Elia e il medaglione del drago

di Jeremy336
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


La pioggia batteva forte.
Una sottile figura correva schizzando acqua e fango dappertutto al suo passaggio.
"Forse sono ancora in tempo" pensò per farsi forza.
Ma era tutto inutile, lo sapeva.
Ormai era tardi.
"No! Non mi arrendo!"
-NO!- urlò.
Non voleva pensare che era tardi.
Nella sua vita c'era sempre stato per lei ed ora doveva rimanergli vicino.
Procedeva rapidamente lungo un sentiero nel bosco, le pozzanghere erano mille ma lei le ignorava, i tronchi d'albero per terra la facevano inciampare ma lei si rialzava e proseguiva, il legno le graffiava le gambe a sangue ma il dolore non la raggiungeva.
Non distingueva più gli oggetti, davanti a se aveva solo le ombre verdognole degli alberi e l'azzurro dell'acqua.
Correva.
Inciampava.
Correva ancora.
Non si poteva fermare.
L'odore umido del fango si mischiava con il suo sapore e le orecchie erano troppo sensibili per evitare il continuo e persistente scrosciare della pioggia.
Ma a lei non importava.
Dentro di lei era fissa l'immagine della grotta.
Lei doveva raggiungere quel luogo.
Non importava come.
Doveva arrivare là e doveva farlo adesso.
Un colpo forte alla fronte ed uno uguale alla nuca.
Cercò di rialzarsi abbracciandosi all'albero contro cui aveva sbattuto ma scivolò nel fango faccia a terra.
I suoi sottili capelli viola si macchiarono per l'ennesima volta.
Tentò di nuovo di rialzarsi ma sbatté la testa contro un ramo basso e cadde ancora.
Iniziò a piangere.
Per quanto si sforzasse, non riusciva a raggiungerlo.
Il destino le era avverso.
E invece no!
Era colpa sua!
L'aveva abbandonato.
Con le mani circondò il ramo e fece leva per sollevarsi.
Qualche scheggia le penetrò nella pelle bianca e morbida e forse perse un unghia.
La tentazione del dolore era forte ma lei non volle accettare.
Ricominciò a correre.
Ormai poteva fare solo questo.
Non esisteva il tempo, non esisteva lo spazio.
Esistevano solo lui e la sua meta.
"Forza Lucciola!" Si richiamò.
"Devi sbrigarti!"
I suoi occhi lacrimavano mentre cadeva e si rialzava, mentre la sua pelle veniva strappata e i suoi vestiti venivano imbrattati di melma e fango.
Il bosco svanì.
Ora c'era solo un piano sassoso.
Non poteva vederlo ma sentiva i suoi piedi gemere sotto la superficie tagliente delle pietre.
Continuò a correre.
Doveva arrivare, ormai la meta non era lontana.
Correre.
Doveva sbrigarsi.
Correre.
Doveva riaverlo un'ultima volta.
I suoi piedi non toccarono il terreno.
Non perciva più niente intorno a lei.
La pioggia aveva cessato di cadere.
Ora il frastuono era opera del vento.
Ma lei non lo sentiva.
L'aria che le entrava da tutti i pori.
Non la sentiva.
La furia della tempesta che la trapassava e che la tagliava.
Non la sentiva.
Dentro di lei era il silenzio.
Chiuse gli occhi.
Ora era un tutt'uno con i ricordi.
Lui che sorrideva, lui che le tendeva una mano, lui che rideva, ...
Ricordava chiaramente il suo nome, da cui tutto iniziava e a cui tutto di lei faceva ritorno.
Il nome del suo compagno.
Il nome della sua vita.
-Elia.- sussurrò nel vento.
In quel nome tutto si spense.

Nota dell'autore:
ciao a tutti, sono Jeremy336 e questa è la prima fanfiction che pubblico in "fantasy" spero di ricevere tante recensioni e consigli su come migliorare.
Al prossimo capitolo!

Jeremy336

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***




Italia, Piacenza, Anno 3692.
7 Gennaio. Ore 7:40.
Ricominciava la scuola.


