Larry Stylinson : Lottando per amore

di Italianlady
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Era il mio secondo giorno di lavoro. Ero stato assunto per un mese, quello di Agosto, giusto per rimpiazzare un membro del personale che in seguito ad un incidente in auto era finito in coma in ospedale. Mi chiamo Harry Styles e ho da poco compiuto 18 anni e frequento la quarta superiore del liceo. Sono alto poco più che un metro e ottanta, capelli castani e ricci che amo tenerli non troppo corti, due occhi verde smeraldo e un fisico abbastanza muscoloso per la mia età. Ma torniamo a noi. Mi aggiro tra gli scaffali pieni di scarpe a sistemare e scatole che sono state riposte in malo modo e per essere le tre di pomeriggio c’è abbastanza gente. Mi abbassai leggermente per sistemare il risvolto dei miei jeans al ginocchio quando un ragazzo urtò leggermente contro di me -opss, scu…- fece lui, cercando di finire di parlare, ma io lo bloccai subito, alzando la voce:- Hey, ma che cavolo...-
Alzai lo sguardo e vidi un ragazzo più o meno della mia stessa età, in piedi davanti a me, con un ciuffo castano che gli copriva parte della sua fronte ma non i suoi occhi, azzurri come l’oceano.
Subito mi tese la mano per aiutarmi a rialzarmi. –Scusami, che sbadato che sono! E’ che mi stavo guardando in giro per trovare il modello di scarpe che cercavo…-
-Tranquillo, non importa- continuai – piuttosto, che scarpe ti servono?-
- All-star bianche, ne avete vero?- chiese lui.
Improvvisamente mi sentivo strano, quasi a disagio. Era come se mi avessero portato via parte della mia sicurezza. Mi affrettai a  rispondere: -si,certo. Seguimi-.
Dopo alcuni istanti eravamo arrivati al settore delle scarpe sportive, così gli mostrai dove doveva guardare.
-Grazie mille- disse lui.
Non volevo andarmene. Quel ragazzo aveva qualcosa di diverso da tutti gli altri. Mentre nella mia testa si affollavano vari pensieri, iniziai a sentire un caldo tremendo, così chinai leggermente la testa e slacciai i primi tre bottoni della camicia bianca che mi avevano dato come divisa dello staff.
Mentre slacciavo l’ultimo, gettai una rapida occhiata per vedere cosa stava facendo, quando si girò verso di me per dirmi che non riusciva a trovare la sua taglia. Cosi gli dissi che sarei andato a vedere in magazzino e mentre parlavo, notai che stava fissando le mie mani, mentre giocherellavano con un bottone. Andai in magazzino, sperando di trovare quel paio di scarpe, quando afferrai una scatola di cartone numero 42 e mi avviai verso la porta infondo alla stanza, da dove ero entrato. Prima di arrivare alla porta, qualcuno mi afferrò per un braccio. Era Emily, una bella ragazza di 24 anni che lavorava in negozio già da qualche anno. Mi salutò e mi abbraccio, poi mi sussurrò ad un orecchio:- che ne dici di starcene un po’ qui da soli, il mio turno inizia solo tra mezz’ora…-
In circostanze normali avrei accettato volentieri. Si, ero proprio quel tipo di ragazzo. Ma la sola cosa che volevo era tornare da quel ragazzo, così gli risposi che  non avevo tempo: -Magari più tardi- e detto questo uscii .
-Ecco le tue scarpe, provale.- gli dissi porgendogli la scatola.
Cosi si sedette sulla sedia e si slacciò le scarpe. Quasi d’istinto tirai fuori le All-star dalla scatola, gliele passai e mi rispose con un grazie. Aveva una voce davvero particolare, non era molto potente, era quasi dolce. Dopo aver provato le scarpe, mi ringraziò ancora e se ne andò. Rimasi un po’ di tempo a fissarlo, poi distolsi lo sguardo, perché un’altra persona mi aveva chiesto aiuto per un altro acquisto.
Quella sera tornai a casa e dopo cena aprii un vecchio diario e iniziai a scriverci tutto ciò che pensavo. Ero molto turbato. Cosi, strinsi una penna tra le mani e iniziai a scrivere.
‘’ Caro diario,
oggi in negozio è entrato un ragazzo. Non so chi sia e nemmeno come si chiami. Era davvero carino. Ha scatenato dentro di me qualcosa che non avevo mai provato, sensazioni quasi del tutto sconosciute. Per la prima volta dopo tanti anni mi sono sentito debole e vulnerabile. Spero di rivederlo presto.
                      Harry ‘’
Che cosa mi stava succedendo? Perché mi ero rifiutato di stare con Emily? Varie domande si facevano strada nella mia mente mentre stringevo i miei ricci tra le dita. Non sapevo darmi nessuna risposta, così...
