Gli ostacoli del cuore di Black_fire (/viewuser.php?uid=667547)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Buongiorno!
Allora,
da dove cominciare? Direi
dal fatto che questo prologo sarà decisamente lungo.
Si
è reso necessario, però, per
darmi la possibilità di farvi entrare nel vivo della storia
già dal prossimo
capitolo.
Una
piccola precisazione a cui
tengo: è a tutti gli effetti una “what
if”, però i personaggi manterranno il
più possibile le linee guida degli originali.
Alla
fine di ogni capitolo, se mi
sarà possibile, inserirò uno spoiler del capitolo
successivo, dato che lo trovo
piacevole, io per prima, come lettrice.
Sono,
ovviamente, aperta ad ogni
critica e/o consiglio, il confronto è sempre un momento
accrescitivo.
Non
mi resta che augurarvi buona
lettura… e tenere le dita incrociate!
BF
C'è un principio di
energia
Che mi
spinge a dondolare
Fra il
mio dire ed il mio fare
E
sentire fa rumore
Fa
rumore camminare
Fra gli
ostacoli del cuore
Quante
cose che non sai di me
Quante
cose che non puoi sapere
Quante
cose da portare nel viaggio insieme
Quante
cose che non sai di me
Quante
cose che non vuoi sapere
Quante
cose da buttare nel viaggio insieme
“Gli
ostacoli del cuore” - Ligabue
La
prima volta che mi resi conto
che la mia famiglia poteva non essere come le altre, avevo
all’incirca cinque
anni.
All’uscita
dell’asilo c’era mia
madre, come sempre, ad attendermi.
Mi
ero appena tuffata nel suo
abbraccio, quando la maestra ci aveva raggiunto.
-
Sig.ra Cullen, posso parlarle
un momento?
Avevo
sentito le braccia della
mamma stringermi solo un po’ più forte,
così l’avevo guardata negli occhi: non
erano più sorridenti come quando mi aveva vista uscire.
-
Certo, Stacy, mi dica…
-
Isabella, che ne dici di andare
a salutare ancora Mrs. Honey, mentre io parlo con la tua mamma?
Avevo
capito che la maestra cercava
un modo per mandarmi via ed avevo guardato mia madre in cerca di
conferma.
Lei
era tornata a sorridere, ma
non come faceva di solito, e mi aveva fatto cenno di andare come la
maestra
aveva detto.
Ricordo
che continuavo a
sbirciarle dalla mia posizione vicino all’enorme orso di
peluche, Mrs. Honey.
Stacy
gesticolava sempre più
animatamente, mia madre sembrava diventare sempre più rigida.
Ero
solo una bambina, ma avevo
intuito che quel gesticolare fosse legato a ciò che durante
il pranzo avevo
nuovamente ribadito sia ai miei compagni, che alla maestra.
“Quando
sarò grande, anch’io mangerò e
dormirò di meno. Il mio papà, la
mia mamma e i miei fratelli è così che fanno, per
avere più tempo per fare le
cose che vogliono. Per esempio, fare le gite nel bosco. O giocare a
baseball
quando c’è il temporale. Insomma, fare solo cose
divertenti.”
Avevo
anche intuito che mia
madre, forse per la prima volta, mi avrebbe sgridato.
L’avevo
vista, con una certa
ansia, salutare la maestra e venire verso di me. Mi aveva preso per
mano ed
eravamo uscite in silenzio.
Solo
in macchina, guardandomi
attraverso lo specchietto retrovisore, mi aveva parlato.
-
Amore, ricordi cosa ti avevo
detto?
Mi
ero subito sentita in colpa.
-
Sì, mamma.
-
E’ importante, sai amore? Se
no, non ti avrei mai chiesto di stare attenta…
-
Lo… so… mamma…
Avevo
parlato a fatica, perché
già ero scoppiata a piangere. L’idea che avessi
deluso mia madre era
insopportabile.
-
Bella, tesoro, non piangere… lo
so che non volevi…
-
Mamma, non lo farò più…
-
Amore… sono io che ho
sbagliato… non potevo pretendere…
Aveva
appena fermato la macchina,
ma già era accanto a me, sul sedile posteriore, che mi
abbracciava forte.
-
Piccolina, non dovevo nemmeno
chiedertelo… sono stata una sciocca…
Il
suo profumo, che mi ricordava
quello delle mie caramelle preferite, mi aveva avvolto come sempre ed
aveva
avuto il potere di rasserenarmi.
-
Anzi, sai cosa facciamo? Appena
arriviamo a casa, ti preparo la tua merenda preferita: pane, burro e
marmellata! Che ne dici?
Mi
ero sentita subito più felice.
Mia madre mi voleva ancora bene. Con i miei cinque anni, alla fine,
solo questo
contava: mi aveva già perdonata per aver parlato di cose che
non avrei dovuto.
L’avevo
stretta forte anch’io,
pensando solo per un attimo che sarebbe stato bello se lei avesse
condiviso con
me quella merenda.
Ma
subito dopo, l’avevo già
cancellato dai miei pensieri: che mangiasse con me, o no, rimaneva la
mamma
migliore al mondo.
Di
più, non avrei potuto
desiderare.
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
Le prime domande più coscienti
erano arrivate con i miei otto anni.
Avevamo
lasciato la città dove
avevamo sempre abitato, ed ero tremendamente arrabbiata con i miei
genitori.
Mi
chiedevo perché non capissero
quanto era stato doloroso dovermi dividere dalla mia amica Rebecca.
Era
l’unica bambina con cui andavo
d’accordo, l’unica che non mi considerasse
“strana”, perché vivevo in una
famiglia un po’ “strana”, per via di
abitudini che ai miei occhi erano del
tutto normali.
Proprio
su questo mi ero
concentrata, sul fatto che nel posto nuovo tutti, nessuno escluso, lo
avrebbero
pensato.
Ero
anche arrabbiata, perché loro
sembravano dedicare più attenzione ai nuovi arrivati, due
ragazzi che sarebbero
diventati anche loro parte della famiglia.
Come
se non bastasse che di
fratelli ne avevo già tre, e tutti più grandi di
me. Che mi volessero molto
bene anche loro, non ne dubitavo, però rimaneva il fatto che
non sempre mi
tenevano molta compagnia. A volte, sparivano per giorni interi, e se
non avessi
avuto Rebecca, sarei rimasta a giocare da sola.
I
nuovi arrivati poi, un ragazzo
ed una ragazza, sembravano avere delle difficoltà
nell’accettare che io
esistessi e facessi parte della famiglia. Mi guardavano con molta
diffidenza.
Così,
quella volta, andai da mio
padre a chiedere spiegazioni.
E’
vero che avevo solo otto anni,
ma avevo già un carattere piuttosto determinato.
Tanto
che mio padre mi aveva
affrontato con più serietà del solito.
-
Bella, lo so che adesso sei
arrabbiata, e ne hai tutte le ragioni. Però, Alice e Jasper,
hanno davvero
bisogno del nostro aiuto. Anche del tuo. Per loro è
difficile abituarsi a… ad
una nuova famiglia.
-
E allora perché si sforzano?
Per colpa loro, siamo stati costretti anche a cambiare casa!
-
Se ci siamo trasferiti, non è
per colpa loro. E’ colpa mia, sono io che ho accettato un
nuovo lavoro…
-
Non è vero! Rebecca mi ha detto
che ha sentito suo padre parlare con sua madre, e stavano dicendo che
ce ne
andavamo per evitare che la gente facesse troppe domande su di noi e
sui nuovi
arrivati…
A
questo punto, mi aveva fatto
sedere in braccio a lui, stringendomi in un abbraccio affettuoso.
-
Le domande su di noi ci sono
sempre state e sempre ci saranno… l’importante
è non farsene un cruccio.
Arriverà il momento che potrai davvero capire…
-
Io voglio capire adesso, papà!
Non quando sarò più grande!
Gli
avevo visto tornare
l’espressione serena di sempre. Ma non avevo fatto in tempo a
dire altro, che
la porta si era aperta.
-
Bella! Non vorrai perderti
l’inizio del tuo telefilm preferito!
Sulla
porta era comparso mio
fratello Emmet.
-
Ora sto parlando con papà…
Aveva
scrollato le spalle alla
mia risposta, iniziando a richiudere la porta.
-
Edward! Bella dice che non le
interessa… puoi pure guardare…
Mi
ero alzata di botto.
-
Col cavolo che non lo guardo!
Emmet
aveva toccato il tasto
giusto: la sola idea che l’altro mio fratello pensasse che
non volevo vedere
quel telefilm per cui mi prendeva sempre in giro, mi aveva
completamente
assorbito.
Dopotutto,
avevo pur sempre otto
anni, e non ancora la capacità di comprendere appieno cosa
succedeva intorno a
me: ero cresciuta in quella famiglia “strana”, per
cui non la percepivo come
tale. Potevano esserci delle cose che non capivo di loro, ma questo non
mi
impediva di essere felice di far parte di quella famiglia.
Questa
era l’unica cosa che
comprendevo molto bene. L’amore di cui mi circondavano sempre
e comunque.
-
Edward, la televisione è mia!
Sto arrivando!
Ero
certa che avrebbe fatto il
solito spettacolino: fingere di non volermelo far vedere, con tanto di
solletico per impedirmi di prendere il telecomando.
Così,
correndo per le scale,
avevo solo sentito vagamente le parole che si erano scambiati Emmet e
mio
padre.
-
Non potremo mentirle ancora per
molto, Carlisle…
-
Lo so, Emmet. Ma più tardi
sarà, più sarà in grado di
comprendere…
Ricordo
di aver pensato vagamente
che ero già grande, in fondo avevo otto anni, e che avrei
chiesto spiegazioni a
papà anche di questo. Ma poi ero arrivata in salotto, e mio
fratello Edward era
sul divano, il telecomando tra le mani, e la tivù
sintonizzata sul canale dello
sport.
Ci
eravamo guardati, consapevoli
entrambi che la battaglia stava per iniziare.
Mi
ero gettata su di lui, e lui
mi aveva immediatamente imprigionata nella sua stretta, le mani che mi
solleticavano impietose nonostante le mie proteste giocose di bambina.
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
A undici anni la verità mi aveva
spinto a fuggire di casa.
Una
sera, che mi era sembrata
lunga come tutta la mia vita, mamma e papà mi avevano detto
tutto su di me e su
di loro.
Non
potendo più tergiversare,
perchè le mie domande erano diventate quasi delle certezze,
avevo saputo come
fossi anch’io una figlia “adottiva” e
anche “quanto” fossi diversa da tutti
loro.
Forse
nutrivo ancora qualche
piccola speranza che non potesse essere così, che tutte le
differenze che ora
mi apparivano evidenti, avessero una spiegazione logica, ma
così non era stato.
La
realtà mi era piombata addosso
con la violenza di una tempesta, cancellando di botto tutto
ciò su cui si era
sempre basata la mia vita sino ad allora.
Avevo
passato tutto la notte a
programmare la mia fuga. Tutta la mia vita era stata
un’enorme bugia. Tutti
loro mi avevano tradita, ingannata, ferita.
Sapevo
che la mattina dopo, papà
sarebbe stato di turno in ospedale, che mamma avrebbe avuto i suoi
impegni di
volontariato, che i miei fratelli sarebbero stati a scuola.
Ognuno
sarebbe stato occupato a
mettere in scena quella parodia di vita che ora sapevo essere
indispensabile
perché potessero apparire come gli altri.
E
io ero certa di non voler fare
più parte di quella vita, né di quella famiglia.
Perché
ero io, la “diversa”, io
ero quella che non c’entrava niente con loro.
Ed
ero certa che prima o poi si
sarebbero resi conto che ero io a dovermene andare, perché
non potevo più fare
parte di quella famiglia..
Come
ero altrettanto certa che a
lungo andare, non mi avrebbero più voluto bene, che si
sarebbero accorti che io
non ero abbastanza per loro.
Li
avrei inevitabilmente delusi
con la mia natura fragile, limitata, umana.
Così
a scuola avevo aspettato
l’intervallo, il momento di maggior confusione, per varcare
l’uscita della
scuola.
Nello
zaino avevo messo qualche
provvista, quel cibo che loro avevano sempre finto di gustare per colpa
mia, e
qualche decina di dollari che avevo preso dal portafoglio di mio padre.
Nonostante
tutto, era così che
continuavo a pensare a loro: papà, mamma, fratello, sorella.
Carlisle,
Esme, Edward, Emmet,
Jasper, Alice, Rosalie: i vampiri che
formavano la mia famiglia.
Mentre
mi recavo alla stazione
degli autobus, aveva iniziato a nevicare. Freddo, pioggia, neve,
avevano sempre
fatto parte della mia vita.
Ed
ora sapevo anche il perché, il
vero motivo per cui il sole non scaldava mai nemmeno la mia pelle:
papà mi
aveva spiegato che esporsi ai suo raggi avrebbe rivelato la loro natura
diversa, che mi avrebbero mostrato come, ora che sapevo tutto
anch’io. Ma non
ne avrebbero avuto modo, dato che me ne stavo andando.
Non
avevo deciso una meta, avevo
pensato di prendere il primo autobus in partenza, ovunque fosse
diretto: un
posto valeva l’altro.
La
neve aveva iniziato a scendere
sempre più fitta, il freddo era diventato più
intenso.
Le
lacrime sembravano congelarsi
sul mio viso. Ma ricordo di aver pensato che era familiare anche quella
sensazione: perchè le mani che mi avevano sempre
accarezzato, o stretta in abbracci
affettuosi, o presa per mano, erano sempre state gelide.
A
bloccare il mio cammino però,
quel giorno, era stato mio fratello Edward.
Semplicemente,
sollevando lo
sguardo, me lo ero trovato di fronte sul marciapiede.
Una
figura dai contorni sfocati,
dato che le lacrime continuavano a sgorgare copiose. Un ragazzo
apparentemente
come tanti nei suoi jeans e nel giubbotto dal cappuccio sollevato; un
fratello
che andava incontro a sua sorella.
Ma
niente, invece, era così
semplice tra noi.
Lui
non era un ragazzo come tanti,
era un vampiro, e io non ero una ragazzina come tante, ero
un’umana adottata da
una famiglia di vampiri.
Non
riuscivo a capire come
avessero potuto mentirmi per tutti quegli anni, e l’unica
spiegazione che mi
ero data, era che lo avevano fatto per pietà.
E
io non volevo la loro pietà,
volevo che mi volessero bene, come se ne volevano tra di loro.
-
Bella, fa freddo. E’ meglio se
torniamo a casa…
-
Quella non è più casa mia! E
voi non siete più la mia famiglia!
Glielo
avevo gridato, sperando che
la rabbia mascherasse il dolore che provavo nel vederlo lì,
un’espressione che
mi sembrava davvero esprimesse pietà per me.
-
Sei arrabbiata, hai ragione di
esserlo. E se andiamo a casa, potremo parlarne quanto vorrai…
Sapeva
l’ascendente che aveva su di
me. Edward c’era già nei miei primi ricordi, prima
ancora di Emmet e Rosalie.
Probabilmente era già con Carlisle ed Esme, quando mi
avevano trovata.
-
E di cosa dovremmo parlare,
Edward? Di tutte le bugie che mi avete sempre raccontato?
Il
dolore mi stava davvero
sommergendo, tanto che mi sentivo la testa girare.
Odiavo
Edward in quel momento, lo
odiavo con tutta me stessa.
-
Mi avete sempre ingannata…
anche tu! Io ti credevo! Io credevo… credevo…
Non
volevo più vederlo, non
volevo più vedere nessuno di loro.
Ero
scesa dal marciapiede per
evitarlo, e proseguire nel mio cammino.
Probabilmente
la neve aveva reso
scivolosa la strada, perché solo le braccia di Edward mi
avevano impedito di
cadere rovinosamente a terra e farmi male.
Sentire
quella stretta affettuosa,
era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso: la mia rabbia
era
diventata una furia distruttiva.
Ed
Edward il bersaglio di quella
furia. Volevo potergli fare abbastanza male, da fargli capire quanto
stavo
soffrendo io.
I
miei pugni lo colpivano con
tutta la forza dei miei undici anni, ma
se anche fossi stata un colosso, non lo avrebbero scalfito lo stesso.
Questo,
però, non mi impediva di
provarci lo stesso. Alla fine, per farmi smettere, gli era bastato
stringermi
solo un po’ più forte: mi ero ritrovata con il
viso sepolto nel suo giubbotto,
stretta a lui.
Gli
volevo bene, poteva essere
quello che era, ma rimaneva il fratello che era sempre stato per me.
-
Esme è molto preoccupata per
te. Voleva che venissi subito a scuola, che non ti lasciassi arrivare
sino a
qui. Ma Carlisle ha pensato che era un buon modo, per te, di riflettere
su
quello che volevi veramente …
Ero
ancora arrabbiata, ma anche
confusa. Sapevano che volevo fuggire? Come avevano fatto a scoprirlo?
Ci
avrei pensato dopo, perché in
quel momento, pensavo solo che Carlisle aveva avuto ragione: volevo
capire
quanto mi volessero bene. E nel pensare di fuggire, c’era
tutta la speranza che
loro me lo impedissero.
E
me lo stavano impedendo. Edward
era lì, con me. E me lo stava dicendo non solo a parole, ma
con l’affetto che
traspariva dal suo sguardo, dai suoi gesti.
-
Ti voglio bene, pulce. Tutti ti
vogliamo bene, e il tuo posto è a casa, con noi.
Sentivo
un nodo stringermi sempre
di più la gola. Quel soprannome, pulce,
me lo aveva dato proprio lui. Diceva sempre che gli stavo appiccicata
come una
pulce fastidiosa, quando in realtà era lui che mi veniva
sempre a cercare non
appena entrava in casa.
Anche
i miei genitori, perché
non riuscivo a smettere di pensare
che loro lo fossero,
e anche gli altri avevano preso l’abitudine di
chiamarmi così.
Mi
volevano tutti davvero bene, e me lo avevano dimostrato con le
azioni, più che con le parole.
Avevano
vissuto per me una vita
ancora più umana di quanto non fossero già
costretti a fare per non essere i mostri
che la loro natura avrebbe voluto fossero.
-
Edward… non dovrete mai più
dirmi bugie. Non voglio soffrire così, mai più.
Ho pensato… ho pensato che mi
stavate dicendo la verità perché volevate
liberarvi finalmente di me… che
volevate spingermi a fuggire…
-
Non devi nemmeno dirlo, Bella!
Sei la cosa più preziosa che ci è capitata in
questa vita… dannata.
L’uso
di quella parola mi aveva
colpito, anche se non potevo comprendere appieno il significato che gli
stava
dando Edward.
-
Voi non siete dannati, siete
speciali. E siete la mia famiglia. Va bene così.
Probabilmente
Edward sapeva che
non sarebbe stato facile, da lì in poi, riprendere il nostro
cammino insieme.
Forse,
già immaginava che
inevitabilmente li avrei visti diversi. E che questo, avrebbe
inevitabilmente
cambiato i nostri rapporti, nel bene o nel male.
Forse,
non aveva immaginato
davvero quanto avrebbe cambiato me, nei suoi confronti.
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
Mi sono scoperta innamorata di
Edward a quindici anni. Lui, sicuramente lo aveva già capito
mesi prima.
Dopo
aver scoperto la verità, ovvero il mio essere "diversa" da
loro,
davvero non era stato facile riprendere la vita di sempre.
Per
un certo periodo, quando
pensavo alla mia famiglia, non era “noi” che mi
veniva in mente, ma “me e
loro”.
Avevo
avuto bisogno di tempo per
tornare a pensare “noi”. Mesi in cui avevo scoperto
tutto sulla loro vera natura. Mesi in cui si erano fatti scoprire,
mostrandosi senza più riserve, per quello che
erano davvero: vampiri.
Ma
erano quei vampiri che avevano
sempre e solo voluto il mio bene, che mi avevano voluto bene.
Che
mi avevano fatto crescere
senza farmi mancare affetto, cure, attenzioni.
Avevo
ancora dei genitori, dei
fratelli pronti a sostenermi, ad affiancarmi nel mio crescere,
nell’affrontare
qualsiasi difficoltà incontrassi.
E
così, giorno dopo giorno, con
ognuno di loro avevo ricostruito il rapporto di fiducia ed amore che
c’era
sempre stato.
Solo
con Edward non ero riuscita
a far tornare le cose come prima.
Era
lui ad essermi stato più
vicino nei primi momenti. Non lasciava mai che trascorressi
più di un’ora da
sola.
Mi
accompagnava a scuola, mi
veniva a prendere, mi aiutava nello studio, mi teneva compagnia in
qualsiasi
cosa volessi fare, anche il semplice fare una passeggiata.
E
parlavamo.
Parlavamo tantissimo. Rispondeva ad ogni domanda che
gli rivolgevo, senza che pensassi mai che mi stesse ancora mentendo.
Mi
aveva promesso che non lo
avrebbe più fatto, e lo stava facendo.
Aveva
riempito di particolari le
spiegazioni che avevo già avuto da Carlisle ed Esme sul mio
passato.
Abbandonata davanti al piccolo ospedale di provincia in cui lavorava
Carlisle,
le autorità non erano riuscite a rintracciare la donna che
mi aveva partorito.
Il mio destino, nonostante avessi pochi giorni, era già
quello di finire in un
orfanotrofio e rimanerci il tempo previsto dalla legge
perché mia madre
cambiasse idea, o venisse quantomeno a riconoscermi, prima di potermi
dare in
adozione. Ma Esme, che mi aveva tenuta per prima in braccio, non era
riuscita a
rimanere indifferente alla mia sorte.
Così,
d’accordo anche Carlisle,
avevano deciso di prendermi in affido temporaneo.
Poi
il tempo previsto per legge
era passato senza che la mia vera madre, o qualcuno imparentato con
lei, fosse
venuto a riconoscermi, per poi magari occuparsi di me. Potevo
finalmente essere
adottata.
Esme
e Carlisle, però, ormai mi
volevano bene. Anche Edward si era affezionato a me. Nonostante fosse
stato più
difficile per lui superare la sete scatenata dal mio sangue.
Avevano
così deciso di adottarmi,
sicuri che sarebbero stati in grado di essere quella famiglia che mi
era stata
negata dal destino.
E
di amore, me ne avevano
regalato davvero tanto.
Solo
che, affacciandomi nell’età
dell’adolescenza, iniziavo anche a volere un altro tipo di
amore. Lo stesso che
vedevo tra Rosalie ed Emmet, o tra Alice e Jasper.
Con
il tempo, e con il mio sapere
la verità, avevano sempre più manifestato che il
loro volersi bene era un amore
diverso da quello che legava dei veri fratelli.
Era
stato Edward stesso a
parlarmene, forse senza pensare che anche noi non eravamo
“veri” fratelli.
Forse,
proprio in quei momenti,
quando mi parlava dell’amore, di come lo avrei trovato
sicuramente anch’io,
avevo iniziato a sentirmi diversa nei suoi confronti.
Avevo
iniziato a vedere la sua
bellezza, nonostante l’avessi avuta sempre sotto gli occhi.
Come i suoi occhi
fossero espressivi, la sua voce melodiosa, i suoi movimenti forti ed
eleganti
insieme.
All’improvviso,
tutto in lui mi
faceva battere più forte il cuore.
E
lui non aveva potuto non
accorgersene. Io avevo solo quindici anni, lui centosette.
Così
io avevo iniziato a volergli
essere più vicina, e lui più distante.
Sempre
più spesso erano Jasper, o
Emmet, ad accompagnarmi a scuola, a venirmi a prendere, a tenermi
compagnia. Rosalie,
o Alice, ad aiutarmi con lo studio, ad accompagnarmi per una
passeggiata, a
raccogliere le mie confidenze.
E
io parlavo volentieri anche con
loro, e senza imbarazzo, ma non era la stessa cosa.
Era
con Edward che mi batteva
forte il cuore, era con lui che il tempo sembrava non bastare mai.
Il
giorno del mio quindicesimo
compleanno, era il giorno in cui avevo deciso che gli avrei detto la
verità
senza più girarci intorno.
Gli
avrei detto che lo amavo, ma
non più come un fratello. Lo amavo di quell’amore
che una ragazza prova verso un
ragazzo.
Lo
avrei fatto dopo la festa che
Alice aveva voluto organizzare a tutti i costi, nonostante sapesse che
non mi
piaceva essere al centro dell’attenzione.
Ma
lui se ne era andato prima che
lo potessi fare, e per sempre.
Aveva
aspettato il momento in cui
stavo per aprire i regali, quindi tutti riuniti, per comunicare che
aveva
deciso di accettare l’invito a trascorrere un po’
di tempo con il clan di
Denali, cioè altri vampiri che avevano deciso di vivere in
comunità e senza
nutrirsi di sangue umano.
Non
ero riuscita a dire nulla, o
a fare nulla, troppo sconvolta dalla notizia.
E
poi, quando avevo capito che
dovevo parlargli subito, lui non c’era più.
Senza
nemmeno salutarmi. Se ne era andato e basta.
Avevo
pianto per giorni,
abbracciata ad Esme, o Rosalie, o Alice.
Tutti
avevano capito cosa mi
stava succedendo, non solo Edward. Ed erano tutti convinti, Edward per
primo,
che la lontananza mi avrebbe fatto capire che non era vero amore quello
che
provavo per lui.
Continuavano
a ripetermi che era
un momento di confusione, che stavo crescendo, che avevo rivolto la mia
attenzione proprio ad Edward perché mi era stato
più vicino rispetto a tutti
loro.
Sapevo
che non era così. Sapevo che quel sentimento per Edward era
vero
amore.
Ma
lui se ne era andato, senza
nemmeno salutarmi guardandomi negli occhi. Non poteva voler dire altro,
se non
che per lui io ero davvero solo una sorella.
Faceva
male. Tutti i giorni mi sentivo morire all’idea che lui non
ci
fosse più.
Sarei
stata disposta ad averlo
vicino ancora come fratello, pur di
averlo ancora nella mia vita.
Ma
lui non era più tornato.
L’invito di qualche settimana, era diventato un vero e
proprio trasferimento.
Aveva
addotto come scusa il
trovarsi bene lì in Alaska, dove appunto risiedeva il clan
di Denali.
C’era
un clima perfetto,
oltretutto, che gli permetteva una libertà di movimento che
non avrebbe avuto
dove noi risiedevamo.
Telefonava
spesso, e a volte parlava
anche con me. Ma non aveva più la voce calda, affettuosa che
ricordavo.
Era
un parlare distaccato, un
chiedere di banalità come il mio andamento scolastico, o
della mia salute.
Ogni
volta, mi faceva chiaramente
capire che per lui le cose tra di noi, erano decisamente cambiate e che
gli
andava bene così.
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
Ora, di anni ne avevo quasi
diciotto.
Da
due, ci eravamo trasferiti a
Forks, nello stato di Washington.
Cittadina
ideale per la famiglia Cullen,
dato che aveva il più alto tasso di piovosità di
tutti gli Stati Uniti.
Insieme
ai miei “fratelli”,
frequentavo la High Forks
School.
Stavamo per diplomarci, io per la prima volta, ognuno di loro per l’ennesima volta.
Le
nostre giornate trascorrevano
sempre uguali, e non annoiarsi diventava sempre più
difficile.
Di
amicizie vere non ne avevo
fatte, dato che anch’io mantenevo un certo distacco dagli
altri compagni. Mi
veniva istintivo, dal momento che anche gli altri lo facevano per non
entrare
troppo in contatto con altri umani.
Se
il mio sangue non aveva più
alcuna attrattiva per loro, anche grazie al bene che mi volevano, non
era così
verso il sangue degli gli altri.
Anche
a scuola, perciò, passavo
il mio tempo libero con loro. Come stava avvenendo anche in quel
momento, in
mensa.
Dove
ascoltavo le chiacchiere dei
mie fratelli, mentre ero l’unica a mangiare il cibo che mi
ero servita.
Anche
loro ce l’avevano davanti,
nei piatti che avevano riempito, ma lo stavano ignorando.
-
Bella, ancora non ti sei
stufata di quella roba? Tra tutto quello che mangi, è la
cosa che veramente fa
più schifo…
Emmet
stava guardando il mio
piatto di spinaci con un’espressione di vero disgusto.
-
Non sai che fanno diventare più
forte? Presente l’effetto che fanno su Braccio di Ferro?
Potrei anche arrivare
a darti la lezione che meriti dopo averli mangiati!
Jasper
non era riuscito a
trattenere una risata, probabilmente perché mi stava
immaginando mentre davo
una lezione ad Emmet.
-
Sai quanti ne dovresti mangiare
per potermi battere, pulce?
Per
un attimo non mi ero vista
più in mensa, circondata dal vociare incessante degli altri
studenti, ma su un
marciapiede, nel silenzio ovattato che solo la neve sapeva creare.
“Ti
voglio bene, pulce. Tutti ti vogliamo bene, e il tuo posto è
a
casa, con noi.”
La
voce di Edward era tornata a
riempirmi il cuore, i pensieri, l’anima.
La
sua assenza si era fatta
dolorosamente viva, mi avvolgeva e mi stordiva.
Mi
aveva mentito. Aveva detto che non lo avrebbe più fatto. E
invece…
se ne era andato.
-
Bella, credo che Mike ti
inviterà al ballo di fine anno… e credo lo
farà non appena usciremo da scuola…
La
voce di Alice, lo sguardo di
Rosalie, l’empatia di Jasper, il dispiacere di Emmet, mi
avevano riportato al
presente.
Mitigando
in parte quel dolore
che aveva il potere di ferirmi così profondamente.
Perché
ero ancora innamorata di lui. Anzi, lo ero sempre di più.
-
E’ un’ipotesi, Alice, o una
certezza?
Erano
stati tutti sollevati nel
sentirmi rispondere, soprattutto Emmet. Sicuramente sapeva che non
sarebbe
stato sufficiente per Rosalie, che comunque lo avrebbe rimbrottato
duramente
per essere stato così “stupido” da usare
quell’espressione che era di Edward.
-
Temo una certezza, Bella. L’ho
visto realizzarsi due secondi fa, quando ho incrociato il suo
sguardo…
-
Potrei sempre fingere un malore
ed andare a casa prima… eviterei l’imbarazzo di
dovergli dire ancora un no!
-
Oppure potresti accettare il
suo invito…
Rosalie
non aveva nascosto una
certa durezza nel dirmelo.
-
Andare al ballo con Mike? Il
ragazzo che non è capace di dirmi due parole in croce senza
balbettare?
Rosalie, mi vuoi così bene?
-
Forse è proprio perché ti voglio
bene, Bella, che te lo dico…
Capivo
che il suo non accettare
di scherzarci sopra, poteva essere il preludio di una discussione
già avvenuta
solo due sere prima e non avevo voglia di ripeterla a breve distanza.
-
Ci penserò, Rosalie, promesso.
Avevo
cercato di chiudere
l’argomento evitando danni più seri. Dato che due
sere prima, la discussione
era poi degenerata in un litigio vero e proprio che solo Carlisle era
stato in
grado di interrompere.
-
Non mi basta come risposta,
Bella. E’ quella che ho già sentito negli ultimi
due anni… e anche con altri
ragazzi più o meno interessanti.
-
Rose, devo dare atto a Bella
che Newton non è che sia proprio il massimo…
-
Jasper, sai bene che il
problema non è Newton…
Sentivo
che avrei potuto
arrabbiarmi di nuovo sul serio. Capivo che Rosalie lo faceva davvero
per il mio
bene, ma non cambiava comunque la situazione: sapevano benissimo come la pensavo. La mia vita
mi andava bene così, perché era con loro che la
volevo condividere.
-
Rose, per favore, non ho voglia
di litigare ancora… possiamo chiudere qui
l’argomento?
-
Lo potrei fare se tu accettassi
l’invito di Mike. Devi vivere anche la tua vita, Bella, non
solo la nostra…
-
Rose ha ragione, Bella.
-
Alice! Anche tu ti ci metti? Ma
che cavolo avete oggi contro di me? Se è per gli
spinaci… non li prendo più!
Stavo
ancora tentando di
lasciargli una scappatoia, la possibilità di unirci tutti
insieme in una risata
che riportasse la conversazione su argomenti spensierati come poco
prima.
-
Bella, lo so che non vuoi
sentirtelo dire… ma dovresti frequentare anche ragazzi come
te, con le tue
stesse “esigenze”…
Era
successo, ero arrabbiata sia
con Alice, che con Rose. Ultimamente mi stavano davvero troppo addosso
con
questa storia.
-
E voi due, anche voi la pensate
così? Vi piacerebbe vedermi avvinghiata a Mike Newton sul
sedile posteriore
della sua auto?
Emmet
e Jasper avevano iniziato
ad essere gelosi della loro “sorellina” umana da
quando eravamo arrivati a
Forks. Ora che ero cresciuta, e che i ragazzi davvero mi guardavano con
un
occhio diverso, si erano trovati in difficoltà.
Spesso,
si erano dovuti
trattenere a fatica davanti a commenti appena sussurrati da qualche
ragazzo al
mio passaggio, e che loro sentivano benissimo.
-
Non credo che Newton oserebbe
tanto… almeno non subito, visto i fratelli che ti
ritrovi… perciò…
Era
stato Emmet a rispondermi, ma anche Jasper annuiva
convinto.
Alice
e Rosalie continuavano a
sostenere il mio sguardo, convinte che fossi io in errore.
Non
capivano che sarebbe stato tutto inutile? La mia vita avrebbe avuto
un senso solo accanto ad Edward.
E
non avevo ancora confessato
loro l’altra mia convinzione, quella che avevo iniziato a
maturare da un anno a
questa parte, mentre attendevo di diventare maggiorenne.
Volevo
arrivare a condividere davvero la loro vita, volevo essere come
loro.
Sapevo
anche che se lo fossi diventata, Edward mi avrebbe visto con
occhi diversi.
Non
avrei più avuto quell’anima che, una volta, mi
aveva detto era la
cosa che più temeva perdessi vivendo accanto a loro.
Ma
non avrei potuto davvero
parlargliene ora, quando erano così convinti che avrei
dovuto “occuparmi” di
più della mia natura umana.
Forse
per trovare quella felicità
che volevano per me, ma che mai sarebbe potuta arrivare proprio da
lì.
-
Capisco. E’ una congiura di
famiglia. Devo pensare che anche Carlisle ed Esme la pensino
così?
Mi
era bastato vedere le loro
espressioni per sapere che era così. Che probabilmente ne
avevano parlato
davvero tutti insieme, arrivando a quella conclusione.
Avevo
deciso d’istinto che si
sarebbero pentiti di avermi spinto in quella direzione. Li avrei
accontentati,
ma li avrei anche tagliati fuori.
Volevano
che provassi ad essere
l’umana che ero?
Benissimo,
non ci sarebbe stato
più spazio per loro. Non me ne sarei andata, ovviamente,
come avevo provato a
fare all’età di undici anni, ma avrei fatto in
modo che la mia presenza si
riducesse al minimo.
-
Okay, avete vinto voi.
Mi
ero alzata di scatto,
attirando immediatamente sguardi curiosi: al tavolo dei fratelli
Cullen, era
raro vedere qualcuno di loro andarsene da solo.
-
Volete che Newton entri nella
mia vita?
-
Bella, lo sai cosa volev…
-
Rosalie, ho capito, davvero. Lo
fate per il mio bene. E voi sapete cosa è meglio per me,
giusto? In fondo, io
sono solo la “piccolina” di famiglia…
come posso pretendere di saperne più di
voi?
Sentivo
che Jasper stava tentando
di controllare la mia rabbia, ma io sapevo contrastarlo se volevo. E in
quel
momento lo volevo davvero.
-
Tranquillo, Jasper. Non farò
qualche stupidata. Sto solo per seguire il consiglio di
Rosalie…
Ero
arrabbiata, ma non volevo
davvero dare spettacolo più del dovuto. Non avrei mai messo
in pericolo tutti
loro.
-
Andrò a fare amicizia con chi
potrà capire meglio le mie
“esigenze”…
E
li avevo lasciati così, gli
sguardi ora più incupiti, probabilmente anche dispiaciuti
per avermi fatto
arrabbiare.
E
lo ero davvero, arrabbiata. Perché non riuscivo a smettere
di pensare
che se ci fosse stato Edward, tutto questo non sarebbe successo.
Lui
avrebbe capito meglio di tutti quello che provavo.
O
forse, volevo solo illudermi che se ci fosse stato, non mi avrebbe
permesso di andare da Mike.
Mi
avrebbe fermato prima, dicendomi che il mio posto era accanto a lui.
Ma
Edward non c’era. Era lontano,
e di quello che provavo io, probabilmente non gli interessava veramente.
Questo
pensiero mi aveva resa
ancora più determinata nel mio intento.
Così,
con passo sicuro, avevo
colmato la distanza tra il nostro tavolo e quello dove Mike sedeva con
altri
miei compagni di classe.
Mi
aveva visto dirigermi verso di
loro, e avevo visto la sua espressione diventare sempre più
sorpresa.
Per
diventare incredula, quando
mi ero rivolta direttamente a lui.
-
Ciao, Mike.
-
Ci… ciao Bella!
-
Ora ti sembrerà strano quello
che sto per dirti…
Avrei
voluto essere nei pensieri
di Mike come sapeva fare Edward. Credo che l’avrei trovato,
forse, anche
divertente.
-
… ma mi chiedevo: ti andrebbe
di venire a mangiare una pizza con me, una di queste sere?
Per
un attimo avevo temuto che
potesse cadere dalla sedia, tanto lo aveva preso in contropiede.
E
temevo la stessa cosa anche per
Angela, Eric, Jessica e Tyler, dato che anche loro mi guardavano
increduli.
L’unica
certezza che avevo, era
che i miei fratelli stavano sentendo tutto con molta chiarezza, e
speravo
potessero già essere pentiti della mia decisione.
-
Bè… ovvio che sì!
Mike
non era caduto dalla sedia,
ma anzi era scattato in piedi a sua volta.
Non
era un brutto ragazzo ed era
anche vagamente simpatico.
Solo
che non sarebbe mai potuto essere Edward.
Nessuno
sarebbe mai potuto essere Edward.
Io
avrei amato lui per sempre.
-
Anzi… direi che potremmo già
fare stasera! Inaugurano giusto una nuova pizzeria in
centro… con i ragazzi
stavamo pensando di andarci…
-
Perfetto, allora! Poi mi fai
sapere a che ora devo arrivare…
Mi
ero voltata solo un attimo,
per vedere le facce dei miei fratelli, e ne ero rimasta soddisfatta.
Fingevano
indifferenza, ma io
sapevo che erano preoccupati che avessi reagito così
istintivamente.
Peggio
per loro, avrebbero dovuto pensarci prima.
Ora
che ero riuscita nel mio
intento, sentivo la rabbia sbollire rapidamente. E avevo pensato che
andare
fuori, per respirare un po’ d’aria, mi avrebbe
fatto bene.
Solo
che non avevo messo in conto
l’effetto che avrebbe avuto su Mika Newton quel mio
improvviso interesse per
lui.
Non
avevo fatto in tempo a
salutarli, dicendo che ci saremmo visti dopo a lezione, che Mike
già si stava
offrendo di tenermi compagnia, magari scambiando due chiacchiere.
Non
avrei mai voluto la sua
compagnia, avrei voluto stare un po’ in pace, ma rifiutare
sarebbe apparso
ancora più strano del mio improvviso interesse per lui.
Così,
con lui al mio fianco,
avevo lasciato la mensa.
Consapevole
di avere addosso gli sguardi dorati di quattro vampiri.
E per incuriosirvi un
pochino di più ecco un piccolo assaggio dal primo capitolo...
Era
stata una serata assolutamente
da dimenticare.
Non
mi ero mai sentita più fuori
luogo, come in mezzo a quel gruppo di ragazzi.
I loro scherzi, i loro
discorsi,
i loro sogni, tutto mi sembrava assolutamente lontano da quello che ero
io.
Vedevo
in loro tutto quello che
non avrei mai voluto diventare.
Avevo
finto l’allegria necessaria
per arrivare sino in fondo alla serata, senza fargli capire che non ci
sarebbe
stata una seconda volta.
Questo
pensavo mentre imboccavo
la strada che mi portava verso casa.
Che
avrei dovuto trovare una
scusa plausibile per rifiutare l’invito che mi era stato
rivolto di andare a
fare surf sulla spiaggia di La Push.
Perché
non mi interessava quello
che avrebbero voluto per me i miei fratelli, io ero certo che quella
vita non
facesse per me.
Non
è così che sarei stata felice.
Nel
frattempo ero arrivata
davanti alla villa che era diventata la nostra casa.
Era
isolata in mezzo ai boschi e
abbastanza lontana da Forks, da concedere quella riservatezza di cui la
mia
famiglia aveva bisogno.
Il
buio della notte era
rischiarato solo dalle luci all’interno. Sicuramente qualcuno
mi stava
attendendo e mi avrebbe domandato della serata.
Immaginavo
sarebbero state
sicuramente Alice e Rosalie.
Da
quando eravamo tornati da
scuola, a quando ero uscita per andare in pizzeria, non avevo
spiaccicato
parola con loro.
E
loro avevano preferito non
insistere, sapendo che mi avrebbero solo fatto arrabbiare di
più.
Mi
conoscevano davvero troppo
bene, e sicuramente sapevano che quando fossi tornata, sarei stata
più propensa
a parlarne.
Ero
appena scesa dal mio pick-up,
quando un brivido premonitore mi aveva attraversato la schiena.
-
Ciao, Bella.
Era
qui, era tornato.
Mi
ero voltata lentamente,
convinta di scoprire che era stata solo la mia immaginazione.
Ma
non era stato un sogno.
Edward
era lì, di fronte a me.
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Capitolo 2 *** Capitolo 1 ***
Buongiorno!
Innanzitutto
devo ringraziare tutte le lettrici che
hanno inserito questa storia tra preferite/ricordate/seguite
perchè non pensavo
che sareste state così tante già
dall’inizio!
Un
particolare grazie va a quelle lettrici che hanno
anche deciso di lasciarmi un commento. Mi ha allargato il cuore e
rafforzato la
mano: nello scrivere questo primo capitolo, infatti, tremava un pochino
meno
dall’ansia di non sapere che impatto avrebbe avuto sui
lettori questa storia.
Come
avrete notato sia il prologo, sia questo primo
capitolo, si aprono con il testo di una canzone.
Non
è un caso! Adoro scrivere ascoltando musica, e mi
piace perciò scovare canzoni che possano riassumere il senso
del capitolo. O
almeno ci provo! Quindi, lo farò per tutti i capitoli di
questa storia.
Chiuderei
questa introduzione con un’ultima nota: gli
aggiornamenti. Non credo di poter “promettere”
scadenze regolari, dato che
forse non riuscirei a rispettarle, però sicuramente
cercherò di far passare massimo
una settimana tra un capitolo e l’altro.
Buona
lettura… e se vi va, mi farete contenta
lasciando un commento
BF
Tu sai difendermi e farmi
male
Ammazzarmi e
ricominciare
A prendermi vivo
Sei tutti i miei
sbagli
A caduta libera
E in cerca di
uno schianto
Ma fin tanto che
sei qui
Posso dirmi vivo
Tu affogando per
respirare
Imparando anche
a sanguinare
Nel gioco che
sfugge
il tempo reale sei
tu
Tu a difendermi
a farmi male
Sezionare la
notte e il cuore
Per sentirmi
vivo
In tutti i miei
sbagli
Non m' importa
molto se
Niente
è ugule a prima
Le parole su di
noi
Si dissolvono
così
"Tutti i miei
sbagli
- Subsonica"
Era
stata una serata assolutamente da dimenticare.
Non
mi ero mai sentita più fuori luogo, come in mezzo
a quel gruppo di ragazzi. I loro scherzi, i loro discorsi, i loro
desideri,
tutto mi sembrava assolutamente lontano da quello che ero io e che
volevo.
Vedevo
in loro tutto quello che non avrei mai voluto
diventare.
Avevo
finto l’allegria necessaria per arrivare sino
in fondo alla serata, senza fargli capire che avevo già
deciso che non ci
sarebbe stata una seconda volta.
Questo
pensavo mentre imboccavo la strada che mi
portava verso casa, che avrei dovuto trovare una scusa plausibile per
rifiutare
l’invito che mi era stato rivolto per andare a fare surf
sulla spiaggia di La
Push il prossimo weekend.
Perché
non mi interessava quello che avrebbero voluto
per me i miei fratelli, io sapevo che nel mio futuro non c'era spazio
per
quella vita.
Non
era così che sarei stata felice.
Nel
frattempo ero arrivata davanti alla villa che era
diventata la nostra casa. Era isolata, circondata com'era da fitti
boschi e
abbastanza lontana da Forks, da poter garantire quella riservatezza di
cui la
mia famiglia aveva bisogno.
Il
buio della notte era rischiarato solo dalle luci
accese all’interno. Sicuramente qualcuno stava attendendo il
mio rientro, per
domandarmi della serata appena trascorsa.
Immaginavo
sarebbero state sicuramente Alice e
Rosalie. Da quando eravamo tornati da scuola, a quando ero uscita per
andare in
pizzeria, non avevo più rivolto loro mezza parola.
Anche
loro avevano preferito non insistere, sapendo
che mi avrebbero solo fatta arrabbiare di più.
Mi
conoscevano davvero troppo bene, e sicuramente
sapevano che quando fossi tornata, sarei stata più propensa
a parlarne.
Ero
appena scesa dal mio pick-up, quando un brivido
premonitore mi aveva attraversato la schiena.
-
Ciao, Bella.
Era
qui, era tornato.
Mi
ero voltata lentamente, convinta di scoprire che
era stata solo la mia immaginazione a farmi sentire quella voce.
Ma
non era
stato un sogno.
Edward
era lì, di fronte a me.
Non
era cambiato nulla in lui. Il trascorrere del
tempo, come per tutti loro, non lasciava alcun segno.
I
lineamenti eleganti, gli occhi dorati, il fisico
asciutto, i capelli sempre ribelli... tutto era perfettamente come lo
ricordavo.
Ed
era stato inevitabile pensare come lui, invece,
avrebbe visto su di me i segni del tempo passato.
Erano
trascorsi quasi tre anni dall’ultima volta che
ci eravamo visti, e io non ero più una ragazzina acerba.
Emmet,
Jasper, lo stesso Carlisle, mi avevano più
volte detto quanto mi fossi trasformata in una giovane donna. Si erano
mostrati
gelosi, come spesso succede ai padri e ai fratelli, delle occhiate
ammirate che
a volte gli uomini mi riservavano. Mi dicevano spesso che faticavano a
capacitarsi che fossi cresciuta così tanto, che non fossi
più quella bambina
ingenua dai lunghi codini e la faccia sporca di marmellata.
E
lui? Come
mi vedeva ora? Avrebbe visto che la bambina stava diventando una
giovane donna?
Cercavo
nel suo sguardo qualcosa che potesse
rivelarmi le risposte alle mie domande, ma era indecifrabile nel suo
osservarmi.
-
Ciao, Edward.
Il
suo arrivo improvviso aveva acceso dentro di me
sentimenti contrastanti.
Rabbia,
felicità, odio, amore, confusione.
Mi
sentivo annegare in quel mare di emozioni che non
riuscivo ad imbrigliare. Avrei voluto, nello stesso momento, gettarmi
tra le
sue braccia e fuggire lontano.
Lo
amavo, ma al tempo stesso lo odiavo con tutta
me stessa.
-
Quando… quando sei arrivato?
Non
sapevo dove avevo trovato la forza di parlargli.
Sapevo solo che dovevo rompere quel silenzio in cui sentivo, sempre
più
insistente, ogni fibra del mio essere gridare di abbracciarlo e, forse,
anche di baciarlo.
-
Qualche ora fa. L’aereo era in ritardo, altrimenti
sarei arrivato prima.
Prima
che io uscissi per andare ad un appuntamento
con un altro ragazzo, magari impedendomelo?
Ma
sapevo bene che non era questo che mi stava
dicendo. Stava semplicemente rispondendo alla mia domanda.
-
Nessuno mi ha detto che saresti arrivato.
Mi
era stato impossibile non formulare quelle parole
accusatorie, perchè era stata la prima cosa che avevo
pensato.
Mi
avevano volutamente tenuta tutti all'oscuro del
suo arrivo finchè non me lo fossi trovato di fronte, forse
per rendermi meno
difficile questo momento.
Essere
lì
con lui, divisi solo da qualche passo, eppure distanti come fossimo due
sconosciuti che si incontravano per la prima volta.
-
Non arrabbiarti con gli altri. Sono stato io a
volere così.
La
sua voce.
Dio,
come mi mancava il sentirla parlarmi come aveva
fatto in passato.
Calda, amorevole, serena.
Non
con quel tono freddo ed impersonale che aveva
contraddistinto le sue telefonate in questi anni, e che aveva anche ora.
-
Perchè, Edward?
Stavo
cercando di vincere una dura battaglia con me
stessa, perchè sentivo gli occhi pizzicarmi nello sforzo di
trattenere quelle
lacrime che avrebbero voluto sgorgare copiose.
Avevamo
parlato tante volte del fatto che lui non
riuscisse a leggere i miei pensieri. Una stranezza a cui non
eravamo mai
riusciti a dare un perchè. Era così, e basta.
Mai
come adesso, però, ne ero contenta: che non
potesse davvero sapere come e
quanto stavo male per lui.
Anche
se sapevo che avrebbe potuto intuire lo stesso
il mio stato d'animo dai mille altri segnali che il mio corpo umano gli
inviava.
Segnali
che
lui interpretava così bene, perchè ero sempre
stata come un libro aperto per
lui, anche senza poter leggere i miei pensieri.
-
Non volevo che il mio arrivo ti turbasse prima del
dovuto.
La
sua risposta era stata la conferma di quanto avevo
appena pensato: ero un libro aperto per lui. E la rabbia che avevo
provato nel
sentirmi così mi aveva quasi paralizzato.
Vedere
che
lui, invece, riusciva ad essere così padrone di se, mi stava
facendo impazzire.
Dove era finito tutto l'affetto che aveva sempre provato per me?
Perchè mi
trattava così? Perchè non si era precipitato ad
abbracciarmi, dicendomi che
questi tre anni senza di me, erano stati un inferno anche per lui?
Perchè
non lo erano stati, questa era la realtà. Lo erano stati
per me, come lo sarebbero stati tutti quelli futuri, ma per lui no.
Solo
questo mi aveva spinto a sforzarmi di reagire
come mai avrei pensato di poter fare.
-
Turbarmi? Non credo proprio. Come vedi, questa sera
avevo un appuntamento. Non ci avrei rinunciato nemmeno se avessi saputo
prima
del tuo arrivo.
La
sua espressione non era cambiata, era rimasta
indecifrabile, estranea.
Ed
era stato come se mille lame affilate lacerassero
la mia carne. Che cosa era successo? Perchè lo avevo perso
così? Cosa avevo
fatto per meritarlo?
-
Alice e Rosalie, mi hanno detto che eri uscita con
dei compagni di scuola.
-
Ti hanno informato male. Sono uscita con un
ragazzo,
Mike, oltre che con dei compagni di scuola.
Lo
avevo fatto davvero, avevo seguito quella voce
dentro di me che mi spronava a cercare di scalfire in ogni modo
possibile
quella sua espressione distaccata.
Volevo
che tornasse l'Edward che ricordavo, ad
ogni costo, anche quello di mentire, facendogli credere che esistesse
qualcosa
tra me e Mike.
Perchè
quel ragazzo non era niente per me, e mai
sarebbe potuto esserlo. Lo avevo capito proprio stasera e senza
possibilità che
mi stessi sbagliando.
-
Spero ti sia divertita con loro.
Non
potevo più sopportare quello che stava accadendo
tra di noi. Quell’ abisso che
improvvisamente ci divideva.
-
Sì, assolutamente. Infatti sono molto stanca...
anzi, spero non ti offenderai se me ne vado subito a letto, ma sto
davvero
crollando dal sonno... domani avrò anche una giornata
impegnativa a scuola...
L'ombra
di un sorriso aveva fatto capolino sulle sue
labbra. E il mio cuore aveva perso un battito.
Avevo
rivisto quel volto così come ricordavo mi
avesse sempre guardata.
-
Avevo dimenticato quanto i tuoi ritmi fossero "d'intralcio" ai
nostri...
E
se aveva perso un battito per quello sguardo, ora
il mio cuore minacciava di volersi fermare del tutto davanti al tono
affettuoso
con cui aveva pronunciato quelle parole.
Quante
volte mi aveva preso in giro così, in passato,
per il mio umanissimo bisogno di dormire? Quasi tutte le sere, quando
avevamo
dovuto interrompere qualsiasi gioco o attività in cui
eravamo impegnati, perchè
io non ero più riuscita quasi a tenere gli occhi aperti.
Quante
volte, prendendomi in braccio per portarmi
nella mia stanza, mi era bastato per crollare immediatamente nel sonno?
O
quante volte era rimasto sdraiato accanto a me, sino a che non mi ero
addormentata serena, grazie alla sua presenza?
Infinite
volte, perchè c'era sempre stato nella
mia vita di bambina e poi di ragazzina.
E
come sarebbe stato averlo accanto, adesso, nel mio
letto? Cosa avremmo sentito entrambi, se mi avesse stretto ora contro
di lui,
per portarmi in braccio?
Avevo
scacciato il pensiero nell'unica maniera
possibile: negare che ci fosse stato. Sostituendolo con uno che potesse
ferire
lui, e non me.
-
Già...
infatti, sono molto contenta di aver incontrato Mike... non
avrò mai
questo problema con lui: i sui ritmi coincideranno sempre con i
miei...
Non
ero rimasta in attesa di una sua reazione o
risposta. Ero certa, certissima, che non sarebbe mai stata
quella che
avrei voluto.
Così
avevo aggiunto solo un frettoloso "a
domani" ed
ero entrata svelta in casa.
Rosalie
ed Alice, come avevo previsto, le avevo
trovate sedute sul divano, in attesa. Sapevo che avevano sentito tutto,
come
sapevo che Edward avrebbe sentito qualsiasi cosa avessi detto loro.
Così,
sforzandomi come una brava attrice, ero
riuscita anche a sorridere di rimando alle loro espressioni ansiose.
-
Rosalie, Alice... grazie. Ho passato una serata
bellissima. Ed è solo merito vostro, perchè se
non avessi seguito il vostro
consiglio me la sarei persa.
Avevo
intuito che stessero per dirmi qualcosa
riguardo all'arrivo di Edward, e non avrei avuto la forza di
affrontarlo. Così
le avevo precedute.
-
Però, adesso, sono davvero stanca... ma giuro che
domani vi racconterò tutto, a scuola.
Mi
ero chinata a baciare entrambe, un'abitudine che
non avevo mai perso, quella di salutarli prima di andare a dormire.
Avevano
ricambiato entrambe affettuosamente, ed era
stato sufficiente quello per farmi capire che avevano compreso
benissimo come
mi sentissi in quel momento.
Confusa,
addolorata, arrabbiata.
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
La
mattina dopo mi ero svegliata con un terribile mal
di testa.
Non
ero riuscita a chiudere occhio, se non per un'ora
scarsa. Per tutto il tempo mi ero sforzata di trattenere il pianto in
cui mi
sarei voluta sciogliere. Ma non volevo assolutamente che nessuno di
loro mi
sentisse, tanto
meno lui, e
si facessero un'idea di quanto ero sconvolta
da quell'arrivo inaspettato.
Perchè
era
qui? Era tornato, o era semplicemente una visita la sua? Avrebbe
preferito
evitarmi? Non provava davvero più nulla per me? Era riuscito
a cancellarmi dalla
sua vita? Ero diventata davvero un'estranea per lui?
Queste
e mille altre domande mi avevano tormentato
tutta notte. Il viso soffocato nel cuscino, i pugni contratti a
stringere la
coperta.
Avevo
persino male alla mascella, tanto avevo stretto
i denti per non cedere alla marea che minacciava di travolgermi ad ogni
momento.
Nello
specchio, l'immagine riflessa, era quella di un
viso pallido, gli occhi cerchiati da ombre scure e le labbra
leggermente
gonfie. Non so quante volte le avevo morse per impedirmi di gridare
tutta la
rabbia e il dolore che avevo dentro.
Non
potevo mostrarmi così, o sarebbe stato tutto
inutile, si sarebbero accorti immediatamente del mio stato d'animo.
Mi
ero buttata sotto la doccia, aprendo l'acqua calda
al massimo. Probabilmente una doccia bollente non avrebbe lavato via
totalmente
l'aria sciupata del mio viso, ma l'avrebbe mitigata quel tanto che
bastava da
attribuirla alla stanchezza dell'essere andata a letto più
tardi del solito.
Forse
avrei anche potuto mentire un poco, dicendo che
mi ero concessa un paio di birre e che non essendo abituata, quello era
l'effetto che avevano avuto su di me.
Ingannare
dei vampiri non era facile, se non quasi
impossibile. Ma qualche volta ci ero riuscita, grazie al fatto che
sapevo
appunto di doverlo fare in maniera molto più credibile.
Quando
ero tornata in camera, Alice era già seduta
sul mio letto sfatto. Nonostante avrebbero potuto farlo sempre, grazie
alle
loro capacità, poche volte i miei familiari si erano
permessi di entrare in
camera mia, senza che io me ne accorgessi. Bussavano, per avvisarmi
della loro
presenza e poi entravano.
Stamattina
Alice non lo aveva fatto, forse convinta
che non avrei voluto vederla subito. E non aveva sbagliato. Le avrei
detto che
sarei scesa subito, di aspettarmi giù.
-
Fai schifo, sorellina.
Nel
dirmelo, non aveva usato i modi che le erano
abituali, ed era stato il segnale che il mio mentire sarebbe dovuto
essere più
convincente che mai, perchè era qui per sapere la
verità da me.
-
Grazie, Alice. Sentirmelo dire, renderà ancora
più
piacevole il mio dovermi mostrare a scuola.
Avvolta
nell'accappatoio le avevo dato le spalle per
aprire il cassetto della biancheria intima.
-
Tranquilla. Se è per quello, sono sicura che Mike
ti troverà bellissima lo stesso.
Era
l'occasione giusta da cogliere per seminare il
dubbio.
-
Vai avanti così, Alice, e la mia autostima
toccherà
davvero livelli record.
Ero
arrivata a guardarla negli occhi, cercando di
sorridere davvero.
-
Potrei arrivare a chiederti la tua trousse con i
trucchi, di questo passo.
Non
sapevo se intuisse la verità dietro questo mio
chiacchierare quasi allegro, però non avevo altra scelta.
Non le avrei permesso
di strapparmi la verità.
-
Sarebbe davvero un giorno storico. Forse potrei
insistere davvero...
Mi
ero infilata nel frattempo un coordinato intimo
che proprio lei mi aveva regalato e che non avevo mai indossato prima.
