Disney fever

di Tiger_Lily90
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


I personaggi di supernatural non mi appartengono, non scrivo a scopo di lucro.

Disney fever

 
Ciao a tutti. Ho iniziato lo scorso inverno a guardare Supernatural e in due mesi ho "divorato" nove stagioni del telefilm. Mi è piaciuto da impazzire!! Cosi ho iniziato a leggere tutte le vostre bellissime Fan Fiction e ho pensato di buttare giù un'idea balenata per caso una sera. Ho deciso di unirlo ad una mia grande passione: la Disney. Cosi è nata questa piccola storia che verrà divisa in soli due capitoli. Perdonatemi se lo stile non è perfetto o se troverete qualche errore grammaticale, nonostante l'abbia riletta più volte alcuni sfuggono sempre.
E nulla, volevo chiedervi un sincero parere per una che è alle prime armi ed una recensione sarebbe davvero confortante per la mia autostima sotto i piedi. Se ho deciso di pubblicarla dopo mesi è solo grazie a heavensent (love bambina). Buona lettura e fatemi sapere che ne pensate :) Permettetemi prima una brevissima dedica:
"Al mio personale Sole quotidiano" 

 
 
-Maledizione! Maledizione a te e alle tue manie dei parchi di divertimento Sam!!- Dean si reggeva con entrambe le mani ai braccioli della poltroncina dell’aereo. Da quando era avvenuto il decollo non aveva mai lasciato la presa restando immobile sprofondato nel sedile con gli occhi chiusi. Gli apriva di tanto in tanto solo per voltarsi velocemente verso il fratello, lanciargli qualche insulto e riprendere con una strana respirazione zen che, a detta sua, aiutava a calmare gli influssi negativi.                 
-Senti Dean, prima di tutto smettila di fare questi versi da bonzo, ci guardano tutti e mi metti in imbarazzo. Secondo, lo sai che siamo sopra un aereo per lavoro! Hai preso venti e dico VENTI gocce di sonnifero che ti hanno fatto dormire per dieci ore filate, ne manca solo una all’atterraggio, anzi 45 minuti per la precisione. Cerca di rilassarti- Sam sonnecchiava con la testa appoggiata all’oblò del velivolo, guardava annoiato lo stesso panorama che a causa dell’alta quota non cambiava mai: nuvole nuvole nuvole.
 -Informiamo i signori passeggeri che sono in atto le manovre di discesa, si prega di restare seduti nei proprio posti con le cinture allacciate. Tra circa 30 minuti atterreremo all’aereoporto francese “Charles de Gaulle” – La vocina metallica dell’hostess fece innervosire ulteriormente Dean che, al primo segno di discesa dovette prendere un sacchetto di carta dove respirare, per evitare di andare in iperventilazione.
 
