Oltre la leggenda - Korra's edition

di Marge
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Amore impossibile [pre-serie; PemaXTenzin] ***
Capitolo 2: *** La scelta di Tenzin [pre-serie] ***
Capitolo 3: *** Fare pace [S04E10; BolinXOpal] ***



Capitolo 1
*** Amore impossibile [pre-serie; PemaXTenzin] ***


~ OLTRE LA LEGGENDA ~
Korra’s edition



Amore impossibile
pre-serie


Fu annunciato che Tenzin avrebbe succeduto il padre come Maestro nel dominio dell’Aria; nessuno si stupì, ed anzi accolsero la notizia con gioia, perché, nonostante tutti gli sforzi degli Accoliti dell’Aria, senza un vero dominatore non sarebbero riusciti a mantenere vive le tecniche di combattimento.
Pema, che era cresciuta sull’Isola di Aang immersa nello spirito di un tempio dell’aria, si emozionò fin quasi alle lacrime durante la cerimonia; aveva visto diverse volte i due dominatori volteggiare uno accanto all’altro, ma l’ufficialità dell’occasione li rendeva quasi non umani, vibranti d’energia in connessione con il loro elemento.
L’Avatar Aang aveva un sorriso soddisfatto, era entrato cavalcando come un bambino sulla sua palla d’aria e aveva fatto diversi inchini verso tutti i suoi amici che affollavano gli spalti; aveva recuperato un po’ di serietà solo quando aveva fatto il suo ingresso il Consiglio intero di Republic City. Pema aveva pensato, come sempre, che nonostante l’età l’Avatar Aang fosse il più bell’Avatar di sempre.
Tenzin era entrato per secondo. La meraviglia era corsa di bocca in bocca: con i nuovi tatuaggi era ancora più simile al padre – una sua versione giovanile e seriosa. Non aveva sorriso neanche per un momento, ma aveva cominciato immediatamente le figure.
In quell’occasione, per la prima volta, Tenzin cominciò a risplendere agli occhi della giovane Pema di una luce tutta sua.

Avrebbe saputo riconoscere quel passo ovunque. E più che un suono, era l’assenza di qualsiasi rumore che si faceva notare: perché Tenzin sapeva avvicinarsi leggero come una foglia, ma Pema era la sola che notava il sottile spostamento d’aria che creava, senza un minimo suono. Le sembrava di sentire una vibrazione di energia, ma questa ovviamente era solo la sua stupida immaginazione, perché i suoi studi sui chagra e l’energia cosmica erano così indietro che non sarebbe riuscita a percepire neanche l’avvicinarsi di un guru potentissimo, figuriamoci quella di Tenzin.

A volte riusciva a capire se lui era nei dintorni solo dal profumo. Qualcosa nell’aria cambiava senza alcun dubbio, e Pema non era certo un’airbender – non ve n’erano che due al mondo - ma si compiaceva di non sbagliare mai, se Tenzin c’era o meno. Allora alzava il viso verso il sole, inspirava forte ed era felice. Le bastava quel profumo, ed era felice.

Tenzin non frequentava molto le ragazze dell’Isola, ed era in generale un tipo solitario. Ma capitava che avesse bisogno d’aiuto per qualcosa, e Pema era sempre nel gruppo di coloro che si offrivano volontari. Cominciò a pensare che lui l’avesse notata, se non altro. Una volta le disse grazie per un oggetto che lei gli aveva passato, e lo stomaco di lei fece una capriola. Per notti intere si rigirò quella parola nella mente, con la sua voce profonda e grave, sentendosi le guance bollire.

Non riusciva neanche a concentrarsi sulla meditazione; come spiegare alla maestra che passava metà del tempo a chiedersi se Tenzin si sarebbe unito al gruppo, a sobbalzare per ogni figura che si scorgeva all’orizzonte, e l’altra metà a riflettere sulla propria ingenuità?

