Per certe cose ci vorrebbe un manuale di sopravvivenza

di CHAOSevangeline
(/viewuser.php?uid=71694)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Primo ***
Capitolo 2: *** Capitolo Secondo ***
Capitolo 3: *** Capitolo Terzo ***
Capitolo 4: *** Capitolo Quarto ***
Capitolo 5: *** Capitolo Quinto ***
Capitolo 6: *** Capitolo Sesto ***
Capitolo 7: *** Capitolo Settimo ***
Capitolo 8: *** Capitolo Ottavo ***
Capitolo 9: *** Capitolo Nono ***
Capitolo 10: *** Capitolo Decimo ***



Capitolo 1
*** Capitolo Primo ***


Per certe cose ci vorrebbe un manuale di sopravvivenza
- specialmente per la scuola.

       

#Capitolo 1
oppure
"Quel primo giorno di scuola che fortunatamente fu proprio in quella scuola"
 
 
Thomas aveva appurato una cosa: non gliene andava dritta una.
Era il primo giorno di scuola, il primo giorno di scuola in una nuova scuola, volendo essere precisi. Ci teneva a dare una bella immagine di sé ai professori e anche ai compagni, e sapeva che uno dei modi migliori per farlo era essere puntuali.
Per quanto generalmente lo fosse, questo non fu sufficiente a impedirgli di spegnere la sveglia quando decise di trapanargli le orecchie, strappandolo dal bellissimo sogno che stava facendo. Un sogno dove lui non andava a scuola, per niente.
Quando sua madre gli aveva fatto notare che era tardi, l’incubo che in condizioni normali cominciava alle otto in punto decise di avere inizio una buona mezz’ora prima, orario in cui idealmente Thomas sarebbe già dovuto essere per strada.
Se non altro si era preparato la cartella e aveva appoggiato i vestiti sul letto.
Se non altro era un campione nell’arte del mangiare correndo per non arrivare in ritardo, visto che per quanto fosse puntuale spesso spegneva la sveglia.
Se non altro avrebbe potuto dire di essersi perso nel nuovo quartiere.
Così eccolo: fiatone, pancia piena e fortunatamente davanti ai cancelli dell’istituto con cinque minuti di anticipo.
Forse non tutte le speranze che quella giornata prendesse la piega giusta erano perdute.
Varcò la soglia dell’edificio scolastico e si guardò intorno: molte più persone di quelle a cui era abituato, molti più armadietti di quanti ne avesse mai visti in un solo corridoio e decisamente troppa gente che lo fissava.
Mentre camminava, guardandosi intorno senza soffermarsi realmente su nessun dettaglio visto che c’era davvero poco da ammirare in quell’atrio, Thomas andò a sbattere contro una delle studentesse.
Carina. – aggiunse la sua mente. Aveva capelli corvini e mossi, ma dall’occhiata che gli lanciò ebbe come la sensazione che qualsiasi cosa pensasse di lei, quella ragazza avesse già deciso di odiarlo.
Senza nemmeno dirgli di stare attento se ne andò, e Thomas rivolse al nulla il lieve sorrisino di scuse con cui sperava di essere perdonato.
Dopo essersi ripreso da quel momento di quasi totale smarrimento decise di informarsi su quale fosse la sua classe e anche se l’impresa seppe rivelarsi non troppo facile riuscì a portare a termine pure quel compito.
Ora l’unica cosa che rimaneva da spuntare nella lista mentale di cose da fare per cominciare bene quell’anno scolastico era l’inutile discorso di presentazione.
Thomas poteva essere spigliato in certe situazioni, ma ce n’erano altre che rischiavano di ammutolirlo e quella che stava per affrontare era proprio una delle appartenenti al secondo gruppo. Non che fosse timido, solo… che avrebbe dovuto dire?
La campanella suonò e venne accompagnato di fronte alla porta della sua nuova classe.
Non appena varcò la soglia, Thomas pensò di nuovo che quella fosse davvero la sua giornata sfortunata: inciampò e non in qualcosa, ma su un proprio piede.
Raggiunse la cattedra, sperando che la propria rapida ripresa avesse fatto distogliere l’attenzione dalla sua quasi-figuraccia. Però sentiva delle risatine.
Convenevoli, convenevoli. Mi chiamo Thomas, mi sono appena trasferito. Le solite frasi fatte.
Mentre parlava ebbe come la sensazione che tutti stessero pensando solo al suo essere appena inciampato come un perfetto idiota e desiderò di sprofondare: sorridevano per quello, ne era certo.
Fortunatamente quel supplizio finì presto e il professore lo mandò a sedere accanto a un ragazzo; non si era nemmeno accorto che l’unico banco vuoto era accanto a lui.
“Fa che non faccia battute, fa che non faccia battute.” pregò Thomas.
Raggiunse il proprio posto, ancora tutti gli sguardi fissi su di sé e sul suo nuovo compagno di banco, come se stessero aspettando una sua qualsiasi reazione.
Lo vide porgergli la mano.
« Io sono Newt. »



- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
Di preciso non so cosa mi abbia fatto scattare la molla per scrivere questa fanfiction.
Forse l'eccessivo angst della saga di TMR, o forse perché non avevo mai scritto una "commedia" e avevo il disperato bisogno di produrre qualcosa su questa bellissima coppia ;_;
Ho poco da dire su questo primo capitolo - che alla fine potrebbe anche essere letto come un prologo e non incarna ancora l'idea che ho per questa fiction, che non credo di poter definire appieno una raccolta -, ma spero ugualmente che vi piaccia!
Ringrazio in anticipo chiunque leggerà l'inizio di questa cosina, ci sentiamo al prossimo capitolo <3

CHAOSevangeline

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo Secondo ***


#Capitolo 2
oppure
"Decisamente Minho non sa presentarsi e sembra l'unico a far arrabbiare davvero Newt"
 


A ricreazione, Thomas realizzò due cose: la prima, che era riuscito a sopravvivere fino a quel momento; la seconda, che Newt aveva tutta l’aria di essere il boss di quella classe.
Non appena gli aveva stretto la mano era stato come se tutti – e ci teneva a sottolineare tutti – avessero deciso di accettarlo nel loro branco.
Da un certo punto di vista Thomas ne era felice, ma dall’altro non poteva fare a meno di domandarsi dove fosse finito.
« Se hai bisogno di qualcosa sentiti libero di chiedere a chiunque: sono tutti molto disponibili. »
Dal tono di Newt, Thomas capì che il ragazzo stava concludendo un discorso che lui non aveva ascoltato del tutto.
Si erano seduti a mangiare insieme ad un tavolo all’aperto e, anche se mentre passavano lungo il viale molti si fermavano a salutare Newt, nessuno si era seduto con loro. Forse il ragazzo aveva dato ordine di non disturbarlo mentre parlava con Thomas?
Decise di non congetturare troppo e di non fare di quell’argomento l’oggetto dei suoi pensieri per le ore successive.
« Certo. Grazie mille. »
Si concentrarono di nuovo sul loro pranzo, quando vennero bruscamente interrotti da una nuova presenza e dal rumore fastidioso della sedia che strideva contro il pavimento. Un ragazzo asiatico che Thomas ricordava di aver notato per il suo interesse nel costruire un castello di penne sul banco durante la lezione si sedette accanto a Newt, incrociando le braccia sul tavolo e sporgendosi su di esso.
Scrutò Thomas, ma prima di poter parlare Newt lo precedette con fare irritato.
« Prego Minho, siediti. »
E se una persona saggia avrebbe deciso di scusarsi, il ragazzo moro dimostrò di non esserlo evitando di dirsi dispiaciuto.
« Grazie Newt, sei sempre così gentile. »
Quel siparietto strappò a Thomas un sorriso, che venne coperto con la mano con cui si stava portando alla bocca il panino.
« Tu sei quello nuovo, giusto? » Pareva che fosse mosso da una genuina curiosità.
« Già. Thomas. » Newt parlò prima di lui, anticipando la risposta.
« Eppure in classe il pive non mi sembrava muto. »
Decisamente quel ragazzo parlava in modo strano.
« Infatti. Se una testa di caspio come te fosse stata attenta saprebbe che può rivolgersi a lui chiamandolo Thomas e non avrebbe avuto bisogno di chiedere. »
Decisamente anche Newt parlava in modo strano.
I due si scambiarono un’occhiata, come se stessero decidendo se continuare con quel battibecco che stava escludendo Thomas, ma alla fine l’intruso si voltò verso di lui.
« Io sono Minho, quello-nuovo-che-si-chiama-Thomas. » Newt roteò gli occhi. « Spero che questo qui non ti stia rincaspiando la testa con tutte le sue solite storie: siamo una bella classe, siamo tutti felici, ci vogliamo tutti bene… »
« Piacere mio. Comunque no, Newt mi stava spiegando un po’ come funzionano le cose qui. » Thomas fece una breve pausa. « Solo… posso chiedervi perché usate termini tanto strani? »
« No. »
« Minho! »
« Ho sempre voluto rispondere così a una domanda del genere. » disse sarcastico, per poi guardare Thomas. « Ci conosciamo dalle elementari, noi e molti nostri compagni di classe, si intende. Quando si è bambini nascono strani termini che spesso ti porti dietro. »
Thomas si sentì ancor di più un pesce fuor d’acqua, ma si consolò pensando di voler far presente al ragazzo che non c’erano poi tanti esempi, oltre a quella classe, in grado di avvalorare la sua tesi.
Capì altre due cose fondamentali, quel giorno: se Newt si alterava parlava in modo assurdo, e Minho era l’unico che pareva divertirsi a dargli veramente, ma veramente fastidio.




- - - - - - - - - - - - - - -
Mi sto seriamente ritenendo l'autrice più contenta del mondo vedendo quante persone hanno messo tra le seguite, preferito e recensito questa storia fin dal primo capitolo, che a me sembrava una sciocchezzuola. Vi ringrazio tantissimo! ;_;
Come avete letto qui arriva Minho e davvero, credo che finirà per essere lui l'elemento davvero divertente di tutta la storia.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che vi vada di dirmi cosa ne pensate <3
Alla prossima!