Un grande gruppo di bambini allegri e scalpitanti invasero con le loro famiglie l’inconfondibile bus laccato di rosso su cui si allungava la scritta “Disneyland” in bianco.                                                               
 -Sammy.... ripetimi perchè siamo qui. Ripetimi perchè abbiamo lasciato l’America ma sopratutto Baby in garage da Bobby, volato per undici ore, seduto su un enorme coso che si muove pieno di marmocchi agitati. Perchè?! Perchè non si possono occupare di questo caso i nostri colleghi cacciatori francesi?-
-Lo sai perchè. Ne abbiamo discusso mille volte. Ci sono state una decina di persone morte all’interno del parco di divertimenti “Walt Disney World” ad Orlando e dopo l’ultimo spiacevole episodio, il focolaio sembra essersi spostato nel parco di Parigi, “Disneyland Paris” appunto. Abbiamo pensato al fantasma di un’anima arrabbiata e dobbiamo scoprire come fermare le stragi prima che si propaghi anche negli altri parchi del mondo. Ti ricordi che poi abbiamo... Dean... Dean?!-
Il maggiore fissava un bambino che si sporgeva in piedi nel sedile davanti a lui puntandogli il laser di un giocattolo.                                                                                                                                                  
 -Buzz Lightyear ti sconfiggerà, cattivissimo imperatore Zurg!!-il piccolo premeva ripetutamente il pulsante del laser alternato da rumori di combattimento che faceva con la bocca.                                                              
-Ehi marmocchio non mi chiamo Zurg!! Sono Dean io!!- si indicò con il dito – questi bambini sono figli del diavolo per caso?- guardò Sam stupito.                                                                                                
 La madre del bambino, seduta affianco si voltò regalando uno sguardo di fuoco ai due fratelli.               
-Smettila ma che ti prende? Per fortuna siamo arrivati, sei strano oggi. Siamo scesi dall’aereo, i tuoi capricci non hanno più senso... ora basta.- Sam si alzò lasciandolo indietro e scendendo dal bus andò a prendere i bagagli.
Entrarono insieme nel fiabesco hotel rosa che delimitava l’ingresso al parco. Un odore dolciastro, come di caramella e pulito insieme aleggiava nell’aria. Tutto era tirato a lucido e curato nei minimo dettagli. Al centro della hall c’era una enorme scalinata bianca foderata con della moquette che portava ai piani superiori dell’albergo. I divanetti beige erano sparpagliati intorno ad una grossa teca di vetro che conteneva una statua di Topolino interamente fatto di Swarovski che riprendevano i suoi colori classici. In un primo momento i due fratelli rimasero incantati davanti all’enorme sfarzo di quel posto incantato, peccato che il momento romantico fu interrotto da un bimbo che correndo scontrò contro Dean con un enorme lecca lecca che macchiò il giaccone in pelle.                                                 
Sam trattenne una risata portandosi una mano alla bocca: -Vado a fare la fila per la camera. Non ti arrabbiare, siamo in un posto creato appositamente per i bambini, è normale che qualcuno sia un po più vivace degli altri-  diede una pacca sulla spalla al fratello prima di lasciarlo solo a sussurrare parole irripetibili. 
Una volta fatto il check-in imboccarono le scale, Dean si reggeva al passamano con le gambe tremolanti, fece appena tre scalini quando si fermò sbottando:- Ti aspetto qui ok? Non mi va di fare le scale e arrivare ai piani alti, soffro di vertigini-                                           
 -E da quando? Se vuoi prendiamo l’ascensore se proprio non ti va di fare le scale-                                                       
-L’ascensore? No no potrebbe bloccarsi e noi resteremmo chiusi dentro, in due ore potrebbe esaurirsi la riserva d’aria e non finirebbe molto bene..- si grattò la nuca con sguardo assente.                        
Sam gli voltò le spalle esausto correndo su per le scale. Era stanco del comportamento capriccioso del fratello, era stanco di tutto.                                                                                                                       
 Aprì la porta della camera e ciò che trovò davanti a se lo lasciò a bocca aperta. La parete era formata da una vetrata che dava all’interno del parco. Il castello, simbolo di Disneyland, si ergeva maestoso e scintillante sotto i raggi solari. Il bel rosa intenso faceva contrasto con il celesta e l’oro delle guglie delle torri, sotto di esso una fiumana di sorrisi raggianti attraversavano la Main Street, la strada principale, già immersi in un universo parallelo fatto di sogni, magia e emozioni.                         
Sam fece scorrere la porta a vetri uscendo nel piccolo balconcino. Non aveva avuto una infanzia felice, anzi piuttosto triste e difficile, ma ricordava come se fosse ieri la prima volta che varcò i cancelli di quel mondo fatato americano all’età di 8 anni. Bobby aveva regalato per Natale un biglietto di entrata al parco di Anahim a entrambi i fratellini e si era offerto di accompagnarli personalmente. Rimase rapito e incantato dalle luci, dai suoni, dai giochi e non aveva mai dimenticato quella sensazione di benessere e pace che aveva provato per tutto l’arco della giornata. Ogni tanto nel quotidiano riaffiorava qualche ricordo felice ed era sempre ricollegato a quel mondo meraviglioso. Una irrefrenabile voglia di visitarlo gli fece contorcere lo stomaco dalla gioia, scese le scale e una volta trovato Dean nascosto dietro una colonna lo trascinò senza sentire ragioni all’ingresso della biglietteria. 
-Sbaglio o è un po diverso da quello che avevamo visitato anni fa?- Dean si teneva stretto al braccio del fratello.                                                                                                                                                               
 -Si, il parco di Parigi è unico nel suo genere. Si discosta da tutti gli altri parchi Disney. Ma cosa fai? Mi stai stritolando un braccio, smettila- cercò di divincolarsi dalla morsa della grossa mano di Dean con scarsi risultati.                                                                                                                                                
-E se poi ci perdiamo? E se ci succede qualcosa? Non se ne parla Sammy, ci sono troppe persone in questo posto e non è sicuro andare in giro a curiosare da soli. Pensa a tutti i mocciosi, veicoli di batteri. Moriremo di Peste Nera in questo posto-
-Questo tuo strano comportamento mi sta esasperando. Cerchiamo l’ufficio personale per il momento, e comportati bene, sembri un bambino!-                                                                                           
Attraversarono metà della strada principale invasa dai negozi caratteristici e dalle musiche inconfondibili. Sulla sinistra trovarono una porticina con scritto “Staff”. Bussarono e entrarono senza attendere risposta; la stanza era piccola e confortevole, le pareti ricoperte di quadri di Walt e famiglia, le mensole piene di gadget estremamente rari. Un ragazzo sedeva alla scrivania compilando varie scartoffie, lì c’era il silenzio assoluto, sembravano lontani chilometri dall’allegro chiasso degli ospiti e delle musiche disneyane.                                                                                                  
 -Siete qui per compilare il modulo di iscrizione dei cast-member?- sollevò per un attimo lo sguardo tornando subito col viso tra le pile di fogli bianchi. – Tu alto, potresti fare il principe azzurro, non hai nemmeno bisogno della parrucca- rise.                                        
-Veramente siamo dell’FBI, signore, stiamo indagando su un caso sospetto di trasferimento di personale- 
I due fratelli estrassero dalle tasche i distintivi. L’uomo si interruppe bruscamente interdetto e allarmato.
-FBI? Che cosa volete? E poi sapete che voi non avete nessuna giurisdizione in questo paese vero?-      
 -Ovviamente. Abbiamo un permesso speciale dalla polizia locale- Sam estrasse un foglio mostrandoglielo solo per pochi secondi, prima che si accorgesse della palese falsità del documento.                  
-Bhe se la mettete in questo modo... Venite, vi accompagno dal mio superiore-
Seguirono nel retro l’uomo ritrovandosi nel backstage del parco. La magia era scomparsa, o almeno in buona parte. Stradine asfaltate si dipanavano in diverse direzioni con mini bus parcheggiati ai lati, personale di ogni tipo e genere correva freneticamente da un posto all’altro con abiti bizzarri o principeschi. Di nuovo Dean afferrò il braccio del fratello impaurito.                                                
