Occhi d'argento

di _Fedra_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incontri ***
Capitolo 2: *** Il mostro ***
Capitolo 3: *** La cacciatrice di demoni ***
Capitolo 4: *** Muffin e vecchie conoscenze ***
Capitolo 5: *** Ricordi dalla guerra I ***
Capitolo 6: *** Ricordi dalla guerra II ***
Capitolo 7: *** Ricordi dalla guerra III ***
Capitolo 8: *** Ricordi dalla guerra IV ***
Capitolo 9: *** Ricordi dalla guerra V ***
Capitolo 10: *** Ricordi dalla guerra VI ***
Capitolo 11: *** Un'amicizia pericolosa ***
Capitolo 12: *** La traccia dello yoma ***
Capitolo 13: *** Sulla strada ***
Capitolo 14: *** Invito a una festa ***
Capitolo 15: *** Inferno ***
Capitolo 16: *** Nausea ***
Capitolo 17: *** Interferenze sul lavoro ***
Capitolo 18: *** Unghie e zanne ***
Capitolo 19: *** Risveglio ***
Capitolo 20: *** Rimedi con il Sorriso ***
Capitolo 21: *** Notizie dal fronte ***
Capitolo 22: *** Una strana convivenza ***
Capitolo 23: *** Un chiaro avvertimento ***
Capitolo 24: *** Ofelia dell'Onda I ***
Capitolo 25: *** Ofelia dell'Onda II ***
Capitolo 26: *** Ofelia dell'Onda III ***
Capitolo 27: *** Ofelia dell'Onda IV ***
Capitolo 28: *** Quello che non può la spada ***
Capitolo 29: *** Creature dell'oscurità ***
Capitolo 30: *** Stato di fermo ***
Capitolo 31: *** Una promessa ***
Capitolo 32: *** Seconde possibilità ***
Capitolo 33: *** Dal profondo degli abissi ***
Capitolo 34: *** Strade diverse ***
Capitolo 35: *** Benevolenza ***
Capitolo 36: *** Riunione di condominio ***
Capitolo 37: *** Il punto debole ***
Capitolo 38: *** Angeli e demoni ***
Capitolo 39: *** Azione ***
Capitolo 40: *** Carneficina I ***
Capitolo 41: *** Carneficina II ***
Capitolo 42: *** Punto limite ***
Capitolo 43: *** L'ultimo ruggito del Leone ***
Capitolo 44: *** Pietà ***
Capitolo 45: *** Giuda ***



Capitolo 1
*** Incontri ***



 

A mia sorella, che mi ha impedito di distruggere questa storia.

 

 

 

Uno.
Incontri

*

 



Non siamo soddisfatti.
Abbiamo fame.


Fame del viscerale.
Del catartico.
Ispirati.
Provocatori.


Non siamo eroi
o anti-eroi.


Portiamo solo
la nostra bandiera.


Questo non è il momento
di voltarci indietro per vedere
se qualcuno ci sta seguendo.


Questo è il momento
di scagliarci
nell'ignoto.


(Linkin Park, The Hunting Party, 17 giugno 2014)

 

 

 

 

 

Un'ombra scura si allungò sulle gradinate della Facoltà di Lettere e Filosofia, salendo lentamente le scale che conducevano all'ingresso.
Claire osservò compiaciuta gli sguardi dei presenti che si spostavano per lasciarla passare.
Sui loro volti poteva leggere le espressioni più diverse: stupore, curiosità, invidia, timore.
Le sembrava di poter fiutare la paura nascosta dietro quelle maschere malcelate, come se in fondo il loro istinto animale gli stesse suggerendo che ciò che temevano di più al mondo si trovava proprio davanti ai loro occhi.
La ragazza superò l'atrio che puzzava di nicotina e altre sostanze su cui era meglio non indagare e attraversò il corridoio di marmo gremito di studenti.
Ripassò mentalmente la strada che ormai conosceva a memoria: in fondo a destra, poi a sinistra.
Eseguì gli ordini meccanicamente, come se lo facesse ormai da anni.
Si trovò così di fronte al Dipartimento di Storia dell'Arte e Spettacolo.
La sua nuova casa.
Sul suo volto perfetto non poté che delinearsi una smorfia di sarcasmo, che sparì con la stessa rapidità con cui era comparsa.

I ricordi tornarono subito al giorno prima quando, sotto una martellante pioggia autunnale, lei e Teresa avevano trascinato i loro pochi averi fino al quinto piano del palazzo in cui avrebbero vissuto da quel giorno in poi.
Era un casermone squallido e scrostato risalente alla fine degli anni Sessanta, con vista sulla tangenziale.
Negli androni e sulle scale, la puzza di muffa e piscio di gatto era nauseante.
Nascosta nella sua gabbietta, Maleficat aveva lanciato un soffio di disappunto.
Nulla però era paragonabile all'ira di Teresa.
Claire non era ancora riuscita a guardarla in faccia dal momento in cui avevano abbandonato quella che per cinque anni era stata la loro casa, una piccola baita di legno persa tra le montagne austriache.
“Avete fatto un ottimo lavoro, ragazze. Grazie a voi, la comunità umana può finalmente vivere in pace. Ecco perché ho fatto il vostro nome all'Organizzazione per occuparvi dello spinoso caso che sta insanguinando la Città Eterna”, aveva detto il loro capo quando era venuto a portarle via.
O forse, aveva letto subito tra le righe Claire, vorrei ricordarvi che la vostra è una missione e non una vacanza.
Per Teresa, quella era stata una vera e propria punizione ingiustificata per chissà quale crimine.
Lei odiava la città quanto Claire.
In particolare quella città, sebbene fosse stato proprio lì che si erano conosciute molti anni prima.
Perlomeno, a quei tempi avevano come base il verde dei Castelli Romani, per quanto profanato dalle bombe degli americani.
Sempre meglio di quel posto squallido e nauseabondo che si affacciava direttamente sul guard-rail della tangenziale.
Del resto, non potevano opporsi al volere dell'Organizzazione.
Il loro compito era quello di uccidere gli yoma, stop.
Se fino ad allora essi avevano deciso di fondare una comunità nascosta nelle foreste attorno a Salisburgo, era stata una semplice e fortunata coincidenza.
“Maledetti bastardi figli di puttana!”, aveva ululato Teresa mentre facevano ingresso nel loro nuovo appartamento. “Solo per aver scelto questa città di merda come base li sterminerei tutti in un giorno dopo le più atroci torture pur di andarmene di qui il prima possibile!”.

Dal suo canto, Claire non poteva affatto darle torto.
Si fermò di fronte a una bacheca attaccata alla parete del corridoio, il cui vetro le restituì il suo riflesso.
Il volto sembrava quello di un'adolescente dai tratti pallidi e appuntiti, i capelli di un biondo quasi bianco tagliati a caschetto.
La ragazza sospirò.
Nonostante le lenti a contatto, era impossibile non notare che in lei ci fosse qualcosa di diverso.
La felpa con il cappuccio, i jeans strappati e gli anfibi non avrebbero mai nascosto il suo metro e novanta di altezza, né il corpo perfetto e muscoloso che si nascondeva sotto di essi.
Eppure, avrebbe dovuto arrendersi a quel travestimento, se voleva muoversi tra esseri umani che non avrebbero mai accettato la presenza di qualcosa che andava ben oltre la loro comprensione.
Il fatto di adeguarsi agli stili di vita di quelle creature decisamente inferiori non faceva che rallentarle il lavoro, con il rischio di essere identificata dal suo obiettivo da un momento all'altro.
La vita nei boschi era un vero e proprio lusso in confronto al mondo urbano, così stretto e caotico.
Era una vera e propria tortura doversi muovere lentamente, senza dar prova della straordinaria forza e velocità di cui ogni guerriera era dotata, con il rischio di dare nell'occhio.
Senza contare che, per mimetizzarsi in quella manica di topi di biblioteca, Claire aveva dovuto separarsi dalla sua adorata spada, senza la quale si sentiva praticamente nuda.
Il piano prevedeva di identificare lo yoma e poi ucciderlo in un secondo momento.
Niente di più stupido e pericoloso, ma non c'era altra alternativa.

Claire finse di controllare per l'ennesima volta l'orario affisso in bacheca, che in realtà conosceva a memoria.
Prima ora: Storia dell'Arte Contemporanea dalle nove alle undici, aula 1.
Era proprio quella di fronte a lei, in cui stavano entrando gruppi di ragazze vocianti.
Alcune di esse le scoccarono una rapida occhiata indagatrice a cui Claire rispose con un sorriso di sfida.
Non esisteva niente di peggio nel trovarsi in un posto in cui c'erano solo donne.
L'Organizzazione era la prova tangibile che un simile habitat portava qualsiasi essere vivente a rasentare il cannibalismo.
Anche se, in confronto alle guerriere, le umane sarebbero parse dei timidi agnellini.
Questo Claire lo sapeva bene, anche se aveva sperato fino all'ultimo di trovarsi in un ambiente decisamente più stimolante, come era avvenuto per Teresa, spedita come segretaria alla Corte di Cassazione.
La cosa l'aveva mandata letteralmente in brodo di giuggiole, dal momento che nella sua vita passata era la figlia di un avvocato.
Sicuramente, l'Organizzazione le aveva assegnato quel posto per invogliare la numero uno a dare del suo meglio.
Ed evitare che passasse la missione a bestemmiare in tutte lingue conosciute, invece di concentrarsi sulla caccia.

Claire controllò l'orologio.
Forse era meglio entrare nell'aula, se voleva trovare posto.
Perlomeno, le sue nuove compagne di corso avrebbero smesso di fissarle continuamente le gambe.
La ragazza fece ingresso nell'aula 1, sedendosi agli ultimi posti: una posizione perfetta se voleva tenere sotto controllo tutti i presenti.
Posò lo zaino a terra e vi estrasse un quaderno e una penna biro, ripassando mentalmente gli ordini del suo capo.
Hanno iniziato circa tre mesi fa, accanendosi sui barboni che dormono sotto i ponti.
Gente che non dava fastidio a nessuno e che nessuno verrà mai a reclamare.
Ma la settimana scorsa hanno sventrato due persone, una suora e un turista.
E questo non ce lo possiamo permettere.
Claire fece una smorfia amara, prendendo a scarabocchiare distrattamente sul foglio con la penna.
Funzionava sempre così: gli yoma saltavano fuori all'improvviso e scannavano gli umani per nutrirsi dei loro organi interni.
A quel punto, gli stessi capi della comunità umana, gli unici a essere al corrente del segreto dell'Organizzazione, chiedevano l'intervento delle guerriere, che loro chiavano Claymore, in cambio di lauti compensi.
Una volta uccisi gli yoma, ce n'era sempre qualcun altro che seminava il panico da qualche altra parte nel mondo.
Era sempre stato così, da quando la razza umana aveva iniziato a prendere il sopravvento su tutte le altre.
Qualcuno doveva pur ripristinare l'equilibrio naturale delle cose, affinché non consumasse il pianeta fino all'ultima insignificante risorsa dopo essersi moltiplicata con la facilità dei conigli senza che nessun predatore potesse far nulla.
E così erano arrivati gli yoma, una razza demoniaca che si mischiava tra gli umani allo scopo di dar loro la caccia come la più vile delle selvaggine.
Orribile, ma giusto.

Claire scarabocchiò con più foga.
La penna scriveva a tratti.
Improvvisamente, si fermò come pietrificata, dilatando le narici.
Frenò a malapena l'istinto di far scattare la mano destra dietro le scapole, pronta a sguainare la spada.
Un odore penetrante l'aveva appena colta di sorpresa, sovrastando qualsiasi altro all'interno della stanza.
Prima ancora che la creatura avesse potuto aprire bocca, Claire aveva già voltato la testa di scatto, ritrovandosi di fronte a un ragazzo sui ventidue anni dai folti capelli castani arruffati che le sorrideva timidamente.
Un maschio.
Sembrava quasi una mosca bianca in mezzo a tutte quelle femmine.
“Per caso quel posto è occupato?”, chiese questi, indicando la sedia vuota accanto a Claire.
La ragazza aggrottò le sopracciglia, squadrandolo dalla testa ai piedi.
“No”, rispose freddamente.
“Ehm...posso?”.
L'odore era sempre più forte.
“Fai pure”.
Il ragazzo si sedette goffamente accanto a lei, prendendo a trafficare con il suo zaino costellato di spille.
“Sei nuova? Non ti ho mai vista”, osservò non appena riemerse con un blocco di appunti tra le mani.
“Sì, ho seguito la triennale a Roma Tre”, rispose Claire in tono sbrigativo.
In realtà, non aveva smesso di studiarlo nemmeno per un attimo.
“E tu?”, aggiunse qualche istante dopo. “Sei sempre stato qui?”.
“Sì. Non cambierei università per nulla al mondo. A proposito, mi chiamo Raki”, il ragazzo le tese una mano.
“Claire”, rispose lei stringendogliela.
“Il tuo nome non è italiano”.
“Nemmeno il tuo”, osservò la ragazza, soffermandosi sugli occhi allungati di Raki.
“Mio padre è giapponese”, spiegò lui con la voce carica di orgoglio. “Si è trasferito in Italia quando era ancora uno studente e da lì non è più voluto andare via, specie dopo aver incontrato mia madre. E tu, da dove vieni?”.
Claire esitò.
“È una lunga storia”, disse.
“Puoi raccontarmela, se vuoi. Abbiamo tempo”.
La ragazza si lasciò sfuggire un sorriso.
Era un tipo strano, non c'era dubbio.
Di solito, anche il più ottuso degli esseri umani veniva messo in guardia dal proprio istinto nel momento in cui si imbatteva in una Claymore, suggerendo di mantenere le distanze e fare finta che non esistesse.
Quel ragazzo no.
La fissava con gli occhi carichi di curiosità e adorazione, senza mostrare un minimo di paura.
Davvero ammirevole.
E dannatamente stupido.
Suo malgrado, Claire provò un impeto di tenerezza verso quella creatura.
“D'accordo”, disse dopo qualche istante. “Sono nata...”.
“Ecco dove ti eri cacciato, chiacchierone!”, esclamò un'acuta voce femminile alle spalle di Raki.
Il ragazzo si voltò di scatto, incontrando gli occhi da cerbiatta di una ragazza dai lunghi riccioli scuri da cui facevano capolino due luccicanti cerchi d'argento attaccati ai lobi delle orecchie.
Senza farlo apposta, sia Claire che la sconosciuta si studiarono con aria di sfida.
“Claire, ti presento Gaia, una mia carissima amica”, disse Raki, ignorando le occhiate di fuoco da entrambe le parti.
“Tanto piacere”, disse Gaia sfoderando un largo sorriso. “Sei nuova?”.
“Sono appena arrivata”, rispose Claire senza scomporsi.
Ora le sue narici erano dilatate al massimo.
“Anch'io sono una fuori sede, sai?”, proseguì Gaia con la falsa cortesia di chi non vede l'ora di farsi gli affari altrui. “Da dove vieni?”.
“Canton Ticino”, sputò l'altra. “E tu?”.
“Tagliacozzo”.
“La conosco. Un posto davvero carino”.
Dietro il suo sorriso gelido, Claire stava letteralmente gongolando alla vista dell'espressione dipinta sul volto di Gaia.
Era fin troppo chiaro chi fosse in vantaggio delle due.
Dal suo canto, quel rimbambito di Raki sembrava fermamente convinto di aver permesso a Gaia di conoscere la sua futura migliore amica, e non di trovarsi davanti a due belve pronte a scannarsi da un momento all'altro.
Claire aveva decisamente dimenticato di quanto potessero essere spassosi gli esseri umani, certe volte.
Certo che abbassarsi al loro infimo livello per rispondere alle frecciatine di un'adolescente troppo cresciuta non era esattamente ciò che si era auspicata all'inizio della missione, per quanto divertente.
Se solo avessero saputo chi si nascondeva dietro il suo sguardo innocente, quei due avrebbero decisamente fatto meno gli spiritosi.
“Hai sentito di quel turista americano che hanno massacrato giorni fa?”, disse Gaia a un certo punto, disposta a giocarsi il tutto per tutto pur di catalizzare l'attenzione di Raki su di sé.
“Oh, sì. È stato orribile”, commentò il ragazzo mentre lei si appollaiava su una sedia vuota al suo fianco.
Ora dirà qualcosa di epico per far colpo su di lui, pensò Claire ridacchiando tra sé e sé.
Infatti, dopo una breve pausa teatrale, Gaia tornò alla carica:
“Pensa, è stato proprio a due passi da casa mia!”.
Sia Raki che Claire voltarono la testa di scatto verso di lei.
“Davvero?”, esclamarono all'unisono, scoppiando poi a ridere per quella coincidenza.
Gaia aggrottò le sopracciglia con disappunto; poi aggiunse:
“Sì! Ora ho il terrore, quando rientro dalle lezioni. Se solo Roberta non avesse scelto Museologia invece di Storia dell'Arte Moderna, a quest'ora non dovrei farmi tutta quella strada da sola con il buio!”.
“Anch'io ho scelto Museologia. Se vuoi, posso accompagnarti a casa io. Tanto ho la macchina”, propose Raki.
A quelle parole, gli occhi di Gaia parvero splendere come due stelle nella penombra dell'aula.
“Davvero lo faresti? Non allungheresti troppo il giro?”, incalzò in tono innocente.
“Ma figurati! Per me è un piacere”.
“Oh, che tesoro che sei!”.
Gaia colse al volo l'occasione per sfiorargli la guancia con un castissimo bacio, al quale Raki arrossì fino alla radice dei capelli.
“Non c'è di che”, balbettò. “E tu, Claire? Per caso hai bisogno di uno strappo?”.
La ragazza studiò per un attimo l'espressione furiosa dipinta sul volto di Gaia, poi rispose con noncuranza:
“Io non seguo Museologia”.
In quel preciso istante, la lezione ebbe inizio, mettendo fine al brusio che aveva pervaso l'aula fino a quel momento.
Dopo neanche cinque minuti, Gaia aveva già preso a tempestare Raki di bigliettini ma la cosa non parve distrarre minimamente Claire, che fingeva di prendere appunti rannicchiata nel suo angolo.
In quel preciso istante, aveva cose più importanti a cui pensare.
Se le sue intuizioni erano esatte, presto lei e Teresa avrebbero finalmente sloggiato da quel posto infernale.



Buonasera e benvenuti a questa mia nuova piccola follia!
Premetto immediatamente che, nonostante le premesse, non si tratta affatto di una vicenda alla Twilight: come ben sapete, le Claymore * che Claire non mi senta chiamarla così * hanno un pessimo carattere, amano fare a fette la gente e soprattutto non sono affatto vegetariane ;)
Certo, Raki qualche sospiro se lo farà, ma tutto nei limiti della decenza, promesso!
Spero che questa mia prima fanfction in questo fandom non risulti troppo azzardata per via dell'ambientazione tutt'altro che consueta, ma chi mi conosce sa ormai che la mia firma è proprio quella di stravolgere le storie che amo di più!
Cercherò di aggiornare ogni venerdì.
Per saperne di più su di me e le mie altre storie, passate a trovarmi sulla mia pagina Facebook:
https://www.facebook.com/LeStorieDiFedra
Ringrazio anticipatamente tutti coloro che inseriranno la storia tra le preferite, seguite o che vorranno lasciarmi una piccola recensione.
A presto!

Vostra
Fedra










 

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Capitolo 2
*** Il mostro ***




Due.
Il mostro
 
*

 
 
 
 
L'utilitaria accostò di fronte al palazzo di mattoni rossi.
“Grazie per il passaggio”, disse Gaia rivolta a Raki.
“Non c'è di che. I tuoi sono già rientrati?”.
“No, sono via per lavoro. Stasera resterò sola”.
“Ah, okay”.
Nell'abitacolo era calato un improvviso silenzio, rotto solo dal rumore sordo dell'autoradio messa al minimo.
“Perché non sali?”, azzardò Gaia improvvisamente.
Raki avvertì una scarica di elettricità percorrergli il cuore.
Per fortuna, le pallide luci dei lampioni non arrivavano a tradire il colore che avevano assunto le sue guance in quel momento.
“D'accordo”, disse dopo istanti che parvero ore.
“Evviva!”, esclamò Gaia rivolgendogli un largo sorriso.
I suoi denti brillavano nella semioscurità.
Raki sorrise a sua volta, spegnendo il motore e uscendo nella strada ormai buia.
Le luci dei lampioni proiettavano delle lunghe ombre oblique sull'asfalto, riflettendosi sulle superfici squadrate dei palazzi.
All'orizzonte, il profilo della Stazione Tiburtina sembrava uno scheletro di vetro incandescente.
Una brezza fredda aveva preso a spirare da nord.
Raki rabbrividì, correndo ad aprire la portiera a Gaia.
“Come sei gentile”, commentò lei con un sorriso complice.
Lui non rispose, accompagnandola con lo sguardo fino al portone di casa prima di chiudere la macchina e seguirla.
“L'ascensore è guasto”, comunicò la ragazza non appena giunsero nell'androne. “Dobbiamo salire a piedi”.
“Non importa. Vuoi una mano?”, domandò Raki accennando alla cartella che le pendeva da una spalla.
“Sta' tranquillo, ce la faccio”.
“Come vuoi”.
Gaia gli strizzò un occhio, prendendo a salire le scale.
Il ragazzo la seguì.
I suoi occhi stanchi caddero senza volerlo sulle curve morbide dei suoi fianchi, facendolo arrossire.
A quanto pareva, l'ultima sessione d'esame doveva averle regalato un paio di chili in più.
“Eccoci qua”, disse Gaia soddisfatta non appena raggiunsero il primo piano.
Infilò le chiavi nella toppa ed entrò nell'appartamento, accendendo la luce.
“Era impensabile che ti lasciassi qui da sola, con questo maniaco in circolazione”, commentò Raki non appena furono dentro.
“Ah, non preoccuparti. Una volta barricata qui, mi sento al sicuro. Il problema è il tragitto dall'università a casa”, rispose Gaia posando la borsa a terra. “Tè?”.
“Sì, grazie”.
I due si avviarono in cucina.
La ragazza mise subito a bollire un pentolino pieno d'acqua.
“Mancano solo i tuoi pasticcini”, commentò ridacchiando.
“Hai ragione. La prossima volta vedrò di ricordarmeli”.
Gaia annuì.
Improvvisamente, il suo volto pallido sembrò velarsi di tristezza.
“Che cosa succede?”, domandò Raki preoccupato.
Lei sorrise, scacciando immediatamente quell'espressione.
“Niente”, rispose.
Da brava conversatrice qual era, Gaia si affrettò subito a cambiare argomento.
Gli raccontò delle sue vacanze estive a Palma di Maiorca con i genitori e il fratello maggiore, che lavorava negli Stati Uniti da qualche anno e che ormai passava a trovarli solo durante le ferie.
Parlarono di università, di esami e di progetti futuri.
Rievocarono i momenti lieti dell'anno precedente e immaginarono quelli che sarebbero arrivati il trimestre successivo.
Quando l'acqua prese finalmente a bollire, Raki aiutò Gaia a sistemare i filtri nelle tazze.
Lei gli propose di berlo in cameretta e lui rispose timidamente di sì.
Si sedettero sul letto, uno accanto all'altra, prendendo a rigirare pigramente lo zucchero con un cucchiaino.
Una nuova pausa di silenzio carico di imbarazzo era caduta tra di loro.
Raki avvertiva la carne scottare sotto i jeans a contatto con la coscia di Gaia.
“Era davvero tanto tempo che non ci vedevamo”, commentò la ragazza improvvisamente.
L'altro esitò, le orecchie che avevano preso improvvisamente a ronzare.
“Già”, rispose. “E pensare che abitiamo così vicini...”.
“Dovremmo vederci più spesso”.
“Con questo pazzo in giro, prometto che non ti lascio più tornare da sola. Da oggi in poi, potrai sempre contare sul mio passaggio”.
Gaia gli rivolse un sorriso carico di tenerezza.
“Sicuro che non ti sono di disturbo?”, domandò, protendendo il busto verso di lui.
La sua voce si era fatta improvvisamente più calda.
“Nient'affatto. Per te farei qualunque cosa”.
Raki era visibilmente impallidito, ma non si mosse.
Era come inchiodato dalla sua stessa adrenalina.
Il suo cuore stava pulsando più forte che mai, pompando sangue in ogni singola cellula del  corpo.
Lentamente, Gaia posò la tazza sul comodino e gli sfiorò il polso con le dita cariche di anelli.
Raki non la scacciò, anzi, la imitò simile a un automa.
Gli sembrava di vivere in un sogno talmente assurdo da dargli le vertigini.
Gaia continuava a sorridergli, accarezzandogli il palmo della mano.
Non sapeva perché, ma il suo sorriso candido gli metteva improvvisamente i brividi.
Solo allora si rese conto che i loro volti erano vicinissimi.
“Mi sei mancato”, sussurrò lei a un centimetro dal suo orecchio, sfiorandogli la guancia con le dita.
E, senza pensarci oltre, lo baciò.
Raki sgranò gli occhi per la sorpresa, ma non si mosse.
Il suo intero corpo sembrava non risponderli più.
Avvertiva solamente le dita di Gaia che gli stringevano la nuca e il maglione, aggrappandosi a lui con tutte le sue forze.
Qualcosa di umido gli colpì le guance.
Solo allora Raki riuscì a trovare la forza di allontanarle il volto dalle sue labbra, sconvolto.
“Gaia...”, sussurrò, incapace di trovare le parole giuste. “Perché piangi?”.
Improvvisamente, un dolore atroce lo artigliò al ventre.
Raki urlò, cadendo all'indietro.
La tazza fu scagliata lontano, schizzandolo di tè bollente prima di andare in frantumi sul parquet.
Il ragazzo crollò lungo disteso sul pavimento, fissandosi sgomento l'addome.
Sul maglione erano apparsi improvvisamente cinque squarci.
“Gaia!”, esclamò incredulo. “Che cosa sta...?”.
Le parole gli morirono in gola, pietrificato dal terrore.
Gaia era in piedi di fronte a lui, il volto malinconico rigato di lacrime.
Teneva le mani raccolte in grembo, come in preghiera.
Il ragazzo represse a malapena un urlo nel posare gli occhi sulle sue dita.
Quelle non erano mani.
Erano zampe munite di artigli.
“Mi dispiace, Raki”, disse Gaia in tono innaturale. “Non avrei mai voluto che vedessi...AAAAAAAARRRGH!”.
La voce della ragazza si tramutò in un ruggito disumano mentre le sue membra si allungavano a vista d'occhio fino al soffitto.
La pelle diventò scura e coriacea, i capelli rientrarono nel cranio, la massa muscolare aumentò a dismisura fino a lacerare completamente i vestiti.
Una bocca enorme irta di zanne si allargò sul suo volto ormai irriconoscibile, facendo scattare in avanti una lunga lingua biforcuta.
Quella non era più Gaia.
Era un mostro.
“Curioso, vero?”, tuonò la creatura con una voce inumana. “Avresti mai giurato che proprio la tua dolce amica fosse lo spietato assassino che si aggira per le strade di Roma?”.
“Non può essere...non può...”.
Raki non riusciva a smettere di tremare.
Il mostro assaporò tutta la sua paura.
“Sì, ho ucciso io quegli insulsi umani, così come ho divorato le interiora e il cervello di quella ragazza. Ecco perché sono riuscito ad assumere il suo aspetto e ad assimilare i suoi ricordi...guarda, sto piangendo. Doveva volerti proprio bene...”.
La creatura rise, asciugandosi con un gesto deciso il volto inumidito dalle lacrime.
“Pazienza, non avrà più importanza una volta che ti avrò divorato”, ringhiò tendendo gli artigli verso Raki.
Il ragazzo non riusciva a muovere un muscolo, paralizzato dal terrore.
Il mostro torreggiava su di lui, gli occhi gialli da rettile che galleggiavano a pochi centimetri dal lampadario.
Poi accadde l'impossibile.
Una creatura dagli occhi fiammeggianti era appena balzata dalla finestra, brandendo un'enorme spada tra le mani.
Con un gesto fulmineo, simile a un passo di danza, decapitò il mostro.
La sua testa cadde sul pavimento con un tonfo, fermandosi a pochi centimetri dalle scarpe da tennis di Raki.
Un denso liquido viola stillò con violenza dal collo privo di testa mentre l'enorme corpo rovinava sul letto, inondando ogni centimetro della stanza.
Il ragazzo levò il capo, la fronte chiazzata di sangue e sudore freddo.
Solo allora riconobbe la creatura che lo aveva salvato, anche se molto diversa da quella che aveva incontrato quella stessa mattina.
La felpa con il cappuccio e i jeans erano spariti, lasciando posto a un abito nero aderente che le esaltava al massimo il fisico slanciato e muscoloso.
I suoi occhi non erano più neri, ma di un color oro acceso, con le pupille verticali come quelle dei gatti.
O dei rettili.
L'espressione sul suo volto era quanto di più inumano potesse esistere.
Claire.
Non appena la ragazza posò lo sguardo su di lui, Raki non poté fare altro che gridare.



Buonasera a tutti! :)
Innanzitutto, grazie infinite a tutti voi che avete letto, recensito, inserito tra i preferiti e le seguite questa storia: vi confesso che un'accoglienza così sentita era l'ultima cosa che mi sarei aspettata!
Grazie, grazie davvero!
Spero che non vi stanchiate mai di seguirla!
Ora veniamo a noi...
Vi confesso che inizialmente avevo previsto di non tagliare il capitolo con la morte dello yoma, ma la scena successiva sarà molto lunga e piena di informazioni importanti e quindi, per non stancarvi, ho pensato di concludere con questa immagine.
Spero di non lasciarvi troppo con il fiato sospeso! * Claire e Raki mi hanno chiesto esplicitamente di concedere loro un attimo di respiro *
In ogni caso, non preoccupatevi: venerdì prossimo saprete anche il resto! ;) * per fortuna, faccio sempre in modo di essere molto puntuale con gli aggiornamenti...chi mi segue da un po' di tempo lo sa ;) In fondo, è anche una questione di educazione verso chi legge *
Per tutte le informazioni, potete comunque contattarmi sulla mia pagina Facebook: https://www.facebook.com/LeStorieDiFedra
E ora veniamo ai ringraziamenti un po' più "personali" :)
Per le recensioni: Uzumaki_Devil_Dario, AlanKall, Angelika_Morgenstern e SognatriceAOcchiAperti
Per le seguite: bienchen e Uzumaki_Devil_Dario
Per le preferite: Angelika_Morgenstern
Un abbraccio a tutti e a presto :)

Vostra
F.


 

 

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Capitolo 3
*** La cacciatrice di demoni ***


Tre.

La cacciatrice di demoni

 
*

 
 
 
 
Claire abbassò lo sguardo sulla creatura tremante raggomitolata ai suoi piedi.
“Va tutto bene. Sei al sicuro, ora”, disse con calma.
In tutta risposta, Raki scoppiò in singhiozzi.
I suoi occhi sbarrati si posavano ora sul cadavere del mostro ora sulla ragazza.
“Perché?”, continuava a gemere. “Perché?”.
“Era da stamattina che ti tenevo d'occhio. Puzzavi di yoma da far venire la nausea. Così ti ho seguito”, proseguì Claire.
Con un gesto secco del polso, ripulì la spada e la mise al sicuro nel fodero assicurato alle sue spalle nude.
“Io...non...Gaia”, Raki aveva preso a dondolarsi avanti e indietro sul pavimento, le braccia strette attorno alle ginocchia.
“Forza, non puoi restare qui”, lo interruppe Claire in tono sbrigativo. “Dobbiamo andarcene”.
Il ragazzo non rispose, continuando a singhiozzare.
“Gaia...”, sussurrò. “Io...non volevo...non volevo...perché?”.
Claire sospirò, fissando quell'essere torcersi nel proprio dolore.
Si era dimenticata di quanto potessero essere deboli, gli umani.
Peccato che in quel preciso istante aveva ben altro da fare che stare dietro ai suoi piagnistei.
“Senti, mi dispiace per quello che hai dovuto vedere, davvero. Però adesso dobbiamo andarcene. E alla svelta”, disse con decisione.
Raki non si mosse.
Claire sbuffò, andando in cucina e tornando con un pacchetto di fiammiferi tra le mani.
“Ascolta, ragazzino, io qui sto lavorando”, riprese mentre afferrava quaderni e pezzi carta e li appallottolava sul letto, a pochi centimetri dal cadavere. “Ergo, non complicare la situazione e fai come ti dico”.
In tutta risposta, il ragazzo rimase immobile.
“Ultimo avviso”.
Claire accese un fiammifero e lo avvicinò alla pila di cartacce ammonticchiate sulle coperte.
Le fiamme divamparono all'istante.
Raki lanciò un grido di sorpresa, gli occhi sbarrati, mentre il fuoco si propagava a vista d'occhio nella stanza, divorando i mobili di legno chiaro e la carta da parati a fiori, i libri di storia dell'arte e i pupazzi ammonticchiati sulle mensole.
Claire balzò prontamente verso la finestra aperta.
“Insomma, che cosa aspetti a scappare?”, gli gridò, indicandogli la porta con il capo.
Ma Raki non si mosse di un millimetro.
A quanto pareva, in quel momento era talmente sotto shock da essere immune persino agli istinti di sopravvivenza.
Sarebbe morto nell'arco di pochi minuti.
E ciò avrebbe significato un sacco di grane sul lavoro per Claire.
“Stupido umano”, ringhiò la ragazza scattando in avanti e scavalcando le fiamme.
Non ebbe alcuna difficoltà a sollevare Raki tra le braccia e arrampicarsi sul davanzale della finestra, saltando nel vuoto.
L'aria della sera li accolse nel suo abbraccio gelido mentre volavano giù, atterrando dolcemente sul marciapiede illuminato dalla pallida luce dei lampioni.
Le fiamme avevano ormai raggiunto la finestra e un denso fumo nero aveva preso ad avvolgere la via nella sua stretta pestilenziale.
Alcuni vicini si erano affacciati dai balconi, gridando e indicando l'incendio.
Una signora in pantofole aveva appena chiamato i vigili del fuoco.
“È questa la tua macchina?”, domandò Claire indicando l'utilitaria parcheggiata di fronte al portone.
Raki annuì debolmente, più pallido che mai.
La ragazza lo trascinò verso l'automobile, costringendolo ad aprirla e a infilarsi nell'abitacolo.
“Su, vai prima che arrivi gente!”, gli ordinò.
I primi inquilini avevano raggiunto il portone e ora guardavano con aria preoccupata le fiamme propagarsi dal fianco del loro palazzo.
Raki però non sembrava essere in condizioni di compiere qualsiasi azione.
Fissava il vuoto con gli occhi sbarrati, le mani appoggiate sul volante senza stringerlo.
“Capito, va'”, ringhiò Claire spazientita, spalancando la portiera. “Spostati”.
Fu un'impresa costringere il ragazzo ad alzare il sedere e a rannicchiarsi sul sedile del copilota.
E fu altrettanto difficile per Claire entrare nell'abitacolo con il suo metro e novanta di altezza, gettando la spada sui sedili posteriori.
Nel frattempo, l'intero condominio si era riversato sulla strada.
Per fortuna, erano tutti troppo occupati a fissare l'incendio per fare caso a loro.
Dopo aver allontanato il più possibile il sedile dal volante, Claire mise in moto.
L'utilitaria gemette mentre inseriva la frizione prima di schizzare via nella notte.
Un attimo dopo, l'ululato delle sirene riempì l'aria ma ormai la ragazza era lontana.
Nemmeno cinque minuti dopo stavano già correndo sulla tangenziale.
“Tutto bene?”, domandò Claire non appena superarono i cavalcavia.
Raki non rispose.
Se al suo posto ci fosse stato un pupazzo, sicuramente sarebbe stato molto più loquace di lui.
Claire si morse la lingua.
“Senti, mi dispiace per la tua ragazza, davvero”, fu la frase di circostanza più umana che le venne in mente.
Raki continuava a restare sepolto nel suo silenzio.
A ogni incrocio, il suo colorito si faceva sempre più pallido.
“Ehi, sei ancora vivo?”, domandò improvvisamente Claire, sterzando bruscamente a sinistra nel superare una Smart.
In tutta risposta, Raki fece una smorfia orribile.
Solo allora Claire si ricordò dove aveva già visto quell'espressione.
Fece appena in tempo ad accostare, che il ragazzo vuotò sul marciapiede tutto quello che aveva mangiato nelle ultime ore.
Claire restò a fissarlo dall'abitacolo.
Gli ricordava vagamente Maleficat quando ingoiava le palle di pelo.
Solo che quella visione era decisamente più disgustosa.
“Ehi, laggiù! Tutto bene?”.
Raki era chino sul marciapiede, ansimando.
Claire scese dalla macchina, avvicinandoglisi a grandi passi.
Povera piccola creatura, pensò.
Inavvertitamente, gli mise una mano sulla spalla.
“Su, su, ora passa tutto. Passa tutto”, gli disse.
Al tatto, le sue membra tremavano dalla testa ai piedi.
Era ancora sotto shock.
Claire alzò gli occhi.
Nel suo campo visivo lampeggiò l'insegna al neon di un bar a pochi metri da loro.
“Coraggio, ora ci penso io”.
Raki non oppose alcuna resistenza nel momento in cui Claire lo afferrò da sotto le ascelle e lo trascinò di nuovo in macchina, adagiandolo sul sedile anteriore.
“Non ti muovere. Torno subito”, gli ordinò prima di avviarsi a grandi passi verso il bar.
Pochi minuti dopo, tornò con un bicchiere di carta colmo di qualcosa di caldo e fumante.
“Bevi. Ti farà bene”, disse avvicinandolo alle labbra disidratate del ragazzo.
Lui le strinse leggermente.
“Per favore”.
Sembrò trascorre un'eternità prima che riuscisse a trangugiare un solo sorso.
Claire restò al suo fianco, osservandolo in silenzio.
Quando ebbe finito, ripose il bicchiere semivuoto sul cruscotto.
“Va meglio, ora?”, chiese.
Raki non rispose.
“Che cos'era?”, domandò dopo alcuni minuti, lo sguardo rivolto fuori dal finestrino.
“Uno yoma, un demone mangiatore di carne umana. Sei stato molto fortunato, questa sera”,  rispose Claire con calma.
Il ragazzo gemette.
“Gaia era un mostro?”, domandò poco dopo, voltando il capo verso di lei.
“No. Quella non era Gaia. Non lo era più da molto tempo”.
“E allora cos'era? Perché aveva il suo aspetto e la sua voce?”, Raki deglutì prima di continuare. “Perché mi ha baciato?”.
“Gli yoma tendono ad assumere le sembianze e i ricordi degli umani che divorano. Ecco perché riescono a mimetizzarsi tra di voi senza che ve ne accorgiate”, spiegò Claire. “Quel demone avrà sicuramente percepito il legame che vi univa e l'ha usato per arrivare a te”.
Raki soffocò un singhiozzo.
“Quindi Gaia è...?”.
“Mi dispiace”.
Il ragazzo rovesciò il capo all'indietro, tirando su con il naso.
“Quanto tempo fa?”, chiese.
“Dipende. Forse dall'inizio dell'estate. È da allora che sono iniziate le sparizioni. Probabilmente è andata in vacanza in qualche posto infestato dagli yoma e uno di loro ha usato il suo corpo per venire qui, dove sicuramente avrebbe trovato più prede a disposizione”.
Raki represse a malapena un singhiozzo.
“Bevi. Ti farà passare il dolore”, lo esortò Claire, porgendogli quello che restava della tisana.
Il ragazzo vuotò il bicchiere come se si fosse trattato di qualche potente alcolico.
“Perché l’hai ucciso?”, domandò qualche istante dopo.
“Sono stata incaricata dall’Organizzazione per cui lavoro”.
“Organizzazione?”.
“Voi umani ci chiamate Claymore. Siamo delle guerriere incaricate di uccidere gli yoma che infestano i vostri centri abitati. Io e mia sorella siamo arrivate ieri a seguito degli omicidi avvenuti negli ultimi mesi”.
“Hai una sorella?”.
Al solo pensiero dell’esistenza di un’altra creatura simile a Claire, Raki rabbrividì.
“Oh, siamo in tante. C’è sempre troppo lavoro da fare e troppe poche guerriere a disposizione”, rispose la ragazza ridacchiando.
“Troppo lavoro? Perché, quanti mostri ci sono in giro?”.
“Molti di più di quanto tu possa immaginare. Sta’ tranquillo, almeno per quanto riguarda questa città non c’è più alcun pericolo. Il mio lavoro qui è finito stanotte. Domattina potrai dimenticare tutto”.
Raki posò nuovamente il bicchiere sul cruscotto.
“Ti ho sconvolto, vero?”, domandò Claire.
Il ragazzo annuì.
“Perché hai dato fuoco all’appartamento?”, domandò.
“Fa parte del Protocollo del 1473. Gli umani non devono sapere dell’esistenza degli yoma o dell’Organizzazione. Perlomeno non la gente comune, perché farebbe troppe domande. Bisognava cancellare le prove. In ogni caso, l’Organizzazione provvederà a risarcire quanto prima i famigliari di quella ragazza”.
“E allora perché mi stai dicendo queste cose? Io non dovrei restare all’oscuro di tutto questo?”.
“Tecnicamente dovresti. A rigor di logica, mi converrebbe tagliarti la testa subito, ma non posso per via dell’articolo 1 della Costituzione Claymore del 5000 a. C. che mi impedisce di uccidere gli umani. Se fossi stato una ragazza, ti avrebbero subito arruolato nell’Organizzazione. Ma vedo che sei un tipo intelligente e so che conserverai con cura il segreto”.
Claire gli rivolse un’occhiata talmente eloquente, che Raki avvertì tutti i capelli rizzarsi sulla nuca.
Solo allora li vide.
“Ehi! Ma tu hai gli occhi d’argento!”, esclamò indicandole il volto.
“Eh, già. Non so se te ne eri accorto, ma io non sono un essere umano”, ridacchiò Claire.
“Ah, no? E allora…cosa sei?”.
“Sono un mezzo yoma”.
“Cosa?!”.
La ragazza sorrise.
“Non temere. Ho solo ereditato la forza e i poteri di un demone, ma la mia mente è assolutamente umana. Ecco perché sono nettamente superiore ai miei avversari”, spiegò.
Raki continuava a fissarla con gli occhi sgranati per l’ammirazione.
“Ovviamente, quando sono a caccia in posti affollati come le metropoli, devo trovare il modo di camuffarmi. Di solito uso le lenti a contatto, come quelle che avevo stamattina. Un tempo l’Organizzazione ci faceva assumere dei farmaci che ci rendevano simili agli umani, ma alla fine i nostri poteri risultavano decisamente compromessi”.
“Da quanto tempo esiste questa Organizzazione?”.
“Da sempre. Sei uno storico dell’arte, dovresti saperlo che i demoni hanno sempre fatto parte delle vostre paure più recondite”.
“Anche tu eri un umano, una volta?”.
“Sì. Tanto tempo fa”.
“Quanto?”.
Claire sorrise.
“Sai, a quest’ora potrei essere tua nonna. Per una Claymore, sono ancora una ragazzina”, commentò.
“E sei di origine francese?”.
“Mia madre”.
Lo sguardo di Claire si fece improvvisamente vacuo, segno che le confidenze erano finite.
“Senti,”, aggiunse con decisione “sei un ragazzo davvero simpatico, ma ora devo andare. Sicuramente, in questo momento ci sarà qualche altro yoma affamato di interiora in giro per il mondo in attesa del nostro intervento. Sarà meglio che rientri alla base, prima di levare le tende”.
“Quindi te ne andrai?”.
“Il mio compito è finito. Di solito non mi piace restare a fare la turista”.
Lo sguardo di Raki si velò di delusione.
“Che c’è?”, domandò Claire.
“Io…niente”, balbettò lui. “Volevo solo ringraziarti per avermi salvato la vita”.
“Risparmia le frasi di circostanza. Sappi che l’ho fatto solo perché sono stata incaricata dai miei superiori. Piuttosto sono io che ringrazio te per aver tenuto lo yoma occupato a sufficienza da non accorgersi del mio arrivo”.
Raki abbassò lo sguardo.
“Claire, posso farti una domanda?”, chiese dopo un po’.
“Spara”.
“Quel bacio…è stato il demone, vero?”.
La ragazza fece una smorfia enigmatica.
“Non è nella natura di uno yoma provare questo tipo di sentimenti. Se l’ha fatto, è stato solo perché aveva ancora i ricordi e le emozioni di Gaia nel suo organismo”, rispose. 
Raki abbassò lo sguardo.
“Quindi Gaia provava davvero qualcosa per me”, commentò a voce bassa.
“Davvero non te ne eri accorto? Io ero convinta che steste insieme!”.
“Io…credevo che fosse solo una grande amica, tutto qui. Mai avrei pensato che potesse provare una cosa simile”.
Il ragazzo scoppiò in singhiozzi, nascondendo il volto tra le mani.
“Io le volevo bene, Claire!”, gridò. “Davvero, era una delle persone più care che avessi al mondo! Ma non avrei mai pensato che potessi piacerle. Il fatto è che lei…era un’amica…solo un’amica…oh, cosa sto andando a pensare!”.
Claire gli mise subito una mano sulla spalla, annuendo comprensiva, per quanto un mezzo-demone potesse esserlo.
“Allora è meglio che le cose siano andate così. L’avresti persa comunque, un giorno. Non poteva dirti addio in un modo migliore”, disse piano.
Raki annuì, incapace di trattenere le lacrime.
“Sei stanco e hai bisogno di riposo. Domani andrà meglio, vedrai. E dopodomani meglio ancora. Sai, voi umani avete il tempo dalla vostra. Vi aiuta a dimenticare. E ciò che dimenticate diventa perdono”.
Non sapeva come, ma senza volerlo aveva citato le stesse parole che Teresa aveva detto a lei molto tempo prima, quando era stata appena trasformata.
Raki levò lo sguardo, respirando a fatica.
Sembrava l’ombra di se stesso.
“Ti accompagno a casa. Dove abiti?”, chiese Claire.
“Non lontano da qui”, rispose il ragazzo debolmente.
“Allora andiamo. Qui stai solo prendendo freddo”.
Claire riaccese il motore, cercando di guidare il più piano possibile.
Il traffico procedeva a singhiozzo, mettendo a dura prova la sua pazienza.
Se ci fosse stata Teresa al suo posto, pensò con un sorriso, sicuramente di lì a poco avrebbe scatenato un vero pandemonio.
Per tutto il tragitto, Raki non proferì parola.
Se ne stava rannicchiato sul sedile anteriore, scoccandole di tanto in tanto qualche occhiata intimorita e indicandole la strada per monosillabi.
Alla fine, parcheggiarono di fronte a una palazzina non lontana da San Giovanni.
“Grazie del passaggio”, disse il ragazzo una volta parcheggiato.
“Ti ho già detto di non ringraziarmi. Se l’ho fatto, è stato solo perché non sei nelle condizioni di guidare e se per caso andavi a sbattere avrei avuto un po’ di problemi sul lavoro, tutto qui”, rispose Claire laconica.
Incredibilmente, Raki le abbozzò un sorriso; poi scese dalla macchina.
Anche Claire scese, raccattando la sua spada e facendo per allontanarsi.
“È stato un piacere, Raki”, disse porgendogli le chiavi. “Sicuramente, ricorderai giornate decisamente migliori di questa. Addio!”.
La ragazza fece per avviarsi verso casa, quando improvvisamente si fermò, la nuca che le formicolava in preda a una sensazione sgradevole.
Come sospettava, nel momento in cui si voltò Raki era ancora in piedi in mezzo alla strada, fissandola con aria imbambolata.
“Dai, torna dentro o ti prenderai un accidente con questo freddo!”, esclamò, in barba al suo mini-abito.
Raki non si mosse.
“CLAIRE!”, gridò un attimo prima che sparisse dietro l’angolo.
La ragazza si immobilizzò sul marciapiede con un piede sollevato a mezz’aria.
Nessun essere umano estraneo all’Organizzazione l’aveva chiamata per nome prima d’ora.
Si voltò lentamente.
“Che c’è?”.
Raki aveva ricominciato a tremare.
“Non andartene”, sussurrò.
“Su, vai a casa. Non corri più alcun pericolo”, gli intimò lei senza troppi complimenti.
Il ragazzo scosse il capo.
Evidentemente, non era abituato a subire l’attacco di un demone tanto spesso.
Claire sospirò, tornando indietro.
“C’è qualcuno a casa?”, chiese.
“No. I miei non torneranno prima delle nove e mio fratello Zaki lavora in un bar fino a tardi”.
“Capito, ti accompagno di sopra. Non vorrei che mi cadessi dalle scale”.
Con un sospiro rassegnato, Claire lo scortò fino al suo appartamento al terzo piano.
Entrarono in una casa semplice e ordinata, che profumava di pulito.
Raki divideva la camera con il fratello maggiore, occupata per metà da un grande letto a castello.
Le pareti e la scrivania erano ingombre di appunti, libri e foto.
Una di esse, appiccicata allo schermo del computer, ritraeva Raki il giorno della laurea.
Aveva un sorriso da orecchio a orecchio al disotto della corona di alloro ed era circondato da ragazze.
Gaia era in bella vista al suo fianco, stringendogli affettuosamente un avambraccio.
Raki si levò le scarpe e crollò sul letto ancora vestito.
Era visibilmente distrutto.
“Ora mi lasci andare o no?”, chiese Claire in tono esasperato.
Il ragazzo non rispose.
“Cerca di riposare. Se ti fa stare tranquillo, aspetterò di là il ritorno dei tuoi genitori ma non oltre. Chiaro?”.
Raki annuì nervosamente.
“Grazie ancora, Claire”, sussurrò.
“Un altro grazie e ti taglio la testa”, rispose lei con un sorriso complice.
Poi, prima ancora che il ragazzo potesse trattenerla oltre, si rifugiò all’ingresso, sedendosi sul pavimento.
Restò in ascolto nel buio, fino a quando non udì il respiro di Raki farsi più profondo e regolare.
Finalmente!, pensò con sollievo.
Si avvicinò alla porta della sua camera da letto in punta dei piedi, sbirciando all’interno.
A quanto pareva, il ragazzo dormiva così profondamente che in quel momento neppure le cannonate avrebbero potuto svegliarlo.
Claire sorrise.
Nonostante fosse un tipo strano e dannatamente stupido, alla fine lo trovava simpatico.
A quel pensiero, trasalì.
Dove aveva già sentito quelle parole?
Un altro passo e ti prendo a calci.
Prima ancora che se ne fosse resa conto, Claire era già sgusciata fuori dalla finestra come una ladra.




Prima cosa: vi amo!
Davvero, siete i lettori più fantastici che si possano desiderare.
Non credevo che questa storia potesse piacere così tanto, nè che potesse ricevere così tante visite e commenti positivi * e pensare che volevo cancellarla dal mio computer...dico, CANCELLARLA! *
E inoltre ringrazio in particolar modo quelli tra voi che mi stanno dando un sacco di spunti e di idee per farla crescere ancora di più, approfondendo alcuni aspetti che altrimenti avrei tralasciato.
Insomma, io e i personaggi * tra cui Raki, appena rinvenuto a suon di sberle * vi porgiamo la nostra più sentita gratitudine.
Essendo sopravvissuta all'esame * tra l'altro andato benissimo! * mi sono voluta scatenare con quest'utlimo capitolo, rendendolo un po' più lungo del solito.
Spero solo di non avervi annoiati o essere stata troppo pesante * cercate anche di mettervi nei panni di Raki, partito per friendzonare l'unica ragazza che se lo sia mai veramente filato (per dirla alla romana) e trovatosi invece ad avere a che fare con un demone affamato delle sue interiora *
Sono rimasta molto colpita dal fatto che molti di voi si siano affezionati al personaggio di Gaia.
Devo confessare che all'inizio mi ero ispirata a più di un personaggio negativo quanto reale, ma alla fine, per una serie di ragioni, ho deciso di metterci dentro un piccolo frammento di me.
Penso che non potevo dirgli addio in un modo migliore, tanto per citare Claire.
Ma ora basta con i sentimentalismi, passiamo ai ringraziamenti veri e propri! ;)

Per le recensite: bienchen * bentrovata! *, la mia sorellona Angelika_Morgenstern, i mitici Alan Kall e Uzumaki_Devil_Dario, e infine la simpaticissima SognatriceAOcchiAperti

Per le preferite: Angelika_Morgenstern AlanKall

Per le seguite: bienchen Uzumaki_Devil_Dario

L'aggiornamento tornerà come sempre venerdì prossimo.
Dovessero esserci variazioni, vi manderò un messaggio direttamente su efp oppure potete dare un'occhiata alla mia pagina Facebook: https://www.facebook.com/LeStorieDiFedra?fref=photo
Se vi va di aggiungermi agli amici, mi trovate sotto il nome di Fedra Efp * per ora ci sono solo io, a differenza del mio vero nome, che ha tantissime omonime sparse per il centro Italia *

Un abbraccio e a presto :)

Vostra,
F.



 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 4
*** Muffin e vecchie conoscenze ***


Tre.
Muffin e vecchie conoscenze
 
*

 
 
 
 
L'appartamento si trovava agli ultimi piani di un immenso palazzone dall'intonaco color terra, stretto tra altri casermoni altrettanto immensi e altrettanto brutti.
L'ingresso principale confinava con i binari della stazione, affiancato da grandi edifici squallidi e scrostati sui cui balconi, simili alle celle di un mostruoso alveare di cemento armato, sventolavano pigramente file di panni stesi.
L'altro lato, invece, si affacciava direttamente sull'intrico di acciaio della tangenziale, i cui piloni lambivano le finestre degli ultimi piani, a tal punto che sarebbe bastato allungare una mano per sfiorare le auto in corsa durante il giorno.
Di certo gli ingegneri che avevano progettato l'imponente infrastruttura avevano avuto tutte le più nobili intenzioni del mondo per dare un tocco di modernità alle periferie cittadine, ottenendo però come risultato un autentico eco-mostro che ora contemplava pigramente le macchine e i treni che sfrecciavano sotto di lui.
Era evidente che l'Organizzazione non aveva avuto problemi a trovare alloggio a Claire e Teresa in quel buco.
Al momento del loro arrivo, i legittimi proprietari avevano sloggiato ormai da diversi anni, sicuri di non riuscire mai a vendere la loro casa in seguito alla costruzione della tangenziale e decisi a non prendersi un cancro ai polmoni nell'arco di breve tempo.
Non era da escludere che le due guerriere stessero alloggiando lì a costo zero.
Per fortuna, il loro soggiorno sarebbe stato di breve durata.
 
Claire levò lo sguardo verso il cielo stellato, occupato per la maggior parte dalla sagoma scura del palazzo.
I cavalcavia della tangenziale sembravano trapassarlo da parte a parte come un mostruoso intrico d'acciaio, simile alle protuberanze retrattili che spesso si celavano nelle membra degli yoma.
Sul suo volto affilato apparve l'ombra di un sorriso carico di soddisfazione.
Non vedeva l'0ra di comunicare a Teresa la bella notizia.
E di andarsene finalmente di lì, magari quella sera stessa.
Erano entrambe decise a mettere quanta più strada possibile tra loro e quella città che nelle loro vite immortali non aveva portato altro che guai.
Canticchiando tra sé e sé, Claire superò il portone d'ingresso e prese a salire le scale.
Improvvisamente le sue narici si dilatarono, facendole sgranare gli occhi per la sorpresa.
L'odore dei dolci di Teresa era inconfondibile.
Avrebbe fatto venir fame persino in una discarica o in una sala operatoria.
La ragazza batté le palpebre, perplessa.
Se Teresa aveva cucinato, significava che era particolarmente di buon umore.
Il che, considerata la situazione, era alquanto anomalo.
Chissà che cosa era accaduto durante la sua assenza.
Salendo i gradini due a due, Claire arrivò finalmente al pianerottolo del loro appartamento, spalancando la porta.
L'interno era quasi completamente spoglio, fatta eccezione di qualche mobile e una vecchia televisione gracchiante sintonizzata su un programma di cucina.
Non appena riconobbe i passi della padrona, Maleficat le venne incontro con la coda dritta, facendo le fusa.
Claire le accarezzò la schiena, avvicinandosi poi alla tv.
Una ragazza bionda, che avrebbe potuto benissimo essere uscita da una pala d'altare del Quattrocento, stava acciambellata sul pavimento, pescando di tanto in tanto un pezzetto di muffin al cioccolato dal vassoio posato di fronte a lei.
“Bentornata, sorella!”, la salutò con un sorriso sornione. “Vuoi un muffin?”.
“No, grazie”, rispose Claire laconica gettando a terra la spada.
Teresa la squadrò da capo a piedi, soffermandosi sul suo vestito cortissimo.
“Stai d'incanto! Se solo sostituissi quegli anfibi...Sono un vero pugno nell'occhio”, commentò.
“Sono comodi. Per lavorare, vanno più che bene”, tagliò corto Claire.
“Come vuoi. Ti dico solo che, per quanto riguarda lo stile, dobbiamo ancora lavorarci su”.
“Abbiamo tutta l'eternità, se vuoi”.
Con un gesto deciso, Claire si liberò del vestito e delle scarpe, andandosi subito a rifugiare sotto la doccia.
L'acqua bollente e le bolle di bagnoschiuma lavarono via finalmente il puzzo di yoma, strappandole un moto di sollievo.
 
Una volta rilassata, la ragazza si frizionò rapidamente i capelli e si infilò la tuta bianca di sempre, tornando a piedi scalzi nel salotto e lasciandosi cadere accanto a Teresa, che nel mentre si era rifugiata nel suo Ipad.
Dall’espressione divertita dipinta sul suo volto, Claire indovinò che si stesse facendo un po’ di affari altrui su Facebook.
“Hai visto dov’è Galatea?”, disse rivolta all’amica, voltando lo schermo verso di lei.
Nel vedere la foto, Claire non poté fare a meno di aggrottare le sopracciglia.
Una ragazza bionda le sorrideva dolcemente al disotto della Tour Eiffel, il braccio tatuato di un ragazzo vestito da rapper stretto attorno alle spalle.
Nonostante l’abbigliamento da turista e il viso struccato, era impossibile non notare la sua eterea bellezza da modella.
Tutto di lei sembrava perfetto, dall’espressione del volto alla posa disinvolta del suo corpo esile.
“La solita viziata”, sibilò.
Teresa scoppiò in una risata.
Sapeva quanto Claire non andasse matta per la loro collega più esperta.
La quale, dal suo canto, non si era mai impegnata troppo ad apparire simpatica.
“Chissà cosa sta combinando lassù, oltre che a rimorchiare i ragazzi locali” commentò. “Ma guarda un po’ cosa dicono le nostre colleghe. Pare che non abbiano preso molto bene l’attuale boyfriend di Galatea”, aggiunse indicando i velenosi commenti da 45 righe l’uno sotto i 2595 like della foto.
 “Che spasso!”, esclamò Teresa divertita. “A che serve guardare la tivù se hai delle colleghe dalle lingue tanto biforcute? Devo dire che alcune di loro sono dei veri e propri talenti letterari”.
“Non sanno perdere”, ammise Claire scuotendo il capo.
“Potrebbero prendere spunto da lei, invece di farsi rodere il fegato dall’invidia”.
“Tanto quanto durerà? Due settimane?”.
“Il tempo che ci vuole a essere felici”.
“Io sinceramente non la capisco. A che serve ingannare in questo modo un umano per poi lasciarlo non appena le assegneranno un incarico da un’altra parte?”.
“Secondo me, sopravvaluti troppo gli esseri umani. Hanno un talento innato per i discorsi sui massimi sistemi, ma restano pur sempre dei mortali. Prendono tutto con una leggerezza di gran lunga maggiore rispetto a quella che vogliono far credere. Tempo qualche giorno, e quel ragazzino si dimenticherà persino di che faccia aveva Galatea”.
“Che esseri tristi”.
“Già. In fondo, non c’è nessun male nel portare loro un po’ di immortale allegria, di tanto in tanto. Muffin?”, Teresa tornò immediatamente alla carica, sventolando il vassoio sotto il naso dell’altra con aria tentatrice. “Sicura di non volerne un po'? Li ho sfornati nemmeno mezz'ora fa e sono ancora tiepidi. Sarai affamata”.
“Non mi va, scusami. Ho lo stomaco chiuso”, si difese Claire.
Maleficat le saltò prontamente sulle ginocchia, facendo le fusa.
“Cos'è quella faccia? È successo qualcosa?”.
“No, solo un po’ di stanchezza”.
Possibile che non riuscisse a cancellare dalla mente la faccia sconvolta di quel povero umano?
“Dai, prima che svieni!”.
Teresa sapeva bene quanto Claire, da quando era diventata una mezzo-demone, provasse l'istinto di mangiare meno di tutte le altre.
Riusciva a restare a digiuno anche per delle settimane senza nemmeno accorgersene, fino al punto di svenire di colpo per l’inedia.
Per fortuna, Teresa aveva sempre avuto un particolare talento con i fornelli ed era difficile rifiutare i suoi manicaretti, persino nei peggiori momenti di stomaco chiuso.
 
“Ho ucciso lo yoma”, annunciò Claire a un certo punto.
“Davvero? Anch'io”.
“Cosa?”.
La ragazza lanciò un'occhiata perplessa all'amica.
“Certo”, rispose Teresa in tono soddisfatto. “Lì in Cassazione avranno da ripulire per settimane. Erano ben quattro, tutti spediti a miglior vita in meno di un minuto”.
“Q-quattro? Ma al momento dell'incarico ci avevano detto che era solo uno!”.
“A quanto pare, le cose stanno diversamente”, disse una voce melliflua alle loro spalle.
Claire e Teresa si voltarono di scatto.
Un uomo pallido, completamente vestito di nero, emerse alla luce della lampada che pendeva tristemente dal soffitto.
Non si liberò nemmeno degli occhiali da sole nel momento in cui si frappose tra le guerriere e la televisione.
“Lo sai che è maleducazione entrare senza bussare? Ti ricordo che qui abitano due donne!”, lo apostrofò Teresa senza farsi troppi problemi.
Claire le scoccò un'occhiata carica di ammirazione.
Solo l'amica aveva il coraggio di rivolgersi al loro capo con quel tono.
Sapeva quanto godesse nel vedergli contrarre impercettibilmente la mascella inferiore, senza però reagire.
Avrebbe tanto voluto punirla per la sua insolenza, ma allo stesso tempo doveva premurarsi di tenere buona la sua ex numero 1.
“Mi rincresce rovinarvi la serata, ma il lavoro ha le sue priorità”, si schermì l'Uomo Nero imperturbabile. “Esattamente cinque minuti fa è stato ritrovato nei pressi del Pigneto il cadavere di un uomo completamente svuotato dagli organi interni.”.
“Eeeeh?!?”.
L'altro afferrò con noncuranza un muffin, addentandone l'angolo prima di farlo sparire nella tasca del giaccone.
“Proprio così”, proseguì. “Pare che la cosa si stia facendo più complicata del previsto. Abbiamo fatto delle indagini e abbiamo scoperto che, vostro malgrado, ci sono almeno una ventina di yoma a piede libero per la città”.
“Cosa? Una ventina?”.
“E non è tutto. Sembra che siano molto organizzati. Fanno riferimento a un capo, che ne coordina in movimenti. Non vi nascondo che si tratta di un Risvegliato molto potente”.
“Ci sono esondazioni del Tevere in programma, per caso?”, ringhiò Teresa.
“Io non scherzerei, se fossi in te. Tu e Claire lo conoscete molto bene”.
“E chi sarebbe?”.
Il sorriso serafico sul volto dell'Uomo Nero si allargò ancora di più.
“Priscilla”, rispose.
Un'espressione di rabbia mista a stupore apparve immediatamente sui volti delle due Claymore.
“Priscilla?”, ringhiò Claire.
“Già. Finalmente, avrete modo di darle la lezione che le spetta. Ma non sarò tanto imprudente da mandarvi da sole contro una morte certa. Venti yoma e un Risvegliato sono decisamente un carico troppo gravoso persino per due guerriere come voi. Per questo  ho contattato alcune delle vostre colleghe più qualificate. Sono già in viaggio verso Roma e non vedono l'ora di aiutarvi”.
“Non abbiamo bisogno di aiuto. Altra gente ci causerebbe solo problemi”, intervenne Teresa in tono perentorio.
“Non sta a te decidere”, la redarguì bruscamente l'Uomo Nero.
La guerriera ammutolì.
Se il capo l'azzittiva, allora la situazione era davvero grave.
“Dimenticate di non essere più in cima alla scala gerarchica. Un aiuto non potrà certo dispiacervi, nella vostra situazione”, proseguì l'uomo con calma.
“E chi ci dice che quelle non vengano solo a ostacolarci?”.
“Come sei tragica, Teresa! Mi stupisce che proprio tu ti preoccupi di questi aspetti, quando in questo momento molti umani innocenti stanno morendo a causa degli yoma”.
La guerriera contrasse la mascella, fissandolo con odio.
“Quanto tempo ci impiegheranno, a venire qui?”, domandò.
“Oh, dipende dalla loro voglia di collaborare. Può trascorrere un giorno, come un mese. O un anno”.
“Grazie tante”.
“Mi dispiace rimandare la vostra partenza. So che questo posto non è proprio il massimo per voi due. Sappiate che ho molto insistito con i miei superiori affinché vi trovassero un alloggio più confacente, ma attualmente le casse dell'Organizzazione non navigano in acque molto proficue”.
“Non infierire, per favore”.
“Sono convinto che ciò vi sarà di incoraggiamento per portare a termine il lavoro il prima possibile. Per vostra fortuna, Roma non è l'unico posto al mondo in cui si rifugiano gli yoma”.
“Ma è anche la città dove ha deciso di stabilirsi l'unico demone che ci interessa eliminare, giusto?”.
“Acuta osservazione, Claire. Fossi in voi, non lascerei questo incarico a metà”.
“Sarà fatto”, tagliò corto Teresa. “Molto prima di quanto credi”.
“Così mi piaci, bambola. So che non mi deluderete”.
L'Uomo Nero prese un altro muffin, staccandone un morso.
“Cucini divinamente come al solito, Teresa”, disse prima di uscire dalla stanza.
Si udì la porta che si chiudeva quasi impercettibilmente; poi seguirono alcuni istanti di silenzio.
 
Solo quando ebbe la certezza di essere sole  Teresa, com'era previsto, esplose.
Il suo fiume di bestemmie sommerse la stanza così violentemente che Maleficat rizzò tutti i peli della coda cespugliosa prima di andarsi a rintanare sotto un mobile, mentre Claire trasalì come se l’avessero appena schiaffeggiata.
“Lo fa apposta, LO FA APPOSTA!”, ululò la guerriera, scagliando il telecomando e abbattendo il vetro della credenza. “Come sarebbe a dire le casse dell'Organizzazione navigano in cattive acque? Con tutte le migliaia di euro che le danno alla fine di ogni incarico!”.
Teresa balzò in piedi, prendendo a passeggiare avanti e indietro come una tigre in gabbia.
“Io li denuncerei tutti se solo...”.
“Teresa, per favore!”.
“Chiudi il becco, Claire! Non ne posso più di questa vita! Davvero, certe volte preferirei che non mi avessero riattaccato la testa!”.
L'espressione ferita che si lasciò sfuggire l'altra in quel momento bastò a farle cambiare idea.
“Scusami!”, esclamò.
“Niente, niente”.
Claire prese l'ultimo muffin rimasto e ne staccò un piccolo morso, riponendolo subito sul vassoio.
Teresa crollò al suo fianco, raccattando il telecomando e alzando il volume.
In quel preciso istante, un cuoco di fama internazionale stava ricoprendo di insulti una ragazza brufolosa per aver sbagliato la cottura di tre secondi e mezzo.
“Perdonami, ho perso il controllo”, si scusò, visibilmente a disagio.
“Non ti preoccupare. Sono abituata alle tue scenate”, rispose Claire.
“Mi chiedo come faccio a non essermi ancora trasformata in uno yoma”.
“Forse perché grazie alla tua anima tedesca sai riacquistare subito l’autocontrollo”.
“Ah ah ah, potrebbe essere un’idea”.
Claire accennò un sorriso, staccando un altro morso dal muffin.
“Allora, Mein Fuhrer, quale sarà la nostra prossima mossa?”, aggiunse pochi istanti dopo.
“Per prima cosa, io non aspetterei le altre. Visti i precedenti, ci creerebbero solo problemi”, rispose Teresa.
Claire annuì con decisione.
Entrambe sapevano fin troppo bene di essere quasi sicuramente le uniche Claymore ad andare d’amore e d’accordo, a tal punto da vivere insieme.
Chiunque tra le loro colleghe avrebbe finito per assassinare la propria coinquilina, se solo si fosse trovata in una situazione simile.
“Potremmo iniziare a cacciare gli yoma singolarmente, per poi isolare Priscilla ed eliminarla”, proseguì Teresa.
“Non sarà facile. Possono trovarsi dovunque”.
“Mi deludi, sorella”.
Teresa si alzò in piedi, tornando un attimo dopo con una mappa di Roma, che aprì sul pavimento.
Alcuni quartieri apparivano segnati da un cerchio rosso.
“Queste sono le zone in cui sono avvenuti gli omicidi”, spiegò. “Sono iniziati qui, tra la stazione Termini e la città universitaria”.
“Lo yoma che ho ucciso poco fa. Era nel corpo di una ragazza che frequentava la Facoltà di Lettere e abitava nei pressi di piazza Bologna”, osservò Claire.
“Ma la suora e il turista erano vicino alla via Trionfale”, proseguì l’altra. “Certo, anche uno yoma solo avrebbe potuto spostarsi grazie alla metropolitana. Oppure, si trattava semplicemente di uno stuolo di avvocati, di cui due pendolari. Ma ora veniamo all’ultima vittima, al Pigneto”.
Teresa estrasse una penna rossa e cerchiò la zona colpita.
“Come può esserci arrivato?”.
“Parte sempre da Termini”, osservò Claire indicando la stazione. “Avrebbe potuto prendere il tram di fronte all’università.
“Oppure provenire dalla parte opposta della città per depistarci. In ogni caso, siamo quasi sicure che usi i mezzi pubblici per stanare le sue prede”.
“Resta comunque un raggio d’azione troppo ampio per due sole guerriere. Come potremmo fare a stanare tutti gli yoma?”.
“Tu che cosa faresti, se fossi uno di loro?”.
“Mmm, vediamo. Sicuramente sceglierei un posto molto affollato, dove posso confondere le tracce e allo stesso tempo individuare meglio le mie prede. E poi, farei in modo di non essere mai solo”.
“Acuta osservazione, sorella. Se questi yoma hanno bisogno di un capo, vuol dire che sono prevalentemente deboli e inesperti, come quelli che ho sconfitto stamattina. Devono cacciare in gruppo, per sopravvivere. Dove c’è n’è uno, ce ne sarà sicuramente un altro nelle vicinanze”.
“Devo tornare alla città universitaria”, disse Claire.
Improvvisamente, nella sua mente era comparso un dettaglio, un dettaglio visto all’interno di una foto appesa sopra il monitor di un computer.
“Io invece mi farò un giro intorno al Vaticano. Non sarebbe la prima volta che un gruppo di yoma approfitta della presenza di un luogo sacro per nascondersi”.
Claire aggrottò le sopracciglia.
“Non mi piace”, commentò. “Perché proprio qui? Perché proprio Priscilla?”.
“Non lo so. Sembra quasi che si stia esponendo di proposito”.
“Pensi che sia una trappola?”.
“O una vendetta”.
Claire si abbracciò le lunghe gambe, lo sguardo perso nel vuoto.
In quel momento, lo chef rinchiuso nel suo piccolo schermo aveva appena scagliato in un lavello l’ultima creazione di un suo zelante studente, tra le risate del pubblico.
La ragazza sospirò.
“Sapevo che sarebbe accaduto, prima o poi”, commentò, facendo sparire gli ultimi residui del suo muffin.




Buonasera a tutti! :)
Ebbene sì, ce l'ho fatta, anche se stanca morta! * è da stamattina alle 6 che sono in giro *
Ho come la sgradevole impressione di aver scritto un'emerita schifezza, dal momento che il capitolo è stato buttato giù di corsa mentre facevo la fila nel corridoio di dipartimento e l'ho riletto giusto ora, con le palpebre sempre più pesanti per il sonno...
Ma veniamo a noi ;) * prima che crollo *
Ve l'aspettavate che prima o poi Priscilla sarebbe saltata fuori?
Premetto che nel prossimo capitolo interromperò temporaneamente la narrazione per dedicarlo a un lungo flashback sul passato di Claire e Teresa, per sapere come sono cambiate le loro storie in questa versione un po' strampalata del manga.
Spero solo di riuscire a scriverlo in condizioni umane!
Detto questo, passo subito a ringraziare i miei affezionati recensori Angelika_Morgenstern (a cui dobbiamo tutte le dritte più una su come insultare i romani da parte di Teresa), AlanKall, bienchen, SognatriceAOcchiAperti e Uzumaki_Devil_Dario.
Grazie anche a tutti quei lettori silenziosi * e non solo romani * che stanno seguendo la storia! :D
L'aggiornamento tornerà regolarmente il prossimo venerdì.
Per qualsiasi cosa, passate sulla mia pagina Facebook: https://www.facebook.com/LeStorieDiFedra
Un bacio e...BUONANOTTE!

Vostra,
F.


 
 
 
 
 
 

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Capitolo 5
*** Ricordi dalla guerra I ***


Cinque.
Ricordi dalla guerra I

 
*

 
 
 
 

 

Di Roma, Claire ricordava la luce dorata del pomeriggio che si rifletteva sulle facciate color mattone degli edifici, il gorgoglio delle fontane per le vie del ghetto, il sapore dei dolci che ogni mattina suo padre le regalava prima di andare a scuola.
“Bella come una stella”, le diceva sempre sua madre, che aveva scelto il suo nome nel momento in cui gliel’avevano data per la prima volta tra le braccia.
Dolce, spensierata e sorridente.
Era una gioia vederle brillare i grandi occhioni verdi al disotto della frangetta castana mentre correva con quelle lunghe gambe snelle per le strade lastricate del centro, schiamazzando insieme agli altri bambini del quartiere.
Amava ridere e la sua risata era una vera e propria valanga che travolgeva i presenti all’improvviso, come un fulmine a ciel sereno.
La sua voce era buffa, energica, dirompente come un fiume in piena.
Tutti amavano la compagnia di Claire, che fossero vecchi o bambini: era una presenza che portava allegria, contagiando chiunque si trovasse a meno di un passo da lei.
 
Questo era stato fino allo scoppio della guerra.
Dal momento in cui il duce aveva pronunciato quel discorso dalla finestra di Palazzo Venezia, proprio dietro la via in cui Claire abitava con la sua famiglia, non c’erano state più risate, né corse, né il sapore dello zucchero sulla lingua.
Solo il fragore delle bombe e il puzzo di bruciato.
E paura, tanta paura.
Paura degli aerei e del velo di morte che portavano con loro.
Paura delle bombe e delle macerie.
Paura delle retate, dei propri cari che sparivano nel nulla all’improvviso.
Paura di mostri dal sorriso rassicurante che venivano a bussare alla porta nel cuore della notte.
 
Era ottobre, faceva ancora caldo.
Eppure, quella notte Claire non faceva altro che rabbrividire di freddo, nascosta sotto il letto tra le braccia di suo fratello.
Le sue membra tremavano in maniera incontrollata in quella stretta gelida, incapace di proteggere se stesso e chi amava di più.
La paura era l’unico odore che fremeva nell’aria.
Avevano udito la porta d’ingresso che cedeva sotto i colpi, il rumore di molti piedi protetti da stivali che si precipitavano nell’appartamento.
Riuscivano a percepire il respiro di quegli esseri, caldo, ansimante.
Avevano rotto il collo alla nonna sfracellandola contro il muro della cucina.
Erano andati in camera da letto e avevano ucciso entrambi i genitori prima ancora che avessero avuto il tempo di reagire.
Per infiniti istanti, tutto era piombato nel silenzio, rotto solo da un rumore sordo, continuo, agghiacciante, come quello di un velo umido che si strappa in tanti pezzi.
Poi erano venuti da loro.
Erano sei, alti e biondi, con le divise da ufficiali nazisti.
Quello che sembrava il capo aveva sondato l’aria con le narici dilatate.
Era stato allora che qualcosa, nelle menti di entrambi i fratelli, aveva fatto capire l’entità degli esseri che avevano di fronte, quella paura ancestrale che spinge a fuggire di fronte al predatore.
Erano carne da macello, questo lo sapevano sin dall’inizio.
Era incredibile come l’evoluzione potesse trasformare un animale in mostro.
O, al contrario, renderlo capace di commettere degli atti tanto eroici.
O disperati.
Prima ancora che Claire avesse potuto rendersi conto di quello che stava accadendo, suo fratello era già sgusciato fuori dal suo nascondiglio con gli occhi dilatati dal terrore, le braccia spalancate come in un’inutile supplica.
In un attimo, i mostri gli si erano avventati addosso.
Qualcosa di caldo aveva colpito Claire sul viso: sangue.
E di nuovo quel rumore agghiacciante.
Era troppo tardi per non vedere che cosa era appena accaduto davanti ai suoi occhi.
Un suono strozzato era uscito dalla sua gola.
Gli yoma avevano distolto immediatamente gli occhi dal loro pasto.
Il capo era strisciato sotto il letto e aveva tirato fuori Claire trattenendola per i capelli.
Lei non aveva opposto la minima resistenza, tanto era terrorizzata.
Tremava di fronte a loro, senza riuscire a distogliere lo sguardo dal cadavere sventrato di suo fratello, sapendo che di lì a poco avrebbe fatto la sua stessa fine.
Vedeva i loro volti mostruosi contorti in ghigni orribili sporchi di sangue.
Il capo si era avvicinato, prendendo ad accarezzarle la guancia con gli artigli.
Claire continuava a tremare.
Sperava solo che si sbrigassero, che non sentisse troppo dolore.
Lo yoma aveva passato le dita sulla sua gola, spostandosi poi sul suo ventre caldo.
“Questa la portiamo con noi”.
 
Claire aveva sentito parlare tante volte dell’inferno, ma non avrebbe mai creduto di poterci finire, un giorno.
“Tu sei una bambina tanto buona, non ti accadrà mai nulla di male”, le dicevano sempre.
Allora perché stava vivendo tutto questo?
Perché quei mostri si ostinavano a trascinarla con loro, disponendo a loro piacimento del suo corpo come il più perverso dei giocattoli?
Claire non sopportava più la pelle che indossava.
La sentiva sporca, corrosa, putrida come quelle mani sporche di sangue che l’avevano violata.
Se solo avesse potuto, se la sarebbe strappata via con le sue stesse unghie.
Passavano i giorni, la guerra peggiorava.
C’erano nuove retate e nuovi morti.
Una voce lontana diceva che gli americani erano in arrivo.
Ma forse era solo quella di un pazzo.
Poi, invece, gli americani erano arrivati per davvero.
Era stato allora che i sei yoma avevano svegliato Claire nel cuore della notte e l’avevano trascinata via, fuggendo fuori Roma.
Avevano camminato per ore e ore, nel buio più totale.
La ragazzina non aveva potuto opporre alcuna resistenza, nonostante i piedi fossero ormai pieni di piaghe e le membra denutrite non reggessero più il suo peso.
Erano arrivati in un paesino alle pendici di un’alta montagna, dove gli yoma, dopo essersi liberati dalle divise, si erano mischiati alla gente comune.
Lì, a insaputa degli abitanti, avevano continuato a uccidere e torturare.
Tutto questo fino all’arrivo di Teresa.
 
Era arrivata in una mattina di sole, alta più di qualsiasi altro essere umano, le membra tornite nascoste da un’armatura d’acciaio.
Si era fermata al centro della piazza, accanto alla fontana con i mori incatenati, squadrando i presenti con gli occhi d’argento, quasi godesse nel vederli ritrarsi intimoriti.
Poi, fulminea come il più agile dei predatori, aveva estratto la spada.
Un attimo dopo, due degli yoma cadevano a terra, spaccati a metà.
La gente urlava, fuggendo in preda al panico.
“Eccone due”, aveva detto Teresa con calma, sfoggiando un sorriso angelico.
Un altro colpo di spada, un altro yoma decapitato.
“Tre”.
La guerriera si era guardata intorno.
La gente gridava e si spintonava, cercando disperatamente riparo da quella pazza assassina.
A quel punto, due dei tre yoma superstiti avevano deciso di giocare la carta della disperazione, trasformandosi e attaccando.
“Troppo tardi”, aveva commentato Teresa in tono materno prima di tranciarli in due con un solo colpo della sua spada.
A quel punto, la Claymore si era fermata, contemplando la sua opera con la stessa aria soddisfatta di chi ha appena sfornato una torta di mele.
“Vediamo,”, aveva detto passando in rassegna i cadaveri “uno…due…tre…quattro…cinque…”.
Si era fermata di colpo.
“Toh, ne manca uno!”.
Sembrava che si stesse divertendo un mondo.
Claire aveva rabbrividito, al pari dello yoma che aveva appena stretto le mani intorno alle sue spalle ossute.
In quel preciso istante, Teresa aveva voltato la testa nella loro direzione.
Il sorriso sul suo volto era improvvisamente scomparso.
In un attimo, era al loro fianco, la spada levata.
“Credevi di salvarti facendoti scudo con la bambina, razza di stronzo?”, aveva ringhiato.
Un sibilo.
Poi un’esplosione di sangue viola aveva inzuppato Claire dalla testa ai piedi.




Buonasera, belve! :)
Spero che siate riusciti a sopravvivere a questo capitolo tutt'altro che leggero * spero che mi perdoniate, ma chi di voi ha letto il manga/visto l'anime sa bene che la mia non è stata affatto una licenza poetica, anzi! *
Come avrete intuito sin dal titolo, i prossimi capitoli saranno interamente dedicati alla vita di Claire prima di diventare una Claymore, in questo caso ambientata a Roma e dintorni durante l'occupazione nazista.
L'ho immaginata di origini italo-ebree (ecco perché vive entro i confini del ghetto) e per questo la notte della tragedia coincide anche con quella della deportazione di massa degli ebrei di Roma.
Il paesino dove invece ripiegano gli yoma, invece, si trova a una trentina di chilometri dalla città * immagino che qualcuno di mia conoscenza abbia già intuito di quale si tratta *
Anche questa volta, mi sono vista costretta a tagliare un capitolo eccessivamente lungo per evitare di stancarvi troppo, anche perché nelle prossime puntate accadrà di tutto e di più.
Analogamente all'anime/manga, questo flash-back vi permetterà di fare un po' di chiarezza sui rapporti che intercorrono tra i personaggi, le loro storie e, fra breve, anche le motivazioni che spingeranno Claire ad avvicinarsi a Raki.
Visto che si tratta comunque di una sezione separata, ho ritenuto opportuno utilizzare il corsivo piuttosto che il font normale.

Fatte queste premesse, passiamo ai ringraziamenti veri e propri ;)
Un grazie particolarmente sentito a bienchen, Angelika_Morgenstern, AlanKall e SognatriceaOcchiAperti per le recensioni.
Un sincero benvenuto anche a BlackFeath, c16b e Xephil per aver inserito questa storia tra le seguite.

Spero solo di non avervi traumatizzati troppo e che continuerete a leggere anche i prossimi capitoli.
In ogni caso, io vi aspetto venerdì prossimo con la seconda parte dei ricordi di Claire :3
Per qualsiasi cosa, potete contattarmi direttamente sulla mia pagina Facebook: https://www.facebook.com/LeStorieDiFedra
Oppure aggiungermi direttamente tra i vostri contatti: https://www.facebook.com/profile.php?id=100004968527704 

A presto, allora!
Auguro a tutti un buon weekend :) * e non solo agli innamorati, ma anche per gli spiriti liberi come me che amano incondizionatamente la vita *

Un bacio
Vostra,

Fedra


 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 6
*** Ricordi dalla guerra II ***




Sei.
Ricordi dalla guerra II


 
*






 
 
 
 
Claire non aveva mosso un muscolo.
Era rimasta immobile, con le spalle irrigidite e lo sguardo fisso nel vuoto nonostante il sangue dello yoma aveva preso a colarle negli occhi, annebbiandole la vista e bruciando in modo insopportabile.
Aveva come l’impressione che, se solo avesse fatto un passo in avanti, il mostro che fino a quel momento l’aveva tenuta tra le sue grinfie sarebbe ritornato in vita.
Le sembrava ancora di avvertire il tocco viscido delle sue mani sulla sua pelle martoriata.
“Non dovete ringraziarmi e non accetto alcuna ricompensa”, stava dicendo in quel momento Teresa a un uomo in giacca e cravatta che doveva essere il Sindaco, sfoggiando un marcato accento tedesco. “Più tardi passerà un uomo vestito di nero. Potete dare a lui il denaro”.
“Ma come facciamo a capire che si tratta della persona giusta?”, aveva chiesto il Sindaco subito dopo.
Le labbra di Teresa si erano increspate appena.
“Non c’è problema. Doveste sbagliarvi, il pagamento risulterà semplicemente non pervenuto. Ma in tal caso non credo che l’Organizzazione sarebbe così bendisposta a offrire i propri servigi gratuitamente. Ciò significa che, dovessero ripetersi altri attacchi da parte di yoma, noi guerriere non interverremmo affatto. Considerati i tempi, vi posso assicurare che ci sono dozzine di bande di demoni al seguito dei tedeschi e non escludo che possano tornare da queste parti”.
Gli occhi d’argento avevano percorso la folla di presenti, rivolgendo loro un sorriso angelico.
Era chiaro che si stava divertendo un mondo nel vederli tremare come foglie.
“Non si preoccupi, signorina, staremo molto attenti quando verrà il momento di pagare!”, aveva risposto il Sindaco, la fronte calva visibilmente imperlata di sudore.
“Saggia decisione!”, aveva esclamato la guerriera in tono materno.
Si era voltata con un movimento marziale, facendo per allontanarsi dalla piazza, quando improvvisamente era accaduto l’inconcepibile.
 
Una mano, una piccola mano ossuta, le aveva afferrato il lembo del mantello.
Nemmeno un istante dopo, Claire veniva scagliata a terra con un violento strattone, tra le urla di spavento e di sorpresa della folla.
“E questa chi è?”, aveva domandato Teresa, squadrando la ragazzina con aria minacciosa.
“È arrivata con i mostri”, aveva spiegato il Sindaco. “Loro…credo che la tenessero come compagnia”.
Un brivido carico di sensi di colpa aveva attraversato i presenti nel momento in cui Teresa aveva scoccato un’occhiata carica di accusa verso di loro.
“Insomma, eri il loro giocattolino e pensi che io sia la tua salvatrice, vero?”, aveva commentato rivolta verso Claire. “Spiacente, piccola. Io lavoro per un’Organizzazione che mi paga fior di quattrini e non certo per istinti filantropici. Ergo, sparisci prima che perda la pazienza!”.
Era come se non avesse parlato affatto.
Un attimo dopo, Claire si era levata in piedi, facendo per avvicinarsi di nuovo.
Un’espressione di puro disappunto aveva turbato i bei lineamenti di Teresa.
“Umpf, sei proprio un osso duro”, aveva sbuffato. “Ti avverto, piccola: un altro passo e ti prendo a calci!”.
La folla aveva trattenuto il fiato mentre Claire, con la faccia più tosta di questo mondo, muoveva impercettibilmente un passo in avanti.
La punta metallica dello stivale l’aveva centrata in pieno petto, mozzandole il fiato per il dolore e la sorpresa.
Il mondo si era rovesciato mentre il corpo della ragazzina attraversava la piazza e si andava a schiantare contro la vasca della fontana, afflosciandosi sui sampietrini come una bambola rotta.
“La ucciderà!”, aveva esclamato una donna, ma nessuno si era mosso per aiutarla.
Improvvisamente, era come se Claire fosse affetta da qualche malattia estremamente rivoltante e contagiosa.
La ragazzina aveva sputato un fiotto di sangue; poi, boccheggiando, aveva tentato di risollevarsi, ripiombando a terra un attimo dopo.
La folla aveva trattenuto il respiro.
“Possibile che qui non ci sia un’anima pia disposta a prendersi cura di questa bambina?”, aveva tuonato Teresa.
Nessuno aveva risposto.
“Tsk, umani”, aveva commentato la Claymore a bassa voce, voltandosi con aria sprezzante.
Perlomeno, ora che la missione era finita non avrebbe più dovuto avere a che fare con quegli zotici.
 
Aveva deciso di trascorrere la notte nella foresta intorno al paese, concedendosi qualche ora di sosta prima di proseguire verso il mare.
Come aveva previsto, il capo si era materializzato non appena aveva portato a termine il compito per assegnargliene uno ancora più gravoso.
A quanto pareva, un folto esercito di yoma aveva accolto lo sbarco delle truppe americane nei pressi di Anzio e ora stava festeggiando la liberazione della Penisola usando gli abitanti di Latina come dessert.
Teresa avrebbe volentieri suggerito qualche ricetta ai demoni, se non fosse stato per il fatto che questi ultimi stavano banchettando con dei potenziali clienti disposti a pagare qualsiasi cifra pur di salvare le budella.
Certo, era evidente che essere la numero 1 comportava puntualmente gli incarichi più gravosi, ma possibile che in un momento così delicato non ci fossero più Claymore disponibili sul suolo europeo?
Certo, Irene era stata spedita nel Pacifico a servire yoma al sushi.
Sofia aveva deciso di imparare la buona cucina francese mentre aiutava i partigiani a sbarazzarsi di qualche nazista dai poteri demoniaci.
Noel, la più fortunata del gruppo, aveva da poco vinto una vacanza ad Auschwitz.
Era ovvio che il suolo italiano dovesse toccare all’unica guerriera che avrebbe volentieri aiutato i suoi connazionali a finire di raderlo al suolo.
Sbuffando spazientita, Teresa aveva acceso un fuoco, pregustando una meritata ora di tregua, quando improvvisamente un fruscio alle sue spalle le aveva fatto ingoiare le peggiori bestemmie che si potessero immaginare.
 
Il freddo della lama premuta sulla guancia aveva paralizzato Claire contro la corteccia dell’albero, la fronte improvvisamente imperlata di sudore.
“Cosa devo fare per toglierti di torno?”, aveva ringhiato Teresa furibonda. “Sono un mostro, lo capisci? Sono esattamente ciò da cui stai scappando. Non vorresti certo che mi trasformassi nel tuo peggiore incubo, vero?”.
Claire non aveva risposto.
Era talmente paralizzata dal terrore, che non osava nemmeno tremare.
“Stammi a sentire, tu”, aveva detto Teresa piazzandosi di fronte a lei con le mani sui fianchi. “Io odio i ragazzini, va bene? E di certo non posso occuparmi di te. Se mai avessi avuto bisogno di compagnia, mi sarei presa un gatto. Ma non l’ho fatto perché non sopporto i gatti, come non sopporto i padroni dei gatti. Anzi, a essere franca, il mio astio si estende all’intero genere umano. Vorrei trasformarmi in uno yoma solo per cucinarvi tutti. Sì, perché io amo cucinare. Vi farei saltati in padella o allo spiedo e con il vostro grasso ci farei il sugo per i maccheroni. Vi metterei in un tritacarne, vestiti compresi, e con quello che ne uscirebbe fuori ci farei delle torte deliziose che servirei alle mie colleghe”.
Aveva detto tutto questo calcando il più possibile il suo forte accento tedesco, ma dalla ragazzina non c’era stata alcuna reazione.
E Teresa, abituata a fare le cose da tedesca, aveva perso completamente la pazienza.
“Ohé, dico, sei sorda? Sei per caso stupida? Cosa c’è che non va in te, inutile mucchio d’ossa?”.
In quel momento, Claire aveva sgranato gli occhi in preda al terrore, fissando un punto imprecisato dietro le spalle di Teresa.
 
La guerriera si era voltata di scatto, facendo mulinare la spada nell’aria.
Si era sentito un sibilo sinistro, seguito immediatamente da un urlo agghiacciante.
Un uomo biondo, vestito con una divisa color terra, era appena rovinato al suolo stringendo spasmodicamente quella che un tempo era stata la sua mano destra.
Un umano?, aveva esclamato Teresa sorpresa. Ecco perché non avevo percepito la sua presenza!
Ma l’ufficiale nazista non era solo.
Un istante dopo, altre divise erano emerse dalla boscaglia.
Erano circondate.
“Ma guarda!”, aveva esclamato quello che sembrava il capo, posando lo sguardo su Teresa. “A quanto pare, questa non è stata una giornata del tutto infruttuosa”.
I suoi compagni avevano posato gli occhi sul corpo statuario di Teresa.
I loro sguardi ricordavano quelli di un branco di lupi affamati.
“Oh, è solo questo ciò che volete?”, aveva domandato la Claymore sfoderando un sorriso di sfida.
Con un gesto languido, si era strappata la tuta di dosso.
Alla vista del suo corpo nudo, gli sguardi bramosi delle SS erano mutati in espressioni di disgusto.
Uno di loro si era piegato in due, scosso dai conati di vomito.
“Cosa succede? Non vi piaccio?”, cinguettò Teresa in tono innocente.
“Sei un mostro!”, aveva esclamato il capo inorridito, estraendo la pistola e puntandola contro il petto della guerriera.
Lei non si era mossa di un millimetro, fissandolo con aria sdegnata.
“Che fai, spari a una donna?”, aveva detto in tono di sfida.
“Oh, se per questo ho fatto anche di peggio, dolcezza!”, aveva risposto l’ufficiale, lo sguardo dilatato dalla follia di chi è ormai ubriaco di violenza.
“Su questo non ho dubbi”, aveva proseguito Teresa, come se non avesse una pistola puntata addosso. “Non vorrei che tu avessi qualcosa di cui pentirti”.
“Lo vedremo!”.
L’ufficiale aveva premuto il grilletto.
E il corpo di Claire si era accasciato ai piedi di Teresa, chiazzando l’erba di sangue.