Lo avevo
fatto nella certezza che non le sarebbe sfuggito.
-
Ti sta molto bene. Anche se ritengo tu sia un pò
troppo magra... qualche chiletto in più, non ti starebbe
male...
Ero
sempre più preoccupata, perchè questa
conversazione con Alice aveva tutte le premesse per diventare un vero
campo
minato.
Il
fatto che non mi avesse ancora parlato del vero
motivo per cui l'avevo trovata già nella mia stanza, senza
che si fosse
annunciata, faceva intendere che stesse studiando ogni mio movimento, o
espressione, o tono di voce, a caccia di indizi sul mio reale stato
d'animo.
-
Terrò presente i tuoi consigli... e ti ringrazio
per essere stata meno... diretta nel dirmelo!.
Ci
eravamo concesse un sorriso entrambe,
probabilmente sincero, all'idea che di conversazioni così ne
avevamo già fatte
a centinaia.
Alice,
da quando mi ero affacciata nell'adolescenza,
aveva cercato di trasmettere anche a me il suo amore per il bello.
Potevano
essere vestiti, automobili, arredi, accessori, persino quel cibo che
mangiavo
solo io, ma per lei tutto doveva essere gradevole alla vista. Aveva
un'eleganza
e una grazia
innata, che andava oltre il suo essere vampira, qualcosa che
probabilmente era
stato dentro di lei anche da umana.
Io,
però, continuavo a rimanere il suo esatto
opposto: a volte quasi goffa, non mi curavo particolarmente di
ciò che
indossavo o di quello che mi circondava. Per me, tutto doveva essere
pratico e
comodo.
Ricordavo
la discussione avuta proprio per il letto
su cui adesso era seduta: quando l'avevo trovato nella mia stanza,
quasi non ci
potevo credere.
Aveva
pensato lei, ovviamente, all'arredo della
nostra nuova casa,
e come sempre, anche a quello per la mia stanza. Sapeva dei miei gusti
semplici, e quella volta aveva deciso di ignorarli, facendomi trovare
questo
letto matrimoniale immenso, in ferro battuto, con tanto di baldacchino
e tende
per oscurarlo completamente.
Passata
la sorpresa iniziale, le avevo detto che mi
sembrava un pò eccessivo per dormirci da sola. Il solito
letto ad un piazza,
sarebbe stato più che sufficiente.
Ma
lei aveva insistito che per una volta avrei potuto
accettare un suo regalo e basta, senza dover sempre sottolineare i
nostri
diversi modi di essere. Avevo capito di averla ferita, ed avevo fatto
marcia
indietro.
Mi
ero scusata, sinceramente dispiaciuta. Ed era
bastato perchè ci ritrovassimo abbracciate, ridendo commosse
come due stupide.
-
Io non metterei quel colore, se davvero ti
interessa il tuo aspetto stamattina...
Avevo
infilato un paio di jeans, una camicia bianca e
stavo indossando un semplice maglione grigio.
-
Pallida come sei e con quelle occhiaie che ti
ritrovi, penseranno che tu sia una zombie...
Se
non fossi stata così tesa, all'idea che il mio
aspetto fosse comunque così evidente, avrei apprezzato in
maniera diversa la
battuta di Alice. Che un vampiro desse dello "zombie" ad un'umana...
conteneva davvero un'evidente ironia!
-
In effetti... temo di aver bevuto un pò troppo ieri
sera. Mike Newton, si è rivelato un tipo davvero diverso,
sai? Evidentemente a
scuola, presenti tutti voi, si sentiva meno sicuro...
Ecco,
non avevo mentito del tutto in questo caso. In
effetti, Mike si era decisamente mostrato più spigliato ieri
sera nei miei
confronti. Aveva chiacchierato e scherzato, forse anche un
pò flirtato
esplicitamente con me, senza mai mostrarsi imbarazzato.
-
Mi stai dicendo che Mike è un ubriacone?
Era
ovviamente ironica la domanda di Alice, dal
momento che poteva benissimo immaginare che così non fosse.
-
No, ovviamente. Dico solo che ieri sera,
l'atmosfera era molto rilassata tra di noi... così, non ho
rifiutato la seconda
birra che mi ha gentilmente offerto!
Mi
ero nuovamente rivolta verso lo specchio,
aggiustandomi il colletto della camicia e constatando che Alice non
aveva tutti
i torti: il grigio del maglione donava al mio viso una sfumatura
leggermente
azzurrognola.
-
Bella, Edward in questo momento non è in casa.
Le
parole di Alice avevano avuto lo stesso effetto di
una doccia gelata.
Concentrata
sul fatto di apparire normale ad Alice, non avevo pensato che lui
potesse
essere in ascolto.
Oppure,
come stava insinuando la stessa Alice,
inconsciamente avevo iniziato a parlare di ieri sera in quella maniera,
perchè
anche lui si facesse un'idea ben precisa del mio rapporto con Mike?
-
E allora, Alice?
Ero
riuscita a rimanere lucida quel tanto che bastava
per evitare di dare a vedere che la sua domanda aveva colpito nel segno.
-
Dico solo che puoi dirmi la verità, Bella. Che
quella faccia è il risultato di una notte insonne provocata
dall'arrivo di
Edward.
Merda.
Decisamente aveva deciso di passare al
contrattacco. Ora dovevo davvero stare attenta a soppesare ogni parola
e gesto.
Mi
ero voltata, tornando a fissarla direttamente
negli occhi non più attraverso lo specchio.
-
Non posso negare che il suo arrivo sia stato
alquanto...
inaspettato,
ma da qui, ad esserne sconvolta... direi
proprio di no.
“Attacca
a
tua volta, Bella.”
Ecco
quello che dovevo fare.
-
Piuttosto, sorellina, non è che sia il tuo senso di colpa
a farti preoccupare così del mio aspetto? Forse,
perchè tu, o gli altri, avete eseguito alla
lettera le istruzioni di Edward e non mi avete detto nulla del suo
arrivo?
Non
le avevo dato il tempo di rispondere e avevo
ripreso.
-
Magari, ora sei preoccupata che io sia molto seccata, o magari molto
arrabbiata, per il fatto
che non abbiate pensato prima a me, piuttosto che a lui.
Mi
stavo arrabbiando sul serio.
Perchè
mentre lo dicevo, avevo realizzato che le cose
forse stavano davvero così. Sapevano che sarei rimasta molto
più sconvolta io
del suo arrivo, piuttosto che lui nel rivedermi. Eppure avevano
rispettato la
sua richiesta di non dirmi niente.
-
E magari, adesso sei qui per sapere come sto, solo
per attenuare questo senso di colpa. Sempre magari, sei venuta in
avanscoperta anche a nome degli altri, che hanno egualmente preso parte
a
questa congiura...
Era
difficile riuscire a capire se stavo colpendo nel
segno con lei, dato che la sua natura l'aiutava nel non tradirsi con
quei
segnali che negli umani erano così evidenti: arrossire, o
agitarsi
nervosamente, o stare sulla difensiva.
Lei
mi ascoltava perfettamente immobile, seduta a
gambe incrociate sul letto come l'avevo trovata.
-
Okay. Che ne dici di un compromesso? Potrei
ammettere il mio senso di colpa, se tu ammettessi che la tua aria
distrutta è
la conseguenza dell'arrivo di Edward, e non della tua serata con Mike
& company.
Eccolo
il momento decisivo: volevo trovare in Alice
una spalla su cui piangere, nonostante mi sentissi ora un pò
tradita anche da
lei, o volevo continuare a tenere per me la tempesta che avevo dentro
per
l'arrivo di Edward?
Avevo
cercato in questi due ultimi anni di far credere a tutti loro che le
cose
stessero andando meglio, che avessi iniziato a non provare
più quel tipo di
"amore" verso Edward, ma che stessi ritornando a vederlo come un
fratello.
E
poi c'era lo stesso Edward. Se avessi confessato di
essere così turbata dal suo ritorno, lui avrebbe saputo
quanto ancora lo amavo.
E visto come mi aveva accolto ieri sera, sarei stata ancora io l'unica
a
mostrare la sofferenza che provavo.
-
Non capisco, Alice. Sembra quasi che tu sia
dispiaciuta del fatto che mi sia divertita in compagnia di ragazzi come
me.
Avevo
scelto
di mentire a tutti, perchè prima di tutto volevo mentire a
lui. Non volevo
fargli sapere quanto ancora lo amassi, per magari vedere un'altra volta
la sua
pietà, o peggio la sua indifferenza.
Dopotutto
se ne era andato senza nemmeno avere il
coraggio di affrontarmi per dirmi che lui non avrebbe mai provato per
me
nient’altro al di fuori di un sentimento fraterno,
Aveva
lasciato che fossero Carlisle, Esme, Alice,
Rosalie, Jasper, Emmet a dirmelo. Ognuno
di loro mi aveva consolato, parlato, ascoltato. Ognuno di loro mi aveva
ribadito quanto mi volesse bene Edward, ma come fratello, e di come
avesse
preferito allontanarsi per darmi modo di capire i miei sentimenti, di
capire
che ero solamente confusa.
Ma
lui, non era mai stato confuso. Anzi lui, lontano
da me, aveva capito che non ero poi così importante nella
sua vita.
E
adesso, volevo che anche lui pensasse che per me
era lo stesso. Che avessi scoperto che, senza di lui, potevo continuare
a
vivere anch'io.
-
Bella, ma se neanche ci volevi uscire con Mike...
-
E' vero, Alice. Inizialmente l'ho fatto perchè
volevo darvi una lezione... pensavo che vi sareste pentiti di sapere
che mi
avevate costretto a passare una serata d'inferno... ma poi non
è stato così! Mi
sono divertita davvero.
Solo
per un momento mi era balenata l'idea che
qualcuno di loro, magari Emmet o Jasper, potessero essere venuti a
spiarmi
fuori dalla pizzeria. Magari davvero preoccupati che potessi trovarmi
in
difficoltà.
Ma
poi avevo deciso di rischiare e continuare a
mentire.
-
Penso che uscirò ancora con loro. Mi hanno invitato
per questo weekend ad andare con loro alla spiaggia di La Push. I ragazzi faranno
surf, noi ragazze ne approfitteremo per sfotterli un pò...
Avevo
imboccato quella strada senza nemmeno fermarmi
a riflettere. Così, mi ero incastrata da sola nel dover
frequentare ancora
compagnie che avevo deciso non facessero per me.
-
E l'arrivo di Edward? Ieri sera, e tu sai quanto ci
dispiaccia la nostra invasione forzata, ti abbiamo sentito molto
turbata nel
parlare con lui. Anzi, per essere del tutto sincera, il tuo cuore
sembrava sul
punto di esplodere, Bella.
Sapevo
davvero quanto fossero sinceramente
dispiaciuti che non ci fosse una vera privacy per me, grazie ai loro
poteri di
vampiro.
-
Alice, come volevi che reagissi, scusa? Mi trovo di
fronte mio fratello, dopo tre anni che lo sento solo al
telefono... mi sembra logico che un certo effetto me lo abbia fatto!
Ero
stata abbastanza accorta da chiamarlo fratello e
non Edward, nella speranza che il mio pronunciarlo suonasse naturale.
Perchè
a me
non era sembrato affatto così. Proprio da tre anni a questa
parte, non avevo
mai più pensato a lui come ad un "fratello".
Ma
sempre e soltanto come Edward. Il vampiro di
cui ero innamorata.
-
E' davvero così, Bella? Lo sai che non hai bisogno
di mentire con noi...
-
Sì, è così. Mi fa piacere che Edward
sia qui.
Finalmente avrò modo di farvi capire che va tutto bene... e
spero che lo
capisca anche lui.
Ero
certa che quello che stavo affermando sarebbe
stato difficile da realizzare per me, ma ero altrettanto certa che non
avrei
mai voluto dover vedere Edward fuggire di nuovo davanti al mio amore
per lui.
Non
lo avrei sopportato un'altra volta.
E
allora, avrei sofferto in silenzio. Cercando
davvero delle alternative che mi aiutassero a portare avanti questa mia
scelta.
Avrei, perciò, davvero cercato di nuovo la compagnia di
altri ragazzi come me.
Mi
avrebbe permesso di rimanere lontano da lui, con
una scusa plausibile.
Ero
salita anch'io sul letto, sedendomi di fronte ad
Alice e prendendole le mani.
Le
volevo molto bene, era davvero una sorella per
me. Come del resto gli altri, come del resto Esme e Carlisle erano
diventati
quei genitori amorevoli che diversamente non avrei avuto.
Alice
aveva guardato prima le nostre mani
intrecciate, poi me.
-
Questo vuol dire che c'è la remota possibilità
che
mi , e ci, perdonerai perchè
non ti abbiamo detto prima dell'arrivo di
Edward?
Non
sapevo se avesse creduto davvero alle mie parole,
però non avevo scelta.
-
Ovvio che sì, Alice. Credo di capire perchè lo
abbiate fatto. E perchè Edward ve lo abbia chiesto. Forse,
se lo avessi saputo
prima, un pò di paranoie me le sarei fatte...
Alice
mi aveva sorriso.
-
Sai che il tuo modo di parlare mi sembra già
diverso?
Qualunque
cosa stesse pensando veramente, avevo
capito che era intenzionata ad accontentarsi per il momento.
-
Cioè?
-
Cioè, "paranoie" è il termine più
usato
da Jessica Stanley! In questi due anni a scuola, non so quante volte
gliel'ho
sentito dire!
-
Sai che non me ne ero accorta? Certo che diventare
come Jessica...
-
Ah, no, Bella! Come la Stanley, no! Caspita, penso
che non riuscirebbe ad azzeccare un abbinamento di buon gusto, neanche
se
glielo mettessero davanti al naso!
E
con questo, Alice era scoppiata nella sua risata
melodiosa e cristallina, un suono che era sempre in grado di suscitare
anche la
mia, come di fatto era avvenuto.
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
Le
voci divertite di Emmet, Jasper ed Edward, mi avevano
raggiunto in cucina, mentre stavo facendo colazione.
Esme
aveva subito sollevato lo sguardo dal giornale per
scrutare la mia reazione. Sicuramente aveva sentito la mia
conversazione con
Alice, e quando ci eravamo viste, io per prima le avevo ribadito che
andava
tutto bene. Ero contenta che Edward fosse finalmente di nuovo con noi.
Lei
mi aveva abbracciato, e mi aveva detto che ero davvero
una ragazza speciale. Poi, come sempre, eravamo andate in cucina, io
per fare
colazione, lei per tenermi compagnia.
Così,
ora, non avevo alzato lo sguardo dal libro di
biologia che avevo aperto per ripassare. Solo con la coda dell'occhio
avevo
colto il gesto di Esme.
Non
era stato facile cercare di evitare che il cuore
iniziasse a battermi all'impazzata al suono della risata di Edward, ma
anni di
esercizio con Carlisle, mi erano venuti in aiuto.
Carlisle
aveva voluto che imparassi a controllare meglio
il mio corpo e le mie reazioni, per quelle rare volte che qualche
vampiro loro
amico, fosse venuto in visita da noi.
Erano
state veramente rare eccezioni, e in piena sicurezza
per me, però un maggiore controllo da parte mia sul mio
fisico, avrebbe potuto
aiutare a non stimolare maggiormente l'istinto degli altri vampiri.
Carlisle
mi aveva spiegato che più calma rimanevo, più il
mio sangue circolava lentamente e più il suo profumo
diventava meno aggressivo.
Così,
mi ero concentrata su quegli esercizi che sapevo
aiutarmi a rilassare il mio corpo, riuscendoci in parte.
-
Tesoro, che ne dici se per stasera ti preparo le
lasagne?
Da
sempre, erano il mio piatto preferito. Esme, era sempre
stato con i piccoli gesti, le piccole attenzioni, che aveva
sottolineato quanto
davvero mi avesse amato come se fossi stata davvero una figlia per lei.
E
proprio in questa giornata, lo aveva fatto una volta di più,
con la sua
proposta.
-
Direi che sarebbe fantas...
Non
avevo fatto in tempo a finire, perchè mi ero ritrovata
stritolata tra le braccia di Emmet, mentre mi scoccava anche un sonoro
bacio
sulla guancia.
-
Buongiorno, sorellina!
Il
suo saluto rischiava ogni mattina di vedermi vittima di
traumi fisici, specie se era su di giri, come lo era in quel momento.
-
Emmet, potrebbe esserlo un buon giorno, se non
rischiassi di perdere l'uso di entrambe le braccia però!
Era
scoppiato a ridere, lasciandomi andare e nel contempo
girando verso di lui lo sgabello su cui ero seduta per guardarmi in
faccia.
Avevo
incontrato i suoi occhi dorati, sorridenti e
particolarmente dilatati.
-
Adesso si spiega questo eccesso di esuberanza... sei
andato a caccia stanotte!
-
Già! E l'orso più grande, ovviamente, l'ho bevuto
io!
Avevo
iniziato a percepire su di lui l'odore del bosco. Muschio,
legno bagnato, terra. Un mix che c'era sempre stato nei miei ricordi,
ma che
solo ad un certo punto aveva assunto la giusta collocazione: il momento
della
caccia, quando si nutrivano di sangue animale.
Non
era stato facile per me accettare che vivessero così,
ma poi avevo realizzato cosa comportasse davvero la loro scelta: non
diventare
dei mostri assassini.
-
Il bello è che mente, sapendo di mentire!
Mi
ero sporta oltre la spalla di Emmet, per vedere Jasper
che mi strizzava l'occhio.
-
Infatti, sono io il cacciatore migliore in famiglia, ma
ancora non si rassegna...
Mi
sentivo a mio agio in mezzo a conversazioni del genere,
e nessuno avrebbe mai potuto capirlo. Nessuno di umano, ovviamente.
-
A mentire siete in due, a quanto pare. Vi stavate
dimenticando di me...
Edward,
era apparso sulla soglia della cucina e a me era
sembrato che tutto il resto scomparisse.
L'avevo
solo intravisto, ieri sera, nella scarsa luce
fuori casa.
Ma
ora che lo vedevo bene, era stato come ricevere un
pugno in pieno stomaco. Infatti, era proprio lì che si era
formato un nodo
stretto e doloroso.
Era
bello, ma non
per la sua bellezza perfetta, era bello perchè era lui, con
i suoi lineamenti
familiari, i suoi occhi espressivi, il suo sorriso disteso.
Nonostante
avesse incrociato anche il mio, di sguardo, non
aveva cambiato espressione.
Stava
guardando
anche me divertito e rilassato.
-
Potremmo far giudicare a Bella.
Emmet
si era voltato parzialmente verso di loro,
sghignazzando.
-
Chi meglio di lei, per farlo? Conosce bene tutti e tre.
-
Io ci sto.
-
Io anche...
Spesso
era successo che mi eleggessero giudice per
derimere questioni "vampiresche", come le chiamavano loro. Era
successo anche che fossi stata male per un giorno intero, quando
avevano deciso
che dovessi stabilire chi di loro correva più veloce.
Ottenendo di non
scoprirlo, proprio perchè mi aveva colto una nausea
violenta, ma di beccarsi
tutti quanti una ramanzina coi fiocchi da parte di Carlisle e,
soprattutto, di
Esme perchè correre con me in spalla, l'aveva fatta davvero
infuriare.
-
Quindi, sorellina, secondo te, chi è il migliore tra noi
tre?
A
questo punto, in passato, lo sguardo di Edward si
sarebbe fatto complice nei miei confronti. Perchè aveva
sempre saputo di essere
il "fratello" preferito, per certi versi, e lo sfruttava per
influenzarmi.
Ma
quella mattina, non avevo avuto modo di scoprire come
avrebbe reagito, perchè la voce irritata di Rosalie era
intervenuta.
-
Ma voi, ancora con queste scemenze la tormentate? Perchè,
piuttosto, non vi preparate per andare a scuola? Passi per noi, ma
Bella non si
può permettere di saltare il compito di biologia!
Il
cipiglio di Rosalie aveva avuto sempre un certo effetto
su tutti loro. Quando voleva, sapeva davvero fare paura, e quello era
uno di
quei momenti, mentre guardava i loro vestiti bagnati ed infangati.
-
O volete che il suo diploma vada a farsi benedire?
Si
erano praticamente dileguati Emmet e Jasper, solo
Edward si era appoggiato al frigorifero, un'espressione ancora
più divertita.
-
Rose, mica mi ricordavo l'ascendente che avevi su Emmet
e Jasper...
Per
tutta risposta, lei aveva ringhiato un gentile
"vaffanculo", mentre lasciava la cucina, seguita da Esme che le
ricordava come non gradisse molto quel genere di linguaggio tra noi
fratelli.
In
cucina, a quel punto, eravamo rimasti solo noi due, e
non sapendo bene come affrontare la cosa, mi ero rifugiata nello
sciacquare
tazza e pentolino per dargli le spalle.
-
Simulazione della prova d'esame?
La
voce di Edward mi era giunta da più vicino,
probabilmente si era spostato da dove era.
-
Sì, biologia avanzata.
-
Sei preparata?
Quante
volte mi aveva fatto quella domanda? Quasi sempre
la sera prima di qualche verifica, o interrogazione, quando mi aveva
aiutato a
prepararmi.
Questa
volta avevo studiato da sola, come del resto era
successo spesso in questi tre anni. Avevo spesso rifiutato l'aiuto
degli altri,
quasi nel tentativo di non sovrapporre ricordi che non fossero solo con
lui.
-
Diciamo di sì. Non amo molto biologia, anche se il prof.
Molina è un bravo insegnante, ma dato che è
indispensabile per ottenere questo
benedetto diploma... me la sono fatta piacere!
Avevo
quasi finito di riordinare, e l'idea che mi sarei
dovuta voltare mi metteva in difficoltà.
-
Andrà bene, ne sono sicuro. Sei sempre stata brava con
lo studio...
Avrei
voluto
dirgli che non poteva sapere se in questi ultimi tre anni le cose non
fossero
cambiate. Lui non c'era stato realmente, e non poteva sapere se "io"
non fossi cambiata.
-
Speriamo, altrimenti mi toccheranno altre due settimane
di studio intenso per recuperare...
Avevo
già asciugato due volte il lavandino, non potevo
farlo ancora, o avrebbe capito. Così mi ero girata e mi ci
ero appoggiata, come
in cerca di sostegno.
E
avevo fatto bene, perchè Edward era solo a qualche passo
da me, il suo profumo che già si faceva più
penetrante.
-
Se dovesse accadere, potrei sempre aiutarti.
Mi
si era seccata la gola, davanti a quell'offerta.
Perchè era stata sincera, come sincero sembrava lui nel
guardarmi.
Tutto
ciò era in netto contrasto con il suo atteggiamento
di ieri sera. Quando era stato freddo e distante.
-
Terrò presente, grazie. Ora sarà meglio che
finisca di
prepararmi... l'hai sentita anche tu Rose.
Non
ero sicura che le gambe mi avrebbero sostenuta, ma
dovevo per forza andarmene di lì o sarei crollata.
Mi
sentivo in balia della sua presenza, del suo profumo
e temevo che non sarei stata capace di trattenermi dal dirgli quanto lo
amavo
ancora.
Mi
ero staccata, avevo fatto due passi, lo avevo quasi
superato, quando la sua mano mi aveva afferrato per un polso,
trattenendomi
gentilmente.
Era
come se una scarica elettrica mi avesse attraversato,
partendo dal punto in cui le sue dita gelide mi avevano toccato.
-
Posso accompagnarti a scuola, Bella?
Non
so come, ma ero riuscita a sollevare il viso da quella
mano che mi stringeva ancora, e lo avevo guardato negli occhi.
-
Ora guido, Edward. Ho la mia macchina...
Avevo
una tale confusione in testa, da dire la prima cosa
che mi era venuta in mente. Forse la più ovvia e la
più stupida, dato che
sapeva benissimo che ora ero in grado di spostarmi in piena autonomia.
-
E' vero, non sei più una ragazzina.
Davvero
se ne era
accorto? O semplicemente lo "sapeva" perchè lo diceva la mia
età
anagrafica?
La
confusione stava raggiungendo vette sempre più alte, e
il respiro iniziava a mancarmi.
Perchè
si stava comportando così? Cosa nascondeva la
sua offerta di accompagnarmi?
-
Però, mi farebbe piacere accompagnarti lo stesso. Sempre
che faccia piacere anche a te.
L'idea
che mi stesse mettendo alla prova si era affacciata
improvvisa e mi aveva spinto ad accettare, dimostrandogli che non avevo
alcun
problema a rimanere sola con lui.
-
Certo che mi fa piacere.
Mi
ero ritrovata libera, ma la pelle del polso mi sembrava
stesse andando a fuoco dove mi aveva stretto.
-
Allora, finisco di prepararmi e ci vediamo giù in
garage.
Mi
ero sforzata di avere un tono davvero scherzoso e lo
avevo liquidato con un'ultima battuta.
-
Però, mi dispiace per te, ma dovrai accontentarti di
guidare un semplice pick-up. Lo sai che i miei gusti, anche in fatto di
macchine,
sono sempre stati pessimi.
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
Il
test di biologia si era rivelato piuttosto semplice, ma
io ero convinta di aver combinato lo stesso un disastro.
Non
ero riuscita a concentrarmi neanche sulle domande più
scontate, barrando le crocette quasi a caso. Volevo solo poter uscire
il prima
possibile da quell'aula, chiudermi in bagno, e lasciare i miei pensieri
liberi
di vagare sul quel tragitto in macchina con Edward.
Così,
avevo compilato la prova in solo mezz'ora, contro le
due ore che avevamo a disposizione. Tutti i compagni mi avevano
guardato
invidiosi, scambiando la mia velocità in sicurezza.
Anche
il Prof. Molina era rimasto piuttosto stupito, ma
non aveva potuto fare altro che accordarmi il permesso ad uscire dalla
classe.
Lungo
il corridoio avevo quasi temuto di incontrare uno
dei miei fratelli, magari riconoscendo il passaggio del mio profumo, ma
fortunatamente
non era avvenuto.
Mi
ero barricata nel primo bagno libero, le immagini che
già si rincorrevano nella mia mente.
-
Sei sicura che riuscirà ad arrivare sino a scuola?
Edward,
avviando il motore, aveva dovuto alzare la voce
per farsi sentire. Il mio pick-up era davvero un mezzo catorcio, ma io
avevo
insistito per avere quello e basta.
Già
non amavo essere al centro dell'attenzione, anche
se era inevitabile esserlo arrivando con quattro "fratelli" belli
come dei, se in più fossi scesa anche da un'automobile
appariscente come la
jeep di Emmet, o la decappottabile rossa fiammante di Rosalie, la
situazione
sarebbe notevolmente peggiorata.
Così,
invece, si erano fatti tutti l'idea che io fossi la "Cullen
meno
snob e più alla mano".
-
Mi ci porta tutte le mattine da un anno.
La
musica aveva invaso l'abitacolo due secondi dopo,
facendomi maledire il mio vizio di non spegnerla. Le note di "Claire de
Lune" avevano riempito l'abitacolo prima che mi affrettassi ad
abbassare.
-
L'autoradio, per contro, vale più di tutto il
furgoncino. E' stato il regalo di compleanno di Emmet...
Avevo
parlato velocemente, sperando che evitasse
qualsiasi commento.
-
E' tanto che non la ascoltavo.
Non
avevo saputo dire nulla, così mi ero limitata ad
annuire, guardando il paesaggio scorrere di fianco a noi più
lentamente di
quanto avrei voluto.
-
Bella, non c'è nulla di cui vergognarsi. So quanto ti
piaccia questa canzone, è quella che ti suonavo sempre da
bambina.
Lo
aveva fatto. Aveva aperto quella porta che io
cercavo di tenere chiusa: il nostro passato insieme.
-
A volte, minacciavi persino di non dormire, se prima
non te l'avessi suonata.
Sapevo
che era vero, solo che non mi ricordavo quanto
facesse male ricordarmelo. E non andava bene. Dovevo reagire.
-
Ora mi rifiuto di andare a dormire se Emmet non
smette di cantare sotto la doccia... negli ultimi anni ha sviluppato
questa
insana abitudine.
Non
aveva sorriso, anzi avevo sentito il suo sguardo
sondarmi ancora con più insistenza.
-
E' bello vedere te ed Emmet andare così d'accordo,
sai? Rosalie mi ha detto che è quasi diventato la tua
ombra...
-
Già... d'altronde le persone cambiano, e magari
capiscono i propri errori.
Con
Emmet c'era stato un periodo in cui non riuscivamo
a trovare un giusto equilibrio. Entrambi testardi ed orgogliosi, spesso
finivamo con il litigare, rimanendo intere settimane senza parlarci.
-
Non sempre è facile farlo, Bella.
Quella
sua affermazione aveva provocato in me una
scintilla di rabbia, ma avevo cercato di ignorarla.
-
Sono contenta, però, di esserci riuscita con Emmet.
Sto scoprendo una parte di lui, che mi aveva sempre tenuto nascosto.
-
Immagino che ti riferisca al fatto che dietro
quell'aria spavalda, si nasconde un animo tenero e fragile.
Poteva
sembrare uno scherzo, eppure era così: per
quanto Emmet apparisse il più minaccioso tra loro, in
realtà era il meno
pericoloso.
Avevo
visto perdere il controllo molto più spesso a
Jasper, o ad Edward stesso, piuttosto che a lui.
-
Sì, appunto. Ora che ho capito per che verso
prenderlo, i nostri attriti si sono notevolmente ridotti.
Era
tornato il silenzio tra di noi, e avrei voluto
essere già arrivata a scuola.
Ero
stata una stupida ad accettare che mi
accompagnasse. Tra di noi non poteva più essere come prima.
Ma
poi, Edward aveva accostato lungo il ciglio,
spegnendo il motore.
-
Sono tornato per restare, Bella.
Ogni
parola mi era sembrata rimbombare dentro di me.
-
So che non sarà facile, nè per me, nè
per te.
Oh,
non immaginava nemmeno lontanamente quanto fosse
vero per me.
-
Ma vorrei tanto che le cose tra di noi potessero
tornare a funzionare.
Cosa
avrei dovuto dirgli a questo punto? Certo, Edward,
farò come se non fosse mai successo niente. Io non mi sono
innamorata di te, tu
non te ne sei andato senza neanche dirmi mezza parola, e adesso non
siamo qui,
quasi incapaci di parlarci.
-
E ti prometto che farò di tutto perchè avvenga.
Avevo
fatto l'errore di guardarlo. Essere lì, con lui,
veramente soli, aveva fatto crollare le mie difese.
-
Ho sofferto tanto, Edward.
E
ancora era così. Soffrivo nel vedere che lui avrebbe
voluto tornare ad essere quello che era sempre stato. E non credevo di
potercela fare a sopportarlo.
-
Forse ho sbagliato con te, Bella. Ma se l'ho fatto, è
stato solo perchè volevo aiutarti a capire...
Ed
infatti, avevo capito benissimo: io lo amavo, e lui
no. Anche adesso era così.
-
Ho capito, infatti. Ma non riesco a perdonarti lo
stesso.
L'avevo
detto. Avevo davvero dato voce ad una parte di
quel dolore che mi fioriva dentro ad ogni sua parola.
-
Lo so. E non ti sto chiedendo di farlo ora. Ti sto
solo chiedendo di darmi una possibilità.
Mi
aveva scostato con delicatezza una ciocca di capelli
dal volto. Un gesto pieno di tenerezza, che mi aveva colpito
direttamente al
cuore.
-
Perchè dovrei farlo, Edward?
Sapevo
già la risposta, l'avevo sempre saputa. E mi
avrebbe ferito per sempre.
-
Perchè ti ho voluto bene, e sempre te ne vorrò,
Bella.
Mi
voleva bene, ma non mi amava.
Si
trattava di questo, di decidere se mi sarebbe
bastato.
Ma
davvero non riuscivo a capirlo, avevo bisogno di
fare chiarezza dentro di me, ora che lui era tornato davvero.
-
Non lo so cosa voglio, Edward.
Mi
aveva sorriso, nonostante la mia risposta.
-
Forse posso considerarlo già un passo avanti, Bella.
Non
aveva aggiunto altro, aveva rimesso in moto e
alzato il volume della radio.
Spoiler Capitolo 2
Entrando
in
casa, la prima cosa che mi
aveva raggiunto era stato il profumo di lasagne.
Esme
era sempre
stata un’ottima cuoca, nonostante non potesse davvero capire
se il cibo
cucinato fosse ben riuscito.
La
sua percezione
rimaneva quella di un sapore disgustoso, che si era sforzata di gradire
in
passato, quando anche lei mangiava qualcosa in mia presenza.
Da
quando mi
avevano rivelato la verità, ognuno di loro e con enorme
sollievo, non aveva più
toccato nemmeno una briciola di pane durante i miei pasti.
Arrivando
a
tenermi compagnia molto più volentieri, dato che non era
più quel supplizio che
era stato in passato.
Così,
come in una
vera famiglia umana, era diventata un’abitudine piacevole tra
me e chi, tra
loro, condivideva quel momento della giornata.
Avevo
guardato
l’ora, le cinque e trenta. Ci avevo messo più del
solito per tornare a casa, ma
avevo volutamente guidato più lentamente.
Nell’abitacolo
del mio pick-up era rimasto persistente il profumo di Edward, quasi a
ricordarmi che c’era stato davvero.
E
mi aveva detto che avrebbe voluto che tra di noi le
cose tornassero a funzionare.
-
Ciao, tesoro.
Carlisle
era
sbucato dal suo studio e mi aveva salutato con un bacio affettuoso.
L’avevo
istintivamente abbracciato, come facevo da bambina quando mi rifugiavo
nella
sua stretta comprensiva e rassicurante.
-
Ehi, devo
ricordarmi di farmi trovare a casa più spesso fuori orario,
se questo è
l’effetto!
In
effetti, qui a
Forks, i suoi turni in ospedale erano abbastanza regolari e di solito a
quell’ora
non era mai in casa.
Tornando
da
scuola, infatti, se i miei fratelli non rientravano con me,
concedendosi un po’
di libertà da abitudini “umane” che gli
stavano strette, c’era Esme ad
attendermi.
Anche
adesso che
ero più grande, capitava raramente che non ci fosse nessuno in casa
con me. Avevo
l’impressione che faticassero a credere che potevo anche
cavarmela da sola.
In
questo momento
ero contenta, però, che fosse così. Non avrei
voluto rimanere ancora sola con i
miei pensieri, ed avevo sollevato il viso per sorridere a Carlisle.
-
In effetti è
stata una bella sorpresa. Ultimamente sei stato molto
impegnato…
-
Avviare il
nuovo reparto di chirurgia è stato in effetti più
impegnativo di quanto avessi
pensato. Però, adesso, dovrebbe essere tutto a posto.
-
Così ti sei
concesso un po’ di relax?
-
Diciamo
qualcosa di più. Due settimane di ferie.
-
Fantastico!
Allora avremo un po’ di tempo in più per stare
insieme.
Ma
la sua espressione
aveva immediatamente smorzato il mio entusiasmo.
-
Mi spiace,
tesoro, ma in realtà dovrò partire…
-
Partire?
Da
che ricordavo,
Carlisle era stato via senza di noi, solo due volte. Ed entrambe le
volte,
avevo avuto la sensazione che non mi avesse detto la verità
su dove fosse
andato e perché.
Però,
non avevo
avuto il coraggio di chiedere spiegazione. Alla fine erano state solo
due volte,
ed era stato davvero per un breve periodo, sempre una o due settimane.
-
Già… io ed Esme
andremo in Italia…
Mi
ero
leggermente allontanata, troppo sorpresa da quella novità.
-
In Italia?! Ma
lo sapete che viene chiamato il “paese del sole”?
Carlisle
aveva
sorriso davanti alla mia espressione incredula.
-
Sì, hai
ragione, non è proprio una meta ideale per noi…
però, questioni improrogabili
ci vedono costretti ad andare.
Adesso
mi stavo
preoccupando, perché non era riuscito a mascherare del tutto
un’espressione
preoccupata.
-
Carlisle?
Si
era reso
conto, forse, di aver esternato troppo ed era tornato a sorridermi con
più
convinzione.
-
Tranquilla,
tesoro. Niente per cui ti debba preoccupare. Questioni
“vampiresche” in sospeso
e che è giunto il momento di risolvere.
-
E non dovrei
preoccuparmi?
Mi
ero
bruscamente allontanata. Perché di colpo avevo realizzato
che questa partenza
era coincisa con un ritorno.
Quello
di Edward.
-
Carlisle,
voglio sapere la verità!
Era
stato quasi
un ordine il mio, me ne rendevo conto, ma ero improvvisamente troppo
arrabbiata
con tutti loro.
-
Avevate
promesso che non mi avreste detto più bugie, e invece lo
state facendo di
nuovo!
Carlisle
mi aveva
accarezzato prima una guancia, per poi tornare ad abbracciarmi.
-
Lo so, Bella.
Ma non sempre è così facile rivelare la
verità a chi si ama.
Mi
aveva stretto
con più forza, dandomi l’impressione che avesse
paura di vedermi svanire da un
momento all’altro.
-
E noi, piccola
mia, ti amiamo tutti così tanto…
|
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Capitolo 3 *** Capitolo 2 ***
Buongiorno!
Eccomi
ad aggiornare con un capitolo che sicuramente mi varrà
qualche
minaccia o pubblico lancio di frutta marcia per il suo contenuto!
Però,
vi chiedo già il beneficio del dubbio, perché la
storia è solo
all’inizio e quindi ce ne sarà di strada da fare
per tutti i suoi protagonisti
prima di giungere all’epilogo.
Ma
taglio corto e vi lascio leggere, dopodiché aspetto il
lancio di
frutta (vista la stagione optate per arance e mandarini che sono ricchi
di
vitamina C! XD).
A
presto.
BF
Distesa nel letto
sento
il ticchettio dell'orologio e ti penso
Sorpresa
in circoli della mente, la confusione non è nulla di nuovo
Flash
back, notti calde, quasi dimenticate
Valigie
di ricordi
A
volte mi immagini
Cammino
troppo veloce davanti
Tu
mi chiami
Non
sento cosa hai detto
Allora
tu dici: "va' piano, resto indietro"
La
lancetta dei secondi torna indietro
Se
sei perso puoi guardare e mi troverai
Volta
dopo Volta
Se
cadi ti prenderò, ti aspetterò
Volta
dopo Volta
Dopo
che la mia immagine svanisce
E
l'oscurità si è tramutata in grigio,
Guardando
attraverso le finestre,
Ti
chiedi se sto bene
“Time
after Time – Cindy
Lauper”
Entrando
in casa, la prima cosa che mi aveva
raggiunto era stato il
profumo di lasagne.
Esme
era sempre stata un’ottima cuoca, nonostante non
potesse davvero capire se il cibo cucinato fosse ben riuscito.
Avevo
guardato l’ora, scoprendo che si erano fatte le
cinque e trenta. Ci avevo messo più del solito per tornare a
casa, ma avevo
volutamente guidato più piano.
Nell’abitacolo
del mio pick-up era rimasto persistente il
profumo di Edward, quasi a ricordarmi che c’era stato davvero.
E
mi aveva detto che avrebbe voluto che tra di noi le
cose tornassero a funzionare.
-
Ciao, tesoro.
Carlisle
era sbucato dal suo studio e mi aveva salutato
con un bacio affettuoso.
L’avevo
istintivamente abbracciato, come facevo da bambina
quando mi rifugiavo nella sua stretta comprensiva e rassicurante.
-
Ehi, devo ricordarmi di farmi trovare a casa più spesso
fuori orario, se questo è l’effetto!
In
effetti, qui a Forks, i suoi turni in ospedale erano
abbastanza regolari e di solito a quell’ora non era mai stato
a casa.
-
In effetti è stata una bella sorpresa. Ultimamente sei
stato molto impegnato.
-
Avviare il nuovo reparto di chirurgia è stato in effetti
più impegnativo di quanto avessi pensato. Però,
adesso, dovrebbe essere tutto a
posto.
-
Così ti sei concesso un po’ di relax?
-
Diciamo qualcosa di più. Due settimane di ferie.
-
Fantastico! Allora avremo un po’ di tempo in più
per
stare insieme.
Ma
la sua espressione aveva immediatamente smorzato il mio
entusiasmo.
-
Mi spiace, tesoro, ma in realtà dovrò partire.
-
Partire?
Da
che ricordavo, era stato via senza di noi, solo due in occasioni.
Ed entrambe le volte, avevo avuto la sensazione che non mi avesse detto
la
verità su dove fosse andato e perché.
Però,
non avevo avuto il coraggio di chiedere spiegazioni.
Alla fine erano state solo due volte, ed era stato davvero per un breve
periodo, sempre una o due settimane.
-
Già… io ed Esme andremo in Italia.
Mi
ero leggermente allontanata, troppo sorpresa da quella
novità.
-
In Italia?! Ma lo sapete che viene chiamato il “paese
del sole”?
Carlisle
aveva sorriso davanti alla mia espressione
incredula.
-
Sì, hai ragione, non è proprio una meta ideale
per noi…
però, questioni improrogabili ci vedono costretti ad andare.
Adesso
mi stavo preoccupando, perché non era riuscito a
mascherare del tutto un’espressione preoccupata.
-
Carlisle?
Si
era reso conto, forse, di aver esternato troppo ed era
tornato a sorridermi con più convinzione.
-
Tranquilla, tesoro. Niente per cui ti debba preoccupare.
Questioni “vampiresche” in sospeso e che
è giunto il momento di risolvere.
-
E non dovrei preoccuparmi?
Mi
ero bruscamente allontanata. Perché di colpo avevo
realizzato che questa partenza era coincisa con un ritorno.
Quello
di Edward.
-
Voglio sapere la verità!
Era
stato quasi un ordine il mio, ma ero improvvisamente
troppo arrabbiata con tutti loro.
-
Avevate promesso che non mi avreste detto più bugie, e
invece lo state facendo di nuovo!
Lui
mi aveva accarezzato prima una guancia, per poi
tornare ad abbracciarmi.
-
Lo so, Bella. Ma non sempre è così facile
rivelare la
verità a chi si ama.
Mi
aveva stretto con più forza, dandomi l’impressione
che
avesse paura di vedermi svanire da un momento all’altro.
-
E noi, piccola mia, ti amiamo tutti così tanto.
-
Lo so, voi cercate sempre di proteggermi. E capisco
anche vi venga istintivo farlo... in confronto a voi, devo sempre
sembrarvi
così fragile e... e limitata.
Era
vero. A volte, era così che mi sentivo nei loro
confronti: come se io potessi solo cogliere la superficie di tutto
ciò che mi
circondava, mentre loro ne coglievano addirittura l'essenza.
Avevo
l'impressione che si sentissero in dovere, visto
anche il breve tempo concesso dalla mia vita umana, di allontanare da
me ogni
difficoltà, o dispiacere, o dolore. Avrebbero voluto
sicuramente solo felicità
e serenità per me, anche a discapito della mia stessa
volontà di essere
partecipe in tutto e per tutto della loro vita piena di lati oscuri.
-
Non è affatto così che ti definirei. Tu sei una
ragazza
speciale, e per me, averti come figlia, è una fortuna
altrettanto grande.
Mi
si era stretto il cuore al sentirlo pronunciare la
parola "figlia" con tanto affetto.
-
Anch'io penso di essere stata molto fortunata ad avere
incontrato te ed Esme. E non ho mai rimpianto quei genitori che, a
discapito
della loro natura "umana", mi hanno abbandonata senza nessuno
scrupolo.
-
Non lo so, Bella. Non so davvero chi fossero i tuoi
genitori e perchè ti abbiano abbandonata. Quello che so, che
ho imparato in
questa mia lunga esistenza, è che giudicare gli altri non ti
aiuterà mai
veramente a capirli.
Mi
ero persa nei suoi occhi. A volte, come ora,
rispecchiavano davvero tutto il vivere dei suoi oltre tre secoli di
esistenza.
Mi chiedevo come fosse possibile non affidarmi ciecamente a lui,
mettendo in
discussione le scelte che aveva sempre fatto per me.
-
E' difficile non giudicare, forse perchè lo è
ancora di
più capire. Credo porti ad una sofferenza maggiore, mentre
trincerarsi dietro
ad un giudizio, ti legittima solo ad odiare.
-
Lo vedi, Bella, che ho ragione? Potrei dire molto di te,
ma non di sicura che tu sia "limitata". Forse lo sarà il tuo
corpo.
Poi
mi aveva sorriso teneramente.
-
Ma non lo sei qui, nè qui.
Ed
aveva sfiorato con la punta dell'indice il mio cuore e
la mia fronte. Sentimento e ragione. Ciò che rendevano una
bestia migliore di
un uomo, o un uomo peggiore di una bestia.
Questo
mi diceva sempre Carlisle di loro: non era
diventati dei mostri, perchè avevano conservato sentimento e
ragione. Non si
erano privati di quell'umanità necessaria per non diventare
assassini veri e
propri.
-
E' per questo, tesoro, che ti chiedo di fidarti di me.
Di noi.
Ero
combattuta, questa era la verità. Avrei
voluto dirgli di sì, che lo avrei fatto incondizionatamente,
ma c'era una parte
di me che mi spingeva a chiedergli di fidarsi lui di me, tanto da
parlarmi
sinceramente.
Avrei
così saputo dimostrargli che potevo capire, e
soprattutto, che ero in grado di affrontare qualsiasi cosa con loro
accanto.
-
Staremo via una settimana al massimo, e quando torneremo
sarà tutto finito. Sono fiducioso che... le "questioni"
aperte,
troveranno presto una soluzione. E poi, non dovremo più
pensarci.
-
Vorrei dirti "va bene così", ma mentirei. Sono
ancora fermamente convinta che dovresti dirmi la verità,
perchè sento che
riguarda anche me, questo vostro viaggio.
Non
mi aveva fatto capire se avessi affermato il vero;
dopotutto se voleva, era capace di essere assolutamente impenetrabile.
-
Fidati di me, Bella.
Era
un padre che lo chiedeva alla propria figlia. Lo
percepivo in ogni sfumatura di questo attimo tra di noi. Lo sentivo
nella
stretta delle sue mani sulle mie spalle.
E
non potevo ignorarlo dopotutto, o avrei rinnegato quel
rapporto speciale che c'era tra di noi.
-
Ti voglio bene. E mi mancherai.
Lo
avevo nuovamente abbracciato, ricambiata da lui.
-
Anch'io ti voglio bene, piccola mia.
Carlisle
era ancora quel rifugio sicuro che era sempre
stato. E sapevo che non avrebbe mai tradito la mia fiducia, o almeno,
non
volontariamente.
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
Il
trillo del microonde mi aveva riscosso da pensieri non
tanto piacevoli.
Carlisle
ed Esme, sarebbero partiti tra meno di un'ora. Li
avrebbero accompagnati all’aereoporto Emmet e Jasper.
Rosalie
ed Alice, erano già uscite per una battuta di
caccia che sarebbe durata tutta la notte.
Tutti
liberi di potersi allontanare, perchè io non sarei
rimasta sola.
A
casa con me, ci sarebbe stato Edward.
La
sola idea, aveva annullato parte di quella fame che le
lasagne mi stimolavano sempre.
Mi
ero comunque servita una porzione abbondante, dato che
non avrei voluto proprio stasera deludere le aspettative di Esme.
Le
avevo assaggiate, procurandomi di scottarmi la lingua.
Mi
era scappata un'imprecazione poco carina, ed era stata
proprio lei ad entrare in cucina divertita.
-
La solita scottatura?
-
Già. Quando imparerò a stare attenta,
sarà sempre troppo
tardi!
La
risata che era seguita alla mia affermazione convinta,
aveva riempito la cucina di mille campanelle accordate perfettamente.
Mi
aveva fatto immaginare quanto sarebbe stata dura non
sentirla nei prossimi giorni. L'assenza di Esme mi sarebbe pesata
addosso come
un macigno. Lei c'era sempre stata, in ogni momento della mia vita,
perchè le
due volte che Carlisle si era assentato, lo aveva fatto da solo.
-
Credo arriverai ad avere la meglio su un semplice forno
a microonde! So quanto può essere in gamba la mia bambina
quando lo vuole
veramente…
Mi
sentivo già un groppo in gola. Il riferimento al
microonde era stata solo una scusa scherzosa per farmi sapere quanta
fiducia
aveva in me che avrei saputo affrontare il loro allontanamento e nel
contempo
il ritorno di Edward.
-
Non lo so. In questo momento, mi sento come se il mondo
mi stesse crollando addosso.
Era
già accanto a me, un braccio a circondarmi le spalle.
-
Bella, starò via solo qualche giorno, una settimana al
massimo.
-
Sì, ma una settimana umana, è molto
più lunga!
Mi
aveva sorriso, e io sentivo lacrime malinconiche
premere per uscire.
-
Non è vero, e lo sai! Una settimana è una
settimana!
Era
stato un gioco, quello del tempo "umano",
che facevamo spesso quando ero una ragazzina e volevo ottenere, magari,
più
tempo per divertirmi, anzichè studiare. O per andare a letto
più tardi del
solito, o per prolungare le vacanze scolastiche.
-
Quando inizierai a sentire la nostra mancanza, saremo
già di ritorno!
Vedevo
il suo tentativo di essere allegra e tranquilla,
però sapevo che anche per lei non sarebbe stato facile.
-
Potrei venire con voi…
L'idea
mi aveva attraversato la mente come un fulmine, e
l'avevo espressa di getto.
-
E fare una settimana di assenza a scuola, a due mesi dal
tuo diploma? Diciamo che non è proprio l'ideale!
-
Non credo che inciderebbe sulla mia media e lo sai!
-
Magari la prossima volta. In effetti l'Italia è molto
bella, e sono sicura che ti piacerebbe. Come ti piacerebbero le vere
lasagne
che fanno lì!
Aveva
abilmente dirottato il discorso, e sapevo che non
avrei avuto alcuna possibilità di convincerla.
-
Credo che continuerei a preferire le tue.
-
Sei proprio un'adorabile bugiarda!
Mi
aveva stretto forte, chinandosi a baciarmi una guancia.
Il
gelo, per me, era fonte di grande calore. Un parossismo
che rappresentava bene l'amore che legava un'umana a dei vampiri.
Come
sarebbe stato sentire le labbra gelide di Edward
percorrere tutto il mio corpo?
Mi
ero sentita immediatamente a disagio nel trovarmi a
fare quel pensiero, mentre ero proprio tra le braccia di Esme.
Forse
mi ero irrigidita, perchè lei mi aveva lasciato
andare, un'ultima carezza che mi aveva sfiorato i capelli.
-
Dimentico sempre che non sei più una bambina e mi ostino
a coccolarti come se lo fossi!
-
No! Non è vero tu puoi...
-
Tranquilla, tesoro! So che cosa intendevi!
Poi
aveva guardato l'ora ed aveva sospirato. Come tutti
loro, ormai compivano dei gesti "umani" con vera naturalezza. Nessuno
avrebbe immaginato che era il frutto di anni di allenamento e di rigido
autocontrollo.
-
E' un pò tardi. Dovrei finire di sistemare le ultime
cose. Ero scesa, perchè ho sentito che ti eri scottata...
però, adesso non mi
va di lasciarti da sola a cenare.
-
Sola? E io chi sono?
Emmet
era scivolato silenziosamente in casa dalla
portafinestra socchiusa, facendomi immediatamente sorridere alla vista
di
quello che aveva in mano.
-
Vai pure, Esme. Tengo compagnia io alla mia sorellina!
Esme
se ne era andata scuotendo la testa rassegnata
davanti ai modi sempre esuberanti di Emmet..
-
Emmet, è quello che penso?
-
Uhm... e cosa pensi che sia, per la precisione?
-
Il mio libro di letteratura! Quello che ho dimenticato a
scuola e che mi occorre per completare il compito di domani.
Aveva
finto di guardarlo attentamente.
-
Dici? Allora sono stato proprio fortunato a trovarmi nei
pressi della scuola, a trovare una finestra forzata dal solito
ragazzino
vandalo, a ricordarmi che mi avevi detto la combinazione del lucchetto
del tuo
armadietto…
-
Io te l'ho detta?
La combinazione l’avrai scoperta grazie alla tua super vista!
Questa è
violazione della privacy! Lo sai che è prevista la galera
per un reato del
genere?
Ma
stavamo già entrambi ridendo, io immaginando Emmet che
entrava furtivo a scuola solo per recuperare il mio libro, lui
sicuramente
perché si immaginava arrivare lo sceriffo per arrestarlo e
imprigionarlo.
-
Per te, questo e anche… questo!
Si
era seduto sullo sgabello accanto a me, coprendosi
platealmente il naso con la mano e guardando con disgusto il piatto di
lasagne
che avevo ripreso a sbocconcellare.
-
Ti ricordo, che ti sei offerto spontaneamente di tenermi
compagnia mentre cenavo.
-
Potevo forse lasciare la povera Esme in
balia di questo supplizio?
-
Le ha cucinate lei, come sempre del resto.
-
Infatti, ho sempre ammirato il suo spirito di
sacrificio.
Ero
contenta della sua compagnia in quel momento, perché mi
stava distogliendo dalla partenza imminente dei nostri genitori, e
dall’idea
che subito dopo sarei rimasta sola con Edward.
Dov’era
in questo momento?
Forse
nella stanza degli ospiti, dato che in questa casa,
non aveva una sua camera.
Cosa
stava facendo?
Magari
stava leggendo, oppure ascoltava musica, oppure la
stava componendo. Era anche un bravissimo compositore, oltre che
musicista.
Quante
volte aveva suonato il piano per me sola?
Infinite
volte. Non avrei davvero potuto quantificarle.
-
Bella? Tu non mi stai ascoltando!
Lo
sguardo profondo di Emmet aveva colto la mia
malinconia. Forse attribuendola soltanto all’imminente
partenza.
-
E’ vero, scusami. Mi ero distratta un attimo.
-
Un po’ movimentate, per te, le ultime ventiquattro ore,
giusto?
Sapeva
esattamente come mi potevo sentire… la mia uscita
con i compagni, il ritorno di Edward, questo viaggio inaspettato;
decisamente
avevo buoni motivi per essere turbata.
-
Già… farò il possibile per
sopravvivere…
Mi
aveva leggermente spintonato con la spalla, regalandomi
uno sguardo a metà tra l’ammirato e
l’affettuoso.
-
Sei una vera guerriera, sorellina. Meriti pienamente il
posto che hai tra di noi.
Doveva
essere stato davvero un ragazzo semplice, ma dal
cuore immenso. Questo pensava di lui, Rosalie, e questo mi aveva detto
quando
per la prima volta mi aveva parlato di lui non come
“sorella”, ma come Rosalie
innamorata di Emmet.
Lo
aveva fatto non più di un anno e mezzo fa, dopo che tra
me e lui c’era stata una violenta litigata. Lo avevo
aggredito con parole
durissime, quasi cattive. Lo volevo ferire, e ci ero riuscita
perfettamente
quando al culmine della mia rabbia, gli avevo detto che era solo
veramente
carne morta: niente cervello, niente emozioni, niente sentimenti, carne
morta
appunto.
Non
ricordavo nemmeno più la causa del nostro litigio,
forse ancora cercavo ogni scusa per sfogare quella rabbia che avevo
dentro, e
che sapevo in realtà da cosa fosse scatenata.
Edward,
la sua assenza, il suo vivere comunque senza di
me.
Emmet
si era come sgonfiato di colpo. Le sue spalle
massicce erano ricadute in avanti, i pugni si erano decontratti, gli
occhi
erano diventati quasi vitrei.
Tutta
la rabbia di poco prima, quando era arrivato a
sovrastarmi minacciosamente, si era ritirata come la più
veloce delle maree.
Se
ne era andato subito dopo, lasciando uno spazio vuoto a
segno della ferita che gli avevo inferto.
Rosalie
aveva riempito quel vuoto qualche minuto dopo,
parandosi di fronte a me, altrettanto ferita e dispiaciuta.
Mi
aveva preso per mano, facendomi sedere sul divano
accanto a lei, ed aveva iniziato il suo lungo discorso su Emmet proprio
con
quella frase "Sai
Bella, sono sicura che Emmet sia stato un ragazzo
semplice, ma dal cuore immenso".
-
Ti voglio bene, Emmet.
Non
lo aveva guardato direttamente in viso, forse per
paura che quelle lacrime trovassero davvero il modo di sgorgare, ma
glielo
avevo detto con tutto il bene che sentivo di volergli.
Non
avevo potuto dire di lui una cosa più falsa come quel
"carne morta" che gli avevo gridato in faccia.
-
Ehi, saremo mica in qualche reality show
strappalacrime... dove sono le telecamere?
Aveva
capito davvero il mio momento difficile, e senza
parlarne apertamente, riusciva comunque ad essermi vicino.
Così
era Emmet, e così lo avrei voluto per sempre.
-
Si saranno rotte tutte non appena sei entrato. Con la
faccia che ti ritrovi...
-
Molto spiritoso, mister "sono bello solo io".
Jasper
si era materializzato davanti a noi, osservando
anche lui il mio piatto di lasagne come se fosse un orrido intruglio in
grado
di ucciderlo.
-
Mancanza di appetito, Bella, o proprio quella lasagna ti
ha fatto qualcosa?
Avevo
abbassato lo sguardo sul piatto e mi ero accorta di
come l'avessi pasticciata, rendendola davvero una specie di poltiglia
informe.
-
Poco appetito. La lasagna è innocente.
Mi
aveva sorriso ed immediatamente una sensazione
piacevole si era fatta strada dentro di me. Sapevo a cosa fosse dovuto
quell’improvviso benessere, ma non avevo avuto da ridire a
differenza di altre
volte.
-
Ehi, Jasper, vacci piano. O presto tutta Forks sarà
invasa da un'orda di gente felice e spensierata!
La
sensazione di stare meglio non se ne era andata del
tutto, ma di certo Jasper aveva limitato il suo potere empatico davanti
al
sottile rimprovero di Emmet.
-
Non dovresti lamentarti, Em. Forse sarebbe la volta
buona che troverebbero simpatico anche te.
-
Senti un pò, damerino dei miei stivali...
Emmet
aveva cercato di afferrare Jasper, ma lui era già
sulla soglia della cucina. Da lì, strizzandomi l'occhio,
aveva invitato
entrambi a venire in salotto: i nostri genitori erano pronti per
salutare e
partire per il loro viaggio.
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
Ero
riuscita a non piangere, mentre abbracciavo prima Esme
e poi Carlisle. La sensazione che qualcosa sarebbe cambiato per sempre,
era
stata mitigata solo in parte dai loro sorrisi affettuosi.
Per
un attimo, avevo incrociato lo sguardo di Edward,
scorgendo anche nel suo un'ombra di preoccupazione. Poi lo aveva
riportato su
Carlisle, che stava rinnovando a tutti loro "fratelli" l'invito a
prendersi cura di me in loro assenza.