Arrivarono negli uffici tristi e grigi dell’amministrazione. Furono accolti da una gentile assistente che gli porse due caffè e li fece accomodare nella sala d’attesa.                                                                                             
Poco dopo si presentò la direttrice del reparto assunzioni:- Signori... Piacere Marie Ward- strinse la mano ad entrambi - A cosa devo la vostra visita? Devo dire di essere molto colpita, non avevo mai incontrato due agenti americani- il forte accento inglese tradiva le sue origini, presumibilmente scozzesi.                                                                                                                                      
-Ci hanno informati di un caso di trasferimento improvviso di personale da uno dei parchi in America a questo subito dopo delle morti avvenute in circostanze misteriose ma comunque legate al vostro marchio. Potrebbe farci accedere allo schedario di assunzioni e licenziamenti?-
 -Non so molto al riguardo, ho sentito la triste notizia dei deceduti ma il nostro personale non viene trasferito da un parco all’altro come un pacco postale. Anche se ora che mi ci fa pensare, ricordo di qualche persona che ha chiesto di cambiare... zona. Solitamente sono i ragazzi che decidono di visitare varie parti del mondo, sono giovani e non hanno nulla da perdere. Ma una persona mi ha colpito.... In particolare un impiegato con un lavoro fisso che lavorava al WDW da 10 anni e improvvisamente ha deciso di cambiare addirittura continente all’età di quasi cinquanta anni. Comunque certo, gli schedari sono nella stanza affianco. Prendetevi tutto il tempo che volete-
La donna gli indicò la porta e si alzò per andare via. Si congedarono e entrarono nella polverosa e umida stanza.                                                                               
-No Sam!!!- Dean bloccò il fratello per una spalla- non chiudere la porta, e se poi restiamo chiusi qui dentro? Non è sicuro-
Sam esasperato dal comportamento del fratello, cominciò seriamente a preoccuparsi. Non rispose lasciando l’uscio socchiuso e si mise a cercare i documenti che gli interessavano.
-Ecco, ho trovato qualcosa- aveva un grosso fascicolo in mano e si mise a sfogliarlo. Dean si fece più vicino per leggere.                                                                                                                                             
-Ethan Craver. Capo meccanico del parco di Anahim. Chiese improvvisamente un trasferimento in Europa ma non è noto il motivo del suo cambiamento. Si è trasferito con tutta la famiglia, compresa la figlia Annie che all’epoca lavorava come cast member nello stesso parco. É strano non trovi? La figlia grande e vaccinata che decide di trasferirsi con mammina e papino dall’altra parte del mondo.-
-Sammy... da dove viene questa musica?- Dean si fece piccolo piccolo nel suo giubbotto, nascondendo la faccia nel bavero.                                                                                                                           
 -Quale musica? Non si sente volare una mosca...-
Dean credette di svenire, si appoggiò agli alti scaffali metallici boccheggiando:- Non senti nessuna musica? Una donna... sta cantando.... una triste nenia.... mi sento male!!- si accasciò a terra semi svenuto.
-Ehi Dean! Sollevati non è successo nulla... – mise il braccio del fratello intorno al suo collo dandogli dei leggeri schiaffetti in viso. Ancora stordito, il maggiore camminò ondeggiando fino all’uscita dove si sedette per qualche minuto in una panchina.
Fortunatamente si riprese velocemente: -Allora, hai già qualche idea? Non mi piace questo posto, sbrighiamoci a risolvere il caso e torniamo a casa. Anche se questo include riprendere l’aereo...-  deglutì amareggiato.                                                                                                                                              
-Prima che tu avessi la brillante idea di svenire, ho dato una rapida occhiata ad un fascicolo particolare, l’improvvisa domanda di licenziamento di un ragazzo che lavorava nelle cucine di un ristorante del parco. Un certo Neal Davis. Non è mai ritornato per prendere i soldi della liquidazione. Questo caso è sempre più strano. Vado a fare una telefonata- si allontanò fermandosi dietro un basso cespuglio poco distante da Dean.                                                                                                                                       
 Il cacciatore si guardava intorno leggermente stordito. Vedeva passare moltissime persone che non si curavano affatto di lui, ma quando erano a pochi passi dalla panchina dove sedeva si rannicchiava nell’angolo più lontano terrorizzato dalla loro presenza.                                                                                     
Ad un tratto il suo sguardo diventò incredibilmente pallido, incominciò a sudare freddo, sentiva le gambe pesanti e con fatica riuscì ad alzarsi per correre incontro al fratello e avvisarlo del pericolo imminente.:- Corri!! Ti ucciderà!!!- continuò a correre in una direzione indefinita facendo lo slalom tra  i lavoratori.
-Ma.. cosa...- Sam chiuse la chiamata voltandosi dalla parte del presunto pericolo – Pluto!- un grosso sorriso si disegnò sul volto.                                                                                                                            
 Il parco si sa, è famoso per i costumi curati nei dettagli che rendono reali i personaggi di tutti i capolavori cinematografici. Coloro che potevano indossarli erano invidiati dal resto del personale. I figuranti, entravano al parco accompagnati sempre da due “guardie del corpo”, due cast memeber che supervisionavano e impedivano alla folla di accalcarsi sul personaggio. Quel giorno era il turno del cagnolino di Topolino, Pluto.                                                                                                                              
Sam si avvicinò estraendo dalla tasca una macchina fotografica digitale molto sottile:- Posso fare una foto con te?-                                                                                                                                                   
 -Certo amico!- dall’enorme testa di stoffa rimbombò una voce da uomo che abbracciò il cacciatore mentre lui porse la macchina fotografica all’accompagnatrice per scattare la foto.                                   
Trovò Dean dietro un grosso albero mentre faceva di nuovo la respirazione zen che tanto amava:- Dio Sam, hai visto quel mostro orrendo giallo che voleva attaccarci? Sono riuscito a seminarlo per fortuna!-
-Era il cane Pluto, non lo conosci? Ho fatto una foto con lui.-
-Un cane?! Hai visto la sua stazza? Era più alto di te!!!!!! Non porta nulla di buono un  bestione di quelle proporzioni. E ti sei fatto scattare una foto? Dico sei impazzito? Dovevi correre dietro di me-Il più giovane sospirò incurante di ciò che il fratello stava dicendo: -Ho chiamato Boby, la faccenda è più seria di quello che pensavamo.- si fermò guardando il fratello con le gambe incrociate che gesticolava stranamente con le mani – Hai contratto una malattia Dean..-
-Ho contratto che??- si alzò in piedi di scatto tremante.
- Devi stare calmo... Più ti agiti più il tempo di vita si accorcia. Abbiamo a che fare con il fantasma Buruburu. Nati dalle persone che sono morte in modi terrificanti, si scagliano contro la loro vittima facendogli rivivere la propria morte a rallentatore, inculcando la paura di ogni cosa finché non muoiono per un attacco cardiaco. Eliminando lo spirito è possibile guarire.-
-E come ho fatto ad ammalarmi?-                                                                                                                            
 -Ti ricordi quella volta che siamo stati all’obitorio per assistere all’autopsia di una delle vittime? Sicuramente qualche goccia di sangue deve essere caduta sulla tua pelle. L’unico modo per uccidere la paura è la paura stessa-
 - E in che modo? – Dean cominciava a scaldarsi un po troppo, grattandosi nervosamente un braccio.                                                  
-Dovremmo cercare un modo per far finire questo circolo vizioso, intanto andiamo ad esplorare il parco poi stanotte potremmo infiltrarci dall’interno per saperne di più. Purtroppo il tempo non è a nostro favore, ti rimangono solo 24h di vita-
 