Buonaseraaaaaaa! :)
Come state?
So già che qualcuno si arrabbierà nel vedere la lunghezza del capitolo, ma chiedo venia: purtroppo, mercoledì prossimo darò un esame un tantino impegnativo e per questo motivo concentrarmi sulla scrittura sta diventando una vera sfida!
Per questo ho deciso di accorciare i capitoli, altrimenti avrei saltato almeno un paio di aggiornamenti...insomma, spero che capiate!
Che ne pensate di questo flash-back?
Per la scena dell'incontro con Teresa ho preferito attenermi al manga, ma da adesso in poi cambieranno un po' di cose :)
Come la vedete Teresa in versione tedesca?
Io sinceramente me la immagino così...anche se per me è stato un vero e proprio shock quando ho scoperto che da umana aveva capelli e occhi neri! *.*
Fatte queste premesse, passo subito ai ringraziamenti.
Un grazie infinito va ai ben OTTO recensori dello scorso capitolo: gli ormai affezionati Angelika_Morgenstern, AlanKall, bienchen e SognatriceAocchiAperti a cui si aggiungono * benvenutiiiiiii!!!!!!  :) * mrhyde, BlackFeath, Xephil e joy.
Un abbraccio anche a tutti i numerosissimi lettori silenziosi, che ogni giorno non mancano di visitare questa storia: grazie di esserci, chiunque voi siate! :)

Ammesso che riesca a sopravvivere all'esame, * finora, tolta questa fanfiction, non si registra la presenza di yoma nel mio ateneo...oddio, almeno finora! * il prossimo capitolo tornerà regolarmente venerdì prossimo nel corso della giornata.
Per qualsiasi informazione o comunicazione (chessò, potrebbero arruolarmi a forza nell'Organizzazione) potete passare sulla mia pagina Facebook: https://www.facebook.com/LeStorieDiFedra
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Auguro a tutti un buon weekend :)

Vostra,
Fedra
 






 
 
 
 

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Capitolo 7
*** Ricordi dalla guerra III ***




Sette.
Ricordi dalla guerra III

 

*

 
 
 
 
Un’atmosfera di gelo era piombata nella radura, il rumore dello sparo che echeggiava ancora nell’aria.
Gli occhi di tutti erano puntati su quel corpicino esile rivestito di stracci, attorno a cui si stava allargando a vista d’occhio una chiazza rossa.
Sangue.
Il suo odore ferrigno aveva colpito le narici di Teresa come un pugno, smuovendo gli istinti bestiali nascosti dentro di lei.
Insieme a qualcos’altro.
Qualcosa di oscuro, sedimentato negli anfratti più reconditi della sua memoria, che strisciava come una nausea sottile che si tramutava, attimo dopo attimo, in orrore.
Un ricordo.
Un semplice ricordo dei suoi ultimi istanti di vita umana, ma che ora provocava un’agonia pari a quella arrecata da un ferro rovente che le consumava le carni candide.
 
Una ragazza dai lunghi capelli scuri correva fuori da una baracca, le mani intrise di sangue.
Gridava, gridava a più non posso.
Suo padre era all’interno, il suo corpo dilaniato.
In pochi istanti, aveva perso tutto.
Ciò che chiedeva era solo pietà.
 
Aveva rincorso la guerriera dagli occhi d’argento fino alle porte della città.
Era stata lei a salvarle la vita nel momento in cui il mostro le si era scagliato addosso per finire il lavoro.
Quella donna di ghiaccio non aveva ascoltato le sue suppliche, né si era voltata.
Era semplicemente scomparsa nel nulla e da quel giorno nessuno l’avrebbe più rivista.
Teresa gridava.
 
Pochi istanti dopo, una voce calda e rassicurante le aveva promesso che si sarebbero presi cura di lei.
Che, da quel momento in poi, non le sarebbe accaduto più nulla.
Le avevano messo una mano sulla spalla, come per proteggerla.
Lei si era fidata e si era rialzata in piedi.
 
Nemmeno un’ora dopo, l’avevano venduta all’Organizzazione.
Il suo corpo era stato aperto e al suo interno vi avevano innestato le carni e il sangue di uno yoma.
Da quel giorno in poi, non aveva avuto più quei lunghi capelli neri di cui andava tanto fiera.
Aveva solo sedici anni.
Sedici anni.
 
Nemmeno Teresa sapeva quello che stava accadendo.
Nei suoi pensieri c’era posto per un’unica parola: bestia.
Ma, per la prima volta nella sua vita soprannaturale, non si riferiva affatto a uno yoma.
No, era molto peggio.
Negli ultimi secoli aveva visto commettere le peggiori perversioni da parte dei demoni, ma nessuna equivaleva a quelle che aveva accumulato in pochi giorni a opera degli umani.
Gente tradita dagli stessi parenti, deportata, torturata, privata della propria vita con la stessa freddezza e lucidità con cui si mangia o si defeca.
Erano quelle le creature che Teresa aveva giurato di proteggere?
No, gridava in quel momento una voce viscerale dentro di sé, erano prede.
 
Era bastata una frazione di secondo per portare la mano alla spada e staccare di netto la testa all’ufficiale tedesco.
I suoi compari avevano gridato in preda all’orrore, facendo per estrarre le pistole, ma ormai era troppo tardi.
Accecata da una frenesia inarrestabile, Teresa aveva abbattuto la sua spada su ciascuno di loro.
Nel momento in cui finalmente aveva ripreso conoscenza, si trovava sola in mezzo a una distesa di cadaveri.
La fronte era imperlata di sudore.
“Mio Dio, che cosa ho fatto?”, aveva esclamato rivolta alla luna, mentre la ragione le ritornava a poco a poco.
Poi aveva abbassato lo sguardo e si era accorta che c’era ancora qualcuno nella radura.
Claire era ricoperta di sangue, ma respirava ancora.
Teresa era rimasta a fissarla con gli occhi sbarrati.
Mai nessuno aveva mai sacrificato la propria vita per un essere come lei.
Eppure, quella ragazzina sbucata dal nulla lo aveva fatto, senza chiedere nulla in cambio.
In fondo, che cosa aveva da perdere?
Era sola al mondo, scacciata dai suoi simili come un essere infetto.
La luce della luna le metteva in risalto un reticolo di lividi e cicatrici sulle lunghe gambe nude, che sparivano sotto i vestiti.
Forse anche lei, come Teresa, era stata venduta da chi avrebbe dovuto proteggerla.
“Schifosi umani!”.
Le parole le erano uscite dalle labbra senza nemmeno pensarci.
Un attimo dopo, la Claymore aveva trasalito, avvertendo un sapore insolito sulle labbra, mentre una sensazione opprimente si scaturiva dal suo petto.
Si era passata una mano sulla guancia, scoprendo con sorpresa che era bagnata.
Lacrime.
Stava piangendo.
Lei, un mostro, stava piangendo.
Era come un improvviso acquazzone nel bel mezzo del deserto.
Qualcosa che aveva dimenticato.
 
Chi perde la sua ragione di vita cerca finché non trova qualcun altro che abbia il suo stesso dolore.
Quella bambina, alta la metà di lei, le aveva insegnato a versare lacrime da quegli occhi d’argento che non aveva mai voluto.
 
Con la massima delicatezza, come se stesse toccando qualcosa di estremamente fragile e pericoloso, Teresa aveva girato il corpicino di Claire sulla schiena.
Il proiettile le aveva sfiorato il cuore, fuoriuscendo dalla spalla, ma per ora non sembrava in pericolo di vita.
Solo che aveva già perso troppo sangue.
Teresa aveva finito di strapparsi la tuta, prendendo a tamponare la ferita.
Il bianco del tessuto si era intriso di sangue in pochi minuti.
Deve vivere!, continuava a pensare febbrilmente la guerriera. Non può morire…non devo…non posso!
Come se quei pensieri avessero un senso.
 
“Non mi sarei mai aspettato un simile gesto da te, Teresa. Un vero peccato”, aveva detto una rassicurante voce maschile al disopra della sua testa.
La guerriera aveva levato lo sguardo.
L’Uomo Nero torreggiava su di lei, un sorriso mellifluo dipinto sulle labbra sottili.
Merda!, aveva pensato mordendosi la lingua.
Quell’attimo di follia, il primo e l’ultimo della sua carriera, le sarebbe costato molto caro.
Dagli alberi stavano già emergendo altre guerriere, le spade sguainate.
“Lo sai che l’assassinio di umano è punibile con la morte, vero?”, stava continuando l’Uomo Nero. “Mi dispiace molto di dover dare quest’ordine, ma la legge dell’Organizzazione vale per tutte. Anche per le migliori”.
“Che ne sarà della bambina?”, aveva domandato Teresa, facendo appello a tutto il suo sangue freddo.
“La cosa non ti riguarda”, era stata la risposta.
“D’accordo”.
A quanto pareva, l’Organizzazione aveva preso la sua decisione.
Anche Teresa.
Aveva abbassato la testa, mostrando il collo inerme.
“Sbrigatevi, perlomeno”, aveva detto.
Le sue colleghe si erano strette attorno a lei.
Un attimo dopo, giacevano tutte a terra, i loro corpi stillanti di sangue mentre Teresa si levava in piedi trionfante, reggendo il corpo di Claire tra le braccia.
“Le ferite sono superficiali, branco di idiote. Sbrigatevi a sprigionare il vostro yoriki per risanarle, invece che starvene qui a frignare come agnelli sgozzati”, aveva detto in tono sprezzante mentre superava le compagne e si piazzava con aria di sfida di fronte al suo capo, sovrastandolo con tutta la sua altezza.
“Cosa credi di fare?”, aveva chiesto questi.
Il suo sorriso appariva improvvisamente congelato.
Per la prima volta dopo secoli, Teresa avvertiva la paura scorrere in lui e ciò accresceva a dismisura la sua determinazione.
In fondo, non era altri che uno sciocco umano come tutti gli altri.
Le sarebbe bastato un niente per sbarazzarsi di lui, invece che perdere tutto quel tempo a obbedire ai suoi ordini.
“Mi pare ovvio”, aveva detto con un sorriso. “D’ora in avanti, questa bambina diventerà la mia unica ragione di vita. Non ho più bisogno dell’Organizzazione, né l’Organizzazione avrà più bisogno di me. Considerala come una richiesta di dimissioni”.
“Ma, Teresa!”.
“Addio”.
 
Con la massima calma, Teresa aveva superato l’Uomo Nero, lasciandolo solo nella radura.
Il suo animo si faceva sempre più leggero a ogni passo nella foresta.
Avvertiva il respiro di Claire tra le sue braccia, il fragile cuoricino da umana che martellava come una furia contro le sue costole, lottando per vivere.
Teresa l’aveva stretta a sé dolcemente, proteggendola con le sue braccia.
“Stai tranquilla, piccola”, le aveva sussurrato con una dolcezza che credeva di non possedere. “Mi occuperò io di te. Vivremo una vita felice, te lo prometto!”.
Non permetterò mai a nessuno di farti quello che hanno fatto a me, pensava mentre avanzava passo dopo passo verso la loro nuova vita.
 




Buongiorno! :)
Come state?
Io sono appena reduce dall'esame, tra l'altro andato benissimo! :) * che sia stata la notizia che verranno le mie Muse a Roma il prossimo 6 settembre a darmi lo spirito giusto? *

Come potete notare, mi sono finalmente distaccata dal manga, prendendo una nuova strada.
Spero solo che il capitolo non sia stato troppo pesante... * a parte che temo sia una domanda retorica, nel fandom di Claymore *
Spero solo di non dover alzare il rating...che ci volete fare, è lo stress! :)
In ogni caso, il prossimo capitolo sarà molto più tenero...almeno fino all'arrivo di Priscilla!

Fatte queste premesse, passiamo subito ai ringraziamenti!
Per le recensioni grazie a joy, KING KURAMA, SognatriceAocchiAperti, Angelika_Morgenstern, bienchen e Xephil.
Per le preferite: KING KURAMA.
Ovviamente, grazie anche ai numerosissimi lettori silenziosi che ogni giorno passano a visitare questa storia.  Vi abbraccio tutti, ovunque voi siate! ;)

Il nuovo capitolo tornerà il prossimo venerdì, preferibilmente entro la mattina-primo pomeriggio.
Per qualsiasi informazione o anche solo per fare due chiacchiere vi lascio il link della mia pagina Facebook: https://www.facebook.com/LeStorieDiFedra
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Un bacio e a presto! :)

Vostra * sempre più pazza *
Fedra




 
 
 
 
 

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Capitolo 8
*** Ricordi dalla guerra IV ***


Otto.
Ricordi dalla guerra IV

 

*

 

 

 

 

Venne risvegliata dall’odore intenso del caffè messo a bollire, insieme a un profumo dolce e famigliare.
Claire aveva spalancato i grandi occhi verdi, ritrovandosi a fissare il soffitto scrostato di una stanza che non ricordava di aver mai visto prima.
L’interno era semplice e spoglio, con numerosi segni di incuria: il pavimento era pieno di polvere e le ragnatele scintillavano agli angoli.
Frammenti di carta da parati pendevano tristemente dalle pareti, messi in risalto dalla luce che entrava da una finestra rettangolare.
Per quanto era rimasta priva di conoscenza?
 
Nell’istante in cui aveva provato a levarsi a sedere, Claire aveva immediatamente represso un gemito di dolore.
Qualcuno le aveva disinfettato e fissato il braccio sinistro alla spalla.
Al disotto delle bende, la ferita bruciava più che mai.
Era stato allora che i ricordi erano tornati tutti insieme: la radura, i nazisti, la donna dagli occhi d’argento.
Aveva visto l’ufficiale puntare la pistola contro la sua salvatrice.
L’avrebbe uccisa, come i suoi simili avevano massacrato tutta la sua famiglia.
Non poteva permetterlo.
Nemmeno lei sapeva dove aveva trovato il coraggio di frapporsi fra Teresa e il proiettile.
Forse perché, in un momento di simile disperazione, non aveva nient’altro da perdere se non quel poco che restava dal suo misero corpo mortale.
 
In quel momento, la porta si era aperta e Teresa aveva fatto ingresso nella stanza, reggendo tra le mani un vassoio colmo di dolci al cioccolato e quella che sembrava una tazza fumante.
Non indossava più l’armatura di metallo, sostituita da una semplice tuta bianca aderente.
“Buongiorno!”, l’aveva salutata con un sorriso angelico, depositandole il vassoio sulle ginocchia.
Nel vedere l’espressione sul suo volto, sommata alla consapevolezza che era stata proprio la guerriera, nonostante le iniziali ostilità, a prendersi cura di lei, Claire era scoppiata in lacrime.
La cosa aveva lasciato Teresa letteralmente interdetta.
“Cosa, non ti piace?”, aveva domandato, lanciando un’occhiata nervosa ai dolci. “Mi dispiace, ammetto che sono secoli che non faccio assaggiare i miei dolci ad anima viva. A dire il vero, li tenevo come scorta, ma ora che ci penso dovrebbero essere diventati un po’ vecchi”.
Per un lunghissimo istante, Claire era rimasta a fissare Teresa con gli occhi sgranati per lo stupore; poi, molto timidamente, aveva allungato una mano ossuta verso i dolci.
In effetti, stava letteralmente morendo di fame.
Non appena aveva capito la natura delle sue intenzioni, l’espressione di Teresa era mutata all’istante.
“Oh, ma allora mi stavi chiedendo se puoi mangiare?”, aveva esclamato con aria sollevata. “Ma certo! Serviti pur…”.
Non aveva neppure finito la frase che Claire si era lanciata come una furia sul vassoio, facendo sparire un intero muffin tra le fauci.
 “Però, eri davvero affamata! Ti piace? Se vuoi, posso farne degli altri”, aveva domandato Teresa.
Claire aveva fatto un cenno di assenso con il capo, le guance piene di briciole; poi aveva allungato un muffin verso la sua salvatrice.
“Oh, no, no, sono tutti tuoi”, si era affrettata a declinare l’invito. “In realtà, una come me può stare anche due settimane senza mangiare…una guerriera normale intendo, perché io in genere mangio una volta ogni venti giorni. Che ci posso fare se sono l’unica Claymore che tende a ingrassare?”.
Claire le aveva lanciato un’altra occhiata perplessa.
Teresa aveva sbuffato, facendo ricomparire il suo sorriso un attimo dopo.
“Forse sarà per il fatto che da umana, come adesso, mi piaceva molto cucinare. Soprattutto i dolci. Conoscerò un numero infinito di ricette, sai?”.
La ragazzina aveva fatto un nervoso cenno di assenso, deglutendo con l’energia di un pitone che ha appena ingerito un coccodrillo.
“È…buono”, aveva balbettato, trasalendo nel sentire per la prima volta la sua voce dopo giorni di mutismo.
“Ti ringrazio, ragazzina”, aveva risposto Teresa dandole un buffetto impacciato sulla testa. “A proposito, dal momento che trascorreremo molto tempo insieme, da qui in poi dovremmo iniziare a chiamarci per nome, che ne dici? Io mi chiamo Teresa. E tu? Ce l’hai un nome, vero?”.
“Sì…Claire”.
“Claire? Ma guarda che coincidenza! Lo sai che da umana avevo una sorellina che si chiamava Claire? Lei però è stata più fortunata di me. Si è sposata e si è trasferita in un altro villaggio prima che arrivassero gli yoma”.
“La vedi ancora?”.
Teresa si era fatta improvvisamente triste.
“No. Non la vedo da più di cinquecento anni, ormai. Sicuramente sarà morta”.
“C-cinquecento?”.
“Lo so che ho un aspetto da sedicenne, ma in realtà io sono molto, molto più vecchia di te”.
Claire aveva inclinato curiosamente la testa di lato, confusa.
 
“Dove siamo?”, aveva chiesto dopo un po’.
“In una catapecchia abbandonata al confine con la Svizzera. Sai, a causa della tua malaugurata idea di farti sparare, ho avuto un po’ di problemi sul lavoro. Per la cronaca, in questo momento ho tutte le mie colleghe alle calcagna e una taglia sulla mia testa”.
Claire aveva sgranato gli occhi, inorridita.
“Perché?”, aveva esclamato, mentre nuove lacrime le rigavano il viso.
“Temo di aver perso il controllo nel momento in cui quella feccia umana ti ha sparato. Ho ucciso quei tedeschi, dal primo all’ultimo. Il problema è che, se una Claymore uccide un uomo, questa viene automaticamente condannata a morte dall’Organizzazione”.
Quella notizia aveva scosso Claire più di ogni altra cosa.
Quante persone care dovevano ancora morire a causa sua?
Non poteva sopportarlo.
“Ehi, ehi! Non fare così!”, si era affrettata a consolarla Teresa. “A dire il vero, pensavo di chiudere con l’Organizzazione già da tempo. Sono pur sempre la numero 1 e quelle scimunite delle mie colleghe ci metteranno secoli prima di trovarci, ammesso che ci riescano. Vedrai, siamo al sicuro qui”.
In tutta risposta, Claire le aveva letteralmente gettato le braccia al collo, continuando a singhiozzare raggomitolata contro il suo petto.
Teresa era rimasta sconcertata, tenendola tra le braccia come se temesse che la piccola si sarebbe sbriciolata da un momento all’altro.
Come cazzo si spegne l’idrante a questa ragazzina?!?, si domandava nel mentre, profondamente a disagio.
“Cerca di farti forza, Claire, o potrei ripensarci sul fatto di tenerti con me”, aveva borbottato.
Claire aveva smesso all’istante di piangere.
“Davvero mi terresti con te?”, aveva esclamato, lo sguardo improvvisamente brillante di gioia.
“Sì, ma guarda che vivere con la sottoscritta non è facile. Appena sarai in grado di camminare, ce ne andremo da qui e anche alla svelta. Ci sposteremo di città in città per evitare che ci scoprano. Non potrai stringere amicizia con altri bambini, perché non ci fermeremo abbastanza da nessuna parte”.
“Non c’è problema, io tanto non mi fido più degli umani!”.
Un’altra misantropa come me? Ma che giornata fortunata!, aveva pensato Teresa con un sorriso.
“Guarda che le marce saranno estenuanti e non ti garantisco che prenderemo sempre il treno”, aveva incalzato.
“Potresti vendere qualche dolce per arrotondare. E io potrei darti una mano in cucina. Non ho affatto paura di lavorare”, aveva proposto Claire con calma.
Sveglia, la ragazzina. E disperata.
Era inutile che Teresa continuasse a prendere in giro se stessa.
Nonostante si stesse ancora ostinando ad atteggiarsi da dura, in realtà era già profondamente affezionata a Claire.
Quel diverbio era una semplice messa alla prova.
 
“E va bene, Claire”, aveva risposto. “Credo  che da questo momento in poi ne avremo di strada da fare insieme!”.
Claire stava per rispondere con un sorriso a settantadue denti, quando Teresa si era improvvisamente immobilizzata, i muscoli tesi e le narici dilatate, in allerta.
Qualcuno aveva appena scavalcato la recinzione e si era addentrato nel giardino, dirigendosi a passi decisi verso la casa.




Buon pomeriggio a tutti! :)
Come state?
Io, purtroppo, ho appena finito le mie vacanze: oggi sono rientrata all'università, ho chiesto la tesi (approvataaaaaaa!), mi sono segnata al tirocinio e ho iniziato a studiare per l'esame di abilitazione a guida turistica.
In compenso, sto trovando un sacco di spunti in loco per i prossimi capitoli, in cui farà finalmente il suo ritorno Raki e una vecchia, indesiderabile conoscenza.

Ma ora passiamo ai ringraziamenti.
Per le recensite (ma quanti siete stavolta?!?): SognatriceAocchiAperti (che si aggiudica la recensione numero 50 e uno spazio di pubblicità sulla mia pagina Facebook), BlackFeath, joy, Uzumaki_Devil_Dario, Xephil, bienchen, KING KURAMA, AlanKall e Angelika_Morgenstern (i dolci alla mela e cannella erano squisiti e di certo hanno contribuito alla stesura di questo capitolo!).
Per le seguite: Benvenuti ad Anggbad.

La fanfiction verrà aggiornata regolarmente il prossimo venerdì.
Nell'attesa, potete sempre passare a farmi visita sulla mia pagina Facebook: https://www.facebook.com/LeStorieDiFedra?fref=photo
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Un bacio a tutti e buon fine settimana! :)

Vostra,
Fedra
 

 

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Capitolo 9
*** Ricordi dalla guerra V ***



 
Nove.
Ricordi dalla guerra V

 

*

 

 

 

 

Teresa aveva voltato la testa di scatto, lo sguardo guardingo e le narici dilatate, inspirando profondamente l’aria.
Improvvisamente, i passi all’esterno erano cessati, come se l’intruso avesse capito di essere stato notato.
“Claire,”, aveva detto Teresa continuando a fissare fuori dalla finestra, la voce improvvisamente fredda “nasconditi”.
Senza attendere oltre, la ragazzina si era trascinata sotto il letto, rannicchiandosi sul pavimento polveroso.
Con la massima calma, la guerriera si era levata in piedi, sollevando la spada nascosta in un angolo della stanza e sedendosi su una sedia non lontano dalla finestra, restando in attesa.
Un attimo dopo, sulla porta era apparsa una giovane donna dalla bellezza eterea e selvaggia, i tratti affilati come quelli di un elfo pervasi da un’espressione dura.
L’elsa della spada le luccicava tra le scapole muscolose.
“Ma tu guarda”, aveva commentato Teresa con calma. “Non avrei mai pensato che mandassero proprio te, Irene”.
“Bando alle ciance, Teresa. Sai quanto mi rincresce obbedire a un simile ordine. Piuttosto, mi chiedo come una come te abbia potuto trasgredire gli ordini dell’Organizzazione”, aveva risposto questa freddamente.
“Temo che non capiresti”, aveva tagliato corto l’altra. “Vuoi accomodarti?”.
 
Era bastata una frazione di secondo e l’intera stanza era stata ridotta a brandelli da una raffica di colpi micidiali.
Claire aveva avvertito la lama di Irene passarle a pochi centimetri da un orecchio, mentre il legno e il metallo del letto cadevano a pezzi attorno a lei.
Un istante dopo, la spada di Teresa aveva bloccato a mezz’aria quella di Irene.
Per la prima volta, sul volto della Claymore era comparsa un’espressione di pura ferocia, che le deformava i tratti angelici.
“Non avrai pensato di usare la Spada Fulminea contro un’umana indifesa, vero?”, aveva ringhiato con rabbia. “Mossa sbagliata, Irene!”.
L’altra l’aveva respinta come se niente fosse, rimettendosi in guardia.
I suoi occhi d’argento erano pervasi di disprezzo.
“È per quella scimmia rachitica che hai tradito l’Organizzazione?”, aveva chiesto accennando a Claire, raggomitolata sul pavimento. “Francamente, non mi sarei mai aspettata una cosa simile da Teresa del Sorriso”.
“Forse perché mi sottovaluti!”, aveva ringhiato l’altra, scagliandosi contro di lei.
L’impatto era stato così violento, che entrambe si erano schiantate contro il muro della stanza, facendolo crollare.
Un attimo dopo, si trovavano a faccia in giù nell’erba incolta del prato, i capelli biondi ricoperti di calcinacci.
“Due a uno per me!”, aveva esclamato Irene mentre sul suo volto si allargava un sorriso crudele.
In quel preciso istante, dai cespugli erano emerse altre tre Claymore.
Teresa aveva lanciato loro un’occhiata sprezzante.
“Bene, bene, bene”, aveva commentato. “Noel e Sofia, le mie compagne più fidate. Credete forse che questo mi impedirà di torcervi anche un solo capello?”.
“Per noi non sarà certo un problema obbedire agli ordini”, aveva esclamato quella con i capelli più corti in tono di sfida, denudando la spada.
“Non avevo dubbi, Noel”, aveva risposto Teresa freddamente; poi il suo sguardo si era posato sulla quarta Claymore.
 
Non aveva mai visto quella guerriera prima d’ora.
Era più piccola e decisamente meno graziosa delle compagne, il volto da bambina incorniciato da una massa di corti capelli biondi e ribelli.
“E tu chi saresti?”, aveva domandato Teresa, squadrandola dall’alto dei suoi due metri d’altezza.
“Mi chiamo Priscilla, signora. Sono l’attuale numero 2”, aveva risposto lei.
“Questa mocciosetta sarebbe la numero 2?!”, aveva esclamato l’altra incredula, volgendosi verso Irene. “E tu…?”.
“Pare che la giovane Priscilla sia la più forte di tutte noi”, aveva replicato l’altra con calma.
“Ma dai, è impossibile! Senti, ragazzina, non so perché ti abbiano scelta per questa missione, ma forse è il caso che ti faccia da parte o potresti farti male”.
“Non ho alcuna intenzione di farmi da parte, signora Teresa”, l’aveva contraddetta Priscilla.
La sua voce da bambina strideva con il suo tono freddo e distante, come quello di un automa.
Nonostante fosse molto più matura ed esperta di lei, Teresa aveva avvertito un brivido di paura scorrerle lungo la schiena.
“Prego?”, aveva domandato, interdetta.
“Perché mai avrebbe dovuto trasgredire gli ordini dell’Organizzazione, quando invece erano così chiari?”, aveva proseguito Priscilla, lo sguardo fisso nel vuoto. “Lo sa che ci è proibito uccidere gli umani, vero? E che tale atto può essere punito con la morte?”.
Improvvisamente, sul volto della giovane guerriera era apparsa un’espressione di puro odio, che le aveva alterato grottescamente i tratti da bambola di porcellana mentre sguainava la spada con un braccio esile.
“Io non posso tollerare che la numero 1 si sia potuta macchiare di un crimine tanto orrendo. Per questo avrò la sua testa, Teresa del Sorriso!”.
 
Prima ancora che avesse potuto rendersene conto, Priscilla si era scagliata contro la guerriera, la spada levata.
Teresa aveva respinto il colpo all’ultimo istante, lanciando un’esclamazione di sorpresa.
La lama le aveva sfiorato la fronte, aprendovi un profondo taglio al disotto dell’attaccatura dei capelli.
Subito, il sangue aveva preso a colarle sugli occhi d’argento.
“Ma che diav…?”.
Ma Priscilla non sembrava disposta a darle requie.
Con un balzo fulmineo, si era nuovamente scagliata su di lei, tentando di colpirla con altrettanta veemenza.
Anche questo colpo era stato respinto per il rotto della cuffia.
A quel punto, Teresa aveva capito che non era possibile ragionare con quella ragazzina.
E che nessuna delle sue compagne avrebbe avuto pietà di lei.
Difatti, non appena la sua spada aveva deviato quella di Priscilla, Irene non aveva esitato a gridare:
“Forza, ragazze, aiutiamola!”.
Altre tre spade avevano circondato Teresa da ogni lato, tentando di ferirla ovunque fosse possibile.
La guerriera aveva schivato i fendenti mortali con un balzo, tornando poi a colpire alle spalle.
Un attimo dopo, Irene, Sofia e Noel giacevano a terra, i loro corpi attraversati da profonde ferite sanguinanti.
“Tsk, pivelle!”, aveva commentato Teresa con disprezzo. “E ora, sistemiamo i bambini”.
 
Non aveva mosso neppure un passo verso Priscilla, che questa era tornata all’attacco con tutta la furia che aveva in corpo, gli occhi gialli che fiammeggiavano.
“Stai sprecando energia preziosa, ragazzina. È ora che impari a controllarti”, aveva detto Teresa freddamente, levando il braccio.
Il colpo dell’avversaria era stato bloccato con violenza, strappandole la spada dalle mani e catapultandola lontano.
Priscilla era crollata in ginocchio tra le sterpaglie, gli occhi sbarrati.
Aveva perso.
Teresa le si era avvicinata a grandi passi, la spada ancora stretta tra le mani.
“Le tue compagne avrebbero dovuto insegnarti un minimo di rispetto verso le colleghe più anziane. Se ricoprono la loro carica attuale, ci sarà un motivo, giusto?”, aveva detto mentre si piazzava al suo fianco, torreggiando su di lei. “Sai, avresti tutte le carte in regola per diventare una guerriera molto potente. Forse anche più di me. È un vero peccato che tu sia così superba. Non riesco proprio a sopportare le piccole arroganti come te”.
 
Teresa aveva sollevato la spada, la lama che scintillava al sole.
“ Mi dispiace tanto, davvero. Addio, mia piccola e sfortunata Priscilla”.
La giovane Claymore sembrava non aver ascoltato nemmeno una parola di quello che aveva detto.
Se ne stava prona sul prato, gli occhi dilatati dal terrore.
Nel suo sguardo si leggeva una sola, terribile consapevolezza: sto per morire.
Teresa stava per vibrare il colpo fatale, quando improvvisamente una vocetta acuta aveva attraversato il piazzale.
“Teresa!”.
Claire era arrivata ansimando, piazzandosi di fronte alla guerriera.
I suoi grandi occhi verdi si erano posati ora su Priscilla, ora sulla sua benefattrice, confusa e sconvolta.
Teresa aveva avvertito un improvviso groppo serrarsi sulla gola.
Aveva abbassato lo sguardo sulla nuca di Priscilla, scendendo sulle sue spalle esili e tremanti.
Com’era piccola e fragile!
Quanti anni aveva, nel momento in cui era stata strappata alla sua famiglia e costretta a diventare un mostro?
Quanto aveva sofferto mentre le aprivano le membra per impiantarvi le carne e il sangue di yoma?
Quanto si era disperata nel momento in cui si era resa conto di aver perso per sempre la sua natura umana, la sua innocenza, la sua libertà?
Se non fosse stato per lei, forse al posto di quella ragazzina avrebbe potuto esserci benissimo Claire.
 
Teresa aveva abbassato la spada.
“Vattene”, aveva detto a bassa voce, quasi un ringhio.
Priscilla non si era mossa.
“Ho detto vattene, sei libera! Che questa sconfitta ti serva da lezione!”, aveva esclamato l’altra improvvisamente.
La guerriera aveva trasalito per lo spavento, cadendo faccia in giù nell’erba a scoppiando in un pianto isterico.
“Tsk, mocciosa”, aveva commentato Teresa in tono sprezzante, scavalcando le compagne ferite e prendendo Claire per mano. “Andiamocene di qui. Per oggi, hai visto abbastanza”.
Non le aveva dato nemmeno il tempo di voltarsi indietro, attraversando a grandi passi il cortile e avviandosi nel bosco.
“Siamo troppo lente”, aveva decretato Teresa, facendo per prendere in braccio Claire. “Tieniti forte”.
Un attimo dopo, un ruggito disumano seguito da un’accecante luce azzurra si era levato dal punto in cui si trovava la casa abbandonata.
 
Nel giardino coperto di sterpaglie, Priscilla gridava con quanta forza aveva in corpo, stringendo spasmodicamente la spada tra le mani.
“Maledetta! MALEDETTA!”.
La rabbia e l’umiliazione sopite da tempo immemore ora avevano trovato la forza di uscire allo scoperto, spazzando via i tratti angelici del volto e trasformandoli in una maschera demoniaca.
La pelle era diventata improvvisamente dura e violacea, le membra stavano triplicando la muscolatura, la bocca si stava riempendo di zanne.
“Fermati, Priscilla! Controlla il tuo yoki!”, le aveva ordinato Irene, preparandosi ad attaccare.
“La legge…ha infranto la legge! È un’assassina!”, Priscilla aveva lanciato un ruggito disumano. “TERESA, VOGLIO LA TUA TESTA!”.
“FERMATI!” aveva gridato Irene, ma ormai era troppo tardi.
Priscilla si era scagliata in avanti con la spada levata, gettandosi all’inseguimento nella foresta.
“Ha completamente perso il controllo! Dobbiamo fermarla prima che si Risvegli!”, aveva esclamato Irene rivolta alle compagne doloranti.
 
Teresa aveva avvertito Priscilla arrivare e la stava aspettando in una radura, la spada levata.
La visione che le si era parata di fronte di lì a poco le aveva strappato un’esclamazione di sorpresa.
Al posto della bambina in lacrime che aveva abbandonato di fronte alla casa c’era un autentico mostro, con gli occhi fiammeggianti e la bava che le colava sul petto.
“Teresa!”, aveva sibilato Priscilla, barcollando verso di lei.
“Fermati, ragazzina. Sei ancora in tempo per tornare indietro”, aveva risposto l’altra con calma.
“Teresa!”, aveva ripetuto Priscilla con voce inumana, mulinando la spada in aria. “Hai ucciso mio padre!”.
“Io non ho la minima idea di chi fosse tuo padre. Ti consiglio di darti una calmata, piccola!”.
In tutta risposta, l’altra le si era avventata contro con un impeto disumano, ululando di rabbia.
Teresa aveva parato il colpo con la massima calma, rispondendo a sua volta.
Il Risveglio la sta indebolendo, pensava mentre rincarava la dose di fendenti. Devo riuscire a fermarla, finché sono in tempo!
Dal suo canto, Priscilla sembrava aver perso completamente il lume della ragione.
Continuava a scagliare colpi a casaccio, mulinando la spada come una falce impazzita.
Gli occhi erano ormai fuori dalle orbite, la voce un ruggito continuo e disperato.
La sua totale mancanza di controllo stava giocando tutta a favore di Teresa.
Con un ultimo fendente, la Claymore era riuscita a disarmare ancora una volta la sua avversaria.
Questa era crollata in ginocchio, le lacrime e il moccio che si mischiavano alla saliva.
 
“Ti prego, uccidimi! Non voglio morire da yoma! TI PREGO!”, gridava mentre si contorceva sul terreno, strappandosi i capelli a ciocche.
Teresa le aveva rivolto un’occhiata colma di disprezzo, ma allo stesso tempo di compassione.
In fondo, quella povera creatura avrebbe trovato solo conforto dalla morte.
Era orribile, ma non aveva scelta.
“D’accordo”, aveva risposto con calma. “Ti prometto che non soffrirai”.
Teresa aveva levato la spada.
Un attimo dopo, i suoi occhi d’argento si erano trovati a fissare le estremità mutilate delle sue mani.
Poco distante, nascosta tra i cespugli, Claire avvertito un tonfo ai suoi piedi.
Le mani di Teresa giacevano sul terreno, ricoperte di sangue e terriccio.
La Claymore non si era ancora resa pienamente conto di ciò che era accaduto, che Priscilla si era scagliata in avanti, reggendo la spada tra le mani.
Un attimo dopo, la testa di Teresa rotolava via, mentre il suo corpo senza vita si accasciava sull’erba.
 
Claire era rimasta pietrificata, incapace di credere a ciò che aveva appena visto.
La sua salvatrice non c’era più.
Era morta.
I suoi occhi bruciavano di lacrime, annebbiandole la vista.
Avvertiva il mondo attorno a lei sgretolarsi e crollarle addosso, inghiottendo anche l’ultimo barlume di speranza che per poco aveva irradiato la sua vita.
“Teresa…”.




Ciao, belli! :) Come state? Avete passato una bella settimana?
Io ho avuto un po' di alti e bassi, ma per fortuna la scrittura è sempre di grande aiuto in momenti del genere * oltre alle canzoni dei Linkin Park *

Siamo giunti praticamente al penultimo capitolo di questo flashback.
Spero di non avervi annoiati, visto che in questo caso mi sono attenuta molto all'opera originale, e soprattutto che le scene di duello siano state precise.
Io, personalmente, ricordo vagamente Priscilla da Risvegliata, nel maneggiare la spada * ovviamente molto più lentamente e in modo del tutto meno terrificante *
Per chi invece non conoscesse il manga, so perfettamente che ora vi sentirete leggermente spaesati dopo la morte di Teresa.
Com'è possibile che settant'anni dopo sia ancora viva?
Mi dispiace, con questa vi ho automaticamente agganciati per il prossimo capitolo ;)

Detto questo, passo immediatamente ai ringraziamenti.
Un grazie speciale va alla mia sorellona Angelika per tutte le risate che ci facciamo insieme, Xephil per tutte le nostre piacevoli chiacchierate e joy che in questi giorni è stata praticamente una sorella maggiore :)
Grazie anche ai miei recensori più affezionati: AlanKall, bienchen, SognatriceAocchiAperti e KING KURAMA.
Inoltre, grazie infinite a tutte le decine di lettori silenziosi che ogni giorno passano a leggere questa storia.

Per chi avesse voglia di qualcosa di più sentimentale (ma allo stesso tempo un po' splatter), lunedì sera tornerò regolarmente con l'aggiornamento di "The Phoenix".
Per qualsiasi altra informazione, potete sempre fare un salto sulla mia pagina Facebook: https://www.facebook.com/LeStorieDiFedra

A presto e buon fine settimana :)
Un abbraccio

Vostra,
Fedra
 
 
 
 
 
 


 

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Capitolo 10
*** Ricordi dalla guerra VI ***


Dieci.
Ricordi dalla guerra VI
 
 
*
 
 
 
 
Nel momento in cui Teresa del Sorriso si era resa conto di avere di nuovo la testa attaccata al collo, era andata su tutte le furie.
Non solo perché a darle il benvenuto c’era quel simpaticone del suo capo, che le sorrideva beato da dietro gli occhiali da sole passandosi distrattamente una sigaretta spenta sulle labbra.
No, la cosa che l’aveva fatta davvero incazzare era un’altra.
Era la ragazza con gli occhi d’argento che la fissava con aria adorante ai piedi del letto, nonostante apparisse visibilmente provata dall’orrenda mutazione appena avvenuta in lei.
Nonostante avesse sacrificato ogni cosa per impedirlo, da quel momento in poi Claire sarebbe stata una Claymore.
Un mostro.
 
Quella era stata una delle rare volte in cui il suo capo aveva visto Teresa con gli occhi gialli da yoma.
“TU!”, aveva ruggito scattando in avanti e afferrandolo per il bavero, nonostante le innumerevoli ferite le bruciassero più che mai. “Che cosa le hai fatto?”.
L’umano non si era scomposto minimamente, continuando a sorridere con aria benevola.
“Ti conviene controllarti, Teresa”, le aveva risposto con calma, nonostante la presa della guerriera sulla sua gola si andasse restringendo a ogni respiro. “È stata una scelta della bambina”.
“CHE COSA?!?”.
Teresa aveva lasciato andare l’Uomo Nero con una tale veemenza, che questi si era ritrovato improvvisamente con il sedere piantato sulle mattonelle dell’infermeria.
A quel punto, il suo yoki era scattato alle stelle, soprattutto notando l’aria gongolante di Claire, raggomitolata come un gatto ai suoi piedi.
“Hai idea di che cosa hai fatto, razza di deficiente?”, aveva ruggito.
Il sorriso sul volto di Claire si era smorzato all’istante.
“Perdonami, Teresa”, aveva mugugnato. Nonostante la trasformazione, la sua voce suonava ancora come quella di una bambina, anche se quest’ultimo eco della perduta natura umana sarebbe svanito nell’arco di poco tempo. “L’ho fatto per te”.
“Per me?”.
“Sei davvero un’egoista, cara Teresa”, era intervenuto a quel punto l’Uomo Nero, che si era rialzato con la massima nonchalance e aveva posto le mani sulle spalle di Claire, atteggiandosi nella malriuscita imitazione di un padre benevolo.
“Ah, sta’ zitto, tu!”, aveva ringhiato la guerriera; poi, tornando a rivolgersi verso Claire: “Voglio sapere quello che è successo. Per filo e per segno. E non ti azzardare a mentire, o non esiterò a farti assaggiare la mia spada, capito?”.
In altre occasioni, Teresa sarebbe stata certa che la piccola Claire avrebbe sorriso di sottecchi nel notare l’ennesima sfuriata della sua salvatrice.
Ma la creatura che aveva di fronte non era più la bambina che conosceva.
Con la massima calma, Claire aveva preso a raccontare.
La sua estrema serietà aveva fatto comprendere alla guerriera che, qualunque cosa avesse detto, non le avrebbe fatto assolutamente piacere.
 
Non appena aveva mozzato la testa di Teresa, Priscilla era crollata a terra in preda ad atroci dolori, mentre un’esplosione di luce viola si era sprigionata dal suo corpo ormai irriconoscibile, avvolgendolo e comprimendolo.
Era stata un’apparizione allo stesso tempo spaventosa e affascinante, come l’esplosione di una supernova nel cielo freddo e silenzioso.
Poi, il mostro si era sollevato in piedi.
Il suo corpo era cambiato ancora.
Ora era alto più di tre metri, ricoperto da una pelle dura e muscolosa, liscia e perfetta.
Le spalle larghe erano sormontate da un possente paio d’ali, simili a quelle di una mostruosa falena, e un grande corno ricurvo le spuntava dalla fronte.
I capelli si erano ritirati nel cranio, disponendosi a ciocche lungo le tempie come una corta criniera.
Ma la cosa più spaventosa di tutte era lo sguardo, dolce e sereno, con cui osservava placidamente le Claymore schierate attorno alle sue zampe.
Un brivido di paura aveva pervaso le guerriere.
Mai si sarebbero aspettate di combattere contro una creatura simile.
Gli umani e le reclute inesperte usavano il termine Vorace per indicare quel tipo di demone.
In realtà, le cose erano ben peggiori di quello che sembravano.
Quella creatura non era affatto un semplice yoma particolarmente affamato.
Era una Risvegliata.
 
“Ho fame”, aveva detto Priscilla con calma, come se si fosse appena destata da un pisolino. “Voglio affondare la testa nel ventre ancora vivo di un essere umano. Voglio sentirne le grida mentre strappo le viscere palpitanti e lecco i lembi della ferita affinché possa assaporare ogni singola goccia di sangue”.
“Stai indietro, mostro!”, aveva gridato Irene, scagliandosi contro di lei con la spada levata.
Era bastata una frazione di secondo e la Claymore era crollata urlante sull’erba, fissando inorridita ciò che restava della sua spalla sinistra, ora ridotta a un moncherino sanguinante.
“Stai cercando il tuo braccio, Irene? Eccolo qui”, aveva domandato Priscilla in tono serafico, agitandole l’arto strappato sotto il naso, prima di scagliarlo lontano.
“Maledetta!”, aveva gridato Noel furiosa, attaccando a sua volta insieme a Sofia.
Un attimo dopo, entrambe giacevano a terra, i corpi trafitti da una dozzina di aculei che erano improvvisamente spuntati dal corpo di Priscilla, che si limitava a fissarle dall’alto con distacco.
“Noel! Sofia!”, aveva gridato Irene.
La voce era stata soffocata dal suo stesso sangue nel momento in cui Priscilla le aveva tagliato la gola con un solo colpo di spada.
“Che noia”, aveva commentato senza mutare di un millimetro l’espressione sul suo volto. “Credo di stare solo perdendo tempo, qui”.
 
Detto questo, si era avviata lentamente nella direzione di Claire, che aveva osservato la scena con gli occhi sbarrati.
Man mano che il mostro si avvicinava a lei, la paura prendeva possesso del suo corpo, inchiodandola al suolo, incapace di staccare lo sguardo dagli artigli ricurvi e la spada che ondeggiava al suo fianco.
Sapeva cosa avrebbe fatto.
Eppure, nel momento in cui la ragazzina aveva serrato finalmente gli occhi, aspettandosi di sentire il dolore esplodere dal centro del suo corpo mentre veniva dilaniato dalle grinfie della Risvegliata, nulla di tutto questo era accaduto.
Aveva avvertito il terreno tremare sotto il peso delle sue zampe, la sua mole mostruosa passarle accanto.
Poi, il silenzio.
Priscilla aveva spalancato le ali e si era levata in volo con due potenti colpi, sparendo alla vista.
Non aveva degnato Claire neppure di uno sguardo.
 
“Devo dire che la tua amica è la ragazzina più determinata che abbia mai visto”, aveva commentato l’Uomo Nero alla fine del racconto. “Giurerei che sia davvero tua sorella, vista l’impertinenza con cui si è presentata da noi, con la tua testa tra le braccia, pregandoci di impiantare nel suo corpo mortale la tua carne e il tuo sangue e di trasformarla in una Claymore per poterti vendicare”.
“COS’HAI FATTO TU?”.
Per fortuna, la spada di Teresa era stata messa momentaneamente lontana dalla sua portata, perché in quel preciso istante la guerriera non era assolutamente in vena di ricambiare la cortesia.
“Naturalmente, l’Organizzazione ha rifiutato una richiesta tanto assurda, ma visto che la piccola non accennava a desistere, siamo giunti a un felice compromesso”, aveva proseguito l’Uomo Nero.
“Non mi piacciono i compromessi”, aveva ringhiato Teresa.
“Nemmeno se ti dicessi che sei stata perdonata?”, aveva ribattuto l’altro. “Apri bene le orecchie, bambola. Non se te ne sei accorta, ma Priscilla è il più pericoloso Risvegliato che sia mai esistito. È completamente fuori dal nostro controllo, non sappiamo dove si trovi e nessuna delle guerriere esistenti sembra in grado di tenerle testa. Per cui ecco la mia prima e ultima offerta. Tu avrai di nuovo la tua vita e il tuo posto all’interno dell’Organizzazione, anche se per prudenza verrai relegata al numero 46…”.
“Penultima, eh? Davvero esiste qualcuno peggio di me?”, aveva commentato Teresa in tono acido.
“Sono io la numero 47”, aveva risposto Claire con calma.
“Niente interruzioni, per favore”, era intervenuto bruscamente l’Uomo Nero. “Dicevo, da questo momento in poi tu e Claire siete arruolate all’interno dell’Organizzazione. Ovviamente, tutto questo ha un prezzo”.
“Ovvero?”, aveva domandato Teresa, come se rinunciare alla propria umanità e libertà fosse una quisquilia.
Il sorriso sul volto dell’Uomo Nero si era fatto improvvisamente più largo.
“Portatemi la testa di Priscilla”.
 
“Non ci posso credere. La testa di quella mocciosa al posto delle nostre. Incredibile”, aveva commentato Teresa qualche ora più tardi, camminando su e giù per la stanza come un leone in gabbia.
“Perdonami, Teresa. Non avrei potuto sopportare una vita senza di te”, si era giustificata Claire, nascosta in un angolo.
Il suo volto impassibile veniva di tanto in tanto solcato da una smorfia di dolore, segno che la trasformazione era ancora in atto.
“Vita? La chiami forse vita, questa?”, aveva ruggito l’altra furibonda.
“Perdonami, sono stata un’egoista”, aveva risposto l’altra, facendo per uscire a testa bassa.
Teresa si era immobilizzata, sgranando gli occhi per la sorpresa.
Solo in quel momento si era resa pienamente conto del significato di quel gesto tanto folle.
L’essere una accanto all’altra era la loro più grande ricchezza, nonché l’unica ragione di vita per entrambe.
L’incontro con Claire l’aveva trasformata finalmente in qualcosa di simile alla creatura umana che era stata un tempo.
Improvvisamente, nuove lacrime avevano preso a sgorgarle dai suoi occhi d’argento.
“Claire! Aspetta…CLAIRE!”.
Ma l’altra non poteva sentirla.
 
Si era già ritirata nella sua stanza, liberandosi della tuta bianca che da quel giorno in poi sarebbe stata la sua divisa.
Lo specchio le aveva restituito l’immagine del suo corpo nudo.
Una spessa cicatrice nera le solcava la gola e scendeva verticalmente lungo l’addome, tagliandole l’ombelico in due metà perfette e fermandosi all’altezza dell’inguine.
Da quando le era stata inflitta per impiantarle le carni e il sangue di uno yoma, la ferita non aveva mai smesso di bruciare.
Le avevano detto che l’avrebbe portata per sempre.
Proprio come quella che aveva suscitato così tanto orrore agli umani nel momento in cui avevano visto per la prima volta il corpo nudo di Teresa.
“Cosa succede? Non vi piaccio?”.
“Mostro!”.
Con un sorriso sereno, Claire aveva accarezzato dolcemente la ferita, lasciandosi sfuggire un gemito di dolore.
Da quel giorno in poi, quello sfregio sarebbe stato il suo marchio.
Il prezzo della sua dannazione.
Finalmente, sapeva che cosa significava essere un mostro.
Resteremo insieme per sempre.





Buongiorno a tutti! :) Come state? Qualcuno di voi è riuscito a vedere l'eclissi? Qui a Roma il cielo è un po' velato, ma l'effetto è stato comunque sensazionale: anche adesso c'è una luce davvero inquietante, con questo sole pallido con una corona di un bianco accecante.
Ma ora vieniamo a noi :)

Con mio sommo dispiacere, questo è stato l'ultimo dei flash-back nel passato di Claire e Teresa.
Dal prossimo venerdì, torneremo di nuovo nel presente, dedicandoci alla caccia vera e propria.
Non so voi, ma a me i vecchi capitoli iniziavano a mancare e ora che sono tornata all'università non mi mancheranno di certo le fonti d'ispirazione ;)
Spero che comunque anche questo capitolo vi sia piaciuto! * perché voi siete tutti lettori molto esigenti e me ne compiaccio, visto che i vostri pareri sono obiettivi e sinceri: ma dove ne trovo altri come voi? *

A proposito di lettori, passiamo subito ai ringraziamenti.
Per le recensite, i mitici SongatriceAocchiAperti, joy, Uzumaki_Devil_Dario, KING KURAMA, Angelika_Morgenstern, AlanKall, Xephil e bienchen.
Per le preferite: sakurax27.
Inoltre, un grazie particolare a tutte quelle decine di lettori silenziosi che ogni giorno seguono questa storia.
Un saluto a tutti voi, ovunque voi siate! :)

Inoltre, colgo l'occasione per fare gli auguri di buon compleanno a Chester Bennington, cantante dei Linkin Park, da sempre le mie Muse ispiratrici e luce di ogni giorno.
In fondo, è anche grazie a lui se questa fanfiction è nata... * tra l'altro, dove la trovi un'altra band che fa uscire il suo ultimo album il giorno del tuo compleanno? *

Il prossimo aggiornamento tornerà regolarmente nella giornata di venerdì.
Ci vediamo nel presente! :) * a proposito, qualcuno di voi ha visto Raki? *
Per qualsiasi informazione o anche per scambiare due chiacchiere, potete trovarmi sulla mia pagina Facebook: https://www.facebook.com/LeStorieDiFedra?fref=photo

Un abbraccio a tutti! :)
Buon finesettimana e, soprattutto, buon inizio primavera! 

Vostra,
Fedra







 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 11
*** Un'amicizia pericolosa ***




Undici.
Un’amicizia pericolosa

 
*

 
 
 
 
Ottobre era sempre stato il mese in cui Roma mostrava il suo volto più bello.
L’aria iniziava finalmente a rinfrescarsi dopo la lunga e torrida estate, caricandosi dei profumi dell’autunno.
Una luce dorata e radente accendeva ogni cosa, riempiendo persino i quartieri più squallidi e grigi di colori e sfumature del tutto inaspettate.
 
Certo che la natura sa essere veramente bella. O crudele, pensò Raki, mentre la brezza della sera gli scompigliava i capelli sulla fronte.
I suoi occhi castani erano fissi sul cielo infuocato del tramonto, intervallato dai profili scuri dei cipressi e della foresta di cuspidi, croci e angeli che si perdevano a vista d’occhio.
Il ragazzo deglutì, stringendosi ancora di più nella sua giacca a vento.
Non gli erano mai piaciuti i cimiteri.
La sola consapevolezza che nelle immediate vicinanze, nascosti dietro lapidi di pietra e vasi di fiori, ci fossero dei corpi in decomposizione gli faceva accapponare la pelle per il disgusto e la paura.
Era un istinto viscerale, profondamente radicato dentro di lui, che non riusciva a controllare in alcun modo.
Nonostante fosse un storico dell’arte, quando entrava nelle chiese romane, che spesso brulicavano di tombe e nei cui altari facevano bella mostra ricchi reliquiari pieni di pezzetti di qualche santo, il ragazzo si sentiva montare i sudori freddi.
Si ricordava ancora di quella volta in cui Gaia aveva trascinato lui e il loro gruppo di amiche a vedere la cripta dei Cappuccini a via Veneto.
Alla vista di tutte quelle ossa che riempivano completamente le anguste camere sotterranee, Raki aveva avuto un vero e proprio attacco di panico ed era dovuto uscire di corsa.
Era rimasto seduto in un bar per un buon quarto d’ora, con Gaia che cercava di confortarlo in tutti i modi.
In fondo, era stata l’unica del gruppo a capire che la sua fobia era qualcosa di serio.
 
Già, Gaia.
Ogni volta che ripensava al suo corpo, o meglio le poche manciate di cenere che ne restavano, sepolto sotto pochi metri quadrati di marmo e cemento armato, il ragazzo aveva come l’impressione che la terra stesse per spalancarsi sotto i suoi piedi per inghiottirlo.
Non poteva credere che una ragazza così dolce, così solare, così innamorata della vita, fosse sprofondata in quella città di morti, serrata in quel silenzio innaturale carico di dolore, dopo una fine così atroce.
Non lei, non Gaia.
La sua Gaia.
 
...guarda, sto piangendo. Doveva volerti proprio bene...
Nei giorni successivi alla sua morte, le ultime parole dello yoma non avevano fatto altro che rimbombargli nella testa.
Possibile che fosse stato così cieco?
Gaia lo amava.
Lo aveva sempre amato, dal primo momento in cui si erano incontrati.
Ma sapeva anche che quell’amore non sarebbe mai stato ricambiato.
Raki non aveva mai pensato che tra loro potesse nascere qualcosa di più.
Era solo un’amica, per quanto gli fosse cara.
Questo Gaia lo sapeva bene.
Ecco perché non gli aveva mai detto la verità.
Aveva preferito celare come si sentiva veramente con i suoi sorrisi, le sue carezze, la sua compagnia, dietro i quali si nascondeva un dolore inespresso e insopportabile.
Ora che non c’era più, Raki stava iniziando a capire quanto in realtà fosse stata importante per lui.
Era l’unica che avesse saputo guardare al di là del suo carattere timido e impacciato, riuscendo sempre a tirare fuori la sua parte migliore.
Non aveva mai trovato qualcuno con cui si sentisse così in sintonia.
La loro amicizia era nata immediatamente, dal primo momento in cui un giorno, per caso, si erano ritrovati a prendere lo stesso tram e si erano sorrisi.
“Ehi, anche tu vieni a Storia dell’Arte con me?”, gli aveva gridato Gaia dall’altra parte del vagone.
Era bastata quella semplice frase per diventare inseparabili.
Avevano gli stessi gusti, gli stessi sogni, le stesse passioni.
Quando erano insieme, erano un vero spettacolo.
Era tutto un continuo di occhiate complici, di risate, di battute, di momenti di pura follia.
Persino gli esami più ostici diventavano una passeggiata, se c’era Gaia al suo fianco.
Spesso, finivano per dire la stessa cosa nello stesso momento.
O di concludere l’una la frase iniziata dall’altro.
E scoppiare a ridere un attimo dopo.
Inutile dire che erano l’anima del gruppo.
Ora, tutto questo era sparito per sempre.
 
Il ragazzo infilò a capo chino i grandi viali rettilinei costellati di tombe e cappelline, mentre le ombre della sera si allungavano sempre di più.
La temperatura iniziava a scendere e con essa una calma irreale stava avvolgendo il cimitero sotto il cielo rosso sangue.
Dopo aver camminato per parecchi minuti in quel dedalo di lapidi e croci, Raki si fermò di fronte a una serie di fornetti.
L’odore di fiori freschi era talmente forte da far venire la nausea.
Subito, gli occhi del ragazzo presero a bruciare.
Era semplice allergia o stava davvero per mettersi a piangere?
 
Gaia era bellissima come sempre, nella foto che avevano scelto per decorare la lapide, sorridente come la ricordava, ignara che di lì a poco la sua vita sarebbe stata stroncata da un mostro assetato di sangue.
La sua espressione eternamente felice lo feriva come una lama.
In tutti quei giorni, il ragazzo non aveva ancora avuto la forza di andarla a trovare.
Si era persino rifiutato di andare al funerale, dandosi malato.
Suo fratello aveva detto che era il peggior smidollato che fosse mai esistito sulla faccia della terra.
E lui non aveva potuto dargli torto.
Si sentiva un verme.
 
Pochi mesi prima, era uscito l’ultimo album dei Linkin Park, la loro band preferita.
Gaia aveva comprato i biglietti all’inizio di quell’anno per andarli a vedere a Milano.
Raki avrebbe tanto voluto accompagnarla, ma in quel momento le sue finanze navigavano in pessime acque e così lei aveva finito per partire insieme alla sua migliore amica.
Il giorno dopo il concerto, appena scesa dal treno, Gaia si era precipitata a casa di Raki per portargli una copia di Minutes to Midnight, il suo album preferito, autografato direttamente dal cantante Chester Bennington.
Al posto suo, chiunque avrebbe preso quel regalo per un gesto d’amore.
Raki, invece, si era limitato a ringraziare e a definirla un’amica meravigliosa.
E Gaia aveva continuato a sorridere, anche se i suoi occhi si erano fatti improvvisamente lucidi.
Poi gli aveva raccontato per filo e per segno del concerto.
Uno dei momenti più emozionanti era stato sicuramente quello in cui Mike Shinoda aveva letto un discorso in italiano, prima di cantare Until it’s gone, l’ultimo estratto del loro album, per il quale Gaia aveva preparato insieme a un gruppo di amici un bellissimo flash-mob che poi era finito in rete.
Raki ormai conosceva a memoria quella canzone.
No, you don’t know what you got until it’s gone…
Solo adesso ne comprendeva appieno le parole.
Dopo anni di silenzi e sorrisi, finalmente si era reso conto di quanto Gaia avesse in realtà riempito la sua vita.
Ma ora era troppo tardi.
Gaia era morta.
E lui uno stupido senza palle.
 
Finalmente, le lacrime trovarono la forza di uscirgli dagli occhi.
“Scusami! Scusami tanto, Gaia, io non…!”.
Il dolore al petto era così forte che le parole gli morirono in bocca, lacerandogli la gola dall’interno.
Prometto che ti vendicherò, pensò con rabbia. Da oggi in poi, cercherò di essere coraggioso. Scusami, se non ho potuto amarti. Non ho mai meritato i tuoi sentimenti. Per questo ora voglio diventare l’uomo che hai sempre creduto che fossi, affinché possa essere fiera di me, ovunque tu sia!
 
“Raki?”.
Il ragazzo trasalì, pulendosi nervosamente gli occhi con la manica della giacca.
Al suo fianco, era appena apparsa una ragazza esile, i lunghi capelli biondi che le arrivavano fin sotto le scapole.
“Roberta? Sei tu?”, esclamò in preda all’imbarazzo, riconoscendo la migliore amica di Gaia.
La ragazza gli sorrise, mettendogli una mano sulla spalla.
“Sapevo che prima o poi saresti passato”, disse dolcemente.
Raki annuì, gettando un’ultima occhiata sulla lapide.
“Vi lascio da soli”, rispose Roberta in tono comprensivo, intuendo i suoi pensieri.
Il ragazzo le rivolse un’occhiata carica di gratitudine mentre l’altra si allontanava lentamente lungo il viale.
Prima che questa avesse avuto il tempo di voltarsi, aprì lo zaino e vi estrasse il libretto autografato di Minutes to Midnight, nascondendolo in una fessura della lapide.
Resterò sempre con te, disse mentre gli occhi tornavano a bruciare.
 
Poi, lentamente, il ragazzo raggiunse l’amica.
Roberta lo stava aspettando all’inizio del vialone, giocherellando distrattamente con i lacci della cartella.
I due presero a camminare fianco a fianco, restando in silenzio, fino a quando l’altra non domandò:
“Come ti senti?”.
“Credo che bene suoni troppo formale”, rispose Raki.
Roberta gli cinse l’avambraccio con le mani esili, attraendolo a sé.
Il ragazzo non la respinse, continuando a camminare al suo fianco con il capo chino.
“Immagino cosa stai provando in questo momento, Raki. Le volevi molto bene e si vedeva”.
L’altro non rispose.
Il silenzio era interrotto dal rumore cadenzato delle sue scarpe da ginnastica sull’asfalto.
Roberta trasse un profondo respiro e proseguì:
“Per qualsiasi cosa, sappi che ci sono”.
“Ti ringrazio, ma per ora va bene così. Ho voglia di stare un po’ da solo. Sai, da quando Gaia non c’è più, mi sento quasi morire…”.
 
Ci fu un fremito impercettibile, poi la presa sul braccio di Raki si trasformò in una morsa d’acciaio.
Il ragazzo trasalì, alzando la testa di scatto, salvo rendersi conto con orrore che, al posto degli occhi chiari di Roberta, c’erano due pupille verticali e infuocate.
“Perfetto, allora! Vorrà dire che presto raggiungerai la tua amica nel regno dei morti!”, esclamò lo yoma afferrandolo per la gola e scagliandolo contro una lapide.
Il ragazzo gridò, mentre frammenti di marmo gli si conficcavano nella schiena.
Il demone scoppiò in una risata stridula, premendogli una zampa squamosa sulla gola.
“Avanti, tu, mostrati! So che mi stavi seguendo!”, ruggì in direzione di qualcuno che Raki non poteva vedere.
 
Un rumore metallico risuonò nel cimitero.
Erano passi, lenti e felpati di qualcuno che stava emergendo da dietro le sue spalle.
“Stavi cercando me?”, disse una voce decisa da dietro le sue spalle.
Raki rabbrividì.
Nonostante l’avesse udita solo una volta, l’avrebbe riconosciuta anche tra mille.
Claire.
 
“Ti hanno ingaggiata per uccidermi, non è così?”, proseguì lo yoma rivolto alla guerriera. “Ti ho tenuta d’occhio sin dal primo momento in cui hai messo piede all’università. Quello sciocco del mio compagno credeva di riuscire a eliminarti da solo, ma a quanto pare ha fatto male i conti. Ti ho vista, quella sera, quando hai salvato la vita a questo ragazzo. Davvero inconsueto, non ti pare? Chissà, forse da umana avevi un fratellino che gli somigliava” la presa sulla gola di Raki si strinse ancora di più, strappandogli un gemito. “Poco importa: la trappola ha funzionato e ora potrò finalmente vendicare il mio compagno!”.
Con un gesto repentino, il demone scagliò il ragazzo a terra, premendogli una zampa sulle costole.
A ogni suo respiro, la pressione sul suo petto si faceva sempre più forte, mozzandogli il fiato in gola.
“Avanti, getta la tua spada o tra pochi istanti dovrai raccogliere le budella di questo ragazzo per tutto il cimitero!”.
Le narici della Claymore fremettero, ma ella non si mosse di un millimetro.
“Credi che mi importi qualcosa di quel mucchio d’ossa? Be’, ti sbagli”, disse in tono distaccato, lo sguardo freddo come la pietra.
“Ma davvero?”.
Lo yoma affondò le unghie nel petto di Raki, lacerando il tessuto e graffiandogli la pelle.
“Allora non ti dispiacerà se lo farò a pezzi davanti a te, non trovi?”.
Claire sbuffò, lanciando una rapida occhiata al ragazzo terrorizzato ai piedi dello yoma.
“Se proprio insisti..”, disse levando il braccio dietro le spalle ed estraendo la spada, che venne scagliata lontano.
Lo yoma lanciò un grido di sorpresa.
“Non dirmi che l’hai fatto davvero! Quanto sei stupida!”, esclamò scagliandosi contro di lei.
Un rumore orribile ruppe il silenzio, mentre il pugno del demone usciva dalla schiena di Claire, lordo di sangue.
“NO!”, esclamò Raki con gli occhi spalancati per l’orrore.
La Claymore emise un rantolo, mentre i suoi occhi si accendevano d’oro.
Un attimo dopo, le sue mani si strinsero intorno alla gola dello yoma, trascinandolo a terra.
I due si lanciarono in violento corpo a corpo, rotolando tra le lapidi, fino a quando Claire non allungò il braccio sull’asfalto, stringendo qualcosa tra le dita.
Ci fu un rumore sinistro, poi il braccio dello yoma cadde al suolo.
Il mostro lanciò un urlo disumano, ma ormai era tardi.
Un attimo dopo, la sua testa rotolò a terra, inondando l’asfalto di sangue viola.
Nel cimitero non rimase che il silenzio, rotto solo dal sibilo metallico di una spada rimessa nel fodero dopo aver compiuto il suo dovere, seguito dalla voce di Claire.
“E due”.


 
 



Buongiorno a tutti! :) Come state?
Io purtroppo non ho avuto una giornata molto bella, ergo mi sto tirando molto su con la scrittura e, tra qualche ora, con una bella passeggiata all'aria aperta in compagnia delle amiche.
Forse è anche per questo se il capitolo di oggi mi è venuto così triste, ma devo dire che un momento di riflessione da parte di Raki era fondamentale per l'evoluzione del personaggio.
In fondo, nessuno di noi vuole che resti un pusillanime per sempre, giusto? ;) * e soprattutto, sarebbe ora che la smettesse di farsi salvare sempre da Claire! *

Visto che è un giorno un po' particolare, vorrei dedicare questo capitolo a una persona che portava il mio nome e che purtroppo oggi non c'è più. Fai buon viaggio, zio!

Ora che vi ho sufficientemente rattristati, vorrei passare a ringraziare tutti voi lettori che state sostenendo questa fanfiction in modo del tutto insperato e inaspettato. Vi abbraccio tutti, dal profondo del cuore!
In particolare vorrei ringraziare la mia sorellona Angelika_Morgenstern, Xephil, AlanKall, Uzumaki_Devil_Dario, joy, SognatriceAocchiAperti, King Kurama bienchen per le loro splendide recensioni.
Un saluto anche a tutti i lettori silenziosi che continuano a seguire questa storia :)

Prometto che il prossimo capitolo sarà molto più allegro: rispettando la nobile tradizione di famiglia, l'importante è trovare sempre il modo di tornare a sorridere :)
Anzi, sto già pensando a una serie di scene a dir poco esilaranti, in cui vedremo Claire e Teresa impegnate in una serie di combattimenti tra yoma infiltrati nel centro di Roma, tra locali per pariolini * chi non li conoscesse, andasse subito a informarsi sulle abitudini di queste strane creature *, simpatiche e allegre signorine e...Okay, non aggiungo altro! :)
Ovviamente Raki, che necessita di una sana rieducazione di stampo siberiano, verrà con loro! ;) * Teresa: "Che coooosa?!? Ma non avevamo già un gatto?" *
Ergo, tenetevi pronti per venerdì! 

Nell'attesa, potete passare sulla mia pagina Facebook, dove potete ascoltare Until it's gone, la canzone che ha ispirato il capitolo * ringrazio come sempre i Linkin Park per essermi venuti incontro anche stavolta! Ebbene sì, a quel concerto c'ero anch'io! * 
Nei prossimi giorni potrei anche postare gli eventuali progressi del cosplay che sto preparando per il prossimo Romics...spero tanto che venga bene!
Ma bando alle ciance, trovate tutto qui: https://www.facebook.com/LeStorieDiFedra

Che altro aggiungere?
Auguro a tutti un felice week-end!
A presto! :)
Baci

Vostra,
Fedra











 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 12
*** La traccia dello yoma ***



 
Dodici.
La traccia dello yoma
 
 
*

 

 

 

 

Claire afferrò l’arto mozzato con tutte le sue forze, strappandoselo dal ventre con un colpo deciso.
Un dolore nauseante le attraversò il corpo da capo a piedi, ma non un lamento uscì dalle sue labbra contratte.
Mentre il sangue si spandeva sull’asfalto, la guerriera si premette una mano sulla ferita, richiamando lo yoki.
La pelle e i muscoli presero a pulsare vistosamente, rimarginandosi a vista d’occhio fino a quando lo squarcio non si fu completamente chiuso, lasciando solo un brutto strappo insanguinato sulla parte anteriore della tuta.
Solo allora Claire poté trarre un profondo sospiro, mentre i suoi occhi tornavano al colore argento di sempre.
 
Raki aveva osservato tutta la scena seduto a terra, le membra che gli dolevano in maniera insopportabile.
“Stai bene?”, esclamò dopo qualche istante, nel momento in cui la ragazza prese ad avanzare a grandi passi verso di lui.
In tutta risposta, la Claymore gli afferrò il volto tra le mani, avvicinandolo al suo.
Il ragazzo lanciò un grido di sorpresa, mentre la guerriera lo fissava con aria feroce, le narici che fremevano.
“C…cosa vuoi farmi?”, esclamò terrorizzato.
Un attimo dopo, Claire lo adagiò dolcemente sull’asfalto, un’espressione di profondo disgusto dipinta sul volto.
“Puzzi ancora di yoma”, disse aggrottando le sopracciglia perlacee.
“Cosa?”, esclamò Raki confuso.
“Perdona questo approccio poco formale, ma ho dovuto farlo per capire se dovevo ucciderti o meno”.
“U…uccidermi?”.
Il ragazzo era ormai più pallido di un cadavere.
“Questa sarebbe stata la prassi se fossi stato uno yoma. Per tua fortuna, le cose non stanno così”.
 
Raki si prese il volto tra le mani, mentre la nausea gli attanagliava nuovamente le viscere, come la notte in cui era stato aggredito per la prima volta da un demone.
“Perché ce l’hanno tanto con me?”, domandò esasperato.
“Non ne ho idea. Mai mi era capitato di salvare un umano da uno yoma per due volte di fila”.
Con la massima calma, Claire estrasse una scatola di lenti a contatto da una tasca nascosta nel mantello.
“In ogni caso, pare che le tue pene non siano finite. Hai un altro yoma che ti sta dando la caccia”, proseguì mentre le indossava.
“Che cosa? Un altro?”.
In quel momento, Raki avrebbe tanto voluto mettersi a piangere.
“Sì”, proseguì l’altra. “Tu vivi con i tuoi genitori, giusto?”.
“Sì, e con mio fratello”.
“Hmm, hai un fratello?”.
“Sì, più grande di cinque anni. Lavora come DJ in un locale del centro”.
“Un posto frequentato da molta gente e dove magari gira della droga?”.
A quell’affermazione, le guance di Raki diventarono scarlatte.
“Posso assicurare che mio fratello è una persona del tutto rispettabile!”, esclamò indignato.
“Nessuno vuole mettere in dubbio l’onestà di tuo fratello. E dimmi, per caso frequenti anche tu quel locale?”.
“Capita che alle volte, in mezzo alla settimana, ci vado con le mie amiche dell’università”.
“Magari anche con quelle che sono state trasformate in yoma…”.
“Con Roberta sì. È stato il suo compleanno proprio la settimana scorsa”.
“Per caso, durante la festa le è capitato di sparire?”.
“Non ricordo, c’era tanta gente…”.
“Capisco”.
 
Claire prese a osservare l’orizzonte con aria pensosa.
“Pare che la situazione a Roma sia ancora più complicata del previsto. Sbagliavo a rassicurarti, l’altra sera. Ci sono molti più yoma di quanto credessi. Ciò significa che devo sbrigarmi a stanarli tutti”.
“Cosa vuoi dire? Che mio fratello è in pericolo?”.
“Può darsi. Da quanto ho capito, questi demoni amano colpire in luoghi affollati, scegliendo la prossima vittima tra le persone più vicine agli umani appena divorati”.
A quel punto, Raki prese a tremare.
“Ho perso Gaia…e ora anche Roberta. Non posso perdere anche mio fratello”, gemette.
“Non lo perderai”, disse Claire con decisione. “Il mio compito è uccidere gli yoma. Non permetterò che facciano del male ad altri umani”.
Raki levò la testa debolmente, gli occhi castani carichi di incredulità.
“Ti ringrazio, per quello che stai facendo”, disse grato.
“Vacci piano, con i complimenti. Ti ricordo che sto lavorando. Il fatto che ti abbia salvato le budella per la seconda volta di fila non significa che mi stai simpatico”, lo liquidò Claire asciutta. “E ora, veniamo a noi. Quando andrà a lavorare tuo fratello?”.
“Questa sera dopo le dieci”, rispose Raki.
“Allora non c’è un minuto da perdere”, disse l’altra, prendendo a marciare verso l’uscita del cimitero.
 
“Ehi, aspetta! Vengo con te!”.
Il ragazzo fece per rialzarsi in piedi, ma cadde subito all’indietro, accecato da una fitta lancinante alla schiena.
Era come se la spina dorsale gli si fosse spezzata in due.
Claire tornò subito al suo fianco, esaminandogli il retro insanguinato della giacca.
“Sei ferito”, disse. “Sarà meglio se ti porto in ospedale”.
“No! Ce la faccio, davvero!”, protestò lui, nonostante avesse il volto contratto dal dolore.
“Hai una brutta ferita sulla schiena. Ti servono dei punti e forse anche qualche accertamento per vedere se la colonna non è stata danneggiata”, proseguì la guerriera imperterrita.
“Farò tutto quello che vuoi, ma, per favore, portami da mio fratello!”.
 
Claire gli lanciò un’occhiata penetrante, mentre una strana morsa le stringeva lo stomaco.
Possibile che quel mucchietto d’ossa fosse così testardo?
Se al posto suo ci fosse stata Teresa, sicuramente gli avrebbe assestato un calcio.
A quel pensiero, la Claymore non poté fare a meno di sorridere.
La cosa non sfuggì a Raki.
“Cosa c’è?”, domandò.
“Niente che ti possa interessare”, rispose Claire, ritornando subito seria.
In quel preciso istante, un bip prolungato proruppe nel silenzio del cimitero.
Con somma sorpresa di Raki, Claire afferrò il mantello e vi estrasse un comunissimo cellulare dalla tasca.
Non appena riconobbe il nome sul display, le fu impossibile trattenere un sorriso ancora più largo del precedente.
Teresa.
Possibile che, ogni volta che la pensava, sua sorella si faceva puntualmente viva?
Ridacchiando divertita, Claire trascinò il dito sullo schermo e rispose.
 
“Lo sai che mi stavano fischiando le orecchie proprio un attimo fa?”, esclamò.
“Tesoro!”, esclamò Teresa ridendo, la voce disturbata da un rumore continuo di sottofondo, unito a dal ruggito distorto di una chitarra elettrica. “Dove sei?”.
“Al Verano. Ho appena ucciso uno yoma”.
“Capperi e crauti, sei sempre così allegra!”, commentò l’altra ridendo. “Ascolta, sorellina, hai programmi per stasera?”.
“Sono invitata a una festa. E tu?”.
“Sono in viaggio per la Casilina. Per fortuna, pare che non ci sia traffic…E VAFFANCULO! LEVATI DAL CAZZO, STRONZO!”.
Le urla di Teresa riempirono il ricevitore a tal punto, che Claire dovette allontanarlo dall’orecchio.
“Stai guidando, vero?”, domandò dolcemente.
“Sì. Non puoi capire, c’era un deficiente a bordo di una Polo che mi ha tagliato la strada da destra e ora mi sta davanti a quaranta all’ora! Ma non ce l’hanno una casa, questi inutili ammassi di cellule? Sempre in mezzo ai piedi…”, rispose l’altra in tono furibondo.
“Stai calma, ti ricordo che abbiamo una sola macchina a disposizione”, cercò di placarla Claire, abituata alle epiche sfuriate dell’amica.
“Sarà, tanto se facessi un incidente poi mi dovrebbero dare fior fiore di schei per ripagare i danni!”.
“Sei incredibile!”.
“Lascia stare…Comunque!”, il tono di Teresa tornò improvvisamente allegro. “Pare che ci siano almeno tre yoma da sistemare. Mi chiedevo se volessi farmi compagnia”.
“È una cosa veloce?”.
“Dai, so che ti divertirai moltissimo a giocare a Claire la Squartatrice”.
L’altra scoppiò in una risata.
“Verrò con molto piacere. Sistemo un attimo una cosa e corro da te”.
“Davvero? Cosa stai combinando?”, domandò Teresa in tono complice.
“Ma niente…devo solo portare un umano al pronto soccorso”, rispose l’altra sul vago.
“Un umano? Ma che dolce, che sei!”.
“Non ho la minima idea di che cosa stai insinuando. In ogni caso, ci vediamo lì tra dieci minuti”, tagliò corto Claire.
“D’accordo, tesoro, e attenta a non sciupare troppo quel povero uman…ACCIDENTI A TE E A CHI TI HA VENDUTO QUELLA CAZZO DI SMART, BRUTTO PEZZO DI MERDA!”.
“Che succede?”, domandò l’altra, il cellulare a ormai dieci centimetri buoni dalla testa.
“Non riesco a credere a quello che ho visto: c’era un tizio a bordo di una Smart che parlava al telefono e contemporaneamente teneva il giornale aperto sul volante…in pieno Raccordo, capisci?”, esclamò l’altra incredula.
“Bentornata a Roma, sorellona!”, commentò Claire in tono sarcastico. “Allora a tra poco. Attenta a non fare troppi danni, in questi dieci minuti…”.
“Sta’ tranquilla, sorellina. Alle peggio, gli taglio la strada e gli riduco in briciole quell’inutile pezzo di ferro a colpi di spada!”.
“Allora a fra poco! Ciao!”.
“A frappé!”.
Clic.
 
Devo ricordarmi di comprare un paio di auricolari, pensò Claire, le orecchie che fischiavano.
Solo a quel punto si rese conto di avere ancora Raki seduto sull’asfalto, che la fissava con la bocca spalancata e l’aria di chi si sta divertendo un mondo.
“Che c’è?”, domandò in tono burbero.
“Niente, è solo che…”.
“Parla!”.
“Quando parlavi con tua sorella sembravi così…umana, ecco”.
“La situazione è peggio di quella che pensassi”, tagliò corto Claire afferrandolo da sotto le ascelle e costringendolo a levarsi in piedi. “Forza, basta fare storie e andiamo al pronto soccorso, prima che ci chiudano qui dentro!”.
Il ragazzo si levò in piedi barcollando, soffocando a stento una smorfia di dolore.
Rassegnata, Claire gli mise un braccio attorno alle spalle, aiutandolo ad avanzare verso l’uscita del cimitero.
Al suo fianco, Raki sembrava più piccolo e fragile che mai.
L’oscurità stava ormai calando e, dopo alcuni istanti, il rumore assordante della sirena che annunciava la chiusura risuonò nell’aria.
Per fortuna, il cancello non era molto lontano e in breve i due si trovarono di fronte a San Lorenzo, arrancando faticosamente verso il vicino Policlinico.
 
“Mi dispiace di essere stato uno spettacolo così pietoso”, disse Raki a un certo punto.
“A dire il vero, noto un certo miglioramento rispetto all’altra volta. Bravo, vuol dire che ti stai abituando”, rispose Claire guardando dritto davanti a sé.
Al suo fianco, il ragazzo scoppiò in una risata stanca.
“Non credo. In realtà, sto morendo di paura”, aggiunse in tono mesto.
“Ecco perché sarà meglio che te ne stai buono in ospedale nell’attesa che tiri tuo fratello fuori dai guai”.
“No! Io voglio aiutarti! Non sopporto di essere di impaccio!”.
“Appunto perché sei così pauroso, portarti in missione con me mi rallenterebbe solo il lavoro. Se davvero vuoi essermi utile, fatti curare e cerca di star bene il prima possibile. Al resto ci penserò io”.
“Ma…”.
 
In quel momento, Claire si arrestò.
Erano arrivati di fronte al Policlinico, un complesso di imponenti edifici di inizio secolo che si affacciava sul viale dell’università.
“Da qui in poi, devi proseguire da solo”, disse la guerriera, indicandogli l’ingresso del pronto soccorso. “Io devo andare: ho del lavoro da compiere”.
“Ma…aspetta!”.
La Claymore si voltò un’ultima volta, lanciandogli un’occhiata torva.
“Cosa c’è ancora?”, domandò in tono sbrigativo.
“Grazie per avermi salvato anche stavolta”.
L’altra sospirò rassegnata.
Possibile che quel mucchietto d’ossa si ostinava a non capire?
Suo malgrado, la ragazza sorrise.
“Piuttosto cerca di cambiare giro di amicizie, perché non ti garantisco che la prossima volta accorrerò in tuo aiuto tanto in fretta!”, rispose.
Raki sorrise.
“Ti rivedrò?”, chiese d’istinto.
“Forse. Cerca di starmi bene”.
“A presto, Claire!”.
Come pochi giorni prima, sentir pronunciare il suo nome da qualcuno che non facesse parte dell’Organizzazione scatenò un brivido lungo la schiena della guerriera.
Di solito, gli umani non lo facevano.
Che importanza aveva ricordarsi il nome di un mostro che temevano e speravano di non rivedere mai più?
Che strana creatura!
“A presto, Raki”, rispose ad alta voce mentre spariva nella notte.




Buongiorno, belve! :) Come state?
Io mi sto concedendo un breve periodo di vacanza, in cui ne sto approfittando per scrivere a più non posso in attesa del Romics...vi terrò informanti, tranquilli! ;)

Allora, cosa ne pensate di questo capitolo? :)
Come vedete, il nostro Raki, per quanto pasticcione, sta cominciando a darsi da fare. Vi dico già da adesso che, almeno per la prima parte, mi atterrò molto al manga, ma non sono ancora sicura al cento per cento sul destino del nostro amico. Ergo, ditegli anche voi che si deve comportare bene, altrimenti potrei lasciarlo alla cara dolce Riful l'Impalatrice ;)

Scommetto che più di qualcuno sarà rimasto sconvolto dalla telefonata di Teresa. Vi posso assicurare che la guida a Roma fa arrivare a questi eccessi, compresa la lettura del giornale sul Raccordo * una volta mi è capitato di vedere un tizio che lo faceva...ho sorpassato prima che fosse troppo tardi! *

Vorrei dedicare il capitolo di oggi alla mia sorellona Angelika, per dirle quanto sia fantastica e che, nonostante tutto, non si potrebbe trovare al mondo un'amica migliore di lei! Sei in gamba, sorellicchi, questo ricordatelo sempre! <3 <3 <3

E ora passiamo ai ringraziamenti veri e propri :)
Per le recensite, un grazie speciale a: joy, Angelika_Morgenstern, AlanKall, KING KURAMA, bienchen, Xephil e SognatriceAocchiAperti.
Grazie anche a tutti i miei lettori silenziosi * che diventano sempre di più! *
Vi abbraccio tutti, ovunque voi siate :)

Per tutti coloro che seguono "The Phoenix", vorrei ricordarvi che l'aggiornamento di lunedì scalerà a mercoledì in giornata.
"Occhi d'argento" tornerà invece regolarmente il venerdì, questa volta con un capitolo mooolto alla "Sin City", da come avrete intuito dalle intenzioni delle nostre Claymore.
Pronti a fare fuoco e fiamme? ;)

Nel mentre, colgo l'occasione per augurare a ciascuno di voi una felice Pasqua! :)
Mi raccomando, mangiate tanta cioccolata! :D
Un abbraccio e a presto!

Vi voglio bene, persone meravigliose! :)

Vostra,
Fedra


 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 13
*** Sulla strada ***


Tredici.
Sulla strada

 
*

 
 
 
 
La notte era calata sulla città, accendendola di mille luci artificiali che sfrecciavano ruggenti lungo le sue arterie d’acciaio e cemento.
Un vento gelido proveniente da nord sferzava crudele ciò che restava della campagna, ora ridotta a un ammasso d’erba bruciata e case in costruzione.
Stretta nel misero tubino che bastava a coprirle a malapena le parti intime, Svetlana osservava quella terra di nessuno, rabbrividendo di freddo.
La tramontana le spazzava davanti al viso i lunghi capelli rossicci, quasi come se provasse un perverso piacere nel vederla lottare per ripararsi.
Già, lottare.
 
Svetlana non ne aveva più voglia da tempo.
Era fuggita dal suo paese in guerra attirata da lusinghe e false speranze.
Le avevano detto che in Italia c’era lavoro, che da lì avrebbe potuto mantenere sua madre e i suoi fratelli.
Chissà, magari avrebbe anche trovato l’amore e condotto la vita felice che in patria le era stata negata.
Sarebbe vissuta in un posto bellissimo, pieno di sole, spazi verdi, bellezza e ricchezza.
E invece, appena arrivata, era stata imprigionata insieme ad altre giovani ignare come lei, costretta a subire i peggiori abusi e infine scaricata in mezzo alla strada come un sacco di rifiuti.
Ormai Svetlana non poteva più considerarsi un essere umano, ma un oggetto da usare, consumare e gettare via.
Era carne da macello.
 
La ragazza si strinse ancora di più nei suoi abiti quasi inesistenti, il vento che aveva congelato persino le sue lacrime.
Al suo fianco, due giovani donne di poco più anziane, entrambe di origini slave, camminavano su e giù per la strada asfaltata, lottando contro il freddo e la paura.
Nessuna di loro osava parlare.
Tutte e tre sapevano fin troppo bene che, quella notte, non ci sarebbe stato ritorno.
Erano ormai due settimane che le ragazze che venivano lasciate a quell’altezza della Casilina non facevano più ritorno.
L’unica di loro che aveva rivisto l’alba era stata riportata indietro senza un braccio, con il corpo ricoperto da orrende ferite.
Sembrava che fosse stata aggredita da una belva feroce.
Poche ore dopo, di lei si era persa ogni traccia.
 
Ormai era la prassi e tutte le ragazze conoscevano a memoria quel macabro rituale del venerdì sera.
Ogni settimana, quelle che avevano avuto meno clienti venivano caricate a forza in macchina e lasciate lì, in attesa di essere inghiottite da qualunque cosa le stesse facendo sparire una a una.
Svetlana, come le altre, aveva fatto di tutto per evitare quell’orrendo destino.
Nonostante fosse solo un’adolescente, non si era tirata indietro di fronte a nulla, cercando di compiacere il più possibile i suoi aguzzini, affinché fossero soddisfatti e le chiedessero di tornare ancora e ancora.
Ma due sere prima qualcosa era andato storto.
Un cliente ubriaco l’aveva aggredita e, se non si fosse difesa con tutte le sue forze, l’avrebbe sicuramente uccisa.
Un destino da cui non si sarebbe comunque potuta sottrarre.
Sperava solo che, qualunque cosa fosse sopraggiunta, si sbrigasse a finire il lavoro e porre fine a quell’inferno.
 
In quel preciso istante, i fari di un SUV nero tagliarono l’oscurità come gli occhi fiammeggianti di una creatura famelica.
Un brivido di paura percorse le spine dorsali delle ragazze mentre l’auto si accostava al guard-rail.
Le portiere si aprirono con uno scatto secco, mentre tre uomini vestiti elegantemente scendevano a terra.
Quello alla guida, un energumeno di mezza età dalla testa calva e l’enorme ventre flaccido, si avvicinò a passi strascicati alle sue vittime, scrutandole attraverso le lenti scure degli occhiali da sole.
“Piuttosto deludenti, questa sera”, commentò.
La sua voce impastata ricordò a Svetlana quella di un orribile, enorme e grasso lumacone.
“Non avevano niente di meglio, per noi?”, commentò il suo compare, un giovane palestrato dalla pelle abbronzata e un vistoso tatuaggio sul collo muscoloso. “Sono tutt’ossa e quasi niente tette…”.
“Con queste non ci puliamo nemmeno i denti”, commentò il terzo uomo, un tipo viscido congelato in un gessato bianco, con i capelli coperti di gelatina e il mento ben rasato.
Il suo sorriso mellifluo crebbe a dismisura nel momento in cui posò lo sguardo sulla più alta delle tre.
“Però possiamo sempre divertirci”, sogghignò mentre si avvicinava alla ragazza, protendendo le dita verso di lei.
 
Svetlana si sentì attanagliare lo stomaco da una morsa d’acciaio.
Quelli non erano semplici clienti.
Erano dei mostri.
Un attimo dopo, la sua compagna si ritrovò spalmata sull’asfalto, l’uomo che la teneva inchiodata a terra con le ginocchia.
“Calmati, dolcezza, non ti agitare. Poi mi diventi brutta”, commentò l’aguzzino mentre cercava di sollevarle il vestito.
La donna prese a gridare in preda al terrore, ricevendo in tutta risposta un potente schiaffo che le mozzò il fiato in gola.
“Non sopporto che mi si disubbidisca”, ringhiò l’uomo, il sorriso improvvisamente congelato sulle labbra sottili. “Ora ti…”.
 
Non aveva neppure finito la frase che un rombo sordo proruppe alle sue spalle, un attimo prima che la luce accecante di due abbaglianti lo colpisse in pieno volto, facendolo gridare di dolore, mentre una Mini si fermava di traverso a pochi metri da loro.
La portiera del guidatore si aprì con grazia, rivelando una lunga gamba muscolosa rivestita da un’aderente tuta bianca e uno stivale di metallo.
I tre uomini restarono come pietrificati mentre Teresa del Sorriso usciva dall’auto, scrutandoli con aria di sfida.
“E tu chi saresti?”, esclamò il lumacone, un rivolo di bava che prese a colargli agli angoli della bocca.
“Dovresti conoscermi, pancione”, rispose la Claymore mentre si liberava degli occhiali da sole con un gesto deciso, rivelando gli occhi d’argento che ardevano di rabbia. “Soprattutto perché mostro tolleranza zero verso gli sporchi maniaci come voi!”.
 
Dall’interno della macchina, una profonda voce maschile prese a scandire a tempo di musica:
Eins. Zwei. Drei. Vier. Fünf. Sechs. Sieben. Acht. Neun”.
Teresa sfoderò il suo sorriso più letale.
AUS!”.
Un’esplosione di chitarre elettriche segnò la fine degli yoma mentre la guerriera piombava su di loro con la spada levata.
Ci fu un sibilo, poi il demone con i capelli unti crollò a terra senza nemmeno un lamento, il corpo spaccato in due dalla testa all’inguine, un’espressione di puro stupore dipinta sul volto mentre il sangue viola gli macchiava completamente il gessato bianco.
“Maledetta puttana!”, ruggì lo yoma con il tatuaggio mentre il suo corpo si trasformava in quello di un mostro simile a un leone.
“Non sono cose da dire a una signora rispettabile come me”, tagliò corto Teresa facendo per colpire, ma il demone fu più rapido.
Una serie di aculei si scaturì dal suo avambraccio muscoloso, partendo come frecce in direzione della guerriera.
Questa si riparò con la spada, riducendoli in briciole; poi tornò all’attacco dall’alto.
“Sei scaltro”, commentò inferocita. “Ma non abbastanza per me!”.
Con un gesto deciso, la Claymore staccò di netto la testa al mostro, che rotolò sull’asfalto con un rumore orribile.
 
Le tre ragazze gridarono in preda all’orrore, abbracciandosi strette.
A quel punto, l’ultimo yoma rimasto si lanciò contro di loro con un impeto inaspettato per la sua mole, afferrando Svetlana per la gola e rovesciandole il capo all’indietro.
“Per oggi hai fatto abbastanza, donna”, ringhiò rivolto in direzione di Teresa, mentre il suo corpo si ingigantiva a dismisura, assumendo la forma di una gigantesca larva con due zanne da cinghiale che gli fuoriuscivano dalla bocca. “Un altro passo e smembro questa ragazzina davanti ai tuoi insulsi occhi d’argento”.
“Fai pure, tanto il mio lavoro è finito”, rispose l’altra con noncuranza.
Gli occhi sporgenti del demone si colmarono di sorpresa.
“Che cosa dici? In che senso finito?”.
Teresa gli sorrise benevola.
“Sai, non voglio privare la mia sorellina della sua dose quotidiana di divertimento”, spiegò.
“Sorellina?”.
 
Lo yoma levò lo sguardo, giusto per vedere la lama di una spada che gli si conficcava in mezzo alla fronte, sovrastata da due fiammeggianti occhi gialli.
Claire estrasse la lama con uno strappo deciso, roteando su se stessa e affondando un nuovo colpo.
La testa del mostro rotolò a terra, mentre la ragazza schivava con grazia la scia di sangue che esplose dal collo troncato, per poi sorreggere Svetlana un attimo prima che le ginocchia di quest’ultima cedessero per lo shock.
“Va tutto bene, piccola. È finita”, disse cingendole le spalle con le braccia.
In tutta risposta, la ragazza scoppiò in singhiozzi, rannicchiandosi contro il petto dell’altra.
 
“Sei diventata veloce, sorellina”, disse Teresa ponendole una mano sulla spalla, un’espressione orgogliosa dipinta sul volto.
“Tutta fortuna. E poi, ti ricordo che mi hai dovuto fare da palo”, si schermì Claire bruscamente.
“Era proprio questo, il piano. E direi che ha funzionato alla perfezione!”, commentò l’altra in tono soddisfatto.
“È un miracolo se non ci siamo fatte ammazzare tutte per colpa del mio ritardo”, proseguì la compagna furibonda.
“Stavi lavorando dall’altra parte di Roma, tesoro. È fin troppo comprensibile che saresti arrivata in ritardo”.
“Se lavoro significa stare a fare da balia a uno stupido umano!”.
A quel punto, gli occhi di Teresa si illuminarono di una strana luce.
“Stupido umano?”, ripeté. “E chi sarebbe?”.
“Ha importanza?”, ribatté Claire, visibilmente seccata. “Forza, dobbiamo portare subito queste ragazze dalla polizia. E dirigerci verso il quartiere Prati: abbiamo una festa, ricordi?”.
“Sbaglio o siamo dal fratello del tuo amico?”, domandò l’altra con aria complice.
Claire la fulminò con lo sguardo.
“Io non ho amici”, rispose in tono gelido.  




Buonasera, carissimi! :) Come state? Avete trascorso una bella Pasqua?
Io sì, nonostante la pioggia e il freddo: pensate che sono persino riuscita a rimediare un uovo gigantesco, nonostante la mia veneranda età! ;)
Ora invece mi sto concentrando sul mio cosplay di Claire, che sfoggerò domenica al Romics...spero solo che non venga una schifezza! * mi ci vedete che stiro il mantello e il resto della tuta bianca? XD *
Se volete avere una piccola idea di com'è, vi lascio lo stupendo bozzetto preparatorio con cui la mia bravissima sorellona Angelika mi ha immaginata:



Che ne pensate? ;)
Ma ora veniamo a noi :D
Vorrei sottilineare che la canzone di sottofondo questa volta era "Sonne" dei Rammstein, che insieme ai Linkin Park hanno letteralmente firmato la colonna sonora di questa fanfiction.
Spero solo di non essere stata molto cruda: ultimamente i miei yoma stanno decisamente esagerando!