Il Liceo scientifico "I 5 Petali" era il più prestigioso della città.
Nonstante le pareti fossero vecchie e ingiallite dal tempo, la scuola era riconosciuta come una delle più tecnologicamente avanzate dell'Italia.
Gli studenti erano circa 2000 con una netta maggioranza di femmine (1800 contro 200 circa) e si distribuivano su venti sezioni dalla “A” alla “V”.
La scuola dava la facciata su una piazza molto ampia circondata da alberi con una bellissima fontana al centro e molte panchine intorno.
Da essa si diramavano le tre vie più importanti della città: Corso Vittoria Emanuela Giustina, Via Genova e Via Passeggio Pubblico.
In quest'ultima scorreva un fiume di ragazze dirette verso il liceo.
La piazza cominciava ormai a riempirsi.
Tra tutte quelle persone ce n'era una particolare: aveva i capelli biondi e ondulati raccolti in testa che ricadevano in un buffo ciuffetto sull'occhio destro, gli occhi erano verdi con le ciglia seducenti e la bocca piccola ma non asciutta. Indossava una giacca nera imbottita che sovrastava una felpa rosa e la parte alta dei jeans.
Tutto quell'ammasso di indumenti però, nascondeva una corporatura minuta, con poche ma non nulle forme e due gambe snelle che si muovevano rapidamente sui gradini quasi ghiacciati per il freddo della notte nel tentativo di arrivare qualche minuto in anticipo in classe per dare una sbirciatina al libro di inglese prima del test della prima ora.
Il suo nome era Aurora.

Appena superata la fontana centrale, composta da quattro vasche disposte a piramide dalla cui cima zampillavano cinque fiotti: uno verso l'alto e quattro che si inchinavano verso l'esterno ai punti cardinali, si diresse a tutta velocità verso l'entrata del liceo.
La facciata non era impressionante.
Era stata ristrutturata durante le vacanze di natale ed ora aveva assunto un bel colorito giallo acceso.
A circa i tre quarti dell'altezza c'erano cinque finestroni e sotto ad essi era appeso un cartellone su cui era disegnato il simbolo della scuola: una nuova Guinea con cinque petali rosa in modo che le punte di essi, denominate con le classiche lettere maiuscole, A, B, C, D, E, che si assegnano ai vertici di un poligono, formassero un pentagono regolare.
Dopo una decina di metri di polverosi piastrelloni poligonali, arrivò all'entrata caratterizzata da 3 porte in triplo vetro antiproiettile.
Tutte le volte che le guardava non poteva fare a meno di credere di essere nel caveau di una banca perché per aprire le tre porte bisognava prima strisciare la propria tessera, poi digitare su una tastirina il proprio codice studente ed infine appoggiare il pollice sinistro contro uno schermo touch screen.
Nel momento in cui tutte le porte si aprirono, il caveau di massima sicurezza tornò ad essere il solito istituto vecchio e decrepito.
Si trovava nell'atrio, una grande sala per lo più vuota da cui partivano due scale e due corridoi.
Per Aurora, che aveva le porte alle spalle, i corridoi sfociavano nell'atrio orizzontalmente: uno a destra che portava alle aule del piano terra e uno a sinistra che conduceva alla segreteria e ad uffici vari.
Le scale invece si prendevano tutto lo spazio difronte a lei: dalla parte destra i gradini si abbassavano di qualche metro incontrando un secondo atrio più piccolo e di forma ottagonale mentre sulla sinistra la scala percorreva tutto il perimetro il muro fino a raggiungere il primo piano e il secondo più in alto.
Aurora prese il primo corridoio di destra senza esitazione mentre un monitor alla sua sinistra mostrava la sua faccia e il suo nome indicando il riconoscimento dell'impronta, della tessera e del codice.
Il corridoio era buio ed Aurora lo percorse di corsa.
Arrivata davanti ai distributori di merendine girò imprudentemente l'angolo senza guardare e andò a sbattere contro qualcosa carambolandoci rumorosamente sopra e facendo finire molti fogli per terra. In preda alla confusione iniziò a tastare su cosa era caduta e le sue mani si avvinghiarono in una massa morbida come la lana. La tastò per un pochino finò ad incontrare una superficie che ricordava la pelle umana e poi la sua mano venne bloccata da uno strano oggetto.
-Quelli sono disgraziatamente i miei ricci e se continui a premere sui miei occhiali in questo modo si romperanno! Sei Aurora giusto?-
La voce proveniva da sotto di lei. Capì immediatamente contro cosa, o meglio, contro chi era andata a sbattere e si sollevò un po' in modo da vedere la persona in faccia.
Un ragazzo con i capelli spettinati, e gli occhiali storti la fece sorridere.
-Ops, scusami tanto Elia. Mi dispiace. Aspetta, non l'avrai mica fatto apposta?- chiese sospettosa.
-A che pro far cadere tutti questi fogli? Comunque no, anche se non importa. Se vuoi denunciarmi fai pure, tanto non ho speranze di scamparla in questo mondo.- sospirò Elia rassegnato mentre lei si rialzava.
-Non essere pessimista, vedrai che prima o poi le cose gireranno in tuo favore.-
Elia iniziò a raccogliere i fogli che gli erano caduti uno per uno diligentemente se non che, una bidella piuttosto corpulenta, alzatasi dal suo "trono": una sedia in fondo al corridoio su cui riusciva a fatica a sedersi data la "stazza", si stava avvicinando con lo sguardo poco rassicurante.
-Nasconditi nello sgabuzzino e aspetta che la bidella mi abbia portato dalla preside o non riuscirai a ripassare per il test.- le disse lui abbassando la voce.
-Ok, grazie.- gli rispose e si nascose nello stanzino da cui probabilmente era uscito il suo compagno e socchiuse la porta sbirciando dal buco della serratura.
La bidella, una volta sopraggiunte al luogo dell'incidente, colpì Elia con un calcio facendo cadere nuovamente tutti i fogli ed urlò -TI AVEVO RACCOMANDATO DI NON FAR CADERE I FOGLI!!! ADESSO ANDIAMO DRITTI DALLA PRESIDE!!!- sollevò il ragazzo prendendolo per la felpa e lo trascinò verso l'atrio principale. Lui non oppose resistenza.
Aurora sospirò nel sentire quelle parole.
"Non c'è veramente giustizia per lui in questo mondo." Pensò.
Uscì dal suo nascondiglio.


