scaglie

di Tefnuth
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3. ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4. ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5. ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6. ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7. ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9. ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10. ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11. ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 19: *** capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 (parte prima) ***
Capitolo 24: *** Capitolo 23 (parte seconda) ***
Capitolo 25: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 25. ***
Capitolo 27: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 27. ***



Capitolo 1
*** prologo ***


            ~~Notte fonda, l’ora perfetta per gli animali notturni. Ecco, un gufo ha appena catturato un topolino, la cena è servita e qualcuno non tornerà nella sua tana questa sera. Tutt’a un tratto, il silenzio della foresta è interrotto dal rumore delle foglie che, ormai rinsecchite e cadute al suolo, vengono calpestate. Il suono è ritmato ma veloce: qualcuno stava correndo nella foresta disturbando la quiete del posto e molti animali dovettero lasciar stare la caccia. Un secondo rumore di passi riecheggiò presto e un altro ancora, questa volta più forte e accompagnato da altri suoni; colui i cui piedi calpestarono per primi le foglie non era solo. Poi il primo rumore si fermò, all’ombra di alcuni alberi secolari e poco dopo anche il secondo, nello stesso punto, ma il terzo continuò la sua corsa anzi, il rumore si sparse a macchia d’olio “Che facciamo adesso?” chiese uno dei due che si erano fermati tra un respiro e l’altro, chi avesse ascoltato la sua voce avrebbe capito che si trattava di un ragazzino così come il suo compagno di sventura “Non lo so proprio, ho esaurito le idee. Mi dispiace” rispose l’altro mentre con la testa faceva capolino dal loro nascondiglio per vedere se per caso il loro inseguitore fosse nelle vicinanze, fortunatamente i versi degli animali avevano iniziato di nuovo ad echeggiare nella foresta perché i due erano talmente esausti da non riuscire a respirare senza fare rumore mentre i loro inseguitori, era ormai chiaro che fossero più d’uno, riuscivano ora a muoversi nella selva senza più fare alcun rumore “C’è troppo silenzio, non mi piace. Tu vedi niente?” chiese quello che più si teneva nell’ombra “Per niente, sembra che si siano volatilizzati. Non avere paura, non ci succederà niente” rispose la piccola vedetta. Da quel momento non parlarono più e cercarono di muoversi il meno possibile per udire ogni minimo rumore che fosse estraneo al luogo che li circondava, poi il ragazzo che faceva da vedetta notò qualcosa nel fondo della foresta e si sporse un po’ di più per vedere meglio: erano due luci verdi brillanti ,poco distanti tra loro che guardavano nella loro direzione. Il suo cuore sussultò, perdendo un battito, e un’altra volta gli successe quando si accorse che le luci erano ciò che temeva: un paio di occhi di un Segugio. Li avevano trovati, sicuramente seguendo le loro tracce che lui invece pensava fossero state coperte dalle foglie e da quella poca nebbia che c’era, “Dobbiamo andarcene via di qui Alec ” disse all’altro ragazzo, Alec il suo nome, senza nemmeno accorgersi di aver alzato la voce ma chi gli rispose non fu Alec “Non credo sia più possibile, Eos”. Eos conosceva bene quella voce, roca e profonda come se provenisse dalle viscere più profonde dell’inferno “Keres”, pronunciò quel nome con aria di sfida anche se dovette fare un grande sforzo per far si che la sua voce non fuoriuscisse tremolante perché in realtà aveva paura di quello che Keres avrebbe potuto fare loro “Devo ammetterlo, siete stati bravi a scappare. Ho sempre detto che siete dei demonietti astuti e intelligenti, ma l’ora d’aria è passata da un pezzo ed io ho degli affari urgenti di cui occuparmi – il Segugio e altri si avvicinarono ai ragazzi, erano in trappola – forza portateli al castello e fatemi il favore di tenerli veramente sotto sorveglianza, non devono più scappare. ” disse Keres, e ad un suo cenno i ragazzi furono presi a forza e portati in spalla fino nelle segrete del castello dove furono rinchiusi e guardati a vista da due uomini: nerboruti e con gli occhi incandescenti; sebbene uno di loro non avesse le pupille, i suoi occhi sembravano lava, aveva i canali di respirazione sulla parte più alta della testa ed aveva spille da balia sulla bocca, grandi abbastanza da permettergli di aprirla fino al massimo per mostrare le fauci con i denti incrostati dello sporco di anni, ma non per questo meno letali; l’altro sembrava portare una maschera con due strappi sulla testa tenuti insieme da punti metallici, tre strappi verticali sopra ciascun occhio per poter vedere, l’orecchio coperto di cui si poteva solo vedere il foro e tre catene sulla bocca tenute insieme da sei piercing, due per ogni catena, anch’esse lunghe a sufficienza per lasciarli aprire il cavo orale che mostrava una dentatura da squalo ben curata; ma quella non era una maschera. “Vedo che sei riuscito a trovare la misura giusta, Cretos” disse Eos, una volta avvicinatosi alle sbarre, al carceriere con le spille da balia riferendosi agli strappi che aveva attorno alla bocca, dovuti a passati tentativi andati male “Zitto, potrei sempre chiuderti la bocca con quelle che ho tenuto.” rispose Cretos colpendo le sbarre sperando di colpire il ragazzo ma quello si era già allontanato “Non far caso alla sua lingua biforcuta, se abbassi troppo la guardia potresti ritrovarti con la faccia a terra senza accorgertene” rispose l’altro “Senti chi parla, sbaglio o sei stato tu il primo col culo a terra Forco? Hai pianto come un lattante” disse Alec dal fondo della cella, in controluce e con quel sorriso malizioso aveva un’espressione davvero inquietante,  la stessa che qualche ora prima Forco aveva dovuto guardare dal basso del pavimento “Vieni più vicino e vedi come ti strappo la lingua coglioncello” disse Forco senza nemmeno voltarsi, ma sapeva che Alec aveva appena tirato fuori la lingua e la stava muovendo in segno di sfida “Tra poco ti passerà la voglia di fare lo sbruffone, soprattutto a tuo fratello Eos” disse ancora Forco, pensando di riuscire a spaventarlo ma non riuscì ad instillargli più del semplice dubbio. Poco dopo arrivò anche Keres, quasi sorpreso di vedere ancora i due fratelli nella cella “Oh bene, mi compiaccio, questa volta gli alloggi sono di vostro gradimento vedo. Scusa Alec ma devo rubarti Eos per qualche istante” disse Keres che aprì la cella ed aspettò che Cretos e Forco prelevassero Eos e lo portassero davanti a lui dopo averlo ammanettato; Alec provò ad uscire in un attimo di distrazione, non per scappare ma perché non voleva lasciare il fratello da solo, purtroppo fu bloccato sulla soglia e rispedito indietro da un poderoso pugno di Cretos allo stomaco che oltre a farlo indietreggiare gli fece sputare sangue “Maledizione, avrei tanto voluto farlo io” disse Forco, che stava cedendo alla tentazione di approfittare del fatto che Alec fosse a terra tanto era forte il desiderio di vendicarsi dell’oltraggio subito al momento della loro fuga, ma Keres gli disse di non farlo e Forco si ripeté a mente delle parole che gli erano state dette poco prima “Verrà presto il tempo”. Mentre Alec si riprendeva del colpo infertogli, Keres portò Eos in una sala vuota con una piccola finestra posta in alto che lasciava passare solo un filo di luce, tanto era la polvere sul vetro “Su avanti sfogati” disse Eos non appena arrivò al centro della stanza “Cosa?” chiese Keres fingendo di non capire a cosa si riferisse “Credi che non sappia che non vedi l’ora di picchiarmi come ha fatto Cretos con Alec? Non servono manette né catene, fallo forza. Tanto lo sai che ho già rotto le manette” disse Eos ed aprì le braccia facendo cadere dietro di sé i frammenti delle manette “Sai, è un peccato che io e te non andiamo d’accordo perché nonostante tutto io ammiro il tuo atteggiamento, è difficile trovarne altri come te in giro al giorno d’oggi” si avvicinava sempre più, Eos non rispose.                                                           

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Capitolo 2
*** Capitolo 1. ***


 ~~Il braccio di Keres presto si levò, la mano chiusa a pugno e arrivò il primo colpo dritto in faccia ma Eos non si piegò, rispetto a suo fratello riusciva a incassare molto meglio i colpi “Ero sicuro che mi sarei divertito con te” disse Keres mentre caricava il secondo colpo “Sei un sadico” sussurrò Eos poco prima che arrivasse anche il secondo colpo nello stesso punto, in modo che facesse più male. Nemmeno così si piegò, e dopo ogni pugno o calcio lo sguardo di Eos lo sfidava a fare ancora di più perché non era mai abbastanza, nonostante il corpo del ragazzo fosse ormai a contatto col pavimento freddo. Quando finalmente Keres fu soddisfatto del suo operato, costrinse Eos ad alzarsi e lo condusse per i sotterranei “Puoi anche coprirti la bocca, basta che resti in piedi io non ti tengo se svieni” gli disse ed aveva ragione di ammonirlo: quando iniziarono a scendere per le scale Eos iniziò a vedere sulle pareti delle macchie di sangue che diventavano sempre più grandi man mano che percorrevano la scalinata fino a diventare delle pozze coagulate sui gradini stessi e per di più l’aria si fece sempre più intrisa dell’odore ferroso e pungente del sangue quasi al limite della sopportazione, Eos arricciava il naso ad ogni respiro e fece di tutto per non vomitare. Quando arrivarono in fondo alla scalinata, l’aria era ormai insopportabile ed anche Keres dava segno di non gradire molto l’odore che gli entrava nel naso “Più avanti la situazione migliora” disse e, in effetti, aveva ragione: chi aveva scavato quel luogo aveva creato delle fenditure per far arrivare aria fresca così che entrambi poterono beneficiare di aria sempre pulita, anche se le pareti e il soffitto continuavano a essere sporchi di sangue. Continuarono a camminare finché non arrivarono a un cancello finemente lavorato, a Keres non servì una chiave per aprirlo gli bastò spingere con una mano; quando oltrepassò il cancello, Eos si accorse che erano arrivati in una grotta con le pareti alte, poco dopo vide che Cretos e Forco erano a poca distanza da loro e non erano soli. “Avete fatto quello che vi ho chiesto?” disse Keres ai due subalterni, loro non risposero e dopo essersi girati per un attimo scaraventarono Alec sotto l’unica luce disponibile nella grotta, aveva evidenti segni di percosse “Alec” gridò Eos ma Keres lo teneva fermo, saldo come una roccia “Stai indietro Eos - gridò Alec – è un sigillo” nemmeno incrociò il suo sguardo con quello del fratello che invece guardò i segni sopra cui Alec era posato, non gli ci volle molto per capire che il fratello aveva ragione “Lascialo andare, la faccenda è solo tra me e te” disse Eos a Keres “Sbagliato, lui è coinvolto quanto te” rispose Keres, poi fece un cenno con la testa e dal fondo della grotta si udì una litania nell’antica lingua che sembrava provenisse da una qualche entità invisibile. La nenia si fece sempre più forte, cantata da un coro di mille voci, poi il simbolo sotto Alec iniziò ad illuminarsi; il ragazzo capì che per lui non c’era più niente da fare così per evitare al fratello un’ulteriore sofferenza si posizionò meglio che poteva con la schiena dritta e lo sguardo fiero che poi rivolse al cielo da dove proveniva la luce; se doveva scomparire lo avrebbe fatto con la fierezza di cui erano capaci tutti i membri della sua famiglia e non avrebbe implorato nessuno per la sua libertà. Quando il sigillo fu del tutto attivato, per Alec fu come vivere un’esperienza extracorporea: tutto ciò che lo circondava, divenne più sfocato così come le voci dei sacerdoti che continuavano a cantare la formula; nonostante fosse fermo, si sentiva come trascinato verso il basso, il sigillo stava imprigionando la sua anima, ma non faceva alcun male. Pochi istanti ancora e tutto sarebbe finito; poco prima della fine, Alec girò la testa e guardò gli occhi disperati di Eos che inutilmente cercava di liberarsi dalla presa di Keres “Fino alla fine” sussurrò, poi alzò di nuovo lo sguardo al cielo e dopo un lampo di luce che riempì la grotta al posto del sigillo e di Alec comparve una colonna di pietra che arrivava fino al soffitto, ancora illuminata dalla luce che proveniva dall’esterno.

Eos rimase immobilizzato durante tutto il rito, per qualunque cosa facesse non riusciva liberarsi dalla presa di Keres eppure doveva farlo: suo fratello stava andando incontro alla morte, la sua anima sarebbe andata perduta per sempre. A ogni secondo che passava un pezzo di lui se ne andava e per Eos era come se la sua stessa anima se ne stesse andando con lui. Tendeva le mani ad Alec mentre lui teneva alto lo sguardo, fiero come lo era sempre stato, senza mai guardarlo negli occhi se non quando ormai era giunto per lui il momento di andarsene “Fino alla fine” gli disse e poi nulla.


Quando Keres lo lasciò andare, ormai era troppo tardi, lui non c’era più: al suo posto c’era ormai solo quella colonna di pietra ruvida che conteneva il suo corpo, ma la sua anima era lontana  “Non ridi più eh? Poverino sta per piangere” lo canzonò Forco, inconsapevole del pericolo che stava correndo “Chiudi quella bocca, avanzo di discarica” disse Eos, la disperazione era stata sopraffatta dalla rabbia che stava mandando l’adrenalina in circolo; Forco ne rimase quasi stupito, altri al posto del ragazzino si sarebbero arresi alla disperazione ed avrebbero invocato pietà. Nessuno dei presenti aveva ancora mosso un solo passo, forse aspettavano un segnale di Keres oppure volevano vedere Eos disperarsi, fatto sta che tra tutti solo Forco si avvicinò ma non appena fu abbastanza vicino la mano sinistra di Eos si staccò dalla colonna e scattò in avanti per andare a fare presa sulla gola del demone che poté solo inginocchiarsi, solo allora capì il suo errore: gli occhi di Eos erano intrisi di odio, la pupilla si era allargata fino al massimo quasi fino a far scomparire l’iride; i glifi sulla pelle, coperti dai vestiti, sembravano ora vene di lava; a Forco sembrò anche che Eos fosse più alto di quanto non fosse “La  curiosità uccide il gatto, nessuno te lo ha mai detto?” disse Eos, anche la sua voce era cambiata ed aveva assunto un tono che a Keres ricordava vagamente quello del padre dei due ragazzi “Lasciami andare, non lo faccio più” lagnò Forco, nonostante la sua natura era uno dei più codardi tra i subalterni di Keres ma le sue suppliche sembrarono non arrivare all’orecchio di Eos che, anzi, strinse la presa; adesso era vero che la sua altezza era aumentata, sembrava fosse cresciuto di qualche anno in pochi secondi  “Dunque è così” pensò Keres mentre lo osservava, ma pensò bene di ritirarsi nell’ombra mentre ancora Eos si divertiva con Forco, i suoi piani erano a lungo termine e non doveva rischiare di morire in quella notte.
Mentre Keres si allontanava, le grida di battaglia dei demoni che erano ancora nella caverna risuonavano per tutti i sotterranei. Lui stesso non si sarebbe mai aspettato una reazione simile da parte di Eos sebbene sapesse quale fosse la sua natura, era per questo che lo aveva incluso nei suoi piani. Non avrebbe mai dimenticato come il suo corpo fremeva mentre varcava la soglia della casa dove abitavano i due gemelli assieme alla famiglia; fu più facile del previsto, il capofamiglia, il nonno dei ragazzi, era vecchio ed era stato suo maestro d’arme quindi non c’era nulla di strano se l’allievo andava a trovare il precettore malato da qualche tempo. Iris, la madre di Eos e Alec, era intenta a pulire dalle interiora la preda catturata poco prima dal marito, Minos, che invece stava parlando assieme a lui. Dovette aspettare che anche i ragazzi rientrassero in casa verso sera perché potesse attuare il suo piano, anche se fu molto difficile perché ogni fibra muscolare fremeva per brandire l’ascia che portava alla cintura. Finalmente, ormai all’imbrunire, Eos ed Alec rientrarono in casa dalla loro esplorazione portando molte erbe medicinali ed aromatiche richieste loro dalla madre; fu quando loro sparirono dietro la tenda che separava il salottino dall’area cucina che senza battere ciglio prese l’ascia e con un colpo secco la piantò in testa all’anziano maestro, dovette faticare di più per riuscire ad uccidere Minos ma provò un enorme piacere nel vedere il suo sangue che fuoriusciva a fiotti dalla giugulare prima di infliggergli il colpo finale. Con Iris fu molto facile, anche se abile nella lotta era sempre stata di corporatura esile e non fece alcuna fatica a romperle il collo, l’ascia era rimasta nel torace di Minos, così come non faticò molto per prendere i due fratelli sotto braccio e portarli nelle segrete sorvegliati da Forco. Pensava che uno dei suoi sottoposti, uno tra quelli che riteneva i migliori, sarebbe bastato per tenerli d’occhio e invece non aveva considerato che con la loro parlantina avrebbero potuto facilmente confondere Forco e poi metterlo fuori combattimento; avrebbe passato un brutto quarto d’ora poco dopo. Per sua fortuna quando evasero era notte e poté utilizzare i segugi che, con il loro fiuto particolarmente fine, riuscirono immediatamente a ritrovare le orme dei due ed a riportarli indietro. Aveva appena posato il piede sul primo gradino della scala quando un odore intenso gli arrivò al naso, sangue fresco.


Intanto che Keres saliva le scale per tornare ai piani alti, nella grotta Eos lottava come se avesse il diavolo in corpo passando da un soldato all’altro ogni volta che uno di questi gli si lanciava addosso per cercare di fermarlo. La sua prima vittima era stata il sacerdote anziano, il primo ad intonare il canto del rituale cui sottrasse l’arma al primo assalto, una falce simbolo della sua posizione, e con quella stessa lama gli staccò di netto la testa lasciando che ricadesse al suolo e rotolasse lontano dal corpo, seguirono tutti gli altri che uccise passandoli a fil di lama oppure squarciandone la gola dopo averli fatti inginocchiare. Non riuscendo a ferirlo dal basso, alcuni pensarono di attaccarlo dall’alto senza fare i conti con la lunghezza della falce, gli bastò un colpo ben assestato per farli ricadere a terra. Sul suo viso e sul corpo il sangue dei nemici abbattuti che ancor prima di coagularsi veniva coperto da quello di un altro, poi non ci fu più alcun assalto e tutto si fermò. Quando finì, il terreno era ricoperto dei corpi dei demoni, i loro visi avevano ancora la bocca aperta a scoprire i denti in segno di minaccia; Eos non volle fermarsi di più e dopo aver fatto un saluto alla colonna  se ne andò, non senza portarsi dietro un piccolo souvenir. Qualcuno, nell’ombra, osservava.


Rallentava il passo ad ogni gradino che saliva, ormai era arrivato a metà della rampa e faceva sempre più fatica a sentire le grida che provenivano dalla grotta; in realtà stava solo aspettando perché voleva vedere chi ne fosse uscito indenne. Si fermò di nuovo quando non sentì più nulla, aspettò qualche istante e poi guardò di nuovo in basso alla base delle scale, c’era qualcuno. Keres non fece alcuna fatica a riconoscerlo: Eos, portava sulla spalla sinistra la falce del sacerdote anziano che si era fatto forgiare dall’artigiano migliore della zona e che era tenuta in equilibrio dalla mano corrispondente, nell’altra mano invece portava la testa del proprietario dell’arma con gli occhi ancora aperti per lo stupore. Si guardarono negli occhi intensamente, immobili come statue senza dire o fare nulla, solo Eos si mosse alzando semplicemente il braccio destro a mostrare meglio la testa. Nemmeno in quel momento disse nulla, ma il messaggio era chiaro “Il prossimo sei tu”. Subito dopo gettò la testa a terra e la infilzò con la falce ancorandola a terra con una forza tale che si creò una lunga crepa sul pavimento lastricato “Potresti diventare qualcuno se solo lo vorresti” gli disse Keres, la sua voce resa ancora più profonda dall’acustica del luogo “Mai” rispose semplicemente Eos “Ma non capisci quello che potresti avere?” “Nulla in confronto a quello che mi hai tolto” disse, poi tirò fuori un coltello e lo lanciò dritto alla testa di Keres che prontamente lo evitò, ma quando si girò non c’era più nessuno, era sparito “Bene, vattene pure. In fondo mi non sei così fondamentale, posso trovarne altri cento come te” disse Keres ad alta voce, sperando che lo avesse sentito. Da allora non ne seppe più niente.

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2. ***


~~Nella grotta non c’era alcuna luce naturale, solo le lanterne del gruppo tagliavano l’oscurità e sebbene questo non bastasse per fare una luce piena il gruppo avanzava veloce e sicuro spingendosi all’interno della caverna avvalendosi anche dell’aiuto di una guida indigena, incurvata dall’età o forse dai medaglioni che pendevano al suo collo. Avanzarono incessantemente senza dire una parola, anche la guida preferiva non parlare se non quando costretto a farlo finché poi si fermò davanti all’imboccatura di un nuovo cunicolo “E’ là?” chiese uno del gruppo, forse il leader “Sempre dritto, non potete sbagliare” rispose la guida, sembrava che quelle parole le fossero state cavate fuori dalla gola “Ecco il tuo denaro, ora puoi anche sparire” un grosso mazzetto si materializzò nelle mani dell’indigeno che subito lasciò i suoi clienti senza più voltarsi indietro, ormai aveva avuto il suo lauto compenso. Il gruppo invece procedette nel cunicolo indicato loro segnando il percorso come avevano fatto da quando avevano lasciato la luce per entrare nel mondo delle tenebre finché non arrivarono alla loro destinazione: una camera in cui scorreva l’acqua, le pareti erano lisce ma in alcuni punti erano scalfite da crepe  “Ehi gente, avete visto che roba?” disse uno di loro, Gage il suo nome, che non riusciva a distogliere la luce da quelle crepe “Ma voi ci credete alle storie che dicono su questo posto? Che qui dentro ci abiti qualcuno, intendo” “Smettila di fare il bambino, i demoni e gli spiriti non esistono” rispose una donna di nome Narlees, Gage non parlò più.  Osservarono ogni centimetro di quella sala, ma non trovarono nulla oltre alle crepe sulle pareti “Abbiamo fatto un buco nell’acqua, quel vecchio ci ha preso in giro” disse Gage che per la terza volta osservava il soffitto con la torcia pur sapendo che non vi avrebbe trovato nulla “Ci deve essere qualcosa qui, per forza” rispose Narlees, la scienziata che aveva voluto intraprendere la spedizione dopo che venne a conoscenza che qualcosa stava spaventando gli abitanti del villaggio vicino, ma Gage ormai era stufo di fare avanti e indietro per la sala.


Mentre gli altri posizionavano i loro strumenti, lui decise di perlustrare gli altri cunicoli della grotta cui la guida non aveva neppure posato lo sguardo, forse l’abitante della grotta si era spostato sentendoli arrivare. Tornò indietro fino al crocevia dei tre cunicoli dove l’indigeno li aveva lasciati, non ci aveva fatto caso la prima volta ma tutti i cunicoli avevano gli stessi segni che aveva visto nella sala, non sapeva se interpretarli come un buono o un cattivo segno. Una volta posto una luce a led alla base del cunicolo centrale, scelse di entrare in quello di destra ma non prima di aver schivato un topo che stava facendo lo slalom tra i suoi piedi “Provaci un’altra volta e ti crivello” lo ammonì anche se era certo che non lo aveva sentito. La galleria che aveva preso era più stretta dell’altra ma anche se con qualche difficoltà riuscì ugualmente a passare tenendo il fucile caricato bene davanti al naso; quando guardò verso l’alto per evitare  le stalattiti vide che non era stato il primo a passare da lì: sul soffitto c’erano le stesse crepe nella sala ed alcune stalattiti erano state rotte per agevolare il passaggio “Chi può essere così alto?” pensò, già pensava ad un essere alto due metri o forse più che non riuscendo ad abbassarsi abbastanza aveva usato gli artigli per crearsi più spazio. Finalmente il soffitto si fece più alto, rivelando una sala circolare simile a quella che aveva già visto quasi ne fosse una copia se non fosse stato per le pareti ed il soffitto più irregolari che avrebbero potuto nascondere qualcuno alla vista di chi entrava. Sapendo ciò continuava a tenere il fucile puntato verso l’alto tenendo la schiena verso il fondo dalla parte opposta a dove era entrato, nessuno conosceva le fattezze della creatura, se veramente esisteva, e avrebbe anche potuto avere artigli che gli permettevano di scalare muri o di mimetizzarsi nell’ambiente. Seguì un lungo silenzio che nemmeno il suo respiro interrompeva, poi sentì un rumore che si diffuse fino ad arrivare alla cupola della sala. Gage puntò immediatamente il fucile verso il punto da cui secondo lui era provenuto il suono, era già pronto a sparare ed aspettava solo di vedere la sua preda, ma dovette porre giù l’arma quando uscì fuori: un ragazzino, avrà avuto tredici anni al massimo, nei suoi occhi però si leggeva qualcosa che andava ben oltre la sua età “E tu chi sei?” gli chiese stupefatto, il ragazzino tornò nell’angolino senza dare risposta. Gage posò l’arma a terra per evitare di spaventarlo e poi si avvicinò, quando guardò dietro la pietra non c’era nessuno. Nuovamente calò il silenzio, rotto dai passi di Gage che guardava in ogni angolino per trovare il ragazzino poi lo vide: era appeso al soffitto come una lucertola e non sembrava avere alcuna difficoltà mentre si spostava; la mano di lui andò subito al comunicatore “Signora, credo di aver trovato qualcosa di interessante” disse senza aggiungere altro, con il localizzatore GPS il resto del gruppo lo avrebbe trovato facilmente; il problema adesso era cosa fare. Si maledisse di aver lasciato il fucile a terra e di averlo tenuto così lontano, fortunatamente lo sconosciuto non accennava ad attaccare “Ragazzino scendi subito, non voglio farti del male” gli disse seguendo i suoi movimenti e continuando a parlargli per incitarlo a tornare con i piedi per terra, per quanto fosse bravo nell’arrampicata libera le sue dita non avrebbero retto ancora a lungo. Finalmente il ragazzino si fermò su una parete proprio quando la gola di Gage iniziava a dolere per il troppo parlare ,non era mai stato di molte parole “Bene, ora dammi la mano che ti aiuto a scendere” disse tendendo la mano verso di lui, sembrava quasi che fosse riuscito nella sua impresa ma poco prima di toccare il braccio libero del ragazzino quello saltò e lo morse al braccio mentre era nella fase di volo. A quel punto Gage perse la pazienza, recuperò il fucile e lo puntò contro di lui che era a terra “Ora ti faccio nero” urlò ma la voce della professoressa Narlees lo fermò “No, non sparare. E solo un ragazzo” “Mi ha morso il braccio” lamentò Gage “Sicuramente c’è una ragione precisa per questo. Non hai pensato che si possa essere spaventato quando ti ha visto con quell’ affare in mano?” “Non mi sembrava dal modo in cui faceva il funambolo tra le pareti della grotta” ribatté lui ma la dottoressa non lo aveva degnato di un solo sguardo di più, tutta presa a guardare il ragazzino che se ne stava seduto a terra non poté resistere e gli porse la mano; lo avrebbe portato con se.

