengamot era roba molto seria. L'idea che la bravata di un pugno di studenti – per quanto indubbiamente di pessimo gusto – potesse finire davanti alla suprema corte giudiziaria del Ministero della Magia era come minimo inquietante. Scambiai uno sguardo nervoso con James e fui certa che entrambi stavamo pensando a tutte le Merendine Marinare che avevamo infilato nei piatti dei Serpeverde, durante gli anni precedenti.

Molto lentamente, sotto la supervisione di Prefetti e Professori, la Sala Grande prese a svuotarsi. Il silenzio era così completo che si potevano sentire il leggero fruscio dei mantelli che strisciavano sul pavimento di pietra e lo scalpiccio sommesso di centinaia di piedi che si affrettavano verso la porta. 

Rimasi seduta al mio posto (aggrappandomi ancora alla vana speranza che qualcuno avrebbe avuto pietà di me e mi avrebbe nutrita), ma nessuno sembrò curarsi di me, né tantomeno della mia pancia vuota. Entro una decina di minuti la Sala Grande rimase quasi vuota, fatta eccezione per qualche altro studente che come me dimostrava la chiara intenzione di reclamare la cena con le unghie e con i denti, se necessario. Cominciai a pensare che forse avrei dovuto alzarmi e chiedere alla McGranitt il permesso di andare nelle cucine a mangiare qualcosa, ma prima che mi decidessi a farlo fu la preside a venire da me, seguita da Montgomery e dalla MacAvoy. Non sembravano molto amichevoli, nel complesso.

« Signorina Weasley » disse la preside con voce severa.

Se non altro, sentendo il mio cognome, i due funzionari del Ministero sembrarono tranquillizzarsi. Ogni tanto essere la figlia di due brillanti Auror tornava utile, e anche aver passato le ultime due ore della mia vita a farmi ammazzare da Höhmann, ora che ci pensavo.

Ho un alibi di ferro, almeno.

« Sì, professoressa? » chiesi, valutando se sottoporle subito il problema della mia cena o se aspettare almeno di aver sbrigato i convenevoli.

La McGranitt mi squadrò da capo a piedi senza dire una parola, così a lungo che dopo un po' cominciai a sentirmi in colpa, anche se non sapevo esattamente per cosa. Ma in effetti c'era solo l'imbarazzo della scelta, se voleva accusarmi di qualche bravata compiuta in passato.

Non vorrà mandare anche me davanti al Wizengamot, spero. 

« Va tutto bene? »

Insomma, può darsi che qualcuno sia finito in Infermeria per colpa mia, ma non credo di aver mai causato danni perman...

« Eh? »

Alzai uno sguardo confuso sulla McGranitt, cercando invano di trovare un significato alternativo e più plausibile per le parole che mi aveva appena rivolto.

« Cioè... » mi affrettai a balbettare. « Sì, sto bene, certo. Perché non dovrei? »

L'unica risposta che mi fu concessa fu un equivoco: « Mmh ».

La McGranitt continuò a squadrarmi da dietro gli occhiali rettangolari ed io continuai a scorrere la lista dei miei crimini passati, sudando freddo.

Quando ormai stavo cominciando a pensare di costituirmi spontaneamente, la preside aggiunse: « Weasley, tu non sai niente di quello che è successo oggi, o di chi sono i colpevoli, vero? »

Impallidii. Non avevo ancora finito di elencare le mie colpe, ma ero piuttosto certa che imbrattare monumenti alla memoria dei caduti di guerra non figurasse tra di esse. Insomma, i miei genitori avevano passato anni a combattere Voldemort, come poteva pensare che avessi qualcosa a che fare con tutta quella faccenda?

Aprii e richiusi la bocca un paio di volte, evitando accuratamente di guardare in faccia i due tizi del Ministero.

« P-professoressa, io non c'entro niente, lo giuro... »

« Oh, lo so benissimo che non c'entri, Weasley » sbottò la McGranitt, burbera. « Voglio solo assicurarmi che tu ed i tuoi cugini non ficchiate il naso dove non dovreste, vista la tendenza dei vostri antenati ad immischiarsi in quello che meno li riguardava dentro questa scuola ».

Oh, beh, con Albus stiamo al fresco, allora.

Le rivolsi un sorriso innocente, tentando di decidere in fretta se fosse peggio mentire alla preside o vendere spudoratamente mio cugino in cambio dell'indulgenza.

« Beh, ecco, io non ne so proprio niente... » ci tenni a precisare, tanto per mettere in chiaro le cose da subito. « E i miei cugini... »

Ma fui interrotta dalla voce fragorosa di Höhmann, che rimbombò come un tuono tra le pareti della Sala Grande.

« Cosa diafolo è successo, qvi?! »

« Professore, l'ho mandata a chiamare più di un'ora fa! » esclamò la McGranitt, sollevata. « Stavo cominciando a preoccuparmi. A proposito, Weasley » aggiunse, con buona pace delle mie speranze di essermela cavata così a buon prezzo. « Dov'è finito Potter? Non l'ho visto al tavolo di Serpeverde, prima ».

« Oh, ehm, colpa mia » disse Höhmann, guardando dappertutto tranne che in direzione della preside. « Ho lasciato un paio di studenti nel Tranello del Diafolo. Ma non zi preoccupi, adesso li fado a tirare fuori ».

E così dicendo batté in una veloce ritirata. La McGranitt rimase a fissarlo con gli occhi strabuzzati e l'espressione di chi è sul punto di svenire.

« Che...? Il Tranello... I miei studenti... » boccheggiò. « Professor Höhmann! »

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Capitolo 10
*** Di male in peggio - parte 2 ***


Capitolo 8

Di male in peggio – parte 2

 

Ho sempre avuto un problema con... uhm... i problemi. A parte il fatto che nell'affrontarli spesso e volentieri dimostro la maturità di una bambina di tre anni, s'intende. 

Il punto è che le persone normali ne parlano, fino allo sfinimento, fino a che tutti i loro conoscenti non ne hanno palle e orecchie piene, fino a che quando fanno per aprir bocca la gente fugge, terrorizzata dalla prospettiva di un nuovo e logorroico sfogo sul tema “quanto è deprimente la mia vita”. Ecco, io non mi sono mai comportata così, il che potrebbe sembrare un pregio, a prima vista, e potrebbe anche restarlo dopo un'analisi più approfondita, se postuliamo che le persone incazzate siano meno monotone di quelle depresse.

Perché sì, insomma, io ho sempre ritenuto che parlare dei propri problemi fino al logoramento delle corde vocali non abbia nemmeno la metà delle proprietà terapeutiche di una sana e infantile scenata di rabbia contro il primo malcapitato.

Il vero problema è che non sempre sclerare a caso è una possibilità contemplata e – quel che è peggio – non sempre ci si può dare alla fuga davanti ai depressi cronici che intendono erudirti circa la natura e l'eziologia dei propri immensi problemi.

…No, ora che ci penso il vero problema è che prima o poi i problemi tocca affrontarli. Perché hanno la sconveniente caratteristica di non sparire da soli come i Galeoni di Lepricano. 

 

***

 

La mattina dopo (nonostante non fosse il giorno dedicato alle “esercitazioni all'aria aperta”, come le chiamava lui, o alla “grande distruzione”, come la chiamavamo noi) Höhmann non ci lasciò nemmeno entrare in classe e, prima ancora che suonasse la campanella, ci ritrovammo tutti sbattuti in corridoio con borse e libri in mano.

« Andate e mettere fia quella robaccia inutile » disse, guardandoci tutti in cagnesco. « E fatevi trofare fra cinqve minuti dafanti al monumento alla memoria. Afanti, raus! »

Sembrava imbestialito anche per i suoi standard da tedesco guerrafondaio, il che era tutto dire. Mentre mi affrettavo a raggiungere la torre di Grifondoro (perché, no, non ci tenevo minimamente a scoprire cosa avrebbe fatto a chi fosse arrivato in ritardo), sentii parecchi studenti parlottare di Merendine Marinare e di quante probabilità avessero di sopravvivere se Höhmann li avesse beccati a usarle per marinare una sua lezione. Ancora una volta, decisi che potevo benissimo vivere nell'ignoranza. Anche perché, in caso contrario, non sarei vissuta per niente.

Fui la prima ad arrivare nel parco. Il monumento alla memoria era là, un po' discosto rispetto al sentiero principale: una grande pietra bianca, che sembrava sorgere in verticale dal terreno stesso, poco distante dalla tomba di Silente. Sopra la superficie levigata, a grandi lettere nere, erano incise queste parole:

 

In memoria di quei valorosi maghi e streghe che combatterono l'Oscuro Signore per dare al mondo un futuro migliore. Perché le loro gesta non siano mai dimenticate, e la loro morte non sia stata invano.” 

 

Poi, più in basso, erano elencati uno per uno i nomi dei caduti. Il mio sguardo, come sempre, indugiò nell'angolo in basso a sinistra, là dove era inciso il nome di mio zio Fred: era a stento leggibile sotto il Marchio Nero che qualcuno aveva dipinto sulla pietra, coprendo nomi e cognomi, persone, ricordi. Risalii con gli occhi lungo la colonna centrale, dove sapevo che avrei trovato i nomi di Remus Lupin e Nimphadora Tonks, i genitori di Teddy, ma ormai erano completamente illeggibili. Tutto attorno al monumento, sopra la terra ghiacciata, erano state tracciate delle lettere rossastre che brillavano come braci ardenti:

 

“Sono morti per i diritti degli sporchi Babbani, e questo è il risultato.”

 

Senza rendermene conto, infilai la mano sotto la veste e la serrai sul manico della bacchetta. La rabbia mi scorreva nelle vene più veloce del sangue e la sentivo pulsare sulle tempie, ogni battito mi stordiva come il suono di un tamburo.

Questa non è una bravata, e non è nemmeno cattivo gusto – pensai, scoprendo che avrei preso a calci i colpevoli con estrema gioia, se me li fossi ritrovati davanti. Questo è uno schifo e basta. Non dovevano permettersi di fare una cosa del genere.

Tirai su col naso e mi asciugai gli occhi con la manica dell'uniforme. Non riuscivo a capire come qualcuno potesse trovare divertente uno scherzo del genere, quando metà degli studenti di Hogwarts avevano un parente o un vecchio amico di famiglia che stava lì, scritto su quella pietra. E – se non era una scherzo – non volevo nemmeno provare a capire come potessero aver pensato che il nostro mondo sarebbe stato migliore, senza il sacrificio di quelle persone, senza qualcuno che avesse avuto il coraggio di opporsi a Voldemort.

Höhmann comparve alle mie spalle, facendomi sobbalzare per lo spavento.

« Fa tutto pene? » chiese.

Annuii distrattamente e mi soffiai il naso. Per quanto facessi del mio meglio per guardare altrove, non riuscivo a staccare gli occhi dai pesanti segni neri che coprivano i nomi di Fred, Remus, Tonks e di tutti gli altri maghi e streghe coraggiosi che avevo sentito nominare nei racconti di mio padre.

« Sì, sto bene » mentii.

« Gut, ricomponiti » disse Höhmann. « Piagnucolare non risolverà niente ».

Avrei voluto urlargli in faccia che era facile per lui, cosa ne poteva sapere un tedesco, erano forse i nomi dei suoi parenti quelli che stavano scritti su quella pietra? Ma non dissi nulla di tutto ciò e mi limitai ad annuire stupidamente. Höhmann evocò un circolo di sedie con un colpo di bacchetta e mi sedetti in silenzio, mentre gli altri studenti cominciavano a raggiungerci.

Scorpius fu tra gli ultimi ad arrivare. Era pallido e teso come gli altri, ma la sua espressione tradiva anche un discreto fastidio per quello che era successo. Forse il monumento lo metteva a disagio perché all'epoca suo padre aveva combattuto per la fazione sbagliata, o forse era solo estremamente seccato per le accuse contro i Serpeverde e non vedeva l'ora che tutta quella faccenda cadesse nel dimenticatoio. Nemmeno lui aveva dei parenti commemorati su quella pietra.

« Ehi, Rose » mi salutò e fece per abbracciarmi, ma lo scansai bruscamente.

Più tardi pensai a sua madre e mi pentii di averlo trattato in quel modo. Probabilmente anche lui avrebbe potuto capire, se gliene avessi parlato, ma in quel momento non potei far altro che provare astio nei suoi confronti, perché erano stati quelli come suo padre e i suoi nonni ad ammazzare lo zio Fred e perché sembrava ovvio che un Malfoy come lui non avrebbe mai potuto capire la rabbia e il dolore che mi avevano attanagliato le viscere davanti a quella roccia imbrattata di pittura nera.

Vidi Albus solo di sfuggita, quando si sedette dall'altra parte del cerchio. Aveva il segno violaceo di un tentacolo sulla guancia destra, mentre il resto del volto era pallido e rigido come quello di una statua di marmo. Nemmeno Calvin, quel giorno, sembrava in vena di sorridere, e gliene fui estremamente grata.

Mi soffiai una nuvoletta di fiato sulle mani, tentando invano di scaldarle un po'. L'aria in quell'angolo di parco era pervasa da un sottile strato di tensione, quasi palpabile, e nessuno osava parlare. Notai con un certo stupore che, per la prima volta da quando avevo messo piede a Hogwarts, gli studenti si erano seduti in gruppetti chiusi e ognuno stava vicino ai membri della propria Casa, come se non si fidasse di chi portava un cravattino dai colori diversi. Nonostante tutto, nemmeno io potei impedirmi di lanciare uno sguardo diffidente a Marshall e Mortimer. Non avrei mai potuto pensare che facessero parte degli AntiBabbani, ma forse erano amici di chi aveva fatto quello scempio e gli stavano coprendo le spalle per lealtà Serpeverde o magari solo perché non la ritenevano una faccenda importante. Mort sbadigliò e lo vidi frugare in tasca con una mano per controllare quante sigarette gli restassero. Se lo conoscevo abbastanza, era solo seccato perché con i tizi del Ministero fra i piedi avrebbe dovuto nascondere meglio la marijuana. Nemmeno Marshall, al suo fianco, sembrava particolarmente toccato dal Marchio Nero sul monumento. Probabilmente ne aveva visti fin troppi nelle vecchie foto di famiglia. In fin dei conti discendeva da una delle famiglie Purosangue più prestigiose della Gran Bretagna ed era imparentato con i Malfoy: ci avrei scommesso che qualcuno, tra i suoi antenati, aveva avuto intrallazzi con i Mangiamorte.

Aspetta... Cosa cavolo sto dicendo? mi riscossi, stupita e forse anche un po' spaventata da quei pensieri. Marshall e Mortimer sono miei amici dal primo anno!

Rabbrividii, ma non per il freddo. Hogwarts, il grande castello accogliente che avevo sempre considerato come una seconda casa, sembrava di colpo essersi tramutato nel luogo strano e misterioso dei racconti di mio padre, il luogo dove i buoni e i cattivi crescevano assieme per poi pugnalarsi alle spalle e dove a volte non ci si poteva fidare nemmeno dei propri amici. Mi guardai attorno e per un attimo mi parve di non conoscere nessuno degli studenti che mi sedevano accanto. 

Quando tutte le sedie furono occupate, Höhmann marciò al centro del cerchio e ruotò su se stesso per guardarci uno ad uno. Fu di poche parole.

« Entro la fine dell'ora foglio un identikit del zospettato e una lista dei possibili mofenti. Buon laforo ».

Quindi uscì dal cerchio e si sedette a fumare la pipa in disparte.

Ci squadrammo con diffidenza per un paio di secondi, incerti sul da farsi, finché un ragazzo di Tassorosso si schiarì la gola e disse: « Beh, per quanto riguarda l'identikit del sospettato mi sembra ovvio: è un Serpeverde ».

« Perché notoriamente gli studenti delle altre case sono tutti dei Babbanofili, non è vero? » sbottò Marshall.

Se il commento del Tassorosso aveva fatto scattare sulla difensiva i Serpeverde presenti, la risposta di Marshall riuscì a far innervosire tutti gli studenti, a prescindere dalla Casa di appartenenza. Una ragazza di Serpeverde alzò gli occhi al cielo e si sistemò la sciarpa attorno al collo, sibilando: « Ne ho le palle piene di questa storia dei Serpeverde cattivi ».

Immediatamente dal gruppetto dei Tassorosso si levò la voce saccente di Tessa, che replicò: « Matthews, nessuno sta accusando te personalmente, ma è un fatto oggettivo che la maggior parte dei maghi Purosangue sono a Serpeverde ».

« E da quando la maggior parte equivale a tutti? » intervenne la ragazza della sciarpa. « E poi non ci vedo nulla di male ad essere Purosangue, se permetti ».

Mortimer, che al contrario degli altri Serpeverde sembrava troppo impegnato a grattarsi parti del corpo destinate alla procreazione per dar mostra di essersi offeso, sbadigliò e si accese una sigaretta.

« Perché dev'essere per forza Purosangue, poi? » disse, aspirando una boccata di fumo. « Mai sentito parlare di Mezzosangue che odiano i Babbani? Non lo so, Lord Voldemort, per esempio? »

« Sì, ma non ha eredi, e i suoi seguaci erano praticamente tutti Purosangue » replicò una Corvonero.

Un suo compagno di Casa (che stava diligentemente trascrivendo la discussione su un blocco per gli appunti, in pieno spirito Corvonero) sollevò la penna per prendere la parola.

« Insomma, crediamo che il sospettato sia un Purosangue figlio di qualche ex Mangiamorte? » tirò le somme, pronto a registrare anche quell'intervento.

« I sospettati » lo corresse Carly Alcott. « Si sono firmati come AntiBabbani, no? Quindi probabilmente è un gruppo ».

« Beh, questo aumenta drasticamente le probabilità che siano di Serpeverde ».

« E non potrebbero appartenere a Case diverse? »

Scorpius tossicchiò.

« Ehm... scusate se mi intrometto, ma non credo che identificare una Casa di appartenenza dei sospettati sia una buona idea ».

« Certo, Scorpius, perché è la tua Casa » lo interruppe brutalmente una delle mie compagne di dormitorio.

Neanche a dirlo, prima che finisse di parlare i Serpeverde la stavano già assassinando con lo sguardo. Alzai gli occhi al cielo e mi chinai in avanti per appoggiare i gomiti alle ginocchia, ormai convinta che quella lezione sarebbe stata l'apoteosi dell'inutilità.

Scorpius – uno dei pochi che avessero mantenuto una parvenza di autocontrollo, fino a quel momento – emise uno sbuffo esasperato e replicò: « Sto solo dicendo che così scarteremmo a priori delle possibilità che invece dovremmo considerare. Mio padre e mio nonno erano Mangiamorte e so meglio di voi cosa implica tutto questo, ma mi vergogno così tanto per il passato della mia famiglia che non mi sognerei mai di inneggiare al razzismo. I figli di Mangiamorte sanno cosa succede a chi fa mostra di questi ideali e sanno anche che sarebbero i primi a figurare nella lista dei sospettati, se una cosa del genere accadesse. Con questo non sto dicendo che non dovremmo sospettare dei Serpeverde, ma solo che non sono gli unici che dovremmo prendere in considerazione: conosco Purosangue all'antica che sono stati smistati a Corvonero o addirittura a Grifondoro, e allo stesso tempo i Purosangue non sono gli unici che potrebbero avercela con i Babbani. Noi l'abbiamo già vista, la guerra, l'abbiamo già visto il razzismo, ne paghiamo il conto ogni giorno a casa nostra. Sappiamo esattamente cosa vuol dire imbrattare un monumento alla memoria dei caduti e quali saranno le conseguenze, ma ci sono molte altre persone che, pur non venendo da famiglie Purosangue, potrebbero condividere gli ideali razzisti del Sign... di V-Voldemort. E quelle persone non sanno cosa implicano le loro azioni. Quelle persone non sanno cosa succedeva davvero ai tempi della guerra, e potrebbero credere che gli ideali di... Voldemort non siano così male ».

« Beh... in fondo è vero » intervenne un ragazzo di Corvonero, sovrastando le voci che si erano subito accese per commentare le parole di Scorpius. « Lui se la prendeva con i Babbani, mica con i maghi ».

« Ah, davvero? » saltò su Carly con tono agguerrito. « E gli oppositori dove li metti? »

Marshall fece un gesto vago con la mano e disse: « Era una guerra civile, è diverso. Anche i “buoni” hanno ucciso un sacco di persone, in quel periodo ».

Quel giorno Marshall doveva aver deciso di attirarsi addosso le maledizioni del mondo intero. Gli lanciai un'occhiataccia, cercando di capire se dicesse sul serio o se si stesse solo divertendo a recitare la parte del Serpeverde beffardo e provocatorio. In ogni caso, trovai che la sua uscita fosse stata davvero infelice. E non dovevo pensarlo solo io, a giudicare dalle facce disgustate della maggior parte dei presenti.

« Questo non scusa quello che ha fatto Voldemort » sibilò una Tassorosso.

« Io non sono d'accordo » aggiunse un suo compagno di Casa, squadrando i Serpeverde con aria se possibile ancora più ostile. « Per me è opera dei figli dei Mangiamorte, fine della storia. Magari sono amici di Scorpius e lui sta cercando di protegger... »

« Che cosa?! »

« Scusate, posso dire la mia? » intervenne Calvin. E fu davvero una buona idea interrompere la discussione in quel momento, perché a nessuno era sfuggito che un paio di Serpeverde avevano impugnato la bacchetta sotto il mantello.

Per un attimo parve intimorito dalla selva di sguardi assassini che gli si erano rivolti contro, ma poi mise su uno dei soliti sorrisi alla Calvin e continuò come se niente fosse: « Io sono d'accordo con Scorpius: l'America pullula di maghi Purosangue e razzisti, molto più dell'Inghilterra. Hanno addirittura fondato un partito che vorrebbe discriminare i Nati Babbani. Quando sono venuto in Inghilterra pensavo che qui avrei trovato di molto peggio, ma in realtà in America il razzismo è ostentato molto più apertamente e conosco delle persone che dicono pubblicamente di ammirare gli ideali di Lord Voldemort. Noi non abbiamo visto la guerra e gli orrori di Voldemort, oltre oceano, ed è per questo che la prendiamo così alla leggera. Quindi, perché no, magari gli AntiBabbani non c'entrano nulla con i vecchi Mangiamorte e non sanno quello che stanno facendo ».

Ovviamente, ebbe a stento il tempo di pronunciare l'ultima frase prima che scoppiasse di nuovo il pandemonio. Qualcuno si alzò dalla sedia e gli disse che non aveva idea di cosa stava dicendo e che gli americani come lui erano gli ultimi ad avere il diritto di metter bocca in quei discorsi, qualcun altro lo accusò di essere lui stesso un razzista e quasi a nessuno venne in mente di astenersi dall'urlare la propria opinione, tentando di sovrastare la voce degli altri. Scossi la testa ed incrociai lo sguardo esasperato di Albus: quella lezione sarebbe stata un'immane perdita di tempo, su questo ormai non c'erano più dubbi.

 

***

 

Alla fine dell'ora, avevo la netta impressione che la testa mi sarebbe esplosa da un momento all'altro. E quella era stata solo la prima lezione, per quel giorno. Stavo giusto cominciando a chiedermi come avrei fatto a sopravvivere alla doppia ora di Cura delle Creature Magiche e più tardi a quella di Erbologia, quando la voce severa di Höhmann interruppe il mio momento di autocommiserazione.

« Potter, Weasley, foi restate qvi. Gli altri possono andare ».

Meraviglioso, ora potevo ricominciare a preoccuparmi per la conservazione della mia integrità fisica nei prossimi cinque minuti. Mi strinsi addosso il mantello e rimasi in piedi accanto al monumento, aspettando come un'idiota che gli altri se ne andassero o che, in alternativa, mi venisse in mente qualcosa di meno stupido da fare nell'attesa. Albus sembrava altrettanto scontento di doversi trattenere con Höhmann più del necessario.

Finalmente, dopo quella che mi sembrò un'eternità, anche gli ultimi studenti scomparvero dietro al filare di abeti che fiancheggiava la strada principale. Höhmann soffiò una nuvoletta di fumo dolciastro e ci fece segno di raggiungerlo accanto alla tomba di Silente. Mi lanciai un'occhiata nervosa alle spalle, ma nel parco non si vedeva anima viva, a parte noi tre. Il che, tra parentesi, era più che comprensibile, visto che faceva un freddo dell'accidente. 

Höhmann ripose la pipa in una delle numerose tasche dei pantaloni verde militare e ci studiò senza parlare per una manciata di secondi. Alla fine, quando stavo cominciando a chiedermi se ci saremmo sfidati al gioco del silenzio, disse: « Foi due zapete perché ziete i primi della classe in Difesa, ja? »

Aggrottai le sopracciglia, confusa: mi sembrava piuttosto ovvio che nessuno, a parte Höhmann, aveva la più pallida idea di quale fosse il criterio in base a cui venivano assegnati i voti in quella materia. Albus, al mio fianco, rimase altrettanto spiazzato da quella domanda.

« Uhm... » tentò. « Perché lei crede che abbiamo più potenziale degli altri? »

Lo sguardo di sufficienza che ottenne in risposta fu abbastanza per smentirlo. 

« Perché ziete figli di Auror di fama internazionale » lo corresse Höhmann.

Sembrava serio, ma forse aveva solo un pessimo senso dell'umorismo. In fondo non avevo mai sentito dire che i tedeschi fossero un popolo di gran burloni.

Al si arrischiò a rispondergli con un sorrisetto sarcastico: « Ah, quindi i voti nell'ultimo compito in classe erano sulla fiducia? »

L'ennesima occhiata truce mise in chiaro che, no, non avevamo nessun diritto di non prenderlo sul serio.

« Qvesta era ironia o stupidità, Potter? » s'informò Höhmann, minaccioso.

Albus deglutì rumorosamente.

« Oh... stu-stupidità, credo, Herr Professor » si affrettò a rispondere.

Höhmann per il momento parve soddisfatto della risposta ottenuta e addolcì un poco il tono. Per quanto dolce potesse risultare la voce di un militare tedesco la cui massima aspirazione era  terrorizzare a morte i propri studenti, chiaro.

« Foi due » spiegò. « Ziete cresciuti sentendofi raccontare le imprese dei fostri genitori fino alla nausea, ne zono confinto, e qvindi afete già un'idea teorica di come si affrontano certe zituazioni concrete, cose che non zi imparano zui libri di testo. E giocate entrambi a Qvidditch, che non fa mai male per i riflessi. Qvello che intendevo dire, Potter, è che partite affantaggiati rispetto ai fostri compagni, sul lato della pratica ».

« E... e questo è un bene o un male? » chiesi, esitante.

Höhmann scrollò le spalle.

« Dipende da come decidete di sfruttare – o di non sfruttare – qvesto fantaggio ».

Per essere uno che in teoria ci stava dicendo di fare come ci pareva, non suonava affatto convincente. Albus dissimulò una smorfia sarcastica dietro all'espressione glaciale che era solito assumere quando qualcuno si metteva in testa di spiegargli come doveva o non doveva comportarsi.

« E quindi cosa dovremmo fare? » chiese con voce impassibile.

« Innanzitutto essere meno presuntuoso, Potter » lo rimbeccò Höhmann.

