Family affairs

di misslegolas86
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Alone ***
Capitolo 2: *** Do not be afraid to be what you were born to be ***
Capitolo 3: *** Coming back home ***
Capitolo 4: *** A new family ***
Capitolo 5: *** Sleepless ***



Capitolo 1
*** Alone ***


La valle davanti ai cancelli di Moria era ricoperta di caduti, orchi e nani uniti in un unico tappeto di morte.
I sopravvissuti, pochi e feriti, si aggiravano come fantasmi in un incubo circondati da tanta atrocità.
In mezzo a tale devastazione un giovane nano con l’armatura squarciata sul braccio e sanguinando copiosamente dal volto vagava solo sul campo di battaglia chinandosi accanto ad ogni caduto.
“Thorin! Cosa fai?” la voce di Dwalin lo costrinse a fermarsi.
“Devo trovare mio padre.” Rispose sbrigativo Thorin ricominciando il suo macabro e dolorosissimo lavoro. Quanti amici erano caduti, ogni fermata era una stilettata al cuore, eppure Thorin si costrinse a continuare, non poteva fermarsi. Ma giunto ai piedi di una grande quercia tutta la sua forza andò in frantumi.
“Frerin!” urlò, cadendo in ginocchio accanto al corpo di suo fratello. Tre frecce spuntavano dall’armatura e gli occhi erano ormai vitrei, fissi ad un cielo che non potevano più vedere.
“Frerin, no!” urlò ancora una volta, la voce soffocata. Non era possibile, non Frerin, non anche lui. Si sarebbe risvegliato e allora avrebbe capito che era solo un brutto incubo. Ma il dolore per la perdita era tremendamente reale così come il corpo ormai freddo del fratello tra le sue braccia. Lo sollevò così come aveva fatto tante volte quando erano bambini, quando Frerin si faceva male intestardendosi a voler giocare con lui e i suoi amici più grandi. Ogni volta Thorin era costretto a caricarselo sulle spalle e una volta tornati ad Erebor a subirsi la sfuriata della madre che lo incolpava per aver permesso a Frerin di giocare con loro. Come se fosse stato possibile convincerlo con quella testa dura che si ritrovava. Eppure Thorin non aveva mai accusato il fratello anzi insieme ne ridevano ancora pensando ai loro giorni felici e alla loro complicità innata. Ma il fato crudele lo aveva privato adesso anche di quel legame, per sempre.
Thorin allontanò con delicatezza il corpo del fratello dalla catasta di orchi che erano caduti sotto i colpi di ascia di Frerin e solo allora si accorse che accanto a lui giaceva un altro nano. Metà del viso era squarciato da un fendente, eppure era ancora perfettamente riconoscibile. Thorin barcollò e fu costretto a fermarsi. Il suo pensiero volò lontano da tutto quello orrore fino alle Montagne Azzurre dove sua sorella Dis avrebbe aspettato invano il ritorno di suo marito, il padre dei suoi figli.  
Balin lo riscosse dal suo dolore. Le lacrime che bagnavano le guance dell’amico lo informarono che anche Fundin non era sopravvissuto alla battaglia.
“Thorin, dobbiamo cominciare a seppellire i nostri morti” disse disperato e disorientato come tutti i nani sopravvissuti. Avevano perso il re, erano privi di guida.
Il giovane principe si guardò intorno e capì subito che l’impresa non era possibile. Non c’erano sufficienti pietre, né abbastanza vivi per provvedere al lavoro. Ma, soprattutto, non c’era tempo. Gli orchi sarebbero tornati e i nani non avevano la forza di affrontare una nuova battaglia.
“Dai ordine di preparare legna da ardere. Li bruceremo.” Rispose cercando di infondere autorità alle sue parole.
Balin lo fissò sbalordito cercando di afferrare il senso delle parole. “Bruciarli?” chiese disorientato.
“Non c’è altra soluzione, Balin. Non abbandoneremo i nostri morti nelle mani sudice degli orchi e non c’è tempo di fare niente altro.” 
Il sole alto nel cielo sopra i picchi di Zirak Zigil splendeva oscurato dal fumo di mille roghi nella valle dei Rivi Tenebrosi. Opaco e remoto sfavillava come una lontana torcia dai contorni vaghi. Nella valle il silenzio era rotto solo dal crepitare delle fiamme e da qualche singhiozzo. Il cordoglio del popolo di Durin era composto ma profondo. Nessuna lacrima avrebbe mai potuto cancellare il dolore per la perdita di tanti amici e parenti. La sofferenza poi era acuita anche dall’impossibilità di dare la degna sepoltura che meritavano tanti valorosi guerrieri, ritornare alla pietra come Durin il SenzaMorte, il loro Padre, nell’elemento da cui erano nati. Ma i sopravvissuti erano così pochi e i defunti così tanti. Inoltre gli orchi si stavano radunato dalle montagne del nord per assalire di nuovo i nani. Non c’era tempo per tombe di pietra. Il fuoco era l’unica soluzione per risparmiare ai caduti anche l’oltraggio di quelle fetide creature che presto sarebbero sciamate come un’orda di sudici insetti nella valle.
Thorin in ginocchio davanti a tre falò rimase completamente immobile mentre l’intera sua vita si trasformava in cenere. Gli occhi erano asciutti, le lacrime erano inutili per esprimere l’atroce sofferenza che il giovane principe dei nani provava. L’intera sua famiglia aveva trovato la morte lì a Khazad-dum. Thror suo nonno, Frerin suo fratello e Andhod il marito di sua sorella giacevano sulle tre pire avvolti dalle fiamme e Thrain suo padre era scomparso nel nulla. Vana era stata ogni ricerca.
Era completamente solo.
                                                                    