E ora passiamo ai ringraziamenti veri e propri :)
Prima la famiglia * detto con un leggero accento siciliano *: mia sorella Angelika_Morgenstern e mio marito Xephil, che sono diventati ormai la luce di ogni mio giorno.
Le mie adorate e inseparabili joy, bienchen e SognatriceAocchiAperti, la cui irresistibile simpatia è sempre una carica di energia ogni volta che ci scriviamo a vicenda.
Infine gli incalliti AlanKall e KING KURAMA, che continuano a seguire questa fanfiction con la determinazione che solo un guerriero può avere.
Infine, grazie mille a tutti i miei lettori silenziosi, che aumentano sempre più: come sempre, vi abbraccio tutti, ovunque voi siate :)

Il nuovo capitolo tornerà puntuale il prossimo venerdì: pronti a fare casino tutti insieme nel locale del fratello di Raki? ;)
Ricordo in ogni caso l'appuntamento del lunedì per chi segue "The Phoenix".
Per qualsiasi informazione o anche per sentirci, vi lascio il link della mia pagina Facebook: https://www.facebook.com/LeStorieDiFedra?fref=photo

A presto!
Se qualcuno di voi va al Romics, occhio alle ragazze col caschetto biondo: una di loro potrei essere io! ;)
Un abbraccio :)

Vostra,
Fedra





 

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Capitolo 14
*** Invito a una festa ***



 
Quattordici.
Invito a una festa

 

 

*

 

 

 

 

Come tutte le grandi città, anche Roma aveva due volti da mostrare.
Il primo era quello idilliaco della classica città d’arte presa d’assalto dai turisti, piena di scorci mozzafiato e angoli di sublime bellezza, in cui il tempo sembrava essersi fermato come per incanto.
Il secondo era quello più sporco, quotidiano, quello dei casermoni anni Sessanta e le strade troppo piccole per una metropoli cresciuta troppo in fretta.
Poche erano le città italiane trafficate come Roma.
Specie nelle ore di punta, quando interi quartieri si spopolavano per rientrare verso le periferie, spostarsi da una zona all’altra poteva diventare un’impresa della durata di qualche ora e poco importava se in quel preciso istante c’era uno yoma assassino da fermare.
Se solo gli sventurati automobilisti avessero saputo come stavano le cose, sicuramente quel giorno avrebbero chiesto gli straordinari pur di non incrociare la Mini color cioccolato con a bordo due ragazze bionde, di cui una particolarmente inferocita.
 
“Spero che quel demone vi sventri tutti, maledette teste di cazzo!”, ruggì Teresa mentre bruciava uno stop e rischiava di andarsi a schiantare contro un taxi.
La sua voce irata era talmente alta da sovrastare completamente la musica sparata a tutto volume dall’autoradio.
Raggomitolata al suo fianco, Claire aveva assunto un preoccupante colore verde, ma teneva duro.
Aveva fin troppe preoccupazioni per badare alle sfuriate della sua compagna.
Tanto la conosceva: tempo qualche minuto e sarebbe passato tutto.
L’importante era che arrivassero in tempo al locale, prima che lo yoma uscisse allo scoperto e mietesse nuove vittime.
Di tanto in tanto, i suoi pensieri andavano a Raki, dandosi dell’idiota un attimo dopo.
Chissà come stava, quel piccolo e stupido umano, e soprattutto se mai era riuscito a restare all’ospedale.
Sperava solo che quel ragazzo fosse abbastanza perspicace da capire che in quel preciso istante il pronto soccorso era il luogo più sicuro per lui.
 
“A che pensi, sorella?”, domandò Teresa subito dopo aver azzardato  un sorpasso da destra.
“Niente. Sono solo un po’ nervosa per la nostra missione. Ultimamente, ci sono troppi yoma in giro per i miei gusti”, rispose l’altra freddamente.
“Tranquilla, arriveremo in tempo per salvare il fratello del tuo amico”, la rassicurò l’amica facendole l’occhiolino.
“Ti ho detto che non è mio amico”, la zittì Claire con un ringhio.
“Certo, certo. Intanto lo hai già salvato due volte”.
“Giuro che questa era l’ultima. Alla prossima aggressione, prometto che lo lascerò agli yoma”.
In tutta risposta, Teresa scoppiò in una risatina divertita.
“Che c’è?”, domandò Claire, decisamente seccata.
“Oh, niente. È che sono contenta di vederti sempre su di giri, negli ultimi giorni. Sembra quasi che salvare la vita a quel piccolo umano ti metta allegria”, rispose l’altra in tono sognante.
“Be’, ti sbagli. È solo un umano. Un pezzo di carne. Per me, vale meno di zero”.
“Bugiarda”.
Claire voltò d’istinto il capo verso il finestrino, cercando di concentrarsi sui fari delle auto che sfrecciavano a pochi metri da loro.
“Lo sai che non mi piace avere a che fare con gli umani. So bene che per certi versi sanno essere ben peggiori degli yoma”, borbottò dopo qualche istante.
“Non tutti sono così”, osservò Teresa in tono saggio.
“Perché, tu quanti ne conosci?”.
“Mah, diciamo che nei primi tempi ho avuto qualche piacevole…PORCA PUTTANA, MA NON CE L’AVETE UNA CASA, VOIALTRI? Sembra quasi che vi piaccia, farvi spolpare dagli yoma! Se non mi pagassero fior fiore di quattrini, vi lascerei a loro con molto piacere!”.
Mentre Teresa si lanciava nell’ennesima sfuriata contro il genere umano, Claire chiuse gli occhi, abbandonando la testa sullo schienale del sedile anteriore nella speranza di rilassarsi per qualche istante.
Man mano che si avvicinavano alla meta, l’odore della battaglia imminente cresceva sempre di più, facendo fremere il suo corpo sovrumano per l’adrenalina.
 
“Però, si tratta bene, il tuo amico”, commentò Teresa nel momento in cui fecero ingresso nel quartiere Prati, costellato di eleganti dimore signorili e ampi viali ottocenteschi.
Claire fece finta di non aver sentito l’ennesima insinuazione da parte dell’amica, stiracchiandosi sul sedile come un gatto e facendo scrocchiare le nocche.
Durante la sua vita umana era stata poche volte da quelle parti, anche se la loro fama era arrivata fino al Ghetto.
Era lì che abitava la gente che contava: avvocati, notai, medici, vip.
Era un quartiere fondato per la classe dirigente e chiunque non vi si fosse aggirato in SUV, abiti firmati e occhiali da sole sarebbe saltato subito all’occhio come una macchia di sugo su una tela di Melozzo da Forlì.
Una fila di adolescenti dai capelli impomatati avanzava ridacchiando verso un locale dall’impianto post-moderno, seguiti da uno stuolo di ragazze arrampicate su vertiginosi tacchi a spillo.
“E copriti!”, commentò Teresa dopo aver adocchiato una di loro, che esibiva una generosa scollatura sul davanti.
In quel preciso istante, il ragazzo al suo fianco le mise una mano sul fondoschiena, senza curarsi minimamente della presenza dei compagni alle sue spalle, che scoppiarono a ridere all’unisono.
Voi sarete i prossimi a morire, maledetti mocciosi, pensò la Claymore mentre li superava sgommando.
 
Le due guerriere trovarono parcheggio proprio di fronte al locale, le luci stroboscopiche che arrivano fino in strada.
Orde di ragazzi si riversavano sul marciapiede, facendo la fila per entrare.
Molti di loro erano truccati in modo vistoso e indossavano abiti scuri, come se stessero partecipando a una festa in maschera.
“Mmm, non credo che questi siano abiti da cocktail”, commentò Claire indugiando sulla sua tuta.
“Rilassati, sorellina. Siamo decisamente più sexy di quella massa di cagne in calore là fuori. Vedrai che tra cinque minuti ti sbaveranno tutti dietro”, rispose Teresa mentre contemplava il suo riflesso nello specchietto posto sopra il volante dopo essersi sistemata le lenti a contatto.
Mmm, non ricordavo di avere le guance così paffute. Devo ricordarmi di mangiare ogni quattro giorni, invece di due, pensò con stizza.
“Non intendevo questo”, la richiamò alla realtà l’altra. “Penso che le nostre spade siano fin troppo visibili”.
“Rilassati e pensa a fare il tuo lavoro”, ribatté Teresa saltando a terra. “In fondo, vorrei farti notare un piccolo dettaglio, cara sorella. Per gli umani, oggi è Halloween. E non credo che due streghe vere diano tanto nell’occhio, in mezzo a tanti mocciosi mascherati”.
Le due Claymore estrassero le loro spade dal bagagliaio, nascondendole sotto i mantelli; poi si avviarono fianco a fianco verso i ragazzi in fila davanti al locale.
 
Non appena le videro arrivare, molti di loro restarono a fissarle con aria inebetita.
“Che hai da guardare, ragazzino? Lo sa tua madre che sei uscito?”, lo redarguì Teresa con un’occhiata omicida.
“Stai buona, sorella. Cerca di concentrarti sul nostro obiettivo”, la redarguì Claire a bassa voce, assestandole una gomitata nelle costole.
“Fosse facile! La prossima missione, giuro che mi tingo i capelli”, rispose l’altra, prendendo a dondolarsi sui talloni per l’impazienza. “Ma cosa stanno aspettando, tutti quanti? Questa fila non scorre, miseria nera!”.
“Credo che ci sia l’addetto alla sicurezza”, osservò Claire, indicando un omone colossale che stava timbrando gli avambracci dei clienti man mano che entravano, non prima di averli letteralmente radiografati con lo sguardo.
“Ci penso io, al gorilla”, rispose Teresa con disinvoltura.
Non appena arrivarono di fronte a lui, la Claymore sfoggiò il suo sorriso più disinvolto.
“Ciao”, lo salutò, denudandosi il braccio con aria di sfida.
In tutta risposta, l’uomo le rivolse un’occhiata glaciale, contraendo la mascella quadrata.
“Siete minorenni?”, domandò con un forte accento romano.
Come osi?!?, pensò Teresa furiosa.
Mai si sarebbe aspettata una simile risposta.
“Vuoi vedere la carta d’identità?”, sputò nel tono più amichevole che riuscì a trovare, premurandosi di censurare il resto.
Con immenso sollievo da parte di Claire, l’uomo si limitò a timbrare gli avambracci di entrambe, borbottando qualcosa tra i denti.
Non appena si trovarono a distanza di sicurezza, Teresa ringhiò:
“Come si permette di darmi della ragazzina? Scommetto che, se mi vedesse con lo yoki all’ottanta per cento, farebbe molto meno lo spiritoso!”.
“Sta’ calma e ascolta”, intervenne Claire, le narici frementi.
 
Erano appena entrate in un corridoio buio, in cui il rombo cupo di una musica bassa e minacciosa risuonava contro le pareti.
“E questa sarebbe una serata horror? Tsk, insulsi umani”, commentò Teresa mentre superavano una coppia di ragazzi muniti di denti da vampiro.
“Di certo lo sarà, visto che tra gli invitati ci sarà sicuramente qualche yoma”, commentò Claire.
“Oltre a noi, non dimenticarlo”, soggiunse l’altra ridacchiando.
In quel momento, le due ragazze entrarono finalmente all’interno della sala.
La folla si agitava a tempo di musica ai piedi di un piccolo palco, su cui si distingueva chiaramente un’alta sagoma umana con indosso un enorme paio di cuffie nere ergersi dietro un mixer.
Alla sua vista, Claire restò per un attimo interdetta.
Zaki somigliava moltissimo a suo fratello Raki, se non fosse stato per il fatto che aveva i capelli più scuri e il fisico più asciutto e atletico, con un vistoso tatuaggio a forma di drago che gli ricopriva la spalla destra.
“Non male, il ragazzo. Mi sa che hai fatto un buon affare, sorella”, disse Teresa in tono malizioso.
“Un’altra parola e ti appiccico al muro”, sibilò Claire. “Coraggio, avviciniamoci”.
“Aspetta…Lo senti anche tu questo odore?”.
Le narici dell’altra fremettero.
“Sì”, rispose. “Maledizione, viene da più punti. Il che significa che ci sono almeno due yoma qui dentro. Dobbiamo muoverci”.
“Io propongo di dividerci. Non gli sarà facile fuggire, in mezzo a tutta questa gente”.
“Pensi di farcela, sorella?”.
In tutta risposta, Claire le rivolse uno dei suoi rari sorrisi.
“Nessuno yoma uscirà vivo da questo posto”, rispose un attimo prima di confondersi tra la folla mascherata.




Buonasera a tutti! :)
Come state? Passata una bella settimana?
La mia è stata a dir poco epica, tra il Romics e tutte le cose fantastiche che sono seguite.
Il merito lo devo soprattutto a mio marito Xephil e mia sorella Angelika, che in questi giorni non mi hanno mollata un solo istante * e che sicuramente saranno piegati in due dalle risate dopo aver letto questo capitolo, per motivi che è meglio non citare in pubblico *

Che ne pensate di questo capitolo?
A dire il vero, doveva essere molto più lungo, ma alla fine ho deciso di dividerlo in due.
Le danze, ovviamente, sono attese tutte il prossimo venerdì.
Ma ora passiamo ai ringraziamenti...
Per le recensioni: LKBmary, _joy, bienchen, AlanKall, Xephil, Angelika_Morgenstern, KING KURAMA e SognatriceAocchiAperti.
Vediamo un po' chi arriva alla numero 100 questa settimana... ;)
Nel mentre, colgo l'occasione per annunciarvi con immensa gioia che "Occhi d'argento" è ufficialmente la prima classificata tra le storie più recensite del fandom!
Che dire? GRAZIE, grazie di cuore a ciascuno di voi!
Credo che non esista storia che mi stia più a cuore di questa, specie dopo tutte le cose belle che sono accadute grazie ad essa! :)

Il nuovo capitolo tornerà regolarmente il prossimo venerdì.
Per qualsiasi cosa, ecco il link della mia pagina Facebook: https://www.facebook.com/LeStorieDiFedra

Vi abbraccio tutti, ovunque voi siate! ;)

Vostra,
Fedra
 
 
 
 
 


 

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Capitolo 15
*** Inferno ***


Quindici.
Inferno

 

*

 

 

 

 

In quel preciso istante, la voce amplificata di Zaki sovrastò la folla.
“Bene, ragazzi, direi che possiamo iniziare a ballare! Benvenuti all’inferno!”.
Ah, se lo dici tu, pensò Teresa mentre una risata cavernosa prorompeva dagli altoparlanti un attimo prima che nella sala rimbombassero le note di Enter Sandman  dei Metallica.
Ehi, questa mi piace! Però, ha dei bei gusti, il cognato di mia sorella…, disse la Claymore fra sé e sé, avvertendo un piacevole brivido di eccitazione lungo la schiena.
Se c’era una cosa che adorava al pari della cucina, quella era la musica.
Nella sua remota vita umana, più di qualcuno le aveva detto che aveva il ritmo nel sangue e, non appena avvertiva le prime note di una qualunque canzone, le era impossibile trattenersi dal ballare.
Era una frenesia a cui non riusciva a far fronte, quasi un riflesso involontario causato dal suo stesso cervello.
A detta di Claire, se non stava attenta rischiava di Risvegliarsi nel pieno delle danze.
Cosa non auspicabile, specie sul lavoro.
 
Teresa se lo stava ripetendo proprio in quel momento, inutilmente, mentre il ritmo delle chitarre cresceva di intensità, provocandole scariche di elettricità in tutte le giunture.
Oh, dannazione!
Senza rendersene conto, il suo piede destro aveva iniziato a fare su e giù a ritmo di musica.
Neanche un istante dopo, le spalle lo imitarono a ruota.
Il fatto che la folla di adolescenti avesse preso ad agitarsi attorno a lei non rendeva di certo le cose più semplici.
Ma come cazzo ballano, questi morti di sonno? Cos’è tutto questo saltellare sul posto? Ma dico, di che cosa avete paura? Chi vi ha insegnato questa roba? Oh, se solo potessi fare come all’Heineken Jammin Festival di qualche anno fa…
In quel preciso istante, la Claymore stava letteralmente schiumando dalla voglia di unirsi alle danze, in barba allo yoma nascosto tra la folla.
Quando poi due adolescenti le passarono a meno di un metro, lei che ancheggiava fuori tempo e lui che ondeggiava su e giù come un cobra ammaestrato, a quel punto Teresa del Sorriso rischiò di sperimentare per la prima volta qualcosa di simile al Risveglio.
“No, no, ma che fate? Come osate profanare i Metallica in questo modo? ORA VI FACCIO VEDERE IO COME SI BALLA!”.
 
Prima ancora che l’ultima parte rimasta lucida del suo cervello le gridasse “Aaaaaaaalt!”, la guerriera si era già lanciata in mezzo alla folla, prendendo a saltare e ad agitarsi a tempo di musica con tutta la foga che aveva in corpo, i capelli biondi che le mulinavano sulla testa mentre la muoveva su e giù, frustando tutti i malcapitati che ebbero la sfortuna di trovarsi vicino a lei.
“Seeeeee, che sballo!”, gridò alzando in aria le corna.
Ma che cazzo sta facendo mia sorella?, pensò Claire in preda al panico, nel momento in cui individuò la compagna irrompere nel bel mezzo della pista, sotto gli occhi di tutti.
Possibile che Teresa perdesse sempre il controllo in quel modo?
Lo sapevo, mi toccherà fare tutto da sola, soggiunse con rabbia, rimettendosi subito a caccia.
La traccia dello yoma si faceva sempre più forte man mano che avanzava tra la folla.
Probabilmente, aveva sì e no un paio di persone a separarla da lui.
Ormai, lo aveva in pugno.
La Claymore si preparò a prenderlo alle spalle, quando il passo le fu sbarrato da un uomo sui trent’anni che reggeva tra le mani un bicchiere colmo fino all’orlo di un liquido scarlatto.
 
“Ciao, bellezza. Ti va di ballare?”, disse avvicinandosi a lei.
Claire non rispose, facendo per superarlo, ma non appena gli passò accanto il tizio l’afferrò per un braccio, portando il volto a pochi centimetri dal suo.
Una tremenda zaffata di alcol la colpì alle narici, strappandole una smorfia di disgusto.
“Ehi, non fare così! Sei così carina…”.
“Lasciami andare!”, gridò Claire, mentre un improvviso senso di gelo le attanagliava lo stomaco.
Se fosse stato uno yoma, non avrebbe esitato a estrarre la spada e ucciderlo a sangue freddo, ma quello era un essere umano e, qualunque fossero le sue intenzioni, non poteva fare nulla se non assecondarlo.
“Perché dici questo? Non è gentile, da parte tua”, l’uomo le sfiorò lo zigomo con la punta delle dita.
Al suo contatto, la pelle prese a scottare come se fosse stata toccata da un ferro rovente.
Improvvisamente, la mente di Claire sprofondò nei suoi più oscuri ricordi da umana, rivivendo ogni singolo istante della sua prigionia.
Di nuovo riprovò quella sensazione di orrore verso se stessa, come se improvvisamente la sua pelle fosse diventata qualcosa di sporco, di infetto, qualcosa di cui vergognarsi.
Se solo avesse potuto, se la sarebbe strappata via come un vecchio cappotto logoro.
 
Nel frattempo, dall’altra parte della sala, i presenti avevano superato l’iniziale smarrimento suscitato dall’improvvisa irruzione di Teresa e si erano lasciati contagiare da quella ballerina decisamente sopra le righe.
Un paio di ragazzetti brufolosi travestiti da vampiro provarono ad avvicinarsi a lei, tentando di imitarne i movimenti.
Lei scoppiò in una fragorosa risata, prendendo ad ancheggiare con più decisione.
Il più avventato di loro le tese una mano per invitarla a danzare con lui.
Lei accettò, salvo il fatto che se ne liberò alla prima giravolta, scagliandolo letteralmente addosso al suo compagno.
Tsk, puoi fare di meglio, moccioso, pensò Teresa scostandosi la massa di capelli biondi dal volto, quando improvvisamente i suoi occhi ebbero un dardo dorato.
Qualcuno si era appena appoggiato alla sua coscia, avvicinandosi sempre di più.
La guerriera si voltò di scatto, trovandosi faccia a faccia con un ragazzo sui vent’anni con in testa un cappello a tese larghe e le sopracciglia palesemente sfoltite ad ala di gabbiano.
“Come osi?!?”, ringhiò, afferrandolo per il bavero e sollevandolo ad almeno una trentina di centimetri dal suolo.
Il ragazzo tossì vistosamente, la faccia improvvisamente viola.
Teresa stava giusto pensando a come dargli una lezione memorabile, quando il suo yoki si mise improvvisamente in allerta, percependo la presenza di quello di Claire, a meno di un passo dal loro obiettivo.
Riuscì a individuarla non appena levò lo sguardo, paralizzata dalla paura mentre un insulso umano la teneva bloccata per un braccio.
 
Con un gesto di stizza, la guerriera scagliò a terra il ragazzo, che fuggì carponi tra le occhiate sgomente dei presenti.
Teresa scrollò la chioma con stizza, dirigendosi a grandi passi verso la compagna.
“Va bene, ragazzi, ora inizia la vera festa!”, tuonò inferocita.
Gli occhi di Claire si ingrandirono come due palline da tennis nel momento in cui vide l’altra sbucare dietro le spalle del suo molestatore con un’espressione omicida dipinta in volto.
“Ehi, tu! Come osi dare fastidio a mia sorella?”, ruggì battendogli con malgarbo sulla spalla.
Nel momento in cui questi si girò, Teresa lo centrò in pieno volto con un potente manrovescio, spedendolo lungo disteso contro gli sgabelli del bar a un paio di metri di distanza.
“Stai bene, piccola?”, chiese poi, rivolta a Claire.
L’altra annuì, anche se appariva più pallida che mai.
“G-grazie”, balbettò.
“Ehi, cerca di riprenderti: il nostro obiettivo si sta allontanando”, la ricosse Teresa, alludendo alle toilette.
“Hai ragione, scusami!”, l’altra si passò nervosamente una mano tra i corti capelli biondi. “Sono proprio una stupida! Ammazzo gli yoma come se niente fosse e poi mi faccio prendere dal panico per uno stupido essere umano!”.
In tutta risposta, Teresa la strinse in un forte abbraccio, facendole forza con tutto l’affetto che un mezzo-demone dagli occhi d’argento potesse mostrare.
“Ricorda quello che ti dico sempre: gli esseri umani sanno essere dieci volte peggio di uno yoma. E ciò che ti è stato fatto da umana purtroppo è qualcosa che non si cancella. È normale che ti comporti così. Non fartene una colpa”.
 
Claire si morse la lingua con rabbia, ma non disse nulla.
Dopo un breve istante, si distaccò dalla compagna, prendendo a marciare in direzione dei bagni.
Improvvisamente, aveva un’insaziabile sete di sangue di yoma che le bruciava sulle labbra.
Si ritrovò in uno stanzino sporco e maleodorante, puntando contro una porta socchiusa.
Dal suo interno proveniva il respiro affannoso di una ragazza, accompagnato dal fetore insopportabile dello yoma.
Con un ringhio, Claire abbatté la porta con un calcio, trovandosi alle spalle del demone, la cui mole squamosa occupava la stanza quasi completamente.
Rannicchiata ai suoi piedi, nascondendosi alla meglio dietro la tazza, stava una ragazzina sui quindici anni, il volto segnato di nero laddove le lacrime di terrore avevano fatto colare il mascara.
“La festa è finita”, disse la Claymore con decisione, mentre la sua lama calava sulla testa dello yoma.
Il sangue viola schizzò ovunque, macchiando le mattonelle viola alle pareti, mentre il corpo senza vita si schiantava contro il pavimento, mancando di poco la sua vittima.
“Tutto bene?”, chiese Claire, tendendo un braccio verso la ragazza e aiutandola a uscire da lì.
“Io…io…”, balbettò quest’ultima, senza smettere di tremare.
La guerriera le cinse le spalle esili con un braccio, scortandola verso l’uscita.
“Cerca gli altri”, ordinò rivolta a Teresa, che le copriva le spalle all’entrata dei bagni.
Non appena riuscì a individuare il colossale addetto alla sicurezza, Claire gli parcheggiò di fronte la vittima.
“Bisogna chiamare un’ambulanza. Questa ragazza è stata aggredita nei bagni”, disse in tono lapidario.
“Ehi, un momento! Dove credi di andare?”, esclamò l’uomo sbigottito, mentre la Claymore tornava dentro a grandi passi.
“Ho un lavoro da svolgere”, rispose in tono gelido, un attimo prima di venire inghiottita dall’oscurità interrotta dal lampeggiare delle luci al neon.
 
Questo posto è di uno schifo incredibile, pensò Teresa con stizza mentre camminava su e giù per il bordo della pista, le narici frementi nella speranza di riuscire a captare l’odore della sua preda.
D’accordo, si era lasciata trasportare e per poco non succedeva un casino allucinante a causa sua.
Non doveva distrarsi così facilmente.
Anche se…
“Ti odio, figlio di puttana!”, gridò rivolta a Zaki, che in quel momento aveva inserito Du Hast dei Rammstein.
Nello stesso istante, un forte odore di yoma colpì in pieno le narici della Claymore.
E va bene, pensò mentre un sorriso soddisfatto si stirava sulle sue labbra sottili. In fondo, come colonna sonora per un delitto perfetto, non chiedo di meglio.
I suoi occhi si posarono sul suo obiettivo, un giovane abbronzato che ballava insieme a un gruppo di ragazze ignare dello sguardo famelico che posava su di loro ogni volta che si avvicinavano troppo.
“Caro mio, così mi inviti a nozze!”, esclamò Teresa avvicinandosi ancheggiando al gruppo.
Subito, una serie di occhiate velenose lampeggiarono nella sua direzione mentre la Claymore superava le ragazze e si metteva a ballare fianco a fianco con il suo obiettivo, perfettamente ignaro di essersi trasformato da predatore in preda.
Si vede che è ancora giovane. Non solo non si è accorto di niente, ma pensa addirittura di poterci provare con me!, pensò divertita mentre inventava sul momento il modo di far volgere la situazione a suo vantaggio.
Con un gesto disinvolto, Teresa afferrò lo yoma per la cravatta e lo allontanò dalle ragazze senza smettere di ancheggiare con fare provocatorio, fino a quando non avvertì la parete toccarle le scapole.
“Però, vedo che sei una ragazza disinvolta”, commentò il demone avvicinandosi al suo volto, i denti bianchissimi che brillavano alla luce dei neon.
“Oh, non immagini neanche quanto”, rispose Teresa con un sorriso innocente.
Un attimo dopo, lo yoma sgranò gli occhi per il dolore e la sorpresa, fissando con orrore la lama della spada che gli spuntava dallo stomaco.
“Una serata fantastica, davvero. Quasi mi dispiace che sia finita così presto”, cinguettò la Claymore un attimo prima di estrarre l’arma con un gesto deciso.
Il demone emise un ultimo rantolo, prima di accasciarsi a terra privo di vita.
 
“Fuori due”, pensò Teresa soddisfatta mentre scavalcava il cadavere e andava alla ricerca di Claire.
Quest’ultima la raggiunse un attimo dopo, un’espressione torva che le alterava i lineamenti affilati del volto.
“Ce ne andiamo o hai voglia di ballare un po’?”, domandò Teresa venendole incontro.
“Temo che non abbiamo ancora finito, per stasera. Sento ancora puzza di yoma”, rispose l’altra con le narici frementi.
“Hai ragione”, rispose la compagna. “Ehi, un momento! Ma la traccia non viene dal…?”.
Entrambe levarono gli occhi verso il palco su cui si ergeva Zaki, protetto dal suo colossale mixer, circondato da una selva di corna, forconi e cappelli da strega che si agitavano ai suoi piedi simili a un’orda infernale.
 
“Merda!”, esclamarono all’unisono.




Buonasera, belli! :)
Come avete passato la vostra settimana? Io sono a dir poco distrutta, tra l'università e gli allenamenti * domenica ho una gara e sono un tantino preoccupata *

Spero che questo capitolo vi abbia un po' movimentato il venerdì sera, anche se il tema è decisamente fuori stagione...
Che ne pensate? Che cosa avranno visto di così terribile le nostre Claymore, nel momento in cui hanno alzato lo sguardo su Zaki?
Questa volta, preferisco lasciare tutto alla vostra immaginazione ;)

Le ragazze si scusano anticipatamente con i lettori più ortodossi per essersi lasciate un tantino trasportare, in particolar modo una ;)
Come autrice, mi appello alla vostra umanissima comprensione nei confronti di due povere mezze-demoni a tempo indeterminato (almeno fino a quando non si Risvegliano) XD

Okay, si vede che stasera sono particolarmente stanca?
Passiamo ai ringraziamenti, che è meglio ;)
Questa settimana abbiamo avuto dei veri e propri record: ben 9 recensioni in pochissimi giorni...woooow!!! Ragazzi, mi avete commossa, sappiatelo! :)
Per questo ringrazio ancora più calorosamente del solito mio marito Xephil, mia sorella Angelika_Morgenstern, la mitica SognatriceAocchiAperti, la mia inseparabile joy e i fantastici AlanKall, KING KURAMA e Uzumaki_Devil_Dario. Un grazie speciale anche alla new entry di questa autentica banda di matti, LKBmary * spero davvero che continuerai a restare tra noi! *
Ma c'è un altro importante traguardo per cui vale la pena di festeggiare: a meno di 24 ore dalla pubblicazione dello scorso capitolo, "Occhi d'argento" ha raggiunto la bellezza di 100 recensioni, grazie a SognatriceAocchiAperti, la mia prima lettrice in assoluto, nonché una delle persone che ci ha creduto più di tutti sin dagli albori, quando ancora non sapevo se andare avanti con questa fanfiction oppure no. Sapendo tutte le cose belle che mi ha portato e le persone fantastiche che ho conosciuto grazie ad essa * immagino già qualcuno che sta saltellando di felicità mentre legge queste righe * non posso che reputarmi la scrittrice più felice della storia di efp! :D
Grazie a tutti voi, gente meravigliosa! Vi abbraccio uno per uno, ovunque voi siate! :)

Il nuovo capitolo * con annesse scazzottate sulle note dei Rammstein * tornerà puntualmente venerdì prossimo, anche se non prima di sera, perché devo seguire dei corsi intensivi a Roma. Ergo, armatevi di pazienza!
Se proprio non ce la fate ad aspettare, potete sempre passare a leggere "The Phoenix" * altra storia piena di gente simpatica che si diverte a torturare e uccidere altra gente, solo che qui ho inserito un'altra piccola nota di sadismo e orrore...perché il tema è ROMANTICOOOOOOO!!!! *
Se volete saperne di più * a vostro rischio e pericolo * passate pure sulla mia pagina Facebook: https://www.facebook.com/LeStorieDiFedra

Un abbraccio e a presto! :)
Vostra, 
Fedra

 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 16
*** Nausea ***



 
Sedici.
Nausea
 
 
*

 

 

 

 

Raki spostò l’ennesima volta il peso sulla sedia di plastica blu, cercando di trovare la posizione meno scomoda possibile.
A ogni respiro, l’odore di disinfettante gli colpiva le narici così forte da fargli arricciare il naso per il disgusto.
Non aveva mai avuto un buon rapporto con gli ospedali, questo doveva ammetterlo.
Quegli ambienti asettici e claustrofobici, fatti di lunghi corridoi ricoperti di linoleum calpestati continuamente dalle suole di gomma di perfetti sconosciuti in camice bianco dotati del potere di tagliare e ricucire le persone a loro piacimento potevano essere la location perfetta per un film dell’orrore.
Senza contare che, proprio in quel posto, si nascondeva uno dei peggiori ricordi che Raki avesse mai avuto.
 
“Nonno! Nonno, rispondimi! Ti prego!”.
Il signor Yagi si era accasciato a terra improvvisamente, mentre osservava dalla panchina il suo nipote più piccolo che rincorreva un pallone sul vialetto di cemento del giardino pubblico.
Sulle prime, Raki aveva pensato che il nonno fosse semplicemente stanco e avesse deciso di stendersi un attimo.
Ma nonno Yagi non faceva queste cose.
In un attimo, era corso al suo fianco.
Lo aveva chiamato, scosso, ma niente, era come se il ragazzino nemmeno esistesse.
L’uomo si limitava a fissarlo con gli occhi sbarrati, un sottile rivolo di saliva che gli scendeva lungo il mento.
Era come se stesse cercando disperatamente di urlargli qualcosa, ma la sua bocca non riusciva più ad articolare alcun suono.
 
Degli istanti successivi, Raki non serbava che delle immagini confuse.
Si ricordava delle mani e dei piedi di molti sconosciuti, di qualcuno che lo prendeva dolcemente per le spalle e lo allontanava da suo nonno, ma lui non voleva e lottava con le unghie e con i denti per restare al suo fianco, sapendo che quegli ultimi attimi erano la cosa più preziosa rimasta loro.
Era arrivata un’ambulanza, seguita dai suoi genitori e da Zaki, più pallido e spaurito che mai.
Erano tutti corsi all’ospedale, dando inizio al giorno più lungo e infernale di tutta la sua vita.
Raki ricordava come un incubo il lungo corridoio privo di finestre, il continuo viavai di infermiere e carrozzine, lo sguardo spento e rassegnato di uomini e donne in bilico tra la vita e la morte, le braccia martoriate dall’intrico di tubicini collegati alle loro vene.
E poi quell’odore, l’odore dolciastro e nauseante di disinfettante e di medicinali che sembrava essergli penetrato nelle ossa.
Probabilmente, per quanto si fosse lavato una volta a casa, non gli sarebbe mai andato via a avrebbe continuato a torturalo per l’eternità.
Il tempo sembrava essersi cristallizzato in un unico istante e Raki non aveva più idea se fosse giorno oppure notte.
Tutto sembrava immobile e sospeso, condannato a una continua agonia.
 
A un certo punto, suo padre si era offerto di accompagnare lui e Zaki a mangiare qualcosa nella caffetteria che si trovava al piano di sotto.
Solo allora Raki aveva capito che doveva essere l’ora di pranzo, anche se non aveva fame.
Il caldo insopportabile era smorzato dall’aria condizionata sparata al massimo, che esasperava quell’odore nauseante fino a far venire voglia di vomitare.
Persino il gelato alla fragola sembrava puzzare di disinfettante.
Da quel giorno in poi, Raki non avrebbe mai più mangiato fragole.
 
Avevano atteso per un tempo interminabile, poi una suora era uscita in corridoio con un’aria serena ma allo stesso tempo triste dipinta sul volto velato, chiedendo di parlare da sola con i suoi genitori.
Pochi istanti dopo, era uscito anche un uomo con un camice bianco.
Solo allora Raki aveva capito che non avrebbe rivisto mai più nonno Yagi.
 
Un improvviso rumore di tacchi sul pavimento di linoleum riscosse Raki dai suoi tristi pensieri.
Un’alta donna dai capelli castani e stava venendo nella sua direzione, gli occhi color del miele carichi di preoccupazione.
Non appena lo vide, gli gettò le braccia al collo, stampandogli un bacio sui capelli arruffati nonostante gli sguardi di una decina di sconosciuti puntati su di loro.
“Tesoro, stai bene?”, esclamò, una volta staccatasi da lui.
“Sì”, mentì Raki, nonostante si sentisse la schiena rotta.
Del resto, poteva forse dirle che un’altra delle sue amiche era stata uccisa da una demone?
E che lo stesso demone aveva poi tentato di sbranarlo?
“Cos’è successo?”, domandò la donna in tono apprensivo.
In effetti, nel momento in cui l’aveva chiamata per avvisarla di essere al pronto soccorso in attesa delle lastre, il ragazzo non aveva saputo dirle granché e aveva trascorso l’ultima mezz’ora a inventarsi una scusa credibile.
“Sono stato investito da una macchina mentre tornavo dall’università”, mentì. “Stavo attraversando la strada di fronte all’aeronautica e un tizio è passato lo stesso, nonostante il semaforo fosse ancora verde”.
“Oh, cielo! Lo sai che devi sempre guardare, quando attraversi!”.
“Lo so, mamma…”.
“E i medici che dicono?”.
“Niente di rotto. Le lastre sono arrivate poco fa. Solo che ho preso una brutta contusione e la schiena mi fa ancora troppo male per guidare”.
La signora Yagi gli lanciò un’occhiata a metà strada tra la tenerezza e la voglia di strangolarlo per avere sempre la testa fra le nuvole.
“Come hai fatto ad arrivare qui?”, domandò subito dopo.
“Mi ha accompagnato una ragazza che viene all’università con me. Per fortuna, passava di lì”, rispose lui d’istinto.
“Davvero?”, gli occhi di sua madre parvero improvvisamente illuminarsi. “E chi è?”.
“Si chiama Claire, ma non la conosci. Ha iniziato a frequentare qualche giorno fa”.
“Ha un nome bellissimo. È forse francese?”.
“Sì, da parte di madre”.
“Un’altra mezza straniera in patria come te, eh? Devi assolutamente ringraziarla per la sua gentilezza. Perché non la inviti a casa nostra, qualche volta?”.
“Ma mamma, non ci conosciamo ancora bene…”.
“Ah, quante cose devi ancora imparare!”, la donna scosse il capo divertita.
 
“Zaki non è ancora tornato?”, domandò prontamente Raki, deciso a cambiare argomento.
“No, lo sai che stasera lavora fino alle due. Anzi, credevo che volessi andare anche tu alla festa con le tue amiche. Giulia ha telefonato un’ora fa per chiedere che fine avessi fatto”.
Cavolo, Giulia!, pensò Raki con orrore, acciuffando il telefono.
Subito sul display comparve la bellezza di una decina di chiamate senza risposta.
Perché diamine si scordava sempre di mettere perlomeno la vibrazione?
“Era molto arrabbiata, quando ha telefonato?”, balbettò.
“Abbastanza”, rispose sua madre. “Sai che non è bello far aspettare una ragazza, soprattutto se devi accompagnarla da qualche parte”.
Raki si morse la lingua, abbassando la testa come un cucciolo bastonato.
La donna gli scompigliò i capelli con aria preoccupata.
“Sei sicuro di non aver battuto anche la testa?”.
“Sì, sono sicurissimo. Ora voglio solo andare a casa”, borbottò il ragazzo, levandosi in piedi barcollando.
Sua madre lo aiutò, conducendolo finalmente fuori da quel posto infernale.
 
Una volta al sicuro sul sedile anteriore della macchina, Raki afferrò il cellulare e compose il numero di Zaki.
Come si aspettava, si udirono quattro squilli, poi una fredda voce femminile annunciò che il cliente chiamato non era al momento raggiungibile e che avrebbe potuto lasciare un messaggio vocale.
Il ragazzo riattaccò, attese qualche altro minuto e chiamò nuovamente.
Altri quattro squilli e di nuovo la voce femminile ricominciò la sua nenia.
Raki non la lasciò nemmeno finire e ripeté l’operazione ancora e ancora, ottenendo sempre lo stesso risultato.
Sul cruscotto, l’orologio segnava le ventidue e trenta.
“Si può sapere chi stai chiamando con così tanta foga?”, chiese sua madre a un certo punto, mentre sfrecciavano per la Tangenziale.
Non appena scavalcarono la stazione, Raki si sentì stringere lo stomaco in una morsa gelida.
Solo poche sere prima era passato per quella stessa identica strada, con l’unica differenza che, al posto di sua madre, il volante era tenuto da una ragazza dai gelidi occhi d’argento.
Claire.
Chissà se davvero stava vegliando su suo fratello, in quel momento.
 
“Devo vedere Zaki. È urgente”, disse improvvisamente.
“Potrai dirgli tutto domattina, tesoro. Per oggi, ne hai fatte abbastanza”, tagliò corto sua madre, inserendo la quinta.
“Appunto perché oggi ho combinato anche troppi pasticci devo andare da lui. In fondo, è solo un po’ di mal di schiena. Farò il mio dovere e poi mi metterò seduto”, ribatté Raki.
“Non me la racconti giusta. Fino a un attimo fa stavi morendo e adesso improvvisamente vuoi andartene in discoteca. Più il tempo passa, più mi convinco che quegli incompetenti abbiano tralasciato di diagnosticarti un bel trauma cranico!”.
“Mamma, per favore! Sono serio. Devo andare da Zaki…io…”.
Come diavolo poteva dirle che in quel preciso istante suo fratello rischiava di essere divorato da uno yoma?
“È per Gaia”, disse a un certo punto, non appena i suoi occhi incontrarono il profilo incandescente della stazione Tiburtina. “Stasera volevamo mettere una canzone per ricordarla, visto che andavamo sempre a ballare lì. Era una cosa che avevamo deciso io e Zaki. Le mie amiche non lo sanno. Era una sorpresa”.
Non aveva neppure finito la frase, che la signora Yagi era partita sgommando in direzione dei Parioli.




Buonasera, gente meravigliosa! :)
Lo so, ci ho provato e riprovato. Ho rivisto l'anime centinaia di volte e riletto il manga, approfondito nei vari forum di discussione e cercato ogni singola fanart a riguardo, ma niente, la mia versione di Raki è e resta qualcosa di devastante e per questo invoco tutta la vostra comprensione!
In compenso, cercherò di lavorare il più possibile su Zaki, che risulta essere decisamente un ragazzo con la testa sulle spalle, molto meno svenevole e dieci volte più deciso e responsabile.
Ribadisco che sono del tutto consapevole che il Raki del manga è tutto meno che questo, così come la vera Teresa non guida una Mini Cooper tirando i peggiori accidenti a tutto il popolo di Roma con i Rammstein a palla!

Una piccola curiosità: il cognome Yagi è lo stesso dell'autore del manga. Un piccolo omaggio di una fan con diverse rotelle fuori posto ;)

Ma adesso bando alle ciance e passiamo dritti ai ringraziamenti :)
Per le recensite non posso che dire un grazie infinite a mia sorella Angelika_Morgenstern e a mio marito Xephil, insieme ai mitici e alle mitiche AlanKall, KING KURAMA, bienchen, joy, LKBmary e SognatriceAocchiAperti.
Un grazie particolare va anche a tutti i lettori silenziosi, che aumentano giorno dopo giorno. Un abbraccio a tutti, ovunque voi siate.


Nel prossimo capitolo, torneremo di nuovo nella discosteca...e vi lascio immaginare che cosa accadrà, dal momento che come new entry nelle danze avremo non solo Raki, ma anche un gruppo di esseri mostruosi e assetati di carne umana. Ma no, non sto parlando di yoma, ma qualcosa di molto peggio: le sue amiche!
Esatto, quella che vedete scappare terrorizzata al solo pensiero di misurarsi con loro era proprio Priscilla, mentre Riful si è letteralmente impalata da sola.
Preparatevi a tutto! XD

In attesa di venerdì, potete sempre dare una letta a "The Phoenix", l'altra mia storia aperta.
Per saperne di più, passate pure sulla mia pagina Facebook: https://www.facebook.com/LeStorieDiFedra

Un abbraccio e a presto!
Buon 1 maggio a tutti, che sia un mese fantastico e pieno di cose belle! :)

Vostra,
Fedra


 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 


 

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Capitolo 17
*** Interferenze sul lavoro ***


Diciassette.
Interferenze sul lavoro
 
 
*

 

 

 

 

“Certo che il tuo amico e suo fratello in due fanno un neurone!”, esclamò Teresa, senza curarsi di usare un tono di voce eccessivamente alto, visto che il volume della musica era a dir poco assordante.
Le occhi di entrambe le Claymore erano puntati su una ragazza di straordinaria bellezza che ancheggiava su un piedistallo a pochi metri dal palco, rivolgendo di tanto in tanto delle occhiate molto esplicite in direzione di Zaki, che ricambiava ammiccando.
“Babbeo! Non lo vedi che è uno yoma?”, ringhiò Teresa, come se il suo avvertimento servisse a qualcosa.
“Furba, la nostra preda. Sono certa che ha avvertito la nostra presenza e si è messa così in vista per impedirci di attaccarla senza dare troppo nell’occhio”, osservò Claire aggrottando le sopracciglia.
“Hai ragione, sorella. Noto con piacere che inizi a ragionare come me”, rispose l’altra facendole l’occhiolino. “Comunque, sono certa che il capo sia lei. Agisce secondo una strategia, è disinvolta e sceglie le sue prede con cura, sicuramente perché ha affinato i gusti nel corso del tempo senza assecondare troppo l’istinto”, la guerriera calcò in modo particolare le ultime parole, lanciando un’occhiata di fuoco in direzione di Zaki.
 
“Insomma, che si fa?”, domandò Claire esasperata.
“Vorrei tanto affettarla immediatamente, ma, per le solite ragioni contrattuali, non possiamo. Una cosa è certa: finché se ne sta buona a fare la mignotta sul cubo, tuo cognato non corre alcun pericolo”.
“EHI!”.
Teresa le rivolse un sorriso angelico carico di significati.
“Se è davvero decisa a spolparlo a dovere, sicuramente cercherà di rimorchiarselo adesso, per poi finire il lavoro in privato. Ergo, propongo di tenerla d’occhio e seguirla fino a quando non si troverà in un luogo isolato, dove sarà facile agire in tutta tranquillità e professionalità. Puoi lasciare questo compito a me, mentre dai la caccia all’ultimo yoma rimasto”, proseguì con calma.
“Cosa? Ce n’è un altro?”, esclamò Claire con un ringhio.
“Non dirmi che non te n’eri accorta. Certo, il suo odore è ancora flebile, essendo ancora giovane, ma questo lo rende doppiamente pericoloso a mio parere”, rispose Teresa, indicando l’ingresso della sala.
 
La compagna si voltò nella direzione incriminata, dilatando al massimo le narici.
Sua sorella aveva ragione: c’era davvero uno yoma nascosto nell’ombra, in attesa di carpire qualche adolescente ignaro di tutto.
Il suo odore acre, che ricordava quello della carne putrida, era solo una lieve scia nell’aria.
Insieme a un altro, completamente diverso, ma che bastò a farle sgranare gli occhi per sorpresa e l’indignazione.
Era un vago profumo di menta, mescolato a una leggera fragranza di dopobarba.
Poteva appartenere a una sola creatura.
Come diavolo ha fatto ad arrivare fin qui?, pensò Claire con orrore.
“Che succede, sorella?”, domandò Teresa, notando il suo repentino cambio di espressione.
“Te lo spiego più tardi”, rispose lei, prevenendo qualsiasi discussione imbarazzante. “Appena chiudo questa questione, vengo a darti manforte”.
“Mi raccomando, stai attenta!”, le gridò dietro lei, un attimo prima che la guerriera sparisse tra la folla.
 
I suoi occhi ora erano puntati verso il suo obiettivo, cercando disperatamente di raggiungerlo il prima possibile.
Le gambe erano tese nello sforzo sovrumano di mostrare un’andatura normale, ben lungi dall’estrema potenza e velocità che potevano raggiungere nel momento in cui facevano sfoggio della loro vera natura.
In quel momento, gli umani le sembravano dannatamente lenti e goffi, in confronto a lei.
E d’intralcio.
Di grande intralcio.
La calca di ragazzini la stringeva da ogni lato, spintonandola e ostacolandole il cammino.
A ogni passo, le sembrava di allontanarsi sempre più dal suo obiettivo.
E ciò la rendeva nervosa.
Terribilmente nervosa.
 
Teresa l’aveva messa sempre in guardia contro quello che lei definiva clinicamente il fattore di stress.
Le ferite del passato di Claire si erano accumulate negli anni all’interno del suo cervello, facendo a pugni con la sua indole estremamente timida e riservata.
Se c’era una cosa che la guerriera odiava era proprio quella di mettere a nudo le proprie emozioni, tradendo il suo lato umano.
Preferiva che sia gli yoma che gli esseri umani la vedessero come un demone, una creatura fredda e crudele capace di uccidere a sangue freddo e arrecare dolore senza preavviso.
Esattamente come avevano fatto loro quando era ancora una ragazzina.
Solo Teresa era in grado di far emergere quel suo lato nascosto, umano, dolcissimo, anche se per brevissimi istanti, posati e controllati.
Il che, a suo dire, era un rischio che aveva imparato a temere dopo averlo testato sulla sua stessa pelle.
In quei momenti, Claire ricordava pericolosamente Priscilla, la ricercata numero uno.
Anche lei celava nel profondo le proprie emozioni, anche lei controllava ogni singola ferita del passato dietro un sorriso innocente ma allo stesso tempo crudele.
E alla fine era esplosa, trasformandosi nel mostro assetato di sangue a cui tutte loro stavano dando la caccia.
Teresa non avrebbe mai permesso che anche Claire facesse la sua fine.
Glielo ripeteva costantemente nei momenti in cui la compagna, quando l’ira e le emozioni diventavano troppo forti per gestirle, iniziava a perdere il controllo.
Subito, lo yoki iniziava a defluire come un fiume in piena, accendendole gli occhi d’oro e alterandole i bei lineamenti del volto.
Non appena si accorgeva del pericolo, Teresa impiegava tutte le sue forze per riportarla indietro, anche a costo di atterrarla a suon di pugni.
Ma, una volta riacquisito l’aspetto normale, il mostro annidato nel cuore e nel cervello di Claire si addormentava semplicemente, in attesa di risvegliarsi ancora più rabbioso e affamato di prima.
 
Sta’ calma, cerca di controllarti. Sta’ calma!, continuava a ripetersi Claire, avvertendo l’ansia ribollirle nello stomaco come una belva feroce.
Il suo cuore ibrido aveva preso a pompare sempre di più, preparandola alla lotta.
Le tempie le pulsavano, mentre un lieve languore iniziava a propagarsi dentro di lei, diventando sempre più insaziabile.
Le dita presero a formicolare irresistibilmente, dandole l’istinto di maciullare a colpi di spada quegli esseri inutili per riuscire ad avere finalmente il campo libero.
Era cominciata.
E lei era sola.
Non poteva permettersi di perdere il controllo in quel momento.
Non davanti a così tanti esseri umani inermi.
 
“Caspita, bella maschera!”, esclamò un ragazzino a pochi passi da lei, indicandole il volto.
Quel commento fu come un pugno in pieno stomaco, facendole montare i sudori freddi.
Claire si portò istintivamente le mani al volto.
Al tatto, le guance apparivano ricoperte da una fitta rete di venuzze che sporgevano sull’epidermide.
Merda! Torna indietro! TORNA INDIETRO!, pensò la Claymore disperatamente, con l’unico risultato di farsi prendere ancora di più dal panico e liberare altro yoki.
Subito, i muscoli delle braccia presero a tendersi e a pulsare, mentre altre venuzze le spuntavano su tutto il corpo.
Terrorizzata, la ragazza assestò una violenta gomitata nelle costole di una ragazza che si agitava accanto a lei, scaraventandola a terra, e prendendo a scavalcare e spintonare con violenza chiunque osasse intralciare il suo cammino, fino a quando non raggiunse un punto isolato, incollando la schiena a una parete e chiudendo gli occhi, le mani premute contro il volto.
Le parole di Teresa le rimbombavano nella testa, con il tono allo stesso tempo dolce e deciso che usava solo con lei in quei terribili momenti.
Cerca di controllarti, sorella. Se perdi il controllo, perderai anche del tempo prezioso. E non aiuterai nessuno.
 
Questa gente è in pericolo. Raki è in pericolo. Devo tornare indietro. Devo tornare indietro…
Claire prese una serie di profondi respiri, cercando di dimenticare la folla di umani, la confusione della festa, lo yoma in agguato a pochi metri da lei.
Lentamente, a vista d’occhio, i muscoli tornarono a forma e dimensioni normali e le venuzze le rientrarono nella pelle.
A quel punto, la ragazza riaprì gli occhi.
Davanti a lei, un grande specchio sospeso alla parete le restituì il suo riflesso di sempre, quello di una ragazzina diventata donna troppo presto.
Claire trasse un sospiro di sollievo.
Anche per quella volta, il pericolo era passato.
Si chiedeva solo per quanto sarebbe riuscita a cavarsela con così poco.
 
In quel preciso istante, l’odore dello yoma la colpì nuovamente alle narici, questa volta più forte che mai.
Era vicino, dannatamente vicino.
Non poteva permettersi da abbassare ancora la guardia come una novellina.
Con un ringhio sordo, Claire seguì la traccia a grandi passi, fino a quando non andò letteralmente a sbattere contro Raki.
“Che cosa ci fai qui?”, sbottò lei a mo’ di saluto.
“Non potevo lasciare mio fratello da solo”, rispose lui.
Nonostante la semioscurità, si vedeva fin troppo bene che era diventato rosso come un peperone.
“Quante volte devi rischiare la vita prima di capire che in queste situazioni mi sei solo d’intralcio?”, ribatté Claire, visibilmente arrabbiata. “In questo modo, oltre a cercare di eliminare lo yoma nel minor tempo possibile senza dare nell’occhio, mi tocca anche badare a te, per evitare che finisca ucciso durante lo scontro! Vuoi che l’Organizzazione mi faccia tagliare la testa per colpa della tua stupidità? È questo che vuoi, pezzo di niente?”.
A quelle parole, Raki sembrò letteralmente sprofondare nelle sue scarpe da tennis, sembrando ancora più basso rispetto a Claire, che lo sovrastava per dieci centimetri buoni.
“Io...”.
 
“Alla buonora!”.
In quel preciso istante, tre ragazze si strinsero attorno a Raki.
Quella che sembrava la leader del gruppo, una mora dalle forme generose stretta in un tubino rosso che le metteva ancora più in risalto, si avvicinò al ragazzo, afferrandolo per il bavero.
“Allora, ti sembra questo il modo di trattare una ragazza? È tutto il pomeriggio che ti cerco. Se non ti andava di venire, bastava mandare un messaggio”, disse, portando il naso pericolosamente vicino a quello di Raki.
“Perdonami, Giulia, avevo finito il credito…”, balbettò lui.
“Certo, certo. Ne hai sempre una”, il volto della ragazza si sciolse all’istante in un sorriso. “Ma sei così dolce che finisco per perdonarti sempre”, aggiunse in tono malizioso, stampandogli un bacio sulla punta del naso.
Claire vide distintamente il pomo di Adamo del ragazzo fare su e giù.
“A dire il vero, non ti ho risposto perché mi trovavo all’ospedale”, continuò Raki una volta che Giulia ebbe smesso di alitargli in faccia.
“Davvero?”, esclamarono tutte e tre le sue amiche, stringendoglisi attorno all’istante.
A Claire ricordarono pericolosamente uno stormo di avvoltoi su una carogna.
“Cos’è successo?”, domandò quella di destra, prendendo ad accarezzargli i capelli.
“Ti sei fatto tanto male, Raki?”, cinguettò l’altra a sinistra, buttandogli le braccia al collo nella grottesca imitazione di un koala appeso a un ramo.
 
“Ehm, scusate…”, tossì in quel preciso istante Claire, dal momento che lo yoma si trovava a meno di tre metri da loro, benché imbottigliato nella folla anch’esso.
Subito, tre paia di occhiate velenose trapassarono la Claymore da parte a parte.
“Chi è lei?”, domandò Giulia senza troppi giri di parole.
Il ragazzo rivolse loro un sorriso carico di imbarazzo.
“Giulia, Silvia, Federica…Vi presento Claire, la ragazza che mi ha soccorso oggi pomeriggio, quando sono stato investito da una macchina mentre tornavo dall’università”, rispose in tono conciliante.
Di tutte le parole con cui poteva giustificarsi di fronte a quelle serpi, Raki aveva scelto decisamente le peggiori per far salire ancora di più l’ostilità nei confronti di Claire.
Dal suo canto, la Claymore rispose con il sorriso più candido e sfacciato che sapesse sfoggiare.
“Piacere di conoscervi, ragazze”, disse allegramente.
È un vero peccato che non mi abbiate vista cinque minuti fa, altrimenti avrei sicuramente fatto colpo su di voi, pensò mentre avvertiva una sgradevole sensazione di fastidio accrescere a ogni occhiataccia da parte loro.
“Studi anche tu alla Sapienza? Non ti abbiamo mai vista”, commentò Federica con falsa cortesia.
“In effetti, sono qui da poco. Ora, se volete scusarmi…”.
 
“RAGAZZI!”, trillò Giulia in quel momento, sfoderando il cellulare. “Selfie?”.
“Sììììììì!”, esclamò Silvia, acciuffando di nuovo Raki per il collo.
“Ti dispiacerebbe farci la foto tu?”, proseguì Giulia, lanciando letteralmente il telefono tra le mani di Claire.
“Io veramente…”.
Come osi chiedere una cosa del genere A ME, insulso essere umano?!?
“Dai, è facile: basta premere il tasto al centro…”, rispose la ragazza facendole un occhiolino complice.
“Va bene, va bene”, borbottò Claire.
Ringraziate il fatto che non posso uccidere gli esseri umani, altrimenti a quest’ora vi avrei già sbriciolato le ossa.
“Tutti insieme, ragazzi!”, esclamò Silvia. “Cheeeeeeeeeeseeeeee!”.
La luce del flash abbagliò per un attimo tutti e quattro, mentre i loro volti sorridenti si bloccavano per qualche istante sullo schermo del cellulare.
Solo allora Claire si rese conto della presenza alle loro spalle.
E che era giunto il momento di lasciare da parte le buone maniere per iniziare a fare sul serio.




Buonasera a tutti! :) Passata una bella settimana?
La mia è stata un po' massacrante, ma posso ritenermi soddisfatta ;)
Ma veniamo subito a noi!
Che ne pensate di questo capitolo?
Secondo voi, Raki è da abbattere a fucilate o ha qualche remota possibilità di recupero? * mi pare di vedere mio marito e non solo armeggiare con un nodoso bastone da passeggio... *
Mentre ci pensate, passo subito ai ringraziamenti ;)
Un grazie speciale va come sempre a mio marito Xephil, mia sorella Angelika_Morgenstern, SognatriceAocchiAperti, joy, AlanKall, bienchen e LKBmary per le loro splendide recensioni.
Un grazie anche a tutti i miei lettori silenziosi che stanno seguendo questa storia da ormai molto tempo: lo so che ci siete! ;)

Il prossimo capitolo tornerà regolarmente di venerdì in serata, sempre con botte da orbi e tanti colpi di scena, il tutto rigorosamente a fil di spada.
Vorrei ricordarvi anche la mia altra storia aperta, "The Phoenix", il cui aggiornamento cade ogni lunedì.
Che aggiungere ancora?
Be', resta sempre la mia piccola pagina Facebook, con anteprime, fanart e molto altro: https://www.facebook.com/LeStorieDiFedra?fref=photo

A presto!
Fate un buon weekend :)

Baci
Vostra,
Fedra
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  

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Capitolo 18
*** Unghie e zanne ***



 
Diciotto.
Unghie e zanne
 
 
*

 

 

 

 

“Fammivederefammivederefammivedere!”, trillò Giulia strappando letteralmente il cellulare dalle mani di Claire e contemplando il risultato della foto, neanche fosse stata punta da una tarantola.
“Bleah, abbiamo un’espressione orribile!”, commentò Federica alle sue spalle, indicando lo schermo.
“Ahahahahahah, Raki è venuto meglio di tutti!”, osservò Silvia alludendo alla faccia del ragazzo, la cui espressione era un misto fra un pesce lesso e chi non vedeva l’ora di svignarsela il più velocemente possibile.
“Dai, carichiamola su Facebook”, propose Giulia indirizzando un’occhiata complice alle altre.
“No, Facebook no!”, esclamò Raki, osando finalmente dire la sua.
In tutta risposta, la ragazza allontanò il cellulare dalla sua portata, levandolo in alto.
“Troppo tardi”, disse in tono fatalista, rivolgendogli il suo sorriso più candido.
 
In tutto questo, i quattro si erano completamente scordati di Claire, che li fissava con l’aria più desolata di questo mondo.
Possibile che gli esseri umani potessero essere così stupidi, a tal punto da non accorgersi del paio di occhi gialli che galleggiavano alle loro spalle nella foto, troppo presi com’erano a controllare se le smorfie stampate sulle loro inutili facce fossero sufficientemente da Social Network o no?
Spero solo che uno yoma vi divori per poi morire subito dopo di intossicazione alimentare!, pensò la guerriera esasperata, concentrandosi sul mostro in agguato dietro di loro.
Era giovane, molto giovane.
E imprudente, visto che non si era nemmeno curato di celare le sue vere sembianze dietro un esoscheletro umano.
Era chiaro che la fame stesse avendo la meglio su qualsiasi altro istinto, primo fra tutti la ragione.
Il che lo rendeva assolutamente imprevedibile.
E pericolosissimo.
Doveva far allontanare quei quattro polli da lì il prima possibile, per poi svolgere il suo lavoro senza ulteriori intoppi.
 
“Io direi di farne un’altra”, stava blaterando Giulia in quel preciso istante, quando una violenta gomitata nelle costole la fece barcollare pericolosamente sui suoi vertiginosi tacchi dodici.
“Perdonami, bellezza”, disse Claire con un sorriso, mentre la superava a grandi passi per poi fermarsi di fronte a Raki con una mano tesa. “Balliamo?”.
L’espressione tesa sul volto della Claymore non ammetteva repliche.
D’altronde, in quel preciso istante il ragazzo non chiedeva di meglio.
Sperava solo che quelle tre arpie non lo immortalassero mentre volteggiava tra le braccia di una ragazza che torreggiava su di lui per dieci centimetri buoni, per di più senza tacchi.
Perché diavolo si ostinava a uscire con loro?
“Certo, Claire. Con molto piacere”, rispose rivolgendole un timido sorriso.
La sua mano prese goffamente quella di Claire.
A quel contatto, la guerriera provò un’improvvisa sensazione di spaesamento.
Era calda, e terribilmente fragile.
Probabilmente, se solo avesse stretto troppo la presa, avrebbe rischiato di polverizzargli le dita.
“Fa’ quello che ti dico e non protestare”, disse Claire con veemenza, avvicinando il volto all’orecchio di lui.
“D’accordo. Tanto lo sai che mi fido di te”, rispose il ragazzo con calma.
Improvvisamente, il suo cuore di Claymore ebbe due battiti fuori dalla norma, mentre una strana sensazione di calore si inerpicò su per le sue gote.
La ragazza la represse subito, trascinando Raki verso il centro della pista, ma non prima di aver distribuito una nuova razione di gomitate e calci negli stinchi a quelle tre imbecilli mentre le superava con la sua energica camminata da guerriera.
“Ehi, ma che modi!”, strillò Giulia, rischiando di rovinare addosso alle altre due.
 
“Grazie per avermi salvato”, disse Raki non appena si trovarono a distanza di sicurezza.
“Aspetta a dirlo, imbecille!”, rispose Claire, fingendo di ballare.
I suoi movimenti erano secchi e rapidi come quelli di un automa, gli occhi puntati nella direzione in cui aveva avvistato lo yoma.
“Come ti è venuto in mente di venire qui, con tutti i demoni affamati che ci sono in giro? Ne avevi uno alle spalle e nemmeno te ne sei accorto! Non credi che mi sia stufata di starti sempre a salvare la pelle? Non mi hanno certo assoldata per farti da balia!”, continuò la Claymore in tono minaccioso.
Raki incassò la testa tra le spalle nella pallida imitazione di una vecchia tartaruga.
“Mi dispiace, Claire…”.
“Con me le scuse non funzionano, sappilo. Sono un mezzo-demone. E i demoni non dimenticano, né perdonano”.
Il ragazzo abbassò il capo come un cucciolo bastonato.
“Sono proprio un disastro”, disse amareggiato.
“Bravo, vedo che inizi a capire. Ora, se proprio vuoi rendermi il lavoro più semplice, esci da questo posto e tornatene a casa”, ordinò Claire con decisione.
“Non posso, sono venuto con mia madre”.
“Allora chiamala e fatti venire a riprendere”.
“Non credo sia possibile. A quest’ora sarà già arrivata ai Castelli. Aveva una cena di lavoro”.
Perché il mio contratto mi impedisce di uccidere gli umani?!?, pensò la Claymore esasperata.
“Stammi bene a sentire, allora”, proseguì. “Vai verso il bar e restaci. Io ammazzo questo yoma, corro ad aiutare mia sorella e poi ti riportiamo a casa. Non dare retta a nessuno e non ti muovere finché non torno. Intesi?”.
“D’accordo”, rispose Raki con un timido cenno di assenso, prima di avviarsi verso il bancone gremito di gente.
 
Scommetto che tra cinque minuti sarà fradicio di superalcolici, pensò Claire mentre ritornava sui suoi passi, dritta verso lo yoma.
Il demone era ancora lì, rintanato in un angolo, i giganteschi occhi gialli puntati su un gruppetto di ragazze intente a ballare.
Delle tre furie non c’era più traccia: evidentemente erano andate alla ricerca di Raki, o in ogni caso di qualche altro sventurato da tormentare.
La guerriera deglutì, squadrando con attenzione il suo avversario.
Era incredibilmente grosso.
Sperava che le dimensioni e l’inesperienza gravassero sulla sua velocità, ma sapeva bene che era comunque troppo bello per essere vero.
A noi due, pensò mentre si avvicinava con aria decisa per mettere in atto il suo piano.
Parte uno, doveva assolutamente isolarlo.
Parte due, doveva ucciderlo prima ancora che si rendesse conto di che razza di creatura avesse davanti.
Cercando di sembrare il più disinvolta possibile, Claire finse di aggregarsi alle altre ragazze, lanciando di tanto in tanto delle occhiate di sbieco allo yoma.
L’altezza spropositata e l’aspetto decisamente fuori dal comune ebbero subito l’effetto desiderato: in pochi istanti, il mostro non riusciva più a staccare i suoi orribili bulbi oculari da lei.
 
Vieni, piccolino, vieni a mangiare, pensò Claire rivolgendogli uno sguardo di sfida prima di staccarsi dal gruppo e avviarsi verso una delle scale di servizio.
Come aveva previsto, lo yoma prese a seguirla con i suoi passi pesanti.
Claire raggiunse in breve il terrazzo, fermandosi ad aspettarlo seduta a gambe incrociate sulla balaustra di cemento, le dita che accarezzavano l’elsa della spada nascosta sotto il mantello.
Sotto di lei, Roma era un’infinita distesa di luci pulsanti nella notte.
Dopo alcuni istanti, i passi dello yoma echeggiarono sulla scala di ferro, fino a quando la sua brutta testa non fece capolino dall’apertura nascosta nel pavimento.
All’aria aperta, il demone sembrava ancora più grosso e spaventoso.
Il capo, piccolo rispetto al resto del corpo, ricordava quello delle formiche, mandibole a tenaglia e antenne comprese, se non fosse stato per gli enormi occhi di un giallo incandescente.
La pelle era verde, spessa e irta di protuberanze, che gli ricopriva il corpo muscoloso e deforme, che terminava con quattro arti muniti di artigli e una lunga coda da rettile che si agitava come una frusta.
“Sapevo che alla fine sareste arrivate voi streghe dagli occhi d’argento a rovinarci la festa”, disse lo yoma con una voce cavernosa. “Ma non pensate che non sapessimo di voi. Siamo stati informati bene. E vi stavamo aspettando”.
 
Claire non disse una parola.
Con un movimento fulmineo, la guerriera balzò in alto, la spada levata tra le mani pronta ad affondare nella carne viva del collo dello yoma.
Ci fu un fruscio sinistro, poi tutto divenne sangue e dolore.
La ragazza crollò a terra supina, gli arti perforati in più punti da una serie di protuberanze fuoriuscite dalla schiena del mostro, inchiodandola al pavimento.
“Troppo lenta, dolcezza”, commentò il demone torreggiando su di lei.
Claire sputò un grumo di sangue, cercando disperatamente di liberarsi, ma in tutta risposta lo yoma fece penetrare ancora più a fondo le protuberanze nelle sue ossa e nei suoi muscoli, strappandole un urlo di dolore.
“Fa male, eh?”, sghignazzò. “A dire la verità, ero venuto qui per farmi un bello spuntino di esseri umani, ma anche il tuo odore non è per niente male. Dicono che voi Claymore siete abbastanza pesanti da digerire, ma sai, ho così fame…”.
A quelle parole, le chele dello yoma si riempirono di saliva, pregustando il banchetto.
Disperata, Claire prese a richiamare il proprio yoki nella speranza di trovare la forza per liberarsi, mentre il mostro si abbassava verso di lei.
 
Un attimo dopo, la ragazza venne inondata da una pioggia di vetri rotti e Martini.
“Vi siete portati via Gaia e Roberta!”, ruggì una voce familiare alle spalle dello yoma. “Non vi permetterò di far del male anche a Claire!”.
“Che stai facendo, idiota? Scappa finché sei in tempo!”, esclamò la guerriera debolmente, ma Raki non si mosse.
Nei suoi occhi era dipinta una furia omicida.
Lo yoma girò su se stesso, piantandogli addosso gli occhi gialli.
Una risata minacciosa proruppe dalla sua gola.
“Un umano? Ma che serata fortunata!”, commentò.
La sua coda sferzò l’aria, colpendo il ragazzo in pieno petto e sbattendolo a terra come se non avesse avuto peso.
“Con te farò i conti dopo, inutile insetto”, disse lo yoma in tono di disprezzo. “E ora torniamo ad occuparci del nostro piatto forte”, proseguì rivolgendosi a Claire.
Levò una zampa all’altezza del suo addome, avvicinandola alla tuta.
“Dicono che voi Claymore abbiate già una ferita aperta proprio in questo punto. Il che mi renderà il lavoro molto più facile”, commentò punzecchiandola con la punta dell’artiglio.
A quel contatto, Claire sgranò gli occhi improvvisamente dorati, un senso di nausea che le si inerpicava su per la gola.
Il ricordo della mano viscida di uno yoma che le accarezzava il ventre ancora da umana tornò più vivido che mai, facendole ribollire il sangue.
Questa la portiamo con noi.
 
Un’improvvisa sensazione di rabbia le invase le membra, come se di colpo le sue vene avessero preso fuoco.
La pelle prese a tendersi e a ricoprirsi di venuzze a vista d’occhio mentre gli occhi gialli si immergevano in quelli dello yoma, un unico pensiero che si faceva largo a calci e morsi nella sua mente.
Uccidere! UCCIDERE!
Un ruggito disumano proruppe dalla gola di Claire, mentre le sue mani si serravano attorno alle stesse protuberanze che la inchiodavano al suolo, strappandole con un solo gesto.
Lo yoma lanciò un guaito di sorpresa e di dolore mentre la Claymore si levava in piedi, la spada stretta tra le mani, mentre i muscoli delle braccia si ingrandivano a dismisura al suono di un agghiacciante rumore metallico: biki…biki…biki…
“Che cosa vuoi fare? Credi che Risvegliarti ti permetterà di sconfiggermi?”.
Claire gli rivolse un sorriso cortese, denudando le zanne scintillanti al disotto delle labbra sottili.
Poi, con un balzo, si scagliò contro lo yoma, affondando la spada per due volte.
Le braccia del demone caddero a terra, sommerse da una fontana di sangue viola.
“Cos’hai fatto? Che cos’hai fatto?”, ruggì il mostro, tentando di colpirla con la coda.
Ci fu un sibilo, seguito da un tonfo sordo sul pavimento che annunciava che anche quest’ultima era stata mozzata.
Claire balzò nuovamente in alto, atterrando sulla sua spalla con la spada levata.
“Te la sei cavata bene, brutto stronzo, davvero molto bene”, commentò con una voce sibilante, da demone. “Peccato che ti sia perso in un bicchier d’acqua proprio sul più bello, con il risultato di farmi incazzare sul serio. Mi dispiace, ma credo che ti sei scavato la tomba da solo. Game over”.
E abbassò la spada, affondandola nella giugulare dello yoma, mentre uno schizzo di sangue viola le inzuppava il bel viso.




Buonaseraaaaaa! :) Come andiamo? Passata una piacevole settimana?
Io sono appena reduce da un esame (tra l'altro dato e superato con l'influenza, ringraziate il mio yoki) e adesso mi accingo finalmente a chiudere le valige e farmi una meritata vacanza nel Grande Nord * yepieeeeeee!!!! *

Ma ora passiamo al nostro capitolo.
Che ne pensate?
Finalmente, il nostro Raki ha deciso di fare la parte del cavaliere...cioè, ehm, ci ha provato...Okay, ammetto che tirare una bottiglia di Martini in testa a uno yoma incazzato nero non rientra tra le dieci cose migliori da fare in questi frangenti, ma che vogliamo farci? In ogni caso, gli esperti dicono che lo speciale processo di rieducazione a cui lo stiamo sottoponendo darà a breve i suoi frutti...questo è almeno quello che mi auguro!
Del resto, anche Claire inizia a perdere facilmente il controllo dei suoi già fin troppo provati nervi. Tenetela d'occhio, perché a breve il suo yoki potrebbe giocarci qualche scherzo.
E non dimentichiamoci di Teresa, che nel prossimo capitolo ci regalerà un'altro dei suoi modi epici di affettare uno yoma ;) * questo perché mi auguro che dopo la puntata di oggi non siate scappati tutti a gambe levate *

E ora passiamo ai meritati ringraziamenti.
Al mio amato marito Xephil, alla mia sorellona Angelika_Morgenstern e ai mitici SognatriceAocchiAperti, bienchen, LKBmary, AlanKall e joy per le recensioni.
Inoltre grazie a tutti i lettori silenziosi che seguono questa storia. Questa settimana avete battuto ogni record ;)
Grazie davvero a tutti voi!!!

Il nuovo capitolo tornerà regolarmente venerdì prossimo.
Per qualsiasi informazione, passate pure sulla mia pagina Facebook: https://www.facebook.com/LeStorieDiFedra

A presto! :) Buon weekend a tutti!

Baci
Vostra,
Fedra



 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 19
*** Risveglio ***


Diciannove.
Risveglio
 
 
*

 

 

 

 

Raki si tirò su a sedere, il volto contratto in una smorfia di dolore.
A ogni respiro, era come se le costole gli si conficcassero sempre più a fondo nella carne.
Si puntellò sui gomiti, gli occhi fissi sulla creatura gocciolante di sangue viola che si ergeva davanti a lui.
“C-Claire?”.
La guerriera lanciò un ruggito, crollando sulle ginocchia.
Altre vene presero a emergere sul volto ormai irriconoscibile, gli occhi dorati che brillavano come tizzoni ardenti.
Le sue dita erano ancora strette attorno all’impugnatura della spada, tremando in modo incontrollato.
Maledizione!, pensò Claire con l’ultimo barlume di coscienza umana rimasto nel suo corpo.
Questa volta aveva davvero esagerato.
Aveva permesso alla rabbia di uscire senza nessun freno, in un momento in cui Teresa non era lì per aiutarla.
In questo modo, il suo yoki era arrivato a livelli mai giunti prima.
Ormai, non riusciva più a controllarlo, dando inizio alla trasformazione.
Il suo corpo continuava a comprimersi e a ingrandirsi, senza che ella potesse fare nulla per riportarlo indietro.
Tutto ciò che avvertiva era una rabbia cieca, profonda, che le divorava le viscere doloranti come un fuoco eterno, insaziabile.
E poi c’era la fame, che aumentava di attimo in attimo.
Fame di interiora, calde e pregne di sangue.
 
“Claire!”, fece Raki, sempre più spaventato.
La Claymore voltò lo sguardo verso di lui, che ormai appariva come una forma indistinta e tremante sul pavimento.
“Vattene via! Salvati finché sei in tempo!”, ruggì con una voce inumana, disperata.
“Che cosa sta succedendo?”.
Claire lanciò un grido di rabbia e di dolore nel momento in cui i muscoli delle braccia lacerarono le maniche della tuta.
In quel preciso istante, l’odore di Raki la colpì come uno schiaffo sulle narici.
Era buono, dannatamente buono.
La bocca le si riempì improvvisamente di saliva, mentre gli occhi dorati venivano annebbiati dalle lacrime.
Stava diventando un  mostro assassino senza che potesse fare nulla per evitarlo.
Ancora pochi minuti e mi risveglierò del tutto!, pensò disperatamente.
Le sue dita si strinsero ancora più saldamente sull’impugnatura della spada, sollevandola da terra.
“Che cosa fai?”, gridò Raki.
“Devo uccidermi…prima che sia troppo tardi”, rispose Claire, la voce ridotta a poco più di un sibilo.
“NO!”.
“Raki, STAI INDIETRO!”.
“No, Claire, non farlo!”.
“Non ho scelta, altrimenti mi trasformerò in uno yoma a tutti gli effetti!”.
“Non te lo permetterò”.
“Raki, vattene o potrei ucciderti!”.
 
Claire si puntellò sulla spada con le ultime forze rimaste, puntandosi la lama all’altezza delle costole.
Doveva sbrigarsi, prima che la sua componente umana venisse consumata del tutto da quella demoniaca.
La punta gelida della sua spada già le premeva contro lo sterno, facendola rabbrividire.
Basta, era tutto finito.
Aveva perso la sua battaglia.
Non avrebbe mai avuto la sua vendetta su Priscilla.
Lei e Teresa non sarebbero mai più tornate nel loro chalet in Austria.
La sua migliore amica e sorella maggiore avrebbe dovuto continuare la sua guerra senza di lei.
Al solo pensiero, le lacrime le annebbiarono la vista, ma non doveva cedere.
Se davvero amava quei pochi esseri che le stavano intorno, allora non doveva fare altro che togliersi di mezzo definitivamente per non diventare proprio come la sua nemica numero uno, mettendo a repentaglio le loro stesse vite.
Doveva solo fare una leggera pressione e tutto sarebbe finito nel nulla.
Forse non avrebbe sentito nemmeno dolore.
Dolore?
Cosa le importava a lei del dolore fisico?
In fondo, lo aveva provato così tante volte.
Una pressione, solo una leggera pressione…
 
In quel preciso istante, due braccia esili le circondarono le spalle, mentre il viso umido di Raki premeva contro i suoi capelli.
“Non farlo”, le sussurrò in un orecchio. “Ti prego”.
Nuovi brividi si scaturirono da quel contatto, mentre i suoi muscoli si gonfiavano ancora di più.
L’odore dell’umano era più forte che mai, irresistibile.
Claire si morse le labbra fino a farle sanguinare, gli occhi spalancati verso il vuoto in un’espressione animalesca.
Stava letteralmente impazzendo.
L’impulso di strappargli le interiora cozzava contro quello di allontanare il ragazzo il più possibile da lei, a costo di usare la forza.
“Vattene”, ringhiò, mentre le mani prendevano a tremare in maniera sempre più incontrollata sull’impugnatura della spada.
In tutta risposta, Raki premette ancora di più il viso contro la sua nuca.
“No, non ti lascio! Non ti permetterò di toglierti la vita tanto facilmente!”, singhiozzò.
“Stupido umano, lo vuoi capire o no che ogni minuto che passa il mio istinto di divorarti aumenta? Scappa, finché sei in tempo!”.
“Non lo farò, Claire! Non posso permettere che tu muoia!”.
“Non dire cazzate, Raki! Non sono di certo la creatura per cui vale la pena di fare tante scene. Mi hai vista? Sono un mezzo demone. Nel mio corpo sono state trapiantate le carni e il sangue di uno yoma, di cui ho preso i peggiori istinti. Il tutto mantenendo una mente umana. Ti rendi conto di che razza di mostro sono?”.
“Tu non sei un mostro. Non per me”.
“Che cosa stai dicendo?”.
Claire non riusciva a capire se quel ragazzo dicesse sul serio o fosse semplicemente stupido.
“Tu non sei un mostro”, ripeté Raki.
La sua voce si era fatta improvvisamente ferma, diversa dal solito.
Era come se parlasse per la prima volta dal profondo dell’anima, sicuramente a causa della paura e della disperazione.
“Tu mi hai salvata per ben due volte, Claire”, proseguì il ragazzo, mentre il volto veniva bagnato dalle lacrime. “Non mi interessa se tu l’hai fatto perché ti è stato ordinato o meno. Forse per voi mezzi demoni è diverso. Vivete più a lungo, non conoscete la fame o il freddo, o il dolore. Per noi umani è diverso. La vita è qualcosa di unico e importante. Vedersela restituire da qualcuno è una cosa che nemmeno immagini. Se è vero che anche tu eri un’umana, dovresti ricordartelo. So che puoi farlo”.
Improvvisamente, Claire avvertì una lacrima staccarsi dal suo occhio destro e scenderle lungo lo zigomo.
Non era una semplice lacrima dovuta al dolore.
Stava davvero piangendo.
Proprio come Teresa molti anni prima.
“So che per te sono solo uno sfigato”, continuò Raki affondando ancora di più il volto tra i suoi capelli. “Ma voglio che tu sappia una cosa, Claire: io non ti ho mai vista come un mostro. Di ragazze ne ho conosciute tante, ma nessuna è mai stata coraggiosa e forte come te. Tu dici sempre di non avere emozioni o sentimenti, ma io so che non è vero. Ti sei presa cura di me come mai nessuno aveva fatto prima. Io lo so che dietro quei tuoi occhi d’argento c’è una grande donna con un grande cuore. E io ti voglio bene per questo, Claire. Non morire. Non adesso. Ti prego”.
 
Un’accecante luce azzurra illuminò a giorno la terrazza, nascondendo Claire e Raki alla vista.
Per pochi, interminabili secondi, tutto divenne un unico vortice di energia che si sollevava verso l’alto, dritta verso il cielo puntellato di stelle infuocate.
Poi la notte tornò nel suo silenzio di sempre, rotto solo dall’incessante viavai di auto lungo le strade sottostanti.
Solo a quel punto la Claymore e l’umano si guardarono negli occhi, quelli castani di lui che si riflettevano in quelli d’argento di lei.
Poi Raki allungò timidamente una mano verso il viso di Claire, sfiorandole la pelle perfettamente morbida e liscia di sempre.
Era di nuovo lei, la guerriera con il volto di adolescente.
Ancora una volta, il suo aspetto era tornato a essere puro e innocente.
“Claire”, sussurrò, lo sguardo rigato da lacrime di gioia. “Sei tornata indietro”.
A quelle parole, la Claymore provò l’istinto di portarsi una mano al volto.
L’umano aveva ragione, il Risveglio si era interrotto!
La rabbia e la fame erano sparite nel nulla, così come le vene e i muscoli fuori taglia.
Improvvisamente, la vista vacillò, inondata da nuove lacrime.
Per la prima volta dopo decenni, Claire pianse come un’umana.
Le braccia di Raki tornarono a sostenerle le spalle, stringendola a lui, nonostante fosse così piccolo e fragile in confronto a lei.
“Hai fatto davvero tanto per me e la mia famiglia”, disse piano. “E io non potrei mai abbandonarti, sappilo. Farò di tutto per aiutarti e starti vicino. Anche se sono solo uno stupido umano”.
Claire rabbrividì, ma non disse nulla.
Sapeva che nessuna guerriera poteva tornare indietro dal Risveglio.
Lei non solo ci era riuscita, ma in quel momento stava provando dei sentimenti del tutto umani, come se il processo si fosse completamente invertito, riportandola indietro, all’epoca in cui il suo corpo era ancora caldo, roseo e dannatamente fragile.
Quel ragazzo, alto poco più della metà di lei, era riuscito a farle versare lacrime dai suoi occhi d’argento.
 
*
 
“Grazie a tutti, ragazzi! Ora vi lascio divertire un po’ con il mio collega, il mitico DJ Max!”, esclamò Zaki levando in aria il pugno.
In quel preciso istante, un ragazzo dai muscolosi bicipiti completamente ricoperti da tatuaggi fece ingresso sul palco, attirando le urla concitate della maggior parte delle ragazze sulla pista.
Zaki gli diede il cinque prima di defilarsi dietro le quinte, pregustando già la meritata pausa.
Era una fortuna che lui e Max si alternassero sul palco, in modo tale da poter andare avanti fino a tarda notte senza abbassare minimamente il tasso di adrenalina tra i partecipanti delle loro memorabili serate.
Il ragazzo scese dal palco, avviandosi verso l’area riservata allo staff.
I suoi passi rimbombavano sui pavimenti di linoleum.
Entrò nel primo bagno libero, facendo scorrere l’acqua del rubinetto e rinfrescandosi la testa e il collo.
Solo allora si rese conto di non essere solo.
Una ragazza bionda, vestita solo con un paio di shorts e un top che lasciava scoperto l’ombelico lo fissava sorridendo con le spalle appoggiate al muro.
Zaki le sorrise a sua volta dallo specchio.
L’aveva riconosciuta: era Jessica, una delle ballerine del locale.
Era sicuro di piacerle.
“Ciao, bellezza”, disse facendole l’occhiolino.
In tutta risposta, lei gli si avvicinò con passi felpati, posandogli languidamente le mani sulle spalle.
“Mi chiedevo quando Max ti avrebbe dato il cambio”, rispose lei, prendendo ad accarezzargli la schiena.
Zaki reclinò il capo all’indietro, socchiudendo gli occhi con fare compiaciuto.
“Lo stesso vale per me”, fece voltandosi verso di lei e afferrandola per i fianchi.
Jessica strizzò i suoi occhi da cerbiatta con fare malizioso mentre prendeva ad accarezzargli il petto con le dita sottili, prendendo a scendere sempre più in basso.
 
“Qualcuno ti ha mai insegnato che non si gioca con il cibo?”, tuonò una voce femminile con un forte accento tedesco dall’interno del bagno delle donne, accompagnata dal rumore di uno sciacquone.
Jessica si voltò di scatto, digrignando i denti bianchi e perfetti.
Teresa del Sorriso fissava la scena appoggiata al muro con un atteggiamento marziale, una mano sull’elsa della spada poggiata tranquillamente a terra.
Tu?”, esclamò lo yoma furibondo.
“Eh, già. La sai una cosa? Non ho mai sopportato le zoccole”.
Detto questo, Teresa sollevò la spada, scagliandosi sui entrambi.
Con la mano libera, spinse bruscamente Zaki a terra, allontanandolo dalle grinfie dello yoma, mentre con l’altra si preparò a colpire.
“Esci di qui, tonno!”, gli gridò mentre il ragazzo si rimetteva in piedi con gli occhi sbarrati.
Certo, gli era già capitato più di una volta di essere oggetto di contesa fra le donne, ma mai nessuna di loro si era scagliata su una rivale armata di spada!
In quel preciso istante, Jessica aveva preso a trasformarsi.
La sua pelle stava diventando di un viola acceso, mentre i tratti del suo bel visino si trasformavano a vista d’occhio in quelli demoniaci dello yoma.
Il suo corpo ormai occupava quasi tutto il bagno, premendo sui tubi incastonati nel soffitto.
“Tsk, sei proprio ridicola”, commentò Teresa freddamente, un attimo prima di affondare la spada.
Il demone lanciò un’esclamazione di sorpresa, poi il suo corpo si afflosciò a terra, spaccato in due metà perfette.
“Cotta e mangiata”, commentò la Claymore liberando la spada dal sangue con un solo gesto del polso.
Ai suoi piedi, Zaki lanciò un grido prima di crollare a terra privo di sensi.




Buonasera, gente! :)
Scusate davvero se sono fuori tempo massimo, ma sono appena tornata da un viaggio nel Grande Nord * e vi posso assicurare che non si è trattato affatto di dare la caccia ai Risvegliati * e non avevo il computer con me!
Ergo, bando alle ciance e passiamo subito al capitolo in questione :)
Come vi è sembrato?
Pensate che vada bene questa divisione per metà drammatica e per metà demenziale?
Vi preannuncio sin d'ora che quasi sicuramente il rating passerà da giallo ad arancione: i miei yoma infatti tenderanno a esagerare con i prossimi capitoli e preferirei evitare rischi inutili.

Detto questo, passo velocemente a ringraziare mio marito Xephil, mia sorella Angelika_Morgenstern e i mitici AlanKall, KING KURAMA, SognatriceAocchiAperti bienchen per le loro graditissime recensioni.
Un caro saluto anche a tutti i miei lettori silenziosi, ovunque essi siano :)

Il prossimo capitolo tornerà regolarmente di venerdì, stavolta spero a orari umani.
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Un abbraccio a tutti voi e a presto :)

Vostra,
Fedra

 

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Capitolo 20
*** Rimedi con il Sorriso ***



 
Venti.
Rimedi con il Sorriso
 
 
*

 

 

 

 

Teresa guidava speditamente per le strade ormai deserte del centro con tutta l’aria di chi non vede l’ora di rientrare in casa dopo un’estenuante giornata di lavoro.
Nell’abitacolo regnava il silenzio più totale, rotto solo dal rumore sommesso dell’autoradio, simile a un rombo cupo proveniente dalle casse.
Nessuna delle due aveva molta voglia di parlare, in particolar modo Claire, distesa sul sedile anteriore con la testa appoggiata allo schienale e gli occhi chiusi, ma Teresa sapeva benissimo che non stava affatto dormendo.
L’amica faceva sempre così, quando voleva essere semplicemente lasciata in pace.
Cosa che non sarebbe durata a lungo, questo lo sapevano entrambe.
 
La serata ai Parioli si era conclusa nel modo più surreale possibile.
Teresa ci aveva messo un quarto d’ora buono per far rinvenire quel cuor di leone di Zaki, il quale, una volta ripresa conoscenza, aveva vuotato colazione, pranzo e cena dentro il lavandino del bagno.
Inutile dire che la Claymore aveva impegnato tutte le sue forze rimaste per fargli recuperare almeno un po’ di colore, premurandosi di precisare che non le doveva assolutamente nulla in termini pecuniari per avergli salvato la vita da un mostro assassino.
A quello ci avrebbe pensato il Comune di Roma, che aveva convocato l’Organizzazione, anche se, con i tempi che correvano, la guerriera cominciava a temere che sarebbero trascorsi mesi prima di ricevere perlomeno una tuta di ricambio, per non parlare di una sistemazione decente.
Dal momento che la cosa non sembrava affatto calmare il ragazzo, Teresa lo aveva trascinato al bar a bere qualcosa di forte, per poi portarlo all’esterno del locale a fargli respirare un po’ d’aria fresca.
Aveva impiegato un bel po’ a cancellargli l’orrendo colorito verdognolo che gli era comparso sul volto, ma perlomeno il maggiore dei fratelli Yagi sembrava digerire certe cose molto più in fretta rispetto a quel crostaceo di Raki.
 
Come a evocarlo, quest’ultimo era apparso pochi istanti dopo in compagnia di Claire, entrambi con l’aria più sbattuta di questo mondo.
Non appena aveva notato la tuta strappata in più punti e percepito lo yoki alterato dell’amica, Teresa aveva storto immediatamente il naso.
“Che cosa è successo?”, aveva domandato allarmata.
“Ne parliamo più tardi, okay?”, aveva tagliato corto Claire.
Aveva un colorito decisamente più pallido del solito e sembrava terribilmente debole, al punto che questa volta era Raki a doverla sorreggere, nonostante egli stesso si sentisse la schiena a pezzi.
Mi ci mancava il quadretto in stile Villa Arzilla, aveva commentato Teresa tra sé e sé.
 
In fondo, non aveva tutti i torti.
Tra Claire, Raki e Zaki non sapeva chi fosse ridotto peggio.
Dal momento che non sembravano esserci altri yoma da affettare nelle immediate vicinanze, la cosa si era risolta nel suo classico stile: in meno di dieci minuti, la Claymore li aveva caricati tutti a forza a bordo della sua Mini Cooper e li aveva trascinati in pieno centro, scaricandoli di fronte a un’enorme pizza Margherita trasbordante di mozzarella fusa.
Alla vista del cibo, Raki vi si era fiondato sopra come se non mangiasse da mesi, mentre Claire e Zaki si erano limitati a fissare il piatto con un’espressione a metà strada tra il perso e il nauseato.
“Forza, dovete pur mangiare qualcosa. Siete a dir poco sfiniti!”, li aveva esortati Teresa, che per l’occasione aveva ordinato per sé una spettacolare insalata (ovviamente scondita per non assumere troppe calorie tutte insieme).
“Non ho fame, grazie”, aveva risposto Claire con la testa tra i gomiti.
“Coraggio, tu sì che te lo puoi permettere, con quel bel vitino da vespa che ti ritrovi!”, Teresa aveva strizzato sfacciatamente un occhio a Raki, facendogli andare la Coca-Cola su per il naso. “Dai, non trovi invitante questo bel profumino?”, aveva aggiunto, passandole ripetutamente un triangolino di pizza davanti alle sue labbra sigillate.
L’altra le aveva rivolto un ringhio tutt’altro che da Galateo, a cui l’amica aveva reagito con un’aria falsamente intimorita.
 
“Certo che siete proprio una bella coppia, voi due”, aveva commentato Zaki, che nel mentre stava riprendendo lentamente colore.
“Che vorresti dire, tu?”, aveva esclamato Teresa in tono divertito.
“Siete per caso sorelle?”, aveva ripreso l’altro.
“In molti ne sono convinti, ma in realtà veniamo da due parti del mondo molto diverse”.
“Davvero? In effetti, noto che il tuo accento non è proprio italiano”.
Ya, infatti provengo direttamente dalla Germania. Claire, invece, è mezza francese”.
L’altra aveva incassato la testa nelle spalle, fingendo di controllarsi i pollici.
“E dai, di’ qualcosa anche tu!”, l’aveva stuzzicata Teresa, allungandole un pizzicotto sul fianco.
“Claire mi ha salvato la vita”, aveva spiegato Raki subito dopo, rivolgendosi al fratello.
“Cosa?”, Zaki si era fatto improvvisamente più attento. “E quando? Non mi avevi detto niente, fratello”.
Teresa aveva sospirato con aria rassegnata.
“Credo che a questo punto le spiegazioni siano d’obbligo”, aveva commentato.
 
E così, Claire e Teresa avevano raccontato loro tutto, i numerosi e fortuiti salvataggi di Raki compresi.
Per poco Zaki non era svenuto di nuovo, nel rendersi conto in che razza di mondo viveva.
“E i miei simili si lamentano tanto della crisi”, aveva commentato alla fine del racconto.
“Non credere che a noi guerriere vada meglio”, lo aveva freddato subito Teresa.
“Quindi voi due siete al servizio di un’Organizzazione che combatte i demoni?”.
“Esattamente. E, a quanto pare, qui a Roma ci sarà un po’ di lavoro da svolgere”.
A quelle parole, Zaki era visibilmente impallidito.
“Cosa? Vuol dire che ce ne sono altri?”, aveva esclamato.
“Oh, sì. Sono dovunque, per la precisione. Per fortuna, pare che stiano arrivando dei rinforzi per riuscire a sistemarli tutti. Non dovete preoccuparvi, ormai la situazione è sotto controllo”.
Il ragazzo si era passato una mano tra i corti capelli arruffati.
“Dai, non fare quella faccia!”, lo aveva rassicurato Teresa. “In fondo, credo che abbiate battuto ogni record, in quanto aggressioni. Sono certa che anche lo yoma più affamato abbia capito che non solo siete duri a morire, ma anche ben protetti”.
“Già, se lo dite voi…”.
 
