Gli ostacoli del cuore

di Black_fire
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Buongiorno!
Allora, da dove cominciare? Direi dal fatto che questo prologo sarà decisamente lungo.
Si è reso necessario, però, per darmi la possibilità di farvi entrare nel vivo della storia già dal prossimo capitolo.
Una piccola precisazione a cui tengo: è a tutti gli effetti una “what if”, però i personaggi manterranno il più possibile le linee guida degli originali.
Alla fine di ogni capitolo, se mi sarà possibile, inserirò uno spoiler del capitolo successivo, dato che lo trovo piacevole, io per prima, come lettrice.
Sono, ovviamente, aperta ad ogni critica e/o consiglio, il confronto è sempre un momento accrescitivo.
Non mi resta che augurarvi buona lettura… e tenere le dita incrociate!
BF
 
 
C'è un principio di energia
Che mi spinge a dondolare
Fra il mio dire ed il mio fare
E sentire fa rumore
Fa rumore camminare
Fra gli ostacoli del cuore

Quante cose che non sai di me
Quante cose che non puoi sapere
Quante cose da portare nel viaggio insieme

Quante cose che non sai di me
Quante cose che non vuoi sapere
Quante cose da buttare nel viaggio insieme
 
“Gli ostacoli del cuore” - Ligabue
 
 
 
 
La prima volta che mi resi conto che la mia famiglia poteva non essere come le altre, avevo all’incirca cinque anni.
All’uscita dell’asilo c’era mia madre, come sempre, ad attendermi.
Mi ero appena tuffata nel suo abbraccio, quando la maestra ci aveva raggiunto.
- Sig.ra Cullen, posso parlarle un momento?
Avevo sentito le braccia della mamma stringermi solo un po’ più forte, così l’avevo guardata negli occhi: non erano più sorridenti come quando mi aveva vista uscire.
- Certo, Stacy, mi dica…
- Isabella, che ne dici di andare a salutare ancora Mrs. Honey, mentre io parlo con la tua mamma?
Avevo capito che la maestra cercava un modo per mandarmi via ed avevo guardato mia madre in cerca di conferma.
Lei era tornata a sorridere, ma non come faceva di solito, e mi aveva fatto cenno di andare come la maestra aveva detto.
Ricordo che continuavo a sbirciarle dalla mia posizione vicino all’enorme orso di peluche, Mrs. Honey.
Stacy gesticolava sempre più animatamente, mia madre sembrava diventare sempre più rigida.
Ero solo una bambina, ma avevo intuito che quel gesticolare fosse legato a ciò che durante il pranzo avevo nuovamente ribadito sia ai miei compagni, che alla maestra.
“Quando sarò grande, anch’io mangerò e dormirò di meno. Il mio papà, la mia mamma e i miei fratelli è così che fanno, per avere più tempo per fare le cose che vogliono. Per esempio, fare le gite nel bosco. O giocare a baseball quando c’è il temporale. Insomma, fare solo cose divertenti.”
Avevo anche intuito che mia madre, forse per la prima volta, mi avrebbe sgridato.
L’avevo vista, con una certa ansia, salutare la maestra e venire verso di me. Mi aveva preso per mano ed eravamo uscite in silenzio.
Solo in macchina, guardandomi attraverso lo specchietto retrovisore, mi aveva parlato.
- Amore, ricordi cosa ti avevo detto?
Mi ero subito sentita in colpa.
- Sì, mamma.
- E’ importante, sai amore? Se no, non ti avrei mai chiesto di stare attenta…
- Lo… so… mamma…
Avevo parlato a fatica, perché già ero scoppiata a piangere. L’idea che avessi deluso mia madre era insopportabile.
- Bella, tesoro, non piangere… lo so che non volevi…
- Mamma, non lo farò più…
- Amore… sono io che ho sbagliato… non potevo pretendere…
Aveva appena fermato la macchina, ma già era accanto a me, sul sedile posteriore, che mi abbracciava forte.
- Piccolina, non dovevo nemmeno chiedertelo… sono stata una sciocca…
Il suo profumo, che mi ricordava quello delle mie caramelle preferite, mi aveva avvolto come sempre ed aveva avuto il potere di rasserenarmi.
- Anzi, sai cosa facciamo? Appena arriviamo a casa, ti preparo la tua merenda preferita: pane, burro e marmellata! Che ne dici?
Mi ero sentita subito più felice. Mia madre mi voleva ancora bene. Con i miei cinque anni, alla fine, solo questo contava: mi aveva già perdonata per aver parlato di cose che non avrei dovuto.
L’avevo stretta forte anch’io, pensando solo per un attimo che sarebbe stato bello se lei avesse condiviso con me quella merenda.
Ma subito dopo, l’avevo già cancellato dai miei pensieri: che mangiasse con me, o no, rimaneva la mamma migliore al mondo.
Di più, non avrei potuto desiderare.


 
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Le prime domande più coscienti erano arrivate con i miei otto anni.

Avevamo lasciato la città dove avevamo sempre abitato, ed ero tremendamente arrabbiata con i miei genitori.
Mi chiedevo perché non capissero quanto era stato doloroso dovermi dividere dalla mia amica Rebecca.
Era l’unica bambina con cui andavo d’accordo, l’unica che non mi considerasse “strana”, perché vivevo in una famiglia un po’ “strana”, per via di abitudini che ai miei occhi erano del tutto normali.
Proprio su questo mi ero concentrata, sul fatto che nel posto nuovo tutti, nessuno escluso, lo avrebbero pensato.
Ero anche arrabbiata, perché loro sembravano dedicare più attenzione ai nuovi arrivati, due ragazzi che sarebbero diventati anche loro parte della famiglia.
Come se non bastasse che di fratelli ne avevo già tre, e tutti più grandi di me. Che mi volessero molto bene anche loro, non ne dubitavo, però rimaneva il fatto che non sempre mi tenevano molta compagnia. A volte, sparivano per giorni interi, e se non avessi avuto Rebecca, sarei rimasta a giocare da sola.
I nuovi arrivati poi, un ragazzo ed una ragazza, sembravano avere delle difficoltà nell’accettare che io esistessi e facessi parte della famiglia. Mi guardavano con molta diffidenza.
Così, quella volta, andai da mio padre a chiedere spiegazioni.
E’ vero che avevo solo otto anni, ma avevo già un carattere piuttosto determinato.
Tanto che mio padre mi aveva affrontato con più serietà del solito.
- Bella, lo so che adesso sei arrabbiata, e ne hai tutte le ragioni. Però, Alice e Jasper, hanno davvero bisogno del nostro aiuto. Anche del tuo. Per loro è difficile abituarsi a… ad una nuova famiglia.
- E allora perché si sforzano? Per colpa loro, siamo stati costretti anche a cambiare casa!
- Se ci siamo trasferiti, non è per colpa loro. E’ colpa mia, sono io che ho accettato un nuovo lavoro…
- Non è vero! Rebecca mi ha detto che ha sentito suo padre parlare con sua madre, e stavano dicendo che ce ne andavamo per evitare che la gente facesse troppe domande su di noi e sui nuovi arrivati…
A questo punto, mi aveva fatto sedere in braccio a lui, stringendomi in un abbraccio affettuoso.
- Le domande su di noi ci sono sempre state e sempre ci saranno… l’importante è non farsene un cruccio. Arriverà il momento che potrai davvero capire…
- Io voglio capire adesso, papà! Non quando sarò più grande!
Gli avevo visto tornare l’espressione serena di sempre. Ma non avevo fatto in tempo a dire altro, che la porta si era aperta.
- Bella! Non vorrai perderti l’inizio del tuo telefilm preferito!
Sulla porta era comparso mio fratello Emmet.
- Ora sto parlando con papà…
Aveva scrollato le spalle alla mia risposta, iniziando a richiudere la porta.
- Edward! Bella dice che non le interessa… puoi pure guardare…
Mi ero alzata di botto.
- Col cavolo che non lo guardo!
Emmet aveva toccato il tasto giusto: la sola idea che l’altro mio fratello pensasse che non volevo vedere quel telefilm per cui mi prendeva sempre in giro, mi aveva completamente assorbito.
Dopotutto, avevo pur sempre otto anni, e non ancora la capacità di comprendere appieno cosa succedeva intorno a me: ero cresciuta in quella famiglia “strana”, per cui non la percepivo come tale. Potevano esserci delle cose che non capivo di loro, ma questo non mi impediva di essere felice di far parte di quella famiglia.
Questa era l’unica cosa che comprendevo molto bene. L’amore di cui mi circondavano sempre e comunque.
- Edward, la televisione è mia! Sto arrivando!
Ero certa che avrebbe fatto il solito spettacolino: fingere di non volermelo far vedere, con tanto di solletico per impedirmi di prendere il telecomando.
Così, correndo per le scale, avevo solo sentito vagamente le parole che si erano scambiati Emmet e mio padre.
- Non potremo mentirle ancora per molto, Carlisle…
- Lo so, Emmet. Ma più tardi sarà, più sarà in grado di comprendere…
Ricordo di aver pensato vagamente che ero già grande, in fondo avevo otto anni, e che avrei chiesto spiegazioni a papà anche di questo. Ma poi ero arrivata in salotto, e mio fratello Edward era sul divano, il telecomando tra le mani, e la tivù sintonizzata sul canale dello sport.
Ci eravamo guardati, consapevoli entrambi che la battaglia stava per iniziare.
Mi ero gettata su di lui, e lui mi aveva immediatamente imprigionata nella sua stretta, le mani che mi solleticavano impietose nonostante le mie proteste giocose di bambina.


 
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A undici anni la verità mi aveva spinto a fuggire di casa.

Una sera, che mi era sembrata lunga come tutta la mia vita, mamma e papà mi avevano detto tutto su di me e su di loro.
Non potendo più tergiversare, perchè le mie domande erano diventate quasi delle certezze, avevo saputo come fossi anch’io una figlia “adottiva” e anche “quanto” fossi diversa da tutti loro.
Forse nutrivo ancora qualche piccola speranza che non potesse essere così, che tutte le differenze che ora mi apparivano evidenti, avessero una spiegazione logica, ma così non era stato.
La realtà mi era piombata addosso con la violenza di una tempesta, cancellando di botto tutto ciò su cui si era sempre basata la mia vita sino ad allora.
Avevo passato tutto la notte a programmare la mia fuga. Tutta la mia vita era stata un’enorme bugia. Tutti loro mi avevano tradita, ingannata, ferita.
Sapevo che la mattina dopo, papà sarebbe stato di turno in ospedale, che mamma avrebbe avuto i suoi impegni di volontariato, che i miei fratelli sarebbero stati a scuola.
Ognuno sarebbe stato occupato a mettere in scena quella parodia di vita che ora sapevo essere indispensabile perché potessero apparire come gli altri.
E io ero certa di non voler fare più parte di quella vita, né di quella famiglia.
Perché ero io, la “diversa”, io ero quella che non c’entrava niente con loro.
Ed ero certa che prima o poi si sarebbero resi conto che ero io a dovermene andare, perché non potevo più fare parte di quella famiglia..
Come ero altrettanto certa che a lungo andare, non mi avrebbero più voluto bene, che si sarebbero accorti che io non ero abbastanza per loro.
Li avrei inevitabilmente delusi con la mia natura fragile, limitata, umana.
Così a scuola avevo aspettato l’intervallo, il momento di maggior confusione, per varcare l’uscita della scuola.
Nello zaino avevo messo qualche provvista, quel cibo che loro avevano sempre finto di gustare per colpa mia, e qualche decina di dollari che avevo preso dal portafoglio di mio padre.
Nonostante tutto, era così che continuavo a pensare a loro: papà, mamma, fratello, sorella.
Carlisle, Esme, Edward, Emmet, Jasper, Alice, Rosalie: i vampiri che formavano la mia famiglia.
Mentre mi recavo alla stazione degli autobus, aveva iniziato a nevicare. Freddo, pioggia, neve, avevano sempre fatto parte della mia vita.
Ed ora sapevo anche il perché, il vero motivo per cui il sole non scaldava mai nemmeno la mia pelle: papà mi aveva spiegato che esporsi ai suo raggi avrebbe rivelato la loro natura diversa, che mi avrebbero mostrato come, ora che sapevo tutto anch’io. Ma non ne avrebbero avuto modo, dato che me ne stavo andando.
Non avevo deciso una meta, avevo pensato di prendere il primo autobus in partenza, ovunque fosse diretto: un posto valeva l’altro.
La neve aveva iniziato a scendere sempre più fitta, il freddo era diventato più intenso.
Le lacrime sembravano congelarsi sul mio viso. Ma ricordo di aver pensato che era familiare anche quella sensazione: perchè le mani che mi avevano sempre accarezzato, o stretta in abbracci affettuosi, o presa per mano, erano sempre state gelide.
A bloccare il mio cammino però, quel giorno, era stato mio fratello Edward.
Semplicemente, sollevando lo sguardo, me lo ero trovato di fronte sul marciapiede.
Una figura dai contorni sfocati, dato che le lacrime continuavano a sgorgare copiose. Un ragazzo apparentemente come tanti nei suoi jeans e nel giubbotto dal cappuccio sollevato; un fratello che andava incontro a sua sorella.
Ma niente, invece, era così semplice tra noi.
Lui non era un ragazzo come tanti, era un vampiro, e io non ero una ragazzina come tante, ero un’umana adottata da una famiglia di vampiri.
Non riuscivo a capire come avessero potuto mentirmi per tutti quegli anni, e l’unica spiegazione che mi ero data, era che lo avevano fatto per pietà.
E io non volevo la loro pietà, volevo che mi volessero bene, come se ne volevano tra di loro.
- Bella, fa freddo. E’ meglio se torniamo a casa…
- Quella non è più casa mia! E voi non siete più la mia famiglia!
Glielo avevo gridato, sperando che la rabbia mascherasse il dolore che provavo nel vederlo lì, un’espressione che mi sembrava davvero esprimesse pietà per me.
- Sei arrabbiata, hai ragione di esserlo. E se andiamo a casa, potremo parlarne quanto vorrai…
Sapeva l’ascendente che aveva su di me. Edward c’era già nei miei primi ricordi, prima ancora di Emmet e Rosalie. Probabilmente era già con Carlisle ed Esme, quando mi avevano trovata.
- E di cosa dovremmo parlare, Edward? Di tutte le bugie che mi avete sempre raccontato?
Il dolore mi stava davvero sommergendo, tanto che mi sentivo la testa girare.
Odiavo Edward in quel momento, lo odiavo con tutta me stessa.
- Mi avete sempre ingannata… anche tu! Io ti credevo! Io credevo… credevo…
Non volevo più vederlo, non volevo più vedere nessuno di loro.
Ero scesa dal marciapiede per evitarlo, e proseguire nel mio cammino.
Probabilmente la neve aveva reso scivolosa la strada, perché solo le braccia di Edward mi avevano impedito di cadere rovinosamente a terra e farmi male.
Sentire quella stretta affettuosa, era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso: la mia rabbia era diventata una furia distruttiva.
Ed Edward il bersaglio di quella furia. Volevo potergli fare abbastanza male, da fargli capire quanto stavo soffrendo io.
I miei pugni lo colpivano con tutta la forza dei miei  undici anni, ma se anche fossi stata un colosso, non lo avrebbero scalfito lo stesso.
Questo, però, non mi impediva di provarci lo stesso. Alla fine, per farmi smettere, gli era bastato stringermi solo un po’ più forte: mi ero ritrovata con il viso sepolto nel suo giubbotto, stretta a lui.
Gli volevo bene, poteva essere quello che era, ma rimaneva il fratello che era sempre stato per me.
- Esme è molto preoccupata per te. Voleva che venissi subito a scuola, che non ti lasciassi arrivare sino a qui. Ma Carlisle ha pensato che era un buon modo, per te, di riflettere su quello che volevi veramente …
Ero ancora arrabbiata, ma anche confusa. Sapevano che volevo fuggire? Come avevano fatto a scoprirlo?
Ci avrei pensato dopo, perché in quel momento, pensavo solo che Carlisle aveva avuto ragione: volevo capire quanto mi volessero bene. E nel pensare di fuggire, c’era tutta la speranza che loro me lo impedissero.
E me lo stavano impedendo. Edward era lì, con me. E me lo stava dicendo non solo a parole, ma con l’affetto che traspariva dal suo sguardo, dai suoi gesti.
- Ti voglio bene, pulce. Tutti ti vogliamo bene, e il tuo posto è a casa, con noi.
Sentivo un nodo stringermi sempre di più la gola. Quel soprannome, pulce, me lo aveva dato proprio lui. Diceva sempre che gli stavo appiccicata come una pulce fastidiosa, quando in realtà era lui che mi veniva sempre a cercare non appena entrava in casa.
Anche i miei genitori, perché non riuscivo a smettere di pensare che loro lo fossero, e anche gli altri avevano preso l’abitudine di chiamarmi così.
Mi volevano tutti davvero bene, e me lo avevano dimostrato con le azioni, più che con le parole.
Avevano vissuto per me una vita ancora più umana di quanto non fossero già costretti a fare per non essere i mostri che la loro natura avrebbe voluto fossero.
- Edward… non dovrete mai più dirmi bugie. Non voglio soffrire così, mai più. Ho pensato… ho pensato che mi stavate dicendo la verità perché volevate liberarvi finalmente di me… che volevate spingermi a fuggire…
- Non devi nemmeno dirlo, Bella! Sei la cosa più preziosa che ci è capitata in questa vita… dannata.
L’uso di quella parola mi aveva colpito, anche se non potevo comprendere appieno il significato che gli stava dando Edward.
- Voi non siete dannati, siete speciali. E siete la mia famiglia. Va bene così.
Probabilmente Edward sapeva che non sarebbe stato facile, da lì in poi, riprendere il nostro cammino insieme.
Forse, già immaginava che inevitabilmente li avrei visti diversi. E che questo, avrebbe inevitabilmente cambiato i nostri rapporti, nel bene o nel male.
Forse, non aveva immaginato davvero quanto avrebbe cambiato me, nei suoi confronti.


 
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Mi sono scoperta innamorata di Edward a quindici anni. Lui, sicuramente lo aveva già capito mesi prima.

Dopo aver scoperto la verità, ovvero il mio essere "diversa" da loro, davvero non era stato facile riprendere la vita di sempre.
Per un certo periodo, quando pensavo alla mia famiglia, non era “noi” che mi veniva in mente, ma “me e loro”.
Avevo avuto bisogno di tempo per tornare a pensare “noi”. Mesi in cui avevo scoperto tutto sulla loro vera natura. Mesi in cui si erano fatti scoprire, mostrandosi senza più riserve, per quello che erano davvero: vampiri.
Ma erano quei vampiri che avevano sempre e solo voluto il mio bene, che mi avevano voluto bene.
Che mi avevano fatto crescere senza farmi mancare affetto, cure, attenzioni.
Avevo ancora dei genitori, dei fratelli pronti a sostenermi, ad affiancarmi nel mio crescere, nell’affrontare qualsiasi difficoltà incontrassi.
E così, giorno dopo giorno, con ognuno di loro avevo ricostruito il rapporto di fiducia ed amore che c’era sempre stato.
Solo con Edward non ero riuscita a far tornare le cose come prima.
Era lui ad essermi stato più vicino nei primi momenti. Non lasciava mai che trascorressi più di un’ora da sola.
Mi accompagnava a scuola, mi veniva a prendere, mi aiutava nello studio, mi teneva compagnia in qualsiasi cosa volessi fare, anche il semplice fare una passeggiata.
E parlavamo. Parlavamo tantissimo. Rispondeva ad ogni domanda che gli rivolgevo, senza che pensassi mai che mi stesse ancora mentendo.
Mi aveva promesso che non lo avrebbe più fatto, e lo stava facendo.
Aveva riempito di particolari le spiegazioni che avevo già avuto da Carlisle ed Esme sul mio passato. Abbandonata davanti al piccolo ospedale di provincia in cui lavorava Carlisle, le autorità non erano riuscite a rintracciare la donna che mi aveva partorito. Il mio destino, nonostante avessi pochi giorni, era già quello di finire in un orfanotrofio e rimanerci il tempo previsto dalla legge perché mia madre cambiasse idea, o venisse quantomeno a riconoscermi, prima di potermi dare in adozione. Ma Esme, che mi aveva tenuta per prima in braccio, non era riuscita a rimanere indifferente alla mia sorte.
Così, d’accordo anche Carlisle, avevano deciso di prendermi in affido temporaneo.
Poi il tempo previsto per legge era passato senza che la mia vera madre, o qualcuno imparentato con lei, fosse venuto a riconoscermi, per poi magari occuparsi di me. Potevo finalmente essere adottata.
Esme e Carlisle, però, ormai mi volevano bene. Anche Edward si era affezionato a me. Nonostante fosse stato più difficile per lui superare la sete scatenata dal mio sangue.
Avevano così deciso di adottarmi, sicuri che sarebbero stati in grado di essere quella famiglia che mi era stata negata dal destino.
E di amore, me ne avevano regalato davvero tanto.
Solo che, affacciandomi nell’età dell’adolescenza, iniziavo anche a volere un altro tipo di amore. Lo stesso che vedevo tra Rosalie ed Emmet, o tra Alice e Jasper.
Con il tempo, e con il mio sapere la verità, avevano sempre più manifestato che il loro volersi bene era un amore diverso da quello che legava dei veri fratelli.
Era stato Edward stesso a parlarmene, forse senza pensare che anche noi non eravamo “veri” fratelli.
Forse, proprio in quei momenti, quando mi parlava dell’amore, di come lo avrei trovato sicuramente anch’io, avevo iniziato a sentirmi diversa nei suoi confronti.
Avevo iniziato a vedere la sua bellezza, nonostante l’avessi avuta sempre sotto gli occhi. Come i suoi occhi fossero espressivi, la sua voce melodiosa, i suoi movimenti forti ed eleganti insieme.
All’improvviso, tutto in lui mi faceva battere più forte il cuore.
E lui non aveva potuto non accorgersene. Io avevo solo quindici anni, lui centosette.
Così io avevo iniziato a volergli essere più vicina, e lui più distante.
Sempre più spesso erano Jasper, o Emmet, ad accompagnarmi a scuola, a venirmi a prendere, a tenermi compagnia. Rosalie, o Alice, ad aiutarmi con lo studio, ad accompagnarmi per una passeggiata, a raccogliere le mie confidenze.
E io parlavo volentieri anche con loro, e senza imbarazzo, ma non era la stessa cosa.
Era con Edward che mi batteva forte il cuore, era con lui che il tempo sembrava non bastare mai.
Il giorno del mio quindicesimo compleanno, era il giorno in cui avevo deciso che gli avrei detto la verità senza più girarci intorno.
Gli avrei detto che lo amavo, ma non più come un fratello. Lo amavo di quell’amore che una ragazza prova verso un ragazzo.
Lo avrei fatto dopo la festa che Alice aveva voluto organizzare a tutti i costi, nonostante sapesse che non mi piaceva essere al centro dell’attenzione.
Ma lui se ne era andato prima che lo potessi fare, e per sempre.
Aveva aspettato il momento in cui stavo per aprire i regali, quindi tutti riuniti, per comunicare che aveva deciso di accettare l’invito a trascorrere un po’ di tempo con il clan di Denali, cioè altri vampiri che avevano deciso di vivere in comunità e senza nutrirsi di sangue umano.
Non ero riuscita a dire nulla, o a fare nulla, troppo sconvolta dalla notizia.
E poi, quando avevo capito che dovevo parlargli subito, lui non c’era più.
Senza nemmeno salutarmi. Se ne era andato e basta.
Avevo pianto per giorni, abbracciata ad Esme, o Rosalie, o Alice.
Tutti avevano capito cosa mi stava succedendo, non solo Edward. Ed erano tutti convinti, Edward per primo, che la lontananza mi avrebbe fatto capire che non era vero amore quello che provavo per lui.
Continuavano a ripetermi che era un momento di confusione, che stavo crescendo, che avevo rivolto la mia attenzione proprio ad Edward perché mi era stato più vicino rispetto a tutti loro.
Sapevo che non era così. Sapevo che quel sentimento per Edward era vero amore.
Ma lui se ne era andato, senza nemmeno salutarmi guardandomi negli occhi. Non poteva voler dire altro, se non che per lui io ero davvero solo una sorella.
Faceva male. Tutti i giorni mi sentivo morire all’idea che lui non ci fosse più.
Sarei stata disposta ad averlo vicino ancora come fratello, pur di averlo ancora nella mia vita.
Ma lui non era più tornato. L’invito di qualche settimana, era diventato un vero e proprio trasferimento.
Aveva addotto come scusa il trovarsi bene lì in Alaska, dove appunto risiedeva il clan di Denali.
C’era un clima perfetto, oltretutto, che gli permetteva una libertà di movimento che non avrebbe avuto dove noi risiedevamo.
Telefonava spesso, e a volte parlava anche con me. Ma non aveva più la voce calda, affettuosa che ricordavo.
Era un parlare distaccato, un chiedere di banalità come il mio andamento scolastico, o della mia salute.
Ogni volta, mi faceva chiaramente capire che per lui le cose tra di noi, erano decisamente cambiate e che gli andava bene così.


 
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Ora, di anni ne avevo quasi diciotto.

Da due, ci eravamo trasferiti a Forks, nello stato di Washington.
Cittadina ideale per la famiglia Cullen, dato che aveva il più alto tasso di piovosità di tutti gli Stati Uniti.
Insieme ai miei “fratelli”, frequentavo la High Forks School. Stavamo per diplomarci, io per la prima volta, ognuno di loro per l’ennesima volta.
Le nostre giornate trascorrevano sempre uguali, e non annoiarsi diventava sempre più difficile.
Di amicizie vere non ne avevo fatte, dato che anch’io mantenevo un certo distacco dagli altri compagni. Mi veniva istintivo, dal momento che anche gli altri lo facevano per non entrare troppo in contatto con altri umani.
Se il mio sangue non aveva più alcuna attrattiva per loro, anche grazie al bene che mi volevano, non era così verso il sangue degli gli altri.
Anche a scuola, perciò, passavo il mio tempo libero con loro. Come stava avvenendo anche in quel momento, in mensa.
Dove ascoltavo le chiacchiere dei mie fratelli, mentre ero l’unica a mangiare il cibo che mi ero servita.
Anche loro ce l’avevano davanti, nei piatti che avevano riempito, ma lo stavano ignorando.
- Bella, ancora non ti sei stufata di quella roba? Tra tutto quello che mangi, è la cosa che veramente fa più schifo…
Emmet stava guardando il mio piatto di spinaci con un’espressione di vero disgusto.
- Non sai che fanno diventare più forte? Presente l’effetto che fanno su Braccio di Ferro? Potrei anche arrivare a darti la lezione che meriti dopo averli mangiati!
Jasper non era riuscito a trattenere una risata, probabilmente perché mi stava immaginando mentre davo una lezione ad Emmet.
- Sai quanti ne dovresti mangiare per potermi battere, pulce?
Per un attimo non mi ero vista più in mensa, circondata dal vociare incessante degli altri studenti, ma su un marciapiede, nel silenzio ovattato che solo la neve sapeva creare.
“Ti voglio bene, pulce. Tutti ti vogliamo bene, e il tuo posto è a casa, con noi.”
La voce di Edward era tornata a riempirmi il cuore, i pensieri, l’anima.
La sua assenza si era fatta dolorosamente viva, mi avvolgeva e mi stordiva.
Mi aveva mentito. Aveva detto che non lo avrebbe più fatto. E invece… se ne era andato.
- Bella, credo che Mike ti inviterà al ballo di fine anno… e credo lo farà non appena usciremo da scuola…
La voce di Alice, lo sguardo di Rosalie, l’empatia di Jasper, il dispiacere di Emmet, mi avevano riportato al presente.
Mitigando in parte quel dolore che aveva il potere di ferirmi così profondamente.
Perché ero ancora innamorata di lui. Anzi, lo ero sempre di più.
- E’ un’ipotesi, Alice, o una certezza?
Erano stati tutti sollevati nel sentirmi rispondere, soprattutto Emmet. Sicuramente sapeva che non sarebbe stato sufficiente per Rosalie, che comunque lo avrebbe rimbrottato duramente per essere stato così “stupido” da usare quell’espressione che era di Edward.
- Temo una certezza, Bella. L’ho visto realizzarsi due secondi fa, quando ho incrociato il suo sguardo…
- Potrei sempre fingere un malore ed andare a casa prima… eviterei l’imbarazzo di dovergli dire ancora un no!
- Oppure potresti accettare il suo invito…
Rosalie non aveva nascosto una certa durezza nel dirmelo.
- Andare al ballo con Mike? Il ragazzo che non è capace di dirmi due parole in croce senza balbettare? Rosalie, mi vuoi così bene?
- Forse è proprio perché ti voglio bene, Bella, che te lo dico…
Capivo che il suo non accettare di scherzarci sopra, poteva essere il preludio di una discussione già avvenuta solo due sere prima e non avevo voglia di ripeterla a breve distanza.
- Ci penserò, Rosalie, promesso.
Avevo cercato di chiudere l’argomento evitando danni più seri. Dato che due sere prima, la discussione era poi degenerata in un litigio vero e proprio che solo Carlisle era stato in grado di interrompere.
- Non mi basta come risposta, Bella. E’ quella che ho già sentito negli ultimi due anni… e anche con altri ragazzi più o meno interessanti.
- Rose, devo dare atto a Bella che Newton non è che sia proprio il massimo…
- Jasper, sai bene che il problema non è Newton…
Sentivo che avrei potuto arrabbiarmi di nuovo sul serio. Capivo che Rosalie lo faceva davvero per il mio bene, ma non cambiava comunque la situazione: sapevano benissimo come la pensavo. La mia vita mi andava bene così, perché era con loro che la volevo condividere.
- Rose, per favore, non ho voglia di litigare ancora… possiamo chiudere qui l’argomento?
- Lo potrei fare se tu accettassi l’invito di Mike. Devi vivere anche la tua vita, Bella, non solo la nostra…
- Rose ha ragione, Bella.
- Alice! Anche tu ti ci metti? Ma che cavolo avete oggi contro di me? Se è per gli spinaci… non  li prendo più!
Stavo ancora tentando di lasciargli una scappatoia, la possibilità di unirci tutti insieme in una risata che riportasse la conversazione su argomenti spensierati come poco prima.
- Bella, lo so che non vuoi sentirtelo dire… ma dovresti frequentare anche ragazzi come te, con le tue stesse “esigenze”…
Era successo, ero arrabbiata sia con Alice, che con Rose. Ultimamente mi stavano davvero troppo addosso con questa storia.
- E voi due, anche voi la pensate così? Vi piacerebbe vedermi avvinghiata a Mike Newton sul sedile posteriore della sua auto?
Emmet e Jasper avevano iniziato ad essere gelosi della loro “sorellina” umana da quando eravamo arrivati a Forks. Ora che ero cresciuta, e che i ragazzi davvero mi guardavano con un occhio diverso, si erano trovati in difficoltà.
Spesso, si erano dovuti trattenere a fatica davanti a commenti appena sussurrati da qualche ragazzo al mio passaggio, e che loro sentivano benissimo.
- Non credo che Newton oserebbe tanto… almeno non subito, visto i fratelli che ti ritrovi… perciò…
Era stato Emmet  a rispondermi, ma anche Jasper annuiva convinto.
Alice e Rosalie continuavano a sostenere il mio sguardo, convinte che fossi io in errore.
Non capivano che sarebbe stato tutto inutile? La mia vita avrebbe avuto un senso solo accanto ad Edward.
E non avevo ancora confessato loro l’altra mia convinzione, quella che avevo iniziato a maturare da un anno a questa parte, mentre attendevo di diventare maggiorenne.
Volevo arrivare a condividere davvero la loro vita, volevo essere come loro.
Sapevo anche che se lo fossi diventata, Edward mi avrebbe visto con occhi diversi.
Non avrei più avuto quell’anima che, una volta, mi aveva detto era la cosa che più temeva perdessi vivendo accanto a loro.
Ma non avrei potuto davvero parlargliene ora, quando erano così convinti che avrei dovuto “occuparmi” di più della mia natura umana.
Forse per trovare quella felicità che volevano per me, ma che mai sarebbe potuta arrivare proprio da lì.
- Capisco. E’ una congiura di famiglia. Devo pensare che anche Carlisle ed Esme la pensino così?
Mi era bastato vedere le loro espressioni per sapere che era così. Che probabilmente ne avevano parlato davvero tutti insieme, arrivando a quella conclusione.
Avevo deciso d’istinto che si sarebbero pentiti di avermi spinto in quella direzione. Li avrei accontentati, ma li avrei anche tagliati fuori.
Volevano che provassi ad essere l’umana che ero?
Benissimo, non ci sarebbe stato più spazio per loro. Non me ne sarei andata, ovviamente, come avevo provato a fare all’età di undici anni, ma avrei fatto in modo che la mia presenza si riducesse al minimo.
- Okay, avete vinto voi.
Mi ero alzata di scatto, attirando immediatamente sguardi curiosi: al tavolo dei fratelli Cullen, era raro vedere qualcuno di loro andarsene da solo.
- Volete che Newton entri nella mia vita?
- Bella, lo sai cosa volev…
- Rosalie, ho capito, davvero. Lo fate per il mio bene. E voi sapete cosa è meglio per me, giusto? In fondo, io sono solo la “piccolina” di famiglia… come posso pretendere di saperne più di voi?
Sentivo che Jasper stava tentando di controllare la mia rabbia, ma io sapevo contrastarlo se volevo. E in quel momento lo volevo davvero.
- Tranquillo, Jasper. Non farò qualche stupidata. Sto solo per seguire il consiglio di Rosalie…
Ero arrabbiata, ma non volevo davvero dare spettacolo più del dovuto. Non avrei mai messo in pericolo tutti loro.
- Andrò a fare amicizia con chi potrà capire meglio le mie “esigenze”…
E li avevo lasciati così, gli sguardi ora più incupiti, probabilmente anche dispiaciuti per avermi fatto arrabbiare.
E lo ero davvero, arrabbiata. Perché non riuscivo a smettere di pensare che se ci fosse stato Edward, tutto questo non sarebbe successo.
Lui avrebbe capito meglio di tutti quello che provavo.
O forse, volevo solo illudermi che se ci fosse stato, non mi avrebbe permesso di andare da Mike.
Mi avrebbe fermato prima, dicendomi che il mio posto era accanto a lui.
Ma Edward non c’era. Era lontano, e di quello che provavo io, probabilmente non gli interessava veramente.
Questo pensiero mi aveva resa ancora più determinata nel mio intento.
Così, con passo sicuro, avevo colmato la distanza tra il nostro tavolo e quello dove Mike sedeva con altri miei compagni di classe.
Mi aveva visto dirigermi verso di loro, e avevo visto la sua espressione diventare sempre più sorpresa.
Per diventare incredula, quando mi ero rivolta direttamente a lui.
- Ciao, Mike.
- Ci… ciao Bella!
- Ora ti sembrerà strano quello che sto per dirti…
Avrei voluto essere nei pensieri di Mike come sapeva fare Edward. Credo che l’avrei trovato, forse, anche divertente.
- … ma mi chiedevo: ti andrebbe di venire a mangiare una pizza con me, una di queste sere?
Per un attimo avevo temuto che potesse cadere dalla sedia, tanto lo aveva preso in contropiede.
E temevo la stessa cosa anche per Angela, Eric, Jessica e Tyler, dato che anche loro mi guardavano increduli.
L’unica certezza che avevo, era che i miei fratelli stavano sentendo tutto con molta chiarezza, e speravo potessero già essere pentiti della mia decisione.
- Bè… ovvio che sì!
Mike non era caduto dalla sedia, ma anzi era scattato in piedi a sua volta.
Non era un brutto ragazzo ed era anche vagamente simpatico.
Solo che non sarebbe mai potuto essere Edward.
Nessuno sarebbe mai potuto essere Edward.
Io avrei amato lui per sempre.
- Anzi… direi che potremmo già fare stasera! Inaugurano giusto una nuova pizzeria in centro… con i ragazzi stavamo pensando di andarci…
- Perfetto, allora! Poi mi fai sapere a che ora devo arrivare…
Mi ero voltata solo un attimo, per vedere le facce dei miei fratelli, e ne ero rimasta soddisfatta.
Fingevano indifferenza, ma io sapevo che erano preoccupati che avessi reagito così istintivamente.
Peggio per loro, avrebbero dovuto pensarci prima.
Ora che ero riuscita nel mio intento, sentivo la rabbia sbollire rapidamente. E avevo pensato che andare fuori, per respirare un po’ d’aria, mi avrebbe fatto bene.
Solo che non avevo messo in conto l’effetto che avrebbe avuto su Mika Newton quel mio improvviso interesse per lui.
Non avevo fatto in tempo a salutarli, dicendo che ci saremmo visti dopo a lezione, che Mike già si stava offrendo di tenermi compagnia, magari scambiando due chiacchiere.
Non avrei mai voluto la sua compagnia, avrei voluto stare un po’ in pace, ma rifiutare sarebbe apparso ancora più strano del mio improvviso interesse per lui.
Così, con lui al mio fianco, avevo lasciato la mensa.
Consapevole di avere addosso gli sguardi dorati di quattro vampiri.
 
 
 
 
 
 
 



E per incuriosirvi un pochino di più ecco un piccolo assaggio dal primo capitolo...
 
 
 
Era stata una serata assolutamente da dimenticare.
Non mi ero mai sentita più fuori luogo, come in mezzo a quel gruppo di ragazzi. I loro scherzi, i loro discorsi, i loro sogni, tutto mi sembrava assolutamente lontano da quello che ero io.
Vedevo in loro tutto quello che non avrei mai voluto diventare.
Avevo finto l’allegria necessaria per arrivare sino in fondo alla serata, senza fargli capire che non ci sarebbe stata una seconda volta.
Questo pensavo mentre imboccavo la strada che mi portava verso casa.
Che avrei dovuto trovare una scusa plausibile per rifiutare l’invito che mi era stato rivolto di andare a fare surf sulla spiaggia di La Push.
Perché non mi interessava quello che avrebbero voluto per me i miei fratelli, io ero certo che quella vita non facesse per me.
Non è così che sarei stata felice.
Nel frattempo ero arrivata davanti alla villa che era diventata la nostra casa.
Era isolata in mezzo ai boschi e abbastanza lontana da Forks, da concedere quella riservatezza di cui la mia famiglia aveva bisogno.
Il buio della notte era rischiarato solo dalle luci all’interno. Sicuramente qualcuno mi stava attendendo e mi avrebbe domandato della serata.
Immaginavo sarebbero state sicuramente Alice e Rosalie.
Da quando eravamo tornati da scuola, a quando ero uscita per andare in pizzeria, non avevo spiaccicato parola con loro.
E loro avevano preferito non insistere, sapendo che mi avrebbero solo fatto arrabbiare di più.
Mi conoscevano davvero troppo bene, e sicuramente sapevano che quando fossi tornata, sarei stata più propensa a parlarne.
Ero appena scesa dal mio pick-up, quando un brivido premonitore mi aveva attraversato la schiena.
- Ciao, Bella.
Era qui, era tornato.
Mi ero voltata lentamente, convinta di scoprire che era stata solo la mia immaginazione.
Ma non era stato un sogno.
Edward era lì, di fronte a me.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Buongiorno!
Innanzitutto devo ringraziare tutte le lettrici che hanno inserito questa storia tra preferite/ricordate/seguite perchè non pensavo che sareste state così tante già dall’inizio!
Un particolare grazie va a quelle lettrici che hanno anche deciso di lasciarmi un commento. Mi ha allargato il cuore e rafforzato la mano: nello scrivere questo primo capitolo, infatti, tremava un pochino meno dall’ansia di non sapere che impatto avrebbe avuto sui lettori questa storia.
Come avrete notato sia il prologo, sia questo primo capitolo, si aprono con il testo di una canzone.
Non è un caso! Adoro scrivere ascoltando musica, e mi piace perciò scovare canzoni che possano riassumere il senso del capitolo. O almeno ci provo! Quindi, lo farò per tutti i capitoli di questa storia.
Chiuderei questa introduzione con un’ultima nota: gli aggiornamenti. Non credo di poter “promettere” scadenze regolari, dato che forse non riuscirei a rispettarle, però sicuramente cercherò di far passare massimo una settimana tra un capitolo e l’altro.
Buona lettura… e se vi va, mi farete contenta lasciando un commento
BF
 
 
 


Tu sai difendermi e farmi male

Ammazzarmi e ricominciare
A prendermi vivo
Sei tutti i miei sbagli
A caduta libera
E in cerca di uno schianto
Ma fin tanto che sei qui
Posso dirmi vivo
Tu affogando per respirare
Imparando anche a sanguinare
Nel gioco che sfugge
il tempo reale sei tu
Tu a difendermi a farmi male
Sezionare la notte e il cuore
Per sentirmi vivo
In tutti i miei sbagli
Non m' importa molto se
Niente è ugule a prima
Le parole su di noi
Si dissolvono così


"Tutti i miei sbagli - Subsonica"


 
 



Era stata una serata assolutamente da dimenticare.
Non mi ero mai sentita più fuori luogo, come in mezzo a quel gruppo di ragazzi. I loro scherzi, i loro discorsi, i loro desideri, tutto mi sembrava assolutamente lontano da quello che ero io e che volevo.
Vedevo in loro tutto quello che non avrei mai voluto diventare.
Avevo finto l’allegria necessaria per arrivare sino in fondo alla serata, senza fargli capire che avevo già deciso che non ci sarebbe stata una seconda volta.
Questo pensavo mentre imboccavo la strada che mi portava verso casa, che avrei dovuto trovare una scusa plausibile per rifiutare l’invito che mi era stato rivolto per andare a fare surf sulla spiaggia di La Push il prossimo weekend.
Perché non mi interessava quello che avrebbero voluto per me i miei fratelli, io sapevo che nel mio futuro non c'era spazio per quella vita.
Non era così che sarei stata felice.
Nel frattempo ero arrivata davanti alla villa che era diventata la nostra casa. Era isolata, circondata com'era da fitti boschi e abbastanza lontana da Forks, da poter garantire quella riservatezza di cui la mia famiglia aveva bisogno.
Il buio della notte era rischiarato solo dalle luci accese all’interno. Sicuramente qualcuno stava attendendo il mio rientro, per domandarmi della serata appena trascorsa.
Immaginavo sarebbero state sicuramente Alice e Rosalie. Da quando eravamo tornati da scuola, a quando ero uscita per andare in pizzeria, non avevo più rivolto loro mezza parola.
Anche loro avevano preferito non insistere, sapendo che mi avrebbero solo fatta arrabbiare di più.
Mi conoscevano davvero troppo bene, e sicuramente sapevano che quando fossi tornata, sarei stata più propensa a parlarne.
Ero appena scesa dal mio pick-up, quando un brivido premonitore mi aveva attraversato la schiena.
- Ciao, Bella.
Era qui, era tornato.
Mi ero voltata lentamente, convinta di scoprire che era stata solo la mia immaginazione a farmi sentire quella voce.
Ma non era stato un sogno.
Edward era lì, di fronte a me.
Non era cambiato nulla in lui. Il trascorrere del tempo, come per tutti loro, non lasciava alcun segno.
I lineamenti eleganti, gli occhi dorati, il fisico asciutto, i capelli sempre ribelli... tutto era perfettamente come lo ricordavo.
Ed era stato inevitabile pensare come lui, invece, avrebbe visto su di me i segni del tempo passato.
Erano trascorsi quasi tre anni dall’ultima volta che ci eravamo visti, e io non ero più una ragazzina acerba.
Emmet, Jasper, lo stesso Carlisle, mi avevano più volte detto quanto mi fossi trasformata in una giovane donna. Si erano mostrati gelosi, come spesso succede ai padri e ai fratelli, delle occhiate ammirate che a volte gli uomini mi riservavano. Mi dicevano spesso che faticavano a capacitarsi che fossi cresciuta così tanto, che non fossi più quella bambina ingenua dai lunghi codini e la faccia sporca di marmellata.
E lui? Come mi vedeva ora? Avrebbe visto che la bambina stava diventando una giovane donna?
Cercavo nel suo sguardo qualcosa che potesse rivelarmi le risposte alle mie domande, ma era indecifrabile nel suo osservarmi.
- Ciao, Edward.
Il suo arrivo improvviso aveva acceso dentro di me sentimenti contrastanti.
Rabbia, felicità, odio, amore, confusione.
Mi sentivo annegare in quel mare di emozioni che non riuscivo ad imbrigliare. Avrei voluto, nello stesso momento, gettarmi tra le sue braccia e fuggire lontano.
Lo amavo, ma al tempo stesso lo odiavo con tutta me stessa.
- Quando… quando sei arrivato?
Non sapevo dove avevo trovato la forza di parlargli. Sapevo solo che dovevo rompere quel silenzio in cui sentivo, sempre più insistente, ogni fibra del mio essere gridare di abbracciarlo e, forse, anche di baciarlo.
- Qualche ora fa. L’aereo era in ritardo, altrimenti sarei arrivato prima.
Prima che io uscissi per andare ad un appuntamento con un altro ragazzo, magari impedendomelo?
Ma sapevo bene che non era questo che mi stava dicendo. Stava semplicemente rispondendo alla mia domanda.
- Nessuno mi ha detto che saresti arrivato.
Mi era stato impossibile non formulare quelle parole accusatorie, perchè era stata la prima cosa che avevo pensato.
Mi avevano volutamente tenuta tutti all'oscuro del suo arrivo finchè non me lo fossi trovato di fronte, forse per rendermi meno difficile questo momento.
Essere lì con lui, divisi solo da qualche passo, eppure distanti come fossimo due sconosciuti che si incontravano per la prima volta.
- Non arrabbiarti con gli altri. Sono stato io a volere così.
La sua voce.
Dio, come mi mancava il sentirla parlarmi come aveva fatto in passato. Calda, amorevole, serena.
Non con quel tono freddo ed impersonale che aveva contraddistinto le sue telefonate in questi anni, e che aveva anche ora.
- Perchè, Edward?
Stavo cercando di vincere una dura battaglia con me stessa, perchè sentivo gli occhi pizzicarmi nello sforzo di trattenere quelle lacrime che avrebbero voluto sgorgare copiose.
Avevamo parlato tante volte del fatto che lui non riuscisse a leggere i miei pensieri. Una stranezza a cui non eravamo mai riusciti a dare un perchè. Era così, e basta.
Mai come adesso, però, ne ero contenta: che non potesse davvero sapere come e quanto stavo male per lui.
Anche se sapevo che avrebbe potuto intuire lo stesso il mio stato d'animo dai mille altri segnali che il mio corpo umano gli inviava.
Segnali che lui interpretava così bene, perchè ero sempre stata come un libro aperto per lui, anche senza poter leggere i miei pensieri.
- Non volevo che il mio arrivo ti turbasse prima del dovuto.
La sua risposta era stata la conferma di quanto avevo appena pensato: ero un libro aperto per lui. E la rabbia che avevo provato nel sentirmi così mi aveva quasi paralizzato.
Vedere che lui, invece, riusciva ad essere così padrone di se, mi stava facendo impazzire. Dove era finito tutto l'affetto che aveva sempre provato per me? Perchè mi trattava così? Perchè non si era precipitato ad abbracciarmi, dicendomi che questi tre anni senza di me, erano stati un inferno anche per lui?
Perchè non lo erano stati, questa era la realtà. Lo erano stati per me, come lo sarebbero stati tutti quelli futuri, ma per lui no.
Solo questo mi aveva spinto a sforzarmi di reagire come mai avrei pensato di poter fare.
- Turbarmi? Non credo proprio. Come vedi, questa sera avevo un appuntamento. Non ci avrei rinunciato nemmeno se avessi saputo prima del tuo arrivo.
La sua espressione non era cambiata, era rimasta indecifrabile, estranea.
Ed era stato come se mille lame affilate lacerassero la mia carne. Che cosa era successo? Perchè lo avevo perso così? Cosa avevo fatto per meritarlo?
- Alice e Rosalie, mi hanno detto che eri uscita con dei compagni di scuola.
- Ti hanno informato male. Sono uscita con un ragazzo, Mike, oltre che con dei compagni di scuola.
Lo avevo fatto davvero, avevo seguito quella voce dentro di me che mi spronava a cercare di scalfire in ogni modo possibile quella sua espressione distaccata.
Volevo che tornasse l'Edward che ricordavo, ad ogni costo, anche quello di mentire, facendogli credere che esistesse qualcosa tra me e Mike.
Perchè quel ragazzo non era niente per me, e mai sarebbe potuto esserlo. Lo avevo capito proprio stasera e senza possibilità che mi stessi sbagliando.
- Spero ti sia divertita con loro.
Non potevo più sopportare quello che stava accadendo tra di noi. Quell’ abisso che improvvisamente ci divideva.
- Sì, assolutamente. Infatti sono molto stanca... anzi, spero non ti offenderai se me ne vado subito a letto, ma sto davvero crollando dal sonno... domani avrò anche una giornata impegnativa a scuola...
L'ombra di un sorriso aveva fatto capolino sulle sue labbra. E il mio cuore aveva perso un battito.
Avevo rivisto quel volto così come ricordavo mi avesse sempre guardata.
- Avevo dimenticato quanto i tuoi ritmi fossero "d'intralcio" ai nostri...
E se aveva perso un battito per quello sguardo, ora il mio cuore minacciava di volersi fermare del tutto davanti al tono affettuoso con cui aveva pronunciato quelle parole.
Quante volte mi aveva preso in giro così, in passato, per il mio umanissimo bisogno di dormire? Quasi tutte le sere, quando avevamo dovuto interrompere qualsiasi gioco o attività in cui eravamo impegnati, perchè io non ero più riuscita quasi a tenere gli occhi aperti.
Quante volte, prendendomi in braccio per portarmi nella mia stanza, mi era bastato per crollare immediatamente nel sonno? O quante volte era rimasto sdraiato accanto a me, sino a che non mi ero addormentata serena, grazie alla sua presenza?
Infinite volte, perchè c'era sempre stato nella mia vita di bambina e poi di ragazzina.
E come sarebbe stato averlo accanto, adesso, nel mio letto? Cosa avremmo sentito entrambi, se mi avesse stretto ora contro di lui, per portarmi in braccio?
Avevo scacciato il pensiero nell'unica maniera possibile: negare che ci fosse stato. Sostituendolo con uno che potesse ferire lui, e non me.
- Già...  infatti, sono molto contenta di aver incontrato Mike... non avrò mai questo problema con lui: i sui ritmi coincideranno sempre con i miei...
Non ero rimasta in attesa di una sua reazione o risposta. Ero certa, certissima, che non sarebbe mai stata quella che avrei voluto.
Così avevo aggiunto solo un frettoloso "a domani" ed ero entrata svelta in casa.
Rosalie ed Alice, come avevo previsto, le avevo trovate sedute sul divano, in attesa. Sapevo che avevano sentito tutto, come sapevo che Edward avrebbe sentito qualsiasi cosa avessi detto loro.
Così, sforzandomi come una brava attrice, ero riuscita anche a sorridere di rimando alle loro espressioni ansiose.
- Rosalie, Alice... grazie. Ho passato una serata bellissima. Ed è solo merito vostro, perchè se non avessi seguito il vostro consiglio me la sarei persa.
Avevo intuito che stessero per dirmi qualcosa riguardo all'arrivo di Edward, e non avrei avuto la forza di affrontarlo. Così le avevo precedute.
- Però, adesso, sono davvero stanca... ma giuro che domani vi racconterò tutto, a scuola.
Mi ero chinata a baciare entrambe, un'abitudine che non avevo mai perso, quella di salutarli prima di andare a dormire.
Avevano ricambiato entrambe affettuosamente, ed era stato sufficiente quello per farmi capire che avevano compreso benissimo come mi sentissi in quel momento.
Confusa, addolorata, arrabbiata.
 
