Middle Earth. Avventure nella Terra di Mezzo

di Fjorleif
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Pace Perduta ***
Capitolo 2: *** Lothíriel di Dol Amroth ***
Capitolo 3: *** Il Gelo di Meduseld ***
Capitolo 4: *** Addio al Mare ***
Capitolo 5: *** La Città Bianca ***
Capitolo 6: *** Incontri ***
Capitolo 7: *** Il Valore dei Rohirrim ***
Capitolo 8: *** Un Segreto ***
Capitolo 9: *** Sulle Tracce della Principessa Scomparsa ***
Capitolo 10: *** Edoras in Festa ***
Capitolo 11: *** Addii e Ricordi ***
Capitolo 12: *** Il Risveglio ***



Capitolo 1
*** Pace Perduta ***


Questa fiction vuole essere un esperimento "interattivo" per coinvolgere più possibile tutti quegli ammiratori dell'Universo di Tolkien che vorrebbero vedere sè stessi o un proprio personaggio inserito nella Terra di Mezzo e che interagisce con i personaggi presenti. Da lettrice, mi è sempre capitato di volermi immergere nel mondo di cui stavo leggendo e che mi appassionava e penso che ciascuno di noi debba avere la possibilità di far parte di ciò che gli piace. 
Il progetto funziona così:
1) Chi fosse interessato a far parte della storia deve scrivermi un messaggino privato, dove mi specifica il nome e una piccola descrizione del personaggio che vorrebbe inserire nella storia (ad esempio: che ruolo ricopre, di quale razza fa parte, se ha famiglia, se vorrebbe essere accoppiato o imparentato con uno dei personaggi già esistenti, una piccola descrizione fisica, come vorrebbe interagire nella storia, ecc...)
2)Piccola regolina: prima di inviarmi un eventuale messaggio privato, lasciate una piccola recensione al capitolo, per farmi capire cosa ne pensate della storia e per farvi conoscere e riconoscere.
3)Purtroppo potrebbe capitare che un personaggio con cui desiderate interagire sia già stato "preso". In tal caso ci si può accordare e trovare un compromesso, ma ahime, vige la regola del "primo arrivato". In ogni caso io cercherò di fare il possibile per accontentarvi :)
4)Anche se la trama è ambientata durante la guerra dell'Anello, questo non vi impedisce di avere un personaggio che ha a che fare anche con altri periodi storici dell'Universo di Tolkien. Per nostra fortuna, il professore ha creato razze immortali e razze longeve, quindi se, ad esempio, siete particolarmente appassionati de Lo Hobbit potete inventarvi un personaggio che ci sia stato allora e che ci sia anche durante la trama corrente. Potremo poi rivedere scene delsuo passato tramite flashback, narrazioni, ecc...

Bene! Direi che mi sono dilungata anche troppo, quindi vi lascio al capitolo e spero vivamente che questo esperimento possa essere un successo. Spero di sentirvi numerosi! La mia penna è al vostro servizio ;)





1. Pace Perduta

Che cosa rimaneva della pace che un tempo regnava in quelle terre verdeggianti e altere? Che cosa della superba magnificenza delle sconfinate praterie e delle immense distese d'erba?
Eppure  Éomer ricordava un tempo non troppo remoto in cui qualsiasi Eorlingas poteva attraversare  in sicurezza le terre del Mark, senza avvertire la minaccia degli Uruk proveniente da Ovest, o la presenza inquietante del Male che cresceva ad Est. Un tempo in cui l'armonia regnava dalle pendici dei Monti Bianchi ai confini nord dell'Estemnet, dal limitare della foresta di Fangorn sino alla Breccia di Rohan.
Ora tutto questo era soltanto una vaga e triste reminiscenza, che squarciava il petto fiero del giovane comandante ogniqualvolta vi ripensasse. Scosse la lunga e scompigliata chioma bionda,voltando lo sguardo verso il fiume che scorreva limpido e gelido e lasciando che l'aria fredda che soffiava leggera dalle estreme propaggini meridionali delle Montagne Nebbiose arrossasse il suo volto dai tratti austeri, di una nobiltà assai diversa ma ben più severa e penetrante di quella degli uomini di Gondor, che traevano le proprie origini dai Dúnedain. L'aspetto del terzo maresciallo del Riddermark era infatti orgoglioso e i lineamenti, seppur molto belli, erano duri e inflessibili,  indici di un carattere volitivo, alle volte sprezzante, caratteristica questa che aveva procurato tanti nemici quanti seguaci al discendente di Eorl.
I tiepidi raggi di un sole primaverile si riflettevano nelle acque rapide e gorgoglianti dell'Entalluvio, creando un gioco di luci scintillante che dava l'impressione ci fossero migliaia di pietre preziose nel letto del fiume. 
D'un tratto un lento scalpiccio di zoccoli richiamò l'attenzione del possente Rohirrim con gli occhi ancora fissi, fino a un istante prima, nei flutti limpidi e veloci. Con un abile colpo di tallone fece virare il destriero sul quale montava, scorgendo così l'elegante figura del cugino Théodred, principe di Rohan, che si avvicinava lentamente in sella a Brego, lo splendido purosangue che l'aveva accompagnato durante tutte le sue battaglie.
-Gli uomini sono pronti a ripartire- Disse al cugino, il nobile volto illuminato dal sole. -È parecchio tempo che manchiamo da casa, ormai.-
Éomer fece un cenno di assenso col capo, senza proferire parola. La luce abbagliava i suoi occhi attenti e penetranti, rendendoli chiari e luminosi, di un color nocciola caldo e brillante.
-Tuttavia leggo inquietudine nel tuo cuore, non è forse così?- Domandò Théodred scrutandolo in viso.
-Non sbagli, cugino.- fu la risposta.
-Cosa ti turba, Éomer?-
Il cavaliere fece saettare lo sguardo prima ad occidente, verso Isengard, e poi a oriente, in direzione di Mordor.
-Una Minaccia incombe sulle nostre terre. Rohan non è più al sicuro.- Si avvicinò al congiunto, abbassando il tono di voce, quasi si trattasse di un segreto. -Quando abbiamo permesso al Male di sopraffarci? E come abbiamo potuto ignorarlo sino ad ora?-
L'espressione del principe del Mark mutò repentina e il suo sguardo si fece più cupo e pensoso.
-Non lo abbiamo ignorato.- Asserì in tono grave. Le iridi chiare fissarono il cugino in un istante di silenzio. 
-Semplicemente è fuori dalla nostra portata.- Aggiunse poi, sferzando il cavallo ed allontanandosi verso il resto dei soldati, poco distanti da lì.
Éomer stette immobile a fissare per qualche attimo il mantello ondeggiante dell'uomo, mosso dalla fiera andatura del cavallo, prima di spronare a sua volta Zoccofuoco per raggiungere i compagni d'arme.
Dopotutto, pensò, la sua famiglia, o ciò che restava di essa, era ancora al sicuro, chi dietro uno scudo scintillante e chi fra le mura di Meduseld. Non vi era dunque nulla di cui preoccuparsi, almeno nell'imminente.
Con sguardo altero e sentendosi decisamente alleggerito, come chi si libera di un pesante fardello dalle spalle, pervenì a ciò che rimaneva della truppa con la quale era partito ormai molte lune addietro. Durante quella spedizione gli orchi avevano fatto strage di Rohirrim e molte vite valorose erano state spese per difendere le tanto amate terre degli Eorlingas.
-Giungeremo ad Edoras al tramonto- annunciò Théodred. 
-Sempre che non ci colgano sciagure inaspettate.- aggiunse poi a bassa voce, parlando più a sé stesso che ai commilitoni.



Il capitolo ti è piaciuto? :) Lascia un commentino! Grazie ad esso anch'io posso migliorarmi e colmare le mie lacune.
Grazie <3
Fjorleif

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Capitolo 2
*** Lothíriel di Dol Amroth ***


Questa fiction vuole essere un esperimento "interattivo" per coinvolgere più possibile tutti quegli ammiratori dell'Universo di Tolkien che vorrebbero vedere sè stessi o un proprio personaggio inserito nella Terra di Mezzo e che interagisce con i personaggi presenti. Da lettrice, mi è sempre capitato di volermi immergere nel mondo di cui stavo leggendo e che mi appassionava e penso che ciascuno di noi debba avere la possibilità di far parte di ciò che gli piace. Per maggiori informazioni, dare un'occhiata all'introduzione nel capitolo I.


2.Lothíriel di Dol Amroth


Il mondo era cambiato. Lo si percepiva nell'aria, lo si sentiva nel rumore delle onde che si infrangevano contro la scogliera a picco sul mare, sulla cui cima si stagliava la torre bianca di Dol Amroth, imponente e meravigliosa, guida e guardiano della Cittadella Azzurra. 
Il centro abitato si stendeva su buona parte della penisola da cui prendeva il nome. Alta e scoscesa, questa si tuffava nelle acque profonde che la circondavano, bagnandone le rive. Nel corso delle ere si era guadagnata un ruolo di rilevanza fra le città fedeli a Gondor, sia per la lealtà che aveva sempre dimostrato, sia per la purezza del lignaggio che contraddistingueva i suoi abitanti, i quali vantavano una discendenza Elfica e Númenoreana, e questo le aveva fruttato il titolo di capitale del Belfalas.
Dall'ampia terrazza del palazzo d'argento si potevano osservare i flutti salati, di un blu intenso, che urtavano contro gli scogli acuminati come lame producendo un suono ridondante e, ormai bianchi di schiuma, si ritiravano spumeggiando.
Quel giorno il volo dei gabbiani era insolito e scoordinato, sebbene il mare non minacciasse tempesta, e pareva che i candidi uccelli avvertissero un pericolo che turbava il loro tragitto nell'aere limpido. 
Si accorse di ciò Lothíriel, unica figlia femmina del saggio e valoroso principe Imrahil, mentre fissava l'orizzonte lontano oltre al quale, lo sapeva, si stendevano i bianchi e irraggiungibili lidi delle Terre Immortali, troppo remoti per essere scorti dalle sponde della Terra di Mezzo e troppo perfetti per essere soltanto immaginati dai suoi abitanti.
-Vi è qualcosa di strano nel volo dei gabbiani quest'oggi.- sussurrò alla sua più fidata ancella senza staccare le iridi luminose dal cielo.
-Avvertiranno il giungere dei Signori di Gondor.- rispose quella sorridendo sorniona.
La giovane principessa si voltò di scatto, facendo ondeggiare i lunghi capelli castani, intrisi di riflessi dorati ereditati dalla pallida chioma dell'elfica antenata. La sua attenzione era ormai del tutto catturata dalle parole di Adraorien, che la fissava con aria di chi la sa lunga.
-Cos'è che tu sai e che io non so?- Domandò increspando a sua volta le belle labbra piene in un sorriso d'intesa, gli occhi dal taglio vagamente esotico colmi di uno sguardo accattivante e divertito. Il sole e l'aria salmastra la rendevano più bella che mai e il leggero vento d'occidente accarezzava le sue membra facendole apparire vivide e in salute. Non avrebbe mai e poi mai abbandonato la sua terra natia, nemmeno per Minas Tirith, la cui maestosità e il cui prestigio erano cantati in tutti i reami degli Uomini. No, lei stava bene lì dov'era: era cresciuta col mare, suo compagno e confidente, e sarebbe rimasta lì, almeno finché le sarebbe stato concesso.
-Dovreste ascoltare più spesso le parole di vostro padre.- Scherzò l'altra senza smettere di fissare la sua signora e amica.
Il volto della dama di Dol Amroth si contrasse in un'espressione confusa e perplessa.
-Non ricordate proprio, allora?! In mattinata giungeranno qui Sire Denethor e i vostri reali cugini, Boromir e Faramir.-
Il cuore di Lothíriel si riempì di gioia immensa nell'udire quelle parole e il già accennato sorriso si espanse sul suo volto illuminandolo di pura estasi.
-Ma è meraviglioso!- esclamò battendo le mani. Essendo l'ultima di quattro figli, tutti maschi ad eccezione sua, aveva un buon rapporto con quello che veniva definito il sesso forte. Si poteva dire che la compagnia virile la mettesse a suo agio, specialmente se si trattava dei suoi amati cugini. Sin da bambina, infatti, si era dilettata con i fratelli nel gioco d'armi, prima con spade di legno e poi con elfiche lame, tramandate da generazioni nella sua famiglia. Amava le storie di epiche battaglie e le lunghe passeggiate a cavallo, le corse sfrenate tra i campi e le baruffe puerili. Ma ciò che più faceva gioire il suo cuore era tuffarsi nelle acque fredde e rigeneratrici del mare e nuotare fino a che il fiato e le forze glie lo permettevano, fingendosi un'antica creatura marina che solcava l'immensa distesa blu zaffiro che la separava da Valinor. 
Nel corso della fanciullezza aveva visto il suo corpo mutare e prendere connotazioni ben diverse da quelle dei suoi fratelli ed ora, appena ventenne, si ritrovava ad essere una giovane principessa nel fiore degli anni, al culmine dello splendore, e cominciava a sviluppare una nuova consapevolezza di sé e del proprio ruolo.
Uno squillo di trombe risuonò nell'aria gonfia di sale e il rumore di zoccoli equini solcò l'etere terso.
-Sono loro!- Cinguettò Lothíriel con voce frizzante.
Attraversò di corsa l'immensa terrazza di marmo bianco, a picco sul mare, percorrendo rapida le sale luminose del palazzo. Infine giunse all'imponente scalinata che dava sul cortile esterno della dimora reale e, fermandosi sulla soglia, scrutò i parenti appena giunti dalla cima della gradinata, sorridendo in attesa che quelli notassero la sua presenza.
Boromir, il maggiore, era intento a discutere con Elphir, il più anziano dei figli di Imrahil,mentre Faramir, con fare più pacato, ascoltava in disparte la conversazione che il padre stava intrattenendo con il principe di Dol Amroth.
-Bene arrivati!- esclamò poi impaziente.
Gli occhi dei presenti si levarono verso l'alto e, con grande meraviglia, si ritrovarono al cospetto di un'incantevole dama, ben diversa da come la ricordavano.
-Cugina!- Sorrise Boromir. -La tua bellezza cresce ad ogni luna- E, detto ciò, si avvicinò correndo alla fanciulla. Giunto innanzi ad ella, le prese le mani e le baciò affettuosamente.
-Oh, come mi ricordi la nostra amata madre nell'aspetto e nella voce!-
Lothíriel accennò un dolce sorriso. Non aveva memoria della zia paterna, Finduilas, che si era spenta in giovane età, ma aveva sentito molto parlare di lei e del suo cuore gentile e di quanto fosse stata amata dal consorte e dal popolo di Gondor. Suo padre non ne parlava volentieri, anzi, sembrava rammaricarsi ogni volta che veniva fatta menzione della sorella maggiore. Minas Tirith l'aveva fatta appassire precocemente e la lontananza dal mare aveva empito il suo cuore di una cupa agonia, che l'aveva lentamente divorata dall'interno.
Era ancora smarrita nei suoi pensieri, quando la voce di suo fratello Amrothos la riportò alla realtà.
-Non dovresti elargire così tanti complimenti per lei, caro cugino!- Disse scherzando. -Non sia mai che si faccia strane idee e prenda a fare la vezzosa!-
-Molto spiritoso, fratello!- ribatté lei contorcendo il viso in una smorfia.
-Ma prego, entrate, non sia mai detto che i Signori di Gondor non abbiano ricevuto una calorosa accoglienza a Dol Amroth- la voce di Imrahil risuonò calda.


Il resto della mattinata e il pomeriggio trascorsero all'insegna della serenità e della gioia. Apparentemente nessuno era a conoscenza del motivo della venuta di Denethor, ma tutti erano grati di rivedersi dopo lungo tempo.
Giunse la sera e, con essa, una brezza fredda da Nord. La primavera aveva portato con sé delle belle giornate di sole, ma dopo il tramonto si faceva ancora sentire il gelo dell'inverno. Quell'anno era stato particolarmente rigido persino a Dol Amroth, che normalmente poteva vantare un clima temperato in tutte le stagioni. Durante la cena Imrahil aveva fatto accendere il maestoso camino della Sala del Banchetto ed ora i tizzoni ardenti crepitavano nella cenere prima di esaurirsi del tutto.
-La tua ospitalità è sempre all'altezza delle aspettative, mio caro cognato.- dichiarò Denethor rivolgendosi al Principe.
-È un piacere e un onore per me.- rispose quello. I suoi occhi chiari tradivano il sorriso gentile che increspava il nobile volto: qualcosa lo turbava, Lothíriel ne era sicura.
Più tardi, quando tutti si erano ormai ritirati nei propri alloggi e il silenzio aleggiava per gli ampi corridoi del palazzo, Dama Lothíriel fece chiamare Adraorien.
-Mi avete fatta chiamare, mia signora?-
-Su, bando alle formalità, entra!- Bisbigliò sulla soglia della porta che dava accesso alla sua stanza.
L'ancella entrò lesta, richiudendosi l'uscio alle spalle.
-Cosa accade, principessa?-
-Ho visto mio padre e Sire Denethor confabulare nella Sala del Trono poco fa. Non ho potuto udire cosa si sono detti, ma il volto di mio padre era solcato dal disappunto e dalla preoccupazione.-
Si sedette sul ciglio del letto afferrando un guanciale con aria pensierosa.
-Non vi affliggete, Lothíriel. Sicuramente non sarà nulla di grave.-
-Eppure...-
Un rumore di passi risuonò per il corridoio buio e, un istante dopo, qualcuno bussò vigorosamente alla robusta porta in noce. Le due giovani si fissarono l'un l'altra, gli occhi sgranati di sorpresa.
-Chi potrà mai essere a quest'ora?- Bisbigliò la domestica.
-Lothíriel, aprite, sono Boromir.- disse una voce appena sussurrata. - Cugina mia, apri la porta, è una faccenda importante.-
Seppur con disappunto dell'amica, la giovane fece capolino intravedendo i tratti regali del cugino contorti in un'espressione cupa e grave.
Senza parlare e senza levargli gli occhi di dosso la fanciulla lo fece entrare e fece cenno ad Adraorien di lasciare la stanza. Quella ubbidì non senza aver lanciato un'occhiata contrariata all'uomo di Gondor. I due, poi, si sedettero sul letto.
-Lothíriel, c'è un motivo se mio padre è giunto fin qui con noi al seguito.-
-Cosa intendi? Spiegati meglio.-
-Il Sovrintendente non lascia la Città Bianca senza uno scopo preciso.-
-Che sarebbe...?-
Il Capitano prese le mani della cugina, delicatamente poggiate sul grembo, e le strinse saldamente.
-Vuole che io e te ci uniamo in matrimonio.-  Esclamò palesando la sua preoccupazione.
Gli occhi della giovane principessa si spalancarono di stupore, tanto da poter distinguere il verde e il nocciola delle iridi che si fondevano come il cielo e il mare all'orizzonte. Schiuse leggermente le labbra, senza riuscire a proferir parola, emettendo soltanto un piccolo sospiro strozzato.
-Ma...-
-Mio padre è un uomo saggio, ma talvolta le sue decisioni sono dettate dal suo essere rigido e tradizionalista.- sussurrò Boromir, chinando lo sguardo. -Sai bene che anche mia madre proveniva da Dol Amroth. Egli è convinto di compiere una scelta accorta per me e per il suo popolo, ma non è mia intenzione sposarti.- Con una mano sfiorò delicatamente la guancia della cugina, improvvisamente più sollevata alle sue parole.
-Sei così giovane rispetto a me e inoltre l'affetto che provo nei tuoi confronti è quello che un fratello prova per la sorella. Io non potrei mai...- Si interruppe bruscamente.
-Ciò che dici mi rasserena. Anch'io nutro un amore fraterno nei tuoi confronti.- Fu la risposta.
-Sai, c'è una dama a Gondor...- Esordì l'uomo cambiando discorso.
Un sorriso furbo si allargò sul viso dai tratti delicati di Lothíriel.
-E così c'è già qualcuno nel tuo cuore.- Sentenziò maliziosa.
-In verità non siamo molto in confidenza.- Spiegò lui. -Ma sono stato attratto da lei sin dal primo momento in cui l'ho veduta. Vi è qualcosa in lei, qualcosa che non so spiegare...- Le parole di Boromir tradivano un tenero sentimento che era costretto a celare dietro una maschera di fiera durezza.
-Qual è il suo nome?- Domandò la fanciulla.
-Marian.-
-È un bel nome.- Disse con espressione sincera. -Spero, un giorno, di poterla conoscere.-
Il viso di Boromir si illuminò di una gioia inaspettata, gli occhi che brillavano di un lieto tepore, destinato tuttavia a spegnersi rapidamente.
-Sarebbe mio desiderio presentartela, ma temo che mio padre sarà irremovibile.-
-Ma come possiamo fare, allora?- Chiese lei in un sospiro.
-Temo non ci sia soluzione, mia adorata cugina.-
Lothíriel si alzò in piedi, avvicinandosi all'ampia vetrata che dava direttamente sul mare. Le acque erano tranquille e nel cielo limpido si scorgevano una miriade di stelle luminose. La giovane stette a fissare il panorama notturno per qualche istante, poi, improvvisamente, si voltò verso il cugino.
-Forse un modo ci sarebbe...-


Eccoci giunti in fondo! Allora, la storia inizia un pochino ad entrare nel vivo ed è anche comparso il primo dei vostri personaggi, ovvero Marian, la dama che ha attirato l'attenzione di Boromir. 
Qualche precisazione: l'epiteto "Cittadella Azzurra" per riferirmi a Dol Amroth è farina del mio sacco. Questo perchè lo stendardo della città è blu e perchè si tratta di una città marittima, quindi il Professore mi conceda questa piccola licenza poetica.
Poi...dato che di Lothiriel si fa solo menzione, ho dato la personalissima interpretazione della mia mente...spero che vi piaccia dalla descrizione che ne ho dato. Avremo comunque modo di conoscerla meglio nei prossimi capitoli.
Come sempre, rinnovo l'invito a lasciarmi una recensione per indirizzarmi, consigliarmi, dirmi cosa vi è piaciuto e cosa no, farmi capire cosa ne pensate della trama, dei personaggi e, perchè no, anche per criticarmi se qualcosa non vi va! Ah, e ho fatto questo capitolo un po' più lungo ed ho anche utilizzato una dimensione in più nel carattere per non far risultare il testo troppo appiccicato. Ditemi se preferite i capitoli un po' più lunghi o un po' più brevi.
Un grazie speciale a chi ha recensito lo scorso capitolo! Abbiate fede, anche i vostri personaggi arriveranno presto. Ciauz!

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Capitolo 3
*** Il Gelo di Meduseld ***


Questa fiction vuole essere un esperimento "interattivo" per coinvolgere più possibile tutti quegli ammiratori dell'Universo di Tolkien che vorrebbero vedere sè stessi o un proprio personaggio inserito nella Terra di Mezzo e che interagisce con i personaggi presenti. Da lettrice, mi è sempre capitato di volermi immergere nel mondo di cui stavo leggendo e che mi appassionava e penso che ciascuno di noi debba avere la possibilità di far parte di ciò che gli piace. Per maggiori informazioni, dare un'occhiata all'introduzione nel capitolo I.