Vedendoli
varcare la soglia di casa, insieme a Jasper ed
Emmet, ero stata tentata di aggregarmi a loro, per non rimanere sola
con
Edward.
Poi,
proprio l'idea che la mia richiesta avrebbe rivelato
quanto fossi agitata, mi aveva fatto desistere.
Non
appena la porta si era richiusa, lo avevo informato
che avevo da finire un compito per l'indomani e che sarei andata in
camera mia
a studiare. Lui si era limitato ad annuirmi, informandomi che se avessi
avuto
bisogno, lo avrei trovato lì, in salotto.
Così,
mi ero rifugiata nella mia stanza. Sdraiata sul
letto, il libro di letteratura abbandonato accanto a me, era da
più di un'ora
che non riuscivo però a pensare ad altro, se non a lui.
Lo
immaginavo in salotto. Vedevo le sue mani prendere
un libro, impugnare una penna, o magari rimanere semplicemente
rilassate.
Mi
ero girata a pancia in sotto, le braccia infilate sotto
il cuscino, e la faccia sprofondata nella sua morbidezza.
Perchè
non riuscivo ad odiarlo come avrei voluto?
Perchè dovevo stare male così? Perchè
il mio corpo lo desiderava in maniera
quasi dolorosa?
Perchè
ero una stupida, un'illusa, una patetica umana
innamorata dell'impossibile.
Perchè
Edward rimaneva un sogno proibito, da fare in
notti tormentate come quella appena passata.
E
come quella a venire, perchè ero certa che non sarei
riuscita a dormire.
Poi
un lieve bussare mi aveva fatto sobbalzare e scattare
seduta, lo sguardo fisso sulla porta.
-
Bella?
Il
cuore aveva
ignorato il mio ordine, ed aveva perso un battito.
-
Posso entrare un attimo?
No!No!No!No!
-
Vieni pure.
Anche
la mia voce
aveva ignorato l'ordine impartitogli dal mio cervello. Edward era
entrato, rendendo improvvisamente più piccola la mia stanza.
Mi sembrava quasi
che l'aria fosse venuta improvvisamente a mancare.
-
Come va?
Come
se stessi per soffocare.
-
Bene... ho quasi finito.
Avevo
ripreso il libro prima che entrasse, nella speranza
che credesse fossi impegnata nello studio.
-
Davvero?
Il
suo sguardo mi aveva indotto a seguirne la direzione e
mi ero sentita gelare: impugnavo il libro aperto, ma capovolto. Lo
avevo
immediatamente rimesso giù, come se mi avesse colto in
flagrante reato.
-
Veramente stavo... stavo facendo...una... pausa.
Si
era avvicinato al letto, lentamente, entrando nel cono
di luce che proiettava la lampada sul mio comodino. Avevo potuto
vederlo meglio
in viso, e istintivamente avevo incrociato le braccia, come a voler
mettere uno
scudo tra di noi.
Non
gli era sfuggito, ovviamente, quel mio gesto.
Si
era appoggiato alla colonna del letto, le mani in tasca,
lo sguardo puntato su di me.
-
Posso approfittarne, allora, per chiederti se hai voglia
di parlare un pò con me?
Nei
suoi occhi non c'era traccia di imbarazzo, o di
incertezza. Traspariva una calma, una sicurezza, una
serenità che non poteva
essere più lontana dalla confusione e dall' insicurezza che
provavo io.
Forse
perchè entrambi eravamo coscienti dei nostri
sentimenti reciproci.
I
suoi immutati nei miei confronti, i miei così diversi e
travolgenti.
-
Mi sono mancate molto le nostre chiacchierate a fine
giornata.
Non
avrebbe
potuto colpirmi più duramente di come aveva fatto con quelle
parole.
-
Perchè non riesco a crederci, Edward?
Sincerità.
Era
venuta da se, senza che io potessi filtrarla in un sarcasmo
più pungente.
-
Lo so che ti è difficile crederlo, dato che non te l'ho
mai detto prima, ma …
-
Sarà perchè mi hai parlato a malapena in questi
tre
anni?
Rabbia.
Ecco
cosa stava montando dentro di me, portandomi ad interromperlo
bruscamente. La
sapevo riconoscere, l'avevo provata molte volte solamente immaginando
di poter
parlare con lui, come stavo facendo in quel momento.
-
Non è stato facile per me, ma avevi bisogno di tempo.
Speravo ti avrebbe aiutato a capire che...
-
Senti Edward, forse è meglio se lasciamo stare questa
conversazione.
Dolore.
Mischiato
alla rabbia, sapevo che sarebbe potuto diventare un mix altamente
pericoloso.
-
Prima o poi dovremo parlarne. Non voglio perderti per
sempre.
-
Avresti dovuto pensarci prima! Prima di andartene come
il più vile tra i codardi, senza una parola, o un saluto!
Non
ero più riuscita a restare seduta, ero scesa
dall'altra parte del letto, forse per mettere una distanza ancora
maggiore tra
noi.
-
Adesso è troppo tardi per ricucire qualcosa che... che
credevo perfetto.
Lo
pensavo
ancora: che tra me e lui sarebbe potuto essere tutto perfetto. Un
incontro di
anime, emozioni, corpi. Con nessun altro mi ero sentita come con lui,
l'unico
posto al mondo dove avrei voluto sempre essere: tra le sue braccia.
-
Io non sono perfetto, Bella. Soprattutto... non lo sono
per te.
Oh
sì, che lo era. Anche adesso che affermava il
contrario, sentivo che era così.
E
la rabbia era esplosa del tutto, riversandosi fuori di
me come lava in grado di fare terra bruciata al suo passaggio.
-
E' così che pensavi di liquidare la
"faccenda"? Di liquidare me? Con una frase degna del miglior film
melodrammatico?
Non
aveva reagito alla rabbia sempre più palesata dal mio
tono di voce e dalla mia postura rigida.
-
Pensavi che sarebbe stato sufficiente a giustificare
tutto il male che mi hai fatto privandomi del tuo affetto, della tua
presenza?
Gettandomi sulle spalle anche il peso di essere stata la causa del tuo
allontanamento
dalla famiglia?
-
Tu non hai nessuna colpa. L'unico colpevole sono io, per
aver lasciato che accadesse, per non aver semplicemente pensato che
potesse
accadere...
Il
suo dispiacere aveva dato il colpo finale al mio già
precario equilibrio.
-
Tranquillo, Edward! Se qui c’è una colpevole,
quella
sono solo io!
Alla
fine ero esplosa, come fossi stata davvero un vulcano
che non riusciva più a contenere il magma di dense emozioni
che si agitavano
dentro di me.
-
Io, che sono stata così stupida da innamorarmi di
qualcuno che non esiste, che non è mai esistito!
Come
una furia stavo raccattando scarpe, giubbotto, zaino,
sparsi per la mia camera.
-
Io, che credevo di conoscerti, di sapere quanto
davvero contassi per te.
Non
sapevo più se stavo gridando contro di lui o contro me
stessa, sapevo solo che non potevo fermarmi, che avrei dovuto riversare
fuori
quella mia rabbia, anche a costo di pentirmene per sempre.
-
Io, che ho aspettato tutti questi anni dicendomi “vedrai
che oggi ti chiamerà, e ti chiederà scusa per
averti ferita così, ti dirà che
ti vuole bene, che gli manchi immensamente”. E intanto andavo
avanti, cercavo
di essere felice, di vivere una vita che avesse senso.
Non
lo avevo più guardato negli occhi, se non ora che ero
pronta a troncare quell’assurda speranza che mi aveva
sostenuta in questi tre
anni.
Non
lo so come avrei fatto, ma era necessario che
riprendessi davvero il controllo della mia vita prima che fosse
irrimediabilmente tardi.
-
E sai cosa ho capito? Che devo cercare di farlo
veramente. Devo cercare di essere felice anche senza di te.
Avevo
inspirato profondamente, per cercare di calmare quei
battiti furiosi che rischiavano di soffocarmi.
-
Perciò, da questo momento in poi, Edward, non dovrai
più
preoccuparti di me, di quello che provo o non provo per te. Tornerai ad
essere
il mio “fratello” preferito e io la tua
“pulce fastidiosa”. Vivremo come
abbiamo sempre fatto, condividendo tutto, senza però mai
farlo veramente.
Sentivo
che le lacrime erano lì, sull’orlo delle ciglia,
perciò già visibili a quello sguardo non umano
che non mi abbandonava un
attimo.
-
Perché ci sono sempre stati dei limiti tra di noi, solo
che io non li avevo mai visti chiaramente come li vedo ora che sei
tornato.
Era
rimasto perfettamente immobile, aveva persino smesso
di fingere di respirare.
-
Sono sempre stata la piccola, fragile umana che avrebbe
smesso di esistere un giorno. Qualcuno che ti avrebbe accompagnato per
un breve
periodo, forse un piacevole diversivo in un’esistenza
diversamente noiosa,
immutabile. Qualcuno a cui volere bene, senza smettere di dimenticare
che non
sarebbe mai stata abbastanza per lui.
C’era
ancora una parte di me che lo stava pregando
di fermarmi, di abbracciarmi e di dirmi che stavo sbagliando tutto, che
non
potevo essere più lontana dalla verità.
-
Bella, è meglio che tu non esca in queste
condizioni…
uscirò io.
Vederlo
ricoprire immediatamente il ruolo che gli avevo di
nuovo offerto, quello del fratello maggiore responsabile, maturo, era
stato
come un colpo di mannaia: deciso, rapido, ma non indolore… oh, quello di
certo no!
-
Non ti preoccupare, non ho nessuna intenzione di fare
qualche sciocchezza.
Avevo
infilato lo zaino in spalla, dirigendomi verso la
porta.
Ti
prego, ti prego, ti prego, non lasciarmi uscire da
questa stanza.
-
Ho solo bisogno di un po’ d’aria… solo
questo.
Ero
riuscita ad arrivare sino all’imbocco delle scale
prima che le lacrime iniziassero ad offuscarmi la vista.
Sino
alla porta d’ingresso prima che i singhiozzi
iniziassero a scuotermi dal profondo.
A
mettere in moto il furgoncino e avviarlo lentamente,
prima di maledire con tutte le mie forze quel destino che mi aveva
riservato
una sofferenza così grande.
A
raggiungere la statale ed immettermi, senza che lui
avesse fatto nulla per farmi credere che le cose tra di noi non fossero
come le
avevo appena esposte.
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
Avevo
guidato per più di un’ora senza una vera meta,
solo
sfogando quel pianto che mi lacerava nel corpo e nell’anima.
Avevo
rinunciato ad Edward, ora dovevo scendere a patti
con questa mia stessa decisione.
Ad
un certo punto mi ero ritrovata su una strada piuttosto
tortuosa, roccia viva alla mia destra, uno strapiombo scosceso e il
mare alla
mia sinistra.
Avevo
guidato sino a che una rientranza non mi aveva
permesso di accostare e fermarmi.
La
luna aveva fatto capolino da uno squarcio tra le nubi,
riflettendosi in una striscia luminosa sul mare.
Uno
spettacolo troppo raro, perché non riuscisse ad
attirare la mia attenzione pur nello stato in cui ero.
Avevo
attraversato la strada, superato il guardrail, e mi
ero incamminata sul piccolo promontorio che si interrompeva a picco sul
mare.
Sotto
di me, in un ribollire di schiuma bianca, le onde si
infrangevano rabbiose.
Dentro
di me, non
c’era più spazio per nulla, nemmeno per la rabbia
che avevo provato sino a poco
tempo prima.
Ero
lì, semplicemente immobile a godermi uno spettacolo
imprevisto, in un momento in cui pensavo che niente avrebbe potuto
rompere la
bolla di dolore in cui mi sentivo avvolta.
Sotto
di me, forse ad una decina di metri, il mare
mostrava la sua forza infrangendosi senza sosta contro la montagna.
Ma
mi bastava spostare lo sguardo solo un poco più avanti,
per ritrovare una calma perfetta illuminata da quella luce bianca che
si
perdeva sulla linea dell’orizzonte.
Era
così la vita umana?
Tutto
un ribollire di sentimenti fugaci, destinati a
perdersi solo poco dopo?
Era
questo che Edward sapeva, perché immortale, e io
no?
Lui
sapeva che il mio amore sarebbe durato il tempo di
un’onda ribelle, destinato ad infrangersi davanti al primo
ostacolo?
Era
questo che dovevo comprendere, per andare avanti?
Che
quello che adesso mi sembrava impossibile, ossia smettere di amarlo,
sarebbe
accaduto invece?
Avevo
fatto un passo ancora avanti, ormai quasi sul
limitare del precipizio.
Lì,
il vento si era fatto più forte, come se fosse
generato dalla violenza di quella lotta furiosa, poco più
sotto, tra mare e
roccia.
-
Non sono nemmeno sicuro che tu possa farlo qui, dato che
“di fatto” sei una Cullen e qui non ci potresti
nemmeno stare.
La
voce, bassa e profonda, mi aveva colto assolutamente di
sorpresa, facendomi sobbalzare violentemente.
Mi
ero sentita mancare la terra sotto i piedi per un
attimo che mi era sembrato lunghissimo.
Un attimo in cui mi ero vista precipitare e scomparire in
quel
ribollire di spuma.
Ma
non era successo, perché una mano forte, bollente, mi aveva
stretto per il
polso, riportandomi al sicuro, lontano dal precipizio.
Ero
andata a sbattere contro qualcosa di solido, ma non duro.
Muscoli
definiti, sotto una pelle morbida e bollente, come
la mano che mi
teneva ancora per il polso.
-
E adesso, con te, che ci devo fare?
Ero
totalmente incapace di fare altro, se non rimanere
muta davanti a quel ragazzo gigantesco che mi teneva ancora
prigioniera
nella sua stretta.
Mi
sembrava persino più alto e massiccio di Emmet, il che
mi sarebbe parso impossibile prima di questo momento.
-
Forse dovrei portarti davanti al Consiglio… e lasciare
che siano loro a decidere... in fondo non fai proprio parte
dell’accordo.
I
suoi occhi, neri
e ardenti,
sembravano assorbire
il colore della notte stessa.
-
O forse, dovrei lasciarti fare quello che stavi facendo…
Questo
mi aveva finalmente riscosso.
Io
non avevo nessuna intenzione di saltare, era lui che
mi aveva fatto quasi rischiare di precipitare spaventandomi con il suo
arrivo!
-
Lasciami andare!
Ero
pronta a lottare per liberarmi dalla sua presa, anche
se cosciente che non avrei avuto molte possibilità, ma non
ce n’era stato
bisogno.
Mi
ero ritrovata libera di fare qualche passo indietro,
lontana da lui, e libera di cogliere davvero quanto il suo fisico fosse
imponente.
Ma
chi diavolo era? E cosa aveva detto a proposito di
noi Cullen?
-
Ehi, calma ragazzina! Guarda che sei tu ad essere in
territorio ostile!
Territorio
ostile? Ma cosa stava farneticando? Che avessi
incontrato davvero uno squilibrato?
Però
uno squilibrato che conosceva la mia famiglia e me.
E
forse anche troppo bene.
Perché,
passato lo shock iniziale, avevo messo a fuoco in
particolare le sue parole “in fondo non fai proprio parte
dell’accordo”.
Un
campanello d’allarme era squillato forte e chiaro
dentro la mia testa.
Non
si viveva con dei vampiri, senza sviluppare un sesto
senso per tutto ciò che aveva a che fare con il
sovrannaturale.
-
Ah, vedo che qualcosa inizia a funzionare in quella
testolina…
Doveva
essersi accorto dalla mia espressione che mi ero
ripresa dallo spavento, rimettendo in moto i pensieri.
-
Chi sei?
Alla
mia legittima domanda era scoppiato in una vera e
propria risata, mettendo in mostra una fila di denti bianchissimi.
-
Mi chiedi chi sono?
Ancora
rideva, piegato leggermente su se stesso.
-
Sei una Cullen… e mi chiedi chi sono?
Dovevo
essere impazzita per essere ancora lì, davanti a
quello sconosciuto, anziché essere già diretta
verso il furgoncino, e poi verso
casa.
A
chiedere
spiegazioni sul perché un indiano alto quasi due metri e
tutto muscoli, mi
stesse accusando di aver invaso il suo territorio, minacciandomi di
portarmi
davanti ad un ipotetico “consiglio” per decidere il
da farsi.
-
Sì, ti chiedo chi sei, dal momento che tu conosci me e
la mia… famiglia.
-
Vorrai dire “succhiasangue”, famiglia è
un concetto non
applicabile a quelli della loro razza.
Era
stato puro istinto quello che mi aveva indotto a
colmare la breve distanza che mi separava da lui e colpirlo con uno
schiaffo in
pieno viso.
Il
dolore era esploso violento, lasciandomi a boccheggiare
in cerca di aria per placare le fitte che mi attraversavano la mano
sempre più
rapidamente.
-
Cazzo! Mi hai rotto una mano!
Stavo
tentando di reagire al dolore, ma sentivo le gambe
diventare sempre più deboli.
-
La mano te la sei rotta da sola, grazie alle tue buone
maniere... e lasciati aiutare, altrimenti finisce che ti rompi anche
qualcos’altro!
Aveva
passato un braccio intorno alla mia vita, per
sopperire alle mie gambe che avevano deciso di non sorreggermi
più,
effettivamente impedendomi di cadere lunga distesa.
-
Hai bisogno di andare in ospedale... ti ci accompagno
io, di certo non puoi guidare.
-
Te lo scordi! Con te non vengo da nessuna parte!
Avevo
quasi ringhiato fuori le parole, i denti stretti dal
dolore.
-
Tranquilla, non ti morderò... ho deciso che non hai violato
nessun accordo.
Mi
aveva sollevato tra le braccia senza il minimo sforzo,
proprio come se fossi stata una piuma in balia del vento.
Se
anche avessi protestato, credo mi avrebbe ignorata. E
poi, il calore che emanava il suo corpo, stava agendo su di me quasi
fosse
stato un calmante naturale.
Era
riuscito, infatti, a placare in parte il tremore
provocato dalla sorpresa per il nostro strano incontro e dal dolore
alla mano.
Mi
aveva deposto delicatamente sul sedile, poi aveva preso
posto dietro al volante.
-
Stai ancora tremando... vieni, appoggiati a me.
Avevo
deciso che era stato il dolore, e la confusione del
momento, a spingermi ad accettare quell'invito così intimo.
Mi
ero di nuovo appoggiata a lui, la testa sulla sua
spalla, avvolta in poco tempo da quel calore bruciante e speziato.
Un
profumo che mi aveva ricordato quello che sentivo anche
sui miei familiari quando tornavano dalla caccia: legno, terra bagnata,
muschio... l'odore del bosco, della natura selvaggia.
-
Me lo dici, adesso, chi diavolo sei?
Non
li avevo visti, perchè tenevo i miei chiusi, ma li
avevo sentiti i suoi occhi, neri ed ardenti, posarsi su di me.
-
Jacob Black e appartengo alla tribù dei Quileute.
Lo
aveva pronunciato con la fierezza tipica di chi aveva radici
affondate in un passato tanto solido da non temere nulla.
Neanche
dei vampiri.
-
E sono uno dei Guardiani della riserva.
Spoiler
3 Capitolo
L'infermiera
aveva lasciato entrare Edward, non senza
riservargli un'occhiata ammirata.
Segno
che alla "bellezza" dei Cullen non ci si
poteva assuefare, nemmeno se ci lavoravi a stretto contatto tutti i
giorni.
Infatti,
mentre il medico di turno si occupava della mia
fasciatura alla mano, lei si era premurata di dirmi che conosceva bene
mio
padre, e che era un vero piacere lavorare con lui.
Ero
sicura della sua buonafede, dato che non era poi così
giovane, ma indubbiamente rimaneva pur sempre una donna sensibile al
fascino
irresistibile di un vampiro.
Tutto,
nella loro natura, era destinato ad ammaliare le proprie
vittime: bellezza, sguardo, voce.
L'espressione
che aveva ora Edward, un misto di rabbia e
preoccupazione, rendeva ancora più attraente il suo viso.
Un
angelo dannato.
Una
volta, leggendo uno sciocco romanzo rosa il cui
protagonista era proprio un vampiro, era così che l'autrice
lo aveva descritto.
E
guardandolo fissarmi così cupo, sicuramente in attesa di
rimanere soli per sapere che cosa mi era successo realmente, poteva
anche
esserlo un angelo dannato.
E
se solo me lo avesse chiesto, ero certa che l'avrei
seguito in qualsiasi inferno fosse stato condannato ad abitare.
-
Ciao, Edward.
-
Buonasera Dott. Davenport.
-
Stavo finendo di spiegare a Bella che, fortunatamente,
non si tratta di una frattura vera e propria, ma più di
un'incrinazione del
metatarso. Infatti, è bastata una fasciatura rigida.
Dovrà tenerla per quindici
giorni circa.
Stava
ascoltando attentamente il collega di Carlisle, ma
sapevo che questo non gli avrebbe impedito di rimanere concentrato
anche su di
me.
E
non mi era sfuggito come un'espressione di lieve disgusto
gli avesse irrigidito i lineamenti.
Cosa
significava? Cosa lo stava infastidendo così tanto in
quello che diceva il Dott. Davenport?
Ero
confusa, oltre che agitata all'idea di come avrebbe
reagito nel sapere chi, e perchè, mi aveva procurato quella
piccola incrinatura
alla mano.
-
... però, credo che tuo padre potrà
tranquillamente
occuparsi del tuo decorso... anzi, credo lo possa fare con la
più assoluta
competenza!
Ci
eravamo sforzati entrambi di sorridere alla battuta del
Dott. Davenport, ovviamente ignaro del dialogo muto tra me ed Edward,
fatto di
occhiate assai espressive.
-
Veramente, Carlisle nei prossimi giorni non sarà qui a
Forks...
-
Oh, non lo sapevo! Bè, allora non esitare a venire da
me, Bella, per qualsiasi cosa dovessi aver bisogno.
-
Certamente, dottore. La ringrazio, è stato molto
gentile.
-
Figurati! Mi spiace, piuttosto, per la tua caduta.
-
Già... una piccola disattenzione.
Un
leggero bussare aveva introdotto una nuova infermiera
che aveva comunicato al dottore che c'era bisogno di lui con urgenza
per un
altro caso.
Così
mi aveva rinnovato l'invito a rivolgermi a lui finchè
non fosse tornato Carlisle, poi ci aveva salutati entrambi, dicendoci
di
prendercela pure con calma, che quell'ambulatorio per il momento non
sarebbe
più servito.
Forse
aveva capito che Edward non aspettava altro che di
rimanere soli, per potermi parlare.
-
Hai un'idea di quanto tu ci abbia fatto preoccupare! Di
come si sia sentita Alice nel “vedere” che saresti
finita in ospedale? Ti ho
cercato nell’ultima mezz’ora come non ho mai
cercato nessuno in vita mia!
Quando mi ha chiamato l’ospedale mi sono sentito persino sollevato nel sapere che ti eri rotta
solo una mano!
Praticamente
mi aveva inchiodato al lettino su cui ero
seduta, il viso a pochi centimetri dal mio.
Una
vera e propria tempesta si agitava in quegli occhi
dorati.
Ma
anch’io avevo
i miei motivi per essere arrabbiata non solo con lui, ma anche con il
resto
della famiglia.
-
E tu hai un'idea di come mi sia sentita io a scoprire un
altro "piccolo" vostro segreto? Che c’era qualcuno che sapeva
di me e
di… voi,
qui a Forks?
Non
mi ero lasciata sopraffare dalle emozioni violente che
mi aveva scatenato la sua vicinanza. C’ero riuscita rimanendo
concentrata su
quanto mi ero ripromessa di fare: scoprire perchè non mi
avevano parlato della
riserva e del patto che c'era tra loro e i Quileute.
Per
un attimo, breve
ma indimenticabile, dopo
le mie parole avevo visto
solo il vampiro in lui.
Qualcosa
di assolutamente istintivo e bestiale,
prima che la ragione tornasse a prevalere.
Doveva
essersene accorto anche lui, perchè si era
allontanato di colpo, passandosi una mano sul viso, come a voler
cancellare
quell'attimo.
-
Non c'era motivo di pensare che... che avresti mai
incontrato uno di "loro".
Così
era vero! C'erano ancora dei segreti tra me e loro.
-
Come fai a sapere che...
-
La puzza, Bella. Hai addosso un odore che è
inconfondibile per noi.
Ecco
il perchè di quel disgusto.
-
Adesso, vuoi spiegarmi che cosa ci facevi alla riserva,
come ti sei fatta male e … soprattutto perché uno
di “loro” ti ha accompagnato
in ospedale?
Come
aveva fatto a sapere che era stato Jacob ad
accompagnarmi?
La
risposta era
arrivata subito, probabilmente perché aveva visto la mia
sorpresa nel
sentirmelo chiedere.
-
La guardia all'ingresso... ha pensato fosse meglio
informarmi che ti ha visto scendere dal furgoncino con un tipo poco
raccomandabile... per la precisione "un indiano enorme, che indossava
solamente un paio di
pantaloncini".
Mi
era sembrato di risentire la pelle bollente di Jacob,
quel calore che era penetrato attraverso i vestiti, avvolgendomi
totalmente.
-
Bella, mi sto sforzando di non fare qualcosa di
avventato... tipo andarlo a cercare e chiedere spiegazioni a lui...
puoi
rispondermi, per cortesia?
|
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Capitolo 4 *** Capitolo 3 ***
Buongiorno!
Siccome sono riuscita a scrivere parecchio nel week, ho deciso di
festeggiare anticipando la pubblicazione del nuovo capitolo. Questo per
dire che non sempre passeranno così pochi giorni tra un
capitolo e l'altro, ma magari massimo una settimana come
precedentemente già detto.
Poi ci tengo a ringraziare
davvero tutte voi lettrici, perchè i numeri nelle
preferite/ricordate/seguite continuano a crescere in maniera
vertiginosa.
Grazie di
cuore, cercherò di non deludervi!
Alla prossima.
BF
Sto venendo a prenderti
il mio corpo ha fame
Sto venendo a prenderti
come un drogato
Non riesco a fermare
il mio desiderio
Non sto aspettando
pazientemente
C’è solo un modo per calmare
la mia anima
C’è solo un modo
"Soothe my Soul - Depeche Mode"
L'infermiera aveva lasciato entrare Edward, non senza
riservargli un'occhiata ammirata.
Segno
che alla bellezza dei Cullen non ci si poteva
assuefare, nemmeno se ci lavoravi a stretto contatto tutti i giorni.
Infatti,
mentre il medico di turno si occupava della mia
fasciatura alla mano, lei si era premurata di dirmi che conosceva bene
mio
padre, e che era un vero piacere lavorare con lui.
Ero
sicura della sua buonafede, dato che non era poi così
giovane, ma indubbiamente rimaneva pur sempre una donna sensibile al
fascino
irresistibile di un vampiro.
Tutto,
nella loro natura, era destinato ad ammaliare le
proprie vittime: bellezza, profumo, voce.
L'espressione
che aveva ora Edward, un misto di rabbia e
preoccupazione, rendeva ancora più attraente il suo viso.
Un
angelo dannato.
Una
volta, leggendo un mieloso romanzo rosa il cui
protagonista era proprio un vampiro, era così che l'autrice
lo aveva descritto.
Nel
guardarlo fissarmi così cupo, sicuramente in attesa di
rimanere soli per sapere che cosa mi era successo, poteva sembrarlo
davvero un
angelo dannato.
Se
solo me lo avesse chiesto, ero certa che l'avrei
seguito in qualsiasi inferno fosse stato condannato ad abitare.
-
Ciao, Edward.
-
Buonasera Dott. Davenport.
Il
saluto tra loro due era stato cordiale, anche se lo
sguardo di Edward era rimasto minaccioso.
-
Stavo finendo di spiegare a Bella che, fortunatamente,
non si tratta di una frattura vera e propria, ma più di
un'incrinatura del
metacarpo. Infatti, è bastata una fasciatura rigida.
Dovrà tenerla per quindici
giorni circa.
Stava
ascoltando attentamente il collega di Carlisle, ma
sapevo che questo non gli avrebbe impedito di rimanere concentrato
anche su di
me.
Anch’io non
riuscivo a distogliere lo sguardo da lui, ed avevo notato che per un
attimo la
sua espressione era mutata in una smorfia di profondo disgusto, prima
di
tornare tesa e cupa.
Cosa
significava? Cosa lo aveva infastidito così tanto in
quello che stava dicendo il Dott. Davenport?
Ero
confusa, oltre che agitata all'idea di come avrebbe reagito
nel sapere chi, e per quale motivo, mi aveva procurato il mio piccolo
incidente.
-
Però, Bella, credo che vostro padre potrà
tranquillamente occuparsi del tuo decorso... anzi, credo lo possa fare
con la
più assoluta competenza!
Ci
eravamo sforzati entrambi di sorridere alla battuta del
Dott. Davenport, ovviamente ignaro del dialogo muto tra me e mio
“fratello”, fatto
di occhiate assai espressive.
-
Veramente, Carlisle nei prossimi giorni non sarà qui a
Forks.
- Oh,
non lo sapevo! Bè, allora non esitare a venire da
me, Bella, per qualsiasi cosa dovessi aver bisogno.
-
Certamente, dottore. La ringrazio, è stato molto
gentile.
-
Figurati! Mi spiace, piuttosto, per la tua caduta.
-
Già... una piccola disattenzione.
Un
leggero bussare aveva introdotto una nuova infermiera
che aveva comunicato al dottore che c'era bisogno di lui con urgenza
per un
altro caso lì al pronto soccorso.
Così
mi aveva rinnovato l'invito di rivolgermi a lui
finchè non fosse tornato Carlisle, prima di salutarci e
dirci di prendercela
pure con calma, dato che lo attendevano in un altro ambulatorio.
Forse
aveva capito che Edward non aspettava altro che di
rimanere solo con me, per potermi parlare liberamente di quello che mi
era
successo.
Aveva
intuito bene, perché non appena si era richiuso la
porta alle spalle, mi ero praticamente ritrovata inchiodata al lettino
su cui
ero seduta, con il viso di Edward a pochi centimetri dal mio.
- Hai
un'idea di quanto tu ci abbia fatto preoccupare! Di
come si sia sentita Alice nel “vedere” che saresti
finita in ospedale?
Dannazione, Bella, ti ho cercato nell’ultima
mezz’ora come non ho mai cercato
nessuno in vita mia! Quando mi ha chiamato l’ospedale mi sono
sentito persino sollevato
nel sapere che ti eri rotta soltanto una mano!
Una
vera e propria tempesta si agitava nei suoi occhi
dorati.
Ma
anch’io avevo i miei motivi per essere arrabbiata, e
non solo con lui, ma anche con il resto della famiglia.
- E
tu hai un'idea di come mi sia sentita io a scoprire un
altro "piccolo" vostro segreto? Che c’era qualcuno che sapeva
di me e
di… voi?
Non
mi ero lasciata sopraffare dalle emozioni violente che
mi aveva scatenato la sua vicinanza. C’ero riuscita rimanendo
concentrata su
quanto mi ero ripromessa di fare: scoprire perchè non mi
avevano parlato della
riserva e del patto che avevano stretto con i Quileute.
Per
un attimo, breve ma intenso, davanti alla mie
accuse avevo visto solo il vampiro in lui, la sua
parte più… istintiva e
bestiale.
Doveva
essersene accorto anche lui di quello che era
trapelato, perchè si era allontanato di colpo, passandosi
una mano sul viso,
come a voler cancellare quell'attimo.
- Non
c'era motivo di pensare che... che li avresti mai
incontrati.
Così,
era vero, c'erano ancora dei segreti.
-
Come fai a sapere che ho incontrato qualcuno?
- La
puzza, Bella. Hai addosso un odore che è
inconfondibile per noi!
Ecco
il perchè di quel disgusto.
-
Adesso, vuoi spiegarmi che cosa ci facevi alla riserva,
come ti sei fatta male e … soprattutto perché uno
di “loro” ti ha accompagnato
in ospedale?
Come
aveva fatto a sapere che Jacob mi aveva
accompagnato?
La
risposta era arrivata subito, probabilmente perché
aveva visto la mia sorpresa nel sentirmelo chiedere.
- La
guardia all'ingresso... ha pensato fosse meglio
informarmi che ti ha visto scendere dal furgoncino con un tipo poco
raccomandabile.
Le sue esatte parole sono state "un indiano enorme,
dall’aria
minacciosa, che indossava solamente un paio di pantaloncini".
Mi
era sembrato di risentire la pelle bollente di Jacob,
quel calore che era penetrato attraverso i vestiti, avvolgendomi
totalmente.
-
Bella, te lo giuro, mi sto sforzando di non fare
qualcosa di avventato... tipo andarlo a cercare e chiedere spiegazioni
a lui...
puoi rispondermi, quindi, per cortesia?
C'era
una parte di me, quella che non avrebbe mai voluto
dire ad Edward che sarebbe tornato ad essere solo un fratello per me,
che
premeva per non rispondere a quella domanda.
Lo
avrebbe voluto lasciare nell'incertezza, forse
spingerlo a fare qualcosa di veramente avventato, per vederlo di nuovo
totalmente coinvolto da me, dalla mia vita.
Ma
sapevo anche quanto sarebbe stato rischioso per lui:
Jacob mi aveva chiaramente spiegato che qualsiasi sconfinamento dei
Cullen
"succhiasangue" nella riserva, avrebbe scatenato una loro reazione
violenta.
Così
mi ero decisa a rispondere, mettendo a tacere la
parte di me ancora arrabbiata.
- Non
mi sono resa conto che guidando ero finita nella
riserva. Poi mi sono fermata perchè dalle nuvole
all’improvviso è sbucata la
luna, si rifletteva sul mare e...
E
pensare a te era così doloroso, e quel momento
sembrava così perfetto per cercare di dimenticare…
- ...
è stato impossibile non fermarsi ad ammirare uno
spettacolo così bello... solo che poi, all'improvviso,
è comparso Jacob…
Mi
ero interrotta, perché non era stato frutto della mia
immaginazione, Edward aveva ringhiato
come solo poche volte mi era capitato di sentirlo fare.
-
Continua, Bella, continua a parlare....
Avevo
sentito un'urgenza strana nella sua voce, qualcosa
che non riuscivo a definire: era arrabbiato con me o per il fatto che
avessi
incontrato uno di “loro”?
-
Bè, lui mi ha chiesto cosa ci facevo lì... che non ci potevo stare
dato che ero una
Cullen... anche se "anomala", come poi mi ha subito definito.
-
Bastardo d’un cane!
Ero
sobbalzata davanti a quella imprecazione violenta di
Edward: un'altra cosa che non era mai stata da lui. Mi ero ritrovata a
fissarlo
quasi senza fiatare, troppo sorpresa per continuare il mio racconto.
-
Bella, devi giurarmi che starai lontana dalla riserva
d'ora in poi!
- Ma
io...
- E'
pericoloso! "Loro" sono pericolosi...
giurami che per una
volta farai quello che ti chiedo e basta!
Qualcosa dentro
di me era tornato a premere perché mi ribellassi…
gridava che lui non poteva
permettersi di chiedermi questo dal momento che aveva rinunciato a me.
-
Jacob è stato solo gentile con me, non è stato
lui a...
Mi
aveva afferrato per le spalle, strattonandomi con
forza, tanto che avevo avvertito una fitta dolorosa.
- Lui
è pericoloso, mettitelo bene in testa, Bella! Non ha
importanza quanto sia stato gentile ieri sera. Devi - restargli -
lontana.
Aveva
scandito le ultime parole scrollandomi ancora,
seppure in maniera meno irruente.
Se fosse stato
Emmet, o Jasper, o Carlisle a chiedermelo, sono sicura che sarebbe
stata
un'altra la mia reazione.
Ma era stato lui
a farlo, e non volevo più che potesse controllare nessun
aspetto della mia
vita: avevo deciso così, e così sarebbe stato
sino in fondo.
- Mi
stai facendo male, Edward.
Mi
aveva lasciato andare immediatamente, come se
improvvisamente si fosse scottato nel contatto con me.
-
Bella...
- No!
Adesso tu ascolti me!
Ero
scesa dal lettino, raddrizzando le spalle nel
tentativo di apparire ai suoi occhi il più
determinata possibile.
- Se
erano tanto pericolosi i Quileute, dovevate
parlarmene subito! Lo sapevi tu chi erano, che nemmeno vivevi qui a
Forks, e io
no invece!
Sentivo
la rabbia entrare in circolo, sommandosi anche a
quella che avevo combattuto in presenza del licantropo conosciuto solo
poco
prima, Jacob Black.
Stavo
per riversarla addosso al vampiro che avevo di
fronte, unica
causa certa di tutto ciò che non funzionava
più
nella mia vita.
-
Bè, sai che cosa ti dico, allora? Che dopotutto è
stato
più sincero lui, un emerito sconosciuto,
piuttosto che voi, la mia
famiglia!
- Tu
non sai di cosa stai parlando...
- Oh
sì che lo so, invece! Jacob mi ha detto tutto!
C'era
una tale tensione tra noi da poterla quasi toccare
con mano.
- Di
certo non poteva immaginare che una Cullen, seppur
"anomala" come me, non sapesse che loro erano dei licantropi.
A
quella parola, la bocca di Edward si era assottigliata
in una linea dura, accompagnata da uno sguardo talmente cupo, che l'oro
dei
suoi occhi si era tramutato in un nero minaccioso.
- Non
sai niente della loro... natura.
- E
allora? Sono stata cresciuta da una famiglia di
vampiri, di certo non può spaventarmi l’idea
che…
Ma
lui mi aveva interrotto, sforzandosi di distendere i
lineamenti in un’espressione meno minacciosa.
- Sta
tornando l'infermiera... hanno dimenticato di farti
firmare le carte per la dimissione.
Aveva
assunto anche una postura meno rigida, avvicinandosi
a me come se fosse stato pronto a sorreggermi in caso di bisogno.
Io
non avevo la sua capacità di recupero, e quando
l'infermiera era entrata, dopo aver bussato, l'avevo vista fissarmi
leggermente
preoccupata.
-
Bella, tutto bene? La mano ti fa male?
- No,
no.. sono solo un pò... stanca.
-
Sicura, cara?
-
Stavamo giusto andando... una volta a casa potrà farsi
un bel sonno ristoratore.
La
voce melodiosa di Edward si era inserita nella
conversazione, spostando la sua attenzione immediatamente su di lui.
L'avevo
vista rasserenarsi quasi subito davanti al sorriso
che sfoggiava ora Edward: qualcosa a cui era difficile resistere,
quando era
usato con l’intenzione di confondere il suo interlocutore
come stava facendo
lui ora con quella donna.
-
Bravo, è proprio la migliore medicina per tua sorella.
Aveva
distolto lo sguardo da lui, per riportarlo su di me.
-
Bella, solo un'altra piccola seccatura. Ci sarebbero
questi moduli da firmare.
Mi
aveva teso i moduli e una penna. Mi ero ritrovata un
attimo impacciata, tra la mano fasciata e l'altra che tremava a causa
della
conversazione appena interrotta con Edward.
Era
stato proprio lui ad intervenire, intercettando fogli
e penna.
-
Cosa ne dice se firmo io, al posto di mia sorella?
Credo abbia qualche difficoltà nel farlo.
Aveva
sottolineato con un’occhiata la mia mano fasciata e
la donna aveva annuito senza esitare.
-
Certo, certo. Direi che puoi benissimo firmarli tu.
Le
aveva sorriso nuovamente, prima di appoggiarsi alla
scrivania e firmare i moduli.
-
Ecco fatto.
Glieli
aveva restituiti insieme alla penna.
- Ora
possiamo andare?
- Ma
certo!
Mi
aveva sorriso un’ultima volta, mentre Edward afferrava
il mio zaino, abbandonato sulla sedia.
-
Cerca di riposare, Bella.
- Lo
farò... grazie, è stata molto gentile.
-
Figurati! Allora, arrivederci.
-
Arrivederci.
Edward
gli aveva riservato un ultimo sorriso di
circostanza, poi mi aveva posato una mano sulla schiena, invitandomi ad
uscire.
Al
suo tocco mi ero sentita attraversare come da una
scarica elettrica, spingendomi ad allontanarmi da lui per precederlo
nel corridoio
e raggiungere a passi svelti l’uscita dell’ospedale.
Eravamo
giunti nel parcheggio esterno senza più scambiarci
mezza parola, arrivando a non sfiorarci nemmeno con lo sguardo.
Nel
silenzio tra di noi, c’era stata ancora la sua
rabbia contrapposta alla mia.
Mi
ero diretta verso il mio furgoncino, quando Edward mi
aveva fermato.
-
Scordati di guidare con quella mano.
- Ce
la posso fare benissimo.
- Non
se ne parla, vieni a casa con me. Poi torneremo a
prendere il tuo…
Esasperata
lo avevo interrotto bruscamente.
-
Senti, Edward, sono in grado di guidare!
-
Basta!
Non
aveva gridato, ma per me era come se lo avesse fatto.
Mai,
nemmeno una volta, si era permesso di zittirmi con
quel tono imperioso.
- Non
lo so cosa ti ha preso stasera, ma credo tu abbia
già messo abbastanza in pericolo la tua vita, da non dover
rischiare anche un
incidente in macchina.
Poi
mi aveva afferrato per un gomito, di fatto
obbligandomi a seguirlo verso la jeep di Emmet.
- Se
proprio non ti interessa di te stessa, pensa almeno a
come possiamo sentirci in questo momento noi tutti.
-
Alice avrà visto che ora sto bene.
Avevamo
quasi raggiunto la jeep ed avevo visto il mio
zainetto volarci dentro, dal momento che Edward ce lo aveva
praticamente
lanciato con una certa violenza.
- E
non hai pensato a quello che poteva “vedere” Alice,
mentre decidevi di mettere in pericolo la tua vita?
Non
mi ero nemmeno fermata a riflettere su quanto mia
sorella doveva essere stata male davvero, avevo reagito e basta
all’ennesima
domanda accusatoria che Edward mi aveva posto quella sera.
- Lo
vuoi capire o no, che non sapevo niente della
riserva, di loro, dell'accordo con voi? Quindi vedi di piantarla di
accusarmi
di aver volontariamente cercato di andare a ficcarmi in una situazione
pericolosa per farvi stare male tutti!
Per un breve
attimo, il tempo dei suoi pugni che si erano contratti con forza, avevo
temuto
di fare la stessa fine del mio zainetto, ossia essere lanciata in
macchina e
messa a tacere con la forza.
Il
modo in cui ci stavamo fronteggiando, non ci era mai
appartenuto. Era stato mio e di Emmet, entrambi molto impulsivi e
testardi, ma
non mio e di Edward.
Lui,
che mi conosceva così bene, aveva sempre saputo come
parlarmi, come affrontarmi.
Ma
proprio in questo pensiero avevo trovato l’ennesima
conferma: le cose tra di noi non erano più come le ricordavo.
Ora
sembravamo due sconosciuti che stavano cercando di
capire i rispettivi limiti, oltre i quali non ci saremmo dovuti
spingere.
-
Okay... okay. E' stata una serata decisamente difficile
per... entrambi.
Non
mi ero resa conto di quanto fosse stato davvero teso,
sino a che non lo avevo visto appoggiarsi alla fiancata della jeep,
passandosi
una mano tra i capelli.
- Ti
chiedo scusa.
Mi ero ritrovata
a trattenere il fiato davanti a quegli occhi che cercavano i miei nel
modo in
cui lo avevano sempre fatto: con affetto e tenerezza.
-
Sono stato un perfetto imbecille ad aggredirti così... e
come unica scusante...
Perchè
doveva essere così dannatamente credibile la sua
espressione in quel momento?
- ...
ho solo quella che ero maledettamente preoccupato.
Bella, ti giuro, non ho mai avuto così tanta paura che ti
potesse succedere
qualcosa come nelle ultime ore.
Avrei
voluto gettarmi tra le sue braccia, come avevo fatto
migliaia di volte in passato, per rassicurarlo ed essere rassicurata
che tutto
andava bene, niente ci avrebbe diviso.
Ma
noi eravamo già divisi e per colpa sua.
Ad
essere così preoccupato era solo il vampiro che si
sentiva in dovere di proteggere la mia natura
“fragile”, aggravato dal fatto
che si sentiva responsabile della mia fuga da casa per colpa della
nostra
discussione.
- Non
è successo nulla di grave, dopotutto.
La
rabbia si era come sgonfiata in me, lasciandomi solo
con una gran voglia di andare a rinchiudermi nella mia stanza,
addormentarmi, e
ripensare a tutto quanto solo il mattino successivo.
- Ti
chiedo scusa anch’io… forse, prima che con te,
dovevo
prendermela con gli altri che erano qui e non mi hanno mai parlato
della riserva
e dei suoi abitanti.
L’avevo
intuito ancora prima che lo dicesse ed avevo
altrettanto intuito quale sarebbe stata la mia risposta..
-
Bella, la riserva… insomma, è meglio se te ne
tieni alla
larga anche tu… il fatto che quel… ragazzo
sia stato gentile con te, non
lo rende di certo meno pericoloso.
Non
sapevo davvero quanto la mia risposta sarebbe servita,
sapevo solo che se anche gli avesse procurato solo un
“dolore” fraterno, forse
avrebbe capito quanto io avevo sofferto – e soffrivo tuttora
- a causa sua.
- Non
posso prometterti che lo farò, Edward.
Avevo fatto una
vera e propria violenza su me stessa, ma lo avevo guardato dritto negli
occhi,
proseguendo.
-
Perché conoscere Jacob per me non è stata la
sorpresa
sgradita che invece è stata per tutti voi.
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
Avevo
raggiunto il mio obiettivo con una tale facilità che
mi aveva scavato una nuova voragine dentro il cuore.
Edward
aveva reagito alle mie parole con gesti pacati,
quasi impassibili. La rabbia che aveva esternato sino a poco prima per
il mio
incontro con Jacob, sembrava svanita come neve al sole.
Mi
aveva ribadito che era stata una serata difficile per
entrambi, con troppe emozioni, troppi avvenimenti, e che sarebbe stato
meglio
riparlarne dopo una notte di riposo per me e di riflessione per lui.
Riflettere
su che cosa, Edward?
Glielo
avrei voluto chiedere mentre mi aiutava a salire
sulla jeep, un’espressione indecifrabile sul volto.
Che
cosa provi veramente per me?
Glielo
avrei voluto chiedere mentre chiuso in un silenzio
altrettanto insondabile si limitava a guidare.
-
Bella!
L’abbraccio
impetuoso in cui mi ero ritrovata avvolta,
mentre stavo finendo di infilarmi il pigiama, mi aveva quasi sollevato
da
terra, oltre che a riportarmi al presente, nella mia stanza.
- Non
osare mai più costringermi a vederti comparire in un
ospedale, senza sapere perché ci eri finita!
A
discapito dello sguardo adirato che mi stava rivolgendo
Alice, c’erano le sua mani che mi accarezzavano il viso,
quasi in cerca di
rassicurazione sul fatto che fossi davvero lì, sana e salva
di fronte a lei.
-
Alice, mi dispiace.
Sulla
soglia della stanza era comparsa anche Rosalie, uno
sguardo che non presagiva nulla di buono.
-
Rosalie…
-
Abbiamo passato davvero dei brutti momenti, Bella.
Quando abbiamo chiamato Edward e lui ci ha detto che eri uscita dopo
che
avevate discusso…
Non
aveva avuto bisogno di proseguire per farmi immaginare
cosa dovevano aver pensato: che avrei potuto commettere qualche
sciocchezza,
anche se non proprio volontariamente.
-
Sentite mi dispiace davvero per quello che è successo,
ma …
- E
vorrei vedere che così non fosse! Ti cercavo
disperatamente, ma eri sparita come nel nulla! Non riuscivo a
vederti… e ho
temuto che la visione in ospedale fosse già cambiata
in…
Mi
aveva stretto con più forza, Alice, senza riuscire a
dirmi a parole ciò che l’aveva angosciata
veramente: la paura che io fossi
morta.
- Sto
bene, davvero, non è successo niente.
L’avevo
stretta a mia volta, rivolgendo anche a Rosalie
uno sguardo colpevole, per scusarmi di averle fatte stare male in
quella
maniera.
Chiusa
nel mio dolore, non avevo pensato che Alice
avrebbe potuto avere una visione sul mio futuro.
- E
mi scuso per non avervi avvisato subito che non era
niente di grave.
-
Bè... quello non è proprio “niente di
grave”…
Rose
aveva indicato la mia mano e Alice l’aveva presa tra
le sue delicatamente, sfiorando la fasciatura.
- Hai
voglia di raccontarci come è andata? Edward non è
stato in grado di dircelo chiaramente. Ci ha solo detto che non
è stato quel… ragazzo
a farti male, che
lui ti ha
solo accompagnato in ospedale.
Mi
ero resa conto solo adesso che, infatti, alla fine non
gli avevo detto esattamente come erano andate le cose con Jacob. Edward
aveva
creduto che non fosse stato lui a farmi del male, ma non sapeva che
indirettamente c’entrava comunque con la mia mano rotta.
Nel
vedere una cupa minaccia anche negli sguardi delle mie
sorelle nel solo citarlo, avevo deciso che non era necessario far
sapere a
tutti loro come erano andate esattamente le cose.
La verità avrebbe
messo ancora più in cattiva luce Jacob agli occhi di tutti
loro e non ne avevo
l’interesse, visto che avevo mentito con Edward, facendogli
credere che il mio
incontro con lui fosse stato più che gradito.
-
Stavo girovagando senza meta, poi mi sono fermata a
guardare il mare, ma non sapevo di essere già dentro i
confini della riserva… sapete
che so essere abbastanza distratta, e sono inciampata cadendo
malamente… ed è stato
Jacob a soccorrermi… non so nemmeno dirvi se lui era
già lì o se è arrivato
quando mi sono fatta male.
Adesso
era Alice ad aver assunto un’espressione
leggermente colpevole, spostando lo sguardo su Rosalie.
-
Personalmente, Bella, avrei voluto dirti dell’esistenza
di quei ragazzi…
Era
evidente come anche Rosalie si fosse sforzata di
chiamarli “ragazzi”, facendomi capire che li
avrebbe volentieri definiti in
chissà quale altra maniera anche lei.
- Ma
quando è stato il momento di decidere, sono stata
l’unica ad averlo pensato.
-
Evidentemente sei l’unica a non giudicarmi ancora una
bambina!
Mi
era venuto spontaneo allontanarmi da Alice, e lei non
mi aveva trattenuto.
Mi
ero seduta sul letto, improvvisamente così stanca da
non riuscire più nemmeno a pensare lucidamente.
- Io
non penso affatto che tu sia ancora una bambina,
Bella!
Avevo
visto Alice fulminare Rose con uno sguardo severo, e
lei reagire con un sorrisetto.
Tra
loro c’erano spesso scambi così diretti, dato che
avevano caratteri completamente opposti, ma era anche vero che non le
avevo mai
viste andare oltre quei semplici battibecchi.
- Ho
solo pensato, come gli altri – tranne Rose come ci ha
tenuto a sottolineare - che ti saresti preoccupata per tutti noi
inutilmente.
Avevo
intravisto la mia bionda sorella rivolgere un altro
sguardo assassino alla bruna, ma questo non mi aveva distolto dalla
voglia di
esternare il mio pensiero sulla faccenda “sicurezza della
famiglia”.
- Oh,
certo! E gli unici a dovervi preoccupare siete
sempre e solo voi! Io, con la mia “limitata”
esistenza umana, non posso certo
condividere le vostre preoccupazioni!
A
quel punto mi ero sentita stanca, e lasciandomi andare
all’indietro ero sprofondata nel morbido materasso, lo
sguardo puntato sul
soffitto.
Se fossi stata
come loro, avrei condiviso davvero tutto. Non ci sarebbe più
stato nessun
segreto tra di noi.
-
Questo, però, non lo penso nemmeno io, Bella… te
lo
avrei detto semplicemente perché ti avrei anche spiegato che
se ti fosse mai
capitato, avresti dovuto evitare di addentrarti nella riserva.
-
Come dire, Rosalie, che erano remote le possibilità che
io mi trovassi a girovagare senza uno di voi a farmi da balia.
Non
l’avevo vista, ma avevo “sentito” Alice
rivolgere uno
sguardo ancora più fulminante a Rosalie, forse per
rimproverarla di non
peggiorare le cose.
Ma
poteva andare peggio di così?
In
quel momento mi sembrava che tutti loro mi stessero
nuovamente ingannando.
Non
mi avrebbero mai considerato davvero parte della
famiglia.
Forse
Edward, dopotutto, era stato il più sincero: aveva
avuto il coraggio di farmi capire quanto fossimo distanti anni luce e
quanto
fossi ingenua nel considerarmi alla loro altezza.
-
Bella, credo che il problema sia un altro…
Avevo
spostato lo sguardo, ritrovando quello serio di
Rosalie che mi fissava .
-
L’arrivo di Edward ti ha turbato più di quanto tu
voglia
farci credere. Lo conferma il fatto che avete discusso non appena siete
rimasti
soli.
Lo
avevano fatto apposta!
Il
pensiero mi era balenato come un fulmine a ciel sereno!
Mi
avevano lasciato volontariamente da sola con Edward,
come se fosse stato un esame da superare!
Mi
ero rimessa bruscamente a sedere, guardandole entrambe.
-
E’ vero, abbiamo discusso. Ma ero arrabbiata, non
turbata! Quante volte mi avete visto discutere con Emmet…
-
Sì, è vero… ma non è la
stessa cosa, e lo sai anche tu.
Non lo avrei mai
ammesso questo, o anche i miei sforzi con Edward non avrebbero avuto
senso.
-
Sentite, è vero… l’arrivo di Edward
è stato improvviso,
e sicuramente ho bisogno di
“elaborarlo”… ma non nella maniera che
credete voi!
Sono tre anni che non ci vediamo, e sapete anche voi quanto abbia
sofferto per
la sua assenza… ora non posso semplicemente perdonarlo e
ricominciare come se
non fosse successo niente!
Non
sapevo se potevo essere credibile, ma avrei detto loro
ciò che avevo detto anche ad Edward.
-
Sicuramente ci dovremo chiarire… però, per quanto
riguarda stasera… sono uscita da qui che ero
arrabbiata… poi lo sono diventata
anche di più scoprendo che avevate mantenuto un altro
segreto con me.
Mi
ascoltavano silenziose, sicuramente concentrate anche
sul mio linguaggio corporeo, qualcosa che non potevo controllare
appieno.
Sentivo anch’io
il mio cuore accelerare mentre stavo per mentire, ribadendo che la
conoscenza
di Jacob aveva lasciato un segno in me.
E
speravo potesse essere percepito da loro non come il
sintomo di una menzogna, ma di un’emozione reale.
-
Però, alla fine, di tutto quello che è successo
stasera,
c’è qualcosa che mi ha colpito davvero: ed
è stato proprio conoscere Jacob
Black.
Le
avevo guardate, scusandomi in cuor mio per quello che
stavo per dire loro.
- E
lo dico subito anche a voi, che lo direte a vostra
volta ad Emmet e Jasper: se vorrò, licantropo o no,
proverò ad approfondire la
sua conoscenza!
-
Stai scherzando vero? Non è possibile! E’ una
creatura
pericolosa e senza alcun controllo su se stesso!
Alice
era scattata immediatamente, Rosalie si era limitata
a fissarmi in silenzio con un cipiglio che era in grado di terrorizzare
anche i
miei fratelli.
- Si
vede che è il destino a farmi incrociare sempre e
solo creature potenzialmente pericolose per me,
cara sorellina.
Le
avevo fissate intenzionalmente, come a voler
sottolineare il concetto che anche loro sarebbero potuti essere
pericolosi per
me, ma non lo erano, perchè sapevano gestire la loro
"mostruosità".
- Non
dire sciocchezze, Bella! Non vorrai paragonare tutti
noi ad un... ad un... ad un branco di cani
puzzolenti senza cervello!
Era
stata Rosalie, alla fine, a definirli come davvero li
vedevano, e mi aveva ricordato la smorfia di disgusto di Edward,
provocata
dall'odore che diceva di avermi sentito addosso.
- E'
vero, non posso... però, quello che voglio farvi
capire, è che posso affrontare la situazione: proprio grazie
a voi, posso dire
di non essere un'umana qualsiasi.
-
Bella, io non posso nemmeno "vederli"... sono
giunta a questa conclusione proprio per il fatto che sono riuscita a
vederti
solo quando non eri più in compagnia di quel ragazzo...
credo abbia davvero
oscurato le mie visioni.
Capivo
la preoccupazione che si agitava in Alice e
Rosalie, ma non riuscivo comunque a smettere di pensare che avevo
bisogno di
qualsiasi scusa per frapporre tra me ed Edward la maggiore distanza
possibile.
- Io
capisco... so che mi volete bene e che siete
preoccupate... ma io so badare a me stessa. E non andrò a
cacciarmi in qualche
guaio come se fossi una stupida ragazzina senza cervello.
Non
le avevo smosse di un millimetro, ne ero assolutamente
cosciente. Ma anche io ero decisa questa volta.
Decisa
a dimostrare a me stessa che potevo farcela, che
avrei smesso di amare Edward.
-
Bella non credo che...
-
Penso di essere troppo stanca per proseguire in questa
conversazione.
Avevo
cercato di sorridere, ma probabilmente era apparso
per quello che era realmente: un segno di insofferenza.
-
Possiamo riprenderla domani? Anche se sono sicura che le
nostre rispettive posizioni non cambieranno.
- Tu
dici, sorellina?
Rosalie,
nonostante l'aria cupa, si era concessa un mezzo
sorrisetto ironico.
-
Considera che avrai contro cinque vampiri... di cui
quattro ti resteranno appiccicati per la maggior parte della giornata
visto che
frequentano la tua stessa scuola.
Era
una velata minaccia, la conferma che mi avrebbero
davvero dato del filo da torcere se si fossero rivelate vere le mie
intenzioni
con Jacob.
- Ma
io non sono più una bambina... e, forse, sarà
l'occasione giusta per dimostrarvelo.
Alice,
di solito molto loquace, si era limitata a poche
parole.
-
Penso tu abbia ragione su una cosa, Bella: adesso sei
stanca.
Mi
aveva sfiorato la tempia con un bacio delicato,
tornando a sorridermi dolcemente.
-
Fatti un bel sonno... domani il tuo umore sarà
sicuramente migliore.
Rosalie
si era limitata ad augurarmi anche lei la buona
notte e poi mi avevano lasciato sola.
Dal
canto mio mi ero infilata sotto le coperte, convinta
che non sarebbe stata affatto una buona notte, perché
l’avrei passata in bianco
come la precedente.
XXXXXXXXXXXXXXXX
Come
avevo temuto, non ero stata capace di chiudere occhio
per tutta la notte, rigirandomi tra le lenzuola senza sosta.