Per beccarlo, lo aveva beccato in pieno – pensai, adocchiando l'espressione risentita di mio cugino. Höhmann ci concesse alcuni secondi di pausa, poi tornò alla carica.

« Nessuno di foi due ha detto una sola parola durante il dibattito, occi » osservò.

Non ne sembrava particolarmente entusiasta, nel complesso. In effetti, aveva l'aria di chi sarebbe stato più entusiasta se gli avessero sputato in un occhio. Sbirciai l'orologio cercando di non farmi beccare, ma dubitavo che fargli notare quanto eravamo in ritardo per la lezione successiva sarebbe servito a qualcosa, se non a farci uccidere più in fretta.

L'espressione di Albus, nel frattempo, era passata dal risentimento al più genuino oltraggio. 

« Sono un Serpeverde e sono il figlio di Harry Potter, professore » iniziò a dire, con l'aria di chi avrebbe preferito rispondere in tutt'altro modo. « Cosa avrei dovuto fare? Se avessi preso le parti della mia Casa avrei dovuto parlare contro gli ideali della mia famiglia, mentre se avessi preso le parti della mia famiglia avrei dovuto dare contro ai miei compagni di Casa ».

« E qvesto ti fieta di afere un'opinione? » s'informò Höhmann, per nulla toccato da quelle parole.

« Ce l'ho, un'opinione » protestò Albus. « Ma... »

« Ma ritieni di essere troppo superiore agli altri per condifiderla » completò Höhmann al suo posto.

Albus, con uno sforzo di autocontrollo che ammirai molto, riuscì in qualche modo a stamparsi in faccia un sorriso stitico e replicò tranquillamente: « No, Herr Professor. È solo che non mi piace parlare, se non sono sicuro di quello che dico ».

« Perché non ti piace afere torto » lo accusò il professore.

Albus inarcò un sopracciglio con aria estremamente poco cordiale.

« È un difetto? » chiese.

« Può difentarlo » rispose Höhmann, lapidario.

Di colpo, scoprii di rimpiangere molto l'atmosfera che c'era stata durante il dibattito sugli AntiBabbani. Stavo anche cominciando a rimpiangere di essere in ritardo per la lezione di Hagrid, nonostante i botti e gli schianti prodotti dagli Schiopodi Sparacoda si sentissero fin da quella distanza.

Höhmann si frugò in tasca per un po' e tirò fuori un coltellino svizzero con cui cominciò a raschiarsi la pelle sotto le unghie. Io e Albus ci scambiammo un'occhiata nervosa: ero più che sicura che per Höhmann non facesse alcuna differenza ucciderci a mani nude, con una bacchetta o con un coltellino svizzero, ma questo non significava che vederlo con quell'aggeggio in mano fosse rassicurante.

Höhmann dedicò minuti interi a rimuovere con estrema minuzia la terra sotto l'unghia del pollice sinistro. Quando finalmente fu soddisfatto del risultato ottenuto, sollevò nuovamente gli occhi su mio cugino. 

« Lafori un po' troppo in solitario per essere un Potter, lo zai? » osservò.

Albus ricambiò il suo sguardo, spiazzato.

« E questo cosa vorrebbe dire? » sbottò alla fine.

Höhmann sbuffò, come se ritenesse la risposta troppo ovvia per sprecare fiato ad esporla.

« Chi laforava in solitario, Potter? Lord Voldemort o tuo padre? »

« Voldemort aveva decine di Mangiamorte al suo servizio... »

« Quelli sono servi, Potter, non compagni » lo interruppe Höhmann.

Per un attimo si udirono solo le grida distanti dei nostri compagni di classe ed il raschiare del coltellino. Poi Albus, inviperito come solo James riusciva a farlo diventare, sibilò: « Oh, ora capisco, professore. Lei pensa che io sia il prossimo Lord Voldemort in erba, non è vero? » scosse la testa con disprezzo più che palese. « Certo, il figlio di Harry Potter, cresciuto nell'ombra del padre e smistato a Serpeverde, che decide di intraprendere il cammino del male... sarebbe una storia molto affascinante. Ma mi dispiace deluderla: sono stato smistato a Serpeverde solo perché ho più cervello del Grifondoro medio ».

Ero così certa che Höhmann lo avrebbe strangolato, dopo quelle parole, che non mi offesi neanche per la scarsa considerazione che aveva Albus di noi Grifondoro.

Al diavolo, è impazzito o cosa?

Arretrai di qualche passo per allontanarmi più possibile dalla futura scena del crimine, prima che nell'impeto di ammazzarlo Höhmann potesse colpire anche me. Ma, stranamente, il professore non sembrò per nulla turbato dalla risposta ottenuta. Al contrario, si limitò a scrollare le spalle e lanciò ad Albus uno sguardo penetrante. 

« Pene » disse. « Allora dimostralo ».

Quell'ultima frase aveva un tono conclusivo che mi piacque molto. Tirai un sospiro di sollievo, pensando che in fondo me l'ero cavata piuttosto a buon prezzo.

Beh, dai, in confronto ad Albus...

« Qvanto a te, Weasley... » aggiunse Höhmann, puntandomi addosso uno sguardo per nulla amichevole. 

Oh, chiaro... 

Come avevo fatto a pensare anche solo per un momento che ne sarei uscita indenne?

« Perché non zei intervenuta? »

Mi schiarii la gola e distolsi lo sguardo alla ricerca di una spiegazione che fosse meno suicida di “professore, era una lezione totalmente inutile”. In effetti, a posteriori, qualche commentino sarcastico sui Serpeverde avrei anche potuto farlo. 

« Io...  ehm... » balbettai. « Io non avevo una precisa opinione in merito... »

« Oh, daffero? » chiese il professore con tono stranamente angelico. Stranamente, inquietantemente e minacciosamente angelico, per la precisione.

Deglutii. 

« Io... io... non sapevo cosa dire. Non sono un Auror e la preside ha detto che è tutto sotto controllo... »

« Perché naturalmente ze le cose ztessero difersamente vi afrebbe detto che il Ministero brancola nel buio e che nessuno ha la più pallida idea di chi ziano i responsabili » rispose Höhmann, sottolineando il sarcasmo con una coltellata particolarmente feroce.

Aprii e richiusi la bocca un paio di volte, senza sapere cosa dire. L'ammirazione che Höhmann sembrava nutrire nei miei confronti mi aveva sempre messa in soggezione, ma ora che mi ritrovavo a dover affrontare la sua delusione avrei dato di tutto per poter tornare indietro nel tempo e partecipare al dibattito. Non mi ero mai sentita uno sterco di drago più che in quel momento, a parte forse quella volta quando, a tre anni, avevo insistito per prendere in braccio Lily e poi l'avevo fatta cadere. O quell'altra volta, quando quando avevo trasfigurato il peluche preferito di Molly in uno gnomo da giardino, perché mi sembrava divertente, e poi non ero più riuscita a ritrasformarlo e Molly si era convinta di averlo perso. O forse anche quando avevo somministrato il filtro d'amore ai miei genitori e... D'accordo, mi ero sentita una persona meschina e indegna altre volte, ma non era quello il punto. 

Lanciai uno sguardo preoccupato al coltellino svizzero e alle operazioni improprie per le quali Höhmann lo stava utilizzando, quindi tentai, come meglio potevo, di mettere su una frase in mia difesa. 

« Beh, non lo so, ma se la preside vuole che ne restiamo fuori... insomma, siamo solo studenti... »

« E cosa facevano i tuoi genitori qvando erano ztudenti? »

D'accordo, quello era veramente un colpo basso...

« Noi non siamo i nostri genitori, nel caso le fosse sfuggito » sibilò Albus.

I movimenti del coltellino svizzero si fecero sempre più preoccupanti.

« Non mi è zfuggito per niente, Potter, credimi » rispose Höhmann con un tono che mi avrebbe fatto venire la pelle d'oca, se non l'avessi già avuta per il freddo. « Ma forze foi due afreste bisogno di ricordarlo un po' meglio. Credi che non zappia che hai passato le ultime due zettimane a ficcare il naso in giro per la scvola con qvella Mappa? »

A giudicare dall'espressione di mio cugino, l'onta di essere stato smascherato così miseramente stava mettendo in seria questione i suoi ideali pacifisti. Se pur ne era rimasto qualcosa, da quando aveva addirittura cominciato a trascurare i propri doveri di agenzia matrimoniale per progettare l'omicidio di Calvin.

« E allora? » disse Albus con voce glaciale. « Non è quello che vuole che facciamo? »

Höhmann replicò con altrettanta freddezza: « Zolo una curiosità, Potter: qvanto ti ha preso in ciro tuo fratello dopo che zei stato zmistato a Serpeferde? »

Se gli avesse appena piantato il coltellino svizzero nello stomaco, la faccia di Albus probabilmente sarebbe sembrata più rilassata.

« Questo cosa c'entra? » sibilò.

In effetti, l'intera faccenda stava diventando piuttosto inquietante. A quel punto le opzioni erano due: o Höhmann era onnisciente e onnipresente, oppure passava il suo tempo a spiarci in attesa del momento migliore per strangolarci nel sonno. E, senza alcuna offesa alla sua abilità come mago, conoscendolo propendevo molto di più per la seconda...

« Io credo, Potter » spiegò il professore, trapassandolo con uno sguardo impassibile. « Che tu non fedessi l'ora che ti zi prezentasse un'occazione del cenere per dimostrare di non essere la pecora nera dei Potter. È tutto perfetto, no? Un problema diplomatico di calibro nazionale di colpo zembra materializzarsi tra le mura di Hogwarts e nessuno al Ministero ha le idee chiare zu cosa fare. Zembra fatto apposta perché tu possa indacare e scoprire la soluzione. Ma lo fuoi fare da zolo, perché così dimostrerai di essere più aztuto di tuo padre ».

« Non è vero. Non... »

« Zai qval è la differenza tra un ragazzo ambizioso che lafora in solitario e un genio del male? » continuò Höhmann, ignorando le sue proteste.

La mascella di Al si contrasse in uno spasmo.

« Quella che c'è tra me e un aspirante Mago Oscuro, immagino » rispose.

« E qval è? » incalzò Höhmann.

« Oh, non lo so... Forse il fatto che io cerco solo di rendermi utile? »

« Ja? E allora perché non ne parli con i professori? »

« Se avessi in mano qualcosa di serio lo farei ».

« Quindi l'ambizione personale non c'entra nulla? »

« Perché dovrebbe? »

I due tacquero e continuarono a guardarsi in cagnesco per una manciata di secondi, quasi fossero nel bel mezzo di una sfida a chi resisteva di più. Albus era tremante di rabbia, ma anche Höhmann, nonostante apparisse più controllato, sembrava sul punto di commettere un omicidio. Più del solito, beninteso. Per quello e per molti altri ovvi motivi, avrei voluto fuggire a gambe levate quando tornò a rivolgermi la parola. 

« Qvanto a te, Weasley » mi interpellò severamente. « La prossima folta foglio che tu zia l'anima della discussione ».

Sbattei le palpebre un paio di volte, in preda all'orrore più totale, prima di trovare la forza di balbettare: « C-ci sarà una prossima volta? »

« Ci sarà zempre una prossima folta » rispose Höhmann. « E presto potrebbe non essere durante una lezione di Difesa. Hai qvasi 17 anni. Non trofi che zia arrifato il momento di crescere e mettere da parte i complessi d'inferiorità nei confronti dei tuoi cenitori? »

« Io non ho complessi... »

« Qvindi non hai passato gli ultimi cinqve anni a farti mettere note in condotta perché tua madre afefa Eccezionale in tutte le materie, qvando potresti penissimo studiare e ottenere dei buoni risultati » concluse Höhmann, facendo sfoggio di un sarcasmo che trovai decisamente offensivo.

Che diavolo, se fino a quel momento ero stata solo terrorizzata da quella discussione, ora stavo cominciando seriamente ad averne abbastanza. Con che accidenti di diritto credeva di potermi fare la predica perché, a differenza dei miei genitori, avevo avuto il buonsenso di non infrangere le regole della scuola e non rischiare l'osso del collo immischiandomi in affari che non mi riguardavano? Era una delle poche cose (se non l'unica in assoluto) per cui potevo vantarmi di non aver fatto perdere punti alla mia Casa e di essermi comportata in modo, se non intelligente, come minimo meno stupido del solito.

« Io... » cominciai, ma Höhmann mi interruppe all'istante.

« Tu non profi nemmeno a metterti in cioco, Weasley. Al contrario, fai di tutto per non essere costretta a ciocare zullo stesso campo dei tuoi cenitori, perché hai troppa paura di non essere all'altezza ».

« Questo non è... » ritentai, ma  fui interrotta di nuovo.

« Pasta chiacchiere. Ho da fare, ora. La prossima zettimana al Club di Difesa mi azpetto che facciate di meglio ».

E così dicendo ci fece segno di sloggiare. Non ce lo facemmo ripetere due volte: eravamo già a parecchi metri di distanza quando la voce di Höhmann, alle nostre spalle, aggiunse: « Ah, per la cronaca. Ho messo un Troll zul recistro a entrambi ».

 

***

 

Qualche minuto dopo stavamo marciando tra i residui di fango e neve alla volta della Foresta Proibita, dove Hagrid doveva aver sguinzagliato l'intero allevamento di Schiopodi, a giudicare dallo spettacolo pirotecnico che ne era venuto fuori. In ogni caso, un paio di Schipodi nel periodo della pubertà non potevano essere peggio di Albus, che in quel momento era bellicoso come una Banshee.

« Quel... » sibilò, calciando un mucchietto di neve con ferocia inaudita.

Non concluse la frase e non ce ne fu bisogno, perché sarebbe stato chiaro a chiunque che il seguito era troppo volgare per poter essere espresso con precisione semantica soddisfacente in una qualsivoglia lingua. Gli lanciai uno sguardo di sottecchi e continuai a camminare al suo fianco, chiedendomi se ci fosse qualche speranza che l'argomento “Höhmann e gli AntiBabbani” cadesse nel dimenticatoio entro i prossimi dieci minuti. Probabilmente no, d'altronde Albus non aveva mai avuto vie di mezzo tra il pacifismo più woodstokiano e i progetti di sterminio di massa. E per essere permaloso lo era fin troppo. 

« Beh » commentai, fingendo che non me ne importasse un granché. « Ci ha cazziati per bene ».

Non ottenni molto con quel commento, se non che Albus mi trucidò con un'occhiata assassina. 

« Ma non capisci, Rose? » disse con l'espressione insofferente di chi si ritrova ad avere un Troll dei più ottusi come interlocutore.

Strinsi le labbra, contrariata. 

Oh, certo, continuiamo con la fiera del “non capisci, Rose”.

Ogni volta che si parlava delle cose strane che stavano accadendo a Hogwarts in quelle settimane, qualcuno si sentiva immancabilmente in dovere di informarmi che non capivo. E grazie tante: questo almeno lo avevo capito.

« Non capisco cosa, esattamente? » chiesi, irritata.

« Höhmann sta cercando di manovrarci, è ovvio » replicò Albus. « Insomma, ma lo hai sentito? Ci ha praticamente istigati a disobbedire alla McGranitt! »

D'accordo, dovevo ammetterlo, era stato stupido e infantile da parte mia aspettarmi di poter chiudere la discussione senza che la vena complottistica di Al si scatenasse in tutta la sua potenza. Ciononostante ritenevo assolutamente legittimo far valere il mio diritto a fregarmene delle sue elucubrazioni, visto che la ramanzina di Höhmann era stata abbastanza sgradevole anche senza che Albus ne facesse l'ordine del giorno delle proprie paranoie. Tanto più che, a sostegno della mia ragionevole tesi, non vedevo alcuna ragione per la quale Höhmann avrebbe dovuto tentare di manovrarci quando sarebbe bastata una mezza minaccia di morte per convincere qualunque studente a fare tutto ciò che voleva, compresa una rapina alla Gringott. Tutto sommato, Azkaban non doveva essere peggio di Höhmann arrabbiato. 

« Non mi sembra che gliene sia mai importato molto di quello che dice la McGranitt » osservai, sperando che contraddirlo blandamente lo avrebbe irritato abbastanza da far cadere il discorso, ma non a tal punto da causare la mia prematura dipartita.

Albus però continuò a sembrare determinato a macchiarsi di omicidio quanto prima, e – cosa che mi offese ben più – continuò ad ignorare completamente la ragionevolezza della mia tesi. La mia irritazione crebbe a dismisura quando pensò bene di ricominciare con la solfa del “non capisci, Rose”. Giusto per essere sicuri che il messaggio passasse. 

« Accidenti, Rose, ma lo usi il cervello ogni tanto? » 

Bla bla bla. 

Scavalcai un cumulo di neve e sollevai una mano, aprendo e chiudendo le dita nell'imitazione di una bocca.

« Insomma, è così ovvio... » 

Mi schiarii la gola, quindi intonai il ritornello di una canzone delle Sorelle Stravagarie. 

« ...sta cercando di convincerci a dirgli cosa abbiamo scoperto per prevenire le nostre mosse. Teme che gli stiamo con il fiato sul collo... » 

Alzai il volume e cominciai ad accompagnarmi schioccando le dita. 

« Oh, avanti, piantala di fare l'idiota! È una cosa seria, credo che Höhmann sia coinvolto in questa faccenda ».

« Sotto la luna ti porterei, mio caro, se fossi un Lupo Mannaro. Ti bacerei per ore, amore, se fossi un Dissennat... Quale faccenda? »

Albus mi lanciò uno sguardo profondamente schifato (non capii se per la canzone che avevo scelto o per il fatto che avessi deciso di cantarla mentre lui tentava di parlarmi), e borbottò: « Forse non è il caso di parlarne in questo momento ».

Oh, no, certo. Dio non voglia.

La canzone delle Sorelle Stravagarie non mi aveva distratta abbastanza da impedirmi di sentire le sue congetture su Höhmann, ma mi guardai bene dal farglielo sapere. In primis perché, nonostante fosse un pazzo sadico militarista, Höhmann sembrava intenzionato a maltrattare tutti gli studenti equamente, a prescindere dal fatto che fossero Purosangue o meno. E in secondo luogo perché ero dannatamente stufa di venir tirata in mezzo a quella storia degli AntiBabbani da chiunque ritenesse di avere voce in capitolo nella mia esistenza: mio cugino, il mio ragazzo e ora ci si metteva pure Höhmann.

Che diamine, il prossimo sarà il Ministro della Magia?

« Voi siete tutti matti, ecco cosa » sibilai. Poi, senza perdere tempo ad informare mio cugino delle mie intenzioni, imboccai un sentiero che portava al castello e aggiunsi: « Di' a Hagrid che non mi sentivo bene e che sono andata in infermeria ».

Non era nemmeno una bugia così grande, in fin dei conti: di quel passo ci sarei finita davvero, e con una nevrosi da far piangere di gioia il tizio del libro di Melinda… quel Sigfrid o Sigmund Come-accidenti-faceva-di-cognome. Albus alle mie spalle tentò di protestare, ma accelerai il passo e sparii dietro ad una macchia di alberi. 

Raggiunsi il castello in pochi minuti, ma invece di andare in infermeria puntai verso il bagno di Mirtilla Malcontenta. Appena fui entrata mi sbattei la porta alle spalle e mi infilai nel primo cubicolo che mi si parò davanti. Dentro la tazza del gabinetto – neanche a dirlo – c'era la faccina occhialuta di Mirtilla che mi scrutava con il volto imbronciato ed i grandi occhi argentei già lucidi di lacrime.

« Oggi ti batto, Mirtilla » dissi, e tirai lo sciacquone senza tanti complimenti.

Entro cinque minuti sarebbe riemersa dall'altro capo delle tubature e sarebbe venuta a tormentarmi, ma per il momento non me ne preoccupai. Abbassai l'asse del gabinetto e mi ci sedetti sopra, passandomi una mano sul volto.

Che diavolo...

Prima che potessi fare qualcosa per frenarle, le lacrime cominciarono a scorrermi sul volto e nel giro di pochi secondi mi ritrovai a singhiozzare indegnamente. Qualche studente di passaggio di fronte al bagno batté un colpo sulla porta ed esclamò: « Eddai, Mirtilla, su con la vita! »

« Su con la vita un corno! » replicai.

L'intero universo sembrava di colpo aver deciso che dovevo dimostrarmi all'altezza del cognome che portavo e salvare il mondo magico, e io avrei dovuto stare su con la vita?! Mi sembrava di essere tornata al primo anno, quando tutti si aspettavano da me “Hermione Granger 2: la vendetta” e al primo Scadente mi avevano guardato con le facce allucinate di chi non può credere ai propri occhi. Con l'unica differenza che forse avrei anche potuto avere una pagella degna di mia madre, se avessi studiato notte e giorno, ma pur con tutta la più buona volontà non avrei mai potuto essere all'altezza delle aspettative che ora Höhmann e tutti gli altri avevano riposto su di me.

Miseriaccia, non sapevo nemmeno da dove avrei dovuto cominciare per svelare il mistero degli AntiBabbani e tutto quello che ci stava dietro, e per dirla proprio tutta non mi interessava nemmeno saperlo. Non ero mia madre, non ero mio padre, e non avevo mai avuto nessuna particolare aspirazione di grandezza durante la mia mediocre carriera scolastica. Perché avrei dovuto, poi? La McGranitt mi aveva detto chiaro e tondo di starne fuori e con ogni probabilità c'erano decine di persone più titolate e competenti di me che se ne stavano occupando.

Ma no, ovviamente Messer Höhmann e Messer Potter ritenevano essenziale che la sottoscritta si immischiasse in quelle faccende e rischiasse l'osso del collo per salvare il mondo magico. Solo che forse a Messer Höhmann e a Messer Potter era sfuggito il minuscolo e ininfluente dettaglio che non ero assolutamente in grado di farlo. Una bazzecola, insomma.

Ma si può sapere perché diavolo la gente deve sempre aspettarsi qualcosa da me?

Mi stava bene che mi dessero dell'imbecille, della studentessa pigra, della giocatrice di Quidditch cafona, ma se c'era una cosa che non sopportavo era che mi si giudicasse in base al cognome che portavo. Peccato che lo facessero tutti, di continuo, nonostante avessi passato gli ultimi sei anni facendo del mio meglio per mettere in chiaro che non ero né il magnifico e coraggioso Ronald Weasley né tantomeno l'eccelsa e brillante Hermione Granger.

Al diavolo tutto, ecco cosa. Mi dispiace deludervi, signore e signori, ma temo di dovervi informare che non sono figa nemmeno la metà dei miei genitori. 

 

***

 

Sospirai ed appoggiai la testa sul petto di Scorpius. Il dormitorio del sesto anno di Serpeverde era stranamente silenzioso, senza Mort che trafficava con il baule sotto il letto per nascondere qualche manufatto illegale e Albus che, in assenza di interlocutori più interessati, istruiva le tende del baldacchino sull'amore del mondo. Per quanto ne sapevo, al momento Al era agli allenamenti di Quidditch, Mort probabilmente stava spacciando qualcosa e Marshall si era infrascato con Lily da qualche parte nel parco. Nessuno di loro sarebbe tornato abbastanza presto da convincermi a trovare una posizione più decente sopra il materasso (e sopra il mio ragazzo, d'accordo).

Scorpius mi spostò un ricciolo dalla fronte e con un'improbabile opera di contorsionismo riuscì a sollevare il busto dal letto di quel tanto che gli bastava per baciarmi. C'era anche da dire che riuscì solo a centrare il naso, ma lo fece in modo abbastanza discreto da farla passare per una cosa premeditata.

« Sei silenziosa, oggi » osservò.

Mi strinsi più forte a lui e borbottai: « Mmh ».

Scorpius riuscì finalmente a districarsi dai miei arti e mi fece posare la testa sul cuscino. Il bacio che ne seguì fu se non altro più centrato del precedente.

« Come mai non sei venuta a Cura delle Creature Magiche? » chiese. « È la tua materia preferita ».

Mugolai, indignata per la deludente durata del bacio. Quel ragazzo aveva la maledetta fissa di dover sempre fare conversazione, accidenti a lui.

« Stavo male » risposi, vaga.

Poi, prima che riuscisse ad obiettare, gli tappai la bocca nel modo che ritenni più opportuno. Non fu un gran bacio, in realtà. In parte perché lui quel giorno aveva la reattività di un'ameba, e in parte perché io lo avevo davvero baciato per chiudergli la bocca, prima che per qualsiasi altro fine romantico o erotico. Gli mordicchiai il labbro inferiore giusto per trovarmi qualcosa da fare, chiedendomi in che altro modo potessi dar l'impressione di essere una baciatrice esperta e conturbante. Non mi venne in mente nulla che non comprendesse lo spargimento di imbarazzanti dosi di saliva sulla sua faccia, perciò continuai a baciarlo senza sapere bene che farmene della lingua. Se lui avesse almeno fatto finta di collaborare un po', miseriaccia...

Dopo qualche minuto – quando stavo cominciando a ventilare l'ipotesi di alzarmi in piedi e cantare l'inno dei Cannoni di Chudley per rompere la routine – Scorpius mi prese per la vita e mi allontanò gentilmente da sé. In condizioni normali (nonostante quello fosse stato il bacio più noioso e inutile di sempre) me la sarei presa a morte per la storia di Tessa e della fallimentare operazione SS, ma al momento l'unica mia preoccupazione era che ricominciasse a pretendere di far conversazione. Cosa che, naturalmente, avvenne.

« Che ne pensi della lezione di Höhmann? » chiese con tutta l'aria di voler intraprendere il discorso del secolo.

Oh, sì, che gioia, parliamo ancora un po' di Höhmann e degli AntiBabbani, non aspettavo altro. Tanto per limonare puoi sempre andare da Tessa, no?

E sì, d'accordo, me l'ero presa a morte anche per la storia di Tessa e dell'inesistente attrazione sessuale che esercitavo sul mio ragazzo.

Mi sollevai per tentare di tirarmelo addosso e soffocare la conversazione in qualche rito di accoppiamento tribale, ma Scorpius eluse abilmente i miei tentativi, al che non mi restò che  tirarmi a sedere meditando vendetta.

« Non lo so, cosa dovrei pensare? » risposi seccamente.

Miseriaccia, non avevo proprio voglia di parlare. Era troppo chiedere la compagnia di qualcuno che mi tirasse su il morale un po' meglio di Mirtilla Malcontenta?

Scorpius scrollò le spalle, come a dire che in effetti la sua non era stata una domanda d'importanza particolarmente pregnante. Il che, nel suo linguaggio, significava esattamente il contrario. Il che, a sua volta, era un segno a dir poco pessimo.

« Te lo chiedevo solo per... » cominciò, per interrompersi subito dopo. Distolse lo sguardo e si sistemò nervosamente il nodo della cravatta. « Insomma, sai, la storia degli AntiBabbani e di tutto il resto. Era da un po' che volevo parlartene e visto quello che è successo negli ultimi giorni... »

Oh, perfetto. Non chiedevo di meglio.

D'altronde, dopo che Messer Potter e Messer Höhmann mi avevano frantumato organi riproduttivi non appartenenti al mio genere per tutta la mattina, mi sembrava naturale che Messer Malfoy non volesse essere da meno. E difatti Messer Malfoy scelse d'interpretare il mio silenzio (che, per la cronaca, era un semplice astenermi dall'ingiuriarlo per colpe non del tutto sue) come un invito a proseguire.