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3. ***


~~Così Eos si ritrovò in un aereo blindato che si stava allontanando chissà quanto dall’unico posto che conosceva,anche se ormai non c’era più nessuno ad aspettarlo: dopo l’incidente al castello era ancora furente ed aveva scelto quella grotta per potersi sfogare. Ricordava ogni singolo passo che aveva fatto mentre si addentrava nei cunicoli bui e scivolosi, quali tunnel avesse preso per primi e quante volte ne aveva scalfito le pareti prima di tornare alla sua statura originale e di decidere di utilizzare una formula per “ibernarsi”; si era risvegliato poco prima che arrivassero la dottoressa e i soldati con quelle loro armi così strane dandogli appena il tempo di constatare che nel castello non c’era più nessuno e di mascherare il suo aspetto rendendolo più umano possibile,non sapeva quanto tempo fosse stato in condizione di stasi. Ogni volta che Eos ripensava a quello che aveva fatto dopo il rituale ancora si stupiva di se stesso: nessuno della sua tribù aveva mai fatto una cosa del genere e da quanto sapeva dalle leggende che raccontavano gli anziani coloro che ci erano riusciti si potevano contare sulla punta delle dita “Tra poco arriveremo al campo base vedrai ti piacerà” continuava a dirgli la dottoressa che a quanto aveva capito doveva chiamarsi Narlees. Non sapeva perché le aveva stretto la mano, perché aveva deciso di seguirli ma la vista di quella donna gli ispirava fiducia : una donna di statura media,fisico minuto sotto una cascata di riccioli rossi e vicina alla mezza età, avrebbe potuto facilmente sopraffarla ed andarsene ma lei  si era messa tra lui ed il soldato per proteggerlo da un suo stesso compagno di squadra anche se non lo aveva mai visto in vita sua; doveva ammettere che aveva avuto un gran bel fegato. “Grazie signora” disse Eos,gli sembrava il minimo da fare “Per cosa?” chiese la donna,uno dei riccioli le era andato davanti agli occhi ed ora rimbalzava su e giù “Per prima,nella grotta.” “Ah non ci pensare, e poi sono io che ringrazio te – Eos assunse un’espressione interrogativa – io è da quando conosco Gage che vorrei morderlo per farlo stare zitto,mi hai fatto un favore. Ma ti sarei grata se mi chiamassi Narlees, se mi chiami signora mi fai sentire come se fossi tua nonna” “Si…Narlees” non riusciva a credere che quella persona appena conosciuta gli desse già il permesso di chiamarla per nome,così come gli uomini che erano con lei a casa sua poteva chiamare direttamente per nome solo il fratello  mentre per rivolgersi ad altri,anche a suo nonno, doveva anteporre un “Signore” davanti al nome, chissà quante altre cose sarebbero state diverse per lui.


Non seppe dire quanto durò il viaggio,si addormentò poco dopo accanto a Gage che inizialmente non ne fu molto entusiasta quasi avesse paura di un secondo morso “Crede che sia una buona idea portarlo con noi?” chiese Gage a Narlees “Lo avresti lasciato là a morire?” gli rispose lei non appena si avvicinò per mettere una coperta al ragazzo “Non sappiamo niente di lui,che cosa le assicura che non sia scappato dallo stesso villaggio dell’indigeno? Magari è stato proprio lui a spaventarli” “Sai bene che lui non può essere nato in quel villaggio,abbiamo visitato tutte le famiglie e nessuna di loro poteva avere un fenotipo come il suo,la sua pelle è troppo chiara e anche la struttura ossea vedrai che in poco tempo sarà più alto di loro. Per quanto riguarda l’altra tua domanda potrei risponderti che forse era solo un grande orso che ha cambiato casa,peccato non averlo visto” “Lo dice perché non ha visto lui, camminava sul soffitto senza alcuna difficoltà e anche se non mi ha attaccato subito non vuol dire che non ci stesse pensando” “Ma piantala una buona volta di lamentarti, sei arrabbiato solo perché ti sei fatto mordere da un bambino. Prova a toccarlo e puoi considerarti fuori dai giochi” non parlarono più per il resto del viaggio. Narlees era stufa di doversi portare sempre Gage ogni volta che andavano in esplorazione ma tra tutti,purtroppo, era anche quello che se la cavava meglio se si trattava di sparare o di scoprire delle tracce. La dottoressa osservò Gage finché non furono arrivati alla base,aveva timore che Gage potesse far del male al nuovo arrivato mentre dormiva.


Quando scesero dall’aereo il sole era alto ed accecante tanto che Eos dovette tenere gli occhi bassi per riuscire a camminare dritto,odiava già quel posto era troppo assolato e lui non ci era abituato. Fortunatamente l’entrata non distava molto dalla pista di atterraggio “Adesso andiamo in infermeria,ti faccio fare un piccolo controllo per vedere se è tutto a posto e poi andremo a mangiare” gli disse Narlees,gli sembrava quasi sua madre, ma lui non rispose voleva solo entrare dove il sole non arrivava così forte.
 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4. ***


~~L’edificio sembrava gigantesco, ad ogni svolta c’era un corridoio e varie porte che avrebbero potuto confondere chiunque ma Narlees andava veloce e sicura ad ogni passo che faceva. Ormai erano quattro anni che l’avevano trasferita in quell’edificio dal laboratorio in cui lavorava precedentemente, anche se tutti la rispettavano perché conoscevano la sua fama di scienziata le ci vollero alcuni mesi per sentirsi adeguatamente integrata al resto del gruppo. Inizialmente il suo lavoro era quello di fare analisi in laboratorio assieme ad altri esperti sulle mutazioni genetiche e le malattie ma dopo cominciarono a mandarla in giro dove c’erano degli avvistamenti di animali o piante mai viste prima a patto di essere accompagnata da un piccolo gruppo di uomini armati per ogni evenienza,per questo era stata mandata nel posto dove aveva trovato il ragazzino: da giorni ormai circolavano voci che in quel luogo si aggirasse una strana creatura che stava terrorizzando il villaggio.


L’infermeria era al centro dell’intero impianto e si può dire che fosse uno dei posti più spaziosi dell’intero complesso. All’interno c’era un uomo avrà avuto più o meno la stessa età di Narlees, il dottore generico Colway, non troppo alto e con i capelli brizzolati che copriva con il camice la pancia leggermente sporgente; il dottore si sorprese quando vide Narlees entrare nel suo studio soprattutto accompagnata da un ragazzino “Buondì Narlees,cosa posso fare per te?” le chiese molto gentilmente con un sorriso che fece risaltare le gote “Potrebbe dare un’occhiata a questo ragazzo? L’ho trovato nella mia ultima esplorazione,era nascosto in una grotta” il dottore posò lo sguardo su Eos “Certamente,vieni pure ragazzo qui sotto la luce” disse Colway accennando ad Eos il punto esatto. Eos era incerto sul da farsi ma poi Narlees lo accompagnò sotto la lampada e lo aiutò a sfilarsi gli indumenti che aveva rubato al villaggio e che ormai erano logori, adesso era del tutto nudo “Sei molto pallido, è normale se sei stato per tanto tempo in una grotta ma non hai sintomi di rachitismo . La schiena è bella dritta, ha anche una bella muscolatura” disse alla dottoressa “Si l’ho notato anche io,sembra quasi un nuotatore. – disse Narlees,in effetti ora che lo guardava a torso nudo poté notare che la sua muscolatura era già segnata e quasi contrastava con l’età del ragazzo - Cosa mi dice di respiro,riflessi e vista? E’ denutrito?” il dottore prese lo stetoscopio ed auscultò i polmoni di Eos per passare poi a controllare occhi e riflessi “E’ sanissimo, l’unico consiglio che ti posso dare è di fargli prendere un po’ di sole con la protezione dieci per fargli riacquistare colore. Non è nemmeno denutrito o disidratato,come hai fatto a procurarti cibo e acqua?” “Ho cacciato prede piccole e ho…rubato qualcosa dal villaggio ma loro non se ne sono accorti. L’acqua era nella grotta” rispose Eos dopo aver pensato alcuni secondi,non poteva dire che l’orso che effettivamente abitava nella grotta lo aveva ucciso lui “Fortuna che non hai incontrato animali feroci,sono andata in quel posto dimenticato da tutti apposta – disse Narlees,poi sembrò illuminarsi – ma ancora non mi hai detto il tuo nome” Eos rimase spiazzato,avrebbe voluto che non se ne ricordasse ma dal momento che non gli veniva in mente niente gli disse il suo vero nome “Eos” “Oh ma che bel nome,e dimmi cosa ci facevi là? Dove sono i tuoi genitori,i tuoi parenti? Chi possiamo chiamare per farti venire a prendere?” “ Nessuno,i miei genitori sono morti e così anche i miei unici parenti, la nostra famiglia era piccola” un’espressione di tristezza apparve sul volto di Narlees e del dottore,ma non su quella di Eos “Mi dispiace,allora credo che non avrai nulla in contrario se ti teniamo qui. Potrei adottarlo io, così gli assistenti sociali non ci faranno storie” disse Narlees che di figli non ne aveva mai avuti, Eos fece spallucce “Allora vado a fare delle telefonate,perché sai che prima bisogna essere certi che non abbia più nessuno a cui essere affidato” disse Colway che sparì dalla porta “Dovrò chiamarti madre?” chiese Eos alla dottoressa “No se non vuoi, posso capire che la perdita di tua madre è terribile e voglio dirti che nel caso io ti adottassi non voglio assolutamente sostituirmi a lei” “Grazie, è già la seconda volta che mi togli da una brutta situazione” “Non preoccuparti” Eos ancora non riusciva a capire il perché della gentilezza di Narlees nei suoi confronti,ma una cosa era certa, lei non avrebbe potuto sostituire sua madre nemmeno se lo avesse voluto: Iris era una bellissima demone alta e slanciata e gli occhi color del fuoco,la sua pelle invece era quasi color carne ma aveva delle decorazioni rosse; i lineamenti molto delicati anche se il naso era ridotto a due fessure,come molti di quelli che Eos conosceva, mentre i capelli erano lunghi  nelle varie sfumature del rosso che incorniciavano delle piccole corna poste sulla sommità della testa,una visione tutt’altro che terrificante. Suo padre invece, Minos, era l’esatto opposto: era alto e muscoloso,occhi neri che sembravano penetrare nell’animo della persona su cui si posavano ed erano circondati da un alone nero che quasi facevano sparire il bianco degli occhi; la pelle era grigia ed era segnata dalle cicatrici delle tante battaglie vissute e che non lo avevano mai fermato, non aveva i capelli ma in compenso aveva delle lunghe e possenti corna ricurve che sopra la testa si ramificavano in due, quando camminava teneva le ginocchia leggermente piegate come se fosse sempre pronto a spiccare un balzo sulla preda e la forte coda a punta di freccia bene in alto. Così era suo nonno,maestro d’arme di Keres, che teneva le ginocchia sempre più piegate con l’avanzare dell’età ed entrambi erano temuti e rispettati per il loro valore e l’abilità che sempre dimostravano in battaglia. Eos non immaginava come avessero fatto a farsi sopraffare da Keres che invece apparteneva a tutt’altra famiglia: infatti aveva la pelle rosso scuro,quasi bordeaux, era più basso di loro e con la  grossa muscolatura risultava più tozzo ma non per questo più forte; anche lui teneva le ginocchia piegate ma perché camminava con la sola punta dei piedi che erano più lunghi e,tratto ancor più distintivo, aveva delle grosse ali. Keres era stato fortunato che il nonno di Eos lo prendesse come allievo, infatti nella loro comunità sono i capo famiglia che si prendono il compito di addestrare i discendenti all’arte della guerra maschi o femmine che fossero ma Keres era sempre stato troppo spavaldo da accontentarsi del vecchio genitore, lui voleva il migliore. Minos raccontava sempre ad Eos che Keres passava ore ed ore a guardarlo mentre si allenava così il vecchio stanco di vederlo spiare lo aveva accolto,ma non era mai stato capace di superare Minos né in allenamento né in battaglia lui era sempre una spanna avanti a lui; alla fine instaurarono un rapporto di fiducia che però portò alla distruzione. Adesso Eos era solo e non vedeva l’ora della vendetta.
 

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Capitolo 6
*** Capitolo 5. ***


~~Quando uscirono dall’infermeria Narlees aveva dato ad Eos dei vestiti nuovi e dopo aver cenato nella mensa comune volle mostrar subito al ragazzo quella che sarebbe diventata la sua camera da letto: era delle giuste dimensioni con un letto grande ed una scrivania,anche se Narlees la riteneva troppo spoglia per un ragazzino della sua età d’altronde era stata arredata per ospitare uno scienziato o un militare “Ti sembrerà vuota,ma domani la renderò a misura per te” disse Narlees ad Eos “No è perfetta,è anche troppo grande per me” ribatté subito il ragazzo “Beh se lo dici tu,comunque farò mettere lo stesso uno stereo e la televisione per quando vorrai stare solo – suona il cercapersone della dottoressa – ascolta adesso devo andare. Tu ambientati pure,questa è casa tua ora” e lo lasciò,ma mentre percorreva il corridoio si chiedeva se il comportamento di Eos fosse dipeso dall’ esperienza vissuta o fosse prerogativa del suo carattere “Sembra abbia ricevuto un addestramento militare” pensò lei.


Ad Eos non ci volle molto per esaminare la stanza, gli sembrava enorme rispetto al piccolo angolino che condivideva con il fratello ed il cuscino era per lui la cosa più morbida che avesse mai toccato,ancor più di una pelle d’orso. Quando si distese sul letto, si addormentò quasi subito ma il suo sonno fu turbato dagli incubi: la vista dei cadaveri del nonno e dei genitori, i sacerdoti che intonavano i canti rituali e poi Alec, intrappolato dai rovi che penetravano la sua pelle e ne faceva uscire sangue che si raccoglieva in una piccola pozza ai suoi piedi “Hai lasciato che morissi” gli diceva,le lacrime che scendevano sulle guancie di Eos “Mi dispiace,ho cercato di salvarti non sai quanto” “Bugie,tutte bugie – i rovi stringono ancora di più,anche Eos sembra avvertire il dolore di Alec – tu lo hai fatto apposta,ti volevi liberare di me” “No,ti prego credimi” i rovi stringono ancora finché Alec non morì una seconda volta. Eos si svegliò urlando a squarciagola nella stanza buia,solo allora si rese conto di quanto soffrisse la solitudine che non aveva mai veramente provato prima di allora ed iniziò a piangere. Pochi istanti dopo qualcuno aprì la porta,doveva essere Narlees dal profumo che percepiva,ma Eos continuò a tenere la testa tra le ginocchia per non farsi vedere. Narlees posò le mani sulle spalle del ragazzo senza dire niente,per lei era straziante vederlo in quello stato ma in fondo al suo cuore ne era contenta perché sapeva che non poteva fargli altro che bene; non poté fare altro che avvicinarlo a sé e cullarlo tra le sue braccia. Quando si addormentò ancora singhiozzava “Avevi proprio bisogno di sfogarti eh? Quante ne hai passate?” chiese la dottoressa anche se sapeva che non avrebbe ricevuto risposta.


Al suo risveglio la mattina seguente Eos sentiva ancora sul viso i segni delle lacrime; non ricordava che Narlees era venuta in camera sua anche se percepiva il suo profumo nella camera, l’unica cosa che ricordava era l’incubo che aveva fatto e la scena straziante di Alec che non svaniva dai suoi occhi. Dovette stendersi un attimo prima di potersi preparare ed uscire dalla camera,non c’era persona che non lo guardasse nel corridoio e questo era per Eos fonte di grande disagio “Eccoti qua – si sentì dire dietro le spalle,era Narlees – forza vieni con me” non aspettò una sua risposta,gli prese la mano e lo condusse subito sul tetto “Che facciamo qui,non dovresti lavorare?” chiese il ragazzo “Oggi il mio turno inizia più tardi, tu invece devi prendere un po’ di sole o vuoi fare a gara con i fantasmi?” disse e tirò fuori dalla piccola borsa che aveva con sé un tubetto di protezione solare “Che è quella roba?” chiese il ragazzo indietreggiando, ma Narlees aveva già aperto il tubetto e stava spalmando la crema sulle parti scoperte del suo corpo “Protezione solare così non ti vengono delle irritazioni per il sole. Il dottore ha detto di usare la dieci ma io preferisco la trenta,è meglio andare per gradi” disse e poi lo invitò a sedersi su uno dei tappetini che erano già pronti al loro arrivo. Eos ubbidì,ma per tutto il tempo che trascorsero sul tetto sperò che il turno di Narlees cominciasse il prima possibile non a causa della sua presenza ma perché il sole era decisamente troppo forte per lui, la sua pelle era più chiara rispetto al normale tono degli esseri umani ma era semplicemente un riflesso della sua vera natura: da sempre aveva avuto la pelle molto chiara,quasi bianca, e dove viveva prima la foresta era così fitta da non lasciar filtrare che pochissimi raggi di sole.


Driii. Il cercapersone di Narlees suonò, qualcuno la cercava urgentemente “Scusa ma adesso devo andare,vieni dentro anche tu non voglio che stai al sole se non ci sono io” disse Narlees, quelle parole furono per Eos come una liberazione “Posso fare un giro per l’edificio?” chiese il ragazzo,il suo istinto da demone bramava un’ispezione “Si certo,solo non entrare nelle porte con su scritto laboratorio o pericolo. Intesi?” “Si signora” disse ed imitò il saluto militare che aveva visto fare a Gage.

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Capitolo 7
*** Capitolo 6. ***


~~Una volta rientrato all’interno Eos fece una perlustrazione più approfondita dell’edificio,anche se non c’era molto da vedere in più dal momento che la maggior parte delle porte erano per lui inaccessibili, poi sentì un odore che gli era famigliare non troppo lontano. Si girò e vide il dottor Colway che stava entrando in una stanza che non aveva ancora notato, sopra non c’era scritto “laboratorio” o “pericolo” perciò senza farsi vedere oltrepassò la soglia ancor prima che la porta si richiudesse e lo vide sedersi ad un grande tavolo rettangolare con un libro tra le mani,solo allora si accorse che quella doveva essere una biblioteca. Non ne aveva mai vista una in vita sua,anche se sapeva leggere e scrivere in due lingue,la sua e quella umana; era stato il nonno a volere che i suoi nipoti imparassero la lingua umana, riteneva necessario che un guerriero conoscesse non solo se stesso ma anche il suo nemico e che per sopravvivere fosse vitale sapersi camuffare così gli aveva insegnato a mutare forma “Siete adorabili anche come degli orribili umani” diceva loro la madre mentre assisteva agli allenamenti. Senza pensarci due volte Eos si avvicinò al tavolo dove era seduto Colway e senza far rumore si mise proprio davanti a lui,solo quando abbassò il libro il dottore si accorse della sua presenza “Oh,buongiorno Eos” disse lui “Buongiorno,cosa fa?” “Leggo un libro di medicina,sai è molto importante per noi medici tenerci sempre aggiornati” “Ah ecco” poi Colway chiuse il libro e al suo posto da sotto il tavolo prese un quadrato di legno con disegnati all’interno della cornice altri quadrati più piccoli in nero e bianco “E questa?” chiese Eos “E’ una scacchiera,ci si gioca a scacchi” rispose il dottore mentre posizionava sui quadrati delle piccole statuine nere e bianche a due lati del quadrato dividendole per colore “Scacchiera,scacchi” ripeté Eos che non li aveva mai visti “Vuoi che ti insegni?” “Tanto per fare qualcosa”. Passarono due ore a giocare a scacchi,Eos ci mise un po’ a comprendere il gioco ma una volte capito che era come una battaglia in cui tutto stava non tanto nel numero quanto nella strategia iniziò a dare del filo da torcere al dottore.


“Stupefacente” disse Narlees che stava esaminando delle cellule vegetali nel laboratorio assieme ad u suo collega “Incredibile vero? Per questo ti ho chiamato subito,è roba forte” disse lui mentre si toglieva i guanti dalle mani “Già,ma adesso devo proprio tornare da Eos chissà dove sarà andato a sbattere” “Accidenti, lo conosci da un giorno e ti comporti già come se fossi sua madre” “Sarà istinto materno,chiamami se c’è qualche reazione interessante” disse Narlees che in un batter d’occhio uscì dalla porta. Ritrovare Eos fu molto difficile per lei che non sapeva dove fosse,per prima cosa guardò nella camera del ragazzo trovandola vuota e perfettamente in ordine, poi sul tetto e in ogni altro posto che le veniva in mente,poi passò davanti alla porta della biblioteca e decise di entrare. Finalmente lo aveva trovato,assorto in una partita di scacchi con il dottore,cosa molto insolita “Vieni Narlees,voglio che tu assista” la voce di Colway interruppe il filo dei suoi pensieri così si avvicinò. La partita era in pieno svolgimento,il dottore aveva scelto i neri come era sua abitudine ed era in vantaggio anche se gli sembrò stupefacente che Eos conoscesse gli scacchi “Ha una notevole capacità di intuito ed impara in fretta” disse Colway,aveva spostato l’alfiere “Dovrò farvi stare più tempo insieme,così posso scoprire un po’ di più su di te Eos” Narlees sentì un sospiro irritato del ragazzo,la sua torre aveva mangiato la regina di Colway “Potrebbe cominciare a dirci da dove viene e perché è dovuto scappare” disse Colway rivolgendosi ad Eos attendendo una risposta che non arrivò,il ragazzo si limitò a fare scacco matto e a congedarsi “Aveva preparato lo scacco da almeno tre mosse,chissà cosa c’è di tanto terribile nel suo passato” disse il dottore “Vorrei saperlo anche io,non vuole aprirsi del tutto con me. La notte scorsa piangeva nel sonno e urlava” “Veramente? Ha detto qualcosa?” “Solo perdonami, e mi sembra che abbia anche detto un nome ma non ho ben capito quale” “In questo caso non dovremmo forzarlo oltre. Se è vero che i suoi parenti sono stati uccisi si sentirà in colpa per essere sopravissuto,a proposito congratulazioni ora sei sua madre” “Cosa?” “Nessuno ha fatto denuncia di scomparsa e all’anagrafe non hanno nulla su di lui,hanno detto che probabilmente può essere uno dei tanti figli illegittimi affidati ad altre famiglie ma mai registrati” “Forse,o anche no. Sarà meglio che vada a cercarlo, mi è sembrato piuttosto irritato” disse lei ed uscì lasciando Colway a riflettere sulla scacchiera. Non le ci volle molto per ritrovarlo,era andato in camera sua e si era sdraiato sul letto a guardare il soffitto come se stesse esplorando il cielo notturno “Posso entrare?” chiese Narlees anche se ormai aveva già oltrepassato la porta “Certo,questa è casa tua in fondo” rispose il ragazzo senza degnarla di uno sguardo “Volevo scusarmi per prima,siamo starti troppo indiscreti ma devi capire che noi vogliamo solo conoscerti un po’ meglio niente di più” si avvicina cautamente,le mani conserte davanti alla bocca dello stomaco “Comprensibile” “Se non ce lo vuoi dire perché ti senti in colpa lo posso capire ma se tu sei qui un motivo ci sarà” “Io non mi sento in colpa,è solo che non voglio ricordare quel giorno” “E’ stato un incidente” “No è questo il punto. Vuoi sapere la verità,va bene: la mia famiglia è stata uccisa perché mio padre si è andato a fidare dell’unica persona che poi lo ha tradito, lui mio nonno e mia madre sono stati assassinati davanti ai miei occhi” urlò Eos sempre più forte,non voleva nominare Alec davanti a Narlees. Stettero entrambi in silenzio per alcuni istanti, ad Eos per riprendere fiato e a Narlees per rielaborare quello che le aveva detto il ragazzo “Mi dispiace moltissimo, non pensavo proprio che fosse successo così” disse lei sedendosi sul letto scorgendo negli occhi di Eos una ferocia impensabile,capì che il ragazzo meditava vendetta “Invece è successo e ti assicuro che se mai lo rivedrò io lo ucciderò con le mie mani” rispose serio Eos mostrando un po’ della sua indole reale “La vendetta non serve a nulla se vivi per essa. Non avrai più niente dopo” “Tanto non saprei che fare” rispose Eos abbassando la testa,le sue ultime parole illuminarono Narlees “Potresti aiutarmi nel laboratorio,ti insegnerei io così occuperesti il tempo” “Basta far qualcosa,così nessuno potrà dire che sono un fannullone”.


Il giorno seguente Narlees presentò Eos ai suoi colleghi di laboratorio che inizialmente trovarono insolita la decisione della dottoressa di introdurre nel team un apprendista, e così giovane, ma due mani in più facevano comodo a tutti e quando videro che il ragazzo imparava in fretta furono ancor più sollevati “Almeno non dobbiamo fargli da balia” li sentiva sussurrare Eos mentre metteva in ordine provette e campioni; era noioso,per Eos, dover unicamente rimettere in ordine gli strumenti che venivano utilizzati quotidianamente dal team dei colleghi della dottoressa ma era un modo per poter girovagare più liberamente nell’edificio senza destare troppo sospetto,anche se la sua curiosità lo portava a pensare sempre alle stanze con la porta chiusa in cui non poteva entrare nemmeno se accompagnava Narlees che lo lasciava ad aspettare al di fuori delle stanze.


Bastarono pochi giorni per far si che tutti nell’edificio accettassero Eos nel gruppo soprattutto i più anziani che lo consideravano come uno dei loro nipoti lontani,soltanto Gage continuava ad avere una certa ostilità nei suoi confronti sin da quando lo aveva visto arrampicarsi per le pareti ed il soffitto della caverna “Ma che bravo sei riuscito ad ammaliare tutti – gli disse una sera sorprendendolo da solo nei suoi alloggi – ma con me non attacca” “Di che parli?” chiese il ragazzo fingendo di fare l’innocente “Tu non sei normale,uno della tua età non può fare il funambolo a testa in giù senza corde o appigli” “E che ne sai? Comunque stai vaneggiando” “Smettila di fare quella tua faccetta da angioletto perché non funziona” gli strinse il polso quando il ragazzo volse la schiena contro di lui,voleva fargli male ma non sortì l’effetto sperato, Eos lo guardò dritto negli occhi con un’espressione minacciosa “Lascia subito il mio polso” gli disse,anche il suo tono di voce non era rassicurante “Sennò che fai?”. Quello che vide Narlees pochi istanti dopo la lasciò esterrefatta: aveva visto Gage volare fuori dalla stanza di Eos per poi andare a sbattere contro il muro proprio a pochi centimetri da lei che stava percorrendo il corridoio per andare nelle sue stanze “Oh cavolo,tutto bene Gage?” gli disse mentre lo aiutava a sedersi con il dorso al muro,fortunatamente aveva battuto la schiena ma non la testa anche se il colpo era stato molto duro a giudicare dalla crepa che era comparsa sul muro “Te ne devi liberare Narlees,quello non è normale” le disse Gage  terrorizzato come se avesse visto il diavolo ma non disse altro, scappò sotto gli occhi di tutti non appena Eos ricomparve alla porta “Che è successo?” gli chiese Narlees, non pensò nemmeno per un istante che potesse essere stato suo figlio adottivo a spaventare Gage “E che ne so,io ero in bagno a fare la doccia – aveva bagnato i capelli e tolto la maglia per rendersi più credibile – non ho visto ne sentito niente”.