Premessa: Eilà, ma chi si rivede? E' forse Fjorleif quella che è tornata dopo sei mesi di assenza? Pare che sia proprio lei...
Questo bel (?) teatrino è per chiedervi scusa, a tutti voi che mi avete seguita e incoraggiata, per essermi assentata così a lungo. Mi dispiace immensamente, davvero, non lo dico per convenienza. Qualche giorno fa mi è capitato di rileggere le vostre recensioni e mi sono venite le lacrime agli occhi! Mi sono sentita meschina ad avervi abbandonato così, al secondo capitolo, e quindi mi sono messa sotto e ho scritto il terzo. Spero che possiate perdonarmi e riprendere a leggere la mia fiction. Ovviamente l'invito è rivolto anche a chi si imbatte per la prima volta in questo mio lavoro ed è incuriosito dalla trama o dal progetto. Spero, da oggi, di poter essere più costante. Un abbraccio a voi che deciderete di darmi una seconda possibilità!
Fjorleif



3. Il Gelo di Meduseld



Il sole era quasi tramontato quando i cavalieri giunsero ad Edoras. Dal lapideo porticato di Meduseld, che torreggiava sulla cittadella, una giovane donna dai lunghi capelli dorati fissava con impazienza la marcia degli uomini che da lontano si facevano innanzi, avvicinandosi al Palazzo d'Oro. 
Ogni giorno aveva insistentemente scrutato l'orizzonte, desiderando ardentemente che i suoi cari facessero ritorno al più presto, e ogni giorno il suo entusiasmo si era tramutato in vana speranza. Ora, finalmente, erano arrivati. Il cuore di Éowyn prese a battere all'impazzata e un sorriso colmo di gioia si dipinse sulla candida pelle. Scese a due a due i gradini della lunga scalinata di pietra, senza curarsi dell'etichetta che imponeva alle dame un comportamento, a suo parere, fin troppo affettato e, in men che non si dica, raggiunse la truppa, capeggiata dal cugino e dal fratello.
-Vi ho aspettati a lungo!- esclamò con le guance arrossate per la corsa.
Di recente la permanenza a Meduseld le era diventata gravosa e il palazzo, un tempo sede di gioia e serenità, sembrava stringersi attorno alla sua esile figura, quasi fosse una fredda e umida gabbia. Le giornate trascorrevano lente e cupe nel silenzio di una città ormai stremata dalle razzie e da un inverno troppo rigido che non accennava a cedere il passo alla primavera. La presenza dei parenti era l'unico motivo di sollievo per la bella Éowyn, che mal sopportava di essere lasciata sola, specialmente ora che il re, suo zio, si era rinchiuso in un tetro quanto angosciante silenzio.
-Ed eccoci, infine, a casa.- Rispose Théodred sorridendo affabilmente. Levò gli occhi chiari verso le arcate del palazzo, nell'intento di scovare qualcosa o qualcuno fra le colonne e i perticati dorati. Neanche un impercettibile movimento sarebbe sfuggito allo sguardo attento del principe, che scrutava attentamente i dintorni nel tentativo di intravedere una chioma rossa svolazzare da qualche parte nei pressi del cortile.
-Théodred! Théodred! Mi stai a sentire?- La domanda della cugina lo riportò alla realtà.
-Avanti, dagli tregua. Non vedi che sta cercando Brihtfyr?- Risuonò possente la voce di Éomer.
-Non c'è.- Rispose con naturalezza la bionda Éowyn. -Si è recata nel suo villaggio d'origine non più di cinque giorni fa. Pare che delle calamità abbiano colpito la sua famiglia.-
-Calamità? Che genere di calamità?- Domandò Théodred in tono incalzante. Senza rendersene conto, aveva afferrato saldamente le spalle minute della giovane donna ed ora le scuoteva con gentilezza nel tentativo di evincere informazioni più dettagliate.
-Non conosco la situazione precisa.- Ammise cupa, chinando mestamente il capo. Si sentiva tremendamente inadeguata: aveva atteso il ritorno dell'adorato cugino così a lungo ed ora che finalmente era giunto, non era neppure in grado di fornirgli le informazioni di cui necessitava. E dire che egli  provvedeva costantemente alla sicurezza di tutti loro mettendo la sua lama al servizio di Rohan e adesso che finalmente si era presentata l'occasione per Éowyn di restituire il favore, non aveva potuto assolvere nemmeno questo banalissimo compito.
Immediatamente provò una forte sensazione di disagio: da sempre si sforzava di essere d'aiuto, di dimostrare agli altri, e a sé stessa, di possedere una qualche utilità, ma da sempre, puntualmente, veniva smentita e i suoi intenti andavano in frantumi come un vetro troppo sottile costretto a sopportare il peso di fardelli eccessivamente gravosi. Esattamente così si sentiva la principessa di Edoras: un corpo fragile costretto ad addossarsi responsabilità troppo onerose per la sua giovane età e la sua acerba inesperienza, senza poter dimostrare al mondo il vero valore latente nel suo spirito audace e desideroso di una rivalsa.
-Éowyn, ti prego, sforzati di ricordare qualsiasi dettaglio in grado di donarmi delucidazioni.- Gli occhi luminosi di Théodred parevano quasi imploranti, mentre le pupille saettavano febbricitanti lungo i tratti immacolati della bionda dama, la cui bellezza ancora incorrotta dal tempo sfavillava alla luce dell'ultimo sole.
Ella annuì silenziosamente, cercando di raccogliere nella mente di fanciulla, già troppo appesantita dalle inquietudini che si celavano nel suo animo, ogni particolare che la rimandasse a quel giorno.
Brihtfyr era da tempo la sua dama di compagnia. Nata in una famiglia di umili origini aveva avuto la fortuna, o la sventura, di essere la figlia di un valoroso cavaliere del re, morto in battaglia quando la giovane aveva appena tredici anni. Per il valore dimostrato dal padre nei lunghi anni durante i quali aveva prestato servizio alla corona, a Brihtfyr era stato concesso il privilegio di entrare a corte come attendente della piccola principessa, di qualche anno più giovane, che aveva di recente perso i genitori. Le due erano cresciute insieme, maturando uno stretto legame di sincera amicizia, condividendo l'amore per la libertà, spesso negata alle rappresentanti del gentil sesso. Ma l'affetto per Éowyn non fu il solo ad insinuarsi nel cuore della giovane donna dalla chioma fulva: nel corso degli anni, infatti, anche il bel Théodred si era avvicinato alla dama dagli occhi color del cielo, attratto dal suo carattere curioso e testardo. Inutile dire che la personalità gentile e cavalleresca dell'erede al trono di Rohan, unita al suo coraggio e al suo spirito avventuroso, aveva ben presto fatto breccia nel petto della fanciulla Rohirrim. Il loro amore, sebbene fosse noto ai più, era scoraggiato da re Théoden il quale, pur nutrendo un sincero affetto per Brihtfyr e per il suo animo dolce e devoto, auspicava una nobile consorte per il suo unico figlio; in questo modo, Rohan si sarebbe guadagnata dei preziosi alleati, specialmente in quell'ora buia, col Male in agguato che bussava alle porte del mondo civile. Tuttavia, in più di un'occasione, Théodred aveva dimostrato di non ambire a nessun'altra sposa ed era ancora memore di quando, in una notte di luna piena, i due amanti si erano giurati amore eterno sotto le fronde di un salice mosse dal vento primaverile. Durante quell'incontro il loro sentimento fu suggellato per sempre da un'eterna promessa che nemmeno la morte avrebbe potuto scindere.
Éowyn sollevò i grigi occhi al cielo: il sole era ormai tramontato e delle piccole nubi rade solcavano il cielo ricco di sfumature che variavano dal blu, al porpora, fino al rosso dell'orizzonte.  
-É accaduto tutto una fredda mattina di qualche giorno fa.- Prese a dire. -Stavamo intrecciando le prime ghirlande con fiori e arbusti, quando abbiamo scorto una minuta figura in lontananza, che poco più tardi abbiamo scoperto essere la piccola sguattera che vive con la madre e i fratelli di Brihtfyr. I genitori della bimba erano dei loro lontani parenti, così, alla loro morte, la piccina è stata presa sotto la loro custodia.- La voce delicata della dama si interruppe per qualche istante, permettendole di riprendere fiato.
-Ad ogni modo, la piccola ci è corsa incontro; era stremata dal lungo viaggio e affannata per la fretta che aveva impiegato per giungere in tempo. Ha avvisato Brihtfyr che era stata sua madre a mandarla, poiché nella loro remota contea erano improvvisamente sorte delle difficoltà; tuttavia non è stata chiara, com'era prevedibile, dal momento che una bambina in così tenera età difficilmente comprende i problemi che caratterizzano la vita adulta, specialmente di questi tempi.-
Théodred prestò attenzione ad ogni singola parola della cugina, mentre una crescente preoccupazione si insinuava nel suo petto e nella sua mente.
-E se n'è andata da sola?- Domandò concitato.
-Non ha voluto scorta alcuna. Ha solo chiesto di poter avere un cavallo ed è partita il mattino stesso, insieme alla piccola attendente.- 
Il principe dalla chioma dorata sospirò, un grave peso gli opprimeva il petto: girovagare da soli per le praterie di Rohan era estremamente pericoloso di quei tempi, specialmente per una fanciulla disarmata. Senza aggiungere altro, prese a percorrere a passo deciso i gradini di pietra che conducevano all'ingresso del maestoso Palazzo d'Oro, l'armatura che risuonava ad ogni falcata emettendo un clangore metallico. 
-Dove vai, cugino?- Domandò la voce possente di Éomer, ancora fermo ai piedi della scalinata con la sorella. 
-Da mio padre. Ho intenzione di porgergli i miei omaggi e, successivamente, raggiungere Brihtfyr.-
-Ma siete appena arrivati!- Proruppe Éowyn senza potersi trattenere. A lungo aveva atteso di poter trascorrere del tempo con i suoi cari ed ora che, finalmente, ne aveva la possibilità, Théodred era già in procinto di ripartire.
Il bel Maresciallo levò gli occhi comprensivi sulla giovane donna. Era sinceramente dispiaciuto e affranto di non avere nemmeno un istante di tregua da condividere con le persone che amava, ma colei che era regina del suo cuore era lontana da lui, circondata da insidie.
- Éowyn …- sussurrò mentre le iridi della cugina si colmavano di lacrime calde, trattenute invano per lungo tempo.
-Verrò con te.- si intromise Éomer, pronto a seguire ovunque colui che considerava alla stregua di un fratello maggiore.
- Éomer, anche tu!- la voce affranta della giovane donna risuonò cristallina, facendosi, via via, sempre più straziante. Niente sarebbe stato più odioso che sopportare ancora la compagnia solitaria e inquietante di Grima. Almeno fino a pochi giorni prima c'era Brihtfyr, pensò. Almeno un tempo suo zio era sempre presente a confortarla.
-Potrai venire insieme a noi.- Esordì ad un tratto Théodred, impietosito dall'evidente turbamento della fanciulla.
-Ne sei certo?- Domandò Éomer titubante: temeva per le sorti della sua unica, amatissima sorella. Del resto, aveva sempre ritenuto che le donne non potessero avventurarsi da sole, andare a cavallo o, addirittura, come spesso farneticava Éowyn, maneggiare la spada. Il luogo più sicuro per una dama era fra le mura della sua casa, ben protetta dalle insidie esterne.
Il principe annuì con la sua solita pacatezza, che veniva meno soltanto in battaglia.
-Ormai tua sorella è una donna e, inoltre, ci siamo noi a difenderla da eventuali pericoli.-
Il volto della principessa si illuminò di una repentina gioia che solcò i bei lineamenti delicati ornandoli di maggior splendore. 
Il crepuscolo era ormai giunto e il sole si era definitivamente spento nel cielo freddo, di un blu intenso. L'aria pungente che soffiava da nord faceva agitare le foglie sulle fronde, facendole apparire come piccoli drappeggi danzanti. I tre avrebbero cavalcato nelle radure notturne: se il viaggio fosse stato propizio, sarebbero giunti nel luogo prestabilito entro due giorni.
Dopo aver reso omaggio al re e aver allestito qualche celere preparativo, la piccola comitiva partì, lasciandosi ben presto Edoras alle spalle, davanti a sé solo le distese immense d'erba, rese scure dalla notte gelida.



In conclusione: Ed eccoci giunti alla fine del nuovo capitolo. Come vi sembra? 
Riassumendo, abbiamo incontrato due nuovi personaggi, il primo, Eowyn, già introdotto dall'abile Tolkien nel "Signore degli Anelli", il secondo, Brihtfyr, suggeritomi da 
leila91 (mi perdonerete se non sono in grado di mettere un link che mandi alla sua pagina!) , la ragazza dolce e audace che ha fatto breccia nel cuore di Théodred. Non mi dilungo in chiacchiere, ma anzi, lascio a voi i commenti. Per chi me l'aveva chiesto nello scorso capitolo, Marian è il personaggio di evelyn80 (anche qui niente link, perdono!!!) che potete andare a cercare qui su EFP. Entrambe le autrici sono bravissime e vale proprio la pena di dare un'occhiatina! ;-)
A prestissimo (anche coi nuovi personaggi che, man mano, appariranno nel corso dei capitoli). Un bacione, Fjorleif.

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Capitolo 4
*** Addio al Mare ***


Questa fiction vuole essere un esperimento "interattivo" per coinvolgere più possibile tutti quegli ammiratori dell'Universo di Tolkien che vorrebbero vedere sè stessi o un proprio personaggio inserito nella Terra di Mezzo e che interagisce con i personaggi presenti. Da lettrice, mi è sempre capitato di volermi immergere nel mondo di cui stavo leggendo e che mi appassionava e penso che ciascuno di noi debba avere la possibilità di far parte di ciò che gli piace. Per maggiori informazioni, dare un'occhiata all'introduzione nel capitolo I.

PREMESSA:
 Come sempre, c'è una premessa (Che stufona, direte voi!). Stavolta vorrei davvero ringraziare tutti voi, che avete deciso di continuare a seguire la mia fiction e anche chi si è avvicinato per la prima volta: benvenuti! Per questo motivo, ho deciso di citare tutti voi, miei cari sostenitori, e di ringraziarvi dal profondo del mio cuore.
Cominciamo da chi ha messo la storia fra i preferiti: jeeJEE, JulieKarbon e Valerie. WOW! Ragazze, mi commuovete! Grazie davvero, siete fantastiche!
Passiamo poi a chi l'ha messa fra le seguite: 9Pepe4, una new entry, felicissima che tu sia salita sul magico treno di Arda insieme a me; evelyn80, momentaneamente sparita, ma la pattuglia speciale di Gondor confida nel suo imminente ritrovamento; JulieKarbon, lo so che Tolkien non è il tuo preferito, ma apprezzo il fatto che tu segua con assiduità la mia storia; LautnerSmile_HarryDimples, che conosco poco, ma sono felicissima che apprezzi la mia fiction; Laylath, purtroppo un'altra desaparecida, speriamo che ritorni presto; leila91, ho per caso sentito il fischio di un cavaliere di Rohan? Siria_Ilias e il suo splendido Talyon: a proposito, è in mio ostaggio! Valerie, il mio giudice preferito; E xingchan che non mi ha ancora affibiato alcun personaggio, ma spero vivamente che lo faccia presto!
And last, but not least...-rullo di tamburi- I RECENSORI! Che, devo ammetterlo, sono i miei preferiti, perchè mi piace conoscervi dalle vostre parole, sentire i vostri pensieri e immaginarvi mentre picchiettate sulla tastiera per scrivermi un commento! Molti di voi sono già stati citati nelle categorie precedenti, quindi mi riferisco a quelli di cui non ho ancora fatto menzione, ovvero: Eredel, ultima commentatrice che mi ha sorpresa con un personaggio davvero originale; sweetsirius, che ha addirittura segnalato la mia storia tra quelle scelte; Thranduil_heat, che ha fatto una fugace ma graditissima comparsa fra le recensioni al primo capitolo; e Thiliol, esperta del Silmarillion; 
Sarò ripetitiva, ma a tutti voi va un grazie immenso. Continuate a seguirmi e consigliarmi: io aspetto con ansia i vostri pareri!
Ed ora, FINALMENTE, vi lascio al capitolo.
Come avrete potuto intuire, qui parlo ancora di Lothiriel. Ah, le parti in elfico sono in corsivo e la traduzione la trovate in fondo, dopo la fine del capitolo, prima dell'angolo autrice.



4. Addio al Mare




Già dalle prime ore del mattino, la confusione aveva regnato sovrana fra le candide mura del palazzo di Dol Amroth. Miriadi di servitori, dame di compagnia e guardie si affrettavano di stanza in stanza chiamando a gran voce il nome di Lothíriel. Quello che non sapevano era che la fanciulla aveva abbandonato la casa natia di sua spontanea volontà, pur di sfuggire all'inalterabile volere di suo zio Denethor, che attualmente era la figura predominante nei regni degli uomini.
Imrahil era in preda al più buio sconforto e percorreva gli ampi corridoi senza darsi pace: mai gli erano sembrati tanto profondi e desolati, mai tanto silenziosi. Già gli mancava la voce squillante della figlia, che da ben vent'anni rallegrava le sue giornate scaldandogli il cuore. La sua adorata sposa era dipartita prematuramente, lasciando un vuoto incolmabile nel suo animo, affievolito soltanto dall'amore che provava per i figli. Ora questa placida serenità veniva meno. Lothíriel era scomparsa, apparentemente nel cuore della notte, e lui non poteva fare nulla per ovviare all'incresciosa situazione.
Si arrestò di fronte a un'enorme vetrata e stette a fissare il panorama per qualche istante. Fuori spirava il vento e il mare era agitato, come se riflettesse l'inquietudine annidata nel petto del principe. Non aveva idea di cosa potesse essere successo alla sua preziosissima bambina.
-Ciò che è accaduto è terribile.- La voce gentile di Faramir giunse benevola alle sue orecchie.
Si voltò lentamente, osservando il nipote con aria stanca e pensierosa. Non proferì parola, limitandosi ad annuire con un mesto cenno del capo.
-Ma non disperate, zio.- Riprese l'altro. -Il mio saggio padre ha già dato ordine di spargere la notizia e varie truppe si sono già messe in marcia nel tentativo di ritrovarla.-
Ancora una volta Imrahil stette in silenzio. Conosceva il buon cuore del giovane uomo ed era certo delle sue intenzioni sincere, ma non poteva fare a meno di ritenere gli uomini di Gondhor in qualche modo responsabili di quanto era accaduto. Vide l'espressione mutare sul volto del suo interlocutore, evidentemente aveva intuito i suoi pensieri e ne era desolato.
-Sono grato del vostro aiuto.- Si precipitò ad affermare il saggio principe di Dol Amroth. -Ma sono molto in pena per la mia unica figlia femmina e per ciò che può esserle successo.-
-Capisco molto bene.- Rispose Faramir con un impercettibile cenno del capo. -Sapete bene quanto io e mio fratello amiamo Lothíriel. Faremo qualsiasi cosa per ritrovarla.- E, detto ciò, si congedò con un piccolo inchino.


Era ormai mezzogiorno e il sole splendeva alto nel cielo. Lothíriel aveva abbandonato Dol Amroth già da diverse ore e attualmente si trovava ad Edhellond, il porto elfico situato a nord della sua terra natia, laddove i fiumi Mothond e Ringlò si congiungevano prima di tuffarsi nel mare. Esso era stato fondato a cavallo tra la Prima e la Seconda Era dagli Elfi Sindarin in fuga dal Beleriand, prima che quest'ultimo venisse distrutto nel corso della Guerra d'Ira, che aveva visto i Valar schierarsi contro Melkor, meglio conosciuto con il nome di Morgoth.
Edhellond fu anche il luogo che vide consumarsi la tragedia dell'infelice amore dell'allora Signore di Lórien, Amroth, per Nimrodel, sua consorte. Egli, infatti, a seguito del risveglio del Flagello di Durin da parte dei nani, si convinse dell'ineluttabilità del Male, che ormai aveva assoggettato la Terra di Mezzo, e decise di abbandonarla per sempre, dirigendosi verso le Terre Immortali.
Ma il Fato fu avverso ai due amanti, poiché Nimrodel smarrì la strada lungo le pendici degli Ered Nimrais, i Monti Bianchi. A lungo Amroth attese il suo arrivo, scrutando con apprensione l'orizzonte, nella speranza che la sua regina giungesse. Ma ogni sua aspettativa fu vana e, infine, la nave salpò lasciando il porto e attraversando il mare in tempesta. 
Fu proprio allora che al sovrano Sindarin parve di scorgere la figura della sua amata tra la foschia e le onde biancheggianti. Accecato dall'amore e dal desiderio di riabbracciare quella che credeva essere Nimrodel, si tuffò tra i flutti gorgoglianti, che lo accolsero in un abbraccio eterno, decretando così la sua fine.
Da lui prese il nome la mistica patria di Lothíriel, terra antica e leggendaria, dove il mare, indiscusso signore della lontana penisola e testimone di epici eventi del passato, narrava ancora di Amroth e del suo sconforto per la perdita della splendida dama elfica. 
Ma il triste nome, memoria dell'infelice vicenda, non fu l'unica traccia che gli elfi lasciarono nella Cittadella Azzurra. Era noto, infatti, come i suoi regnanti traessero le proprie origini dall'unione di un Dunedain, Imrazor, con una fanciulla elfica, Mithrellas, che altri non era se non una compagna di Nimrodel.
Anche in Lothíriel, dunque, scorreva sangue elfico e ciò era evidente se si osservavano con attenzione i suoi tratti delicati, la sua pelle candida, resa leggermente dorata dal tocco del sole, e la lucentezza del suo volto.
Fissò le acque limpide e calme; l'astro di luce si rifletteva nel movimento lento e ondulatorio delle onde che pacifiche si protendevano sino alla riva emettendo un fragore ovattato, che sapeva di casa.
Con ogni più rosea probabilità, avrebbe impiegato non meno di tre giorni per attraversare i Monti Bianchi e poi, da lì, si sarebbe diretta a Nord, pur non conoscendo ancora con precisione la meta ultima del suo vagare.
Si sedette all'ombra di un faggio, riflettendo sul da farsi. Mai si era spinta così in là, neppure durante le sue gite a cavallo. Nel corso degli anni aveva a malapena oltrepassato il confine della sua penisola, godendo del magnifico panorama verdeggiante offerto dai campi fioriti che si trovavano alla periferia di Dol Amroth.
Il vento accarezzò leggermente i suoi lunghi capelli dai riflessi dorati, facendoli ondeggiare come drappi di seta preziosa. Il tepore della primavera baciò le sue candide membra e, per un istante, fece svanire la paura che si celava nel suo cuore.
-Aaye, mae govannen.1- Una voce eterea, cantilenante fece voltare di scatto la giovane Lothíriel che, sovrappensiero, rispose nello stesso idioma usato per porre il saluto, studiato dai principi di Dol Amroth per mantenere in vita l'antica tradizione elfica.
-Amin sinta lle?2- Domandò con naturalezza.
L'essere di luce la fissò sbigottito, colpito dal fatto che la dama parlasse fluentemente la sua lingua.
-In principio vi avevo scambiata per un'appartenente alla mia razza, ma ora mi accorgo che non lo siete. Come fate, allora, a conoscere il Sindarin?-
La principessa lo fissò in volto, incerta sull'agire: se gli avesse rivelato la sua identità, si sarebbe smascherata; al contrario, se si fosse finta un'altra, non avrebbe potuto spiegare la conoscenza della lingua elfica.
-Temo di non potervi svelare i miei segreti- Disse infine flebilmente, quasi dispiaciuta per questa scortesia che riservava al suo nobile interlocutore.
-É giunta voce alle mie orecchie di una principessa sparita da Dol Amroth...-
Gli occhi di Lothíriel si spalancarono, iniettati di puro terrore. Le pareva impossibile che il suo vano tentativo di fuga fosse già crollato miseramente. E la sua reazione non passò certo inosservata allo sguardo attento di Talyon, figlio di Talaric, antico elfo originario di Bosco Verde.
-Se così fosse, e se a qualcuno capitasse di incontrarla, immagino che dovrebbe immediatamente riferirlo al principe Imrahil- Proseguì.
-Non lo fate, ve ne prego!- Proruppe la fanciulla, sollevandosi con impeto. Gli occhi perlati, resi più chiari dal bagliore mattutino che, filtrando attraverso le foglie, li colpiva direttamente, fissarono imploranti l'interlocutore il quale, con espressione indecifrabile, la scrutò di rimando.
Si avvicinò ulteriormente, prendendo le mani nivee dello sconosciuto fra le sue. Le sentì fresche al tatto, morbide e confortevoli. Il volto di lui emanava  una pacifica serenità e le iridi chiare, colme di una saggezza ancestrale, parevano placidamente imperturbabili, caratteristica questa che colpì profondamente Lothíriel. Quella creatura doveva aver visto molti inverni e soltanto più tardi la giovane avrebbe scoperto che egli aveva superato i tremila anni.
Nel silenzio che aleggiò per qualche istante, la dama lo osservò colma di meraviglia, colpita da una sorta di timore reverenziale. Aveva spesso sentito parlare degli elfi dal suo precettore, ma avere la possibilità di mirarne uno dal vivo la riempì di un'emozione travolgente.
Talyon era alto di statura, alto e bellissimo, di uno splendore etereo, tipico della sua razza. I capelli erano, invece, insolitamente corti, non portati alla maniera degli Eldar. Ma ciò che più colpì la dama di Dol Amroth furono i suoi occhi, grigi come la tempesta, ma lucenti come se uno spiraglio di luce avesse fatto irruzione tra le nubi delle iridi chiare. Gli attimi in cui lo fissò in silenzio parvero interminabili, finché, all'improvviso, l'elfo ruppe il suo tacere e schiuse le labbra facendone uscire una voce dolce e melliflua, calda come il tocco del sole in primavera e confortante come la carezza di una persona vicina.
-Leggo timore nei vostri occhi, principessa.- Sussurrò. -Ma scorgo anche coraggio e il mio cuore mi dice che vi è un motivo più che valido se avete deciso di abbandonare la vostra dimora sicura in tempi bui come questi.-
-É così.- Ammise lei chinando, per un attimo, lo sguardo.
-Sono Talyon, figlio di Talaric, e risiedo a Gran Burrone, elfico baluardo retto dalla saggia guida di re Elrond. E proprio il mio sovrano mi ha mandato in questi lidi, così lontani dalla mia dimora e dal mio cuore.- Si interruppe per qualche istante, riprendendo fiato. -Non vi conosco, Lothíriel, figlia del mare, ma intimamente so che il vostro futuro è colmo di luce. Vi aiuterò, finché mi sarà concesso, a superare quegli ostacoli che ora vi sembrano insormontabili.-
Sempre più stupefatta, ma rassicurata dalle parole della splendida creatura in piedi dinnanzi a lei, la fanciulla si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo. Immediatamente un radioso sorriso si dipinse sul suo volto, cancellandone gli affanni e rendendolo meraviglioso.
-Ve ne sono immensamente grata. Hantanyel.3-
Anche le labbra dell'elfo si incresparono dolcemente a quelle parole e il suo capo si chinò in un impercettibile inchino.
-Dove siete diretta, Lothíriel?- Domandò poi.
-A Nord, oltre i Monti Bianchi. Più lontana possibile da Gondor.- Fu la risposta.
-E sapete come arrivarci?-
La giovane scosse il capo.
-Passeremo da Ethring, città nella valle del Ringlò e unico punto di transito del fiume. Attraverso essa passa la via che collega Pelargir alla valle del Morthond. Da lì, proseguiremo verso Calembel, capitale della provincia di Lamedon, e ancora più a nord fino ad Erech, la collina che prende nome dalla roccia che Isildur pose sulla sua sommità. Dovete sapere che essa è un frammento dell'ormai perduta  Númenor e fu su tale roccia che il Re della Montagna giurò alleanza al signore di Gondor, tradendo infine la sua fiducia.-
Lothíriel era sbalordita dall'immensa conoscenza del compagno. Molti dei nomi da lui citati le erano del tutto sconosciuti e di alcuni aveva a malapena udito qualche aneddoto; eppure lui li menzionava con una tale naturalezza che aveva dell'incredibile.
-E in seguito dove ci dirigeremo?- Domandò incuriosita.
-Imboccheremo la via dei Monti Bianchi, precisamente nella valle del Clivovalle, fiancheggiando le tre vette che dominano la zona: il Dwimorberg, o Monte Invasato, lo Starkhorn e l'Irensaga. Una volta superata la catena montuosa, ci ritroveremo nel regno di Rohan, dove le nostre strade, infine, si separeranno.-
Rohan. La bella dama si ritrovò a fantasticare sulle praterie verdeggianti e le sconfinate distese di pascoli incontaminati che mai aveva veduto, ma di cui aveva letto sui pesanti tomi della biblioteca di palazzo. Spesso aveva sentito parlare del Reame dei Cavalli e dei suoi signori forti e fieri e spesso aveva immaginato di correre a perdifiato in quell'oceano d'erba, dove il verde dei prati si estendeva sino a perdita d'occhio. Ed ora, finalmente, stava per giungervi; anche lei avrebbe potuto ammirare l'incorrotta bellezza della natura selvaggia e la maestosità del Palazzo d'Oro, dimora di Eorl e di tutti i suoi discendenti.
Col cuore ancora gonfio d'eccitazione, si voltò verso il mare. Non sapeva quando avrebbe potuto rivederlo dopo di allora, né se questo privilegio le sarebbe mai stato concesso. Improvvisamente sentì un vuoto aprirsi nel petto, come la terra che viene a mancare sotto i piedi, e lentamente lo avvertì espandersi fino ad impossessarsi interamente di lei.
Gettò un fuggevole sguardo alla lontana penisola nella quale riconobbe la sua terra, la sua casa. Sapeva che doveva andarsene, sparire per un po', ed era ben decisa a farlo, ma ora che il momento era giunto ogni certezza parve sciogliersi come neve al sole. Gli occhi, ormai velati di lacrime, indugiarono per qualche istante sul bianco palazzo a picco sul mare, che si scorgeva in lontananza. Chissà se avrebbe mai più rivisto i lunghi capelli di Elphir ondeggiare alla brezza marina, facendo palpitare i cuori delle dame di corte, o le prodezze di Erchirion a cavallo, mentre gareggiava coi compagni d'arme. E chissà se avrebbe mai più udito il dolce suono della voce di Amrothos o provato il caldo abbraccio delle nobili braccia di suo padre Imrahil.
Ma ciò che più sarebbe mancato al suo cuore sarebbe stato il mare, instancabile moto delle sue passioni e infallibile rimedio per ogni male che affliggeva il suo animo. Dove avrebbe trovato la forza di prendere importanti decisioni e a chi avrebbe confidato ogni sua preoccupazione? Per tutta la vita si era rivolta ai profondi flutti blu ponendo loro i suoi interrogativi e ogni volta aveva ricevuto una risposta, sussurrata dal fragore delle onde, sagge consigliere e complici amiche.
Ora tutto questo veniva a mancare e Lothíriel, in cuor suo, sapeva che avrebbe dovuto trovare la forza del mare dentro di sé, nella parte più recondita del suo spirito, celata nell'angolo più remoto della sua coscienza, parte indissolubile del suo essere.
-É tempo di partire.- La voce di Talyon risuonò nell'aria, sino alle orecchie della fanciulla. -Faresti meglio a lasciare il destriero che ti ha condotta fin qui.-
Con un nodo alla gola e un pesante fardello ad opprimerle il petto, la ormai esule principessa di Dol Amroth emise un sospiro. I capelli mossi dall'aria fresca, profumata di sale, le sfiorarono le guance rigate da calde lacrime.
-Namaarie.4- Disse in un sussurro. -Il mio cuore dormirà finché non ti rivedrà ancora.-