SPAZIO AUTRICE
Inizio questo nuovo progetto piena d’entusiasmo. Ho scritto raramente e sempre per flash-back del passato di Thorin ma questa volta voglio dedicare all’argomento una storia a più capitoli. E nello specifico voglio approfondire i rapporti familiari del nostro Re Sotto la Montagna con sua sorella Dis e con i nipoti ovviamente. Sono partita dall’evento miliare per il disastro degli eredi di Durin la battaglia di Azanulbizar una vera ecatombe per i nani e per la famiglia di Thorin. Consultando per l’ennesima volta le Appendici del Signore degli Anelli la mia attenzione si è focalizzata sul nome di Frerin e questo primo capitolo è uscito di conseguenza.
L’ispirazione per questo nuovo progetto mi è venuta, come ormai spesso ultimamente, da quello che ha detto in un’intervista Richard Armitage. Mi riferisco al fatto che ha scritto su Thorin tanto soprattutto sul suo passato e solo così ha capito a fondo il personaggio. Beh ho deciso di cimentarmi anche io sul lungo passato di Thorin, c’è davvero tanto da scrivere.
Spero mi seguirete in questo progetto e sarò felicissima se lascerete qualche vostro commento. Sono un po’ nervosa per questo esordio nel passato e Thorin non è un personaggio semplice da maneggiare.
Ora mi fermo e aggiungo solo buona lettura!!
Alla prossima

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Capitolo 2
*** Do not be afraid to be what you were born to be ***


