Contratto d'amore

di FollediScrittura
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** prologo ***
Capitolo 2: *** 1 capitolo. ***
Capitolo 3: *** secondo capitolo ***
Capitolo 4: *** 3.capitolo ***
Capitolo 5: *** quinto capitolo ***
Capitolo 6: *** 4 capitolo ***
Capitolo 7: *** Sesto capitolo ***
Capitolo 8: *** Ottavo capitolo. ***
Capitolo 9: *** Settimo capitolo ***
Capitolo 10: *** Nono capitolo. ***
Capitolo 11: *** Decimo capitolo. ***
Capitolo 12: *** Undicesimo capitolo. ***
Capitolo 13: *** Dodicesimo capitolo. ***



Capitolo 1
*** prologo ***


             

                                                                                 
                                                                     Contratto d'amore.


"“Qualsiasi donna intelligente che legga un contratto di matrimonio, e poi lo sottoscriva, ne merita tutte le conseguenze.”
                                                               


                                                                                                           Prologo.


Era l'estate del suo quattordicesimo compleanno il momento in cui decise che mai nella sua vita avrebbe permesso ad un uomo di incorniaciare il suo dito con un anello.
Fu l'estate in cui i suoi genitori si ripromisero amore eterno sotto un cielo pieno di stelle.
Sembrava una notte piena di speranza in cui la promessa di quell'amore così forte e così dolce dovesse vivere per sempre.
Era il suo compleanno.
Doveva essere un giorno di gloria e invece cessò nel momento esatto in cui l'incendio bruciò la sua casa insieme alla sua famiglia.
Quelle candele accese troppo distrattamente,quel vento troppo impetuoso per essere un giorno d'estate,quella fiamma che si estese fino al tappetto e quell'amore che di eterno adesso,aveva solo il profumo della morte.
Era l'estate in cui Leda decise di non innamorarsi,nella sua triste adolescenza aveva dato la colpa della morte dei suoi genitori a quell'amore.
L'amore porta alla morte.
E lei voleva vivere.
Senza che nessuna fiamma uccidesse il suo spirito.
Leda era convinta di tutto questo.
Ne era rimasta fedele anche nella sua crescita avvenuta a casa della zia Prudence.
Ne era rimasta attaccata fino all'estate del suo ventottesimo compleanno.
L'estate in cui il ricco e alquanto cupo industriale Richard Crispin Armitage chiese la sua mano.
Era il 1850,l'anno in cui una donna senza patrimonio e non più in età da marito non poteva rifiutare una simile offerta.
Era un giorno d'estate in cui Leda lesse per la prima volta il contratto in cui il suo futuro marito la richiedeva.
Era il suo compleanno.
Erano passati 14 anni esatti dal momento in cui la morte aveva cambiato la sua vita.
Erano esattamente 14 anni in cui la promessa che si era fatta cominciò a vacillare.

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Capitolo 2
*** 1 capitolo. ***



"                                                                "Coltiva ogni cuore nel giardino che respira dentro di te, loro cresceranno, e si prenderanno cura di te!"
                                                                                 
                                                                                                             1 capitolo.

' Richiede che la Sig.na Leda Anthea Hughes, quale donna libera e appartenente ad un ramo della medio borghesia,accetti, il Sig. Richard Crispin Armitage, come suo sposo. Se avesse bisogno di ulteriori delucidazioni sul contratto di matrimonio a lei arrivato tramite questa lettera, sarò lieto di aiutarla aspettandola nel mio studio.
                                                                                                             Robert Andrew Down.'


Leda lesse e rilesse quella breve lettera più volte aspettandosi che da un momento all'altro qualcuno venisse fuori dicendole che era tutto uno scherzo. Non era assolutamente possibile che qualcuno chiedesse la sua mano come una cameriera andava al mercato a chiedere un pezzo di carne.
"Ma chi diavolo crede di essere questo Richard Crispin Armitage, e poi perchè diavolo vorrebbe me?Chi mai lo ha visto?" si alzò di scatto dalla sedia ritrovandosi poi lo sguardo di sua zia Prudence addosso. La guardava come se fosse pazza, non riusciva a comprendere il perchè odiasse tanto quella lettera e soprattutto il motivo per cui nella sua vita non si sarebbe mai sposata.
"Leda, per l'amore dei cieli, vorresti usare un linguaggio più consono alla ragazza elegante e rispettosa che con tanta fatica ho cresciuto?" Per tutta risposta Leda le mandò un occhiataccia che la zia Prudence parò bevendo un sorso del suo amato tè delle cinque.
" Semmai dovrei usare un linguaggio più consono ad una ragazza della medio borghesia. Pomposo arrogante industrialetto da quattro soldi." E così dicendo accartocciò la lettera per buttarla con scarso successo verso il vaso vuoto accanto a lei.
"Leda Anthea Hughes,ora stai proprio esagerando...." e sbattè la tazzina sul piattino facendo ricadere l'attenzione su di lei. Leda prese un lungo respiro e cercò di calmare i nervi spiegandole il perchè di quella faccenda assurda.
"Zia, perdonatemi...ma io davvero non capisco. Perchè chiede di me?Perchè mai vorrebbe sposare una ragazza anonima e senza patrimonio come me?"
"Questo proprio non saprei dirtelo, ma dovresti considerare la cosa. E' un uomo potente, rispettato e che può assicurarti stabilità e agiatezza per tutta la vita." Leda abbassò lo sguardo come se le parole della donna fossero state tante lame pronte a conficcarsi nel suo cuore. Sapeva bene che ormai era diventata un peso per loro. Mantenere una ragazza a cui i genitori non avevano lasciato nulla e soprattutto con la mentalità di non volersi sposare mai.....era diventato difficile.
"E poi, mia cara cugina, sicuramente non riceverete mai e poi mai altre proposte, non siete un uomo con la possibilità di mantenervi...a meno che non decidiate di fare la cameriera o la governante....ma dubito che possa fare per voi."
Elisea le sorrise dolcemente ma Leda conosceva bene quel sorriso di scherno. Tra loro non c'era nessun sentimento di amore. Se potevano si evitavano come la peste.
"Prenderò questo consiglio come vostra esperienza personale, mia cara cugina." e fece un lieve inchino nascondendo una risatina nel vedere il bel faccino contrariato della ragazza.
"Dunque?" riprese la donna più anziana aspettandosi sicuramente una risposta positiva.
"Zia Prudence, per quanto sia consapevole che nella mia vita non riceverò e nemmeno vorrò ricevere una proposta di matrimonio,sono costretta nel dire di no. E con questo dichiaro concluso l'argomento."
"Cosa?" dissero all'unisono madre e figlia.
"Ho detto che non desidero sposarmi, è così difficile da capire?"
Leda si sarebbe aspettata tutto nella sua vita tranne che la zia Prudence la prendesse a schiaffi. Guardò sbalordita la faccia rossa della donna che la osservava con rabbia.
"Folle e stupida ragazzina, hai idea di quello che ho fatto per te in tutti questi anni? Ti ho cresciuta come se fossi mia, con i miei soldi visto che quei due sprovveduti di genitori che ti trovavi, hanno perso tutto in una speculazione. Tu ti sposerai, tu me lo devi. Hai capito?" e la prese per le spalle con forza in modo da farle capire che non avrebbe accettato di nuovo un no come risposta.
La ragazza dal canto suo era del tutto spaesata, era sconcertata dalla reazione della donna e cominciò a tremare per la rabbia di quel destino che sembrava non darle via d'uscita.
" Io mi RIUFIUTO." le urlò scansandola da lei per poi riprendere con veemenza.
"Non sposerò mai un uomo che chiede di me attraverso terzi. Non so nulla di lui, non so che faccia abbia, quanti anni ha, se è una persona caritatevole...non so nulla. Non fimerò un contratto di matrimonio come se fosse un contratto di finanziamento. Sono un essere umano non un oggetto da vendere al primo offerente."
" Se è questo il problema, cugina, vi dirò io chi è il vostro futuro marito." e si alzò dal divano mettendo in mostra la sua figura alta e slanciata e riversando l'odio che provava per lei attraverso gli occhi verdi da gatta selvatica.
"E' ricco, ha 43 anni e aggiungerei portati benissimo. E' alto, così alto che voi quasi scomparirete al suo fianco. Ed è già stato sposato e quindi ha quell'esperienza che qualsiasi donna desidera. Dovreste davvero pensare alla grande fortuna che vi è stata messa davanti."  si pose davanti a lei guardandola dall'alto verso il basso. Benchè Leda fosse più grande di lei di 8 anni, Elisea la sovrastava sia di altezza che in bellezza. La sovrastava in tutto e a volte Leda non poteva fare altro che ritrarre lo sguardo davanti a quella natura impetuosa e splendida ma fortunatamente poteva reggerle testa con le parole.
" Bene, cugina, sembrate davvero interessata a lui. Perchè non ve lo prendete?"
"Perchè ha chiesto di voi, incredibilmente." e la guardò come un pavone guarda uno struzzo, alla ricerca di quel qualcosa che possa attirare l'attenzione.
"E poi il matrimonio non è poi così male, mia cara." aggiunse la zia Prudence cercando di riprendere in mano la situazione.
"Certo, se vostro marito muore a solo due anni di matrimonio lasciandovi un patrimonio di tutto rispetto....non è male per niente."
"Leda!" fu l'unica nota di rimprovero che le rivolse la donna. Leda sapeva bene che la fortuna di sua zia derivava proprio dalla morte improvvisa del marito. Sua madre le raccontò più di una volta che la donna aveva sempre vissuto il matrimonio con una sorte di malessere, e quando lo zio John morì, lei sembro rinascere come una fenice dalla ceneri. Per quanto la riguardava sperare che suo marito morisse nel giro di pochi mesi le sembrava quasi impossbile, soprattutto perchè aveva già seppellito una moglie. Cosa che poteva fare benissimo con lei. Poteva essere la fortunata moglie morta numero due e magari poi,  la sua amatissima cugina avrebbe potuto prenderne subito il posto. E sicuramente la sorte sarebbe stata così benevole con lei, che avrebbe seppellito il marito prima di sei mesi.
"E' così ingiusto il mondo con noi donne. Perchè siamo costrette a sposarci? Perchè veniamo considerate come degli esseri così piccoli e deboli da non poter pensare a noi stesse?Perchè volete costringermi a fare una cosa che va contro i miei principi?Io vi prego in ginocchio, zia. Vi prego, non lasciatemi a quell'uomo."
"Leda, parlerò con franchezza. Per quanto tempo ancora pensi di voler gravare sulle mie finanze?"sgranò gli occhi per la sorpresa di quelle parole. Benchè in cuor suo sapeva di non essere mai stata amata dalla sorella di suo padre, benchè quei pensieri le invadevano la testa ogni giorno, sentirselo dire era come una spina sul fianco.
"Quindi è questo che sono. Un peso, sono sempre stata solo un peso per voi. " si girò dando le spalle alle due donne sentendo già gli occhi pizzicarle. Non aveva scelto lei quella vita, non aveva deciso lei che i suoi genitori morissero lasciandola sola per sempre. Non aveva scelto mai nulla per lei e anche adesso non poteva scegliere di contrastare il suo destino.
"Cugina, davvero. Ormai siete già vecchia per non accettare un simile dono del cielo. Accettate e sarete felice."
Leda avrebbe voluto aggiungere che le persone davvero felice sarebbero statesolo loro ma alla fine decise di tenere per se quel pensiero e di raggiungere lo scrittoio dove teneva la carta da lettere.
Le due donne la osserverano curiose di sapere cosa stesse scrivendo ma Leda non disse nulla e con calma chiuse la lettera in una busta e con un leggero inchino si congedò da loro.
Chiudendo la porta alle sue spalle salutò con lo sguardo quella che era stata la sua dimora per tutti quegli anni. Aveva deciso, sarebbe andata lei stessa a portare la lettera a 'Mr pomposo voglio te come sposa'.
Se davvero la voleva come sposa, avrebbe capito fin da subito di che pasta era fatta. E così dicendo prese il mantello e uscì di casa pronta a combattere per la sua libertà.

                                                                                                                  ****

"Richard, smettetela di vagare come un matto da una parte e l'altra della stanza, mi state facendo venire il mal di mare. " urlò esasperato Robert vedendo il suo amico corrodersi dall'ansia per una risposta.
"Avete ragione...ma ...questa storia,non sapete quanto è importante per me." e si lasciò andare sul divano portandosi le mani sul viso per nascondere quell'agitazione che tanto lo stava mandando ai matti. La risposta, la risposta che tanto aspettava ancora non era arrivata. Possibile che non avesse accettato? Eppure gli avevano assicurato che quella promessa di matrimonio sarebbe stata come oro per una ragazza senza famiglia e patrimonio. Eppure lei non aveva ancora risposto. Si portò la mano sul mento cominciando a tormentare il labbro inferiore come faceva sempre ogni volta che era nervoso.
"Richard.....alla fine sapete anche voi che state sbagliando."
Lo sapeva, lo sapeva bene. Ma era l'unica cosa da fare. Era l'unico modo possibile per la situazione in cui versava.
Era la ragazza giusta. Solo lei poteva aiutarlo.
"Robert, non una sola parola di più su questa faccenda. " e di nuovo come un pazzo si riversò alla finestra sentendo a malapena le frasi poco garbate dell'amico.
Una carrozza davanti al cancello della sua dimora aveva catturato l'attenzione  dei suoi occhi azzurri di ghiaccio. Vide scendere una ragazza, minuta e vestita modestamente. Teneva i capelli raccolti in una forzata crocchia, quasi come volesse nascondere la sua bellezza al mondo. Vide il cancello aprirsi e la ragazza parlare con il suo maggiordomo. Sorrise, sorrise di gioia e trasse un sospiro di sollievo quando si girò verso il suo amico che confuso gli chiedeva cosa fosse successo.
"E' arrivata." gli disse come preso da un attacco di euforia.
"E' arrivata cosa?" gli urlò mentre lo vedeva correre verso la scala.
"Richard, non devi farlo. Richard...maledizione." imprecò Robert sapendo già dove avrebbe portato quel contratto.

                                                                                                            ***
"Signorina, avverto subito il padrone. Vi farò accompagnare nella sala padronale da Maggie. " l'uomo stava per chiamare la cameriera quando venne interrotto da una voce profonda e calda che per un attimo fece battere più forte il cuore di Leda.
"August, non serve assolutamente. Penserò io alla ragazza. " e così dicendo Leda si ritrovò un bellissimo uomo alto e che la guardava con degli splendidi occhi azzurri allegri. Era felice di vederla. La guardava come se fosse appena arrivato il sole nella sua vita. Leda sembrò ipnotizzata da quegli occhi e per la prima volta fu felice che qualcuno la desiderasse tanto.
"Non volete che vi accompagni in sala, signore?" gli chiese l'uomo confuso dal fatto che le buone maniere non venissero messe in pratica.
"Non è necessario. Questa sala andrà benissimo." e congedò l'uomo con uno sguardo facendo capire a Leda che era una persona a cui difficilmente si poteva dire di no. Si sentì intimidita nel restare sola con lui, a sostenere quello sguardo ora serio e in attesa che lei gli parlasse.
" E dunque?" disse lui per poi deglutire nervoso aspettando la risposta.
"E dunque......"riuscì a dire lei incerta non riuscendo più e fermare il suo cuore da quanto era incantata dai suoi occhi.
"La risposta....la vostra padrona cosa vi ha detto?" Leda aprì la bocca per poi richiuderla e sbattè gli occhi diverse volte nel cercare di afferrare bene le ultime parole che aveva detto.
La sua padrona?
Che si riferisse a sua zia?
E da quando era diventata la schiava si sua zia?
Sentì la rabbia farsi strada in tutto il corpo ma cercò comunque di mantenere la calma sostenendo decisa il suo sguardo. Vide nei suoi occhi una luce di incertezza nel vedere la sua fermezza ma mai nella sua vita si aspettò simile parole.
"Siete molto decisa per essere una cameriera. Nessuna mai mi guarderebbe negli occhi come lo state facendo voi." e si avvicinò di più a lei come catturato dalla forza che emanava e in quel momento potè vedere la bellezza che cercava di tenere nascosta. Gli occhi. I suoi grandi e profondi occhi neri. Sembravano dei pozzi di petrolio. Erano intensi e quasi sconvolgenti. E soprattutto erano i suoi pensieri ad essere sconvolgenti. Era la prima volta che in vita sua gli capitava di provare piacere per una ragazza di umili origini.
"Una cameriera....."disse tutto di un fiato. Si allontanò da lui quanto le bastava per riprendere la padronanza di se stessa. Una cameriera. Lui non sapeva nemmeno come fosse. Non sapeva nulla di lei.
Aveva chiesto la sua mano per quale motivo?
Perchè volere una persona che non aveva mai visto?
Una donna che non possedeva soldi e alla fine nemmeno qualcosa che avesse catturato la sua attenzione.
Perchè volerla se era una perfetta sconosciuta.
Si morse un labbro e di nuovo indirizzò il suo sguardo verso di lui. Verso la sua alta figura e il suo elegante portamento. Verso uno sconosciuto che vedeva nella sua futura moglie una sguattera.
"Certo, signore. Vi ho portato la risposta. " e allungò la mano dandogli la lettera. Richard sostenne il suo sguardo anche se dentro di se sentiva l'adrenalina scorrere veloce. E non sapeva se era dettata dalla lettera o di nuovo da quegli occhi appassionati. Prese la lettera ringranziandola e Leda capì che la stava congendando.
"Se fosse così gentile da indicarmi la porta della servitù, io andrei. " fu l'ultima umiliazione che promise a se stessa. Nessuno mai nella sua vita l'avrebbe più calpestata.
"Certo, vi farò accompagnare da Maggie. " e fece tintinnare un campanellino e nel giro di poco si affacciò una ragazza giovane e in carne che obbedì subito alle parole dell'uomo.
"Accompagnate la ragazza al retro della casa. "
"Si signore. Prego da questa parte. "
Richard la osservò ancora. Non sapeva come decifrare quella miriade di sensazioni che sentiva dentro di se. Si chiedeva il perchè si fosse fermata dandogli le spalle e in quel momento vide un portamento troppo composto e gentile per essere quello di una cameriera.
"Posso dirvi un ultima cosa, signore?" una voce troppo melodiosa e raffinita per essere quella di una cameriera.
"Certo." fu l'unica cosa che riuscì a dire.
Si girò verso di lui quel tanto che le bastava per fargli vedere il sorriso di scherno pronto a colpirlo come una tempesta in mare improvvisa.
"Lei non vi sposerà mai. Buona giornata."
Richard sbarrò gli occhi e nell'esatto momento in cui lei se ne andò aprì di scatto la lettera.
Lesse quelle parole. Lesse quello che dava conferma ai suoi dubbi.
Lesse e capì che quella cameriera non era altro che la donna che aveva chiesto in moglie.
Lesse e poi si mise a ridere.
'Signore, benchè mi aspettassi almeno la buona creanza di chiedere la mia mano mostrandomi la vostra persona, ho deciso che la risposta ve l'avrei portata io. Presentandomi e cercando di capire come mai vi siate così invaghito di me. La lettera si presenta solo come una valida risposta al contratto di mercato, ah no, vogliate perdonare, di matrimonio che con tanta cura il vostro caro Robert ha scritto per voi. Spero che almeno il mio futuro marito sappia scrivere e spero che sappia anche leggere sennò vedo l'inutilità di questa mia lettera così piena di sentimento per voi. Vogliate comunque farvela leggere se sprovvisti della necessaria cultura per capirla, e sperando di suscitare in voi le stesse risate suscitate in me leggendo il contratto. Se non avesse inteso il mio rifiuto al matrimonio di persona. Ve lo ripropongo qui. Io vi rifiuto.
                                                                                             Leda Anthea Hughes.'

Bene, se lei lo rifiutava, lui la voleva.




Angolo della pazza autrice:
Bene, era da tempo che pensavo ad una storia con il mio amato Richard e finalmente sono riuscita a metterla su pc. Come si è visto amo i tempi andati e soprattutto amo Richard nelle vesti di un ricco industriale. Ringrazio tantissimo Eruanne per la sua recensione e chi ha letto questo mio progetto.
Grazie ancora e a presto!!!!

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Capitolo 3
*** secondo capitolo ***


                                                                                                         2. capitolo


                                                                                                      'I've been believing in something so distant as if I was human
                                                                                                       And I've been denying this feeling of hopelessness
                                                                                                        In me, in me'
                                                                                                        Lost in paradise. Evanescense

Sola.
Indesiderata.
Povera.
Piccola.
Insignificante.
Erano queste le parole che Leda continuava a ripetersi nella mente. Era stata umiliata, calpestata e abbandonata da quel piccolo briciolo di speranza che le aveva attraversato il cuore appena aveva visto quell'uomo. Non era riuscita a nascondere che quegli occhi e quello sguardo di gioia che le aveva rivolto, le aveva scaldato l'anima. Per un attimo si era sentita desiderata, per un attimo aveva pensato che potesse davvero essere amata e ricambiare quel sentimento che per lungo tempo aveva cercato di reprimere per quel dolore causatole molto tempo fa. Sembrava davvero che la volesse e invece non sapeva nemmeno che aspetto avesse fino al momento in cui si era presentata davanti a lui. Scambiata per una cameriera. Desiderata da qualcuno che in realtà non la desideravo affatto. Quell'espressione di incredulità e quasi di disgusto nel chiamarla 'cameriera' l'aveva distrutta.
"E' stata solo l'ennesima lezione, Leda. Credere negli altri, affidarsi a qualcuno è solo una perdita di tempo e di felicità." Sorrise amaramente alla parola felicità mentre si inginocchiava davanti alla tomba dei suoi genitori. Ogni volta che si sentiva persa andava li. Sembrava quasi che loro avessero il potere di rigenerarla e di dirle che ogni giorno sarebbe stato meglio.
Era sempre stato così, tranne ora. Per la prima volta sentì dentro di se di aver perso ogni cosa. Tornare da sua zia avrebbe significato sottostare al suo volere o andare via di casa.
Ma come poteva accettare una simile richiesta?
Una richiesta di cui non comprendeva il significato.
Essere la sposa di chi ignora chi sia davvero?
Cosa c'era sotto a quell'inaspettata proposta?
Leda si buttò scoraggiata sulla lapide dei suoi genitori e dopo tanto tempo iniziò a piangere disperata.
"Mamma, papà, perchè ve ne siete andati? Perchè mi avete lasciata sola in questo mondo troppo crudele per me? Perchè nessuno mi ama? Vi prego, miei amati genitori, aiutatemi. Cosa dovrei fare? Perchè non mi avete resa libera? Perchè non sono morta io invece che voi? "
E così dicendo si lasciò andare ad un pianto di dolore che per lungo tempo aveva sepolto dentro di se.