CHAOSevangeline - che deve ancora abituarsi all'idea di scrivere capitoli così corti.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo Terzo ***


#Capitolo 3
oppure
"Come Thomas, per Newt, diventò Tommy"


 


« Minho, chi è quella? »
Thomas frequentava quella scuola da tre giorni e anche se all’inizio aveva creduto che avrebbe faticato ad abituarsi, si era ritrovato sommerso da inviti per uscire, numeri di telefono da aggiungere in rubrica e quant’altro.
In particolar modo Thomas stava legando con Newt – che parlava in modo strano solo quando si arrabbiava – e con Minho, che aveva unito il suo banco al loro perché il secondo capoclasse, un certo Alby con cui non aveva ancora avuto occasione di parlare se non per presentarsi, aveva preso il suo posto.
« Teresa. »
Nonostante l’ovvia ragione alle spalle di quella domanda, Minho rispose senza fare battute. Si voltò verso il proprio armadietto, poi tornò a guardare Thomas e seguendo il suo sguardo si accorse che non l’aveva distolto minimamente dalla ragazza dai capelli scuri.
« Oh, non ci pensare pive. »
« Pensare a cosa? »
« Teresa come sei bella, voglio parlarti e uscire con te! Ecco cosa. »
« Perché no? »
« Non per offenderti, ma ha un target diverso. Molto più alto. »
« Come fai ad esserne certo? »
« E tu come fai a finire ogni frase con un punto interrogativo? »
Mentre Thomas cercava una risposta che non si rivoltasse come un boomerang verso di sé, sentì qualcuno dargli una leggera pacca sulla spalla e quando si voltò vide Newt accennare un sorriso. Come accadeva sempre, dopotutto.
« Ehi ragazzi, che si dice? »
« Si dice che Thomas vuole provarci con Teresa. » disse Minho emergendo dall’armadietto dentro al quale aveva tuffato la testa neanche fosse profondo metri e metri.
« Ti ho solo chiesto chi era. » sbottò Thomas esasperato. C’erano cose che decisamente doveva evitare di dire a Minho, se voleva continuare a vivere in pace.
Newt si voltò verso la ragazza, poi si voltò di nuovo verso Thomas e scrollò le spalle.
« Va bene. » guardò Minho. « Di preciso quale sarebbe il problema? »
« Sto evitando al nostro nuovo pive di schiantarsi contro un muro chiamato rifiuto e tornare da noi ferito dall’amore non corrisposto. Dovresti darmi man forte per una volta. »
« Il tuo saper essere poetico alle volte mi commuove, Minho. Davvero. »
Mentre Newt gli rispondeva guardava a propria volta Teresa che dall’altro lato del corridoio continuava a chiacchierare con le proprie amiche.
Thomas raccattò in tutta fretta i propri libri e richiuse l’armadietto.
« Ho afferrato il concetto, comunque. » disse a Minho acidamente. « Io sono un nulla per lei, e tu non hai sensibilità. »
« Avanti Tommy, non dire così. » fu l’intervento di Newt per evitare che il ragazzo se ne andasse con il morale distrutto dall’esagerata sincerità di Minho.
Riuscì ad alleggerire l’atmosfera perché Thomas non si sarebbe mai aspettato di sentire Newt, che gli pareva sempre così serio, usare un soprannome del genere. Ci riuscì perché Thomas era certo che Minho avrebbe fatto il possibile per ricordargli quel soprannome per il resto della giornata e così si sarebbe scordato di Teresa. Ma non era arrabbiato con Newt e anzi, in un certo senso si sentiva sollevato.
« Tommy. » ripeté Minho.
« Come mai questo soprannome, Newt…? » questo era Thomas, che voleva spiegazioni.
Newt parve rimanere interdetto e Thomas non seppe dire se fosse perché si era sorpreso di sé stesso per il nomignolo che aveva usato, o perché non si aspettava tanto stupore.
« Così. » fu la sua risposta sintetica.
E mentre Thomas realizzava che nemmeno sua madre lo chiamava più in quel modo da quando era un bambino, Newt aveva deciso che non avrebbe smesso di farlo.
Almeno per un po’.




- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
Sto finendo i capitoli da postare e ho paura che, se non sarò in grado di darmi una mossa ad avvantagiarmi, diventerò lenta come al mio solito nell'aggiornare.
Dopo il secondo capitolo tantissimi hanno messo tra i seguiti questa storia e mi fa veramente tanto piacere ;v; Vi ringrazio tanto e ne approfitto anche per ringraziare le persone che hanno recensito i passati aggiornamenti e a cui non sono ancora riuscita a dare risposta per colpa della scuola.
Al prossimo capitolo!

CHAOSevangeline

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo Quarto ***


#Capitolo 4
oppure
"I compleanni sono un problema e Minho è un gran bastardo"
 

Thomas conosceva la data del compleanno di solo uno dei suoi due migliori amici e la cosa, per quanto sciocca, pareva renderlo incapace di dormire la notte.
Fortunatamente chiedendo a Minho si era salvato da una figuraccia assicurata: aveva scoperto che Newt compiva gli anni il 14 Febbraio solamente due giorni prima e aveva fatto appena in tempo a trovagli un regalo.
La mattina di quel giorno si presentò a scuola estremamente felice e soddisfatto, e non appena entrò in classe si dedicò subito a cercare l’amico con lo sguardo.
Si avvicinò al proprio banco.
« ‘Giorno, Tommy. »
« Ehi. » rimandò, armeggiando con la zip del proprio zaino. « Ho una cosa per te. »
Gli porse il pacchettino e, concentrato sulle mani di Newt che ancora non lo avevano afferrato, Thomas non fece caso alla sua espressione stupita. Come non fece caso allo sguardo sconvolto di quasi tutti i compagni di classe. Oh, no, ora c’era anche quello dei ragazzi che non avevano realizzato l’accaduto.
Quando il silenzio tombale della stanza gli cadde addosso come una cappa di metallo e Minho – che aveva il viso insolitamente contratto, ma Thomas non ci fece troppo caso –, dall’altro lato dell’aula, si schiarì la voce come per spianargli la strada, Thomas si decise a parlare.
Sul momento non fece nemmeno caso alla decisamente strana contrattura sul volto dell’asiatico.
« Qualcosa non va? » chiese. Non aveva ancora visto il regalo, non poteva aver già deciso che non gli piacesse.
« Ehm. »
Thomas fece caso solo allora al fatto che le gote di Newt si erano arrossate e non ne capì davvero la ragione.
« Se… la cosa ti mette in imbarazzo posso dartelo dopo. »
Se possibile a Thomas parve che il silenzio fosse diventato ancora più pesante.
« No, Tommy. Io… non so come comportarmi. »
« E’ solo un regalo, che c’è di difficile? Ti ho anche scritto un biglietto. »
Thomas si sentiva confuso; era certo che qualcosa in quel momento sfuggisse solo a lui e doveva ammettere che stava iniziando ad avere un dubbio a cui tuttavia preferiva non pensare.
« Aspetta. Oggi è il 14, giusto? » gli chiese, pur essendone già certo.
« … Sì. »
« Ed è il tuo compleanno, vero? »
Newt schiuse le labbra. Rimase immobile, poi chiuse gli occhi, tirò un sospiro e si gettò sulla sedia.
« Sia lodato il cielo. Non avrei saputo cosa fare. » si portò una mano sul petto. « Tommy, è San Valentino. Non so chi sia quel pive che te l’ha detto, ma io non compio gli anni oggi. »
Thomas metabolizzò la cosa in quattro fasi: rimase fermo a fissare il vuoto; guardò il pacchetto; lo fece cadere e poi arrossì fino alla punta delle orecchie proprio come aveva fatto Newt.
Il più grande scoppiò in una risata che voleva rilassare l’atmosfera, più che prenderlo in giro.
« E’ tutto ok, non è successo null- »
Newt cambiò idea, perché dall’espressione di Thomas non pareva affatto che fosse tutto a posto: sembrava pronto ad uccidere, distruggere, disintegrare e polverizzare qualsiasi cosa. O forse solo Minho.
« Maledetto idiota! » gli urlò, mentre i ragazzi che avevano assistito a tutta la scena ridevano e facevano spazio a Thomas per permettergli di attaccare la persona che l’aveva messo tanto in imbarazzo.
« Ti ammazzo, questa volta! »
« Avanti: è stato uno scherzo perfetto, questo lo devi ammettere anche tu! » gli disse mentre dava sfogo alla risata trattenuta fino a quel momento.
« Minho. » questo era Newt, che si era sistemato accanto a Thomas con un’ombra non esattamente rassicurante in viso.
« … Oh merda. »
Se solo il professore non fosse entrato, probabilmente Minho non avrebbe avuto salva la vita.




- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
Non so mai se aggiornare quando il capitolo precedente non riceve recensioni, perché mi sembra brutto e mi impongo sempre di essere paziente, ma considerando che ho visto un incremento dei seguiti e dei preferiti ho deciso di mettere da parte i miei generici complessi per rispettare il mio proposito di essere puntuale.
Al solito, spero che il capitolo vi piaccia e che vogliate dirmi cosa ve ne pare! Intanto ringrazio tutti coloro che hanno iniziato da poco a seguire la storia :3
PS: Mi fa troppo ridere usare sploff per riuscire a scriverlo. Effettivamente Minho avrebbe dovuto dirlo.

CHAOSevangeline

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo Quinto ***


#Capitolo 5
oppure
Thomas è disposto a tutto pur di stare con Teresa, ma è un po' sfortunato.