Per
la seconda mattina di fila mi ero alzata con un mal di
testa che mi aveva reso più insofferente di quanto non lo
fossi già stata la
sera prima.
Mi
sembrava di essere tornata a quei primi mesi quando
Edward se ne era andato ed io non riuscivo a farmene una ragione.
Ricordo
che mi sentivo in guerra con il mondo intero, tanto
che non avevo risparmiato nessuno. A farne la spesa maggiore, era stato
proprio
Emmet, per via di quel carattere impulsivo che lo rendeva
così simile a me.
Quella
mattina, perciò, lui per primo mi era stato alla
larga, forse proprio perchè comprendeva come mi potessi
sentire.
Alice
e Rosalie avevano cercato di farmi parlare,
ignorando la mia scarsa loquacità e costringendomi
così, dopo un paio di
minuti, a dirgli chiaramente che non era mia intenzione ritornare sui
discorsi
della sera prima.
Jasper
ed Edward, invece, erano già usciti per andare a
recuperare il mio pick-up nel parcheggio dell'ospedale.
Non
avendo nessuna voglia di incrociare quest’ultimo,
almeno non subito, avevo deciso di andare a scuola con la macchina che
Carlisle
ed Esme mi avevano regalato lo scorso compleanno, e che non avevo mai
voluto
usare con grande dispiacere di tutti, dal momento che ritenevano il mio
pick-up
un mezzo ovviamente pericoloso ed inaffidabile.
Emmet,
Alice e Rosalie avevano provato anche ad opporsi,
escludendo che io potessi guidare con quella mano fasciata, ma io li
avevo
presi in contropiede proprio informandoli che avrei guidato la Volvo
che mi era
stata regalata l'anno prima.
Tra
l’altro, li avevo messi a tacere sottolineando, con
grande disappunto da parte loro, come tutti loro non avessero fatto
altro che
ripetermi quanto sarebbe stato facile usare quella macchina al posto
del mio
furgoncino, arrivando a dirmi che l'avrei potuta addirittura "guidare
con
una mano sola".
Era
chiaro che avessi tirato in ballo quella frase per
provocarli, ma era servita per fargli capire che non avrei fatto nulla
di
diverso da quello che avevo deciso: sarei andata a scuola da sola,
guidando la
Volvo nuova fiammante che mi aspettava in garage.
Così
era iniziata la mia giornata, e ad essere sincera non
era proseguita un granchè meglio.
Tutti
gli studenti che avevano potuto vedere la mia mano
fasciata, non si erano risparmiati occhiate curiose e pettegolezzi su
cosa mi
fosse accaduto. Avevo poi peggiorato la situazione in mensa: volendo
evitare i
miei fratelli, e soprattutto la possibilità che
riprendessero discorsi che non
avevo voglia di affrontare, mi ero accomodata al tavolo dei miei
compagni,
sopportando anche un Mike più attento che mai nei miei
confronti.
Avevo
colto l'occasione anche per raccontare della
"caduta" che mi aveva procurato l'incrinatura alla mano, sperando
così di smorzare l'interesse di tutta la scuola.
Le
ore pomeridiane erano passate anche troppo in fretta,
consapevole che una volta fuori da scuola, non avrei potuto ignorare
ancora il
resto della famiglia Cullen.
Se
avevano accettato di lasciarmi in pace dove non avevano
potuto fare diversamente, ero altrettanto certa che non appena fossi
stata a
casa, avrebbero cercato di riprendere il discorso.
Quando
la campanella aveva decretato la fine della lezione
di trigonometria, io ero praticamente già in corridoio,
diretta a passo spedito
verso l'uscita.
Non
che i miei fratelli avrebbero avuto qualche difficoltà
nel raggiungermi in un paio di secondi, ma trovandoci a scuola,
dovevano
fingere quell’umanità che li inchiodava ad
un’andatura decisamente più lenta
della mia in quel momento.
Uscita
in cortile, una pioggerella fine mi aveva
investito. Avevo alzato gli occhi, incontrando un cielo gonfio di
nuvole grigie
e pesanti, tanto che sembravano minacciare di voler schiacciare tutto
ciò che
si trovava al di sotto.
Così
avevo allungato ancora di più il passo, riportando lo
sguardo a terra per non rischiare di inciampare nei miei stessi passi
come a
volte mi capitava.
Tra
l’altro mi sentivo già abbastanza soffocare, senza
che ci si mettesse anche il cielo di Forks a peggiorare quella
sensazione.
Un
ostacolo improvviso sulla strada mi aveva fatto
rimbalzare indietro, e probabilmente sarei sicuramente caduta se due
mani non
mi avessero sostenuta per le spalle.
Due mani talmente
bollenti da sentirne immediatamente il calore anche
attraverso la stoffa
del giaccone.
- Non
potresti stare più attenta, Bella? Non vorrei essere
la causa di un altro tuo incidente!
Avevo
sollevato lo sguardo, sapendo benissimo cosa avrei
incontrato: due occhi neri come la
notte, capaci di turbarmi se avessero avuto la stessa
intensità della sera
prima nel fissarmi.
- Ma
sei impazzito? I miei fratelli... sono qui anche
loro!
Per
tutta risposta avevo ottenuto un sorriso... spavaldo!
Non c'era altro modo per definire quell'espressione sicura sul viso di
Jacob.
- Lo
so... ma volevo assicurarmi che il nostro piccolo
"incidente" di ieri sera non ti avesse procurato danni troppo seri.
Lo
sguardo era sceso alla mia mano fasciata, senza che mi
lasciasse però andare. Le sue mani ancora stringevano
delicatamente le mie
braccia.
- E'
solo un'incrinatura, tranquillo... e adesso te ne puoi
anche andare!
All'improvviso
ero cosciente del vociare degli altri
studenti che si stava riversando nel parcheggio e di quello che
avrebbero
visto: un indiano alto quasi due metri, che sfoggiava il suo fisico
muscoloso
indossando solo una leggera maglietta e dei jeans, nonostante il freddo
rigido
di quella giornata.
-
Ieri sera mi sembravi più simpatica, sai, Bella?
Non
capivo bene dove volesse arrivare con quella sua
ironia, però ero sicura che se non fosse sparito nei
successivi dieci secondi
avrebbe passato un guaio serio.
- Tu,
invece, sei uguale. Quindi, tu e la tua arroganza,
fareste bene a ritornare dentro i confini della riserva... ancora
qualche
secondo e ti ritroverai circondato da altri Cullen davvero
molto
meno amichevoli di me.
Ero
sicura che fosse ormai una questione di secondi, poi i
miei fratelli sarebbero stati qui. Avevo scrollato le spalle, per
liberarmi
della sua presa e, come era accaduto anche la sera prima, mi aveva
immediatamente lasciato andare.
- Hai
paura per me... o per te?
Non
capivo cosa mi stava succedendo, perchè in effetti non
era normale che io mi preoccupassi per lui, un
licantropo che nemmeno conoscevo e che forse avrei dovuto davvero
temere come speravano facessi i miei fratelli.
Eppure...
eppure sentivo che non costituiva una minaccia
per me. Il mio istinto mi portava in quella direzione, nel credere che
Jacob
non me ne avrebbe mai fatto volontariamente.
-
Mettiamola così: ho paura per tutti questi studenti
ignari di quello che potrebbe succedere in questo parcheggio tra
qualche
secondo.
Non
aveva mai distolto lo sguardo da me, come se davvero
non gli interessasse controllare l'arrivo dei miei fratelli.
- E
dovresti essere tu il primo a preoccupartene... visto
il tuo compito di guardiano.
Si
era fatto improvvisamente serio e non solo, perché nel
suo sguardo era finalmente comparsa la preoccupazione.
-
Infatti, è per quello che sono venuto. Dovevo essere
certo che tu... insomma, che per te non ci fossero state anche altre
conseguenze per il nostro incontro.
Avevo
immediatamente realizzato a cosa si stesse
riferendo: che i miei fratelli non si fossero arrabbiati con me
più del dovuto
per quanto era successo ieri sera.
Quindi
si era calato sì nel ruolo di guardiano… ma lo
aveva fatto pensando a me! Non era esattamente quello che avevo in
mente in
quel momento, ossia evitare una strage lì nel parcheggio,
però mi aveva
comunque indotto ad essere meno acida nei suoi confronti.
- Ho
mentito. Sanno che ci siamo incontrati, ma non sanno
che...
Istintivamente
avevo alzato la mano fasciata.
- ...
che con questa c'entri tu. Ho detto loro che sono
caduta e che tu mi hai solo soccorso.
E
adesso nei suoi occhi si era fatta strada anche la
sorpresa.
-
Perchè?
Ora non ero più
tanto certa nemmeno io, ma di certo non era il luogo ed il momento per
parlarne
con lui.
-
Perchè accordo o no, i miei fratelli sarebbero venuti a
cercarti alla riserva! Di certo non se la sarebbero presa con me!
Ancora
la sua espressione era mutata, tornando sorridente
e strafottente.
-
Allora anche tu ti preoccupi per me...
Basta,
Bella! Devi mandarlo via o andartene tu!
- Te
l'ho detto di cosa ho paura. Non voglio che
infrangano l'accordo per colpa mia, punto e basta! E infatti... adesso
me ne vado!
Lo
avevo superato, senza aggiungere più nulla. Era davvero
una follia che lui fosse venuto qui, e non mi capacitavo di come fosse
possibile che Emmet o Jasper, o tutte e due insieme, non fossero
già piombati su di lui.
-
Bella!
Non
mi ero voltata, nonostante quella voce bassa e
profonda avesse una strana influenza su di me. Avevo proseguito la mia
marcia
verso la macchina parcheggiata poco più avanti.
-
Bella, mi piacerebbe che tornassi alla riserva qualche
volta.
Neanche
mi ero resa conto di essermi voltata. Mi ero
ritrovata a fissare quel sorriso che coinvolgeva anche quegli occhi
così neri, ardenti e profondi.
- Non
lo so perchè te l'ho chiesto... o perchè tu
dovresti
farlo.... so solo che volevo
chiedertelo e l'ho fatto.
Avevo
visto nel suo improvviso irrigidirsi, insieme all’incupirsi
della sua espressione, il momento esatto in cui aveva percepito
l’avvicinarsi
dei miei fratelli.
- E
ricordati che non avrò mai paura per me... ma ne
avrò
sempre per te! Allora a presto, spero!
Con
un balzo, decisamente poco naturale, aveva
inforcato ed acceso una moto parcheggiata poco più in
là che non avevo neanche
notato, per poi partire sgommando.
-
Bella!
-
Bella, stai bene?
- Bastardo
d'un cane...
Voci
che riconoscevo mi circondavano, ma ancora non
riuscivo a distogliere lo sguardo da quella schiena che era ormai un
punto
sempre più lontano.
Jacob
Black era venuto a cercarmi. Che cosa voleva
dire?
-
Calma, ragazzi, o susciteremo ancora più
curiosità.
La
voce di Alice mi aveva riscosso, e mi ero ritrovata
circondata dai miei fratelli come avevo immaginato dovesse accadere.
-
Bella, a casa ne parliamo seriamente. Questa storia deve
finire immediatamente!
Era
stato Emmet a dirmelo ed era lui che avevo fissato.
- Non
credo ci sia molto da dire, Em. Non è successo
niente, voleva solo sapere come stavo...
- Stronzate!
Quell'unica
parola era risuonata tra di noi come una
fucilata in pieno silenzio.
Era stato Edward
a pronunciarla, comparendomi dinnanzi come apparso dal nulla. Senza
aggiungere
altro mi aveva afferrato per il polso sano e trascinato verso la Volvo,
strappandomi letteralmente le chiavi di mano.
- Non
una parola, Bella. Risparmia il fiato per dopo, perché
ne avrai bisogno.
Mi
ero ritrovata seduta in macchina, non proprio spinta da
Edward, quanto più dall'espressione che gli stravolgeva i
lineamenti.
Stava
per perdere il controllo, o forse era già
successo, dal momento che non lo avevo mai visto così fuori
di sé come in quel
momento.
PICCOLA NOTA FINALE
Lo
spoiler di oggi è un flashback con cui si apre il
prossimo capitolo e che va collocato prima della scena finale di questo
capitolo. So che magari avreste preferito sapere che cosa
accadrà alla povera
Bella, visto l’umore di Edward… ma per quello
dovrete pazientare di leggere l’intero
capitolo!
Però
credo che anche il flashback non vi lascerà
insoddisfatte… dice molto, anche se non proprio in maniera
chiara!
Sarò
curiosa di vedere cosa ne penserete…
Spoiler
Capitolo 4
-
Come è andata, Carlisle?
- Non
bene. Si aspettavano addirittura che Bella fosse
con noi.
- Ve
lo hanno detto espressamente?
-
Sì. Pensavano che l'avrebbero finalmente conosciuta
di persona.
-
Cosa gli hai risposto?
- La
verità: che ancora non l'avevamo informata, che la
nostra visita aveva lo scopo di chiarire alcuni punti
dell’accordo.
- Non
dovevate andare, Carlisle! Sapevamo che non
sarebbe servito a nulla!
-
Edward, non è ancora detta l'ultima parola. Conosco i
Volturi da molto tempo, e so come trattare con loro.
- Non
servirà, Carlisle. Le visioni di Alice dicono
ancora che arriveremo ad uno scontro aperto tra noi e loro.
- Lo
so, Edward. Alice mi tiene costantemente
informato. Ma domani parleremo ancora con Aro e non potrà
non ascoltare ciò che
avrò da dirgli.
- E
pensi potrà indurlo a cambiare il vostro accordo?
- Ho
fiducia che possa indurlo a ripensarci.
-
Anche noi abbiamo fiducia in te, Carlisle.
- Lo
so, figlio mio. E il pensiero che tutti voi ne
abbiate in me, mi sostiene in questo momento difficile, dove sento
più che mai
di avere tra le mani le sorti del futuro di Bella.
-
Carlisle, tu sai cosa significhi per me Bella... e
sai anche che non permetterò a nessuno...
- So
bene cosa provi, Edward. E so quanto ti sia
costato in passato, e più che mai adesso, dover fingere con
lei. Ti chiedo solo
di non arrenderti proprio ora.
-
Scusami. E' solo che... insomma, non è facile ora che
sono di nuovo accanto a lei...
-
Edward... Alice mi ha detto quello che è successo
ieri sera. E non devi sentirti in colpa.
-
Sono stato uno stupido, invece. Avrei dovuto
immaginare la sua reazione. E sono stato ancora più stupido
perchè non l'ho
seguita!
- Mi
sento di dirti che hai fatto la cosa giusta. Non
dimenticare che conosco altrettanto bene Bella, e so che avrebbe
reagito ancora
più duramente se si fosse accorta che la seguivi.
-
Cosa devo fare con lei, adesso, Carlisle? Dovrei
lasciarla farneticare su una sua ipotetica amicizia con... con... quel
cane!
-
Edward, probabilmente sta proprio cercando di
provocare tutti voi... immagino che sarà molto arrabbiata di
aver scoperto così
dell'esistenza di quei licantropi.
-
Sì, anche.
-
Statele vicino, ma senza farglielo capire. Magari,
dopo la scuola, la chiamiamo anche noi. Proveremo a parlarle.
- Vi
chiederà di voi. Sarete costretti a dirle altre
menzogne. Meglio di no, Carlisle. Andrò io a prenderla.
Cercherò di parlarle
con più calma.
- Va
bene. Ora ti devo lasciare, Edward. Siamo di nuovo
nelle vicinanze di Volterra, potrebbero sentirci.
-
Giusto. Allora chiamateci non appena ci sono novità.
-
Sì. Salutami gli altri, intanto. E stai tranquillo,
ce la faremo.
- Va
bene. A presto, Carlisle.
- A
presto, Edward.
|
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Capitolo 5 *** Capitolo 4 ***
Buongiorno!
Riguardo al
capitolo che state per leggere ho da preannunciarvi solo due cose: la
prima è
che per esigenze di copione (mie ovviamente! XD) i fatti di oggi
saranno
narrati dal punto di vista di Edward (buon viaggio nella sua mente
contorta… eh
eh eh!), la seconda è che verso la fine del capitolo,
secondo me, rimarrete
sorprese… e sono davvero curiosa di sapere cosa ne penserete
della piega che
avrà preso la storia.
Alla prossima.
BF
Quando sono con te potrei rimanere lì,
Chiudo i miei occhi, e sento che ci sarai per
sempre,
Tu ed io insieme, niente di meglio!
Perché c’è un lato
di te che non ho mai conosciuto, non ho mai conosciuto.
Tutte le cose che dici che non sono mai, non sono
mai state reali,
Ed i giochi a cui giocherai, tu sempre, sempre li
potresti vincere.
Ma ho dato fuoco alla pioggia,
Guardala posarsi sulla tua faccia,
Lasciala bruciare mentre piango,
Perché ho sentito urlare il tuo nome,
il tuo
"Adele - Set fire to the rain"
-
Come è andata, Carlisle?
-
Non bene. Si aspettavano addirittura che Bella fosse
con noi.
-
Ve lo hanno detto espressamente?
-
Sì. Pensavano che l'avrebbero finalmente
conosciuta...
-
Cosa gli hai risposto?
-
La verità: che ancora non l'avevamo informata, che la
nostra visita aveva lo scopo di chiarire alcune cose...
-
Non dovevate andare, Carlisle! Sapevamo che non
sarebbe servito a nulla!
-
Edward, non è ancora detta l'ultima parola. Conosco i
Volturi da molto tempo, e so come trattare con loro...
-
Non servirà, Carlisle. Le visioni di Alice dicono
ancora che arriveremo ad uno scontro aperto tra noi e i Volturi.
-
Lo so, Edward. Alice mi tiene costantemente informato.
Ma domani parleremo ancora con Aro e non potrà non ascoltare
ciò che avrò da
dirgli.
-
E pensi potrà indurlo a cambiare il vostro accordo?
-
Ho fiducia che possa indurlo a ripensarci...
-
Anche noi abbiamo fiducia in te, Carlisle.
-
Lo so, figlio mio. E il pensiero che tutti voi ne
abbiate in me, mi sostiene in questo momento difficile. Il futuro di
Bella è
solo nelle nostre mani...
-
Carlisle, tu sai cosa significhi per me Bella... e
sai anche che non permetterò a nessuno...
-
So bene cosa provi, Edward. E so quanto ti sia
costato in passato, come ora, fingere con lei. Ti chiedo solo di non
arrenderti
proprio ora.
-
Scusami. E' solo che... insomma, non è facile ora che
sono di nuovo accanto a lei...
-
Edward... Alice mi ha detto quello che è successo
ieri sera. E non devi sentirti in colpa...
-
Sono stato uno stupido, invece. Avrei dovuto
immaginare la sua reazione. E sono stato ancora più stupido
perchè non l'ho
seguita!
-
Mi sento di dirti che hai fatto la cosa giusta. Non
dimenticare che conosco altrettanto bene, Bella, e so che avrebbe
reagito
ancora più duramente se si fosse accorta che la seguivi.
-
Cosa devo fare con lei, adesso, Carlisle? Dovrei
lasciarla farneticare su una sua ipotetica amicizia con... con... quel
cane!
- Edward,
probabilmente sta proprio cercando di
provocare tutti voi... immagino che sarà molto arrabbiata di
aver scoperto così
dell'esistenza di quei licantropi...
-
Sì, anche.
-
Statele vicino, ma senza farglielo capire. Magari,
dopo la scuola, la chiamiamo anche noi. Proveremo a parlarle.
-
Vi chiederà di voi. Sarete costretti a dirle altre
menzogne. Meglio di no, Carlisle. Andrò io a prenderla.
Cercherò di parlarle
con più calma.
- Va
bene. Ora ti devo lasciare, Edward. Siamo di nuovo
nelle vicinanze di Volterra, potrebbero sentirci.
-
Giusto. Allora chiamateci non appena ci sono novità.
-
Sì. Salutami gli altri, intanto. E stai tranquillo,
Edward, ce la faremo.
-
Va bene. A presto, Carlisle.
-
A presto, Edward.
Ricordare
la mia conversazione con Carlisle, avvenuta solo
qualche ora prima, non aveva fatto altro che peggiorare la mia
situazione con
Bella in quel momento.
La
tensione tra me e lei, nonostante ancora nessuno dei
due avesse aperto bocca, era sul punto di esplodere con tutta la forza
dei nostri
rispettivi stati d’animo.
A
farmi perdere del tutto il controllo, erano stati i
pensieri del cane, che mi avevano fatto scoprire come erano andate in
realtà le
cose tra di loro la sera prima.
L’immagine
nella sua testa, non sarebbe potuta essere più
nitida di come l’aveva ricordata: Bella, la mia
Bella, che si stringeva a lui in cerca di
conforto.
Ero
diventato improvvisamente cosciente che mai, nemmeno
con tutta l’eternità a disposizione, avrei potuto
trovare la forza di lasciarla
davvero libera di vivere la sua vita senza di me.
Ma
proprio per questa mia certezza, ero altrettanto
cosciente che avrei combattuto contro me stesso senza tregua, per far
si che si
realizzasse quell’incubo che avevo solo intravisto nello
scrutare i pensieri di
quel cane.
Anche
se non avrei mai permesso che proprio lui potesse
avere qualche possibilità con Bella.
Quella era
l’unica attenuante che mi stavo concedendo per giustificare
la maniera violenta
con cui l’avevo costretta a seguirmi e per cui mi ero
già pentito.
Maledizione!
Non
ero più capace di controllare i miei sentimenti, le
mie emozioni, le mie azioni. Da quando ero tornato, tutto con lei aveva
preso
una piega sbagliata.
Ed era solo colpa
mia, solo e soltanto io l’unico colpevole della situazione
tra noi!
Avevo
immediatamente rallentato la velocità della macchina,
cercando di ritrovare parte di quella calma necessaria per rimediare a
ciò che
avevo appena fatto.
Mi
ero concesso di guardarla di sfuggita, ritrovandola
ancora seduta rigidamente, il viso corrucciato e lo sguardo rivolto
ostinatamente in avanti, le braccia incrociate al petto, pronta
sicuramente a
darmi battaglia come aveva già fatto ieri sera in
più di un’occasione.
Stavo
sbagliando davvero tutto.
Avevo
intravisto poco più avanti un largo spiazzo in cui
avrei potuto accostare. Così avevo rallentato ancora di
più l’andatura, sino a
raggiungerlo per poi fermare la macchina.
Non sapevo come,
ma avrei dovuto trovare la forza di rimettermi quella maschera dietro
cui avevo
deciso di celare i miei veri sentimenti per lei.
-
Bella, perdonami, mi sono comportato in maniera
inqualificabile con te, poco fa.
Non
si era mossa, ma il suo silenzio ostinato, e quello
sguardo puntato sempre davanti a sé, mi avevano fatto capire
che non sarebbe
stato facile ottenere il suo perdono, tanto meno pensare di recuperare
almeno
in parte quell’affetto fraterno che aveva provato per me in
passato.
- Ti prego,
possiamo parlarne?
Non
avevo avuto nessuna difficoltà nell’usare un tono
supplichevole, perchè di colpo tutta la mia rabbia si era
tramutata nella paura
di arrivare a spingerla ancora di più nella direzione di
quel cane.
-
Quindi, adesso mi stai dando il permesso di
sprecare il mio fiato con te?
Il
tono tagliente con cui mi aveva risposto non aveva
fatto altro che alimentare la mia paura.
- Ti
chiedo davvero scusa, non avevo nessun diritto di
comportarmi così.
Avevi
ogni diritto, invece, Edward! E’ quel cane che
non ne ha alcuno su di lei! Tu la ami!
Mi
sembrava di combattere su più fronti, e mi sembrava che
la battaglia più difficile fosse con quella parte di me che
improvvisamente non
riuscivo più a respingere in profondità per
metterla a tacere.
-
Esatto, Edward. Tu
non hai nessun diritto su di me!
Esisteva
qualcun altro in grado di farmi sentire più
infelice e vulnerabile di lei?
No.
La
verità era che da quel lontano giorno in cui Esme
l’aveva portata a casa da noi, la mia intera esistenza aveva
preso a ruotare
solo ed esclusivamente intorno a lei.
Lei
era diventata il mio sole personale, l’unica luce
in un universo buio e freddo, come lo era la mia anima dannata.
Lo
sbattere furioso di una portiera, mi aveva riscosso da
quei pensieri cupi, facendomi precipitare a mia volta fuori
dall’auto.
Nel
giro di qualche attimo mi ero ritrovato zuppo di
pioggia, proprio come Bella, già qualche metro distante da
me.
-
Bella! Ti prego, fermati!
Sentivo
il suo cuore battere veloce, mentre cercava di
mettere più distanza possibile tra me e lei . Sapevo che
avrei potuto
raggiungerla in un battito di ciglia, ma non volevo nuovamente
commettere
qualche azione di cui mi sarei pentito subito dopo.
-
Bella! Torna indietro! Cosa vuoi fare?
Il
capo chino, lo zaino a penzoloni su di una spalla, le
mani in tasca, la sua figura mi era apparsa solo un po’
più alta rispetto a
quella che mi ero ritrovato a seguire sette anni prima, in un altro
rigido
pomeriggio invernale.
Nevicava
fitto quel giorno, anziché piovere, ma anche
allora lei stava fuggendo via da me.
La
visione che Alice aveva avuto sulla sua fuga era
stata precisa sin quasi nei dettagli.
Infatti,
Bella indossava il suo giubbotto preferito,
quello rosso che le avevo regalato io per Natale.
Troppe
volte mi ero lamentato con lei della mancanza di
colore nella scelta del suo vestiario.
Nero,
grigio, blu, bianco… tutte tonalità che
sembravano ricordarmi continuamente il freddo di un’esistenza
a cui l’avrei
condannata nell’avermi per sempre vicino.
Avevo
scelto quel giubbotto rosso, perché volevo
vederle indosso qualcosa che rispecchiasse, invece, la
possibilità di un futuro
pieno del calore di un amore migliore del mio.
Perché
cosa avrei avuto da offrirle io, se non un’anima
vuota e dannata?
Da
quando aveva varcato il cancello della scuola,
l’avevo seguita per tutto il tempo ascoltando il suo cuore
battere velocemente,
immaginando che fossero lo specchio di quei pensieri che mi erano
inspiegabilmente preclusi dalla sua mente. Non avevo mai perso di vista
per un
attimo la sua figura minuta, la testa china, le mani sprofondate nelle
tasche
del giubbotto, lo zainetto a penzoloni sulle spalle.
La
voglia di raggiungerla, abbracciarla, riportarla
indietro, riportarla da me, in alcuni momenti era
stata così forte che
avevo dovuto fare appello a tutta la mia forza di volontà
per non sbarrarle
subito la strada appena uscita da scuola.
Continuavo
a ripetermi le parole di Carlisle, come mantra
in grado di scacciare la paura che mi attanagliava.
“
Chiunque avrebbe reagito così, Edward. Bella ci vuole
bene, e sa quanto gliene vogliamo anche noi. Ha solo bisogno di
ricordarlo,
lasciamola per un po’ da sola con i suoi pensieri.”
Così
l’avevo seguita da lontano nel suo girovagare per
le strade della città, lasciandomi invadere dal suo profumo
inconfondibile, che
sentivo penetrare in ogni mia fibra.
Quella
piccola umana, mi aveva legato a sé sin dal
primo istante in cui avevo posato lo sguardo su di lei. Era stata
così fragile
tra le mie braccia, eppure già così capace di
esercitare un potere enorme su di
me.
Il
suo sangue era stato un richiamo altrettanto
inarrestabile, un’alchimia che mi aveva reso ancora
più certo che lei fosse
tutto ciò che avrei mai potuto desiderare a questo mondo.
E
così era stato, giorno dopo giorno, mese dopo mese,
anno dopo anno.
Bella
cresceva, e cresceva il mio amore per lei,
trasformandosi in ciò di cui lei aveva più
bisogno.
Se
c’erano momenti per cui mi disperavo di questo mio
amore, perché sapevo che sarebbe arrivato il momento in cui
avrei dovuto
rinnegarlo, c’erano altri in cui mi permettevo di sognare
l’eternità trascorsa
accanto a lei.
Sognavo
che potesse arrivare ad amarmi come io sentivo
che avrei amato lei quando si sarebbe trasformata in una giovane donna:
totalmente
ed incondizionatamente.
Ma
Bella adesso voleva fuggire lontano, voleva
abbandonare anche me, il suo amato fratello.
Di
nuovo avevo domato l’impulso di afferrarla e
riportarla semplicemente indietro perché così mi
gridava di fare tutto il mio
essere.
Avevo
percepito persino il profumo delle lacrime che
stava versando copiosamente.
Quante
volte le avevo asciugato quelle di bambina per una
caduta, o per un
brutto sogno, o per un capriccio.
Ma
quelle che stava versando ora, erano più difficili
da gestire anche per me. Stava crescendo, e presto ne avrei fatto le
spese.
Era
stato davanti ad un singhiozzo più forte degli
altri, che alla fine non avevo più potuto reprimere il
bisogno che sentivo di
mettere fine alla sua fuga.
Così
non mi era stato difficile comparirle dinnanzi
all’improvviso, sbarrandole finalmente la strada.
Quando
avevo incontrato i suoi occhi, addolorati e
immensi nel volto tirato, avevo avuto la certezza che mi sarei potuto
perdere
per sempre dentro di lei.
-
Bella!
Se
allora le avevo sbarrato il passo, nella certezza che
desiderasse essere fermata da me, ora ero convinto
dell’esatto contrario.
Allora volermi
bene non voleva dire soffrire come invece le accadeva ora.
-
Bella!
Avevo
gridato più forte, per sovrastare il rumore della
pioggia battente e il battere furioso del suo cuore, che percepivo
distintamente anche da quella distanza.
Avrei voluto
riportare indietro le lancette del tempo, forse per vivere tutto
diversamente e
non commettere così quegli errori che ci avevano portati ad
essere così
distanti.
Poi,
proprio come in una scena al rallentatore, l’avevo
vista inciampare e perdere l’equilibrio.
Quasi
non avevo percepito i miei stessi movimenti,
l’attimo in cui ero scattato, perchè mi ero
semplicemente ritrovato a
stringerla tra le braccia, evitandole una caduta rovinosa.
Nonostante
i vestiti di entrambi fossero stati fradici,
avevo immediatamente percepito il calore del suo corpo mitigare il
freddo del
mio.
Solo
che non era più stato quello acerbo della ragazzina
che avevo lasciato tre anni prima, ma era diventato quello morbido
della
giovane donna in cui si era trasformata.
Negli
occhi nocciola di Bella, in cui tante volte mi ero
specchiato, avevo visto fiorire lo stesso turbamento che sentivo
anch’io per
quella vicinanza e che stavo cercando di ignorare, per far riaffiorare
invece
le sensazioni tenere che mi aveva suscitato sempre in passato il nostro
contatto.
Solo
che per quanto mi stessi sforzando, le mie braccia
sembravano incapaci di allontanarla, anzi l’avevano stretta
ancora un po’ di
più, facendola quasi aderire del tutto a me.
Mi
pareva quasi che il mondo intorno a noi si fosse
fermato, come se non ci fosse stato un passato e non ci potesse essere
un
futuro.
Solo
il presente, i nostri visi vicinissimi, i nostri
sguardi, i nostri corpi così diversi per natura, eppure
capaci di adattarsi
perfettamente l'uno all'altro.
Tutto
ciò che avevo sempre desiderato, sognato, agognato,
era lì ad un soffio da me: Bella e le sue labbra che
sembravano essere state
create apposta per essere baciate dalle mie.
Potevo
davvero farle questo? Legarla a me, privarla
della sua anima, condannarla a diventare un mostro come lo eravamo noi?
La
volevo, non c'era nulla in me che non gridasse di
donarle quell'amore che mi stava chiedendo e che lei era pronta a
vivere senza
esitazioni.
Ma
era stata una vibrazione, bassa ed insistente, che mi
aveva strappato da quei pensieri, ricordandomi che c'era stato un
passato
felice tra noi, e che il futuro non lo sarebbe stato se io avessi
infranto
quella promessa che avevo fatto a me stesso.
Non
avrei permesso che il mio amore la condannasse ad
un'esistenza mostruosa come la mia.
Bella avrebbe
dovuto assaporare ogni esperienza che la vita umana le poteva
consentire, anche
quella di amare ed essere riamata da chi avrebbe potuto donarle molto
più di
quello che avevo da offrirle io.
Era
stato quindi inevitabile, anche se terribilmente
doloroso, lasciarla finalmente andare e prendere il cellulare
dalla tasca
dei miei jeans per rispondere alla chiamata.
La
voce di Alice mi aveva investito veloce, con domande
chiare e concise: dove eravamo, Bella come stava, ero per caso
impazzito a
trascinarla via così?
- Va
tutto bene, Alice. Io e Bella stavamo… tentando di
chiarirci.
Se
mai quell'attimo perfetto era esistito tra noi, ora
stava scivolando via insieme alle mie parole.
Lo
avevo visto chiaramente sfumare anche negli occhi di
Bella, che erano tornati a colmarsi di lacrime amare.
-
Sì, certo che le puoi parlare.
Aveva
fatto molta attenzione nel prendere il telefono che
le porgevo, sicuramente per evitare che le nostre dita si sfiorassero
anche
solo per sbaglio.
Poi
mi aveva voltato le spalle, incamminandosi verso la
macchina che avevamo abbandonato solo qualche minuto prima.
-
Sì, Alice, è vero... stavamo solo
parlando... sì,
certo che si è scusato per il modo in cui mi ha trattato
poco fa... no… adesso
torniamo.
Sentivo
chiaramente le domande di Alice, tanto quanto le
risposte di Bella.
Stava
mentendo per me, come aveva fatto anche per quel
cane!
Una
fitta di gelosia mi aveva attraversato, traditrice e
fuori controllo.
-
Sì, certo, ne parliamo a casa. Sono convinta che ci sia
molto da dire... no, non sono più arrabbiata con
lui… sto cercando di capire le
sue ragioni.
Non
era vero, percepivo dentro di lei una battaglia
altrettanto tormentata quanto la mia.
Non
potevo arrendermi, avrei dovuto lottare per me e per
lei, ma ce l’avrei fatta.
- A
tra poco, ciao.
Si
era voltata solo parzialmente per lanciarmi il
cellulare. Lo avevo afferrato al volo, raggiungendola immediatamente.
-
Bella… potresti ascoltarmi solo un attimo?
Si
era irrigidita, ma non aveva smesso di camminare. Ero
stato costretto a sfiorarle una spalla per ottenere la reazione
desiderata.
Si
era voltata verso di me, i lineamenti induriti da
un'espressione che non le era mai appartenuta.
- Lo
so già cosa stai per dirmi… che quello che
è successo
un minuto fa tra di noi, è stato solo frutto della mia
fantasia, giusto?
Mi
ero sforzato di rimanere impassibile, di non far
trapelare nulla del tormento che mi stava uccidendo dentro.
- E'
così, Bella. Io ti voglio bene... ma non è
quell'amore che vorresti tu.
Avevo mantenuto
la voce salda e lo sguardo fisso nel suo.
- Non
potrà mai esserlo. Tu sei la mia sorellina, la mia
pulce fastidiosa... e sempre lo sarai, anche se non ne vorrai
più sapere di me.
-
Perchè mi stai facendo questo, Edward?
Perchè
non ho altra scelta, Bella!
-
Perchè non voglio perderti per sempre... forse ci
vorrà
altro tempo, altri anni... ma spero che un giorno tu possa tornare a
volermi
bene come hai sempre fatto.
- Ti
rendi conto che così stai distruggendo non solo il
nostro futuro, ma anche il nostro passato?
Non potevo
dirle la verità, proprio non potevo.
-
Bella, tu non ti sei innamorata di me, ma dell'amore.
Hai proiettato su di me quei sentimenti che avresti dovuto provare per
un
ragazzo come te...
- Ma
io non mi sento come tutti gli altri! Perchè vi
ostinate tutti a credere che io sia felice della mia umanità!
Il
terrore più puro mi aveva invaso, annullando
momentaneamente ogni mia facoltà fisica e mentale.
Cosa
stava cercando di dire?
-
Nessuno di voi si è mai chiesto cosa possa provare io,
al pensiero che potrei morire in qualsiasi momento lasciando tutti voi?
Completamente
paralizzato, le parole di Bella penetravano in me come coltelli
affilati pronti
a dilaniarmi la carne.
- Non
avete mai pensato che il mio unico desiderio fosse
quello di diventare come voi... di diventare come te, per potervi
restare
sempre accanto.
I
suoi occhi non avevano permesso ai miei di abbassarsi,
costringendomi a perdermi nuovamente in quel mare di sentimenti che si
agitavano dentro di lei.
-
Bella, non sai di cosa stai parlando...
-
Come puoi dirlo!
Era
scattata verso di me, quasi certo che la sua
intenzione fosse stata quella di colpirmi. Si era fermata all'ultimo,
la mano
quasi sospesa tra di noi.
- Io
vi conosco meglio di chiunque altro!
- Tu
non sai come sono realmente.
Aveva
stretto il pugno con forza, sferzando l'aria nel
riabbassarlo lungo il fianco.
- Io
lo so, invece! E non mi convincerai mai del contrario!
Il
suo corpo aveva iniziato a tremare, forse per rabbia, o
forse perchè da troppo tempo eravamo sotto quella pioggia
gelida.
-
Dobbiamo tornare a casa… stai tremando, rischi di
ammalarti seriamente.
Avevo
visto il suo sguardo rabbuiarsi ancora di più.
- E'
vero, potrei ammalarmi gravemente, sino a morire. Ma
sai cosa penso? Che forse ti farei un favore! Perché
così non dovresti più
preoccuparti per me...
Non
le avevo nemmeno dato il tempo di finire, che l'avevo
già afferrata per le spalle, chinandomi su di lei e
arrivando a sfiorare il suo
viso con il mio.
- Non
permetterti mai più di dire una cosa del genere!
Sapevo
che non avrei dovuto dirlo, sapevo che avrebbe
segnato per sempre il nostro futuro, ma era da troppo tempo che nel mio
cuore
albergava quella paura inespressa.
- La
tua vita, Bella, è la cosa
più preziosa per
me. E non ti permetterò mai, e per nessuna ragione,
di gettarla via come
se non avesse importanza.
Si
era immediatamente ribellata alla mia presa, arrivando
a spintonarmi via, incurante della sua mano già ferita.
- Sei
un bugiardo, Edward! Un fottutissimo bugiardo!
Il
suo insulto era stato niente in confronto al male che
mi stava facendo il suo sguardo, dove traspariva tutto il dolore che le
stavo
infliggendo di nuovo.
-
Bella…
- Non
mi toccare!
Mi
era venuto istintivo lenire quel dolore con una
carezza, ma lei non era più la ragazzina che avevo inseguito
un pomeriggio
d’inverno, ora era la giovane donna che mi stava chiedendo di
trovare il
coraggio di amarla sino in fondo.
-
Bella… non capisci che l’ultima cosa che vorrei
è
vederti soffrire così!
La
sua reazione a quelle parole era stata per me
l’equivalente di un colpo mortale, dal momento che si era di
nuovo stretta a me,
abbracciandomi.
-
Allora, Edward, abbi il coraggio di fare quello che
stavi per fare prima che Alice ti chiamasse.
Non
poteva più succedermi di rimanere senza fiato,
però la
sensazione che stavo provando era probabilmente l’equivalente
di ciò che
accadeva ad un umano.
Bella
si era sollevata sulle punte dei piedi, per tentare
di avvicinare ancora di più i nostri visi, come se
già non bastasse a farmi
impazzire sentire nuovamente il suo corpo aderire al mio.
-
Baciami… ti prego.
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
Emmet era stato l'unico a non essere d'accordo con la mia
decisione, tre anni prima.
C'era
stata un'accesa discussione tra di noi, tanto che
Carlisle era stato costretto ad intervenire, per ricondurci alla
ragione ed
evitare che lo scontro si spostasse anche sul piano fisico.
Non
ero perciò stupito che fosse stato proprio lui quello
che, in questi anni, era stato maggiormente vicino a Bella.
Forse,
per certi versi, si sentiva responsabile del fatto
di non essere riuscito a convincermi che stavo sbagliando, che il mio
futuro
accanto a Bella sarebbe potuto esistere.
Ma
a che prezzo? Quello della vita di Bella.
Ed
era un prezzo che non ero disposto a pagare.
-
L'hai fatta incazzare perbene, fratellino.
Non
ero rimasto sorpreso di vedermelo comparire di fianco,
sedendosi come se fosse stato invitato a farlo.
- La
sua faccia quando siete rientrati parlava da sola.
Era
quel silenzio terribile in cui si era rinchiusa dopo
che l’avevo definitivamente respinta, consapevole che stessi
mentendo sui miei
sentimenti per lei e che quindi fossi davvero deciso a non amarla.
Avevo
davvero reciso ogni possibilità tra noi,
togliendole qualsiasi speranza di potermi convincere che non fosse
sbagliato
amarla.
- Una
vista davvero splendida da quassù... devo portarci
Rose un giorno di questi.
L'abete
secolare che avevo scelto, svettava sugli altri,
regalando davvero una vista magnifica sulla vallata sottostante, sul
lago e sul
resto delle cime che lo circondavano.
In quel luogo si
poteva quasi respirare l'immortalità della terra, dell'aria,
dell'acqua,
qualcosa che c’era sempre stato e che sarebbe continuato ad
esistere nei secoli
a venire.
Immortali come me,
se solo avessi deciso di continuare ad esistere per sempre.
-
Sono sicuro che piacerebbe anche a Bella...
Una
fitta dolorosa, distruttiva,
mi aveva attraversato. Non ero ancora pronto a parlarne con nessuno di
quello
che era successo con lei.
-
Emmet, senti...
- No,
no. Sei tu che devi ascoltarmi, Edward.
La
sua voce si era colorata di una durezza che avevo già
conosciuto in lui. Mi aveva indotto a guardarlo, scorgendone il profilo
apparentemente impassibile.
- Il
tuo ritorno, in questo momento così delicato, era
necessario, lo so bene anch'io. E ne sono anche felice da un lato,
perchè mi
sei mancato davvero. Sono stati difficili anche per me questi anni
senza te
accanto…
Avevo capito che la
pausa era stata spontanea, perché adesso sarebbe arrivata la
parte più dura di
quella conversazione tra noi.
- Ma
non tanto quanto lo sono stati per Bella. L'ho vista
soffrire ogni giorno, cercando di dimenticare, di farsene una ragione,
di
ricominciare a vivere felice.
Si
era voltato a guardarmi anche lui, fissandomi con
quella durezza che aveva colorato anche la sua voce.
- E
adesso più che mai, penso che tutta quella sofferenza
non abbia avuto senso, che le poteva essere risparmiata.
Era
giusto che Emmet reagisse così, giusto perchè lui
aveva vissuto sulla sua pelle la sofferenza di Bella, io l'avevo solo
potuta immaginare
uguale alla mia, alla sofferenza che aveva dilaniato anche me in quegli
anni di
lontananza da lei.
-
Adesso che appare evidente come la decisione presa tre
anni fa potrebbe essere stata inutile, per te, per Bella...
-
Bella non diventerà mai come noi, Emmet!
- Ma
lei lo vuole, Edward. Ci siamo resi conto che ha
maturato questa volontà nell'ultimo anno, nonostante il
nostro tentativo di
spingerla verso la sua natura umana. E quando saprà
dell'accordo con i Volturi,
sarà la prima...
- Non
diventerà un vampiro assetato di sangue! Lei
resterà
umana! Vivrà e rimarrà la ragazza meravigliosa
che è sempre stata e la donna
stupenda che sarà in futuro.
Non
c'era motivo di proseguire in quella discussione,
sentivo nei pensieri di Emmet come fosse convinto che stavo sbagliando
ancora e
che tutto ciò che avrei potuto dire, non gli avrebbe fatto
cambiare idea.
-
Emmet, noi non abbiamo avuto scelta, ma Bella invece sì.
Io la amo con tutto me stesso, e proprio per questo non posso pensare
di
condannarla ad essere come me. Il solo pensiero di trasformarla in
un'assassina...
Avevo provato cosa
voleva dire uccidere un uomo per nutrirmi del suo sangue. Mi ero illuso
di
poter liberare il mondo dalle persone malvagie, dando un senso alla mia
natura
mostruosa. Invece ero solo diventato un assassino anch’io,
niente di più,
niente di meno.
Nessun
angelo vendicatore, solo un altro mostro.
-
Edward, può darsi che in passato tu abbia sbagliato,
come tutti noi del resto, ma sei stato capace di redimerti, e il tuo
rapporto
con Bella... il fatto che lei si sia innamorata di te, bè,
questo è lo specchio
di ciò che sei, di quello che hai dentro...
- Lei
si è innamorata di quello che ho voluto farle vedere
di me! Non sa veramente chi sia! Se solo mi vedesse dentro...
Lo
sguardo di Emmet mi aveva trafitto implacabile.
-
Pensi che cambierebbe idea su di te? Pensi davvero di
essere riuscito a nascondere tutte le sfumature che fanno di te quello
che sei?
Se è questo, quello che pensi, cioè che Bella non
sia stata capace di guardare
oltre le apparenze, allora è meglio così.
Ero certo che fosse
innamorata dell'idea che aveva
di me, e non
di me per quello che ero veramente.
Emmet
poteva anche pensarla diversamente, ma non mi
avrebbe convinto del contrario.
-
Allora, ha veramente senso contrastare il suo volere e
quello dei Volturi, perchè non merita di soffrire per
l'eternità inseguendo un
fantasma, qualcuno che non esiste e che non saprà mai
renderla felice.
Non
mi aveva dato il tempo di replicare alle sue parole,
iniziando una rapida discesa.
"Speravo
che in questi anni lontano da lei ti
fossi accorto che stavi sbagliando. Ma vedo che a sbagliarmi ero solo
io:
pensavo che il coraggio ti sarebbe venuto, invece continui a scappare.
Spero
per te, che saprai conviverci in eterno con la decisione che hai preso."
Emmet
non aveva avuto bisogno di parlare, perché i suoi
pensieri mi avevano raggiunto lucidi e spietati, lasciandomi in un
profondo
senso di disagio.
Poteva,
alla fine, avere ragione lui?
Stavo
davvero sbagliando, costringendo me e Bella ad una
sofferenza inutile?
Sapevo
che questi interrogativi mi avrebbero tormentato
sino a che non avessimo avuto nuove notizie da Carlisle.
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
Quando
ero rientrato a casa, avevo scoperto che Jasper ed
Alice avevano accompagnato Bella a Forks, perché cenasse
fuori.
Il
motivo mi era apparso subito chiaro, e questo aveva
suscitato in me un’altra serie di interrogativi senza
risposte certe.
Come
avremmo potuto convivere sotto lo stesso tetto io e
Bella, dopo quello che ci eravamo detti. Come avremmo potuto affrontare
tutti
insieme quello che il futuro aveva in serbo per la nostra famiglia?
Il
pensiero continuava ad andare al passato, quando i suoi
diciotto anni mi sembravano un appuntamento lontano, e mi beavo
solamente di
poter essere parte della sua vita, di poterle essere accanto in ogni
momento,
di vederla crescere felice accanto a noi.
Ricordavo
quando ancora bambina, la sera si addormentava
serena, consapevole che non mi sarei allontanato da lei per nessun
motivo al
mondo.
Nel
sonno, la sua piccola mano non abbandonava mai il gelo
della mia. Così, capitava che per notti intere rimanessi
sdraiato accanto a lei
per non toglierle quel contatto con me.
Diventata
ragazzina, quel momento era inevitabilmente cambiato,
perchè quella vicinanza fisica sarebbe stata più
difficile da gestire per me
che non per lei: io sapevo cosa sarebbe potuto accadere tra di noi da
lì a
qualche anno ancora, ed avevo già iniziato a prenderne le
distanze.
Così
la mia presenza nella sua stanza, prima che si
addormentasse, si era limitata a delle lunghe chiacchierate
confidenziali tra fratelli,
o almeno allora pensavo che fosse così, perché
invece poi avevo capito che
anche quei momenti avevano contribuito a far nascere in lei sentimenti
diversi
nei miei confronti.
-
Edward, Carlisle al telefono!
La
voce di Rosalie mi aveva strappato da quelle riflessioni,
facendomi precipitare in salotto, dove le espressioni altrettanto
impazienti di
Rosalie ed Emmet mi avevano accolto.
- Ti
metto in vivavoce, Carlisle. C'è anche Edward, ora,
ad ascoltarti.
-
Ragazzi, so che aspettavate questa telefonata, perciò
non mi dilungherò in dettagli di cui potremo discutere
quando saremo lì.
Il
fatto che Carlisle avesse usato con noi un approccio
così diretto, aveva fatto immediatamente incupire anche i
pensieri dei miei
fratelli.
-
Intanto vi dico che siamo già in aeroporto e il nostro
volo partirà tra poco. Atterreremo a Seattle intorno alle
10.00 di domani.
Poi
aveva fatto una pausa, quasi come se davvero gli
mancassero le parole per proseguire. Avevo sentito crescere emozioni
contrastanti dentro di me: una grande preoccupazione, ma nello stesso
tempo la
determinazione ad affrontare qualsiasi battaglia fosse servita a
salvaguardare
la vita di Bella. Avevo stretto i pugni con forza, quasi sul punto di
spronare
Carlisle nel parlare, ma non ce n’era stato bisogno.
-
Sappiate che io ed Esme stessi siamo ancora
profondamente turbati per la decisione presa... ma devo chiedervi di
sforzarvi
di pensare innanzitutto a Bella, alla necessità che lei non
avverta qualcosa
nei vostri comportamenti sino a che non saremo rientrati E’
necessario parlarne
prima tra noi ...
-
Carlisle!
Era
stato l'istinto a farmi pronunciare il suo nome
ringhiando, l'esigenza di sapere tutto, e saperlo subito!
-
Edward, capisco, ma non è facile nemmeno per me
parlarvene... perchè i
Volturi non hanno voluto sentire ragione: per loro l'accordo deve
essere rispettato
sino in fondo. E ci hanno chiaramente fatto capire che se non lo faremo
noi, ci
penseranno loro.
Una
scarica di furia omicida mi aveva percorso, tanto che
avevo strappato l'imbottitura del divano a cui non mi ero accorto di
essermi
aggrappato.
- La
scadenza è sempre quella, Carlisle?
Ero
stato io a porre la domanda, mentre mi specchiavo
negli sguardi pietrificati dalla preoccupazione di Emmet e Rosalie.
- No,
in realtà qualcosa è cambiato… la
situazione ora è
più complessa, Edward, preferirei parlartene di persona.
Il
fatto che si fosse rivolto a me in particolare, mi
aveva fatto scattare subito.
-
Carlisle, qualsiasi cosa sia, lo voglio sapere subito!
-
Edward, fidati di me.
Il
cellulare nella mia tasca si era messo a suonare. Lo
avevo estratto immediatamente, sul display lampeggiava il nome di
Alice. Avevo
risposto senza esitare, certo che la sua telefonata fosse collegata a
quella di
Carlisle.
-
Alice!
-
Edward, è al telefono con voi Carlisle? Il suo numero
è
occupato.
-
Sì...
-
Allora suppongo vi stia informando di quanto ho appena
avuto modo di scoprire nella mia visione!
La
voce di Alice conteneva una punta di panico, e mi ero
sentito ancora più furioso con Carlisle.
-
Carlisle, cazzo, dimmi immediatamente cosa sta succedendo!
Forse
era la prima volta che mi rivolgevo così al vampiro
che ritenevo davvero essere un padre per me, ma
era altrettanto vero che Bella era al di
sopra di tutto e tutti nei miei pensieri.
Avevo
lasciato che Rose prendesse il mio cellulare per
parlare lei con Alice, mentre Emmet si era avvicinato a me, quasi
avesse
intuito che ero sul punto di perdere il controllo definitivamente.
-
Edward, devi capire che abbiamo preso delle decisioni
difficili io ed Esme, ma lo abbiamo fatto nell’intento di
guadagnare altro
tempo con i Volturi…
-
Carlisle, che cosa avete fatto!
Questa
volta avevo ringhiato fuori le parole, tanto che
avevo indotto Rose a guardarmi come se avesse avuto di fronte uno
sconosciuto.
Apparivo
davvero così fuori controllo?
Poteva
essere visto che sentivo dentro di me la certezza
che il futuro di Bella fosse diventato improvvisamente un incubo ancora
più
grande da affrontare.
- Un
nuovo accordo con i Volturi. La scadenza per la
trasformazione di Bella non è più fra tre mesi,
per i suoi diciotto anni, ma
potrà avvenire nel giorno in cui ne compirà
diciannove.
Avevo
cercato con lo sguardo quello dei miei fratelli,
forse per trovare in loro un’ancora di salvezza a cui
aggrapparmi per
affrontare la tempesta che sentivo annunciarsi nella voce di Carlisle.
- Aro
non ha voluto sentire ragioni, ha continuato a
sostenere che c'è in ballo la sicurezza di tutti noi vampiri
ed anche la loro
credibilità nel far rispettare la legge, quindi Bella deve
diventare una di
noi.
Gli
era mancata ancora la voce ed avevo sentito più
lontana quella di Esme dirgli di stare tranquillo, di parlarmi come
aveva
sempre fatto, perché era sicura che sarei stato in grado di
capire la decisione
che avevano preso.
Esme
era riuscita anche da lontano a farmi sentire il peso
dell’ amore incondizionato che aveva sempre nutrito per me,
facendomi sentire
ancora più in colpa per la rabbia che avevo riversato
addosso a Carlisle.
-
Sì, hai ragione, tesoro, dovrà capire…
vedi, Edward, Aro
in tutti questi anni è sempre stato affascinato dal fatto
che tra di noi
vivesse un’umana, e che per giunta lei nutrisse per noi dei
sentimenti di
affetto reali. Così ho deciso di essere sincero con lui e di
raccontargli della
situazione che si era venuta a creare tra te e Bella in questi anni.
Solo che
gli ho mentito su un’unica questione, cioè sul
perché eri tornato in famiglia
proprio ora. Gli ho detto che era perché finalmente ti eri
deciso a rivelarle
di essere anche tu innamorato di lei e che era anche nelle tue
intenzioni
chiederle di sposarti, forse proprio il giorno del suo compleanno. Per
questo
motivo noi Cullen chiedevamo la possibilità di spostare di
un anno la data
della sua trasformazione, per lasciare a te, suo futuro compagno, il
tempo di
informarla e abituarla all’idea che sarebbe dovuta diventare
a tutti gli
effetti una di noi.
Impietrito,
quello era l’unico termine esatto per spiegare
come mi sentissi in quel momento, come forse lo erano anche Rose ed
Emmet,
immobili accanto a me, lo sguardo rivolto al cellulare posato sul
mobile e da
cui proveniva la voce cupa di Carlisle.
-
Credimi, Edward, non ha esitato un attimo, a quel punto,
nell’accordarmi l’anno di proroga. E’
letteralmente andato in visibilio davanti
al fatto che era nato addirittura l’amore tra te e lei,
ritenendolo l’apoteosi
di quello che ha sempre considerato il suo
“esperimento” migliore: ossia
accordarci il permesso di crescere Bella nella nostra famiglia in forma
“umana”
sino alla sua maggiore età.
A
quel punto ci eravamo quasi ritrovati tutti e tre a ringhiare
furiosamente, perché l’idea che Aro considerasse
Bella un semplice “esperimento”
era inaccettabile per tutti noi.
- Lo
so, ragazzi, Bella non è mai stata un
“esperimento”
per noi… ma dovete capire che i Volturi, specie Aro, hanno
una visione
completamente opposta alla nostra degli umani. Se Bella non fosse stata
così
importante per noi, probabilmente Aro non avrebbe avuto nessuno
scrupolo nel
mandare qualcuno della sua guardia ad occuparsi di lei al posto nostro
quando
fosse giunta la scadenza dell’accordo.
Sapevo
che Carlisle aveva ragione, l’ombra dei Volturi non
ci aveva mai abbandonato in questi anni, seppur non si fosse fatto vivo
mai
nessuno esplicitamente.
-
Carlisle, scusa… ma di fatto, quindi, che cosa prevede
il nuovo accordo con loro?
La
prima a tornare abbastanza lucida per andare al punto
era stata Rose, io ero ancora incapace di formulare dei pensieri
coerenti.
-
Prevede che ci sia un matrimonio al più presto… e
da
quel momento in poi un anno di tempo ancora prima di trasformare Bella.
Avevo
sentito una mano di Emmet posarsi sulla spalla e stringermela,
in un gesto che esprimeva tutta la comprensione che nutriva per me in
quel
momento, davanti alla prospettiva di quello che i Volturi si
aspettavano accadesse.
-
Edward, credimi, sento di aver sbagliato anch’io
nell’illudermi
che potesse andare diversamente, ma adesso dobbiamo guardare in faccia
la
realtà: se vogliamo mettere Bella momentaneamente al sicuro
dai Volturi,
dobbiamo almeno rispettare la prima parte dell’accordo per
mostrare la nostra
buonafede.
Emmet
mi aveva stretto la spalla così forte che pensavo
potesse sbriciolarsi sotto le sue dita, eppure non era niente in
confronto al
dolore che mi era esploso dentro all’idea che presto avrei
dovuto prendere una
decisione inevitabile.
-
Capisci perché avrei voluto essere lì prima di
parlartene? Perché io ed Esme ci sentiamo responsabili non
solo per Bella, ma
anche per te. Ci sembra di aver tradito entrambi, in qualche maniera,
solo che
Bella ancora non sa in che misura.
Bella, che mi amava
e che forse sognava proprio ciò che i Volturi volevano per
lei, senza sapere
cosa significasse davvero perdere la sua umanità.
-
Rose, Emmet, siete ancora lì vero?
-
Sì certo, Carlisle, ci siamo. Abbiamo ascoltato tutto
e…
bè, sicuramente aspettiamo il vostro rientro per parlarne
ancora meglio.
-
Sì, tra l’altro vi dobbiamo salutare…
hanno iniziato a
chiamare il nostro volo e dobbiamo presentarci per l’imbarco.
Però prima…
Edward, Esme vorrebbe parlare un attimo con te… da solo.
Sapevo
che i miei fratelli non l’avrebbero presa male,
così avevo afferrato il cellulare ed ero uscito fuori,
lasciandomi avvolgere
dal buio della foresta.
- Ci
sono…
-
Figliolo, spero saprai perdonarci per la decisione che
abbiamo dovuto prendere…
Potevo
davvero incolpare solo lui di tutta la situazione?
Per quanto fossi sconvolto, non ero però impazzito.
-
Siamo tutti colpevoli, Carlisle. In fondo anch’io mi
sono illuso che questo momento potesse andare diversamente.
-
Grazie, Edward. Ti passo Esme.