 
                                                                                                          ***
"Non fatelo." insistette per l'ennesima volta Robert nel far capire al suo amico quanto fosse poco saggia la decisione che aveva preso.
"La ragazza vi ha rifiutato. Prendetela come un segno del destino. E' sbagliato e voi lo sapete bene. Quella ragazza ha più sale in zucca di voi e forse avete sottovalutato la sua disperazione. " Ma Robert si accorse che stava parlando al vento in quanto il suo amico era come preso da una sorta di ipnosi. Se ne stava seduto sul divano con la lettera di Leda che girava da una parte e l'altra delle sue mani. I suoi occhi erano come imbambolati verso un punto astratto. Come se in quel punto dipendesse la sua vita.
"Richard." urlò esasperato riprendendo l'attenzione dell'uomo su di se che sospirò infastidito da quel disturbo dai suoi pensieri.
"Robert, mi avete fatto questo discorso non so quante volte. Credo di averlo persino imparato a memoria. Pensate che questo possa essere l'ultimo?" disse alzandosi dal divano e ponendosi davanti a lui a braccia conserte. Robert si sentiva quasi intimidito dalla sua altezza e dallo sguardo deciso che esercitava su di lui ma quello che faceva andava contro ogni suo principio morale e non si fece scoraggiare dal suo atteggiamento.
"Non vi parlo da vostro avvocato ma come vostro amico. Quello che volete fare è ingiusto e immorale e so che il Richard che conoscevo io sa bene che ho ragione. "
"Voi non capite, nessuno può capire. Lei è l'unica che può aiutarmi."
Si accarezzò il mento lentamente pensando all'incontro che aveva avuto con Leda meno di mezzora fa. Quella donna lo aveva stupito. Decisa, ironica e con la sua aria di sfida. Quella donna aveva acceso in lui la curiosità e soprattutto un attrazione che non sentiva da tempo. Da quando era rimasto solo, non aveva più sentito desiderio per nessuna donna.
"Infatti non capisco. Giocare con pedine incosapevoli è disumano."
"Lo ha voluto lei. Ha iniziato lei questo gioco." buttò tutto di un fiato Richard sentendo già il formicolio salire fino al collo al suono di quelle parole.
"Un gioco in cui le conseguenze saranno disastrose solo per una persona. Dove....dove state pensando di andare?" disse poi Robert guardando incredulo il suo amico prendere di corsa il cappello e la giacca per uscire.
"A rifare la mia proposta." gli disse sorridendogli quasi scoraggiato.
"Spero che vi riufiuti di nuovo." gli rispose arrabbiato.
"Forse ...lo spero anche io".
Anche se il cuore perse un battito nel constatare quanto fosse crudeli per se stesso quelle parole.
                                                                    
                                                                                                            ***

Era ormai quasi l'ora del coprifuoco e Leda dovette affrettare il passo per non imbattersi nella polizia locale che sorvegliava la città dalle continue manifestazioni di violenza della classe operaia che si facevano sempre più insistenti giorno dopo giorno.
Ormai era quasi impossibile uscire la sera, anche solo per andare ad un ballo o a cena di qualche amico. Ormai la classe più povera era sempre più insodisfatta dalla ricchezza e l'egoismo dei più ricchi. Volevano un sindacato, volevano i loro diritti ma i ricchi non volevano starci e così ogni notte era una battaglia. Bombe, pallottole, accoltellamenti ormai erano all'ordine del giorno ed era per questo che era stato deciso il coprifuoco. Chiunque fosse uscito dopo le 19 senza credenziali o permessi che permettevano loro di andare dove volevano, venivano arrestati e portati in carcere dove potevano essere sottoposti anche a svariate tecniche di tortura. Si diceva che chiunque fosse entrato in carcere, innocente o colpevole che sia, non fosse mai uscito.
Tirò un sospiro di sollievo vedendo la residenza di sua zia farsi sempre più vicina. Alla fine, stremata per le troppe lacrime versate, si era addormentata sulla tomba dei suoi genitori e una volta sveglia si era resa conto che era stata troppo tempo fuori. Non che pensasse che avrebbero sentito la sua mancaza, ma aveva il terrore della polizia locale e soprattutto delle chiacchiere di orrore che si sentivano su di loro.
"Per fortuna sono arrivata in tempo." e così dicendo entrò dentro casa posando il matello sul porta abiti che si trovava all'ingresso e si sciolse la ormai lenta acconcciatura lasciando i lunghi capelli neri cadere fino a metà schiena. Sorrise per quel senso di libertà e di rilassatezza che le dava ogni volta quel gesto semplice. Stava per salire le scale e andare verso la sua camera quando sentì dei mormorii venire dalla stanza principale che usavano per accogliere gli ospiti.
"Che strano, non ho visto nessuna carrozza. " e si avvicinò di più alla stanza e alle voci che si facevano sempre più concrete. Iniziò ad avere il respiro corto e il cuore a mille quando sentì che la voce dell'ospite non era altro che quella di Richard. La sua voce profonda e intensa ancora le scaldava l'anima nell'incontro di solo poco prima.
Perchè era lì?
Forse era venuto a fare la proposta di matrimonio alla cugina capendo l'orribile errore che aveva fatto?
Doveva sentirsi sollevata per quel pensiero e invece sentì come uno spillo perforarle il cuore nel sapere che lui avrebbe potuto preferire la cugina a lei.
Cos'era questo sentimento?
Cosa le aveva fatto quell'uomo?
Cosa ne era stata della promessa fatta a se stessa tempo fa?
Con quei pensieri nella mente non si accorse di aver urtato il mobiletto accanto a lei facendo cadere rovinosamente il vaso di girasoli a terra in mille pezzi.
"Chi c'è?"
Leda si alzò di scatto da terra ferendosi con i cocci del vaso sentendo la voce imponente di sua zia.
"Sono io, zia."  e sentì le gambe tremare quando sua zia le ordinò di entrare e trovandosi davanti agli occhi proprio la figura elegante e mascolina di Richard.
"Leda, permettetemi di presentarmi come si conviene." e si alzò sicuro di se e soprattutto sapendo di farle un dispetto mettendo in evidenza quello che c'era scritto sulla lettera.
"Vi siete già presentato benissimo, non vi serve altro per quanto mi riguarda" e Leda portò entrambe le mani dietro la schiena impedondo all'uomo di salutarla come la buona società esigeva.
"Leda!" la rimproverò la zia per il suo comportamento sfacciato ma lei non si fece intimorire. Non avrebbe permesse ne a lei ne a quell'uomo di averla vinta.
"Per favore, non c'è bisogno di rimproverarla. Forse quello che dovrebbe essere rimproverato sono io." le disse senza mai smetterla di guardarla negli occhi. Leda non aveva mai visto occhi così belli in vita sua. Erano come uno specchio, un lago dai colori chiarissimi. Si paragonava a Narciso, dove cercava disperato una superfice dove specchiarsi e guardarsi. Ma a differenza sua, Leda cercava i suoi occhi perchè mai in vita sua aveva visto occhi che potessero incendiarla come quelli di Richard.
"Siete perdonato se era questo che vi premeva. Ora potete tranquillamente andare a casa."
"Non sono venuto solo per scusarmi, Leda."
E di nuovo quella voce celestiale le fece venire la tremarella. Come poteva una voce causarle tutto quello?
"E per cosa siete venuto?" e deglutì quando vide il suo sguardo farsi serio per poi posarsi verso quella di sua zia.
"Vorrei poter parlare solo con Leda, se a voi non dispiace, Signora."
Sua zia per un attimo inorridì per quella richiesta ma poi non riuscendo a sostenere lo sguardo che accettava tutto tranne che uno, acconsentì alla richiesta.
"Certo, volentieri." ma primi di andarsene rivolse uno sguardo alla nipote che non ammetteva repliche.
Quello sguardo Leda sapeva benissimo cosa volesse dire.
Doveva andarsene da quella casa e doveva andarsene con lui.
Sbattè la porta lasciandoli completamente soli e per la prima volta in vita sua, Leda si sentì in pericolo. Ma non in pericolo nel senso che lui potesse farle del male ma in pericolo nel sapere che non avrebbe avuto la forza di rifuutare di nuovo la sua offerta.
"Siete molto bella con i capelli sciolti." e Richard lo pensò davvero vedendo come fosse diversa dalla ragazza austera che era piombata a casa sua con quel rifiuto.
Sembrava più piccola degli anni che portava. Sembrava un fagottino spaventato con quello sguardo perso che gli aveva rivolto per quelle parole. Era tenera, dolce e indifesa e Richard pensò che voleva tutte le sfumature che quella ragazza era capace di dare.
"Spero di sembrare sempre una cameriera ai vostri occhi." e si spostò verso la finestra essendo incapace di sostenere il suo sguardo.
"Ai miei occhi siete molto di più."
"Ai vostri occhi era una completa sconosciuta fino a poche ore fa."
Richard si portò una mano alla bocca, quel gesto così tanto familiare del suo nervosismo e dell'attrazione che aveva per quella schiena messa in evidenza dal vestito blu e dal portamento elegante che aveva la ragazza.
"Si, lo eravate." e si avvicinò di un poco a lei vedendo come quel gesto la fece sussulatare e sorrise nel sapere che non gli era indifferente alla fine.
"Allora perchè?Perchè me?Cosa volete? " rimase immobile sapendo che lui era dietro di lei. Sapendo che lui esercitava un potere sul suo corpo che mai aveva provato in vita sua.
"Perchè ho sentito parlare di voi ad un ballo e mi avete incuriosito. Ho chiesto a vostra zia di voi e mi ha spiegato come non fosse attratta dalla vita mondana della nobiltà e che eravate orfana dall'età di 14 anni."
"E che in realtà non vedesse l'ora di sbarazzarsi di me. In quanto le sono di peso e non può più sostenermi." e si girò all'improvviso sperando di vedere che reazione potesse avere su di lui quella confessione. Ma restò a bocca aperta quando lui le si avvicinò ancora di più per portarle dietro l'orecchio un ciuffo di capelli. Lei per tutta risposta si spostò e si accarezzò la parte che le aveva toccato.
Andava a fuoco.
"Cosa volete da me?" disse una volta per tutte portandosi dietro il divano come scudo protettivo dalla mani grandi e calde di Richard.
"Non lo avete ancora capito?" e come un leone pronto ad avanzare verso la sua preda si riavvicinò a lei.
"No,non credo di averlo capito." sussurrò quando lui la fece girare verso di lei per poi imprigionarle  tra il divano e lui. Le braccia lunghe e muscolose di Richard la incatevano di lato e il suo viso era così vicino che poteva sentirne l'alito caldo sulle sue labbra.
"Vi voglio, Leda. Come non ho mai voluto nessuna donna in vita mia."



Spazio autrice:
Okok....è pura cattiveria farla finita così ma un pochino di suspance ci deve essere. Questa storia sembra meno complessa di quello che invece è in realtà. Secondo voi perchè Richard desidera tanto Leda?E perchè Robert non vuole assolutamente che lui compia questo gesto immorale?
Spazio alla fantasia. Comunque ringrazio tantissimo chi mi segue,chi mi lascia una recensione e chi ha messo la storia nei preferiti.
Grazie mille e alla prossima :D

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Capitolo 4
*** 3.capitolo ***


                                                                                       


                                                              'Ciò che c'è di pericoloso nell'amore è il fatto che è delitto nel quale non si può fare a meno di un complice.'                
                                                                                                                                   
                                                                                                                                    Terzo capitolo




Leda osservava incuriosita quella che da ora in poi sarebbe stata la sua stanza. Nel giro di poche ore la sua vita era cambiata drasticamente. Camminava lenta e rapita nella grande camera da letto che Richard aveva scelto per lei. Era semplice ma arredata con gusto, le pareti erano di un pallido azzurro cielo e i mobili bianchi e ornamentati rendevano quel posto come un passaggio per il paradiso.
Leda si chiedeva se quella stanza fosse appartenuta alla defunta moglie ma cercò di scacciare quel pensiero dalla testa sperando che l'uomo non fosse così macabro da farla dormire nella stanza di una morta. Si lasciò andare sul suo enorme letto a baldacchino, era così morbido e caldo che non potè trattenere un sorriso di soddisfazione.
"Un mese, un mese in questa casa e poi potrò essere libera." e chiuse gli occhi tornando al momento in cui aveva ceduto alla richiesta di Richard.

                                                                                                                                                  ***
"Vi voglio Leda, come non ho mai voluto nessuna donna in vita mia."
Leda spalancò gli occhi a quella dichiarazione mentre sentiva l'aria stringersi sempre di più dentro il suo corpo per quelle braccia che la imprigionavano e per quello sguardo così forte e suadente che spavaldo superava tutti gli ostacoli che aveva messo nel suo cuore per non soffrire più. Poteva una persona distruggerne un altra solo con delle parole e con degli occhi così belli e limpidi da non far più ragionare?
Era questo l'amore di cui tutti parlavano?
Di cui tutti andavano in cerca?
Un qualcosa che ti impediva di respirare e di ragionare?
Era questo l'amore che tutti desiderano?
Un sentimento paragonabile quasi alla morte?
Iniziò a tremare mentre sentiva il respiro caldo dell'uomo su di se. Abbassò lo sguardo, all'altezza del suo petto non avendo più la forza di sostenere tanta passione.
"Leda, per l'amore del cielo, dite qualcosa..." e Richard le prese il mento in modo che la guardasse. Era un uomo ormai di una certa età, sapeva come mascherare i turbamenti, ma quegli occhi, umidi e persi...facevano crescere in lui una tenerezza sconosciuta. Fu proprio quello strano sentimento che lo fece staccare da lei, come se la pelle che aveva toccato lo avesse bruciato.
Ecco cosa gli faceva quella donna.
Lo bruciava.
Lo infuocava.
Ardeva in lui come una fiaccola perennemente accesa.
Deglutì per poi prendere un profondo respiro e tornare la persona calma e pacata per la quale era famoso. Non era tipo che si faceva trascinare dai sentimenti.
Leda dal canto suo interpretò quel gesto come se l'uomo si fosse svegliato da una sorta di incantesimo e avesse di nuovo capito l'errore che aveva fatto nel sceglierla.
"Penso che il vostro gesto sia più chiaro di qualsiasi parola. Sono stanca e questa storia credo sia andata avanti fin troppo. Vi prego di lasciare questa casa e spero che troverete la donna giusta per voi." e gli fece cenno di uscire indicandogli con la mano la porta.
"Penso che invece non capiate nulla, mia dolce Leda." e per tutta risposta si sedette sul divano mentre Leda rimase immobile nella stessa posizione. L'unica cosa che cambiò fu lo sguardo, era di nuovo spaesato mentre osservava quell'uomo che sembrava ormai pronto a vincere quella battaglia a lei sconosciuta.
"In effetti non capisco questa vostra testardaggine nel volermi a tutti i costi." e allungò le mani sui fianchi costatando che lui non se ne sarebbe andato, o meglio, che non se ne sarebbe andato senza averla.
"Potreste intanto venire qui vicino a me e parlarne con più comodità."
"Preferisco stare dove sono...." e arrossì vedendo il sorriso di scherno di Richard. Aveva capito che la sua vicinanza la turbava.
"Come preferite. Come ho già detto in precendenza...io vi voglio."
"Questo penso di averlo capito, signore. Ma la mia domanda è perchè? Tra tutte le donne che potreste avere ai vostri piedi....voi avete scelto una donna anonima e senza patrimonio come me?Dove sta il trucco, signore?" e si avvicinò un pochino di più presa dalla curiosità della sua domanda e in quel momento notò come Richard la sovrastasse anche da seduto. Aveva un portamento così alto e fiero che persino un Re avrebbe avuto soggezione di lui.
Richard si grattò il mento senza mai smettere di guardarla. Doveva essere convincente per averla, doveva giocare le sue migliori carte per fare in modo che lei gli dicesse si. Doveva essere sua ad ogni costo e soprattutto voleva che fosse sua e di nessun altro.
"Desidero una donna che mi rifiuti abbastanza da farmi capire che non punta al mio patrimonio."
"Credo che le donne non puntino solo al vostro patrimonio." Leda si stupì di se stessa, non pensava di aver fatto parola quel pensiero.
"Sarebbe un complimento?" disse dolcemente facendole battere il cuore.
"Suppongo di si." rispose sentendosi umiliata con se stessa per aver lasciato che la debolezza che suscitava in lei quell'uomo venisse fuori.
"Sposatemi." gli ridisse e lei chiuse gli occhi in modo che quelle parole non la scalfissero.
"Aprite gli occhi e non scappate." e si alzò di scatto andando verso di lei e prendendola per le spalle facendola sussultare.
"Lasciatemi..." lo implorò spaventata mentre sentiva i loro petti scontrarsi per quella vicinanza.
"Solo se mi direte si."
"No." e con forza lo scansò da lei per poi scappare verso il camino. Si portò una mano al petto cercando di calmare l'affanno che gli aveva provocato.
"Sposate mia cugina, è più consona alla vostra personalità e lei non vi dirà mai di no." gli urlò disperata sentendo ora i suoi occhi di ghiaccio farsi seri e minacciosi.
"Ho già avuto una donna simile, non ho nessun desiderio di ripetere la cosa."
Leda non potè non notare l'espressione di disgusto che fece nel dire quelle parole. Un pensiero su come fosse la defunta moglie dell'uomo le passò per la testa. Uno strano presentimento le si fece strada.
Non riusciva a non pensare che lui potesse avere a che fare con la sua morte ma cercò ancora una volta di non farci caso, soprattutto perchè non voleva assolutamente essere la possibile seconda defunta moglie.
"Quindi è questo che fate?testate le donne? Vedete se avete caratteri compatibili e poi le sposate?E se non vi dovesse andare bene?Cosa farete?La..."non riuscì a proseguire con il discorso perchè l'uomo la fulminò con lo sguardo. Se avesse avuto poteri di far comparire coltelli in quel momento, l'avrebbe sicuramente uccisa.
"La? Coraggio, Leda, finite la frase. " e si riavvicinò a lei lentamente con le braccia dietro la schiena. Sentiva le vene pulsargli sulla fronte e il calore espandersi sul collo. Sentiva la rabbia nel suo corpo e capì che anche Leda si era accorta del suo cambiamento da come tremava per la paura.
"La...." e si girò di lato non avendo il coraggio di dire altro.
"La ucciderete...." e le portò una ciocca dei lunghi capelli scuri dietro l'orecchio. Leda lo paragonò ad un carnefice che donava il suo ultimo gesto di gentilezza alla vittima predestinata.
"Lo avete detto voi, signore."
"Pensate che abbia ucciso mia moglie?" e la prese per i fianchi in modo che si girasse di nuovo verso di lui e lo guardasse. Voleva vedere i suoi occhi, voleva avere la giusta distanza per bramare le sue labbra e toccare i suoi morbidi capelli.
"Lo avete fatto?" gli disse piano alzando lo sguardo verso di lui. Richard aprì la bocca come per dire qualcosa ma poi, come preso da una sorta di magia, avvicinò il viso al suo avendo così le labbra della ragazza quasi a contatto con le sue. Poteva sentirne il respiro caldo e immaginare quanto fossero morbide e carnose se solo si fosse avvicinato un pochino di più.
"Datemi un mese." Leda si risvegliò al suono di quelle parole e strabuzzando gli occhi nel non capire cosa gli stesse dicendo.
"Un mese." ripetè staccandosi a fatica da lei che lo lasciò andare quasi con rammarico per quel contatto così intimo spezzato troppo forzatamente.
"Un mese per cosa?" e si strofinò le braccia sentendo improvvisamente freddo.
"Un mese per decidere di sposarmi. Per tutto questo mese vivrete nella mia dimora, così impareremo a conoscerci e deciderete." Leda lo vide camminare nervosamente da una parte e l'altra della stanza, come se non fosse convinto di quello che le stava proponendo.
"E se rifiuto?"si fermò, quasi come se si aspettase una risposta del genere.
"Vostra zia ha deciso che ve ne andrete da questa casa se non accettate la mia offerta. E' solo un mese, e se anche passato quel tempo voi deciderete di no. Vi lascerò andare."
Leda si morse un labbro per impedire alle lacrime di scorrere proprio in quel momento. Alla fine era stata venduta. Anche se per poco...sua zia l'aveva lasciata nelle mani di Richard. Stava permettendo che la sua reputazione venisse messa in discussione andando a vivere con lui prima del matrimonio.
A sua zia non importava nulla di lei.
Era finalmente arrivato il momento in cui se ne poteva liberare.
"Quindi è così, o accetto o verrò cacciata come fossi un cane randagio. E' così che sperate che io vi ami? " e una lacrima scese solitaria rigandole lentamente tutta la guancia destra. La stavano distruggendo.
Lui l'avrebbe distrutta.
Lui con i suoi occhi di ghiaccio.
Con la sua voce profonda.
Con le sue mani grandi.
Con il corpo caldo.
Si, lui era la sua distruzione.
Ma se Leda pensava questo i pensieri di Richard non erano da meno.
Lei era la sua dannazione.
I suoi occhi neri grandi.
Il suo corpo piccolo e aggrazziato.
Il suo temperamento vivo.
I suoi capelli morbidi e setosi.
Si, lei era la sua dannazione.
"No, Leda. Spero che non sia una minaccia a portarvi ad amarmi ma più questo." e così dicendo andò verso di lei che colta di sorpresa si ritrovò la mano dell'uomo dietro la nuca e l'altra sulla schiena e con una leggera pressione la spinse verso di lui per poi appoggiare le labbra sulle sue.
Fu un bacio casto che suggellò la promessa appena scambiata.
Si staccò piano da lei e non smisero un secondo di guardarsi.
"Vi aspetto domani per pranzo. Non tardate." e la lasciò  prendendo cappello e cappotto per uscire velocemente dalla stanza.
Leda non si girò nemmeno a salutarlo, l'unica cosa che riuscì a fare e portare una mano sulle sue labbra e sentire che ancora scottavano per quel semplice bacio rubato.

Spazio autore:
Ebbene si, i nostri protagonisti vivranno insieme. Dal prossimo capitolo inizierà la convivenza tra loro. Cosa mai succederà?Leda cosa deciderà? Basterà un mese per innamorarsi?
Chissà.
Un grazie va a chi commenta questa mia pazza storia, a chi legge e a chi ha messo la storia tra i preferiti e seguiti.
Vi ringrazio ancora e spero di aggiornare presto.
:)


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Capitolo 5
*** quinto capitolo ***


       
                                                                          5. capitolo

           '   Chi sei?
Nemico amore tu chi sei?
Non vedo l'odio tra di noi
ma non lo so se giochi o no
per gioco e non per odio tu mi puoi
far male, tanto male se
tu giochi con l'amore e me
se per vendetta tu mi fai
innamorare e poi non sei più tu'
.Romeo&Giulietta(Riccardo Cocciante).

"Richard, siete stato davvero inqualificabile "gli urlò Robert non riuscendo più a gestire gli attacchi di rabbia dell'uomo. Già quella situazione era assurda e per di più non rendeva nemmeno facile la vita alla ragazza. Mai nella vita gli avrebbe permesso di fare quella sciocchezza, pregò Dio di avere abbastana potere per fermarlo.
"Perchè invece che blaterare non tornate al vostro lavoro? Se non sbaglio vi pago per quello." e si risedette dietro la sua scrivania trattenendo a stento un'imprecazione. Si allentò il cravattino, come se quel gesto potesse dargli di nuovo l'aria necessaria per respirare. Glielo aveva detto, glielo aveva sputato in faccia come niente fosse.
Lei pensava che fosse un assassino.
Un uomo capace di commettere un omicidio.
Lei lo aveva guardato con terrore e disgusto e se ne era andata.
Se ne era andata.
Incredibilmente quel gesto lo aveva ferito più di quelle parole infamanti. Lo aveva lasciato solo.
Era di nuovo solo.
Solo con la sua vita e con i suoi sensi di colpa.
Appoggiò i gomiti sul freddo marmo della scrivania per poi afferrarsi le tempie con le mani.
Cosa aveva mai fatto?
"Cosa avete intenzione di fare?"la voce del suo avvocato lo fece tornare alla realtà ma non sapeva dare una risposta a quella semplice domanda.
"Richard..." gli urlò di nuovo sbattendo poi le mani sul tavolo per svegliarlo.
"Cosa diavolo vuoi che faccia,eh?" esasperato si alzò di nuovo per poi andare verso la finestra in cerca di qualcosa o di una persona.
"Cercarla?"
"E perchè dovrei...?" e ora la sua risposta era quasi triste e spenta.
"Perchè ne siete responsabile e perchè le strade fuori sono pericolose..." e ora Robert si fece più calmo notando la lieve inclinazione che aveva preso la voce del suo amico.
"Forse sono più pericoloso io...." disse stupendo Robert che imbarazzato da quella confessione non riuscì ad aggiungere altro.
"Avevate ragione, Robert. Sono un pazzo e sto facendo del male ad una persona innocente."
"Allora se ne siete convinto, lasciate stare l'intera questione e lasciatela andare..."
Richard per tutta risposta si girò verso di lui smarrito e Robert cominciò a pensare che quell'uomo iniziava a provare un verso sentimento per la ragazza. Ma nonostante ciò non si fece impietosire, doveva portare avanti la sua causa.Impedire che Richard sposasse Leda.
"Andrò a cercarla, voi cercate di riprendervi." aggiunse  guardando poi Richard fargli un accenno flebile con la testa.

                                                                                      ***
"Che stupida che sei..." Leda si portò le gambe al petto per poi stringerle mentre guardava il mondo davanti a lei andare avanti. Il loro primo giorno di convivenza non sarebbe potuto andare peggio. E poi quel suo sguardo, quello sguardo così sicuro di se che si perse nello stesso istante in cui lo aveva accusato dell'omicidio della moglie. E se fosse stato davvero l'artefice della morte della donna?
Non aveva negato.
Ma non aveva nemmeno respinto.
Cosa si celava davvero in quello sguardo?
E lei?
Perchè insisteva così tanto con lei?
Si morse un unghia sperando davvero che un miracolo potesse scioglierla da quella situazione.
Era un mese.
Cosa era un mese?
Sarebbe passato in fretta e lei ne sarebbe uscita libera.
Ma quello che Leda pensava costantemente era che ne sarebbe uscita dentro una tomba.
La verità era che Richard la terrorizzava.
"Signorina Hughes, ma siete qui.."
Leda si girò verso la voce sorpresa da cui provenivano quelle parole e per un attimo ebbe come l'impressione che quella situazione fosse già accaduta, in un passato che lei non riusciva più a ricordare.
Qualcuno, tanto tempo fa, la ritrovava sempre. Ogni qualvolta che si perdeva. Sorrise incosapevolmente al ragazzo che ancora la guardava sorpreso per poi abbassarsi e porgerle la mano per aiutarla ad alzarsi.
"Siete gentile.." disse guardando gli occhi dolci e affidabili dell'uomo.
"Credevo di dovervi venire a cercare al cimitero..."
"Oh, bhe, volevo andarci ma alla fine mi sono resa conto che da qui non ci so arrivare." e rise mentre il ragazzo le lasciò andare piano la mano per poi ridere insieme a lei.
"Signorina Hughes, credo di non essermi ancora presentanto. Sono Robert Andrew Down, l'avvocato del Signor Armitage e.."
"E l'artefice della lettera così ricca di emozione, suppongo." e di nuovo Leda sorrise del rossore che aveva colorato le guance del ragazzo che imbarazzato si portò una mano dietro la nuca.
"Ebbene si, lo ammetto. Sono colui che ha impugnato l'arma del delitto."
"Ma non siete il cospiratore dello spregievole gesto." ma Leda dopo aver sentito quello che aveva appena sussurrato,si portò una mano sulla bocca come se quel gesto potesse fermare quello che aveva appena detto. Guardò mortificata Robert, pensando che aveva appena offeso e disprezzato una persona che a lui forse era cara.
"Mi dispiace, credo di aver esagerato.."
"No, non deve essere facile la vostra situazione e io non ne sono mai stato d'accordo." rispose poi Robert osservando che aveva appena ammesso un qualcosa che doveva tenersi per se.
"Davvero?" chiese sopresa Leda per poi guardare lo sguardo dell'uomo posarsi sulla finestra della sua nuova dimora. Si girò anche lei e li potè notare due occhi di ghiaccio che li guardavano, come se da un momento all'altro potesse fulminarli come se fossero colpevoli di qualcosa.
"Permettetemi di accompagnarvi al cimitero,signorina Hughes. Così potrete imparare la strada ed è più vicino di quanto pensiate."
"Oh no, davvero. Non posso disturbarvi in questo modo. Avrete degli impegni e non voglio essere la causa di un vostro possibile ritardo." ma per tutta risposta Robert le sorrise e le porse il braccio come consenso.
"Non dovete preoccuparvi, ho del tempo che dedico molto volentieri a voi, signorina."
Leda prese allegra il suo braccio e si fece condurre dolcemente dall'altra parte della strada.
"Ad un patto, signore."
"Quale?"
"Che voi mi chiamate Leda." aggiunse sentendo il desiderio di girarsi, come se una forza potente l'attraesse in quella direzione.
"Accetto, a patto che voi mi chiamate Robert."
"Bene, Robert." e la sua voce era dolce e amichevole.
"Bene, Leda" e anche quella dell'uomo era amichevole e quasi affettuosa. Si strinse un pochino di più al suo braccio, come se avesse trovato qualcuno che potesse proteggerla.
Lo strinse forte, sentendo ancora la schiena bruciarle.