« Tu... tu non credi che io sia coinvolto, vero? » chiese a bruciapelo.

Mi trattenni dal rispondergli come avrei voluto solo perché ero piuttosto conscia di essere troppo psicolabile per potermi comportare da persona civile, quel giorno. Miseriaccia, avevo intuito che si trattasse di una tragedia, ma non pensavo che sarebbe partito in quarta con delle seghe mentali così colossali. Soprattutto, non quando io avevo tutti i motivi per farmene di ben peggiori sullo stesso argomento (attività nella quale, tra l'altro, mi stavo impegnando con gran zelo).

Gli lanciai un'occhiata vagamente ostile: Scorpius era seduto su un angolo del letto e al momento pareva che la sua principale occupazione consistesse nel trucidarsi le dita in attesa di una mia risposta. Era ordinato e curato come sempre, ma notai che aveva appuntato la spilla di Prefetto un po' più in vista del solito e che si era pettinato i capelli con cura, tracciando una netta linea laterale (doveva aver usato del Magigel per tenerli al loro posto). Il tutto, nell'insieme, era un chiaro sintomo del suo periodo premestruale maschile, o comunque lo si volesse chiamare.

Stupendo, davvero stupendo.

Già ero una frana a consolare la gente, ma se poi ci si aspettava anche che lo facessi dopo aver passato mezzo pomeriggio a piangere nel bagno di Mirtilla Malcontenta...

Sospirai, cercando con scarsa convinzione di apparire una fidanzata amorevole e rassicurante. (Cosa che non mi riusciva nemmeno in condizioni normali, figurarsi quali possibilità di riuscita potevo avere in quelle condizioni pietose.)

« Certo che non penso che tu sia coinvolto nella storia degli AntiBabbani! » esclamai, sforzandomi di simulare una passione oratoria che non possedevo assolutamente. « Perché dovrei? »

A giudicare dall'espressione depressa di Scorpius, i miei tentativi naufragarono in modo più plateale del Titanic. Dopo essersi sistemato il sistemabile sulla divisa già perfettamente in ordine, Scorpius tossicchiò e insistette: « Ma credi che qualcuno potrebbe pensarlo? »

« No » mentii, e per buona misura mi stampai in faccia il sorriso stitico più convincente che avessi nel repertorio. 

In fondo era una bugia a fin di bene, avevo tutto il diritto di raccontargliene una, viste le circostanze attenuanti. In ogni caso le mie intenzioni dovettero risultare piuttosto palesi, visto che Scorpius scosse la testa e grugnì: « Lo credi davvero o lo dici solo per tirarmi su di morale? »

Eh, ma che depresso complicato! Ovvio che lo dico per tirarti su il morale, cosa accidenti dovrei fare sennò? Riderti in faccia?

Aprii la bocca per dirgli che no, ma come gli era venuta in mente una cosa del genere, avrei mai potuto mentirgli su una cosa del genere? Ma prima che potessi fare sfoggio delle mie doti di attrice lui aggiunse: « Sai, ogni tanto ho l'impressione che la gente mi giudichi per quello che hanno fatto i miei genitori ».

« Benvenuto nel club » borbottai, a voce troppo bassa perché potesse sentirmi.

Scorpius sospirò e si passò una mano sul volto, che nella luce spettrale dei dormitori di Serpeverde appariva pallido come quello di un fantasma.

« La verità è che non so come comportarmi, Rose. Non ho mai dovuto fare i conti sul serio con il cognome che porto, perché non mi sono mai trovato coinvolto in una situazione del genere, mentre adesso, dovunque mi volti, mi sembra che la gente mi squadri e mi giudichi... A volte penso quasi che abbiano paura di me, che non vogliano parlarmi, che non si fidino. È come se... come se fossi stato anch'io un... un Mangiamorte, e mi sento quasi in colpa... »

« Ma tu non hai fatto niente » osservai stupidamente.

« Lo so, ma... » Scorpius aprì e richiuse la bocca un paio di volte, come se non trovasse le parole adatte per esprimersi, o come se non sapesse nemmeno lui cosa voleva farmi capire. Alla fine chiese: « Se fossimo ancora al quinto anno e non ci sopportassimo, tu sospetteresti di me? »

« No ». Sì. « Insomma, lo sanno tutti che sei un tipo a posto » mi affrettai ad aggiungere, sperando di suonare convincente almeno in minima parte.

Al diavolo, se non altro ci avevo provato. Scorpius si lasciò cadere con la schiena sul materasso.

« Forse sto solo impazzendo » constatò con aria depressa. « Ma davvero non riesco a togliermi dalla testa l'idea che mezza Hogwarts ce l'abbia con me in questo momento ».

Mi limitai a fissarlo in silenzio, senza sapere cos'altro dire.

Vuoi la verità? Sì, probabilmente qualcuno pensa che tu sia un Mangiamorte brutto e cattivo visti i precedenti della tua famiglia, ma tu sai che non hai fatto niente e quindi pace, bene, fattene una ragione e vivi felice. Non mi sembra una tragedia così grande.

Cosa accidenti avrebbe fatto se qualcuno si fosse aspettato da lui che salvasse il mondo magico? Si sarebbe buttato giù da un ponte? 

Uomini. Pensano sempre di essere gli unici ad avere dei problemi.

Cominciai a sentirmi in colpa per quei pensieri nel momento stesso in cui li formulai, ma per quanto sapessi bene cosa voleva dire avere un cognome ingombrante non riuscii a impedirmi di bollare le sue preoccupazioni con sarcasmo e con una discreta dose di fastidio. Forse in un altro momento lo avrei potuto capire – o forse no, in fondo la mia famiglia non era mai stata dalla parte sbagliata – ma avevo già abbastanza gatte da pelare anche senza contare il suo allevamento di soriani troppo cresciuti. Doversi preoccupare contemporaneamente per i problemi di una Weasley sopravvalutata e di un Malfoy malgiudicato era davvero troppo per chiunque, figurarsi per la mia fragile psiche di adolescente in perpetua crisi d'identità. E poi, almeno, da lui non ci si aspettava che svelasse il mistero degli AntiBabbani e salvasse il mondo: al posto suo sarei stata ben contenta di venir etichettata come Mangiamorte, se in cambio Höhmann e Albus mi avessero lasciata in pace.

Mi distesi sul letto accanto a lui e gli strofinai il naso sulla guancia, cominciando a rendermi conto di quanto la depressione potesse essere contagiosa. Miseriaccia, pensavo che i nostri problemi di coppia derivassero dal fatto che io ero Rose-sono-una-testa-di-cazzo e lui Scorpius-sono-un-secchione-snob, o al massimo da Tessa-me-lo-sarò-scopata-oppure-no?, ma non avevo mai pensato che la vecchia questione dei cognomi potesse costituire un ostacolo serio (a parte per l'ovvio fatto che mio padre e suo padre non si potevano vedere). Invece, per la prima volta, ebbi la sgradevole impressione che tra noi due si frapponesse qualcos'altro, oltre ai nostri soliti problemi da adolescenti imbranati. Qualcosa di molto più grande e più antico di noi, come una barriera magica che si faceva più forte e spessa man mano che a Hogwarts la situazione peggiorava.

Mi strinsi forte a lui, colta da un'improvvisa e insensata paura di perderlo. 

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Capitolo 11
*** Problemi di ordinaria amministrazione ***


Capitolo 9

Problemi di ordinaria amministrazione

 

Credo di essermi già lamentata profusamente dei miei problemi di coppia, dei peli che ricrescono nonostante cerchi di imparare l'incantesimo per debellarli da due anni a questa parte, dell'assenza di Nutella nelle cucine di Hogwarts e di vari altri problemi di portata cosmica che comunque non vano dimenticati. Quindi contate come se mi fossi lamentata di tutto ciò anche in questa circostanza.

Ma c'è una cosa in particolare di cui mi preme lamentarmi questa volta, e credo sia giusto dedicarle lo spazio sufficiente. Trattasi dell'esistenza di alcuni sgradevoli individui – altresì conosciuti come “amici” nel gergo comune – che si sentono in diritto di metter bocca in qualsiasi tipo di problema tu abbia, convinti per giunta che sia anche tuo preciso dovere ascoltarli e seguire i loro consigli alla lettera. Perché loro, naturalmente, lo fanno per il tuo bene. Anche se ti fracassano organi non propri del tuo genere e così facendo ti inducono al suicidio, loro lo fanno per il tuo bene.

Ecco, visto che generalmente è piuttosto difficile convincere tali individui che se volessi uno psicologo ne pagheresti uno vero, il mio consiglio è questo: se avete problemi di coppia, non fateglielo sapere. Anzi, se formate una coppia in generale non fateglielo sapere. Fingete che il vostro ragazzo sia un cugino finlandese venuto a trovarvi per uno scambio culturale, o qualcosa del genere. Insomma, inventatevi quello che volete, ma – per le più sudicie mutande di Merlino – tenete la vostra vita di coppia lontana da quegli individui.

A meno che non vogliate un ottimo pretesto per rompere con il cugino finlandese, ovviamente.

 

***

 

Evidentemente non era destino che io e Scorpius riuscissimo a risolvere i nostri problemi di coppia. Lo sospettavo già da tempo, ma ne ebbi la definitiva conferma in quella mattina di fine febbraio, quando entrai in Sala Grande con tutte le migliori intenzioni di farmi perdonare per non aver dato sufficiente corda alle sue seghe mentali la sera prima. Il che sarebbe stato perfetto, se non fosse che Scorpius non c'era. Ed ero io quella che arrivava in Sala Grande cinque minuti prima che iniziassero le lezioni, con la camicia abbottonata nelle asole sbagliate e un tema di Erbologia da finire (o, laddove possibile, copiare spudoratamente).

Lanciai la borsa sotto alla panca e mi sedetti al tavolo di Serpeverde, dove Albus stava sfogliando la Gazzetta del Profeta con aria assorta. Lo salutai con uno sbuffo e in risposta ottenni un grugnito alquanto poco amichevole.

Bene, vedo che siamo sulla stessa lunghezza d'onda.

Tirai fuori la bacchetta ed appellai la caraffa di succo di zucca con un « Accio! » che si sentì fin dall'altra parte della Sala Grande, incurante dell'espressione allibita del ragazzino a cui l'avevo appena fatta schizzare via dalle dita, rovesciandogliene buona parte sulla divisa.

« Buongiorno a te, Rose » commentò Mortimer con una vena d'ironia che non contribuì particolarmente a rendermi più ben disposta nei confronti del prossimo.

Scoccai un'occhiataccia a lui e alla sigaretta che stava rollando, poi arraffai una fetta di pane tostato e cominciai a masticarla con ferocia. Gli effluvi di rabbia che si sprigionavano dalla mia scontentissima persona dovevano essere così tangibili che persino Marshall, seduto a qualche posto di distanza in compagnia di alcuni ragazzi del settimo, si voltò verso di me per dire: « Bella giornata, no? »

« Meravigliosa » sillabai, sputacchiando toast sulla tavolata. « Dov'è Scorpius? »

Albus scrollò le spalle e mi assestò una gomitata nelle costole per ricavarsi lo spazio necessario a voltare pagina, quindi tornò ad essere assorbito completamente dalla lettura del giornale. Mortimer, dimostrandosi altrettanto inutile e disinformato, rispose che non lo vedeva dalla sera prima e poi annunciò che sarebbe uscito nel parco a fumare una sigaretta prima che cominciassero le lezioni. Marshall batté una pacca sulla spalla del Caposcuola di Serpeverde e disse che se i Falcons avessero vinto avrebbe invitato Mirtilla Malcontenta ad un appuntamento romantico, al che – non capii bene secondo quale nesso logico – Serena Mayfair si sporse verso di lui dalla parte opposta del tavolo e gli chiese: « Perché la Weasley sta qua? »

Cominciai a masticare il mio toast più rumorosamente. Il ragazzino a cui avevo sottratto la caraffa di succo di zucca mi lanciò uno sguardo di superiorità e si versò del tè. Albus allungò una mano alla cieca verso il tavolo e prese una tazza a caso – tazza che si rivelò essere quella in cui il suo vicino, guardandomi male, si era appena versato il tè. Il ragazzino fece scorrere uno sguardo scandalizzato da me ad Albus, quindi si alzò e andò a sedersi all'angolo opposto della tavolata.

Proprio quando stavo iniziando a chiedermi cosa ci facessi di preciso seduta lì, Albus sbatté il giornale sul tavolo e sbottò: « Che diavolo, non scrivono niente di niente! »

« Niente di niente a proposito di cosa? » chiesi, lieta di avere un nuovo scopo nella vita che giustificasse la mia presenza al tavolo di Serpeverde.

Albus mi lanciò uno sguardo accigliato, poi si strinse nelle spalle e rispose: « Ah, Rose, cosa ci fai qui? Comunque leggi qua sotto ».

Sorvolai pietosamente sul fatto che ero seduta accanto a lui da svariati minuti e che gli avevo pure rivolto la parola (o quasi, insomma), e mi chinai per leggere l'articolo che mi stava indicando. Si trattava di un trafiletto a fondo pagina a proposito di un incontro tra il Ministro della Magia e il Primo Ministro Babbano, tenutosi il giorno precedente, e in effetti l'unica parte rimarchevole dell'articolo era che non diceva assolutamente niente, a parte che l'incontro (a proposito di cosa non era dato saperlo) si era concluso positivamente.

« Mh » commentai, incerta su quale sarebbe dovuta essere la mia reazione in proposito. « E quindi? »

Albus alzò gli occhi al cielo in modo quantomai plateale.

« Certo che bisogna proprio spiegarti tutto » sbuffò. « Ti ricordi di cosa parlavano mio padre e Draco, dopo l'episodio degli aerei Babbani? »

Sinceramente, di quell'episodio ricordavo solo che Albus mi aveva Silenziata e che Harry aveva steso Draco con un Petrificus Totalus. Inarcai le sopracciglia, cercando di conferire alla mia ignoranza un aspetto il più possibile dignitoso.

Albus, forse impietosito dai miei sforzi di non sembrare una totale demente, scosse la testa e procedette ad erudirmi: « Parlavano di una questione diplomatica molto delicata tra maghi e Babbani. Draco sembrava sicuro che la cosa potesse sfociare in un conflitto e ha accusato mio padre di voler insabbiare tutto a scapito della sicurezza della Comunità Magica. E ora guarda qua » concluse, picchiettando il dito con aria significativa sulla Gazzetta del Profeta.

« Sì, beh » commentai, ficcandomi in bocca la prima cosa commestibile che trovai sul tavolo. « Evidentemente hanno risolto, qual è il problema? Insomma, è stato mesi fa e non è ancora successo niente, quindi... »

« Questo ti sembra niente? » mi interruppe Al, che nella foga di sventolarmi davanti agli occhi l'articolo riuscì a ficcarmi in bocca un angolo del giornale.

Sputacchiai pezzi di bacon e di carta, sotto agli sguardi schifati di tutta la tavolata. Una ragazzina seduta di fronte a me spintonò l'amica per allontanarsi il più possibile, mentre il suo vicino di posto lanciò un Protego sulla propria colazione.

Albus approfittò del vuoto creatosi per aprire il giornale sul tavolo e tornò alla carica: « L'ultimo incontro ufficiale tra il Ministro della Magia ed il Primo Ministro Babbano è stato dopo la caduta di Voldemort, venticinque anni fa, e se n'è discusso per mesi sui giornali. Bisognava decidere cosa raccontare e cosa non raccontare ai Babbani, come spiegare le morti e le sparizioni e tutto il resto. Un incontro tra il nostro Ministro e quello dei Babbani è un evento che succede solo in casi eccezionali, e loro ci scrivono sopra soltanto un trafiletto che non dice assolutamente niente? Tra l'altro, guarda caso, tutto questo succede proprio mentre a Hogwarts, dopo decenni, si ricomincia a parlare di razzismo? È ovvio che c'è qualcosa sotto e che al Ministero stanno facendo di tutto per non renderlo pubblico ».

Ed ecco a voi le teorie complottiste di Albus Potter, signore e signori.

Scossi la testa e mi versai dell'altro succo di zucca, sperando che se l'avessi ignorato abbastanza a lungo si sarebbe stufato di quella storia.

« Albus, tu da grande devi fare il politico » mi limitai a commentare. Poi mi appropriai del giornale e cominciai a cercare la sezione sportiva, tanto per mettere in chiaro che, se anche c'era qualche problema con i Babbani, ritenevo comunque più interessante il risultato dell'ultima giornata di campionato. Mentre sfogliavo il giornale, tuttavia, lo sguardo mi cadde sul titolo di un lungo articolo nella sezione di attualità e cultura.

 

LA LEGGE SU MAGHINÒ: UN PROVVEDIMENTO NECESSARIO?

Intervista con l'ordine di Merlino di Seconda Classe e Membro del Wizengamot Albrecht Mayfair

 

Sotto il titolo campeggiava la foto di un uomo con i capelli grigi, di un'età indefinibile tra i settanta e gli ottant'anni, che indossava un lungo cappotto elegante, abbottonato fin sotto al mento, e sorrideva all'obiettivo con la tipica aria convincente dei politici in carriera.

Lanciai uno sguardo di sottecchi a Serena, alla ricerca di eventuali somiglianze con l'uomo nella foto.

« Questo è un parente delle Mayfair? » chiesi.

« Sì, è il nonno » rispose Albus. « Non lo sapevi? È un membro di spicco del Wizengamot e finisce spesso sui giornali ».

« Ah » commentai, scorrendo velocemente le prime righe dell'articolo.

Da quello che capii, si parlava di un emendamento alla legge per la regolamentazione dei rapporti dei Maghinò con la Comunità Magica, emendamento di cui Mayfair era uno dei principali sostenitori.

 

Molti dei nostri Maghinò” scriveva l'articolista, citando le parole di Mayfair, “scelgono di restare in seno alla Comunità Magica, ma ve ne sono alcuni che preferiscono costruirsi una vita tra i Babbani, ed è specialmente per via di questi che si è resa necessaria una modifica alla precedente legge sui Maghinò. Dopo l'ultima guerra, i rapporti con la comunità Babbana sono variati, e un numero sempre più alto dei nostri Maghinò è attivamente integrato nella società Babbana. Si rende perciò necessaria una legislazione meno permissiva, che imponga a questi individui di operare una chiara scelta tra una comunità e l'altra, per il bene e la sicurezza di entrambe, e soprattutto per una più accurata osservanza dello Statuto di Segretezza. Come noi Maghi viviamo nella nostra comunità senza interferire con quella Babbana, infatti, è necessario che i Maghinò decidano in quale comunità vogliono vivere, senza interferire con l'altra”.

 

Voltai pagina storcendo il naso.

« Sembra il tipico politico stronzo e razzista » osservai.

Albus fece per dire qualcosa, ma prima che potesse aprir bocca fu interrotto dall'arrivo di Calvin, che ci salutò entrambi con un dei suoi soliti sorrisi smaglianti.

« Ciao, ragazzi, come va? »

Dovetti ammettere che, per gli sguardi assassini che ottenne in risposta a quella domanda, fu molto coraggioso da parte sua continuare a sorridere come se niente fosse. E come se Albus non stesse per porre fine alla breve vita di colui che, dopo avergli rovinato la media in Pozioni, osava pure rivolgergli la parola.

« Ok, non sembra un buon momento » constatò Calvin, dimostrando un insperato sprazzo di acume e di capacità deduttiva.

Albus lo affattura fra tre, due, uno...

« Comunque sono solo venuto per riportarti questo » aggiunse Calvin, porgendo ad Albus quello che aveva l'aria di essere un maglione piegato alla meno peggio. « L'hai dimenticato ieri sera ».

No, aspetta un secondo... che cosa?!

Albus arrossì in modo così eclatante che nemmeno un Metamorfomago avrebbe saputo fare di meglio.

« Oh... » borbottò, affrettandosi a far sparire il maglione. « Uhm... grazie... »

Calvin gli strizzò l'occhio con l'aria complice di chi ha in mente qualcosa di assolutamente sporco e assolutamente poco casto.

« Di niente. Allora, ci vediamo stasera? »

« Sì, ehm... a dopo... » balbettò Albus con voce così flebile che dovetti praticamente leggergli il labiale per interpretare le sue parole.

Calvin gli rivolse un ultimo sorriso ammaliante e quindi (riservandomi la stessa attenzione di cui avrebbe degnato una cacca di gufo) si diresse verso il tavolo di Grifondoro, seguito dagli sguardi inferociti della fauna femminile di tutte e quattro le Case. Albus scivolò più in basso sulla panca, probabilmente nella speranza di riuscire a sparire sotto il tavolo prima che io mi voltassi ed esclamassi: « Oho! E così hai una tresca con Calv... »

« Shhhht! »

Non ebbi nemmeno il tempo di terminare la frase, che Albus mi era già balzato addosso per tapparmi la bocca con una fetta di pane tostato.

« Che cavolo, Al... » tossii, sputacchiando pezzi di pane sulla zona di tavolo ormai deserta che ci circondava.

Per tutta risposta mio cugino mi afferrò per il cravattino e mi costrinse ad abbassare la testa al livello del tavolo, dove mi trovai a fronteggiare il suo sguardo assassino.

« Non ho una tresca con nessuno, ok? » sibilò. Poi, guardandosi attorno con circospezione, aggiunse: « Stiamo solo facendo un progetto di Pozioni per Blaster, e se provi a dirlo a qualcuno sei morta ».

Mi liberai dalla sua presa per potergli scoccare un'occhiatina sarcastica da una distanza relativamente sicura. Quindi, una volta assicuratami che non avesse oggetti pericolosi a portata di mano, commentai: « Aha. Certo, niente di strano. Tu e Calvin che fate un progetto di Pozioni. Assieme. E tu per caso dimentichi il maglione. Mi sembra logico ».

« Dico sul serio » insistette Al, rivolgendomi uno sguardo così inquietante che ritenni doveroso quantomeno fingere di credergli. « Mi serve per rimediare al voto che mi ha fatto prendere quell'idiota ».

Sollevai le mani in segno di resa.

« D'accordo, come vuoi tu ».

« Sul serio. Ora devo andare » annunciò Albus, e si alzò precipitosamente.

Raccolse le sue cose in fretta e se ne andò senza nemmeno lasciarmi il tempo di fargli notare che mancavano ancora dieci minuti all'inizio della prima ora, o che metà della sua colazione era rimasta intatta nel suo piatto. Si voltò solo quando ormai era giunto a metà della Sala Grande e, facendomi segno che mi teneva d'occhio, sibilò: « Sul serio! »

Scossi la testa e tornai a dedicarmi alla mia colazione, mentre Serena Mayfair mi lanciava un'occhiataccia e si sporgeva per sussurrare qualcosa all'orecchio di uno dei Battitori di Serpeverde, che sogghignò e fece scrocchiare le dita delle mani. A qualche metro di distanza, anche Alexa Mayfair aveva cominciato a guardarmi con insistenza.

Mollai la fetta di pane mezzo imburrata sopra un piatto di pancakes e afferrai la borsa.

« D'accordo, ho capito, me ne vado! » sbottai.

 

***

 

Scorpius non si fece vivo per tutta la lezione di Incantesimi, né ebbi notizie di lui durante le successive ore della mattina. Quando giunse l'ora di pranzo e non lo vidi neanche in Sala Grande, mi convinsi che fosse recluso in infermeria con una qualche forma inguaribile di Spruzzolosi, o che fosse stato rapito e successivamente sbranato da uno degli animali da compagnia di Hagrid.

Mangiai in fretta, senza rivolgere la parola praticamente a nessuno, e poi andai a cercarlo in infermeria e in biblioteca, ma tutto ciò che riuscii a scoprire in tal modo fu che l'orario per le visite ai malati era di pomeriggio e che se dovevo fare tutto quel chiasso potevo andare a farlo nell'ufficio della McGranitt, anziché in biblioteca. Provai addirittura a cercarlo nella Sala Comune di Serpeverde, ma gli schifosi avevano appena cambiato la parola d'ordine e nessuno degli studenti che incrociai per strada si degnò di rivelarmela.

Alla fine, preoccupata come nonna Molly in uno dei suoi momenti di peggiore isteria, feci addirittura irruzione nell'ufficio della capocasa di Serpeverde, la professoressa di Incantesimi, per sapere se fosse successo qualcosa a uno dei suoi studenti. Ovviamente, rimediai solo un commento sarcastico sulle castronate che avevo scritto nell'ultimo tema per casa e cinque punti in meno a Grifondoro per non aver bussato prima di entrare.

Entro le tre meno dieci, la mia preoccupazione si era tramutata in un radicato senso di depressione e di profonda inutilità, perciò abbandonai le ricerche e mi trascinai verso i sotterranei, dove si sarebbe tenuta la prossima lezione. Neanche a dirlo, fu allora che il destino ritenne opportuno farmi imbattere nel mio ragazzo disperso e forse malato o in pericolo di vita. Senonché non sembrava per niente malato o in pericolo immediato, e nemmeno tanto disperso a giudicare dal balzo sicuro con cui sgusciò fuori dal passaggio delle cucine, subito seguito da Tessa.

Tessa. Grrrrrr...

« Wow » stava dicendo Scorpius. « Non sapevo che i Prefetti avessero il permesso di entrare nelle cucine... »

« Sì, beh » rispose Tessa, rivolgendogli un sorrisino per cagion del quale meditai sottoporla alle torture più oscene. « Tecnicamente non ce lo abbiamo, ma dovevamo pur pranzare ».

E certo che dovevate. Non è come se la tua ragazza ti avesse cercato per tutto il castello, convinta che ti fosse capitato qualcosa di terribile.

Mi appoggiai al muro sbuffando, in attesa che Adultero 1 e Stronza 2 si accorgessero della mia presenza. Scorpius continuò a ignorarmi platealmente, ma in compenso rivolse a Tessa un sorriso che con una ragazza più gelosa di me gli sarebbe valso come minimo l'evirazione.

« Grazie per essere rimasta con me, Tessa ».

« Ma figurati. Gli amici servono a questo, no? E poi con chi volevi parlarne, con Rose? »

Non mi sfuggì il tono sarcastico con cui Tessa pronunciò il mio nome, né tantomeno la smorfia ironica che si dipinse sul volto di Scorpius a quelle parole.

« Merlino, penso che Rose... »

Non appena mi vide si affrettò a richiudere la bocca con un'espressione di colpevolezza talmente palese che non ebbi nemmeno bisogno di guardarlo troppo male per farlo trasalire.

« R-Rose... » balbettò.

« Rose cosa? » lo incalzai con voce affabile. « Avanti, finisci pure la frase. Sono curiosa di sapere cosa ne pensi di Rose ».

Scorpius deglutì a vuoto un paio di volte.

« I-io... Non è come pensi, ok? »

Oh, ti prego. Non è come pensi?

Alzai gli occhi al cielo: sinceramente non pensavo che saremmo caduti così in basso da arrivare al livello del “non è come pensi”. Per un attimo fui quasi sul punto di urlargli che era un idiota e dare inizio alla sfuriata del secolo, visto che probabilmente era anche molto peggio di quanto pensassi, ma poi il briciolo di dignità che mi restava mi suggerì di lasciar perdere, così mi limitai a scrollare le spalle e dissi: « Io non penso proprio niente. Comunque vado a lezione, divertitevi ».

