Crossroads - Il Bivio

di Faith Grace
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** from zero to one ***
Capitolo 2: *** the One and the Dyad ***



Capitolo 1
*** from zero to one ***


Crossroads – Il Bivio

In una città dove la speranza è la prima a morire, tutto è marcio e la vita ti ha voltato le spalle
Hai il coraggio di vivere senza preoccupazioni?
Hai il coraggio di vivere credendo ancora in qualcosa?
Hai il coraggio di andare sempre avanti e superare tutti gli ostacoli?
Hai il coraggio di chiudere gli occhi e sperare in una nuova realtà?


0. Instant


Vi siete mai domandati quanto possa succedere in un istante?
In un istante si può nascere e morire, si può amare e odiare. Si più perdere tutto o si può diventare un eroe. Si possono prendere decisioni che possono cambiarti la vita, migliorartela o rovinartela. E poi ci sono quelle fatalità che te la stravolgono.
La pioggia era violenta quella notte di cinque anni fa quando Axel aveva deciso che era arrivato il momento di preparare una borsa con i vestiti suoi e di sua sorella, prendere Kairi per mano e fuggire velocemente prima che la madre potesse accorgersi della loro assenza. Non avevano alcun luogo in cui rifugiarsi, né l'amore di altri parenti dove chiedere conforto. Axel sapeva che la vita da quel momento in poi sarebbe stata dura, ma non avrebbe potuto fare altrimenti.
Sempre in quella notte, su una stradina di città una cinquantina di chilometri più a nord, la pioggia batteva ugualmente forte. Quel giorno Roxas era in macchina con i suoi genitori quando capì che la vita non era tinta di rosa come le favole che stava leggendo in quel libro che aveva tra le mani. La prima cosa di cui ebbe coscienza fu il riflesso degli abbaglianti della macchina accanto a loro, l'ultima cosa che vide fu la sua coscia staccata dal resto della gamba, sepolta sotto le lamiere.
Quella notte di cinque anni fa molte lacrime furono versate, di felicità in vista di una libertà ritrovata e di dolore per la perdita di qualcosa che non sarebbe mai più stato possibile riavere indietro.
Si dice che basta un solo istante per cambiare quello che è rimasto fermo per una vita intera.

1. Change of Scenary


Vieni, vieni, Axel. Che te ne pare? Non è molto grande ma è l'unica cosa che posso offrirti”
Un ragazzo dai capelli rosso fuoco si ritrovò a deporre di tutta fretta la sua valigia sul pavimento e seguì la voce allegra che lo stava richiamando dall'altra parte del corridoio. Un sorriso di concitazione scappò dalle labbra dell'altro ragazzo dai capelli color sabbia una volta che il rosso lo ebbe raggiunto.
Allora che te ne pare?”
È perfetta” una risposta arrivata senza neanche pensarci.
Spero riuscirai a trovarti a tuo agio qui”
Ti ringrazio di tutto Dem, davvero”
Gli amici servono a questo, no?”
Axel non poté fare a meno di rispondere al caloroso sorriso dell'amico, il suo era debole e accennato ma pur sempre un sorriso che parve soddisfare il biondo.
Allora ti lascio un po' di privacy... immagino che vorrai riposare” disse Demyx come preludio per annunciare il suo ritiro in camera propria e l'altro annuì. Rimase sullo stipite giusto un momento, con le mani incrociate in grembo e un palese desiderio di voler dire qualcosa, ma non lo fece.
Nel giro di pochi istanti, dopo qualche convenevole e qualche ultima raccomandazione di fare come se fosse a casa sua e la disposizione degli asciugamani in bagno, Axel si ritrovò da solo in quella che gli era stata presentata come la sua nuova camera. Temporanea, ovviamente. Nonostante le proteste di Demyx riguardo al fatto che potesse rimanere lì quanto tempo volesse, ad Axel non gli andava di gravare sulle spalle dell'amico. Lui aveva già fatto tanto offrendosi di ospitarlo e di dargli un passaggio dall'aeroporto al suo arrivo.
Il ragazzo si tolse le scarpe e si lasciò letteralmente cadere a peso morto sul letto, chiuse gli occhi giusto il tempo per riposarli e poi passò in rassegna la stanza. Sebbene fosse molto spartano, l'arredo non era molto male: la stanza era stretta e allungata, di un'imbarazzante forma rettangolare, il letto a una piazza aveva un telaio in ferro battuto che gli conferiva un aspetto classico e romantico, le pareti in crema si sposavano molto bene con il copriletto rosa pallido a fiorellini - da questo dedusse che quella era la stanza destinata alla sorella minore di Demyx. C'era poi una piccola finestrina accanto al letto e un comò sulla parete difronte, con uno specchio ovale accanto ad esso. Non c'era che dire, una vera stanza da ragazza, ma Axel non se ne lamentava perché il suo non sarebbe stato un soggiorno a lungo termine.
Con un colpo di sterno si mise a sedere sul letto e decise che non era poi così stanco, dopotutto quello che aveva fatto fino a quel momento era il nulla assoluto. Aveva passato gli ultimi due mesi in una clinica di riabilitazione alcologica, e ora che era appena uscito da quel covo di disadattati la prima cosa che si ritrovò a pensare era che, adesso, si sentiva lui stesso un disadattato. Era come se quell'allontanamento forzato l'avesse alienato dalla realtà e ora la sua vita gli sembrava lontana anni luce, come se tutte quelle cose che considerava quotidiane appartenessero a un'esistenza precedente. Come se lei non fosse così irraggiungibile.
Come aveva immaginato la sua quiete non riuscì però a durare a lungo, dopotutto adesso viveva nella casa di Demyx, e infatti non molto tempo dopo un paio di colpi alla porta lo riportarono alla realtà e vide di nuovo l'amico biondo fare capolino nella sua stanza.
Che ti sei dimenticato?” chiese ricordando quanto fosse saggio appellarsi alla pazienza, la cui assenza in un passato piuttosto recente lo aveva fottuto davvero malamente.
Io...uhm... volevo ricordarti che oggi pomeriggio hai quell'appuntamento” biascicò tentennante. Da quando era andato a prenderlo all'aeroporto tra lui e Demyx si era creato uno strano imbarazzo che era non era mai esistito in tutti quegli anni in cui erano stati amici. Era come se ora Demyx non sapesse come comportarsi con lui.
Quale appuntamento?” domandò il rosso, genuinamente perplesso di essersi perso qualcosa. Ora stava iniziando a sperare che quell'isolamento non lo avesse fatto diventare ritardato come tutti gli inquilini di quella clinica di merda.
Con il dottor Ansem... ricordi no? Lo psicologo al quale ti hanno assegnato”
Axel si schiaffò una mano in faccia e sospirò pesantemente. Era un mistero come avesse già potuto dimenticare una cosa simile, eppure in riabilitazione non faceva null'altro dalla mattina alla sera; forse quel vago profumo di libertà gli aveva già dato alla testa.
Alla mancata risposta del rosso, Demyx si sentì in dovere di continuare “Se non ti sbrighi farai tardi”
Tranquillo” mormorò l'altro portandosi una mano trai folti capelli “Non ho intenzione di andarci”
Ma Ax!” protestò il biondo “Non puoi mancare, è una cosa importante per te”
Non più importante di una bella dormita” affermò tornando a stendersi sul materasso, senza dare all'altro il tempo di continuare. Ma Demyx non si diede per vinto, si portò le mani ai fianchi e aggrottò la fronte.
È per il tuo benessere e ci andrai, che tu lo voglia o meno” disse cercando di darsi un tono, cosa che non gli riuscì un granché perché Axel non lo degnò di uno sguardo o un cenno. Demyx però era conosciuto per essere un gran rompiscatole, e infatti, afferrò con entrambe le mani i lembi del piumone a fiori e lo alzò con tutta la forza di cui era dotato, così facendo il rosso cadde rovinosamente a terra e lo guardò in tralice.
Non osare” sibilò Axel.
E invece lo farò eccome. Se non ti alzerai di tua spontanea volontà ti trascinerò io lì”
E così, con una buona e fornita dose di riluttanza, Axel si era ritrovato tra le strade della città alla ricerca di un qualsiasi punto di riferimento che gli assicurasse di essere sulla buona strada verso lo studio. A giudicare da come c'era scritto sul foglietto che gli aveva dato Demyx non doveva essere molto lontano, ma si trovava in un quartiere in cui era passato solo qualche volta di rado. Ormai seccato, sospirò pesantemente e si fermò al semaforo prima dell'incrocio, gettò un ultima occhiata alle indicazioni – ormai doveva essere vicino – e poi prese a scrutare con fare disinteressato le persone in attesa del verde accanto a lui. C'erano due bambini che gridavano concitatamente mentre si scambiavano delle figurine, una donna dai capelli grigi con una busta della spesa intenta a fumare una sigaretta e un ragazzo nero con i capelli racchiusi in lunghe treccine e le cuffiette nelle orecchie.
Durante tutto quel tempo di lontananza da tutto e tutto, chissà perché si era domandato se una volta a casa le cose fossero diverse, e invece niente era cambiato poi così tanto. La gente che viveva in quel ghetto schifoso aveva sempre la stessa aria malsana, ognuno andava avanti con la propria vita nella speranza di dissimulare il crudo degrado in cui era inabissata quella città e chiunque ci viveva.
E poi il suo sguardo fu catturato da una chioma bionda all'estremità opposta delle strisce pedonali. In mezzo a un gruppo di sconosciuti vi era un ragazzino piuttosto basso e anonimo, vestito completamente di nero e i capelli dorati che spuntavano in contrasto dal cappuccio corvino della felpa alzato sul capo – probabilmente atto a cercare di nascondere invano un vistoso livido che percorreva la sua tempia destra. Masticava meccanicamente una gomma e di rado faceva qualche palloncino, le mani erano fisse nelle tasche dei jeans, anch'essi neri, e il suo sguardo era fisso davanti a sé. Non c'era niente che distinguesse quel ragazzo dal resto della massa se non per un semplice, minuscolo, particolare: i suoi occhi blu erano vacui, spenti. Non c'era una briciola di quella vitalità che contraddistingue i giovani nel pieno della loro adolescenza. Il suo sguardo era disilluso, come se avesse già conosciuto quanto meschina potesse essere la vita.
Il suono del semaforo annunciò finalmente che era scattato il verde e quindi Axel poté di nuovo riprendere la propria strada, distolse lo sguardo da quel ragazzino e prese a camminare svogliatamente sulle strisce per arrivare dalla parte opposta. I passi suoi e di quel biondo si incrociarono fugacemente e per un secondo, passandogli accanto, si domandò cosa ci fosse che non andava nella vita di quel ragazzo che andava nella sua direzione opposta, per quale motivo non rideva e scherzava come quei bambini che si scambiavano le figurine, quale amarezza lo perseguitava?

Allora, signor...”
Mi chiami Axel e tagliamo la testa al toro”
Noto che ha fretta di cominciare”
Ho fretta di finire... non ho tempo per queste stronzate. Sa, devo ritornare alla mia vita il prima possibile” Axel si spaparanzò sulla poltrona davanti alla scrivania dell'uomo presentatosi come il suo psicologo. Si chiamava Ansem, era un uomo di mezza età e aveva dei capelli biondo cenere tirati all'indietro e un pizzetto del medesimo colore.
Questo è giusto, ritornare alla propria vita e reinserirsi nella società è molto importante” annuì l'uomo studiandolo attentamente “Ma queste sedute non sono propriamente definibili stronzate come dite voi giovani”
Potranno esserlo o non esserlo, dipende dal punto di vista” rispose mestamente il rosso e poi abbozzò un sorrisetto impertinente “E secondo il mio, lo sono
Ansem si sporse sulla scrivania e il suo sguardo si fece più attento “Cosa dice il tuo punto di vista riguardo alle altre cose?”
Axel inarcò un sopracciglio e, con un braccio appoggiato al bracciolo della poltrona, si resse il capo per mettersi in una posizione più comoda. Boccheggiò un paio di volte in cerca delle parole più adatte e poi puntò di nuovo lo sguardo sull'uomo.
Lei è sposato?” disse di punto in bianco.
Ansem rimase stupito dalla domanda ma non lo lasciò notare “Si, sono sposato”
E lei ha figli?” continuò.
Si, ho un figlio di dieci anni”
Immagino che gli vorrà molto bene”
Esatto, gli voglio molto bene”
Axel gettò un'occhiata fuori la finestra, non si vedeva nient'altro oltre che vecchi edifici dalla vernice scrostata e scolorita. Il suo sguardo vagò brevemente su tutte le crepe che correvano lungo le mura e poi chiuse di colpo gli occhi.
Se suo figlio dovesse morire, lei cosa farebbe?” sussurrò voltandosi lentamente di nuovo verso lo psicologo.
Sui due uomini cadde un lungo silenzio, spezzato solo dalle lancette dell'orologio da parete affisso sopra la libreria e una folata di vento scosse le foglie della pianta poggiata ai piedi della scrivania. Ansem interruppe il continuo scribacchiare che aveva cominciato dall'inizio della loro seduta, posò la penna e si concentrò interamente sul suo paziente.
Sarei molto triste” rispose infine.
E basta?” Axel piegò la testa di lato “Nient'altro? Solo triste?”
Cosa dovrei fare allora?” domandò Ansem completamente attento.
Non dorrebbe sapere il perché e il cosa ha scatenato tale morte? Avere magari delle risposte, capire se c'è un colpevole... perché, se se lo sta domandando, il colpevole c'è sempre” spiegò il rosso con un gesto della mano e l'altro scosse il capo.
Per questo ci sono le forze dell'ordine, bisogna affidarsi sempre ad esse”
Esistono ancora le forze dell'ordine?” l'ironia era evidente nella risposta dell'altro.
È questo il loro compito. Loro curano il male della società, non è lecito farsi giustizia da soli”
Lei dice che non è lecito farsi giustizia da soli...” anche Axel a questo punto si sporse di più verso l'altro e affilò lo sguardo su di lui “Ma il male sta ancora flagellando la società. Negli anni non mi pare di aver visto tale sintomo alleviarsi ma solo peggiorare”
Devi crederci, Axel. Abbi fede” l'uomo afferrò la penna e riprese a scrivere “Abbi fede. In cosa decidilo tu: in Dio, nelle forze dell'ordine, nella giustizia o nella speranza. Sta a te decidere ma devi appigliarti a qualcosa”
Una risatina roca proruppe dalle labbra del rosso e questi si passò una mano sulla fronte “Se tutti voi continuate a ripetermi sempre queste cazzate prima o poi finirò per crederci” ribadì sarcastico.
Per lui la seduta era finita lì.

Prima di poter dire che la sua giornata fosse conclusa, Axel optò per fare un salto dai suoi amici di sempre. Ripercorse quei vicoli desolati come se li avesse lasciati solo il giorno precedente, le abitazioni dai mattoni rossi si avvicendavano con la monotonia di sempre, i muri ricoperti completamente di graffiti erano uguali e trasudavano di disperazione dietro quei colori sgargianti di chi li aveva creati, i ragazzi giocavano nel campetto improvvisato in mezzo ai palazzi, e gli adulti, seduti fuori alle verande delle proprie abitazioni, scrutavano una ad una tutte le persone che passavano per quella strada.
Tutti in quella città erano in attesa di un miracolo che non ci sarebbe mai stato.
Entrò nel vialetto della familiare villetta a un piano e si diresse direttamente verso il garage con la saracinesca alzata. Al suo interno Xigbar e Xaldin erano occupati a esaminare e mettere via degli attrezzi da lavoro.
Gente, guardate un po' chi è tornato” Axel annunciò la sua presenza con un tono altisonante mentre entrava nel garage e andava a sedersi su un divanetto mezzo distrutto a ridosso della parete. I due uomini si voltarono ed esclamarono sorpresi.
Non ci aspettavamo di rivederti così presto” Xigbar lasciò la sua occupazione, afferrò una pezza per pulirsi le mani e si avvicinò per stringere calorosamente la mano del rosso.
Sono felice che tu sia ritornato, fratello” lo accolse Xaldin dandogli delle pacche sulla schiena.
Come ve la siete passata in mia assenza?” il rosso rise e lanciò uno sguardo esaustivo al loro piano di lavoro “Vedo che non siete stati con le mani in mano”
Puoi dirlo” Xaldin si ripulì alla meglio le mani sulla sua canottiera, non più bianca perché già sporca di grasso per motori “Però gli affari non sono andati molto bene ultimamente”
Ultimamente ci sono stati più controlli” spiegò Xigbar andando a sedersi su una sedia lì vicino e afferrò una birra dal minifrigo “I piedipiatti ci stanno addosso. Ti sei scampato il peggio, ragazzo mio”
Che cazzo stai dicendo?” Axel si sporse verso di lui e allungò una mano “Dammi una birra intanto”
Non credo che dovresti” rise Xaldin avvicinandosi al frigobar e prendendo pure lui una bottiglia di birra.
Il rosso aggottò la fronte “Dammi una birra” abbaiò calcando il proprio tono.
Ma, dicci un po'... in quella prigione in cui stavi tu, sbaglio o non ti facevano bere?” fece Xigbar cambiando subito argomento e Xaldin lo corresse.
Era in riabilitazione e non in prigione”
È sempre la stessa merda tanto” appoggiò l'avambraccio sulla coscia e si sporse verso Axel “Dai ascolto a me, ti sei perso tanta roba durante la tua piccola reclusione” poi voltò il capo verso Xaldin e gli fece un cenno col capo “Prendigli una birra”
Ma sei pazzo? Secondo te perché l'hanno mandato in riabilitazione?”
Non di certo perché sono un alcolista. Ti pare che lo sia?” si alzò a quel punto Axel e lo guardò con sguardo di sfida.
Hai pensato che forse hai un problema?”
Io non ho un problema, porca puttana, è il mondo che ce l'ha. Ha tanti problemi ma qui nessuno fa un cazzo!” il rosso a quel punto alzò la voce e si fece strada verso l'altro uomo che torreggiava davanti a lui, era poco più alto di lui ma in compenso era molto più robusto.
Lo so ok? E so pure che tu non sei alcolizzato ma l'ultima cosa che voglio è che ti portino di nuovo via da qui! Quegli stronzi stanno come avvoltoi e non ci metterebbero nulla a spedirti di nuovo chissà dove, anzi no te lo dico io... questa volta ti spediranno direttamente dritto dritto in prigione come tutti gli altri”
Xaldin chiudi quella fogna e prendigli una fottuta birra” sbraitò Xigbar guardandolo torvo con l'unico occhio che gli era rimasto. Quello che aveva perso era stato un trofeo di una battaglia vittoriosa contro una piccola gang di sbandati.
Fottiti Xig, se la vuole se la prende da solo. Io non voglio essere la causa di niente”
A chi è che dici fottiti? Bada a come parli stronzo... stai in campana o mi tocca farti il mazzo un'altra volta”
Ci fu un mezzo secondo in cui Axel temette davvero che tra i due sarebbe nata una nuova disputa, e quando c'erano loro di mezzo le cose non si risolvevano così facilmente; e dal momento che non era andato lì con l'intento primo di attaccar briga, si alzò dal divano sfasciato e andò a prendersi lui stesso una birra.
Bell'intelligente che sei” sputò sarcastico Xaldin una volta che l'altro aprì la lattina. Forse una persona normale, in un contesto normale, non avrebbe ricominciato a bere neanche dopo aver lasciato una riabilitazione che avrebbe dovuto insegnargli a rimanere sobrio, ma nella loro esistenza non esisteva la normalità e non è che Axel aveva intenzione di ubriacarsi.
Allora che cazzo stavamo dicendo?” fece Xigbar agitando la sua lattina.
Dicevi che le cose non sono andate bene ultimamente. Che mi sono perso?”
Ah giusto! Poco più di un mesetto fa c'è stata una guerriglia qui in città, durante una perquisizione uno sbirro ha ucciso un ragazzo. La gente non ci stava, sono iniziate proteste e sommosse... chi sparava di qua, chi brandiva la spranga di là. C'è stata una notte di scontri e la mattina dopo la periferia si è svegliata in stato di assedio”
La città è ancora scossa e smaniosa di vendetta. La gente cerca qualunque pretesto pur di scatenare la loro rabbia” continuò Xaldin dopo un sorso alla sua birra “Dopo giorni e giorni i conflitti sono stati placati, la polizia è tornata tra le retrovie però si fanno vivi di tanto in tanto per dei controlli”
Axel rimase in silenzio per lunghi secondi per sintetizzare meglio la notizia di cui era appena venuto a conoscenza e incrociò le braccia al petto. Quella situazione non gli piaceva affatto.
Mica per caso hanno preso qualcun altro? Qualcuno che avrebbero dovuto prendere, intendo”
I due capirono al volo a cosa si riferiva Axel ma scossero il capo.
Non che io sappia, mi dispiace”
Axel abbassò lo sguardo e accennò un sorriso sfiduciato. Come aveva detto poco prima ad Ansem, la giustizia non esisteva, il mondo era malato e non si sarebbe mai più ripreso.
Allora su cosa avete messo le mani?” domandò cambiando argomento, giusto un paio di minuti dopo per spezzare il silenzio pesante che si era venuto a creare tra di loro. La situazione in cui versava la città era critica ma non era nulla di nuovo, era così da decenni ormai e nessuno si era mai preso la briga di fare niente.
Non lo immagineresti mai. Mio fratello ha messo le mani su una Chevrolet Caprice del 1975” esclamò Xaldin posando la sua bottiglia vuota su una mensola.
Cazzo quella roba è oro!”
Non lo immagini neanche” Xigbar rise nell'alzarsi e tornò di nuovo al suo banco da lavoro “Abbiamo anche un potenziale acquirente, il motore però è andato a farsi fottere da una decina d'anni quindi dobbiamo vedere come rimetterla in sesto”
Comprarlo per intero da internet sarebbe un suicidio... però prendere qualche pezzo non dovrebbe essere molto dispendioso”
Se ci vuoi mettere tu il capitale...”
Io sono al verde Xig, tu già sai”
Non credere di essere l'unico, Axel” rispose Xaldin al posto dell'altro “Mia madre ha deciso di iscrivere mio fratello a una scuola privata fuori da qui perché vuole offrirgli qualcosa di meglio di questa fogna”
Il rosso si portò le mani alla fronte e prese a massaggiare le tempie per farsi venire un'idea “Ok ragazzi, una cosa per volta... iniziamo a lavorarci su e poi vediamo come farla camminare. Direi di cominciare domani, ormai sta facendo buio e non mi va di causare problemi a Dem e sua madre”
Allora sei andato a stare da lui?” fece Xaldin appoggiandosi al tavolo da lavoro e incrociando le gambe avanti a sé.
Già, anche per loro le cose sono difficili però sono stati davvero gentili a offrirsi disponibili a farmi stare lì per un po'”
Dopo tutto quello che è successo mi sembra normale....”mormorò Xigbar abbassando la voce “Sei già andato a trovare Kairi?”
Il rosso scosse il capo e disse che ci sarebbe andato non appena se la sarebbe sentita, gli altri due si lanciarono un'occhiata di assenso.