Per fortuna, da brava figlia di un avvocato, Teresa sapeva destreggiarsi molto bene nella conversazione.
In breve, l’umore a tavola era decisamente migliorato e, alla fine della serata, i quattro si erano separati quasi con dispiacere.
La Claymore si era offerta di riaccompagnare i fratelli Yagi fin davanti casa, scaricandoli poi sul marciapiede illuminato dalle pallide luci dei lampioni.
“Sai, alla fine quei due non sono poi così male”, aveva commentato mentre li osservava salutare dallo specchietto retrovisore.
“Sarà, tanto non li rivedremo più”, aveva commentato Claire funerea.
“Be’, potremmo sempre andarli a trovare, finché siamo a Roma”.
“A che pro, se prima o poi ce ne andremo per sempre da questo posto?”.
“E dai, almeno come amici! In fondo, io e te non abbiamo molti contatti con il mondo esterno”.
“Non credo sia una buona idea, sorella. Noi siamo mezzi demoni, loro solo degli esseri umani”.
“Anche noi eravamo esseri umani. Anzi, lo siamo ancora per metà”.
“È il restante cinquanta per cento a preoccuparmi”.
 
Teresa aveva lanciato una rapida occhiata a Claire.
“Hai perso il controllo del tuo yoki, vero?”, aveva chiesto dopo qualche istante di silenzio.
“Sì e no”, aveva mugugnato l’altra.
“Guarda che a me non la fai”.
In tutta risposta, Claire le aveva rivolto uno sbuffo spazientito.
Sempre così testarda, la piccoletta, aveva pensato Teresa scuotendo il capo.
“È stato Raki a riportarmi indietro”, aveva aggiunto l’altra pochi minuti dopo.
Per poco Teresa non aveva sfondato l’auto davanti, inchiodando nel bel mezzo di una rotatoria.
“MALEDETTO FIGLIO DI PUTTANA, MA NON CE L’HAI UNA CASA?”, aveva ruggito, attaccandosi al clacson. “Scusa un attimo, sorella,”, aveva aggiunto subito dopo, cercando di far sembrare la sua voce calma “come sarebbe a dire riportata indietro? Non ti sarai per caso Risvegliata, vero?”.
Claire non aveva risposto, continuando a guardare fuori dal finestrino.
“C’ero quasi”, aveva detto pochi istanti dopo.
Nonostante stesse sfrecciando sul filo dei cento chilometri orari, Teresa si era improvvisamente voltata a guardarla in faccia con tutta l’aria di chi si era appena trovato di fronte a un alieno.
“In effetti, il tuo odore è diverso dal solito, anche se il tuo aspetto è quello di sempre”, aveva commentato incredula. “È incredibile! Credo che tu sia la prima della nostra specie a Risvegliarsi e poi tornare indietro. Come ti senti adesso?”.
Claire aveva sbuffato.
“Normale”, era stata la risposta laconica. “Solo molto stanca. E, se la cosa ti può far stare tranquilla, non ho per niente fame”.
“Temo che nemmeno da Risvegliata riuscirei a farti apprezzare la buona tavola…MA VI VOLETE TOGLIERE DAI COGLIONI UNA VOLTA PER TUTTE? Possibile che in questa città non si possa superare i cinquanta chilometri orari senza investire qualcuno? Ma andate a morire a casa vostra, piuttosto che sotto le mie ruote!”.
 
Claire aveva aspettato con pazienza che Teresa finisse l’ennesimo sfogo, poi soggiunse a voce più bassa del normale:
“Mi sarei sicuramente uccisa, se non fosse intervenuto Raki”.
“Fammi capire bene, quell’umano privo di spina dorsale è riuscito ad affrontarti con lo yoki oltre l’ottanta per cento senza finire sbranato?”, Teresa era decisamente esterrefatta da quella rivelazione.
“Non mi ha affrontata. Più che altro, mi ha rassicurata”.
“In che senso?”.
Claire aveva sospirato.
“Sono cose personali”, aveva risposto seccamente.
 
“Aaaaaah”, Teresa le aveva rivolto un’occhiata complice. “Sembra tanto stupido, ma secondo me il ragazzo ci sa fare”.
“Non so che cosa ti stia passando per il cervello, ma la mia risposta è no”.
“Ma dai, sorellina. Secondo me, quel Raki non è poi così male. Anzi, credo che frequentarlo un po’ sia un toccasana per la tua salute”.
“Non farti strane idee, sorella. Sai che odio queste cose. E poi, non mi va di prenderlo in giro”.
“Certo, certo. Ma almeno un caffè con lui me lo prenderei. Tanto per toglierti lo sfizio”.
In tutta risposta, Claire non le aveva rivolto la parola per tutto il tragitto.
 
A differenza di lei, Teresa rientrava tra quelle Claymore che non erano mai riuscite a rinunciare del tutto al loro lato umano.
In tutti quegli anni insieme, l’amica aveva avuto più di una storia con degli esseri umani, tutte finite nell’arco di breve tempo, l’ultima delle quali con un affascinante bassista lungocrinito (che, a detta di Teresa, era anche il meno figo del suo repertorio) che abitava nei pressi di Innsbruck e suonava in un noto gruppo Metal locale.
Claire non era tipo da fare quel genere di cose.
Innanzitutto, per lei gli esseri umani erano qualcosa di disgustoso a prescindere.
Se poi pensava a un possibile lato fisico con uno di loro, specie dopo quello che aveva subìto, il disgusto si trasformava direttamente in orrore.
Certo, non poteva negare che Raki le aveva fatto un certo effetto.
Aveva qualcosa che l’aveva colpita sin dal primo momento.
Forse perché anche lui, ignaro di tutto, era stato preso di mira da uno yoma deciso a divertirsi un po’ prima di divorarlo.
Forse perché lei, al pari di Teresa, era accorsa prontamente in suo aiuto, nonostante la cosa non rientrasse precisamente nel programma della serata.
Certo, ora che le loro strade si erano divise, un po’ le dispiaceva perderlo.
Ma, in fondo, fino a quel momento quel ragazzo si era rivelato più uno stress che altro.
Sicuramente avrebbe lavorato meglio, ora che non avrebbe dovuto più salvargli la vita di continuo.
Il che era un bel sollievo.
 
“Io comunque aspetterei a cantar vittoria”, commentò Teresa improvvisamente, come a leggerle nel pensiero. “Conoscendo quel tipo, sicuramente finirai per salvargli la vita almeno un’altra volta”.
“Io non ne sarei così sicura”, le rispose Claire, soffocando improvvisamente una sgradevole sensazione di panico.
“Tu dici, eh? Facciamo una scommessa”.
“Mmm, sentiamo”.
“Se non si fa vivo entro domani, prometto che mi mangio una pizza Quattro Stagioni davanti a te. Per intero”.
“E se invece dovessi perdere?”.
Teresa le rivolse il sorriso più angelico e micidiale del suo repertorio.
“In quel caso, credo che un caffè di ringraziamento sarebbe d’obbligo, non credi?”.




Buonasera, belve! :)
Finalmente riesco ad aggiornare a un orario umano, nonostante sia letteralmente sepolta da una montagna di libri!
Spero solo che non abbiate trovato questo capitolo eccessivamente demenziale, ma sappiate che per la maggior parte delle frecciatine tra Claire e Teresa ho avuto un'ispirazione molto concreta... * ehm...ciao Angie! <3 *


Prima che scagliate su di me la vostra ira funesta, passo subito ai ringraziamenti.
Per le recensite mille grazie a mio marito Xephil (se vedemo a Roma! <3), la mia sorellona Angelika_Morgenstern, le fantastiche joy, SognatriceAocchiAperti e bienchen e i mitici KING KURAMA e AlanKall.
Un grazie infinite anche a tutti i miei lettori silenziosi, pregando che non saltino fuori in momenti imbarazzanti (tipo una cena in famiglia o una sede d'esame!)....dai, che scherzo! ;) Un abbraccio a tutti voi :)

Sperando che dopo questo capitolo non abbiate lanciato il computer fuori dalla finestra * perdonatemi, ma durante la sessione d'esame tendo a diventare un po' musona, chi mi conosce lo sa bene! *, per il prossimo capitolo ho in mente una piccola sorpresa: invece di venerdì, l'aggiornamento cadrà di giovedì.
Che ne pensate?

Per qualsiasi comunicazione, vi consiglio comunque di tenere d'occhio la mia pagina Facebook, anche perché potrebbero arrivare delle piacevoli novità entro i prossimi mesi ;) * ma aspetto ancora a parlare, visto che sono progetti letterari appena avviati *
In ogni caso, ecco il link: https://www.facebook.com/LeStorieDiFedra/timeline

Un abbraccio a tutti voi e buon fine settimana :)

Vostra,
Fedra
 
 
 
 
 

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Capitolo 21
*** Notizie dal fronte ***


Ventuno.
Notizie dal fronte
 
 
*

 

 

 

 

Teresa parcheggiò la Mini di fronte all’ingresso del palazzo, lanciando uno sguardo sconsolato al vecchio portone a vetri.
Per quanto si sforzasse, non si sarebbe mai abituata a considerare quell’ecomostro come casa.
Al solo pensiero dello chalet in Austria, a pochi passi dalla rive di un lago circondato dalle montagne, la Claymore si sentiva stringere il cuore in una morsa.
Niente puzza di macchine, niente rumore, niente ore imbottigliata nel traffico impazzito della capitale.
Solo silenzio e contemplazione.
Magari con un bel libro sulle ginocchia.
 
“Ci vogliamo muovere o preferisci dormire in macchina?”, sbottò improvvisamente per scacciare quei tristi pensieri, volgendo il capo verso Claire.
L’altra non rispose, limitandosi a scivolare fuori dall’auto ed estrarre la spada dal cofano.
Teresa la imitò, mettendo al sicuro la sua nel fodero posto tra le scapole e avviandosi a grandi passi verso l’ingresso del condominio.
“Che serataccia!”, brontolò, infilando a tentoni la chiave nella serratura. “Non vedo l’ora di ficcarmi sotto la doccia e darmi una rinfrescata. Sono talmente stanca, che non ho nemmeno voglia di cucinare!”.
Alle sue spalle, Claire mugugnò un grugnito d’assenso, trascinandosi sulle scale al seguito dell’amica.
Ricordava vagamente il grottesco incrocio tra un fantasma e un automa.
“Ti ci vorrà una tuta nuova”, commentò Teresa, alludendo alle maniche distrutte e ai numerosi tagli lungo le gambe. “Oh, cielo! Ora che ci penso, mi sono scordata di dare da mangiare a Maleficat! Spero solo che quel demonio non ci sbrani vive…”.
 
Le due guerriere erano appena giunte nel loro pianerottolo.
Teresa fece scattare la serratura della porta d’ingresso, spalancandola sull’appartamento buio.
Non ci volle molto per capire che qualcosa non andava, a partire dal fatto che Maleficat non venne loro incontro, ma rimase nascosta sotto la credenza, soffiando minacciosa.
Un brusio sommesso proveniva dallo schermo acceso della televisione, che illuminava il soggiorno di una luce bluastra, fatta eccezione dei contorni scuri di un cappello da uomo a falde larghe.
Nel riconoscerlo, Teresa si morse il labbro inferiore.
Si può sapere che cosa vuole a quest’ora?, pensò inferocita.
Con un gesto deciso, la guerriera accese la luce.
“Lo sai che è maleducazione presentarsi senza invito?”, tuonò a mo’ di benvenuto.
Accoccolato sulla poltrona, l’uomo in nero si voltò verso di loro.
Il suo solito ghigno appariva più spento del solito al disotto delle lenti scure degli occhiali da sole.
Brutto segno.
“Cause di forza maggiore mi spingono a violare anche le più elementari norme della privacy”, rispose, rilassandosi ulteriormente sullo schienale del divano. “Perché non vi accomodate, ragazze?”.
Teresa si liberò della spada con uno sbuffo seccato, lanciandola nel portaombrelli; poi si andò a sedere di fronte al suo capo, premurandosi di coprire il più possibile lo schermo della TV.
Claire la imitò, prendendo a giocherellare distrattamente con i lembi del tappeto.
“Allora? Ho saputo che questa sera avete ucciso un sacco di yoma”, proseguì l’uomo in nero.
“Esattamente. Diciamo che il lavoro non ci è mancato, nelle ultime ore. E adesso, se permetti, saremmo un po’ stanche”, tagliò corto Teresa.
 
“Posso capire perfettamente”, disse l’altro con calma. “E tu, Claire? Non hai nulla da raccontarmi?”.
La Claymore non rispose, continuando a fissare per terra.
L’uomo in nero incrociò le braccia sul petto, le labbra strette in un’espressione indecifrabile.
“Spogliati”, ordinò improvvisamente.
La sua voce calma non ammetteva repliche.
Dal suo canto, Claire non oppose alcuna resistenza.
Si alzò meccanicamente, liberandosi con pochi gesti di ciò che rimaneva della tuta.
Il pallore del suo corpo nudo brillò alla luce delle lampade al neon.
Teresa distorse lo sguardo, disgustata.
Claire non aveva mosso nemmeno un muscolo sul suo volto, ma l’amica sapeva perfettamente quanto odio e vergogna provasse per quell’umiliazione così gratuita.
Nel frattempo, l’uomo in nero aveva preso a girarle attorno, esaminandole la ferita al centro dell’addome e illuminandole gli occhi con una luce portatile.
 
Alla fine dell’ispezione, si risedette con calma sulla poltrona.
Il suo atteggiamento si era fatto improvvisamente più rilassato.
“E così ti sei Risvegliata, mh?”, chiese.
Claire esitò un istante, poi rispose freddamente:
“Sono tornata indietro appena in tempo”.
“Ci è mancato davvero poco, questa volta. Sai a che cosa vai incontro, ogni volta che perdi il controllo del tuo yoki?”.
“Sì. Anche se il Risveglio non è stato completo, qualcosa nel nostro fisico cambia irreversibilmente”.
“Proprio così. Per questo, mi auguro che da questo momento in poi sarai più assennata e non commetterai altre inutili sciocchezze. Hai capito?”.
Claire annuì, fissandosi i piedi nudi sul tappeto polveroso.
“Puoi andare di là”, la congedò l’uomo in nero freddamente. “Ti ho lasciato una tuta nuova sul bordo della vasca. Attenta a non distruggere anche questa o dovrò fare ulteriori tagli sul vostro equipaggiamento”.
La guerriera assentì di nuovo, avviandosi lentamente verso il bagno e chiudendosi la porta alle spalle.
Pochi istanti dopo, il rumore di un rubinetto aperto echeggiò nel silenzio ovattato dell’appartamento.
 
“Immagino che tu voglia fermarti a cena, anche se ti confesso che il nostro frigo è abbastanza vuoto. A meno che tu non voglia sperimentare il cibo per gatti, ovvio”, intervenne Teresa nel tono più formale che avesse in repertorio.
“Non fa niente, ho già mangiato. Anche se avrei gradito qualcuno dei tuoi dolci”, rispose l’uomo in nero levando una mano.
“Eh, non si può mica pretendere tutto: oggi avevo troppo da lavorare per stare a spignattare in cucina!”.
La prossima volta che farò i muffin, spero che ti ci strozzerai, razza di schifoso!
“Abbassiamo i toni, bellezza”, tagliò corto il capo.
“Che c’è, Louvre? Stasera sembri non avere il tuo solito senso dell’umorismo…”.
Nonostante avesse gli occhiali da sole, lo sguardo severo dipinto negli occhi dell’uomo in nero fu fin troppo eloquente.
“Hai idea di quello che avete rischiato?”, disse a bassa voce, quasi un ringhio.
“Alla fine, non è successo niente. Lo yoma è morto, gli umani sono salvi e Claire è tornata indietro”, tagliò corto Teresa.
“Smettila di comportarti come un’adolescente sorpresa a rientare dalla discoteca alle quattro del mattino. Se la tua amica si fosse Risvegliata, le conseguenze all’interno di quel locale avrebbero potuto essere molto gravi. Chi sarebbe riuscito a fermarla, in mezzo a tutte quelle persone? Dubito che tu l’avresti fatto”.
A quella frecciatina, Teresa si morse nuovamente il labbro inferiore.
Sapevano entrambi che, persino nel momento in cui Claire si sarebbe trasformata in un mostro, l’amica non avrebbe mai avuto il coraggio di tagliarle la testa a sangue freddo.
Non lei, non la bambina che aveva giurato di proteggere molti anni prima.
“Ho sbagliato, questo lo ammetto”, disse con una scrollata di spalle. “La prossima volta, vedrò di sorvegliarla più da vicino”.
 
“Non ci sarà una prossima volta. La colpa è stata solo mia”.
In quel preciso istante, Claire era appena rientrata nel soggiorno con indosso la nuova tuta, i capelli di un biondo quasi argenteo ancora bagnati.
Si sedette a gambe incrociate accanto a Teresa, un’espressione omicida dipinta nei suoi occhi d’argento.
Teresa sapeva che, in quel preciso istante, l’amica stava smaltendo quanto accaduto poco prima, aggiungendo altro odio a quello che covava nel profondo del suo cuore ibrido.
Dal suo canto, Louvre sembrava di tutt’altro avviso.
“Brava, piccola mia. Vedo che hai afferrato il concetto”, disse con un sorriso compiaciuto.
In tutta risposta, Teresa non si preoccupò di nascondergli un’occhiata carica d’odio.
Giuro che questa te la farò pagare, insieme a tutto il resto, pensò con rabbia.
 
Ma quello non sembrava il momento per i litigi.
Louvre, infatti, aveva appena spento la televisione con il telecomando, rivolgendosi alle sue guerriere.
“Bene, ora parliamo di affari”, disse congiungendo le mani sotto il mento. “In questi giorni, l’Organizzazione ha svolto ulteriori indagini sull’anomala concentrazione di yoma nella capitale e sono emersi dai dati abbastanza inquietanti”.
“Ovvero?”, sbuffò Teresa.
L’uomo in nero si concesse una pausa teatrale e proseguì:
“Pare che dietro non ci sia semplicemente un Risvegliato come temevamo. Ce ne sono almeno tre”.
“Eeeeeeeh???!!!???”.
Entrambe le Claymore trasalirono a quella notizia.
“Come sarebbe a dire tre Risvegliati? Che cosa ci fanno in un posto di merda come questo?”, esclamò Teresa, visibilmente sconvolta.
“Allora, da dove cominciamo? Clima mite, alta concentrazione di umani, molti dei quali in condizioni precarie o di clandestinità, terra fertile…In ogni caso, un ottimo territorio di caccia per fare gola a un solo Risvegliato”.
“Aspetta, forse non ho ben capito”, Teresa aveva iniziato a non controllare più il suo respiro. “Giorni fa ci hai detto che tutti questi yoma sono stati reclutati da un Risvegliato. Se le cose stanno davvero così, significa che questi tre Risvegliati hanno ognuno il proprio esercito personale?”.
“Come al solito, la tua perspicacia mi evita di sprecare tanto fiato prezioso”, rispose Louvre con calma. “Ebbene sì, le cose stanno proprio così. Pare che i Risvegliati si stiano contendendo questo territorio strategico. Ciò significa che si sta per scatenare una guerra”.
“E ce lo dici così?”.
“Meglio non alimentare troppo panico, non trovi?”.
“Sei davvero incredibile!”.
Teresa si mise le mani nei capelli.
 
“Le vostre colleghe arriveranno entro le prossime ore per aiutarvi a gestire la situazione. Presto, qui a Roma ci sarà un vero e proprio esercito costituito da ogni Claymore in grado di combattere seriamente”, proseguì Louvre con calma.
“Non dovevano essere qui giorni fa? Per caso l’aria dell’Italia le sta facendo adagiare sugli allori?”, commentò Teresa sarcastica.
“Ciò che fanno le altre non è cosa di tua competenza!”, la freddò il capo. “Per ora, vi consiglio di riposarvi…finché potete. Già dalle prossime ore, riceverete ordini più precisi. E stavolta non ammetto errori o colpi di testa, o sarò il primo a ordinare la vostra esecuzione. Sono stato chiaro?”.
“Forse quello che ha bisogno di rilassarsi sei proprio tu, Louvre. Lo stress ti sta dando alla testa”.
L’uomo in nero strinse le labbra, visibilmente irritato dall’atteggiamento strafottente di Teresa.
“Attenta con quella lingua, dolcezza”, disse in tono di minaccia, levandosi in piedi. “Finora sono stato fin troppo indulgente con te, ma non ti aspettare che lo siano anche gli altri membri dell’Organizzazione, una volta qui”.
“E Priscilla? Si sa se tra questi Risvegliati c’è anche lei?”, domandò improvvisamente Claire senza levare lo sguardo, nel momento in cui Louvre stava per infilare la porta.
“Forse sì, forse no”, fu la risposta lapidaria. “Buonanotte”.
 
*
 
Raki salì le scale che portavano al suo appartamento con tutta l’aria di chi non vede l’ora di concedersi un po’ di sano riposo dopo una giornata da incubo.
La vita all’università si stava trasformando in un vero massacro, tra gli esami incombenti e le continue avances di quelle galline delle sue compagne.
Era diventato decisamente intollerante con loro, dalla serata in discoteca.
E, soprattutto, da quando aveva notato quei due posti vuoti in aula, dove un tempo si sedevano Roberta e Gaia.
Ogni volta che ci pensava, il ragazzo si sentiva attanagliare le viscere da una morsa d’acciaio.
Ancora non riusciva ad abituarsi a quell’assenza.
Era come se le due amiche fossero ancora lì, in qualche modo; quasi si aspettava che spuntassero dalla porta dell’aula da un momento all’altro, anche se sapeva benissimo che non sarebbe mai accaduto.
Forse stava diventando pazzo.
Chissà, magari concentrarsi sullo studio lo avrebbe aiutato a dimenticare.
 
Raki infilò le chiavi nella toppa a spalancò la porta.
Il familiare odore di casa sua gli venne incontro, accompagnato però da una fragranza diversa, dolciastra, ferrigna.
Erano già le otto e mezza di sera, ma l’appartamento era avvolto dall’oscurità più totale.
“Mamma? Papà? Sono io!”.
Raki accese la luce.
Restò paralizzato sulla porta, la bocca spalancata in urlo senza fondo.
Ovunque vedeva rosso: sui mobili, sulla carta da parati, sul pavimento.
E sui due corpi irriconoscibili, abbandonati sulla schiena nel bel mezzo del salotto, sommersi da un mare di sangue e di carni strappate.




Taaaaaa-daaaaan, sorpresaaaaa!!!!! :)
Come promesso, questa settimana l'aggiornamento arriva con qualche ora d'anticipo...anche se sono convinta che, dopo aver letto questo capitolo decisamente poco allegro, molti di voi in questo momento stiano progettando di strozzarmi!
Posso dire in mia difesa * coff! coff! * che il prossimo sarà molto tenero e finalmente tra Raki e Claire nascerà un legame destinato a diventare molto importante...

MA VENIAMO A NOI! ;) * altrimenti è inutile che leggiate i prossimi capitoli, se poi finisco per spoilerare tutto come al solito! *
Passo immediatamente ai ringraziamenti, visto che oggi avrò un bel daffare ;)
Per le recensite: il mio amato marito Xephil, la mia sorellona Angelika_Morgenstern, le fantastiche joy, bienchen e SognatriceAocchiAperti e infine i mitici KING KURAMA e AlanKall.
Un grazie speciale anche a tutti i lettori silenziosi, che crescono di giorno in giorno: un abbraccio a tutti voi, ovunque vi troviate!

Colgo l'occasione per farvi un piccolo punto della situazione.
Come vi ho già detto, ho tante idee per la testa, che potrebbero vedere la luce entro l'estate.
La prima è la mia iscrizione su WattPad, su cui vorrei iniziare a pubblicare a breve. Il mio desiderio sarebbe quello di iniziare proprio da "The Phoenix", visto che rappresenta una storia molto importante per me, e in tal caso mi piacerebbe postare il primo capitolo proprio dal 10 giugno, data della sua nascita. Voi che ne pensate? 
Un'altra fiction è in fase di lavorazione, tutta dedicata ai Linkin Park, le mie Muse ispiratrici * è proprio grazie a loro se oggi potete leggere questa storia *
Inoltre, * dulcis in fundo * visto che più di qualcuno me l'ha chiesto, non vi nascondo che sto scrivendo una fanfiction a quattro mani con mio marito Xephil, che prevederà un crossover tra Claymore e...sorpresa! ;) Ci premureremo comunque di darvi dettagli più precisi man mano che andremo avanti, quindi teneteci d'occhio entrambi! :)

Che dire ancora?
Auguro a tutti un finesettimana bbbestiale * il mio lo sarà di sicuro! ;) * e ci rivediamo lunedì sera con "The Phoenix" e venerdì con "Occhi d'argento".
Per qualsiasi informazione, passate pure qui: https://www.facebook.com/LeStorieDiFedra
Un abbraccio! :)

Vostra,
Fedra







 
 
 

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Capitolo 22
*** Una strana convivenza ***


Ventidue.
Una strana convivenza
 
 
*

 

 

 

 

Raki spalancò gli occhi bruni, svegliato dal sottile raggio di luce che penetrava dalle imposte semichiuse.
Gli ci vollero diversi secondi per realizzare che quella non era casa sua.
Il respiro sommesso di suo fratello, sdraiato al suo fianco nell’enorme letto matrimoniale che aveva tutta l’aria di essere sopravvissuto a entrambi i conflitti mondiali, ruppe il silenzio ovattato dell’appartamento sulla Tangenziale.
Come fossero arrivati lì era a dir poco assurdo.
Ma, di certo, quella bizzarra sistemazione era di gran lunga preferibile a ciò che lo attendeva a casa.
 
La polizia era arrivata dopo circa un’ora, transennando l’appartamento devastato e rimuovendo ciò che rimaneva dei corpi dei suoi genitori.
Lui e Zaki avevano trascorso l’intera nottata in questura, rispondendo alle domande dei carabinieri fino allo sfinimento, ripetendo di continuo che non avevano la minima idea di che cosa fosse accaduto.
O almeno, questa era la versione ufficiale dei fatti.
Ormai Raki aveva imparato a riconoscere il modus operandi di uno yoma.
La conferma era arrivata circa tre giorni dopo, al momento dei funerali.
Erano rimaste in fondo alla chiesa per tutta la cerimonia, immobili come due colonne bianche dal volto ricoperto dagli occhiali da sole.
Era stata Claire ad avvicinarsi per prima, scavalcando il muro umano composto da Giulia, Silvia e Federica (che non si erano lasciate sfuggire un solo istante per sommergere Raki di baci e abbracci) e prendendo il ragazzo in disparte.
“Mi dispiace”, aveva detto sommessamente.
Non una lacrima le solcava il volto.
In tutta risposta, Raki l’aveva abbracciata con tutte le sue forze.
Ora più che mai aveva bisogno di lei, della guerriera cacciatrice di demoni.
Ma non era solo vendetta, quella che cercava.
Era un punto fermo, una mano tesa che lo aiutasse ad affrontare quella situazione terribile senza abbandonarlo.
Qualcuno che lo spronasse a guardare oltre il dolore e la paura e gli insegnasse davvero cosa voleva dire essere un uomo.
 
Per qualche istante, Claire era rimasta interdetta dalla sua reazione, poi, impercettibilmente, le sue braccia avevano circondato le spalle esili di lui, stringendolo piano a sé.
“Mi dispiace”, ripeté piano. “Sono stata io la causa di tutto questo. Colpendo te, il demone ha cercato di punire me. Sapeva che avrei provato sensi di colpa”.
In tutta risposta, Raki levò lo sguardo su di lei.
“No,”, disse scuotendo il capo “non devi darti la colpa per quello che è successo. Non una persona come te”.
A quell’affermazione, Claire sgranò gli occhi per la sorpresa.
Nessuno l’aveva mai definita una persona prima d’ora.
Nemmeno Teresa.
“Io non sono quella che credi”, si schermì, improvvisamente sulla difensiva.
“Eppure, è ciò che ho sempre visto: una donna piena di coraggio e di generosità”.
“Il dolore ti sta alterando la mente. So che stai soffrendo, ma io non sono più un’umana e non posso capire i tuoi sentimenti”.
 
Un groppo alla gola soffocò quelle ultime parole, lo sguardo fisso negli occhi colmi di lacrime di Raki.
Anche lui, come lei, aveva perduto la sua famiglia a causa di uno yoma.
Anche lui, ora più che mai, aveva bisogno di aiuto, rimasto solo contro un mondo ostile.
Improvvisamente, Claire rivide se stessa, umana e tramante, al posto del ragazzo che aveva di fronte.
Le mancò il fiato.
E a quel punto, le fu fin troppo chiaro l’artefice di una strage tanto orrenda.
Qualcuno che conosceva lei e Teresa meglio di chiunque altro.
Maledetta!, pensò, gli occhi che le si riempivano improvvisamente di lacrime che vennero respinte subito. Me la pagherai, Priscilla! Me la pagherai!
 
Incapaci di rimettere piede nell’appartamento messo letteralmente sotto sequestro dalla polizia, Raki e Zaki avevano preso una stanza in uno scalcinato Bed & Breakfast sulla Nomentana, ma sapevano che la cosa non sarebbe durata a lungo.
In fondo, che alternative avevano?
La maggior parte dei loro parenti abitavano in Giappone, fatta eccezione di zia Clara, che gli aveva subito proposto di raggiungerla a Ravenna, dove abitava con il marito e i due figli.
I fratelli Yagi, però, avevano declinato subito l’offerta: Zaki aveva ormai un lavoro stabile a Roma, mentre Raki doveva concludere l’università e inoltre entrambi non avevano voglia di pesare su qualche parente già alle prese con i problemi di tutti i giorni.
Lo stesso, però, non era accaduto quando Teresa, con la massima nonchalance, aveva proposto ai due di condividere l’appartamento con lei e Claire.
Al rifiuto di Raki, la Claymore si era limitata a sorridere.
“Non era una domanda”, aveva risposto. “Ora, da bravi, salite in macchina, sparecchiate le vostre quattro cose da quella vecchia topaia e venite a vivere con noi. Pensione e, soprattutto, protezione completa”.
In tutta risposta, Zaki aveva levato gli occhi al cielo.
“La vostra Organizzazione contempla anche il sequestro di esseri umani?”, aveva domandato.
“Se è per preservare la sicurezza dell’umano in questione, sì”, aveva risposto Teresa, strizzandogli un occhio da dietro le lenti degli occhiali da sole.
 
E così erano approdati lì.
Subito erano nate le prime polemiche sulla sistemazione.
Notando che c’era un letto solo, sia Raki che Zaki si erano offerti di accomodarsi tra il divano e il tappeto del salotto.
Di certo non immaginavano che era proprio quella la postazione preferita delle due Claymore, ad accesso strategico contemporaneamente alla televisione, alla porta d’ingresso e al frigorifero.
“Per la verità, è la mia postazione preferita, visto che di solito la notte mi metto a cucinare mentre guardo la TV”, aveva specificato Teresa. “Claire, invece, tende ad addormentarsi direttamente nella vasca da bagno, specie se ha avuto una giornata particolarmente pesante. Per questo, vi consiglio di bussare sempre prima di entrare: a lei non piace essere svegliata di soprassalto”. 
 
Certo che all’inizio Raki aveva avuto qualche difficoltà nel convivere con le strane abitudini delle Claymore.
Lo stesso valeva per le due guerriere, le quali non avevano calcolato appieno le conseguenze dell’avere improvvisamente due uomini che giravano a piede libero per casa.
Di certo, ora nell’appartamento si stava decisamente stretti e diventava sempre più difficile godere di un po’ privacy, soprattutto per un tipo riservato come Claire.
Senza contare che, secondo i parametri delle Claymore, i loro ospiti mangiavano e dormivano a sproposito.
Come al solito, la più ottimista era Teresa, dal momento che aveva trovato finalmente qualcuno che facesse sparire tutti i suoi manicaretti senza opporre resistenza.
Dal suo canto, Raki non si lamentava affatto di quel trattamento, anche se cominciava a temere di avere un eccesso di zuccheri all’interno del sangue.
 
Il ragazzo si alzò dal letto stiracchiandosi, dirigendosi poi verso il bagno.
Dopo aver bussato prudentemente (la prima volta per poco Claire non gli aveva affettato la testa come un’anguria), entrò nella stanza e si lavò rapidamente, ciabattando poi fino in cucina.
La torta di Teresa era ancora lì dalla sera prima.
Raki ne tagliò una fetta e prese a sbocconcellarla pigramente, mentre con l’altra mano metteva una vecchia caffettiera a bollire sul fuoco.
In quel mentre, Maleficat gli passò accanto a tutta velocità, strusciandogli di proposito sugli stinchi prima di andarsi a rifugiare dietro il divano.
Al contatto con il pelo, il ragazzo lanciò due sonori starnuti, gli occhi improvvisamente colmi di lacrime.
“Salute!”, rispose la voce di Claire, accoccolata sullo schienale.
Per poco, Raki non si strozzò.
“Come siamo emotivi”, rispose la Claymore emergendo dal divano.
Indossava la tuta bianca e aveva la frangetta scompigliata, segno che si era appena concessa i suoi dieci minuti di sonno giornalieri.
La guerriera si avviò al tavolo a passi felpati, sedendosi di fronte a lui.
“Preparalo per due, se non ti dispiace”, aggiunse, accennando alla caffettiera.
“Non sapevo che bevessi caffè”, osservò Raki, affrettandosi a ubbidire.
“Ognuno ha la sua droga”.
 
Un attimo dopo, il silenzio della stanza venne interrotto dallo sfrigolare del metallo sul fuoco.
“Siete riuscite a fare chiarezza sui Risvegliati?”, domandò Raki dopo un po’.
“Ancora niente. Louvre è sparito e delle nostre colleghe non c’è ancora traccia. Ma temo di sapere chi ci sia a manovrarli e la cosa non mi piace. Non vedo l’ora di chiudere questa storia una volta per tutte”, rispose Claire, laconica.
“Vorrei tanto potervi aiutare”, commentò il ragazzo mentre versava il caffè.
“L’unico modo in cui tu e tuo fratello potete aiutarci è starvene buoni qui dentro fino a nuovo ordine”.
“Ma non posso restarmene con le mani in mano con l’assassino dei miei genitori ancora in giro!”.
“Apri bene le orecchie, ragazzo. Tu sei un essere umano. Non puoi nulla contro una bestia dieci volte più forte e affamata di te. Per uno yoma, tu sei solo uno stuzzichino”.
“Anche l’Organizzazione è composta da esseri umani”.
“Peccato che mandi avanti noi mezze demoni”.
Raki si prese la testa tra le mani, visibilmente spazientito.
“Sono stufo di sentirmi inutile. E se gli yoma attaccassero la casa? Vorrei almeno sapere come difendermi”.
 
“Questo sì che sarebbe un obiettivo interessante”, intervenne in quel momento la voce di Teresa.
La Claymore era appena apparsa all’ingresso del soggiorno, raggiungendoli a grandi passi e sedendosi in mezzo a loro.
In tutta risposta, Claire si rabbuiò.
“Quello che dici non è affatto stupido”, proseguì Teresa sorridendo. “In fondo, credo che a uno come te imparare a combattere non farebbe affatto male. E Claire sarebbe un’ottima insegnante, non credi?”, aggiunse, allungando una gomitata all’amica.
L’altra si limitò a sbuffare.
“E dai, non essere sempre così scontrosa!”, la punzecchiò la guerriera, implacabile.
“E va bene!”, ruggì Claire. “Tu,”, soggiunse rivolta a Raki “sul balcone. Tra dieci minuti. Armato”.
E uscì dalla stanza senza nemmeno toccare il suo caffè.
 
*
 
Un pallido sole di inizio novembre accarezzava i palazzi di Roma ancora immersi nella nebbia del mattino, il traffico dell’ora di punta che risuonava come un rombo sordo.
Claire contemplava il panorama dalla sommità del palazzo, rigirandosi pigramente la guardia della spada tra le mani.
Improvvisamente, la figura ingobbita di Raki emerse dalle file di panni stesi.
Reggeva in mano due bastoni di plastica rossa.
“Aspetta un attimo!”, esclamò Claire. “Quelli che cosa sarebbero?”.
“Ehm, Teresa ha preferito che usassimo i bastoni delle scope. Dice che non sono ancora abbastanza forte per reggere una spada”, rispose Raki con una lieve punta d’imbarazzo.
“Cominciamo bene”, bofonchiò la Claymore, gettando via la sua con aria rassegnata. “Dai qua, che ti faccio vedere”.
 
Sin dalla messa in guardia, iniziarono i primi problemi.
Raki stava troppo gobbo e aveva una coordinazione decisamente inesistente.
Alla fine, per fargli mantenere la posizione giusta, Claire si vide costretta a bastonarlo sugli stinchi.
Poi si passò alle mosse vere e proprie, con annessi disastri.
Dopo aver tirato giù due lenzuoli e ricevuto altrettante manganellate, finalmente Raki riuscì a fare un affondo come si deve.
Claire gli ripeteva tutto daccapo ogni volta che sbagliava, anche se la sua pazienza si assottigliava di attimo in attimo.
Alla fine, arrivarono i combattimenti veri e propri, anche se solo con i bastoni di plastica.
Inutile dire che il ragazzo, alla fine di quel primo allenamento, era decisamente cotto e ricoperto di lividi dalla testa ai piedi.
Dal canto suo, Claire non si era nemmeno scompigliata i capelli.
 
“Puoi fare di meglio”, disse impugnando la sua affezionata spada e mettendosi in guardia.
Di fronte agli occhi strabiliati di Raki, la guerriera eseguì una serie di mosse, fendendo un nemico invisibile con la lama.
“Caspita, voglio diventare bravo come te!”, esclamò estasiato.
“Ci vuole tanto allenamento. Probabilmente, visto il tuo caso, un miracolo”, commentò Claire. “Ma se ti impegnerai a fondo e soprattutto mi starai a sentire, forse io e te potremo concludere qualcosa”, aggiunse, notando la sua aria afflitta.
A quelle parole, gli occhi marroni del ragazzo si illuminarono.
“Davvero?”, esclamò.
“Certo! Tutto dipende da te, da quello che vuoi davvero”.
Raki strinse il bastone tra le mani, lanciando a Claire un’occhiata carica di determinazione.
“Sono pronto a tutto”, disse deciso. “Qualsiasi cosa, pur di restare con te”.




Buonasera, gente! :) Come state?
Devo dire che l'aggiornamento di stasera è stato abbastanza sofferto, ma non potevo permettermi di deludere dei lettori meravigliosi come voi! :)
Che ne dite, riusciamo un po' a distendere i toni? E come pensate che vada avanti questa convivenza tra Claymore e umani?  * soprattutto QUEGLI umani *

Aspettando le vostre risposte, corro rapidamente a ringraziare mio marito Xephil, la mia sorellona Angelika_Morgenstern, le mitiche joy, bienchen e SognatriceAocchiAperti e i fantastici KING KURAMA e AlanKall per le loro bellissime e appassionate recensioni.
Un grazie anche a tutti vari lettori silenziosi * uscirete mai allo scoperto? ;) * che seguono sempre più numerosi questa storia.

Il prossimo capitolo tornerà puntuale di venerdì, mentre per "The Phoenix" ci vediamo lunedì in serata, non solo su efp ma anche su WattPad.
Per qualsiasi cosa, la mia pagina Facebook è a vostra completa disposizione: https://www.facebook.com/LeStorieDiFedra

Che dire, ancora?
Passate un buon weekend * anche per me, che sono sepolta da una montagna di libri! * e godetevi questo inizio estate! :)
Un abbraccio!
Vi voglio bene :)

Vostra,
Fedra

 
 
 

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Capitolo 23
*** Un chiaro avvertimento ***


Ventitré.
Un chiaro avvertimento

 
*
 
 
 
 
La voce graffiante di Chester Bennington echeggiava per l’intero appartamento, soffocando il rumore del traffico sottostante.
Raki fischiettava a tempo di musica, alternando i colpi di batteria e le schitarrate scatenate dei Linkin Park con i movimenti della scopa sul pavimento.
A detta di Teresa, era decisamente più promettente come uomo di ramazza che di spada.
Come insegnante, Claire non poteva dirsi più d’accordo, anche se non poteva negare un certo miglioramento nel suo allievo.
 
Dopo i primi giorni di spaesamento, Raki si stava finalmente abituando a quella nuova vita.
La compagnia delle Claymore, che di tragedie ne avevano viste fin troppe, era uno sprone costante ad andare avanti a testa alta, nonostante tutto.
Ognuna delle due aveva sviluppato un modo diverso per affrontare il dolore: Teresa aveva sempre la battuta pronta in qualsiasi situazione, mentre Claire si barricava dietro una tenacia e un carattere inflessibile.
Con lei era severamente vietato lamentarsi, a meno che non si volesse rimediare immediatamente una bella randellata sugli stinchi.
Anche se nei primi tempi era stata dura, Raki iniziava finalmente a capirla.
E, di conseguenza, a maturare come uomo.
 
Quando viveva con i suoi genitori, il ragazzo non era mai stato un esempio di responsabilità.
Con la scusa dello studio, in tutti quegli anni non si era mai occupato sul serio delle faccende pratiche della vita.
Di solito erano gli altri ad agire per lui, credendo di aiutarlo.
Quando Teresa aveva scoperto che il ragazzo non sapeva neppure avviare una lavatrice e che le sue competenze culinarie si fermavano alla macchinetta del caffè, la sua reazione era stata a dir poco apocalittica.
“Se vuoi essere veramente una persona libera, devi imparare a cavartela da solo. Come pretendi di riuscirci, se poi dipendi sempre da qualcuno? È ora che cresci, bello mio”, lo aveva rimproverato severamente, impugnando contro di lui un mestolo inzuppato di sugo.
In compenso, era bastato un pomeriggio per trasformare Raki in un autentico uomo di casa.
 
E, in fondo, al ragazzo non dispiaceva affatto rendersi utile in qualche modo mentre le due Claymore erano via ad affettare lo yoma di turno.
In quel momento, si trovava solo a casa e ne aveva approfittato per dare una pulita in giro.
Già pregustava le facce di entrambe al loro ritorno, quando avrebbero trovato l’appartamento in perfetto ordine.
Quasi quasi, per stupirle ancora di più avrebbe preparato anche il pranzo.
Mentre pensava a questi ambiziosi progetti, Raki mise una pentola a bollire sul fuoco, continuando poi a passare la scopa sul pavimento.
 
Improvvisamente, il familiare rumore di una porta che si apriva attirò la sua attenzione.
Bene, sono tornate!, pensò il ragazzo facendo per andare loro incontro.
Ma, con suo sommo sgomento, invece delle due Claymore si trovò davanti a un uomo completamente vestito di nero, che lo osservava sorridendo da dietro le lenti degli occhiali da sole.
“Scusi, chi è lei?”, esclamò interdetto.
“Sicuramente, non sono uno yoma”, rispose Louvre appoggiandosi al frigo. “Le ragazze sono al lavoro?”.
“Sì, ma torneranno a momenti”, ribatté il ragazzo nervosamente.
Quel tipo non gli piaceva affatto.
In tutta risposta, Louvre allargò ancora di più il suo sorriso.
“Perfetto, lo immaginavo”, disse piano. “Avrei voglia di scambiare due parole con te, Raki”.
“Con me?”.
L’Uomo Nero squadrò il ragazzo con aria indagatrice, indugiando sulla ramazza che reggeva tra le mani.
 
Dallo stereo, la voce di Chester aveva preso a cantare:
 
I watch how the moon sits in the sky
On a dark night shining with the light from the sun
The sun doesn't give light to the moon
Assuming the moon's going to owe it one
 
“Allora le ragazze ti hanno messo al lavoro, non è così?”, proseguì Louvre con calma.
“Sì, è così. Ma non mi lamento, anzi. È il minimo che possa fare per ripagarle della loro ospitalità”, rispose Raki, visibilmente a disagio.
“Ospitalità”, l’Uomo Nero si lasciò sfuggire una risata sarcastica. “Come se una Claymore sapesse cosa voglia dire”.
“A me sono sembrate più che cordiali, con me e mio fratello. Ci stanno dando tutto il sostegno possibile per affrontare il terribile momento che stiamo vivendo. Non so come avrei fatto, senza di loro”.
 
“Mio caro ragazzo, hai idea del tipo di creatura con cui hai a che fare?”.
“So perfettamente che non sono umane, ma ciò non significa che abbiano molti più sentimenti rispetto ai miei simili”.
“Ma davvero?”.
 
I'm sick of the tension, sick of the hunger
Sick of you acting like I owe you this
Find another place to feed your greed
While I find a place to rest
 
Raki gli scoccò un’occhiata di sfida.
“Sì”, rispose con decisione.
“Noto che ti sei affezionato molto a Claire”, proseguì Louvre, implacabile.
“Lei come fa a saperlo?”.
L’uomo sorrise.
“Io so ogni cosa facciano, dicano o pensino le mie ragazze. Immagino che ti abbiano parlato dell’Organizzazione, vero?”.
“So benissimo chi siete, ma credo che mi stia chiedendo qualcosa che non la riguarda”.
A quelle parole, il sorriso sul volto di Louvre parve congelarsi.
“Ti credevo un ragazzo più timido”, commentò deluso. “Evidentemente, la compagnia prolungata di Teresa ti ha affilato la lingua”.
“Devo molto a entrambe. Non deve preoccuparsi per loro. Io e mio fratello stiamo facendo di tutto per non rappresentare un peso, se sono le differenze di abitudini a preoccuparla”.
 
“Non è una questione di tenere o meno la dispensa piena”, rispose Louvre. “Il vero problema sta nelle vostre stesse nature. Loro sono mezze demoni, tu solo un umano”.
“E con ciò? Ce la stiamo cavando benissimo”.
 
I want to be in another place 
I hate when you say you don't understand
(You'll see it's not meant to be)
I want to be in the energy, not with the enemy
A place for my head
 
“Dimmi un po’, giovanotto. Claire ti ha mai parlato del Risveglio?”, incalzò Louvre.
“So perfettamente che cos’è”.
“E sai anche che un giorno accadrà anche a lei?”.
A quelle parole, Raki restò come pietrificato.
“No, non è possibile!”, esclamò. “Claire non può Risvegliarsi! Sono stato io stesso a riportarla indietro!”.
“Questo perché hai avuto fortuna. Il corpo di ogni guerriera è per metà umano e per metà yoma. Ogni volta che affrontano un combattimento, esse usano una certa quantità di yoki, il potere demoniaco. E, man mano che il tempo passa, questo potere tende ad aumentare sempre più. In poche parole, un giorno tutte le guerriere si trasformeranno definitivamente in yoma. A quel punto, l’unica cosa da fare sarà eliminarle prima che possano far del male a qualcuno”.
“NO! Claire e Teresa sono diverse. Riescono a contenere il loro yoki e all’occorrenza tornare indietro. Non lo dico solo perché me lo hanno raccontato. Io l’ho visto con i miei occhi!”.
Louvre sospirò, scuotendo il capo.
“Quelle due stanno alimentando in te solo vane speranze. In realtà, come tutti gli esseri viventi, anche le Claymore sono destinate a morire, prima o poi. Anche la tua Claire. Ti conviene non affezionarti troppo a lei”.
In quel preciso istante, Raki avrebbe voluto mettersi a piangere.
“Non ci credo! Claire non è un mostro!”, gridò.
“Questo perché non vuoi vedere la realtà. È normale, si vede che sei innamorato. Ma sono certo che un ragazzo intelligente come te si renderà presto conto dell’assurdità di questa situazione”.
“La smetta, lei non ha alcun diritto di fare queste insinuazioni! Se ne vada!”, Raki era diventato più rosso di un peperone, per la rabbia e la vergogna.
“Io non voglio costringerti a fare nulla”, disse Louvre, facendo per uscire dall’appartamento. “Il mio era solo un consiglio da amico, per evitarti inutili sofferenze. Fossi in te, mi affretterei a fare i bagagli e dimenticherei questa storia al più presto. Riflettici bene, Raki”.
 
I passi dell’Uomo Nero svanirono nel corridoio.
Non appena si rese conto di essere rimasto solo, Raki si afflosciò sul pavimento come una bambola rotta, la scopa ancora stretta tra le mani.
“No…no”.
Era talmente sconvolto da non riuscire nemmeno a piangere, per quanto il dolore scavasse come una furia nel suo petto.
Mai come in quel momento la voce di Chester stava urlando per lui:
 
You try to take the best of me
Go away
You try to take the best of me
Go away
You try to take the best of me
Go away
 
GO AWAY!
YOU TRY TO TAKE THE BEST OF ME!
GO AWAY!
YOU TRY TO TAKE THE BEST OF ME!
GO AWAY!
 
*
 
“Sono tornata!”.
Claire caracollò nella cucina, il volto nascosto dietro la pila di cartoni della pizza che reggeva tra le mani.
Era stata una giornata produttiva (tre yoma uccisi senza nemmeno sporcarsi la tuta, stava migliorando) e per questo voleva cogliere l’occasione per festeggiare, almeno per una volta.
Con sua enorme sorpresa, non trovò Raki ad attenderla.
Il ragazzo se ne stava seduto sul divano, gli occhi spenti fissi sullo schermo.
Stava guardando una telenovela anni Settanta.
Era evidente che non stava seguendo nemmeno una battuta.
 
“Ehi, tutto bene?”, domandò Claire crollando a sedere accanto a lui. “Pizza?”.
Il ragazzo non rispose, ignorandola.
La cosa la lasciò letteralmente interdetta.
“Cos’è successo?”, domandò.
“È vero che sei un mostro?”.
La domanda la colpì con la potenza di uno schiaffo.
“Prego?”, esclamò.
“Il tuo capo è stato qui. Ha detto che un giorno ti trasformerai in uno yoma. È vero?”.
 
“Quel maledetto stronzo!”, sibilò Claire furibonda.
“È vero o no?”.
“Raki, guardami! Ho detto guardami!”.
Il ragazzo voltò il capo, lo sguardo velato di tristezza.
“Ti vedo, Claire”, disse in tono innaturale.
“Ti sembro forse un mostro?”.
 
Il ragazzo indugiò sul suo volto da bambina, gli occhi d’argento che lo scrutavano a pochissimi centimetri dal suo volto.
Un istante dopo, Raki le gettò le braccia al collo, prendendo a singhiozzare rannicchiato contro di lei.
“No, Claire, non lo sei!”, esclamò. “Non tu! Ti prego, non lasciarmi!”.
La guerriera gli accarezzò i capelli arruffati, stringendolo delicatamente a sé.
“No, Raki. Sta’ tranquillo, io non ti abbandonerò”, lo rassicurò. “Sono con te. Fino a quando il mio cuore di demone continuerà a battere”.
 
*
 
Era ormai sera quando Claire salì sulla terrazza.
Ripose le tute stese ad asciugare sul filo dei panni, poi restò a contemplare il panorama sotto di lei, che brillava per chilometri e chilometri fino alle pendici dei Castelli Romani.
Nonostante la sistemazione non fosse delle migliori, non si poteva negare che quella vista fosse davvero mozzafiato.
 
“E così, è rimasto”, commentò la voce melliflua di Louvre alle sue spalle.
Claire si voltò verso di lui, furibonda.
“Che cosa vuoi?”, domandò seccamente.
Era la prima volta che quel viscido le piombava davanti senza che ci fosse anche Teresa.
Brutto segno.
“Quel ragazzo è più tenace di quello che pensassi. Non credi che gli procureresti solo un dolore, costringendolo a vivere come una di voi?”.
“Il ragazzo ha scelto consapevolmente questa vita. Per favore, non intrometterti in cose che non ti competono”.
“Cosa temi, che voglia trasformarlo in un guerriero? Sai bene che non funzionerebbe”.
“E allora che cosa vuoi da lui? Non vedi che ha sofferto troppo? Lascialo in pace!”.
“Appunto per questo ti chiedo di riflettere, mia cara. Sai bene che tra umani e Claymore non può funzionare. Almeno non a lungo termine”.
“Non capisco che cosa intendi”.
Louvre sorrise, comprensivo.
“Di tutte le tue colleghe, tu sei sempre stata la più restia a intrattenere rapporti con esseri umani. La tua improvvisa attenzione per quel ragazzo mi preoccupa. So che, a differenza delle altre, potrebbe essere molto difficile per te rinunciare a lui, quando arriverà il momento”.
Claire si lasciò sfuggire un’esclamazione sarcastica.
“Non riesci proprio a sopportare che qualcuno sia felice, vero?”, commentò, guardandolo dritto negli occhi.
 
Louvre scosse il capo.
“Come sei acida”, commentò. “Paternali a parte, il vero motivo per cui sono venuto qui è un altro. Sono davvero soddisfatto per come stai lavorando. Per questo, ho deciso di premiarti. Ti piacerebbe dare la caccia a un vero Risvegliato?”.
“Che cosa?”.
L’Uomo Nero sorrise.
“Non è questo ciò che volevi? Affrontare un Risvegliato è l’ultimo passo che ti separa dallo scontro diretto con Priscilla. Se sopravvivrai a questo incarico, nulla potrà più frapporsi tra te e la tua vendetta”.
Claire sgranò gli occhi, sempre più sorpresa.
“Dove si trova?”, domandò.
“È stato individuato nelle campagne vicino Tor Vergata. Non ti sarà difficile rintracciarlo”.
Louvre si concesse una pausa prima di continuare.
“Tuttavia, questa volta non ci sarà Teresa ad aiutarti. Vedi, se vuoi davvero essere all’altezza di questo compito, devi agire da sola. Per questo ho pensato di accoppiarti con una compagna diversa dal solito. Ti raggiungerà domattina”.
A quella rivelazione, Claire si sentì montare il panico.
Era la prima volta che agiva senza Teresa.
La cosa la disorientava, facendole montare un insopportabile senso di fragilità.
“Chi è?”, domandò.
Louvre allargò ancora di più il suo sorriso mellifluo.
“Mai sentito parlare di Ofelia?”. 




Buonasera, belve! :)
Eccomi di nuovo qui, con il mio primo capitolo da ventiquattrenne ;) * non potevo non iniziarlo con i Linkin Park, giusto? *
Se vi interessa, la canzone che ho impiegato è A Place For My Head, il cui ascolto è altamente sconsigliato a chi ha i timpani sensibili...ma che aiuto nei momenti difficili!

Ma ora passiamo ai ringraziamenti ;)
Questa settimana le recensioni sono state un po' in calo * spero solo che la storia stia continuando a piacervi! *, ma ciononostante non posso non ringraziare i miei fedelissimi Xephil, bienchen, AlanKall e SognatriceAOcchiAperti. 

Grazie anche ai miei lettori silenziosi, nascosti in giro per l'Italia. So che ci siete! ;)

Purtroppo, causa esame, non garantisco un aggiornamento regolare la prossima settimana. In ogni caso, vi farò sapere per tempo, anche perché mi dispiacerebbe davvero mancare al nostro appuntamento settimanale!
Per qualsiasi cosa, vi consiglio di tenere d'occhio la mia pagina Facebook: https://www.facebook.com/LeStorieDiFedra

Un abbraccio a tutti, ovunque voi siate! :)
Siete fantastici!

Vostra,
Fedra





 

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Capitolo 24
*** Ofelia dell'Onda I ***


 

Ventiquattro.
Ofelia dell’Onda I
 
 
*

 

 

 

 

“Raki, per caso hai sentito Teresa?”.
Il ragazzo levò lo sguardo da dietro lo schienale del divano.
Claire era appena entrata nel soggiorno, finendo di allacciarsi il mantello sulle scapole e cercando a tentoni gli stivali sul pavimento.
“No, è uscita stamattina di corsa e mi ha detto di avvisarti che sarebbe stata fuori a caccia”, rispose.
“Cosa? È andata da sola?”.
La notizia sembrò sconvolgere non poco la guerriera.
“Lascia perdere. Era furiosa. Dice comunque di non preoccuparti, è una cosa da nulla”, cercò di rassicurarla Raki.
Come se dare la caccia ai Risvegliati fosse un trekking in montagna, pensò Claire con rabbia.
Era tutto il giorno che provava a rintracciare l’amica, senza però ricevere alcun segno di vita da parte sua.
Nonostante l’avesse chiamata più volte, il cellulare era sempre staccato e su Facebook non c’era traccia nemmeno di un messaggio.
La cosa non le piaceva.
Non era da Teresa sparire in quel modo.
La Claymore iniziava a temere il peggio.
 
“Sto uscendo anch’io”, annunciò mentre rinfoderava la spada tra le scapole. “Se sai qualcosa, fammi uno squillo”.
“Non posso venire con te?”, azzardò Raki.
“Ma sei impazzito? Vado a dare la caccia a un Risvegliato!”.
Il ragazzo sorrise, alzandosi in piedi.
Solo a quel punto Claire notò la spada nuova di zecca che reggeva tra le mani.
“E quella?”, esclamò stupita.
Raki arrossì.
“L’ho appena comprata in un negozio specializzato”, rispose con una punta di orgoglio nella voce. “E mi sono anche iscritto a un corso di scherma storica. Sai, sono stufo di sentirmi inutile. Voglio imparare a combattere. Così, se un giorno sarà necessario, potrei esserti di aiuto”.
“Che assurdità è mai questa? Un umano non può competere contro uno yoma! Ti farebbe a pezzi prima ancora che te ne renda conto!”.
La cosa sembrò ferire il ragazzo.
“Ma, Claire…”.
Notando la sua aria afflitta, la guerriera gli pose una mano sulla spalla con fare solidale.
“Ascolta,”, lo consolò “non prendere questo mio atteggiamento per una mancanza di fiducia nei tuoi confronti. Purtroppo, le cose stanno così. Confesso che ti voglio bene, Raki, e non potrei sopportare l’idea di perderti. Capisci?”.
A quelle parole, il ragazzo sgranò gli occhi per la sorpresa.
“Dici davvero, Claire?”, domandò.
Incredibilmente, la Claymore abbozzò quello che sembrava un sorriso.
“Cerca di non metterti nei guai, mentre sarò via. Ci vediamo per cena”.
Detto questo, Claire uscì a grandi passi dall’appartamento, scendendo in strada.
 
Prese la metropolitana fino a Cinecittà, poi imboccò la Tuscolana, lasciandosi alle spalle il centro abitato e prendendo a correre a tutta velocità tra le grandi distese di prati incolti, invisibile agli occhi degli umani.
Finalmente, i suoi istinti da cacciatrice potevano agire indisturbati.
Superò antiche rovine e grattacieli periferici, campi nomadi e scheletri di palazzi in costruzione, fino ad arrivare alle pendici di un cantiere appena avviato, a pochi passi dal Grande Raccordo Anulare.
I profili scuri di alcuni casermoni irti di graffiti oscuravano il sole, creando delle lunghe ombre scure sul prato disseminato di erbacce.
Claire si avvicinò con circospezione, pronta a denudare la spada.
Il vento le scompigliò i capelli biondi sulla fronte, riempiendole le narici dell’odore acre del Risvegliato, più forte che mai, insieme a un altro, più lieve e familiare.
 
La sua compagna di battuta era già arrivata, seduta con grazia su un muretto tappezzato di scritte.
Una lunga treccia bionda le scendeva sulla schiena, mettendo in mostra due grandi orecchie a punta.
“Sei arrivata, finalmente. Ero stufa di aspettare”, disse questa.
Aveva una voce stranamente acuta, da bambina.
“Louvre aveva detto che non saresti arrivata prima del tramonto”, si schermì Claire.
In tutta risposta, l’altra fece un verso di stizza.
“Se tu fossi una persona seria, ti saresti messa in moto molto prima di quest’ora, così almeno ti saresti avvantaggiata il lavoro, invece di startene a poltrire. Questo la dice lunga sulla tua serietà”, commentò con odio.
Prima ancora che Claire avesse potuto reagire, una presa ferrea le bloccò i fianchi e le braccia.
La Claymore tentò di divincolarsi, ma l’altra era troppo forte.
“Ferma, non agitarti”, le disse questa in tono suadente a pochi centimetri dal suo orecchio, solleticandole il collo con la punta del naso. “Mmm, devo dire che hai un odore davvero curioso. Sai, ricorda vagamente quello di un…Risvegliato”.
La Claymore fece scivolare la mano sotto la tuta di Claire.
Non appena avvertì le sue dita a contatto con la ferita, la guerriera lanciò un grido di dolore.
L’altra restò impassibile, estraendo la mano e leccando con avidità il sangue che imprimeva i guanti.
“Anche il tuo sapore è strano. Sicura di essere una di noi?”.
 
“NON TOCCARLA!”.
In quel preciso istante, due fari avevano squarciato la luce del tramonto, accecandole, mentre un’utilitaria color grigio metallizzato si fermava di colpo a pochi passi da loro.
“Non toccarla!”, ripeté Raki in tono minaccioso, uscendo dalla macchina con la spada tra le mani.
“Che stai facendo, IDIOTA? Ti avevo detto di stare a casa!”, esclamò Claire esasperata.
“Ma che situazione curiosa!”, cinguettò l’altra in tono deliziato. “Chi è questo ragazzo? È il tuo giocattolo?”.
“NON SONO AFFARI TUOI!”, ruggì Claire, ma la compagna era già balzata via, piombando su Raki con la spada levata.
Il ragazzo lanciò un urlo, sollevando l’arma a sua volta.
Le due lame si scontrarono con un clangore assordante, separandosi un istante dopo.
“Mmm, davvero notevole”, commentò la Claymore, un sorriso angelico stirato sui lineamenti eterei. “Chissà, forse potrei divertirmi un po’ con te, prima di ucciderti…”.
La sua spada stava nuovamente per calare su Raki, quando venne deviata con violenza da quella di Claire, che si era frapposta con decisione tra i due.
“Lascialo stare, Ofelia. Se è me che cerchi, allora sbrighiamocela tra colleghe. Sarebbe disonorevole coinvolgere coloro che siamo chiamate a proteggere, non credi?”, disse con decisione.
“Disonorevole, eh?”, la compagna scoppiò in una risata acuta, infantile. “Proprio tu vieni a fare lezioni di onore a me, la numero 4 dell’Organizzazione? Sei davvero patetica!”.
 
Il movimento della sua spada fu talmente veloce, che Claire se ne accorse solo quando un dolore lancinante le devastò le ginocchia.
Cadde a faccia in giù sull’erba inzaccherata di sangue, spezzata, fissando impotente le sue gambe troncate di netto a poco più di un metro da lei.
“CLAIRE!”, gridò Raki in preda all’orrore, ma venne zittito da Ofelia, che si era frapposta tra i due con un sorriso trionfante stirato sulle labbra.
“Vi propongo un gioco divertente, vi va? Io ora sfiderò questo ragazzo a duello. Non un duello vero, s’intende, ma a ogni minuto che passa aumenterò forza e velocità. A occhio e croce, gli restano sì e no dieci minuti prima che gli faccia saltare la testa”, la Claymore scoppiò in una risatina divertita. “A meno che tu non riesca a riattaccarti le gambe in tempo, ovvio!”, cinguettò, rivolta verso Claire.
Riversa impotente sull’erba, quest’ultima batté con rabbia un pugno sul terreno, incapace di afferrare le sue gambe.
“Ma…le…detta!”, gemette in preda al dolore e alla frustrazione.
“Non è magnifico?”, esclamò Ofelia, battendo le mani soddisfatta. “Forza, COMINCIAMO!”.
 
La Claymore si mise in guardia di fronte a Raki.
Il volto del ragazzo era contratto dalla rabbia.
Me la pagherai, per quello che hai fatto a Claire, pensava con rabbia, incapace di credere a quanto aveva visto.
Un attimo dopo, la spada di Ofelia si abbatté su di lui.
Anche questa volta, Raki riuscì a parare il colpo, rispedendola indietro.
Alle sue spalle, Claire strisciava disperatamente verso le proprie gambe, le dita che artigliavano il terreno.
“Sai, sei decisamente meglio di quanto osassi immaginare”, commentò Ofelia con una punta di delusione nella voce. “Ma cosa succederebbe se aumentassi forza e velocità?”.
Le sue ultime parole furono accompagnate da un fulmineo movimento di spada.
Il dolore colpì Raki al pari della sorpresa.
Il ragazzo abbassò istintivamente lo sguardo sul maglione.
Alla luce dei fari, una grossa macchia scura si stava allargando a vista d’occhio laddove la lama della sua stessa spada si era conficcata a fondo nella carne.
“Questo per insegnarti a non abbassare la guardia. In fondo, dovresti saperlo che la spada taglia da tutte e due le parti, no?”, commentò Ofelia in tono sprezzante. “Forza, CONTINUIAMO!”.
Raki strinse i denti, preparandosi al peggio.
La sua mente lottava per respingere un pensiero orribile, ma ormai non c’erano più dubbi: quella donna mirava solo a uccidere.
 
*
 
“Forza, ragazzi, su le mani!”, esclamò Zaki dalla sommità del palco.
Ai suoi piedi, una folla di adolescenti si agitava a ritmo di musica, illuminata dalle intermittenze delle luci stroboscopiche.
In fondo, il lavoro era tutto ciò che gli era rimasto.
Sentirsi di nuovo lì, a stretto contatto con la gente, e avvertire la loro energia venirgli addosso con tutta la sua potenza era diventata la sua stessa ragione di vita.
Il ragazzo era talmente preso dalla sua console, che quasi non si accorse della giovane donna alta più del normale, le spalle cinte da un lungo mantello bianco, che gli si piazzò davanti in quel momento con tutta l’aria di chi non ammetteva repliche.
“Il cellulare!”, ruggì Teresa del Sorriso, tendendo con decisione la mano verso di lui.




Salve a tutti! :)
Lo so, oggi il capitolo è un po' più corto del solito, ma stamattina ho avuto un esame e per questo negli ultimi giorni il tempo per scrivere è stato pressoché nullo. Per farmi perdonare, vi annuncio già da adesso che il prossimo aggiornamento sarà molto impegnativo e ne vedrete davvero delle belle!
Se però non ce la fate a resistere fino a venerdì prossimo, vi lascio il link dell'episodio completo, a mio parere uno dei più belli di tutto l'anime, anche se quelli più carichi sono ancora lungi dall'arrivare. Vi avverto, però: è pieno di spoiler e rischiate di rovinarvi qualche piacevole sorpresa. In ogni caso, il video è questo: https://www.youtube.com/watch?v=JAaPWruhC2k

Fatte queste premesse, passo subito ai ringraziamenti ;)
Per le recensite, un grazie speciale a mio marito Xephil, le mitiche joy, bienchen e SognatriceAocchiAperti e il simpaticissimo AlanKall.
Per le seguite: Angelika_Morgenstern, asocialeereditaria, Benvenuti ad Angbadd, bienchen, BlackFeath, c16b, mrhyde, sakurax27, SognatriceAocchiAperti, Uzumaki_Devil_Dario, Xephil, joy.
Per le preferite: Xephil, Angelika_Morgenstern, SognatriceAocchiAperti, KING KURAMA.
Per le ricordate: ladyathena.
Inoltre, grazie mille a tutti i miei lettori silenziosi, sperando che questa storia continui a piacervi ;)

Ci vediamo venerdì prossimo, con una nuova battaglia * lunedì per chi segue "The Phoenix" *
Per qualsiasi comunicazione, passate pure sulla mia pagina Facebook: https://www.facebook.com/LeStorieDiFedra?fref=ts

Un abbraccio e a presto! :)

Vostra,
Fedra


 

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Capitolo 25
*** Ofelia dell'Onda II ***


Venticinque.
Ofelia dell’Onda II
 
 
*

 

 

 

 

Raki crollò in ginocchio sull’erba chiazzata di sangue, la spada ancora stretta tra le mani.
Il dolore era tale che quasi non ci faceva più caso.
Non un solo centimetro del suo corpo era stato risparmiato dalle profonde ferite infertegli dalla lama di Ofelia.
I suoi abiti ormai cadevano a brandelli e ogni respiro era diventato una tortura insopportabile, accompagnato da nuovo sangue che schizzava nel prato tutto intorno.
Nonostante ciò, il ragazzo trovò la forza di mordersi la lingua, ingoiando un gemito.
 
La cosa non sfuggì alla sua aguzzina.
“Ma come mi diverte, questo ragazzo!”, commentò rivolta a Claire. “Guarda anche tu: è completamente ricoperto di ferite, eppure dalla sua bocca non esce nemmeno un lamento. Sta facendo di tutto per non distrarti e permetterti così di riattaccare in tempo entrambe le gambe. Com’è patetico, sacrificarsi in questo modo per qualcun altro! Di’ un po’, sei stata tu a insegnargli tutto questo? Che pessima insegnante!”.
Ofelia accompagnò le ultime parole con un violento fendente, che colpì Raki proprio in mezzo alla schiena.
Questa volta, trattenere un rantolo fu impossibile.
Reggendo con entrambe le mani la gamba destra, che si stava saldando lentamente al ginocchio, Claire voltò il capo di scatto.
I suoi occhi si gonfiarono d’orrore.
“MALEDETTA!”, gemette, il moncone percorso da un fremito.
 
“SILENZIO!”, la interruppe Ofelia con un gesto della mano. “Se perderai la concentrazione, ti sarà impossibile riattaccare le gambe in tempo e questo ragazzo morirà inutilmente. Ti conviene concentrarti, tesoro. Sei un tipo che tende a distrarsi facilmente e questo è una gravissima mancanza per una guerriera”.
La Claymore mollò l’ennesimo fendente alla schiena di Raki, che crollò a faccia in giù sull’erba, paralizzato dal dolore.
A quella vista, Claire lanciò un ringhio, affondando le dita nella gamba fin quasi a farla sanguinare.
“Quante storie, per un umano!”, sbuffò Ofelia, visibilmente compiaciuta. “Sai, piuttosto dovresti ringraziarmi. In fondo, la mia è una lezione di tecnica e di vita, senza chiederti nulla in cambio. Se lo faccio, è solo per il tuo bene, ma evidentemente una ragazzina viziata come te è troppo ingrata per ascoltarmi”.
Nonostante fosse arrivato al limite, Raki trovò la forza di alzare la testa e fissare la sua aguzzina con odio.
“Non hai alcun diritto di parlarle così!”, ringhiò, seppure debolmente.
In tutta risposta, Ofelia lo centrò con un violento calcio sui denti, facendogli uscire uno spruzzo di sangue dalla bocca.
“Chi sei tu, per osare rivolgerti in questo modo a una guerriera? Tua madre non ti ha insegnato l’educazione?”.
A quella spietata provocazione, gli occhi di Raki si riempirono di furia omicida, ma il suo corpo da umano si rifiutava di combattere ancora, martoriato e dissanguato com’era.
La guerriera prese a spostare lo sguardo ora sul ragazzo esanime, ora su Claire disperata.
I suoi occhi d’argento brillavano di una gioia perversa, folle, come quella di un bambino che si diverte a bruciare le formiche con la lente di ingrandimento.
“Che situazione divertente!”, esclamò di colpo con la sua voce acuta, infantile. “La cosa mi mette in difficoltà: chi dovrei uccidere per primo, per arrecare più dolore possibile?”.
 
“Maledetta!”, ringhiò ancora Claire, che stava visibilmente perdendo il controllo. “Non lo sai che uccidere un umano è contro la nostra legge? Vuoi forse farti uccidere?.
In tutta risposta, Ofelia scoppiò in una risata sprezzante.
“Quanto sei sciocca!”, esclamò. “Davvero prendi sul serio il regolamento dell’Organizzazione? Per forza sei così scarsa. In fondo, per non finire decapitati basta semplicemente non dirlo a nessuno ed eliminare i testimoni. Possibile che non ci avevi pensato?”.
Claire stava davvero per avventarsi contro quella pazza nonostante avesse una gamba sola, quando un improvviso fruscio attirò la loro attenzione.
Una ragazzina dai lunghi capelli scuri era appena apparsa da dietro lo scheletro di un muro in costruzione, i lunghi capelli neri mossi dal vento su cui il sole morente disegnava mille sfumature color rosso sangue.
Sembrava molto spaventata.
“Che ci fate qui, in un posto isolato come questo?”, domandò.
 
*
 
Qualcuno si degnò di rispondere alla terza chiamata consecutiva.
“Salve, dolcezza”.
Dall’altro capo del ricevitore, Teresa si morse il labbro con stizza.
Era Louvre.
Doveva immaginarlo.
 
“Lo sai che il furto è un reato?”, disse la guerriera in tono minaccioso.
“Suvvia, non è il caso di scaldarsi tanto per un telefono quando l’Organizzazione ti ha dotata di poteri ben più sviluppati. Pensavo che quell’aggeggio avrebbe avuto la sua utilità, ma temo che invece stia solo compromettendo la tua innata perspicacia. È un vero peccato che tu trascorra più tempo su Facebook che a dare la caccia agli yoma…”, commentò Louvre in tono pacato.
Pur non vedendolo, Teresa riusciva a immaginare perfettamente il sorriso di puro compiacimento stirato sulle sue labbra sottili.
“Inventatene un’altra, Louvre”, ruggì. “Lei dov’è?”.
Silenzio.
“Tana”, proseguì Teresa, sapendo che non sarebbe riuscita a cavare nulla da quel pezzo di merda. “Mi hai fregato il cellulare per impedirmi di mettermi in contatto con lei mentre ero a caccia, vero?”, ruggì.
“Sono decenni che vivete insieme e di certo cacciare sempre in due non aiuterà quella ragazzina a diventare abbastanza matura da poter uccidere un Risvegliato senza problemi. È ora che Claire cresca, che impari a cavarsela da sola. Anche a costo di correre dei rischi. In fondo, se vuole la sua vendetta, non ha altra scelta”.
“Sappi che conosco Claire molto meglio di te e posso dirti con certezza che non è ancora pronta a cavarsela da sola! Deve lavorarci su, ha bisogno di altro allenamento!”.
“E quanto vuoi attendere ancora, prima di considerarla pronta? Un anno? Un secolo? Lo sai che, ogni secondo che passa, la fame di Priscilla e dei suoi alleati aumenta. È questo che vuoi? Sacrificare decine di vite umane solo per salvare qualcuno il cui destino non è di tua competenza? Lo sai bene, Teresa: non sei tu a decidere. L’Organizzazione ti affida la missione e tu obbedisci senza fiatare. Chiaro?”.
 
Teresa trasse un profondo respiro, cercando a stento di trattenersi.
Non doveva perdere il controllo, non quando sapeva che la situazione era molto più grave di quanto la voce calma di Louvre volesse dare a vedere.
“Stai dicendo che Claire verrà affidata a un’altra guerriera?”, osò domandare dopo aver tratto un lungo respiro.
Di nuovo silenzio.
Teresa era sicura che in quel momento Louvre stessa assaporando quel repentino cambio di tono da parte sua, improvvisamente così pacato.
La cosa non fece che aumentare la sua furia.
“Non è nulla di definitivo”, rispose l’uomo nero dopo un po’. “Vediamo se, affiancandola a un’altra guerriera, Claire farà dei progressi”.
Teresa si morse nuovamente il labbro.
“Posso sapere almeno chi è questa guerriera?”, domandò, la voce ridotta a un ringhio sordo.
Altra pausa di silenzio teatrale, in cui Louvre si prese apposta altro tempo prima di rispondere, a lentezza snervante:
“La numero 4…”.
“…OFELIA!”.
 
*
 
“VATTENE VIA!”, gridò Raki, facendo appello alle ultime forze rimaste. “Scappa! Salvati! È una pazza, potrebbe ucciderti!”.
La ragazzina gli lanciò un’occhiata perplessa con i suoi grandi occhi tondi.
“Perché dovrei scappare?”, domandò, avanzando di un passo verso di loro. “Credi forse che io abbia paura? No, siete voi a dover avere paura di ME!”.
La sua voce fioca era improvvisamente diventata cupa e profonda, inumana, mentre il suo corpo si allungava a vista d’occhio verso l’alto, dissolvendosi in mille tentacoli che si piantarono saldamente a terra.
 
Claire lanciò un grido di sorpresa, mentre la testa del Risvegliato torreggiava su di loro a sei metri dal suolo, simile a una maschera mostruosa ricoperta da una spessa pelle grigia.
Ofelia levò la spada d’istinto, pronta a colpire.
“Ora sì che mi diverto!”, esclamò deliziata.
“Non siete voi guerriere che voglio”, disse il Risvegliato senza degnarla di uno sguardo, le palpebre leggermente abbassate e la voce assente, come se fosse in trance. “Ho fame e quel ragazzo mi sembra particolarmente appetitoso. L’odore del suo sangue mi inebria, nonostante sia prossimo alla morte. Vi prego, permettetemi di porre fine alle sue sofferenze. Prendetelo come un atto di pietà da parte mia e lasciatemi andare”.
 
In tutta risposta, Ofelia afferrò saldamente Raki, circondandolo completamente con le braccia come per fargli da scudo.
“Svelta!”, ordinò rivolta a Claire. “Mi occupo io del ragazzo! Tu sbrigati a riattaccarti quelle gambe, così potremo finalmente attaccare il Risvegliato insieme, come una vera squadra!”.
Incredula per quell’accorata esortazione, Claire si chinò nuovamente sulla gamba mozzata, facendo combaciare le due estremità mentre richiamava a sé lo yoki, quando sul volto dell’altra comparve un sorriso da orecchio a orecchio.
“Stavo scherzando!”, esclamò.
E, con un gesto repentino, scagliò Raki dritto tra le fauci del Risvegliato.
 
*
 
“LEVATEVI DAL CAZZO, PEZZI DI MERDA! Ma non avete una casa? Spero che la piena del Tevere vi sommerga, sottospecie di fogne umane!”, ruggì Teresa, bruciando un semaforo rosso e tagliando la strada a un suv.
Era talmente fuori di sé, che era da considerarsi un miracolo se non si era ancora Risvegliata all’interno della sua stessa auto, con i Rammstein sparati a tutto volume.
Tutto le sembrava completamente irreale, come quando si era svegliata per la prima volta nei panni di un mezzo-demone.
Era come percorrere a rotta di collo un brutto sogno: la separazione da Claire, le minacce dell’Organizzazione, Priscilla, Ofelia…
 
Non riusciva a credere che le avessero giocato una puttanata simile.
Era chiaro che l’Organizzazione sapeva del mancato Risveglio di Claire.
Un’anomalia che andava subito rimossa.
Per questo stavano cercando solo una scusa per eliminarla.
E, per riuscirci, dovevano essere sicuri che si trovasse lontana da Teresa, sola e vulnerabile.
Possibilmente a fianco di una guerriera sadica e squilibrata al pari di Priscilla, che avrebbe provveduto a farle perdere il controllo definitivamente e ucciderla.
Un lavoro decisamente pulito, complimenti.
Al solo pensiero, Teresa prese a tempestare il volante di pugni.
“Maledetto…MALEDETTO!”.
 
In quel preciso istante, il furgoncino davanti a lei si fermò di colpo, piantandosi in mezzo all’incrocio e bloccando entrambe le corsie.
Quello era veramente troppo, per i suoi nervi a fior di pelle.
“Ma guarda che gli umani sono incredibili!”, ruggì, attaccandosi al clacson. “Ehi, tu! Hai voluto la Multijet? Adesso…VOLA!”.
Visto che il tizio a bordo del furgoncino non si decideva a passare, Teresa esplose.
Con uno straziante strappo di frizione e un violento colpo di acceleratore, la guerriera lo superò a tutta velocità, tranciandogli di netto lo specchietto retrovisore e rischiando di fare un frontale con le macchine che arrivavano dal senso opposto.
“Fuori dalle palle, pezzi di niente! Tornate a casa vostra! Via! Possiate andarvi a schiantare da qualche parte, maledette teste di cazzo!”, continuava a gridare Teresa, gli occhi che ardevano nell’oscurità come due tizzoni ardenti mentre il volto le si riempiva di vene a vista d’occhio.
 
Devo calmarmi o non sarò di nessun aiuto a Claire, le diceva in quel mentre una vocina nella testa, tenendo a bada il suo yoki.
In quel mentre, lo stereo prese a intonare a peggiore canzone dei Rammstein che potesse capitare.
Ohne dich, senza di te.
Subito le tornò in mente l’Austria, il loro chalet in riva al lago, le lunghe passeggiate, la calma, il silenzio, la felicità.
Tutto si fondeva in quel vortice di fari e automobili al disotto di quei palazzi alti come fortezze di cemento armato.
Il pugno di Teresa si abbatté con violenza sullo stereo, a tal punto da fargli cambiare prudentemente canzone.
Subito, le note di un pezzo di salsa invasero l’abitacolo.
Nonostante fosse incazzata nera, la musica che defluiva inesorabilmente nei suoi timpani ebbe l’effetto calmante desiderato.
Le dita di Teresa presero a tamburellare distrattamente il volante, mentre il suo volto tornava normale.
Così va meglio, pensò con un sospiro. Devo ricordarmi di usarla mentre do una lezione a quella maledetta numero 4, non appena riesco a metterle le mani addosso…
 
L’oscurità e il traffico erano tali, che per poco la Claymore non investì il vigile che le aveva appena fatto segno di fermarsi.
“No, no, NO!”, esclamò esasperata, sul punto di mettersi a piangere sul serio.
Il poliziotto, un uomo panciuto dall’aria di chi ha voglia di trovarsi da tutt’altra parte, si appoggiò al finestrino dell’auto.
“Patente e libretto, signorina”, disse in tono annoiato.
“Ecco qua”, borbottò Teresa, schiaffandogli tutto in mano.
L’agente prese a controllare i documenti alla luce dei lampioni.
“Con calma, mi raccomando!”, sbottò la guerriera dopo un po’.
“Eh, signorina, sto facendo il mio lavor…!”.
ROAR!
Teresa era già ripartita sgommando, dritta verso il Raccordo, le narici dilatate nella speranza di captare anche solo una flebile traccia dell’odore di Claire.
Sperava solo di non essere arrivata troppo tardi.
 
*
 
Raki urlò di terrore, tentando inutilmente di divincolarsi dai tentacoli che lo tenevano immobilizzato, avvicinandolo sempre di più alla bocca spalancata del Risvegliato.
L’odore di carne putrida lo colpì con una tale violenza che per poco il ragazzo non perse i sensi.
Era finita.
Sarebbe morto in maniera orrenda, da perdente.
Non sarebbe mai riuscito a proteggere Claire.
 
“MALEDETTA!”, ruggì la Claymore, facendo per levarsi in piedi, ma Ofelia le si avventò addosso con violenza, schiacciandole la testa contro il suolo.
“Non capisci? Hai perso. Quel ragazzo non aveva speranza sin dall’inizio ed è solo un bene che finisca divorato e dopo toccherà a te. In fondo, hai appena dimostrato di essere completamente inutile. Che se ne fa l’Organizzazione di una guerriera così? Per quanto mi riguarda, posso sconfiggere benissimo quel Risvegliato da sola”, disse in tono mellifluo.
BANG!
Un’esplosione di luce azzurra accecò Ofelia, scagliandola a terra.
Quando si riebbe dal colpo, il corpo di Claire era sparito.
La guerriera scoppiò in una risata sguaiata.
“Ma davvero sei così stupida?”, gridò. “Che cosa credevi di risolvere, Risvegliandoti e diventando una di loro?”.
Ci fu un sibilo, poi calò il silenzio.
Un attimo dopo, i tentacoli del Risvegliato erano a terra, recisi di netto, mentre Claire si trovava in piedi, le gambe saldamente attaccate, la spada ancora macchiata di sangue mentre stringeva Raki tra le braccia.
“Cosa?!?”, gridò Ofelia con gli occhi fuori dalle orbite per l’incredulità. “Non è possibile, ti sei Risvegliata oppure no? Perché sei esattamente come prima? Che razza di mostro sei?!?”.
 
“Raki,”, sussurrò Claire nell’orecchio del ragazzo, il suo sangue che le sporcava il candore della divisa “stringiti forte a me. E non mollare”.
La sua presa era debole, sul punto di cedere.
Non aveva molto tempo.
Per questo, dopo aver richiamato a sé lo yoki, la guerriera si lanciò a tutta velocità nella direzione opposta, sparendo nell’oscurità.




Buonasera a tutti! :)
Passata una bella settimana? Pressati dagli esami o finalmente in vacanza?
Io ho trascorso tutto il pomeriggio a studiare con mio nonno che sentiva Radio Maria a tutto volume * concentrazione, addio *, ma ciò non mi ha impedito di completare e postare quest'ultimo capitolo che, come promesso, è stato un po' più lungo dei precedenti :)
Che ne pensate del piano dell'Organizzazione per sbarazzarsi di Claire? E come pensate che farà a fuggire dalla follia di Ofelia?

Aspettando il prossimo capitolo, corro subito a ringraziare mio marito Xephil, mia sorella Angelika_Morgenstern, le fantastiche joy, SognatriceAocchiAperti e bienchen e il mitico AlanKall per le appassionate e sincere recensioni, insieme a tutti i lettori silenziosi che ogni settimana diventano sempre di più * vi farete mai vivi? ;) *

Il prossimo capitolo tornerà regolarmente il venerdì, in diretta dal Grande Nord! ;)
Per qualsiasi cosa, potete passare a trovarmi sulla mia pagina Facebook: https://www.facebook.com/LeStorieDiFedra 
Passate un buon weekend e, soprattutto, andate al mare anche per me, se potete! XD

Un abbraccio :)

Vostra,
Fedra


 

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Capitolo 26
*** Ofelia dell'Onda III ***


Ventisei.
Ofelia dell’Onda III
 
 
*

 

 

 

 

La piccola utilitaria color grigio metallizzato sfrecciava a tutta velocità sul Raccordo Anulare, sfidando allo stesso tempo il codice della strada e le regole della fisica.
Claire teneva gli occhi d’argento fissi sull’asfalto, le mani strette spasmodicamente al volante.
Non aveva battuto ciglio alle imprecazioni degli automobilisti che aveva sorpassato pericolosamente da tutti i lati, né si era messa a sbraitare come Teresa alla minima complicazione, limitandosi a digrignare impercettibilmente i denti per l’ansia e la concentrazione.
Non importava se stava guidando da pazzi.
Doveva lasciare immediatamente quella città infernale.
E, soprattutto, raggiungere l’ospedale più vicino prima che fosse troppo tardi.
 
Steso sul sedile anteriore c’era Raki, più pallido che mai.
I suoi occhi castani erano spalancati nel vuoto, lo sguardo spento.
Nonostante Claire avesse finito di strappare quello che restava dei suoi vestiti per fasciargli le ferite, stava continuando a perdere troppo sangue.
Non avrebbe resistito a lungo.
La Claymore stava lottando per non voltarsi verso di lui, dovendo sostenere quella vista così devastante.
Perché gli umani sono sempre così deboli?, pensava, ricacciando faticosamente indietro le lacrime.
Nonostante avesse tentato in tutti i modi di proteggerlo, la guerriera aveva fatto più danni che altro.
All’inizio, per lei Raki era stato un incarico come gli altri.
Poi, con il passare del tempo, aveva finito per affezionarsi a lui.
Questo ormai era innegabile.
 
Nonostante i mille difetti, quel ragazzo aveva qualcosa di diverso da tutti gli altri.
Era come se possedesse una sensibilità tutta sua, che gli permetteva di vedere al di là delle apparenze, scavando a fondo fino a trovare il bene in chiunque incrociasse il suo cammino.
Ecco perché le ragazze erano così attratte da lui.
Ecco perché era così maledettamente ingenuo.
Ecco perché gli yoma sembravano apprezzare molto di più l’odore della sua carne.
Ecco perché Claire, quando l’aveva chiamata per nome, era rimasta così colpita.
E, in quel momento, non avrebbe mai tollerato di sopportare la morte dell’unico essere vivente oltre Teresa che avesse a cuore la sua inutile vita.
 
Al solo pensiero, i suoi sensi di colpa ebbero la meglio.
L’angolo della bocca si piegò in una smorfia di dolore mentre si mordeva a sangue la lingua, reprimendo un gemito.
“Claire?”.
La voce di Raki era appena un sussurro.
“Stai piangendo?”.
Quello era davvero troppo.
“Possibile che non ascolti mai?”, ruggì la guerriera, ormai completamente fuori di sé. “Ti avevo detto di stare lontano! I demoni non sono fatti per vivere con gli esseri umani, lo capisci? Finché resterai con me, correrai pericoli sempre maggiori e io non posso assicurarti di essere pronta a salvarti la pelle ogni volta! Perché ti ostini a seguirmi, quando potevi vivere una vita felice, da essere umano?”.
La vita che io e Teresa avremmo sempre desiderato.
“Claire”, rispose Raki debolmente “la mia vita sei tu…adesso”.
 
Per poco la Claymore  non andò a sbattere.
Probabilmente, il ragazzo stava delirando.
“Non dire scemenze!”, sbottò.
Raki scosse il capo, il fiato mozzo per il dolore.
“Cosa mi resta, dopotutto?”, proseguì. “Ho perso…la mia famiglia…le mie amiche più care…non sono riuscito a proteggere nessuno…nemmeno te…sono…INUTILE!”.
Le ultime parole furono soffocate da un singhiozzo, in cui le lacrime si mescolarono al sangue che gli rigava il volto.
Accanto a lui, Claire si morse il labbro.
Non osava voltarsi a guardarlo.
“Non avresti dovuto farlo. Lo sai che so cavarmela perfettamente da sola”, disse con decisione.
Raki scosse il capo ancora una volta.
“Se non ci fossi stato…io…quella sera nel locale…probabilmente ti saresti Risvegliata…saresti morta”, ribatté.
“C’era Teresa. Sarebbe intervenuta al momento giusto”, tagliò corto la guerriera, anche se sapeva perfettamente che non era vero.
“Se non ci fossi stato io…a fare da…esca…a distrarla…quella Claymore ti avrebbe uccisa subito, stasera…glielo leggevo negli occhi…”.
 
Claire sterzò bruscamente, evitando per un pelo il tir a cui aveva appena tagliato la strada.
Alle ultime parole di Raki, l’immagine di lei e Teresa che fuggivano dall’Organizzazione era tornata nitida nella sua mente.
Quel ragazzo non poteva condividere il suo stesso destino.
Doveva liberarsene al più presto, prima che ci pensassero i suoi superiori.
Con un colpo deciso all’acceleratore, Claire abbandonò il Raccordo, guidando come una forsennata fino a quando non arrivò in vista di un imponente edificio pieno di finestre.
Le luci dei fari rendevano spettrale la superficie bianca dei muri di travertino.
 
La guerriera parcheggiò la macchina di fronte all’ingresso, voltandosi finalmente a guardare Raki.
“Ascoltami bene,” disse decisa “quella pazza è ancora sulle nostre tracce. Dobbiamo dividerci”.
“NO!”.
“Raki, NON HO TEMPO! Lei vuole me, non te. E, in ogni caso, sei troppo debole per seguirmi”.
Gli occhi del ragazzo erano velati di tristezza.
“Claire…”, sussurrò “se non ho altra scelta…potrei diventare…come te?”.
La guerriera lo fulminò con lo sguardo.
“L’Organizzazione non accetta guerrieri maschi”, rispose in tono deciso. “Gli unici che ha creato, si sono Risvegliati tutti nell’arco di poco tempo. Il loro potere era troppo forte per controllarlo. Per questo devi guarire a tutti i costi. Non hai altra scelta”.
Raki annuì piano, lottando per trattenere le lacrime.
“Ti rivedrò mai?”, domandò dopo qualche istante di silenzio.
 
La forza dei suoi sentimenti, per quanto inespressi, colpì Claire con la potenza di una spada.
Per la prima volta, la Claymore gli rivolse un vero sorriso, i freddi occhi d’argento pervasi da un’espressione che non aveva mai mostrato nella sua vita da ibrido.
Tenerezza.
“Appena finirà questa storia, tornerò a cercarti. Te lo prometto”.
Detto questo, Claire avvicinò il suo volto a quello di Raki.
Il tocco delle sue labbra fu la sensazione più strana e bella che avesse mai provato fino a quel momento, anche se durò per un solo istante.
Il ragazzo sgranò gli occhi per la sorpresa; poi, subito dopo, attirò nuovamente la Claymore a sé, restituendole quel bacio inaspettato.
Fu un tentativo goffo, timido, eppure proprio per questo quanto mai sincero e carico di tutti quei sentimenti che entrambi avevano covato in segreto dentro di loro, incapaci di esprimerli.
 
“Ti amo, Claire”, sussurrò.
Le parole gli uscirono naturali come se aspettasse quel momento da sempre.
Claire gli sorrise, accarezzandogli il volto sfregiato dalle ferite.
“Sei una persona unica, Raki. Nessuno mi aveva mai fatto sentire di nuovo un essere umano, prima di te. Per questo sei prezioso, per me.
Il ragazzo le sorrise ancora una volta.
“Io ti aspetterò, Claire”, disse con una decisione che credeva di non possedere. “Vivrò per te, per vederti tornare ancora una volta”.
Ma la guerriera era già uscita dall’auto, sparendo nella notte.
Diventerò forte, pensò Raki, seguendola con lo sguardo. Un giorno riuscirò a proteggerti, Claire. Te lo prometto.
 
*
 
 
 
Ofelia tentò disperatamente di gridare, ma la sua voce venne soffocata nel momento in cui il Risvegliato, improvvisamente rigenerato, le circondò il collo con un tentacolo, stringendo fin quasi a strozzarla.
Altri tentacoli le si avvolsero stretti agli arti e alla vita, sollevandola verso l’alto.
“Sai, parli decisamente troppo”, commentò con la sua voce inumana. “Non ho mai sopportato la gente volgare come te. Mi è passata persino la volta di mangiarti. Sei disgustosa”.
Detto questo, con uno strappo deciso, il mostro le spezzò il collo, gettando il suo corpo lontano.
Ofelia restò immobile per qualche istante, poi, senza incrinare di un millimetro il sorriso stirato sul suo volto, si rialzò in piedi.
“Com’è possibile?”, domandò il Risvegliato, esterrefatto.
“Sei davvero patetico”, rispose Ofelia, scoppiando in una risata mentre si raddrizzava il collo con uno schiocco secco. “Se davvero volevi uccidermi, dovevi tagliarmi la testa”.
“Sei davvero un mostro quanto me”, ribatté il demone, disgustato.
“Non mi piacciono gli insulti”, ribatté l’altra facendo per attaccare, quando improvvisamente l’aria della sera venne tagliata da un sibilo.
Un attimo dopo, la testa del Risvegliato si staccò dal suo collo mostruoso, crollando a terra con un tonfo sordo, mentre il sangue viola inondava l’intero piazzale.
 