Un vento gelido, implacabile si abbatteva sulla colonna di Nani in marcia verso nord.  Un numero irrisorio rispetto alla moltitudine che era scesa sul campo di battaglia ad Azanulbizar. I pochi sopravvissuti, piegati dal carico di armi e armature dei loro congiunti, tornavano a casa mesti e feriti. Non si udivano canti di vittoria né di cordoglio, era il silenzio che li accompagnava.
In testa alla colonna procedeva Thorin Scudodiquercia, le spalle piegate dal perso di tutto ciò che era appartenuto a Thror, Frerin e Andhod. La tradizione dei Nani voleva che tutto fosse seppellito insieme ai caduti ma, questa volta, non c’erano tombe. Quelle armi costituivano l’unico legame nonchè l’unica memoria per i congiunti dei caduti e non potevano essere lasciati alla mercé degli orchi.
Il giovane principe avanzava lento cercando di infondere in ogni passo la forza e la determinazione che l’essere un erede di Durin richiedeva ma, in realtà si sentiva completamente svuotato. L’immenso cielo azzurro terso e privo di nuvole gravava su di lui come un enorme macigno moltiplicando per mille il suo senso di solitudine. Quando era partito dagli Ered Luin, settimane prima, Thorin non aveva minimamente pensato che quello potesse essere il suo ritorno a casa: solo e gravato dalla responsabilità del suo popolo. Suo padre avrebbe guidato i nani per tanti anni dopo suo nonno, ne era certo, e invece in poche ore il suo mondo si era rovesciato. Perfino il desiderio di ritrovare Thrain si era scontrato con gli obblighi nei confronti degli eredi di Durin.
Dain aveva guidato i suoi guerrieri di nuovo ai Colli Ferrosi ma i nani di Erebor, che avevano seguito Thror fino a Moria tra morte e rovina, avevano guardato con naturalezza a Thorin come loro nuovo capo. Il giovane principe non aveva avuto scelta, si era messo alla testa dei sopravvissuti per riportarli sui Monti Azzurri. Era un’umile colonia, lontana dai fasti della Montagna Solitaria eppure, grazie agli sforzi di Thrain dopo la distruzione causata da Smaug, era l’unico posto in tutta la Terra di Mezzo che gli esuli di Erebor potevano chiamare casa.
Al sorgere della luna, una luna rossa, immensa i nani si fermarono per riposare poche ore fino alll’alba. Pochi fuochi furono accesi, giusto i pochi indispensabili per tener lontano gli animali notturni, mancavano le forze per mettere su un vero e proprio accampamento. Stretti semplicemente nei loro mantelli sulla nuda terra i nani, stremati da dolore e fatica, cercavano di recuperare le forze per la marcia del giorno dopo.
Eppure anche se a pezzi neanche la notte riusciva a portare la pace a Thorin. Dolore e preoccupazione tenevano il sonno lontano e, immancabilmente, ogni notte era possibile trovare il giovane principe accanto ad uno dei falò, immerso nei suoi mille pensieri.
“Mi fai spazio?” chiese con il consueto tono burbero Dwalin.
Thorin sollevò lo sguardo dal fuoco scoppiettante e vide l’amico sedersi con difficoltà a terra accanto a lui. Un lungo taglio insanguinato deturpava ancora il volto di Dwalin e la ferita alla gamba gli rendeva difficoltosi i movimenti eppure il nano non aveva accettato nessun aiuto nella lunga marcia anzi si era prodigato durante tutto il tragitto a dare una mano a qualche nano più in difficoltà. Thorin non fu sorpreso dall’arrivo dell’amico. Erano cresciuti insieme, avevano giocato e poi si erano addestrati insieme infine avevano combattuto fianco a fianco in ogni battaglia. Dwalin lo conosceva e lo capiva meglio di chiunque altro. Era suo cugino ma in realtà erano come fratelli.
“Sono giorni che te ne stai da solo.” Disse Dwalin dopo essersi riscaldato un po’ “La notte non dormi e non hai detto una parola da quando abbiamo lasciato Moria.”
“Mi sembra di aver dato l’ordine di accamparci qui stanotte non più di due ore fa.” Ribattè Thorin facendo a pezzi una foglia con le dita.
“Lo sai che cosa intendo, Thorin.” Calò il silenzio, nessuno dei due aggiunse altro e a lungo rimasero senza parlare.
“Domani arriveremo ai Monti Azzurri” riprese Thorin dopo un po’ “Domani dovrò parlare con Dis” aggiunse in un sussurro.
“Thorin, quello che è accaduto a Moria…” cominciò Dwalin
“Non sarei dovuto tornare.” Lo interruppe Thorin “Dovevo continuare a cercare mio padre. Era quella la cosa giusta da fare. E una volta trovato, Thrain avrebbe guidato tutti noi come è giusto che sia.”  Spezzò un ramo secco e lo gettò tra le fiamme pieno di frustrazione.
“Thorin, non c’era tempo. I feriti devono tornare a casa e Thrain è scomparso” disse ragionevole Dwalin “Hai fatto la cosa giusta guidandoci qui.”
“Non volevo tutto questo” disse disperato Thorin “Non volevo il comando, non ora. Mio padre era designato per guidarci ancora per lunghi anni. Se solo riuscissi a trovarlo..:”
“Thrain potrebbe essere morto o prigioniero non puoi inseguire una chimera. Non ora. Tu sei l’erede di Durin, il tuo popolo ha bisogno di te, la tua famiglia, Dis e i piccoli Fili e Kili non hanno che te. Tu dovrai essere la loro forza e la roccia per il nostro popolo.”
“Non so se sono pronto per tutto questo. Il popolo guarda a me come una guida ma io non sono sicuro neanche di ciò che devo fare io! Come faccio ad essere una guida per gli altri?” Dwalin aveva abbattuto la diga dietro cui si era barricato per giorni e giorni cercando di sconfiggere da solo le mille paure e i dubbi che attanagliavano il suo cuore. Ora che aveva cominciato a parlare era impossibile fermarsi. “Non ho la saggezza di mio nonno né la lungimiranza di mio padre. Non so se ho la forza per tutto questo.”
“Certo che ne hai la forza.” Rispose risoluto Dwalin “La forza è nel tuo sangue. Tu sei nato per essere un capo. Sarai grande come Thror e Thrain.” Dwalin si fermò. Avrebbe voluto aggiungere che sarebbe stato anche più grande di loro ma, in quel momento di dolore in cui l’amico piangeva per la loro perdita, sarebbe stato poco delicato. Eppure Dwalin era certo che Thorin fosse di caratura ben maggiore di quella di suo nonno e di suo padre. Era stato Thorin ad essersi opposto con coraggio all’arrivo di Smaug capeggiando la guardia reale davanti ai cancelli di Erebor. E sempre Thorin aveva affrontato da solo Azog laggiù a Moria. Thorin con il suo esempio riusciva a suscitare la stima, la lealtà e la devozione delle persone che aveva al suo fianco. Tali doti, invece, mancavano completamente a Thror e a Thrain.
“Come fai ad esserne così sicuro?” chiese con un filo di voce Thorin.
“A Moria ho perso mio padre. Il dolore è stato così forte che era impossibile pensare a null’altro che all’atroce sofferenza di quel momento. Tutto quello che ho fatto nei giorni successivi è completamente avvolto da una nebbia di confusione. Non ricordo ciò che ho detto o fatto. Tu sui campi di Azanulbizar hai perso tutta la tua famiglia, nessun nano tra i sopravvissuti ha subito le atroci pene a cui il fato ti ha sottoposto, nessuno ha perso tanto sui campi di Moria. Eppure tu hai avuto la forza di prendere le decisioni che andavano prese per i caduti e per noi sopravvissuti. Non ti basta questa come prova?”
Thorin rimase in silenzio perciò Dwalin continuò “Non temere di essere ciò che sei nato per essere.”
“Tutti si affidano a me ma io non ho più nessuno su cui contare” disse con amarezza Thorin fissando gli occhi sull’immensa luna di fuoco. Thror, Thrain e Frerin erano tutti scomparsi, nessuno lo avrebbe consigliato né aiutato a portare quel pesante fardello.
“Non sarai solo, fratello” disse deciso Dwalin “Io sarò sempre al tuo fianco.”
Si fissarono a lungo negli occhi e il fuoco illuminò con bagliori scarlatti la loro stretta di mano.
Anni sarebbero passati ma quel patto stretto alla luce di quella luna di fuoco sarebbe perdurato fino alla fine.
 