La notte era ormai scesa con la sua pungente umidità quando Axel si congedò da Xigbar e Xaldin e ritornò a casa di Demyx. Quando rientrò però non trovò nessuno in vista nonostante fossero appena le otto di sera, l'amico avrebbe dovuto staccare circa un'oretta prima dal lavoro ma a quanto pare non era rincasato ancora, mentre la madre la trovò chiusa nella sua stanza.
Buonasera, signora” sussurrò Axel sottovoce, mantenendosi alla porta appena dischiusa.
La madre di Demyx era una donna di mezza età, non era molto anziana ma il peso dei problemi e dell'afflizione avevano gravato molto sulla sua estetica e sul suo carattere. Sembrava sciupata e invecchiata, la sua corporatura mingherlina la faceva assomigliare a un alberello rinsecchito e i suoi capelli biondi, più spenti di quelli di Demyx, erano racchiusi in uno chignon basso. In quel momento ella aveva le mani conserte ed era rivolta verso un piccolo crocifisso.
La donna lanciò uno sguardo da sopra le sue spalle, in direzione di Axel, e gli sorrise timidamente “Buonasera a te, caro”
Demyx non è ancora tornato?”
Si sarà fermato al negozio di alimentari, vedrai che sarà qui a breve”
Il rosso annuì e lasciò la signora alle sue preghiere, ormai pareva che fosse l'unica cosa sapesse fare. Fino a un paio di anni fa la loro era una famiglia quasi normale, quasi, perché vivevano pur sempre in quella città di merda, però si avvicinavano alla consuetudine. Il padre di Dem era morto sul lavoro qualche anno fa, faceva il manovale in un cantiere o una cosa del genere, però in un modo o in un altro la famiglia era riuscita comunque a mantenere una parvenza di normalità. Però, un paio d'anni fa, la sorella minore di Demyx scomparve nel nulla, alcuni pensarono a un allontanamento volontario ma tutti quelli che la conoscevano sapevano con sicurezza che lei non avrebbe mai fatto nulla del genere, non avrebbe mai lasciato sua madre.
Con una mano Axel spalancò la porta della sua stanza e si appoggiò col capo allo stipite, passando in rassegna il mobilio e ogni piccolo particolare.
Il primo pensiero degli inquirenti era stato il rapimento, ma Axel sapeva che non era così. Che riscatto avrebbe potuto mai offrire una modesta famiglia come la loro? Il motivo era un altro e sebbene avesse manifestato più volte il suo dissenso, non aveva mai avuto il cuore di dire a Demyx la sua ipotesi molto più agghiacciante ma realistica.
Le cose non sono state facili da quando ci hanno buttati fuori dalla nostra precedente casa”
Axel voltò lo sguardo nell'udire una voce maschile fin troppo familiare, Demyx era apparso sullo stipite della porta e aveva lo sguardo posato sul piumone a fiori. Sul tavolo della cucina, il rosso notò che aveva appoggiato una busta della spesa.
Dopo la morte del padre, il biondo era stato costretto a lasciare gli studi per trovarsi un lavoro e provvedere al sostentamento della famiglia. Non era mai stato così semplice per loro.
Questa è la camera di mia sorella, l'ho arredata secondo il suo gusto... La casa ormai è diventata così vuota”
So cosa significa la solitudine, Dem”
Lo so, ma io non voglio perdermi d'animo. Ogni giorno mi sveglio con la speranza di vederla tornare e sorridermi come faceva sempre... mamma sarebbe davvero felice”
Axel studiò la sua espressione rilassata ma rispose con riluttanza “In questo mondo dove tutto è marcio e la speranza è la prima a morire, dove trovi tutto questo ottimismo? Dove trovi la forza di andare avanti?”
Demyx non rispose alle sue domande, forse non aveva una soluzione a portata di mano o forse ce l'aveva ma voleva che fosse Axel a trovarla per conto proprio. Tutto quello che si limitò a fare fu dare una pacca sulla schiena dell'amico e abbozzò un sorriso malinconico “Rimani pure tutto il tempo che vuoi, per piacere” mormorò prima di lasciarlo ancora una volta immerso nella sua solitudine, in mezzo a quel mare di ricordi trasudanti da quelle quattro mura.

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ROXAS, ROXAS, ROXAAAAAS!”
Una voce fastidiosa parve volergli rompere i timpani ma poi, finalmente, fu il silenzio. Roxas, nel poco di coscienza che aveva guadagnato dopo tutto quel caos, credeva che sarebbe riuscito a riaddormentarsi ma dovette ricredersi quando udì un rumore di pesanti passi e dei colpi alla porta. Ovviamente lui non si sprecò a dare il permesso di aprire perché chiunque fosse lo stronzo che aveva voglia di far casino di prima mattina, aprì la porta della camera e poi la richiuse dietro di sé.
Oh Rox”
Mmmm... fottiti... gira al largo” biascicò il biondo girandosi dall'altro lato, gli occhi sempre chiusi con il timore che se li avesse dischiusi non avrebbe potuto perpetuare quel dolce riposo in cui era stato immerso fino a poco prima.
Ehi fottiti a chi? Guarda che ti faccio ingoiare la lingua” la voce continuò a rimbombare, ci fu ancora un rumore di passi in giro per l'ambiente e poi sempre quel qualcuno spalancò la finestra, in questo modo la luce del sole accecò il biondo che cercava di riposare.
Questi si passò le mani sugli occhi per proteggersi e mugolò lamentosamente prima di proferire parola.
Che cazzo vuoi Hayner?” disse aprendo un occhio ma la sua vista era ancora sfocata a causa del sonno.
D'improvviso sentì un peso sul letto, proprio vicino al suo corpo e capì che lo scocciatore doveva essersi seduto accanto a lui.
Ti ricordi il torneo di struggle che era stato cancellato a causa dei casini del mese scorso? È stata riconfermata la data!”
Mmmmm” Roxas però si lamentò in risposta. Non sembrava intenzionato a voler connettere, la sua mente era annebbiata e tutto quello che voleva in quel momento era stare da solo, con la finestra chiusa e il letto tutto per sé.
Il ragazzo che rispondeva al nome di Hayner emise un grugnito di dissenso e fece un movimento brusco che fece muovere anche il resto del letto “Ohi merdina mi stai sentendo?” sbraitò a voce alta e iniziò a ondeggiare sul materasso per far svegliare l'altro, e la risposta che ricevette fu la solita.
Ma vaffanculo, lasciami stare”
Svegliati. Altrimenti ti butto giù e ti prendo a bastonate così vediamo se mi ascolti”
Cazzo, sei peggio di una sanguisuga” Roxas alla fine comprese che l'altro non lo avrebbe lasciato in pace tanto facilmente così optò per mettersi seduto e aprì gli occhi, il suo sguardo però era di puro astio nei confronti dell'altro“Ecco sono sveglio, che cazzo dicevi?”
Hayner era il primo e unico vero amico che si era fatto in quella città di merda da quando si era trasferito nella nuova casa. In realtà aveva anche un paio di altri compagni, Pence e Olette, ma Hayner era quello più stretto. Quello con cui si era preso a mazzate così tante volte che alla fine nessuno dei due sapeva dire chi era il più forte. Hayner era poco più alto e robusto di Roxas ma questo non significava che fosse lui a dettare legge nel gruppo, Roxas glielo permetteva solo perché preferiva stare per conto suo. Il ragazzo inoltre era biondo proprio come lui, forse qualche gradazione più chiara ed era di un anno più grande ma dalla sua scaltrezza e dalla sua familiarità con la vita di strada sembrava averne minimo il doppio.
Certo che sei proprio stizzito di prima mattina” constatò contando il tempo che ci metteva l'altro a svegliarsi.
Sono stanco” mugugnò il più giovane tra uno sbadiglio e l'altro “Quegli stronzi dei vicini ci hanno dato dentro tutta la notte e a causa loro non riuscivo a dormire”
Allora hanno scopato alla fine?” esclamò Hayner con interesse.
Ma ti pare? Hanno iniziato a lanciarsi i piatti addosso... se quello lo chiami scopare...”
Chi è stato dei due, eh?”
Il marito... l'idiota si è portato l'amante a casa”
Ma che testa di cazzo. Se vuoi l'amichetta non portarla mai a casa” Hayner prese a ridere di gusto, alzando di proposito la voce con lo scherzoso intento di farsi sentire dai vicini, e fu presto seguito nella risata da Roxas, anche se questo si portò una mano alla fronte e scosse il capo. Dopo qualche minuto di leggerezza, Hayner si alzò e si portò le mani ai fianchi “Senti, bello, vuoi una mano per alzarti dal letto?”
Ma ti pare? Non sono mica un lattante” Roxas espirò pesantemente dal naso e rise sarcasticamente “Vai a cazzeggiare fuori, fai quello che vuoi... io arrivo tra qualche minuto”
Il più grande fece spallucce e si avviò verso la porta “Se lo dici tu...”
Ah, Hayner...” lo richiamò e l'altro si girò “Se fai svegliare Cloud e quello ricomincia a lamentarsi, giuro che ti prendo a calci... con la mia gamba migliore”
Dio Rox, la mattina pare che hai una mazza su per il culo”

Quel giorno, i raggi di metà mattina facevano fatica a scaldare la fredda atmosfera che aveva avvolto la città ormai da giorni. In giro si vedevano ancora gli effetti degli scontri che avevano animato il quartiere: cartelloni pubblicitari a terra, pezzi di strada anneriti da incendi ormai spenti, le vetrine di alcuni negozi erano in frantumi, reti metalliche di recinzione accartocciate e abbandonate per strada, auto carbonizzate e macerie qui e là.
Ultimamente qualcuno si era messo di cuore e aveva iniziato a ripulire la città, quello che si presentava ai loro occhi infatti non era assolutamente nulla in confronto a come era stata lasciata la città dopo le guerriglie con la polizia. Ovviamente chi stava ripulendo le strade erano volontari della comunità, non di certo il governo.
Te lo giuro, me l'ha detto il leccaculo di Seifer, come si chiamava quello? Boh chi si ricorda” Hayner parlottava animatamente mentre lui e Roxas camminavano per le strade desolate.
Era per caso Rai?”
Forse sì, forse no... chi cazzo se ne frega” il ragazzo interruppe bruscamente il suo discorso quando intravide un paio di poliziotti armati che facevano la ronda, si infilò le mani nelle tasche della felpa e abbassò lo sguardo, imitando il suo compagno più quieto. Una volta sorpassati i due uomini, il biondo si rigirò di nuovo verso Roxas e si posizionò davanti a lui mentre continuavano a camminare “Comunque questo mi ha detto che hanno trovato un capannone abbandonato bello grande nella zona limitrofa più a sud... sai era vicino al porto e alla stazione abbandonata... li la polizia non dovrebbe rompere le palle”
Roxas alzò il volto dall'asfalto e, con espressione grave, guardò negli occhi l'altro biondo “Quello non era un quartiere pericoloso? Mia mamma dice sempre che ci sono un sacco di criminali e malfattori”
Hayner a quel punto si fermò e aggrottò la fronte “...e che vendono pure la droga” aggiunse timidamente.
Ci fu un momento di silenzio tra i due ragazzi, in cui si squadrarono negli occhi intensamente per poi scoppiare in una fragorosa risata che fece voltare una donna che camminava nei paraggi.
Che pezzi di merda che siamo eh!” continuò Hayner riprendendo a camminare con la più totale naturalezza, finché i due ragazzi non arrivarono davanti a un imponente edificio dalle sembianze di un capannone in disuso e abbandonato da decenni per come era combinato, in realtà quella era la palestra di Cid distrutta dalla guerriglia una quindicina di giorni prima. Quella era la prima volta che vi si poteva entrare poiché prima era stata dichiarata inagibile a causa delle scorie tossiche emanate dal fumo dei roghi che erano stati appiccati.
Ma chi cazzo è stato... guarda qua... no dico guarda qua! Hanno distrutto tutto” Hayner gesticolava animatamente mentre si faceva strada tra i detriti e le ferraglie. La sua faccia era sfigurata da un'espressione di puro odio “Porca puttana se li trovo li uccido tutti con le mie mani”
In tutto quel frangente, a differenza dell'altro, Roxas era rimasto sempre in silenzio mentre camminava e incespicava tra le macerie per addentrarsi sempre di più nella palestra. Il suo sguardo era serio e sondava ogni minimo danno, ormai non c'era quasi più nulla di recuperabile lì in mezzo. Se fosse stato in vena di scherzare, avrebbe sicuramente detto che era andato tutto in fumo.
A un certo punto si appoggiò con la schiena a una trave portante, le mani perennemente nelle tasche della felpa e studiò la figura di un uomo in lontananza.
Quello era Cid, il proprietario della palestra. Solitamente era uno dei pochi uomini di quella città con una tale bontà, mascherata dal suo carattere spigoloso, a far accendere un barlume di speranza negli animi dei giovani, lui voleva far credere che nonostante tutto le cose sarebbero migliorate per tutti. Per questo aveva aperto la palestra, voleva togliere i bambini e i ragazzi dalla strada. E invece eccolo lì, seduto su una cassa di legno nel centro di quella che era diventata la sua casa, con un'aria afflitta e sconsolata.
Quella vista gli faceva ribollire il sangue nelle vene.
Poco lontano da Cid vi era un sacco da boxe e Roxas si chiese se fosse l'unico superstite dell'attacco o se fosse stato portato in seguito come valvola di sfogo.
Più che altro” proruppe dopo il suo interminabile silenzio, placando lo sciame di parole e insulti di Hayner “Puoi immaginare lui quanto sarà incazzato? Si era fatto un culo così in questi anni per tirare su questa palestra e togliere i ragazzi dalla strada e ora guarda che fine ha fatto” sussurrò a bassa voce per non farsi sentire, poi con uno slancio si staccò dal muro, si avvicinò all'adulto e lo chiamò a voce più alta “Cid”
Ragazzi” Cid si girò immediatamente, genuinamente sorpreso di quella visita inaspettata e poi assunse un tono più fermo “Che ci fate qui? È pericoloso”
Non dire stronzate” esclamò Hayner mettendosi davanti a lui “Noi siamo cresciuti qua dentro, ti pare che non saremmo venuti appena possibile?”
L'uomo cacciò un sospiro sfiduciato e tirò fuori dalla tasca del giubbotto una sigaretta che si accese prontamente “Lo sai, ragazzo mio, in un certo senso me lo aspettavo che prima o poi sarebbe successa una cosa del genere”
Hayner storse il naso “Almeno sai chi è stato?”
No e non ci tengo neanche a saperlo”
Roxas abbassò lo sguardo e afferrò una mazza di legno bruciacchiata e prese a farla roteare tra le mani. Cid si girò verso di lui, catturato dai suoi gesti abili e silenziosi come quelli di un gatto.
La gente dice che siamo protetti dagli sbirri...” sussurrò questo maneggiando abilmente la mazza, poi indurì il tono “Ma a noi chi ci protegge da loro?”
Nessuno proferì parola, la mazza era stata scaraventata dall'altra parte della stanza e finì col frantumarsi tra gli altri relitti della palestra.
Senza aggiungere altro, Roxas camminò in direzione del sacco da boxe, si coprì i pugni con le maniche della felpa e iniziò a sferrare colpi uno dopo l'altro.
Non dovreste essere a scuola?” disse di punto in bianco l'uomo, rivolto ad Hayner, per cambiare argomento. Non c'era più nient'altro da aggiungere, Roxas aveva detto tutto. Tutto.
La sua era un'implicita richiesta d'aiuto dissimulata dalla disillusione della crudele realtà.
Che speranza poteva esistere in una società dove le forze che dovrebbero essere schierate dalla parte del bene e della giustizia, uccidevano un ragazzo disarmato?
La scuola è bruciata...” rispose Hayner con indifferenza e si interruppe per sbadigliare sonoramente “Ci hanno stipati in un ufficio che è stato lasciato da poco meno di un annetto. Non c'è spazio per tutti. Per questo ci tocca ruotare, ma io non ho intenzione di ritornarci, vero Rox?” pronunciò le ultime parole con voce alta, rivolto all'amico ma quest'ultimo non rispose, troppo intento con la sua attività.
Hayner, cosa ti ho detto sempre riguardo alla scuola?” prese invece parola Cid grattandosi il capo con fare stanco.
Che ci devo andare e bla bla bla. Ma secondo te che concludo in quel cesso? Non è che diplomandomi o altro la mia vita migliorerebbe. Noi siamo nati qua e moriremo qua. Gli abitanti del ghetto sono la feccia della società e nessuno vuole avere a che fare con noi”
Cid scosse il capo ma dalle sue labbra non fuoriuscì alcun suono, alcuna parola, alcun rimprovero. Si limitò a scrutare i movimenti veloci di Roxas che nel mentre stava scaricando tutta la sua rabbia su quel sacco, e poi Hayner parlò ancora.
Il torneo di struggle è stato riconfermato”
Ah davvero?”
Il biondo annuì “Ho già iscritto Roxas. Ti pare che possiamo perderci una cosa del genere?”
Sul voltò di Cid si disegnò un mezzo sorrisetto “Quello stronzetto sembra tanto piccolino ma va che una bomba” ridacchiò tornando a vedere l'altro ragazzo che adesso aveva cominciato a sferrare potenti calci al sacco “Oh Roxas, calmo con quella gamba che puoi farti male”
Roxas finalmente si voltò verso i due, e inarcò un sopracciglio in vena di sarcasmo “Bella battuta, nonno”
Sono sicuro che un giorno quel pezzo di merda finirà alle olimpiadi” decretò Hayner con un sorriso di soddisfazione stampato in volto.