E me ne andai con il naso per aria (imboccando il corridoio sbagliato), nella miglior simulazione di contegno aristocratico di cui fossi capace (inciampando su un gradino).

 

***

 

Ci misi più o meno due minuti e mezzo per passare dal “sono una persona adulta e matura e non faccio scenate” al “la dignità vada a farsi fottere, lo odio”. Di conseguenza, poiché alzarmi nel bel mezzo della lezione e appenderlo per le palle al lampadario sarebbe stato alquanto sconveniente, e poiché farlo in qualsiasi altra circostanza sarebbe stato comunque illegale (soprattutto se associato al logico e conseguente omicidio di Tessa), decisi che per il momento gli avrei semplicemente tolto il saluto. Ma solo nell'attesa che Mort mi procurasse una pistola Babbana non registrata.

Alla fine della lezione raccolsi la pergamena intonsa e ficcai le mie cose nella borsa, di malumore per Scorpius, per la pioggia incessante e per l'allenamento serale che James comunque non mi avrebbe permesso di saltare. Oh, e anche perché non avevo capito assolutamente nulla delle lezioni di quel giorno, se non che ci avevano sommersi di compiti per il fine settimana.

Che bella giornata.

Mi lanciai la borsa sulle spalle e marciai verso l'uscita, imprecando mentalmente. Quando Scorpius mi intercettò e mi si affiancò con tutta l'aria di volermi propinare una storia credibile per scusarsi, passai al turpiloquio verbale.

« 'Cazzo vuoi? »

« Rose, senti... »

Gli tirai una spallata per farmi largo nel corridoio e cominciai a marciare risoluta verso la mia meta. Che al momento non sapevo esattamente quale fosse, ma, beh, di sicuro era lontana anni luce dal mio ragazzo.

Scorpius mi rincorse, seguito dagli sguardi di tutti i nostri compagni di classe. Udii distintamente una mia compagna di dormitorio sussurrare alla vicina: « Te lo avevo detto io che si mollavano », così come sentii distintamente lo sguardo penetrante di Albus puntato sulla nuca.

« Possiamo evitare di parlarne qua? » sibilai.

« D'accordo. Andiamo in camera mia » tagliò corto Scorpius, facendomi strada verso i dormitori di Serpeverde.

Evitai di chiedergli se aveva fatto la stessa proposta anche a Tessa solo perché ero certa che Albus avesse un udito abbastanza sviluppato da sentirci anche a quella distanza.

Quando arrivammo nel dormitorio maschile del sesto anno, gettai la borsa sul letto di Scorpius senza alcun ritegno e mi tolsi le scarpe, avendo cura di farle finire “accidentalmente” nello stesso posto.

Contai mentalmente fino a tre per dare a Scorpius il tempo di spiegarsi in extremis. Poi, spazientita, sbottai: « Allora? Sei tu che volevi parlare, no? »

« Sì, io... » Scorpius gettò un'occhiata disgustata alle mie scarpe e le spostò dal letto con un colpo di bacchetta. Poi, riservando anche a me lo stesso sguardo, disse: « Beh, mi lusinga molto sapere che non ti fidi minimamente di me ».

Oh, certo, ora la vittima era lui. Che insensibile da parte mia offendermi per quell'inezia, ignorando del tutto i suoi sentimenti feriti. Alzai gli occhi al cielo.

« La tua migliore amica è la tua ex, e sparite assieme negli anfratti del castello » gli feci notare, facendo del mio meglio per suonare sgradevole. « Per quanto mi risulta, farsi un paio di domande è più che lecito. O vuoi dirmi che saltare le lezioni e nasconderti in cucina con le tue amiche è una cosa normale, per te? Perché sai, in tutti questi mesi questa tua abitudine deve proprio essermi sfuggita ».

E sì, d'accordo, magari volevo litigare. Come succedeva più o meno ogni volta che mi trovavo nel raggio di dieci metri da Scorpius, ultimamente. Il problema era che più ci litigavo, più restavo insoddisfatta e più mi veniva voglia di litigare per chiarire meglio la mia posizione e costringerlo a convenire che avevo ragione. Ragione su di noi, su Tessa, sul fatto che ero io la vittima e lui quello che si era fatto una vita sessuale a quindici anni, o... D'accordo, avere ragione proprio su tutto magari era un po' pretenzioso, ma in quella determinata circostanza era innegabile che avessi ragione da vendere.

Indi per cui, ovviamente, Scorpius pensò bene di negarlo.

« Rose, senti » sospirò. « So che ultimamente non facciamo altro che litigare e che Tessa non ti piace, ma non sono io quello che sta facendo di tutto per non far funzionare le cose, tra di noi ».

No, certo, diamo la colpa a Rose. È sempre colpa di Rose, che domande. Ehi, a proposito, hai sentito di quel ponte che è crollato in Sudafrica? Secondo me è colpa di Rose.

Mi sedetti sul suo letto, avendo cura di posare i calzini sporchi sul cuscino, e commentai: « Quindi speri di convincermi che tu e Tessa non avete fatto niente accusandomi dei vari mali del mondo? È una strategia originale, se non altro ».

Scorpius si ficcò le mani tra i capelli e mi voltò le spalle (probabilmente per non dover vedere le atroci torture a cui stavo sottoponendo il suo cuscino).

« Potresti evitare di distruggermi il letto, se non ti dispiace? » esclamò infatti. « E comunque non ti sei chiesta se avessi un motivo vagamente più serio che tradirti per saltare le lezioni? »

No, d'accordo, dov'è la bacchetta?

« Ti ho cercato per tutta la mattina, se ti interessa saperlo! » replicai, prendendo a calci il cuscino per sfogare la frustrazione. « E sì, ero preoccupatissima e pensavo che qualcuno ti avesse rapito o ammazzato o che fossi malato e ti avessero trasportato d'urgenza al San Mungo. Ma poi ti ho visto con Tessa e scusami tanto se sono saltata alla conclusione più ovvia! »

La fronte di Scorpius si corrugò e per un attimo pensai che fosse sul punto di rispondermi a tono, ma poi scosse la testa e si sedette sul letto accanto a me, spostandomi i piedi dal cuscino con un gesto delicato ma deciso.

« Mi dispiace di averti fatta preoccupare » disse. « È stata una giornata schifosa, ecco tutto. Non volevo finire a litigare con te ».

Rimasi in silenzio, aspettando che cominciasse a spiegarmi perché avesse saltato le lezioni e – cosa di cui mi importava ben di più – perché diavolo avesse ritenuto di farlo in compagnia di Tessa. Quando però fu chiaro che non aveva la minima intenzione di farlo, non potei trattenermi dallo sbottare: « Beh, e allora? Posso sapere cosa ti è successo di tanto terribile o è un segreto di stato? »

Scorpius si passò le mani sul volto, come faceva la sera quando era stanco morto ma voleva finire di scrivere un tema particolarmente noioso, ed annuì con un sospiro.

« Sì, scusa. Sono stanco, è stata una giornata... »

« ...Schifosa, me l'hai già detto » completai per lui, addolcendo un po' il tono.

Per quanto vederlo in compagnia di Tessa mi facesse dare di matto, una parte di me sapeva bene che aldilà dei malintesi Scorpius non mi aveva mai dati seri motivi per dubitare di lui. Era solo che... sì, insomma, ultimamente le cose tra di noi andavano così male che avrei avuto paura di perderlo anche senza che Tessa gli ronzasse attorno in quel modo.

Sollevai le gambe dal copriletto e mi sistemai in una posizione più decente, appoggiando i piedi sul tappeto verde opaco che ricopriva il pavimento. Scorpius prese atto di quel gesto con un microscopico cenno del capo e poi, reprimendo una piccola smorfia, cominciò a raccontare: « È cominciato tutto questa mattina, mentre stavo salando in Sala Grande per la colazione. Sono stato fermato nella Sala d'Ingresso da quel tizio del Ministero, quello del Comitato della Memoria... Montgomery, o come diavolo si chiama. Mi ha detto che voleva vedermi per discutere di alcune cose, e quando gli ho chiesto se potevo andare a fare colazione mi ha risposto che era meglio che non parlassi con nessuno nel frattempo e ha insistito perché lo seguissi subito. Mi ha fatto aspettare in un'aula vuota per quasi un'ora, poi sono entrati lui e l'altra strega del Ministero e hanno cominciato a farmi strane domande. All'inizio mi hanno offerto del tè e mi hanno chiesto come va a scuola, chi sono i miei amici, cosa faccio nel tempo libero e cose del genere. Hanno anche insistito molto perché parlassi loro della mia famiglia e del mio nonno paterno. All'inizio non capivo dove volessero andare a parare, ma poi hanno cominciato a farmi domande sempre più specifiche sui Mangiamorte e sulle mie idee politiche e sui Nati Babbani... Io continuavo a ripetere che non ho nulla a che fare con gli AntiBabbani e non ho nemmeno idea di chi siano, ma loro mi facevano sempre delle altre domande ed era chiaro come il sole che non mi credevano... »

La sua voce s'incrinò e mi accorsi, con una fitta di sensi di colpa misti a un indefinibile malessere, che stava tremando come una foglia. Mi avvicinai di più a lui, ma non ebbi il coraggio di prenderlo per mano o di abbracciarlo.

« Mi hanno tenuto là dentro per più di due ore » continuò Scorpius, tenendo lo sguardo fisso sul pavimento come se il peso di tutte le accuse che gli avevano mosso gli gravasse davvero sulle spalle. « Alla fine, prima di congedarmi, Montgomery mi ha preso da parte e mi ha detto, testuali parole: “Potrà anche avere la reputazione dello studente modello all'interno di queste mura, signor Malfoy, ma noi non dimentichiamo ciò che ha fatto la sua famiglia. Io ho perso tutti i miei amici più cari nella guerra, e se pensa che permetterò a un gruppo di ragazzini che non hanno idea di quello che fanno di inneggiare al razzismo impuniti, si sbaglia di grosso. Lei crede di essere intoccabile, signor Malfoy, non è vero? Crede che la sua buona reputazione la terrà al riparo dalle accuse, ma si dovrà rendere conto che quello che lei e i suoi amici avete fatto non resterà all'interno di Hogwarts, dove potete essere protetti e scusati in quanto ragazzini. Quello che ha fatto è grave, e se continuerà su questa strada è solo questione di tempo prima che ci siano delle pesanti ricadute penali.” »

Quando Scorpius tacque, il silenzio nel dormitorio sembrava essersi fatto più pesante e sgradevole.

Strofinai i piedi sul tappeto, a disagio: ricordavo bene come mi ero sentita un avanzo di galera, quando la McGranitt era venuta a parlarmi della faccenda degli AntiBabbani, e solo per dirmi di starne fuori e non fare l'eroina Grifondoro. Se fossi stata convocata in un'aula deserta dai due tizi del Ministero, come era successo a Scorpius, probabilmente avrei finito per scoppiare in un pianto isterico pregandoli di non arrestarmi per quella volta che avevo costretto mio fratello ad ingoiare una Pasticca Vomitosa.

« Quindi credono che tu sia uno degli AntiBabbani » commentai, tanto per rimarcare l'ovvio.

Scorpius annuì.

« Già. È per questo che ero con Tessa, prima. Hai reso fin troppo che a te non interessa starmi a sentire mentre mi lamento per queste cose... E lo capisco, davvero » si affrettò ad aggiungere, scoccandomi un'occhiata vagamente preoccupata. « Anche tu hai una famiglia difficile da gestire, ma... Sì, insomma, avevo bisogno di parlarne con qualcuno ».

Fu il mio turno di annuire. In realtà lo avrei capito molto di più se fosse corso a nascondersi sotto il letto ed avesse fatto di tutto pur di non doverne parlare mai più – quello, almeno, era ciò che avrei fatto io – ma potevo capire il resto. La famiglia ingombrante, i pregiudizi, quell'orribile senso d'impotenza... Solo, non capivo che bisogno ci fosse di parlarne proprio con Tessa. Oh, beh, diciamo che il problema alla base di tutto era che non capivo come Scorpius potesse considerarla la sua migliore amica, quando persino Lord Voldemort avrebbe dovuto inchinarsi davanti alla sua stronzaggine.

« Quindi Tessa è una confidente migliore di me » constatai, atona.

« Sinceramente? » chiese Scorpius con voce altrettanto calma e fredda. « Sì ».

Già. Lady Theresa Von Voldemort MacMillan è una confidente migliore di te. Prendine atto, Rose.

Tornai a poggiare i piedi sul copriletto e mi circondai le ginocchia con le braccia. Non era mai stato un segreto che fossi brava a consolare la gente quanto lo era Mirtilla Malcontenta, eppure non riuscii a impedire che quella risposta così secca e onesta mi ferisse nel profondo. Forse perché ero la sua ragazza e avrei voluto che mi considerasse la persona migliore del mondo in tutto, compreso l'uncinetto e il bungee jumping, o più probabilmente perché si trattava di Tessa, la magnifica Tessa-ho-voti-più-alti-dei-tuoi-e-mi-sono-scopata-il-tuo-ragazzo-e-ora-sono-anche-una-confidente-migliore-di-te-Macmillan. Insomma, era troppo da sopportare per chiunque: se le cose stavano davvero così, l'unica domanda sensata da porsi era perché Scorpius stesse ancora con me invece di infrattarsi in qualche angolo del castello ad amoreggiare con Tessa... No, in effetti faceva già anche quello.

Che diavolo...

Per quanto tempo Scorpius e Tessa erano stati migliori amici? Giravano assieme dal terzo anno, quindi era da più di tre anni che si conoscevano bene. Mentre io e Scorpius ci parlavamo civilmente da meno di un anno, e anche così non passavamo il nostro tempo a bisbigliarci i nostri segreti e raccontarci delle rispettive seghe mentali. Era maledettamente ovvio che considerasse Tessa una confidente migliore di me, ma non riuscivo a farmene una ragione.

Mannaggia a Merlino, sono la sua ragazza! Dovrei anche essere contenta?

Per la prima volta da quando stavamo assieme, fui colpita da un pensiero molto sgradevole. Prima di potermi tappare la bocca, mi ritrovai a dire: « Ma io ti piaccio, almeno? »

Scorpius inarcò un sopracciglio, probabilmente chiedendosi se stessi scherzando o se fosse il caso di portarmi in Infermeria. Il che poteva anche essere considerato un buon segno, in quella determinata circostanza.

« Certo che mi piaci, Rose! » rispose, quando parve decidere che facevo sul serio.

« Sì, certo » borbottai.

Certo che gli piacevo – o almeno volevo sperare che fosse così – ma non era quello il punto. Ero sempre stata troppo presa da quello che provavo io per lui per preoccuparmi di chiedermi cosa provasse lui per me, ma ora mi sembrava così stupido non averci pensato prima. Perché avrei dovuto piacergli, in fondo? Cosa poteva mai trovarci in me, uno come lui? Era un tipo tranquillo, studioso, a cui piaceva starsene in pace per i fatti suoi con un buon libro, mentre io ero la solita giocatrice di Quidditch, mediamente carina e popolare, assolutamente sprovvista di voglia di studiare e del benché minimo barlume di maturità. Non vedevo cosa ci potesse trovare lui in una come me: di sicuro non mi ammirava per la mia intelligenza, né tantomeno per la mia cultura o per la mia sensibilità. Ma forse il punto era proprio quello: forse gli piacevo proprio perché ero la solita giocatrice di Quidditch mediamente carina e popolare, la solita stupida cotta adolescenziale. Magari non ci trovava assolutamente nulla di speciale in me, e non gli interessavo più di quanto gli sarebbe potuta interessare una qualsiasi delle mie compagne di squadra. Fatta eccezione per Meredith Bulstrode, ecco.

Al pensiero che Scorpius stesse con me per quel motivo sentii una dolorosa stretta allo stomaco. Non volevo essere solo quello, per lui. Non volevo essere la solita giocatrice di Quidditch.

Ma, giocatrice di Quidditch stupida o meno, su una cosa Scorpius aveva ragione: non avevo la minima voglia di sentir parlare degli AntiBabbani, e se anche ce l'avessi avuta non sarei stata capace di consolarlo e tirargli su il morale. Io ero brava solo a scappare dai miei problemi e fingere che non esistessero, figurarsi con quelli degli altri...

Sbirciai il volto teso di Scorpius e la linea dura delle sue labbra, serrate una sull'altra nell'espressione che assumeva quando c'era qualcosa che non andava e invece di sclerare preferiva fare l'incazzato silenzioso. La cosa bella di Scorpius era che aveva più o meno una sola espressione che si adattava ad ogni circostanza problematica della sua esistenza, il che se non altro rendeva i suoi malumori di facile interpretazione. O forse lo faceva solo in mia presenza, per pietà della mia sfera emotiva chiaramente menomata. Magari con Tessa sclerava, sì, perché lei non era una giocatrice di Quidditch stupida e mediamente carina.

Scacciai quei pensieri (o almeno mi convinsi di averlo fatto) e cercai di mettere insieme un sorriso convincente. Mi inginocchiai sul materasso per avere il viso all'altezza del suo.

« Non ci pensare, d'accordo? » sussurrai. « Se ne accorgeranno da soli, prima o poi, che tu non hai niente a che fare con quella gente ».

Scorpius ricambiò il mio sorriso con aria mesta e si lasciò baciare senza dimostrare una gran smania di collaborare. Mi arrampicai sulle sue gambe e gli presi le mani, accompagnandole sotto la camicia.

In fondo magari il mio ruolo era proprio quello: distrarlo, dargli qualcos'altro a cui pensare. E questo di sicuro con Tessa non lo faceva. Anche se lo aveva fatto... E forse anche più di quello... Ma presumibilmente non lo facevano più... Almeno lo speravo... Insomma, mi fidavo di lui, no?

Lo spinsi con la schiena sul letto e cominciai a sbottonarmi la camicia da sola, fiduciosa che Scorpius avrebbe cominciato ad essere un po' più interattivo prima che mi trovassi a corto di idee e senza altri vestiti da togliere. Insomma, capivo che avesse altre cose per la testa in quel momento, ma ero la sua ragazza e potevo tirargli su il morale molto meglio di Tessa, impegnandomi un po'.

E probabilmente ci sarei anche riuscita, a giudicare dalla reazione di moderato interesse che – più che lui – ebbe il contenuto delle sue mutande quando mi liberai della camicia e le sue mani si posarono sulle coppe del reggiseno. Peccato che in quel momento Mortimer ebbe la brillante idea di entrare nel dormitorio, spalancando la porta come un Cristoforo Colombo particolarmente fatto ed esaltato che posa il primo passo sul suolo americano. Particolarmente molto fatto, visto che si accorse della nostra presenza solo quando inciampò sulla mia camicia.

« Ah » bofonchiò, lanciando uno sguardo di approvazione al mio reggiseno, su cui erano strategicamente posizionate le mani di Scorpius. « Fate come se io non ci fossi ».

Merlino, quanto odio il mondo a volte...

Mi rialzai, seccata, ed incrociai le braccia sul seno nell'attesa che Mort facesse qualunque cosa era venuto a fare e quindi togliesse il disturbo. Peccato che la ragione per cui Mort aveva così discretamente invaso la nostra privacy, da quanto potei capire, includeva la rumorosa e difficilmente ignorabile ricerca di un pacco di sostanze indubbiamente illegali su cui aveva lanciato un incantesimo anti-appellante.

Dopo un paio di minuti, la cosa cominciò a farsi seriamente imbarazzante. Tanto per fare qualcosa, mi voltai verso Scorpius e dissi: « Perché non hai chiuso a chiave la porta? »

Scorpius arrossì leggermente.

« Scusa... » borbottò. « Non pensavo che avresti cercato di stuprarmi… »

Qualsiasi sforzo di non farsi sentire da Mort avesse pensato di mettere in atto con quel borbottio venne miseramente vanificato dalla mia risposta, che probabilmente si sentì fino alla Torre di Astronomia.

« Ah, è questo che pensi? Che stavo cercando di stuprarti?! » sbottai.

Ma certo, ovvio, uno si faceva in quattro per distrarlo e tenere in vita il briciolo di vita di coppia che ci restava, e Messer Malfoy correva a chiamare il Gufo Azzurro.

Mort finalmente lasciò perdere le sue ricerche ed alzò gli occhi per lanciarci uno sguardo incuriosito.

« Perdonami tanto se ti ho messo le mani addosso, eh! » continuai, scendendo dal letto per riprendermi le mie cose. « Chissà come dev'essermi venuto in mente! Nemmeno fossi il mio ragazzo, vero?! »

Mi infilai le scarpe e puntai dritto verso la porta, che però mi si aprì sul naso, vanificando i miei tentativi di recitare una dignitosa uscita di scena.

« Ciao, ragazzi » ci salutò Marshall. « Scorpius, hai visto il mio libro di Erbologia in giro? Oh, a proposito: fatti stuprare, per carità ».

Scorpius aprì la bocca per replicare, ma prima che potesse farlo la porta si aprì di nuovo per lasciar passare Al, che esclamò: « Stuprare? Scorp, lo sai che ti voglio bene come a un fratello, ma provaci e ti eviro ».

Scorpius arrossì vistosamente e sbottò: « Non ho intenzione di stuprare nessuno, io! È Rose che… »

« Oh, sì, ti prego, denunciami per molestie sessuali! » lo interruppi.

Albus, che fino ad un istante prima sembrava intenzionato a farci una paternale sui nostri problemi di coppia, richiuse seccamente la bocca e fece scorrere uno sguardo sconcertato da me a Scorpius. Mort, dopo aver finalmente trovato l'oggetto delle sue ricerche (ovvero un pacchetto stropicciato di Marlboro dentro a cui erano infilati alcuni spinelli), si accese da fumare e passò un tiro a Marshall, che si era seduto al suo fianco e ci fissava con la stessa espressione rapita di Draco quando aveva scoperto la televisione. Dovevamo essere uno spettacolo parecchio interessante, in effetti.

Scorpius si schiarì la voce, a disagio.

« Ehi, Rose, calmati. Non ho nulla in contrario, stavo solo precisando che non sono stato io a cominciare... »

« Come sempre! » lo aggredii, arrossendo per la rabbia e l'imbarazzo. Poi mi voltai verso Al e, facendo un gesto sdegnoso in direzione di Scorpius, aggiunsi: « Non ti preoccupare, Al, se fosse per lui passeremmo le nostre giornate a discutere amabilmente di Aritmanzia! Anzi » mi corressi, tornando a trucidare Scorpius con lo sguardo. « Probabilmente andrebbe a parlarne con Tessa, non è vero? »

Marshall espirò una boccata soddisfatta di fumo e commentò: « Non so cosa c'entri Tessa in tutto questo, ma... Beh, Scorpius, mi dispiace dirtelo, ma Rose ha ragione ».

« Certo che ho ragione! » strillai, indignata.

« È estremamente scortese mandare in bianco una ragazza, Scorpius » concordò Mortimer, sollevando due dita in un'eloquente richiesta di riavere la canna.

« Mi fai sinceramente vergognare di me stesso » infierì Marshall. « Dico, non ti abbiamo davvero insegnato nulla in questi sei anni di cameratismo? »

Scorpius lanciò un'occhiata disgustata al traffico di stupefacenti che stava avvenendo tra i suoi due compagni di stanza e sbuffò: « Potete smetterla, cortesemente? Non ho mai detto che la mia ragazza non mi… »

« Tu filosofi troppo, Scorp, lo vedi? » lo interruppe Mort, e Marshall approfittò della sua momentanea distrazione per riappropriarsi della canna. « È questo il problema ».

« Di certo non filosofo mentre sto con Rose! » replicò Scorpius, offeso.

L'attacco di tosse che mi colpì dopo quelle parole fu assai poco credibile.

« No, quando mai? » sibilai.

Non era come si fosse ammazzato di seghe mentali sugli AntiBabbani ogni singolo minuto che avevamo passato assieme nell'ultima settimana.

Scorpius, ad ogni modo, parve molto offeso dalla mia mancata presa di posizione in suo favore.

« Potete cortesemente smetterla di travisare tutto quello che dico? » sbottò. « E sarebbe anche carino se voi tre teneste il naso fuori da faccende private che non vi riguardano in nessun… »

« Oh, ci riguardano eccome, invece » lo contraddisse Marshall, sollevando la canna in un gesto perentorio. « In primis, si tratta di conservare la nostra dignità di tuoi mentori. E poi ci preoccupiamo per la felicità della povera Rose ».

« Per non parlare delle scommesse che abbiamo fatto… » aggiunse Mort, che chiaramente era molto più interessato a quelle e alla canna (non che la lista degli interessi di Marshall fosse ordinata diversamente, sospettavo).

« Voi avete fatto cosa?! » esclamammo io e Scorpius all'unisono.

« Se posso dire la mia… » s'intromise Albus.

« NO! » lo mettemmo a tacere io e Scorpius, prima che potesse partire con uno dei suoi discorsi sulla pace nel mondo.

« Avanti, Scorpius, sei così suscettibile » protestò Marshall, che doveva essere incredibilmente annoiato o fatto per interessarsi così tanto delle relazioni di coppia di qualcuno che non fosse lui stesso. « Stiamo solo cercando di darti dei consigli per… »

« E comunque si può sapere da quando i nostri problemi di coppia devono essere discussi con tutti voi?! » sbottai.

« Beh » disse Al, ancora palesemente offeso per il modo in cui era stato messo a tacere. « Io ho il diritto di… »

« Tu hai il diritto di tacere e farti i maledetti affari tuoi, Al! » sbraitò Scorpius.

Mort roteò gli occhi e sbuffò una poderosa boccata di fumo.

« Merlino, che permalosi. Stavamo solo cercando di dare una mano… »

« Oh, sì, lo vedo come avete dato una mano » replicai, senza risparmiarmi una pesante dose d'ironia. « E comunque, giusto perché lo sappiate, ho il ciclo! » aggiunsi, sollevando il mento in quello che speravo fosse un atteggiamento di dignitoso disprezzo. « E David Baston bacia dieci volte meglio di Scorpius! »

Detto ciò, mi voltai con il naso all'aria e lasciai il dormitorio sbattendomi la porta alle spalle. Fu in quel momento, davanti agli sguardi sconcertati dell'intera sala comune di Serpeverde, che realizzai di aver dimenticato la camicia sul pavimento della stanza di Scorpius.

« Beh, che avete da guardare? » sbottai, sistemandomi le spalline del reggiseno. « Fa caldo ».

 

***

 

Il giorno dopo, com'era prevedibile, a Serpeverde mi stavano ancora ridendo dietro. E, cosa ancora più prevedibile, io e Scorpius non ci rivolgevamo la parola.

Dopo pranzo, ancora discretamente infuriata con l'interezza del creato, raccolsi le mie cose e mi diressi verso il parco, dove si sarebbe tenuta la lezioni di Cura delle Creature Magiche. Nemmeno la prospettiva di un'ora della mia materia preferita era riuscita a mettermi di buon umore, perciò, quando Marshall mi si affiancò lungo il vialetto che costeggiava il Lago Nero in direzione della Foresta, non ritenni necessario esentarlo dallo sguardo omicida che, come il resto dell'umanità (e forse anche di più trattandosi di lui), meritava appieno.

« Che vuoi? » sbuffai, accelerando il passo.

Marshall tossicchiò, a disagio.