Aveva il cuore che ancora batteva forte,Gage, non appena varcata la porta dei suoi alloggi, con poco sforzo Eos aveva alzato da terra lui con tutta la sua attrezzatura e scagliato fuori dalla stanza,non ebbe il tempo per divincolarsi dalla sua presa; in quegli istanti gli sembrò perfino più grande di quanto non fosse in realtà ma forse,pensò, era solo frutto della sua immaginazione. Gli aveva anche detto qualcosa ma era talmente preso dallo shock che non sentiva niente,aveva visto solo la bocca che si muoveva e non era mai stato bravo a leggere le labbra. Solo una cosa ricordava con precisione: gli occhi di Eos; non era mai riuscito a capire quale colore avessero ma quando lo aveva avvicinato per parlargli,tenendolo sempre sospeso in alto,aveva visto che le iridi erano color nero pece e si distinguevano dalle pupille solo per una piccola sfumatura bianca attorno ad essa “Cosa diavolo sei?” pensò Gage. Quella sera non spense la luce ed approfittando di quello che era successo prese un paio di giorni liberi che passò rinchiuso in camera: voleva stare il più lontano possibile da Eos,anche durante le spedizioni fuori porta cercava sempre di mettere tra lui ed il ragazzo la maggior distanza possibile giacché era impossibile anche solo sostenere di nuovo il suo sguardo che lo seguiva dappertutto,anche nei sogni. Non aveva mai avuto così tanta paura,ma nemmeno poteva dirlo a qualcuno dal momento che per gli altri Eos era solo un ragazzo e nulla più.
 

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Capitolo 8
*** Capitolo 7. ***


Capitolo 7.
Crash. Il rumore di un’ampolla caduta per terra da uno degli alti scaffali, fortunatamente era vuota altrimenti Narlees avrebbe potuto perdere chissà quale prezioso campione. Si inginocchiò ed iniziò a raccogliere i frammenti di vetro quando una mano sinistra,quella di un maschio senza dubbio, entrò nel suo campo visivo e la aiutò “Lascia stare,faccio io” le disse Eos,aveva riconosciuto immediatamente la sua voce ed il tatuaggio tribale sulla mano che dalla base del pollice arrivava fino a metà avambraccio “Grazie caro” rispose Narlees che si alzò per buttare i frammenti da lei raccolti nei rifiuti pericolosi, seguita subito dopo da Eos. Erano passati dieci anni ormai da quando lo aveva conosciuto ed ogni volta che lo guardava non poteva dimenticare il ragazzino che Gage aveva trovato per caso nella grotta. In quegli anni Eos si era trasformato: era cresciuto di vari centimetri il che aveva fatto si che la sua muscolatura ora risultasse più armonica con il suo fisico che teneva sempre in forma con l’esercizio fisico anche se non era esageratamente muscoloso, la pelle si era leggermente inscurita assumendo un colore più sano rispetto a quello che aveva prima; l’unica cosa a non essere cambiata erano i suoi occhi nerissimi con quella piccola sfumatura bianca attorno alla pupilla che acuivano il suo sguardo che scrutava tutto quello che entrava nel suo raggio d’azione . Narlees se ne era accorta già durante la prima visita medica di quella particolarità di Eos,ma aveva pensato che con la crescita il colore sarebbe schiarito diventando nocciola o marrone scuro e invece erano rimasti uguali.  Era stata fin da subito felice della decisione di prenderlo con sé nel team,per l’aiuto che dava in laboratorio ma soprattutto per le sue abilità nel combattimento e nell’uso delle armi tanto da poter affiancare per poi sostituire Gage nel comando della squadra che la accompagnava nelle sue spedizioni. Il contatto con gli altri aveva permesso al ragazzo di aprirsi di più e collaborare di più con gli altri colleghi, solo con Gage ancora non ci era riuscito del tutto; Narlees aveva notato che dal giorno in cui Gage era misteriosamente volato fuori dalla stanza del ragazzo,evento che mai ebbe una spiegazione, tra i due si era creato un muro ancor più grande di quanto non potesse esserlo prima. Così era terminata un’altra giornata di lavoro noiosa come accadeva già da un po’ di giorni; per tutto il tempo non avevano fatto altro che analizzare i campioni che tenevano in congelamento per non farli deperire mentre Eos appuntava tutto sul quaderno della dottoressa, una volta terminati gli esami avevano sterilizzato gli strumenti e messi al loro posto; fu in quell’istante che l’ampolla che teneva in mano Narlees le cadde dalle mani mentre tentava di porla su uno degli alti scaffali “Non riesco a credere di aver fatto cadere quell’ampolla,ero certa che ormai fosse sullo scaffale” disse lei ad Eos mentre camminavano per il corridoio “Era solo un pezzo di vetro vuoto,può capitare a tutti specialmente dopo una lunga giornata di lavoro” rispose il ragazzo,sapeva che con l’avanzare dell’età la dottoressa iniziava ad accusare le tante ore passate in piedi china sui microscopi o in giro per le foreste “La verità è che sto diventando vecchia e tu non me lo vuoi dire, ah se solo esistesse un modo per rallentare il processo di invecchiamento in modo veramente efficace” “Non scherzare,sei in forma smagliante e stai benissimo”. Eos non aveva tutti i torti; nonostante fosse vicina al sessantesimo compleanno il tempo aveva influito poco sul corpo di Narlees : le rughe sul viso non erano una ragnatela di solchi profondi come invece era successo al dottor Colway, gli occhi sebbene un po’ spenti avevano mantenuto quello sguardo vispo che da sempre la caratterizzava,i capelli erano tenuti bene con le creme e la colorazione mentre il fisico era mantenuto in forma da una dieta equilibrata e dall’esercizio fisico che la dottoressa faceva tre volte alla settimana la sera dopo il lavoro; la vista però era calata pochi anni prima così adesso Narlees doveva indossare gli occhiali ogni volta che leggeva,lavorava o guardava la televisione ed anche se era sempre molto attiva doveva fare più attenzione a come si muoveva perché era più facile che perdesse l’equilibrio rischiando seriamente di farsi male come era successo un po’ di tempo prima quando scivolò dalle scale riportando una storta alla caviglia sinistra ed una costola incrinata,ma se Eos non avesse fermato la sua caduta per tempo avrebbe rischiato di rompersi la gamba e di farsi seriamente male alla testa.
 

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8.
Keres era seduto sul trono,proprio come un re,mentre guardava fisso il bracciolo in osso su cui poggiava il gomito del braccio che a sua volta sorreggeva la pesante testa cornuta. Gli anni erano passati anche per lui,come per tutti,ma non avevano affatto influito sulla sua sete di potere; adesso era potente e poteva anche dirsi “re” di quel gruppo di demoni che lo avevano seguito dopo l’abbandono del castello ma voleva sempre di più e la rete di cicatrici che solcavano il suo corpo e le sue ali ne erano la prova. Gli si avvicinò Forco,ancora dolorante perché aveva di recente perso un braccio. Il demone tremava di fronte al suo signore “Lo avete trovato?” chiese Keres,era molto preoccupato “No signore…ancora niente” rispose Forco,quando Keres cambiò posizione si irrigidì per timore di una punizione poi azzardò a dire la sua “Perdonate la mia impudenza,ma… - prende un grosso respiro – non potrebbe esserci la possibilità che sia morto? Infondo era solo un cucciolo,e per di più da solo”  “Morto? Ah ah ah”  la risata di Keres tuonò in tutta la stanza,anche il pavimento tremò facendo pentire Forco di quello che aveva appena detto “Dici così perché quel giorno ti sei subito rintanato come un topo di fogna. Quel giorno il ragazzino mi ha minacciato apertamente,lui vuole solo vendetta. Tu dici che è morto,ebbene io invece sono certo che è ancora vivo non so dove,ma sicuramente sta meditando la dolce vendetta. Non vedo l’ora di incontrarlo di nuovo,sarà come quando ai vecchi tempi mi battevo contro suo padre” “Si certo,scusatemi” “E adesso tornate al vostro lavoro” disse Keres. Forco obbedì subito e lasciò la sala per tornare al suo lavoro di esploratore. Erano anni ormai che non faceva altro che fare avanti e indietro per quei corridoi ammuffiti e che puzzavano di stantio per riferire unicamente sempre la stessa cosa al suo signore: non riuscivano a trovare Eos da nessuna parte. Subito dopo quello che era successo Keres aveva ordinato a tutti di lasciare la loro patria per andare a stabilirsi altrove,in un posto ancora più sperduto di prima dove vivere era ancora più difficile; avevano dovuto costruire una città nel sottosuolo con le loro nude mani mentre Keres andava in cerca di chissà cosa in terre lontane tornando ogni volta con una nuova cicatrice. Quando finalmente la costruzione della città era terminata Keres aveva chiesto chi fosse disposto ad assumersi l’incarico,tra molti altri, di esploratore per cercare il fuggitivo. Forco non se lo fece ripetere due volte e si offrì subito come volontario,anche perché con il braccio amputato non poteva fare altro,un modo come un altro per non risultare inutile e quindi sacrificabile; lo faceva anche per una questione di orgoglio: Eos aveva ucciso Cretos. Era stato grazie al commilitone che si era salvato, aveva attaccato Eos mentre il ragazzo stava per rompergli l’osso del collo però il cucciolo di demone era riuscito presto ad impossessarsi della falce del sacerdote e con quella tagliò in due Cretos mentre ancora era in aria per il secondo attacco. Sbagliava Keres a dire che era scappato dalla lotta,Eos non se ne era mai curato fino a che non ebbe ucciso tutti gli altri; solo allora si rivolse a lui con i suoi occhi da inferno che aveva ereditato dal padre e gli strappò il braccio,non nel modo meno doloroso. Infatti dopo averlo bloccato alla parete gli aveva lacerato la carne con le unghie  dalla spalla fino alla mano premendo talmente tanto che era arrivato fino all’osso dopo di che aveva strappato la pelle e i muscoli,uno ad uno,finché del braccio non ne era rimasto solo che lo scheletro; stava quasi per svenire dal dolore quando Eos sollevò le ossa e le staccò con uno schiocco sonoro lasciandole lì. Forco aveva pregato quella creatura da incubo di ucciderlo,non gli importava come poiché aveva accettato la sconfitta,ma il colpo mortale non arrivò “Non sono il tipo che si fa dare suggerimenti da un verme come te. Se vuoi morire fallo da solo,io non ti accontenterò” e se ne era andato con la testa e la falce dello sciamano. Non sapeva nemmeno lui come aveva fatto a sopravvivere,ma lo aveva fatto e aveva giurato che non appena avesse visto Eos lo avrebbe ucciso senza riserve.
 

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Capitolo 10
*** Capitolo 9. ***


Capitolo 9.
Aveva appena salvato Narlees da una nuova caduta,Eos,quando finalmente entrò nella sua stanza per farsi una doccia rinvigorente sotto l’acqua fredda ma non appena si tolse la maglietta la sua natura demoniaca gli disse che non era solo. “Buonasera Eos” disse qualcuno da un angolino buio della stanza,quello vicino alla porta; la voce era flebile quasi un sussurro ma al contempo penetrava nella testa come un ago “Vattene via non c’è nulla per te qui. A meno che io non sia morto senza rendermene conto” rispose Eos a malo modo nella sua lingua madre,non aveva mai conosciuto di persona quella creatura ma gli era stata descritta così bene dalla madre che non dovette chiedere chi fosse “Molto sfrontato,ma non mi sorprende” rispose l’ospite senza spostarsi dall’angolino “Che diavolo vuoi da me?” “E’ stato molto doloroso quel giorno – Eos si girò,aveva capito subito a quale giorno si riferisse – ti ho osservato a lungo” “Quale onore,con tutti i tuoi impegni sei riuscita a trovare il tempo per spiarmi. Bhè grazie,ma se non hai altro da dirmi puoi anche andartene,non ti apro la porta tanto non ti serve” “In realtà ho una cosa da dirti” “Se ti devi lamentare perché mio fratello fa casino dalle tue parti non venire a dirmelo a me” “Alec non è mai arrivato da me – una nuova nota di stupore sul volto di Eos – ma l’ho visto quel giorno,da vivo. Era in una prigione,tutto solo,senza qualcuno che lo aiutasse” Eos si era seduto sul letto,adesso era pronto ad ascoltarla “Mi aveva chiamato lui,voleva chiedermi una cosa” l’essere venne alla luce, non aveva un corpo definito poiché fluttuava nell’aria in una nuvola nera e le uniche parti del suo corpo che si vedevano con chiarezza erano le mani e la bocca,disidratate fino alle ossa,l’aspetto appropriato per la Morte. Eos non parlò,era incantato a quella creatura che con grazia alzava un lembo di quello che probabilmente era il suo abbigliamento per estrarne un globo azzurrino che irradiava la sua luce in tutta la camera “Questa. Immagino che tu desideri riaverla” “Come potrei volere una cosa se non so nemmeno cos’è?” disse Eos “ Sciocco ragazzo,credi che io non sappia quello che faccio? Non senti il suo richiamo? E’ la sua anima” rispose Morte mentre stava allungando il braccio per porgere il globo ad Eos,ma lui si ritrasse  “Impossibile,lui è morto. E’ stato cancellato dal sigillo” “Lo pensava anche lui,per questo mi aveva chiamato. Voleva che lo uccidessi prima,ma io gli ho rivelato il modo per rendere inefficace il sigillo” “E allora?” “Il sigillo imprigiona l’anima e il corpo della vittima e la cancella per sempre,ma solo se cattura tutta l’anima. Se non succede,il suo prigioniero può tornare indietro basta solo un piccolo aiuto esterno. E questo – si riferiva al globo – è la tua chiave per riavere Alec” “Qual è il trucco? Tu non fai nulla senza volere qualcosa in cambio” “Non ho ancora alcun interesse verso di voi e non voglio portare per sempre con me questo piccolo tesoro se non lo posso avere”mentre lo diceva accarezzava la sfera come un bambino con il peluche “ Alec non è morto,non posso reclamarlo. Tieni” porse il globo nelle mani di Eos,anche se il ragazzo non ebbe alcun contatto con la Morte percepì un gelo polare “Non ho più motivo di stare qui. A te la scelta,io ho fatto quello che dovevo” disse lei e scompari lasciando Eos da solo con quel piccolo globo tra le sue mani. In confronto alle mani della Morte,era caldo come un piccolo focolare. Mentre teneva la sfera tra le mani,Eos rifletté sulle parole che gli erano state dette dalla Morte; era molto diffidente e per molto meditò di non crederle dal momento che avrebbe potuto benissimo essere una trappola ma poi considerò la possibilità che ci fosse veramente una speranza per Alec e se fosse uscito dalla porta in quello stesso istante senza farsi vedere avrebbe potuto constatare lui stesso della cosa. Alla fine decise che avrebbe provato,sarebbe tornato là in quella grotta. Aspettò il coprifuoco,alle undici di sera,per uscire fuori dalla sua stanza e senza farsi vedere dalle guardie andò nell’hangar e salì su uno dei piccoli elicotteri di cui nessuno avrebbe notato l’assenza: era un piccolo aereo che poteva portare al massimo tre persone,bianco con le striature rosse ed Eos lo aveva scelto perché era uno dei più maneggevoli che avesse pilotato e in più aveva il serbatoio pieno. Aveva già acceso il motore e fatto aprire l’hangar quando la porta del posto passeggero si spalancò,era Narlees “Dove stai andando?” gli chiese subito seria “A fare un giro” rispose elusivo Eos “Questo lo vedo,ma vorrei sapere dove e soprattutto perché. Sono le undici e mezzo di sera” “E’ difficile da spiegare,ti prego Narlees per me è importante non ci metterò molto” “Bene,allora non avrai nulla in contrario se vengo con te vero? Non ci metteremo molto” aveva già messo un piede in cabina “Ma…” “E’ da tanto che non facciamo una gita insieme” si era già seduta e aveva messo la cintura di sicurezza,era certa che Eos avrebbe ceduto e così accadde, il ragazzo non disse nulla ed uscì dall’hangar. Durante il viaggio Eos non accennò mai alla sua meta tuttavia a Narlees non occorse molto tempo per capirlo,lo aveva intuito non appena lo aveva visto salire sull’elicottero ma era curiosa di saperne il motivo e non lo aveva fermato.
 

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Capitolo 11
*** Capitolo 10. ***


~~Poco dopo la partenza i due intravidero la foresta dove si erano incontrati e i resti del castello,ormai in rovina e circondato dalla folta vegetazione sempre verde. Eos atterrò in un grande spiazzo vuoto non troppo lontano dal castello, a giudicare dalla grandezza doveva essere stato il punto di atterraggio della squadra di Narlees dieci anni prima “Adesso dove andiamo?” chiese Narlees,la sua voce aveva perso la durezza di prima “Laggiù,non dovremo camminare molto” rispose Eos indicando il castello “Le vecchie rovine?” “Esatto,se non te la senti puoi benissimo restare qui,oppure ti posso portare al villaggio” “Assolutamente no,non voglio aver fatto questa strada per niente. Forza andiamo” disse lei e si incamminò verso il maniero. Quando vide le sue alte mura il battito cardiaco di Eos accelerò,rabbia paura una serie di emozioni che lo assalirono tutti insieme e che lo fermarono proprio davanti all’arco dove una volta c’era la porta “Qualcosa non va?” chiese Narlees poggiando la mano sulla sua spalla “Nulla,è solo che tornare qui dopo così tanto tempo mi da una strana sensazione” “E’ normale,qui c’è il tuo passato. Io sono qui se avrai bisogno”. Attraversato l’arco entrarono in quella che una volta era la sala del trono,oramai spoglia e mancante del suo soffitto ma questo non catturò l’attenzione di Eos: quella sala era sempre stata in quelle condizioni da quanto ricordava,come molte altre zone del castello, e la sua tribù non lo utilizzava a scopo abitativo : le poche sale che ancora resistevano al tempo erano state sfruttate come prigioni o sale di tortura e i sotterranei,che già esistevano,erano stati ampliati con l’aggiunta della grotta dove facevano i riti sacrificali e gli incantesimi,là dove dovevano andare. Senza dire una parola Eos,seguito da Narlees, andò nell’ala del castello dove trovò la rampa di scale che conduceva ai sotterranei “Qua sotto?” chiese Narlees accendendo una torcia dalla luce più potente “Si,attenta agli scalini sono rovinati” disse il ragazzo che da gentiluomo aiutò la donna a scendere per le scale,l’odore di sangue non c’era più. Non appena arrivarono alla base della rampa,Eos riconobbe la falce che aveva preso al sacerdote anziano e che era ancora lì ancorata a terra; la testa ormai si era decomposta lasciando solo le ossa del cranio che non sarebbe mai potuto appartenere ad un guerriero dal momento che non aveva alcun segno di lotta oltre alla crepa inflitta dalla lama dell’arma che lo teneva fisso a terra “Oh,qui qualcuno era molto arrabbiato. Mi piacerebbe sapere chi è stato” disse Narlees,la sua affermazione fece sorridere Eos a tal punto che pensò di dirle che era stato lui a farlo solo per vederne la reazione,ma immediatamente il  suo orgoglio divenne timore: Narlees avrebbe visto la verità,un pensiero che ottenebrò la mente di Eos finché non arrivarono alla grotta sotterranea. Era tutto come allora,solo che al posto dei cadaveri dei demoni c’erano solo gli scheletri le cui ossa si mescolavano le une con le altre; la cosa più importante,la colonna,era sempre lì al centro di tutto intatta ed illuminata dai raggi della luna “Siamo arrivati?” chiese Narlees,incredula di vedere tutte quelle ossa in una sola volta “Si,è questo il punto” rispose Eos mentre tirava fuori dalla borsa il globo che gli aveva dato la Morte,sembrava che fosse più luminoso di prima “Dove lo hai preso quello?” chiese Narlees non appena posò gli occhi sulla sfera luminescente che Eos stava avvicinando alla colonna “Se vorrai ascoltarmi, dopo ti spiegherò ogni cosa ma ti prego,stai indietro per il momento” rispose il ragazzo mentre vedeva il globo sparire all’interno della colonna. Inizialmente non accadde nulla,Eos aveva quasi il timore che la Morte lo avesse ingannato; era già pronto per andare a cercarla quando udì uno scricchiolio provenire proprio dal pilastro: piccoli frammenti di roccia si staccarono per poi ricadere a terra finché il ragazzo non vide quella che sembrava proprio lo scheletro di una mano. Narlees indietreggiò inorridita,non poteva credere a quello che stava accadendo,Eos invece non esitò ed aiutò la mano che con le prime falangi delle dita tentava di accelerare il disfacimento della colonna finché tutto il braccio fu libero; a quel punto poté vedere anche il cranio che si muoveva,ancora intrappolato per la maggior parte,così Eos afferrò il braccio libero e diede qualche piccolo strattone senza impiegarci troppa forza per evitare di staccarlo dalla spalla. In realtà non gli ci volle molto,la roccia ormai era del tutto incrinata e dopo poche tirate l’intero scheletro uscì dalla colonna, Eos cadde a terra per il contraccolpo e scoprì con sorpresa che lo scheletro,che ora poggiava la sua testa sul suo petto,muoveva il torace come se volesse respirare cosa ma non avendo alcun organo gli era impossibile anche solo emettere un qualche tipo di lamento. Pochi secondi dopo,attorno alle ossa comparirono i tendini,gli organi e la pelle fino a che Eos non poté riconoscere il fratello Alec nella sua forma naturale ed invecchiato di una decina di anni,proprio come lui; Narlees non poteva ancora vederlo così,non prima che lui gli avesse raccontato tutta la verità e che si fosse assicurato il suo silenzio perciò  dopo averlo vestito con un paio di pantaloni posò la mano sulla sua fronte e fece si che assumesse aspetto umano.

Era rimasta lì in silenzio per tutto il tempo,a vedere Eos che tirava fuori dalla roccia uno scheletro su cui in pochi attimi si erano rigenerati gli organi vitali,muscoli,vene e pelle; non aveva ancora visto chi fosse se uomo o donna perché lei era distante da Eos che gli ostacolava la visuale, aveva intravisto l’accaduto solo grazie ad un braccio “Puoi avvicinarti ora” le disse Eos senza degnarla di uno sguardo. Era intimorita, quasi temesse quello che avrebbe visto,ma si fidava del ragazzo e sapendo che non l’avrebbe mai messa in pericolo fece come gli era stato detto, percorse quei pochi passi che la separavano da lui e quando fu abbastanza vicina vide un giovane uomo che adesso respirava a pieni polmoni tremante come una foglia. Non appena riuscì a vederne il viso il cuore di Narlees perse dei battiti,il ragazzo era identico al figlio adottivo “Ma lui è…” “Quando torneremo a casa ti spiegherò tutto,è una promessa” la interruppe subito Eos, gli occhi di lui erano lucidi e Narlees non poté far a meno di soddisfare la sua volontà “Va bene,adesso sarà meglio andare altrimenti il tuo amico prenderà freddo”.Il suo corpo era pervaso dall’adrenalina,felice e timoroso allo stesso tempo di quello che era successo ma quando riuscì a rendersi conto che quello non era un sogno con cautela prese tra le braccia Alec lasciando che la testa di lui poggiasse sulla spalla e mentre il trio tornava alla luce Eos cercava di respirare il più piano possibile per poter ascoltare il cuore pulsante di Alec. Non sapeva che qualcuno li aveva seguiti.

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Capitolo 12
*** Capitolo 11. ***


Capitolo 11.
Aveva seguito quel rumore assordante fino alla sua fonte,uno strano oggetto che volava grazie a delle pale rotanti, e lì si era nascosto tra i cespugli che delimitavano l’area dove quello si era posato. Aiutato dall’oscurità della notte ne approfittò per avvicinarsi quanto bastava per scorgere quello che stava succedendo,poi li vide. Erano in due una signora decisamente in su con l’età ed un ragazzo,aveva qualcosa di famigliare ma non sapeva dire cosa; i due venuti si erano diretti velocemente e con sicurezza al vecchio maniero dove il più giovane dei due scoprì con facilità il condotto che portava alla grotta sotterranea,la prigione di pietra come la chiamava lui. Allora aveva aspettato fuori dall’ arco di entrata al castello,sarebbe stato incauto seguirli in quello spazio stretto. L’attesa era stata lunga,quasi aveva pensato che si fossero persi, poi sentì di nuovo le loro voci e si fece di nuovo vigile.  Sembrava che il giovane stesse portando qualcosa con sé, qualcuno “Almeno puoi dirmi il suo nome Eos,tanto per saperlo se si sveglierà prima della tua spiegazione” sentì che diceva la donna girandosi al ragazzo “Alec”rispose l’altro. I due stavano tornando al loro bizzarro mezzo di trasporto ma Forco non li aveva seguiti,si era precipitato dentro il castello non appena aveva sentito la donna pronunciare il nome Eos, ormai sapeva quello che avrebbe visto alla prigione di pietra ma doveva controllare per la sua stessa incolumità,un errore avrebbe significato la morte. Le sue certezze erano fondate,la colonna era ridotta in pezzi a terra; il suo istinto non aveva sbagliato: il ragazzo che tanto gli era famigliare non era altri che Eos e si era appena portato via Alec. “Cosa? Dove lo hai visto?” la voce di Keres aveva tuonato come mai prima d’ora una volta udita la notizia che Forco gli aveva portato “Nella grotta al vecchio castello,mio signore. Era assieme ad una donna ed aveva Alec con se,all’inizio non lo avevo riconosciuto perché travestito da umano però quando sono entrato per accertarmene ho visto la colonna e ho capito tutto” “La colonna?” “Si signore,è distrutta ci sono frammenti dappertutto e dentro non c’è segno di Alec” disse Forco cercando di tenere ferma la voce,aveva paura che Keres lo usasse per sfogare la sua ira invece lo vide passare a pochi centimetri da lui e sparire dalla sala.
Il sole ormai era quasi alto nel cielo quando arrivò al castello,Keres, disgustato dalla miseria che circondava il posto: non c’era più niente nemmeno gli indigeni di cui gli aveva parlato Forco,trasferitisi chissà dove. L’odore di sangue ormai era sparito dal tunnel,ne fu contento,ma anche se fosse rimasto non se ne sarebbe accorto più di tanto dal momento che andava a passo veloce verso il suo obiettivo. Prese un grande respiro quando varcò la volta,un po’ per riposarsi del viaggio e un po’ per rilassarsi perché non appena ebbe posato lo sguardo sui resti della colonna qualcosa gli attanagliò lo stomaco. In quel momento ebbe una brutta sensazione,Alec poteva essere la sua merce di scambio ed ora lo aveva perso “Maledizione,mi ha giocato di nuovo” urlò Keres sfogando finalmente la sua rabbia sugli scheletri “La caccia comincia”.
 