1.5 Let's struggle


Un obbiettivo?”
Sì, un obbiettivo”
Axel voltò il capo di lato e lanciò un'occhiata al di sopra delle spalle per vedere se la faccia dell'altro fosse seria o meno. Lui e Demyx erano stesi a terra, nel piccolo salotto, su un grande tappeto proprio come facevano quando erano più piccoli e si ritrovavano a parlare delle cose più disparate. In quel momento Axel aveva le gambe piegate e aveva una pallina da baseball in mano che lanciava ritmicamente contro la parete vuota. Demyx invece era completamente disteso, le mani incrociate sullo stomaco e gli occhi puntati sulla luce della lampada che si estendeva sotto al soffitto.
Fuori era già buio ma le temperature erano abbastanza permissive da tenere una finestra aperta.
Hai intenzione di farmi pure tu da psicologo?” il rosso inarcò un sopracciglio e l'altro rise.
No ma è evidente che non hai intenzione di ascoltare quello che dice il tuo. Quindi ho deciso di dirti la mia idea: trovare un obbiettivo”
Stai scherzando...”
No, sono serio”
Axel a quel punto alzò il busto e si resse sui gomiti, lanciò un'occhiata contrariata al suo amico, ma questi non ci fece caso “Demyx che cazzo ti passa per la testa? Che cosa dovrei fare?”
Non lo so, questo dovrai deciderlo tu”
Non ho bisogno di un obbiettivo”
E perché no?”
Perché la mia vita è vuota, non ha senso. Ho lottato e ho fatto tutto quello che potevo fare ma non è servito a un cazzo”
Finalmente il biondo degnò l'altro di un cenno, rotolò su se stesso e rimase steso sullo stomaco, così da poterlo guardare completamente. Poggiò i gomiti sul tappeto e posò il capo sui palmi delle mani. Sul voltò invece aveva un sorriso infantile.
A volte Demyx sembrava non essere mai cresciuto, era rimasto il suo compagno di avventure che aveva conosciuto a scuola.
Vedi?” pronunciò con tono di rimprovero “La tua vita è vuota, l'hai detto tu stesso, vuoi che sia sempre così? Non credo, tu in realtà vuoi che la tua vita decolli”
Axel sospirò e si chiese per quale motivo gli stesse dando spago “Ho detto anche che tutto quello che ho fatto non è servito a un cazzo. Ogni tanto ascolta gli altri, porca puttana”
Ohhh non iniziare con le parole” Demyx rise e gli fece la linguaccia, proprio come se fosse un bambino, e si mise a sedere con le gambe incrociate in stile indiano “Lo sai pure tu che ho ragione! Devi andare avanti...” e poi si fermò un momento, si grattò la nuca e scosse il capo “Non dico di dimenticare tutto, per carità... però devi metterci una pietra sopra, metterti l'anima in pace e farti una nuova vita. Devi trovare un motivo per continuare a proseguire per la tua strada... magari ti trovi un lavoro-”
Io ce l'ho un lavoro” tagliò a corto Axel ormai tediato, e iniziò a rigirarsi la pallina tra le mani.
Un lavoro vero, non quello che fai tu” sottolineò l'altro e strappò la palla dalle mani dell'altro “Dicevo, trovi un motivo, un obbiettivo che ti spronerà ad andare avanti e la tua vita migliorerà decisamente” tirò la pallina da una mano all'altra e poi la lanciò contro la parete, senza però impiegarci troppa forza “E alla fine dirai cazzo quello stronzo di Demyx aveva ragione!
Axel si alzò per andare a riprendere la pallina che era finita dall'altra parte della stanza e guardò il biondo come se fosse un pazzo “Non ha senso quello che dici”
Demyx si strinse le gambe al petto e rimase una manciata di secondi in silenzio prima di riprendere a parlare.
Mettiamola in termini più semplici allora” disse alzando un indice davanti a sé “Tu ce l'hai la ragazza?”
Ma che cazzo di domande sono-”
Rispondi a me... tu ce l'hai la ragazza?”
No, non ce l'ho”
Fa niente, fai finta di avercela...e magari fai finta di avere pure un figlio” disse ridendo alla vista della faccia dell'altro.
Cazzo Dem, in un secondo mi hai messo a carico una ragazza madre?”
Stai zitto, cazzo, mi fai perdere il filo! Allora dicevo, hai una donna e un bambino.... ovviamente tu vuoi il meglio per loro, no?”
Ma se non li conosco neanche...”
Immedesimati nella parte!”
Axel sospirò pesantemente e assecondò la volontà dell'amico, sapendo che l'altro non l'avrebbe lasciato in pace in caso contrario “Se ce li avessi sì, vorrei sempre il meglio”
Descrivimi il meglio” disse Demyx con un sorriso a trentadue denti.
Ma che ne so...” bofonchiò Axel grattandosi il capo nervosamente, ci pensò un attimo e diede la prima risposta che gli venne in mente “Una bella casa... magari con un giardino... e un cane con cui far giocare il bambino”
Okay” Demyx annuì soddisfatto e l'altro ci pensò più a fondo.
Che cosa poteva essere il meglio secondo lui?
Ovviamente non voleva il meglio del meglio, ma si accontentava di cose semplici che chiunque si sarebbe potuto permettere in un contesto lontano dal loro.
Il meglio sarebbe lontano da questa città di merda, con un lavoro e una sicurezza economica... una bella casa con giardino in un quartiere tranquillo, dove non senti di continuo le sirene della polizia che girano per strada. Avere una persona al mio fianco che sappia amarmi e rispettarmi così come farei io... la sicurezza di avere un posto in cui mi sento amato, e al quale fare ritorno... non vedere mai la tristezza negli occhi di chi mi è davanti...”
Demyx rimase sgomento per alcuni secondi dalla risposta così articolata dell'altro e per un momento non seppe più cosa dire “Direi che...uhm.. hai dato il meglio di te...” farfugliò espandendo il suo sorriso “Vedi? Quando ti ci metti sei bravo”
Queste sono utopie”
Il biondo scosse il capo e incrociò le braccia al petto “Ti sbagli! Anche il tuo più piccolo contributo potrebbe cambiare il mondo. Per raggiungere la pace interiore ti serve un obbiettivo, una motivazione che ti dia la spinta... anche una piccola azione potrebbe esserlo”
Una piccola azione?” Axel ridacchiò divertito, lanciò di nuovo la pallina al muro e la afferrò al volo. Demyx annuì.
Tu hai detto che non vorresti mai vedere la tristezza negli occhi di chi ti è vicino... potresti partire da qui. Una buona azione, una parola di conforto... anche queste sono soddisfazioni, dei piccoli passi verso la pace interiore”
Axel studiò l'espressione emozionata dell'altro e sospirò ma non nascose un debole sorrisetto “Tu sei tutto matto”
E tu sei in una città che urla disperazione da tutte le direzioni! Guardati attorno, non c'è nessuno che ha colpito la tua attenzione?”
Ehm...” il rosso fece per pensarci e tornò a stendersi con la schiena sul tappeto e gli occhi fissi sul soffitto “Penso... un... un vecchio...”
Sì, baby, vai così!” Demyx esclamò vittorioso e alzò un pugno in aria per spronarlo a continuare, Axel batté le palpebre un paio di volte e mugugnò qualcosa prima di riprendere a parlare.
Mentre oggi ero sull'autobus ho visto dal finestrino un vecchio che cercava di riparare il portone del suo negozio... uhm... magari domani potrei fermarmi e chiedere se ha bisogno di una mano”
Stai andando forte fratello!”
E poi...” aggiunse subito senza pensarci “E poi c'era un ragazzino ieri...era all'incrocio prima dello studio di Ansem... sembrava non avere più sentimenti, nessuna lacrima da versare... era apatico...”
O-okay, Ax... e chi era? Cosa faceva?”
Non lo so... era all'incrocio e quando è scattato il verde ci siamo persi di vista”
Beh... sarebbe stato bello se tu avessi potuto aiutarlo, ma un passante dubito che potrai rincontrarlo”
Già...” Axel incrociò le braccia dietro la nuca “Senti un po'... ma credi che questa cosa possa avere qualche utilità?”
Assolutamente sì! È questo il motivo per cui riesco sempre ad essere ottimista... sono sicuro che vedendo le mie azioni, Dio deciderà di premiarmi rimandando a casa mia sorella”
Il rosso lanciò un'occhiata in fondo alla stanza, dove si vedeva uno scorcio di cucina e adocchiò la madre dell'amico intenta a lavare i piatti e mettere a posto. La risposta era abbastanza ovvia, conoscendoli da anni, ma Axel decise comunque di porre quella domanda “Dem, tu credi in Dio?”
Il biondo sorrise “Fratello... non bisogna domandarsi se noi crediamo in Dio, ma se Dio crede in noi”
L'altro non rispose, alzò lo sguardo al soffitto e si soffermò a riflettere su quel discorso.
Un obbiettivo, eh?
Tutte quelle erano stronzate, ma se lo avessero aiutato davvero a non pensare più a Kairi e tutta quella faccenda allora un pensierino ce l'avrebbe fatto. Per il momento aveva già trovato un guadano sicuro con la macchina con cui stava lavorando assieme a Xigbar e Xaldin, per il resto ci avrebbe pensato in seguito.

Il giorno dopo Axel ritornò dai suoi amici, e fece lo stesso il giorno seguente, e anche quello dopo ancora fino alla fine del mese.
La settimana dopo si presentò anche da Ansem. E quel giorno, allo stesso incrocio, alla stessa ora, rivide quel ragazzino biondo vestito completamente di nero; e lo vide anche la settimana dopo, e quella dopo ancora, e alla fine Axel si ritrovò a presentarsi allo studio di quello psicologo, di cui non gliene fregava di meno, più che altro per la mera curiosità di rincontrare ancora quel ragazzo strano di cui non sapeva niente, ma che, per qualche oscura ragione, aveva catturato il suo interesse, solitamente scarno verso tutto ciò che non riguardasse la sua vita privata.
Il suo non era definibile neanche interesse ma curiosità più che altro. Non provava il desiderio impellente di sapere qualcosa in più su di lui, dopotutto quel ragazzo era un estraneo, però ogni settimana, alla stessa ora era sempre fermo a quel semaforo in attesa di attraversare. Sicuramente dovevano avere in comune qualcosa.
Per passare il tempo durante il suo tragitto da casa di Demyx allo studio di Ansem, Axel si era ben presto ritrovato a domandarsi se anche quel giorno il bimbo era lì come sempre, se fosse sempre vestito di nero e se avesse sempre nuovi lividi in faccia. Ormai quello sconosciuto era diventata una piacevole consuetudine ma forse, Axel si ritrovò a pensare, non era tanto normale fantasticare su persone che non conosci e che non hai interesse a conoscere.
Quel giorno, appena arrivò all'incrocio, il ragazzino era sempre lì in attesa solo che questa volta non aveva lo sguardo perso nel vuoto ma era incollato a un manifesto attaccato all'angolo dell'edificio.
Una volta scattato il verde, Axel riprese il suo cammino come sempre e così fece l'altro, andando nella direzione opposta. Il rosso si voltò per seguire con lo sguardo il biondino finché non sparì dalla sua visuale e poi con un cipiglio interrogativo andò a sbirciare il poster affisso, e inarcò le sopracciglia.
Ooh”

Axel richiuse il cofano anteriore dell'auto, si tolse i guanti da lavoro e guardò Xaldin con una punta perplessità.
Un torneo di struggle?”
Xigbar emise una risatina roca mentre rientrava nel garage con il cellulare ancora tra le mani “Da quanto tempo non vado a vederne uno”
Vedendolo tornare, Xaldin alzò il naso da quella scatola di pezzi di ricambio che stava esaminando per scartare i pezzi che non funzionavano “Allora che ha detto il tizio?”
L'altro alzò il pollice e ammiccò “Domani verso mezzogiorno, pagamento in contanti. Allora che si diceva di questo torneo di struggle?”
Xaldin scrollò le spalle e tornò alla sua precedente occupazione “Domani sera al capannone vicino al porto”
Cazzo, lì c'è roba forte, bello. Hanno trovato una bella sistemazione”
Mentre ascoltava il chiacchiericcio degli altri due, Axel aprì la portiera della macchina e si sedette al volante “Proprio oggi ho visto un poster per strada...” disse provando ad accendere il motore, questo però tossicchiò un paio di volte prima di spegnersi “Ma che cazzo”
Xigbar posò il cellulare in tasca, aprì il vano anteriore e armeggiò un momento prima di sporgersi verso Axel “Yo, Prova ora” il rosso eseguì “Dai un po' di gas” e dopo pochi secondi l'auto si mise in moto.
Tu sei un fottuto genio” il rosso rise e uscì dalla vettura “Le tue sono mani strappate alla meccanica”
L'uomo sogghignò e sprofondò nel divano sfasciato “Quindi domani sera ce ne usciamo, uh?” fece rivoltò all'altro amico, questi mise a posto lo scatolo e andò alla ricerca della sua bottiglietta d'acqua.
Attorno a questi tornei gira sempre la grana... roba clandestina e soldi riciclati però c'è sicurezza di fare profitto”
Axel fischiò stupito “Hai intenzione di scommettere?”
Ho un amico in quel giro, lui saprebbe chi raccomandarci”
Ma sarà sicuro?”
Ormai scommettere sulle corse di auto modificate sta diventando monotono” commentò Xigbar sottintendendo l'approvazione alla proposta di Xaldin “E ora che ci intascheremo anche il guadagno di questo gioiellino potremo farlo senza problemi”

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Proseguendo sempre a sud ai margini della città sorgeva la zona industriale, dove lo stato di degrado e abbandono era talmente evidente che pareva che Dio si fosse dimenticato della sua esistenza. Ovunque vi erano edifici diroccati e abbandonati, erba incolta e il manto stradale era dissestato in più punti per questo motivo molteplici erano le pozze di fango a seguito di un temporale, proprio come in quel momento.
Era il crepuscolo quando Roxas, accompagnato da Hayner, si incontrò con Pence e Olette. I due ragazzi erano seduti su un muretto basso e quando li videro arrivare, Olette scattò subito in piedi e andò loro incontro, agitando la mano per aria.
Hayner, Roxas!”
Olette era una ragazza molto dolce e tranquilla, con dei capelli color cioccolato acconciati in maniera che solo le ciocche anteriori le ricadessero sulle spalle. Anche se non sembrava, Olette era la sorella minore di Hayner - lei era molto più fine e dedita allo studio rispetto al fratello – e di tanto in tanto il suo cuore batteva per Roxas.
Yo ce ne avete messo di tempo” li salutò Pence una volta che gli altri si furono avvicinati.
Hayner prese per mano il ragazzo e si diedero a vicenda una pacca sulla schiena a mo' di saluto, Roxas invece si limitò a un cenno del capo rivolto a entrambi.
Yo bro, lo so ma oggi Rox stava moscio” esclamò il biondo sedendosi anch'egli sul muretto “Dice che gli formicola il fantasma. Come cazzo fa a dar fastidio un fantasma io proprio non so”
Piantala” mormorò il ragazzo in questione affondando il più possibile le braccia nelle tasche dell'ennesima felpa nera. Si appoggiò con la schiena al muro, socchiuse gli occhi e lasciò il capo ciondolare in avanti “È così e basta”
Pence guardò prima Olette e Poi Hayner e poi fece spallucce.
Pence era un coetaneo di Roxas e compagno di classe di Olette, o almeno poteva dirsi tale fino a quando la scuola era stata ancora in piedi. Era un tipo sveglio e abbastanza in carne, e, anche se bianco, aveva la stoffa del rapper. Non erano rare infatti le sue esibizioni nei locali. C'era una sola cosa che si poteva dire a suo vantaggio e cioè che, anche se era uno dei pochi bianchi che si permetteva di sfidare i neri nella loro arte, quando rappava faceva il culo a tutti quanti.
Allora dove tieni l'erba?” cambiò discorso Hayner, rivolto a Pence e questo tirò fuori da una tasca della giacca leggera una canna. L'altro afferrò l'accendino dalla tasca dei suoi jeans e se l'accese senza tante cerimonie. Olette storse il naso ma non disse nulla, lei non era d'accordo che suo fratello fumasse quella roba ma più di tanto non poteva fare.
Roxas ignorò il chiacchiericcio degli amici, il suo sguardo si posò sul fiume di persone che stava camminando in in direzione di uno dei tanti capannoni. Dai suoi occhi non traspariva alcuna emozione.
Quindi quello sarebbe il posto?” domandò alla fine alzando un po' il capo.
Non sembra più tanto abbandonato” Hayner rise facendo un tiro.
Ragazzi avete idea di quanti palazzi abbandonati abbiamo qui?” fece Pence a quel punto mettendosi in piedi e affiancando il biondo vestito di nero “Come si può essere fieri del proprio quartiere con certe merde intorno?...pensate che prima o poi li facciano abbattere? No, quelli sono troppo presi a spremere soldi al popolo”
Piantala di fare il predicatore, tanto non se ne frega nessuno” Hayner fu il primo a rispondere con tono del tutto disinteressato, il suo sguardo era fisso sulla stecca che si rigirava tra il pollice e l'indice, ma subito si intromise un'Olette molto più impensierita.
E che mi dici di quella bambina stuprata da quel tossico? Secondo te sarebbe successo se non ci fossero state queste catapecchie abbandonate?”
L'hanno preso però”
Infatti è per questo che gira ancora a piede libero...” fu il commento sarcastico di Roxas. Il ragazzo si staccò dal muro e prese a camminare nella stessa direzione della folla “Dai sbrighiamoci, altrimenti si farà tardi”