 
 
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
 
 
La mattina dopo mi ero svegliata con un terribile mal di testa.
Non ero riuscita a chiudere occhio, se non per un'ora scarsa. Per tutto il tempo mi ero sforzata di trattenere il pianto in cui mi sarei voluta sciogliere. Ma non volevo assolutamente che nessuno di loro mi sentisse, tanto meno lui, e si facessero un'idea di quanto ero sconvolta da quell'arrivo inaspettato.
Perchè era qui? Era tornato, o era semplicemente una visita la sua? Avrebbe preferito evitarmi? Non provava davvero più nulla per me? Era riuscito a cancellarmi dalla sua vita? Ero diventata davvero un'estranea per lui?
Queste e mille altre domande mi avevano tormentato tutta notte. Il viso soffocato nel cuscino, i pugni contratti a stringere la coperta.
Avevo persino male alla mascella, tanto avevo stretto i denti per non cedere alla marea che minacciava di travolgermi ad ogni momento.
Nello specchio, l'immagine riflessa, era quella di un viso pallido, gli occhi cerchiati da ombre scure e le labbra leggermente gonfie. Non so quante volte le avevo morse per impedirmi di gridare tutta la rabbia e il dolore che avevo dentro.
Non potevo mostrarmi così, o sarebbe stato tutto inutile, si sarebbero accorti immediatamente del mio stato d'animo.
Mi ero buttata sotto la doccia, aprendo l'acqua calda al massimo. Probabilmente una doccia bollente non avrebbe lavato via totalmente l'aria sciupata del mio viso, ma l'avrebbe mitigata quel tanto che bastava da attribuirla alla stanchezza dell'essere andata a letto più tardi del solito.
Forse avrei anche potuto mentire un poco, dicendo che mi ero concessa un paio di birre e che non essendo abituata, quello era l'effetto che avevano avuto su di me.
Ingannare dei vampiri non era facile, se non quasi impossibile. Ma qualche volta ci ero riuscita, grazie al fatto che sapevo appunto di doverlo fare in maniera molto più credibile.
Quando ero tornata in camera, Alice era già seduta sul mio letto sfatto. Nonostante avrebbero potuto farlo sempre, grazie alle loro capacità, poche volte i miei familiari si erano permessi di entrare in camera mia, senza che io me ne accorgessi. Bussavano, per avvisarmi della loro presenza e poi entravano.
Stamattina Alice non lo aveva fatto, forse convinta che non avrei voluto vederla subito. E non aveva sbagliato. Le avrei detto che sarei scesa subito, di aspettarmi giù.
- Fai schifo, sorellina.
Nel dirmelo, non aveva usato i modi che le erano abituali, ed era stato il segnale che il mio mentire sarebbe dovuto essere più convincente che mai, perchè era qui per sapere la verità da me.
- Grazie, Alice. Sentirmelo dire, renderà ancora più piacevole il mio dovermi mostrare a scuola.
Avvolta nell'accappatoio le avevo dato le spalle per aprire il cassetto della biancheria intima.
- Tranquilla. Se è per quello, sono sicura che Mike ti troverà bellissima lo stesso.
Era l'occasione giusta da cogliere per seminare il dubbio.
- Vai avanti così, Alice, e la mia autostima toccherà davvero livelli record.
Ero arrivata a guardarla negli occhi, cercando di sorridere davvero.
- Potrei arrivare a chiederti la tua trousse con i trucchi, di questo passo.
Non sapevo se intuisse la verità dietro questo mio chiacchierare quasi allegro, però non avevo altra scelta. Non le avrei permesso di strapparmi la verità.
- Sarebbe davvero un giorno storico. Forse potrei insistere davvero...
Mi ero infilata nel frattempo un coordinato intimo che proprio lei mi aveva regalato e che non avevo mai indossato prima. Lo avevo fatto nella certezza che non le sarebbe sfuggito.
- Ti sta molto bene. Anche se ritengo tu sia un pò troppo magra... qualche chiletto in più, non ti starebbe male...
Ero sempre più preoccupata, perchè questa conversazione con Alice aveva tutte le premesse per diventare un vero campo minato.
Il fatto che non mi avesse ancora parlato del vero motivo per cui l'avevo trovata già nella mia stanza, senza che si fosse annunciata, faceva intendere che stesse studiando ogni mio movimento, o espressione, o tono di voce, a caccia di indizi sul mio reale stato d'animo.
- Terrò presente i tuoi consigli... e ti ringrazio per essere stata meno... diretta nel dirmelo!.
Ci eravamo concesse un sorriso entrambe, probabilmente sincero, all'idea che di conversazioni così ne avevamo già fatte a centinaia.
Alice, da quando mi ero affacciata nell'adolescenza, aveva cercato di trasmettere anche a me il suo amore per il bello. Potevano essere vestiti, automobili, arredi, accessori, persino quel cibo che mangiavo solo io, ma per lei tutto doveva essere gradevole alla vista. Aveva un'eleganza e una grazia innata, che andava oltre il suo essere vampira, qualcosa che probabilmente era stato dentro di lei anche da umana.
Io, però, continuavo a rimanere il suo esatto opposto: a volte quasi goffa, non mi curavo particolarmente di ciò che indossavo o di quello che mi circondava. Per me, tutto doveva essere pratico e comodo.
Ricordavo la discussione avuta proprio per il letto su cui adesso era seduta: quando l'avevo trovato nella mia stanza, quasi non ci potevo credere.
Aveva pensato lei, ovviamente, all'arredo della nostra nuova casa, e come sempre, anche a quello per la mia stanza. Sapeva dei miei gusti semplici, e quella volta aveva deciso di ignorarli, facendomi trovare questo letto matrimoniale immenso, in ferro battuto, con tanto di baldacchino e tende per oscurarlo completamente.
Passata la sorpresa iniziale, le avevo detto che mi sembrava un pò eccessivo per dormirci da sola. Il solito letto ad un piazza, sarebbe stato più che sufficiente.
Ma lei aveva insistito che per una volta avrei potuto accettare un suo regalo e basta, senza dover sempre sottolineare i nostri diversi modi di essere. Avevo capito di averla ferita, ed avevo fatto marcia indietro.
Mi ero scusata, sinceramente dispiaciuta. Ed era bastato perchè ci ritrovassimo abbracciate, ridendo commosse come due stupide.
- Io non metterei quel colore, se davvero ti interessa il tuo aspetto stamattina...
Avevo infilato un paio di jeans, una camicia bianca e stavo indossando un semplice maglione grigio.
- Pallida come sei e con quelle occhiaie che ti ritrovi, penseranno che tu sia una zombie...
Se non fossi stata così tesa, all'idea che il mio aspetto fosse comunque così evidente, avrei apprezzato in maniera diversa la battuta di Alice. Che un vampiro desse dello "zombie" ad un'umana... conteneva davvero un'evidente ironia!
- In effetti... temo di aver bevuto un pò troppo ieri sera. Mike Newton, si è rivelato un tipo davvero diverso, sai? Evidentemente a scuola, presenti tutti voi, si sentiva meno sicuro...
Ecco, non avevo mentito del tutto in questo caso. In effetti, Mike si era decisamente mostrato più spigliato ieri sera nei miei confronti. Aveva chiacchierato e scherzato, forse anche un pò flirtato esplicitamente con me, senza mai mostrarsi imbarazzato.
- Mi stai dicendo che Mike è un ubriacone?
Era ovviamente ironica la domanda di Alice, dal momento che poteva benissimo immaginare che così non fosse.
- No, ovviamente. Dico solo che ieri sera, l'atmosfera era molto rilassata tra di noi... così, non ho rifiutato la seconda birra che mi ha gentilmente offerto!
Mi ero nuovamente rivolta verso lo specchio, aggiustandomi il colletto della camicia e constatando che Alice non aveva tutti i torti: il grigio del maglione donava al mio viso una sfumatura leggermente azzurrognola.
- Bella, Edward in questo momento non è in casa.
Le parole di Alice avevano avuto lo stesso effetto di una doccia gelata.
Concentrata sul fatto di apparire normale ad Alice, non avevo pensato che lui potesse essere in ascolto.
Oppure, come stava insinuando la stessa Alice, inconsciamente avevo iniziato a parlare di ieri sera in quella maniera, perchè anche lui si facesse un'idea ben precisa del mio rapporto con Mike?
- E allora, Alice?
Ero riuscita a rimanere lucida quel tanto che bastava per evitare di dare a vedere che la sua domanda aveva colpito nel segno.
- Dico solo che puoi dirmi la verità, Bella. Che quella faccia è il risultato di una notte insonne provocata dall'arrivo di Edward.
Merda. Decisamente aveva deciso di passare al contrattacco. Ora dovevo davvero stare attenta a soppesare ogni parola e gesto.
Mi ero voltata, tornando a fissarla direttamente negli occhi non più attraverso lo specchio.
- Non posso negare che il suo arrivo sia stato alquanto... inaspettato, ma da qui, ad esserne sconvolta... direi proprio di no.
“Attacca a tua volta, Bella.”
Ecco quello che dovevo fare.
- Piuttosto, sorellina, non è che sia il tuo senso di colpa a farti preoccupare così del mio aspetto? Forse, perchè tu, o gli altri, avete eseguito alla lettera le istruzioni di Edward e non mi avete detto nulla del suo arrivo?
Non le avevo dato il tempo di rispondere e avevo ripreso.
- Magari, ora sei preoccupata che io sia molto seccata, o magari molto arrabbiata, per il fatto che non abbiate pensato prima a me, piuttosto che a lui.
Mi stavo arrabbiando sul serio.
Perchè mentre lo dicevo, avevo realizzato che le cose forse stavano davvero così. Sapevano che sarei rimasta molto più sconvolta io del suo arrivo, piuttosto che lui nel rivedermi. Eppure avevano rispettato la sua richiesta di non dirmi niente.
- E magari, adesso sei qui per sapere come sto, solo per attenuare questo senso di colpa. Sempre magari, sei venuta in avanscoperta anche a nome degli altri, che hanno egualmente preso parte a questa congiura...
Era difficile riuscire a capire se stavo colpendo nel segno con lei, dato che la sua natura l'aiutava nel non tradirsi con quei segnali che negli umani erano così evidenti: arrossire, o agitarsi nervosamente, o stare sulla difensiva.
Lei mi ascoltava perfettamente immobile, seduta a gambe incrociate sul letto come l'avevo trovata.
- Okay. Che ne dici di un compromesso? Potrei ammettere il mio senso di colpa, se tu ammettessi che la tua aria distrutta è la conseguenza dell'arrivo di Edward, e non della tua serata con Mike & company.
Eccolo il momento decisivo: volevo trovare in Alice una spalla su cui piangere, nonostante mi sentissi ora un pò tradita anche da lei, o volevo continuare a tenere per me la tempesta che avevo dentro per l'arrivo di Edward?
Avevo cercato in questi due ultimi anni di far credere a tutti loro che le cose stessero andando meglio, che avessi iniziato a non provare più quel tipo di "amore" verso Edward, ma che stessi ritornando a vederlo come un fratello.
E poi c'era lo stesso Edward. Se avessi confessato di essere così turbata dal suo ritorno, lui avrebbe saputo quanto ancora lo amavo. E visto come mi aveva accolto ieri sera, sarei stata ancora io l'unica a mostrare la sofferenza che provavo.
- Non capisco, Alice. Sembra quasi che tu sia dispiaciuta del fatto che mi sia divertita in compagnia di ragazzi come me.
Avevo scelto di mentire a tutti, perchè prima di tutto volevo mentire a lui. Non volevo fargli sapere quanto ancora lo amassi, per magari vedere un'altra volta la sua pietà, o peggio la sua indifferenza.
Dopotutto se ne era andato senza nemmeno avere il coraggio di affrontarmi per dirmi che lui non avrebbe mai provato per me nient’altro al di fuori di un sentimento fraterno,
Aveva lasciato che fossero Carlisle, Esme, Alice, Rosalie, Jasper, Emmet a dirmelo. Ognuno di loro mi aveva consolato, parlato, ascoltato. Ognuno di loro mi aveva ribadito quanto mi volesse bene Edward, ma come fratello, e di come avesse preferito allontanarsi per darmi modo di capire i miei sentimenti, di capire che ero solamente confusa.
Ma lui, non era mai stato confuso. Anzi lui, lontano da me, aveva capito che non ero poi così importante nella sua vita.
E adesso, volevo che anche lui pensasse che per me era lo stesso. Che avessi scoperto che, senza di lui, potevo continuare a vivere anch'io.
- Bella, ma se neanche ci volevi uscire con Mike...
- E' vero, Alice. Inizialmente l'ho fatto perchè volevo darvi una lezione... pensavo che vi sareste pentiti di sapere che mi avevate costretto a passare una serata d'inferno... ma poi non è stato così! Mi sono divertita davvero.
Solo per un momento mi era balenata l'idea che qualcuno di loro, magari Emmet o Jasper, potessero essere venuti a spiarmi fuori dalla pizzeria. Magari davvero preoccupati che potessi trovarmi in difficoltà.
Ma poi avevo deciso di rischiare e continuare a mentire.
- Penso che uscirò ancora con loro. Mi hanno invitato per questo weekend ad andare con loro alla spiaggia di La Push. I ragazzi faranno surf, noi ragazze ne approfitteremo per sfotterli un pò...
Avevo imboccato quella strada senza nemmeno fermarmi a riflettere. Così, mi ero incastrata da sola nel dover frequentare ancora compagnie che avevo deciso non facessero per me.
- E l'arrivo di Edward? Ieri sera, e tu sai quanto ci dispiaccia la nostra invasione forzata, ti abbiamo sentito molto turbata nel parlare con lui. Anzi, per essere del tutto sincera, il tuo cuore sembrava sul punto di esplodere, Bella.
Sapevo davvero quanto fossero sinceramente dispiaciuti che non ci fosse una vera privacy per me, grazie ai loro poteri di vampiro.
- Alice, come volevi che reagissi, scusa? Mi trovo di fronte mio fratello, dopo tre anni che lo sento solo al telefono... mi sembra logico che un certo effetto me lo abbia fatto!
Ero stata abbastanza accorta da chiamarlo fratello e non Edward, nella speranza che il mio pronunciarlo suonasse naturale.
Perchè a me non era sembrato affatto così. Proprio da tre anni a questa parte, non avevo mai più pensato a lui come ad un "fratello".
Ma sempre e soltanto come Edward. Il vampiro di cui ero innamorata.
- E' davvero così, Bella? Lo sai che non hai bisogno di mentire con noi...
- Sì, è così. Mi fa piacere che Edward sia qui. Finalmente avrò modo di farvi capire che va tutto bene... e spero che lo capisca anche lui.
Ero certa che quello che stavo affermando sarebbe stato difficile da realizzare per me, ma ero altrettanto certa che non avrei mai voluto dover vedere Edward fuggire di nuovo davanti al mio amore per lui.
Non lo avrei sopportato un'altra volta.
E allora, avrei sofferto in silenzio. Cercando davvero delle alternative che mi aiutassero a portare avanti questa mia scelta. Avrei, perciò, davvero cercato di nuovo la compagnia di altri ragazzi come me.
Mi avrebbe permesso di rimanere lontano da lui, con una scusa plausibile.
Ero salita anch'io sul letto, sedendomi di fronte ad Alice e prendendole le mani.
Le volevo molto bene, era davvero una sorella per me. Come del resto gli altri, come del resto Esme e Carlisle erano diventati quei genitori amorevoli che diversamente non avrei avuto.
Alice aveva guardato prima le nostre mani intrecciate, poi me.
- Questo vuol dire che c'è la remota possibilità che mi , e ci, perdonerai perchè non ti abbiamo detto prima dell'arrivo di Edward?
Non sapevo se avesse creduto davvero alle mie parole, però non avevo scelta.
- Ovvio che sì, Alice. Credo di capire perchè lo abbiate fatto. E perchè Edward ve lo abbia chiesto. Forse, se lo avessi saputo prima, un pò di paranoie me le sarei fatte...
Alice mi aveva sorriso.
- Sai che il tuo modo di parlare mi sembra già diverso?
Qualunque cosa stesse pensando veramente, avevo capito che era intenzionata ad accontentarsi per il momento.
- Cioè?
- Cioè, "paranoie" è il termine più usato da Jessica Stanley! In questi due anni a scuola, non so quante volte gliel'ho sentito dire!
- Sai che non me ne ero accorta? Certo che diventare come Jessica...
- Ah, no, Bella! Come la Stanley, no! Caspita, penso che non riuscirebbe ad azzeccare un abbinamento di buon gusto, neanche se glielo mettessero davanti al naso!
E con questo, Alice era scoppiata nella sua risata melodiosa e cristallina, un suono che era sempre in grado di suscitare anche la mia, come di fatto era avvenuto.
 
 
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Le voci divertite di Emmet, Jasper ed Edward, mi avevano raggiunto in cucina, mentre stavo facendo colazione.
Esme aveva subito sollevato lo sguardo dal giornale per scrutare la mia reazione. Sicuramente aveva sentito la mia conversazione con Alice, e quando ci eravamo viste, io per prima le avevo ribadito che andava tutto bene. Ero contenta che Edward fosse finalmente di nuovo con noi.
Lei mi aveva abbracciato, e mi aveva detto che ero davvero una ragazza speciale. Poi, come sempre, eravamo andate in cucina, io per fare colazione, lei per tenermi compagnia.
Così, ora, non avevo alzato lo sguardo dal libro di biologia che avevo aperto per ripassare. Solo con la coda dell'occhio avevo colto il gesto di Esme.
Non era stato facile cercare di evitare che il cuore iniziasse a battermi all'impazzata al suono della risata di Edward, ma anni di esercizio con Carlisle, mi erano venuti in aiuto.
Carlisle aveva voluto che imparassi a controllare meglio il mio corpo e le mie reazioni, per quelle rare volte che qualche vampiro loro amico, fosse venuto in visita da noi.
Erano state veramente rare eccezioni, e in piena sicurezza per me, però un maggiore controllo da parte mia sul mio fisico, avrebbe potuto aiutare a non stimolare maggiormente l'istinto degli altri vampiri.
Carlisle mi aveva spiegato che più calma rimanevo, più il mio sangue circolava lentamente e più il suo profumo diventava meno aggressivo.
Così, mi ero concentrata su quegli esercizi che sapevo aiutarmi a rilassare il mio corpo, riuscendoci in parte.
- Tesoro, che ne dici se per stasera ti preparo le lasagne?
Da sempre, erano il mio piatto preferito. Esme, era sempre stato con i piccoli gesti, le piccole attenzioni, che aveva sottolineato quanto davvero mi avesse amato come se fossi stata davvero una figlia per lei. E proprio in questa giornata, lo aveva fatto una volta di più, con la sua proposta.
- Direi che sarebbe fantas...
Non avevo fatto in tempo a finire, perchè mi ero ritrovata stritolata tra le braccia di Emmet, mentre mi scoccava anche un sonoro bacio sulla guancia.
- Buongiorno, sorellina!
Il suo saluto rischiava ogni mattina di vedermi vittima di traumi fisici, specie se era su di giri, come lo era in quel momento.
- Emmet, potrebbe esserlo un buon giorno, se non rischiassi di perdere l'uso di entrambe le braccia però!
Era scoppiato a ridere, lasciandomi andare e nel contempo girando verso di lui lo sgabello su cui ero seduta per guardarmi in faccia.
Avevo incontrato i suoi occhi dorati, sorridenti e particolarmente dilatati.
- Adesso si spiega questo eccesso di esuberanza... sei andato a caccia stanotte!
- Già! E l'orso più grande, ovviamente, l'ho bevuto io!
Avevo iniziato a percepire su di lui l'odore del bosco. Muschio, legno bagnato, terra. Un mix che c'era sempre stato nei miei ricordi, ma che solo ad un certo punto aveva assunto la giusta collocazione: il momento della caccia, quando si nutrivano di sangue animale.
Non era stato facile per me accettare che vivessero così, ma poi avevo realizzato cosa comportasse davvero la loro scelta: non diventare dei mostri assassini.
- Il bello è che mente, sapendo di mentire!
Mi ero sporta oltre la spalla di Emmet, per vedere Jasper che mi strizzava l'occhio.
- Infatti, sono io il cacciatore migliore in famiglia, ma ancora non si rassegna...
Mi sentivo a mio agio in mezzo a conversazioni del genere, e nessuno avrebbe mai potuto capirlo. Nessuno di umano, ovviamente.
- A mentire siete in due, a quanto pare. Vi stavate dimenticando di me...
Edward, era apparso sulla soglia della cucina e a me era sembrato che tutto il resto scomparisse.
L'avevo solo intravisto, ieri sera, nella scarsa luce fuori casa.
Ma ora che lo vedevo bene, era stato come ricevere un pugno in pieno stomaco. Infatti, era proprio lì che si era formato un nodo stretto e doloroso.
Era bello, ma non per la sua bellezza perfetta, era bello perchè era lui, con i suoi lineamenti familiari, i suoi occhi espressivi, il suo sorriso disteso.
Nonostante avesse incrociato anche il mio, di sguardo, non aveva cambiato espressione.
Stava guardando anche me divertito e rilassato.
- Potremmo far giudicare a Bella.
Emmet si era voltato parzialmente verso di loro, sghignazzando.
- Chi meglio di lei, per farlo? Conosce bene tutti e tre.
- Io ci sto.
- Io anche...
Spesso era successo che mi eleggessero giudice per derimere questioni "vampiresche", come le chiamavano loro. Era successo anche che fossi stata male per un giorno intero, quando avevano deciso che dovessi stabilire chi di loro correva più veloce. Ottenendo di non scoprirlo, proprio perchè mi aveva colto una nausea violenta, ma di beccarsi tutti quanti una ramanzina coi fiocchi da parte di Carlisle e, soprattutto, di Esme perchè correre con me in spalla, l'aveva fatta davvero infuriare.
- Quindi, sorellina, secondo te, chi è il migliore tra noi tre?
A questo punto, in passato, lo sguardo di Edward si sarebbe fatto complice nei miei confronti. Perchè aveva sempre saputo di essere il "fratello" preferito, per certi versi, e lo sfruttava per influenzarmi.
Ma quella mattina, non avevo avuto modo di scoprire come avrebbe reagito, perchè la voce irritata di Rosalie era intervenuta.
- Ma voi, ancora con queste scemenze la tormentate? Perchè, piuttosto, non vi preparate per andare a scuola? Passi per noi, ma Bella non si può permettere di saltare il compito di biologia!
Il cipiglio di Rosalie aveva avuto sempre un certo effetto su tutti loro. Quando voleva, sapeva davvero fare paura, e quello era uno di quei momenti, mentre guardava i loro vestiti bagnati ed infangati.
- O volete che il suo diploma vada a farsi benedire?
Si erano praticamente dileguati Emmet e Jasper, solo Edward si era appoggiato al frigorifero, un'espressione ancora più divertita.
- Rose, mica mi ricordavo l'ascendente che avevi su Emmet e Jasper...
Per tutta risposta, lei aveva ringhiato un gentile "vaffanculo", mentre lasciava la cucina, seguita da Esme che le ricordava come non gradisse molto quel genere di linguaggio tra noi fratelli.
In cucina, a quel punto, eravamo rimasti solo noi due, e non sapendo bene come affrontare la cosa, mi ero rifugiata nello sciacquare tazza e pentolino per dargli le spalle.
- Simulazione della prova d'esame?
La voce di Edward mi era giunta da più vicino, probabilmente si era spostato da dove era.
- Sì, biologia avanzata.
- Sei preparata?
Quante volte mi aveva fatto quella domanda? Quasi sempre la sera prima di qualche verifica, o interrogazione, quando mi aveva aiutato a prepararmi.
Questa volta avevo studiato da sola, come del resto era successo spesso in questi tre anni. Avevo spesso rifiutato l'aiuto degli altri, quasi nel tentativo di non sovrapporre ricordi che non fossero solo con lui.
- Diciamo di sì. Non amo molto biologia, anche se il prof. Molina è un bravo insegnante, ma dato che è indispensabile per ottenere questo benedetto diploma... me la sono fatta piacere!
Avevo quasi finito di riordinare, e l'idea che mi sarei dovuta voltare mi metteva in difficoltà.
- Andrà bene, ne sono sicuro. Sei sempre stata brava con lo studio...
Avrei voluto dirgli che non poteva sapere se in questi ultimi tre anni le cose non fossero cambiate. Lui non c'era stato realmente, e non poteva sapere se "io" non fossi cambiata.
- Speriamo, altrimenti mi toccheranno altre due settimane di studio intenso per recuperare...
Avevo già asciugato due volte il lavandino, non potevo farlo ancora, o avrebbe capito. Così mi ero girata e mi ci ero appoggiata, come in cerca di sostegno.
E avevo fatto bene, perchè Edward era solo a qualche passo da me, il suo profumo che già si faceva più penetrante.
- Se dovesse accadere, potrei sempre aiutarti.
Mi si era seccata la gola, davanti a quell'offerta. Perchè era stata sincera, come sincero sembrava lui nel guardarmi.
Tutto ciò era in netto contrasto con il suo atteggiamento di ieri sera. Quando era stato freddo e distante.
- Terrò presente, grazie. Ora sarà meglio che finisca di prepararmi... l'hai sentita anche tu Rose.
Non ero sicura che le gambe mi avrebbero sostenuta, ma dovevo per forza andarmene di lì o sarei crollata.
Mi sentivo in balia della sua presenza, del suo profumo e temevo che non sarei stata capace di trattenermi dal dirgli quanto lo amavo ancora.
Mi ero staccata, avevo fatto due passi, lo avevo quasi superato, quando la sua mano mi aveva afferrato per un polso, trattenendomi gentilmente.
Era come se una scarica elettrica mi avesse attraversato, partendo dal punto in cui le sue dita gelide mi avevano toccato.
- Posso accompagnarti a scuola, Bella?
Non so come, ma ero riuscita a sollevare il viso da quella mano che mi stringeva ancora, e lo avevo guardato negli occhi.
- Ora guido, Edward. Ho la mia macchina...
Avevo una tale confusione in testa, da dire la prima cosa che mi era venuta in mente. Forse la più ovvia e la più stupida, dato che sapeva benissimo che ora ero in grado di spostarmi in piena autonomia.
- E' vero, non sei più una ragazzina.
Davvero se ne era accorto? O semplicemente lo "sapeva" perchè lo diceva la mia età anagrafica?
La confusione stava raggiungendo vette sempre più alte, e il respiro iniziava a mancarmi.
Perchè si stava comportando così? Cosa nascondeva la sua offerta di accompagnarmi?
- Però, mi farebbe piacere accompagnarti lo stesso. Sempre che faccia piacere anche a te.
L'idea che mi stesse mettendo alla prova si era affacciata improvvisa e mi aveva spinto ad accettare, dimostrandogli che non avevo alcun problema a rimanere sola con lui.
- Certo che mi fa piacere.
Mi ero ritrovata libera, ma la pelle del polso mi sembrava stesse andando a fuoco dove mi aveva stretto.
- Allora, finisco di prepararmi e ci vediamo giù in garage.
Mi ero sforzata di avere un tono davvero scherzoso e lo avevo liquidato con un'ultima battuta.
- Però, mi dispiace per te, ma dovrai accontentarti di guidare un semplice pick-up. Lo sai che i miei gusti, anche in fatto di macchine, sono sempre stati pessimi.
 
 
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Il test di biologia si era rivelato piuttosto semplice, ma io ero convinta di aver combinato lo stesso un disastro.
Non ero riuscita a concentrarmi neanche sulle domande più scontate, barrando le crocette quasi a caso. Volevo solo poter uscire il prima possibile da quell'aula, chiudermi in bagno, e lasciare i miei pensieri liberi di vagare sul quel tragitto in macchina con Edward.
Così, avevo compilato la prova in solo mezz'ora, contro le due ore che avevamo a disposizione. Tutti i compagni mi avevano guardato invidiosi, scambiando la mia velocità in sicurezza.
Anche il Prof. Molina era rimasto piuttosto stupito, ma non aveva potuto fare altro che accordarmi il permesso ad uscire dalla classe.
Lungo il corridoio avevo quasi temuto di incontrare uno dei miei fratelli, magari riconoscendo il passaggio del mio profumo, ma fortunatamente non era avvenuto.
Mi ero barricata nel primo bagno libero, le immagini che già si rincorrevano nella mia mente.
 
- Sei sicura che riuscirà ad arrivare sino a scuola?
Edward, avviando il motore, aveva dovuto alzare la voce per farsi sentire. Il mio pick-up era davvero un mezzo catorcio, ma io avevo insistito per avere quello e basta.
Già non amavo essere al centro dell'attenzione, anche se era inevitabile esserlo arrivando con quattro "fratelli" belli come dei, se in più fossi scesa anche da un'automobile appariscente come la jeep di Emmet, o la decappottabile rossa fiammante di Rosalie, la situazione sarebbe notevolmente peggiorata.
Così, invece, si erano fatti tutti l'idea che io fossi la "Cullen meno snob e più alla mano".
- Mi ci porta tutte le mattine da un anno.
La musica aveva invaso l'abitacolo due secondi dopo, facendomi maledire il mio vizio di non spegnerla. Le note di "Claire de Lune" avevano riempito l'abitacolo prima che mi affrettassi ad abbassare.
- L'autoradio, per contro, vale più di tutto il furgoncino. E' stato il regalo di compleanno di Emmet...
Avevo parlato velocemente, sperando che evitasse qualsiasi commento.
- E' tanto che non la ascoltavo.
Non avevo saputo dire nulla, così mi ero limitata ad annuire, guardando il paesaggio scorrere di fianco a noi più lentamente di quanto avrei voluto.
- Bella, non c'è nulla di cui vergognarsi. So quanto ti piaccia questa canzone, è quella che ti suonavo sempre da bambina.
Lo aveva fatto. Aveva aperto quella porta che io cercavo di tenere chiusa: il nostro passato insieme.
- A volte, minacciavi persino di non dormire, se prima non te l'avessi suonata.
Sapevo che era vero, solo che non mi ricordavo quanto facesse male ricordarmelo. E non andava bene. Dovevo reagire.
- Ora mi rifiuto di andare a dormire se Emmet non smette di cantare sotto la doccia... negli ultimi anni ha sviluppato questa insana abitudine.
Non aveva sorriso, anzi avevo sentito il suo sguardo sondarmi ancora con più insistenza.
- E' bello vedere te ed Emmet andare così d'accordo, sai? Rosalie mi ha detto che è quasi diventato la tua ombra...
- Già... d'altronde le persone cambiano, e magari capiscono i propri errori.
Con Emmet c'era stato un periodo in cui non riuscivamo a trovare un giusto equilibrio. Entrambi testardi ed orgogliosi, spesso finivamo con il litigare, rimanendo intere settimane senza parlarci.
- Non sempre è facile farlo, Bella.
Quella sua affermazione aveva provocato in me una scintilla di rabbia, ma avevo cercato di ignorarla.
- Sono contenta, però, di esserci riuscita con Emmet. Sto scoprendo una parte di lui, che mi aveva sempre tenuto nascosto.
- Immagino che ti riferisca al fatto che dietro quell'aria spavalda, si nasconde un animo tenero e fragile.
Poteva sembrare uno scherzo, eppure era così: per quanto Emmet apparisse il più minaccioso tra loro, in realtà era il meno pericoloso.
Avevo visto perdere il controllo molto più spesso a Jasper, o ad Edward stesso, piuttosto che a lui.
- Sì, appunto. Ora che ho capito per che verso prenderlo, i nostri attriti si sono notevolmente ridotti.
Era tornato il silenzio tra di noi, e avrei voluto essere già arrivata a scuola.
Ero stata una stupida ad accettare che mi accompagnasse. Tra di noi non poteva più essere come prima.
Ma poi, Edward aveva accostato lungo il ciglio, spegnendo il motore.
- Sono tornato per restare, Bella.
Ogni parola mi era sembrata rimbombare dentro di me.
- So che non sarà facile, nè per me, nè per te.
Oh, non immaginava nemmeno lontanamente quanto fosse vero per me.
- Ma vorrei tanto che le cose tra di noi potessero tornare a funzionare.
Cosa avrei dovuto dirgli a questo punto? Certo, Edward, farò come se non fosse mai successo niente. Io non mi sono innamorata di te, tu non te ne sei andato senza neanche dirmi mezza parola, e adesso non siamo qui, quasi incapaci di parlarci.
- E ti prometto che farò di tutto perchè avvenga.
Avevo fatto l'errore di guardarlo. Essere lì, con lui, veramente soli, aveva fatto crollare le mie difese.
- Ho sofferto tanto, Edward.
E ancora era così. Soffrivo nel vedere che lui avrebbe voluto tornare ad essere quello che era sempre stato. E non credevo di potercela fare a sopportarlo.
- Forse ho sbagliato con te, Bella. Ma se l'ho fatto, è stato solo perchè volevo aiutarti a capire...
Ed infatti, avevo capito benissimo: io lo amavo, e lui no. Anche adesso era così.
- Ho capito, infatti. Ma non riesco a perdonarti lo stesso.
L'avevo detto. Avevo davvero dato voce ad una parte di quel dolore che mi fioriva dentro ad ogni sua parola.
- Lo so. E non ti sto chiedendo di farlo ora. Ti sto solo chiedendo di darmi una possibilità.
Mi aveva scostato con delicatezza una ciocca di capelli dal volto. Un gesto pieno di tenerezza, che mi aveva colpito direttamente al cuore.
- Perchè dovrei farlo, Edward?
Sapevo già la risposta, l'avevo sempre saputa. E mi avrebbe ferito per sempre.
- Perchè ti ho voluto bene, e sempre te ne vorrò, Bella.
Mi voleva bene, ma non mi amava.
Si trattava di questo, di decidere se mi sarebbe bastato.
Ma davvero non riuscivo a capirlo, avevo bisogno di fare chiarezza dentro di me, ora che lui era tornato davvero.
- Non lo so cosa voglio, Edward.
Mi aveva sorriso, nonostante la mia risposta.
- Forse posso considerarlo già un passo avanti, Bella.
Non aveva aggiunto altro, aveva rimesso in moto e alzato il volume della radio.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Spoiler Capitolo 2
 
 
Entrando in casa, la prima cosa che mi aveva raggiunto era stato il profumo di lasagne.
Esme era sempre stata un’ottima cuoca, nonostante non potesse davvero capire se il cibo cucinato fosse ben riuscito.
La sua percezione rimaneva quella di un sapore disgustoso, che si era sforzata di gradire in passato, quando anche lei mangiava qualcosa in mia presenza.
Da quando mi avevano rivelato la verità, ognuno di loro e con enorme sollievo, non aveva più toccato nemmeno una briciola di pane durante i miei pasti.
Arrivando a tenermi compagnia molto più volentieri, dato che non era più quel supplizio che era stato in passato.
Così, come in una vera famiglia umana, era diventata un’abitudine piacevole tra me e chi, tra loro, condivideva quel momento della giornata.
Avevo guardato l’ora, le cinque e trenta. Ci avevo messo più del solito per tornare a casa, ma avevo volutamente guidato più lentamente.
Nell’abitacolo del mio pick-up era rimasto persistente il profumo di Edward, quasi a ricordarmi che c’era stato davvero.
E mi aveva detto che avrebbe voluto che tra di noi le cose tornassero a funzionare.
- Ciao, tesoro.
Carlisle era sbucato dal suo studio e mi aveva salutato con un bacio affettuoso.
L’avevo istintivamente abbracciato, come facevo da bambina quando mi rifugiavo nella sua stretta comprensiva e rassicurante.
- Ehi, devo ricordarmi di farmi trovare a casa più spesso fuori orario, se questo è l’effetto!
In effetti, qui a Forks, i suoi turni in ospedale erano abbastanza regolari e di solito a quell’ora non era mai in casa.
Tornando da scuola, infatti, se i miei fratelli non rientravano con me, concedendosi un po’ di libertà da abitudini “umane” che gli stavano strette, c’era Esme ad attendermi.
Anche adesso che ero più grande, capitava raramente che non ci fosse nessuno in casa con me. Avevo l’impressione che faticassero a credere che potevo anche cavarmela da sola.
In questo momento ero contenta, però, che fosse così. Non avrei voluto rimanere ancora sola con i miei pensieri, ed avevo sollevato il viso per sorridere a Carlisle.
- In effetti è stata una bella sorpresa. Ultimamente sei stato molto impegnato…
- Avviare il nuovo reparto di chirurgia è stato in effetti più impegnativo di quanto avessi pensato. Però, adesso, dovrebbe essere tutto a posto.
- Così ti sei concesso un po’ di relax?
- Diciamo qualcosa di più. Due settimane di ferie.
- Fantastico! Allora avremo un po’ di tempo in più per stare insieme.
Ma la sua espressione aveva immediatamente smorzato il mio entusiasmo.
- Mi spiace, tesoro, ma in realtà dovrò partire…
- Partire?
Da che ricordavo, Carlisle era stato via senza di noi, solo due volte. Ed entrambe le volte, avevo avuto la sensazione che non mi avesse detto la verità su dove fosse andato e perché.
Però, non avevo avuto il coraggio di chiedere spiegazione. Alla fine erano state solo due volte, ed era stato davvero per un breve periodo, sempre una o due settimane.
- Già… io ed Esme andremo in Italia…
Mi ero leggermente allontanata, troppo sorpresa da quella novità.
- In Italia?! Ma lo sapete che viene chiamato il “paese del sole”?
Carlisle aveva sorriso davanti alla mia espressione incredula.
- Sì, hai ragione, non è proprio una meta ideale per noi… però, questioni improrogabili ci vedono costretti ad andare.
Adesso mi stavo preoccupando, perché non era riuscito a mascherare del tutto un’espressione preoccupata.
- Carlisle?
Si era reso conto, forse, di aver esternato troppo ed era tornato a sorridermi con più convinzione.
- Tranquilla, tesoro. Niente per cui ti debba preoccupare. Questioni “vampiresche” in sospeso e che è giunto il momento di risolvere.
- E non dovrei preoccuparmi?
Mi ero bruscamente allontanata. Perché di colpo avevo realizzato che questa partenza era coincisa con un ritorno.
Quello di Edward.
- Carlisle, voglio sapere la verità!
Era stato quasi un ordine il mio, me ne rendevo conto, ma ero improvvisamente troppo arrabbiata con tutti loro.
- Avevate promesso che non mi avreste detto più bugie, e invece lo state facendo di nuovo!
Carlisle mi aveva accarezzato prima una guancia, per poi tornare ad abbracciarmi.
- Lo so, Bella. Ma non sempre è così facile rivelare la verità a chi si ama.
Mi aveva stretto con più forza, dandomi l’impressione che avesse paura di vedermi svanire da un momento all’altro.
- E noi, piccola mia, ti amiamo tutti così tanto…

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Buongiorno!
Eccomi ad aggiornare con un capitolo che sicuramente mi varrà qualche minaccia o pubblico lancio di frutta marcia per il suo contenuto!
Però, vi chiedo già il beneficio del dubbio, perché la storia è solo all’inizio e quindi ce ne sarà di strada da fare per tutti i suoi protagonisti prima di giungere all’epilogo.
Ma taglio corto e vi lascio leggere, dopodiché aspetto il lancio di frutta (vista la stagione optate per arance e mandarini che sono ricchi di vitamina C! XD).
A presto.
BF
 
 
 
 
 
 
 
 
Distesa nel letto sento il ticchettio dell'orologio e ti penso
Sorpresa in circoli della mente, la confusione non è nulla di nuovo
Flash back, notti calde, quasi dimenticate
Valigie di ricordi
A volte mi immagini
Cammino troppo veloce davanti
Tu mi chiami
Non sento cosa hai detto
Allora tu dici: "va' piano, resto indietro"
La lancetta dei secondi torna indietro
Se sei perso puoi guardare e mi troverai
Volta dopo Volta
Se cadi ti prenderò, ti aspetterò
Volta dopo Volta
Dopo che la mia immagine svanisce
E l'oscurità si è tramutata in grigio,
Guardando attraverso le finestre,
Ti chiedi se sto bene


 
“Time after Time – Cindy Lauper
 
 
 
 
 
 
 
Entrando in casa, la prima cosa che mi aveva raggiunto era stato il profumo di lasagne.
Esme era sempre stata un’ottima cuoca, nonostante non potesse davvero capire se il cibo cucinato fosse ben riuscito.
Avevo guardato l’ora, scoprendo che si erano fatte le cinque e trenta. Ci avevo messo più del solito per tornare a casa, ma avevo volutamente guidato più piano.
Nell’abitacolo del mio pick-up era rimasto persistente il profumo di Edward, quasi a ricordarmi che c’era stato davvero.
E mi aveva detto che avrebbe voluto che tra di noi le cose tornassero a funzionare.
- Ciao, tesoro.
Carlisle era sbucato dal suo studio e mi aveva salutato con un bacio affettuoso.
L’avevo istintivamente abbracciato, come facevo da bambina quando mi rifugiavo nella sua stretta comprensiva e rassicurante.
- Ehi, devo ricordarmi di farmi trovare a casa più spesso fuori orario, se questo è l’effetto!
In effetti, qui a Forks, i suoi turni in ospedale erano abbastanza regolari e di solito a quell’ora non era mai stato a casa.
- In effetti è stata una bella sorpresa. Ultimamente sei stato molto impegnato.
- Avviare il nuovo reparto di chirurgia è stato in effetti più impegnativo di quanto avessi pensato. Però, adesso, dovrebbe essere tutto a posto.
- Così ti sei concesso un po’ di relax?
- Diciamo qualcosa di più. Due settimane di ferie.
- Fantastico! Allora avremo un po’ di tempo in più per stare insieme.
Ma la sua espressione aveva immediatamente smorzato il mio entusiasmo.
- Mi spiace, tesoro, ma in realtà dovrò partire.
- Partire?
Da che ricordavo, era stato via senza di noi, solo due in occasioni. Ed entrambe le volte, avevo avuto la sensazione che non mi avesse detto la verità su dove fosse andato e perché.
Però, non avevo avuto il coraggio di chiedere spiegazioni. Alla fine erano state solo due volte, ed era stato davvero per un breve periodo, sempre una o due settimane.
- Già… io ed Esme andremo in Italia.
Mi ero leggermente allontanata, troppo sorpresa da quella novità.
- In Italia?! Ma lo sapete che viene chiamato il “paese del sole”?
Carlisle aveva sorriso davanti alla mia espressione incredula.
- Sì, hai ragione, non è proprio una meta ideale per noi… però, questioni improrogabili ci vedono costretti ad andare.
Adesso mi stavo preoccupando, perché non era riuscito a mascherare del tutto un’espressione preoccupata.
- Carlisle?
Si era reso conto, forse, di aver esternato troppo ed era tornato a sorridermi con più convinzione.
- Tranquilla, tesoro. Niente per cui ti debba preoccupare. Questioni “vampiresche” in sospeso e che è giunto il momento di risolvere.
- E non dovrei preoccuparmi?
Mi ero bruscamente allontanata. Perché di colpo avevo realizzato che questa partenza era coincisa con un ritorno.
Quello di Edward.
- Voglio sapere la verità!
Era stato quasi un ordine il mio, ma ero improvvisamente troppo arrabbiata con tutti loro.
- Avevate promesso che non mi avreste detto più bugie, e invece lo state facendo di nuovo!
Lui mi aveva accarezzato prima una guancia, per poi tornare ad abbracciarmi.
- Lo so, Bella. Ma non sempre è così facile rivelare la verità a chi si ama.
Mi aveva stretto con più forza, dandomi l’impressione che avesse paura di vedermi svanire da un momento all’altro.
- E noi, piccola mia, ti amiamo tutti così tanto.
- Lo so, voi cercate sempre di proteggermi. E capisco anche vi venga istintivo farlo... in confronto a voi, devo sempre sembrarvi così fragile e... e limitata.
Era vero. A volte, era così che mi sentivo nei loro confronti: come se io potessi solo cogliere la superficie di tutto ciò che mi circondava, mentre loro ne coglievano addirittura l'essenza.
Avevo l'impressione che si sentissero in dovere, visto anche il breve tempo concesso dalla mia vita umana, di allontanare da me ogni difficoltà, o dispiacere, o dolore. Avrebbero voluto sicuramente solo felicità e serenità per me, anche a discapito della mia stessa volontà di essere partecipe in tutto e per tutto della loro vita piena di lati oscuri.
- Non è affatto così che ti definirei. Tu sei una ragazza speciale, e per me, averti come figlia, è una fortuna altrettanto grande.
Mi si era stretto il cuore al sentirlo pronunciare la parola "figlia" con tanto affetto.
- Anch'io penso di essere stata molto fortunata ad avere incontrato te ed Esme. E non ho mai rimpianto quei genitori che, a discapito della loro natura "umana", mi hanno abbandonata senza nessuno scrupolo.
- Non lo so, Bella. Non so davvero chi fossero i tuoi genitori e perchè ti abbiano abbandonata. Quello che so, che ho imparato in questa mia lunga esistenza, è che giudicare gli altri non ti aiuterà mai veramente a capirli.
Mi ero persa nei suoi occhi. A volte, come ora, rispecchiavano davvero tutto il vivere dei suoi oltre tre secoli di esistenza. Mi chiedevo come fosse possibile non affidarmi ciecamente a lui, mettendo in discussione le scelte che aveva sempre fatto per me.
- E' difficile non giudicare, forse perchè lo è ancora di più capire. Credo porti ad una sofferenza maggiore, mentre trincerarsi dietro ad un giudizio, ti legittima solo ad odiare.
- Lo vedi, Bella, che ho ragione? Potrei dire molto di te, ma non di sicura che tu sia "limitata". Forse lo sarà il tuo corpo.
Poi mi aveva sorriso teneramente.
- Ma non lo sei qui, nè qui.
Ed aveva sfiorato con la punta dell'indice il mio cuore e la mia fronte. Sentimento e ragione. Ciò che rendevano una bestia migliore di un uomo, o un uomo peggiore di una bestia.
Questo mi diceva sempre Carlisle di loro: non era diventati dei mostri, perchè avevano conservato sentimento e ragione. Non si erano privati di quell'umanità necessaria per non diventare assassini veri e propri.
- E' per questo, tesoro, che ti chiedo di fidarti di me. Di noi.
Ero combattuta, questa era la verità. Avrei voluto dirgli di sì, che lo avrei fatto incondizionatamente, ma c'era una parte di me che mi spingeva a chiedergli di fidarsi lui di me, tanto da parlarmi sinceramente.
Avrei così saputo dimostrargli che potevo capire, e soprattutto, che ero in grado di affrontare qualsiasi cosa con loro accanto.
- Staremo via una settimana al massimo, e quando torneremo sarà tutto finito. Sono fiducioso che... le "questioni" aperte, troveranno presto una soluzione. E poi, non dovremo più pensarci.
- Vorrei dirti "va bene così", ma mentirei. Sono ancora fermamente convinta che dovresti dirmi la verità, perchè sento che riguarda anche me, questo vostro viaggio.
Non mi aveva fatto capire se avessi affermato il vero; dopotutto se voleva, era capace di essere assolutamente impenetrabile.
- Fidati di me, Bella.
Era un padre che lo chiedeva alla propria figlia. Lo percepivo in ogni sfumatura di questo attimo tra di noi. Lo sentivo nella stretta delle sue mani sulle mie spalle.
E non potevo ignorarlo dopotutto, o avrei rinnegato quel rapporto speciale che c'era tra di noi.
- Ti voglio bene. E mi mancherai.
Lo avevo nuovamente abbracciato, ricambiata da lui.
- Anch'io ti voglio bene, piccola mia.
Carlisle era ancora quel rifugio sicuro che era sempre stato. E sapevo che non avrebbe mai tradito la mia fiducia, o almeno, non volontariamente.
 
 
 
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Il trillo del microonde mi aveva riscosso da pensieri non tanto piacevoli.
Carlisle ed Esme, sarebbero partiti tra meno di un'ora. Li avrebbero accompagnati all’aereoporto Emmet e Jasper.
Rosalie ed Alice, erano già uscite per una battuta di caccia che sarebbe durata tutta la notte.
Tutti liberi di potersi allontanare, perchè io non sarei rimasta sola.
A casa con me, ci sarebbe stato Edward.
La sola idea, aveva annullato parte di quella fame che le lasagne mi stimolavano sempre.
Mi ero comunque servita una porzione abbondante, dato che non avrei voluto proprio stasera deludere le aspettative di Esme.
Le avevo assaggiate, procurandomi di scottarmi la lingua.
Mi era scappata un'imprecazione poco carina, ed era stata proprio lei ad entrare in cucina divertita.
- La solita scottatura?
- Già. Quando imparerò a stare attenta, sarà sempre troppo tardi!
La risata che era seguita alla mia affermazione convinta, aveva riempito la cucina di mille campanelle accordate perfettamente.
Mi aveva fatto immaginare quanto sarebbe stata dura non sentirla nei prossimi giorni. L'assenza di Esme mi sarebbe pesata addosso come un macigno. Lei c'era sempre stata, in ogni momento della mia vita, perchè le due volte che Carlisle si era assentato, lo aveva fatto da solo.
- Credo arriverai ad avere la meglio su un semplice forno a microonde! So quanto può essere in gamba la mia bambina quando lo vuole veramente…
Mi sentivo già un groppo in gola. Il riferimento al microonde era stata solo una scusa scherzosa per farmi sapere quanta fiducia aveva in me che avrei saputo affrontare il loro allontanamento e nel contempo il ritorno di Edward.
- Non lo so. In questo momento, mi sento come se il mondo mi stesse crollando addosso.
Era già accanto a me, un braccio a circondarmi le spalle.
- Bella, starò via solo qualche giorno, una settimana al massimo.
- Sì, ma una settimana umana, è molto più lunga!
Mi aveva sorriso, e io sentivo lacrime malinconiche premere per uscire.
- Non è vero, e lo sai! Una settimana è una settimana!
Era stato un gioco, quello del tempo "umano", che facevamo spesso quando ero una ragazzina e volevo ottenere, magari, più tempo per divertirmi, anzichè studiare. O per andare a letto più tardi del solito, o per prolungare le vacanze scolastiche.
- Quando inizierai a sentire la nostra mancanza, saremo già di ritorno!
Vedevo il suo tentativo di essere allegra e tranquilla, però sapevo che anche per lei non sarebbe stato facile.
- Potrei venire con voi…
L'idea mi aveva attraversato la mente come un fulmine, e l'avevo espressa di getto.
- E fare una settimana di assenza a scuola, a due mesi dal tuo diploma? Diciamo che non è proprio l'ideale!
- Non credo che inciderebbe sulla mia media e lo sai!
- Magari la prossima volta. In effetti l'Italia è molto bella, e sono sicura che ti piacerebbe. Come ti piacerebbero le vere lasagne che fanno lì!
Aveva abilmente dirottato il discorso, e sapevo che non avrei avuto alcuna possibilità di convincerla.
- Credo che continuerei a preferire le tue.
- Sei proprio un'adorabile bugiarda!
Mi aveva stretto forte, chinandosi a baciarmi una guancia.
Il gelo, per me, era fonte di grande calore. Un parossismo che rappresentava bene l'amore che legava un'umana a dei vampiri.
Come sarebbe stato sentire le labbra gelide di Edward percorrere tutto il mio corpo?
Mi ero sentita immediatamente a disagio nel trovarmi a fare quel pensiero, mentre ero proprio tra le braccia di Esme.
Forse mi ero irrigidita, perchè lei mi aveva lasciato andare, un'ultima carezza che mi aveva sfiorato i capelli.
- Dimentico sempre che non sei più una bambina e mi ostino a coccolarti come se lo fossi!
- No! Non è vero tu puoi...
- Tranquilla, tesoro! So che cosa intendevi!
Poi aveva guardato l'ora ed aveva sospirato. Come tutti loro, ormai compivano dei gesti "umani" con vera naturalezza. Nessuno avrebbe immaginato che era il frutto di anni di allenamento e di rigido autocontrollo.
- E' un pò tardi. Dovrei finire di sistemare le ultime cose. Ero scesa, perchè ho sentito che ti eri scottata... però, adesso non mi va di lasciarti da sola a cenare.
- Sola? E io chi sono?
Emmet era scivolato silenziosamente in casa dalla portafinestra socchiusa, facendomi immediatamente sorridere alla vista di quello che aveva in mano.
- Vai pure, Esme. Tengo compagnia io alla mia sorellina!
Esme se ne era andata scuotendo la testa rassegnata davanti ai modi sempre esuberanti di Emmet..
- Emmet, è quello che penso?
- Uhm... e cosa pensi che sia, per la precisione?
- Il mio libro di letteratura! Quello che ho dimenticato a scuola e che mi occorre per completare il compito di domani.
Aveva finto di guardarlo attentamente.
- Dici? Allora sono stato proprio fortunato a trovarmi nei pressi della scuola, a trovare una finestra forzata dal solito ragazzino vandalo, a ricordarmi che mi avevi detto la combinazione del lucchetto del tuo armadietto…
-  Io te l'ho detta? La combinazione l’avrai scoperta grazie alla tua super vista! Questa è violazione della privacy! Lo sai che è prevista la galera per un reato del genere?
Ma stavamo già entrambi ridendo, io immaginando Emmet che entrava furtivo a scuola solo per recuperare il mio libro, lui sicuramente perché si immaginava arrivare lo sceriffo per arrestarlo e imprigionarlo.
- Per te, questo e anche… questo!
Si era seduto sullo sgabello accanto a me, coprendosi platealmente il naso con la mano e guardando con disgusto il piatto di lasagne che avevo ripreso a sbocconcellare.
- Ti ricordo, che ti sei offerto spontaneamente di tenermi compagnia mentre cenavo.
- Potevo forse lasciare la povera Esme in balia di questo supplizio?
- Le ha cucinate lei, come sempre del resto.
- Infatti, ho sempre ammirato il suo spirito di sacrificio.
Ero contenta della sua compagnia in quel momento, perché mi stava distogliendo dalla partenza imminente dei nostri genitori, e dall’idea che subito dopo sarei rimasta sola con Edward.
Dov’era in questo momento?
Forse nella stanza degli ospiti, dato che in questa casa, non aveva una sua camera.
Cosa stava facendo?
Magari stava leggendo, oppure ascoltava musica, oppure la stava componendo. Era anche un bravissimo compositore, oltre che musicista.
Quante volte aveva suonato il piano per me sola?
Infinite volte. Non avrei davvero potuto quantificarle.
- Bella? Tu non mi stai ascoltando!
Lo sguardo profondo di Emmet aveva colto la mia malinconia. Forse attribuendola soltanto all’imminente partenza.
- E’ vero, scusami. Mi ero distratta un attimo.
- Un po’ movimentate, per te, le ultime ventiquattro ore, giusto?
Sapeva esattamente come mi potevo sentire… la mia uscita con i compagni, il ritorno di Edward, questo viaggio inaspettato; decisamente avevo buoni motivi per essere turbata.
- Già… farò il possibile per sopravvivere…
Mi aveva leggermente spintonato con la spalla, regalandomi uno sguardo a metà tra l’ammirato e l’affettuoso.
- Sei una vera guerriera, sorellina. Meriti pienamente il posto che hai tra di noi.
Doveva essere stato davvero un ragazzo semplice, ma dal cuore immenso. Questo pensava di lui, Rosalie, e questo mi aveva detto quando per la prima volta mi aveva parlato di lui non come “sorella”, ma come Rosalie innamorata di Emmet.
Lo aveva fatto non più di un anno e mezzo fa, dopo che tra me e lui c’era stata una violenta litigata. Lo avevo aggredito con parole durissime, quasi cattive. Lo volevo ferire, e ci ero riuscita perfettamente quando al culmine della mia rabbia, gli avevo detto che era solo veramente carne morta: niente cervello, niente emozioni, niente sentimenti, carne morta appunto.
Non ricordavo nemmeno più la causa del nostro litigio, forse ancora cercavo ogni scusa per sfogare quella rabbia che avevo dentro, e che sapevo in realtà da cosa fosse scatenata.
Edward, la sua assenza, il suo vivere comunque senza di me.
Emmet si era come sgonfiato di colpo. Le sue spalle massicce erano ricadute in avanti, i pugni si erano decontratti, gli occhi erano diventati quasi vitrei.
Tutta la rabbia di poco prima, quando era arrivato a sovrastarmi minacciosamente, si era ritirata come la più veloce delle maree.
Se ne era andato subito dopo, lasciando uno spazio vuoto a segno della ferita che gli avevo inferto.
Rosalie aveva riempito quel vuoto qualche minuto dopo, parandosi di fronte a me, altrettanto ferita e dispiaciuta.
Mi aveva preso per mano, facendomi sedere sul divano accanto a lei, ed aveva iniziato il suo lungo discorso su Emmet proprio con quella frase "Sai Bella, sono sicura che Emmet sia stato un ragazzo semplice, ma dal cuore immenso".
- Ti voglio bene, Emmet.
Non lo aveva guardato direttamente in viso, forse per paura che quelle lacrime trovassero davvero il modo di sgorgare, ma glielo avevo detto con tutto il bene che sentivo di volergli.
Non avevo potuto dire di lui una cosa più falsa come quel "carne morta" che gli avevo gridato in faccia.
- Ehi, saremo mica in qualche reality show strappalacrime... dove sono le telecamere?
Aveva capito davvero il mio momento difficile, e senza parlarne apertamente, riusciva comunque ad essermi vicino.
Così era Emmet, e così lo avrei voluto per sempre.
- Si saranno rotte tutte non appena sei entrato. Con la faccia che ti ritrovi...
- Molto spiritoso, mister "sono bello solo io".
Jasper si era materializzato davanti a noi, osservando anche lui il mio piatto di lasagne come se fosse un orrido intruglio in grado di ucciderlo.
- Mancanza di appetito, Bella, o proprio quella lasagna ti ha fatto qualcosa?
Avevo abbassato lo sguardo sul piatto e mi ero accorta di come l'avessi pasticciata, rendendola davvero una specie di poltiglia informe.
- Poco appetito. La lasagna è innocente.
Mi aveva sorriso ed immediatamente una sensazione piacevole si era fatta strada dentro di me. Sapevo a cosa fosse dovuto quell’improvviso benessere, ma non avevo avuto da ridire a differenza di altre volte.
- Ehi, Jasper, vacci piano. O presto tutta Forks sarà invasa da un'orda di gente felice e spensierata!
La sensazione di stare meglio non se ne era andata del tutto, ma di certo Jasper aveva limitato il suo potere empatico davanti al sottile rimprovero di Emmet.
- Non dovresti lamentarti, Em. Forse sarebbe la volta buona che troverebbero simpatico anche te.
- Senti un pò, damerino dei miei stivali...
Emmet aveva cercato di afferrare Jasper, ma lui era già sulla soglia della cucina. Da lì, strizzandomi l'occhio, aveva invitato entrambi a venire in salotto: i nostri genitori erano pronti per salutare e partire per il loro viaggio.
 