SPAZIO AUTRICE
Ed ecco il 2 capitolo interamente dedicato al rapporto fraterno Thorin/Dwalin. Ho sempre amato il loro legame, il fatto che Dwalin è sempre al fianco di Thorin, a come sia l’unico che può parlargli con sincerità senza diplomazia. Ho adorato le loro scene nella battaglia dei cinque eserciti: il drammatico dialogo davanti al trono e poi il riscatto sul campo di battaglia fino alla disperata lotta su Collecorvo.
Nel capitolo ho sottolineato molto la paura di Thorin nell’assumere il suo ruolo di legittimo erede di Durin. Dopo Moria tutto crolla sulle sue spalle e sicuramente mille dubbi lo avranno tormentato. Anche dopo molti anni nel dialogo con Gandalf a Brea Thorin è ancora alla ricerca del padre e Gandalf lo sprona a “reclamare ciò che suo. A diventare quello per cui è nato essere cioè il capo di tutti i nani.” E Thorin anche lì dopo tanti anni di comando dei nani sui Monti Azzurri tentenna è dubbioso. Figuriamoci quando è un giovane nano appena stravolto dal dolore di tanti morti.
Nel prossimo capito si torna a casa e faranno la loro comparsa Dis e i piccoli Fili e Kili.
A presto
 
PS piccola precisazione. Pur rimanendo fedele alle appendici del Signore degli Anelli ho scelto di adottare la cronologia e gli eventi narrati da Peter Jackson nello Hobbit. Con la perdita di Thror e Thrain come conseguenza della battaglia di Moria e non in tempi diversi (antecedente per Thror e successiva per Thrain) come rivelano le Appendici. Volevo descrivere un Thorin davvero solo e carico di ogni responsabilità a seguito della tragedia di Azanulbizar.
 

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Capitolo 3
*** Coming back home ***