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


Capitolo 12.
Lo avevano messo subito sul lettino dell’infermeria,ma nonostante le insistenze del dottore Eos vietò che i parametri di Alec fossero monitorati “Devo assicurarmi che lui stia bene” replicava il dottore “Sta bene,ha solo bisogno di riposo. Non voglio che si spaventi a vedere fil elettrici attaccati al suo corpo” disse Eos la cui espressione rude convinse il dottore a riporre gli elettrodi che aveva tirato fuori dal cassetto,era quasi spaventato dall’atteggiamento del ragazzo che non permetteva a nessuno di avvicinarsi troppo al fratello. Nemmeno Eos conosceva sapeva il perché del suo comportamento,non lo aveva mai fatto prima d’ora,ma voleva occuparsi personalmente della salute del fratello “Quanto tempo è passato dall’ultima volta che vi siete visti?” chiese il dottore non appena recuperò il coraggio di parlare ad Eos,seduto vicino al letto dove dormiva Alec “Perché me lo chiedi?” domandò a sua volta il ragazzo “Tu rispondimi” disse il dottore,questa volta più deciso nel tono della voce “Dal giorno in cui abbiamo perso tutto – mentì -ci siamo separati quasi subito,io l’ho perso nella fuga. Pensavo fosse morto,ecco perché non ho mai detto niente di lui. Ora tu rispondi alla mia” “Potrebbe non riconoscerti,devi ammettere che è passato molto tempo e tu sei cambiato” “Più di quanto immagini dottore” pensò Eos che solo in quel momento comprese della pericolosità del suo gesto,se non avesse fatto in tempo a farsi riconoscere da Alec lui avrebbe attaccato senza pensarci due volte e solo lui in quella stanza conosceva quanto potesse essere pericoloso un demone impaurito “Cosa dovrei fare allora?” chiese a Colway,finalmente aveva rivolto lo sguardo al dottore “Non essere troppo impulsivo quando si sveglierà e aspetta che sia lui a riconoscerti,non demoralizzarti se ci mette più di quanto pensi. Andrà tutto bene”. In quel momento Narlees comparve sulla porta,anche lei aveva un’espressione seria “Io e te dobbiamo parlare,me lo hai promesso” disse lei andando subito al sodo “Lo so,ma non qui; preferirei sul tetto” “Dove vuoi,basta che lo facciamo subito” a quelle parole l’espressione di Eos si rabbuiò e tornò a guardare Alec “Ma…” avrebbe voluto aspettare il risveglio del fratello per evitare incidenti “Non ti preoccupare – intercalò il dottore – resterò io qui di guardia” disse e gli pose nella mano un cercapersone “Non abbiamo più problemi a quanto sembra. Forza”.
Salirono le scale con molta calma come se entrambi volessero rimandare il momento della verità, i loro passi rimbombavano per la rampa occupando il silenzio che era sceso tra di loro. Narlees aveva lasciato che Eos le aprisse la porta così da poter prendere una boccata d’aria fresca,non sapeva cosa aspettarsi, e si diresse immediatamente alla panchina da cui poteva godere del panorama del luogo ma Eos non si era seduto “Siediti c’è posto” gli disse facendogli segno della mano “Preferisco stare in piedi” le rispose il ragazzo, dalla sua espressione Narlees poteva benissimo intuire che lui stava rimettendo in ordine le idee “Sputa il rospo,deve essere bello grosso se fai così” disse lei riferendosi al continuo deglutire del ragazzo “Non so da dove potrei cominciare,è complicato” “Trova il bandolo della matassa” lo esortò cercando di essere risoluta anche se non lo era affatto “Ricordi il giorno in cui Gage è volato fuori dalla mia camera e io ti avevo detto che non sapevo cosa fosse successo?” “Certo,mi feci delle grosse risate quel giorno,ma cosa c’entra?” “Sono stato io a farlo. Io non sono un ragazzo normale – sospirò – forse è meglio che ti faccia vedere. Ti prego non urlare,se dopo non mi vorrai più qui capirò,me ne andrò via con Alec e non mi vedrai più”. Inizialmente Narlees non aveva compreso le parole di Eos ma non poté far altro che restare a guardare in quei pochi istanti in cui il ragazzo mutò la sua forma,era irriconoscibile: la creatura che in quel momento era davanti a lei era più alta e muscolosa di suo figlio adottivo, la pelle era bianchissima e solcata in ogni sua parte,anche sul viso, da glifi intricati; dalla fronte partivano due lunghe corna ricurve, i capelli neri avevano un’attaccatura a “v” e passando in mezzo alle corna,lasciando scoperte le tempie, scendevano giù lungo la schiena lisci come dei serpenti; il naso era ridotto a due fessure come quelle di un serpente,le ginocchia erano leggermente piegate come fossero pronte a spiccare un balzo conseguenza del fatto che la creatura stava sulla sola parte anteriore dei piedi per non far sbattere l’artiglio che fuoriusciva dai talloni. Solo una cosa non era cambiata: gli occhi erano rimasti gli stessi,neri con quella piccola sfumatura bianca a dividere l’iride dalla pupilla.
Narlees era rimasta sconvolta a vedere quella creatura poiché la sua esistenza andava contro tutto ciò in cui aveva sempre creduto,dovette reggersi alla panchina per non scappare dalla paura che l’essere potesse farle del male; non fu così,l’individuo rimase al suo posto in attesa di un giudizio “Stupida,quello è Eos – si disse Narlees – non ha alcun motivo per farti del male” si fece coraggio e si avvicinò per esaminarlo a fondo “Sei proprio tu,non c’è dubbio” disse dopo un’attenta analisi “Se ora che mi hai visto mi vuoi cacciare fallo pure,inventati una scusa qualsiasi non fa differenza” disse finalmente Eos,la sua voce aveva assunto un tono più profondo ma non rude come Narlees si aspettava da un demone “Perché dovrei? Basta non dirlo a nessuno,in fondo mi sembra che tu riesca bene a camuffarti” “Davvero non vuoi cacciarmi via?” chiese incredulo Eos,aveva spalancato gli occhi “Se avessi voluto uccidere me o qualcun altro lo avresti già fatto tanto tempo fa – gli accarezza la guancia – io ho piena fiducia in te. Ora spiegami il resto della storia.” Eos annuì e dopo un respiro profondo iniziò “Io e mio fratello Alec vivevamo in un villaggio situato nelle vicinanze del castello,eravamo una grande tribù composta da diversi tipi di demoni e vivevamo di quello che ci dava da offrire il bosco facendo le classiche cose che tutti si aspetterebbero da gente come noi,sempre in guerra gli uni con gli altri per il potere. Un giorno un demone di nome Keres uccise i miei genitori e mio nonno,il suo maestro d’armi, e portò me ed Alec nelle prigioni del castello. Riuscimmo a scappare ma lui ci inseguì con delle creature che noi chiamiamo semplicemente Segugi,esseri simili a dei lupi con un olfatto ed una vista acutissimi,e ci catturò di nuovo riportandoci nelle prigioni. Dopo qualche ora Keres in persona venne a prelevarmi dalla cella e mi portò in un’altra stanza così da potermi picchiare indisturbato non so per quanto tempo,non sono mai stata mia abitudine tenere conto del tempo. Comunque,una volta che si fu sfogato mi fece scendere per la stessa rampa di scale che abbiamo percorso noi,l’odore del sangue era nauseabondo, e arrivammo alla grotta che lui aveva fatto costruire. In quel posto c’erano molti guerrieri e sacerdoti,mentre Alec era al centro esatto della caverna sotto al raggio di luce che proviene da fuori” “Nella colonna che ho visto c’era lui dentro,cosa gli hanno fatto?” chiese Narlees “Lo sigillarono, e io non potei far nulla perché non riuscivo a contrastare la presa di Keres. Mi liberò solo quando ormai era troppo tardi, ero distrutto ma più vedevo lui ridere e più era la rabbia che cresceva in me così uccisi tutti quelli che erano lì dentro. Keres andò via subito,l’ultima volta che lo vidi era quasi arrivato alla cima delle scale mentre io ero alla sua base; in quel momento giurai che lo avrei ucciso” “Allora la falce che ho visto era opera tua,sei stato tu” “Esatto,quella è il simbolo del mio desiderio di vendetta; il cranio che la falce tiene conficcata a terra appartiene al sacerdote anziano che per primo ha intonato il canto del sigillo” “Come hai fatto ad uccidere tutti quei guerrieri? Tu eri più piccolo rispetto a loro” “Non so dirti di preciso come,ma mentre osservavo la colonna ho sentito crescere dentro di me un’energia sconfinata, ho sentito il mio corpo mutare e fui pervaso dalla sola voglia di uccidere. Quando uccisi tutti quelli che erano presenti al rito,il pavimento della caverna era cosparso di sangue come lo ero io. Una volta uscito dal castello mi nascosi nella grotta dove mi avete trovato, Keres non aveva più intenzione di cercarmi altrimenti mi avrebbe trovato senza problemi. Ma ti assicuro che non conosco il motivo per cui sia accaduto tutto questo,non me lo ha mai detto” “Come hai fatto a capire che tuo fratello era ancora vivo? Sei sempre stato sicuro che lui fosse morto e invece una sera ti svegli e decidi di andarlo a cercare” “La Morte,mi ha detto lei che il sigillo non era definitivo. Alec gli aveva dato parte della sua anima” “Il globo che hai portato con te” “Esatto,il sigillo è indistruttibile ma solo se imprigiona tutta l’anima del condannato. La Morte lo ha detto ad Alec e lui ha deciso di provare la via di fuga, la sera che sono partito lei è venuta nella mia stanza e mi ha consegnato il globo spiegandomi ogni cosa. Non potevo aspettare,non sapevo se lei lo avesse detto anche a Keres” “Perché avrebbe dovuto farlo?” “Lei opera per il suo solo interesse,potrebbe benissimo fare il doppio gioco e guadagnare tutto lei solamente, ti dirò la verità: più ci avvicinavamo alla grotta e più avevo il timore di veder sbucare Keres,per questo non volevo che altri venissero con me. Dovevi vedere come guardava il pezzo di anima di Alec finché lo aveva tra le mani,ma non poteva reclamarlo perché lui non è mai morto così lo ha dato a me perché lo liberassi. ” Non appena Eos ebbe finito la frase il cercapersone vibrò nella sua tasca, evidentemente Alec si stava svegliando se non lo aveva già fatto “Sarà meglio che tu vada” disse Narlees che aveva finalmente compreso il perché delle tante insistenze precedenti del figlio “Vado subito a salvare il dottore” disse lui e si alzò dalla panchina,si sentì richiamare da Narlees non appena aprì la porta “Vuoi spaventare tutti i dipendenti per caso?” disse lei richiamando l’attenzione del ragazzo sul fatto di non aver camuffato le sembianze “Giusto,è vero. Ci vediamo più tardi” rispose lui e svanì nel buio delle scale mentre riprendeva fattezze umane.
Stava rimettendo al posto la cartella medica di Gage, non aveva potuto far altro da quando Narlees ed Eos avevano lasciato la stanza per parlare di qualcosa che doveva essere molto importante a giudicare dall’espressione che aveva visto sul volto dell’amica, avrebbe voluto partecipare alla conversazione ma era evidente che lei voleva essere l’unica interlocutrice del ragazzo,inoltre la sua posizione gli impediva di lasciare un paziente incosciente da solo soprattutto non conoscendo quali fossero le sue condizioni fisiche dal momento che gli era stato impedito da Eos di apporre gli elettrodi. Molte volte era stato tentato di farlo anche solo per cinque minuti, tuttavia aveva timore di subire le ire del ragazzo e lasciò perdere rassegnato limitandosi ad avvicinarsi un paio di volte per controllare che il respiro del nuovo ospite fosse regolare. Aveva appena aperto la finestra per far entrare più aria quando sentì uno strano suono,un piccolo mugolio, si girò e vide che il suo ospite si stava muovendo nel letto; decise che era il momento di far suonare il cerca persone che aveva dato ad Eos.
 

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


Capitolo 13.
Bianco,completamente bianco. Fu questo il primo colore che vide quando riaprì gli occhi,odiava quel colore troppo puro e perfetto per i suoi gusti e detestava anche la sensazione che provava in quel momento: oppressione e disorientamento allo stesso tempo perché non riusciva a capire dove si trovava e la vista sfocata non lo aiutava affatto,sentiva solo un debole soffio sul collo. Quando finalmente i suoi occhi misero a fuoco vide che era in una stanza quadrata estremamente regolare con degli strani oggetti in acciaio,a giudicare dal colore “Alec” sentì chiamare,girò leggermente la testa alla sua destra ed un ragazzo entrò nel suo campo visivo. Quella persona aveva l’aspetto di un umano, orribili creature, ma l’odore che proveniva da lui non lo identificava come tale “Mi riconosci?” chiese l’umano,la sua voce non era nuova “Con calma ragazzo mio,si è appena svegliato. Ricordati cosa ti ho detto prima” disse un altro umano avvicinandosi,la sua faccia era solcata da profonde rughe e vestiva un odioso camice bianco; non ci fece caso più di tanto e tornò ad esaminare il viso del suo primo interlocutore: i suoi lineamenti non gli dissero nulla, furono gli occhi ad accendergli la lampadina “Eos” disse incredulo, come aveva potuto il fratello essersi mescolato agli umani “Bentornato” disse invece Eos sul cui viso si era disegnato un sorriso a trentadue denti “Dove sono? Cos’è successo?” chiese Alec cercando di mantenere il controllo “Sei al sicuro,ti abbiamo trovato in una grotta” non aggiunse altro,evidentemente l’umano in camice bianco non sapeva nulla “La grotta… ci ero andato perché pioveva forte” rispose reggendogli il gioco anche se avrebbe voluto saltargli addosso e cavargli di bocca le risposte a tutte le domande che gli frullavano nella testa “Adesso che è sveglio posso controllare che sia tutto in regola?” intercalò il vecchio che stava facendo girare tra le mani uno strano strumento “Non mi toccherai schifoso umano” pensò Alec  già pronto a scappare dalla stanza se quello gli si fosse avvicinato,ma la pesante mano di Eos si posò sulla sua spalla “Adesso si,ma solo i controlli di routine non serve altro” rispose il fratello per lui. Non poté far altro che sottostare al volere di Eos e tollerare che l’umano gli posasse sulla schiena e sul torace quello strumento congelato “Per controllare i tuoi polmoni” aveva detto,ma sicuramente stava facendo altro come quando gli puntò una stupida luce negli occhi e gli fece aprire la bocca. La cosa che non riuscì a capire fu il comportamento così naturale dell’umano nei suoi confronti, la sua era una razza che aveva paura di loro anche adesso nonostante non avessero più contatti diretti.
“Quanto tempo è passato?” gli aveva chiesto Alec,seduto sul letto,dopo che ebbe esaminato minuziosamente l’alloggio del fratello “Un po’ di tempo” si limitò a dire Eos “Ti ho fatto una domanda precisa ed esigo una risposta” “Dopo quello che è successo mi sono ibernato per non so quanto tempo, ma dal mio risveglio sono passati sicuramente dieci anni” “Keres?” “Non ne so nulla,non c’era più nessuno così come quando sono venuto a liberarti” “Quel bastardo,si sarà rintanato in qualche buco” per la prima volta tra di loro scese il silenzio “Perché?” chiese Eos per rompere il ghiaccio,si stava riferendo a quando Alec aveva dato parte della sua anima alla Morte “Sei una testa calda,se lo avessi saputo ti saresti fatto uccidere. Facevi tanto il galletto ma non avresti avuto possibilità contro Keres,anche se immagino tu abbia combinato qualcosa” “Non ne ho potuto fare a meno- si fece una bella risata – sono felice che tu sia qui” “Io no,questo posto brulica di umani. Non riesco a capire come tu abbia fatto a non morire dalla noia” “Questi umani non sono poi così male,alcuni poi sono veramente molto gentili” “Cosa? Ma ti sei rammollito a stare qua dentro,come puoi dire che sono gentili? Comunque rassegnati,entro pochi giorni me ne andrò” “Dove andresti? Non puoi andare a zonzo come ti pare e piace,non è questo il modo giusto per sopravvivere” disse Eos,temeva quello che Alec avrebbe potuto fare in mezzo ad una folla di comuni esseri umani “Oh adesso mi dai delle lezioni di bon ton?” rispose Alec con tono irritato, Eos si sorprese sentendo le sue parole “Ma che diavolo ti è successo? Sembri diverso” “Sono sempre io,sei tu quello che è cambiato. Ti sei lasciato contaminare da questi” disse Alec,in quell’istante stava guardando il fratello direttamente negli occhi,sapeva di averlo colpito con le sue parole e forse nemmeno lo voleva veramente,ma la rabbia che aveva in corpo era tale che era difficile da trattenere. Di nuovo il silenzio scese tra di loro,non era mai successo e nessuno dei due sapeva come comportarsi, fu Alec a fare la prima mossa ma solo per recarsi nel bagno dove avrebbe potuto rinfrescarsi la faccia. Appena aprì la porta del bagno provò nuovamente la stessa sensazione che aveva provato al suo risveglio,repulsione: tutto era bianco come la neve eccetto per i rubinetti in acciaio ed il vetro della doccia blu scuro. Di nuovo avrebbe voluto scappare dalla finestra,se ce ne fosse stata una, ma aveva bisogno di bagnarsi il viso perciò vinse il suo impulso e si avvicinò al lavandino; quello che vide nello specchio fu un’amara sorpresa: aveva le sembianze di un umano.  
In quello stesso istante Eos percepì l’odio del fratello percorrergli la schiena “Che cazzo hai fatto?” tuonò la voce di Alec in tutta la stanza,quasi da spaccare i timpani; pochi istanti più tardi Alec riapparve davanti ad Eos, furibondo “Perché?” chiese nuovamente, aveva compreso il perché il vecchio umano non aveva paura di lui “Secondo te quale potrebbe essere il motivo? Ti ho già detto che non puoi girare qua dentro come ti pare e piace, soprattutto per quanto riguarda le tue sembianze” “Avresti dovuto chiedermelo” “Come potevo? Tu dormivi e se ti avessi lasciato com’eri ti avrebbero rinchiuso e fatto a pezzi senza che potessi far niente” “Mi dispiace interrompervi ma avrei bisogno di Eos,dobbiamo andare ad una riunione” intervenne Narlees nell’istante in cui Alec stava per ribattere alle parole di Eos “Arrivo subito – si gira verso Alec – tu resta qua” e sparì dalla porta.
 

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***


Capitolo 14.
“Dov’è che andiamo veramente?” le chiese Eos mentre camminavano per i corridoi “Non ti si può nascondere nulla vero?” rispose Narlees sogghignando “Qua nessuno ha mai fatto delle riunioni o perlomeno io non vi ho mai preso parte. Sputa il rospo” “Ultimamente ci sono molte più persone che affermano di aver visto un animale non ancora conosciuto, dobbiamo fare un nuovo sopralluogo” “Non potevi dirmelo senza fare tutta questa scena?” “Ti sembrerà strano ma tuo fratello mi fa paura. Ma il motivo è un altro,non voglio che venga con noi per il momento” “Secondo me è troppo pericoloso,se resta da solo potrebbe far del male a qualcuno” “Lo so bene tuttavia non voglio che metta a rischio l’operazione. Probabilmente è un azzardo lasciarlo da solo ma sarà così” sapeva bene che le sue parole non avevano molto senso tuttavia sperava che Eos recepisse il messaggio mentre i loro sguardi si incrociavano; la risposta di Eos si fece attendere molti istanti,attimi in cui Narlees poté sentire il battito cardiaco del proprio cuore farsi più veloce per l’agitazione “E va bene,facciamo come vuoi tu. Ma se succede qualcosa di grave non sarò io a prendermi la colpa” proferì in fine il ragazzo puntando il dito contro la donna, se ne andò poi senza attendere una possibile risposta. Per Narlees fu come ritornare indietro di dieci anni.
Stava ancora cercando di far sbollire la sua ira quando Eos rientrò in camera,non lo degnò di uno sguardo ma adesso poteva sentire benissimo il suo odore che sovrastava quello degli umani presenti nell’edificio “Io devo andare via per un po’ ” gli disse restando sulla porta,non volle rispondere “Vorrei che tu mi facessi il piacere di essere qua per il mio ritorno,nel frattempo potresti fare un giro per l’edificio,puoi andare dove vuoi ma non oltrepassare le porte con su scritto “vietato l’ingresso ai non addetti”. Ti avverto non fare del male a nessuno” non parlò più,forse sperava che gli rispondesse ma non lo avrebbe accontentato quindi aspettò di sentire il rumore della porta che veniva richiusa,solo allora si alzò dal letto. La prima cosa che fece fu spogliarsi davanti allo specchio per osservare il suo corpo umano,si doveva ancora abituare al fatto di essere cresciuto di dieci anni da quando era stato sigillato ed ogni movimento fatto con gli arti era un’esperienza quasi extracorporea,soprattutto odiava quel fisico senza alcuna difesa. Aprì l’anta scorrevole della doccia ed entrò,il contatto dei piedi nudi con la ceramica fredda fu la prima sensazione gradevole della giornata; ai bordi del quadrato bianco c’erano dei contenitori colorati, “shampoo” e “bagno doccia” lesse sulle scatole,dovette guardare sul retro per scoprire che uno serviva per lavare i capelli mentre l’altro il corpo; il secondo piccolo inconveniente fu la manopola che spuntava dal muro, Alec ci posò la mano e constatò immediatamente che per farla funzionare doveva ruotarla a destra o sinistra. Nel momento in cui tirò leggermente verso di sé l’acqua uscì dal diffusore sopra la sua testa, fredda dal momento che la manopola era girata tutta verso destra ma a lui piaceva così, era un modo per rinvigorirsi e schiarirsi le idee; quando uscì dalla doccia si sentiva già molto meglio. Una volta che si fu asciugato decise di seguire il consiglio di Eos ed uscì dalla camera per fare un’esplorazione del posto: le persone che camminavano per i corridoi non erano molte eppure si muovevano come tante formiche nell’una e nell’altra direzione. Inizialmente lui non sapeva quale parte di corridoio prendere per prima, fu l’odore del vecchio umano ad indicargli la via fino ad una porta blindata,sopra non c’era la scritta di cui gli aveva parlato Eos perciò entrò cercando di fare il minimo rumore possibile. Dentro l’odore dell’umano fu accompagnato a quello dei libri,alcuni nuovi e altri più vecchi,appoggiati su degli scaffali in legno a giudicare dal colore marrone chiaro; seguì la traccia fino ai tavolini posti nella parte centrale della biblioteca,il dottore era seduto e tra le mani aveva un grosso libro con illustrazioni anatomiche. Si avvicinò ma non troppo restando dietro un grosso scaffale posto proprio alle spalle dell’uomo, che guardava assiduamente le pagine del libro “Buongiorno,o buonasera a seconda dei casi” disse dopo poco l’umano,Alec si stupì di essere stato scoperto e non si mosse “Prego accomodati,speravo che tu venissi volevo conoscerti un po’ meglio” disse di nuovo girandosi verso Alec,sul suo viso c’era un grosso sorriso che marcava ancora di più le rughe di espressione “Ma come?” chiese semplicemente Alec,voleva sapere come avesse fatto ad accorgersi della sua presenza nonostante non avesse emesso un rumore “Non ti sorprendere,ho solo usato un vecchio trucchetto – posa il libro e mostra ad Alec un piccolo specchio – anche tuo fratello mi seguiva allo stesso modo così mi sono attrezzato per non farmi più cogliere impreparato”  disse inconsapevole del rischio che stava correndo, finalmente Alec si sedette davanti a lui tenendo i gomiti sul tavolino ma si tirò indietro quando il dottore avvicinò il volto al suo “Si non c’è dubbio” disse lui ritraendosi,Alec non capì “Siete proprio gemelli monozigoti persino la posizione dei nei cosa che invece è quasi impossibile” “ Non siamo poi così uguali” rispose Alec ma non si riferiva solo al carattere “Certamente,siete comunque due individui. Io sono Richard Colway,dottore generico” “Alec” rispose il ragazzo mentre esaminava il viso di Colway “Ti va di fare una partita a scacchi? Ne feci una quando conobbi Eos e mi piacerebbe fare lo stesso con te” “Non so cosa siano gli scacchi” disse Alec,poteva essere una sfida “Non ti preoccupare,cinque minuti e saprai tutto”.
 