In piedi in cima alla sua fronte ormai priva di vita, Teresa estrasse lentamente la spada dalle carni del demone, gli occhi fissi sulla sua collega.
“Chi diavolo sei? Come osi intrometterti nel mio lavoro?”, gridò Ofelia, fuori di sé dalla rabbia.
“Lei dov’è?”, tuonò Teresa, balzando a terra.
Nel riconoscerla, la furia dell’altra non fece che aumentare.
“Teresa del Sorriso?”, esclamò. “Non credevo che adesso ti mettessi a proteggere i Risvegliati!”.
“Ho detto,”, ripeté l’altra avanzando di un passo verso di lei “dov’è Claire?”.
 
In tutta risposta, Ofelia le si avventò addosso.
Le loro spade si incrociarono con un clangore assordante, spedendole una con il volto vicinissimo a quello dell’altra.
“Questa non è la tua missione, Teresa”, ringhiò Ofelia con rabbia. “E io non sopporto che qualcuno mi sottragga una preda”.
“Parli proprio come uno yoma. Mi domando come faccia l’Organizzazione a volerti tra i piedi”, rispose Teresa, impassibile.
“Forse perché, a differenza di te, io i Risvegliati li uccido, invece di tenermeli come cuccioli”.
“Non colgo la tua allusione, mia cara”.
“Oh, che strano! Mi avevano detto che eri una guerriera perspicace. Pazienza, non sarà di alcuna importanza dopo che ti avrò uccisa!”.
 
Le due Claymore cominciarono a duellare ferocemente, tempestandosi di colpi.
Le scintille sprizzavano dalle loro lame ogni volta che si incontravano, rincarando la potenza di attimo in attimo.
Teresa riusciva a percepire le mosse dell’avversaria attraverso il suo stesso yoki, anticipandola e colpendola di sorpresa.
Quando finalmente riuscì ad aprirle un taglio nel fianco, Ofelia digrignò i denti con rabbia.
“D’accordo, te la sei cercata”, commentò.
Improvvisamente, il suo braccio prese a muoversi così rapidamente che sembrava essere diventato un tutt’uno con la sua spada.
Sembrava quasi un serpente.
Che cosa diavolo è?, pensò Teresa, cercando di percepire al massimo il suo yoki.
“Conosci la Spada dell’Onda?”, domandò Ofelia in tono cantilenante, come quello di una bimba vanitosa. “A differenza di te, io non ho un soprannome legato a una mia qualità. Perciò mi sono inventata una tecnica personale e ho coniato un nome. Questa è la Spada dell’Onda e io mi chiamo Ofelia dell’Onda. Ma tu non puoi saperlo. Nessuno lo conosce. E sai perché? Un attimo dopo, muoiono tutti per mano mia!”.
“Tsk, sei patetica”, commentò l’altra.
“Ah, sì? Ora ci penso io a farti cambiare idea!”.
 
Detto questo, Ofelia preparò il colpo.
Teresa si concentrò, pronta a difendersi.
Arriva, da destra verso l’alto.
Un attimo dopo, un dolore atroce le squarciò il tronco dal fianco alla spalla opposta, prima ancora che la guerriera potesse usare il suo yoki per bloccarlo.
Teresa crollò a terra senza emettere nemmeno un gemito, un rivolo di sangue che le scendeva dalle labbra.
Aveva colpito il suo punto vitale.
Dannazione!
 
“Certo che sei davvero scadente, come guerriera. Mi hai delusa”, disse Ofelia in tono annoiato, colpendole la testa con un calcio.
Mille stelle incandescenti esplosero nel campo visivo di Teresa, facendola sprofondare in una dimensione ovattata, incapace di aggrapparsi alla coscienza mentre le forze l’abbandonavano.
“Ma perché sto perdendo tempo con te, quando devo sistemare la tua amica Risvegliata?”, trillò l’altra scavalcando il corpo della compagna. “Finalmente inizia il vero divertimento!”.
Detto questo, Ofelia schizzò nell’oscurità, le narici pregne della traccia di Claire.
Riversa sull’erba rossa di sangue, Teresa graffiò il terreno fino a spaccarsi unghie.
“Maledetta! MALEDETTA!”.
Poi, tutto sprofondò nel buio. 




Salve, gente! :) Come state?
Io vi scrivo in diretta dal Grande Nord, dopo aver appena terminato una maratona di Hellsing Ultimate in compagnia del mio demoniaco marito Xephil * che mi sta facendo un corso accelerato di recupero anime e manga-24 anni in 1 * Domani devo ritornare a Roma e sono felice come quando Teresa si trova bloccata nel traffico a causa della corsa ciclistica amatoriale che le sta passando a meno di cinque metri, proprio quando scatta il verde.
Pazienza, ho ancora qualche ora di divertimento ;)

Vista la situazione, passo subito ai ringraziamenti.
Un grazie come sempre ai miei fantastici recensori: mio marito Xephil, la mia sorellona Angelika_Morgenstern, le meravigliose bienchen, SognatriceAOcchiAperti e joy e il mitico AlanKall.
Passate anche da loro a leggere le loro fanfiction, se avete voglia di leggere qualcosa sotto l'ombrellone...o tra un esame e l'altro come fa la sottoscritta XD
Un grazie anche ai numerosi lettori silenziosi che mi seguono da ormai molti mesi, sempre in aumento di settimana in settimana.
Un abbraccio, ovunque voi siate :)

Come sempre, vi confermo l'aggiornamento venerdì prossimo * sarò finalmente libera dagli esami, evvivaaaaa!!!!! *, mentre con The Phoenix" ci rivedremo regolarmente di lunedì.
Per qualsiasi cosa, passate pure sulla mia pagina Facebook: https://www.facebook.com/LeStorieDiFedra

Un abbraccio e passate un buon fine settimana :)
Vostra,

Fedra

 

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Capitolo 27
*** Ofelia dell'Onda IV ***


Ventisette.
Ofelia dell’Onda IV
 
 
*

 

 

 

 

La foresta riposava nell’abbraccio dell’oscurità, che la stringeva come un mantello senza però essere in grado di proteggerla dal gelido vento che piegava le chiome degli alberi e faceva rabbrividire il terreno umido.
Un solo rumore intervallava il silenzio carico di elettricità, mentre nel cielo nero crepitavano i primi fulmini.
Erano dei passi, rapidi, irregolari, disperati.
L’alta figura procedeva a gran velocità tra gli alberi, i suoi occhi d’argento dardeggiavano come quelli di un gatto selvatico.
Il battere metallico degli stivali contro il sottobosco sembrava poco più di un fruscio mentre si addentrava sempre di più nella boscaglia, il fiato mozzo.
Le sue narici erano dilatate al massimo, inebriandosi dell’odore del muschio e della pioggia che stava iniziando a cadere, aumentando subito di intensità.
Improvvisamente, un fulmine squarciò il cielo, illuminando i tronchi degli alberi.
 
Non c’era traccia di anima viva, ma Claire sapeva che non doveva fermarsi.
Ci voleva ben altro per scoraggiare una guerriera come Ofelia dall’inseguirla e sarebbe stata solo una questione di tempo prima che la raggiungesse.
Non sapeva come, ma l’obiettivo di quella strega non era affatto il Risvegliato come le aveva voluto far credere Louvre: era lei.
E non si sarebbe fermata fino a quando non avrebbe portato a termine la sua missione.
Al solo pensiero, Claire emise un gemito di rabbia.
Non riusciva a credere che l’Organizzazione avesse potuto giocarle un simile scherzo.
Ma in fondo, che cosa si aspettava?
Per i suoi superiori, le Claymore non erano altro che delle pedine nelle loro mani.
Se qualcuna non funzionava come doveva, andava eliminata punto e basta.
Con lei e Teresa erano stati fin troppo indulgenti, essendo le uniche apparentemente in grado di sconfiggere un mostro come Priscilla.
Ma, a quanto sembrava, le cose erano cambiate.
E tutto, ancora una volta, per la sconfinata debolezza di Claire, sulle cui spalle ora il numero 47 pesava più che mai.
Era stata solo colpa sua se aveva perso il controllo e si era Risvegliata, senza riuscire a togliersi la vita al momento giusto.
Per questo ora doveva rassegnarsi a morire.
 
Allora perché Claire si ostinava a correre?
Nell’oscurità, il ricordo due dolci occhi marroni e del tocco delicato della labbra sotto di essi  echeggiarono nella sua memoria ibrida.
Raki.
Era stato per lui se aveva messo in gioco tutto, proprio come aveva fatto Teresa con lei molti anni prima.
Ed era stato sempre lui a salvarle ripetutamente la vita, a costo di sacrificare la propria, per proteggerla.
Ora che stava per morire, Claire avvertiva più forte che mai il ricordo del ragazzo trattenerla come una mano tesa a cui aggrapparsi mentre si trovava sospesa sopra l’abisso.
Per la prima volta, la guerriera comprendeva quanto la vita che aveva disprezzato fino a quel momento fosse in realtà preziosa per lei.
Aveva fatto una promessa a quel ragazzo.
Doveva tornare da lui.
A ogni costo.
 
Un nuovo lampo squarciò l’oscurità, rivelando ancora una volta i profili scuri degli alberi.
Appoggiata a un tronco, le braccia incrociate con nonchalance mentre la fissava con un sorriso stirato sulla sua bocca larga, c’era Ofelia.
La stava aspettando.
Mentre lei credeva di averla alle spalle, dopo averla distanziata.
Una scarica di puro terrore invase Claire, che si voltò di scatto per cambiare direzione.
Il dolore le squarciò la schiena simile a fuoco e ghiaccio insieme, lacerandole le carni fino all’osso.
La guerriera crollò a terra, senza fiato, il fango che le penetrò fin dentro le narici.
“Nessuno ti ha insegnato quanto sia disonorevole voltare le spalle al nemico?”, tornò alla carica Ofelia mentre il tuono si abbatteva sulla terra, facendola tremare. “A quanto pare, la mia lezione non è stata sufficiente”.
Una nuova onda di dolore infuocato si abbatté sul braccio destro di Claire, tagliando carne e muscolo e spezzando di netto l’osso.
La guerriera lanciò un grido lacerante, simile a quello di una bestia sgozzata.
 
In piedi davanti a lei, Ofelia scoppiò in una risata argentina.
Si stava proprio divertendo.
“Sei davvero patetica, oltre che tremendamente noiosa”, proseguì con calma, sicura di averla ormai in pugno. “Sai, ho appena affrontato due avversarie particolarmente impegnative, quindi perdonami se le mie aspettative sono un tantino elevate”.
“D-due?”.
“Ah, non te l’ho detto? Mentre eri impegnata a salvare la pelle di quel ragazzo, è arrivata la tua amica Teresa a farmi perdere tempo”.
Il solo udire il nome della compagna accese un barlume di speranza nel cuore di Claire.
“E solo allora ho capito perché sei così scarsa”, si affrettò ad aggiungere Ofelia dopo una pausa teatrale. “Sai, sulle prime credevo che una come Teresa non perdesse il suo tempo ad addestrare una guerriera inutile come te. Poi, nell’affrontarla, tutto mi è diventato subito più chiaro”, la Claymore si preparò a levare la spada nuovamente. “Non so come abbia fatto a rammollirsi in quel modo. Mi è bastato un semplice colpo della mia spada per ridurla in fin di vita”.
“Che cosa?!?”.
Le unghie di Claire affondarono nel fango, strappandole un gemito di rabbia mentre affondava i denti nel braccio amputato.
“Ma non rattristarti, piccolo scherzo della natura”, la rassicurò Ofelia in tono suadente. “Presto la raggiungerai nell’aldilà”.
 
Il suo colpo venne fermato dalla spada di Claire, impugnata con la sinistra, che andò a cozzare con violenza contro la lama avversaria.
L’ennesimo fulmine illuminò i loro volti ormai vicinissimi, quello di Ofelia traboccante di follia.
“Che stai facendo? Riesci a prevedere le mie mosse usando lo yoki? Allora vedi che se ti sprono riesci a dare il meglio di te, sciocchina?”, esclamò questa, scoppiando nell’ennesima risata.
Accecata dall’ira, Claire balzò in alto, facendo per colpirla alla spalle.
A quella mossa, gli occhi d’argento di Ofelia si tinsero di delusione.
“Tsk, dovevo immaginarlo che la tua vena creativa si sarebbe esaurita qui”, commentò mentre la lama della sua spada diventava simile a un serpente.
Il dolore squarciò entrambe le spalle di Claire, che crollò sulla terra lorda di sangue e di fango.
Stringendo ancora il braccio tra i denti, la guerriera capì che ora la sua unica speranza era fuggire.
 
Cercando disperatamente di evitare gli affondi di Ofelia che tentavano di finirla, Claire gattonò via, strisciando tra le pietre e gli arbusti che le graffiavano la faccia.
Quando finalmente si fu portata a distanza di sicurezza, la guerriera concentrò tutto lo yoki nell’unica parte di lei che ancora sembrava risponderle: le sue gambe.
“Dove credi di andare? TORNA QUI, VIGLIACCA!”, gridò Ofelia, ma l’altra era ormai lontana, i suoi passi avvolti da un’impercettibile aura azzurrina.
Claire corse, inciampò, precipitò per diversi metri lungo una scarpata, si rialzò nuovamente e riprese a correre, coperta di tagli e lividi su tutto il corpo.
Il dolore e le forze ormai allo stremo alteravano le sue percezioni.
La pioggia continuava a cadere e l’oscurità era ormai totale.
Non aveva la minima idea di dove fosse e non riusciva più a percepire l’aura della sua aguzzina.
Allora perché, ogni volta che un fulmine squarciava il cielo, le sembrava di scorgere la sua sagoma immacolata a pochi passi da lei, appoggiata a un albero con quel sorriso orribile stirato sulla faccia mentre la sua risata echeggiava tra gli alberi, per poi sparire una frazione di secondo dopo, come in un incubo?
Sta giocando con me come fa il gatto con il topo, pensò Claire con rabbia, mentre le lacrime si mescolavano al sangue e alla pioggia.
Ormai era in trappola, un animale braccato che viene spinto contro il precipizio in attesa del colpo finale.
 
“Basta così. Mi sono divertita abbastanza”.
La lama della spada si conficcò a fondo nel braccio mozzato, mancando di poco la guancia di Claire mentre glielo strappava con violenza dai denti.
La guerriera cadde in ginocchio, fissando con odio Ofelia che osservava il suo sangue gocciolare lentamente sulla lama della sua spada.
“Non lo trovi curioso? Nonostante il tuo braccio sia ormai ridotto a un inutile ammasso di carne, hai fatto di tutto per non separartene. Come mai tutto questo attaccamento?”.
I suoi occhi d’argento si accesero di una luce diabolica.
“Te lo dirò io, perché. Esistono due tipi di guerriere: quelle da difesa e quelle da attacco. Nel tuo caso, tu sei una guerriera da attacco. Il tuo desiderio di uccidere è nettamente superiore rispetto a quello di sopravvivere. Il che comporta un piccolo problema quando si tratta di far rigenerare delle parti andate perdute in battaglia”.
Gli occhi di Claire si colmarono di orrore mentre Ofelia lanciava in aria il suo braccio, riducendolo a brandelli con rapidissimi colpi di spada.
“Ho indovinato?”, cinguettò questa, gustando tutta la sua disperazione.
 
“Maledetta!”, gridò Claire, facendo per impugnare la spada con la sinistra.
Il colpo di Ofelia fu più rapido, troncandole di netto la mano.
“Ecco fatto, ora non puoi nemmeno impugnare la spada. Anche se, a essere sincera, non noto una così grande differenza rispetto a prima”, Ofelia si concesse una risata prima di ripartire alla carica. “Cosa pensavate di ottenere, voi due perdenti? Credere di poter continuare a vivere solo perché si ha una ragione per non morire o qualcuno da proteggere è una fantasia buona solo per i deboli”.
La guerriera levò la spada, questa volta decisa a vibrare un colpo mortale.
“Grazie mille, mi sono proprio divertita. Ora muori”.
 
Un fulmine cadde vicinissimo, illuminando l’intera radura mentre il tuono scuoteva l’aria come se la terra si fosse appena spaccata in due.
Ofelia si fermò con la lama a mezz’aria, gli occhi fissi sul tronco di un albero dove per un attimo le era parso di scorgere un’altissima figura incappucciata che la fissava immobile come una scultura di legno.
“Chi sei? Come osi intrometterti mentre sto lavorando?”, domandò in tono stridulo.
Per la prima volta, Claire percepì nella sua voce qualcosa di simile alla paura.
In tutta risposta, l’incappucciata restò in silenzio.
Ciò bastò a far esplodere Ofelia.
Con un grido selvaggio, la guerriera si scagliò contro la nuova arrivata.
Una pioggia di scintille si scaturì nel momento in cui la sua spada incontrò l’aria, respingendola come una barriera invisibile.
Claire sgranò gli occhi per la sorpresa.
Dove aveva già visto una cosa del genere?
“Non sapevo che le guerriere aggredissero i civili”, disse in quel momento una voce calma, nascosta nell’oscurità.
La sua fermezza bastò a terrorizzare Ofelia ancora di più.
“Chi diavolo sei? Nessuno era mai riuscito a respingere la mia Spada dell’Onda!”, gridò.
“Mi dispiace, ma contro la mia Spada Fulminea è tutto inutile”, proseguì la voce mentre una nuova scarica di scintille si abbatteva su Ofelia.
La guerriera gridò, mentre il suo corpo immacolato si riempiva di ferite a vista d’occhio, straziandolo.
Solo allora, Claire la riconobbe.
“Irene?”.
 
*
 
La neve cadeva lenta sul paesino incastonato tra le montagne, i cui tetti spioventi carichi di luminarie sembravano appena usciti da una cartolina natalizia.
Il piccolo ristorante si trovava proprio in centro, di fronte alla chiesetta gotica dal campanile intonacato di bianco.
Una ghirlanda di agrifoglio pendeva fuori dalla porta, sormontata dalla scritta a caratteri rossi che recitava benevola Wilkommen.
Una luce calda proveniva dall’interno, insieme al perenne profumo di cibo, segno che in quel piccolo angolo di paradiso le cucine non smettevano un attimo di lavorare.
Un allegro motivetto tirolese scandiva il movimento delle pentole sui fornelli, mentre la donna bionda tamburellava allegramente il ripiano con le dita.
Ormai mancava poco all’apertura del locale.
Tutto doveva essere perfetto.
 
“È arrivato il primo cliente!”, annunciò una voce maschile alle sue spalle.
Teresa si voltò verso il giovane cameriere che era appena entrato.
Un sorriso soddisfatto si stirò sulle sue labbra nel momento in cui lo vide sostare impettito sulla porta.
Nonostante gli coprisse i tatuaggi sulle braccia muscolose, la divisa bianca donava a Zaki un certo fascino.
“Allora vai a prendere gli ordini”, lo esortò impaziente.
“Ehm…Teresa? Ha detto che vuole parlare con lo chef”.
La cosa bastò ad alterare non poco Teresa del Sorriso.
“Neanche ha visto il menu che già rompe i coglioni, questo qui?”, borbottò mentre abbandonava i suoi amati fornelli per dirigersi a passo di marcia verso la sala.
 
Il cliente interessato era già seduto al tavolo 1, il volto completamente nascosto dietro il menu.
“Posso aiutarla?”, esordì Teresa schiarendosi la voce.
Nel momento in cui il nuovo venuto abbassò il menu, per poco non le venne un colpo.
Di tutti gli avventori, Teresa non si sarebbe mai immaginata di dover fronteggiare proprio lui.
Piccolo di statura, il volto glabro solcato da rughe, gli occhi azzurri infossati e quel ciuffetto di capelli biondi sollevati sulla fronte ampia.
Incredibile ma vero, quella sera Gordon Ramsay aveva deciso di cenare nel suo locale perso nel cuore dell’Austria.
L’emozione fu tale da gettare Teresa nel panico più estremo.
“ZAKI!”, ululò, fiondandosi in cucina senza nemmeno preoccuparsi di che cosa volesse lo chef più infernale di tutti i tempi. “Accendi i fuochi, predisponi le pignatte! Dobbiamo stupirlo! Stregarlo! Sconvolgerlo! Prepariamo quanto abbiamo di meglio! Finalmente il mondo saprà chi siamo!”.
 
In preda alla più totale euforia, Teresa si scagliò sull’angolo cottura, prendendo a cucinare con una frenesia mai vista prima.
Se solo avesse potuto, le sarebbero spuntate almeno altre tre paia di braccia per poter preparare antipasti, primo, secondo, contorno e dessert contemporaneamente.
Il suo yoki azzurrino le danzava attorno alla testa, ormai alle stelle.
“Ci manca solo che mi Risveglio mentre cucino! Ah, che goduria!”, esclamò Teresa schiaffando gli antipasti in un vassoio e scaraventandolo letteralmente sul petto di Zaki.
“Va’ e servilo! E non ti dimenticare il VINO!”, ruggì la guerriera mentre si precipitava a buttare la pasta.
Il ragazzo batté i tacchi, andando a servire l’esigente avventore.
Pochi minuti dopo, fu il turno dei primi.
Tra una portata e l’altra, la tensione di Teresa saliva alle stelle.
Non appena Zaki rientrava nella stanza, la guerriera lo tempestava letteralmente di domande, tornando poi a spiare Ramsay dalla porta della cucina, sperando di intravedere un qualsiasi segno di gradimento trasparire dai suoi piccoli occhi infossati.
 
Finalmente, dopo quelle che parvero ore, arrivò il verdetto finale.
“Il signor Ramsay desidera parlare con te, chef”, annunciò Zaki, visibilmente sfinito.
Non aveva neppure terminato la frase, che Teresa si era già precipitata in sala, scrutando il cliente con gli occhi d’argento carichi di aspettativa.
Era talmente ansiosa di sentire il suo parere, che per poco non si mise a saltellare sul posto.
“Allora?”, azzardò dopo un po’, visto che Ramsay non spiccicava parola.
“Ho apprezzato molto il pasto”, disse questi finalmente. “I cibi erano semplici e genuini e in questo locale vige un’atmosfera famigliare e accogliente. Tuttavia, ho notato una piccola discrepanza nel menu. Come mai non c’è nemmeno un piatto a base di pesce?”.
Fu come se a Teresa avessero tirato una padellata in testa.
“Pesce?”, ripeté, perplessa. “Ma siamo in montagna, diamine!”.
“Appunto per questo non credo che manchino corsi d’acqua, qui nei dintorni”.
“Ma…ma…”.
Ora Teresa stava passando rapidamente dal basito all’incazzato nero.
Come si permetteva quel tale di insinuare cosa dovesse cucinare o meno?
A lei il pesce faceva schifo, va bene?
Anzi, a dirla tutta non lo poteva nemmeno toccare, visto che era allergica.
Che ne sapeva quello dei fatti suoi?
“Senta, questa è la mia cucina e finora in questo paese tutti hanno apprezzato i miei piatti. Se vuole mangiare pesce, vada da un’altra parte”, tuonò minacciosa.
“Non posso tollerare che un ristorante offra dei menu incompleti”, ribatté Ramsay, inflessibile.
La sua freddezza bastò a far andare Teresa su tutte le furie.
Alle sue spalle, Zaki, intuendo l’arrivo della tempesta, si andò a rifugiare prontamente in cucina a lavare i piatti.
“Ascolta, sottospecie di fastfooddaro da quattro soldi”, ruggì ergendosi in tutta la sua statura. “Sono quasi sette secoli che cucino e sicuramente non sarai tu a dire che cosa devo mettere o meno in cambusa, chiaro? E sai cosa ti dico? Io non sopporto…la roba…come il pesce…viscida…CRUDAAAA!”.
 
La pioggia le sferzò il volto con la forza una secchiata d’acqua gelida.
Fu così che Teresa si ritrovò seduta sull’erba, le mani protese in avanti, ancora convinta di stare strangolando il vero Gordon Ramsay.
Solo a quel punto, guardandosi intorno, capì dove si trovava.
Il profilo scheletrico del palazzo in costruzione torreggiava sopra di lei, i fulmini che illuminavano il corpo decapitato del Risvegliato.
Non c’era traccia di Ofelia.
Il che significava solo una cosa: Claire era in grave pericolo.
 
Maledetta stronza! Come ha potuto battermi in quel modo? Sono davvero così fuori forma?, pensò la guerriera mentre valutava l’entità dei danni.
Per fortuna, la brutta ferita che aveva sul davanti si era già cicatrizzata, ma la spada era andata maledettamente vicina al suo punto vitale.
Non poteva tollerare che una cosa del genere si ripetesse.
E, soprattutto, Teresa odiava perdere.
Con un gesto deciso, la Claymore recuperò la sua spada.
I suoi occhi dardeggiarono di una sfumatura dorata.
“A noi due, fantomatica numero 4”, ringhiò. “Sto venendo a insegnarti le buone maniere!”.
Detto questo, Teresa del Sorriso si lanciò nella tempesta, avida di vendetta.




Tesori miei, come state? Mi siete mancati tantissimo in questi giorni! :) * e grazie anche a tutti coloro che nonostante i mancati aggiornamenti mi hanno comunque contattata! Siete i lettori migliori del mondo, davvero! *

Dopo gli esami, ho seguito il consiglio di un grande istruttore, ovvero "va' in montagna e URLA!" e così ho fatto, invitata per qualche giorno a casa di una mia carissima amica.
Peccato che proprio a metà vacanza siamo state sorprese da un violento temporale durante una scampagnata e voilà!, invece di finire arrostita da un fulmine (cosa che ho rischiato, ragazzi!), ho ricevuto tutt'altra folgorazione: appena rientrata, ho iniziato a buttare giù il capitolo che avete appena letto.
La maratona di Hell's Kitchen mentre sedevo davanti al caminetto a far asciugare la mia tenuta da trekking (e nel mentre a preparare la grigliata per quella sera) ha fatto il resto.
Spero solo che il risultato non sia troppo demenziale...perlomeno, mi auguro di riuscire a strapparvi qualche risata XD

Ma ora passiamo a ringraziare i miei infaticabili recensori Angelika_Morgenstern, SognatriceAocchiAperti, AlanKall, bienchen, joy e ovviamente il mio amatissimo marito Xephil, che in questo momento immagino spaparanzato su una spiaggia in una momentanea pausa dalla caccia ai demoni * concedetegliela! *, ma vi posso assicurare che ha letto il capitolo prima ancora che venisse pubblicato e come sempre, dopo averlo sottoposto a inflessibile giudizio, mi ha dato anche degli utilissimi consigli su come renderlo sensazionale. Fidatevi se vi dico che la maggior parte delle ultime cose che ho scritto ultimamente sono nate grazie alle nostre interminabili discussioni ;) 
Grazie anche a tutti i miei lettori silenziosi, che questa settimana hanno fatto il boom! * più di 130 visite????!!!!!???? *

Il prossimo capitolo tornerà regolarmente la prossima settimana, preferibilmente di venerdì ma potrei anche anticipare di qualche giorno, se riesco a finire il capitolo per tempo.
Non appena saprò qualcosa di certo, ve lo farò sapere.
Per questo, vi consiglio più che mai di tenere d'occhio la mia pagina Facebook: https://www.facebook.com/LeStorieDiFedra?fref=ts
Stanno infatti per arrivare tante nuove novità, specie ora che "The Phoenix" è ormai giunta quasi al termine.

Vi auguro ancora una buona estate! Leggete tanto, ma soprattutto godetevi queste splendide giornate!
Vi voglio bene :)

Vostra,
Fedra





 
 
 
 
 

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Capitolo 28
*** Quello che non può la spada ***


Ventotto.
Quello che non può la spada
 
*

 
 
 
 

“Credere di poter continuare a vivere solo perché si ha una ragione per non morire o qualcuno da proteggere è una fantasia buona solo per i deboli”.
 
La prima cosa che pensò Claire nel momento in cui aprì gli occhi fu l’impulso di gettarsi in avanti per afferrare la spada e combattere ancora.
Solo dopo un interminabile istante di vertigine, però, si rese conto che dal gomito in giù del suo braccio destro non c’era più nulla al di fuori di un ammasso di bende.
Subito i ricordi le piovvero addosso insieme alla terribile consapevolezza di essere diventata ormai un inutile involucro di carne.
Ofelia le aveva amputato entrambe le mani e non era riuscita a recuperare nessuna delle due per rigenerarsi.
Al solo pensiero, Claire emise un singhiozzo di rabbia.
Non solo non era stata in grado di proteggere coloro che amava.
Senza le mani, non sarebbe mai più riuscita a sconfiggere Priscilla.
Aveva fallito su tutto.
E questa era la dimostrazione che Ofelia aveva ragione su di lei: era un’inetta totale, a tal punto da non meritare nemmeno la pietà della morte.
Era destinata a sopravvivere in quelle condizioni vergognose, trascinandosi nell’esistenza di una creatura a metà.
Nonostante la consapevolezza di aver perso le mani, l’impulso di sferrare un pugno a qualunque cosa le si parasse davanti fu troppo forte.
 
Con un grido disperato, Claire scattò a sedere, mentre le sue braccia scivolavano fuori dalle coperte.
Con suo sommo stupore, la guerriera si ritrovò a fissare la sua mano sinistra sollevata a pochi centimetri dal naso, perfettamente attaccata al polso.
“Come…?”.
“Ah, ti sei svegliata finalmente”, disse improvvisamente una voce familiare.
La Claymore levò la testa di scatto.
Solo allora realizzò pienamente di trovarsi distesa su un letto all’interno di quella che sembrava una piccola abitazione di legno.
Ma la cosa più incredibile era lei, la donna bionda che era appena entrata nella stanza reggendo un vassoio colmo di frutta nell’unica mano rimasta.
“Irene?”, esclamò Claire incredula. “Sei davvero tu? Io ti credevo morta… Per caso questo è un incubo?”.
“Fortunatamente per te, sei più sveglia che mai. È stato un caso che passassi di  lì, altrimenti a quest’ora saresti morta”, rispose lei con calma.
Claire sbatté più volte le palpebre, gettandosi ripetute occhiate intorno.
“Dove mi trovo?”, chiese. “Perché ho ancora la mano sinistra?”.
“Te la sei riattaccata poco prima di perdere i sensi”, spiegò Irene. “Ma per il tuo braccio destro, a meno che tu non sia una guerriera di difesa, temo che non ci sia più nulla da fare”.
“E la guerriera che era con me? È ancora viva?”.
“Le ho inferto ferite più gravi delle tue, ma non è morta”.
 
A quelle parole, la guerriera scattò in piedi.
“Cosa credi di fare?”, domandò Irene, improvvisamente in  allerta.
“Dov’è la mia spada?”, esclamò Claire con decisione. “Devo tornare subito indietro e ucciderla prima che torni a dare la caccia ai miei amici…!”.
La Claymore non aveva neanche avuto il tempo di finire la frase, che improvvisamente il mondo si rovesciò.
La presa ferrea della mano di Irene sulla sua nuca la schiacciò a faccia in giù sul cuscino, premendo così forte da rischiare di soffocarla.
“Se tieni così poco alla tua vita, allora posso anche ucciderti subito”, disse con calma.
Furiosa, Claire morse il cuscino con rabbia, cercando di divincolarsi.
In tutta risposta, la pressione di Irene aumentò ancora di più.
Sarebbe bastato un niente per spezzarle il collo senza problemi.
“Ma che cos…?”.
 
SLAM!
La porta della stanza si spalancò così bruscamente da volare letteralmente via dai cardini, rivelando una scarmigliata Teresa, senza però alcun sorriso sui lineamenti angelici del volto, sostituito da un’espressione a un tempo sconvolta e furiosa.
“Irene?”, esclamò incredula.
“Ciao, Teresa”, la salutò l’ex compagna d’armi, come se si aspettasse di vederla piombare lì da un momento all’altro.
“Cosa credi di fare, con lei? È me che cerchi!”, ruggì l’altra, accennando a Claire.
“Sta’ tranquilla. Non è quello che pensi. Ma credo che vivere a lungo con una come te non abbia giovato molto a una testa calda come questa ragazzina”, commentò l’altra lasciando andare la numero 47, che restò immobile sul letto.
“Come mai sei ancora viva?”, la interrogò Teresa, prendendo a girarle attorno come un leone in gabbia.
“Le ferite che mi aveva inferto Priscilla non erano abbastanza gravi da uccidermi. Mi sono rigenerata da sola, ma allo stesso tempo la paura che ho provato quel giorno non mi ha più abbandonata. Per questo ho lasciato l’Organizzazione e mi sono nascosta in questi boschi, reprimendo il mio yoki affinché non mi trovassero e giustiziassero come disertrice”.
“Una fine davvero indegna per l’ex numero 2, non è vero?”, commentò Teresa, velenosa.
Di certo non aveva mai perdonato l’unica compagna con cui fosse mai andata lontanamente d’accordo prima di incontrare Claire per averla tradita e braccata come un animale da preda per ordine dell’Organizzazione.
 
Era così concentrata ad assaporare l’imminente scontro, che quasi non si accorse della lama che mirava dritta ai suoi occhi.
Sguainò la spada solo all’ultimo istante, bloccandola a pochissimi centimetri dal naso.
“Sei calata”, commentò Irene, impassibile. “Ai vecchi tempi, saresti riuscita a bloccarmi prima ancora di darmi il tempo di denudare la spada”.
“Non provocarmi”, la minacciò Teresa. “L’Organizzazione è riuscita a recuperare il mio corpo, ma in cambio sono stata regredita a numero 46, perdendo gran parte dei miei poteri. Ecco perché sono così lenta. E sappi che non è un’umiliazione facile da sopportare”.
“Perché mai avresti dovuto farlo?”.
“Serviva qualcuno in grado di uccidere Priscilla. L’ultima persona ad averla affrontata prima che si Risvegliasse”.
“E loro credono che avrai successo, con i tuoi poteri ridotti al minimo e una guerriera mediocre alle calcagna?”.
“Gli accordi tra me e l’Organizzazione non sono affari tuoi!”.
“Eppure non riesco a tollerare che proprio tu sia caduta così in basso. Un tempo avresti preferito di gran lunga la morte a una vita di umiliazione in attesa di scontrarti con un’avversaria a cui nessuno è riuscito a sopravvivere. A meno che…”.
 
Gli occhi d’argento di Irene si illuminarono nel momento in cui si posarono sul volto contratto dalla rabbia di Claire.
“Ma certo: sei tu!”, esclamò. “Non avrei mai creduto che saresti diventata una di noi”.
“Che scelta avevo?”, rispose l’altra in tono di sfida. “Ero rimasta sola al mondo. Teresa era tutto ciò che mi restava. Avrei fatto qualunque cosa per riaverla”.
Irene scosse il capo.
“Siete completamente folli”, commentò. “Fino a questo momento, sono stata l’unica ad affrontare Priscilla da Risvegliata e tutto quello che ci ho guadagnato sono stati un braccio in meno e la totale incapacità di tornare a combattere. Ho visto quel mostro con i miei occhi e posso assicurarvi che è troppo forte. Non può essere sconfitto da nessuna di noi. Tu mi conosci, Teresa, e sai che non potrei mai mentirti su questo”.
“Non abbiamo altra scelta”, la zittì Teresa, inflessibile. “Mentre tu te ne stai rintanata qui in mezzo ai boschi, il mondo è andato avanti. Priscilla non è più da sola. Negli ultimi tempi, da queste parti si stanno radunando sempre più Risvegliati. Pare che vogliano trasformare la regione nel loro terreno di caccia. E pare anche che vogliano far riferimento proprio a lei”.
“Che cosa?”.
“Hai capito bene, tesoro. Non si risolve un problema limitandosi a ignorarlo. In questi anni, Priscilla è diventata molto più forte di allora. E quel che è peggio è che non è più sola. Ci sono altri Risvegliati che si stanno avvicinando a lei e ciò significherà la fine di tutti noi, umani e mezzi demoni, se nessuno la ferma. Forse una guerriera sola non riuscirà a fermarla. Ma se cooperiamo tutte insieme, le migliori di noi, allora forse le cose potrebbero cambiare”.
 
Irene restò interdetta, fissando la compagna con gli occhi sbarrati.
“Se stai cercando di convincermi a unirmi a voi, sappi che stai perdendo il tuo tempo”, disse asciutta. “Io non posso più combattere”.
I suoi occhi d’argento tornarono a posarsi su Claire.
“A che cosa stai pensando?”, domandò Teresa, indovinando le sue intenzioni.
“Ho osservato a lungo la tua compagna”, rispose l’altra. “Il fatto che sia sopravvissuta fino a questo momento è un vero miracolo. È proprio vero che la tecnica non basta. A volte, un cuore nobile e coraggioso può diventare molto più incontrollabile e pericoloso della più micidiale tecnica di combattimento”.
Irene tornò a sedersi accanto a Claire, posandole una mano sulla spalla.
“Ragazzina, vuoi ancora uccidere la guerriera che ti ha fatto questo?”, chiese.
A quelle parole, l’altra digrignò i denti con rabbia.
“Ciò che desidero di più al mondo è avere la sua testa”, rispose con decisione.
Un sorriso comprensivo si stirò sulle labbra sottili di Irene.
“Allora, se lo vorrai, ti insegnerò la Spada Fulminea”, disse in tono benevolo.
 

*

 
Un senso di pace invase Ofelia nel momento in cui riaprì gli occhi.
Era distesa in una radura circondata dalle alte sagome scure degli alberi, sui cui rami il sole nascente disegnava mille sfumature sulle gocce d’acqua rimaste impigliate tra le foglie, rendendole simili e gemme splendenti.
Non serbava più alcun ricordo del dolore della sera prima, quando aveva trascinato per chilometri il suo corpo devastato, lasciando una scia di sangue sul terreno intriso di pioggia.
 
I suoi gemiti erano così devastanti da sovrastare anche i tuoni.
“Fa male!”, gridava. “FA MALE!”.
Le forze le mancarono e la guerriera stramazzò a terra, scossa dai singhiozzi.
“Fratellino? Dove sei, fratellino? Perché te ne sei andato? Perché mi hai lasciata sola? Avevi detto che mi avresti difesa!”, ululò come rivolta a una figura nascosta nell’ombra che solo lei poteva vedere.
Ma nessuno rispose, al di fuori dello scrosciare violento della pioggia che le schiaffeggiava il volto.
Il suo pugno si abbatté sul terreno, alzando alti schizzi di fango ovunque.
“È tutta colpa di quella lì!”, ringhiò, la voce improvvisamente più profonda e carica di tutta la rabbia che per anni non aveva fatto altro che devastarla, scavando a fondo dentro di lei. “Fratellino? E chi diavolo sarebbe? Come pretendo di essere salvata da un moccioso così idiota da farsi uccidere da un mostro con un corno solo? Io non ho bisogno di nessuno! NESSUNO!”.
Un vortice di energia azzurra si sprigionò dal suo corpo, spazzando via le fronde più basse degli alberi e portando via il dolore.
 
“Mi sento così bene”, mormorò Ofelia con calma, levandosi a sedere.
Tutto attorno a lei appariva calmo e silenzioso.
Non c’era più traccia dei ricordi raccapriccianti del suo passato, né del dolore insopportabile delle ferite.
Eppure, la guerriera avvertiva che mancava qualcosa.
Un enorme senso di vuoto cresceva in lei di attimo in attimo, fino a quando ella non capì di che cosa si trattava.
Fame.
Una fame smisurata, incontenibile.
Eppure, le castagne abbandonate sul terreno e i funghi arrampicati sui tronchi degli alberi non attiravano minimamente la sua attenzione.
Ciò di cui aveva bisogno era ben altro.
Il sapore ferrigno del sangue sulla punta della lingua.
La visione inebriante di corpi squarciati da cui trasudavano le viscere grigiastre, che si spandevano tutto intorno.
Avrebbe tanto voluto morderle, leccarle, lacerarle.
Al solo pensiero, la sua bocca si riempì di saliva.
“Ho fame di interiora”.




Buonasera, belve! :)
Come state? Io mi trovo in ferie insieme a mio marito Xephil, a cui ho momentaneamente rubato il computer per aggiornare...ihihihih XD
Prima che ritorni, colgo l'occasione per fare i ringraziamenti al volo * perdonatemi, ma stasera il tempo stringe *

Un grazie ai mitici bienchen, SognatriceAocchiAperti e AlanKall per le recensioni, oltre che ovviamente al mio meraviglioso marito Xephil che ha anche curato l'editing di questo capitolo.
Grazie anche a tutti i miei lettori silenziosi, ovunque vi troviate ;)

Vi terrò informati sui prossimi aggiornamenti. Per questo, vi consiglio di tenere sott'occhio la mia pagina Facebook:
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Passate anche voi delle buone vacanze e a presto!

Baci!

Vostra
Fedra






 
 
 
 
 
 
 
 
 
 


 

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Capitolo 29
*** Creature dell'oscurità ***



 
Ventinove.
Creature dell'oscurità
 
 
*

 

 

 

 

Erano ormai passate le tre quando le due alte figure bionde si fermarono sul marciapiede deserto, fronteggiandosi l’un l’altra.
“Ti va di salire a bere qualcosa?”, domandò la ragazza, senza fare nulla per nascondere il sorriso sfacciato che brillava alla luce dei lampioni.
Di fronte a lei, il volto del giovane biondo restò in ombra.
La brezza umida della notte gli gonfiava i lunghi capelli lisci che gli arrivavano fino a metà schiena, accarezzandogli l’ovale perfetto del volto.
Sapeva che gli occhi della ragazza lo stavano sondando centimetro per centimetro, avidi come quelli di una predatrice.
Non avevano fatto altro per tutta la sera, dal momento in cui gli si era seduta accanto nel caos del locale, chiedendogli se voleva unirsi alla sua compagnia di amiche.
Credeva di averlo in pugno, completamente sottomesso alla sua volontà di cacciatrice di uomini.
Non immaginava neanche lontanamente l’errore fatale che aveva appena commesso.
E di quanto le sarebbe costato caro.
 
“Allora, che cosa hai deciso? Guarda che non mordo mica!”, incalzò la ragazza, le mani sui fianchi in un finto atteggiamento di impazienza.
Tanto lo sapevano entrambi quale sarebbe stata la risposta.
Finalmente, il giovane fece un passo avanti.
Un sorriso angelico gli illuminava i tratti del volto.
“Perché no?”, rispose timidamente.
La ragazza riuscì a trattenere a stento un moto di euforia.
“Vieni”, lo esortò, facendogli l’occhiolino.
Nel momento in cui girò i tacchi per andare ad aprire il portone di casa, i suoi folti riccioli biondi le mulinarono sulla schiena, mandando in direzione del giovane una forte fragranza di fragole.
Le sue narici si dilatarono al massimo, assaporandone il profumo dolciastro fino a quando non venne inghiottito dall’aria della notte.
Quell’odore, sommato a quello della sua pelle, gli dava le vertigini.
Inebriato, le seguì sulle scale.
Sotto la camicia e i jeans, riusciva già a immaginare le curve morbide del suo fisico perfetto, tornito da ore e ore di palestra.
Si chiamava Sara e studiava Giurisprudenza.
Era una di quelle persone a cui piaceva avere sempre tutto sotto controllo, anche se nella sua mente vigeva il caos più totale.
Era un modo per colmare il vuoto e la solitudine che regnavano nel suo mondo frenetico e falsamente perfetto, fatto di aule di tribunale e locali alla moda, codici penali e borse griffate.
Impossibile dirle di no.
 
Salirono fino al primo piano, dove si trovava il suo mini-appartamento.
L’interno era buio e, nell’oscurità, il profumo di lei appariva più forte che mai.
Nel momento in cui accese la luce, apparve arredato in un modo semplice ma estremamente curato.
Non una rivista appariva fuori posto.
Tutto era impilato e ordinato in maniera maniacale sugli scaffali in legno chiaro e sui ripiani di cristallo del salotto.
Il giovane non aveva ancora fatto in tempo ad accomodarsi, che Sara era già tornata con due bicchieri colmi di Martini tra le mani.
“Spero che non ti dispiaccia la mia tisana”, disse ridacchiando.
Il ragazzo distese le labbra in un lieve sorriso, indugiando sulle fossette rosee delle sue guance.
Era evidente che per quella sera aveva già alzato fin troppo il gomito.
Meglio così, perlomeno non sarebbe stata lucida al cento per cento.
“Cin cin”, trillò Sara, levando il suo bicchiere.
Il giovane la imitò.
I vetri cozzarono delicatamente l’uno contro l’altro con un lieve tintinnio.
“A noi”, disse la ragazza in tono solenne, trangugiando il suo Martini in poche sorsate.
L’altro si limitò a bagnare appena le labbra.
 
Sara posò il bicchiere vuoto sul tavolino di cristallo, lanciandogli un’occhiata languida.
I suoi occhi da cerbiatta non perdevano di vista la preda appena conquistata.
Aveva fatto davvero un bel lavoro, quella sera.
Alla luce delle lampade, l’eterea bellezza del ragazzo risaltava più che mai in tutto il suo splendore.
I suoi tratti delicati erano quasi femminei e ricordavano vagamente quelli degli angeli.
Era qualcosa che sembrava andare ben al di là dell’umano.
O forse, era semplicemente ubriaca.
“Dimmi, Easley”, esordì dopo quegli attimi di contemplazione. “Ti sta piacendo questa serata?”.
L’altro sorrise, facendola sciogliere ancora di più.
“È stata unica, davvero. Mi spiace solo che domani dovrò partire…”, commentò.
In tutta risposta, Sara gli gettò le braccia attorno al collo, solleticandogli il volto con le ciocche bionde dei capelli.
“Allora non pensi che sia il caso di viverla al massimo?”, domandò con voce suadente.
Il sorriso di Easley si allargò ancora di più, scoprendo i denti candidi.
“Se è questo il tuo desiderio, allora farò in modo di renderla indimenticabile”, sussurrò.
 
Sara lo prese per mano, invitandolo ad alzarsi in piedi.
Lui si lasciò condurre docilmente, fino ad arrivare nella piccola camera stipata di poster e peluche.
Lei si stese sul letto, invitandolo a fare altrettanto.
Il suo profumo gli stava dando di volta il cervello.
Presto avrebbe perso il controllo e lo sapeva.
Senza distogliere il contatto dai suoi occhi da cerbiatto, le mani sottili di Easley scattarono sulla camicetta di lei, prendendo a sbottonarla lentamente.
Sara rideva e, mentre le sue dita facevano saltare i bottoni, immerse le labbra in quelle del giovane, tirandolo ancora di più a sé.
Easley si abbandonò a quell’abbraccio, avvertendo il corpo di lei aderirsi sempre di più al suo.
Gli sembrava di percepire il profumo di fragole persino nella sua bocca.
La esplorò con la lingua, tuffando le dita tra i suoi capelli, poi prese a scendere verso il basso, sfiorandole il collo fino ad arrivare ai seni piccoli e torniti, ma non si fermò ad accarezzarli.
Scorse piuttosto verso il ventre, percorrendolo in tutta la sua lunghezza con le labbra, facendolo esplodere di brividi.
A quel contatto, lei scoppiò in una risata carica d’estasi, inarcando la schiena per il piacere.
“Wow, non sapevo che fossi così disinvolto!”, esclamò.
 
Easley sorrise, prendendo ad accarezzarle i fianchi con le dita.
In fondo, aveva appena cominciato.
Con un gesto rapido quanto delicato, le slacciò il bottone che le fermava i jeans all’altezza della vita, tirando giù la zip.
Il tessuto rivelò un ombelico perfetto, la cui delicata rotondità si infossava dolcemente nel ventre piatto e liscio.
Le sue labbra si immersero nella pelle morbida, prendendo a esplorarla avidamente centimetro per centimetro.
Inebriata, Sara emise un gemito.
Le sue dita tornarono a immergersi nel mare dorato dei suoi capelli, spingendogli il capo ancora più a fondo e facendogli esplodere l’odore della sua eccitazione nelle narici.
A quel punto, l’istinto di stringere per un attimo tra i denti quelle carni morbide e delicate fu per lui irresistibile.
L’esclamazione di dolore che seguì subito dopo lo costrinse a levare il capo immediatamente.
Ma Sara non sembrava affatto spaventata, né dava segni di essersi accorta della mezzaluna color sangue che si era appena disegnata sotto il suo ombelico.
I suoi occhi erano ancora immersi in quelli di Easley.
“Ti prego, continua…”, sussurrò, in estasi.
Le dita di lui tornarono ad accarezzare dolcemente la pelle ferita della sua preda, completamente ignara che quella che avrebbe vissuto di lì a poco sarebbe stata la morte più dolce e allo stesso tempo più atroce che avesse mai potuto immaginare.
“Come vuoi, bocconcino”, rispose Easely, avvicinando di nuovo il volto al suo ventre caldo, un sorriso famelico stirato sul suo volto d’angelo. “Sei mia!”.
 
*
 
Le foto della scena del crimine sembravano essere state scattate direttamente sul set di un film dell’orrore della peggior specie.
Il sangue aveva completamente inondato la stanza, compresa la carta da parati a fiori.
La vittima giaceva supina sul letto, simile a una brutta Barbie con il ventre squarciato e vuoto, gli occhi spalancati in un’espressione a metà strada fra lo stupore e l’orrore più estremo.
Mi domando chi mai potrebbe compiere dei crimini così orrendi, pensò l’ispettore capo, osservando le immagini mentre si rigirava la sigaretta tra le dita.
In quel preciso istante, la porta dell’ufficio si spalancò, rivelando un basso ometto calvo con una busta tra le mani.
“Questi sono i risultati dell’autopsia”, disse mentre la poggiava sulla scrivania. “Giù nei laboratori non sembravano molto contenti”.
L’ispettore capo infilò la sigaretta in un angolo della bocca, aprendo la busta ed esaminandone con cura il contenuto.
Subito, una ruga gli solcò le sopracciglia.
 
“Sara Donati, 23 anni. Sventrata mentre era ancora viva”, mormorò. “Avete scoperto qualcosa di più su di lei?”.
“Sì, signore. La ragazza studiava Giurisprudenza a Roma Tre e viveva sola in un appartamento vicino al quartiere Prati. Spesso frequentava dei locali notturni insieme ad altri studenti”, rispose il suo collega.
L’ispettore si alzò, avanzando verso la finestra con aria pensosa.
Fuori, una triste pioggerella autunnale cadeva incessantemente dal cielo di un grigio quasi bianco.
“Siamo al terzo caso in un mese. Stesso modus operandi e nessuna pista. Non sappiamo nemmeno se l’assassino sia effettivamente un essere umano, dalla natura delle ferite”.
L’ispettore tornò a voltarsi verso il suo collega, le braccia allacciate dietro la schiena.
“Cinque omicidi così efferati sono pane per quelle sanguisughe dei giornalisti”, proseguì. “La gente sta iniziando ad agitarsi e non escludo che presto ci sarà qualche pazzo disposto a farsi giustizia da sé e a puntare una pistola su chiunque pur di trovare un capro espiatorio. Dobbiamo muoverci in fretta e con circospezione, se vogliamo evitare il peggio”.
A quelle parole, l’ometto calvo impallidì visibilmente.
 
“Ehm, signore…ci sarebbero altre novità. Ma non sta a me parlarne”, disse timidamente.
Il suo tono di voce bastò ad accrescere il malumore del suo superiore.
“Davvero?”, commentò. “Non dirmi che quella donna ha scoperto qualcosa”.
“Proprio così, ispettore”, esclamò una decisa voce femminile in quel preciso istante.
Un improvviso gelo cadde nella stanza.
Una donna dai folti capelli biondo scuro raccolti in una coda spettinata aveva appena fatto ingresso nella stanza.
Il corpo slanciato e flessuoso, alto più del normale, era fasciato da una stretta divisa blu.
Alla sua vista, l’ometto calvo prese a sudare freddo, mentre l’ispettore capo si limitò a stringere la sigaretta fra i denti fin quasi a spezzarla in due.
“Agente Miria Eido, che piacere vederla qui”, la salutò con finta cortesia.
La donna gli rivolse un sorriso freddo, entrando nell’ufficio con passo felpato e deponendo un alto plico di carte sulla scrivania già di per sé ingombra.
Sapeva di essere tutto meno che la benvenuta, in quel posto.
Già era difficile vedere una donna così giovane lavorare con la massima professionalità all’interno della omicidi.
Figuriamoci poi se era a capo della scientifica.
Non era da escludere se ormai le voci sul suo conto fossero più che discrete.
In molti si chiedevano malignamente chi fosse il fortunato a cui quella ragazza di nemmeno trent’anni avesse concesso i propri favori per conquistare quel posto tanto ambito e pretendere di comandare tutti a bacchetta di lì a due giorni, quando avevano denunciato l’ennesima scomparsa.
Pazienza, affari da comuni mortali.
Che a loro piacesse o no, Miria era stata inviata lì per lavorare.
Perché, a differenza di quegli idioti degli esseri umani, lei aveva un’idea molto precisa di chi fosse l’assassino.
 
“Abbiamo svolto ulteriori indagini e sono emerse delle cose interessanti”, proseguì la donna con decisione. “Quest’ultima vittima aveva un’amica in comune con Gaia, la ragazza della Sapienza scomparsa alcune settimane fa. E, sempre Gaia, era molto legata a un certo Raki Yagi, suo compagno di studi”.
“Un momento! Questo non è il giovane di cui hanno denunciato la scomparsa due giorni fa?”, esclamò l’ispettore capo, prendendo in mano la foto che lo ritraeva.
“Non è scomparso. Siamo riusciti a rintracciarlo. In questo momento, si trova ricoverato al Gemelli in prognosi riservata. Pare che sia ridotto molto male a seguito di un’aggressione di inaudita ferocia”, proseguì Miria. “Ma non è tutto. Le ultime due vittime sono stati proprio i suoi genitori”.
“Il cerchio si stringe. Questo ragazzo potrebbe sapere molto più di quello che sembra. Eppure, dopo averlo interrogato, non è stato ritenuto affatto sospetto”, borbottò l’ispettore capo, sfogliando il suo dossier.
“Di solito sono le persone più riservate a nascondere i segreti più scomodi. Forse un’altra chiacchierata a quattr’occhi non gli farebbe male”, commentò la donna.
“Mi sta dicendo che vorrebbe occuparsene lei, signorina Eido?”, domandò l’ispettore freddamente.
L’altra gli rivolse uno sguardo di pietra.
“I bambini non sono mai stati il mio forte”, rispose. “Ma, se abbiamo un pericoloso assassino da fermare, cercherò di fare del mio meglio”.
 
*
 
Erano le nove passate quando Miria uscì finalmente dall’ufficio e si incamminò a passo deciso sul marciapiede.
La pioggia aveva smesso di cadere e l’aria era intrisa di umidità.
La donna avanzò a passo deciso sotto le luci pallide dei lampioni, le narici dilatate per la concentrazione e la stizza.
Svoltò dietro l’angolo ed entrò in un bar.
La luce fredda del neon illuminò il suo volto, mentre i suoi occhi vagavano per il locale finché non trovarono ciò che stavano cercando.
Due giovani donne avvolte in impermeabili neri stavano sedute a un tavolinetto.
La prima aveva i capelli biondo scuro tagliati cortissimi e stava fissando con disgusto la compagna, il cui caschetto color oro celava l’enorme bocca piena di ciambellone al cioccolato.
“Era proprio necessario, Helen?”, stava commentando furibonda.
“Ho fame!”, protestò l’altra. “È tutto il giorno che siamo in giro e sai bene che io non riesco a ragionare a pancia vuota”.
 
“Buonasera, ragazze”, le salutò Miria, sedendosi accanto a loro.
“Oh, finalmente!”, esclamò la ragazza con i capelli corti, lanciando un’ultima occhiata di fuoco in direzione di Helen. “Hai scoperto qualcosa?”.
In tutta risposta, Miria infilò una mano nella borsetta e vi estrasse una foto.
“La polizia umana brancola nel buio come al solito, ma forse abbiamo stanato uno yoma”, rispose mentre il volto di Raki sorrideva timidamente verso di loro.
“Sarebbe questo moccioso?”, commentò Helen con una lieve punta di delusione nella voce. “Credi che sia stato lui a uccidere quelle ragazze?”.
“Le prove contro di lui sono schiaccianti. È l’unico ad avere avuto rapporti con le ultime vittime. Per precauzione, provvederemo a interrogarlo il prima possibile”, spiegò Miria. “Tuttavia, sono stata sul luogo dell’ultimo delitto e ho percepito qualcosa che avrei preferito non ci fosse. Uno yoki potentissimo. Molto più potente di quello di noi tutte messe insieme”.
“E cioè? Stai dicendo che l’assassino potrebbe essere un Risvegliato?”, esclamò la guerriera dai capelli corti.
Miria sospirò.
“Vorrei che non fosse un Risvegliato qualunque, Deneve”, disse. “Ma riconoscerei quell’aura tra mille e posso assicurarvi che era lui: Easley l’Abissale”.
“Cosa? Un Abissale qui a Roma?”, domandò Helen, a cui tutto a un tratto sembrava essere sparita la fame.
“Non solo lui. C’era un altro odore, insieme al suo. Più potente, immensamente potente. Il che mi fa temere il peggio, proprio come aveva ipotizzato Louvre: i Risvegliati più pericolosi si stanno radunando in questo posto per trasformarlo nel proprio territorio di caccia. E forse, uno di loro ha trovato un’arma abbastanza micidiale per passare in vantaggio rispetto agli altri”.
“E quale sarebbe?”, domandò Deneve, sconvolta.
“Vi ripeto, spero solo di sbagliarmi”, proseguì Miria. “Eppure il mio fiuto mi dice che quell’odore era proprio quello di Priscilla”.
 
Un silenzio di morte calò sul terzetto.
“Stai dicendo che Easley tiene Priscilla con sé?”, domandò Deneve dopo attimi che sembrarono durare un’eternità. “Ma non è possibile! Priscilla è un mostro dotato di una forza e una potenza pari alla sua completa assenza di senno. Come può sperare di controllarla?”.
“Non lo so. Ma una cosa è certa: se vogliamo sperare di vincere questa guerra, allora dobbiamo rivolgerci all’unica persona che abbia affrontato Priscilla e sia stata in grado di raccontarlo. Ecco perché ho insistito di venire a Roma, sperando di incontrarla. Anche se so che non è celebre per il suo buon carattere”.
“Di chi stai parlando, Miria? Non sarà una guerriera a una cifra?”, azzardò Deneve, facendosi guardinga.
“Un tempo lo era. La migliore in assoluto. Talmente forte che l’Organizzazione stessa è stata costretta a retrocederla a numero 46 per evitare di eliminarla”, rispose Miria.
A quelle parole, Helen strabuzzò gli occhi per la sorpresa.
“Tuoni e fulmini! Non starai parlando di…?”.
Un lampo selvaggio attraversò gli occhi di Miria.
“Esatto, proprio lei”, rispose con una punta di reverenza nella voce. “Teresa del Sorriso”.




Buonasera, belve! :)
Ebbene sì, le vacanze sono finite ed eccomi qua che grido vendetta con questo nuovo, sanguinario capitolo ;) Spero solo che dopo averlo letto non scappiate a gambe levate...o peggio, chiamiate la neuro!
* TANTO NON MI AVRETE MAI VIVA, SAPPIATELO! *

Ammesso che siate ancora in linea, colgo subito l'occasione per ringraziare anzitutto la mia sorellona Angelika_Morgenstern per avermi dato le dritte giudiziarie sulla parte inerente a Miria * se vi piacciono i thriller, credo che sue storie soddisfino a pieno le vostre esigenze *, oltre che ovviamente al mio unico, inimitabile, folle e fiammeggiante marito Xephil per il supporto e i consigli preziosi che non mancano mai durante la stesura dei nuovi capitoli. Dovreste sentire anche voi le nostre interminabili conversazioni su demoni, tecniche di combattimento e modi su come fare a fette gli yoma ;) A proposito, a breve io e lui dovremmo farvi un piccolo annuncio riguardo una cosuccia che stiamo preparando insieme...teneteci d'occhio entrambi, mi raccomando! XD

Oltre a questi miti, voglio ringraziare con tutto il mio affetto i meravigliosi SognatriceAocchiAperti, bienchen, AlanKall e 92Rosaspina per le loro appassionate e sincere recensioni. Ragazzi, vi voglio bene!
Un abbraccio anche a tutti i lettori silenziosi, che zitti zitti questa settimana sono arrivati a quota 100 per capitolo! *___________*

Ora non resta che tenerci forte: vi dico da adesso che da questo momento in poi la storia diventerà molto cupa, almeno fino alla fine della prima parte...ma tranquilli, questa fanfiction ci terrà compagnia ancora a lungo ;)
Chi ci saluta, invece, è The Phoenix, di cui potrete leggere l'ultimo capitolo nel corso della giornata di lunedì prossimo.
Per tutti gli appassionati di Claymore, invece, l'appuntamento torna come sempre di venerdì. 
Pronti a sapere che fine hanno fatto Claire, Teresa e Irene? E secondo voi come la prenderà Raki quando scoprirà di essere appena stato accusato di pluriomicidio, oltre che di essere uno yoma? * neanche l'ingegner Ugo Fantozzi sarebbe arrivato a tanto... *

Per scoprire tutti i retroscena e le anteprime, vi consiglio come sempre di fare un salto sulla mia pagina Facebook: https://www.facebook.com/LeStorieDiFedra
Per il resto, che dire? Auguro a tutti voi di trascorrere bene questi ultimi giorni di agosto, sia che siate al mare oppure già all'opera come la sottoscritta :)

Vi abbraccio tutti, ovunque voi siate :)

Vostra
Fedra




 
 
 
 

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Capitolo 30
*** Stato di fermo ***


Trenta.
Stato di fermo
 
 
*
 
 
 
 
“Sto iniziando a perdere la pazienza”, disse l’ispettore capo in tono severo, le mani poggiate sul tavolo. “Stai cercando di dirmi che è stata una donna a ridurti in questo stato?”.
Seduto davanti a lui, Raki non spiccicava parola.
Si limitava a fissarlo con gli occhi marroni spalancati, la bocca piegata in maniera innaturale come se stesse trattenendo i fantasmi di mille discorsi che non riusciva o non poteva esprimere.
Il suo aspetto faceva quasi paura.
I capelli castani erano più lunghi e disordinati del solito, nascondendo a malapena la cicatrice che gli deturpava il volto, dividendogli in due il sopracciglio sinistro e scendendo lungo la tempia.
Il mento appariva solcato dalla barba di qualche giorno e il ragazzo sembrava aver momentaneamente abbandonato le camicie e i maglioni di sempre per lasciar posto a una felpa mezza stinta e un giubbotto raccattato alla bell’e meglio.
 
In fondo, non aveva avuto molto tempo per prendersi cura di sé, dal momento in cui era stato dimesso dall’ospedale.
Ad aspettarlo all’uscita, infatti, non c’era suo fratello Zaki come aveva creduto, ma una volante della polizia.
L’accusa era sospettato omicidio.
Come se tutto quello che aveva passato fino a quel momento non fosse abbastanza.
Ed eccolo lì, seduto di fronte all’ispettore capo, che torreggiava su di lui scrutandolo con i piccoli occhi neri e infossati come se si trattasse del più spietato criminale dai tempi di Nerone.
Lui, che il peggior reato che avesse mai commesso in vita sua era stato quello di scordarsi di restituire un libro alla biblioteca comunale quando andava alle elementari.
Su cui, tra l’altro, aveva fatto anche due ditate di nutella.
Alla fine aveva dovuto risarcirlo, ma caspita che bello che era quel romanzo!
Era della serie Piccoli Brividi, di cui andava semplicemente matto.
Chissà perché poi aveva improvvisamente cambiato genere…
 
“Sto ancora aspettando una risposta”, incalzò l’ispettore capo, decisamente irritato. “O forse mi stai nascondendo qualcosa?”.
Raki deglutì vistosamente.
Come faceva a dirgli la verità?
Era impossibile che gli credessero.
Nella migliore delle ipotesi, lo avrebbero internato in un centro di recupero per malati mentali.
“Ecco, era…una donna. Armata di spada”, sputò fuori, anche se era ben consapevole di aver appena detto la cazzata del secolo.
“Oh, una donna armata di spada! E si può sapere che cosa ci faceva in giro per Roma, tra l’altro nel ventunesimo secolo?”, sbottò l’ispettore capo, esasperato.
“Ecco, ci sono dei corsi di scherma storica, no? Anch’io avevo iniziato, tempo fa…”, balbettò Raki, pallido come un cadavere.
“Ah, dunque ammetti di possedere anche tu un’arma da taglio, non è così?”.
 
Ahi, pessima mossa!
Raki si morse la lingua a sangue, maledicendosi per aver detto l’unica cosa che avrebbe potuto metterlo ancora più nei guai.
“Tutte le vittime degli omicidi avevano l’addome squarciato. Una spada potrebbe benissimo provocare una simile ferita, non credi?”, proseguì l’ispettore capo, un lampo di trionfo che gli aveva improvvisamente acceso gli occhi. “E, ora che mi ci fai pensare, anche la persona che ti ha inflitto quelle ferite così brutali ne possedeva una. Potrebbe essere una tua complice, non credi? Magari avete litigato”.
“Le giuro che non è così!”, esclamò Raki, disperato.
Adesso ci mancava solo che gli dessero l’ergastolo.
“E allora perché mai avrebbe dovuto farlo? Forse hai visto delle cose che avrebbero potuto comprometterla?”.
“Sì…cioè, no!”.
“Nel tuo dossier, c’è scritto che dalla morte dei tuoi genitori ti sei trasferito in un appartamento vicino alla Tangenziale insieme a tuo fratello. Siete al corrente che quella casa è stata abbandonata da anni e che la vostra è un’occupazione abusiva?”.
“Ma io…Aspetti, in realtà noi eravamo ospiti!”.
“Ma davvero? E di chi, si può sapere? I legittimi proprietari sono morti da più di dieci anni e i loro figli si sono trasferiti in America subito dopo. Dubito che siano a conoscenza del fatto che gli abbiate risistemato la casa”.
 
Raki si prese la testa tra le mani, la bocca contratta in un gemito.
Stava per crollare e lo sapeva.
Non si era mai sentito così solo e abbandonato come in quel momento.
Claire era fuggita nella notte, dopo avergli rubato quel primo e ultimo bacio.
Lui credeva ciecamente nei suoi sentimenti, altrimenti non avrebbe mai messo a repentaglio la propria vita senza pensarci due volte.
Ma lei?
In fondo, era un mezzo demone.
Quanto valeva un per sempre per una creatura destinata a non invecchiare?
Durante tutta la convalescenza, Raki aveva sperato ardentemente che tornasse.
Invece, di lei non c’era nessuna traccia.
 
Forse era morta subito dopo, facendo da esca contro quella pazza assassina.
Forse, si era semplicemente tolta un peso che portava da troppo tempo.
In fondo, non gli aveva detto proprio questo, la notte in cui si erano conosciuti?
Eppure, in quegli ultimi giorni, Raki era sicuro che le cose fossero cambiate tra loro.
Che, in qualche modo, lei iniziasse ad affezionarsi a lui.
Che esistesse qualcosa di più.
 
Ma, a quanto pareva, si era semplicemente illuso.
Del resto, lui non faceva parte del contratto di lavoro di una Claymore.
Il loro compito era quello di uccidere i demoni, stop.
Evidentemente, per entrambe il ragazzo rientrava negli straordinari non pagati.
Quel pensiero orrendo lo fece scoppiare letteralmente in singhiozzi.
“Che fai, adesso? Piangi?”, chiese l’ispettore capo, implacabile.
Raki non rispose, scrollando le spalle con rabbia.
“VI ODIO TUTTI!”, gridò, affondandosi le unghie tra i capelli. “Solo perché sono un maledetto fifone non significa che sia anche un vigliacco! Io ho cercato di fare del mio meglio, davvero! Eppure, ogni volta la gente mi giudica per quello che sembro: uno stupido saputello sempre attaccato ai libri e niente più. Un ingenuo da rigirare a proprio piacimento, tanto è troppo debole per opporre resistenza e ribellarsi. Tutti ci sono cascati, ma nessuno mi conosce davvero. I miei genitori, Gaia, Roberta…Claire…”.
 
“Un momento, ispettore. Da qui in poi ci penso io”, intervenne improvvisamente una decisa voce femminile.
Per l’uomo fu quasi impossibile trattenere la bestemmia che soffocò subito tra i denti.
Possibile che quella maledetta arrivasse sempre nel momento sbagliato?
“Non ora, agente Eido. Il ragazzo stava per confessare”, la interruppe bruscamente.
“Forse non mi sono spiegata bene. Avevamo concordato che avrei svolto io questo interrogatorio. Ho tutte le carte in regola per farlo”, proseguì Miria imperturbabile, esibendo un foglio diligentemente compilato e firmato.
Masticando l’ennesima imprecazione, l’ispettore capo lo prese tra le mani e lo esaminò alla pallida luce della lampada.
La cosa bastò a confermare l’ipotesi che quella troietta avesse molti più agganci di quanto sembrasse.
Brava, davvero molto brava.
Dio, quanto avrebbe voluto metterle le mani addosso, in quel momento!
“Perfetto, agente. Il ragazzo è suo. Io me ne lavo le mani”, disse freddamente, uscendo a grandi passi dall’ufficio.
Spero che la prossima vittima dell’assassino sia tu, brutta stronza, pensò con rabbia, andandosi a sfogare nel suo ufficio fumando una sigaretta dietro l’altra.
 
Non appena ebbe il piede libero, Miria si sedette di fronte a Raki, sondandolo con lo sguardo.
“Bene. A quanto pare, adesso non puoi più scappare”, disse con un tono che avrebbe fatto accapponare la pelle a un essere umano quanto a un demone.
Il ragazzo levò la testa, il viso ancora rigato dalle lacrime solcato dall’espressione stanca di chi ormai non aveva più nulla da perdere.
“Permetti?”.
Con sua somma sorpresa, Miria scattò in avanti, prendendogli la testa tra le mani e avvicinando paurosamente il volto al suo.
Paralizzato dalla paura, Raki avvertì il sudore imperlargli la fronte mentre la guerriera gli annusava la pelle centimetro per centimetro.
Il suo cuore martellava così tanto contro le costole al punto che sembrava a un passo dallo schizzare fuori.
 
Dopo istanti che parvero eterni, Miria si staccò finalmente dal volto del ragazzo, mollando la presa sulla sua faccia.
Un lieve sorriso le increspava appena le piccole labbra sottili.
“Sei fortunato, amico. Se fossi stato un yoma, a quest’ora saresti già morto”, disse con calma.
A quelle parole, Raki ebbe come l’impressione che gli stesse cascando la mandibola per la sorpresa.
Sbatté più volte le palpebre, come per assicurarsi di non stare sognando, poi balbettò:
“Sei una di loro?”.
Il sorriso di Miria si allargò ancora di più, anche se per una frazione di secondo.
“Sei perspicace, ragazzo. Mi piaci”, disse.
Improvvisamente, qualcosa di simile alla speranza prese ad agitarsi nel cuore di Raki.
Era certo che dietro le lenti a contatto nere di quella donna ci fossero due penetranti occhi d’argento.
 
“Hai notizie di Claire?”, domandò quasi senza respirare.
Il fatto che l’espressione di Miria tornasse immediatamente seria non gli piacque affatto.
“No”, rispose la guerriera. “La guerriera numero 47 è sparita da giorni, ormai. Il punto sta nel capire se ha disertato o se sia stata uccisa. Ma io non mi farei molte illusioni, se fossi in te. Se ha abbandonato l’Organizzazione di sua spontanea volontà, puoi considerarla già morta”.
A quelle parole, Raki avvertì tutta la disperazione tornare a prendere il possesso di lui.
Dunque era davvero finita?
“Tuttavia,”, proseguì Miria “ho appena avvertito il suo odore sul tuo viso, insieme a quello di Teresa. Il che potrebbe essere di grande aiuto. Fino a quando non avremo la certezza del loro decesso, continueremo a cercarle”.
Raki annuì piano, ripensando al significato di quelle parole.
Tutto gli appariva improvvisamente così incerto e fragile.
 
“Finirò in prigione?”, osò chiedere dopo un po’.
“Non sei tu la creatura a cui stiamo dando la caccia. A che servirebbe trattenerti? Quello che mi sconcerta è come facciano gli yoma a starti sempre attorno”, commentò Miria pensierosa.
“Me lo chiedo anch’io”, borbottò Raki, sconvolto.
“Ascolta, ragazzo. Tu mi sei simpatico. Davvero. Perciò fammi un favore: te e tuo fratello trovatevi un alloggio legale e cercate di stare fuori da questa storia. Provate a dimenticare tutto e a vivere da persone normali. Vedrete che presto vi sentirete meglio. In fondo, non è affar vostro dare la caccia agli yoma”, propose la guerriera. “Ehi”, aggiunse notando l’aria afflitta del ragazzo. “Guarda che non sei l’unico che tiene a quelle due. Anch’io ho urgenza di trovare Teresa. E mi serve viva. Per la salvezza di tutti noi”.
 
*
 
Le due spade si incontrarono a mezz’aria con un clangore assordante.
Irene sembrava non battere ciglio mentre la lama vibrava impercettibilmente sotto la sua presa.
Di fronte a lei, il volto di Claire era imperlato di sudore.
Un attimo dopo, le spade tornarono a dividersi.
La numero 47 attaccò di nuovo, richiamando il suo yoki.
Mille minuscole vene presero a solcarle il volto mentre il suo unico braccio rimasto mulinava nel tentativo di colpire l’avversaria, tempestandola di colpi.
Dal suo canto, Irene sembrava del tutto immobile, osservando la sua allieva con gli allungati occhi d’argento.
 
“Basta così!”, ordinò a un certo punto con la sua voce calda ma decisa.
Davanti a lei, Claire crollò in ginocchio sul prato, ansimante.
A ogni respiro, i suoi occhi tornavano del colore di sempre, così come i lineamenti affilati del viso.
“Sei troppo impulsiva”, osservò Irene. “La Spada Fulminea richiede una padronanza totale dello yoki. Devi riuscire a Risvegliare solo il tuo braccio. Ma se perdi il controllo, sarà tutto inutile. E puoi scordarti la tua vendetta”.
In tutta risposta, Claire fece un rapido cenno d’assenso con il capo.
Le sue spalle fremevano d’ira.
“Ho capito”, disse dopo qualche istante, avvertendo lo sguardo severo della sua insegnante bruciarle sulla nuca.
“Perfetto, allora”, proseguì lei con decisione. “Ricominciamo!”.
 
Con un deciso colpo di reni, Claire si rimise in piedi.
Levò la spada per mettersi in guardia, gli occhi fissi in quelli di Irene.
Perdonami, Raki, se non sono riuscita a proteggerti, pensò con rabbia. Diventerò forte e poi tornerò da te. E, questa volta, non ti deluderò. È una promessa!
Poi si slanciò all’attacco.




Buongiorno a tutti! :) Come state?
Come promesso, dopo il congedo da "The Phoenix" * non ci voglio pensare! *, eccomi di nuovo qui con un  nuovo ESASPERANTE capitolo ;)
Esasperante nel senso che il protagonista è proprio lui, il nostro granchietto, il quale a ogni puntata sembra avvicinarsi sempre più pericolosamente al baratro. Fidatevi se vi dico che non ha ancora dato il meglio (o il peggio di sé): se non lo avete ancora fatto, vi consiglio caldamente di premunire i vostri dispositivi di protezioni in ghisa e gommapiuma per proteggerli da eventuali lanci nei prossimi capitoli. Ve lo dico per il vostro bene XD
Nel mentre, abbiamo anche dato un'occhiata su quanto sta accadendo a Claire. Non preoccupatevi: questa non è affatto la prima e unica scena in cui la vedremo esercitarsi con la Spada Fulminea ;) Semplicemente, volevo concedervi un piccolo assaggio su quanto accadrà nei prossimi capitoli. Anche perché, ultimamente, ci sto prendendo davvero gusto a descrivere le scene di combattimento XD

Ma ora basta con le chiacchiere: via con i ringraziamenti! ;)
Per le recensioni, un grazie calorosissimo a mio marito Xephil, la mia sorellona Angelika_Morgenstern insieme alle mitiche bienchen, 92Rosaspina e l'immancabile AlanKall.
Un abbraccio anche ai miei lettori silenziosi, sempre più numerosi di settimana in settimana. Un giorno vi troverò e saprò chi siete muahahahahahahah XD

Passate le follie dell'estate, l'aggiornamento tornerà regolarmente venerdì prossimo. Dovessi decedere nel mentre a causa della sessione di settembre vi consiglio comunque di tenere d'occhio la mia pagina Facebook: https://www.facebook.com/LeStorieDiFedra

Un abbraccio a tutti e fate un buon weekend! ;)

Vostra,
Fedra
 

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Capitolo 31
*** Una promessa ***


Trentuno.
Una promessa
 
*
 
 
 
 
Perdonami, Raki, se non sono riuscita a proteggerti.
Diventerò forte e poi tornerò da te.
E, questa volta, non ti deluderò.
È una promessa!
Una promessa.
 
“Concentrati!”, la voce calda e decisa di Irene riportò Claire alla realtà.
La guerriera strinse i denti mentre si preparava ad attaccare, richiamando a sé lo yoki.
Avvertì l’energia demoniaca rifluire lungo il suo braccio sinistro, formicolando sotto la pelle fin quasi a bruciare.
I muscoli presero a ingrossarsi a vista d’occhio, mettendo in risalto le vene, mentre i suoi occhi d’argento si accendevano di un oro fiammeggiante.
Ce la devo fare!, pensò mentre digrignava i denti per lo sforzo e la concentrazione.
Stretta tra le sue dita, la spada vibrava  impercettibilmente.
Poi, come a un segnale prestabilito, la guerriera si slanciò in avanti.
Era il momento.
 
La sua spada fendette l’aria con un sibilo, abbattendosi su Irene.
L’avversaria non si mosse, restando in piedi davanti a lei mentre la lama le sfiorava il volto senza scalfirlo.
Un sorriso impercettibile si disegnò sulle sue labbra sottili mentre Claire rincarava la sua dose di colpi, muovendo il polso così velocemente che ormai non si distingueva più la forma della spada.
I suoi occhi erano ormai due tizzoni ardenti, ma la guerriera sembrava ben lungi dal perdere il controllo.
Al contrario, ogni istante che passava la sua determinazione ad arrivare fino in fondo aumentava sempre più.
Aveva finalmente capito che, se voleva sopravvivere, abbandonarsi alla furia animalesca che le divorava le viscere da una vita sarebbe servito a poco.
Un improvviso clangore pose fine al turbinio di vento generato dalla danza delle due spade, le cui lame incrociate apparivano perfettamente immobili a metà strada tra i volti delle guerriere.
Gli occhi di Claire tornarono improvvisamente argentei, la bocca spalancata in un’espressione a un tempo di sorpresa e di pura euforia.
Con un gesto deciso, Irene allontanò la sua spada da quella della compagna, la quale crollò in ginocchio sul prato.
 
“Ottimo lavoro, Claire. Sei riuscita a bloccare la mia spada, anche se solo per un attimo. Nessuno, tranne Teresa nei suoi tempi migliori, era mai riuscito ad arrivare a tanto”, commentò soddisfatta. “Tuttavia, ciò non sarà sufficiente a sconfiggere Priscilla”, aggiunse subito dopo, cancellando all’istante l’espressione carica di speranza dell’altra. “Per acquisire completamente la tecnica della Spada Fulminea ci vuole un controllo totale dello yoki. È qualcosa che si raggiunge con anni e anni di impegno e disciplina. E, in questi giorni di allenamento, ho capito che si tratta di qualcosa che non sarà mai alla tua portata”.
Quelle parole ferirono Claire più di qualsiasi colpo ricevuto in battaglia.
Fu come se una voragine senza fine si spalancasse nel suo petto, mentre vedeva ogni speranza sfuggirle per sempre dalle mani.
Aveva fallito.
Aveva fallito sin dall’inizio.
Del resto, come poteva solo pensare che un essere anomalo come lei riuscisse a sopravvivere?
 
Avvertì i passi di Irene allontanarsi da lei.
La cosa la gettò nello sconforto più totale.
Era segno che era davvero finita.
Non avevano nient’altro da dirsi.
Un dolore atroce prese a risalirle lungo la gola, fino a trovare la sua via d’uscita in un ringhio sommesso.
Vergognandosi di se stessa e della sua debolezza, Claire lo soffocò mordendosi la lingua a sangue, affondando le dita nella terra fino a spezzarsi le unghie.
“Maledizione!”, ringhiò, battendo ripetutamente il pugno sull’erba. “MALEDIZIONE!”.
 
Accecata dall’ira, la guerriera scattò in piedi.
I suoi occhi erano di nuovo accesi di un fiammeggiante color oro.
Con la spada levata, la guerriera si avvicinò all’albero più vicino, fissando il tronco con odio quasi come se fosse Priscilla.
O Ofelia.
O quello schifoso yoma che aveva ucciso la sua famiglia prima di abusare di lei fino a trasformarla in un essere subumano.
Sì, era stata tutta colpa sua.
Lei era felice.
Aveva tutto quello che si poteva desiderare.
Poi era arrivato quel mostro e l’aveva dannata per sempre.
E, anche se aveva mantenuto quel volto da adolescente destinato a non invecchiare mai, in realtà Claire sapeva benissimo di essere diventata un mostro.
Da quando quella creatura aveva violato il suo corpo e la sua anima, ovunque andasse non faceva altro che seminare morte e distruzione.
Tutti quelli che la incontravano andavano incontro a miseria e sofferenza.
E più amore le davano, più lei rovinava loro la vita.
Era dannata e contagiava gli altri con la sua dannazione.
Era solo un abominio che si ostinava inutilmente ad aggrapparsi alla vita.
 
Con un urlo disumano, Claire si scagliò contro l’albero, richiamando a sé tutto lo yoki che ribolliva nel suo corpo ibrido.
Bastò una frazione di secondo e al posto del tronco non c’erano altro che schegge di legno mulinanti nell’aria.
Aveva fatto a pezzi un leccio centenario come se fosse stato un grissino.
E non era ancora soddisfatta.
La fame di vendetta la accecava.
 
“Continui a stupirmi”, disse improvvisamente la voce di Irene alle sue spalle.
Claire trasalì, voltandosi di scatto.
“Da dove spunti?”, ringhiò minacciosa.
“A dire il vero, non me ne sono mai andata. Volevo solo metterti alla prova per capire se valeva la pena o meno la decisione che ho preso giorni fa”, rispose l’altra con calma.
“Immagino di sapere qual è”, disse Claire, fremente di rabbia. “So di essere un totale fallimento. Mi conviene lasciar perdere, non è vero?”.
“Non ti azzardare ad affermare simili sciocchezze. Arrendersi dopo così tanti sacrifici, questo sì che è un fallimento. E io non te lo permetterò, dovessi ucciderti con la mia stessa spada prima ancora che provi a fare una cosa del genere”, replicò Irene, severa.
L’altra si limitò a stringere i pugni.
“Tu non capisci”, disse scuotendo la testa. “Sono stata un’egoista, Irene. Se non fosse stato per me, a quest’ora Teresa sarebbe ancora la numero 1. E Raki avrebbe una famiglia e una ragazza accanto a sé che lo ama e protegge come non ho potuto fare io”.
“Cocciuta e anche stupida, questo non posso negarlo”, la interruppe Irene bruscamente. “Certo, Teresa era la migliore di tutte noi. Eppure, se non ti avesse mai incontrata sono sicura che a quest’ora sarebbe già morta”.
 
Quelle parole lasciarono Claire decisamente interdetta.
“Cosa? E perché mai? Teresa riusciva a controllare lo yoki più di chiunque altra, anche meglio di Priscilla”, ribatté.
“Ed è stato proprio questo a rovinare Priscilla. È bastata una sciocchezza per farle perdere il controllo completamente. Io le ho viste combattere, Claire. E, credimi, se non fossi arrivata tu, sta’ certa che un giorno, presto o tardi, sarebbe toccato anche a Teresa”.
Claire restò immobile, congelata dalla terribile verità di quelle parole.
“Guarda tu stessa”, la esortò Irene, indicando la collina dove si trovava la loro baita.
In quel preciso istante, Teresa era appena uscita all’esterno, prendendo a sbucciare un’arancia dopo essersi seduta sul tavolo di legno di fronte alla legnaia.
Dall’espressione imbronciata e dalle labbra che si aprivano e chiudevano in un borbottio sommesso, Claire immaginò che si stesse lamentando come al solito della dispensa mezza vuota.
O della mancanza del wi-fi.
“Prima di incontrarti, Teresa non era affatto così”, proseguì Irene. “Era la più forte, ma allo stesso tempo anche la più solitaria. Non parlava con nessuna di noi. Giusto con me, qualche volta, si è  mostrata leggermente più aperta. Sono sicura di esserle andata a genio sin dall’inizio, ma non sono mai riuscita a vederla come un’amica. Da quando ci sei tu, invece, è diversa”.
Claire ascoltava le sue parole in silenzio, senza staccare gli occhi da Teresa.
“Sai, a rivederla dopo tanto tempo, per me Teresa sembra…felice. E credimi se ti dico che non credevo che potesse esistere un simile aggettivo per definire una Claymore. Sei una creatura alquanto bizzarra, Claire. Ma è stata proprio la tua anomalia a salvare Teresa da una fine orribile”, concluse Irene. “Per questo, ho deciso di premiarti”.
 
Prima ancora che la compagna avesse il tempo di capire che cosa stava succedendo, la guerriera estrasse la spada dal fodero e la colpì con violenza sulla spalla, riaprendole la ferita.
Claire urlò per il dolore, stringendosi il moncone sanguinante.
“Sei impazzita?”, gridò furiosa e sorpresa a un tempo.
Ma Irene non aveva ancora finito.
Con un gesto deciso del polso, la Claymore si appoggiò la spada sotto l’ascella e premette con forza.
Il suo unico braccio cadde a terra, chiazzando il prato di sangue.
Claire gridò ancora una volta, accompagnata da Teresa, che era accorsa in quel momento.
“NO! Idiota, che cosa hai fatto?”, ringhiò quest’ultima, incredula.
“Sbrigati ad attaccarti quel braccio prima che la ferita si rimargini”, ordinò Irene rivolta a Claire.
“Irene, no! È il tuo unico braccio rimasto: come farai a sopravvivere?”, esclamò Teresa, sconvolta.
“Ho detto prendilo e basta!”, tagliò corto la compagna, visibilmente spazientita. “Volete sconfiggere Priscilla, no? E allora questa è la mia offerta. Claire ha valore, Teresa. Può diventare davvero molto più forte di quanto lo sia ora. Ma, per riuscirci, ha bisogno di un aiuto. Il mio braccio le consentirà di raggiungere l’eccellenza nella tecnica della Spada Fulminea. Del resto, io non me ne faccio niente. Sono certa che lei saprà usarlo con onore”.
“Ma…e tu?”.
“Io me la caverò, Teresa. So quello che faccio”.
 
Le due Claymore si scambiarono un’occhiata carica di tensione.
Claire continuava a fissare il braccio come se si trattasse di una bomba.
“Allora, vuoi deciderti a prenderlo?”, la incalzò Irene con un sorriso benevolo. “Se non sbaglio, avevi fatto una promessa a quel ragazzo. Ora vai, conquista la tua vendetta e torna da lui. Ha bisogno di te”.
Fu come ricevere una scossa.
Con un lampo di determinazione, Claire afferrò il braccio e lo posò sul moncone ancora fresco.
Un attimo dopo, lo yoki prese a rifluire nel suo corpo mentre gli occhi le si accendevano d’oro.
 
*
 
Erano ormai le sette passate quando finalmente Raki uscì dalla Facoltà e si incamminò a capo chino verso la macchina parcheggiata poco distante, stringendosi alla meglio nella giacca a vento per proteggersi dalle forti raffiche che non promettevano nulla di buono.
Ebbe giusto il tempo di agganciarsi la cintura di sicurezza che subito prese a piovere a dirotto.
Dannazione! E pensare che stamattina c’era il sole, pensò mentre avviava il motore e si metteva in coda per la consueta Via Crucis serale che l’avrebbe condotto fino a casa.
Sempre se casa si poteva definire la sua sistemazione così precaria.
 
Dopo innumerevoli ricerche, suo fratello era riuscito a ottenere ospitalità da Sonia, una sua amica del liceo che condivideva i suoi quarantacinque metri quadri di appartamento insieme al suo compagno, tre gatti e un coniglio.
Insomma, lui e Zaki avevano avuto qualche problema per riuscire a entrarci anche loro.
Si erano arrabattati su un divano letto regalato dalla madre di lei, che gridava vendetta ogni volta che uno dei due ragazzi si rigirava nel sonno.
Perlomeno, il posto non era poi così distante dall’università.
Già, l’università.
 
Molte cose erano cambiate, in quelle ultime settimane.
Da quando era uscito un piccolo trafiletto sul giornale, in cui si annunciava che il ragazzo era stato fermato per sospettato omicidio, il Dipartimento di Storia dell’Arte si era trasformato improvvisamente in un luogo freddo e ostile.
Il suo gruppo di amiche superstiti non gli parlava quasi più, lasciandolo in disparte in un angolo dell’aula e limitandosi a rivolgergli di tanto in tanto qualche occhiata di sbieco nella penombra.
Tutti, dai compagni ai professori, lo fissavano come se avesse qualche strana escrescenza che gli usciva dalla testa, o più semplicemente come se temessero che li facesse tutti a pezzi da un momento all’altro in preda a un raptus di follia.
Il ragazzo aveva persino smesso di fare osservazioni a lezione, dal momento che ogni volta che alzava la mano avvertiva immediatamente il gelo calare attorno a lui.
Ormai era solo come un cane.
Che fosse questo il prezzo da pagare per aver seguito una Claymore?
In fondo, Claire lo aveva avvertito.
Già, Claire.
 
Raki strinse forte il volante, premendo l’acceleratore mentre attraversava il punto più alto della Tangenziale.
Ringraziò la pioggia e l’oscurità per avergli nascosto buona parte del casermone che si affacciava sul guard rail: troppi ricordi si celavano dietro quelle finestre sprangate.
La pioggia schiaffeggiava il parabrezza, sovrastando la voce del cantante dei Linkin Park che gridava nell’autoradio:
 
Even if you’re not with me
I’m with you.
 
Perché quella dannata riproduzione casuale sembrava sempre intuire che cosa gli stesse passando per la testa?
Sentendosi torcere le budella, Raki schiacciò il pedale dell’acceleratore fino in fondo, sfrecciando il più lontano possibile dal suo passato, ancora troppo vicino per i suoi gusti.
 
A ogni chilometro che si lasciava alle spalle, il ragazzo non riusciva a liberarsi delle immagini sempre più vivide delle ultime settimane, che gli si accavallavano nella mente come il peggiore degli incubi, andando a ritroso, fino all’inizio.
Il bacio di Claire.
Il duello contro Ofelia.
Le esercitazioni con la spada.
Le lezioni di cucina di Teresa.
La morte dei suoi genitori.
La festa di Halloween.
L’aggressione al cimitero.
La folle corsa in macchina con Claire.
La testa di Gaia che saltava sul pavimento.
Gaia…
 
No, non era la pioggia a impedirgli di vedere.
Calde lacrime gli stavano annebbiando la vista, colandogli lungo le guance.
Raki le asciugò con un gesto di stizza, odiandosi fino nel profondo.
Era un completo idiota e lo sapeva.
Non era più andato al cimitero, da quando era stato aggredito dallo yoma con le sembianze di Roberta.
Del resto, con quale faccia avrebbe potuto presentarsi lì?
C’erano dei momenti in cui gli sembrava quasi di avvertire ancora il bacio di Claire bruciargli sulle labbra esterrefatte.
Era vero, anche se lontana, lui l’amava.
Come poteva presentarsi alla tomba di Gaia solo per calpestare i suoi sentimenti ancora una volta, portando nel cuore l’amore per un’altra donna?
 
Vigliacco! Vigliacco!, gridava una voce nella sua testa.
Una voce che sembrava provenire proprio dalle labbra dell’amica perduta.
Forse era meglio che fosse morta.
Lui la conosceva bene.
Non avrebbe mai sopportato una cosa del genere.
In preda alla rabbia, Raki spense lo stereo con un pugno.
Il rumore della pioggia battente soffocò i suoi singhiozzi.
Forse, in quella situazione, Gaia gli sarebbe rimasta accanto.
Era troppo attaccata a lui per credere alle dicerie della gente senza cercare una spiegazione.
Ma ora era troppo tardi.
Gaia era morta.
E lui era rimasto solo al mondo.
 
Se solo avesse potuto tornare indietro e sistemare le cose.
Se solo ci fosse stato il modo di ottenere il perdono.
Se solo gli avessero concesso una seconda possibilità.
 
“Cazz…! Merdaaaaa!”.
Raki notò la figura infagottata nel cappotto color prugna solo all’ultimo momento, mentre i fari della piccola utilitaria l’abbagliavano al centro delle strisce pedonali.
L’asfalto bagnato fece slittare pericolosamente le ruote in avanti nel momento in cui il ragazzo premette il freno d’istinto.
Riuscì a sterzare appena in tempo, ma non fu possibile evitare la ragazza, che cadde rovinosamente a terra.
“Oh, mio Dio! Che cosa ho fatto?”, esclamò, lanciandosi fuori dall’autovettura.
Subito, un muro d’acqua sporca lo investì, ma Raki sembrò non accorgersene affatto.
 
Si precipitò accanto alla ragazza, inginocchiandosi al suo fianco e prendendola tra le braccia.
“Ehi, tu! Stai bene? Riesci a sentirmi?”.
Non appena le sollevò il capo, il cappuccio le scivolò via dal volto, la cui pelle diafana sembrava quasi trasparente alla luce dei fari.
La pioggia le aveva appiccicato i corti capelli neri sulla fronte ampia; una ciocca ribelle ricadeva sul piccolo naso all’insù.
Un brivido gli percorse la schiena.
“Gaia?”, esclamò, battendo le palpebre per lo shock.
In quel preciso istante, la ragazza spalancò i suoi grandi occhi neri, piantandoli in quelli castani di Raki.
“No”, disse con una voce flebile. “Sono Priscilla”.