Appena svoltato l'angolo a sinistra per imboccare il secondo corridoio con tutte le aule, vide una piccola figura in lontananza sgattaiolare dietro una porta in legno spessa quattro dita con sopra scritto in rosso 2ªF.
Aurora non trattenne un altro risolino.
-Camilla! Esci subito! Ti ho vista.-
Così come era entrata, la piccola figura uscì e si avvicinò alla studentessa con la giacca nera.
Ora che era vicina non sembrava più tanto piccola, anche se la sua statura era leggermente sotto alla media.
Aveva i capelli castano chiaro non molto lunghi raccolti in un codino sopra la testa e un nasino all'insù. Aveva una faccia un pochino infantile e vestiva in tuta sportiva rossa con sopra il logo di una socetà di atletica.
-Ho visto tutto. Anche se non ho potuto sentire cosa vi siete detti. Sicura che non ti abbia fatto niente?- chiese preoccupata.
-Si, si. Sono sicura. È stato solo un incidente.-
-Non mi fido di quello lì.-
-Ma no! Dai. Non dire così. Non è cattivo.-
-Non so perchè ma non mi piace.-
-Pensa a lui solo come una compa..... ehm.... un compagno di classe.-
La sua amica annuì poco convinta. -andiamo sei qui per ripassare giusto? Stavolta il test è difficile.-
Le due iniziarono a chiacchierare del più e del meno mentre si portavano lentamente vicino all'entrata della loro aula.
-Certo che non è normale fissare una verifica il giorno di rientro dalle vacanze!-
-Ti sembra che la prof sia normale?-
-Mah! Qualche problema ce l'avrà!- disse Aurora sedendosi come di consueto nel secondo banco della fila centrale.