1 In lingua elfica “Salute, ben trovato/a”
2 In lingua elfica “Ci conosciamo?”
3 In lingua elfica “Grazie”
4 In lingua elfica “Addio” o “Arrivederci”





Angolo Autrice: Benritrovati in fondo al capitolo, se ci siete arrivati! Se lo avete fatto, complimenti: ora potete sorbirvi il mio noiosissimo polpettone finale. Scheeerzo! 
Dunque, volevo solo dirvi che il magnifico Talyon, che trasuda ficaggine da tutti i pori, è il personaggio di Siria_Ilias
.
Spero che, dopo aver letto il capitolo, troviate un attimino di tempo per lasciarmi le vostre impressioni. Grazie di cuore, siete la mia forza! <3

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Capitolo 5
*** La Città Bianca ***


Questa fiction vuole essere un esperimento "interattivo" per coinvolgere più possibile tutti quegli ammiratori dell'Universo di Tolkien che vorrebbero vedere sè stessi o un proprio personaggio inserito nella Terra di Mezzo e che interagisce con i personaggi presenti. Da lettrice, mi è sempre capitato di volermi immergere nel mondo di cui stavo leggendo e che mi appassionava e penso che ciascuno di noi debba avere la possibilità di far parte di ciò che gli piace. Per maggiori informazioni, dare un'occhiata all'introduzione nel capitolo I.


Buongiorno a tutti voi! Prima di cominciare, vorrei davvero ringraziarvi per la costanza che avete nel seguirmi e per il numero di recensioni e apprezzamenti che mi avete lasciato! Sono davvero felice e orgogliosa del vostro sostegno e non esagero dicendo che non potrei assolutamente farne a meno! Volevo, inoltre, avvisarvi che è probabile che il sesto capitolo tarderà ad arrivare: domani partirò per la Cina, dove mi tratterrò fino a Natale per studio. Da lì spero di aver modo di aggiornare, ma i primi giorni saranno di "assestamento" e non avrò molto tempo per scrivere. Quindi vi saluto con questo capitolo, che non mi convince del tutto, ma spero che piaccia a voi! A presto, Fjorleif!



5.La Città Bianca



-I Signori di Gondor stanno tornando.- Una voce profonda, ma al tempo stesso gentile giunse alle orecchie di Alysella, facendola sobbalzare. La donna staccò lo sguardo dall'ampia vetrata che dava sul vasto spiazzo di candido marmo che ospitava Nimloth, l'albero bianco di Númenor, e lo posò sull'uomo appena giunto alle sue spalle. Era alto e bruno, dai lineamenti nobili e fieri. Gli occhi chiari brillavano come due giade preziose, contrastando con la pelle olivastra, tipica delle genti che vivevano a Sud di Gondor.
Era entrato senza bussare, conosceva bene il palazzo, benché di lì a poco avrebbe scoperto di doverlo lasciare.
-Vi ringrazio, Eärnil.- Fu la sola risposta. La cortigiana non amava parlare, se non con chi godesse della sua fiducia e del suo amore, ed era estremamente tranquilla nell'agire e pacata nei modi. Il suo volto era disteso e rilassato, ancora attraente nonostante avesse da poco superato i sessant'anni. Sebbene il viso fosse solcato da poche rughe sottili, nel complesso emanava un alone di saggezza, specchio di una pace interiore faticosamente conquistata col passare del tempo.
I bruni capelli severamente raccolti erano striati di fili d'argento delicati come le onde del mare piatto, quando il vento non soffia da Ovest; quel mare che aveva lasciato a malincuore molti anni prima al seguito della sua signora, dama Finduilas di Dol Amroth.
Da allora era sempre rimasta al suo fianco e, anche dopo la prematura scomparsa di lei, aveva deciso di trattenersi a Minas Tirith per badare al timido Faramir, ancora un bimbo all'epoca, e mantenere fede alla parola data alla sua signora.
Di certo non poteva dire che il mare non le mancasse, e quando aveva saputo della visita di sire Denethor a Dol Amroth, per un istante il suo cuore aveva sussultato. Molti ricordi si erano affollati nella sua mente, portando a galla memorie felici, ma anche amarezza.
In un attimo si era ritrovata catapultata nel passato, quando parecchi anni prima aveva scorto per la prima volta le bianche torri di Minas Tirith e aveva guardato con stupore e meraviglia, ma anche con un certo timore, a quella maestosa città, memore di un passato nobile e glorioso, ormai lontano e dimenticato dai più.
Da lunghe generazioni, infatti, gli eredi di Elendil non regnavano più sulla Terra di Mezzo, venendo meno, in questo modo, al giuramento fatto dal loro avo:

“Dal Grande Mare sino alla Terra di Mezzo sono giunto. In questo luogo dimorerò e così i miei eredi, fino alla fine del Mondo”

Queste parole, impresse per sempre nel cuore palpitante della città, indelebili dal momento stesso in cui furono pronunciate, avevano fatto sì che l'Albero Bianco avesse cessato di fiorire, nell'attesa che il legittimo erede al trono tornasse a reclamare ciò che gli apparteneva di diritto.
Alysella fu riscossa dai suoi pensieri soltanto quando udì la porta chiudersi e i passi di Eärnil farsi lontani. Si avvicinò allo specchio, fissando la sua immagine riflessa e riordinandosi nervosamente i capelli. Osservò una seconda volta la sagoma di fronte a sé che la guardava di rimando, stavolta con più attenzione; si rassettò la lunga gonna color della notte e sistemò velocemente il velo che portava sulle spalle facendolo scivolare morbidamente sugli avambracci.
Era felice all'idea che i suoi pupilli, finalmente, fossero tornati: li amava entrambi, ma sin dalla giovinezza era stata maggiormente legata a Faramir, poiché il suo carattere docile e il suo animo gentile l'avevano da sempre messo in seconda luce agli occhi del padre.
-Prenditi cura di lui- L'aveva supplicata Finduilas prima di esalare l'ultimo respiro. -Proteggilo dalla sua timidezza e proteggi Boromir dal troppo amore del mio sposo: avrà sempre grandi aspettative su di lui e il peso delle aspettative può schiacciare anche l'uomo più forte.-
Era saggia la sua signora, saggia e bella. Era stata molto amata in vita e fu molto compianta in morte. Il suo spirito gentile aveva conquistato l'incorruttibile Denethor, facendo breccia persino nel suo cuore duro come il marmo dei freddi ed eterni colonnati bianchi che correvano tutto intorno alla Piazza della Fontana. 
Dopo un'ultima occhiata esaminatrice, la dama raccolse un libro dalla specchiera e lasciò la stanza.
Si diresse a passo spedito verso la biblioteca di palazzo: sapeva che i signori di Gondor avrebbero impiegato del tempo ad attraversare i sette cancelli che portavano all'ultimo livello della città.
Superò con agilità la sala del trono, scese in fretta i gradini che conducevano all'esterno ed imboccò il vicolo che portava direttamente all'edificio che ospitava i volumi più antichi e preziosi di tutta la Terra di Mezzo.
In breve si ritrovo all'interno: tutto intorno a lei era buio e trasudava memorie di un sapere antico e arcano. Si avvicinò ad un'ampia scaffalatura, dove una giovane donna era seduta e stava sfogliando un pesantissimo tomo alla luce fioca di una candela.
-Buongiorno Marian.- Esclamò Alysella.
Quella alzò lo sguardo assorto e, con un sorriso dipinto in volto, rispose al saluto con un cenno del capo.
-Buongiorno a voi, mia cara. Il libro è stato di vostro gradimento?-
-Andiamo, non serve essere sempre così formali.- la rimproverò la donna. -O ti comporti così anche con Boromir?- Posò il libro di antiche leggende attendendo una reazione da parte della fanciulla, reazione che non tardò a giungere.
Le gote di Marian si infiammarono all'istante, tingendosi di un rosso scarlatto, e gli occhi languidi presero a sbattere violentemente.
-Non scherzate, Alysella.- Sussurrò a un fil di voce.
La balia soffocò una fioca risata. Sapeva bene quanto il primogenito del sovrintendente fosse attratto dalla giovane responsabile della biblioteca ed era più che certa che il sentimento fosse ricambiato.
La prima volta che Boromir le aveva confessato il suo interesse per Marian ne era rimasta sorpresa: non sospettava che frequentasse la biblioteca, né, tantomeno, che potesse provare qualcosa di simile per una tale fanciulla, così morigerata e introversa. Sapeva che il bel capitano di Minas Tirith apprezzava la compagnia femminile e più di una volta aveva finto di non essere a conoscenza delle sue scorribande nella città bassa. D'altro canto, egli era fiero e di bell'aspetto: non c'era dunque da meravigliarsi che fosse oggetto di desiderio di molte donne di qualsiasi estrazione sociale.
Ad ogni modo, Marian non apparteneva di certo a quella categoria: era dolce e delicata, come un fiore appena sbocciato, i cui petali, appesantiti dalla rugiada, si aprono mollemente al primo sole mattutino.
-Sono tornati.- Bisbigliò piano la donna, posando la mano affusolata sulla spalla della fanciulla.
-Con la splendida figlia di Imrahil, futura consorte di sire Boromir?- Domandò quella sarcastica, con una punta di amarezza nella voce. Conosceva bene le intenzioni di Denethor dal momento che, rovistando tra i documenti ufficiali depositati negli archivi, aveva scovato una lettera di risposta del principe di Dol Amroth nella quale si pronunciava favorevole all'unione tra l'erede del sovrintendente e la principessa Lothíriel. Tuttavia il tono della lettera era colmo di un'apprensione palpabile e più che mai palese, come se il saggio Imrahil non fosse entusiasta della decisione presa dal cognato. E come dargli torto? Aveva a cuore il benessere della figlia ed era ancora memore della triste sorte capitata alla sorella maggiore, appassita tra le fredde mura di alabastro, all'ombra del Male che cresceva ad oriente.
Marian scosse la testa, facendo ondeggiare i lunghi capelli bruni, di un colore molto simile a quello delle castagne arrostite in autunno. Era impossibile opporsi al volere di Denethor, anche per una personalità di rilievo come quella dell'amato fratello di dama Finduilas, e, inoltre, da quel che si vociferava, Lothíriel doveva essere una vera bellezza, un gioiello meraviglioso, di un raro splendore, già pronto per essere collezionato ed esibito dall'ostinato figlio di Ecthelion, che desiderava il meglio per il suo primogenito. Per un istante provò pietà per quella giovane donna, di cui a malapena conosceva il nome, ma questa svanì rapida lasciando il posto a una cupa malinconia.
-Non disperare, mia dolce ragazza.- La spronò Alysella con parole comprensive. E, detto ciò, si allontanò silenziosamente abbandonando l'oscurità della biblioteca.
Non appena ebbe messo piede all'esterno, l'abbagliante luce del sole la investì in pieno viso, facendole stringere per un istante le palpebre dalle lunghe ciglia. Portò una mano al di sopra degli occhi nel tentativo di ripararsi dai raggi accecanti e vide i due eredi di Denethor smontare da cavallo e farsi incontro a lei. Il primo, Boromir, corse verso la balia e le baciò le mani, portando poi le forti  braccia attorno alle spalle esili della donna. Venne poi Faramir, al quale bastò un rapido sguardo di intesa e un sorriso affettuoso per comunicare tutto ciò che Boromir era portato a dimostrare a gesti.
Gli occhi della dama scrutarono a lungo le iridi chiare del suo protetto: qualcosa era accaduto a Dol Amroth, glie lo leggeva in volto.
-Bentornati, figli miei.- Disse col cuore colmo di gioia e le labbra increspate in una dolce espressione di letizia.





Non appena aveva messo piede nel palazzo di Minas Titrith, Denethor, figlio di Ecthelion, aveva convocato un'assemblea. Nel giro di pochi minuti, tutti i massimi rappresentanti di Gondor che si trovavano nella Bianca Cittadella erano accorsi per vedere di cosa si trattasse. Il sovrintendente era turbato e indispettito, come se, per una volta, i suoi piani a lungo premeditati non fossero andati a buon fine, come se la situazione cominciasse ormai a sfuggire al suo controllo, scivolandogli pericolosamente dalle dita.
Ora se ne stava seduto sul trono di marmo nero destinato al suo ruolo di sovrintendente, posto che era stato occupato dai suoi padri prima di lui, e fissava i presenti con sguardo arcigno. 
-Mio Signore...- ebbe infine il coraggio di pronunciare un uomo alto e snello, dai capelli chiari e il volto incorniciato da una barba fitta e ben curata.
-Bando ai convenevoli.- Rispose quello seccamente, alzandosi dalla sua postazione. -Mia nipote, la sposa che avevo scelto per Boromir, è sparita ormai da tre giorni, apparentemente senza motivo.- I suoi occhi erano fiammeggianti e incavati per la rabbia.
-Ma questa è una disgrazia!- Esordì uno dei presenti.
-Lo è.- Ripeté Denethor con enfasi, scandendo nettamente le parole. -Sospetto un rapimento.-
-Da parte di chi?- Domandò Eärnil, a sua volta convocato per l'assemblea.
-Probabilmente da un villano del luogo.- Intervenne un uomo anziano, dai lunghi capelli argentati.
-A Dol Amroth non ci sono villani.- Tutti si voltarono in direzione della voce che era appena risuonata nell'ampio salone e scorsero Alysella che li fissava da un angolo remoto, con le braccia incrociate. Anche quella volta era passata del tutto inosservata e avrebbe continuato a farlo se qualcuno non si fosse azzardato a diffamare la sua terra.
-E tu cosa ci fai qui?- Sibilò il sovrintendente a denti stretti.
-Mio Signore.- Rispose lei con un inchino. -Dol Amroth è la mia patria e Lothíriel è la nipote della mia amata e compianta Signora: è naturale che mi stia a cuore la sua sorte.-
-Forse è meglio che tu vi faccia ritorno, nella tua patria.- La zittì bruscamente, tornando poi a fissare lo sguardo sugli uomini attorno all'ampia tavolata di marmo.
-Come sia scomparsa non ha importanza.- Prese a dire. -Prima o poi la ritroveremo: ho già inviato diverse pattuglie in direzione di Mordor.- Percorreva a grandi e lente falcate la vastità del bianco salone, ornato da imponenti colonne e antiche statue dei re del passato.
-Ciò che veramente mi preoccupa è il caos che si sta impadronendo di tutte le nostre terre. Se anche in una tranquilla penisola, quale è Dol Amroth, l'ordine viene meno e la confusione è fuori controllo, allora non oso immaginare come questo si ripercuoterà a Gondor. Le nostre terre si estendono in tutte le direzioni, sino ai confini di Mordor, e Minas Tirith da sola non può tenerle tutte a bada. Necessitiamo di una maggiore vigilanza e di un più forte accentramento del potere. Inoltre Gondor dev'essere certa che, nel momento del bisogno, avrà degli alleati su cui contare; da molto tempo non abbiamo notizie di Théoden e delle sue terre. Serve un ambasciatore che si diriga a Edoras, dove resterà a corte per ricordare al re il giuramento che Eorl pronunciò sul monte Amon Anwar, al cospetto di Cirion e ai piedi della tomba di Elendil, e il debito che hanno nei confronti di Gondor.-
Il silenzio calò nella stanza. Nessuno avrebbe desiderato recarsi a Edoras, specialmente ora che si vociferava che Saruman, lo Stregone Bianco, era passato dalla parte del Nemico e aveva assoggettato quelle terre. 
Gli uomini si scrutarono a lungo, cercando di trovare qualcuno che fosse più adatto ad adempiere all'ordine di sire Denethor, finché uno di essi si fece avanti. 
Alto e fiero, Eärnil mosse alcuni passi in direzione del sovrintendente e si inchinò al suo cospetto.
-Mio Signore, se ritenete che questa sia la scelta migliore e più saggia per il popolo di Gondor, sarò  ben felice di eseguire il Vostro volere.- Alzò lo sguardo fiero sul vegliardo, i verdi occhi fissi in quelli del sovrano.
-E sia.- Rispose quello che, nel frattempo, si era rimesso a sedere. -Partirai oggi stesso. Fate chiamare Leath, la guaritrice, e ditele di portare unguenti e medicamenti per Eärnil, ambasciatore di Gondor.- E detto ciò, sciolse l'assemblea, ritornando nella cupa solitudine della Torre Bianca che da suo padre prendeva il nome, rifugio sicuro e inviolabile riparo del severo signore di Gondor.



Spazio Autrice: Per il quinto capitolo ci siamo spostati a Gondor, dove sono comparsi, chi più e chi meno, moltissimi personaggi originali. Il primo ad apparire è
 Eärnil, il bruno e fiero ambasciatore di Gondor, che è una creazione di xing_chan. Segue poi Alysella, l'amorevole balia dei signori di Gondor, suggeritami gentilmente da Laylath. In seguito, ricompare Marian, che avevamo già conosciuto tramite le parole di Boromir, nel secondo capitolo, personaggio originale di evelyn80. E, infine, viene citata Leath, guaritrice di Minas Tirith, di cui avremo in seguito una descrizione più dettagliata; per lei ringraziamo la mente di Valerie.
I personaggi che mi avete, man mano, affidato cominciano ad essere veramente tanti e ne sono felicissima! Non disperate se siete in attesa che compaiano nella storia, ma non sono ancora comparsi: non c'è fretta, prima o poi saranno tutti presentati. Al fine della trama, purtroppo, non posso farli entrare in scena casualmente; stavolta siamo stati fortunati, perchè a Minas Tirith se ne celavano un bel po', ma altri dimorano in luoghi lontani che verranno citati soltanto in seguito. 
Intanto vi abbraccio e attendo con impazienza i vostri pareri.
Un abbraccio, Fjorleif.

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Capitolo 6
*** Incontri ***


Questa fiction vuole essere un esperimento "interattivo" per coinvolgere più possibile tutti quegli ammiratori dell'Universo di Tolkien che vorrebbero vedere sè stessi o un proprio personaggio inserito nella Terra di Mezzo e che interagisce con i personaggi presenti. Da lettrice, mi è sempre capitato di volermi immergere nel mondo di cui stavo leggendo e che mi appassionava e penso che ciascuno di noi debba avere la possibilità di far parte di ciò che gli piace. Per maggiori informazioni, dare un'occhiata all'introduzione nel capitolo I.


Ed eccomi di nuovo fra voi! Pensavate di esservi liberati di me, eh?! Spiacente di deludervi, ma per un po' invaderò ancora le vostre letture (e spero i vostri cuori) con i miei aggiornamenti.
A proposito, sono arrivata in Cina e sono sana e salva (come, del resto, avete potuto constatare). Martedì inizieranno le lezioni, ma conto di trovare del tempo per scrivere. Avete dovuto aspettare un po' per questo capitolo perchè mi serviva un po' di tempo per ambientarmi, trovare l'ispirazione e, soprattutto, poter usare una connessione decente (normalmente di giorno fa schifo, ma HEY! Qui sono le 2 di notte AHAHAHAHAH).
Benebenebenebenebenebenebene! Ora mi dileguo e vi lascio al capitolo (lo so, sembro sotto effetto di droghe, ma è solo il tè verde!).
Baccccci! Leggete e commentate!!! :-D




6.Incontri

L'alba rischiarava da poco le lande sperdute del Mark e la fioca luce del primo sole illuminava le immense distese di erba fresca di rugiada quando i tre congiunti raggiunsero la meta del loro peregrinare. Dapprima intravidero la piccola torre di guardia della remota contea a nord di Edoras, poi, con l'avanzare del chiarore mattutino, scorsero anche la piccola palizzata di legno che racchiudeva poche dozzine di abitazioni. Queste non si potevano propriamente definire case, poiché agli occhi di un uomo di alto rango parevano più capanne di legno e paglia; non vi era in esse alcuna traccia dello splendore e della maestosità dell'architettura Númenóreana del regno di Gondor.
Del resto, gli uomini di Rohan si erano insediati soltanto in tempi relativamente recenti in quella zona e, proprio per questo, non erano mai venuti a contatto con l'antica civiltà dei Dunedain. La loro cultura era da sempre indissolubilmente legata ai cavalli, animali possenti e fieri, proprio come i loro cavalieri. Per un Rohirrim, guardare uno stallone in corsa equivaleva a libertà e il rapporto che si instaurava fra destriero e padrone era difficilmente comprensibile dalle altre genti che abitavano la Terra di Mezzo, ad eccezione degli elfi, che da sempre erano a stretto contatto con la natura e le sue creature.
Ben presto i tre varcarono le fragili porte che davano accesso alla città: quelle fortificazioni non avrebbero retto un attacco da parte degli orchi, nemmeno se questi fossero stati in minor numero rispetto agli abitanti.
Nel riconoscere il principe di Edoras coi suoi nobili cugini, la sentinella di guardia si piegò in un profondo inchino pieno di riverenza e li fece passare.
-Sapete dove posso trovare la fanciulla Brihtfyr?- Domandò Théodred con voce gentile, ricevendo un cenno della mano come risposta. Con un balzo smontò agilmente da cavallo e, afferrate le redini, proseguì conducendo a piedi l'animale. Lo stesso fecero Éomer ed Éowyn, seguendo il cugino in silenzio e facendo col capo un segno di saluto rivolto alla guardia.
Éowyn era fuori di sé dall'emozione: per la prima volta dopo tanti anni aveva finalmente avuto la possibilità di allontanarsi dalla capitale e di visitare un posto nuovo. Piena di curiosità, osservava qua e là lo svolgersi delle prime faccende quotidiane; vide un fornaio entrare ed uscire dalla sua modesta bottega con pesantissimi sacchi di farina sulle spalle e una donna anziana dare granaglie a polli e galline che razzolavano in un piccolo cortile recintato. La vita in quella contea le appariva assai diversa da quella a cui era abituata: non riusciva a scorgere servitori, né nobili consiglieri o dame delicate.
Improvvisamente lo sguardo di Théodred saettò fulmineo verso una casupola dismessa in fondo al viale altrettanto malconcio. Dalla porticina scricchiolante aveva appena fatto capolino una chioma rosso fuoco e, con essa, anche la sua proprietaria in tutta la sua grazia. I tre non tardarono a riconoscere in essa Brihtfyr e le si avvicinarono a passo svelto sollevando la mano in un lieve movimento. Anche la fanciulla impiegò ben poco tempo per capire di chi si trattasse e, piena di gioia e di stupore, corse incontro ai signori di Rohan lasciando cadere i panni che fino a pochi istanti prima stava reggendo.
Il principe di Edoras l'accolse tra le sue braccia, stringendola al petto possente e baciandole amorevolmente i capelli.
-Mia amata Brihtfyr!- Esclamò pieno di emozione. -Il mio cuore è stato a lungo in pena per te, ma ora che ti vedo, ogni traccia di malinconia e inquietudine è scomparsa.-
-Perdonami, Théodred, se non ho potuto attendere il tuo arrivo, ma quando la piccola Mildryd è venuta a cercarmi, ho temuto il peggio.- Gli occhi della giovane erano languidi d'amore e si perdevano in quelli di colui verso il quale aveva riversato tutta l'intensità del suo sentimento.
-Non ha importanza.- Rispose lui carezzandole delicatamente le guance arrossate dall'emozione e dall'aria fredda del mattino. -Ma ora dicci cos'è accaduto e perché sei stata costretta a fare ritorno al tuo villaggio così precipitosamente.-
Brihtfyr fece accomodare i preziosi ospiti appena giunti e offrì loro del latte caldo appena munto. In seguito, quando si furono rifocillati davanti al fuoco scoppiettante, spiegò nel dettaglio cos'era accaduto. Il piccolo centro abitato si trovava alle pendici della catena montuosa e il clima da sempre era stato particolarmente rigido. Quell'inverno un'enorme quantità di neve si era riversata sulle basse vette che circondavano la piccola contea, chiudendola in un freddo e bianco abbraccio. Col primo giungere della primavera, queste si erano sciolte, facendole cadere rovinosamente a valle e causando problemi di varia natura. Una di queste slavine aveva travolto il piccolo ripostiglio dove la madre di Brihtfyr era solita lavorare e tessere la lana, unica fonte di sostentamento della famiglia; poco dopo, inoltre, la donna si era ammalata a causa del clima gelido ed era stata costretta a letto da una forte febbre che non accennava a diminuire. Ora, aveva detto la fulva fanciulla, sua madre stava meglio e anche il ripostiglio era stato risistemato, ma il suo aiuto era stato indispensabile.
-Mi auguro con tutto il cuore che tua madre possa tornare al più presto in salute e ricominciare a filare la lana.- Disse Éowyn sinceramente preoccupata per la madre dell'amica.
-Sono fiduciosa.- Rispose quella. -Sta già molto meglio rispetto a quando sono arrivata.- Avvicinò le candide mani alle fiamme allegre.
Il camino emanava un piacevole tepore che invadeva l'intera stanza e il rumore della legna che bruciava lenta creava un'atmosfera calma e rilassata, nella quale ciascuno dei presenti si sentiva a proprio agio.
Éomer, taciturno ed immerso nei suoi pensieri, alzò lo sguardo osservando le condizioni precarie in cui verteva l'abitazione. Quella povera gente aveva bisogno di una sistemazione e maggiore protezione, cosa che, osservò con amarezza, al momento Rohan non poteva fornire loro. Avrebbe dato la sua vita senza timore, né ripensamento per poter proteggere la sua gente, ma la sua vita non sarebbe bastata ad allontanare tutto il male che ormai regnava incontrastato espandendosi a macchia d'olio.
-Cosa farai ora?- La voce di Théodred ruppe il silenzio che aleggiava nel piccolo ambiente chiuso. -Vorresti tornare a Edoras insieme a noi?-
-Penso di poter tornare.- Affermò la dama con convinzione. -Ora Mildryd può badare da sola a mia madre.-
-Desidero partire oggi stesso, se per te va bene.- Proseguì il nobile principe. -A lungo sono mancato da casa e pare che anche la salute di mio padre verta in condizioni precarie.-
-Re Theoden è sotto l'influsso di quel viscido serpente e il suo veleno lo fa avvizzire ogni giorno di più sotto il peso del Male.- Puntualizzò Éowyn con parole cariche di rancore e risentimento. Se solo le fosse stato concesso di brandire un'arma, avrebbe mozzato la testa di quell'infido malfattore con un colpo netto, ma egli era nelle grazie del re e, per di più, era molto astuto.
-Partiremo prima del calare del sole.- Dichiarò Théodred alzandosi dalla sedia ed avvicinandosi all'unica finestra che rischiarava la stanza. Fuori aveva iniziato a nevicare lievemente e i fiocchi leggeri cadevano coprendo la terra di un candido e soffice manto. Fissò le iridi chiare su quel paesaggio desolato e, sospirando, giurò a sé stesso che, una volta re, avrebbe fatto tornare Rohan al suo antico splendore.