La scuola di Thomas – che ormai non era più tanto nuova, per lui –, aveva la fama di poter vantare una variegata gamma di festività: c’era il ballo di Natale, la festa di fine anno, la ricorrenza di questo, il festeggiamento di quello e ovviamente non poteva mancare la festa di Halloween.
Thomas aveva notato che molti ritenevano la preparazione dei balli una cosa da ragazze, anche se talvolta la controparte maschile veniva schiavizzata per creare addobbi e appenderli, o per i lavori più pesanti e faticosi, ma con la festa di Halloween tutto era diverso: organizzarla era motivo di orgoglio e pareva quasi che il comitato di quell’edizione fosse in gara contro quello dell’anno precedente.
A Thomas non importava nessuna delle due cose: non voleva né la popolarità, né sentirsi più bravo di qualcuno. L’unico motivo per cui aveva deciso di infilare il biglietto con il proprio nome e la classe nell’urna dove i volontari si sarebbero proposti per aiutare era l’aver scoperto che Teresa faceva parte dell’organizzazione.
Voleva smentire Minho, che gli aveva detto di non essere all’altezza, anche se probabilmente quel piano l’avrebbe portato a distruggere la propria media scolastica in poco tempo, considerando che quella settimana era piena zeppa di test. E lui stava facendo tutto fuorché studiare.
Quando si era presentato a Teresa, Thomas aveva scoperto di essersela immaginata molto diversa dalla realtà: non era snob come credeva, non pensava solo all’apparenza e non parlava con la vocina fastidiosa di molte sue amiche che parevano imparentate con delle oche.
Tutti quei pregiudizi avrebbero dovuto spingere Thomas a lasciarla perdere da subito, ma doveva ammettere di essere rimasto abbastanza colpito dal suo aspetto da voler sorvolare sul piccolo dettaglio di non conoscerla affatto.
O meglio, la vocina buona della sua coscienza – Newt – gli aveva giustamente suggerito di conoscerla e poi di decidere se gli piacesse, ma la vocina cattiva – Minho – aveva argomentato in modo insolitamente efficace per i suoi canoni che, se la reputava – citando le sue parole – gnocca, non c’era nulla di male a provarci subito.
Il fatto che Minho avesse cambiato la propria posizione da “Thomas non sperare nemmeno di provarci con lei” a “Thomas sbavale pure dietro come un cagnolino” avrebbe dovuto confonderlo abbastanza da spingerlo a desistere, ma Minho era uscito da quella battaglia vincitore e nulla lo aveva colpito, se non uno sguardo da mamma orsa in apprensione per i cuccioli scoccatogli da Newt.
Quando era arrivato il giorno della festa, Thomas aveva deciso di fare il grande passo. Aveva trascorso una settimana incontrandosi con Teresa nei corridoi per parlare della festa, l’aveva conosciuta e in più di qualche occasione le aveva offerto un cappuccino nel bar vicino al loro istituto. Si era addirittura vestito da zombie – con somma gioia di sua madre, che l’aveva truccato – giusto per non stonare in coppia con lei, che doveva essere in teoria un’avvenente sposa cadavere.
Aveva fatto tutto questo con grandi propositi, finendo poi con il trovarsi a passare l’intera serata in un angolo nascosto della palestra. Non arrivavano nemmeno i fasci delle luci stroboscopiche che lui aveva montato, in quell’angolo.
Nessuno si allontanava dalla pista da ballo che lui aveva pulito e nemmeno dal buffet che lui aveva comprato, quando era andato a fare la spesa con Teresa quello stesso giorno.
Aveva contribuito a preparare una festa perfetta e ora l’unica persona che non se la stava godendo era lui, perché la ragazza a cui voleva chiedere di ballare aveva già un accompagnatore.
Non sapeva perché, ma si immaginò Minho che gli rideva in faccia dicendogli che lui l’aveva sempre saputo.
Ora che ci pensava, nemmeno l’amico l’aveva cercato, quella sera. Chissà dov’era, forse ad abbuffarsi o a mostrare il travestimento super segreto che non gli aveva voluto rivelare per nessun motivo.
Improvvisamente, Thomas vide una figura sbucare da un angolo della sua visuale. Una figura poco più alta di lui, insolitamente cupa rispetto al solito.
Strinse gli occhi per vederla meglio tra le luci della festa e si accorse che si trattava di Newt.
Aveva i capelli pettinati decisamente bene; avrebbe osato dire che si fosse servito del gel. Con il vestito scuro la carnagione risaltava particolarmente e, stando al lungo mantello nero, Thomas ipotizzò che stesse impersonando un vampiro.
Un classico, ma doveva ammettere che gli donava.
« Allora eri qui. » nonostante la musica alta, quando si avvicinò Thomas sentì che aveva il fiatone. « Ti ho cercato dappertutto. Minho mi ha detto che eri in bagno, in bagno Alby mi ha detto che eri in giardino, e alla fine ho mandato a quel paese quelle teste di caspio e ti ho trovato da solo. »
A quella frase, Thomas sentì qualcosa dentro di sé scaldarsi.
Allora forse non tutti si erano dimenticati che esisteva.
« Mi hai trovato nel posto più impensabile: l’angolo degli sfigati. Non pensavo ci sarei mai finito. »
Newt lo raggiunse, appoggiandosi con le spalle al muro.
« Angolo degli sfigati? Io questo posto lo chiamerei “angolo vuoto dove ci sono solo un paio di sedie e Tommy”. » scherzò. Thomas rise con lui, poi per qualche attimo calò il silenzio.
« Teresa aveva un accompagnatore. »
« L’ho immaginato, quando non ti ho visto ballare con lei. » gli diede una leggera pacca sulla spalla. « Quando te l’ha detto? »
« L’ho scoperto io, più che altro. Ero così convinto di poterle chiedere stasera di ballare che non ho pensato di prenotarmi prima. »
Newt rimase in silenzio e Thomas capì che, come reazione dell’amico, si sarebbe potuto aspettare che si sbattesse una mano in faccia o che gli dicesse che era un idiota. Non avrebbe potuto biasimarlo in nessun caso.
Con sua enorme sorpresa, Newt non fece niente del genere.
« Beh, forse stasera capirai che non devi per forza essere con una bella ragazza per essere felice. » distolse lo sguardo, come se cercasse qualcuno. « Sempre che tu non sia come Minho, per lui è fondamentale che ci sia una bella ragazza per essere più felice del normale. »
Thomas si lasciò sfuggire una risata genuina, che lo strappò almeno in parte dal torpore della delusione.
« Già, decisamente posso divertirmi anche in compagnia di un avvenente vampiro. » scherzò, senza malizia. « Com’è che a te non hanno chiesto di ballare? »
Per un attimo gli parve quasi che Newt fosse imbarazzato, ma era così sicuro di aver chiarito abbastanza cose dopo l’equivoco di San Valentino che non pensò nemmeno avesse frainteso le sue parole.
« Perché l’avvenente vampiro non aveva voglia di ballare e preferiva fare compagnia al suo amico zombie. » Newt si staccò dalla parete, impiegando qualche attimo prima di voltarsi di nuovo verso di lui. « Andiamo sul tetto? Mi sembra che questa canzone sia passata almeno altre cinque volte e sto cominciando ad annoiarmi. »
Thomas annuì senza pensarci troppo, convinto che prendere una boccata d’aria gli facesse decisamente meglio che stare lì a osservare occasionalmente Teresa.
Non fece nemmeno caso al fatto che Newt era stato lontano dalla palestra abbastanza a lungo da non aver potuto sentire assolutamente quella canzone ripetersi.
E, ancor di meno, gli passò per la testa l’idea che Newt volesse semplicemente vederlo un po’ più lontano da Teresa.



- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
Finalmente riesco ad aggiornare!
Purtroppo la scuola mi uccide e per questo chiedo scusa alle persone che mi hanno lasciato una recensione e a cui, però, non sono riuscita a rispondere.
Ne approfitto qui per ringraziarvi. Davvero, vi ringrazio tantissimo per tutto il supporto che mi avete dato con l'uscita dello scorso capitolo e ringrazio anche tutti coloro che stanno seguendo la storia ;_;
Ora le cose stanno iniziando a farsi un po' più "piccanti", almeno dalla parte di uno dei due.
Spero come sempre che il capitolo vi piaccia e che vi vada di dirmi cosa ne pensate, intanto vi saluto <3

CHAOSevangeline

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo Sesto ***


#Capitolo 6
Oppure
“Convivenza, prima parte.
Thomas desidera decisamente qualcosa, ma non lo vuole ammettere.”
 

Studiare era qualcosa che Thomas faceva soprattutto per sopravvivenza. Alcune materie gli piacevano e le imparava perché si divertiva, altre le studiava solo per avere un voto decente.
In alcuni casi, però, nemmeno quell’impegno pareva bastare e il fatto che avesse trascurato la scuola per dedicarsi alla famigerata festa di Halloween non aveva aiutato; si ritrovava a non capire nulla in un paio di materie e non era certo che studiare in modo folle da solo avrebbe aiutato.
Newt si era fortunatamente rivelato l’angelo pronto a salvarlo da un voto disastroso che decisamente avrebbe intaccato la sua autostima e soprattutto la sua media.
Il piano era tornare insieme da scuola il venerdì, pranzare, fare una piccola pausa e poi studiare. Se fosse avanzato tempo sarebbero usciti, poi Thomas avrebbe cenato e dormito lì, e il giorno seguente una seconda fase di studio intensivo avrebbe decretato se la notte gli aveva portato abbastanza consiglio da renderlo in grado di fronteggiare l’infernale selezione di esercizi che Newt aveva operato solo per lui.
Per la domenica non avevano piani, ma era certo che se la loro sessione di studi fosse andata a buon fine non avrebbero faticato a trovare qualcosa con cui impegnare il giorno rimanente.
Thomas sapeva che se avesse fatto un simile programma con Minho tutto sarebbe andato a monte, che avrebbero passato l’intero sabato pomeriggio fuori e il rimanente tempo a guardare film. Quasi certamente non avrebbero dormito e la presenza di Minho non gli garantiva nemmeno che sarebbe rimasto sobrio, ma si fidava ciecamente dell’essere ligio al dovere di Newt e per questo non pensò neanche lontanamente che il loro programma sarebbe stato intaccato.
Dopotutto avevano la casa libera dai parenti – e un po’ aveva sperato che lo invitasse da lui per questo, perché si sentiva stranamente in colpa a saperlo a casa da solo –, quindi nessuno in grado di interromperli.
Quando la mente di Thomas elaborò quel pensiero, dopo aver finito di apparecchiare la tavola per dare una mano a Newt, si sentì in obbligo con sé stesso di aggiungere subito che un possibile parente avrebbe potuto interromperli mentre studiavano. Non mentre facevano altro. Che avrebbero potuto fare? Si sentì ulteriormente costretto ad aggiungere, subito dopo quell’idea, che la possibile opzione oltre allo studio sarebbe stata guardare un film.
Decisamente sarebbe stato seccante che un parente di uno dei suoi migliori amici lo interrompesse mentre distruggeva con commenti sarcastici la scena clou di un film insieme al suddetto, ma altrettanto decisamente una simile situazione non avrebbe suscitato lo stesso grado di imbarazzo che la sua mente aveva elaborato.
Thomas iniziò a pensare diverse cose. La prima, che la sua mente stesse iniziando a non volerlo più come padrone e gli stesse giocando brutti scherzi giusto per divertimento; la seconda, che forse i suoi ormoni erano abbastanza in subbuglio da confonderlo.
Magari stava pensando prima a una bella ragazza e subito dopo aveva ricordato di trovarsi in quella stanza con Newt, così il pensiero di essere sorpreso dai genitori di una bella ragazza nella stanza di Newt mentre studiavano era nato spontaneamente.
O forse aveva pensato di essere sorpreso mentre nella stanza di una bella ragazza baciava Newt?
Thomas tossì abbastanza forte, come se fosse necessario a coprire il serpeggiare già silenzio della sua mente in quel groviglio intricato di pensieri, o fantasie, o non sapeva come definirli.
L’unica cosa che la sua azione suscitò fu il voltarsi di uno Newt dall’aria vagamente confusa.
« E’ tutto a posto, Tommy? »
L’ultima cosa che voleva in quel momento era che Newt lo guardasse, perché sentiva le guance andare a fuoco ed era certo che i suoi occhi stessero facendo quella cosa fastidiosa che facevano quando era in imbarazzo, ovvero guizzare da una parte all’altra per controllare la persona che lo metteva a disagio, convinti però di non essere notati.
« Sei in imbarazzo? »
Newt gli era piaciuto subito per la sua perspicacia, perché lo capiva meglio di molti suoi altri compagni di classe, ma in quel momento desiderava che diventasse stupido, solo per cinque minuti.
« Ma no! »
E se il suo tono doveva suonare rassicurante, finì solo con il parere abbastanza sarcastico da convincere Newt di ciò che gli aveva appena chiesto.
Fa che non lo noti, fa che non lo noti.
« Sei in imbarazzo. »
Il più grande abbandonò per un attimo la propria vigile postazione al lato del forno, decidendo che i panini caldi che stava preparando non si sarebbero carbonizzati se si fosse concesso un paio di minuti di distrazione, e si sedette sulla sedia che, intorno al tavolo quadrato, era sistemata di fronte al lato adiacente a quello dove si trovava Thomas.
« Newt, davvero… »
« Sai che puoi dirmi tutto! Non voglio passare la cena completamente in silenzio perché so che sei a disagio per qualche motivo. »
Thomas si morse il labbro. Se glielo chiedeva in quel modo gli veniva quasi voglia di dirgli ogni cosa, ma non poteva.
Con quella convinzione nella mente decise di trovare una scusa, ma come la sua mente poco prima era stata colma di idee, in quel momento decise di svuotarsi completamente e rimase a guardare il vuoto imbambolato.
« Ok, sto iniziando a preoccuparmi. » Newt parve voler scongiurare l’apprensione stessa, con quella frase. « Teresa ti ha detto qualcosa? »
Thomas non sapeva perché, ma Newt gli parve quasi protettivo con quella frase. Ma era meglio che lasciasse stare Teresa: era solo una variabile in più di cui preoccuparsi.
« No! No… è solo che pensavo, insomma… » Improvvisamente l’idea, l’illuminazione, la salvezza. « Che mi stai preparando la cena, e Minho ha fatto delle battutine idiote sul fatto che tu fossi la mia mogliettina, visto che sapeva che mi avresti preparato da mangiare. »
Thomas decise di essere insensibile, di non pensare al fatto che avrebbe dovuto salvare Minho da un cazzotto per la sua presunta offesa alla virilità di Newt; di quello se ne sarebbe occupato in seguito.
Stando all’espressione del più grande, Thomas si convinse che non fosse la prima volta che Minho diceva una cosa del genere, però era certo di non essere stato in grado di decifrare appieno il suo sguardo.
Pareva quasi… deluso dalla ragione del suo imbarazzo.
« Thomas, se ti do davvero l’impressione di essere tua moglie posso darti una sana dimostrazione del mio amore mettendoti a mangiare fuori. » il ragazzo si alzò, sbuffando e colpendo con un leggero schiaffo la testa dell’amico. « Così impari a dare retta a Minho. »
Thomas si strinse nelle spalle come un bambino che sa di essere stato sgridato fin troppo poco per la marachella che ha combinato, e quando Newt raggiunse di nuovo il forno per servire finalmente la loro cena più che spartana, Thomas ne approfittò per estrarre il cellulare dalla tasca dei jeans con fare furtivo.
Minho ti prego. Ti scongiuro. Qualsiasi cosa tu possa decidere di fare lunedì a scuola, evita Newt come la peste fino al mio arrivo.
Ho combinato un casino e fino a quando non troverò una scusa migliore sarà tutta colpa tua. Ti spiegherò meglio quando lui non sarà nei paraggi.
Era forse il messaggio più lungo che inviava, e forse anche il più pericoloso.
Probabilmente Minho aveva il telefono in mano, perché gli vibrò nella tasca a distanza di pochi secondi, producendo un chiasso che per Thomas risultò essere quasi assordante.
« Tommy, giusto perché tu lo sappia, quando ho avuto un motivo per farla pagare a Minho non mi è mai sfuggito. Perciò non sprecare le tue energie cercando di proteggerlo. »
Newt lo disse nella più totale ingenuità, completamente all’oscuro del messaggio che Thomas aveva appena inviato al malcapitato amico.
Però, questo, Thomas non lo sapeva. E sentire le proprie azioni predette da Newt, che girato di spalle non l’aveva nemmeno lontanamente visto digitare il messaggio, gli fece venire voglia di chiedere a Minho di venirlo a salvare dal ragazzo che pareva vantare doti di chiaroveggenza.
Sperava che non leggesse anche nella mente, o quel soggiorno a casa sua sarebbe decisamente divenuto imbarazzante.