                                                                            ***
Richard scansò malamente la tenda della finestra per poi uscire dallo studio per andare verso il piano superiore della casa. Si portò vicino alla porta bianca incastonata di piccole parti d'oro. Quella porta che era stata chiusa per un anno, lui, ora, sentiva il bisogno di riaprirla. La mano gli tremò mentre girò la maniglia e si stupì, una volta aperta, che dentro c'era ancora il suo odore.
L'odore della donna che era stata sua moglie per dieci anni.
Quella stanza ancora parlava di lei.
Le tende erano abbassate e a malapena entrava luce ma ne era abbastanza per fargli vedere come l'eleganza di quella stanza rispecchiasse quello che davvero era la donna. Si avvicinò all'enorme letto a baldacchino e alle lenzuola di candida seta color porpora su cui lei aveva dormito. Su cui loro avevano dormito per i primi anni del loro matrimonio.
Portò quella seta al naso e inalò ancora il profumo di rose che tanto amava Matilde.
"Perchè?" e strinse quella stoffa.
"Perchè..." disse con rabbia.
"Perchè hai dovuto rovinarmi così?" e le strappo per poi cadere sul pavimento pensando a Leda che se ne andava felice con il suo avvocato.
                                                                          ***
"E' annegata?Davvero?" Leda ascoltò la storia che Robert le stava raccontando sulla moglie di Richard e si sentì terribilmente in colpa di averlo accusato della morte della donna.
"Si, un anno e mezzo fa. Matilde era una grande amante del mare e gli chiese di regalarle un viaggio in nave. Richard l'accontentò e partirono ma in quel viaggio successe qualcosa...." Robert si fermò non riuscendo a trovare le parole giuste per descrivere quel momento.
"Cosa successe?" lo riprese prima di depositare i fiori sulla tomba dei genitori.
"Hanno litigato, così disse lui e anche alcuni passeggeri della nave. Li sentivano gridare molto forte tanto che alcuni si sono avvicinati..."
"E poi?" sussurrò quelle parole per poi ingogliare il groppo che le si era fermato in gola.
"Lei lo ha spinto per allontarnarlo da se ma si è sbilanciata ed è caduta in mare..." la guardò serio per poi vedere la confusiona negli occhi della regazza. Come se si aspettasse un altro tipo di storia.
"Davvero credete che Richard possa essere capace di quello che voi lo accusate?"
Leda si morse un labbro, si sentì una bambina e ferita abbassò lo sguardo. Robert si avvicinò a lei e le prese le mani per fare in modo che lo guardasse.
"Non lo avrebbe mai fatto. Amava Matilde e la venerava. Non le avrebbe mai fatto del male." E Robert notò come quelle parole l'avessero colpita, colpita come se qualcuno le avesse infilato una lama nel fianco. Robert si stupì di quanto in realtà Leda fosse già presa da lui. Doveva fare qualsiasi cosa per impedirle di avvicinarsi a lui. Qualsiasi cosa.
Richard non era un assassino ma era tante altre cose e non gli avrebbe mai e poi mai permesso di recidere quel fiore che era Leda.
"Capisco...."
"Leda....." e le strinse forte le mani per osservare lo sguardo smarrito che gli rivolse.
"Promettetimi che non vi farete coinvolgere."
"Coinvolegere in cosa?" Leda sentì come quella stretta aumentava e come i suoi occhi la pregavano di ascoltarlo.
"Non sposatelo, un giorno vi spiegherò il perchè ma vi prego di non farlo." aggiunse con enfasi per dimostrarle che quello che diceva potesse davvero aiutarla.
"Robert, io non so cosa vogliate dire ma io non lo sposerei comunque." allora perchè la sua vocina interiore continuava a dirle che era una bugiarda?
Quella parole le fecero più male di quanto si aspettasse. Più male di quello che nascondeva Robert.
"Sono contento." disse Robert per poi sorridergli e riprendendo a respirare.
Leda non potè fare altro che ricambiare quel sorriso mettendo a tacere quello che sentiva davvero.
"Leda, dovete scusarmi ma ho un impegno tra circa venti minuti. Fino a quando vi tratterrete?"
"Fino alle sei che è l'orario di chiusura."
"Bene, se farò in tempo vorrei riaccompagnarvi a casa."
"Oh ma non dovete farlo, vi siete già preoccupato abbastanza." E Leda pensò alla parola casa.
Casa, la casa dove c'era lui. Dove lui l'aspettava dopo quello che gli aveva detto.
"Non è affatto un disturbo ma se non dovessi riuscire, vi prego di tornare prima delle sette."
"Certo, ho capito bene le strada." e alzò gli occhi per fargli capire che in fin dei conti era attenta come un aquila.
"Non avevo dubbi. Ora devo lasciarvi.." e le prese la mano per portarla alla bocca prendendola di sorpresa.
"A dopo, DEA."e la lasciò andare per poi girarsi e prendere la strada verso l'uscita.
"Come mi avete chiamata..." disse più a se stessa che a quelle spalle che come molti anni fa, qualcuno le aveva rivolto insieme a quelle tre parole.

                                                                     ***
"Leda, cara, c'è una carrozza qui fuori che vi aspetta." il custode la richiamò dai suo pensieri mente accarezzava dolce i nomi dei suoi genitori.
"Oh, allora ha mantenuto la promessa." si alzò dalla lapide e mandò un bacio seguendo poi l'uomo verso il cancello.
Si sentì felice di riavere Robert a sua fianco e soprattutto voleva chiedergli il perchè l'aveva chiamata Dea, quel nome, non sapeva il perchè, gli faceva tornare in mente un passato che lei aveva dimenticato.
Salutò Martin mentre pensava ancora a quel nome fino a quando non si fermò vedendo che davanti la carrozza non c'era Robert ma bensì Richard.
Era di nuovo fiero, elegante e l'aspettava a braccia conserte. Come se quel suop modo di fare le facesse intendere che era li da molto.
Lo osservò e sentì le gambe farsi di pietra. Aveva paura di andare verso di lui, soprattutto dopo le parole che gli aveva urlato ingiustamente.
"Leda..."le disse e lei chiuse gli occhi pensando a quanto il suono della sua voce fosse così diverso da quello di Robert.
Era possessiva.
Era forte.
Era piena di passione.
Riaprì gli occhi e sussultò ritrovandoselo davanti che la guardava preoccupato.
"State male?siete pallida, avete freddo?" e si tolse la giacca per appoggiarla sulle sue spalle.
Leda non riuscì a dire nulla di quel gesto così dolce e così poco consono ai modi dell'uomo.
"Sto bene, signore. Davvero."
"Ah si?" e l'avvicinò a se per poi circondarle la vita con le braccia facendo accelerare il respiro della ragazza.
"Non voglio più litigare con voi, Leda." aggiunse prima che lei potesse dire qualcosa.
"Mai più." sottolineò guardando i bei occhi nocciola della ragazza che si erano fatti grandi e umidi per la sorpresa.
"Mi dispiace per quello che vi ho detto..." e si inumidì le labbra mentre gli occhi di Richard si calarono su quel suo semplice movimento.
"Non importa."
E davvero non gli importò più di nulla, in quel momento l'unica cosa importante erano le sue labbra su quella di Leda.
Le sua braccia che la stringevano forte e le braccia di lei che si aggrappavano alle spalle di lui per sorreggersi da quell'impatto.
Si scambiarono il loro primo vero bacio.
Leda pensò che mai e poi mai nella sua vita avrebbe provato l'emozione che quella danza delle loro bocche le stava dando.
Si mise in punta di piedi per poi accarezzare i suoi capelli e si pentì della promessa che aveva fatto a Robert.
Richard era il diavolo per lei.
E lei in quel momento voleva essere incendiata da lui.



Spazio autrice:
Sono quasi commossa per la "rapidità" nell'aggiornare xD.
Cosa ne pensate della prima moglie di Richard?Siete contente che non sia un assassino?
Mmmmm, chissà cosa succederà nei prossimi capitoli e se Leda davvero non troverà in Robert l'acqua santa che lo allontani dal diavolo tentatore di Richard.
Come sempre ringrazio chi ha lasciato un commento per me e a chi ha letto e messo la storia tra i preferiti.
Grazie, non sapete quanto questo mi faccia felice :)

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Capitolo 6
*** 4 capitolo ***


4.capitolo

'L’amore è una forza selvaggia.
Quando tentiamo di controllarlo ci distrugge,
quando tentiamo di imprigionarlo ci rende schiavi,
quando tentiamo di capirlo ci lascia smarriti e confusi.'
Paulo Coelho, Lo Zahir

'Primo giorno nella tana del lupo.'

Leda scrisse le prime parole di quello che sarebbe stato il suo diario da quel giorno in poi. Aveva deciso di annotare tutto quello che sarebbe successo nella sua nuova casa e nella sua nuova vita. Non sapeva bene il perchè avesse preso quella deciosione ma sentiva dentro di se il bisogno di confidare a qualcuno quello che sentiva.
Aveva optato per il quaderno che sua madre le aveva regalato nel giorno del suo ultimo compleanno con loro. Diceva che lì avrebbe potuto parlare liberamente immaginando che quelle pagine fossero una persona sulla quale potesse sempre contare. Finalmente quel regalo poteva essere utilizzato  e Leda decise che quel quaderno avrebbe preso il nome della sua adorata mamma.
Angelica.
'Mia cara Angelica, oggi è il giorno in cui tutto cambia. Sono la fidanzata di un ricco industriale. Un ricco industriale che vuole una semplice e povera ragazza come me.
Mia dolce Angelica,anche tu senti una sorta di inquietitudine? Come se quell'uomo nascondesse qualcosa di terribile e quel qualcosa potesse davvero costarmi....'
Ma Leda preferì non finire la frase e chiudere di scatto il diario ignorando il brivido che le aveva provocato quel pensiero. Fissava la sua figura nello specchio della sua elegante toeletta bianca.
Tutta la sua stanza era bianca.
Bianca come la sua anima.
Bianca come la sua pelle.
Bianca come la sua verginità.
Quella stanza sembrava quasi fatta apposta per lei. Come se quel colore indicasse che lei era la vergine sacrificale.
Si paragonava ad un piccolo e indifeso agnellino.
E il suo fidanzato era il lupo che aveva deciso la sua preda.
Ecco cosa erano quei due.
La loro storia ruotava intorno ad una corsa.
C'era chi fuggiva e c'era chi inseguiva.
Ma la sua domanda era...
Quanto tempo avrebbe impiegato a scappare da lui?
O forse la domanda era un'altra.
Quanto tempo avrebbe impiegato il lupo a divorarla?
Si alzò di scatto dalla sedia sbattendo le mani sul tavolino. Sbarrò gli occhi pensando che doveva restare lì un mese. Un mese che avrebbe potuto cambiare la sua vita. Dove poteva scegliere se essere divorata dal lupo o saltare il recinto della sua tana per essere finalmente liberata.
Ma era davvero la libertà quella che l'aspettava alla fine del recinto di spine?
Rifiutare Richard significava sottostare di nuovo al volere della zia. Era davvero quella la libertà che voleva?Tornare a casa avrebbe segnato la sua fine. Sua zia non le avrebbe mai permesso di tornare rifiutando la ricchezza che quel matrimonio poteva dare a lei e soprattutto a loro. Ma sposarsi dal suo punto di vista aveva lo stesso valore.
"Dio mio, cosa dovrei fare?"respirò piano in cerca della calma. Chiuse gli occhi cercando di pensare a quando era più piccola e insieme a sua madre faceva lunghe passeggiate a cavallo con l'aria che le faceva volare i capelli e quel senso di libertà e leggerezza che la faceva sentire felice come non mai. Quel pensiero un pochino la calmò ma sapere che dopo un mese avrebbe potuto non avere più un tetto sulla testa la inquietò.
"Un mese, un mese esatto e tutta la tua vita potrebbe cambiare...." si portò una mano alla bocca per poi iniziare a mordicchiarsi il dito indice. Forse accettare la proposta di Richard ,anche subito, non sarebbe stato poi così male. Se ripensava a quel bacio, a quel semplice tocco di labbra...sentiva ancora le guance andarle a fuoco. Se avesse dovuto prendere quella decisione in base ai segnali che le mandava il suo corpo,sentiva che avrebbe potuto buttarsi tra le sua braccia solo avendo la speranza che lui potesse darle un altro bacio. Ma Leda sapeva benissimo che non avrebbe mai permesso che quel sentimento la condizionasse, soprattutto perchè la sua testa le mandava tutto un altro tipo di segnale. Quell'uomo, quella sua strana richiesta di averla, tutta quella voglia di sposarla nascondeva qualcosa di più profondo. Qualcosa che lui voleva tenerle nascosta con tutte le sue forze. La sua confessione, il suo bacio, per quanto fosse passionale e lusinghiero e in un certo momento anche reale.....dietro avevano il sapore di qualcosa di insano e misterioso. Ed era proprio quella sensazione che fece prendere a Leda la decisione di resistergli e di andarsene da lui e anche da sua zia all'inseguimento della libertà. Non voleva essere l'agnello sacrificale.
Non voleva essere la vergine destinata a morire per non si sa quale divinità.
Non voleva essere l'arma che avrebbe ucciso lo scopo che Richard aveva davanti.
Voleva solo essere libera.
Voleva solo essere semplicemente Leda.
Sorrise, quella conversazione con se stessa sembrò darle la carica giusta per affrontare quella convivenza forzata. Si lisciò il semplice vestito blu che aveva decisio di indossare per il suo primo pranzo con l'uomo e nella sua nuova casa. L'orologio segnò la mezza e si accorse di essere già in ritardo per il pranzo.
Era la prima volta che arrivava in ritardo.
Era la prima volta che mangiava in una casa diversa dalla sua.
Era la prima volta che veniva qualificata come fidanzata di un uomo ricco.
Ed era la prima volta che mangiava da sola con un uomo.
Chissà dove l'avrebbero portata tutte quelle prime volte.
"Se mai scendi mai lo saprai..."si disse mentre piano percorreva la sua stanza verso la porta. L'aprì e timidamente mise la testa fuori sospirando di sollievo nel vedere che non c'era nessuno. Magari per quella volta poteva evitare di presentarsi, magari avrebbe potuto rimandare a cena o direttamente al giorno dopo usando come scusa una forte emicrania per via dei folli cambiamenti che avevano preso la sua vita. Magari solo per quella volta avrebbe potuto evitare quei suoi splendidi occhi di ghiaccio e quella bella bocca così dolce e così accattivante che ti invitava a baciarla e baciarla ancora. Mosse la testa velocemente come se quel gesto potesse scacciare quei pensieri peccaminosi che non riuscivano ad abbandonarla. Quell'uomo la destabilizzava. Voleva scappare da lui ma allo stesso tempo voleva anche che la fermasse e la rinchiudesse nella prigione di cui erano fatte le sue forti e possenti braccia.
"Cosa mai mi avete fatto..."
"Questo dovrei essere io a dirlo a voi..." Leda sussultò quando sentì la voce di Richard arrivarle fino al cuore e soprattutto quando si trovò l'uomo a poca distanza da lei. Sgranò gli occhi quando si ritrovò la sua figura imponente e allo stesso tempo rilassata che la fissava incuriosito. L'unica cosa che riuscì a fare fu quella di abbassare lo sguardo non riuscendo a sostenere quello sicuro di lui.
"Vi stavo aspettando per il pranzo, non vedendovi arrivare mi sono preoccupato e vi sono venuto a chiamare..." e così dicendo si avvicinò un pochino di più alla ragazza, come se lei avesse il potere di una sirena che con il suo canto attirava i marinai nel mare.
"E' gentile da parte vostra ma potevate mandare qualcuno senza disturbarvi a venire fino a qui...."
"Potevo ma avevo come l'impressione che avreste rifiutato con la scusa del mal di testa..."
Leda alzò lo sguardo verso di lui strabuzzando gli occhi per l'imbarazzo ed ebbe l'impressione di arrossire perchè Richard aveva sfoderato un sorriso ironico come se avesse capito di essere andato dritto al centro.
"Voi vi burlate di me, signore." disse stringendo forte i lati del suo semplice vestito. Si maledì per quella debolezza. Dove era finita la Leda battagliera che fino a ieri aveva combattuto con lui per impedire quella assurda situazione?
"Al contrario...." rispose lui ritrovandosi il suo corpo vicino e la mano grande dell'uomo che le alzava il mento per fissarla.
"Non vi ho ancora salutata come si conviene..."
"Con un Buongiorno?Ma ormai è ora di pranzo...." gli rispose con ingenuità non riuscendo a capire perchè Richard adesso le sorrideva tra il divertito e lo stupito e ignorando quanto fosse caldo il mento che ancora si ritrovava imprigionato nella sua mano.
"Leda.....sei una creatura così rara...." e quello che fece dopo fu di depositarle un bacio sulla guancia soffermandosi decisamente troppo su quella pelle morbida e fresca. Si staccò a fatica imponendosi di non proseguire nell'esplorazione della sua pelle ma rallegrandosi che alla fin fine non era indifferente alla ragazza. Lo si vedeva da come lo guardava sbalordita a attonita e da come aveva appoggiato di scatto la mano sulla guancia incolpata di aver ricevuto il suo bacio.
"Voi siete sleale...."e quasi piagnucolò quelle parole. Come poteva resistere ad un uomo che sconvolgeva il suo essere con un semplice bacio sulla guancia?
"Per quale motivo?Avreste preferito che vi baciassi sulle labbra come conviene a due promessi sposi?"e Richard sentì un brivido attraversargli il corpo quando la ragazza si morse il labbro nervosa. Forse conquistarla sarebbe stato più facile di quello che credeva. Forse averla non sarebbe stato completamente sbagliato. Forse sposarla ed essere sposato con lei gli avrebbe portato quella felicità che aveva sempre desiderato. Lei era diversa. Lei poteva cambiare le carte in tavola e fu proprio quel pensiero che gli disse che poteva di nuovo avvicinarsi a lei. Fu proprio il respiro accelerato della ragazza, il petto che si gonfiava e sgonfiava perchè le aveva appena toccato il collo con tutte e due le sue mani. Le sue labbra appena aperte dalle quale usciva a malapena il respiro caldo della donna. Quelle labbra che erano così vicine alle sue ,i loro respiri che si confondevano l'uno con l'altra. I loro occhi che si incontravano e scontravano. I loro cuori che battevano all'unisono e i loro corpi che si sfioravano. Mancava così poco per suggellare il giorno con un nuovo bacio ma così non fu.
"Vi aspetto giù...." fu l'unica cosa che riuscì a dire lasciandola andare e voltandogli le spalle di fretta. Era sbagliato, era sbagliato quello che stava facendo e si buttò verso le scale come scottato da lei. Come se lei fosse una lastra di ghiaccio. Fredda se appena la sfioravi ma ustionante se la toccavi.
Dal canto suo Leda dovette appoggiarsi alla porta della sua camera per non perdere i sensi per quel contatto così intimo che aveva appena vissuto con Richard.
Deglutì a fatica sentendo ancora il collo contorcersi per il dolore della mancanza delle sue mani.
Doveva scappare.
Doveva andare via il più in fretta possibile.
Forse lui la voleva per amarla,
Ma forse lui la voleva più per distruggerla.......
                     
                                                                          ***
Il pranzo passò velocemente e silenziosamente,non si erano scambiati una parola troppo presi dagli ultimi avvenimenti e soprattutto troppo tesi per quello che era accaduto prima. Leda aveva deciso di trascorrere il primo pomeriggio rinchiusa nella grande libreria della casa mentre Richard era rinchiuso nel suo studio insieme al suo avvocato. Chissà di cosa si occupava in realtà e su quale basi era dovuta la sua ricchezza
Passò in rassegna alcuni titoli della vasta collezione di libri che aveva ma nessuno sembrò attirare la sua attenzione. Aveva bisogno di uscire e prendere aria per schiarirsi le idee e decise di andare a trovare i suoi genitori. Stava per prendere il mantello con il suo cappellino quando la domestica della casa la fermò per chiderle dove stesse andando.
"Sto andando al cimitero,è un problema?"
"Certo signorina,deve chiedere il permesso al padrone per uscire."
"State dicendo sul serio?" chiese incredula e quasi ridendo ma la faccia seria e quasi offesa della domestica le fece presupporre che fosse la verità.
"Bene,chiederò il permesso al padrone di casa." ed esasperata andò verso lo studio di Richard e con forza bussò alla sua porta non aspettando nemmeno che lui le desse il permesso di entrare.
"Leda...." urlò sorpreso mentre metteva giù le carte che Robert gli stava passando.
"E' forse successo qualcosa? riprese alzandosi dalla sedia senza però andare verso di lei.
"Si...è successo che la vostra domestica mi ha detto che devo chiedervi il permesso per uscire. Voglio davvero sperare che non sia così,signore...." strinse le mani a pugno fino a farsi male mentre osservava gli sguardi che Richard e il suo avvocato si scambiavano. Come se fossero davanti alla scenata di una bambina che era appena stata privata dalle sue gustose caramelle.
"Non si sbagliava, siete sotto la mia responsabilità e qualsiasi cosa fate deve essere approvata da me." Richard disse quelle parole come se stesse firmando un contratto per qualche acquisto. Leda poteva sopportate di vivere in quella casa, di essere destinata ad una vita senza casa e famiglia, di essere priva di libertà ma non gli avrebbe permesso quello. Lei poteva uscire quando e come voleva. Lo aveva sempre fatto e non gli avrebbe dato la soddisfazione di prenderle anche quello.
"Credevo che fossimo d'accordo sul fatto che io non fossi la vostra serva,signore."e Richard notò di nuovo il tono di sfida e sentì come il suo corpo da calmo passò ad essere irritato per quel modo di contraddirlo....soprattutto davanti a Robert che adesso li guardava divertito appoggiato tranquillo alla sua scrivania.
"Ma siete la mia fidanzata e ospite nella mia dimora ed è per questo che farete come vi dico...."ignorò la vena che pulsava sulla sua fronte e per tutta risposta riprese i documenti come se quel gesto potesse farle capire che la conversazione era chiusa.
"Io non sono nulla di tutto quello che avete detto..."e Leda si meravigliò di come la sua voce invece risultasse calma.
"Cosa volete dire?" e questa volta sbattè i documenti sul tavolo.
"Richard,per favore." cercò di intromettersi Robert  vedendo che la situazione stava degenerando. Non aveva mai visto il suo amico irritarsi tanto e aveva quasi paura che potesse scavalacare la scrivania e andare addosso alla ragazza.
"Stanne fuori,Robert" gli urlò e lui con fatica tornò al suo posto senza però prima inviare uno sguardo di compassione alla ragazza che per tutta risposta sorrise tranquilla stupendolo.
"Che sono un ospite contro la mia volontà e che non ho ancora firmato nessun contratto  che possa considerarmi la vostra fidanzata. E con questo ho finito. Scusatemi ma la passeggiata mi attende." Concluse con un inchino e nascose un sorriso di soddisfazione per avergli tenuto testa ma mai si aspettò che lui la seguisse per il corridoio della casa e con forza prese il suo braccio strattonandola verso il muro per poi imprigionarla tra lui e questo. Sbattè con forza la mano tra la parete e il suo orecchio e lei istintivamente chiuse gli occhi per il rumore e per la paura.
"Perchè devi sfidarmi...."era affannato ma dentro di se cercò di nuovo la calma vedendo il corpo della ragazza che tremava. Lei non gli rispose quasi nascondendo il viso sul suo petto per trattenere le lacrime.
"Se lo farai di nuovo...."
"Non sono una prigioniera, io non sarò mai vostra...ve lo giuro." lo disse balbettando ma istintivamente portò le mani sulla giacca dell'uomo per aggrapparsi, come se da lui dipendesse sia la caduta che il rialzo.
"Se lo farai di nuovo..."insistette lui soffiando quelle parole sui capelli scuri di lei che gli solleticavano il mento.
"Mi ucciderete....come avete fatto con la vostra prima moglie?"e con forza Leda portò le mani sul suo petto e lo scansò da lei guardandolo seria. L'unica cosa che Richard riuscì a fare fu quella di sgranare gli occhi e aprire e chiudere la bocca come in cerca di un alibi. Lei cambiò espressione,da seria passò al deluso e poi all'impietrito.
"Arrivederci,signore...."disse per poi raccogliere il mantello e proseguire verso un luogo sicuro che non era quella casa.