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Capitolo 16
*** Capitolo 15 ***


~~Capitolo 15.
Da quando erano partiti non aveva fatto altro che guardare oltre l’oblò dell’aereo,si era subito pentito di aver lasciato il fratello alla base ma ormai non poteva tornare indietro “Speriamo non combini qualche guaio” disse Eos ad alta voce “Andrà tutto bene,e poi dovrei essere io quella preoccupata visto che in ballo ci sono le ossa dei miei uomini” rispose Narlees che gli era seduta vicino “Fossero solo le ossa, Alec è più pericoloso di quanto non lo sia io anche se non sembra” “Davvero?” “Lui non si preoccupa di fare le cose in segreto – distoglie lo sguardo dall’oblò e guarda Narlees negli occhi - e adora la caccia, anche quando si tratta di animali più grossi di lui pur sapendo che potrebbe riportare grosse ferite” “Questo vuol semplicemente dire che è più impulsivo mentre tu ci ragioni di più” “Tu non lo hai mai visto in azione,non puoi capire” “Mi piacerebbe,sarebbe bello vedervi entrambi lottare. Almeno passerei una giornata diversa” rispose Narlees,Eos non poté far a meno di ridere “Perché ridi? Ho detto qualcosa che non va?” chiese la dottoressa “Qualcosa che non va? Io ti sto dicendo che abbiamo lasciato alla base una macchina assassina e che rischiamo di trovare una strage al rientro, non puoi uscirtene dicendo che speri di vederci lottare al massimo delle nostre forze solo per passare una giornata diversa” “Per te può essere strano ma è così. La mia età avanza e voglio vedere più cose possibili” le sue parole avevano lasciato Eos spiazzato, Narlees era proprio un essere umano unico nel suo genere.
Dopo circa un’ora di viaggio,l’aereo su cui erano Narlees,Eos ed il resto del team compreso Gage atterrò sulla pista di una città i cui tetti rivelavano il clima molto piovoso della zona, ad attenderli c’era il sindaco della città “Sono felice che siate venuti così presto,la situazione sta peggiorando” disse il sindaco,Eos trovò molto maleducato il fatto che non si fosse presentato “Abbiamo fatto il prima possibile sindaco,io sono Narlees e loro dietro di me sono il mio fidatissimo team” disse Narlees, il sindaco osservò molto velocemente gli uomini che trasportavano i contenitori per i campioni e le armi,si soffermò di più a guardare Eos notando subito i suoi occhi particolari “Sono lenti a contatto?” avrebbe voluto chiedergli,ma si trattenne data la situazione “Ci spieghi perché ci ha chiamato,non abbiamo tempo da perdere” disse Gage ponendosi direttamente dietro a Narlees “I miei cittadini sono molto agitati,dicono di aver visto un animale molto strano aggirarsi per le strade sia di notte che di giorno. Io personalmente sono tornato poco tempo fa da un viaggio di lavoro e non ho visto nulla tuttavia mia moglie afferma di aver visto questo essere mentre usciva dal supermercato” rispose il sindaco “Le ha fatto una descrizione dell’animale?” fu Eos questa volta a porre la domanda anticipando Gage che lo guardò male “Quando me lo ha detto era molto scioccata,ma ha detto che aveva le dimensioni di un cane di grossa taglia tuttavia era senza pelo ed aveva le orecchie appuntite oltre ad uno strano muso” la sua descrizione per Eos non era nuova,ma non poteva dirlo davanti a tutti “Ha sentito altre testimonianze?” “Si e tutte dicono la stessa cosa. Molti dicono che non sia pericoloso, continua a vagare per la città annusando dappertutto però capirete il mio disappunto su questa affermazione e vorrei che lo portaste via” “Ce ne occuperemo noi. Mi dica dove è stata vista l’ultima volta la creatura? Ci sono dei luoghi particolari che potrebbero destare il suo interesse?” chiese Narlees,aveva già la mappa della città tra le mani in modo da segnalare i posti da controllare “Nessuno in particolare, tuttavia la vecchia fabbrica potrebbe essere un punto d’inizio: è stata abbandonata e nessuno va più in quel posto” il sindaco indicò sulla mappa col dito grassoccio la sede dell’edificio “Perfetto,possiamo cominciare le ricerche. Lei torni pure al suo ufficio saremo noi ad avvertirla a lavoro ultimato” “Grazie infinite, se avrete bisogno di qualunque cosa chiamatemi immediatamente” disse il sindaco e se ne andò a passo svelto verso il municipio. “Ci divideremo in due squadre,una resterà a perlustrare i dintorni mentre l’altra andrà alla vecchia fabbrica” disse Narlees,era implicito che lei facesse parte della seconda squadra e così Eos “Vengo io alla fabbrica,avrete bisogno di me” disse Gage,pistola alla mano; Narlees avrebbe voluto replicare ma Eos la anticipò “Buona idea,così saremo pronti se succederà qualcosa” disse, Narlees all’inizio non comprese dal momento che i due non si sopportavano tuttavia intuì che probabilmente Eos aveva riconosciuto la descrizione delle creature.
Non fu difficile arrivare alla ex zona industriale della città,più il trio si avvicinava e più il paesaggio si faceva desolato e tetro l’ambientazione perfetta per l’edificio : pietra dura,pochissime finestre e i comignoli da cui una volta fuoriusciva il fumo delle macchine “Ambientazione dell’orrore non c’è dubbio” disse Gage che ormai era un esperto di quel genere di film “Fortunatamente non le costruiscono più” disse Narlees,camminava davanti ad Eos e Gage a passo svelto come se avesse visto chissà quale meraviglia invece era solo curiosità. Avvicinandosi Narlees poté vedere i segni del tempo sulla costruzione come la disidratazione del legno del portone ed il muschio alle pareti, non appena arrivarono anche i suoi due accompagnatori che avevano effettuato una piccola perlustrazione, lasciò che fossero loro ad entrare per primi. L’interno del fabbricato era esattamente come l’esterno spoglio e tetro, nonostante fosse giorno le poche finestre ormai incrostate di sporco lasciavano filtrare pochissima luce cosicché fu necessario accendere le torce “Io vado a perlustrare da quella parte” disse Gage tenendo la pistola davanti agli occhi per qualunque evenienza “Attenzione,potrebbe essercene più di uno” lo ammonì Eos che invece restò con la dottoressa,le sue parole confermarono il sospetto della donna “Tu conosci quelle creature?” gli chiese una volta che Gage fu abbastanza lontano “Probabilmente queste creature sono dei Segugi. Hanno sensi eccezionali migliori di quelli canini e operano sempre in branco,se loro sono qui forse c’è anche il padrone raramente sono allo stato brado. Stammi vicino ed occhi aperti”.
Aveva deciso fin da subito che si sarebbe distaccato da Eos e Narlees, Gage, non poteva sopportare il comportamento del ragazzo tuttavia ancor meno tollerava di far parte della squadra di perlustrazione. L’odore stantio dell’edificio gli pizzicava il naso e gli fece venire il voltastomaco, odiava posti del genere ma li preferiva ad una missione senza alcuna azione. Aiutato dalla torcia perlustrò ogni angolo, visibile e non, in cerca di tracce animali senza alcun esito “Devo trovare un segno,qualunque cosa” pensò tra sé, non voleva farsi sentire da Eos e come se qualcuno avesse esaudito il suo desiderio trovò del sangue sullo spigolo di uno scatolone che per poco non lo fece cadere a terra “Grazie” disse all’aria per ringraziare di quel piccolo aiuto: la traccia era fresca. Seguendo la scia Gage si trovò davanti ad una scala che portava a quello che forse era il magazzino dell’edificio, scese i gradini immediatamente non curandosi di avvertire Eos e Narlees della sua scoperta, voleva il merito tutto per se, né di controllare se quello fosse la tana dell’animale che stavano cercando. Il posto era del tutto buio,non c’era alcuna finestra da dove potesse entrare della luce e faceva molto freddo dal momento che si trovava sotto terra; Gage continuò a tenere la torcia sulla striscia di sangue mentre con il braccio libero si aiutava a non sbattere contro le colonne di sostegno. Si spaventò quando qualcosa che si muoveva entrò nella sua visuale: un cuore umano che smise di battere pochi istanti dopo “Ma che cazzo?” Gage ebbe l’istinto di chiamare Narlees ed Eos,si trattenne solo perché voleva andare fino in fondo. Dopo un respiro profondo continuò a seguire la traccia fino a quello che doveva essere il fondo del magazzino,nell’angolino c’era il cadavere da cui era stato tolto il cuore: seduto con la schiena contro il muro il corpo presentava molte ferite sul volto e sul torace,sembravano dovute ad un’arma da taglio “Mi dispiace per te amico” disse Gage non riuscendo a togliere la luce dal corpo martoriato. Riuscì a distogliere lo sguardo da quella vista solo quando sentì un ringhio dietro di sé, non fece in tempo a girarsi che qualcosa di molto pesante lo atterrò facendogli perdere la pistola e la torcia che fu distrutta poco dopo dalla creatura stessa con un solo morso. Il magazzino era ritornato nella sua condizione di completa oscurità, Gage non aveva avuto il tempo per identificare cosa lo avesse aggredito tuttavia a giudicare dal peso che aveva sentito sul corpo doveva essere un animale di grossa taglia,forse senza pelo, con lunghi artigli che gli avevano lacerato la divisa e graffiato la pelle “Ti senti forte vero? Fatti avanti sei in vantaggio” disse Gage al buio,pronto per la lotta corpo a corpo ma la creatura era talmente veloce che effettuò due assalti in poco tempo,Gage poté solo schivare all’ultimo secondo allontanando con le mani la bocca dell’animale. Immediatamente dopo il cane attaccò di nuovo puntando alle gambe,questa volta Gage non riuscì a schivarlo perché era sbilanciato e nuovamente se lo ritrovò addosso. Quando gli artigli affondarono nella carne della gamba destra non poté far a meno di urlare con tutta l’aria che aveva nei polmoni mentre contemporaneamente teneva la bocca del cane a distanza dal viso aiutandosi con il braccio: l’alito della creatura aveva un odore terribile,come di decomposizione e gli occhi brillavano di un rosso incandescente. Era già pronto a  subire il morso letale quando sentì la pressione sul braccio diminuire,al contrario qualcuno con una grande forza si era buttato sull’animale riuscendo a spostarlo “Portalo via” sentì dire nel buio,era arrivato Eos.
Si stavano muovendo con molta cautela tra i resti dei macchinari alla ricerca di qualche possibile traccia,ma non riuscirono a trovare nulla di utile “Deve pur esserci una traccia qui,da qualche parte” disse Narlees poco prima di inciampare sopra a dei cavi, come di consueto Eos la sorresse prima che lei toccasse terra con le ginocchia “Fai attenzione” disse il ragazzo,Narlees approfittò del momento per fare al figlio una domanda che da tempo le premeva “Grazie mille. Ce ne sono molti di voi? E’ fuori luogo ma visto che siamo soli” “Non posso risponderti con precisione,probabilmente no. Se c’è rimasto qualcuno si sarà nascosto,come sto facendo io del resto” rispose lui continuando la sua ricerca, fu in quell’istante che le sue orecchie udirono due rumori non ben distinti “Cosa c’è?” chiese Narlees ma il ragazzo le fece cenno di restare in silenzio,solo in quell’istante si accorse di non vedere più Gage “Non vedo più Gage” gli sussurrò all’orecchio e lui capì chi potesse essere stato a fare quel rumore. Seguito a distanza da Narlees, Eos andò nel punto in cui Gage stava effettuando la sua perlustrazione,guardandosi attorno trovò lo scatolone insanguinato e anche la scia di sangue che conduceva al magazzino: dentro era buio ma poteva indistintamente sentire il ringhio di un cane e i lamenti di un uomo,scese in fretta le scale ed attaccò la creatura un attimo prima che mordesse Gage sulla testa. “Portalo via” disse lui a Narlees continuando a tenere sotto controllo la creatura, gli bastò annusarne l’odore per capire che era un Segugio “Non ti lascio da solo” protestò la donna pur sapendo di non poterlo aiutare “Vai” urlò Eos evitando di ringhiare,non voleva assolutamente che lei e Gage rischiassero la vita,il Segugio stava per attaccare. Narlees poté solo ubbidire,uscì dal magazzino sorreggendo Gage,la ferita alla gamba era seria.
Erano nel buio totale ma i sensi di Eos gli permettevano di percepire la posizione della creatura “Vieni forza,non mi fai paura sgorbio” lo incitò,in risposta il Segugio lo attaccò dal fianco destro a bocca spalancata, il ragazzo lo schivò senza alcuna fatica riuscendo anche a colpirlo sulla schiena atterrandolo. Continuava a tenere gli occhi sulla creatura che tentava a fatica di rialzarsi da terra, eppure sapeva che non poteva essere l’unico esemplare in quella stanza, i Segugi non stavano mai per troppo tempo da soli era loro natura stare in gruppi di almeno due individui; infatti,come pensava, dall’angolino in cui stava il cadavere che aveva fatto loro da cena uscì un secondo Segugio rimasto per tutto il tempo ad osservare la scena pronto ad intervenire se ce ne fosse stato bisogno “Ti fai vedere finalmente” gli disse Eos,gli occhi rossi dell’essere erano due fari nel buio che si avvicinarono sempre di più fino ad arrivare a pochi centimetri da lui, il fatto che non avesse ancora attaccato significava che l’animale aveva riconosciuto qualcosa di strano in Eos “Lo sai eh? Maledetto bastardo” gli disse Eos,doveva trovare una soluzione per tenerseli il più lontani possibile ora che anche l’altro Segugio si era ripreso e si era messo al fianco del compagno. Mentre pensava ad una possibile soluzione gli venne in mente uno dei primi insegnamenti del nonno quando era piccolo: mai farsi vedere impauriti e tirare fuori i denti anche se la situazione non era delle migliori. Con un occhio fisso sugli animali controllò che Narlees e Gage si fossero veramente allontanati dall’ingresso del magazzino e una volta assicuratosi di essere solo riprese le sue vere sembianze facendo brillare i glifi sul suo corpo,visto che era buio anche i suoi occhi bianchi brillavano per dargli la possibilità di vedere al buio,i Segugi erano proprio come se li ricordava:  grossi animali senza pelo con le orecchie appuntite,la coda che terminava con una protuberanza a martello e una triplice fila di denti di cui una esterna perché formata dalla pelle diventata osso attorno alla bocca; come previsto le creature indietreggiarono percependo il pericolo “Cosa aspettate? Attaccatelo esseri pulciosi” ordinò una voce famigliare dal soffitto, Eos lo aveva riconosciuto subito ma lui continuava a non farsi vedere e il ragazzo non poteva perdere di vista i Segugi che obbedirono subito all’ordine lanciandosi di nuovo all’attacco. Di nuovo Eos li schivò,ora che poteva vederli al buio era ancora più facile evitarli e quando uno dei Segugi tentò di attaccarlo dal fianco il ragazzo lo bloccò mentre era ancora a mezz’aria e dopo averlo immobilizzato a terra gli aprì mandibola e mascella fino a dividergli la testa in due parti; pochi istanti dopo anche il Segugio rimasto ebbe la stessa sorte. “Vieni fuori Forco,tanto lo so che sei tu” disse il ragazzo alzandosi da terra,parlava la lingua madre “Ci rivediamo” disse Forco,finalmente era sceso dal soffitto “Ti vedo in forma,vedo che il braccio è guarito” scherzò Eos,era felice di vedere che del braccio  destro non era rimasto nulla “Frena la tua lingua biforcuta o te la stacco a morsi” rispose Forco “Avvicinati,voglio vedere come fai. Stai pur certo che non ho passato tutti questi anni a far nulla” era impaziente di dargli un’altra lezione ma Forco,com’era di sua natura finse di attaccare e scappò dalla porta “Maledetto bastardo”gli urlò dietro Eos che riprese immediatamente forma umana per evitare di dimenticarsene,adesso doveva solo occuparsi dei corpi dei Segugi: uno lo nascose mentre l’altro lo portò fuori con sé; ad aspettarlo c’erano Narlees e Gage.
 

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Capitolo 17
*** Capitolo 16 ***


~~Capitolo 16.
La gamba gli doleva molto,gli artigli di quell’animale erano riusciti a lacerare la tuta e ad arrivare alla pelle sottostante; mentre attendevano che Eos uscisse dal magazzino Narlees gliel’aveva fasciata utilizzando le bende di emergenza che portava sempre con se nel suo marsupio. Solo in quel momento Gage si era pentito del suo gesto,si era salvato solo grazie all’intervento del ragazzo che si era gettato sull’animale poco prima che lo azzannasse “Eos se la caverà,ha con se la sua pistola” gli disse la dottoressa,probabilmente aveva pensato che lui fosse in pensiero per il ragazzo “Quell’essere è velocissimo :non sono neanche riuscito a prendere la mira,mi è saltato addosso in un attimo ed era così pesante che facevo fatica a muovermi” le rispose,continuava a guardare l’ingresso di quella stanza con una tale paura che ogni tanto aveva delle allucinazioni:  l’animale che sbucava dal buio della scala,annusava l’aria e poi gli piombava addosso dilaniando entrambi con i suoi denti. Fu durante una di queste allucinazioni che Eos uscì dal magazzino sostituendosi al cane immaginario;teneva qualcosa tra le braccia ma poté identificarlo solo quando fu abbastanza vicino perché Eos lo aveva coperto con un telo“Per fortuna stai bene” gli disse Narlees incurante di cosa stesse trasportando il ragazzo “Mi dispiace,ho dovuto ucciderlo non ho avuto scelta” rispose lui  “Non fa niente,l’importante è che tu non sia ferito” gli diceva la donna,i suoi occhi erano pieni di orgoglio mentre quelli di Gage tradivano il suo stupore: sul corpo del ragazzo non c’era un solo graffio e trasportava l’animale come se nulla fosse,lui invece ricordava bene quanto fosse pesante “Non è pesante? Quando mi è saltato addosso era come avere un masso sopra di me” si intromise Gage “In effetti sì,le mie braccia sono già stanche” rispose Eos,ma l’espressione che fece prima di parlare diceva tutt’altro,non una sola goccia di sudore e da come stava eretto si vedeva benissimo che non sentiva alcuna fatica “Bugiardo” pensò tra se Gage,era arrivato per lui il momento di fare luce su quella storia.
Mentre loro volavano sull’aereo per tornare a casa,Forco era velocemente tornato alla tana dove Keres lo aspettava impaziente,questa volta sarebbe stato fiero di lui e della bella notizia che portava “Finalmente di ritorno Forco,cominciavo a pensare che fossi morto” disse Keres dal fondo della stanza del trono, mentre avanzava lentamente il demone si chiese se si era mai mosso da quel seggio durante la sua assenza “Porto buone notizie mio signore” dichiarò Forco,cercava di trattenersi dall’esultare “Ebbene parla,non ho molto tempo da perdere perciò arriva subito al sodo” disse Keres “L’ho visto”affermò Forco, fu come se le sue parole avessero ridestato Keres dal suo sonno “Dove lo hai visto? C’era anche il fratello?Parla o ti faccio squartare vivo” “In un edificio abbandonato,stavo facendo mangiare i miei Segugi quando un umano ci ha sorpresi,da quello che ho visto era armato. Io mi sono nascosto sul soffitto e ho ordinato a uno degli animali di ucciderlo e ci sarebbe riuscito se non fosse arrivato Eos, ha fatto scappare l’umano ed ha ucciso gli animali. Non mi sembra che ci fosse anche il fratello,almeno io non l’ho visto con Eos” “Ti ha visto?” “Aveva sentito la mia voce quando ho aizzato i Segugi contro di lui, si erano fermati perché lui aveva ripreso le sue sembianze e ho dovuto ripetere l’ordine. Non ha avuto difficoltà a sbarazzarsi degli animali,ho preferito abbandonare il campo ma solo per potervi riferire quello che ho visto” “E’ cresciuto molto?” questa domanda confuse le idee a Forco,ma lui rispose ugualmente “Ha i tratti di entrambi i genitori,io ritengo che somigli di più al padre. Non ha perso il suo atteggiamento spavaldo” Forco aveva tenuto la testa bassa per tutta la durata del discorso così non si accorse che il suo padrone si era alzato dal trono e gli si era avvicinato “Quello che tu dici Forco mi riempie di gioia,e dimmi l’umano che lui ha salvato tu sai chi era?” mentre faceva la domanda a Forco Keres si fece passare qualcosa da uno dei sottoposti, la falce del sacerdote anziano che lui aveva recuperato dalle rovine “Non saprei signore,ma ho visto la donna che era con lui il giorno che ha liberato Alec dal sigillo” “Quindi era vero,si è nascosto tra gli umani. Ti devo ringraziare Forco,senza i tuoi servigi non saremmo riusciti a trovarlo, è tempo che ti dia una giusta ricompensa per le tue azioni” disse Keres passando il dito sul filo della lama della falce che aveva personalmente affilato, Forco non ebbe il tempo di difendersi e il suo corpo fu tranciato in due dall’arma che lo attraversò senza difficoltà,i demoni presenti nella sala non emisero un fiato “Non mi servono dei soldati codardi,portate via i pezzi” ordinò e subito due demoni accorsero per portare via quello che restava di Forco. 

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Capitolo 18
*** Capitolo 17 ***


 ~~Lo avevano portato in infermeria appena tornati alla base,Colway era già stato avvertito del’accaduto e quando Gage oltrepassò la soglia lo vide pronto con bende,ago e filo “Una delle lacerazioni è arrivata quasi fino all’osso” disse Colway esaminando le ferite dopo averle pulite “Quel coso mi è saltato addosso,pesava come un macigno” disse Gage “Fortunatamente Eos è riuscito a trovarti,è stato molto imprudente da parte tua non rilevare la tua posizione” “Non pensavo che avrei trovato una bella sorpresa,non sono mai stato così fortunato” “Deve essere stato molto difficile per Eos uccidere la creatura,se è riuscita a metterti in difficoltà doveva essere molto pericolosa”disse il dottore,aveva iniziato a ricucire le ferite con il filo chirurgico blu “Veramente non ha ancora detto nulla,aspetterò di leggere il suo rapporto. Voglio proprio scoprire come ha fatto ad ucciderlo,così se ci sarà una prossima volta non mi farò sorprendere”  “Ottima idea” sorrise il dottore mentre cuciva l’ultimo degli otto punti di sutura,la pelle attorno al filo era solo leggermente arrossata e Colway da buon dottore ci mise sopra una pomata antisettica e una benda che fasciò non troppo stretta attorno alla gamba.


Aveva visto Eos posare la sacca contenente l’animale sopra al tavolo di esami nazione come fosse stato un ordigno pronto ad esplodere “Ci sono problemi? Sembra che debba esplodere” chiese Narlees,non sapeva cosa aspettarsi dal contenuto di quella sacca “Nessun problema,stavo pensando che è colpa dei suoi simili se sta succedendo tutto questo: se non ci avessero fiutati io e Alec avremmo potuto avere una chance in più per scappare” rispose il ragazzo mentre guardava l’involucro, Narlees gli pose una mano su una delle larghe spalle “Non pensarci,ormai non si può tornare indietro. Se ti può consolare, io sono felice che vi abbiano trovato” disse, Eos non rispose ma lei poté leggere nei suoi occhi la gratitudine per le sue parole “Posso aprirlo? Ti avverto non è affatto un bello spettacolo” rispose lui cambiando il discorso,lei non disse nulla e annuì semplicemente con la testa. La mano destra di Eos aprì velocemente la cerniera della sacca e lui vide sul volto della donna un’espressione a metà tra il disgusto e la sorpresa “Per quale scherzo della natura sono nate queste creature?” disse lei,non aveva mai visto nulla di simile “Non è stata natura ma un demone dei tempi antichi: ha utilizzato un sortilegio su alcuni animali per farne dei cani da guardia che poi si riprodussero” rispose Eos che teneva le mani sul bordo del tavolo,l’opposto di quello che faceva Narlees che continuava a passare le sue sulla pelle del Segugio “Non si può certo dire che mancasse di fantasia” “E’ stato così per ogni essere proveniente dal mio mondo, creati e poi distrutti come giocattoli. Mio padre mi disse che una volta facevano incrociare volontariamente degli animali solo per scommettere su cosa ne sarebbe uscito fuori, poi uccidevano il cucciolo e i genitori” “E’ una cosa da barbari” “E’ una cosa da demoni:giocare con la preda prima di ucciderla; lo facevano  anche con gli esseri umani prima che decidessero di passare la vita a nascondersi uccidendosi a vicenda” “Un aspetto che è rimasto nelle nostre leggende,i diavoli tentatori”.


Camminava nel corridoio con le stampelle nel tentativo di tenere la gamba cucita più ferma possibile come gli aveva consigliato il dottore,usare quei bastoni lo faceva sentire sciocco e inutile e gli sguardi delle persone che lo vedevano passare non lo aiutavano per niente “Maledetto animale” disse tra sé l’uomo. Non sapeva con esattezza dove stesse andando,voleva solamente starsene da solo con i propri pensieri e fu solo casualmente che vide Eos e Narlees uscire dal laboratorio di analisi dove sicuramente avevano fatto l’autopsia sull’animale. Ci pensò non poco ma alla fine decise di andare a vedere con i suoi occhi come fosse fatto l’animale che gli aveva segnato la gamba,era un suo diritto, così entrò nel laboratorio. La porta era aperta come tutte le volte che non c’erano degli importanti esami in corso e Gage poté entrare senza il rimorso di essere entrato senza il permesso della dottoressa; l’arredamento era tutto di acciaio inox e il forte profumo che sentiva era quello del detersivo antibatterico che la donna della pulizie passava su tutte le superfici senza escludere neanche un millimetro. Una porta automatica portava alla sala dove venivano conservati i campioni già esaminati in modo da poterli poi confrontare con i nuovi che venivano presi; in una delle celle frigorifere c’era il sacco blu in cui Eos aveva messo l’animale prima che lui potesse vedere il suo assalitore “Finalmente ci vediamo faccia a faccia” disse Gage alla sacca che fortunatamente era stata messa in una delle celle in basso così che lui non dovesse fare altre manovre per vederla. Le sue dita tremavano mentre avvicinava le mani alla cerniera,fu solo dopo una profonda inspirazione che si decise ad aprirla ma quello che vide andava totalmente contro quello che si era immaginato: un corpo senza pelliccia,orecchie a punta,coda a martello e una fila di denti esterni; quello che lo sorprese di più fu la lacerazione alla bocca che disegnava sul volto della creatura un inquietante sorriso e l’assenza di fori di proiettile,in effetti non gli sembrava di aver sentito degli spari prima che il ragazzo fuoriuscisse dal magazzino ma la vista di quel tipo di ferita rafforzava ancora di più i suoi dubbi sull’identità di Eos.


Mentre camminavano per il corridoio dopo aver lasciato il laboratorio, Eos non fece altro che ruotare la testa a sinistra e destra per vedere se le sue preoccupazioni si erano avverate o meno,ma non incontrò alcun cadavere durante il suo percorso e i saluti felici che i colleghi facevano a lui e Narlees riuscirono a tenerlo tranquillo fino a che arrivò davanti alla porta dei suoi alloggi “Ti avevo detto che non avrebbe fatto danni” disse lei poco prima che Eos aprisse la porta “A meno che non abbia nascosto i cadaveri qua dentro,ne sarebbe capace” rispose Eos “Avanti apri,sono curiosa di vedere che sta facendo” disse lei incitandolo con un gesto della mano destra,  quando Eos obbedì la camera era perfettamente in ordine come l’aveva lasciata ma era vuota “Questo non va bene” disse Eos,subito il suo respiro si fece più veloce “Calmati ragazzone,può darsi che sia a fare un giro in fondo glielo hai consigliato tu” “Ma dove? Non ci sono molti posti da visitare” “Intanto cominciamo a cercarlo,se stiamo qui non risolviamo nulla” “Hai ragione non ci sono molti posti da visitare” disse una voce alle loro spalle,era Alec e a pochi passi da lui c’era Colway ancora in ottime condizioni di salute “Dove sei stato?” chiese Eos,agitato, i suoi occhi erano fissi sul fratello “In biblioteca, con il dottore. Abbiamo giocato a scacchi e poi mi ha fatto fare un giro per l’edificio” rispose Alec,alquanto seccato,nei suoi occhi poteva vedere il sorriso malizioso che stava nascondendo “Abbiamo fatto una piacevole passeggiata, peccato che non abbia voluto godere della bella vista sul tetto” interloquì Colway ponendo una mano sulla spalla di Alec, Eos si controllò dal dividerli “Mi è bastato vedere l’interno,posso vedere il tetto anche un altro giorno” gli rispose Alec,aveva girato la testa verso il dottore ma lui aveva interpretato il suo sogghigno come un gesto amichevole “Narlees non avevi detto di voler far vedere una cosa al dottore? Visto che siamo qui potresti farlo anche adesso” disse Eos a Narlees,la donna capì subito che era solo una scusa per allontanare il dottore da Alec così fece finta di essersi appena ricordata di quella cosa immaginaria “E’ vero,me ne ero del tutto dimenticata. Vieni con me Colway te lo faccio vedere subito prima che me ne dimentichi di nuovo” disse lei portando con sé il dottore e lasciando i fratelli da solo dopo una strizzata d’occhio ad Eos che poté finalmente rilassarsi “Avrebbe anche potuto dirmelo che voleva stare da solo con lui” disse Colway a Narlees quando furono abbastanza lontani “I ragazzi di oggi – qualcosa le fece fermare il passo – ma una cosa devo fartela vedere ugualmente” rispose lei,la sua espressione era seria e preoccupata.


“Incredibile sei riuscito a non uccidere nessuno” disse Eos appena chiusa la porta della stanza,Alec si era seduto sul letto “Volevo fare una piccola ispezione, poi ho sentito l’odore del vecchio e l’ho seguito fino alla biblio...teca” rispose Alec “Almeno non devo ripulire niente,sai che fatica rimettere a posto tutte quelle interiora?” disse Eos mentre si toglieva la maglietta sudata mostrando gli addominali perfettamente scolpiti,sul suo corpo non c’era alcuna peluria se non per quei pochi peli neri che dall’ombelico scendevano giù fino al pube, e delle ali disegnate sulla schiena  “Perché non hai voluto che venissi?” chiese Alec dopo che ebbe confrontato mentalmente quella forma del fratello con quella originale “Ti sei svegliato da poco, e poi se non hai intenzione di restare è inutile che partecipi alle nostre attività” rispose Eos dal bagno dove stava pulendo le mani per mettere poi dei cerotti sopra alle piccole ferite che gli avevano lasciato i denti dei Segugi “E se invece restassi? – la faccia confusa di Eos fece capolino dalla porta – non è poi così male come posto anche se puzza troppo di essere umano” “Belle parole,ma sono sicuro che c’è dell’altro. Sputa il rospo,raddrizzami la giornata” disse Eos, si era appoggiato allo stipite della porta teneva le braccia incrociate “Forza non sento” continuò non ricevendo risposta “D’accordo non saprei dove sbattere il culo,contento ora? Non stressarmi più” rispose Alec ad alta voce, per dare enfasi alle sue parole si era anche alzato dal letto, per tutta risposta Eos lo abbracciò prendendolo alle spalle “Ma che diavolo fai?” chiese Alec non avendo mai visto fare un gesto simile,i demoni non lo facevano mai “Non ti faccio niente, è solo che sono felice di averti ritrovato. Vorrei solo che apprezzassi la seconda occasione che ci è stata data” “Lasciami subito” disse Alec ringhiando, Eos obbedì e sciolse l’abbraccio “Hai sentito quello che ti ho detto?” chiese Eos “Ho sentito,ma devi capire che per me è una cosa del tutto nuova. Non è facile svegliarsi ed essere in un posto che non è casa tua, ed avere un corpo che non senti come il tuo. Non fraintendermi anche io sono felice che siamo insieme,ma devo ancora abituarmi alla cosa” “E io ti aiuterò a farlo,anche io ci ho messo un po’ per metabolizzare il tutto.” 