Avevo
alzato il viso al cielo, cercando di non pensare al
momento in cui avrei rivisto Bella, sapendo quello che ora sapevo
essere
accaduto in Italia.
-
Tesoro? Ciao… volevo solo sentire la tua voce e…
ricordarti che non sei da solo. Troveremo un modo, tutti insieme, per
affrontare
questa prova durissima e ce la faremo, perché siamo sempre
stati una famiglia.
Non
potevo negare che sentirla mi aveva rinfrancato, se c’era
una persona in grado di comprendermi senza che io dovessi nemmeno
parlare,
quella era lei.
-
Sì, lo so, Esme. Non ce l’ho con voi…
anche se forse ho
dato l’impressione contraria a Carlisle. Diglielo per favore.
Ho solo reagito a
quello che mi stava dicendo… so che non avreste mai voluto
metterci in questa
situazione se soltanto ci fosse stata un’altra soluzione.
Anche
senza vederlo, avevo visto fiorire il suo sorriso,
quello che tante volte mi aveva riscaldato nei momenti più
bui della mia
esistenza dannata.
Esme,
che davvero non aveva mai conosciuto la parte
mostruosa della nostra esistenza, lei che non aveva mai affondato gli
artigli
in un essere umano per cibarsene.
- Lo
farò, tesoro. Tu cerca di stare tranquillo e…
cerca
di non pensare troppo… almeno sino a che non saremo
lì anche noi, okay?
Ci
era riuscita, in qualche maniera miracolosa, era
riuscita a far spuntare un sorriso anche sul mio volto, rivolgendomi
quel
rimprovero velato a non agire d’impulso come invece avevo
fatto tante volte in
passato.
- Va
bene, ci proverò.
A
quel punto avevamo dovuto davvero chiudere la
telefonata, perché non c’era più tempo.
Sentivo
in lontananza Rose parlare ancora con Alice,
mentre Emmet probabilmente stava domandandosi se fosse il caso di
raggiungermi
o meno.
Li
consideravo davvero dei fratelli, come anche Alice e
Jasper, ed ora più che mai mi chiedevo perché il
destino non mi avesse fatto
provare gli stessi sentimenti per Bella.
La
situazione sarebbe stata dolorosa lo stesso, ma in una
maniera diversa, perché la tentazione di cedere alla
richiesta dei Volturi ero
certo che sarebbe stata meno forte da parte mia.
Perché
non mi era mai parso più raggiungibile di così,
quel futuro che avevo sempre sognato con lei e che invece avevo giurato
a me
stesso di non realizzare.
Spoiler Capitolo 5
-
Jasper, mi vuoi dire che sta succedendo? Dov’è
andata
Alice?
Lo
avevo raggiunto fuori dalla pizzeria e lo avevo trovato
immobile, mentre sembrava guardare nel vuoto.
- La
sua visione… è successo qualcosa di grave ad Esme
e
Carlisle!
Si
era voltato, sorridendomi. Avevo cercato di capire
quanto fosse sincero quel sorriso, e lo era stato abbastanza da calmare
in
parte l’ansia che mi aveva attanagliato improvvisamente
all’idea che fosse
successo qualcosa ai miei genitori.
Perché Esme e
Carlisle, erano i miei genitori, lo sarebbero sempre stati.
- No,
Bella, stai tranquilla. Non è successo niente a
nessuno…
- E
allora? Perché Alice è uscita a telefonare? Chi
ha
chiamato, perché?
-
Ehi, ehi! Non sono colpevole! Chiedo pietà!
Aveva
alzato le mani come se stesse davvero interpretando
la parte dell’innocente accusato ingiustamente, riuscendo a
strapparmi un lieve
sorriso.
-
Jasper, smettila! Non sarai colpevole, ma di certo non
sei innocente! Allora? Si tratta di… insomma… ha
visto qualcosa su… bè, ha
chiamato per caso…
Le
mani di Jasper, quel vampiro sempre pacato
e sensibile, si erano posate
leggere sulle mie guance, in un gesto
affettuoso.
-
Bella, respira!
Occhi
dorati, colmi di affetto anche loro, rassicuravano i
miei.
- E
non lanciarti in strane elucubrazioni! Alice ha
semplicemente “visto” che a casa avevano bisogno di
lei.
- E
non mi devo preoccupare? Stai scherzando, vero!
- Mi
vedi preoccupato? No!, Anzi, sono persino contento di
poter rientrare in questo locale pieno di odori sgradevoli e averti
tutta per
me!
Chiunque
lo avesse sentito, avrebbe pensato il peggio di
noi Cullen! Già le voci sul fatto che stessero insieme lui
ed Alice davano
luogo a morbosi pettegolezzi, come del resto anche Emmet e Rosalie,
sentirlo
poi essere felice di rimanere solo con me, dopo che Alice era schizzata
via,
avrebbe solo peggiorato le cose!
-
Jasper, non pensare di fregarmi così… i tuoi
trucchi li
conosco!
Stava
cercando di manipolare le mie emozioni a suo
piacimento, ma me l’ero aspettato.
-
Inizio a credere che un giorno perderò davvero tutto il
mio “ascendente” su di te! Adesso, però,
voglio davvero continuare a godere
della tua compagnia, è da un po’ che non ci
facciamo una bella chiacchierata a
tu per tu. E scommetto che hai anche un sacco di cose da
raccontarmi…
Sapevo
che non avrei dovuto mollare, ma le sensazioni che
mi stava trasmettendo Jasper si stavano facendo davvero troppo intense.
Sentivo
il mio turbamento cedere il passo alla serenità che
irradiava con tanta
intensità.
-
Jasper, non potrà durare per sempre…
Mi
aveva sorriso ancora di più, passandomi un braccio
sulle spalle e rientrando insieme nel locale.
- No
di certo, ma nella prossima ora non mi va di vederti
ancora quell’espressione preoccupata. Quella di Alice era una
sciocchezza,
altrimenti te ne avrei parlato.
-
Perché non mi fido di te, Jasper?
Aveva
finto un’espressione minacciosa, scoprendo
leggermente i denti in quello che voleva essere un ghigno feroce.
-
Ovvio, perché in realtà sono un vampiro spietato!
Ero
vagamente cosciente di essermi fatta fregare da lui,
di essermi abbandonata al suo potere, ma in fondo era Jasper, e vederlo
così
non capitava molto spesso.
Mi
ero, perciò, totalmente lasciata andare, scoppiando in
una risata sincera davanti a quella strepitosa parodia di se stesso che
mi
stava regalando: quella del vampiro sanguinario che sapevo essere stato
veramente
prima di incontrare Alice, prima di incontrare i Cullen e trasformarsi
nella
persona sensibile che era diventata.
|
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Capitolo 6 *** Capitolo 5 ***
Buongiorno!
Il capitolo di oggi ci riporta nella mente di Bella... che mi sento di
dire non sia meno contorta di quella di Edward! O forse solo
più confusa... vediamo se vorrete concederle delle
attenuanti oppure spedirla direttamente sul banco dei colpevoli!
Perchè?
E' tutto scritto nel capitolo, leggete e poi, se ne avete voglia,
fatemi sapere appunto che ne pensate.
Alla prossima.
BF
PS: sono particolarmente legata a questa canzone di Elisa, e
trovo che rispecchi in maniera davvero calzante le emozioni
dei protagonisti in questo capitolo.
A un
passo dal
possibile
A
un passo da te
Paura
di decidere
Paura
di me
Di
tutto quello che
non so
Di
tutto quello che
non ho
Eppure sentire
Nei fiori tra l'asfalto
Nei cieli
di cobalto -
c'è
Eppure
sentire
Nei sogni
in fondo a
un pianto
Nei
giorni di silenzio
- c'è
un
senso di te
“Elisa
– Eppure sentire”
-
Jasper, mi vuoi dire che sta succedendo? Dov’è
andata
Alice?
Lo
avevo raggiunto fuori dalla pizzeria e lo avevo trovato
immobile, mentre sembrava guardare nel vuoto.
- La
sua visione… è successo qualcosa di grave ad Esme
e
Carlisle!
Si
era voltato, sorridendomi. Avevo cercato di capire
quanto fosse sincero quel sorriso, e lo era stato abbastanza da calmare
in
parte l’ansia che mi aveva attanagliato improvvisamente
all’idea che fosse
successo qualcosa ai miei genitori.
Perché Esme e
Carlisle, nonostante fossero la cosa più lontana
dall’essere due persone
“normali”, erano stati per me due genitori
meravigliosi, e lo sarebbero stati
per sempre.
- No,
Bella, stai tranquilla. Non è successo niente a
nessuno.
- E
allora? Perché Alice è uscita fuori a telefonare?
Chi
ha chiamato?
-
Ehi, ehi! Non sono colpevole! Chiedo pietà!
Aveva
alzato le mani come se stesse davvero interpretando
la parte dell’innocente accusato ingiustamente, riuscendo a
strapparmi un lieve
sorriso.
-
Jasper, smettila! Non sarai colpevole, ma di certo non
sei nemmeno innocente! Allora? Si tratta di…
insomma… ha visto qualcosa su… bè,
ha chiamato per caso…
Le
mani di Jasper, quel vampiro sempre pacato
e sensibile, si erano posate
leggere sulle mie guance, in un gesto
affettuoso.
-
Bella, respira!
Occhi
dorati, colmi di affetto anche loro, rassicuravano i
miei.
- Non
lanciarti in strane elucubrazioni! Alice ha
semplicemente “visto” che a casa avevano bisogno di
lei.
- E
non mi devo preoccupare? Stai scherzando, vero!
- Mi
vedi preoccupato? No! Anzi, pur di averti tutta per
me per qualche ora, sono persino contento di rientrare in questo locale
pieno
di odori sgradevoli!
-
Jasper, non pensare di fregarmi così… i tuoi
trucchetti
li conosco troppo bene ormai!
Lui
aveva scosso la testa, cercando di mettere su
un’espressione che lo facesse apparire dispiaciuto,
anziché divertito come era
in realtà.
-
Inizio a credere che un giorno perderò davvero tutto il
mio “potere” su di te! Adesso, però,
voglio davvero continuare a godere della
tua compagnia, è da un po’ che non ci facciamo una
bella chiacchierata a tu per
tu. E scommetto che hai anche un sacco di cose da
raccontarmi…
Sapevo
che non avrei dovuto mollare, ma le sensazioni che
mi stava trasmettendo si erano raddoppiate di
intensità, così tutta la
mia preoccupazione era davvero scivolata via nella risata che mi era
salita
spontanea davanti alla sua espressione contenta.
-
Jasper, non potrai tenermi sotto controllo tutta la
sera...
Mi
aveva sorriso ancora di più, passandomi un braccio
sulle spalle e rientrando insieme nel locale.
- No,
è vero, ed è un gran peccato.
- Lo
sai che sei disgustosamente arrogante in questo
momento?
Non
ero davvero arrabbiata, perchè sapevo quanto mi
volesse bene e quanto scocciasse anche a lui vedermi così
turbata negli ultimi
giorni. Per cui potevo perdonargli l’aver manipolato
così il mio umore, tanto
da arrivare a scherzarci insieme.
-
Tanto che dovresti darmi un buon motivo per non piantarti
in asso e subito!
Per
tutta risposta aveva mutato l’espressione in una
abbastanza minacciosa, scoprendo leggermente i denti in un ghigno
feroce.
-
Perché sono un vampiro cattivo e pericoloso!
C’era
stato un tempo in cui lo era stato davvero, e proprio
per questo motivo avevo ammirato ancora di più la forza
d’animo che aveva avuto
nel diventare la persona meravigliosa in cui si era trasformato.
- Non
sei credibile, sappilo!
A
quel punto eravamo scoppiati a ridere entrambi, mentre
ci riaccomodavamo al nostro tavolo, attirando gli sguardi di tutti gli
altri
clienti presenti. Mi aveva fatto riflettere sul fatto che se anche
fossimo
rimasti a Forks per altri dieci anni, la curiosità nei
confronti della nostra
famiglia non si sarebbe mai spenta del tutto.
- Non
mi ci abituerò mai, Jasper.
- A
cosa?Alla mia bellezza che suscita sempre così tanta
attenzione?
Il
suo sorriso si era fatto volutamente più accattivante,
rendendo la sua bellezza forse ancora più intensa, rispetto
a quando sfoggiava
la sua aria tenebrosa.
Quel
momento con lui stava diventando davvero
rilassante, specie perché non capitava spesso di vederlo
così chiacchierone.
Forse era dovuto al fatto che non amava molto essere al centro
dell’attenzione,
quindi in compagnia di Alice tendeva a lasciarle volentieri spazio per
poter
rimanere più nell’ombra.
-
Certo che lo nascondi proprio bene l’ego gigantesco che
invece ti ritrovi! Mi domando spesso come faccia a sopportarti Alice!
Nel
sentirla nominare, gli occhi dorati di Jasper si erano
accesi di un calore molto diverso da quello che avevano espresso per me
sino a
qualche attimo prima.
-
Alice è stata davvero la mia salvezza, Bella.
Cosa
sarei stata disposta a sacrificare per vedere negli
occhi di Edward quella stessa espressione innamorata?
Tutto, anche la mia
stessa vita.
- La
cosa veramente bella,
Jasper, è che grazie all'amore, vi siete
salvati a vicenda. Solo che non
funziona per tutti… perché entrambe le persone ci
devono credere.
Mi
ero ritrovata a fissare la pizza che avevo appena
assaggiato, la tristezza che cercava nuovamente di farsi largo dentro
di me.
Una
mano fredda aveva ricoperto subito la mia, abbandonata
sul tavolo, stringendola appena.
-
Okay, ho capito. Non ci riesco proprio a farti cambiare
umore stasera. Allora, forse, è meglio parlarne chiaramente
invece di girarci
intorno.
Ero
tornata a guardarlo, quasi sorpresa da questo suo
cambio improvviso di direzione.
-
Sai, Bella, speravo che…
-
Ciao! Che bella sorpresa trovarti qui!
La
voce di Mike si era inserita prepotentemente nella
nostra conversazione, quasi quanto la sua figura, che era sgusciata tra
le
nostre sedie.
Mi
ero sporta leggermente in avanti, richiamata da un alto
vociare, intravedendo il resto della compagnia che varcava la soglia
d'ingresso
del locale. Tra l’altro, mi era arrivata anche
l’occhiata poco contenta di
Jessica per il fatto che Mike si fosse immediatamente fiondato al mio
tavolo.
Avevo
riportato l'attenzione su quest’ultimo, pensando che
probabilmente l’uscita di qualche sera prima gli aveva
fornito il necessario
coraggio per avvicinarsi nonostante fossi stata in compagnia di Jasper,
di cui
sapevo avesse particolare soggezione.
-
Ciao, Mike.
-
Newton...
Quasi
a ricordargli il perché si dovesse sentire appunto
in soggezione, Jasper non aveva mancato di salutarlo con un gelido
distacco e
con un’occhiata inequivocabilmente poco cordiale.
-
Scusate se vi ho interrotto, ma volevo ricordarti,
Bella, l'invito per domani...
Indubbiamente
la sua sicurezza aveva subito una crescita
netta rispetto al passato, dove quasi non aveva avuto il coraggio di
guardarmi
se accompagnata da uno dei miei fratelli.
-
Verrai, vero? Ci divertiremo sicuramente! Anche le
ragazze contano sulla tua compagnia.
Avevo
nuovamente rivolto lo sguardo verso gli altri miei
compagni, incrociando sempre quello un po’ ostile di Jessica,
insieme a quello
un po’ più caloroso di Angela, con la quale mi ero
scoperta abbastanza affine
per carattere.
- Non
credo di poter venire, Mike. Sai impegni familiari
dell'ultimo momento... e poi con questa mano...
-
Giusto, la mano.. sì, poi ho sentito dire che è
anche
arrivato un altro vostro... ehm... fratello...
Jasper
non gli aveva risparmiato un'occhiata ancora più
minacciosa per quell’uscita infelice circa la presenza di
“un altro” nostro
fratello, suscitando l’immediato rossore di Mike.
Sinceramente
mi sentivo abbastanza responsabile per quella
sua improvvisa intraprendenza nei miei confronti, così avevo
deciso di correre
in suo aiuto.
-
Sì, infatti. Era tanto che Edward non veniva a
trovarci…
così sicuramente domani staremo tutti insieme.
-
Peccato! Cioè... scusa... intendevo... peccato per noi,
ma bene per voi... nel senso che mi dispiace tu non venga, ma capisco
che tuo
fratello abbia la precedenza.
L'irritazione
crescente di Jasper era stata così palese
che avevo deciso di stroncare sul nascere qualsiasi altro tentativo di
conversazione da parte di Mike.
- Mi
sa che gli altri ti stanno aspettando per sedersi,
forse dovresti raggiungerli.
Si
era voltato appena, incontrando in effetti gli sguardi
dei suoi amici.
-
Uhm.. già... bè, allora vado. Però, se
per caso
cambiassi idea, o magari ti avanzasse del tempo... sai dove puoi
raggiungerci!
Lo
avevo visto chiaramente prendere un lungo respiro,
quasi una rincorsa.
- E
mi farebbe davvero piacere se tu, alla fine, riuscissi
a venire!
Jasper
si era decisamente irrigidito davanti a quell'ultimo,
insistente invito, ma mai quanto Mike stesso che aveva comunque trovato
il
coraggio per rivolgermelo nonostante avesse capito il suo fastidio.
- Lo
tengo presento. Anche se credo sarà proprio
impossibile raggiungervi…
Tra l’altro, se
non fosse stato per il fatto che non avevo alcuna voglia di alimentare
ancora
le sue false speranze, ci sarebbe stata anche la questione che li avrei
dovuti
raggiungere alla riserva, un luogo che non avrei potuto frequentare in
teoria.
Ma
Jacob questa volta ti ha invitato… non saresti
un’intrusa…
-
Newton, le nostre pizze si stanno raffreddando.
A
mettere a tacere quella vocina infida dentro la mia
testa, era stata la voce gelida di mio fratello che aveva del tutto
messo in
fuga Mike, dopo avermi salutato con meno baldanza di quanta ne aveva
avuta nel
raggiungermi.
-
Probabilmente ha ragione Emmet: uno così non vale
nemmeno la fatica di ammazzarlo per farci una bevuta!
-
Jasper!
Sapevo
che le parole del vampiro accanto a me erano state
dette solo per divertimento, ma mi ero preoccupata del fatto che i
vicini di
tavolo avessero potuto sentire: già davvero circolava ogni
tipo di pettegolezzo
su di noi, ci mancava pure che iniziassero ad avvicinarsi alla
verità!
-
Scusami, ma già trovavo irritante solo vederlo sbavarti
dietro, poi dover anche assistere ai suoi imbarazzanti
inviti…
- Ti
ricordo che anche la tua ragazza era d'accordo nello
spronarmi a frequentarlo!
Non
avevo potuto fare a meno di dirlo, ricordando la
conversazione di solo due giorni prima a scuola, in mensa. Quella che
mi aveva
spinto proprio nella direzione di Mike.
- Non
sempre le idee di Alice si rivelano giuste.
-
Però ti sei ben guardato dal dirlo l’altro giorno,
a
scuola, quando cercavo di farlo capire a quelle due arpie!
Jasper
era scoppiato a ridere, attirando ancora gli
sguardi femminili delle nostre vicine di tavolo.
-
Bella, se sapessero come le hai appena chiamate, non
riusciremmo a salvarti nemmeno io ed Emmett!
Poi,
passata l’ilarità, era tornato serio,
così tanto da
assumere quasi l’aria tenebrosa che sfoggiava di solito in
pubblico.
-
Comunque, per risponderti: l’esperienza sul campo di
battaglia mi ha insegnato, a volte anche duramente, che la strategia
migliore è
quella di non affrontare mai il nemico direttamente.
Mi
aveva fissato con uno sguardo che aveva catturato la
mia completa attenzione.
-
Distrarlo… oppure indebolirlo con delle incursioni
improvvise… e solo dopo affondare il colpo
migliore… ecco, questa potrebbe
essere una strategia vincente.
Era
stato un guizzo, però l’avevo visto nei suoi
occhi,
non potevo sbagliarmi.
Di
che cosa stavamo parlando veramente?
-
Jasper, ma che cosa....
Non
mi aveva fatto finire, interrompendomi con un gesto di
diniego che aveva anticipato le sue parole.
-
Sappi che negherò sempre e con chiunque di aver parlato
con te di determinati argomenti...
Mi
ero sporta involontariamente verso di lui, come
attirata dalla sua voce che si era impercettibilmente abbassata di tono.
- Ma
sono più che mai convinto, ora come ora, di essere
nel giusto a pensare che tutti debbano avere la loro
possibilità per essere
felici, soprattutto se sono due persone a cui voglio veramente bene e
che
quindi non voglio più veder soffrire.
Mi
sembrava di essere su una giostra impazzita: un momento
prima ero quasi rilassata, quello dopo avevo il cuore che martellava
come un
tamburo tanto ero tesa.
Ovviamente
se ne era accorto anche Jasper, ma non aveva
fatto nulla questa volta per calmarmi,
continuando a fissarmi intensamente negli occhi.
- Hai
già provato a scontrarti direttamente con il tuo…
bè
fingiamo che sia il “nemico”, e ne sei sempre
uscita perdente, giusto?
Jasper
stava parlando molto seriamente e stava parlando
di Edward, del fatto che forse c’era davvero la
possibilità che dopotutto anche
lui provasse per me sentimenti diversi dall’amore
“fraterno” che diceva di
provare.
Avevo annuito
quasi senza rendermene conto, pensando soprattutto all’ultimo
nostro “scontro”
se così si poteva chiamare quel bacio che mi aveva negato,
ma che forse aveva
davvero desiderato.
-
Allora è arrivato il momento di cambiare tattica.
Nei
successivi dieci minuti ero stata ad ascoltarlo come
se fossi stata davvero un soldato in procinto di partire per il fronte,
ma in
un certo senso era stato davvero quello il mio stato d’animo,
perché quando
pensavo alla mia situazione con Edward, mi rendevo sempre
più conto che non mi
sarei arresa sino a quando non fossi riuscita a vincere la mia
battaglia contro
la sua determinazione a non volermi amare.
XXXXXXXXXXXXXXXXXXX
Il
giorno successivo, il sole aveva deciso di riscaldare
anche la contea di Forks. Un evento eccezionale, che mi sarei
sicuramente
goduta di più se il mio umore non fosse stato
così nero.
Anche
durante la notte appena trascorsa, avevo dormito
poco e pensato molto.
Le
parole di Jasper non mi avevano dato tregua, avevo
continuato a rimuginarci sopra, senza però giungere ad una
vera conclusione.
Perché
adesso? Perché improvvisamente, proprio
lui, aveva voluto parlare
così sinceramente?
Quando
eravamo rientrati a casa, ad accoglierci avevamo trovato
solo Alice. Non mi era sembrata affatto insincera, o turbata , nel
dirci che
Rosalie, Emmett ed Edward si erano recati a Seattle su richiesta di
Carlisle,
per monitorare una situazione che riguardava alcune strane sparizioni e
che
potevano essere legate alla presenza di loro simili, che non osservando
la loro
stessa “dieta”, rischiavano di attirare
un’attenzione che avrebbe messo in
pericolo anche la sicurezza della nostra famiglia.
Avevo
tratto l’ovvia conclusione che la visione di Alice
fosse stata inerente a quello, quindi avevo accantonato almeno una
preoccupazione, tornando a navigare nella tempesta della mia situazione
con
Edward.
Cosa
avrei dovuto fare a quel punto?
Ero
confusa e continuavo ad esserlo, dal momento che la notte
non mi aveva portato consiglio, anzi aveva portato con sé
altre mille domande,
senza nemmeno una risposta certa.
Davanti
ad una colazione che a fatica avevo consumato,
avevo informato Jasper ed Alice della mia voglia di godermi quel
pallido sole,
facendomi un giro a Port Angeles.
Alice
non era stata proprio entusiasta della mia idea, un
pò perché rimpiangeva di non potermi
accompagnare, ed eventualmente trascinarmi
nel suo compulsivo girovagare da un negozio all’altro, un
po’ perché era
preoccupata del fatto che volessi guidare nonostante la mia mano, ma
alla fine
aveva capito che non ci sarebbe stata possibilità di farmi
desistere.
Jasper,
invece, era rimasto silenzioso, probabilmente
leggendo chiaramente nelle mie emozioni la necessità che
avevo di restare da sola
con i miei pensieri.
Tra
l’altro, il fatto che Edward e gli altri non fossero
ancora tornati, mi aveva solo sollevato: affrontarlo subito sarebbe
stato molto
difficile ed invece così avrei avuto dell’altro
tempo prima di doverlo farlo.
Quando
avevo imboccato la statale, in direzione di Port
Angeles, ero davvero convinta che sarei andata lì. Ogni
tanto, il sabato, mi
piaceva girovagare senza meta tra le bancarelle che allestivano sul
lungo mare.
Poi,
però, una telefonata aveva cambiato la mia
destinazione.
Ero
rimasta sorpresa di sentire la voce della mia compagna
Angela che mi rinnovava l’invito ad unirmi a loro, poi
però in sottofondo avevo
sentito la voce di Mike chiedere piuttosto insistentemente cosa stessi
rispondendo, ed avevo capito il reale “motivo” che
l'aveva spinta a
telefonarmi.
Mi
ero pentita, in quel frangente, di averle dato il mio
numero la sera che ero uscita con loro, ma era anche vero che
l’avevo fatto
sullo slancio di una spiccata simpatia che avevo provato per lei:
rispetto a
Jessica era stata sicuramente meno invadente e meno superficiale.
Mentre
Angela mi parlava, improvvisamente nella mia testa
si era sovrapposto un altro invito che mi era stato rivolto.
“Bella,
mi piacerebbe che tornassi alla riserva qualche
volta”.
Era
stato Jacob a rivolgermelo, mentre mi fissava con quel
suo sguardo limpido, sincero, davanti al quale sentivo le mie difese
crollare
inspiegabilmente.
Era
stato pensando a quell’invito, che avevo cambiato
idea, comunicando ad Angela che dopotutto avrei potuto fare un salto da
loro,
prima di proseguire con i miei programmi per la giornata.
Quando
li avevo raggiunti, seguendo le indicazioni che mi
aveva dato un Mike più entusiasta che mai della mia
decisione, avevo
riconosciuto subito il posto.
Se da
una parte la spiaggia proseguiva a vista d’occhio,
dall’altra era stata interrotta da un promontorio: proprio
quello sul quale
avevo fatto uno strano incontro solo due sere prima.
Un
luogo a cui il mio sguardo era continuata ad andare,
anche in quel momento, mentre seduta accanto ad Angela, fingevo di
osservare
gli altri cimentarsi sulle loro tavole da surf.
-
E’ bello qui, vero?
Mi
ero sentita colta in flagrante, mentre per l’ennesima
volta avevo rivolto lo sguardo verso il promontorio, riportando subito
lo
sguardo sui ragazzi in acqua.
-
Sì, è vero.
- Non
ci eri mai venuta prima?
Avevo visto
quella spiaggia forse in una cornice ancora più bella,
l’altra notte, ma non
glielo avrei certo rivelato.
- Non
proprio.
Angela
mi aveva guardato un po’ perplessa, facendomi
sorridere all’idea che avevo davvero imparato ad essere come
i miei fratelli: vaghi e criptici in ogni
loro risposta.
- Nel
senso che credo di esserci passata in macchina
qualche volta, ma non ero mai venuta sulla spiaggia.
Una
mezza verità mi sembrava più accettabile rispetto
ad
una bugia totale. Angela, in qualche modo, mi ricordava un
po’ Rebecca, l’unica
vera amica che avevo avuto durante la mia infanzia.
-
Noi, invece, ci veniamo spesso nei weekend anche se il
tempo…
Delle
urla improvvise ci avevano interrotte, spingendoci a
guardare proprio in direzione del promontorio.
Quello
che avevo visto, mi aveva lasciato senza fiato:
cinque ragazzi, correndo, si erano tuffati da quell’altezza
vertiginosa che
tanto mi aveva impressionato. Avevo visto i loro corpi compiere
traiettorie
perfette, prima di inabissarsi in mare, sollevando alti spruzzi.
- La
prima volta fa impressione a tutti, tranquilla. Io ho
quasi chiamato i soccorsi, convinta che si sarebbero sfracellati.
La
voce pacata di Angela mi aveva fatto realizzare che ero
scattata in piedi.
-
Sono i ragazzi della riserva, si tuffano spesso da lì,
come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Uomini
lupo. Forti, imprevedibili, pericolosi.
-
Tempo ancora qualche secondo e li vedrai arrivare a
riva, arrampicarsi sulle rocce come ragni e rituffarsi come se niente
fosse.
Mi
ero riseduta, il cuore che batteva forte.
Perchè
avevo fatto in tempo a notare che uno di loro
era proprio Jacob.
Come
aveva predetto Angela, avevo intravisto bracciate
sicure e rapide, fendere le onde.
- Io
me la farei sotto solo a guardare giù... figurarsi
all'idea di dovermi tuffare!
Era
solo questione di secondi, poi sarebbero usciti
dall'acqua.
Era
questo a cui volevo arrivare? Incontrarlo?
Sì,
la verità mi aveva colpito come un pugno nello
stomaco, se avevo varcato il confine nuovamente, lo avevo fatto
sperando
proprio di incontrarlo.
Perchè?
Cosa mi spingeva verso di lui?
Troppi
pensieri mi avevano affollato la mente, tanto che
mi ero sentita quasi paralizzata ed incapace di sostenere la
conversazione che
Angela stava portando avanti.
-
Sai, Bella, un pò mi intimoriscono quei ragazzi. A parte
che sono enormi, tutti quanti... poi non so, hanno
qualcosa nello
sguardo... come se fossero davvero i padroni della riserva e
tollerassero a
malapena la nostra presenza.
"Sono
Jacob Black, appartengo alla tribù dei
Quileute e sono uno dei guardiani della riserva".
La
sensazione di Angela non era sbagliata, questa era
davvero la loro terra e l'avrebbero protetta ad ogni costo, anche con
quello
della loro vita.
I
cinque ragazzi stavano ormai uscendo dall'acqua, ed era
stato abbastanza chiaro che stavano discutendo tra loro, lo sguardo
rivolto
nella nostra direzione.
-
Angela, io...
Avevo
cercato di precedere il momento, ma non avevo fatto
in tempo, perchè una delle figure si era già
staccata dal gruppo e a grandi passi
si era diretto verso di noi.
- Sta
venendo da noi… vuol dire che lo conosci?
-
No... sì... bè diciamo… quasi.
Mi
ero di nuovo alzata, incapace di contenere un misto di
inquietudine e ansia.
Angela
però non aveva avuto modo di chiedermi altro,
perchè Jacob ci aveva raggiunto. Anche lei si era alzata,
forse per non
sentirsi ancora più oppressa dalla figura imponente che
torreggiava comunque su
di noi.
-
Ciao Bella! Sai che sei l'ultima persona che mi aspettavo
di incontrare qui, oggi?
-
Bè... sì, immagino… è che
sono stata invitata dai miei
compagni... anzi, lei è Angela... e lui…
è… è Jacob.
Entrambi
si erano scambiati un cenno con la testa, un
saluto chiaramente di circostanza, che stava ad indicare la reciproca
intenzione
di non andare oltre a quel gesto. Infatti quegli incredibili occhi neri
erano
tornati a concentrarsi solo su di me.
-
Però sono ovviamente contento che tu sia capitata da
queste parti… così magari possiamo farci una
passeggiata lungo la spiaggia e
parlare un po’…
Avevo
visto Angela rimanere un po’ sconcertata davanti a
quell’invito di Jacob, chiaramente rivoltomi con
l’intento di allontanarci da
tutti.
La
cosa pazzesca era che mi ero ritrovata subito ad aver
voglia di accettarlo, nonostante sapessi che avrebbe fornito materiale
per far
nascere altri pettegolezzi su di me tra i miei compagni.
Mi
era bastato essergli di nuovo vicino, per riprovare
quelle sensazioni particolari che avevo avvertito la sera stessa che ci
eravamo
conosciuti.
-
Bella!
La
voce di Mike mi era giunta fastidiosa, come del resto
la sua presenza. La tavola da surf sottobraccio, era apparso di fianco
a noi,
lo sguardo che si spostava tra me e Jacob.
-
Tutto bene?
Sul
volto dell’indiano si era immediatamente affacciato un
sorrisetto divertito e chiaramente strafottente.
Sembrava
aver scritto in faccia che se anche la mia
risposta fosse stata negativa, di certo Mike non avrebbe potuto farci
niente.
-
Sì, certo, grazie Mike. Lui è Jacob...
ecco… noi
ci conosciamo.
La
situazione stava diventando pesante ed imbarazzante da
gestire, tanto da domandarmi come avessi fatto a finire lì,
su quella spiaggia
in compagnia da una parte di ragazzi con cui non avevo molto da
condividere e
dall'altra di un ragazzo con cui non
avrei dovuto condividere assolutamente nulla, ma
che era in grado
di attirarmi come un magnete con la sua calamita.
-
Accertato che va "tutto bene", facciamo quella
passeggiata, Bella?
Mike
si era fatto più scuro in volto, ma prima di dare
modo a Jacob di divertirsi ancora di più con lui, avevo
risposto
affermativamente, rassicurando anche Angela con lo sguardo a conferma
che
andava davvero tutto bene.
L'avevo
vista tranquillizzarsi ed avevo nuovamente avuto
la sensazione che forse sarebbe stata l'unica ad avere qualche
possibilità in più
di suscitare il mio desiderio di approfondire la nostra conoscenza.
Non
appena ci eravamo allontanati, camminando l'uno di
fianco all'altro, era stato Jacob il primo a rompere il silenzio.
- Ci
sarebbero mille motivi validi per cui non dovrei
essere contento di averti trovata qui... eppure, l'unico che mi da
veramente
fastidio è che tu sia venuta in compagnia di quel Mike...
Si
era concesso anche una risatina, come se non avesse
appena detto qualcosa di così ... compromettente.
Era
stato abbastanza inequivocabile il senso che aveva
dato a quelle parole, costringendomi ancora di più a
domandarmi che cosa ci
stessi facendo lì, in sua compagnia.
- E
se per caso te lo stessi domandando, sappi che anch'io
non so che cavolo sto facendo qui, con te.
Per
caso era riuscito ad arrivare dove Edward aveva sempre
fallito con me?
Mi
leggeva nel pensiero?
-
Però, sono abbastanza sincero, da ammettere che sono
contento che sia andata così.
Avevo
sentito di nuovo addosso quello sguardo caldo
ed intenso, proprio come se fosse
stato fuoco vivo sulla mia pelle.
- Ho
fatto la scelta giusta, chiedendoti di tornare a
trovarmi.
Bella,
ferma! Ragiona prima di parlare…
- E'
pazzesco sai… ma… bè… lo
penso anch'io.
L'avevo detto!
Tutto, nella situazione in cui mi ero andata a cacciare, gridava
"pericolo, sbagliato, follia"! Eppure avevo appena affermato il
contrario!
- Che
ho fatto bene ad invitarti?
Si
era fermato, costringendo anche me a fare altrettanto. Lo
avevo fissato negli occhi, mi era stato impossibile resistere al
richiamo di
quello sguardo che sentivo addosso.
Avevo
incontrato un sorriso talmente disarmante, che lo
avevo ricambiato immediatamente.
- No,
che ho fatto bene ad accettare.
La
verità era saltata fuori con una semplicità che
mi
aveva fatto rabbrividire: solo i miei familiari avevano avuto un tale
privilegio, perchè con tutti gli altri, le mie barriere
difensive erano sempre
state mura invalicabili.
Se
possibile, quel sorriso si era fatto ancora più
disarmante, sembrava avere la capacità di toccare una parte
di me sconosciuta
anche a me stessa.
-
Dovrei pensare di più al casino che sto tirando in piedi
nell’essere qui con te, Bella.
Eravamo
ancora fermi, così vicini che sentivo il calore
straordinario che emanava il suo corpo. Così vicini, da
notare che nei suoi
occhi c'erano in realtà delle screziature marroni a sfumare
il nero dell'iride.
- Un
licantropo e l'umana che sta con i vampiri. Non posso
dare torto ai miei amici che mi vorrebbero uccidere.
Avevo
intuito che si riferisse a poco prima, quando li
avevo visti discutere, prima che lui venisse da me.
-
Invece, riesco solo a pensare che se non riuscirò a
baciarti nei prossimi trenta secondi, ho buonissime
probabilità di non riuscire
a tenere a bada le mie emozioni e finirò con il trasformarmi
qui, sotto gli
occhi di tutti, come un pivello alle prime armi...
Il
primo pensiero era andato ad un bacio negato,
l’unico che avrei davvero voluto ricevere; il secondo che
proprio per questo
motivo non avrei fermato Jacob.
Perchè
l'aveva scritto in faccia che lo avrei fermato solo
compiendo il più piccolo cenno di diniego,
ma
non l'avevo fatto, ero rimasta ad osservarlo mentre si
chinava su di me, le braccia abbandonate lungo i fianchi, forse a
significare
che era un azzardo anche per lui già solo l'idea di far
incontrare le nostre
labbra, figurarsi far aderire anche i nostri corpi.
Così
era successo, quando avevo chiuso gli occhi, le sue
labbra si erano posate sulle mie.
Non erano state
quelle di Edward, come avrei voluto.
Nemmeno quelle di
un ragazzo come me, del tutto umano, come avrebbe voluto probabilmente
la mia
famiglia.
Erano state
quelle di un licantropo, la persona meno indicata per me che ci poteva
essere
sulla faccia della terra.
Era
stato un contatto di pochi secondi, perché era stato
più uno sfiorarsi che non un bacio vero e proprio, poi ero
tornata a percepire
sulle labbra il freddo del vento che aveva iniziato a soffiare sulla
spiaggia.
Freddo…
le labbra di Edward sarebbero state fredde
sulle mie, eppure così giuste, così desiderate.
Il
pensiero di lui, di quanto lo amassi e desiderassi mi
aveva travolto all’improvviso con tutta la sua forza, tanto
da farmi barcollare
e rendermi malferma sulle gambe.
Jacob
mi aveva subito afferrata per le spalle, offrendomi
sostegno. Avevo spalancato gli occhi, incontrando i suoi, altrettanto turbati e colmi di emozioni
contrastanti.
- Non
doveva succedere.
Rimorso, ecco che
cosa avevo iniziato a provare, tanto intenso da togliermi il respiro.
Il
mio primo bacio non era stato con Edward come avevo
sempre sognato che sarebbe stato.
-
Bella...
- No!
Adesso me ne devo andare, subito!
Colpa,
che mi invadeva come veleno. Avevo sbagliato di
nuovo, lasciandomi andare con Jacob per punire Edward.
-
Bella, scusami! Sono stato uno stupido...
-
Devo andare!
Mi
ero divincolata, perchè adesso le mani di Jacob
stringevano un pò di più. Per un attimo, in
quegli occhi scuri avevo visto
agitarsi l'ombra di qualcosa che immaginavo essere
feroce,
incontrollabile.
E
Jacob doveva averlo visto riflesso nei miei, perchè mi
aveva lasciato andare di colpo, le mani ora alzate in un gesto di scuse
sincere.
-
Okay, okay. Però, ti prego, non lasciare che questo
rovini tutto...
Tutto?
Non
c’era niente tra di noi!
- E'
vero, Bella, non negarlo. Io e te, per qualche motivo
assurdo, stiamo bene insieme...
Insieme?
Insieme! Non c'era nessun insieme tra me e
lui. C'era solo una gran confusione tra me ed Edward! Ecco cosa c'era!
Ecco
cosa mi spingeva verso di lui!
Ma
non gliel'avrei detto, perchè non sarebbe più
successo
che io e lui ci saremmo incontrati. Mai più.
- E'
stato un errore mio, Jacob, scusami. Un tremendo
errore venire qua. Me ne vado.
E
l'avevo fatto, lo avevo lasciato lì, senza voltarmi
indietro, senza nemmeno preoccuparmi di sapere se mi avrebbe seguito,
se
avrebbe ancora tentato di chiedermi di non rovinare tutto.
Adesso
correvo, impaziente, indifferente ai richiami di
Angela, alle occhiate ansiose di Mike, a tutto quello che potevano aver
visto e
di conseguenza pensato.
Volevo
solo andarmene e raggiungere al più presto la
sicurezza di casa mia.
Volevo
vedere Edward, perdermi nei suoi occhi, nel suo
sorriso.
Lo
volevo, lo desideravo con un'intensità tale da fare
male.
Come
avevo potuto baciare uno sconosciuto, quando amavo
così tanto Edward?
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
Non
sapevo come, ma ero riuscita a guidare sino a casa
senza provocare incidenti catastrofici.
Per
tutto il tempo avevo pianto, i pensieri una matassa incoerente
di se, ma, però, forse.
Su
tutto, la certezza che nessuno avrebbe dovuto sapere
cosa era successo.
Ma
nello stesso momento in cui l'avevo pensato, avevo
realizzato che sarebbe stato impossibile nasconderlo. I miei compagni
avevano
visto e tanto poteva bastava perchè ci fossero buone
probabilità che i miei
fratelli lo venissero a sapere.
Jessica
Stanley, non avrebbe rinunciato ad un pettegolezzo
così ghiotto. Avrebbe fatto il giro della scuola
immediatamente.
Isabella Cullen,
la vergine di ghiaccio come mi avevano soprannominato, si era sciolta
sotto le
labbra di un indiano!
Una
nausea violenta mi aveva colpita, costringendomi a
fermarmi per riprendere lucidità.
Edward
avrebbe saputo del mio bacio con Jacob.
E
poco importava se non era stato un vero e proprio bacio,
così lo avrebbe visto nei pensieri degli altri, che fossero
quelli dei nostri
fratelli, che fossero quelli dei miei compagni, che fossero addirittura
quelli
di Jacob stesso.
Mi
ero fermata poco prima di svoltare sulla strada che
portava a casa, nel tentativo di calmarmi, di mascherare che avevo
pianto.
Dovevo
riprendere assolutamente il controllo.
Mi
ero guardata attraverso lo specchietto retrovisore, e
quello che avevo visto mi aveva indotto a distogliere lo sguardo.
L'avevo
scritto in faccia che era successo qualcosa di
grave, qualcosa che mi aveva sconvolto.
Avevo
riflettuto sull'opportunità di non tornare ancora,
di restare fuori un altro pò, ma l'idea di rifugiarmi in
camera mia era l'unica
cosa che desideravo più di tutto.
Mi
ero convinta di potercela fare, al massimo mentendo e
dicendo che non mi ero sentita molto bene, preferendo quindi rientrare
prima da
Port Angeles.
Ma
sarei riuscita a mentire anche con Edward?
Il
pensiero che potesse essere già a casa, mi aveva fatto
perdere quel briciolo di sicurezza appena guadagnata.
Alla
fine, avevo rimesso in moto, pigiando
sull'acceleratore ed imboccando la stradina che si inoltrava nel bosco:
rimandare non avrebbe cambiato le cose.
Quando
ero arrivata davanti a casa, però, una gioia
immensa mi aveva travolto: sulle scale ad attendermi c'era stata Esme.
Quasi
non avevo fermato il furgoncino, che già stavo
volando tra le sue braccia. L'avevo stretta con forza, felice di
ritrovarmi in
quel porto sicuro.
Era
la persona che più in assoluto avrei potuto desiderare
di vedere in quel momento.
-
Siete tornati!
Ero
così contenta che fosse lì con me, da non provare
nemmeno il fastidio di non essere stata avvertita del loro rientro.
-
Abbiamo fatto prima del previsto.
Il
suo sorriso era sempre stato in grado di dissipare ogni
mia paura da bambina. Crescendo non sempre era avvenuto,
però mi aveva sempre
confortato, questo sì.
Anche
adesso mi sembrava già diverso pensare a quello che
era successo, come se il fatto che lei mi volesse bene, rendesse tutto
meno
difficile.
- Mi
siete mancati. Senza di voi...
Mi
ero bloccata, perchè improvvisamente Esme mi aveva
fissato negli occhi, un'espressione preoccupata sul volto.
-
Bella, dove sei stata?
Non
avevo capito subito, poi mi era tornata alla mente
l'espressione disgustata di Edward in ospedale.
L'odore!
Avevo sicuramente addosso l'odore di Jacob!
- In
giro...
-
Bella, ti prego, hai smesso di dire bugie un bel pò di
tempo fa!
Non
capivo bene se fosse più arrabbiata o preoccupata.
Mentre stavo valutando la cosa, era arrivato anche Carlisle.
-
Bella, tesoro...
Ci
aveva raggiunte e mi aveva abbracciato a sua volta.
-
Ciao.
Già
sentivo che davanti a loro non sarei riuscita a
mostrarmi decisa come ero stata con gli altri: quella nei loro occhi
era la
reale preoccupazione di due genitori per la loro figlia.
-
Stai bene, vero?
La
domanda di Carlisle era stata inequivocabile: mentire
non sarebbe servito a nulla, avevano capito benissimo dove ero stata.
-
Sì, sto bene.
-
Okay, questo è l'importante.
-
Sì, tesoro, è vero. Però, credo sia
importante parlarne.
Non devi sottovalutare i pericoli...
Mentre
rientravamo in
casa, sapevo che avrei raccontato loro una parte
della verità: alla fine, non ero pronta a confidarmi nemmeno
con Esme su quello
che era successo poco prima con Jacob.
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
Quasi
come nella ripetizione di un incubo, anche quella
notte mi ero ritrovata a non chiudere occhio.
Avevo
passato il resto della giornata con Carlisle ed Esme
a parlare dei
Quileute e della loro
storia. Mi avevano anche spiegato bene cosa riguardasse l'accordo con
loro,
arrivando a farmi capire perchè fosse così
"delicata" la mia
posizione: ero pur sempre un'umana che viveva in mezzo a dei vampiri,
cioè
un'anomalia su cui i Quileute pensavano di dover vegliare comunque.
Questo
mi aveva portato a considerare che il mio rapporto
con Jacob si sarebbe potuto trasformare in qualcosa di veramente
pericoloso per
i miei familiari, costringendoli ad avere a che fare con loro.
Ma
questa era stata più una preoccupazione mia, la loro
era stata sinceramente rivolta solo verso di me, verso la mia
incolumità di umana che
si accostava a delle creature le cui reazioni erano imprevedibili. La
somma di
tutti i pensieri che mi frullavano in testa, mi avevano spinto ad
abbandonare
la mia stanza per scendere in cucina e bermi qualcosa di caldo,
perché mi
aiutasse magari a rilassarmi.
Il
fatto che ci fossero stati nei dintorni solo Alice e
Jasper, dal momento che quando erano rientrati gli altri miei fratelli,
Edward
compreso, avevano accompagnato Esme e Carlisle a caccia, mi aveva
indotto a
pensare che non sarei stata disturbata da nessuno.
Ero
stata così immersa nell’atmosfera lugubre dei miei
pensieri, che non avevo nemmeno avuto voglia di accendere le luci,
facendomi
bastare la lieve penombra che si creava grazie alle grandi vetrate
presenti un po’
in tutte le stanze.
Un
pensiero su tutti, aveva continuato a martellarmi in
testa mentre mi preparavo del latte caldo.
Amavo
disperatamente Edward, eppure mi ero lasciata
baciare da Jacob.
Avevo
sbattuto rabbiosamente lo sportello, stringendo tra
le mani la tazza che avevo appena preso come se potessi scaricare su di
lei
tutta la mia frustrazione.
Smettila,
Bella, smettila di pensarci!
- Un
dollaro per i tuoi pensieri.
A
farmi mollare la tazza non era stato lo spavento, ma l’emozione di sentire quella voce
così
vicina.
Mi
ero voltata ed Edward era stato davvero lì, ad un soffio
da me, un’ombra appena più scura tra le altre.
La
mia mente si era come svuotata, lasciando che fosse
solo l’istinto a guidarmi… e quello, mi aveva
spinto letteralmente a volare verso di lui, tanto che ero riuscita a
coglierlo di sorpresa, impedendogli di
capire quale fosse stata la mia vera intenzione.
Rubargli quel bacio
che mi aveva negato e che avevo cercato di sostituire inutilmente con
un altro.
Non
gli era servito a nulla essere un vampiro veloce ed
invincibile, perchè le mie labbra si erano posate comunque
sulle sue, spinte da
un desiderio irrefrenabile.
A quel contatto, avevo
avvertito dentro di me come un'esplosione ed avevo davvero temuto che
il mio
corpo si sarebbe rivelato incapace di contenere le sensazioni provate.
Avevo
immaginato tante volte quel momento, ma mai mi ero
avvicinata a ciò che stavo provando.
Edward
era il mio posto nel mondo e
così sarebbe sempre stato.
La
naturalezza con cui le mie labbra si erano impossessate
delle sue, mi aveva resa ancora più certa che non ci fosse
cosa più giusta di
quel bacio tra me e lui.
Era
stato tutto perfetto… l'arrendevolezza del mio corpo
contro il suo, la freddezza del suo che si stemperava nel calore del
mio… le
sue mani che erano risalite lente dai fianchi verso la mia vita.
In
quel preciso momento, avevo realizzato pienamente cosa
stava succedendo… Edward
non mi stava
respingendo!
Non
ero più stata solo io a volerlo quel bacio, ma anche
lui, tanto che mi ero ritrovata intrappolata tra il suo corpo ed il
muro, contro
il quale mi aveva spinto nell’irruenza della sua risposta.
Era
stato sempre lui ad approfondire il nostro contatto,
invadendo la mia bocca e strappandomi un gemito di piacere, a cui aveva
fatto
eco un suo ringhiare basso e profondo, molto simile al suono di fusa
soddisfatte.
Qualcosa era
cambiato.
Ma
non avevo la minima idea di cosa fosse e dove mi avrebbe
condotto, perché non ero certa di potermi illudere che fosse
l’inizio di
qualcosa che mi ero permessa soltanto di sognare, ossia la mia storia
d’amore
con Edward.
PS: non ho inserito nessuno spoiler sul prossimo capitolo
perchè vorrei fosse proprio una sorpresa! A presto.
BF
|
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Capitolo 7 *** Capitolo 6 ***
Buongiorno!
Innanzitutto mi scuso perchè arrivo con un giorno di ritardo
a postare il capitolo, ma ho avuto dei contrattempi con internet
(infatti sto sfruttando biecamente il collegamento di un'amica per non
tardare oltre! XD).
Sul capitolo di oggi devo rimandare i commenti alla fine, quindi non mi
resta che ringraziarvi sempre per l'interesse che state dimostrando per
la mia storia e augurarvi buona lettura.
BF
PS: postato il capitolo rispondo alle recensioni dello scorso, per cui
ci sentiamo ancora!
Cosa mi
aspetto da te
cosa
ti aspetti da me
Cosa
sarà ora di noi,
cosa
faremo domani
Potremmo
andarcene via, dimenticarci
oppure
giocarci il cuore, rischiare...
Fammi
respirare ancora
portami
dove si vola
Dove
non si cade mai
Lasciami
lo spazio e il tempo
E
cerca di capirmi dentro
dimmi
ogni momento che ci sei
Che
ci sei che ci sei
"Dove
si vola - Marco Mengoni"
Avevo considerato il buio un mio grande alleato, perchè era
stato
solo di notte che mi ero concesso di abbandonarmi a quelli che gli
umani potevano ancora chiamare sogni, mentre per me erano diventati
semplicemente la proiezione dei miei desideri più nascosti.
Non avevo più potuto beneficiare di un sonno clemente, ma
quelle
immagini che lasciavo libere di scorrere dietro le mie palpebre
abbassate, ne erano una valida imitazione.
Bella era diventata il
mio unico sogno e lo sarebbe sempre stato.
Era successo anche la notte prima, quando mi ero abbandonato ad una
visione di noi
talmente coinvolgente da intorpidire i miei sensi, sino al punto che
quando avevo percepito come reale
la sua presenza nella stanza, non ero stato già
più in grado di andarmene.
La visione che mi aveva offerto di sè, scalza e con indosso
un
semplice pigiama a righe, aveva avuto la forza di inchiodarmi
lì
dov'ero.
L'avevo vista sospirare e
passarsi una mano
tra i capelli per scostarseli dal viso. Un gesto che le avevo visto
fare milioni di volte, ma che in quel momento l'aveva resa
più
che mai irresistibile, attirando il mio sguardo sul suo profilo
delicato, sulla linea aggrazziata del suo collo e poi più
giù, sulla morbidezza di quel seno che avevo sentito premuto
contro di me non molto tempo prima.
Immobile, mi ero lasciato avvolgere dal suo profumo, mentre il mio
sguardo continuava a seguirla in ogni suo più piccolo
movimento.
Era stato nello sbattere furioso di uno sportello che avevo sentito
l'eco di quelle parole non dette tra di noi e che mi avevano indotto a
rivelarle la mia presenza, spingendomi di fatto sull'orlo
di un precipizio in cui ancora non sapevo che sarei caduto da
lì a qualche secondo dopo.
- Un dollaro per i tuoi
pensieri.
Nel sentire la mia voce, la tazza le era scivolata
dalle mani, frantumandosi a terra, mentre il suo cuore si era quasi
arrestato
per poi riprendere a martellare con forza quando i nostri sguardi si
erano incrociati.
L'emozione che avevo colto nei suoi occhi era stata così
violenta, da scatenare una tempesta immediata anche nel mio animo
già combattuto.
Lo slancio
con cui si era gettata su di me, era apparso ovviamente lento ai miei
occhi, ma lo stesso non ero stato in grado di fermarla.
Le avevo permesso di
avvicinarsi, di passarmi le braccia intorno al collo e di attirarmi
verso di
lei... verso il suo viso.
Volevo sentire le sue
labbra sulle mie, lo volevo con tutta la dolorosa consapevolezza di
sapere
quanto fosse pericoloso cedere a quel desiderio.
Quando era accaduto, quegli istinti che c'erano sempre stati dentro di
me,
ma che io avevo dominato e represso nella speranza di poterli
annullare, avevano preso irrimediabilmente il sopravvento.
Avevo immaginato molte
volte di baciarla, ma mai, nessuna volta, avevo
pensato potesse essere
così travolgente.
Bella era il mio posto nel
mondo, tutto ciò che avrei mai potuto desiderare.
Se mai era esistito
qualcosa di più grande della mia volontà, avevo
appena
scoperto cosa fosse: la reale portata del mio amore per lei.
Passato, futuro, presente, tutto era scomparso, annullato da quelle
sensazioni che avevano spento la ragione e riacceso quel cuore che
credevo morto, spingendomi a stringere
sempre di più quel corpo arrendevole al mio.
Il sapore di Bella, il
calore della sua bocca, era qualcosa che mi stava portando sull'orlo di
una
totale follia, perchè ero arrivato a schiacciarla tra il mio
corpo ed il muro, assecondando quel bisogno di
sentirla completamente in mio
possesso.
Lei aveva reagito inarcandosi
contro di me, serrando le mani con più forza sulla mia nuca
e per un attimo avevo
abbandonato le sue labbra, seppellendo il viso nella piega del suo
collo e lambendo il pulsare frenetico del suo sangue sotto la pelle
delicata.
Che Dio mi perdoni,
Bella, perchè non posso smettere di amarti.
Mi ero gettato di nuovo
sulle sue labbra, godendo di ogni istante, di ogni sensazione che mi
attraversava come una corrente elettrica capace di far saltare le mie
terminazioni nervose.
Volevo di più, volevo
tutto di lei, la sua innocenza, la sua passione, il suo amore.
E lei era stata pronta a donarmi
tutto, perchè le sue mani avevano già trovato la
forza di
slacciarmi i bottoni
della camicia che indossavo, per poi scivolare sotto la stoffa e
accarezzarmi la schiena, lasciando scie infuocate sulla mia pelle
gelida.
Sbagliato, ingiusto, folle... parole che emergevano come lampi nella
mia mente annebbiata.
Brevi flash che cercavano
di riportarmi ad uno stato più cosciente, per rendermi
consapevole che il mio
bisogno di lei si stava tramutando in azioni irreversibili.
Non farlo, Edward, la
condannerai.
Un ringhio aveva cercato
di soffocare quella voce che mi aveva
accompagnato per così tanto tempo.
Bella, la mia Bella,
si stringeva a me come se fossi l'unico punto fermo in un mare
tempestoso, come
se la sua stessa esistenza dipendesse dalla mia.
Ma io ero
la tempesta, non il porto sicuro in cui rifugiarsi.
Il pensiero era stato così
lucido, così duro, così reale,
da farmi balzare indietro, lontano, come
respinto da una forza invisibile.
E lei...
Lei era stata una visione che non avrei mai più potuto
dimenticare, con quelle labbra rese turgide dai mie baci, gli occhi
dilatati da quella passione che io avevo scatenato, il corpo scosso da
un tremito incontrollabile.
- Edward...
Non le avevo mai sentito
pronunciare il mio nome con un tale disperato bisogno ed ero stato sul
punto di cedere a quel richiamo irresistibile, quando degli
ululati prolungati avevano infranto il silenzio della notte.
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
L'apparizione di Alice e Jasper era stata
provvidenziale per non trasformare l'incontro tra me e Jacob
Black in uno scontro
dagli esiti sicuramente mortali.
Come era fondamentale, in quel momento, che ci fosse la presenza saggia
e pacata di Carlisle a vegliare su quell'incontro concordato, ma nello
stesso tempo indesiderato da quasi tutti i presenti per l'ovvio motivo
che rimanevamo comunque nemici naturali.
Sicuramente ad esserne ancora più frustrati eravamo io e
Jacob
Black, alle prese con l'arduo compito di frenare l'impulso di saltarci
reciprocamente alla gola sulla scia di ciò che avevamo
scoperto
quella notte, ossia che entrambi provavamo sentimenti combattuti nei
confronti di Bella.
Lui si era avvicinato abbastanza alla nostra abitazione per assistere
alla fine del nostro bacio e capire che non ci consideravamo veri
"fratelli", a
me era bastato leggere nei suoi pensieri per scoprire che anche tra di
loro c'era stato un bacio di cui Bella non mi aveva detto nulla.
Mi ero nuovamente imposto di distogliere la mente da lui,
perchè
ancora i suoi pensieri erano pieni di lei, di ciò che c'era
stato tra di loro, o almeno quello che lui credeva ci
fosse stato.
Infatti l'impellente bisogno di confrontarmi con lei sull'argomento,
andava
sommandosi all'altrettanto urgente bisogno di parlare di ciò
che
era accaduto anche tra di noi .
Il fatto che fossimo stati interrotti dall'arrivo dei Quileute, aveva
lasciato dentro di me una scia di interrogativi uno più
difficile dell'altro, ma il più grande
di tutti era quello di chiarire innanzitutto con me stesso
ciò che le avrei
detto al riguardo: dare retta alla ragione e rinnegare quel bacio, o
assecondare il cuore e confessarle la verità?