Buongiorno, belve! :) Come state? 
Io sono decisamente sotto stress visto l'ennesimo esame in vista, ma allo stesso tempo su di giri per il concertone dei Linkin Park di domenica prossima! :) :) :) Ancora non riesco a credere che le mie Muse vengano a esibirsi a pochi chilometri da casa mia...che sia un segno?
Considerato che a Milano lo scorso anno non solo sono tornata a casa con "The Phoenix" pronta per essere scritta, ma ho anche trovato marito non oso pensare che cosa accadrà quest'anno...
Senza contare che è sempre grazie a loro se questa storia è nata :)

Lo so, avrete sicuramente notato che in questo capitolo ho dato adito ai miei peggiori istinti omicidi, soprattutto nella seconda parte.
Del resto, chi va a Roma perde la poltrona, giusto?
Veramente ora Claire si trova ai Castelli, ma la poveretta è rimasta con la mentalità degli inizi del Novecento e di certo non immagina che i ggggiovani moderni se si trovano come alternativa una ragazzina più giovane, indifesa ma anche immensamente meno frigida della nostra strega dagli occhi d'argento e all'occorrenza dieci volte più sexy e scaltra è difficile resistere alle tentazioni.
E, vi avverto, nei prossimi capitoli mi farò odiare: alla fine, non saprete più a chi sono effettivamente i buoni dai malvagi.
Del resto, siamo in territorio di guerra e tutto è concesso.
Benvenuti nella Nuova Babilonia, ragazzi.
* fermo restando che il tradimento per me è un tema su cui sono molto sensibile e per questo vi confesso che sono stata molto male mentre scrivevo queste pagine, nonostante siano ferite di un passato ormai dimenticato, ma che in qualche modo tornano a bruciare quando meno me lo aspetto...se qualcuno di voi ci è passato, mi auguro di no, avete tutta la mia solidarietà! *

E ora, via con i ringraziamenti! :) * siamo a più di 200 recensioni, evviva!!!! *
Grazie infinitamente a mio marito Xephil (non ti perdonerò mai di avermi lasciata sola domenica, sappilo, neanche se dovessi scendere dall'aereo travestito da Vergil! <3 <3 <3 XD), la mia sorellona Angelika_Morgenstern, le mitiche SognatriceAocchiAperti (grazieeeee! <3), bienchen e 92Rosaspina e il mitico AlanKall per le magnifiche recensioni.
Grazie anche a tutti gli altri lettori silenziosi, che zitti zitti aumentano ogni giorno di più.
Vi abbraccio tutti, ovunque voi siate :)

Sempre se sopravvivo all'esame, il prossimo capitolo tornerà regolarmente di venerdì.
Per ogni evenienza, tenete sempre d'occhio la mia pagina Facebook: https://www.facebook.com/LeStorieDiFedra

Detto questo, non mi resta che augurarvi un buon finesettimana :)
Io torno a studiare, che sono nei guai fino al collo! * ma non potevo certo dimenticarmi di voi, bellezze! XD *

A presto!
Un abbraccio

Vostra

Fedra

 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 32
*** Seconde possibilità ***


Trentadue.
Seconde possibilità
 
 
*
 

 

 

 

La piccola utilitaria color grigio metallizzato arrancava sotto la pioggia battente, i tergicristalli che gemevano nel tentativo di arginare il muro d’acqua che precipitava dal cielo.
Di tanto in tanto, l’oscurità era squarciata dal bagliore dei fulmini che illuminavano per pochi istanti i profili squadrati dei palazzi.
Seduto al posto di guida, Raki stringeva il volante fino a far sbiancare le nocche, cercando di concentrarsi sulla strada intasata dal traffico.
Ogni tanto, il fantasma di un’imprecazione si disegnava sulle sue labbra.
Stavano procedendo a passo d’uomo da più di mezz’ora per via della scarsa visibilità, tappati in mezzo a centinaia di automobilisti incazzati diretti verso casa.
Molti di loro avevano ormai deciso di non staccare la mano dal clacson fino a quando l’ingorgo non si sarebbe finalmente sbloccato.
Il che, probabilmente, sarebbe accaduto anche dopo ore.
Raki sospirò, appoggiando la fronte sul volante.
Ci mancava proprio quel bel temporale, proprio il giorno dello sciopero dei mezzi.
 
Si stava chiedendo come, tra il fragore dei clacson e la pioggia che martellava sui vetri, Priscilla riuscisse a dormire così profondamente.
Rannicchiata sul sedile anteriore, avvolta nel suo caldo piumino color prugna, la ragazza non aveva fatto altro da quando Raki aveva messo in moto.
Alla luce pallida dei lampioni, i lineamenti pallidi del volto apparivano rilassati.
Sembrava quasi un angelo caduto dal cielo.
Il ragazzo le lanciò una rapida occhiata intenerita.
Doveva essere davvero stanca.
Chissà da quanto tempo era che vagava sola per la strada.
 
Per fortuna, a parte lo spavento, Priscilla non sembrava essersi fatta nulla dopo essere stata quasi investita da Raki.
Sulle prime, il ragazzo aveva insistito di portarla all’ospedale.
In tutta risposta, la ragazzina gli aveva porto insistentemente la borsetta di tela rosa che portava a tracolla.
Non sembrava una tipa che parlava molto, Priscilla, né tantomeno forniva spiegazioni.
Ma la decisione con cui gli aveva porto la borsetta e la fermezza dipinta nei suoi occhi scuri, nonostante stesse giacendo sull’asfalto in evidente stato di shock, erano stati più che convincenti.
Dentro non c’era praticamente nulla, tranne un biglietto da visita in caratteri sia latini che giapponesi sovraimpressi sul profilo vermiglio di un drago dalle ali spiegate.
Sembrava la pubblicità di una fumetteria, Il dragone rosso.
Sotto, vi era stampato un indirizzo e, aggiunto a penna, un messaggio:
 
Se ti trovi in difficoltà, chiama questo numero.
 
Senza pensarci due volte, Raki aveva preso Priscilla tra le braccia e l’aveva condotta nell’abitacolo caldo e sicuro della sua macchina prima di prendere il cellulare e digitare il numero di telefono.
Il mittente aveva risposto al terzo squillo.
“Priscilla?”.
Aveva una voce maschile, calda e rassicurante.
Raki aveva deglutito prima di rispondere.
“No…con chi parlo?”.
Silenzio.
“Dov’è lei?”, aveva risposto la voce, improvvisamente fredda.
“Aspetta, sta bene. È qui con me solo che…mi dispiace, era sulle strisce e per poco non l’ho investita. Non si è fatta niente, ma mi ha chiesto esplicitamente di chiamare questo numero”, aveva balbettato Raki, visibilmente intimorito da quel repentino cambio di tono.
C’era stata nuovamente una pausa di silenzio; poi la voce aveva risposto, questa volta di nuovo benevola:
“Portala qui”.
 
E così erano partiti.
Di tanto in tanto, Raki gettava un’occhiata in direzione di Priscilla, domandandosi se stesse bene.
Ogni volta che i suoi occhi indugiavano sul suo volto addormentato, il suo stomaco si stringeva in una morsa.
Quante volte, al suo posto, c’era stato lui?
Al solo pensiero, le sue dita si strinsero ancora di più al volante.
Non riusciva a credere che, solo pochi giorni prima, a guidare la sua macchina era stata Claire.
Si ricordava come se fosse ieri il giorno del suo primo salvataggio.
Lo sguardo torvo della guerriera mentre lo riportava a casa.
La dolcezza che aveva accompagnato ogni suo gesto nonostante lui non fosse nient’altro che un peso.
Eppure, lo aveva fatto.
 
Il ragazzo strizzò gli occhi, ricacciando indietro le lacrime.
I suoi occhi si posarono ancora una volta sul volto di Priscilla, il cui respiro cadenzato si sovrapponeva al ticchettio minaccioso della pioggia sui vetri.
Sapeva bene cosa si provava, a trovarsi in quella situazione.
Come ci si sentisse soli e fragili, dopo aver visto la morte in faccia.
Claire ci era abituata, per lei sopravvivere a un demone era una cosa da ragazzini.
Probabilmente la sua mente ibrida non riusciva più né a ricordare né a concepire l’idea dell’istinto più umano e viscerale di tutti: la paura.
Forse era proprio per questo che se n’era andata.
Raki non era alla sua altezza.
Non lo sarebbe stato mai.
Era solo un pagliaccio, un peso di cui liberarsi una volta giunto il momento di tornare a lavorare sul serio.
Che importava, a un’immortale, di essere abbandonata?
Non era forse nella loro natura condurre una vita solitaria?
 
Raki sospirò, voltandosi per l’ennesima volta verso quella sconosciuta che gli ricordava terribilmente Gaia.
Anche lei aveva un fisico minuto, il naso piccolo e aguzzo, i grandi occhi neri e i capelli tagliati a caschetto.
La morsa che gli serrava lo stomaco gli attanagliò le viscere ancora di più, come se vi stessero frugando dentro gli artigli di uno yoma.
Forse, le sue preghiere erano state ascoltate.
Quella ragazza, apparentemente piovuta dal cielo, poteva rappresentare quella seconda possibilità che aveva tanto agognato.
E, questa volta, lui non se la sarebbe fatta sfuggire dalla mani tanto facilmente.
Si sarebbe comportato da uomo adulto e avrebbe protetto quella ragazza.
Non l’avrebbe giudicata per la sua fragilità.
Non l’avrebbe abbandonata o fatta sentire sola.
Non avrebbe permesso che soffrisse al pari di lui.
 
Priscilla abitava in un triste palazzo nel quartiere Tuscolano, stretto tra altri anonimi casermoni anni Sessanta che ricordavano tanti alveari color cemento.
Nel momento in cui parcheggiò l’automobile, la pioggia sembrava aver raggiunto il massimo della violenza.
Raki indugiò qualche istante, prima di allungare il braccio e scuoterla delicatamente.
Priscilla mugugnò qualcosa nel sonno, prima di spalancare lentamente i grandi occhi bruni.
“Siamo arrivati?”, domandò con la voce impastata.
“Sì, ma sta piovendo molto. Te la senti di camminare?”, disse Raki, abbozzando un sorriso rassicurante.
Lei annuì, sganciandosi la cintura di sicurezza e facendo per uscire all’esterno.
Il ragazzo la precedette, spalancandole la portiera e porgendole il suo ombrello.
Insieme attraversarono lo spiazzo asfaltato che li separava dalla palazzina, Priscilla raggomitolata contro il fianco del ragazzo che le aveva galantemente porto il braccio, cercando di proteggerla dalle violente raffiche di vento che portavano con sé secchiate d’acqua gelida.
Nonostante tutto, in pochi secondi furono entrambi completamente zuppi da capo a piedi.
Rabbrividendo di freddo, la ragazza tuffò il capo contro la spalla di Raki, che la strinse a sé come per proteggerla.
Sotto quel morbido piumino, avvertiva la presenza di un corpo piccolo e fragile come quello di un uccellino caduto dal nido.
“Stai tranquilla, ancora pochi passi”, cercò di farle coraggio.
 
Raggiungere l’androne asciutto del palazzo fu un sollievo per entrambi.
Priscilla abitava al quarto piano.
Non parlarono per tutto il tragitto in ascensore, nonostante Raki azzardasse di tanto in tanto a fare conversazione: in tutta risposta, la ragazza piegava il capo di lato e sembrava studiarlo con gli enormi occhi scuri.
Era tremendamente carina, con quell’espressione.
Un attimo dopo, il ragazzo si diede del coglione per aver pensato una cosa simile.
 
Si fermarono su un pianerottolo rivestito in marmo, su cui si affacciavano le porte di diversi appartamenti.
Priscilla si diresse convinta verso l’unica che non aveva ancora il nome stampato sul campanello.
Evidentemente, non era da molto che abitava lì.
Venne ad aprire un giovane uomo, evidentemente la persona con cui Raki aveva parlato al telefono.
A prima vista, il ragazzo non poté che sgranare gli occhi per la sorpresa.
Era sicuro che simili bellezze esistessero solo nei dipinti di Botticelli o di Raffaello.
Alto, slanciato e asciutto, il giovane gli sorrideva benevolo con i suoi limpidi occhi castani.
Il volto aveva dei tratti delicati, solleticati dalla cascata dorata di capelli biondi che gli arrivavano fin quasi a metà schiena.
La grazia dell’aspetto e la velata sensualità delle movenze sembravano quasi quelli di una donna, ma la virilità dello sguardo e la determinazione della postura rivendicavano fieramente l’identità maschile.
In breve, quell’essere era semplicemente perfetto.
 
Non appena li vide in piedi sulla porta, Easley rivolse loro un sorriso caldo e dolce quanto il miele.
“Grazie per avermela riportata sana e salva…”.
“…Raki”, rispose lui, completando la frase e stringendo la mano che il giovane gli porgeva, sgranando un attimo dopo gli occhi per la sorpresa.
Nonostante le mani piccole dalle dita lunghe e affusolate, quello sconosciuto aveva una presa incredibilmente forte.
“Prego, accomodati”, lo invitò gentilmente a entrare. “Sei bagnato fradicio e non credo che le strade di Roma siano il posto migliore per asciugarsi, in questo momento”.
“Oh, non vorrei disturbare…”.
“Per favore, resta!”, esclamò in quel momento Priscilla.
Il tono con cui disse queste parole spiazzò Raki.
Non era più la voce timida e flebile di prima.
Era forte e decisa, quasi come se fosse a metà strada tra un ordine e una richiesta disperata.
I suoi occhi bruni fremevano mentre proferiva ad alta voce quel desiderio, come se temesse di vederlo andare via.
“Va bene”, disse, rivolgendole un sorriso rassicurante.
 
L’espressione sul volto di Priscilla mutò all’istante, mostrando un’euforia incontenibile.
“Grazie!”, esclamò, gettandogli di slancio le braccia al collo e tuffando la testa nel petto di lui.
Quel gesto sorprese Raki ancora di più; poi, intenerito, ricambiò l’abbraccio.
Avvertiva il piccolo naso appuntito di lei solleticargli il petto, le guance premute contro il tessuto bagnato della giacca.
“Credo che a Priscilla piaci davvero tanto”, commentò Easley divertito.
“Fa così con tutti?”, domandò Raki, perplesso.
“Oh, no. In realtà, è molto timida e non tende a relazionarsi con gli sconosciuti. Devi essere proprio una persona speciale”.
La cosa fece arrossire ancora di più il ragazzo, aumentando il divertimento dell’altro.
“Coraggio, entrate. Non vorrete restare qui a congelarvi”, li esortò poi.
Priscilla si discostò quasi a malincuore da Raki, trotterellandogli dietro nel momento in cui fecero ingresso nell’appartamento.
 
L’interno era semplice, arredato con mobili in legno chiaro, e ben illuminato dalle numerose lampade e lampadari disposti lungo le pareti e il soffitto.
Il salotto era occupato quasi per intero da un enorme divano, di fronte al quale appariva lo schermo piatto di una televisione accesa.
“Fai come se fossi a casa tua”, disse Easley, invitandolo a togliersi la giacca e ad accomodarsi. “Vuoi che ti preparo qualcosa di caldo?”.
“No, grazie. Sto bene così”, si schermì Raki.
“Sicuro? Guarda che stavo giusto mettendo su l’acqua per il tè. Di solito me lo faccio sempre, a quest’ora”.
“Uh, allora va bene”.
Easley sorrise, avviandosi verso la cucina.
“Va’ a farti una doccia, Priscilla. Vedrai che ti sentirai subito meglio”, la esortò subito dopo.
La ragazza, che era rimasta in piedi ancora infagottata nel piumino gocciolante, non si mosse.
“Tranquilla, non me ne vado senza salutarti”, la rassicurò Raki, indovinando i suoi pensieri.
Priscilla annuì impercettibilmente, poi si avviò verso il bagno senza nemmeno togliersi le scarpe.
 
“È molto che vivete qui?”, domandò Raki una volta che Easley fu tornato con tre tazze fumanti.
“A dire il vero, no”, rispose lui. “Ci siamo trasferiti giusto un mese fa da Fiumicino. Abbiamo aperto una fumetteria proprio qui sotto, sai? Ti piacciono i manga?”.
“Oh, li adoro!”, esclamò il ragazzo.
“Allora, se ti va, ti devo mostrare il negozio. Sai, rispetto al vecchio locale ci siamo molto allargati. Oltre ai fumetti, ho messo in vendita anche giochi da tavola, gadgests e oggetti originali dal Giappone. Ti piacciono le spade?”.
“Se mi piacciono? Avevo iniziato anche a prendere lezioni di scherma…”.
“Dalla settimana prossima, inizieremo dei corsi di kendo. Io e il mio collega Rigardo saremo i maestri”.
“Wow, davvero?”.
Gli occhi di Raki brillavano ormai come due supernove.
“Mi piacerebbe molto cominciare, solo che ho un piccolo problema…ehm, economico”.
 
Alle insistenze di Easley, Raki non poté non raccontare la sua terribile storia, tralasciando però ogni particolare che implicasse demoni e affascinanti guerriere dagli occhi d’argento.
Alla fine del racconto, l’altro si limitò ad annuire con fare comprensivo, le mani giunte sotto il mento.
“Ti capisco, Raki, e ti sono vicino. Sai, anche i genitori di Priscilla sono stati uccisi dal serial killer che sta insanguinando Roma”, disse improvvisamente.
“Davvero?”.
In quel momento, il ragazzo si sentiva più vicino che mai alla ragazza.
“Sì”, proseguì Easley, improvvisamente divenuto serio in volto. “Era la figlia dei miei vicini di casa. Non aveva più nessuno al mondo, ma tutti i suoi parenti più prossimi o conoscenti si sono rifiutati di prendersi cura di lei. Si comportavano come se avesse qualche morbo contagioso o cose simili. Alla fine, ho deciso di prenderla con me. Sta finendo l’ultimo anno di superiori e nel tempo libero mi aiuta con il negozio. È una gran brava ragazza, anche se molti l’accusano di essere un po’ troppo silenziosa”.
 
“Non è silenziosa, è discreta”, si lasciò sfuggire Raki, pensando alla definizione con cui amava descrivere se stesso.
Con suo sommo piacere, Easley sembrò apprezzarla particolarmente.
“Hai perfettamente colto nel segno”, disse con un cenno d’intesa. “Sai, è quasi impossibile che una persona riesca a inquadrare Priscilla così, al primo colpo”.
“Forse perché di solito la gente non ama chi evita di stare sempre sotto ai riflettori. Qui tutti amano il rumore, l’arroganza e l’eccesso. Chi non schiamazza è solo un debole”, proseguì Raki, vuotando finalmente la frustrazione che lo consumava ormai da tempo.
Easley annuì, un’espressione serena che gli irradiava i lineamenti angelici del volto.
“Credo che Priscilla ci abbia visto proprio bene, con te. Sei davvero una persona unica”, commentò, avvicinando appena la tazza alle labbra per allontanarla subito dopo. “Perché non vieni a darci una mano con la fumetteria? Così potresti approfittarne per rimanere al corso di kendo. Di questi tempi, credo che la cosa più importante sia sapersi difendere”, buttò lì in tono conciliante.
 
A quella proposta, gli occhi di Raki si sgranarono a tal punto da somigliare a due palline da tennis.
“Davvero…cioè…potrei?”, balbettò, frenando a stento l’euforia.
“Ma certo che puoi! Anzi, a me farebbe molto piacere avere un aiuto in più. Con un locale così grande, di lavoro ce n’è anche troppo”.
In quel preciso istante, un fulmine illuminò a giorno la stanza accompagnato dal fragore del tuono, un attimo prima che tutto sprofondasse nell’oscurità più totale.
Pochi istanti dopo, la luce ritornò, seguita dal rumore di una porta che si apriva e uno scricchiolio di passi sul pavimento.
 
In quel momento, un ragazzo atletico dalla pelle diafana era appena apparso nella stanza, scostandosi dal volto una ciocca di capelli neri come l’inchiostro inumiditi dalla pioggia.
“Questo tempo è infernale”, commentò, avvicinandosi a Easley per salutarlo.
“Raki, lui è Rigardo”, lo presentò l’altro con un sorriso conciliante. “Questo zelante giovane sarà il nostro nuovo aiutante e il tuo primo allievo”, spiegò poi rivolto al compagno.
Il nuovo venuto strinse la mano al ragazzo, squadrandolo con i suoi penetranti occhi di ghiaccio.
“Piacere”, disse.
Raki non poté fare a meno di deglutire.
Non capiva perché, ma quel tizio gli dava i brividi.
Era come essere fissati da un grande predatore nel bel mezzo della savana: qualunque movimento, avrebbe potuto essere fatale.
“Bene, io vado a darmi una ripulita. Credo di essermi ghiacciato fin dentro le ossa”, annunciò Rigardo subito dopo, stiracchiandosi.
Sì, sembra proprio un grande felino, pensò Raki mentre il giovane si avviava a passi felpati nella stanza accanto.
 
Fuori, continuava a piovere a dirotto e i tuoni sembravano farsi sempre più forti.
“Perché non dormi qui, stanotte? Ormai è tardi e di questi tempi meglio non girare soli, specialmente quando fa buio”, lo invitò Easley gentilmente.
“Io…davvero, temo di aver disturbato anche troppo…”, balbettò Raki, disorientato da tanta gentilezza.
“Nessun disturbo, anzi, a noi fa solo piacere. Soprattutto a Priscilla”, rispose l’altro, facendogli l’occhiolino.
Raki sorrise.
“Le vuoi proprio bene, non è vero?”, commentò.
“Per me, è come una sorella”.
Il ragazzo annuì, comprensivo.
“Allora va bene, resto”, rispose.
Il sorriso di Easley diventò più splendente che mai.
“Sei il benvenuto, amico mio”.
 
Dopo aver avvisato Zaki, che quella notte non sarebbe comunque rientrato per via del lavoro, Raki si tolse finalmente gli abiti zuppi per infilarsi sotto la doccia.
L’acqua calda che gli coccolava le membra intorpidite dal freddo e dall’umidità fu come una manna dal cielo.
Sapeva che era una cosa molto maleducata da fare, ma quella sensazione era talmente piacevole che il ragazzo restò lì più del dovuto, lasciandosi coccolare dalla straordinaria quantità di shampoo e bagnoschiuma profumati disposti sui ripiani in alto.
Uscì dalla doccia decisamente rilassato, fischiettando una canzone a caso e afferrando alla cieca un asciugamano per annodarselo alla vita.
 
Non appena mise un piede sul freddo pavimento del bagno, il ragazzo restò letteralmente di sasso.
Priscilla era di fronte a lui, un asciugamano rosa che le fasciava il corpo completamente nudo.
Il tessuto le lasciava scoperte le lunghe gambe sottili fin quasi all’inguine e le spalle esili cosparse di goccioline che le scendevano dai corti capelli bagnati, più scuri e lisci che mai.
I suoi grandi occhi si posarono su di lui, carichi di innocente ingenuità.
In tutta risposta, Raki si sentì letteralmente prendere fuoco.
“Da quanto tempo è che sei qui?”, domandò incredulo.




Buonasera, belve! :) Come state? 
Io sono ancora con l'adrenalina a mille per il concerto dei Linkin Park di domenica scorsa * chi mi segue su Facebook se ne sarà accorto * e credo che mi ci vorranno mesi prima di smaltirla...giusto il tempo perché ritornino a fare altro casino, che sia Roma o qualsiasi altra parte d'Italia :) Per chi si trovasse lì, sicuramente avrà notato delle scene molto affini con quelle di questa fanfiction: esatto, eravamo proprio io e Angelika che incitavamo la folla XD Ragazzi, che esperienza!

Va bene, ora passiamo alla storia :)
Lo so, mi state odiando; come immagino non sappiate più se dare ragione o meno a quel pollo di Raki. Di certo lui, dal lato del suo sconfinato buon cuore, non immagina neanche lontanamente che durante tutto il tempo quei tre sono stati indecisi se mangiarselo per cena, colazione o lasciarlo stagionare per un po' perché in fondo fa tanto ridere. Ma poi a Priscilla è venuta un'idea migliore. O peggiore.
Per chi conosce il manga, sicuramente avrete capito dove vuole andare a parare. Per tutti gli altri, godetevi la sorpresa e preparatevi da dei capitoli da urlo ;)
Come vi sembra questa versione sofisticata di Easley?
Ammettetelo, vorreste anche voi lavorare in una fumetteria con lui e magari prendere lezioni di arti marziali da Rigardo ;)
E la cosa sta mettendo gravemente in crisi la vostra coscienza...
In fondo, stiamo parlando di demoni e i demoni sono tentatori per eccellenza, non dimentichiamocelo XD
O forse mi state dicendo che credete ancora alla versione con le corna e il forcone?
Se si toglie mio marito quando lo trascinano all'IKEA, vi posso assicurare che non fa più paura a nessuno! ;)
* lo so, sono sadica, ma questo lo sapevate da sempre *

E ora, via con i ringraziamenti!
Un grazie a mio marito Xephil * allora, dov'è l'impermeabile rosso? Sto aspettando, sai? ;) *, la mia sorellona Angelika_Morgenstern * a Capannelle si ricorderanno a lungo di noi *, le mitiche SognatriceAocchiAperti, bienchen e quella ammazzademoni scalmanata di 92Rosaspina * grazie per la compagnia, in questi giorni! * e il fantastico AlanKall per le lro sempre più appassionate recensioni.
Un abbraccio anche a tutti i miei lettori silenziosi, che questa settimana hanno raggiunto quota 103 * vi adoroooooo!!!!! *

Detto questo, preparatevi al prossimo capitolo: ouverture, un'incazzatissima Claire pronta a fare a fette un paio di Risvegliati. Raki, fossi in te, cambierei palestra. E, soprattutto, mi farei dare le chiavi del bagno, quando vado a fare la doccia in casa di estranei! XD * idiota... *
Ci vediamo venerdì, belli :)
Per qualsiasi cosa, tenete d'occhio la mia pagina Facebook: https://www.facebook.com/LeStorieDiFedra

Buon finesettimana e buon inizio scuola per coloro che ci sono ancora dentro! XD 
Occhio agli yoma, mi raccomando ;)

Un abbraccio!

Vostra,
Fedra



 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 33
*** Dal profondo degli abissi ***


Trentatré.
Dal profondo degli abissi
 
 
*

 

 

 

 

A Claire piaceva molto l’atmosfera di calma e silenzio che si creava dopo una tempesta.
Una sottile nebbiolina si era abbassata sulle chiome degli alberi, accarezzandone le fronde intrise d’acqua con il suo tocco invisibile.
La guerriera inspirò forte, le labbra appena dischiuse.
Un forte odore di terra bagnata le penetrò fin dentro le narici insieme a qualcos’altro, appena percettibile, ma sufficiente a farle digrignare i denti per la rabbia e il disgusto.
Non doveva essere lontana dalla sua preda.
Era lì, annidata nell’oscurità di quel bosco che, nonostante fossero trascorsi diversi giorni, faceva ancora paura.
 
La guerriera scavalcò il guard rail e abbandonò la strada asfaltata che si perdeva tra gli alberi, prendendo a inoltrarsi nella boscaglia.
La tempesta della notte precedente era stata molto più violenta del previsto e il terreno appariva ricoperto da detriti e rami spezzati.
Tutto era avvolto da una calma piatta, irreale, rotta solo dal rumore metallico dei passi di Claire sul terreno umido.
Di tanto in tanto, i suoi occhi d’argento intravedevano un fazzoletto di lago fare capolino tra la vegetazione, la cui superficie piatta rifletteva il cielo color dell’acciaio.
 
A ogni passo, la pelle e i muscoli del braccio di Irene prendevano a pulsare sempre di più, come se avessero già avvertito l’odore della battaglia imminente.
Improvvisamente, una fitta più forte delle altre strappò a Claire un gemito di dolore.
La Claymore si strinse l’arto istintivamente, inarcando le sopracciglia con stizza.
Non si era ancora abituata del tutto a quella nuova parte di lei.
La percepiva come qualcosa di estraneo, di cui avrebbe preferito liberarsene al più presto piuttosto che continuare a sopportare quell’eterna sensazione di fastidio.
Al tatto, la pelle nascosta al disotto del lungo guanto di cuoio sembrava essersi improvvisamente gonfiata e riempita di tante piccole vene sottili e sporgenti.
Il muscolo pulsava dolorosamente, come se stesse lottando per trattenere una forza immensa racchiusa in esso.
Al solo pensiero, Claire soffocò un’imprecazione.
Quella era l’ennesima conferma che Irene aveva uno yoki decisamente più potente del suo.
Sarebbe riuscita a mantenerne il controllo?
 
Improvvisamente, uno schiocco secco attirò la sua attenzione.
Qualcosa di enorme stava avanzando tra gli alberi, trascinando il suo corpo pesante verso di lei.
Quando la creatura si rivelò, trattenere un’esclamazione fu impossibile.
Se non fosse stato per i tratti affilati del volto, per quanto mostruoso per via della dura epidermide grigiastra che lo ricopriva, Claire non l’avrebbe mai riconosciuta.
“Ofelia!”, gridò, le dita già strette sull’impugnatura della spada.
“Cosa c’è? Non dirmi che ti eri già dimenticata di me. Lo sai che così ferisci i miei sentimenti?”, disse l’altra, strisciando definitivamente fuori dagli alberi.
 
A quella vista, l’orrore di Claire crebbe ancora di più.
L’ex guerriera aveva mantenuto un corpo di donna fino all’altezza della vita, completamente nudo e ingigantito fino a raggiungere proporzioni grottesche.
La pelle un tempo diafana era diventata grigia e lucente come le squame di un rettile, ricoperta da tante minuscole vene che si fondevano con l’enorme corpo di serpente che le si innestava dalle anche in giù, arrotolandosi su se stesso in decine di metri di spire color verde smeraldo.
“È diventata un Risvegliato!”, sussurrò Claire, incapace di contenere le proprie emozioni.
 
“Hai visto un Risvegliato? Ma sei matta? Qui non c’è nessuno, tranne me e te”, la interruppe Ofelia, fissandola con aria ostile. “Piuttosto, sai dove posso trovare qualcosa da mangiare? Sono giorni che non metto nulla sotto i denti e ho una fame che nemmeno immagini. Anzi, a essere sincera avrei una voglia matta di addentare delle viscere. Non di esseri umani, sciocchina! Mica sono un Risvegliato”, sogghignò, notando l’aria inorridita assunta da Claire nel momento in cui il mostro posò lo sguardo su di lei.
Non appena la guerriera sguainò la spada, Ofelia assaporò tutta la sua paura.
Un lampo folle le accese gli occhi fiammeggianti mentre le sue narici si dilatavano.
“Aspetta un momento”, disse, scoprendo le zanne ricurve e lucenti. “Tu hai le viscere, giusto? Ti dispiace se ne assaggio un po’?”.
 
Claire non si rese quasi conto del braccio che le era improvvisamente scattato in avanti, parando l’assalto del Risvegliato all’ultimo istante.
La lama della sua spada cozzò contro le zanne che si erano appena richiuse a pochi centimetri dal suo stomaco, respingendole indietro.
“Che cosa ti è successo?”, esclamò Ofelia, ergendosi come un serpente pronto ad attaccare. “La tua forza e velocità sono aumentate!”.
“Se speri di divorarmi tanto facilmente, ti sbagli”, ringhiò Claire, gli occhi che si accendevano d’oro.
“Questo lo vedremo!”, sibilò il Risvegliato, scattando in avanti a una velocità inaudita.
Ogni suo attacco venne respinto dalla Spada Fulminea, che mulinava attorno al corpo di Claire sollevando un vento turbinoso e tagliente.
 
“Cosa ti dicevo? La tua forza e velocità sono aumentate!”, esclamò Ofelia, squadrandola con rabbia. “Ammetterei che il tuo è un progresso degno di lode, se non fosse per il fatto che indossi il braccio di qualcun altro. Dimmi, a chi l’hai portato via?”.
La frecciatina sortì l’effetto desiderato, facendo abbassare la guardia all’avversaria per quel brevissimo istante sufficiente a far scattare Ofelia in avanti, chiudendo le fauci sul suo gomito.
Claire urlò, divincolandosi dalla presa fino a quando il Risvegliato non riuscì a staccarle un brandello di carne, che un attimo dopo le sputò letteralmente sui piedi.
Bleah! Sinceramente, mi aspettavo che avessi un sapore molto più buono. Pazienza”, commentò il mostro in tono disgustato, prima di colpire la guerriera con un potente colpo di coda.
Il suo corpo attraversò la radura e precipitò nel burrone nascosto a pochi passi da loro, venendo accolto dalle acque gelide del lago.
Avvertendo il muro di ghiaccio chiudersi sopra la sua testa, Claire tentò subito di risalire, quando un’enorme zampa squamosa irruppe dall’alto, inchiodandola sul fondale irto di pietre.
 
“Questa volta non mi farò ingannare tanto facilmente. Prima ti ucciderò e poi ti divorerò, così finalmente avrai la morte vergognosa da cui ti sei sottratta così a lungo”, disse la voce di Ofelia implacabile, il volto mostruoso che torreggiava su di lei al disopra dello specchio d’acqua. “Vorrei tanto sbranarti mentre sei ancora viva, sai?”, proseguì il Risvegliato, avvicinandosi ancora di più alla superficie del lago. “Ma lo trovo alquanto difficile visto che non riesci a stare ferm…”.
Improvvisamente, i suoi occhi fiammeggianti si colmarono di orrore.
In quel preciso istante, aveva appena scorto il suo riflesso mostruoso specchiarsi tra le onde.
“Chi è questa qui?”, ruggì Ofelia, tuffando la testa sott’acqua fino a ritrovarsi faccia a faccia con Claire, la quale stava lottando con tutte le sue forze per liberarsi dalla sua stretta mortale.
Incredula, la Risvegliata emerse nuovamente dall’acqua, mentre un ruggito di rabbia prorompeva dalle sue fauci.
“No, ti prego…questo no!”, gemette, il volto improvvisamente rigato dalle lacrime. “Perché a me? Io cercavo solo di proteggere mio fratello da quell’orribile mostro con un corno solo! Non voglio, NON VOGLIO!”.
 
Le sue parole vennero troncate improvvisamente dal guizzo fulmineo che in quel preciso istante increspò le onde, mentre il braccio con cui teneva imprigionata Claire sprofondava negli abissi dopo essere stato troncato di netto.
“Che sta succedendo?”.
Un attimo dopo, un turbine d’acqua frammista a sangue viola esplose dal nulla, mentre la guerriera si ergeva in piedi davanti a lei, la spada ancora levata, fronteggiando l’avversaria senza mostrare un minimo di paura.
“Tu!”, ruggì Ofelia, accecata dalla rabbia. “Che cosa mi hai fatto? È solo colpa tua, se sono ridotta in questo stato! Io ti faccio a pezzi, maledetta!”.
Mostruose protuberanze presero a spuntare lungo tutto il suo corpo, assumendo le sembianze di una miriade di aculei affilati che esplosero tutti insieme, mulinando in direzione di Claire.
Senza battere ciglio, la guerriera li respinse tutti, falciandoli via con la spada prima di atterrare con grazia sulla superficie plumbea del lago, perfettamente illesa.
“Non è possibile…come hai fatto? CHI DIAVOLO SEI?”, ruggì Ofelia, incredula.
“Mi chiamo Claire, la numero 47 dell’Organizzazione; colei che ha l’incarico di uccidere Priscilla, il Risvegliato con un corno solo. E ora ti libererò da ogni tormento, Ofelia”.
 
Di fronte alla determinazione della guerriera, il Risvegliato restò immobile, fissandola con le zanne digrignate.
“Capisco”, disse atona dopo un istante che parve durare un’eternità.
Il suo corpo collassò su se stesso, lasciando Claire interdetta.
Sembrava con un orrido rigonfiamento avesse preso il posto del punto in cui si trovava la testa, prendendo ad avanzare velocemente verso la coda.
Non appena la raggiunse, quest’ultima prese a pulsare e contorcersi fino a quando l’estremità non venne lacerata da una protuberanza carnosa, che in pochi attimi si trasformò nel corpo liscio e perfetto di una giovane donna, il cui volto era quello gaio e sorridente di Ofelia.
“Ho concentrato tutto ciò che mi resta di umano nella coda”, spiegò il Risvegliato, sedendosi con grazia tra le onde. “Ti propongo un altro gioco. Se riesci ad arrivare fin qui, potrai fare di me ciò che vuoi. In caso contrario, morirai. Che cosa ne pensi? Non è poi così difficile”, aggiunse, gli occhi carichi di gioia come quelli di una bambina di fronte a un sacchetto di caramelle.
In tutta risposta, Claire si mise in posizione di attacco.
“Sapevo che non mi avresti detto di no”, commentò Ofelia, deliziata.
 
Un attimo dopo, la guerriera si scagliò sul suo corpo mostruoso, maciullandolo poco per volta a colpi di spada.
A ogni centimetro conquistato, i suoi occhi si accendevano sempre di più d’oro, mentre minuscole vene si arrampicavano sui lineamenti affilati del suo volto da eterna adolescente.
Che razza di sciocca!, pensò Ofelia mentre la osservava impassibile. Come pensa di poter arrivare fin quaggiù, se riesce a malapena a controllare il suo yoki? Tempo di raggiungere la metà del mio corpo, e si sarà completamente Risvegliata. Così finalmente potrò ucciderla.
Nel mentre, Claire continuava ad andare avanti.
Immensi brani di carne e ossa venivano falciati via a ogni colpo della sua Spada Fulminea.
Certo che è una vera testa di legno. Continuare a ostinarsi così, quando sa benissimo di non avere alcuna speranza. E tutto per proteggere quel ragazzino. Semplicemente ridicolo, pensò Ofelia, una ruga di indignazione che le si disegnò improvvisamente tra le sopracciglia.
 
Poi, improvvisamente, qualcosa cambiò.
Forse era un semplice riflesso tra le onde del lago.
Forse, ogni brandello di carne demoniaca che saltava via metteva sempre più a nudo gli abissi più reconditi di ciò che era rimasto sepolto da tempo immemore nella carne e nell’anima del mostro.
 
Un ragazzino dai folti capelli scuri emerse tra le macerie della stanza, il volto ricoperto di sangue.
Guardava lei, Ofelia, con gli occhi colmi di determinazione nonostante sapesse che non c’era più nulla da fare.
Le sue dita premute contro il ventre erano inzuppate dal sangue caldo che continuava a stillare dalla ferita aperta nella sua stessa carne.
“Mettiti in salvo!”, gridò, la voce impastata dal dolore.
Di fronte a lui, gli occhi sgranati dal dolore, Ofelia non si mosse.
“Fratellino! FRATELLINO!”, implorò.
“Salvati, almeno tu! Io resterò qui a distrarlo. Ti prego, Ofelia. Devi vivere. Fallo per me. Ti prego!”.
 
Un lacrima solcò lentamente gli zigomi di Ofelia, accarezzandole le labbra dischiuse mentre i ricordi tornavano a riaffiorare nella sua mente.
“Farò come vuoi, fratellino”, sussurrò come rivolta a qualcuno che poteva vedere soltanto lei. “Fratellino…”.
Mi chiamo Claire, la numero 47 dell’Organizzazione; colei che ha l’incarico di uccidere Priscilla, il Risvegliato con un corno solo.
In quel preciso istante, un gemito di dolore echeggiò sulla superficie del lago.
Claire si era appena fermata, ansimante, dopo aver superato la metà del corpo di Ofelia.
Le sue dita stringevano spasmodicamente il braccio di Irene, che pulsava minacciosamente come se stesse lottando per liberarsi dalla sua stretta.
Stravolta dalla fatica, la guerriera crollò in ginocchio, il volto solcato dalle vene che ne avevano ormai deformato i tratti fino a farle assumere un aspetto mostruoso.
Era arrivata al limite.
E ciò bastò a mandare Ofelia su tutte le furie.
 
“CHE COSA STAI FACENDO?”, esclamò, in preda alla rabbia. “Ti arrendi così, quando ti manca così poco per arrivare alla fine? Non ci posso credere, quanto sei stupida! Hai tutte le carte in regola per diventare la più forte di tutte noi e invece che cosa fai? Ti fermi a un passo dalla vittoria, come al solito. Io ti ho vista, Claire. Ti ho tenuta d’occhio sin dall’inizio. E so che tu stessa sei consapevole che puoi farcela, ma invece no, continui a piangerti addosso nascondendoti dietro uno stupido numero 47, quando sai perfettamente che vali molto di più. Ha senso tutto questo? Come pensi di proteggere qualcuno se sei la prima a voltare le spalle e fuggire via di fronte alla prima difficoltà? Come pretendi di uccidere il mostro con un corno solo se non sei nemmeno in grado di badare a te stessa, eh? Sei solo una perdente, ecco la verità. E chiunque ti abbia regalato quel braccio, ha solo sprecato il suo tempo. Come Teresa, che avrebbe potuto benissimo restare la numero 1 se non fosse stato per la tua stupidità. E lo sai che cosa mi fa veramente incazzare, di te? La tua ostinazione a vivere. Hai talmente paura di andartene, che non sei neppure in grado di morire. E lo nascondi dietro al tuo cieco altruismo, come se la tua vita scorresse in quella degli altri”.
“STA’ ZITTA!”, ruggì Claire, levando la testa di scatto.
In tutta risposta, Ofelia le rivolse un sorriso sollevato.
Questa volta, l’aveva fatta davvero incazzare.
Senza perdere tempo a risponderle, la guerriera scattò in piedi, nonostante fosse arrivata al limite.
La Spada Fulminea tornò a colpire con una violenza senza precedenti, decisa a finire l’opera.
Così mi piaci, constatò Ofelia, sinceramente compiaciuta.
Ogni istante che passava, frammenti del suo corpo mostruoso venivano spazzati via, precipitando sul fondo del lago.
Vedeva gli occhi fiammeggianti di Claire farsi sempre più vicini.
Presto saremo di nuovo insieme, pensò il Risvegliato, levando gli occhi al cielo.
 
Un attimo dopo, il suo sguardo si specchiò in quello di Claire, il cui volto stava tornando rapidamente alle sembianze di sempre, per quanto stravolto.
Era arrivata alla fine.
Sentendosi precipitare negli abissi, Ofelia le circondò il collo con un braccio, accostandosi a lei.
“Hai visto? Ce l’hai fatta”, disse, rivolgendole per la prima volta un sorriso sincero e carico di soddisfazione.
Claire sgranò gli occhi, spaesata da quell’improvviso cambiamento.
A che gioco stava giocando?
“Che aspetti a ritirare la tua ricompensa?”, proseguì Ofelia, sussurrandole all’orecchio quella terribile richiesta.
 
Un fremito percorse il braccio di Claire un istante prima che la guerriera affondasse la spada nel corpo del Risvegliato fino a raggiungere l’elsa.
Non una smorfia di dolore ne alterò gli affilati tratti da elfo.
“Grazie, Claire”, disse Ofelia, un’espressione serena che aveva preso improvvisamente il posto del suo solito sorriso senza gioia. “Uccidi per me il mostro con un corno solo”, soggiunse, mentre la presa sul collo dell’altra si allentava sempre di più. “Non ti perdonerò, se fallisci”.
Poi, un velo di morte si posò sui suoi occhi d’argento mentre lentamente sprofondava negli abissi.
Torneremo a giocare insieme, fratellino.
 
Claire la osservò mentre le acque gelide del lago inghiottivano il suo corpo, una cascata di capelli castani che le mulinava attorno al volto sereno.
Sembrava quasi che dormisse, mentre si calava nell’eterno abbraccio della morte, finalmente libera dal tormento che aveva l’aveva trasformata in mostro.
Non appena fu scomparsa, la guerriera si accorse di avere il volto inumidito.
No, quella non era pioggia.
Il dolore e la sete di vendetta che l’avevano consumata per giorni interi erano spariti nel nulla.
Restava solo il vuoto infinito di chi ha appena sconfitto un nemico molto più simile a se stesso di quanto potesse solo immaginare.
Addio, Ofelia dell’Onda, pensò mentre chinava il capo con rispetto.
In quel preciso istante, un timido raggio di sole si fece largo tra le nubi e illuminò la superficie del lago di una luce dorata prima di svanire nel nulla, inghiottito dalla nebbia.




Ebbene sì, SORPRESA! XD
Domani so per certo che avrò qualche problema ad aggiornare, per questo ho deciso di anticipare il nuovo capitolo a oggi...del resto, mancano solo pochi minuti a mezzanotte ;) * tanto per restare in tema Linkin Park *

Allora, che ne pensate di questo ultimo capitolo?
Vi confesso che la parte in cui Claire e Ofelia si affrontano è una delle mie preferite in assoluto e rendere per iscritto le sensazioni e le emozioni vissute durante la lettura mi ha creato non pochi problemi. Credo che per una scena del genere non dovrei mai smettere di scriverci sopra! 
Spero comunque di non aver deluso i più attaccati al manga...In ogni caso, vi consiglio di mettervi l'animo in pace: dalla prossima puntata in poi prometto stravolgimenti uno dietro l'altro XD

E ora, vista la valanga di visite e recensionidell'ultima settimana, non mi resta che passare ai ringraziamenti ;)
Un grazie come sempre al mio fiammeggiante marito Xephil, alla mia sorellona Angelika_Morgenstern * entro sabato sera ci denunciano a tutti e tre per atti osceni in pubblico, sappiatelo! *, le mitiche SognatriceAocchiAperti, bienchen e 92Rosaspina e ovviamente l'intramontabile AlanKall.
Un grazie speciale anche a tutti i lettori silenziosi, che questa settimana hanno battuto tutti i record di visite. Qualora abbiate voglia di far sentire il vostro parere su questa fanfiction, sono disposta ad ascolarvi, davvero! :)

Che dire, ancora? Che siete i lettori migliori del mondo? ;)
Davvero, questa settimana siete riusciti a sorprendermi come mai prima d'ora...davvero, grazie infinite, ovunque vi troviate!!!! :) :) :)

Detto questo, non ci resta che darci appuntamento per venerdì prossimo, per scoprire cosa è successo a Teresa e Irene * stanno litigando come due forsennate da giorni * e soprattutto quel pollo di nome Raki * tranquilli, non è stato ancora stuprato/divorato...per ora! *
Per qualsiasi informazione, passate pure sulla mia pagina Facebook: https://www.facebook.com/LeStorieDiFedra?fref=ts 

A presto, belve, e occhio se girate per Roma questo fine settimana: il rischio di incontrare me e la mia dolce metà in libera uscita è alquanto elevato XD

Un abbraccio forte, ovunque voi siate!

Vostra,
Fedra



 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 34
*** Strade diverse ***



 
Trentaquattro.
Strade diverse
 
 
*

 

 

 

 

La prima cosa che Raki avvertì quella mattina fu il profumo.
Di bagnoschiuma.
Di lenzuola pulite.
Di casa.
Il ragazzo impiegò diversi secondi per rendersi conto di non stare sognando.
E che, per la prima volta dopo tempo immemore, il suo corpo si trovava avvolto in un morbido piumone al disopra di un letto vero.
 
Un sorriso soddisfatto si disegnò sulle sue labbra sottili mentre si stiracchiava appena, sfregando il capo sul cuscino in cui era letteralmente sprofondato.
Solo allora le sue membra intorpidite captarono la presenza di qualcosa di insolito tra le sue braccia.
Una presenza morbida a contatto con le sue mani protese in avanti, come se stesse abbracciando qualcosa.
O qualcuno.
 
Con un violento sobbalzo, Raki si decise a spalancare finalmente gli occhi marroni.
Ciò che si trovò davanti per poco non lo fece urlare, salvo poi trattenersi per non svegliarlo.
Priscilla dormiva beatamente tra le sue braccia, i corti capelli scuri che le circondavano il volto diafano come un’aureola.
Solo allora, con suo sommo sgomento, Raki si rese conto che la ragazza era completamente nuda.
E che, a giudicare dal rigonfiamento al disotto delle lenzuola, aveva un seno a dir poco generoso.
Me che diav…??!!!???
 
“Buongiorno!”.
“AAAAAAARRRRGGGH!!!!”.
Sicuro di essere appena scampato a un infarto, il ragazzo schizzò fuori dal letto come se si fosse reso conto di avere un cobra reale nascosto tra le coperte.
In quel momento, Easley era entrato nella stanza, reggendo tra le mani un vassoio imbandito con un croissant alla marmellata e una tazza di caffè.
Nel notare l’espressione dipinta sul suo volto d’angelo, Raki si sentì all’istante come la più esecrabile delle creature.
“Io…non volevo…mi dispiace!”, balbettò alludendo a Priscilla, che continuava a dormire come se niente fosse.
Il sorriso raggiante che si dipinse sul volto di Easley lo lasciò completamente interdetto.
“Tranquillo, è normale che faccia così. Del resto, quello è il suo letto”, disse, appoggiando il vassoio sulle coperte.
“Sì, ma…insomma…”.
Raki era sicuro di stare per assumere le fattezze di un mollusco.
“È tutto a posto, davvero”, lo rassicurò Easley, invitandolo a sedersi. “Zucchero?”.
 
Il ragazzo non rispose, continuando a fissare Priscilla con gli occhi sbarrati.
“Ma…è normale?”, domandò dopo qualche istante, anche se si era reso conto già da un pezzo che quella ragazza doveva avere qualche problema.
“Lo so che è difficile, ma Priscilla non è stata più la stessa, dopo la morte dei suoi genitori. Si attacca in maniera ossessiva alle sue cose e ci sono dei momenti in cui esige affetto al di là di qualsiasi freno inibitorio. Per questo sono io a scusarmi con te per il suo comportamento, ma ti prego di non giudicarla per ciò che è diventata. È un fardello davvero insopportabile da sopportare, per lei”, spiegò.
Fu come se una stilettata invisibile si fosse appena conficcata nello sterno di Raki.
Chi più di lui poteva immaginare quanto si potesse sentire sola quella povera creatura, in quel momento?
“Capisco”, mormorò. “Vorrei solo poter fare qualcosa per aiutarla”, aggiunse subito dopo, quasi senza pensarci.
 
Prima ancora che Easley potesse rispondere, un mugugno attirò la sua attenzione.
Priscilla si era appena destata, spalancando i grandi occhi scuri nel vuoto.
Non appena si rese conto di non avere più Raki accanto a sé, una smorfia di puro dolore le deformò i tratti delicati del viso; salvo poi sciogliersi nella gioia più pura nel momento in cui lo riconobbe ai piedi del letto.
Un attimo dopo, la ragazza era sgusciata fuori dalle coperte, rannicchiandosi stretta al fianco del ragazzo e affondandogli il capo nell’incavo della spalla.
Intenerito, Raki non poté trattenersi dal darle un buffetto sulla testa, arrossendo vistosamente nel momento in cui il suo sguardo imbarazzato incontrò quello di Easley.
“Credo che ci aspetti una lunga giornata”, commentò questi con un sorriso.
 
*
 
“Io mi chiedo ancora perché tu l’abbia fatto, Irene”, incalzava Teresa, visibilmente furibonda.
Seduta all’altra estremità del tavolo, la compagna si limitava a fissarla impassibile mentre l’altra si affastellava in giro per la minuscola stanza rettangolare.
“Già Priscilla ti ha portato via un braccio e ora hai rinunciato anche all’altro”, continuava a brontolare l’ex numero 1 mentre svuotava la dispensa e disponeva tutto il suo contenuto sul ripiano del tavolo. “Mi chiedo come farai a sopravvivere, adesso. Come ti procaccerai il cibo? E, soprattutto, come pretendi di difenderti se qualcuno dovesse attaccarti?”.
La Claymore estrasse la spada, prendendo ad affettare il cibo in pezzettini sempre più microscopici.
“Ti prego, Teresa, calmati. Non ho di certo il denaro per comprare un altro tavolo”, rispose Irene dopo istanti di insopportabile silenzio, notando le minuscole tacche che la lama aveva segnato sul ripiano di legno.
“Non tentare di fare la spiritosa con me!”, ringhiò l’altra, sventolandole la spada a pochi centimetri dal naso aquilino.
 
“So qual è la vera ragione del tuo nervosismo, Teresa. Sei preoccupata per Claire, giusto?”.
A quelle parole, la guerriera smise immediatamente di massacrare il tavolo.
La sua spada si conficcò direttamente nel pavimento mentre ella incrociava le braccia al petto con un gesto di stizza.
“Non ti perdonerò mai di averla mandata da sola contro quella donna”, sibilò, visibilmente furiosa.
“Un giorno mi ringrazierai, invece. È giusto che Claire impari a cavarsela da sola, proprio come abbiamo fatto noi prima di lei. Di certo non diventerà mai una vera guerriera, se continueremo a farle da balia. La sua vendetta contro Ofelia sarà finalmente il modo per ottenere la vendetta a cui anela da ormai troppo tempo. Anche a costo di non tornare più indietro”, spiegò Irene in tono pacato.
“Belle parole, per una che ha passato tutta la vita a fuggire”, commentò Teresa con stizza.
 
L’altra stava per dischiudere le labbra in una risposta particolarmente velenosa, quando la compagna la zittì con un deciso gesto della mano.
“Ssst! C’è qualcuno là fuori”, sibilò, raccogliendo la spada e mettendosi in posizione d’attacco.
In effetti, fuori dal vetro opaco della finestra si intravedeva un’alta figura scura delinearsi alla luce plumbea del primo pomeriggio.
Chi potrebbe mai attaccarci in pieno giorno?, pensò Teresa mentre si appostava dietro la porta e la spalancava con decisione.
Ciò che vide la lasciò completamente interdetta.
La giovane guerriera che stava davanti a lei avrebbe potuto essere benissimo scambiata per un angelo del Perugino se non fosse stato per l’espressione omicida e l’orrenda cicatrice che aveva preso il posto dell’occhio sinistro, ridotto a un grumo di carne atrofizzata al disotto della frangia di corti e arruffati capelli color castano chiaro.
 
“Qualsiasi cosa tu voglia da noi, non ci interessa. A meno che non sia venuta a installare una rete wi-fi”, esordì Teresa, sfoderando un sorriso sghembo.
“Non ti conviene fare battute con me, specie se sai di essere stata accusata di alto tradimento”, rispose l’altra con voce dura.
“Che cosa? E chi saresti tu per affermare una cosa del genere, ragazzina?”, l’apostrofò Teresa, immediatamente sulla difensiva.
“Sono Raffaella, numero 5 dell’Organizzazione”, esordì la nuova venuta con placida freddezza.  “Sono stata mandata per accertarmi della diserzione delle guerriere numero 46 e 47, ma mentre venivo qui ho percepito la presenza di uno yoki molto potente. È chiaro che stai proteggendo qualcuno che non è la tua compagna”.
Il fendente di Teresa venne bloccato a mezz’aria dalla lama della guerriera, lo sguardo impassibile come se non avesse mosso nemmeno un muscolo.
Dannazione, questa qui sa usare lo yoki per prevedere le mosse altrui!, pensò la Claymore furiosa.
 
“Se fossi stata all’apice del tuo potere, forse il nostro sarebbe stato un duello equo. Ma, visto che le cose stanno così, ti conviene farti da parte e lasciarmi lavorare. In questo caso, potrei concederti qualche minuto per spiegare, prima di decidere se tagliarti la testa o meno”, disse Raffaella con calma.
“Ma guarda! Lo sai che anche la qui presente ex numero 2 mi aveva fatto lo stesso discorso, tanti anni fa? Peccato che non le sia andata molto bene”, ribatté Teresa, allontanando la spada dell’altra con un colpo deciso. “Se vuoi la testa di Irene, devi prima vedertela con me”.
“Ti credevo più saggia”, rispose la guerriera mentre si metteva in attacco. “Se le cose stanno così, non mi resta altra scelta”.
 
Il dolore arrivò prima ancora che i neuroni comunicassero ai muscoli l’ordine di attaccare.
Per un attimo, Teresa fu convinta di trovarsi in un brutto sogno o di assistere alla scena da fuori.
Davvero le ossa e le carni che venivano dilaniate dai colpi erano le sue?
Eppure, aveva come l’impressione che entrambe fossero immobili, i volti a pochi centimetri l’uno dall’altro mentre la lama invisibile calava ancora e ancora.
La guerriera non fece in tempo a formulare una risposta, che subito si ritrovò riversa sul pavimento, la mano destra impalata sulle assi di legno dalla sua stessa spada.
Come diavolo ha fatto?, pensò, bruciante di rabbia e di umiliazione per essere stata sconfitta per l’ennesima volta come una novellina.
 
Raffaella le diede le spalle con un movimento deciso, voltandosi verso Irene.
L’ex numero 2 non si era mossa di un millimetro, limitandosi a osservare la scena seduta al tavolo con le gambe accavallate.
I suoi occhi d’argento, però, non avevano perso di vista un solo istante la loro pericolosa avversaria.
“E ora, finalmente, siamo io e te”, disse Raffaella, avvicinandosi con calma alla sua vittima.
L’altra non si mosse, squadrandola con la stessa maestosa fierezza di un felino selvaggio.
“Per anni mi sono chiesta che fine avessi fatto”, proseguì la numero 5, muovendo un altro passo verso di lei. “Ma non avrei mai creduto di trovarti in questo stato, priva di entrambe le braccia come un tronco secco spogliato dei propri rami”.
 
Maledizione!, pensò Teresa nel mentre, la mano sinistra che tentava disperatamente di liberare la destra dalla spada.
Non appena la lama venne estratta dalle sue carni, il dolore esplose in tutta la sua violenza, accecandola.
Raffaella non le riservò la minima attenzione, tutta presa com’era dalla sua vittima: era chiaro che aveva ben compreso che in quel momento Teresa non poteva nuocerle in alcun modo.
La cosa bastò a mandare l’ex numero 1 su tutte le furie.
Ora te la faccio vedere io, stronzetta, pensò, richiamando a sé tutto il suo yoki.
I suoi occhi si accesero come due fiamme mentre l’energia demoniaca rifluiva nel suo corpo, risanando le carni straziate.
 
“Noto molta sicurezza, nelle tue parole”, stava dicendo Irene nel frattempo, decidendosi ad aprire la bocca. “Forse, se avessi avuto ancora la mia Spada Fulminea, parleresti con tutt’altro tono”.
“Ha forse importanza? Gli ordini dell’Organizzazione sono fin troppo chiari. Il fatto che tu non possa difenderti non farà altro che semplificarmi il compito”.
“Una guerriera molto diligente, mh?”, incalzò Irene, seria in volto. “Vista la tua anzianità, sto iniziando a sospettare che tu abbia qualche debito nei confronti dell’Organizzazione”.
“Non accetto simili insinuazioni da una traditrice come te!”, sibilò Raffaella, la presa sull’impugnatura della spada più salda che mai. “Io ho dato all’Organizzazione molto più di quanto una qualsiasi guerriera possa immaginare. E, in cambio, l’Organizzazione ha premiato il mio valore con la vita, quando qualsiasi altra sarebbe stata giustiziata senza alcuna esitazione. Per questo devo a lei tutta la mia fedeltà. E non me ne andrò di qui prima di aver preso la tua testa”.
 
Sbrigati, maledizione, SBRIGATI!, pensò Teresa, stimolando il più possibile il suo yoki.
Non doveva sottrarre nemmeno un istante di quelli concessigli da Irene, che nel mentre stava tentando di distrarre Raffaella attraverso la conversazione.
Le sue dita presero a tremare in maniera incontrollata, artigliando le assi di legno del pavimento.
Era evidente che si stava lasciando prendere la mano, nella fretta di guarire.
Dannazione, Teresa, sta’ calma!
La sua vista vacillò, mentre i tratti angelici del volto venivano deturpati da tante minuscole vene che si stavano arrampicando a vista d’occhio lungo le sue guance.
Improvvisamente, le sembrava di vedere tutto attraverso lo schermo di un televisore rotto.
 
Devo mantenere il controllo!, pensò la guerriera in preda al panico, cercando di appellarsi alla poca concentrazione rimasta.
Loki, Froben, tachipirina, penicillina, sciroppo alla fragola, cerotti…
Torna indietro, torna indietro!
Valium, Buscopan, Riopan…
Non devo perdere i sensi, non devo perdere i sensi!
PESCE CRUDOOOOOO!!!!
Improvvisamente, il dolore scomparve.
Teresa si ritrovò rannicchiata sul pavimento lordo di sangue, gli occhi chiusi e la spada stretta tra le mani.
Non c’era più traccia delle assurde visioni che avevano accompagnato il processo di guarigione.
Le membra le formicolavano in maniera irresistibile, frementi di vendetta.
 
Con un balzo fulmineo, la guerriera tentò di colpire Raffaella alle spalle.
L’avversaria fermò il colpo senza nemmeno voltarsi, gli occhi fissi su Irene.
“Tsk, troppo facile. Sei semplicemente ridicola”, commentò freddamente.
Merda, merda, MERDA!, pensò Teresa, sentendosi avvampare.
Era evidente che, a quel punto, non avevano altra scelta.
Riuscì a evitare il nuovo fendente di Raffaella per un soffio, giusto perché era già nelle sue intenzioni quella di fare un balzo indietro.
La spada nemica la inseguì implacabile mentre la guerriera cercava di schivarla in tutti i modi, usando i pochi mobili della stanza come scudo.
Una pioggia di schegge di legno e cocci affilati accompagnavano ogni colpo andato a segno.
Che vergogna, nascondermi come un coniglio!, pensò, con le guance brucianti.
Perlomeno, la stava tenendo alla larga da Irene.
 
In quel preciso istante, Raffaella calò di nuovo la spada in direzione della sua testa.
Teresa la evitò per un soffio, balzando in avanti.
Avvertì distintamente la lama sfiorarle un orecchio e centrare la lanterna appesa al soffitto, che si schiantò a terra con un fragore assordante, mentre l’olio schizzava ovunque.
Le fiamme si propagarono all’istante sul pavimento di legno, creando un muro insormontabile tra le due guerriere e arrampicandosi fameliche sulla catasta di mobili rovesciati, bloccando ogni via di fuga.
“Ah, ah, ah! Pessima mossa”, commentò Teresa in tono trionfante, balzando poi verso Irene mentre l’avversaria tentava di farsi strada attraverso il fuoco. “È il momento di smammare”, commentò, anche se in cuor suo avrebbe tanto voluto restare a dare una lezione a quella specie di mostro in divisa.
Irene annuì con fare marziale, alzandosi in piedi di scatto.
Entrambe corsero verso la finestra, la stanza ormai completamente invasa dal fumo, sfondando il vetro e precipitandosi all’esterno.
 
Le due si precipitarono nel fitto della boscaglia, i rami che graffiavano i loro volti, allontanandosi il più velocemente possibile dalla baracca.
“Credo che a questo punto le nostre strade si dividano”, disse improvvisamente Irene.
L’altra si bloccò con un piede a mezz’aria, fissandola come se fosse impazzita.
“Che cosa stai insinuando?”, ringhiò. “Non posso lasciartelo fare, non nelle tue condizioni!”.
“Apri bene le orecchie”, la bloccò la compagna, severa. “È solo una questione di minuti prima che quella guerriera riesca a liberarsi e per allora sono certa che le sue intenzioni saranno tutt’altro che migliorate. Ed è me che cerca, non te. A che ti serve trascinarti dietro un’invalida che ti creerebbe solo problemi?”.
“Irene…”.
L’altra le rivolse uno sguardo carico di determinazione.
 
“So a che cosa stai pensando. Ma ti ricordo che io sarei dovuta morire molto tempo fa. Eppure, sono sopravvissuta, nonostante avessi perso il mio braccio buono e la gola squarciata. Chi mi dice che non potrei farlo un’altra volta?”.
Teresa la fissò, gli occhi d’argento improvvisamente lucidi.
“Irene, io…”.
Senza pensarci due volte, la guerriera le gettò le braccia al collo, stringendola in un forte abbraccio.
Sorpresa dallo slancio di quella inaspettata manifestazione d’affetto, Irene si lasciò andare a sua volta, abbandonando il capo contro i capelli biondi della compagna.
“Sappi che, nonostante non fossi molto loquace, tu per me sei sempre stata la migliore”, disse Teresa, tentando inutilmente di ricacciare indietro le lacrime di commozione.
“No, Teresa”, la contraddisse la compagna, scostandosi da lei per guardarla negli occhi. “Tu sei e sarai sempre la migliore. Il fatto che tu sia sopravvissuta a Priscilla meglio di chiunque di noi ne è la conferma”.
 
Quella parole sciolsero l’ex numero 1 come neve al sole, incapace di ribattere per le forti emozioni che si rincorrevano nella sua mente ibrida.
In tutta risposta, Irene le rivolse il secondo, incredibile sorriso da quella mattina.
“Ora va’. Trova Claire e insieme sconfiggete Priscilla. È il vostro turno, adesso. Il mio tempo è finito tanti anni fa”.
“Ci rivedremo, un giorno?”.
L’altra scoppiò in una risata sommessa.
“Chi lo sa?”.
Detto questo, la guerriera dalle orecchie da elfo si voltò con grazia e si incamminò lentamente tra gli alberi, sparendo nell’oscurità.
 
*
 
Teresa stava avanzando nella boscaglia da quella che sembrava un’eternità.
Gli stivali erano incrostati di fango e i capelli biondi apparivano inzuppati d’acqua per via della fredda pioggerellina che cadeva dal cielo e dai continui scrosci provenienti dai rami bagnati che spostava al suo passaggio.
Ogni passo era accompagnato dal peso insopportabile dell’ennesima sconfitta.
 
Improvvisamente, la Claymore si bloccò.
Aveva percepito un lieve fruscio a pochi passi da lei.
Anche il nuovo venuto doveva essersi accorto della sua presenza: i suoi passi sul terreno bagnato si erano improvvisamente arrestati, come se fosse in ascolto.
 
Dopo aver tratto un profondo respiro, la guerriera si decise a uscire allo scoperto.
Claire era davanti a lei, il caschetto biondo afflosciato per via della pioggia, completamente illesa.
Nei suoi occhi d’argento non vi era più traccia della paura e dello smarrimento con cui li aveva salutati quella mattina all’alba.
In essi vi leggeva tutta la determinazione di chi ce l’ha fatta.
Finalmente, Claire era diventata adulta.
 
Un attimo dopo, erano entrambe l’una tra le braccia dell’altra, strette nell’abbraccio più forte e dolce che due sorelle potessero scambiarsi, qualsiasi fosse la loro natura.
“Sono felice che tu sia viva, Claire”, sussurrò Teresa a pochi centimetri dal suo orecchio.
E, ancora una volta, quella piccola e straordinaria creatura fece sgorgare lacrime dai suoi occhi d’argento.




Ce l'ho fatta, sono riuscita a rimetterci mano! 
Non sapete quanto mi rincresca l'inconveniente di questa settimana, ma davvero c'erano troppe sviste sul personaggio di Raffaella che avrebbero davvero compromesso l'esito dei capitoli futuri. Per questo, nonostante gli impegni, tra ieri sera e stamattina mi sono rimboccata le maniche per rimetterlo a posto.
So che chi ha già letto l'altra versione lo troverà molto più tragico e disperato, ma credetemi: contro una come Raffaella non c'è proprio nulla da fare al di fuori di darsela a gambe il più velocemente possibile.
Il mondo di Claymore non perdona, ragazzi!

Un piccolo appunto su Teresa: so che molti di voi saranno rimasti perplessi di fronte al suo modo di rigenersarsi. La scienza spiega i deliri che ha durante il processo come un modo usato dal suo subconoscio per mantenere attivo il cervello nel momento in cui le emanazioni di energia demoniaca si avvicinano al punto limite, impedendo così che essa ne prenda completamente il controllo e scateni il Risveglio. Un po' come contare le pecore al contrario, insomma. In questo caso, visto che si stava concentrando sulla guarigione, la prima cosa che le è venuta in mente sono state tutte le medicine che tiene in casa. Come avrete notato nel momento in cui si scontra con Ofelia, quando Teresa perde completamente i sensi le visioni sono orientate esclusivamente verso cose mangerecce ;) * chissà perché *
L'ispirazione per queste visioni mi è venuta in buona parte da Hellsing Ultimate, quando la serie si occupa dei sogni dei vampiri.

E ora, prima che casco letteralmente con la faccia sulla tastiera per la stanchezza, passo subito a ringraziare mio marito Xephil, la mia sorellona Angelika_Morgenstern e i mitici AlanKall, bienchen, SognatriceAocchiAperti e 92Rosaspina per le splendide recensioni e in parte anche per le correzioni.
Grazie anche a tutti i miei lettori silenziosi, che aumentano sempre di più! :)

Per quanto riguarda il prossimo capitolo, non vi nascondo che sono nei guai.
Ebbene sì, avete capito bene: l'aggiornamento di venerdì potrebbe saltare.
Il tutto dipende se riesco a recuperare o meno con lo studio, visto che in questi ultimi giorni sono stata parecchio incastrata con il lavoro * e i relativi problemi grazie ai quali potete vantare di aver conosciuto la mia personale interpretazione di Ophelia *
Per questo, vi consiglio di tenere d'occhio la mia pagina Facebook, dove vi comunicherò tutte le novità appena mi sarà possibile: https://www.facebook.com/LeStorieDiFedra

Ci sentiamo presto, belve! :)
Passate una buona settimana e, per chi avrà la fortuna di andarci, godetevi il Romics! XD
Chissà, forse riuscirò ad andarci anch'io...

Un abbraccio grande!

Vostra,
Fedra


 
 

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Capitolo 35
*** Benevolenza ***


Trentacinque.
Benevolenza
 
 
*
 

 

 

 

Teresa tornò trionfante con due enormi coppe piene di gelato, posandole sullo squallido tavolino di metallo con un gesto plateale.
“Ecco qua!”, esclamò soddisfatta. “Direi che non avremmo potuto investire meglio i nostri ultimi spiccioli, specie dopo una battaglia come questa”.
Claire non rispose, continuando a fissare il viavai di passanti imbacuccati sulla strada accarezzata da una fredda pioggerillina autunnale.
La strada buia era illuminata dalla pallida luce dei lampioni e dal barlume intermittente delle decorazioni appese ai balconi.
Sul lato opposto, la grande vetrina di un negozio di abbigliamento appariva in tutto il suo tripudio di nastri dorati e neve finta, mentre tre brutti manichini in tenuta da sci esibivano un capello da Babbo Natale al posto del berretto di lana.
La massa umana che si accalcava sul marciapiede, districandosi tra ombrelli e buste colorate, sembrava più frenetica del solito, come se fosse trasportata da una strana euforia che spingeva ciascuno di loro a prosciugare l’ultimo stipendio entro il 25 del mese.
La guerriera sospirò.
Possibile che fosse già Natale?
 
“Non mangi, Claire?”, la riportò alla realtà Teresa, che nel mentre aveva già spazzolato metà della sua porzione.
“Non ho fame”, rispose l’altra, le sopracciglia argentee aggrottate.
“Dai, basta con questi pensieri! Ora dobbiamo solo pensare a goderci la nostra vittoria, per quel poco che ci è concesso”.
“Non credo che una vendetta sia qualcosa da festeggiare”.
Teresa mise giù il cucchiaino di plastica, incrociando le braccia.
“È accaduto qualcosa durante il combattimento, vero?”, domandò, scrutando la compagna con sguardo vigile.
Claire sospirò.
“Avremmo potuto esserci noi, al posto di quella donna”, disse dopo qualche istante.
“Ma stai scherzando? Quella guerriera era una persona completamente pazza e sadica. Il suo unico obiettivo era quello di uccidere e torturare per il piacere di farlo. E non lo dico per consolarti. Lo so perché anch’io l’ho conosciuta e ho combattuto contro di lei”, osservò Teresa.
 
“Tu non capisci”, la corresse l’altra. “Prima di morire, quella donna ha rivelato il suo lato umano. Ho scoperto delle cose su di lei…e sono sicura che, prima di diventare una di noi, probabilmente era una ragazza molto diversa”.
“Tutte eravamo diverse prima di trovarci in questa vita”.
Claire non rispose, tornando a guardare fuori.
“Priscilla”, ringhiò a un certo punto, a voce bassissima.
“Cosa?”.
“È stata Priscilla a uccidere la sua famiglia. Ofelia aveva un fratello. Gli voleva molto bene. Lui si è fatto uccidere per proteggerla. E lei non ha mai accettato di essergli sopravvissuta. Per questo si è accanita su Raki in quel modo, quando ha capito che cosa ci legava. Si sarebbe scagliata su chiunque avesse provato affetto verso qualcun altro, pur di fargli rivivere tutto il dolore che la consumava da tempo immemore”.
Teresa annuì piano, gli occhi d’argento più seri che mai.
“Capisco cosa provi. Ma sappi che hai fatto la cosa migliore per aiutarla, liberandola una volta per tutte dalle sue sofferenze”, disse comprensiva.
Claire scosse il capo.
“Le ho fatto una promessa”, aggiunse piano. “Ho giurato che l’avrei vendicata uccidendo Priscilla”.
In tutta risposta, Teresa si lasciò sfuggire una risatina.
 
“Be’, non è così difficile, visto che fa parte del nostro contratto di lavoro!”, esclamò, tornando subito a concentrarsi sul suo gelato. “A proposito di promesse…”, aggiunse, lanciandole un’occhiata maliziosa. “Quando hai intenzione di rivedere quel ragazzo?”.
Claire scrollò le spalle.
“Spero solo che sia ancora vivo”, commentò.
“Ma sì, che domande! Alle peggio, si sarà ritrovato al primo appuntamento con un Risvegliato”.
“Non scherziamo!”, tuonò Claire, arrossendo vistosamente.
“Ma dai, non prendertela così poco!”, la canzonò Teresa, facendole l’occhiolino. “Si vede che Raki è un bravo ragazzo, anche se alle volte si rivela una vera e propria catastrofe umana. Vedrai che in questo momento sarà ancora lì ad aspettarti. In fondo, gli avevi promesso che saresti tornata da lui”.
“Già”.
Gli occhi di Claire tornarono a indugiare sul brulicare di passanti sul marciapiede.
“Chissà se si ricorderà ancora di me”, sussurrò subito dopo.
 
“Ma certo che si ricorderà di te! Che domande sono?”, esclamò Teresa, sbalordita.
“Lo hai detto molte volte: gli esseri umani dimenticano. Per loro il tempo scorre molto più velocemente rispetto al nostro. Guarda tu stessa: siamo state via solo poche settimane e ora che siamo di nuovo qui è cambiato tutto. È probabile che sia cambiato anche lui”.
La compagna le sorrise dolcemente, sfiorandole l’avambraccio con le dita bianche.
“Per nostra fortuna, non tutte le persone sono uguali. E, a parte una piccola eccezione di fronte a me, non ho mai sentito di esseri umani che accettano spontaneamente di vivere con delle Claymore”, la rassicurò.
“Lui l’ha fatto perché non aveva altra scelta”, si schermì Claire.
“Eppure, quando si è trattato di sacrificare la sua vita per proteggerti, l’ha avuta eccome!”.
“Era in debito con me per tutte le volte che l’ho tirato fuori dai guai”.
Teresa scosse il capo.
Ora era chiaramente divertita.
“Si vede che conosci poco gli umani”, disse. “Certo, alle volte sono molto più superficiali di noi ibridi, ma ti ricordo che è grazie a loro se anche noi manteniamo dei sentimenti e delle emozioni. Non ti devi vergognare, se alle volte la tentazione di abbandonarti ad essi diventa troppo forte per resisterle. Sappi che è il modo migliore per allontanarsi il più possibile dal Risveglio”.
 
Inaspettatamente, Claire sorrise, scuotendo il capo.
“Spero che tu abbia ragione, Teresa”, mormorò. “Io…da quando la mia famiglia è morta, non ho provato che repulsione verso quelli che erano i miei simili. Nei miei ultimi mesi da umana, ho visto compiere da loro delle cose da far ribrezzo persino agli yoma”.
La compagna le prese la mano, stringendola in modo tale da farle percepire tutto il suo calore e il suo affetto.
“Proprio per questo sono contenta che tu abbia incontrato qualcuno come Raki”, disse sorridendo. “È giunto il momento di riconciliarti con la tua parte umana. E credimi se ti dico che ciò ti farà bene”.
Claire le sorrise a sua volta, timidamente.
“E se avessi paura?”, chiese.
Il sorriso di Teresa diventò più luminoso che mai.
“La paura è il più umano dei sentimenti”, rispose.
Davanti a lei, Claire si decise finalmente ad affondare il cucchiaino nel suo gelato.
 
*
 
“Bene, per oggi la lezione è finita”, annunciò Rigardo, incrociando le braccia al petto con fare marziale.
Gli allievi si inchinarono al maestro, rimettendo in ordine la palestra e uscendo uno a uno dalla stanza.
Raki rimase tra gli ultimi, facendo per dileguarsi alla chetichella.
Anche se era un corso aperto da poco, non c’era assolutamente paragone tra lui e gli altri iscritti.
Molti di loro erano otaku incalliti e venivano da altre scuole di arti marziali.
Lo si vedeva da come si muovevano e dal modo in cui si esprimevano nei confronti del maestro e dei compagni.
Nulla a che vedere con il suo aspetto dimesso, avvolto nella tuta da ginnastica grigia che portava dai tempi del liceo.
Per essere un mezzo giapponese, si doveva solo vergognare.
 
“Be’, ci vediamo giovedì”, balbettò il ragazzo, inchinandosi al maestro.
Rigardo lo ricambiò con un rapido cenno del capo, gli occhi di un azzurro argenteo più freddo che mai.
Il che fece sentire Raki ancora più a disagio.
In fondo, anche se era appena alla seconda lezione, come aspirante guerriero faceva decisamente pena.
Era lento, scoordinato e rigido.
In due giorni, non aveva fatto altro che prendere botte e rimproveri.
Di questo passo, non sarebbe diventato mai un guerriero.
 
“Posso parlarti un attimo?”.
In quel preciso istante, Easley era appena entrato nella stanza.
Indossava un dolcevita grigio e un paio di pantaloni da tuta dello stesso colore, avanzando a piedi scalzi sul pavimento.
“Dici a me?”, domandò Raki, mentre Rigardo usciva senza nemmeno salutarlo.
Easley gli sorrise, raccogliendo uno dei bastoni che servivano per il combattimento.
“Sì, proprio tu”, rispose con calma, sfilandosi il dolcevita e rimanendo a torso nudo.
Non vorrà per caso picchiarmi?!?, pensò il ragazzo deglutendo.
Con suo sommo sollievo, il giovane sollevò un altro bastone, lanciandoglielo.
Raki riuscì ad afferrarlo per un pelo, rischiando però di cavarsi un occhio da solo nel tentativo.
“Ops, attenzione!”, esclamò Easley divertito.
“Perché?”, domandò il ragazzo, fissando il bastone perplesso.
“Ti ho visto combattere e ho notato la tua aria avvilita. Il che mi dispiace, perché so che hai delle potenzialità che nemmeno immagini”, spiegò l’altro con voce gentile. “Per questo ho pensato che ti servisse un metodo un po’ alternativo rispetto a quello di Rigardo”.
 
“Che cosa? Pensi davvero che possa farcela?”, chiese Raki, incredulo.
“Perché no? Il tutto dipende da te. Dalla tua determinazione e dalla tua disciplina”, rispose Easley, indicandogli la testa con il bastone. “Se sei disposto a seguire i miei insegnamenti, prometto che ti trasformerò in un guerriero in grado di tenere testa a qualsiasi avversario. So quanto hai a cuore la tua vendetta. Per questo ho deciso di aiutarti, se me lo permetterai”.
Gli occhi di Easley apparivano fiammeggianti di determinazione mentre proferiva queste parole.
Raki lo fissò ammirato, abbassando involontariamente lo sguardo sul suo fisico asciutto e allo stesso tempo muscoloso.
Era perfetto nella sua grazia quasi scultorea.
Una vera macchina per combattere.
“Farò del mio meglio”, rispose timidamente.
Easley sorrise.
“Non basta fare del tuo meglio. Io ti posso insegnare la tecnica e la disciplina. Ma per tutto il resto, dipenderà solo da te. Dovrai guardare nel profondo della tua anima, per attingere al massimo della tua forza al di là della paura che ti paralizza. Se ci riuscirai, nessuno potrà sconfiggerti. Nemmeno il nemico più forte”.
Le sue parole ebbero l’effetto di un oceano caldo nel cuore di Raki, facendo scattare qualcosa di nascosto dentro di lui.
Improvvisamente, la presa sul bastone si era fatta più salda.
“Sono pronto a imparare, maestro”, disse, preparandosi a ricominciare l’allenamento.
 
*
 
Una leggera nebbiolina si ara abbassata improvvisamente nel momento in cui la pioggia aveva smesso di cadere.
La nera lingua d’asfalto divideva in due la lunga fila di alberi, illuminata dalla luce dei lampioni.
Di tanto in tanto, i fari di un’auto in corsa tagliavano l’oscurità prima di sparire a tutta velocità con un rombo sordo.
Una di esse si concesse il tempo per dare un colpo di clacson alle due figure vestite di bianco che arrancavano sull’asfalto.
“Suona a tua sorella!”, ruggì Teresa, levando il dito medio in maniera tutt’altro che discreta.
Al suo fianco, Claire si strinse nelle spalle, visibilmente a disagio.
“Io mi domando come fa la gente ad andare a lavorare, da queste parti”, brontolò l’altra, senza fermarsi. “Con il tempo che ci vuole per aspettare che passi una mezza specie di autobus, facciamo in tempo a Risvegliarci, mannaggia a loro!”.
 
Le due continuarono ad avanzare fianco a fianco, tra nuovi colpi di clacson e l’ennesima valanga di insulti e gestacci da parte di Teresa, fino a quando non giunsero in prossimità di un semaforo.
Lì, la strada si allargava in un grande piazzale, su cui si affacciava un piccolo bar isolato al centro di un enorme parcheggio.
Subito, i loro occhi furono attirati da una figura in nero che se ne stava all’esterno, fumando in tutta tranquillità la sua sigaretta.
Piccole nuvole di fumo e vapore si sollevavano all’altezza della sua testa a ogni respiro.
Possibile che riesce a portare gli occhiali da sole pure di notte?, osservò Teresa, mentre suo malgrado avvertiva una punta d’ansia farsi largo a pugni nel profondo del suo stomaco.
“Guarda un po’ chi si rivede”, commentò in quel momento Louvre, avanzando a grandi passi verso di loro.
Il fatto che continuasse a sorridere rendeva ancora più raccapricciante l’innegabile evidenza di quanto fosse incazzato con loro.
 
“Per caso hai rinunciato anche tu a prendere i mezzi?”, esordì Teresa, sfoderando un sorriso sarcastico.
“Io non farei tanto la spiritosa, nelle tue condizioni”, la freddò subito il suo capo, spegnendo la sigaretta con un gesto secco. “Mentre voi eravate chissà dove, la squadra che doveva affiancarvi nella caccia è arrivata a Roma, senza trovarvi. Morale, non sono riuscite a coordinarsi in nessun modo e per questo abbiamo dovuto cercare subito qualcuno che vi sostituisse. Nel frattempo, abbiamo perso altre due vite umane. Vi rendete conto di che cosa avete combinato?”.
“Ehi, stiamo calmi. Di certo in questo periodo non siamo rimaste a grattarci la pancia. Se avete dubbi, andate a cercare nel Lago di Albano: sicuramente troverete il cadavere di un Risvegliato che sicuramente avrebbe epurato i Castelli Romani nell’arco di pochi giorni, se non lo avessimo fermato in tempo”, si difese Teresa con decisione.
“Nessuno vi ha chiesto di dare la caccia a quell’essere, tanto per cominciare”, replicò Louvre. “E poi, non si è mai sentito che due guerriere impieghino quasi tre settimane per eliminare un Risvegliato”.
 
“Eravamo entrambe ferite gravemente e avevamo bisogno di riprendere le forze. In ogni caso, durante tutto questo tempo non eravamo in grado di combattere. Se poi qualcuno non ci avesse private dei nostri unici mezzi di comunicazione, non avremmo avuto riserve a tenervi informati sull’andazzo della questione”.
“Non sta di certo a te prendere iniziativa per conto dell’Organizzazione. Se mi attenessi alle regole, a quest’ora avrei già dovuto farvi tagliare la testa per alto tradimento”, tagliò corto Louvre, senza smettere di sorridere. “Tuttavia, dato che la situazione a Roma è diventata dir poco disperata, non ho altra scelta che farvi vivere. Le vostre compagne vi stanno attendendo per iniziare la caccia. Vi consiglierei di affrettarvi a raggiungerle e finire ciò che vi è stato ordinato”.
“Ci piacerebbe, ma non credo che arriveremo prima di domani mattina”, lo interruppe Teresa. “A meno che tu non abbia recuperato la mia macchina, ovvio”.
 
“L’avrei fatto volentieri, se non l’avessi lasciata parcheggiata con sportelli aperti e fari accesi nel bel mezzo di un cantiere a Fiumicino. A quest’ora, credo che abbiano già rivenduto anche l’ultimo bullone”, rispose Louvre con calma. “Tuttavia, l’Organizzazione ha deciso di darvi un piccolo aiuto economico”.
Detto questo, l’Uomo Nero tirò fuori dalla tasca del cappotto quello che aveva tutta l’aria di essere un bancomat.
“Di certo con questo non vi comprerete un’altra Mini Cooper, ma sarà sufficiente a garantirvi una vettura dignitosa. E, forse, con quello che rimane potreste anche procurarvi un cellulare che funzioni”, spiegò.
“Grazie, sono commossa”, commentò Teresa sarcastica.
“Vi avverto,”, aggiunse però Louvre subito dopo, la voce più fredda che mai “un’altra trasgressione e vi troverete alle calcagna l’intera Organizzazione. E, questa volta, non ci sarà nessuno disposto a riattaccare le vostre teste”.
 
*
 
“Una vettura dignitosa? MI STAI PRENDENDO PER IL CULO??!!??”.
Teresa era a dir poco furibonda.
Al suo fianco, Claire era rannicchiata per quanto poteva sul sedile anteriore, lanciandole occhiate intimidite.
Avevano raggiunto un concessionario che si trovava poco più avanti, salvo scoprire che l’unica cosa che avrebbero potuto permettersi con i soldi elargiti da Louvre era l’affitto di una Smart.
Usata.
“Giuro che lo taglio a fette, quella testa di cazzo!”, continuò a sbraitare Teresa, armeggiando per aprire il tettuccio. “Quelli dell’Organizzazione non fanno altro che piangere miseria, ma sarei proprio curiosa di sapere che fine fanno tutti i soldi che ricevono dai vari governi del cazzo alla fine di ogni missione. A sentir loro, non hanno neanche due spiccioli per comprarci le divise nuove. Poi però li vedi girare in montgomery”.
Il tettuccio si aprì con ronzio sordo, permettendo finalmente alle spade di sistemarsi dignitosamente prima di squarciarlo con le impugnature.
Sempre più indispettita, Teresa avviò il motore, che si accese con un gemito.
Nello stesso istante, dalla radio partì automaticamente la voce lamentosa di un cantautore italiano.
 
“Peggio di così, non poteva andare”, borbottò la guerriera, trafficando febbrilmente con le tasche della tuta fino a estrarvi la sua preziosissima pennetta USB per porre fine alle sofferenze d’amore del sedicente musicista.
Subito, la sua voce venne sovrastata dalle chitarre ruggenti dei Rammstein.
“Oooooh, finalmente!”, esclamò Teresa soddisfatta, decidendosi finalmente a partire.
Per fortuna, a quell’ora non sembrava esserci molta gente in giro; tuttavia, man mano che si avvicinavano al centro, la pazienza della guerriera sembrava essere messa sempre più a dura prova.
“MA NON CE L’AVETE UNA CASA?”, ululò, sbracciandosi fuori da finestrino fin quasi alle anche dopo che l’ennesimo motorino le aveva sorpassate a tradimento da destra, tagliando loro la strada. “Questa storia che non possiamo investire gli umani deve finire!”, ringhiò, dopo che un ragazzino di quindici anni la mandò letteralmente a quel paese dopo aver inchiodato a pochi centimetri dal suo paraurti.
 
Alla fine di quell’interminabile odissea fatta di brusche frenate e insulti in lingua teutonica, finalmente le due Claymore parcheggiarono di fronte al palazzo sulla Tangenziale.
A rivederlo dopo tanto tempo, l’enorme casermone sembrava più brutto e squallido che mai.
“Voglio l’Austria”, brontolò Teresa chiudendo la portiera con un tonfo (al quale la macchina ondeggiò in modo allarmante) e avviandosi all’ingresso.
Anche l’odore di chiuso e di piscio di gatto sulle scale sembrò più intenso del solito nel momento in cui vi misero piede.
Salirono a passo funebre, fermandosi di fronte alla porta di quella che doveva essere la loro suite di lusso.
E pensare che adesso il Tirolo è tutto un mercatino di Natale!, pensò Teresa tristemente, mentre infilava la chiave nella toppa e apriva la porta.
Subito, il suo campo visivo venne riempito dalla figura di Miria, che stava in piedi con la spada sguainata.
Gli occhi d’argento di entrambe si riempirono di stupore.
“Che cosa ci fai, qui?”, esclamarono all’unisono.




Rieccomi qua! :)
Finalmente, dopo due settimane di assenza, sono riuscita a liberarmi dagli esami e ora sono tutta vostra! XD
Come state?

Visto che si è fatto così attendere, questo capitolo è venuto leggermente più lungo del solito e ne ho approfittato per dedicarlo alla nostra Teresa, che qui * perdonatela! * non ha saputo proprio trattenersi!
Spero che la scena della Smart, a esplicita richiesta della mia sorellona Angelika_Morgenstern, sia piaciuta. Vi consiglio vivamente di non sottovalutare la nuova Clay-mobile: nel suo piccolo motore si nascondono delle potenzialità che nemmeno immaginate e scommetto che tra un po' l'amerete quanto la Mini ;)

E adesso passiamo a ringraziare voialtri filibustieri XD
Per le recensioni, mio marito Xephil, la mia sorellona Angelika_Morgenstern, il simpaticissimo AlanKall e le mitiche SognatriceAocchiAperti, bienchen e 92Rosaspina.
Grazie anche a tutti i miei lettori silenziosi, sempre più discreti ma anche sempre più numerosi XD
Colgo infine l'occasione per fare gli auguri di buon compleanno alla strepitosa Annalisa, che mi segue sin dai più timidi esordi. Ti abbraccio forte, Artista! 

Ci vediamo venerdì prossimo, con un nuovo rocambolesco capitolo.
Vi avverto: non sarà per stomaci delicati, ma non perché ci saranno sbudellamenti in primo piano, ma per il semplice fatto che vedremo Helen mangiare XD
Per qualsiasi cosa, vi consiglio sempre di tenere d'occhio la mia pagina Facebook: https://www.facebook.com/LeStorieDiFedra

Detto questo, non mi resta che augurarvi un buon fine settimana :)
Se per caso in questo momento vi trovate su un treno diretto a Venezia, guardatevi intorno: potrei essere al vostro fianco e neanche lo sapete, ma non scomodatevi a chiedere: Fedra è molto timida e non vi direbbe mai chi è in realtà ;)

Un abbraccio forte, belve :)

Vostra,
Fedra

 
 

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Capitolo 36
*** Riunione di condominio ***


Trentasei.
Riunione di condominio
 

*

 

 

 

 

“Insomma, che cosa ci fai in casa mia?”.
Teresa era stata la prima a riscuotersi dalla sorpresa iniziale, dopo che lei e Miria si erano squadrate come due leonesse sul punto di attaccare.
“Casa tua?”, domandò la guerriera, sollevando appena un sopracciglio biondo scuro. “Non direi”.
“Mi spiace, ma non è carino occupare un immobile quando le proprietarie sono momentaneamente in viaggio di lavoro”, tornò alla carica Teresa, decisa a far valere i propri diritti a qualsiasi costo.
“Non sapevo che adesso si usi questo termine per definire una diserzione”, commentò Miria, sarcastica. “In ogni caso, è qui che ci ha spedite l’Organizzazione. Quindi, credo che qualsiasi discussione sia una perdita di tempo”, aggiunse subito dopo in tono secco, facendosi da parte come per invitare le due a entrare.
 
“Tsk, ci mancava solo di fare l’ospite in casa mia”, masticò Teresa mentre faceva nuovamente ingresso nell’appartamento.
Subito, entrambe le Claymore capirono che quella casa non era mai stata così frequentata prima di allora.
La televisione era sintonizzata su un canale di animazione giapponese e in quel momento due giganteschi robot si stavano facendo letteralmente a pezzi all’interno del minuscolo schermo cubico.
Una guerriera dai corti capelli color biondo scuro stava seduta sul pavimento, le lunghe gambe incrociate, accarezzando distrattamente il pelo color crema di Maleficat, che manifestava la sua approvazione inarcando la schiena e facendo le fusa.
 
“Micia!”, esclamò Teresa, facendo per avvicinarsi a lei.
Non appena notò la mano della padrona che si avvicinava alla sua testa per darle un buffetto, Maleficat scoprì i denti, assumendo un’espressione feroce, e l’allontanò con violenza a suon di artigli, schizzando poi a nascondersi sotto la credenza.
“Che razza di mignotta!”, esclamò la guerriera indispettita, facendo per inseguirla, rischiando di andare a sbattere contro Miria che era rientrata in quel momento.
“Io non me la prenderei troppo, visto che l’avete lasciata senza cibo per settimane”, osservò la guerriera, ignorando la gatta che le era appena passata a razzo fra le gambe.
“Aveva la finestra aperta: poteva benissimo andare a caccia”, protestò Teresa, anche se non le fu possibile nascondere la vampa di rossore imbarazzato che per un attimo le scaldò le guance.
 
“In ogni caso,”, proseguì Miria con calma “sono felice di poter fare la vostra conoscenza. Ho sentito parlare a lungo di voi, nonostante siate gli ultimi numeri dell’Organizzazione”.
“Grazie tante, ci fa onore essere considerate delle mezze seghe”, commentò Teresa, incrociando le braccia.
“Non fraintendetemi. Ho saputo che cosa avete fatto e del modo in cui siete riuscite a sopravvivere a Priscilla. Per questo la nostra squadra necessita la vostra presenza per combatterla. Ciò non toglie che la vostra diserzione è stato un atto a dir poco vergognoso nei nostri confronti”.
“Per prima cosa, la nostra non è stata una diserzione. Avevamo ricevuto l’ordine di combattere un Risvegliato, ma la cosa si è protratta più del previsto. Fine”.
“Avete lasciato sole le vostre compagne nel momento del bisogno. Non vi sembrava più importante unirvi al resto della squadra per gestire la situazione qui in città? Mentre eravate chissà dove, altre vite umane sono andate perse! Se non fosse stato per il mio tempestivo intervento, a quest’ora il numero delle vittime sarebbe ancora più alto”.
 
Gli occhi di Miria brillavano di una luce omicida mentre proferiva quelle parole cariche d’astio.
“Fammi capire bene”, la interruppe Teresa improvvisamente. “Cosa significa il tuo intervento?”.
“C’è che da questo momento in poi il comando della squadra è passato a me”, tagliò corto Miria. “Forse, grazie al tuo passato da numero 1, le altre ti avrebbero seguita volentieri. Ma dopo il tuo abbandono, la loro fedeltà è decisamente calata. Anche se sono molto più giovane di te, il carisma di una guerriera a una cifra finisce per fare la differenza”.
“Non ho alcuna intenzione di prendere ordini da una ragazzina come te”, ringhiò Teresa, furibonda. “Questa missione è stata affidata a noi molto tempo fa. Come tali, abbiamo bisogno di portarla a termine”.
“Nessuno vuole mettere in discussione la vostra partecipazione. Ma se credi di poter guidare le operazioni, sappi che il ruolo di capo è qualcosa che va difeso. Ora che ti conosco dal vero, comincio a credere che tutte le malelingue alimentate su di te siano vere, ex numero 1”.
 