-Quanto tempo abbiamo prima della campanella?- chiese Camilla.
-All'incirca quattro o cinque minuti.-
-Allora sbrighiamoci!-
Presero entrambe da sotto il loro banco due degli iPad forniti dalla scuola e iniziarono a leggere i libri di testo nella speranza di imparare qualcosa di più.
Camilla -Quel ragazzo mi inquieta.-
Aurora rispose -Ma no, dai! È solo sfortunato- "O almeno così credo..." pensò.
Nonostante la preparazione, la verifica di inglese non era andata molto bene ed Aurora si sentiva delusa mentre mordicchiava nervosamente la coda di una matita.
Sul suo banco c'erano: un astuccio pieno di penne, un iPad con la protezione rosa spento e un quaderno aperto pieno di numeri. La professoressa stava spiegando il nuovo argomento di algebra, le equazioni di secondo grado, ma Aurora non aveva molta voglia di seguire. Pensava al fallimento di quella mattina e intanto gli occhi vagavano: la lavagna......... La prof.......... Il banco vuoto davanti a lei........ La cattedra....... Aspetta un secondo! Il banco davanti era vuoto!
Elia non era ancora rientrato. Anche se non avrebbe dovuto si stava preoccupando. Riprese a mordicchiare la matita ancora più aggressivamente.
Ad un certo punto, si sentirono due colpi alla porta ed Elia e una bidella entrarono.
-Mi scusi se la disturbo professoressa.- disse la bidella -Ma questo studente è stato dalla preside fino a questo momento.-
-Si, si non c'è problema. Grazie per averlo accompagnato.- rispose la prof sbrigativa.
La bidella uscì.
-Accomodati pure Elia, stavamo giusto parlando della formula per risolvere.......-
La lezione riprese tranquillamente.





Nota dell'autore:
Ciao a tutti, ecco il primo capitolo della mia storia. Spero vi piaccia! Segnalate pure eventuali errori o imperfezioni o incoerenze, le recensioni sia positive che negative sono sempre ben accettate!

Jeremy336

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Quando la campanella suonò e la prof finì di assegnare i compiti, Aurora prese il solito panino dalla tasca della giacca e il solito the al limone ed uscì dalla classe. Nel corridoio si stavano riversando tutte le studentesse e i pochi studenti e molti si dirigevano verso le macchinette per prendere qualche merendina oppure qualche bevanda al modico prezzo di qualche centesimo.
Lei ignorò completamente la marmaglia di adolescenti e andò ad appoggiarsi contro il termosifone opposto alla porta della sua classe.
Da lì, poteva vedere tutte le sue compagne e le sue amiche che compivano le loro azioni quaotidiane.
Che monotonia...
Era leggermente stanca e non vedeva l'ora di poter andare a casa.
-Tutto bene?- chiese una voce femminile alla sua destra.
Aurora sbirciò la sua interlocutrice.
-Tutto a posto. Tu piuttosto, come mai sei entrata adesso?-
-La mia tutrice è rimasta coinvolta in un attentato e dovevo aspettare che fosse in grado di parlare per concedermi il permesso per venire a scuola. Una vera seccatura!-
-Un altro attentato, è?-
-Già, ultimamente ce sono parecchi. La situazione per quanto vogliano farci credere che sia stabile e sicura non lo è affatto. L'esercito del Regno perde all'incirca 50 km al giorno e i ribelli nel nord Italia si stanno agitando. Non per sembrare pessimista ma sembrerebbe che stia per succedere qualcosa.-
-Che mondo di merda!- esclamò Aurora.
-Ne ho parlato con la presidente e lei vuole fare la riunione domani alle 17 e mi ha detto che entro quell'ora bisogna riolvere un paio di questioni.-
-Quali?-
-Una riguarda Elia.-
-Elia? cosa centra?-
-La presidente non mi ha riferito i dettagli ma sembra che voglia fargli il test.-
-Il test? A quello? Ma ne è sicura? Dopotutto...-
-Dopotutto, cosa? Mi sembrava ti stesse simpatico. Inoltre Camilla mi ha detto poco fa quello che è successo stamattina.-
Aurora arrossì leggermente.
-E, e quindi?-
-La mia conclusione è che sei un po' ossessionata da quel ragazzo.-
Aurora si girò di scatto.
Osservò agitata e sorpresa la ragazza che aveva parlato.
Aveva i capelli castano chiaro e indossava gli occhiali, era più bassa di lei ma la sua mente non lo era altrettanto, anzi, era forse la ragazza più intelligente della classe, e se non si esagera, di tutte le seconde. Aveva un'ottima capacità d'osservazione e un ottimo intuito.
Quel giorno vestiva con un paio di pantaloni lunghi marroni della tuta e una felpa pesante verde scuro e dal fianco sporgeva una borsa a tracolla grigia.
Si chiamava Alice. Era la sua compagna di banco.
-Calmati, stavo solo scherzando.- sorrise.
-Non sono scherzi da fare questi! C'è in gioco la mia vita sentimentale!- Aurora bevve rumorosamente un sorso di the mentre l'amica ghignava -E la seconda questione?-
Alice si fece improvvisamente seria.
-Penso che ci sia un maniaco che mi pedina da due o tre giorni.-
Aurora quasi sputò il the che aveva appena bevuto dalla sorpresa.
-Un maniaco ti sta seguendo?- esclamò.
-Shh!!! parla a bassa voce!-
-Ok, ma... Anche qui a scuola?-
-È molto probabile.-
-E la presidente si aspetta che risolvi questa cosa entro le 17 di domani? Qui c'è da chiamare la polizia!- disse indignata.
-No. La polizia di questi tempi ha altro a cui pensare che alle "fantasie" di una quindicenne distratta.-
-Non ci credo! Ti hanno davvero risposto così?-
Alice fece una faccia rassegnata e poi riprese a parlare -Ora ti spiego il piano della presidente. Credimi, funzionerà!-
Aurora guardò perplessa la sua amica. Cosa avrà in mente la presidente? pensò.