Tuttavia, non era facile incontrarlo, perché Tenzin aveva cominciato a passare molto tempo a Republic City, immerso nella vita politica di quella città eclettica, ed il poco tempo che spendeva sull’Isola era impiegato in meditazione.
Decisa a vederlo, dopo due settimane in cui le era sembrato di sprecare ogni singolo minuto della sua vita, Pema batté in ricognizione ogni angolo dell’Isola, soprattutto i più nascosti. Con una scusa qualsiasi riuscì ad intrufolarsi perfino nelle ali maschili dei dormitori, ma riuscì solo a sapere che Tenzin era lì da qualche parte.
Ed infine, lo vide: appollaiato su un ramo così alto che doveva per forza aver utilizzato il dominio per arrivarci, fissava l’orizzonte con la fronte solcata di rughe e le spalle cadenti, una posa sgraziata che non gli si addiceva per nulla.
Arrivò quasi correndo ai piedi dell’albero, per poi restare come una scema, in piedi, a chiedersi in che maniera attirare la sua attenzione e soprattutto cosa dire dopo.
Dopo due minuti di attesa con il cuore che le batteva furioso nelle orecchie, decise di andarsene.
Non appena voltò le spalle, udì: “Pema!”
“Ah, Tenzin, sei qui… mi hai fatto prendere uno spavento!” scherzò.
Le sembrò che lui sorridesse, con un’espressione furba che per un momento lo rese identico al padre; arrossì e decise di fissarsi i piedi con determinazione.
“Passavi di qui?”
“Eh già…”
Tenzin balzò a terra accanto a lei; le vesti le si appiccicarono al corpo al passaggio d’aria, e si sentì vulnerabile. Alzò gli occhi ed incontrò il suo viso tirato.
“Qualcosa non va?”
“Republic City… nulla che possa interessarti. Avevo davvero bisogno di riflettere con tranquillità fuori da quella città, e quest’albero è il posto giusto.”
“Mi spiace di averti interrotto!”
Si tormentò una ciocca ed arrossì.
“Ti va di fare due passi? Ho paura che se passerò ancora del tempo in meditazione, la mia mente finirà per scoppiare” disse invece lui.

Pema ricordava quel pomeriggio come il più bello della sua vita, e passò i giorni successivi in trepidante attesa del ripetersi dell’esperienza magnifica – avevano parlato di tutto: le persone che vivevano lì accanto a loro, le tradizioni dei Nomadi dell’Aria, tecniche di meditazione ma anche di cose divertenti. Pema aveva balbettato risposte incerte per metà del tempo, poi si era imposta di tranquillizzarsi, ed era sicura di essere riuscita ad essere se stessa in maniera naturale.
Vide Tenzin altre due volte, in occasioni di gruppo, e lui la trattò come al solito: come se non avessero passato insieme il pomeriggio più sfavillante della loro vita. Il giorno in cui Pema udì l’Avatar Aang parlare del figlio e della sua simpatia con Lin Beifong, non si stupì. Ma quell’odore nell’aria cominciò a farle male, e quando percepiva la sua energia avvicinarsi, a passi rapidi e silenziosi si allontanava. Non si stupì neanche che lui non si accorgesse della sua assenza: probabilmente neanche ricordava quelle ore.

“Un tempo eri una delle nostre allieve più promettenti” le disse un giorno la maestra, mentre, una accanto all’altra, meditavano sul ciglio di una scogliera. Il sole allungava braccia rosate sul mare e Pema era particolarmente immersa nella sua depressione.
Alzò gli occhi verso l’altra.
“Non mi stavi ascoltando, vero?”
“Mi dispiace” ammise.
“Cosa sta succedendo?”
Non sapeva come spiegarle. Non avrebbe mai potuto rivelarle il suo segreto, per quanto fosse la sua guida.
“Un dolore o una gioia bloccano il tuo spirito?”
“Non saprei dirlo. Suppongo dovrebbe essere una grande felicità, perché sono piena di un sentimento nobile come l’amore, ma non riesco… ad accettarlo così com’è. Vorrei che se ne andasse, a costo di non provare più nulla.”
Sentì gli occhi farsi gonfi di lacrime: le faticava ammetterlo. Lasciar andare per sempre Tenzin? Il pensiero di lui le aveva riempito le giornate negli ultimi mesi, ma non riusciva più a sopportarlo.
“Vorrei tanto non essere qui” sussurrò.