Ma la verità portava con sè una realtà
che non ero
in grado di accettare, perchè l'avrebbe condannata ad essere
ciò che mai avrei voluto per lei.
Era un circolo vizioso dal quale non vedevo uscita, sprofondando sempre
di più in uno stato agitato e combatutto, che non faceva
altro
che peggiorare sempre di più tutta la situazione.
Il rincorrersi di questi pensieri, mi stava letteralmente consumando,
rendendomi più che mai incapace di essere lucido e presente
in
un momento in cui ne avrei avuto estremo bisogno.
- Allora, Dottore, perchè dovremmo fidarci ancora di voi?
La voce aspra che aveva apostrofato Carlisle mi aveva riportato su
questioni altrettanto urgenti da risolvere. Avevo incrociato lo sguardo
inquieto di Jasper, quello decisamente già battagliero di
Emmet,
prima di riportarlo sull'indiano che aveva dimostrato con il suo
atteggiamento di essere a capo di quel branco di cani.
- Intanto vi ringrazio di essere venuti...
- Non siamo qui per fare conversazione.
Ad interromperlo duramente era stato proprio Jacob Black, che dopo
quell'uscita era tornato a sfidarmi con lo sguardo, forse in cerca di
una mia reazione che desse modo a tutti loro di rompere quella tregua
che si era fatta più fragile dopo "l'incidente" di ieri
notte.
- Tu sei Jacob, giusto? Mia figlia mi ha parlato di te.
Il modo gentile, ma nello stesso tempo diretto, con cui Carlisle gli si
era rivolto lo aveva momentaneamente preso in contropiede, poi era
tornata l'aria strafottente e ostile che aveva esibito sin dal suo
arrivo.
- Sì, esatto sono io.
Avevo faticato parecchio nel trattenermi dall'aggredirlo,
perchè
nei suoi pensieri l'opinione che aveva avuto di tutti noi era diventata
ancora più insopportabile.
Ci riteneva degli "sporchi succhiasangue", ossia dei mostri veri e
propri, che avevano piantato i loro artigli su di una ragazza innocente
e fragile, come davvero lo era Bella, con l'intento di usarla per
confonderci meglio tra gli umani.
Più ascoltavo i suoi pensieri, più capivo che
l'idea che
si era fatto della presenza di Bella nella nostra famiglia, fosse
lontanissima dalla verità.
La voglia di sbattergli in faccia la vera natura del mio rapporto con
lei, mi aveva fatto fremere al punto che avevo indotto Jasper ad
intervenire, nel tentativo di placare la furia che mi aveva invaso.
- Colgo l'occasione, allora, per ringraziarti di averla soccorsa
qualche sera fa.
Ero stato sul punto di esplodere, perchè sapendo invece come
erano andate le cose, avevo trovato il ringraziamento di Carlisle
assolutamente fuori luogo.
Mi ero pentito, a quel punto, di non essermi confidato prima con lui,
aggiornandolo su ciò che avevo scoperto grazie ai pensieri
di
quel cane.
- Non mi deve ringraziare, Dottore. Non l'ho fatto di certo per voi.
Il disprezzo che aveva messo nel pronunciare quel "voi"
aveva
scatenato risate compiaciute tra i suoi compagni, che però
erano
state prontamente spente dall'occhiata gelida che il loro capo gli
aveva dispensato.
- Basta così, Jacob.
L'ordine aveva colpito il cane come una sferzata, provocandogli un
lampo di ribellione negli occhi, prima di indurlo al silenzio.
- Dottore, veniamo al punto.
I modi di quell'indiano ancora una volta erano stati fermi, ma nello
stesso tempo avevano espresso l'idea che fosse propenso ad ascoltare
ciò che Carlisle aveva da dirgli.
- Il punto è che non potete accusarci di aver violato
l'accordo
e lo sapete anche voi. Non è stato uno di noi a sconfinare
nella
riserva.
C'era stata tutta una serie di borbottii tra gli altri tre indiani che
lo avevano accompagnato a quell'incontro, a cui questa volta non aveva
messo fine.
- Non era un Cullen, ma era
comunque
uno di voi e conosceva dove vivetate, perchè non crediamo
sia
stato un caso il fatto che si sia dileguato proprio vicino a casa
vostra.
Ancora una volta avevo incrociato lo sguardo di Jasper, dove avevo
ritrovato tutte le congetture che avevamo elaborato anche noi riguardo
l'apparizione improvvisa di quel vampiro di cui avevamo cercato anche
noi di seguirne la traccia, senza però ottenere un risultato
positivo.
Per noi era una certezza il fatto di non conoscerlo, altrimenti ne
avremmo riconosciuto l'odore, non eravamo altrettanto certi che la sua
comparsa non avesse a che fare con i Volturi.
Ovviamente, il timore era quello che ci avessero messo sotto controllo,
e che quella visita notturna avesse avuto lo scopo di farcelo sapere in
una maniera non "ufficiale".
Carlisle si era espresso in tal senso, conoscendo le maniere subdole e
sottili di Aro, sempre capace di tramare nell'ombra per non esporsi in
maniera diretta con noi.
- Capisco il vostro... timore...
ma ti chiedo di rispondere a questa domanda: che motivo avremmo avuto,
secondo voi, per rompere proprio adesso un patto che abbiamo onorato
per più di due anni in maniera totale?
Avevo letto nei pensieri di quel Sam che Carlisle era riuscito ad
alimentare dei dubbi che aveva già maturato lui stesso.
A convincerlo, era stata una serie di cose, tra le quali spiccava
l'idea che si era fatto di mio padre in quegli anni, anche grazie alle
voci che erano arrivate sino alla riserva su come il Dottor Cullen si
fosse speso per il bene dell'ospedale e dei suoi pazienti.
- Voi, magari, nessun motivo. Ma lui?
Quel "lui"
ero stato io, Sam era me che aveva indicato.
- Mio figlio Edward era stato informato del patto... e comunque, posso
garantirvi che non ha nulla a che fare con il vampiro che è
comparso ieri notte.
- Io dico che non c'è da fidarsi.
Ad inserirsi era stato di nuovo Black, chiaramente tirato in causa dal
fatto che la conversazione fosse virata su di me.
- Perchè, invece, c'è da fidarsi di te, vero?
Non ero stato capace di trattenermi, lanciandogli uno sguardo che lo
aveva fatto infuriare da una parte, ma anche impensierire dall'altra.
La mia accusa gli aveva fatto venire il dubbio che Bella avesse potuto
raccontare la verità sul loro primo incontro proprio a me,
visto
il grado di "confidenza" che aveva scoperto esserci tra di noi.
- Se hai qualcosa da dire, succhiasangue, dillo e basta!
Era palese che gli altri fossero stati tagliati fuori dal vero
significato delle nostre parole, perchè non a conoscenza di
episodi che ci avevano visto protagonisti insieme a Bella.
Lei, involontariamente,
era diventata il legame tra me e lui.
-Edward, ti prego.
L'invito alla calma che mi aveva rivolto Carlisle era stato quello di
chi sapeva che lo avrei certamente raccolto, non deludendo le sue
aspettative.
Non immaginava quanta fatica mi costasse fare quel passo indietro, ma
sapevo di doverlo fare per non peggiorare la situazione.
- Jacob, vedi di piantarla anche tu!
Vedere di nuovo il cane rimesso al suo posto in quella maniera
sferzante, mi aveva dato almeno una piccola soddisfazione. Non avevo
avuto dubbi su quanto gli fosse costato obbedire a quel comando.
Era apparso evidente, a quel punto, che avessimo raggiunto una
situazione di stallo, in cui le due fazioni avevano poche
possibilità: o il patto era ancora valido, oppure sarebbe
stato
come dichiararsi guerra.
La sensazione era quella che ad essere pronti davvero a farsi guerra
fossimo solo in due, e che gli altri stessero invece cercando di
arrivare ad una nuova tregua.
In quel momento avrei voluto tanto ricevere rassicurazioni da Alice
circa il futuro di Bella, perchè sapevo già che
Jacob
Black non si sarebbe arreso tanto facilmente.
Lo diceva il suo sguardo cupo e minaccioso, fisso su di me, oltre che i
suoi pensieri chiari e diretti.
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
Dal momento in cui ero uscito di casa, avevo azzerato tutti i pensieri
in favore di uno solo: cosa avrei detto a Bella?
Non avevo avuto alcun dubbio sul fatto che avrei dovuto affrontarla,
non avrei potuto sperare semplicemente di fingere che non fosse
successo nulla, ma la situazione già complicata di suo, lo
era
diventata ancora di più nella certezza che Jacob Black fosse
deciso a conquistarsi un posto nel suo cuore.
Per quanto fossi furioso, non potevo nemmeno negare il fatto che
riuscissi ad immaginare perchè i suoi sentimenti per lei
fossero
stati già così intensi.
Bella era speciale, lo
avevo sempre saputo.
La sola idea che potesse accadere, che quel cane arrivasse
anche
solo a ritagliarsi un piccolo spazio nella sua vita, mi mandava
letteralmente in tilt.
Non che, a dire il vero, facesse differenza il pensiero che non fosse
lui, ma un altro ad arrivare allo stesso traguardo. Era proprio l'idea
di dover rinunciare a lei che mi era insopportabile.
Ma l'alternativa era
altrettanto insopportabile.
Quello che sentivo per lei non poteva essere vero amore,
perchè quale innamorato avrebbe voluto condannare la propria
compagna ad un'eterna mostruosità?
Ero convinto che il vero amore fosse quello che mi spingeva a volerla
salvare da una tale condizione.
Così ero di nuovo caduto nel circolo vizioso che
avevo sperato di rompere allontanandomi da lei. Mi ero davvero illuso
che la mia assenza avrebbe potuto indebolire i suoi sentimenti, ma
avrei dovuto capire che come non era successo per me, lo stesso
accadeva a lei.
Ero arrivato a credere,
infatti, che la lontananza li avesse solo resi più solidi e
certi.
Immerso in quei pensieri, avevo guidato sino a raggiungere la scuola
dove già una volta avevo atteso l'uscita di Bella e dove
avevo
anche incrociato il cane con i suoi pensieri molesti.
Stavolta sapevo che non sarebbe successo, perchè alla fine
la
tregua con i Quileute era stata ristabilita e se si fosse fatto vedere
da quelle parti così presto, saremmo stati noi a poterli
accusare di volerci provocare.
Questo non mi era stato di molto aiuto, però,
perchè
inevitabilmente lui sarebbe comunque saltato fuori nei nostri discorsi,
infastidendomi anche da lontano.
Ero deciso a chiederle
di quel bacio con lui, dovevo sentire dalla sua viva voce che cosa era
stato per lei.
Avevo parcheggiato la Volvo accanto al furgoncino di
Bella, per
essere certo che mi vedesse non appena fosse uscita. Non volevo
lasciarle il minimo dubbio sul fatto che fossero stati gli eventi
successivi ad impedirmi di parlare con lei, non una mia precisa
volontà.
Avevo in progetto di portarla a Port Angeles, perchè mi ero
convinto che un luogo "neutro" fosse più indicato per il
tipo di
conversazione che avremmo dovuto affrontare. Forse, volevo anche essere
certo che non ci sarebbero state interferenze di nessun genere, neanche
da parte dei nostri familiari, che non sapevano quanto in là
mi
fossi spinto con lei la notte scorsa.
Era vero che Jasper ed Alice erano comparsi quasi subito, non appena
ero corso fuori richiamato da quegli ululati, ma non avevo trovato tra
i loro pensieri traccia del fatto che si fossero accorti di
ciò
che era successo tra me e Bella.
Ancora una volta mi era sembrato un segno del destino che fosse stato
proprio il cane l'unico ad avvicinarsi alla villa tanto da vederci.
Tutta la situazione mi appariva davvero una matassa ingarbugliata, che
avevo contribuito in prima persona a rendere tale, con l'aggravante che
tutta la famiglia, senza eccezioni, aveva deciso che fossi io l'unico
ad avere il diritto di decidere quando e come rivelare a Bella
l'esistenza dei Volturi, di ciò che rappresentavano nel
nostro
mondo e a quale accordo fossimo giunti con loro proprio riguardo a lei.
Mi sentivo sul punto di scoppiare, proprio nel momento in cui avrei
dovuto avere la mente sgombra e lucida.
Seduto in macchina, non avevo dovuto attendere la fine delle lezioni
prima di veder comparire Alice e Rosalie. Erano state loro ad insistere
per accompagnare Bella a scuola, preferendo che fossero Jasper ed Emmet
a recarsi all'appuntamento con i Quileute. In tutto questo,
stranamente, Bella non aveva avuto nulla da dire per il fatto che
l'avessimo lasciata un passo indietro; nè si era ribellata
quando mi
ero precipitato fuori di casa, intimandole di non muoversi dalla cucina
per nessuna ragione e non aveva protestato nemmeno quando qualche
minuto
dopo era rientrata Alice, fornendole una spiegazione non molto
dettagliata di ciò che era successo. Mi era stato riferito
che
non aveva fatto domande nemmeno quella mattina, quando si era accorta
che noi non eravamo rientrati affatto, scoprendo che sarebbe venuta a
scuola solo con Rosalie ed Alice.
Questo suo atteggiamento mi aveva fatto presagire che la resa dei conti
sarebbe avvenuta da lì a poco, non appena si fosse accorta
della
mia presenza fuori da scuola.
Nel vedere le mie sorelle raggiungermi, ero sceso dalla Volvo, sicuro
che avrebbero avuto qualche ultima raccomandazione da farmi. Le avevo
informate che sarei stato lì ad attendere Bella ed ero
sicuro
che alcuni miei atteggiamenti con lei non erano stati di loro
gradimento, nonostante capissero le mie difficoltà nel
rapportarmi con lei.
- Allora, Edward? Sei venuto in pace questa volta?
Rose aveva deciso di sfoggiare la sua pesante ironia, con cui a volte
riusciva a colpire più duro di quanto avrebbe potuto fare
con la
sua notevole forza fisica.
- Touchè.
Avevo fatto ridacchiare Alice per quella mia resa incondizionata,
sperando così di arginare il cipiglio manifestato dall'altra
mia
sorella.
- Non te la caverai con così poco.
Nel frattempo il suono prolungato di una campanella aveva decretato la
fine ufficiale delle lezioni, lasciando liberi gli studenti di riempire
da lì a poco il parcheggio ora deserto.
- Direi che non c'è più tempo, Rose.
Le avevo rifilato il mio sorriso più abbagliante, anche
quello
più accattivante, sperando che potesse funzionare da garante
sulle mie buone intenzioni di non essere avventato con Bella, ma la mia
bionda sorella non aveva mollato.
- Tranquillo, Bella aveva lezione di biologia all'ultima ora e il Prof.
Molina è un tiratardi...
Alice, che io francamente adoravo, aveva deciso che fosse giunto anche
per lei il momento di infierire su di me.
- Rose, ha ragione, Edward. Noi ti vogliamo molto bene, ma Bella in
questo momento ha la precedenza su tutto.
Si era fatta seria, anche se non mostrava la stessa grinta di Rose.
- Non è facile per nessuno di noi, men che meno per te... ma
in
fondo, l'unica a cui dobbiamo pensare, è proprio lei.
Avevano ragione da vendere, e mi ero sentito ancora più in
colpa.
- Quindi... devi giurarci che manterrai la calma qualsiasi piega
prendano le cose tra di voi.
Per la prima volta, sentivo che la loro fiducia in me non era completa.
Non avevo potuto fare a meno di soffrirne, ma sapevo anche che gliene
avevo fornito motivo.
- Non farei mai del male a Bella, questo lo sapete, vero?
Era stata Rose a rispondermi, dopo avermi fissato un attimo di
più negli occhi.
- Non è di questo che stiamo parlando. Si tratta del fatto
che... comunicare con lei ti viene un pò difficile in questi
giorni.
Quelle parole avevano evocato il ricordo di quel bacio che ci eravamo
scambiati, della passione che era divampata come un incendio, e mi ero
concesso di pensare che la nostra difficoltà di
comunicazione si
limitava alle parole, perchè l'istinto aveva abbattuto ogni
barriera tra di noi.
- Avete ragione, ma vi prometto che non accadrà oggi.
Mi avevano fissato entrambe come se fossero pronte al passaggio
successivo, ma guardando oltre le loro spalle, non gli avevo lasciato
scampo.
- Tempo scaduto. Bella è appena uscita.
In effetti aveva appena varcato la soglia chiacchierando con una sua
compagna e forse era stata ancora troppo lontana per vederci, ma non
abbastanza perchè non la vedessi io.
- E se le volete bene, vedete di imbastire due sorrisi meno tirati,
perchè altrimenti penserà che stavamo litigando.
Le avevo punzecchiate giocando al loro stesso gioco, mentre avevo visto
Bella accorgersi di me, dal momento che era incespicata sugli scalini
che stava scendendo.
- Sei pronto anche ad affrontare l'argomento... cane... con lei?
L'ultima frecciata, e me lo sarei dovuto aspettare, l'aveva scoccata
Rose, insieme ad uno sguardo che era stato comprensivo e minaccioso
allo stesso tempo.
- Sì, certo.
Avevo cercato di non mutare espressione, mantenendo quel sorriso che
speravo apparisse incoraggiante anche a Bella sul fatto che non mi
sarei comportato in maniera avventata come l'altra volta, trascinandola
via con me di prepotenza.
- Ciao...
Il saluto incerto di Bella era stata la conferma del precario
equilibrio in cui ci destreggiavamo davanti ad Alice e Rose, che non
avevano mancato la promessa di sfoggiare espressioni meno preoccupate.
- Ciao.
Ero stato consapevole di tutti gli sguardi che si erano appuntati su di
noi, curiosi alcuni, invidiosi altri, morbosi altri ancora. Tra questi
ultimi c'era stato quello di un ragazzo i cui pensieri mi avevano fatto
intuire chi fosse, ossia quel Newton di cui mi aveva parlato Jasper, e
contro cui avevo dovuto lottare per non dirigermi verso di lui e
spiegargli a chiare lettere che se voleva invecchiare, avrebbe
dovuto smettere di pensare a lei come stava facendo.
Calma, Edward.
Rose, la cara Rose, era riuscita a fulminarmi anche con il
pensiero, probabilmente spronata dallo sguardo che avevo rivolto a quel
ragazzino e di cui Bella non si era accorta perchè impegnata
a
cercare le chiavi del suo furgoncino.
- Bella...
Aveva immediatamente sollevato lo sguardo su di me, mostrandomi
un'espressione guardinga e speranzosa allo stesso tempo.
- Sono venuto per invitarti fuori a cena... pensavo di andare a Port
Angeles...
E mi ero concesso di guardare le mie sorelle come se fossero state due
fastidiose ficcanaso.
- ... mi ha detto Emmet che lì c'è un ristorante
dove ti piace andare.
Me l'aveva detto lui un giorno, quando durante una conversazione
telefonica mi aveva raccontato un pò delle sue abitudini, di
quello che le piaceva fare da quando si erano trasferiti a Forks.
Come mi era accaduto per ogni cosa che la riguardava, l'avevo ricordato
alla perfezione.
Per tutta risposta lei aveva guardato prima Rose e poi Alice, forse per
capire se ci fosse stato qualche complotto in corso, poi aveva
riportato lo sguardo su di me.
Quegli occhi nocciola li conoscevo così bene, da essere
certo
che li avrei potuti descrivere in ogni loro minima sfumatura. Li avevo
sempre sentiti posarsi su di me, anche quando non avevo potuto vedere
con i miei che era effettivamente così.
-
Sì, è vero.
- Allora ti va di venirci?
L'incertezza nella mia voce era stata reale, perchè il
timore
che lei preferisse rimanere a Forks, mentre io preferivo
allontanarmene, c'era.
- Sì, va bene.
- Okay. Avvisate voi Esme che Bella non rientra per cena?
Era stata Alice ad annuire, sorridendoci e prendendo Rose sottobraccio.
- Sì, certo. Bella, te lo riporto a casa io il furgoncino.
Le aveva teso la mano per farsi dare le chiavi, ma lei aveva esitato.
- Giurami che lo tratterai bene.
Alice era scoppiata in una risata sincera, riuscendo a far ridacchiare
anche Rose.
- Non so se posso giurare, sorellina.
Per quanto fosse stata tesa la situazione tra noi, mi era venuto
spontaneo rivolgere uno sguardo complice a Bella, in ricordo di quei
tempi dove gli scherzi tra noi fratelli erano la cosa più
naturale del mondo.
- Che cosa le hai combinato, Alice?
Anche sul viso di Bella era comparso l'accenno di un sorriso e l'aveva
resa
ancora più adorabile di quanto già non lo fosse.
- Devi sapere che ha cercato di distruggerlo fingendo che fosse andata
a sbattere contro un albero.
Questo era da Alice, assolutamente!
- Non so cosa le abbia fatto pensare che potessi credere che aveva
perso il controllo del mio furgoncino, quando guida perfettamente la
sua Porsche, tra l'altro di un orribile colore giallo canarino, a
più di duecento chilometri orari sul bagnato e col buio
senza la minima difficoltà.
- Ma capisci che sta proprio lì la differenza? Non vorrai
mettere a confronto l'affidabilità della mia Porsche con
quella
di questo...
Aveva guardato con vero sconforto il vecchio pick-up.
- ... catorcio!
Bella non aveva fatto una piega, evidentemente era stato un argomento
già affrontato in passato. Si era limitata a sbuffare,
cedendo
le chiavi ad Alice.
- Si tratta comunque di un "catorcio" a cui sono molto affezionata!
Quindi, giurami che lo tratterai bene.
Alice aveva alzato anche lei gli occhi al cielo.
- Va bene, va bene... lo tratterò bene! Contenta?
Ma Bella non si era fatta fregare e si era rivolta a Rose, facendo una
finta espressione di rammarico.
- Rose, non ha giurato. Quindi mi vedo costretta a chiederti di
seguirla e vegliare tu sul mio furgoncino.
Rose aveva annuito divertita.
- Tranquilla, Bella, farò in modo che non gli succeda nulla.
- Rose, sei una stronza, lasciatelo dire! Avevamo l'occasione per
liberarci definitivamente di questo orrore! Questa volta lo avrei
buttato giù da qualche scarpata...
Bella aveva riso, convinta che se anche Alice lo avesse fatto, poi
avrebbe anche trovato il modo di recuperarlo e rimetterlo insieme.
L'aveva sempre viziata in maniera sfacciata, tanto da arrivare a
prendersi qualche volta delle vere strigliate da Carlisle ed Esme, che
avevano voluto che Bella crescesse comunque responsabile nonostante
l'ingente ricchezza della nostra famiglia.
Era stato nel mezzo del loro battibeccare che ci avevano salutato,
facendo sì che di colpo tra me e lei calasse un silenzio
pieno
di aspettativa.
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
- Edward...
Alla fine, era stata lei a rompere per prima quel silenzio che ci aveva
accompagnato nei primi minuti del nostro viaggio verso Port Angeles.
- Sarà una conversazione sincera, la nostra?
Non avrebbe ovviamente potuto rivolgermi domanda più
difficile, così avevo preso tempo.
- Pensi che potrei mentirti?
Non mi aveva guardato, continuando a fissare il paesaggio che sfilava
fuori dal finestrino. La luce del giorno stava già cedendo
il
passo alle prime ombre della sera, rendendo ancora più cupa
l'atmosfera intorno a noi.
- Credo potresti dirmi qualcosa del tipo "non so cosa mi sia preso...
ho perso la testa... non succederà più...".
- E sarebbe una menzogna?
Avevo stretto il volante con troppa forza, perchè lo avevo
sentito flettersi sotto le dita. Non potevo permettermi di
danneggiarlo, così avevo cercato di esercitare un controllo
maggiore sulla tensione che mi stava attanagliando.
- Non lo so, dimmelo tu, Edward.
Ora avevo avvertito il suo sguardo trafiggermi, quasi inchiodarmi alle
mie responsabilità.
Mi sentivo responsabile
di molte cose... non ultima la salvezza della sua anima.
Era stato spontaneo passarmi una mano tra i capelli, in un
gesto
che avevo imparato a compiere per sembrare più "umano" e che
poi
avevo fatto davvero mio.
- Sei nervoso.
La sua non era stata una domanda, ma una constatazione. Mi conosceva
bene, come potevo pensare di riuscire ad ingannarla? Bella era sempre
stata molto più matura rispetto alla sua età,
anche
questo l'aveva resa capace di provare sentimenti più
profondi
rispetto a quelli dei suoi coetanei. Inoltre, crescere accanto a noi
aveva contribuito a renderla ancora più speciale.
Questo mi aveva riportato con il pensiero a Jacob Black, al
fatto
che gli era bastato imbattersi in lei per esserne subito attratto.
Non pensare a lui,
adesso!
La voce della ragione sembrava volermi aiutare, ma
l'istinto era
altrettanto potente nel voler guidare le mie azioni.
- Non proprio.
Aveva emesso un verso a metà tra lo stizzito e il
dispiaciuto, mentre aveva allungato una mano per accendere l'autoradio.
- Se questo è il genere di conversazione che hai in mente,
preferisco ascoltare un pò di musica, nella speranza che ti
venga l'ispirazione per fare di più.
Dannazione! Dov'era
finita tutta la sicurezza che mi aveva sostenuto in quegli
anni?
Ma lo sapevo, in realtà. Si era persa nel sapore delle sue
labbra, nella morbidezza del suo seno, nel calore della sua bocca.
Avrei potuto averla ancora, e ancora... sarebbe potuta essere mia per
sempre.
Non facevo che pensare a questo, a come sarebbe stato facile allungare
una mano e farla mia.
Aveva scelto un canale che trasmetteva musica pop ed aveva anche alzato
il volume, così il silenzio opprimente era stato riempito da
voci che cantavano gioie e dolori della vita, con parole che a volte
sembravano proprio raccontare quelle emozioni che anch'io stavo
provando.
Bella aveva ripreso a fissare ostinatamente fuori dal finestrino ed io
ero stato abbastanza codardo da approfittarne per rimandare
l'inevitabile.
La successiva mezz'ora era trascorsa così, poi eravamo
giunti
nei pressi di Port Angeles e Bella aveva abbassato la radio solo per
potermi dare indicazione sulle strade da seguire per raggiungere il
ristorante.
A quel punto ero stato così teso, da temere di arrivare a
tradirmi con qualche comportamento non del tutto "umano". Mi era
sembrato di tornare indietro nel tempo, quando avevo dovuto iniziare a
fare i conti con la mia nuova natura per imbrigliarla in comportamenti
civili ed evitare così di diventare una bestia feroce.
- Siamo arrivati, il ristorante è quello lì.
Mi aveva indicato una costruzione bassa ed illuminata situata a
metà della via, così avevo cercato parcheggio.
Dopo aver
spento la macchina, ero sceso velocemente per riuscire ad aprirle la
portiera, rimediando però un'occhiataccia da parte sua
perchè proprio in quel momento stava passando una coppia di
ragazzi.
Le avevo risposto sollevando le spalle, in fondo in quel momento
l'ultimo dei miei pensieri era preoccuparmi che potessero aver notato
la
velocità dei miei movimenti.
La coppia, tra l'altro, era entrata nel ristorante prima di noi,
così avevo potuto constatare che solo nei pensieri della
ragazza
c'era stata traccia di me, perchè come spesso succedeva era
rimasta colpita dal mio aspetto.
Ero subito diventato l'oggetto anche dei pensieri della cameriera
che ci stava accompagnando al nostro tavolo, scelto tra quelli che
concedevano più privacy, ed avevo sperato che la cosa non si
tramutasse in atteggiamenti più espliciti nel tentativo di
guadagnarsi la mia attenzione.
- Ecco il vostro tavolo, vi lascio le liste.
Avevo visto con rammarico l'occhiata infastidita di Bella davanti alla
sfacciataggine della cameriera, che aveva atteso che ci accomodassimo
per avvicinarsi a me e passarmi le liste rivolgendomi uno sguardo
malizioso.
- Grazie.
Ero stato più che gelido nel risponderle, quasi scontroso,
nel
tentativo di scoraggiare qualsiasi altro suo tentativo.
- Prego, torno dopo per le ordinazioni.
Amber, come recitava la sua targhetta, non aveva voluto recepire il
messaggio, perchè ignorando Bella mi aveva rivolto un
sorriso
che voleva essere sicuramente seducente.
- E' anche peggio di quando sono con Jasper...
Quello di Bella era stato un borbottio confuso, ma non era sfuggito
comunque alle mie orecchie più sensibili.
- Non credere che per me sia diverso...
Lei aveva sollevato lo sguardo dal menù, fissandomi
scettica.
- I tizi seduti a quel tavolo...
E le avevo fatto cenno verso un tavolo occupato da tre uomini che erano
lì per una cena d'affari.
- Ti hanno... analizzato
attentamente nei loro pensieri quando gli sei passata davanti e,
più o meno, hanno stabilito tutti che eri un "bel
bocconcino".
Le era salito subito un violento rossore alle guance, che l'aveva resa
ancora più bella di quanto già non lo fosse.
Nello stato
d'animo in cui ero, l'istinto era stato quello di baciarla
lì,
senza pensare a nient'altro e dovevo averlo espresso con lo sguardo,
perchè il suo battito cardiaco era improvvisamente aumentato.
- Per me c'è anche l'aggravante di continuare a percepire i
loro pensieri e ogni volta che posano lo sguardo su di te si rinnova il
mio supplizio...
Avevo giusto incrociato quello di uno dei tre e doveva essere stata
abbastanza minacciosa l'occhiata che gli aveva lanciato,
perchè
lo aveva distolto pensando che non era lì per cercare guai
con me.
- Io... ecco...
L'avevo decisamente spiazzata con quella mia gelosia non proprio
"fraterna" e una parte di me ne aveva gioito spudoratamente, pensando
che fosse più che giusto esprimerla.
- Eccomi... avete deciso?
Mi ero accorto dell'arrivo di Amber, Bella essendo di spalle era stata
colta alla sprovvista ed era sobbalzata, riportando lo sguardo alla
lista.
- A me porta una coca... Bella? Hai deciso?
Lei aveva annuito, ma quando aveva fatto per parlare Amber l'aveva
preceduta.
- Solo una coca? Posso permettermi di consigliarti di assaggiare il
nostro pollo? Viene cotto in una maniera particol...
L'avevo interrota perchè, come prima, ne aveva approfittato
per farsi più vicina a me e si era anche chinata per
indicarmi sulla lista il pollo di cui parlava, ottenendo
così di mostrare la generosa scollatura che offriva la sua
camicetta.
- No grazie, non ho appetito. Va bene solo la coca. Bella, tu cosa
desideri?
Amber era stata costretta a risollevarsi e prendere la sua
ordinazione.
- Per me vanno bene i vostri ravioli ai funghi e da bere una coca,
grazie.
Avevo mantenuto lo sguardo fisso su di lei, impedendo così
alla cameriera di rivolgermi altre occhiate languide.
- Okay, torno subito con le bibite.
L'avevo lasciata allontanare il giusto, prima di rivolgermi nuovamente
a Bella.
- Stavi dicendo prima che ci interrompessero?
Si era agitata sulla sedia, senza rispondere, lo sguardo che aveva
vagato sugli altri tavoli.
- Sei nervosa.
Ero stato io, questa volta, ad inchiodarla con quella
verità, perchè anch'io sapevo leggere bene in
lei, anche senza sentire i suoi pensieri. Per tutta risposta lei aveva
picchiato leggermente il pugno sul tavolo, sorprendendomi.
- Sì, è vero ed è colpa tua!
Il rossore sulle sue guance si era trasformato in rabbia, lo dicevano
anche i suoi occhi fiammeggianti.
- Non puoi fare così, sai?
Aveva stretto il pugno con forza, dandomi l'impressione che si stesse
trattenendo dall'alzarsi e scagliarsi su di me.
- Non sono una bambola con cui puoi giocare a tuo piacimento! Prima
vuoi che sia solo una sorella... poi mi fai diventare una fragile umana
che va protetta dal lupo cattivo... e poi?
Il riferimento a Jacob Black in quei termini sarebbe apparso veramente
ironico, se non fosse stato che le accuse di Bella stavano colpendo nel
giusto. Mi ero comportato con lei proprio in quella maniera altalenante
sulla scia delle emozioni che avevo vissuto da quando ero tornato.
- Poi divento la ragazza che baci con una passione che nemmeno lei
aveva mai immaginato potesse accadere...
Non aveva abbassato lo sguardo, soltanto la voce. Non aveva avuto paura
di sbattermi in faccia la forza dei suoi sentimenti, non aveva esitato
nemmeno ora nell'arrivare dritta al punto in cui voleva arrivare.
- A che gioco stai giocando, Edward? Perchè io non lo so
più chi sei veramente!
Un leggero tremore l'aveva scossa, mentre io mi sentivo completamente
paralizzato, incapace di proferire parola.
- Che stupida sono stata! Avrei dovuto capirlo subito... niente
conversazione sincera da parte tua. E allora cosa mi hai portato qui a
fare, eh? Per assicurarti, magari, che non andassi ancora alla riserva
da Jacob?
Ancora lui!
Avevo stretto anch'io i pugni con forza, sentendo aprirsi una prima
crepa nella corazza dietro cui avevo cercato di nascondermi sinora.
- Oppure ha a che fare con il fatto che devi far credere agli altri che
vuoi continuare ad occuparti anche tu di me?
Quella cattiveria che mi stava riversando addosso capivo bene che era
il frutto di una sofferenza che io avevo provocato.
- Che cosa, Edward, eh? Che dannato motivo hai di voler giocare con me
in questa maniera?
Avevo colto l'ancheggiare di Amber che si stava facendo strada tra i
tavoli con le nostre ordinazioni e avevo pensato che non avrei
sopportato di sentire ancora i suoi pensieri lascivi su di me. Come non
riuscivo più a sopportare i pensieri di tutti gli altri
presenti, mi sentivo scoppiare la testa.
Cosa mi era passato per
la testa nel decidere di rimanere da solo con lei?
Mi ero sforzato di rimanere seduto, perchè la
pressione che avvertivo salirmi dentro mi urlava di alzarmi e andarmene
da lì.
- Ecco le vostre coche.
Amber era arrivata e dopo aver servito la coca a Bella, aveva
compiuto una manovra ai limiti dell'indecente per arrivare a sfiorarmi
con il busto.
Avevo dovuto stringere i denti e chiudere la mente per evitare di dire
a quella ragazza cosa pensassi esattamente del suo comportamento.
Quello che non avevo potuto prevedere, era che lo facesse Bella al
posto mio.
- Amber... è così che ti chiami, giusto?
La ragazza era stata evidentemente presa in contropiede dal tono
agguerrito con cui l'aveva apostrofata.
- Sì, esatto.
- Bè, Amber, è la tua serata fortunata. Lui non
è il mio ragazzo, ma mio fratello. Certo
adottivo, ma del resto basta guardarci in faccia per capire che non
potrebbe essere diversamente.
Avevo sentito aprirsi un'altra crepa nella mia corazza, più
profonda e dolorosa della prima, mentre assistevo a quella scena
apparentemente impietrito.
- E siccome si è appena rivelato essere la persona con cui
meno vorrei cenare al mondo, ti cedo il posto!
Si era alzata ed aveva afferrato il giubbotto strappandolo quasi via
dalla sedia.
- Prego, Amber, accomodati. Adesso è tutto tuo.
Amber era rimasta impalata per tutto il tempo, ma non appena
Bella ci aveva mostrato la schiena, aveva ritrovato la parola.
- Certo che è proprio un bel tipetto tua sorella, Edward!
Era stato sentire la soddisfazione di quell'estranea all'idea che Bella
fosse soltanto mia
sorella, che aveva dato il via a quel terremoto di
emozioni che non ero più stato in grado di frenare.
Non mi ero sentito più me stesso nel momento in cui mi ero
alzato dalla sedia, pervaso finalmente da una determinazione che avevo
inseguito per troppo tempo.
- Mi dispiace Amber, ma non è la tua serata fortunata.
Non avevo pensato di dover aggiungere altro, se non i soldi per pagare
il conto. Dopodichè, mi ero preoccupato dell'unica cosa che
avesse davvero un senso per me in quel momento: raggiungere Bella e
dimostrarle che quello con lei, non era stato affatto un gioco.
*L'autrice si schiarisce
la voce*
Lo so, lo so... adesso vorreste uccidere prima Edward e poi me! Oppure
il contrario, visto che a scrivere di lui sono io! XD
Però avete letto bene qual'è l'ultimo pensiero
del mio (e vostro...) vampiro preferito?
Cosa significa? Che c'è vita (oltre che speranza...) nella
testa di Edward? Eh eh eh... giuro che nel prossimo capitolo lo
scoprirete!
|
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Capitolo 8 *** Capitolo 7 ***
Buongiorno!
Apro
questo spazio ringranziando tutte voi lettrici che avete inserito la
mia storia tra le preferite/seguite/ricordate, perchè il
numero segnato accanto mi ha davvero molto sorpreso, regalandomi
ovviamente una grande emozione (credo non sia ipocrita da parte mia
dirvi che non davo affatto per scontato che la mia storia potesse
coinvolgere un numero di lettrici così alto).
E
prima di lasciarvi alla lettura, ci tenevo anche a sottolineare che nel
corso della storia, potrebbero comparire (o sono già
comparsi) situazioni e personaggi presenti anche nella saga originale,
ma che saranno "rimaneggiati" ovviamente in maniera diversa. Ci tenevo
a dirlo, perchè la mia idea di "what if" è
proprio anche quella di poter inserire a più riprese
qualcosa di già conosciuto, però dandogli appunto
una veste nuova.
Anche
per questo capitolo troverete delle note finali, che forse vi
aiuteranno a comprenderlo meglio (il mio timore è che a
volte non sia chiara in alcuni passaggi, dando per scontato che si
capisca comunque il loro senso).
Buona
lettura.
BF
Ti ho deluso?
O ti ho lasciato un gusto amaro in bocca?
Ti comporti come se tu non avessi mai avuto amore
E vuoi che io me ne vada senza
Beh, è
troppo tardi
Stanotte
Per rivangare il passato
Riportandolo alla luce
Siamo una cosa sola, ma non siamo uguali
Dobbiamo sostenerci a vicenda
sostenerci l'uno all'altro
"One love - U2"
Non mi ero mai
comportata in maniera così avventata come avevo fatto con
quella
ragazza, ma a mia discolpa potevo solo dire che il mix di rabbia e
gelosia provata nei confronti di Edward era stato troppo da sopportare
e nel timore di fare molto peggio, mi ero resa conto che andarmene
sarebbe stata la soluzione migliore.
Subito
fuori dal locale non mi ero soffermata nemmeno un attimo nel
pensare a cosa avrebbe fatto Edward, in quel momento volevo solo
trovare un modo per rientrare a casa senza di lui, così mi
ero
diretta verso il porto, sapendo che nelle sue vicinanze c'era anche la
stazione degli autobus. Avrei preso il primo in partenza, poi una volta
a Forks avrei pensato come raggiungere casa.
Non
mi ero messa proprio a correre, però avevo tenuto un passo
sostenuto, nel tentativo di mettere più distanza
possibile tra di noi, anche se sapevo che sarebbe potuto rivelarsi
arduo il riuscirci.
Una
vocina crudele era subito intervenuta nel sussurarmi che forse
avrebbe davvero preferito rimanere in compagnia di quella Amber,
risolvendomi il problema, ma una parte di me più
ragionevole,
forse più lucida, l'aveva messa a tacere nella convinzione
che
non mi avrebbe mai lasciata andare in giro da sola, per giunta di sera.
La
rabbia in circolo però, forse, si era rivelata un'ottima
benzina per le mie gambe, perchè erano già
passati diversi
minuti da quando me ne ero andata e di lui non avevo visto ancora
nemmeno l'ombra.
Conoscevo
le vie da percorrere per arrivare al porto da lì, ma
erano quelle che di solito facevo in macchina, quindi avevo optato per
tagliare in un'altra direzione pensando che mi avrebbe fatto
risparmiare un pò di strada.
Immersa
nel caos dei miei pensieri, non avevo prestato vera
attenzione a ciò che mi circondava, accorgendomi troppo
tardi
che le strade percorse mi avevano portato in una zona praticamente
disabitata. Quando lo avevo realizzato, mi ero ritrovata in una specie
di parcheggio fiancheggiato solo da capannoni e senza più
possibilità di proseguire.
La
cosa mi aveva sinceramente più infastidito, che non
impaurito, perchè nel mio stato d'animo equivaleva ad una
perdita di tempo che mi aveva allontanato dalla mia meta.
A
quel punto avevo fatto dietrofront per tornare da dove ero venuta,
incontrando però una difficoltà: c'erano
più
strade che portavano in quel posto e io non avevo idea da quale fossi
arrivata.
Mi
era sfuggita un'imprecazione piuttosto colorita, perchè
sembrava che tutto volesse congiurare contro di me per rendere quella
serata più orribile di quanto già non lo fosse
stata.
Per
un attimo ero rimasta immobile, indecisa tra l'imprecare ancora o
lo scoppiare a piangere, poi avevo capito che la cosa migliore sarebbe
stata quella di recuperare un minimo di calma, così avevo
preso
a inspirare profondamente, chiudendo gli occhi e cercando di sgomberare
la mente.
-
Perchè hai baciato quel cane,
Bella?
La
mia mente non era stata abbastanza veloce nel riconoscere subito la
voce di Edward, quindi il mio corpo aveva reagito allontanandosi di
scatto dalla presenza che avevo recepito alle
mie spalle nel momento in cui aveva iniziato a parlare.
-
Edward!
Non
avrei saputo dire nemmeno io se nella mia voce ci fosse stato
più rimprovero per avermi fatto spaventare o
stupore per la domanda che mi aveva rivolto.
-
Allora mi hai seguito per tutto il tempo!
Gli
era bastato fare un passo in avanti per arrivare ad incombere su di
me, costringendomi ad alzare il viso per guardarlo negli occhi.
-
Pensavi davvero che avessi un'altra scelta?
Avevo
interpretato quella risposta nell'unica maniera possibile, ossia
che era stato solo il suo maledetto istinto di protezione a decidere le
sue azioni, niente di più, niente di meno.
-
Vai al diavolo, sul serio!
Avevo
fatto dietrofront, più arrabbiata di quanto non lo fossi
stata prima e altrettanto decisa a mettere fine a quel gioco crudele
che lui sembrava voler portare avanti ancora.
Solo
che mi aveva sbarrato il passo subito, inchiodandomi con uno sguardo
che mi aveva fatto accelerare il battito.
I suoi occhi sembravano
diventati la notte stessa, neri e impenetrabili.
- Non hai risposto
alla mia domanda.
Che cosa?
- Hai un bel
coraggio, sai?
Il
mio indice lo aveva accusato ancora prima delle mie parole, piazzandosi
al centro del suo torace.
-
Io dovrei
rispondere alla tua domanda, quandotu
invece non ti sei degnato nemmeno di prendere in considerazione le mie!
Il
dito era diventato il palmo della mano, con il quale avevo cercato
di spingerlo lontano da me, nell'intenzione di fargli capire
chiaramente che non ero affatto disposta a giocare. Ovviamente non
c'ero riuscita, perchè non solo non l'avevo smosso di un
millimetro, ma mi ero pure ritrovata con il polso imprigionato dalla
presa ferrea della sua mano.
-
Bella, ho bisogno
di saperlo.
Avevo
cercato di liberarmi, strattonando con forza, ottenendo solo che lui mi
attirasse più vicino.
-
Ti prego...
Quella
preghiera aveva fatto vibrare corde profonde dentro di me,
impossibili da ignorare nonostante la rabbia che provavo verso
di lui.
-
Tu non avevi voluto baciarmi... Jacob invece... bè, lui desiderava
farlo... così... gliel'ho permesso.
Mi
ero ritrovata con il suo viso a pochi centimetri dal mio, dal
momento che si era chinato su di me, le sue mani premute sulle guance.
-
Giurami che non succederà più!
-
Non hai il diritto...
Ma
a zittirmi era stata la sua bocca, che si era impadronita della mia con
un bacio che mi aveva lasciato senza fiato, tanto era stato irruente e
prolungato.
-
Ho tutto il diritto di chiedertelo, invece, perchè la sola
idea che possa succedere ancora mi fa impazzire.
-
Edward, io... tu...
Era
stato davvero difficile pensare, quasi impossibile, perchè
aveva ripreso a baciarmi con la stessa passione con cui lo aveva fatto
la notte scorsa, risvegliando dentro di me le stesse, intense emozioni.
Mi ero di nuovo persa in un mondo dove non esisteva altro all'infuori
di noi due, quindi era stato piuttosto scioccante sentirlo
all'improvviso respingermi bruscamente dietro di lui.
-
Resta dietro di me, Bella.
Lo
aveva quasi ringhiato quell'ordine, ma non avevo avuto il tempo di
domandare nulla, prima che una voce sconosciuta parlasse.
-
Davvero un bocconcino delizioso, amico. Cosa ne diresti di condividerlo
con me?
Le
giravolte che Edward mi aveva fatto compiere insieme a lui, erano state
così veloci da farmi girare la testa.
-
Oh, oh... la nascondi bene... a quanto pare, ho proprio messo
gli occhi su qualcuno che non dovevo...
La
voce di quello che avevo capito essere un vampiro mi aveva gelato il
sangue nelle vene: era stata un misto di sfida e crudele divertimento.
-
Esatto, perciò ti consiglio di andartene immediatamente.
Quella
di Edward era stata fredda e determinata. Se mi aveva
rassicurato da una parte, perchè sembrava non essere
spaventato,
dall'altra mi aveva impensierito proprio nel timore che potesse
raccogliere la sfida del suo simile.
Mi
erano venuti in mente alcuni racconti di Jasper, su come potessero
essere violente le lotte tra loro vampiri e mai avrei voluto che lui
dovesse affrontarne una per colpa mia.
-
Allora la stavi davvero
solo baciando.
Quell'affermazione
era stata accompagnata da una risatina maliziosa che
mi aveva procurato altri brividi e di riflesso avevo seppellito ancora
di più il viso nella schiena di Edward.
Solo
in altre due occasioni ero stata in presenza di altri vampiri, ma
si era trattato di amici fidatissimi di Carlisle, che come lui erano
stati gli esponenti di spicco di una comunità di
"vegetariani".
-
Il suo è un modo alquanto strano di giocare con il cibo, non
trovi James?
La
seconda voce si era materializzata alle nostre spalle, inducendo
Edward a porsi di traverso, per poter tenere sott'occhio tutti e due. A
quel punto era stato più forte il bisogno di vedere in viso
chi
ci minacciava, non fosse altro per capire quanta fosse stata la
loro determinazione.
Assurdamente
il mio cuore martellava di paura più per
l'incolumità di Edward che non per la mia. Se ci trovavamo
in
quella situazione, la colpa era da attribuire a me due
volte, primo perchè avevo lasciato il ristorante,
secondo
perchè ero un'umana.
-
Sì, vero, Laurent. Forse dovremmo provare anche noi...
chissà, magari potrebbe piacerci.
Non
ero riuscita a vederli molto bene, perchè si erano tenuti ai
margini del cono di luce che proiettava il lampione più
vicino,
però il loro atteggiamento era stato inequivocabilmente
ostile.
Avevo
poi alzato il viso per guardare Edward e i suoi lineamenti mi
erano sembrati scolpiti nella pietra, tanto erano stati tesi e
concentrati.
Sicuramente
stava leggendo i pensieri di quei due e forse questo gli
stava fornendo un leggero vantaggio su di loro, o almeno lo speravo.
-
Ve lo ripeto, andatevene e non ci saranno conseguenze per voi.
Aveva
rivolto quell' ultimatum minaccioso al
primo vampiro comparso, ignorando del tutto l'altro. Probabilmente
aveva trovato nei loro pensieri che sarebbe stato lui a decidere se
lasciar perdere o meno.
-
Scimmietta, aggrappati forte.
Nel
momento stesso in cui me lo aveva detto, mi aveva anche issato
sulle sue spalle, certo che avrei capito perfettamente a cosa mi
dovessi preparare. In effetti, nonostante mi sentissi in balia del
panico più puro, era stato un riflesso incondizionato quello
che
mi aveva portato a passargli le braccia intorno al collo e le gambe
intorno a fianchi, stringendolo più forte che potevo.
Non
avrei saputo quantificare le volte che in passato ero sfrecciata
insieme a lui durante una delle tante gare di
velocità che aveva sempre vinto contro i nostri fratelli,
però potevo giurare che ogni volta era iniziata con lui che
mi
diceva di aggrapparmi bene, proprio come se fossi stata una di quelle
scimmiette che avevo visto da piccola allo zoo.
Avevo
sepolto il viso nella piega del suo collo, perchè sapevo
che alla velocità a cui saremmo andati, mi sarebbe stato
comunque impossibile vedere qualcosa, anche se fosse stato pieno giorno.
La
prima volta che mi aveva portato con sè, avevo davvero
creduto che stessimo volando, però anche dopo, nonostante
sapessi di cosa era capace, la sensazione era rimasta sempre quella.
-
Bella, devo andare più forte.
Avevo
colto appena la sua voce nel sibilare dell'aria che mi sferzava e
se avevo ritenuto impossibile che succedesse, lui mi aveva fatto
ricredere, perchè per quanto fossi stata abituata, il mio
stomaco si era ribellato all'ulteriore accelerazione di cui era stato
ancora capace.
Mentre
immaginavo che avessimo già lasciato Port Angeles,
sfrecciando in
mezzo ai boschi per raggiungere Forks, non riuscivo a smettere di
pensare che Edward stesse mettendo a repentaglio la sua vita per colpa
mia. Mentre sarei stata pronta a sacrificarmi per lui, il contrario mi
era praticamente inconcepibile.
-
Bella, resisti, siamo vicini...
Aveva
ovviamente sentito la mia presa allentarsi, così aveva
rinforzato la sua, vanificando l'idea di lasciarmi scivolare via da lui
e
fermare così la caccia che i due vampiri stavano dando ad
entrambi.
La
certezza che ci stessero sempre inseguendo e che fossero vicini, era
data dal fatto che non c'era stato da parte di Edward il
benchè
minimo accenno di rallentamento. Poi avevo avvertito una
presenza inquietante affiancarci e iniziare a correre accanto a noi.
Non avrei saputo dire cosa pensassi in quel momento, ma l'idea che
stessi per morire era la cosa più probabile. Credevo che uno
dei due vampiri fosse riuscito a raggiungerci, per cui ero pronta a
sentirmi strappare via da Edward.
Avevo
chiuso gli occhi più forte, per poi spalancarli l'attimo
dopo, nel tentativo di capire da chi provenissero i ringhi furiosi che
improvvisamente sembravano essersi moltiplicati in un numero indefinito.
-
Sono i lupi, siamo nel loro territorio.
Avevo
realizzato che non mi ero limitata a domandarmelo nella mia
testa, ma dovevo averlo pensato ad alta voce, perchè Edward
mi
aveva appena risposto.
Contemporaneamente
erano successe due cose, la nostra corsa era
rallentata e il latrare incessante che aveva rotto il silenzio della
foresta, sembrava si stesse allontanando in
direzioni diverse.
-
Ora mi fermo, ma tu non provare ad avvicinarti.
-
Edward, ma che stai dicendo?
Ero
stata sì in preda al panico, ma davvero non avevo trovato
alcun
senso in ciò che mi aveva appena detto.
-
Non parlavo con te, Bella, ma con Black.
-
Jacob?
-
Sì, proprio lui.
Okay, Bella, respira.
-
Jacob è qui?
-
Sì, era lui che ci ha affiancato.
Ci
eravamo fermati e nemmeno me ne ero accorta. L'avevo realizzato in quel
momento, mentre Edward mi aveva lentamente deposto a terra, passandomi
un braccio intorno alla vita e sostenendomi. Se non lo avesse fatto,
sarei finita lunga distesa sicuramente, perchè non solo
avevo le
gambe come gelatina, ma anche lo stomaco sottosopra e la testa che mi
girava.
Cristo santo!
Alla vista
dell'ombra enorme che avevo colto a qualche
metro da noi, non ero balzata via solamente perchè me lo
aveva
impedito la stretta solida di Edward.
-
Ja... Jacob?
Un
brontolio cupo aveva accolto il mio momentaneo balbettio, dovuto al
mix di stupore e inquietudine che la vista di quel lupo gigantesco mi
aveva provocato.
-
Abbiamo violato il patto!
D'improvviso
lo aveva realizzato, ed ecco il motivo per cui Jacob ci aveva
inseguito! Edward era in pericolo!
-
Non proprio... pare abbiano capito il perchè sono entrato
nel loro territorio... giusto, Black?
Il
Jacob in versione licantropo aveva emesso un altro cupo brontolio,
compiendo qualche passo in avanti. Istintivamente mi ero schierata tra
di loro, come se avessi potuto fare scudo ad Edward con la mia
umanità, qualcosa che i lupi sapevo dovessero rispettare.
- Bella, che stai
facendo?
Edward
aveva velocemente invertito la situazione, ponendosi lui
dinnanzi a me. Jacob aveva ringhiato in maniera più
minacciosa,
mostrando i denti ed avevo intuito, non so bene come, che si fosse
infastidito all'idea che io avessi potuto pensare di essere in pericolo
per
causa sua.
-
Jacob non mi farebbe mai del male, giusto?
Ero
riuscita solamente a sporgere con la testa per guardare negli occhi
quel lupo che mi fissava a sua volta, dato che il braccio di Edward
aveva continuato a tenermi al sicuro dietro di lui.
Mi
aveva risposto con un uggiolare che era comunque rimbombato nel
silenzio della foresta, ma che mi aveva fatto di nuovo intuire che
fosse stata una risposta positiva la sua.
-
No Black, non ci contare.
Da
come aveva sollevato di scatto la grossa testa, e assunto una
postura più aggressiva, avevo capito che Edward doveva
avegli
fornito una risposta chiara ad un suo pensiero. Così ora
sapeva
che poteva leggergli la mente, una cosa non tanto piacevole da scoprire
vista la loro palese ostilità. Come se non bastasse, Edward
aveva anche rincarato la dose.
-
Sono entrato nella riserva sperando che mi aiutaste a proteggerla,
togliendoci
di dosso quei due vampiri. E ti sono davvero grato del fatto che fossi
disposto a farlo sino in fondo, ma questo non cambia il fatto che lei
sta con me.
Lei sta con me.
Che significato
dovevo dare a quella frase?
Stavo con lui perchè
ero una Cullen o perchè ero anche qualcosa di più?
Sapevo
che non era il momento giusto per chiedermelo, visto che Jacob
stava dando chiari segni di insofferenza davanti alle parole di Edward,
però non ero riuscita ad impedire ai miei pensieri di
prendere
quella direzione.
Mi aveva baciato ancora... mi
aveva anche chiesto conto del mio bacio con Jacob...
Già, il
bacio con Jacob... che ora era quel lupo enorme e
decisamente ostile al vampiro con il quale mi trovavo lì.
-
Li avete persi! Maledizione...
Il
gesto stizzito di Edward aveva scatenato il potente ululato di
Jacob, ma prima che potessi preoccuparmi su come interpretarlo, altri
avevano iniziato a risuonare in lontananza, proprio come se fossero
stati un eco del suo.
-
Uno di loro è rimasto ferito...
Edward
aveva dovuto alzare la voce per farsi sentire, perchè
l'ululato di Jacob era cresciuto di intensità, arrivando ad
assomigliare ad un vero e proprio grido di dolore.
-
Il branco si legge nella mente, per quello ho saputo che James prima
di fuggire è riuscito a ferire uno di loro...
Nel
dirmelo, Edward mi aveva ripreso in spalla e la cosa non era
sfuggita a Jacob. Aveva smesso di ululare ed era tornato a fissarlo,
manifestando un'insofferenza maggiore nei suoi confronti. Lo avevo
visto nei suoi occhi, si agitava un pericolo che prima era stato
più sotto controllo.
-
Black, ora riporto Bella a casa.
In
quell'affermazione di Edward c'era stata la risposta a quella minaccia,
perchè il suo tono era risuonato deciso, duro.
Jacob
aveva ringhiato, mostrando i denti e pestando il terreno con le
sue enormi zampe, dando segno di non essere d'accordo, o almeno credevo
significasse quello.
Prima,
però, di potermi preoccupare oltre per quello che sarebbe
potuto succedere tra loro due, era risuonato un unico ululato potente,
che aveva avuto l'effetto di rendere Jacob ancora più
combattuto. Lo avevo visto muoversi irrequieto, spostando lo sguardo da
noi alla foresta alle sue spalle, mentre il suo ringhiare era diventato
più rabbioso.
-
Jacob ascolta...
Avevo
appena avuto il tempo di pronunciare il suo nome, senza sapere
tra l'altro che cosa gli avrei detto esattamente, quando lui aveva
emesso un ultimo latrato furioso prima di fare dietrofront e sparire
dalla nostra vista.
-
Edward ma che cosa...
-
Il suo capobranco gli ha ordinato di tornare indietro.
Mi
aveva interrotto intuendo che gli stessi chiedendo spiegazione su
quell'improvviso dileguarsi di Jacob dopo che aveva chiaramente
mostrato di non volerci lasciar andare via.
-
Ordinato?
-
Sì, i lupi non possono sottrarsi per nessuna ragione ad un
ordine del loro Alfa.
-
L'Alfa sarebbe il capobranco... ma perchè...
Mi
ero zittita perchè Edward mi aveva colto in contropiede,
decidendo di non portarmi sulle spalle ma in braccio.
-
Siamo vicini a casa, non abbiamo bisogno di correre come prima,
così starai più comoda.
Come
logica non aveva fatto una piega, solo che si era rivelato molto
più... intimo...
essere portata così da lui. Non avrei dovuto provare
l'imbarazzo
che sentivo, non dopo i baci che ci eravamo scambiati, ma forse ero
ancora sconvolta da tutto quello che era successo nell'ultima ora,
quindi le mie reazioni erano altrettanto confuse.
-
Tutto bene?
Mi
ero ritrovata a sollevare il viso nel tentativo di cogliere il suo
sguardo, per capire cosa intendesse davvero con quella domanda.
Si
riferiva alla mia salute, al mio stato d'animo o a tutte e due? Era
preoccupato per tutto quello che era successo da quando erano sbucati
quei due vampiri o anche per quanto era accaduto prima?
-
Un pò scossa... non è stata proprio una serata
tranquilla...
-
No, direi di no e ne sono responsabile.
Il
mio cuore aveva perso un colpo.
-
A... a cosa ti riferisci, esattamente?
Mi
aveva stretto un pò di più a sè e non
sapevo se fosse stato casuale o voluto.
-
Al fatto che ti ho messo in pericolo.
La
sua voce contrita mi aveva immediatamente fatto agitare.