All'uscita da scuola...



Elia stava camminando lentamente con le mani in tasca lungo Viale Passeggio Pubblico che aveva come estremi la scuola da una parte e l'istituto di accoglienza dall'altra.
L'istituto era fondamentalmente una grande casa in cui chiunque senza genitori poteva avere una stanza e usufruire di tre pasti caldi al giorno al prezzo di alcuni lavoretti di manutenzione o di una media superiore all'8 a scuola e si dava al caso che i voti di Elia erano tutti sopra questo limite pur considerando tutte le difficoltà a cui andava incontro, infatti in quella socetà composta dalla stragrande maggioranza di donne veniva continuamente schernito e punito. Ovviamente c'erano delle eccezzioni: la professoressa di Matematica e la sua tutrice per esempio. Entrambe erano dotate di senso critico e di logica tale da capire che non è rilvante la differenza fra sessi. Infatti da qualsiasi punto di vista si osservi la questione l'uomo o la donna da soli non possono vivere.
Elia si fermò a guardare gli alberi lungo la via. Non si sentiva volare una mosca. Tutto il caos che si era creato qualche minuto prima con le aperture delle porte della scuola era svanito. Rimaneva solo una strada deserta.
-Come tutti i giorni del resto.- sospirò.
Il flusso di pensieri si interruppe e per un attimo Elia riuscì a sentire il soffio della sottile brezza che in quel momento agitava le foglie.
Ah! Che pace! pensò. Ma tutto questo durò solo un attimo, un attimo velocissimo, perché la brezza cessò improvvisamente di soffiare per lasciare il posto ad un rumore di passi.
Passi che si avvicinavano.
Altre persone qui? In questa fascia oraria? Impossibile!
Poco dopo, passo dopo passo, due figure lo superarono. Riconobbe subito chi erano. Le sue compagne di classe Aurora ed Alice.
Cosa ci fanno loro qui? Tutti i giorni della settimana sono sempre da solo a percorrere questa via sia all'andata perché devo essere a scuola molto in anticipo, che al ritorno perché non posso uscire da scuola fino a dieci minuti dopo la campanella mentre oggi no. È difficile credere che sia solo una coincidenza."
Ma subito si accorse che i passi non erano finiti.
C'è qualcun'altro? Chi può essere?
Dopo qualche secondo una figura alta, magra, incappucciata e con un impermeabile nero lo superò senza farci caso ma uno strano bagliore attirò l'attenzione di Elia. Proveniva dal fianco sinistro di quel misterioso idividuo, quello più vicino a lui e, immediatamente, capì la situazione.
Quell'uomo è pericoloso. Ha un coltello e ha preso di mira Alice o Aurora o entrambe e loro che ne erano a conoscenza hanno deciso di rendermi partecipe. La domanda è: perché io?
Elia sospirò.
Speriamo di prendere tempo!
-ALICE! AURORA! STATE ANDANDO ALL'ISTITUTO DI ACCOGLIENZA?- urlò tutto d'un fiato.
Le due si fermarono così come il tizio in impermeabile.
-Stai al gioco- sussurrò Alice ad Aurora.
-SI! STAREMO LÀ TUTTO IL GIORNO! VUOI VENIRE CON NOI?- rispose la genietta.
-CERTAMENTE!- urlò Elia e si mise a correre per raggiungerle.
Appena passò accanto alla figura misteriosa poté vedere un ghigno di rabbia e frustrazione sul suo volto.
Per fortuna sono riuscito a ritardare il suo piano di un giorno. Pensò mentre camminava verso l'istituto insieme alle sue due compagne.
Meno male, oggi sono stato fortunato ma domani dovrò fare in modo di liberarmi di lui. Intanto, però, un po' di tempo l'ho guadagnato.
-Allora Elia- chiese Alice -Cosa farai questo pomeriggio?-