« Sì, ecco... Albus, Mort ed io ne abbiamo discusso a lungo, ieri, e abbiamo concluso che tu e Scorpius avete bisogno di... »

« Marshall? Taci ».

« No, ma sul serio, lo facciamo per voi » insistette. « E ci piacerebbe essere informati prima la prossima volta che voi due litigate, così potremo discuterne con più calma e... »

« Ti ha mandato Albus, non è vero? » lo interruppi, sempre più indecisa riguardo all'allettante possibilità di scaraventarlo nel lago e dare il suo cadavere in pasto alla Piovra Gigante.

Marshall, comunque, mancò di cogliere la portata omicida dei miei propositi e continuò imperterrito con la sua filippica.

« Davvero, dovreste consultarci prima di arrivare a urlarvi addosso in quel modo. Non vi fa per niente bene, lasciatelo dire ».

E sapessi quanto mi fa bene stare qui ad ascoltare le tue menate, invece.

« Marshall? » sbuffai.

« Sì? »

« Manda Albus a fanculo da parte mia ».

Marshall fece per aprire la bocca, ma poi scrollò le spalle con una smorfia rassegnata e bisbigliò: « Ok, ma se te lo chiede digli che ci ho provato... »

Evitai di ucciderlo solo perché l'idea di quanto Albus lo avesse tormentato e minacciato per fargli dire quelle cose mi instillava una profonda pietà. Oh, e anche perché eravamo arrivati davanti alla capanna di Hagrid e c'erano una dozzina di studenti che avrebbero potuto testimoniare contro di me.

Mi sedetti su una pietra ricoperta di muschio, in attesa che Hagrid si facesse vivo e ci rivelasse in quale anfratto del parco era nascosto il prossimo mostro, o – per come la vedeva lui – il prossimo adorabile animaletto da salotto. Non ci volle molto per scoprirlo: Hagrid comparve quasi subito e ci annunciò con voce garrula che per quella lezione aveva in serbo una cosa speciale che ci attendeva nel recinto al limitare della foresta.

Se già alle parole “cosa speciale” la maggior parte degli studenti cominciarono a preoccuparsi, non appena raggiungemmo il recinto al limitare della foresta l'intera classe esplose in un coro di esclamazioni d'orrore.

« Che… che cos'è quello? » balbettò una ragazza di Corvonero, indietreggiando.

Al centro della radura si ergeva una creatura mostruosa con il corpo ricoperto di squame azzurrognole. Era grande come l'intera capanna di Hagrid, con il corpo a quattro zampe che terminava in una lunga coda da rettile. Avrebbe potuto essere un grosso drago, se non avesse avuto nove teste che ci fissavano con altrettante paia di occhi color rubino.

Hagrid guardò il mostro con un sorriso orgoglioso, come se fosse il suo figlioletto a cui un ospite aveva appena fatto un complimento particolarmente lusinghiero.

« Questa » annunciò, chiaramente convinto che saremmo scoppiati in esclamazioni di giubilo da un momento all'altro. « È un'Idra ».

La pausa ad effetto che seguì evidentemente non sortì l'effetto sperato perché, una volta realizzato che nessuno si sarebbe messo a piangere dalla gioia, Hagrid tossicchiò e riprese la spiegazione.

« Volevo lasciarla ai ragazzi del settimo anno, ma la McGranitt era preoccupata che non arrivassero ai MAGO tutti interi, quindi… Sì, beh, immagino che sapete tutti com'è che si tiene a bada un'Idra… »

« Sicuro, ne affronto una ogni mattina… » sibilò Al.

Persino Tessa, che di solito non perdeva occasione per mettersi in mostra, sembrava essere a corto di parole. Hagrid aprì il grande sacco che portava in spalla e lo svuotò sul terreno: un groviglio di cinghie e ganci metallici cadde sull'erba tintinnando.

« Non cercate di tagliare le teste » ci ammonì. « Ne ricrescono due. Per neutralizzarla dovete bloccarle tutte e nove le bocche con una di queste museruole. Ce ne sono quindici ma… beh, cercate di farvene bastare nove. Ora, ehm… dividetevi in coppie. Ogni coppia si occuperà di una testa ».

Senza pensarci due volte, diedi le spalle al gruppetto di Serpeverde che confabulavano attorno ad Albus e puntai verso Calvin.

« Ehi, Calvin, stai in coppia con me? » gli chiesi.

Anche senza vederli, percepii chiaramente gli sguardi assassini di Scorpius e Al puntati sulla mia nuca. Calvin mi rivolse un sorriso smagliante.

« Certo ».

Scorpius, senza smettere di trucidarmi con lo sguardo, si mise in coppia con Al. Gli rivolsi uno sguardo di sfida e mi avvicinai a Calvin di qualche passo.

« Dobbiamo batterli a tutti i costi » sussurrai.

Calvin annuì e mi strizzò l'occhio con fare alquanto allusivo.

« Batterli… assolutamente ».

« Sconfiggerli, Calvin » rettificai, sbuffando. « Concentrati ».

Per tutta risposta Calvin continuò a sorridere serenamente in direzione del sedere di Al, con la sua tipica espressione da "troppo bello e troppo stupido".

« Non ti preoccupare, sono concentratissimo » mi assicurò.

Ho i miei dubbi…

L'oggetto dell'attuale concentrazione di Calvin afferrò Scorpius per un braccio e andò a prendere una museruola. Mentre tentavano di districare le cinghie, lo sentii borbottare: « Se mi fai perdere contro Davies ti ammazzo ».

Quando tutte le coppie furono formate, però, fu chiaro che le teste dell'Idra erano decisamente troppe per la modesta quantità di studenti che avevano avuto l'ardire di continuare con Cura delle Creature Magiche. Hagrid sollevò un indice grosso come una salsiccia e contò le coppie.

« … cinque… sei… e sette. Questo significa che restano fuori due teste… »

« Io e Calvin ne prendiamo due » esclamai, sollevando la museruola che non ero ancora riuscita a capire da che parte si girasse.

Calvin mi lanciò uno sguardo vagamente perplesso, ma quella proposta suicida non sembrò turbare più di tanto il suo consueto buonumore. Lanciai uno sguardo compiaciuto a Scorpius e Al, certa che mio cugino avrebbe raccolto il guanto di sfida senza pensarci due volte. E infatti…

« Anche noi ne prendiamo due, Hagrid ».

Hagrid batté le mani.

« Ottimo, allora possiamo cominciare ».

Senza farmelo ripetere, afferrai una seconda museruola e scavalcai la staccionata, seguita a ruota da Calvin. L'Idra ci lanciò uno sguardo di sufficienza con una delle sue teste e poi tornò a ignorarci: non sembrava ritenerci una minaccia degna di nota. Il resto della classe ci seguì con molto meno entusiasmo.

Posai una museruola a terra e m'infilai l'altra sul braccio, cercando di non aggrovigliarla di nuovo.

« Ok, Calvin » dissi. « Io provo a mettere la museruola a una delle teste e intanto tu mi copri le spalle, intesi? »

Calvin estrasse la bacchetta dalla tasca posteriore dei pantaloni e se la fece ruotare tra le dita.

« Perfetto ».

Nel complesso non trasmetteva una grande idea di affidabilità, mentre sorrideva a una testa dell'Idra senza accorgersi che altre due si erano chinate su di lui da dietro e gli stavano sbavando sulle spalle, ma ero troppo decisa a stracciare Al e Scorpius per perdere tempo a preoccuparmene.

M'infilai la bacchetta nella cintura e cominciai ad aggirare l'Idra, alla ricerca di qualche punto debole. I movimenti repentini delle teste lasciavano intuire che fosse piuttosto veloce, ma sembrava distratta dai quattordici studenti che avevano improvvisamente invaso il suo territorio. Forse, se Calvin l'avesse distratta abbastanza a lungo… in fondo distrarre la gente era la sua specialità. Scacciai dalla mente l'immagine di Calvin che si esibiva in una striptease davanti all'Idra e mi avvicinai a una delle due zampe posteriori. Se fossi riuscita ad arrampicarmi…

Ma in quel momento qualcuno urlò: « Diffindo! » e una delle teste rotolò a terra, recisa di netto.

L'Idra emise un verso agghiacciante e indietreggiò, frustando l'aria con la coda. Dovetti gettarmi di lato per non venir calpestata. Mi rialzai appena in tempo per vedere il moncone di collo contorcersi e dividersi in due nuove teste.

« Oh, a proposito! » urlò Hagrid, sovrastando i ruggiti del mostro. « Il sangue e il fiato dell'Idra sono letali. Ma non è niente di cui preoccuparsi… »

« Niente di cui preoccuparsi? » strillò Tessa, che per evitare di essere sbranata dall'Idra si era tuffata a capofitto dentro un cespuglio.

Albus, che aveva tirato a terra una delle teste con una catena, smise immediatamente di respirare e la lasciò andare. Calvin, nel frattempo, continuava a guardarsi attorno con aria svagata, come se ci trovassimo in un luna park. Supponevo che fosse troppo immerso nel suo mondo di perversioni sessuali per curarsi di quello esterno.

Oh, accidenti! Era molto meglio quando era solo dentro la mia testa!

« Calvin! » esclamai, mentre mi avvicinavo cautamente a una delle teste. « Non è che potresti darmi una mano?! »

Per tutta risposta Calvin si grattò la nuca con la punta della bacchetta.

« Mmh? Sì, certo, cosa devo fare? »

« La testa è troppo in alto! » urlai, schivando un affondo dell'Idra con un balzo. « Fammi saltare in aria! »

« Va bene » acconsentì lui, garrulo. « Bombard… »

« NO! »

Urlai così forte che l'Idra ritrasse una delle teste, fissandomi con evidente perplessità.

« Intendevo sollevami! » rettificai.

« Oh, scusa, mi sembrava strano » commentò Calvin. « D'accordo allora. Levicorpus! »

E detto fatto mi ritrovai a penzolare a testa in giù, appesa per una caviglia. La classe proruppe in un boato elettrizzato.

« Calvin! »

Mi dibattei inutilmente mentre tre teste mi si avvicinavano, scrutandomi con interesse. Sentii il fiato caldo dell'Idra sulla pelle e trattenni il fiato.

Accidenti accidenti accidenti!

Gesticolai con furia in direzione di Calvin, ma per il sorrisino vacuo che ne ricevetti avrei potuto avergli appena rivolto un pollice alzato.

« Oh, hai ragione » si riscosse, dopo che gli ebbi mimato una decapitazione piuttosto convincente, e con un movimento della bacchetta mi fece schizzare verso l'alto, fuori dalla portata dell'Idra. « Puoi respirare adesso? »

Mi riempii i polmoni con sollievo. Subito dopo, lanciandomi in un'improbabile numero di contorsionismo per districarmi dal groviglio di cinghie e vestiti che mi ricopriva la testa e le braccia, ruggii: « Calvin! Mettimi subito giù! »

« Va bene » mi accontentò, e con un colpo di bacchetta cominciò a farmi scendere.

Peccato che l'Idra per allora sembrava aver deciso che, qualunque problema mentale avessi, valeva la pena di sbranarmi lo stesso: non appena fui di nuovo alla sua portata, una delle teste scattò in aria con le fauci spalancate.

« Calvin! Su! Su! »

« Oh, ma ti vuoi decidere?! » sbottò lui, spazientito.

« Ok, a destra ora! … No, come non detto… a sinistra! Sinistra! La mia sinistra, Calvin! »

Andai a sbattere rovinosamente contro il collo della bestia, che emise un verso infastidito e dimenò la coda.

« Scusa! » mi urlò lui. « È che mi confondo quando sono sotto pressione… »

« Ah, tu sei sotto pressione?! » sbottai, mentre un paio di mascelle si serravano a pochi centimetri dalla mia testa. « Più in alto, Calvin! Ok, ora a sinistra… sinistra, ancora… non così tanto! Destra! Destra! »

Avevo il forte sospetto che Calvin stesse continuando a spostarmi totalmente a caso all'interno del groviglio di lunghi colli e teste triangolari dell'Idra. Sospetto che non poté che aumentare quando riuscì a mandarmi a sbattere sull'unico albero che c'era nel raggio di dieci metri.

« Calvin! »

« Non l'ho fatto apposta, scusa! »

« Non me ne frega niente se non l'hai fatto apposta! » sbraitai, mentre l'Idra mi fissava con l'aria di chi ha appena visto il proprio panino al formaggio prendere vita e cominciare a saltare in giro urlando come un ossesso. « Mettimi subito... A sinistra, presto! … No, non di là! A destra! … Ok, su... no, aspetta, no, no, no, no! Giù! Giù! … Più a sinistra... NON NELLA BOCCA DELL'IDRA! … Aspetta, attento, non... ouch! … Calvin, mettimi subito giù! »

Prime che potessi aggiungere altro, Calvin esclamò: « Ok, ti faccio scendere, ma poi non ti lamentare. Relascio! »

E così, di punto in bianco, mi ritrovai a precipitare da sei metri d'altezza. Qualcuno tra gli studenti urlò, ma mi arrestai molto prima di toccare terra, per fortuna.

O per sfortuna? Mi corressi, quando realizzai di essere appena atterrata sopra una delle dieci teste dell'Idra.

Le altre nove sbuffarono sonoramente e si voltarono tutte verso di me. Nel complesso, non sembravano troppo amichevoli...

Merda merda merda...

Mi aggrappai con tutta la forza che avevo al collo dell'Idra, pregando che sedici anni di Quidditch pagassero qualcosa. Una delle teste tirò fuori la lingua biforcuta e ci chinò su di me, scrutandomi da così vicino che riuscii a scorgere il mio riflesso nei suoi grandi occhi rossi. Trattenni il respiro.

Ti prego ti prego ti prego, Merlino, se mi fai sopravvivere giuro che non insulterò mai più te, i tuoi calzini e le tue mutande...

« Vai così, Rose! » urlò qualcuno, tre metri più in basso dei miei piedi.

Mi arrischiai a sporgermi un po' per scoprire chi fosse l'idiota che aveva scambiato la mia morte prematura per una partita di Quidditch e non fui troppo stupita quando realizzai che si trattava di Calvin. Scorpius e Al, poco più in là, avevano totalmente dimenticato le loro due teste e mi stavano fissando con gli occhi sgranati. Beh... in effetti tutta la classe mi stava fissando con gli occhi sgranati.

« Avanti, Rose, mettile la museruola! » mi incitò Calvin, sollevando entrambi i pollici con un gran sorriso incoraggiante.

Provai l'irrefrenabile istinto di strangolarlo. Peccato che avrei dovuto sopravvivere all'Idra prima che lui potesse non sopravvivere a me, il che non era esattamente un dettaglio di poco conto.

Decisamente no.

Approfittando della temporanea distrazione dell'Idra, che sembrava troppo schifata dal cheerleading sfacciato di Calvin per fare alcunché, riuscii ad aprire la museruola dalla parte giusta. Quando cominciai ad adoperarmi per infilargliela, però, non gradì particolarmente: la testa che stavo tentando di costringere tra le cinghie emise un ruggito furibondo e iniziò a scrollarsi con forza. Strinsi le ginocchia per mantenermi a cavalcioni, mentre Calvin urlava qualcosa come:

« Vai Rose! Vai Rose! L'Idra è ormai spacciata, fanne una fritatta, aha! Fagliela vedere, spaccale il sedere! Vai Rose! Vai Rose! »

In qualche modo, pur di non doverlo sentire ancora, riuscii a chiudere la museruola con una sola mano. La classe esplose in un boato che sommerse il resto della canzoncina di Calvin.

« Evvai! » esultai, alzando le braccia sopra la testa.

In effetti, a conti fatti, non fu una grande idea. Proprio per niente. L'Idra ruggì tutto il proprio disappunto e sollevò la testa su cui mi trovavo, facendomi scivolare lungo il collo finché non caddi a terra con un tonfo. Ruzzolai nella polvere e mi rialzai, stupita di essere ancora viva e illesa. Calvin si lanciò in un applauso entusiasta.

« Ce l'abbiamo fatta! Dammi il cinque, compagna! »

Ce l'abbiamo fatta?

Probabilmente avrei tentato di ucciderlo, se in quel momento Hagrid non mi avesse stesa con una poderosa pacca sulla schiena.

« Bravissima, Rose! » ruggì.

Mi massaggiai la parte lesa, gemendo di dolore.

Dico, uno sopravvive all'Idra per farsi ammazzare da Hagrid…

Al mi lanciò uno sguardo di superiorità, come a dire “tutta questa scena per una sola testa?”. Poi, dopo aver rimarcato la propria disapprovazione per Calvin con una smorfia disgustata, sibilò « Testabolla » e si diresse verso l'Idra.

« Direi che l'ha presa sul personale... » commentò Calvin con noncuranza.

Ma Albus non ebbe il tempo di dimostrare fino a che punto la aveva presa sul personale, perché in quel momento l'urlo acuto e agghiacciante di una ragazza squarciò la radura. Mi voltai di scatto, giusto in tempo per vedere il corpo di Carly Alcott crollare al suolo, con una gamba squarciata da una lunga ferita. Nessuno si scompose più di tanto (in effetti, sarebbe stato più sorprendente se Hagrid fosse riuscito a tenere una lezione senza che qualche studente si infortunasse gravemente), ma i pochi studenti che si trovavano nel raggio d'azione del mostro si affrettarono ad allontanarsene, prima di fare la stessa fine.

Oh, perfetto – pensai, mentre Hagrid si precipitava a sottrarla alle grinfie dell'Idra, urlando che era tutto a posto e che l'Idra di solito era una gran tenerona, se non la si infastidiva. Ed ecco che Hagrid ammazza uno dei nostri giocatori migliori a due settimane dalla partita decisiva del campionato di Quidditch.

 

 

 

 

 

 

 

 

Note di chi ha pubblicato il capitolo nonché Beta della carota che ha scritto questo capitolo e anche tutti gli altri insomma Rose: Salve a tutti, sono Zuzallove e ho la s/fortuna di betare questa ragazza. Fortuna perché, ehi, capitoli in anticipo. Sfortuna perché lei è fuori di testa e mi tocca sopportarla anche al di là di questioni Betaggiose. E perché mi fa lavorare il giorno di Santo Stefano. Cioè.

No, babbè, il motivo per cui mi sono bellamente intromessa in queste note finali senza alcun rispetto per Rose e i suoi capitoli è... fare un ringraziamento generico a tutti quelli che la seguono e che attendono che io finisca i Betaggi (chi pazientemente e chi no), e ad agitare la manina con fare amichevole a tutti quelli che nelle sue recensioni o nella sua pagina hanno mai detto “Grazie anche alla tua Beta” o “Grazie alla Zuz” o “Un saluto amichevole alla Zuz” o “La Zuz deve morire dove cazzo è il betaggio”. Di solito non sono così sentimentale, ma è Natale (il che mi ricorda che ho Betato la notte di Natale e wow, GIUSTO PER ROSE posso fare cose del genere) e ho appena visto Il Canto di Natale di Topolino che mi lascia sempre un po' emotivamente scombussolata.

Ciao a tutti!

La Zuz

 

 

 

P.S.: Fra parentesi, Rose vorrebbe che la scusassi per il suo enorme ritardo. Io, col potere conferitomi dalla sacra associazione dei BB (Beta Bastardi) la condanno a scrivere altri quindici capitoli in due giorni per farsi perdonare. E in cambio avrà il perdono reale.

 

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Capitolo 12
*** Di Quidditch, Quabbish e partite perse in partenza ***


Questo capitolo non è stato betato da Zuzallove perché Zuz non mi caga. Feeling abandoned ç_ç
Per il resto, tenete acceso il radar per gli indizi, seguite i ragni o come vi pare. *Mette su un'aria da James Bond* Ora si comincia a fare sul serio.


 

Capitolo 10
Di Quidditch, Quabbish e partite perse in partenza


Comincio a capire perché Al si sente in dovere di andarsene in giro ad organizzare gli altrui matrimoni. Da un lato è preoccupante che anche io mi stia trasformando in un'agenzia matrimoniale – principalmente perché, se penso così tanto alle altrui vite sentimentali, significa che la mia sta andando a quel paese – ma d'altro canto, in effetti, è ancora più preoccupante che al mondo esistano persone così palesemente cotte una dell'altra che non sono mai riuscite a chiarirsi.
Non credo che dovrei avere voce in capitolo, visti i miei tragicomici antecedenti con Scorpius, però è innegabile che certe coppie, a volte, abbiano bisogno di una spintarella. O proprio di un bel calcio nel sedere. Prendete James e Dominique, per esempio: non c'è verso che riescano a combinare qualcosa prima della prossima era glaciale, lasciati a se stessi. E non sono nemmeno gli unici. So che Albus mi ucciderebbe se mai lo venisse a sapere, ma sto cominciando a convincermi che anche la tensione sessuale irrisolta tra lui e Calvin abbia bisogno di un piccolo aiuto dall'esterno.
Non ho ancora ben capito se a mio cugino piacciano i maschi, o se sappia che gli piacciono, ma una cosa mi è ben chiara: nessun crimine resta impunito, tantomeno quelli della mia agenzia matrimoniale.


 
***


Dopo l'incidente con l'Idra, la prognosi per Carly Alcott furono tre sconfortanti settimane di riposo, il che naturalmente includeva il categorico divieto di giocare la prossima partita di campionato, che si sarebbe tenuta tra due settimane. La qual cosa, a sua volta, significava con matematica certezza che Serpeverde ci avrebbe ridotti a polpette. Da cui era anche logico aspettarsi che James avrebbe dato di matto, come in effetti fece, e in modo parecchio plateale.
La mattina dopo l'incidente ebbi appena il tempo di mettere piede in Sala Grande prima che James mi agguantasse per un braccio e mi trascinasse in infermeria, imprecando in modo così sentito che Pix, al nostro passaggio, si tolse il cappello con aria ammirata.
« A una settimana dalla partita più importante del campionato! » ringhiò, lanciando uno Schiantesimo al gradino evanescente quando dimenticò di saltarlo e ci finì impantanato dentro.
Sospirai e lo aiutai a liberare il piede.
« Lo so, è una congiura. Ci mancava solo questa, dopo il Cercatore più inetto degli ultimi tre secoli ».
« Non mi parlare di quell'individuo, ti prego » ringhiò James. « Ogni volta che lo vedo mi chiedo perché non l'ho ancora ucciso ».
In effetti, ce lo chiedevamo un po' tutti. Soprattutto, ci eravamo spesso chiesti come accidenti avesse fatto ad entrare in squadra. Lo avremmo sbattuto fuori senza il minimo rimpianto, dopo il primo allenamento, ma poi avremmo dovuto portare sulla coscienza il peso del suo suicidio e dell'odio imperituro di Carly. Austin Alcott voleva piuttosto bene ed era un fan sfegatato del Quidditch – a livelli di fissazione maniacale che nemmeno James era mai riuscito a raggiungere – ragion per cui ai provini ci eravamo ingenuamente convinti che fosse un buon acquisto per la squadra; il lato negativo era che durante le partite era troppo impegnato a seguire il gioco per ricordarsi di cercare il Boccino. Nella partita contro Tassorosso lo aveva catturato per puro caso, solo per toglierselo da davanti agli occhi mentre cercava di seguire i movimenti della Pluffa. Per quanto ci avessimo provato, non eravamo ancora riusciti a fargli capire di quale palla si dovesse preoccupare.
« Credi che abbiamo qualche speranza di sbattere Austin fuori dalla squadra, ora che Carly è in infermeria? » chiese James, speranzoso.
« Se anche fosse, sarà già un'impresa trovare un sostituto Cacciatore » risposi cupamente. « Non faremmo mai in tempo a rimpiazzare due giocatori ».
James espresse tutto il proprio disappunto con un grugnito gutturale.
« Al diavolo, l'Idra non poteva azzannare Severus? »
In effetti, quella non sarebbe stata una cattiva idea. Niente di personale – volevo bene ad Albus, quando non mi assillava con i suoi progetti matrimoniali e/o con le sue fissazioni complottiste alla zio Harry – ma si trattava di Quidditch. E, nella scala gerarchica delle priorità del Quidditch, l'integrità fisica dei propri cari stava una decina di posizioni più in basso rispetto alla conquista del Boccino.
Ci fermammo davanti alla porta chiusa dell'infermeria e lanciai un'occhiata dubbiosa a James.
« Quindi ora cosa facciamo? » chiesi.
Per un attimo James parve dubbioso quanto me, ma poi sollevò il mento e dichiarò: « Lascia fare a me » con l'aria di chi si accinge a sconfiggere la fame nel mondo.
Evitai di fargli notare che di solito non era neanche capace di scriversi i temi di Trasfigurazione da solo.
« Bene » disse James, preparandosi ad aprire la porta come se dietro ci fosse un branco di Schiopodi Sparacoda pronti a lanciarsi alla carica, ed impugnò saldamente la bacchetta.
James aveva sempre avuto una radicata fobia degli ospedali, supponevo perché da bambino era troppo stupido per non mettere le mani su tutto quanto di più pericoloso ci fosse in giro per la casa, ed aveva passato una buona metà della propria infanzia al San Mungo. La sua fobia, poi, era peggiorata fino a rasentare i limiti della paranoia dopo che si era rotto il piede, al terzo anno. Non sapevo cosa gli avessero fatto al San Mungo (probabilmente solo una ramanzina con i fiocchi perché era un idiota sconsiderato), ma da quel momento James si era convinto che le infermiere erano delle megere malevole, mentre nelle sua visione del mondo i medici rasentavano la definizione canonica del male assoluto. L'ultima volta che si era fatto male sul serio giocando a Quidditch aveva tentato di fuggire nella Foresta Proibita con una spalla lussata pur di non venir portato in infermeria.
« Allora? » lo incitai, quando starsene impalati davanti alla porta chiusa dell'infermeria, sotto gli sguardi perplessi degli studenti di passaggio, cominciò ad essere piuttosto imbarazzante.
James annuì e prese un profondo respiro. Poi, con un orrendo accento americano che doveva aver sentito in qualche film Babbano, aggiunse: « Andiamo a riprenderci quello che ci spetta ».
Prima che potesse venirmi in mente di dirgli che, no, forse fare irruzione in infermeria come facevano i poliziotti Babbani alla tivù non era una grande idea, James aveva già spalancato la porta con un incantesimo e si stava facendo strada tra i letti camminando di fianco e tenendo la bacchetta sollevata davanti al volto con entrambe le mani, come si trattasse di una pistola.
« Nessuno si muova! » abbaiò, facendo sobbalzare i due Corvonero del secondo anno che lo fissavano con gli occhi sgranati dai propri letti. « Siamo qui per recuperare un ostaggio » aggiunse, accostandosi con circospezione alla tendina tirata di un letto e poi aprendola con uno strattone.
Naturalmente, la tenda gli rimase in mano e la ragazza con delle orrende pustole verdi che ci stava dietro (e che non assomigliava nemmeno lontanamente a Carly) lanciò un grido terrorizzato.
« Oh, uhm... non tu... » borbottò James, restituendole la tenda strappata con aria schifata. Poi si voltò verso i due Corvonero ed abbaiò: « Dov'è l'infermiera? »
« Potter! Cosa credi di fare?! »
James si voltò di scatto e urlò: « Mani in alto! »
Gli ci vollero un paio di secondi per realizzare che ad urlare il suo nome era stata proprio l'infermiera, Miss Hudson, che ora lo stava fissando con un'espressione di puro terrore dipinta sul volto.
« P-Potter... » balbettò.
« Oh, è lei... » constatò James, abbassando la bacchetta. Si schiarì la gola, mi lanciò un veloce sguardo come a dire “guarda e impara” e quindi declamò: « Miss Hudson! In quanto Capitano della Squadra di Grifondoro, che lei sta deliberatamente sabotando, esigo che la mia giocatrice Carly Alcott sia dimessa al più prest... »
A quella parole, Miss Hudson sembrò tranquillizzarsi un po'. Sospirò e si asciugò la fronte sudata con il grembiule.
« Oh, allora si tratta di Quidditch » disse, sollevata.
« Certo che si tratta di Quidditch! » esclamò James, incredulo. « Le pare che sarei venuto in questo luogo infernale per qualcosa di meno importante? »
Miss Hudson alzò gli occhi al cielo.
« La McGranitt mi aveva detto che sarebbe successo. Non posso dimettere a signorina Alcott, Potter. È stata ferita gravemente ad una gamba e per guarire correttamente... »
« A me non interessa che la sua gamba guarisca! » sbottò James, oltraggiato. « Non le servono le gambe per giocare a Quidditch! Alla peggio la inchiodiamo alla scopa con un incantesimo di Adesione Permanente! »
Immagino non ci sia bisogno di dire che dopo quella brillante uscita fummo sbattuti fuori senza tante cerimonie.