Il caos regnava sovrano quando Axel, accompagnato dai suoi amici, mise piede per la prima volta all'interno del capannone. C'erano così tante persone che erano tutti stipati come sardine e quasi non si riusciva a camminare, non aveva mai visto così tanta gente neanche per una partita allo stadio. Al centro dell'enorme ambiente c'era un ring soprelevato abbastanza ampio sul quale due uomini si stavano fronteggiando e scontrando, entrambi muniti di una specie di mazza da baseball, e al lato vi era un arbitro che commentava con foga ogni movimento.
Improvvisamente si ritrovò strattonato per un braccio e finì addossato alla parete dell'edificio, vicino a lui Xaldin aveva preso a conversare allegramente con un tizio seduto su una sedia in compagnia di una ragazza bionda e un'espressione piuttosto astiosa.
Bella, Mar, quanto tempo non ti vedevo” esclamò Xigbar avvicinandosi ai sopracitati.
Che cazzo ci fate qua? Pensavo che foste tutti in galera, pezzi di merda che non siete altro, dico io che vi costa farvi vedere di tanto in tanto?”
Il rosso aggrottò la fronte quando notò che l'uomo che stava parlando aveva i capelli rosa. Rosa? Sperava vivamente per lui che avesse preso per errore la tinta della sorella.
Allora siete qui per puntare su qualcuno?”
C'è' qualcosa di interessante?”
L'uomo dai capelli rosa, identificato come Mar, incrociò le gambe in maniera piuttosto elegante e poi fece un cenno del capo “Lo vedete quel gruppetto di bimbi laggiù?”
Tutti noi ci voltammo e lo seguimmo con gli sguardi nei pressi dei piedi del palco dove c'era un ragazzetto biondo che aveva appena poggiato un braccio sulle spalle di un altro ragazzino di spalle e gli parlava freneticamente.
Quel moccioso con la felpa nera?” domandò Xigbar con una nota di scetticismo nella voce.
Esattamente”
Perché mai dovrei puntare i miei verdoni su un lattante?”
Mar accennò un sorrisetto di scherno “Il mio suggerimento è lui, se non lo accetti fai quello che vuoi”
Aspetta un po'... come potrebbe avere delle speranze lui contro tutti quei bestioni che gareggiano? È uno scherzo?”
Adesso vedrai, sta salendo sul ring”
Axel rimase in silenzio ma aguzzò la vista – si ritrovò a ringraziare per una volta la sua altezza fin troppo sviluppata, altrimenti non avrebbe visto assolutamente nulla. Proprio in quel momento l'arbitro stava chiamando i due nuovi concorrenti: Setzer, un uomo sulla trentina con i capelli lunghi e decolorati, quando salì lui sul ring la folla iniziò a urlare ed esultare. L'uomo salutò la folla e si muoveva sul palco come se fosse una celebrità, sicuramente lui doveva essere il favorito. E poi subito dopo, salì Roxas, uno dei due ragazzetti che avevamo visto una manciata di secondi prima. Questo si sfilò la pesante felpa e rivelò una corporatura piuttosto mingherlina per quella di un adolescente, indossava una canotta sbracciata, anch'essa nera come la felpa, e un pantalone nero leggermente più largo forse per permettergli una migliore libertà di movimento.
Quando il ragazzino si voltò verso la folla, Axel non riuscì a trattenere un'esclamazione di puro stupore.
Che ti piglia, Ax?” fece Xaldin incrociando le braccia.
È il ragazzo del bivio!” esclamò questi indicando con un dito il ragazzino.
Che?”
Il ragazzo del bivio... quel tipo lo vedo tutte le settimane all'incrocio che divide il settore est con quello ovest” mugugnò sbalordito. Come aveva fatto a non riconoscerlo prima?”
Lo conosci?”
Eh? No, no... solo di vista”
Fattelo dire, amico” si intromise l'uomo dai capelli rosa con una risatina leggera “Adesso lo vedi qui nei bassifondi nei tornei clandestini, ma sono sicuro che tempo qualche anno e ci ricorderemo tutti il suo nome”
Roxas eh? Chissà che ha di tanto speciale” commentò scettico incrociando anch'egli le braccia al petto e si voltò verso lo scontro ormai iniziato.
I due concorrenti inizialmente si erano studiati da lontano, ognuno dalla propria parte del campo ma poi Roxas si era fatto avanti e aveva iniziato a scagliare una serie di colpi verso Setzer, il quale riuscì a schivarne abilmente una gran parte. Questi parve tenersi di più sulla difensiva e quando i colpi sembravano diventare sempre più radi, contrattaccò e mandò il biondo a terra, e tutte le sfere azzurre che aveva nella sua sacca si riversarono sul suolo.
Ecco come si procurava tutti quei lividi allora, constatò Axel. Quel round era perso, ormai il ragazzino aveva i minuti contati, mancava solo l'ultimo colpo e sarebbe stato finito, e invece rotolò sorprendentemente su un fianco e riuscì a schivare l'attacco. Balzò in piedi e si fiondò sull'avversario, iniziò così una lunga sequela di veloci attacchi e nel giro di pochi minuti riuscì a disarmarlo, il bastone di Setzer era volato dall'altra parte del campo. L'uomo però non si diede per vinto, strinse i pugni davanti a sé e digrignò i denti.
Il bello dei tornei di struggle clandestini è che puoi proteggere la sacca con le tue sfere anche a mani nude” chiarificò Xigbar con una risata “Adesso viene il bello”
Axel inarcò un sopracciglio interrogativo e tornò a guardare il match, anche Roxas adesso aveva lasciato andare la sua maglia e attendeva il suo avversario fare la prima mossa.
“Le sfere di Roxas però sono cadute, non avrebbe già perso?” domandò il rosso e l'altro scosse il capo.
“Ti pare che Setzer le abbia raccolte? Quando giochi a struggle, in questi tornei più interessanti, le sfere sono la cosa meno importante... quello che ci interessa a noi è lo scontro fisico. È raccomandabile stendere il tuo avversario prima di raccogliere le sfere”
Più che scettico, il rosso si riconcentrò sullo scontro. Era ovvio chi avesse la partita in pugno, tutte le sfere del biondo erano già a terra e inoltre lui era penalizzato anche fisicamente perché era molto più piccolo e basso. Eppure quando Roxas scattò e sferrò un colpo a sorpresa Axel rimase impressionato dalla sua velocità, e lo stesso valse per Setzer che era stato colto di sorpresa. Roxas sfruttò quel momento per sferrare una lunga serie di attacchi alternando braccia e gambe.
Sicuramente la velocità era la sua prerogativa, ma la forza con cui riusciva a colpire con una tale forza da mettere in ginocchio un uomo di quella stazza era indice di un'incredibile maestria. Axel non ci mise molto a capire che erano le gambe il punto di forza del ragazzino e in quel momento dovette dare ragione a quel Mar, il biondino sapeva il fatto suo.
Roxas non ci mise molto a stendere Setzer, raccogliendo la sua sacca contenente tutte le sfere rosse prima che l'arbitro dichiarasse il k.o.
Il capannone si riempì di urla concitate di assensi e dissensi, ma poco importava perché tutto quello che interessava ad Axel in quel momento era di uscire da quell'edificio e andare a prendere una boccata d'aria altrimenti era sicuro che sarebbe morto asfissiato lì dentro. Avvisò gli altri e iniziò a camminare a tentoni in cerca dell'uscita, a metà strada vide nella folla un paio di uomini che stavano iniziando a creare disordini gridando e spintonando la gente, e questa fu una buona motivazione per avanzare il passo e uscire di lì.


Quando Roxas scese dal ring, con la sacca di Setzer ancora tra le mani, venne accolto come sempre dall’abbraccio caloroso di Hayner che gli si era letteralmente lanciato addosso e per poco i due non si ritrovarono a terra.
“Porca puttana, fratello, sei stato fenomenale!”esclamò il più grande con la voce intrisa di entusiasmo. Roxas abbozzò un sorriso imbarazzato e si girò verso gli altri amici che gli erano andati in contro per complimentarsi con lui.
“Lo sapevo che ce l'avresti fatta” disse Pence dandogli un colpo sulla spalla e poi gli passò un asciugamano per asciugarsi il sudore.
Ancora preso dalla foga, Hayner si voltò verso la folla in tumulto e gridò “Questo è il mio amico, stronzi. Questo pezzo di merda l'ho allenato io!”
Gli altri tre non poterono trattenere un sorrisetto e poi portarono il biondo che aveva appena gareggiato su una sedia nelle retrovie dell'edificio per fargli riprendere aria. La prima cosa che Roxas fece, prima ancora di sedersi, fu andare alla ricerca della borsa frigo e si prese una lattina di té verde che aprì e iniziò a bere lentamente, perché ghiacciata, nonostante il caldo e la sete. Lanciò un'occhiata a un altro ragazzo nell'angolo più remoto della stanza che si stava riscaldando in vista di un prossimo round, Olette e Pence invece stavano parlando fuori la porta con un uomo – probabilmente riguardo alle somme delle scommesse.
Hayner fu invece il secondo ad entrare, subito dopo l'altro biondo, e appena lo vide con la lattina in mano storse il naso e si lasciò cadere su una panca di legno “Ma che cazzo, Rox, e bevitela 'na birra”
Roxas lo perforò con lo sguardo, il suo tono era serio come sempre “Sai che non bevo quella merda”
“Sai che non bevo quella merda gne gne gne” gli fece il verso l'altro e andò a prendersi una lattina, ma prima di aprirla lesse l'etichetta “Czechvar...ma chi compra sta merda da quattro soldi? È troppo chiedere almeno una Budweiser?”
“Piantala” sospirò Roxas “Dovresti ringraziarmi che così ne rimane di più per te”
“E io ti ringrazio” rispose il più grande aprendo la lattina e poi puntò lo sguardo sull'amico “Ma voglio che impari anche tu a goderti le cose, cazzo. Cresci un po', diventa un uomo e piantala di bere solo quella merda altrimenti un giorno finirai per pisciare té”
Roxas corrucciò la fronte “Preferisco pisciare té piuttosto che birra. Te l'ho detto, non voglio un briciolo di alcol nel mio corpo e tu lo sai!”
“Finiscila con queste stronzate, è un modo di aggregazione e poi un po' di alcol non ha mai ucciso nessuno. Sai cosa significa bere in compagnia? Ops forse no perché tu non sai neanche che significa goderti la vita-” Hayner aveva preso a ridere sarcasticamente mentre parlava ma poi quando si era accorto del passo falso si bloccò immediatamente e impallidì.
Per Roxas quelle parole furono più affilate di un coltello conficcatogli nello stomaco e ci mise qualche secondo per racimolare la forza di alzarsi di nuovo in piedi. I suoi pugni erano serrati e la mascella tremava mentre pronunciava le parole con voce intrisa di dolore“Vaffanculo Hayner”
Forse non lo dava a vedere abbastanza perché si comportava sempre in maniera fredda e distaccata, però quella situazione in cui viveva gli pesava non poco. E in quel caso non si riferiva solamente alla sua condizione personale ma anche a tutti i problemi con suo padre e alla vita in generale. Spesso e volentieri ci scherzava anche lui stesso sopra, ma sentirsi dire delle cose del genere da una persona come Hayner faceva male.
“Cos- no aspetta, Rox... stavo scherzando, scusami! Giuro che non ci ho pensato” si affrettò subito a dire Hayner. Il biondo si alzò di scatto e andò ad afferrare il braccio dell'altro, ma Roxas si divincolò violentemente
“Lasciami stare, non voglio sentire le tue scuse del cazzo... lasciami stare”
Proprio in quel momento, la loro discussione fu interrotta dall'arrivo di Olette e Pence che stavano portando in mano tutta la loro roba.
“Ehi che succede qui?” chiese la ragazza con espressione stupita, vedendo la faccia incazzata di Roxas.
“Dì a quel cazzone di tuo fratello di lasciarmi in pace e di andarsene a fanculo”
“Dove vuoi andare Rox?” subentrò subito Pence, mettendo a terra uno zaino.
“Vado a prendere un po' d'aria e a ripetermi un migliaio di volte di non saltare addosso a quello stronzo e ucciderlo con le miei mani perché non ne vale la pena”
“Oh stronzo a chi? Mi sono scusato, ti ho detto che non ci ho pensato...” Hayner prese ad alzare la voce dopo l'accusa dell'amico e fece per afferrarlo di nuovo ma Olette si frappose tra i due e lasciò andare Roxas, che si avvicinò a Pence e gli strappò dalle mani la sua felpa che gli stava ancora reggendo da prima dell'incontro.
“La prossima volta allora pensaci prima di sparare cazzate... non è la prima volta che lo fai!” ribadì il biondo, voltandosi per un ultima volta verso Hayner e gli altri, prima di uscire dalla sgangherata porta di servizio.
“Cerca di tornare presto, tra non molto tocca a te!” fu il grido che Pence tentò di lanciargli ma fu vano perché l'altro era già scomparso.
A quel punto Hayner mise le mani conserte e sbuffò sonoramente mentre tornava a sedersi, la sua birra era stata abbandonata e dimenticata sulla panca “È sempre così permaloso”
Sua sorella gli lanciò un'occhiataccia.
“E tu sei una testa di cazzo, bro” rimbeccò iniziando a sistemare le loro cose.

“Yo, Xig, allora che te ne pare del ragazzino?” proruppe l'uomo dai capelli rosa, intento a contare una mazzetta di banconote. Xigbar si avvicinò immediatamente a lui con l'occhio spalancato.
“Quello era un mostro. Da dove è uscito?”
“Ho sentito che viene dalla zona est ma non ne sono sicuro”
“Siamo ancora in tempo per fare una puntata?” si intromise Xaldin mentre frugava tra le tasche “Stanotte dovrebbe disputare almeno un altro round”
“A vostra disposizione” cinguettò Mar con voce gioiosa.
D'improvviso delle grida intrise d'ira sovrastarono quelle di consueta eccitazione degli spettatori e i tre scorsero un tizio, seguito da altri, che aveva appena steso un altro paio di uomini.
“Oh, eccoli là!” grido uno di quelli e subito si voltarono verso di loro.
Xigbar e Xaldin li riconobbero all'istante e imprecarono sottovoce.

Quando Roxas uscì dall'edificio si sentì pervadere da uno strano senso di libertà che quel capannone claustrofobico aveva provveduto brutalmente a estirpargli una volta che aveva messo piede al suo interno. La luna era alta e finalmente il cielo si stava rischiarando di tutti quei nuvoloni che avevano dominato il cielo durante il corso della giornata.
Nei giorni di pioggia Roxas si sentiva una vera schifezza. Nonostante fossero passati ormai tanti anni, durante quelle giornate il suo fantasma tornava sempre a fargli una dolorosa visitina. Non che non lo avvertisse mai, ma in quelle occasioni si sentiva più sensibile che mai.
Fuori dal capannone non c'era nessuno, ad eccezione di tre uomini stipati all'angolo di un edificio lì vicino che con molta probabilità stavano assumendo delle sostante, tutto fuorché benigne, e poi c'era un altro ragazzo piuttosto alto e smunto che stava fumando beatamente.
Un passo falso e Roxas abbassò lo sguardo al suolo.
“Ma vaffanculo, pure il fango ci voleva”
Dato che non stava guardando la strada sotto di sé era finito in pieno in una pozzanghera e si era sporcato le scarpe.
“Merda, sono proprio un genio” bofonchiò scendendo dal marciapiede e andando a mettersi in un punto di strada meno dissestata.

Quelle esclamazioni pronunciate con così tanta enfasi catturarono quasi subito l'attenzione di Axel, che nel mentre si era fermato in un punto poco lontano dall'edificio per fumare in tutta libertà e aveva lo sguardo puntato sul porto illuminato in lontananza. Questi voltò il capo e notò il ragazzino biondo che aveva visto poco prima dare il meglio di sé sul ring.
Inizialmente inarcò un sopracciglio ma poi proruppe con una leggera risatina e si avvicinò all'estraneo.
“Cazzo vuoi?” borbottò Roxas sulla difensiva, vedendo che l'uomo che stava fumando più in là aveva iniziato ad avvicinarsi verso di lui. Roxas si era inginocchiato e quando questi gli fu davanti fu costretto ad alzare il capo.
“Io niente. Piuttosto tu vuoi un fazzolettino per pulirti?”Axel ridacchiò e gli porse un pacchetto di tovagliolini. Il biondo squadrò per un lungo momento prima l'uomo davanti a sé e poi i fazzolettini e infine, dopo un lungo dibattito mentale, lo afferrò malamente e iniziò a pulirsi alla meglio il pantalone e la scarpa.
Axel piegò le labbra in un sorrisetto divertito e fu lì per ricordargli che un grazie non gli avrebbe fatto schifo, ma evitò.
“Ho sentito dire che sei un lottatore cazzuto” disse invece di punto in bianco mentre scrutava attentamente l' estrema cura con cui si puliva l'altro.
Roxas alzò si nuovo il naso verso l'estraneo e lo studio attentamente, poi si alzò e buttò a terra il fazzolettino – dopotutto si trovavano in una discarica a cielo aperto, un tovagliolino non avrebbe fatto del male al mondo.
“Chi ha detto che sono un lottatore cazzuto?” domandò con cinismo e , mettendo le mani nelle tasche, riprese poi a camminare lentamente senza una direzione precisa in mente. Axel lo segui e fece spallucce “Un po' di gente”
Roxas assorbì la risposta ricevuta e poi alzò lo sguardo al cielo senza stelle “E tu sei un tipo che non se la fa tra i tornei di struggle”
“Chi te l'ha detto?”
“La tua faccia”
“Oh... e che direbbe in più la mia faccia?”
Il biondo accennò un sorrisetto ironico “Che il tempo di attesa del semaforo al bivio è troppo lunga”
“Allora mi hai riconosciuto?” ridacchiò Axel mettendo anche lui le mani nelle tasche del pantalone.
“Ci credo, stai sempre lì con un'aria da adolescente in crisi”
“Ohi non offendere la mia faccia... sai che mi dice invece la tua?”
“No, voglio saperlo...”
Proprio in quel momento però il cellulare di Axel iniziò a suonare e il rosso gli fece gesto di attendere un secondo. Lesse sul display il nome di Xigbar e rispose “Oh Xig, che-”
“Axel leva le tende, gli scagnozzi del tipo di oggi sono venuti qui per farci il culo!” in sottofondo c'era un casino allucinante ma Axel riuscì comunque a capire per sommi capi cosa stava urlando l'amico dall'altra parte del ricevitore.
“Cos- perché mai?”
“Il tipo dev'essersi accorto che ho messo del mastice attorno al bocchettone e-”
“Che cazzo hai fatto? Ma sei pazzo?”
“Ora non ho tempo per spiegarti, io e Xaldin siamo andati via dall'uscita posteriore, c'era la macchina di Mar”
“Ricevuto, io prendo la mia” esclamò attaccando e si schiaffò una mano in fronte, se lo sentiva che le cose con quei due non sarebbero mai andate lisce.
“Che ti prende?” domandò Roxas, per circostanza più che per curiosità.
“Senti, ragazzo, mi ha fatto piacere parlare con te però....” non finì la sua frase che un rumore di una moto avvicinarsi sempre di più alla strada principale sulla quale si erano fermati a parlare lui e Roxas. Il rumore diventò sempre più potente e il rosso capì ben presto che si trattavano di due moto e non di una. C'erano degli uomini in sella che urlavano febbrilmente e gesticolavano animatamente, rivolti sicuramente a qualcuno o qualcosa dai quali erano appena scampati dal vicolo dal quale stavano fuggendo a gran velocità. Uno dei secondi passeggeri imbracciava un kalashnikov e sparava all'impazzata dietro di sé, mentre il guidatore gli urlava qualcosa.
Improvvisamente gli uomini notarono i due ragazzi per strada e parvero riconoscere Axel.
“È quello là, il più alto!” gridò uno di loro. Il tizio col fucile si sporse sulla sella e adocchiò i due.
Immediatamente Axel, senza aprir bocca, prese per mano Roxas e iniziò a correre più veloce che poté.
“Cazzo...che succede qui?” fece il biondo mentre cercava di rimanere al passo dell'altro, se non più veloce. Solitamente non si sarebbe fatto molti problemi, ma dopo una battaglia di struggle gambe e braccia iniziavano a essere intorpidite e non riusciva ad essere più veloce come prima, soprattutto con quel tempo umido e piovigginoso la sua gamba sinistra sembrava volergli dare più problemi che altro.
“Te lo spiegherò quando saremo al sicuro” fu l'unica risposta che gli diede Axel.
Tutto quello che dovevano fare loro era raggiungere la macchina e allontanarsi il prima possibile sia da quei pazzi che da quel luogo. Sicuramente a breve sarebbero arrivati gli sbirri, a giudicare da come fuggivano veloci quegli scagnozzi.
Axel lanciò un'occhiata dietro di sé e il mondo andò per un istante a rallentatore.
I tizi in moto li stavano raggiungendo, quello col kalashnikov stava prendendo la mira per sparare, gli occhi di Roxas che incespicava dietro di sé erano intrisi di terrore ma erano vivi rispetto a come li aveva sempre visti. La macchina era sempre più vicina, solo pochi passi e sarebbero stati salvi.
E poi ci fu lo sparo.
Bang.