- - - - - -
Infinitamente in ritardo come non ero da un po', grazie a questa storia. Purtroppo la scuola porta sempre via troppo tempo.
Spero come sempre che il capitolo vi piaccia e ringrazio tutti quanti per aver commentato, messo tra le seguite o preferite la storia!
Mi supportate tanto in questo periodo dove la voglia di pubblicare su EFP scarseggia <3

CHAOSevangeline

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo Settimo ***


#Capitolo 7
Oppure
“Convivenza, seconda parte.
I film sono decisamente complici del male.”
 

Newt aveva la sensazione che l’imbarazzo della sera precedente non li avesse mai abbandonati davvero; aveva sdrammatizzato, aveva minacciato Minho perché tutto sembrasse d’ordinaria amministrazione, ma Thomas gli era parso sempre distante.
L’unico momento durante il quale Newt non aveva avuto quella sensazione era stata la mattina, trascorsa a studiare gli ultimi appunti e a testare le conoscenze che teoricamente Thomas doveva aver acquisito il giorno prima.
Decisamente il loro studio intensivo aveva funzionato e decisamente si sarebbero potuti concedere la sera libera, magari guardando uno di quei film idioti che Thomas si era premurato di portare con sé il giorno prima.
Una seconda sensazione che Newt provava frequentemente, era quella pungente e subdola che i suoi amici fossero convinti che lui non sapesse come divertirsi. Quanto impegno avrebbe richiesto trovare un film che non solo lui reputasse spiritoso? Davvero poco, eppure nessuno sembrava volersi fidare.
Il problema era che non appena Newt cercava di dimostrare loro quanto anche lui fosse simpatico, ogni sua frase, ogni suo tentativo sembravano diventare terribilmente forzati e la situazione si rivolgeva ancor di più contro di lui.
Sebbene gli fosse parso completamente assorto da qualcos’altro, o per meglio dire più interessato a trovarsi altrove piuttosto che a stare lì con lui, Thomas era stato in grado di salvarlo da una di quelle situazioni scomode che si sarebbe certamente andata a creare, se solo avesse finito la battuta che aveva cercato di proporre all’amico.
Newt non era un tipo permaloso, ma quel weekend sembrava essere capace di portarlo a essere ciò che non era mai. Certo, non che fosse riuscito a renderlo simpatico.
La sua momentanea irritabilità comunque si stava palesando mentre teneva le braccia incrociate al petto, seduto sul divano in attesa che Thomas inserisse il dvd nel lettore – già, non solo non gli aveva lasciato scegliere il film, ora nemmeno voleva che lo facesse partire.
Se c’era una cosa che però Newt non avrebbe nemmeno provato a fare, era tenere il broncio a Thomas; avrebbero dovuto privarlo della sua sanità mentale perché ci riuscisse.
Quando l’amico andò ad accomodarsi sul divano, il padrone di casa era già tornato più che sereno.
Non ci volle molto perché l’atmosfera si alleggerisse di nuovo e Thomas tornasse ad essere il solito Tommy di sempre, quello che pareva completamente assorbito da tutte le situazioni che viveva con Newt.
Nella mente di quest’ultimo balenò addirittura l’idea di rintracciare i registi del film per ringraziarli di aver permesso al loro sabato sera di smettere di essere tanto smorto quanto aveva promesso di essere fino a poco prima.
La prima metà del film continuò più o meno sempre allo stesso modo: una scena, Thomas rideva e la commentava, Newt rideva più per le sciocchezze che l’amico si inventava e poi i ruoli si invertivano. Newt era convinto che Thomas stesse ridendo per le scene, non tanto per ciò che diceva lui, ma la verità era che Thomas lo stava trovando più che simpatico.
Non evitarono di fare nemmeno una battuta, fino a una scena fatidica. Solo quella fece decidere a Newt che non avrebbe rintracciato i creatori del film per ringraziarli.
Decisamente l’imbarazzo era tornato, decisamente Newt lo sentiva troppo e temeva che le proprie guance stessero diventando rosse. Altrettanto decisamente, tutto ciò non sarebbe dovuto accadere.
Newt difendeva sempre la propria maturità, quindi non aveva senso che vedere i due protagonisti baciarsi per una scommessa suscitasse in lui chissà quale senso di imbarazzo.
« Quel ragazzo è coraggioso. » asserì soltanto, sperando che fosse nuovamente Thomas a fare in modo che l’atmosfera si alleggerisse.
« Già. Anche se non penso sia una cosa poi così impossibile. Trovare il coraggio per una cosa del genere, intendo. »
Newt capì in quell’istante che qualsiasi parola fosse uscita dalle labbra del suo migliore amico non sarebbe assolutamente servita ad alleggerire un bel niente. Perché? Perché il suo cervello si stava divertendo a fargli notare una cosa a cui aveva già fatto caso diverse volte, ma a cui non aveva dato peso riconoscendo che spiegarla si sarebbe potuto rivelare scomodo; quando Thomas parlava, Newt ne approfittava per guardargli le labbra.
Inizialmente aveva creduto che fosse una cosa insensata e involontaria, poi aveva cominciato a notare che quando si riprendeva da quella momentanea trance qualche pensiero poco consono si era fatto strada nella sua mente.
Il vero problema non era che le labbra che tanto gli piacevano fossero di un lui, quanto piuttosto che fossero di Thomas. Lo stesso Thomas che ormai era il suo migliore amico. Quel Thomas che era cotto senza probabili possibilità di recupero di Teresa Agnes.
Per questo continuava a dire a se stesso che forse quei pensieri non volevano dire che Tommy gli piaceva, e quel forse serviva solo a fargli credere di non trovarsi in una pessima situazione.
« Non che ci debba volere poi tutto questo coraggio, eh. Ci sono cose che ne richiedono decisamente di più. »
Newt si accorse che Thomas era ancora impegnato in quel soliloquio che stava confermando tutto fuorché il fatto che secondo lui ci volesse davvero poco fegato, per baciare un amico.
« Se ci vuole così poco coraggio, perché non lo fai anche tu? »
Newt si accorse solamente dopo aver parlato di ciò che aveva detto, ma quelle parole erano uscite dalle sue labbra con un tono tanto di sfida da non far sembrare che il suo vero desiderio fosse ricevere un bacio, quanto piuttosto mettere alla prova Thomas.
« Eh? »
Thomas sbatté gli occhi e Newt ebbe la sensazione di aver completamente sbagliato la propria mossa, ma ormai era troppo tardi per tornare indietro: tanto valeva fingere che la cosa non lo toccasse.
« Dici che non ci vuole poi così tanta audacia, ma sono certo che tu non avresti le palle di farlo: troppa paura che Minho ti scopra e ti prenda in giro. »
Con quelle parole, che Newt aveva usato unicamente per difendersi, fece infuocare l’animo di Thomas. Un po’ per l’orgoglio, un po’ per un qualcosa che anche l’altro preferiva non spiegare.
« Scommettiamo? »
Il cuore di Newt perse un battito, ma il ragazzo non distolse lo sguardo.
«  Scommettiamo. »
Ebbe solo pochi secondi per rendersi conto che Thomas si stava avvicinando con troppa decisione perché potesse fermarsi.
Lo baciò, e Newt volle dimenticare che la loro era solamente una scommessa.
Mosse timidamente le labbra contro quelle di Thomas, che non si stava comportando come se quello fosse solamente un bacio che era stato costretto a dare.
Mentre ancora lo baciava, Newt ebbe la sensazione che quegli attimi fossero infiniti e la cosa non gli dispiacque. Quando il ragazzo si staccò, invece, gli parve che fosse durato tutto troppo poco.
«  Beh… wow. » mormorò Newt.
Entrambi si lasciarono sfuggire una risata impacciata, le guance di Thomas si imporporarono e si passò una mano tra i capelli corti, cercando di dissimulare l’imbarazzo.
Quando entrambi si resero conto che, date le motivazioni che li avevano portati a quel contatto, non si sarebbero dovuti comportare così, parvero tornare con i piedi per terra.
Thomas si schiarì la voce, Newt invece si alzò in piedi.
« Abbiamo… finito le patatine, vado a prenderne altre! »
Thomas annuì, fin troppo energicamente.
« Hai ragione, ti do una mano! » lo guardò, vagamente spaesato. « Anzi no, no è meglio che ti aspetti qui. »
Newt gli fece un leggero cenno e dopo aver abbozzato un vago sorriso si rintanò in cucina, dove aveva intenzione di rimanere per un po’.
Si sfiorò le labbra con due dita, per poi passarsi le mani sul volto.
Era una delle migliori scommesse che avesse mai proposto, ed era un po’ troppo felice di essersi accorto del fatto che, per Thomas, non sembrava essere stata una semplice sfida.