Immettersi di colpo di nuovo nel mondo della magia fece uno strano effetto a Sam. Con la sua fedele fotocamera in mano incominciò a fotografare qualunque particolare, voleva immortalare ogni singolo istante di quella giornata felice, anche se non del tutto. Di contro Dean guardava schivo e diffidente chiunque e qualunque cosa. Trovatosi di fronte al castello sospirò infelice e inespressivo, Sam si prese i suoi cinque minuti per godersi appieno la meraviglia davanti a se. Era davvero il castello dei sogni, ancora più bello e maestoso di quello viso dalla finestra della camera.                      
 Un cartello riposto al lato dell’entrata avvisava della presenza del mostro de “La Bella addormentata nel bosco” nei sotterranei, imboccarono la piccola stradina entrando nella grotta.                                                                                  
L’enorme drago dormiva su delle pietre sopra una pozza melmosa. Il fumo che si sollevava dall’acqua e dalle narici  insieme alle luci soffuse e il vento artificiale creavano una atmosfera leggermente inquietante che bene si sposava con il personaggio che ospitava. Un ruggito echeggio in tutta la grotta.                                                                                                                                                        -Sammy, ho paura!- Dean camminava dietro al fratello aggrappato alla giacca. Ad un tratto il mostro spalancò gli occhi, si sollevò aprendo le ali e ruggendo di nuovo. Allungava il collo verso i visitatori sprigionando fumo persino dalla bocca. Dean non resistettè più: si mise ad urlare con tutto il fiato che aveva saltando in braccio a Sam sull’orlo delle lacrime. Tutti i presenti si voltarono a guardarli con la convinzione che fosse uno scherzo, quando videro le lacrime sul volto di Dean i genitori rimasero basiti e i bambini cominciarono a ridere.                                                                           
Sam portò di corsa fuori il fratello ancora in braccio:- Che figuraccia!!- gli diede un leggero pugno sulla spalla.                                                                                                                                                         
 -Ma questo non è il mondo dei bambini e delle fiabe? Mi sembra più il posto per farti venire un bel attacco di cuore!!-                                                                                                                                               
 -Smettila Dean... e dai, fammi fare un giro del parco senza doverti portare via come un poppante... ricordati che è tutto finto- premette la mano sul centro della schiena del fratello spingendolo in avanti per farlo camminare mentre lui cercava di frenare con i talloni, riluttante.                                    
 Stavano attraversando la zona di Fantasyland quando Dean fu attratto da una casetta in legno accuratamente intagliata e con le vetrate colorate
“Biancaneve” si leggeva nelle lettere lignee color oro.
-Mmm mi mi ricordo di Biancaneve... che porno fantastico! Mordeva quella mela e.. uhh Sammy! E quei 7 nanetti curiosi... una bomba di film!-                                                                                                         
-Posso immaginare la profondità dei sentimenti e la morale alla fine....- scherzò Sam che appoggiò il fratello in quella scelta e si misero in fila aspettando per qualche minuto.                                          
Sedettero nei carrellini della miniera che li accompagnava per tutta la durata del tour. Gli animatronics, cosi si chiamano i robot che vestono i panni dei personaggi della storia e che si muovono come loro, erano carini e simpatici. La “ride” era piena di luce e colori e Dean sembrava essersi calmato dallo spavento di prima, finchè non arrivò la perfida strega Grimilde che si trovava in una sala del castello buia con l’unica luce accesa su di se. Si voltò di scatto rivelando la brutta vecchietta che poi avrà l’onere di portare la mela alla ragazza. Ancora una volta Dean urlò di paura alla vista dell’orripilante donna e nascose il viso tra il giubbotto di Sam e lo schienale della vettura che li conduceva attraverso quel fantastico viaggio che per il cacciatore, tanto fantastico non era. Continuò la fine del tour in quella scomoda posizione rifiutandosi di sollevare lo sguardo per vedere almeno il lieto fine della storia. Ringraziò abbracciando l’addetto alla sicurezza che li fece scendere:- Ti devo un favore amico, mi hai salvato la vita- fece uno dei suoi soliti gesti con le mani e si allontanò veloce.                                                                                                                                    
 Sam lo vide correre tenendosi un braccio verso una piccola fontanella poco distante, una di quelle dove l’acqua potabile serve ai turisti per riempire le bottigliette d’acqua durante tutta la giornata. Il maggiore mise il braccio sotto il getto d’acqua provando sollievo, sembrava lavare via qualcosa dalla pelle sfregando le dita nella zona arrossata.                                                                                               
 -Che ti è successo?- domandò incuriosito Sam.                                                                                                             
-Non lo so ho uno strano prurito, è iniziato poco fa e ora sta aumentando- portò il braccio più vicino al viso per ispezionare meglio la zona lesa. Piccole bollicine rosse cominciarono a formarsi nella parte interna dell’avambraccio.
 -Che diavolo sono?- riprese a grattarsi come se avesse le pulci.                                                                          
 Il maggiore con un veloce movimento immobilizzò il braccio integro per evitare di farlo sfregare ancora: –Non farlo! Potrebbe essere un effetto collaterale della malattia del fantasma. Stai accusando diversi sintomi, stamattina la musica inesistente e ora il prurito insopportabile. Il tempo sta scorrendo e tu ne porti i segni evidenti. Abbiamo le “mani legate” fino a stanotte, devi resistere!