Vi siete mai domandati quanto possa succedere in un istante?
In un istante si può nascere e morire, si può amare e odiare. Si più perdere tutto o si può diventare un eroe. Si possono prendere decisioni che possono cambiarti la vita, migliorartela o rovinartela. E poi ci sono quelle fatalità che te la stravolgono.
Si dice che ci sono istanti nella vita in cui cambia tutto. Istanti in cui succede qualcosa che modifica radicalmente tutto quello che è esistito fino all'attimo che li ha preceduti.
Quando Axel riaprì gli occhi si era ritrovato al suolo in mezzo alle erbacce e alle sterpaglie, la testa gli pulsava nel punto in cui aveva colpito terra ma a parte quel pungente dolore alla tempia non sentiva nient'altro o almeno questa era la sua impressione.
Non sentiva alcun buco o corpo estraneo nel suo corpo, così dopo un secondo per riprendersi si mise a sedere e rimise a fuoco la vista. Accanto a lui, Roxas era accovacciato su un lato e si esaminava la gamba sinistra con estrema parsimonia.
Il rosso sgranò gli occhi e per un secondo il mondo sembrò congelarsi.
“Roxas... la tua gamba” farfugliò preso dall'ansia, gattonò verso l'adolescente e notò un buco che perforava la stoffa del suo pantalone. I suoi movimenti erano incerti e tremanti mentre cercava di afferrare la coscia dell'altro. Ormai la sua mente non faceva altro che gridargli di sbrigarsi, Roxas si è preso la pallottola che era destinata a te.
“Devo...devo portarti in ospedale”
Il biondo per la prima volta alzò lo sguardo verso il ragazzo dai capelli fiammeggianti e lo guardò con i suoi occhi blu, più freddi del profondo oceano. Nessuna emozione trasparì dal suo volto, l'unico accenno di stanchezza era il respiro accelerato dovuto alla corsa, ma a parte quello nient'altro. Sembrava essere diventato improvvisamente una bambola di ceramica, fredda ed eterea.
Axel provò a chiamarlo un'altra volta, dal momento che l'altro non gli aveva mostrato ancora alcun cenno, ma alla fine Roxas piegò le labbra in un mezzo sorrisetto e la risata che uscì dalle sue labbra gli raggelò le vene. Il biondo con le mani prese a tirarsi su la stoffa del pantalone e gli mostrò la gamba, una bagliore grottesco che ora animava la sua voce sconcertò non poco il più grande.
“Ti pare che con una gamba in titanio io abbia bisogno di un dottore?”
Si dice che l'istante occupa un minuscolo spazio fra la speranza e il rimpianto.
Lo spazio della vita.



Hai il coraggio di vivere senza preoccupazioni?
Hai il coraggio di vivere credendo ancora in qualcosa?
Hai il coraggio di andare sempre avanti e superare tutti gli ostacoli?
Hai il coraggio di chiudere gli occhi e sperare in una nuova realtà?



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Ehilà! Da quant'è che non pubblicavo niente? Una decina di giorni?
Purtroppo sono fatta così, o svanisco per mesi o sono sempre presente e pubblico mille cose alla volta. Vi aspettavate questa nuova storia? No? Neanche io.
Prima di tutto complimenti a tutti quelli che hanno avuto lo stomaco di ferro di arrivare fin qua giù, seconda cosa non ho idea di che pieghe potrà prendere la storia quindi il rating potrà cambiare di conseguenza.
Il titolo della storia, così come i sottotitoli, hanno un doppio significato ossia immediato e metaforico.
Crossroads significa incrocio, bivio; ma ho scelto di abbinare anche la traduzione di 'bivio' perché in questo contesto sta a significare non solo il luogo in cui si incrociano le vite di Axel e Roxas, ma anche il fatto che metaforicamente indica la scelta di una strada da intraprendere.
Che dire, penso che 21 pagine di storia non abbiano bisogno di una spiegazione no? xD Ovviamente i background di Axel e Roxas verranno chiarificati in seguito.

Prima di lasciarci vorrei ringraziare Kronohunter25 perché senza di lui questa storia non avrebbe mai preso vita, mi ha seguito passo passo dagli albori della prima riga, e alla fine sempre lui mi ha dato l'ok per la pubblicazione. Quindi grazie per tutto il lavoro che fai vicino alle mie storie ogni volta :3
In ultimo ringrazio tutti quelli che leggeranno questo primo capitolo e vi prego, lasciate un segno... potete anche dirmi "fai schifo, non sai scrivere, torna a studiare", mi va bene pure questo però per piacere non mettete solo la storia tra le seguite come molti di voi sono soliti fare. Datemi un parere anche perché è proprio da voi che dipenderà se ci sarà un secondo capitolo o no.
Riguardo agli aggiornamenti, rispetto la volontà di chi mi ha risposto in Summer Paradise e quindi il prossimo capitolo sarà su One Day.
Au revoir.

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Capitolo 2
*** the One and the Dyad ***


crossroads2
Crossroads
Il Bivio



-A scattered dream that's like a far-off memory.
A far-off memory that's like a scattered dream.
I want to line the pieces up, yours and mine-





2. Étrange(r)


Entrambi seguivano la propria strada senza sapere che avrebbero incontrato l'un l'altro.

Ma il destino ha voluto che alla stessa ora, quello stesso giorno, si ritrovassero a condividere uno spazio di pochi metri. Una malvagia provvidenza aveva fatto in modo che ciascuno simultaneamente si votasse verso l'altro, incrociando gli sguardi. In altre circostanze forse i due si sarebbero ignorati, distratti da altri pensieri. Ma quello scambio imprevisto, quell'occhiata reciproca creò un qualcosa.
Si dice che se incontri uno sconosciuto lontano dal sentiero che avete percorso insieme, allora le vostre vite sono destinate ad essere incrociate. È ironico come la vita si diverta a tessere gli intricati intrecci della vita, ma cosa accadrebbe se due estranei lasciassero cadere la parete che li divideva?

“Ti pare che con una gamba in titanio io abbia bisogno di un dottore?”
Quelle parole, accompagnate da un'inquietante risata sarcastica, rimbombavano nel silenzio che si era creato tra quei due sconosciuti che avevano avuto la sfortuna di incontrarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato.
La testa di Axel ancora pulsava violentemente, come se al suo interno due eserciti si facessero guerra a vicenda, e il sangue colava a fiotti lungo la sua tempia escoriata dalla caduta. Il ragazzino davanti a lui invece era ancora intento ad esaminare un punto imprecisato – il rosso non aveva capito se era la sua gamba o il suolo sottostante, fatto sta che aveva in dosso un'espressione indecifrabile, un misto tra lo sconfortato e lo scazzato. C'era un barlume di disincanto nei suoi occhi che lo avevano colpito dal primo giorno che lo aveva visto fermo a quel semaforo al bivio, e solo in quel momento Axel comprese che in quella città di merda non era l'unico a trascinarsi sulle spalle problemi più grandi di lui, né lui né Demyx. Tutti in un certo senso si ritrovavano a scontare la colpa di vivere lì e non altrove.
“Mi... mi dispiace” aveva provato a mormorare in un primo momento ma la sua voce fu sopraffatta dall'assurda preponderanza di quella figura minuta che apparentemente era solo metà della sua stazza.
“Non scusarti” vociò con tono fermo il biondo, scattando in piedi, il suo sguardo blu e freddo era sempre fisso e perforava ogni cosa che sfiorava, tutto tranne il ragazzo dai capelli infuocati davanti a lui. Lui sembrava non volerlo guardare.
Axel non fu in grado di focalizzare la dinamica degli eventi, ma nell'esatto momento in cui stava per constatare il cipiglio nell'espressione del più piccolo, un altro sparo risuonò nell'ambiente circostante e orde di gente avevano preso a riversarsi al di fuori del capannone in cui erano stati anche loro fino a pochi minuti fa. Prima che potesse dire qualcosa, vide il biondo schizzare alla velocità della luce.
Dopo una vertigine iniziale causata dalla forte botta alla testa, il rosso si ritrovò a seguire con non poche difficoltà il ragazzino che si affaticava a correre controcorrente e spintonare tutti quelli che si ritrovava davanti.
“Roxas!”
Axel era convinto che fosse accaduto qualcosa, qualcosa di impercettibile che a lui era sfuggito ma che aveva completamente stravolto l'atteggiamento del biondo nel giro di pochi istanti. Anche la sua camminata ora non era più posata e cadenzata ma sconnessa, sbilanciata, e infatti la corsa non durò che qualche metro prima che Roxas sentì la sua gamba sinistra accartocciarsi sotto il peso del suo corpo.
La voce dello sconosciuto dai capelli rossi gli arrivò confusa alle orecchie quando riaprì gli occhi dopo quella rovinosa caduta, e la prima cosa che fece non appena la vista lo ebbe messo a fuoco fu quello di allontanarlo malamente.
“Ti sei fatto male?” domandò l'altro avvicinandosi nonostante lo spintone appena ricevuto, fece per allungare la mano ed aiutarlo ad alzarsi ma Roxas digrignò i denti e lo respinse ancora una volta.
“Sto bene!”
“Dovrei portarti in ospedale per accertarmene”
“Ti ho detto che sto bene, cazzo! Pensa alla tua testa piuttosto, che mi sembra quella che ne ha più bisogno” Roxas si ritrovò a sbraitare a voce alta senza sapere neanche il perché, nel frattempo si era rimesso a sedere con non poca fatica e passava in rassegna la confusione attorno a loro. La gente stava fuggendo a gran velocità, sicuramente a breve sarebbero arrivati gli sbirri.
Quella risposta così dura fece ribollire il sangue nelle vene del rosso e, proprio a causa del suo temperamento impulsivo, afferrò con poca grazia il mento del giovane e lo guardò negli occhi “Senti moccioso...” esclamò tra i denti, non risparmiandosi però di usare un tono duro “Tu mi hai aiutato e ora il minimo che io possa fare è accertarmi che tu stia bene. Non mi piace essere in debito quindi vedi di collaborare”
Roxas era rimasto inizialmente spiazzato da quell'atteggiamento così rude ma la cosa non lo toccò più del dovuto e infatti il sorrisetto sarcastico ritornò a fare bella mostra sul suo viso, con una mano scostò in malo modo l'altro e gli rivolse un'occhiatina derisoria “Non hai debiti da saldare e piantala di fingere interesse, lo so che non te ne frega niente quindi puoi lasciarmi in pace”
Axel lo guardò e abbozzò anche lui un sorrisetto. Il moccioso aveva ragione, chi glielo faceva fare di perdere tempo dietro a lui.
“In effetti non me ne fotte un cazzo” disse mettendosi di nuovo in piedi e continuò a squadrarlo dall'alto “Questo è quello avrei detto in una qualsiasi circostanza, ma in questo caso so io a chi devo rendere conto, e anche se non ti conosco e non dovrebbe fregarmene perché dopo oggi non è che ci rivedremo ancora, so che la mia coscienza inizierà a sbraitarmi dietro che avrei dovuto aiutarti – e credimi questa coscienza rompe davvero le palle. Quindi vedi di non farmi peggiorare il mal di testa che ho già”
“Non puoi costringermi a venire con te” ridacchiò strafottente il biondo ma il ghigno demoniaco del rosso lo prese di contropiede.
“Sei ostinato, bimbetto, ma non vincerai contro di me”
“Ti ho detto che devi lasciarmi stare. Non voglio l'aiuto di nessuno... men che meno del tuo-”
“Quella gamba non ha una bella angolatura, non penso che potrai andare tanto lontano”
Roxas in quel momento avrebbe voluto sprofondare.
“Merda!”

“Allora con chi hai fatto a botte questa volta?”
“Proprio con nessuno”
“I tuoi lividi mi dicono diversamente, e poi non è la prima volta che vieni qui conciato in questo modo" se la massima aspirazione di Aqua in quel momento era farsi odiare allora ci stava riuscendo benissimo, perché non le bastava infierire con del disinfettante sulle escoriazioni del biondo, ma aveva l'aria di voler aggiungere anche le sue prediche "È stato Seipher?”
“No”
“Hayner?”
Roxas scosse il capo e sbuffò. Alla fine quel tipo - Alex, Axel o come diavolo aveva detto di chiamarsi - lo aveva caricato di peso in macchina e lo aveva trascinato al pronto soccorso, però adesso a rendere le cose peggiori di quanto non fossero si era messa anche la sfiga di essere incappato proprio in Aqua che aveva il turno di notte. E il biondo sapeva che lei non lo avrebbe lasciato andare con tanta facilità.
“Devo pensare a tuo padre?”
"Aqua tu lo conosci, lui a stento mi guarda"
Questa volta fu il turno dell'infermiera a sospirare e massaggiarsi gli occhi "Non so che fare con te, Roxas. Stai difendendo qualcuno? O sei davvero così sbadato come dici di essere e questi lividi te li provochi cadendo? Io proprio non ti capisco"
Roxas però non demorse, sapeva che se voleva scamparla doveva essere deciso, irremovibile, e così aggrottò la fronte "Devi credere a quello che ti ho detto! Sono inciampato e ho fatto un bel volo" ripeté ancora una volta, enfatizzando la scena con gesti teatrali. Se c'era una cosa che aveva imparato a fare bene in tutti quegli anni era mentire e far finta che non c'erano problemi, dopotutto non poteva di certo dirle che prendeva regolarmente parte a tornei illegali di struggle e quella sera si era inspiegabilmente beccato la pallottola destinata a quello sconosciuto, solo per salvargli la pelle. No, non se la sarebbe mai più scollata di dosso.
Aqua lo scrutò accigliata, in cerca di qualche cipiglio o tentennamento da parte dell'altro ma non trovò niente, e alla fine poggiò con tutto fuorché delicatezza una mano suo ginocchio sinistro, come a voler testare la sua tenacia.
"E come la mettiamo con quel tuo amico?"
"Non è un mio amico"
"Quello che è, siete arrivati insieme"

Axel starnutì nell'esatto momento in cui aveva messo piede fuori dalla stanza in cui il medico l'aveva controllato. Il responso era stato semplice: un leggero trauma cranico curabile in pochi giorni di riposo, e a completare il quadro la ferita sulla fronte gli era stata bendata in stile soldato appena rientrato dalla guerra - a nulla erano valse le rassicurazioni del giovane che una semplice garza adesiva andava più che bene, dopotutto non stava morendo, e invece il dottore, un vecchietto tutti sorrisi, gli aveva dato una pacca sulla spalla e aveva parlato con tono solenne "Ragazzo mio, durante la guerra del Vietnam queste attenzioni le avresti sognate". E cosi, a causa di un vecchio militare nostalgico era stato conciato come un vero idiota.
Sospirò tra sé e sé mentre si incamminava, con le mani nelle tasche, verso la sala d'aspetto per attendere il biondo che finisse, si voleva accertare che fosse tutto okay prima di tornare a casa. Senza farci neanche tanto caso però la sua attenzione fu colta dalla voce scocciata del sopracitato e si trovò cosi davanti la stanza semichiusa dove intravide una giovane infermiera che stava esaminando la sua gamba e non poté fare a meno di ascoltare, vinto dalla curiosità.
"Ahhh ma cos'è, il terzo grado? Non siamo in commissariato per tua informazione" sbottò il ragazzino mentre con gesti svelti si alzava il pantalone e si sfilava poi la protesi, lasciando il moncone coperto quella che sembrava una calza di stoffa. Axel quasi si ritrovò a rabbrividire davanti la scena, ma notò che Roxas non aveva mai abbassato lo sguardo sulla sua gamba, neanche un solo secondo. "Avanti dai un'occhiata alla gamba e lasciami libero"
"Non andiamo cosi di fretta Roxas, devo fare il mio lavoro per bene-"
"Il tuo lavoro è scrivere che va tutto bene e che devo solo uscire di qui!"
La donna, esasperata, si portò una mano nella sua capigliatura blu per ravvivarla e prese la protesi per esaminarla attentamente. Roxas invece dondolava febbrilmente la gamba destra che penzolava dal lettino e con una mano tamburellava i polpastrelli sulla coscia sinistra. Il silenzio piombò pesante sui due giusto un paio di minuti, ma sembrava quasi che fosse passata un'ora, e poi l'infermiera parlò di nuovo.
"La tua gamba è distrutta" affermò rigirandosela tra le mani "Non ne so molto di protesi ma la questa è davvero mal messa. Guarda, qui la struttura è ammaccata" indicò con il dito una parte che Axel non riuscì a vedere "E qui c'è anche un foro... sembra...sembra quasi che un proiettile l'abbia trapassata"
Il rosso sbiancò quasi e si appoggiò alla porta per vedere meglio, nessuno dei due parlò per qualche secondo.
Poi Roxas scoppiò a ridere.
"Pff...ma ti pare? Tu corri troppo con la fantasia ahahahah!"
Come diavolo faceva quel tipo a reagire così in un momento del genere? Non stava scherzando, né sembrava volesse prenderla in giro. C'era qualcosa con quella risata che non lo convinceva, sembrava quasi perfida, ma recitata con una tale abilità da risultare quasi candido. Axel non sapeva se doveva essere affascinato da quell'abilità o inquietato.
"Sei sicuro di non esserti fatto male alla coscia?"
"Sto un amore"
Aqua roteò gli occhi al modo di fare dell'altro.
"Comunque le giunture nel ginocchio sono deformate e alcune anche spezzate, per questo non riuscivi a camminare...qui manca anche qualche pezzo e... oh cavolo!" il ginocchio metallico doveva aver ceduto poiché la gamba le si era sfaldata in mano, e ora si ritrovava con dei pezzi penzolanti della protesi.
Roxas trattenne a stento un'esclamazione di stupore, fu l'infermiera a dar voce alle sue paure con quello che sembrava un incerto squittio "Roxas, penso... penso che tu debba cambiarla"
A quel punto il biondo si congelò.
"Co-cosa? Cambiarla?”
“È meglio che valuti un esperto ma ho paura che non si possa far nulla"
"Ma...ma... che dici. Io non posso-" il volto del giovane fu trasfigurato da un senso di ansia e paura, i suoi pugni si strinsero sulla stoffa dei pantaloni e dalla fronte scese una gocciolina di sudore "È troppo costosa...dove li prendo i soldi! Cazzo, ma come diavolo hai fatto a ridurla così?!"
"Dovrei chiederlo io a te in realtà" borbottò Aqua accigliata, poi però assunse uno sguardo compassionevole ma non poté fare altro "Mi dispiace ma purtroppo io qui non posso proprio aiutarti. Anzi adesso faccio telefonare a tuo padre così ti viene a prendere"
"No per piacere non chiamarlo!” il biondo si morse un labbro e la afferrò per un braccio, sembrava preoccupato, ma poi si accorse che forse la sua reazione forse era stata un tantino esagerata, così si ricompose e aggiunse un “Non... non voglio dargli altri pensieri"
"Roxas tu lo sai come funziona. Sei minorenne, non posso lasciarti andare senza il consenso di un adulto, mi metteresti in difficoltà"
"Ti prego chiudi gli occhi per questa volta!" continuò, la sua voce era intrisa di paura.
"Non posso davvero"
Axel non riuscì mai a capacitarsi di quale astrusa forza inconscia lo avesse manipolato al punto da spingerlo ad avanzare fin nella tana del leone. Forse era la stanchezza, forse la botta alla testa o forse anche uno strano senso di compassione (lui compassionevole? Assurdo), fatto sta che si era ritrovato sotto gli sguardi perplessi di Aqua e Roxas, e la voce era uscita da sola "Firmo io per lui!"
Okay che aveva battuto la testa però come gli era venuta in mente una cosa del genere? Non voleva solo ripulirsi la coscienza e tornarsene a casa?
"Cosa?" fecero i due in coro, stupiti di vederlo lì.
"Ehm..." Axel li guardò in preda all'imbarazzo e si portò una mano dietro la nuca, cosa cazzo stava combinando? "Io...io potrei firmare per lui" ripeté ancora, con voce appena accennata. Commozione cerebrale, tutta colpa della commozione!
"Quindi vi conoscete?"
"Sì!"
"No!"
Le voci di Axel e Roxas si sovrapposero e in quel momento ci fu un rapido scambio di occhiate. Roxas guardò scombussolato Axel, il quale ricambiò con un'espressione di chi non sapeva neanche che cosa stesse facendo. Aqua guardò Axel perplessa, poi Roxas e di nuovo Axel, in attesa di spiegazioni.
"Allora vi conoscete o no?"
Roxas senza farsi vedere dell'adulta fulminò il rosso ma gli permise di parlare, dal momento che non aveva ancora capito cosa diavolo aveva in mente.
"Sono... uhm... sono suo... cugino!" rispose questi con incertezza "Sì, sono un suo lontano cugino e oggi stavamo giocando insieme a baseball ma lui è inciampato e la sua mazza ha fatto un enoooorme volo e mi ha colpito proprio qui" Axel si indicò il punto della fronte in cui si era fatto male e Roxas non poté fare a meno di schiaffarsi una mano in faccia.
In quella scuola di merda che frequentava, uno o due professori qualche volta si erano presi la briga di dirgli che non bisognava mai giudicare un libro dalla copertina, e forse quella era una delle poche cose a cui Roxas aveva dovuto dar loro ragione. Sebbene quel tipo con i capelli rossi sembrava il più grande idiota sulla faccia della terra, in un modo o in un altro aveva fatto dissipare i dubbi di Aqua e l'aveva convinta a farlo firmare per poter portare Roxas a casa.
Il biondo però non era riuscito a tollerare ulteriormente i discorsi dei due, che nel frattempo si erano spostati nella hall principale e concordavano su quanto Roxas fosse uno sconsiderato e che doveva avere più cura di sé – in realtà sembrava che stessero parlando di un pacco postale piuttosto che di una persona e sinceramente il biondo non aveva neanche tutta questa voglia di lasciarsi riaccompagnare a casa da uno sconosciuto che, tra l'altro, sembrava stesse flirtando con Aqua.
Roxas grugnì un dissenso a quell'assurda situazione in cui si era cacciato. Afferrò con una mano la sua gamba distrutta e con l'altra la stampella che gli era stata data e se ne andò, zoppicando e borbottando sottovoce.
La cosa però non sfuggì ad Axel che si affrettò a salutare la donna e rincorrere il ragazzo fuori l'edificio. La testa gli pulsava come non mai e l'ultima cosa che voleva era solo dover correre dietro un moccioso in vena di far capricci.
"Ohi" sbraitò irritato una volta che lo ebbe raggiunto nel parcheggio “Ti sembra educato andartene così?"
Roxas si girò appena per guardarlo e gli lanciò un'occhiata di sufficienza, cosa che fece ribollire il sangue nelle vene dell'altro.
"Nessuno ti ha chiesto di portarmi qui"
"Scusa tanto se mi è sembrata la cosa più ovvia da fare, signor campione di struggle"
"La prossima volta fatti gli affari tuoi”
“Tranquillo, non penso che ci sarà una prossima volta” Axel sputò quelle parole con veleno. Quella era la prima volta che aveva pensato di fare qualcosa di utile per il prossimo, e francamente se ne stupiva ancora, eppure quel ragazzino gli stava facendo perdere la pazienza con la stessa facilità con cui solitamente avrebbe afferrato una bottiglia di Jack Daniel's e se ne sarebbe fregato di tutto.
Si passò una mano tra i capelli e girò sui tacchi pronto per andarsene. Voleva che nessuno si interessasse di lui? Perfetto, l'ultima cosa che Axel voleva era dover avere a che fare con i problemi esistenziali di un adolescente in crisi, con... con una gamba finta e... al diavolo tutto, le parole di Demyx gli rimbombavano nella mente come una vecchia cantilena e gli rendevano difficile anche il pensare coerentemente. Una buona azione per raggiungere la pace interiore. Erano tutte stronzate, lui non ci credeva davvero, però una seconda opportunità al piccoletto poteva concedergliela."Quindi se oltre alla tua..." Axel si girò di nuovo verso l'altro ma non lo guardò in faccia, e scelse un termine appropriato per non risultare troppo stronzo "Gamba... distrutta ti fossi rotto qualche altra cosa a te non sarebbe importato?"
Roxas inarcò un sopracciglio "Finché riesco a sopravvivere non ci sono problemi" questa volta fu lui sul punto di andarsene ma Axel lo afferrò prontamente per un braccio e strinse i denti.
"Che diavolo significa? Se c'è un problema preferiresti soccombere o addirittura perire piuttosto che affrontarlo?"
"Ma che vuoi saperne tu di me!" l'irritazione il biondo si palesò come un guizzo nei suoi occhi e si liberò dalla presa con un vigoroso strattone. Non male per uno con una gamba e che si reggeva con una stampella, ma Axel non si lasciò distrarre da quei pensieri. Lo sapeva che non erano affaracci suoi ma ogni volta che si toccavano questi argomenti lui li prendeva quasi come questioni personali.
"Infatti non lo so, voglio solo assicurarmene perché quelle persone che mollano invece di lottare non posso proprio vederle"
E in quel momento Roxas fece una cosa che prese di contropiede l'altro. Rimase in silenzio e contemplò il ragazzo, doveva avere qualche anno più di lui ma in un certo senso quelle iridi verdi riflettevano le stesse ombre che offuscavano le sue. Inalò profondamente e incupì il tono, dopotutto non aveva senso continuare a sbraitare.
"Se tu hai provato per tutta la vita a riaggiustare le cose, a sperare che in un modo o in un altro tutto si sarebbe risolto per il meglio, attendere di vivere finalmente una vita come si deve... cosa speri di ottenere continuando a lottare contro delle forze più grandi di te che non fanno altro che ostacolarti?"
Axel fece per rispondere che secondo lui bisognava continuare a lottare ostinatamente, ma comprese che quella discussione stava sfuggendo loro di mano e decise di non aggiungere nient'altro, anche perché cosa si poteva aggiungere? Ogni singola anima che popolava quei sobborghi desolati aveva imparato a fare i conti con la realtà.
"Non provi rabbia o risentimento?" disse con tono più basso, dopo un lungo dibattito mentale. Roxas però non aprì bocca, mantenne lo sguardo fisso su di lui e questo bastò al rosso per sbuffare scocciato.
"Avanti andiamo" borbottò avviandosi alla macchina. Quello che aveva appena visto era uno sguardo amaro, consapevole ormai di come girasse il mondo, lo stesso che aveva visto più volte sul volto di sua sorella alla sera quando lei tornava a casa stanca. "Su sbrigati, voglio andare a dormire"
Roxas gonfiò le guance e si affrettò a seguirlo, lasciando da parte l'astio verso tutta quella situazione "Aspetta, più veloce di così non posso andare”
“Sei troppo lento per me”
“Ringrazia che non devi portarmi tu"
"Ringrazia che ti porto a casa"
"Fanculo"
“Brutto moccioso, ti hanno insegnato l'educazione?”
“È vero, scusa, devo rispettare i vecchi come te”
"Piccolo demonio io ti incenerisco!"
"Potrei denunciarti per violenza psicologica su minori, mazza di scopa!"