 
***


« Io odio quella donna » grugnì James qualche giorno più tardi, ai provini per rimpiazzare Carly.
Eravamo seduti sugli spalti del campo di Quidditch, mentre sotto di noi una piccola folla di candidati si preparava alla selezione.
« Quindi? » chiesi, lanciando uno sguardo eloquente alla pergamena srotolata sulle mie ginocchia. « Hai intenzione di provarli tutti o possiamo escludere Sarah Varley a priori? »
Ci voltammo entrambi a guardare la ragazza del terzo anno con le dita palmate e una maglietta rossa su cui era scritto a grandi lettere verdi “Diverso è Meglio”. Al momento, la suddetta stava avendo dei problemi non indifferenti nello staccare le mani a ventosa dal braccio di una Meredith Bulstrode più che mai schifata.
« Non che non sia per la parità dei diritti nello sport » aggiunsi, ironica. « Ma non credo che le mani attaccatutto di Sarah Varley ci faranno vincere la partita contro Serpeverde ».
James ci pensò per qualche istante, grattandosi i capelli in quello stile Potteriano a metà tra lo scimmiesco e l'incasinato, poi annuì.
« Hai ragione, spuntala dalla lista prima che si appiccichi alla Pluffa e nessuno riesca più a staccargliela di dosso ».
Estrassi la bacchetta dalla tasca della divisa e feci come mi aveva detto.
« Andrà dalla McGranitt ad accusarci di razzismo in ogni caso » dissi. « Ma cerca di scaricarla in modo carino ».
Non che me ne importasse qualcosa – non conoscevo nessuno che Sarah Varley non avesse accusato di razzismo almeno una volta, inclusi Hagrid ed il professor Paciock – ma avrei preferito evitare che la Sala Comune di Grifondoro venisse tappezzata di volantini che inneggiavano al razzismo contro di me. Sarah Varley aveva un'idea del tutto particolare del fare propaganda contro il razzismo, a metà tra la persecuzione religiosa e la filosofia di vita dei Mangiamorte. Non a caso, l'unico risultato apparente dei suoi sforzi era che metà della scuola la evitava come la Spruzzolosi e l'altra metà la odiava a morte.
Scossi la testa e tornai a scrutare la pergamena con aria torva: gli iscritti al provino per rimpiazzare Carly erano una trentina, il che con ogni probabilità non significava che tra di loro ci fosse un Cacciatore vagamente decente, ma di sicuro garantiva che avremmo passato un pomeriggio orribile a selezionarli. Io in primis, in quanto attualmente mestruata, nonché (tristemente) portiere della squadra, ovvero giocatore rigorosamente più bersagliato e odiato durante qualsivoglia provino.
James controllò l'orologio, quindi si alzò, imbraccio la scopa e mi fece cenno di seguirlo.
« Meglio cominciare presto » suggerì.
« Mpf ».
Incantai la pergamena perché continuasse a prendere appunti in mia assenza (o almeno mi convinsi di averlo fatto, anche se qualche minuto più tardi mi parve di vedere la penna svolazzare allegramente in giro e disegnare graffiti sui sedili) e seguii mio cugino verso il campo, trascinandomi dietro scopa e guanti da portiere.
« Quanto odio i provini » grugnii, lanciando occhiate di odio profondo al branco di mocciosi inetti che presto mi avrebbero bombardata di Pluffe.
Ogni anno, c'era sempre qualche imbecille che tentava la strategia del “ehi, guarda là!” subito prima di tirare la Pluffa (generalmente centrandomi in faccia con invidiabile maestria e non riuscendo comunque a segnare). All'inizio di quell'anno un idiota del quarto anno aveva addirittura tentato di pagarmi in Cioccorane perché non gli pagassi i tiri. Per sua sfortuna, mi trovavo in quell'oscuro periodo iniziale di ogni relazione, in cui si è sempre pieni di buoni propositi di farsi la ceretta ogni due settimane e smettere di mangiare schifezze, quindi non gli era andata molto bene. E con ciò intendo che, sì, potevo avergli tirato dietro le Cioccorane augurandogli di morire solo ed obeso.
Per non parlare del fatto che, a provino finito, chiunque non fosse entrato in squadra riteneva di doversi vendicare sul portiere con vari atti di terrorismo psicologico (e talvolta anche fisico, ma per fortuna mi era capitato solo una volta di venir bersagliata da un attacco di Caccabombe nella Sala d'Ingresso. Al portiere di Serpeverde era andata molto peggio, quando Vincent Goyle era stato escluso dalla squadra). La cosa peggiore erano le scenate di isteria mista a pianto in Sala Comune, durante le quali il tredicenne brufoloso di turno enumerava i vari motivi per cui non era possibile che i tutti suoi tiri fossero stati parati quando quell'idiota di Goldstein aveva segnato ben otto goal. Naturalmente, l'idea che la colpa potesse non essere del portiere non sfiorava mai nessuno.
James ed io ci fermammo sotto agli anelli, dove nel frattempo si era raccolto il resto della squadra. Meredith, che aveva metà della divisa imbrattata dal muco delle mani di Sarah Varley, era impegnata a battersi la mazza su una mano con un'espressione che trovai sinceramente terrificante. Al suo fianco mio cugino Fred sembrava altrettanto furibondo, per motivi a me ignoti. In ogni caso, nessuno dei due sembrava intenzionato ad andarci leggero con i Bolidi.
Sorrisi sotto i baffi, per nulla dispiaciuta all'idea che nell'universo ci fosse un po' di giustizia: avevo la netta impressione che quella sera qualcuno dei candidati sarebbe tornato al castello caricato sopra una barella. In effetti, speravo con tutta me stessa che l'idiota delle Caccabombe fosse tra loro. Non era molto etico, magari, ma che senso avrebbe avuto tenere in squadra i due Battitori migliori della scuola, se non si poteva godere di quelle piccole soddisfazioni?
« Ci siamo tutti? » chiese James, contando i giocatori.
« Manca ancora Goldstein » rispose Austin Alcott, ricevendo in risposta uno sguardo assassino.
« Ti ho già detto che non mi devi parlare a meno che tu non abbia un Boccino in mano e la prova scritta che sei diventato un Cercatore decente » sibilò James.
Austin incurvò le spalle e incrociò le braccia al petto, offeso.
« Ma te l'ho detto, non è stata colpa mia se ho perso il boccino all'allenamento di ieri sera. Stavo solo dicendo a Rose che avrebbe dovuto lanciare la Pluffa a... »
James lo mise a tacere con un gesto sdegnoso. In effetti, potevo capire che l'avesse presa piuttosto male, visto che gli era toccato setacciare i terreni della scuola fino alle due di notte per ripescare il Boccino disperso.
« Non una parola di più, Austin. Abbiamo un sacco di candidati che sarebbero ben felici di entrare in squadra come Cercatori: non mi tentare ».
Austin aprì la bocca per replicare, ma qualcosa nello sguardo di James (probabilmente quel barlume di follia assassina che lo animava quando si parlava di Quidditch, ed in particolare di Austin e di Quidditch nella stessa frase) lo convinse a tacere. Austin sbuffò e si allontanò dal resto della squadra di qualche passo, continuando a borbottare tra sé e sé gli innumerevoli motivi per cui aveva ritenuto indispensabile lasciar perdere il Boccino e dare consigli tattici alla squadra.
« Dov'è Goldstein, comunque? » chiese James, lanciando uno sguardo sconfortato in direzione di Austin e dei candidati. « E qualcuno dovrà dire a Sarah Varley di tornare al castello » aggiunse.
« Lo faccio io » si offrì Meredith, roteando la mazza con aria per nulla amichevole. « Posso mandarla a cagare, se si rifiuta? »
James considerò a proposta per alcuni istanti. Alla fine dovette decidere che comunque fosse era meglio che dover affrontare la Varley di persona, perché disse: « D'accordo, ma se la McGranitt te lo chiede io non ti ho dato il permesso di farlo ».
« Se la McGranitt lo chiede io non l'ho fatto » lo corresse Meredith, prima di avviarsi a passi pesanti verso l'attivista dalle dita palmate.
Fred emise un fischio ammirato e sussurrò: « Ricordatemi di non farla mai arrabbiare ».
« Scommetto due Falci che entro trenta secondi la Varley comincerà a lanciarle dietro Maledizioni Senza Perdono » risposi, appoggiandomi alla scopa per godermi lo spettacolo.
« Tre Falci, venti secondi » rilanciò Fred.
James fece per unirsi alla scommessa, ma in quel momento fummo interrotti da Andrew Goldstein, che ci raggiunse mano nella mano con Domi.
« Ehi, ragazzi, scusate per il ritardo ».
« Tranquillo, non abbiamo ancora inizia... » cominciai a dire, ma fui interrotta dalla risposta ben meno gentile di James.
« Sì, beh, la prossima volta vedi di essere puntuale o ti sbatto fuori ».
Mi voltai verso mio cugino, scandalizzata. Un conto era il ben risaputo fatto che James desiderasse la morte di Austin Alcott più di ogni altra cosa al mondo, ma non lo avevo mai visto trattare così male un giocatore decente.
« Ciao, Rose » mi salutò Domi.
Oh, giusto, Domi...
Feci correre uno sguardo dalle dita intrecciate di Domi e Andrew all'espressione omicida di James, e di colpo tutto ebbe un senso. Perlomeno, tutto a parte il fatto che fossero palesemente cotti uno dell'altra e che non fossero nemmeno in grado di parlarsi come due persone normali.
« Ehi, Domi... » la salutai, cauta.
Ultimamente, le poche volte in cui le parlavo, avevo l'impressione di rivolgermi ad un vaso di vetro estremamente fragile che avrebbe potuto cadere a terra e andare in frantumi al primo spiffero di vento, o alla prima parola sbagliata. Il fatto che ormai le sue gambe fossero quasi scomparse non faceva che aggiungere vividezza a quell'immagine.
Come ogni volta che la incrociavo di sfuggita nei corridoi o la vedevo china sui libri in un angolo della Sala Comune, fui sommersa dai sensi di colpa per tutte le volte che mi ero ripromessa di smettere di pensare solo ai miei drammi adolescenziali e passare più tempo con lei.
« Come va? » aggiunsi, tanto per fare conversazione.
« Tutto bene » rispose Domi, stampandosi sul volto un sorriso falso come l'oro di Lepricano. « Non sono venuta per i provini » precisò, evitando accuratamente di guardare nella direzione di James. « Stavo solo accompagnando Andrew... »
« Lo so » disse James, scoccando un'occhiata malevola a quest'ultimo.
« Giusto ».
Domi alzò gli occhi su di lui per un istante, poi tornò a studiare con interesse l'erba del campo da Quidditch.
« Fai schifo a Quidditch » aggiunse James, e per la prima volta da quando i due si erano uniti al gruppo il suo sguardo si spostò a Andrew a Domi ed il suo volto fu rischiarato da un sorriso vagamente divertito. E dolce, per la miseria, così disgustosamente dolce che mi chiesi come accidenti avessi fatto a non accorgermi di loro due per tutti quegli anni.
Ma come sempre Domi era troppo impegnata a fingere di ignorarlo per accorgersi del modo in cui gli occhi di James si accendevano ogni volta che la guardava.
« Già, grazie per avermelo ricordato » borbottò, irritata.
Assistetti con orrore ed incredulità mentre l'espressione di James si trasformava in una smorfia scontenta giusto in tempo perché Domi la vedesse, quando rialzò lo sguardo, e si convincesse che lui la stava davvero prendendo in giro.
Diavolo, è mai possibile che non riescano a capirsi nemmeno per sbaglio?
« Ora dovrei andare » concluse Domi. « Buon allenamento ».
Ma anche io e Scorpius sembriamo così stupidi visti dell'esterno? – mi chiesi.
Evitai di andare a sotterrarmi da qualche parte solo perché James sembrava seriamente intenzionato a picchiare Andrew con il manico della scopa, ora che Domi se n'era andata, e mi sentivo in dovere di proteggere i nostri unici Cacciatori superstiti da loro stessi.
« Allora! » esclamai, facendo del mio meglio per sembrare entusiasta alla prospettiva di un pomeriggio buttato alle ortiche. « Iniziamo? »


 
***


Il provino fu qualcosa di così orrendo da rasentare il livello di una doppia ora di Trasfigurazione con Ferguson, se non per il fatto che al posto di due ore ne durò quattro. Quando anche l'ultimo candidato se ne fu andato erano le sette e mezza, piovevano gatti, cani ed elefanti indiani1 e probabilmente mi ero appena presa una broncopolmonite. Oh, e ovviamente James era stato incazzoso per tutto il tempo e non si era deciso a prendere in squadra nessuno, con il risultato che, a otto giorni dalla partita, ci trovavamo punto e accapo con un Cacciatore in meno e nessuna speranza di battere Serpeverde.
Inclinai il manico verso il basso ed atterrai sul terreno costellato di pozzanghere, imprecando.
« Potter, accidenti a te! » sbottò Meredith, atterrando al mio fianco con un tonfo. « Ho capito che facevano uno più schifo dell'altro, ma non possiamo giocare in sei! Non possiamo prenderne uno a caso e tenerlo in campo tanto per fare numero? »
Per tutta risposta James, che stava prendendo a calci la Pluffa all'altra estremità del campo, urlò che Merlino era un maiale e se ne andò negli spogliatoi senza rilasciare ulteriori dichiarazioni. Supposi che significasse “no”.
Meredith tirò una mazzata nel vuoto, mancando il naso di Andrew per pochi centimetri, e sbuffò: « Perfetto, siamo fottuti ».
« Già » concordai con voce cupa.


 
***


« Siete fottuti proprio » infierì Albus il giorno dopo, senza impegnarsi minimamente per nascondere la propria soddisfazione.
La lezione di Difesa Contro le Arti Oscure stava per cominciare ed Albus aveva graziosamente pensato di venirsi a sedere accanto a me sfoggiando quella faccetta da culo che solo i veri Serpeverde sapevano fare. Da quando la notizia di Carly si era sparsa per la scuola, Albus aveva immediatamente smesso di tenermi il muso per la faccenda di Scorpius e non perdeva occasione per ronzarmi attorno e ricordarmi della partita imminente.
Gli scoccai un'occhiataccia e sibilai: « Ti auguro sinceramente di crepare, Albus Severus ».
« Credo che perdereste comunque, sai » rispose lui, rivolgendomi un ghigno canzonatorio.
Alzai gli occhi al cielo, soffocando un paio di risposte non troppo lusinghiere.
Godric, se ci sei, batti un colpo. Forte. Sulla testa di Albus.
Si potevano dubitare molte cose a proposito di Albus Potter, in primis la sua sanità mentale, ma di sicuro non si poteva dubitare che il Cappello Parlante lo avesse smistato nella casa giusta. Gli sventolai un meritatissimo dito medio sotto il naso proprio nel momento in cui Höhmann entrava in classe.
Ops.
Rivolsi un sorrisino di scuse al professore e mi affrettai a mettermi le mani in tasca, fingendo di non aver fatto niente.
« Comunque » sussurrò Albus, mentre Höhmann sistemava le proprie cose sulla cattedra. « Credo che Scorpius abbia finalmente capito cos'è che fanno le coppie in camera da letto. Pare che i tuoi tentativi di stupro siano andati a buon fine ».
Ecco, se c'era una cosa di cui volevo sentir parlare meno che della nostra imminente sconfitta a Quidditch, quella era esattamente la disastrosa svolta che aveva preso la mia vita sentimentale, e quella (altrettanto disastrosa) che non aveva preso la mia vita sessuale.
Mi raddrizzai sulla sedia, nella speranza di sembrare almeno un minimo dignitosa, e commentai freddamente: « Sai, se Scorpius avesse perso la verginità, dubito che te lo sarebbe venuto a dire ».
L'unica cosa che ricevetti in risposta, oltre a una librata sulle nocche, fu uno sguardo di profonda sufficienza.
« Ovviamente no » disse Albus. « Ma lo avrei capito ».
Nascosi le mani sotto il banco per massaggiarmi le nocche di nascosto.
« Tu dici? » chiesi, inarcando un sopracciglio.
La mia uscita fu considerata indegna di alcuna forma considerazione a parte una seconda librata, questa volta in testa.
« Spero che tu non ti stia riferendo a Tessa » sibilò Albus. « Sai, il problema non è che tu e Scorpius avete dei problemi di comunicazione, ma che non comunicate proprio ».
« Sì, beh... » cominciai a dire, indignata, ma fui interrotta dalla voce altrettanto indignata (e ben più minacciosa) di Höhmann.
« Potter, Weasley, qvesta è una lezione di Difeza Contro le Arti Oscure. Le lezioni di educazione zessuale le farete con l'infermiera ».
Oh, beh, ora sì che sembravo una persona che aveva una dignità. Avvampai in silenzio ed evitai meticolosamente di alzare lo sguardo sui miei compagni di classe.
« Ora » continuò Höhmann. « Ze non fi dispiace, forrei procedere con la lezione. Occi eseguiremo un incantezimo chiamato... »
Ma in quel momento un gufo entrò nell'aula planando dalla finestra aperta e depositò una lettera sulla cattedra. Höhmann sbiancò come se avesse appena visto la McGranitt ballare in un completino intimo di pizzo. Aprì la lettera in fretta, strappando la busta, e la lesse con la fronte corrugata e gli occhi ridotti a fessure. Quando finì, l'accartocciò e le diede fuoco con un colpo di bacchetta.
« Defo andare » disse solamente. « Foi aprite i libri a pacina trecentonovantaqvattro2 e studiate il capitolo ».
Poi si precipitò fuori dall'aula sbattendosi la porta alle spalle.
Era la prima volta che Höhmann ci diceva di tirare fuori i libri a lezione. L'aula fu invasa immediatamente da un brusio concitato: c'era chi si lamentava di aver lasciato il libro nel dormitorio, chi si lamentava della manifesta instabilità mentale di Höhmann e chi, ancora, non sapendo bene di cosa lamentarsi si limitava a prendersela genericamente con i maghi del passato.
Albus fece per alzarsi e vidi la sua mano scattare verso la borsa, dove teneva sempre nascosta la Mappa del Malandrino nel caso si presentasse l'occasione di stalkerare qualcuno, ma lo bloccai.
« Vuoi farti ammazzare? » sibilai.
Al si liberò dalla mia presa con uno strattone.
« Höhmann sta tramando qualcosa di losco, non è ovvio? E io devo scoprire... »
Lo costrinsi a sedersi con un calcio nelle ginocchia e gli sequestrai la Mappa prima che potesse usarla per farsi scoprire da Höhmann mentre lo spiava.
« A maggior ragione, ribadisco il concetto: vuoi farti ammazzare? »


 
***


Se una cosa era certa, comunque, era che – volenti o nolenti – noi Grifondoro ci saremmo fatti ammazzare alla prossima partita di Quidditch. A tre giorni dal giorno del giudizio non avevamo ancora trovato un sostituto Cacciatore e James era più incazzoso che mai. Era anche piuttosto sconvolto perché, dopo che Domi era svenuta per la terza volta in una settimana, mi ero munita di pazienza e lavagnetta e gli avevo spiegato i concetti basilari dell'anoressia. Era rimasto seriamente turbato quando aveva scoperto che esisteva una malattia che ti impediva di mangiare, e non si era tranquillizzato finché non gli avevo assicurato che non era contagiosa.
« Ma quindi » aveva chiesto James, una volta ripresosi dallo shock della scoperta che al mondo esistevano cose orribili come la gente che non mangiava per scelta. « Domi è anoressica? »
« Se non lo è ancora, lo diventerà presto. Non l'hai vista? » avevo risposto, scrollando le spalle.
James si era accigliato.
« Come fa a piacerle Goldstein e non il cibo? » aveva chiesto, indignato.
In effetti, non aveva tutti i torti. E non aveva tutti i torti nemmeno quando diceva che avremmo dovuto rapire Al e nasconderlo in uno sgabuzzino fino al giorno dopo la partita. Tra l'altro lo meritava pure.
Sospirai e posai la schiena sugli spalti umidi di pioggia. Sotto di noi il campo da Quidditch era buio e vuoto dopo l'allenamento, ad eccezione di qualche larga pozzanghera che rifletteva le luci dei fari attorno al campo. Mi asciugai il viso con una manica, riuscendo solo ad infangarlo di più.
« Quindi ora che si fa? » chiesi.
James scrollò le spalle. Era così depresso che non mi sarei stupita se avesse tentato di buttarsi dalla Torre di Astronomia entro le prossime ventiquattr'ore.
« Torniamo al castello e prendiamo in squadra il primo Grifondoro che ci troviamo davanti. Tanto non credo faccia molta differenza, a questo punto ».
Tristemente, dovetti dargli ragione. Finimmo di sistemare il campo e chiudemmo a chiave gli spogliatoi, poi tornammo al castello con le scope in spalla ed il morale sotto i tacchi. Albus ci avrebbe presi per il culo a vita, ormai dovevo cominciare a farmene una ragione.
Stavamo attraversando la Sala d'Ingresso, diretti verso le scale, quando Calvin sbucò fuori da un corridoio laterale guardandosi attorno con aria furtiva e non appena ci vide sobbalzò e tentò di cambiare strada.
« Ehi, Calvin! » lo chiamai, costringendolo a fermarsi. « Che stai facendo? »
« Oh, uhm... Io? Niente, perché? Ero a fare una... ehm... una ricerca in biblioteca... » rispose lui con aria colpevole.
Stavo per fargli notare che la biblioteca si trovava dalla parte opposta del castello, ma James mi precedette.
« Tu » disse, piantandogli l'indice sullo sterno. « Sai giocare a Quidditch? »
Calvin gli rivolse uno dei suoi tipici sorrisi perplessi alla “non ho idea di cosa tu stia parlando, ma il mio sorriso è molto sexy, non trovi?”.
« Io? Certo: ero nella squadra della mia scuola, in America » rispose, riuscendo in qualche modo a parlare senza che il suo sorriso si incrinasse di un millimetro. Dovevo ancora capire come funzionassero di preciso i muscoli facciali di quel ragazzo.
James, comunque, sembrò soddisfatto della risposta ottenuta; gli batté una pacca sulla spalla e dichiarò: « Ottimo, sei in squadra ».
Il sorriso di Calvin si allargò da trentadue a qualcosa come cinquecentoottanta denti.
« Figo » disse. Poi, scrutando con aria curiosa la Pluffa che James portava sottobraccio, chiese: « Cos'è quella palla? »
Io e James ci scambiammo uno sguardo preoccupato.
« Uhm... La Pluffa? » proposi.
Calvin continuò a sorridere e, con l'aria di chi sta piacevolmente conversando di frivolezze, commentò: « Ah. Ed è pesante? »
Ora James non sembrava più molto soddisfatto. In effetti, sembrava più che altro che stesse per scoppiare a piangere sulla mia spalla. Decisi che era venuto il momento di prendere in mano la situazione, prima che James potesse avere un collasso psicologico.
« Calvin... uhm... » borbottai, cercando un modo diplomatico per informarlo che persino i gorilla della foresta pluviale sapevano cos'era una Pluffa. Alla fine optai per un incerto: « Tu sei... ehm... sei sicuro di sapere come si gioca a Quidditch? »
« Certo » rispose Calvin, per nulla turbato. « Ero l'Ala migliore della mia scuola, e... Oh ». S'interruppe di colpo, ed il suo onnipresente sorriso svanì per lasciare il posto alla smorfia delusa di un bambino che ha appena visto il proprio uovo di Pasqua Evanescere. « Intendete quel Quidditch... »
« Perché, esiste un altro Quidditch? » chiese James, che ormai sembrava convinto di trovarsi all'interno di un incubo particolarmente orribile.
« Chiaro » confermò Calvin. « Il Quidditch Americano, quello vero ».
Fu a questo punto che James ebbe un attacco d'asma.
« Che cosa? » gracchiò. « Come sarebbe a dire? Cosa...? »
Prima che si sentisse in dovere di estrarre la bacchetta e difendere l'onore del Quidditch britannico a suon di Cruciatus, lo afferrai per un braccio e lo allontanai da Calvin, che sembrava non aver minimamente notato che un metro e ottanta di muscoli stava per piombargli addosso con intenzioni omicide.
« Aspetta, James, ho un'idea » sussurrai. « Lo hai detto tu che tanto non troveremo nessuno di decente, e almeno credo che Calvin sappia volare discretamente, qualunque sia il Quidditch di cui parla ».
James chiuse gli occhi e prese un paio di profondi respiri. Tra la scoperta dell'anoressia e del “Quidditch Americano, quello vero” supposi che la sua sanità mentale fosse stata messa dura prova, quel giorno.
« È un'idea suicida? » indagò.
« Ovviamente » risposi.
Soprattutto, lo sarebbe stata non appena Albus ne fosse venuto a conoscenza.
James sospirò. Sembrava così emotivamente distrutto da non avere nemmeno più la forza di obiettare.
« D'accordo. E c'è qualche possibilità che non finisca in un disastro totale? »
Mi strinsi nelle spalle.
« Forse ».
Molto forse.

 
***


La mattina seguente – in preda ai sensi di colpa per la strategia suicida che avevo proposto – decisi di seguire Molly in biblioteca alla ricerca di qualche traccia dell'esistenza del fantomatico “vero Quidditch” di cui Calvin continuava a parlare come se fosse lo sport più figo del mondo e tutti dovessero per forza conoscerlo – entrambe cose di cui dubitavo molto, nel secondo caso perché l'evidenza lo contraddiceva, e nel primo perché la maggior parte delle cose inventate dagli Americani erano delle porcate immonde ed era sempre saggio diffidarne.
Dopo aver spulciato un paio di scaffali dedicati allo sport trovai un libro che sembrava promettere bene e lo aprii al capitolo intitolato “Il Quidditch Americano”.