“Una colonna avanza nella valle.”
“Stanno tornando a casa.”
Fermento ed eccitazione nella colonia dei Monti Azzurri si diffusero veloci sulle ali delle parole urlate per le strade, ripetute in ogni singola casa. Tutti abbandonarono le loro attività per accorrere alle porte della città ad accogliere mariti, padri e figli partiti per la guerra. La folla assiepata era composta per lo più da donne e da nani che avevano visto o troppi inverni o troppo pochi. Tutti coloro che erano abili a portare le armi, infatti, erano andati a sud fieri di reclamare la terra dei propri avi.
Era ormai vicino mezzodì quando i superstiti di Azanulbizar giunsero nello spazio antistante i cancelli d’ingresso della colonia. Erano uno spettacolo davvero miserevole a vedersi, pochi e conciati davvero male, carichi di armature e armi insanguinate. La gioia per il ritorno fu presto sostituita dallo sgomento per la tragedia che aveva colpito i Nani. Erano così pochi, tantissimi mancavano all’appello e mai sarebbero tornati nelle braccia dei loro cari.
Un silenzio surreale accompagnò gli ultimi passi di Thorin che guidava la colonna. All’ombra dei cancelli Dis, sua sorella, lo attendeva ma il giovane principe si fermò prima di raggiungerla. Era suo compito parlare al popolo, il dovere aveva la precedenza su qualsiasi questione privata. Era quello il primo obbligo di un re.
“La vittoria è stata conquistata sui campi di Moria ma il suo prezzo è stato elevato.” Cominciò a parlare mentre i primi singhiozzi si udivano tra la folla assiepata. Tutti avevano capito nel momento in cui era stato Thorin a parlare che perfino il re e suo figlio non erano sfuggiti alla crudele furia degli orchi. “Onoreremo per sempre nella memoria i coraggiosi nani bruciati di Azanulbizar. Il loro sacrificio ci rende orgogliosi di essere figli di Aule.” La voce era ferma anche se un nodo gli serrava la gola. Aveva pensato per tutto il viaggio di ritorno a ciò che avrebbe dovuto dire, ripetendo come un mantra quelle parole. Sapeva che non avrebbe avuto la lucidità per improvvisare “Il tempo potrà lenire il dolore ma non cancellerà mai la memoria di questi coraggiosi.” Terminò tirando un sospiro di sollievo. Era riuscito a non cedere all’emozione, al dolore.
Mentre i sopravvissuti si riunivano ai loro cari e lamenti e pianti si levavano nella fredda aria mattutina da parte di chi non aveva più nessuno da abbracciare, Thorin si avvicinò a Dis. Assomigliava terribilmente a Frerin, i capelli castani in un misto di biondo e rosso e gli occhi scuri e profondi così diversi da quelli di Thorin chiari come un lago di montagna.
I loro sguardi si incrociarono, poi Dis sussurrò “Sei tornato solo tu?” Thorin annuì non avendo la forza di aggiungere altro. La osservò barcollare leggermente come se avesse appena ricevuto un colpo, eppure rimase salda, gli eredi di Durin non potevano mostrare debolezze, non davanti al popolo. Ma non sfuggì agli occhi di Thorin che Dis stava per crollare. La prese per mano e la guidò oltre i cancelli su per una delle strade deserte fino ad una guardiola vuota, non c’era nessuno in giro, tutti erano al cancello. Dis si lasciò guidare senza rendersi realmente conto di dove si trovava. Quando si fermarono guardò di nuovo suo fratello e ripetè con voce rotta “Solo tu?” Thorin l’abbracciò mentre lei scoppiava a piangere.
Le lacrime bagnavano il petto di Thorin e finalmente lui stesso si lasciò andare alla sofferenza, per la prima volta dall’inizio di quella tragedia. Stille di puro dolore precipitarono perdendosi nei capelli di Dis. Rimasero a lungo così, fratello e sorella, stretti l’uno all’altra.
“Raccontami.” Disse alla fine Dis in un sussurro. Thorin la fissò, gli occhi erano ancora pieni di lacrime ma lei era decisa. Si sedette con lei sulla scala deserta che portava al piano superiore della guardiola e per un breve momento gli sembrò che il tempo fosse tornato indietro all’infanzia quando con Dis e Frerin seguiva loro padre Thrain nelle ispezioni ai posti di guardia di Erebor. Le guardiole della Montagna Solitaria erano molto più imponenti, vere opere della perizia dei nani. La pietra tagliata e lavorata era liscia e lucente niente a che vedere con le opere tozze tirate su in fretta sui Monti Azzurri. Ma gli odori di quel piccolo luogo e lo smarrimento dipinto sul volto di Dis ricordò a Thorin che lui era il fratello maggiore, era compito suo prendersi cura di lei così come aveva sempre fatto.
Le raccontò tutto quello che era accaduto fin da quando erano partiti, non le nascose nulla di ciò che era accaduto a Moria, aveva il diritto di sapere, era figlia di Thrain della stirpe di Durin, nipote, figlia e sorella di re. Eppure Thorin non ebbe la forza di rivelarle in che condizioni aveva trovato Andhod. Fu l’unica cosa su cui mentì.  A che scopo aggiungere altra sofferenza? L’orrore del campo di battaglia doveva restare lontano, attaccato alla pelle dei sopravvissuti ma non al cuore dei vivi.
Appena Thorin ebbe finito di parlare scese il silenzio rotto solo dal cadenzato rumore di una goccia d’acqua che ad intervalli regolari precipitava dalla volta a terra.
“Come farò con Fili e Kili?” chiese alla fine Dis lo sguardo perso nel vuoto.
Thorin aveva pensato anche a loro. Non poteva essere debole, come gli aveva ricordato Dwalin, era l’ora di assumersi le responsabilità che il fato gli aveva caricato sulle spalle.
“Dis, ci sarò io.” Disse tenendole la mano. “Ci sarò sempre io. Penserò a te e insieme cresceremo Fili e Kili. Non sei sola.” Era il momento di mettere da parte il dolore, doveva essere forte e diventare la roccia che avrebbe dovuto sostenere la sua famiglia e il suo popolo.
“Che cosa dirò di loro padre?” chiese ancora Dis.
“La verità. Andhod è stato un eroe, uno dei nani coraggiosi di Azanulbizar. Diremo loro questo. E lo faremo insieme.”
 