Continua....
 
 
 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


“Frontierland” Una zona dedicata interamente al far west in tema con il periodo, c’era perfino un saloon dove le ballerine facevano degli spettacoli di can-can intrattenendo gli ospiti a cena.                                                                                                                                                     
-L’ho sempre detto che questi cowboy sono i migliori di tutti, guarda qui!-  Dean si mise affianco alla sagoma in legno di un uomo con cappello e pistole tipiche dell’epoca. – Forza, fammi una foto!-
Sam fu felice di accontentare il fratello in quei pochi momenti di pace e lucidità che aveva.                              
-Che ne dici se facciamo quel gioco? O preferisci aspettarmi fuori?- indicò un casale su una piccola collina, grigio e marrone, si affacciava sulla zona di Frontierland guardando verso un’altra attrazione posta di fronte ad essa.                                                                                                                             
-Stai scherzando spero... vuoi davvero visitare la casa di “Psycho”?- Dean incrociò le braccia sfidando il fratello con lo sguardo.                                                                                                                    
 –Si, hanno preso spunto dal film per costruirla. Si chiama “Phantom Manor”. Narra la triste storia di una fanciulla che, innamorata di un ragazzo lo volle sposare a tutti i costi, nonostante il padre fosse contrario alle nozze. Purtroppo non riuscì mai a sposarsi perché il giovane non si presentò il giorno della cerimonia. La storia è collegata a quella montagna russa accanto. Si chiama “Big Thunder Mountain”, era la miniera di carbone di proprietà del padre della ragazza, Melanie. Se proprio vogliamo essere precisi, quasi tutta questa zona e legata alla storia dei Ravenswood.-                         
 -Sei un nerd troppo nerd per i miei gusti! Sai sempre tutto, perfino queste stronzate. Ti piace proprio questo posto eh?! –
-Si, ci sono affezionato. Comunque se non vuoi venire allora aspettami qui- si mise in cammino verso la fila di persone che si dirigevano tutte dalla stessa parte. Dean non aspettò nemmeno un secondo, correndo dietro al fratello e attaccandosi per l’ennesima volta al braccio di quest’ultimo.                                                                                                                                                            Un ragazzo altissimo e magrissimo aprì le porte della casa accogliendo un numero consistente di visitatori prima di richiudere la porta alle sue spalle e condurli verso una stanza circolare. Una voce grottesca proveniente da chissà dove cominciò a narrare la storia che poco prima Sam aveva raccontato al fratello. Nel mentre che si udiva la voce narrante, la stanza cominciò lentamente a scendere e le pareti diventare sempre più lunghe rivelando orribili retroscena di quadri apparentemente tranquilli che circondavano la sala. D’improvviso un tuono, le luci si spensero e nel soffitto, illuminato da un fulmine si intravide un cadavere appesa con una corda. Sam, consapevole che quello fosse davvero troppo per le condizioni critiche del fratello gli tappò gli occhi appena in tempo per evitare di mostrargli il fantoccio appeso. Tutti i bambini presenti gridarono di paura e Dean gli assecondò nonostante non avesse la minima idea di cosa stesse succedendo. La luce si riaccese e i visitatori poterono accomodarsi in una nuova sala della casa, quella delle “doom-buggie”: piccolo carri funebri antichi che potevano contenere due persone per volta e che muovendosi, trasportavano le persone dentro la storia della sfortunata ragazza e del quasi-marito.                                                                                                                                                                       
-Chiudi gli occhi e tienili chiusi finché non te lo dico io ok?- il minore si accomodò nel raso nero che avvolgeva la seduta lasciando spazio a Dean di entrare comodamente.                                                                       
Dean obbedì da bravo scolaretto, quasi felice di non dover assistere a uno scenario cosi raccapricciante.                                                                                                                                                
La prima scena era rappresentata dalla ragazza, Melanie, con l’abito nuziale che accoglieva i visitatori cantando la sua struggente canzone d’amore.                                                                                      
-Sammy.. di nuovo quella voce...- il maggiore si tappò le orecchie sperando di allontanare la melodia dalla sua testa.                                                                                                                                       
-è una donna che canta? Ha un testo questa dannata canzone Dean?-                                                                             
-Si è una donna, ma non ha nessun testo, sono solo variazioni vocali. Falla smettere ti prego.-                  
Sam si rese conto che la donna che sentiva cantare nella sua testa Dean, in realtà era la stessa che cantava in quel momento davanti a se. Un quadro generale della situazione cominciò a farsi chiaro nella sua mente.                                                                                                                                                 
In effetti l’attrazione era leggermente lugubre ma era questo che la rendeva cosi affascinante, gettonata e proprietaria di tantissimi premi illustri da parte dei critici. File interminabili solo per godersi per 5 minuti quello spettacolo grandioso e pauroso allo stesso tempo. I fantasmi danzanti nella sala da ballo valevano la pena di aspettare sotto il sole (o la pioggia) per ore intere.                                   
Purtroppo la situazione di Dean peggiorava, si teneva la testa digrignando i denti e ogni tanto lasciava la presa per grattarsi il braccio.
Per il povero ragazzo quei 5 minuti furono come ritornare fra le grinfie di Alastair giù         all’Inferno.                                                                                                                              
Solo poco prima della fine del tour aprì gli occhi stanco e stressato, momento decisamente sbagliato. Il carretto funebre passò davanti a degli specchi dove un ologramma proiettato faceva sembrare che sopra le loro teste aleggiasse un fantasma. Ovviamente Dean terrorizzato cominciò a divincolarsi e gridare “Aiuto” a squarciagola, attirando su di se l’attenzione dei presenti e degli addetti alla sicurezza che lo fecero scendere in tutta fretta permettendogli di scappare ancora una volta dal fratello.
Stava ormai scendendo la sera e il parco si apprestava a terminare in bellezza con lo spettacolo di luci e giochi d’acqua proiettati nel castello. Gli altoparlanti annunciarono freddamente l’annullamento del gran finale esortando gli ospiti ad uscire velocemente dal parco per problemi tecnici. I due fratelli si precipitarono al più vicino spazio informazioni, consci del fatto che fosse successo un avvenimento di particolare gravita.                                                                                  
Rispolverarono i loro finti distintivi di fronte a una nuova ragazza seduta alla scrivania che li condusse al luogo di riferimento. Phantom Manor, visitata qualche ora prima, troneggiava davanti a loro in tutto il suo splendore. Le luci la illuminavano dal basso creando effetti di luce e ombra che le dava un’aria solenne e tetra. La ragazza aprì una catena con un lucchetto permettendo l’accesso ai ragazzi saltando il percorso della fila a zigzag. Lo spettacolo lo videro, ma di tutt’altro genere.                                                            
Ethan Craver giaceva con lo sguardo rivolto verso il pavimento ai piedi del portone principale della casa. Intorno a lui due pozze di sangue in prossimità delle braccia; voltandolo notarono le profonde escoriazioni che aveva negli arti e il viso contratto in una smorfia di dolore. Lo portarono via dentro un sacco di plastica grigia con la cerniera, caricandolo in una silenziosa ambulanza.                       
Una rapida occhiata bastò per far trasalire Dean che si ritrovò disarmato dal fatto che il fratello fosse scomparso.  Finalmente lo vide, stava ai lati della staccionata in legno arzigogorato che recintava la villa, parlava al telefono con qualcuno e il maggiore lo raggiunse.                                                    
-Era Bobby, abbiamo un piano. Ma è troppo rischioso che tu stia qui con me, ti riaccompagnerò all’albergo e potrai dormire o fare ciò che vuoi li ok?-                                                                                        
Dean annuì lievemente, confuso e non troppo felice di dover stare da solo. Camminarono in fretta per guadagnare tempo e raggiungere l’uscita, continuava a grattare convulsamente entrambe le braccia pregandole di tanto in tanto di lasciargli un po di tregua e borbottando maledizioni di ogni genere. Sam si preoccupò di accompagnarlo fin dentro la camera e chiamò poi il servizio in camera per tenerlo occupato con una buona cena.                                                                                                         
 -Ti rimangono solo due ore di tempo. Non demordere, riusciremo ad uscirne anche questa volta. Chiamami se hai bisogno di me­- sbatté la porta alle sue spalle.
Sam si diresse di nuovo nel luogo dell’accaduto. Ripensando alla reazione esagerata del fratello nella casa decise di chiamare Bobby per avere conferma della sua teoria, Ethan Carver era un’altra vittima della febbre da fantasma. Avrebbe voluto chiamare i cacciatori più grandi ed esperti di lui per chiedere se qualcuno avesse mai affrontato un simile spettro prima d’ora. Non lo fece. Forse per orgoglio, forse per paura di ricevere risposte negative sulle vittime della “malattia” con la conseguente dipartita di Dean. Allungò il passo facendosi strada tra i lavoratori notturni del parco che risistemavano l’ambiente per il giorno successivo.                                                                                      
C’era un enorme camion dei pompieri parcheggiato ai piedi della collinetta che ospitava la casa, il lungo braccio meccanico fece spuntare dall’interno un enorme faro che illuminò a giorno l’area circostante l’attrazione. Presentò alla polizia il distintivo e entrò da una porta di servizio immettendosi direttamente nel cuore del gioco; percorse a piedi il giro della casa anch’essa illuminata da luci bianche e intense. Nell’aria non sentiva nessun odore in particolare ne sembrava esserci qualcosa fuori posto, gli audio-animatronics giacevano immobili e silenziosi al suo passaggio. Ad un tratto si proiettò nella mente un ricordo. La voce narrante all’inizio del gioco non diceva chiaramente che fine avesse fatto il futuro marito della sposa Melanie, ne perché il padre non autorizzasse il matrimonio. “Il fantoccio appeso al soffitto” pensò.                                                                   
 Ripercorse a ritroso il giro tornando al punto di partenza. Eccolo li, in alto, il povero ragazzo appeso per il collo ad una corda ondeggiava piano a causa del vento che entrava dal portone d’ingresso. Accanto a lui, quasi impossibile notarlo durante il gioco, stava un altro manichino dal viso scheletrico e con un ghigno sprezzante in volto. La morte.                                                                                              
“è possibile che il ragazzo che ha chiesto improvvisamente il licenziamento fosse in qualche modo legato al signor Carver e la sua famiglia?” Sam cercava di riordinare i pensieri velocemente, guardandosi intorno per cercare aiuto da uno dei tanti oggetti presenti nella stanza.  “La figlia!!!”
 