Hall dell'istituto di accoglienza, ore 13:45.



La hall dell'istituto di accoglienza era una grande stanza quadrata con una piccola fontana interna al centro e intorno numerosi divani in cuoio rossi e qualche pianta qua e là. Attaccato alla parete opposta all'entrata, c'erano numerosissimi scaffali contenenti ognuno 25 ganci a cui venivano appese 2 chiavi. Il tutto era circondato da un bancone in legno chiaro occupato solo da qualche computer. Una sorta di "reception".
Elia aveva sempre pensato che l'interno della hall fosse la copia simmetrica della piazza del liceo ma non aveva mai verificato le proporzioni e non poteva dirlo con certezza.
I tre si sedettero su uno dei tanti divani e iniziarono a chiacchierare del più e del meno mentre la gente intorno li osservava sospettosa e incuriosita.
Aurora -A che ora apre la mensa?-
-Tra cinque minuti. Ma, mi chiedo cosa farete dopo aver mangiato visto che non siete ospiti di questo istituto.-
-Potresti ospitarci tu per oggi?- chiese Alice.
-E come mai avete scelto proprio me per questa cosa?- domando Elia scettico.
-Perché sei un nostro compagno di classe e perché sei l'unico che conosciamo che può aiutarci in questo momento di tremenda difficoltà.-
-Equazioni di secondo grado?-
-È esattamente questo il problema!-
La scusa più stupida ma anche la più ovvia se dovessero scoprirci. Pensò Elia.
-Capisco. Credo che per un giorno soltanto non dovrebbero esserci problemi.-
-Siamo felici che tu capisca!- disse allegra.
-Ma, Alice, sei proprio sicura che sia il caso di...- cominciò Aurora.
-Ma certo amica mia!-
-Allora credo proprio che non sia il caso di andare in mensa.- Elia sospirò. -Ascoltatemi bene.- disse abbassando la voce. -Uscite dalla porta principale con naturalezza, poi andate sul retro senza farvi notare ed infine aprite l'ultima porta a sinistra o la prima a destra e aspettatemi, ok?-
-Va bene!- sorrise Alice prendendo Aurora per un braccio e trascinandola fuori.
-Guarda te in che casino mi sono cacciato!- disse rassegnato Elia prima di avviarsi verso la reception.



Alice ed Aurora fecero il giro dell'edificio senza farsi notare e a quel punto Aurora non riuscì più a trattenersi.
-Alice! Per favore, fermati un secondo! Non sono d'accordo su questa cosa! Prima mi hai fatto disdire tutti i miei impegni, poi mi hai fatto avvisare che non sarei tornata in istituto ed infine vuoi che passiamo la giornata con lui?!-
-Aurora, lo sai che ti puoi fidare di me, no?-
-Si, Alice, lo so ma se fossi a conoscenza di quello che ti passa per la testa ogni tanto non sarebbe meglio?-
-Appena lui ci avrà fatte entrare parleremo di tutto. Ah! Ecco la porta. Ora aspettiamo.-
Aurora guardò la sua amica confusa.