--------------
Questo capitolo è decisamente meno ironico del solito e non fa poi così tanto ridere, ma considerando l'avvenimento intorno a cui ruota ho pensato che renderlo eccessivamente esilarante gli avrebbe fatto perdere molto.
Che dire? Finalmente sono arrivata a scrivere questa parte e insolitamente sono anche vagamete felice di come sono riuscita a renderla!
Come al solito, vi ringrazio tutti per aver commentato e messo la storia tra le seguite o le preferite. Come ci tengo a ribadire ogni volta che aggiorno non mi perdo niente di ciò che mi scrivete, ma ho pochissimo tempo per rispondere ;__;
Grazie a tutti <3

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo Ottavo ***


#Capitolo 8
Oppure
“La convivenza è finita, ma i problemi no.”
 

Da quando Thomas era tornato a scuola dopo il travolgente weekend a casa di Newt, aveva avuto la costante sensazione di essere osservato: gli sembrava che Newt lo fissasse, come volendogli chiedere spiegazioni; gli sembrava che Minho facesse lo stesso, convinto che gli stesse – stessero, perché alla fine lui e Newt erano complici in quel “misfatto” – nascondendo qualcosa; gli pareva che Gally lo fissasse, ma probabilmente lui lo faceva solo perché lo odiava e, per finire, condiva la situazione già apparentemente non peggiorabile sentendosi addosso gli occhi di tutti i compagni di classe.
Razionalmente era ovvio che almeno gli ultimi fossero all’oscuro di tutto e, volendo esaminare la situazione in modo attento, era poco possibile anche che Minho avesse intuito qualcosa: era convinto, anzi meglio, sicuro, certo, certissimo di essersi comportato con l’amico sempre allo stesso modo così da non destare sospetti di alcun genere.
Gli unici due elementi che finivano con il rimanere ancora in lista erano quelli che forse avrebbe preferito venissero esclusi per primi: dopotutto i suoi compagni di classe lo trattavano bene e Minho, in qualche modo, lo si poteva gestire.
Invece no, gli era rimasto Gally che era capace di farlo innervosire come nessuno e Newt, lo stesso ragazzo che sapeva metterlo in difficoltà solamente aprendo bocca per salutarlo.
Forse sarebbe stato capace di liberarsi anche di uno degli ultimi problemi facendoci a pugni nel parcheggio della scuola, come stava per accadere durante l’assemblea di classe.
Lui e Gally si erano sempre ignorati, o meglio, avevano sempre cercato di farlo anche se non si erano piaciuti fin dall’inizio. Thomas però non era un attaccabrighe e, pur essendo compensato perfettamente dal suo antagonista, quest’ultimo pareva non aver mai avuto nessuna occasione valida per costringerlo ad arrabbiarsi davvero.
Non che il sottile filo di pace instauratosi tra i due fosse stato spezzato da chissà quale avvenimento: Gally aveva detto qualcosa di totalmente inutile e Thomas si era detto in disaccordo, un attimo dopo erano sul pavimento a cercare di sfigurarsi a vicenda.
Escludendo anche Gally dai propri problemi grazie all’eccessivo ottimismo, rimaneva Newt, a cui doveva – insieme a Minho – la sanità della propria faccia, che era stata raggiunta solo di striscio da un pugno di cui per altro non portava nemmeno i segni.
L’ultimo giorno trascorso a casa di Newt era stato tranquillo, forse troppo: anche se all’inizio non avevano avuto il coraggio di parlare come facevano di solito, un piccolo incidente domestico – leggesi: lavandino rotto e conseguente allagamento della cucina – era riuscito a farli trovare seduti uno accanto all’altro contro una delle ante dei mobili della cucina, ridendo per l’acqua che aveva deciso di fermarsi solo quando era riuscita a infradiciare entrambi.
Poi Thomas aveva messo piede fuori da casa sua e tutto era andato a rotoli: anche se a scuola si comportavano come se nulla fosse, nessuno dei due parlava dell’accaduto e Thomas sentiva tensione. Tanta, troppa tensione.
Per qualche giorno aveva pensato che fosse solamente uno scherzo del proprio cervello, che non stesse accadendo davvero qualcosa, ma poi aveva notato che lui e Newt non riuscivano più a guardarsi negli occhi, proprio come se entrambi avessero avuto la coscienza sporca. O forse, più semplicemente, come se entrambi avessero avuto bisogno di parlare di qualcosa che però non riuscivano a tirare fuori.
Thomas si riprometteva ogni mattina, appena varcato il portone dell’atrio della scuola, di parlare con Newt e ogni volta, al suono dell’ultima campanella della giornata, usciva dalla stessa porta e si diceva che sarebbe stato in grado di farlo il giorno dopo.
Continuò così per due settimane e probabilmente non avrebbe smesso tanto facilmente, se solo un’informazione, una svolta, non fosse giunta alle sue orecchie grazie a Chuck, che seppe rivelarsi un insolito messaggero.
Thomas non aveva mai parlato moltissimo con Chuck, quel ragazzino paffutello che alle volte si era dimostrato irritante standogli appiccicato, ma non era cattivo, anzi: molto meglio di Gally sicuramente, e bastava solo quello per entrare nelle grazie dell’ormai non più nuovo arrivato.
Si erano presentati per sbaglio in corridoio, e Thomas non voleva sapere come Newt lo conoscesse: probabilmente per i suoi agganci, ma riflettere su una cosa del genere avrebbe implicato concentrarsi eccessivamente su Newt, cosa divenuta ormai problematica quanto lo era stato in passato pensare a Teresa quando l’avrebbe solamente dovuta allontanare dai propri pensieri.
« Thomas, Minho mi ha detto di venirti a chiamare! »
Chuck esordì come se fosse stato incaricato di chissà quale compito; la verità era che Minho alle volte era davvero un approfittatore e sfruttava l’ammirazione che il più piccolo nutriva per i ragazzi con qualche anno in più per fare meno fatica.
Sfortunatamente, Thomas in quel momento non sarebbe stato dell’umore per parlare con nessuno e chiuse il proprio armadietto sbattendolo con forse un po’ troppo vigore. Era anche quasi del tutto certo di aver ruotato poco educatamente gli occhi, prima di rivolgersi al ragazzo. Già, forse anche lui ogni tanto faceva il gradasso, con i più piccoli.
« Per andare dove? »
« In classe! » Chuck non parve essersi accorto della sua reazione, e fu decisamente meglio così. « Sta succedendo qualcosa di grosso. »
Improvvisamente Thomas lasciò perdere anche il fatto di non avere voglia di doversi sorbire altri problemi e pensò solo al fatto che, inevitabilmente, avrebbe dovuto farlo.
Perché Minho si cacciava sempre nei guai? Doveva semplicemente fare la coda in coda alla mensa per prendersi qualcosa da mangiare.
Thomas si avviò di gran carriera verso la propria aula con Chuck dietro di sé.
Arrivato davanti alla porta, aveva già ricevuto una spiegazione sommaria di ciò che stava succedendo e compreso fin troppo bene che per una volta Minho non aveva fatto assolutamente nulla.
Thomas era ormai sicuro, per via di tutto ciò che era accaduto da quando era arrivato, che ci fosse un qualche problema di fondo, in quella scuola: era inverosimile che una volta superato uno scoglio se ne presentassero come minimo altri tre pazientemente in fila ad aspettare il proprio turno per dargli noia.
Aveva superato le difficoltà scolastiche, l’avere una brutta cotta per Teresa – e in che modo poi, sostituendola con pensieri più problematici –, il disastroso inizio della propria festa di Halloween che l’aveva fatto sentire rifiutato e poi – sempre per colpa di quella scuola, ne era certo –, si era trovato in una nuova, pessima situazione con Newt.
No, sfortunatamente la pessima situazione non era il bacio.
Quando mise piede in classe, vide colui che di recente ossessionava i suoi pensieri camminare con nervosismo. Era palesemente arrabbiato.
Troppo arrabbiato.
Esageratamente arrabbiato.
La testa di qualcuno poteva fumare? Perché era certo che quella di Newt lo stesse facendo, e per un attimo Thomas pensò che non sarebbe stato capace di dire che un forcone nella mano del ragazzo e un paio di corna rosse sulla sua testa sarebbero state un’allucinazione.
Minho, come al solito, rideva, perché Minho non capiva mai quando era il momento di evitare di ridere.
« Minho, vuoi morire? »
« Potrei dargli una mano a farti del male. » Thomas spalleggiò Newt, avvicinandosi.
Ebbe come la sensazione che la sua ira si fosse placata, nel vederlo, ma non si illuse e soprattutto non disse nulla in merito.
Minho si finse sorpreso.
« E’ la prima volta che vi vedo così affiatati dopo settimane, ma non vi chiederò ora quale fosse il problema. »
Sia Newt che Thomas sfoderarono uno sguardo sulla difensiva, ma entrambi giunsero alla conclusione che, probabilmente, Minho aveva parlato senza pensare, come sempre.
Capendo che parlando con lui non avrebbe scoperto nulla e che anzi avrebbe rischiato di arrossire e di sprofondare in un baratro ancora peggiore, Thomas si rivolse a Newt.
« Chuck mi ha raccontato tutto », cominciò. « Chi ha deciso che proprio io devo fare quella parte?! Non so nemmeno recitare! »
Sì, il problema era una maledetta recita.
Thomas, iscrivendosi alle scuole superiori, aveva creduto che si sarebbe per sempre liberato di quell’incomodo. Per una volta era stato troppo ottimista.
« Tu, tu! » Newt gli rispose ripetendo quella semplice parola per due volte, come se il concetto non fosse stato abbastanza chiaro e sorprendente. « Chi è il genio che ha detto a Teresa che avrebbe volentieri recitato nei panni di Romeo, qualche tempo fa, quando lei ti ha parlato di un’ipotetica recita? Circa quando preparavate la festa di Halloween e lei ti ha amorevolmente spiegato che tra le mille usanze… » Dalle sue labbra sarebbe uscita un’imprecazione, ma da come guardò Chuck sembrò come colto da un raptus di maturità che lo spinse a tenere il linguaggio scurrile lontano dal ragazzino ancora per un po’. « … Sciocche, della nostra scuola, ci fosse anche uno spettacolo. Un maledetto spettacolo annuale per cui tu sei stato scritturato! »
Thomas rimase in silenzio, mentre Newt riprendeva a camminare nervosamente.
In condizioni normali, si sarebbe certamente innervosito e avrebbe risposto per le rime, ma era abbastanza sicuro di non voler litigare e, anche, del fatto che effettivamente fosse abbastanza colpa sua.
Di per sé, comunque, quella parte della storia non sarebbe dovuta essere poi così preoccupante: Thomas avrebbe dovuto recitare, controvoglia sì, ma non era niente di esageratamente insopportabile.
Un po’ di più lo preoccupava il fatto che, tra quelle mura, proporsi senza alcuna certezza per qualcosa si traducesse in aver dato una conferma e, maggiormente, l’idea che la preoccupazione del suo amico volesse dire che non c’era modo di avere scampo.
« Io te l’avevo detto, che Teresa era una serpe. » puntualizzò Minho, volendo ricordare i primi tempi in cui aveva cercato di far desistere Thomas dalla propria opera di conquista.
Peccato solo che, poi, tu fossi più che a favore, pensò il ragazzo, irritato.
« Ascolta Newt, ne verremo fuori. » cercò di essere rassicurante, annullando per un attimo la presenza di Minho e Chuck dalla propria mente, deciso a dare una mano a Newt che aveva indubbiamente bisogno di lui per calmarsi.
Con uno sbuffo, l’altro parve allontanare un po’ di rabbia.
« Solo, posso chiederti una cosa? »
Con un cenno del capo, Thomas capì di avere la parola.
« Perché hanno dato proprio a te la parte di Giulietta? »