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Capitolo 19
*** capitolo 19 ***


~~Aveva sentito tutta la conversazione, o almeno la maggior parte, appoggiato alla stampella che stava stringendo con tutte le sue forze per cercare di far sbollire la rabbia, avrebbe tanto voluto entrare ma sapeva che nelle sue condizioni non avrebbe avuto possibilità contro loro due perciò decise che era meglio sparire nei suo alloggi prima che fosse visto da qualche passante “Hai visto Gage? Chissà cosa stava facendo” avrebbero detto, e subito si sarebbe sparsa la voce che avrebbe rischiato di rovinargli la carriera. Avrebbe atteso tutto il tempo necessario, ma avrebbe fatto qualunque cosa pur di scoprire il segreto di quei due. Se ne andò appena in tempo per vedere i due fratelli che uscivano dalla porta, per la prima volta vedeva sul volto di Alec un piccolo sorriso non era molto ma lo rendeva più umano “Devi fare un po’ di esercizio” gli disse Eos chiudendo la porta, Alec non rispose e si limitò ad ascoltare quello che il fratello aveva da raccontare. Stette lì, di nuovo ad origliare da dietro uno spigolo, d’improvviso mutò la sua idea di tornare negli alloggi tanto era ghiotta l’occasione, se andavano a fare esercizio lui avrebbe tranquillamente potuto restare nei paraggi con la scusa di fare della terapia riabilitativa per la gamba poi vide Narlees avvicinarsi ai due, parlarci un po’ ed infine allontanarsi assieme a loro. Decise di seguirli.

“Dove andate ragazzi?” la voce di Narlees aveva interrotto il discorso di Eos “Solo a fare un giro, niente di che” fu la risposta di Alec che fece le spallucce ma il fratello era di tutt’altro parere “In verità stiamo andando ad allenarci, Alec ne ha bisogno dopo quel periodo di ferma forzato” l’espressione di Alec a quella risposta non era molto rassicurante “E’ un’ottima idea, vorrei venire anche io” disse la donna curiosa di vedere come fosse l’allenamento di due demoni “Non credo che…” provò a replicare Alec ma fu battuto sul tempo dal gemello “Certo, basta che ti tieni a debita distanza” “Sarà difficile nella palestra, non è poi così grande” “Non andremo in palestra, staremo fuori dove non potrà vederci nessuno” “Ancora meglio” esclamò la donna, felice come una ragazzina Alec invece era sempre più incredulo.

“Ma sei impazzito?” aveva chiesto ad Eos sottovoce mentre camminavano per uscire dall’edificio, se le sue unghie fossero state più lunghe sarebbero già state conficcate nella carne del fratello tanto era forte la presa sul braccio “Non preoccuparti – dolcemente Eos si liberò il braccio – lei sa tutto” la sua risposta era proprio quello che Alec temeva “E quando glielo hai detto?” chiese di nuovo cercando di tenere la voce bassa per non farsi sentire dalla dottoressa che li seguiva “Mi ha visto liberarti dal sigillo, ho dovuto farlo per forza e comunque non c’è nulla da temere con lei” “Finirò con l’impazzire, adesso mi dirai che anche il vecchio sa” disse alludendo a Colway “Nessun altro sa, anzi cerca di non dover mai farti curare da lui: se ti facesse un esame del sangue si potrebbe insospettire” “Non ne ho alcuna intenzione credimi. Senti come mai quel disegno sulla schiena?” non volendo più sentire la lezioncina aveva cambiato discorso “E’ un tatuaggio, viene fatto con una macchina speciale che ti inietta l’inchiostro nella pelle. Ci è voluto un po’ per farlo ma non ho sentito nulla” “E perché le ali demoniache? Tu non le hai” “Per non dimenticarmi le mie origini, ma anche per non scordarmi chi è il mio obiettivo” “Ne hai altri?” era molto curioso “Sulla mano sinistra – glielo fece vedere – sono delle squame. Ho anche dei piercing sull’arco dell’ orecchio” “Quelli sono anche meglio”. Si erano concentrati così tanto a parlare che non si erano accorti di essere già arrivati all’ingresso “E adesso? Dove andiamo?” chiese Narlees “C’è una zona che non è controllata dalle telecamere, andremo là” disse Eos. Nessuno dei tre si era ancora accorto che Gage li aveva seguiti.
Fuori dall’edificio l’aria era carica di umidità, segno che presto avrebbe iniziato a piovere come avevano detto le previsioni meteo quella stessa mattina, era la giornata perfetta per far trascorrere ad Alec una giornata all’aperto dato che non aveva ancora avuto occasione di esporre la sua pelle ad un’esposizione prolungata al sole. L’ambiente che circondava l’edificio era molto diverso da quello in cui erano cresciuti i due ragazzi, c’era una bella vegetazione ma gli alberi non erano abbastanza fitti da coprire i raggi del sole e lo spazio libero di certo non mancava. Camminarono per circa una ventina di minuti fino ad arrivare ad uno spiazzo dove la vegetazione sembrava più folta “Qui andrà bene, le telecamere non ci vedranno e non dovremo trattenerci troppo” disse Eos allontanandosi da dove si era fermato il fratello mentre Narlees si era seduta ai piedi di un albero per osservare in prima fila l’allenamento “Sicura di voler stare così vicina?” le chiese Alec “Non voglio perdermi lo spettacolo, e poi sono certa che non arriverai fino a qui” lo stava sfidando apertamente mettendo a dura prova i nervi di Eos  “Parti quando sei pronto” gli disse cercando di attirare l’attenzione di Alec ma quello continuava a fissare Narlees senza degnarlo di una parola “Oddio non ci credo” si disse passandosi le mani tra  i capelli, si era talmente innervosito che senza pensarci voltò le spalle all’avversario errore imperdonabile, pochi istanti dopo sentì il peso di Alec piombargli sulla schiena e in un attimo il suo viso fu a diretto contatto con il terreno umido “Ti sei arrugginito fratellino” gli sussurrò Alec all’orecchio destro, non era una domanda “Non fare lo sbruffone” ribatté Eos che sentendo le gambe libere le utilizzò per darsi lo slancio necessario a rialzarsi da terra e liberarsi dall’oppressione del peso del fratello che fece un salto all’indietro appena vide le gambe di Eos muoversi.

“Non forzare troppo” disse Eos ad Alec non appena i suoi sguardi si incrociarono per la prima volta dall’inizio dell’allenamento, non voleva che esagerasse anche se era certo che il piacere della battaglia sarebbe stato troppo invitante per lui. Da come combatteva sembrava che Alec si fosse già adattato al nuovo corpo: attaccava con diretti e calci frontali calcolando perfettamente la distanza giusta che gli permettesse di schivare facilmente i suoi attacchi; Eos sapeva che questo era l’effetto dell’adrenalina che il fratello aveva in corpo e che sarebbe terminato non appena i muscoli avrebbero iniziato a produrre acido lattico. Lo aveva provato sulla sua stessa pelle durante una sessione di allenamento con Gage: dopo un percorso ad ostacoli relativamente facile in cui aveva riscosso un grande successo lui e Gage avevano posizionato al centro della sala due manichini con cui allenarsi nel corpo a corpo, “Facile” aveva pensato Eos e prima ancora che Gage iniziasse a colpire il proprio manichino lui aveva già iniziato “Vacci piano” gli aveva detto Gage ma non lo aveva ascoltato tanta era la voglia di sentire i muscoli in movimento; aveva continuato a colpire i vari punti del fantoccio senza mai interrompersi fino a che i suoi movimenti fluidi si irrigidirono diventando più lenti, poco dopo un dolore fortissimo gli aveva attraversato tutto il braccio ed era stato costretto ad andare in infermeria “Non è prudente allenarsi in questo modo” gli aveva detto Colway “Mi tremano le mani” “Non si deve mai esagerare con i primi allenamenti, il corpo si rimette in attività ma fatica di più di quanto facesse prima e produce più acido lattico che alla fine ti fa bloccare i muscoli se non ti prendi una pausa” da quel giorno aveva fatto più attenzione alle sensazioni che gli dava il suo corpo.

La scarica di adrenalina che gli percorreva il corpo era per Alec la sensazione più bella che avesse mai sentito, nonostante fosse la prima volta che combatteva dopo anni non aveva alcun problema a sfruttare il suo nuovo corpo in modo da compensare la differenza fisica che aveva con Eos; era così eccitato che non considerò minimamente i piccoli crampi che iniziarono ad affliggergli  le braccia dopo quello che probabilmente era stata mezz’ora di allenamento. Nel momento in cui tese nuovamente il braccio per colpire Eos si accorse che l’arto non rispondeva più come avrebbe dovuto, in un attimo i suoi movimenti si fecero lenti deboli e imprecisi Eos al contrario perseverava a tenere il ritmo alto e ben presto divenne partecipante attivo della lotta. Le braccia iniziarono a dolergli sempre più forte, i muscoli tremavano sotto la pelle come  fossero attraversati da scariche elettriche arrivando a bloccarsi del tutto in un momento in cui Alec aveva la guardia abbassata ed Eos potè approfittarne per atterrarlo.

Adesso era lui che aveva la schiena a terra ed Eos sopra di lui gli impediva ogni movimento “Maledizione” imprecò Alec “Ti avevo detto di andarci piano” disse Eos, solo con un incredibile sforzo Alec riuscì  a liberarsi del peso del fratello, aveva la nausea e faticava persino a restare in piedi “Non è possibile” pensò Alec già sul piede di guerra “Basta fermo” lo anticipò Narlees, Eos la osservò da lontano “Tu che ne sai?” rispose lui a malo modo “Solo quello che vedo e so che la tua gamba è ferita e che perdi sangue dal naso” gli indicò  il sangue che fuoriusciva dalla narice sinistra e il taglio sul polpaccio destro, non era profondo ma lungo e sporco di terra, Alec non disse nulla era arrabbiato “E’ meglio terminare qui,non sei poi così arrugginito” tentò di placarlo Eos ma senza alcun risultato.
 

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


~~Non riusciva a capire perché avessero scelto di allenarsi all’aperto invece che nell’attrezzatissima palestra interna all’edificio, non stavano facendo nulla di particolare solo un semplice corpo a corpo. L’unica stranezza che aveva notato era il colore scuro del sangue che fuoriusciva dalla ferita sul polpaccio di Alec, un rosso più scuro del normale vicinissimo al nero ma nulla più “Maledizione” aveva sentito imprecare Alec “E’ solo un graffio, basterà solo disinfettarlo per evitare che si infetti” aveva detto Narlees che gli si era avvicinata “Ci vuole ben altro per farmi venire un’infezione” ribatté Alec, Eos continuava a guardare la scena da lontano “Immagino che i vostri anticorpi siano molto più forti dei nostri. Toglimi una curiosità, tu sei uguale a tuo fratello anche nella tua forma originaria?” le parole della dottoressa fecero alzare la guardia di Gage “Forma originale? Cosa vuol dire?” si chiese il soldato che si nascose dietro un albero più vicino per vedere meglio, quello che vide dopo fu impressionante. Davanti ai suoi occhi Alec si trasformò da semplice ragazzo a qualcosa di mostruoso: la pelle si scurì fino a diventare nera in totale contrasto con i capelli albini che lasciavano scoperte le tempie e scendevano giù lungo la schiena, gli era spuntata anche una coda a triangolo. Quell’essere che stava in piedi con la sola parte anteriore dei piedi allungati incombeva ora minaccioso su Narlees che invece di scappare in preda al panico continuava ad osservare meravigliata la creatura e così faceva anche Eos “Sei proprio uguale, cambia solo il colore della pelle” disse la donna alzandosi dal prato, anche se con fatica “Contenta adesso?” le rispose l’essere, la voce sembrava quella di Alec ma molto più profonda e cupa “Sei stato molto gentile grazie” disse lei posando una mano sul braccio del mostro non riuscendo ad arrivare alle spalle. Vedendo il gesto della dottoressa Gage non riuscì a trattenere l’istinto di uscire dal suo nascondiglio e gridare “Che fai Narlees? Allontanati da quel mostro” sperava che la donna avesse seguito quello che voleva essere più un ordine che un consiglio ma l’unica risposta che ricevette fu lo sguardo sorpreso di lei e di Eos “Vattene via” urlava così forte che la gola gli bruciava, l’essere ancora non si era girato “Non è come pensi tu Gage, è tutto sotto controllo” disse lei intimandogli a gesti di stare calmo “Tutto sotto controllo? Ma non vedi cos’hai davanti? Lui è un mostro… un demone e probabilmente lo è anche Eos” finalmente era riuscito a dirlo “Ci sei arrivato finalmente, ti meriti un applauso” la voce della creatura gli era penetrata dalle orecchie giù fino allo stomaco tanto forte da fargli venire la nausea. Dopo quelle parole di scherno, il demone si era girò rivelando le sue lunghe corna ed incrociando i suoi occhi bianchi senza iride né pupilla circondati da un alone bianco come i capelli, spettacolo terribile a vedersi, con gli occhi nocciola di Gage “D’altronde ho capito fin da subito che non sei un tipo molto sveglio, in fondo ti sei fatto picchiare da un ragazzino e sei scappato con la coda fra le gambe” le sue parole sembravano aver sorpreso anche Eos, ma Gage era rimasto pietrificato alla vista del “vero” Alec e non disse nulla né si mosse quando lui gli si avvicinò in pochi passi “Che c’è, il segugio ti ha mangiato la lingua quando sei andato a vederne il corpo?” gli disse, Gage non riusciva a guardarlo negli occhi, ma provò lo stesso a ribattere “ Quando lo sapranno tutti, vi uccideranno e…” non potè terminare la frase poiché Alec aveva stretto la sua gola con la mano dalle lunghe unghie per poi sollevarlo da terra “Lascialo andare Alec” aveva sentito dire da Eos, ma la presa non si allentò affatto  “ E tu credi che ti crederanno? Penseranno che le tue parole siano solo le conseguenze di uno che ha da poco avuto un brutto scontro con una strana creatura”  “Ti ho detto di lasciarlo andare Alec, subito” di nuovo la voce di Eos, sembrava che fosse più cupa ma Gage non potè dire se fosse a causa della mancanza di ossigeno che stava per farlo svenire “Ti prego, non dirà nulla” intervenì Narlees, finalmente la presa si allentò e Gage sentì il suo corpo cadere a terra con il terribile dolore della gamba ferita. Per la prima volta nella sua vita Gage si sentì veramente come un bambino sperduto, il demone che aveva davanti poteva benissimo essere la reincarnazione di uno dei suoi incubi di bambino “Non riesco a capire come possano aver reclutato un mollaccione come te, è proprio vero che l’apparenza inganna” disse Alec, sul suo viso si era disegnato un orribile sorriso che metteva in mostra i denti aguzzi. Gage non rispose, il suo respiro si stava facendo talmente veloce che lui stesso temeva di andare in iperventilazione così fece la cosa che più odiava, si alzò e fuggì di corsa nonostante la gamba gli dolesse tantissimo, voleva solo fuggire da quel mostro.

“Perché lo hai fatto?” chiese Eos ad Alec mentre guardavano Gage correre come un disperato verso l’edificio “Mi andava tutto qui” fu la risposta di Alec, semplice e diretta come era nel suo stile “Adesso andrà a dirlo a tutti quelli che conosce” “No se lo conosco bene – intervenne Narlees - . Ho visto bene il suo sguardo, era veramente terrorizzato e sono certa che non lo dirà a nessuno però tu dovrai stare molto attento se non vuoi ritrovarti con una pallottola nella testa” “Ci provi e quella pallottola se la ritroverà dritta nel culo” rispose Alec raccogliendo la sfida “Sarà meglio rientrare e controllare la situazione” disse Eos cercando di far raffreddare i bollenti spiriti.
 

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


~~Il suo cuore batteva all’impazzata riempiendo il silenzio dei suoi alloggi sovrastando anche il suo respiro affannato, la pistola cui aveva tolto la sicura era tenuta saldamente nella sua mano destra e i suoi occhi fissi sulla porta chiusa a chiave con tutte e quattro le mandate. Gage aveva percorso il tragitto fino alla sua camera correndo come un forsennato nonostante la gamba gridasse per il dolore, probabilmente alcuni punti si erano strappati, e nonostante gli sguardi attoniti dei suoi colleghi ma non gli importava se lo avessero ritenuto un pazzo o un codardo perché nessuno aveva visto ciò che aveva visto lui: un mostro i cui occhi sembravano poter scavare all’interno dell’anima di chi vi si rifletteva. Gage passò secondi e minuti in quella posizione, rannicchiato sul letto con la pistola pronta nella sua mano, aspettandosi un incursione di quell’essere e del fratello; più volte ebbe l’illusione che la porta si aprisse e dietro di essa i due demoni con lo strano cane che era nell’obitorio magicamente resuscitato. La sua testa stava per esplodere, poi decise : avrebbe abbandonato la struttura e si sarebbe allontanato il più possibile da lì, in fondo non gli importava molto del suo incarico e lasciarlo non gli avrebbe pesato affatto; prese qualche arma dal suo piccolo arsenale personale che teneva in una teca e con molta circospezione se ne andò senza lasciare nulla che potesse spiegare la sua decisione.
Gli ci volle un po’ ma alla fine riuscì a trovare la strada per arrivare al paese più vicino, certo non sarebbe stata una grande città ma sicuramente avrebbe potuto almeno fare rifornimento di benzina e mettere qualcosa nello stomaco. Avrebbe volentieri scambiato quel viaggio in moto con uno a bordo di un elicottero ma questo avrebbe significato essere immediatamente denunciato per furto ed essere riconoscibile a vista perciò aveva rapidamente scartato quella possibile via di fuga. Prima che terminasse il manto della foresta decise di fermarsi qualche minuto, il sentiero sconnesso aveva messo a dura prova i suoi glutei e la gamba e quando passando vide con la coda dell’occhio un posticino sull’erba morbida riscaldato dal sole non se lo fece dire due volte : scese dalla moto lasciandola vicino al sentiero e si sdraiò sull’erba tiepida. Il calore del sole e la tranquillità del luogo gli fecero presto dimenticare il terrore che lo aveva indotto a scappare “Che venga pure – si disse – io lo aspetterò qua a braccia aperte e con la pistola in mano” aveva recuperato tutta la sua baldanza, tuttavia non avrebbe mai potuto immaginare che tra le frasche lo stessero osservando tre demoni in perlustrazione “Secondo te è uno di quelli che aveva detto Forco?” disse uno del trio, dal momento che era cieco da un occhio doveva chiedere conferma agli altri “Si è uno degli amichetti umani di Eos. A giudicare dall’odore deve essere quello azzannato dal Segugio” rispose il vicino, la vedetta ufficiale del trio “Lo uccidiamo?” chiese di nuovo quello mezzo cieco “Portiamolo prima dal capo, sarà lui a dirci che farne” “Io lo squarterei e ci farei la cena, sono giorni che non faccio un pasto come si deve” disse il terzo demone, nonostante le lamentele non era per nulla deperito anzi nel gruppo era quello più robusto “Vuoi fare la fine di Forco Golia? Non voglio finire nei guai per il tuo stomaco perciò chiudi gli intestini e fai silenzio. Lo porteremo dal capo e questo è tutto” rispose acido il demone vedetta “Che peccato già ne pregustavo il sapore, deve essere così succulento specialmente se bollito nel succo delle interiora” “Ti prego basta, o il mio stomaco inizierà a reclamare cibo. Come facciamo a portarlo con noi Owl?” chiese l’accecato “Semplice lo prendiamo e lo portiamo via, ma qualcuno deve occuparsi di quell’arnese vicino al sentiero” rispose la vedetta, non lo disse a parole ma era implicito che sarebbe stato il demone mezzo cieco ad incaricarsi di far sparire la moto “Allora che facciamo, aspettiamo o colpiamo adesso?” domandò Golia “Aspettiamo che si rilassi completamente così non avrà il tempo di reagire. Non ci vorrà molto, già posso sentirlo russare” rispose Owl ridacchiando.


Per Gage stare sotto i raggi del sole era meglio di una lampada, sentiva il calore penetrare nei pori della sua pelle e riscaldargli tutto il corpo che scaricò ogni tensione. Stava così bene che non si accorse di essere entrato in una fase di dormi veglia e di aver iniziato anche a russare leggermente, vizio che aveva ereditato da suo padre nonostante fosse in perfette condizioni fisiche; in quella condizione aveva quasi la sensazione di galleggiare sopra ad un cuscino di aria e non di essere saldamente sdraiato sul terreno. Fu in quell’occasione che i suoi sogni vennero improvvisamente interrotti da delle possenti braccia che lo avevano afferrato per i piedi e le braccia; aprì gli occhi e vide due orribili mostri troneggianti sulla sua testa che stavano ridendo “Poverino, hai avuto un brusco risveglio?” gli chiese il più robusto dei due, tuttavia la sua attenzione fu catturata da un rumore più lontano e quando voltò la testa vide un terzo demone ,perché di questo si trattava, che stava facendo a pezzi la sua moto e ne stava seppellendo i pezzi assieme alle armi “Lasciatemi stare creature schifose” urlò Gage ma ogni sua richiesta non venne ascoltata, i demoni lo portarono via con loro trasportandolo come fosse un maiale infilzato ad un pezzo di legno e pronto per essere arrostito sul falò.


Nel frattempo Eos ed Alec  accompagnati da Narlees avevano cercato Gage per tutto l’edificio chiedendo anche a quelli che incontravano durante il percorso i quali tuttavia avevano dato una risposta negativa alla loro domanda, restava ormai soltanto la sua camera “La porta è chiusa” disse la dottoressa dopo aver provato in più modi ad aprire “Gage sei qua dentro? Vogliamo solo parlarti” disse Eos dopo aver bussato più volte, l’unico a cui non sembrava interessare molto era Alec che se ne stava in disparte a braccia incrociate “Dobbiamo entrare assolutamente, se è qui dentro potremmo spiegargli la situazione. Certamente capirà” disse la donna visibilmente preoccupata “Non vi darà mai ascolto, ormai il suo cervello è partito per i fatti suoi. Non cambierà mai idea ve lo assicuro” intervenne Alec “Se tu non avessi fatto il tuo bel teatrino adesso non ci troveremmo in questa situazione” ribatté Eos “Ma è stata lei a chiedermi di farle vedere come sono veramente” “Intendevo il dopo, avresti potuto evitare di strangolarlo mentre lo tenevi sollevato in aria” “Vuoi vedere se è lì dentro? Bene allora dovresti fare così – si avvicinò alla porta e con un calcio la buttò giù – prego entrate ” il rumore della porta che cadeva a terra aveva destato l’attenzione di alcuni passanti “Ma che è successo qui?” chiese uno addetto alla sicurezza che aveva da poco terminato il suo turno “Stiamo cercando Gage, non lo troviamo da nessuna parte e visto che la porta era chiusa abbiamo ritenuto necessario buttarla giù ” disse Narlees cercando di accampare qualche scusa su come la porta avesse potuto essere scavalcata con così tanta facilità; Eos invece entrò trovando tutto in perfetto ordine come era nello stile di Gage “Mancano delle armi” pensò quando il suo sguardo si posò sulle vetrine, osservando meglio poté constatare che l’uomo era effettivamente stato nella stanza ma unicamente per andarsene “Controlliamo se la sua moto è nel parcheggio, ho un brutto presentimento” disse il ragazzo una volta uscito “In effetti ora che ci penso, mentre ero di turno mi sembra di aver visto sui monitor che Gage entrava nel garage un po’ di tempo fa” rispose la guardia “Ha fatto qualcosa di particolare?”  gli chiese Eos “Ha preso la sua moto ed è uscito ma non saprei davvero cosa avesse dovuto fare, io non ho ritenuto necessario chiederglielo perché la moto è di sua proprietà non dell’azienda e può disporne come vuole” “Grazie mille” disse Narlees congedando la guardia “Il responso?” chiese Alec “Che tu sei un coglione perché Gage se n’è andato chissà dove ” rispose in tono acido Eos “Qual è il problema? Basterà seguire la puzza di quell’orribile arnese” “Mi chiedo come diavolo ho fatto a non sentirne l’odore mentre ci seguiva” “Io non sono un esperta, ma di solito i cani  non percepiscono certi odori se sono coperti da altri più forti, forse il prodotto che hanno usato gli addetti alle pulizie è troppo pungente” la dottoressa espose la sua teoria ripensando al forte odore del detersivo che quella mattina le aveva fatto fare più di uno starnuto “Cani?” chiese Alec non avendone mai visto uno “Animali degli umani” spiegò molto sinteticamente Eos “Oh bene, ora siamo degli animali” “Fatto sta che ci ha azzeccato in pieno, e poi noi non siamo umani quindi non lamentarti. Dobbiamo setacciare la zona da palmo a palmo ” . 

 

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***


~~“Dove diavolo si è andato a cacciare?” esclamò Eos a gran voce, avevano cercato tracce di Gage anche nel grande spiazzo fuori dall’edificio ma non avevano trovato nulla “E’ inutile cercarlo qui, se ha preso la moto sarà andato chissà dove” disse Narlees che rimaneva saldamente al fianco di Eos mentre  Alec invece si era distanziato da loro due per cercare altrove “Dovrà pur esserci qualcosa, una macchia di olio o una bruciatura” pensò a voce alta Eos, non aveva minimamente ascoltato la dottoressa che cercava di stargli dietro senza inciampare.  “Che schifo” gridò improvvisamente Alec coprendosi il naso con entrambe la mani “Cosa succede?” domandò la dottoressa rischiando di cadere su una grossa radice rialzata “Su quest’erba c’è il maledetto odore di quel terribile arnese, bleah” , finalmente Eos si illuminò “Sei grande, adesso potremo seguirne l’odore” disse accovacciandosi vicino alla macchia di erba bruciata “Ma lo fai tu, io non ci voglio rimettere il naso”  “E’ solo odore di benzina, non è acido” “Per il tuo naso che si è avvizzito, ma il mio si è quasi staccato ” Alec si toccò il viso per controllare che il naso ci fosse ancora, Narlees scoppiò a ridere .