-
Non è stata colpa tua, Edward! Piuttosto mia, se non mi
fossi
allontanata dal ristorante... bè, tutto questo non sarebbe
accaduto!
Avevo
avuto solo un attimo di esitazione perchè avevo pensato
anche che se non mi fossi allontanata lui forse non mi avrebbe baciato
ancora.
Oppure lo avrebbe fatto lo
stesso?
- No, Bella,
quella di stasera è solo l'ennesima prova
che mi ha dato la certezza di quanto sia pericoloso per te starmi
vicino...
-
Fermati!
-
Bella...
-
Edward, fermati e parliamone!
Ero
stata categorica nella mia richiesta, ben sapendo che se lui fosse
stato dell'idea di non farlo, non avrei avuto nessuna reale
possibilità di fermarlo lo stesso.
Invece
aveva assecondato la mia richiesta e mi era sembrato un segno positivo
il fatto che fosse disposto a parlarne.
-
Quello che è successo stasera è stato qualcosa di
assolutamente imprevedibile anche per te! C'erano le stesse
probabilità che mi investisse una macchina guidata da un
ubriaco! Sarebbe stata colpa tua anche quello?
Edward
aveva mostrato un'insofferenza che non avevo pienamente capito.
-
Tu non vuoi capire, Bella!
Io
capivo, invece, eccome... nonostante tutto, ancora stava cercando il
modo di rinnegare quello che sentiva per me! Tutto tornava allo stesso
punto!
-
No, invece capisco benissimo! Capisco che sei capace di baciarmi come
hai fatto anche poco prima, dimostrandomi che provi per me dei
sentimenti che vanno oltre l'amore fraterno, ma per qualche motivo che
non mi vuoi dire chiaramente, vorresti non provarli!
-
Non è il momento giusto per questi discorsi, Bella... non
qui,
non dopo quello che è successo e che è stato
sicuramente
traumatico per te...
-
Certo che lo è stato! Ma se proprio lo vuoi sapere, avevo
paura per te e non per me!
Lo
avevo visto irrigidirsi ed ero certa di averlo sorpreso.
-
Per me?
-
Sì, per te! Se ti fosse capitato qualcosa per colpa mia...
la
sola idea che tu... Dio, ma non lo capisci proprio che ti amo
più della mia stessa vita?
Forse
era stata la troppa adrenalina ancora in circolo, o forse la
paura provata, o forse la rabbia... senza saperlo nemmeno io, ero
scoppiata in un pianto improvviso.
-
Bella...
Ma
non aveva avuto il tempo nè di avvicinarsi, nè di
parlarmi, perchè eravamo stati travolti dalle voci ansiose
dei
nostri familiari che avevano parlato contemporaneamente.
-
Oh mio Dio, tesoro stai bene?
-
Edward, tu stai bene?
-
La mia visione era incompleta...
-
Non riuscivamo a trovarvi...
Mi
ero ritrovata tra le braccia di mia madre, ansiosa di capire se
fossi ancora tutta intera, mentre gli altri avevano preso a parlare tra
di loro, ma così velocemente che non ero stata in grado di
cogliere cosa si dicessero.
-
Tesoro... adesso ci sono qui io, andrà tutto bene.
L'abbraccio
di Esme aveva generato nuove lacrime, proprio come se
all'improvviso si fosse aperta una diga che avevo tenuto chiuso sinora.
-
Bella, tesoro, ti portiamo a casa.
Erano
state le braccia di Carlisle a sollevarmi e in quel momento mi ci
ero rifugiata come quando da bambina correvo da lui in cerca di un
porto sicuro.
XXXXXXXXXXXXXXXX
Nel poco tempo che era occorso
a Carlisle per raggiungere casa nostra,
io ero riuscita lo stesso a crollare in un sonno profondo, senza sogni
nè incubi.
A
darmene certezza era stato il fatto che al mio risveglio, la
sensazione provata era stata quella di uscire da uno stato di
incoscienza totale.
Infatti
era passato qualche attimo prima che capissi perchè mi
sentissi così confusa, poi i ricordi della sera prima mi
erano
piombati addosso tutti insieme, facendomi sollevare di scatto.
-
Amore, ciao...
Mi
ero subito ritrovata avvolta nell'abbraccio affettuoso di mia madre,
che avevo ricambiato stringendola forte.
-
Come ti senti? Ero così in pensiero per te...
Mi
ero lasciata cullare dalle sue carezze e dalla sua voce melodiosa,
traendone un beneficio immediato.
-
Ora sto bene, mamma.
-
Bambina mia, ti voglio bene.
Mi
aveva stretto più forte, ricoprendomi il capo di baci, e
sapevo che cosa avesse scatenato quella reazione, ossia l'appellativo
con cui mi ero rivolta spontaneamente a lei.
Solo
quando ero stata più grande, avevo realmente capito cosa
avesse rappresentato per Esme l'avermi adottata, ossia la prova
tangibile che era riuscita ad essere una "vera" madre.
Il
fatto che a distanza di tempo, io pensassi a lei ancora in quei
termini, ogni volta la riempiva di una felicità immensa.
-
Anch'io te ne voglio, da qui fino alla luna.
Avevo
usato l'espressione che avevamo inventato quando ero bambina e
con la quale misuravamo l'affetto che sentivamo l'una per l'altra,
rendendomi conto che in quei giorni ero stata così presa da
me
stessa, che quasi non avevo pensato a lei.
-
Ho avuto così paura per te... credo di non aver mai pregato
tanto come ieri sera.
A
chiunque altro sarebbe potuta apparire come una bestemmia
quell'affermazione in bocca sua, ma io sapevo invece quanta purezza
d'animo risiedesse in lei, nonostante la sua natura la volesse relegare
all'esistenza di "mostro".
Avevo
sempre reputato un'ingiustizia il fatto che non potessero
mostrarsi al mondo, perchè ritenevo che fossero migliori di
tanti "umani" che erano invece dei veri "mostri".
La
sua fede non si era spenta con la sua trasformazione, anzi le aveva
dato maggiore forza di volontà nell'affrontare il duro
percorso
che le si era aperto dinnanzi.
La
fede e il suo grande amore per Carlisle, ricambiato da lui in eguale
misura. Il legame tra di loro era sempre stato motivo di gioia per me,
negli ultimi anni mi ero ritrovata però anche ad invidiarlo,
perchè era così che avrei voluto che fosse il mio
rapporto con Edward.
Solido ed eterno.
- Si vede che Dio
era in ascolto, mamma, dal momento che sono qui sana e salva...
La
battuta aveva avuto l'effetto sperato, perchè avevo sentito
Esme ridacchiare, lasciando correre via un pò della tensione
che
aveva sicuramente accumulato nello starmi vicino senza sapere come
stessi davvero.
-
La mia Bella, sempre così forte e coraggiosa...
Mi
aveva scostato da lei per guardarmi negli occhi e riservarmi quello
che Carlisle chiamava il suo "sorriso speciale", cioè quello
che
solo io diceva fossi in grado di strapparle.
Forse
c'era stato un pizzico di gelosia in lui,
perchè pensava di non essere stato in grado,
nonostante il
bene immenso che gli volevo, di instaurare lo stesso legame che avevo
con lei.
-
Dici?
Non
avevo ancora voluto ripensare proprio a tutto, però di
quella fuga con Edward, ricordavo la paura provata.
-
Bella, per la prima volta hai corso un pericolo reale... ed hai reagito
in una maniera... davvero straordinaria!
Non
avevo dovuto pensare che cosa mi avesse fornito il motivo per riuscirci
e non avevo esitato nel dirlo.
-
C'era Edward con me...
Il
suo sguardo dolce mi aveva scrutato a fondo, e la sensazione era
stata quella di sempre, che a lei non potessi nascondere nulla, nemmeno
se lo avessi voluto.
-
In momenti come questo, credimi, vorrei che tutto fosse più
semplice nelle nostre vite.
Non
aveva avuto bisogno di aggiungere altro, sapevo a cosa si
riferisse: alla nostra diversa natura, al grande ostacolo che
rappresentava la mia umanità.
Era
un argomento che io avevo iniziato a sollevare in quell'ultimo
anno, forse anche in ragione del fatto che mi sentivo sempre
più
indipendente nelle mie decisioni, e che invece tutti loro sembravano
voler non affrontare ancora.
-
Lo sai, vero, che la soluzione ci sarebbe...
Non
avevo voluto usare la parola "trasformazione" perchè i loro
ricordi al riguardo erano molto dolorosi, ma il concetto era stato
quello.
-
Tesoro...
Ma
un bussare discreto l'aveva interrotta.
-
E' tuo padre.
La
porta si era aperta e la presenza di Carlisle aveva portato altro
calore nella mia stanza. Non avrei potuto desiderare genitori diversi
da loro, mi avevano dato tutto ciò di cui avevo avuto
bisogno,
facendomi crescere in una famiglia "diversa", ma dove non mi era
comunque mancato tutto l'affetto possibile ed immaginabile.
-
Ciao, piccolina.
Si
era seduto vicino ad Esme, sfiorandola con uno sguardo tenero, prima di
prendere la mia mano tra le sue.
-
Come ti senti?
Gli
avevo stretto la mano tra le mie e come saluto lo aveva baciato sulla
guancia.
-
E' il papà o il medico a chiedermelo?
Mi
aveva sorriso divertito, battendomi affettuosamente sulla mano.
-
Il primo, il secondo si è già sincerato ieri sera
che non ti fossi fatta neanche un graffio.
E
di graffi lui me ne aveva curati parecchio, vista la mia tendenza ad
essere goffa e imbranata, oltre che umanamente fragile.
-
Sto bene, sul serio. Non preoccupatevi, è tutto passato.
Non
proprio tutto... perchè quello che era successo con quei
vampiri era stato solo in parte la causa del mio crollo emotivo.
La mia situazione con Edward,
quello era il vero motivo del mio malessere.
- Forse sarebbe il
caso che ne parlassimo lo stesso...
Avrei
giurato che ci fosse stata dell'indecisione nella voce di mio padre, ma
forse me lo ero solo sognato.
-
Sì, certo. Anche se sono convinta che Edward vi
avrà
già raccontato per filo e per segno come sono andate...
ehm...
le cose.
Merda!
Non mi capitava
spesso di imprecare, l'esempio che avevo avuto
da tutti loro era stato più che rigoroso, nel senso che
utilizzavano tutti un linguaggio forbito e anche un pò
antiquato,
ma in quel momento aveva ben interpretato l'agitazione che mi aveva
colto all'idea che Edward potesse aver raccontato loro proprio tutto.
Quei due vampiri ci avevano
sorpreso mentre lui mi stava baciando!
-
Bella?
Merda!
Dovevo essere
arrossita in maniera vistosa, perchè li avevo visti
scambiarsi uno sguardo perplesso.
-
Bè... ho paura che vi abbia detto che... ehm... sono stata
un pò avventata con Jacob...
Avevo
deciso di rischiare e imbastire una scusa che avesse potuto
giustificare quella mia improvvisa preoccupazione.
-
Ti riferisci al fatto che hai pensato di fare da scudo umano ad Edward?
Ecco,
questo glielo aveva sicuramente raccontato, perchè quello di
Esme era stato un non tanto velato rimprovero.
-
Bè, che ci crediate o no, ho sentito che Jacob
non mi avrebbe mai aggredito... mentre mi sembrava sul punto di volerlo
fare con Edward.
Edward che sapeva che mi ero
baciata con lui..
- La mamma ha
ragione, forza e coraggio non ti mancano... ma non devi sottovalutare
il pericolo che rappresenta Jacob per te.
Avevo
annuito, anche se su quel punto rimanevo del mio parere: Jacob non mi
avrebbe fatto del male, non volontariamente.
-
Per caso avete rimproverato anche Edward per la sua decisione di
entrare nella riserva?
Avevo
espresso quella domanda con un leggero tono polemico, forse in un
retaggio di tutte le volte che mi ero presa una ramanzina per essere
stata avventata su qualcosa che i miei fratelli avevano regolarmente
fatto. In passato, come adesso, a volte faticavo ad accettare
che usassero due pesi e due misure per il fatto che io ero un'umana.
-
Sicuramente non ne siamo stati entusiasti... però nella
situazione d'emergenza in cui si trovava, va riconosciuto che ha avuto
l'idea giusta. I Quileute possono essere nostri nemici, ma non tuoi.
-
Sei incredibile, papà.
Mi
ero proprio risentita a quel punto.
-
L'ho pensato io e sono stata avventata, l'ha pensato Edward ed era una
buona idea.
Probabilmente
quella discussione tra di noi era l'indice di quanto il
nostro fosse un vero rapporto genitori pazienti-figlia ribelle,
però in quel
momento non vedevo il lato positivo della cosa.
-
Tesoro, non ti arrabbiare così.
Mi
spiaceva ferire Esme, però a volte davvero avrei voluto che
mi considerassero capace di affrontare le situazioni che il loro mondo
poteva mettermi di fronte.
-
Scusa, non è che volevo...
Un
altro bussare mi aveva interrotta.
-
Le tue sorelle.
Alice
era comparsa alla sua maniera, come un uragano, perchè si
era fiondata dall'altra parte del letto e mi aveva sepolto in un
abbraccio soffocante, dal quale ero riuscita a sbirciare Rose che aveva
alzato gli occhi al cielo per quell'irruenza.
-
Ecco, se non si è rotta qualcosa ieri, ora ci pensi tu,
Alice.
-
Oh, sta zitta, Rose! Non hai fatto altro che preoccuparti tutta notte
per lei e adesso vorresti fare la dura, invece! Vieni qui anche tu e
piantala!
Se
Alice non fosse esistita, la vita di tutti noi sarebbe stata
sicuramente più triste. Ne eravamo tutti convinti, Rose in
particolar modo, anche se non lo avrebbe mai ammesso con nessuno.
Così
mi ero ritrovata stretta tra loro due, dopo che Esme e Carlisle avevano
deciso di eclissarsi e lasciarci sole.
-
Sorellina, non sai come mi sento responsabile.
Alice
aveva mostrato un vero e proprio dispiacere, tanto che sembrava
non fosse in grado di proseguire nel parlare, qualcosa che mi aveva
spinto a guardare Rose per capire che storia fosse.
-
La sua visione era incompleta... forse a causa della presenza di
quei... cani.
Per quello non vi abbiamo intercettato prima...
Avevo
abbracciato d'istinto Alice, che ora aveva proprio un'aria del tutto
abbattuta.
-
Alice, non devi neanche pensarlo!
Lo
credevo davvero, perchè sapevo quanto a volte le pesasse il
dono che possedeva, facendola sentire doppiamente responsabile verso
tutti noi. Come se davvero fosse sempre in dovere di evitarci qualsiasi
pericolo o dolore.
-
Se vi fosse capitato qualcosa...
Immaginavo
che per quanto avessi cercato di rincuorarla, avrebbe
continuato a sentirsi in colpa, così avevo cercato di
distrarla
con altro.
-
Sì, ma dal momento che non è capitato nulla,
ditemi
piuttosto che conseguenze ha avuto la cosa con i Quileute! Uno di loro
è stato morso da quel James... e Jacob mi pareva proprio
furioso... ritengono responsabile Edward della cosa? Il patto
è
ancora valido?
All'improvviso
mi ero resa conto che avevo in testa un sacco di domande e che volevo
delle risposte certe.
-
Ehi, ehi, sorellina, calma! In teoria dovremmo essere noi a farti delle
domande! Tipo se stai bene davvero...
Avevo
interrotto Rose con uno sbuffo sonoro.
-
Rose, ti prego! Capisco la vostra preoccupazione, ma sto bene! Sono
qui, sana e salva, non si vede?
Alice
se l'era ridacchiata, recuperando un pò della sua allegria.
-
E poi ero io l'esagerata, vero, Rose?
Per
tutta risposta si era guadagnata un'occhiata di fuoco dalla stessa, che
poi era tornata a fissarmi.
-
E' stata un'esperienza traumatica, Bella. Magari adesso non ti pare,
però...
Avevo
capito la sua sincera preoccupazione, così mi ero affrettata
a rassicurarla.
-
Rose, sul serio, adesso sto bene. E' vero, mi sono spaventata,
però è passato.
Le
avevo sorriso, stringendole la mano.
-
E sapere qualcuna delle risposte che vi ho chiesto, contribuirebbe a
farmi stare ancora meglio.
-
Per il momento mi accontento, Bella, però ti
terrò d'occhio...
Non
era stata una minaccia, ma una promessa che mi aveva rincuorato,
perchè piena di affetto.
-
Per le risposte che vuoi, lascio la parola a Miss. Lingualunga... sai
che le piace raccontare molto più di me.
Mi
avevano fatto ridere davvero, qualcosa che non credevo possibile quella
mattina.
-
La solita simpaticona... comunque, il patto è ancora valido.
I
Quileute hanno stabilito che la vostra violazione non ha messo in
pericolo la loro comunità, questo perchè Edward
è
stato bravo nello sconfinare solo di poco, diciamo il giusto
perchè loro intervenissero. Il fatto che uno di loro sia
stato
morso... bè, non è certo stato lui a farlo,
quindi
anche per questo è stato giudicato non colpevole.
Aveva
battuto il pugno sul comodino, nell'imitazione del martelletto
del giudice. Solo che l'aveva fatto con troppa enfasi, crepandolo.
-
Oh cavolo, Bella, mi dispiace!
Capitava
che a volte non dosassero la loro forza, non era poi così
sconvolgente per me.
-
Tranquilla, Alice, vorrà dire che me lo ricomprerai...
Le
erano subito brillati gli occhi.
-
Magari cambiamo anche l'armadio... essendo coordinato poi non sarebbe
affatto...
-
Alice, non cambiare discorso.
L'avevo
riportata sulla retta via, perchè mi era parso che fosse
troppo contenta di poterlo fare.
-
Già... bè, la vera sorpresa è stata
che i loro
grandi capi hanno chiesto un consulto a Carlisle... nel senso che lo
hanno ammesso alla riserva, stanotte, perchè desse
un'occhiata a quel... ragazzo
che era rimasto ferito. Sai essendo medico, per giunta vampiro...
Quella
era stata proprio una vera sorpresa!
-
E poi?
-
E poi...
Alice
si era interrotta ancora.
-
Alice?
-
E poi quel cane rognoso di Black ha iniziato ad avanzare delle pretese
assurde!
Jacob...
che poteva diventare quel lupo enorme che nel bosco mi aveva
inizialmente spaventato.
-
Che tipo di pretese?
"Perchè hai baciato
quel cane, Bella?"
"Giurami che non
succederà più!"
Le
parole di Edward si erano affacciate prepotenti nei miei pensieri.
-
Sul fatto che siamo in debito con loro per aver aiutato uno di noi.
-
E quindi?
Avevo
capito di dover tirare fuori le parole di bocca a mia sorella,
perchè l'argomento le era giustamente indigesto.
-
E quindi per sdebitarci dovremmo concedergli il permesso di rivederti,
ammesso che tu sia dello stesso suo parere!
Era
stata davvero arrabbiata e Rose non era stata da meno.
-
Assurdo, quel cane
sta davvero esagerando con te! Ma non ti devi preoccupare, se solo
prova ad avvicinarsi gli stacco la testa con le mie mani!
Non
avevo avuto il coraggio di ribattere nulla, perchè una parte
di me sapeva benissimo di aver dato modo a Jacob di credere che tra noi
potesse esserci qualche possibilità.
E'
vero che ero scappata da lui dopo quel bacio, però intanto
c'era stato!
-
E Carlisle che ha detto?
Alice
si era stretta nelle spalle, sbuffando.
-
Sai che lui è un diplomatico nato... quindi ha capito che
non
era quello il momento giusto per dire un no bello secco! Si
è appellato
al fatto che ne avrebbe parlato con te... per poi fargli sapere.
Rose
era stata più categorica.
-
Diciamo che il no secco è stato solo rimandato ad oggi.
Qualcosa
mi diceva che Jacob non si sarebbe accontentato di un no...
che avrebbe provato in qualche maniera a raggiungermi comunque.
-
Forse sarebbe il caso che glielo dicessi io di persona...
Entrambe
le mie sorelle erano scattate contro di me.
-
Stai scherzando, vero?
-
E' fuori discussione!
Mi
ero risentita della poca fiducia che riponevano nelle mie scelte.
-
Ehi, calma. Non è che mi serva esattamente il vostro
permesso al riguardo!
-
Bella, non essere sciocca! Ormai è chiaro che quel... quell'essere ti sbavi
dietro! Non è proprio il caso di avvicinarsi ancora a lui!
-
E poi, non credo proprio che Edward te lo permetterebbe...
Rose,
consapevole o meno della cosa, aveva giocato la carta da novanta,
quella che aveva attirato tutta la mia attenzione.
-
Guarda che vale anche per lui il fatto che non debba avere il suo
permesso.
Ma
c'era stato qualcosa nel suo sguardo che aveva iniziato a far battere
più forte il mio cuore.
-
Altro che permesso... credo che dovresti trovare il modo di passare
sul suo cadavere. E considerate le tue scarse possibilità di
riuscire ad ucciderlo... penso proprio che la questione sia
già
chiusa in partenza.
La
mia bionda sorella aveva sfoggiato la sua arma migliore,
cioè l'ironia.
-
Sul suo cadavere?
Alice
aveva annuito, guardandomi seria.
-
"Bella dovrà passare sul mio cadavere prima che le permetta
di rivederlo ancora". Sono le esatte parole che ha usato Edward quando
ha letto nei pensieri di Carlisle che cosa gli aveva chiesto Black.
"Ho tutto il diritto di
chiedertelo, invece, perchè la sola idea che possa succedere
ancora mi fa impazzire".
Non
poteva pretendere di avere dei diritti su di me senza che in cambio mi
desse un valido motivo. Ne ero fermamente convinta, specie dopo che
aveva ripreso a sostenere che non dovessi restargli accanto.
-
Bè, dovrà farsene una ragione se
deciderò il contrario.
Alice
era stata sul punto di ribattere, ma qualcun'altro aveva deciso
che fosse ora di visite. Infatti senza tante cerimonie era entrato
Emmet, subito seguito da Jasper.
Entrambi
con uno sguardo che mi aveva fatto balzare giù dal letto per
andargli incontro e stroncarli sul nascere.
-
Ragazzi, non me lo chiedete anche voi. Vi giuro che sto bene!
Avevo
sottolineato la cosa mostrando di muovere tutto alla perfezione,
braccia, gambe, testa... e li avevo fatti ridere.
-
Sei una roccia, sorellina! L'ho sempre saputo!
Era
stato Emmet a sollevarmi in un abbraccio che mi aveva fatto davvero
temere per le mie costole.
-
Grazie Emmet, credo sia merito anche tuo.
Mi
aveva rimesso giù, dando modo anche a Jasper di darmi un
leggero buffetto sulla guancia.
-
E in che modo avrei contribuito?
-
Bè, mi sono allenata spesso davanti alla tua brutta faccia
arrabbiata...
Lo
avevo sorpreso con quella presa in giro, ma come era nella sua natura,
era stato subito al gioco.
-
Bè, io ho anche pensato che a metterli in fuga sia stata la
tua faccia da rompiscatole...
Forse
era quello di cui avevo avuto bisogno, qualcuno che mi aiutasse a
scacciare per un pò l' ingombrante assenza di qualcuno che
aveva
evidentemente deciso di non affacciarsi nella mia stanza quella
mattina: Edward, l'unico che avrei voluto rassicurare davvero sul fatto
che quell'episodio non mi avrebbe fatto cambiare idea su di lui.
XXXXXXXXXXXXXXXXX
Nel corso della mattinata,
trascorsa a casa in compagnia dei miei
fratelli, avevo più volte pensato di chiedere loro
espressamente
dove fosse e se mi stesse evitando, ma poi ogni volta non ne avevo
trovato il coraggio, anche in ragione del fatto che forse loro per
primi non volevano parlarmene.
Sebbene
indirettamente mi fossi riferita a lui, specie quando mi era
stato chiesto di raccontare anche dal mio punto di vista come erano
andati i fatti, avevo ovviamente glissato su tutti quegli aspetti che
avevano riguardato solo noi due.
Da
quello che mi avevano riferito, avevo capito che anche lui doveva aver
omesso le mie stesse parti.
Così
una parte del mio cervello era stata impegnata ad elaborare
altri ricordi, tra cui quei baci appassionati che ci eravamo di nuovo
scambiati.
Cosa sarebbe successo quando si
fosse deciso a farsi vedere?
A
pranzo, nonostante Esme mi avesse cucinato degli ottimi spaghetti al
pomodoro, ne avevo mangiato appena qualche forchettata.
Avevamo
parlato ancora io e lei, specie di Jacob, perchè ad un
certo punto si era unito anche Carlisle. Mi aveva informato di persona
su tutto quello che era successo da quando aveva messo piede nella
riserva e avevo pensato, una volta di più, che fosse stato
davvero una persona eccezionale.
Non
aveva esitato un attimo nell'accettare di visitare il ragazzo che
era rimasto ferito, sebbene volesse dire andare da solo tra tanti
nemici naturali.
Mi
aveva fatto piacere sapere che si sarebbe ripreso senza gravi
conseguenze, in fondo mi ritenevo in parte responsabile per il fatto
che se quei vampiri erano piombati su di loro era anche per colpa mia.
Su
Jacob mi aveva ribadito ciò che mi aveva già
detto:
sarebbe potuto essere pericoloso frequentarlo, rimaneva pur sempre un
licantropo con degli istinti a volte incontrollabili.
Credo
si riferisse alla facilità con cui poteva rischiare di
trasformarsi se colto da emozioni violente, quali la rabbia... o la
frustrazione.
Probabilmente
se lo avessi incontrato per parlargli, avrebbe provato
entrambe le cose, dal momento che sentivo una certa empatia verso di
lui, ma non era del tipo che avrebbe voluto lui.
Lo
avevo baciato, ma non era stato altro che un esperimento miseramente
fallito. Saremmo potuti diventare amici, se ne avessimo avuto la
possibilità, ma nulla di più.
Alla
fine di quella lunga chiacchierata con i miei genitori, mi ero
sentita un pò stanca. Non tanto fisicamente, quanto
emotivamente, così li avevo informati che mi sarei andata a
riposare ancora un pò.
Una
volta nella mia stanza non ero stata capace di non pensare,
così sdraiata sul letto avevo visto scorrere sul soffitto,
come in un film,
le immagini di tutti i momenti vissuti con Edward da
quando era tornato a casa.
Edward aveva detto e fatto
tutto, ma
anche il suo esatto contrario. Mi voleva, perchè la sua
passione
era stata inequivocabile, però nello stesso tempo avrebbe
voluto rifiutarmi.
In un moto di
frustrazione mi ero girata a pancia in sotto,
sprofondando il viso nel cuscino e prendendolo a
pugni.
-
Sono abbastanza certo che vorresti ci fossi io al posto di quel cuscino.
Mi
ero tirata su di scatto e lo avevo trovato appoggiato alla colonna
del letto, apparentemente tranquillo. O almeno più di me,
che mi
ero sentita invece attraversata da una corrente elettrica.
-
Forse...
Aveva
sorriso alla mia risposta, sorriso
veramente, e il mio cuore traditore aveva perso un
battito nel vedere quanto fosse stato bello in quel momento.
-
Non sei mai stata brava a raccontare bugie.
La
dolcezza nella sua voce mi aveva procurato un altro scompenso, forse
perchè ci eravamo solo urlati addosso in quei giorni.
Ma anche baciati...
Quel pensiero mi
aveva fatto agitare ancora di più,
così ero scesa dal letto in cerca di qualcosa da fare per
non
doverlo più fissare.
-
Se lo dici tu.
Avevo
iniziato a radunare i libri di scuola che avevo lasciato sparsi sulla
scrivania, dandogli così le spalle.
-
Pessima mossa, la tua.
Il
suo alito fresco mi aveva solleticato il collo e reso consapevole che
si fosse silenziosamente portato alle mie spalle.
-
Edward, sono sinceramente stanca di...
Mi
ero voltata pensando di iniziare un discorso, ma le parole mi erano
rimaste incastrate in gola, perchè era stato talmente
vicino, da costringermi ad addossarmi alla scrivania.
-
Anch'io sono stanco, Bella.
Cosa voleva dire?
L'illuminazione
della camera era stata solo quella della mia abatjour, quindi non mi
aveva resa certa dell'espressione che aveva accompagnato le sue parole.
-
Forse, allora, dovresti liberare entrambi da questo peso e parlare
chiaro una volte per tutte.
Si
era avvicinato ancora, solo che io non avevo più avuto
margine per arretrare, così avevo incrociato le braccia al
petto
nel tentativo di frapporre una barriera tra noi.
Ero certa che avrebbe ripreso il
discorso di quella notte e mi ero preparata al peggio.
-
Inizierò col dirti che siamo soli in casa. Gli altri non
sono
molto lontani in realtà, ma non abbastanza vicini da
sentirci.
Non
sapevo perchè, ma quella notizia mi aveva agitato
più del dovuto.
-
Ho detto loro la verità, che volevo parlarti in privato.
Ero
stata sul punto di spostarmi, perchè la vicinanza con lui mi
stava creando una notevole difficoltà nel respirare, ma
doveva
averlo intuito l'attimo prima che lo facessi, perchè mi
aveva
posato una mano sul collo per trattenermi lì dov'ero.
-
Sono stanco di mentirti, Bella.
Con
il pollice mi aveva accarezzato delicatamente sotto l'orecchio,
dove la pella era più sensibile, spedendomi dei brividi
lungo la
schiena che mi avevano fatto tremare le gambe.
-
E allora non lo fare, Edward.
Lo
avevo sussurrato appena, nella paura che la flebile speranza accesa da
quelle parole si spegnesse con le successive.
-
Tu non hai davvero idea di quello che mi stai chiedendo.
C'era
stata una tale sofferenza nelle sua voce che mi era stato impossibile
ignorarla.
-
Prova a spiegarmelo. Se non me lo dici, come posso capire?
Mi
ero sforzata di rimanere calma, perchè avevo il terrore di
ritornare allo stesso punto raggiunto più volte in quei
giorni, quando le emozioni di entrambi avevano preso il sopravvento,
impedendoci di parlare e portandoci solo a scontrarci
-
Sei così innocente... come posso non desiderare di
proteggerti da me stesso?
Avevo
scosso la testa, incapace di comprendere quella frase.
-
Perchè dovresti proteggermi da te? Io davvero non capisco...
La
sua carezza si era spostata sulla mia guancia, accendendo in me altri
brividi che non avevo potuto ignorare e nemmeno lui.
-
Bella...
-
No!
Avevo
accompagnato quella negazione voltando il viso dall'altra parte,
così le sue labbra erano andate a posarsi sul mio collo,
anzichè sulla bocca.
-
No, Edward... per quanto lo desideri, non voglio più che mi
baci.
Dove
le sue labbra erano ancora posate, avevo sentito la pelle incendiarsi
ed era stato difficile non abbandonarsi al loro tocco.
-
Devi parlarmi, devi dirmi che cosa...
Con
una scia di baci leggeri era risalito verso il mio orecchio e
contemporaneamente si era anche impossessato delle mie mani,
intrecciandole alle sue e portandole dietro la mia schiena.
L'effetto
era stato quello di ritrovarmi imprigionata in un abbraccio gelido da
cui non sarei mai voluta fuggire.
-
Potrei farti delle promesse che non sarò in grado di
mantenere...
Non
ero riuscita ad essere più molto lucida, perchè
l'attacco che aveva sferrato ai miei sensi era stato davvero troppo da
sostenere.
-
E se... se a me... bastasse...
Mi
ero ritrovata senza fiato, perchè lo strusciarsi del suo
naso sul mio collo era risultato di una sensualità
sconvolgente.
-
Se mi bastasse...
Mi
ero sforzata di proseguire, cercando di allontanarmi per recuperare
lucidità, ma avevo solo ottenuto che lui mi stringesse di
più a sè.
-
Cosa potrebbe bastarti, Bella?
Il
sussurro roco della sua voce aveva spazzato via del tutto la mia
razionalità, in favore del solo bisogno di annullarmi in
quelle sensazioni meravigliose che la sua bocca mi stava regalando.
-
Bella...
Il
mio nome era risuonato come una preghiera, alla quale avevo risposto
cercando le sue labbra e posandovi sopra le mie.
-
Allora, promettimi soltanto che ci proverai ad amarmi...
Glielo
avevo sussurrato perdendomi nei suoi occhi, dove avevo trovato la
risposta che ero andata cercando in tutto quel tempo.
-
Questo posso farlo...
Mi
aveva accarezzato le labbra con le sue, ma non mi aveva ancora baciato
come desideravo che facesse.
-
Ti prometto che ci proverò, Bella.
*L'autrice si schiarisce la voce
e prepara delle schede da distribuire *
Se doveste esprimere
un voto di fiducia nei confronti della promessa di Edward, quale
sarebbe?
Io
mi astengo, ovviamente, dal dirvelo perchè so esattamente
che cosa passa nella testa del nostro vampiro preferito...
Posso
dirvi che nel prossimo capitolo potrete verificare voi stesse se avrete
esagerato o meno, perchè sarà lui stesso a darvi
un quadro più preciso sugli eventi accaduti in questo.
James
e Laurent (il gatto e la volpe XD): si tornerà a
parlare anche di loro, come si tornerà a parlare anche di
Jake e dei suoi compagni di merende.
Qualcos'altro?
Uhm... sì, decisamente. Come avrete notato Edward appare
molto meno "rigido", rispetto all'originale, in determinate situazioni
con Bella (qui, il mio voto per lui è un 10 pieno!!!!), ma
considerate che arriva da anni in cui è già stato
fisicamente vicino a lei, quindi ha più controllo su se
stesso in questo senso.
Come
sempre vi invito a lasciarmi la vostra opinione (e il voto di
fiducia... eh eh eh), perchè oltre a farmi spudoratamente
felice, mi da modo anche di confrontarmi con voi sul mio modo di
scrivere, aiutandomi a correggerlo e a migliorarlo.
Un
bacio.
BF
|
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Capitolo 9 *** Capitolo 8 ***
Buongiorno!
Eccomi ad aggiornare con il ritardo annunciato e di cui mi scuso ancora.
Riguardo al capitolo, anche oggi vi chiedo di spendere due minuti e
leggere le note finali che scriverò. Mi sembra importante
sottolineare un aspetto della storia che il capitolo di oggi pone
abbastanza in evidenza.
Ora vi lascio alla lettura.
BF
PS - Il brano che troverete in apertura è un passo famoso di
"Romeo e Giulietta". Lo avreste sicuramente capito lo stesso,
però era giusto citare comunque la fonte.
Nessuno
ha mai detto che sarebbe stato facile
E' così un peccato dividerci
Nessuno ha mai detto che sarebbe stato facile
Nessuno ha mai detto che sarebbe stata così dura
Portami indietro all'inizio
"The Scientist - Coldplay"
- Ma quale luce irrompe da quella
finestra lassu? Essa è l'oriente, e Giulietta è
il sole. Sorgi, bel sole, e uccidi l'invidiosa luna già
malata e livida di rabbia, perchè tu, sua ancella, sei tanto
più luminosa di lei. Non servirla, se essa ti invidia; la
sua veste virginale e d'un colore verde scialbo che piace solo agli
stupidi. Gettala via! Ma è la mia dama, oh, è il
mio amore! Se solo sapesse di esserlo! Parla eppure non dice nulla.
Come accade? E' il suo sguardo a parlare per lei, e a lui
risponderò. No, sono troppo audace, non è a me
che parla. Due delle più belle stelle del cielo devono
essere state attirate altrove e hanno pregato gli occhi di lei di
scintillare nelle loro orbite durante la loro assenza. E se davvero gli
occhi di lei, gli occhi del suo volto, fossero stelle? Tanto splendore
farebbe scomparire le altre stelle...
- Edward... se ti facessi una
domanda un pò... bè diciamo
"scomoda"... ora avrei qualche possibilità in più
che tu
mi rispondessi sinceramente?
Accoccolata sul mio petto, Bella aveva interrotto la mia lettura ad
alta voce, sollevando il viso per
cercare il mio sguardo e facendomi subito perdere nella
profondità del suo.
Mi era sembrato ancora una volta impossibile il poter essere
lì
con lei, di nuovo intento ad aiutarla nello studiare o almeno a
provarci, ma con
un'intimità
del tutto diversa da quella che c'era stata in passato tra di noi,
quando lei era
stata solo la mia "sorellina".
Come ancora mi sembrava
impossibile
che fossi stato così folle da farmi strappare quella
promessa
soltanto qualche ora prima...
- Penso che mi impegnerei a farlo.
Sicuramente a rendermi tale erano state anche le circostanze che si
erano venute a creare la scorsa notte, quando la comparsa di quei due
vampiri mi aveva reso certo che i Volturi ci avessero voluto
lanciare il chiaro segnale che non avevamo la loro piena fiducia sul
fatto che avremmo tenuto fede al nuovo accordo.
- Bene.
Mi era venuto spontaneo sorridere davanti alla soddisfazione dimostrata
per la mia risposta, perchè mi era sembrata la versione
più adulta della Bella che aveva sempre saputo di poter
esercitare un elevato grado di persuasione su di me.
In passato era stato per ottenere aiuto davanti a qualche permesso
negato da Esme o Carlisle, ora, ovviamente, per ottenere quelle
risposte che prima le avrei sicuramente negato.
- Che aggettivi useresti per descrivere gli anni passati lontano da me?
Me ne bastano tre, uno per anno.
Mi ero impercettibilmente rilassato, perchè nel mio
inconscio
avevo temuto che mi volesse porre una domanda davvero molto
più
"scomoda".
- Vuoti, freddi e bui.
Nel frattempo si era messa a sedere, le gambe incrociate e il busto
leggermente piegato in avanti verso di me, forse per assecondare quel
bisogno che
sentivo sempre anch'io di non essere mai troppo distanti l'uno
dall'altro.
Solo che se prima a provocarlo era stato solo il mio istinto di
protezione, adesso si era unito anche un forte senso di possesso che
spaventava me per primo.
- Perchè bui?
Non ero riuscito a trattenermi e le avevo posato una mano sulla
guancia. Lei aveva reagito strusciandola appena sul mio palmo,
trasformando così quel contatto in una carezza leggera.
- Perchè tu hai sempre illuminato l'oscurità che
mi porto dentro.
Ero stato più che sincero con quella risposta.
Bella era il sole ed io
il pianeta inesorabilmente attratto dal suo calore.
- Allora perchè mi hai lasciato?
- Perchè era la cosa più giusta che potessi
fare...
L'avevo vista sforzarsi di non lasciar trapelare le sue emozioni, ma un
lampo di frustrazione era passato comunque nel suo sguardo.
- Ma poi sei tornato... perchè?
Perchè,
perchè, perchè... ero
certo che fossero tutti quei perchè accumulati in quegli
anni di
lontananza, mentre anch'io cercavo di rispondere invano a quelli che
tormentavano me.
- Perchè sono un essere meschino.
- Edward!
Si era raddrizzata di scatto, fulminandomi con uno sguardo che avrebbe
reso orgogliosa Rosalie, tanto era stato micidiale.
- Non permetterti più di dire una cosa del genere di te
stesso!
Il fuoco che le aveva colorato le guance l'aveva resa più
desiderabile di quanto già non lo fosse ai miei occhi, e
questo
mi aveva fatto sentire ancora di più il peso della
responsabilità che gravava sulle mie spalle.
Sarei riuscito davvero
ad assaporare
la felicità che solo con lei avrei potuto avere e poi
trovare la
forza di lasciarla andare comunque?
- Non ho mai pensato di te che lo fossi... nemmeno quando
ti ho odiato davvero... o meglio... quando ho tentato di odiarti
davvero...
L'avevo intuito che quell'ammissione doveva esserle costata parecchio e
proprio per questo ciò che aveva significato mi aveva
costretto
ad un maggiore controllo su me stesso.
Sapere quanto fosse
grande il suo amore per me disarmava la mia lucida
razionalità.
-
In effetti mi è giunta voce che dicessi cose molto poco
carine sul mio conto...
Rifugiarmi nell'ironia mi era sembrata una buona scappatoia, anche se
temevo che sarebbe stata di breve durata.
- E forse ti hanno risparmiato le peggiori.
Per un attimo avevo rimpianto quei momenti in cui una conversazione del
genere ci avrebbe portato solo nella direzione di un prendersi in giro
sempre più giocoso e senza altri fini, mentre ora era solo
il
mezzo per rimandare delle verità difficili da gestire.
- Tipo?
- Che i tuoi piedi emanavano un odore sgradevole in realtà...
E aveva rivolto lo sguardo verso i miei piedi nudi, fingendo di doversi
tappare il naso.
- Una terribile verità per un ragazzo così
bello...
Era riuscita a strapparmi una risata sincera, perchè Bella
sapeva essere così, anche imprevedibilmente buffa e
spiritosa.
- Bè, credo di aver sopportato di peggio io... ti devo
ricordare
quando da bambina Esme ti doveva costringere ad entrare nella vasca da
bagno? Le volte che riuscivi a scamparla, era il
sottoscritto che si doveva tappare il naso per starti vicino lo
stesso...
Aveva annuito, una smorfia compiaciuta in viso.
- Sì, forse. Peccato che però ora io non abbia
più
problemi a curare la mia igiene personale... mentre tu...
Aveva di nuovo finto di tapparsi il naso e davanti a quell'ulteriore
provocazione, la mia reazione era stata la medesima del passato, troppo
spontanea per poterla reprimere.
- Prova a ridirlo ora, se ne hai il coraggio.
Non avrei saputo dire quante volte l'avevo scherzosamente
minacciata così nel nostro giocare tra fratelli, dopo averla
ridotta all'impotenza con movimenti
troppo veloci da cogliere e una forza impossibile per lei da
contrastare.
- Credi di farmi paura?
Anche la sua era stata la risposta di sempre, ma come se
fossero stati lo specchio dei miei, anche nei suoi occhi c'era stata la
consapevolezza che se la situazione era stata la stessa, non potevamo
dire lo stesso di noi.
Il solo
contatto delle
mie mani sui suoi polsi aveva provocato una scossa in entrambi,
proprio come se nel contrasto della mia freddezza con il suo calore
risiedesse la potente alchimia che era esplosa tra di noi.
La vicinanza dei nostri corpi, poi, aveva acceso in entrambi una
scintilla di
passione che sarebbe potuta divampare in un incendio nel giro di poco.
- No, so bene di non esserci mai riuscito.
L'avevo trascinata su di me, imprigionandola dove l'avrei sempre
voluta, cioè tra le mie braccia. I nostri visi erano stati
di
nuovo a pochi centimetri di distanza e il suo sguardo aveva sondato il
mio con l'intento di cercare una risposta precisa.
- Capisco che c'è una parte di te che vorrebbe fosse
così... quello che non capisco è
perchè.
Aveva scosso la testa, seguendo sicuramente il filo di alcuni pensieri
che avrei voluto poter leggere per capire in che direzione andassero e
quanto si stessero avvicinando alla verità che ancora avevo
deciso di tacerle.
- Cosa dovrei vedere di minaccioso in te che non ho visto sinora,
Edward?
Non riuscivo a capire come non le risultasse evidente la
mostruosità che si celava nella mia natura e di conseguenza
ciò che avrebbe perso di sè, perseguendo l'idea
di
voler condividere la sua vita come me.
- Piedi a parte? Bè, il fatto che conosca una sola
vendetta...
Ero un codardo, ne ero cosciente, ma scappare sembrava essere diventata
la mia soluzione preferita con lei, così ero tornato a
ciò che mi aveva spinto ad afferrarla, ossia vendicarmi
delle
sue provocazioni nell'unica maniera che avevo sempre messo in atto:
farla ridere sino a che non si fosse arresa.
Perciò le mie dita erano affondate in quei punti dove sapevo
che
avrebbero fatto più danno, ancor prima di riflettere sul
fatto
che il dimenarsi di Bella sarebbe potuto essere letale per me.
- No... Edward...
Non mi ero fermato davanti alla sua richiesta smozzicata dalle risate,
avevo anzi serrato il mio attacco, perchè non ero sicuro di
ciò che avrei fatto subito dopo essermi fermato. Il mio
pensiero
oscillava tra il baciarla sino alla fine dei tempi o lo spingermi
ancora più in là, in un territorio che sapevo di
non
dover nemmeno iniziare ad esplorare.
Come, Edward? Come pensi
di riuscirci se ti basta sfiorarla per perdere la ragione?
- Ah... no... basta... ti prego...
Aveva cercato di liberarsi, ben sapendo che sarebbe stato impossibile
sino a che non fossi stato io a volerlo, ma faceva parte del suo
carattere testardo e battagliero non arrendersi, perciò la
nostra sfida era proseguita.
- Pregare non ti servirà... rimangiarti quello che hai detto
su di me sì!
Le sue risate avevano riempito la stanza di un calore che io,
più di tutti gli altri, avevo sempre accolto come un regalo
immeritato, e che mai come adesso avrei voluto preservare integro nella
sua spontanea umanità.
- No... mai!
- Ti va di lusso che arrivano i rinforzi, altrimenti avresti ceduto...
Detto fatto, la porta della sua stanza si era spalancata.
- Proprio così, sono arrivati i rinforzi!
Avevo provato a sfuggirgli balzando via, ma i miei sensi erano ancora
proiettati su
Bella, solo per quello Emmet era riuscito ad immobilizzarmi nella morsa
delle sue braccia.
- Allora, che si fa adesso, Bella?
Lei, il respiro un pò affannato e gli occhi pieni di
un'emozione
non proprio riconducibile al solo divertimento, era scesa dal letto
parandosi dinnanzi ad un nemico reso impotente. La cosa era dipesa dal
fatto che avevo subito rinunciato all'idea di ingaggiare una lotta per
liberarmi dalla presa di Emmet, una delle ultime volte che era
accaduto, prima che me ne andassi, avevamo distrutto metà
stanza
di Bella ed Esme, per non parlare di Alice e Rosalie, non ce lo aveva
ancora perdonato.
- Solletico? Tortura cinese... o gli facciamo mangiare una bella fetta
di pizza?
Quella l'avevo dovuta mangiare per una scommessa persa, in
realtà, ma visti gli effetti devestanti che aveva avuto sul
mio
umore il doverla ingerire tutta quanta, era diventata una ritorsione
assai efficace
con cui minacciarmi.
Il fatto che io ed Emmet ci fossimo stati sin dal primo momento in cui
Bella era entrata nella nostra vita, aveva fatto sì che
fossimo
stati anche quelli che più avevano giocato con lei in quella
maniera.
Per lui, poi, era stato ancora più facile vista la sua
natura sempre propensa ad ingaggiare sfide più o meno
giocose
che fossero state.
- Posso suggerirti qualcosa di nuovo, sorellina?
Prima ancora che comparisse Alice, erano stati i suoi pensieri a
raggiungermi, mettendomi a parte anche di quelli di Esme e Carlisle.
Erano stati felici di sentirci
di nuovo ridere insieme.
Sapevano che questo non avrebbe comportato
ciò che
forse speravano in cuor loro potesse avvenire sino in fondo, ma non gli
aveva
impedito di gioirne comunque.
Avevo pensato di non essere meritevole nemmeno del loro affetto
incondizionato, che non mi era venuto mai a mancare nemmeno quando le
mie decisioni non erano state del tutto condivise.
- Ma certo, Alice, sono sempre aperta alle nuove proposte.
Sapevo che presto ci avrebbero raggiunti anche Rosalie e Jasper,
così dopo tanto tempo ci saremmo trovati di nuovo tutti
insieme.
- Shopping... io, te, lui e nessun'altro ad alleggerirgli la pena.
Emmet aveva sghignazzato, iniziando ad augurarmi sottovoce buona
fortuna.
- Shopping?
Bella aveva guardato Alice non tanto convinta che fosse una punizione
soltanto per me e mi era sfuggito un sorriso divertito, che mia sorella
però aveva subito spazzato via con la notizia successiva.
- Sì, shopping! Ti ricordi vero che mi hai promesso che
avresti partecipato al ballo di fine anno? Se vogliamo trovare qualcosa
di assolutamente perfetto, dobbiamo iniziare a pensarci già
da
ora!
- Oh, già, il ballo di fine anno... hai ragione, Alice, non
sarebbe bello bidonare Mike dopo che ha fatto tanto per invitarmi...
Emmet non era riuscito a trattenermi, forse perchè anche
troppo
impegnato a sghignazzare per questo nuovo colpo basso che Alice mi
aveva sferrato, così ero stato libero di esprimere tutto il
mio
disappunto.
- Non credo proprio, Bella.
Nel guardarla negli occhi, avevo compreso che la sua non era stata una
sfida lanciata per testare quale sarebbe stata la mia reazione, ma
piuttosto per capire se ero già disposto a rivelare agli
altri
quello che era accaduto tra di noi.
Mi aveva fatto sentire
spregevole più che mai in quel momento.
Ancor prima che con lei, era al resto della famiglia che
avevo
dichiarato la mia intenzione di non fingere più che i miei
sentimenti fossero stati solo fraterni.
Lo avevo fatto
durante il confronto che avevamo avuto quella notte
stessa, dopo aver scoperto che i due vampiri di Port Angeles avevano a
che fare con la vampira che solo la notte prima aveva
condotto i lupi a casa nostra.
L'esigenza di proteggere Bella dalla minaccia dei Volturi si era
coniugata a quei sentimenti che si erano fatti incontrollabili dopo il
mio ritorno, spingendomi in una direzione che avevo imboccato
consapevole del fatto che però non sarei mai arrivato al
punto
di trasformarla in un vampiro.
Se l'idea di poterla
sposare
l'accarezzavo come il coronamento di un sogno, la sua trasformazione
equivaleva per me alla morte del sogno stesso.
- Se proprio dovrai partecipare al ballo per rispettare la
promessa fatta, bè sarà con me che ci andrai!
Emmet si era concesso una vera e propria risata, che gli era valsa
un'occhiata un pò incerta da parte di Bella.
- Povero Newton! Dopo tre lunghi anni in cui si è macerato
nella
speranza che tu Bella lo degnassi di attenzione, proprio quando pensava
di avercela quasi fatta, ecco che gli spunta fuori il "non fratello"
peggiore che potesse incontrare sulla sua strada!
Bella era arrossita, soprattutto perchè Emmet aveva messo in
quel "non fratello" tutta la carica esplosiva di uno sguardo malizioso
che aveva rivolto prima a me e poi a lei.
- Congratulazione, ragazzi! Avete tutta la mia benedizione!
La pacca che mi
aveva dato sulla spalla era risuonata come un fucilata,
tanto che aveva fatto sobbalzare Bella, ma non aveva avuto il tempo di
dire nulla, perchè a lei era toccato finire nella stretta
affettuosa di Alice.
- Oh, Bella! L'ho visto arrivare questo momento... ma non ci volevo
credere sino a quando non lo avessi vissuto veramente!
L'occhiata che mi aveva lanciato di nascosto era stata così
soddisfatta, che mi era stato impossibile non sorridere davanti a
quella gioia così sincera.
- Siamo in tempo per mettere la nostra sorellina ancora più
in imbarazzo?
Jasper era stato ovviamente l'unico in grado di comprendere il reale
stato d'animo di Bella, anche se il suo rossore era stato abbastanza
rivelatore su come stesse vivendo quella nuova situazione alla presenza
degli altri.
-
Bè, se la tua gentile
metà non la lascerà respirare come suo solito,
non avremo più
nessuno da mettere in imbarazzo.
E con l'arrivo di Rosalie il cerchio intorno a noi si era chiuso,
dandomi l'impressione che io e lei fossimo stato l'ultimo anello
mancante di un disegno di cui ancora non ne avevamo la piena visione.
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
- Tutto bene? Sei molto silenziosa.
Le era comparso un leggero rossore sulle guance alla mia domanda,
però aveva anche annuito convinta, sciogliendo quella
leggera
tensione che mi aveva spinto a chiederglielo.
- Sì... stavo solo pensando che... bè, in un
certo senso è... ecco... strano.
Non avevo avuto bisogno di porre nuove domande, sapendo benissimo a
cosa si stesse riferendo. La famiglia era di nuovo tutta riunita,
però io e lei ci muovevamo diversamente ora al suo interno.
- Hai pienamente ragione.
L'avevo vista scurirsi in volto alla mia risposta e mi aveva preceduto
di un soffio nel parlare.
- Questo vuol dire che... bè... che potrebbe farti cambiare
idea su di noi?
Ero stato stupido a non pensare che la mia risposta le avrebbe potuto
ingenerare quel pensiero.
- No, assolutamente.
Si era ravviata i capelli dietro l'orecchio, facendomi venire la voglia
di passarvi le mani come avevo fatto la sera prima, mentre l'avevo
baciata.
- E' che... bè... stamattina quando mi sono svegliata tu non
c'eri più... così ho pensato che... magari...
A quel punto le avevo preso la mano con cui aveva ricominciato a
tormentare
la cerniera del suo giubbotto, intrecciando le dita con le sue.
- Sono qui e non me ne andrò, Bella.
Mi aveva fissato intensamente, provocandomi un senso di vuoto che avevo
dovuto colmare con altre parole.
- Ti ho promesso che ci proverò ed è vero.
Non avevo mentito, quello che ancora dovevo confessarle è
che
ero intenzionato a vivere il mio amore per lei per il solo tempo che la
sua umanità ci avrebbe concesso.
Non l'avrei trasformata
in un mostro assetato di sangue.
Non avrebbe mai dovuto provare l'orribile sensazione di voler uccidere
qualcuno di innocente per soddisfare degli istinti bestiali.
Questo avrebbe potuto
dividerci di nuovo, perchè non sarei tornato indietro da
questa mia decisione.
- E io farò di tutto per farlo accadere...
Aveva preso la mia mano tra le sue, intiepidendola con il loro calore.
- Ecco una sensazione davvero piacevole...
Lei aveva intuito cosa intedessi e un sorrisetto divertito era comparso
a rasserenare i tratti delicati del suo viso.
Era sempre stata una
bella bambina,
ma ora era sbocciata in una bellezza dove innocenza e
sensualità
si mescolavano insieme, rendendola irresistibile ai miei occhi.
- Dovremmo andare al caldo, però, ogni tanto.
Sarebbe
bello che fossi io a beneficiare della nostra diversa
temperatura qualche volta.
Mi era subito balenata in testa una meta e avevo pensato che sarebbe
stata perfetta come cornice per una determinata occasione, ma ancora non
ero stato pronto ad
affrontare quella decisione.
- Hai ragione, dovresti chiederci un indennizzo per tutte le volte che
ti sei prestata a farci da scaldino...
Aveva riso e io insieme a lei, spazzando via del tutto la tensione
residua.
- Diventerei ricca!
- Bè, veramente lo sei già.
Aveva scosso leggermente le spalle, come a voler scacciare quel
pensiero.
- Vero, ma sai che questa cosa...
- Ti crea tuttora delle difficoltà.
Ne avevamo discusso molte volte anche in passato ed ogni volta ero
giunto alla conclusione che la sua sensibilità riguardo
all'argomento era una delle tante doti che Esme era riuscita a
trasmetterle.
Attraverso il suo esempio, aveva insegnato a tutti noi che la nostra
fortuna meritava non solo di essere divisa con gli altri, attraverso la
beneficienza più o meno anonima che faceva la nostra
famiglia,
ma che non andava nemmeno ostentata in maniera plateale.
- Già... voi siete ricchi, io ho solo avuto la fortuna di
incrociare la vostra strada.
Aveva cercato il mio sguardo e non avevo esitato nel ribattere
ciò che credevo fosse più vero.
- Su questo punto sai come la penso io, invece. La fortuna è
stata più nostra che tua... ci hai reso una vera famiglia,
Bella.
Era stato davvero così, per lei i legami che già
esistevano tra di noi si erano cementati nel fine comune di rendere la
vita di quella piccola bambina la migliore che potessimo darle.
- Già... vera, anche se un bel pò strana agli occhi
degli altri.
Ed era tornata a ridacchiare un pò imbarazzata.
- A tale proposito direi che sarebbe meglio mantenere un profilo basso
davanti a scuola. Sai, ancora guardano gli altri come se fossero dei
pervertiti per il fatto che stanno insieme, se ci aggiungiamo anche noi
credo sarebbe il colpo di grazia! Probabilmente ci ritroveremmo lo
sceriffo davanti a casa per indagare sulla nostra dubbia
moralità...
Ovviamente avevo vissuto molte più volte quella situazione
rispetto a lei, perchè sino a quando ero stato con loro,
anch'io
mi ero finto uno studente insieme agli altri miei fratelli, quindi
sapevo quanto
fosse difficile essere al centro di una tale attenzione.
- Sicura che non sia, invece, per via di quel Newton?
Avevo deciso di provocarla, perchè dopotutto l'idea che lui
avrebbe potuto starle vicino mentre io non c'ero mi infastidiva
abbastanza.
- Certo, come se potesse avere qualche speranza contro di te.
Mi ero beato di quella risposta, più che altro
perchè
avevo visto l'espressione dei suoi occhi, dove non c'ero stato che io e
io soltanto.
- Chissà... in fondo lui potrebbe scaldarti molto meglio di
me...
Mi ero ritrovato a stuzzicarla in una maniera che non credevo potesse
venirmi così spontanea, non dopo che avevo combattuto
così a lungo nel reprimere quei sentimenti che ora
galoppavano
liberi dentro di me.
- Oh, se è per quello conosco qualcun'altro che...
Si era interrotta di botto, stavolta arrossendo violentemente.
- Scusa, davvero. Non so come mi è venuto... giuro che non
intendevo... che stupida.
Se una parte di me aveva registrato che fosse stato vero il pentimento
esternato per quell'uscita poco felice, l'altra parte era stata troppo
gelosa per starsene in silenzio.
- Penso di averti già detto tutto quello che avevo da dire
al
riguardo, ma aggiungo comunque che non ci sarà
più
nessuna occasione per quel... cane...
di potersi ancora avvicinare a te.
Le avevo rivolto uno sguardo che non aveva potuto fare a meno di essere
duro proprio come quel nodo che sentivo formarsi nel mio stomaco al
solo pensiero di loro due insieme.
- Anche se lo volessi tu stessa, Bella. Non scherzavo quando ho detto
che
saresti dovuta passare sul mio cadavere se ti fosse venuta l'idea di
volerlo rivedere, fosse solo per dirgli di lasciarti in pace.
Ero geloso?
Sì, da morire.
Ero irrazionale? Sì, in maniera spaventosa.
Ero pericoloso? Sì, quel cane avrebbe dovuto fare molta
attenzione.
- Bè, anch'io ti ho detto tutto quello che
c'era da dire
al riguardo! E sai bene che non c'era molto altro da aggiungere...
però sai anche che se la cosa dovesse minacciare tutti voi,
sarei disposta sì ad incontrarlo per chiarigli il mio
pensiero!