--------------
Mi piacerebbe tanto essere più rapida ad aggiornare, sfornare un capitolo alla settimana come minimo e postarlo, ma sfortunatamente in questo periodo l'ispirazione si presenta saltuariamente.
Sono felice di aver provocato una buona dose di fangirling con il mio scorso aggiornamento e... non so che aspettarmi come reazione a questo, sinceramente: effettivamente può sembrare un po' no-sense, ma poi tutto verrà spiegato!
Il capitolo è un po' di passaggio, anche se non credevo l'avrei mai detto considerando che ognuno era un "episodio" a sé: questi ultimi capitoli sono abbastanza legati gli uni agli altri per via di ciò a cui stiamo andando incontro (non spoilero nulla, però <3).
Che dire, ora che ho lasciato libera per un po' la mia parlantina (come mai avevo fatto, nelle note di questa storia) vi ringrazio tutti, come al solito! Sono davvero contenta che questa... cosina vi stia piacendo e vi strappi qualche sorriso!

CHAOSevangeline

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo Nono ***


#Capitolo 9
Oppure
“Si va in scena… o forse no.”
 
 
« Oh, Romeo, Romeo, perché sei tu Rome-… Tommy, finiscila di ridere! »
Si trovavano in una situazione così assurdamente tragica, che l’unica cosa che Thomas poteva fare era ridere.
Per diversi giorni aveva giurato a sé stesso che al momento delle prove non avrebbe riso in faccia a Newt, ma quando aveva cominciato ad abituarsi – o meglio, rassegnarsi – all’idea che quei ruoli toccassero proprio a loro due non aveva potuto far altro che prendere la cosa con quanta più filosofia possibile.
Certo, non che la parte difficile fosse sua: non era lui a recitare nei panni di una donna, dopotutto.
Dato il paradosso in cui lui e Newt si erano trovati, Thomas aveva cercato di rassicurarlo dicendogli che di certo non avrebbero dovuto preoccuparsi, che sarebbe stato deciso qualcun altro per interpretare dei personaggi tanto conosciuti come Romeo e Giulietta; magari alla fine dell’anno sarebbe stata una coppietta felice ad esibirsi sul palco, e non loro due.
Si erano però dovuti ricredere quando avevano scoperto che il progetto di teatro era stato affidato a un professore esageratamente progressista, che aveva preso decisamente a cuore l’idea che Giulietta venisse interpretata da un ragazzo.
Non che Thomas avesse qualcosa contro ciò che l’insegnante professava, anzi, ma sentirlo tanto convinto di dare un enorme contributo alla civiltà aiutando un ragazzo – che per altro nemmeno voleva – a interpretare un personaggio femminile, lo spingeva a sorridere.
E a non fermarsi più.
« Va bene, facciamo una pausa. Thomas, mancano tre giorni allo spettacolo, quindi vedi di smetterla di ridere in faccia a Newt: ci vuole coraggio per fare ciò che sta facendo lui! »
Il professore rimproverava sempre Thomas per quella che probabilmente veniva vista come una mancanza di tatto nei confronti di Newt, che ora si apprestava a scendere l’improvvisata scala usata come scenografia.
Non appena il professore ricevette un cenno d’assenso compunto solo per finta, si allontanò.
« Tommy, se mi ridi ancora in faccia non so se eviterò di colpirti con una scarpa », lo rimproverò Newt prima di incrociare le braccia al petto.
« Oh no Giulietta, non colpirmi con la tua scarpa! »
Giulietta che si arrabbia con Romeo e lo colpisce con una scarpa era per Thomas una cosa decisamente divertente, ma ormai non sapeva più cosa potesse non esserlo.
Un po’ meno divertente fu il pugno – seppur leggero – con cui Newt lo colpì al braccio.
« Smettila, hai iniziato ad avere lo stesso umorismo idiota di Minho », borbottò.
Thomas che scherza è un avvenimento decisamente singolare, quasi da annuario, ma mettendosi un po’ nei panni di Newt è facile capire quanto in un momento simile la cosa possa passare in secondo piano. Per questo Thomas decise di smetterla di prenderlo in giro.
« Scusa, ma alle volte fai delle espressioni così infastidite mentre recitiamo che non posso evitare di sorridere », si giustificò. « Se poi penso che il professore ha considerato il fatto che tu sia qui come un coming out-… »
No, era inutile. Non riusciva in nessun modo a smettere di punzecchiare Newt.
« Attento, io potrei dire che tu con me hai già fatto coming out. »
Improvvisamente Thomas divenne serio e le guance avvamparono con così tanta forza da fargli desiderare di nascondersi.
Sapeva fin troppo bene a cosa si riferiva Newt e se solo non avessero stentato tanto a parlarne, quasi certamente avrebbe ribattuto con prontezza.
Si accorse che anche il sorriso sornione sul volto dell’amico era sparito; probabilmente anche lui si era reso conto di aver toccato un tasto dolente.
« Questo è sleale. Ti ho baciato solo per colpa di una scommessa. »
In parte stava mentendo. Ma solo in parte, si ripeté nella testa.
« E tu sei sleale a prendere in giro me, che sono stato incastrato », puntualizzò Newt.
Vincere contro di lui a parole era impossibile; sapeva sempre cosa dire per smontare i ragionamenti di Thomas e, dopotutto, lui non opponeva alcuna resistenza.
« A proposito », cominciò proprio Thomas. Cambiare discorso era la cosa migliore: se si fosse ricordato troppo a lungo di quel bacio, recitare con Newt sarebbe diventato ancor più imbarazzante, e lui era riuscito troppo bene a non pensare a cosa sarebbe accaduto, a cosa avrebbe detto tutta la scuola e a quanto qualche idiota li avrebbe presi in giro, come già facevano alcuni elementi come Gally.
Gli sarebbe piaciuto scoprire cosa ci fosse stato per Newt dietro a quel bacio, però.
« Sì? »
« Ancora non mi hai spiegato come hanno fatto a incastrarti, di preciso. »
La seconda arma di Newt, per essere certo di vincere, era chiudersi a riccio, come decise di fare in quel momento.
« E’… una storia troppo lunga », si affrettò a dire. « Vado a mangiare prima di dover tornare su quella maledetta scala. »
Thomas rimase a fissarlo mentre si allontanava: il suo unico pensiero fu che si trattasse di una storia davvero troppo imbarazzante per essere rispolverata.
 