Una volta arrivato alla reception, Elia prese dallo zaino il cartellino di riconoscimento, lo mostrò all'addetta dietro al banco e, dopo qualche minuto, prese la chiave consegnatagli. Lui gentilmente ringraziò ma in risposta ricevette solo uno sguardo disgustato.
Fece finta di niente ed esibì un falso sorriso sulla faccia.
Che mondo di merda. Pensò.
Procedette a sinistra del bancone fino ad incontrare una scala. Iniziò a scendere.
Tutto sommato, però, forse questa è la volta buona per abbandonare la noia!Fece un mezzo sorriso sincero.
Quando i gradini terminarono, Elia si ritrovò in un corridoio. Svoltò a sinistra e trovò ad aspettarlo Aurora ed Alice come da programma.
-Seguitemi.- disse alle ragazze.
Il gruppetto percorse tutto il corridoio fino ad arrivare ad un'altra porta con sopra scritto: "scantinato. Vietato l'accesso ai non addetti".
Aurora -Sei sicuro che sia il posto giusto?-
Elia -Si. Purtroppo non è una reggia. Se fosse stato per me avrei voluto che nessuno vedesse dove abito. E poi, avrei preferito portare due ragazze in un posto un po' più decente.-
Alice -Non ti preoccupare, ci accontenteremo.-
Elia aprì la porta con la chiave e i tre entrarono "nell'appartamento".
Non era grandissimo ma bastava per una persona. Il tutto si sviluppava su tre stanze piccole: la prima a cui si accedeva dalla porta era la più ampia ed era il soggiorno/cucina con un fornello, un piccolo frigorifero, la lavastoviglie, le ante con tutto l'occorrente per mangiare e fare la raccolta differenziata, un tavolo per quattro persone al centro con le quattro sedie acuratamente riposte, un cesto con la frutta sul tavolo, un divano come quelli della hall ma un po' più vecchio, un televisore piccolino su una mensola piena zeppa di fogli e persino una piccola finestra da cui entrava un po' di luce, la seconda sulla sinistra era la camera da letto e la terza era il bagno.
-Wow!- esclamò Aurora. -È incredibile!-
-Come ho detto prima non è un gran che, ma almeno è meglio di com'era quando sono arrivato un anno e mezzo fa!-
-Dove hai trovato tutte le cose che mancavano?- chiese Alice.
-In giro per l'istituto oppure in giro per la città.- rispose Elia.
-Alice non sarebbe ora che...- cominciò Aurora ma un rumorino proveniente dalla sua pancia bloccò la sua frase.
-Preparo subito qualcosa.- disse Elia mentre Alice ridacchiava e la povera affamata sprofondava nel pavimento dalla vergogna.



Dieci minuti più tardi...



