Without you

di Tigre Rossa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 - Dolore ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Without you
 
 
 
Prologo
 
 
 

Non posso lasciarlo andare. Proprio non posso.
--Suzanne Collins
 
 
 

“Tigre!”
 
Anche nel trambusto della battaglia, la voce di Po giunge alle mie orecchie forte e limpida come se fosse l’unico rumore presente nell’aria.
Non faccio in tempo a voltarmi verso il mio compagno che egli mi si affianca, sudato e ricoperto da una mezza dozzina di tagli, ma per il resto illeso.
Velocemente spedisce al tappeto il mio avversario e mi lancia un’occhiata indagatrice, quasi a voler controllare le mie ferite.
“Stai bene?” mi chiede, ansimando un po’ e scrutando ansioso il largo taglio che mi attraversa il braccio sinistro.
“Certo.” sbotto freddamente, stendendo con un calcio volante il lupo che, approfittando della momentanea distrazione di Po, ha tentato di attaccarlo alle spalle “Concentrati sulla battaglia, invece di pensare a me.”.
Lui sbruffa “Ai tuoi ordini, mia signora.” scherza, mentre gli occhi color giada gli brillano della solita allegria, presente anche in un momento simile “Ridurrò questi banditi in polpette!”.
Un lieve sorriso si forma sulle mie labbra mentre l’osservo posizionarsi dietro di me e iniziare a colpire chiunque si avvicini troppo, e poi torno a concentrarmi sugli avversari che si fanno sempre più numerosi, nonostante la nostra resistenza.
 
 
Quando, poco prima, io e Po siamo usciti per rispondere ad una richiesta d’aiuto proveniente da uno dei villaggi vicini, la possibilità di cadere in un’imboscata non ci aveva nemmeno sfiorati.
Solo quando siamo stati intrappolati da un manipolo di lupi armati fino ai denti ed estremamente esperti nelle arti marziali vicino alla Piscina delle Lacrime, ci siamo resi conto di essere stati giocati.
Ed allora non abbiamo potuto far altro che difenderci.
 
 
Ma, nonostante tutti i nostri sforzi, i nemici non solo non diminuiscono, ma aumentano sempre di più e con il loro numero cresce anche la loro potenza.
Cerchiamo di guadagnare terreno, ma siamo soli contro un esercito e senza alcuna via di fuga.
Siamo proprio in una situazione disperata.
Eppure, nonostante tutto, la presenza di Po alle mie spalle mi dà un po’ di serenità.
 
 
Continuiamo a combattere a lungo, schiena contro schiena, proteggendoci a vicenda.
Ma, pian piano, iniziamo a perdere terreno.
Incassiamo colpi dolorosi.
Veniamo feriti più e più volte.
Indietreggiamo e cerchiamo disperatamente con lo sguardo una via di fuga.
Ce ne rendiamo conto facilmente, nonostante non vogliamo accettarlo.
 
Stiamo perdendo.
 
 
Tutto, all’improvviso, degenera.
 
Io e Po veniamo separati.
Lui, spinto verso la Piscina della Lacrime Sacre, viene colpito con spade e artigli, sanguina copiosamente, quasi gli strappano un occhio.
Io lo chiamo per nome, cerco di intervenire, di raggiungerlo, di andare in suo aiuto, ma i lupi si lanciano quasi tutti contro di me.
Ringhio, cerco di ferirli, di farmi strada tra di loro, ma è impossibile.
Vengo spinta contro una parete rocciosa.
Sbatto la testa sulle rocce e per un attimo tutto diventa nero.
Mi rialzo, frastornata, ma vengo spinta a terra.
Cerco di liberarmi, ma mi hanno immobilizzata.
Tento di opporre resistenza, di combattere, ma sono alla loro mercè, completamente inerme.
Vengo tempestata di calci dolorosi, pugni violenti e morsi selvaggi.
Lame crudeli giocano con la mia pelle, ferendola in più punti.
Mille artigli e innumerevoli zanne straziano le carni.
Quando un gelido pugnale mi trafigge il braccio destro più e più volte, instancabilmente, strappando i tendini e conficcandosi nel muscolo, urlo.
Si, urlo, e per un attimo desidero solo lasciarmi andare e svenire, allontanandomi così da tutto questo.
è da deboli, lo so, ma non posso farne a meno.
E per un millesimo di secondo, penso davvero di essere sul punto di perdere i sensi.
Ma poi . . . poi tutto si interrompe.
Gli attacchi, le ferite, i ringhi dei lupi . . . tutto questo sparisce.
La pressione esercitata sul mio corpo scompare, lasciando il vuoto.
Urla e gemiti riempiono l’aria.
I musi dei banditi che mi sovrastano svaniscono.
 