SPAZIO AUTRICE
Ed ecco l’incontro Thorin/Dis. Non è stato facile delineare il personaggio di Dis non sappiamo niente di lei ma mi è piaciuto dipingere la sua personalità e il suo aspetto. Volevo creare una somiglianza tra Frerin il fratello perduto a Moria e Fili primo erede di Thorin, così ho dato anche a Dis i colori castano/biondo di suo figlio Fili immaginando gli stessi per Frerin. Quanto alla personalità anche nel suo sangue scorre il sangue dei Durin, quindi davanti al popolo mostra la fierezza e la forza della sua razza. Ma è comunque una donna e a causa della guerra è diventata orfana e vedova nello stesso momento. E’ un duro colpo da sopportare anche per la donna più forte. Il suo mondo è stato sconvolto e ha perso il padre dei suoi figli, l’amore della sua vita. Un suo crollo era inevitabile. Ho adorato scrivere di Thorin fratello maggiore, protettivo e tenero con la sorella.
Nel prossimo capitolo faranno il loro ingresso i piccoli Fili e Kili e vedremo le prime esperienze di zio Thorin.
Grazie a tutti quelli che hanno letto e un ringraziamento speciale a chi lascerà un commento.
Infine un abbraccio a leila91 che sempre con affetto segue le mie storie e mi riserva parole splendide che mi incoraggiano ogni volta ad affrontare l’ardua sfida dell’unico Re Sotto la Montagna.
Alla prossima   

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Capitolo 4
*** A new family ***


Le voci acute dei piccoli risuonavano nitide nella casa quando Thorin e Dis entrarono. Fili e Kili erano come al solito impegnati in qualche gioco confusionario nella loro stanza sotto lo sguardo attento di Mougi.
La casa era piccola ma ben costruita grazie all’opera dei migliori costruttori dei nani. DIs aveva deciso di vivere per conto suo dopo il matrimonio con Andhod, contrariamente alla tradizione dei nani e sebbene Thrain non avesse apprezzato la voglia di isolamento della figlia aveva comunque provveduto a costruirle una dimora degna di un erede dei Durin.
“Fili, Kili venite qui.” Li chiamò Dis cercando di non imprimere alla sua voce un tono affranto o diverso dal consueto. I piccoli nani giunsero come due palle di cannone seguiti dalla balia. Si fermarono un attimo confusi vedendo Thorin poi urlando in contemporanea “Zio!” gli corsero incontro tentando la scalata del povero Thorin travolto da tanto entusiasmo.
Dis, intanto, si avvicinò alla ragazza che la aiutava a dare un’occhiata a quelle due pesti quando lei aveva qualche impegno “Mougi và a casa, vai a riabbracciare tuo padre. Ci vediamo domani mattina.” Le disse congedandola.
La giovane sorrise con gratitudine e veloce si avviò alla porta ansiosa di tornare dalla sua famiglia.
Dis richiuse l’uscio alle sue spalle e fissò lo sguardo sui figli attaccati uno ad un braccio ed uno ad una gamba di Thorin che impacciato non sapeva che fare con quelle due pesti. Non era abituato ai bambini ed era stato poco presente in passato nella vita di Fili e Kili sempre lontano a rafforzare le difese dei territori dei nani o al fianco di Thrain nel suo ruolo di guida. Era totalmente impreparato per quella nuova situazione, si ritrovò a pensare, con una fitta di apprensione, Dis. Era un abile guerriero, un valoroso esempio per il suo popolo, un nano temibile e una guida sicura ma non bastava tutto questo per crescere dei piccoli nani. Eppure proprio quando ormai Dis disperava dell’aiuto che Thorin sarebbe stato in grado di darle nitido come un raggio di sole che splende in un antro scuro le tornò alla mente un ricordo di tanti anni prima.
 