 
 
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Ero riuscita a non piangere, mentre abbracciavo prima Esme e poi Carlisle. La sensazione che qualcosa sarebbe cambiato per sempre, era stata mitigata solo in parte dai loro sorrisi affettuosi.
Per un attimo, avevo incrociato lo sguardo di Edward, scorgendo anche nel suo un'ombra di preoccupazione. Poi lo aveva riportato su Carlisle, che stava rinnovando a tutti loro "fratelli" l'invito a prendersi cura di me in loro assenza.
Vedendoli varcare la soglia di casa, insieme a Jasper ed Emmet, ero stata tentata di aggregarmi a loro, per non rimanere sola con Edward.
Poi, proprio l'idea che la mia richiesta avrebbe rivelato quanto fossi agitata, mi aveva fatto desistere.
Non appena la porta si era richiusa, lo avevo informato che avevo da finire un compito per l'indomani e che sarei andata in camera mia a studiare. Lui si era limitato ad annuirmi, informandomi che se avessi avuto bisogno, lo avrei trovato lì, in salotto.
Così, mi ero rifugiata nella mia stanza. Sdraiata sul letto, il libro di letteratura abbandonato accanto a me, era da più di un'ora che non riuscivo però a pensare ad altro, se non a lui.
Lo immaginavo in salotto. Vedevo le sue mani prendere un libro, impugnare una penna, o magari rimanere semplicemente rilassate.
Mi ero girata a pancia in sotto, le braccia infilate sotto il cuscino, e la faccia sprofondata nella sua morbidezza.
Perchè non riuscivo ad odiarlo come avrei voluto? Perchè dovevo stare male così? Perchè il mio corpo lo desiderava in maniera quasi dolorosa?
Perchè ero una stupida, un'illusa, una patetica umana innamorata dell'impossibile.
Perchè Edward rimaneva un sogno proibito, da fare in notti tormentate come quella appena passata.
E come quella a venire, perchè ero certa che non sarei riuscita a dormire.
Poi un lieve bussare mi aveva fatto sobbalzare e scattare seduta, lo sguardo fisso sulla porta.
- Bella?
Il cuore aveva ignorato il mio ordine, ed aveva perso un battito.
- Posso entrare un attimo?
No!No!No!No!
- Vieni pure.
Anche la mia voce aveva ignorato l'ordine impartitogli dal mio cervello. Edward era entrato, rendendo improvvisamente più piccola la mia stanza. Mi sembrava quasi che l'aria fosse venuta improvvisamente a mancare.
- Come va?
Come se stessi per soffocare.
- Bene... ho quasi finito.
Avevo ripreso il libro prima che entrasse, nella speranza che credesse fossi impegnata nello studio.
- Davvero?
Il suo sguardo mi aveva indotto a seguirne la direzione e mi ero sentita gelare: impugnavo il libro aperto, ma capovolto. Lo avevo immediatamente rimesso giù, come se mi avesse colto in flagrante reato.
- Veramente stavo... stavo facendo...una... pausa.
Si era avvicinato al letto, lentamente, entrando nel cono di luce che proiettava la lampada sul mio comodino. Avevo potuto vederlo meglio in viso, e istintivamente avevo incrociato le braccia, come a voler mettere uno scudo tra di noi.
Non gli era sfuggito, ovviamente, quel mio gesto.
Si era appoggiato alla colonna del letto, le mani in tasca, lo sguardo puntato su di me.
- Posso approfittarne, allora, per chiederti se hai voglia di parlare un pò con me?
Nei suoi occhi non c'era traccia di imbarazzo, o di incertezza. Traspariva una calma, una sicurezza, una serenità che non poteva essere più lontana dalla confusione e dall' insicurezza che provavo io.
Forse perchè entrambi eravamo coscienti dei nostri sentimenti reciproci.
I suoi immutati nei miei confronti, i miei così diversi e travolgenti.
- Mi sono mancate molto le nostre chiacchierate a fine giornata.
Non avrebbe potuto colpirmi più duramente di come aveva fatto con quelle parole.
- Perchè non riesco a crederci, Edward?
Sincerità. Era venuta da se, senza che io potessi filtrarla in un sarcasmo più pungente.
- Lo so che ti è difficile crederlo, dato che non te l'ho mai detto prima, ma …
- Sarà perchè mi hai parlato a malapena in questi tre anni?
Rabbia. Ecco cosa stava montando dentro di me, portandomi ad interromperlo bruscamente. La sapevo riconoscere, l'avevo provata molte volte solamente immaginando di poter parlare con lui, come stavo facendo in quel momento.
- Non è stato facile per me, ma avevi bisogno di tempo. Speravo ti avrebbe aiutato a capire che...
- Senti Edward, forse è meglio se lasciamo stare questa conversazione.
Dolore. Mischiato alla rabbia, sapevo che sarebbe potuto diventare un mix altamente pericoloso.
- Prima o poi dovremo parlarne. Non voglio perderti per sempre.
- Avresti dovuto pensarci prima! Prima di andartene come il più vile tra i codardi, senza una parola, o un saluto!
Non ero più riuscita a restare seduta, ero scesa dall'altra parte del letto, forse per mettere una distanza ancora maggiore tra noi.
- Adesso è troppo tardi per ricucire qualcosa che... che credevo perfetto.
Lo pensavo ancora: che tra me e lui sarebbe potuto essere tutto perfetto. Un incontro di anime, emozioni, corpi. Con nessun altro mi ero sentita come con lui, l'unico posto al mondo dove avrei voluto sempre essere: tra le sue braccia.
- Io non sono perfetto, Bella. Soprattutto... non lo sono per te.
Oh sì, che lo era. Anche adesso che affermava il contrario, sentivo che era così.
E la rabbia era esplosa del tutto, riversandosi fuori di me come lava in grado di fare terra bruciata al suo passaggio.
- E' così che pensavi di liquidare la "faccenda"? Di liquidare me? Con una frase degna del miglior film melodrammatico?
Non aveva reagito alla rabbia sempre più palesata dal mio tono di voce e dalla mia postura rigida.
- Pensavi che sarebbe stato sufficiente a giustificare tutto il male che mi hai fatto privandomi del tuo affetto, della tua presenza? Gettandomi sulle spalle anche il peso di essere stata la causa del tuo allontanamento dalla famiglia?
- Tu non hai nessuna colpa. L'unico colpevole sono io, per aver lasciato che accadesse, per non aver semplicemente pensato che potesse accadere...
Il suo dispiacere aveva dato il colpo finale al mio già precario equilibrio.
- Tranquillo, Edward! Se qui c’è una colpevole, quella sono solo io!
Alla fine ero esplosa, come fossi stata davvero un vulcano che non riusciva più a contenere il magma di dense emozioni che si agitavano dentro di me.
- Io, che sono stata così stupida da innamorarmi di qualcuno che non esiste, che non è mai esistito!
Come una furia stavo raccattando scarpe, giubbotto, zaino, sparsi per la mia camera.
- Io, che credevo di conoscerti, di sapere quanto davvero contassi per te.
Non sapevo più se stavo gridando contro di lui o contro me stessa, sapevo solo che non potevo fermarmi, che avrei dovuto riversare fuori quella mia rabbia, anche a costo di pentirmene per sempre.
- Io, che ho aspettato tutti questi anni dicendomi “vedrai che oggi ti chiamerà, e ti chiederà scusa per averti ferita così, ti dirà che ti vuole bene, che gli manchi immensamente”. E intanto andavo avanti, cercavo di essere felice, di vivere una vita che avesse senso.
Non lo avevo più guardato negli occhi, se non ora che ero pronta a troncare quell’assurda speranza che mi aveva sostenuta in questi tre anni.
Non lo so come avrei fatto, ma era necessario che riprendessi davvero il controllo della mia vita prima che fosse irrimediabilmente tardi.
- E sai cosa ho capito? Che devo cercare di farlo veramente. Devo cercare di essere felice anche senza di te.
Avevo inspirato profondamente, per cercare di calmare quei battiti furiosi che rischiavano di soffocarmi.
- Perciò, da questo momento in poi, Edward, non dovrai più preoccuparti di me, di quello che provo o non provo per te. Tornerai ad essere il mio “fratello” preferito e io la tua “pulce fastidiosa”. Vivremo come abbiamo sempre fatto, condividendo tutto, senza però mai farlo veramente.
Sentivo che le lacrime erano lì, sull’orlo delle ciglia, perciò già visibili a quello sguardo non umano che non mi abbandonava un attimo.
- Perché ci sono sempre stati dei limiti tra di noi, solo che io non li avevo mai visti chiaramente come li vedo ora che sei tornato.
Era rimasto perfettamente immobile, aveva persino smesso di fingere di respirare.
- Sono sempre stata la piccola, fragile umana che avrebbe smesso di esistere un giorno. Qualcuno che ti avrebbe accompagnato per un breve periodo, forse un piacevole diversivo in un’esistenza diversamente noiosa, immutabile. Qualcuno a cui volere bene, senza smettere di dimenticare che non sarebbe mai stata abbastanza per lui.
C’era ancora una parte di me che lo stava pregando di fermarmi, di abbracciarmi e di dirmi che stavo sbagliando tutto, che non potevo essere più lontana dalla verità.
- Bella, è meglio che tu non esca in queste condizioni… uscirò io.
Vederlo ricoprire immediatamente il ruolo che gli avevo di nuovo offerto, quello del fratello maggiore responsabile, maturo, era stato come un colpo di mannaia: deciso, rapido, ma non indolore… oh, quello di certo no!
- Non ti preoccupare, non ho nessuna intenzione di fare qualche sciocchezza.
Avevo infilato lo zaino in spalla, dirigendomi verso la porta.
Ti prego, ti prego, ti prego, non lasciarmi uscire da questa stanza.
- Ho solo bisogno di un po’ d’aria… solo questo.
Ero riuscita ad arrivare sino all’imbocco delle scale prima che le lacrime iniziassero ad offuscarmi la vista.
Sino alla porta d’ingresso prima che i singhiozzi iniziassero a scuotermi dal profondo.
A mettere in moto il furgoncino e avviarlo lentamente, prima di maledire con tutte le mie forze quel destino che mi aveva riservato una sofferenza così grande.
A raggiungere la statale ed immettermi, senza che lui avesse fatto nulla per farmi credere che le cose tra di noi non fossero come le avevo appena esposte.
 
 
 
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Avevo guidato per più di un’ora senza una vera meta, solo sfogando quel pianto che mi lacerava nel corpo e nell’anima.
Avevo rinunciato ad Edward, ora dovevo scendere a patti con questa mia stessa decisione.
Ad un certo punto mi ero ritrovata su una strada piuttosto tortuosa, roccia viva alla mia destra, uno strapiombo scosceso e il mare alla mia sinistra.
Avevo guidato sino a che una rientranza non mi aveva permesso di accostare e fermarmi.
La luna aveva fatto capolino da uno squarcio tra le nubi, riflettendosi in una striscia luminosa sul mare.
Uno spettacolo troppo raro, perché non riuscisse ad attirare la mia attenzione pur nello stato in cui ero.
Avevo attraversato la strada, superato il guardrail, e mi ero incamminata sul piccolo promontorio che si interrompeva a picco sul mare.
Sotto di me, in un ribollire di schiuma bianca, le onde si infrangevano rabbiose.
Dentro di me, non c’era più spazio per nulla, nemmeno per la rabbia che avevo provato sino a poco tempo prima.
Ero lì, semplicemente immobile a godermi uno spettacolo imprevisto, in un momento in cui pensavo che niente avrebbe potuto rompere la bolla di dolore in cui mi sentivo avvolta.
Sotto di me, forse ad una decina di metri, il mare mostrava la sua forza infrangendosi senza sosta contro la montagna.
Ma mi bastava spostare lo sguardo solo un poco più avanti, per ritrovare una calma perfetta illuminata da quella luce bianca che si perdeva sulla linea dell’orizzonte.
Era così la vita umana?
Tutto un ribollire di sentimenti fugaci, destinati a perdersi solo poco dopo?
Era questo che Edward sapeva, perché immortale, e io no?
Lui sapeva che il mio amore sarebbe durato il tempo di un’onda ribelle, destinato ad infrangersi davanti al primo ostacolo?
Era questo che dovevo comprendere, per andare avanti?
Che quello che adesso mi sembrava impossibile, ossia smettere di amarlo, sarebbe accaduto invece?
Avevo fatto un passo ancora avanti, ormai quasi sul limitare del precipizio.
Lì, il vento si era fatto più forte, come se fosse generato dalla violenza di quella lotta furiosa, poco più sotto, tra mare e roccia.
- Non sono nemmeno sicuro che tu possa farlo qui, dato che “di fatto” sei una Cullen e qui non ci potresti nemmeno stare.
La voce, bassa e profonda, mi aveva colto assolutamente di sorpresa, facendomi sobbalzare violentemente.
Mi ero sentita mancare la terra sotto i piedi per un attimo che mi era sembrato lunghissimo. Un attimo in cui mi ero vista precipitare e scomparire in quel ribollire di spuma.
Ma non era successo, perché una mano forte, bollente, mi aveva stretto per il polso, riportandomi al sicuro, lontano dal precipizio.
Ero andata a sbattere contro qualcosa di solido, ma non duro.
Muscoli definiti, sotto una pelle morbida e bollente, come la mano che mi teneva ancora per il polso.
- E adesso, con te, che ci devo fare?
Ero totalmente incapace di fare altro, se non rimanere muta davanti a quel ragazzo gigantesco che mi teneva ancora prigioniera nella sua stretta.
Mi sembrava persino più alto e massiccio di Emmet, il che mi sarebbe parso impossibile prima di questo momento.
- Forse dovrei portarti davanti al Consiglio… e lasciare che siano loro a decidere... in fondo non fai proprio parte dell’accordo.
I suoi occhi, neri e ardenti, sembravano assorbire il colore della notte stessa.
- O forse, dovrei lasciarti fare quello che stavi facendo…
Questo mi aveva finalmente riscosso.
Io non avevo nessuna intenzione di saltare, era lui che mi aveva fatto quasi rischiare di precipitare spaventandomi con il suo arrivo!
- Lasciami andare!
Ero pronta a lottare per liberarmi dalla sua presa, anche se cosciente che non avrei avuto molte possibilità, ma non ce n’era stato bisogno.
Mi ero ritrovata libera di fare qualche passo indietro, lontana da lui, e libera di cogliere davvero quanto il suo fisico fosse imponente.
Ma chi diavolo era? E cosa aveva detto a proposito di noi Cullen?
- Ehi, calma ragazzina! Guarda che sei tu ad essere in territorio ostile!
Territorio ostile? Ma cosa stava farneticando? Che avessi incontrato davvero uno squilibrato?
Però uno squilibrato che conosceva la mia famiglia e me.
E forse anche troppo bene.
Perché, passato lo shock iniziale, avevo messo a fuoco in particolare le sue parole “in fondo non fai proprio parte dell’accordo”.
Un campanello d’allarme era squillato forte e chiaro dentro la mia testa.
Non si viveva con dei vampiri, senza sviluppare un sesto senso per tutto ciò che aveva a che fare con il sovrannaturale.
- Ah, vedo che qualcosa inizia a funzionare in quella testolina…
Doveva essersi accorto dalla mia espressione che mi ero ripresa dallo spavento, rimettendo in moto i pensieri.
- Chi sei?
Alla mia legittima domanda era scoppiato in una vera e propria risata, mettendo in mostra una fila di denti bianchissimi.
- Mi chiedi chi sono?
Ancora rideva, piegato leggermente su se stesso.
- Sei una Cullen… e mi chiedi chi sono?
Dovevo essere impazzita per essere ancora lì, davanti a quello sconosciuto, anziché essere già diretta verso il furgoncino, e poi verso casa.
A chiedere spiegazioni sul perché un indiano alto quasi due metri e tutto muscoli, mi stesse accusando di aver invaso il suo territorio, minacciandomi di portarmi davanti ad un ipotetico “consiglio” per decidere il da farsi.
- Sì, ti chiedo chi sei, dal momento che tu conosci me e la mia… famiglia.
- Vorrai dire “succhiasangue”, famiglia è un concetto non applicabile a quelli della loro razza.
Era stato puro istinto quello che mi aveva indotto a colmare la breve distanza che mi separava da lui e colpirlo con uno schiaffo in pieno viso.
Il dolore era esploso violento, lasciandomi a boccheggiare in cerca di aria per placare le fitte che mi attraversavano la mano sempre più rapidamente.
- Cazzo! Mi hai rotto una mano!
Stavo tentando di reagire al dolore, ma sentivo le gambe diventare sempre più deboli.
- La mano te la sei rotta da sola, grazie alle tue buone maniere... e lasciati aiutare, altrimenti finisce che ti rompi anche qualcos’altro!
Aveva passato un braccio intorno alla mia vita, per sopperire alle mie gambe che avevano deciso di non sorreggermi più, effettivamente impedendomi di cadere lunga distesa.
- Hai bisogno di andare in ospedale... ti ci accompagno io, di certo non puoi guidare.
- Te lo scordi! Con te non vengo da nessuna parte!
Avevo quasi ringhiato fuori le parole, i denti stretti dal dolore.
- Tranquilla, non ti morderò... ho deciso che non hai violato nessun accordo.
Mi aveva sollevato tra le braccia senza il minimo sforzo, proprio come se fossi stata una piuma in balia del vento.
Se anche avessi protestato, credo mi avrebbe ignorata. E poi, il calore che emanava il suo corpo, stava agendo su di me quasi fosse stato un calmante naturale.
Era riuscito, infatti, a placare in parte il tremore provocato dalla sorpresa per il nostro strano incontro e dal dolore alla mano.
Mi aveva deposto delicatamente sul sedile, poi aveva preso posto dietro al volante.
- Stai ancora tremando... vieni, appoggiati a me.
Avevo deciso che era stato il dolore, e la confusione del momento, a spingermi ad accettare quell'invito così intimo.
Mi ero di nuovo appoggiata a lui, la testa sulla sua spalla, avvolta in poco tempo da quel calore bruciante e speziato.
Un profumo che mi aveva ricordato quello che sentivo anche sui miei familiari quando tornavano dalla caccia: legno, terra bagnata, muschio... l'odore del bosco, della natura selvaggia.
- Me lo dici, adesso, chi diavolo sei?
Non li avevo visti, perchè tenevo i miei chiusi, ma li avevo sentiti i suoi occhi, neri ed ardenti, posarsi su di me.
- Jacob Black e appartengo alla tribù dei Quileute.
Lo aveva pronunciato con la fierezza tipica di chi aveva radici affondate in un passato tanto solido da non temere nulla.
Neanche dei vampiri.
- E sono uno dei Guardiani della riserva.
 
 
 
 
 
 
 
 
Spoiler 3 Capitolo
 
 
 
 
L'infermiera aveva lasciato entrare Edward, non senza riservargli un'occhiata ammirata.
Segno che alla "bellezza" dei Cullen non ci si poteva assuefare, nemmeno se ci lavoravi a stretto contatto tutti i giorni.
Infatti, mentre il medico di turno si occupava della mia fasciatura alla mano, lei si era premurata di dirmi che conosceva bene mio padre, e che era un vero piacere lavorare con lui.
Ero sicura della sua buonafede, dato che non era poi così giovane, ma indubbiamente rimaneva pur sempre una donna sensibile al fascino irresistibile di un vampiro.
Tutto, nella loro natura, era destinato ad ammaliare le proprie vittime: bellezza, sguardo, voce.
L'espressione che aveva ora Edward, un misto di rabbia e preoccupazione, rendeva ancora più attraente il suo viso.
Un angelo dannato.
Una volta, leggendo uno sciocco romanzo rosa il cui protagonista era proprio un vampiro, era così che l'autrice lo aveva descritto.
E guardandolo fissarmi così cupo, sicuramente in attesa di rimanere soli per sapere che cosa mi era successo realmente, poteva anche esserlo un angelo dannato.
E se solo me lo avesse chiesto, ero certa che l'avrei seguito in qualsiasi inferno fosse stato condannato ad abitare.
- Ciao, Edward.
- Buonasera Dott. Davenport.
- Stavo finendo di spiegare a Bella che, fortunatamente, non si tratta di una frattura vera e propria, ma più di un'incrinazione del metatarso. Infatti, è bastata una fasciatura rigida. Dovrà tenerla per quindici giorni circa.
Stava ascoltando attentamente il collega di Carlisle, ma sapevo che questo non gli avrebbe impedito di rimanere concentrato anche su di me.
E non mi era sfuggito come un'espressione di lieve disgusto gli avesse irrigidito i lineamenti.
Cosa significava? Cosa lo stava infastidendo così tanto in quello che diceva il Dott. Davenport?
Ero confusa, oltre che agitata all'idea di come avrebbe reagito nel sapere chi, e perchè, mi aveva procurato quella piccola incrinatura alla mano.
- ... però, credo che tuo padre potrà tranquillamente occuparsi del tuo decorso... anzi, credo lo possa fare con la più assoluta competenza!
Ci eravamo sforzati entrambi di sorridere alla battuta del Dott. Davenport, ovviamente ignaro del dialogo muto tra me ed Edward, fatto di occhiate assai espressive.
- Veramente, Carlisle nei prossimi giorni non sarà qui a Forks...
- Oh, non lo sapevo! Bè, allora non esitare a venire da me, Bella, per qualsiasi cosa dovessi aver bisogno.
- Certamente, dottore. La ringrazio, è stato molto gentile.
- Figurati! Mi spiace, piuttosto, per la tua caduta.
- Già... una piccola disattenzione.
Un leggero bussare aveva introdotto una nuova infermiera che aveva comunicato al dottore che c'era bisogno di lui con urgenza per un altro caso.
Così mi aveva rinnovato l'invito a rivolgermi a lui finchè non fosse tornato Carlisle, poi ci aveva salutati entrambi, dicendoci di prendercela pure con calma, che quell'ambulatorio per il momento non sarebbe più servito.
Forse aveva capito che Edward non aspettava altro che di rimanere soli, per potermi parlare.
- Hai un'idea di quanto tu ci abbia fatto preoccupare! Di come si sia sentita Alice nel “vedere” che saresti finita in ospedale? Ti ho cercato nell’ultima mezz’ora come non ho mai cercato nessuno in vita mia! Quando mi ha chiamato l’ospedale mi sono sentito persino sollevato nel sapere che ti eri rotta solo una mano!
Praticamente mi aveva inchiodato al lettino su cui ero seduta, il viso a pochi centimetri dal mio.
Una vera e propria tempesta si agitava in quegli occhi dorati.
Ma anch’io avevo i miei motivi per essere arrabbiata non solo con lui, ma anche con il resto della famiglia.
- E tu hai un'idea di come mi sia sentita io a scoprire un altro "piccolo" vostro segreto? Che c’era qualcuno che sapeva di me e di… voi, qui a Forks?
Non mi ero lasciata sopraffare dalle emozioni violente che mi aveva scatenato la sua vicinanza. C’ero riuscita rimanendo concentrata su quanto mi ero ripromessa di fare: scoprire perchè non mi avevano parlato della riserva e del patto che c'era tra loro e i Quileute.
Per un attimo, breve ma indimenticabile, dopo le mie parole avevo visto solo il vampiro in lui.
Qualcosa di assolutamente istintivo e bestiale, prima che la ragione tornasse a prevalere.
Doveva essersene accorto anche lui, perchè si era allontanato di colpo, passandosi una mano sul viso, come a voler cancellare quell'attimo.
- Non c'era motivo di pensare che... che avresti mai incontrato uno di "loro".
Così era vero! C'erano ancora dei segreti tra me e loro.
- Come fai a sapere che...
- La puzza, Bella. Hai addosso un odore che è inconfondibile per noi.
Ecco il perchè di quel disgusto.
- Adesso, vuoi spiegarmi che cosa ci facevi alla riserva, come ti sei fatta male e … soprattutto perché uno di “loro” ti ha accompagnato in ospedale?
Come aveva fatto a sapere che era stato Jacob ad accompagnarmi?
La risposta era arrivata subito, probabilmente perché aveva visto la mia sorpresa nel sentirmelo chiedere.
- La guardia all'ingresso... ha pensato fosse meglio informarmi che ti ha visto scendere dal furgoncino con un tipo poco raccomandabile... per la precisione "un indiano enorme, che indossava solamente un paio di pantaloncini".
Mi era sembrato di risentire la pelle bollente di Jacob, quel calore che era penetrato attraverso i vestiti, avvolgendomi totalmente.
- Bella, mi sto sforzando di non fare qualcosa di avventato... tipo andarlo a cercare e chiedere spiegazioni a lui... puoi rispondermi, per cortesia?
 
 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Buongiorno!
Siccome sono riuscita a scrivere parecchio nel week, ho deciso di festeggiare anticipando la pubblicazione del nuovo capitolo. Questo per dire che non sempre passeranno così pochi giorni tra un capitolo e l'altro, ma magari massimo una settimana come precedentemente già detto.
Poi ci tengo a ringraziare davvero tutte voi lettrici, perchè i numeri nelle preferite/ricordate/seguite continuano a crescere in maniera vertiginosa.
Grazie di cuore, cercherò di non deludervi!
Alla prossima.
BF

Sto venendo a prenderti
il mio corpo ha fame
Sto venendo a prenderti
come un drogato

Non riesco a fermare
il mio desiderio
Non sto aspettando
pazientemente

C’è solo un modo per calmare la mia anima
C’è solo un modo

"Soothe my Soul - Depeche Mode" 






L'infermiera aveva lasciato entrare Edward, non senza riservargli un'occhiata ammirata.

Segno che alla bellezza dei Cullen non ci si poteva assuefare, nemmeno se ci lavoravi a stretto contatto tutti i giorni.
Infatti, mentre il medico di turno si occupava della mia fasciatura alla mano, lei si era premurata di dirmi che conosceva bene mio padre, e che era un vero piacere lavorare con lui.
Ero sicura della sua buonafede, dato che non era poi così giovane, ma indubbiamente rimaneva pur sempre una donna sensibile al fascino irresistibile di un vampiro.
Tutto, nella loro natura, era destinato ad ammaliare le proprie vittime: bellezza, profumo, voce.
L'espressione che aveva ora Edward, un misto di rabbia e preoccupazione, rendeva ancora più attraente il suo viso.
Un angelo dannato.
Una volta, leggendo un mieloso romanzo rosa il cui protagonista era proprio un vampiro, era così che l'autrice lo aveva descritto.
Nel guardarlo fissarmi così cupo, sicuramente in attesa di rimanere soli per sapere che cosa mi era successo, poteva sembrarlo davvero un angelo dannato.
Se solo me lo avesse chiesto, ero certa che l'avrei seguito in qualsiasi inferno fosse stato condannato ad abitare.
- Ciao, Edward.
- Buonasera Dott. Davenport.
Il saluto tra loro due era stato cordiale, anche se lo sguardo di Edward era rimasto minaccioso.
- Stavo finendo di spiegare a Bella che, fortunatamente, non si tratta di una frattura vera e propria, ma più di un'incrinatura del metacarpo. Infatti, è bastata una fasciatura rigida. Dovrà tenerla per quindici giorni circa.
Stava ascoltando attentamente il collega di Carlisle, ma sapevo che questo non gli avrebbe impedito di rimanere concentrato anche su di me.
Anch’io non riuscivo a distogliere lo sguardo da lui, ed avevo notato che per un attimo la sua espressione era mutata in una smorfia di profondo disgusto, prima di tornare tesa e cupa.
Cosa significava? Cosa lo aveva infastidito così tanto in quello che stava dicendo il Dott. Davenport?
Ero confusa, oltre che agitata all'idea di come avrebbe reagito nel sapere chi, e per quale motivo, mi aveva procurato il mio piccolo incidente.
- Però, Bella, credo che vostro padre potrà tranquillamente occuparsi del tuo decorso... anzi, credo lo possa fare con la più assoluta competenza!
Ci eravamo sforzati entrambi di sorridere alla battuta del Dott. Davenport, ovviamente ignaro del dialogo muto tra me e mio “fratello”, fatto di occhiate assai espressive.
- Veramente, Carlisle nei prossimi giorni non sarà qui a Forks.
- Oh, non lo sapevo! Bè, allora non esitare a venire da me, Bella, per qualsiasi cosa dovessi aver bisogno.
- Certamente, dottore. La ringrazio, è stato molto gentile.
- Figurati! Mi spiace, piuttosto, per la tua caduta.
- Già... una piccola disattenzione.
Un leggero bussare aveva introdotto una nuova infermiera che aveva comunicato al dottore che c'era bisogno di lui con urgenza per un altro caso lì al pronto soccorso.
Così mi aveva rinnovato l'invito di rivolgermi a lui finchè non fosse tornato Carlisle, prima di salutarci e dirci di prendercela pure con calma, dato che lo attendevano in un altro ambulatorio.
Forse aveva capito che Edward non aspettava altro che di rimanere solo con me, per potermi parlare liberamente di quello che mi era successo.
Aveva intuito bene, perché non appena si era richiuso la porta alle spalle, mi ero praticamente ritrovata inchiodata al lettino su cui ero seduta, con il viso di Edward a pochi centimetri dal mio.
- Hai un'idea di quanto tu ci abbia fatto preoccupare! Di come si sia sentita Alice nel “vedere” che saresti finita in ospedale? Dannazione, Bella, ti ho cercato nell’ultima mezz’ora come non ho mai cercato nessuno in vita mia! Quando mi ha chiamato l’ospedale mi sono sentito persino sollevato nel sapere che ti eri rotta soltanto una mano!
Una vera e propria tempesta si agitava nei suoi occhi dorati.
Ma anch’io avevo i miei motivi per essere arrabbiata, e non solo con lui, ma anche con il resto della famiglia.
- E tu hai un'idea di come mi sia sentita io a scoprire un altro "piccolo" vostro segreto? Che c’era qualcuno che sapeva di me e di… voi?
Non mi ero lasciata sopraffare dalle emozioni violente che mi aveva scatenato la sua vicinanza. C’ero riuscita rimanendo concentrata su quanto mi ero ripromessa di fare: scoprire perchè non mi avevano parlato della riserva e del patto che avevano stretto con i Quileute.
Per un attimo, breve ma intenso, davanti alla mie accuse avevo visto solo il vampiro in lui, la sua parte più… istintiva e bestiale.
Doveva essersene accorto anche lui di quello che era trapelato, perchè si era allontanato di colpo, passandosi una mano sul viso, come a voler cancellare quell'attimo.
- Non c'era motivo di pensare che... che li avresti mai incontrati.
Così, era vero, c'erano ancora dei segreti.
- Come fai a sapere che ho incontrato qualcuno?
- La puzza, Bella. Hai addosso un odore che è inconfondibile per noi!
Ecco il perchè di quel disgusto.
- Adesso, vuoi spiegarmi che cosa ci facevi alla riserva, come ti sei fatta male e … soprattutto perché uno di “loro” ti ha accompagnato in ospedale?
Come aveva fatto a sapere che Jacob mi aveva accompagnato?
La risposta era arrivata subito, probabilmente perché aveva visto la mia sorpresa nel sentirmelo chiedere.
- La guardia all'ingresso... ha pensato fosse meglio informarmi che ti ha visto scendere dal furgoncino con un tipo poco raccomandabile. Le sue esatte parole sono state "un indiano enorme, dall’aria minacciosa, che indossava solamente un paio di pantaloncini".
Mi era sembrato di risentire la pelle bollente di Jacob, quel calore che era penetrato attraverso i vestiti, avvolgendomi totalmente.
- Bella, te lo giuro, mi sto sforzando di non fare qualcosa di avventato... tipo andarlo a cercare e chiedere spiegazioni a lui... puoi rispondermi, quindi, per cortesia?
C'era una parte di me, quella che non avrebbe mai voluto dire ad Edward che sarebbe tornato ad essere solo un fratello per me, che premeva per non rispondere a quella domanda.
Lo avrebbe voluto lasciare nell'incertezza, forse spingerlo a fare qualcosa di veramente avventato, per vederlo di nuovo totalmente coinvolto da me, dalla mia vita.
Ma sapevo anche quanto sarebbe stato rischioso per lui: Jacob mi aveva chiaramente spiegato che qualsiasi sconfinamento dei Cullen "succhiasangue" nella riserva, avrebbe scatenato una loro reazione violenta.
Così mi ero decisa a rispondere, mettendo a tacere la parte di me ancora arrabbiata.
- Non mi sono resa conto che guidando ero finita nella riserva. Poi mi sono fermata perchè dalle nuvole all’improvviso è sbucata la luna, si rifletteva sul mare e...
E pensare a te era così doloroso, e quel momento sembrava così perfetto per cercare di dimenticare…
- ... è stato impossibile non fermarsi ad ammirare uno spettacolo così bello... solo che poi, all'improvviso, è comparso Jacob…
Mi ero interrotta, perché non era stato frutto della mia immaginazione, Edward aveva ringhiato come solo poche volte mi era capitato di sentirlo fare.  
- Continua, Bella, continua a parlare....
Avevo sentito un'urgenza strana nella sua voce, qualcosa che non riuscivo a definire: era arrabbiato con me o per il fatto che avessi incontrato uno di “loro”?
- Bè, lui mi ha chiesto cosa ci facevo lì...  che non ci potevo stare dato che ero una Cullen... anche se "anomala", come poi mi ha subito definito.
- Bastardo d’un cane!
Ero sobbalzata davanti a quella imprecazione violenta di Edward: un'altra cosa che non era mai stata da lui. Mi ero ritrovata a fissarlo quasi senza fiatare, troppo sorpresa per continuare il mio racconto.
- Bella, devi giurarmi che starai lontana dalla riserva d'ora in poi!
- Ma io...
- E' pericoloso! "Loro" sono pericolosi... giurami che per una volta farai quello che ti chiedo e basta!
Qualcosa dentro di me era tornato a premere perché mi ribellassi… gridava che lui non poteva permettersi di chiedermi questo dal momento che aveva rinunciato a me.
- Jacob è stato solo gentile con me, non è stato lui a...
Mi aveva afferrato per le spalle, strattonandomi con forza, tanto che avevo avvertito una fitta dolorosa.
- Lui è pericoloso, mettitelo bene in testa, Bella! Non ha importanza quanto sia stato gentile ieri sera. Devi - restargli - lontana.
Aveva scandito le ultime parole scrollandomi ancora, seppure in maniera meno irruente.
Se fosse stato Emmet, o Jasper, o Carlisle a chiedermelo, sono sicura che sarebbe stata un'altra la mia reazione.
Ma era stato lui a farlo, e non volevo più che potesse controllare nessun aspetto della mia vita: avevo deciso così, e così sarebbe stato sino in fondo.
- Mi stai facendo male, Edward.
Mi aveva lasciato andare immediatamente, come se improvvisamente si fosse scottato nel contatto con me.
- Bella...
- No! Adesso tu ascolti me!
Ero scesa dal lettino, raddrizzando le spalle nel tentativo di apparire ai suoi occhi il più determinata possibile.
- Se erano tanto pericolosi i Quileute, dovevate parlarmene subito! Lo sapevi tu chi erano, che nemmeno vivevi qui a Forks, e io no invece!
Sentivo la rabbia entrare in circolo, sommandosi anche a quella che avevo combattuto in presenza del licantropo conosciuto solo poco prima, Jacob Black.
Stavo per riversarla addosso al vampiro che avevo di fronte, unica  causa certa di tutto ciò che non funzionava più nella mia vita.
- Bè, sai che cosa ti dico, allora? Che dopotutto è stato più sincero lui, un emerito sconosciuto, piuttosto che voi, la mia famiglia!
- Tu non sai di cosa stai parlando...
- Oh sì che lo so, invece! Jacob mi ha detto tutto!
C'era una tale tensione tra noi da poterla quasi toccare con mano.
- Di certo non poteva immaginare che una Cullen, seppur "anomala" come me, non sapesse che loro erano dei licantropi.
A quella parola, la bocca di Edward si era assottigliata in una linea dura, accompagnata da uno sguardo talmente cupo, che l'oro dei suoi occhi si era tramutato in un nero minaccioso.
- Non sai niente della loro... natura.
- E allora? Sono stata cresciuta da una famiglia di vampiri, di certo non può spaventarmi l’idea che…
Ma lui mi aveva interrotto, sforzandosi di distendere i lineamenti in un’espressione meno minacciosa.
- Sta tornando l'infermiera... hanno dimenticato di farti firmare le carte per la dimissione.
Aveva assunto anche una postura meno rigida, avvicinandosi a me come se fosse stato pronto a sorreggermi in caso di bisogno.
Io non avevo la sua capacità di recupero, e quando l'infermiera era entrata, dopo aver bussato, l'avevo vista fissarmi leggermente preoccupata.
- Bella, tutto bene? La mano ti fa male?
- No, no.. sono solo un pò... stanca.
- Sicura, cara?
- Stavamo giusto andando... una volta a casa potrà farsi un bel sonno ristoratore.
La voce melodiosa di Edward si era inserita nella conversazione, spostando la sua attenzione immediatamente su di lui.
L'avevo vista rasserenarsi quasi subito davanti al sorriso che sfoggiava ora Edward: qualcosa a cui era difficile resistere, quando era usato con l’intenzione di confondere il suo interlocutore come stava facendo lui ora con quella donna.
- Bravo, è proprio la migliore medicina per tua sorella.
Aveva distolto lo sguardo da lui, per riportarlo su di me.
- Bella, solo un'altra piccola seccatura. Ci sarebbero questi moduli da firmare.
Mi aveva teso i moduli e una penna. Mi ero ritrovata un attimo impacciata, tra la mano fasciata e l'altra che tremava a causa della conversazione appena interrotta con Edward.
Era stato proprio lui ad intervenire, intercettando fogli e penna.
- Cosa ne dice se firmo io, al posto di mia sorella? Credo abbia qualche difficoltà nel farlo.
Aveva sottolineato con un’occhiata la mia mano fasciata e la donna aveva annuito senza esitare.
- Certo, certo. Direi che puoi benissimo firmarli tu.
Le aveva sorriso nuovamente, prima di appoggiarsi alla scrivania e firmare i moduli.
- Ecco fatto.
Glieli aveva restituiti insieme alla penna.
- Ora possiamo andare?
- Ma certo!
Mi aveva sorriso un’ultima volta, mentre Edward afferrava il mio zaino, abbandonato sulla sedia.
- Cerca di riposare, Bella.
- Lo farò... grazie, è stata molto gentile.
- Figurati! Allora, arrivederci.
- Arrivederci.
Edward gli aveva riservato un ultimo sorriso di circostanza, poi mi aveva posato una mano sulla schiena, invitandomi ad uscire.
Al suo tocco mi ero sentita attraversare come da una scarica elettrica, spingendomi ad allontanarmi da lui per precederlo nel corridoio e raggiungere a passi svelti l’uscita dell’ospedale.
Eravamo giunti nel parcheggio esterno senza più scambiarci mezza parola, arrivando a non sfiorarci nemmeno con lo sguardo.
Nel silenzio tra di noi, c’era stata ancora la sua rabbia contrapposta alla mia.
Mi ero diretta verso il mio furgoncino, quando Edward mi aveva fermato.
- Scordati di guidare con quella mano.
- Ce la posso fare benissimo.
- Non se ne parla, vieni a casa con me. Poi torneremo a prendere il tuo…
Esasperata lo avevo interrotto bruscamente.
- Senti, Edward, sono in grado di guidare!
- Basta!
Non aveva gridato, ma per me era come se lo avesse fatto.
Mai, nemmeno una volta, si era permesso di zittirmi con quel tono imperioso.
- Non lo so cosa ti ha preso stasera, ma credo tu abbia già messo abbastanza in pericolo la tua vita, da non dover rischiare anche un incidente in macchina.
Poi mi aveva afferrato per un gomito, di fatto obbligandomi a seguirlo verso la jeep di Emmet.
- Se proprio non ti interessa di te stessa, pensa almeno a come possiamo sentirci in questo momento noi tutti.
- Alice avrà visto che ora sto bene.
Avevamo quasi raggiunto la jeep ed avevo visto il mio zainetto volarci dentro, dal momento che Edward ce lo aveva praticamente lanciato con una certa violenza.
- E non hai pensato a quello che poteva “vedere” Alice, mentre decidevi di mettere in pericolo la tua vita?
Non mi ero nemmeno fermata a riflettere su quanto mia sorella doveva essere stata male davvero, avevo reagito e basta all’ennesima domanda accusatoria che Edward mi aveva posto quella sera.
- Lo vuoi capire o no, che non sapevo niente della riserva, di loro, dell'accordo con voi? Quindi vedi di piantarla di accusarmi di aver volontariamente cercato di andare a ficcarmi in una situazione pericolosa per farvi stare male tutti!
Per un breve attimo, il tempo dei suoi pugni che si erano contratti con forza, avevo temuto di fare la stessa fine del mio zainetto, ossia essere lanciata in macchina e messa a tacere con la forza.
Il modo in cui ci stavamo fronteggiando, non ci era mai appartenuto. Era stato mio e di Emmet, entrambi molto impulsivi e testardi, ma non mio e di Edward.
Lui, che mi conosceva così bene, aveva sempre saputo come parlarmi, come affrontarmi.
Ma proprio in questo pensiero avevo trovato l’ennesima conferma: le cose tra di noi non erano più come le ricordavo.
Ora sembravamo due sconosciuti che stavano cercando di capire i rispettivi limiti, oltre i quali non ci saremmo dovuti spingere.
- Okay... okay. E' stata una serata decisamente difficile per... entrambi.
Non mi ero resa conto di quanto fosse stato davvero teso, sino a che non lo avevo visto appoggiarsi alla fiancata della jeep, passandosi una mano tra i capelli.
- Ti chiedo scusa.
Mi ero ritrovata a trattenere il fiato davanti a quegli occhi che cercavano i miei nel modo in cui lo avevano sempre fatto: con affetto e tenerezza.
- Sono stato un perfetto imbecille ad aggredirti così... e come unica scusante...
Perchè doveva essere così dannatamente credibile la sua espressione in quel momento?
- ... ho solo quella che ero maledettamente preoccupato. Bella, ti giuro, non ho mai avuto così tanta paura che ti potesse succedere qualcosa come nelle ultime ore.
Avrei voluto gettarmi tra le sue braccia, come avevo fatto migliaia di volte in passato, per rassicurarlo ed essere rassicurata che tutto andava bene, niente ci avrebbe diviso.
Ma noi eravamo già divisi e per colpa sua.
Ad essere così preoccupato era solo il vampiro che si sentiva in dovere di proteggere la mia natura “fragile”, aggravato dal fatto che si sentiva responsabile della mia fuga da casa per colpa della nostra discussione.
- Non è successo nulla di grave, dopotutto.
La rabbia si era come sgonfiata in me, lasciandomi solo con una gran voglia di andare a rinchiudermi nella mia stanza, addormentarmi, e ripensare a tutto quanto solo il mattino successivo.
- Ti chiedo scusa anch’io… forse, prima che con te, dovevo prendermela con gli altri che erano qui e non mi hanno mai parlato della riserva e dei suoi abitanti.
L’avevo intuito ancora prima che lo dicesse ed avevo altrettanto intuito quale sarebbe stata la mia risposta..
- Bella, la riserva… insomma, è meglio se te ne tieni alla larga anche tu… il fatto che quel… ragazzo sia stato gentile con te, non lo rende di certo meno pericoloso.
Non sapevo davvero quanto la mia risposta sarebbe servita, sapevo solo che se anche gli avesse procurato solo un “dolore” fraterno, forse avrebbe capito quanto io avevo sofferto – e soffrivo tuttora - a causa sua.
- Non posso prometterti che lo farò, Edward.
Avevo fatto una vera e propria violenza su me stessa, ma lo avevo guardato dritto negli occhi, proseguendo.
- Perché conoscere Jacob per me non è stata la sorpresa sgradita che invece è stata per tutti voi.
 
 
 
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Avevo raggiunto il mio obiettivo con una tale facilità che mi aveva scavato una nuova voragine dentro il cuore.
Edward aveva reagito alle mie parole con gesti pacati, quasi impassibili. La rabbia che aveva esternato sino a poco prima per il mio incontro con Jacob, sembrava svanita come neve al sole.
Mi aveva ribadito che era stata una serata difficile per entrambi, con troppe emozioni, troppi avvenimenti, e che sarebbe stato meglio riparlarne dopo una notte di riposo per me e di riflessione per lui.
Riflettere su che cosa, Edward?
Glielo avrei voluto chiedere mentre mi aiutava a salire sulla jeep, un’espressione indecifrabile sul volto.
Che cosa provi veramente per me?
Glielo avrei voluto chiedere mentre chiuso in un silenzio altrettanto insondabile si limitava a guidare.
- Bella!
L’abbraccio impetuoso in cui mi ero ritrovata avvolta, mentre stavo finendo di infilarmi il pigiama, mi aveva quasi sollevato da terra, oltre che a riportarmi al presente, nella mia stanza.
- Non osare mai più costringermi a vederti comparire in un ospedale, senza sapere perché ci eri finita!
A discapito dello sguardo adirato che mi stava rivolgendo Alice, c’erano le sua mani che mi accarezzavano il viso, quasi in cerca di rassicurazione sul fatto che fossi davvero lì, sana e salva di fronte a lei.
- Alice, mi dispiace.
Sulla soglia della stanza era comparsa anche Rosalie, uno sguardo che non presagiva nulla di buono.
- Rosalie…
- Abbiamo passato davvero dei brutti momenti, Bella. Quando abbiamo chiamato Edward e lui ci ha detto che eri uscita dopo che avevate discusso…
Non aveva avuto bisogno di proseguire per farmi immaginare cosa dovevano aver pensato: che avrei potuto commettere qualche sciocchezza, anche se non proprio volontariamente.
- Sentite mi dispiace davvero per quello che è successo, ma …
- E vorrei vedere che così non fosse! Ti cercavo disperatamente, ma eri sparita come nel nulla! Non riuscivo a vederti… e ho temuto che la visione in ospedale fosse già cambiata in…
Mi aveva stretto con più forza, Alice, senza riuscire a dirmi a parole ciò che l’aveva angosciata veramente: la paura che io fossi morta.
- Sto bene, davvero, non è successo niente.
L’avevo stretta a mia volta, rivolgendo anche a Rosalie uno sguardo colpevole, per scusarmi di averle fatte stare male in quella maniera.
Chiusa nel mio dolore, non avevo pensato che Alice avrebbe potuto avere una visione sul mio futuro.
- E mi scuso per non avervi avvisato subito che non era niente di grave.
- Bè... quello non è proprio “niente di grave”…
Rose aveva indicato la mia mano e Alice l’aveva presa tra le sue delicatamente, sfiorando la fasciatura.
- Hai voglia di raccontarci come è andata? Edward non è stato in grado di dircelo chiaramente. Ci ha solo detto che non è stato quel… ragazzo a farti male, che lui ti ha solo accompagnato in ospedale.
Mi ero resa conto solo adesso che, infatti, alla fine non gli avevo detto esattamente come erano andate le cose con Jacob. Edward aveva creduto che non fosse stato lui a farmi del male, ma non sapeva che indirettamente c’entrava comunque con la mia mano rotta.
Nel vedere una cupa minaccia anche negli sguardi delle mie sorelle nel solo citarlo, avevo deciso che non era necessario far sapere a tutti loro come erano andate esattamente le cose.
La verità avrebbe messo ancora più in cattiva luce Jacob agli occhi di tutti loro e non ne avevo l’interesse, visto che avevo mentito con Edward, facendogli credere che il mio incontro con lui fosse stato più che gradito.
- Stavo girovagando senza meta, poi mi sono fermata a guardare il mare, ma non sapevo di essere già dentro i confini della riserva… sapete che so essere abbastanza distratta, e sono inciampata cadendo malamente… ed è stato Jacob a soccorrermi… non so nemmeno dirvi se lui era già lì o se è arrivato quando mi sono fatta male.
Adesso era Alice ad aver assunto un’espressione leggermente colpevole, spostando lo sguardo su Rosalie.
- Personalmente, Bella, avrei voluto dirti dell’esistenza di quei ragazzi
Era evidente come anche Rosalie si fosse sforzata di chiamarli “ragazzi”, facendomi capire che li avrebbe volentieri definiti in chissà quale altra maniera anche lei.
- Ma quando è stato il momento di decidere, sono stata l’unica ad averlo pensato.
- Evidentemente sei l’unica a non giudicarmi ancora una bambina!
Mi era venuto spontaneo allontanarmi da Alice, e lei non mi aveva trattenuto.
Mi ero seduta sul letto, improvvisamente così stanca da non riuscire più nemmeno a pensare lucidamente.
- Io non penso affatto che tu sia ancora una bambina, Bella!
Avevo visto Alice fulminare Rose con uno sguardo severo, e lei reagire con un sorrisetto.
Tra loro c’erano spesso scambi così diretti, dato che avevano caratteri completamente opposti, ma era anche vero che non le avevo mai viste andare oltre quei semplici battibecchi.
- Ho solo pensato, come gli altri – tranne Rose come ci ha tenuto a sottolineare - che ti saresti preoccupata per tutti noi inutilmente.
Avevo intravisto la mia bionda sorella rivolgere un altro sguardo assassino alla bruna, ma questo non mi aveva distolto dalla voglia di esternare il mio pensiero sulla faccenda “sicurezza della famiglia”.
- Oh, certo! E gli unici a dovervi preoccupare siete sempre e solo voi! Io, con la mia “limitata” esistenza umana, non posso certo condividere le vostre preoccupazioni!
A quel punto mi ero sentita stanca, e lasciandomi andare all’indietro ero sprofondata nel morbido materasso, lo sguardo puntato sul soffitto.
Se fossi stata come loro, avrei condiviso davvero tutto. Non ci sarebbe più stato nessun segreto tra di noi.
- Questo, però, non lo penso nemmeno io, Bella… te lo avrei detto semplicemente perché ti avrei anche spiegato che se ti fosse mai capitato, avresti dovuto evitare di addentrarti nella riserva.
- Come dire, Rosalie, che erano remote le possibilità che io mi trovassi a girovagare senza uno di voi a farmi da balia.
Non l’avevo vista, ma avevo “sentito” Alice rivolgere uno sguardo ancora più fulminante a Rosalie, forse per rimproverarla di non peggiorare le cose.
Ma poteva andare peggio di così?
In quel momento mi sembrava che tutti loro mi stessero nuovamente ingannando.
Non mi avrebbero mai considerato davvero parte della famiglia.
Forse Edward, dopotutto, era stato il più sincero: aveva avuto il coraggio di farmi capire quanto fossimo distanti anni luce e quanto fossi ingenua nel considerarmi alla loro altezza.
- Bella, credo che il problema sia un altro…
Avevo spostato lo sguardo, ritrovando quello serio di Rosalie che mi fissava .
- L’arrivo di Edward ti ha turbato più di quanto tu voglia farci credere. Lo conferma il fatto che avete discusso non appena siete rimasti soli.
Lo avevano fatto apposta!
Il pensiero mi era balenato come un fulmine a ciel sereno!
Mi avevano lasciato volontariamente da sola con Edward, come se fosse stato un esame da superare!
Mi ero rimessa bruscamente a sedere, guardandole entrambe.
- E’ vero, abbiamo discusso. Ma ero arrabbiata, non turbata! Quante volte mi avete visto discutere con Emmet…
- Sì, è vero… ma non è la stessa cosa, e lo sai anche tu.
Non lo avrei mai ammesso questo, o anche i miei sforzi con Edward non avrebbero avuto senso.
- Sentite, è vero… l’arrivo di Edward è stato improvviso, e sicuramente ho bisogno di “elaborarlo”… ma non nella maniera che credete voi! Sono tre anni che non ci vediamo, e sapete anche voi quanto abbia sofferto per la sua assenza… ora non posso semplicemente perdonarlo e ricominciare come se non fosse successo niente!
Non sapevo se potevo essere credibile, ma avrei detto loro ciò che avevo detto anche ad Edward.
- Sicuramente ci dovremo chiarire… però, per quanto riguarda stasera… sono uscita da qui che ero arrabbiata… poi lo sono diventata anche di più scoprendo che avevate mantenuto un altro segreto con me.
Mi ascoltavano silenziose, sicuramente concentrate anche sul mio linguaggio corporeo, qualcosa che non potevo controllare appieno.
Sentivo anch’io il mio cuore accelerare mentre stavo per mentire, ribadendo che la conoscenza di Jacob aveva lasciato un segno in me.
E speravo potesse essere percepito da loro non come il sintomo di una menzogna, ma di un’emozione reale.
- Però, alla fine, di tutto quello che è successo stasera, c’è qualcosa che mi ha colpito davvero: ed è stato proprio conoscere Jacob Black.
Le avevo guardate, scusandomi in cuor mio per quello che stavo per dire loro.
- E lo dico subito anche a voi, che lo direte a vostra volta ad Emmet e Jasper: se vorrò, licantropo o no, proverò ad approfondire la sua conoscenza!
- Stai scherzando vero? Non è possibile! E’ una creatura pericolosa e senza alcun controllo su se stesso!
Alice era scattata immediatamente, Rosalie si era limitata a fissarmi in silenzio con un cipiglio che era in grado di terrorizzare anche i miei fratelli.
- Si vede che è il destino a farmi incrociare sempre e solo creature potenzialmente pericolose per me, cara sorellina.
Le avevo fissate intenzionalmente, come a voler sottolineare il concetto che anche loro sarebbero potuti essere pericolosi per me, ma non lo erano, perchè sapevano gestire la loro "mostruosità".
- Non dire sciocchezze, Bella! Non vorrai paragonare tutti noi ad un... ad un... ad un branco di cani puzzolenti senza cervello!
Era stata Rosalie, alla fine, a definirli come davvero li vedevano, e mi aveva ricordato la smorfia di disgusto di Edward, provocata dall'odore che diceva di avermi sentito addosso.
- E' vero, non posso... però, quello che voglio farvi capire, è che posso affrontare la situazione: proprio grazie a voi, posso dire di non essere un'umana qualsiasi.
- Bella, io non posso nemmeno "vederli"... sono giunta a questa conclusione proprio per il fatto che sono riuscita a vederti solo quando non eri più in compagnia di quel ragazzo... credo abbia davvero oscurato le mie visioni.
Capivo la preoccupazione che si agitava in Alice e Rosalie, ma non riuscivo comunque a smettere di pensare che avevo bisogno di qualsiasi scusa per frapporre tra me ed Edward la maggiore distanza possibile.
- Io capisco... so che mi volete bene e che siete preoccupate... ma io so badare a me stessa. E non andrò a cacciarmi in qualche guaio come se fossi una stupida ragazzina senza cervello.
Non le avevo smosse di un millimetro, ne ero assolutamente cosciente. Ma anche io ero decisa questa volta.
Decisa a dimostrare a me stessa che potevo farcela, che avrei smesso di amare Edward.
- Bella non credo che...
- Penso di essere troppo stanca per proseguire in questa conversazione.
Avevo cercato di sorridere, ma probabilmente era apparso per quello che era realmente: un segno di insofferenza.
- Possiamo riprenderla domani? Anche se sono sicura che le nostre rispettive posizioni non cambieranno.
- Tu dici, sorellina?
Rosalie, nonostante l'aria cupa, si era concessa un mezzo sorrisetto ironico.
- Considera che avrai contro cinque vampiri... di cui quattro ti resteranno appiccicati per la maggior parte della giornata visto che frequentano la tua stessa scuola.
Era una velata minaccia, la conferma che mi avrebbero davvero dato del filo da torcere se si fossero rivelate vere le mie intenzioni con Jacob.
- Ma io non sono più una bambina... e, forse, sarà l'occasione giusta per dimostrarvelo.
Alice, di solito molto loquace, si era limitata a poche parole.
- Penso tu abbia ragione su una cosa, Bella: adesso sei stanca.
Mi aveva sfiorato la tempia con un bacio delicato, tornando a sorridermi dolcemente.
- Fatti un bel sonno... domani il tuo umore sarà sicuramente migliore.
Rosalie si era limitata ad augurarmi anche lei la buona notte e poi mi avevano lasciato sola.
Dal canto mio mi ero infilata sotto le coperte, convinta che non sarebbe stata affatto una buona notte, perché l’avrei passata in bianco come la precedente.
 