Al loro posto compare quello di Po.
 
è ferito, molto ferito, e la sua pelliccia bianca e nera è sporca di sangue.
Ma non è quello a lasciarmi senza fiato.
Sono i suoi occhi.
Quei caldi, dolci occhi color della giada sono ricolmi di sentimenti e emozioni che non ho mai visto riflesse sul suo viso.
I suoi occhi . . . i suoi occhi sono colmi di rabbia, di furia, di spietatezza.
Ma . . . ma c’è anche dell’altro.
Vedo forza, lì, nei suoi occhi.
Forza e decisione.
E  . . . e cos’è quello? Cos’è che gli illumina in quel modo gli occhi?
 
Po mi solleva delicatamente da terra, stringendomi tra le sue braccia piene di tagli e ferite.
 “Tigre . . .” la sua voce è appena un sussurro, ma è forte e decisa, come il suo sguardo. “ Non preoccuparti, adesso ti porto via da qui.”.
Cerco di guardarlo in volto ancora una volta, confusa e debole. Non l’ho mai sentito parlare in questo modo, né visto comportarsi così.  è così . . . così diverso.
Lui nota il mio sguardo e, dolcemente, mi sorride, regalandomi un sorriso che cancella tutto il resto.
Mi mormora sottovoce “Tieniti forte” e appena io mi aggrappo debolmente alla sua pelliccia macchiata, lui mi sorregge con un solo braccio, fa un respiro profondo e si lancia contro i lupi che non è riuscito ad eliminare quando è accorso in mio aiuto.
Li affronta con la forza di un dragone, mandandoli al tappeto con l’ausilio di un solo braccio e proteggendomi dai loro colpi.
Li sconfigge tutti, uno per uno, con una forza e un’abilità tale da lasciare chiunque senza parole.
Io assisto a tutto, incapace di fare o dire qualsiasi cosa.
Dove . . . dove trova la forza di compiere questi gesti? Dove trova la forza di combattere così, nonostante le sue ferite e nonostante me?
Dove?
 
 
Poi, tutto finisce in un attimo.
 
 
Un lupo, comparso all’improvviso da chissà dove, veloce e preciso come un demone, lo trafigge con una spada.
Po urla di dolore e per un attimo, udendo il suo grido, sento il mondo fermarsi.
Mentre lui cade in ginocchio, vedo il lupo stringere ancora di più la lama sporca di sangue –sporca del sangue di Po- e sollevarla ancora per infliggergli il colpo di grazia.
Il mio cervello diventa di colpo lucido e il dolore abbandona il mio corpo.
Veloce come non sono mai stata, mi libero dalla debole presa del mio compagno e salto addosso a quel bandito, facendolo finire per terra.
Con un rapido movimento gli sottraggo l’arma e prima che possa rendersi conto di cosa sta succedendo recido la sua vita, come lui ha tentato di fare con il mio amico.
Non mi fermo nemmeno per un attimo a guardarlo; subito mi volto verso Po e, col cuore in gola, mi avvicino a lui.
 
Po, il mio Po, è steso a terra in una pozza di sangue.
Appena mi avvicino solleva lo sguardo su di me.
Quello stesso sguardo, così forte e deciso fino a pochi attimi prima, è debole, senza forza, e così terribilmente lontano . . .
Subito, senza nemmeno una parola, lo sollevo e cerco di fermare la fuoriuscita del sangue, ma mi rendo immediatamente conto che è inutile.
è stato ferito troppo, e troppo profondamente. Ha già perso moltissimo sangue e continua a perderne in abbondanza. Il suo respiro è difficoltoso e il battito del suo cuore è così debole che nemmeno le mie orecchie riescono a udirlo distintamente.
Po . . . Po non sopravviverà.
Non può farcela.
Non può.
E io lo so.
Eppure  . . . eppure non riesco ad accettarlo.
Non posso accettarlo.
 