Spazio autrice
Chiedo umilmente scusa per il grande ritardo nell'aggiornare. Ma sono stata lontana dal mondo civile....spero che questo capitolo possa farmi perdonare!
Ringrazio con tutto il cuore chi ha letto,chi ha commentato e chi ha messo la storia tra i preferiti.
Spero di poter aggiiornare presto e grazie ancora per seguire la mia storia :D          

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Capitolo 7
*** Sesto capitolo ***


Sesto capitolo

 

 "Si può impazzire d'amore? Si può morire d'amore?

"Tanto, tanto amore, tanta tanta luce, tanto sole"

-G. Verga , Storia di una capinera-

 

 

 

'Leda, mia amata e piccola Leda.'

Voce triste.

Angosciata.

Quasi lontana.

'Un giorno, lo so che un giorno perdonerai questo misero e triste uomo che ti ha abbandonata'

Il suo cuore aveva perso un battito.

Si era poi quasi fermato.

E per un attimo, un semplice attimo, pensò che si fosse frantumato in mille pezzi.

'Un giorno, anche tu proverai quel tipo di amore che ti porterà a prendere delle decisioni a volte estreme.'

No, lei non lo avrebbe provato.

Non avrebbe mai permesso che quel dolore tornasse a riva.

'Leda, un giorno perdonerai questo tuo debole e sciocco padre che non è riuscito a sopravvivere alla morte della tua amata madre. Perdonami, Leda, perdonami.'

 

Leda si svegliò quella mattina con le lacrime che le bagnavano le guance bianche. Erano anni che non faceva più quel sogno. Erano anni che aveva cercato di dimenticare la scelta che aveva fatto suo padre.

Suicidarsi per amore.

Lasciarla sola perchè in quella vita non sentiva più di appartenere a nessuno.

Nemmeno a sua figlia.

Leda non aveva mai perdonato suo padre e nessuno sapeva la verità della sua morte.  Nessuno sapeva che lui era morto davanti ai suoi occhi, un’ora dopo aver visto bruciare il corpo di sua madre. Un’ora dopo convivendo con il dramma di aver salvato solo sua figlia e non la moglie.

Si era sparato.

Davanti ai suoi occhi. Mentre la casa era ancora in fiamme. Mentre la gente stava arrivando per salvarli.

Lui si era messo davanti alla porta principale e si era sparato. Mentre le fiamme avvolgevano il suo corpo, lui le aveva chiesto di perdonarlo.

Perdonare quel suo sciocco e triste padre che non aveva visto in lei abbastanza amore da poter sopravvivere senza sua moglie.

Leda non lo aveva perdonato e in quel preciso istante si era promessa di non amare nessuno. Perchè amare significava abbandonare qualcuno che credevi fosse importante.

E lei pensava di esserlo.

Pensava di essere abbastanza per i suoi genitori.

E invece non fu così.

Leda scansò malamente le coperte cercando di scacciare quei ricordi dalla sua testa. Perchè le era tornato in mente?

Si portò una mano sulle labbra pensando al pomeriggio di ieri quando Richard l'aveva aspettata fuori al cimitero e le aveva dato il bacio più bello e passionale che mai nella vita potesse immaginare.

Si scansò i lunghi capelli che le erano ricaduti sulla faccia mentre si trovava ancora seduta sul letto in un forte stato di agitazione.

Pensava a quel bacio.

Ma soprattutto pensava al sogno che aveva fatto.

Era come se suo padre fosse tornato da lei per dirle qualcosa.

Un qualcosa di spiacevole.

Le aveva ricordato che aveva rinunciato a lei per amore.

"No, non puoi permetterlo. Non puoi. L'amore ti ha uccisa una volta, non puoi permetterlo di nuovo. " si disse mentre cercava di tornare calma e respirare a pieni polmoni.

Si alzò e andò verso l'armadio per decidere quale vestito indossare per la colazione. Si accorse di tremare mentre apriva le ante dell'armadio.

Aveva paura.

Ma non sapeva bene da cosa scaturisse quella sensazione.

Se dal ricordo della rinuncia di suo padre a lei.

O della sua rinuncia verso Richard.

"Leda, devi avere la forza di rinunciare." e si aggrappò all'enorme mobile di legno pregiato per impedirsi di cadere. Sebbene fosse consapevole dell'effetto che aveva Richard su lei, dovette costringersi di portare avanti la sua battaglia.

Non doveva cedere, non doveva più soffrire per l'amore di nessun tipo.

Si poteva impazzire d'amore.

Si poteva morire d'amore.

E suo padre gliela aveva dimostrato.

No, non avrebbe mai permesso che Richard la uccidesse per amore come aveva fatto sua madre con suo padre.

 

 

                                                                                                                             ***                                                                          

 

Richard girava e rigirava tra le dita quella minuscola scatolina nera che conteneva l'eredità della sua famiglia.

L'anello che una volta apparteneva a sua madre e che le era stato donato a sua volta da sua nonna.

Quell'anello che aveva vissuto sul dito di tutte le donne della casata di sua madre. L'anello che doveva passare da madre a figlia e che si era conclusa con la sua nascita.

Sua madre, Eleonor, aveva avuto solo lui. Per tanti anni aveva provato di allargare la famiglia ma purtroppo la sua salute non glielo aveva permesso.

Un giorno, prima della sua morte, gli aveva donato quell'anello con la promessa che l'avrebbe dato a colei che avrebbe amato per il resto della sua vita.

Una ragazza da considerare a pari e se non più di sua madre. L’anello rappresentava quello. Era il simbolo di vero amore che si scambiavano le madri con le figlie. Eleonor gli aveva fatto promettere di trovare una donna che sarebbe stata in grado di provare quel tipo di amore. L’amore per la famiglia.

Richard lo aveva preso e nascosto nella sua stanza.

Non aveva mai trovato nessuno che potesse essere pari alla straordinaria donna che era stata sua madre.

Nessuno ne era l'altezza, non lo era stato nemmeno sua moglie.

Eppure, in quel momento, aveva tirato fuori l'anello dal suo nascondiglio e lo aveva portato alla luce. Come se in quel preciso istante avesse capito di aver trovato una casa.

Un posto a cui appartenere.

Lo scosse ancora tra le sue dita indeciso su cosa ne sarebbe stato di quel piccolo oggetto d’orato e con una rosa di cristallo purissimo incastonata in mezzo.

“Buongiorno” e Richard venne risvegliato dalla voce che aveva riscaldato il suo cuore dal primo momento che l’aveva sentita parlare.

Nascose veloce la scatolina nel taschino della giacca e con un cenno della testa avvertì i camerieri di servire la colazione mentre osservava Leda sedersi davanti a lui con una strana espressione sul viso. Si chiese se anche lei non fosse riuscita a prendere sonno per quel bacio che si erano scambiati poche ore prima. Se tutta la notte avesse avuto come unico pensiero di ripetere quel gesto, di stare abbracciati fino a quando il mondo glielo avrebbe concesso. Di essere solamente loro due, loro due e basta. Ma il viso della ragazza era una maschera bianca, si vedeva che era agitata, soprattutto da come aveva tremato il bicchiere di acqua che si era portata alla bocca.

“Vi sentite bene?” le chiese mentre la cameriere gli serviva la seconda tazza di caffè della sua giornata. Si portò la tazzina alle labbra mentre osservava gli occhi di Leda farsi sempre più spenti.

“Si, sto bene, signore.” E sentì lo stomaco rivoltarsi quando le posarono il piatto con ogni ben di Dio davanti al naso.

Voleva andare via, voleva avere un paio di ali per poter scappare. In quel momento desiderò di avere Robert accanto a se. Non sapeva perché, ma con lui si sentiva come una principessa protetta dal suo miglior cavaliere.

Con quei pensieri nella mente non si accorse che Richard si era alzato per sedersi poi accanto a lei. Sentì il mento sollevarsi dalle dita lunghe e affusolate dell’uomo e di nuovo il suo cuore la tradì. Quel cuore iniziò a battere come impazzito.

Maledetto cuore.

Traditore.

Egoista.

Perché non pensava a lei e a quanto aveva sofferto a causa sua?

Perché ancora desiderava quell’amore che lei cercava in tutti i modi di negargli?

Perché voleva a tutti costi soffrire?

“Non state bene, siete pallida e i vostri occhi mi dicono che avete pianto.” Soffiò quelle parole come se fosse un vento fresco e primaverile, in grado di sciogliere il ghiaccio nascosto dentro lei. Perché era così sorprendentemente dolce? Perché era così difficile portare avanti una convinzione che le sembrava importante fino a due giorni prima?

Perché mai aveva scelto lei?

“Vi ho detto che sto bene, non dovete preoccuparvi.” E così dicendo scansò malamente le mani dell’uomo dal suo viso e si alzò.

Doveva stargli lontana.

La sua vicinanza era più pericolosa di una pistola puntata alla tempia.

“Cosa significa?” gli disse lui non riuscendo a capire quella freddezza che gli riservava dopo quel profondo bacio che si erano scambiati. Credeva che qualcosa fosse cambiato dopo ieri e invece sembrava addirittura peggiorato.

Sentì i camerieri rientrati per portare le altre portate della colazione e con un solo semplice cenno del capo gli fece capire di uscire e di non disturbarli per nessun motivo al mondo.

“Leda, vi ho fatto una domanda e gradirei una risposta da voi.” E si alzò anche lui per raggiungere le esili spalle della ragazza posta davanti alla finestra.

“A che proposito?” disse in un sussurro sentendo già la presenza dell’uomo dietro di se.

“Mi state prendendo in giro?”

Ora Richard era confuso e cercò di trattenere l’irritazione che provava per non fare lo stesso errore di ieri.

“Signore, non è nella mia indole prendermi gioco di un uomo rispettabile. Scusate ma vorrei andare nella mia stanza.” e deglutì cercando di capire come farsi strada da lui e raggiungere la porta sana e salva. Ma come aveva immaginato lui la bloccò con il suo corpo appena si girò. Non la toccò, non la fermò nemmeno con una mano. La sua sola presenza la fece fermare e angosciata guardò i suoi occhi azzurro color degli abissi. E in quel momento pensò di sprofondare.

“Perché fate così? Perchè mai mi fate questo?” e strinse le mani a pugno che aveva dietro la schiena per trattenersi da prenderla e ricordarle il bacio che solo poche ore prima li aveva uniti.

“Pensate perché mi sia concessa al vostro bacio…mi conceda anche al matrimonio? Siete pazzo..”

In quel momento Leda trovò la forza di allontanarsi da lui e pregò con tutto il cuore che non la fermasse e che non la trattenesse con la forza delle sue mani.

E si sentì sollevata quando vide la porta farsi sempre più vicina fino a quando le parole dell’uomo non ebbero l’effetto di frenarla per poi guardarlo incredula.

“Siete forse una sgualdrina che vi concedete al primo uomo che vi mostra il proprio desiderio?”

“Come osate? Cosa ne sapete di me per dire queste parole? Solo perché vi rifiuto, non avete il diritto di offendermi in questo modo.”

“E cosa dovrei pensare, Leda?” chiese esasperato Richard appoggiandosi al tavolo e afferrando il mobile con le mani per mascherare la rabbia che stava salendo sempre di più fino alla sua testa. Cosa diavolo le era successo? Perché al posto della docile Leda…ora c’era una donna completamente diversa. Una persona che avrebbe preferito buttarsi dalla finestra che stare in sua compagnia.

“Mi dispiace che abbiate pensato che fossi favorevole al matrimonio ricambiando il vostro bacio.” E cominciò a stuzzicarsi le unghie non sapendo cosa altro aggiungere. Si era solamente lasciata andare a quel diavolo tentatore. Come poteva vincere con un uomo che incantava e incatenava il suo cuore solo con un semplice sguardo?

“Quindi dovrei pensare che vi piace baciare chicchessia, perdonate, Signorina. Spero che almeno vi sia piaciuto e sia stato all’altezza degli altri.” e in quel momento avrebbe voluto prendere a calci tutto e tutti nascondendo la gelosia di pensare a lei con un altro.

“Siete meschino, signore. Non ho mai baciato nessuno e non ho termini di paragone. Mi dispiace che pensiate che sia una persona così futile.” Sentì un groppo in gola e sperò che la lasciasse andare prima che si mettesse a piangere.

Ai suoi occhi stava uscendo come una sgualdrina.

Quella cosa la feriva ma se era l’unico modo per poter andare via, avrebbe accettato le sue parole.

“Sono meschino? E voi cosa siete, allora? Come dovrei sentirmi dopo tutto questo? Ieri ve ne siete andata come una furia, ho pensato di essere stato cattivo e di rimediare. E invece no, siete uscita con il mio avvocato, avete riso con lui. Avete, magari, passato del bel tempo insieme. Magari vi siete anche lasciata andare…” ma non finì la frase che Leda lo aveva raggiunto con uno schiaffo. Si portò la mano sulla parte ferita e strinse i denti nel vedere come il gli occhi di Leda si erano bagnati di lacrime.

Era un mostro.

Era la gelosia che lo faceva parlare.

“Robert non è lontanamente quel tipo di persona. Lui è stato gentile con me come non lo era mai stato nessuno. Potete offendere me ma non lui.” Rispose singhiozzando e in quel momento vide gli occhi di Richard farsi due fessure di rabbia e Leda per un attimo tremò pensando al peggio.

“Robert?” le disse solamente sentendo il tarlo della gelosia riaffiorare.

Leda lo chiamava ancora signore.

Mentre il suo avvocato era già stato premiato con il suo nome.

“Quanta intimità per una persona che conoscete appena…”

“E’ l’unica persona che mi ha mostrato della gentilezza…”

Si guardarono intensamente negli occhi.

In quelli di lui c’era frustrazione per quelle parole che Leda rivolgeva ad un altro uomo.

In quelle di lei c’era colpevolezza e consapevolezza di averlo ferito.

Nell’aria c’era la solita alchimia che li catturava e li rendeva schiavi l’uno verso l’altra.

C’era di nuovo quella passione che tutti e due riuscirono a mettere da parte per gli avvenimenti appena successi.

Richard si allontanò da lei portando una mano nella tasca e sentendo quella scatolina fredda a contatto.

Era fredda come il suo cuore in quel momento.

Aveva pensato davvero di donare quel tesoro a Leda?

Un anello che mai e poi nella vita le avrebbe visto al dito.

Stava davvero mettendo tutta la sua esistenza nelle mani di quella donna?

No, non lo avrebbe fatto.

Avrebbe portato avanti la sua missione senza pensare alle conseguenze.

Lo voleva lei, glielo stava imponendo.

E giurò a se stesso che lei gli avrebbe ceduto.

“Domani sera ci sarà un ballo dal Conte Gordon. Per le 8 dovrete essere pronta.” Non disse altro raggiungendo la porta.

“Non amo i balli ,signore.”

Di nuovo la parola signore.

Leda vide le spalle dell’uomo muoversi impercettibilmente, come se lo avesse accoltellato solo con quella semplice parola.

“Non dovete amarli, dovete solo eseguire il mio ordine. Se non sarete pronta per quell’ora vi verrò a prendere fino in camera e vi porterò di peso fino al ballo. Anche in camicia da notte, non mi importa del vostro abbigliamento. Sono stato chiaro?”

Nelle sua parole non c’era un briciolo di gentilezza Leda notò che non era un invito ma un semplice e drastico ordine.

“Ci sarò.” Gli disse per poi vederlo scomparire da lei.

Si sedette appena lui se ne andò, come se tutta la forza che aveva avuto fino ad un momento fa, l’avesse lasciata andare.

Aveva appena messo un piede verso la libertà.

E aveva appena perso un frammento del suo cuore appena lui gli aveva voltato le spalle.

 

                                                                                                                               ***         

 

Richard richiuse l’anello nel cassetto dove era stato nascosto fino adesso. Come aveva potuto pensare di lasciarsi andare con lei?

Sbattè il cassetto arrabbiato dandosi dell’idiota. Stava per mandare in frantumi il lavoro di così tanti mesi per un semplice bacio.

“Non permetterò che mi distruggiate.” E si tolse la giacca per poi buttarla sul letto. Raggiunse la finestra accendendosi un sigaro e per un attimo sbarrò gli occhi.

Davanti al suo davanzale c’era un piccolo nastrino azzurro cielo. Allungò la mano per poi toccare incredulo quel piccolo pezzo di stoffa.

Era forse impazzito?

Come ci era finito lì?

L’azzurro.

“E’ IL COLORE DEI TUOI OCCHI, AMORE. E FINO A QUANDO VEDRAI QUESTO NASTRO, SAPRAI CHE TI APPARTENGO.”

Richard si lasciò andare a terra accompagnando nella caduta quel pensiero che tanto prepotentemente gli era tornato nella mente.

Il suo colore preferito.

Il colore della sua appartenenza.

Il colore che dava inizio a quella tragedia di cui lo stesso era l’artefice.

 

 

 

Angolo autrice:

Ebbene, diciamo che da questo capitolo in poi si inizieranno a capire un po’ di cosine in più.

Cosa ne pensate della povera Leda?

Condividete con lei il motivo per cui non vuole amare nessuno?

E che ne pensate di Richard?

Sapranno amarsi o si odieranno fino ad uccidersi?

Chissà xD

Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto e ringrazio con tutto il cuore chi mi segue e che mette la storia tra i preferiti.

Un bacio e a presto ^^

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Capitolo 8
*** Ottavo capitolo. ***


 

8.capitolo

 

 

 

                                                                        

 

‘“Solo un bacio e poi

 

Se vuoi

 

Le labbra mie perdonerai’

 

 

 

‘Solo un bacio e poi

 

Se vuoi

 

Le labbra mie ritroverai”’

 

.Cit. Romeo&Giulietta Ama e cambia il mondo.

 

 

 

‘”Madre, perché deve andare via? Non può restare con noi?’”

 

 

 

‘”Oh Leda, ricorda sempre che gli amici devono avere la libertà di essere lasciati andare. Se sono veri torneranno da te. E io credo davvero che lui non ti lascerà mai, nemmeno ora che sta salendo sulla carrozza che lo porterà via da noi. Con il corpo è lontano ma i suoi occhi veglieranno sempre su di te”

 

 

 

Leda si strinse di più tra le braccia della madre mentre, ancora poco convita, vedeva la carrozza andare via.

 

 

 

Il suo unico amico la stava lasciando ma le parole della madre riecheggiavano ancora nella sua testa.

 

 

 

Lui sarebbe tornato.

 

 

 

E lei si sarebbe di nuovo sentita protetta.

 

 

 

Eppure qualcosa era cambiato.

 

 

 

In un momento tutto quello che le era intorno cambiò

 

 

 

Una forte nebbia aveva investito sua madre facendo sparire il suo abbraccio caldo su di se. Da bambina si ritrovò adulta e sola. E di nuovo il suo cuore iniziò a battere per la paura, cercò di chiamare la carrozza che piano piano si allontanava da lei. Cercò di urlare ma dalla sua bocca non uscì nemmeno un suono striminzito. Voleva correre, urlare, piangere ma si sentiva bloccata. Avrebbe voluto che il suo amico scendesse da lì e le dicesse che sarebbe andato tutto bene ma nulla di tutto ciò accadde.

 

 

 

Si lasciò andare a terra mentre le nubi avvolgevano il suo corpo stanco. Forse stava per morire anche lei, e provò un grande senso di smarrimento perché in quel momento avrebbe voluto tornare, vivere, rivedere i suoi occhi.

 

 

 

‘’Quali occhi?’’        

 

Leda si girò nervosamente dalla parte in cui veniva quella voce.

 

Avrebbe voluto rispondere che cercava i suoi occhi dolci, quegli occhi che l’avevano amata incondizionatamente. Che la avevano espresso fedeltà e amicizia. Che sarebbero stati per sempre con lei.

 

 

 

‘’Di che colore sono i suoi occhi?’ e quella voce ora era calda al suo orecchio,come se volesse farle capire che in realtà stava cercando gli occhi sbagliati. Che in realtà la persona che cercava non era più il suo amico ma qulcuno che aveva preso il suo posto già da tempo.

 

 

 

Si portò inconsapevolmente una mano sul petto, quel cuore che aveva battuto fino adesso, aveva smesso di battere. Il suo corpo piano piano stava diventando freddo,come se il marmo stesse prendendo il posto della sua pelle calda e viva.

 

 

 

‘’Sai perché ti sta succedendo questo?’’

 

 

 

Leda spalancò gli occhi. La voce calda aveva preso una piega spietata e finalmente riuscì a dare un senso a quell’inclinatura. SE avesse avuto ancora un corpo avrebbe sicuramente tremato dalla paura ma ormai era diventata di ghiaccio. Di ghiaccio come era la misteriosa donna del ballo.

 

 

 

‘’Non puoi rispondere perché stai morendo. L’usurpatrice sta morendo perchè è una traditrice.

  L’usurpatrice verrà decapitata per mano di chi pensava di amarla.’

 

 

 

“’Decapitata? Perchè? Cosa ho fatto?’

 

 

 

Leda si stupì di come le uniche parti del corpo ancora vive erano i suoi occhi e la sua bocca che chiedevano, imploravano quella voce di spiegarle cosa avesse fatto per meritarsi una simile morte.

 

 

 

‘’Lo sai, pensaci. Sai cosa hai fatto.’

 

 

 

LEDA.

 

 

 

Ora la voce era cambiata.

 

 

 

LEDA.

 

 

 

Sentiva come una pressione sul collo mentre il suo nome echeggiava intorno a lei.

 

 

 

LEDA.

 

 

 

SVEGLIATEVI.

 

 

 

Svegliarsi?

Svegliarsi da cosa?

Lei sentiva sempre di più gli occhi farsi pesanti. Forse stava davvero morendo, era stata punita perché aveva scelto una via che andava contro i suoi principi.

 

Perché aveva ceduto.

 

Quella voce aveva ragione.

 

Era un usurpatrice.

 

Stava vivendo la vita di qualcun altro.

 

LEDA.

 

 

Il freddo che sentiva stava piano piano svanendo, la sua faccia era come smossa da una sorta di strano calore. Come se qualcuno avesse appiccato del fuoco sul suo viso.

 

 

 

LEDA PER L’AMOR DEL CIELO SVEGLIATEVI.

 

 

 

E di nuovo il calore divenne quasi insopportabile. Nella sua mente tornò ai suoi 14 anni,quando le fiamme avevano avvolto la sua casa, i suoi mobili e il corpo di sua madre.

 

LEDA,TORNATE DA ME.

 

Non seppe se fu la voce così dolce ma allo stesso tempo triste che la chiamava incessantemente o la luce che vedeva riflettersi sulla sua vista buia che le fece aprire gli occhi di scatto per poi trovarsi una candela troppo vicina al suo viso.

"Noo,non vi avvicinate a me." Leda si alzò di scatto spingendo via la candela che Richard aveva in mano che poi andò a finire a terra spegnendosi per la botta ricevuta. Leda si allontanò il più possibile aandanosi a rifugiare dietro la scrivania che l'uomo usava come base per il suo lavoro.

Richard dal canto suo si ritrovò spiazzato dal comportamento della ragazza. Si ritrovava ad osservarla da per terra. Guardava come quel corpo fosse cambiato nel giro di pochi istanti.

Erano tornati da poche ore dal ballo, tornati dal momento in cui non avevano smesso un secondo di baciarsi e sfiorarsi. Leda si era addormentata nella carrozza con la testa appoggiata alla sua spalla e con i capelli che lo inebriavano con il loro profumo. Quella donna lo aveva stregato. Stregato con la sua franchezza, con la timidezza e con la sua delicata e misteriosa bellezza. Non voleva interrompere quel momento tra di loro, quella tenerezza che si era creata e che chissà fino a quanto sarebbe durata.

L'aveva portata nel suo studio e l'aveva appoggiata sul divano per continuare a godersi della sua presenza e del suo viso dolcemente addormentato. Avrebbe continuato a guardarla per sempre fino a quando il suo viso non aveva mutato espressione. Da serenamente addormentata era passata ad avere delle contrazioni facciali di grande sofferenza. Il suo corpo era come preso da spasmi e continuava a chiedere cosa avesse fatto per meritarsi di morire.

Aveva cercato di scuoterla per farla risvegliare ma niente sembrava riportarla nel mondo reale. Aveva iniziato a chiamarla e in quel momento si ricordò del trucco che usava sua madre per farlo svegliare quando era piccolo. Era solita chiamarlo dolcemente mentre passava una piccola candela dalla fiamma quasi spenta in modo che la luce invadesse le sue palpebre chiuse e chiedesse al suo corpo di risvegliarsi. Ogni volta che lo usava lui in automatico si svegliava e per quanto negli anni quel trucco gli sembrasse ridicolo,in quel momento decise di provarlo ma mai immaginò una reazione simile dalla ragazza.