Seguendo la scia lasciata dalla moto di Gage, arrivarono alla piana dove l’uomo si era fermato a riposare qualche tempo prima; naturalmente non trovarono nient’altro che l’odore “La pista finisce qua” disse Eos a Narlees che nell’evitare un sasso vide qualcosa a terra “Qua però ci sono delle orme” indicò col dito affusolato. Nel frattempo Alec si era spostato più in là dove l’erba era stata smossa dal corpo di Gage, tuttavia il suo odore non fu l’unico a penetrargli nel naso e anche il gruppo di orme lì vicino gli dava ragione “Ci sono stati dei demoni qua” esclamò mentre Eos notava che la terra vicino ad alcuni alberi era stata smossa come se qualcuno vi avesse scavato una buca e poi l’avesse ricoperta. Gli bastarono pochi secondi per tirar fuori dalla terra i pezzi della moto di Gage: la marmitta, le ruote, il manubrio e poi tutto il resto, anche le pistole “L’unica cosa buona che potessero mai aver fatto gli scagnozzi di Keres” ironizzò Alec sogghignando “Speriamo che non gli abbiano fatto nulla” pregò Narlees temendo fra le mani la marmitta fredda e sporca di terra “Mi preoccupa di più il fatto che lui possa aver avuto tempo di dire tutto a Keres, dopo quello che gli è successo potrebbe anche aver avuto il coraggio di farlo” replicò Eos, vi si poteva leggere un filo di accusa nei confronti del fratello “Non prendertela con me adesso, non posso farci nulla se quello se la fa sotto per nulla” rispose lui “Basta ragazzi, adesso dobbiamo tornare a casa e riflettere sul da farsi. Ormai quello che è stato è stato, non si torna indietro” li interruppe Narlees, le sue parole bastarono a spegnere la fiamma che si era innescata.


Quando venne sbattuto a terra l’intero corpo di Gage urlò dal dolore, per tutto il viaggio il più grosso dei demoni lo aveva tenuto sotto braccio come se fosse stato un sacco di patate incurante di ammortizzare gli scossoni dovuti alla corsa. Il pavimento era semplicemente terra ricoperta di muschio puzzolente; fu un’ombra ad attirare la sua attenzione, l’ombra di una figura seduta su un trono in pietra “Chi è questo moscerino?” la voce dell’entità era profonda e rude, faceva paura “Lo abbiamo trovato in un bosco, sembra uno degli amici di Eos” proferì il demone più anziano “Quel maledetto mi ha dio nuovo messo nei guai” pensò con rabbia Gage, non si accorse che l’entità gli si era avvicinata “Davvero, tu conosci Eos?” gli domandò direttamente, visto dal basso la sua mole sembrava ancora più imponente “Si ma non siamo amici, sia ben chiaro” rispose il soldato alzandosi in piedi “Ma lo conosci” ripeté il gigante  “Mi sembra di averlo appena detto, e so anche dove sta se ti interessa” “ Me lo dici così spontaneamente? Non sai nemmeno perché ti stia chiedendo di lui ”  “ Sono ancora in grado di parlare, significa che tu non sai dove si trovi e mi hanno portato qua proprio per dirtelo” “Ma lo faresti anche se ti dicessi che… io lo cerco per ucciderlo? Ho un piano in mente e mi serve lui o meglio… il suo corpo defunto” aveva pronunciato le ultime parole dopo aver avvicinato il viso a Gage, il suo alito puzzava più di un cadavere in decomposizione “Che strana coincidenza… a me piacerebbe vederlo morto, potrei dirti dove si trova ma ad un prezzo”  “Non dobbiamo ucciderti, lo so. Voi umani siete così attaccati alla vita, tanto dovete morire tutti prima o tardi; non capisco come alcuni possano essere felici di vivere anche più di cento anni in un corpo vecchio e malato”  “Tu intanto dimmi che lo farai, altrimenti è più probabile che Eos e suo fratello ti trovino prima che lo faccia tu” precisò Gage, non gli importava di quello che pensava quel mostro, lui voleva vivere il più a lungo possibile “E sia umano” “Il mio nome è Gage, non dimenticartelo”  “I vostri nomi sono stupidi come la vostra razza, a te basti chiamarmi “signore” non sprecherò fiato per dirti il mio nome” .

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Capitolo 23
*** Capitolo 23 (parte prima) ***


~~Li aveva fatti nascondere nel folto della foresta che circondava l’edificio, l’odore del loro fiato era insopportabile “E’ questo il posto?” domandò la voce profonda di Keres, dietro di lui “Sì, là dentro ci sono Eos e Alec; oltre a un bel po’ di umani” precisò Gage “Gli umani moriranno tutti sotto la nostra potenza” un coro di voci diede forza all’affermazione del demone alato “ Fanne quello che vuoi, non fa alcuna differenza” disse Gage “E la donna che sta con loro due?” si riferiva a Narlees. Gage ci pensò su qualche istante, a quello che aveva passato lavorando con lei “Uccidila” rispose con un certo rammarico “Tipico, dite di essere un popolo unito ma siete solo un branco di egoisti senza scrupoli. E’ l’unica cosa che mi piace di voi”.


“Sono passati due giorni ormai, non credo ci siano più speranze” lamentò la dottoressa, seduta in biblioteca sopra ad una sedia dopo una caduta mentre era alla ricerca di libri sui demoni “Non è mai detta l’ultima parola – Eos stava rimettendo al loro posto i libri caduti dagli scaffali – mi dici a che ti serviva questa roba? ” domandò riferendosi ai libri “Cercavo delle informazioni, ho pensato che avrei potuto trovare qualcosa sui demoni” rispose Narlees mentre passava al ragazzo l’ultimo libro che era rimasto per terra “Non troverai niente in questi libri, sono solo robaccia. ” “Mi dispiace, volevo solo rendermi utile” la dottoressa si sentiva in colpa e soprattutto inutile “Hai già fatto moltissimo, al resto ci penseremo io ed Alec giusto?” “Giusto” concordò Alec che non vedeva l’ora di partecipare ad uno scontro aperto. D’un tratto qualcuno entrò, era Colway “Finalmente vi ho trovati, pensavo foste caduti in un buco trans-dimensionale” scherzò il dottore “Ti serve qualcosa?” domandò immediatamente Narlees, forse avrebbe potuto aiutare il suo collega “Mi hanno mandato a chiamarti quelli del laboratorio di ricerca, non trovandoti hanno chiesto a me” rispose il dottore “Capisco, sarà per quei campioni vegetali. Grazie per avermelo detto, vado subito in laboratorio” Narlees si alzò dalla sedia “Veramente vorrebbero che venga anche Eos, non so il perché” precisò il dottore “Eos resta qui, deve cercare delle cose per me” ribatté lei “Come vuoi tu, prego” entrambi sparirono dietro alla porta.


Gage era andato in avanscoperta lasciando il gruppo di demoni nascosto tra i cespugli e gli alberi, il suo compito era quello di creare una via d’entrata facilmente accessibile. Come prima azione entrò dal retro mostrandosi bene alle telecamere di sicurezza, percorse tutto l’hangar per poi entrare nella sala controllo dove c’erano gli addetti di turno compreso quello che l’aveva visto uscire qualche giorno prima “Dove ti eri cacciato? Narlees ti ha cercato in ogni angolo dell’edificio e dintorni” lo rimproverò “Mi dispiace, ero uscito per farmi un giro sulla moto quando mi ha lasciato a piedi. Sono andato alla città più vicino in cerca di un meccanico ma non ho trovato nessuno così sono stato costretto a mollarla alla discarica e tornare a piedi. Ho fatto una fatica, i miei piedi sono distrutti” giustificò il soldato “Avresti potuto chiamarci col telefono, a cosa servono sennò?” “Lo avrei fatto se non lo avessi dimenticato nei miei alloggi” fece spallucce “Sei proprio una frana, buono solo per sparare” il guardiano scosse la testa riportando la propria attenzione sul monitor. Ora che entrambi i guardiani erano concentrati ad osservare i video sugli schermi, Gage assestò ad entrambi un forte colpo alla nuca; tanto forte da fargli perdere immediatamente i sensi. Una volta che ebbe rinchiuso i guardiani nell’armadio appendiabiti, Gage andò ai comandi da dove si potevano controllare gli allarmi esterni e le telecamere e disattivò tutto “Potete entrare adesso” fece cenno ai demoni facendosi vedere dall’entrata. Presto l’hangar si riempì di un folto gruppo di mostri assetati di sangue “Hai fatto un ottimo lavoro, umano” la pesante mano artigliata di Keres si posò sopra la spalla di Gage, un ramo secco a confronto “E’ stato un gioco da ragazzi. Per entrare non dovrete far altro che passare oltre quella porta laggiù” Gage indicò la porta a doppio battente in fondo all’hangar, Keres lo spinse avanti “Facci strada”.


Nei sottofondi dell’edificio tutti lavoravano freneticamente come ogni giorno, ognuno di loro era assorbito dal proprio compito. La routine cambiò nel momento in cui dall’hangar entrarono delle creature mostruose che iniziarono ad uccidere chiunque fosse a portata dei loro lunghi artigli, non c’era speranza per nessuno di loro nemmeno per chi si nascondeva; soprattutto per quell’eroe che riuscì a dare l’allarme generale che risuonò in tutto l’edificio scatenando il panico generale “Maledizione, adesso sanno che siete qui” disse Gage mentre Keres si leccava gli artigli sporchi del sangue del caduto “Vorrà dire che noi ci divertiremo di più” rispose il demone invitando Gage ad indicargli la strada.

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Capitolo 24
*** Capitolo 23 (parte seconda) ***


~~L’allarme fu diffuso dagli altoparlanti in tutto l’edificio, arrivando anche alle orecchie di Eos ed Alec ai quali non ci volle meno di un secondo per capire chi ne fosse una causa “Si parla del diavolo e spunta la coda” ironizzò Alec “Nemmeno a farlo apposta, scommetto che ha molte corna – rispose Eos - . Io vado a prendere Narlees, tu cerca il dottore”  “Posso divertirmi un po’ mentre lo cerco?” domandò Alec, la brama di sangue gli bruciava la gola “Devi divertirti, ricordati con chi abbiamo a che fare” negli occhi di Eos si era riaccesa la luce della vendetta, anche lui bramava il sangue di qualche demone. I fratelli si divisero appena usciti dalla biblioteca.
 

Quando era suonato l’allarme lei era da sola nel laboratorio, solo apparentemente privo di armi. Nessuno lo sapeva ma all’interno di una finta penisola c’era uno scompartimento dove Narlees aveva messo un paio di pistole con le relative munizioni, in pochi secondi entrambe furono nelle mani della donna e i caricatori di riserva nelle tasche del camice. Erano piccole e lei sapeva che non avrebbero avuto alcun effetto, tuttavia sperava di potersi creare un varco per uscire da eventuali vicoli ciechi; conosceva l’identità degli intrusi. Proprio quando ebbe finito di caricare le pistole, Narlees si sentì alitare sul collo; non osò girarsi sapendo chi avesse dietro le spalle. La donna gettò un’occhiata al banco di lavoro che aveva poco lontano e vi ci si buttò dietro schivando per un soffio gli artigli del demone, puntati alla sua testa. Da quel momento lei pensò solamente a come uscire dal laboratorio; cercò di difendersi sparando ma sebbene i proiettili penetrassero nella carne il demone non ne soffriva “Sono fatti di amianto” pensò Narlees, non sapeva più cosa fare. Presto la mano artigliata si levò di nuovo, le unghie affilate come rasoi “Morirò” fu la parola che oltrepassò la mente della donna, ma il colpo mortale fu fermato da una voce, infernale “Aspetta a colpirla” apparteneva ad un demone alato al cui fianco c’era Gage.
La vista di Gage al fianco di quello che Narlees pensò fosse Keres, le fece scorrere nuovamente l’adrenalina in corpo, se avesse potuto lo avrebbe strangolato seduta stante. “Ti vedo in gran forma” le disse Gage baldanzoso “Traditore, ti rendi conto di quanti sono morti a causa tua?” non ottenne risposta “Lei è Narlees, una degli scienziati che lavorano in questo posto nonché madre adottiva di Eos e Alec” disse lui rivolto a Keres “Molto coraggiosa, se brandisce uno strumento simile contro dei demoni” affermò il demone alato “Si fa quel che si può” ribatté lei, sperava che non vedessero la paura che aveva in corpo “Ma non ti servirà a nulla – il demone alato uscì dal laboratorio portandosi dietro anche l’altro demone – la lascio a te, Gage, come promesso”.


Gage si lanciò sulla donna appena rimasero soli nella stanza, per lui fu piuttosto facile disarmarla di entrambe le pistole e prenderne una per se; Narlees si era ormai rassegnata alla morte. La pistola era tenuta ferma nella mano di Gage il cui braccio era teso in direzione della testa della scienziata, l’indice era già posizionato sul grilletto pronto a premere; per la seconda volta il colpo mortale non arrivò. Resasi conto di non essere ancora deceduta, Narlees riaprì gli occhi che aveva chiuso nel momento stesso in cui il disertore le aveva puntato addosso la pistola; Gage oscillava a mezz’aria e qualcuno lo teneva per il collo, un angelo dalla pelle bianca come la luna: Eos. Come in tutte le belle favole in cui il principe salva la principessa, il ragazzo era accorso per salvare la madre adottiva; dall’espressione che lei scorse sul viso del figliastro lei capì che non sarebbe stato un bel momento per Gage. “Lasciami” rantolò il soldato, la tenaglia in cui era stretto il suo collo gli faceva rimpiangere quella di Alec; tentò di liberarsi calciando l’aria e facendo affondare le corte unghie delle sue dita sulla mano di Eos, tuttavia per quanto sangue ne uscisse la muscolatura della mano non accennava a rilassarsi. Gli occhi di Eos erano un pozzo di agonia. “Non devi alzare un dito su mia madre” esclamò il giovane badando bene a mostrare i denti acuminati, per la prima volta in tanti anni aveva chiamato Narlees “madre” “Lei non è…tua madre, è solo…una stupida che ha avuto… la brutta idea di prendere con se… uno come te” la voce che usciva dalla gola di Gage era strozzata, l’aria stava lentamente iniziando a mancargli; Eos girò la testa verso Narlees e le disse “Forse è meglio che non guardi”, lei non obbedì.


Narlees vide Eos rivoltare Gage sottosopra, il viso trasformarsi in un ghigno e il muscolo del braccio teso del ragazzo contrarsi. Gage fu scagliato violentemente a terra, testa e collo si ruppero sprigionando un rumore terribile; ormai non c’era più nulla da fare per il disertore. Con la forza che le era rimasta in corpo  Narlees si avvicinò al suo angelo custode, voleva ringraziarlo per averle salvato la vita tuttavia, le parole di Gage sembravano aver fatto breccia nella mente di Eos che fece cenno di allontanarsi “Forse aveva ragione, se tu non mi avessi portato qui non sarebbe successo niente di tutto questo” sussurrò il demone bianco che per questo ricevette uno schiaffo in faccia dalla donna “Non permetterti mai di pensare certe cose, quel giorno io ho fatto la scelta più giusta della mia vita” la mano le faceva male ma era felice di avergli detto  quelle parole. Per la seconda volta da quando l’aveva conosciuta, Eos era rimasto spiazzato dalla reazione di Narlees; le prese dolcemente le mani tra le sue “Grazie”  le disse.

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Capitolo 25
*** Capitolo 24 ***


~~I corridoi puzzavano terribilmente di sangue umano, non gli ci era voluto molto per incontrare i primi demoni che stavano pasteggiando con i corpi di due scienziati, tanto sfigurati che non avrebbe potuto capire chi fossero “A quanto pare siamo infestati dai topi” esclamò Alec attirando l’attenzione dei due esseri “Io invece vedo il dessert” rispose invece uno dei due, avevano in faccia così tanto sangue da non percepire il reale odore di Alec “Perché non venite a prendervelo?” li invitò aprendo le braccia, già assaporava il piacere che avrebbe provato di lì a poco. I due demoni ingenui scattarono verso Alec, la bocca aperta e la lingua penzoloni, inconsapevoli di essere come mosche in una tela di ragno. La prima azione di Alec fu semplicemente quella di bloccare la corsa degli avversari, subito dopo ci fu l’assassinio : a uno ruppe il collo mentre all’altro cavò il cuore con la mano sinistra, avrebbe voluto leccarsi le dita ma si trattenne “Spero vi sia piaciuto, a me tantissimo” e si congedò.
Annusava l’aria ad ogni passo che faceva, uccidendo i demoni che incontrava nei modi più brutali, quanto avrebbe voluto che uno di loro fosse Keres ; tuttavia l’odore dei cadaveri gli rendeva difficile individuare la presenza del dottore “Dove diavolo sta?” pensava Alec ad ogni incrocio. Lo trovò in un corridoio vicino alle sue stanze, alla mercé di un demone fin troppo ben nutrito e con la coda mozza, una narice sporca e il labbro fortemente leporino “Lascialo in pace – urlò – non è roba per te”  “Chi sei tu? Non certo un umano” affermò la creatura nerboruta dopo aver dato una breve annusata, il suo naso era decisamente più sviluppato dei suoi compagni di prima “Vuoi controllare?” lo incoraggiò il ragazzo. Nonostante la mole il demone non aveva abbastanza intelligenza né abilità per sopraffare Alec, morì poco dopo per strangolamento con un idrante di emergenza “Mai badare alle apparenze” esclamò Alec soddisfatto “Grazie infinite ragazzo mio, ma come ci sei riuscito?” domandò il dottore, ancora ansimava per lo spavento “Se glielo dicessi, scapperebbe a gambe levate” “Allora sarà meglio rimandare ad un secondo momento, ho avuto abbastanza emozioni per oggi”.


“Dobbiamo uscire da qui” disse Eos cercando di evitare di scontrarsi con quanti più demoni possibili, desiderava vedere la donna che portava sulla spalle fuori da quell’edificio “Richard? Dove sarà?” domandò preoccupata Narlees guardandosi intorno “Ci sta pensando Alec, se lo trova in tempo sarà al sicuro”. Utilizzando il passaggio che gli aveva indicato Narlees, il duo arrivò alla terrazza che stava sopra a tutto l’edificio, il luogo dove Eos le aveva mostrato la sua reale identità “Qua sopra dovresti essere al sicuro” disse Eos, il suo naso non percepiva alcun odore nemico come i suoi occhi non vedevano nulla “Dovrei? Dovremmo, ci sei anche tu” ribatté Narlees, aveva intuito cosa si nascondesse nella frase del figliastro “Non posso restare qui, dentro ci sono ancora Keres e i suoi scagnozzi, se non torno a dare una mano faranno una carneficina” “Ma io non voglio restare sola – si aggrappò al braccio bianco del giovane demone - . La verità è che ho una grande paura che ti possa succedere qualcosa, so che sei forte ma prima quando ho visto quel grande demone alato di cui mi hai parlato io ho avuto un brutto presentimento” i suoi occhi erano lucidi. Eos le accarezzò il viso, stava per dirle qualche parola di incoraggiamento quando qualcuno gli afferrò il braccio sinistro e lo costrinse ad allontanarsi dalla donna che si era messa a gridare; la sola sensazione della pelle dell’avversario sulla sua bastò ad Eos per capire di chi si trattasse “Keres” aveva pronunciato quel nome con una certa riluttanza, le squame del demone alato gli stavano graffiando la pelle e Eos poteva sentire sul collo il suo alito fetido “Ti ricordi ancora di me? Eri così piccolo allora” la voce roca del demone sembrava invadere tutta l’aria circostante, per Eos fu come ritornare indietro fino al suo doloroso passato “Non è stato facile trovarti, ci sono riuscito solo oggi dopo anni” continuò Keres, mentre parlava teneva gli occhi fissi su Narlees come monito a non intervenire “Per forza, hai trovato l’allocco che ti ci ha portato. Perché sei qui?” domandò Eos cercando di non pensare al dolore della stretta di Keres, doveva trovare un modo per allentare la presa “Ti sei legato a degli umani, hai perso il senno. Però devo concedertelo, sei stato bravo a liberare tuo fratello anche se non ho ancora capito come hai fatto” “Avrò perso il senno, ma almeno sono ancora vivo” l’aria iniziava a mancare, Eos doveva fare in fretta “Traditore del tuo sangue” la stretta si fece più forte, le ali di Keres si aprirono verso l’alto rivelando anni di dure lotte che ne avevano rovinato la membrana  e molte cicatrici sulla parte ossea “Se pensi che mi sia rammollito così tanto da non farti resistenza – le gambe di Eos si flessero leggermente, stava caricando il colpo – , ti sbagli di grosso” una forte testata colpì Keres in fronte, non era fortissima ma bastò ad Eos per liberarsi della stretta. Finalmente erano l’uno di fronte all’altro, Keres era esaltato dalla situazione mentre la mente di Eos cercava di prevedere ogni possibile mossa dell’avversario, sapeva bene di essere fisicamente inferiore, ma Keres fece l’unica cosa che il giovane demone non si sarebbe mai aspettato.


Era rimasta nello stesso punto per tutto il tempo ad osservare la scena, Eos era riuscito a liberarsi dalla presa del demone rosso sangue di nome Keres ed ora si stavano studiando l’uno davanti all’altro. Si sarebbe aspettata che Keres si scagliasse contro Eos, che il suo figliastro avrebbe schivato il colpo e via dicendo, ma non fu così : dopo aver richiuso le ali, Keres si era scagliato contro di lei. Il cuore quasi le si fermò, le gambe lo erano già; fu costretta a vedere Eos trafitto dagli artigli del demone nel tentativo di proteggerla. Fu lei a gridare di dolore al posto di Eos  “Nooooooo” si inginocchiò e pianse un fiume di lacrime, non riusciva a far altro che guardare il ragazzo che si rialzava “Non farlo Eos” gridò ancora pur sapendo che le avrebbe disobbedito “L’ho già detto a quel cretino di Gage, non devi toccarla” nonostante le ferite la voce di Eos era ferma e sicura, la sua espressione era la stessa di quando aveva ucciso Gage. Ci fu uno scambio di colpi tra i due contendenti, i loro stili di combattimento erano differenti ma ugualmente efficaci finché Keres trafisse nuovamente Eos con gli artigli oltrepassandolo da parte a parte; il demone bianco cadde a terra spuntando sangue. Con un solo battito delle sue possenti ali, Keres si alzò e prese con sé Eos, ormai inerme “Lascialo andare” gridò disperata Narlees mentre  guardava il demone sporgersi oltre il bordo dell’edificio, si maledisse di aver parlato “Vuoi davvero che lo lasci? – mentre parlava Keres aumentava la distanza con il terreno – Ti accontento subito” le sue mani lasciarono le braccia di Eos il cui corpo, dopo un attimo in cui restò sospeso in aria, iniziò a cadere.

Il momento in cui Alec aprì la porta che dava sulla terrazza fu il più brutto che avesse mai potuto vivere: Keres  in aria oltre il bordo dell’edificio teneva tra le braccia il fratello svenuto. Il suo corpo si mosse appena gli occhi videro la presa di Keres allentarsi. Senza preoccuparsi di Colway, dietro di lui, tornò alla forma originaria e con uno scatto velocissimo riuscì a raggiungere Eos in tempo per prenderlo e aggrapparsi poi, con il braccio libero, al bordo della terrazza; Keres l’avrebbe pagata cara.

 

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Capitolo 26
*** Capitolo 25. ***


~~“Sempre a rovinarmi i piani” pensò Keres mentre, atterrando nuovamente sul cemento freddo della terrazza, osservava Alec portare in salvo il fratello e la donna umana soccorrerlo immediatamente per accertarsi che non avesse ferite gravi  “E’ da molto che non ci vediamo Alec, ti vedo in splendida forma” disse Keres al demone nero attirandone l’attenzione “Ecco il re dei topi, ti strapperei volentieri la faccia con le unghie” lo minacciò Alec, il suo viso trasudava odio e se avesse avuto il demone rosso più vicino avrebbe volentieri messo in atto la minaccia “Mi mancava la tua lingua biforcuta, non ho ancora avuto il piacere di constatare se sia vero oppure no. Perché non vieni e me la mostri?” lo provocò, non vedeva l’ora di dargli una bella lezione alla vecchia  maniera “Credi che sia così scemo? Perché piuttosto non vieni tu qui?” rispose Alec, non sarebbe caduto in un tranello simile. Sicuro del suo successo, Keres scattò in avanti verso il giovane demone con l’intenzione di sferrargli un pugno dritto in bocca per fargli sparire quel sorrisino dalla faccia. Rimase di stucco quando Alec riuscì a bloccare il suo assalto con il braccio sinistro, tanto che non riuscì a far a meno di abbassare il torace dopo aver ricevuto una gomitata in mezzo all’attaccatura delle ali per subire infine una ginocchiata talmente forte da spaccargli il setto nasale “Maledetta serpe” urlò indietreggiando, l’area attorno al naso era violacea e già sporca di sangue “Avrei dovuto ucciderti quel giorno in cella e prendermi tuo fratello con la forza” continuò a gridare.

Udendo quelle parole  Alec intuì subito di essersi cacciato in un brutto guaio e si preparò ad un secondo attacco che non riuscì a bloccare, tanta era la furia di Keres. Sentì le sue unghie impiantarsi sulle sue spalle, il suo corpo sollevarsi in aria e poi toccare di nuovo terra; Keres lo aveva scagliato con tanta forza che il mondo di Alec restò sottosopra per qualche istante “Oh poverino, il cucciolo non sta bene. Devo chiamare la mamma ora che il fratellone non può venire a salvarti?” ironizzò il demone alato, stava impersonando il gatto che gioca con il topo prima di mangiarselo “Fottiti e chiudi quella bocca, il tuo alito puzza di merda” fu la risposta di Alec, era in inferiorità fisica ma avrebbe risposto ad ogni offesa con una ancora più grossa “Continua pure, ti faccio passare io la voglia di dare aria alla lingua” le dita di Keres fremevano, con il prossimo colpo lo avrebbe definitivamente messo k.o. . Nella nebbia che ancora copriva i suoi occhi, Alec non riuscì a vedere il demone rosso caricare l’attacco e  poté solo sentire il braccio di Keres impattare sulla sua gola togliendogli il respiro, la caduta che ne conseguì fu il suo canto del cigno. Le sue orecchie fischiavano come se fosse circondato da uno sciame di api, il suo corpo non si muoveva. Vide Keres portar via Narlees sottobraccio come si fa con un sacco “Maledetto bastardo” rantolò mentre cercava di riprendere a respirare normalmente.

Colway aveva assistito alla scena nascosto nel buio del corridoio, la porta era rimasta aperta, gli era quasi venuto un infarto quando assistette alla trasformazione di Alec “Incredibile” le sue dita tremavano. Avrebbe voluto salvare la sua amica  ma la paura lo aveva tenuta bloccato, fu il lamento di Alec a scuoterlo dal suo torpore “Devo andare da lui” i muscoli ricominciarono a muoversi e con pochi passi il dottore fu a fianco ad Alec “Fermo ragazzo, hai una brutta ferita” affermò il dottore dopo aver esaminato le ferite alla spalle, necessitava di punti “Pensi prima a mio fratello, è messo peggio di messo” disse il ragazzo-demone alzandosi, la spalla gli doleva terribilmente e l’aria faticava ancora ad entrare nei polmoni ma doveva stringere i denti. Sul corpo di Eos stavano comparendo gli ematomi dei colpi subiti, anche il suo respiro era affaticato “Ti hanno trattato male eh?” sussurrò Alec mentre il dottore prestava il primo soccorso, naturalmente Eos non rispose “Possiamo muoverlo, ma con molta attenzione” affermò Colway, era sollevato e preoccupato a un tempo.