La guerriera non aveva neppure finito la frase, che subito un clangore metallico esplose nel mezzo del salotto.
Claire si era frapposta fra le due, un’espressione omicida dipinta negli occhi improvvisamente dorati, la lama della sua spada bloccata da quella di Miria.
“Non hai alcun diritto di rivolgerti in questo modo a Teresa del Sorriso!”, ringhiò furibonda.
“Forse, se fosse stata quella di un tempo, mi sarei espressa in tutt’altro modo”, rispose l’altra con calma.
Le bastò una minima pressione del braccio per far volare via la spada di Claire, lasciandola disarmata e vulnerabile al centro del pavimento.
“Ehi, stiamo calme!”, intervenne Teresa, afferrando l’amica per le spalle e costringendola a farsi da parte.
 
“Allora è lei, la guerriera per cui hai rinunciato al tuo numero?”, disse in quel momento una voce alle loro spalle.
La guerriera con i capelli corti si era appena alzata in piedi, avanzando verso le compagne.
“Sinceramente, come aspirante capo sei decisamente deludente”, commentò.
“Insomma, che cosa volete da noi? Se la nostra presenza vi dà tanto fastidio, possiamo benissimo andare a caccia di Risvegliati da sole. Tanto ho capito che sapete riorganizzarvi molto bene”, rispose Teresa, furibonda.
“Voi non andate da nessuna parte”, tagliò corto Miria. “Senza di voi, la missione non si può fare”.
“Allora vi consiglio di tenere a freno la lingua, perché non ho alcuna intenzione di stare a farmi umiliare da delle ragazzine come voi!”, rispose l’altra con odio.
 
In quel preciso istante, un rumore d’acqua irruppe dal bagno.
Subito dopo, una guerriera con un caschetto biondo e un sorriso ironico stirato sulla bocca stranamente grande fece la sua apparizione nella stanza.
“Oh, ma guarda un po’ chi c’è!”, esclamò in tono di sfida.
“Per favore, Helen!”, la rabbonì immediatamente Miria.
“E dai, stavo solo cercando di fare amicizia”, rispose l’altra.
“Acuta osservazione”, commentò Teresa. “Insomma, chi siete e che cosa volete da noi?”.
“Su questo non posso darti torto, visto che non ci siamo ancora presentate”, rispose la capo squadra. “Il mio nome è Miria. Sono la numero 6. Loro invece sono Deneve e Helen, rispettivamente i numeri 15 e 22. Siamo parte della squadra incaricata di eliminare i Risvegliati che stanno attaccando questa città”.
“Dunque ce ne sono altre?”, domandò Teresa.
“Sì, ma prima di presentarvi a loro vorrei prima fare quattro chiacchiere con voi due”, rispose l’altra.
 
“Io propongo di farle in cucina: è ora dello spuntino di mezzanotte!”, buttò lì Helen, fiondandosi nella stanza accanto.
“Hm, ci sto”, assentì Teresa, seguendola a grandi passi.
Non sapeva come, ma quella ragazza le stava simpatica.
La sua opinione cambiò all’istante nel momento in cui vide Helen estrarre dalla credenza un gigantesco pacco di patatine al formaggio e vuotarlo dentro un’enorme ciotola di plastica.
“Un momento, prima quelle non c’erano!”, esclamò l’ex numero 1.
“Infatti. Per questo sono andata a fare un po’ di spesa”, rispose Helen affondando una mano nella ciotola e afferrando una generosa manciata di patatine, che fece subito sparire nella sua enorme bocca in un modo che avrebbe fatto impallidire uno squalo balena.
Spesa?”, esclamò Teresa, indugiando con invidia sul vitino da vespa della compagna prima di precipitarsi a spalancare la credenza. “Ehi, che fine hanno fatto le mie merendine dietetiche?”.
“Ah, quelle che sapevano di polistirolo?”, rispose Helen senza smettere di masticare. “Temo di averle finite tutte la prima sera. Che diavolo, avete proprio dei gusti di merda! Oltre a quelle, c’erano solo insalate e un paio di mele. Di questo passo, se la cava meglio il gatto con il cibo in scatola!”.
 
“Grazie, Helen, ma credo che ora sia il momento di parlare di cose serie”, intervenne Miria, invitando le compagne a sedersi. “In queste ultime settimane, ho avuto modo di indagare mescolandomi agli esseri umani e ciò che ho visto mi ha fatto capire che la situazione è ben più grave di quello che pensiamo”.
“Fammi indovinare”, azzardò Teresa. “Se stai per dirmi che gli yoma sono pilotati da un Risvegliato, sappi che noi ci eravamo arrivate eoni fa”.
“Non si tratta di un unico Risvegliato. Ce ne sono almeno due”.
Alla rivelazione di Miria, a Teresa passò subito la voglia di scherzare.
Il silenzio che calò in quel momento era rotto solo dal rumore sordo di Helen, intenta a succhiarsi le dita sporche di briciole.
“Sono stata sui luoghi del delitto e sono riuscita a distinguere modus operandi e odori molto diversi tra loro”, continuò Miria. “Ma la cosa più inquietante è stato quando senza volerlo mi sono trovata nelle vicinanze del nostro obiettivo. Anche se ero a una certa distanza, ho percepito comunque la presenza di uno yoki molto oscuro e potente”.
 
“Stai dicendo che il nostro Risvegliato potrebbe essere un ex numero 1, giusto? Un Abissale?”, azzardò Teresa.
“Priscilla”, intervenne in quel momento Claire.
Tutti si voltarono verso di lei, Miria per prima.
“Vorrei tanto sbagliarmi, ma il suo odore, per quanto lieve, è inconfondibile”, disse in tono serio. “Per questo ci tenevo ad avervi come compagne, essendo le uniche sopravvissute al Risvegliato più pericoloso in assoluto”.
“No”, la contraddisse Claire, lo sguardo più freddo che mai. “Questo compito è stato assegnato a me e Teresa molto tempo prima che voi diventaste delle guerriere. Sta a noi portarlo a termine”.
“Non sta a te dire che cosa dobbiamo fare o meno, numero 47!”, intervenne Deneve, severa.
“La morte di Priscilla è la ragione per cui sono stata creata”, ringhiò l’altra minacciosa.
“E come faresti, sentiamo? Sono proprio curiosa di sapere come farà l’ultima delle guerriere a mostrarsi superiore persino a quelle a una cifra!”.
“Posso riuscirci, stanne certa!”.
“Tsk, sei solo una ragazzina arrogante”.
 
“Ehi, vedi di moderare i termini!”, abbaiò Teresa.
Miria la raggelò con uno sguardo di ghiaccio, tornando poi a voltarsi verso Claire.
“Comunque, anch’io avrei delle supposizioni. Permetti?”.
Prima ancora che l’ultima delle Claymore avesse potuto opporsi, Miria era già scattata in avanti per afferrarle il capo con entrambe le mani, annusandole i capelli e il collo.
Terrorizzata, Claire non mosse un muscolo, i denti appena scoperti in un ringhio sordo.
“Ehi, ma cosa stai…?”, intervenne Teresa, pronta a menar le mani a quell’insolente.
“Grazie”, disse in quel momento Miria, lasciando andare la compagna.
Claire si ritrasse istintivamente sullo schienale della sedia, fissando la guerriera con aria ostile.
 
“Fammi indovinare”, proseguì Miria, guardando l’altra dritta negli occhi. “Ti sei Risvegliata e poi tornata indietro, vero?”.
A quelle parole, sia Claire che Teresa si irrigidirono in evidente stato di allarme.
“State tranquille”, si affrettò a rassicurarle l’altra. “È capitato anche a noi”.
“Eeeeehhh?”.
Le due guerriere fissarono Miria come se si trattasse di una creatura aliena.
Dal suo canto, la caposquadra si limitò a fissarle con pacato disinteresse.
“Tempo fa, quando le nostre strade erano ancora lungi dall’unirsi, ciascuna di noi ha dovuto affrontare situazioni in cui l’aura demoniaca è completamente uscita dal nostro controllo. Eppure, per ragioni che non riusciamo tuttora a spiegare, siamo riuscite a tornare indietro. Proprio come la qui presente numero 47”.
Teresa batté più volte le palpebre, fissando le compagne stupefatta.
“Incredibile”, commentò. “Un’intera squadra formata quasi interamente da Risvegliati”.
 
“Tecnicamente, è quello che siamo”, spiegò Miria. “Una volta scatenato lo yoki, non si torna più indietro. Anche se i nostri corpi appaiono quelli di sempre, in realtà in noi è avvenuto un cambiamento irrevocabile. E ciò non piace all’Organizzazione”.
“Oh, ancora quella storia!”, esclamò Helen annoiata.
“Guarda che la cosa riguarda anche te”, osservò Deneve in tono serio.
“Lo so, lo so”, ribatté l’altra con uno sbadiglio. “Il fatto è che sarà la cinquantesima volta che sento questa pappardella”, aggiunse subito dopo, stiracchiandosi sullo schienale della sedia.
Il suo braccio destro si allungò in maniera spaventosa, come se fosse stato di gomma, raggiungendo lo sportello della credenza e ritirandosi dopo avervi estratto un barattolo colmo di nutella.
 
“E questo da dove sbuca?”, esclamò Teresa, mentre Helen svitava il tappo e vi affondava dentro le dita ancora intrise di formaggio.
“Sempre la mia ultima spesa”, rispose lei, leccandosi i polpastrelli con avidità.
“Ma sei matta? Con tutto l’olio di palma che ci mettono dentro!”.
“Con tutte le schifezze che mangiano gli yoma impiantati dentro di noi, cosa vuoi che sia un po’ di nutella?”.
In quel momento, Teresa avrebbe tanto voluto strozzarla con le sue stesse mani.
E non solo perché non riusciva a comprendere come mai quella specie di tritarifiuti dalla bocca larga aveva un fisico da urlo nonostante sembrasse ingurgitare solo schifezze.
Le altre sue compagne si limitarono a ignorarla.
A quanto pareva, erano abituate a quel tipo di spettacolo.
 
“Quello che stavo cercando di dirvi, prima di unirci alle altre,”, proseguì Miria “è che da tempo sospetto che l’Organizzazione ci voglia fuori dai piedi”.
“Oh, su questo non avevo dubbi”, rispose Teresa con un sorriso carico di sarcasmo. “Peccato che gli vada sempre male…”.
“Non stavolta! Insomma, guardatevi intorno. Questa missione è folle. Stiamo andando contro qualcosa di molto più potente di noi, che non riusciamo ad arginare in alcun modo. Sembra quasi che più yoma uccidiamo, più sembrano arrivarne altri. Ma la cosa più sconcertante sono le guerriere. Fateci caso, sono tutte dei ranghi inferiori. Le uniche a una cifra, sono quelle che in qualche modo hanno destato problemi. Non vi sembra anomalo, per affrontare una situazione così difficile?”.
“Il tuo ragionamento non è affatto insensato”, osservò Teresa. “Da tempo sospetto che l’Organizzazione ci voglia fuori dalle palle. Il fatto che ultimamente abbiano tentato di separarmi da Claire, affibbiandola a una compagna come Ofelia, ne è la conferma”.
 
Nel sentire quel nome, il volto di Miria mutò improvvisamente espressione.
Un bagliore di ghiaccio solcò il suo sguardo duro come la pietra.
“Hai detto Ofelia? La numero 4?”, domandò, la voce improvvisamente gelida.
“Ex numero 4. Claire è stata costretta a ucciderla appena dopo il suo Risveglio”, spiegò Teresa.
Subito, gli occhi delle tre guerriere si fissarono sulla numero 47, che si ritrasse ancora di più in evidente imbarazzo.
“Tu…hai ucciso Ofelia?”, domandò Miria.
“Sono stata costretta. Ha tentato di uccidere un essere umano. Mi sono semplicemente attenuta al mio dovere”, si limitò a rispondere l’altra, evitando di tradire qualsiasi emozione.
“Questo cambia molte cose”, osservò la capo squadra, scrutandola con il suo sguardo indecifrabile. “Da tempo Ofelia stava creando problemi ai vertici dell’Organizzazione. Misteriose sparizioni o Risvegli improvvisi erano la prassi, quando si trattava di andare in missione con lei. Era molto instabile e pericolosa”.
“Per questo hanno pensato bene di mandarla qui, nella speranza che venisse uccisa da una guerriera più esperta. O, in alternativa, che ne togliesse di mezzo qualcuna a sua volta”, osservò Teresa.
 
“Insomma, noi qui siamo tutte carne da macello”, sentenziò Helen, agitando in aria le dita sporche di nutella con fare teatrale.
“Molto divertente. Spero solo di non morire sentendo le tue chiacchiere”, rispose Deneve, pizzicandole un fianco a tradimento.
“Perché? Dici sempre che le adori!”, replicò l’altra, facendole la linguaccia.
“Andiamo, ragazze, non siamo così nichiliste!”, intervenne Teresa, levandosi in piedi. “Dimenticate di avere davanti una vecchia Claymore a cui hanno riattaccato la testa. E che, da quel giorno, hanno tentato di far fuori talmente tante volte da aver perso il conto. Eppure, sono ancora qua. Chi ci dice che non ce la faremo anche stavolta?”.
“Per questo ci tenevo ad averti con noi, anche se mi sarà difficile perdonarti di averci abbandonate nel momento del bisogno”, rispose Miria, alzandosi a sua volta.
 
In tutta risposta, Teresa le rivolse un sorriso complice.
“Avete ragione e per questo cercherò di fare in modo da non permettervi di dubitare ancora della mia lealtà. Vi chiedo solo di correre il rischio di fidarvi dell’ex numero 1 più paracula della storia”, disse con un sorriso sornione.
“Sai che c’è? Se non fosse per le merendine al polistirolo, mi dai l’idea di essere una ragazza simpatica!”, commentò Helen, facendole l’occhiolino.
Teresa ridacchiò, tornando a rivolgersi verso Miria.
“Coraggio, finiamo questa storia il prima possibile”, sentenziò. “Anche perché io ho l’Austria che mi aspetta”.
 
*
 
Due ombre scure si stagliavano sulla strada deserta, al disotto dei piloni mostruosi della tangenziale.
La prima era un vecchio, il cui capo grinzoso era nascosto da un cappuccio nero simile a un turbante.
La seconda era una donna di eterea bellezza, che avrebbe potuto essere tranquillamente scambiata per un angelo se non fosse stato per gli occhi d’argento puntati su una finestra illuminata al quinto piano.
“Le guerriere si sono incontrate, finalmente”, riferì senza nemmeno battere le ciglia. “Avverto un certo turbamento nei loro yoki”.
 
“Tutto prosegue secondo i piani”, commentò l’uomo in nero, soddisfatto. “Ho del lavoro per te, Galatea”.
La guerriera si voltò verso di lui, sovrastandolo con la sua altezza vertiginosa.
Il suo volto diafano accarezzato dai lunghissimi capelli biondi sembrava scolpito direttamente nel marmo.
Il vecchio sorrise, indicandole la finestra illuminata.
“Non perderle di vista un solo istante”, ordinò seccamente. “Se noti qualcosa di strano, non esitare a ucciderle”.




Buonasera, gente! :) Come state?
Io stanchissima come sempre e anche parecchio su di giri, visto che per me questo è un periodo di grandi cambiamenti, dalla macchina al cavallo, visto che domani mi trasferirò in un nuovo maneggio * ebbene sì, la vostra Fedra è anche un'amazzone, nonché aspirante istruttrice, quindi se mai vi venisse voglia di provare l'equitazione ci sono alte probabilità di ritrovarmi al centro del campo che sbraito contro di voi * XD

All'inizio, avevo intenzione di fare il capitolo un po' più lungo, ma visto che la scena prevista alla fine avrebbe inevitabilmente allungato il brodo, ho deciso di inserirla nell'aggiornamento della prossima settimana.
Che vogliamo farci, queste guerriere mi stanno facendo letteralmente impazzire. Specie adesso che organizzano riunioni di condominio alla Fantozzi.
In compenso, ho deciso di far entrare in scena la nostra Galatea. Per chi ancora non la conoscesse, è una guerriera che sa essere molto pericolosa, ma allo stesso tempo dotata di un grande cuore. A ogni modo, avremo modo di conoscerla meglio nella seconda parte della storia.
Per il resto, spero che questa volta non ci siano stati problemi di coerenza con scene e personaggi...mi preme a dirlo perché la trama è parecchio contorta e non vorrei aver tralasciato qualche dettaglio che poi potrebbe far crollare tutto da un momento all'altro!
E...credete che debba mettere il rating rosso per il pasto di Helen? Vi giuro, ha fatto venire la nausea persino a me! XD

Fatte queste premesse, passiamo subito a ringraziare i miei fedelissimi recensori: mio marito Xephil, la mia sorellona Angelika_Morgenstern, le mitiche SognatriceAocchiAperti e bienchen e il simpaticissimo AlanKall. Colgo inoltre l'occasione per fare il benvenuto in questa combriccola di matti a DeathNote666: spero che ti troverai bene con noi!
Un abbraccio anche a tutti i numerosissimi lettori silenziosi. Se mai avrete voglia di farvi vivi, la cosa mi farà immensamente piacere :)

Noi ci ritroveremo venerdì prossimo per un nuovo, esplosivo capitolo. Questa volta, il protagonista tornerà a essere LUI, il nostro simpatico e devastante mollusco di nome Raki. Preparate i bastoni, perché avrà modo di farci arrabbiare non poco!
Per qualsiasi informazione, mi trovate come sempre su Facebook: https://www.facebook.com/LeStorieDiFedra

Fate un buon fine settimana! :)
Un abbraccio,

Vostra
Fedra
 
 
 
 
 


 

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Capitolo 37
*** Il punto debole ***


Trentasette.
Il punto debole
 
 
*

 

 

 

 

La Città Universitaria appariva in tutto il suo freddo splendore, come se la scia di sangue che stava sconvolgendo la città non avesse minimamente toccato i suoi muri bianchi.
A Claire ricordavano tante enormi lapidi cubiche che si elevavano contro l’immensità del cielo azzurro e perfetto.
Era di nuovo tornata lì, dopo un tempo che le era sembrato interminabile.
Nel momento in cui risalì la scalinata di fronte alla Facoltà di Lettere e Filosofia, nulla le sembrava cambiato dal giorno in cui vi aveva messo piede per l’ultima volta.
Solo quando incrociò i volti della massa umana che si accalcava per i suoi corridoi marmorei si rese conto che in realtà la vita era continuata durante la sua assenza.
 
L’edificio sembrava molto più affollato del solito e ovunque regnava un’aria di irresistibile frenesia.
Molti studenti apparivano vestiti di tutto punto, di colpo tramutati in persone adulte.
L’abbigliamento di tutti i giorni aveva lasciato il posto ad abiti scuri e formali, i capelli scompigliati avevano tutta l’aria di essere freschi di parrucchiere.
Anche gli sguardi non sembravano più stanchi e spauriti, ma fieri e consapevoli.
Uno stuolo di parenti, capeggiato da un enorme nonno che si faceva largo tra la folla minacciando di investirla con il suo imponente deambulatore blu, sembrava aver letteralmente invaso la Facoltà, recando con sé tonnellate di cartoni e involti pieni di pizza e altre cose da mangiare.
Più di uno non si preoccupava di nascondere alla vista le bottiglie di spumante.
Evidentemente, quel giorno ci sarebbero state delle lauree.
 
Claire si fece largo a fatica tra la folla, raggiungendo finalmente il suo piccolo Dipartimento.
Era difficile riconoscerlo, con tutta quella gente stipata in attesa dell’appello.
Due delle tre aule erano state sgombrate per permettere la discussione delle tesi e lungo le finestre erano già stati predisposti i buffet per i festeggiamenti successivi.
Una ragazza dai capelli scuri e la frangetta spettinata continuava a camminare su e giù in evidente stato di disagio nel suo corto tubino nero e i tacchi alti, stringendo al petto la sua tesi rilegata di fresco.
Al suo fianco, una coppia di fidanzati che sembravano appena usciti da una rivista di gossip si baciava appassionatamente, pregustando di raggiungere insieme quell’ambito obiettivo.
Al lato estremo del corridoio, una ragazza bionda salutava e abbracciava appassionatamente i parenti accorsi per festeggiare la prima laureata della famiglia.
 
Claire li oltrepassò a fatica, le sopracciglia aggrottate.
Per lei, era difficile concepire tutta quella euforia per conquistare quello che in realtà era solo un pezzo di carta.
A che serviva farsi chiamare Dottore, se avevi dozzine di demoni da sterminare a colpi di spada?
Cercando di ignorare la calca, la guerriera si fermò davanti all’Aula 2, scorrendo gli orari appesi alla porta.
Entro pochi minuti, avrebbe dovuto svolgersi la lezione di Arte Contemporanea.
Sbirciò dentro nervosamente, lo stomaco immediatamente stretto in una morsa d’acciaio.
Di lui nessuna traccia.
 
Ritirò la testa di scatto, sbuffando delusa mentre una lieve sfumatura di rossore si arrampicava lungo le sue guance.
Mi sto comportando da idiota, pensò furibonda.
Eppure, nel momento in cui era tornata in quella casa sulla Tangenziale, non era riuscita a resistere.
Lei doveva vederlo.
Ne aveva bisogno più di ogni altra cosa.
Il suo cuore sobbalzò nel momento in cui notò una ragazza dai capelli tagliati a caschetto, neri e lucidi come le piume di un corvo.
Giulia.
Se era venuta a lezione, voleva dire che da qualche parte doveva esserci anche Raki, ne era sicura.
 
“Ehi!”, salutò.
Per un attimo, la ragazza ricambiò il suo sguardo protetto dalle lenti a contatto scure, prima di oltrepassarla ed entrare nell’aula come se niente fosse.
Che razza di stronza!, pensò Claire, ripensando all’umiliazione di quella sera in discoteca.
Si mise a passeggiare su e giù davanti all’aula, per quanto la calca glielo permettesse, lottando contro il dubbio amletico sul seguirla o meno.
A pochi metri da lei, un gruppo di persone si era avvicinato alla laureanda con la frangetta, che li stava salutando uno a uno.
L’unico maschio del gruppo le presentò una ragazza molto carina che portava sottobraccio.
Lei le sorrise imbarazzata, stringendole la mano in evidente contrasto con la sfumatura lapidea assunta improvvisamente dal suo volto.
Un attimo dopo, la ragazza schizzò fuori dal corridoio, le mani incrociate sullo stomaco.
Non sapeva come, ma nel vederla Claire fu assalita da un pensiero sinistro quanto squallido.
 
Subito dopo, un rumore di passi attirò la sua attenzione.
Il cuore della guerriera sobbalzò per la seconda volta nel momento in cui incontrò gli occhi color del miele di Federica, che in quel momento arrivava di corsa con lo zaino che le sobbalzava sulle spalle esili.
Non fece in tempo a salutarla, che la ragazza era già sparita all’interno dell’aula, sedendosi vicino a Giulia.
Claire soffocò un’imprecazione, riprendendo a camminare su e giù.
Nel mentre, la studentessa dai capelli scuri era ritornata nel corridoio, mentre il ragazzo aveva preso a pomiciare appassionatamente con la sua compagna senza degnarla minimamente di uno sguardo.
Ogni minuto che passava, la guerriera sentiva il crescente bisogno di spaccare tutto e andarsene via da quel posto deprimente.
 
Le sue intenzioni cambiarono improvvisamente nel momento in cui nel suo campo visivo comparve il profilo esile di Silvia, che attraversava il corridoio a passo di marcia, i lunghi capelli scuri stretti in una coda di cavallo.
Questa volta, Claire agì senza nemmeno pensare.
“Ciao!”, esordì, bloccandole il passo.
La ragazza si fermò davanti a lei, scrutandola con i piccoli occhi castani incorniciati da un abbondante strato di matita nera.
“Oh, ciao”, disse dopo qualche istante necessario a capire chi avesse di fronte.
“Ehm, ti ricordi di me?”, avanzò Claire, profondamente imbarazzata.
“In effetti, hai un’aria familiare. Per caso frequentiamo qualche corso insieme?”.
È incredibile come gli umani dimentichino in fretta, osservò l’altra mordendosi il labbro inferiore.
“Ero alla festa di Halloween con Raki”, rispose di getto.
Nel sentire il nome del ragazzo, l’espressione sul volto di Silvia mutò all’istante.
“Oh, è vero! Scusami”, esclamò sorridendo. “Stai aspettando per la lezione?”.
“Sì”.
“Allora conviene accomodarci, prima che finiscano i posti”.
 
Sorpresa per quell’esplicito invito a unirsi all’inaccessibile gruppo di Raki, Claire la seguì all’interno dell’aula.
Nel vederla arrivare insieme a Silvia, Giulia e Federica le rivolsero un’occhiata a metà strada tra il sorpreso e l’irritato.
Dal suo canto, la guerriera non si preoccupò di rispondere con un’occhiata di sfida.
Evidentemente, quelle arpie non erano poi così smemorate come sembravano.
“Ciao”, la salutarono entrambe, schioccandole un rapido bacio sulle guance diafane.
Se solo potessi, vi staccherei la testa con una mano sola, pensò Claire avvertendo il leggero contatto delle loro labbra umide sulla sua pelle.
“Posso sedermi vicino a voi?”, domandò subito dopo, neanche stesse chiedendo loro chissà quale piacere.
Giulia e Federica si scambiarono una rapida occhiata, prima che la seconda si decidesse a rispondere come se la cosa le costasse un’immane fatica:
“Va bene. Tanto non credo che Raki venga, oggi”.
 
Ci fu un attimo di sospeso imbarazzo, nel quale Claire fu sicura che quelle tre stessero aspettando che lei girasse i tacchi e se ne andasse nel momento in cui avrebbe capito che il motivo per cui era venuta fin lì non si sarebbe presentato.
Come se lei potesse piegarsi a una simile umiliazione.
In tutta risposta, la guerriera abbozzò un sorriso e si sedette, gustandosi l’espressione interdetta sui volti di quelle tre un attimo dopo.
Appoggiò lo zaino a terra, raccattando il solito taccuino completamente intonso e fingendo di prepararsi ad assistere alla lezione.
In realtà, non perdeva di vista i movimenti delle ragazze con la coda dell’occhio.
 
“Come mai Raki oggi non viene?”, si decise a domandare dopo alcuni minuti.
Federica smise all’istante di parlare con le altre per voltarsi verso di lei, un’espressione avida dipinta negli occhi.
“Oh, a dire il vero sono diversi giorni che non si presenta a lezione”, disse in tono grave. “Non so se hai saputo, ma ha perso entrambi i genitori qualche settimana fa”.
“Sì, me l’ha detto”, rispose Claire in tono di sfida.
“Ah, bene”, fece Federica, visibilmente irritata per non avere l’esclusiva su quella terribile notizia. “E sai anche che ha rischiato di finire dentro?”.
A quelle parole, la guerriera sgranò gli occhi.
“Che cosa?”, esclamò.
“Già. Pensavano che fosse lui, l’assassino che sta terrorizzando Roma. Tutte cazzate, ovvio. La polizia l’ha rilasciato subito”, si affrettò a precisare Federica.
 
“Secondo me, il maniaco che stanno cercando è il solito extracomunitario”, fece eco Giulia, con il tono di chi la sa lunga. “Vedrete che lo prenderanno e poi lo lasceranno andare subito con qualche scusa. Chissà, magari dopo qualche tempo potremmo scoprire che è diventato ricco sfondato a forza di scrivere libri e a partecipare a talkshow in sua discolpa mentre noi che ci facciamo un culo così se ci va bene camperemo con due soldi al mese…”.
Spero che lo yoma vi trovi, vi sbrani e si strozzi, pensò Claire disgustata, ribadendo ciò che aveva detto di quelle tre scimunite la sera in cui le aveva conosciute.
“Chissà, magari invece è proprio Raki. Ce lo vedo, a fare il serial killer”, commentò Silvia ridacchiando.
“Ma no, che dici! Raki è così…puccioso!”, rispose Federica, ammiccando.
Le altre risero, mentre Giulia aggiunse:
“Ma sono proprio quelli insospettabili come lui a essere i più pericolosi!”.
 
“Ah, ah, ah! Cucciolo!”, esclamò Federica. “Però, ragazze, è un secolo che non lo sentiamo. Perché un giorno di questi non lo invitiamo a prendere un aperitivo con noi?”, aggiunse subito dopo, dando deliberatamente le spalle a Claire, che in quel momento era sul punto di vomitare.
“Sì, sì! Mandiamogli subito una foto su Watsapp!”, esclamò Giulia, brandendo il cellulare. “Ehi, tu! Non è che potresti…?”.
“Sì, sì, sì. Dammi qua”, ringhiò la guerriera, afferrando il telefono e impostando l’inquadratura.
Ridete, ridete. Tanto sono io l’unica ad averlo baciato ed essere ancora viva, brutte troie!, pensò in tono di trionfo, mentre immortalava le loro espressioni sciocche con una generosa pressione del pollice sullo schermo.
“Grazie!”, trillò Giulia mentre si rimpossessava gelosamente del cellulare e si apprestava a spedire a Raki un messaggio denso di faccine e cuoricini.
Claire si voltò prontamente dall’altra parte, lottando contro la voglia irresistibile di voltarsi e prenderle a schiaffi.
 
In quel preciso istante, la docente entrò nell’aula.
Le luci si spensero e la lezione iniziò.
Per tutto il tempo, Claire non prestò attenzione a una sola parola di quanto detto, limitandosi a scarabocchiare distrattamente sul suo blocchetto.
Nemmeno le sue tre compagne di corso sembravano interessate alla lezione.
Per tutto il tempo, non fecero altro che scriversi messaggi sui bordi della pagina del quaderno di Silvia, che si passavano a turno.
Solo quando ci fu la pausa, gli occhi di Claire vi caddero distrattamente sopra.
Il suo stomaco si strinse nell’ennesima morsa nel momento in cui vi riconobbe una grafia minuta e tondeggiante, che poteva appartenere a una sola persona.
Al suo fianco, due cuoricini con la scritta Sei speciale.
E Raki, a sua volta, aveva risposto con altri due cuori, piccoli e tondi.
 
“Che fai, te ne vai già?”, domandò Silvia, alzando lo sguardo su di lei.
“Tra poco devo andare al lavoro”, rispose Claire levandosi in piedi e raccattando la sua roba. “Ci vediamo in giro, ragazze”.
Le tre stettero a fissare la Claymore con aria interdetta, mentre lei usciva dall’aula e si avviava all’esterno con la testa bassa e le mani affossate nelle tasche.
Nel corridoio, la festa continuava.
La ragazza con la frangetta era attorniata dai parenti festanti, una corona di alloro sui capelli scuri.
Sembrava l’unica a non essere felice di essere appena diventata Dottoressa.
Claire incrociò per caso il suo sguardo.
Lei le rivolse un timido sorriso, mentre la guerriera si limitò a passare oltre.
 
Superò quell’aria di festa, uscendo all’esterno.
Un vento pungente le pizzicò le guance e le scompigliò i capelli mentre scendeva le scale e si avviava lungo la strada costeggiata da edifici bianchi e squadrati.
In quel momento, l’unica cosa che voleva era fare a pezzi più yoma possibile.
Era stata via solo poche settimane, ma era evidente che molte cose fossero cambiate.
E che quella fosse l’ennesima dimostrazione di quanto fossero fragili gli esseri umani.
Ora più che mai, Claire avrebbe voluto tornare ad essere come loro.
Fragile.
Ignara.
Felice.
La guerriera si incamminò verso l’uscita della Città Universitaria, lo sguardo gonfio d’odio e di tristezza.
In fin dei conti, aveva perso fin troppo tempo con quelle squallide creature.
Era giunto il momento di tornare al lavoro.




Buonasera, belve! :) Come state?
Spero che non siate già andati tutti a dormire, perché purtroppo (ringraziando come sempre Trenitalia e la totale mancanza di Wi-fi nel mio Dipartimento) sono riuscita ad aggiornare solo ora...
Per questo, chiedo venia se dopo 12 ore fuori casa da stamattina alle 6 sono meno loquace del solito XD

A proposito di università, che ne pensate di questo colpo di testa da parte di Claire? 
Vi avverto: nei prossimi capitoli, la nostra numero 47 si abbasserà non poco al livello degli umani, sicura che essi siano disposti a fare lo stesso per lei...e il prezzo da pagare sarà altissimo!
Mai fidarsi del prossimo, questo è risaputo...specie se attualmente se la sta spassando con un Risvegliato * vero, Raki? *
A proposito del nostro crostaceo, avrei voluto inserire le sue prodezze già da questo capitolo, ma come vedete la Sapienza è riuscita a risultare troppo irruente anche qui. Rimedierò venerdì prossimo, non vi preoccupate, anche se per i dettagli dell'aggiornamento vi dovrò tenere informati perché prevedo un weekend moooolto movimentato.
Facendo un piccolo sondaggio: quanti di voi preferirebbero leggere il nuovo capitolo giovedì?
Ditemi voi come vi è pi comodo.
Nel frattempo, vi consiglio comunque di tenere d'occhio la mia pagina Facebbok per qualsiasi comunicazione: https://www.facebook.com/LeStorieDiFedra 

E ora, via con i ringraziamenti! :)
Per le recensioni, il mio grazie più grande va alla mia sorellona Angelika_Morgenstern e ai mitici AlanKall, DeadNote666, bienchen e SognatriceAocchiAperti.
Un grazie particolare va anche a mio marito Xephil, che si affretta a farmi la sua dettagliatissima recensione per via telefonica prima ancora che per via telematica.
Un grazie infine ai miei tanti lettori silenziosi, che spero sempre si facciano vivi di tanto in tanto ;)

Ci vediamo dunque la prossima settimana, prima o dopo venerdì :)
Io ora filo sotto le coperte...non avete idea di quanto abbia bisogno di dormire in questo momento, dopo una settimana infernale!
Prometto che nei prossimi giorni sarò più carica XD

A presto, gente meravigliosa! :)
Vi voglio bene.

Vostra,
Fedra




 





 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 38
*** Angeli e demoni ***



 
Trentotto.
Angeli e demoni
 
 
*
 
 
 
 
Era ormai buio quando Claire risalì a passi felpati le scale che conducevano al suo appartamento.
Aveva vagato per tutto il pomeriggio nel centro di Roma addobbato per le Feste imminenti, mescolandosi tra i passanti mentre la tramontana le schiaffeggiava il viso e le scompigliava i capelli.
Aveva attraversato il Corso e si era persa per le antiche viuzze medievali, ignorando le file di piccoli negozi rilucenti di festoni e luminarie.
Per la prima volta, il puzzo delle strade era attenuto dal dolce profumo di caldarroste e dei dolci natalizi esposti nelle vetrine dei forni rionali.
Claire aveva attraversato la massa in festa simile a un fantasma, stringendosi alla meglio nel suo trench.
 
Era giunta fino a Ponte Sant’Angelo, le sculture di marmo che sembravano farsi largo al suo passaggio mentre attraversava il Tevere.
A pochi passi da lei, il cupolone di San Pietro la osservava con uno sguardo severo.
Il cielo al tramonto era striato di nubi rosse, simili a strisce di sangue incandescente.
Claire si era fermata ai piedi della fortezza, guardando in su.
In alto tra i bastioni, la scultura colossale di un angelo di bronzo rinfoderava la spada insanguinata, a ricordo della fine di una terribile pestilenza che secoli prima aveva sterminato la città.
Proprio come stava accadendo in quel momento a opera degli yoma.
Peccato che questa volta i romani non avrebbero ricevuto aiuto dalla clemenza di un messo celeste inviato da Dio.
Possibile che l’umanità fosse caduta talmente in basso da scontare la propria dannazione già sulla terra?
 
Claire era rimasta a lungo a osservare la statua, insieme alla sua corte di pietra.
I ricordi le erano tornati indietro, ai tempi di quando era ancora un’umana.
Le sarebbe bastato allungare il collo per scorgere la croce sulla sommità della chiesa in cui aveva ricevuto la prima comunione.
Si ricordava di quando il parroco aveva raccontato a lei e ai suoi compagni della caduta degli angeli ribelli.
Era stato il primo anno di catechismo, quando li aveva portati in visita alla Cappella Sistina.
Claire ricordava di quanto fosse rimasta terrorizzata alla vista del Giudizio Finale, con tutti quei demoni mostruosi che trascinavano i dannati in una spirale di fiamme, membra contorte e sofferenza.
Era difficile credere che un tempo quelle creature orrende fossero degli angeli.
A quel pensiero, tornato alla luce dopo così tanti anni, Claire si era lasciata sfuggire una risata sommessa.
Evidentemente, non era nel suo destino indossare un paio di ali candide.
 
L’interno dell’appartamento era visibilmente cambiato, da quando le loro compagne avevano deciso di stabilirvisi a tempo pieno.
Sin dal pianerottolo, si avvertiva una certa vitalità tra le sue quattro mura.
La televisione era perennemente accesa e sintonizzata su un canale che trasmetteva esclusivamente film di animazione giapponese.
Dalla cucina si avvertiva perennemente il buon odore di dolci appena sfornati, segno che Teresa aveva passato tutta la notte a cucinare.
Sulla terrazza in cima al tetto, poi, erano tornate a sventolare le loro divise bianche stese ad asciugare.
Claire esitò ancora per un attimo, prima di fare ingresso nell’abitazione.
Le sue compagne erano già tutte lì, a eccezione di Teresa.
Un silenzio di tomba accolse il suo arrivo.
 
“Oh, ben arrivata!”, la salutò Helen con un sorriso beffardo stirato sulla bocca larga.
“’sera”, salutò lei, abbozzando un sorriso.
“Siamo state in giro tutto il giorno, eh?”, incalzò la bionda.
“Ho fatto solo il mio dovere”, si schermì Claire sulla difensiva.
“Ma davvero? E quale sarebbe stato? Imbucarsi alle lezioni universitarie invece di pattugliare la zona di San Lorenzo, come ti era stato chiesto?”.
“Non so se te ne sei accorta, ma l’università è a San Lorenzo!”.
“Già, ma se fossi stata una guerriera seria ti sarebbe bastato annusare un po’ in giro per accorgerti che non c’era nessuno yoma nella zona, invece che perdere due ore a bighellonare nella speranza di incontrare quel ragazzo”.
 
“Ma come ti permetti?”, esclamò Claire, arrossendo visibilmente.
“Non credo che tu sia nelle condizioni per rispondere”, intervenne in quel momento Miria, appena emersa dalla cucina. “Mai mi sarei aspettata un simile comportamento da parte tua. Non solo ti sei presa gioco di tutte noi, ma hai anche messo ulteriormente a repentaglio la sicurezza di questa città per quell’umano”.
“Volevo solo assicurarmi che stesse bene”, si difese la numero 47, il viso in fiamme.
“Ciò che è stato di quell’umano, non è cosa che ti riguarda. Sono stata io stessa ad allontanarlo, per evitare che la sua presenza compromettesse la missione”, proseguì Miria, severa.
“Tu..cosa?”.
Claire non riusciva a credere che la sua caposquadra avesse potuto farle una cosa simile.
 
“Voglio ripeterlo una volta sola”, tagliò corto l’altra, nel mentre. “Fosse stato un semplice giocattolo, avrei chiuso un occhio. Ma forse non ti è chiara una cosa: noi non siamo più degli esseri umani. Per questo non ci è possibile creare alcun legame stabile con loro. La natura di quelle creature è troppo debole. Non solo ci rallenterebbero, ma la nostra presenza nelle loro vite non farebbe altro che arrecargli dolore. Noi siamo qui per proteggerli, non per peggiorare ulteriormente le loro vite. Mi sono spiegata?”.
Claire abbassò il capo, affondando i denti nel labbro inferiore.
In quel momento, avrebbe tanto voluto spaccare la faccia a quella stronza.
La tensione che si era creata venne improvvisamente interrotta da un rumore di chiavi girate nella toppa e il conseguente ticchettio di passi decisi sul pavimento.
Teresa era appena rientrata dal Tribunale, decisamente irriconoscibile nel suo stretto tailleur blu.
 
“Che razza di negrieri!”, esordì, liberandosi delle decolté con un calcio e irrompendo in salotto a passo di marcia. “Un altro po’ mi facevano fare anche la donna delle pulizie, accidenti a loro! Se solo sapessero con chi hanno a che fare…”.
L’ex numero 1 si fermò al centro della stanza, indugiando sugli sguardi torvi delle compagne.
“Che mi sono persa?”, azzardò, sfoderando un sorriso di sfida.
“La situazione è peggio di quello che pensassi”, rispose Miria. “Ieri sera, quando ci siamo spartite le zone da pattugliare, Claire ha esplicitamente chiesto di occuparsi della zona San Lorenzo. Mai avrei potuto immaginare che ciò fosse solo una scusa per vedere di nascosto quell’umano”.
Nell’udire quelle accuse, il volto di Teresa assunse un’espressione indecifrabile, gli occhi che guizzavano a intermittenza nella direzione di Claire.
 
“Uhm, e quindi?”, incalzò dopo qualche istante di imbarazzato silenzio.
“Mi dispiace, ma temo che in questi anni abbiate solo perso tempo con le vostre ragazzate”, fu il glaciale verdetto di Miria. “D’ora in avanti, la numero 47 eseguirà le pattuglie con me. Se ha bisogno di una balia, meglio che sia qualcuno di competente”.
“Veramente Claire sarebbe un tantino grande, per avere la baby sitter…”, la difese Teresa, venendo azzittita subito da un’occhiata omicida della sua caposquadra.
“Io comando questa missione e io prendo le decisioni”, tagliò corto quest’ultima. “Se hai qualcosa da obiettare, non ho nessun problema ad affrontarti in duello. Anche se non credo che ti convenga, viste le tue condizioni”.
L’ex numero 1 strinse il pugno, profondamente umiliata.
Nonostante i modi brutali, quella dannata ragazzina aveva ragione: che speranze aveva di battere la numero 6?
 
Distese il braccio lungo il fianco, abbassando lo sguardo sottomessa.
“Capito, va’”, borbottò irata.
Alle sue spalle, Helen sghignazzò.
Accanto a lei, Deneve continuava a osservare la scena con aria impassibile.
“Bene, credo che la questione sia ormai chiara una volta per tutte”, concluse Miria. “Incontreremo il resto della squadra tra un’ora. Vi consiglio di andarvi a preparare e indossare le armature. Prevedo una lunga notte”.
“Come desiderate, mon capitain!”, esclamò Helen, scattando sull’attenti.
Seduta sul tappeto, Deneve si stiracchiò come un gatto, imitata subito dopo da Maleficat, che fino a quel momento era rimasta acciambellata sulle sue ginocchia.
Teresa cercò ancora una volta lo sguardo di Claire, senza incontrarlo.
 
“Credo di avere bisogno di una rinfrescata”, annunciò la numero 47, dirigendosi verso il bagno.
L’altra la seguì nel corridoio, ponendole una mano sulla spalla.
“Ehi, tutto bene?”, domandò.
Con sua somma sorpresa, Claire si ritrasse, scrollandosela di dosso.
“Ehi, ma…!”.
“Lasciami sola”, tagliò corto l’altra, chiudendosi la porta alle spalle e appoggiandovisi con tutto il suo peso.
Restò lì per istanti interminabili, fino a quando non fu sicura che Teresa si fosse allontanata.
Una furia cieca aveva preso a strisciare dentro di lei, facendole covare l’impulso segreto di prendere a pugni chiunque le si parasse davanti.
 
Era arrabbiata con tutti, in particolar modo con coloro che avevano sempre giurato di proteggerla.
A partire da Teresa.
Claire era stufa di passare per l’anello debole dell’Organizzazione.
Di essere vista come quella venuta a metà, con solo il venticinque per cento di yoma nel suo corpo.
Quando aveva scelto di perdere la sua natura umana, lo aveva fatto perché questo le avrebbe restituito l’unica persona per la quale avrebbe continuato a vivere.
Non si era certo preoccupata delle conseguenze, né per lei né per Teresa.
All’inizio, poco le importava se sarebbe sempre rimasta una delle ultime.
Ma, ora che stava iniziando a crescere come guerriera, quel peso stava diventando insopportabile.
 
Claire era stufa di passare per quella che aveva sempre bisogno di una protezione o di un punto di riferimento.
Non tollerava più gli insulti che le colleghe più abili le lanciavano con tanta leggerezza.
Voleva saper dimostrare che, nonostante avesse meno carne e sangue di yoma rispetto a loro, poteva benissimo farsi valere come tutte le altre.
Del resto, non era stata proprio lei a primeggiare al test che l’aveva promossa da apprendista a guerriera?
Già, ma poi, passato l’entusiasmo iniziale, era più andata avanti?
 
Claire batté con rabbia un pugno sulla superfice lignea dell’armadietto sopra il lavandino.
No, lei si era fermata, crogiolandosi nel fatto di essere l’ultima.
Cosa pensava di ottenere, in questo modo?
Che evitando di esporsi avrebbe avuto meno possibilità di Risvegliarsi o essere uccisa?
Calde lacrime di rabbia presero a scorrerle sulle guance, che vennero subito lavate via dal viso con un brusco movimento della mano, più simile a uno schiaffo che a una carezza.
Stupida! Stupida! STUPIDA!
 
L’acqua prese a scorrere sul fondo della vasca, riempendola fino all’orlo.
Claire si liberò degli abiti umani e scivolò al suo interno, immergendosi fin sopra la testa.
Voleva sprofondare e sparire.
Era vero, più cercava di aiutare le persone, più esse soffrivano per causa sua.
Teresa poteva rassicurarla quanto voleva, ma la guerriera vedeva fin troppo bene l’umiliazione sul suo viso ogni volta che qualcuno le rinfacciava tutto ciò a cui aveva rinunciato per uno scarto come lei.
Era ridicolo e assurdo.
Per questo, ora più che mai doveva trovare e distruggere Priscilla.
 
Si portò istintivamente una mano al braccio di Irene, che pulsava lievemente sotto la pelle.
Gli ultimi istanti di vita di Ofelia continuavano a perseguitare i suoi ricordi, come se li stesse rivivendo all’infinito.
Non ti perdonerò, se fallisci.
Poi, la sua mente tornò a Raki.
Ai due piccoli cuori disegnati sul quaderno di Silvia, ultimo eco di una vita normale come quella di chiunque altro essere umano.
Ripensò al loro primo bacio, così rapido, così assurdo.
Se quelle tre si erano dimenticate di lei così rapidamente, significava che era accaduto anche a lui?
Un nuovo singhiozzo proruppe dalle labbra di Claire, che si distese letteralmente nell’acqua ormai bollente.
Spero solo che tu sia felice, pensò mentre nuove lacrime annebbiavano i suoi occhi d’argento.
 
*
 
Raki tornò dalla palestra stanco ma soddisfatto, nonostante si sentisse letteralmente le ossa rotte.
Nonostante l’aria angelica, in realtà Easley picchiava come un dannato.
E lui, dal canto suo, stava iniziando a fare i primi progressi.
Per la prima volta dopo mesi, Raki si sentiva finalmente utile e disposto a mettere in gioco se stesso.
Era una benedizione, l’aver incontrato quel gruppo così incredibile.
Senza volerlo, gli avevano letteralmente salvato la vita.
 
Il rumore di una TV accesa attirò la sua attenzione nel momento in cui rimise piede nell’appartamento.
Priscilla era in piedi davanti allo schermo, completamente nuda.
Senza volerlo, gli occhi di Raki caddero automaticamente sul profilo morbido e liscio della sua schiena.
Sembra una statua greca, non poté fare a meno di pensare mentre arrossiva fino alla punta dei capelli.
Nonostante avesse fatto rumore nell’aprire la porta, Priscilla sembrò non notarlo.
Reggeva il telecomando tra le mani e teneva gli occhi fissi sullo schermo.
In quel momento, la voce piatta di un giornalista stava spiegando quanto accaduto nella zona nascosta da una serie di nastri giallo fosforescente.
 
“Il killer di Roma ha colpito ancora, questa volta nei pressi della Stazione Tiburtina: una giovane di 25 anni, infatti, è stata trovata poco fa all’interno del suo appartamento. Anche in questo caso, la vittima era priva degli organi interni…”.
Il grido di Priscilla sovrastò ogni altro suono nel momento in cui la ragazza scagliò il telecomando contro il televisore, mandandolo in frantumi.
Raki sobbalzò sbalordito, fissandola con gli occhi colmi di spavento.
“Maledetto! MALEDETTO!”, continuava a urlare la ragazza, prendendo a distruggere il salotto.
Rovesciò il tavolo di cristallo al centro della stanza, polverizzò un vaso, poi prese a tirare giù i fumetti riposti sulle mensole, strappandone le pagine una a una.
Poi, improvvisamente, si bloccò come se si fosse ridestata da un lungo sonno, fissando instupidita la devastazione che aveva creato intorno a lei.
I suoi occhi scuri si riempirono di lacrime, mentre ella crollava in ginocchio e prendeva a lamentarsi senza freno.
 
La sua pelle nuda venne presto scalfita dai cocci che disseminavano il pavimento.
“Priscilla!”.
Spaventato e intimorito da quella inaspettata esplosione di violenza, Raki accorse al suo fianco, circondandole le spalle con le braccia e aiutandola a rialzarsi.
La ragazza si aggrappò ai suoi abiti, affondandogli la testa nel petto e continuando a piangere senza freno.
Il giovane la fece sedere sul divano, ponendosi al suo fianco e prendendo a cullarla.
Tra le sue braccia, il suo corpo appariva più piccolo e fragile che mai.
“Sta’ tranquilla, è tutto finito. Tutto finito…”, cercò di rassicurarla, invano.
In tutta risposta, Priscilla affondò ancora più a fondo il viso contro le sue clavicole, traendo profondi respiri.
Sembrò calmarsi solo dopo qualche minuto, come se il contatto con il corpo di Raki fosse riuscito a darle un qualche beneficio.
 
“Guarda cos’hai fatto”, commentò lui, notando le sue ginocchia insanguinate.
Con suo sommo sgomento, la tappezzeria immacolata del divano era stata completamente imbrattata.
Sono proprio un genio, pensò rassegnato.
Come se non bastasse, in quel momento un rumore di passi annunciò il ritorno di Easley.
Quella sera sembrava più stanco e pallido del solito.
In effetti, negli ultimi giorni il lavoro nella fumetteria sembrava impegnarlo oltre misura, dal momento che più di una volta si era intrattenuto al negozio fino a tarda notte a sistemare gadget e scatoloni.
Raki si era offerto più volte di aiutarlo, ma Easley si era limitato a congedarlo dicendogli che in quel momento faceva meglio a concentrarsi sullo studio.
Di certo, fargli trovare la casa devastata non era il modo migliore per rendersi utile.
 
Tuttavia, l’uomo non sembrò scomporsi, alla vista di tutto quel macello.
“Oh”, si limitò a commentare. “Di nuovo?”, aggiunse, rivolto a Priscilla.
La ragazza annuì timidamente, raggomitolandosi contro il fianco di Raki.
Le sue dita si serrarono sulla giacca di lui, all’altezza della pancia.
“Perché non uscite, stasera?”, azzardò Easley, con calma.
“Scherzi?”, esclamò il ragazzo, incredulo. “Hanno appena compiuto un altro omicidio!”.
Easley sorrise, mostrandogli i denti candidi.
“Appunto per questo io ne approfitterei per godermi la serata. Tanto per oggi il killer ha già dato, quindi non credo che colpirà una seconda volta”, spiegò.
“Uhm, in effetti non hai tutti i torti”, commentò Raki.
“C’è un cinema molto carino non molto lontano da qui”, proseguì Easley. “Penso che non ci sia medicina migliore allo stress di un bel film visto in compagnia, specie in un venerdì sera freddo come questo”.
 
Alla prospettiva di lasciare l’appartamento, Priscilla prese a tremare in maniera impercettibile.
“Cosa c’è?”, domandò Raki, preoccupato.
“Dobbiamo proprio uscire?”, fece lei.
La presa sulla giacca del ragazzo si fece così forte da fargli sfuggire un gemito.
“Coraggio, non puoi stare chiusa in casa tutto il giorno. Ti farà bene, vedrai”, la esortò Easley, anche se dietro la dolcezza della sua voce traspariva chiaramente un tono che non ammetteva repliche.
“Ha ragione, sai? Tanto ci sono io, qui con te. Non può succederti nulla di male”, aggiunse Raki, assestandole un buffetto sulla testa.
A quel contatto, Priscilla sgranò i grandi occhi scuri in quella maniera che faceva puntualmente sciogliere il ragazzo ogni volta che lo guardava in quel modo.
 
“Davvero mi porti tu?”, domandò.
“Sì, ma prima dobbiamo darci una sistemata. Coraggio, vieni con me”.
Easley gli rivolse uno sguardo d’intesa mentre Raki accompagnava Priscilla in bagno.
La fece sedere sulla tazza, mentre con pazienza cercava di vincere il ribrezzo e prendeva a disinfettarle le ferite.
Era decisamente sorpreso da se stesso.
In altri tempi, alla sola vista del sangue si sarebbe messo a piangere come un bambino.
“Bene, ora però tocca a me darmi una lavata”, commentò una volta finita l’operazione.
Priscilla si limitò a fissarlo piegando la testa di lato, gli occhi più grandi che mai.
Capendo che non si sarebbe mossa di lì in alcun modo, Raki borbottò:
“Non guardare, eh!”.
 
Si tolse i vestiti più rapido che poté e si infilò dentro la doccia, provando subito un senso di relax mentre l’acqua calda gli lavava via la fatica di un’intera giornata.
Si massaggiò i capelli, che ormai apparivano lunghi e selvaggi, e le membra più asciutte e tornite del solito, frutto di ore e ore di allenamento.
Soddisfatto, il ragazzo cercò a tentoni un asciugamano e se lo legò alla vita, uscendo poi fuori.
Come temeva, Priscilla non gli aveva staccato gli occhi di dosso neppure per un attimo.
“Lo sai che mi metti in imbarazzo, vero?”, esclamò, scompigliandole per gioco i corti capelli scuri.
La ragazza non smetteva di fissarlo.
“Chi ti ha fatto quelle?”, domandò dopo un po’, indicando i segni delle ferite inferte da Ofelia che ancora gli solcavano il torso e le braccia.
 
“Oh”, Raki divenne serio, abbassando lo sguardo. “Una persona molto crudele”, spiegò.
Priscilla levò timidamente un dito, prendendo a percorrere il profilo di una di esse, che gli attraversava il fianco, lo sguardo perso in chissà quali pensieri.
A quel contatto, Raki non poté fare a meno di rabbrividire per il piacere e l’imbarazzo.
“Io so chi te le ha fatte”, mormorò Priscilla, mentre dal fianco ritornava verso le costole. “È la stessa che ha ucciso la mia mamma, il mio fratellino, la mia sorellina…il mio papà”.
Il ragazzo provò l’impulso di abbracciarla, mosso da un forte senso di pietà verso quell’essere devastato dal dolore.
 
In quel momento, giurò a se stesso che non avrebbe mai permesso a nessuno di arrecarle così tanta sofferenza.
L’avrebbe protetta a qualunque costo.
In tutta risposta, Priscilla si strinse forte a lui, affondando il volto nel suo ventre e inspirando forte, le unghie conficcate nella sua schiena come se temesse che il ragazzo potesse scomparire tra le sue braccia da un momento all’altro.
“Portami al cinema”, disse dopo istanti che sembrarono durare un’eternità.




E con questo, siamo arrivati a 38 * la febbra! *
Come state? :) Siete pronti per Halloween?
Io sto già pregustando la megafesta organizzata dalla mia sorellona Angelika...per l'occasione, io e mio marito stiamo per esordire nei nostri costumi da vampiro: non vediamo l'ora di fare casino! XD

Proprio perché nelle prossime ore non mi fermerò un attimo, ho deciso di aggiornare stasera...
Quella che è appena cominciata sarà una lunga notte, sia per le Claymore che per i Risvegliati. Eh sì, ci sono grossi guai in arrivo, anche perché se l'avete notato Priscilla ha iniziato ad avere fame e, considerata la sua natura fortemente instabile, dubito che riuscirà a controllarsi ancora a lungo.
Senza contare la totale mancanza di coesione tra le guerriere e l'imminente scontro tra Claire e Raki...insomma, mi sta diventando sempre più difficile farvi ridere XD Anche tenendo conto che non siamo nel magico mondo della Walt Disney!

Detto questo, faccio i miei più entusiasti ringraziamenti alla mia sorellona Angelika_Morgenstern, bienchen, AlanKall e 666DeadNote per le appassionate recensioni.
Un grazie anche a mio marito Xephil per i consigli e le sue idee geniali * se vedete che questa fic degenera, sapete con chi prendervela <3 * e la mitica SognatriceAocchiAperti * where are youuuu?/ wo bist du? *
Grazie anche a tutti i miei lettori silenziosi, che diventano sempre più agguerriti :)

Il prossimo capitolo tornerà regolarmente di venerdì :)
Per qualsiasi cosa, passate qui: https://www.facebook.com/LeStorieDiFedra/?fref=ts
Fate un buon week-end...e soprattutto auguro a tutti un Halloween spaventoso! Occhio agli yoma, mi raccomando! * e se ne vedete qualcuno, chiamatemi! *

Un bacio grande!

Vostra,
Fedra

 
 
 

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Capitolo 39
*** Azione ***


Trentanove.
Azione
 
 
*

 

 

 

 

La presentatrice sfoggiò il suo sorriso più candido, spalancando le braccia in direzione del gazebo alle sue spalle.
Nessuno avrebbe mai immaginato che sotto quel tendone bianco, posto al centro di un parco immenso paragonabile al giardino dell’Eden, si nascondesse in realtà l’inferno più dolce che si potesse immaginare.
“Benvenuti a una nuova puntata di Bake Off Italia!”, annunciò, ammiccando con aria complice verso la telecamera. “Un’altra giornata di sfide attende i nostri concorrenti e questa volta i giudici non concederanno alcun errore. Ma andiamo a scoprire quale sarà la prossima prova”.
In un turbinio di viali alberati e musica barocca, l’inquadratura si spostò all’interno del gazebo, dove erano state allestite delle lunghe file di tavoli affiancate da forni, frigo e dispense.
Otto uomini e donne vestiti di bianco e armati di grembiule si stavano stringendo attorno al giudice.
 
Questi, un uomo brizzolato dalla mascella quadrata, li stava fissando con aria truce, come se fosse consapevole che qualunque cosa avesse detto non sarebbe mai stata recepita da quella manica di idioti.
“Dunqve, la ricetta di occi è molto semplice”, disse, marcando un forte accento tedesco. “Dofrete preparare una Angel Cake”.
Semplice un cazzo, pensò la donna bionda in prima fila, incrociando le braccia.
Certo, quel tizio le era sempre stato simpatico per via delle origini teutoniche, ma adesso stava davvero esagerando.
“Si procede in qvesto modo”, stava continuando a spiegare il giudice, preparando il dolce in tempo reale.
I concorrenti si strinsero attorno a lui, gli occhi spalancati come se sperassero di assimilare le sue doti culinarie con la sola forza dello sguardo.
Preparata dalle sue mani, sembrava davvero una cosa da nulla.
“Pene, adesso andate e stupitemi!”, disse l’uomo, non appena il dolce fu tolto dal forno. “Afete tue ore”.
 
Subito, i concorrenti si precipitarono ai loro posti, disponendo febbrilmente gli ingredienti sul tavolo e mettendosi all’opera.
Al fianco di Teresa, una ragazza con occhiali e treccine scoppiò subito in lacrime prima ancora di iniziare a cucinare, mentre una signora di una certa età prese a minacciare di fare fagotto e andarsene.
“Tsk, quante storie per una torta!”, borbottò la guerriera, mettendosi al lavoro all’istante.
Subito, prese a impastare con così tanta lena da essere paragonabile solo alla brutalità dei Rammstein nel video di Sonne, rinchiusi in una miniera a spaccare pietre fino allo sfinimento.
Al termine del tempo pattuito, mentre i suoi compagni di sventura erano in preda a crisi isteriche e incidenti di vario tipo (uno di essi riuscì inspiegabilmente a finire con la faccia dentro la sua torta), Teresa aveva già sfornato il dolce e attendeva con aria soddisfatta il verdetto del giudice.
Sapeva che avrebbe apprezzato la sua creazione, come sempre.
 
Questi venne subito da lei, scrutando la sua aria tronfia.
“A qvanto fedo, appiamo una certa sicurezza di afer fatto un puon laforo”, commentò, squadrandola dal basso verso l’alto.
“Diciamo che le torte sono la mia specialità”, si lasciò sfuggire Teresa, gongolante.
“Silenzio, tocca al tolce parlare, atesso!”, la zittì subito l’uomo.
Ma…ma…
La guerriera rimase completamente interdetta mentre il giudice estraeva un coltello e lo affondava sulla sommità della torta.
La lama rimase completamente incastonata nell’impasto, senza andare né su né giù.
“Ti sempro Re Artù e la Spata nella Roccia?”, domandò in tono seccato, una ruga che gli aveva solcato immediatamente la fronte.
“Cosa?!?’”, balbettò la guerriera, fiutando la tempesta.
Subito, la regia mandò in onda la sua intervista, corredata dal cartellino sovraimpressione Teresa, libera professionista.
“Vi giuro, avevo previsto tutto e la cottura si era svolta senza incidenti. Mi stava forse prendendo per il c…?”, tuonò, prima che la frase venisse bruscamente troncata per riportarla sotto il gazebo.
 
“Un tolce che non si taglia non è ammesso nella mia cucina”, proseguì il giudice, severo. “Tu lo sai, qvesto?”.
“Ma io…”.
“Come pretendi di presentare una cosa così?”, incalzò l’altro, lasciando il coltello.
Questo rimase sospeso a mezz’aria, conficcato nell’impasto che sembrava avere la consistenza del marmo.
“Mah, se fate tante storie…”.
Teresa si chinò sotto il bancone, emergendo armata della sua adorata spada, levandola in aria e abbattendola sulla torta.
Il dolce si spaccò in due metà perfette…così come anche il vassoio di ceramica su cui era stato posato e il tavolo.
Il giudice restò a fissarla impassibile, come se niente fosse successo, nonostante i frammenti di crema appiccicati sulla fronte e sui corti capelli brizzolati.
“Con qvesto, non appiamo più niente da dirci, qui”, commentò imperterrito. “Ti consiglio di recuperare le tue cose”.
“Ah, davvero?”, tuonò Teresa furibonda, il suo aspetto reso più spaventoso che mai, con il grembiule bianco sopra la tuta e la spada in mano. “Ma vedi di andartene a fan…”.
 
La Claymore si mangiò le ultime sillabe, sbattendo le palpebre in preda al più totale imbarazzo.
Il volto di Miria occupava completamente il suo campo visivo, fissandola con aria truce a meno di un palmo dalla sua faccia.
“Avanti,”, la incalzò, gli occhi d’argento che mandavano lampi “finisci la frase”.
“Io..ehm..temo di aver avuto un incubo”, si schermì l’ex numero 1, prendendo a grattarsi nervosamente la testa mentre il suo viso diventava di tutti i colori.
“Non mi sembra il momento adatto per dormire”, tagliò corto l’altra in tono severo.
“Uffa, non posso schiacciare i miei due minuti di sonno giornalieri che subito si scatena il finimondo!”, si lamentò Teresa, incrociando le braccia.
“Non quando abbiamo ospiti di cui occuparci”, disse Miria, indicando le compagne schierate all’interno dell’enorme capannone industriale.
I loro occhi d’argento brillavano come tante luci nella semioscurità, spalancati e spauriti.
Molte di loro sembravano poco più che delle bambine.
Era evidente che ignoravano di essere tutte condannate a morte.
 
“Il mio nome è Miria, numero 6 dell’Organizzazione. Ho il compito di guidarvi in questa missione, contrariamente a quanto vi era stato riferito in precedenza”, annunciò la guerriera, ponendosi di fronte a loro.
Al suo fianco, Teresa si morse istintivamente il labbro inferiore, mentre una sinistra sensazione di fastidio le risaliva dallo stomaco.
Lo sguardo fiero e la postura marziale facevano intuire subito che era perfetta, come capo.
“Vi dico da adesso che non è nella mia natura mancare di chiarezza”, proseguì Miria, lo sguardo che si posava gradualmente su ciascuna delle guerriere schierate davanti a lei. “Per questo, sappiate che l’operazione di cui siamo state incaricate non sarà affatto semplice. Pare che ci sia più di un Risvegliato in circolazione in questa città, a cui fanno riferimento almeno venti yoma per ciascuno. L’identità di questa persona è ancora incerta, ma ho il sospetto che si tratti proprio di Easley, il Re dell’Argento, al quale si è unita Priscilla, l’ex numero 2 dell’Organizzazione”.
Nell’udire quei nomi, un mormorio spaventato percorse come un brivido la folla di Claymore.
Miria le zittì con un severo gesto della mano, riprendendo a parlare.
 
“Tuttavia, essendo degli avversari così temibili non starò certo a mandarvi impreparate. Siamo tutte delle ottime guerriere, ciascuna con delle eccellenti abilità, e ciò ci permetterà di essere all’altezza dei nostri avversari. Tuttavia, mi preme sottolineare che anche la migliore di noi non potrà nulla contro il nemico se pretenderà di agire da sola. Al contrario di quanto crediate, il sacrificio individuale in battaglia al solo scopo di ottenere gloria e lode di fronte alle altre è per me un’emerita perdita di tempo e risorse preziose. Mettetevi in testa di unire le forze e collaborare tra di voi fin da adesso o dovrete risponderne a me. Sono stata chiara?”.
Nessuna tra le ragazze sembrò essere intenzionata a contraddirla, tranne una apparentemente molto più alta e muscolosa delle altre, la quale sbuffò spazientita mentre incrociava gli erculei bicipiti sul petto.
“Inoltre,”, proseguì Miria, dopo aver lanciato un’occhiata severa a quest’ultima “vorrei ribadire che abbiamo con noi l’unica guerriera a essere sopravvissuta a Priscilla: l’ex numero 1 Teresa del Sorriso”.
“Fai prima a chiamarmi numero 46, se questo ti fa risparmiare il fiato”, le sussurrò questa in un orecchio, prima di farsi avanti e presentarsi alle compagne con un’espressione spavalda dipinta sul volto d’angelo.
Miria fece finta di non aver sentito, tornando a rivolgersi alle guerriere.
 
“Visto il drammatico incremento di morti umane negli ultimi tempi, entreremo in azione da stasera stessa”, disse, scostandosi di lato per mostrare il grafico appeso alle sue spalle.
Era una grande mappa di Roma, divisa in quattro spicchi di colori diversi.
“Siamo in totale venti guerriere, quindi verrete divise in quattro squadre più piccole costituite da cinque persone ciascuna, ognuna di ronda in un angolo diverso della città”, spiegò Miria, indicando la mappa. “Per ogni squadra, verrà nominata una caposquadra. Non appena verrà individuata la presenza di yoma, le guerriere presenti nell’area designata avranno l’obbligo di attaccarlo immediatamente. Se la battaglia risulta troppo impegnativa, avvisate immediatamente la caposquadra di una delle due zone che si trovano accanto a voi. Per questo dovete essere più rapide e collaborative possibile, se siete intenzionate a sopravvivere. Domande?”.
Nessuna sembrò avere nulla da obiettare.
Miria trasse un profondo respiro, prima di continuare.
“Bene, allora non resta che nominare le caposquadra. Io guiderò le guerriere della zona rossa. Flora si occuperà della zona verde. Undine della zona blu. Teresa,”, la numero 6 si voltò verso la compagna con uno sguardo ammonitrice, prima di dare l’ordine “se ci degnerai della tua collaborazione, la zona gialla è tua”.
 
“Agli ordini!”, rispose l’altra, scattando sull’attenti.
Convinta di aver appena combinato la cazzata del secolo, Miria prese a dividere le guerriere per ciascuna squadra.
Claire fu la prima a essere selezionata dalla numero 6, che le pose una mano sulla spalla e la scortò al suo fianco.
Helen finì insieme a Flora, mentre Deneve fu mandata dalla guerriera dai bicipiti da camionista che altri non era che Undine.
Teresa, invece, si trovò circondata da un gruppo di ragazze che non aveva mai visto.
Subito, provò un misto di simpatia e di pena per loro.
“Coraggio, bimbe”, cercò di farle forza. “Vi prometto che avremo una serata da sballo!”.
Undine non fu dello stesso avviso, squadrando le compagne con aria di superiorità.
Il che non sembrava andare a genio a Deneve, la quale continuava a rivolgerle occhiate ostili.
Dal canto suo, Helen non poteva di certo scontrarsi con Flora, la quale, al disotto della frangia color paglia e lo sguardo gentile, sembrava tutto meno che preoccupata di attaccare briga con una testa calda come lei.
Evidentemente, Miria era stata molto assennata nello scegliere le componenti di ciascuna squadra.
 
“Direi che siamo pronte”, disse questa a un certo punto, dopo che ciascuna di loro si era presentata. “Mettiamoci subito in marcia verso le nostre zone. Vi avverto: nessuna sciocchezza da parte vostra verrà tollerata. Buona fortuna, ragazze. Restate vive”.
Detto questo, la numero 6 richiamò le guerriere della sua squadra, che la seguirono a ruota verso l’esterno del capannone.
“Ti aspetto per il dopocena!”, esclamò Helen, battendo il pugno con Deneve prima di mettersi alle calcagna di Flora.
Teresa cercò Claire con lo sguardo, ma l’amica era già uscita nella notte.
Un vento gelido proveniva dalla porta spalancata dell’edificio, portando con sé l’odore della battaglia.
La guerriera sospirò, richiamando a sé la sua squadra.
Questa sarà una lunga notte, pensò mentre si incamminava verso l’ignoto.
 
*
 
Durante la riunione, nessuna si era accorta della presenza argentea appostata in alto, nell’ombra, le lunghe gambe accavallate con grazia sopra un ammasso di materiale edile.
Galatea scivolò fuori dal suo nascondiglio, osservando le compagne che si allontanavano nella notte.
Il vento carico di neve e tempesta le gonfiò i lunghi capelli sciolti sulle spalle, spettinandole la frangia che le solleticava il volto a un tempo aggraziato e severo come quello di una scultura antica.
“Molto interessante”, disse tra sé e sé, profondamente soddisfatta per quanto aveva visto e udito.
Poi, uscì anche lei nella notte, seguendo la marcia nelle guerriere come una presenza invisibile e silenziosa.
Anche se si fossero rifugiate in fondo all’inferno, nulla di quanto avrebbero fatto, detto o pensato sarebbe sfuggito ai suoi occhi d’argento.




Buongiorno, mie adorate belve! :) Come avete passato Halloween? Qualcuno di voi è riuscito ad andare a Lucca?
Dalle mie parti si pensava di farci un salto, ma visto che la notte del 31 ci si sono rotti i termosifoni dopo una serata di danze indemoniate, io e la mia sorellona Angelika ci siamo risvegliate entrambe con un bel raffreddore e siamo rimaste tutto il giorno spaparanzate sul divano a guardare la TV, con mio marito in mezzo a fare da termosifone/beato tra le donne. Della serie, eravamo il ritratto di una gioventù bruciata! XD

Ciò non toglie che proprio in questa occasione mi è venuta l'ispirazione per la devastante prima parte del capitolo di oggi, dopo la visione di una puntata di Bake Off Italia. In fondo, per par condicio, dopo aver chiamato in causa Gordon Ramsay non si poteva tenere fuori dai giochi un altro chef d'eccellenza (per di più crucco!) come Ernst Knam: lo scontro con Teresa era davvero inevitabile!
Per la ricetta della Angel Cake (che ha davvero un impasto molto gommoso, che genera veramente il rischio che la torta non si tagli), ringrazio ovvimente la mia sorellona Angelika_Morgenstern, che si è voluta cimentare in questa follia culinaria.

A proposito di precisazioni, nello scorso capitolo avevo detto che Claire aveva il 10% di yoma all'interno del suo corpo. Non so quale droga abbia assunto per scrivere una simile idiozia * del resto, ho buttato giù il capitolo in mezzo al corridoio della mia Facoltà tra una lezione e l'altra *, ma la definizione corretta è 25%. Mi scuso ancora e vi informo che questo particolare è stato aggiornato qualche giorno fa :) * uff! pant! *

Detto questo, passiamo subito ai ringraziamenti :)
Per le recensioni non possono mancare mio marito Xephil, la mia sorellona Angelika_Morgenstern. le fantastiche SognatriceAocchiAperti e bienchen e i magnifici AlanKall e 666DeathNote.
Grazie anche ai miei lettori silenziosi, sempre più numerosi. Scoprirò chi siete, prima o poi, sappiatelo! ;)

Il prossimo aggiornamento è atteso, come sempre, di venerdì.
Ormai ci avviciniamo alla fine della prima parte e, come ha giustamente osservato Teresa, questa sarà una notte molto lunga e difficile per le nostre guerriere.
A tal proposito, ero indecisa se chiudere la storia con la prima parte e iniziare la seconda con una nuova fanfiction, visto che qui i capitoli andranno oltre i 100 * almeno da quanto sta emergendo dalla prima stesura del soggetto *
Altra cosa: stavo pensando di aprire un blog in cui inserisco le mie storie più vecchie, aggiornandolo settimanalmente. 
Che ne pensate? Aspetto i vostri pareri :)
Per qualsiasi cosa, tenete comunque d'occhio la mia pagina Facebook: https://www.facebook.com/LeStorieDiFedra/timeline

Passate un buon fine settimana! :)
Un abbraccio forte!

Vostra 
Fedra



 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 40
*** Carneficina I ***


Quaranta.
Carneficina I
 
 
*

 

 

 

Un vento gelido aveva preso a soffiare da nord, spazzando il cielo di un blu infinito trapuntato di stelle incandescenti come piccoli diamanti.
Easley inspirò profondamente, lasciando che il freddo gli invadesse i polmoni, portando con sé gli odori della vita che pulsava al disotto dei suoi piedi.
Lì, sulla sommità del palazzo, poteva vedere la metropoli estendersi per chilometri e chilometri, un’immensa distesa di luci e rumori che si inerpicava a perdita d’occhio fino ai piedi delle montagne che si stagliavano come ombre scure all’orizzonte.
Quello era il regno del Re dell’Argento.
Il Risvegliato si voltò verso Rigardo, in piedi accanto a sé.
I suoi occhi di ghiaccio erano chiusi, le narici che fremevano impercettibilmente, la bocca semiaperta come quella di un felino che sta fiutando le preda, nascosta nella foresta di vetro e cemento armato.
 
“Lo senti anche tu?”, domandò Easley a un certo punto, rivolgendosi al compagno.
“A quanto pare, le hanno mandate davvero”, rispose Rigardo, riaprendo gli occhi.
Easley sfoderò un sorrisetto sardonico.
“In fin dei conti, l’Organizzazione è sempre fin troppo prevedibile”.
“Hanno dislocato le guerriere in più punti della città”, continuò l’altro, fissando la distesa di luci e palazzine come se potesse vederle una ad una. “Avverto la presenza di tre yoki molto potenti in tre punti diversi ed equidistanti. Strano,”, aggiunse poi, aggrottando le sopracciglia nere “c’è come una zona morta, in cui non percepisco un’energia demoniaca forte come le altre. Non capisco. Come hanno potuto commettere un errore così fatale?”.
“Temo di sapere chi si nasconda in quella zona”, spiegò Easley. “Non credo che una guerriera come Teresa del Sorriso si lasci sfuggire una simile battaglia”.
“Tu credi che l’ex numero 1 si trovi lì?”.
“Ne sono quasi certo”.
 
“Che cosa facciamo?”, domandò Rigardo, la voce che fremeva per la sete di sangue.
“Credo che inviare le nostre truppe di yoma sia un’emerita perdita di tempo: li farebbero fuori uno dopo l’altro”.
“Allora serve loro una lezione più eccitante”.
Easley si voltò verso il compagno, lo sguardo più freddo che mai.
“Eliminale tutte, se è questo che vuoi. Ci toglierai di mezzo una bella seccatura”, rispose freddamente. “Ma ti avverto: Teresa del Sorriso spetta di diritto a Priscilla”.
A quelle parole, Rigardo si rabbuiò.
“Perché allora quella ragazzina viziata non alza il culo e se la viene a prendere da sola, se ci tiene tanto?”, ribatté, visibilmente deluso.
“Conosci l’accordo”, tagliò corto Easley. “Se dovessi venire a sapere che hai fatto di testa tua, potrei non aver più bisogno di te. Questa guerra è troppo delicata per agire d’impulso e accontentarsi di bagni di sangue senza pensare alle conseguenze. Mi sono spiegato?”.
Rigardo digrignò i denti, digerendo quell’ordine.
 
Avrebbe tanto voluto fare a pezzi il suo capo in seduta stante, ma sapeva che avrebbe avuto ben poche speranze contro il Re dell’Argento.
Il fatto che quella specie di angelo caduto se ne stesse lì, fronteggiandolo senza paura con quell’espressione imperturbabile stampata sul bel viso, era solo una delle tante conferme che Easley era sempre stato il numero 1.
Aveva fatto parte della prima generazione di guerrieri, diventando subito il migliore di tutti loro.
E, di conseguenza, il passo da lì all’affermarsi come il più forte dei Risvegliati era stato breve.
Persino Priscilla, per quanto le sue forze potessero di gran lunga superarlo, si era ritrovata sotto il suo controllo.
Il suo destino era quello di essere sempre il primo su tutto, nel bene o nel male.
“D’accordo”, disse mentre i suoi occhi di ghiaccio guizzavano tra i palazzi. “Diamo inizio alla caccia”.
 
*
 
Il centro commerciale iniziava a svuotarsi, a quell’ora.
Le ultime famiglie stavano caricando le buste colme di pacchi e i figli recalcitranti a bordo delle loro auto prima di imbottigliarsi automaticamente nel traffico impazzito del Raccordo.
Teresa avanzava a grandi passi tra le file di negozi dalle serrande mezze abbassate, lanciando di tanto in tanto occhiate distratte alle vetrine che andavano via via spegnendosi.
Perché soldi e lavoro non vanno mai d’accordo?, pensò, tentata dalla voglia di mettersi a fare anche lei un po’ di shopping selvaggio.
Sapendo che a starsene lì non avrebbe concluso nulla, la guerriera uscì dal centro commerciale ed entrò nel parcheggio, raggiungendo l’ultimo piano.
Una folata di vento l’accolse nel momento in cui mise piede nell’ampia terrazza, ormai deserta a eccezione delle quattro figure vestite di bianco, le else delle spade che spuntavano tra le loro scapole.
 
“Qui non c’è niente, capo”, disse una di loro, il volto paffuto e ingenuo di una quindicenne.
Teresa annuì, comprensiva.
“Allora conviene spostarci”, rispose. “Tanto, a restare qui, finisce che ci prendiamo un bel raffredd…”.
La guerriera sgranò gli occhi, le narici improvvisamente dilatate.
Aveva percepito improvvisamente uno yoki potente, molto potente, a meno di un passo da loro.
Era rimasto rintanato nell’ombra fino in quel momento, in attesa di rimanere solo con le sue prede.
Doveva essere un cacciatore davvero abile e scaltro, capace di nascondersi sotto vento in attesa di avvicinarsi passo dopo passo alle guerriere ignare.
Nel momento in cui si sarebbero accorte della sua presenza, sarebbe stato troppo tardi.
 
“ATTENTE!”.
Teresa sguainò la spada, voltandosi di scatto giusto in tempo per trovarsi faccia a faccia con il gigantesco leone dal pelo nero e ispido, gli occhi d’argento che brillavano come due sfere incandescenti nella notte.
Un attimo dopo, un dolore atroce le mozzò il fiato in gola, facendola crollare a terra.
Le sue gambe strappate giacevano a una decina di metri da lei, ai piedi delle compagne terrorizzate.
Rigardo si passò la lingua sugli artigli insanguinati, fissando la guerriera con aria di sfida.
“E così Easley ci aveva visto giusto”, commentò ad alta voce.
Attorno a lui, le guerriere si misero in posizione d’attacco.
“Goditi lo spettacolo”, disse il Risvegliato, voltandosi verso di loro.
 
Quella con il volto da quindicenne fu la prima a morire.
Rigardo la tagliò in due con una sola zampata, mentre si trovava ancora a mezz’aria con la spada levata.
Alle sue spalle, un’altra guerriera rimase trafitta da un fascio di protuberanze che contemporaneamente si scaturirono dalla schiena del leone, strappandole letteralmente i visceri dall’addome.
Le due rimanenti partirono subito all’attacco.
La prima riuscì a colpire Rigardo a una spalla.
In tutta risposta, il leone le bloccò la spada con gli artigli e premette con forza, fino a conficcargliela nel petto.
 
Ne restava solo una, il volto deformato dal terrore.
Rigardo si avvicinò a lei lentamente, i denti che brillavano alla luce dei lampioni.
Non appena questi levò una zampa per colpire, la Claymore sollevò d’istinto la spada, facendo per gettarglisi contro.
Venne disarmata in un colpo solo, rimanendo sola e vulnerabile sulla distesa di cemento che le avrebbe fatto da tomba.
“Non aver paura, mia piccola gazzella”, commentò Rigardo, avvicinandosi a lei e premendole un artiglio al centro della fronte. “Abbiamo quasi finito”.
Con un solo gesto, il corpo della guerriera venne spaccato in due dalla testa all’inguine, spargendo sangue ovunque.
“MALEDETTO!”, gridò Teresa, che nel mentre era riuscita a recuperare le gambe e stava tentando di riattaccarsele mentre il Risvegliato faceva strage delle sue compagne.
 
“Tempo scaduto, bambola”, decretò questi, afferrandola per il bavero e sbattendola contro il muro di cemento armato.
Una smorfia di dolore turbò il bel viso della guerriera, mentre un rivolo di sangue le scendeva lungo il volto, sporcandole i capelli biondi.
 
“È un vero peccato che non mi possa fermare a divertirmi con te”, commentò Rigardo mentre con la mano libera afferrava la spada di Teresa da terra e gliela conficcava nel braccio destro, impalandola contro la porta di accesso.
La guerriera lanciò un urlo straziante, accecata dal dolore.
“Purtroppo, ho delle faccende da sbrigare”, proseguì il Risvegliato, raccattando la spada di una delle Claymore uccise e inchiodandole anche il braccio sinistro.
Restò per un attimo a contemplare la sua opera, Teresa di fronte a lui che gridava e si contorceva in un’orrenda agonia.
“Be’, vedi di non scappare”, commentò Rigardo in tono sarcastico, prima di darle le spalle e allontanarsi nella notte.
A ogni passo, il suo corpo immenso si rimpiccioliva fino ad assumere le sembianze di un ragazzo dai capelli neri che gli ricadevano sul viso.
 
Con le ultime forze rimaste, Teresa sputò un grumo di sangue nella sua direzione, le membra straziate che fremevano per la rabbia e l’umiliazione.
Aveva ucciso tutte le sue compagne davanti ai suoi occhi, senza che lei fosse in grado di impedirlo.
E poi l’aveva deturpata e umiliata, rendendola più simile a un tronco privo di rami che a un essere umano.
La guerriera levò gli occhi al cielo, la vista subito annebbiata dal sangue che le colava dalla fronte.
Giuro che non mi lamenterò più di Maleficat!, pensò, la bocca contorta in un singhiozzo.
L’unica cosa che poté fare fu piangere calde lacrime di disperazione, prima che il dolore lasciasse il posto al delirio.
 
*
 
Nonostante si fosse in pieno centro, a quell’ora Roma sembrava serrata in un coprifuoco.
Le strade apparivano vuote e deserte, illuminate solo dalla luce pallida dei lampioni e dalle vistose luminarie appese al disopra dei negozi ormai chiusi.
L’unico segno di vita era dato da un minuscolo supermercato gestito da indiani, di fronte al quale faceva bella mostra un gigantesco Babbo Natale.
Nel momento in cui le due figure femminili vi passarono davanti, questi esclamò un metallico “Merry Christmas!” prima di mettersi a dondolare a ritmo di musica.
Fu un miracolo se nessuna delle due estrasse la spada e lo facesse a pezzi in seduta stante.
Un attimo dopo, altre due giovani donne si fecero loro incontro, entrambe con un’aria visibilmente nervosa.
 
“Allora, trovato niente?”, domandò Undine seccamente.
“No, nessuna traccia di yoma”, disse la più alta delle due.
“Tsk, ci mettete un quarto d’ora per fare il giro dell’isolato e per di più mi venite a dire che avete fatto un buco nell’acqua? Siete proprio due incompetenti!”, ruggì la caposquadra, decisamente seccata. “Ora voi riprendete la ronda verso nord. E, questa volta, non restate a bighellonare se i vostri nasini non vi segnalano nulla di sospetto, è chiaro?”.
“Sì, capo”, risposero le guerriere, entrambe abbacchiate.
“Basta con le chiacchiere. SCATTARE!”.
Undine restò a fissare le due compagne defilarsi nel buio, le braccia incrociate sul petto con fare marziale.
“Tsk, ragazzine. Non sono tagliate per la guerra”, commentò.
 
“Posso farti una domanda?”, intervenne improvvisamente Deneve, che era rimasta in silenzio al suo fianco fino a quel momento. “Perché combatti con due spade?”.
A quella domanda, Undine rimase di sasso, rivolgendole un’occhiata truce.
“Che cosa credi di insinuare?”, ringhiò.
“Solo un’ipotesi”, rispose Deneve, scrollando le spalle. “Vedi, ho notato che una delle due spade non porta il tuo simbolo. È una cosa molto strana, in effetti”.
“Non sono affari tuoi!”, abbaiò l’altra, più ostile che mai. “Torna al tuo posto, invece di stare qui a blaterare”.
“Certo, certo”, borbottò Deneve, lanciandole un’occhiata in tralice prima di allontanarsi.
Fece due passi in avanti, prima di bloccarsi.
“Che diav…?”.
 
Un rumore sordo, simile a qualcosa che viene lacerato.
Poi, il corpo squarciato di una delle guerriere precipitò dall’alto, infrangendosi ai suoi piedi.
Deneve urlò, ritraendosi per lo stupore e il disgusto mentre il grande leone dagli occhi d’argento saltava giù dalla sommità di un palazzo, piantandosi di fronte a lei.
“Buonasera, piccola”, la salutò con un ringhio minaccioso. “Vediamo se voi siete meglio delle mezze tacche che ho macellato poco fa”.
“Che cosa stai…?”.
“INDIETRO, TU!”.
Le spade di Undine si frapposero tra Deneve e la zampa artigliata di Rigardo che stava per piombare sulla sua testa.
Gli occhi d’argento del Risvegliato brillarono di sorpresa nel momento in cui la sua carne incontrò la lama, scoprendo i denti.
“Uhm, una mossa coraggiosa”, commentò. “Peccato che sia andata sprecata”.
 
Con un solo, repentino movimento delle braccia, Rigardo le strappò di mano entrambe le spade, levandole in alto.
Una frazione di secondo dopo, il busto di Undine cadde a terra, separato dal resto del corpo.
Deneve urlò, inorridita.
“NOOOO! MALEDETTO!”.
In quel momento, due spade piombarono sulla testa del Risvegliato, mentre le altre due guerriere della squadra accorrevano per dare manforte.
“Mentre noi lo distraiamo, porta il nostro capitano via di qui!”, gridò una di loro, un attimo prima di venire trafitta dagli aculei di Rigardo.
Incapace di assistere a quella carneficina senza intervenire, Deneve levò il braccio per estrarre la spada, quando una presa ferrea sul polso la bloccò lì dov’era.
 
Undine aveva utilizzato le sue ultime forze per avvinghiarsi stretta a lei, mentre le sue membra erculee sembravano ritirarsi a vista d’occhio, il volto devastato dal dolore che assumeva sempre più le fattezze di quello di una bambina.
Man mano che lo yoki le scivolava via insieme alla vita, la giovane donna si rivelava per quello che era: la più piccola e fragile delle guerriere.
“UNDINE!”.
Deneve si inginocchiò accanto a lei, trascinando quel poco che restava del suo corpo lontano dalla battaglia.
“Ti…prego…”, sussurrò Undine, un rivolo di sangue che le fuoriuscì dalla bocca. “Non possiamo combattere questa battaglia…avverti le altre…va’ da loro, dalla tua compagna…”.
In quel preciso istante, l’ultima Claymore rimasta stava cercando in tutti i modi di schivare i colpi mortali di Rigardo, benché fosse ormai devastata dalle ferite che le zampillavano lungo le braccia e le gambe.
Fu allora che Deneve capì.
 
“Anche lei era una tua compagna e amica, vero?”, domandò. “La guerriera a cui apparteneva la tua seconda spada”.
“È morta cercando di proteggermi”, rispose Undine, la voce ormai ridotta a un flebile sussurro. “Io ero troppo debole…un vero peso…eppure, si è sacrificata lo stesso per me. Non me lo perdonerò mai”.
La vista di Deneve vacillò, mentre un grido squarciava la notte: l’ultima guerriera rimasta era appena caduta a terra, le interiora che si riversavano sui sampietrini mentre Rigardo torreggiava su di lei con la zampa ancora levata.
“Non c’è tempo!”, gridò Undine, mentre i suoi occhi d’argento fissavano ormai il vuoto. “Vai! VAI! Non deve morire altra gente!”.
Nonostante avesse il viso inondato di lacrime, Deneve si levò in piedi e fuggì nella notte.
Ma non prima di aver preso con sé la spada di Undine.
 
*
 
“Che palle!”, si lamentò Helen, appostata in cima all’edificio.
Erano due ore che giravano a vuoto e dei Risvegliati nessuna traccia.
In compenso, stava letteralmente morendo di freddo.
E il suo stomaco iniziava a brontolare in maniera tutt’altro che discreta.
Man mano che i minuti passavano, la tentazione di entrare in un bar si stava facendo sempre più invitante.
Del resto, che cosa sarebbe cambiato se si fosse distratta due secondi?
La risposta venne puntuale e spietata insieme all’urlo disumano che lacerò la notte.
 
“VERONICA!”, gridò Flora a una decina di metri più in basso, scuotendo inutilmente il corpo spezzato della compagna.
In quel preciso istante, dall’estremità della via, due occhi d’argento presero ad avanzare lentamente verso di lei, rivelando passo dopo passo la presenza del colossale leone d’argento.
“Dunque le prossime sarete voi?”.
“Le prossime?”.
Flora sbiancò, impugnando la spada.
Avrebbe venduto cara la pelle, su questo non c’erano dubbi.
Il grande leone si mise in attacco a sua volta, scoprendo i denti.
“Coraggio,” la incalzò “vieni a giocare”.
Un turbinio di vento e lame anticipò l’attacco di Flora, cogliendo Rigardo di sorpresa.
Il Risvegliato ruggì, mentre nuove protuberanze si scaturivano a vista d’occhio dal suo corpo massiccio per puntare contro la guerriera.
Questa riuscì a lacerarne alcune, ma nulla poté contro la violenta zampata che la colpì in pieno petto, mozzandole il fiato in gola e scagliandola a terra.
 
“Non male, ragazzina”, commentò Rigardo, preparandosi a finirla. “Per ora, sei quella che ha resistito di più”.
Il colpo venne però bloccato e mezz’aria da una lama sbucata dal nulla, stretta da una mano saldamente ancorata all’estremità di un braccio lunghissimo, che partiva direttamente dalla sommità di un palazzo poco distante.
“Quiiii miciomiciomicio!”, lo incalzò Helen, sfoderando il suo ghigno più strafottente.
“A quanto vedo, a voi piace il gioco duro”, disse Rigardo, voltandosi verso di lei. “Bene, perché stasera sono rimasto molto deluso dalle vostre colleghe”.
In quel preciso istante, due lame calarono contro il suo collo, seguite dall’urlo selvaggio di Deneve.
La guerriera venne intercettata a mezz’aria e scagliata lontano, quasi non avesse avuto peso.
“Tsk, ci vuole altro per fermarmi”, commentò il Risvegliato, levando una zampa su di lei.
 
Ancora una volta, però, il suo colpo non centrò l’obiettivo.
Si andò invece a schiantare contro il corpo di Miria, apparsa improvvisamente, che venne squarciato in due metà prima di dissolversi nel nulla.
Un attimo dopo, una fitta di dolore gli attraversò la spalla, mentre la vera numero 6 si portava fuori tiro con una piroetta, dopo che il suo fendente era andato a segno.
“Miria del Miraggio?”, domandò Rigardo con un ringhio. “Non potevo chiedere di meglio”.
La guerriera atterrò con grazia a una decina di metri da lui, mettendosi in guardia.
Subito, Helen, Deneve e Flora si misero al suo fianco, seguite dalle Claymore superstiti.
“Tutte le guerriere in grado di combattere, vadano immediatamente a cercare Teresa del Sorriso. So che è ancora viva, ma il suo yoki è debole. Curatela e ritornate ai vostri posti: non possiamo lasciare dei punti scoperti in città. Questo Risvegliato potrebbe benissimo fare da diversivo mentre il suo compagno va a caccia”, ordinò rivolta a queste ultime.
Il suo braccio scattò automaticamente sulla spalla di Claire, tenendosela vicino.
“Ti ho forse detto di andare da qualche parte?”, sussurrò. “Questa è una battaglia per chi ha già assaggiato il sangue dei Risvegliati”.




Das ist mein teeeeeeiiiiil!!!!! :)
Buonasera a tutti, miei prodi guerrieri e yoma affamati XD Come butta?
Lo so, con il capitolo di oggi non mi sono proprio regolata: tutto merito dello stress universitario, le pressioni di genitori troppo ansiosi, sorelle che ti ciulano la macchina, vicini che smartellano dalle otto di mattina fino al tardo pomeriggio e soprattutto una bella maratona di Black Lagoon per sbollire i miei istinti omicidi. 
Senza contare che devo smetterla di scrivere con i Rammstein di sottofondo! XD
Morale, non ho ancora finito di fare a pezzi la gente: all'origine il capitolo doveva essere molto più lungo, ecco perché ho deciso di dividerlo in due parti.