Il sole era quasi tramontato, dipingendo il cielo di vividi colori. I quattro compagni erano ormai lontani dal villaggio e si erano da poco inoltrati in un piccolo boschetto silenzioso nel quale scorreva un ruscelletto gorgogliante.
Ad un tratto, la quiete fu rotta da un verso gutturale e dal sibilo di una freccia che mancò di poco il bel volto austero del poderoso Éomer. Questi, in preda alla furia più cieca, si voltò di scatto verso l'antro da cui era giunto il dardo e vide chiaramente un Orco celarsi nel fitto delle fronde, reggendo una balestra. Allarmati, i quattro tirarono con forza le redini del cavalli facendoli fermare, pronti per rendere il ben servito all'immonda creatura. Tuttavia, un altro verso simile al precedente, ma più acuto e più distante, squarciò l'aria.
Il mostro guardò per un istante i Rohirrim con sguardo carico d'odio, sebbene, com'era consuetudine per gli esemplari della sua razza, i suoi occhi fossero spenti e privi di espressione, come se la fiamma dell'essenza vitale non bruciasse dentro di loro; esitò per qualche brevissimo istante e, infine, si precipitò nella direzione da cui era provenuto l'urlo, seguito, a poca distanza, dai quattro a cavallo.
L'Orco li condusse in una radura, dove quello che videro fu sconcertante: un solo guerriero era attorniato da un gruppo di sei Orchi, mentre alcune fetide carcasse giacevano già a terra, bagnando l'erba fresca con il loro sudicio sangue scuro. Ma ciò che più apparì sorprendente ai compagni fu l'identità del giustiziere d'Orchi, che altri non era se non una splendida dama dai lunghi capelli setosi e dai tratti delicati e armoniosi.
In poco tempo la fanciulla si liberò anche dei rimanenti  avversari, recidendo le loro teste senza pietà alcuna, gli occhi luminosi carichi di disprezzo.
Éowyn spalancò le iridi chiare guardando con meraviglia e ammirazione il coraggio e la forza di quella giovane guerriera, che affrontava senza paura quei mostruosi nemici. Un fuoco si accese nel suo petto e, per un istante, fu tentata di scendere da cavallo per darle ausilio, pur non essendo in possesso di una spada.
Dopo essersi accertata che la sua vita non era più in pericolo, la combattente si guardò intorno e notò di essere in presenza di sconosciuti, stavolta appartenenti alla sua razza. Incerta sull'agire, rinfoderò la spada e fissò i quattro in silenzio, in attesa che parlassero per primi.
E così fu. Éomer scese per primo da cavallo e si avvicinò alla fanciulla con aria sospettosa; ancora stentava a credere a ciò che le sue iridi avevano veduto: una donna non avrebbe mai potuto possedere una tale abilità in battaglia, a meno che non si trattasse di un sortilegio.
-Dimmi chi sei e per quale motivo sei in possesso di una spada, pur indossando vesti da donna.- Disse in tono imperativo.
-Non è mia consuetudine rivelare chi sono se prima il mio interlocutore non manifesta la sua identità.- Ribatté lei prontamente.
Per un istante Éomer rimase impietrito di fronte alla spigliatezza della sua risposta. Al suo posto, intervenne dunque Théodred, ancora in sella al suo destriero.
-Sono Théodred, figlio di Théoden, re di Rohan. Questa è Brithfyr, figlia di Brithsige, e questi sono i miei cugini, Éomer ed Éowyn, figli di Éomund. Ci siamo imbattuti nell'orrenda creatura che hai liberato dal peso immondo della sua vita e siamo rimasti sorpresi nel vedere che una fanciulla, da sola, ha potuto tenere testa a così tanti nemici ed uscire vincitrice dallo scontro. Per questo motivo, e per accertarci che anche tu non sia un nemico, vorremmo conoscere il tuo nome.- Le parole gentili del principe avrebbero persuaso qualunque creatura di animo gentile a mettere da parte ogni timore e rispondere.
L'incantevole dama esitò per qualche istante. Il suo cuore era combattuto: da un parte, avrebbe potuto trovare dei nuovi compagni, dopo che la sua strada si era divisa da quella del suo precedente accompagnatore; dall'altra, tuttavia, rivelare la sua vera identità avrebbe potuto essere un rischio, poiché non era ancora tanto lontana da Dol Amroth per sentirsi al sicuro.
-Il mio nome è Earfinde e sono diretta a Nord. La mia casa si trova a Sud, in un paese lontano da questo, per distanza e per aspetto.- Disse infine, decidendo di celare chi fosse per il momento. Dopotutto, quello che aveva detto non poteva essere totalmente considerato una menzogna. Il nome Earfinde le era stato donato da Talyon e in lingua elfica significava “capelli di mare”, alludendo al suo luogo di origine, alle leggere onde che attraversavano la sua chioma e all'amore sconfinato che provava per i maestosi flutti blu, dimora di Ulmo. Inoltre la sua terra si trovava davvero a Sud, benché avesse deciso di non rivelarne il nome.
-Vedo che sei da sola e senza un cavallo, Earfinde. La notte si avvicina e nell'oscurità potresti incontrare altri pericoli e non è detto che tu ne esca ancora una volta indenne.- Osservò saggiamente Théodred. -I miei occhi mi dicono che sei di nobile stirpe e il tuo volto e la grazia del tuo parlare mi inducono a credere alla mia supposizione. Sarei onorato se tu potessi essere ospite del Palazzo d'Oro di Edoras, dove i pellegrini beneficiano del nostro rispetto e della nostra protezione.-
A queste parole, Lothíriel spalancò gli occhi, piena di meraviglia. Meduseld, questo era il nome della dimora dei signori di Rohan; a lungo aveva sperato di vederlo e a lungo aveva fantasticato sullo splendore dei suoi porticati e la ricchezza delle sue decorazioni e dei suoi arazzi che dipingevano la storia degli Eorlingas. Decise, dunque, di accettare l'invito, sentendosi più al sicuro fra le mura di un castello piuttosto che nel fitto della foresta.
-Sarei felice e onorata di poter trascorrere la notte al riparo dai pericoli e dal freddo. Le mie membra non sono abituate al clima rigido di queste radure selvagge e temo più per la mia salute che per la mia incolumità.- Accennò un sorriso, sentendosi improvvisamente a suo agio in presenza di una creatura gentile e magnanima quale era Théodred.
Questo sorrise a sua volta, facendo un lieve cenno di assenso col capo.
-Molto bene. Cavalcherai con mio cugino, Éomer, dal momento che già io e Brihtfyr graviamo sul dorso di Brego.-
La fanciulla fissò lo sguardo carico di disappunto sull'uomo col quale avrebbe condiviso il destriero. Le parole del Rohirrim erano sembrate dure e scortesi alle sue orecchie, come uno stridio improvviso che rompe la quieta bellezza del silenzio. La luce, ormai rarefatta, che filtrava attraverso le fronde degli alberi non permetteva di distinguere nitidamente i particolari delle sagome, tuttavia il cavaliere le parve di bell'aspetto. Era fiero e possente e gli occhi attenti fissavano instancabili qualsiasi cosa lo circondasse. I tratti duri e belli ricordavano la ferocia di una creatura selvaggia e indomita e nel suo sguardo sprezzante si scorgeva il coraggio di un guerriero pronto a dare la vita per la sua gente e i suoi ideali.
Si avvicinò a lui, che nel frattempo era rimontato a cavallo e la osservava impassibile, e, titubante, gli porse la mano. Questi la afferrò con forza e, con poca grazia, la sollevò senza sforzo alcuno.
Sempre più indispettita, Lothíriel emise un verso di stizza, stingendo nervosamente la stoffa preziosa della sua gonna.
-Vi conviene aggrapparvi, donna del Sud, se non volete capitolare appena partiamo.- La apostrofò lui, facendo salire la sua irritazione.
La giovane non ebbe neppure il tempo di ribattere, poiché Zoccofuoco era già partito al galoppo e si dirigeva a gran velocità verso Edoras, dimora dei figli di Eorl.



Spazio Autrice: Per chi di voi fosse giunto in fondo, avete visto che sorpresina?! AHAHAH! Dite la verità che non ve lo aspettavate! Per eventuali errori di battitura o di distrazione chiedo venia, abbiate pietà, sono davvero le due di notte e io non vedevo l'ora di pubblicare il capitolo che ho appena finito di scrivere. E' ancora "caldo di forno" e spero tanto che vi sia piaciuto.
Abbiamo finalmente incontrato Brihtfyr, cara ragazza, e rammento che è opera di leila91 (che invito a leggere il capitolo e a dirmi cosa ne pensa del suo personaggio).
Chiunque di voi avesse voglia di lasciarmi una piccola recensione, scrivendomi delle impressioni sul capitolo, avrà la mia eterna gratitudine e il mio amore incondizionato (Più di questo, ahimè, non posso darvi!).
Un abbraccio e un saluto dalla grigissima Pechino (che le Paludi Morte le fanno un baffo! xD). Schezo, ovviamente: Pechino è bellissima.
A presto!
Fjorleif.


 

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Capitolo 7
*** Il Valore dei Rohirrim ***


Questa fiction vuole essere un esperimento "interattivo" per coinvolgere più possibile tutti quegli ammiratori dell'Universo di Tolkien che vorrebbero vedere sè stessi o un proprio personaggio inserito nella Terra di Mezzo e che interagisce con i personaggi presenti. Da lettrice, mi è sempre capitato di volermi immergere nel mondo di cui stavo leggendo e che mi appassionava e penso che ciascuno di noi debba avere la possibilità di far parte di ciò che gli piace. 
Il progetto funziona così:
1) Chi fosse interessato a far parte della storia deve scrivermi un messaggino privato, dove mi specifica il nome e una piccola descrizione del personaggio che vorrebbe inserire nella storia (ad esempio: che ruolo ricopre, di quale razza fa parte, se ha famiglia, se vorrebbe essere accoppiato o imparentato con uno dei personaggi già esistenti, una piccola descrizione fisica, come vorrebbe interagire nella storia, ecc...)
2)Piccola regolina: prima di inviarmi un eventuale messaggio privato, lasciate una piccola recensione al capitolo, per farmi capire cosa ne pensate della storia e per farvi conoscere e riconoscere.
3)Purtroppo potrebbe capitare che un personaggio con cui desiderate interagire sia già stato "preso". In tal caso ci si può accordare e trovare un compromesso, ma ahime, vige la regola del "primo arrivato". In ogni caso io cercherò di fare il possibile per accontentarvi :)
4)Anche se la trama è ambientata durante la guerra dell'Anello, questo non vi impedisce di avere un personaggio che ha a che fare anche con altri periodi storici dell'Universo di Tolkien. Per nostra fortuna, il professore ha creato razze immortali e razze longeve, quindi se, ad esempio, siete particolarmente appassionati de Lo Hobbit potete inventarvi un personaggio che ci sia stato allora e che ci sia anche durante la trama corrente. Potremo poi rivedere scene delsuo passato tramite flashback, narrazioni, ecc...



Lo so, non ci crederete mai, ma sono tornata! Andiamo con ordine...
Vorrei scusarmi con voi, so che la mia lunga assenza è ingiustificabile, ma a mia discolpa posso dire che in Cina la connessione non funzionava quasi mai e io avvevo davvero pochissimo tempo e pochissima ispirazione.
Detto ciò, anche una volta tornata è stata dura mettere giù qualcosa di decente e per questo devo ringraziare infinitamente quell'anima buona del mio ragazzo che mi ha obbligata a fare una scaletta insieme a lui (giuro, mai fatta prima una scaletta!!!), così le idee hanno iniziato a fluire e sono riuscita a scrivere un capitolo addirittura più lungo degli altri!
Infine, vorrei ringraziare immensamente chi di voi mi ha seguita, perchè è soprattutto grazie a voi e alle vostre recensioni che ho deciso di riprendere in mano questo progetto. Spero vivamente che continuerete a sostenermi e mi scuso in anticipo se dovessi sparire ancora per lunghi periodi. Non ho risposto a tutti i commenti che mi avete lasciati (per i problemi di connessione, appunto), ma le ho lette tutte più e più volte e sono strafelice di rileggere con entusiasmo le vostre parole.
Detto ciò, passiamo al capitolo...BUONA LETTURA!





7.Il Valore dei Rohirrim




Era ormai notte fonda quando la comitiva, composta dai tre membri della famiglia reale accompagnati da Brihtfyr e Lothíriel, giunse infine alle porte di Edoras. Il cielo era nero e coperto da una fitta coltre di nubi che impediva di scorgere le stelle, rendendo il paesaggio cupo e inquietante. La totale assenza di luce, fatta eccezione per le fiaccole che ardevano fioche nei paioli di bronzo all'ingresso della città, e l'assoluta mancanza di qualsivoglia rumore si traducevano in un'atmosfera tetra e lugubre; soltanto il rumore del vento, coi suoi fischi e sibili leggeri, rompeva il silenzio che aleggiava nell'aria gelida di un aprile ormai inoltrato.
Un brivido percorse la schiena di Lothíriel, la quale, ancora a cavallo, sussultò impercettibilmente stringendosi nelle spalle. Fissò gli occhi sul panorama circostante, constatando le precarie condizioni in cui verteva la città: il portone, memore di un passato glorioso, recava ancora i segni, mai sanati, di antichi assedi. Un tempo doveva essersi presentato solido e maestoso, ma ora le intemperie e scarse cure e manutenzione l'avevano logorato e storpiato sino a lasciare dei solchi larghi quanto l'elsa di una spada. L'interno non era certo migliore: molte abitazioni ai margini della cittadella erano state abbandonate e molte altre erano parzialmente crollate o dismesse. Non una guardia sorvegliava l'ingresso, né la strada che conduceva a palazzo; in questo modo, pensò la fanciulla, sarebbe stato semplice, per un nemico qualsiasi, entrare e mettere a ferro e fuoco la città dei cavalli.
Dopo aver percorso la via taciturna che portava a Meduseld, i cinque si imbatterono infine in due guardie che sorvegliavano l'accesso al Palazzo d'Oro ai piedi dell'imponente gradinata. Subito riconobbero i quattro Rohirrim, inchinandosi e scambiando un breve saluto coi nuovi arrivati. Uno dei due, un giovane cavaliere dalla lunga chioma bionda e penetranti occhi chiari, lanciò uno sguardo fugace alla dama di Dol Amroth, senza tuttavia avere l'ardire di domandare chi fosse. Éomer si rivolse a lui in tono confidenziale e accennando un breve sorriso.
-Stanotte è toccato a te il turno di guardia, Léod?- lo apostrofò scherzosamente.
Quello, di tutta risposta, sorrise a sua volta facendo un cenno d'assenso col capo.
I signori di Rohan smontarono dai propri cavalli e affidarono alle due guardie il compito di ricondurli nelle stalle reali.
Salirono la scalinata pietrosa fino alle porte dorate su cui erano incisi destrieri maestosi sormontati da nobili cavalieri. Sebbene la tenue luce delle torce non concedesse il privilegio di una buona visibilità, si poteva intravedere la sagoma del porticato ricco di colonne, anch'esse in oro, e il tetto spiovente sorretto da travi in legno di quercia, impreziosite da intarsi dorati e fregi di valore.
Théodred spinse con forza la porta pesante che dava accesso direttamente alla Sala del Trono. Lothíriel la trovò scura e statica, ma nel complesso accogliente. Era abituata ad ambienti ben diversi: il palazzo di Dol Amroth era ricco di spazi ampi e luminosi e le stanze erano chiare e arieggiate, molto diverse dall'atrio buio in cui si trovava ora. Tentò di fare un paragone anche col palazzo di Minas Tirith, ove si era recata molti anni addietro col padre. Ricordava un salone poco soleggiato, nel quale la luce entrava rarefatta, ma ben diverso dalla cupa e grave architettura di Meduseld. In particolare, della Sala del Re, a Gondor, l'aveva colpita la ricchezza dell'arredo e la presenza di statue marmoree disseminate in ogni angolo dell'ampio edificio, mentre qui, a Edoras, la reggia era piuttosto spoglia e la decorazione molto più pesante. Panche di legno invecchiato erano disposte in fila di fronte al trono del re, che svettava da una piattaforma in fondo alla sala.
D'un tratto, il solenne silenzio che pervadeva l'atrio notturno fu rotto da piccoli passi frettolosi che risuonarono per le aule di legno e oro, facendosi mano a mano più vicini. Dalla porticina di un angolo remoto alla destra del trono, una figura scura e ricurva fece il suo ingresso al cospetto dei presenti. L'uomo mosse ancora alcuni passi nervosi, facendosi innanzi fino a che non si trovò di fronte ai cinque. La luce tremola dei tizzoni accesi rivelò il volto ceruleo di un individuo dall'età imprecisabile. Il suo aspetto era sgradevole e inquietante e la pelle pallida e giallastra lo faceva somigliare a un cadavere, tenuto in vita da un qualche strano artificio. I suoi occhi erano spenti, ma al tempo stesso acutissimi e, attenti, scrutavano tutto ciò che lo circondava. La sua voce era sgradevole e sibilante mentre parlava lentamente, allungando fastidiosamente le parole in una irritante cantilena.
-Bentornati, miei signori- esordì rivolgendosi ai due reali cavalieri. Il suo sguardo li sfiorò appena, mentre indugiò più a lungo sul candido volto di Éowyn. Non poté soffermarsi troppo sulla bella dama, poiché quella indietreggiò piena di ribrezzo, riparandosi alle spalle del fratello.
-Tutti noi ci siamo chiesti quando avreste fatto ritorno- proseguì velenoso, incrociando le dita bianche e ossute, simili a quelle di uno scheletro. Le unghie ingiallite contribuivano a dare un aspetto disgustoso alle mani grinzose, nascoste parzialmente dalle ampie maniche delle pesanti vesti nere.
-Ebbene, ora siamo qui.- Rispose Théodred seccamente, gli occhi chiari fissati duramente su quelli pesanti del suo interlocutore.
-Ma certo, mio principe. E noto con piacere che ci siete tutti...- Ad uno ad uno, fece scorrere ciascuno dei presenti, fino a che non giunse di fronte a Lothíriel. Posò le iridi sbiadite su di lei con fare indagatorio e, solo dopo averla scrutata per qualche istante, apri nuovamente bocca per proferire parola.
-...e siete persino aumentati di numero. Non ricordo di avervi mai scorta a Edoras, mia signora.- puntualizzò accennando un falso e subdolo sorriso.
-Non è affar tuo, Vermilinguo.- Intervenne Éomer in tono bellicoso, avvicinandosi minacciosamente, con la sua vigorosa statura, all'attendente. Quest'ultimo, nel vedere la foga del Rohirrim, si ritrasse di qualche passo, intimorito dalla sua attitudine impulsiva.
Éomer lo fissò con disprezzo, già pronto a sguainare la spada al primo pretesto: non avrebbe desiderato altro, ma sapeva che la viscida serpe era cara a suo zio, il quale aveva a cuore la sorte di tutti i suoi sudditi. Come se non bastasse, Théodred pose una mano sull'avambraccio teso del cugino, facendogli segno di levare la mano dall'elsa, e prese a parlare in tono nobile e pacato, di chi tuttavia non accetta di essere contraddetto.
-La dama qui presente è nostra ospite, Grima. Il suo nome è Earfinde e l'abbiamo invitata a recarsi a corte in nostra compagnia.-
L'uomo, zittito dalle parole del suo principe, non poté fare a meno di annuire col capo, gettando un'ultima occhiata carica di rancore ad Éomer.
-Piuttosto, desidero vedere mio padre, poiché a lungo sono mancato da casa.- aggiunse il bel capitano.
-Temo che questo non sia possibile- sussurrò melenso Grima rendendo le sue parole una fastidiosa nenia. -Il re è molto spossato di recente e, complice la tarda ora della notte, sta dormendo già da diverse ore.-
-Come osi opporti al volere del tuo principe?- sbottò furioso Éomer, facendosi ancora innanzi. Tuttavia, anche stavolta fu fermato dal più morigerato cugino, che, posandogli una mano sulla spalla ancora protetta dall'armatura, quietò gli animi.
-Vorrà dire che lo vedrò domani. È molto tardi e mio padre ha bisogno di riposare.- asserì. - Éowyn, accompagna la nostra ospite nella sua stanza: è giunta l'ora anche per noi di coricarci.- 
E detto ciò, la compagnia si sciolse e ciascuno si diresse al proprio giaciglio, grato di poter finalmente ristorare le membra stanche.