Le dita del dottore tremavano mentre con maestria cuciva le ferite sulle spalle di Alec, credeva di aver visto tutto nella sua carriera ma solo adesso poteva affermarlo con certezza. Era stata dura ma alla fine era riuscito a convincere Alec, il demone dalla pelle nera, a farsi curare una volta curate le ferite di Eos che ancora era in stato di incoscienza sul letto dell’infermeria “Le faccio paura dottore? Sono sempre io, o preferisce forse che mi faccia vedere da umano?” disse Alec, non era un medico ma sapeva intuire la paura in chi aveva accanto “No ragazzo mio, non ce n’è alcun bisogno” rispose Colway cercando di trattenere la tensione, ma in un attimo la pelle di Alec era diventata rosata e il suo viso quello che aveva imparato a conoscere “Mi dispiace, capirai che per me è una situazione strana” tentò di scusarsi, come risposta ricevette un sorriso  “Mi piacerebbe sapere perché quel… demone, fosse così interessato a tuo fratello” domandò cambiando argomento, era l’occasione perfetta per fare veramente conoscenza “Penso che sia perché mio fratello è una Furia ” rispose il ragazzo, era diventato più cupo “Cosa sarebbe esattamente?” “Le nostre leggende narrano di demoni che in presenza di un grande pericolo riuscivano a sprigionare una grande forza fisica e spirituale” “Nel senso di magia?”  “Una cosa del genere. In tutta la nostra storia ci sono state pochissime Furie, ma forse è  meglio così” “Come mai?” “Erano tanto forti quanto incontrollabili, e rispondevano unicamente al loro istinto di sopravvivenza” “E’ mai successo che Eos mostrasse questa sua…peculiarità?” il dottore aveva appena messo l’ultimo punto “Solo una volta, il giorno in cui sono stato sigillato” Colway attese in silenzio che il ragazzo continuasse “Sebbene fossi già stato confinato avevo ancora percezione di ciò che mi circondava, iniziai a vedere e sentire il mondo attraverso il corpo di mio fratello. La sua rabbia era inarrestabile come un fiume in piena, il suo cuore rimbombava nelle mie orecchie come il passo di un gigante e poi…” si fermò un instante “Cosa accade?” il dottore non si astenne “Vidi il mostro dentro di lui distorcerne il corpo, non era poi così terribile perché era come se fosse cresciuto di anni in pochi secondi e i suoi glifi si erano illuminati, ma è stato ugualmente terribile perché non riconoscevo più in lui mio fratello.  Per me poi ci fu il nulla, lasciai il modo dei vivi con la promessa che se mai fossi tornato l’avrei fatta pagare a Keres, che sarei stato io a proteggere Eos ma non è stato così” il suo viso si fece ancora più cupo “Allora le tue scenette sono solo una maschera” sogghignò il dottore, aveva capito il suo gioco fin da subito “Non del tutto, sono impulsivo e adoro la caccia, ma non avrei mai ucciso Gage” “Ah si, Narlees mi aveva accennato qualcosa. Non sentirti in colpa, anche tuo fratello lo ha strapazzato per bene da piccolo” un mugolio destò l’attenzione dei due, Eos stava riprendendo conoscenza “Ben svegliato Eos” disse Colway “Narlees, dov’è?” esclamò invece Eos alzandosi di scatto, il suo gesto gli provocò un forte giramento di testa “Con calma, hai ricevuto in brutto colpo” lo intimò il dottore invitandolo a sdraiarsi “Narlees” ripeté il ragazzo mentre i suoi occhi esploravano la selva di puntini neri in cerca di una via d’uscita “Keres l’ha rapita” rispose secco Alec “Mi dispiace dottore, avrei voluto proteggerla meglio” si scusò Eos “Non avresti potuto fare di più, come Alec. Sono certo che non la ucciderà, lui vuole te e lei è solo un’esca” “Lei crede?” “Lo penso e posso ripeterlo all’infinito” il dottore mise l’ago nella macchina sterilizzante e ripose con cura gli strumenti “Devo andare a riprenderla, subito” il tentativo di Eos di alzarsi venne nuovamente impedito da un giramento di testa “Prima devi riposarti e riprenderti o servirai a ben poco” si oppose nuovamente il dottore “Tanto prima dobbiamo scoprire dove l’hanno portata, non possiamo girare a casaccio” disse Alec, la delusione si dipinse sul volto di Eos “Giusto, maledizione”  “In realtà una possibilità c’è – intervenì Colway monopolizzando su di se gli occhi dei ragazzi - . Alcune guardie hanno trovato un demone ancora vivo e lo hanno messo nella cella frigorifera” “Andrò personalmente a fargli una visita” esclamò  Alec, sul suo volto era tornata l’espressione del demone.

Davanti alla cella frigorifera c’erano circa una decina di persone, tutte intente a guardare lo strano essere dall’oblò ma non osavano guardare per più di dieci secondi “Fatemi passare” esclamò forte Alec, il gruppo di spettatori si divise in due file senza chiedere nulla “Deve fare delle domande al nostro insolito ospite” intervenne Colway con gran tranquillità rispondendo alle espressioni interrogative dei colleghi, fu anche l’unico a restare davanti all’oblò dopo che il ragazzo ebbe oltrepassato la porta.


“Hanno abbassato ancora di più la temperatura” pensò Alec una volta dentro alla cella, brividi di freddo fecero intirizzire i peli sulle sue braccia mentre gli occhi erano fissi sull’essere in fondo alla cella “Dove l’hanno portata?” domandò secco. Non ricevendo risposta, il giovane prese di peso il demone e gli fece sbattere violentemente la testa contro il muro una, due, tre volte “Dov’è?” ripeté più forte mescolando la propria voce umana a quella reale, non gli importava se fuori avrebbero sentito “Chi?” chiese l’essere rialzandosi da terra “La donna, dove la nascondete?” Alec diede un calcio allo stomaco del demone facendolo stramazzare nuovamente a terra “Chi diavolo sei tu? Non certo un umano” la creatura sputò sangue nero, cercò di rialzarsi ma Alec lo bloccò mettendo il piede sulla sua schiena “Bravo, io non sono come quelle larve là fuori” la voce umana era del tutto sparita lasciando il posto a quella da demone che era molto inquietante, ciò che il demone vide quando alzò lo sguardo fu una figura nera “Se tu non mi rispondi – continuò il ragazzo – io ti asporto gli organi uno ad uno, non sto scherzando” “Te lo dirò, tu però tieni le unghie a posto” la paura si era completamente impossessata del demone.


Nel frattempo, il gruppo di uomini che era rimasto fuori si era allontanato ancora di più dalla porta per il timore di veder uscire quella strana creatura con la testa di Alec tra le fauci. Fu proprio il ragazzo ad aprire la porta, le sue mani erano intrise di sangue scuro “Ho dovuto ucciderlo – disse a tutti Alec – mi ha aggredito” e si incamminò a passo svelto con il dottore al passo; chi invece entrò nella cella vide quella creatura orribilmente torturata e i suoi organi interni asportati, si poteva vederne la colonna vertebrale. La dimostrazione di quanto possa essere crudele un demone in cerca di vendetta.

 

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Capitolo 27
*** Capitolo 26 ***


~~Là sotto la luce era fornita unicamente dalle torce incastonate nella nuda roccia, la loro fiamma non bastava ad illuminare i cunicoli fino alla luce successiva ma per gli occhi di un demone bastava a penetrare il buio che vi dominava. Narlees non poteva far altro che seguire il suo carceriere, anche se avesse provato a scappare si sarebbe di certo perduta in quei tunnel e non ne sarebbe più uscita viva. In quel percorso scosceso che le faceva dolere terribilmente i piedi e su cui aveva rischiato più volte di cadere, Narlees poteva sentire le grida che provenivano dal fondo dei cunicoli laterali senza capire a chi o cosa appartenessero “Ti fanno paura?” le chiese il demone rosso, la sua voce roca sembrava ancora più inquietante dentro quella caverna e ad ogni suo respiro sentiva i brividi che dai piedi le risalivano su fino ai capelli “Non mi spavento per così poco, ho sentito e visto cose bene peggiori” gli rispose cercando di fare la baldanzosa “Come il nostro Segugio, sarà stato insolito per te” stava sogghignando “E’ stato interessante, fargli l’autopsia” “Avrai notato la cicatrice che l’animale aveva vicino all’orecchio” “ Veramente no” rispose cercando di fare l’indifferente, in realtà aveva notato quel brutto sfregio ma dopo aver conosciuto il padrone era stato immediato per lei collegarlo a dei maltrattamenti “Un regalo di Eos la notte in cui lui e Alec scapparono, pensavano di farla franca ma l’odore della sua mano è stato fondamentale per rintracciarli” rideva nel ricordare il momento in cui li aveva riportati al castello “Perché loro?” fu la domanda secca della donna, aveva anche fermato il suo passo “Mi servivano per i miei scopi, la nostra razza si è annichilita con quest’assurda idea di vivere nell’ombra. Io volevo creare una razza superiore che non potesse essere sconfitta da nessuno” si era girato verso di lei, il suo alito puzzava terribilmente “Questa mi pare di averla già sentita” “Immagino che tu non sappia cosa sia una Furia, vero?” la sua domanda la lasciò spiazzata, non conosceva la risposta “Demoni la cui abilità gli consente di sprigionare una forza e una ferocia incredibile, si contano sulla punta delle dita e sono state pochissime nella nostra storia. Io volevo riportarle in vita, tutte quante, però è molto difficile se il corpo del nuovo portatore non è adatto a contenere l’anima” “Arriva al dunque” nella mente di Narlees erano tornate in mente le parole che gli aveva detto Eos il giorno in cui si era rivelato “Eos e Alec sarebbero state le mie prime vittime, erano corpi giovani e per giunta promettevano di essere ottimi guerrieri, ma quella notte Eos si rivelò per quello che era veramente: uccise tutti i sacerdoti e molti dei miei uomini  da solo e poi scappò. Ne rimasi estasiato quando lo vidi e lo lasciai andare pensando che forse avrei trovato altri come lui, ma quello fu uno stupido errore come quello che feci quando lasciai Alec in cella senza sorveglianza” “Per me questa è solo una scusa, dì piuttosto che non sei in grado di fare quello che dici e che vorresti Eos perché è già bello e pronto” la donna stava rischiando molto nel fare questa affermazione, per fortuna Keres si fece una bella risata “Mi piace questa insolenza, sei molto più simpatica di quell’altro umano” “Pensavo ti piacessero i traditori, comunque Eos lo ha ucciso”. Finalmente arrivarono al centro di quel labirinto di roccia, un gigantesco spazio rotondo con un alto soffitto dove si erano riuniti tutti i demoni di cui Keres ancora disponeva, non ne erano rimasti poi così tanti dopo l’agguato al laboratorio “I tuoi figliastri hanno decimato le mie truppe, ma basterò io a cancellarli da questo mondo” anche se le parole del demone rosso erano minacciose, Narlees si sentì orgogliosa di Eos e Ale, in qualche modo avevano inflitto un duro colpo al nemico “Sono certo che non ci metteranno molto a trovarmi” continuò Keres che poi condusse la donna in un’altra ala del labirinto, quella dedicata alle prigioni, e là lasciò la donna sotto la custodia di due sottoposti puzzolenti e forse nemmeno troppo intelligenti.


Per Keres i corridoi erano improvvisamente diventati vuoti, nonostante i suoi sottoposti lo affiancassero nel suo cammino, pensava solamente a chi sarebbe presto arrivato e non vedeva l’ora. Da anni aspettava questo momento, il suo corpo fremeva come non mai , e là sul suo trono imperava la falce con cui avrebbe tagliato la testa di Alec; quanto a Eos ci avrebbe pensato in seguito anche se sapeva già che se non ci fosse stata speranza di averlo tra le sue fila avrebbe dovuto ucciderlo e sperare di riuscire in una resurrezione con il suo corpo, l’ultima carta nelle sue mani. La rabbia iniziò a farsi largo nella mente del demone alato, presto sarebbe esplosa.
“L’ho sempre detto che lui mancava di fantasia” disse Alec appena misero piede nel luogo dove il demone, che ora giaceva morto in una cella frigorifera, aveva detto loro: il castello, dove era cominciato tutto. Dall’esterno non era cambiato praticamente nulla, tranne che le finestre erano state sigillate con delle pietre, ma forse all’interno qualcosa era diverso da come lo avevano visto l’ultima volta “Sarà meglio dividerci, io cerco Keres e tu pensa a Narlees; probabilmente sarà nei sotterranei” ordinò Eos, non avrebbe ammesso repliche e il fratello lo sapeva “La troverò seguendone l’odore, tu piuttosto sta attento” era la prima volta che Alec raccomandava al fratello di fare attenzione, conosceva il suo carattere  e anche se non lo diceva aveva paura che Eos agisse in modo troppo impulsivo. Entrarono insieme dalla grande porta, ormai quasi caduta, e poi si divisero quasi immediatamente: Eos salì le grandi scalinate seguendo l’odore di Keres, mentre Alec rimase ancora un attimo al piano terra in cerca di Narlees.


Nonostante i sotterranei puzzassero più di una fogna, Alec riuscì a percepire l’odore del profumo di Narlees: un leggero bouquet di fiori, tipico per una donna, lo aveva condotto fino alla scalinata che portava ai sotterranei e da lì fino alle celle, situate in uno dei lunghi e numerosi tunnel. L’odore dei fluidi corporei dei demoni pungeva il suo naso come una miriade di spilli, eppure i suoi occhi videro solo i due demoni a guardia dell’unica cella occupata “Maledizione, stanno tutti aspettando Eos: devo sbrigarmi” pensò Alec che, facendosi giocoforza del colore della sua pelle da demone, si avvicinò sfruttando le molte zone d’ombra; non vedeva l’ora di cominciare a giocare. Nel buio di quei sotterranei dove l’unica fonte di luce era data da poche, piccole fiaccole, l’angelo nero arrivò in soccorso della donna: uccise senza pietà i due carcerieri maleodoranti, non chiese scusa per il caos, e aprì la porta con molta galanteria “Avevo detto loro che avrebbero fatto una brutta fine, ma non mi hanno dato retta” scherzò Narlees. La luce fioca donava ad Alec un aspetto inquietante, la donna era sicura che se fosse stata la prima volta in cui lo avesse visto sarebbe scappata a gambe levate “Ora se ne pentiranno all’altro mondo - rispose Alec - . Devo portarti fuori di qui e poi dare una mano ad Eos”  “Saltiamo la fase 1 e andiamo da Eos” ribatté la donna incamminandosi verso la direzione da cui era provenuto Alec “Sarebbe inutile provare a farla ragionare, tanto quella è più testarda di Eos” pensò il demone nero portandosi immediatamente al fianco della dottoressa. Ad ogni passo che facevano, Alec sondava i dintorni aiutandosi con le orecchie e il naso, a quanto pare di demoni nemmeno l’ombra “Hai visto molti demoni qui?” domandò a Narlees mantenendo un tono di voce basso “Non troppi” rispose lei, poi si ricordò di quello che le aveva detto prima Keres “Devo dirti una cosa: prima Keres….” le sue labbra vennero bloccate dalle lunghe dita fredde del suo angelo custode, dei demoni stavano facendo il turno di guardia ed erano belli grossi  “Finalmente si cominciano a vedere, stavo iniziando a preoccuparmi” sussurrò Alec. Narlees ammirava la freddezza del giovane demone, il suo respiro era calmo e sembrava che non avrebbe cercato di evitare quei demoni molto robusti dalla pelle verdastra, reazione del tutto diversa da quella di Eos “Cosa facciamo?” domanda inutile “Tu resti qui e io mi occupo di loro” fu la semplice risposta.

Narlees vide Alec dirigersi sicuro verso i due guardiani “Farà finta di essere uno del seguito di Keres per mandarli da qualche altra parte” pensò lei, era la cosa più logica. Quello che fece il demone nero fu tutt’altra cosa: colpì in pieno volto quello che dei due era il più grosso iniziando immediatamente un combattimento a tre. Era molto preoccupata perché Alec era fisicamente inferiore sia per altezza, lei non lo avrebbe mai detto, che per grossezza; ebbe quasi l’impulso di intervenire quando vide una delle due creature prenderlo alla gola con il braccio flaccido mentre l’altro lo colpiva allo stomaco “No” urlò nella propria mente, ma Alec non era tipo da sottovalutare: con la coda prese a sua volta il demone alla gola e quando quello iniziò a ritrarre il viso piantò una delle sue corna dritto al centro degli occhi “Aaaargh” fu l’ultima cosa che disse prima di cadere a terra con un grande tonfo. Quello che aveva fatto Alec aveva sorpreso l’altro guardiano che esitò qualche istante incerto sul da farsi dando così tempo al demone nero di riprendere fiato “Non stare fermo lì, ne ho anche per te” lo provocò tra un respiro e l’altro. Sfortunatamente, a causa del buio, Alec non aveva visto il fodero che cadeva parallelo sulla gamba del demone verde il quale ne estrasse una spada “Merda” pensò il demone nero ma non si fece distrarre troppo: dopo aver schivato il primo colpo piegandosi all’indietro con la schiena, lasciò che la lama trafiggesse la sua mano destra e con un colpo secco usò le unghie per bucargli la trachea; il guardiano morì nel proprio sangue tra rumori gutturali.


Scale, scale, e ancora scalini. Tortuose scale a chiocciola che salivano su nel buio impenetrabile di quelle mura, se ci fosse stata anche solo una flebile luce Eos sarebbe sembrato un fantasma agli occhi degli altri, e come tale si stava muovendo indisturbato: sapeva che lo stavano aspettando. Finalmente l’oscurità terminò e si ritrovò in un’ampia sala, l’unica ad avere delle finestre, ma la folla di cadaveri e il loro sangue ricopriva il pavimento in pietra. L’unico essere ancora in vita era il demone rosso seduto sul trono, anch’esso in pietra : Keres aveva ucciso quelli che erano rimasti del suo seguito in un impeto di rabbia. Su una cosa aveva ragione Narlees, l’unico reale oggetto del desiderio di Keres era Eos, la su abilità innata e quello che rappresentava; adesso che ogni speranza di riuscita era vana l’unico modo  per poter realizzare quel sogno era uccidere lui e cercare di riportare al mondo dei vivi l’anima di un’altra Furia, ma questo il demone rosso non lo sopportava perché voleva solo lui. “Qual è la logica di questa follia?” domandò Eos, non riusciva a comprendere l’insano gesto del demone seduto su quel trono di pietra e che stringeva a se la falce con cui anni prima il giovane demone aveva ucciso il sacerdote “Tu – lo indicò con l’arma – solamente tu e ciò che sei” digrignò tra i denti Keres, poi si alzò e continuò a parlare “I miei occhi conoscono la tua reale natura, e penso che lo sappia anche tu: è stato tuo nonno a parlartene” si era calmato anche se solo in apparenza, sembrava che la sua mente ora vagasse tra la ragione e la pazzia, non era lo stesso con cui si era scontrato nell’edificio. Eos aveva compreso che Keres si stava riferendo a quello che era successo il giorno in cui Alec venne sigillato, ma suo nonno non gli aveva mai detto nulla a proposito “Ti sbagli, lui non mi ha detto nulla. Non so a cosa ti stai riferendo” fu infatti la sua risposta.


Keres meditò qualche istante su quell’ultima affermazione ritornando con i ricordi a quel giorno lontano in cui aveva udito il vecchio parlare a uno dei nipoti e rivelare il tutto in gran segreto: in effetti lui non aveva visto che era Eos l’interlocutore perché le finestre erano coperte da una trave di legno e scostarla sarebbe equivalso a farsi scoprire; ora che ci pensava meglio le voci dei due fratelli erano molto simili quando erano piccoli e poteva esserci la possibilità che il vecchio avesse detto la verità ad Alec e non ad Eos, come pensava. Scoperto il malinteso ritornò al presente, allargò le braccia e disse “Forse si, non eri tu quel giorno: devo essermi confuso con tuo fratello. Però visto che ci siamo te lo dico io, tu – lo indicò col dito – sei una Furia”.

Improvvisamente per Eos tutto ebbe senso, non gli era necessario chiedere altro “Allora sarà meglio che la finiamo qui” una frase ad effetto che Keres non colse immediatamente “Cosa intendi dire?” domandò “Conosco le tue intenzioni, ricordo cosa mi hai chiesto quel giorno: la risposta è sempre no. Fatti fottere” la determinazione nei suoi occhi diceva tutto “Se è così hai ragione, finiremo qui”. Con un balzo Keres si alzò in volo dispiegando le sue grandi ali e, rasentando il soffitto, coprì la distanza tra se ed Eos per poi planare dritto su di lui che schivò l’attacco nell’ultimo momento utile. Sapeva benissimo che Keres aveva anni di esperienza in più che gli davano un enorme vantaggio, ma Eos aveva dalla sua l’agilità del suo corpo che era anche molto più leggero in quanto sprovvisto di ali e riusciva a starci dietro cogliendo anche occasioni importanti per mettere a segno dei colpi. Tuttavia non si accorse che poco dopo arrivarono anche Alec e Narlees, li aveva dietro alle spalle e l’odore dei morti copriva il loro; Keres invece li aveva davanti agli occhi e colse l’opportunità per stuzzicare Eos lanciandogli la falce contro di loro. Il colpo era controllato, ma per salvare Narlees il demone nero venne ferito in piena spalla “Ah” si lamentò e con un espressione di stizza sfilò la punta dalla propria carne. Quel gesto era una chiara minaccia alle persone che Eos voleva proteggere e questo lui non poteva sopportarlo. Bastò quel solo gesto, un unico attacco andato quasi a vuoto per riaccendere qualcosa che da tempo si era assopito nel demone bianco.


Chi era in quella sala vide i glifi sulla pelle di Eos accendersi come se sotto vi fosse stata della lava e gli aloni neri attorno agli occhi sembrarono espandersi “Ecco, è questo ciò che sei veramente Eos. Non negare te stesso” esclamò emozionato Keres, i suoi occhi brillavano di pura luce “Zitto, non parlo con chi sta per morire” disse Eos con una voce gutturale, adesso faceva veramente paura. Lo scontro prese presto una piega tutta diversa: se prima il demone bianco poteva solo cogliere pochi momenti per colpire Keres, adesso era il demone rosso che faticava a tenergli testa e ogni volta che il colpo andava a segno faceva molto più male di prima, se non avesse trovato una soluzione sarebbe stato spacciato.

 

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Capitolo 28
*** Capitolo 27. ***


~~Erano anni che Keres non provava una simile sensazione: il giovane demone lo stava mettendo con le spalle al muro eppure l’adrenalina che gli scorreva nel corpo non era dovuta alla paura, piuttosto al piacere nell’avere davanti un simile gioiello. Lo faceva sbattere contro il soffitto e il pavimento ma non gli importava, quanto avrebbe voluto che fosse suo, sarebbe stato il suo migliore trofeo. Compreso fin da subito che un semplice corpo a corpo sarebbe stato inutile contro una creatura simile dovette escogitare qualcosa per indurlo ad abbassare la guardia e sferrargli un colpo mortale. Lo scintillio del coltello di uno dei demoni che aveva ucciso prima colse la sua attenzione: si fece gettare da Eos vicino a quel corpo ed estrasse velocemente i due pugnali dal fodero che li custodiva.
Come aveva già fatto prima, Keres scagliò la sua arma, solo una delle due, contro Narlees che nel frattempo si stava occupando della spalla di Alec; lei non si sarebbe mai accorta di nulla e forse il demone nero avrebbe fatto fatica ad intercettare il pugnale. Non lo avrebbe mai saputo: fu Eos ad intercettare e bloccare l’arma a poco più di metà percorso, l’occasione perfetta. Il demone rosso corse verso il demone bianco, momentaneamente concentrato ad osservare i suoi protetti, e con tutta la forza che aveva nel braccio usò l’altro pugnale che aveva raccolto e lo colpì al polmone sinistro trafiggendolo obliquamente dal basso verso l’alto, l ’urlo che uscì dalla gola del demone bianco fu lacerante e straziante al tempo stesso.

Con un piccolo sforzo Alec corse verso il fratello, senza volerlo aveva portato la falce con se; non poteva estrarre il pugnale dal corpo del fratello o avrebbe peggiorato la situazione “Lascia che pensi io a Keres” lo supplicò “No, lui è compito mio – guardò la falce – però tu devi fare una cosa per me”. Eos si alzò, il fiato cominciava a mancargli ma voleva portare fino in fondo ciò che aveva iniziato. Si incamminò lentamente verso Keres, ormai trionfante, e quando furono a pochi passi il demone bianco si fece lanciare dal fratello la falce e con essa staccò la testa a Keres, infine lanciò i pezzi fuori dalla finestra. Era finita.


Purtroppo la ferita inferta ad Eos da Keres era mortale e il demone bianco ne stava risentendo gli effetti. Cadde a terra ansimante tornando allo stato normale. Alec accorse subito e posò la testa del fratello sulle proprie ginocchia ma non riusciva a dire niente tanto era scioccato e così era Narlees che lentamente si era avvicinata ai due. Solo le lacrime che rigavano le guance di Alec riuscivano ad esprimere cosa stesse provando “Hai visto che mi hai fatto?” domandò irato il demone nero, non aveva mai pianto in vita sua; Eos non rispose, riusciva appena a respirare.


Nella sala si fece improvvisamente molto freddo, tanto che i vetri si congelarono e si incrinarono, e Alec strinse a se il fratello con un riflesso condizionato (sapeva chi stava arrivando) “Non avrei mai pensato di vederti piangere, Alec” la voce della Morte precedette la sua comparsa in una nube nerastra “Che vuoi tu? Vattene” gridò terrorizzato Alec, per la prima volta in prima sua “Tuo fratello sta per morire, devo adempiere al mio compito” rispose l’essere “Non è vero, si salverà” la voce tremava “Se c’è un modo per salvarlo – intervenì Narlees – ti  prego fallo” non avrebbe mai pensato di poter parlare con la Morte in persona “Un umana che implora per un demone, devi voler molto bene a questi due – la donna annuì - . In verità esiste ma mi serve una cosa che Alec mi diede anni fa” rispose l’essere, non serviva che dicesse quale fosse l’oggetto in questione “Il frammento della mia anima, ma perché?” chiese Alec “Scambierò quel frammento della tua anima con uno di quella di tuo fratello, in questo modo si salverà ma dovrai accettare le conseguenze” “Mi basta saperlo vivo, il resto non conta” “Bene allora”. Un piccolo globo uscì dal corpo di Alec e si inserì in quello di Eos, accadde poi la stessa cosa ma al contrario.


Il coltello scomparì, la ferita si richiuse, ed Eos reagì prendendo un respiro profondo tra la gioia degli astanti “Bene, posso andare ora” disse la Morte “Aspetta – la voce di Eos la trattenne – perché Keres ha ucciso i suoi? E’ davvero colpa mia?” “Si e no – tenne le spalle girate- . Lui avrebbe voluto ucciderti per riportare in questo mondo l’anima di una Furia già morta ma io gliel’ho vietato, aveva già fatto troppi tentativi falliti per avere altre possibilità; questo sarà stato il suo sfogo” e sparì inseguita dalla voce di Eos “Aspetta”.


 Quando uscirono dal castello trovarono Colway ad aspettarli, li aveva seguiti a distanza con un elicottero “Tutto a posto ragazzi?” domandò il dottore “Si, andiamo a casa” disse Eos “Cosa farete ora?” domandò Narlees al ragazzo temendo la risposta, Alec e il dottore erano già saliti “Non lo so, forse ce ne andremo” “Oppure potreste restare  con me” “ Mi piacerebbe ma cosa dirà Alec? Non voglio separarmi da lui” “Io penso che resterebbe, è rimasto una volta e lo farà ancora”.

 

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