Axel era una di quelle persone che volevano sempre avere l'ultima parola. Spesso gli avevano dato del cocciuto o anche dell'infantile ma a lui non era mai interessato finché poteva stare sempre un gradino sopra agli altri; quella sera però si era ritrovato inspiegabilmente a carico un ragazzetto antipatico e apparentemente taciturno, che quando voleva era capace di tutto pur di mettere lui stesso il punto fine alla conversazione. Più volte si era chiesto chi diavolo gliel'aveva fatto fare di scomodarsi tanto per uno sconosciuto che non gli era neanche riconoscente per l'aiuto che gli aveva appena dato.
Che gli facesse pena il piccoletto?
No.
Okay, forse.
Però si era solo limitato a mettere in pratica il credo di Dem: se qualcuno ti aiuta, tu fai altrettanto. Il suo amico era convinto che se tutti avessero iniziato a compiere buone azioni verso il prossimo il mondo sarebbe cambiato.
Axel si ritrovò a sorridere tra sé e sé alla sua ingenuità, quando però si ricordò che in macchina non era solo si ricompose e scrutò Roxas con la coda dell'occhio. Il biondo aveva la fronte appoggiata al vetro del finestrino e guardava con scarno interesse la città che correva veloce. Il viaggio in macchina si era rivelato silenzioso e imbarazzante e nessuno dei due sembrava intenzionato a intavolare una conversazione, a parte quelle poche parole spese da Roxas per spiegare la strada di casa sua.
Ci vollero una ventina di minuti prima di arrivare in una traversa costeggiata da casette a un piano tutte uguali tra loro e con dei piccoli giardinetti antecedenti alla strada. I muri erano incrostati di muffa e sporcizia e qua e là c'erano crepe risistemate alla meno peggio, la zona non era delle migliori ma neanche delle peggiori. In fin dei conti il biondo aveva pur sempre un tetto sotto cui ripararsi.
Axel fermò la macchina davanti la casa che gli era stata indicata e seguì l'altro con gli occhi mentre si avviava con qualche difficoltà verso l'entrata di casa, Roxas non gli aveva rivolto alcuno sguardo o saluto e lui aveva rispettato il suo silenzio.
Dopotutto ad Axel non interessava intrattenere relazioni con altre persone.


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Il giorno dopo Roxas si svegliò con la sirena della polizia che faceva la ronda. Di quei tempi ormai era diventata una cosa del tutto normale, la città sembrava essere caduta in balia delle forze dell'ordine che però non si appellavano ai canonici principi di giustizia. Le proteste erano represse con la violenza e qualsiasi attività sospettata antigovernativa veniva estirpata barbaramente. Tutto quello che volevano i cittadini era la ripresa della città ma il governo li aveva abbandonati.
Roxas rimase immobile nel letto una buona manciata di minuti prima di prender possesso di tutte le sue facoltà fisiche e intellettive. Bene. Si chiamava Roxas, aveva sedici anni e a giudicare dal sole che entrava dalla finestra dovevano essere su per giù le undici di un caldo mattino di fine estate- porcaputtana!
Il torneo di struggle, quel tizio con i capelli rossi e la sua gamba in mille pezzi.
"Cazzo!" esclamò prendendosi la testa con le mani. Ecco svelato anche il motivo per cui quel giorno si sentiva uno straccio.
Si mise a sedere e adocchiò la protesi appoggiata sulla scrivania e ripercorse le parole che gli aveva detto il giorno prima Aqua.
Distrutta.
Adesso sì che c'era un bel problema. Che diavolo poteva fare? Non aveva i soldi per farla rimettere in sesto, figurarsi prenderne una nuova!
Il biondo cacciò un sospiro sconsolato e raccolse le forze, era stanco ma ora che era sveglio tanto valeva alzarsi. Così afferrò una stampella e andò in soggiorno dove scorse Cloud, suo padre, addormentato scompostamente sul divano, con delle bottiglie in mano e sparse sul pavimento attorno a lui.
Roxas serrò la mascella ma per qualche strano motivo una vista del genere non gli procurava più alcuna emozione, ormai erano anni che lo vedeva in quello stato e la situazione sembrava sempre peggiorare piuttosto che migliorare.
Senza fiatare si avvicinò al divano e cominciò a ripulirlo da tutte quelle bottiglie vuote. Chissà quando ero stata l'ultima volta che suo padre era stato sobrio.
"Papà?" sussurrò quasi con velata dolcezza mentre si inginocchiava davanti al divano "Papà" ripeté e iniziò a scuoterlo leggermente "Dai ti accompagno a letto"
Ci vollero svariati minuti di prediche e scossoni prima che un paio di occhi blu identici a quelli di Roxas si aprirono al mondo.
Cloud una volta era un uomo di bell'aspetto e anche abbastanza giovane per avere un figlio di sedici anni, ma quando si era sposato non avrebbe mai immaginato che la sua vita potesse prendere una piega del genere. Prima era una persona completamente diversa.
"Papà" lo chiamò di nuovo Roxas "Andiamo a letto"
L'uomo fissò il suo sguardo sulla figura appena sfocata del ragazzo, la sua mente era ancora annebbiata per via dell'alcol.
“Oggi niente gamba?” biascicò invece di rispondere, facendo comprendere che non aveva capito niente di quello che gli era stato detto.
“Dev'essere riparata”
“Mi dispiace”
Cloud abbassò il volto e assunse un'espressione addolorata. Scusarsi era diventata l'unica cosa che sembrava riuscire a fare, oltre a bere. Si scusava per qualsiasi cosa, a volte scoppiava anche a piangere... che poi per cosa si scusava tanto Roxas non lo aveva ancora capito. Cloud a quanto pare era uno di quei cosiddetti ubriachi emotivi. Fortunatamente non diventava violento ma era comunque insopportabile, ed erano rarissime le volte in cui gli parlava o addirittura lo guardava - per inciso, in quelle rarissime volte in cui sembrava accorgersi della sua presenza non era sobrio.
Mai un dialogo, mai un conforto, mai neanche un rimprovero. A volte Roxas voleva che suo padre si arrabbiasse con lui perché faceva tardi, o che si preoccupasse vedendolo tornare di tanto in tanto con qualche livido, ma aveva capito che non ne valeva la pena. Ormai il ragazzo non si soffermava neanche più ad ascoltare i rantoli del padre, in dosso aveva semplicemente un'espressione annoiata “Se non ce la fai ti aiuto fino al letto”
Cloud però scosse il capo e si alzò, a occhio e croce sembrava essere abbastanza lucido da riuscire ad andare da solo senza fare danni. Roxas lo seguì con lo sguardo per tutto il corridoio finché non lo vide sparire nella sua stanza, e a quel punto si alzò di nuovo. Niente era più triste che il trovarsi in una casa dove la persona che avrebbe dovuto essere la più intima gli era quasi sconosciuta, ma sapeva che la colpa non era di Cloud ma sua.
Con la mano libera risistemò il divano e i cuscini e gettò le bottiglie nella spazzatura, prese un succo di frutta dal frigorifero e andò a piazzarsi davanti la tv. In tutti quegli anni aveva acquistato un buon equilibrio, quindi anche senza la sua gamba Roxas riusciva ad essere abbastanza autonomo. Quello che non sopportava erano gli sguardi di pietà e compassione della gente, non ce la faceva, era più forte di lui, più gli altri facevano i finti buon samaritani e più lui dava di matto. Ieri sera anche quello sconosciuto era cambiato quando aveva visto la sua gamba finta, la sua fronte si era contratta proprio come quella di tutti gli altri. Patetico. Il fatto che non avesse una gamba non significava che lui era scemo, anzi sfruttava ogni occasione per dimostrare la sua tenacia. Anche per questo prendeva parte ai tornei di struggle... oltre che per i soldi.
A proposito del torneo di struggle, al tg stavano parlando proprio di quello. Roxas si portò la cannuccia alla bocca e appoggiò il gomito sul bracciolo per sorreggersi il capo con la mano, a quanto pare avevano preso i tizi armati, il capannone era stato sgomberato e messo sotto sequestro, e per la prima volta Roxas realizzò qualcosa.
Spalancò gli occhi e il suo corpo si irrigidì.
Hayner, Pence e Olette!
Come cavolo aveva fatto a dimenticarli in un momento del genere? Infilò di scatto una mano nei pantaloni per prendere il cellulare ma ricordò poi di averlo lasciato il giorno prima a Hayner.
Si diede mentalmente dell'idiota per almeno un centinaio di volte prima di decretare che quel pomeriggio sarebbe andato a trovarlo, sperando che stessero tutti bene, ma prima avrebbe dovuto fare una tappa alla palestra di Cid.

2.5 Demiurge


"Allora Axel come stai?"
La malsana voglia di rispondere che niente andava come doveva era davvero forte, ma non c'era gusto a rompere quella dolce monotonia che si era creato ogni settimana quando andava da Ansem a perder tempo invece che sfruttare quell'ora a disposizione per il proprio giovamento. Alla fine le loro sedute si riducevano con Axel che contava quante foglie cadevano dall'albero che intravedeva dalla finestra, sull'altro ciglio della strada, e Ansem che innaffiava le piante nel suo ufficio. Quello era il primo giorno d'autunno e l'agonia del mondo era appena iniziata.
"Tutto bene" si risolse a rispondere come sempre e l'uomo, che nel frattempo aveva afferrato un paio di forbici ed era ora intento a tagliare via delle foglie secche, si accontentò di quella formalità ma non perdeva mai occasione di intavolare una sottospecie di conversazione.
"Ti vedo pensieroso oggi"
Axel puntellò i polpastrelli sul bracciolo della poltrona dove era seduto e fece spallucce.
"Sto valutando l'idea di darmi al giardinaggio"
L'uomo si voltò verso di lui, un sorrisetto gli increspava le labbra "Non sarebbe una cattiva idea se decidessi davvero di farlo... "
"Oh, suvvia adesso non apriamo di nuovo lo stesso libro"
"Prendersi cura di qualcuno o qualcosa, anche di una pianta, migliora l'umore e ti fa sentire realizzato"
"Certo" Axel roteò gli occhi e dopo una fugace occhiata di dissenso dedicata all'altro, tornò a guardare il caro e vecchio albero fuori la finestra "Ridare vita a un cactus morto mi farebbe sentire Dio, che gran prospettiva di vita"
Ci furono un paio di minuti di silenzio in cui Ansem ripose forbici e innaffiatoio e andò a sedersi alla scrivania.
"Hai un entusiasmo senza pari, hai mai pensato di fare il cabarettista?"
Il rosso si portò una mano alla fronte e si lasciò scappare una risatina sarcastica. Adesso anche lo psicologo lo prendeva in giro, a cosa si era ridotto?
"Avanti Axel, dimmi tutto, è successo qualcosa con Demyx?" il tono di Ansem era ancora leggero ma come sempre Axel ci cascava in questo punto.
"In un certo senso" alzò lo sguardo al soffitto e si mise comodo "Sono successe molte cose in generale"
"Ti va di parlarmene?"
"È un casino"
"Abbiamo ancora tre quarti d'ora"
Axel sospirò sconsolato e affondò ancora di più nella poltrona.

Era passata una settimana dal fiasco del torneo clandestino di struggle ma i giorni successivi erano stati tutt'altro che rilassanti.
Demyx quella sera era rimasto in cucina ad aspettarlo, fortunatamente però si era addormentato e quindi il rosso non aveva dovuto sorbirsi un altro dei discorsi moralisti dell'amico con la testa pulsante a più non posso. Il mattino dopo Axel si era recato di buon ora a casa di Xigbar per inveirgli contro tutti i casini in cui l'aveva coinvolto, e chissà, magari anche per chiedergli spiegazioni. Però casa sua era vuota e anche il garage non era da meno. La cosa era strana ma non ci badò molto, non è che Xig fosse tanto normale, così infilò le mani nelle tasche dei jeans logori e nel giro di pochi minuti si ritrovò davanti un'altra villetta.
"Non so quando tornerà" sussurrò la signora che gli aveva aperto la porta, sembrava essere distrutta dal dolore ma la sua persona non mancava di mostrare la fierezza e la dignità di una donna che nonostante i problemi economici aveva dato l'anima per i suoi figli. Axel aveva visto la madre di Xaldin solo un paio di volte ma aveva sempre avuto una grande stima per lei.
"...non sarà tanto presto, vero?" domandò il rosso con accortezza, immaginando già la risposta: il silenzio.
La donna gli sussurrò un saluto a capo chino e rientrò in casa. Axel aveva serrato i pugni, non sapeva ma aveva capito tutto, per questo era rimasto a scrutare la superficie di legno della porta, senza guardarla realmente. Era difficile da dire, nonostante la rabbia crescente, ma il flebile, disperato pianto che sentì provenire dall'altra parte della porta gli provocò una pesantezza all'altezza del petto alla quale non seppe dare definizione. L'unico pensiero che formulò mentre ripercorreva la strada a ritroso era che non aveva voglia di cercarsi un altro lavoro.