Era la sera dello spettacolo e Thomas voleva essere dovunque fuorché lì.
Mancava meno di un quarto d’ora all’alzata del sipario e lui era già pronto, contro ogni aspettativa – di solito truccatori, stilisti e attori sono sempre di corsa prima di andare in scena, glielo avevano insegnato i film. L’unica cosa che aveva tralasciato era il trovarsi nell’aula magna della scuola, dove c’era spazio per forse cento persone, e non in un teatro di Broadway.
Si era appena visto allo specchio e si sentiva ancor più ridicolo di quando aveva provato il vestito la prima volta; perché in passato gli uomini si mettevano quelle calze imbarazzanti?
« Buonasera Shakespeare in Love. »
La voce di Minho era l’ultima che Thomas sperava di sentire; anche se forse una presenza amica l’avrebbe aiutato a lenire la sofferenza provocata dall’incontrollabile ansia, di certo Minho che lo prendeva in giro non avrebbe migliorato la situazione.
« Non interpreto Shakespeare, e Newt sarà Giulietta, non Lady Viola. »
« Posso ammettere che questa battuta mi sia venuta male, ma era solo la prima alternativa che ho trovato per non salutarti prendendo in giro quelli che dovrebbero essere i tuoi… pantaloni. » Detto questo tirò un lembo delle calze che Thomas aveva appena finito di guardare. « Ma siamo seri? Fossi stata Giulietta non mi sarei lasciata rimorchiare da uno conciato in questo modo. »
« Potresti evitare di prendermi in giro? E’ l’ultima cosa che mi serve in questo momento. » Dopo una piccola smorfia di Minho, Thomas continuò. « A proposito, ancora non ho visto Newt. »
Quando Thomas era arrivato, il professore l’aveva subito rapito costringendolo a prepararsi e non era riuscito a salutare Newt. Tuttavia, aveva dato per scontato che fosse già lì.
« Effettivamente speravo di poter fare una battuta anche sulla sua sontuosissima gonna, ma non l’ho visto nemmeno io. »
Thomas impallidì.
Newt, l’unica persona veramente capace di renderlo tranquillo quando le cose andavano male, non c’era.
Sapeva che non l’avrebbe mai abbandonato lì, quindi o gli era successo qualcosa, o si era terrorizzato così tanto da rendere la situazione grave come nel primo caso.
Mancavano solo cinque minuti all’inizio dello spettacolo.
« E’ terribile! »
La voce del professore raggiunse lui e Minho come un fulmine.
« Newt ha chiamato e mi ha detto che sta male. Intossicato dal cibo di un maledetto fastfood! »
Il professore che strillava come una cornacchia aveva un effetto particolarmente esilarante per Minho, un po’ meno per Thomas, che si sarebbe solo voluto rannicchiare in un angolo e sparire.
In quel momento il suo telefono, che aveva infilato molto provvisoriamente nella cintola del costume per averlo con sé, vibrò.
Era Newt.
“Sono sul tetto, ma ufficialmente il cibo di un fastfood mi ha fatto male. Ho detto al professore che oggi a pranzo eri lì con me. Cogli l’attimo, Tommy.”
Essere diventato bianco come un lenzuolo per la paura non si sarebbe potuto rivelare più utile di così.
« Professore… », lo disse a mezza voce, attirando subito l’attenzione dell’uomo. « Penso che dovrò andare al bagn-… »
Si coprì la bocca con una mano e cominciò la corsa forsennata verso i bagni da cui non aveva intenzione di tornare.
Forse le sue doti teatrali esistevano, da qualche parte e quando sapevano tornargli utili.
Le scale della scuola non gli erano mai parse interminabili come in quel momento, ma quando riuscì finalmente a varcare la soglia del tetto, si ritrovò con un sorriso esageratamente felice stampato sul viso.
Newt era lì, seduto su una delle panchine che non entravano nell’enorme ripostiglio della palestra. Si voltò appena e lo guardò, abbandonando subito l’espressione vagamente preoccupata dovuta alla possibilità di essere scoperto.
Per Thomas tutta quella situazione seppe rivelarsi insolitamente emozionante; era corso lì per Newt, grazie a lui, e insieme stavano scappando da quella situazione. Quando cominciò a credere che la cosa fosse vagamente romantica, pensò che Romeo e Giulietta gli avessero fatto bere il cervello.
« Ah, ecco il mio sexy Romeo in calzamaglia. »
« Ah-ah, divertente. »
Thomas si finse offeso mentre raggiungeva Newt. Si sedette al suo fianco.
« Mi hai salvato la vita. »
« Lo so, troverò un modo per farti sdebitare », disse con tono scherzoso.
Thomas buttò indietro la testa e guardò il cielo già scuro per l’ora tarda.
« Da quanto avevi deciso di usare una scusa? »
« Non l’avevo deciso », cominciò. « Quando sono venuto a scuola mi sono chiesto chi me lo avesse fatto fare e sono corso qui facendo attenzione a non essere visto. Ho pensato un po’, mi sono detto che ero un codardo e poi ho anche deciso che non mi interessava. Fortunatamente ho abbastanza fantasia per inventare scuse non troppo evidenti e ho salvato entrambi. Così sono riuscito a fare quello che volevo fin dall’inizio senza ridicolizzarmi troppo. »
« Ti sei guadagnato il titolo di supereroe », ridacchiò Thomas. Si rese conto allora dell’insolita frase con cui Newt aveva terminato il proprio discorso; non ci avrebbe dato troppo peso in condizioni normali, ma l’istinto gli disse che non era cosa da tralasciare. « Aspetta, cos’è che sei riuscito a fare? »
Ogni dettaglio delle azioni di Newt parve amplificarsi agli occhi di Thomas; il ragazzo stava stringendo in modo vagamente nervoso uno dei tubi di ferro che componevano la panchina e vedeva che i suoi occhi non erano sereni. Lo conosceva abbastanza bene da poterlo affermare con sicurezza.
« Beh, penso che ormai sia il momento di dirtelo », cominciò. « Non mi avevano incastrato, per fare la parte di Giulietta. »
« Eh? »
« E’ così. Nessun ragazzo voleva fare Romeo, così hanno sorteggiato il nome e hanno chiamato te. » Newt stava iniziando a prendere colore. « L’ho saputo subito perché… beh, sai che vengo sempre a sapere tutto e subito. Quindi mi sono offerto io per Giulietta. »
Quel ragionamento avrebbe avuto un senso solo se Thomas fosse stato in grado di convincersi che l’intenzione di Newt fosse di non farlo recitare con una ragazza per evitargli imbarazzo certo, ma era ovvio che la spiegazione non fosse quella. Dopotutto, Thomas non voleva nemmeno che fosse quella.
« E perché l’avresti fatto? »
« Non sei proprio capace di leggere tra le righe, eh? Devo dirti tutto », sbottò.
Thomas gli avrebbe volentieri risposto per le rime, ma rimase in silenzio.
« Ero geloso. »
« Eri geloso. »
« Non serve che tu ripeta tutto quello che dico. Non credere che trovarsi nella mia situazione sia facile! »
Thomas si sentiva in modo strano. Era lusingato, in imbarazzo, ma soprattutto felice.
« Ti è più facile continuare a parlare da solo, o devo proseguire con l’interrogatorio? »
Tra i molti pregi di Thomas, c’era il voler avere sempre tutti i pezzi della situazione. Il suo quadro generale doveva essere sempre il più completo possibile e quella volta voleva che Newt gli dicesse tutto, anche il dettaglio più insignificante: avrebbe deciso lui, poi, se effettivamente lo era.
Newt sospirò e fece un leggero cenno prima di riprendere a parlare.
« Speravo di non dovertelo dire perché ehi, so che probabilmente farò un buco nell’acqua e le cose diventeranno troppo imbarazzanti. Magari non mi vorrai nemmeno più parlare. »
« Se non so perché, non posso decidere se parlarti o no. »
« Un attimo, ci sto arrivando! » esplose Newt, ancora. « Quando mi hai baciato, a casa mia, ho sperato che non si trattasse solamente di una scommessa. C’erano momenti in cui ero convinto di avere ragione, altri in cui mi dicevo che tanto ti interessava Teresa. Poi se non pensavo a questo, mi ripetevo che io sono un ragazzo e quindi non sarebbe successo nulla. »
Il fiato di Thomas era sospeso. Era una sensazione strana ignorare qualsiasi pensiero e attendere solo che Newt dicesse ciò che sperava di sentire.
« Il fatto è che mi piaci, Tommy. Tanto. »
Thomas pensò che la cosa più spontanea da fare in quel momento fosse svenire; non c’era davvero un modo con cui potesse esprimere tutto ciò che provava e lui di certo era la persona meno adatta a scoprire nuovi tipi di manifestazioni sentimentali.
« Ah. »
Fu tutto ciò che gli uscì dalle labbra, ma non se ne rese quasi conto. Realizzò ciò che aveva detto solo quando si immaginò Newt che se ne andava, ferito con ogni ragione dalle sue parole.
« Cioè no, fermo, aspetta. »
Thomas afferrò la mano di Newt, stringendola.
« Tommy. Non mi sono mosso, anche se la tua reazione non è stata delle migliori. »
« Non fare quella faccia delusa, è solo che devo riordinare i pensieri e non è facile », si giustificò.
« Se è un modo carino per dirmi che vuoi che rimaniamo solo amici, non ti preoccupare: dillo e basta. »
In quel momento Thomas comprese quanto brutto fosse non essere capito e si pentì per aver incalzato Newt così tanto da rendergli quella confessione ancor più difficile di quanto già fosse.
« Newt, sto realizzando veramente solo in questo momento di essere gay, cosa che da idiota ho ignorato pur essendomi trastullato con pensieri su di te da quando sono stato a casa tua. Fammi trovare le parole giuste per dirlo a me stesso e a te. »
Le guance di Newt, che avevano cominciato a tornare della propria consueta carnagione, si tinsero ancora di rosso.
« Con che pensieri ti sei trastullato, di grazia? »
« Non hai capito nulla! » Thomas sbottò, diventando del suo stesso colore.
A quel punto Newt rise, perché era davvero la cosa migliore da fare. Una risata isterica, forse, ma pur sempre una risata.
« Mio Dio, ancora non so di preciso cosa vuoi dirmi, ma la situazione è già disastrosa! »
« Scusa se mi piaci abbastanza da mandarmi in tilt il cervello. »
Per Thomas fu quasi come strappare un cerotto, solo che non fece male. Si sentì subito più leggero e si rese conto che tutte le questioni irrisolte che riguardavano Newt avevano trovato il loro posto e il loro perché.
Lo sguardo di Newt si fissò nel suo. Erano entrambi imbarazzati, troppo imbarazzati, ma non guardarono altrove neanche un secondo.
« Sai, Tommy, visto che devi sdebitarti per il mio salvataggio, ora ci starebbe un bacio. »
Thomas lo guardò in silenzio, si schiarì la voce e raccolse tutta la propria audacia.
« Visto che l’ultima volta ti ho baciato io sarebbe carino che ricambiassi il favore, sai? »
Newt lo guardò e gli sorrise appena, facendo un leggero cenno.
Si sarebbe potuto vantare di essere stato lui a dargli il loro vero primo bacio.


- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
Ed ecco svelato il mistero circa il perché proprio a Newt fosse toccata la parte di Giulietta.
Sono esageratamente felice di questo capitolo, perché vedere un po' di fluff riguardate questi bambini, anche scritto da me, mi rende felice. Se ne meritano tanto ;_; Fra l'altro è uscito qualche giorno fa il trailer di Scorch Trials e non posso far altro che pensare quanto, da ora, i feels peggiori cominceranno a farsi vedere.
Che dire, al solito mi dispiace aver impiegato più di un mese per aggiornare, ma finalmente manca poco alla fine della scuola e posso dire con certezza che quest'estate mi impegnerò ad aggiornare più assiduamente.
Oltre a questa storia, poi, ne posterò un'altra. Sempre Newtmas, sempre AU, solo più seria e con capitoli più lunghi (anche questo lo è stato però uvu). Già sta prendendo forma su word e spero di poter postare presto un primo capitolo <3
Chiuso l'angolo pubblicitario, spero di sentire i vostri pareri nelle recensioni, che sono davvero curiosa **
Alla prossima!

CHAOSevangeline

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Capitolo Decimo ***


#Capitolo 10
oppure
"Come comportarsi da coppietta facendo in modo che nessuno lo noti"