L'indomani non tardò a giungere, e con esso anche un limpido sole dai tiepidi raggi. L'aria del mattino era ancora tagliente, ma finalmente si scorgeva quella che poteva essere definita una giornata di primavera. Il cima di Rohan era da sempre famoso per essere più rigido rispetto a quello dei regni confinanti, ma quell'anno lo era stato particolarmente. Nei piccoli villaggi adiacenti ai Monti Bianchi, la neve aveva dipinto il paesaggio di bianco fino a quel momento e, se le temperature si fossero leggermente abbassate, avrebbe continuato a farlo persino nel mese di maggio.
Lothíriel fu svegliata dalla luce del sole che, penetrando attraverso le tende di broccato vermiglio, ne baciò la pelle candida, simile a porcellana. La giovane aprì gli occhi, sbattendo le palpebre assonnate, emerse dalle pesanti coperte di lana grezza e infilò la vestaglia che le era stata gentilmente prestata da Éowyn. La bionda dama di Edoras le aveva fatto dono di alcune vesti di tipico gusto Rohirric, ben più consone al clima freddo del Mark. Lothíriel le fissò per qualche istante, toccando le stoffe preziose di tessuto spesso, dall'aria scomoda e fasciante. Non aveva alternativa: nella fretta di fuggire da Dol Amroth, non si era premurata di portare con sé i suoi abiti migliori e, comunque, non sarebbero stati in grado di proteggerla dal gelo che ivi regnava sovrano.
Scelse un ampio vestito di velluto verde, colore distintivo della gente di Rohan, dalle lunghe maniche di seta blu pavone, e tentò a fatica di infilarlo.
Dopo vari tentativi, riuscì nel suo intento e si avvicinò all'ampio specchio di legno laccato per rimirare la sua figura riflessa. Subito le tornò alla mente il volto della fidata ancella, nonché cara amica, Adraorien e non poté fare a meno di domandarsi cosa stesse facendo in quel preciso istante e se non fosse troppo in pena per lei. A malincuore era partita senza salutarla e senza renderle manifesto il suo piano, poiché temeva che potesse essere persuasa a rivelare la verità al principe Imrahil. Solitamente era proprio Adraorien a vestirla e acconciarle i capelli, motivo per cui ora non aveva la benché minima idea di come fare. Scosse la testa, destandosi dai suoi pensieri nostalgici, ben decisa a trovare una soluzione; da quel momento innanzi, o meglio, dal momento in cui aveva abbandonato la sua dimora, avrebbe dovuto sbrigarsela da sola, in tutto e per tutto, e avrebbe dovuto abituarsi in fretta all'idea.
Trascorsi alcuni minuti, Lothíriel lasciò le sue stanze, dirigendosi verso la ben più vasta Sala del Trono. Superando i lunghi corridoi silenziosi, poté notare arazzi di indicibile bellezza di cui, complici il buio e la stanchezza, non si era accorta la notte precedente. Essi rappresentavano le più svariate scene tratte dalla storia di Rohan, dalla sua fondazione ai tempi recenti; ma più di tutti, la colpì un enorme ritratto su stoffa di Eorl il Giovane, fondatore della dinastia dei Rohirrim. Di lui si diceva che avesse mantenuto l'aspetto di un uomo nel fiore degli anni anche in età avanzata e per questo gli era stato attribuito l'epiteto con cui era passato alla storia.
La fanciulla lo fissò a lungo e lo trovò sorprendentemente somigliante ad Éomer, somiglianza che le provocò non poco disappunto, dal momento che le fece constatare l'indiscutibile fascino dei due. Distolse lo sguardo, riprendendo a camminare, e ben presto si ritrovò nella Sala del Trono, dove scorse i volti noti dei compagni conosciuti la sera precedente. 
Questi, ad esclusione di Brihtfyr, stavano inginocchiati di fronte al trono, fatta eccezione per Théodred, il quale teneva la mano pallida di quello che doveva essere re Théoden, seduto mollemente sul seggio dorato.
-Earfinde!- esclamò Eowyn accorgendosi subito della presenza della nuova arrivata.
Ci volle qualche istante perché Lothíriel, già dimentica del nuovo nome acquisito, comprendesse che la dama si stava riferendo proprio a lei. Rapida scosse la testa e accennò un impercettibile sorriso, chinando il capo in segno di saluto.
-Earfinde- ripeté Théodred, voltandosi verso di lei. -Avvicinati, vorrei introdurti a mio padre, re Théoden di Rohan.-
La giovane ubbidì, muovendo alcuni timidi passi in direzione del vegliardo.
Ciò che videro i suoi occhi fu l'immagine di un anziano stanco e spossato dall'età e dagli affanni. I capelli ingrigiti incorniciavano un volto rugoso e provato, segnato dalle tipiche macchie scure della vecchiaia. Eppure la sua età non poteva essere tanto avanzata: secondo ciò che aveva appreso dal suo precettore, avrebbe dovuto avere non più di settant'anni.
Il sire sollevò a fatica il braccio, facendo cenno a Lothíriel di avvicinarsi. La fissò con lo sguardo annebbiato e, a un fil di voce, pronunciò alcune fiacche parole.
-Benvenuta, giovane Earfinde. Devi perdonare questo povero vecchio: gli anni passano per tutti, ma  quest'ultimo periodo è stato per me assai più gravoso dei precedenti. Ora la mattina, quando mi desto, sono esausto, ancor più della sera precedente, prima di coricarmi, e le giornate mi paiono sempre più lunghe e interminabili.-
-Non vi affaticate, mio signore.- La voce ingannatrice di Grima intervenì prontamente e l'infido servitore afferrò la debole mano del suo sovrano.
Lothíriel gli lanciò un'occhiata infastidita, carica di disprezzo, ma non osò dire nulla, per cortesia nei confronti di chi la ospitava. Tuttavia egli se ne accorse e ricambiò con una smorfia di stizza, prima che il re riprendesse a parlare.
-Finché sarai a Rohan, la mia casa è la tua casa. Nulla è per me meno desiderabile di un ospite che non riceve la dovuta accoglienza fra le mura della mia reggia.-
-Ve ne sono molto grata, mio sire.- Rispose lei piegandosi in un inchino garbato. -E farò di tutto per ricambiare la vostra cortesia, se mai ne avrò l'occasione.-
Aveva appena pronunciato queste parole quando una guardia, che in seguito scoprì avere il nome di Háma, fece il suo ingresso nell'ampio salone e si avvicinò a Théoden, avvisandolo dell'arrivo di un ambasciatore da Gondor.
Udendo queste parole, Lothíriel spalancò gli occhi colmi di stupore e paura. Sperò intensamente che suo zio Denethor non avesse scoperto dove si celava e indietreggiò di qualche passo, fino a ritrovarsi al fianco di Eowyn.
Subito un uomo alto e fiero, dai capelli corvini e dagli occhi luminosi come due stelle nella notte, varcò il portone d'ingresso e si diresse a passo deciso verso il fondo della sala, dove il sovrano di Rohan svettava dal suo trono. Si fermò a poca distanza da quest'ultimo e fece un profondo inchino in segno di rispetto.
-Mio signore Théoden, - prese a dire. -Sono Eärnil, figlio di Torold, e sono stato inviato da sire Denethor, Sovrintendente di Gondor e protettore delle genti libere dell'Ovest.-
Il cuore della fanciulla di Dol Amroth ebbe un sussulto e prese a stringere convulsamente le stoffe preziose delle vesti.
-E per quale motivo il signore di Gondor si premura di mandare un ambasciatore nella città dei cavalli?- Domandò insidioso Grima con la sua lingua tagliente.
Eärnil voltò lo sguardo su di lui, come se lo avesse notato in quell'istante per la prima volta, e inarcando un sopracciglio gli rivolse la parola.
-E chi siete voi, che proferite favella prima del vostro re?- Chiese con disprezzo. -A Minas Tirith, un tale comportamento non resterebbe impunito.-
Vermilinguo tacque all'istante, ritraendosi al fianco del suo sire, come un cane che si rannicchia ai piedi del padrone.
-Egli è Grima, il mio fidato consigliere.- Esordì Théoden. -E dimmi, sire Eärnil, perché Denethor desidera avere un ambasciatore a Rohan?-
-Di recente, alcuni fatti gravosi hanno sconvolto il mondo civile.- cominciò l'uomo di Gondor. -Orde di Orchi si aggirano presso i confini delle nostre città e si vocifera che l'Unico Anello sia magicamente riapparso per fare ritorno al suo Signore Oscuro.- Fece una breve pausa guardandosi intorno e muovendo alcuni passi nella Sala del Trono.
-Inoltre, recentemente la nipote del mio signore, nonché promessa sposa di Boromir, suo erede, è scomparsa. Lothíriel è il suo nome, principessa di Dol Amroth e figlia del principe Imrahil.
La bella fanciulla strozzò un verso di terrore, facendolo morire silenziosamente in gola. Le candide mani presero a sudare, mentre sentiva le guance avvampare di paura.
-Non conosco alcuna Lothíriel.- asserì a fatica il re. -E dubito fortemente che Denethor invii un ambasciatore nel mio regno per scovare una fanciulla.-
-Infatti, avete ragione.- Fu la risposta. Lothíriel tirò un sospiro di sollievo.
-Il mio sire è molto preoccupato per le sorti della sua gente e teme che i signori dei cavalli abbiano dimenticato la promessa che li vincola al regno di Gondor.- proruppe in modo diretto.
A questo punto uno dei cavalieri presenti si fece avanti e prese a parlare duramente. Era giovane e possente e i lunghi capelli biondi, tipici della sua stirpe, ricadevano sulle spalle ampie e dritte, coperte dal verde manto che indossavano i migliori guerrieri di Edoras.
La dama di Dol Amroth riconobbe in lui la guardia incontrata la notte precedente, che Éomer aveva chiamato “Léod”.
-Ciascuno dei nostri Rohirrim ha ben più valore di cento dei vostri uomini.- Replicò fiero. -E per noi la parola data è sacra. Come potete pensare che, per vigliaccheria, verremmo meno al nostro giuramento nel momento del bisogno?- Gli occhi chiari saettavano madidi sui tratti nobili di Eärnil.
Quest'ultimo realizzò ben presto l'errore e, inchinandosi nuovamente, rivolse parole di scuse ai presenti.
-Sono desolato se le mie parole sono suonate scortesi e mai dubiterei del valore della gente di Rohan. Chiedo solo di poter restare a corte, come il mio signore desidera, per essere il ponte che unisce i nostri due regni.-
Nonostante gli svariati tentativi di Grima di dissuadere il suo re a rifiutare la richiesta, Théoden decise di accettare l'ambasciatore a palazzo. Eärnil, da canto suo, avrebbe avuto modo, nei mesi successivi, di constatare di persona la virtù dei Rohirrim, indomiti guerrieri pronti a tutto pur di mantenere integra la lealtà verso il proprio signore e la propria terra.



AAA (Angolo Autrice Allucinata): Salve Salvino! Se siete arrivati in fondo, significa che non vi siete fatti scoraggiare dall'eccessiva lunghezza del capitolo e di ciò me ne compiaccio.
In questo scorcio di vita Rohirric, incontriamo quello schifosaccio di Grima, il buon re Theoden e due personaggi originali, entrambi di xing_chan : Earnil e Leod. Personalmente, a me piacciono molto. Voi cosa ne pensate? Scrivetemelo in un commentino e fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo.
Ovviamente per chi di voi fosse "nuovo", c'è sempre la possibilità di inserire personaggi originali, quindi fatevi vivi!
A presto prestissimo.
Fjorleif




 

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Capitolo 8
*** Un Segreto ***


Questa fiction vuole essere un esperimento "interattivo" per coinvolgere più possibile tutti quegli ammiratori dell'Universo di Tolkien che vorrebbero vedere sè stessi o un proprio personaggio inserito nella Terra di Mezzo e che interagisce con i personaggi presenti. Da lettrice, mi è sempre capitato di volermi immergere nel mondo di cui stavo leggendo e che mi appassionava e penso che ciascuno di noi debba avere la possibilità di far parte di ciò che gli piace. 
Il progetto funziona così:
1) Chi fosse interessato a far parte della storia deve scrivermi un messaggino privato, dove mi specifica il nome e una piccola descrizione del personaggio che vorrebbe inserire nella storia (ad esempio: che ruolo ricopre, di quale razza fa parte, se ha famiglia, se vorrebbe essere accoppiato o imparentato con uno dei personaggi già esistenti, una piccola descrizione fisica, come vorrebbe interagire nella storia, ecc...)
2)Piccola regolina: prima di inviarmi un eventuale messaggio privato, lasciate una piccola recensione al capitolo, per farmi capire cosa ne pensate della storia e per farvi conoscere e riconoscere.
3)Purtroppo potrebbe capitare che un personaggio con cui desiderate interagire sia già stato "preso". In tal caso ci si può accordare e trovare un compromesso, ma ahime, vige la regola del "primo arrivato". In ogni caso io cercherò di fare il possibile per accontentarvi :)
4)Anche se la trama è ambientata durante la guerra dell'Anello, questo non vi impedisce di avere un personaggio che ha a che fare anche con altri periodi storici dell'Universo di Tolkien. Per nostra fortuna, il professore ha creato razze immortali e razze longeve, quindi se, ad esempio, siete particolarmente appassionati de Lo Hobbit potete inventarvi un personaggio che ci sia stato allora e che ci sia anche durante la trama corrente. Potremo poi rivedere scene delsuo passato tramite flashback, narrazioni, ecc...





8. Un Segreto


Nella penombra dell'alta Torre di Ecthelion, sire Denethor stringeva tra le mani una lettera appena giunta da Rohan. Dunque Eärnil, il suo ambasciatore, era giunto nella città dei cavalli, dove si apprestava a trascorrere un lungo periodo, e non aveva tardato a inviare notizie al suo signore.
Un fascio di luce rarefatta si insinuò nel cupo e taciturno rifugio del Sovrintendente, squarciando dapprima le nubi grigie che coprivano il cielo di Minas Tirith e poi il logoro drappeggio che calava dall'unica, piccola finestra arcuata che si apriva nell'oscurità dell'edificio.
L'uomo rilesse in fretta le poche righe che si delineavano sulla pergamena ingiallita, aggrottando, di tanto in tanto, le sopracciglia imbiancate dal peso degli anni.



Anno 3018 della Terza Era, primo dì del mese di maggio

È con estremo rispetto e profonda reverenza che scrivo al mio Signore Denethor, per informarlo del mio arrivo a Edoras, capitale del regno di Rohan.
Nella giornata del 29 aprile sono giunto nella città dei cavalli, accolto da due guardie alle porte d'accesso. Esse mi hanno scortato sino a Meduseld, il Palazzo d'Oro, dove sono stato introdotto a corte, al cospetto di Re Théoden e dei suoi congiunti.
La salute del re verte in condizioni precarie, così come quella del suo regno, ormai ridotto allo stremo dal rigido inverno appena trascorso e da continui attacchi e scorribande che fanno vacillare la sicurezza del Mark.
Il Sovrano è perennemente affiancato da un'inquietante presenza, che risponde al nome di Grima e che ricopre la carica di consigliere. Ho potuto udire dalle guardie che Vermilinguo, così è chiamato dai più, non è visto di buon occhio dai cittadini e dai parenti del re; egli è scaltro ed insidioso e taluni sostengono che raggiri il sovrano come più gli aggrada con le sue parole, dolci come il miele, ma letali come un veleno.
L'esercito è comandato dal principe Théodred, Secondo Maresciallo del Riddermark, unico figlio del re ed erede al trono di Rohan, e vanta cavalieri di valore tra le sue fila, fra cui Éomer, figlio di Éomund, Terzo Maresciallo del Riddermark e nipote del re. Tuttavia è carente per numero e non preparato a una guerra imminente.
I figli di Eorl non sono dimentichi del giuramento pronunciato dal loro avo, ma temo per le sorti del loro esercito, abbandonato in balia degli eventi da un sovrano ormai troppo debole, ben lontano dal vigoroso re Théoden che salì al trono molti anni addietro.
Mi congedo, in attesa di istruzioni e ordini dal mio Signore e Sovrintendente. In seguito, comunicherò eventuali dettagli di una certa rilevanza se dovessero giungere alla mia persona.

Vostro fedele Eärnil, figlio di Torold, ambasciatore di Gondor.




Le antiche dita affusolate di Denethor si strinsero convulsamente attorno alla lettera in un moto di rabbia. Gondor era da sola e nessuno sarebbe corso in suo aiuto nell'eventualità di una guerra, meno che mai un vecchio avvizzito, mosso come un burattino dal proprio meschino consigliere.
Accartocciò il foglio, scagliandolo con stizza in un angolo del pavimento lastricato ed uscì, sbattendo rumorosamente la porta alle sue spalle.



Era ormai giunta la sera e, insieme ad essa, anche un forte vento proveniente da Est che scuoteva gli  alberi, privandoli delle verdi foglie appena nate. L'imbrunire aveva dipinto il cielo di viola e cobalto, celati ben presto da nubi scure e minacciose.
Sfidando l'imminente temporale, Boromir aveva lasciato le sue stanze ed ora camminava nel cortile del palazzo, l'aria gelida a scompigliare la folta chioma del Capitano. Levando gli occhi grigi verso il cielo che preannunciava una forte pioggia, l'uomo cercò riparo sotto un padiglione in marmo bianco situato al centro del giardino. Si sedette sulla panca di granito e scrutò l'orizzonte, quasi fosse in cerca di qualcosa al di là della vista. 
Gli ultimi giorni erano stati ricchi di dubbi e forti emozioni, perlopiù contrastanti. Aveva favorito la fuga dell'adorata cugina dalla sua casa e dal suo matrimonio, ma ora era in pena per lei e cominciava a pentirsi della sua scelta; dopotutto, l'amava molto, anche se il suo sentimento non corrispondeva a quello che da bambino aveva osservato negli occhi di suo padre e sua madre, e ora si chiedeva se non fosse stato soltanto puro egoismo confidare le sue preoccupazioni a Lothíriel, spingendola così ad abbandonare Dol Amroth. Era molto preoccupato per le sorti della fanciulla, aveva agito da irresponsabile quella notte, e sicuramente era preferibile una moglie indesiderata che una cugina morta.
Era tanto assorto nei suoi pensieri da non accorgersi dell'arrivo, alle sue spalle, di Alysella, l'amata balia che l'aveva cresciuto sin da bambino. La donna si avvicinò con passo silenzioso, posando infine una mano sulla spalla possente di Boromir.
-Cosa turba il tuo cuore, figlio mio?- domandò con voce vibrante e ricca di apprensione.
-Alysella- rispose sorpreso.
La dama si sedette al suo fianco, scostando con eleganza le lunghe vesti di broccato blu, memoria della terra natia che aveva lasciato da moltissimi anni. In cuor suo, ella non aveva mai dimenticato Dol Amroth e bramava tornarci, almeno un'ultima volta prima di lasciare quella terra per dirigersi verso le Aule di Mandos. Quella era la sua più grande paura: morire senza rivedere il mare, condividendo la triste e sfortunata sorte della sua signora. Soltanto i figli dell'amata Finduilas, che, in un certo senso, reputava anche figli suoi, la trattenevano tra le fredde mura di Minas Tirith, dimora non gradita, prigione del suo cuore.
-Sono in pena per Lothíriel- ammise all'improvviso il Comandante di Gondor. 
-Lo sono anch'io, Boromir; tutti noi lo siamo, ma la tua pena non riporterà tua cugina indietro.-
L'uomo alzò gli occhi chiari, fissandoli sul volto della balia, ormai solcato da rughe sottili.
-Cosa dovrei far, dunque?-
Alysella prese le mani del figlio fra le sue.
-La tua apprensione è nobile e giusta, ma il destino di Lothíriel non è più in tuo potere. Ora soltanto i Valar possono decidere del suo futuro e trovo che tu dovresti far dono del tuo pensiero a un'altra persona.-
Lo sguardo di Boromir si accese di curiosità: non riusciva a comprendere appieno le parole della donna. Che si riferisse a...
-Marian ha atteso a lungo il tuo ritorno.- Disse ancora la dama.
L'espressione del Capitano mutò repentina e i suoi occhi si tinsero di cupa malinconia.
-Non so come tu sia a conoscenza di ciò che mi lega a Marian, ma entrambi siamo ben consapevoli dell'inattuabilità dei nostri desideri.-
-Eppure la tua promessa sposa è sparita.- Fu la risposta.
Un moto d'ira accese per un istante il bel volto nobile di Boromir e le iridi perlate saettarono febbricitanti sul viso dai bei tratti di Alysella.
-Pensi forse che mio padre demorderà?- Domandò a voce un po' troppo alta. -Credi che rinuncerà al suo intento con tanta facilità? Tu conosci mio padre, sai bene che ottiene sempre ciò che si prefissa.-
-Non questa volta- Rispose la balia e l'uomo fu certo di scorgere un impercettibile sorriso di soddisfazione dipingersi sulle labbra di lei.
Scosse la chioma castana e gettò un'occhiata nel cortile, evitando lo sguardo della sua interlocutrice. Aveva iniziato a piovere e ora piccole gocce fredde bagnavano il bianco lastricato, come timide lacrime che solcano le fiere guance incorruttibili dell'uomo di valore.
-Meglio rientrare.- Disse infine. -Devo fare visita a Leath la guaritrice.- Concluse mentre il dolore alla gamba tornava alla sua mente. A Dol Amroth, egli aveva aiutato Lothíriel a scappare e quella notte, nel corso della fuga, si era procurato una lieve ferita contro gli scogli acuminati su cui si adagiava il bianco palazzo di Imrahil. 
Il ricordo si fece vivido nella sua memoria e ripensò a come si erano calati dall'ampio terrazzo, proseguendo lungo la scogliera accidentata e rischiando più volte di precipitare fra le onde. Come se non bastasse, quella notte il mare era agitato, quasi fosse consapevole del misfatto e, muto testimone, avesse voluto impedire la fuga della preziosa principessa che ora si allontanava da lui.
Erano quasi giunti al bagnasciuga quando Lothíriel era inciampata nelle vesti blu pavone, scivolando sulle rocce bagnate di sale. Boromir aveva afferrato il suo braccio, ma nella foga di salvarla, si era ferito la gamba, che aveva preso a sanguinare debolmente. Quando poi la cugina era finalmente in salvo, era tornato a palazzo, celando la ferita e ignorandola per diversi giorni, poiché la riteneva cosa da poco. Ma la sua noncuranza gli era costata cara, perché essa si era infettata e ora avrebbe dovuto mostrarla alla guaritrice e darle spiegazioni su come se l'era procurata.
Si diresse a passo spedito verso gli alloggi della guaritrice, mentre il crepuscolo inghiottiva la sua possente figura, e vi giunse in pochi istanti.
Bussò alla porta vigorosamente e attese in silenzio fino a che l'uscio si aprì e un viso giovane e dalla pelle olivastra fece capolino dallo spiraglio. Leath, questo era il nome della fanciulla, fece entrare il Capitano di Gondor, il quale andò a sedersi su una panca vicino alla finestra.
La guaritrice ufficiale di Minas Tirith era una donna anziana di nome Iroeth. Abile e saggia, aveva dedicato la sua intera esistenza ad adempiere al meglio al duro compito che la sua famiglia si era tramandata di generazione in generazione; sua madre era una guaritrice e suo nonno prima di lei, e così via da tempi immemori. Tuttavia Iroeth non era stata privilegiata della benedizione di un figlio e così aveva affidato le sue conoscenze all'orfanella di cui si era presa cura molti anni addietro e che aveva cresciuto come una figlia. Ora la fanciulla aveva da poco compiuto venticinque anni: era bruna e bella e gli occhi, di un marrone intenso, erano profondi come pozzi e scuri come la notte.
La vecchia guaritrice, ormai, aveva affidato la quasi totalità degli incarichi a Leath, poiché il peso degli anni e la fatica gravavano sulla sua persona, rendendole difficoltose anche le mansioni più banali.
Dopo aver sistemato alcune ampolle su di uno scaffale,  la giovane donna si avvicinò a Boromir, sorridendo in modo gentile. Fece un piccolo inchino piegando il capo e si rivolse a lui con reverenza.
-Come posso aiutarvi, mio signore?- Domandò con voce soave.
L'uomo esitò. Si trovava di fronte a un bivio: poteva mentire riguardo a come si era procurato la ferita e augurarsi che alla guaritrice non sorgessero dubbi, oppure essere sincero e sperare che non divulgasse la notizia. 
Alla fine, optò per la prima opzione. Sollevò il tessuto confortevole dei pantaloni e mostrò il taglio purulento. Leath aggrottò lo sguardo e, com'era prevedibile, chiese spiegazioni.
-Come ve lo siete procurato, mio signore?-
-Andando a cavallo.- Mentì l'uomo in modo spiccio.
-A cavallo?- Ripetè lei incredula, sfiorando con le dita la pelle tumefatta. Boromir annuì con un cenno del capo.
-È necessario pulire la ferita, cauterizzarla e medicarla con degli impacchi di erbe, mio signore.-
-Fai quello che devi.- Rispose Boromir. -E non è necessario che seguiti ad appellarti a me chiamandomi “mio signore”- Aggiunse accennando un breve sorriso.
L'intervento richiese parecchio tempo per il lavoro di minuzia eseguito da Leath e quando terminò, la notte aveva già tinto di nero il freddo cielo di Gondor e qualche stella luminosa faceva capolino timidamente fra la fitta coltre di nubi. La guaritrice spalmò un unguento dall'odore pungente sulla pelle cauterizzata e fasciò la gamba possente con uno stretto bendaggio.
-Questo dovrebbe bastare per un paio di giorni. Trascorso questo tempo dovrete tornare per cambiare la fasciatura.-
-Ti ringrazio- sussurrò stancamente il Capitano, stendendo la gamba dopo averla tenuta immobile a lungo.Fece per alzarsi, quando qualcuno bussò alla porta. Con un gesto repentino, coprì la ferita con il mantello, temendo che potesse trattarsi di un uomo di corte. Le sue aspettative furono illuse quando vide entrare una giovane donna dalla folta chioma bruna e lo sguardo languido. Riconobbe subito la figura assai gradita ai suoi occhi: i capelli castani scendevano sino alla vita stretta, che si allargava lungo i fianchi morbidi e sensuali; i seni abbondanti appesantivano leggermente la figura minuta, che tuttavia, nel complesso, risultava armonica e gradevole.
Marian impiegò diversi istanti prima di notare la presenza del bel Capitano di Gondor.
-Buonasera Leath, perdonami per l'ora tarda, ma ho assoluto bisogno dell'unguento che desti a mio fratello per la sua caduta.- esordì la fanciulla, mentre nella sua voce suonava una nota di apprensione. Voltò gli occhi di mogano, accorgendosi solo in quel momento di non essere sola in compagnia della guaritrice, e, sorpresa, sbatté le lunghe ciglia nel constatare che si trattava proprio dell'uomo che sovente aveva animato i suoi sogni più reconditi.
-Boromir?- Sussurrò a un fil di voce, mentre, ancora incredula, teneva lo sguardo fisso in quello di lui.
Egli, di tutta risposta, chinò il capo in un gesto di saluto, senza poter celare un sorriso divertito di fronte all'imbarazzo, quasi palpabile, della fanciulla.
-Vado a prendere l'unguento!- Intervenne tempestivamente Leath per rompere il silenzio che era calato nell'ambulatorio e, detto ciò, lasciò la stanza richiudendosi la porta alle spalle.
La tensione regnava ormai sovrana, mentre nessuno dei due osava proferire parola. Improvvisamente, Marian decise di farsi coraggio e schiuse leggermente le labbra carnose. La voce uscì simile a un suono cristallino, come un rivolo d'acqua che zampilla timidamente fra le rocce.
-E così siete tornato...-
Boromir annuì lentamente col capo.
-Ho udito di vostra cugina: in città non si vocifera d'altro.-
-È così. Lothíriel è scomparsa.- Mentì, ancora una volta, il valoroso Capitano.
-È davvero così bella come dicono?- Domandò mestamente la custode della biblioteca reale.
-Lo è, anche più di quanto si possa immaginare.-
Marian chinò il mento sottile per nascondere l'improvvisa delusione di cui si erano velati gli occhi brillanti. Udire quelle parole dall'uomo a cui anelava era un duro colpo al cuore. Certo, era a conoscenza dell'impossibilità di quell'amore, anche se per un istante, quando i signori di Gondor avevano fatto ritorno senza la dama di Dol Amroth, la fiamma della speranza si era accesa nel suo petto. Tuttavia quel pensiero ardito era stato ben presto soppiantato dalla cruda realtà, poiché, in ogni caso, c'erano molte altre pretendenti ben più adatte ad aspirare all'amore di Boromir.
-Dovete essere molto in pena per la vostra futura sposa.- Mormorò con voce strozzata, cercando a stento di trattenere le lacrime calde, già pronte a fare breccia nei suoi occhi e bagnare le guance tondeggianti.
-Vi sbagliate, Marian.- Rispose lui -Sono in pena per mia cugina, non per la mia sposa.-
La fanciulla alzò gli occhi sbigottita, senza comprendere appieno le parole dell'uomo.
-Ma...- ribatté incerta. -Lei è la vostra promessa, vostro padre l'ha stabilito.-
-Mio padre può aver stabilito ciò che più lo aggrada, ma mai potrà decidere dei miei sentimenti. Un forte affetto mi lega a mia cugina, tuttavia il mio cuore è altrove.- Il suono caldo della voce di Boromir avrebbe fatto vacillare la volontà di qualsiasi fanciulla.
Marian scosse la testa incredula: le pareva impossibile che l'uomo si stesse riferendo proprio a lei, eppure vi erano troppe allusioni nella sentenza appena pronunciata.
-Io...non capisco...-
-Io credo che abbiate capito alla perfezione.- La interruppe lui, afferrandole le candide mani. -Marian, voglio dirti un segreto.- Disse poi rivolgendosi a lei in tono più informale e fissandola intensamente negli occhi. - Lothíriel non è scomparsa, lei è...-
La porta da cui Leath era uscita pochi istanti prima cigolò e si aprì, rivelando la bella figura della guaritrice che faceva ritorno con alcuni unguenti fra le mani. Con sguardo vispo sorrise ai due, notando che ancora si tenevano per mano, ma si astenne dal commentare e si limitò a posare le fiale sul tavolo di legno grezzo situato nel mezzo della stanza.
-Ecco ciò che mi hai chiesto, Marian. Voi, mio signore, dovete trattenervi ancora un'istante, mentre finisco di sistemarvi la fasciatura.
Marian, paonazza in viso, si affrettò a prendere ciò che l'aveva spinta a recarsi in quel luogo e, lesta, si congedò dai presenti, borbottando quello che aveva l'aria di essere un impacciato saluto.