“” Leda" riuscì a pronunciare mentre osservava la ragazza farsi sempre più piccola per poi vederla accasciarsi dietro la sedia e lasciarsi andare ad un pianto disperato. Richard si alzò da terra buttando la candela nel camino. Si avvicinò nel luogo dove provenivano quegli intensi singhiozzi e la ritrovò con la testa appoggiata sulle ginocchia e con i capelli che le ricadevano in disordine fino alla schiena.

" Leda" disse questa volta dolce mentre appoggiava la mano su quei capelli setosi. La sentì tremare ma ringraziò Dio che non lo fece scansare.

"Ditemi cosa è successo,ditemi cosa vi ho fatto per farvi reagire in questo modo." Per tutta risposta ebbe i suoi occhi rossi e bagnati di lacrime che l’osservavano con serietà e diffidenza. Richard si chiese cosa ci fosse nel passato di quella donna che aveva tanto turbato la sua vita. Non sapeva quasi nulla di lei, soltanto che era la parente povera di una famiglia facoltosa e che l'aveva presa con se dopo la morte dei genitori.

Chi era davvero questa donna?

E cosa davvero gli stava facendo?

Per un secondo gli balenò in mente di lasciar perdere tutta la storia del matrimonio, di allontanarla da lui, di non portare avanti quella assurda storia.

Non poteva essere sostituita.

Non per quello che aveva in mente.

Se solo ci fosse stata un altra soluzione, se solo avesse avuto davvero il potere di cambiare tutto.

" Non fatelo mai più, vi prego." la voce interrotta solo da leggeri singhiozzi lo fece ritornare nel mondo reale. A Richard non poteva apparire più bella di così, nella sua fragilità ma anche nel coraggio di ammettere le sue paure. Si sedette meglio accanto a lei, distendendo le lunghe gambe per stare più comodo e distrattamente portò i suoi lunghi capelli dietro le orecchie godendosi della smorbidezza di quei boccoli neri.

“Aiutatemi a capire, Leda. Non so davvero cosa vi ha arrecato tanto dolore, volevo solo svegliarvi."

Leda sospirò per quel dolce contatto e per quegli occhi azzurri che la guardavano ancora preoccupato. Le sue labbra erano così vicine alla sua guancia che ne poteva sentire il calore. Era così intimo quel momento che anche nel dolore ne poteva percepire la sensualità. Sentiva il cuore battere forte e si avvicinò di più a lui per poi farsi cadere sul suo petto sentendo il tepore dell’uomo.

”Richard.””riuscì a dire sentendo un altro cuore batterle nell’orecchio. Richard dal canto suo era talmente amozionato che non riuscì a fare altro che abbracciarla sentendo i suoi capelli accarezzargli il collo e il mento.

“Se non volete dirmi cosa è successo non insisterò"”

Leda si accocolò meglio nel suo abbraccio e per la prima volta in vita sua sentì il bisogno di condividere con qualcuno la sua storia. Con qualcuno che sentiva che poteva essere un nemico, che sentiva come se da un momento all’altro non l’avrebbe più stretta come stava facendo ora.

Che l’avrebbe perso.

Ma in quel momento non gli importò.

In quel preciso istante sentì l’impulso di dire la verità.

“Mia madre è morta in un incendio, Richard. E’ morta nel giorno del mio quattordicesimo compleanno." Chiuse gli occhi tornando a quel giorno e soprattutto al dolore nel vedere suo padre prendere la decisione più orribile della sua vita. Richard rimase in silenzio ascoltando quello che aveva da dirle. Ora capiva il perchè si era così spaventata nel vederlo con la candela vicino al suo viso. Si sentì in colpa perchè gli aveva fatto tornare alla mente il ricordo di quando la sua vita finì.

"Mi dispiace,Leda..io,davvero.."

“Shh, Richard, non è colpa vostra. Mia madre credeva ciecamente nell’amore, diceva che era l’unica forza in grado di sfidare qualsiasi cosa negativa fosse successa. Credeva persino che potesse combattere la morte,ma alla fine non la salvò dal destino crudele che le era toccato." Sorrise mentre sentiva la mano di Richard sulla nuca, nel silenzio che le dava , le stava trasmettendo più calore delle tante parole che aveva ricevuto nel giorno dei loro funerali.

““Tutti sanno che sia mia madre che mio padre sono morti in quell’incendio" si scansò dal suo petto e ingonocchiandosi staccò la mano dell’uomo dalla sua nuca e si mise all’altezza dei suoi occhi che ora la guardavano incuriositi cercando di capire che cosa fosse davvero successo quel giorno.

““Mio padre si è ucciso davanti ai miei occhi. Quel giorno non era ancora rientrato a casa quando successe tutto, mia madre mi chiese di aiutarla ad addobbare la sala da ballo con delle candele. Le adorava e diceva che la loro fiamma rappresentava l’amore eterno. Avremmo festeggiato il mio compleanno e la loro nuova promessa d’amore ma purtroppo non fu così. Avevo aperto tutte le finestre della sala, il tempo non era dei migliori ma pensavo che con il panorama che si vedeva da lì,sarebbe stato ancora tutto più bello"

Leda sentì gli occhi pizzicare, quel profondo dolore che sentiva dentro si stava piano piano diffondendo.

Si sentiva in colpa per aver causato quell’incendio per una stupidita. Aveva creato una corrente d’aria mortale imprigionando lei e sua madre nel fuoco. Richard non potè fare altro che assistere al pianto disperato della ragazza. Non riuscì a muoversi, si sentiva impotente davanti all’ammissione di colpa della ragazza. Ma che avrebbe potuto fare? Era stato solo uno stupido incidente, un’incidente che avava cambiato il decorso di tutta la sua vita.

“Leda, avete vissuto con questo senso di colpa per tutti questi anni…ma non è stata colpa vostra. Eravate solo una bambina, non potete vivere con il dolore di essere stata voi."E quando vide il suo viso farsi scuro la tirò verso di abbracciandola forte. Sentì le mani della ragazza aggrapparsi alla sua camicia. Come se lui fosse la roccia da cui dipendeva la sua salvezza.“

“Come potete dire no, se solo non avessi aperto quella dannata finestra..loro sarebbero ancora qui con me." e si ritrovò a pensare che forse non si sarebbe ritrovata nemmeno tra le braccia dell'uomo se la sua vita fosse stata diversa. Se sua madre e suo padre fossero stati vivi,lui l'avrebbe notata? L'avrebbe scelta?

Di nuovo le domande su quella relazione le si ripresentarono spietate nella testa.

Anche in quel momento in cui gli stava mettendo tutta la verità davanti, si ritrovò a pensare a quanto fosse sbagliata quell’unione.

Se fosse cresciuta nella ricchezza,se fosse stata una ragazza frivola e mondana come sua cugina,lui avrebbe chiesto di lei?

Magari nella nobiltà l’avrebbe amata di più?

Oppure l’avrebbe scansata e avrebbe scelto un altra ragazza nelle condizioni in cui versava lei in quel momento?

Chiuse gli occhi di scatto come se quelle domande le avessero causato dolore.

Perchè voleva scacciare l’egoismo che aveva provato in quell momento.

Provare quasi sollievo per quella vita solo perchè gli aveva messo davanti Richard e in quel momento capì cosa le stesse dicendo il suo cuore.

Lei amava Richard.

Lui era la sua aria.

Lui era la sua stessa vita.

Era una dannazione.

Una malattia a cui non c’era cura.

Era lo stesso fuoco di cui aveva paura ma allo stesso tempo ne voleva essere bruciata e consumata.

Leda, è per questo motivo che non volevate accettare la mia proposta di matrimonio?" come risposta ebbe le braccia della ragazza strette ancora di più sulla sua schiena.

“Leda, vi guiro che vi proteggerò. Non dovete avere paura, io non vi abbondonerò,MAI.”

“Lo giurate? Giurate che non mi farete soffrire? Io sono stata tradita dal mio stesso padre. Quel padre che diceva di amarmi e di proteggermi. Quel padre che non ha retto alla morte della moglie e che ha preferito lasciare me nella completa disperazione della solitudine che lasciare andare lei nella morte. Giurate,dunque, voi,che alla fine mi siete estraneo…di proteggermi per sempre?”

Richard si sentì colpito come da una tempesta. Leda aveva questo potere. In un momento sembrava essere la pecorella che doveva essere salvata dal lupo, e il momento dopo si ritrovava lui ad essere la pecora che desiderava essere sbranato da quel lupo misterioso e intrigante.

L’aveva di nuovo messo di fronte alla cruda realtà. Lui che aveva in mente un solo piano quando l’aveva scelta, ora si ritrovava a fare nuove promesse. Voleva davvero proteggere quella donna dal mondo ma il problema stave che lei dove essere protetta da lui e dai suoi scopi. Ora lo guardava con una tale intensità e serietà che tutto quello che aveva in mente stava andando in frantumi. Le prese di nuovo il viso tra le sue grandi e calde mani e sorrise divertito quando vide gli occhi della ragazza farsi grandi per la sorpresa di quel gesto.

“Sarò forse un estraneo per il tempo ma non sono un estraneo al Vostro cuore. Se batte come batte il mio in questo momento..” e Leda di rimando mise una mano su quel cuore di cui tanto decantava e tirò un sospiro di sollievo nel sentirlo battere all’impazzata.

“Allora anche voi sentite che siamo più uniti di quello che pensavamo.” E così dicendo Richard si avvicinò piano alle sue labbra per poi unirsi ad un bacio che stava per suggellare una vita fatta di nuove promesse.

 

***

Quando l’uomo entrò nello studio per poco non tirò un urlo dalla vista che gli si proponeva davanti. Tutto era sottosopra, le tende erano state sdradicate giù, i libri erano da una parte e l’altra della stanza con mezzo colui che aveva provocato tutto quell caos.

“Robert…” fu l’unica cosa che riuscì a dire vedendolo sdraiato a pancia in su e con il bicchiere pieno di chissà quale intruglio stretto in una mano. Aveva la camicia aperta fino a metà petto e i capelli spettinati e sparpagliati sul pavimento. Sapeva già cosa avesse turbato l’animo del ragazzo ma preferì non professare parola e si mise a mettere in ordine quell disastro.

“Sono uno sciocco, fratello. Un grandissmo sciocco.” E bevve quel poco che restava nel bicchiere versandolo anche sugli angoli della bocca.

“Pensavo che non sarebbe caduta nella sua trappola e invece no,lei,lei,che credevo fosse diversa…che ho promesso di porteggerla a costo della mia stessa vita, ha lasciato che il lupo la divorasse.” E furioso prese il bicchiere e lo buttò contro la parete facendolo cadere a terra in mille pezzi.

“Robert, per l’amor del cielo.” Gli urlò Andrew esasperato dal comportamento del fratello degli ultimi giorni. Lo aveva pregato di non immischiarsi in quella faccenda, ma lui e l’indole dell’amico fedele aveva avuto la meglio e ora si trovava a pagare le conseguenze per essersi messo in mezzo in quella situazione.

“Andrew…” piagnucolò rialzandosi e portandosi le mani alla testa come segno della pazzia che lo stava divorando.

“Robert, smettila,ti prego. Non rimanere attaccato al passato. Lei è andata Avanti,devi farlo anche tu.” E lo prese per le spalle per farlo ragionare ma quello che vedeva nei suoi occhi era tutto tranne che ragionevole.

“Come faccio,eh? Dimmi come faccio a dimenticarla?” e lo spintonò via andando verso la bottiglia e pregando Dio di farlo svenire oppure di dirgli che tutto quello che aveva sentito in quella stanza non fosse vero.

“Come lei ha dimenticato te,Robert.”

Lasciò cadere lento il tappo della bottiglia esaminando come quelle parole del fratello gli facessero male.

Era vero, lui aveva fatto di tutto per mantenere la promessa. Per farsì che un giorno si sarebbero rincontrati,per aiutarla in quella vita che l’aveva distrutta.

Aveva fatto di tutto.

E lei invece si era dimenticata tutto e in questo momento amoreggiava con un uomo che detestava con tutto se stesso.

“Quindi non esiste più nulla che io possa fare…” lo disse più a se stesso che al fratello ma la risposta che ebbe lo fece girare di scatto nella direzione in cui proveniva una voce che conosceva bene.

“Non tutto è perduto, mio caro Robert.”

In quel momento sentì solo la voce di Andrew mentre le forze lo abbandonavano e sperando che tutto quello fosse un semplice e distorto sogno.

 

 

Angolo autrice:

Lenta lenta e senza farsi sentire,la sconsiderata autrice esce fuori dal suo nascondiglio e chiede mille volte scusa per il tremendo e sfacciato ritardo nel pubblicare il nuovo capitolo.

Dovete scusarmi ma non ho nemmeno una valida scusa per farmi perdonare se non facendo innamorare quei due birbanti di Leda e Richard.

Bene,bene,bene….da adesso in poi si capiscono più cose e spero solo che Robert domani non si svegli in un manicomio.

Votate per la salute del piccolo Robert!!!!!!!!!

Spero ma non prometto di aggiornare presto!!!!!xD

Grazie ancora per i commenti e le visite alla mia storia!;)

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Capitolo 9
*** Settimo capitolo ***


7.capitolo

 

 

“Quindi cosa consigliate per incoraggiare l'amore? La danza. Persino se il cavaliere è appena passabile."

 

 

Leda si guardò allo specchio mentre la sua cameriera personale le aggiustava le ultime ciocche di capelli nell’elaborata acconciatura che il ballo richiedeva.

L’aveva completamente trasformata. Nessuna avrebbe sospettato che sotto a quel vestito, sotto quel semplice trucco e quei capelli così abilmente pettinati ci fosse proprio lei. Una semplice ragazza che era stata scambiata per una cameriera e che adesso si specchiava come se fosse una regina.

“Siete così bella, signorina.” Le disse Dorothy mentre ammirava la sua creazione.

“E’ tutto merito vostro e delle vostre mani, non sembro nemmeno io.”

Leda si alzò ammirando come il vestito di seta rosso le fasciava il corpo. Era semplice e senza fronzoli ma era proprio quel rosso porpora che rendeva il suo incarnato luminoso e desiderabile. I capelli erano stati tirati su in un morbido chignon e dando libertà a qualche ciocca che cadesse in boccoli sul viso.

“Non ho fatto nulla se non mettere in evidenza la vostra bellezza.” E con dolcezza le stirò una piega del vestito per poi ammirarla di nuovo. Leda non era mai stata così felice in vita sua, anche se era agitata per l’uscita e nell’affrontare di nuovo Richard, per la prima volta in vita sua si vedeva bella. Così bella da far perdere la testa a qualcuno.

O farla perdere a chi l’aveva fatta perdere a lei.

“Il padrone non saprà resistervi.” Insistette la serva senza mai smettere di guardarla.

Sorrise amaramente ripensando alle parole dell’uomo, dei suoi occhi che la guardavano con disprezzo per quello che gli aveva detto. Aveva raggiunto il suo scopo, farsi odiare da colui che diceva di amarla. Lo aveva raggiunto eppure lui non aveva ancora preso la decisione di cacciarla da quella casa. Di rimangiarsi il suo impegno di sposarla. Di strappare il contratto che l’avrebbe condannata a vivere accanto a lui.

Condannata.

Ma era davvero una condanna lasciarsi andare a lui?

O era il gesto di suo padre a condannarla ad odiare l’amore?

“Signorina, credo che sia ora che voi andiate.”

E come se si fosse risvegliata da un sogno, pensò a cosa l’aspettava giù di sotto. Era davvero arrivato il momento in cui si sarebbero rivisti. Si erano volutamente ignorati tutto il giorno, ma la sera, oltre al ballo, avrebbe riportato a galla i loro pensieri e soprattutto i loro desideri.

“Si, è davvero arrivato il momento che io vada.”

E con sicurezza aprì la porta della sua stanza con la consapevolezza che in quel ballo qualcosa sarebbe cambiato.

 

***

Richard era già al suo terzo bicchiere di whisky mentre aspettava che Leda scendesse giù. Credeva che gli occhi sarebbero esplosi per ogni volta che aveva spostato lo sguardo per osservare l’orologio.

Se non sarebbe scesa entro le 20, sarebbe andato lui e l’avrebbe caricata di peso e portata via.

Con qualsiasi cosa avesse addosso.

O senza.

Quel pensiero lo turbò e per nascondere l’eccitamento che gli aveva dato, buttò giù in un colpo secco quel poco di whisky che restava nel bicchiere.

La desiderava, anche se era sbagliato, la voleva.

Ma le sue parole lo avevano ferito. Il suo sguardo, il suo atteggiamento quasi ripugnante e la difesa che aveva rivolto al suo avvocato, lo avevano profondamente ferito nell’animo.

Perché non lo chiamava con la stessa intimità con cui aveva visto la sua piccola bocca carnosa chiamare il suo avvocato?

Perché in quel momento aveva desiderato avere il nome Robert?

Avrebbe rinunciato a tutto solo per vivere l’attimo nel sentire con quanta dolcezza quel nome veniva accarezzato dalle sue labbra.

Avrebbe dato la sua vita solo per quell’istante.

“Che idiozia…” si rimproverò. Da quando conosceva Leda aveva notato una nuova sfumatura del suo carattere sempre ben impostato e fiero. Mai nessuna donna aveva tirato fuori da lui tanta dolcezza e soprattutto tanto scioglimento. Era la prima volta che si trovava a soffrire per amore.

Era la prima volta che doveva lottare per avere una donna.

Sorrise a quel pensiero.

Si sentiva vivo da quando per ottenere ciò che voleva, doveva usare tutte le sue forze per averla.

Quella donna aveva il potere di dargli delle emozioni.

Quella donna rendeva fuoco il suo carattere di ghiaccio.

Quella donna animava il suo cuore.

Come poteva rinunciare ad un qualcosa che lo faceva respirare?

Anche se quel qualcosa lo aveva rifiutato.

Anche se quel qualcosa sarebbe finito nello spegnersi.

Lui voleva viverlo.

Voleva viverlo fino a quando non gli avrebbe più dato aria per respirare.

“Sarai mia, in un modo o nell’altro lo sarai.”

Sarebbe stata sua anche con la forza. L’avrebbe trattata male ma sarebbe stata sua comunque.

Ma in quel momento i suoi occhi dal bicchiere si spostarono verso le scale e dovette aggrapparsi ad ogni singola forza per non permettere alla sua bocca di spalancarsi nel vedere quanta bellezza stesse scendendo da li.

Era davvero Leda?

Era davvero la sua piccola e ingenua Leda quella creatura passionale e leggiadra?

Trattenne a stento un esclamazione di sorpresa nel vedere quanto la sua pelle fosse bianca come la porcellana in contrasto con i capelli neri. Il vestito rosso non faceva altro che dire, che urlare, quanto fosse bella e desiderabile.

E in quel momento si pentì di averle detto del ballo. Si pentì nella consapevolezza che tutti l’avrebbero guardata.

“Spero di non avervi fatto attendere troppo, signore.” E rimase ferma sulla scalinata in attesa di una qualche risposta. Di una qualsiasi risposta che la distogliessero da quegli occhi che sembravano quasi spogliarla.

Richard deglutì a fatica per poi riprendere il controllo della situazione e non far trasparire più del dovuto quanto quella visione lo avesse sconvolto.

“Siete in orario.” Fu l’unica cosa che riuscì a dire per poi controllare l’orologio da taschino.

“Bene, almeno su questo non vi ho ulteriormente deluso.” E scese per arrivare fino a lui e trovare di nuovo il suo sguardo smarrito. In quel momento si chiese se avesse detto qualcosa di sbagliato. Se di nuovo avesse ferito i sentimenti dell’uomo.

Se almeno la trovasse desiderabile.

“Per deludere qualcuno, bisognerebbe che questa persone fosse importante. Fortunatamente non è questo il caso. Andiamo, la carrozza ci aspetta.” E senza nemmeno degnarle di uno sguardo uscì dalla casa lasciandola senza parole.

Non era niente per lui.

Sarebbe dovuta essere felice per quelle parole.

Per quelle parole che segnavano la sua libertà.

Eppure dentro di se si sentiva morire.

Era come se in quel momento avesse preso la pistola di sua padre e si fosse uccisa con le sue stesse azioni.

 

***

 

“Dimenticavo, questa è per voi.” Leda si fermò al secondo scalino della carrozza mentre osservava la mano di Richard che le tendeva una semplice maschera nera con dei raffinati brillanti rossi. Lo guardò confusa non riuscendo a capire cosa avrebbe dovuto farci.

“E’ una festa in maschera.” Disse mentre quasi senza volerlo l’aiutò a scendere e Leda si accorse di quanto quei piccoli contatti tra di loro fossero come fuoco nelle vene.

“Oh.” Esclamò portandosi quel leggero accessorio sul viso per allacciarselo dietro la nuca senza mai smettere di osservare gli occhi di ghiaccio di Richard. Per un attimo vide una sfumatura di sorpresa, come se la maschera l’avesse resa forse più desiderabile ai suoi occhi. Come se quella maschera nascondesse la Leda che lui era arrivato ad odiare.

“Sto bene, signore?” e deglutì quando vide una mano dell’uomo toccare la parte esterna della maschera sfiorandole la guancia calda.

“Molto.” E chiuse la mano a pugno sentendo come quella pelle lo avesse bruciato fino all’interno.

“E la vostra maschera, signore?”

“Non indosso maschere…” gli sussurrò abbassando poi il viso verso le sue labbra. Quella maschera aveva reso Leda più sensuale ai suoi occhi, come se fosse una figura mistica. Una Dea su cui avrebbe passato giornate intere a venerare.

“Forse perché ne indossate già una, Signore?” e furono quelle parole che fecero interrompere l’incantesimo tra di loro. Richard sorrise infastidito. Leda era una creatura crudele. Bellissima e letale al tempo stesso.

“ Dopo di voi, Leda” e si scansò per lasciarle lo spazio necessario per varcare la porta che avrebbe segnato la sua entrata come futura moglie dell’uomo più misterioso e intrigante che avesse mai conosciuto.

“Ah, da questo momento in poi vi parlerò e starò con voi solo per lo stretto necessario.” E così dicendo la lasciò alla soglia della sala da ballo più immensa che avesse mai visto. Aprì la bocca come per scongiurarlo di non lasciarla in mezzo a quella gente che la guardava incuriosita, ma si fece coraggio e serrò la bocca nascondendo la paura che provava per quella nuova avventura che l’aspettava.

Lui l’aveva lasciata nella gabbia dei leoni per punizione.

Lei gli avrebbe dimostrato che aveva le carte in regola anche per addestrare i leoni.

E con quei pensieri nella mente percorse la sala sentendo tutti gli sguardi su di se. Le voci si confondevano l’una sull’altra ma capì che tutti si domandavano se lei era la futura moglie di Richard. Sentì se era lei la povera ragazza di cui si era invaghito o di altre che dicevano che lei lo aveva incastrato o che lui fosse il buon benefattore che l’aveva accolta nella sua casa perché non aveva più una famiglia.

Tutti pensavano male di lei.

Nessuno sapeva la sua storia.

Tutti parlavano bene di lui.

Ma nessuno sapeva che indossava più maschere lui che tutta quella gente.

A testa bassa e mantenendo la stessa andatura si fece spazio tra di loro per poi raggiungere il balcone che avrebbe messo fine a quella spietata presentazione. Tirò un sospiro di sollievo quando sentì l’aria fresca sul viso e pregò Dio che quella serata finisse il prima possibile.

“E quindi quella ragazza è la vostra futura moglie, non avevate detto che era così carina.”

Leda si avvicinò quel tanto che le bastava per sentire da dove veniva quella voce. Silenziosamente si mise accanto alla finestra che dava sulla sala e si nascose dietro la tenda che sventolava piano per il vento frizzantino che tirava.

“Bhè ,caro Paul, abbiamo due concetti diversi di bellezza.” Leda si morse il labbro inferiore riconoscendo la voce profonda di Richard.

“Questo furfante aveva detto che era quasi pari ad una cameriera.”

“Secondo me lo avete detto perché avevate paura che qualcuno la potesse trovare attraente. Ebbene ,caro Richard, nasconderla dietro ad una semplice maschera non ha fatto altro che menzionare le sue splendide doti.”

Leda sorrise e dal calore che veniva dalle sue guance appurò che fosse arrossita per quel complimento.

“Tutte le donne diventano belle se curate. E poi, una donna che non sa ballare, non può essere considerata attraente.”

Leda strinse la tenda tra le sue mani. Per un attimo pensò che lui avesse capito che fosse nascosta dietro di lui e la stava punendo anche per quella forma di maleducazione.

“Richard, davvero non capisco se l’amate o la odiate quella donna.”

Un silenzio calò tra di loro e Leda sentì il cuore andare a mille nell’attesa di saperne la risposta ma un terzo uomo arrivò impedendo a Richard di rispondere e agli altri di sapere. Sentì i loro passi allontanarsi con la scusa di andare e bere e Leda restò ancora attaccata al muro spesso di quell’incantevole balcone. Si tolse la maschera sentendo che non era più una protezione ma un impedimento e piano andò a sedersi sulla panchina che dava la vista sul giardino.

“Una splendida serata, non trovate?” Leda si girò verso la persona che aveva pronunciato quelle parole e rimase sbigottita quando si trovò davanti una donna dagli splendidi capelli rossi. Il corpo snello e alto era fasciato da un attillato vestito verde smeraldo che metteva in risalto i suoi begli occhi felini nascosti dall’elaborata maschera d’oro e incastonata di diamanti.