Dean passava il tempo a camminare su e giù per la stanza mentre impazziva dal prurito alle braccia. Guardava ogni tanto la cena fredda sul carrellino, non aveva nessuna voglia di mangiare, aveva lo stomaco accartocciato e in subbuglio. Migliaia di piccole bollicine si stavano espandendo per tutta la lunghezza degli arti. Notò poi sulle mani delle minuscole crepe bianche, la pelle si stava spaccando. Passò le dita sopra e lembi di pelle morta caddero come una leggerissima neve sul pavimento.                                                                                                                                                                   
-Sto per morire!! Sto per morire!- sussurrò fra se e se mentre freneticamente cercava il cellulare per avvisare Sam.
L’altro cacciatore nel frattempo aveva preso in prestito una lunga scala in ferro dal camion dei vigili del fuoco poco distante. La appoggiò a una delle pareti e cominciò a salire; ora poteva toccare entrambi i manichini posti nel soffitto. Cercava un oggetto, un lembo di stoffa, qualunque cosa potesse ricondurre a Neal Davis, il ragazzo scomparso. Squillò il cellulare nella sua tasca. Ebbe un fremito, i suoi pensieri si rivolsero a Dean e pregò che stesse bene.                                                                             
 -Tutto ok??-                                                                                                                                           
 -Sammy!! Sto morendo... sto morendo lentamente e dolorosamente. Sto andando in decomposizione da vivo! Tu hai mai sentito qualche storia del genere? La pelle si sta squamando, le escoriazioni aumentano e mi stanno sanguinando le braccia perchè affondo troppo le unghie nella carne. Aiutami!! Quella musica... di nuovo!- il tono supplichevole del fratello fece pentire Sam di non averlo portato con lui.                                                                                                                                      
-Un momento.. Hai detto che la pelle sta squamando? Come se fossi disidratato?-                                         
-Si. In tutto il corpo. E nelle braccia sembra come se ci fosse una reazione allegica. Dio Sammy!!- incastrò il telefono fra l’orecchio e la spalla per rincominciare a graffiare le braccia ormai distrutte e sofferenti.                                                                                                                                                         
–Allergico.... alla polvere! Ma certo... le bolle, la disidratazione.... sei un genio Dean! Resisti, forse ho trovato la chiave di volta!- riagganciò.
 