Buonasera, mei cari lettori. Come promesso, sono riuscita a pubblicare il nuovo capitolo entro la fine della settimana (vale anche se è domenica sera, no?!). Siamo tornati a Minas Tirith e abbiamo ritrovato Alysella, di Laylath, Marian, di evelyn80 e, infine, abbiamo conosciuto Leath, di Valerie.
Ora i vostri personaggi cominciano ad essere un bel po', tuttavia ci tengo a ribadire, visto che alcuni di voi me l'hanno chiesto, che c'è ancora la possibilità di inserirvi nel progetto, se volete. Ovviamente, come ho già detto, alcuni personaggi potrebbero apparire subito, mentre altri potrebbero impiegarci del tempo prima di apparire. Detto ciò, darò la priorità a chi di voi mi segue con costanza, non per un gesto di stizza, ma perchè mi sembra inutile scrivere del personaggio di qualcuno che non potrà nemmeno leggere il capitolo dedicato al suo OC. Mi sembra più logico rendere partecipi quelli che seguono la storia, impazienti di veder spuntare il proprio personaggio. Se non siete d'accordo, naturalmente potete farmelo sapere! :-3
Buon proseguimento, Fjorleif.

 

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Capitolo 9
*** Sulle Tracce della Principessa Scomparsa ***


Questa fiction vuole essere un esperimento "interattivo" per coinvolgere più possibile tutti quegli ammiratori dell'Universo di Tolkien che vorrebbero vedere sè stessi o un proprio personaggio inserito nella Terra di Mezzo e che interagisce con i personaggi presenti. Da lettrice, mi è sempre capitato di volermi immergere nel mondo di cui stavo leggendo e che mi appassionava e penso che ciascuno di noi debba avere la possibilità di far parte di ciò che gli piace. 
Il progetto funziona così:
1) Chi fosse interessato a far parte della storia deve scrivermi un messaggino privato, dove mi specifica il nome e una piccola descrizione del personaggio che vorrebbe inserire nella storia (ad esempio: che ruolo ricopre, di quale razza fa parte, se ha famiglia, se vorrebbe essere accoppiato o imparentato con uno dei personaggi già esistenti, una piccola descrizione fisica, come vorrebbe interagire nella storia, ecc...)
2)Piccola regolina: prima di inviarmi un eventuale messaggio privato, lasciate una piccola recensione al capitolo, per farmi capire cosa ne pensate della storia e per farvi conoscere e riconoscere.
3)Purtroppo potrebbe capitare che un personaggio con cui desiderate interagire sia già stato "preso". In tal caso ci si può accordare e trovare un compromesso, ma ahime, vige la regola del "primo arrivato". In ogni caso io cercherò di fare il possibile per accontentarvi :)
4)Anche se la trama è ambientata durante la guerra dell'Anello, questo non vi impedisce di avere un personaggio che ha a che fare anche con altri periodi storici dell'Universo di Tolkien. Per nostra fortuna, il professore ha creato razze immortali e razze longeve, quindi se, ad esempio, siete particolarmente appassionati de Lo Hobbit potete inventarvi un personaggio che ci sia stato allora e che ci sia anche durante la trama corrente. Potremo poi rivedere scene delsuo passato tramite flashback, narrazioni, ecc...

Bene! Direi che mi sono dilungata anche troppo, quindi vi lascio al capitolo e spero vivamente che questo esperimento possa essere un successo. Spero di sentirvi numerosi! La mia penna è al vostro servizio ;)




Buonasera, miei cari lettori! Mi dispiace di averci messo un po' ad aggiornare, ma non avete idea di quanto questo capitolo mi abbia fatta dannare!! E' stato un continuo scrivi-cancella-scrivi-cancella-scrivi-bloccati-riprendi ecc... Ho reso l'idea?
Ad ogni modo, questo è il risultato e spero che vi piaccia. In fondo, come sempre, i nomi dei personaggi originali e dei loro creatori.





9.Sulle Tracce della Principessa Scomparsa





-Non credo che questa sia la direzione giusta.-
-Vuoi cessare di opporti, Amrothos?-
-Se voi due mi aveste dato retta, anche soltanto per un istante, mi sarei zittito da un pezzo. Vi sembra possibile che una persona qualsiasi entri a palazzo, rapisca Lothíriel e la porti a Nord, verso l'Enedwaith, che è una terra per lo più disabitata?-
-Alcune truppe di Minas Tirith sono già state inviate a Mordor: è inutile che anche noi ci dirigiamo nella stessa direzione.-
Il diverbio sorto tra i due fu placato da un silenzioso gesto del fratello maggiore, il quale, poco più avanti di loro, sollevò il braccio ben protetto dall'armatura, facendo cenno di tacere. Erchirion ed Amrothos si lanciarono a vicenda uno sguardo di disappunto, ma non osarono ignorare l'avvertimento di Elphir.
Non appena Lothíriel era scomparsa da Dol Amroth e i signori di Gondor erano partiti per fare ritorno a Minas Tirith, il principe Imrahil aveva convocato i figli e aveva dato loro l'ordine di ritrovare la sorella e di ricondurla a casa.
A capo della spedizione, Elphir guidava i fratelli minori. Fiero e bello, egli era stato cresciuto per divenire ciò che era nato per essere: l'erede di Imrahil e futuro signore di Dol Amroth. Era stato istruito non soltanto nell'arte della guerra, ma anche nelle pratiche di  buon governo. Serio e saggio, Elphir aveva un'indole pacata e un cuore gentile e cavalleresco, sempre pronto ad intervenire in aiuto degli indifesi. Dei tre, era sicuramente il più amato dalle donne e poteva vantare un lungo seguito di ammiratrici, sebbene fosse da tempo promesso a una fanciulla di Gondor. Era alto e bruno, caratteristica che condivideva con i fratelli, e gli occhi grigi splendevano come due gemme preziose, incastonate in un gioiello di pari bellezza, quale era il suo volto. Nonostante fosse ormai trentenne, il suo viso era ancora incorrotto e non presentava segno alcuno dell'avanzare degli anni, e per questo doveva ringraziare in parte il sangue elfico della sua antenata Mithrellas, in parte la discendenza Dúnedain.
Altra cosa era Erchirion, secondogenito di Imrahil. Più alto e possente del fratello, egli era considerato il combattente più forte e valoroso di Dol Amroth. Non si poteva dire che possedesse spiccate abilità tattiche, né conoscenze adeguate delle strategie di battaglia; tuttavia, era pressoché imbattibile nel duello con la spada e nello scontro corpo a corpo. Era anche piuttosto abile a cavalcare: per questo motivo, il principe di Dol Amroth aveva fatto giungere uno splendido purosangue da Rohan appositamente per lui. Una lunga e folta chioma corvina ricadeva sulle spalle vigorose dell'uomo, simile alle onde del mare in tempesta. Sebbene i tratti del viso fossero meno delicati di quelli di Elphir, la durezza dei lineamenti gli donava un aspetto virile e altrettanto piacente. Gli occhi neri come la notte parevano due abissi profondi, dai quali, una volta entrati, era difficile riemergere, mentre il naso dritto e nobile lo rendeva simile a un antico principe Númenóreano. Per indole, era il più bellicoso e impulsivo dei tre: un fuoco ardeva nel suo petto e ciò lo rendeva agguerrito e sempre pronto alla battaglia.
Infine veniva Amrothos, di appena cinque anni maggiore rispetto a Lothíriel. Il suo carattere docile e giocoso lo distingueva dai fratelli maggiori e gli faceva prediligere la musica e le canzoni al duello. Non amava la vita a palazzo e sovente si recava nel cuore della foresta dove, sulle rive di un ruscello gorgogliante, suonava la lira o scriveva poesie. Anch'egli aveva una folta chioma bruna, intrecciata alla maniera degli elfi silvani, seppur toccasse a malapena le spalle; gli occhi celesti brillavano allegri e gioiosi, accompagnando il candido sorriso spesso dipinto sulle labbra carnose.
Sebbene non amasse gli scontri, era piuttosto abile nel tiro con l'arco; la sua mira e la sua precisione, infatti, erano tali da fargli colpire un bersaglio anche a diversi metri di distanza.
-Ho udito un rumore di passi.- Disse infine Elphir rompendo il silenzio che era calato nella fitta vegetazione.
I tre tirarono con forza le redini, interrompendo il suono ritmico prodotto dal lento moto dei cavalli. Erchirion aggrottò lo sguardo, gettando rapide occhiate qua e là, la mano possente sull'elsa, pronta a sfoderare la temibile lama.
Ancora una volta calò il silenzio. Ora si poteva distinguere soltanto il rumore di leggere gocce d'acqua che picchiettavano sulle felci rigogliose, scivolando a terra con grazia: aveva iniziato a piovere.
Immersi e circondati dal verde, i principi di Dol Amroth si scrutarono l'un l'altro, premurandosi di non emettere suono alcuno.
Il canto di un tordo risuonò nell'aria; non si fece attendere a lungo la risposta, proveniente dall'angolo opposto della boscaglia. Amrothos sorrise, guardandosi intorno meravigliato, ma la sua attenzione fu ben presto richiamata dalla voce del fratello maggiore.
-Eppure ero certo di aver udito qualcosa.- Sussurrò guardandosi intorno, ancora con fare circospetto. Cautamente scese da cavallo e mosse alcuni passi in direzione del punto in cui la foresta si faceva più fitta.
-Potrebbe trattarsi di Belthil, la fanciulla Maia alla ricerca del suo perduto amore.- Suggerì Amrothos entusiasta al solo pensiero.
-Quella è solo una leggenda.- Intervenne scettico Erchirion.
-Si dice che si aggiri tra le foreste, in silenzio, e che raramente si mostri nel suo peregrinare senza fine.- Proseguì il minore, per nulla scoraggiato dalle parole del fratello.
-Non esiste, Amrothos. Non è reale.- Asserì l'altro, premurandosi di scandire bene le parole.
-Come puoi esserne certo? Tutte le leggende hanno un fondo di verità...-
-Volete smetterla voi due?- La voce di Elphir riecheggiò poco più avanti. -Qui ci sono delle tracce.-
I due, ancora a cavallo, smontarono in fretta e lo raggiunsero. Notarono alcune felci schiacciate, come se qualcuno vi si fosse coricato poco prima, e alcuni rami spezzati.
-Se non è la donna Maia di cui parlava Amrothos, non può essere lontana.- Osservò Erchirion con sarcasmo, ricevendo, di tutta risposta, un'occhiataccia dal fratello.
Seguirono le tracce sino a giungere presso  le sponde di un quieto laghetto. Una piccola cascata spumeggiante si tuffava nelle acque limpide producendo un rilassante fragore e alcune splendide ninfee ricoprivano, qua e là, la superficie piatta. 
Furono necessari pochi istanti prima che i giovani principi di Dol Amroth notassero un'aggraziata figura femminile, intenta a bagnarsi le candide membra sulle rive, colme di fiori, dello stagno.
I tre spalancarono gli occhi simultaneamente, non appena constatarono di trovarsi di fronte a una fanciulla di razza elfica e, pieni di sorpresa, si avvicinarono alla mirabile visione.
Il viso niveo e sottile era solcato da una visibile preoccupazione, che aumentò nel notare che tre sconosciuti si facevano innanzi. Ciononostante, non interruppe ciò che stava facendo: strinse i denti e seguitò a pulire una lunga ferita che le attraversava il braccio.
-Avete bisogno d'aiuto, mia signora?- Domandò con gentilezza Amrothos, avvicinandosi.  L'elfa strisciò lungo il margine del lago, indietreggiando di qualche metro.
-Come vi siete procurata quel taglio?- Proseguì pacatamente il giovane.
-Strane creature si aggirano per queste terre.- Rispose lei, una volta compreso che chi le stava di fronte non pareva a vere cattive intenzioni. -Uomini, a prima vista, ma dall'aspetto sgradevole e grottesco.-
-Dunlandiani.- Asserì Elphir, facendosi innanzi a sua volta. -Come vi chiamate?-
-Il mio nome è Aredhel e provengo dal reame incantato di Lórien.- La fanciulla scrutò con attenzione i suoi interlocutori: erano giovani e di bell'aspetto. Notò che indossavano vesti da viaggio e lunghi mantelli blu, sui quali era cucito un cigno in fili d'argento, simbolo che riconobbe all'istante. Portavano armi con sé e ciò poteva significare soltanto una cosa: erano cavalieri in missione.
-Cosa ci fa un'elfa di Lórien in questa terra desolata?- Domandò Erchirion, che fino a quel momento aveva taciuto osservando in disparte.
-Potrei porgere la stessa domanda a tre cavalieri di Dol Amroth.- 
I fratelli si guardarono a vicenda, sorpresi dalla prontezza con cui era giunta la risposta. Era palese che non si trovassero di fronte a una sprovveduta.
Aredhel si alzò finalmente in piedi, scuotendo le vesti argentate che scivolavano leggere sul corpo snello e sinuoso, dalla figura slanciata. Portò le mani al capo, ravvivando la cascata di boccoli ebano, che ricadde sulle spalle diritte, e fissò intensamente i tre sconosciuti.
Elphir, dopo aver fatto un piccolo inchino, prese la parola.
-Siamo i principi di Dol Amroth, figli di Imrahil, che regna sulla Cittadella Azzurra. Il mio nome è Elphir e loro sono Erchirion e Amrothos.- Fece una breve pausa per riprendere fiato. 
-Siamo alla ricerca di nostra sorella Lothíriel, che è scomparsa ormai da settimane. Non sappiamo dove si trovi al momento, né come sia sparita, ma è grande desiderio nostro e del nostro saggio padre che torni a casa al più presto.-
Le toccanti parole del cavaliere colpirono la fanciulla elfica per la loro sincerità e per il trasporto con cui erano state pronunciate. Non era necessario leggere le menti dei giovani per capire quanto fossero in pena per la sorella scomparsa, era sufficiente guardarli in volto per carpire il turbamento dei loro cuori e l'intensità del loro proposito.
-Riconosco degli uomini di valore, quando li vedo e, sebbene di recente sia sempre più raro incontrarne, posso affermare con certezza di trovarmi di  fronte a tre di loro.- Esordì.
-Non conosco vostra sorella, né vostro padre e ho appena conosciuto voi. Tuttavia ho scrutato nei vostri cuori e li ho trovati colmi di virtù. Vi aiuterò, per quanto mi sarà concesso, a ritrovare Lothíriel.-
I tre si guardarono l'un l'altro meravigliati, in attesa che Aredhel riprendesse a parlare.
-Il mio viaggio mi conduce nel regno di Rohan, ma ciò non mi impedirà di supportarvi nella vostra ricerca. Inoltre, è pur sempre vero che maggiore è il numero di luoghi esaminati, maggiore è la possibilità di ritrovarla.- Concluse il suo discorso con un soave sorriso.
Questa volta, fu Amrothos a farsi avanti per proferire parola. Prese le mani dell'elfa tra le sue e, stringendole, rispose al suo sorriso.
-A nome mio e dei miei fratelli vi ringrazio, Aredhel e spero che un giorno, presto o tardi, le nostre strade si possano rincontrare.-
La fanciulla annuì e chinò elegantemente il capo in segno di saluto.
-Namárië1. Abbiate cura di voi, e che i Valar vi assistano.- 






1 “Addio” in lingua elfica. Devo dire che sono certa del Quenya, ma non altrettanto sicura che si dica allo stesso modo in Sindarin (nda).




Per chi è arrivato in fondo, Belthil, la fanciulla Maia citata da Amrothos, è un personaggio di sorridopernullawow , mentre Aredhel è un personaggio di janineryan . Entrambe sono bravissime scrittrici, quindi vi consiglio di dare un occhio alle loro storie. Come sempre, se volete lasciare un parere fra le recensioni, siete i benvenuti e mi rendete felicissima. A presto! ^O^

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Capitolo 10
*** Edoras in Festa ***


Questa fiction vuole essere un esperimento "interattivo" per coinvolgere più possibile tutti quegli ammiratori dell'Universo di Tolkien che vorrebbero vedere sé stessi o un proprio personaggio inserito nella Terra di Mezzo e che interagisce con i personaggi presenti. Da lettrice, mi è sempre capitato di volermi immergere nel mondo di cui stavo leggendo e che mi appassionava e penso che ciascuno di noi debba avere la possibilità di far parte di ciò che gli piace. 
Il progetto funziona così:
1) Chi fosse interessato a far parte della storia deve scrivermi un messaggino privato, dove mi specifica il nome e una piccola descrizione del personaggio che vorrebbe inserire nella storia (ad esempio: che ruolo ricopre, di quale razza fa parte, se ha famiglia, se vorrebbe essere accoppiato o imparentato con uno dei personaggi già esistenti, una piccola descrizione fisica, come vorrebbe interagire nella storia, ecc...)
2)Piccola regolina: prima di inviarmi un eventuale messaggio privato, lasciate una piccola recensione al capitolo, per farmi capire cosa ne pensate della storia e per farvi conoscere e riconoscere.
3)Purtroppo potrebbe capitare che un personaggio con cui desiderate interagire sia già stato "preso". In tal caso ci si può accordare e trovare un compromesso, ma ahimè, vige la regola del "primo arrivato". In ogni caso io cercherò di fare il possibile per accontentarvi :)
4)Anche se la trama è ambientata durante la guerra dell'Anello, questo non vi impedisce di avere un personaggio che ha a che fare anche con altri periodi storici dell'Universo di Tolkien. Per nostra fortuna, il professore ha creato razze immortali e razze longeve, quindi se, ad esempio, siete particolarmente appassionati de potete inventarvi un personaggio che ci sia stato allora e che ci sia anche durante la trama corrente. Potremo poi rivedere scene del suo passato tramite flashback, narrazioni, ecc...



Carissimi lettori, sono finalmente tornata dopo una imperdonabile, lunghissima assenza. Purtroppo, come avevo preannunciato, nei mesi trascorsi in Cina non ho avuto la possibilità di collegarmi a EFP (problemi di VPN) e, una volta tornata in patria, un simpaticissimo trasloco mi ha tenuta impegnata e senza internet. MA...ora rieccomi qua! Capisco che la mia assenza è stata interminabile e capisco che molti i voi potrebbero non aver voglia di riprendere la lettura e MAGARI vi siete anche dimenticati la trama dei capitoli letti in precedenza. Per ovviare al problema, quindi, scrivo un brevissssimo riassuntino, di modo che i più smemorini  ( <3 ) possano rinfrescarsi la memoria. Per chi di voi, invece, ha una memoria di acciaio (sappiate che vi invidio), il riassuntino non serve a un'emerita cippa e può proseguire direttamente nella lettura del capitolo.

RIASSUNTINO (INOINOINO)
Anno 3018 della Terza Era, a Rohan le cose non vanno benissimo: gli orchi saccheggiano e fanno macello a destra e a manca ed il principe Theodred non riesce più a tenere la situazione a bada. Torna in patria col cugino dopo una lunga campagna e scopre che la sua amata si è recata nel suo villaggio nativo per motivi misteriosi. Desideroso di saperne di più e, ovviamente, di rivederla, parte con Eomer (sì, lo so, ha l'accento sulla E, ma non ho voglia di cercarlo) ed Eowyn e si dirige verso il paesello della sua amata (Per gli smemorini, si chiama Brihtfyr).
Cambiamo aria: Dol Amroth. Lothiriel (altro accento mancante) riceve la visita dei cugini Boromir e Faramir e del simpaticissimo (?) zio Denethor (per gli amici, Mortimer il Pessimo), che vuole farla sposare con il suo primogenito. Peccato che nè lei nè Boromir vogliano sposarsi (tra l'altro, quest'ultimo ha perso la testa per Marian, la bibliotecaria, e proprio non ne vuole sapere di avere un'altra). Così, zitto zitto, aiuta Lotty a scappare, ma nel farlo si fa male ad una gamba (SFIGATO!).
Nel corso della fuga, Lothiriel incontra Talyon, che la accompagna per un pezzo di strada, e poi la pianta misteriosamente in asso. Lei si ritrova, indovinate un po'? A Rohan, ovviamente! E chi incontra? Eomer, ovviamente (insieme a Theodred, Eowyn e la ritrovata Brihtfyr). Alla fine, lei se ne va a Edoras con loro e tanti saluti.
Nel frattempo, a Minas Tirith, Denethor è incazzato nero e manda un ambasciatore PROPRIO a Edoras (si chiama Earnil) e, in tutto ciò, fa qualche sfollata tipica del suo carattere mite e simpatico.
Anche i fratelli di Lotty sono sulle sue tracce e, mentre la cercano, incontrano un'elfa di nome Aredhel.
Bene...più o meno era andata così. Buon proseguimento :-)
Ps: ho assolutamente dimenticato il font e la dimensione del carattere che avevo usato per gli scorsi capitoli, quindi confido che chiuderete un occhio su queste piccolezze! ;-)