 
XXXXXXXXXXXXXXXX
 
 
Come avevo temuto, non ero stata capace di chiudere occhio per tutta la notte, rigirandomi tra le lenzuola senza sosta.
Per la seconda mattina di fila mi ero alzata con un mal di testa che mi aveva reso più insofferente di quanto non lo fossi già stata la sera prima.
Mi sembrava di essere tornata a quei primi mesi quando Edward se ne era andato ed io non riuscivo a farmene una ragione.
Ricordo che mi sentivo in guerra con il mondo intero, tanto che non avevo risparmiato nessuno. A farne la spesa maggiore, era stato proprio Emmet, per via di quel carattere impulsivo che lo rendeva così simile a me.
Quella mattina, perciò, lui per primo mi era stato alla larga, forse proprio perchè comprendeva come mi potessi sentire.
Alice e Rosalie avevano cercato di farmi parlare, ignorando la mia scarsa loquacità e costringendomi così, dopo un paio di minuti, a dirgli chiaramente che non era mia intenzione ritornare sui discorsi della sera prima.
Jasper ed Edward, invece, erano già usciti per andare a recuperare il mio pick-up nel parcheggio dell'ospedale.
Non avendo nessuna voglia di incrociare quest’ultimo, almeno non subito, avevo deciso di andare a scuola con la macchina che Carlisle ed Esme mi avevano regalato lo scorso compleanno, e che non avevo mai voluto usare con grande dispiacere di tutti, dal momento che ritenevano il mio pick-up un mezzo ovviamente pericoloso ed inaffidabile.
Emmet, Alice e Rosalie avevano provato anche ad opporsi, escludendo che io potessi guidare con quella mano fasciata, ma io li avevo presi in contropiede proprio informandoli che avrei guidato la Volvo che mi era stata regalata l'anno prima.
Tra l’altro, li avevo messi a tacere sottolineando, con grande disappunto da parte loro, come tutti loro non avessero fatto altro che ripetermi quanto sarebbe stato facile usare quella macchina al posto del mio furgoncino, arrivando a dirmi che l'avrei potuta addirittura "guidare con una mano sola".
Era chiaro che avessi tirato in ballo quella frase per provocarli, ma era servita per fargli capire che non avrei fatto nulla di diverso da quello che avevo deciso: sarei andata a scuola da sola, guidando la Volvo nuova fiammante che mi aspettava in garage.
Così era iniziata la mia giornata, e ad essere sincera non era proseguita un granchè meglio.
Tutti gli studenti che avevano potuto vedere la mia mano fasciata, non si erano risparmiati occhiate curiose e pettegolezzi su cosa mi fosse accaduto. Avevo poi peggiorato la situazione in mensa: volendo evitare i miei fratelli, e soprattutto la possibilità che riprendessero discorsi che non avevo voglia di affrontare, mi ero accomodata al tavolo dei miei compagni, sopportando anche un Mike più attento che mai nei miei confronti.
Avevo colto l'occasione anche per raccontare della "caduta" che mi aveva procurato l'incrinatura alla mano, sperando così di smorzare l'interesse di tutta la scuola.
Le ore pomeridiane erano passate anche troppo in fretta, consapevole che una volta fuori da scuola, non avrei potuto ignorare ancora il resto della famiglia Cullen.
Se avevano accettato di lasciarmi in pace dove non avevano potuto fare diversamente, ero altrettanto certa che non appena fossi stata a casa, avrebbero cercato di riprendere il discorso.
Quando la campanella aveva decretato la fine della lezione di trigonometria, io ero praticamente già in corridoio, diretta a passo spedito verso l'uscita.
Non che i miei fratelli avrebbero avuto qualche difficoltà nel raggiungermi in un paio di secondi, ma trovandoci a scuola, dovevano fingere quell’umanità che li inchiodava ad un’andatura decisamente più lenta della mia in quel momento.
Uscita in cortile, una pioggerella fine mi aveva investito. Avevo alzato gli occhi, incontrando un cielo gonfio di nuvole grigie e pesanti, tanto che sembravano minacciare di voler schiacciare tutto ciò che si trovava al di sotto.
Così avevo allungato ancora di più il passo, riportando lo sguardo a terra per non rischiare di inciampare nei miei stessi passi come a volte mi capitava.
Tra l’altro mi sentivo già abbastanza soffocare, senza che ci si mettesse anche il cielo di Forks a peggiorare quella sensazione.
Un ostacolo improvviso sulla strada mi aveva fatto rimbalzare indietro, e probabilmente sarei sicuramente caduta se due mani non mi avessero sostenuta per le spalle.
Due mani talmente bollenti da sentirne immediatamente il calore anche attraverso la stoffa del giaccone.
- Non potresti stare più attenta, Bella? Non vorrei essere la causa di un altro tuo incidente!
Avevo sollevato lo sguardo, sapendo benissimo cosa avrei incontrato: due occhi neri come la notte, capaci di turbarmi se avessero avuto la stessa intensità della sera prima nel fissarmi.
- Ma sei impazzito? I miei fratelli... sono qui anche loro!
Per tutta risposta avevo ottenuto un sorriso... spavaldo! Non c'era altro modo per definire quell'espressione sicura sul viso di Jacob.
- Lo so... ma volevo assicurarmi che il nostro piccolo "incidente" di ieri sera non ti avesse procurato danni troppo seri.
Lo sguardo era sceso alla mia mano fasciata, senza che mi lasciasse però andare. Le sue mani ancora stringevano delicatamente le mie braccia.
- E' solo un'incrinatura, tranquillo... e adesso te ne puoi anche andare!
All'improvviso ero cosciente del vociare degli altri studenti che si stava riversando nel parcheggio e di quello che avrebbero visto: un indiano alto quasi due metri, che sfoggiava il suo fisico muscoloso indossando solo una leggera maglietta e dei jeans, nonostante il freddo rigido di quella giornata.
- Ieri sera mi sembravi più simpatica, sai, Bella?
Non capivo bene dove volesse arrivare con quella sua ironia, però ero sicura che se non fosse sparito nei successivi dieci secondi avrebbe passato un guaio serio.
- Tu, invece, sei uguale. Quindi, tu e la tua arroganza, fareste bene a ritornare dentro i confini della riserva... ancora qualche secondo e ti ritroverai circondato da altri Cullen davvero  molto meno amichevoli di me.
Ero sicura che fosse ormai una questione di secondi, poi i miei fratelli sarebbero stati qui. Avevo scrollato le spalle, per liberarmi della sua presa e, come era accaduto anche la sera prima, mi aveva immediatamente lasciato andare.
- Hai paura per me... o per te?
Non capivo cosa mi stava succedendo, perchè in effetti non era normale che io mi preoccupassi per lui, un licantropo che nemmeno conoscevo e che forse avrei dovuto davvero temere come speravano facessi i miei fratelli.
Eppure... eppure sentivo che non costituiva una minaccia per me. Il mio istinto mi portava in quella direzione, nel credere che Jacob non me ne avrebbe mai fatto volontariamente.
- Mettiamola così: ho paura per tutti questi studenti ignari di quello che potrebbe succedere in questo parcheggio tra qualche secondo.
Non aveva mai distolto lo sguardo da me, come se davvero non gli interessasse controllare l'arrivo dei miei fratelli.
- E dovresti essere tu il primo a preoccupartene... visto il tuo compito di guardiano.
Si era fatto improvvisamente serio e non solo, perché nel suo sguardo era finalmente comparsa la preoccupazione.
- Infatti, è per quello che sono venuto. Dovevo essere certo che tu... insomma, che per te non ci fossero state anche altre conseguenze per il nostro incontro.
Avevo immediatamente realizzato a cosa si stesse riferendo: che i miei fratelli non si fossero arrabbiati con me più del dovuto per quanto era successo ieri sera.
Quindi si era calato sì nel ruolo di guardiano… ma lo aveva fatto pensando a me! Non era esattamente quello che avevo in mente in quel momento, ossia evitare una strage lì nel parcheggio, però mi aveva comunque indotto ad essere meno acida nei suoi confronti.
- Ho mentito. Sanno che ci siamo incontrati, ma non sanno che...
Istintivamente avevo alzato la mano fasciata.
- ... che con questa c'entri tu. Ho detto loro che sono caduta e che tu mi hai solo soccorso.
E adesso nei suoi occhi si era fatta strada anche la sorpresa.
- Perchè?
Ora non ero più tanto certa nemmeno io, ma di certo non era il luogo ed il momento per parlarne con lui.
- Perchè accordo o no, i miei fratelli sarebbero venuti a cercarti alla riserva! Di certo non se la sarebbero presa con me!
Ancora la sua espressione era mutata, tornando sorridente e strafottente.
- Allora anche tu ti preoccupi per me...
Basta, Bella! Devi mandarlo via o andartene tu!
- Te l'ho detto di cosa ho paura. Non voglio che infrangano l'accordo per colpa mia, punto e basta! E infatti... adesso me ne vado!
Lo avevo superato, senza aggiungere più nulla. Era davvero una follia che lui fosse venuto qui, e non mi capacitavo di come fosse possibile che Emmet o Jasper, o tutte e due insieme, non fossero già piombati su di lui.
- Bella!
Non mi ero voltata, nonostante quella voce bassa e profonda avesse una strana influenza su di me. Avevo proseguito la mia marcia verso la macchina parcheggiata poco più avanti.
- Bella, mi piacerebbe che tornassi alla riserva qualche volta.
Neanche mi ero resa conto di essermi voltata. Mi ero ritrovata a fissare quel sorriso che coinvolgeva anche quegli occhi così neri, ardenti e profondi.
- Non lo so perchè te l'ho chiesto... o perchè tu dovresti farlo.... so solo che volevo chiedertelo e l'ho fatto.
Avevo visto nel suo improvviso irrigidirsi, insieme all’incupirsi della sua espressione, il momento esatto in cui aveva percepito l’avvicinarsi dei miei fratelli.
- E ricordati che non avrò mai paura per me... ma ne avrò sempre per te! Allora a presto, spero!
Con un balzo, decisamente poco naturale, aveva inforcato ed acceso una moto parcheggiata poco più in là che non avevo neanche notato, per poi partire sgommando.
- Bella!
- Bella, stai bene?
- Bastardo d'un cane...
Voci che riconoscevo mi circondavano, ma ancora non riuscivo a distogliere lo sguardo da quella schiena che era ormai un punto sempre più lontano.
Jacob Black era venuto a cercarmi. Che cosa voleva dire?
- Calma, ragazzi, o susciteremo ancora più curiosità.
La voce di Alice mi aveva riscosso, e mi ero ritrovata circondata dai miei fratelli come avevo immaginato dovesse accadere.
- Bella, a casa ne parliamo seriamente. Questa storia deve finire immediatamente!
Era stato Emmet a dirmelo ed era lui che avevo fissato.
- Non credo ci sia molto da dire, Em. Non è successo niente, voleva solo sapere come stavo...
- Stronzate!
Quell'unica parola era risuonata tra di noi come una fucilata in pieno silenzio.
Era stato Edward a pronunciarla, comparendomi dinnanzi come apparso dal nulla. Senza aggiungere altro mi aveva afferrato per il polso sano e trascinato verso la Volvo, strappandomi letteralmente le chiavi di mano.
- Non una parola, Bella. Risparmia il fiato per dopo, perché ne avrai bisogno.
Mi ero ritrovata seduta in macchina, non proprio spinta da Edward, quanto più dall'espressione che gli stravolgeva i lineamenti.
Stava per perdere il controllo, o forse era già successo, dal momento che non lo avevo mai visto così fuori di sé come in quel momento.
 
 
 
 
 



PICCOLA NOTA FINALE

 
Lo spoiler di oggi è un flashback con cui si apre il prossimo capitolo e che va collocato prima della scena finale di questo capitolo. So che magari avreste preferito sapere che cosa accadrà alla povera Bella, visto l’umore di Edward… ma per quello dovrete pazientare di leggere l’intero capitolo!
Però credo che anche il flashback non vi lascerà insoddisfatte… dice molto, anche se non proprio in maniera chiara!
Sarò curiosa di vedere cosa ne penserete…
 
 
 
 Spoiler Capitolo 4
 
 
- Come è andata, Carlisle?
- Non bene. Si aspettavano addirittura che Bella fosse con noi.
- Ve lo hanno detto espressamente?
- Sì. Pensavano che l'avrebbero finalmente conosciuta di persona.
- Cosa gli hai risposto?
- La verità: che ancora non l'avevamo informata, che la nostra visita aveva lo scopo di chiarire alcuni punti dell’accordo.
- Non dovevate andare, Carlisle! Sapevamo che non sarebbe servito a nulla!
- Edward, non è ancora detta l'ultima parola. Conosco i Volturi da molto tempo, e so come trattare con loro.
- Non servirà, Carlisle. Le visioni di Alice dicono ancora che arriveremo ad uno scontro aperto tra noi e loro.
- Lo so, Edward. Alice mi tiene costantemente informato. Ma domani parleremo ancora con Aro e non potrà non ascoltare ciò che avrò da dirgli.
- E pensi potrà indurlo a cambiare il vostro accordo?
- Ho fiducia che possa indurlo a ripensarci.
- Anche noi abbiamo fiducia in te, Carlisle.
- Lo so, figlio mio. E il pensiero che tutti voi ne abbiate in me, mi sostiene in questo momento difficile, dove sento più che mai di avere tra le mani le sorti del futuro di Bella.
- Carlisle, tu sai cosa significhi per me Bella... e sai anche che non permetterò a nessuno...
- So bene cosa provi, Edward. E so quanto ti sia costato in passato, e più che mai adesso, dover fingere con lei. Ti chiedo solo di non arrenderti proprio ora.
- Scusami. E' solo che... insomma, non è facile ora che sono di nuovo accanto a lei...
- Edward... Alice mi ha detto quello che è successo ieri sera. E non devi sentirti in colpa.
- Sono stato uno stupido, invece. Avrei dovuto immaginare la sua reazione. E sono stato ancora più stupido perchè non l'ho seguita!
- Mi sento di dirti che hai fatto la cosa giusta. Non dimenticare che conosco altrettanto bene Bella, e so che avrebbe reagito ancora più duramente se si fosse accorta che la seguivi.
- Cosa devo fare con lei, adesso, Carlisle? Dovrei lasciarla farneticare su una sua ipotetica amicizia con... con... quel cane!
- Edward, probabilmente sta proprio cercando di provocare tutti voi... immagino che sarà molto arrabbiata di aver scoperto così dell'esistenza di quei licantropi.
- Sì, anche.
- Statele vicino, ma senza farglielo capire. Magari, dopo la scuola, la chiamiamo anche noi. Proveremo a parlarle.
- Vi chiederà di voi. Sarete costretti a dirle altre menzogne. Meglio di no, Carlisle. Andrò io a prenderla. Cercherò di parlarle con più calma.
- Va bene. Ora ti devo lasciare, Edward. Siamo di nuovo nelle vicinanze di Volterra, potrebbero sentirci.
- Giusto. Allora chiamateci non appena ci sono novità.
- Sì. Salutami gli altri, intanto. E stai tranquillo, ce la faremo.
- Va bene. A presto, Carlisle.
- A presto, Edward.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Buongiorno!
Riguardo al capitolo che state per leggere ho da preannunciarvi solo due cose: la prima è che per esigenze di copione (mie ovviamente! XD) i fatti di oggi saranno narrati dal punto di vista di Edward (buon viaggio nella sua mente contorta… eh eh eh!), la seconda è che verso la fine del capitolo, secondo me, rimarrete sorprese… e sono davvero curiosa di sapere cosa ne penserete della piega che avrà preso la storia.
Alla prossima.
BF
 
 
 

Quando sono con te potrei rimanere lì,

Chiudo i miei occhi, e sento che ci sarai per sempre,

Tu ed io insieme, niente di meglio!

Perché c’è un lato di te che non ho mai conosciuto, non ho mai conosciuto.

Tutte le cose che dici che non sono mai, non sono mai state reali,

Ed i giochi a cui giocherai, tu sempre, sempre li potresti vincere.

 

Ma ho dato fuoco alla pioggia,

Guardala posarsi sulla tua faccia,

Lasciala bruciare mentre piango,

Perché ho sentito urlare il tuo nome, il tuo 


"Adele - Set fire to the rain"

   
 
 
 
- Come è andata, Carlisle?
- Non bene. Si aspettavano addirittura che Bella fosse con noi.
- Ve lo hanno detto espressamente?
- Sì. Pensavano che l'avrebbero finalmente conosciuta...
- Cosa gli hai risposto?
- La verità: che ancora non l'avevamo informata, che la nostra visita aveva lo scopo di chiarire alcune cose...
- Non dovevate andare, Carlisle! Sapevamo che non sarebbe servito a nulla!
- Edward, non è ancora detta l'ultima parola. Conosco i Volturi da molto tempo, e so come trattare con loro...
- Non servirà, Carlisle. Le visioni di Alice dicono ancora che arriveremo ad uno scontro aperto tra noi e i Volturi.
- Lo so, Edward. Alice mi tiene costantemente informato. Ma domani parleremo ancora con Aro e non potrà non ascoltare ciò che avrò da dirgli.
- E pensi potrà indurlo a cambiare il vostro accordo?
- Ho fiducia che possa indurlo a ripensarci...
- Anche noi abbiamo fiducia in te, Carlisle.
- Lo so, figlio mio. E il pensiero che tutti voi ne abbiate in me, mi sostiene in questo momento difficile. Il futuro di Bella è solo nelle nostre mani...
- Carlisle, tu sai cosa significhi per me Bella... e sai anche che non permetterò a nessuno...
- So bene cosa provi, Edward. E so quanto ti sia costato in passato, come ora, fingere con lei. Ti chiedo solo di non arrenderti proprio ora.
- Scusami. E' solo che... insomma, non è facile ora che sono di nuovo accanto a lei...
- Edward... Alice mi ha detto quello che è successo ieri sera. E non devi sentirti in colpa...
- Sono stato uno stupido, invece. Avrei dovuto immaginare la sua reazione. E sono stato ancora più stupido perchè non l'ho seguita!
- Mi sento di dirti che hai fatto la cosa giusta. Non dimenticare che conosco altrettanto bene, Bella, e so che avrebbe reagito ancora più duramente se si fosse accorta che la seguivi.
- Cosa devo fare con lei, adesso, Carlisle? Dovrei lasciarla farneticare su una sua ipotetica amicizia con... con... quel cane!
- Edward, probabilmente sta proprio cercando di provocare tutti voi... immagino che sarà molto arrabbiata di aver scoperto così dell'esistenza di quei licantropi...
- Sì, anche.
- Statele vicino, ma senza farglielo capire. Magari, dopo la scuola, la chiamiamo anche noi. Proveremo a parlarle.
- Vi chiederà di voi. Sarete costretti a dirle altre menzogne. Meglio di no, Carlisle. Andrò io a prenderla. Cercherò di parlarle con più calma.
- Va bene. Ora ti devo lasciare, Edward. Siamo di nuovo nelle vicinanze di Volterra, potrebbero sentirci.
- Giusto. Allora chiamateci non appena ci sono novità.
- Sì. Salutami gli altri, intanto. E stai tranquillo, Edward, ce la faremo.
- Va bene. A presto, Carlisle.
- A presto, Edward.
 
 
Ricordare la mia conversazione con Carlisle, avvenuta solo qualche ora prima, non aveva fatto altro che peggiorare la mia situazione con Bella in quel momento.
La tensione tra me e lei, nonostante ancora nessuno dei due avesse aperto bocca, era sul punto di esplodere con tutta la forza dei nostri rispettivi stati d’animo.
A farmi perdere del tutto il controllo, erano stati i pensieri del cane, che mi avevano fatto scoprire come erano andate in realtà le cose tra di loro la sera prima.
L’immagine nella sua testa, non sarebbe potuta essere più nitida di come l’aveva ricordata: Bella, la mia Bella, che si stringeva a lui in cerca di conforto.
Ero diventato improvvisamente cosciente che mai, nemmeno con tutta l’eternità a disposizione, avrei potuto trovare la forza di lasciarla davvero libera di vivere la sua vita senza di me.
Ma proprio per questa mia certezza, ero altrettanto cosciente che avrei combattuto contro me stesso senza tregua, per far si che si realizzasse quell’incubo che avevo solo intravisto nello scrutare i pensieri di quel cane.
Anche se non avrei mai permesso che proprio lui potesse avere qualche possibilità con Bella.
Quella era l’unica attenuante che mi stavo concedendo per giustificare la maniera violenta con cui l’avevo costretta a seguirmi e per cui mi ero già pentito.
Maledizione!
Non ero più capace di controllare i miei sentimenti, le mie emozioni, le mie azioni. Da quando ero tornato, tutto con lei aveva preso una piega sbagliata.
Ed era solo colpa mia, solo e soltanto io l’unico colpevole della situazione tra noi!
Avevo immediatamente rallentato la velocità della macchina, cercando di ritrovare parte di quella calma necessaria per rimediare a ciò che avevo appena fatto.
Mi ero concesso di guardarla di sfuggita, ritrovandola ancora seduta rigidamente, il viso corrucciato e lo sguardo rivolto ostinatamente in avanti, le braccia incrociate al petto, pronta sicuramente a darmi battaglia come aveva già fatto ieri sera in più di un’occasione.
Stavo sbagliando davvero tutto.
Avevo intravisto poco più avanti un largo spiazzo in cui avrei potuto accostare. Così avevo rallentato ancora di più l’andatura, sino a raggiungerlo per poi fermare la macchina.
Non sapevo come, ma avrei dovuto trovare la forza di rimettermi quella maschera dietro cui avevo deciso di celare i miei veri sentimenti per lei.
- Bella, perdonami, mi sono comportato in maniera inqualificabile con te, poco fa.
Non si era mossa, ma il suo silenzio ostinato, e quello sguardo puntato sempre davanti a sé, mi avevano fatto capire che non sarebbe stato facile ottenere il suo perdono, tanto meno pensare di recuperare almeno in parte quell’affetto fraterno che aveva provato per me in passato.
- Ti prego, possiamo parlarne?
Non avevo avuto nessuna difficoltà nell’usare un tono supplichevole, perchè di colpo tutta la mia rabbia si era tramutata nella paura di arrivare a spingerla ancora di più nella direzione di quel cane. 
- Quindi, adesso mi stai dando il permesso di sprecare il mio fiato con te?
Il tono tagliente con cui mi aveva risposto non aveva fatto altro che alimentare la mia paura.
- Ti chiedo davvero scusa, non avevo nessun diritto di comportarmi così.
Avevi ogni diritto, invece, Edward! E’ quel cane che non ne ha alcuno su di lei! Tu la ami!
Mi sembrava di combattere su più fronti, e mi sembrava che la battaglia più difficile fosse con quella parte di me che improvvisamente non riuscivo più a respingere in profondità per metterla a tacere.
- Esatto, Edward. Tu non hai nessun diritto su di me!
Esisteva qualcun altro in grado di farmi sentire più infelice e vulnerabile di lei?
No.
La verità era che da quel lontano giorno in cui Esme l’aveva portata a casa da noi, la mia intera esistenza aveva preso a ruotare solo ed esclusivamente intorno a lei.
Lei era diventata il mio sole personale, l’unica luce in un universo buio e freddo, come lo era la mia anima dannata.
Lo sbattere furioso di una portiera, mi aveva riscosso da quei pensieri cupi, facendomi precipitare a mia volta fuori dall’auto.
Nel giro di qualche attimo mi ero ritrovato zuppo di pioggia, proprio come Bella, già qualche metro distante da me.
- Bella! Ti prego, fermati!
Sentivo il suo cuore battere veloce, mentre cercava di mettere più distanza possibile tra me e lei . Sapevo che avrei potuto raggiungerla in un battito di ciglia, ma non volevo nuovamente commettere qualche azione di cui mi sarei pentito subito dopo.
- Bella! Torna indietro! Cosa vuoi fare?
Il capo chino, lo zaino a penzoloni su di una spalla, le mani in tasca, la sua figura mi era apparsa solo un po’ più alta rispetto a quella che mi ero ritrovato a seguire sette anni prima, in un altro rigido pomeriggio invernale.
Nevicava fitto quel giorno, anziché piovere, ma anche allora lei stava fuggendo via da me.
 
 
La visione che Alice aveva avuto sulla sua fuga era stata precisa sin quasi nei dettagli.
Infatti, Bella indossava il suo giubbotto preferito, quello rosso che le avevo regalato io per Natale.
Troppe volte mi ero lamentato con lei della mancanza di colore nella scelta del suo vestiario.
Nero, grigio, blu, bianco… tutte tonalità che sembravano ricordarmi continuamente il freddo di un’esistenza a cui l’avrei condannata nell’avermi per sempre vicino.
Avevo scelto quel giubbotto rosso, perché volevo vederle indosso qualcosa che rispecchiasse, invece, la possibilità di un futuro pieno del calore di un amore migliore del mio.
Perché cosa avrei avuto da offrirle io, se non un’anima vuota e dannata?
Da quando aveva varcato il cancello della scuola, l’avevo seguita per tutto il tempo ascoltando il suo cuore battere velocemente, immaginando che fossero lo specchio di quei pensieri che mi erano inspiegabilmente preclusi dalla sua mente. Non avevo mai perso di vista per un attimo la sua figura minuta, la testa china, le mani sprofondate nelle tasche del giubbotto, lo zainetto a penzoloni sulle spalle.
La voglia di raggiungerla, abbracciarla, riportarla indietro, riportarla da me, in alcuni momenti era stata così forte che avevo dovuto fare appello a tutta la mia forza di volontà per non sbarrarle subito la strada appena uscita da scuola.
Continuavo a ripetermi le parole di Carlisle, come mantra in grado di scacciare la paura che mi attanagliava.
“ Chiunque avrebbe reagito così, Edward. Bella ci vuole bene, e sa quanto gliene vogliamo anche noi. Ha solo bisogno di ricordarlo, lasciamola per un po’ da sola con i suoi pensieri.”
Così l’avevo seguita da lontano nel suo girovagare per le strade della città, lasciandomi invadere dal suo profumo inconfondibile, che sentivo penetrare in ogni mia fibra.
Quella piccola umana, mi aveva legato a sé sin dal primo istante in cui avevo posato lo sguardo su di lei. Era stata così fragile tra le mie braccia, eppure già così capace di esercitare un potere enorme su di me.
Il suo sangue era stato un richiamo altrettanto inarrestabile, un’alchimia che mi aveva reso ancora più certo che lei fosse tutto ciò che avrei mai potuto desiderare a questo mondo.
E così era stato, giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno.
Bella cresceva, e cresceva il mio amore per lei, trasformandosi in ciò di cui lei aveva più bisogno.
Se c’erano momenti per cui mi disperavo di questo mio amore, perché sapevo che sarebbe arrivato il momento in cui avrei dovuto rinnegarlo, c’erano altri in cui mi permettevo di sognare l’eternità trascorsa accanto a lei.
Sognavo che potesse arrivare ad amarmi come io sentivo che avrei amato lei quando si sarebbe trasformata in una giovane donna: totalmente ed incondizionatamente.
Ma Bella adesso voleva fuggire lontano, voleva abbandonare anche me, il suo amato fratello.
Di nuovo avevo domato l’impulso di afferrarla e riportarla semplicemente indietro perché così mi gridava di fare tutto il mio essere.
Avevo percepito persino il profumo delle lacrime che stava versando copiosamente.
Quante volte le avevo asciugato quelle di bambina per una caduta, o  per un brutto sogno, o per un capriccio.
Ma quelle che stava versando ora, erano più difficili da gestire anche per me. Stava crescendo, e presto ne avrei fatto le spese.
Era stato davanti ad un singhiozzo più forte degli altri, che alla fine non avevo più potuto reprimere il bisogno che sentivo di mettere fine alla sua fuga.
Così non mi era stato difficile comparirle dinnanzi all’improvviso, sbarrandole finalmente la strada.
Quando avevo incontrato i suoi occhi, addolorati e immensi nel volto tirato, avevo avuto la certezza che mi sarei potuto perdere per sempre dentro di lei.
 
 
- Bella!
Se allora le avevo sbarrato il passo, nella certezza che desiderasse essere fermata da me, ora ero convinto dell’esatto contrario.
Allora volermi bene non voleva dire soffrire come invece le accadeva ora.
- Bella!
Avevo gridato più forte, per sovrastare il rumore della pioggia battente e il battere furioso del suo cuore, che percepivo distintamente anche da quella distanza.
Avrei voluto riportare indietro le lancette del tempo, forse per vivere tutto diversamente e non commettere così quegli errori che ci avevano portati ad essere così distanti.
Poi, proprio come in una scena al rallentatore, l’avevo vista inciampare e perdere l’equilibrio.
Quasi non avevo percepito i miei stessi movimenti, l’attimo in cui ero scattato, perchè mi ero semplicemente ritrovato a stringerla tra le braccia, evitandole una caduta rovinosa.
Nonostante i vestiti di entrambi fossero stati fradici, avevo immediatamente percepito il calore del suo corpo mitigare il freddo del mio.
Solo che non era più stato quello acerbo della ragazzina che avevo lasciato tre anni prima, ma era diventato quello morbido della giovane donna in cui si era trasformata.
Negli occhi nocciola di Bella, in cui tante volte mi ero specchiato, avevo visto fiorire lo stesso turbamento che sentivo anch’io per quella vicinanza e che stavo cercando di ignorare, per far riaffiorare invece le sensazioni tenere che mi aveva suscitato sempre in passato il nostro contatto.
Solo che per quanto mi stessi sforzando, le mie braccia sembravano incapaci di allontanarla, anzi l’avevano stretta ancora un po’ di più, facendola quasi aderire del tutto a me.
Mi pareva quasi che il mondo intorno a noi si fosse fermato, come se non ci fosse stato un passato e non ci potesse essere un futuro.
Solo il presente, i nostri visi vicinissimi, i nostri sguardi, i nostri corpi così diversi per natura, eppure capaci di adattarsi perfettamente l'uno all'altro.
Tutto ciò che avevo sempre desiderato, sognato, agognato, era lì ad un soffio da me: Bella e le sue labbra che sembravano essere state create apposta per essere baciate dalle mie.
Potevo davvero farle questo? Legarla a me, privarla della sua anima, condannarla a diventare un mostro come lo eravamo noi?
La volevo, non c'era nulla in me che non gridasse di donarle quell'amore che mi stava chiedendo e che lei era pronta a vivere senza esitazioni.
Ma era stata una vibrazione, bassa ed insistente, che mi aveva strappato da quei pensieri, ricordandomi che c'era stato un passato felice tra noi, e che il futuro non lo sarebbe stato se io avessi infranto quella promessa che avevo fatto a me stesso.
Non avrei permesso che il mio amore la condannasse ad un'esistenza mostruosa come la mia.
Bella avrebbe dovuto assaporare ogni esperienza che la vita umana le poteva consentire, anche quella di amare ed essere riamata da chi avrebbe potuto donarle molto più di quello che avevo da offrirle io.
Era stato quindi inevitabile, anche se terribilmente doloroso, lasciarla finalmente andare e prendere il cellulare dalla tasca dei miei jeans per rispondere alla chiamata.
La voce di Alice mi aveva investito veloce, con domande chiare e concise: dove eravamo, Bella come stava, ero per caso impazzito a trascinarla via così?
- Va tutto bene, Alice. Io e Bella stavamo… tentando di chiarirci.
Se mai quell'attimo perfetto era esistito tra noi, ora stava scivolando via insieme alle mie parole.
Lo avevo visto chiaramente sfumare anche negli occhi di Bella, che erano tornati a colmarsi di lacrime amare.
- Sì, certo che le puoi parlare.
Aveva fatto molta attenzione nel prendere il telefono che le porgevo, sicuramente per evitare che le nostre dita si sfiorassero anche solo per sbaglio.
Poi mi aveva voltato le spalle, incamminandosi verso la macchina che avevamo abbandonato solo qualche minuto prima.
- Sì, Alice, è vero... stavamo solo parlando... sì, certo che si è scusato per il modo in cui mi ha trattato poco fa... no… adesso torniamo.
Sentivo chiaramente le domande di Alice, tanto quanto le risposte di Bella.
Stava mentendo per me, come aveva fatto anche per quel cane!
Una fitta di gelosia mi aveva attraversato, traditrice e fuori controllo.
- Sì, certo, ne parliamo a casa. Sono convinta che ci sia molto da dire... no, non sono più arrabbiata con lui… sto cercando di capire le sue ragioni.
Non era vero, percepivo dentro di lei una battaglia altrettanto tormentata quanto la mia.
Non potevo arrendermi, avrei dovuto lottare per me e per lei, ma ce l’avrei fatta.
- A tra poco, ciao.
Si era voltata solo parzialmente per lanciarmi il cellulare. Lo avevo afferrato al volo, raggiungendola immediatamente.
- Bella… potresti ascoltarmi solo un attimo?
Si era irrigidita, ma non aveva smesso di camminare. Ero stato costretto a sfiorarle una spalla per ottenere la reazione desiderata.
Si era voltata verso di me, i lineamenti induriti da un'espressione che non le era mai appartenuta.
- Lo so già cosa stai per dirmi… che quello che è successo un minuto fa tra di noi, è stato solo frutto della mia fantasia, giusto?
Mi ero sforzato di rimanere impassibile, di non far trapelare nulla del tormento che mi stava uccidendo dentro.
- E' così, Bella. Io ti voglio bene... ma non è quell'amore che vorresti tu.
Avevo mantenuto la voce salda e lo sguardo fisso nel suo.
- Non potrà mai esserlo. Tu sei la mia sorellina, la mia pulce fastidiosa... e sempre lo sarai, anche se non ne vorrai più sapere di me.
- Perchè mi stai facendo questo, Edward?
Perchè non ho altra scelta, Bella!
- Perchè non voglio perderti per sempre... forse ci vorrà altro tempo, altri anni... ma spero che un giorno tu possa tornare a volermi bene come hai sempre fatto.
- Ti rendi conto che così stai distruggendo non solo il nostro futuro, ma anche il nostro passato?
Non potevo dirle la verità, proprio non potevo.
- Bella, tu non ti sei innamorata di me, ma dell'amore. Hai proiettato su di me quei sentimenti che avresti dovuto provare per un ragazzo come te...
- Ma io non mi sento come tutti gli altri! Perchè vi ostinate tutti a credere che io sia felice della mia umanità!
Il terrore più puro mi aveva invaso, annullando momentaneamente ogni mia facoltà fisica e mentale.
Cosa stava cercando di dire?
- Nessuno di voi si è mai chiesto cosa possa provare io, al pensiero che potrei morire in qualsiasi momento lasciando tutti voi?
Completamente paralizzato, le parole di Bella penetravano in me come coltelli affilati pronti a dilaniarmi la carne.
- Non avete mai pensato che il mio unico desiderio fosse quello di diventare come voi... di diventare come te, per potervi restare sempre accanto.
I suoi occhi non avevano permesso ai miei di abbassarsi, costringendomi a perdermi nuovamente in quel mare di sentimenti che si agitavano dentro di lei.
- Bella, non sai di cosa stai parlando...
- Come puoi dirlo!
Era scattata verso di me, quasi certo che la sua intenzione fosse stata quella di colpirmi. Si era fermata all'ultimo, la mano quasi sospesa tra di noi.
- Io vi conosco meglio di chiunque altro!
- Tu non sai come sono realmente.
Aveva stretto il pugno con forza, sferzando l'aria nel riabbassarlo lungo il fianco.
- Io lo so, invece! E non mi convincerai mai del contrario!
Il suo corpo aveva iniziato a tremare, forse per rabbia, o forse perchè da troppo tempo eravamo sotto quella pioggia gelida.
- Dobbiamo tornare a casa… stai tremando, rischi di ammalarti seriamente.
Avevo visto il suo sguardo rabbuiarsi ancora di più.
- E' vero, potrei ammalarmi gravemente, sino a morire. Ma sai cosa penso? Che forse ti farei un favore! Perché così non dovresti più preoccuparti per me...
Non le avevo nemmeno dato il tempo di finire, che l'avevo già afferrata per le spalle, chinandomi su di lei e arrivando a sfiorare il suo viso con il mio.
- Non permetterti mai più di dire una cosa del genere!
Sapevo che non avrei dovuto dirlo, sapevo che avrebbe segnato per sempre il nostro futuro, ma era da troppo tempo che nel mio cuore albergava quella paura inespressa.
- La tua vita, Bella, è la cosa più preziosa per me. E non ti permetterò mai, e per nessuna ragione, di gettarla via come se non avesse importanza.
Si era immediatamente ribellata alla mia presa, arrivando a spintonarmi via, incurante della sua mano già ferita.
- Sei un bugiardo, Edward! Un fottutissimo bugiardo!
Il suo insulto era stato niente in confronto al male che mi stava facendo il suo sguardo, dove traspariva tutto il dolore che le stavo infliggendo di nuovo.
- Bella…
- Non mi toccare!
Mi era venuto istintivo lenire quel dolore con una carezza, ma lei non era più la ragazzina che avevo inseguito un pomeriggio d’inverno, ora era la giovane donna che mi stava chiedendo di trovare il coraggio di amarla sino in fondo.
- Bella… non capisci che l’ultima cosa che vorrei è vederti soffrire così!
La sua reazione a quelle parole era stata per me l’equivalente di un colpo mortale, dal momento che si era di nuovo stretta a me, abbracciandomi.
- Allora, Edward, abbi il coraggio di fare quello che stavi per fare prima che Alice ti chiamasse.
Non poteva più succedermi di rimanere senza fiato, però la sensazione che stavo provando era probabilmente l’equivalente di ciò che accadeva ad un umano.
Bella si era sollevata sulle punte dei piedi, per tentare di avvicinare ancora di più i nostri visi, come se già non bastasse a farmi impazzire sentire nuovamente il suo corpo aderire al mio.
- Baciami… ti prego.
 
 
 
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Emmet era stato l'unico a non essere d'accordo con la mia decisione, tre anni prima.

C'era stata un'accesa discussione tra di noi, tanto che Carlisle era stato costretto ad intervenire, per ricondurci alla ragione ed evitare che lo scontro si spostasse anche sul piano fisico.
Non ero perciò stupito che fosse stato proprio lui quello che, in questi anni, era stato maggiormente vicino a Bella.
Forse, per certi versi, si sentiva responsabile del fatto di non essere riuscito a convincermi che stavo sbagliando, che il mio futuro accanto a Bella sarebbe potuto esistere.
Ma a che prezzo? Quello della vita di Bella.
Ed era un prezzo che non ero disposto a pagare.
- L'hai fatta incazzare perbene, fratellino.
Non ero rimasto sorpreso di vedermelo comparire di fianco, sedendosi come se fosse stato invitato a farlo.
- La sua faccia quando siete rientrati parlava da sola.
Era quel silenzio terribile in cui si era rinchiusa dopo che l’avevo definitivamente respinta, consapevole che stessi mentendo sui miei sentimenti per lei e che quindi fossi davvero deciso a non amarla.
Avevo davvero reciso ogni possibilità tra noi, togliendole qualsiasi speranza di potermi convincere che non fosse sbagliato amarla.
- Una vista davvero splendida da quassù... devo portarci Rose un giorno di questi.
L'abete secolare che avevo scelto, svettava sugli altri, regalando davvero una vista magnifica sulla vallata sottostante, sul lago e sul resto delle cime che lo circondavano.
In quel luogo si poteva quasi respirare l'immortalità della terra, dell'aria, dell'acqua, qualcosa che c’era sempre stato e che sarebbe continuato ad esistere nei secoli a venire.
Immortali come me, se solo avessi deciso di continuare ad esistere per sempre.
- Sono sicuro che piacerebbe anche a Bella...
Una fitta dolorosa, distruttiva, mi aveva attraversato. Non ero ancora pronto a parlarne con nessuno di quello che era successo con lei.
- Emmet, senti...
- No, no. Sei tu che devi ascoltarmi, Edward.
La sua voce si era colorata di una durezza che avevo già conosciuto in lui. Mi aveva indotto a guardarlo, scorgendone il profilo apparentemente impassibile.
- Il tuo ritorno, in questo momento così delicato, era necessario, lo so bene anch'io. E ne sono anche felice da un lato, perchè mi sei mancato davvero. Sono stati difficili anche per me questi anni senza te accanto…
Avevo capito che la pausa era stata spontanea, perché adesso sarebbe arrivata la parte più dura di quella conversazione tra noi.
- Ma non tanto quanto lo sono stati per Bella. L'ho vista soffrire ogni giorno, cercando di dimenticare, di farsene una ragione, di ricominciare a vivere felice.
Si era voltato a guardarmi anche lui, fissandomi con quella durezza che aveva colorato anche la sua voce.
- E adesso più che mai, penso che tutta quella sofferenza non abbia avuto senso, che le poteva essere risparmiata.
Era giusto che Emmet reagisse così, giusto perchè lui aveva vissuto sulla sua pelle la sofferenza di Bella, io l'avevo solo potuta immaginare uguale alla mia, alla sofferenza che aveva dilaniato anche me in quegli anni di lontananza da lei.
- Adesso che appare evidente come la decisione presa tre anni fa potrebbe essere stata inutile, per te, per Bella...
- Bella non diventerà mai come noi, Emmet!
- Ma lei lo vuole, Edward. Ci siamo resi conto che ha maturato questa volontà nell'ultimo anno, nonostante il nostro tentativo di spingerla verso la sua natura umana. E quando saprà dell'accordo con i Volturi, sarà la prima...
- Non diventerà un vampiro assetato di sangue! Lei resterà umana! Vivrà e rimarrà la ragazza meravigliosa che è sempre stata e la donna stupenda che sarà in futuro.
Non c'era motivo di proseguire in quella discussione, sentivo nei pensieri di Emmet come fosse convinto che stavo sbagliando ancora e che tutto ciò che avrei potuto dire, non gli avrebbe fatto cambiare idea.
- Emmet, noi non abbiamo avuto scelta, ma Bella invece sì. Io la amo con tutto me stesso, e proprio per questo non posso pensare di condannarla ad essere come me. Il solo pensiero di trasformarla in un'assassina...
Avevo provato cosa voleva dire uccidere un uomo per nutrirmi del suo sangue. Mi ero illuso di poter liberare il mondo dalle persone malvagie, dando un senso alla mia natura mostruosa. Invece ero solo diventato un assassino anch’io, niente di più, niente di meno.
Nessun angelo vendicatore, solo un altro mostro.
- Edward, può darsi che in passato tu abbia sbagliato, come tutti noi del resto, ma sei stato capace di redimerti, e il tuo rapporto con Bella... il fatto che lei si sia innamorata di te, bè, questo è lo specchio di ciò che sei, di quello che hai dentro...
- Lei si è innamorata di quello che ho voluto farle vedere di me! Non sa veramente chi sia! Se solo mi vedesse dentro...
Lo sguardo di Emmet mi aveva trafitto implacabile.
- Pensi che cambierebbe idea su di te? Pensi davvero di essere riuscito a nascondere tutte le sfumature che fanno di te quello che sei? Se è questo, quello che pensi, cioè che Bella non sia stata capace di guardare oltre le apparenze, allora è meglio così.
Ero certo che fosse innamorata dell'idea che aveva di me, e non di me per quello che ero veramente.
Emmet poteva anche pensarla diversamente, ma non mi avrebbe convinto del contrario.
- Allora, ha veramente senso contrastare il suo volere e quello dei Volturi, perchè non merita di soffrire per l'eternità inseguendo un fantasma, qualcuno che non esiste e che non saprà mai renderla felice.
Non mi aveva dato il tempo di replicare alle sue parole, iniziando una rapida discesa.
"Speravo che in questi anni lontano da lei ti fossi accorto che stavi sbagliando. Ma vedo che a sbagliarmi ero solo io: pensavo che il coraggio ti sarebbe venuto, invece continui a scappare. Spero per te, che saprai conviverci in eterno con la decisione che hai  preso."
Emmet non aveva avuto bisogno di parlare, perché i suoi pensieri mi avevano raggiunto lucidi e spietati, lasciandomi in un profondo senso di disagio.
Poteva, alla fine, avere ragione lui?
Stavo davvero sbagliando, costringendo me e Bella ad una sofferenza inutile?
Sapevo che questi interrogativi mi avrebbero tormentato sino a che non avessimo avuto nuove notizie da Carlisle.
 
 

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Quando ero rientrato a casa, avevo scoperto che Jasper ed Alice avevano accompagnato Bella a Forks, perché cenasse fuori.
Il motivo mi era apparso subito chiaro, e questo aveva suscitato in me un’altra serie di interrogativi senza risposte certe.
Come avremmo potuto convivere sotto lo stesso tetto io e Bella, dopo quello che ci eravamo detti. Come avremmo potuto affrontare tutti insieme quello che il futuro aveva in serbo per la nostra famiglia?
Il pensiero continuava ad andare al passato, quando i suoi diciotto anni mi sembravano un appuntamento lontano, e mi beavo solamente di poter essere parte della sua vita, di poterle essere accanto in ogni momento, di vederla crescere felice accanto a noi.
Ricordavo quando ancora bambina, la sera si addormentava serena, consapevole che non mi sarei allontanato da lei per nessun motivo al mondo.
Nel sonno, la sua piccola mano non abbandonava mai il gelo della mia. Così, capitava che per notti intere rimanessi sdraiato accanto a lei per non toglierle quel contatto con me.
Diventata ragazzina, quel momento era inevitabilmente cambiato, perchè quella vicinanza fisica sarebbe stata più difficile da gestire per me che non per lei: io sapevo cosa sarebbe potuto accadere tra di noi da lì a qualche anno ancora, ed avevo già iniziato a prenderne le distanze.
Così la mia presenza nella sua stanza, prima che si addormentasse, si era limitata a delle lunghe chiacchierate confidenziali tra fratelli, o almeno allora pensavo che fosse così, perché invece poi avevo capito che anche quei momenti avevano contribuito a far nascere in lei sentimenti diversi nei miei confronti.
- Edward, Carlisle al telefono!
La voce di Rosalie mi aveva strappato da quelle riflessioni, facendomi precipitare in salotto, dove le espressioni altrettanto impazienti di Rosalie ed Emmet mi avevano accolto.
- Ti metto in vivavoce, Carlisle. C'è anche Edward, ora, ad ascoltarti.
- Ragazzi, so che aspettavate questa telefonata, perciò non mi dilungherò in dettagli di cui potremo discutere quando saremo lì.
Il fatto che Carlisle avesse usato con noi un approccio così diretto, aveva fatto immediatamente incupire anche i pensieri dei miei fratelli.
- Intanto vi dico che siamo già in aeroporto e il nostro volo partirà tra poco. Atterreremo a Seattle intorno alle 10.00 di domani.
Poi aveva fatto una pausa, quasi come se davvero gli mancassero le parole per proseguire. Avevo sentito crescere emozioni contrastanti dentro di me: una grande preoccupazione, ma nello stesso tempo la determinazione ad affrontare qualsiasi battaglia fosse servita a salvaguardare la vita di Bella. Avevo stretto i pugni con forza, quasi sul punto di spronare Carlisle nel parlare, ma non ce n’era stato bisogno.
- Sappiate che io ed Esme stessi siamo ancora profondamente turbati per la decisione presa... ma devo chiedervi di sforzarvi di pensare innanzitutto a Bella, alla necessità che lei non avverta qualcosa nei vostri comportamenti sino a che non saremo rientrati E’ necessario parlarne prima tra noi ...
- Carlisle!
Era stato l'istinto a farmi pronunciare il suo nome ringhiando, l'esigenza di sapere tutto, e saperlo subito!
- Edward, capisco, ma non è facile nemmeno per me parlarvene... perchè i Volturi non hanno voluto sentire ragione: per loro l'accordo deve essere rispettato sino in fondo. E ci hanno chiaramente fatto capire che se non lo faremo noi, ci penseranno loro.
Una scarica di furia omicida mi aveva percorso, tanto che avevo strappato l'imbottitura del divano a cui non mi ero accorto di essermi aggrappato.
- La scadenza è sempre quella, Carlisle?
Ero stato io a porre la domanda, mentre mi specchiavo negli sguardi pietrificati dalla preoccupazione di Emmet e Rosalie.
- No, in realtà qualcosa è cambiato… la situazione ora è più complessa, Edward, preferirei parlartene di persona.
Il fatto che si fosse rivolto a me in particolare, mi aveva fatto scattare subito.
- Carlisle, qualsiasi cosa sia, lo voglio sapere subito!
- Edward, fidati di me.
Il cellulare nella mia tasca si era messo a suonare. Lo avevo estratto immediatamente, sul display lampeggiava il nome di Alice. Avevo risposto senza esitare, certo che la sua telefonata fosse collegata a quella di Carlisle.
- Alice!
- Edward, è al telefono con voi Carlisle? Il suo numero è occupato.
- Sì...
- Allora suppongo vi stia informando di quanto ho appena avuto modo di scoprire nella mia visione!
La voce di Alice conteneva una punta di panico, e mi ero sentito ancora più furioso con Carlisle.
- Carlisle, cazzo, dimmi immediatamente cosa sta succedendo!
Forse era la prima volta che mi rivolgevo così al vampiro che ritenevo davvero essere un padre per me,  ma era altrettanto vero che Bella era al di sopra di tutto e tutti nei miei pensieri.
Avevo lasciato che Rose prendesse il mio cellulare per parlare lei con Alice, mentre Emmet si era avvicinato a me, quasi avesse intuito che ero sul punto di perdere il controllo definitivamente.
- Edward, devi capire che abbiamo preso delle decisioni difficili io ed Esme, ma lo abbiamo fatto nell’intento di guadagnare altro tempo con i Volturi…
- Carlisle, che cosa avete fatto!
Questa volta avevo ringhiato fuori le parole, tanto che avevo indotto Rose a guardarmi come se avesse avuto di fronte uno sconosciuto.
Apparivo davvero così fuori controllo?
Poteva essere visto che sentivo dentro di me la certezza che il futuro di Bella fosse diventato improvvisamente un incubo ancora più grande da affrontare.
- Un nuovo accordo con i Volturi. La scadenza per la trasformazione di Bella non è più fra tre mesi, per i suoi diciotto anni, ma potrà avvenire nel giorno in cui ne compirà diciannove.
Avevo cercato con lo sguardo quello dei miei fratelli, forse per trovare in loro un’ancora di salvezza a cui aggrapparmi per affrontare la tempesta che sentivo annunciarsi nella voce di Carlisle.
- Aro non ha voluto sentire ragioni, ha continuato a sostenere che c'è in ballo la sicurezza di tutti noi vampiri ed anche la loro credibilità nel far rispettare la legge, quindi Bella deve diventare una di noi.
Gli era mancata ancora la voce ed avevo sentito più lontana quella di Esme dirgli di stare tranquillo, di parlarmi come aveva sempre fatto, perché era sicura che sarei stato in grado di capire la decisione che avevano preso.
Esme era riuscita anche da lontano a farmi sentire il peso dell’ amore incondizionato che aveva sempre nutrito per me, facendomi sentire ancora più in colpa per la rabbia che avevo riversato addosso a Carlisle.
- Sì, hai ragione, tesoro, dovrà capire… vedi, Edward, Aro in tutti questi anni è sempre stato affascinato dal fatto che tra di noi vivesse un’umana, e che per giunta lei nutrisse per noi dei sentimenti di affetto reali. Così ho deciso di essere sincero con lui e di raccontargli della situazione che si era venuta a creare tra te e Bella in questi anni. Solo che gli ho mentito su un’unica questione, cioè sul perché eri tornato in famiglia proprio ora. Gli ho detto che era perché finalmente ti eri deciso a rivelarle di essere anche tu innamorato di lei e che era anche nelle tue intenzioni chiederle di sposarti, forse proprio il giorno del suo compleanno. Per questo motivo noi Cullen chiedevamo la possibilità di spostare di un anno la data della sua trasformazione, per lasciare a te, suo futuro compagno, il tempo di informarla e abituarla all’idea che sarebbe dovuta diventare a tutti gli effetti una di noi.
Impietrito, quello era l’unico termine esatto per spiegare come mi sentissi in quel momento, come forse lo erano anche Rose ed Emmet, immobili accanto a me, lo sguardo rivolto al cellulare posato sul mobile e da cui proveniva la voce cupa di Carlisle.
- Credimi, Edward, non ha esitato un attimo, a quel punto, nell’accordarmi l’anno di proroga. E’ letteralmente andato in visibilio davanti al fatto che era nato addirittura l’amore tra te e lei, ritenendolo l’apoteosi di quello che ha sempre considerato il suo “esperimento” migliore: ossia accordarci il permesso di crescere Bella nella nostra famiglia in forma “umana” sino alla sua maggiore età.
A quel punto ci eravamo quasi ritrovati tutti e tre a ringhiare furiosamente, perché l’idea che Aro considerasse Bella un semplice “esperimento” era inaccettabile per tutti noi.
- Lo so, ragazzi, Bella non è mai stata un “esperimento” per noi… ma dovete capire che i Volturi, specie Aro, hanno una visione completamente opposta alla nostra degli umani. Se Bella non fosse stata così importante per noi, probabilmente Aro non avrebbe avuto nessuno scrupolo nel mandare qualcuno della sua guardia ad occuparsi di lei al posto nostro quando fosse giunta la scadenza dell’accordo.
Sapevo che Carlisle aveva ragione, l’ombra dei Volturi non ci aveva mai abbandonato in questi anni, seppur non si fosse fatto vivo mai nessuno esplicitamente.
- Carlisle, scusa… ma di fatto, quindi, che cosa prevede il nuovo accordo con loro?
La prima a tornare abbastanza lucida per andare al punto era stata Rose, io ero ancora incapace di formulare dei pensieri coerenti.
- Prevede che ci sia un matrimonio al più presto… e da quel momento in poi un anno di tempo ancora prima di trasformare Bella.
Avevo sentito una mano di Emmet posarsi sulla spalla e stringermela, in un gesto che esprimeva tutta la comprensione che nutriva per me in quel momento, davanti alla prospettiva di quello che i Volturi si aspettavano accadesse.
- Edward, credimi, sento di aver sbagliato anch’io nell’illudermi che potesse andare diversamente, ma adesso dobbiamo guardare in faccia la realtà: se vogliamo mettere Bella momentaneamente al sicuro dai Volturi, dobbiamo almeno rispettare la prima parte dell’accordo per mostrare la nostra buonafede.
Emmet mi aveva stretto la spalla così forte che pensavo potesse sbriciolarsi sotto le sue dita, eppure non era niente in confronto al dolore che mi era esploso dentro all’idea che presto avrei dovuto prendere una decisione inevitabile.
- Capisci perché avrei voluto essere lì prima di parlartene? Perché io ed Esme ci sentiamo responsabili non solo per Bella, ma anche per te. Ci sembra di aver tradito entrambi, in qualche maniera, solo che Bella ancora non sa in che misura.
Bella, che mi amava e che forse sognava proprio ciò che i Volturi volevano per lei, senza sapere cosa significasse davvero perdere la sua umanità.
- Rose, Emmet, siete ancora lì vero?
- Sì certo, Carlisle, ci siamo. Abbiamo ascoltato tutto e… bè, sicuramente aspettiamo il vostro rientro per parlarne ancora meglio.
- Sì, tra l’altro vi dobbiamo salutare… hanno iniziato a chiamare il nostro volo e dobbiamo presentarci per l’imbarco. Però prima… Edward, Esme vorrebbe parlare un attimo con te… da solo.
Sapevo che i miei fratelli non l’avrebbero presa male, così avevo afferrato il cellulare ed ero uscito fuori, lasciandomi avvolgere dal buio della foresta.
- Ci sono…
- Figliolo, spero saprai perdonarci per la decisione che abbiamo dovuto prendere…
Potevo davvero incolpare solo lui di tutta la situazione? Per quanto fossi sconvolto, non ero però impazzito.
- Siamo tutti colpevoli, Carlisle. In fondo anch’io mi sono illuso che questo momento potesse andare diversamente.
- Grazie, Edward. Ti passo Esme.
Avevo alzato il viso al cielo, cercando di non pensare al momento in cui avrei rivisto Bella, sapendo quello che ora sapevo essere accaduto in Italia.
- Tesoro? Ciao… volevo solo sentire la tua voce e… ricordarti che non sei da solo. Troveremo un modo, tutti insieme, per affrontare questa prova durissima e ce la faremo, perché siamo sempre stati una famiglia.
Non potevo negare che sentirla mi aveva rinfrancato, se c’era una persona in grado di comprendermi senza che io dovessi nemmeno parlare, quella era lei.
- Sì, lo so, Esme. Non ce l’ho con voi… anche se forse ho dato l’impressione contraria a Carlisle. Diglielo per favore. Ho solo reagito a quello che mi stava dicendo… so che non avreste mai voluto metterci in questa situazione se soltanto ci fosse stata un’altra soluzione.
Anche senza vederlo, avevo visto fiorire il suo sorriso, quello che tante volte mi aveva riscaldato nei momenti più bui della mia esistenza dannata.
Esme, che davvero non aveva mai conosciuto la parte mostruosa della nostra esistenza, lei che non aveva mai affondato gli artigli in un essere umano per cibarsene.
- Lo farò, tesoro. Tu cerca di stare tranquillo e… cerca di non pensare troppo… almeno sino a che non saremo lì anche noi, okay?
Ci era riuscita, in qualche maniera miracolosa, era riuscita a far spuntare un sorriso anche sul mio volto, rivolgendomi quel rimprovero velato a non agire d’impulso come invece avevo fatto tante volte in passato.
- Va bene, ci proverò.
A quel punto avevamo dovuto davvero chiudere la telefonata, perché non c’era più tempo.
Sentivo in lontananza Rose parlare ancora con Alice, mentre Emmet probabilmente stava domandandosi se fosse il caso di raggiungermi o meno.
Li consideravo davvero dei fratelli, come anche Alice e Jasper, ed ora più che mai mi chiedevo perché il destino non mi avesse fatto provare gli stessi sentimenti per Bella.
La situazione sarebbe stata dolorosa lo stesso, ma in una maniera diversa, perché la tentazione di cedere alla richiesta dei Volturi ero certo che sarebbe stata meno forte da parte mia.
Perché non mi era mai parso più raggiungibile di così, quel futuro che avevo sempre sognato con lei e che invece avevo giurato a me stesso di non realizzare.
 