Vi dico sin d'ora che le scene di battaglia sono il mio forte quanto quelle d'amore...ergo, spero di non aver disseminato qua e là qualche altro epico strafalcione! In tal caso, non esitate: segnalate!
In ogni caso, premetto che Rigardo è decisamente molto più forte delle mezze tacche qui presenti (perché, per ragioni che già sapete, le guerriere più forti sono state tenute ben lontane da tutto questo massacro)...figuriamoci quando entrerà in scena lo stesso Easley.
So che alcuni di voi resteranno perplessi dall'eccessiva umanità di Teresa e Helen, ma vi ricordo che il fatto che provino freddo o fame è dovuto sempre a un rigido controllo mentale dalla guerriera stessa. Senza contare che l'ex numero 1 nutre una forte pena verso le sfortunate compagne...vi lascio immaginare che cosa ha provato nel momento in cui Rigardo le ha sfilettate davanti ai suoi occhi.
Per quanto riguarda Undine, ammetto di essermi distaccata non poco dall'originale. Vi dico solo che il motivo che ha spinto Deneve a provare così tanta empatia nei suoi confronti verrà approfondito nella seconda parte: cercate di capirla, è una guerriera molto discreta e silenziosa ed è davvero difficile riuscire a cavarle fuori qualcosa...a meno che non vi chiamiate Helen, ovvio!
A proposito di Helen, se per caso avete notato una somiglianza della sua provocazione nei confronti di Rigardo con Edgar degli Aristogatti, sappiate che ci avete visto giusto!

Detto questo, spero che siate rimasti soddisfatti da questo capitolo.
Da qui in poi inizieremo a fare sul serio e le cose non si metteranno affatto bene per le nostre guerriere.
Senza contare che in questo momento Raki se ne sta tranquillamente seduto su una poltrona del cinema insieme a Priscilla affamata...esatto, sta per piovere una valanga di guai: avete mai visto una Claymore in preda a un attacco di gelosia? ;)

Fatte queste premesse, corro subito ai ringraziamenti :)
Grazie come sempre a mio marito Xephil (che mi ha dato una marea di consigli per stendere al meglio questi ultimi, affatto facili capitoli), la mia sorellona Angelika_Morgenstern, le mie meravigliose SognatriceAocchiAperti, bienchen e 92Rosaspina e i simpaticissimi AlanKall e 666DeathNote.
Grazie anche a tutti i miei lettori silenziosi, che ormai sono centinaia! :) Un abbraccio grande, ovunque voi siate!

Dunque, visti gli impegni sono ancora molto indecisa se postare il prossimo capitolo di giovedì o di venerdì.
Per questo vi invito a tenere d'occhio la mia pagina Facebook, su cui darò la notizia ufficiale appena avrò delle notizie certe: https://www.facebook.com/LeStorieDiFedra/

Auguro a tutti un bellissimo fine settimana :)
Un forte abbraccio a tutti!

Vostra,
Fedra

 
 
 
 

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Capitolo 41
*** Carneficina II ***


Quarantuno.
Carneficina II
 
 
*

 

 

 

 

Nel momento in cui Teresa riprese conoscenza, le ci vollero diversi secondi prima di realizzare che il volto che occupava il suo campo visivo non apparteneva al bel cantante rock dalla folta capigliatura bionda a cui stava per schioccare un bacio a dir poco epico, ma quello di una guerriera dallo sguardo limpido da adolescente che la scrutava preoccupato al disotto della zazzera color paglia.
L’ex numero 1 batté le palpebre più volte, cercando di fare due più due.
In effetti, non ricordava nulla di quanto accaduto prima perdere i sensi.
L’unica cosa di cui era consapevole era un dolore sordo alla testa e lungo gli arti.
“Ho una pessima memoria”, disse rivolta alla guerriera china su di lei. “Mi potresti ricordare il tuo nome?”.
“Sono Cynthia, numero 14 dell’Organizzazione”, rispose questa con un sorriso gentile. “Sono felice di vederti sveglia, Teresa del Sorriso. Ci è mancato davvero poco che morissi dissanguata”.
 
Io che…??!!??
Fu la menzione fatta da quest’ultima frase a richiamarla immediatamente ai ricordi che avevano preceduto l’abisso, facendole rivivere nella mente i corpi smembrati delle compagne prima che Rigardo la mutilasse e la impalasse contro la porta.
Una furia cieca prese a farsi largo a pugni nel suo stomaco, indorandole gli occhi di una luce omicida.
“Dove sono le altre?”, chiese tutto d’un fiato.
“Tutte le squadre sono state attaccate da un Risvegliato molto potente. In questo momento, la numero 6 gli sta tenendo testa insieme a un gruppo di guerriere scelte. Le poche superstiti sono invece venute a cercarti”, spiegò Cynthia pazientemente.
“Le poche superstiti? Cazzo!”.
Teresa scattò istintivamente a sedere, rischiando però di crollare nuovamente lunga distesa a causa dell’improvvisa vertigine che la colse del tutto impreparata.
 
“Ferma, non sforzarti!”, l’avvertì Cynthia, sorreggendola. “Eri davvero messa male, quando ti abbiamo trovata. Mi ci è voluta un’eternità per riattaccarti le gambe e per allora avevi già perso molto sangue”.
“Devo dire che hai fatto a dir poco un miracolo”, constatò Teresa, portandosi una mano alla tempia. “Per caso hai il dono della guarigione?”.
“Non esattamente. Diciamo che sono riuscita a manipolare il tuo yoki per permetterti di guarire le ferite. È così che agisco, quando una mia compagna si trova nelle tue condizioni. Certe volte, riesco perfino a far ricrescere un arto a una guerriera di attacco”.
“Be’, è una fortuna averti in squadra. Non vorrei che il tuo talento andasse sprecato”, commentò l’ex numero 1 ammirata.
Detto questo, la guerriera si levò finalmente in piedi, sostenendosi al muro di cemento finché le vertigini non furono del tutto passate.
 
“Ma che fai?”, esclamò Cynthia esterrefatta.
“Statemi a sentire”, disse l’ex numero 1, sondando la guerriera e il gruppo di compagne che avevano assistito alla scena in disparte. “Ammiro il vostro coraggio e la vostra buona volontà, ma questa non è una battaglia per il vostro livello. Conosco quel Risvegliato. Si chiama Rigardo ed era l’ex numero 2 della prima generazione di guerrieri. Sarà almeno dieci volte più potente di tutte voi messe insieme. Guardate le vostre compagne,”, aggiunse, indicando i corpi straziati che ancora giacevano riversi sull’asfalto. “Loro hanno combattuto con tutto il coraggio che possedevano, eppure non hanno potuto nulla contro la forza selvaggia di quella creatura. Ho già visto troppe vite spezzate, per questa sera”.
Lottando contro una nuova ondata di vertigini, Teresa raccolse la propria spada da terra, prendendo poi ad arrancare verso le macchine posteggiate.
“Fatemi un favore”, aggiunse. “Andate a casa. Rilassatevi. Guardatevi un film. Ascoltate musica. Qualsiasi cosa, purché stiate alla larga da questo posto”.
 
“Il tuo ordine non ha senso!”, esclamò una guerriera dai lunghi capelli biondi, la voce carica di indignazione. “Noi non accetteremo mai di starcene in disparte mentre le nostre compagne sono qui a morire!”.
“Appunto per questo vi dico di togliervi di mezzo”, la interruppe Teresa. “Non c’è speranza di sopravvivere in questa battaglia. Lo so che sembra una cosa da codardi, ma non avete scelta. Salvatevi. Osservate. Diventate più forti. E non cadete nella stessa trappola delle vostre compagne più vecchie”.
“Ma cosa…?”.
“Un giorno, ammesso che raggiungerete la mia veneranda età, lo capirete da sole”, disse Teresa, strizzandole debolmente un occhio. “E adesso, fuori dai piedi: mi sono sempre stati sul cazzo i gatti e i gattofili”, levò la spada con aria di sfida, un sorriso omicida stirato sul volto. “È giunto il momento di insegnare un po’ di educazione a quella palla di pelo”.
 
*
 
Una fiumana di gente accolse la fine dello spettacolo, riversandosi sul marciapiede di fronte al cinema.
Due figure si staccarono presto dalla folla, incamminandosi fianco a fianco per la strada illuminata dalle pallide luci dei lampioni.
Raki era stato davvero bene, quella sera.
Lui e Priscilla erano riusciti a entrare pochi istanti prima dell’inizio del film e si erano appollaiati in ultima fila, il ragazzo con una colossale confezione di pop corn tra le mani.
Aveva provato anche a offrirgliene qualcuno, visto che in effetti la porzione era un tantino esagerata per una persona sola, ma lei si era limitata a declinare l’invito con un discreto cenno del capo.
Si era poi acciambellata lungo il suo fianco, godendosi il film con la testa morbidamente appoggiata alla sua spalla.
 
Per tutto il tempo, Raki non aveva percepito altro che il calore del corpo di Priscilla a contatto con il suo, quella presenza discreta e delicata che cercava riparo tra le sue braccia.
Gli sarebbe bastato allungare una mano per accarezzare il suo caschetto di capelli scuri e stringerla a sé, al sicuro da un mondo sempre più oscuro e ostile.
Quasi non si rese conto del momento in cui quel gesto così elementare ma allo stesso tempo così complicato era partito dal suo braccio, che improvvisamente sembrava essersi fatto più pesante di un macigno.
Eppure, non appena aveva percepito quel contatto morbido e setoso al disotto delle sue dita, Priscilla si era raggomitolata ancora di più contro di lui, la testa premuta contro il suo petto e le piccole mani che avevano preso a tracciare dei cerchi invisibili sul suo maglione.
L’aveva cullata tra le sue braccia come il più prezioso dei tesori, restando lì, nell’ombra, in quell’angolo di pace in cui nessuno avrebbe potuto vederli o udirli.
 
In quel momento, camminavano fianco a fianco sul marciapiede, Priscilla che avanzava accanto a lui con le braccia appena divaricate, le labbra dischiuse mentre canticchiava distrattamente un motivetto e le dita che gli sfioravano appena il palmo della mano al disotto della manica del piumino.
I suoi occhi, spalancati nell’immensità del cielo stellato che li sovrastava al disopra delle facciate squadrate dei palazzi, brillavano come due astri scuri.
Raki non l’aveva mai vista così felice prima di allora.
Forse Easley aveva ragione: tutto quello di cui avevano bisogno era uscire e comportarsi da esseri umani, fregandosene della cappa di terrore che stava stritolando la città ormai da mesi.
Si lasciò trascinare a sua volta dall’improvvisa gioia trasognata della sua compagna, il vento che gli scompigliava i capelli sulla fronte.
 
E fu allora che li notò.
Cinque ragazzi vestiti di nero stavano seduti sopra una panchina, su cui avevano impilato una disordinata fila di bottiglie di birra semivuote.
A pochi metri da questi, si intravedeva già il tettuccio color grigio metallizzato della sua utilitaria, che sembrava aspettarlo pazientemente ai piedi di un lampione.
Raki deglutì, cercando di ignorare i brutti ceffi che facevano da barriera tra loro e la macchina.
Coraggio, pensò, prendendo Priscilla sottobraccio come per proteggerla.
La ragazza sembrò intuire il suo improvviso malumore, perché si gettò subito occhiate intorno con aria allarmata.
“Non li guardare”, le sussurrò in un orecchio nel momento in cui la vide indugiare su quei tipi.
Troppo tardi.
 
Uno di loro si staccò da gruppo, venendogli incontro con una cicca stretta tra le dita tozze.
“Ce l’hai da accendere?”, disse con un marcato accento romano.
Il suo alito puzzava terribilmente di alcool.
“No”, rispose Raki frettolosamente, passando oltre.
Le sue gambe stavano lottando per non mettersi a correre, ma sapeva che così facendo avrebbero solo attirato ulteriormente l’attenzione.
Ormai mancavano pochi metri alla macchina.
Ancora qualche passo e sarebbero stati al sicuro.
Il ragazzo tirò fuori le chiavi appena gli fu possibile.
Subito, i fari dell’utilitaria lampeggiarono come per salutarlo.
In quel preciso istante, tutto esplose in una miriade di stelle incandescenti.
 
Il ragazzo crollò in ginocchio sull’asfalto, la testa fra le mani.
Qualcosa di caldo e viscoso gli colò lungo la fronte: era sangue.
Sorpreso e dolorante, Raki levò lo sguardo giusto per ritrovarsi circondato dai cinque ragazzi di prima.
Quello con la sigaretta teneva ancora in mano la bottiglia con cui l’aveva colpito.
“Non sopporto che qualcuno mi dica di no”, disse, allungandogli un calcio.
Il ragazzo cadde in avanti.
Il sapore putrido del catrame bagnato gli invase la bocca e le narici.
“Però, bella macchina”, commentò subito uno di loro, entrando nell’abitacolo e iniziando a frugarvi all’interno. “Ehi, boss! Mi sa che questa è la nostra serata buona”.
Il ragazzo con la sigaretta ghignò, fissando Raki con disprezzo.
“Ma sì. Questo finocchio merita una bella lezione”.
 
Al suo fianco, Priscilla sembrava diventata improvvisamente una statua di sale.
I suoi occhi scuri erano spalancati nel vuoto, come se i brutti ceffi che la circondavano fossero trasparenti.
Uno di loro l’afferrò con violenza da sotto il mento, costringendolo a guardarlo in faccia.
“Però, sembri molto carina”, commentò. “Dimmi, come fai a stare con uno come lui?”.
La ragazza restò immobile, la mandibola appena contratta.
“Ho fame”, disse a voce bassissima, a metà strada tra un sussurro e un ringhio.
Alla sua reazione, i suoi aguzzini scoppiarono in una risata sguaiata.
“Non ho capito che cosa hai detto, bambolina”, ghignò, prendendo ad accarezzarle languidamente la guancia.
“LASCIATELA STARE!”, gridò Raki, fuori di sé dalla rabbia e dal terrore.
Era arrivato il momento di sperimentare ciò che gli aveva insegnato Easley.
 
Con uno slancio, il ragazzo si gettò contro il giovane che teneva sotto scacco Priscilla.
La sua mossa sarebbe stata efficace, se non si fosse trovato di fronte ad altri quattro energumeni armati di bottiglie e coltelli.
Una pioggia di colpi gli mozzò il fiato, gettandolo a terra mentre il resto del branco gli si scagliava contro, tempestandolo di calci e pugni.
“Piccolo arrogante!”, ringhiò il capo, premendogli la testa sull’asfalto dopo averlo suonato a dovere. “Ora ti facciamo vedere noi come si comporta un vero uomo. Prendete la ragazza!”.
“NO! PRISCILLA! PRISCILLA!”.
Raki tentò ancora una volta di liberarsi, divincolandosi come un’anguilla, ma la presa del suo aguzzino era troppo forte.
Gli altri quattro afferrarono la ragazza per le spalle, facendola cadere a terra.
I suoi occhi terrorizzati saettavano da uno all’altro, imprigionata tra i loro corpi gonfi di birra.
“Ho fame”, gemette.
“Ho sentito bene?”, disse uno di loro, piazzandosi di fronte a lei. “Ti accontentiamo subito, se è questo che vuoi”.
 
“Vi prego, lei no! LEI NO!”, gridò Raki, disperato.
“Zitto e guarda, vigliacco”, rispose l’energumeno, allungandogli una sberla e tirandogli la testa all’indietro.
Subito, lacrime di rabbia e umiliazione presero a riversarsi sul suo viso.
Era stato tutto inutile.
Ancora una volta, non era stato in grado di proteggere le persone che amava.
In quel momento, i quattro si erano stretti ancora di più a Priscilla.
La ragazza stava rannicchiata sull’asfalto, tremando dalla testa ai piedi.
“Ho fame”, ripeté meccanicamente, la voce rotta.
“Guardala, la piccolina”, sghignazzò quello più vicino, chinandosi su di lei. “Forza, facci vedere cosa sai fare e vedrai che ti tratteremo con tutto rispetto”.
La ragazza rimase impietrita, il tremore sempre più accentuato.
“Ho fame”, sussurrò.
Le sue parole vennero subito troncate da una sberla, che la lasciò senza fiato.
 
Raki non riusciva a vedere niente, ma sapeva che cosa stavano per fare.
Tutto quello che percepiva era solo l’eco della furia cieca che lo stava divorando internamente come un fuoco eterno.
Fino a quel momento, non avrebbe mai creduto che potesse esistere un essere peggiore di uno yoma.
A quanto pareva, si era sbagliato.
Se solo fosse stato più forte, se solo avesse avuto la sua spada…
Se solo fosse stato come Claire.
Avrebbe tanto voluto massacrarli uno per uno, infliggere loro una morte ben più umiliante e peggiore della tortura a cui stavano sottoponendo quella ragazza indifesa, senza che egli potesse fare nulla per aiutarla.
Tutto quello che provava ora era solo odio.
Un odio profondo, inarrestabile, viscerale.
Avrebbe preferito di gran lunga essere un Risvegliato che come loro.
 
“Forse non mi sono spiegato bene, puttana!”, ringhiò in quel momento l’aguzzino in tono minaccioso, afferrandola per i capelli. “Adesso, INGINOCCHIATI!”.
Ma Priscilla non ubbidì.
Per la prima volta, levò spontaneamente il capo su di lui, sostenendo il suo sguardo.
I suoi occhi ora apparivano neri come due notti senza luna.
“Ho fame…”, ripeté meccanicamente “…di interiora”.
Ci fu uno strappo sordo, poi il giovane cadde all’indietro senza un lamento.
Una pozza di liquido scuro prese ad allargarsi dal centro del suo corpo, spandendosi a vista d’occhio mentre questi si contorceva nell’ultima agonia.
 
Priscilla torreggiava su di lui, lo sguardo perso nel vuoto, una mano levata lorda di sangue fino al gomito.
“Che cazzo hai fatto? CHE CAZZO HAI FATTO?!?”, esclamò l’altro, fissando il compagno sventrato con gli occhi colmi di orrore.
La morte lo colse lì dov’era, rapida come la mano che si tuffò repentina nella sua cassa toracica e fuoriuscì dalla schiena prima di essere estratta con un disgustoso risucchio.
Un attimo dopo, anche gli altri due fecero la stessa orrenda fine.
Il sangue caldo zampillò ovunque, colpendo Priscilla in faccia.
Un sorriso beato si delineò sul suo volto nel momento in cui una goccia del liquido caldo si posò sulle sue labbra simile a un bacio.
Lo leccò via lentamente, le gote gonfie di piacere.
 
“Che diavolo sei?”, esclamò l’ultimo rimasto, calciando via Raki come se fosse qualcosa di contaminato e schizzando in piedi.
Priscilla avanzò verso di lui, le mani aperte come per accoglierlo.
Un attimo dopo, il suo braccio sprofondò fino al gomito nel ventre del ragazzo, che cadde a terra con un urlo straziante.
“Priscilla!”, esclamò Raki terrorizzato, finalmente libero.
La ragazza sembrò non udirlo, fissando il suo aguzzino contorcersi a terra in preda agli spasmi di agonia.
L’odore del sangue e delle interiora fumanti sparse sull’asfalto le stavano dando alla testa.
 
Mosse un passo in avanti, come in trance.
Si inginocchiò accanto al giovane, chinandosi su di lui.
Poi tuffò la testa all’interno del suo ventre spalancato.
Non udì mai l’esclamazione di sorpresa e di orrore di Raki, né le urla strazianti della sua preda man mano che strappava e ingoiava le sue viscere, la schiena che le si inarcava di piacere ogni volta che mandava giù quel macabro pasto che si era negata fin troppo a lungo.
Sembrò trascorrere un’eternità quando finalmente levò il capo dai resti di quella misera creatura, la faccia completamente lorda di sangue che le colava fino al petto.
I suoi occhi scuri incontrarono quelli di Raki, sgranati in un’espressione che rasentava la follia.
Poi scoppiò in un pianto disperato.




Lo so, questa volta non mi sono proprio regolata. Sto immaginando le facce di ciascuno di voi. Spero solo che, dopo aver letto questo capitolo, vi rivedrò ancora su questa fanfiction. O peggio, non venga linciata da tutto efp in seduta stante!
Certo, mi consola il fatto che stiamo pur sempre parlando di Claymore e mi soprende che su questo fandom esistano anche fanfiction di rating VERDE * avete tutta la mia stima, sappiatelo! *, però devo ammettere che questo capitolo è stato in assoluto il più sofferto, odiato e contrastato di tutta la mia carriera di pseudo-scrittrice. Davvero. Ho buttato giù e cancellato queste pagine per ben tre volte di fila nell'arco di una settimana e il risultato che vedete è un vero e proprio patchwork dei brandelli migliori presi da questi tre bluff letterari. Non sto scherzando se sono stata tentata più volte di chiudere la storia di punto in bianco. Sul serio. Credo che questo capitolo abbia abbassato la mia autostima già di per sé sotto le suole delle scarpe del 90%.
In ogni caso, se mai decideste di andare avanti con la lettura, sappiate che avete tutti i miei complimenti: questo era in assoluto il capitolo peggiore. Dai prossimi in poi, prometto che avrete più di un'occasione per sorridere, anche se magari vi troverete in una piena crisi di gelosa da parte di una Claymore. Parola di guerriera! XD

Detto questo, passo subito ai ringraziamenti.
Un vero grazie di cuore a mio marito Xephil per tutte le dritte (e le lavate di capo) che mi sta facendo in questi giorni, al fine di consegnarvi un capitolo umanamente leggibile. Un grazie anche alla mia mitica sorellona (o meglio, sorellicchi <3) Angelika_Morgenstern, alle mitiche bienchen, SognatriceAocchiAperti e 92Rosaspina e ai simpaticissimi AlanKall 999DeadNote.
Un grazie anche ai miei numerosissimi lettori silenziosi, sperando che ora non siate scappati tutti :)

Sempre sperando di non ricevere linciaggi di sorta, vi informo che il prossimo aggiornamento tornerà regolarmente di venerdì.
Per sapere se eventualmente sono ancora viva * anche perché bazzico tra Termini e Piazza di Spagna tutti i giorni con l'allarme terrorismo, non so se mi spiego *, vi consiglio di tenere d'occhio la mia pagina Facebook: https://www.facebook.com/LeStorieDiFedra/

Che dire ancora?
Spero che anche voi trascorriate un week end folle come il mio. E, se per caso qualcuno di voi domani si troverà a bordo di un treno diretto a Venezia, guardatevi intorno: io potrei essere benissimo quella seduta al vostro fianco ;)

Un abbraccio, tesori miei, e a presto!
P. S. spero che non ne abbiate se alzo il rating...

Vostra,
Fedra
 
 
 
 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 42
*** Punto limite ***


Quarantadue.
Punto limite
 
 
*

 

 

 

 

Gli occhi d’argento di Rigardo si posarono su ciascuna delle guerriere che lo circondavano da ogni lato, scoprendo i denti con un ringhio.
Il suo sguardo si soffermò infine su Miria, che lo fronteggiava con la spada levata senza tradire un minimo di paura.
“Pfui, cinque guerriere contro di me. Un vero spreco di carne”, commentò con disprezzo. “Credi davvero che allontanando le tue compagne sia un modo per salvarle la vita? Povera illusa! Non appena avrò finito con voi, sarà uno scherzo mettermi sulle loro tracce e massacrarle una ad una”.
“E tu credi che ci lasceremo uccidere tanto facilmente da te?”, rispose Miria di rimando, una luce omicida che brillava nei suoi occhi d’argento. “Troppe vite sono state spezzate a causa tua, questa notte. Adesso pagherai per ciascuna di loro”.
 
Rigardo ringhiò, fissandola con odio.
“Lo sai che cosa penso di te, capitano? Che tu sia tutt’altro che un comandante magnanimo e generoso, ma solo una ragazzina egocentrica ansiosa di sacrificarsi inutilmente. Sono proprio quelle come te a farmi venire ancora più voglia di uccidere!”, ruggì.
“Allora accomodati. Vieni da me”, lo sfidò Miria, fremente di rabbia.
Il grande leone lanciò un tremendo ruggito, facendo tremare l’aria attorno a sé; poi levò una zampa per colpire.
L’improvvisa luce di due abbaglianti lo accecò lì dov’era, costringendolo a schermarsi il muso con le zampe con un gemito di dolore mentre una minuscola Smart bianca irrompeva nell’isolato, parcheggiandosi di traverso davanti a un divieto di sosta.
La note ruggenti dei Rammstein cessarono improvvisamente nel momento in cui Teresa scese elegantemente dalla macchina, estraendo la spada dal sedile anteriore e ponendosi accanto alle compagne.
 
“Che diavolo ci fai qui? Dove sono le altre?!?”, ruggì Miria inferocita.
“Vedi di stare calma, piccola”, rispose la guerriera con un sorriso sardonico. “Le bimbe stanno tutte bene. Ho solo detto loro di tenersi lontane da un campo di battaglia in cui sarebbero state solo carne da macello”.
“Sei impazzita? La città pullula di Risvegliati: chi mi assicura che mentre siamo qui a combattere, questi non ne approfittino per cacciare indisturbati?”.
“Cara Miria, per una volta, cerca di ascoltare i saggi consigli di una vecchietta come me”, l’ex numero 1 si mise in guardia, ma non prima di aver strizzato un occhio a Claire. “Ho un conto in sospeso con questa palla di pelo”.
Davanti a lei, Rigardo ringhiò minaccioso.
“A quanto pare, sono stato troppo delicato con te”.
“Tsk, sono molto più coriacea di quanto credi”, rispose Teresa con un ghigno. “Te la farò pagare cara, per quello che hai fatto a me e alle mie compagne”.
 
Un’esplosione di zanne e artigli seguì le sue parole nel momento in cui il Re Leone dagli occhi d’argento si scagliò contro di loro.
Le prime a essere colpite furono Deneve e Flora, trafitte in più punti dalle orribili protuberanze scaturitesi dalle dita di Rigardo.
Entrambe crollarono esanimi sull’asfalto, il colore scarlatto del sangue che ricopriva le loro divise immacolate.
Helen provò a colpirlo a distanza allungando le sue braccia a dismisura, ma nulla poté contro gli artigli del leone, che le trapassarono il fianco.
Claire fu presa di striscio a una spalla e a una coscia, riuscendo a evitare il peggio attraverso un fendente della sua spada fulminea.
Subito, i suoi occhi si accesero d’oro per lo sforzo.
Il fatto che una preda gli fosse sfuggita bastò ad attirare l’attenzione di Rigardo.
“Bene bene bene. Abbiamo un osso duro, eh?”, commentò prima di gettarsi all’attacco ancora una volta.
 
Il colpo venne intercettato da Teresa, la sua spada piantata nella zampa protesa.
“Eh, no! La mia sorellina non si tocca!”, esclamò furibonda.
Con sua somma sorpresa, l’ex numero 1 si ritrovò letteralmente a gambe all’aria, spinta via con forza da Claire nel momento in cui Rigardo tornò a colpire.
“Stanne fuori!”, ruggì la guerriera. “Non ti permetterò di sacrificarti ancora una volta a causa mia!”.
“Ma sei impazzita? Quel Risvegliato è troppo forte per te!”, esclamò Teresa, furibonda.
Gli occhi di Claire brillarono ancora di più nella notte, mentre la sua bocca si incurvava in una smorfia grottesca, alimentata dallo yoki che lentamente iniziava a fluire nelle sue vene.
“Lo vedremo!”, ringhiò prima di gettarsi all’attacco.
La Spada Fulminea tornò ad abbattersi su Rigardo, ma il Risvegliato era pronto.
“Tsk, troppo lenta”, commentò con disprezzo.
Bastò una sua zampata a fermare il colpo, scagliando via Claire come una bambola rotta.
Il suo corpo attraversò lo slargo prima di andarsi a schiantare contro il palo di un lampione.
 
“CLAIRE!”, ruggì Teresa, fuori di sé. “Questa te la farò pagare cara!”.
“Non ho ancora finito con te, bellezza”, rispose Rigardo, levando la zampa contro di lei.
Il colpo la centrò in pieno petto, scagliandola a terra.
Per Claire, fu come vedere tutto al rallentatore: il movimento del braccio del leone, il corpo di Teresa che cadeva all’indietro, la scia di sangue sospesa a mezz’aria.
Proprio come quel giorno terribile, in cui in qualche modo la sua vita umana era stata spezzata per sempre.
La testa di Teresa troncata di netto, mentre il Risvegliato da un corno solo si levava alto e maestoso sul suo corpo senza vita, la spada dell’ex numero 1 stretta tra le mani per far strage delle sue stesse compagne.
E lei, nascosta impaurita tra i cespugli, che non aveva fatto niente.
Niente!
No, non sarebbe successo un’altra volta.
Si sarebbe fatta uccidere, piuttosto che vedere morire ancora una volta Teresa per colpa della sua meschina fragilità.
Se solo fossi stata più veloce…
 
Nel momento in cui Rigardo levò di nuovo la zampa per colpire, Miria tentò di prenderlo alle spalle.
Subito, i suoi artigli si prolungarono ancora una volta, trapassandole il torso e l’addome in più punti.
La guerriera cadde all’indietro senza un lamento, mentre il grande leone si accingeva a terminare la sua agonia prima ancora che toccasse terra.
Non si accorse della piccola e insignificante Claymore che si era lanciata in una folle corsa alle sue spalle.
Più veloce! Devo essere più veloce!, pensò Claire disperatamente, richiamando a sé tutto il suo yoki.
 
No, questa volta non sarebbe rimasta a guardare.
Si sarebbe Risvegliata, piuttosto che vedere massacrare le sue compagne.
Quel mostro doveva morire!
Più veloce! PIÙ VELOCE!
Vide distintamente la zampa di Rigardo calare su Miria; ancora pochi millimetri e l’avrebbe squarciata in due come le altre.
Non è sufficiente! Più veloce!
E Rigardo sembrava più lontano che mai, come se i suoi piedi fossero improvvisamente diventati pesanti come colonne di cemento armato.
Non era ancora abbastanza.
Di più, di più!
PIÙ VELOCE!
Poi, tutto scomparve in una vertigine di lame, sangue e follia.
 
Rigardo rimase interdetto per una frazione di secondo, il braccio ancora levato.
La spada di Claire era stata più veloce persino del dolore.
Gli ci volle qualche istante per realizzare di non avere più la sua micidiale zampa destra, che giaceva riversa sui sampietrini.
“E questo che cosa significa?”, ruggì.
Il Re Leone levò lo sguardo, fissando la guerriera di fronte a lui.
I suoi occhi dorati fiammeggiavano come due tizzoni ardenti nella notte.
Un ghigno mostruoso deturpava il volto da adolescente di Claire, le zanne ricurve che brillavano alla luce dei lampioni.
Ma non fu quello a far lanciare un grido di orrore alle compagne.
Le sue gambe ora apparivano arcuate, i piedi tramutati in un paio di zoccoli metallici.
 
“Che cosa stai facendo?”, esclamò Teresa, sconvolta.
Ripresosi dalla sorpresa, Rigardo avanzò verso Claire.
“Molto interessante”, osservò. “Hai risvegliato solo le tue gambe. Mi chiedo quanto tempo passerà prima che il processo si estenda a tutto il corpo”.
Claire non rispose, ansimando.
La spada le fremeva appena nella stretta ferrea delle sue dita.
“Le mie compagne…le mie compagne…”, ripeteva meccanicamente, la voce improvvisamente fredda e metallica.
“CLAIRE, NO!”.
La guerriera si lanciò all’attacco, prendendo a massacrare Rigardo di colpi attraverso la tecnica della Spada Fulminea.
Il Re Leone si difese strenuamente, parando ogni fendente con il braccio sinistro, usandolo come se fosse una spada.
Schizzi di sangue viola presero a volare ogni volta che la lama si schiantava contro la sua pelle, senza però scalfirla in maniera decisiva.
 
Claire continuava a sfrecciare attorno a lui, le nuove gambe che si muovevano così vorticosamente da apparire un groviglio senza forma.
“Sei solo un moscerino fastidioso”, commentò Rigardo a un certo punto, colpendola con una potente zampata.
Il corpo della guerriera venne ancora una volta scagliato lontano, volando per una ventina di metri prima di schiantarsi sul vetro della Smart, su cui si aprì un’enorme crepa.
Subito, l’ululato dell’allarme sovrastò il rumore della battaglia.
Per un attimo, la sua velocità incontrollata mi ha messo in crisi, pensò il Re Leone, facendo un passo indietro. Se solo avessi il mio braccio…
“Cercavi questo, per caso?”, disse una voce sarcastica alle sue spalle.
 
Nonostante fosse ferita, Helen aveva ancora la forza di sfoderare la sua migliore espressione da schiaffi, la spada conficcata nel braccio mozzato di Rigardo.
“Sbaglio o eri un guerriero d’attacco?”, commentò, riducendolo a brandelli in meno di un attimo.
Nel notare l’espressione furente del leone, il sorriso della guerriera diventò un vero e proprio ghigno.
“Bingo! Nemmeno da Risvegliato riesci a rigenerarti in fretta”, esclamò.
“Tu, piccola…!”.
Le sue parole vennero troncate dalla nuova scarica di colpi di Claire, che aveva approfittato del suo momento di distrazione per tornare alla carica con maggiore violenza di prima.
“LASCIALA IN PACE! LASCIALA IN PACE!”, ringhiò, accompagnando ogni sillaba da una vera e propria pioggia di fendenti.
Attorno a lei, non vedeva altro che un turbinio di scintille provocate dalla lama della sua stessa spada.
Le sue gambe risvegliate scattavano in tutte le direzioni, completamente fuori controllo.
 
 A ogni scarica di colpi della Spada Fulminea, il suo corpo veniva come sbalzato lontano, per poi tornare indietro con violenza sempre crescente, al pari dello yoki che saliva ogni attimo di più, deturpandole il volto e sviluppandole la muscolatura fino a raggiungere la deformità.
Vene invisibili presero a gonfiarsi lungo le sue braccia, esplodendo in una serie di protuberanze metalliche che ben presto presero la forma di una cresta di lame affilate come rasoi che si spalancarono dal polso fino alla spalla destra, mentre dalla parte opposta la mano si deformò fino a raggiungere l’aspetto di un’enorme chela metallica.
“Ha risvegliato anche le braccia!”, gridò Teresa, facendo per intervenire.
Non avrebbe permesso che Claire si trasformasse in un mostro come Priscilla.
Il suo gesto venne interrotto da una presa ferrea sulla sua spalla.
Nel momento in cui si voltò per lottare, si trovò di fronte agli occhi d’argento di Miria.
Per la prima volta, l’ex numero 1 vi lesse qualcosa di simile al terrore.
“Non possiamo fare niente per aiutarla, Teresa”, disse. “Ormai, questa sarà la sua battaglia fino alla fine. Scusami. So che, se abbiamo fallito, è stato solo per colpa mia”.
“Tu, brutta…”.
 
Teresa avrebbe tanto voluto staccarle la testa di netto, quando improvvisamente un nuovo boato attirò la loro attenzione.
Claire era stata di nuovo sbalzata via, fermandosi ansimante contro la parete mezza distrutta di un palazzo.
“Mi stai solo annoiando”, disse Rigardo in tono di disprezzo. “Non riesci a controllare la velocità delle tue gambe risvegliate e per di più fai un sacco di mosse inutili. Il tuo modo di combattere resta quello di una ragazzina. E il tuo Risveglio anomalo è stato troppo frettoloso. Credo che per te sia giunto il tempo di morire!”.
Il Re Leone levò una zampa per finirla, ma improvvisamente deviò il colpo alle sue spalle, trafiggendo Helen che stava tentando di colpirlo a tradimento.
“Non cadrò due volte nello stesso tranello”, ringhiò, mentre la guerriera si accasciava al suolo stringendosi l’addome trafitto.
Le mie compagne…Le mie compagne…
 
Subito, la Spada Fulminea di Claire si abbatté su di lui, ancora più violenta e assetata di sangue che mai.
Non appena il leone tentò di rispondere, la guerriera prese a danzare attorno a lui con maggiore velocità rispetto agli istanti precedenti.
Ogni volta che schivava un suo colpo, i suoi nuovi piedi riuscivano a contenere la spinta, frenandola e aiutandola a cambiare repentinamente direzione.
“Impressionante”, commentò Rigardo. “Stai imparando a controllare le tue nuove gambe. Mi domando fino a dove ti spingerai, piccola”.
“LASCIA STARE LE MIE COMPAGNE!”, ruggì Claire, gettandosi su di lui con la spada levata e abbattendola sulla sua testa.
Avrebbe continuato in eterno, o perlomeno fino a quando uno dei due non avesse più avuto vita.
Lo yoki stava ormai prendendo il controllo totale del suo corpo e della sua mente, annebbiandole i ricordi e soffocandole la ragione.
 
Ora, tutto ciò che provava non era tanto il desiderio di proteggere le sue compagne.
L’unica cosa che avvertiva era l’istinto di uccidere.
Ogni volta che percepiva la sua spada scalfire la carne sempre più a fondo, il sangue viola che la schizzava sul viso ormai bestiale, la guerriera tornava all’attacco con violenza sempre crescente.
Più colpiva, più voleva colpire.
La sua sete di sangue le dava una frenesia tutta nuova, potente, inarrestabile, simile a un gran fuoco che le bruciava dall’interno espandendosi in tutto il corpo.
Più la sua carne soffriva, contratta dagli spasmi incontrollati del Risveglio ormai in atto, più il suo desiderio di infliggere dolore cresceva, tramutandosi in una vera e propria necessità vitale che sfociava nel più euforico dei piaceri.
 
Le compagne ferite osservavano la scena impotenti, gli occhi terrorizzati.
“Perché lo sta facendo? Perché?!”, singhiozzò Helen, la mano premuta contro il ventre nel tentativo di rigenerare la carne lacerata.
Al suo fianco, Teresa era come impietrita, gli occhi d’argento rigati di lacrime.
“Fermati”, sussurrò disperata. “Ti prego, fermati…”.




Buongiorno, carissimi lettori! :) Come state?
Noto con piacere che siete riusciti a sopravvivere al bagno di sangue della volta scorsa. Tranquilli, per ora abbiamo finito con i capitoli altamente splatter...e ribardisco, per ora!
Nel frattempo, spero che anche quest'ultimo sia all'altezza delle vostre aspettative. Confesso che le scene di battaglia mi mettono sempre un po' in crisi. Per questo, ho rivisto più volte l'anime prima di mettermi a scrivere * per quest'ultima parte mi baserò su di esso prima di tornare al manga *, però vi assicuro che non è affatto semplice come sembra! In ogni caso, scriviamo e leggiamo prima di tutto per diletto, no? Non vincerò il premiop Strega, questo è sicuro, ma perlomeno spero di avervi allietato il pomeriggio :) * ed è questo quello che conta! *

Scommetto che molti di voi si staranno chiedendo: che fine hanno fatto Raki e Priscilla?
Le risposte sono due.
La prima è che in questo momento li sta inseguendo mio marito per tutta casa armato di ben DUE katane (rispettivamente la zampakuto di Ichigo Kurosaki e la Yamato di Vergil)...e vi posso assicurare che in questi giorni è tutto meno che in vena di scherzare, quindi a quei due conviene non farsi prendere XD
La seconda è che lo scoprirete nel capitolo della settimana prossima, per cui preparatevi al peggio!
Ebbene sì, ormai siamo quasi alla fine della prima parte, che saluteremo proprio a ridosso del Natale. Per questo, ho intenzione di mettermi subito a scrivere la seconda * ho già in programma un sabato letterario davanti al caminetto *, così che quando ricominceranno gli esami non correremo il rischio di perdere il nostro appuntamento del venerdì. Sappiate che ho appena finito di vedere Elfen Lied e il mio umore è a dir poco a pezzi, ma ho anche trovato degli spunti apocalittici per il seguito. Dal suo canto, Teresa mi sta invogliando a inserire più scene di cucina casalinga! XD

E ora, diamo al via i ringraziamenti! :)
Un grazie come sempre a mio marito Xephil, la mia sorellona Angelika_Morgenstern, le mie fantastiche SognatriceAocchiAperti e bienchen e i simpaticissimi AlanKall e DeadNote666. Correte a fare un salto sui loro profili, se avete modo ;)
Un grazie anche ai miei lettori silenziosi, sempre presenti :)

E, visto che ci siamo, colgo l'occasione per fare gli auguri di compleanno al mitico AlanKall (anche se con qualche giorno di ritardo).
Un altro augurio grandissimo va a mio marito Xephil, che ha appena compiuto il suo primo anno efpiano: sono fiera di te, samurai! <3
E già che ci siamo, facciamo anche tanti auguri a questa piccola fanfiction, che esattamente un anno fa iniziava a essere messa su carta ;) * e fortuna che doveva durare SOLO dieci capitoli XD *

Il prossimo capitolo tornerà regolarmente venerdì prossimo in giornata :)
Per qualsiasi comunicazione o anche solo per fare due chiacchiere, mi trovate qui: https://www.facebook.com/LeStorieDiFedra/
Auguro a tutti un buon weekend. Mi raccomando, scatenatevi XD

Un abbraccio

Vostra,
Fedra







 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 

 

 

 

 

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Capitolo 43
*** L'ultimo ruggito del Leone ***


Quarantatré.
L’ultimo ruggito del Leone
 
 
*

 

 

 

 

“Raki…Raki, rispondimi! Ascolta, resta lì! Non ti muovere. Sto arrivando…”.
 
Tutto ciò che il ragazzo percepiva era solo una sensazione lontana e ovattata.
Era come se non riuscisse a distinguere il profilo color crema del divano su cui era seduto, i ripiani sistemati alla meglio della libreria, il buon profumo che proveniva dalla bevanda calda che reggeva tra le mani.
Teneva il capo chino, le spalle che tremavano in maniera impercettibile al disotto della morbida coperta che lo avvolgeva.
Il silenzio era rotto dal rumore sordo dell’acqua che scorreva in bagno.
Seduto al suo fianco, Easley gli accarezzava piano la schiena, lo sguardo fisso davanti a sé.
“So cosa provi”, disse piano. “Speravo solo che non lo scoprissi così presto”.
“È uno yoma?”, domandò Raki dopo quella che gli parve un’eternità. “Priscilla è uno yoma?”.
 
“Non è umana, su questo non  ci sono dubbi”, rispose il giovane con calma. “Il termine più adatto per definirla sarebbe Risvegliato. È questa la creatura in cui si trasformano le guerriere nel loro stadio finale”.
A quelle parole, gli occhi del ragazzo si sgranarono ancora di più.
La tazza prese a tremare violentemente tra le sue mani.
“Era una di loro?”, chiese, osando finalmente guardare Easley negli occhi.
“Dunque tu sai”, disse questi.
“Lo stesso dovrei dire di te. Come hai fatto a scoprire della loro esistenza?”.
“Ho lavorato per loro, molti anni fa”, spiegò il giovane, l’espressione improvvisamente triste. “Poi, ho preferito farmi da parte. Credimi se in quegli anni ho visto talmente tanti orrori compiuti per un presunto bene dell’umanità, da averne per tutta la vita. Quando ho incontrato Priscilla, così sola e terrorizzata, non sono riuscito ad abbandonarla al suo destino. Solo io potevo comprendere cosa provava veramente, anche se non posso biasimare coloro che ne avevano paura”.
 
“Ha ucciso altre volte, vero? Lei…si nutre di esseri umani?”.
“Purtroppo, non può fare a meno di questa natura, per quanto provi a reprimerla. Era molto tempo che non mangiava. Riesce a resistere anche per mesi senza toccare cibo, a costo di perdere completamente le forze e portarsi vicina alla morte. Solo che, quando si trova in determinate situazioni, il suo istinto da predatrice prevale su tutto. Anche sulla ragione e la pietà”.
Raki abbassò lo sguardo, mentre nuove lacrime prendevano a rigargli il viso stravolto.
Non riusciva a credere che ogni giorno che trascorreva sulla terra, il mondo attorno a lui diventava sempre più infernale.
Dove era vissuto, fino a quel momento, e che senso aveva tutto quell’orrore senza fine?
E perché tutte le altre persone che conosceva sembravano trascorrere le loro vite in pace e serenità, ignorando completamente ciò che si consumava a pochi passi da loro?
 
“La conoscenza è una benedizione e una maledizione allo stesso tempo”, disse Easley improvvisamente, come indovinando i suoi pensieri. “Tutto ciò che ti resta da fare una volta visto tutto ciò c’era da sapere è accettare la realtà dei fatti o continuare a vivere fingendo di dimenticare. Ma immagino che, per una persona intelligente come te, la seconda scelta sia molto difficile da contemplare”.
“Hai paura di lei?”, domandò Raki.
“È la stessa domanda che si farebbe a chi tiene in casa una tigre addomesticata. Per quanto la educhi a comportarsi bene, resta pur sempre un animale selvaggio pronto a tirare fuori il proprio istinto quando meno te lo aspetti”, spiegò il giovane. “Tuttavia, si può sempre decidere di imparare a conoscere la sua natura. È questa l’unica garanzia che ti permette di gestire una simile creatura. Per sua e nostra fortuna, Priscilla è un Risvegliato molto instabile. Si potrebbe paragonare a un vulcano quiescente. Non sappiamo quando si risveglierà, ma per il momento possiamo dire che è un’innocua ragazza da tenere però d’occhio”.
 
Raki posò la tazza sul pavimento, prendendosi la testa tra le mani.
Possibile che ogni volta che tentava di ricominciare da capo, il mondo sembrava crollargli automaticamente addosso non appena le cose iniziavano ad andare meglio?
“Mi dispiace di essere così brutale con te,”, proseguì Easley “ma temo che, dopo aver scoperto una cosa simile, la franchezza sia la cosa migliore da usare”.
“Che cosa devo fare?”, domandò il ragazzo, che ormai sentiva di aver toccato il fondo.
“Io posso insegnarti a difenderti. Nel mio passato, ho imparato a lottare contro le guerriere che perdevano la testa. È l’unica arma che abbiamo, quando la ragione è diventata ormai cieca e sorda”.
Raki annuì, lo sguardo basso.
Nella stanza accanto, l’acqua della doccia aveva smesso di scorrere.
“Ho bisogno di stare da solo”, disse, levandosi in piedi e uscendo dall’appartamento.
 
*
 
“Più veloce!”, continuava a gridare Claire, ormai completamente fuori di senno. “PIÙ VELOCE!”.
In mezzo al turbinio di colpi, il volto del Re Leone appariva frammezzato da un’esplosione di scintille incandescenti, in mezzo alle quali brillavano i suoi occhi d’argento colmi di ammirazione.
Impressionante, pensò questi mentre osservava quella creatura a metà strada tra un angelo e un demone che gli straziava le carni e spezzava le ossa con la sua spada, la sua furia che sembrava non arrestarsi nonostante fosse ormai arrivata oltre il limite.
Si sarebbe consumata fino alla fine come un mucchio di sterpi divorati dalle fiamme, piuttosto che arrendersi.
Tu sì che sei un avversario degno di me, constatò Rigardo con ammirazione. Era dal giorno in cui ho affrontato in duello Easley il Re dell’Argento che non traevo alcuna soddisfazione nel misurarmi con un nemico. Grazie a te, quella di oggi non è stata la solita caccia, né un semplice massacro volto a soddisfare la mia sete di sangue e violenza. Il nostro è stato un vero incontro.
 
La Spada Fulminea si conficcò ancora più a fondo nelle sue carni.
Sangue viola zampillò ovunque nel momento in cui questa gli amputò gli arti.
Tutto, nella mente di Rigardo, stava tornando a quel giorno lontano, in cui tutto era fiamme e terrore intorno al gigantesco centauro dai dardi mortali.
Il giorno in cui egli aveva deposto definitivamente la sua corona per tornare a essere un numero 2 al fianco del Re dell’Argento.
Non avrei potuto desiderare una fine migliore, pensò mentre gli ultimi frammenti del suo corpo venivano spazzati via dalla furia della lama. Morire guardando negli occhi un grande guerriero.
Poi ciò che restava di lui esplose in mille pezzi, inondando di sangue viola la divisa candida della guerriera in piedi di fronte a lui, i suoi occhi che fiammeggiavano nella notte.
 
*
 
A quell’ora tarda, l’unico rumore della città era il fragore delle macchine sottostanti che si inseguivano sul Raccordo.
Priscilla restò in ascolto, il vento che le spazzava via i capelli dalla fronte.
Non le importava di essere completamente nuda sulla sommità di un balcone, in quella gelida notte d’inverno.
Tutto ciò che desiderava era percepire ancora quell’odore, assaporandolo fino in fondo.
Lo avrebbe riconosciuto fra mille e nulla sarebbe riuscito minimamente a distrarla da quella traccia irresistibile.
E ora, per chissà quale ragione, sembrava essersi fatta più forte e intensa che mai.
 
Priscilla non aveva la minima idea di chi potesse portare addosso quel profumo irresistibile, così dolce da rasentare la nausea.
L’unica cosa che sapeva era che doveva seguirlo.
Trovarlo.
Era sicura che, con esso, tutte le risposte che stava così disperatamente cercando sarebbero arrivate da sole.
Un lieve sorriso si dipinse sulle sue labbra nel momento in cui il vento glielo portò di nuovo a sé, arricciandole in una sottile smorfia di raccapriccio.
 
Da qualche parte, stavano spargendo del sangue.
Una vita finiva, spazzata via da una furia inarrestabile.
Un’improvvisa esplosione di yoki stava rischiarando la notte con tutta la sua orribile potenza.
Era giunto il momento di andare.
Come a un segnale visibile, Priscilla tornò all’interno.
“Dove stai andando?”, chiese Easley, seduto mollemente sul divano.
 
La ragazza non rispose, facendo per abbassare la maniglia della porta e uscire sul pianerottolo.
“Prendi questo, almeno”, disse l’altro, raggiungendola a grandi passi e ponendole il piumino sulle spalle.
Priscilla sembrò non accorgersi neppure di quel gesto, superandolo a grandi passi e infilandosi distrattamente un paio di anfibi senza nemmeno allacciarli, sbucando poi all’esterno.
Nel momento in cui scomparve per le scale, un improvviso gelo parve calare sull’appartamento ormai silenzioso.
“Come temevo”, commentò Easley a bassa voce. “È cominciata”.
 
*
 
Raki non sapeva per quanto tempo avesse guidato.
Si era fermato in quel campo isolato solo nel momento in cui aveva capito che l’orrore e lo sconvolgimento erano tali, da non poter più andare avanti senza correre il rischio di andarsi a schiantare da qualche parte.
L’unica cosa che poteva fare ora era piangere tutte le lacrime che aveva in corpo, sfogando quel misero dolore che trascinava con sé insieme a quella vita ormai vuota quanto assurda.
Mostri.
Ecco tutto quello che conosceva.
Quello che gli era rimasto.
 
Una parte del suo cervello era ancora convinta che tutto quello che stava accadendo fosse il semplice frutto di una brutta allucinazione.
Le urla.
I corpi smembrati di quei tizi.
L’avidità con cui Priscilla aveva divorato loro le interiora.
Già, Priscilla.
Chi l’avrebbe mai detto che quel timido uccellino caduto dal nido fosse in realtà il più spietato dei predatori?
 
Non appena aveva sollevato la testa dal suo orrendo pasto, la ragazza era scoppiata in un pianto disperato.
Era come se ogni singola fibra del suo corpo si stesse rivoltando contro se stessa, in preda a un odio e un orrore senza fine.
Subito, aveva rivolto quelle stesse unghie con cui aveva lacerato e sventrato le sue vittime contro le sue braccia, le sue gambe e il suo volto.
Striature rosse si erano delineate sulla pelle diafana, risanandosi pochi istanti dopo.
Più il dolore aumentava, più la creatura gridava.
 
Raki era rimasto lì, fissandola con lo sguardo impietrito dall’orrore.
Non osava muovere un muscolo.
Che cosa doveva fare?
Era uno yoma o un essere umano?
Nel momento in cui si era scagliata contro quegli uomini, Priscilla si era comportata esattamente come un demone.
Eppure, non si era trasformata come i suoi simili.
Non c’era alcuna traccia di occhi gialli dalla pupilla verticale, di viscide squame verdastre o di mostruose zanne e artigli.
Il suo sangue non era neppure viola come quello degli yoma, ora che lo vedeva brillare vivido alla luce delle stelle, ma di un rosso scarlatto come il più nefando dei peccati.
 
“È questo lo stato in cui si trasformano le guerriere nel loro stadio finale”.
 
Dunque era così?
Era questo ciò che erano condannate a diventare le Claymore una volta superato il loro limite?
Era questa l’orrida natura da cui aveva salvato Claire?
Ed era per questo se quest’ultima aveva sempre tentato di tenerlo lontano da lei?
Già, Claire.
Al solo pensiero, Raki prese a tempestare con furia il volante di colpi, la disperazione che ormai rasentava la follia.
“Coglione! COGLIONE!”, gridò.
 
Quando aveva visto Priscilla in quello stato, succube della sua stessa pazzia, Raki aveva contemplato l’idea di ucciderla.
Stava già strisciando verso il corpo senza vita di uno degli aggressori, facendo per raccogliere da terra una bottiglia rotta.
Sarebbe bastato un colpo ben assestato per metterla fuori combattimento, ne era sicuro.
Poi, era arrivato quell’urlo.
“Mamma! Papà! Fratellino! Sorellina! Dove siete? Papà…PAPÀ!”.
 
Possibile che esistessero al mondo delle persone così poco sane di mente da pretendere di combattere gli yoma in quel modo dissennato, causando altro sangue e altra disperazione?
Perché era questo, quello che vedeva.
Un mostro nel corpo di una ragazzina.
Una ragazzina che, un tempo, era stata felice.
Aveva avuto una vita normale.
Una famiglia che l’amava.
Proprio come lui.
Proprio come Claire.
 
Possibile che fosse questo il prezzo da pagare per combattere quei mostri senza dio?
Diventare a propria volta dei demoni mangiatori di interiora per poi essere uccisi a loro volta?
Che senso aveva, quel circolo vizioso?
Non poteva andare diversamente?
 
“Credimi se in quegli anni ho visto talmente tanti orrori compiuti per un presunto bene dell’umanità, da averne per tutta la vita”.
 
Il suo pugno si abbatté con rabbia sul cruscotto, facendolo tremare.
No, tutto questo doveva finire, in un modo o nell’altro!
Improvvisamente, il suo pianto si arrestò.
Lo sguardo vitreo di Priscilla lo stava fissando da fuori il finestrino, in piedi accanto all’automobile.




Buongiorno a tutti, dame e cavalieri, guerrieri e yoma di tutto il mondo! :) Come state?
Stamattina c'è stato lo sciopero dei mezzi * come ogni venerdì, dato che qui a Roma è ormai un'istituzione *, quindi niente lezione: per questo, ne ho approfittato per aggiornare con qualche ora d'anticipo XD
Dopo gli scorsi aggiornamenti, pieni di sangue e violenza, ci voleva un bello stacco per scoprire che fine hanno fatto i nostri due piccioncini. Per Raki non sarà facile accettare questa nuova realtà, anche se vi consiglio di tenere d'occhio questi suoi ultimi pensieri: come nell'anime, saranno fondamentali per una sua presa di posizione nel prossimo futuro.
Un futuro che presto diventerà un presente da incubo, visto che Claire è ormai più vicina allo stato di mostro che di essere umano. Non auguro a nessuno una scenata di gelosia da parte sua, per di più in questo stato!
E con questo capitolo, ci lascia definitivamente il Re Leone dagli Occhi d'Argento. Nonostante sia un personaggio che sono arrivata a odiare * scrivere infatti del combattimento contro Claire è stato a dir poco da incubo e non sono ancora soddisfatta del risultato, nonostante le critiche positive *, la sua morte mi ha lasciato una certa amarezza. Forse perché, come vi ho detto già altre volte, mi sembra un personaggio lasciato un po' da parte, anche rispetto a quelli secondari. Per questo, ho voluto concedergli una fine non dico piacevole, ma perlomeno dignitosa, rievocando l'ultimo combattimento contro Easley. Spero che abbiate apprezzato questo rapido flash nel suo passato.

Ma adesso passiamo ai ringraziamenti.
Per le recensioni: mio marito Xephil (che ringrazio anche per tutti i consigli per costruire al meglio questi ultimi capitoli da incubo), la mia sorellona Angelika_Morgenstern (ti avverto che devi tornare tutta intera da Monaco, intesi? XD), le mitiche SognatriceAocchiAperti e bienchen e i simpaticissimi AlanKall e DeathNote666.
Grazie anche a tutti i miei lettori silenziosi, nella speranza che un giorno venga anche a loro la voglia di dire la loro :)

Il prossimo capitolo tornerà regolarmente venerdì prossimo in mattinata. E...no, ragazzi, non ci credo: ne mancano solo due alla fine della prima parte! * ce la facciamo ad arrivare a 300 recensioni?...mmmm forse però meglio non azzardare troppo le somme *
Ma non temete, non vi lascerò soli a lungo: il soggetto per la seconda parte è praticamente pronto e nuovi personaggi aspettano di fare la vostra conoscenza XD
Nell'attesa, preparatevi al prossimo capitolo: prometto tanti brividi e tachicardia * sicuramente lo avrete già intuito dalla fine di quest'ultimo *, soprattutto per il pubblico maschile ;) Ma non temete, dolci donzelle e guerriere al par mio: ho infatti notato che, a differenza dei miei precedenti lavori, questa storia pecca un tantino di...come si può dire...belle presenze maschili, ergo nella seconda parte saremo appagate anche noi ;)

Per saperne di più, vi consiglio di fare un salto sulla mia pagina Facebook, fedele diario di tutti i miei lavori in corso: https://www.facebook.com/LeStorieDiFedra/?fref=ts

Detto questo, auguro a tutti un buon ponte dell'Immacolata :)
Voi che farete?
Io, oltre che a farmi la mia sana galoppata domenicale in sella al mio maremmano destriero, credo che sarò ingaggiata come sempre nella decorazione dell'albero monumentale a casa di mio nonno * ormai è un'istituzione, sappiatelo! *, oltre che nella preparazione dei nostri tipici tortelli con la zucca, una prelibatezza mantovana la cui ricetta viene gelosamente tramandata di nipote in nipote ;) Se volete, posso darvi la ricetta: in realtà, sono molto semplici da preparare, se avete una macchina per fare la pasta e un pizzico di pazienza. Se poi riuscite a convincere più d'uno nella preparazione e vi mettete in catena di montaggio con un po' di musica, vi assicuro che può diventare una vera festa! XD
Non s'è capito che mi piace mangiare, eh? ;)

Un abbraccio a tutti voi, gente meravigliosa! :)

Vostra,
Fedra 





 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 44
*** Pietà ***


Quarantaquattro.
Pietà
 
 
*

 

 

 

 

Claire crollò in ginocchio sull’asfalto, la spada stretta tra le mani.
Al disotto del caschetto da adolescente, il suo volto appariva ormai irriconoscibile, sfigurato dai tratti ferini e la bocca irta di zanne contratta in una smorfia di dolore.
I suoi occhi color oro fiammeggiante brillavano di una luce omicida, bestiale.
Il suo corpo era avvolto da un’accecante aura azzurra, che crepitava e aumentava di intensità a ogni suo respiro carico di agonia.
 
“Claire!”.
Teresa mosse un passo verso di lei, il volto d’angelo rigato dalle lacrime.
“Ti prego, torna indietro!”.
Ma Claire non poteva udire nient’altro al di fuori della sua stessa rabbia, che ormai esplodeva in ogni direzione.
Il furore stava consumando ogni singolo frammento di ciò che restava della sua natura umana, trasformandola in un mostro attimo dopo attimo.
“È troppo tardi, Teresa”, disse improvvisamente la voce di Miria. “Mi dispiace. Eppure è stato proprio questo gesto sconsiderato a salvare tutte noi”.
Il potente manrovescio la colpì in pieno volto, mozzandole il fiato.
 
Subito, le braccia di Helen si serrarono attorno a quelle di Teresa, immobilizzandola.
“Si può sapere che ti salta in mente?”, esclamò.
“Lasciami stare!”, gridò l’altra, fuori di sé dalla rabbia. “Non so che farmene dei vostri encomi! La mia sorellina sta morendo e voi ve ne state qui a guardare! Siete solo delle cagasotto senza palle!”.
“Teresa, ti prego!”.
“No,”, intervenne Miria, un rivolo di sangue che le colava dal naso “lasciala andare”.
“Ma…”.
“Obbedisci, Helen!”.
 
La guerriera mollò la presa sulle braccia di Teresa, che si scostò da lei con un violento spintone.
“Hai ragione”, disse la numero 6, visibilmente afflitta per quanto stava accadendo. “La strage di stanotte è stata tutta colpa mia. Alla fine, sono stata io a trascinarvi in questo mattatoio. Mi dispiace, non sono la buona comandante che avrei voluto essere”.
“Risparmia i tuoi discorsi da Cicerone. Sei pessima come avvocato quanto come capitano”, la interruppe Teresa bruscamente, muovendo un altro passo verso Claire. “Non c’è più tempo per parlare. È giunto il momento che ciascuna di noi si prenda le sue responsabilità. Proprio come ho fatto io, tanti anni fa. Ammesso che voi abbiate abbastanza fegato dallo smettere di aggrapparvi a uno stupido numero per sentirvi qualcuno”.
“Teresa, no! È pericoloso!”, gridò Helen.
Ma l’ex numero 1 non la degnò nemmeno di uno sguardo.
 
In quel momento, non aveva nient’altro che Claire.
Poco le importava se questa le avrebbe fatto saltare la testa come era accaduto con Priscilla.
Per lei, la sua unica ragione di vita dal giorno in cui aveva giurato di proteggerla, era disposta a compiere anche la follia più impossibile pur di riportarla indietro.
Di rivedere di nuovo quel sorriso limpido brillare sulle sue labbra da bambina.
Di salvare la sua assurda vita inumana.
“Mi occuperò io di te. Vivremo una vita felice, te lo prometto!”.
Teresa si fermò accanto a Claire, il suo corpo avvolto dall’esplosione di yoki che la stava portando ormai sull’orlo del Risveglio.
“Claire”.
 
La compagna non la udì, la voce ormai ridotta a un ringhio agonizzante.
“Claire”.
Lo yoki ormai si levava alto sulle case, simile a un’alta pira di fiamme azzurre che si apprestavano a trascinare quell’anima dannata nel profondo dell’inferno.
Il quartiere appariva asserragliato in un silenzio innaturale, gonfio di morte, rotto solo dal cupo risuonare dell’allarme della Smart fracassata.
“Claire!”.
La guerriera levò lo sguardo verso Teresa, gli occhi dorati colmi di lacrime.
“Te…Teresa…”, mormorò, allo strenuo delle forze. “Non riesco…più…a tornare indietro. Ti prego, tagliami la testa…voglio morire da umana…”.
In tutta risposta, la compagna denudò la spada, piantandola con rabbia sull’asfalto ai suoi piedi.
 
“Puoi scordartelo, sorellina!”, gridò. “Preferisco affrontarti come Risvegliata piuttosto che privarti della vita! Adesso smettila con questi discorsi assurdi e torna indietro. So che puoi farlo!”.
Claire scosse la testa, la voce spezzata dal pianto.
“Non ci riesco, Teresa! Uccidimi, ti prego!”.
“Non dire cazzate! Ti rendi conto che ti stai abbassando al livello di una come Priscilla?”.
A quelle parole, l’altra sgranò gli occhi come se fosse stata colpita da una frustata.
Le sue narici fremettero.
I suoi sensi, acuiti dal Risveglio, avevano percepito un odore che conosceva fin troppo bene.
Priscilla…
Sì, era Raki, ne era sicura.
L’unico a essere riuscito a salvarla da un vero e proprio Risveglio già una volta.
 
“Priscilla”, ringhiò, la ragione ormai offuscata da quella nuova, bestiale follia.
Teresa batté le palpebre, raccogliendo la spada d’istinto.
“Che cosa hai detto?”.
“PRISCILLA!”.
Con un ruggito di rabbia, Claire schizzò in alto, raggiungendo la sommità di un palazzo e prendendo a correre a perdifiato di tetto in tetto, gli occhi che fiammeggiavano nell’oscurità.
“Oh, no!”, esclamò Helen, sconvolta. “E adesso dove va?”.
“Merda”, ringhiò Teresa, precipitandosi verso la Smart.
“Che cosa è successo?”, gridò Miria.
“Ha detto Priscilla”, rispose la guerriera, spalancando la portiera e spegnendo l’allarme con un cazzotto. “Se mia sorella ha le turbe adolescenziali in ritardo, è mio compito fermarla!”.
 
“Vengo con te!”, intervenne Helen con decisione. “Sono l’unica rimasta più o meno incolume e credo che, in una situazione del genere, due guerriere siano meglio di una”.
Miria annuì, lo sguardo serio e determinato.
“Appena la rigenerazione sarà terminata, vi raggiungeremo immediatamente sul campo”, disse.
“Risparmiati lo stress, boss”, la interruppe Teresa, saltando nell’abitacolo e inserendo le chiavi. “Per questa volta, hai fatto fin troppi danni”.
Subito, le schitarrate rock tornarono a irrompere dall’autoradio.
“Figo! Sei una fan dei Rammstein?”, non poté fare a meno di esclamare Helen, facendo le corna.
“Questo non è il momento di scherzare”, tagliò corto l’altra, abbassando il volume per la prima volta da quando aveva preso la patente. “Voglio vedere con quale coraggio ci fermerà la Polizia Stradale!”, aggiunse, indugiando sul parabrezza crepato.
E partì rombando nella notte.
 
*
 
Raki restò immobile, fissando il profilo spettrale di Priscilla in piedi di fronte alla macchina.
Il sangue gli si congelò nelle vene nel momento in cui questa allungò una mano verso la portiera, facendola scattare.
Una folata di vento gelido accompagnò il suo ingresso nell’abitacolo.
La Risvegliata si sistemò sul sedile anteriore, fissando il ragazzo con i suoi grandi occhi scuri e tristi.
Raki si irrigidì sullo schienale, incapace di muovere un muscolo per il terrore.
Era come se in macchina fosse appena entrata una tigre del Bengala pronta a farlo a fettine.
Priscilla lo fissò per un tempo interminabile, le narici che fremevano appena a ogni suo respiro.
 
Poi reclinò appena il capo, sussurrando:
“Mi dispiace”.
Il ragazzo restò basito per qualche istante, sondando il peso delle sue parole e quell’atteggiamento di nuovo fragile e mansueto.
O almeno così sembrava.
“Ti…ti dispiace?”, osò balbettare, il viso ancora umido di lacrime.
Priscilla si accostò ancora di più a lui, lo sguardo più triste che mai.
“Ti ho fatto paura?”, chiese.
Raki annuì.
“Uno yoma ha ucciso i miei genitori e due delle mie amiche più care”, si decise a rispondere. “Secondo te, come mi dovrei sentire dopo quello che ho visto?”.
 
Priscilla annuì.
“Yoma”, ripeté piano.
Detto dalle sue labbra, aveva come il suono magico di una parola sconosciuta pronunciata per la prima volta.
“Non so perché lo faccio. È come…irresistibile”, disse, lo sguardo perso nel vuoto. “Ho provato a mangiare altre cose, ma il cibo degli umani non mi sazia. Io voglio quello”.
La sua bocca si contrasse in un singhiozzo.
“Ti giuro che mi fa orrore, quello che sono!”, gridò, portandosi di nuovo le unghie al volto come per sfigurarlo. “Odio la mia natura, odio quello che faccio, odio me stessa! MI ODIO!”.
Raki non seppe mai perché in quel preciso momento si slanciò in avanti, bloccandole i polsi e costringendola ad allontanare le mani dal viso.
I suoi occhi arrossati di pianto lo fissarono in un’espressione a metà strada tra il disperato e lo spaventato.
 
“Non voglio che ti fai altro male”, le ordinò, la voce improvvisamente ferma. “Sono stufo di vedere gente soffrire per questa storia. Ho dovuto assistere alla morte delle persone che amavo senza che lo meritassero. Altre sono state consumate dallo stesso male che ti divora. Nei miei occhi, non c’è altro che orrore e disperazione. Tutto questo per colpa di forze che non riusciamo né a comprendere, né a gestire. Non ha senso, continuare ad alimentarle. Per questo, smettila di colpirti. Tanto non risolvi niente”.
La bocca di Priscilla si contrasse in un’espressione addolorata, mentre nuove lacrime prendevano a solcarle il viso.
“Raki”, mormorò, cedendo finalmente alla sua presa e abbassando le mani.
Il ragazzo trasalì, interdetto.
Gli suonava strano sentire il suo nome pronunciato da lei, specie con quel tono sognante, come se stesse parlando a un altro.
 
“Le tue parole sono diverse”, aggiunse Priscilla. “Tu sei diverso. Hai un odore diverso. E io non capisco”.
Si rannicchiò ancora di più sul sedile, abbracciandosi le ginocchia.
“Da quando sei arrivato, nulla è più stato come prima. Io sono cambiata. Mi sento meno sola, quando sono con te. Non riesco a odiare”.
I suoi occhi spaventati si levarono verso Raki.
“Credimi, era da molto tempo che non mi nutrivo. Io riesco a resistere. Preferisco indebolirmi fino allo stremo delle forze, piuttosto che dover vivere di nuovo quanto accaduto stanotte”.
Al solo ricordo, i singhiozzi tornarono a turbarle il viso.
“Ma poi, quando ho visto quegli umani che ti picchiavano, io…”, si portò una mano al volto. “Ho perso la ragione. Non mi importava cosa mi avrebbero fatto. Tutto ciò che sentivo era il tuo dolore, la tua paura. Dovevo farli smettere. Era l’unico modo che avevo”.
 
Si strofinò il volto con il dorso della mano, tornando poi a fissare il ragazzo con aria afflitta.
“Lo so, adesso hai paura di me. Lo sapevo che dopo non mi avresti più voluta. Ma sappi che l’ho fatto perché volevo che fossi al sicuro. Io non permetterò mai che qualcuno ti faccia del male. Sei importante, per me”, sussurrò.
A quelle parole, gli occhi di Raki si sgranarono per la sorpresa.
Possibile che attraesse i demoni in quel modo?
“Vuoi tenermi con te e poi divorarmi?”, domandò, i brividi che lo scossero da capo a piedi.
In tutta risposta, Priscilla si avvicinò improvvisamente a lui, un’espressione serena dipinta sulle labbra appena dischiuse.
Un attimo dopo, le poggiò delicatamente su quelle del ragazzo, sfiorandole nel bacio più dolce e casto che avesse mai ricevuto.
 
Raki sgranò gli occhi per la sorpresa.
Era successo tutto senza preavviso.
Come con Gaia.
Come con Claire.
Poi, avvertì la mano di Priscilla appoggiarsi sul suo petto e scendere lentamente verso il basso, accarezzandogli dolcemente il torace fino ad arrivare al suo ventre morbido e caldo.
Il ragazzo si irrigidì, avvertendo quella delicata pressione, dannatamente piacevole quanto pericolosa.
Priscilla gli rivolse un sorriso languido, come per rassicurarlo.
Poi, slacciò lentamente la zip della giacca a vento, sollevandogli prima la felpa e poi la maglietta che vi teneva sotto.
Il contatto delle sue dita gelide sulla sua pelle nuda lasciarono sfuggire al ragazzo un’esclamazione di pura sorpresa e terrore.
 
Il sorriso di Priscilla diventò più serafico che mai, tornando a sfiorare ancora una volta le sue labbra irrigidite, l’indice che gli percorreva l’addome dal fianco all’ombelico, tracciandovi cerchi invisibili prima di tornare indietro.
Era come se quel contatto la mandasse in estasi.
Terrorizzato, Raki serrò gli occhi, aspettandosi di avvertire le sue unghie smetterla di giocare con lui e penetrargli finalmente nella carne, strappando e lacerando fino ad arrivare alle interiora.
Avrebbe tanto voluto gridare, dimenarsi e fuggire, ma i suoi muscoli erano come paralizzati.
Del resto, quelle coccole così bizzarre e malate erano quasi piacevoli.
Forse, era destino che la sua morte fosse così: assurda, dolce, atroce.
Era come se volesse rendergli quel momento meno doloroso possibile, una piccola e perversa grazia che gli stava concedendo prima di riempirsi le fauci.
 
Con un sorriso languido, Priscilla, gli sfiorò la gola con le labbra, scendendo con il capo fino alla pancia.
Raki prese a tremare e sudare freddo in maniera incontrollata, serrando le dita sul sedile e mordendosi le labbra a sangue.
Lo sapeva, stava per farlo.
Avvertì il contatto umido delle sue labbra percorrere la stessa strada aperta dalle dita e fermarsi all’altezza dell’ombelico, baciandolo dolcemente.
Poi, con sua somma sorpresa, Priscilla tornò su, accarezzandogli il viso teneramente.
“Visto? Io non ti farei mai del male”, disse sorridendo, il volto più vicino che mai a quello di Raki. “Sei troppo importante per me. Non voglio tornare di nuovo triste”.
Una scarica di adrenalina si inerpicò su per la spina dorsale del ragazzo, il sangue che sembrava aver preso di nuovo a circolare regolarmente all’interno del suo corpo.
Non riusciva a crederci: era ancora vivo!
 
Forse fu proprio l’euforia che seguì quella consapevolezza a spingerlo a tuffarsi nuovamente tra le labbra di lei, che gli aveva cinto il collo con le braccia e l’aveva attirato a sé.
Non appena percepì di nuovo quel contatto umido, la sua vista esplose in mille stelle incandescenti.
Il ragazzo la circondò con le braccia, percorrendole la schiena con le mani e lasciandosi andare a quel contatto folle.
Forse, una volta giunto al culmine dell’estasi, Priscilla lo avrebbe comunque ucciso, ma poco gli importava.
Se questi dovevano essere davvero gli ultimi istanti della sua vita, voleva viverli appieno, senza scappare a nascondersi.
Voleva dimostrarsi finalmente un uomo, capace di stringere a sé la propria donna, per quanto mostruosa, e amare senza timore.
 
Voleva lasciarsi trascinare da quei sentimenti che fino a quel momento aveva represso con furia dietro ai suoi assurdi sensi di colpa.
Tanto, che cosa aveva da perdere?
Non gli restava più nulla là fuori, eccetto quella vecchia scatola di metallo della sua macchina e la ragazza che in quel momento si trovava avvinghiata al suo corpo.
Le sue mani si posarono timidamente sui suoi fianchi e osarono risalire il suo corpo fino a sfiorarle i seni, ogni singola cellula della sua pelle che sembrava esplodere a ogni centimetro conquistato.
Davvero l’amore era così piacevole?
E anche così dannatamente pericoloso?
Il ragazzo aprì per un attimo gli occhi, colto dall’improvviso desiderio di guardare in faccia quella creatura che lo stava conducendo alla più grande beatitudine attraverso il più orrido degli inferni.
Poi trasalì, con la sensazione di avere lo stomaco piantato in gola.
Gli occhi gialli di Claire brillavano come due fari nell’oscurità, in piedi di fronte alla macchina parcheggiata.




Buongiorno, gente meravigliosa! :)
Aaaaah, che bello poter restare a casa di venerdì: svegliata tardi, abbigliamento casual ultramorbido per girare comodamente per casa e soprattutto un nuovo capitolo da aggiornare! XD
Lo so, io non riesco a far avere una storia d'amore NORMALE ai miei personaggi. E, qualora l'avessero, prima devono subire non so quante legnate prima di godere un po' di meritata privacy. Qualcosa mi dice che non sono mai stata un tipo da harmony, nonostante la mia vita sentimentale!

Nello stesso momento, mentre a Raki è appena venuto un mezzo infarto * ma comunque si è svegliato, era ora! *, qui fuori c'è qualcun altro che se la sta passando un po' meno peggio. Certo, Teresa sta facendo di tutto per aiutare Claire a tornare indietro, ma purtroppo ha toccato il tasto peggiore per farla incazzare ancora di più, visto che ormai dà retta solo ai suoi istinti più bestiali! Vi lascio immaginare che cosa succederà nel prossimo capitolo...
E no, non ho intenzione di scrivere una scena simile a quella del penoso finale dell'anime, anche se la sensazione di vuoto che immagino avrete quando lo leggerete sarà molto vicina ad esso. Ebbene sì, perché il prossimo sarà l'ultimo capitolo della Prima Parte, ma non disperate: come regalo di Natale, cominceremo subito con la seconda!
Ho già iniziato a spoilerarvi qualcosa su Facebook, quindi tenetevi pronti: di certo non ho alcuna intenzione di abbandonarvi così presto! XD
Piuttosto, ringraziate quel gran capoccione di mio marito Xephil che ha tanto insistito per darmi spunti per allungare il brodo, altrimenti con questa fic ci saremmo dovuto già salutare da un pezzo e per di più con un finale tutt'altro che lieto! ;)

A proposito di ringraziamenti...
Un grazie come sempre ai miei recensori incalliti: mio marito Xephil, la mia adorata bienchen (lo so, ti sto traviando con questi demoni scatenati: perdonooooo!) e gli immancabili AlanKall e DeathNote666.
Un saluto anche a tutti i miei lettori silenziosi, ovunque vi troviate ;)

Dunque, come già accennato, il prossimo aggiornamento sarà venerdì prossimo * ma tenete comunque d'occhio Efp, perché potrei anche anticiparlo a giovedì sera per una serie di impegni *
In ogni caso, vi consiglio come sempre di tenere d'occhio la mia pagina Facebook: https://www.facebook.com/LeStorieDiFedra/?fref=ts

Un bacione e a presto!
* e adesso, corro anch'io a fare un po' di regali di Natale XD *
Vi voglio bene :)

Vostra,
Fedra

 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 45
*** Giuda ***



 
Quarantacinque.
Giuda
 
 
*

 

 

 

 

Claire rimase come congelata, il suo campo visivo completamente occupato dalla vista dei due corpi avvinghiati.
Una furia cieca prese a risalirle lungo la gola, sfociando nella disperazione nel momento in cui si rese conto che il ragazzo che aveva sorpreso tra le braccia di un’altra era proprio Raki.
“Pri..scillla”, ringhiò, la voce ridotta a un sibilo minaccioso nel momento in cui levò la spada alta sopra la testa. “Tu, avevi promesso…”.
Nel vedere Claire ridotta in quello stato, il corpo orrendamente sfigurato dal demone che lottava per uscire da lei, Raki emise uno squittio di terrore.
“No”, gemette, incapace di constatare l’inevitabile.
Al suo fianco, Priscilla si irrigidì come una statua, le narici dilatate al massimo.
“Teresa!”, ringhiò, lo sguardo perso nel vuoto come se fosse in trance.
 
Un attimo dopo, la spada di Claire si abbatté sul parabrezza, mandandolo in mille pezzi insieme alla lamiera che ricopriva il tetto della macchina.
I vetri schizzarono in tutte le direzioni, inondando i due di una pioggia affilata.
Raki provò l’istinto di fare da scudo a Priscilla con il suo corpo, stringendola a sé e schermandole la testa con la mano, su cui si aprì immediatamente un profondo taglio.
La cosa sembrò aumentare ancora di più la rabbia di Claire.
Il suo corpo prese a tremare in maniera innaturale, mentre lo yoki le creava tutto intorno un’aureola di crepitante luce azzurra.
“Priscilla!”, ringhiò ancora una volta.
Stretta tra le braccia di Raki, la ragazza prese a tremare vistosamente.
Come quando, molti decenni prima, Teresa aveva levato la spada su di lei per ucciderla.
 
Claire saltò sul cofano della macchina, preparandosi a colpire.
“Tu, lurida puttana!”, sibilò. “Io ti ucciderò”.
“NO!”.
In quel preciso istante, Raki aveva scansato Priscilla con un uno strattone, ponendosi tra lei e la spada di Claire.
I suoi occhi si colmarono di tristezza nel vederla ridotta in quello stato.
Le lame che si inerpicavano su per le braccia non gli provocavano alcuna sensazione al di fuori dell’immenso dolore per averla persa per sempre.
Ora, anche lei era diventata un mostro come Priscilla.
Un mostro che, a differenza dell’altra, non avrebbe esitato a uccidere.
“Fatti da parte, Raki!”, gridò Claire, la voce rotta dalla rabbia.
 
“No!”, supplicò lui, osando guardarla dritta negli occhi. “Ti prego, fermati! Lei è esattamente come te, Claire! Ha sofferto tanto e ancora soffre per via della sua natura. Che cosa risolvi a ucciderla? Se lo fai, diventerai un mostro come tutti gli altri! Per favore, non farlo! Non se lo merita. Se solo potessi spiegare…”.
“Te l’avevo detto, sei solo d’intralcio!”, ruggì Claire, fuori di sé dalla rabbia.
Era come se qualcosa, rimasto sospeso tra i due per tutto quel tempo, si fosse spezzato improvvisamente, lasciando dietro di sé solo una scia di sangue e follia.
Ora, tutto quello che Claire aveva era la sua irresistibile voglia di uccidere.
Le sue braccia scattarono in avanti al pari della spada, trafiggendo e lacerando.
Le ci volle un’ultima frazione di lucidità per rendersi conto che il pezzo di carne che teneva infilzato tra le sue stesse mani altri non era che Raki.
 
Il suo sangue si spandeva sul sedile dell’auto, la testa ciondoloni sul petto in un ultimo rantolo di agonia.
Sentendosi colpire dal liquido scuro che fuoriusciva dalle sue ferite, Priscilla sgranò gli occhi come un’invasata, un grido senza suono dipinto sulle sue labbra.
“TERESA!”, gridò disperata. “Hai ucciso…hai ucciso!”.
Claire si liberò del corpo di Raki con un solo strattone, scagliandolo a terra e preparandosi a colpire nuovamente.
“Me la pagherai cara, brutta troia!”.
In quel preciso istante, un boato sordo seguito dalla luce accecante di due fari squarciò la notte.
 
Teresa non spense nemmeno il motore nel momento in cui balzò fuori dall’auto, seguita a ruota da Helen.
Entrambe levarono le spade.
“Si può sapere che ti salta in testa?”, tuonò la prima, raggiungendo Claire con decisione.
Poi i suoi occhi d’argento si posarono sul corpo esangue di Raki.
E sulla ragazza tremante che tentava invano di nascondersi tra i sedili della macchina, gli occhi sgranati dal terrore.
“Oh, merda, merda, MERDA!”, esclamò l’ex numero 1 scagliandosi in avanti, le labbra contratte nel vano tentativo di soffocare la pioggia di bestemmie politeiste che le vennero in mente in quel momento.
Nonostante la minacciosa aura azzurra che circondava il suo corpo, Teresa cinse con decisione la vita di Claire, scardinandola a forza dal cofano della macchina.
 
“Helen, RITIRATA!”, ordinò, mentre la compagna prendeva a dimenarsi come una furia sotto la sua presa.
A pochi metri da loro, il corpo di Priscilla aveva preso a tremare impercettibilmente.
“Salta in macchina, metti in moto e scappa! Noi ti raggiungiamo!”, gridò Teresa in direzione di Helen.
“Ma…”.
“Ho detto VAI! Se restiamo qui, moriremo tutte!”.
La guerriera lanciò un’occhiata titubante a Teresa, poi i suoi occhi caddero sulla ragazzina che si trovava ancora incastonata tra le lamiere dell’auto.
Un’espressione di puro terrore increspò la sua bocca larga.
“Oh, porca puttana!”, esclamò, precipitandosi nella Smart e dando gas al massimo come se avesse il Demonio in persona alle calcagna.
 
Stretta tra le braccia di Teresa, gli artigli piantati nella sua spalla fino a farla sanguinare, Claire non riusciva a staccare gli occhi da Priscilla, il cui profilo si faceva sempre più piccolo man mano che la compagna si allontanava di corsa nella distesa di campi e cantieri abbandonati.
Una smorfia di dolore contrasse il suo volto man mano che ciò che rimaneva della sua coscienza le rovesciava addosso la consapevolezza di ciò che aveva appena fatto.
“Raki”, mormorò tra le lacrime. “Raki…”.
“È tutto finito, sorella. Andiamo via”, disse Teresa con decisione.
La compagna si avvinghiò ancora più salda a lei, un grido di disperazione che si scaturì dalla sua gola.
“RAKI!”.
“Non puoi fare più niente, per lui. Ѐ morto”.
In tutta risposta, Claire prese a dimenarsi con maggiore furia contro di lei.
 
“Che cazzo dici!?! Lasciami andare! Lasciami, brutta troia!”.
Teresa si arrestò di colpo, come fulminata.
Si era aspettata di tutto.
Meno che questo.
Subito, lasciò cadere la compagna a terra, mettendosi in guardia.
“Vuoi affrontarmi, vero? Darmi tutta la colpa per quello che è successo solo perché non puoi fare nulla per evitarlo?”, esclamò.
Claire rimase immobile, il respiro sempre più affannoso.
Teresa ringhiò, scagliandosi in avanti e atterrandola.
Ora o mai più: doveva approfittare di quello stadio intermedio in cui Claire sarebbe stata troppo presa dall’apatia e dallo shock per colpire.
 
“Guardami!”, disse prendendole il volto tra le mani, lottando per non piangere alla vista dei suoi occhi fiammeggianti. “Non mi riconosci più? Sono io, Teresa! La persona per cui hai rinunciato alla tua vita umana e hai rincorso fino a qui lottando contro tutto e contro tutti pur di restarle accanto. Ha senso mollare oggi, lasciando sola la tua sorellona che ha gentilmente accettato di farsi riattaccare la testa solo per trascorrere l’eternità con te? Mi deludi, così. Per favore,”, la sua voce fino a quel momento dura si incrinò improvvisamente “torna indietro”.
Claire sgranò gli occhi, nel momento in cui una calda lacrima si posò sulla punta del suo naso e le colò lungo la guancia.
Chi era quella donna dal volto d’angelo che in quel momento occupava il suo campo visivo?
“Te…resa…”.
 
Proprio nel momento in cui stava per perdere la sua umanità, i ricordi le piovvero addosso come la più violenta delle tempeste.
Rivide quel volto tornare a sconvolgere l’orrore della sua vita, uccidendo uno a uno gli yoma che la tenevano prigioniera.
Il momento in cui l’aveva seguita disperatamente nel bosco, aggrappandosi a lei come unica speranza di vita in mezzo al nulla in cui era sprofondata.
Ricordò la dolcezza del suo abbraccio che la proteggeva, il vago profumo di zucchero e pasta per il dolce sui suoi capelli quando il puzzo del sangue svaniva, la dolcezza della sua voce irriverente.
“D’ora in avanti, questa bambina diventerà la mia unica ragione di vita. Non ho più bisogno dell’Organizzazione, né l’Organizzazione avrà più bisogno di me. Considerala come una richiesta di dimissioni”.
 
Improvvisamente, Claire non era più il mostro assassino dagli occhi fiammeggianti in cui si era trasformata.
Era di nuovo una gracile ragazzina di tredici anni, le lunghe gambe ossute e la frangetta castano chiaro sotto cui sbucavano due grandi occhi verdi.
Il suo corpo esile era stretto tra le braccia di Teresa, il suo porto sicuro, la sua salvezza.
Aveva detto che sarebbero fuggite insieme, che avrebbero vissuto una vita felice senza più sangue e violenza.
“Mi occuperò io di te. Vivremo una vita felice, te lo prometto!”.
“Teresa!”.
“Non mollare, Claire! Ricordati,”, la voce della compagna sembrò arrivare da molto lontano “dobbiamo tornare in Austria, nel nostro chalet. Faremo tante passeggiate, staremo nel verde, lontano da tutti. Io non mi rimangio mai una promessa, lo sai. Lo sai!”.
 
Lacrime di commozione apparvero agli angoli dei suoi occhi d’argento, di nuovo sul suo viso da immortale adolescente.
Teresa occupava ancora il suo campo visivo, accarezzandole il volto con la dolcezza di sempre, nonostante apparisse visibilmente sconvolta.
Erano di nuovo insieme, nonostante tutto attorno a loro fosse soltanto orrore e morte.
“Teresa”, la chiamò Claire, levandosi di scatto per stringerla ancora una volta tra le sue braccia.
La compagna ricambiò l’abbraccio, scoppiando in un pianto silenzioso sulla sua spalla.
“Lo sai che non mi devi far preoccupare in questo modo!”, esclamò, a metà strada tra l’arrabbiato e il sollevato.
“Mi dispiace, scusami!”.
“Lo so, è tutto finito! Tutto finito…”.
 
Claire levò lo sguardo oltre la sua spalla.
Attorno a loro, i campi della periferia romana riposavano nel loro gelido sonno simile alla morte.
Roma, la città in cui era nata.
La città in cui era morta.
La guerriera chiuse gli occhi, appoggiando il capo sul petto di Teresa.
Il suono ritmico del suo cuore ibrido fu l’unica cosa che le ricordò di essere ancora viva, nonostante tutto.
“Portami via di qui”, fu tutto quello che riuscì a dire.
Teresa sorrise, sollevandola tra le braccia e allontanandosi nella notte.
“Andiamo, sorellina”, disse. “Abbiamo molte cose da fare”.
 
*
 
Un’alta figura osservava la città dall’alto, il vento gelido proveniente da nord le scompigliava i lunghi capelli biondi sciolti sulle spalle.
“Anche l’ultimo yoki è sparito”, disse a un certo punto, rivolta alla figura vestita di nero in piedi alle sue spalle.
“La Risvegliata è stata abbattuta?”, domandò questi con calma.
“Non c’è più traccia del suo yoki. Quindi la battaglia è finita”, ripeté Galatea con una leggera punta di impazienza nella voce.
 
“Molto bene”, concluse l’uomo con un’espressione machiavellica dipinta sulle labbra. “Torna laggiù e finisci il lavoro. Che nessuno sia in grado di raccontare ciò che è accaduto questa notte”.
La guerriera batté i tacchi seccamente, facendo per discendere dalla rampa di scale che l’avrebbe condotta nel cuore dell’Urbe.
Non era ancora sparita, quando la voce del suo capo la richiamò all’ordine.
“Considera che qualunque presa di iniziativa da parte tua sarà considerata alto tradimento”, ribadì.
In tutta risposta, Galatea gli rivolse un lieve sorriso.
“Sarà fatto”, rispose prima di sparire simile al più silenzioso e letale dei fantasmi.
 
 
 
Fine
Prima Parte
*



 
Ebbene sì, questo è proprio l'ultimo capitolo :'(...per ora! Infatti, con l'anno nuovo le nostre Claymore torneranno più forti e incazzate che mai! Che cosa credevate, che avrei lasciato Priscilla svergognata e impunita, Claire con il cuore spezzato, l'Organizzazione ai suoi sporchi affari e Easley impegnato a sbudellare il mondo intero? Nossignori! XD Tante altre avventure, nuovi personaggi e battaglie epiche vi aspettano nella seconda e addirittura nella terza parte di questa fanfiction * e fortuna che il progetto originario prevedeva solo una decina di capitoli...tanto, chi avrebbe mai letto uno sclero letterario del genere? *
Per questo, godetevi le vostre vacanze, cari i miei cacciatori di demoni e yoma affamati: nel mentre, la vostra Fedra si impegnerà a rendere il nuovo anno più folle che mai! XD

Rettifichiamo subito un paio di cosette che faranno storcere il naso a molti lettori in questo capitolo.
La prima è Claire. Il fatto che Teresa la sollevi come un sacco di patate e lei, nel mentre, non le faccia fare la stessa dolorosa fine di Raki è dovuta al semplice fatto che, tra lo stato da semiumana e quello da Risvegliato completo, c'è sempre un momento di stasi, in cui il soggetto cade in una sorta di apatia dovuta allo scontro finale tra la coscienza umana e la bestialità demoniaca. Ovviamente, la cosa dipende molto dalla guerriera in questione. Un esempio molto lampante è il Risveglio parziale di Jean, di cui parleremo più avanti. Per Claire, basta la sola presenza di Teresa a impedirle di farle del male sul serio. Si tratta di un fenomeno del subconscio, assolutamente incontrollabile.
Poi, spero solo di non aver capito male dalle lettura del manga.
Una cosa simile avviene in Priscilla, che PER FORTUNA non si Risveglia, non avendo realizzato completamente che la ragione di tutti i suoi mali si trova davanti a lei, ma sicuramente ha intuito qualcosa * e sopratutto che quel qualcosa è molto legato a Raki *, ergo da adesso in poi gli si appiccicherà come una cozza, finché non avrà raggiunto il suo perfido scopo.
Ooops, mi sono lasciata sfuggire qualcosa? Raki potrebbe essere ancora vivo? Ebbene sì, non avendo specificato DOVE è stato colpito: del resto, potrei forse accontentarmi di farlo morire in maniera così miseranda, senza averlo prima bollito a dovere?
A proposito di bolliture...mio marito sta preparando una piccola OS dedicata al nostro granchietto e tutto quello che ha intenzione di fargli per prepararlo degnamente alla Seconda Parte, quindi vi prego di non defenestare i vostri dispositivi dopo la lettura di questo capitolo e di pazientare ancora qualche giorno ;)

E dunque passiamo agli ultimi ringraziamenti.
Un grazie con tutto il cuore ai miei magnifici recensori: mio marito Xephil, la mia sorellona Angelika_Morgenstern, le mie adorabili e affezionate SognatriceAocchiAperti, bienchen e 92Rosaspina e i simpaticissimi e instancabili AlanKall e DeadNote666 per le loro splendide, appassionate e sempre puntuali recensioni.
Un grazie anche a tutti i miei lettori silenziosi * in particolar modo un nutrito gruppetto delle mie parti, di cui ogni tanto mi arriva la voce * che in tutti questi lunghi mesi hanno letto e seguito: spero davvero di fare la vostra conoscenza, un giorno.
E poi un grazie di cuore a tutti coloro che hanno inserito questa storia tra le Preferite, Seguite e Ricordate: ragazzi, siete splendidi! XD

Un grazie speciale va anzitutto alla mia sorellona Angelika_Morgenstern per avermi acchiappata per le orecchie, messa di peso davanti al computer e incitata a scrivere questa fanfiction in un momento di depressione totale, dopo avermi spoilerato l'intero Claymore e avermi avviata a questo tunnel senza uscita iniziando dall'episodio finale: potrò mai ringraziarti abbastanza per tutto questo? <3

Un altro grazie immenso va a mio marito Xephil, conosciuto proprio grazie a questa fanfiction e da lì, dopo aver incrociato le nostre penne, la storia la conoscete: Anata Daischi, mio caro, folle, unico, piromane, scatenato, irresistibile, meraviglioso uomo e scrittore <3 <3 <3 Sono fiera di te e di averti al mio fianco! :)

E un grazie lo devo anche a te * pluralia tantum * che mi hai calpestata, umiliata e fatta soffrire come una bestia credendo di aver spento per sempre il mio sorriso. Grazie perché ogni male procurato da te è stato riversato in questa fanfiction e mi ha permesso invece di conoscere tante persone meravigliose, che mi hanno sostenuta, aiutata, supportata e mi hanno resa la donna che sono oggi, fiera e felice. Dalla tua ferita sono nati fiori, dietro di me solo cenere. E, come promesso, sono rinata come una fenice. Grazie di cuore...e forse sarò stata anche troppo buona.
Come dice il buon detto, Dio vi raddoppi tutto ciò che mi augurate.

Bene, e ora non resta che farci tantissimi auguri per un fantastico Natale e un inizio di nuovo anno pieno di sorprese, avventure e, perché no?, tanti demoni da affettare! XD
Vi voglio bene, gente meravigliosa! E spero di avervi al mio fianco anche in futuro!

A presto :)

Vostra,
Fedra
 

 
 
 

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