“Si, molto.” Non riuscì a dire altro per quanto era attratta da quella figura che sembrava appena uscita da un bosco di fate. Si avvicinò a lei le chiese il permesso di sedersi e notò come anche da seduta la sovrastasse con la sua bellezza e altezza.

“Quindi voi siete la famosa futura moglie di Mr. Armitage.” La sua voce era soave come una melodia e Leda si chiese come si potesse rimanere indifferenti davanti ad un simile essere. Si chiese se Richard l’avesse vista, se la conoscesse e se avesse provato la stessa sensazione di ammirazione.

“Davvero non saprei…”

“Non lo sapete? Vivete sotto lo stesso tetto e vi ha fatto una proposta. Queste sono le carte per auspicare ad un buon matrimonio.”

Si portò da un lato i lunghi capelli rossi mostrando l’eleganza del suo collo. In quel momento Leda si chiese se stava facendo tutto quello per farle capire che non c’era bellezza superiore alla sua.

“Le cose non sempre sono come sembrano.” Disse mentre una sensazione di ansia la percosse vedendo il sorriso quasi diabolico che le stava dimostrando.

“Oh, mia dolce amica, mai parole furono più vere. Permettetemi di darvi un consiglio, da donna sposata penso di poter avere la presunzione di poterlo fare.”

Leda fece cenno di si con la testa specchiandosi nei suoi occhi dalle mille sfumature.

“Le persone sono come dei pesci. Pensano di nuotare per sempre nel loro mare ed essere liberi e felici. Ma i pesci sono anche stupidi e si attaccano all’amo di chi è furbo. E quindi, mia cara Leda, devi decidere se nella vita vuoi essere il pesce, vivere nella stupidità e nella convinzione che nessuno potrà mai interrompere il loro viaggio. O essere l’amo. Furbo e paziente e quando meno il pesce se lo aspetta è già attaccato al suo amo.”

Leda la guardò confusa non riuscendo a ben capire cosa quella misteriosa donna le stesse dicendo.

“Capirai, mia cara, capirai. E permettetemi di dirvi che siete in grado di pescare il pesce più affascinante di tutta la città.” E con questo le prese la mano per stringerla nella sua.

Era fredda come il ghiaccio, come fredde erano state le sue parole. Come freddo era stato quella sorta di avvertimento che le aveva dato.

“Devo andare.” Disse alzandosi e staccando quel contatto.

“Certo, vostro marito vi starà sicuramente cercando.”

Ma lo sguardo che la donna le rivolse, Leda, non riuscì a decifrarlo. Le sue labbra erano serrate e i suoi occhi si erano fatti grandi per lo stupore di quelle parole. Ma durò un attimo e poi le sorrise.

“Sicuramente, anche se ci sono più probabilità che sia io a trovarlo. E’ stato un piacere conoscervi.”

“Anche per me.” E con un leggero inchino del capo si salutarono ma Leda non distolse mai gli occhi da quella misteriosa figura uscita da chissà quale mondo per venire a scuotere i suoi pensieri.

***

Erano passati già venti minuti da quando Leda se ne stava seduta fuori a pensare di nuovo alla strana conversazione avuta con quella donna.

Si chiese se fosse con suo marito e per un momento le venne in mente l’immagine di lei con Richard. L’immagine di loro due ,delle loro figure slanciate e della loro bellezza e su come formassero un insieme perfetto.

Quell’insieme che non riusciva a formare con lei.

Chissà, se fosse stata la donna di Richard e fosse stata lì fuori sola.

Lui sicuro sarebbe andata a cercarla.

Ma non avrebbe cercato lei.

Le sue parole erano chiare.

Sarebbero stati dei perfetti estranei.

Fidanzati ma estranei.

“Leda.”

E lei sorrise riconoscendo il tono preoccupato di Robert nel trovarla.

Almeno c’era qualcuno che teneva a lei e non poteva essere più felice che quella persona fosse Robert.

“Robert, anche voi a questo ballo.” E si alzò per andargli incontro rimanendo impressionata da come il bel vestito da ballo gli stesse bene. Sembrava un principe.

“Purtroppo si, è talmente piena di gente noiosa e spocchiosa che il balcone è l’unico rifugio.”

“Ebbene abbiamo pensato la stessa cosa, mio caro amico.” E di getto gli prese la mano sentendosi al sicuro nel calore di quella stretta che non tardò ad arrivare.

“Non so perché, ma avrei scommesso qualsiasi cosa sapendo di trovarvi qui.”

Si sorrisero notando quanta complicità ci fosse tra di loro e in quel momento Leda gli chiese una cosa che mai pensava di poter dire.

“Robert, mi fareste l’onore di invitarmi a ballare?”

“Leda, l’onore sarebbe solamente mio.” E così dicendo mise la sua mano sul braccio di Robert dimenticandosi la maschera che Richard le aveva dato.

Percorsero di nuovo la sala insieme e in quel momento, mentre si misero in posizione per il valzer, Leda notò come gli occhi di Richard si fecero due fessure nel vederla ballare con il suo avvocato.

Ballarono in mezzo alle chiacchiere degli altri invitati e Leda sentì sempre su di se  gli sguardi di fuoco che le mandava il suo fidanzato. E dovette nascondere un sorriso quando sentì una voce dire a Richard chi fosse davvero il suo fidanzato. C’era più complicità tra lei e Robert e nessuno poteva negarlo vedendoli ballare.

La musica cessò e lei e Robert risero divertiti per poi riprendere la sua mano ed essere trascinata da Richard e le persone che aveva accanto. Per un attimo ebbe paura e si chiese cosa volesse fare Robert ma poi vide rivolgerle un occhiolino e sicura si fece trascinare da loro.

“Richard, con profondo rammarico vi ridò la vostra fidanzata. E aggiungerei splendida ballerina.” E Robert con delicatezza passò la sua mano a quella di Richard e Leda dovette nascondere un mugolio di dolore nel sentire da come dalla dolcezza si fosse passata alla rudezza. Richard le stringeva le piccole dita nella sua grande mano ma poi riprendendo il controllo la passò sul suo braccio e le sorrise. Ma più che un sorriso era un ghigno e quello non avrebbe portato a nulla di buono.

“Allora siete davvero un bugiardo.” Riconobbe la voce che aveva sentito mentre stava sbirciando la loro conversazione. Era il ragazzo che le aveva detto che era bella.

Lo vide avvicinarsi a loro per poi proseguire.

“Mia incantevole fanciulla, il vostro fidanzato ha tentato di dissuaderci a chiedervi un ballo dicendoci che non sapevate ballare. Quanto è crudele il nostro comune amico?” e buttò giù in un sorso la restante parte di vino che aveva nel bicchiere.

“Vi porgo le scuse da parte di tutte e due. Il nostro comune amico deve aver travisato le parole di non amo i balli con non so ballare. Avrei dovuto spiegare meglio la situazione.” E con spavalderia indirizzò i suoi occhi verso quelli di Richard che notò erano furiosi anche se il suo comportamento emetteva la più totale tranquillità.

“Vogliate scusarci, Leda, vi vedo piuttosto accaldata, permettetemi di portarvi fuori a prendere un pochino d’aria.”

E senza aspettare di avere risposta la trascinò fuori e li Leda notò di nuovo la donna misteriosa che la salutò con un sorriso enigmatico.

“Cosa diavolo credete di fare?” Richard la spintonò lontano da se ringraziando che nella sala era di nuovo partita la musica e nessuno potesse sentire quello che stava succedendo tra di loro.

“Di cosa parlate?” rispose stizzita riprendendo l’equilibrio che lui aveva spezzato spingendola.

“Di cosa parlo? Voi mi avete messo in ridicolo con tutti gli ospiti ballando con un altro uomo.”

“Bhè, è stato l’unico a voler danzare con me. Anche se a voi ha dato più fastidio che fossi tra le braccia di Robert, non è vero?”

Richard spalancò gli occhi per la sorpresa di quelle parole. Leda lo aveva colpito nel segno e non seppe se gli avesse dato più fastidio che fosse stata tra le sue braccia o perché di nuovo lo avesse chiamato con intimità.

“A me da più fastidio che la gente pensi che ho una sgualdrina per fidanzata.”

Leda non si fece ferire da quelle parole e si avvicinò con discrezione a lui come se quel gesto potesse calmarlo.

“Allora lasciatemi se pensate questo di me. Ci sono donne più meritevoli di me di stare al vostro fianco.”

E ripensò a quella donna e alle braccia calde e muscolose di Richard che avvolgevano il suo corpo. E in quel momento sentì un tremolio partire dalla spina dorsale.

“Non voglio nessun altra.” Le disse stupendola per poi sentire le mani di Richard sulle sue braccia nude.

Perché?

Perché bastava un suo tocco per farla sciogliere.?

Leda non seppe perché ma si avvicinò di più al suo petto per poi appoggiare la fronte. Sentì il suo profumo invadere ogni cellula del suo corpo.

Odiava quello che le faceva provare.

Richard per tutta risposta l’avvolse nel suo abbraccio per poi portare una mano sulla sua nuca e staccare il viso dal suo petto. Si guardarono intensamente assaporando di nuovo quelle sensazioni di passione che si mettevano in atto con un solo sguardo.

E fu Leda quella volta a prendere l’iniziativa. Si alzò in punta di piedi per arrivare alla sua bocca ma senza toccarla.

Deglutì e poi lo guardò.

“Baciatemi, Richard, per favore, baciatemi.”

E Richard sentendo come il suo nome fosse così bello nelle parole di lei, la baciò.

La baciò come se non ci fosse un domani.

Si baciarono ignari di quanto quella sera avrebbe segnato il loro destino.

 

 

Lo so, ho giusto giusto un leggero ritardo. Spero che mi perdonerete…soprattutto facendo di nuovo che quei due testardi si ri-avvicinassero.

Spero con tutto il cuore che il capitolo vi sia piaciuto e ringrazio sempre chi mi segue e chi commenta.

Grazie mille e spero di aggiornare presto J

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Capitolo 10
*** Nono capitolo. ***


9. capitolo

 

“L'amore che dura più a lungo è l'amore non corrisposto.”

.William Somerset Maugham, Il taccuino dello scrittore, 1946.

 

 

Avrebbe volute essere ovunque tranne che li,quel giorno. Sapeva di essere ancora indisposto per l’effetto che l’abuso di alcool aveva avuto su di lui. Sentiva la testa farsi sempre più pesante e picchiettare ogni volta che Richard sfogliava un foglio oppure sbatteva magistralmente qualcosa sulla sua scrivania da lavoro. In quel momento provava solo odio per quell’uomo e cercava di premere sul buon senso che sempre lo aveva accompagnato nel non prendere la rincorsa e ucciderlo a suon di pugni.

Lo detestava.

Detesava tutto di lui.

Detestava le sue mani che toccavano ciò che lui voleva toccare.

Detestava le sue labbra che baciavano ciò che lui voleva baciare.

Detestava i suoi occhi perchè si specchiavano in quelli in cui voleva specchiarsi lui.

Detestava il suo nome,perchè veniva chiamato amore mentre il suo sarebbe rimasto quello del caro e fidato Robert.

Si portò indietro i capelli castani per fermare l’impulso di mettersi a piangere proprio davanti alla persona che gli aveva portato via tutto.

No,non l’avrebbe avuta vinta. Leda si sarebbe accorta di che mascalzone era, e lui ,da bravo cavalier servente l’avrebbe salvata e avrebbe mantenuto la promessa.

La promessa che sarebbe stata sua.

“Robert…” il ragazzo venne riportato alla realtà e al suo mal di testa dalla voce del suo principale, che notò che lo guardava con un certo sconcerto. Si alzò andando verso di lui nel prendere i contratti che aveva preparato e che dovevano essere firmati. Sperava che fosse finita li mentre li porgeva nella sua valigetta quando Richard si accostò alla sedia per guardalo meglio.

“Avete bisogno di altro?” disse freddo sperando che lo congedasse ma sapeva benissimo che i fermi occhi azzurri erano pronti ad una conversazione che sapeva di non poter portare a termine in quelle condizioni.

“Dovrei dirlo a voi,non mi sembrate in forma.” Richard lo guardava tra il divertito e l’incuriosito. Non aveva mai visto il suo avvocato preso dai postumi di una sbornia. E dalle occhiaie nere che aveva sotto gli occhi immaginò che fosse stata davvero uno sbronza con i fiocchi.

“Sto benissimo,posso andare o avete ancora bisogno dei miei servizi?”

Richard lo guardò di nuovo e Robert provò una scarica di adrenalina che era pronto a colpire ma si ricordò del patto che aveva appena stipulato e sapeva che quel sorriso cinico e da uomo vittorioso sarebbe durato ancora poco.

“Volevo chiedervi un ultima cosa e poi sarete libero di andare a casa a riposarvi…”

Robert sorrise al commento sarcastico ma cercò di non cadere nella sua trappola e fece cenno con la testa di dirgli quello che doveva.

“Il patrimonio di Leda,che fine ha fatto?” si accese un sigaro mentre guardava l’espressione stupita che il ragazzo gli stava rivolgendo. Ci aveva preso. Robert sapeva più cose di quanto pensasse e in quel momento ebbe la conferma che Robert conosceva Leda da molto più tempo.

“Non capisco di quale patrimonio parliate visto che la ragazza ne è totalmente sprovvista. Era questo che volevate, una ragazza senza soldi e senza famiglia.” Posò la valigetta per terra tornando a sedersi. Sapeva che quella conversazione avrebbe portato a qualcosa di molto più complicato.

“Una ragazza consigliata da voi.”

“Una ragazza richiesta da voi.” Insistette alzando il tono provocando un sorriso di scherno in Richard.

“Robert,non sono un ingenuo e troppe volte vi ho visto guardare la mia fidanzata con un fare che non aveva nulla da avvocato o da una persona estranea ai fatti. Chi siete,davvero?”

“La vostra fidanzata?” sorrise mentre si accorgeva che si stava innervosendo troppo. Stava inizando a sudare e odiò la figura ancora impostata e priva di ogni sentiment che Richard gli stava riservando. Ai suoi occhi sembrava un bambino alla prima cotta o un bambino che aveva rubato qualcosa e si stava subendo la ramanzina dal padre. Ma la parola fidanzata fu troppo per lui. Perchè giocava così con i sentimenti di Leda? Perchè aveva messo in atto quel piano diabolico?

Quel piano dove lui era stato il primo complice.

“Certo,la mia Fidanzata. Leda è la mia fidanzata e futura sposa. Lo avete forse dimenticato?”Poggiò i gomiti scoperti sulla scrivania incrociando poi le mani per appoggiare il mento. Sapeva che quella posa avrebbe messo di più in risalto il valore della sua frase e soprattutto voleva sapere cosa tenesse segreto Robert.

“Richard…” e rise divertito facendo per un attimo vacillare la sicurezza dell’uomo.” Credo che chi abbia dimenticato lo scopo di questa faccenda,siete voi. Vogliamo rivedere insieme il contratto stipulato tra di noi e i motivi per cui Leda è stata portata qui?Dovrei averli proprio qui con me…” e come un bambino prese la valige e iniziò a cercare lentamente il fascicolo di cui parlava. Sapeva che aveva usato l’arma giusta e lo capì da come l’uomo si girò di scatto verso la finestra senza dire una parola.

“Avete fatto tutto voi,signore.” Disse per poi vederlo sospirare.

“Io,io…credo di amarla.” Il suo cuore sapeva che quella frase non predvedeva il credo ma in un certo senso era come una barriera,una sicurezza o un meschino indizio a ricordargli che lui non poteva amarla.

“Non fatemi ridere,Richard. State davvero resentando il ridicolo.” Si alzò sapendo di aver esagerato nel mancare di rispetto al suo superiore ma in quel momento non riuscì a fare altro. Non poteva sentire un parola di più sulla questione e soprattutto non poteva sentire la parola amore pronunciata dalle labbra di un cinico uomo come lo era Richard.

“Non osate mancarmi di rispetto,vi ricordo la vostra posizione.” Sbattè le mani sulla poltrona facendo mostra della rabbia che provava in quell momento. Lo aveva infastidito anche se sapeva bene che Robert aveva tutte le ragione per essere duro nei suoi confronti.

“Perdonatemi ma sapete che ho ragione. Che cosa avete intenzione di fare se tornasse?”.Quelle parole furono come una secchiata di acqua ghiacciata addosso. Non ci aveva più pensato,Leda gli aveva fatto dimenticare il perchè stesse facendo tutto quello.

“Potrebbe non tornare…” disse in un filo di voce sgranando gli occhi.

“Già…potrebbe. Vi lascio, so che voi e la vostra fidanzata avevte il pic-nic dei ricordi da buttare. Con permesso.” E così dicendo prese la valigetta per poi dargli le spalle sorridendo vincente.

 

***

 

“Siete sicuro di voler andare?Mi sembrate turbato.” Leda si lisciò l’elaborato vestito pomeridiano che aveva deciso di indossare per quella occasione. Erano stati invitati al famoso pic-nic della Contessa Brithe in cui una volta all’anno dedicava una giornata in cui bruciare qualcosa che ricordasse un momento spiacevole o a cui dire addio. Leda non aveva fatto i salti di gioia quando Richard le aveva proposta quella giornata ma sapeva che certi inviti non potevano essere rifiutati,nemmeno per la sua paura per il fuoco.

“Dolce Leda, sto bene, non vi angustiate per me.” Richard era seduto nel salottino del piano di sotto in attesa che arrivasse la carrozza per portarli all’evento del giorno. Nemmeno la bella visiona di Leda riusciva a distorglielo dalla conversazione che aveva avuto con Robert la mattina. Non faceva altro che pensare alle sue parole e a quanto si sentisse in colpa nell’aver coinvolto una persona innocente.

“Davvero,Signore,non riesco proprio a non stare in pena per voi.” Richard guardò quel visino preoccupato e allungò una mano per farle segno di avvicinarsi. Lei,come se fosse un marinaio incantato dal canto della sirena,si mosse senza volerlo e si aggrappò a quella grande e forte mano fino a quando non si sentì spingere verso di lui e arrossire quando lui l’abbracciò appoggiando la testa sul suo petto. Sentì il cuore battere forte,le sembrava un bambino indifeso che era corso da sua madre nel farsi consolare. Essere più alta di lui e appoggiare il collo sulla sua testa le era sembrata la cosa più dolce e piacevole del mondo.

“Leda, voi curate la mia anima che è nera come il mare in una notte di tempesta.”

Leda al suono di quelle sofferenti parole prese accarezzarli i capelli,come se quella fosse la cura per la malattia insolita di cui era stato colpito.

“Sono un uomo spregievole…” disse ancora per poi sbuffare quando Leda allontanò il petto dal suo viso per guardarlo confusa per le parole che le aveva detto. Richard le prese la bella mano dalle lunghe dita affusolate e pensò che avesse delle mani a cui era stato dedicato un suono.

“Perchè dite questo,signore?” nella sua voce c’era un tono di rimprovero che non gli dispiacque.

“Mi avete di nuovo chiamato Signore.”

“Perchè dite delle cose sciocche,Signore.” E si staccò da lui come se non fosse più meritevole della sua presenza. Leda era confusa,non aveva mai visto Richard in quello stato anche se da una parte la sua strana indifesa le riempiva il cuore di tenerezza. Ormai si era arresa al suo amore e non vedeva l’ora di diventare sua moglie e di essere sua con anima e corpo.

“Non dico cose sciocche,Leda. Anche voi una volta avete detto che ero spregievole.” E sorrise tristemente pensando che Leda avesse capito come fosse già dal loro primo incontro.

“Bhe,non siete la persona migliore di questo mondo….” Disse alzando gli occhi al cielo facendolo ridere di gusto sapendo che lo stava prendendo in giro.

“Ma siete la persona migliore per me,Richard.” E smisero di ridere facendo rinascere quell’aria piena di trasporto e passione che li circondava quando si dichiaravano così importanti parole. Richard si alzò e si avvicnò a lei per abbracciarla forte. La strinse così tanto che Leda ebbe paura di non riuscire a sopravvivere ma in quell’abbraccio sentì quanto Richard soffrisse e quanto le fosse riconoscente per quello che gli aveva detto. Ricambiò facendogli capire che l’amore che provava per lui era forte e immenso.

“Perchè vi sentite spregievole?” continuò a dirgli mentre lui la staccava da se per poi darle un buffetto sulla guancia.

“Perchè vi sto portando nel fuoco.”

“Non dovete preoccuparvi per me, se sono vicina a voi e lontana dal fuoco starò bene.”Leda gli accarezzò una guancia e subito dopo venne annunciato loro l’arrivo della carrozza. Leda gli sorrise e Richard si sentì il peggior carnefice di tutti i tempi.

 

 

***

 

Robert osservava il fuoco ardere nel grande parco della Contessa Brithe mentre il chiacchierio degli invitati gli invadeva fastidiosamente la testa. Non sarebbe dovuto stare li ma sua fratello aveva insistito che andasse al suo posto in quanto era stato preso da un incarico urgente. Osservava il fuoco come se fosse una divinità a cui dare un sacrificio.

“Robert,non siete troppo vicino al fuoco?”

“E voi non siete troppo ardita nell’intufolarvi qui?” cercò di lottare contro l’impulso di prendere da bere per via della sbronza che aveva ancora nelle vene.

“Tranquillo,sono solo di passaggio.Giusto per dare conferma a quello che è successo ieri.”

“Siete maleducata,non mi rimangio mai una promessa.” Robert sobbalzò quando le si parò davanti come un felino che aveva appena adocchiato la sua preda.

“Robert,è questo il vostro problema. Voi le promesse le mantenete sempre.” E così dicendo depositò un casto bacio sulle sue labbra per poi osservarlo con i suoi freddi e calcolatori occhi verdi.

 

Angolo autrice:

 

Bene,credo che già da qui si cominci a capire cosa sta per succedere. Il nostro Richard ha ammesso i suoi sentimenti e Robert,il buon Robert, sta tirando fuori la parte più cattiva di se stesso.

Bhè,in amore si fanno cose spregievoli. Loro lo sanno bene.

Ringrazio di cuore a chi continua a leggere e chi lascia un commento a questa pazza e surreale storia.

Alla prossima :)

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Capitolo 11
*** Decimo capitolo. ***


10. Capitolo

 

 

‘Lei ci crede a questo? A un fuoco inestinguibile che ti divora eternamente.’

 

 

Leda fece un profondo sospiro nel varcare l’enorme e minaccioso cancello della Contessa Brithe, voleva a tutti costi far felice Richard nell’accompagnarlo a quell’evento ma dentro di se sentiva un profondo turbamento per quel pomeriggio. E non era dettato solo dal fuoco ma da qualcosa che la spingeva a credere che quella giornata avrebbe cambiato profondamente la sua vita. Si destò dai suoi pensieri quando Richard le toccò dolcemente la mano per poi portarla sotto il suo braccio per accompagnarla.Sorrise,pensando che quell’uomo poteva davvero essere la sua salvezza. Da quando era sotto la sua protezione,si sentiva viva,si sentiva finalmente amata.

“Continuo a pensare di avervi fatto un grande torto a portarvi qui,mia piccolo Leda.” Richard le accarezzò la mano continuando a camminare per il parco della Contessa mentre la gente li guardava incuriositi. Sembrava che il mondo non avesse altri occhi che per loro e Richard sapeva che quegli sguardi non avevano nulla di benevole.

“Non vi preoccupate per me,se mi starete vicino,non avrò paura di nulla.”

Ad un tratto Richard si fermò parandosi davanti a lei e prendendola per le spalle per poi depositarle un semplice bacio sulle labbre. Leda lo guardò ancora stupita quando si staccò da lei sorridente e divertito dalle chiacchiere delle persone che avevano vicino.

“A costo della mia vita.” E le accarezzò le guance lisce e colorate di rosso per il gesto che aveva appena compiuto. Quella ragazza gli faceva fare delle cose che mai avrebbe pensato di fare in vita sua. Prenderla di sorpresa e baciarla davanti ad un pubblico infido e chiacchierone non era esattamente nei suoi modi. Ma in quel momento volveva farle capire che davvero avrebbe sacrificato la sua vita per lei. Nonostante tutto,nonostante avesse preso Leda per altri scopi,si ritrovava ad essere profondamente innamortato di lei. La rimise sotto il suo braccio pregando Dio che il suo piano si sarebbe rilevato vano. Che il suo piano si sarebbe fermato li.

Pregò Dio che lei non ci avrebbe preso gioco.

Dal canto suo,Leda,era presa da tutti altri pensieri mentre si sentiva spingere fino alla dimora della Contessa. Si sentiva felice,non si sarebbe mai aspettata un gesto così intenso da Richard. Forse era davvero arrivato il momento di firmare quel contratto. Il mese ormai era quasi arrivato alla fine e lei non era più animatada sentimenti di odio e restrizione della sua libertà verso di lui. Ormai lo amava e sentiva che Richard rappresentava la sua aria,la sua vita. Si girò verso di lui,verso il suo portamento fiero mentre con orgoglio la presenteva al mondo. Si sentiva finalmente di appartenere a qualcuno. Si sentiva fiera. Ma quel sentimento ebbe un brusco cambiamento quando vide Robert da lontano che parlava con una donna. Il suo cuore accelerò senza sapere il perchè. Stavano per entrare in casa quando all’improvviso si bloccò e si girò verso di loro. Vide Robert guardarla con freddezza mentre la donna vestita di un blu gelido se ne andava a passo svelto.