 
 


 
 

Spoiler Capitolo 5

 
 
- Jasper, mi vuoi dire che sta succedendo? Dov’è andata Alice?
Lo avevo raggiunto fuori dalla pizzeria e lo avevo trovato immobile, mentre sembrava guardare nel vuoto.
- La sua visione… è successo qualcosa di grave ad Esme e Carlisle!
Si era voltato, sorridendomi. Avevo cercato di capire quanto fosse sincero quel sorriso, e lo era stato abbastanza da calmare in parte l’ansia che mi aveva attanagliato improvvisamente all’idea che fosse successo qualcosa ai miei genitori.
Perché Esme e Carlisle, erano i miei genitori, lo sarebbero sempre stati.
- No, Bella, stai tranquilla. Non è successo niente a nessuno…
- E allora? Perché Alice è uscita a telefonare? Chi ha chiamato, perché?
- Ehi, ehi! Non sono colpevole! Chiedo pietà!
Aveva alzato le mani come se stesse davvero interpretando la parte dell’innocente accusato ingiustamente, riuscendo a strapparmi un lieve sorriso.
- Jasper, smettila! Non sarai colpevole, ma di certo non sei innocente! Allora? Si tratta di… insomma… ha visto qualcosa su… bè, ha chiamato per caso…
Le mani di Jasper, quel vampiro sempre pacato e sensibile, si erano posate leggere sulle mie guance, in un gesto affettuoso.
- Bella, respira!
Occhi dorati, colmi di affetto anche loro, rassicuravano i miei.
- E non lanciarti in strane elucubrazioni! Alice ha semplicemente “visto” che a casa avevano bisogno di lei.
- E non mi devo preoccupare? Stai scherzando, vero!
- Mi vedi preoccupato? No!, Anzi, sono persino contento di poter rientrare in questo locale pieno di odori sgradevoli e averti tutta per me!
Chiunque lo avesse sentito, avrebbe pensato il peggio di noi Cullen! Già le voci sul fatto che stessero insieme lui ed Alice davano luogo a morbosi pettegolezzi, come del resto anche Emmet e Rosalie, sentirlo poi essere felice di rimanere solo con me, dopo che Alice era schizzata via, avrebbe solo peggiorato le cose!
- Jasper, non pensare di fregarmi così… i tuoi trucchi li conosco!
Stava cercando di manipolare le mie emozioni a suo piacimento, ma me l’ero aspettato.
- Inizio a credere che un giorno perderò davvero tutto il mio “ascendente” su di te! Adesso, però, voglio davvero continuare a godere della tua compagnia, è da un po’ che non ci facciamo una bella chiacchierata a tu per tu. E scommetto che hai anche un sacco di cose da raccontarmi…
Sapevo che non avrei dovuto mollare, ma le sensazioni che mi stava trasmettendo Jasper si stavano facendo davvero troppo intense. Sentivo il mio turbamento cedere il passo alla serenità che irradiava con tanta intensità.
- Jasper, non potrà durare per sempre…
Mi aveva sorriso ancora di più, passandomi un braccio sulle spalle e rientrando insieme nel locale.
- No di certo, ma nella prossima ora non mi va di vederti ancora quell’espressione preoccupata. Quella di Alice era una sciocchezza, altrimenti te ne avrei parlato.
- Perché non mi fido di te, Jasper?
Aveva finto un’espressione minacciosa, scoprendo leggermente i denti in quello che voleva essere un ghigno feroce.
- Ovvio, perché in realtà sono un vampiro spietato!
Ero vagamente cosciente di essermi fatta fregare da lui, di essermi abbandonata al suo potere, ma in fondo era Jasper, e vederlo così non capitava molto spesso.
Mi ero, perciò, totalmente lasciata andare, scoppiando in una risata sincera davanti a quella strepitosa parodia di se stesso che mi stava regalando: quella del vampiro sanguinario che sapevo essere stato veramente prima di incontrare Alice, prima di incontrare i Cullen e trasformarsi nella persona sensibile che era diventata.
 

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***



 Buongiorno!
Il capitolo di oggi ci riporta nella mente di Bella... che mi sento di dire non sia meno contorta di quella di Edward! O forse solo più confusa... vediamo se vorrete concederle delle attenuanti oppure spedirla direttamente sul banco dei colpevoli!
Perchè?
E' tutto scritto nel capitolo, leggete e poi, se ne avete voglia, fatemi sapere appunto che ne pensate.
Alla prossima.
BF


PS: sono particolarmente legata a questa canzone di Elisa,  e trovo che rispecchi in maniera davvero calzante le emozioni dei protagonisti in questo capitolo.
 

 
 
A un passo dal possibile

A un passo da te
Paura di decidere
Paura di me
 
Di tutto quello che non so
Di tutto quello che non ho


Eppure sentire
Nei fiori tra l'asfalto
Nei cieli di cobalto - c'è
 
Eppure sentire
Nei sogni in fondo a un pianto
Nei giorni di silenzio - c'è 
 un senso di te
 
 
“Elisa – Eppure sentire”
 
 
  
 
 
 
 
 
 
- Jasper, mi vuoi dire che sta succedendo? Dov’è andata Alice?
Lo avevo raggiunto fuori dalla pizzeria e lo avevo trovato immobile, mentre sembrava guardare nel vuoto.
- La sua visione… è successo qualcosa di grave ad Esme e Carlisle!
Si era voltato, sorridendomi. Avevo cercato di capire quanto fosse sincero quel sorriso, e lo era stato abbastanza da calmare in parte l’ansia che mi aveva attanagliato improvvisamente all’idea che fosse successo qualcosa ai miei genitori.
Perché Esme e Carlisle, nonostante fossero la cosa più lontana dall’essere due persone “normali”, erano stati per me due genitori meravigliosi, e lo sarebbero stati per sempre.
- No, Bella, stai tranquilla. Non è successo niente a nessuno.
- E allora? Perché Alice è uscita fuori a telefonare? Chi ha chiamato?
- Ehi, ehi! Non sono colpevole! Chiedo pietà!
Aveva alzato le mani come se stesse davvero interpretando la parte dell’innocente accusato ingiustamente, riuscendo a strapparmi un lieve sorriso.
- Jasper, smettila! Non sarai colpevole, ma di certo non sei nemmeno innocente! Allora? Si tratta di… insomma… ha visto qualcosa su… bè, ha chiamato per caso…
Le mani di Jasper, quel vampiro sempre pacato e sensibile, si erano posate leggere sulle mie guance, in un gesto affettuoso.
- Bella, respira!
Occhi dorati, colmi di affetto anche loro, rassicuravano i miei.
- Non lanciarti in strane elucubrazioni! Alice ha semplicemente “visto” che a casa avevano bisogno di lei.
- E non mi devo preoccupare? Stai scherzando, vero!
- Mi vedi preoccupato? No! Anzi, pur di averti tutta per me per qualche ora, sono persino contento di rientrare in questo locale pieno di odori sgradevoli!
- Jasper, non pensare di fregarmi così… i tuoi trucchetti li conosco troppo bene ormai!
Lui aveva scosso la testa, cercando di mettere su un’espressione che lo facesse apparire dispiaciuto, anziché divertito come era in realtà.
- Inizio a credere che un giorno perderò davvero tutto il mio “potere” su di te! Adesso, però, voglio davvero continuare a godere della tua compagnia, è da un po’ che non ci facciamo una bella chiacchierata a tu per tu. E scommetto che hai anche un sacco di cose da raccontarmi…
Sapevo che non avrei dovuto mollare, ma le sensazioni che mi stava trasmettendo si erano raddoppiate di intensità, così tutta la mia preoccupazione era davvero scivolata via nella risata che mi era salita spontanea davanti alla sua espressione contenta.
- Jasper, non potrai tenermi sotto controllo tutta la sera...
Mi aveva sorriso ancora di più, passandomi un braccio sulle spalle e rientrando insieme nel locale.
- No, è vero, ed è un gran peccato.
- Lo sai che sei disgustosamente arrogante in questo momento?
Non ero davvero arrabbiata, perchè sapevo quanto mi volesse bene e quanto scocciasse anche a lui vedermi così turbata negli ultimi giorni. Per cui potevo perdonargli l’aver manipolato così il mio umore, tanto da arrivare a scherzarci insieme.
- Tanto che dovresti darmi un buon motivo per non piantarti in asso e subito!
Per tutta risposta aveva mutato l’espressione in una abbastanza minacciosa, scoprendo leggermente i denti in un ghigno feroce.
- Perché sono un vampiro cattivo e pericoloso!
C’era stato un tempo in cui lo era stato davvero, e proprio per questo motivo avevo ammirato ancora di più la forza d’animo che aveva avuto nel diventare la persona meravigliosa in cui si era trasformato.
- Non sei credibile, sappilo!
A quel punto eravamo scoppiati a ridere entrambi, mentre ci riaccomodavamo al nostro tavolo, attirando gli sguardi di tutti gli altri clienti presenti. Mi aveva fatto riflettere sul fatto che se anche fossimo rimasti a Forks per altri dieci anni, la curiosità nei confronti della nostra famiglia non si sarebbe mai spenta del tutto.
- Non mi ci abituerò mai, Jasper.
- A cosa?Alla mia bellezza che suscita sempre così tanta attenzione?
Il suo sorriso si era fatto volutamente più accattivante, rendendo la sua bellezza forse ancora più intensa, rispetto a quando sfoggiava la sua aria tenebrosa.
Quel momento con lui stava diventando davvero rilassante, specie perché non capitava spesso di vederlo così chiacchierone. Forse era dovuto al fatto che non amava molto essere al centro dell’attenzione, quindi in compagnia di Alice tendeva a lasciarle volentieri spazio per poter rimanere più nell’ombra.
- Certo che lo nascondi proprio bene l’ego gigantesco che invece ti ritrovi! Mi domando spesso come faccia a sopportarti Alice!
Nel sentirla nominare, gli occhi dorati di Jasper si erano accesi di un calore molto diverso da quello che avevano espresso per me sino a qualche attimo prima.
- Alice è stata davvero la mia salvezza, Bella.
Cosa sarei stata disposta a sacrificare per vedere negli occhi di Edward quella stessa espressione innamorata?
Tutto, anche la mia stessa vita.
- La cosa veramente bella,  Jasper, è che grazie all'amore, vi siete salvati a vicenda. Solo che non funziona per tutti… perché entrambe le persone ci devono credere.
Mi ero ritrovata a fissare la pizza che avevo appena assaggiato, la tristezza che cercava nuovamente di farsi largo dentro di me.
Una mano fredda aveva ricoperto subito la mia, abbandonata sul tavolo, stringendola appena.
- Okay, ho capito. Non ci riesco proprio a farti cambiare umore stasera. Allora, forse, è meglio parlarne chiaramente invece di girarci intorno.
Ero tornata a guardarlo, quasi sorpresa da questo suo cambio improvviso di direzione.
- Sai, Bella, speravo che…
- Ciao! Che bella sorpresa trovarti qui!
La voce di Mike si era inserita prepotentemente nella nostra conversazione, quasi quanto la sua figura, che era sgusciata tra le nostre sedie.
Mi ero sporta leggermente in avanti, richiamata da un alto vociare, intravedendo il resto della compagnia che varcava la soglia d'ingresso del locale. Tra l’altro, mi era arrivata anche l’occhiata poco contenta di Jessica per il fatto che Mike si fosse immediatamente fiondato al mio tavolo.
Avevo riportato l'attenzione su quest’ultimo, pensando che probabilmente l’uscita di qualche sera prima gli aveva fornito il necessario coraggio per avvicinarsi nonostante fossi stata in compagnia di Jasper, di cui sapevo avesse particolare soggezione.
- Ciao, Mike.
- Newton...
Quasi a ricordargli il perché si dovesse sentire appunto in soggezione, Jasper non aveva mancato di salutarlo con un gelido distacco e con un’occhiata inequivocabilmente poco cordiale.
- Scusate se vi ho interrotto, ma volevo ricordarti, Bella, l'invito per domani...
Indubbiamente la sua sicurezza aveva subito una crescita netta rispetto al passato, dove quasi non aveva avuto il coraggio di guardarmi se accompagnata da uno dei miei fratelli.
- Verrai, vero? Ci divertiremo sicuramente! Anche le ragazze contano sulla tua compagnia.
Avevo nuovamente rivolto lo sguardo verso gli altri miei compagni, incrociando sempre quello un po’ ostile di Jessica, insieme a quello un po’ più caloroso di Angela, con la quale mi ero scoperta abbastanza affine per carattere.
- Non credo di poter venire, Mike. Sai impegni familiari dell'ultimo momento... e poi con questa mano...
- Giusto, la mano.. sì, poi ho sentito dire che è anche arrivato un altro vostro... ehm... fratello...
Jasper non gli aveva risparmiato un'occhiata ancora più minacciosa per quell’uscita infelice circa la presenza di “un altro” nostro fratello, suscitando l’immediato rossore di Mike.
Sinceramente mi sentivo abbastanza responsabile per quella sua improvvisa intraprendenza nei miei confronti, così avevo deciso di correre in suo aiuto.
- Sì, infatti. Era tanto che Edward non veniva a trovarci… così sicuramente domani staremo tutti insieme.
- Peccato! Cioè... scusa... intendevo... peccato per noi, ma bene per voi... nel senso che mi dispiace tu non venga, ma capisco che tuo fratello abbia la precedenza.
L'irritazione crescente di Jasper era stata così palese che avevo deciso di stroncare sul nascere qualsiasi altro tentativo di conversazione da parte di Mike.
- Mi sa che gli altri ti stanno aspettando per sedersi, forse dovresti raggiungerli.
Si era voltato appena, incontrando in effetti gli sguardi dei suoi amici.
- Uhm.. già... bè, allora vado. Però, se per caso cambiassi idea, o magari ti avanzasse del tempo... sai dove puoi raggiungerci!
Lo avevo visto chiaramente prendere un lungo respiro, quasi una rincorsa.
- E mi farebbe davvero piacere se tu, alla fine, riuscissi a venire!
Jasper si era decisamente irrigidito davanti a quell'ultimo, insistente invito, ma mai quanto Mike stesso che aveva comunque trovato il coraggio per rivolgermelo nonostante avesse capito il suo fastidio.
- Lo tengo presento. Anche se credo sarà proprio impossibile raggiungervi…
Tra l’altro, se non fosse stato per il fatto che non avevo alcuna voglia di alimentare ancora le sue false speranze, ci sarebbe stata anche la questione che li avrei dovuti raggiungere alla riserva, un luogo che non avrei potuto frequentare in teoria.
Ma Jacob questa volta ti ha invitato… non saresti un’intrusa…
- Newton, le nostre pizze si stanno raffreddando.
A mettere a tacere quella vocina infida dentro la mia testa, era stata la voce gelida di mio fratello che aveva del tutto messo in fuga Mike, dopo avermi salutato con meno baldanza di quanta ne aveva avuta nel raggiungermi.
- Probabilmente ha ragione Emmet: uno così non vale nemmeno la fatica di ammazzarlo per farci una bevuta!
- Jasper!
Sapevo che le parole del vampiro accanto a me erano state dette solo per divertimento, ma mi ero preoccupata del fatto che i vicini di tavolo avessero potuto sentire: già davvero circolava ogni tipo di pettegolezzo su di noi, ci mancava pure che iniziassero ad avvicinarsi alla verità!
- Scusami, ma già trovavo irritante solo vederlo sbavarti dietro, poi dover anche assistere ai suoi imbarazzanti inviti…
- Ti ricordo che anche la tua ragazza era d'accordo nello spronarmi a frequentarlo!
Non avevo potuto fare a meno di dirlo, ricordando la conversazione di solo due giorni prima a scuola, in mensa. Quella che mi aveva spinto proprio nella direzione di Mike.
- Non sempre le idee di Alice si rivelano giuste.
- Però ti sei ben guardato dal dirlo l’altro giorno, a scuola, quando cercavo di farlo capire a quelle due arpie!
Jasper era scoppiato a ridere, attirando ancora gli sguardi femminili delle nostre vicine di tavolo.
- Bella, se sapessero come le hai appena chiamate, non riusciremmo a salvarti nemmeno io ed Emmett!
Poi, passata l’ilarità, era tornato serio, così tanto da assumere quasi l’aria tenebrosa che sfoggiava di solito in pubblico.
- Comunque, per risponderti: l’esperienza sul campo di battaglia mi ha insegnato, a volte anche duramente, che la strategia migliore è quella di non affrontare mai il nemico direttamente.
Mi aveva fissato con uno sguardo che aveva catturato la mia completa attenzione.
- Distrarlo… oppure indebolirlo con delle incursioni improvvise… e solo dopo affondare il colpo migliore… ecco, questa potrebbe essere una strategia vincente.
Era stato un guizzo, però l’avevo visto nei suoi occhi, non potevo sbagliarmi.
Di che cosa stavamo parlando veramente?
- Jasper, ma che cosa....
Non mi aveva fatto finire, interrompendomi con un gesto di diniego che aveva anticipato le sue parole.
- Sappi che negherò sempre e con chiunque di aver parlato con te di determinati argomenti...
Mi ero sporta involontariamente verso di lui, come attirata dalla sua voce che si era impercettibilmente abbassata di tono.
- Ma sono più che mai convinto, ora come ora, di essere nel giusto a pensare che tutti debbano avere la loro possibilità per essere felici, soprattutto se sono due persone a cui voglio veramente bene e che quindi non voglio più veder soffrire.
Mi sembrava di essere su una giostra impazzita: un momento prima ero quasi rilassata, quello dopo avevo il cuore che martellava come un tamburo tanto ero tesa.
Ovviamente se ne era accorto anche Jasper, ma non aveva fatto nulla questa volta per calmarmi,  continuando a fissarmi intensamente negli occhi.
- Hai già provato a scontrarti direttamente con il tuo… bè fingiamo che sia il “nemico”, e ne sei sempre uscita perdente, giusto?
Jasper stava parlando molto seriamente e stava parlando di Edward, del fatto che forse c’era davvero la possibilità che dopotutto anche lui provasse per me sentimenti diversi dall’amore “fraterno” che diceva di provare.
Avevo annuito quasi senza rendermene conto, pensando soprattutto all’ultimo nostro “scontro” se così si poteva chiamare quel bacio che mi aveva negato, ma che forse aveva davvero desiderato.
- Allora è arrivato il momento di cambiare tattica.
Nei successivi dieci minuti ero stata ad ascoltarlo come se fossi stata davvero un soldato in procinto di partire per il fronte, ma in un certo senso era stato davvero quello il mio stato d’animo, perché quando pensavo alla mia situazione con Edward, mi rendevo sempre più conto che non mi sarei arresa sino a quando non fossi riuscita a vincere la mia battaglia contro la sua determinazione a non volermi amare.
 
 
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Il giorno successivo, il sole aveva deciso di riscaldare anche la contea di Forks. Un evento eccezionale, che mi sarei sicuramente goduta di più se il mio umore non fosse stato così nero.
Anche durante la notte appena trascorsa, avevo dormito poco e pensato molto.
Le parole di Jasper non mi avevano dato tregua, avevo continuato a rimuginarci sopra, senza però giungere ad una vera conclusione.
Perché adesso? Perché improvvisamente, proprio lui, aveva voluto parlare così sinceramente?
Quando eravamo rientrati a casa, ad accoglierci avevamo trovato solo Alice. Non mi era sembrata affatto insincera, o turbata , nel dirci che Rosalie, Emmett ed Edward si erano recati a Seattle su richiesta di Carlisle, per monitorare una situazione che riguardava alcune strane sparizioni e che potevano essere legate alla presenza di loro simili, che non osservando la loro stessa “dieta”, rischiavano di attirare un’attenzione che avrebbe messo in pericolo anche la sicurezza della nostra famiglia.
Avevo tratto l’ovvia conclusione che la visione di Alice fosse stata inerente a quello, quindi avevo accantonato almeno una preoccupazione, tornando a navigare nella tempesta della mia situazione con Edward.
Cosa avrei dovuto fare a quel punto?  
Ero confusa e continuavo ad esserlo, dal momento che la notte non mi aveva portato consiglio, anzi aveva portato con sé altre mille domande, senza nemmeno una risposta certa.
Davanti ad una colazione che a fatica avevo consumato, avevo informato Jasper ed Alice della mia voglia di godermi quel pallido sole, facendomi un giro a Port Angeles.
Alice non era stata proprio entusiasta della mia idea, un pò perché rimpiangeva di non potermi accompagnare, ed eventualmente trascinarmi nel suo compulsivo girovagare da un negozio all’altro, un po’ perché era preoccupata del fatto che volessi guidare nonostante la mia mano, ma alla fine aveva capito che non ci sarebbe stata possibilità di farmi desistere.
Jasper, invece, era rimasto silenzioso, probabilmente leggendo chiaramente nelle mie emozioni la necessità che avevo di restare da sola con i miei pensieri.
Tra l’altro, il fatto che Edward e gli altri non fossero ancora tornati, mi aveva solo sollevato: affrontarlo subito sarebbe stato molto difficile ed invece così avrei avuto dell’altro tempo prima di doverlo farlo.
Quando avevo imboccato la statale, in direzione di Port Angeles, ero davvero convinta che sarei andata lì. Ogni tanto, il sabato, mi piaceva girovagare senza meta tra le bancarelle che allestivano sul lungo mare.
Poi, però, una telefonata aveva cambiato la mia destinazione.
Ero rimasta sorpresa di sentire la voce della mia compagna Angela che mi rinnovava l’invito ad unirmi a loro, poi però in sottofondo avevo sentito la voce di Mike chiedere piuttosto insistentemente cosa stessi rispondendo, ed avevo capito il reale “motivo” che l'aveva spinta a telefonarmi.
Mi ero pentita, in quel frangente, di averle dato il mio numero la sera che ero uscita con loro, ma era anche vero che l’avevo fatto sullo slancio di una spiccata simpatia che avevo provato per lei: rispetto a Jessica era stata sicuramente meno invadente e meno superficiale.
Mentre Angela mi parlava, improvvisamente nella mia testa si era sovrapposto un altro invito che mi era stato rivolto.
“Bella, mi piacerebbe che tornassi alla riserva qualche volta”.
Era stato Jacob a rivolgermelo, mentre mi fissava con quel suo sguardo limpido, sincero, davanti al quale sentivo le mie difese crollare inspiegabilmente.
Era stato pensando a quell’invito, che avevo cambiato idea, comunicando ad Angela che dopotutto avrei potuto fare un salto da loro, prima di proseguire con i miei programmi per la giornata.
Quando li avevo raggiunti, seguendo le indicazioni che mi aveva dato un Mike più entusiasta che mai della mia decisione, avevo riconosciuto subito il posto.
Se da una parte la spiaggia proseguiva a vista d’occhio, dall’altra era stata interrotta da un promontorio: proprio quello sul quale avevo fatto uno strano incontro solo due sere prima.
Un luogo a cui il mio sguardo era continuata ad andare, anche in quel momento, mentre seduta accanto ad Angela, fingevo di osservare gli altri cimentarsi sulle loro tavole da surf.
- E’ bello qui, vero?
Mi ero sentita colta in flagrante, mentre per l’ennesima volta avevo rivolto lo sguardo verso il promontorio, riportando subito lo sguardo sui ragazzi in acqua.
- Sì, è vero.
- Non ci eri mai venuta prima?
Avevo visto quella spiaggia forse in una cornice ancora più bella, l’altra notte, ma non glielo avrei certo rivelato.
- Non proprio.
Angela mi aveva guardato un po’ perplessa, facendomi sorridere all’idea che avevo davvero imparato ad essere come i miei fratelli: vaghi e criptici in ogni loro risposta.
- Nel senso che credo di esserci passata in macchina qualche volta, ma non ero mai venuta sulla spiaggia.
Una mezza verità mi sembrava più accettabile rispetto ad una bugia totale. Angela, in qualche modo, mi ricordava un po’ Rebecca, l’unica vera amica che avevo avuto durante la mia infanzia.
- Noi, invece, ci veniamo spesso nei weekend anche se il tempo…
Delle urla improvvise ci avevano interrotte, spingendoci a guardare proprio in direzione del promontorio.
Quello che avevo visto, mi aveva lasciato senza fiato: cinque ragazzi, correndo, si erano tuffati da quell’altezza vertiginosa che tanto mi aveva impressionato. Avevo visto i loro corpi compiere traiettorie perfette, prima di inabissarsi in mare, sollevando alti spruzzi.
- La prima volta fa impressione a tutti, tranquilla. Io ho quasi chiamato i soccorsi, convinta che si sarebbero sfracellati.
La voce pacata di Angela mi aveva fatto realizzare che ero scattata in piedi.
- Sono i ragazzi della riserva, si tuffano spesso da lì, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Uomini lupo. Forti, imprevedibili, pericolosi. 
- Tempo ancora qualche secondo e li vedrai arrivare a riva, arrampicarsi sulle rocce come ragni e rituffarsi come se niente fosse.
Mi ero riseduta, il cuore che batteva forte.
Perchè avevo fatto in tempo a notare che uno di loro era proprio Jacob.
Come aveva predetto Angela, avevo intravisto bracciate sicure e rapide, fendere le onde.
- Io me la farei sotto solo a guardare giù... figurarsi all'idea di dovermi tuffare!
Era solo questione di secondi, poi sarebbero usciti dall'acqua.
Era questo a cui volevo arrivare? Incontrarlo?
Sì, la verità mi aveva colpito come un pugno nello stomaco, se avevo varcato il confine nuovamente, lo avevo fatto sperando proprio di incontrarlo.
Perchè? Cosa mi spingeva verso di lui?
Troppi pensieri mi avevano affollato la mente, tanto che mi ero sentita quasi paralizzata ed incapace di sostenere la conversazione che Angela stava portando avanti.
- Sai, Bella, un pò mi intimoriscono quei ragazzi. A parte che sono enormi, tutti quanti... poi non so, hanno qualcosa nello sguardo... come se fossero davvero i padroni della riserva e tollerassero a malapena la nostra presenza.
"Sono Jacob Black, appartengo alla tribù dei Quileute e sono uno dei guardiani della riserva".
La sensazione di Angela non era sbagliata, questa era davvero la loro terra e l'avrebbero protetta ad ogni costo, anche con quello della loro vita.
I cinque ragazzi stavano ormai uscendo dall'acqua, ed era stato abbastanza chiaro che stavano discutendo tra loro, lo sguardo rivolto nella nostra direzione.
- Angela, io...
Avevo cercato di precedere il momento, ma non avevo fatto in tempo, perchè una delle figure si era già staccata dal gruppo e a grandi passi si era diretto verso di noi.
- Sta venendo da noi… vuol dire che lo conosci?
- No... sì... bè diciamo… quasi.
Mi ero di nuovo alzata, incapace di contenere un misto di inquietudine e ansia.
Angela però non aveva avuto modo di chiedermi altro, perchè Jacob ci aveva raggiunto. Anche lei si era alzata, forse per non sentirsi ancora più oppressa dalla figura imponente che torreggiava comunque su di noi.
- Ciao Bella! Sai che sei l'ultima persona che mi aspettavo di incontrare qui, oggi?
- Bè... sì, immagino… è che sono stata invitata dai miei compagni... anzi, lei è Angela... e lui… è… è Jacob.
Entrambi si erano scambiati un cenno con la testa, un saluto chiaramente di circostanza, che stava ad indicare la reciproca intenzione di non andare oltre a quel gesto. Infatti quegli incredibili occhi neri erano tornati a concentrarsi solo su di me.
- Però sono ovviamente contento che tu sia capitata da queste parti… così magari possiamo farci una passeggiata lungo la spiaggia e parlare un po’…
Avevo visto Angela rimanere un po’ sconcertata davanti a quell’invito di Jacob, chiaramente rivoltomi con l’intento di allontanarci da tutti.
La cosa pazzesca era che mi ero ritrovata subito ad aver voglia di accettarlo, nonostante sapessi che avrebbe fornito materiale per far nascere altri pettegolezzi su di me tra i miei compagni.
Mi era bastato essergli di nuovo vicino, per riprovare quelle sensazioni particolari che avevo avvertito la sera stessa che ci eravamo conosciuti.
- Bella!
La voce di Mike mi era giunta fastidiosa, come del resto la sua presenza. La tavola da surf sottobraccio, era apparso di fianco a noi, lo sguardo che si spostava tra me e Jacob.
- Tutto bene?
Sul volto dell’indiano si era immediatamente affacciato un sorrisetto divertito e chiaramente strafottente.
Sembrava aver scritto in faccia che se anche la mia risposta fosse stata negativa, di certo Mike non avrebbe potuto farci niente.
- Sì, certo, grazie Mike. Lui è Jacob... ecco… noi ci conosciamo.
La situazione stava diventando pesante ed imbarazzante da gestire, tanto da domandarmi come avessi fatto a finire lì, su quella spiaggia in compagnia da una parte di ragazzi con cui non avevo molto da condividere e dall'altra di un ragazzo con cui non avrei dovuto condividere assolutamente nulla, ma che era in grado di attirarmi come un magnete con la sua calamita.
- Accertato che va "tutto bene", facciamo quella passeggiata, Bella?
Mike si era fatto più scuro in volto, ma prima di dare modo a Jacob di divertirsi ancora di più con lui, avevo risposto affermativamente, rassicurando anche Angela con lo sguardo a conferma che andava davvero tutto bene.
L'avevo vista tranquillizzarsi ed avevo nuovamente avuto la sensazione che forse sarebbe stata l'unica ad avere qualche possibilità in più di suscitare il mio desiderio di approfondire la nostra conoscenza.
Non appena ci eravamo allontanati, camminando l'uno di fianco all'altro, era stato Jacob il primo a rompere il silenzio.
- Ci sarebbero mille motivi validi per cui non dovrei essere contento di averti trovata qui... eppure, l'unico che mi da veramente fastidio è che tu sia venuta in compagnia di quel Mike...
Si era concesso anche una risatina, come se non avesse appena detto qualcosa di così ... compromettente.
Era stato abbastanza inequivocabile il senso che aveva dato a quelle parole, costringendomi ancora di più a domandarmi che cosa ci stessi facendo lì, in sua compagnia.
- E se per caso te lo stessi domandando, sappi che anch'io non so che cavolo sto facendo qui, con te.
Per caso era riuscito ad arrivare dove Edward aveva sempre fallito con me?
Mi leggeva nel pensiero?
- Però, sono abbastanza sincero, da ammettere che sono contento che sia andata così.
Avevo sentito di nuovo addosso quello sguardo caldo ed intenso, proprio come se fosse stato fuoco vivo sulla mia pelle.
- Ho fatto la scelta giusta, chiedendoti di tornare a trovarmi.
Bella, ferma! Ragiona prima di parlare…
- E' pazzesco sai… ma… bè… lo penso anch'io.
L'avevo detto! Tutto, nella situazione in cui mi ero andata a cacciare, gridava "pericolo, sbagliato, follia"! Eppure avevo appena affermato il contrario!
- Che ho fatto bene ad invitarti?
Si era fermato, costringendo anche me a fare altrettanto. Lo avevo fissato negli occhi, mi era stato impossibile resistere al richiamo di quello sguardo che sentivo addosso.
Avevo incontrato un sorriso talmente disarmante, che lo avevo ricambiato immediatamente.
- No, che ho fatto bene ad accettare.
La verità era saltata fuori con una semplicità che mi aveva fatto rabbrividire: solo i miei familiari avevano avuto un tale privilegio, perchè con tutti gli altri, le mie barriere difensive erano sempre state mura invalicabili.
Se possibile, quel sorriso si era fatto ancora più disarmante, sembrava avere la capacità di toccare una parte di me sconosciuta anche a me stessa.
- Dovrei pensare di più al casino che sto tirando in piedi nell’essere qui con te, Bella.
Eravamo ancora fermi, così vicini che sentivo il calore straordinario che emanava il suo corpo. Così vicini, da notare che nei suoi occhi c'erano in realtà delle screziature marroni a sfumare il nero dell'iride.
- Un licantropo e l'umana che sta con i vampiri. Non posso dare torto ai miei amici che mi vorrebbero uccidere.
Avevo intuito che si riferisse a poco prima, quando li avevo visti discutere, prima che lui venisse da me.
- Invece, riesco solo a pensare che se non riuscirò a baciarti nei prossimi trenta secondi, ho buonissime probabilità di non riuscire a tenere a bada le mie emozioni e finirò con il trasformarmi qui, sotto gli occhi di tutti, come un pivello alle prime armi...
Il primo pensiero era andato ad un bacio negato, l’unico che avrei davvero voluto ricevere; il secondo che proprio per questo motivo non avrei fermato Jacob.
Perchè l'aveva scritto in faccia che lo avrei fermato solo compiendo il più piccolo cenno di diniego,
ma non l'avevo fatto, ero rimasta ad osservarlo mentre si chinava su di me, le braccia abbandonate lungo i fianchi, forse a significare che era un azzardo anche per lui già solo l'idea di far incontrare le nostre labbra, figurarsi far aderire anche i nostri corpi.
Così era successo, quando avevo chiuso gli occhi, le sue labbra si erano posate sulle mie.
Non erano state quelle di Edward, come avrei voluto.
Nemmeno quelle di un ragazzo come me, del tutto umano, come avrebbe voluto probabilmente la mia famiglia.
Erano state quelle di un licantropo, la persona meno indicata per me che ci poteva essere sulla faccia della terra.
Era stato un contatto di pochi secondi, perché era stato più uno sfiorarsi che non un bacio vero e proprio, poi ero tornata a percepire sulle labbra il freddo del vento che aveva iniziato a soffiare sulla spiaggia.
Freddo… le labbra di Edward sarebbero state fredde sulle mie, eppure così giuste, così desiderate.
Il pensiero di lui, di quanto lo amassi e desiderassi mi aveva travolto all’improvviso con tutta la sua forza, tanto da farmi barcollare e rendermi malferma sulle gambe.
Jacob mi aveva subito afferrata per le spalle, offrendomi sostegno. Avevo spalancato gli occhi, incontrando i suoi, altrettanto turbati e colmi di emozioni contrastanti.
- Non doveva succedere.
Rimorso, ecco che cosa avevo iniziato a provare, tanto intenso da togliermi il respiro.
Il mio primo bacio non era stato con Edward come avevo sempre sognato che sarebbe stato.
- Bella...
- No! Adesso me ne devo andare, subito!
Colpa, che mi invadeva come veleno. Avevo sbagliato di nuovo, lasciandomi andare con Jacob per punire Edward.
- Bella, scusami! Sono stato uno stupido...
- Devo andare!
Mi ero divincolata, perchè adesso le mani di Jacob stringevano un pò di più. Per un attimo, in quegli occhi scuri avevo visto agitarsi l'ombra di qualcosa che immaginavo essere feroce, incontrollabile.
E Jacob doveva averlo visto riflesso nei miei, perchè mi aveva lasciato andare di colpo, le mani ora alzate in un gesto di scuse sincere.
- Okay, okay. Però, ti prego, non lasciare che questo rovini tutto...
Tutto? Non c’era niente tra di noi!
- E' vero, Bella, non negarlo. Io e te, per qualche motivo assurdo, stiamo bene insieme...
Insieme? Insieme! Non c'era nessun insieme tra me e lui. C'era solo una gran confusione tra me ed Edward! Ecco cosa c'era! Ecco cosa mi spingeva verso di lui!
Ma non gliel'avrei detto, perchè non sarebbe più successo che io e lui ci saremmo incontrati. Mai più.
- E' stato un errore mio, Jacob, scusami. Un tremendo errore venire qua. Me ne vado.
E l'avevo fatto, lo avevo lasciato lì, senza voltarmi indietro, senza nemmeno preoccuparmi di sapere se mi avrebbe seguito, se avrebbe ancora tentato di chiedermi di non rovinare tutto.
Adesso correvo, impaziente, indifferente ai richiami di Angela, alle occhiate ansiose di Mike, a tutto quello che potevano aver visto e di conseguenza pensato.
Volevo solo andarmene e raggiungere al più presto la sicurezza di casa mia.
Volevo vedere Edward, perdermi nei suoi occhi, nel suo sorriso.
Lo volevo, lo desideravo con un'intensità tale da fare male.
Come avevo potuto baciare uno sconosciuto, quando amavo così tanto Edward?
 
 
 
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Non sapevo come, ma ero riuscita a guidare sino a casa senza provocare incidenti catastrofici. Per tutto il tempo avevo pianto, i pensieri una matassa incoerente di se, ma, però, forse.
Su tutto, la certezza che nessuno avrebbe dovuto sapere cosa era successo.
Ma nello stesso momento in cui l'avevo pensato, avevo realizzato che sarebbe stato impossibile nasconderlo. I miei compagni avevano visto e tanto poteva bastava perchè ci fossero buone probabilità che i miei fratelli lo venissero a sapere.
Jessica Stanley, non avrebbe rinunciato ad un pettegolezzo così ghiotto. Avrebbe fatto il giro della scuola immediatamente.
Isabella Cullen, la vergine di ghiaccio come mi avevano soprannominato, si era sciolta sotto le labbra di un indiano!
Una nausea violenta mi aveva colpita, costringendomi a fermarmi per riprendere lucidità.
Edward avrebbe saputo del mio bacio con Jacob.
E poco importava se non era stato un vero e proprio bacio, così lo avrebbe visto nei pensieri degli altri, che fossero quelli dei nostri fratelli, che fossero quelli dei miei compagni, che fossero addirittura quelli di Jacob stesso.
Mi ero fermata poco prima di svoltare sulla strada che portava a casa, nel tentativo di calmarmi, di mascherare che avevo pianto.
Dovevo riprendere assolutamente il controllo.
Mi ero guardata attraverso lo specchietto retrovisore, e quello che avevo visto mi aveva indotto a distogliere lo sguardo.
L'avevo scritto in faccia che era successo qualcosa di grave, qualcosa che mi aveva sconvolto.
Avevo riflettuto sull'opportunità di non tornare ancora, di restare fuori un altro pò, ma l'idea di rifugiarmi in camera mia era l'unica cosa che desideravo più di tutto.
Mi ero convinta di potercela fare, al massimo mentendo e dicendo che non mi ero sentita molto bene, preferendo quindi rientrare prima da Port Angeles.
Ma sarei riuscita a mentire anche con Edward?
Il pensiero che potesse essere già a casa, mi aveva fatto perdere quel briciolo di sicurezza appena guadagnata.
Alla fine, avevo rimesso in moto, pigiando sull'acceleratore ed imboccando la stradina che si inoltrava nel bosco: rimandare non avrebbe cambiato le cose.
Quando ero arrivata davanti a casa, però, una gioia immensa mi aveva travolto: sulle scale ad attendermi c'era stata Esme.
Quasi non avevo fermato il furgoncino, che già stavo volando tra le sue braccia. L'avevo stretta con forza, felice di ritrovarmi in quel porto sicuro.
Era la persona che più in assoluto avrei potuto desiderare di vedere in quel momento.
- Siete tornati!
Ero così contenta che fosse lì con me, da non provare nemmeno il fastidio di non essere stata avvertita del loro rientro.
- Abbiamo fatto prima del previsto.
Il suo sorriso era sempre stato in grado di dissipare ogni mia paura da bambina. Crescendo non sempre era avvenuto, però mi aveva sempre confortato, questo sì.
Anche adesso mi sembrava già diverso pensare a quello che era successo, come se il fatto che lei mi volesse bene, rendesse tutto meno difficile.
- Mi siete mancati. Senza di voi...
Mi ero bloccata, perchè improvvisamente Esme mi aveva fissato negli occhi, un'espressione preoccupata sul volto.
- Bella, dove sei stata?
Non avevo capito subito, poi mi era tornata alla mente l'espressione disgustata di Edward in ospedale.
L'odore! Avevo sicuramente addosso l'odore di Jacob!
- In giro...
- Bella, ti prego, hai smesso di dire bugie un bel pò di tempo fa!
Non capivo bene se fosse più arrabbiata o preoccupata. Mentre stavo valutando la cosa, era arrivato anche Carlisle.
- Bella, tesoro...
Ci aveva raggiunte e mi aveva abbracciato a sua volta.
- Ciao.
Già sentivo che davanti a loro non sarei riuscita a mostrarmi decisa come ero stata con gli altri: quella nei loro occhi era la reale preoccupazione di due genitori per la loro figlia.
- Stai bene, vero?
La domanda di Carlisle era stata inequivocabile: mentire non sarebbe servito a nulla, avevano capito benissimo dove ero stata.
- Sì, sto bene.
- Okay, questo è l'importante.
- Sì, tesoro, è vero. Però, credo sia importante parlarne. Non devi sottovalutare i pericoli...
Mentre rientravamo in casa, sapevo che avrei raccontato loro una parte della verità: alla fine, non ero pronta a confidarmi nemmeno con Esme su quello che era successo poco prima con Jacob.
 
 
 
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
 
 
 
Quasi come nella ripetizione di un incubo, anche quella notte mi ero ritrovata a non chiudere occhio.
Avevo passato il resto della giornata con Carlisle ed Esme  a parlare dei Quileute e della loro storia. Mi avevano anche spiegato bene cosa riguardasse l'accordo con loro, arrivando a farmi capire perchè fosse così "delicata" la mia posizione: ero pur sempre un'umana che viveva in mezzo a dei vampiri, cioè un'anomalia su cui i Quileute pensavano di dover vegliare comunque.
Questo mi aveva portato a considerare che il mio rapporto con Jacob si sarebbe potuto trasformare in qualcosa di veramente pericoloso per i miei familiari, costringendoli ad avere a che fare con loro.
Ma questa era stata più una preoccupazione mia, la loro era stata sinceramente rivolta solo verso di me, verso la mia incolumità di umana che si accostava a delle creature le cui reazioni erano imprevedibili. La somma di tutti i pensieri che mi frullavano in testa, mi avevano spinto ad abbandonare la mia stanza per scendere in cucina e bermi qualcosa di caldo, perché mi aiutasse magari a rilassarmi.
Il fatto che ci fossero stati nei dintorni solo Alice e Jasper, dal momento che quando erano rientrati gli altri miei fratelli, Edward compreso, avevano accompagnato Esme e Carlisle a caccia, mi aveva indotto a pensare che non sarei stata disturbata da nessuno.
Ero stata così immersa nell’atmosfera lugubre dei miei pensieri, che non avevo nemmeno avuto voglia di accendere le luci, facendomi bastare la lieve penombra che si creava grazie alle grandi vetrate presenti un po’ in tutte le stanze.
Un pensiero su tutti, aveva continuato a martellarmi in testa mentre mi preparavo del latte caldo.
Amavo disperatamente Edward, eppure mi ero lasciata baciare da Jacob.
Avevo sbattuto rabbiosamente lo sportello, stringendo tra le mani la tazza che avevo appena preso come se potessi scaricare su di lei tutta la mia frustrazione.
Smettila, Bella, smettila di pensarci!
- Un dollaro per i tuoi pensieri.
A farmi mollare la tazza non era stato lo spavento, ma l’emozione di sentire quella voce così vicina.  Mi ero voltata ed Edward era stato davvero lì, ad un soffio da me, un’ombra appena più scura tra le altre.
La mia mente si era come svuotata, lasciando che fosse solo l’istinto a guidarmi… e quello, mi aveva spinto letteralmente a volare verso di lui, tanto che ero riuscita a coglierlo di sorpresa, impedendogli di capire quale fosse stata la mia vera intenzione.
Rubargli quel bacio che mi aveva negato e che avevo cercato di sostituire inutilmente con un altro.
Non gli era servito a nulla essere un vampiro veloce ed invincibile, perchè le mie labbra si erano posate comunque sulle sue, spinte da un desiderio irrefrenabile.
A quel contatto, avevo avvertito dentro di me come un'esplosione ed avevo davvero temuto che il mio corpo si sarebbe rivelato incapace di contenere le sensazioni provate.
Avevo immaginato tante volte quel momento, ma mai mi ero avvicinata a ciò che stavo provando.
Edward era il mio posto nel mondo e così sarebbe sempre stato.
La naturalezza con cui le mie labbra si erano impossessate delle sue, mi aveva resa ancora più certa che non ci fosse cosa più giusta di quel bacio tra me e lui.
Era stato tutto perfetto… l'arrendevolezza del mio corpo contro il suo, la freddezza del suo che si stemperava nel calore del mio… le sue mani che erano risalite lente dai fianchi verso la mia vita.
In quel preciso momento, avevo realizzato pienamente cosa stava succedendo…  Edward non mi stava respingendo!
Non ero più stata solo io a volerlo quel bacio, ma anche lui, tanto che mi ero ritrovata intrappolata tra il suo corpo ed il muro, contro il quale mi aveva spinto nell’irruenza della sua risposta.
Era stato sempre lui ad approfondire il nostro contatto, invadendo la mia bocca e strappandomi un gemito di piacere, a cui aveva fatto eco un suo ringhiare basso e profondo, molto simile al suono di fusa soddisfatte.
Qualcosa era cambiato.
Ma non avevo la minima idea di cosa fosse e dove mi avrebbe condotto, perché non ero certa di potermi illudere che fosse l’inizio di qualcosa che mi ero permessa soltanto di sognare, ossia la mia storia d’amore con Edward.




PS: non ho inserito nessuno spoiler sul prossimo capitolo perchè vorrei fosse proprio una sorpresa! A presto.
BF
 

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Buongiorno!
Innanzitutto mi scuso perchè arrivo con un giorno di ritardo a postare il capitolo, ma ho avuto dei contrattempi con internet (infatti sto sfruttando biecamente il collegamento di un'amica per non tardare oltre! XD).
Sul capitolo di oggi devo rimandare i commenti alla fine, quindi non mi resta che ringraziarvi sempre per l'interesse che state dimostrando per la mia storia e augurarvi buona lettura.
BF


PS: postato il capitolo rispondo alle recensioni dello scorso, per cui ci sentiamo ancora!



Cosa mi aspetto da te 
cosa ti aspetti da me 
Cosa sarà ora di noi, 
cosa faremo domani 
Potremmo andarcene via, dimenticarci 
oppure giocarci il cuore, rischiare... 

Fammi respirare ancora 
portami dove si vola 
Dove non si cade mai 
Lasciami lo spazio e il tempo 
E cerca di capirmi dentro 
dimmi ogni momento che ci sei 
Che ci sei che ci sei 

"Dove si vola - Marco Mengoni"




  






Avevo considerato il buio un mio grande alleato, perchè era stato solo di notte che mi ero concesso di abbandonarmi a quelli che gli umani potevano ancora chiamare sogni, mentre per me erano diventati semplicemente la proiezione dei miei desideri più nascosti.
Non avevo più potuto beneficiare di un sonno clemente, ma quelle immagini che lasciavo libere di scorrere dietro le mie palpebre abbassate, ne erano una valida imitazione.
Bella era diventata il mio unico sogno e lo sarebbe sempre stato.
Era successo anche la notte prima, quando mi ero abbandonato ad una visione di noi talmente coinvolgente da intorpidire i miei sensi, sino al punto che quando avevo percepito come reale la sua presenza nella stanza, non ero stato già più in grado di andarmene.
La visione che mi aveva offerto di sè, scalza e con indosso un semplice pigiama a righe, aveva avuto la forza di inchiodarmi lì dov'ero.
L'avevo vista sospirare e passarsi una mano tra i capelli per scostarseli dal viso. Un gesto che le avevo visto fare milioni di volte, ma che in quel momento l'aveva resa più che mai irresistibile, attirando il mio sguardo sul suo profilo delicato, sulla linea aggrazziata del suo collo e poi più giù, sulla morbidezza di quel seno che avevo sentito premuto contro di me non molto tempo prima.
Immobile, mi ero lasciato avvolgere dal suo profumo, mentre il mio sguardo continuava a seguirla in ogni suo più piccolo movimento.
Era stato nello sbattere furioso di uno sportello che avevo sentito l'eco di quelle parole non dette tra di noi e che mi avevano indotto a rivelarle la mia presenza, spingendomi di fatto sull'orlo di un precipizio in cui ancora non sapevo che sarei caduto da lì a qualche secondo dopo.
- Un dollaro per i tuoi pensieri.
Nel sentire la mia voce, la tazza le era scivolata dalle mani, frantumandosi a terra, mentre il suo cuore si era quasi arrestato per poi riprendere a martellare con forza quando i nostri sguardi si erano incrociati.
L'emozione che avevo colto nei suoi occhi era stata così violenta, da scatenare una tempesta immediata anche nel mio animo già combattuto.
Lo slancio con cui si era gettata su di me, era apparso ovviamente lento ai miei occhi, ma lo stesso non ero stato in grado di fermarla.
Le avevo permesso di avvicinarsi, di passarmi le braccia intorno al collo e di attirarmi verso di lei... verso il suo viso.
Volevo sentire le sue labbra sulle mie, lo volevo con tutta la dolorosa consapevolezza di sapere quanto fosse pericoloso cedere a quel desiderio.
Quando era accaduto, quegli istinti che c'erano sempre stati dentro di me, ma che io avevo dominato e represso nella speranza di poterli annullare, avevano preso irrimediabilmente il sopravvento.
Avevo immaginato molte volte di baciarla, ma mai, nessuna volta, avevo pensato potesse essere così travolgente.
Bella era il mio posto nel mondo, tutto ciò che avrei mai potuto desiderare.
Se mai era esistito qualcosa di più grande della mia volontà, avevo appena scoperto cosa fosse: la reale portata del mio amore per lei.
Passato, futuro, presente, tutto era scomparso, annullato da quelle sensazioni che avevano spento la ragione e riacceso quel cuore che credevo morto, spingendomi a stringere sempre di più quel corpo arrendevole al mio.
Il sapore di Bella, il calore della sua bocca, era qualcosa che mi stava portando sull'orlo di una totale follia, perchè ero arrivato a schiacciarla tra il mio corpo ed il muro, assecondando quel bisogno di sentirla completamente in mio possesso.
Lei aveva reagito inarcandosi contro di me, serrando le mani con più forza sulla mia nuca e per un attimo avevo abbandonato le sue labbra, seppellendo il viso nella piega del suo collo e lambendo il pulsare frenetico del suo sangue sotto la pelle delicata.
Che Dio mi perdoni, Bella, perchè non posso smettere di amarti.
Mi ero gettato di nuovo sulle sue labbra, godendo di ogni istante, di ogni sensazione che mi attraversava come una corrente elettrica capace di far saltare le mie terminazioni nervose.
Volevo di più, volevo tutto di lei, la sua innocenza, la sua passione, il suo amore.
E lei era stata pronta a donarmi tutto, perchè le sue mani avevano già trovato la forza di slacciarmi i bottoni della camicia che indossavo, per poi scivolare sotto la stoffa e accarezzarmi la schiena, lasciando scie infuocate sulla mia pelle gelida.
Sbagliato, ingiusto, folle... parole che emergevano come lampi nella mia mente annebbiata.

Brevi flash che cercavano di riportarmi ad uno stato più cosciente, per rendermi consapevole che il mio bisogno di lei si stava tramutando in azioni irreversibili.
Non farlo, Edward, la condannerai.
Un ringhio aveva cercato di soffocare quella voce che mi aveva accompagnato per così tanto tempo.
Bella, la mia Bella, si stringeva a me come se fossi l'unico punto fermo in un mare tempestoso, come se la sua stessa esistenza dipendesse dalla mia.
Ma io ero la tempesta, non il porto sicuro in cui rifugiarsi.
Il pensiero era stato così lucido, così duro, così reale, da farmi balzare indietro, lontano, come respinto da una forza invisibile.
E lei...
Lei era stata una visione che non avrei mai più potuto dimenticare, con quelle labbra rese turgide dai mie baci, gli occhi dilatati da quella passione che io avevo scatenato, il corpo scosso da un tremito incontrollabile.
- Edward...
Non le avevo mai sentito pronunciare il mio nome con un tale disperato bisogno ed ero stato sul punto di cedere  a quel richiamo irresistibile, quando degli ululati prolungati avevano infranto il silenzio della notte.




XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX




L'apparizione di Alice e Jasper era stata provvidenziale per non trasformare l'incontro tra me e Jacob Black in uno scontro dagli esiti sicuramente mortali.
Come era fondamentale, in quel momento, che ci fosse la presenza saggia e pacata di Carlisle a vegliare su quell'incontro concordato, ma nello stesso tempo indesiderato da quasi tutti i presenti per l'ovvio motivo che rimanevamo comunque nemici naturali.
Sicuramente ad esserne ancora più frustrati eravamo io e Jacob Black, alle prese con l'arduo compito di frenare l'impulso di saltarci reciprocamente alla gola sulla scia di ciò che avevamo scoperto quella notte, ossia che entrambi provavamo sentimenti combattuti nei confronti di Bella.
Lui si era avvicinato abbastanza alla nostra abitazione per assistere alla fine del nostro bacio e capire che non ci consideravamo veri "fratelli", a me era bastato leggere nei suoi pensieri per scoprire che anche tra di loro c'era stato un bacio di cui Bella non mi aveva detto nulla.
Mi ero nuovamente imposto di distogliere la mente da lui, perchè ancora i suoi pensieri erano pieni di lei, di ciò che c'era stato tra di loro, o almeno quello che lui credeva ci fosse stato.
Infatti l'impellente bisogno di confrontarmi con lei sull'argomento, andava sommandosi all'altrettanto urgente bisogno di parlare di ciò che era accaduto anche tra di noi .
Il fatto che fossimo stati interrotti dall'arrivo dei Quileute, aveva lasciato dentro di me una scia di interrogativi uno più difficile dell'altro, ma il più grande di tutti era quello di chiarire innanzitutto con me stesso ciò che le avrei detto al riguardo: dare retta alla ragione e rinnegare quel bacio, o assecondare il cuore e confessarle la verità?
Ma la verità portava con sè una realtà che non ero in grado di accettare, perchè l'avrebbe condannata ad essere ciò che mai avrei voluto per lei.
Era un circolo vizioso dal quale non vedevo uscita, sprofondando sempre di più in uno stato agitato e combatutto, che non faceva altro che peggiorare sempre di più tutta la situazione.
Il rincorrersi di questi pensieri, mi stava letteralmente consumando, rendendomi più che mai incapace di essere lucido e presente in un momento in cui ne avrei avuto estremo bisogno.
- Allora, Dottore, perchè dovremmo fidarci ancora di voi?
La voce aspra che aveva apostrofato Carlisle mi aveva riportato su questioni altrettanto urgenti da risolvere. Avevo incrociato lo sguardo inquieto di Jasper, quello decisamente già battagliero di Emmet, prima di riportarlo sull'indiano che aveva dimostrato con il suo atteggiamento di essere a capo di quel branco di cani.
- Intanto vi ringrazio di essere venuti...
- Non siamo qui per fare conversazione.
Ad interromperlo duramente era stato proprio Jacob Black, che dopo quell'uscita era tornato a sfidarmi con lo sguardo, forse in cerca di una mia reazione che desse modo a tutti loro di rompere quella tregua che si era fatta più fragile dopo "l'incidente" di ieri notte.
- Tu sei Jacob, giusto? Mia figlia mi ha parlato di te.
Il modo gentile, ma nello stesso tempo diretto, con cui Carlisle gli si era rivolto lo aveva momentaneamente preso in contropiede, poi era tornata l'aria strafottente e ostile che aveva esibito sin dal suo arrivo.
- Sì, esatto sono io. 
Avevo faticato parecchio nel trattenermi dall'aggredirlo, perchè nei suoi pensieri l'opinione che aveva avuto di tutti noi era diventata ancora più insopportabile.
Ci riteneva degli "sporchi succhiasangue", ossia dei mostri veri e propri, che avevano piantato i loro artigli su di una ragazza innocente e fragile, come davvero lo era Bella, con l'intento di usarla per confonderci meglio tra gli umani.
Più ascoltavo i suoi pensieri, più capivo che l'idea che si era fatto della presenza di Bella nella nostra famiglia, fosse lontanissima dalla verità.
La voglia di sbattergli in faccia la vera natura del mio rapporto con lei, mi aveva fatto fremere al punto che avevo indotto Jasper ad intervenire, nel tentativo di placare la furia che mi aveva invaso.
- Colgo l'occasione, allora, per ringraziarti di averla soccorsa qualche sera fa.
Ero stato sul punto di esplodere, perchè sapendo invece come erano andate le cose, avevo trovato il ringraziamento di Carlisle assolutamente fuori luogo.
Mi ero pentito, a quel punto, di non essermi confidato prima con lui, aggiornandolo su ciò che avevo scoperto grazie ai pensieri di quel cane.
- Non mi deve ringraziare, Dottore. Non l'ho fatto di certo per voi.
Il disprezzo che aveva messo nel pronunciare quel "voi" aveva scatenato risate compiaciute tra i suoi compagni, che però erano state prontamente spente dall'occhiata gelida che il loro capo gli aveva dispensato.
- Basta così, Jacob.
L'ordine aveva colpito il cane come una sferzata, provocandogli un lampo di ribellione negli occhi, prima di indurlo al silenzio.
- Dottore, veniamo al punto.
I modi di quell'indiano ancora una volta erano stati fermi, ma nello stesso tempo avevano espresso l'idea che fosse propenso ad ascoltare ciò che Carlisle aveva da dirgli.
- Il punto è che non potete accusarci di aver violato l'accordo e lo sapete anche voi. Non è stato uno di noi a sconfinare nella riserva.
C'era stata tutta una serie di borbottii tra gli altri tre indiani che lo avevano accompagnato a quell'incontro, a cui questa volta non aveva messo fine.
- Non era un Cullen, ma era comunque uno di voi e conosceva dove vivetate, perchè non crediamo sia stato un caso il fatto che si sia dileguato proprio vicino a casa vostra.
Ancora una volta avevo incrociato lo sguardo di Jasper, dove avevo ritrovato tutte le congetture che avevamo elaborato anche noi riguardo l'apparizione improvvisa di quel vampiro di cui avevamo cercato anche noi di seguirne la traccia, senza però ottenere un risultato positivo.
Per noi era una certezza il fatto di non conoscerlo, altrimenti ne avremmo riconosciuto l'odore, non eravamo altrettanto certi che la sua comparsa non avesse a che fare con i Volturi.
Ovviamente, il timore era quello che ci avessero messo sotto controllo, e che quella visita notturna avesse avuto lo scopo di farcelo sapere in una maniera non "ufficiale".
Carlisle si era espresso in tal senso, conoscendo le maniere subdole e sottili di Aro, sempre capace di tramare nell'ombra per non esporsi in maniera diretta con noi.
- Capisco il vostro... timore... ma ti chiedo di rispondere a questa domanda: che motivo avremmo avuto, secondo voi, per rompere proprio adesso un patto che abbiamo onorato per più di due anni in maniera totale?
Avevo letto nei pensieri di quel Sam che Carlisle era riuscito ad alimentare dei dubbi che aveva già maturato lui stesso.
A convincerlo, era stata una serie di cose, tra le quali spiccava l'idea che si era fatto di mio padre in quegli anni, anche grazie alle voci che erano arrivate sino alla riserva su come il Dottor Cullen si fosse speso per il bene dell'ospedale e dei suoi pazienti.
- Voi, magari, nessun motivo. Ma lui?
Quel "lui" ero stato io, Sam era me che aveva indicato.
- Mio figlio Edward era stato informato del patto... e comunque, posso garantirvi che non ha nulla a che fare con il vampiro che è comparso ieri notte.
- Io dico che non c'è da fidarsi.
Ad inserirsi era stato di nuovo Black, chiaramente tirato in causa dal fatto che la conversazione fosse virata su di me.
- Perchè, invece, c'è da fidarsi di te, vero?
Non ero stato capace di trattenermi, lanciandogli uno sguardo che lo aveva fatto infuriare da una parte, ma anche impensierire dall'altra.
La mia accusa gli aveva fatto venire il dubbio che Bella avesse potuto raccontare la verità sul loro primo incontro proprio a me, visto il grado di "confidenza" che aveva scoperto esserci tra di noi.
- Se hai qualcosa da dire, succhiasangue, dillo e basta!
Era palese che gli altri fossero stati tagliati fuori dal vero significato delle nostre parole, perchè non a conoscenza di episodi che ci avevano visto protagonisti insieme a Bella.
Lei, involontariamente, era diventata il legame tra me e lui.
-Edward, ti prego. 
L'invito alla calma che mi aveva rivolto Carlisle era stato quello di chi sapeva che lo avrei certamente raccolto, non deludendo le sue aspettative.
Non immaginava quanta fatica mi costasse fare quel passo indietro, ma sapevo di doverlo fare per non peggiorare la situazione.
- Jacob, vedi di piantarla anche tu!
Vedere di nuovo il cane rimesso al suo posto in quella maniera sferzante, mi aveva dato almeno una piccola soddisfazione. Non avevo avuto dubbi su quanto gli fosse costato obbedire a quel comando.
Era apparso evidente, a quel punto, che avessimo raggiunto una situazione di stallo, in cui le due fazioni avevano poche possibilità: o il patto era ancora valido, oppure sarebbe stato come dichiararsi guerra.
La sensazione era quella che ad essere pronti davvero a farsi guerra fossimo solo in due, e che gli altri stessero invece cercando di arrivare ad una nuova tregua.
In quel momento avrei voluto tanto ricevere rassicurazioni da Alice circa il futuro di Bella, perchè sapevo già che Jacob Black non si sarebbe arreso tanto facilmente.
Lo diceva il suo sguardo cupo e minaccioso, fisso su di me, oltre che i suoi pensieri chiari e diretti.


XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX



Dal momento in cui ero uscito di casa, avevo azzerato tutti i pensieri in favore di uno solo: cosa avrei detto a Bella?
Non avevo avuto alcun dubbio sul fatto che avrei dovuto affrontarla, non avrei potuto sperare semplicemente di fingere che non fosse successo nulla, ma la situazione già complicata di suo, lo era diventata ancora di più nella certezza che Jacob Black fosse deciso a conquistarsi un posto nel suo cuore.
Per quanto fossi furioso, non potevo nemmeno negare il fatto che riuscissi ad immaginare perchè i suoi sentimenti per lei fossero stati già così intensi.
Bella era speciale, lo avevo sempre saputo.
La sola idea che potesse accadere, che quel cane arrivasse anche solo a ritagliarsi un piccolo spazio nella sua vita, mi mandava letteralmente in tilt.
Non che, a dire il vero, facesse differenza il pensiero che non fosse lui, ma un altro ad arrivare allo stesso traguardo. Era proprio l'idea di dover rinunciare a lei che mi era insopportabile.
Ma l'alternativa era altrettanto insopportabile.
Quello che sentivo per lei non poteva essere vero amore, perchè quale innamorato avrebbe voluto condannare la propria compagna ad un'eterna mostruosità?
Ero convinto che il vero amore fosse quello che mi spingeva a volerla salvare da una tale condizione.
Così ero di nuovo caduto nel circolo vizioso che avevo sperato di rompere allontanandomi da lei. Mi ero davvero illuso che la mia assenza avrebbe potuto indebolire i suoi sentimenti, ma avrei dovuto capire che come non era successo per me, lo stesso accadeva a lei.
Ero arrivato a credere, infatti, che la lontananza li avesse solo resi più solidi e certi.
Immerso in quei pensieri, avevo guidato sino a raggiungere la scuola dove già una volta avevo atteso l'uscita di Bella e dove avevo anche incrociato il cane con i suoi pensieri molesti.
Stavolta sapevo che non sarebbe successo, perchè alla fine la tregua con i Quileute era stata ristabilita e se si fosse fatto vedere da quelle parti così presto, saremmo stati noi a poterli accusare di volerci provocare.
Questo non mi era stato di molto aiuto, però, perchè inevitabilmente lui sarebbe comunque saltato fuori nei nostri discorsi, infastidendomi anche da lontano.
Ero deciso a chiederle di quel bacio con lui, dovevo sentire dalla sua viva voce che cosa era stato per lei.
Avevo parcheggiato la Volvo accanto al furgoncino di Bella, per essere certo che mi vedesse non appena fosse uscita. Non volevo lasciarle il minimo dubbio sul fatto che fossero stati gli eventi successivi ad impedirmi di parlare con lei, non una mia precisa volontà.
Avevo in progetto di portarla a Port Angeles, perchè mi ero convinto che un luogo "neutro" fosse più indicato per il tipo di conversazione che avremmo dovuto affrontare. Forse, volevo anche essere certo che non ci sarebbero state interferenze di nessun genere, neanche da parte dei nostri familiari, che non sapevano quanto in là mi fossi spinto con lei la notte scorsa.
Era vero che Jasper ed Alice erano comparsi quasi subito, non appena ero corso fuori richiamato da quegli ululati, ma non avevo trovato tra i loro pensieri traccia del fatto che si fossero accorti di ciò che era successo tra me e Bella.
Ancora una volta mi era sembrato un segno del destino che fosse stato proprio il cane l'unico ad avvicinarsi alla villa tanto da vederci.
Tutta la situazione mi appariva davvero una matassa ingarbugliata, che avevo contribuito in prima persona a rendere tale, con l'aggravante che tutta la famiglia, senza eccezioni, aveva deciso che fossi io l'unico ad avere il diritto di decidere quando e come rivelare a Bella l'esistenza dei Volturi, di ciò che rappresentavano nel nostro mondo e a quale accordo fossimo giunti con loro proprio riguardo a lei.
Mi sentivo sul punto di scoppiare, proprio nel momento in cui avrei dovuto avere la mente sgombra e lucida.
Seduto in macchina, non avevo dovuto attendere la fine delle lezioni prima di veder comparire Alice e Rosalie. Erano state loro ad insistere per accompagnare Bella a scuola, preferendo che fossero Jasper ed Emmet a recarsi all'appuntamento con i Quileute. In tutto questo, stranamente, Bella non aveva avuto nulla da dire per il fatto che l'avessimo lasciata un passo indietro; nè si era ribellata quando mi ero precipitato fuori di casa, intimandole di non muoversi dalla cucina per nessuna ragione e non aveva protestato nemmeno quando qualche minuto dopo era rientrata Alice, fornendole una spiegazione non molto dettagliata di ciò che era successo. Mi era stato riferito che non aveva fatto domande nemmeno quella mattina, quando si era accorta che noi non eravamo rientrati affatto, scoprendo che sarebbe venuta a scuola solo con Rosalie ed Alice.
Questo suo atteggiamento mi aveva fatto presagire che la resa dei conti sarebbe avvenuta da lì a poco, non appena si fosse accorta della mia presenza fuori da scuola.
Nel vedere le mie sorelle raggiungermi, ero sceso dalla Volvo, sicuro che avrebbero avuto qualche ultima raccomandazione da farmi. Le avevo informate che sarei stato lì ad attendere Bella ed ero sicuro che alcuni miei atteggiamenti con lei non erano stati di loro gradimento, nonostante capissero le mie difficoltà nel rapportarmi con lei.
- Allora, Edward? Sei venuto in pace questa volta?
Rose aveva deciso di sfoggiare la sua pesante ironia, con cui a volte riusciva a colpire più duro di quanto avrebbe potuto fare con la sua notevole forza fisica.
- Touchè.
Avevo fatto ridacchiare Alice per quella mia resa incondizionata, sperando così di arginare il cipiglio manifestato dall'altra mia sorella.
- Non te la caverai con così poco.
Nel frattempo il suono prolungato di una campanella aveva decretato la fine ufficiale delle lezioni, lasciando liberi gli studenti di riempire da lì a poco il parcheggio ora deserto.
- Direi che non c'è più tempo, Rose.
Le avevo rifilato il mio sorriso più abbagliante, anche quello più accattivante, sperando che potesse funzionare da garante sulle mie buone intenzioni di non essere avventato con Bella, ma la mia bionda sorella non aveva mollato.
- Tranquillo, Bella aveva lezione di biologia all'ultima ora e il Prof. Molina è un tiratardi...
Alice, che io francamente adoravo, aveva deciso che fosse giunto anche per lei il momento di infierire su di me.
- Rose, ha ragione, Edward. Noi ti vogliamo molto bene, ma Bella in questo momento ha la precedenza su tutto.
Si era fatta seria, anche se non mostrava la stessa grinta di Rose.
- Non è facile per nessuno di noi, men che meno per te... ma in fondo, l'unica a cui dobbiamo pensare, è proprio lei.
Avevano ragione da vendere, e mi ero sentito ancora più in colpa.
- Quindi... devi giurarci che manterrai la calma qualsiasi piega prendano le cose tra di voi.
Per la prima volta, sentivo che la loro fiducia in me non era completa. Non avevo potuto fare a meno di soffrirne, ma sapevo anche che gliene avevo fornito motivo.
- Non farei mai del male a Bella, questo lo sapete, vero?
Era stata Rose a rispondermi, dopo avermi fissato un attimo di più negli occhi.
- Non è di questo che stiamo parlando. Si tratta del fatto che... comunicare con lei ti viene un pò difficile in questi giorni.
Quelle parole avevano evocato il ricordo di quel bacio che ci eravamo scambiati, della passione che era divampata come un incendio, e mi ero concesso di pensare che la nostra difficoltà di comunicazione si limitava alle parole, perchè l'istinto aveva abbattuto ogni barriera tra di noi.
- Avete ragione, ma vi prometto che non accadrà oggi.
Mi avevano fissato entrambe come se fossero pronte al passaggio successivo, ma guardando oltre le loro spalle, non gli avevo lasciato scampo.
- Tempo scaduto. Bella è appena uscita.
In effetti aveva appena varcato la soglia chiacchierando con una sua compagna e forse era stata ancora troppo lontana per vederci, ma non abbastanza perchè non la vedessi io.
- E se le volete bene, vedete di imbastire due sorrisi meno tirati, perchè altrimenti penserà che stavamo litigando.
Le avevo punzecchiate giocando al loro stesso gioco, mentre avevo visto Bella accorgersi di me, dal momento che era incespicata sugli scalini che stava scendendo.
- Sei pronto anche ad affrontare l'argomento... cane... con lei?
L'ultima frecciata, e me lo sarei dovuto aspettare, l'aveva scoccata Rose, insieme ad uno sguardo che era stato comprensivo e minaccioso allo stesso tempo.
- Sì, certo.
Avevo cercato di non mutare espressione, mantenendo quel sorriso che speravo apparisse incoraggiante anche a Bella sul fatto che non mi sarei comportato in maniera avventata come l'altra volta, trascinandola via con me di prepotenza.
- Ciao...
Il saluto incerto di Bella era stata la conferma del precario equilibrio in cui ci destreggiavamo davanti ad Alice e Rose, che non avevano mancato la promessa di sfoggiare espressioni meno preoccupate.
- Ciao.
Ero stato consapevole di tutti gli sguardi che si erano appuntati su di noi, curiosi alcuni, invidiosi altri, morbosi altri ancora. Tra questi ultimi c'era stato quello di un ragazzo i cui pensieri mi avevano fatto intuire chi fosse, ossia quel Newton di cui mi aveva parlato Jasper, e contro cui avevo dovuto lottare per non dirigermi verso di lui e spiegargli a chiare lettere che se voleva invecchiare, avrebbe dovuto smettere di pensare a lei come stava facendo.
Calma, Edward.
Rose, la cara Rose, era riuscita a fulminarmi anche con il pensiero, probabilmente spronata dallo sguardo che avevo rivolto a quel ragazzino e di cui Bella non si era accorta perchè impegnata a cercare le chiavi del suo furgoncino.
- Bella...
Aveva immediatamente sollevato lo sguardo su di me, mostrandomi un'espressione guardinga e speranzosa allo stesso tempo.
- Sono venuto per invitarti fuori a cena... pensavo di andare a Port Angeles...
E mi ero concesso di guardare le mie sorelle come se fossero state due fastidiose ficcanaso.
- ... mi ha detto Emmet che lì c'è un ristorante dove ti piace andare.
Me l'aveva detto lui un giorno, quando durante una conversazione telefonica mi aveva raccontato un pò delle sue abitudini, di quello che le piaceva fare da quando si erano trasferiti a Forks.
Come mi era accaduto per ogni cosa che la riguardava, l'avevo ricordato alla perfezione.
Per tutta risposta lei aveva guardato prima Rose e poi Alice, forse per capire se ci fosse stato qualche complotto in corso, poi aveva riportato lo sguardo su di me.
Quegli occhi nocciola li conoscevo così bene, da essere certo che li avrei potuti descrivere in ogni loro minima sfumatura. Li avevo sempre sentiti posarsi su di me, anche quando non avevo potuto vedere con i miei che era effettivamente così.
- Sì, è vero.
- Allora ti va di venirci?
L'incertezza nella mia voce era stata reale, perchè il timore che lei preferisse rimanere a Forks, mentre io preferivo allontanarmene, c'era.
- Sì, va bene.
- Okay. Avvisate voi Esme che Bella non rientra per cena?
Era stata Alice ad annuire, sorridendoci e prendendo Rose sottobraccio.
- Sì, certo. Bella, te lo riporto a casa io il furgoncino.
Le aveva teso la mano per farsi dare le chiavi, ma lei aveva esitato.
- Giurami che lo tratterai bene.
Alice era scoppiata in una risata sincera, riuscendo a far ridacchiare anche Rose.
- Non so se posso giurare, sorellina.
Per quanto fosse stata tesa la situazione tra noi, mi era venuto spontaneo rivolgere uno sguardo complice a Bella, in ricordo di quei tempi dove gli scherzi tra noi fratelli erano la cosa più naturale del mondo.
- Che cosa le hai combinato, Alice?
Anche sul viso di Bella era comparso l'accenno di un sorriso e l'aveva resa ancora più adorabile di quanto già non lo fosse.
- Devi sapere che ha cercato di distruggerlo fingendo che fosse andata a sbattere contro un albero.
Questo era da Alice, assolutamente!
- Non so cosa le abbia fatto pensare che potessi credere che aveva perso il controllo del mio furgoncino, quando guida perfettamente la sua Porsche, tra l'altro di un orribile colore giallo canarino, a più di duecento chilometri orari sul bagnato e col buio senza la minima difficoltà.
- Ma capisci che sta proprio lì la differenza? Non vorrai mettere a confronto l'affidabilità della mia Porsche con quella di questo...
Aveva guardato con vero sconforto il vecchio pick-up.
- ... catorcio!
Bella non aveva fatto una piega, evidentemente era stato un argomento già affrontato in passato. Si era limitata a sbuffare, cedendo le chiavi ad Alice.
- Si tratta comunque di un "catorcio" a cui sono molto affezionata! Quindi, giurami che lo tratterai bene.
Alice aveva alzato anche lei gli occhi al cielo.
- Va bene, va bene... lo tratterò bene! Contenta?
Ma Bella non si era fatta fregare e si era rivolta a Rose, facendo una finta espressione di rammarico.
- Rose, non ha giurato. Quindi mi vedo costretta a chiederti di seguirla e vegliare tu sul mio furgoncino.
Rose aveva annuito divertita.
- Tranquilla, Bella, farò in modo che non gli succeda nulla.
- Rose, sei una stronza, lasciatelo dire! Avevamo l'occasione per liberarci definitivamente di questo orrore! Questa volta lo avrei buttato giù da qualche scarpata...
Bella aveva riso, convinta che se anche Alice lo avesse fatto, poi avrebbe anche trovato il modo di recuperarlo e rimetterlo insieme. L'aveva sempre viziata in maniera sfacciata, tanto da arrivare a prendersi qualche volta delle vere strigliate da Carlisle ed Esme, che avevano voluto che Bella crescesse comunque responsabile nonostante l'ingente ricchezza della nostra famiglia.
Era stato nel mezzo del loro battibeccare che ci avevano salutato, facendo sì che di colpo tra me e lei calasse un silenzio pieno di aspettativa.



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- Edward...
Alla fine, era stata lei a rompere per prima quel silenzio che ci aveva accompagnato nei primi minuti del nostro viaggio verso Port Angeles.
- Sarà una conversazione sincera, la nostra?
Non avrebbe ovviamente potuto rivolgermi domanda più difficile, così avevo preso tempo.
- Pensi che potrei mentirti?
Non mi aveva guardato, continuando a fissare il paesaggio che sfilava fuori dal finestrino. La luce del giorno stava già cedendo il passo alle prime ombre della sera, rendendo ancora più cupa l'atmosfera intorno a noi.
- Credo potresti dirmi qualcosa del tipo "non so cosa mi sia preso... ho perso la testa... non succederà più...".
- E sarebbe una menzogna?
Avevo stretto il volante con troppa forza, perchè lo avevo sentito flettersi sotto le dita. Non potevo permettermi di danneggiarlo, così avevo cercato di esercitare un controllo maggiore sulla tensione che mi stava attanagliando.
- Non lo so, dimmelo tu, Edward.
Ora avevo avvertito il suo sguardo trafiggermi, quasi inchiodarmi alle mie responsabilità.
Mi sentivo responsabile di molte cose... non ultima la salvezza della sua anima.
Era stato spontaneo passarmi una mano tra i capelli, in un gesto che avevo imparato a compiere per sembrare più "umano" e che poi avevo fatto davvero mio.
- Sei nervoso.
La sua non era stata una domanda, ma una constatazione. Mi conosceva bene, come potevo pensare di riuscire ad ingannarla? Bella era sempre stata molto più matura rispetto alla sua età, anche questo l'aveva resa capace di provare sentimenti più profondi rispetto a quelli dei suoi coetanei. Inoltre, crescere accanto a noi aveva contribuito a renderla ancora più speciale.
Questo mi aveva riportato con il pensiero a Jacob Black,  al fatto che gli era bastato imbattersi in lei per esserne subito attratto.
Non pensare a lui, adesso!
La voce della ragione sembrava volermi aiutare, ma l'istinto era altrettanto potente nel voler guidare le mie azioni.
- Non proprio.
Aveva emesso un verso a metà tra lo stizzito e il dispiaciuto, mentre aveva allungato una mano per accendere l'autoradio.
- Se questo è il genere di conversazione che hai in mente, preferisco ascoltare un pò di musica, nella speranza che ti venga l'ispirazione per fare di più.
Dannazione! Dov'era finita tutta la sicurezza che mi aveva sostenuto in quegli anni? 
Ma lo sapevo, in realtà. Si era persa nel sapore delle sue labbra, nella morbidezza del suo seno, nel calore della sua bocca. Avrei potuto averla ancora, e ancora... sarebbe potuta essere mia per sempre.
Non facevo che pensare a questo, a come sarebbe stato facile allungare una mano e farla mia.
Aveva scelto un canale che trasmetteva musica pop ed aveva anche alzato il volume, così il silenzio opprimente era stato riempito da voci che cantavano gioie e dolori della vita, con parole che a volte sembravano proprio raccontare quelle emozioni che anch'io stavo provando.
Bella aveva ripreso a fissare ostinatamente fuori dal finestrino ed io ero stato abbastanza codardo da approfittarne per rimandare l'inevitabile.
La successiva mezz'ora era trascorsa così, poi eravamo giunti nei pressi di Port Angeles e Bella aveva abbassato la radio solo per potermi dare indicazione sulle strade da seguire per raggiungere il ristorante.
A quel punto ero stato così teso, da temere di arrivare a tradirmi con qualche comportamento non del tutto "umano". Mi era sembrato di tornare indietro nel tempo, quando avevo dovuto iniziare a fare i conti con la mia nuova natura per imbrigliarla in comportamenti civili ed evitare così di diventare una bestia feroce.
- Siamo arrivati, il ristorante è quello lì.
Mi aveva indicato una costruzione bassa ed illuminata situata a metà della via, così avevo cercato parcheggio. Dopo aver spento la macchina, ero sceso velocemente per riuscire ad aprirle la portiera, rimediando però un'occhiataccia da parte sua perchè proprio in quel momento stava passando una coppia di ragazzi.
Le avevo risposto sollevando le spalle, in fondo in quel momento l'ultimo dei miei pensieri era preoccuparmi che potessero aver notato la velocità dei miei movimenti.
La coppia, tra l'altro, era entrata nel ristorante prima di noi, così avevo potuto constatare che solo nei pensieri della ragazza c'era stata traccia di me, perchè come spesso succedeva era rimasta colpita dal mio aspetto.
Ero subito diventato l'oggetto anche dei pensieri della cameriera che ci stava accompagnando al nostro tavolo, scelto tra quelli che concedevano più privacy, ed avevo sperato che la cosa non si tramutasse in atteggiamenti più espliciti nel tentativo di guadagnarsi la mia attenzione.
- Ecco il vostro tavolo, vi lascio le liste.
Avevo visto con rammarico l'occhiata infastidita di Bella davanti alla sfacciataggine della cameriera, che aveva atteso che ci accomodassimo per avvicinarsi a me e passarmi le liste rivolgendomi uno sguardo malizioso.
- Grazie.
Ero stato più che gelido nel risponderle, quasi scontroso, nel tentativo di scoraggiare qualsiasi altro suo tentativo.
- Prego, torno dopo per le ordinazioni.
Amber, come recitava la sua targhetta, non aveva voluto recepire il messaggio, perchè ignorando Bella mi aveva rivolto un sorriso che voleva essere sicuramente seducente.
- E' anche peggio di quando sono con Jasper...
Quello di Bella era stato un borbottio confuso, ma non era sfuggito comunque alle mie orecchie più sensibili.
- Non credere che per me sia diverso...
Lei aveva sollevato lo sguardo dal menù, fissandomi scettica.
- I tizi seduti a quel tavolo...
E le avevo fatto cenno verso un tavolo occupato da tre uomini che erano lì per una cena d'affari.
- Ti hanno... analizzato attentamente nei loro pensieri quando gli sei passata davanti e, più o meno, hanno stabilito tutti che eri un "bel bocconcino".
Le era salito subito un violento rossore alle guance, che l'aveva resa ancora più bella di quanto già non lo fosse. Nello stato d'animo in cui ero, l'istinto era stato quello di baciarla lì, senza pensare a nient'altro e dovevo averlo espresso con lo sguardo, perchè il suo battito cardiaco era improvvisamente aumentato.
- Per me c'è anche l'aggravante di continuare a percepire i loro pensieri e ogni volta che posano lo sguardo su di te si rinnova il mio supplizio...
Avevo giusto incrociato quello di uno dei tre e doveva essere stata abbastanza minacciosa l'occhiata che gli aveva lanciato, perchè lo aveva distolto pensando che non era lì per cercare guai con me.
- Io... ecco...
L'avevo decisamente spiazzata con quella mia gelosia non proprio "fraterna" e una parte di me ne aveva gioito spudoratamente, pensando che fosse più che giusto esprimerla.
- Eccomi... avete deciso?
Mi ero accorto dell'arrivo di Amber, Bella essendo di spalle era stata colta alla sprovvista ed era sobbalzata, riportando lo sguardo alla lista.
- A me porta una coca... Bella? Hai deciso?
Lei aveva annuito, ma quando aveva fatto per parlare Amber l'aveva preceduta.
- Solo una coca? Posso permettermi di consigliarti di assaggiare il nostro pollo? Viene cotto in una maniera particol...
L'avevo interrota perchè, come prima, ne aveva approfittato per farsi più vicina a me e si era anche chinata per indicarmi sulla lista il pollo di cui parlava, ottenendo così di mostrare la generosa scollatura che offriva la sua camicetta.
- No grazie, non ho appetito. Va bene solo la coca. Bella, tu cosa desideri?
Amber era stata costretta a risollevarsi e prendere la sua ordinazione.
- Per me vanno bene i vostri ravioli ai funghi e da bere una coca, grazie.
Avevo mantenuto lo sguardo fisso su di lei, impedendo così alla cameriera di rivolgermi altre occhiate languide.
- Okay, torno subito con le bibite.
L'avevo lasciata allontanare il giusto, prima di rivolgermi nuovamente a Bella.
- Stavi dicendo prima che ci interrompessero?
Si era agitata sulla sedia, senza rispondere, lo sguardo che aveva vagato sugli altri tavoli.
- Sei nervosa.
Ero stato io, questa volta, ad inchiodarla con quella verità, perchè anch'io sapevo leggere bene in lei, anche senza sentire i suoi pensieri. Per tutta risposta lei aveva picchiato leggermente il pugno sul tavolo, sorprendendomi.
- Sì, è vero ed è colpa tua!
Il rossore sulle sue guance si era trasformato in rabbia, lo dicevano anche i suoi occhi fiammeggianti.
- Non puoi fare così, sai?
Aveva stretto il pugno con forza, dandomi l'impressione che si stesse trattenendo dall'alzarsi e scagliarsi su di me.
- Non sono una bambola con cui puoi giocare a tuo piacimento! Prima vuoi che sia solo una sorella... poi mi fai diventare una fragile umana che va protetta dal lupo cattivo... e poi?
Il riferimento a Jacob Black in quei termini sarebbe apparso veramente ironico, se non fosse stato che le accuse di Bella stavano colpendo nel giusto. Mi ero comportato con lei proprio in quella maniera altalenante sulla scia delle emozioni che avevo vissuto da quando ero tornato.
- Poi divento la ragazza che baci con una passione che nemmeno lei aveva mai immaginato potesse accadere...
Non aveva abbassato lo sguardo, soltanto la voce. Non aveva avuto paura di sbattermi in faccia la forza dei suoi sentimenti, non aveva esitato nemmeno ora nell'arrivare dritta al punto in cui voleva arrivare.
- A che gioco stai giocando, Edward? Perchè io non lo so più chi sei veramente!
Un leggero tremore l'aveva scossa, mentre io mi sentivo completamente paralizzato, incapace di proferire parola.
- Che stupida sono stata! Avrei dovuto capirlo subito... niente conversazione sincera da parte tua. E allora cosa mi hai portato qui a fare, eh? Per assicurarti, magari, che non andassi ancora alla riserva da Jacob?
Ancora lui!
Avevo stretto anch'io i pugni con forza, sentendo aprirsi una prima crepa nella corazza dietro cui avevo cercato di nascondermi sinora.
- Oppure ha a che fare con il fatto che devi far credere agli altri che vuoi continuare ad occuparti anche tu di me?
Quella cattiveria che mi stava riversando addosso capivo bene che era il frutto di una sofferenza che io avevo provocato.
- Che cosa, Edward, eh? Che dannato motivo hai di voler giocare con me in questa maniera?
Avevo colto l'ancheggiare di Amber che si stava facendo strada tra i tavoli con le nostre ordinazioni e avevo pensato che non avrei sopportato di sentire ancora i suoi pensieri lascivi su di me. Come non riuscivo più a sopportare i pensieri di tutti gli altri presenti, mi sentivo scoppiare la testa.
Cosa mi era passato per la testa nel decidere di rimanere da solo con lei?
Mi ero sforzato di rimanere seduto, perchè la pressione che avvertivo salirmi dentro mi urlava di alzarmi e andarmene da lì.
- Ecco le vostre coche.
Amber era arrivata e dopo aver servito la coca a Bella, aveva compiuto una manovra ai limiti dell'indecente per arrivare a sfiorarmi con il busto.
Avevo dovuto stringere i denti e chiudere la mente per evitare di dire a quella ragazza cosa pensassi esattamente del suo comportamento.
Quello che non avevo potuto prevedere, era che lo facesse Bella al posto mio.
- Amber... è così che ti chiami, giusto?
La ragazza era stata evidentemente presa in contropiede dal tono agguerrito con cui l'aveva apostrofata.
- Sì, esatto.
- Bè, Amber, è la tua serata fortunata. Lui non è il mio ragazzo, ma mio fratello. Certo adottivo, ma del resto basta guardarci in faccia per capire che non potrebbe essere diversamente.
Avevo sentito aprirsi un'altra crepa nella mia corazza, più profonda e dolorosa della prima, mentre assistevo a quella scena apparentemente impietrito.
- E siccome si è appena rivelato essere la persona con cui meno vorrei cenare al mondo, ti cedo il posto!
Si era alzata ed aveva afferrato il giubbotto strappandolo quasi via dalla sedia.
- Prego, Amber, accomodati. Adesso è tutto tuo.
Amber era rimasta impalata per tutto il tempo, ma non appena Bella ci aveva mostrato la schiena, aveva ritrovato la parola.
- Certo che è proprio un bel tipetto tua sorella, Edward!
Era stato sentire la soddisfazione di quell'estranea all'idea che Bella fosse soltanto mia sorella, che aveva dato il via a quel terremoto di emozioni che non ero più stato in grado di frenare.
Non mi ero sentito più me stesso nel momento in cui mi ero alzato dalla sedia, pervaso finalmente da una determinazione che avevo inseguito per troppo tempo.
- Mi dispiace Amber, ma non è la tua serata fortunata.
Non avevo pensato di dover aggiungere altro, se non i soldi per pagare il conto. Dopodichè, mi ero preoccupato dell'unica cosa che avesse davvero un senso per me in quel momento: raggiungere Bella e dimostrarle che quello con lei, non era stato affatto un gioco.


 




*L'autrice si schiarisce la voce*
Lo so, lo so... adesso vorreste uccidere prima Edward e poi me! Oppure il contrario, visto che a scrivere di lui sono io! XD
Però avete letto bene qual'è l'ultimo pensiero del mio (e vostro...) vampiro preferito?
Cosa significa? Che c'è vita (oltre che speranza...) nella testa di Edward? Eh eh eh... giuro che nel prossimo capitolo lo scoprirete!


  

 

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Buongiorno!
Apro questo spazio ringranziando tutte voi lettrici che avete inserito la mia storia tra le preferite/seguite/ricordate, perchè il numero segnato accanto mi ha davvero molto sorpreso, regalandomi ovviamente una grande emozione (credo non sia ipocrita da parte mia dirvi che non davo affatto per scontato che la mia storia potesse coinvolgere un numero di lettrici così alto).

E prima di lasciarvi alla lettura, ci tenevo anche a sottolineare che nel corso della storia, potrebbero comparire (o sono già comparsi) situazioni e personaggi presenti anche nella saga originale, ma che saranno "rimaneggiati" ovviamente in maniera diversa. Ci tenevo a dirlo, perchè la mia idea di "what if" è proprio anche quella di poter inserire a più riprese qualcosa di già conosciuto, però dandogli appunto una veste nuova.
Anche per questo capitolo troverete delle note finali, che forse vi aiuteranno a comprenderlo meglio (il mio timore è che a volte non sia chiara in alcuni passaggi, dando per scontato che si capisca comunque il loro senso).
Buona lettura.
BF



Ti ho deluso?

O ti ho lasciato un gusto amaro in bocca?

Ti comporti come se tu non avessi mai avuto amore

E vuoi che io me ne vada senza

Beh, è

 

troppo tardi

Stanotte

Per rivangare il passato

Riportandolo alla luce

Siamo una cosa sola, ma non siamo uguali

Dobbiamo sostenerci a vicenda

sostenerci l'uno all'altro

"One love - U2"








Non mi ero mai comportata in maniera così avventata come avevo fatto con quella ragazza, ma a mia discolpa potevo solo dire che il mix di rabbia e gelosia provata nei confronti di Edward era stato troppo da sopportare e nel timore di fare molto peggio, mi ero resa conto che andarmene sarebbe stata la soluzione migliore.
Subito fuori dal locale non mi ero soffermata nemmeno un attimo nel pensare a cosa avrebbe fatto Edward, in quel momento volevo solo trovare un modo per rientrare a casa senza di lui, così mi ero diretta verso il porto, sapendo che nelle sue vicinanze c'era anche la stazione degli autobus. Avrei preso il primo in partenza, poi una volta a Forks avrei pensato come raggiungere casa.
Non mi ero messa proprio a correre, però avevo tenuto un passo sostenuto, nel tentativo di mettere più distanza possibile tra di noi, anche se sapevo che sarebbe potuto rivelarsi arduo il riuscirci.
Una vocina crudele era subito intervenuta nel sussurarmi che forse avrebbe davvero preferito rimanere in compagnia di quella Amber, risolvendomi il problema, ma una parte di me più ragionevole, forse più lucida, l'aveva messa a tacere nella convinzione che non mi avrebbe mai lasciata andare in giro da sola, per giunta di sera.
La rabbia in circolo però, forse, si era rivelata un'ottima benzina per le mie gambe, perchè erano già passati diversi minuti da quando me ne ero andata e di lui non avevo visto ancora nemmeno l'ombra.
Conoscevo le vie da percorrere per arrivare al porto da lì, ma erano quelle che di solito facevo in macchina, quindi avevo optato per tagliare in un'altra direzione pensando che mi avrebbe fatto risparmiare un pò di strada.
Immersa nel caos dei miei pensieri, non avevo prestato vera attenzione a ciò che mi circondava, accorgendomi troppo tardi che le strade percorse mi avevano portato in una zona praticamente disabitata. Quando lo avevo realizzato, mi ero ritrovata in una specie di parcheggio fiancheggiato solo da capannoni e senza più possibilità di proseguire.
La cosa mi aveva sinceramente più infastidito, che non impaurito, perchè nel mio stato d'animo equivaleva ad una perdita di tempo che mi aveva allontanato dalla mia meta.
A quel punto avevo fatto dietrofront per tornare da dove ero venuta, incontrando però una difficoltà: c'erano più strade che portavano in quel posto e io non avevo idea da quale fossi arrivata.
Mi era sfuggita un'imprecazione piuttosto colorita, perchè sembrava che tutto volesse congiurare contro di me per rendere quella serata più orribile di quanto già non lo fosse stata.
Per un attimo ero rimasta immobile, indecisa tra l'imprecare ancora o lo scoppiare a piangere, poi avevo capito che la cosa migliore sarebbe stata quella di recuperare un minimo di calma, così avevo preso a inspirare profondamente, chiudendo gli occhi e cercando di sgomberare la mente.
- Perchè hai baciato quel cane, Bella?
La mia mente non era stata abbastanza veloce nel riconoscere subito la voce di Edward, quindi il mio corpo aveva reagito allontanandosi di scatto dalla presenza che avevo recepito alle mie spalle nel momento in cui aveva iniziato a parlare.
- Edward!
Non avrei saputo dire nemmeno io se nella mia voce ci fosse stato più rimprovero per avermi fatto spaventare o stupore per la domanda che mi aveva rivolto.
- Allora mi hai seguito per tutto il tempo!
Gli era bastato fare un passo in avanti per arrivare ad incombere su di me, costringendomi ad alzare il viso per guardarlo negli occhi.
- Pensavi davvero che avessi un'altra scelta?
Avevo interpretato quella risposta nell'unica maniera possibile, ossia che era stato solo il suo maledetto istinto di protezione a decidere le sue azioni, niente di più, niente di meno.
- Vai al diavolo, sul serio!
Avevo fatto dietrofront, più arrabbiata di quanto non lo fossi stata prima e altrettanto decisa a mettere fine a quel gioco crudele che lui sembrava voler portare avanti ancora.
Solo che mi aveva sbarrato il passo subito, inchiodandomi con uno sguardo che mi aveva fatto accelerare il battito.
I suoi occhi sembravano diventati la notte stessa, neri e impenetrabili.
- Non hai risposto alla mia domanda.
Che cosa?
- Hai un bel coraggio, sai?
Il mio indice lo aveva accusato ancora prima delle mie parole, piazzandosi al centro del suo torace.
- Io dovrei rispondere alla tua domanda, quandotu invece non ti sei degnato nemmeno di prendere in considerazione le mie!
Il dito era diventato il palmo della mano, con il quale avevo cercato di spingerlo lontano da me, nell'intenzione di fargli capire chiaramente che non ero affatto disposta a giocare. Ovviamente non c'ero riuscita, perchè non solo non l'avevo smosso di un millimetro, ma mi ero pure ritrovata con il polso imprigionato dalla presa ferrea della sua mano.
- Bella, ho bisogno di saperlo.
Avevo cercato di liberarmi, strattonando con forza, ottenendo solo che lui mi attirasse più vicino.
- Ti prego...
Quella preghiera aveva fatto vibrare corde profonde dentro di me, impossibili da ignorare nonostante la rabbia che provavo verso di lui.
- Tu non avevi voluto baciarmi... Jacob invece... bè, lui desiderava farlo... così... gliel'ho permesso.
Mi ero ritrovata con il suo viso a pochi centimetri dal mio, dal momento che si era chinato su di me, le sue mani premute sulle guance.
- Giurami che non succederà più!
- Non hai il diritto...
Ma a zittirmi era stata la sua bocca, che si era impadronita della mia con un bacio che mi aveva lasciato senza fiato, tanto era stato irruente e prolungato.
- Ho tutto il diritto di chiedertelo, invece, perchè la sola idea che possa succedere ancora mi fa impazzire.
- Edward, io... tu...
Era stato davvero difficile pensare, quasi impossibile, perchè aveva ripreso a baciarmi con la stessa passione con cui lo aveva fatto la notte scorsa, risvegliando dentro di me le stesse, intense emozioni. Mi ero di nuovo persa in un mondo dove non esisteva altro all'infuori di noi due, quindi era stato piuttosto scioccante sentirlo all'improvviso respingermi bruscamente dietro di lui.
- Resta dietro di me, Bella.
Lo aveva quasi ringhiato quell'ordine, ma non avevo avuto il tempo di domandare nulla, prima che una voce sconosciuta parlasse.
- Davvero un bocconcino delizioso, amico. Cosa ne diresti di condividerlo con me?
Le giravolte che Edward mi aveva fatto compiere insieme a lui, erano state così veloci da farmi girare la testa.
- Oh, oh... la nascondi bene...  a quanto pare, ho proprio messo gli occhi su qualcuno che non dovevo...
La voce di quello che avevo capito essere un vampiro mi aveva gelato il sangue nelle vene: era stata un misto di sfida e crudele divertimento.
- Esatto, perciò ti consiglio di andartene immediatamente.
Quella di Edward era stata fredda e determinata. Se mi aveva rassicurato da una parte, perchè sembrava non essere spaventato, dall'altra mi aveva impensierito proprio nel timore che potesse raccogliere la sfida del suo simile.
Mi erano venuti in mente alcuni racconti di Jasper, su come potessero essere violente le lotte tra loro vampiri e mai avrei voluto che lui dovesse affrontarne una per colpa mia.
- Allora la stavi davvero solo baciando.
Quell'affermazione era stata accompagnata da una risatina maliziosa che mi aveva procurato altri brividi e di riflesso avevo seppellito ancora di più il viso nella schiena di Edward.
Solo in altre due occasioni ero stata in presenza di altri vampiri, ma si era trattato di amici fidatissimi di Carlisle, che come lui erano stati gli esponenti di spicco di una comunità di "vegetariani".
- Il suo è un modo alquanto strano di giocare con il cibo, non trovi James?
La seconda voce si era materializzata alle nostre spalle, inducendo Edward a porsi di traverso, per poter tenere sott'occhio tutti e due. A quel punto era stato più forte il bisogno di vedere in viso chi ci minacciava, non fosse altro per capire quanta fosse stata la loro determinazione.
Assurdamente il mio cuore martellava di paura più per l'incolumità di Edward che non per la mia. Se ci trovavamo in quella situazione, la colpa era da attribuire a me due volte, primo perchè avevo lasciato il ristorante, secondo perchè ero un'umana.
- Sì, vero, Laurent. Forse dovremmo provare anche noi... chissà, magari potrebbe piacerci.
Non ero riuscita a vederli molto bene, perchè si erano tenuti ai margini del cono di luce che proiettava il lampione più vicino, però il loro atteggiamento era stato inequivocabilmente ostile.
Avevo poi alzato il viso per guardare Edward e i suoi lineamenti mi erano sembrati scolpiti nella pietra, tanto erano stati tesi e concentrati.
Sicuramente stava leggendo i pensieri di quei due e forse questo gli stava fornendo un leggero vantaggio su di loro, o almeno lo speravo.
- Ve lo ripeto, andatevene e non ci saranno conseguenze per voi.
Aveva rivolto quell' ultimatum minaccioso al primo vampiro comparso, ignorando del tutto l'altro. Probabilmente aveva trovato nei loro pensieri che sarebbe stato lui a decidere se lasciar perdere o meno.
- Scimmietta, aggrappati forte.
Nel momento stesso in cui me lo aveva detto, mi aveva anche issato sulle sue spalle, certo che avrei capito perfettamente a cosa mi dovessi preparare. In effetti, nonostante mi sentissi in balia del panico più puro, era stato un riflesso incondizionato quello che mi aveva portato a passargli le braccia intorno al collo e le gambe intorno a fianchi, stringendolo più forte che potevo.
Non avrei saputo quantificare le volte che in passato ero sfrecciata insieme a lui durante una delle tante gare di velocità che aveva sempre vinto contro i nostri fratelli, però potevo giurare che ogni volta era iniziata con lui che mi diceva di aggrapparmi bene, proprio come se fossi stata una di quelle scimmiette che avevo visto da piccola allo zoo.
Avevo sepolto il viso nella piega del suo collo, perchè sapevo che alla velocità a cui saremmo andati, mi sarebbe stato comunque impossibile vedere qualcosa, anche se fosse stato pieno giorno.
La prima volta che mi aveva portato con sè, avevo davvero creduto che stessimo volando, però anche dopo, nonostante sapessi di cosa era capace, la sensazione era rimasta sempre quella.
- Bella, devo andare più forte.
Avevo colto appena la sua voce nel sibilare dell'aria che mi sferzava e se avevo ritenuto impossibile che succedesse, lui mi aveva fatto ricredere, perchè per quanto fossi stata abituata, il mio stomaco si era ribellato all'ulteriore accelerazione di cui era stato ancora capace.
Mentre immaginavo che avessimo già lasciato Port Angeles, sfrecciando in mezzo ai boschi per raggiungere Forks, non riuscivo a smettere di pensare che Edward stesse mettendo a repentaglio la sua vita per colpa mia. Mentre sarei stata pronta a sacrificarmi per lui, il contrario mi era praticamente inconcepibile.
- Bella, resisti, siamo vicini...
Aveva ovviamente sentito la mia presa allentarsi, così aveva rinforzato la sua, vanificando l'idea di lasciarmi scivolare via da lui e fermare così la caccia che i due vampiri stavano dando ad entrambi.
La certezza che ci stessero sempre inseguendo e che fossero vicini, era data dal fatto che non c'era stato da parte di Edward il benchè minimo accenno di rallentamento. Poi avevo avvertito una presenza inquietante affiancarci e iniziare a correre accanto a noi. Non avrei saputo dire cosa pensassi in quel momento, ma l'idea che stessi per morire era la cosa più probabile. Credevo che uno dei due vampiri fosse riuscito a raggiungerci, per cui ero pronta a sentirmi strappare via da Edward.
Avevo chiuso gli occhi più forte, per poi spalancarli l'attimo dopo, nel tentativo di capire da chi provenissero i ringhi furiosi che improvvisamente sembravano essersi moltiplicati in un numero indefinito.
- Sono i lupi, siamo nel loro territorio.
Avevo realizzato che non mi ero limitata a domandarmelo nella mia testa, ma dovevo averlo pensato ad alta voce, perchè Edward mi aveva appena risposto.
Contemporaneamente erano successe due cose, la nostra corsa era rallentata e il latrare incessante che aveva rotto il silenzio della foresta, sembrava si stesse allontanando in direzioni diverse.
- Ora mi fermo, ma tu non provare ad avvicinarti.
- Edward, ma che stai dicendo?
Ero stata sì in preda al panico, ma davvero non avevo trovato alcun senso in ciò che mi aveva appena detto. 
- Non parlavo con te, Bella, ma con Black.
- Jacob?
- Sì, proprio lui.
Okay, Bella, respira.
- Jacob è qui?
- Sì, era lui che ci ha affiancato.
Ci eravamo fermati e nemmeno me ne ero accorta. L'avevo realizzato in quel momento, mentre Edward mi aveva lentamente deposto a terra, passandomi un braccio intorno alla vita e sostenendomi. Se non lo avesse fatto, sarei finita lunga distesa sicuramente, perchè non solo avevo le gambe come gelatina, ma anche lo stomaco sottosopra e la testa che mi girava.
Cristo santo!
Alla vista dell'ombra enorme che avevo colto a qualche metro da noi, non ero balzata via solamente perchè me lo aveva impedito la stretta solida di Edward.
- Ja... Jacob?
Un brontolio cupo aveva accolto il mio momentaneo balbettio, dovuto al mix di stupore e inquietudine che la vista di quel lupo gigantesco mi aveva provocato.
- Abbiamo violato il patto!
D'improvviso lo aveva realizzato, ed ecco il motivo per cui Jacob ci aveva inseguito! Edward era in pericolo!
- Non proprio... pare abbiano capito il perchè sono entrato nel loro territorio... giusto, Black?
Il Jacob in versione licantropo aveva emesso un altro cupo brontolio, compiendo qualche passo in avanti. Istintivamente mi ero schierata tra di loro, come se avessi potuto fare scudo ad Edward con la mia umanità, qualcosa che i lupi sapevo dovessero rispettare.
- Bella, che stai facendo?
Edward aveva velocemente invertito la situazione, ponendosi lui dinnanzi a me. Jacob aveva ringhiato in maniera più minacciosa, mostrando i denti ed avevo intuito, non so bene come, che si fosse infastidito all'idea che io avessi potuto pensare di essere in pericolo per causa sua.
- Jacob non mi farebbe mai del male, giusto?
Ero riuscita solamente a sporgere con la testa per guardare negli occhi quel lupo che mi fissava a sua volta, dato che il braccio di Edward aveva continuato a tenermi al sicuro dietro di lui.
Mi aveva risposto con un uggiolare che era comunque rimbombato nel silenzio della foresta, ma che mi aveva fatto di nuovo intuire che fosse stata una risposta positiva la sua.
- No Black, non ci contare.
Da come aveva sollevato di scatto la grossa testa, e assunto una postura più aggressiva, avevo capito che Edward doveva avegli fornito una risposta chiara ad un suo pensiero. Così ora sapeva che poteva leggergli la mente, una cosa non tanto piacevole da scoprire vista la loro palese ostilità. Come se non bastasse, Edward aveva anche rincarato la dose.
- Sono entrato nella riserva sperando che mi aiutaste a proteggerla, togliendoci di dosso quei due vampiri. E ti sono davvero grato del fatto che fossi disposto a farlo sino in fondo, ma questo non cambia il fatto che lei sta con me.
Lei sta con me.
Che significato dovevo dare a quella frase?
Stavo con lui perchè ero una Cullen o perchè ero anche qualcosa di più?
Sapevo che non era il momento giusto per chiedermelo, visto che Jacob stava dando chiari segni di insofferenza davanti alle parole di Edward, però non ero riuscita ad impedire ai miei pensieri di prendere quella direzione.
Mi aveva baciato ancora... mi aveva anche chiesto conto del mio bacio con Jacob...
Già, il bacio con Jacob... che ora era quel lupo enorme e decisamente ostile al vampiro con il quale mi trovavo lì.
- Li avete persi! Maledizione...
Il gesto stizzito di Edward aveva scatenato il potente ululato di Jacob, ma prima che potessi preoccuparmi su come interpretarlo, altri avevano iniziato a risuonare in lontananza, proprio come se fossero stati un eco del suo.
- Uno di loro è rimasto ferito...
Edward aveva dovuto alzare la voce per farsi sentire, perchè l'ululato di Jacob era cresciuto di intensità, arrivando ad assomigliare ad un vero e proprio grido di dolore.
- Il branco si legge nella mente, per quello ho saputo che James prima di fuggire è riuscito a ferire uno di loro... 
Nel dirmelo, Edward mi aveva ripreso in spalla e la cosa non era sfuggita a Jacob. Aveva smesso di ululare ed era tornato a fissarlo, manifestando un'insofferenza maggiore nei suoi confronti. Lo avevo visto nei suoi occhi, si agitava un pericolo che prima era stato più sotto controllo.
- Black, ora riporto Bella a casa.
In quell'affermazione di Edward c'era stata la risposta a quella minaccia, perchè il suo tono era risuonato deciso, duro.
Jacob aveva ringhiato, mostrando i denti e pestando il terreno con le sue enormi zampe, dando segno di non essere d'accordo, o almeno credevo significasse quello.
Prima, però, di potermi preoccupare oltre per quello che sarebbe potuto succedere tra loro due, era risuonato un unico ululato potente, che aveva avuto l'effetto di rendere Jacob ancora più combattuto. Lo avevo visto muoversi irrequieto, spostando lo sguardo da noi alla foresta alle sue spalle, mentre il suo ringhiare era diventato più rabbioso.
- Jacob ascolta...
Avevo appena avuto il tempo di pronunciare il suo nome, senza sapere tra l'altro che cosa gli avrei detto esattamente, quando lui aveva emesso un ultimo latrato furioso prima di fare dietrofront e sparire dalla nostra vista.
- Edward ma che cosa...
- Il suo capobranco gli ha ordinato di tornare indietro.
Mi aveva interrotto intuendo che gli stessi chiedendo spiegazione su quell'improvviso dileguarsi di Jacob dopo che aveva chiaramente mostrato di non volerci lasciar andare via.
- Ordinato?
- Sì, i lupi non possono sottrarsi per nessuna ragione ad un ordine del loro Alfa.
- L'Alfa sarebbe il capobranco... ma perchè...
Mi ero zittita perchè Edward mi aveva colto in contropiede, decidendo di non portarmi sulle spalle ma in braccio.
- Siamo vicini a casa, non abbiamo bisogno di correre come prima, così starai più comoda.
Come logica non aveva fatto una piega, solo che si era rivelato molto più... intimo... essere portata così da lui. Non avrei dovuto provare l'imbarazzo che sentivo, non dopo i baci che ci eravamo scambiati, ma forse ero ancora sconvolta da tutto quello che era successo nell'ultima ora, quindi le mie reazioni erano altrettanto confuse.
- Tutto bene?
Mi ero ritrovata a sollevare il viso nel tentativo di cogliere il suo sguardo, per capire cosa intendesse davvero con quella domanda.
Si riferiva alla mia salute, al mio stato d'animo o a tutte e due? Era preoccupato per tutto quello che era successo da quando erano sbucati quei due vampiri o anche per quanto era accaduto prima?
- Un pò scossa... non è stata proprio una serata tranquilla...
- No, direi di no e ne sono responsabile.
Il mio cuore aveva perso un colpo.
- A... a cosa ti riferisci, esattamente?
Mi aveva stretto un pò di più a sè e non sapevo se fosse stato casuale o voluto.
- Al fatto che ti ho messo in pericolo.
La sua voce contrita mi aveva immediatamente fatto agitare.
- Non è stata colpa tua, Edward! Piuttosto mia, se non mi fossi allontanata dal ristorante... bè, tutto questo non sarebbe accaduto!
Avevo avuto solo un attimo di esitazione perchè avevo pensato anche che se non mi fossi allontanata lui forse non mi avrebbe baciato ancora.
Oppure lo avrebbe fatto lo stesso?
- No, Bella, quella di stasera è solo l'ennesima prova che mi ha dato la certezza di quanto sia pericoloso per te starmi vicino...
- Fermati!
- Bella...
- Edward, fermati e parliamone!
Ero stata categorica nella mia richiesta, ben sapendo che se lui fosse stato dell'idea di non farlo, non avrei avuto nessuna reale possibilità di fermarlo lo stesso.
Invece aveva assecondato la mia richiesta e mi era sembrato un segno positivo il fatto che fosse disposto a parlarne.
- Quello che è successo stasera è stato qualcosa di assolutamente imprevedibile anche per te! C'erano le stesse probabilità che mi investisse una macchina guidata da un ubriaco! Sarebbe stata colpa tua anche quello? 
Edward aveva mostrato un'insofferenza che non avevo pienamente capito.
- Tu non vuoi capire, Bella!
Io capivo, invece, eccome... nonostante tutto, ancora stava cercando il modo di rinnegare quello che sentiva per me! Tutto tornava allo stesso punto!
- No, invece capisco benissimo! Capisco che sei capace di baciarmi come hai fatto anche poco prima, dimostrandomi che provi per me dei sentimenti che vanno oltre l'amore fraterno, ma per qualche motivo che non mi vuoi dire chiaramente, vorresti non provarli!
- Non è il momento giusto per questi discorsi, Bella... non qui, non dopo quello che è successo e che è stato sicuramente traumatico per te...
- Certo che lo è stato! Ma se proprio lo vuoi sapere, avevo paura per te e non per me!
Lo avevo visto irrigidirsi ed ero certa di averlo sorpreso.
- Per me?
- Sì, per te! Se ti fosse capitato qualcosa per colpa mia... la sola idea che tu... Dio, ma non lo capisci proprio che ti amo più della mia stessa vita?
Forse era stata la troppa adrenalina ancora in circolo, o forse la paura provata, o forse la rabbia... senza saperlo nemmeno io, ero scoppiata in un pianto improvviso.
- Bella...
Ma non aveva avuto il tempo nè di avvicinarsi, nè di parlarmi, perchè eravamo stati travolti dalle voci ansiose dei nostri familiari che avevano parlato contemporaneamente.
- Oh mio Dio, tesoro stai bene?
- Edward, tu stai bene?
- La mia visione era incompleta...
- Non riuscivamo a trovarvi...
Mi ero ritrovata tra le braccia di mia madre, ansiosa di capire se fossi ancora tutta intera, mentre gli altri avevano preso a parlare tra di loro, ma così velocemente che non ero stata in grado di cogliere cosa si dicessero.
- Tesoro... adesso ci sono qui io, andrà tutto bene.
L'abbraccio di Esme aveva generato nuove lacrime, proprio come se all'improvviso si fosse aperta una diga che avevo tenuto chiuso sinora.
- Bella, tesoro, ti portiamo a casa.
Erano state le braccia di Carlisle a sollevarmi e in quel momento mi ci ero rifugiata come quando da bambina correvo da lui in cerca di un porto sicuro.