 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Non sapevo darmi nessuna risposta, cosi andai a farmi una doccia e poi andai a letto. Passarono giorni, settimane, quando arrivò il 12 Settembre, primo giorno del nuovo anno scolastico, quarta superiore. Ero davanti alla scuola e faceva molto caldo. Fortuna che avevo scelto di mettermi una canottiera, la mia preferita, quella senza orli, con i bordi mal definiti e sfilacciati e un paio di pantaloncini corti, lunghi fino alle ginocchia. Salii i gradini e mi recai al secondo piano, dove si trovava l’aula della mia classe. Salutai tutti i miei compagni e scambiai due parole con i miei amici, Tom e William. I professori dicono che siamo i peggiori ragazzi della classe e non hanno tutti i torti. Andai a sedermi all’ultimo posto, di fianco alla finestra. Dopo circa cinque minuti arrivò la professoressa Brown, la peggiore che avessimo. Fra me e lei c’era un grande rapporto di odio reciproco. Quando entrò ci alzammo tutti in piedi rispondendo con un sonoro ‘’buongiorno’’. Subito notai che era seguita da un ragazzo che avevo già incontrato. -Styles, vieni qui al primo posto che ci sono due banchi vuoti- . La frase fu seguita da una risatina dei miei compagni. –ooh, Styles beccato subito!- -Silenzio !- urlò la professoressa e dopo alcuni attimi di silenzio aggiunsi :- già, stai zitto che è meglio, Anderson!- - E tu, Tomlinson, puoi sederti di fianco a lui- disse la professoressa indicando il banco di fianco al mio. Così si sedette. Lo guardai quando mi salutò. Tirò fuori alcuni libri dallo zaino e li mise sul banco, quando ruppe nuovamente il silenzio: - Ti ricordi di me? Quella voce non mi era nuova. Ero sicuro di averla già sentita.Ora sapevo chi era. Non mi sarei mai aspettato di ritrovarlo qui, a scuola, nella mia stessa classe. Allora era cosi che si chiamava; ''Tomlinson''. Prima che potessi rispondere alla sua domanda la professoressa si rivolse nuovamente verso i lui: - Allora, che ne dici di presentarti ai tuoi compagni? Da dove vieni?- - Mi chiamo Louis e vengo dall'Italia. Sono nato qui in Inghilterra, ma quando ero piccolo la mia famiglia si era dovuta trasferire per lavoro. Ma ora siamo riusciti a tornare, siamo arrivati da circa due mesi.- rispose. -Molto bene- affermò la professoressa. Iniziò a spiegare la lezione e Louis a prendere appunti. Era molto rilassato mentre scriveva, così osservai la sua penna muoversi armoniosamente sul foglio. Distolsi lo sguardo dalle sue mani e strappai un angolo del mio foglio. Poi scrissi:-Sei il ragazzo delle scarpe bianche, giusto?- Appoggiai la matita e piegai il foglio alla meglio, per poi lasciarlo cadere sul foglio del ragazzo seduto accanto a me. Guardava quel piccolo pezzo di carta con aria un po' perplessa. Pensavo non l'avrebbe mai letto, pensavo che l'avrebbe buttato per terra. Ma non fece niente di tutto ciò. Prima di appogiarlo sul mio banco, sul retro di quel fogliettino scrisse solo due semplici lettere: ''Si''. Dopo aver visto la sua riposta alzai lo sguardo e vidi che mi fissava, cosi feci un sorriso sghembo e lui abbassò i suoi occhi verso il pavimento. Iniziai a giocherellare con la matita che avevo tra le mani e Tomlinson riprese a scrivere ciò che diceva la prof. Suonò la campana: questo significava che la lezione di scienze era finita e che quella donna senza pietà poteva andarsene. -Ragazzi, per la prossima settimana voglio che facciate degli esempi delle leggi della genetica di Mendel, ovvero su come vengono tramandati da una persona all'altra i caratteri ereditari. Potete aiutarvi osservando voi, i vostri genitori e i vostri nonni, non è vero Styles?- Quelle parole suscitarono in me rabbia, che venne leggermente calmata dal dolore, dopo aver permesso alle mie mani di spezzare la matita che tenevo tra le dita. Inutile dirvi che la professoressa mi aveva preso di mira. Ora capite perchè la chiamo ''donna senza pietà''? No, ovviamente no. Fortuna che nessuno sa il mio segreto. Nessuno tranne quella donna. La odio.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Fortunatamente Louis non si era accorto di cosa avevo combinato con la matita, o almeno era questo che pensavo. Infatti alla fine delle lezioni, mentre stavamo scendendo le scale mi chiese perchè l'avevo fatto, così gli mentii dicendogli che non c'era un motivo preciso. Fu difficile mentire di fronte al suo sguardo, così profondo, ingenuo. Continuammo a scendere le scale fino all'atrio, senza parlarci. In mezzo a tutta quella gente, riuscivo a stare più vicino a lui. Mentre camminavamo, le mie mani sfioravano le sue, cercavo di guardarlo senza farlo notare. Ad un certo punto incontrammo la professoressa di inglese. -Stavo cercando proprio voi due- disse venendoci incontro. Poi rivolgendosi al mio nuovo compagno di classe, prosegui:- Senti, visto che hai qualche difficoltà con l'inglese, pensavo che potresti studiare insieme ad uno dei tuoi compagni, magari con Harry- -Con me?- chiesi. Non so perchè feci questa domanda... ero imbarazzato, sorpreso, felice... -Si, con te, se per voi va bene- ripeté la professoressa. Louis annui e anche io feci cenno di si con il capo. La professeoressa fece un sorriso e si congedò dopo aver detto: - bene, mi pare che sia tutto chiaro.- Uscimmo dalla scuola, finalmente liberi di tornare a casa. Volevo chiedergli se gli andava di fare a strada insieme per tornare a casa, ma qualcosa mi bloccava, così mi feci coraggio e glielo chiesi. -Mmm... non so se abitiamo nella stesso quartiere... io al prossimo incrocio devo girare a destra e proseguire dritto...- -in effetti non facciamo proprio la stessa strada- mi limitai a rispondere. -però anche io devo girare a destra all'incorcio- aggiunsi, mentre eravamo fermi uno di fronte all'altro, dato che il semaforo era rosso. Cosi approfittai del momento per prendere una sigaretta e accenderla. Quando la nuvoletta di fumo iniziò a diffondersi nell'aria, lui mi disse: - E cosi fumi...- -E' una domanda o un' affermazione?- domandai, mentre il vento portava il fumo fra noi due, in modo da avvolgere parte del mio viso.

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