10.Edoras in Festa




Diverse settimane erano trascorse da quando Lothíriel era giunta a Edoras e ora un piacevole profumo di primavera invadeva l'aria fresca. Il sole caldo e limpido illuminava le immense distese d'erba, donando alla vista un panorama incantevole e suggestivo, dove il verde dei teneri germogli si stagliava sino all'orizzonte, incontrando un cielo azzurro e privo di nubi. La natura era finalmente rinata, benedicendo la terra coi suoi frutti: i rami degli alberi erano carichi di foglie e fiori e i porticati di Meduseld erano cosparsi di petali che dipingevano il cortile di un rosa pallido.
Anche Théoden sembrava trarre giovamento dall'arrivo della bella stagione: ora la sera si concedeva lunghe passeggiate all'interno dei giardini di palazzo e, complice il tepore pomeridiano, si tratteneva sino all'imbrunire.
Un altro lieto evento aveva fatto gioire gli abitanti della capitale: il principe Théodred aveva annunciato di volersi unire in matrimonio con dama Brihtfyr ed ora i sudditi attendevano con trepidazione la data delle nozze. A tale proposito, era stata organizzata una grande festa di paese, che avrebbe avuto luogo di lì a pochi giorni, e alla quale sarebbe stato ammesso chiunque avesse avuto desiderio di parteciparvi. 
Lothíriel si sentiva eccitata al pensiero di una fiera di paese: a causa della sua appartenenza ad un rango elevato, non aveva mai partecipato ad un tale evento e ciò lo rendeva ancora più elettrizzante ai suoi occhi.
Il giorno tanto atteso, infine, giunse e la fanciulla si levò di buon'ora per recarsi alle scuderie. Era ormai ben avvezza alla vita nel Palazzo d'oro e, già da qualche giorno, riusciva a percorrere tutti i corridoi di Meduseld senza perdersi. Superò agilmente la sala del trono, resa buia, come sempre, dallo spessore delle tende perennemente tirate a coprire le alte finestre arciformi, quindi spalancò con forza il portone dorato. Una ventata di aria fresca la investì in pieno viso e la luce accecante del sole le fece stringere gli occhi brillanti. Sorrise felice, sentendo il cuore farsi improvvisamente leggero, e si accorse soltanto dopo alcuni istanti di una sagoma che la fissava qualche gradino più in basso.
Sbatté le ciglia sorpresa nel riconoscere Léod nella figura stante.
-Quale incantevole visione già di prima mattina!- Esclamò il giovane cavaliere con un sorriso irriverente dipinto sulle labbra carnose. La prestanza del corpo e la bellezza tipica della gioventù lo rendevano piacente agli occhi di molte fanciulle Rohirric e ciò conferiva al cavaliere una certa sicurezza nei modi e un ardire inconsueto, che spesso lo faceva apparire fin troppo sfrontato.
Lothíriel lo fissò senza dire nulla, mentre le guance si velavano di rosso imbarazzo, sino a tingersi di vermiglio. Mai nessuno aveva osato tanto al suo cospetto, e con una tale insolenza, poi!
Ciò nonostante, doveva ammettere che il commento sincero e spontaneo non soltanto non l'aveva offesa, ma addirittura aveva scatenato in lei un moto di segreto piacere mai provato prima.
-Che succede? Vi ho colta di sorpresa, Earfinde?- Scherzò il giovane facendosi innanzi alla fanciulla. I biondi e lunghi capelli leggermente ondulati brillarono al sole del mattino, lucenti come l'oro del portone.
-Non direi.- Rispose lei, fingendosi stizzita. -Ma dovreste attenervi al vostro compito di sorvegliare il Palazzo, invece di magnificarvi al cospetto delle giovani dame.-
Léod non poté trattenere una risata divertita.
-Perdonatemi, mia signora, ma non siete molto credibile nel fingere di fare la sostenuta.-
L'iniziale sorpresa di Lothíriel si trasformò ben presto in curiosità. Da quando era giunta a Edoras aveva avuto modo di incontrare saltuariamente il bel cavaliere, ma non avevano mai scambiato più di qualche convenevole; cos'era, dunque, ora tutta questa intraprendenza?
-Ad ogni modo mi sto recando alle scuderie, quindi se non avete altro da dirmi...-
-In verità, ci sarebbe qualcosa.- La voce di Léod si fece più lieve e incerta. -Mi piacerebbe essere il vostro accompagnatore alla festa di stasera.-
Nell'udire tali parole, la dama di Dol Amroth spalancò le palpebre mostrando le iridi, simili nel colore a due olive. Doveva ammetterlo: l'aveva colta impreparata.
-Ritengo che non ci sia nulla di male.- Rispose un po' impacciata, lo sguardo chino a terra.
-Meraviglioso!- Esclamò il suo interlocutore, mentre le labbra si aprivano in un gioioso sorriso. -Vi incontrerò stasera, dunque.- E ciò detto, dopo aver rapidamente chinato il capo in direzione di Lothíriel, raggiunse l'entrata del palazzo e sparì dietro l'ingresso dorato.
Dopo un breve momento di esitazione, la fanciulla si diresse a passo svelto verso la meta prefissata, con l'intento di prendere in prestito un destriero ed allontanare le preoccupazioni dalla giovane mente con una cavalcata.
Fra i luoghi di Edoras, le scuderie erano senza dubbio uno dei suoi preferiti. Lothíriel, infatti, da sempre nutriva uno sconfinato amore per i cavalli e per il senso di libertà provato nel correre in groppa ad essi per la natura sconfinata. Quando era bambina, suo padre, scherzando, le domandava se in realtà non provenisse dal reame di Rohan ed ora, per ironia della sorte, si ritrovava ospite proprio nel Regno dei Cavalli. Sorrise nel constatare come il destino intrecci curiosamente il fato delle creature e con la mente tornò alla sua bianca dimora, al tepore della sua amata Dol Amroth, allo scroscio delle onde sulla scogliera, ai volti dei suoi cari fratelli, e ad ogni ricordo incorruttibile del suo cuore.
In breve giunse alle stalle e si avvicinò al suo destriero prediletto: uno splendido stallone dal pelo nero come la notte. La folta criniera, dello stesso colore, sfavillava lucente ai raggi del sole che, timidi, si insinuavano fra le fessure delle travi in legno.
-Buongiorno a te, mio bruno amico.- Disse allegramente inchinandosi di fronte al possente animale.
Quello, di tutta risposta, scalpitò con gli zoccoli e avvicinò il muso allo steccato.
Lothíriel accarezzò la solida mascella e fece scorrere le dita nella frangia corvina.
-Oggi è davvero una splendida giornata. Che ne dici di accompagnarmi fino al ruscello che scorre nei prati di Menùr?-
-Parlate coi cavalli?- Una voce ormai consueta colse la fanciulla alle spalle, la quale, con fastidio, riconobbe in essa Éomer. 
La stava schernendo, ancora una volta, e stavolta aveva ragione di farlo, dal momento che l'aveva sorpresa a parlare con un equino. Sentì l'irritazione e l'imbarazzo farsi strada nel suo petto: odiava sentirsi colta in fallo, specialmente da lui.
Lentamente si voltò, posando lo sguardo freddo sul cavaliere.
-Buongiorno a voi, sire Éomer.- Sibilò a denti stretti.
Prestandole poca attenzione, il Rohirrim seguitò nelle faccende in cui era intento. Finì di sellare Zoccofuoco con noncuranza , si avviò verso l'uscita tenendolo per le briglie e, fermatosi a pochi passi dalla soglia, lanciò un'occhiata alla bella Lothíriel, ancora immobile davanti al nero destriero.
-Lo dicevo perché è consuetudine di molti Eorlingas parlare al proprio cavallo.-
Un sentimento nuovo si insinuò nell'animo della giovane, la quale, colma di stupore, non proferì parola. Éomer le stava veramente rivolgendo la parola per dirle qualcosa di gentile?
-Peccato che quello non sia il vostro cavallo.- Sentenziò, pungente come al solito.
-Non vi smentite mai, non è così?- sbuffò indispettita.
Il biondo principe non rispose, ma si limitò ad osservarla con gli occhi attenti.
-Vostro zio, il re, mi ha dato il consenso di...- Prima che riuscisse a terminare la frase, Éomer, apparentemente privo di interesse per le sue parole, riprese a camminare con Zoccofuoco al suo fianco e uscì dalle scuderie, lasciando la fanciulla impietrita, con le labbra ancora spalancate, a fissare la sua sagoma, ormai lontana.
-Come si permette!- Ringhiò a bassa voce, stringendo con forza le dita affusolate intorno alla veste. -Quel....quel...- borbottò senza trovare un aggettivo consono all'atteggiamento, secondo il suo parere, inqualificabile dell'uomo.
La principessa di Dol Amroth fece ritorno nel pomeriggio. Si era decisa a trascorrere più tempo all'aria aperta per smaltire la rabbia e, per questo motivo, si era spinta parecchio oltre rispetto alla meta pensata inizialmente.
Non appena giunse a palazzo, stanca e con le guance arrossate per la corsa a cavallo, Eowyn le si fece incontro.
-Proprio te cercavo!- Esclamò battendo le mani. -Dove sei stata? Fra poche ore la festa avrà inizio.-
Senza saper bene cosa rispondere, Lothíriel si limitò a sorridere con aria innocente.
-E dunque?- Chiese incerta.
-Come sarebbe a dire? Dobbiamo prepararci.- Rispose la bionda dama, come se fosse la cosa più ovvia al mondo. -Presto, seguimi! Ho fatto cucire un abito apposta per te!-
Sorpresa per la dolcezza di quella bella giovane dall'aspetto tanto fragile, Lothíriel sorrise con più coinvolgimento e per un attimo le parve di essere tornata alla vita di corte, a cui era tanto abituata. Si ricordò dei regali di suo padre e delle sarte che cucivano lunghe vesti magnifiche soltanto per lei.
Come poteva una fanciulla di tale garbo e raffinatezza essere sorella di un essere tanto sgraziato?
-Coraggio, mi hai sentita?- La incalzò nuovamente Eowyn, prendendola per mano. -Da questa parte...-




Ben presto calò la sera e si fece buio in tutta Edoras, ad eccezione della piazza illuminata a festa, dove i preparativi erano ormai stati ultimati.
Un concitato chiacchiericcio si levava fra la musica e il rumore scalpitante degli zoccoli. La gente era felice e tornava finalmente a sorridere dopo molto tempo. Questo matrimonio aveva riportato il buonumore in tutta la capitale e ciascuno, in cuor proprio, si augurava che fosse soltanto l'inizio di una ritrovata fortuna nel Regno dei Cavalli.
Il principe Théodred aveva fatto allestire un grande palco torreggiato da un podio, dal quale i due promessi avrebbero annunciato ufficialmente le proprie imminenti nozze.
Tutto intorno si estendevano bancarelle di ogni tipo, imbandite di cibo e di ogni bene. Naturalmente, non mancavano spazi dedicati ai cavalli: vi erano banchetti che vendevano selle e briglie di ottima fattura, altri che vendevano spazzole e utensili per la cura dei destrieri e addirittura una recinzione all'interno della quale ciascuno poteva montare in sella a un cavallo della scuderia reale e provare le migliori cavalcature della Terra di Mezzo. Fra di essi, c'era anche Lohturac, lo stallone che tanto stava a cuore a Lothíriel, il quale pareva non amare l'idea di essere cavalcato da sconosciuti. Ogni volta che un cittadino si avvicinava a lui, nitriva e scalpitava fino a farlo fuggire verso un cavallo più mansueto. La docilità non era certo una delle doti di Lohturac: fiero e maestoso si lasciava avvicinare soltanto da pochi e pareva avere una sensibilità quasi umana, che gli faceva preferire taluni rispetto ad altri.
Accanto alla recinzione, era stato allestito un padiglione aperto, sotto il quale veniva servita la miglior birra di Edoras. Quivi, Léod, in compagnia di alcuni commilitoni, stava brindando in attesa che la sua bella dama giungesse.
-E dunque hai invitato la forestiera!- Esclamò uno dei compagni del giovane Rohirrim.
-La “forestiera” ha un nome e, per tua informazione, è anche molto bello. Si chiama Earfinde.- Puntualizzò sollevando il boccale in un muto brindisi.
-Se la memoria non mi inganna, Earfinde è un nome elfico.- Intervenne Eärnil, giungendo inatteso alle spalle del biondo cavaliere, il quale storse le labbra in una smorfia di fastidio.
-Tuttavia non è un'elfo.- Aggiunse il messo di Gondhor.
-Non lo è.- Sbottò seccamente Léod, fissando il suo interlocutore, ora in piedi di fronte a lui.
-E non è neppure una dama di Rohan.- Proseguì l'uomo.
Queste ultime parole fecero scattare in piedi il giovane, il quale, avvicinandosi a lui fino quasi a toccarlo, prese a fissarlo con fare minaccioso.
-Qual è il tuo problema?- Domandò inquisitorio rompendo il silenzio che era calato poco prima.
-Nessun problema.- Fu la risposta, pronunciata con tranquillità. Ora la tensione era palpabile fra i due e nessuno dei compagni di Léod osava proferire parola.
-E allora fammi il piacere di impicciarti dei tuoi affari, o di tornare a Gondor, se preferisci.- Le iridi azzurre puntate in quelle verdi dell'altro.
-Léod!- La voce di Lothíriel fece voltare di scatto il bel cavaliere e, lanciata un'ultima occhiata di sfida all'opponente, andò incontro a quella che gli parve la fanciulla più incantevole su cui i suoi occhi si fossero mai posati.
La figura snella era fasciata da un abito color vermiglio, che ne esaltava perfettamente l'incarnato di porcellana, e i capelli, ormai raccolti alla maniera Rohirric, incorniciavano un viso armonioso e lineare.
-Earfinde, che piacere vedervi!- Sussultò e, presa la dama sottobraccio, si avviò verso il palco, dove la famiglia reale era riunita per annunciare il lieto evento.
Re Théoden sedeva nel seggio situato nel mezzo del podio. Al suo fianco, vi era Théodred, bellissimo in un abito argento, ornato da intarsi d'oro. Egli teneva la mano candida di Brihtfyr, anch'ella splendida e radiosa in un abito bianco che a Lothíriel ricordò le vesti indossate dalle spose di Dol Amroth il giorno delle proprie nozze.
Alla destra di Théoden, orribile come una macchia nera che rovina la perfezione di un dipinto, Grima Vermilinguo, più disgustoso che mai, si guardava intorno con aria spaesata. Pareva un'orrida creatura che striscia fuori dalla propria tana dopo una lunga clausura e rivede la luce del sole dopo mesi di buio e solitudine. Nemmeno per l'occasione aveva abbandonato le vesti logore e scure, che rendevano la sua figura ancora più tetra e sgradevole alla vista.
Infine, appena più in disparte, Éomer ed Eowyn: l'uno con il consueto sguardo duro e intransigente, l'altra con gli occhi pieni di emozione, ma pur sempre velati da una profonda inquietudine che gravava perennemente sul suo cuore.
L'annuncio fu breve e conciso, poiché la notizia era giunta da tempo alle orecchie dei sudditi e poiché Théodred, che era un uomo saggio e comprensivo, non volle togliere tempo ai festeggiamenti, conscio del fatto che, in quel momento buio, erano proprio ciò di cui la sua gente aveva bisogno.
Lothíriel e Léod ballarono per gran parte della serata e alla fanciulla parve di non essersi mai divertita tanto, almeno non da quando era fuggita dalla sua terra. La musica era allegra, tutto intorno, i colori sgargianti animavano la piazza e il suo accompagnatore le pareva ancor più attraente del solito. Ogni cosa sembrava andare per il meglio e la festa pareva volersi prolungare per tutta la notte, quando un fulmine improvviso squarciò il cielo, seguito immediatamente da un rombo assordante. Non si fece attendere a lungo la prima goccia d'acqua, seguita dalla seconda e poi ancora dalla terza, finché, in men che non si dica, la pioggia iniziò a scrosciare violenta, allagando il palco e le bancarelle circostanti.
Passati i primi istanti di stupore, tutti i partecipanti presero a correre e schiamazzare in cerca di un riparo e la maggior parte di essi si precipitò sotto il padiglione in cui veniva dispensata la birra, l'unico abbastanza grande da offrire protezione a un gran numero di persone.
A Lothíriel, che nella confusione generale era stata separata da Léod, parve di scorgere una chioma bionda allontanarsi al tempo stesso dal palco e dal padiglione delle bevande, ormai troppo affollato, in direzione di un vecchio fienile abbandonato poco distante da lì, circondato da una fitta vegetazione, e, ritenendola una trovata davvero astuta, decise di seguire la figura che si muoveva svelta nel buio della notte.
Quando, poco dopo, giunse all'ingresso della costruzione fatiscente, era ormai fradicia. Il vestito aderiva completamente al corpo freddo e bagnato, i capelli ricadevano in ciocche disordinate, scompigliate dal vento e dalla pioggia, e le scarpe erano inzuppate, tanto da darle l'impressione di camminare a piedi scalzi nell'acqua gelida di un ruscello.
Entrò nel fienile scuro, illuminato solo dai lampi che fendevano il cielo notturno e, guardandosi intorno con cautela, cercò Léod, che momentaneamente si celava alla sua vista.
-Léod?- Mormorò incerta.
Una saetta più forte delle altre cadde con tale violenza che, per qualche istante, parve illuminare a giorno  la zona e la dama poté scorgere di fronte a sé la bionda figura che aveva seguito fin lì.
-Avete sbagliato persona.- Ancora quella voce, ancora quel tono insopportabile.
Compreso immediatamente di chi si trattasse, Lothíriel si voltò di scatto e prese a camminare a grandi falcate verso l'uscita.
-Vi bagnerete ancor di più, Earfinde. Meglio se restate.- Aggiunse inaspettatamente il Terzo Maresciallo del Riddermark.
La fanciulla si bloccò, incerta sull'agire. Quel giorno, Éomer aveva già scatenato le sue ire con la sua insolenza e nulla gli impediva di infierire nuovamente. Già si aspettava l'ennesima battuta pungente, l'ennesimo segno del disprezzo che provava per la donna straniera che sapeva brandire un'arma. Tuttavia le sue previsioni vennero smentite dal silenzio prolungato che prese ad aleggiare nel vecchio granaio: il Rohirrim non pareva interessato ad iniziare un dialogo e Lothíriel, di certo, non avrebbe proferito parola.
La pioggia, intanto, non accennava a voler cessare e, anzi, i primi chicchi di grandine avevano preso a martoriare le piante e tutto ciò che si trovava nella loro traiettoria.
La fanciulla sedette in silenzio in un angolo e, solo allora, si accorse del freddo penetrante che si stava insinuando nel suo corpo. La pelle gelida era percorsa da brividi che la facevano scuotere appena. Si strinse nelle spalle, cercando di non fare rumore, e udì i passi di Éomer farsi vicini.
L'uomo si sistemò accanto a lei e, senza dire una parola, le pose il suo mantello sulle spalle.
-N-non è necessario...- Tentò di obiettare lei, ancora diffidente.
-Avete detto di venire da Sud. Immagino non siate abituata al clima rigido di Rohan.-
Un altro lampo divise il cielo a metà, illuminando i volti bagnati dei due e, per un istante, a Lothíriel parve di scorgere un'espressione indecifrabile, mai vista sul viso di Éomer.
-La mia terra è molto diversa dalla vostra, per molti aspetti.- Rispose.
-Lo immagino, se le donne possono duellare con la spada.- Osservò il principe. Inaspettatamente, nel suo tono non vi era traccia di scherno, né di rimprovero.
-Non è così.- Ammise Lothíriel. -Anche da noi è usanza inconsueta.-
-Immaginavo anche questo.- Rispose lui. -Voi siete inconsueta.-
Non sapendo se considerare le ultime parole come un complimento o una critica, la fanciulla tacque.
-Ho potuto constatare che vi piace molto Lohturac.- Aggiunse il cavaliere dopo qualche attimo di silenzio. -E voi piacete a lui.-
La giovane dama annui muta, in attesa della mossa successiva del suo interlocutore: non aveva idea di cosa aspettarsi da quel personaggio così impenetrabile ed enigmatico.
-Potete averlo, è vostro.- Concluse con voce imperturbabile, che non tradiva alcuna emozione.
Sempre più esterrefatta, Lothíriel spalancò gli occhi, sbattendo le lunghe ciglia arcuate.
-Dite sul serio?-
-Avete la mia parola.- Confermò. -Domani ne parlerò con mio zio.-
Un calore proveniente dall'antro più recondito del suo petto pervase il corpo freddo e bagnato della principessa di Dol Amroth. Sebbene non comprendesse il motivo del cambiamento repentino di Éomer, questa gentilezza inattesa non le dispiaceva affatto.
-Ve ne sono molto grata.- Sussurrò a un fil di voce, mentre le guance le si tingevano di scarlatto e, in silenzio, ringraziava la notte di nascondere il suo rossore.
-Pare che la pioggia si sia quietata.- Disse lui cambiando discorso e alzandosi in piedi. -Meglio incamminarci verso il palazzo.- E, senza aggiungere altro, mosse alcuni passi verso la soglia ed uscì in silenzio, sparendo nella scura e fredda notte.




Tadaaan! Arrivati in fondo. Vi aspetto alla prossima puntata. Se volete, fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo: impressioni sulla trama, sui personaggi, sullo stile, qualunque cosa insomma!
A presto!
Fjorleif


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Capitolo 11
*** Addii e Ricordi ***


Questa fiction vuole essere un esperimento "interattivo" per coinvolgere più possibile tutti quegli ammiratori dell'Universo di Tolkien che vorrebbero vedere sè stessi o un proprio personaggio inserito nella Terra di Mezzo e che interagisce con i personaggi presenti. Da lettrice, mi è sempre capitato di volermi immergere nel mondo di cui stavo leggendo e che mi appassionava e penso che ciascuno di noi debba avere la possibilità di far parte di ciò che gli piace. Per maggiori informazioni, dare un'occhiata all'introduzione nel capitolo I.

"Ritorno da voi, al mutare della marea..."


No, non sono Gandalf. Sono Fjorleif e sono tornata dopo tanti, troppi mesi di abbandono. Vi chiederete: "Perchè mai è sparita per così tanto tempo, per poi ritornare repentinamente,oggi, in questa fredda giornata d'autunno?". Oppure no, magari non ve lo state domandando, ma comunque...non c'è un motivo, e allo stesso tempo ce ne sono moltissimi. Niente, comunque, che giustifichi la mia tremendamente e imperdonabilmente lunga assenza. Oestamente, non so nemmeno chi di voi è ancora su EFP, dato che non sono più entrata nemmeno come lettrice fino a pochi giorni fa (ad eccezione di Evelyn, che vedo sempre molto attiva nella stesura di storie <3). Ciò detto, vi schiaffo questo nuovissimo e inedito capitolo, che spero vi piaccia muchissimo. E' stato scritto a due riprese, a distanza di circa un anno (*O*), ma sono pur sempre io a scrivere, quindi non dovrebbe percepirsi troppo la differenza...credo...
Non mi dilungo ulteriormente. Ai vecchi lettori che ancora vorranno seguirmi, ben ritrovati! Ai nuovi lettori che, spero, si avventureranno con me in questa storia, benvenuti e lieta di conoscervi!

Buona lettura...




11. Addii e Ricordi



-Ricordati di oggi, fratellino. Oggi la vita è bella.-

Parole, uscite così lievi dalla bocca del fratello maggiore, appena qualche ora prima, che adesso risuonavano pesanti come macigni nella testa di Faramir.
In piedi, sull'orlo più alto della ripida scogliera di Minas Tirith, l'uomo osservava, con gli occhi velati di lacrime, la partenza solitaria di Boromir, molto più in basso. Non aveva avuto il coraggio di seguire il corteo sino ai piedi della cittadella, non aveva accompagnato suo fratello per le bianche strade lastricate, giù, fino al portone inespugnabile, ma non si pentiva di ciò, né temeva il biasimo dell'amato congiunto. Boromir avrebbe compreso, l'aveva sempre fatto e mai avrebbe cessato di farlo, di questo era certo. Tuttavia ora, vedendolo in sella al poderoso destriero, mentre varcava la soglia della città diretto a Gran Burrone, un senso di angoscia si era appropriato di lui, spingendo le lacrime a traboccare con più violenza dalle iridi celesti.
-Boromir non avrebbe voluto vedermi perdere il coraggio- Si disse asciugandosi le guance col dorso della mano, ricoperta dal guanto di pelle nera.
Quel tardo pomeriggio estivo, tinto di rosso e porpora, sarebbe stato testimone della partenza del Capitano più valoroso che Gondor avesse visto nelle ultime decadi e Minas Tirith avrebbe a lungo rimpianto la sua assenza.
Dopo aver gettato un'ultima occhiata in basso, Faramir si voltò e, lentamente, fece ritorno al bianco palazzo alle sue spalle.
Anche il corteo che, festante, aveva accompagnato Boromir per l'ultimo saluto si disperse velocemente e il Capitano si ritrovò ben presto da solo a percorrere la via che suo padre aveva deciso per lui.
-Boromir!-
Una voce di fanciulla risuonò alle sue spalle, facendolo voltare. Con immenso stupore, egli vide Marian, in groppa a un robusto cavallo dal manto grigio, affannarsi nella sua direzione e raggiungerlo rapidamente.
Subito arrestò il proprio palafreno, tirando con forza le briglie, al tempo stesso felice e triste di rivedere la sua amata un'ultima volta.
-Allora è vero.- Mugugnò quella, con gli occhi colmi di lacrime che riflettevano la luce tenue del crepuscolo.
-Marian, devo partire. Mio padre...-
-Non mi interessa ciò che vuole tuo padre!- Lo interruppe la bibliotecaria, facendolo sobbalzare per la sorpresa.
-Ho già sopportato di vederti partire per Dol Amroth, quando eri promesso a tua cugina. Ti prego, non andartene un'altra volta.- Le guance, rese rosse dal vento che, durante la corsa, si era infranto contro di esse, erano ora rigate dalle calde lacrime salate, ormai impossibili da trattenere.
-Non piangere Marian, ci rivedremo.- Disse piano lui, accennando un sorriso rassicurante.
-Quando?- Domandò lei tra i singhiozzi.
-Presto. Te lo prometto.-
Una leggera folata di vento scompigliò i lunghi capelli di Marian, raccolti in una morbida treccia che ricadeva sul suo petto generoso.
-Io ti amo, Boromir.- Sussurrò una volta trovato il coraggio di palesare i propri sentimenti. A lungo aveva osservato il Capitano di Gondor prima che egli potesse accorgersi della sua persona e poi, un giorno, finalmente, lui le aveva rivolto la parola: le aveva domandato il suo nome e quale fosse il suo impiego nella cittadella. Da quel giorno, le sue visite alla biblioteca si erano fatte sempre più frequenti e, alle volte, aveva adoperato scuse davvero improbabili per giustificare la sua presenza in quel luogo di sapienza, dove mai si era recato tanto volentieri prima di allora.
-Marian...-
Fece avanzare lentamente il cavallo verso quello della fanciulla e, una volta vicini, tese il braccio verso di lei, sfiorandole delicatamente il mento.
-Marian, sai bene che ricambio i tuoi sentimenti, ma non posso comunque restare. Siamo in guerra e forze più grandi comandano le nostre vite.- Gli occhi grigi scrutavano i tratti dolci e tondeggianti di quel volto che tanto era caro al suo cuore.
-Capisco.- Rispose lei in un sussulto.
-Sì, lo so che capisci, sei intelligente e comprensiva. Voglio svelarti un segreto.-
Curiosa per natura, Marian alzò il viso segnato dal pianto.
-Devi promettermi che non lo dirai a nessuno, qualunque cosa dovesse accadere.-
-Te lo prometto.-
-Lothíriel non è stata rapita: lei è fuggita ed io l'ho aiutata nella sua fuga.-
Nell'udire queste parole, le palpebre della giovane donna si spalancarono per lo stupore. Si chiese perché Boromir potesse aver fatto una cosa simile, ma, nonostante non avesse ancora posto la domanda, la risposta non tardò a giungere spontaneamente dalle labbra dell'uomo.
-L'ho fatto perché anch'io ti amo e non avrei mai potuto sposare un'altra donna, per quanto splendida o nobile potesse essere.-
Marian non fece in tempo a ribattere, poiché la bocca del cavaliere si era già posata sulla sua in un dolce bacio di addio.
-Attendi il mio ritorno, Marian, e quando tutto questo sarà finito, potremo finalmente stare insieme.- E, detto ciò, fece nuovamente virare il cavallo e si allontanò, riprendendo il suo viaggio.
Ancora in silenzio e col petto colmo di emozioni contrastanti che le affollavano il cuore e la mente, la fanciulla osservò il suo amato farsi sempre più lontano nel rosso dell'orizzonte. Qualcosa le diceva che non si sarebbero più rivisti, lo sentiva nell'antro più recondito della sua anima, ogni fibra del suo essere lo urlava a squarciagola, ma lo lasciò comunque andare. In fondo, chi era lei per opporsi al volere del Sovrintendente o, ancor peggio, a quello dei Valar?
Quella fu l'ultima volta che Marian la bibliotecaria vide Boromir, Capitano di Gondor, partito all'imbrunire e mai più ritornato nella bianca ed eterna Minas Tirith.