“Leda,cosa succede? Volete forse andare via?”

Richard la guardò preoccupato vedendo il  suo viso essersi fatto pallido all’improvviso.

“No,Io…no,sto bene. Entriamo?” si sforzò di sorridere mentre sentiva dentro di se l’angoscia prelevare sulla felicità provata fino a pochi istanti fa.

 

***

 

 

“Tesoro,forse dovresti smettere di civettare con Lord Hermes e andare a salutare la tua futura ricca Cugina.” La giovane donna guardò prima sua madre e poi la direzione che puntava il suo sguardo. Un senso di invidia invase il suo corpo quando vide sua cugina Leda in un maestoso abito pomeridiano che non riuscì nemmeno a decifrarne il costo per quanto fosse elaborato. Nascose il suo disgusto nel vederla facendo comparire un sorriso di gioia e per poi andare da lei a braccia aperte per salutarla.

“Mia Dolce Leda,giuro che ho faticato a riconoscervi. Se non fosse stato per mamà non avrei mai detto che quel topino di mia cugina fosse…” Aghata non riuscì a proferire parola nel vederla così radiosa. Sembrava che la vita con quell’uomo l’avesse resa bella e desiderabile e non potè negare quanto si stesse facendo rodere dalla fortuna che era capiatata a sua cugina. Non solo aveva un uomo bello e ricco ma dal modo che avevano di guardarsi,Aghata intuì che tra di loro c’era un grande sentimento che li univa.

“Aghata,vi credo sulla parola e devo dirvi che anche io vi avrei a stento riconosciuta,ma per il semplice fatto che il vestito non vi rende giustizia. Se non erro è lo stesso che avete usato al ricevimento di Lady O’donnel?” e Leda indirizzò il suo sguardo vittorioso verso di lei. Se c’era una cosa che amava sua cugina,era quello di apparire sempre in spledida forma e con un vestito diverso ogni ora. Si chiese come mai non avesse messo a disposizione il suo patrimonio per prendere un vestito nuovo ma alla fine non si pose altre domande perchè l’interesse per la sua maligna cugina era al pari dello zero.

“Richard,caro,vi ricordate di mia cugina Aghata?” Gli occhi di Richard si fecero due fissure quando la prese ad osservare e Leda per poco non scoppiò a ridere nel vedere il viso livido della cugina per quella mancanza di tatto.

“Oh,certo,si. Scusatemi ma quel giorno avevo occhi solo per Leda e non ricordavo altre dame.” Leda diede un pizzico sul fianco di Richard per fargli capire che forse era meglio finirla lì se non volevano vedere la faccia di Aghata esplodere da un momento all’altro. Richard si portò le braccia dietro la schiena e rivolse uno sguardo da finto spaesato a Leda per poi farle l’occhiolino facendola quasi ridere.

“Ma mia cara quasi cugina,ricordo con un certo impeto vostra madre.” Lo sguardo di Richard cambiò subito nel vedere la donna paffuta circondata in un pomposo abito viola che non faceva che rendere poco piacevole la sua già sfortunata figura.

“Se mi scusare,vado a salutarla e le porterò i vostri saluti.” Richard la baciò sulla fronte impedendole così di replicare sul perchè le avesse impedito di andare con lui a salutare sua zia. Lo vedi salutarla con un inchino per poi posarle una mano sul braccio per indicarle un posto dove seguirlo. Leda li guardò uscire dalla sala e si chiese il perchè Richard l’avesse abbandonata li con Aghata quando le aveva promesso che le sarebbe sempre stato accanto. E soprattutto perchè avesse il bisogno di parlare con sua zia in segreto.

“Strano,cosa vorrà mai da mamà?”Anche Aghata aveva fatto il suo stesso pensiero e stava quasi per seguirli quando dalla porta entrò Robert.

“Buonasera,signore e signori. Non sapete che piacere è per me partecipare a questa festa.” E detto questo si scolò mezzo bicchiere di vino bianco che gli era stato appena servito.

“Giusto cielo,ma che individuo riprovevole e per di più ubriaco ad un evento così importante.” Aghata aprì il ventaglio e prese a sventolarsi come se da un momento all’altro potesse svenire per le parole pronunciate dal ragazzo. Leda deglutì rumorasamente quando lo vide avvicinarsi a lei e per un attimo ebbe paura nel vedere i suoi occhi annebbiati da un oscurità che non riusciva a capire. Il Robert dolce e gentile che aveva conosciuto era sparito e in quel momento si chiese se il suo atteggiamento era dovuto alla donna che aveva visto con lui nei giardini.

“Miss Leda,non credevo davvero che sareste venuta qui.” E le prese con violenza la mano per poi portarsela alla bocca e baciarla.

“Siete ubriaco…” riuscì a pronunciare con una punta di delusione nel vedere quanto fosse scialbo in quel momento.

“E’ un Vostro amico?Dovevo immaginarlo….” Disse puntigliosa Aghata riparandosi il naso dall’odore poco gradevole che veniva dall’uomo.

“Non smettete mai di sputare velendo,cugina?”

“Oh,Leda. Vorrei avere abbastanza veleno per annientarvi ma non ce ne sarà bisogno.”e con uno strano bagliore nello sguardo si congedò da loro dicendogli che li avrebbe aspettati per il grande spettacolo del fuoco. Leda si chiese cosa volesse dire con quelle parole ma fece finta di nulla tornando a preoccuparsi per Robert che nel mentre si era preso un altro bicchiere di vino.

“Non pensate di aver bevuto abbastanza?” e con la mano cercò di prenderglielo ma lui in un colpo secco buttò giù anche quello per poi scoppiare a ridere.

“Siete troppo buona a preoccuparvi per me,davvero,non lo merito.”

“Siete mio amico,come non potrei?”

Robert a quelle parole si sentì ribollire il sangue. Avrebbe volute seguire l’istinto e prenderla per strangolarla per il dolore che sentiva. Come poteva essere così crudele? Come poteva recidere il suo cuore con tanta ingenuità? Sentì la testa farsi pesante e per poco non cadde per terra se Leda non lo avesse sostenuto per poi aiutarlo a camminare fino a fuori.

“Forse un pò d’aria vi farà bene.” E con dolcezza lo fece depositare per terra facendolo appoggiare ad una grande quercia. Robert si sentiva come quando saltava da un muretto all’altro. Quel senso di volteggiare in aria ma senza più avere la percezione di toccare terra.

“Niente può farmi bene…” sussurrò e Leda potè notare quanto Robert in realtà fosse triste e dsiperato e in quel momento le tornò in mente l’incontro con la donna.

“Robert,io vi ho visto. Vi ho visto con una donna prima. E’ per caso lei la causa del Vostro malessere?”

Leda rimase sorpresa dallo sguardo lucido che per un attimo aveva attraversato gli occhi di Robert. Notò la bocca aperta come per dire qualcosa ma non riuscì a pronunciare nulla per una paura che lei non riusciva a capire. Gli sorrise dolce per fargli capire che non c’era nessun bisogno di avere.

“Robert,a me potete dirlo. Siete innamorato di quella donna?Vi ho visto così provato subito dopo il Vostro incontro e magari è per quello che siete così turbato da un paio di giorni. A me potete dirlo,siamo amici. Magari potrei aiutarvi se ci fosse qualche problema. Potrei parlarle a lei di quanto voi siete speciale, posso farlo,davvero.” Gli prese la mano per dare maggiore incitamento alle sue parole ma mai si sarebbe aspettato che Robert preso da uno scatto di ira la spingesse violentemente per terra per allontanarlo da lei.

“Siete la più spregievole delle donne. Andatevene.” Gli urlò.

“Non capisco…volevo…vi prego...”provò a dire dispiaciuta non riuscendo a capire il perchè di tanta violenza.

“ANDATE VIA…”urlò così forte che Leda si alzò di scatto per correre via da lui. Corse così tanto che non sentì le voci eccitate intorno a lei per l’evento dell’anno. Si fermò ancora in forte agitazione per quanto era accaduto.

Si fermò nel momento esatto in cui la giornata del fuoco era stata annunciata.

Si fermò nel momento esatto in cui sua cugina Aghata la guardò trionfante mentre appicciava il fuoco sul pianoforte di quercia appartenuto a sua madre.

 

 

***

 

“Di cosa mi state accudando,Mr Armitage.” La voce della donna rombò per la stanza quando vide lo sguardo accusatorio dell’uomo rifarle per la quinta volta la stessa domanda.

“Vi ribadisco che non è un accusa. Forse vedete troppe cose nella mia semplice domanda.” E girò il liquido scuro che aveva nel bicchiere senza mai perdere lo sguardo della donna come se fosse la sua preda.

“Bene,penso che questa sciocca conversazione sia durata anche troppo. Con questo,vi saluto.” Si alzò faticosamente sentendo il bisogno di andare via dal pericolo che sentiva. A Richard bastarono due passi per andare verso la porta e impedire all’anziana donna di uscire. Ogni volta che la guardava provava ribrezzo e lo stesso sentimento era rivolto anche alla figlia. Quelle donne gli erano sembrate due avvoltoi,pronti a sacrificare la vita di Leda come se non valesse nulla. Ma ora i giochi erano finiti,adesso c’era lui che avrebbe preservato per sempre su di lei.

“Lasciatemi,signore o inizierò ad urlare.” Disse impaurita.

“Non è da signore urlare come una scimmia,signora.Vi faro per l’ultima volta la stessa domanda. Cosa ne è stato del patrimonio di Leda?”

Vide la donna irrigidirsi a quella domanda e seppe che c’era qualcosa che non andava quando vide delle goccioline presentarsi sull’ampia fronte della donna.

“Ve l’ho già spiegato, i suoi genitori persero tutto in una speculazione. Ho cresciuta quella ragazza con i miei soldi.Quei due sventurati non le hanno lasciato un soldo.” Richard si avvicinò al viso della donna sentendo come il suo cuore aveva preso a correre per la paura di quella vicinanza.

“Oh,allora perchè ci sono dei documenti che attestano che voi eravate in banca rotta ancora prima di avere Leda nella vostra casa. Perchè state cercando di mentirmi?”

Stava per prendere il collo della donna e farle sputare tutto quando sentì un servitore urlare il suo nome. Spaventato uscì dalla stanza dimenticandosi della donna e chiedendo il perchè lo stavano cercando.

“Signore,la vostra fidanzata è come impazzita. Si è gettata nel fuoco.”

Richard non disse una parola e corse verso il luogo in cui stava avvenendo il fatto. Sentiva le gambe tremare per le parole che gli aveva detto il servitore. La sua Leda,nel fuoco.Sentì la disperazione farsi strada nel prendere atto che forse la sua Leda era peduta. Che perderla significava perdere la sua vita.

“Leda…” urlò spintonando la folla che guardava perplessa la scena e si chiese perchè nessuno facesse niente e poi la vide. Vide i capelli sciolti lasciati al vento che il fuoco aveva provocato. Il suo vestito farsi a brandelli e la mani nel fuoco che cercavano di salvare qualcosa. Nessuno si era avvicinato per salvarla. Tutti erano terrorizzati da quel momento e dal perchè Leda per quanto fosse nelle fiamme,non aveva preso fuoco.

 

 

Angolo autrice:

 

Ta-dan.

Ok,pura cattiveria nel lasciare così il capitolo ma era diventato davvero troppo lungo e non volevo svelare tutto in un solo capitolo!!!

Ebbene,Robert ormai è nella totale pazzia. Richard nel totale e perduto amore e Leda nel fuoco.

Come andrà tra questi tre?

Devo dire che i personaggi hanno preso troppa libertà e sembra quasi che la vivino da soli senza interpellarmi sul da farsi…vabbè….momento di sclera della scrittrice.

Spero che questo capitolo vi piaccia e spero che continuerete a seguirmi.

Un grazie speciale a chi commenta!!! :)

Grazie e a presto.

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Capitolo 12
*** Undicesimo capitolo. ***


11. capitolo

 

 

‘Quando vuoi davvero l’amore.

    Lo troverai che ti aspetta.’

 

 

‘Mia amata Leda,la musica è lo strumento che fa suonare l’amore.’

 

Il suono del pianoforte l’avvolse come una coperta calda in una giornata invernale. Ancora vedeva le sue mani bianche e dalle dita lunghe e affusolate sfiorare i tasti del piano intagliato in legno che le aveva regalato il nonno quando era molto piccola.

Per Leda era come vedere una magia,a volte pensava che sua madre fosse una fata che faceva suonare il piano con un semplice tocco delle sua mani. Era così bella,così eterea,sembrava una dea della Misericordia.

 

‘Mamma è per questo motivo che ami tanto il pianoforte?’

 

La sua immagine si faceva via via più sfocata mentre vedeva la donna alzarasi dal piano e sorriderle. Vedeva come una luce farsi sempre più forte mentre un vento si scatenava aprendo le finestre della stanza. Vide sua madre aprire un piccolo sportellino che si trovava sul piano. Vide la sua gioia nel prendere un qualcosa che non riusciva a vedere.

 

‘Vedi,mia piccolo Leda…’

 

“Leda….”

 

‘Qui dentro..’ “Leda,tornate da me”

 

‘Il mio tesoro’ “Leda non mi lasciate…”

 

Leda iniziò ad avere le vertigini mentre guardava la bocca di sua madre apostrofare qualcosa e nello stesso momento sentire una volce virile,profonda e preoccupata chiamarla.

 

Di nuovo.

Di nuovo qualcuno implorava il suo nome.

 

‘Leda questo piano racchiude il mio amore’ “Amore mio,tornate da me.”

 

Voleva urlare,voleva urlare,rispondere a quel grido d’amore e nello stesso tempo vedere l’amore di cui parlava sua madre.

 

Sia sua madre che la persona che la chiamava le parlavano di amore.

 

‘Leda,voglio che anche tu usi questo piano per racchiudere il tuo amore.’

 

“Leda,vi ordino di tornare da me.”

 

In quel momento,in quell’istante in cui sua madre alzò la mano per farle vedere il suo amore,lei chiuse gli occhi per la luce abbagliante che avvolgeva sua madre.

 

Li chiuse.

 

Per poi aprirli e trovarsi il viso di Richard a pochi centimetri dal suo.

 

“Oh grazie al cielo siete tornata da me.” Richard la teneva stretta tra le sue braccia mentre il fischio che sentiva alle orecchie piano piano si affievoliva lasciando spazio alle voci delle persone intorno a loro.Leda si sentiva stordita,come se si fosse svegliata da un incubo e dovesse ancora capire se fosse nella realtà o nel mondo dei sogni.

“Cosa è successo?” riuscì a dire mentre cercava di alzarsi, ma quando mise una mano sul morbido manto erboso a malapena trattenne un verso di dolore. Le mani le bruciavano da morire e fu proprio quel bruciore che le ricordò quello che era successo.

 

Sua Cugina che dava fuoco al pianoforte appartenuto a sua madre.

 

“Il piano,cosa è successo al piano?” Cercò di alzarsi ma Richard la teneva così stretta da non riuscire quasi a respirare. Si sentì come in trappola e per un attimo volle urlare all’uomo di lasciarla andare e di non trattarla sempre come se fosse una sua proprietà. Aveva voglia di urlargli tutto contro e nell’ennesimo tentativo di sottrarsi dalla sua possente stretta,si ritrovò a guardarlo quasi con rabbia.

 

Rabbi ache svanì nello stesso momento in cui incontrò i suoi occhi che da glaciali erano come diventanti cristallini. Era come se una pozza d’acqua gli avesse attraversato gli occhi e in quel momento capì che Richard aveva pianto.

 

Aveva pianto per quello che aveva fatto. Aveva pianto per la paura di non averla più nella sua vita. Aveva pianto per la preoccupazione e lei,per tutta risposta,stava per gridargli contro il suo egoismo. Aveva pensato solo a se stessa. Aveva pensato solo al suo dolore senza pensare che accanto a se aveva una persona. Una persona che l’amava e che aveva messo lei come priorità principale della sua vita.

“Richard,avete pianto per me?” era ancora sopra le sue gambe e istintivamente provò a muovere una mano per accarezzarlo ma il dolore che provava la bloccò trasformando il suo viso in una smorfia di dolore.

“Leda,non vi sforzate. Vi porto da un medico.” La voce di Richard aveva perso tutta la sua compatezza e risolutezza. Il suo tono aveva solo sfumature di terrore e preoccupazione. L’aveva fatta grossa,cose le era passato nella mente di buttarsi nel fuoco senza pensare alle conseguenze di quel gesto?

Ma la cosa che la sconvolse di più era la reazione che il suo gesto aveva provocato nell’uomo. Sembrava come un cagnolino che aveva perso il suo padrone,mai nella sua vita poteva credere di poter azzittire un uomo come Richard. Un uomo che emanava coraggio solo nel guardarti.

“Perdonatemi,signore.”

Per tutta risposta Richard la sollevò da terra come se pesasse quanto una piuma,sentiva le mani come intorpidite ma quello era il male minore rispetto a quello che provava per aver inflitto una simile pena verso la persoa che adorava.

“Richard…”

Ma il suo silenzio si fece quasi mortale mentre la trasportava fino alla carrozza per portarla dal medico. Quel silenzio la turbava soprattutto quando si girò e vide ancora il pianoforte bruciare. Non sapeva perchè ma quel fuoco le dava la sensazione che qualcosa di spiacevole stava per capitare,e sapeva che quel qualcosa era pronto a colpire proprio lei e Richard.

 

***

 

Le fiamme andavano via via spegnendosi mentre del pianoforte non rimaneva più nulla. La gente ancora parlava dell’assurdo gesto che aveva fatto la fidanzata del cinico uomo d’affari Richard Armitage. Sicuramente sarebbe stato motivo di argomento per molti giorni ancora.

 

“Tu,sciocca ragazzina,cosa ti è venuto in mente di far bruciare il piano di tua cugina?”

 

Intanto,in disparate da tutti, due donne discutevanono animatamente per quello che era appena accaduto.Aghata guardava sua madre come se non capisse il perchè le stava dicendo di aver appena combinato un grosso guaio. Erano state d’accordo di voler bruciare il ricordo più prezioso della Cugina proprio per farle un dispetto ma ora,sua madre,l’accusava di essere l’unica artifice di quell’azione.

“Ma cosa dite,Madre?Eravamo d’accordo….non capisco perchè vi agitate tanto. Abbiamo ottenuto quello che volevamo,far passare Leda per una pazza da rinchiudere.” Aghata si mise a ridere ma quando sua madre la schiaffeggiò senza ritegno,indietreggio di qualche passo portando la mano sulla parte offesa e guardandola con disprezzo e vergogna.

“Sei una sciocca e viziata,non sai in che guaio ci hai messe. Quell’uomo non lascerà impunito questo gesto. Lui sa tutto.”

Aghata aprì la bocca come se fosse in carenza d’aria. Quelle parole la fecero tremare di paura. Lui sapeva tutto. Sapeva quello che avevano fatto a Leda e ora,aveva un motivo in più per rovinarle sapendo di aver provocato maggior dolore con il fatto del piano.

“Madre,ma come potevo sapere. Cosa faremo ora?”

Vide la donna chiudere gli occhi come se cercasse una via di uscita a quella situazione. Non avrebbe mai creduto che a distanza di anni,avrebbero pagato per il furto che avevano fatto a Leda. Pensavano che con il matrimonio della ragazza,tutti i loro problem si sarebbero risolti,si sarebbero liberate di lei e con lei sarebbe morta anche la verità.

Ma ora,ora erano nei guai e sapevano che l’uomo avrebbe fatto di tutto pur di fargliela pagare.

“Dovremmo scappare,Madre,non vedo nessuna soluzione possibile.”

“Credo tu abbia ragione.”

Si presero per mano, era la prima volta che tra di loro nasceva un simile gesto di affetto ma sapevano che in quel momento dovevano restare unite e solo insieme avrebbero potuto ricominciare.

“Sapevo che prima o poi avremmo pagato….ho sperato che fosse diverso e invece…” La donna parlò più a se stessa che alla figlia sentendo una sorta di senso di colpa invaderla. Stavano per andare via quando un movimento da dietro gli alberi le paralizzò dalla paura.

Erano forse state scoperte a parlare?

“Chi è la?” disse Aghata in un ultimo atto di coraggio e dignità.

“Scusatemi,signore,non volevo impaurirvi ma vi ho viste andare via e credo che avete perso qualcosa di importante.”

Aghata aguzzò lo sguardo nel vedere quanto fosse bella la donna che le aveva appena rivolto parola. Era molto bella,così bella da farle suonare un campanello di pericolo.

“Non abbiamo perso nulla,Madame. Scusateci ma Andiamo piuttosto di fretta. Venite,madre.” Offrì il braccio alla donna mentre sentiva il bisogno di allontanarsi il più possibile da quella donna dagli occhi da predatore.

“Oh,eppure Miss Leda è vostra cugina e qui,nelle mie mani,ci sono delle lettere appartenute a lei e credo a sua madre.”

Le due donne si girarono nello stesso momento in cui la donna si portò quei pezzi leggermente bruciacchiati di lettere sulle labbra,mostrando loro lo sguardo più crudele che avessero mai visto. Aghata cercò di aprire la bocca e dire a sua madre di fermarsi mentre la vedeva avvicinarsi a quella donna e prenderle velocemente le lettere di mano.

“Si,sono della madre di Leda,sono le lettere d’amore che le scriveva il marito. E questa…”

Girò la lettera per leggerne il mittente ma con un no secco disse di non conoscere la persona che avesse scritto a Leda quando era ancora una ragazzina.

“Per quanto mi riguarda,potete bruciarle,non saranno delle lettere a salvarci. Con permesso.”

Fece segno alla figlia di andare quando le parole della donna la fermarono mostrandole la luce nel tunnel di cui aveva tanto bisogno.

“Invece,credo proprio che saranno le lettere a darvi una speranza,mie signore. Se vi fiderete di me,non avrete bisogno di scappare.”

La donna si avvicinò a loro con una tale eleganza che le ammutolì. Sembrava una donna a cui non si riusciva a dire di no solo guardandola. Aveva un aurea così perfetta da far venire i brividi. Sembrava la regina delle nevi,senza cuore ma dotata di una bellezza tale da far fare a tutti ciò che voleva.

“Perchè dovremmo accettare?” chiese Aghata non riuscendo più a sostenerne lo sguardo.

“Perchè abbiamo un bene commune,mie care.” E co sì dicendo le accarezzò una guancia constatando la sua teoria che fosse fredda come il ghiaccio.

“Distruggere chi vuole portarci via il nostro tesoro più prezioso.”

 

***

 

Leda osservava Richard in silenzio,per ogni benda che il dottore le metteva,il suo senso di colpa per aver ferito l’uomo,cresceva. Non lo aveva mai visto in quelle condizioni. Aveva sempre avuto un opinione di lui di un uomo tutto di un pezzo,che per ogni situazione riuscisse sempre a trovare una soluzione e affrontarla nel modo più calmo e razionale possibile.

E invece,quel giorno,le aveva dimostrato di essere un normale essere umano,di spezzarsi anche lui e di non saper affrontare una situazione in cui c’era lei di mezzo.

Si sentiva una stupida,si sentiva una spietata egoista e cercava di non emttere nessuno suono di dolore perchè sapeva che ogni suo verso non era altro che una fonte di dispiacere e preoccupazione per l’uomo.

“Bene,il mio lavoro è finito.fortunatamente le bruciature non sono gravi,nel giro di pochi giorni potrete riprendere la normale funzionalità.”

“Grazie Dottore e scusi il disturbo. Possiamo offrirle una tazza di tè?” Leda si alzò dalla poltrona e cercò lo sguardo di Richard ma lui era ancora appoggiato alla finestra e del tutto assente. Sperò con tutto il cuore che il dottore restasse,aveva timore di rimanere da sola con lui,non sapeva come giustificare il suo atto e in più temeva una reazione esagerata di Richard. Sapeva benissimo che quando perdeva le staffe,era capace di tutto. Si ricordò ancora il primo giorno che era nella sua casa,di quando gli aveva detto che sarebbe andata al cimitero e lui glielo aveva proibito andando su tutte le furie. Quel giorno conobbe Robert. Già,quell giorno conobbe un Robert genitle e premuroso. Così diverso da quello che aveva visto oggi. Chissà come stava,chissà se l’avrebbe mai perdonata.

Chissà…

“Purtroppo devo riufiare il vostro gentile invito ma ho un altro impegno. Riguardatevi,signora. Arrivederci Mr Armitage.” Fece un leggero inchino e se ne andò subito constantando che non avrebbe avuto risposta dall’uomo. Chiuse la porta e Leda si preparò a quella che sarebbe stata la battaglia più grande della sua vita.

Farsi perdonare dalla persone che amava di più al mondo.

“Richard….” Inziò a dire senza avvicnarsi. Sperava che almeno chiamandolo potesse tornare in se.

Ma non ebbe risposta,il suo sguardo era ancora perso in chissà quale posto. Si avvicinò e si mise poi davanti a lui sperando di catturare la sua attenzione.

“Richard,vi prego,guardatemi. Non ignoratemi in questo modo anche se lo merito.” E in quel momento il suo sguardo tornò vigile e i suoi occhi si riempirono di nuovo del suo splendido azzurro cielo.