Con le zampe che mi tremano, strappo un lembo dei miei vestiti e tento di fermare il sangue.
“Non muoverti.” gli ordino, senza osare alzare lo sguardo dalla ferita.
Avverto gli occhi del mio compagno fissi su di me, ma non ho il coraggio di incrociarli, non ora.
Non ora che . . .
“Tigre . . “ le sue labbra esangui articolano il mio nome. C’è così tanto dolore, così tanta sofferenza concentrata in quella semplice parole, ma c’è anche altro, qualcosa di diverso, di dolce, di . . .
“Shhh . . “ la mia voce è appena un sussurro e devo sforzarmi a fondo per impedirle di rompersi “. . . non parlare . . .” mormoro piano mentre osservo la stoffa assorbire inutilmente quel sangue scarlatto.
La sua zampa destra, allora, si posa con delicatezza sulla mia e tenta di stringerla, mentre mi chiama ancora una volta per nome, ancora più tristemente e allo stesso tempo dolcemente di prima.
“Tigre . . .”
Mi mordo le labbra e poi, lentamente, alzo lo sguardo su di lui.
I suoi occhi color della giada, sempre più freddi e vuoti, mi osservano avidamente, come se volessero memorizzare ogni singolo dettaglio del mio volto.
“Va . . . va bene . . . così . . .” mormora lentamente, ogni sillaba intrisa di un doloro profondo, che tenta di celare, ma che non posso non avvertire.
 “Non parlare, Po. Ce la faremo, vedrai, come sempre.”
Un sorriso triste si forma sulle sue labbra.
“No, Tigre, questa volta . . . credo di . . . di esser giunto alla fine . . .”
Il mio cuore smette di battere. Scuoto la testa, mentre sento gli occhi iniziare a bruciare.
“No.” è tutto quello che riesco a dire, anzi, quasi mi stupisco di essere riuscita a dire almeno questa semplice parola. “Non . . tu non . . . non puoi . . .” tento di continuare, ma la mia voce non ne vuole sapere di uscire fuori, né la mia mente riesce a formare un pensiero coerente.
Po, lentamente, mi poggia una zampa sulla guancia, in un vano tentativo di calmarmi.
Mi zittisco e stringo con forza quella rampa sempre più fredda contro la mia guancia, come se potessi con questo gesto tenere con me la vita che si sta spegnendo di fronte ai miei occhi.
Con difficoltà, mentre le forze lo abbandonano, Po tenta di parlare.
 “Tigre . . . io . . . io . . .”.
Prima che possa terminare la frase, però, il suo ultimo respiro gli sfugge dalle labbra e, con esso, anche la vita.
Resto incredula a fissare quegli occhi vuoti e spalancati che non potranno più vedere, quelle labbra socchiuse che non potranno più parlare, quel volto che non potrà più illuminare il mio mondo con la sua luce dirompente, poiché la mia mente non riesce ad accettare, non può accettare quello che è successo.
 
Ma, quando ci riesce, l’aria si riempie delle mie urla di dolore.
 
 
 
 
 
La tana dell’autrice

 
 
Ok, questa fic tremendamente deprimente era stata ideata in realtà per un altro fandom, ma visto che lì ho già fatto morire gli stessi personaggi, oltre ad avergli fatto perdere la memoria, tradire la famiglia, storpiare, uccidere, abbandoanre e chi più ne ha più ne metta, ho deciso di torturare i nostri amatissimi Po e Tigre, che purtroppo sono tra le mie cavie preferite per i miei lavoretti.
 
Questo sarà un lavoro breve, di massimo cinque–sei capitoli, quindi niente di troppo impegnativo o che mi possa distrarre dalla mia long ‘Tu non mi avrai così’ o ‘Ritorno a casa’, anch’essa piuttosto breve in teoria –si, in teoria, perché io cambio sempre i miei lavori durante la vera e propria stesura, e di conseguenza il risultato finale non è mai uguale all’idea iniziale-.
Ora devo proprio scappare . . . fatemi sapere che cosa ne pensate!
Un abbraccio
 
T.r.

 
 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 - Dolore ***


Without you



Capitolo 1
Dolore

 
 

 
“Il dolore è sordo, il dolore è muto. Il dolore è sordomuto. Sordo perché ascolta solo se stesso, muto perché non ci sono parole che possano parlarne.”
 
- Andrea G Pinketts

 
 
 
Qualcuno mi chiama per nome, più e più volte, ma non riesco a capire di chi si tratti.
Un brivido mi attraversa il corpo e, lentamente, apro gli occhi che solo in quel momento mi rendo conto di aver tenuto chiusi.
La luce ferisce le mie pupille deboli e per un attimo resto accecata a fissare il vuoto, mentre le mie orecchie fremono per il grande numero di voci che si levano nell’aria, gridando stupite e in qualche strano modo, sollevate.
Mentre i miei occhi tornano pian piano a vedere, riesco a distinguere con una certa difficoltà cinque volti che mi osservano ansiosi e preoccupati. Cinque volti che conosco fin troppo bene, ma che non ho mai visto così preoccupati e sconvolti.
 