“Mi avete fatto chiamare?”
Gli anziani sedevano in un semicerchio, e Pema si inginocchiò al centro.
“Yan Lin ci ha rivelato che stai attraversando un momento difficile” cominciò uno di loro.
“Ah, questo…” mormorò. “Ho diciassette anni,” disse poi alzando le spalle con allegria forzata, “credo sia normale essere un po’… lunatici.”
Le sue parole furono accolte da un sorriso benevolo.
“L’ho scampata…” pensò. Stava per congedarsi, quando controluce apparve la figura di un dominatore dell’aria. Si accorse di tremare solo quando la voce dell’Avatar Aang le si rivolse dolcemente: “Pema. Ho avuto un’idea per te.”
“Sì…” sussurrò.
“Sto formando un gruppo di giovani per un viaggio un po’ particolare. Il mio amico Zuko, il Signore del Fuoco, mi ha chiesto di organizzare nella sua Nazione degli eventi per diffondere le tradizioni dei Nomadi dell’Aria. Tu sei sempre stata una grande studiosa delle nostre usanze.”
L’Avatar Aang la raggiunse a grandi falcate lente e le si inginocchiò davanti: “Allora, ti andrebbe di partire?”
Pema alzò gli occhi e li fissò in quelli chiarissimi dell’altro, contornati di rughe ma splendenti come quelli di un bambino. Annuì decisa.

Tenzin venne a congratularsi con lei; Pema riuscì a stringergli la mano senza tremare e a rispondere alle sue domande senza impappinarsi, e mentre la figura alta se ne andava via promise a se stessa che avrebbe utilizzato quel tempo per dimenticarsi di lui e lasciarlo a Lin Beifong, com’era giusto che fosse. Quel viaggio l’avrebbe cambiata così tanto che al ritorno sarebbe riuscita ad essere solo una buona amica.
Stette via per alcuni anni, durante i quali successero dei fatti piuttosto importanti: l’Avatar Aang lasciò la sua vita terrena ed il Loto Bianco cominciò a cercare il nuovo Avatar tra le Tribù dell’Acqua; il Signore del Fuoco abdicò in favore della figlia; poi cominciò a girare la voce di una bimbetta trovata tra i ghiacci che ben presto avrebbe incontrato Katara, per verificare che fosse veramente il nuovo Avatar.
Quando lo venne a sapere, Pema si ritrovò con il cuore a mille in petto: come avrebbe reagito Tenzin ad incontrare la reincarnazione di suo padre? Come se la passava, ora che era rimasto l’ultimo dominatore dell’aria a sua volta? Dovette lasciare ciò che stava facendo e sedersi un momento, a tenersi il petto con le lacrime agli occhi. Tenzin!, urlava la sua testa.
Il giorno dopo fece le valigie e tornò a Republic City.




***
Ho fatto un paio di conti veloci basandomi su quanto è scritto su Avatar Wikia. Se non ho toppato del tutto, questa fic è ambientata nel 165-166 ASC (anno della morte di Aang, giustappunto); Pema ha 17-18 anni e Tenzin 34-35. Ho dovuto inventare alcuni personaggi ed ovviamente l’ambientazione, ma spero di non essermi discostata troppo da quanto previsto ufficialmente.

È che proprio non riesco ad ignorare il Canon, è più forte di me; avevo cominciato a scrivere nella più assoluta vaghezza, ben decisa a non dare confini definiti a questa robetta, ed invece dopo due minuti ero lì a controllare date e fare sottrazioni sulla calcolatrice. ^__^’’

Questo racconto, ad ogni modo, è stato scritto per il secondo turno dell’Avatar Weekly Fest su Avatar Italia con il prompt: 5. “Dove sono io non lo so / Perché va tutto storto non so / Non è il mio posto questo qui / Là fuori il mondo mi aspetta sì / Combatterò e vincerò / E tutta l’anima ci metterò / Nessuno mai mi fermerà” (“Non mi avrai”, “Spirit”). Probabilmente ho toppato del tutto, non conosco la canzone ma queste parole mi hanno dato l’idea di una persona giovane che si sente cadere il mondo addosso e vuole fuggire, ma ha anche tanta voglia di farcela. Credo che l’amore tormentato dei primi tempi di Pema per Tenzin possa rispecchiare questo tema, e non escludo di tornare in futuro a raccontare invece dei momenti felici della loro storia – adoro Pema in quanto sforna bambini a gogò.