“Sarà sempre così?” la sua voce era come un filo sottile,semplici parole dette con così tanta sofferenza da lasciar Leda senza parole.

Richard non poteva spiegare quello che aveva provato vedendola nel fuoco,si era sentito impotente,come un bambino che voleva salire su un albero ma non aveva l’appiglio necessario per arrampicarsi. La vedeva andare a fuoco e quella vista lo aveva paralizzato. Non era riuscito a fare nulla,nemmeno a buttarsi nel fuoco per salvarla.

No,aveva solo guardato. Aveva guardato un altro uomo fare quello che avrebbe dovuto fare lui. Aveva guardato con quanto coraggio e senza pensarci nemmeno un secondo,Robert,si era buttato per prenderla e salvarla.

In quel momento l’aveva vista svenire tra le sue braccia ma quello che gli aveva fatto più male era notare quanto quei due fossero giusti insieme. Sembravano nati per stare insieme,come se un filo rosso li tenesse sempre uniti. Aveva ormai capito da tempo che Robert nutriva dei sentimenti per Leda e sembrava conoscere cose di lei più di quanto dicesse.

Leda gli chiedeva di perdonarlo per il gesto che aveva commesso ma non sapeva che quello che non riusciva a perdonarsi era il fatto di non essere stato lui a salvarla.

Avrebbe dovuto dirglielo prima che le voci le arrivassero ma non ne aveva il coraggio. Aveva paura che si sarebbe allontanata da lui e che avrebbe preferito passare la sua vita con Robert che con un vigliacco come a lui.

Perchè non era solo un vigliacco per oggi ma per tutta la faccenda in cui l’aveva chiesta in moglie.

Non avrebbe mai pensato che si sarebbe innamorato,non avrebbe mai sperato di tornare ad amare senza remore e soprattutto di essere ricambiato.

Aveva sbagliato tutto,aveva fatto i conti solo sulla sua vendetta senza pensare che Leda gli avrebbe rubato il cuore e la mente.

Ora era perduto.

Prigioniero di Leda e vittima della sua stessa vendetta.

“Signore,Richard,vi chiedo solo di poter perdonare la mia mancanza di rispetto. Mia cugina ha distrutto un ricordo che apparteneva a mia madre,non so cosa mi abbia preso…”

Richard la guardava come impietrito,nella sua espressione non c’era nessun sentimento.

“E per questo vi siete buttata nel fuoco,il fuoco di cui tanto avete paura. Non vi comprendo,Leda.davvero.” Richard si allontanò da lei con ancora i pensieri inquietanti che gli ondeggiavano nella testa. Si sentiva così debole,sentiva che l’amore che provava per lei lo rendeva debole e irrazionale. Aveva bisogno della sua calma.

“Ho sbagliato ma non potevo permetterle di distruggerlo. Appartenva alla mia amatissima madre, dovevo impedirglielo.”

“E invece è andato bruciato lo stesso,e avete rischiato di bruciare anche voi..pensate che questo avrebbe fatto felice vostra madre?Bhè,mi inchino a questo totale atto di incoscenza.” E non contento battè le mani in un applauso rendendola ancora più ridicola. Leda stava notando che stava tornando il solito Richard. Quello che non esitava parole se doveva far sentire qualcuno una nullità.

“Se voi non vi fosse intromesso…”

“Se io non mi fossi intromesso?” Ora la sua rabbia stava esplodendo e Leda sapeva che stava per succedere il finimondo.

“Siete una ragazzina stupida e incoscente. Stavate per essere bruciata e voi,dite a me,di non intromettervi. Guiro che ve le darei di santa ragione se non fosse già ferita.” Sentiva le vene pulsare in fronte mentre osservava Leda farsi bianca per le parole che aveva appena ricevuto. Sentiva le mani fremere nel darle una sana sculacciata e quel pensiero gli fece pulsare istinti ancora più primordiali.

“Non vi permetto di parlarmi così,ho indubbiamente sbagliato ma mi sono fatta prendere dal momento e ho agito di conseguenza. Guiro che non ripeterei mai e poi mai un simile gesto e soprattutto non l’ho fatto per farvi un dispetto. Non mi sono mai sentita in colpa così tanto di aver causato un dolore a voi…che io amo con tutto il mio cuore.” Leda deglutì quando vide gli occhi dell’uomo sgranarsi per quella dichiarazione d’amore. Avrebbe volute continuare con il discorso di quanto si sentisse arrabbiata per quello che gli aveva detto prima ma sentiva che se lo meritava e voleva a tutti i costi farsi perdonare e non perdere la fiducia che l’uomo aveva riposto in lei chiedendola in moglie.

“Richard,farei qualsiasi cosa per cancellare quello che ho fatto.” E mentre parlava camminava verso di lui,come se si spianasse la strada per poi essere perdonata tra le sue braccia.

Richard dal canto suo era del tutto spiazzato dalla sua dichiarazione. Da una parte gongolava per quell’amore e dall’altra si sentiva immeritevole di tale sentimenti.

“Ma non posso,ma,voglio mostrarvi il mio totale e incondizionato amore,accettando senza remore la vostra proposta. Si,Richard,vi voglio come merito e voglio firmare il contratto oggi stesso.”

Richard sospirò quando se la ritrovò davanti. I suoi occhi erano i più belli e sinceri che avesse mai visto. Aveva vinto. L’aveva ottenuta. Lei voleva firmare il contratto. Lei si concedeva a lui.

“Dite davvero?”le chiese ancora incredulo sperando quasi che gli dicesse che aveva bisgono ancora di tempo per pensarci.

“Davvero. Io voglio essere vostra moglie…o forse avete cambiato idea?”

“Oh no,no no no,amor mio,no.” Richard preso da impeto l’abbracciò così forte da farla ridere di gioia. La baciò. Le baciò le labbra,gli occhi,il naso,la fronte. Le stava dimostrando che per lui non c’era regalo migliore di questo. Leda si sentì felice,quello era il primo passo per la loro vita insieme.

Non sapeva che da lì in poi tutto sarebbe cambiato in peggio.

“Appena sarà guarita la mano,firmerete.”

“Assolutamente no,voglio firmare ora,sarà proprio con questa mano che vi ha procurato dolore a ridarvi gioia.”

Richard sorrise,forse non era del tutto impossibile essere felice con lei. Magari non sarebbe tornata,magari lo avrebbe lasciato in pace. Magari aveva visto quanto fosse felice e ci avrebbe ripensato.

Magari.

E fu con quello spiraglio di ottimismo che andò verso la scrivania e prese il foglio che Robert aveva preparato per lei. La vide avvicinarsi decisa e prendere la penna con cui avrebbe firmato per la sua nuova vita.

“Non volete leggerlo?” lei si sporse verso di lui con la penna in mano.

“No,firmo per amore e per la fiducia che ho in voi.”

Firmò ma per Richard quel nome scritto in fondo aveva il sapore di una condanna a morte.

 

 

***

 

“Signora,hanno lasciato delle lettere per voi.”

Leda smise di cantare e andò verso il tavolino che la cameriera le aveva indicato. Non riusciva a capire chi le avesse scritto tutte quelle lettere visto che non conosceva nessuno così tanto bene da iniziare una corrispondenza.

Ma quando si avvicinò per un attimo dovette reggersi alla poltroncina vicino al tavolo. Le lettera erano leggermente bruciacchiate e capì subito cosa erano.

Erano le lettere nascoste nel piano di sua madre. Le lettere che sua madre e sua padre si scambiarono durante il loro fidanzamento. Le prese,ignorando il dolore che sentiva sulle mani. Gli occhi iniziarono a inumidirsi quando riconobbe la scrittura della madre. Era così felice che qualcosa si era salvato.

Stava ancora sfogliando quando dei nomi su una lettera la catturarono. Sentì il respiro farsi pesante quando lesse che il destinatario era lei ma il mittente era la persona che mai si sarebbe aspettata.

Era una lettera d’amore.

“Oh,no. Non ci credo. Oddio cosa ho fatto…” Leda fece cadera a terra la lettera e iniziò a muoversi in preda all’angoscia. Come era possibile essere felici due secondi prima per poi cadere nella più totale disperazione prendendo consapevolezza di quella scoperta.

Cosa aveva fatto. Aveva distrutto tutto. Aveva distrutto la persona a cui aveva fatto delle promesse.

“Non posso,non posso avergli fatto questo. Non può essere lui.” E così dicendo corse via dalla stanza senza accorgersi che Richard stava andando da lei per chiamarla.

“Leda,che succeed,Leda?” ma la porta della casa si chiuse di scatto e Richard stava per segurila quando la corrente d’aria fece volare delle lettere verso di lui. Le prese e si accorse che molte appartenevano alla madre di Leda. Si chiese se fossero quelle ad avere spinto Leda a scappare via. Stava per lasciarle quando una di queste gli cadde all’occhio.

La lesse.

 

‘Mia amata Dea,un giorno staremo di nuovo insieme. La promessa che ci siamo fatta da bambini non l’ho mai dimenticata. Un giorno tornerò da te e li staremo per sempre insieme.

Non mi dimenticare,

Perchè io non potrei mai.

Il tuo Bert.

 

 

Robert Andrew Down.’

 

Richard si lasciò andare a terra insieme alla lettera. Il vento ancora soffiava nella stanza sperando che si portasse via il senso di vuoto che la lettera gli aveva lasciato.

 

 

 

 

 

Angolo autrice:

Bhè,e con questo capitolo il più è stato svelato. Capitolo abbastanza lunghetto ma con tanto materiale che da molto a cui pensare.

Cosa succederà?

Leda dove correrà?

Richard resterà seduto a terra senza fare nulla?

Mimì&Cocò alias zia e cugina si sono alleate con il diavolo?

Tutto questo nella prossima puntata.

Ancora un grazie speciale a chi legge e commenta questa mia pazza creazione.

Un bacio e a presto!:D

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Capitolo 13
*** Dodicesimo capitolo. ***


12. Capitolo

 

 

 

‘Tell them I was happy

And my heart is broken

All my scars are open

Tell them what I hoped would be

Impossible, impossible

Impossible, impossibl’

 

-Impossible, James Arthur-

 

 

‘Dea, promettiamoci che qualsiasi evento ci capiterà,noi non dimenticheremo la nostra promessa d’amore.’

 

Leda ricordava solo ora quelle parole,ricordava solo ora come le calde e giovani mani di Robert erano sulle sue mentre fiducioso e pieno d’amore le faceva promettere che si sarebbero ritrovati.

 

‘Robert,mio dolce e caro Robert,siete la persona più importante dopo i miei genitori. Non riesco ad immaginare nessuno che non siate voi accanto a me.’

 

Leda correva sapendo già dove avrebbe trovato Robert. Correva a perdi fiato mentre quei ricordi tornavano così vividi nella sua mente. Come aveva fatto a ricordarsi di lui solo in quel momento e solo grazie ad una lettera.

Ora ricordava persino l’intrecciarsi delle loro mani,la gioia che avevano provato in quel giuramento fatto due giorni prima che lui se ne andasse. Leda era poco più di una bambina quando giurò di unirsi in matrimonio con lui,lo giurò come fanno i bambini quando gli chiedono di fare i bravi in cambio di qualcosa.

Lo giurò perchè davvero pensava che Robert sarebbe stato la persona che l’avrebbe completata.

Lo giurò perchè con Robert stava bene.

Lo giurò perchè pensava che essere migliori amici li avrebbe portati direttamente ad amrsi e ad unirsi in un felice matrimonio.

Lo promise perchè sapeva che le probabilità di rivedersi sarebbero state basse.

Lo promise senza aver fatto i conti con l’amore che Robert provava davvero per lei.

Lo promise,non sapendo che nella vita avrebbe incontrato Richard.

 

‘Leda, non sai quanto mi fate felice nel sapere che provate i miei stessi sentimenti.’

 

Leda si morse un labbro a quel ricordo e spinse con forza il cancello del cimitero rischiando di inciampare tra gli attrezzi che usava il custode per tenere in ordine il posto. Sapeva benissimo che Robert si sarebbe rifugiato lì,nel posto in cui lei ogni giorno trovava un fiore diverso sulla tomba dei genitori.

Si era sempre chiesta chi fosse quella dolceanima che lasciava un gesto così gentile ai suoi genitori. Sapere soltanto ora, che Robert non si era mai dimenticato di lei,la feceva stare ancora più male.

 

Leda rallentò il passo fino a quando non si fermò e vide la schiena di Robert dritta e vigile sulla tomba dei suoi genitori. Si avvicinò piano sapendo che lui si era accorto della sua presenza ma restava fermo,come se non volesse affrontare nulla che riguardasse lei. Come se sapesse che gli stava per dire Addio.

 

Allungò la mano per toccargli la spalla ma le parole dell’uomo la inchiodarono e quelle dita restarono come sospese nell’aria insieme a tutte le parole di scusa che aveva da dargli e insieme a tutti i sensi di colpa che, egoisticamente sperava che Robert potesse perdonare.

 

“Amarti è stata la mia maledizione.”

 

Leda abbassò la mano lentamente,come se quelle parole avessero spento la sua linfa vitale. Sentiva il vento freddo penetrarle fino alle ossa e scorticarle per farle provare lo stesso dolore che stava provando lui in quel momento.

Non sapeva cosa dire,non sapeva cosa fare. Robert non le rivolgeva nemmeno lo sguardo e lei sapeva che si meritava qualsiasi cosa spregievole che l’uomo le avesse detto.

 

“Ho sempre creduto in quella promessa, è stata la sola cosa che mi ha tenuto vivo in quel colleggio,che mi ha fatto sopportare le frustate dei miei superiori,le burle di quelli che si credevano migliori di me,di quelli che se volevo sopravvvivere,dovevo fare quello che mi si chiedeva.

E l’ho fatta,Leda. L’ho fatto. Ho sopportato tutto questo solo perchè animato dal tuo amore, dal ricordo del tuo sguardo e delle tue parole. Solo per amore che credevo ricambiato.”

 

Robert si abbassò e accarezzò la tomba che portava il nome della madre della donna che aveva sempre amato. Prese il fiore che le aveva lasciato e lo strinse nella sua mano fino a quando ogni singolo petalo si staccò dal suo gambo, come il suo amore che era stato estirpato così drasticamente. Leda dal canto suo ascoltava scioccata il suo racconto, non aveva mai saputo il vero motivo per cui Robert se ne era andato,sua madre le aveva raccontato che dovevano andare via perchè suo padre aveva accettato un nuovo lavoro e Leda aveva sempre pensato che sarebbe stato felice nella sua nuova vita.

A quanto pare,sua madre,le aveva mentito per non farla preoccupare e ora,quelle confessioni furono come il fuoco di cui tanto aveva paura.

L’aveva scottata con le sue parole e non poteva trovare nessuna acqua abbastanza potente da farla spegnere.

“Robert,non credevo ,mai….” Iniziò a singhiozzare quando lui si girò mostrandogli lo sguardo più triste e rassegnato che avesse mai visto in vita sua. I suoi occhi erano rossi e gonfi e Leda si chiese se avesse pianto o se fosse ancora un effetto dell’alcool su cui ultimamente trovava la sola consolazione.

“Non credevi cosa? Che sarei mai tornato? Che sarei andato avanti dimenticandomi di te?E’ questo?”

Le sue parole da angosciose erano passate a furiose e prive di qualsiasi sentimento che avesse provato per lei.

“Robert, eravamo due bambini. Quella promessa,io,non avrei mai pensato di rivederti.”

Leda tirò su con il naso e Robert crollò in una smorfia di pure dolore. Si portò le mani tra i capelli mentre in ginocchio iniziò a piangere come un bambino a cui avevano distrutto l’illusione di credere in qualcosa di bello.

Leda si avvicinò a lui ma non riuscì a toccarlo perchè lui la scansò violentemente rialzandosi con tutta la rabbia che aveva accumulato fino a quel momento.

“Tu,sei solo una sgualdrina.Non sei diversa da qualsiasi donna che ho incontrato. Hai preferito cedere alle lusinghe di un uomo che non potrà mai darti la felicità. Di un uomo che ti distruggerà.”

 

“Capisco la rabbia,Robert,ma non serve offendermi per colmare il dolore che vi ho inferto.”

Per tutta risposta lui scoppiò a ridere mentre le lacrime uscivano ancora dai suoi occhi. Leda ebbe la conferma che stava parlando con un pazzo,un folle senza speranza. Di Robert,del buon e dolce Robert sembrava che non fosse rimasto più nulla.

E la causa della sua distruzione era soltanto lei.

Si avvicinò a lei e di scatto le prese il viso tra le mani e con i polpastrelli iniziò a massaggiarle le guance. Sgranò gli occhi mentre vedeva quelli privi di qualsiasi scrupolo di Robert che la osservavano come se da un momento all’altro volesse ficcarglieli fino al cranio e ucciderla.

“Robert…” inziò a piagnucolare per il dolore e con le mani cercava di allontanarlo da lei spingendolo dai fianchi ma la stretta dell’uomo era forte,forte come era la sua rabbia e la voglia di vendicarsi.

“Mi fate male…” lo pregò di fermare quella tortura sul suo viso ma lui per tutta risposta le sorrise e in quel sorriso non c’era nulla che potesse aiutarla a fargli cambiare idea.

 

“Hai idea del dolore che mi hai causato?Ho cercato di proteggerti,di essere il tuo angelo costude e tu…tu trafiggi il mio cuore innamorandoti di quella bestia.”

 

Alla fine la spinse via come se fosse una pestilenza. Leda inciampicò più volte nella spinta ma riuscì a non perdere l’equilibrio. Si massaggiò il viso dolorante e in quell’attimo capì che doveva andarsene se voleva salvarsi. Iniziò ad indietreggiare e nella mente chiamò Richard. Lo chiamò così disperatamente che quasi credeva gli avesse risposto. Voleva vederlo. Avrebbe voluto affrontare Robert con lui e dimostrargli che quello che aveva detto era solo falsità.

“Se stai cercando di scappare,Dea….sei libera di andartene quando vuoi. Se pensi che mi macchierei di un delitto,allora,suppongo che tu non mi abbia mai conosciuto.” Robert si asciugò gli occhi e Leda notò che il suo sguardo era tornato lucido,razionale ma con quella punta di cattiveria che sembrava non volesse lasciarlo.

“Non ho mai pensato che potessi farmi del male.” Mentì perchè in quel momento capì che davvero non aveva mai conosciuto Robert. Nei suoi ricordi era un amico fedele e leale ma erano ricordi di una bambina di appena 11 anni di cui tutto il mondo era buono e piacevole.

“Sai quale sarà la mia vittoria? Mia piccola Leda?” mosse il viso verso sinistra come preso da un tic e Leda l’unica cosa che riuscì a dare come risposta e fare un cenno con il capo di continuare il discorso.

“Vederti commettere l’errore più grande della tua vita. Se sei abbastanza intelligente,non firmerai quel contratto e te ne andrai a testa alta oppure vedrò cadere la tua testa come Maria Antonietta sulla ghigliottina.”

 

Il suo petto iniziò a muoversi convulsalmente. Per la prima volta iniziò ad avere paura,ma non per il comportamente strano di Robert ma perchè aveva firmato il contratto e quella sensazione di sbagliato che l’aveva attraversata per tutto il tempo della convivenza,ora si faceva sempre più vivo e spietato. E a Robert bastò vedere come il viso di Leda cambiò quando le disse quelle parole.

Quindi era finita così.

Lui era impazzito.

E lei aveva perso.

Non sentiva nulla,era così amareggiato e confuso dalle alte dosi di alcool che non riusciva più a capire se avesse ancora un sentimento di pietà per la ragazza che lo aveva beatamente dimenticato da tempo.

Voleva andarsene,voleva andarsene da quella città,da quell’impiego a cui sembrava di aver dato una svolta alla sua vita e al suo amore ma che in realtà non aveva fatto altro che distruggere lui e soprattutto avrebbe ucciso lei.

Ma cosa gliene importava?

Lei aveva fatto la sua scelta.

E lui l’avrebbe odiata per il resto della sua vita. Ogni bicchiere di alcool che avrebbe buttato giù si sarebbe ricordato di lei e l’avrebbe maledetta in ogni goccio della sua vita.

“Bene,Leda. Ti auguro di soffrire nella stessa maniera in cui sto soffrendo io,anzi,non è un augurio ma una certezza. Addio.”

Si sistemò la giacca cercando di tornare alla sua naturale compatezza. Le passò accanto senza guardarla negli occhi ma lasciandosi tirare dalla manica in modo che si fermasse.

“Robert,ti prego,dimmi la verità. Perchè Richard mi ha voluta li…” ormai non le importava più nulla di recuperare la sua amicizia si ritrovò a pensare Robert, ormai le importava solo di se stessa e della sua felicità.

L’avrebbe maledetta due volte anche per quello,per quella poca curanza nei suoi confronti.

E fu per quelle parole che le volle dare il colpo di grazia.

“Oh ma non è stato lui a volerti li,lui non sapeva nemmeno che esistessi,Leda. Chi credi che gli abbia parlato di te?”

“Tu?” chiese lei stringendo ancora di più la sua giacca. Robert guardò quella mano piccola, bianca e fasciata e sperò che si spezzasse.

 

“Si,io.”

 

“Perchè?”

 

Il vento si fece sempre più freddo mentre il sole calava lasciando il giorno all’oscurità. Che ore erano?

Quanto tempo erano stati li a discutere?

Quanto tempo le sarebbe servito per capire?

 

“Perchè a lui serviva qualcuna per il suo piano e a me serviva che tu te ne andassi da quella casa.”

 

La sua voce era fredda e tagliente come il vento che li attraversava. Sentiva il cuore farsi sempre più pesante mentre ricordava le parole di Richard che le chiedeva se volesse leggere il contratto.

 

No,lei aveva firmato per amore e per la fiducia che aveva in lui.

 

Cosa aveva fatto?

Solo in quell momento si ricordò del dolore alle mani perchè nella stretta il bruciore iniziò a tensificarsi fino ad arrivarle alle spalle.

“Robert,dimmi perchè. Ho bisogno di sapere.”

Ma per tutta risposta Robert le tolse la mano dalla sua giacca facendola mugolare di dolore.

“E io ho bisogno di andarmene con le risposte che non avrai mai.” E così dicendo scoccarono le 7 e lui se ne andò senza nemmeno preoccuparsi che da li sarebbero iniziati tutti i suoi guai.

 

 

*** 

 

Gli spari riecheggiarono spietatamente nella notte mentre le forze dell’ordine e la folla inferocita si combattevano come se fosse la loro ultima notte nella vita.

Leda era stanca,sudata e infreddolita. Era uscita solo con il leggero abito da cerimonia per l’evento a casa della contessa.

Aveva paura. Cercava di trovare un posto dove nascondersi e non essere presa da nessuna delle due fazione. Sapeva che poteva essere scambiata per una ribelle e essere portata alla polizia e accusata di qualsiasi crimine,in fondo,lei non era nessuno.

Oppure poteva essere vittima della folla inferocita,vittima di un colpo accidentale. Si lasciò cadere al muro del piccolo e stretto vicolo che aveva trovato come riparo. Avrebbe voluto piangere,lasciarsi andare ad un sonno profondo e senza risveglio ma il rumore di passi la fece di nuovo mettere in guardia.

Sentiva urla di continuo e i passi si facevano sempre più vicini e forti. Inziiò a tremare e a correre per potersi salvare.

“Hey,tu,FERMATI SUBITO.GUARDIE,DI QUA.”

I passi divennero più numerosi mentre lei correva con la gonna alzata fino alle ginocchia. Sentiva l’adrenalina correre più delle sue gambe. Le sue orecchie pulsavano per lo sforzo mentre il respiro diventava sempre più affonnoso.

Rallentò perchè le forze ormai la stavano abbandonando mentre i passi la raggiungevano sempre di più.

Iniziò ad arrancare piegandosi sempre di più. Appoggiò la mano ad un carro lasciato di fretta per strada.

Si girò sentendo i capelli che si abbandonarono sulle sue esili spalle. Si erano arresi anche loro e lo stava per fare anche lei.

Forse era meglio così.

Forse era meglio essere accusata di aver istigato la folla alla rivoluzione che cadere nella mani di chissà quale complotto.

 

“Si,doveva andare così.” E si portò la mano sul petto sentendo la calma farsi strada nelle vene. I passi degli uomini erano sempre più vicini e lei sorrise. Sorrise perchè in quel momento sentì di aver trovato la pace.

 

Chiuse gli occhi pronta per essere presa.

 

Ma mai avrebbe immaginato che la sua bocca sarebbe stata chiusa da due mani che prendendola da dietro la trascinarono in un luogo in cui pensò non avrebbe mai più rivisto la luce.

 

 

Angolo autrice:

 

E vabbè, non volevo che Robert fosse così cattivo eppure quel ragazzo ha fatto di tutto e di più per essere spregievole. Diciamo che Leda ha il potere di far uscire la parte peggiore di ogni uomo che le è accanto però qui stiamo leggermente esagerando.

Comunque,come noterete,Richard in questo capitolo è passato in secondo piano ma vi prometto che tornerà in tutto il suo splendore dal capitolo prossimo.

 

Sperando che il buon Robert non ci rimetta di nuovo lo zampino.

Un grazie di cuore per continuare a seguire questa storia senza arte e ne parte ma è una storia a cui tengo tanto.

Un bacio e alla prossima.

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