Sconfortato e impaurito, il maggiore si sedette nel letto. Una risata leggera e vivace arrivò dalla porta del bagno.                                                                                                                                                       
-Chi c’è?- tuonò andando a prendere la pistola dentro la valigia. Un bimba bionda uscì dal bagno. Lilith.                                                                                                                       
-Ciao Dean! Sono venuta per giocare con te. Hai visto che bella che sono con l’abito di Cenerentola?- la bambina indossava effettivamente una mini versione del vestito di Cenerentola al gran ballo, con un cerchietto azzurro che le teneva legati i capelli e due grossi diamanti alle orecchie. Sarebbe stata deliziosa, se non fosse stata per quella grande macchia di sangue sul petto che infrangeva un sogno d’infanzia.
-Non sei reale!!-                                                                                                                                                   
-Certo che lo sono- gli corse incontro per abbracciarlo- ti ricordi quando giocavamo all’inferno? Mi manchi tanto, mi manca il mio amichetto di torture- il visino si intristì, sinceramente amareggiata. Dean tratteneva il fiato nella morsa delle piccole ma forti braccia di Lilith.
 
“Che stupido, ho controllato nel posto sbagliato”. Corse dall’altra parte della casa trovando una stradina asfaltata che collegava la casa del terrore con la vicina attrazione Big Thunder Mountain. Anch’essa era illuminata dai potenti fari del camion rosso. Si lasciò alle spalle i due trenini della miniera che trasportavano i passeggeri per percorre a piedi anche quell’attrazione. Il terreno era polveroso e ricco di spuntoni di roccia disseminati qua e la.                                                                                             
 -Neal, vieni fuori! Sono un amico di Ethan!!- Sam urlò con tutto il fiato che aveva, fortunatamente la lunga distanza dalle altre persone impedì che lo sentissero e intralciassero i suoi lavori arrivando a curiosare e fare domande.                                                                                                                
Improvvisamente si sollevò una nube di polvere che andava in direzione del cacciatore. Tra le particelle fluttuanti si intravedeva la sagoma di un ragazzo non troppo alto dallo sguardo minaccioso.                                                                                                                                                        
Sam notò una corda che faceva parte della scenografia, si lanciò per prenderla prima che la nube di polvere si scagliò contro accecandolo e impedendogli di respirare. Stringeva forte la fune in mano mentre tentava di uscire dall’alone beige che lo avvolgeva. Fabbricò un veloce lazzo, lo lanciò e riuscì ad avvolgerlo intorno al collo della sagoma polverosa. Il fantasma si portò le mani al collo lasciando svanire le particelle di polvere circostanti e mostrando nitidamente la sua immagine. Sembrava stesse soffocando. Sam cominciò a correre trascinandolo dietro di se. Il terreno vibrava sotto i suoi piedi, concentrandosi sull’equilibrio aumentò la velocità e notò che ora la nube di polvere si era formata per un effetto naturale di raschiamento sul terreno. Il ragazzo lasciava profondi solchi del suo passaggio nella zona arida.                                                                                                                  
 
-Morirai ugualmente... Brucerai lo stesso...- Lilith aveva costretto Dean ad inginocchiarsi per ballare con lei, come nella fiaba. Si era fermata d’un tratto prendendo il viso fra le sue mani.                      
 -Perchè io? Perchè sono stato infettato?- chiese Dean a carponi sul pavimento. Gli occhi bruciavano cercando di evitare le lacrime. La visione del demone lo inquietava facendo riemergere terribili ricordi del passato.     
-Sciocchino... lo sai perchè... Ascolta il tuo cuore...- soppesava le parole facendo lunghe pause Baboom!-                                                                                                                                                             
Il cacciatore si accasciò a terra in preda a un fortissimo dolore al petto che gli impediva di respirare, parlare, pensare.
 