Axel l'aveva sempre negato, però forse un piccolo, piccolissimo, problema con l'alcol ce l'aveva dal momento che erano da poco passate le dieci di mattina e lui già si trovava in uno di quei pochi bar della città da cui non era stato ancora sbattuto fuori, e con una bottiglia di birra davanti. Non che gli importasse più di tanto, dopotutto non era la prima volta e quella non sarebbe stata di certo l'ultima.
Si portò la bottiglia alle labbra e prima ancora di saggiare una goccia del liquido ambrato, esitò e pensò che nella sfortuna era stato davvero fortunato.
Nelle settimane precedenti aveva aiutato Xigbar e Xaldin a rimettere a nuovo una macchina rubata per rivenderla a un nuovo acquirente e fin qui non c'era niente di male – anche se effettivamente quello che stavano facendo era illegale. Il problema è che quell'idiota di Xigbar, a sua insaputa, aveva fatto degli imbrogli durante la riparazione, aveva truccato un po' il motore, e l'aveva venduta senza troppi scrupoli. Il cliente però doveva essersi accorto della fregatura e gli aveva mandato dietro i suoi scagnozzi.
Mentre beveva la sua birra, in tv il telegiornale era in onda e impazzavano le notizie su quel dannato torneo di struggle e l'arresto di una ventina di persone, tra cui pure quei bastardi che avevano fatto fuoco su lui e Roxas. Axel li aveva riconosciuti dalle foto che stavano scorrendo in sovrimpressione, e a una più attenta analisi ricordò di averli intravisti anche la sera prima entrando nel capannone.
Il rosso non aveva mai visto o avuto contatti con il loro capo quindi questo non aveva potuto fornir loro un suo identikit assieme a quello degli amici, la sua deduzione era che quelli dovevano aver ricevuto l'ordine di riempire di piombo tutti quelli che vedevano con Xigbar e Xaldin. Lui era stato intercettato assieme ad essi e quando si era avvicinato a quel Roxas inconsciamente aveva tirato anche lui in ballo.
Dio, che situazione di merda.
Finché sono dietro le sbarre non dovrebbero esserci problemi, pensò tra sé e sé guardando con angustia la bottiglia.
Ora che Xaldin e Xigbar erano fuggiti chissà dove per scampare all'enorme cazzata che avevano combinato, Axel si domandava che ne sarebbe stato di lui.
I suoi dilemmi esistenziali però durarono qualche secondo scarso perché furono interrotti dall'entrata nel bar di un gruppo di uomini che discuteva concitatamente.
“Che succede di tanto importante, Barrett? Io e il mio cliente stavamo ascoltando il tg” si interessò subito il barista mentre tirava fuori dei bicchieri, il tono era burbero ma era ovvio che bramava qualche nuova indiscrezione.
Quando Axel alzò lo sguardo vide che accanto a sé si era seduto un uomo enorme. La sua stazza e il suo incarnato scuro gli ricordavano la maestosità di un grizzly selvaggio, sul braccio sinistro svettava un tatuaggio che partiva dalla spalla, mentre al posto del braccio destro brillava una protesi meccanica.
“Che succede?!” elargì quello che doveva rispondere al nome di Barrett “Stamattina c'è stata la commemorazione di Makomé, ecco cosa succede! Abitava nel mio quartiere, era normale che ci andassi, no? E sapessi quanta gente c'era! La famiglia era distrutta, dovevi vedere la signora M'Bowolé come si disperava... ancora non riesce a darsi pace della morte del figlio”
“E ci credo, povero ragazzo. Non era un angelo ma una fine del genere non se la meritava” acconsentì l'uomo dietro il bancone, avvicinandosi di più adesso con fare interessato.
“Tutti noi le abbiamo espresso la nostra vicinanza. Siamo atterriti dallo schifo di questa città” prese parola un ragazzo basso e tarchiato, i suoi capelli erano coperti quasi del tutto da una bandana rossa. Si era seduto al bancone accanto a un altro ragazzo più o meno della sua età ma più alto e slanciato, ed entrambi avevano cominciato a tracannare il contenuto dei loro bicchieri.
“Wedge ha ragione. Ormai vieni ucciso anche per il colore della pelle”
Barrett aveva incrociato le braccia al petto e aveva annuito a ogni parola scandita dagli amici, poi si voltò e guardò per la prima volta il rosso che li guardava sott'occhio “Tu cosa ne pensi, ragazzo? Non startene lì in silenzio”
Axel inarcò un sopracciglio, stupito di essere stato chiamato in causa.
“Non ho idea di cosa stiate parlando” disse facendo spallucce, questa però fu la volta dell'uomo di corrucciare la fronte.
“Dell'omicidio di Makomé M'Bowolé*!” pronunciò come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
“Mai sentito”
“Ragazzo ma dove hai vissuto fino ad ora? Makomé M'Bowolé è quel ragazzo che è stato ucciso l'estate scorsa dalla polizia. Lo avevano fermato, portato in questura per interrogarlo e l'hanno riconsegnato morto alla famiglia. È stato dopo il suo omicidio che la città si è ribellata”
“Allora è lui... che merde” annuì Axel stringendo tra le mani la sua bottiglia “Sono stato via per vari mesi, quindi mi sono perso tutti questi movimenti però mi hanno raccontato per sommi capi. Gli sbirri sono sempre state delle gran carogne qui ma questo le sorpassa tutte!”
“L’ha detto anche Biggs, se sei nero adesso vieni ucciso perché è ovvio che il cattivo sei tu, anche se non hai fatto niente! Ti pare una cosa normale? A me sinceramente no” riprese il ragazzo grassoccio che Axel aveva capito doveva chiamarsi Wedge.
“Ma il problema è che non se la prendono solo con loro!” rimbeccò il ragazzo più magro e Barrett gli diede una pacca dietro la testa, leggermente offeso.
“Ohi Biggs, stai per caso sminuendo la faccenda? Noi neri siamo palesemente vittime di razzismo”
Il ragazzo si portò una mano dietro la nuca per strofinare la parte offesa e aggrottò la fronte “Macché! Sto solo dicendo che i piedipiatti sono sempre stati accaniti su tutti. Dimmi, come possiamo far crescere i nostri figli in una città del genere? Chi ci tutela a noi?”
“Non di certo il governo” rispose Wedge al suo posto.
Barrett digrignò i denti e contrasse i muscoli facciali in un espressione di pura rabbia “L'unica cosa che io voglio è stare con Marlene! Non voglio vivere col terrore che prima o poi possano togliermela o riempirmi il culo di piombo solo perché sono nero. Tutto questo non è giusto, la musica deve cambiare assolutamente!”
“E cosa vuoi fare? Scrivere una bella lettera al sindaco? Adesso siamo in piena campagna elettorale, quelli non ti si cagheranno di striscio. Sono troppo occupati a fare bella figura triplicando le pattuglie giro per la città”
“Però così facendo peggiorano solo la situazione”
Axel decise di aver sentito fin troppo per i suoi gusti, erano le solite chiacchiere che udiva ovunque, tutti pensavano le stesse cose ma nessuno non poteva farci niente, e l'ultima cosa che voleva era ritrovarsi in mezzo a un gruppo di potenziali rivoluzionari.
I casini del giorno prima gli erano bastati, grazie mille.
L'ultima cosa che udì mentre usciva dal locale era quel Barrett che sbatteva il suo pugno meccanico sul bancone e sbraitava un “Qui c'è bisogno di un colpo di stato!”
Per il momento lui aveva solo bisogno di prendersi qualcosa per il mal di testa che lo stava assalendo.

Il silenzio lo avvolse durante il suo vagabondaggio nelle strade deserte, il vento fresco portava con sé le foglie ingiallite, uniche testimoni del tempo che volava via. C'era un palazzo bianco del XIX secolo davanti a lui, con le vetrine decorate da numerose insegne colorate che si illuminavano ritmicamente e di tanto in tanto qualche persona entrava e usciva da quella che in realtà era una tavola calda. Axel rimase a lungo immobile a guardarla dall'altro lato della strada, con la viscerale tentazione di entrare ma il timore di poter rivedere il volto di sua sorella o di sentire la sua voce lo fece desistere.
Ormai le notti che passavano a guardare le stelle insieme era sfuggito dalle sue mani come quelle foglie che si rincorrevano tra loro, cullate dal vento che si prendeva cura di loro. Axel si ritrovò ad osservare il lento scorrere del tempo come se fosse piombato in un lungo sonno.
E come un fuggitivo si ritrovò, così, di nuovo a tornare a casa di Demyx. Il suo unico desiderio era quello di affondare nel letto e passare i prossimi giorni richiuso nella sua stanza provvisoria, ma sapeva che avrebbe presto dovuto fare i conti con il proprietario di casa e infatti non appena mise piede nel salotto, nel suo campo visivo si ritrovò la faccia afflitta del biondo. Era certo che prima o poi avrebbe dovuto assistere al teatrino dell'altro.
"Hai idea di quanto io sia stato in pensiero?! Dove sei stato ieri? Ti ho aspettato tutta la notte"
Axel sospirò annoiato.
"In realtà dormivi quindi non sai a che ora sono tornato"
"Che hai fatto alla testa?" Demyx si aggrappò alle sue spalle e scrutò attentamente il cerotto che occupava buona parte della sua tempia. Alla fine Axel si era sbarazzato di tutte quelle bendature superflue perché sembrava un cretino.
"È una lunga storia"
"Oddio adesso penso di capire come si sentono le madri quando i figli si allontanano dal nido familiare"
"Dem non sono tuo figlio"
"Ti prego Ax non farmi disperare più così tanto!"
"Idiota" borbottò sorpassandolo. Raggiunse la cucina per prendersi un pop tart alla fragola e lo fulminò infastidito quando lo vide sedersi al tavolo di fronte a lui "Oggi niente lavoro?"
"No, oggi è riposo. Dai vieni con me che ti porto in un posto" si alzò di nuovo per andare a reperire la sua giacca e ritornò poi con un sorriso smagliante.
Il rosso sgranò gli occhi e iniziò a sudare freddo.
"D-dove vuoi che vada?"
"SOR-PRE-SA!"

Di tutte le cose che avrebbe potuto pensare Axel non si sarebbe mai immaginato quello, neanche e sue fantasie più deviate avrebbe indovinato. Eppure se ci avesse riflettuto non sarebbe stato tanto difficile, conoscendo il tipo che era Demyx.
E così si era ritrovato assieme all'amico e altre 5 o 6 persone in un'enorme sala, dietro a una lunga tavolata a servire un pasto ai senzatetto, in una piccola comunità di volontari chiamata Crossroads.
"Hai mai pensato di darti alla carriera ecclesiastica?" il rosso si ritrovò a borbottare contrariato mentre poggiava sul tavolo un'altra pila di piatti e rimpianse di non aver potuto incenerire Demyx con lo sguardo.
"Non ho avuto la chiamata del Signore, quindi no" cinguettò entusiasta l'altro mentre porgeva un piatto a un uomo.
"Evidentemente anche lui vuole stare alla larga da te" fu il commento sarcastico mormorato sottovoce ma Demyx parve sentirlo comunque.
"Hai detto qualcosa?"
"Sì. Quando diavolo finiamo?! Sto morendo di fame” Axel non fece in tempo a finire che arrivò una ragazza a dargli il cambio e disse a Dem che poteva andare perché ormai l'affluenza era quasi finita e ce l'avrebbe fatta a prendersi cura delle ultime persone.
Per la gioia di uno e la remora di un altro, i due ragazzi si ritrovarono nel cortile esterno, seduti su una panchina che affacciava su un parco adiacente, con la speranza di riscaldarsi con quel debole sole di fine settembre che sembrava giocare a nascondino con le fronde degli alberi.
Demyx vedendo l'espressione di irritazione che l'altro mostrava platealmente, spezzò il silenzio dopo aver dato un morso al suo panino "Se non ti piace avere a che fare con il pubblico la prossima volta posso trovarti un posto nei magazzini"
"Facciamo che la prossima volta ti fai gli affari tuoi!"
"Axel!"
"Demyx!"
"È inutile che inizi a borbottare, queste cose con me non attaccano. Ne abbiamo già parlato un sacco di volte"
"Ecco esatto, e proprio per questo adesso devi lasciarmi in pace"
"Io non starò in pace finché tu non la troverai!"
"Demyx per l'amor del cielo, io starò in pace solo il giorno in cui mi lascerai stare" disse ora afflitto Axel, non aveva senso arrabbiarsi con uno come Demyx tanto quello avrebbe fatto di tutto pur di avere l'ultima parola.
"E invece no!” sbraitò invece il biondo con tono deciso, i suoi occhi traboccavano di determinazione “Io ti conosco e so quello che hai passato. È difficile e ti capisco ma non è fuggendo che si risolvono i problemi!"
"Ti ho detto che io non ho problemi”
“Si che ce li hai!”
Axel appoggiò e braccia sullo schienale e rispose con tono arreso e strascicato “Invece di stare qui a sprecare fiato con me perché non vai a fare il missionario nei paesi del terzo mondo?"
"Perché qui c'è già gente che ha bisogno di aiuto” il suo tono acquisì una piega agrodolce e abbassò il capo, i suoi occhi furono nascosti dalle bionde ciocche ribelli “...e perché attendo il ritorno di qualcuno"
Axel rimase in silenzio e ammorbidì lo sguardo. Portò il volto verso il cielo per non mostrare la vulnerabilità in cui si sentì improvvisamente incatenato. A volte quasi lo dimenticava, a causa del suo carattere allegro e vivace, ma anche Demyx in realtà soffriva molto.
“Ti ricordi quando eravamo piccoli...” cominciò quest'ultimo dopo un lungo silenzio “Quando eravamo piccoli e io ti dissi che solo tu potevi sposare mia sorella perché eri l'unico di cui mi fidassi?”
Axel accennò a una risatina e continuò a scrutare le nuvole “E io ti dissi lo stesso per mia sorella...”
“Kairi e Selphie quando l'hanno saputo non sono state molto felici”
I due si presero qualche lungo momento per sorridere ai vecchi ricordi. Era sempre stato così tra loro, discutevano e litigavano spesso ma non avevano neanche bisogno di chiedersi scusa a vicenda perché per loro ogni parola equivaleva a chiedersi perdono, a loro bastava stare insieme.
“Io mi sono fidato sempre e solo di te, Dem” sussurrò Axel dopo un po', con le mani aveva preso a stropicciarsi la t-shirt bianca che gli altri membri della comunità gli avevano dato. Sopra vi era scritto "love and go where love demands", e francamente si sentiva quasi a disagio con quelle mielose lettere stampate a caratteri cubitali sulla schiena "Ieri sera ho incontrato di nuovo quel ragazzo del bivio, sai?"
Il biondo alzò lo sguardo "Davvero?"
Axel annuì.
"Vuoi parlarmene?"
Ci fu un secondo di esitazione ma poi le parole gli uscirono come fiumi in piena e non si accorse neanche che tutto d'un tratto si era ritrovato a sorridere "Non è per niente come mi aspettavo che fosse. Nel senso che...è così bassino e magrolino eppure spacca i culi quando gareggia a struggle. Dovevi vedere come ha atterrato il campione, era il doppio e lui l'ha battuto senza batter ciglio!"
"Sei stato a un torneo di struggle? Sei pazzo? Quelli sono illegali"
"Si ma questo non è importante ora. Quel ragazzo è proprio uno stronzetto, sembra...sembra... ecco, sembra che la mattina a colazione mangi biscotti e veleno. Il latte è totalmente escluso, altrimenti sarebbe più alto a quest'ora"
Demyx iniziò a ridere di gusto alla parlantina che aveva tirato fuori Axel, non era da lui una cosa del genere, quel ragazzo doveva averlo colpito proprio tanto.
"Solo che sono un po' preoccupato"
La voce del rosso lo riscosse dai suoi pensieri "Per quale motivo?"
Axel parve allarmato tutto d'un tratto "La sua gamba era finta... cioé... ha una protesi o come cavolo si chiama... e penso anche di aver fatto una figura di merda perché non è proprio educato fissare” borbottò arrossendo leggermente dall'imbarazzo “Ora però è un tantino distrutta e ho paura di esserne in parte colpevole"
Demyx inarcò un sopracciglio “È un bel guaio"
"Già e io non ho i soldi per ripagargliela"
"Lui che dice?"
"Sembrava essere nella stessa situazione"
"Prova ad andare da lui e offrirgli il tuo aiuto"
"Ew...non posso” Axel fissò lo sguardo sulle sue all star rosso sbiadito “Abbiamo discusso in un certo senso... e non è che ci rivedremo più. Anzi non avrei neanche motivo di interessarmene"
Demyx lo lasciò parlare senza premurarsi di fermarlo o rispondergli. Continuava solo a sorridere mentre esaminava l'espressione combattuta dell'altro, era la prima volta che vedeva Axel genuinamente interessato e preoccupato per una persona, e forse, pensava, magari continuando così presto sarebbe ritornato a una vita normale.
"Che hai da sorridere tanto?" sbottò Axel accorgendosi dello sguardo fisso e sognante di Demyx, questo però scosse il capo.
"Una volta mi hanno detto che non importa che progetti fai, non importa quanto ti dai da fare, come cerchi di modificare il tuo presente o immaginare il tuo futuro. Ci sono delle volte in cui la vita riesce a darti quello di cui hai bisogno. Una prerogativa, una speranza, una missione... o anche una sola persona."