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Nel poco tempo che era occorso a Carlisle per raggiungere casa nostra, io ero riuscita lo stesso a crollare in un sonno profondo, senza sogni nè incubi.
A darmene certezza era stato il fatto che al mio risveglio, la sensazione provata era stata quella di uscire da uno stato di incoscienza totale.
Infatti era passato qualche attimo prima che capissi perchè mi sentissi così confusa, poi i ricordi della sera prima mi erano piombati addosso tutti insieme, facendomi sollevare di scatto.
- Amore, ciao...
Mi ero subito ritrovata avvolta nell'abbraccio affettuoso di mia madre, che avevo ricambiato stringendola forte.
- Come ti senti? Ero così in pensiero per te...
Mi ero lasciata cullare dalle sue carezze e dalla sua voce melodiosa, traendone un beneficio immediato.
- Ora sto bene, mamma.
- Bambina mia, ti voglio bene.
Mi aveva stretto più forte, ricoprendomi il capo di baci, e sapevo che cosa avesse scatenato quella reazione, ossia l'appellativo con cui mi ero rivolta spontaneamente a lei.
Solo quando ero stata più grande, avevo realmente capito cosa avesse rappresentato per Esme l'avermi adottata, ossia la prova tangibile che era riuscita ad essere una "vera" madre.
Il fatto che a distanza di tempo, io pensassi a lei ancora in quei termini, ogni volta la riempiva di una felicità immensa.
- Anch'io te ne voglio, da qui fino alla luna.
Avevo usato l'espressione che avevamo inventato quando ero bambina e con la quale misuravamo l'affetto che sentivamo l'una per l'altra, rendendomi conto che in quei giorni ero stata così presa da me stessa, che quasi non avevo pensato a lei.
- Ho avuto così paura per te... credo di non aver mai pregato tanto come ieri sera.
A chiunque altro sarebbe potuta apparire come una bestemmia quell'affermazione in bocca sua, ma io sapevo invece quanta purezza d'animo risiedesse in lei, nonostante la sua natura la volesse relegare all'esistenza di "mostro".
Avevo sempre reputato un'ingiustizia il fatto che non potessero mostrarsi al mondo, perchè ritenevo che fossero migliori di tanti "umani" che erano invece dei veri "mostri".
La sua fede non si era spenta con la sua trasformazione, anzi le aveva dato maggiore forza di volontà nell'affrontare il duro percorso che le si era aperto dinnanzi.
La fede e il suo grande amore per Carlisle, ricambiato da lui in eguale misura. Il legame tra di loro era sempre stato motivo di gioia per me, negli ultimi anni mi ero ritrovata però anche ad invidiarlo, perchè era così che avrei voluto che fosse il mio rapporto con Edward.
Solido ed eterno.
- Si vede che Dio era in ascolto, mamma, dal momento che sono qui sana e salva...
La battuta aveva avuto l'effetto sperato, perchè avevo sentito Esme ridacchiare, lasciando correre via un pò della tensione che aveva sicuramente accumulato nello starmi vicino senza sapere come stessi davvero.
- La mia Bella, sempre così forte e coraggiosa...
Mi aveva scostato da lei per guardarmi negli occhi e riservarmi quello che Carlisle chiamava il suo "sorriso speciale", cioè quello che solo io diceva fossi in grado di strapparle.
Forse c'era stato un pizzico di gelosia in lui, perchè pensava di non essere stato in grado, nonostante il bene immenso che gli volevo, di instaurare lo stesso legame che avevo con lei.
- Dici?
Non avevo ancora voluto ripensare proprio a tutto, però di quella fuga con Edward, ricordavo la paura provata.
- Bella, per la prima volta hai corso un pericolo reale... ed hai reagito in una maniera... davvero straordinaria!
Non avevo dovuto pensare che cosa mi avesse fornito il motivo per riuscirci e non avevo esitato nel dirlo.
- C'era Edward con me...
Il suo sguardo dolce mi aveva scrutato a fondo, e la sensazione era stata quella di sempre, che a lei non potessi nascondere nulla, nemmeno se lo avessi voluto.
- In momenti come questo, credimi, vorrei che tutto fosse più semplice nelle nostre vite.
Non aveva avuto bisogno di aggiungere altro, sapevo a cosa si riferisse: alla nostra diversa natura, al grande ostacolo che rappresentava la mia umanità.
Era un argomento che io avevo iniziato a sollevare in quell'ultimo anno, forse anche in ragione del fatto che mi sentivo sempre più indipendente nelle mie decisioni, e che invece tutti loro sembravano voler non affrontare ancora.
- Lo sai, vero, che la soluzione ci sarebbe...
Non avevo voluto usare la parola "trasformazione" perchè i loro ricordi al riguardo erano molto dolorosi, ma il concetto era stato quello.
- Tesoro...
Ma un bussare discreto l'aveva interrotta.
- E' tuo padre.
La porta si era aperta e la presenza di Carlisle aveva portato altro calore nella mia stanza. Non avrei potuto desiderare genitori diversi da loro, mi avevano dato tutto ciò di cui avevo avuto bisogno, facendomi crescere in una famiglia "diversa", ma dove non mi era comunque mancato tutto l'affetto possibile ed immaginabile.
- Ciao, piccolina.
Si era seduto vicino ad Esme, sfiorandola con uno sguardo tenero, prima di prendere la mia mano tra le sue.
- Come ti senti?
Gli avevo stretto la mano tra le mie e come saluto lo aveva baciato sulla guancia.
- E' il papà o il medico a chiedermelo?
Mi aveva sorriso divertito, battendomi affettuosamente sulla mano.
- Il primo, il secondo si è già sincerato ieri sera che non ti fossi fatta neanche un graffio.
E di graffi lui me ne aveva curati parecchio, vista la mia tendenza ad essere goffa e imbranata, oltre che umanamente fragile.
- Sto bene, sul serio. Non preoccupatevi, è tutto passato.
Non proprio tutto... perchè quello che era successo con quei vampiri era stato solo in parte la causa del mio crollo emotivo.
La mia situazione con Edward, quello era il vero motivo del mio malessere.
- Forse sarebbe il caso che ne parlassimo lo stesso...
Avrei giurato che ci fosse stata dell'indecisione nella voce di mio padre, ma forse me lo ero solo sognato.
- Sì, certo. Anche se sono convinta che Edward vi avrà già raccontato per filo e per segno come sono andate... ehm... le cose.
Merda!
Non mi capitava spesso di imprecare, l'esempio che avevo avuto da tutti loro era stato più che rigoroso, nel senso che utilizzavano tutti un linguaggio forbito e anche un pò antiquato, ma in quel momento aveva ben interpretato l'agitazione che mi aveva colto all'idea che Edward potesse aver raccontato loro proprio tutto.
Quei due vampiri ci avevano sorpreso mentre lui mi stava baciando!
- Bella?
Merda!
Dovevo essere arrossita in maniera vistosa, perchè li avevo visti scambiarsi uno sguardo perplesso.
- Bè... ho paura che vi abbia detto che... ehm... sono stata un pò avventata con Jacob...
Avevo deciso di rischiare e imbastire una scusa che avesse potuto giustificare quella mia improvvisa preoccupazione.
- Ti riferisci al fatto che hai pensato di fare da scudo umano ad Edward?
Ecco, questo glielo aveva sicuramente raccontato, perchè quello di Esme era stato un non tanto velato rimprovero.
- Bè, che ci crediate o no, ho sentito che Jacob non mi avrebbe mai aggredito... mentre mi sembrava sul punto di volerlo fare con Edward.
Edward che sapeva che mi ero baciata con lui..
- La mamma ha ragione, forza e coraggio non ti mancano... ma non devi sottovalutare il pericolo che rappresenta Jacob per te.
Avevo annuito, anche se su quel punto rimanevo del mio parere: Jacob non mi avrebbe fatto del male, non volontariamente.
- Per caso avete rimproverato anche Edward per la sua decisione di entrare nella riserva?
Avevo espresso quella domanda con un leggero tono polemico, forse in un retaggio di tutte le volte che mi ero presa una ramanzina per essere stata avventata su qualcosa che i miei fratelli avevano regolarmente fatto. In passato, come adesso, a volte faticavo ad accettare che usassero due pesi e due misure per il fatto che io ero un'umana.
- Sicuramente non ne siamo stati entusiasti... però nella situazione d'emergenza in cui si trovava, va riconosciuto che ha avuto l'idea giusta. I Quileute possono essere nostri nemici, ma non tuoi.
- Sei incredibile, papà.
Mi ero proprio risentita a quel punto.
- L'ho pensato io e sono stata avventata, l'ha pensato Edward ed era una buona idea.
Probabilmente quella discussione tra di noi era l'indice di quanto il nostro fosse un vero rapporto genitori pazienti-figlia ribelle, però in quel momento non vedevo il lato positivo della cosa.
- Tesoro, non ti arrabbiare così.
Mi spiaceva ferire Esme, però a volte davvero avrei voluto che mi considerassero capace di affrontare le situazioni che il loro mondo poteva mettermi di fronte.
- Scusa, non è che volevo...
Un altro bussare mi aveva interrotta.
- Le tue sorelle.
Alice era comparsa alla sua maniera, come un uragano, perchè si era fiondata dall'altra parte del letto e mi aveva sepolto in un abbraccio soffocante, dal quale ero riuscita a sbirciare Rose che aveva alzato gli occhi al cielo per quell'irruenza.
- Ecco, se non si è rotta qualcosa ieri, ora ci pensi tu, Alice.
- Oh, sta zitta, Rose! Non hai fatto altro che preoccuparti tutta notte per lei e adesso vorresti fare la dura, invece! Vieni qui anche tu e piantala!
Se Alice non fosse esistita, la vita di tutti noi sarebbe stata sicuramente più triste. Ne eravamo tutti convinti, Rose in particolar modo, anche se non lo avrebbe mai ammesso con nessuno.
Così mi ero ritrovata stretta tra loro due, dopo che Esme e Carlisle avevano deciso di eclissarsi e lasciarci sole.
- Sorellina, non sai come mi sento responsabile.
Alice aveva mostrato un vero e proprio dispiacere, tanto che sembrava non fosse in grado di proseguire nel parlare, qualcosa che mi aveva spinto a guardare Rose per capire che storia fosse.
- La sua visione era incompleta... forse a causa della presenza di quei... cani. Per quello non vi abbiamo intercettato prima...
Avevo abbracciato d'istinto Alice, che ora aveva proprio un'aria del tutto abbattuta.
- Alice, non devi neanche pensarlo!
Lo credevo davvero, perchè sapevo quanto a volte le pesasse il dono che possedeva, facendola sentire doppiamente responsabile verso tutti noi. Come se davvero fosse sempre in dovere di evitarci qualsiasi pericolo o dolore.
- Se vi fosse capitato qualcosa...
Immaginavo che per quanto avessi cercato di rincuorarla, avrebbe continuato a sentirsi in colpa, così avevo cercato di distrarla con altro.
- Sì, ma dal momento che non è capitato nulla, ditemi piuttosto che conseguenze ha avuto la cosa con i Quileute! Uno di loro è stato morso da quel James... e Jacob mi pareva proprio furioso... ritengono responsabile Edward della cosa? Il patto è ancora valido?
All'improvviso mi ero resa conto che avevo in testa un sacco di domande e che volevo delle risposte certe.
- Ehi, ehi, sorellina, calma! In teoria dovremmo essere noi a farti delle domande! Tipo se stai bene davvero...
Avevo interrotto Rose con uno sbuffo sonoro.
- Rose, ti prego! Capisco la vostra preoccupazione, ma sto bene! Sono qui, sana e salva, non si vede?
Alice se l'era ridacchiata, recuperando un pò della sua allegria.
- E poi ero io l'esagerata, vero, Rose?
Per tutta risposta si era guadagnata un'occhiata di fuoco dalla stessa, che poi era tornata a fissarmi.
- E' stata un'esperienza traumatica, Bella. Magari adesso non ti pare, però...
Avevo capito la sua sincera preoccupazione, così mi ero affrettata a rassicurarla.
- Rose, sul serio, adesso sto bene. E' vero, mi sono spaventata, però è passato.
Le avevo sorriso, stringendole la mano.
- E sapere qualcuna delle risposte che vi ho chiesto, contribuirebbe a farmi stare ancora meglio.
- Per il momento mi accontento, Bella, però ti terrò d'occhio...
Non era stata una minaccia, ma una promessa che mi aveva rincuorato, perchè piena di affetto.
- Per le risposte che vuoi, lascio la parola a Miss. Lingualunga... sai che le piace raccontare molto più di me.
Mi avevano fatto ridere davvero, qualcosa che non credevo possibile quella mattina.
- La solita simpaticona... comunque, il patto è ancora valido. I Quileute hanno stabilito che la vostra violazione non ha messo in pericolo la loro comunità, questo perchè Edward è stato bravo nello sconfinare solo di poco, diciamo il giusto perchè loro intervenissero. Il fatto che uno di loro sia stato morso... bè, non è certo stato lui a farlo, quindi anche per questo è stato giudicato non colpevole.
Aveva battuto il pugno sul comodino, nell'imitazione del martelletto del giudice. Solo che l'aveva fatto con troppa enfasi, crepandolo.
- Oh cavolo, Bella, mi dispiace!
Capitava che a volte non dosassero la loro forza, non era poi così sconvolgente per me.
- Tranquilla, Alice, vorrà dire che me lo ricomprerai...
Le erano subito brillati gli occhi.
- Magari cambiamo anche l'armadio... essendo coordinato poi non sarebbe affatto...
- Alice, non cambiare discorso.
L'avevo riportata sulla retta via, perchè mi era parso che fosse troppo contenta di poterlo fare.
- Già... bè, la vera sorpresa è stata che i loro grandi capi hanno chiesto un consulto a Carlisle... nel senso che lo hanno ammesso alla riserva, stanotte, perchè desse un'occhiata a quel... ragazzo che era rimasto ferito. Sai essendo medico, per giunta vampiro...
Quella era stata proprio una vera sorpresa!
- E poi?
- E poi...
Alice si era interrotta ancora.
- Alice?
- E poi quel cane rognoso di Black ha iniziato ad avanzare delle pretese assurde!
Jacob... che poteva diventare quel lupo enorme che nel bosco mi aveva inizialmente spaventato.
- Che tipo di pretese?
"Perchè hai baciato quel cane, Bella?"
"Giurami che non succederà più!"
Le parole di Edward si erano affacciate prepotenti nei miei pensieri.
- Sul fatto che siamo in debito con loro per aver aiutato uno di noi.
- E quindi?
Avevo capito di dover tirare fuori le parole di bocca a mia sorella, perchè l'argomento le era giustamente indigesto.
- E quindi per sdebitarci dovremmo concedergli il permesso di rivederti, ammesso che tu sia dello stesso suo parere!
Era stata davvero arrabbiata e Rose non era stata da meno.
- Assurdo, quel cane sta davvero esagerando con te! Ma non ti devi preoccupare, se solo prova ad avvicinarsi gli stacco la testa con le mie mani!
Non avevo avuto il coraggio di ribattere nulla, perchè una parte di me sapeva benissimo di aver dato modo a Jacob di credere che tra noi potesse esserci qualche possibilità.
E' vero che ero scappata da lui dopo quel bacio, però intanto c'era stato!
- E Carlisle che ha detto?
Alice si era stretta nelle spalle, sbuffando.
- Sai che lui è un diplomatico nato... quindi ha capito che non era quello il momento giusto per dire un no bello secco! Si è appellato al fatto che ne avrebbe parlato con te... per poi fargli sapere.
Rose era stata più categorica.
- Diciamo che il no secco è stato solo rimandato ad oggi.
Qualcosa mi diceva che Jacob non si sarebbe accontentato di un no... che avrebbe provato in qualche maniera a raggiungermi comunque.
- Forse sarebbe il caso che glielo dicessi io di persona...
Entrambe le mie sorelle erano scattate contro di me.
- Stai scherzando, vero?
- E' fuori discussione!
Mi ero risentita della poca fiducia che riponevano nelle mie scelte.
- Ehi, calma. Non è che mi serva esattamente il vostro permesso al riguardo!
- Bella, non essere sciocca! Ormai è chiaro che quel... quell'essere ti sbavi dietro! Non è proprio il caso di avvicinarsi ancora a lui!
- E poi, non credo proprio che Edward te lo permetterebbe...
Rose, consapevole o meno della cosa, aveva giocato la carta da novanta, quella che aveva attirato tutta la mia attenzione.
- Guarda che vale anche per lui il fatto che non debba avere il suo permesso.
Ma c'era stato qualcosa nel suo sguardo che aveva iniziato a far battere più forte il mio cuore.
- Altro che permesso... credo che dovresti trovare il modo di passare sul suo cadavere. E considerate le tue scarse possibilità di riuscire ad ucciderlo... penso proprio che la questione sia già chiusa in partenza.
La mia bionda sorella aveva sfoggiato la sua arma migliore, cioè l'ironia.
- Sul suo cadavere?
Alice aveva annuito, guardandomi seria.
- "Bella dovrà passare sul mio cadavere prima che le permetta di rivederlo ancora". Sono le esatte parole che ha usato Edward quando ha letto nei pensieri di Carlisle che cosa gli aveva chiesto Black.
"Ho tutto il diritto di chiedertelo, invece, perchè la sola idea che possa succedere ancora mi fa impazzire".
Non poteva pretendere di avere dei diritti su di me senza che in cambio mi desse un valido motivo. Ne ero fermamente convinta, specie dopo che aveva ripreso a sostenere che non dovessi restargli accanto.
- Bè, dovrà farsene una ragione se deciderò il contrario.
Alice era stata sul punto di ribattere, ma qualcun'altro aveva deciso che fosse ora di visite. Infatti senza tante cerimonie era entrato Emmet, subito seguito da Jasper.
Entrambi con uno sguardo che mi aveva fatto balzare giù dal letto per andargli incontro e stroncarli sul nascere.
- Ragazzi, non me lo chiedete anche voi. Vi giuro che sto bene!
Avevo sottolineato la cosa mostrando di muovere tutto alla perfezione, braccia, gambe, testa... e li avevo fatti ridere.
- Sei una roccia, sorellina! L'ho sempre saputo!
Era stato Emmet a sollevarmi in un abbraccio che mi aveva fatto davvero temere per le mie costole.
- Grazie Emmet, credo sia merito anche tuo.
Mi aveva rimesso giù, dando modo anche a Jasper di darmi un leggero buffetto sulla guancia.
- E in che modo avrei contribuito?
- Bè, mi sono allenata spesso davanti alla tua brutta faccia arrabbiata...
Lo avevo sorpreso con quella presa in giro, ma come era nella sua natura, era stato subito al gioco.
- Bè, io ho anche pensato che a metterli in fuga sia stata la tua faccia da rompiscatole...
Forse era quello di cui avevo avuto bisogno, qualcuno che mi aiutasse a scacciare per un pò l' ingombrante assenza di qualcuno che aveva evidentemente deciso di non affacciarsi nella mia stanza quella mattina: Edward, l'unico che avrei voluto rassicurare davvero sul fatto che quell'episodio non mi avrebbe fatto cambiare idea su di lui.



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Nel corso della mattinata, trascorsa a casa in compagnia dei miei fratelli, avevo più volte pensato di chiedere loro espressamente dove fosse e se mi stesse evitando, ma poi ogni volta non ne avevo trovato il coraggio, anche in ragione del fatto che forse loro per primi non volevano parlarmene.
Sebbene indirettamente mi fossi riferita a lui, specie quando mi era stato chiesto di raccontare anche dal mio punto di vista come erano andati i fatti, avevo ovviamente glissato su tutti quegli aspetti che avevano riguardato solo noi due.
Da quello che mi avevano riferito, avevo capito che anche lui doveva aver omesso le mie stesse parti.
Così una parte del mio cervello era stata impegnata ad elaborare altri ricordi, tra cui quei baci appassionati che ci eravamo di nuovo scambiati.
Cosa sarebbe successo quando si fosse deciso a farsi vedere?
A pranzo, nonostante Esme mi avesse cucinato degli ottimi spaghetti al pomodoro, ne avevo mangiato appena qualche forchettata.
Avevamo parlato ancora io e lei, specie di Jacob, perchè ad un certo punto si era unito anche Carlisle. Mi aveva informato di persona su tutto quello che era successo da quando aveva messo piede nella riserva e avevo pensato, una volta di più, che fosse stato davvero una persona eccezionale.
Non aveva esitato un attimo nell'accettare di visitare il ragazzo che era rimasto ferito, sebbene volesse dire andare da solo tra tanti nemici naturali.
Mi aveva fatto piacere sapere che si sarebbe ripreso senza gravi conseguenze, in fondo mi ritenevo in parte responsabile per il fatto che se quei vampiri erano piombati su di loro era anche per colpa mia.
Su Jacob mi aveva ribadito ciò che mi aveva già detto: sarebbe potuto essere pericoloso frequentarlo, rimaneva pur sempre un licantropo con degli istinti a volte incontrollabili.
Credo si riferisse alla facilità con cui poteva rischiare di trasformarsi se colto da emozioni violente, quali la rabbia... o la frustrazione.
Probabilmente se lo avessi incontrato per parlargli, avrebbe provato entrambe le cose, dal momento che sentivo una certa empatia verso di lui, ma non era del tipo che avrebbe voluto lui.
Lo avevo baciato, ma non era stato altro che un esperimento miseramente fallito. Saremmo potuti diventare amici, se ne avessimo avuto la possibilità, ma nulla di più.
Alla fine di quella lunga chiacchierata con i miei genitori, mi ero sentita un pò stanca. Non tanto fisicamente, quanto emotivamente, così li avevo informati che mi sarei andata a riposare ancora un pò.
Una volta nella mia stanza non ero stata capace di non pensare, così sdraiata sul letto avevo visto scorrere sul soffitto, come in un film, le immagini di tutti i momenti vissuti con Edward da quando era tornato a casa. 
Edward aveva detto e fatto tutto, ma anche il suo esatto contrario. Mi voleva, perchè la sua passione era stata inequivocabile, però nello stesso tempo avrebbe voluto rifiutarmi.
In un moto di frustrazione mi ero girata a pancia in sotto, sprofondando il viso nel cuscino e prendendolo a pugni.
- Sono abbastanza certo che vorresti ci fossi io al posto di quel cuscino.
Mi ero tirata su di scatto e lo avevo trovato appoggiato alla colonna del letto, apparentemente tranquillo. O almeno più di me, che mi ero sentita invece attraversata da una corrente elettrica.
- Forse...
Aveva sorriso alla mia risposta, sorriso veramente, e il mio cuore traditore aveva perso un battito nel vedere quanto fosse stato bello in quel momento.
- Non sei mai stata brava a raccontare bugie.
La dolcezza nella sua voce mi aveva procurato un altro scompenso, forse perchè ci eravamo solo urlati addosso in quei giorni.
Ma anche baciati...
Quel pensiero mi aveva fatto agitare ancora di più, così ero scesa dal letto in cerca di qualcosa da fare per non doverlo più fissare.
- Se lo dici tu.
Avevo iniziato a radunare i libri di scuola che avevo lasciato sparsi sulla scrivania, dandogli così le spalle.
- Pessima mossa, la tua.
Il suo alito fresco mi aveva solleticato il collo e reso consapevole che si fosse silenziosamente portato alle mie spalle.
- Edward, sono sinceramente stanca di...
Mi ero voltata pensando di iniziare un discorso, ma le parole mi erano rimaste incastrate in gola, perchè era stato talmente vicino, da costringermi ad addossarmi alla scrivania.
- Anch'io sono stanco, Bella.
Cosa voleva dire?
L'illuminazione della camera era stata solo quella della mia abatjour, quindi non mi aveva resa certa dell'espressione che aveva accompagnato le sue parole.
- Forse, allora, dovresti liberare entrambi da questo peso e parlare chiaro una volte per tutte.
Si era avvicinato ancora, solo che io non avevo più avuto margine per arretrare, così avevo incrociato le braccia al petto nel tentativo di frapporre una barriera tra noi.
Ero certa che avrebbe ripreso il discorso di quella notte e mi ero preparata al peggio.
- Inizierò col dirti che siamo soli in casa. Gli altri non sono molto lontani in realtà, ma non abbastanza vicini da sentirci.
Non sapevo perchè, ma quella notizia mi aveva agitato più del dovuto.
- Ho detto loro la verità, che volevo parlarti in privato.
Ero stata sul punto di spostarmi, perchè la vicinanza con lui mi stava creando una notevole difficoltà nel respirare, ma doveva averlo intuito l'attimo prima che lo facessi, perchè mi aveva posato una mano sul collo per trattenermi lì dov'ero.
- Sono stanco di mentirti, Bella.
Con il pollice mi aveva accarezzato delicatamente sotto l'orecchio, dove la pella era più sensibile, spedendomi dei brividi lungo la schiena che mi avevano fatto tremare le gambe.
- E allora non lo fare, Edward.
Lo avevo sussurrato appena, nella paura che la flebile speranza accesa da quelle parole si spegnesse con le successive.
- Tu non hai davvero idea di quello che mi stai chiedendo.
C'era stata una tale sofferenza nelle sua voce che mi era stato impossibile ignorarla.
- Prova a spiegarmelo. Se non me lo dici, come posso capire?
Mi ero sforzata di rimanere calma, perchè avevo il terrore di ritornare allo stesso punto raggiunto più volte in quei giorni, quando le emozioni di entrambi avevano preso il sopravvento, impedendoci di parlare e portandoci solo a scontrarci
- Sei così innocente... come posso non desiderare di proteggerti da me stesso?
Avevo scosso la testa, incapace di comprendere quella frase.
- Perchè dovresti proteggermi da te? Io davvero non capisco...
La sua carezza si era spostata sulla mia guancia, accendendo in me altri brividi che non avevo potuto ignorare e nemmeno lui.
- Bella...
- No!
Avevo accompagnato quella negazione voltando il viso dall'altra parte, così le sue labbra erano andate a posarsi sul mio collo, anzichè sulla bocca.
- No, Edward... per quanto lo desideri, non voglio più che mi baci.
Dove le sue labbra erano ancora posate, avevo sentito la pelle incendiarsi ed era stato difficile non abbandonarsi al loro tocco.
- Devi parlarmi, devi dirmi che cosa...
Con una scia di baci leggeri era risalito verso il mio orecchio e contemporaneamente si era anche impossessato delle mie mani, intrecciandole alle sue e portandole dietro la mia schiena.
L'effetto era stato quello di ritrovarmi imprigionata in un abbraccio gelido da cui non sarei mai voluta fuggire.
- Potrei farti delle promesse che non sarò in grado di mantenere...
Non ero riuscita ad essere più molto lucida, perchè l'attacco che aveva sferrato ai miei sensi era stato davvero troppo da sostenere.
- E se... se a me... bastasse...
Mi ero ritrovata senza fiato, perchè lo strusciarsi del suo naso sul mio collo era risultato di una sensualità sconvolgente.
- Se mi bastasse...
Mi ero sforzata di proseguire, cercando di allontanarmi per recuperare lucidità, ma avevo solo ottenuto che lui mi stringesse di più a sè.
- Cosa potrebbe bastarti, Bella?
Il sussurro roco della sua voce aveva spazzato via del tutto la mia razionalità, in favore del solo bisogno di annullarmi in quelle sensazioni meravigliose che la sua bocca mi stava regalando.
- Bella...
Il mio nome era risuonato come una preghiera, alla quale avevo risposto cercando le sue labbra e posandovi sopra le mie.
- Allora, promettimi soltanto che ci proverai ad amarmi...
Glielo avevo sussurrato perdendomi nei suoi occhi, dove avevo trovato la risposta che ero andata cercando in tutto quel tempo.
- Questo posso farlo...
Mi aveva accarezzato le labbra con le sue, ma non mi aveva ancora baciato come desideravo che facesse.
- Ti prometto che ci proverò, Bella.
 

  






*L'autrice si schiarisce la voce e prepara delle schede da distribuire *

Se doveste esprimere un voto di fiducia nei confronti della promessa di Edward, quale sarebbe?
Io mi astengo, ovviamente, dal dirvelo perchè so esattamente che cosa passa nella testa del nostro vampiro preferito...
Posso dirvi che nel prossimo capitolo potrete verificare voi stesse se avrete esagerato o meno, perchè sarà lui stesso a darvi un quadro più preciso sugli eventi accaduti in questo.
James e Laurent (il gatto e la volpe XD): si tornerà  a parlare anche di loro, come si tornerà a parlare anche di Jake e dei suoi compagni di merende.
Qualcos'altro? Uhm... sì, decisamente. Come avrete notato Edward appare molto meno "rigido", rispetto all'originale, in determinate situazioni con Bella (qui, il mio voto per lui è un 10 pieno!!!!), ma considerate che arriva da anni in cui è già stato fisicamente vicino a lei, quindi ha più controllo su se stesso in questo senso.
Come sempre vi invito a lasciarmi la vostra opinione (e il voto di fiducia... eh eh eh), perchè oltre a farmi spudoratamente felice, mi da modo anche di confrontarmi con voi sul mio modo di scrivere, aiutandomi a correggerlo e a migliorarlo.
Un bacio.
BF
 

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Buongiorno!
Eccomi ad aggiornare con il ritardo annunciato e di cui mi scuso ancora.
Riguardo al capitolo, anche oggi vi chiedo di spendere due minuti e leggere le note finali che scriverò. Mi sembra importante sottolineare un aspetto della storia che il capitolo di oggi pone abbastanza in evidenza.
Ora vi lascio alla lettura.
BF


PS - Il brano che troverete in apertura è un passo famoso di "Romeo e Giulietta". Lo avreste sicuramente capito lo stesso, però era giusto citare comunque la fonte.



Nessuno ha mai detto che sarebbe stato facile 
E' così un peccato dividerci 
Nessuno ha mai detto che sarebbe stato facile 
Nessuno ha mai detto che sarebbe stata così dura 
Portami indietro all'inizio

"The Scientist - Coldplay"










- Ma quale luce irrompe da quella finestra lassu? Essa è l'oriente, e Giulietta è il sole. Sorgi, bel sole, e uccidi l'invidiosa luna già malata e livida di rabbia, perchè tu, sua ancella, sei tanto più luminosa di lei. Non servirla, se essa ti invidia; la sua veste virginale e d'un colore verde scialbo che piace solo agli stupidi. Gettala via! Ma è la mia dama, oh, è il mio amore! Se solo sapesse di esserlo! Parla eppure non dice nulla. Come accade? E' il suo sguardo a parlare per lei, e a lui risponderò. No, sono troppo audace, non è a me che parla. Due delle più belle stelle del cielo devono essere state attirate altrove e hanno pregato gli occhi di lei di scintillare nelle loro orbite durante la loro assenza. E se davvero gli occhi di lei, gli occhi del suo volto, fossero stelle? Tanto splendore farebbe scomparire le altre stelle...
- Edward... se ti facessi una domanda un pò... bè diciamo "scomoda"... ora avrei qualche possibilità in più che tu mi rispondessi sinceramente?
Accoccolata sul mio petto, Bella aveva interrotto la mia lettura ad alta voce, sollevando il viso per cercare il mio sguardo e facendomi subito perdere nella profondità del suo.
Mi era sembrato ancora una volta impossibile il poter essere lì con lei, di nuovo intento ad aiutarla nello studiare o almeno a provarci, ma con un'intimità del tutto diversa da quella che c'era stata in passato tra di noi, quando lei era stata solo la mia "sorellina".
Come ancora mi sembrava impossibile che fossi stato così folle da farmi strappare quella promessa soltanto qualche ora prima...
- Penso che mi impegnerei a farlo.
Sicuramente a rendermi tale erano state anche le circostanze che si erano venute a creare la scorsa notte, quando la comparsa di quei due vampiri mi aveva reso certo che i Volturi ci avessero voluto lanciare il chiaro segnale che non avevamo la loro piena fiducia sul fatto che avremmo tenuto fede al nuovo accordo.
- Bene.
Mi era venuto spontaneo sorridere davanti alla soddisfazione dimostrata per la mia risposta, perchè mi era sembrata la versione più adulta della Bella che aveva sempre saputo di poter esercitare un elevato grado di persuasione su di me.
In passato era stato per ottenere aiuto davanti a qualche permesso negato da Esme o Carlisle, ora, ovviamente, per ottenere quelle risposte che prima le avrei sicuramente negato.
- Che aggettivi useresti per descrivere gli anni passati lontano da me? Me ne bastano tre, uno per anno.
Mi ero impercettibilmente rilassato, perchè nel mio inconscio avevo temuto che mi volesse porre una domanda davvero molto più "scomoda".
- Vuoti, freddi e bui.
Nel frattempo si era messa a sedere, le gambe incrociate e il busto leggermente piegato in avanti verso di me, forse per assecondare quel bisogno che sentivo sempre anch'io di non essere mai troppo distanti l'uno dall'altro.
Solo che se prima a provocarlo era stato solo il mio istinto di protezione, adesso si era unito anche un forte senso di possesso che spaventava me per primo.
- Perchè bui?
Non ero riuscito a trattenermi e le avevo posato una mano sulla guancia. Lei aveva reagito strusciandola appena sul mio palmo, trasformando così quel contatto in una carezza leggera.
- Perchè tu hai sempre illuminato l'oscurità che mi porto dentro.
Ero stato più che sincero con quella risposta.
Bella era il sole ed io il pianeta inesorabilmente attratto dal suo calore.
- Allora perchè mi hai lasciato?
- Perchè era la cosa più giusta che potessi fare...
L'avevo vista sforzarsi di non lasciar trapelare le sue emozioni, ma un lampo di frustrazione era passato comunque nel suo sguardo.
- Ma poi sei tornato... perchè?
Perchè, perchè, perchè... ero certo che fossero tutti quei perchè accumulati in quegli anni di lontananza, mentre anch'io cercavo di rispondere invano a quelli che tormentavano me.
- Perchè sono un essere meschino.
- Edward!
Si era raddrizzata di scatto, fulminandomi con uno sguardo che avrebbe reso orgogliosa Rosalie, tanto era stato micidiale.
- Non permetterti più di dire una cosa del genere di te stesso!
Il fuoco che le aveva colorato le guance l'aveva resa più desiderabile di quanto già non lo fosse ai miei occhi, e questo mi aveva fatto sentire ancora di più il peso della responsabilità che gravava sulle mie spalle.
Sarei riuscito davvero ad assaporare la felicità che solo con lei avrei potuto avere e poi trovare la forza di lasciarla andare comunque?
- Non ho mai pensato di te che lo fossi... nemmeno quando ti ho odiato davvero... o meglio... quando ho tentato di odiarti davvero...
L'avevo intuito che quell'ammissione doveva esserle costata parecchio e proprio per questo ciò che aveva significato mi aveva costretto ad un maggiore controllo su me stesso.
Sapere quanto fosse grande il suo amore per me disarmava la mia lucida razionalità.
- In effetti mi è giunta voce che dicessi cose molto poco carine sul mio conto...
Rifugiarmi nell'ironia mi era sembrata una buona scappatoia, anche se temevo che sarebbe stata di breve durata.
- E forse ti hanno risparmiato le peggiori.
Per un attimo avevo rimpianto quei momenti in cui una conversazione del genere ci avrebbe portato solo nella direzione di un prendersi in giro sempre più giocoso e senza altri fini, mentre ora era solo il mezzo per rimandare delle verità difficili da gestire.
- Tipo?
- Che i tuoi piedi emanavano un odore sgradevole in realtà...
E aveva rivolto lo sguardo verso i miei piedi nudi, fingendo di doversi tappare il naso.
- Una terribile verità per un ragazzo così bello...
Era riuscita a strapparmi una risata sincera, perchè Bella sapeva essere così, anche imprevedibilmente buffa e spiritosa.
- Bè, credo di aver sopportato di peggio io... ti devo ricordare quando da bambina Esme ti doveva costringere ad entrare nella vasca da bagno? Le volte che riuscivi a scamparla, era il sottoscritto che si doveva tappare il naso per starti vicino lo stesso...
Aveva annuito, una smorfia compiaciuta in viso.
- Sì, forse. Peccato che però ora io non abbia più problemi a curare la mia igiene personale... mentre tu...
Aveva di nuovo finto di tapparsi il naso e davanti a quell'ulteriore provocazione, la mia reazione era stata la medesima del passato, troppo spontanea per poterla reprimere.
- Prova a ridirlo ora, se ne hai il coraggio.
Non avrei saputo dire quante volte l'avevo scherzosamente minacciata così nel nostro giocare tra fratelli, dopo averla ridotta all'impotenza con movimenti troppo veloci da cogliere e una forza impossibile per lei da contrastare.
- Credi di farmi paura?
Anche la sua era stata la risposta di sempre, ma come se fossero stati lo specchio dei miei, anche nei suoi occhi c'era stata la consapevolezza che se la situazione era stata la stessa, non potevamo dire lo stesso di noi.
Il solo contatto delle mie mani sui suoi polsi aveva provocato una scossa in entrambi, proprio come se nel contrasto della mia freddezza con il suo calore risiedesse la potente alchimia che era esplosa tra di noi.
La vicinanza dei nostri corpi, poi, aveva acceso in entrambi una scintilla di passione che sarebbe potuta divampare in un incendio nel giro di poco.
- No, so bene di non esserci mai riuscito.
L'avevo trascinata su di me, imprigionandola dove l'avrei sempre voluta, cioè tra le mie braccia. I nostri visi erano stati di nuovo a pochi centimetri di distanza e il suo sguardo aveva sondato il mio con l'intento di cercare una risposta precisa.
- Capisco che c'è una parte di te che vorrebbe fosse così... quello che non capisco è perchè.
Aveva scosso la testa, seguendo sicuramente il filo di alcuni pensieri che avrei voluto poter leggere per capire in che direzione andassero e quanto si stessero avvicinando alla verità che ancora avevo deciso di tacerle.
- Cosa dovrei vedere di minaccioso in te che non ho visto sinora, Edward?
Non riuscivo a capire come non le risultasse evidente la mostruosità che si celava nella mia natura e di conseguenza ciò che avrebbe perso di sè, perseguendo l'idea di voler condividere la sua vita come me.
- Piedi a parte? Bè, il fatto che conosca una sola vendetta...
Ero un codardo, ne ero cosciente, ma scappare sembrava essere diventata la mia soluzione preferita con lei, così ero tornato a ciò che mi aveva spinto ad afferrarla, ossia vendicarmi delle sue provocazioni nell'unica maniera che avevo sempre messo in atto: farla ridere sino a che non si fosse arresa.
Perciò le mie dita erano affondate in quei punti dove sapevo che avrebbero fatto più danno, ancor prima di riflettere sul fatto che il dimenarsi di Bella sarebbe potuto essere letale per me.
- No... Edward...
Non mi ero fermato davanti alla sua richiesta smozzicata dalle risate, avevo anzi serrato il mio attacco, perchè non ero sicuro di ciò che avrei fatto subito dopo essermi fermato. Il mio pensiero oscillava tra il baciarla sino alla fine dei tempi o lo spingermi ancora più in là, in un territorio che sapevo di non dover nemmeno iniziare ad esplorare.
Come, Edward? Come pensi di riuscirci se ti basta sfiorarla per perdere la ragione?
- Ah... no... basta... ti prego...
Aveva cercato di liberarsi, ben sapendo che sarebbe stato impossibile sino a che non fossi stato io a volerlo, ma faceva parte del suo carattere testardo e battagliero non arrendersi, perciò la nostra sfida era proseguita. 
- Pregare non ti servirà... rimangiarti quello che hai detto su di me sì!
Le sue risate avevano riempito la stanza di un calore che io, più di tutti gli altri, avevo sempre accolto come un regalo immeritato, e che mai come adesso avrei voluto preservare integro nella sua spontanea umanità.
- No... mai!
- Ti va di lusso che arrivano i rinforzi, altrimenti avresti ceduto...
Detto fatto, la porta della sua stanza si era spalancata.
- Proprio così, sono arrivati i rinforzi!
Avevo provato a sfuggirgli balzando via, ma i miei sensi erano ancora proiettati su Bella, solo per quello Emmet era riuscito ad immobilizzarmi nella morsa delle sue braccia.
- Allora, che si fa adesso, Bella?
Lei, il respiro un pò affannato e gli occhi pieni di un'emozione non proprio riconducibile al solo divertimento, era scesa dal letto parandosi dinnanzi ad un nemico reso impotente. La cosa era dipesa dal fatto che avevo subito rinunciato all'idea di ingaggiare una lotta per liberarmi dalla presa di Emmet, una delle ultime volte che era accaduto, prima che me ne andassi, avevamo distrutto metà stanza di Bella ed Esme, per non parlare di Alice e Rosalie, non ce lo aveva ancora perdonato.
- Solletico? Tortura cinese... o gli facciamo mangiare una bella fetta di pizza?
Quella l'avevo dovuta mangiare per una scommessa persa, in realtà, ma visti gli effetti devestanti che aveva avuto sul mio umore il doverla ingerire tutta quanta, era diventata una ritorsione assai efficace con cui minacciarmi.
Il fatto che io ed Emmet ci fossimo stati sin dal primo momento in cui Bella era entrata nella nostra vita, aveva fatto sì che fossimo stati anche quelli che più avevano giocato con lei in quella maniera.
Per lui, poi, era stato ancora più facile vista la sua natura sempre propensa ad ingaggiare sfide più o meno giocose che fossero state.
- Posso suggerirti qualcosa di nuovo, sorellina?
Prima ancora che comparisse Alice, erano stati i suoi pensieri a raggiungermi, mettendomi a parte anche di quelli di Esme e Carlisle.
Erano stati felici di sentirci di nuovo ridere insieme.
Sapevano che questo non avrebbe comportato ciò che forse speravano in cuor loro potesse avvenire sino in fondo, ma non gli aveva impedito di gioirne comunque.
Avevo pensato di non essere meritevole nemmeno del loro affetto incondizionato, che non mi era venuto mai a mancare nemmeno quando le mie decisioni non erano state del tutto condivise.
- Ma certo, Alice, sono sempre aperta alle nuove proposte.
Sapevo che presto ci avrebbero raggiunti anche Rosalie e Jasper, così dopo tanto tempo ci saremmo trovati di nuovo tutti insieme.
- Shopping... io, te, lui e nessun'altro ad alleggerirgli la pena.
Emmet aveva sghignazzato, iniziando ad augurarmi sottovoce buona fortuna.
- Shopping?
Bella aveva guardato Alice non tanto convinta che fosse una punizione soltanto per me e mi era sfuggito un sorriso divertito, che mia sorella però aveva subito spazzato via con la notizia successiva.
- Sì, shopping! Ti ricordi vero che mi hai promesso che avresti partecipato al ballo di fine anno? Se vogliamo trovare qualcosa di assolutamente perfetto, dobbiamo iniziare a pensarci già da ora!
- Oh, già, il ballo di fine anno... hai ragione, Alice, non sarebbe bello bidonare Mike dopo che ha fatto tanto per invitarmi...
Emmet non era riuscito a trattenermi, forse perchè anche troppo impegnato a sghignazzare per questo nuovo colpo basso che Alice mi aveva sferrato, così ero stato libero di esprimere tutto il mio disappunto.
- Non credo proprio, Bella.
Nel guardarla negli occhi, avevo compreso che la sua non era stata una sfida lanciata per testare quale sarebbe stata la mia reazione, ma piuttosto per capire se ero già disposto a rivelare agli altri quello che era accaduto tra di noi.
Mi aveva fatto sentire spregevole più che mai in quel momento.
Ancor prima che con lei, era al resto della famiglia che avevo dichiarato la mia intenzione di non fingere più che i miei sentimenti fossero stati solo fraterni.
Lo avevo fatto durante il confronto che avevamo avuto quella notte stessa, dopo aver scoperto che i due vampiri di Port Angeles avevano a che fare con la vampira che solo la notte prima aveva condotto i lupi a casa nostra.
L'esigenza di proteggere Bella dalla minaccia dei Volturi si era coniugata a quei sentimenti che si erano fatti incontrollabili dopo il mio ritorno, spingendomi in una direzione che avevo imboccato consapevole del fatto che però non sarei mai arrivato al punto di trasformarla in un vampiro.
Se l'idea di poterla sposare l'accarezzavo come il coronamento di un sogno, la sua trasformazione equivaleva per me alla morte del sogno stesso.
- Se proprio dovrai partecipare al ballo per rispettare la promessa fatta, bè sarà con me che ci andrai!
Emmet si era concesso una vera e propria risata, che gli era valsa un'occhiata un pò incerta da parte di Bella.
- Povero Newton! Dopo tre lunghi anni in cui si è macerato nella speranza che tu Bella lo degnassi di attenzione, proprio quando pensava di avercela quasi fatta, ecco che gli spunta fuori il "non fratello" peggiore che potesse incontrare sulla sua strada!
Bella era arrossita, soprattutto perchè Emmet aveva messo in quel "non fratello" tutta la carica esplosiva di uno sguardo malizioso che aveva rivolto prima a me e poi a lei.
- Congratulazione, ragazzi! Avete tutta la mia benedizione!
La pacca che mi aveva dato sulla spalla era risuonata come un fucilata, tanto che aveva fatto sobbalzare Bella, ma non aveva avuto il tempo di dire nulla, perchè a lei era toccato finire nella stretta affettuosa di Alice.
- Oh, Bella! L'ho visto arrivare questo momento... ma non ci volevo credere sino a quando non lo avessi vissuto veramente!
L'occhiata che mi aveva lanciato di nascosto era stata così soddisfatta, che mi era stato impossibile non sorridere davanti a quella gioia così sincera.
- Siamo in tempo per mettere la nostra sorellina ancora più in imbarazzo?
Jasper era stato ovviamente l'unico in grado di comprendere il reale stato d'animo di Bella, anche se il suo rossore era stato abbastanza rivelatore su come stesse vivendo quella nuova situazione alla presenza degli altri.
- Bè, se la tua gentile metà non la lascerà respirare come suo solito, non avremo più nessuno da mettere in imbarazzo. 
E con l'arrivo di Rosalie il cerchio intorno a noi si era chiuso, dandomi l'impressione che io e lei fossimo stato l'ultimo anello mancante di un disegno di cui ancora non ne avevamo la piena visione.



XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX




- Tutto bene? Sei molto silenziosa.
Le era comparso un leggero rossore sulle guance alla mia domanda, però aveva anche annuito convinta, sciogliendo quella leggera tensione che mi aveva spinto a chiederglielo.
- Sì... stavo solo pensando che... bè, in un certo senso è... ecco... strano.
Non avevo avuto bisogno di porre nuove domande, sapendo benissimo a cosa si stesse riferendo. La famiglia era di nuovo tutta riunita, però io e lei ci muovevamo diversamente ora al suo interno.
- Hai pienamente ragione.
L'avevo vista scurirsi in volto alla mia risposta e mi aveva preceduto di un soffio nel parlare.
- Questo vuol dire che... bè... che potrebbe farti cambiare idea su di noi?
Ero stato stupido a non pensare che la mia risposta le avrebbe potuto ingenerare quel pensiero.
- No, assolutamente.
Si era ravviata i capelli dietro l'orecchio, facendomi venire la voglia di passarvi le mani come avevo fatto la sera prima, mentre l'avevo baciata.
- E' che... bè... stamattina quando mi sono svegliata tu non c'eri più... così ho pensato che... magari...
A quel punto le avevo preso la mano con cui aveva ricominciato a tormentare la cerniera del suo giubbotto, intrecciando le dita con le sue.
- Sono qui e non me ne andrò, Bella.
Mi aveva fissato intensamente, provocandomi un senso di vuoto che avevo dovuto colmare con altre parole.
- Ti ho promesso che ci proverò ed è vero.
Non avevo mentito, quello che ancora dovevo confessarle è che ero intenzionato a vivere il mio amore per lei per il solo tempo che la sua umanità ci avrebbe concesso.
Non l'avrei trasformata in un mostro assetato di sangue.
Non avrebbe mai dovuto provare l'orribile sensazione di voler uccidere qualcuno di innocente per soddisfare degli istinti bestiali.
Questo avrebbe potuto dividerci di nuovo, perchè non sarei tornato indietro da questa mia decisione.
- E io farò di tutto per farlo accadere...
Aveva preso la mia mano tra le sue, intiepidendola con il loro calore.
- Ecco una sensazione davvero piacevole...
Lei aveva intuito cosa intedessi e un sorrisetto divertito era comparso a rasserenare i tratti delicati del suo viso.
Era sempre stata una bella bambina, ma ora era sbocciata in una bellezza dove innocenza e sensualità si mescolavano insieme, rendendola irresistibile ai miei occhi.
-
Dovremmo andare al caldo, però, ogni tanto. Sarebbe bello che fossi io a beneficiare della nostra diversa temperatura qualche volta.
Mi era subito balenata in testa una meta e avevo pensato che sarebbe stata perfetta come cornice per una determinata occasione, ma ancora non ero stato pronto ad affrontare quella decisione.
- Hai ragione, dovresti chiederci un indennizzo per tutte le volte che ti sei prestata a farci da scaldino...
Aveva riso e io insieme a lei, spazzando via del tutto la tensione residua.
- Diventerei ricca!
- Bè, veramente lo sei già.
Aveva scosso leggermente le spalle, come a voler scacciare quel pensiero.
- Vero, ma sai che questa cosa...
- Ti crea tuttora delle difficoltà.
Ne avevamo discusso molte volte anche in passato ed ogni volta ero giunto alla conclusione che la sua sensibilità riguardo all'argomento era una delle tante doti che Esme era riuscita a trasmetterle.
Attraverso il suo esempio, aveva insegnato a tutti noi che la nostra fortuna meritava non solo di essere divisa con gli altri, attraverso la beneficienza più o meno anonima che faceva la nostra famiglia, ma che non andava nemmeno ostentata in maniera plateale.
- Già... voi siete ricchi, io ho solo avuto la fortuna di incrociare la vostra strada.
Aveva cercato il mio sguardo e non avevo esitato nel ribattere ciò che credevo fosse più vero.
- Su questo punto sai come la penso io, invece. La fortuna è stata più nostra che tua... ci hai reso una vera famiglia, Bella.
Era stato davvero così, per lei i legami che già esistevano tra di noi si erano cementati nel fine comune di rendere la vita di quella piccola bambina la migliore che potessimo darle.
- Già... vera, anche se un bel pò strana agli occhi degli altri.
Ed era tornata a ridacchiare un pò imbarazzata.
- A tale proposito direi che sarebbe meglio mantenere un profilo basso davanti a scuola. Sai, ancora guardano gli altri come se fossero dei pervertiti per il fatto che stanno insieme, se ci aggiungiamo anche noi credo sarebbe il colpo di grazia! Probabilmente ci ritroveremmo lo sceriffo davanti a casa per indagare sulla nostra dubbia moralità...
Ovviamente avevo vissuto molte più volte quella situazione rispetto a lei, perchè sino a quando ero stato con loro, anch'io mi ero finto uno studente insieme agli altri miei fratelli, quindi sapevo quanto fosse difficile essere al centro di una tale attenzione.
- Sicura che non sia, invece, per via di quel Newton?
Avevo deciso di provocarla, perchè dopotutto l'idea che lui avrebbe potuto starle vicino mentre io non c'ero mi infastidiva abbastanza.
- Certo, come se potesse avere qualche speranza contro di te.
Mi ero beato di quella risposta, più che altro perchè avevo visto l'espressione dei suoi occhi, dove non c'ero stato che io e io soltanto.
- Chissà... in fondo lui potrebbe scaldarti molto meglio di me...
Mi ero ritrovato a stuzzicarla in una maniera che non credevo potesse venirmi così spontanea, non dopo che avevo combattuto così a lungo nel reprimere quei sentimenti che ora galoppavano liberi dentro di me.
- Oh, se è per quello conosco qualcun'altro che...
Si era interrotta di botto, stavolta arrossendo violentemente.
- Scusa, davvero. Non so come mi è venuto... giuro che non intendevo... che stupida.
Se una parte di me aveva registrato che fosse stato vero il pentimento esternato per quell'uscita poco felice, l'altra parte era stata troppo gelosa per starsene in silenzio.
- Penso di averti già detto tutto quello che avevo da dire al riguardo, ma aggiungo comunque che non ci sarà più nessuna occasione per quel... cane... di potersi ancora avvicinare a te.
Le avevo rivolto uno sguardo che non aveva potuto fare a meno di essere duro proprio come quel nodo che sentivo formarsi nel mio stomaco al solo pensiero di loro due insieme.
- Anche se lo volessi tu stessa, Bella. Non scherzavo quando ho detto che saresti dovuta passare sul mio cadavere se ti fosse venuta l'idea di volerlo rivedere, fosse solo per dirgli di lasciarti in pace.
Ero geloso? Sì, da morire.
Ero irrazionale? Sì, in maniera spaventosa.
Ero pericoloso? Sì, quel cane avrebbe dovuto fare molta attenzione.
-
Bè, anch'io ti ho detto tutto quello che c'era da dire al riguardo! E sai bene che non c'era molto altro da aggiungere... però sai anche che se la cosa dovesse minacciare tutti voi, sarei disposta sì ad incontrarlo per chiarigli il mio pensiero!
Non era stata aggressiva nel rispondermi, non come lo era stata nei giorni scorsi quando avevamo parlato di lui, ma avevo colto comunque una determinazione che mi aveva indotto a ribattere.
- Non sei tu a dover proteggere noi, Bella! Mettitelo bene in testa una volta per tutte!
Non volevo certo litigare con lei, ma non potevo nemmeno lasciarla nella convinzione che dovesse preoccuparsi per noi nei confronti dei Quileute.
Black  poteva essere un cane sciolto in questo momento, ma il branco lo avrebbe tenuto in riga.
- Okay, okay... non ne parliamo più. Puoi fare finta che non abbia detto niente? Non litighiamo, per favore.
Avevo colto che non fosse del tutto sincera con quella richiesta di armistizio, perchè sapevo quanto potesse essere testarda, ma non volevo nemmeno doverla salutare sapendo che ci avrebbe rimuginato sopra per tutto il tempo che saremmo stati divisi.
- No, hai ragione. Scusami, ho esagerato.
C'era stato un attimo di silenzio, durante il quale entrambi avevamo rivolto lo sguardo all'esterno. Poi ero stato io a cercare di nuovo la sua mano e a stringerla.
- A che ora ce l'hai il compito di letteratura?
Mi ero spinto su un argomento neutro, volendo recuperare terreno con lei.
- Subito, le prime due ore.
- Ti senti preparata?
Anche lei aveva dato segno di voler recuperare, perchè mi aveva sorriso un pò ironica.
- Abbastanza... anche se forse ieri sera avrei potuto studiare di più...
Ero stato al gioco, anche se una punta di colpa l'avevo provata per essere stato in parte causa della sua distrazione.
- Io mi ero messo d'impegno nell'aiutarti a ripassare. Sei tu che hai iniziato con le domande.
- Io ti avevo fatto solo una domanda veramente...
- E io ti ho risposto... poi, però, sei passata alle provocazioni.
- Bè, quello sì, è vero... però, l'intervento degli altri non è stata colpa mia!
- Di questo te ne devo dare atto.
- Insomma, la buona volontà c'era, solo che poi gli eventi ci hanno un pò trascinato in un'altra direzione...
Sì, decisamente ci avevano trascinato in un'altra direzione, che ci aveva posto anche davanti alla visita dei nostri fratelli, che avevano così voluto risparmiarle la fatica di macerarsi nel pensiero di come li avrebbe dovuti informare di quello che era successo tra di noi.
L'imbarazzo era stato piuttosto forte, e ancora per certi versi c'era, ma la voglia di condividere con loro quella gioia, stava aiutando entrambi a superarlo.
Forse eravamo più noi a viverlo, che non loro, pronti a sostenerci anche in questo frangente.
- Sì, in effetti gli eventi ci hanno un pò fatto uscire dal seminato ieri sera.
Eventi a cui era seguito un parlare tra di noi che ci aveva portato a colmare in parte quegli anni di lontananza, poichè Bella aveva voluto sapere come avessi vissuto presso il clan di Denali. Solo il sonno, alla fine, le aveva impedito di proseguire nelle sue domande.
Era stata indescrivibile l'emozione che avevo provato nel poterle essere di nuovo accanto mentre si abbandonava al sonno tra le mie braccia.
- Comunque, anche se non dovesse andare benissimo, la mia media in letteratura non ne risentirà lo stesso.
Mi aveva riportato al presente e alla scuola, dove nel frattempo eravamo giunti. Avevo parcheggiato la Volvo accanto alla jeep di Emmet, che insieme a Rosalie ed Alice erano lì ad aspettarci.
- Finalmente! Stavamo facendo la muffa qui ad aspettarvi...
- Non guardare me, non guidavo io! Con il mio pick-up saremmo arrivati molto prima...
- Come no, lo vorrei proprio vedere quel catorcio andare più veloce di questa bellezza...
Mentre Emmet, Alice e Bella avevano iniziato a punzecchiarsi nel modo che gli era abituale, io avevo lanciato uno sguardo d'intesa a Rosalie, dal momento che condivideva la maggior parte delle lezioni con lei.
Stai tranquillo, ci penso io.
La fermezza di quel pensiero mi aveva in parte tranquillizzato, anche se di fatto lo sarei stato se fossi potuto rimanere accanto a lei anch'io, insieme a loro.
La presenza di quei tre vampiri aveva innescato ovviamente uno stato di allerta massima in tutti noi, almeno sino a che non fossimo stati certi che la loro presenza avesse avuto il solo scopo di intimidirci e non di nuocere realmente.
Che fossero stati collegati ai Volturi, lo avevamo già accertato grazie ad una visione di Alice, che aveva visto la vampira colloquiare con Aro in persona.
Questo mi aveva messo nella condizione di dover giungere ad una decisione riguardo al fatto che proprio Aro si aspettava di ricevere la notizia che in casa Cullen ci sarebbe stato presto un matrimonio.
- Bella, non vorrei interrompere la tua sentita arringa in difesa di quello che, mi spiace dare ragione proprio a lei, Alice definisce giustamente un catorcio, ma ti ricordo che avremmo un compito di letterattura che ci aspetta. Non vorrei dover iniziare la giornata con una ramanzina della Crafword sull'importanza della puntualità. Potrei davvero non resistere alla tentazione di staccarle la testa!
- Adoro questa donna...
Emmet aveva passato un braccio sulle spalle della sua compagna, l'espressione compiaciuta davanti alla risolutezza che Rose non mancava mai di dimostrare.
- Ecco, allora trascinala via con te, così eviterà di contagiare Bella con la sua acidità...
Alice non le aveva risparmiato la solita stoccata, prima di salutarmi strizzandomi un occhio.
- Mi raccomando, fratellino, fate i bravi tu e Jasper.
Nei pensieri la raccomandazione era stata più mirata, ben sapendo che non saremmo andati a caccia di solo orsi io e lui.
- Non mancherò.
Poi loro tre avevano iniziato ad avviarsi verso l'entrata e io ero rimasto solo con Bella.
- Sbaglio, o state cacciando parecchio in questi giorni?
La domanda di Bella mi era sembrata vagamente sospettosa, per cui avevo cercato di sembrare convinto della risposta che stavo per darle.
- Diciamo che il mio ritorno ha stimolato la voglia di condividere con gli altri qualcosa che era da tempo che non facevamo insieme.
Parlare di "caccia" con lei era sempre stato del tutto naturale, anche se però ci eravamo sempre rifiutati di portarla con noi, sebbene lei avesse provato il desiderio di condividere al cento per cento quell'esperienza con noi.
La sola idea che mi avesse potuto vedere nella mia bestialità mi appariva inconcepibile.
- Giusto... non ci avevo pensato.
Le era sembrata una buona risposta, perchè subito dopo mi aveva sorriso.
- Allora buona caccia... e non esagerate con le sfide!
- Grazie.
A quel punto avrei voluto poterla baciare, ma nel rispetto di quanto mi aveva chiesto, mi ero limitato a fissarla intensamente negli occhi.
- Mi mancherai.
- Anche tu.
Aveva ricambiato il mio sguardo, costringendomi ad aggrapparmi al tetto della macchina per non cedere al desiderio di baciarla comunque.
- Sarò qui quando uscirai.
Aveva annuito, anche lei aggrappata agli spallacci del suo zaino forse per non cedere alla mia stessa tentazione.
- Sarà meglio che vada... ho un compito di letteratura che mi aspetta.
Mi aveva rivolto un ultimo sorriso, poi ero rimasto a guardarla dirigersi verso la scuola, sino a scomparire al suo interno.
Bella era davvero il mio sole, la mia vita.



XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX





- Là è il punto dove si sono gettati in mare. A duecento metri c'è il confine con la riserva.
Avevo guardato nella direzione indicata da Jasper, mentre percepivo anch'io l'odore della traccia che quei due vampiri avevano lasciato dietro di sè.
- Ti è sembrato di sentire l'odore anche della donna?
Jasper aveva scosso la testa, lo sguardo attento e concentrato.
- No, nessuna traccia di lei.
Non avevo dubitato della sua capacità di scovare una minima traccia se ci fosse stata, quindi avevo esternato nuovamente il mio parere nell'intento di riesaminare con lui la situazione.
- Sono certo che nei pensieri di quel James ci fosse lei. Sapeva chi fossimo proprio perchè era stata lei a dirglielo. Forse però non immaginava che così lo avrebbe spinto a cercarci ed avvinarci, non fosse altro che per curiosità.
Jasper mi ascoltava con rinnovata attenzione anche da parte sua. La sua mente sicuramente stava elaborando quelle informazioni cercando nuovi spunti.
- Se è davvero un segugio, Edward, ora sarà ancora più stuzzicato dall'intera situazione.
- Sì, lo credo anch'io.
Mi ero concentrato sui ricordi, sui pensieri che avevo avvertito in quei due mentre ci inseguivano.
- Il suo compare, Laurant, lo stava sicuramente assecondando perchè in qualche maniera, pur non essendone succube, lo teme. Lui, invece, era eccitato davanti all'idea che avessi preferito fuggire piuttosto che affrontarlo...
- Non tormentarti così. Mi sarei comportato proprio come hai fatto tu.
Jasper aveva colto il mio esatto stato d'animo nel rivivere la scelta che avevo compiuto, domandandomi ancora se con il mio comportamento non avessi stuzzicato James più di quanto non avrei fatto se mi fossi mostrato meno preoccupato per l'incolumità di Bella.
- Forse ho mancato di lucidità, Jasper.
Si era avvicinato, posandomi una mano sulla spalla e infondendomi quella calma che faticavo a trovare in quei giorni.
- Te lo ripeto, se mi fossi trovato al posto tuo con Bella, non avrei pensato ad altro se non alla sua sicurezza. Perciò non mi sarebbe mai passato per la testa di affrontare quei due, lasciandola indifesa.
Aveva rafforzato la presa, fissandomi negli occhi.
- Tu sai meglio di chiunque altro quanto sia stato più difficile per me affezionarmi a lei. Trovavo inconcepibile che dovessi sottostare a quella tortura che era la mia sete di sangue umano, per una bambina che mi sembrava del tutto insignificante e quindi all'inizio mi sono sforzato soltanto per amore di Alice.
Ricordavo perfettamente anch'io quel periodo burrascoso in cui io e lui eravamo arrivati più volte quasi ad uno scontro fisico, soprattutto perchè i suoi pensieri su Bella erano stati per me inconcepibili. Solo la pazienza e la perseveranza di Carlisle erano riuscite a mediare la situazione tra noi due, rendendo possibile la nostra convivenza.
- Ma sai anche che adesso, sarei disposto a morire per lei, tanto quanto lo sei tu. I Volturi, quei tre vampiri, o i lupi... non ha importanza quanto possa essere grande la minaccia, sappi che io non mi tirerò indietro davanti a niente.
Nei suoi pensieri avevo ritrovato la stessa determinazione che sentivo nella sua voce.
- Però, sai anche come la penso riguardo alla trasformazione di Bella. Ho rispettato e rispetterò sempre la tua volontà, ma proprio perchè voglio bene anche a lei, voglio pregarti di riflettere bene sulle tue convinzioni al riguardo.
I suoi pensieri erano stati ancora una volta lucidi e determinati nel mostrarmi come fosse stato difficile convivere con il dolore di Bella in quegli anni lontani da me.
Perchè nutriva la certezza che ne avrebbe vissuti molti altri ancora, se io fossi rimasto fermo nella mia convinzione che la sua umanità fosse stata più importante dell'amore che sentivo per lei.
-
Ci proverò, Jasper. Ma sai bene che le mie non sono ragioni futili...
- Lo so, Edward. Non hai bisogno di dirlo a chi ha avuto un passato cento volte peggiore del tuo.
I suoi occhi mi avevano davvero scavato dentro, mettendo a nudo i miei incubi peggiori.
- Ma proprio su questo devi riflettere. Se noi siamo stati capaci di redimerci, allora... forse significa che non tutto della nostra anima è andato perso.
Avrei voluto proseguire in quel discorso, perchè se c'era stato qualcuno in grado di capire meglio i miei tormenti, forse era proprio lui, ma entrambi avevamo avvertito l'avvicinarsi di un nemico.
Ero stato il primo a capire chi fosse, solamente perchè avevo potuto leggere nei suoi pensieri.
- Si tratta di quel... cane... e non è da solo.
Quasi subito erano comparsi tre lupi, i denti scoperti e l'espressione guardinga. Ovviamente avevano avvertito la nostra presenza, ma non essendo entrati nella riserva non avevano potuto contestarci nulla.
- Stavamo solo controllando la zona per capire se ci fosse stata la presenza anche della donna.
Mi ero sforzato di rimanere calmo nel rivolgermi a loro e avevo avvertito la tensione di Jasper, unita però anche alla volontà di mantenere i nervi saldi per entrambi.
L'ostilità tra me e quel cane era decisamente pericolosa e non del tutto sotto controllo.
Un cupo ringhiare era arrivato da Black e mi ero fatto interprete con Jasper sul suo significato.
- Vuole sapere cosa c'entra la vampira dell'altra notte.
Non avevo avuto bisogno di aggiungere il perchè lo volesse sapere, la mia espressione furiosa lo aveva indotto a chiedermi di mantenere la calma con il pensiero.
- Presumibilmente sono arrivati qui insieme.
Jasper aveva risposto al posto mio, ma i pensieri di quel cane erano già scivolati oltre ed avevano scatenato la mia reazione.
- Il perchè non ti deve interessare, Black!
Lo avevo ringhiato fuori senza doverci nemmeno pensare, inducendo gli altri due lupi a mostrare i denti e a serrare i ranghi davanti alla mia rabbia.
- Resta lontano da lei, capito?
La mia era stata una vera minaccia, qualcosa che avrebbe potuto avere un seguito anche subito se fossimo stati da soli, perchè i suoi pensieri mi avevano sbattuto in faccia l'equivalente di un no secco.
- Edward, andiamocene.
Nella voce di Jasper c'era stata la determinazione ad evitarmi un qualcosa di cui forse più tardi mi sarei pentito, ma che ora mi sembrava l'unica soluzione.
Eliminare il problema alla radice, eliminando quel cane.
Avevo vagamente notato che gli altri due lupi avevano avuto la stessa reazione con Black, inducendolo a pensare che il loro Alfa non avrebbe sicuramente approvato quello scontro tra di noi, facendone pagare le conseguenze anche a loro due.
- Resta lontano da lei, te lo ripeto!
Un'influenza esterna aveva decisamente smorzato la mia ira, insieme ad una mano che mi aveva impedito di compiere un altro passo avanti.
- Edward, ce ne andiamo, ora.
Jasper mi aveva trascinato indietro, impartendomi quello che era risuonato quasi come un ordine. Uno dei due lupi aveva morso Black, forse per indurlo a fare la stessa cosa, ossia sgomberare il campo prima che entrassimo davvero in contatto.
Allora più nessuno ci avrebbe trattenuto.
- Resta - lontano!
Lo avevo scandito chiaramente un'ultima volta, prima di cedere a quel barlume di ragione che ancora possedevo e che mi suggeriva di dare retta a Jasper.
Ma l'ultimo pensiero che avevo percepito in risposta da quel cane aveva spazzato via qualsiasi possibilità che il mio desiderio si avverasse.
"Non ci contare, succhiasangue".





*L'autrice si schiarisce la voce*


Vi confesso che quando ho scritto questo capitolo ho pensato che forse avrei dovuto modificarlo, perchè mi sembrava non apportasse nulla di concreto alla storia. Poi, però, rileggendolo a distanza di qualche giorno ho trovato che dicesse invece qualcosa di importante sui personaggi, non tanto sulla situazione.
Quello che penso abbia messo ben in evidenza, è la grande confidenza che esiste tra Bella ed Edward, sia sul piano fisico che su quello emotivo. In questo possono apparire un pò OOC rispetto agli originali, ma nella mia storia è il loro passato insieme ad averli messi nella condizione di poter condividere appunto un grado di confidenza molto elevato (sotto certi aspetti parlerei anche di complicità). Questo discorso per Bella, vale anche nel rapporto che ha con gli altri componenti della famiglia e che alcune di voi avevano già citato nei loro commenti.
Mi sembrava giusto sottolinearlo, perchè nelle note mi ero fatta scrupolo se inserire l'avvertimento OOC, poi ho deciso per il no, perchè ho anche pensato che in realtà le linee guide con cui avrei tratteggiato il carattere di ognuno non discostavano molto dagli originali. Ovviamente sono più che aperta nel conoscere cosa penserete al riguardo, fornendomi così un ulteriore punto di vista.
Come avrete notato è anche diverso il rapporto che si è venuto a creare tra Edward e Jacob, perchè diverso è il contesto in cui si sono venuti a trovare (devo essere sincera e ammettere che ho instillato in Edward un pò di quella gelosia in più che forse avrei voluto vedergli sfoderare in Eclipse).
Come sempre mi farà piacere leggere i vostri commenti, se avrete voglia di lasciarmeli, ovviamente.
A presto.
BF


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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


Buongiorno!
Carica dalla lunga pausa che mi sono concessa, eccomi ad aggiornare.
Vi rinnovo ancora l'augurio che questo 2015 possa essere un buon anno davvero e poi vi lascio subito alla lettura, rimandandovi al solito spazio che mi riservo alla fine per  qualche nota sul capitolo.
Buona lettura e alla prossima.
BF


Oh no, what's this? 
a spiderweb and I'm caught in the middle 
so I turned to run 
and thought of all the stupid things I'd done 

and I never meant to cause you trouble 
and I never never meant to do your wrong 
ah, well if I ever caused you trouble 
oh no I never meant to do you harm 

" Trouble - Coldplay"








A differenza dei miei fratelli, per cui niente poteva vincere la noia della vita scolastica, io avevo trovato nelle gite almeno un pò di sollievo dalla grigia routine che vivevamo alla Forks High Schol.

Così, anche quella mattina, nel dover accettare l'idea che il tempo trascorso a scuola mi avrebbe inevitabilmente separato da Edward, avevo perlomeno trovato una magra consolazione nel fatto che saremmo andati in gita con il Prof. Molina. Probabilmente le ore sarebbero passate più in fretta, rispetto allo rimanere in classe a guardare le lancette dell'orologio girare con una lentezza esasperante.
- Ciao, Bella. Posso disturbarti un attimo? Vorrei bè... ecco, vorrei chiederti un favore.
La voce di Angela mi aveva sorpreso mentre stavo aspettando che Rose si decidesse ad uscire dalla classe della Prof.sa Crawford, dove era entrata per consegnarle la bozza della tesina che avrebbe portato all'esame finale.
- Ciao, Angela. Se posso aiutarti in qualche maniera, volentieri...
L'incertezza che le avevo visto in viso si era trasformata in una specie di imbarazzo che mi aveva subito messo in allerta. L'idea che potesse essere lì su richiesta di Mike, mi aveva appena sfiorato la mente.
Dopo che me ne ero andata dalla riserva in quella maniera piuttosto eclatante, ero stata volontoriamente alla larga da tutti loro, proprio per evitare qualsiasi domanda al riguardo. Però, la ragazza di fronte a me, in qualche maniera era riuscita a prendermi in contropiede.
- Ecco... mi chiedevo se ti andasse di fare coppia con me per gli esperimenti pratici che faremo alla serra. Come sai ho da recuperare una F con Molina, e il tuo aiuto oggi mi sarebbe veramente prezioso. 
Mi ero sentita da una parte sollevata che il suo interesse per me fosse stato per quel motivo, dall'altra indecisa perchè sapevo che accettare di aiutarla mi avrebbe fatto discutere con Rose.
Non era mai molto contenta di dover far coppia con qualche altro "umano" che non fossi io, e di solito accadeva quando proprio ci veniva imposto da qualche professore, senza lasciarci perciò altra scelta.
- Ecco... vedi...
- Come non detto.
Probabilmente il modo in cui avevo esordito le aveva già fatto capire che sarebbe stato un no, ed aveva avuto ragione, ma la sua aria abbattuta aveva di nuovo scatenato in me l'impulso di assecondarla, facendomi pensare che davvero mi sentissi affine a quella ragazza come era successo solo con Rebecca, la mia vecchia amica di infanzia.
- No, aspetta. Hai frainteso... sarò contenta di aiutarti. Mi chiedevo solo se a Eric... ecco... andasse bene il cambio.
Angela era leggermente arrossita e avevo trovato un altro tratto comune con lei.
- Sì, certo. Bè... ehm... ho chiesto prima a lui se fosse d'accordo... ovviamente dovrà esserlo... ehm... anche tua sorella.
Eravamo entrambe imbarazzate a quel punto, dato che il "non detto" riguardava appunto Rose e la sua palese ostilità verso chiunque non fossi io.
- Oh, bè... con lei ci parlo io. Sono sicura che sarà contenta di farmi... cioè, di farti questo favore.
Anche se avevo cercato di riprendermi, mezza gaffe ormai l'avevo fatta, ma Angela aveva gentilmente fatto finta di nulla, inducendomi così ad avere ancora più simpatia per lei.
- Okay... allora... bè... a dopo.
- Sì, certo. A dopo.
Silenziosa come era arrivata, Angela se ne era anche andata. Non prima di avermi riservato un sorriso sincero, che io avevo ricambiato senza troppa fatica.
Era passato solo qualche minuto, prima che Rose sbucasse con una faccia che mi aveva tolto un pò dell'ottimismo che avevo maturato in quel lasso di tempo sul fatto che sarei riuscita a farle digerire la notizia dello scambio di "partner" durante la gita.
- Andiamo via, Bella, prima che cambi idea e commetta davvero un omicidio.
Rose mi aveva preso sottobraccio e mezzo trascinata lungo il corridoio, strappandomi una risata che l'aveva portata a guardarmi male.
- Non c'è niente da ridire! Quella vecchia megera rischia davvero la testa!
- Rose... lo dici ogni volta, non sei più credibile!
Aveva emesso un basso ringhio, udibile a me soltanto, che mi aveva di nuovo fatto ridere.
- Stamattina sono molto vicina a smentirti, cara sorellina! Ha avuto il coraggio di dirmi che dovrei pensare meno alla mia immagine e più allo studio! Capisci?
Avevo guardato i suoi occhi lanciare lampi minacciosi, ma sapevo che non c'era un vero pericolo, dal momento che non avrebbe mai messo a rischio la sicurezza di tutti noi per una sciocchezza del genere.
- Mi sono sempre diplomata con il massimo dei voti! Sempre! E adesso arriva a lei a dirmi che dovrei impegnarmi di più con lo studio? Quella davvero è invidiosa della mia bellezza, eccome!
Eravamo arrivate ormai nel cortile, dove già si erano radunati la maggior parte dei nostri compagni, in attesa di salire sui pulmini che ci avrebbero portato alla serra.
A quel punto ero stata costretta a frenare la falcata decisa di mia sorella per poterle parlare liberamente.
- Rose senti... devo chiederti un favore.
Mi aveva stupito il modo in cui mi aveva subito lanciato un'occhiata preoccupata, quasi forse agitata e per un attimo mi ero chiesta se non dovessi preoccuparmi anch'io.
- C'è qualcosa che non va, Bella? Sai che con me puoi parlare...
Sì, mi era parsa una reazione un pò strana la sua, però dal momento che il Prof. Molina aveva appena iniziato a fare l'appello per controllare che ci fossimo tutti, il tempo per parlarle era diventato minimo, così avevo dovuto rimandare l'idea di chiedere a lei se ci fosse qualcosa che non andava.
- Niente di grave, stai tranquilla. Si tratta di Angela Weber... ecco, mi ha chiesto se poteva fare coppia con me alla serra dove andremo, sai per gli esperimenti che Molina ha intenzione di farci fare... deve recuperare quella F che ha preso la volta scorsa...
- Le hai detto di sì!
Avevo immaginato che non sarebbe stata per niente contenta, così avevo cercato di spiegarle la mia difficoltà nel respingere Angela.
- Ecco, vedi... non sono riuscita a dirle di no! La verità è che lei mi piace... mi ricorda moltissimo Rebecca.
A quella mia affermazione il cipiglio di Rose si era leggermente dissipato, diventando più un'espressione seria che arrabbiata.
- Rebecca? La tua compagna alle elementari?
Avevo annuito e sorriso, perchè avevo intuito dal modo in cui la sua postura si era fatta meno rigida che avevo fatto breccia nella sua corazza.
- Ti rendi conto che così mi stai gettando tra le grinfie di Yorkie?
- Bè, io direi che è più lui che finirà tra le tue di grinfie...
Mi ero concessa quella frecciata perchè la risposta di Rose era già stata l'equivalente di un sì alla mia richiesta.
- Sei davvero molto spiritosa oggi! Comunque, sappi che sarai tu l'unica responsabile se i miei canini finiranno davvero nella giugulare di quell'insopportabile umano!
Mi aveva rivolto uno sguardo scocciato, ma sconfitto.
- Bè, pensa che poteva andarti peggio... se ti fosse toccato Newton? O la Stanley?
- Muoviamoci, Molina ci sta aspettando!
Mi aveva strattonato con una certa soddisfazione, forse per farmi pagare lo scotto di quella vittoria concessami senza troppe battaglie.
- E comunque, in quei due potrei davvero affondare i denti senza pietà... 
Lo aveva borbottato mentre ormai eravamo giunte in prossimità degli altri, per cui mi ero solo limitata a ridere di quelle vane minacce.
- Ridi, ridi... ma ricordati che adesso hai un grosso debito con me, sorellina!
- Swan, Hale... ecco i vostri test.
Molina ci aveva allungato una cartelletta con dentro i test che avremmo dovuto eseguire, ma anzichè prenderla lo avevo informato della mia decisione.
- Professore, veramente ci sarebbe un cambio di programma.
- Un cambio di programma?
Molina si era giustamente mostrato sorpreso.
- Sì, oggi vorrei fare coppia con Angela se per lei non è un problema.
Lui aveva spostato lo sguardo su Rose, non senza mostrare una certa incertezza. D'altronde, lei insieme a Jasper, erano quelli che più riuscivano a mettere a disagio l'intero corpo docente, nonostante all'apparenza sembrassero dei ragazzi come gli altri.
- Quindi lei farà coppia con il Sig. Yorkie?
- Sì, certo, professore.
Indubbiamente il tono di Rose era stato quello di chi aveva trovato che venisse sottolineato l'ovvio, e questo aveva creato un certo imbarazzo nell'uomo di fronte a noi.
- Sì... bè... certo. Comunque, va bene, per me non ci sono problemi. Ecco, Hale, prenda lei allora questa. La Sig.na Weber ha già ritirato i test.
Rose era stata ben attenta a non sfiorare le dita del professore, che era stato ben lieto di vederci salire subito dopo sul pulmino, soprattutto perchè non si era più sentito preso in esame dal suo sguardo.
Dopo esserci sedute, mentre già intorno a noi le chiacchiere degli altri risuonavano allegre, un'ultima minaccia mi era giunta dalla vampira al mio fianco.
- Sul serio, Bella, ricordati che sei in debito con me.
Se aveva sperato di farmi sentire in colpa, la mia ulteriore risata doveva averle tolto ogni dubbio sul fatto che non era riuscita nemmeno un pò a convincermi che me l'avrebbe fatta pagare davvero.



XXXXXXXXXXXXXXX



La visita alla serra si era rivelata piuttosto impegnativa, perchè i test che avremmo dovuto sperimentare erano stati piuttosto difficili da eseguire.
Quindi mi ero ritrovata anch'io ad accogliere con sollievo l'annuncio che potevamo interromperci per consumare ciò che ognuno di noi si era portato per pranzo. Ci avevano messo a disposizione uno spazio che aveva anche dei tavoli all'aperto e dato che con Angela avevamo passato l'ultima ora a contatto con campioni di compostaggio maleodorante, avevamo deciso di respirare un pò d'aria fresca.
Immaginavo che Rose dovesse essere a quel punto veramente su di giri, perchè ancora non li avevamo visti comparire, segno che Eric la stava particolarmente rallentando nello svolgimento dei test.
- Vuoi assaggiare, Bella? Polpettone fatto da mia madre... solo che me ne ha dato per un reggimento come al solito!
Angela probabilmente si era sentita in dovere di offrirmi qualcosa, dal momento che lo zaino con il mio pranzo era rimasto a mia sorella.
- No, ti ringrazio. Penso che ormai arriverrano anche Rose e Eric. Anche mia madre mi ha dato un sacco di roba...
Nel mio caso era perchè la parte di Rose non sarebbe stata ovviamente consumata, raddoppiando così il cibo a mia disposizione.
- Mi sa che Eric sarà in difficoltà...
Nel momento in cui lo aveva detto, Angela era anche arrossita rendendosi conto che era risuonata un pò accusatoria la sua frase nei confronti di mia sorella.
- Sì, lo credo anch'io. Rose non è proprio una compagna facile.
L'avevo spiazzata con quell'ammissione, ma non mi ero sentita di negare un'evidenza che era sotto gli occhi di tutti da ben tre anni.
- Sì, bè... se è per questo non lo è nemmeno Eric. Il suo umorismo il più delle volte irrita anche me...
Ci eravamo ritrovate a ridacchiare entrambe di quella battuta con cui Angela era riuscita a toglierci dal reciproco imbarazzo di sapere che in effetti noi Cullen sapevamo tenere a debita distanza le persone.
- Davvero non ne vuoi un pezzo? Intanto che aspetti i tuoi di viveri...
Stavo per cedere alla sua gentilezza quando avevo visto i suoi occhi dilatarsi in uno stupore ancora più grande.
- Ehi... ma quello non è il tuo... ehm... amico? Che cosa ci fa qui?
Non avevo fatto in tempo a domandarmi a chi si riferisse e nemmeno a voltarmi per scoprirlo, perchè una voce che conoscevo molto bene mi aveva gelato sul posto.
- Bella! Ma che incredibile coincidenza trovarti qui!
L'alta figura di Jacob aveva subito occupato tutta la mia visuale, dal momento che si era parato dinnanzi a me, rivolgendo appena un saluto ad Angela.
- Jacob...
Non avevo avuto davvero sufficiente tempo per aggiungere altro, perchè una mano salda aveva afferrato la mia, invitandomi ad alzarmi.
- Bella, devo assolutamente parlarti. Non dirmi di no, ti prego.
Avevo visto lo sguardo di Angela passare da lui a me, incerta su quello che stesse avvenendo: Jacob mi stava pregando o mi stava obbligando a seguirlo?
Perchè se la sua presa mi aveva incitato appunto ad alzarmi per seguirlo, la sua voce era stata davvero supplichevole, come anche lo sguardo del resto.
- Cinque minuti. Non ti chiedo di più...
Avevo i pensieri in tilt! Una parte di me mi diceva che era pura follia seguirlo dal momento che lì con me c'era Rose, ma un'altra parte si ricordava di come fosse stato disposto a rischiare anche lui la sua vita per proteggermi dai vampiri che ci avevano inseguito l'altra notte.
- Bella...
A farmi decidere era stato lo sguardo che avevo incrociato con Angela, in seria difficoltà nel capire se Jacob mi stesse minacciando davvero o meno.
- Okay... va bene. Ma cinque minuti, Jacob, non di più. Dico sul serio.
Lo avevo fissato con quella che speravo apparisse un'espressione determinata, anche se dentro di me non ero affatto convinta di aver preso la decisione giusta.
Rose si sarebbe accorta comunque che lo avevo incontrato, anche se non fosse arrivata nei successivi cinque minuti. Questo avrebbe voluto dire che non solo me la sarei dovuta vedere con lei, ma anche con Edward.
Dio, dovevo essere davvero impazzita!
Ma ormai Jacob mi stava già portando in un luogo più isolato, dove sicuramente nessuno avrebbe potuto sentire i nostri discorsi.
- Jacob... c'è qui anche mia sorella...
- Non ho paura, lo sai. E non devi averne nemmeno tu... ci sono io a proteggerti.
La sua risposta mi aveva fatto puntare i piedi, obbligandolo a fermarsi.
- Ma che cavolo stai dicendo? Io sono al sicuro con Rose, stupido cane!
La rabbia per quello che aveva sottinteso con quel "proteggerti" mi aveva spinto ad apostrofarlo in quella maniera cattiva.
- Non sono un cane, Bella! Sono un umano, proprio come te!
Mi aveva afferrato per le braccia e strattonato talmente vicino a lui, che i nostri visi si erano ritrovati a pochi centimetri di distanza. Un lampo di rabbia era passato velocemente in quegli occhi scuri, subito cancellato da un'espressione dispiaciuta.
- Scusami... non era questo che avevo in mente di fare. E' solo...
Non avevo avuto veramente paura di lui, perchè nonostante fosse oggettivamente pericoloso, rimanevo dell'idea che non sarebbe stato capace di farmi del male.
Infatti mi aveva immediatamente lasciato andare, passandosi una mano sul viso, come a voler cancellare del tutto quel momento di rabbia che avevo intravisto.
- La verità è che non sopporto l'idea di te che vivi in mezzo a loro! Questa cosa mi sta distruggendo e non posso fare finta che non sia così! Non ci riesco.
Non ero riuscita a reagire subito a quelle parole, perchè il tormento che avevo scorto nel suo sguardo mi era sembrato realmente sincero.
D'istinto gli avevo appoggiato una mano sull'avambraccio, sentendo anche nei suoi muscoli contratti la tensione che lo attraversava.
- Jacob, io vivo con loro da quando avevo appena qualche mese. Sono cresciuta chiamandoli papà, mamma, fratello, sorella... non hai la minima idea di quanto mi vogliano bene. Non potrebbero mai farmi del male. In nessuna maniera.
Il suo sguardo si era appuntato sulla mia mano ancora posata su di lui, prima che lo risollevasse per fissarmi intensamente.
- In nessuna maniera, dici? E allora l'altra notte, che cos'era quello a cui ho assistito? Un gioco?
Lo avevo sentito irrigidirsi ulteriormente, i pugni contratti e lo sguardo più acceso.
-  Fammi indovinare! Era la versione succhiasangue di guardie e ladri, per caso? Era questo Bella, quello che ho visto l'altra notte, eh? O era invece una fuga da due cazzo di succhiasangue che volevano farti del male? Perchè a me è parso tanto che fosse proprio così... e mi sembrava che fosse dello stesso parere anche il succhiasangue che difendi dicendo che non ti metterebbe mai in pericolo.
Davanti a quell'ironia tagliente mi ero di nuovo inalberata ed ero stata pronta a ribattere, ma lui aveva proseguito nella sua sfuriata.
- Se davvero ti volessero bene come dici, ti lascerebbero andare e ti permetterebbero di vivere al sicuro fuori dal loro fottuto mondo di mostri!
- Ma chi diavolo credi di essere, per potermi parlare così! Tu non sei meno mostro di loro, in fondo, se proprio vuoi saperlo!
Ero stata io, questa volta, ad avvicinarmi a lui e a puntargli un dito contro, del tutto incurante che stessi inveendo contro un ragazzo che si sarebbe potuto trasformare in un lupo gigantesco capace di farmi a pezzi nel giro di un secondo.
Dopotutto, vivere in mezzo a dei vampiri mi aveva resa in qualche maniera più incosciente nei confronti del pericolo.
- Eppure di te dovrei fidarmi ad occhi chiusi, senza nemmeno quasi conoscerti!
Non lo avevo di certo impressionato, perchè non si era spostato di un millimetro, ma anzi era tornato a chinarsi su di me per far sì che i nostri occhi fossero alla stessa altezza.
- Io sono carne e sangue proprio come te, Bella! E non potrei mai vederti come un mio eventuale pasto! Soprattutto con me non correresti il rischio di ritrovarti inseguita da altri mostri che vorrebbero affondare i loro artigli su di te! Lo capisci questo?
- Visto che insisti tanto su quello che è accaduto l'altra notte, sappi che era la prima volta che succedeva! Abbiamo incontrato per caso quei due vampiri...
Gli occhi di Jacob si erano assottigliati e mi avevano fulminato, prima di interrompermi.
- Mi credi davvero così stupido da potermi rifilare una bugia e pretendere che io ci creda?
- Ma che bugia? Cosa stai dicendo?
- Non avete incontrato quei succhiasangue per caso e lo sai benissimo!
Mi aveva rifilato ancora un'occhiata minacciosa, ma francamente i miei pensieri si erano inceppati e non era per quello che mi ero azzitita.
Non avevamo incontrato quei due vampiri per caso?
- Chi tace acconsente, giusto? Quindi sei disposta ad ammettere anche che...
- Come fai a sapere che non li abbiamo incontrati per caso?
Mi aveva fissato forse accorgendosi che in me c'era stato un evidente cambiamento di rotta: la mia rabbia si era sgonfiata di colpo, trasformandosi in un'incertezza palese.
- Il succhiasangue con cui eri l'altra notte e quello biondo, loro ce l'hanno detto.
- Edward e Jasper? E quando li hai incontrati? Dove?
A quel punto lo avevo abbastanza insospettito perchè mi sondasse con uno sguardo attento.
- Tu non lo sapevi.
Più che una domanda, mi era parsa un'affermazione quella di Jacob e mi aveva fatto arretrare di qualche passo tanto aveva colto nel segno.
- Tu non sai che quei due avevano a che fare con la vampira che abbiamo seguito fino nei dintorni di casa vostra.
Il cuore aveva preso a battermi con forza, mentre la mia mente aveva iniziato ad elaborare troppi pensieri tutti insieme.
- E' proprio così, allora, non lo sapevi.
Non avevo avuto più tempo per lui, ora. Non dopo quello che mi aveva appena rivelato. Non dopo che la mia mente aveva iniziato a collegare una serie di particolari che adesso vedevo più chiaramente.
- Mi dispiace, Jacob, ma i cinque minuti sono scaduti. Devo andare.
Dopo avergli rivolto uno sguardo che speravo fosse stato deciso, avevo fatto dietrofont pronta ad andare in cerca di Rose.
Il fatto che non fosse piombata lì, poteva solo significare che fosse stata ancora impegnata con Eric. Ma non avevo fatto che qualche passo, prima che una mano bollente mi trattenesse per un polso.
- Bella, non puoi andartene così! Non senza avermi spiegato...
Mi ero voltata guardandolo dritto negli occhi.
- Non ti devo nessuna spiegazione, Jacob Black. Ti ringrazio ancora per il tuo aiuto dell'altra notte, e mi dispiace che un tuo amico sia rimasto ferito a causa mia, ma questo non ti da nessun diritto su di me.
Mi ero sforzata di aggiungere anche dell'altro, sebbene mi avesse fatto sentire a disagio parlarne.
- E mi dispiace anche di averti fatto credere che... che quel bacio tra noi potesse significare qualcosa.
Non avevo distolto gli occhi dai suoi, anche se avrei tanto voluto farlo.
- E' stato un errore e... e mi scuso di averlo commesso. Ti chiedo davvero scusa.
Lo avevo decisamente ferito, e se una parte di me si sentiva meschina, un'altra si era sentita sollevata di averglielo detto chiaramente, così che non avesse più dubbi sul fatto che io potessi provare dell'interesse per lui.
Ero innamorata di Edward, non ci sarebbe mai potuto essere spazio per nessun'altro.
- Non è vero, Bella. Stai cercando di negare qualcosa che è successo perchè lo volevamo tutti e due.
Non avevo più tempo per lui, davvero.
- Invece è così, Jacob. E non cercarmi più, perchè io so per certo che il mio posto è al fianco della mia famiglia e di... di Edward.
Non avrei potuto essere più chiara di così e lo aveva compreso anche lui, sebbene avessi intuito dalla sua espressione che non si sarebbe comunque arreso, non ancora perlomeno.
- Non posso accettarlo, Bella.
A quel punto non avevo più niente da dirgli se non quello che realmente pensavo.
- Mi dispiace per te, allora, Jacob. Perchè le cose tra di noi non cambieranno nè ora nè mai.
Mi ero liberata dalla sua presa e questa volta mi aveva lasciato davvero andare per la mia strada. Ma non avevo dovuto chiedermi il perchè, dal momento che avevo visto sbucare come una furia da dietro l'angolo dell'edificio dove ci eravamo appartati la figura slanciata di mia sorella.
- Bella! Tu devi...
- Rose, non provare a dirmi niente!
Non avevo avuto nessuna difficoltà nel mettere a tacere le proteste di mia sorella in quella maniera brusca, perchè questa volta ero io quella davvero arrabbiata.
- Jacob Black in questo momento è davvero l'ultimo dei vostri problemi!
Se l'avevo presa in contropiede, era stata molto brava a mascherarlo. Ma del resto, che altro mi dovevo aspettare? Ero io la fragile e trasparente umana, quella che non sapeva nascondere le emozioni e i sentimenti in nessuna situazione. Tantomeno in quel momento che mi sentivo sul punto di esplodere.
- Problema? Jacob Black è un grandissimo problema, Bella! Lo vuoi capire o no che è pericoloso? Che cavolo ti dice il cervello? Se proprio non riesci a pensare a te stessa, prova a pensare a tutti noi! A come ci fa preoccupare sapere che tu potresti finire... cazzo, Bella, non ci voglio nemmeno pensare!
Stavolta sul suo visa era comparsa una smorfia di inequivocabile sofferenza, tanto che per un attimo mi aveva fatto sentire davvero in colpa.
Poi, però, i miei pensieri erano tornati a ciò che avevo appena scoperto, spazzando via tutto il resto.
- E prova tu, invece, a immaginarti come mi senta io nell'aver scoperto che mi avete mentito ancora!
Il mio sguardo doveva essere stato davvero accusatorio, perchè si era irrigidita e richiusa in un'espressione impenetrabile.
- Mentirti?
- Oh, cazzo, Rose, sei davvero incredibile!
L'avevo scansata e mi ero diretta come un fulmine verso l'aerea dove pensavo che gli altri nostri compagni stessero ancora pranzando. Non era quello il luogo e il tempo adatto per lasciarmi andare alla rabbia che mi ribolliva dentro.
Ero sicura che Jacob mi avesse detto la verità su quegli incontri con gli altri vampiri, a differenza della mia famiglia e anche di Edward, ragione per cui mi sentivo doppiamente tradita.
- Bella, aspetta...
Aveva tentato di fermarmi, ma avevo reagito liberandomi bruscamente dalla sua presa gentile.
- Non ho intenzione di parlarne adesso! Quando saremo a casa, allora sì che mi dovrete tutte le spiegazioni necessarie. E me le darete, Rose, oh se me le darete!
Non avevo aggiunto altro, riprendendo a camminare velocemente per poter essere in vista degli altri il prima possibile, di modo che non le avrei lasciato altra scelta se non quella di assecondare la mia richiesta.




XXXXXXXXXXXXXXX



Quando era suonata la campanella di fine lezioni, ero schizzata fuori dall'aula, ignorando Rose e dirigendomi subito verso l'uscita.
Sapevo che avevo poco margine prima di essere intercettata dagli altri e volevo, invece, essere la prima a raggiungere Edward.
Immaginavo che fosse già stato a conoscenza del fatto che Jacob mi aveva avvicinato alla serra, figurarsi se mia sorella non lo aveva avvisato, ma forse non immaginava quello che lo aspettava davvero.
Più ci avevo pensato, più mi ero sentita tradita soprattutto da lui.
Tutti quanti avrebbero dovuto darmi delle spiegazioni, lui più di tutti, visto come si era evoluto il nostro rapporto.
Perchè continuavano a trattarmi così? Come avrei mai potuto fargli capire quanto mi sentissi ferita nell'essere tenuta all'oscuro da tutto ciò che ci riguardava?
Mi sentivo ancora una volta come se non fossi davvero parte della loro vita... di quella di Edward in particolar modo.
E proprio lui mi era piombato addosso non appena avevo messo piede fuori dalla scuola.
- Bella! Dimmi che stai davvero bene!
Mi aveva preso il viso tra le mani e mi aveva guardato in una maniera che mi aveva provocato un nodo allo stomaco senza che potessi impedirlo.
Preoccupazione, ansia, paura... ma anche gelosia e rabbia.
Ecco cosa mi avevano detto i suoi occhi mentre fissavano i miei. Poi avevo avvertito anche gli sguardi degli altri studenti che avevano iniziato a passarci accanto, spingendomi ad afferargli i polsi per fargli allontanare le mani dal mio viso.
- Lo vedi da te che sto bene, no?
Ero stata brusca, perchè passato il primo momento, la rabbia verso di lui aveva ripreso il sopravvento.
- Come se Rose avesse potuto mentirti... quella è un'opzione che riservate soltanto a me, la sfigata della famiglia!
Sapevo che quel battibecco stava attirando parecchia attenzione, specie perchè la comparsa di Edward aveva dato nuovo impulso ai pettegolezzi su di noi Cullen.
Il fatto che si fosse limitato a seguirmi senza osare ribattere nulla, mentre ci eravamo diretti verso la Volvo parcheggiata poco lontano, non mi aveva ingannato sul fatto che lui più di me doveva aver captato la curiosità che ci aveva subito circondato.
Non mi ero nemmena stupita del fatto che i nostri fratelli non ci avessero raggiunto, perchè immaginavo che Rose li stesse aggiornando per filo e per segno su come erano andate le cose, compresa la minaccia che avevo rivolto a tutti loro di esigere delle spiegazione esaurienti.
La tensione che si era subito creata nell'abitacolo della macchina, non appena eravamo saliti, mi aveva riportato indietro di qualche giorno, quando mi aveva trascinato via da scuola il pomeriggio che Jacob mi aveva avvicinato dopo il nostro primo incontro.
Non volevo sentirmi di nuovo così, non dopo che finalmente il mio rapporto con lui si era trasformato in ciò che avevo sempre desiderato.
Avevo appena formulato quel pensiero, quando Edward aveva fatto qualcosa di assolutamente inaspettato. La sua mano era stata troppo veloce nello scivolare dietro la mia nuca e così mi ero sentita attirare verso di lui senza che me ne potessi rendere ben conto.
Le sue labbra erano state dolci, ma nello stesso tempo ferme nell'impossessarsi delle mie, esigendo così una risposta che non ero stata capace di negargli.
Mi aveva baciato con un'intensità che mi aveva fatto battere il cuore più forte, aprendosi un varco nella rabbia che ancora provavo, ma che non poteva essere in grado di annullare i miei sentimenti verso di lui.
Quando aveva smesso, l'aveva fatto per l'unico motivo di cui mi aveva già informato scherzosamente nei giorni scorsi: lasciarmi respirare per non morire soffocata.
Mi aveva fatto ridere mentre me lo confessava, ma anche gioire, perchè gli avevo letto nello sguardo che altrimenti mi avrebbe davvero baciato per delle ore intere, senza mai fermarsi.
- Non importa quanto tu sia arrabbiata con me, o io con te, resta il fatto che... che non voglio stare lontano da te, Bella.
Non poteva guardarmi così, e l'avevo ritenuta una mossa sleale farlo proprio in quel momento, perchè mi era sembrato un buon modo per infliggere un altro duro colpo alla mia volontà.
Il fatto poi che non mi avesse ancora lasciato andare, ma mi trattenesse a pochi centimetri da lui, mi aveva permesso di perdermi in quello sguardo dorato che sapeva dirmi così tante cose senza bisogno di ulteriori parole.
- Nemmeno io, Edward.
Non mi era stato poi così difficile ammetterlo, perchè era ciò che provavo veramente. Per quante volte ancora avrebbe potuto ferirmi, sapevo con certezza che non avrei mai smesso di amarlo.
- Però resta il fatto che mi sento tradita... specialmente da te.
Si era irrigidito, lo avevo sentito, anche se i suoi occhi non avevano smesso di guardarmi con quel calore che ora mi riscaldava il cuore in maniera più completa.
Non era forse ancora l'amore totale che avrei voluto da lui, ma non era nemmeno più solo quello fraterno che avevo preso ad odiare.
- Anch'io mi sento tradito, Bella. Sei rimasta da sola con lui quando ti avevo pregato di non farlo. Tu non sai davvero come mi sento nel sapere che ti è vicino, altrimenti mi ascolteresti.
- Io... io dovevo parlargli, Edward. Volevo che non avesse dubbi sul fatto che non potrà mai avere nessun tipo di speranza con me.
Era stato sul punto di dire qualcosa, ma lo avevo preceduto.
- Non l'ho fatto per farti stare male, ma solo perchè mi sembrava giusto.
Ero stata io a baciarlo questa volta, perchè mi era sembrato un buon modo di sottolineare il fatto che era solo lui quello che avrei sempre voluto baciare, senza nessuna ombra di dubbio.
- Immagino che ti abbia detto qualcosa a proposito di quei due vampiri che ci hanno inseguito l'altra notte...
Quando mi ero staccata dalle sue labbra, era andato dritto al punto, facendomi perlomeno apprezzare il fatto che non avesse finto di non sapere cosa avevo potuto scoprire parlando con Jacob.
- Sì, esatto.
A quel punto mi era venuto spontaneo mettere una certa distanza tra lui e me, perchè se non c'era stata più la rabbia iniziale, rimaneva però la cocente delusione, che in un certo senso era anche peggio.
- E a questo punto credo che mi stiate nascondendo qualcosa che riguarda anche me, dal momento che faccio parte della famiglia.
Mi era tremata la voce, era stato più forte di me. Odiavo l'idea che non fossi come loro, perchè mi avrebbe sempre relegata in una condizione di inferiorità.
- Mi avevate promesso che non sarebbe più accaduto, te lo ricordi? E invece...
Non avevo evitato il suo sguardo, anzi avevo dovuto io cercare il suo, perchè era stato lui quello restio a fissarmi.
- Forse non volevamo farti preoccupare più del dovuto...
- Edward, ti prego, non farmi questo. Non tu, non ora.
Lo avevo costretto a non abbassare lo sguardo, forse esprimendo il bisogno di sentirmi parte della sua vita più che mai.
- Bella...
Lo avevo capito che in lui doveva essersi scatenata una guerra furiosa, perchè non era riuscito a dissimulare un tormento che mi aveva spinto a prendergli una mano, stringendola forte tra le mie.
- Io capisco il tuo bisogno di proteggermi, perchè io sono la piccola e fragile umana, ma tu devi capire che niente mi ferisce di più dell'essere esclusa da ogni aspetto della tua vita, e anche da quella di tutti gli altri.
Avevo rafforzato la mia stretta, nel bisogno di sentirlo vicino.
- Se siamo in pericolo, ho il diritto di saperlo anch'io.
Non avevamo smesso di fissarci, così avevo visto quella battaglia dentro di lui farsi più accesa.
- Ti chiedo soltanto di avere fiducia in me e di dirmi cosa sta succedendo.
Era passato ancora un attimo, prima che lo vedessi scuotere la testa e riacquistare un certo controllo sulle sue emozioni. Lo avevo addirittura visto aprirsi in un accenno di sorriso, o forse era stata più una smorfia ironica, perciò non avevo saputo come interpretarlo.
- Non avevo immaginato di parlartene così... in macchina, nel parcheggio ormai deserto di una scuola... però credo tu abbia ragione sul fatto che sia arrivato il momento di dirti tutto.
La situazione delle nostre mani si era ribaltata, perchè ora era lui a stringere le mie in quella maniera delicata che mi faceva pensare a come sapesse controllare perfettamente la sua incredibile forza.
- Esiste una sorta di famiglia reale, cioè i Volturi, che da secoli amministra la legge tra noi vampiri. Risiedono da sempre in Italia, ma senza che si siano mai "mischiati" agli umani, perchè diversamente da noi non hanno mai preso in considerazione l'idea di non... cibarsene.
Avevo capito subito che mi stesse parlando di qualcosa di molto importante, perciò non lo avrei interrotto, riservando a dopo tutte le domande che si erano affacciate subito nella mia mente.
- Noi Cullen gli abbiamo sempre mostrato il giusto rispetto, senza però per questo essere mai diventati loro succubi, come invece è capitato ad altri.
Nel vederlo fissarmi intensamente, avevo intuito che si stesse avvicinando rapidamente a qualcosa che riguardava me personalmente.
- Quando sei entrata nella nostra vita, cioè quando Carlisle ed Esme hanno deciso di adottarti... hanno ritenuto giusto informare i Volturi che tu saresti entrata a far parte della nostra famiglia, sebbene fossi stata un'umana. Loro ne sono stati in un certo senso... contenti ed hanno espresso il desiderio di ricevere costanti informazioni su come procedesse la tua chiamiamola "integrazione" con noi.
Ovviamente mi sembrava tutto un'enormità, specie perchè ne ero stata all'oscuro sinora, facendomi nuovamente provare la rabbia di essere stata messa da parte.
- Però non avevano mai espresso il desiderio di conoscerti personalmente... almeno non sino ad ora.
Si era interrotto, dandomi l'impressione che stesse cercando le parole giuste per continuare.
- Perchè proprio ora, Edward? E cosa c'entra tutto questo con quei vampiri che ci hanno aggredito?
Mi era stato impossibile non incalzarlo, perchè qualcosa mi diceva che ne sarei rimasta sconvolta.
- Devi sapere che Aro Volturi, uno dei tre vampiri regnanti, possiede il dono di leggere nella mente delle persone toccandole. Questa sua capacità ha comportato che durante l'ultima visita che Carlisle gli ha fatto, lo abbia involontariamente informato di una decisione che avevo preso poco tempo prima.
- Che decisione, Edward?
Ma il suo sguardo aveva assunto così tante sfumature diverse, che non era stato in grado di anticiparmi nulla.
- Che decisone, Edward?
Lo avevo ripetuto, perchè l'urgenza che provavo si era fatta incontenibile.
- Quella di arrendermi ai sentimenti che provavo e che mi avevano spinto a tornare da te con la speranza di poter realizzare un mio desiderio ben preciso.
- Un... un desiderio?
Era stato come se all'improvviso avesse calato ogni maschera, mostrandomi davvero ciò che aveva custodito gelosamente dentro di lui.
- Sì, il desiderio di sposarti nel giorno del tuo diciottesimo compleanno e passare il resto della tua vita ad amarti incondizionatamente.
Edward mi amava.
- Perciò ora i Volturi sono curiosi di conoscere l'umana che è stata in grado di farmi innamorare di lei... e per essere sicuri che la cosa avvenga anche se non ne sono entusiasta, hanno mandato qualcuno a ricordami che è meglio non opporsi al loro volere.
Edward mi amava e il suo sogno era quello di sposarmi.
Francamente io ero stata in grado di pensare solo a quello, dimenticando per un momento tutto quello che mi aveva rovesciato addosso riguardo ai Volturi e alla loro esistenza.
Ci sarebbe stato tempo per discutere di quello e di molto altro ancora, ma ora volevo solo godermi le emozioni che quella confessione di Edward mi aveva provocato.
Mi amava e il suo sogno era quello di sposarmi.







*L'autrice chiede di far partire un rullo di tamburi*


Sorpresa!
Edward ha finalmente pronunciato la parola matrimonio associandola ai Volturi... peccato che abbia deciso di farlo rivelando a Bella una verità abbastanza lontana da come stanno in realtà le cose.
Questo perchè ha ancora in testa un'idea ben precisa, ossia quella di amare sì Bella, ma per il tempo che la sua vita umana gli concederà! (faccio la pseudo autrice seria e cito dal testo "
Sì, il desiderio di sposarti nel giorno del tuo diciottesimo compleanno e passare il resto della tua vita ad amarti incondizionatamente", quindi non della sua da immortale! Una differenza fondamentale, direi! XD).
Credo che quando Bella focalizzerà la sua attenzione su questo, sarà un brutto momento per Edward... eh eh eh.
E poi c'è Jacob, che sembra ragionare più con la sua parte "lupesca", dal momento che non è disposto a mollare l'osso... ossia Bella! D'altronde, per l'idea che mi sono fatta di lui, proprio non può accettare l'idea che lei viva in mezzo a dei vampiri (appartengo a quella corrente di pensiero che ritiene che la Meyer abbia liquidato la faccenda troppo semplicemente facendogli avere l'imprinting con Reneesme). Ovviamente questo lo rende peggio dell'erba cattiva, nel senso che come lei, riesce a comparire dove meno te lo aspetti! eh eh eh
D'altronde è un lupo... stanare la preda è nella sua natura!
Concludo dicendo che nella prima parte di capitolo mi sono tolta la soddisfazione di immaginare un pezzo di vita scolastica che inevitabilmente i Cullen avranno dovuto vivere e di cui mi sarebbe piaciuto averne un assaggio anche nella saga originale (voi ci avete mai pensato a come sarebbe potuto essere? va bene la riservatezza, ma un minimo di interazione con gli altri sarà stata pur inevitabile per loro no?).
Come sempre mi farebbe piacere leggere anche il vostro parere.
Ciao e alla prossima.
BF


 

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