“Voglio venire anche io!” le urla non erano ancora riuscite a convincere Thrain a portarla insieme ai fratelli nelle grandi fucine di Erebor perciò Dis cominciò a piangere ben sapendo, tuttavia, che anche le lacrime non sarebbero riuscite a convincere suo padre. “Le fucine sono pericolose non ti porterò.” Ribadì Thrain ferreo, chiudendo la questione.
“Baderò io a lei.” Era stato Thorin a parlare. Dis fissò lo sguardo sul fratello talmente sorpresa da dimenticare persino di continuare a piangere. Thorin non aveva mai contestato una decisione di Thrain, mai fino a quel momento. Anche Thrain guardò il figlio maggiore con meraviglia poi, col suo tono rude, aggiunse “Molto bene. Sarà una tua responsabilità, ragazzo. Ma ti avverto, non voglio guai.”
Si erano avviati così, insieme al gruppo che accompagnava Thrain, verso le fucine. La visita dei reali era tenuta in alta considerazione dal popolo perché sottolineava la loro vicinanza alla gente comune, a coloro che lavoravano con fatica tutti i giorni affinchè Erebor fosse il maestoso regno invidiato in tutta la Terra di Mezzo. Appena varcati gli enormi cancelli in ferro battuto, lavorati e ornati da mille intarsi, urla, rumore di battiti e fuoco li travolse. Quelli erano i consueti suoni degli enormi laboratori dei nani ma per la piccola Dis tutto era nuovo e terribilmente pauroso. Si ritrovò a tremare desiderando di non aver mai preteso di accompagnare i fratelli in quel luogo infernale. Poi, proprio quando stava per scoppiare a piangere, qualcuno le strinse la mano. La stretta era calda e sicura. Con gli occhi velati di lacrime Dis riuscì a vedere il volto di Thorin che le sorrideva rassicurante. Tutte le sue paure si dissiparono all’istante e avanzò con lui cominciando ad osservare ciò che la circondava senza più timori ma con la curiosità tipica dei piccoli nani.
“Dai Thorin andiamo fino a quelle fucine laggiù” disse Frerin che non era rimasto un attimo fermo vagando da una parte all’altra dell’immensa caverna “Lì ci sono dei fuochi enormi. Lasciala stare” concluse indicando Dis.
Thorin scosse la testa rifiutando l’invito del fratello. Quella era la parte più pericolosa del laboratorio dove il matallo veniva fuso in enormi vasche e i fuochi erano resi ancora più distruttivi e potenti dall’uso di sostante chimiche. Non era il posto adatto per un piccolo nano.
“Che noia!” riprese Frerin “Era meglio che non veniva. E’ piccola ed è una donna che c’entra lei qui.”
“Smettila!” lo redarguì Thorin “Lei è un erede di Durin quanto noi. Ha tutti i diritti di stare qui.”
Frerin riservando una linguaccia al fratello si allontanò da solo.
“Che cos’è quello?” chiese con la sua vocina piccola piccola Dis indicando un enorme strumento che soffiava vento sul fuoco proprio davanti a loro.
“Quello è un mantice.” Rispose Thorin “Ti va di vederlo più da vicino?” le chiese.
La piccola annuì con entusiasmo e così, lasciando il corteo che seguiva Thrain, si allontanarono mano nella mano verso la prima grande avventura di Dis.
 
“Zio, quando torna papà?” la voce di Fili riportò Dis alla realtà. I suoi dubbi su Thorin erano svaniti grazie a quel dolce ricordo. All’epoca Thorin era solo un ragazzino eppure aveva dimostrato di essere in grado di prendersi cura di lei. Era stato l’unico ad accorgersi delle sue paure ed era stato al suo fianco non lasciandola mai sola. Crescendo gli impegni e la vita li avevano allontanati ma Dis sapeva che avrebbe sempre potuto contare su Thorin, ora più che mai.
Si avvicinò ai suoi figli, era suo dovere dare quella terribile notizia “Papà non tornerà” disse con voce ferma.
Fili e Kili la fissarono sgranando gli occhi. La morte era ancora qualcosa di sconosciuto per loro.
“Perché non tornerà?” chiese alla fine il più grande dei due fratelli.
“E’ caduto in battaglia” rispose Dis sentendo venir meno tutte le sue forze. Come spiegare a due bambini la morte, il sacrificio, l’onore?
“Ma lo zio è tornato. Perché papà non lo ha seguito?” intervenne Kili con la sua vocetta stridula.
“Non ha potuto.” Disse Thorin “Voi sapete chi sono gli orchi?” continuò prendendo in mano la situazione. Non era sfuggito al suo occhio attento che Dis stava per crollare.
“Sono i cattivi” rispose con prontezza Kili.
“Esatto” acconsentì Thorin posando la sua grossa mano sulla testa del piccolo nano. “Sono i nemici giurati del nostro popolo. Sono le creature più fetide e lerce che esistano sulla faccia della terra. Contro di loro noi nani abbiamo combattuto fin dalla nostra creazione perché sempre gli orchi si sono appropriati delle nostre terre e ci hanno mosso guerra. Vostro padre è caduto combattendo contro di loro.”
Kili iniziò a piangere ma Fili cercando di apparire forte e lottando contro le lacrime chiese “Ma tu sei tornato. Allora papà non era bravo come te?”
Thorin li prese in braccio entrambi senza fatica e si sedette con loro sulla grande panca di legno accanto al fuoco “Non dovrete mai pensare una cosa del genere.” Disse serio fissandoli negli occhi “I migliori guerrieri sono caduti insieme ad Andhod sul campo di battaglia. Loro sono degli eroi che dovranno essere ricordati fino alla fine dei tempi. Quanto a noi che siamo tornati siamo solo dei sopravvissuti. Loro si sono sacrificati per noi, per la nostra sicurezza.”
Fili e Kili lo guardarono confusi, il discorso forse era un po’ troppo complicato per i piccoli ma purtroppo quei due sarebbero stati costretti a crescere in fretta, pensò con dispiacere Thorin. Erano eredi al trono di un regno inesistente eppure ancora radicato nel cuore dei nani.
“Dovrete sempre essere orgogliosi di vostro padre.” Aggiunse rendendo il messaggio più semplice. Non avrebbero avuto una vita facile Fili e Kili, presto avrebbero dovuto assumere il loro ruolo di responsabilità nel seno del grande popolo di Durin. Ma Thorin promise a se stesso che avrebbe assunto sulle sue spalle tutte le preoccupazioni e gli obblighi, negli anni a venire, lasciando che i suoi nipoti crescessero liberi.
 