 
Il Quidditch Americano


Regole generali
Il Quidditch Americano, comunemente noto come Quabbish in Gran Bretagna (vedi paragrafo 4), fu creato nel 1632 ed è attualmente lo sport più praticato dalla comunità magica nordamericana. Si gioca su un campo di forma ellittica, sia in aria che a terra, con un'unica palla ovale. Durante il gioco a terra le scope sono usate per picchiare gli avversari, perciò hanno il manico rinforzato in bronzo. Per lo stesso motivo, dopo la Convenzione del 1923, i giocatori sono obbligati a indossare pesanti protezioni, tra cui un casco integrale. L'obiettivo del gioco è segnare una meta, che vale 15 punti, superando (con la palla in mano) la linea magica posta a trecento metri dal suolo. Ogni volta che una delle due squadre perde palla il gioco ricomincia dal terreno.


Squadre
Le squadre sono composte da dieci giocatori, così divisi:
1 Picchiatore – Il picchiatore resta sempre a terra durante il gioco; il suo compito è impedire al portatore di palla avversario di spiccare il volo. La regola originale stabiliva che i Picchiatori fossero intoccabili, ma visto che, non sapendo cosa fare durante il gioco aereo, i due Picchiatori avversari erano soliti picchiarsi tra di loro, si convenne di modificare il regolamento. Attualmente i Picchiatori non possono essere colpiti da nessun giocatore, fatta eccezione per il Picchiatore avversario.
2 Ali – Le due ali sono sempre in volo e hanno l'obiettivo di difendere il portatore di palla durante la fase aerea, evitando che venga placcato dai giocatori avversari. Sono equipaggiati con mazze chiodate.
1 Portatore – Generalmente è l'unico giocatore di corporatura minuta, poiché la principale caratteristica richiesta ai Portatori è l'agilità. Salvo eccezioni, la squadra cerca di passare la palla a lui durante la fase aerea del gioco. Dopo i Picchiatori, i Portatori sono i giocatori a più alto rischio di infortunio durante le partite.
6 Giocatori Ordinari – Sono giocatori polivalenti: giocano sia a terra che in volo e hanno lo scopo di supportare i compagni di squadra nelle altre funzioni del gioco.


Giocatori famosi:
Arnold il Picchiatore (1702-1745) – Soffriva terribilmente di vertigini e per questo motivo, durante il gioco, non spiccava mai il volo. La sua abilità nel gioco a terra, tuttavia, era tale che nemmeno i suoi avversari riuscivano a sollevarsi il volo. Morì in campo a 43 anni per un trauma cranico che si inflisse da solo, vittima di un Confundus scagliato da un avversario. È considerato il più grande giocatore di tutti i tempi e in suo onore, nel 1756, fu istituita la figura del Picchiatore. La sua scopa è conservata al Museo Nazionale del Quidditch di Philadelphia.
Betelgeuse la Baffuta (1827-1889) – Considerata una tra le migliori Ali di sempre, si finse un uomo per poter giocare nella squadra nazionale (all'epoca il gioco era vietato alle donne), portandola alla vittoria della prestigiosa Coppa Panamericana nel 1851. Quando rivelò di essere una donna nessuno le credette.
Geoffrey il Meschino (1954--) – Portatore titolare della nazionale americana dal 1973 al 1986, nonostante la corporatura minuta ai suoi tempi era il giocatore più cattivo e temuto in campo, grazie soprattutto alla sua abilità con le fatture e le Maledizioni Senza Perdono. Detentore del record di falli commessi ed espulsioni subite, nonché di citazioni in tribunale per danni fisici e psicologici inflitti agli avversari in campo, resta comunque uno dei giocatori più famosi e talentuosi della storia del Quidditch Americano.


Diatriba sul nome:
Nonostante la comunità nordamericana si ostini a chiamarlo “Quidditch”, definendo il Quidditch autentico come “Quidditch Britannico” o “Quidditch a Sette”, la Federazione Britannica del Quidditch (quello vero) ha spesso ribadito i propri diritti sul nome, in quanto l'autentico Quidditch Britannico nacque nel XIV secolo, con un anticipo di circa 200 anni rispetto alla sua imitazione americana di dubbio gusto. Laddove la Federazione non lo ignora del tutto, il Quidditch Americano viene spesso definito sul suolo britannico con il termine spregiativo di “Quabbish”, derivato dalla celebre affermazione del presidente della Federazione Adalbert Hopkins, che nel 1856, durante la settima Conferenza Internazionale sugli Sport Magici, disse: « Their Quidditch is rubbish. Quabbish, I would say »3 .




Chiusi il libro e sentenziai: « Decisamente, è una porcata immonda ».
E noi siamo fottuti.








Note:
  1. Considerando che Rose è britannica, vogliate permettermi questa patetica spiritosata basata sul modo di dire inglese “it's raining cats and dogs”.
  2. Oh, Severus :')
  3. « Il loro Quidditch è spazzatura. Quabbish, direi ». Vabbé, questo è il capitolo dei giochi di parole che non so tradurre in Italiano. Spero di non aver insultato la stupidità di nessuno inserendo queste note, erano solo per amor di pignoleria :)



Altre note:
Sono in ritardissimo come sempre, ormai non so nemmeno più se scusarmi. Forse vi siete rassegnati alla mia incostanza. La verità è che il progetto del mio libro sta prendendo forma e cerco di lavorare più a quello, per ovvi motivi, in più questa facoltà ti succhia via l'anima come i Dissennatori. Sto cominciando a nutrire una certa antipatia nei confronti dei medici LOL
Ciò detto, il prossimo capitolo è il secondo extra dal POV di Albus e sarà pieno di Calvin e cose che farebbero accapponare la pelle al buon vecchio Putin. Spero di sbrigarmi a scriverlo, perché sinceramente non vedo l'ora di mettere su carta alcune scene che ho in testa.


Volendovi molto bene anche se probabilmente voi ormai mi odiate a morte,
Marghe :)

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Capitolo 13
*** Extra 2 - In amicizia ***


La cosa divertente è che vi farei anche un riassunto per fare il punto della situazione, ma nemmeno io mi ricordo cosa stava succedendo nella storia. Per fortuna ho tutta la plotline che mi ero scritta secoli fa, quindi so cosa devo scrivere nei prossimi capitoli.
E niente, per la serie chi non muore si rivede. Buon 2015 a tutti :)

(Sì, lo so che il capitolo non è all'altezza dei precedenti in materia di scrittura, probabilmente ve ne accorgerete dopo un paio di righe. Sono disgustosamente arrugginita, in più non è stato betato e non ho neanche riletto tutte le parti, che comunque ho scritto piuttosto di fretta tra una pausa e l'altra durante lo studio. Questa volta va così, il tempo manca e si fa quel che si può. Però c'è il primo POV di Scorpius di sempre, e quello l'ho scritto con una certa cura: non odiatemi. D'altronde un po' di caratterizzazione in più a quel poveraccio gliela dovevo. Mi seccava troppo averlo mandato a Serpeverde senza spiegazioni e facendo passare per idiota il Cappello Parlante :D )

Rose



Extra 2

In amicizia

 

POV Scorpius

 

Il rigido inverno scozzese era ormai giunto agli sgoccioli e l'intera scuola sembrava aver approfittato del primo sabato soleggiato che si fosse visto da mesi per riversarsi nei prati attorno al Lago Nero. Visti dalle finestre del castello, gli studenti apparivano come centinaia di puntini colorati sullo sfondo del prato ancora brullo e scuro.

La biblioteca, come era facile intuire dal concerto di grida e risate che si levavano da fuori le mura, era deserta, fatta eccezione per un gruppetto di Tassorosso del terzo anno alle prese con un tema di Trasfigurazione particolarmente difficile e due ragazzi degli ultimi anni imboscati ad un tavolino nella sezione di Storia Medievale. A prima vista si sarebbe detto che fossero una coppia – per il semplice fatto che nessuno sano di mente frequentava mai la sezione di Storia Medievale, a meno che non stesse cercando un po' di privacy per motivi che esulavano dallo studio – ma sbirciandoli da più vicino sarebbe apparso ovvio che nessuno dei due era entusiasta di trovarsi in compagnia dell'altro. Lei, bionda e troppo magra, sedeva con le gambe accavallate e le sopracciglia notevolmente inarcate, un'espressione di puro scetticismo dipinta sul volto. Lui, altrettanto biondo e molto più a disagio, sedeva sulla punta della sedia tamburellando un piede sul pavimento e stava cominciando a pensare che quella conversazione era stata davvero una pessima idea. Davvero molto una pessima idea.

Dominique lo trapassò con uno sguardo gelido.

« ...E perché vieni a chiedere consigli a me? »

Domanda più che lecita.

Ciononostante, Scorpius avrebbe volentieri invocato il proprio diritto a farsi sbranare da un'Acromantula piuttosto che rispondere. Solo per qualche stupida questione di dignità – non che gliene restasse molta – si costrinse a non distogliere lo sguardo.

« Perché sei la sua migliore amica e perché hai molta più esperienza di me in materia » rispose sinceramente.

Più ci pensava e più gli venivano in mente milioni di cose che avrebbe potuto tentare prima di ridursi ad avere una conversazione del genere con Dominique Weasley. Tentare il suicidio rientrava tra quelle, probabilmente – si disse, fingendo di non aver notato lo sguardo a metà fra il divertito e l'impietosito che gli venne rivolto.

Dominique dovette mordersi le labbra per trattenere una risata di scherno (con scarsi risultati, peraltro). Scorpius non seppe se apprezzare lo sforzo o trovarlo solo più offensivo.

« Scorpius, sul serio » disse lei, quando fu in grado di aprire la bocca senza scoppiargli a ridere in faccia. « Più o meno tutti gli studenti dal quinto anno in su hanno più esperienza di te in materia ».

Decisamente, nemmeno Dominique era immune alla sindrome genetica da deficienza di tatto tipica dei Weasley. Scorpius soppresse l'istinto di andare a sotterrarsi da qualche parte e, dopo aver soppresso con una certa difficoltà anche la vocina che gli stava domandando con crescente insistenza perché perseverasse nell'umiliarsi in quel modo, si costrinse a completare la demolizione della propria dignità, come si era prefisso.

Tra l'altro, perché mi prefiggo sempre degli obiettivi così suicidi? Tipo, non lo so, uscire con Rose Weasley.

« Appunto » borbottò, chiedendosi con una certa stizza da quando la propria vita sessuale fosse diventata di pubblico dominio (le continue e per nulla velate allusioni di Rose all'argomento “sesso” stavano cominciando a diventare piuttosto moleste). « Ho disperatamente bisogno di aiuto ».

Patetico.

In effetti, non era da escludere che l'unico motivo per cui Dominique aveva accettato di passare un pomeriggio in sua compagnia fosse che provava troppa pietà per dirgli di no. O forse – anche se Scorpius non era stato così meschino da ricordarglielo – si sentiva in debito per averlo usato come confidente, psicologo e asciuga-moccio l'estate prima, quando aveva avuto bisogno di parlare di James con qualcuno.

Comunque fosse, Dominique non sembrava farsi particolare scrupolo di nascondere che avrebbe ritenuto quel pomeriggio molto meglio speso facendosi la ceretta o scrivendo un tema di Pozioni.

« E non potevi chiederlo ai tuoi compagni di dormitorio? » indagò, scrollando i ricci biondi con impazienza. « Ti stupiresti di scoprire quante e quali esperienze hanno fatto ».

Il che era esattamente il motivo per cui Scorpius aveva rifiutato categoricamente di farsi impartire lezioni in merito da Marshall o Mortimer. Quello, e il fatto che non era minimamente interessato al genere di informazioni che avrebbero potuto dargli.

« Non sono sicuro di voler fare certe scoperte... » ammise. « Che Marshall non sia vergine mi sembra abbastanza ovvio, ma preferisco non pensare al fatto che anche Lily potrebbe non esserlo più, sinceramente ».

Dominique storse la bocca, forse realizzando che nessuno in pieno possesso delle proprie facoltà mentali avrebbe mai chiesto lezioni di sesso a Marshall Matthews e Mortimer Burns, o forse solo disgustata dall'allusione fatta a sua cugina.

« Mi trovi perfettamente d'accordo su questo punto. Ma non mi stavo riferendo necessariamente a Matthews: hai anche un migliore amico a cui chiedere ».

Scorpius dovette fare un notevole sforzo per mantenere un'espressione neutra e disinteressata.

« Al... non è vergine? » finì comunque per gracchiare in modo ben poco dignitoso.

Si rendeva conto che era stato ingenuo da parte sua presumere che se Al avesse perso la verginità si sarebbe sentito in dovere di comunicarlo al proprio migliore amico, ma nonostante tutto doveva ammettere di sentirsi vagamente oltraggiato da quella scoperta.

« Né davanti né dietro, per quello che ne so » confermò Dominique.

A quel punto non gli rimase altro da fare che rinunciare ad ogni pretesa di dignità ed accasciarsi sul tavolo tossendo.

Bene, ora non mi devo nemmeno sforzare per sembrare patetico.

Evitò di andare a rannicchiarsi in posizione fetale in qualche angolo solo perché era conscio di avere lo sguardo di Dominique puntato addosso.

« D'accordo... questo non lo volevo sapere... »

Dominique sembrò rendersi conto di aver appena demolito ogni residuo della sua infanzia e gran parte della sua sanità mentale, con quella rivelazione, perché borbottò: « Sì, forse avrei potuto evitare di dirtelo, anche perché non è stato Al a farmi avere queste informazioni... »

Sì, in effetti avrebbe potuto evitare.

E poi uno crede di conoscere il proprio migliore amico...

« In ogni caso sono maschi e dotati di un pene, Scorpius » continuò lei. « Dovresti davvero chiedere a loro, se hai bisogno di alcuni consigli per quanto riguarda l' “esecuzione pratica” della faccenda ».

« Sì, certo, grazie tante... » ...per avermi rovinato l'infanzia. « Non vedo l'ora di venir istruito sulle posizioni più bizzarre del Kamasutra. E magari anche sulle cose da dietro, a quanto pare » sibilò Scorpius.

D'accordo, forse la stava prendendo un tantino male. C'era anche da dire che Albus aveva una gran faccia tosta a pretendere di essere informato di ogni singolo avvenimento nella vita sentimentale del proprio migliore amico, se poi tralasciava di comunicargli dettagli cruciali come il fatto che aveva perso la verginità o che, a quanto pareva, era bisessuale.

Scorpius allontanò la sedia dal tavolo un po' più bruscamente di quanto avrebbe voluto. Nel farlo urtò una gamba del tavolo con il piede ed il libro di Pozioni che vi era aperto sopra cadde a faccia in giù sul pavimento. Un singolo foglio di pergamena, riempito di una grafia pomposa ed ostentatamente arzigogolata, sfuggì dalle pagine gonfiate ed increspate dai vapori che impregnavano costantemente l'aula di Blaster. Scorpius si chinò a raccogliere la lettera, senza muoversi troppo in fretta né troppo lentamente, e mentre la riponeva tra le pagine del libro ebbe cura di nascondere la firma di Lucius Malfoy allo sguardo di Dominique.

Richiuse il libro simulando un sorriso e decise di cambiare strategia. Dominique non sembrava molto interessata alle sue personali paranoie, ed in effetti era difficile biasimarla. In ogni caso, gettare palate di fango sulla propria dignità sperando di fare pena a qualcuno non lo avrebbe portato molto lontano nella vita, come Lucius gli ripeteva spesso quando Scorpius abitava ancora a Villa Malfoy. La maggior parte dei ricordi che Scorpius aveva della residenza di famiglia risalivano a dopo la morte di sua madre, quando Draco passava giorno e notte a lavorare al Ministero e Scorpius trascorreva il proprio tempo seguendo il nonno attraverso le sale di rappresentanza del maniero ed ascoltando le storie dei suoi nobili ed illustri antenati. Già allora, prima che Draco iniziasse la relazione con Hermione, Lucius aveva fatto di tutto per rendergli chiaro che non approvava le scelte di suo padre. L'unico motivo per cui permetteva a Draco di vivere a Villa Malfoy era lui, Scorpius, un ragazzo così diligente, brillante, concentrato sui propri studi. Tutto quello che Draco, a suo tempo, non era stato.

« Sono certo che continuerai a portare avanti il buon nome dei Malfoy » gli ripeteva Lucius, mostrandogli l'albero genealogico tracciato su un vecchio libro man mano che menzionava i nomi e i meriti dei suoi bisnonni e trisavoli. « Per quanto la vita che conduce tuo padre possa... ah... risultarti imbarazzante, questo non fa di te nulla in meno di quello che sei. Appartieni a una delle più illustri e rispettate famiglie Purosangue della Gran Bretagna, non lo dimenticare ».

Quando Draco era finalmente riuscito a farli sbattere fuori di casa, Scorpius lo aveva odiato. Erano sempre stati i suoi nonni ad occuparsi di lui e Draco, con la sua inadeguatezza e la sua relazione con una Sanguesporco, era riuscito a portargli via l'unica vera famiglia che gli restasse, o perlomeno l'unica parte della famiglia a cui importasse qualcosa di lui – aveva pensato con rabbia. Avere una patetica cotta per la figlia della suddetta Sanguesporco, negli anni passati, non gli aveva mai impedito di disprezzare le numerose bizzarrie dei Weasley.

Solo trascorrendo l'estate in quella villetta troppo piccola per ospitare la spinosa convivenza Weasley-Granger-Malfoy, popolata da libri ed elettrodomestici Babbani (la cui funzione non sempre gli era chiara) al posto dei quadri e delle armature di Villa Malfoy, Scorpius era riuscito a capire perché Draco avesse scelto quella vita. In alcune occasioni, perfino con Rose che faceva del proprio meglio per disturbarlo dalla mansarda del piano di sopra (era innegabile che, almeno nelle prime settimane, i tonfi e la musica molesta fossero stati del tutto intenzionali), Scorpius era stato genuinamente felice di trovarsi lì e non a Villa Malfoy.

Dominique tossicchiò e Scorpius si riscosse dai propri pensieri con un leggero sussulto.

« Scusa, mi rendo conto di essere molesto » disse, tornando alle maniere cortesi che erano state il suo pane quotidiano prima di entrare a far parte dell'affollato e quantomai poco ortodosso clan dei Weasley. Non era come mentire, ma nemmeno come dire la verità: in qualche modo, la cortesia lo faceva sempre sentire meno “nudo” davanti alle persone e gli dava l'opportunità di pensare in modo più lucido. « La verità è che non riesco a capire cosa passa per la testa di Rose in questo periodo e ho pensato che, se c'è qualcuno in grado di capirla, quella sei tu ».

Per quanto Dominique fosse generalmente troppo irritabile per perdere tempo ad ascoltare gli altri, la lusinga non cadde a vuoto. Scorpius vide la sua posa rilassarsi e la linea delle spalle farsi impercettibilmente meno rigida.

« E chi la capisce » sbuffò Dominique, abbandonando i toni ostili.

Scorpius capì immediatamente di aver fatto centro. Frequentando Rose era facile dimenticare quanto poco ci volesse per ottenere quello che si voleva dalle persone, se solo uno sapeva arrivarci usando le parole ed i modi giusti. Non che non apprezzasse le maniere semplici e dirette di Rose – per quanto, spesso e volentieri, fossero sinonimo di uscite imbarazzanti e prive del benché minimo tatto –: come ogni altro Purosangue di buona famiglia, Scorpius era stato educato fin troppo e fin troppo bene alla falsità. Era cresciuto in una gabbia di convenzioni Purosangue e cose non dette abbastanza a lungo da apprezzare la sincerità anche quando era offensiva, ma questo non significava che non vedesse l'utilità di un'accorta scelta di parole quando ve n'era bisogno. Soprattutto, non significava che essere completamente sincero lo facesse sentire a proprio agio. Un Weasley, in fondo, non lo era mai stato.

Cambiò posizione sulla sedia e si sistemò la cravatta – una parte di lui era ben consapevole che quei gesti erano stati appositamente studiati per sembrare più a disagio di quanto si sentisse in realtà. Nell'ultimo periodo si sentiva sempre leggermente in colpa quando notava quanto gli risultasse facile e familiare, quasi rassicurante, quel gioco di maschere e buone maniere, di parole e piccole cose che non erano menzogne, ma nemmeno gesti spontanei.

La sottile differenza tra il tentare di essere sincero con Dominique, ben sapendo che ciò lo avrebbe fatto sembrare un idiota, ed il comportarsi volutamente come un patetico idiota per ottenere ciò che voleva era in realtà un abisso, per Scorpius. Mettersi in ridicolo non gli era mai piaciuto, ma farlo consapevolmente, e per un preciso scopo, lo rendeva calmo, freddo. Gli dava l'impressione di avere la situazione sotto controllo.

Forse lo aveva sempre fatto senza pensarci, ma da quando usciva con Rose gli sembrava di essere una persona parecchio ipocrita.

Tossicchiò e distolse lo sguardo – lo avrebbe fatto anche se non fosse stato così conveniente per recitare la parte del fidanzato senza speranze, si disse. E comunque il fatto che sembrare un fidanzato senza speranze fosse probabilmente l'unico modo per convincere Dominique a parlare non significava che Scorpius non lo fosse davvero. Anche se stava per mentire spudoratamente.

« Rose è vergine, che tu sappia? » chiese.

Dominique scoppiò a ridere, attirandosi addosso uno sguardo seccato da parte dell'arcigna bibliotecaria.

« Credimi, lo è ».

Scorpius non rispose subito. Dominique sembrò interdetta dalla sua mancanza di reazioni, poi – come Scorpius aveva immaginato – si prese la briga di considerare seriamente le sue parole.

« Perché, credevi che Rose potesse non essere vergine? » domandò, perplessa.

Scorpius scrollò le spalle. Ad ogni modo lo aveva creduto davvero, prima che Rose stessa lo smentisse.

Rimase in silenzio, sperando che Dominique abboccasse e parlasse ancora. Non era del tutto sicuro di quale fosse il tasto giusto da toccare, e se voleva muoversi per tentativi era meglio lasciare che fosse lei a parlare il più possibile.

« Scorpius, seriamente... Ma l'hai vista? Non si comporta esattamente da donna adulta e matura... » insistette Dominique.

« È questo il punto » disse Scorpius, sperando di non fare un passo falso. « Insomma, a volte credo che lei voglia solo... Sai, credo che lei pensi... »

Lasciò la frase in sospeso, fingendosi troppo imbarazzato per continuare. Non che non lo fosse, comunque. Se c'era una cosa al mondo che Scorpius detestava con tutto se stesso, quella era essere costretto ad intrattenere conversazioni imbarazzanti sulla propria vita privata.

Dominique lo guardò in modo strano, a metà tra il perplesso e l'ostile.

« Cosa? » chiese, sospettosa.

Scorpius fece vagare lo sguardo tra gli scaffali, chiedendosi se azzardare ancora una mossa o lasciar perdere. Non era sicuro del perché Rose stesse facendo tutto ciò – le continue allusioni al sesso, l'atteggiamento freddo ed i tentativi maldestri di negare tutto ciò di cui sopra. A volte si sentiva un idiota per non averglielo mai chiesto direttamente e si riprometteva di farlo alla prima occasione, al diavolo tutto. Ma la verità era che non era abbastanza Weasley da affrontare di petto quella situazione senza sapere di cosa si trattava. Se le sue teorie in merito erano azzeccate, in effetti, si sentiva anche piuttosto in diritto di avercela con Rose e non vedeva perché avrebbe dovuto prendersi il disturbo di correrle dietro e farsi maltrattare ad oltranza finché lei non si fosse decisa ad esporgli il motivo – senza dubbio alquanto infantile – per cui di punto in bianco aveva deciso che: a) lo odiava e b) dovevano fare sesso quanto prima. Le due cose, da un punto di vista prettamente logico, non andavano molto d'accordo, nemmeno nell'universo in cui i ragionamenti contorti di Rose avevano un senso.

A meno che lei non pensi...

« Beh, sai... » tentennò Scorpius.

Qualunque cosa le avesse detto, sarebbe arrivata alle orecchie di Rose. L'unica speranza che aveva di tenerla all'oscuro di quella conversazione era convincere Dominique di essere in cerca di qualche consiglio pratico per evitarsi una figuraccia tra le lenzuola – cosa che, tra l'altro, avrebbe potuto tornargli utile sul serio.

Qualunque fosse il motivo per cui Rose era tanto ansiosa di perdere la verginità, non era di certo per la smania di fare l'amore con lui. Non aveva molta esperienza in quel campo, ma non era così idiota da non rendersi conto che Rose si stava comportando in quel modo perché credeva di avere un punto da provare. Forse era ancora fissata con la storia di Tessa, forse qualcuno dei suoi cugini l'aveva convinta che nessuna relazione seria poteva andare avanti a lungo senza finire a rotolarsi tra le lenzuola, o forse semplicemente la sua idea di relazione seria dava la precedenza alla messa in pratica del Kamasutra piuttosto che a comportamenti adulti come, per esempio, parlare.

Comunque fosse, Scorpius era sicuro che Rose se ne sarebbe pentita nel giro di cinque minuti se avessero fatto sesso, e sinceramente non era così smanioso di mandare tutto a rotoli per qualche stupido giochetto psicologico su cui la sua ragazza si era fissata.

« Scorpius, non ho tutto il pomeriggio » lo incitò Dominique.

« Scusami » borbottò Scorpius. Poi, tutto d'un fiato, aggiunse: « A volte penso che Rose non si fidi di me ».

In realtà ne era piuttosto sicuro. L'unico dubbio che gli restava era quale motivo le avesse dato per pensare una cosa del genere. L'idea che si trattasse ancora di Tessa, dopo che ne avevano parlato all'incirca venticinquemila volte, lo irritava non poco, ma era pur sempre preferibile all'unica altra possibilità che gli fosse venuta in mente.

Dominique gli lanciò uno sguardo penetrante, e Scorpius si sentì quantomai consapevole della lettera nascosta dentro al suo libro di Pozioni. Dovette combattere contro l'istinto di afferrarlo e nasconderlo dentro la borsa.

« Perché Rose non dovrebbe fidarsi di te? »

Scorpius posò un gomito sul libro e lo attirò lentamente verso di sé.

« Non ne ho idea » mentì. « È solo che a volte penso che voglia fare sesso solo per... Che ne so, forse è ancora fissata con la storia di Tessa. Le ho detto che non è mai successo niente, ma non so se mi abbia creduto ».

« Decisamente, è ancora fissata con Tessa » confermò Dominique.

« Solo per quello? » incalzò Scorpius.

Dominique questa volta ci mise un po' prima di rispondere. Lo guardò in un modo strano, molto poco Weasley, e Scorpius si ritrovò a pensare che doveva essere molto più intelligente di quanto lasciasse ad intendere.

« E per quale altro motivo non dovrebbe fidarsi di te? »

Forse aveva tirato troppo la corda – si disse Scorpius.

« Non lo so » mentì. « È solo un'impressione. Forse... Lascia stare. Probabilmente mi sto solo facendo suggestionare da questa storia del sesso. È chiedere tanto sapere cosa diavolo vuole Rose? »

Dominique scoppiò in una risatina lugubre, ma a Scorpius non sfuggì che stava continuando a guardarlo allo stesso modo in cui gli studenti di Cura delle Creature Magiche scrutavano ogni nuova bestia di Hagrid, chiedendosi esattamente quanto pericolosa fosse e dove nascondesse gli artigli.