Altra piccola spiegazione: inauguro con questa storia una raccolta che dedicherò ai racconti (rigorosamente in Canon, e dunque forse Missing Moments) ambientati durante The legend of Korra, così come ho fatto per Aang & Company nella mia raccolta Oltre la leggenda (fantasia portami via ~ odio scegliere i titoli). Qui metterò delle storielle che secondo me vanno a riempire i buchi della trama, sperando di non incappare in incongruenze con il secondo libro che sta uscendo in questi giorni.

See ya! Fate un salto nella community e leggete, commentate e scrivere anche voi!

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Capitolo 2
*** La scelta di Tenzin [pre-serie] ***


~ OLTRE LA LEGGENDA ~
Korra’s edition



La scelta di Tenzin
pre-serie


“Ho deciso” esordì una mattina Tenzin, presentandosi davanti al letto dove Aang e Katara ancora dormivano beati.
“Cosa hai deciso, angioletto?” disse lei e scostò le pelli per cominciare a vestirsi. Rabbrividì: da quando vivevano a Republic City si era abituata al caldo di quella zona, e congelava a dormire negli igloo al Polo Sud. Aang neanche uscì dalle coperte, limitandosi a sporgere un orecchio.
“Voglio rasarmi i capelli. Voglio la testa come papà.”
Katara notò subito il luccichio di felicità negli occhi del marito.

“Si può sapere perché ti è venuta questa idea?” chiese al figlio più tardi, mentre scaldava della zuppa sul fuoco.
“Quale idea?” chiese subito Kya. In piedi in un angolo dell’igloo si rimirava in uno specchio, tutta contenta delle nuove trecce.
“Tenzin ha deciso di farsi la pelata come papà” riassunse Bumi, e saggiò la tenuta dello spago che aveva appena terminato di arrotolare attorno alla lama della sua ascia. “Ben fatto, vecchio mio” si disse da solo.
Katara alzò gli occhi al cielo. “E tu che ne sai?” chiese poi.
“L’ho sentito ieri, mentre parlava con il nonno.”
“Il nonno?”
“Sì, ho sentito che parlavano tra loro fitto fitto, ma non ho capito molto bene, perché mi stavo allenando con la spada, come mi aveva detto lo zio Sokka. Te l’ho detto, mamma, che lo zio Sokka mi sta insegnando…?”
“Sì, me l’hai accennato, ma non so quanto sono d’accordo.”
“Lo zio Sokka è d’accordo.”
“Non avevo dubbi in proposito. E tuo padre, cosa ha detto?”
“Di chiedere a te” sorrise, poi si grattò la testa: “Ma credo di essermi dimenticato.”
“Sicuro. Kya, smettila di pavoneggiarti e vieni qui a mangiare, su. Dunque, Tenzin, cosa c’entra il nonno con questa storia?”
Il piccolo, con la ciotola tra le mani, rifletté a lungo prima di rispondere. Katara attese: era così da sempre, e poteva essere estenuante, ma almeno le lasciava tempo per badare agli altri due. Tenzin quindi rispose solo dopo che Kya fu seduta con la sua porzione tra le mani e Bumi attaccava già la terza.
“Abbiamo parlato a lungo del senso della vita.” Tre paia di occhi gli si puntarono addosso.
“Tu?”
“Con mio padre?”
“Mai una volta che si diverta.”
Per nulla infastidito, continuò: “Il nonno ha cercato di spiegarmi come capire chi sono veramente. Mi ha fatto un disegno, ma non era molto chiaro. Però abbiamo parlato molto, ed alla fine ha detto: Io sono molte cose: ero un marito, poi sono stato un padre ed ora anche un nonno. Ma ciò che non ho mai smesso di essere è un guerriero della Tribù del Sud.”
“Figo!” esclamò Bumi.
“Ha detto anche: È importante sapere da dove veniamo. Così io ho deciso che voglio tagliarmi i capelli come papà, perché io sono un Dominatore dell’Aria, e devono capirlo tutti, appena mi guardano.”
“Sono d’accordo” disse Kya. “Per questo a me piace tenere i capelli acconciati alla maniera della Tribù del Sud, anche se sono nata a Republic City”.
“Allora io voglio farmi la barba come lo zio Sokka!” disse subito Bumi.
“D’accordo” concesse Katara, “tanto la barba ti crescerà fra anni, si spera.”
“Posso, mamma?”
In quel momento Aang rientrò. “Certo che puoi” disse, senza lasciare il tempo a Katara di rispondere. “Anzi, ho per te un’altra buona notizia: domani andremo a farci un giretto insieme. Cominceremo il tuo addestramento.”
Tenzin si illuminò in viso.