SPAZIO AUTRICE
Ed ecco qui i piccoli Fili e Kili. Questo capitolo mi ha messo veramente a dura prova. La notizia che Dis ha dovuto dare ai suoi figli è stata terribile. Come far capire a due bambini la crudeltà del mondo? E’ stato complicato buttare giù questo aggiornamento ma mi solleva il fatto che dal prossimo capitolo posso spazzare via il dolore e la sofferenza per gli eredi di Durin e dedicarmi alla quotidianità di questa famiglia speciale.
Non vedo l’ora di vedere zio Thorin che ha a che dare con quelle due pesti J
Grazie per aver letto questo mio nuovo sfogo letterario e un grazie speciale a chi lascerà un commento.
Alla prossima

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Capitolo 5
*** Sleepless ***


Il silenzio regnava nella casa con i suoi occupanti immersi nel sonno. Eppure non tutti dormivano. Un paio di occhi vispi rilucevano dal lettino della stanza dei bambini. Kili si girò nuovamente su un lato stringendo forte al petto l’orsacchiotto che gli faceva compagnia di notte ma era tutto inutile il sonno non voleva arrivare. Non riusciva a smettere di tremare come se la paura si fosse insinuata nel suo cuore e non volesse più lasciarlo. Eppure come gli aveva ricordato zio Thorin lui era un erede di Durin. Perciò facendo appello a tutto il suo coraggio il piccolo nano scostò le coperte e si avviò a piedi nudi verso la porta.
“Dove vai?” gli sussurrò Fili, anche lui completamente sveglio.
“Vado a cercare un posto dove posso dormire” rispose il piccolo Kili aprendo la porta.
Fili, incuriosito e allo stesso tempo preoccupato per il fratellino, sgusciò fuori dal letto per seguirlo. Ci mise un po’ a trovarlo vagando per tutta la casa finchè non si intrufulò nell’unica stanza che non aveva ancora visitato, quella in cui dormiva zio Thorin. 
Kili era lì, stretto al fianco dello zio e a quanto pareva era finalmente riuscito ad addormentarsi. Fili, lesto e silenzioso, prese posto all’altro lato di Thorin. Cullato dal ritmico suono del respiro dello zio e dalla sua rassicurante presenza si addormentò in un attimo.
“Oh ma che fine hanno fatto! Oh per Aule dove si sono cacciati!” le urla di Dis risuonavano per la casa mentre lei era impegnata nella ricerca dei bambini scomparsi dai loro letti. Dis disperando di ritrovarli si precipitò nella stanza di Thorin terrorizzata dalla possibilità di una nuova tragedia.
La porta aperta violentemente fece svegliare Thorin in un attimo, temendo un agguato degli Orchi nell’accampamento. Aveva passato mesi in viaggio e ci mise un po’ a ricordare di non essere all’aperto ma di essere tornato a casa. Quella era stata la prima notte dopo tanto tempo in cui aveva dormito in un letto al sicuro nella città dei Nani. 
Dis osservò Thorin dai piedi del letto con gli occhi pieni di lacrime ma allo stesso tempo con un sorriso dolcissimo sul viso. Lui era lì ancora mezzo addormentato e stringeva tra le braccia i piccoli Fili e Kili che placidamente dormivano incuranti di qualsiasi rumore.
“Cosa c’è?” le chiese Thorin ancora assonnato e accecato dalla luce del sole che fulgida entrava dalla finestra.
Dis indicò il suo petto e solo allora Thorin si rese conto di ciò che intendeva sua sorella. Abbassò lo sguardo e con sorpresa notò i due nipoti stretti a lui. Era talmente a pezzi che aveva dormito come un sasso per tutta la notte e non si era accorto di quella inaspettata invasione.
Scompigliò i capelli dei due piccoli nanetti per farli svegliare e sorrise tra sé sperando in cuor suo che quello fosse solo l’inizio di un periodo più felice per gli eredi di Durin.
 
SPAZIO AUTRICE
Ed ecco il mio piccolo aggiornamento nato dall’insonnia del piccolo Kili. Volevo scrivere la scena del risveglio dei piccoli Durin tra le braccia dello zio, un momento di dolcezza dopo tanto dolore. Niente di impegnativo solo uno sfogo per concedere a questa adorabile famiglia un po’ di gioia.
Grazie a tutti coloro che leggeranno e a chi lascerà le proprio impressioni.
Alla prossima

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