Lui e Newt erano una coppia fissa e Thomas ancora non si capacitava della cosa.
Non si capacitava di come fosse possibile che il mondo avesse assunto delle sfumature tanto rosee dato che a lui, quel colore, nemmeno piaceva.
Però era felice. Troppo felice.
Entusiasta. Troppo entusiasta.
Così euforico che fischiettava addirittura senza rendersene conto, suscitando gli sguardi dei compagni di classe che si erano ormai abituati a vederlo quasi perennemente serio.
Poteva anche concedersi di mostrare un po’ di felicità: l’unica cosa che andava tenuta segreta era la storia tra lui e Newt.
Thomas non aveva mai amato mettere al corrente troppe persone dei propri affari personali, né tantomeno che circolassero voci su di lui: erano due ottimi metodi per darsi in pasto a sguardi famelici di novità, e lui odiava avere lo sguardo altrui puntato.
In più di diciotto anni di vita aveva imparato nascondere bene i propri segreti, pur essendo nonostante tutto un libro aperto per alcune persone.
Il suo ragazzo – oh, come suonava bene pensarlo – era una di queste e fortunatamente possedeva una dose di discrezione quantomeno pari alla sua.
Perciò erano d’accordo. D’accordo sul non voler essere guardati male, né tantomeno sconvolgere Minho.
L’asiatico era una delle persone di cui più temevano la reazione, considerando che non perdeva mai l’opportunità per fare battute su quanto fossero affiatati e su quanto lui sarebbe potuto rimanere solo, senza più avere un trio.
Però ogni tanto Thomas aveva come la sensazione che Minho capisse più di quanto non cercasse di dare a vedere. Il fatto che lo stesse brutalmente battendo a carte studiando le sue espressioni e la sua tattica era un ottimo motivo per esserne sempre più convinto.
Ora di supplenza, già.
Newt non c’era per colpa di un’assemblea con i professori, dove teoricamente si sarebbe dovuto battere insieme ad Alby affinché la loro gita di quattro giorni non diventasse una noiosissima ed approfonditissima visita all’acquario di Thomas non ricordava quale città.
Teresa, invece, era già uscita dalla partita.
Appena una settimana prima Teresa aveva cambiato classe e si era trasferita nella sua, con somma sorpresa di tutti. Era l’unica ragazza lì dentro, ma teneva ampiamente testa a tutti.
Thomas si era stupito per quanto la sua vicinanza non fosse più in grado di provocargli una quantità spropositata di battiti sopra la media, però era felice così: era in sintonia con Teresa ed essere amici non gli sarebbe affatto dispiaciuto.
Forse a Newt un po’ sì, dato che lo sorprendeva spesso mentre la guardava male, ma avrebbe avuto occasione di rassicurarlo in merito.
« Ti leggo dentro, pivello. Sono sicuro al centouno percento che vincerò io. »
Minho aveva sempre quell’innata capacità di dire cose stupidissime con tono di voce quasi solenne.
« Solo centouno? Io lo sono al duecentouno percento. »
Teresa roteò gli occhi in vece di Newt, che a quel punto avrebbe già fatto in modo di far notare ad entrambi quanto senza senso fossero le cose che stavano dicendo.
« Avevo pensato di darti qualche consiglio prima che gli rispondessi, Tom. »
« Non parlare come se non fossi qui, mora. » Lo sguardo di Minho saettò su di lei, scontrandosi con le sue iridi azzurre.
Thomas si chiedeva se si stessero giurando eterna rivalità, se si stessero insultando telepaticamente o una qualsiasi altra interazione non molto rassicurante.
Senza nemmeno distogliere lo sguardo, Minho sbatté con forse un po’ troppa energia le carte da gioco sul banco, chiudendo la partita.
« Comunque avevo vinto, non gli avresti potuto suggerire nulla. »
« Merda! »
Thomas si lasciò sfuggire quell’imprecazione prima di lasciare a propria volta il ventaglio di carte che l’aveva inesorabilmente tradito.
« Non essere triste, Thomas. E poi mettitela via: non c’è due senza tre. La prima umiliazione da parte mia è stata averti preso in giro per il tuo amabile costume da Romeo, ora ti ho sconfitto a carte. La prossima sarà farti vedere quanto il mio tempo nella corsa sia migliore del tuo! »
L’asiatico gli rivolse un sorriso angelico, a cui Thomas non seppe come rispondere: avrebbe voluto dirgli che era un idiota, mostrargli il dito medio e consigliargli un bellissimo posto dove andare.
Optò per l’ultima, pur trattenendosi.
« Sai dove dovresti andare, Minho? »
Se possibile il sorriso di quest’ultimo si ampliò, fino a prima che Teresa si ricoprisse del ruolo di pacificatrice. Sì, dopo aver dimostrato quanto le prese in giro di Minho la facessero ridere.
« Comunque speravo davvero che tu e Newt andaste in scena, Tom. Quello spettacolo era una delle cose che aspettavo di più oltre-… »
« Oltre al ballo? Wow, Teresa! »
Teresa ebbe una nuova occasione per fulminare Minho.
« Oltre alle graduatorie. Non sono così frivola. »
« Che persona triste. »
Già, perché Teresa si era scoperta una ragazza particolarmente intelligente e dedita allo studio. Non che Thomas l’avesse mai creduta stupida; era Minho a farlo, più che altro.
Della recita non si era fortunatamente più detto nulla: le verifiche che occupavano troppo tempo agli attori, i genitori che si erano quasi rivoltati perché erano arrivati fino a scuola per nulla e poi il trasferimento del professore erano solo alcuni dei motivi principali.
Thomas era stato fortunato, dato che aveva anche guadagnato dei crediti, un bacio e un fidanzato.
A proposito di fidanzato, proprio il suddetto entrò in classe, accompagnato da Alby.
Uno sguardo bastò a Thomas per capire che la riunione era andata meglio di quanto Newt non avesse prospettato.
Perché sì, Thomas conosceva per filo e per segno le argomentazioni di Newt, dato che si era dovuto atteggiare da bipolare e impersonare svariati professori per simulare l’assemblea.
“Chiedimi quello che potrebbe chiedermi quella di storia, Tommy.” E poi Thomas gli aveva risposto con un: “Non ho idea di cosa potrebbe chiederti quella di storia, Newt.” E Newt “Sì, ma fai finta di saperlo!”
Era stato un lungo pomeriggio. Lunghissimo.
Quando Newt era con Alby, di solito non parlava mai.
Era “il secondo in comando” lì, stando a quanto aveva spiegato a Thomas il suo ormai primo giorno di scuola. Quel modo di dire era rimasto particolarmente impresso: gli era sembrato di essersi appena arruolato nell’esercito.
Dunque, quando Alby era presente, si occupava lui dei compiti che Thomas aveva visto svolti da Newt i primi giorni, quando per qualche arcano motivo Alby ancora non era rientrato a scuola.
Era un tipo strano, quel ragazzo, e Thomas ancora non capiva quanto e se gli stesse simpatico.
Le notizie che stavano portando dovevano però essere davvero buone, perché Newt si scordò di quale fosse il proprio posto e rubò letteralmente la scena ad Alby, parlando per primo.
« Chi è che andrà in campeggio per una settimana, il mese prossimo? »
Dopo qualche attimo di incredulità, dei cori estasiati si levarono da tutti i presenti nella stanza. Dal corridoio doveva essersi sentito un boato inquietante.
Minho era forse quello che faceva più rumore, ma si trattava di una sua prerogativa. Persino Gally per una volta non stava facendo il sofista e applaudiva: probabilmente anche a lui bastava avere una tenda abbastanza lontana da quella di Thomas, per essere felice.
Gli occhi di Newt si posarono su Thomas, che gli rivolse un sorriso particolarmente raggiante. Già era raggiante per il fattore gita, che equivaleva ad una settimana di scuola persa, figurarsi se poi era Newt ad avere il merito di quella manna.
Se qualcuno avesse guardato Thomas in quel momento l’avrebbe trovato a dir poco sfolgorante.
Comunicati i dettagli fondamentali, Newt si diresse fieramente al proprio posto, accanto a Thomas. Ogni tanto dovette fermarsi per ricambiare qualche pacca sulla spalla, ma riuscì a terminare il proprio percorso in relativamente poco tempo. Era incredibile come gli accordi presi per una gita corrispondessero a qualcosa di più efficace di una campagna elettorale.
« E bravo Newt. »
Minho stava chiudendo la scatola con le carte che avrebbe poi rimesso al suo posto nell’armadio di metallo vicino alla lavagna.
« Suppongo di aver fatto qualcosa di davvero grandioso se ti spingi addirittura a farmi un complimento, Minho. » Il tono di Newt era sarcastico, anche se la sua espressione dimostrava che sì, era felice che per una volta l’asiatico non gli stesse dicendo qualcosa di fastidioso. Il che era sorprendente.
« A proposito, Giulietta, vedi di premere un po’ perché io non finisca in tenda con Gally. »
Ah giusto, ecco il solito repertorio.
Thomas lanciò a Minho uno sguardo che voleva eloquentemente sottolineare la sua stupidità. Comprovata, dato che l’asiatico rispose alla sua occhiata con un’alzata di spalle.
Newt aveva smesso di arrossire fino alla punta delle orecchie per quel soprannome: ormai era quasi come una seconda identità e più che arrabbiarsi coglieva semplicemente l’occasione per rispondere a dovere.
Stando ai calcoli di Thomas, ci sarebbe stata una risposta acida in tre, due, uno…
« Sei sicuro che avrai addirittura una tenda? »
Thomas avrebbe riso più volentieri per quella risposta se solo avesse avuto l’indiscussa certezza di non trovarsi contro Minho. Però anche Teresa stava ridendo, quindi poteva anche lasciarsi andare con la speranza che l’asiatico se la prendesse con lei.
« Ah, ho capito », rispose Minho, un sorrisetto divertito congelato sulle labbra.
Quella frase aveva una connotazione spaventosa, per il tono serio con cui era stata pronunciata. Soprattutto per il tono serio. Quando mai Minho era serio?
« Cosa? »
Thomas sentì il bisogno di incalzarlo affinché proseguisse; era bravo a nascondere i propri pensieri, ma le emozioni un po’ meno.
Per fortuna c’era Newt, che stava mantenendo la calma per entrambi nonostante un palese guizzo dei suoi occhi.
« Tu e Newt non mi volete tra i piedi perché volete starvene soli soletti! »
Perché non gli sembrava che Minho stesse scherzando? Minho scherzava sempre, perché quella volta no? Stava forse cercando di dire loro, velatamente, che li aveva scoperti?
Sicuramente la cosa avrebbe rovinato la loro amicizia, perché Minho si sarebbe sentito escluso e messo da parte.
Thomas si trattenne dall’afferrare la mano di Newt.
« Di certo senza di te la tenda non puzzerebbe. »
Gloria a Newt e al suo sangue freddo. No, Thomas non era certo che Newt avesse il sangue davvero freddo, ma in quel momento la sua risposta era stata encomiabile.
Teresa scoppiò a dire e Minho si lasciò sfuggire uno sbuffo di risata. Newt invece rivolse a Thomas uno sguardo rassicurante, punzecchiandogli di nascosto una gamba con la gomma della matita.
« Thomas, sei sbiancato! Pensavi che Minho dicesse sul serio? »
Teresa fece concentrare l’attenzione di tutto il gruppo su di lui e per un momento, Thomas la odiò.
« Ti pare? »
« No, in realtà l’idea gli faceva troppo schifo », commentò Minho, che intendeva vendicarsi delle precedenti prese in giro di Newt.
Thomas rise, sperò in modo non troppo nervoso.
L’idea che l’asiatico aveva appena bocciato piaceva anche troppo, a Thomas. Ma questo era meglio che Minho non lo sapesse.



- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
Sono fermamente convinta che il periodo estivo sia capace di farmi dare il peggio di me; come c'è chi va in letargo d'inverno, a quanto pare io ci vado d'estate e mi scordo più o meno completamente del mio account di EFP e del fatto che avrei dei doveri.
Che dire? Finalmente ho ricominciato ad avere delle idee per questa storia e sono abbastanza motivata dall'idea di proseguirla!
Mi mancava scrivere di tutte queste creaturine, lo ammetto.
Spero che nonostante la mia luuuunga assenza vi vada di dirmi cosa ve ne pare della storia, perché ho sempre paura di aver fatto un buco nell'acqua ;;
Colgo anche l'occasione per ringraziare tutte le persone che fino ad ora hanno inserito la storia tra le preferite, le seguite e/o le ricordate. E ovviamente ringrazio tutti coloro che hanno recensito o anche solo letto!
Al prossimo capitolo <3

CHAOSevangeline

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2988609