“Tigre, come . . . come ti senti?” mi chiede Shifu, avvicinandosi piano a me.
Non parlo; non voglio o, forse, non ne sono più capace.
Mi rendo conto di essere sdraiata in un letto, e per un attimo mi chiedo come ci sono finita.
Faccio per mettermi a sedere, ma una piccola zampa marrone si posa sul mio braccio sinistro.
“è meglio che tu non ti muova, per il momento.” mormora il maestro, lentamente “Hai riportato numerose ferite ed hai perso tanto di quel sangue che . . .”
 
Ferite? Sangue? Ma che cosa sta dicendo?
 
Senza più ascoltare nemmeno una parola di ciò che dice mi metto decisa a sedere, e per poco un forte capogiro non mi fa crollare di nuovo tra le coperte.
Mi porto la zampa sinistra alla testa e rimango stupita di sentire sotto le dita il tessuto morbido di alcune bende avvolgermi il capo come una sottile tiana.
Mentre il mio corpo, orami libero dalla incoscienza e dalla morfina naturale del sonno, inizia ad avvertire un forte dolore ovunque, il mio sguardo si posa sulle mie braccia, avvolte anch’esse in numerose fasciature, mentre il braccio destro è immobilizzato e legato al collo.
 
Shifu deve aver notato il mio sguardo, perché mormora “Abbiamo saputo dell’imboscata solo grazie a Zeng, che stava passando per caso in quella zona ed è subito venuto ad avvisarci ed a chiedere aiuto. Quando siamo arrivati, non c’era più alcuna traccia di lupi e tu eri lì per terra, svenuta. Ti abbiamo riportata a casa e curata, ma sei rimasta incosciente per tre giorni e due notti. Dovrai restare a letto molto a lungo per riprenderti completamente, soprattutto per quanto riguarda il tuo braccio.”.
 
Improvvisamente, tutto mi torna in mente.
 
L’imboscata.
Il combattimento.
I lupi su di me.
I loro denti, i loro artigli, le loro lame.
Il dolore, quel forte, straziante dolore che mi aveva fatto urlare.
L’intervento di Po.
Il suo volto a pochi centimetri dal mio.
Le sue braccia che mi stringono e mi sorreggono, quasi cullandomi.
La sua lotta quasi feroce.
Il lupo comparso all’improvviso.
La lama che entra nel suo corpo.
L’urlo disumano e straziante che mi perfora i timpani.
Il sangue che scorre e scorre.
I miei inutili tentativi di fermarlo.
I suoi occhi, sempre più vuoti e freddi.
Le sue zampe ogni secondo più fredde.
Le sue labbra, deboli ed incapaci di muoversi.
La sua voce che . . . che si spegne insieme alla luce del suo sguardo.
 
La mia, di voce, deve faticare molto per riuscire ad uscire dalle mie labbra.
“Dov’è Po?”
Tre parole, un filo di speranza e si, di testarda incredulità.
Shifu abbassa lo sguardo; a qualcuno dei miei compagni scappa un singhiozzo.
“Dov’è Po?” ripeto con fatica e con ansia crescente.
Shifu rialza gli occhi e mi rendo conto solo ora che sono rossi di pianto “Noi . . . siamo arrivati tardi, Tigre. Abbiamo tentato di fare di tutto, davvero, ma . . . è stato tutto inutile.”
“Dov’è Po?” lo ripeto una terza volta, con un filo di voce , come se non avessi sentito le parole appena pronunciate dall’uomo distrutto che ho davanti. Le ho sentite, invece, eccome se le ho sentite. Ma non posso accettarle, né voglio credere che siano la verità.
I miei amici si lanciano un’occhiata, confusi e forse preoccupati.
Shifu si avvicina e mi guarda con tristezza negli occhi.
“Po è dove nessuno di noi può più riportarlo indietro.”
Batto le palpebre una, due, tre volte, incredula, incapace di comprendere, o forse di accettare, ciò che mi sta dicendo.
 
“Po è morto.”
 
Sentendo quelle parole, quella conferma che non volevo, che desideravo non venisse mai, che non fosse mai pronunciata, il mio mondo va in frantumi come un castello di vetro, e ogni singola scheggia si conficca nel mio cuore, infliggendomi il dolore più grande che io abbia mai provato.
 
Un dolore che non credo essere in grado di sopportare.

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