Durante la corsa intravide in una delle guglie di finto fango un fagotto di stoffa. Con uno slancio si tenette alla parete frastagliata arrampicandosi, teneva stretto il laccio intorno alla sua mano mentre il fantasma si divincolava facendosi paonazzo.                                                                                       
Raggiunse il mucchietto di stoffa scoprendo che in realtà era la giacca della divisa del ragazzo. Come aveva previsto, un indumento della persona in questione. Si leggeva ancora distintamente il nome “Neal” ricamato con filo bianco, ormai marrone e stramato. Prese dalla tasca interna della giacca un accendino, nello stesso momento notò che nonostante la corda intorno al collo il fantasma si era sollevato e correva verso di lui. Si affrettò a bruciarlo vedendo bruciare improvvisamente anche lo spirito che si deformava tra le fiamme scomparendo poco dopo come un fuoco fatuo.
-Baboom baboom baboom baboom!!!- Lilith incalzava quella cantilena guardando Dean contorcersi dai dolori a terra. Lo guardava nelle pupille e urlava contro di lui.                                                                
Il ragazzo sbatté le ciglia. La bambina era sparita e con lei il dolore al petto. Si mise a sedere sulla moquette, si guardò le braccia e le mani: pulite e integre.                                                              
All’improvviso tutto si fece più bello, luminoso, profumato. Si guardò intorno come se fosse capitato li per la prima volta. La parete a vetri mostrava un lato nascosto di Disneyland ai visitatori, la visione notturna era bellissima, stonavano leggermente i meccanici e gli addetti ai lavori questo è certo ma il castello illuminato d’argento mozzava il fiato perfino ad un cuore duro come quello di Dean.                                                                                                           La porta della camera si spalancò, Sam si inchinò tenendosi per le ginocchia mentre riprendeva fiato:- Dean!- si unirono in un abbraccio fraterno silenzioso.                                                                                     
Il maggiore non stava più nella pelle: -Che è successo? Hai ucciso il fantasma?-                                             
-Si. Grazie al sostegno di Bobby sono riuscito a risolvere il caso. Ti ricordi il ragazzo improvvisamente scomparso, Neal Davis? Era il fidanzato della figlia di Ethan, credo non accettasse il fatto che fossero fidanzati e cosi decise di usare un oceano per separare i due giovani. Quando scoprì che anche il ragazzo fu trasferito qui a Parigi, beh credo lo uccise. Non ne sono sicuro ma deve essere andata cosi visto che il caro Ethan è morto di attacco di cuore e presentava nelle braccia le stesse ferite da graffi che avevi tu poco fa. Aveva ripercorso fino alla morte la stessa cosa che era capitata al ragazzo per mano sua. Ti ricorda qualcosa la storia di questo amore travagliato?-                                      
-Ehm.... Romeo e Giulietta?- rispose Dean in difficoltà                                                                                          
-Va bene, te lo lascio passare solo perché non eri lucido in queste ore. É la stessa storia raccontata nell’attrazione Phantom Manor! Il signor Carver era un appassionato del parco, ne conosceva tutti i più intimi segreti ed essendo ossessionato dai giochi che curava e costruiva decise di uccidere il ragazzo ispirandosi a una delle storie delle attrazioni. Lo ha ucciso qui nel parco trascinandolo nel terreno polveroso di “Big Thunder Mountain”,ho trovato infatti la giacca del giovane sulle torri fangose. Successivamente ha falsificato il documento di licenziamento per non far insospettire  il direttore del reparto assunzioni. Ecco perchè sentivi il canto della donna triste, perchè avevi la reazione allergica e la disidratazione data dalla polvere.-                                                                                                                        
 -Un folle senza scrupoli a quanto pare-                                                                                                       
 Ancora una volta avevano portato a termine il loro compito eludendo la morte che si era affacciata troppo spesso nelle loro vite.                                                                                                                                 
-Sai Sammy... credo che questo posto potrebbe piacermi. Domani ci faremo un giretto nel parco, ho voglia di rimpinzarmi di hamburger a forma di topolino e mele caramellate. Proprio come quella volta da bambini.- Sorrise rivolgendo lo sguardo alla finestra incorniciata dalle mille lucine colorate intermittenti – Hai ragione è proprio un mondo magico...-                                                                                
-Non mi sarai diventato sentimentale vero?- Sam lo guardò con la coda dell’occhio sogghignando.            
Dean non si curò di quella frase e andò ad affacciarsi al balcone, appoggiando i gomiti alla ringhiera e congiungendo le mani.                                                                                                                           
Rimasero li, in silenzio godendosi lo splendido panorama contornato dalla piacevole aria fresca della notte, sereni e appagati.
 
FINE
 
 
Dean camminava disinvolto nella Main Street, lasciandosi alle spalle il povero Sam che chiedeva solo un po’ di tranquillità per potersi godere la giornata. Iniziò a canticchiare un motivetto tra se e se, ad ogni passo aumentava di un tono la propria performance finché con uno scatto salì sopra un muretto adiacente ad un ristorante. Iniziò a ballare e cantare contemporaneamente:                
“Risin' up, back on the streets
Did my time, took my chances
Went the distance, now I'm back on my feet
Just a man and his will to survive”

Si muoveva come un divo, sollevando la gamba simulando una chitarra, si grattava il braccio rimandando all’avvenimento successo il giorno prima, faceva smorfie di ogni tipo. Sam lo guardava divertito con le mani in tasca, voleva capire fino a che punto si sarebbe spinto.
“So many times, it happend too fast
You change you passion for glory
Don't lose your grip on the dreams of the past
You must fight just to keep them alive”

Un gruppo di turisti si era radunato intorno a lui formando un semicerchio. Lo fotografavano e battevano le mani al ritmo della canzone conosciuta da tutti. Perfino i bambini furono rapiti da quel singolare ragazzo, lo guardavano a bocca aperta.
“It's the eyes of the tiger, it's the cream of the fight
Risin' up to the challenge of our rival
And the last known survivor
stalks his prey in the night
And he's watchin' us all in the eyes of …….SHERE KHAN!!!”

“Sul serio Dean? Shere Khan… la tigre de ”Il libro della giungla”?” urlò Sam in prima fila. Dean fece spallucce, entusiasta del colpo di scena finale. Le persone scoppiarono in applausi e risate, alcune chiesero addirittura di fare una foto con lui.                                                                                                
-Questo posto mi piace sempre di più Sammy, dovremmo tornarci più spesso!-
 
 
FINE 2
 
 
 
Ed eccoci arrivati alla fine di questa brevissima avventura. Spero che la storia sia stata di facile lettura e che la trama si capisca nonostante sia lievemente articolata. Ho cercato di attenermi il più possibile all’episodio originale riprendendo alcune battute come quella di Dean con il cagnolino (che qui si è trasformato in Pluto) alla scena con Lilith che, per l’occasione indossa un abitino da Cenerentola non proprio immacolato come lo aveva lei, o alla mia personale versione di “Eye of the Tiger” dove la tigre in questione è l’antagonista de “Il Libro della Giungla”.
Per chi volesse capire meglio che genere di voce sentisse Dean nella sua testa, vi rimando a questo video https://www.youtube.com/watch?v=ma5tr4lfbl8 dove potrete sentire la donna che canta, nonché la “colonna sonora” del gioco. Beh capitelo povero Dean, se avessi sentito quelle voci sarei morta anche io di paura in 5 minuti!!
 Inoltre ho provato a spiegare attraverso gli occhi e le parole di Sam quello che rappresenta per me questo posto magico (credetemi se non ci siete ancora stati mettete in conto in un futuro di andarci, ne vale davvero la pena) ma non è facile spiegarlo.
Ringrazio tutti quelli che hanno speso qualche minuto per leggere questa mia piccola creazione e rinnovo ancora una volta il piacere che mi farebbe se lasciaste una recensione. Per qualunque dubbio o curiosità sono a vostra disposizione. Grazie a tutti, a presto. –Lily-

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