« Sarebbe già un passo avanti se Rose sapesse cosa vuole Rose » gli disse.

Scorpius le rivolse un sorriso nervoso.

« Hai ragione. Scusa per averti disturbata, e grazie per tutto. Ti lascerò in pace adesso, immagino che tu abbia da fare... »

Fece per alzarsi, ma Dominique lo bloccò.

« Non ti disturbare, vado io. Ti lascio a studiare » gli disse, e per tutto il tempo che ci mise a raccogliere le sue cose ed andarsene continuò a fissare lui ed il libro di Pozioni come se sapesse esattamente tutto quello che Scorpius le aveva taciuto.

Quando fu sparita tra gli scaffali, Scorpius ebbe finalmente il coraggio di ricominciare a respirare. Parlare con Dominique era stata davvero un'idea orribile. Dava l'idea di essere così fragile, magra al punto che sembrava potesse spezzarsi ad ogni passo e perennemente in crisi per via di James, che era facile dimenticare di come fosse in grado di tenere testa a chiunque, quando non si trattava di prendersi cura di sé stessa.

Che pessima idea.

La prossima volta che avesse avuto bisogno di parlare di Rose avrebbe scelto James. Ecco, James sembrava innocuo.

Anzi, no. Non James – cambiò idea subito dopo, ripensando al terrore cieco che si dipingeva sul volto di Marshall ogni volta che qualcuno nominava il fratello maggiore della sua ragazza.

Diavolo, non si può parlare con nessuno, in quella famiglia.

Scorpius aprì il libro di Pozioni e stese la lettera di Lucius sul tavolo. Le ultime righe gli balzarono davanti agli occhi, nitide nell'inchiostro nero sulla pergamena giallastra, come se si facessero beffa di lui e di ogni suo patetico tentativo di fare la cosa giusta.

 

Non ti nascondo la sorpresa con cui ho accolto questa tua ultima richiesta, Scorpius.

Non pensavo che volessi immischiarti in cose del genere – e sinceramente non sono sicuro che questo sia il momento più adatto per schierarsi in modo così chiaro – ma mentirei se ti dicessi di non essere molto lusingato ed orgoglioso.

Non sono più in contatto con quei circoli da molto tempo, almeno non in contatto stretto come lo ero una volta. Devi capire che di questi tempi bisogna prestare molta attenzione ad ogni parola scambiata con le persone sbagliate, e la nostra famiglia è da lungo finita nel mirino del Ministero. Tuttavia non posso negarti questo favore: farò quanto è in mio potere per soddisfare la tua richiesta e metterti in contatto con le persone giuste.

Tu prego, però, di essere molto prudente: dai fuoco a questa lettera non appena la avrai letta, e non dire niente a nessuno.

È importantissimo che nessuno nutra il benché minimo sospetto nei tuoi confronti.

 

Lucius Malfoy

 

Quando giunse al fondo della pergamena, Scorpius estrasse la bacchetta dalla tasca e sussurrò: « Incendio ». Rimase ad osservare la carta crepitare e sgretolarsi fra le fiamme, finché non rimase solo un mucchietto di cenere sul tavolo.

Non aveva commesso nessun passo falso con Rose – si ripeté per la centesima volta. Rose non sospettava niente. Era solo Rose, si rifiutava di parlare degli AntiBabbani perché non le importava nulla di scoprire chi ci fosse dietro e l'unico motivo che avesse per dubitare della sua sincerità era Tessa.

Ma c'era sempre Albus, e Albus non era un idiota. Se Albus avesse sospettato qualcosa? Perché avrebbe dovuto rifiutarsi di rivelargli le sue congetture sugli AntiBabbani, altrimenti? E in quel caso ne avrebbe parlato con lui per primo, o con Rose?

Forse Rose sapeva, e tutta quella follia per il sesso era solo perché credeva che non la amasse abbastanza. Scorpius si prese la testa tra le mani. Avrebbe voluto dirle che la amava davvero, e avrebbe voluto dirle la verità su tutto, ma sapeva che lei non avrebbe capito. E come avrebbe potuto? Era una Weasley, in fondo.

Sperava solo che quella storia del sesso si rivolvesse in fretta. Aveva già abbastanza problemi senza che le cose con Rose peggiorassero ulteriormente.

Ma forse era stata colpa sua, infondo, e non di Rose. Avrebbe dovuto parlarle da Tessa di subito invece di aspettare che fosse lei a tirare fuori l'argomento, se solo non fosse stato così in imbarazzo...

Merlino, si era dato dell'idiota in tutte le lingue a lui note e ignote quando aveva scoperto che Rose era vergine. Per qualche stupido motivo – forse perché gli sembrava impossibile che nessuno avesse voluto averla prima di lui, o che lei fosse stata abbastanza matura da evitare di perdere la verginità con il primo idiota di passaggio – era stato seriamente convinto che lei avesse molta più esperienza di lui sul campo, e c'era stato un periodo in cui era stato terrorizzato di arrivare al dunque e doverle confessare che, se le cose fossero dipese da lui, probabilmente non avrebbe nemmeno saputo da che parte infilare il preservativo. Avrebbe dovuto rendersi conto da subito che Rose di sesso capiva, se possibile, anche meno di lui. Forse, se avesse letto i segni correttamente dall'inizio e non si fosse fatto prendere dal panico, non sarebbero finiti in quella situazione.

L'unica cosa che Scorpius sapeva per certo, a quel punto, era che il sesso sarebbe stato un mostruoso disastro, partendo da quelle premesse. Si era trovato nella posizione di Rose l'anno prima – quando aveva deciso di perdere la verginità con Tessa solo per provare al mondo e a se stesso che non era cotto di Rose – e quello era il principale motivo per cui era tutt'ora vergine e lui e Tessa avevano chiuso.

Dio, sperava davvero che si trattasse solo di quello... Ma se Al sospettava? Era possibile che non le avesse detto niente?

 

 

 

***

 

POV Albus

 

« ...Davvero non ti ha detto niente di niente? » insistette Rose, che da quando aveva fatto irruzione nei dormitori maschili di Serpeverde non aveva fatto che marciare per la stanza come un tornado, fermandosi di tanto in tanto per gettare qualcosa a terra, sedersi nello spazio così ottenuto e rialzarsi pochi secondi dopo per riprendere a marciare.

Albus stese pigramente una mano fuori dal materasso per raccogliere sigaretta spezzata a metà che, all'ultimo assalto di Rose, era rotolata fuori dalla tasca di un paio di jeans appartenenti a Mortimer.

« Niente di niente a proposito di cosa? » chiese, studiando la sigaretta con interesse.

Non ebbe bisogno di rialzare gli occhi su sua cugina per sapere che Rose lo stava fulminando con un'occhiata omicida.

« A proposito dell'epidemia di dissenteria tra gli Ippogrifi di Hagrid. A proposito di cosa, secondo te?! » sbottò lei, infatti.

« Ah » Albus annuì con aria saputa e si portò la sigaretta, spenta, alle labbra. « Intendi il sesso ». Finse di aspirare una lunga boccata ed allontanò la sigaretta dalla bocca con un gesto allusivo ed elaborato. « Fai sempre metafore strane, quando si entra in argomento ».

Rose non parve apprezzare particolarmente l'umorismo.

« Stupido coglione. Ti sembra questo il momento di metterti a fare lo spiritoso? Sono in crisi, per Merlino! »

« Ahh... sì » concordò Albus, continuando a fingere di fumare la mezza sigaretta. « Ne avevo avuto il vago sentore quando hai fatto irruzione nella Sala Comune di Serpeverde minacciando di morte un paio di studenti del primo anno ».

« Noto con piacere che quello che ho appena detto riguardo all'essere spiritoso ti è entrato da un orecchio e uscito dall'altro come se niente fosse » sputacchiò Rose, gettando a terra una pila di libri e sedendosi al loro posto sulla scrivania con sdegno ostentato.

Albus le lanciò un'occhiatina di traverso e succhiò pigramente il filtro.

« Dovevo pur trovare un modo per mantenere intatta la mia sanità mentale in questa famiglia di schizzati ».

« La tua sanità mentale » ripeté Rose, con un'aria così oltraggiata che Albus dovette sforzarsi parecchio per non ridere. « Non sono venuta qui per discorrere di cose inesistenti, Sev ».

« No, giusto » Albus si professò d'accordo, sorvolando magnanimamente sull'appellativo che lei gli aveva rivolto. « Sei venuta qui per trapanarmi le palle a proposito del temibile... orribile... minacciosissimo... » qui, dopo aver sventolato in aria la sigaretta per sottolineare la climax, fece una breve pausa in cui le lanciò un'occhiatina di scherno. « Sesssso » disse infine, spingendo la lingua tra i denti per far sibilare le esse.

Rose si rialzò di scatto e ricominciò a misurare la stanza a passo marziale.

« Albus, sto per Schiantarti. Io ti avverto, nel caso che il proverbiale istinto di autoconservazione dei Serpeverde esista davvero ».

Con un grugnito infastidito, Albus si decise a lasciar perdere la sigaretta e si tirò a sedere.

« Oh, dacci un taglio » borbottò. « Allora, qual è il problema questa volta? Non sai se devi depilarti anche dietro le ginocchia o ti sei convinta di essere troppo grassa? No, perché quello si vede anche con l'uniforme addosso, in ogni caso, quindi se Scorpius non ti ha ancora piantata per questo motivo dubito che potrebbe farlo dopo che gli hai concesso le tue grazie ».

« L'utilità e il valore di incitamento morale dei tuoi consigli sono, come sempre, sconvolgenti » commentò Rose, tirando un calcio a qualcosa di pesante sul pavimento ed imprecando quando – Albus suppose – il suo alluce le ricordò che non era stata una grande idea.

« Se volevi consigli sulla biancheria intima potevi andare da Dominique. Di sicuro ti sarebbe molto più utile lei di me » le disse con aria di fatto.

Non che Albus non si divertisse a vederla dare di matto – ultimamente, in effetti, le crisi di coppia altrui lo mettevano di ottimo umore – ma aveva preso impegni per quel pomeriggio e Rose aveva tutta l'aria di volerla tirare per le lunghe.

« So già cosa mi direbbe Domi, grazie tante: » sbuffò Rose. « Non farlo se non ti senti pronta e tutte queste baggianate. Se sono venuta a chiedere consiglio a te ci sarà un motivo. Miseriaccia, Al, Scorpius è il tuo migliore amico! Deve averti detto qualcosa! »

Albus alzò gli occhi al cielo. Ed ecco che ricominciavano con la solfa del “deve averti detto qualcosa”. Per Merlino, ovviamente non gli aveva detto niente: si trattava di Scorpius, mica di un Tassorosso affetto da incontinenza emotiva.

« Oh, certo. Non parla d'altro » rispose, sarcastico. « Sveglia, Rose, stiamo parlando di Scorpius Malfoy, quello che pur di non raccontare i fattacci suoi agli amici va in terapia da uno psicologo. Cosa doveva dirmi, secondo te? “Hey, Albus, sai che ho proprio voglia di scoparmi tua cugina”?! ».

Lo sguardo di Rose non fu molto incoraggiante.

« Continui a non essere minimamente d'aiuto, ne sei consapevole, vero? »

« No, certo. Se non fosse per me non stareste nemmeno assieme, ma logicamente non sono minimamente d'aiut... »

« Oh, avanti, non ci credo che non avete mai parlato di sesso! » sbottò Rose, calciando il diciassettesimo oggetto nell'arco di cinque minuti. Al considerò che doveva esserci davvero un gran casino su quel pavimento, e si ripromise di convocare Marshall e Mortimer per una sessione comune di Incantesimi Riordinanti. (Pulire il dormitorio senza la presenza di Mortimer era fuori discussione, data la quantità di oggetti e sostanze illegali che nascondeva nei posti più insospettabili. Una volta Al si era ritrovato con dieci grammi di erba dentro la manica della divisa da Quidditch, durante una partita.) « Insomma, » continuò Rose, che apparentemente non si era resa conto di quanto poco Albus la stesse ascoltando. « Non dico necessariamente di sesso con me o simili, ma in generale! Siete maschi, diamine, non parlate d'altro! »

Ah, ecco, gli pareva che mancasse qualche ragionamento sessista del tipo “maschi ergo pene ergo incapacità di avere conversazioni intelligenti” per concludere il ragionamento. Questa volta Albus se ne fregò degli istinti di sopravvivenza e lasciò andare uno sbuffo ben udibile.

« Ti ringrazio per la profonda stima che nutri nei confronti del genere maschile e dei nostri argomenti di conversazione » disse. « In ogni caso sì, certo che ne abbiamo parlato. Il mese scorso, quando gli ho spiegato che i bambini non nascono da sotto i cavoli ».

Per un attimo pensò seriamente che Rose gli sarebbe saltata addosso e gli avrebbe azzannato la giugulare.

« ...Albus, io ti odio ».
 

 

Albus ripose la Mappa del Malandrino in tasca e, dopo aver controllato per l'ennesima volta che il corridoio fosse deserto, sgattaiolò fuori dal suo nascondiglio. Era in ritardo di quasi mezz'ora, e odiava essere in ritardo. Chissà cosa aveva combinato quell'incapace in sua assenza, poi: Albus non era presuntuoso, ma aveva dovuto imparare a proprie spese che presumere che la gente non fosse in grado di fare le cose da sola era sempre un ottimo punto di partenza.

Imprecò tra i denti ed accelerò il passo. Se Marshall e Scorpius non l'avessero trattenuto con tutte quelle domande moleste non sarebbe stato così in ritardo. Bella faccia tosta aveva Scorpius, comunque: erano settimane che spariva per ore con la scusa di andare in biblioteca, e poi si sentiva in diritto di fargli l'Inquisizione Spagnola quando lui era il primo a tramare qualcosa di losco alle spalle degli altri. Prima o poi Albus avrebbe dovuto scoprire cosa accidenti stava combinando.

Diamine, in un periodo normale lo avrebbe già scoperto da settimane, ma con gli AntiBabbani e tutto il resto aveva a stento avuto il tempo di notare che Scorpius si comportava in maniera strana. Aveva decisamente troppe cose per la testa, e non gli piaceva quella sensazione di avere troppo da fare e troppo che gli sfuggiva.

Albus imprecò di nuovo, sentitamente, e s'infilò all'interno di un'aula deserta.

Lui era là, intento a fischiettare una canzoncina alquanto irritante mentre mescolava il calderone con aria svagata. Ovviamente. Albus si chiese quanti danni fosse riuscito a fare in mezz'ora di libertà.

« Scusa per il ritardo » borbottò. « Ho avuto delle cose da fare ».

Principalmente sviare ogni sospetto e convincere i propri compagni di dormitorio che non stava andando in nessun posto che valesse la pena di scoprire, ma questo non c'era bisogno di farglielo sapere.

Calvin gli rivolse un sorriso che rese Albus molto scettico sulla possibilità che quell'individuo avesse in bocca solo trentadue denti. E che avesse mezzo neurone in testa, anche.

« Figurati. Sono andato aventi senza di te, ti secca? »

Non è che gli seccava. Gli faceva venire voglia di annegarlo nel calderone, più che altro.

Albus si risparmiò il sarcasmo e sbirciò la pozione oltre la spalla del Grifondoro. Non sembrava irreparabile, in effetti. Il colore era un po' troppo vivace e, a giudicare dall'odore di vaniglia, Calvin doveva aver aggiunto qualcuno dei suoi ingredienti a sorpresa, ma se non altro bisognava ammettere che gli effluvi di vaniglia erano meglio dell'odore pestilenziale di uova di rospo che la pozione emanava due giorni prima.

Cercare di convincere Calvin a seguire la ricetta dal libro era inutile, ormai Albus se n'era fatto una ragione. Non era nemmeno del tutto sicuro che Calvin sapesse leggere, in effetti (quello, se non altro, avrebbe spiegato molte cose).

« Allora, cos'è che hai aggiunto? » chiese Albus, rassegnato, mentre estraeva il quadernetto degli appunti per segnare le correzioni sulla ricetta originale.

Gli occhi di Calvin si accesero di quella scintilla d'orgoglio che Albus aveva imparato ad interpretare come la sua ingenua convinzione che qualcuno gli avrebbe dato un biscotto e una grattatina dietro le orecchie per aver selvaggiamente stuprato al ricetta di una pozione aggiungendo ingredienti a seconda dell'umore del momento.

« Oh, un po' di cose. Vedrai, sono sicuro che le mie idee ti piaceranno! »

« Ne dubito fortemente... » sussurrò Al, troppo piano perché Calvin potesse udirlo.

In realtà, ormai aveva anche smesso di prendersela sul serio.


 

Un'ora più tardi la pozione bolliva placidamente nel calderone, sopra ad un fuoco vivace. Albus osservò il liquido verdastro per un paio di secondi, poi si sfilò la penna da dietro l'orecchio, la intinse nel calamaio e scarabocchiò un appunto sul quadernetto che teneva aperto in bilico sulle ginocchia. Gli piaceva fare le cose con metodo e prendere nota di tutti i passaggi, anche se in quel caso almeno uno dei due intenti era fallito miseramente. Lanciò un'occhiata furtiva a Calvin, che stava giocherellando con un artiglio di drago, poi tornò ad abbassare lo sguardo sulla pergamena. Subit sotto “giorno 12: 48 min 25 sec, aggiunta menta tritata” e poco prima di “53 min ? sec, Calvin ha buttato qualcosa di marrone nel calderone e si rifiuta di dirmi cos'è” campeggiava il perentorio avvertimento: “SMETTILA DI GUARDARE L'IDIOTA COME UN IDIOTA”.

Tornò a guardare Calvin di sottecchi, mentre l'idiota – che chiaramente non aveva una dignità di cui preoccuparsi – usava le sue pinzette d'argento per sistemarsi le sopracciglia. Diavolo, avrebbe davvero dovuto piantarla.

Maledetti sua madre, suo padre e chiunque altro potesse essere ritenuto responsabile per il concepimento di un individuo così immensamente conturbante. Non che Calvin gli piacesse – a parte il fatto che era oggettivamente la cosa più scopabile che gli fosse capitata sotto gli occhi dai tempi in cui aveva rinvenuto la vecchia collezione di giornalini di Quidditch di sua madre, s'intendeva. In effetti, più che piacergli, Albus non ricordava di avercela mai avuta con qualcuno così tanto dai tempi in cui Rose era uscita con Marshall, al terzo anno. Ovviamente la versione ufficiale della cosa era stata che era geloso marcio di sua cugina, d'altronde gli ci erano voluti ancora un pio d'anni per rendersi conto di cosa fosse geloso in realtà.

Non che poi avesse ritenuto necessario informare Marshall o chiunque altro di una stupida cotta pre-adolescenziale: nel frattempo era uscito con ragazzi e ragazze altrettanto attraenti, e Marshall aveva dimostrato di essere romanticamente molto interessato ai Weasley, ma anche indiscutibilmente etero. Che se lo prendesse pure Lily, la cosa non lo sfiorava minimamente.

(D'accordo, poteva darsi che all'inizio avesse voluto soffocarla nel sonno per essersi messa con la sua prima cotta adolescenziale seria, ma era stato solo un istinto turbe e momentaneo. Ora era assolutamente entusiasta all'idea che due dei suoi migliori amici si potessero imparentare con lui.)

« Ehi, Albus? »

La voce di Calvin lo riscosse dai propri pensieri, che al momento vertevano su quale delle proprie cugine o conoscenti avrebbe potuto accoppiare con Mortimer.

« Cosa? » grugnì.

« Credo che per oggi abbiamo finito con la pozione » disse Calvin. « Dovrebbe essere pronta per la prossima settimana. Dici che Blaster sarà contento? »

Albus scrollò le spalle.

« Staremo a vedere. Continuo a pensare che il cubetto di cioccolata sia stato una cazzata enorme, sinceramente ».

Quando Blaster li aveva praticamente costretti a lavorare su quel progetto pomeridiano per rimediare al Troll che avevano preso nell'ultima pozione – seriamente, tirare in ballo la sua media immacolata in Pozioni era stato un ricatto in piena regola – Albus era stato a dir poco scettico sulla possibilità che la cosa funzionasse. In effetti, se ben ricordava, era scoppiato a ridere in faccia al professore ed aveva dichiarato che piuttosto che lavorare di nuovo in coppia con Davies avrebbe mangiato una cassa di Merendine Marinare scadute da qualche decennio.

Tutt'ora era assolutamente poco convinto delle abilità pozionistiche di Calvin: la fantasia gli andava riconosciuta, d'accordo, ma la sconsideratezza con cui quell'imbecille era capace di gettare letteralmente qualsiasi cosa dentro al calderone costituiva tutt'ora uno dei peggiori incubi di Albus. C'era anche da dire, però, che fino ad ora, lasciato a se stesso e alle sue idee deliranti, Calvin non era ancora riuscito a rovinare irrimediabilmente la pozione. Poteva anche darsi che in un paio di occasioni avesse avanzato delle proposte moderatamente intelligenti – ma questo Albus non lo avrebbe ammesso nemmeno dopo aver bevuto un intero calderone di Veritaserum.

« Bene, allora ci vediamo lunedì » sentenziò Albus, alzandosi.

Era già a metà strada verso la porta quando Calvin lo chiamò.

« Aspetta! Ti andrebbe di prendere una Burrobirra a Hogsmeade? »

Albus si voltò, già pronto a rispondergli che avrebbe bevuto una pinta molto più volentieri con il suo cadavere, ma la rispostaccia gli si bloccò in gola davanti alla scena di Calvin che si sfilava il maglione macchiato di pozione (rigorosamente senza sbottonarlo e restando incastrato con la testa per quasi un minuto).

Albus si chiese da dove venisse tutta quella saliva che di colpo si trovò in bocca.

« Io avrei da fare... » disse, molto debolmente e con così poca convinzione che era piuttosto certo di aver visto James fare i compiti di Trasfigurazione con più brio.

« Oh, avanti! » insistette Calvin, sfoggiando il solito sorriso da stupro per cui Albus lo odiava e lo avrebbe sempre odiato senza riserve. « Abbiamo ancora due ora prima del coprifuoco e poi non sono mai stato ad Hogsmeade. Dicono tutti che Mielandia è un posto spettacolare ».

Albus inarcò un sopracciglio e tossicchiò.

« Senti, Davies, non per essere scortese, ma nel caso non ti sia chiaro non sono minimamente interessato a... »

« Lo so » lo interruppe Calvin, senza che il suo sorriso si incrinasse di un millimetro. « Credi che perché sono gay non possa avere degli amici maschi? »

Pronunciò quelle parole senza che nulla nella sua voce allegra cambiasse, e fu peggio che se le avesse dette con aria seria: per una volta, invece di pensare a quando Calvin fosse idiota e conturbante, Albus si ritrovò a chiedersi se in fondo l'idiota, lì, non fosse lui stesso. Forse era stato il modo in cui Calvin aveva detto gay – così apertamente e con aria così tranquilla, come se si trattasse di un'ovvietà come tante altre. Ed in effetti era dannatamente ovvio che fosse gay, ma per quanto tutti a Hogwarts lo sapessero Albus non glielo aveva mai sentito dire. Era strano. Non aveva mai nemmeno avuto il coraggio di pensare gay – o bisessuale, o quello che era – per se stesso, nonostante sapesse di esserlo da quasi due anni ormai.

Albus aprì e richiuse la bocca un paio di volte, senza sapere cosa dire. Si chiese perché Calvin non la smettesse di sorridere come se niente fosse, e si chiese anche quante volte fosse stato trattato come un bambolotto arrapato senza che nessuno considerasse il fatto che potesse volere qualcosa di diverso dal sesso dalla gente. Certo, sembrava che le aspirazioni di Calvin non esulassero molto dal sesso, a voler essere sinceri, ma questa considerazione non lo fece sentire molto meglio.

Aveva sempre pensato, con un'abbondante dose di sarcasmo e malignità, che ci volesse un gran bel coraggio per andarsene in giro con una tale faccia da imbecille, e di colpo si rese conto che era vero. Ci voleva davvero molto coraggio per essere come Calvin. Albus, tutto quel coraggio, non lo aveva mai avuto.

« I-io... » balbettò Albus.

Non gli capitava spesso di trovarsi a corto di parole, e la sensazione gli piaceva se possibile ancora meno del fatto che a zittirlo fosse stato Calvin Davies, proprio quando Albus era sul punto di tirargli una rispostaccia a proposito del suo orientamento sessuale.

« Avanti » lo incoraggiò Calvin. « Ci divertiremo, vedrai ».

 

 

Albus riteneva di essere, tutto sommato, una persona dalla mentalità piuttosto aperta. Tuttavia non credeva di essere psicologicamente pronto per accettare il fatto che si potesse rimediare ad un cubetto di cioccolata fatto cadere accidentalmente nel calderone mentre facevano merenda, o il fatto che Calvin Davies non fosse proprio un totale idiota o, peggio del peggio, il fatto che probabilmente aveva una cotta per lui. Specialmente non se quelle constatazioni arrivavano tutte assieme nell'arco di un pomeriggio.

« Allora... grazie per la serata » borbottò Albus.

Erano uno di fronte all'altro, alla base della scalinata che portava dalla Sala d'Ingresso verso i piani alti, ed Albus non riusciva a ricordare un'altra situazione nel passato recente in cui avesse desiderato così ardentemente di morire dall'imbarazzo. Forse solo quella volta, durante le ultime vacanze estive, quando era tornato a casa con due ore di anticipo ed aveva trovato Harry e Ginny in atteggiamenti alquanto equivoci sul divano.

Calvin – tanto per cambiare – sorrise.

« Di niente. Allora buona notte ».

Albus annuì.

« Sì, uhm... buona notte ».

Fu piuttosto sorpreso quando Calvin, dopo avergli rivolto un ultimo sorriso ebete, gli voltò le spalle e se ne andò senza aggiungere altro. Non si era davvero aspettato che lo trattasse in quel modo per tutta la sera. In effetti, Calvin Davies che riusciva a passare un'intera serata senza dare l'impressione di starci provando era una cosa così bizzarra da risultare quasi offensiva delle leggi del cosmo.

Albus rimase con la mano che aveva voluto tendergli ferma a mezz'aria, sentendosi un idiota. Per qualche motivo, aveva sempre dato per scontato che dopo le Burrobirre sarebbero tornati assieme al castello e Calvin sarebbe tornato lo stesso Calvin di sempre e gli avrebbe dato un bacio della buona notte o qualcosa del genere.

Con una fastidiosa stretta allo stomaco, Albus dovette ammettere di essere piuttosto deluso. Il che lo portò anche a dover ammettere di essere il più colossale idiota nella storia dell'universo.

Estrasse la Mappa del Malandrino e controllò dove fossero i suoi amici: Calvin stava risalendo le scale verso la torre di Grifondoro, Scorpius era in biblioteca (Albus si chiese se stesse effettivamente studiando o se stesse combinando qualcosa di losco), Rose sembrava intenta a fare casino nella Comune di Grifondoro con gli altri cugini, Mort stava probabilmente facendo cose che era meglio non conoscere in posti che non risultavano sulla Mappa e Marshall era nel loro dormitorio con Lily.

Per qualche motivo, Albus fu quasi irritato di vederli assieme. Era da un po' che accoppiare i propri conoscenti non gli dava più la stessa soddisfazione di una volta.

 

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