“Si può sapere cosa hai detto a Tenzin?”
“Buongiorno anche a te, Katara” rispose Hakoda con un sorriso.
“Ha deciso di rasarsi a zero.”
“La cosa non ti convince?”
“È così piccolo!”
Hakoda non rispose subito, ma si mise a cercare qualcosa in un angolo del suo igloo. Riemerse poco dopo con un foglio. “Vieni, sediamoci.”
Quando si furono accomodati attorno al fuoco glielo porse. Katara lo osservò dubbiosa per qualche istante.
“Ma questo disegno da che parte va guardato?”
“È proprio questo il punto” disse lui. “Tenzin era pensieroso, seduto tutto solo in un angolo. Gli ho chiesto cosa avesse e mi ha detto che era confuso, perché a lui non interessava imparare ad essere un guerriero come Bumi, né tantomeno le cose che piacciono a Kya.”
“Beh, è naturale, sono così diversi tra loro.”
“Esatto! Anche tu e Sokka eravate diversi, e fin da piccoli. Tu eri una perfetta donnina di casa a cinque anni, e Sokka non sapeva ancora vestirsi da solo.”
“Se è per quello, non lo sa fare praticamente neanche adesso.”
Risero. “Ma quindi, questo disegno?”
“Davvero non si capisce? Tenzin ha detto lo stesso.”
“Non hai delle grandi doti artistiche.”
“In questo Sokka ha preso da sua madre, per fortuna.”
Katara rise ancora.
“Volevo solo rappresentare i quattro domini. È difficile per Tenzin, perché è l’unico Dominatore dell’Aria oltre ad Aang, ma Aang è anche l’Avatar e usa indifferentemente tutti e quattro i domini. Kya ha te a cui ispirarsi e Bumi è tutto preso da suo zio. Ma per Tenzin è diverso.”
Katara rifletté per un momento, rigirandosi il foglio tra le mani.
“Aang ed io avevamo deciso di non metterlo sotto pressione proprio per questo: non volevamo si sentisse costretto ad ereditare tutte le tradizioni dei Nomadi dell’Aria, solo perché è il primo che nasce dopo più di cento anni… Abbiamo sbagliato?”
Katara abbassò gli occhi e stirò le labbra in una smorfia.
“No, credo solo che Tenzin ora abbia scelto.”
“Si può fare una scelta così importante alla sua età?”
Hakoda non rispose, e Katara annuì: Tenzin non era poi tanto più giovane di suo padre quando aveva salvato il mondo.
“Posso tenere il disegno?” chiese alzandosi.
Tornò al suo igloo, e ad accoglierla trovò due belle teste pelate, luccicanti e felici.



***
L’idea del rasarsi i capelli mi è venuta perché nella foto di famiglia il neonato Tenzin ha tutti i capelli, quindi dev’essere arrivato un momento in cui lui, o qualcuno per lui, ha deciso di raparlo. Inoltre avevo voglia di approfondire la questione della diversità tra i tre fratelli, che nel secondo libro è stata trattata secondo me in maniera molto interessante. Cominciano in questa mia fanfic proprio quei viaggi che poi Bumi e Kya invidieranno a Tenzin; credo che Aang non stesse aspettando altro che un segnale dal figlio per cominciare ad allenarlo. Inoltre credo non dev’essere stato facile per Katara tirare su tre bambini così diversi tra loro, e per due di loro, anche diversi da lei stessa. Mi sono volutamente mantenuta vaga sulle età precise, perché non ho trovato delle date di riferimento su Avatar Wikia, così come non è specificato quando Hakoda muoia e se quindi abbia davvero conosciuto i suoi nipoti (ma io ho deciso di sì).
Scritta per il XII turno dell’Avatar Weekly Fest su Avatar Italia!