 

 

 

 

 

 

 

-È veramente necessario tutto ciò?- Sbuffò la fanciulla mentre una donna molto più anziana di lei le sistemava i lunghi capelli castani, intrecciando le onde, sinuose come flutti marini, in un'acconciatura intricata.
-Non vi lamentate, mia signora Lothíriel, dovete apparire al meglio di fronte ai maggiori rappresentanti delle nobili casate di Gondor. Sono certa che vostro padre si augura che, ammirando la vostra folgorante bellezza, qualcuno di loro si offra come vostro pretendente.-
Il volto della giovane Principessa si incupì. Chinò lo sguardo, abbassando le palpebre ornate da lunghe ciglia arcuate, ed emise un impercettibile gemito di rassegnazione. Era questa, dunque, la vita che le era stata destinata, decisa per lei da altri. Alzò gli occhi luminosi, che nelle giornate autunnali risplendevano di un colore che virava verso il grigio freddo, pur mantenendo il loro tipico tono di verde, e rimirò la sua stessa figura, che si rifletteva dinnanzi a sé nello specchio. Indossava un magnifico abito candido, il cui corsetto era intarsiato di pietre preziose, che sfavillavano al minimo movimento del tessuto. I diversi strati di velo bianco ricoprivano la sezione di pelle rimasta nuda, celandola solo parzialmente agli occhi indiscreti dei dignitari, che presto avrebbero avuto il piacere di posare gli occhi su di una dama tanto aggraziata.

-Erchirion mi aveva promesso che sarei andata a cavalcare con lui oggi.- Mugugnò Lothíriel, più a sé stessa che non all'affaccendata cortigiana.
-Con il dovuto rispetto, mia cara, cavalcare non è certo affare di una principessa. Molte aspettative gravano su di voi, in quanto figlia di uno dei membri più rispettabili della nobiltà.- Prese a dire la donna. -Vostro padre non soltanto è il principe di Dol Amroth, ma è anche imparentato con...-
-Lo so, lo so.- Sbottò spazientita Lothíriel, che aveva già sentito quelle parole uscire innumerevoli volte dalla dama di corte. La donna rispondeva al nome di Elonise ed era una robusta signora di mezza età, appartenente alla classe media del regno. Nata come una semplice sarta, aveva avuto la fortuna, o la disgrazia, di sposare uno dei comandanti dell'esercito di Dol Amroth, tale Elodrin, uomo estreamente rigido e frugale, abile guerriero e capitano autorevole. Al contrario del marito, Elonise era ambiziosa e l'aver vissuto la prima parte della sua vita in condizioni modeste l'aveva portata ad avere un debole per il lusso e gli agi della vita di corte e ad invidiare chi, per fortuna concessa dai Valar, era nato in una famiglia abbiente senza aver alcun merito. Non appena maritata, aveva fatto il possibile per generare degli eredi al consorte e guadagnarsi, di conseguenza, il suo favore e la sua incondizionata devozione; una volta ottenuti, si era affaccendata affinchè il marito le trovasse una posizione a palazzo, in qualità di dama di corte, ottenendo, ben presto, anche quella.
A Lothíriel non piaceva Elonise, né tollerava i suoi atteggiamenti, troppo affettati, a suo dire. Ancora si domandava perché, quel giorno, la gradita presenza di Adraorien fosse stata sostituita dai fastidiosi pettegolezzi della donna che ora le stringeva con troppa forza il corsetto prezioso.
-Ah!- Un gemito di dolore scivolò dalle labbra della fanciulla. -Così non riuscirò nemmeno a respirare, figuriamoci ad andare a cavallo.-
-Mia signora,- proferì lentamente la dama, e a Lothíriel parve di scorgere una nota spazientita nella sua voce. -I Valar vi hanno concesso la fortuna di nascere in una delle più nobili famiglie dell'intero continente. Il vostro unico compito è di apparire splendida, come un gioiello: non dovete fare altro che apparire gradevole agli occhi dei nobili là fuori.- Le sue labbra si tirarono in un sorriso falso, carico di gelosia.
-Almeno finchè non troverete marito e non gli darete un erede.- Si affrettò ad aggiungere. -Lasciate dunque perdere le cavalcate e tutto ciò che è di competenza degli uomini. Di quello si occuperà il vostro consorte!-
Quelle ultime parole trafissero dolorosamente il cuore di Lothíriel, come una freccia dalla punta imbevuta di veleno, che si sparge lentamente nel petto sino ad investire ogni fibra del corpo. Non ebbe la forza di controbattere, così se ne stette quieta, in silenzio, finchè Elonise non ebbe completato la missione che aveva preso tanto sul serio.
-Ma guardatevi, siete incantevole! Nessuno saprà resistere a tanta bellezza!- Sibilò con parole colme di falsa ammirazione. -Presto, vostro padre vi aspetta nella Sala del Banchetto.-

 

 

-Come sta?- Domandò una voce inquieta all'ingresso della stanza da letto dove Lothíriel riposava, vegliata da Eowyn.
-Léod! Cosa ci fai qui? Non dovresti avvicinarti aquest'ala del palazzo.- Lo riprese la bianca dama di Rohan.
-Perdonatemi, mia signora Eowyn, ma sono in pena per la salute di Earfinde.-

La fanciulla dalla chioma dorata fissò il giovane cavaliere con sguardo colmo di comprensione. Sapeva che non era indifferente alle sorti della nuova arrivata, lo si vociferava a palazzo e, ad ogni modo, glie lo si leggeva negli occhi.
-La febbre non accenna ad abbandonarla e il suo sonno è inquieto, pare turbato da incubi. Di tanto in tanto, dalle sue labbra sfugge un qualche nome sconosciuto, ma non riesco a farla destare.- Era preoccupata per quella fanciulla misteriosa, della quale conosceva così poco, ma alla quale si sentiva estremamente affine. Era forte, l'aveva vista combattere, eppure ora non si capacitava di come la malattia la stesse provando sino a tal punto.
-Dev'essere stato il temporale che è scoppiato nel corso della festa.- Sussurrò Léod, quasi leggendo i pensieri della principessa di Rohan.-Il paese dal quale proviene si trova a sud, non deve essere abituata al nostro clima.- Sentenziò, lanciando una rapida occhiata all'interno della stanza, come per cercare la figura della fanciulla di Dol Amroth. Lo sguardo non passò inosservato ad Eowyn, che si scostò dalla porta, invitando il cavaliere ad entrare.
-Coraggio, entra, ma non farne parola con nessuno.-
Un sorriso riconoscente illuminò il volto del giovane, che si precipitò alla soglia del letto dove Lothíriel riposava. Era pallida e il volto segnato da un'espressione inquieta. Léod si meravigliò nel constatare che, ai suoi occhi, appariva comunque incantevole.
Le afferrò delicatamente una mano fredda, stringendola fra le sue, grandi e calde, e prese a fissarla con apprensione.
-Dite che si riprenderà, mia signora?-
-Non lo so Léod, per ora possiamo soltanto aspettare.-




Spazio d'Autrice

Un paio di piccole osservazioni, veloci veloci, che non vi ruberanno troppo tempo:
1) Ho riletto e apportato qualche insignificante modifica ai capitoli precedenti. Tipo, in un capitolo avevo scritto di Boromir "il biondo capitano di Gondor". Ho tolto l'attributo "biondo", che probabilmente mi era sfuggito pensando a quel bonazzo di Sean Bean che bisbiglia: "One does not simply walk into Mordor...". Comunque, restando fedele a Tolkien, Boromir  è bruno. E fico. Ok, è sempre fico.
2) Spero si sia capito che la parte in corsivo è un sogno/ricordo di Lothiriel, che, febbricitante, sta avendo un trip che neanche la migliore erba pipa del Decumano Sud...
3) Il capitolo doveva essere più lungo, dal momento che seguirà anche la continuazione del sogno/ricordo di Lothiriel, ma non volevo appesantirvi troppo, così ho deciso di dividerlo in due.

4) Ovviamente sono avida di pareri, tipo Thorin con l'Archengemma (no dai, magari non propio così tanto), quindi aspetto di sapere cosa ne pensate, sempre che vi faccia piacere lasciarmi una recensione. Ringrazio anche chi legge e non commenta, ma comunque legge e, in qualche modo, contribuisce a rendere più viva questa mia storia.

A prestissimo, spero! :-*

 

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Capitolo 12
*** Il Risveglio ***


Questa fiction vuole essere un esperimento "interattivo" per coinvolgere più possibile tutti quegli ammiratori dell'Universo di Tolkien che vorrebbero vedere sè stessi o un proprio personaggio inserito nella Terra di Mezzo e che interagisce con i personaggi presenti. Da lettrice, mi è sempre capitato di volermi immergere nel mondo di cui stavo leggendo e che mi appassionava e penso che ciascuno di noi debba avere la possibilità di far parte di ciò che gli piace. Per maggiori informazioni, dare un'occhiata all'introduzione nel capitolo I.


E rieccomi fra di voi!
Scusate, ci ho messo un po' ad aggiornare, ma questi giorni sono stati veramente pieni e intensi! Stasera scrivo in verde perchè mi sento molto Rohirrim B-)
Ebbene, come qualcuno di voi forse saprà, oggi c'è una piccola sorpresa per voi...
Ecco un immagine con alcuni personaggi della fanfic numerati da 1 a 9. Diciamo che questo è un piccolo quiz per voi e il vincitore riceverà un premio! :-D Per saperne di più, date un'occhiata in fondo al capitolo! Buona lettura! :-*



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12. Il Risveglio

 

La Sala del Banchetto era un'ampia stanza dagli spazi arieggiati, illuminata dalle grandi vetrate che si estendevano lungo buona parte delle pareti. Al suo interno si trovava un imponente camino di marmo, che occupava una grossa porzione di un lato del salone. Una lunga tavolata si stagliava nel mezzo, posandosi su di un tappeto color crema e argento, mentre tutto attorno poche, sontuose decorazioni impreziosivano le circostanze. Nel complesso, il luogo trasmetteva un senso di candore ed elegante semplicità, riassumibili nella parola “bianco”. Così apparve a Lothíriel la Sala del Banchetto: bianca. Per anni l'aveva vista e vissuta, partecipando a cene formali o feste indette da Imrahil, ma mai l'aveva osservata a fondo come allora; in quel momento ogni scusa era buona per estraniarsi dai noiosi chiacchiericci dei nobili che si trovavano a banchettare in sua compagnia, potenziali pretendenti alla sua mano, e lei avrebbe desiderato trovarsi ovunque, tranne che in quella precisa stanza.
Distolse lo sguardo dalla statua color avorio, che ormai fissava da alcuni minuti, e si guardò intorno, scrutando i presenti e cercando di capire chi fra di loro sarebbe stato un marito peggiore. Di fronte a lei, un uomo sulla quarantina dai capelli crespi e rossicci, che ricadevano sulle spalle, conversava in modo pomposo con il Principe. Il volto dalla pelle flaccida e dagli occhi cadenti era incorniciato da una barba striminzita -se barba si poteva definire quella rada peluria che copriva la punta del suo mento- che ricadeva arricciandosi sul fondo. Lothíriel sghignazzò fra sé e sé, pensando a quanto quel nobile spocchioso le ricordasse un grasso rospo.
Rapida, fece cadere gli occhi su un giovane seduto qualche posto più in là. Capelli scuri, occhi castani, tratti regolari. Non sarebbe stato poi tanto male d'aspetto, si disse, se non fosse stato per quell'aria da imbecille dipinta in volto. Sospirò, constatando che avrebbe preferito restare bambina e non doversi attenere alle regole di etichetta, che le imponevano di essere una dama a modo, graziosa e di belle maniere anche quando non desiderava esserlo.

-Vostra figlia è veramente silenziosa, principe Imrahil.- Proruppe ad un tratto uno dei commensali. -Dote assai rara in una donna. Si direbbe che sia la moglie perfetta.-
Indignata da quelle parole così pungenti e, soprattutto, rivolte a lei, la fanciulla fece saettare lo sguardo sulla persona che le aveva pronunciate. Era un uomo dai tratti maturi, di età presumibilmente fra i trentacinque e i quarant'anni e dalle caratteristiche fisiche tipiche della gente di Gondor. Gli occhi grigi e la chioma corvina lo rendevano simile a un membro della stirpe Dúnedain, mentre le spalle ampie e dritte facevano presumere una statura imponente. Il viso era ricoperto da una corta barba ordinata, che correva tutto intorno alla bocca dalle labbra ben definite, che ora si tiravano in un sorriso malizioso e ammiccante.
Lothíriel strinse con forza il tovagliolo fra le dita, già pronta a rispondere in modo tagliente a quell'uomo di bell'aspetto, ma tremendamente fastidioso, quando suo padre posò una mano sulla sua, lanciandole un'occhiata eloquente. La Principessa si morse la lingua, cercando di riacquisire compostezza.
-Di certo mia figlia possiede molte delle qualità che un uomo troverebbe desiderabili.- La voce di Imrahil rimbombò pacata nella stanza, infondendo calma e reverenza nei presenti. -Per questo motivo desidero che soltanto una persona degna di lei viva al suo fianco.-
La fanciulla sorrise fra sé, compiacendosi delle parole del padre e puntando gli occhi chiari sull'insolente nobile che aveva parlato poco prima. Quello, di tutta risposta, le rivolse un sorriso sghembo, fissandola con uno sguardo di ghiaccio di chi è ben consapevole del proprio indiscusso fascino.
-Avete ragione, mio signore.- Riprese, poi, a dire. -Ed è per questo che ho l'ardire di reputarmi il più degno tra i pretendenti, in quanto signore del Lebennin.-
Nella sala cadde il silenzio, rotto soltanto dalle parole di Imrahil.
-Lasciate scegliere a me, Arnagar, figlio di Arnion, chi sia il partito migliore per mia figlia.-
-Mio caro Imrahil! Siete principe, è vero, questo ve lo concedo, ma è un titolo che è stato donato molto tempo addietro ai vostri avi e che ha perso di valore, ora che siamo alle soglie di una guerra. Il Belfalas non è una regione tanto vasta e, ditemi, di quante truppe può disporre l'esercito di Dol Amroth? Che partito migliore potreste pretendere per vostra figlia? Un re, forse?- Domandò, sorridendo beffardo.
Accecata dall'ira, ma ancora titubante, Lothíriel fece cadere il suo sguardo fuori dalle vetrate che davano sulla terrazza, da dove il fratello Erchirion, appena giunto, le faceva cenno di raggiungerlo. La Principessa, preso coraggio, si alzò sbattendo le mani sul tavolo e spostando la sedia rumorosamente. Fissò Arnagar dritto in volto, senza una traccia di timore, un sorriso deciso a solcare le labbra carnose.
-Forse non sposerò un re, o un principe, ma ciò che è certo è che non sposerò voi.- Sentenziò pungente. -Nè alcuno dei presenti.- Aggiunse alzando lo sguardo sui commensali e, con passo svelto e deciso, si precipitò sull'ampio balcone dal quale il fratello la fissava esterrefatto.
Lesta, prese la mano di Erchirion e corse via con lui lungo le bianche scalinate esterne del palazzo, sciogliendosi ad ogni gradino i rigidi nodi del corsetto fasciante e facendo crollare la solenne acconciatura nella quale i lunghi boccoli erano costretti. Quel giorno giurò a sé stessa che mai, per nessun motivo, sarebbe scesa a compromessi. Sarebbe sempre rimasta fedele a sé stessa, alla sua persona e al suo cuore, intraprendendo la strada che lei, e soltanto lei, avrebbe scelto.

 

 

La sera era ormai calata ad Edoras e Léod aveva da poco lasciato la camera nella quale giaceva Lothíriel. Anche Eowyn si apprestava a coricarsi, non prima di aver posto un panno bagnato sulla fronte della compagna. Si diresse verso l'uscita, chiudendo la porta alle sue spalle, pronta per recarsi nelle sue stanze, reggendo una lanterna dalla luce flebile nella mano destra. Non aveva mosso che pochi passi, quando vide un'imponente figura farsi incontro. Subito riconobbe in essa il fratello, il quale, con aria circospetta, si aggirava nel corridoio.
-Che cosa ci fai qui, Éomer?- domandò sorpresa.
L'uomo si schiarì la voce, cercando di mantenere contegno e autorità.
-Mi accerto che tutto vada per il meglio.-
-Sei venuto a far visita a Earfinde?- chiese con aria sempre più esterrefatta. Da quel che aveva visto, non le pareva che il fratello avesse preso particolarmente in simpatia la fanciulla straniera, né se lo sarebbe aspettato, dal momento che, per indole, guardava sempre con diffidenza a chi non conosceva.
-Non dire sciocchezze!- Proruppe quello. -Mi domandavo dove fossi finita tu.- Concluse con voce secca e decisa. Ed Eowyn gli avrebbe creduto, se non avesse notato un tentennamento, un segno inconfondibile dell'imbarazzo di Éomer. Egli aveva, infatti, piegato leggermente la testa di lato, venendo così tradito dalla mimica facciale ben nota all'occhio attento della sorella.
-Non si è ancora destata.- Sospirò, infine, la bionda dama. -Temo per la sua sorte.- E, detto ciò, si allontanò, sparendo nel buio del corridoio.
Il Maresciallo rimase fermo, in silenzio, per qualche istante, fissando la porta in legno di noce, oltre la quale la fanciulla del sud riposava. Non si spegava perchè si fosse recato lì, forse si sentiva, in qualche modo, responsabile della sua malattia. Se solo non l'avesse seguito quella sera, i suoi abiti non si sarebbero infradiciati e, probabilmente, la febbre non sarebbe comparsa.
Posò la mano sulla maniglia, spinse la porta pesante, facendo irruzione nella stanza buia, e si sedette al capezzale della malata, senza proferire parola. Per qualche istante, fissò il volto pallido, che gli ricordò la porcellana traslucida dei vasi ornamentali, e pose una mano sulla fronte bollente. Scosse il capo in disappunto, gli occhi preoccupati puntati sul viso dai bei tratti, quando dalle labbra della fanciulla uscì un suono.
-Erchirion...- sussurrò febbricitante, pur senza riprendere coscienza.
-Erchirion?- Ripetè Éomer perplesso, domandandosi a chi appartenesse quel nome. Di certo, si disse, non proveniva dal regno di Rohan e non apparteneva sicuramente ad una fanciulla. Ancora assorto nei suoi pensieri, avvertì una mano gelida afferrare flebilmente la sua. Abbassò lo sguardo, constatando che si trattava della candida mano della fanciulla che giaceva, ancora priva di sensi, nel letto a baldacchino e che ora stringeva piano le sue dita, il volto tormentato dal sonno malato. Si sorprese avvertendo la pelle morbida e soffice di quella mano così delicata, così diversa dalla sua, divenuta ruvida e callosa a forza di stringere le redini del destriero e l'elsa della spada. Prima di allora aveva potuto osservare altre donne, toccarle ed esplorare i loro corpi, ma non si era mai soffermato a lungo su un dettaglio, apparentemente insignificante, come la delicatezza della loro pelle. Sdraiata fra le calde coperte di lana, quella fanciulla gli appariva così fragile, come un prezioso gingillo di cristallo, pronto a frantumarsi con facilità qualora colpito. Eppure, la fanciulla del sud aveva dato prova di una forza encomiabile e fuori dal comune, brandendo la spada contro molti nemici.
Con la mente colma di pensieri, il Maresciallo trascorse l'intera nottata nella stanza di Lothíriel a vegliare su di lei, pur ignorando la sua vera identità.

 

 

L'indomani giunse inaspettato e veloce, cogliendo alla sprovvista Éomer. Gli parve che fossero trascorse soltanto poche ore, quando la luce del mattino entrò nella stanza, filtrando attraverso le tende e colpendo il bel volto serio e corrucciato. Aggrottò le sopracciglia, infastidito dal raggio di sole che, insistente, puntava sugli occhi nocciola, e si alzò dalla scranna su cui aveva trascorso la notte. Fece alcuni passi in direzione del catino per abluzioni posto in fondo alla stanza e versò dell'acqua dalla brocca. Immerse le mani massicce, sciacquandole energicamente e, solo in seguito, bagnò il viso, lavando via la stanchezza.
Era ancora voltato verso la parete, quando un rumore sommesso lo colse alle spalle. Udì il movimento delle coperte e un lieve mugolio provenire dal giaciglio nel quale Lothíriel riposava.
Sbattendo con fatica le lunghe ciglia arcuate, la fanciulla aprì gli occhi, rischiarati dal sole del mattino, che ora trafiggeva le sue iridi. Inspirò profondamente, prendendo dentrò di sé quanta più aria possibile, come chi riemerge dall'acqua sdopo aver trattenuto il fiato a lungo, e voltò la testa di lato. Impiegò alcuni secondi prima di avere una visione nitida della stanza e, quando infine l'ebbe, notò una figura stante nella penombra, che le dava le spalle. Era un uomo, di ciò era certa, ma la luce rarefatta non le permise di capire subito di chi si trattasse.
-Che giorno è?- Domandò spaesata.
L'uomo voltò il capo di profilo, osservandola brevemente prima di tornare a mostrarle la nuca.
-È il sei di Luglio.- Rispose secco. -E voi avete dormito per diversi giorni.-
Lothíriel strabuzzò gli occhi nel vedere Éomer. Com'era possibile che proprio lui si trovasse nella sua stanza in quel momento? Fra tutti, non si sarebbe mai aspettata che l'orgoglioso Rohirrim l'accudisse nella malattia.
Raccogliendo le forze, sollevò la schiena, posandola contro i morbidi guanciali di piume e mettendosi seduta.
-Vi ringrazio, mio signore, per essere stato al mio fianco.- Disse piano, senza ottenere alcuna risposta dall'uomo, che, nel frattempo, si stava asciugando le braccia e il volto con un panno.
Dopo alcuni secondi, Lothíriel decise di rompere il silenzio imbarazzante che aleggiava nella stanza.
-Esattamente quanti giorni ho dormito?-
-Sei giorni, durante i quali la febbre non vi ha mai abbandonata.- Replicò Éomer voltandosi verso di lei e avvicinandosi al letto. -Evidentemente, la costituzione degli uomini del sud non è resistente: fareste meglio a tornare da dove siete venuta, se volete scampare al prossimo inverno.-
La principessa avvertì una fitta dolorosa trafiggerle il petto e le lacrime spingere per traboccare dai suoi occhi. Perché quell'uomo era sempre così sgarbato nei suoi confronti? A cosa era dovuto tanto astio?
Strinse con forza le coperte, sforzandosi di non piangere: non gli avrebbe concesso questa soddisfazione, né il privilegio delle sue lacrime. Tuttavia, esse, infine, tracimarono, riversandosi copiosamente sulle guance, che avevano appena riacquistato colore. Non aspettandosi una tale reazione, Éomer spalancò gli occhi, trovandosi impreparato di fronte al pianto della fanciulla. Avvertì una sensazione di disagio nel constatare di non aver la più pallida idea di come gestire la situazione, né di cosa dire. Così, si sedette sul ciglio del letto, posando una mano sulla sua spalla e fissandola con aria impacciata.
-Riposate ancora un po': ora state meglio, ma saranno necessari ancora alcuni giorni prima che vi rimettiate del tutto.- Ciò detto, fece un breve cenno di assenso col capo e lasciò la stanza, desideroso di sfuggire al più presto da quella situazione incresciosa.

 

 

 

 

Il sole era ormai sorto sulle verdi valli di Rohan, risvegliando la natura dopo la notte umida e scura. Una figura si stagliava snella ed elegante sul promontorio di fronte ad Edoras, dal quale si poteva ammirare l'intera città e il palazzo d'oro che, in lontananza, luccicava alla calda luce del giorno.
Una folata di aria fresca mosse la chioma color dell'ebano della fanciulla elfo che ammirava dall'alto il panorama verdeggiante. Raccolse l'arco e la faretra da terra, rimettendoli in spalle e sospirò.
-Edoras, la città d'oro. Qui troverò sicuramente ciò che sto cercando.-
Aredhel era finalmente giunta nel regno di Rohan.





Spazio d'autrice

Eccoci qua, finalmente Lothiriel si è svegliata, non senza darci la conclusione del suo ricordo ambientato a Dol Amroth. (Sì, per chi di voi non l'avesse capito, questa era la continuazione del ricordo/sogno del capitolo precedente). E cosa starà cercando Aredhel a Rohan?
Ora, veniamo alle cose serie, ovvero il giochino stupidino che vi propongo. Chi di voi riuscirà ad indovinare per primo i personaggi dell'immagine riceverà un premio. Il premio consiste in
A) Uno spin-off consistente in una one shot su un personaggio a scelta. (Può essere il vostro OC, l'OC di qualcun altro o un personaggio canonico della fiction A PATTO CHE sia uno dei personaggi già comparsi. Tipo, Aragorn non è ancora comparso, quindi niente one shot su di lui)
OPPURE (vuol dire o l'opzione A o l'opzione B, non tutte e due)
B) Un disegno completo di un personaggio a scelta. (Vedi sopra)

Le regole: quando commentate, in fondo alla recensione, mettete i numerini corrispondenti al disegno del personaggio e il nome che secondo voi corrisponde a tale personaggio. Non mandatemeli via messaggio privato, per non creare incomprensioni.
Vi do un indizio: sono presenti sia OC che personaggi canonici e sono tutti comparsi almeno una volta nella fan fiction.
Buona fortuna! :-D

 

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