Non era stata aggressiva nel rispondermi, non come lo era stata nei
giorni scorsi quando avevamo parlato di lui, ma avevo colto comunque
una determinazione che mi aveva indotto a ribattere.
- Non sei tu a dover proteggere noi, Bella! Mettitelo bene in testa una
volta per tutte!
Non volevo certo litigare con lei, ma non potevo nemmeno lasciarla
nella convinzione che dovesse preoccuparsi per noi nei confronti dei
Quileute.
Black poteva
essere un cane sciolto in questo momento, ma il branco lo avrebbe
tenuto in riga.
- Okay, okay... non ne parliamo più. Puoi fare finta che non
abbia detto niente? Non litighiamo, per favore.
Avevo colto che non fosse del tutto sincera con quella richiesta di
armistizio, perchè sapevo quanto potesse essere testarda, ma
non
volevo nemmeno doverla salutare sapendo che ci avrebbe rimuginato sopra
per tutto il tempo che saremmo stati divisi.
- No, hai ragione. Scusami, ho esagerato.
C'era stato un attimo di silenzio, durante il quale entrambi avevamo
rivolto lo sguardo all'esterno. Poi ero stato io a cercare di nuovo la
sua mano e a stringerla.
- A che ora ce l'hai il compito di letteratura?
Mi ero spinto su un argomento neutro, volendo recuperare terreno con
lei.
- Subito, le prime due ore.
- Ti senti preparata?
Anche lei aveva dato segno di voler recuperare, perchè mi
aveva sorriso un pò ironica.
- Abbastanza... anche se forse ieri sera avrei potuto studiare di
più...
Ero stato al gioco, anche se una punta di colpa l'avevo provata per
essere stato in parte causa della sua distrazione.
- Io mi ero messo d'impegno nell'aiutarti a ripassare. Sei tu che hai
iniziato con le domande.
- Io ti avevo fatto solo una domanda veramente...
- E io ti ho risposto... poi, però, sei passata alle
provocazioni.
- Bè, quello sì, è vero...
però, l'intervento degli altri non è stata colpa
mia!
- Di questo te ne devo dare atto.
- Insomma, la buona volontà c'era, solo che poi gli eventi
ci hanno un pò trascinato in un'altra direzione...
Sì, decisamente ci avevano trascinato in un'altra direzione,
che
ci aveva posto anche davanti alla visita dei nostri fratelli, che
avevano così voluto risparmiarle la fatica di macerarsi nel
pensiero di come li avrebbe dovuti informare di quello che era successo
tra di noi.
L'imbarazzo era stato piuttosto forte, e ancora per certi versi c'era,
ma la voglia di condividere con loro quella gioia, stava aiutando
entrambi a superarlo.
Forse eravamo più noi a viverlo, che non loro, pronti a
sostenerci anche in questo frangente.
- Sì, in effetti gli eventi ci hanno un pò fatto
uscire dal seminato ieri sera.
Eventi a cui era seguito un parlare tra di noi che ci aveva portato a
colmare in parte quegli anni di lontananza, poichè Bella
aveva
voluto sapere come avessi vissuto presso il clan di Denali. Solo il
sonno, alla fine, le aveva impedito di proseguire nelle sue domande.
Era stata indescrivibile
l'emozione
che avevo provato nel poterle essere di nuovo accanto mentre si
abbandonava al sonno tra le mie braccia.
- Comunque, anche se non dovesse andare benissimo, la mia media in
letteratura non ne risentirà lo stesso.
Mi aveva riportato al presente e alla scuola, dove nel frattempo
eravamo giunti. Avevo parcheggiato la Volvo accanto alla jeep di Emmet,
che insieme a Rosalie ed Alice erano lì ad aspettarci.
- Finalmente! Stavamo facendo la muffa qui ad aspettarvi...
- Non guardare me, non guidavo io! Con il mio pick-up saremmo arrivati
molto prima...
- Come no, lo vorrei proprio vedere quel catorcio andare più
veloce di questa bellezza...
Mentre Emmet, Alice e Bella avevano iniziato a punzecchiarsi nel modo
che gli era abituale, io avevo lanciato uno sguardo d'intesa a Rosalie,
dal momento che condivideva la maggior parte delle lezioni con lei.
Stai tranquillo, ci
penso io.
La fermezza di quel pensiero mi aveva in parte
tranquillizzato,
anche se di fatto lo sarei stato se fossi potuto rimanere accanto a lei
anch'io, insieme a loro.
La presenza di quei tre vampiri aveva innescato ovviamente uno stato di
allerta massima in tutti noi, almeno sino a che non fossimo stati certi
che la loro presenza avesse avuto il solo scopo di intimidirci e non di
nuocere realmente.
Che fossero stati collegati ai Volturi, lo avevamo già
accertato
grazie ad una visione di Alice, che aveva visto la vampira colloquiare
con Aro in persona.
Questo mi aveva messo nella condizione di dover giungere ad una
decisione riguardo al fatto che proprio Aro si aspettava di ricevere la
notizia che in casa Cullen ci sarebbe stato presto un matrimonio.
- Bella, non vorrei interrompere la tua sentita arringa in difesa di
quello che, mi spiace dare ragione proprio a lei, Alice definisce
giustamente un catorcio, ma ti ricordo che avremmo un compito di
letterattura che ci aspetta. Non vorrei dover iniziare la giornata con
una ramanzina della Crafword sull'importanza della
puntualità.
Potrei davvero non resistere alla tentazione di staccarle la testa!
- Adoro questa donna...
Emmet aveva passato un braccio sulle spalle della sua compagna,
l'espressione compiaciuta davanti alla risolutezza che Rose non mancava
mai di dimostrare.
- Ecco, allora trascinala via con te, così
eviterà di contagiare Bella con la sua acidità...
Alice non le aveva risparmiato la solita stoccata, prima di salutarmi
strizzandomi un occhio.
- Mi raccomando, fratellino, fate i bravi tu e Jasper.
Nei pensieri la raccomandazione era stata più mirata, ben
sapendo che non saremmo andati a caccia di solo orsi io e lui.
- Non mancherò.
Poi loro tre avevano iniziato ad avviarsi verso l'entrata e io ero
rimasto solo con Bella.
- Sbaglio, o state cacciando parecchio in questi giorni?
La domanda di Bella mi era sembrata vagamente sospettosa, per cui avevo
cercato di sembrare convinto della risposta che stavo per darle.
- Diciamo che il mio ritorno ha stimolato la voglia di condividere con
gli altri qualcosa che era da tempo che non facevamo insieme.
Parlare di "caccia" con lei era sempre stato del tutto naturale, anche
se però ci eravamo sempre rifiutati di portarla con noi,
sebbene
lei avesse provato il desiderio di condividere al cento per cento
quell'esperienza con noi.
La sola idea che mi
avesse potuto vedere nella mia bestialità mi appariva
inconcepibile.
- Giusto... non ci avevo pensato.
Le era sembrata una buona risposta, perchè subito dopo mi
aveva sorriso.
- Allora buona caccia... e non esagerate con le sfide!
- Grazie.
A quel punto avrei voluto poterla baciare, ma nel rispetto di quanto mi
aveva chiesto, mi ero limitato a fissarla intensamente negli occhi.
- Mi mancherai.
- Anche tu.
Aveva ricambiato il mio sguardo, costringendomi ad aggrapparmi al tetto
della macchina per non cedere al desiderio di baciarla comunque.
- Sarò qui quando uscirai.
Aveva annuito, anche lei aggrappata agli spallacci del suo zaino forse
per non cedere alla mia stessa tentazione.
- Sarà meglio che vada... ho un compito di letteratura che
mi aspetta.
Mi aveva rivolto un ultimo sorriso, poi ero rimasto a guardarla
dirigersi verso la scuola, sino a scomparire al suo interno.
Bella era davvero il mio
sole, la mia vita.
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
- Là è il punto dove si sono gettati in mare. A
duecento metri c'è il confine con la riserva.
Avevo guardato nella direzione indicata da Jasper, mentre percepivo
anch'io l'odore della traccia che quei due vampiri avevano lasciato
dietro di sè.
- Ti è sembrato di sentire l'odore anche della donna?
Jasper aveva scosso la testa, lo sguardo attento e concentrato.
- No, nessuna traccia di lei.
Non avevo dubitato della sua capacità di scovare una minima
traccia se ci fosse stata, quindi avevo esternato nuovamente il mio
parere nell'intento di riesaminare con lui la situazione.
- Sono certo che nei pensieri di quel James ci fosse lei. Sapeva chi
fossimo proprio perchè era stata lei a dirglielo. Forse
però non immaginava che così lo avrebbe spinto a
cercarci ed avvinarci, non fosse altro che per curiosità.
Jasper mi ascoltava con rinnovata attenzione anche da parte sua. La sua
mente sicuramente stava elaborando quelle informazioni cercando nuovi
spunti.
- Se è davvero un segugio, Edward, ora sarà
ancora più stuzzicato dall'intera situazione.
- Sì, lo credo anch'io.
Mi ero concentrato sui ricordi, sui pensieri che avevo avvertito in
quei due mentre ci inseguivano.
- Il suo compare, Laurant, lo stava sicuramente assecondando
perchè in qualche maniera, pur non essendone succube, lo
teme. Lui, invece, era eccitato davanti all'idea che avessi preferito
fuggire piuttosto che affrontarlo...
- Non tormentarti così. Mi sarei comportato proprio come hai
fatto tu.
Jasper aveva colto il mio esatto stato d'animo nel rivivere la scelta
che avevo compiuto, domandandomi ancora se con il mio comportamento non
avessi stuzzicato James più di quanto non avrei fatto se mi
fossi mostrato meno preoccupato per l'incolumità di Bella.
- Forse ho mancato di lucidità, Jasper.
Si era avvicinato, posandomi una mano sulla spalla e infondendomi
quella calma che faticavo a trovare in quei giorni.
- Te lo ripeto, se mi fossi trovato al posto tuo con Bella, non avrei
pensato ad altro se non alla sua sicurezza. Perciò non mi
sarebbe mai passato per la testa di affrontare quei due, lasciandola
indifesa.
Aveva rafforzato la presa, fissandomi negli occhi.
- Tu sai meglio di chiunque altro quanto sia stato più
difficile per me affezionarmi a lei. Trovavo inconcepibile che dovessi
sottostare a quella tortura che era la mia sete di sangue umano, per
una bambina che mi sembrava del tutto insignificante e quindi
all'inizio mi sono sforzato soltanto per amore di Alice.
Ricordavo perfettamente anch'io quel periodo burrascoso in cui io e lui
eravamo arrivati più volte quasi ad uno scontro fisico,
soprattutto perchè i suoi pensieri su Bella erano stati per
me inconcepibili. Solo la pazienza e la perseveranza di Carlisle erano
riuscite a mediare la situazione tra noi due, rendendo possibile la
nostra convivenza.
- Ma sai anche che adesso, sarei disposto a morire per lei, tanto
quanto lo sei tu. I Volturi, quei tre vampiri, o i lupi... non ha
importanza quanto possa essere grande la minaccia, sappi che io non mi
tirerò indietro davanti a niente.
Nei suoi pensieri avevo ritrovato la stessa determinazione che sentivo
nella sua voce.
- Però, sai anche come la penso riguardo alla trasformazione
di Bella. Ho rispettato e rispetterò sempre la tua
volontà, ma proprio perchè voglio bene anche a
lei, voglio pregarti di riflettere bene sulle tue convinzioni al
riguardo.
I suoi pensieri erano stati ancora una volta lucidi e determinati nel
mostrarmi come fosse stato difficile convivere con il dolore di Bella
in quegli anni lontani da me.
Perchè
nutriva la certezza che ne avrebbe vissuti molti altri ancora, se io
fossi rimasto fermo nella mia convinzione che la sua umanità
fosse stata più importante dell'amore che sentivo per lei.
- Ci proverò, Jasper. Ma sai bene che le mie
non sono ragioni futili...
- Lo so, Edward. Non hai bisogno di dirlo a chi ha avuto un passato
cento volte peggiore del tuo.
I suoi occhi mi avevano davvero scavato dentro, mettendo a nudo i miei
incubi peggiori.
- Ma proprio su questo devi riflettere. Se noi siamo stati capaci di
redimerci, allora... forse significa che non tutto della nostra anima
è andato perso.
Avrei voluto proseguire in quel discorso, perchè se c'era
stato qualcuno in grado di capire meglio i miei tormenti, forse era
proprio lui, ma entrambi avevamo avvertito l'avvicinarsi di un nemico.
Ero stato il primo a capire chi fosse, solamente perchè
avevo potuto leggere nei suoi pensieri.
- Si tratta di quel... cane...
e non è da solo.
Quasi subito erano comparsi tre lupi, i denti scoperti e l'espressione
guardinga. Ovviamente avevano avvertito la nostra presenza, ma non
essendo entrati nella riserva non avevano potuto contestarci nulla.
- Stavamo solo controllando la
zona per capire se ci fosse stata la presenza anche della donna.
Mi
ero sforzato di rimanere calmo nel rivolgermi a loro e avevo avvertito
la tensione di Jasper, unita però anche alla
volontà di mantenere i nervi saldi per entrambi.
L'ostilità
tra me e quel cane era decisamente pericolosa e non del tutto sotto
controllo.
Un cupo ringhiare era arrivato da Black e mi ero fatto
interprete con Jasper sul suo significato.
- Vuole sapere cosa c'entra la vampira dell'altra notte.
Non avevo avuto bisogno di aggiungere il perchè lo volesse
sapere, la mia espressione furiosa lo aveva indotto a chiedermi di
mantenere la calma con il pensiero.
- Presumibilmente sono arrivati qui insieme.
Jasper aveva risposto al posto mio, ma i pensieri di quel cane erano
già scivolati oltre ed avevano scatenato la mia reazione.
- Il perchè non ti deve interessare, Black!
Lo avevo ringhiato fuori senza doverci nemmeno pensare, inducendo gli
altri due lupi a mostrare i denti e a serrare i ranghi davanti alla mia
rabbia.
- Resta lontano da lei, capito?
La mia era stata una vera minaccia, qualcosa che avrebbe potuto avere
un seguito anche subito se fossimo stati da soli, perchè i
suoi pensieri mi avevano sbattuto in faccia l'equivalente di un no
secco.
- Edward, andiamocene.
Nella voce di Jasper c'era stata la determinazione ad evitarmi un
qualcosa di cui forse più tardi mi sarei pentito, ma che ora
mi sembrava l'unica soluzione.
Eliminare il problema
alla radice, eliminando quel cane.
Avevo vagamente notato che gli altri due lupi avevano
avuto la stessa reazione con Black, inducendolo a pensare che il loro
Alfa non avrebbe sicuramente approvato quello scontro tra di noi,
facendone pagare le conseguenze anche a loro due.
- Resta lontano da lei, te lo ripeto!
Un'influenza esterna aveva decisamente smorzato la mia ira, insieme ad
una mano che mi aveva impedito di compiere un altro passo avanti.
- Edward, ce ne andiamo, ora.
Jasper mi aveva trascinato indietro, impartendomi quello che era
risuonato quasi come un ordine. Uno dei due lupi aveva morso Black,
forse per indurlo a fare la stessa cosa, ossia sgomberare il campo
prima che entrassimo davvero in contatto.
Allora più
nessuno ci avrebbe trattenuto.
- Resta - lontano!
Lo avevo scandito chiaramente un'ultima volta, prima di cedere a quel
barlume di ragione che ancora possedevo e che mi suggeriva di dare
retta a Jasper.
Ma l'ultimo pensiero che avevo percepito in risposta da quel cane aveva
spazzato via qualsiasi possibilità che il mio desiderio si
avverasse.
"Non ci contare,
succhiasangue".
*L'autrice si schiarisce
la voce*
Vi confesso che quando ho scritto questo capitolo ho pensato che forse
avrei dovuto modificarlo, perchè mi sembrava non apportasse
nulla di concreto alla storia. Poi, però, rileggendolo a
distanza di qualche giorno ho trovato che dicesse invece qualcosa di
importante sui personaggi, non tanto sulla situazione.
Quello che penso abbia messo ben in evidenza, è la grande
confidenza che esiste tra Bella ed Edward, sia sul piano fisico che su
quello emotivo. In questo possono apparire un pò OOC
rispetto agli originali, ma nella mia storia è il loro
passato insieme ad averli messi nella condizione di poter condividere
appunto un grado di confidenza molto elevato (sotto certi aspetti
parlerei anche di complicità). Questo discorso per Bella,
vale anche nel rapporto che ha con gli altri componenti della famiglia
e che alcune di voi avevano già citato nei loro commenti.
Mi sembrava giusto sottolinearlo, perchè nelle note mi ero
fatta scrupolo se inserire l'avvertimento OOC, poi ho deciso per il no,
perchè ho anche pensato che in realtà le linee
guide con cui avrei tratteggiato il carattere di ognuno non
discostavano molto dagli originali. Ovviamente sono più che
aperta nel conoscere cosa penserete al riguardo, fornendomi
così un ulteriore punto di vista.
Come avrete notato è anche diverso il rapporto che si
è venuto a creare tra Edward e Jacob, perchè
diverso è il contesto in cui si sono venuti a trovare (devo
essere sincera e ammettere che ho instillato in Edward un pò
di quella gelosia in più che forse avrei voluto vedergli
sfoderare in Eclipse).
Come sempre mi farà piacere leggere i vostri commenti, se
avrete voglia di lasciarmeli, ovviamente.
A presto.
BF
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Capitolo 10 *** Capitolo 9 ***
Buongiorno!
Carica dalla lunga pausa che mi sono concessa, eccomi ad aggiornare.
Vi rinnovo ancora l'augurio che questo 2015 possa essere un buon anno
davvero e poi vi lascio subito alla lettura, rimandandovi al solito
spazio che mi riservo alla fine per qualche nota sul capitolo.
Buona lettura e alla prossima.
BF
Oh no,
what's this?
a spiderweb
and I'm caught in the middle
so I turned
to run
and thought
of all the stupid things I'd done
and I never
meant to cause you trouble
and I never
never meant to do your wrong
ah, well if
I ever caused you trouble
oh no I
never meant to do you harm
" Trouble -
Coldplay"
A differenza dei
miei fratelli, per cui niente poteva vincere la noia della vita
scolastica, io avevo trovato nelle gite almeno un pò di
sollievo
dalla grigia routine che vivevamo alla Forks High Schol.
Così,
anche quella mattina, nel dover accettare l'idea che il
tempo trascorso a scuola mi avrebbe inevitabilmente separato da Edward,
avevo perlomeno trovato una magra consolazione nel fatto che saremmo
andati in gita con il Prof. Molina. Probabilmente le ore sarebbero
passate più in fretta, rispetto allo rimanere in classe a
guardare le lancette dell'orologio girare con una lentezza esasperante.
-
Ciao, Bella. Posso disturbarti un attimo? Vorrei bè... ecco,
vorrei chiederti un favore.
La
voce di Angela mi aveva sorpreso mentre stavo aspettando che Rose si
decidesse ad uscire dalla classe della Prof.sa Crawford, dove era
entrata per consegnarle la bozza della tesina che avrebbe portato
all'esame finale.
-
Ciao, Angela. Se posso aiutarti in qualche maniera, volentieri...
L'incertezza
che le avevo visto in viso si era trasformata in una
specie di imbarazzo che mi aveva subito messo in allerta. L'idea che
potesse essere lì su richiesta di Mike, mi aveva appena
sfiorato
la mente.
Dopo
che me ne ero andata dalla riserva in quella maniera piuttosto
eclatante, ero stata volontoriamente alla larga da tutti loro, proprio
per evitare qualsiasi domanda al riguardo. Però, la ragazza
di
fronte a me, in qualche maniera era riuscita a prendermi in contropiede.
-
Ecco... mi chiedevo se ti andasse di fare coppia con me per gli
esperimenti pratici che faremo alla serra. Come sai ho da recuperare
una F con Molina, e il tuo aiuto oggi mi sarebbe veramente
prezioso.
Mi
ero sentita da una parte sollevata che il suo interesse per me fosse
stato per quel motivo, dall'altra indecisa perchè sapevo che
accettare di aiutarla mi avrebbe fatto discutere con Rose.
Non
era mai molto contenta di dover far coppia con qualche altro
"umano" che non fossi io, e di solito accadeva quando proprio ci veniva
imposto da qualche professore, senza lasciarci perciò altra
scelta.
-
Ecco... vedi...
- Come
non detto.
Probabilmente
il modo in cui avevo esordito le aveva già fatto
capire che sarebbe stato un no, ed aveva avuto ragione, ma la sua aria
abbattuta aveva di nuovo scatenato in me l'impulso di assecondarla,
facendomi pensare che davvero mi sentissi affine a quella ragazza come
era successo solo con Rebecca, la mia vecchia amica di infanzia.
-
No, aspetta. Hai frainteso... sarò contenta di aiutarti. Mi
chiedevo solo se a Eric... ecco... andasse bene il cambio.
Angela
era leggermente arrossita e avevo trovato un altro tratto comune con
lei.
-
Sì, certo. Bè... ehm... ho chiesto prima a lui se
fosse
d'accordo... ovviamente dovrà esserlo... ehm... anche tua
sorella.
Eravamo
entrambe imbarazzate a quel punto, dato che il "non detto"
riguardava appunto Rose e la sua palese ostilità verso
chiunque
non fossi io.
-
Oh, bè... con lei ci parlo io. Sono sicura che
sarà contenta di farmi... cioè, di farti questo
favore.
Anche
se avevo cercato di riprendermi, mezza gaffe ormai l'avevo fatta,
ma Angela aveva gentilmente fatto finta di nulla, inducendomi
così ad avere ancora più simpatia per lei.
-
Okay... allora... bè... a dopo.
-
Sì, certo. A dopo.
Silenziosa
come era arrivata, Angela se ne era anche andata. Non prima
di avermi riservato un sorriso sincero, che io avevo ricambiato senza
troppa
fatica.
Era
passato solo qualche minuto, prima che Rose sbucasse con una faccia
che mi aveva tolto un pò dell'ottimismo che avevo maturato
in
quel lasso di tempo sul fatto che sarei riuscita a farle digerire la
notizia dello scambio di "partner" durante la gita.
-
Andiamo via, Bella, prima che cambi idea e commetta davvero un omicidio.
Rose
mi aveva preso sottobraccio e mezzo trascinata lungo il corridoio,
strappandomi una risata che l'aveva portata a guardarmi male.
-
Non c'è niente da ridire! Quella vecchia megera rischia
davvero la testa!
-
Rose... lo dici ogni volta, non sei più credibile!
Aveva
emesso un basso ringhio, udibile a me soltanto, che mi aveva di nuovo
fatto ridere.
-
Stamattina sono molto vicina a smentirti, cara sorellina! Ha avuto il
coraggio di dirmi che dovrei pensare meno alla mia immagine e
più allo studio! Capisci?
Avevo
guardato i suoi occhi lanciare lampi minacciosi, ma sapevo che
non c'era un vero pericolo, dal momento che non avrebbe mai messo a
rischio la sicurezza di tutti noi per una sciocchezza del genere.
-
Mi sono sempre diplomata con il massimo dei voti! Sempre! E adesso
arriva a lei a dirmi che dovrei impegnarmi di più con lo
studio?
Quella davvero è invidiosa della mia bellezza, eccome!
Eravamo
arrivate ormai nel cortile, dove già si erano radunati
la maggior parte dei nostri compagni, in attesa di salire sui pulmini
che ci avrebbero portato alla serra.
A
quel punto ero stata costretta a frenare la falcata decisa di mia
sorella per poterle parlare liberamente.
-
Rose senti... devo chiederti un favore.
Mi
aveva stupito il modo in cui mi aveva subito lanciato un'occhiata
preoccupata, quasi forse agitata e per un attimo mi ero chiesta se non
dovessi preoccuparmi anch'io.
-
C'è qualcosa che non va, Bella? Sai che con me puoi
parlare...
Sì,
mi era parsa una reazione un pò strana la sua,
però dal momento che il Prof. Molina aveva appena iniziato a
fare l'appello per controllare che ci fossimo tutti, il tempo per
parlarle era diventato minimo, così avevo dovuto rimandare
l'idea di chiedere a lei se ci fosse qualcosa che non andava.
-
Niente di grave, stai tranquilla. Si tratta di Angela Weber... ecco,
mi ha chiesto se poteva fare coppia con me alla serra dove andremo, sai
per gli esperimenti che Molina ha intenzione di farci fare... deve
recuperare quella F che ha preso la volta scorsa...
-
Le hai detto di sì!
Avevo
immaginato che non sarebbe stata per niente contenta, così
avevo cercato di spiegarle la mia difficoltà nel respingere
Angela.
-
Ecco, vedi... non sono riuscita a dirle di no! La verità
è che lei mi piace... mi ricorda moltissimo Rebecca.
A
quella mia affermazione il cipiglio di Rose si era leggermente
dissipato, diventando più un'espressione seria che
arrabbiata.
-
Rebecca? La tua compagna alle elementari?
Avevo
annuito e sorriso, perchè avevo intuito dal modo in cui la
sua postura si era fatta meno rigida che avevo fatto breccia nella sua
corazza.
-
Ti rendi conto che così mi stai gettando tra le grinfie di
Yorkie?
-
Bè, io direi che è più lui che
finirà tra le tue di grinfie...
Mi
ero concessa quella frecciata perchè la risposta di Rose era
già stata l'equivalente di un sì alla mia
richiesta.
-
Sei davvero molto spiritosa oggi! Comunque, sappi che sarai tu
l'unica responsabile se i miei canini finiranno davvero nella giugulare
di quell'insopportabile umano!
Mi
aveva rivolto uno sguardo scocciato, ma sconfitto.
-
Bè, pensa che poteva andarti peggio... se ti fosse toccato
Newton? O la Stanley?
-
Muoviamoci, Molina ci sta aspettando!
Mi
aveva strattonato con una certa soddisfazione, forse per farmi
pagare lo scotto di quella vittoria concessami senza troppe battaglie.
-
E comunque, in quei due potrei davvero affondare i denti senza
pietà...
Lo
aveva borbottato mentre ormai eravamo giunte in prossimità
degli altri, per cui mi ero solo limitata a ridere di quelle vane
minacce.
-
Ridi, ridi... ma ricordati che adesso hai un grosso debito con me,
sorellina!
-
Swan, Hale... ecco i vostri test.
Molina
ci aveva allungato una cartelletta con dentro i test che avremmo
dovuto eseguire, ma anzichè prenderla lo avevo informato
della
mia decisione.
-
Professore, veramente ci sarebbe un cambio di programma.
-
Un cambio di programma?
Molina
si era giustamente mostrato sorpreso.
-
Sì, oggi vorrei fare coppia con Angela se per lei non
è un problema.
Lui
aveva spostato lo sguardo su Rose, non senza mostrare una certa
incertezza. D'altronde, lei insieme a Jasper, erano quelli che
più riuscivano a mettere a disagio l'intero corpo docente,
nonostante all'apparenza sembrassero dei ragazzi come gli altri.
-
Quindi lei farà coppia con il Sig. Yorkie?
-
Sì, certo, professore.
Indubbiamente
il tono di Rose era stato quello di chi aveva trovato che
venisse sottolineato l'ovvio, e questo aveva creato un certo imbarazzo
nell'uomo di fronte a noi.
-
Sì... bè... certo. Comunque, va bene, per me non
ci
sono problemi. Ecco, Hale, prenda lei allora questa. La Sig.na Weber ha
già ritirato i test.
Rose
era stata ben attenta a non sfiorare le dita del professore, che
era stato ben lieto di vederci salire subito dopo sul pulmino,
soprattutto perchè non si era più sentito preso
in esame
dal suo sguardo.
Dopo
esserci sedute, mentre già intorno a noi le chiacchiere
degli altri risuonavano allegre, un'ultima minaccia mi era giunta dalla
vampira al mio fianco.
-
Sul serio, Bella, ricordati che sei in debito con me.
Se
aveva sperato di farmi sentire in colpa, la mia ulteriore risata
doveva averle tolto ogni dubbio sul fatto che non era riuscita nemmeno
un pò a convincermi che me l'avrebbe fatta pagare davvero.
XXXXXXXXXXXXXXX
La
visita alla serra si era rivelata piuttosto impegnativa,
perchè i test che avremmo dovuto sperimentare erano stati
piuttosto difficili da eseguire.
Quindi
mi ero ritrovata anch'io ad accogliere con sollievo l'annuncio che
potevamo interromperci per consumare ciò che ognuno di noi
si
era portato per pranzo. Ci avevano messo a disposizione uno spazio che
aveva anche dei tavoli all'aperto e dato che con Angela avevamo passato
l'ultima ora a contatto con campioni di compostaggio maleodorante,
avevamo deciso di respirare un pò d'aria fresca.
Immaginavo
che Rose dovesse essere a quel punto veramente su di giri,
perchè ancora non li avevamo visti comparire, segno che Eric
la stava particolarmente rallentando nello svolgimento dei test.
-
Vuoi assaggiare, Bella? Polpettone fatto da mia madre... solo che me ne
ha dato per un reggimento come al solito!
Angela
probabilmente si era sentita in dovere di offrirmi qualcosa, dal
momento che lo zaino con il mio pranzo era rimasto a mia sorella.
-
No, ti ringrazio. Penso che ormai arriverrano anche Rose e Eric. Anche
mia madre mi ha dato un sacco di roba...
Nel
mio caso era perchè la parte di Rose non sarebbe stata
ovviamente consumata, raddoppiando così il cibo a mia
disposizione.
-
Mi sa che Eric sarà in difficoltà...
Nel
momento in cui lo aveva detto, Angela era anche arrossita
rendendosi conto che era risuonata un pò accusatoria la sua
frase nei confronti di mia sorella.
-
Sì, lo credo anch'io. Rose non è proprio una
compagna facile.
L'avevo
spiazzata con quell'ammissione, ma non mi ero sentita di negare
un'evidenza che era sotto gli occhi di tutti da ben tre anni.
-
Sì, bè... se è per questo non lo
è
nemmeno Eric. Il suo umorismo il più delle volte irrita
anche
me...
Ci
eravamo ritrovate a ridacchiare entrambe di quella battuta con cui
Angela era riuscita a toglierci dal reciproco imbarazzo di sapere che
in effetti noi Cullen sapevamo tenere a debita distanza le persone.
-
Davvero non ne vuoi un pezzo? Intanto che aspetti i tuoi di viveri...
Stavo
per cedere alla sua gentilezza quando avevo visto i suoi occhi
dilatarsi in uno stupore ancora più grande.
-
Ehi... ma quello non è il tuo... ehm... amico? Che cosa ci
fa qui?
Non
avevo fatto in tempo a domandarmi a chi si riferisse e nemmeno a
voltarmi
per scoprirlo, perchè una voce che conoscevo molto bene mi
aveva
gelato sul posto.
-
Bella! Ma che incredibile coincidenza trovarti qui!
L'alta
figura di Jacob aveva subito occupato tutta la mia visuale, dal
momento che si era parato dinnanzi a me, rivolgendo appena un saluto ad
Angela.
-
Jacob...
Non
avevo avuto davvero sufficiente tempo per aggiungere altro,
perchè una mano salda aveva afferrato la mia, invitandomi ad
alzarmi.
-
Bella, devo assolutamente parlarti. Non dirmi di no, ti prego.
Avevo
visto lo sguardo di Angela passare da lui a me, incerta su quello
che stesse avvenendo: Jacob mi stava pregando o mi stava obbligando a
seguirlo?
Perchè
se la sua presa mi aveva incitato appunto ad alzarmi per
seguirlo, la sua voce era stata davvero supplichevole, come anche lo
sguardo del resto.
-
Cinque minuti. Non ti chiedo di più...
Avevo
i pensieri in tilt! Una parte di me mi diceva che era pura follia
seguirlo dal momento che lì con me c'era Rose, ma un'altra
parte
si ricordava di come fosse stato disposto a rischiare anche lui la sua
vita per proteggermi dai vampiri che ci avevano inseguito l'altra notte.
-
Bella...
A
farmi decidere era stato lo sguardo che avevo incrociato con Angela,
in seria difficoltà nel capire se Jacob mi stesse
minacciando davvero o meno.
-
Okay... va bene. Ma cinque minuti, Jacob, non di più. Dico
sul serio.
Lo
avevo fissato con quella che speravo apparisse un'espressione
determinata, anche se dentro di me non ero affatto convinta di aver
preso la decisione giusta.
Rose
si sarebbe accorta comunque che lo avevo incontrato, anche se non fosse
arrivata nei successivi cinque minuti. Questo avrebbe voluto dire che
non solo me la sarei dovuta vedere con lei, ma anche con Edward.
Dio, dovevo essere davvero
impazzita!
Ma ormai Jacob mi
stava già portando in un luogo
più isolato, dove sicuramente nessuno avrebbe potuto sentire
i
nostri discorsi.
-
Jacob... c'è qui anche mia sorella...
-
Non ho paura, lo sai. E non devi averne nemmeno tu... ci sono io a
proteggerti.
La
sua risposta mi aveva fatto puntare i piedi, obbligandolo a fermarsi.
-
Ma che cavolo stai dicendo? Io sono al sicuro con Rose, stupido cane!
La
rabbia per quello che aveva sottinteso con quel "proteggerti" mi aveva
spinto ad apostrofarlo in quella maniera cattiva.
-
Non sono un cane, Bella! Sono un umano, proprio come te!
Mi
aveva afferrato per le braccia e strattonato talmente vicino a lui,
che i nostri visi si erano ritrovati a pochi centimetri di distanza. Un
lampo di rabbia era passato velocemente in quegli occhi scuri, subito
cancellato da un'espressione dispiaciuta.
-
Scusami... non era questo che avevo in mente di fare. E' solo...
Non
avevo avuto veramente paura di lui, perchè nonostante fosse
oggettivamente pericoloso, rimanevo dell'idea che non sarebbe stato
capace di farmi del male.
Infatti
mi aveva immediatamente lasciato andare, passandosi una mano
sul viso, come a voler cancellare del tutto quel momento di rabbia che
avevo intravisto.
-
La verità è che non sopporto l'idea di te che
vivi in
mezzo a loro! Questa cosa mi sta distruggendo e non posso fare finta
che non sia così! Non ci riesco.
Non
ero riuscita a reagire subito a quelle parole, perchè il
tormento che avevo scorto nel suo sguardo mi era sembrato realmente
sincero.
D'istinto
gli avevo appoggiato una mano sull'avambraccio, sentendo
anche nei suoi muscoli contratti la tensione che lo attraversava.
-
Jacob, io vivo con loro da quando avevo appena qualche mese. Sono
cresciuta chiamandoli papà, mamma, fratello, sorella... non
hai
la minima idea di quanto mi vogliano bene. Non potrebbero mai farmi del
male. In nessuna maniera.
Il
suo sguardo si era appuntato sulla mia mano ancora posata su di lui,
prima che lo risollevasse per fissarmi intensamente.
-
In nessuna maniera, dici? E allora l'altra notte, che cos'era quello a
cui ho assistito? Un gioco?
Lo
avevo sentito irrigidirsi ulteriormente, i pugni contratti e lo sguardo
più acceso.
-
Fammi indovinare! Era la versione succhiasangue di guardie e
ladri, per caso? Era questo Bella, quello che ho visto l'altra notte,
eh? O era invece una fuga da due cazzo di succhiasangue che volevano
farti del male? Perchè a me è parso tanto che
fosse
proprio così... e mi sembrava che fosse dello stesso parere
anche il succhiasangue che difendi dicendo che non ti metterebbe mai
in pericolo.
Davanti
a quell'ironia tagliente mi ero di nuovo inalberata ed ero
stata pronta a ribattere, ma lui aveva proseguito nella sua sfuriata.
-
Se davvero ti volessero bene come dici, ti lascerebbero andare e ti
permetterebbero di vivere al sicuro fuori dal loro fottuto mondo di
mostri!
-
Ma chi diavolo credi di essere, per potermi parlare così! Tu
non sei meno mostro di loro, in fondo, se proprio vuoi saperlo!
Ero
stata io, questa volta, ad avvicinarmi a lui e a puntargli un dito
contro, del tutto incurante che stessi inveendo contro un ragazzo che
si sarebbe potuto trasformare in un lupo gigantesco capace di farmi a
pezzi nel giro di un secondo.
Dopotutto, vivere in mezzo a dei
vampiri mi aveva resa in qualche maniera più incosciente nei
confronti del pericolo.
- Eppure di te
dovrei fidarmi ad occhi chiusi, senza nemmeno quasi conoscerti!
Non
lo avevo di certo impressionato, perchè non si era spostato
di un millimetro, ma anzi era tornato a chinarsi su di me per far
sì che i nostri occhi fossero alla stessa altezza.
-
Io sono carne e sangue proprio come te, Bella! E non potrei mai vederti
come
un mio eventuale pasto! Soprattutto con me non correresti il rischio di
ritrovarti inseguita da altri mostri che vorrebbero affondare i loro
artigli su di te! Lo capisci questo?
-
Visto che insisti tanto su quello che è accaduto l'altra
notte, sappi che era la prima volta che succedeva! Abbiamo incontrato
per caso quei due vampiri...
Gli
occhi di Jacob si erano assottigliati e mi avevano fulminato, prima di
interrompermi.
-
Mi credi davvero così stupido da potermi rifilare una bugia
e pretendere che io ci creda?
-
Ma che bugia? Cosa stai dicendo?
-
Non avete incontrato quei succhiasangue per caso e lo sai benissimo!
Mi
aveva rifilato ancora un'occhiata minacciosa, ma francamente i miei
pensieri si erano inceppati e non era per quello che mi ero azzitita.
Non avevamo incontrato quei due
vampiri per caso?
- Chi tace
acconsente, giusto? Quindi sei disposta ad ammettere anche che...
-
Come fai a sapere che non li abbiamo incontrati per caso?
Mi
aveva fissato forse accorgendosi che in me c'era stato un evidente
cambiamento di rotta: la mia rabbia si era sgonfiata di colpo,
trasformandosi in un'incertezza palese.
-
Il succhiasangue con cui eri l'altra notte e quello biondo, loro ce
l'hanno detto.
-
Edward e Jasper? E quando li hai incontrati? Dove?
A
quel punto lo avevo abbastanza insospettito perchè mi
sondasse con uno sguardo attento.
-
Tu non lo sapevi.
Più
che una domanda, mi era parsa un'affermazione quella di Jacob e mi
aveva fatto arretrare di qualche passo tanto aveva colto nel segno.
-
Tu non sai che quei due avevano a che fare con la vampira che abbiamo
seguito fino nei dintorni di casa vostra.
Il
cuore aveva preso a battermi con forza, mentre la mia mente aveva
iniziato ad elaborare troppi pensieri tutti insieme.
-
E' proprio così, allora, non lo sapevi.
Non
avevo avuto più tempo per lui, ora. Non dopo quello che mi
aveva
appena rivelato. Non dopo che la mia mente aveva iniziato a collegare
una serie di particolari che adesso vedevo più chiaramente.
-
Mi dispiace, Jacob, ma i cinque minuti sono scaduti. Devo andare.
Dopo
avergli rivolto uno sguardo che speravo fosse stato deciso, avevo fatto
dietrofont pronta ad andare in cerca di Rose.
Il
fatto che non fosse piombata lì, poteva solo significare che
fosse stata ancora impegnata con Eric. Ma non avevo fatto che qualche
passo, prima che una mano bollente mi trattenesse per un polso.
-
Bella, non puoi andartene così! Non senza avermi spiegato...
Mi
ero voltata guardandolo dritto negli occhi.
-
Non ti devo nessuna spiegazione, Jacob Black. Ti ringrazio ancora per
il tuo aiuto dell'altra notte, e mi dispiace che un tuo amico sia
rimasto
ferito a causa mia, ma questo non ti da nessun diritto su di me.
Mi
ero sforzata di aggiungere anche dell'altro, sebbene mi avesse fatto
sentire a disagio parlarne.
-
E mi dispiace anche di averti fatto credere che... che quel bacio tra
noi potesse significare qualcosa.
Non
avevo distolto gli occhi dai suoi, anche se avrei tanto voluto farlo.
-
E' stato un errore e... e mi scuso di averlo commesso. Ti chiedo
davvero scusa.
Lo
avevo decisamente ferito, e se una parte di me si sentiva
meschina, un'altra si era sentita sollevata di averglielo detto
chiaramente, così che non avesse più dubbi sul
fatto che
io potessi provare dell'interesse per lui.
Ero innamorata di Edward, non ci
sarebbe mai potuto essere spazio per nessun'altro.
- Non è
vero, Bella. Stai cercando di negare qualcosa che è successo
perchè lo volevamo tutti e due.
Non
avevo più tempo per lui, davvero.
-
Invece è così, Jacob. E non cercarmi
più,
perchè io so per certo che il mio posto è al
fianco della mia
famiglia e di... di Edward.
Non
avrei potuto essere più chiara di così e lo aveva
compreso anche lui, sebbene avessi intuito dalla sua espressione
che non si sarebbe comunque arreso, non ancora perlomeno.
-
Non posso accettarlo, Bella.
A
quel punto non avevo più niente da dirgli se non quello che
realmente pensavo.
-
Mi dispiace per te, allora, Jacob. Perchè le cose tra di noi
non cambieranno nè ora nè mai.
Mi
ero liberata dalla sua presa e questa volta mi aveva lasciato davvero
andare per la mia strada. Ma non avevo dovuto
chiedermi il perchè, dal momento che avevo visto sbucare
come
una furia da dietro l'angolo dell'edificio dove ci eravamo appartati la
figura slanciata di mia sorella.
-
Bella! Tu devi...
-
Rose, non provare a dirmi niente!
Non
avevo avuto nessuna difficoltà nel mettere a tacere le
proteste di mia sorella in quella maniera brusca, perchè
questa
volta ero io quella davvero arrabbiata.
-
Jacob Black in questo momento è davvero l'ultimo dei vostri
problemi!
Se
l'avevo presa in contropiede, era stata molto brava a mascherarlo.
Ma del resto, che altro mi dovevo aspettare? Ero io la fragile e
trasparente umana, quella che non sapeva nascondere le emozioni e i
sentimenti in nessuna situazione. Tantomeno in quel momento che mi
sentivo sul punto di esplodere.
-
Problema? Jacob Black è un grandissimo problema, Bella! Lo
vuoi capire o no che è pericoloso? Che cavolo ti dice il
cervello? Se proprio non riesci a pensare a te stessa, prova a pensare
a tutti noi! A come ci fa preoccupare sapere che tu potresti finire...
cazzo, Bella, non ci voglio nemmeno pensare!
Stavolta
sul suo visa era comparsa una smorfia di inequivocabile
sofferenza, tanto che per un attimo mi aveva fatto sentire davvero in
colpa.
Poi,
però, i miei pensieri erano tornati a ciò che
avevo appena scoperto, spazzando via tutto il resto.
-
E prova tu, invece, a immaginarti come mi senta io nell'aver scoperto
che mi avete mentito ancora!
Il
mio sguardo doveva essere stato davvero accusatorio, perchè
si era irrigidita e richiusa in un'espressione impenetrabile.
-
Mentirti?
-
Oh, cazzo, Rose, sei davvero incredibile!
L'avevo
scansata e mi ero diretta come un fulmine verso l'aerea dove
pensavo che gli altri nostri compagni stessero ancora pranzando. Non
era quello il luogo e il tempo adatto per lasciarmi andare alla rabbia
che mi ribolliva dentro.
Ero
sicura che Jacob mi avesse detto la verità su quegli
incontri con gli altri vampiri, a differenza della mia famiglia e anche
di Edward, ragione per cui mi sentivo doppiamente tradita.
-
Bella, aspetta...
Aveva
tentato di fermarmi, ma avevo reagito liberandomi bruscamente dalla sua
presa gentile.
-
Non ho intenzione di parlarne adesso! Quando saremo a casa, allora
sì che mi dovrete tutte le spiegazioni necessarie. E me le
darete, Rose, oh se me le darete!
Non
avevo aggiunto altro, riprendendo a camminare velocemente per poter
essere in vista degli altri il prima possibile, di modo che non le
avrei lasciato altra scelta se non quella di assecondare la mia
richiesta.
XXXXXXXXXXXXXXX
Quando
era suonata la campanella di fine lezioni, ero schizzata fuori
dall'aula, ignorando Rose e dirigendomi subito verso l'uscita.
Sapevo
che avevo poco margine prima di essere intercettata dagli altri e
volevo, invece, essere la prima a raggiungere Edward.
Immaginavo
che fosse già stato a conoscenza del fatto che Jacob
mi aveva avvicinato alla serra, figurarsi se mia sorella non lo aveva
avvisato, ma forse non immaginava quello che lo
aspettava davvero.
Più ci avevo pensato,
più mi ero sentita tradita soprattutto da lui.
Tutti quanti
avrebbero dovuto darmi delle spiegazioni, lui
più di tutti, visto come si era evoluto il nostro rapporto.
Perchè continuavano a
trattarmi così? Come avrei mai potuto fargli capire quanto
mi
sentissi ferita nell'essere tenuta all'oscuro da tutto ciò
che
ci riguardava?
Mi sentivo ancora
una volta come se non fossi davvero parte della loro vita... di quella
di Edward in particolar modo.
E
proprio lui mi era piombato addosso non appena avevo messo piede fuori
dalla scuola.
-
Bella! Dimmi che stai davvero bene!
Mi
aveva preso il viso tra le mani e mi aveva guardato in una maniera
che mi aveva provocato un nodo allo stomaco senza che potessi impedirlo.
Preoccupazione, ansia, paura...
ma anche gelosia e rabbia.
Ecco
cosa mi avevano
detto i suoi occhi mentre fissavano i miei. Poi avevo avvertito anche
gli sguardi degli altri studenti che avevano iniziato a passarci
accanto, spingendomi ad afferargli i polsi per fargli allontanare le mani dal mio viso.
-
Lo vedi da te che sto bene, no?
Ero
stata brusca, perchè passato il primo momento, la rabbia
verso di lui aveva ripreso il sopravvento.
-
Come se Rose avesse potuto mentirti... quella è un'opzione
che riservate soltanto a me, la sfigata della famiglia!
Sapevo
che quel battibecco stava attirando parecchia attenzione, specie
perchè la comparsa di Edward aveva dato nuovo impulso ai
pettegolezzi su di noi Cullen.
Il
fatto che si fosse limitato a seguirmi senza osare ribattere nulla,
mentre ci eravamo diretti verso la Volvo parcheggiata poco lontano, non
mi aveva ingannato sul fatto che lui più di me doveva aver
captato la curiosità che ci aveva subito circondato.
Non
mi ero nemmena stupita del fatto che i nostri fratelli non ci
avessero raggiunto, perchè immaginavo che Rose li stesse
aggiornando per filo e per segno su come erano andate le cose, compresa
la minaccia che avevo rivolto a tutti loro di esigere delle spiegazione
esaurienti.
La
tensione che si era subito creata nell'abitacolo della macchina, non
appena eravamo saliti, mi aveva riportato indietro di qualche giorno,
quando mi aveva trascinato via da scuola il pomeriggio che Jacob
mi aveva avvicinato dopo il nostro primo incontro.
Non
volevo sentirmi di nuovo così, non dopo che finalmente il
mio
rapporto con lui si era trasformato in ciò che avevo sempre
desiderato.
Avevo
appena formulato quel pensiero, quando Edward aveva
fatto qualcosa di assolutamente inaspettato. La sua mano era stata
troppo veloce nello scivolare dietro la mia nuca e così mi
ero
sentita attirare verso di lui senza che me ne potessi rendere ben conto.
Le
sue labbra erano state dolci, ma nello stesso tempo ferme
nell'impossessarsi delle mie, esigendo così una risposta che
non
ero stata capace di negargli.
Mi
aveva baciato con un'intensità che mi aveva fatto battere il
cuore più forte, aprendosi un varco nella rabbia che ancora
provavo, ma che non poteva essere in grado di annullare i miei
sentimenti verso
di lui.
Quando
aveva smesso, l'aveva fatto per l'unico motivo di cui mi aveva
già informato scherzosamente nei giorni scorsi: lasciarmi
respirare per non morire soffocata.
Mi
aveva fatto ridere mentre me lo confessava, ma anche gioire,
perchè gli avevo letto nello sguardo che altrimenti mi
avrebbe
davvero baciato per delle ore intere, senza mai fermarsi.
-
Non importa quanto tu sia arrabbiata con me, o io con te, resta il
fatto che... che non voglio stare lontano da te, Bella.
Non
poteva guardarmi così, e l'avevo ritenuta una mossa sleale
farlo proprio in quel momento, perchè mi era sembrato un
buon
modo per infliggere un altro duro colpo alla mia volontà.
Il
fatto poi che non mi avesse ancora lasciato andare, ma mi
trattenesse a pochi centimetri da lui, mi aveva permesso di perdermi in
quello sguardo dorato che sapeva dirmi così tante cose senza
bisogno di ulteriori parole.
-
Nemmeno io, Edward.
Non
mi era stato poi così difficile ammetterlo,
perchè era
ciò che provavo veramente. Per quante volte ancora avrebbe
potuto ferirmi, sapevo con certezza che non avrei mai smesso di amarlo.
-
Però resta il fatto che mi sento tradita... specialmente da
te.
Si
era irrigidito, lo avevo sentito, anche se i suoi occhi non avevano
smesso di guardarmi con quel calore che ora mi riscaldava il cuore in
maniera più completa.
Non era forse ancora l'amore
totale
che avrei voluto da lui, ma non era nemmeno più solo quello
fraterno che avevo preso ad odiare.
- Anch'io mi sento
tradito, Bella. Sei rimasta da sola con lui
quando ti avevo pregato di non farlo. Tu non sai davvero come mi sento
nel sapere che ti è vicino, altrimenti mi ascolteresti.
-
Io... io dovevo parlargli, Edward. Volevo che non avesse dubbi sul
fatto che non potrà mai avere nessun tipo di speranza con me.
Era
stato sul punto di dire qualcosa, ma lo avevo preceduto.
-
Non l'ho fatto per farti stare male, ma solo perchè mi
sembrava giusto.
Ero
stata io a baciarlo questa volta, perchè mi era sembrato un
buon modo di sottolineare il fatto che era solo lui quello che avrei
sempre voluto baciare, senza nessuna ombra di dubbio.
-
Immagino che ti abbia detto qualcosa a proposito di quei due vampiri
che ci hanno inseguito l'altra notte...
Quando
mi ero staccata dalle sue labbra, era andato dritto al punto,
facendomi perlomeno apprezzare il fatto che non avesse finto di non
sapere cosa avevo potuto scoprire parlando con Jacob.
-
Sì, esatto.
A
quel punto mi era venuto spontaneo mettere una certa distanza tra lui
e me, perchè se non c'era stata più la rabbia
iniziale,
rimaneva però la cocente delusione, che in un certo senso
era
anche peggio.
-
E a questo punto credo che mi stiate nascondendo qualcosa che riguarda
anche me, dal momento che faccio parte della famiglia.
Mi
era tremata la voce, era stato più forte di me. Odiavo
l'idea
che non fossi come loro, perchè mi avrebbe sempre relegata
in
una condizione di inferiorità.
-
Mi avevate promesso che non sarebbe più accaduto, te lo
ricordi? E invece...
Non
avevo evitato il suo sguardo, anzi avevo dovuto io cercare il suo,
perchè era stato lui quello restio a fissarmi.
-
Forse non volevamo farti preoccupare più del dovuto...
-
Edward, ti prego, non farmi questo. Non tu, non ora.
Lo
avevo costretto a non abbassare lo sguardo, forse esprimendo il bisogno
di sentirmi parte della sua vita più che mai.
-
Bella...
Lo
avevo capito che in lui doveva essersi scatenata una guerra furiosa,
perchè non era riuscito a dissimulare un tormento che mi
aveva
spinto a prendergli una mano, stringendola forte tra le mie.
-
Io capisco il tuo bisogno di proteggermi, perchè io sono la
piccola e fragile umana, ma tu devi capire che niente mi ferisce di
più dell'essere esclusa da ogni aspetto della tua vita, e
anche
da quella di tutti gli altri.
Avevo
rafforzato la mia stretta, nel bisogno di sentirlo vicino.
-
Se siamo in pericolo, ho il diritto di saperlo anch'io.
Non
avevamo smesso di fissarci, così avevo visto quella
battaglia dentro di lui farsi più accesa.
-
Ti chiedo soltanto di avere fiducia in me e di dirmi cosa sta
succedendo.
Era
passato ancora un attimo, prima che lo vedessi scuotere la testa e
riacquistare un certo controllo sulle sue emozioni. Lo avevo
addirittura visto aprirsi in un accenno di sorriso, o forse era stata
più una smorfia ironica, perciò non avevo saputo
come
interpretarlo.
-
Non avevo immaginato di parlartene così... in macchina, nel
parcheggio ormai deserto di una scuola... però credo tu
abbia
ragione sul fatto che sia arrivato il momento di dirti tutto.
La
situazione delle nostre mani si era ribaltata, perchè ora
era
lui a stringere le mie in quella maniera delicata che mi faceva pensare
a come sapesse controllare perfettamente la sua incredibile forza.
-
Esiste una sorta di famiglia reale, cioè i Volturi, che da
secoli amministra la legge tra noi vampiri. Risiedono da sempre in
Italia, ma senza che si siano mai "mischiati" agli umani,
perchè
diversamente da noi non hanno mai preso in considerazione l'idea di
non... cibarsene.
Avevo
capito subito che mi stesse parlando di qualcosa di molto
importante, perciò non lo avrei interrotto, riservando a
dopo
tutte le domande che si erano affacciate subito nella mia mente.
-
Noi Cullen gli abbiamo sempre mostrato il giusto rispetto, senza
però per questo essere mai diventati loro succubi, come
invece
è capitato ad altri.
Nel
vederlo fissarmi intensamente, avevo intuito che si stesse
avvicinando rapidamente a qualcosa che riguardava me personalmente.
-
Quando sei entrata nella nostra vita, cioè quando Carlisle
ed
Esme hanno deciso di adottarti... hanno ritenuto giusto informare i
Volturi che tu saresti entrata a far parte della nostra famiglia,
sebbene fossi stata un'umana. Loro ne sono stati in un certo senso...
contenti ed
hanno espresso il desiderio di ricevere costanti
informazioni su come procedesse la tua chiamiamola "integrazione" con
noi.
Ovviamente
mi sembrava tutto un'enormità, specie perchè
ne ero stata all'oscuro sinora, facendomi nuovamente provare la rabbia
di essere stata messa da parte.
-
Però non avevano mai espresso il desiderio di conoscerti
personalmente... almeno non sino ad ora.
Si
era interrotto, dandomi l'impressione che stesse cercando le parole
giuste per continuare.
-
Perchè proprio ora, Edward? E cosa c'entra tutto questo con
quei vampiri che ci hanno aggredito?
Mi
era stato impossibile non incalzarlo, perchè qualcosa mi
diceva che ne sarei rimasta sconvolta.
-
Devi sapere che Aro Volturi, uno dei tre vampiri regnanti, possiede il
dono
di leggere nella mente delle persone toccandole. Questa sua
capacità ha comportato
che durante l'ultima visita che Carlisle gli ha fatto, lo abbia
involontariamente informato di una decisione che avevo preso poco tempo
prima.
-
Che decisione, Edward?
Ma
il suo sguardo aveva assunto così tante sfumature diverse,
che non era stato in grado di anticiparmi nulla.
-
Che decisone, Edward?
Lo
avevo ripetuto, perchè l'urgenza che provavo si era fatta
incontenibile.
-
Quella di arrendermi ai sentimenti che provavo e che mi avevano spinto
a tornare da te
con la speranza di poter realizzare un mio desiderio ben preciso.
-
Un... un desiderio?
Era stato come se
all'improvviso avesse calato ogni maschera,
mostrandomi davvero ciò che aveva custodito gelosamente
dentro di
lui.
-
Sì, il desiderio di sposarti nel giorno del tuo diciottesimo
compleanno e passare il resto della tua vita ad amarti
incondizionatamente.
Edward mi amava.
- Perciò
ora i Volturi sono curiosi di conoscere l'umana che è
stata in grado di farmi innamorare di lei... e per essere sicuri che la
cosa
avvenga anche se non ne sono entusiasta, hanno mandato qualcuno a
ricordami che è meglio non opporsi al loro volere.
Edward mi amava e il suo sogno
era quello di sposarmi.
Francamente io ero stata in grado di pensare solo a
quello, dimenticando per un momento tutto quello che mi aveva
rovesciato addosso riguardo ai Volturi e alla loro esistenza.
Ci sarebbe stato tempo per discutere di quello e di molto altro ancora,
ma ora volevo solo godermi le emozioni che quella confessione di Edward
mi aveva provocato.
Mi amava e il suo sogno era
quello di sposarmi.
*L'autrice chiede di far partire un rullo di tamburi*
Sorpresa!
Edward ha finalmente pronunciato la parola matrimonio associandola ai
Volturi... peccato che abbia deciso di farlo rivelando a Bella una
verità abbastanza lontana da come stanno in
realtà le cose.
Questo perchè ha ancora in testa un'idea ben precisa, ossia
quella di amare sì Bella, ma per il tempo che la sua vita
umana gli concederà! (faccio la pseudo autrice seria e cito
dal testo "Sì, il desiderio di
sposarti nel giorno del tuo diciottesimo compleanno e passare il resto
della tua
vita ad amarti incondizionatamente", quindi
non della sua da immortale! Una differenza fondamentale, direi! XD).
Credo che quando Bella focalizzerà la sua attenzione su
questo, sarà un brutto momento per Edward... eh eh eh.
E poi c'è Jacob, che sembra ragionare più con la
sua parte "lupesca", dal momento che non è disposto a
mollare l'osso... ossia Bella! D'altronde, per l'idea che mi sono fatta
di lui, proprio non può accettare l'idea che lei viva in
mezzo a dei vampiri (appartengo a quella corrente di pensiero che
ritiene che la Meyer abbia liquidato la faccenda troppo semplicemente
facendogli avere l'imprinting con Reneesme). Ovviamente questo lo rende
peggio dell'erba cattiva, nel senso che come lei, riesce a comparire
dove meno te lo aspetti! eh eh eh
D'altronde è un lupo... stanare la preda è nella
sua natura!
Concludo dicendo che nella prima parte di capitolo mi sono tolta la
soddisfazione di immaginare un pezzo di vita scolastica che
inevitabilmente i Cullen avranno dovuto vivere e di cui mi sarebbe
piaciuto averne un assaggio anche nella saga originale (voi ci avete
mai pensato a come sarebbe potuto essere? va bene la riservatezza, ma
un minimo di interazione con gli altri sarà stata pur
inevitabile per loro no?).
Come sempre mi farebbe piacere leggere anche il vostro parere.
Ciao e alla prossima.
BF
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