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Capitolo 3
*** Fare pace [S04E10; BolinXOpal] ***


~ OLTRE LA LEGGENDA ~
Korra’s edition



Fare pace
Book 4 Episode 10


“Allora mi perdoni?” chiede Bolin, le dita che tamburellano nervosamente tra loro davanti al torso, le sopracciglia folte arcuate e lo sguardo di un cucciolo bastonato.
Opal sorride dentro di sé, ma non lascia trasparire alcuna emozione. Solleva un sopracciglio, scettica: “Non lo so. Devo ancora pensarci su.”
“Ma ho salvato la tua famiglia!” protesta lui, un ululato di dolore.
“Questo è vero, ma non avevi altra scelta.”
Il resto del gruppo è lontano, non può sentirli. Opal non vede l’ora di lasciarsi andare e abbracciarlo, ricominciare a sentirsi felice come lo era prima di arrabbiarsi con lui, ora che può permetterselo perché la sua famiglia – quasi tutta – è al sicuro.
“Quindi non ho nessun merito?” bofonchia ancora Bolin, ormai lo sguardo a terra, il labbro inferiore sporgente.
“Qualcuno, forse” concede. Lui coglie il cedimento nel suo tono, alza gli occhi brillanti di luce di speranza, stringe i pugni davanti a sé.
“Posso almeno baciarti?” chiede. Ha l’espressione di un bambino che anela a una caramella e Opal sente il cuore intenerirsi e le labbra reclamare quel contatto, più della sua testa, del suo orgoglio e della sua volontà di lasciarlo soffrire ancora un po’.
“Baciarmi senza che io ti abbia perdonato? Sei sfacciato!” ribatte incrociando le braccia sul petto, ma ha le guance calde, sa che lui ormai se n’è accorto.
“Guarda, ti ho portato un fiore” dice a sorpresa; infila la mano nella maglietta e tira fuori un cosino spelato, a cui mancano diversi petali e quelli rimanenti sono schiacciati. Glielo porge con un sorriso semplice, di quelli suoi, disarmante per l’ingenuità e allo stesso tempo profondo, uno sguardo che le chiede di andare avanti, dimenticare i suoi errori perché potranno ancora essere molto felici – sempre che l’Avatar salvi il mondo e garantisca una lunga vita a tutti loro.
“È appassito” dice lei. Il paragone con la loro storia si fa vivo subito nella sua mente, per quanto non gli creda. Loro possono ancora fiorire insieme! Ci sono così tante cose che devono ancora fare. Sente che sta per lanciarsi tra le sue braccia e promettergli amore eterno – che ragazzina! Scuote la testa.
“No!” si affretta a spiegare Bolin, gli occhi spalancati. “È solo un po’ schiacciato, perché lo tenevo vicino al cuore.” Le sorride e finalmente lei risponde, lasciando andare ogni stupido orgoglio. Bolin ha sbagliato ma in buona fede e ha dimostrato di aver capito e pagato per i suoi errori. Ed è tanto tenero.
“…d’accordo” concede. Allunga le dita e prende lo stelo, ma nel farlo gli sfiora la mano.
“Sto aspettando” dice poi.
“Cosa?” chiede Bolin, incerto.
“Che mi baci, stupido!”
Lui scuote la testa, annuisce, la scuote ancora. È chiaramente più confuso che mai.
“Sissignore, agli ordini!” spara fuori. Poi, finalmente, sta zitto e la bacia.



* Ho appena finito di vedere Korra, Book 4 e questa è la prima storia che è venuta alle mie dita, perché questi due sono davvero molto carini.
Scritta per la Maritombola 2014 con il prompt “6. fiore appassito”, è situata alla fine dell’episodio 10, prima che Toph torni da sola nella palude; ho immaginato che Bolin e Opal abbiano avuto un momento privato per chiarirsi prima della scena in cui Zhu Li li avverte dell’attacco incombente di Zuvira.
Se vi è piaciuta, lasciatemi due parole :) A presto!

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