Elia aveva messo sul tavolo un cestino di pane e un piccolo vassoio con qualche pezzo di formaggio e qualche fetta di salame e le due ragazze si stavano rimpinzando allegramente ignorando a momenti il "padrone di casa".
Evviva, ho due ragazze a casa e l'unica cosa che riesco a fare è starmene zitto e servire loro da bere e da mangiare...
-Ah! Ci voleva proprio!- esclamò Aurora alla fine del terzo panino.
Però lei è proprio carina quando è allegra! pensò soddisfatto dalla reazione della compagna.
-Senti Elia, la tua tutrice potrebbe crearci dei problemi?- chiese Alice.
-No, oggi e domani è impegnata in una conferenza sulle stelle e sulla formazione dei buchi neri a Firenze.-
-Però interessante!-
-Avrei voluto andarci anche io ma non c'erano più posti.-
Elia si appoggiò allo schienale della seggiola.
Adesso però basta cincischiare!
-Dunque, volete spiegarmi, per cortesia, quello che è successo?-
-Ma certo- disse Alice -Vedi, da qualche tempo c'è questo tipo che mi pedina...-
-Ma a che pro venire da me?- chiese impulsivamente.
-Aspetta, lasciami finire.- Alice bevve un sorso d'acqua. -Dicevo, da qualche tempo c'è sto tizio che mi pedina e dopo averlo visto stamattina con un coltello ho pensato che avrebbe potuto agire quest'oggi e così ho dovuto elaborare un piano per evitare che mi aggredisse.-
-Ma, Alice, non era stata la presi...- cominciò Aurora ma venne interrotta da un dolore lancinante al piede.
-AHIA!!!- urlò. Alice si avvicinò all'orecchio dell'amica -lascia fare me, e non ti pesterò più i piedi.- sussurrò.
-Ora capisco.- disse Elia un po' stupito dal comportamento delle due. -Io sono stato solo un espediente.-
-Non uno a caso, ma il migliore.- disse Alice.
-Davvero? Io sarei il migliore? E cosa te lo farebbe pensare?- sorrise scettico Elia.
-Sapevo della tua capacità di ragionamento straordinaria.-
-Può darsi che si, può darsi che no.- disse Elia trattenendo l'orgoglio.
-Così ho provato a creare un gruppo di minimo tre persone dal momento che se si è in tanti c'è meno probabilità di essere aggrediti da un singolo individuo. Ed infine gli ho fatto sapere quando attaccare in modo indiretto così siamo sicuri che per oggi non succederà niente.-
-Tsk!- fece Elia.
-Che succede? Cos'ha che non va il mio piano?- si lamentò la castana.
-È stato troppo precipitoso.-
-In che senso, scusa? Ho considerato tutti i dettagli...-
-No. Hai dimenticato di considerare il caso in cui il tipo vi avesse attaccato nel momento in cui vi ho chiamato.-
-Spiega.-
-Facciamo una ricostruzione statistica e ideale: io ero davanti all'albero, il tipo era a sei-sette metri da me e voi eravate una quindicina di metri più in là. Ipotizziamo che quando vi chiamo lui comincia a correre per attaccarvi, cosa pensate di fare?-
-Be' avremo potuto... separarci?-
-Davvero? Questa sarebbe stata la tua scelta? Sacrificarti per salvare la tua amica? Non sei un pochino troppo precipitosa di perdere la vita?-
-Stai dicendo, quindi, che c'era una scelta migliore?-
-Affatto, sto dimostrando che il tuo piano era avventato.-
-Ti sbagli!-
-Ah si? Dimostramelo.-
Alice tacque.
-Bene, va tutto bene. Non voglio essere aggressivo. L'importante è mettere le cose in chiaro.-
Aurora era stupita ed arrabbiata allo stesso tempo: da un lato era impressionata dai ragionamenti di quel ragazzo che gli era sembrato simpatico sin dalla prima classe ma dall'altro si era permesso di alzare la voce con la sua amica. Se fosse stato colto sul fatto avrebbe ricevuto una punizione molto severa.
Stava per intervenire in difesa di Alice ma venne intercettata.
-Aurora, prima di certe cose...-
-No, ha ragione.- si intromise Elia. -Ognuno è libro di dire come la pensa, ma per alcuni questo vale solo fino ad un certo punto. Mi scuso Alice. Non avrei dovuto alzare la voce con te.-
Elia si alzò dal tavolo.
-Quando e se vorrete ancora parlare con me, tenendo conto di questa mia impulsività parziale, bussate alla porta ed io uscirò.-
Così dicendo si avviò verso la camera.
-Il bagno è da quella parte se dovesse servire, non vi disturberò.-
La porta si chiuse delicatamente lasciando Aurora interdetta e sorpresa.











Nota dell'Autore:
Ciao a tutti, eccomi sempre in ritardo con il nuovo capitolo.
Elia- accidenti! Sei solo al secondo capitolo e già sei in ritardo! Sei messo molto male.-
Autore - chiedo venia!-
Bene, spero che vi piaccia e ricordo che le recensioni motivate o motivanti sono sempre bene accette.
Elia - Nel senso di usare "l'accetta"?-
Autore - ma guarda te che battute...-

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