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Fino a quel giorno Roxas non aveva mai realizzato quanto potesse essere lungo e faticoso il viaggio da casa sua fino alla palestra di Cid. O meglio, fino a quel momento non aveva mai sentito il bisogno di raggiungere la palestra con una gamba e le sole stampelle a sorreggerlo; ma dal momento che la sua protesi era praticamente inutilizzabile e non avrebbe usato la sedia a rotelle neanche se si fosse rotto pure l’altra gamba, non aveva altra scelta. Con un braccio si asciugò qualche gocciolina di sudore che si era formata sulla tempia e continuò a passo di marcia finché in lontananza non intravide l’edificio ancora annerito dall’incendio che lo aveva distrutto.
Fortunatamente nelle ultime settimane tutte le macerie al suo interno erano state portate via e adesso la struttura stava iniziando a acquisire un aspetto vagamente decente, niente a che vedere rispetto a come l’avevano trovata Hayner e Roxas la prima volta dopo l’incendio. Cid si era rimboccato le maniche e stava facendo di tutto pur di rimettere in sesto il locale. Quella palestra era tutta la sua vita, aveva speso tutti i suoi risparmi e le sue energie per togliere i ragazzi dalla strada e ora non aveva intenzione di mollare. Non dopo tutto quello che aveva fatto.
Alcune persone di buon cuore, riconoscenti per quello che aveva sempre fatto per la comunità, erano accorse ad aiutarlo ma lui non aveva neanche i soldi per permettersi una ditta di ristrutturazione, quindi doveva accontentarsi di un lavoro lento e poco accurato ma era pur sempre meglio di nulla.
Cid era occupato a riversare dell’acqua in un secchio di polvere per preparare del cemento, o almeno era quello che parve capire Roxas quando depositò a terra un vecchio zaino e si lasciò cadere, sfinito, su una sedia lì vicino.
Accidenti se non pesava quella protesi.
“Ma che cazzo” l’uomo si voltò verso Roxas e lo adocchiò per la prima volta “Roxas, ti pare normale arrivare così alle spalle? Vuoi per caso farmi venire un infarto?”
“Io?” il biondo si era completamente appoggiato allo schienale, aveva messo le mani nelle tasche e aveva steso la gamba davanti a sé. Un sorrisetto colpevole andò ad increspargli il viso “Ma ti pare?”
“Ma tu guarda se posso stare dietro a un moccioso come te” borbottò com’era solito fare, stava per tornare alla sua precedente occupazione ma poi la sua attenzione fu catturata da un particolare “Che hai combinato? Oggi ti fa male la gamba?”
Roxas appoggiò gli avambracci sulle cosce e si avvicinò al vecchio “Il piede” disse sottovoce con tono confidenziale, come se non volesse che nessuno sentisse “Oggi il piede mi fa davvero male, come se avessi camminato per chilometri scalzo sui carboni ardenti”
Il vecchio ascoltò disinvolto, con lo sguardo posato su quello spazio in cui avrebbe dovuto esserci la gamba sinistra del ragazzo. Se al suo posto ci fosse stato qualcun altro forse a quest’ora avrebbe preso Roxas per pazzo, non tutti potevano capire quello che provava, avvertire il dolore di una cosa che non c’era più sembrava essere un paradosso eppure era una sensazione spiacevole di cui molte persone senza un arto facevano esperienza.
“Perché sei venuto fin qui così? Non dovresti sforzare di questo modo la gamba destra” fu l’unica cosa che disse e poi tornò a mischiare quella sottospecie di impasto grigio dentro al secchio davanti a sé.
“Non potevo fare altrimenti, ho bisogno di te” rispose Roxas puntando gli occhi su un paio di uomini di mezza età che erano appena entrati da una porticina e si erano messi a intonacare una porzione di parete più lontano.
“Quindi devo immaginare che il contenuto del tuo zaino è il regalino che vorresti lasciarmi?”
Il biondo ridacchiò.
“In un certo senso” fece vago e vide l’uomo borbottare qualcosa tra sé e sé. Non con la stessa agilità che aveva una volta, Cid si mise in piedi e afferrò un panno per pulirsi le mani, non mancando mai di mugugnare quante rogne gli dessero i ragazzi e chi glielo facesse fare di ascoltarli. Roxas sapeva che quelle erano solo parole, giusto per fare un po’ di scena, ma in realtà Cid era una delle poche persone di cui si era mai fidato. Forse non aveva il carattere migliore del mondo, ma almeno era sempre stato l’unico pronto a sacrificarsi pur di aiutare tutti.
“COSA-”
“Ti prego non dire niente!” esclamò subito non appena l’altro aveva visto la sua protesi in mille pezzi che aveva trasportato dentro lo zaino. Cid poteva essere quanto buono voleva ma allo stesso tempo incarnava alla perfezione il ruolo del padre severo e lamentoso.
“Spero tu possa spiegarmi come hai fatto a ridurla in questo stato” sibilò l’altro, sforzandosi di non alzare il tono.
“Ti giuro che non lo so! Ieri stavo correndo e improvvisamente si è accartocciata sotto di me” spiegò tralasciando elegantemente il dettaglio del proiettile.
Cid ridusse gli occhi a due fessure, studiò attentamente l’espressione preoccupata del giovane e poi ritornò alla gamba che aveva ora in mano.
“Scommetto che ieri sei andato al torneo di struggle”
“Già”
“E io ti ho già detto mille volte che questa gamba è delicata e non devi maltrattarla in quel modo”
“Eddai Cid, lo sai anche tu. Quello è il mio unico sfogo”
“Ci sono mille altri modi più sicuri in cui puoi sfogarti, ma non quello. Non è una cosa che dico a mio piacimento però la questione è seria. Lo struggle è pericoloso, potresti davvero farti del male… e guarda la gamba poi. Non è adatta a questo genere di attività. Già troppe volte me l’hai consegnata in stato pietoso ma questa le sopera tutte”
“Riesci a fare qualcosa?”
“Questa si dovrebbe solamente sostituire”
L’uomo mise tutti i pezzi a posto nello zaino e ritornò alla sua precedente occupazione. Roxas però sapeva come giocarsi le sue carte a disposizione e mise su una faccia da cane bastonato, i suoi occhi languidi riuscivano a fare breccia anche nei cuori di pietra.
“Cid ti prego” riprese afferrandolo per il lembo della sua canotta e lo costrinse a girarsi di nuovo verso di lui “Tu sei la mia unica speranza. Io- io non so cosa fare… non posso permettermi un’altra gamba. Se non fossi così disperato non te lo chiederei neanche ma non ho nessun altro a cui rivolgermi”
Una leggera increspatura apparve sulla fronte del vecchio e lo vide tentennare appena.
“Rox…”
Il biondo continuò a guardarlo speranzoso con espressione addolorata e con le mani stringeva di più la stoffa dell’altro.
“Te lo sto chiedendo per piacere”
Cid esitò e puntò lo sguardo altrove.
“Vedrò che posso fare… ma non ti assicuro niente”
Un ampio sorriso si dipinse sul suo volto e Roxas gli si buttò al collo per ringraziarlo senza sosta, senza di lui ormai sarebbe stato perso chissà da quanto tempo. Cid era una delle poche persone verso le quali provava sentimenti veri.
“Sì sì però ora lasciami lavorare” ribeccò l’altro con il suo solito burbero. Proprio in quel momento prò un suono di pesanti passi riecheggiò nella palestra e i due furono distolti dal loro scambio.
“Yo Cid, sono andato a piazzare quell’ordine che mi hai chiesto. Hanno detto che i rifornimenti arriveranno in settimana…” la capigliatura ribelle di Hayner fece capolino dal portone di ingresso, seguito poi dal resto della sua persona. Quando il ragazzo si accorse dell’altra presenza accanto all’uomo, si bloccò sul posto e spalancò gli occhi “Roxas!”
Sentendosi chiamare per nome, Roxas alzò lo sguardo e scattò subito in piedi quando riconobbe l’amico. Era stato davvero in pensiero per loro dal momento che non aveva potuto rintracciarli ma un’ondata di sollievo lo travolse nel constatare che stava bene.
Quando si ricordò di essere in equilibrio su una sola gamba poggiò le mani sui braccioli della sedia per reggersi, ma non fece in tempo a salutarlo che l’altro lo raggiunse a grandi falcate, il suo volto era contratto dalla rabbia e i pugni erano stretti ai fianchi.
“Brutto bastardo, che intenzioni hai?” esclamò adirato dandogli uno spintone e lo fece finire di nuovo sulla sedia. Cid fece per intervenire ma il nuovo arrivato gli fece segno di non intromettersi e tornò a concentrarsi su Roxas “Hai idea di quanto Pence e Olette fossero preoccupati? Hai idea di quanto io fossi preoccupato? Sparire in quella maniera… ma che ti salta in mente?!”
“Mi dispiace… non volevo farvi preoccupare così”
“E invece ci sei riuscito benissimo! Per quanto ne sapevamo potevi essere ferito o pure morto!”
“Oggi sarei venuto a trovarvi. Anche io sono stato in pensiero per voi ma-“
“Ma un cazzo! Che ti costava metterti in contatto con noi? Anche solo per assicurarci che eri scappato o anche solo per sapere se noi eravamo ancora vivi! Tranquillo eh, siamo tutti interi per tua informazione. Siamo rimasti ad aspettarti un’eternità in quel casino e Olette non voleva andarsene senza che prima ti avessimo trovato. Ma che contiamo noi, l’importante è che Roxas si metta il culo in salvo”
“Hayner che cazzo stai dicendo” Cid provò a mettersi in mezzo ma fu bloccato da Roxas che nel frattempo si era messo di nuovo in piedi, questa volta con le stampelle per un maggiore equilibrio e inalò profondamente prima di ribattere.
“Che ti credi, che io non abbia cercato di tornare da voi? Dei pazzi hanno preso a spararci addosso e mentre cercavo di raggiungervi la mia gamba si è distrutta”
“Piantala di mettere in mezzo i tuoi problemi!”
“Guarda che è la verità! Io ho cercato però non ce l’ho fatta… e poi un ragazzo ha voluto portarmi per forza in ospedale”
Hayner lo guardò dall’alto con espressione indecifrabile e Roxas non capì se quello che vi leggeva era delusione o disprezzo.
“Adesso capisco perché Cloud non ti sopporta, sai?” articolò con estrema lentezza “Sei sempre pronto a vittimizzarti quando la situazione non è a tuo favore, così gli altri poi chiuderanno un occhio. Ma con me non sarà così… sei sempre stato tu a dirmi che non vuoi essere trattato diversamente, quello che mi parlava dei veri valori… ma poi quando si tratta dei propri amici sei il primo a sparire!”
Quello fu l’ultimo colpo che riuscì a sopportare. Non doveva nominare suo padre, non doveva fargli quel colpo basso e riaprigli una dolorosa ferita che in tutti quegli anni invece che guarire peggiorava sempre di più.
Le sue labbra tremarono dalla voglia di ribattere ma si morse la lingua. Normalmente non avrebbe avuto problemi a rispondere alle accuse che gli venivano inflitte, ma quando si trattava di persone a lui care non riusciva a fare altro che incassare. Perché? Semplicemente perché sapeva che tutti avevano ragione.
Lui era solo un egoista che cercava attenzioni dal prossimo, voleva tutto ma non dava nulla in cambio. I suoi amici erano stati in pensiero per lui, e lui tutto quello che aveva fatto era stato lamentarsi della sua gamba. Lui passava la sua esistenza a disprezzare le persone che lo guardavano con pietà quando invece lui odiava in primis se stesso. Ma che ne volevano sapere gli altri? Mica aveva mai detto loro che in realtà non riusciva a guardarsi allo specchio perché non accettava il suo corpo. Quello era il suo promemoria costante, il suo castigo. E sempre a causa di quella dannata gamba suo padre aveva perso la felicità.
Cos’è peggio, perdere una gamba o l’amore?
“Ehi guarda un po’ chi c’è qui con noi”
Roxas assorto com’era nei suoi pensieri non si era accorto di essere andato via dalla palestra, forse Cid aveva anche provato a chiamarlo ma alle sue orecchie erano arrivati solo suoni sordi. Non aveva intensione di stare un minuto di più sotto lo guardo accusatore di Hayner. E ora si era ritrovato vicino un piccolo parco dove seduto su un’altalena, Seifer lo guardava con la sua solita aria di astio e disgusto per il prossimo.
“Cercavo proprio te, mammoletta, sai?”
“Cazzo vuoi pure tu…” sputò il biondo sentendo il sangue ribollire. Non bastavano tutti, ora si metteva pure lui.
“Piano con gli artigli, tigre. Potresti graffiare qualcuno” il ragazzo più alto scese dall’altalena e gli si avvicinò con tono derisorio, dietro di lui i suoi inseparabili leccapiedi, Fuu e Rai.
Roxas scosse il capo e fece per sorpassarli ma Seifer lo fermò con una mano in petto.
Schioccò la lingua tra i denti e fece un senso di diniego col capo “Tu non vai da nessuna parte” Roxas lo guardò attentamente mentre il ragazzo prese a girargli attorno lentamente e nel frattempo lo squadrava da capo a piedi. Fuu e Rai erano impassibili davanti a lui. “Ieri sera dei pazzi hanno iniziato a sparare all’impazzata e sono arrivati gli sbirri, che ovviamente hanno fatto sgomberare tutto e hanno messo il capannone sotto sequestro”
“Sì, l’ho sentito” fiatò Roxas, il corpo era irrigidito e con le mani stringeva convulsamente le stampelle. La tensione si era fatta improvvisamente schiacciante.
“Certo che l’hai sentito” acconsentì l’altro e si portò una mano al mento “Un uccellino mi ha detto di averti visto scappare. Pare che quella gente stesse mirando a te e a un altro. È così?”
Roxas non rispose, rimase con la mascella serrata e il sudore freddo che iniziava a imperlargli la fronte. Improvvisamente Seifer lo afferrò per il colletto e i due ragazzi dietro di lui sussultarono dalla sorpresa.
“Sai che quello era il primo torneo che avevo organizzato io, eh?” sputò velenoso strattonandolo come se fosse stato un fuscello. La rabbia adesso sfregiava il suo volto “A me non frega niente degli affari che intrattieni con altri, i conti devi regolarteli altrove! Sai che mi hai fatto perdere un sacco di soldi, stronzetto? Chi cazzo pensi che adesso ripaghi tutti i danni?”
Roxas si lasciò scappare un gemito strozzato e si divincolò dalla presa, o meglio, Seifer lo lasciò andare. Sul suo sguardo più freddo dell’Antartide brillò un bagliore di pura follia.
“Rispondimi, Roxas. I bambini cattivi vanno puniti, vero?”
Roxas abbassò il capo e nascose gli occhi dietro la sua frangia ribelle “Sì”
“Capo, cosa vuoi fare?” dietro di loro Rai si scambiò un’occhiata con Fuu e cercò di avvicinarsi ai due per sedare la cosa “Non penso che sia una buona idea-”
Seifer però intimò ai due di far silenzio e si avvicinò di nuovo al volto del più giovane.
“E tu sei un bimbo cattivo, vero?”
Roxas inspirò e sentì il corpo irrigidirsi come un pezzo di marmo.
“Avanti, Rox, non fare il cattivo bambino… non vuoi mica far rattristare la mamma?”
Serrò gli occhi e si strinse nelle spalle.
Perché lei e non io?
“Allora mammoletta” Seifer lo strattonò di nuovo “Sei un bimbo cattivo?”
“Sì”
Prima che potesse fare qualcosa, un colpo secco gli mozzò l’aria dai polmoni e un dolore pungente gli si irradiò per tutto il petto. Non ebbe però il tempo di realizzare di aver appena ricevuto un pugno che un altro contribuì a smorzargli l’aria dai polmoni.
Seifer da parte sua sapeva che Roxas non c’entrava nulla, non aveva motivo di prendersela con lui, ma era stanco ed esasperato.
E Roxas capiva.
Tutti avevano bisogno di uno sfogo.
Forse non meritava quel trattamento perché in fin dei conti non era stata colpa sua se il suo torneo di struggle era stato interrotto in quella maniera, però quei pugni e quei calci sarebbero stati la punizione per tutto il dolore che aveva causato. Se suo padre non lo aveva mai sfiorato, forse per pietà, adesso era stato Seifer a prendersi la rivincita.


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Axel lanciò un’ultima occhiata decisa allo scaffale davanti a sé e pensò che forse adesso Demyx si stava prendendo un po’ troppe libertà con lui. Prima diceva di voler fare il suo mentore, poi lo trascinava in una comunità di volontariato e infine lo aveva mandato a fare la spesa.
“Ma che sarà mai sto latte di riso? Quel ragazzo deve complicare qualsiasi cosa” bofonchiò di cattivo umore salendo in macchina dopo aver messo le buste nel cofano e ripensando che aveva buttato quasi mezz’ora della sua esistenza a cercare quel dannato tipo di latte.
Il sole era in procinto di calare e i rossi raggi che avevano inondato la città creavano un netto contrasto con le ombre degli edifici. Il tramonto era la parte della giornata che ad Axel piaceva di più perché l’atmosfera suggestiva che si veniva a creare riusciva a rendere mozzafiato anche la bettola più squallida.
Saltò un semaforo rosso e non si fermò a uno stop.
Non è che non avesse qualcosa imminente da fare, ma gli piaceva trasgredire le regole e anche le cose più stupide come ignorare il codice stradale nella città paticamente vuota lo faceva sentire bene con se stesso. Il vento fesco che entrava dal finestrino abbassato gli spettinava dolcemente le ciocche ribelli e poggiò un braccio sulla portiera mentre continuaga la sua guida rilassata.
Lanciò un’occhiata all’orologio e constatò che non era tardi, forse un’altra birretta riusciva a strapparsela. Il silenzio del suo tranquillo tragitto in macchina fu interrotto da un coro di grida confuse, non erano molto lontane, dovevano forse appartenere a qualche bambino che si era fermato a giocare nel parco lì vicino. Ma qualcosa entrò nella visuale del rosso e senza ulteriore indugio accostò la macchina al marciapiede e scatto in piedi.
C’erano tre ragazzi ben piazzati che correvano a gran velocità nella direzione a lui opposta e a terra invece era rimasto un ragazzino. Una faccia conosciuta, realizzò mentre correva verso di lui senza neanche aver comandato le sue gambe di farlo. Aveva lasciato il motore acceso e la portiera aperta, ma poco importava perché quando aveva riconosciuto Roxas al suolo la sua testa si era immediatamente sgomberata da tutti i pensieri.
“Roxas!” gridò inginocchiandosi al suo fianco. L’espressione del biondo era rotta dal pianto che gli rigava le guance e il suo corpo era scosso da violenti fremiti “Roxas cos’è successo? Che ti hanno fatto quegli stronzi?” disse spostando lo sguardo dal biondo al posto in cui aveva visto i ragazzi sparire e poi di nuovo sul ragazzo. Con una mano gli pulì un rivolo di sangue che gli stava scendendo dal labbro ferito.
Roxas lo afferrò con una mano tremante e gli bloccò il braccio a mezz’aria.
“Nie-niente…” singhiozzò strizzando gli occhi chiusi “Lui… lui non ha fatto niente”
“Riesci ad alzarti almeno? Ti fa male qualcosa?” il rosso studiò il viso e le braccia piene di lividi ed escoriazioni ma l’altro scosse il capo.
“Il dolore fisico non è niente in confronto a quello che provo dentro”
Quelle parole colpirono il più grande come un filmine a ciel sereno, e parlò flebilmente, come se avesse paura di sapere “Cosa intendi?”
Le lacrime non smettevano di scendere dal volto livido di Roxas ma questo non impedì a un sorriso tirato di formarvisi.
“Il senso di colpa, Axel… di essere il responsabile della morte di mia madre”



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L'Uno e la Diade: sono i principi primi e supremi secondo Platone. L'Uno è il Bene, la Diade è il principio di molteplicità, la realtà sensibile delle cose, e di cui fa parte anche il male.
Demiurge (demiurgo): è una figura descritta da Platone e rappresenta un divino artigiano che progetta il mondo e riesce a plasmare gli eventi secondo il proprio volere usando solo le Idee e la materia a disposizione.

* Makomé M'Bowolé, omicidio realmente accaduto il 6 aprile 1993 nel commissariato di polizia del XVIIIe arrondissement a Parigi. Il ragazzo, fermato la sera prima per spaccio di sigarette, ammanettato e minacciato con una pistola, fu ucciso all'alba da un poliziotto. Il giorno successivo davanti al commissariato sono arrivarono centinaia di persone, inizialmente doveva essere una manifestazione pacifica ma poi scoppiò la violenza, e per diverse ore il XVIII arrondissement fu preda di violenti scontri.

Crossroads è veramente un'associazione no profit


Qualcuno si ricorda ancora di me?
Perdonate la mia lunghissima assenza su questo sito ma il periodo esami è lungo e tortuoso e io li ho quasi terminati tutti (yay!) quindi in estate potrò sicuramente fare un paio di aggornamenti, dato che passerò molto tempo in solitudine per un insieme di fattori che neanche vi dico...il primo tra tutti è che sono sfigata, e semmai mi prendessero a lavorare ad agosto potrei esserlo ancora di più.

Dunque, tornando a noi, se devo dirvi che sono soddisfatta di questo capitolo vi mentirei. Non capisco perché ma i miei secondi capitoli sono sempre un po' mosci, non succede niente di che... avevo in mente di presentare un po' del passato di Axel o Roxas ma le mie mani che scrivevano evidentemente non hanno voluto così. E ora ricominceremo la tiritera dell'altra fic in cui in ogni capitolo io e i lettori ci lamentavamo che le varie spiegazioni slittavano sempre a quelli successivi.
Okay.
No seriamente, per questa fic ho messo da parte un po' di thriller e suspance, quindi non lasciatevi ingannare da questi capitoli, a mio avviso, inconsistenti perché chi mi conosce sa che prima o poi potrebbe arrivare qualche colpo basso u.u.
Prima di passare avanti volevo avvisarvi che nella storia ci sarà anche una sottospecie di threesome molto platonica, sì mi piace complicarmi la vita.


Ringraziamenti Time <3
Grazie di cuore a:

Kronohunter25, il mio beta, che mi aiuta a sviluppare la storia e asseconda sempre con gran coraggio tutti i miei piagnistei su quanto io non sappia scrivere ecc ecc. Questo ragazzo è un santo.

harrysdimples
RainXSmile
Breathing Space
League of Kairi
Hope_Estheim
per i vostri commenti, senza di voi penso che mi sarei scoraggiata e non avrei mai continuato a scrivere la fic.

Breathing Space
chaos control3
comewhatmay
harrysdimples
Hope_Estheim
iris dedivitiis
League of Kairi
RainXSmile
Resha_Stark
per i preferiti e le seguite.

Grazie a chi mi ha contattato in mp, chi mi ha scritto messaggi dolcissimi che mi hanno quasi commosso e chi mi ha recensito il capitolo lì o su fb perché timidi. Dovrei avervi ringraziati tutti a tempo debito, perdonatemi ma non ricordo tutti >-< (ecco perché vi chiedo di scrivermi nei commenti)

Grazia anche a chi ha letto e chi deciderà di spendere un millesimo della propria giornata lasciando un piccolo commento per far felice l'autrice depressa.... che scrive di notte dopo aver finito di studiare pur di sfornarvi un nuovo capitolo.
Il prossimo aggiornamento sarà Summer Paradise o Viva la Vida.
Arrivederci e buone vacanze a tutti :3

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